Rhythm of love

di firstdatee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Si ricomincia ***
Capitolo 2: *** 01 - Faccende da ragazze ***
Capitolo 3: *** 02 - Mostrarsi ***
Capitolo 4: *** Terzo Capitolo - Ritratto ***
Capitolo 5: *** 04 - Io non ho mai mai ***



Capitolo 1
*** Prologo - Si ricomincia ***


 

Prologo

 

Si ricomincia



-


Non le era mai piaciuto il primo giorno di scuola, se molti dei suoi coetanei passavano la mattinata per scegliere cosa indossare e a preparare lo zaino, emozionati per il ritorno, lei riusciva a malapena ad alzarsi dal letto per prendere l'autobus. Ormai aveva degli orari prestabiliti e così cominciava la solita routine, niente di nuovo. Le corse in bagno e le litigate con Jonathan che ormai erano all'ordine del giorno, le colazioni svelte con latte e cereali, perché sua madre non riusciva mai a preparargliene una degna di nota e i cartoni animati alla tv mentre terminava qualche compito per casa e ascoltava suo fratello borbottare per il suo studio disimpegnato.

Infatti Jonathan a differenza sua, era uno di quelli che riuscivano ad alzarsi ogni mattina con il sorriso sulle labbra al solo pensiero di andare a scuola. I suoi voti erano molti alti ed era il primo della classe nella maggior parte delle materie, i suoi genitori erano fieri di lui per questo e nonostante i voti di Clary non fossero ottimi come i suoi in tutte le materie, lo erano anche della figlia. 
Jonathan sognava di fare l'ingegnere aerospaziale e tutti erano convinti che sarebbe riuscito benissimo nel suo intento. 
Clary invece aveva la passione per le arti, specialmente per la danza ed il disegno. 
Amava dipingere o anche disegnare a carboncino, le sprigionava un senso di libertà innato, riusciva ad esprimersi meglio disegnando o danzando che a parole. 
Non era molto loquace con coloro che non conosceva, al contrario era piuttosto aperta con tutti i suoi amici, a volte non riusciva a fare a meno di parlare.

"Dove sono finiti i miei occhiali?" urlò per farsi sentire dal fratello nell'altra stanza, mentre infilava una t-shirt dalle fantasie scure. Prese al volo lo zaino e se lo mise in spalla una volta messo qualche quaderno a casaccio.

"Possibile che non riesci proprio ad essere ordinata?" Le chiese retoricamente Jonathan uscendo dalla sua camera con in mano gli occhiali della sorella, sembrava compiaciuto e sorridente come sempre, Clary era stufa e innervosita. Non riusciva a sopportare quell'aria serena che contraddistingueva sempre il fratello, almeno per quella mattina lo avrebbe preferito arrabbiato e triste, così sarebbe stato più facile sopportarlo.

Sbuffò sorpassandolo per entrare in soggiorno e trovò Luke a cucinare delle uova per colazione, ai fornelli. Si era trasferito solo da qualche mese da Jocelyn, eppure doveva ancora abituarsi a vederlo gironzolare in casa. Sua madre e suo padre avevano divorziato da qualche anno, lei non aveva preso molto bene la notizia, essendo la più piccola non riuscì a superare appieno la separazione, all'inizio. 
Quando qualche anno fa, Jocy portò a cena Jonathan e Clary per il suo compleanno, glielo fece conoscere ad entrambi e la presero piuttosto bene. Per tutti e due fu strano vedere un altro uomo al fianco della mamma, ma erano abbastanza grandi e intelligenti da capire che la vita deve andare avanti per tutti prima o poi.
Anche Valentine, il papà, conviveva con un'altra donna ormai, non andava tanto a genio a Clary, però lo rendeva felice.

"Ehy Clary, ti piacciono le uova?" Luke la salutò allegramente, alzando la forchetta dalla padella. Lei arricciò il naso prendendo posto. Fortunatamente erano in anticipo.

"Preferisco latte e cereali in realtà." Prese la scatola di cereali al cioccolato per poi versarli nella tazza e riempirla di latte.

"A me piacciono invece!" Jonathan fece capolino in cucina prendendo un piatto di uova fumanti.

"Allora c'è qualcuno che apprezza la mia cucina" Si disse Luke sorridendogli e mettendogli nel piatto due fette arrostite di bacon.

Una volta finito di mangiare, quando anche la sessione di cartoni animati mattutini finì, ricordandogli che era ora di andare, si alzò a malincuore e prese lo zaino. L'unico lato positivo del ritorno a scuola era quello che avrebbe rivisto i suoi amici. 
Simon, che aveva lavorato per tutta l'estate in un villaggio turistico come animatore, nonostante lui fosse pessimo in certe cose aveva confessato che gli servivano assolutamente soldi. 
Poi c'era Isabelle, che aveva passato le vacanze con la sua famiglia in Italia. 
Jordan che fortunatamente insieme a Maia le aveva fatto compagnia durante tutti e tre i mesi, si erano divertiti con lunghe passeggiate sotto il sole in compagnia di un tè freddo.

Presero l'autobus in fretta e furia e non appena arrivarono a scuola videro la solita moltitudine di studenti stanziata nel cortile, il sole era pallido e tirava un vento fresco che penetrava fin dentro le ossa facendo rabbrividire Clary, che aveva pensato solo all'ultimo minuto di prendere una giacca. La scuola si ergeva come sempre, maestosa e spaventosa di fronte a lei e calpestando il prato verde antistante al cortile si chiese se fosse pronta a cominciare il penultimo anno. Sperava di sì, ma in realtà era terrorizzata. 
Almeno avrebbe avuto i suoi amici, ci sarebbe sicuramente stato da divertirsi con loro. Perse subito suo fratello tra la folla, avevano due gruppi completamente diversi, quindi una volta arrivati a scuola si separavano.

"Ragazzi!" Clary camminò verso un gruppetto vicino che subito l'accolse in un abbraccio, erano sempre calorosi.

"Che fine hai fatto, Fray?" Le chiese Jordan alludendo alle ultime due settimane, in cui era sparita dalla circolazione per concentrarsi sui compiti che per tutta l'estate aveva relegato in un angolino della scrivania.

"Quando lo studio chiama, bisogna rispondere." Rispose. 
Isabelle si fece avanti in tutta la sua primordiale bellezza, i capelli lunghi, neri e liscissimi come spaghetti non erano assolutamente cambiati, non si erano minimamente schiariti. I suoi occhi vitrei e impenetrabili emanavano la stessa allegria di sempre.

"E chi lo dice? Io non ho aperto libro" mise un braccio sulla spalla dell'amica e al trio si aggiunse anche Maia.

"Ehi, perché noi dobbiamo fare la parte degli emarginati?" Simon era dietro di loro con Jordan e aveva un'espressione contrariata. Lui era il migliore amico di Clary, potevano considerarsi come la propria ombra. Dove c'era uno c'era anche l'altro. Si conoscevano da tantissimo tempo e nessuno era riuscito a rompere o incrinare il loro rapporto, nemmeno le ripetute sconfitte a D&D inflitte a Simon.

"Qui qualcuno è permaloso" Isabelle sbuffò prendendo per mano Simon e attaccandosi a lui. Clary fece un occhiolino al suo amico che arrossì per poi posare lo sguardo su Isabelle. A Simon Isabelle piaceva da un po' di tempo, Clary ricordava quando a sette anni lui la guardava giocare nel cortile della scuola con le altre bambine. Fin da piccola era stata ribelle, coraggiosa e testarda. Era sempre a capo di ogni tipo di gioco.

"Ragazzi, come sono andate le vacanze?" Chiese agli altri e proprio in quel momento passò davanti a loro la combriccola di Jace Herondale con i suoi adorabili amici. 
Tra cui ovviamente non poteva mancare Jonathan, che come la maggior parte dei ragazzi che facevano parte di quel gruppo, era uno dei più ambiti della scuola. 
Suo fratello quando era in compagnia di quei tipi cambiava, pensava Clary mentre lo vedeva sfilare fino all'entrata per salutarla con un sorriso affettuoso a cui lei non ricambiò. Non le erano mai piaciuti i suoi amici e non faceva altro che ribadirglielo.

