The ghost of my love

di Heya_17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Lincidente. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - La novità dai capelli rossi. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Ho bisogno di te. ***



Capitolo 1
*** Prologo - Lincidente. ***


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«Fra due parossismi si torce il filo della nostra sorte: lo scandalo del morire e l'eufemismo del vivere.»
- Gesualdo Bufalino, Il malpensante.

 


La vita è un susseguirsi di avvenimenti, potrebbe somigliare ad un libro di cui noi siamo gli scrittori. Siamo noi a decidere cosa vogliamo che accada e cosa no o, almeno, questo è quello che vorrebbero farci credere gli scrittori smielati come Nicholas Sparks.
La verità è che non siamo noi a scegliere cosa ne sarà del nostro futuro ma quell’entità che tutti chiamano destino.
A qualcuno il proprio destino piace, sembra fantastico e non vorrebbe che nulla cambiasse di ciò che gli ha riservato per la propria vita. Sì, sto parlando di gente come Paris Hilton. Però ci sono persone a cui il destino fa schifo.
In realtà, questo destino è imprevedibile. Sa essere buono, ma allo stesso tempo crudele. E' sempre pronto a farti qualche sorpresa inaspettata, bella o brutta che sia.
Io non potevo lamentarmi. Vivevo la vita di una normale adolescente, avevo una famiglia che mi amava, una bella casa in un quartiere tranquillo a Pittsburgh, degli amici sempre disponibili per me, ero una cheerleader e avevo un’ottima media scolastica.
La sorpresa più bella che mi riservò il destino fu conoscere Cole. E' arrivato all'improvviso con il suo maglioncino blu notte, i suoi jeans e il suo bellissimo sorriso.
Ricordo ancora le sue guance rosse quando mi chiese timidamente di uscire con lui per la prima volta il secondo giorno del terzo anno. Era nervosissimo e probabilmente non si aspettava nemmeno che accettassi.
Il nostro primo appuntamento fu in un ristorante italiano, uno dei più costosi di Pittsburgh. Spese tantissimo per quella cena, nonostante non potesse permetterselo. Si comportò come un vero gentiluomo e non mi baciò neanche dopo avermi accompagnata a casa.
Il nostro primo bacio arrivò dopo un mese, mentre studiavamo, proprio come quel giorno.
Io e Cole eravamo a casa sua per studiare chimica. Lui era molto più bravo di me a scuola, anzi, era più bravo di me in tutto. Stavamo avendo una conversazione su atomi che si spostavano da un polo all’altro e quando controllai l'orologio, notai che ero già in ritardo per la cena.
«Devo tornare a casa, o mia madre mi ammazza» annunciai, alzandomi dalla sedia.
«Va bene, amore!» Anche Cole si alzò per accompagnarmi alla porta. «Chiamami quando arrivi a casa» disse, aprendo la porta.
«Come sempre!» Sorrisi, gli diedi un bacio sulle labbra e mi diressi alla macchina.
«Guida con prudenza!» concluse sorridente e consapevole del mio essere continuamente distratta e impacciata.
Io gli sorrisi ed entrai in macchina.

Erano le 7.30pm e c'era un traffico pazzesco. Ero sicura che mia madre mi avrebbe messa in punizione per un mese.
Mi arrivò un messaggio e come mi aspettavo era mia madre.

Da: Mamma.
Dove sei finita? Quando torni facciamo i conti!

Sapevo che fosse arrabbiata perché dovevo aiutarla con la cena ed ero in ritardo, però non era colpa mia se tutta Pittsburgh si riuniva per strada dalle 7 della sera.

A: Mamma.
Sono bloccata nel traffico!

Stavo per spingere invio, ma oltre il rumore insistente di un clacson e una luce bianca non ricordo più nulla di quel momento, ma sono certa che quel messaggio non arrivò mai a mia madre.