Ad Isabelle invece non dispiaceva che Alec si fosse accodato a quei ragazzi, non le andavano molto a genio, ma il fratello era troppo testardo per darle anche minimamente ascolto, così aveva rinunciato a distrarlo da loro e aveva cominciato invece ad apprezzare le sue nuove amicizie. Spesso se li ritrovava a casa al ritorno da scuola e non erano affatto un brutto spettacolo, sarebbe rimasta a contemplarli per ore.
Peccato che non erano fatti per lei, non le piacevano i ragazzi troppo montati e sicuri di sé.

"Isabelle, ti sei incantata?" Simon la risvegliò dalle sue riflessioni e lei lo prese sottobraccio lanciandogli un sorriso.

"No - prese l'orario dallo zaino - che hai alla prima ora?" Simon si affrettò a prendere il diario.

"Storia, tu?"

"Perfetto, ci andiamo insieme." Decise di sua iniziativa senza neanche scambiarsi uno sguardo con l'amico, non ce n'era bisogno. Simon avrebbe accettato lo stesso. Quando suonò la campanella si avviarono tutti verso i loro armadietti e Clary salutò i suoi amici maledicendo il suo armadietto che era dall'altra parte del piano e distante dai loro. 
Mise la combinazione e cominciò a posare tutti i libri nuovi di zecca, l'armadietto era completamente sgombro, ma c'erano ancora delle foto che non avrebbe mai tolto e un piccolo poster della sua band preferita. 
Lo chiuse per ritrovarsi con sorpresa una chioma bionda al suo fianco. 
Era inconfondibile quel taglio di capelli, non che fosse una specie di Stalker, ma Jace Herondale era molto popolare e chiunque l'avrebbe riconosciuto.

Era girato di profilo, anche lui intento a posare le proprie cose nell'armadietto. Strano, pensò Clary, non aveva l'armadietto accanto al suo l'anno scorso e di solito non si cambiavano mai fino al diploma.
Senza volerlo si fermò un attimo ad ammirarlo. Tutte le sue coetanee e non impazzivano per quei capelli biondi e mossi, quegli occhi così dorati che somigliavano al colore dell'oro fuso, quelle labbra proporzionate con il suo naso dritto, quel portamento sicuro e allo stesso tempo elegante e accattivante, quelle camicie abbinate ad una giacca di pelle e talvolta di jeans che lasciavano intravedere il suo torace. Forse cominciava a capire perché le sue amiche non facevano altro che lodarlo, doveva ammettere che era davvero fantastico, una di quelle bellezze rare e mai veramente esplorate.

Quando lui si voltò e la beccò a fissarlo chiuse l'armadietto e la squadrò, Clary rimase ferma sul posto incapace di proferire parola. Era stata colta sul fatto, le mancava solo un rivolo di bava a completare l'opera, ma la situazione non poteva essere più imbarazzante, forse..
Un ragazzo dai capelli neri e lunghi senza un minimo di leggiadria le finì addosso rovesciandole mezza bottiglietta di acqua sulla maglia, dietro di lui ce n'era un altro, quello che lo aveva spinto poco prima facendolo cadere su di lei.

"Oh mio Dio, ehm..scusa" Disse in fretta, per poi voltarsi verso il ragazzo dietro di lui e cominciare a correre di nuovo lungo il corridoio. Che idioti pensò Clary guardando la maglietta completamente bagnata. 
Era diventata praticamente trasparente. Si affrettò a chiudere la giacca di jeans prima di fare ulteriori brutte figure e restò di sasso quando scoprì che Jace Herondale la stava fissando con un sorrisetto beffardo. 
In quel momento l'avrebbe preso a pugni, ma si limitò a fuggire in classe e a chiudersi ermeticamente la giacca.

Da quel momento era ufficiale, avrebbe odiato per sempre il primo giorno di scuola.

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Capitolo 2
*** 01 - Faccende da ragazze ***


Primo capitolo

Faccende da ragazze


 
 


-

«Allora Izzy, parlaci di questo Marco!» Maia si sedette sul letto dell'amica agguantando un cuscino. Alla fine, dopo tante suppliche, Isabelle aveva sputato il rospo e confessato come e soprattutto con chi aveva passato l'estate. Dopo aver provato a distrarre le amiche e a divagare parlando dei fantastici paesaggi dell'Italia e di quanto il mare fosse luminoso e surreale, confessò. Era stata con Marco, un ragazzo italiano. Ormai non era emozionata mentre ne parlava, lo aveva rimosso non appena aveva incontrato i suoi amici a scuola, proprio quella mattina..in particolare uno, con il suo solito sorriso sbilenco e goffo stampato in faccia. Non sapeva neanche il come né soprattutto il perché, ma da qualche tempo aveva cominciato a guardare Simon con occhi diversi, ovviamente non lo avrebbe mai detto a nessuno e forse, costatò, sarebbe stato meglio se gli fosse stata il più lontano possibile. Sapeva di essere molto cinica in amore, avrebbe potuto spezzargli il cuore.

«Cosa dovrei dirvi? Ormai ricordo a malapena la sua voce..» Invece ricordava benissimo la sua voce, ma non poteva di certo farsi scivolare di dosso quello strato di pelle costituito da sicurezza ed indifferenza. Molte volte si era aperta con le sue amiche, riuscendo ad essere veramente se stessa, ma in quel momento sentiva di dover reggere il gioco.

«Almeno dicci com'è stato!» Maia si agitò lanciandole il cuscino, mentre Clary dalla sua solita postazione, sull'ampio davanzale della finestra della camera di Izzy, dove il sole illuminava i suoi capelli rossi trasformandoli in lingue di fuoco, affondò la testa tra le ginocchia. Sapeva di essere l'unica vergine tra le sue amiche, questo la metteva a disagio, nonostante Maia e Isabelle le avessero detto da sempre che avrebbe dovuto aspettare il momento giusto e soprattutto il ragazzo giusto. Clary non faceva altro che chiedersi se lo avesse mai trovato un giorno, eppure le appariva tutto così distante ed incerto.

«Com'è stato cosa?» Biascicò Isabelle facendo la finta tonta, ovviamente le due non abboccarono, soprattutto Maia che voleva assolutamente essere informata su tutti i particolari bollenti.

«Oh andiamo Izzy!» Disse Maia esasperata, al che Clary fece un risolino lasciandosi andare e stendendo il collo per catturare i raggi del sole. «Sto parlando del sesso!» Izzy a quella domanda cominciò ad attorcigliarsi una ciocca di capelli tra le lunghe dita affusolate assumendo un'espressione pensosa. Sapeva essere una vera attrice, dato che in realtà ricordava tutti i dettagli di quella sera.

«Beh, è stato okay.» Maia e Clary scoppiarono a ridere, la loro amica aveva l'innata abilità di minimizzare qualsiasi cosa quando si trattava di relazioni.

«È stato bravo, ma non travolgente, passionale, non c'è stato sentimento, non un bacio, niente di niente.» Clary fece spallucce e tutte e tre si zittirono quando la porta della camera si aprì di scatto e un tonfo attirò la loro attenzione. Si girarono tutte contemporaneamente e ritrovarono un Max a terra un po' dolorante. Isabelle gli andò incontro tirandolo per un orecchio e sollevandolo senza il minimo sforzo, sapeva essere davvero forzuta quando voleva.

«Razza di cretino! Stavi origliando, ancora!» Max scosse la testa freneticamente per poi cominciare ad urlare quasi a squarciagola approfittando dell'assenza di Maryse e Robert. «Aaaaaaaalec, Izzy ha fatto quella cosa con la esse!» Isabelle si affrettò a tappargli la bocca e le sue amiche scoppiarono a ridere. In un istante Alec piombò sulla soglia della porta con due dei suoi amici, per poco Clary non cadde dal davanzale incontrando gli stessi occhi dorati che quella mattina l'avevano letteralmente incantata.