Ero stata vittima di un incidente stradale con un camion e venni portata d'urgenza in ospedale. Il camionista aveva avuto un colpo di sonno e non era riuscito a frenare in tempo.
Venni portata d’urgenza in ospedale piena di ferite sanguinanti e continuavo a dormire.
I dottori fecero il possibile per tenermi in vita e ci riuscirono.
Il mio cuore batteva, lentamente, ma batteva e i miei polmoni funzionavano con fatica.
L’unico problema era che continuavo a dormire. Il primo giorno il dottore spiegò ai miei genitori che non mi risvegliavo a causa del trauma cranico, ma dopo una settimana ammise che non era un buon segno che fossi ancora in quelle condizioni.
Suggerì ai miei genitori e chi mi veniva a trovare di parlarmi anche se dormissi. Di raccontarmi storie o cose simili. Io li avrei ascoltati sicuramente e magari un giorno avrei reagito.
Rimasi in coma per un mese e ogni giorno qualcuno mi parlava. I miei amici, parenti e anche gli infermieri chiacchieravano con me con un certo gusto.
Potevo sentire tutto ciò che mi succedeva attorno. Mia madre che piangeva e mio fratello che la consolava, mio padre che si arrabbiava con i medici perchè non riuscivo a risvegliarmi, loro stessi che studiavano le mie condizioni per capire se ci fossero progressi, Cole che si disperava e Sarah, la mia migliore amica, che tra tutti era quella che cercava di non perdere mai la calma e mi raccontava tutto quello che succedeva a scuola e in città. Sarah mi confidava scoop e segreti che solo lei riusciva a venirne a conoscenza. Mi disse anche del modo in cui aveva reagito la gente al mio incidente.
«Sai, tutti parlano di te a scuola» disse un giorno, tra una chiacchiera e l’altra. «Spesso fermano me o Cole per i corridoi e ci chiedono come stai. Io gli rispondo sempre che presto ti risveglierai, mentre lui ignora la domanda e passa avanti. Ho paura che stia perdendo le speranze, ma io non lo farò, amica mia!» Tirò su con il naso e riprese a parlare. «Abbiamo così tanti progetti da realizzare, come il college, sposarci, avere una famiglia… Non puoi rinunciare a tutto questo. Mi avevi promesso che saremmo rimaste per sempre insieme e che avrei fatto da testimone al tuo matrimonio con Cole e tu al mio con non so ancora chi.» La sua voce cominciò a tremolare.
No, Sarah, non piangere.
«Tu mantieni sempre le tue promesse. Ti prego, Ingrid, svegliati!» Poggiò la sua testa sulla mia mano calda. Sapevo che si aspettasse un colpo di scena simile a quello dei film in cui io mi sarei svegliata in quel preciso istante, ma non successe.

Cole veniva tutti i giorni dopo scuola e quando poteva anche la mattina. Si sedeva su una sedia al mio fianco, mi prendeva la mano e raccontava quello che faceva a scuola, agli allenamenti di basket, notizie a caso che sentiva al telegiornale… Finché un giorno non crollò.
«Perché non ti svegli, dannazione?» La sua voce sembrava quasi arrabbiata. Non potevo vederlo, ma ero sicura che avesse gli occhi lucidi e fosse diventato rosso in volto come ogni volta che si agitava in modo particolare. «Io non ce la faccio più a vederti in queste condizioni! Io ti amo e senza di te io non posso farcela. Non posso… non voglio… Sei la mia vita, l’unica ragione che mi manda avanti. So che puoi ascoltarmi, quindi sappi che qualunque cosa succeda, io ti amerò per sempre... Perché tu sei tutto ciò che ho sempre desiderato, Ingrid Handerson. Sei tutto!»
Oh, Cole! Quanto avrei voluto baciarlo e stringerlo a me in quel momento.
Tutt’oggi ricordo le parole di Cole e di tutte le altre persone che mi vennero a trovare in ospedale.
Tutti mi dicevano – alcuni con certezza e altri un po’ più insicuri – che presto avrei riaperto gli occhi, ma fui costretta a deludere le loro speranze, perché il 13 maggio 2013 morii. 
Ho lottato per loro, lo giuro. Ho provato ad essere forte come loro mi chiedevano, scongiuravano, provai a mantenere la promessa fatta a Sarah, ma non ci riuscii.

Al mio funerale un sacco di gente piangeva. La più addolorata tra tutti era mia madre, che si sentiva in colpa per essere stata arrabbiata con me mentre ero bloccata nel traffico.
«Non dovevo inviarti quel messaggio, piccola mia» disse una volta in ospedale, piangendo. «Perdonami per essere sempre stata così dura con te. Giuro che ti tratterò meglio d'ora in poi, lo giuro!» Però sapevo che non era colpa sua.

Non finii subito in paradiso o all'inferno, in realtà non ero nemmeno nel limbo. Per non parlare della luce bianca che si vede dopo la morte di cui tutti parlano, di quella nemmeno un fievole riscontro.
Continuai a tenere d'occhio tutte le persone a me care, soprattutto Cole che per tutta l'estate non fece altro che piangere e passare le sue serate in un pub a bere alcolici di tutti i generi e tornare a casa completamente ubriaco. Sua madre si era rassegnata dal farlo tornare il vecchio Cole, ma continuava a sperare che quello fosse solo un periodo di passaggio.
I miei genitori e mio fratello si trasferirono in un'altra città, a Lancaster per la precisione, perché secondo loro a Pittsburgh c'erano troppi ricordi e troppa gente che parlava di me.
Sarah per un po' si sentì disorientata e confusa, non avendo più un appiglio a cui mantenersi. Stette male per due lunghi mesi, ma poi venne aiutata da altre nostre amiche e si riprese nel migliore dei modi.
Sapevo che non si fosse dimenticata di me. Almeno una volta al mese si recava al cimitero davanti la mia lapide a lasciare dei fiori, piangendo.
Quanto bene le volevo e quanto mi mancava.

 

Salve!
Sono tornata su EFP sia con nuovi capitoli per la mia FF sui 5SOS che avevo cominciato e che per
motivi X dovetti sospendere sia con una nuova storia con personaggi e contesto inventati
completamente da me.
Spero vi piaccia e che la seguiate in tanti! :)
Per rimanere sempre aggiornati potete trovarmi su FB: Heya Efp.

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se qualcuno dovesse essere disponibile può contattarmi su FB o direttamente da questo sito! :)

Un bacio a tutti!

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - La novità dai capelli rossi. ***


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Bere non è la risposta, ma bevendo ti dimentichi la domanda.

 


Mentre alla Foreman High School un nuovo anno stava per avere inizio, a Pittsburgh arrivò una novità dai capelli rossi chiamata Andrea Daley o per gli amici solo Andy. Si trasferì proprio nella mia vecchia casa con suo padre che faceva l’avvocato. Lei era decisamente una bella ragazza, alla Foreman avrebbero stravisto per lei.
La prima volta, Andy entrò in casa con cautela. Si guardava attorno, scrutando ogni singolo angolo. Salì le scale e andò dritta in quella che sarebbe stata camera sua. Aveva con sé uno degli scatoloni e lo poggiò sulla moquette. La vidi rabbrividire leggermente e strofinarsi la mano su una delle braccia scoperte per riscaldarsi. Ma non faceva freddo, era appena cominciato settembre e quel giorno c'era il sole.
«Papà!»
Suo padre era già per il corridoio, quindi arrivò subito in camera di Andy. «Dimmi, tesoro!»
«Hai chiamato qualche esorcista prima di entrare in casa? Non mi sembra che noi siamo soli.»
«Oh, non essere stupida, Andy! Fa presto a prepararti o farai tardi già dal primo giorno di scuola!» concluse suo padre, uscendo.
Andy continuò a sentirsi a disagio, ma si preparò comunque per andare a scuola. Potevo percepire la sua angoscia nel dover andare in una nuova scuola il giorno stesso che era arrivata in città.
Più la scrutavo e più mi rendevo conto di quanto fosse diversa da me, a partire dal nostro aspetto e concludendo con il modo di vestire. Lei rossa e io bionda; lei occhi verdi e io castani; lei si vestiva come le capitava, mentre io ero abituata a vestirmi molto più elegante per andare a scuola. 
Nel guardarla prepararsi, mi venne in mente un’idea. Lei poteva sentire la mia presenza, altrimenti non avrebbe avuto quella reazione appena entrata in casa, quindi se solo avessi provato a concentrarmi un po’ di più, sarebbe riuscita anche a vedermi e sentirmi.
Decisi di seguirla a scuola per studiarla meglio, mi sarebbe potuta tornare utile.

Dopo la prima ora, Andy era già in ritardo per la lezione di biologia.
Suonò la campanella e lei imprecò con un “Maledizione!”, facendo cadere un paio di libri per terra. Li raccolse, ma quando alzò lo sguardo vide una ragazza che non conosceva fissarla. Guardai la scena con un sorriso e con leggera commozione.
«Posso aiutarti?» chiese Andy un po' infastidita dal modo in cui la ragazza la stava fissando.
Lei scosse la testa, sorridendo. Probabilmente si era accorta della sua brutta figura. «Scusami, questo era l'armadietto della mia migliore amica e volevo vedere chi se ne fosse appropriato.»
Andy annuì e mise i libri nell'armadietto, poco interessata a quello che le stesse dicendo l’altra.
«Anche lei usava mettere lo specchietto all’interno, in modo da guardarsi appena apriva l’armadietto.»
«Non l’ho messo io.»Andy chiuse l'armadietto e prese a camminare seguita dalla ragazza. «A quanto pare la tua amica se l’è dimenticato qui.»
«Beh, sicuramente adesso non le servirà più...» Sorrise con un pizzico di malinconia.
«Perchè, dove si trova adesso sono vietati gli specchi negli armadietti?»
«No, lei è solo... morta.»
«Mi.. dispiace.» Andy si fermò e arrossì leggermente, abbassando lo sguardo. Stava facendo una figuraccia ed era stata leggermente scortese con la ragazza.
«Tranquilla, ormai ci ho fatto l'abitudine. Comunque, io mi chiamo Sarah!» Le porse la mano. Sì, era proprio la mia Sarah, la mia migliore amica.
«Andy!» La strinse, ancora imbarazzata. «Io devo entrare in questa classe» annunciò, fermandosi davanti l'aula di biologia «Ci vediamo!»
«A presto!» Sarah guardò Andy entrare in classe. Sapevo che stava pensando che stringere amicizia con quella nuova sarebbe stata una buona idea, ma sperai che non credesse sul serio che lei potesse prendere il mio posto.