«Cosa ha fatto Izzy? Isabelle, cosa cavolo sta blaterando Max?» Alec sembrava sconcertato e intimorito dalla risposta della sorella, non avrebbe mai immaginato che Isabelle avesse fatto quel passo che lui considerava importantissimo. Si dovette ricredere, ovviamente sua sorella era abbastanza grande da capire ciò che faceva, ma lui la considerava ancora come la piccola principessina della casa. Come fanno di solito tutti i fratelli maggiori.

«Oh ma insomma! Ho diciassette anni, sono liberissima di fare ciò che voglio. Non sono più una bambina.» Clary ormai non stava più ascoltando, i suoi occhi erano puntati su Jace Herondale, senza un motivo preciso. Aveva catturato la sua attenzione senza il suo preavviso, gli occhi non riuscivano a seguire gli impulsi dettati dal cervello, come se fossero inchiodati su di lui. Studiavano i suoi lineamenti ed il suo fisico. Si rimproverò mentalmente, era una cosa così banale essere attratti dal più ambito della scuola. Non aveva previsto, né messo in preventivo, di essere così scontata, si disse. Eppure aveva qualcosa di diverso sta volta, come se quella barriera di vanità si dissolvesse di poco quando non era a scuola.

Lui le lanciava degli sguardi di sfuggita, senza mostrare troppo interesse. La trovava davvero bella, particolare, con quelle poche lentiggini sul naso delicato e le labbra rosee, gli occhi di un verde smeraldo di quel colore che non aveva mai notato e trovato in nessuno. Sembrava uno scricciolo su quel davanzale, era così piccola che riusciva a starci anche a gambe incrociate. Era molto diversa dalle sue due amiche, Isabelle alta e dal portamento deciso, Maia formosa e sorridente.

«Oddio Izzy, devo scappare!» Clary saltò giù dalla sua postazione strategica e volò fino alla sedia girevole per prendere il suo borsone, aveva le prove di danza, a quell'ora si allenava da sola con il suo insegnante, per l'assolo che avrebbe dovuta fare al saggio di fine corso. Ogni giorno era in ritardo, eppure George, che aveva una cinquantina di anni portati magnificamente, non glielo faceva mai notare. Dopo l'orario prestabilito lei restava sempre un po' di più per provare ulteriormente, doveva essere assolutamente perfetta.

«Ma dovevamo ancora spettegolare sull'Italiano intrigante!» Maia mise il broncio sporgendosi per dare un bacio sulla guancia all'amica che si muoveva veloce come una trottola per mettersi le scarpe. Alec alzò gli occhi al cielo, era ancora sulla soglia della porta, ma fortunatamente l'esclamazione di Clary aveva interrotto la discussione con la sorella..avrebbero potuto continuare per ore.

«Che ci vuoi fare amico, sono ragazze.» Disse il ragazzo sconosciuto e dalla carnagione scura al fianco di Alec. Jace era stranamente silenzioso, di solito era sempre pronto a stuzzicare chiunque e a sfoggiare il suo sarcasmo pungente in ogni occasione, era piuttosto bravo a farlo, la considerava come una delle sue armi di difesa e di attacco.

«Oh certo e voi invece? Parlate soltanto di calcio e videogames.» Maia non si fece scappare l'occasione di rispondere, Clary si dileguò salutando anche la sua migliore amica, sapendo che Maia non appena partiva con le frecciatine, dando inizio ad un litigio, non riusciva a fermarsi. Diventava un fiume in piena, proprio per questo alla rossa piaceva tanto, era impulsiva e decisa in ogni cosa che faceva. Anche lei avrebbe voluto esserlo, ma il più delle volte dimostrava a se stessa di essere completamente insicura.

Prima di uscire da casa Lightwood incrociò per l'ennesima volta quello sguardo, poi abbassò il suo e corse per le scale precipitandosi all'esterno. Lì cominciò di nuovo a respirare, non si era accorta che stesse trattenendo il fiato. Se un solo sguardo sarebbe riuscito a farle scoppiare i polmoni, non immaginava cosa sarebbe potuto succedere se avesse fatto altro. Scosse subito la testa ritornando in sé, cosa sarebbe dovuto succedere? Apparteniamo a due mondi troppo diversi ricordò severamente a se stessa incamminandosi verso la palestra, dove c'era l'accademia di danza. Cominciò già a legarsi i capelli facendosi una crocchia disordinata con i due codini che aveva a disposizione e cercò di mantenere un passo veloce. I suoi pensieri ormai erano invasi da un paio di occhi, che avrebbe fatto bene a togliersi subito dalla testa. Non poteva piacergli, perché..perché non poteva semplicemente, non c'era una vera e propria ragione, ma avrebbe dovuto toglierselo dalla testa e alla svelta, o almeno questo era quello che si ripeteva come una specie di mantra per distrarsi. Quando arrivò a destinazione e lesse, accanto a quella in acciaio della palestra, l'insegna delicata che presentava l'accademia. Era un'insegna in vetro, stampata a caratteri corsivi ed eleganti c'era il nome della scuola di danza ''Institut International de Dance Janine Stanlowa'', una ballerina in tutù bianco era intenta a svolgere un'arabesque. La vera sede in realtà si trovava a Bordeaux, in Francia, quella era solo una succursale. In più le sale erano molto grandi e il pavimento rigorosamente in parquet permetteva di muoversi abilmente sulle punte e alla pece di fare attrito con il gesso delle punte. Non vedeva l'ora di cominciare le prove, ogni volta che entrava in quella sala si sentiva a casa. Fece un grande sospiro ed entrò nello spogliatoio liberando la mente dai suoi pensieri, o almeno cercando di farlo.




 

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Capitolo 3
*** 02 - Mostrarsi ***


Secondo Capitolo

Mostrarsi



Alzarsi fortunatamente non era stato parecchio faticoso come si sarebbe aspettato. Da quella settimana sarebbero cominciati gli allenamenti di basket e non era sicuro di voler riprendere, troppo stress accumulato, soprattutto in quel campionato le aspettative erano tutte quante puntate su di lui. Non sopportava quando tutta la squadra, essendo il capitano, si affidava a lui, quello era il suo dovere lo sapeva, ma non voleva che ogni sconfitta come succedeva di solito gli venisse attribuita, una squadra perde insieme e vince insieme.
Entrò nella doccia cercando di scrollarsi di dosso tutte le preoccupazioni e azionò l’acqua fredda per svegliarsi ed essere almeno minimamente lucido. Non doveva mostrarsi debole, non quel giorno, non con la sua squadra ed il coach che confidavano in lui. L’anno scorso era tutto più semplice, per sfogarsi e liberarsi da qualunque problema gli bastava sgattaiolare via di pomeriggio e darsi appuntamento con Aline, la sua amica di infanzia che le era sempre rimasta fedele, senza farsi vedere da nessuno. Lei lo aiutava, perché senza la sua amica in un certo senso non si sarebbe mai aperto a quel nuovo mondo, a quell’hobby che prima avrebbe considerato ridicolo e stupido solo al pensiero. Non lo aveva mai detto ai suoi amici, neanche ai compagni di squadra, se solo avessero scoperto una cosa del genere lo avrebbero preso in giro per tutta la vita.
Aline però era partita per la Florida quell’estate, era andata all’università lasciandolo in balia delle onde. Non si sarebbe mai allenato da solo, senza di lei era tutt’un’altra cosa, gli mancava il coraggio e soprattutto la forza di volontà. Doveva provare a concentrare tutti i suoi sforzi sulla pallacanestro, senza pensare ad altro. Si sentiva il Troy Bolton della situazione. Non poteva reagire contro se stesso, doveva solo cercare di soffocare tutte le sue preoccupazioni per poi trovare il momento giusto e magari approfittarne quando Aline sarebbe tornata a New York per le festività. Uscì dalla doccia e gli arrivò un messaggio che lo fece ridere, era Beth. Gli diceva di raggiungerla a scuola al solito posto.
Si era scocciato di quella relazione con Elizabeth, non stavano veramente insieme e si usavano solo per scopi personali, ormai non riusciva neanche più a piacerle. Era il sogno di tutti i ragazzi, capelli biondi, occhi scuri, forme al posto giusto e molto accentuate. Eppure lui aveva cominciato ad apprezzare altre ragazze, non quelle come lei che sembravano appena uscite da una casa delle bambole. A volte era spaventato dalla sua manicure, aveva paura che da un momento all’altro avesse potuto renderlo cieco, dato che le unghie della sua ragazza somigliavano per lo più a dieci artigli color rosa pastello.
Non aveva intenzione di andarci, ma sapeva che lei lo avrebbe cercato per tutta la scuola, durante le otto ore. Non sapeva se affrontarla e dirle una volta per tutte che non voleva stare insieme a lei e quindi sorbirsi poi le frecciatine delle sue amiche, oppure continuare a prenderla in giro. Lo facevano a vicenda d’altronde, non poteva preoccuparsi di spezzarle il cuore o calpestare i suoi sentimenti. Beth era piuttosto menefreghista e soprattutto non era da relazioni a lunga durata, le piacevano le relazioni aperte, molto aperte, pensò Jace ricordandosi di quella volta che alla festa di compleanno di Jonathan la trovò a letto con un giocatore di football. Non ci rimase male, anzi, forse ne fu sollevato, dato che anche lui aveva fatto lo stesso con una ragazza che aveva conosciuto qualche giorno prima.
«Jace finalmente, mi stavano spuntando i capelli bianchi.» Stephen Herondale stava aspettando da un eternità.
«Papà scusa., ma quelli già ce li hai.» La somiglianza con il figlio era disarmante, avevano lo stesso taglio degli occhi, le stesse labbra, mentre il naso era della madre, Amatis, come i capelli. Amatis era di sotto e stava cercando di racimolare i fogli sparsi sul tavolo, che la sera prima aveva lasciato in disordine. Jace l’aiutò mettendoglieli in borsa, al che lei lo ringraziò con un bacio e scappò sfrecciando con la sua range rover verso il tribunale.
Jace si vestì velocemente indossando una delle sue camicie, sta volta blu e un giubbino di jeans e un paio di pantaloni con le sue immancabili dr.Martens. Non aveva tempo di pettinare i capelli, cercò di aggiustarli alla meglio per poi precipitarsi in cucina e prendere del latte dal frigo, ne bevve un po’ dalla bottiglia. Se solo sua madre l’avesse visto avrebbe potuto considerarsi morto, ma era in ritardo cronico e doveva incontrarsi con Alec a pochi passi da casa. Il suo migliore amico aveva finalmente ricevuto la macchina che i suoi genitori gli avevano promesso dal suo compleanno. Così da quel giorno non sarebbe dovuto andare a piedi e poteva svegliarsi dopo le sei. Era un grandissimo sollievo. Cominciava a chiedersi, però, perché i suoi genitori non gli avessero ancora concesso di sfruttare la sua patente. Gli permettevano di guidare solo con con uno dei due al fianco. Il padre entrò in cucina e afferrò al volo un biscotto, essere in ritardo era un vizio di famiglia a quanto pareva pensò Jace prendendo lo zaino. Suo padre avrebbe dovuto trovarsi in studio già da dieci minuti. Era un dentista parecchio ambito.
«Ciao J, ricorda che il pranzo è nel frigo. Ci vediamo stasera campione!» Jace si girò verso il padre per chiedergli a che ora sarebbero tornati, proprio quando lui si volatilizzò.
«Va bene, mammma!» Aveva cominciato a comportarsi come Amatis? Si aspettava tutto tranne che le crisi di mezza età, quelle non avrebbe potuto sopportarle, eppure si stavano scambiando i ruoli. Scrollò le spalle scacciando quei pensieri e fece un risolino uscendo di casa. Il sole pallido illuminava fiocamente le strade ricoperte dalle foglie secche degli alberi e alcune nuvole grigie minacciavano l’arrivo di un temporale all’orizzonte, cominciamo bene pensò questo non è quello che considero un buon inizio e si avviò verso casa Lightwood. Distava solo qualche isolato, quindi non ci mise tanto. La macchina di Alec era parcheggiata fuori, la scorsa sera l’avevano inaugurata con tutti gli altri, eppure sembrava pulita e pinta. Nel sedile del passeggero c’era la sorella, Isabelle. L’aveva sempre considerata uno schianto di ragazza, somigliava in modo spaventoso al fratello. Senza esitare, entrò in macchina facendola sussultare e rise di conseguenza.
«Tu che ci fai qui, Jace?»  Il suo tono sembrava accusatorio, ma in realtà era davvero curiosa di conoscerne il motivo. Non si aspettava di ritrovarsi Jace Herondale nella macchina del fratello a quell’ora del mattino. Se solo Alec si fosse accordato per dargli un passaggio ogni mattina, sarebbe semplicemente collassata. Aveva promesso anche a Clary un passaggio e di conseguenza a Jonathan, l’amica aveva accettato felice della proposta. Forse sarebbero stati un tantino stretti in auto.
«Tuo fratello mi dà un passaggio» Proprio come aveva previsto Izzy sbuffò riprendendo a mangiarsi le unghie, di solito lo faceva quando era quando era nervosa o arrabbista e Jace si voltò verso di lei sorridendole per ripicca.
«Hai qualche problema Izzy?»  Un sorriso fece capolino sul suo volto, quel sorriso da sbruffone che compariva ogni volta che scoccava una freccia a suo favore. Isabelle lo guardò male.
«Assolutamente sì e non mi chiamare Izzy, è un’esclusiva riservata solo ai miei amici.» Non correva buon sangue tra loro due, o almeno non fino a quel momento, avevano dei caratteri troppo simili.
«E vorresti insinuare che io non sono tuo amico? Cara Izzy io sono amico di tutti, tutte le ragazze mi vorrebbero come loro ‘’amico’’.» Alec entrò in auto interrompendo la loro amabile conversazione.
«Meno cazzate Herondale!» Alec era uno dei pochi che riusciva a tenergli testa e a quanto pare anche la giovane Lightwood la spuntava con successo. Isabelle aveva un bel caratterino. Jace le fece un ultimo sorrisetto per poi rivolgere l’attenzione sull’amico.
«Colazione?» Gli chiese speranzoso di bere un cappuccino che non fosse come il latte scialacquato e ultra scremato trovato nel frigo. Lui scosse la testa.
«Dobbiamo passare a prendere l’amica di Izzy.»  Jace fece un lamento e posò la testa sul poggiacapo del sedile.
«Che palle, ma non può prendere l’autobus come tutti gli altri?» Ragionò ad alta voce senza volerlo, non desiderava di certo scatenare di nuovo l’ira di Isabelle. Non era psicologicamente pronto a sostenere un’altra discussione, doveva ancora abituarsi all’idea di saltare la sua colazione abitudinale, che non mancava mai.
«Perché non scendi e non lo prendi tu il bus, eh?» Infatti lei partì alla riscossa ma venne fermata dalla brusca fermata che fece Alec, tutti sussultarono e lui si fermò a pochi millimetri dal marciapiede.
«Credo che dopo questo prenderò sicuramente l’autobus.» Isabelle non poté fare a meno di ridere dopo aver tirato un sospiro di sollievo. Erano arrivati a casa di Clary e il fratello aveva improvvisato un parcheggio. Aveva preso la patente da poco e Jace avrebbe potuto giurare di aver visto la sua vita passargli davanti agli occhi.
Alec suonò il clacson e dall’appartamento ne uscì una Clary con lo zaino in spalla aperto ed un pila di quaderni ancora tra le mani, manteneva alcuni fogli tra i denti ed intanto cercava di mettersi la giacca il più in fretta possibile. Jonathan a differenza sua uscì di casa ordinato e tranquillo, come sempre. Aiutò Clary a indossare il cappottino e poi corsero verso la macchina.
«Scusate il ritard-» Si bloccò all’istante vedendo una chioma bionda al suo fianco e riconobbe subito il colore. Non vedeva da una settimana Jace Herondale, ma in un modo o nell’altro a quanto pare si ritrovavano.
«Ciao Clary!» La salutò Isabelle e Alec le rivolse un sorriso dallo specchietto, Jace si limitò a rivolgerle uno sguardo e accennare un sorrisetto. Nessuno fece caso a Jonathan fin quando il guidatore non cacciò un gridolino per niente virile.
«Che succede?» Chiese la sorella allarmata, lui si voltò verso i sedili posteriori come se avesse visto un fantasma.
«Jonathan e tu che ci fai qui?» Jonathan era confuso quanto loro, scosse la testa spostando lo sguardo da Clary, a Jace e infine ad Alec.
«Mi sembrava scontato che se Clary venisse accompagnata anch’io essenso suo fratello fossi automaticamente invitato.» Spiegò con il suo solito fare da professore.  Questo non fece altro che turbare ancora di più i due amici che continuavano a guardarlo come se fosse uno strano alieno.
«Non sapevamo che tu e Clary foste fratelli!» Esclamò sconvolto Alec.
«A mia discolpa posso aggiungere che non vi somigliate per niente.» A quell’affermazione di Jace Clary strabuzzò gli occhi lanciando un’occhiataccia al fratello e Izzy si portò una mano alla fromte.
«Siete amici da quanto?»Chiese retoricamente, per poi poggiare i piedi sul cruscotto.
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Clary sporse la testa verso il banco di fianco al suo. Jace era nel suo stesso corso di scrittura creativa, la luce candida del cielo gli illimiava il viso rendendolo ancora più bello e attraente. Alcune ragazze lo guardavano sognanti dagli ultimi banchi, lei invece era più interessata al suo compito. Aveva scritto davvero tanto, lei non aveva idea di cose buttare giù. Non era esattamente brava a scrivere, se la cavava a volte, ma dipendeva dagli argomenti. Avrebbero dovuto scrivere un testo sull’importanza della competitività. Lei non era mai stata parecchio competitiva, forse per questo non aveva nessuna idea in mente. Sembrava del parere opposto il ragazzo accanto a sé. Clary si sporse ancora di più lasciando che la sua sedia scivolasse e si inclinasse verso di lui, non ottenne buoni risultati però. Sicuramente non si sarebbe mai aspettata di vedere Jace Herondale scrivere pagine e pagine di compito in classe, non lo aveva mai considerato particolarmente studioso o acuto ma dovette ricredersi.
«Fray! Torna subito al tuo compito, cosa pensavi di fare?» Il rimprovero  del professor Hodge la fece ritornare in sé e come se venisse risvegliata da un sogno, cadde dalla sedia perdendo l’equilibrio e  finendo a terra. Tutta la classe scoppiò a ridere, Jace si voltò verso di lei, impassibile. Non aveva neanche l’ombra di un sorriso sul volto, era totalmente immerso nella scrittura da non aver fatto caso a niente.
«Stai bene?»Le chiese alzandosi e porgendole una mano, lei la prese e annuì velocemente evitando di guardarlo negli occhi si sedette di nuovo al suo posto, mentre i suoi compagni di classe continuavano a sghignazzare. Jace rimase per un po’ a guardarla, confuso, per poi ritornare a scrivere.
Clary consegnò il compito quasi subito dopo, aveva scritto una pagina e mezza, le idee stentavano, soprattutto quel giorno e dopo quello che era successo. Non avrebbero voluto essere tanto goffa. Uscì dalla classe e cominciò a camminare avanti e indietro nel corridoio, aveva una strana impressione, come un peso sullo stomaco. Ricordava la sensazione di avere il suo sguardo puntato su di lei, insieme a quelli di tutti gli altri compagni di corso. Scosse la testa cercando di liberarsi dai quei pensieri e andò alla macchinetta. Un caffè era quello che ci voleva, decise. Si mise a sorseggiarlo come sempre sul davanzale della finestra, quel piano era deserto e molto silenzioso, nessuno l’avrebbe notata. Pioveva a dirotto, il tempo era decisamente cambiato e le foglie sugli alberi cominciavano ad ingiallirsi e a cadere. L’autunno era la sua stagione preferita, amava camminare per le strade di New York e sentire il rumore delle foglie ad ogni suo passo, vedere la città tingersi di colori, i tramonti che infuocavano il cielo e soprattutto quella leggera brezza tiepida che le scompigliava i capelli.
Sentì la porta della classe aprirsi e vide Jace Herondale uscire e guardarsi intorno. Quel giorno sembrava più bello del solito, soprattutto in classe mentre mordicchiava la matita in cerca di idee, si disse Clary. Cercò di non farsi vedere, provò a nascondersi, ma senza buoni risultati. Non era una delle sue giornate migliori, non aveva avuto neanche il tempo di mettere un filo di mascara, che Isabelle era già fuori casa con suo fratello. Non sapeva se volesse andare da lei, ma quando vide che si stava dirigendo lì cercò di assumere un atteggiamento disinvolto, lui sicuramente non era abituato alle ragazze non troppo sicure di se stesse.
«Ehi, copiona!» Clary si voltò senza volerlo, sapeva perfettamente a cosa si riferiva. Lei non voleva copiare, era curiosa di sapere cosa passasse nella testa di Jace Herondale, il fantomatico capitano della squadra di basket, già promesso per una delle università più prestigiose di New York grazie ad una borsa di studio, colui che faceva cadere tutte le ragazze della scuola ai propri piedi.
«Uhm, in realtà io non avevo intenzione di copiare dal tuo compito, avete frainteso.»Rispose a tono, assumendo un’espressione seria, al che Jace alzò le mani come per discolparsi.
«Allora perché cercavi di guardare il mio tema?» Sembrava un’insinuazione da scuole elementari, pensò lei, ma i suoi pensieri vennero interrotti quando lui le andò a sedersi vicino, come se fossero amici di lunga data e non due perfetti sconosciuti. Anche sta volta sentiva il suo sguardo penetrante, si chiedeva se fosse uno di quei veggenti che solo attraverso gli occhi possono leggerti l’anima. Intanto fuori si stava scatenando un temporale e l’unico rumore a colmare il silenzio tra i due erano le gocce che battevano forti contro la finestra. «O mi stavi semplicemente ammirando?» Clary alzò gli occhi al cielo, aveva dimenticato che quelli belli come lui avessero anche una spiccata propensione al narcisismo.
«Non illuderti Jace Herondale.» Gli fece un sorrisetto beffardo per poi bere l’ultimo sorso di caffè e scendere dal davanzale. Lui la seguì senza esitare. Non le dava fastidio, ma avrebbe voluto che la lasciasse in pace se avesse dovuto continuare con le sue insinuazioni o con la sua vanità.
«Comunque» Si piazzò davanti a lei bloccandole il passaggio «Nessuno dei miei amici sa che frequento il corso di scrittura creativa, quindi per favore non..non ne fare parola con nessuno.» Jace aveva deciso di non dire niente ai suoi amici, che seguivano corsi totalmente diversi da quello, proprio perché consideravano scrittura creativa da svitati e soprattutto quello era un corso frequentato quasi da sole ragazze. A lui piaceva scrivere e il professor Hodge lo aiutava in qualunque situazione, gli aveva insegnato come comporre un testo poetico, cosa che lui non era mai riuscito a fare correttamente, dicendogli che aveva delle capacità innate.
«C-cosa?» A Clary sembrava una proposta stranissima, però aveva una vaga idea del perché lui non volesse dire niente su quello. I suoi amici erano stereotipati, anche troppo, per comprendere le sue passioni, o almeno la maggior parte. Però a lei non sembrò il caso di chiederne il motivo, alla fine non si conoscevano e lui non sapeva nemmeno il suo nome d’altronde.
«Tu promettimi solo che non lo farai.» Le chiese guardandola fisso negli occhi, il primo giorno che i loro sguardi si incontrarono lei non poté fare a meno di pensare a quel dorato che non aveva mai scorto in nessun altro.
«Va bene.» Lui sorrise come per ringraziarla e lei stava per continuare per la sua strada quando Jace la fermò una seconda volta e le porse la mano.
«Ah a proposito, Jace.» Come se non lo sapessi, pensò Clary. Lei gliela strinse e abbozzò un sorriso.
«Clary.»
 

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Capitolo 4
*** Terzo Capitolo - Ritratto ***


Terzo capitolo
 
Ritratto

"Be' perché.. è come un diario. Solo che io non penso per parole, penso per immagini, così è tutto fatto di disegni."
Clary - Città di ossa


 
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«Elizabeth mi dispiace ma credo che dovremmo lasciarci.» Jace aveva preso una decisione finalmente e aveva scelto di parlare con la sua ragazza, se così potesse essere considerata, una volta per tutte. Aveva usato il tono più gentile del mondo e scelto accuratamente le parole. Il loro non era un vero rapporto, eppure non appena pronunciò quelle quattro parole vide gli occhi di Beth spegnersi, non era sicuro che fosse tutta scena, però aveva qualche sospetto trattandosi di una come lei. La conosceva bene infondo. Elizabeth si avvicinò a lui e si aggrappò alla sua camicia, Jace non era dell'umore giusto per ascoltare una delle sue sceneggiate, era stato già difficile provare a parlarle seriamente evitando i suoi soliti commenti isterici.

«Perché mi fai questo Jace?» Dopo aver improvvisato un tono fintamente piagnucoloso alzò gli occhi verso di lui e sporse le labbra come un cucciolo di cane bastonato. Lui ne aveva abbastanza dei suoi giochetti, sapevano entrambi che tra di loro non avrebbe mai potuto più funzionare e l'avevano capito dopo due settimane di frequentazione. Quando cominciarono a tradirsi a vicenda. Poi, Jace sapeva perfettamente che la clamorosa e bellissima Beth era un'opportunista nata, usava la loro relazione per rendersi più popolare e ovviamente aveva fatto centro, riuscendo nel suo intento.

«Andiamo Beth, mi sono stancato delle tue commedie.» Cercò di scrollarsela di dosso senza troppe cerimonie, ma lei aveva acquisito le sembianze di una sanguisuga.

«Cosa? Ma Jace, lo sai che io sono follemente innamorata di te!» Per poco non scoppiava a piangere, mancava solo quello a completare una tragedia greca con i fiocchi. Tra pochi minuti sarebbero cominciati gli allenamenti e l'ultima cosa che voleva era avere un altro ritardo, il coach si sarebbe arrabbiato e i suoi compagni di squadra avrebbero fatto tre volte peggio.

«Okay direi che abbiamo finito, ricordiamo tutti e due di quando ti ho scoperto alla festa di Jonathan. Ne vogliamo parlare? Vogliamo parlare di quanto tu mi ami così follemente da tradirmi?» A quel punto lei si allontanò e abbassò lo sguardo. Non credeva di certo che Jace avrebbe tirato in ballo quella storia, che lei considerava acqua passata.

«Quello è stato un errore, ma..» Lui si affrettò ad interromperla.

«''Ma'' niente, non possiamo più stare insieme.» Chiaro e conciso, proprio come avrebbe dovuto essere fin dall'inizio. Sì, ma fin dall'inizio della loro relazione. Non si era mai trovato bene con Elizabeth.

«Ah e per favore evita le sceneggiate o le finte lacrime, perché non ci casco più.» Detto questo prese il borsone che aveva lasciato a terra e andò verso la palestra. Almeno si era tolto un peso dallo stomaco, non che la bionda fosse sempre nei suoi pensieri, ma comunque non sopportava di doversi comportare bene con lei fingendo in compagnia degli altri che fossero una coppia ben assortita, fedele e perfetta. Gli allenamenti erano cominciati da dieci minuti, fortunatamente aveva la scusa dei corsi extra. Infatti lui oltre ad essere un ottimo giocatore riusciva anche ad avere una media abbastanza alta, a scuola non era famoso solo con le ragazze, ma anche tra i professori. La sua fama crebbe quando il preside lo trovò a flirtare molto esplicitamente con una tirocinante di letteratura inglese, lei fu severamente sgridata dalla professoressa, mentre per lui ci fu soltanto un'ammonizione ed un'ora in detenzione. Quando entrò in palestra il familiare suono delle scarpe da ginnastica contro il parquet lo colpì piacevolmente. Adorava il basket, aveva delle passioni completamente diverse fra di loro, avrebbero dovuto considerarlo un vero e proprio enigma. Sgattaiolò nello spogliatoio senza farsi vedere da tutta la squadra e si spogliò indossando i pantaloncini e la canotta. Mancavano mesi e mesi al campionato, eppure sembravano tutti così agguerriti e motivati che non riuscivano quasi a controllarsi, non stavano più nelle pelle.

«Ehy amico, dove eri finito?» Jonathan lo accolse passandogli la palla e lui scrollò le spalle, dopo gli allenamenti gli avrebbe raccontato tutto.

Quando cominciarono a simulare una partita dall'altra parte della palestra entrò un gruppo cospicuo dalla porta antistante a quella del campo da basket e l'attenzione di Jace si soffermò su una chioma rossa che spiccava tra quelle di tutti gli altri. Clary, ci aveva scambiato due parole il giorno prima. Sembrava simpatica, ma essendo amica di Isabelle poteva aspettarsi di tutto. Fu davvero una notizia scoprire che era la sorella di Jonathan.
L'aveva colpito, aveva deciso di mantenere un segreto con lui senza neanche conoscerlo ed i suoi occhi sembravano davvero sinceri. Era molto diversa da Beth, che era tutte forme e poco cervello, lei sembrava più pura e più semplice, Jace l'aveva notato ovviamente, non aveva di certo la stessa taglia di Elizabeth, né la stessa altezza, soprattutto perché la sua ex aveva l'altezza delle modelle di Dior, però era graziosa e particolare. Clary non si girò verso i giocatori, aveva lo sguardo fisso sul suo professore di arte. Lui era un bell'uomo sulla trentina, capelli castani e occhi neri come la pece.
Era davvero affascinante, infatti tutti gli sguardi delle ragazze erano puntati su di lui, come se fosse un gelato alla vaniglia ricoperto di caramello. Era appena stato assunto come supplente, il loro vecchio professore di arte aveva preso un anno di pausa, nessuno sapeva il vero motivo, si vociferava che fosse andato in vacanza ai Caraibi con la sua nuova moglie.
Clary cercò di concentrarsi sul nuovo compito assegnato dal professor Pennhallow. Dovevano disegnare e dipingere, se ci fosse stato il tempo, una scena dei giocatori di basket mentre giocavano, cercando di catturare il movimento.
Voleva un quadro dinamico e in evoluzione.
Li stava letteralmente mettendo alla prova. Clary non sapeva se avesse saputo rappresentare una cosa del genere, ma non le restava che provare. Era una specie di compito in classe, da poco più di due settimane dall'inizio della scuola i professori già iniziavano a tartassarli con i test a sorpresa. Non se lo sarebbe mai aspettato da uno come lui, che raramente li sottoponeva ad interrogazioni e verifiche.
Tutti si prepararono con le loro tele e i loro block notes per i primi schizzi. Come sempre Clary si immerse nel suo mondo e tutto intorno a lei scomparve, perfino il professore che di tanto in tanto girava tra i suoi alunni per controllare i loro lavori. Intercettò subito il soggetto che avrebbe dipinto. Non voleva essere scontata, probabilmente molti avevano avuto la sua stessa idea, disegnare il capitano poteva essere un cliché ma tutto sarebbe dipeso da come veniva fatto. Si concentrò il più possibile sui movimenti delle sue scapole mentre giocava, su come con un movimento fulmineo sistemava i capelli che ricadevano davanti agli occhi, come si muoveva velocemente per afferrare la palla e passarla dall'altra parte del campo, come si concentrava quando si ritrovava vicino al canestro e anche sui suoi salti e sugli scatti delle gambe.
Restò ad osservarlo per un po', mentre tutti gli altri erano concentrati a disegnare. Probabilmente era del parere che prima di creare un dipinto del genere, avrebbe dovuto guardare e studiare meglio la scena, senza avere troppa fretta.
Quando Jace si girò verso di lei e la colpì in fallo, mentre lo stava fissando intensamente, Clary sussultò facendo cadere tutte le sue matite a terra e gli altri si voltarono improvvisamente verso di lei. Il professore la raggiunse raccogliendo il quaderno e lei si affrettò a prendere il resto delle sue cose. Lui glielo porse con un'espressione contrariata e allo stesso tempo divertita.
A quanto pare ultimamente non faccio che mettermi nei guai pensò Clary aspettandosi una ramanzina dal professore. Fortunatamente non aveva ancora disegnato niente, sarebbe stata in imbarazzo se solo i suoi compagni di corso avessero visto il protagonista del quadro.

«Clary, capisco che hai un tuo modo di lavorare, ma invece di studiare attentamente i movimenti del nostro capitano, cerca di dipingerli.» Il professore parlò a voce bassa in modo che gli altri non potessero sentirlo. Clary fece un sorriso per ringraziarlo di non averla umiliata davanti a tutti e prese la matita, lanciò un ultimo sguardo a Jace che intercettò il suo e poi cominciò a ritrarlo.

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Capitolo 5
*** 04 - Io non ho mai mai ***


Io non ho mai mai

 

«I really don't care!» Cantare a squarciagola mentre tutta la famiglia Lightwood era impegnata a scuola o a lavoro non sembrava un problema per Isabelle e Clary che si stavano scatenando sulle note di una canzone di Demi Lovato. Lo facevano spesso, improvvisando un microfono con spazzole, pennarelli o stampelle e chi ne ha più ne metta. Era il loro modo di divertirsi, fortunatamente nessuno avrebbe potuto vederle o sentirle o le avrebbero prese per pazze scellerate e forse loro due lo erano. L'amica aveva invitato Clary a studiare quel pomeriggio, ma ovviamente erano finite con il fare tutt'altro. In casa non c'era anima viva a parte loro due e questo gli permetteva di scatenarsi senza preoccupazioni. Verso sei e mezza sarebbero venuti tutti gli altri e le cose avrebbero cominciato a movimentarsi, degli amici di Alec e di lui stesso non c'era traccia e i loro genitori erano troppo impegnati con il lavoro per fare una telefonata. Max era impegnato tutto il giorno con la scuola ed Isabelle era felice di non dover fare la babysitter anche quella volta.

«Siamo davvero brave!» Disse Clary lasciandosi andare sul morbido letto di Izzy ricoperto da un piumone viola piuttosto sgargiante. Si distese poggiando la testa sul cuscino e fissò il soffitto ricoperto di piccole lampadine che somigliavano vagamente alle stelle che brillano in un cielo invernale. Stava riprendendo fiato, non riusciva quasi a respirare, avevano ballato fino allo sfinimento.

»Sì, se procurassimo dei tappi per le orecchie al nostro futuro pubblico potremmo diventare ottime cantanti.» Isabelle rise affiancandola e lanciando la spazzola sulla scrivania. Quella stanza era un vero e proprio circo, potevi trovarci di tutto, ma era sempre così disordinata che lei faceva fatica anche a vestirsi di mattina senza inciampare in una cianfrusaglia qualsiasi. Era ben diversa dalla stanza di Alec che era perfettamente in ordine, aveva perfino le maglie piegate e sistemate in ordine di colore e stagione. Erano così diversi che se non fosse stata per la somiglianza disarmante, nessuno avrebbe potuto considerarli fratelli.

«Izzy?» Isabelle si voltò verso Clary che all'improvviso aveva assunto un tono serio.

«Mh?»

«Che ne pensi di Simon?» Le chiese sfacciatamente, sapeva che il suo migliore amico sarebbe stato totalmente contrario e sicuramente se l'avesse scoperto sarebbe diventato una furia, per quanto Simon riuscisse veramente ad arrabbiarsi, ma voleva aiutarlo. Aveva notato che ad Isabelle non gli era del tutto indifferente, quindi non poteva non provare, se fosse andato tutto a rotoli avrebbe sempre potuto inventare una scusa..se solo non fosse una frana nel raccontare bugie.

«S-Simon?» Isabelle odiava parlare dei suoi sentimenti, non era mai stata brava nelle relazioni, era sempre stata attenta a gestire i suoi sentimenti, le sue emozioni, ma con Simon era tutto diverso. Era come se non avesse il pieno controllo delle sue azioni, o delle sue parole addirittura. Lei che aveva un autocontrollo da far invidia a chiunque. Forse era proprio per questo che Simon l'attirava tanto, lui era così sincero, impulsivo, a volte aveva lo strano istinto di proteggerlo.

Clary si voltò a guardarla e vide che si era soffermata di nuovo a fissare il soffitto con le sopracciglia corrugate. «Izzy, ci sei?» Lei sapeva che alla mora non piaceva affatto parlare di quelle cose, non voleva di certo insistere, però la sua espressione aveva fatto scattare in Clary quella curiosità e quella speranza che sarebbero state capaci di scatenare un tornado di domande. «Sì..» Rispose Isabelle ritornando in sé.

«Se non vuoi parl-»

«Non..non mi va di parlarne» Clary annuì, aveva capito perfettamente. Isabelle non voleva mai parlare delle proprie debolezze e forse Simon e l'amore per lei rappresentavano una delle difficoltà maggiori per una come lei, che amava dimostrarsi coraggiosa, temeraria ed indipendente.

A rompere il silenzio che si era creato furono le voci provenienti dal piano inferiore che fecero sussultare entrambe, si diedero un'occhiata fugace per poi alzarsi dal letto velocemente e avanzare pian piano verso la porta della camera. Non riuscivano a riconoscere di chi fossero, erano troppo lontane e non si sarebbero aspettate di ricevere ospiti. Così la prima ad aprire la porta fu Isabelle e poi subito dopo Clary la seguì. Quando arrivarono sulle scale riconobbero subito le voci. Erano quelle di Alec e Jace, unite ad altre due femminili. Non avevano idea di chi fossero, probabilmente non le avevano mai sentita fino a quel momento. Decisero di scendere per saperne di più e si bloccarono pietrificate sulla seconda rampa quando videro Alec con in mano la bottiglia di un super alcolico e Jace sul divano bianco in pelle con due ragazze avvinghiate a lui, neanche volessero mangiarlo. Clary venne subito individuata dal biondino che posò lo sguardo su di lei e fece un mezzo sorriso, lei non ricambiò. Aveva le guance velate di rosso e non sapeva come muoversi, se fare un passo in più ed arrivare da loro quattro, oppure fuggire con Isabelle al piano di sopra. Lei però sembrava piuttosto tranquilla, aveva solo un'aria stranita, ma a parte quello niente segni di nervosismo, a differenza dell'amica.

«Alec?» Richiamò il fratello che si girò verso di lei incontrando il suo sguardo di ghiaccio, quasi accusatorio, conosceva il segreto di Alec. Quello che lui non avrebbe voluto mai dire a nessuno, la parte che teneva nascosta e relegata nel profondo della sua anima, quella che aveva mostrato ed esternato soltanto quell'estate in Italia. Aveva conosciuto un ragazzo, Magnus, all'inizio erano amici, facevano lunghe passeggiate in riva al mare e si divertivano a scherzare sulle coppiette che litigavano a pochi metri di distanza, ma dopo un po' i loro sentimenti cambiarono e uscirono allo scoperto. Fu un susseguirsi di baci rubati, baci al buio e frasi sussurrate per non farsi scoprire dagli altri, di passeggiate di sera alla larga dall'hotel dove alloggiavano i Lightwood, Alec si era innamorato completamente di lui. Forse fu il suo primo vero amore, non era la solita cotta estiva, Magnus l'aveva fatto sentire se stesso per la prima volta in vita sua. Proprio per questo aveva paura, aveva avuto paura dei suoi sentimenti, della loro relazione. Anche lui era di New York, ma decisero di non vedersi, di rompere alla fine dell'estate, entrambi provarono a dimenticare tutto, a lasciarsi alle spalle l'accaduto, ma fu impossibile, soprattutto per Alec che non si era mai sentito tanto vero in vita sua se non con Magnus. Ne aveva parlato ad Isabelle in un momento di debolezza, le aveva confidato tutto e lei l'aveva sostenuto sempre, consolato e incoraggiato a raggiungerlo, a chiamarlo, ma lui non aveva sentito ragioni. Aveva troppa paura, paura delle conseguenze, del parere dei suoi genitori e di quello dei suoi amici.

«Izzy» La voce di lui ne uscì piuttosto roca e questo non fece che confermare tutte le teorie di Isabelle, non era esattamente a suo agio in quella situazione ed ammettere davanti alla sorella che stava cercando di ribaltare i suoi sentimenti e di reprimere la sua omosessualità sembrava quasi un tradimento ai suoi occhi.

«Isabelle! Vi unite a noi?» Jace salutò Izzy per poi posare lo sguardo su Clary, lei lo sostenne e li raggiunse prima che l'amica potesse rispondere alla domanda del biondo. Infatti Isabelle guardò sorpresa Clary, lei sperava di cimentarsi in qualche altra esibizione strampalata con la sua migliore amica, ma a quanto pare si prospettava una serata diversa.

Clary si mise a sedere nella poltrona di fronte a Jace e gli fece un sorriso che lui ricambiò. Poi cominciò a studiare le ragazze al suo fianco che la fissavano sconcertate. Ovviamente cercò di non essere scoperta. Come previsto non le aveva mai viste prima, avevano entrambe i capelli castani, una li portava legati e una sciolti. La prima portava dei jeans stretti con una maglietta molto succinta che portava una cerniera sulla spaccatura del seno, era quasi del tutto abbassata, i capelli scuri e ricci ricadevano fino ai fianchi, aveva un fisico mozzafiato e Clary di fronte a lei con i suoi jeans e la sua t-shirt a righe rosse avrebbe semplicemente voluto affondare nel tessuto della poltrona. La seconda invece aveva gli occhi di un azzurro intenso ed era vestita con un semplice jeans ed una maglietta color bianco panna. Sembrava piuttosto semplice, poteva anche sembrarle simpatica a tratti, se non tentasse ogni due secondi di avvinghiarsi a Jace Herondale come una specie di scimmia in cerca del suo casco di banane.

«Io lo prenderei per un sì» Disse semplicemente Izzy prendendo posto affianco a Jace attenta a tenersi a distanza da quelle due. Alec sghignazzò nel vedere l'espressione schifata della sorella.

«Stiamo per giocare a ''io non ho mai mai''» disse Alec prendendo posto con in mano sei bicchierini e una bottiglia di whiskey. Tutti conoscevano benissimo quel gioco, così non ci fu bisogno di spiegazioni.

«Ah, Alec la prossima volta avvisami prima di portare le vostre bamboline su misura a casa mia, grazie.» Le due lanciarono un'occhiataccia fulminante ad Isabelle e Clary scoppiò a ridere, perché non parlano? Si chiese osservandole meglio.

«Simpatica la tua sorellina.» disse una delle due, come se avesse letto nel pensiero della rossa che strabuzzò gli occhi sbalordita. Aveva capito il perché, avevano una voce sgradevole e forse qualcuno gliel'aveva fatto notare in passato, più che parlare, quella ragazza gracchiava.

«Ha uno spiccato senso dell'umorismo!» Jace fece un occhiolino ad Isabelle che in tutta risposta alzò gli occhi al cielo.

«Cominciamo?» Clary si stupì di se stessa, di solito non parlava molto in presenza di sconosciuti, però non le sarebbe dispiaciuto divertirsi e magari scoprire qualcosa in più sul conto di Jace, che a lei appariva come un vero e proprio scrigno chiuso a chiave.

«Subito!» Il campanello suonò e li interruppe proprio prima che cominciassero il giro, Isabelle guardò il suo orologio, erano le sei e mezza. Aveva dimenticato di dire al fratello che avrebbero avuto altri ospiti. Corse ad aprire e Maia, Simon e Jordan erano sulla soglia tutti sorridenti.

«Ehilà! Che si dice Izzy?» Jordan sorridente come sempre, entrò dopo aver salutato la mora con un bacio sulla guancia. «Iz!» Maia fece lo stesso per poi fare capolino in soggiorno, entrambi restarono sorpresi nel vedere Clary ridere ad una delle battute di Jace Herondale e non solo, restarono sorpresi anche nel vedere quella specie di rimpatriata nel salone di casa Lightwood.

«Isabelle» Simon sembrava più impacciato del solito, non era abituato a salutarla con un bacio sulla guancia, ma gli sembrò opportuno farlo, doveva darsi una mossa se solo avesse voluto che lei lo avrebbe notato, ma era poco sicuro di sé e non sapeva mai come comportarsi.

«Simon..» Lei sembrava decisa, così lo salutò precedendolo, prima che potesse fare qualcosa. Lo prese per le spalle e posò un bacio delicato sull'angolo della bocca. Simon restò di stucco, si fermò per un attimo sulla soglia della porta, poi le sorrise ed entrò senza dire una parola. Non c'era bisogno che dicesse qualcosa.

«Meglio siamo e meglio è.» Esordì Jace facendo spazio ai nuovi arrivati che si sedettero entusiasti di giocare, tranne Maia che odiava certe cose, ma decise di unirsi a loro per non fare la guastafeste.

«Comincio io!» Disse una delle due ragazze al fianco di Jace, tutti gli occhi si puntarono su di lei. «Io non ho mai..fatto un'orgia.» Nessuno bevve.

«Non ho mai visto un episodio di One Piece.» Disse Simon scrollando le spalle, per lui era una vera e propria confessione dato che era un appassionato di manga e anime. Clary bevve seguita da Jordan e sentì l'alcol graffiarle la gola.

«Io non ho mai dormito con una ragazza.» Affermò Jace, tutti bevvero. Clary stette per un po' a guardarlo, confusa.

«Andiamo, ovviamente quelli come lui non ci dormono con le ragazze.» Disse Simon con un certo sarcasmo, guardandolo male. Jace ricambiò lo sguardo acido e finse una risatina. Tutti sapevano com'era fatto.

«Io non ho mai giocato alla playstation.» Maia non sapeva cosa inventare, così alla fine bevvero tutti.

«Io non mi sono mai innamorata.» Scambiò un'occhiata con Simon, prima di vedere lui bere e sentire una fitta di dolore allo stomaco. Bevvero tutti, perfino Alec, tranne Izzy e Jace. Clay lo notò e vide anche che lui la stava fissando incessantemente, era il suo turno.

«Io non ho mai svelato un segreto.» Molti di loro bevvero, ma non Jace. Loro due stettero a guardarsi, occhi dentro occhi, erano sguardi sinceri, lui stava sorridendo e lei era arrossita fino alle punte dei capelli.

Alla fine verso le otto Max tornò a casa e venne subito messo a letto dalla sorella, che era la più sobria di tutti, Maryse e Robert sarebbero rincasati tra un'ora. Dovevano assolutamente sgombrare, o avrebbero passato guai seri. Alla fine riuscirono a sistemare tutto, o quasi. Davanti alla soglia della porta, mentre tutti gli altri cominciavano ad incamminarsi Jace fermò Clary prendendole la mano.

«Ti accompagno a casa» Assomigliava ad una specie di proposta, non ad un ordine. Così Clary annuì facendo un mezzo sorriso, era un po' brilla ma riusciva a reggersi in piedi, d'altronde anche Jace non era tanto sobrio. Fortunatamente erano a piedi entrambi.

Si misero a braccetto, come una coppia di anziani e si incamminarono verso casa di Clary. Forse non avrebbero ricordato niente di quella sera e sarebbe tornato tutto come prima tra loro due, il giorno dopo. Due sconosciuti che condividevano un segreto, uno di una serie.

 

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