All'ora di pranzo, Andy preferì andare fuori in giardino a mangiare il suo panino piuttosto che nella mensa con tutti gli altri studenti, ma quando sentì la campanella suonare dovette alzarsi a malincuore dall'erba e ritornare dentro. Mentre rientrava si scontrò con chi io speravo incontrasse: Cole.
«Perdonami, non ti avevo visto!» si scusò Andy.
«Togliti dai piedi!» rispose scortese Cole, colpendola con la spalla.
«Ma dico la buona educazione dove l'hai lasciata?» chiese scorbutica e sconcertata, ma Cole non le rispose e continuò per la sua strada.
Negli atteggiamenti di Cole non ci fu nulla di nuovo. Trattò Andy come trattava tutti gli altri.
Per un attimo sembrò che Andy volesse rincorrerlo per fermarlo e picchiarlo, ma poi si rigirò e rientrò a scuola, sbuffando.

La giornata scolastica di Andy si concluse e io decisi che era il mio momento.
Tornò a casa, esclamando un «Sono tornata!» senza ricevere alcuna risposta. Andò in cucina per prendere un bicchiere di succo all’arancia e vide un bigliettino da parte di suo padre.

Ho molto lavoro da svolgere come primo giorno e questa sera ho una cena con il mio primo cliente, quindi non aspettarmi sveglia. Ti voglio bene!

-Papà.

Andy accartocciò il bigliettino e lo buttò su uno dei mobili della cucina. Probabilmente non era la prima volta che  suo padre la lasciava sola per cena.
Finì il suo bicchiere di succo e riprese la cartella, andando nella sua stanza.
Io ero seduta sul suo letto e la vidi fermarsi con gli occhi sgranati davanti la porta.
Sì, può vedermi!
Le cadde la cartella dalle mani. Era scioccata, ma non sembrava spaventata. «Ti prego, non uccidermi! Ti chiedo scusa se ci siamo impossessati della tua casa, se vuoi dico a mio padre di trovarne un’altra. Ma lasciaci vivere!» Si inginocchiò, incrociando le mani davanti al petto in segno di supplica.
Sorrisi. Era incredibilmente buffa. «Non voglio farti del male!»
«Ah, no?» Si rimise in piedi. «C-chi sei?»
«Mi chiamo Ingrid Handerson. Prima che tu arrivassi, abitavo in questa casa.»
Ad Andy sembrò accendersi una lampadina. «Per caso sei l’amica di...» Ci pensò qualche secondo poi decisi di aiutarla.
«Sarah.»
«Sì, lei!»
Aveva anche la memoria corta.
«Quindi se non vuoi uccidermi… Cosa vuoi da me?»
«Io voglio che mi aiuti a fare una cosa.»
Andy scosse leggermente la testa, confusa. «In cosa dovrei aiutarti?»
«Siediti, perché la storia è davvero lunga.»
Andy fece come le ordinai, ancora scossa. Si andò a sedere alla sedia che era vicino la sua scrivania da montare.
Le raccontai tutto dall’inizio alla fine, dal mio primo incontro con Cole a come ero morta. Le raccontai anche di cosa feci in quei mesi e di come mi fossi sentita nella mia totale solitudine.
Andy sembrò ascoltarmi attentamente e a volte mi faceva qualche domanda per capirci di più di tutta quella storia. Penso che quello che maggiormente la stupisse fosse che stesse parlando con un fantasma, ma presto cominciò sentirsi a suo agio. Non provò a negare la presenza di un fantasma in casa sua, pensando di essere pazza. No, lei ci credeva già che i fantasmi esistessero.
«Allora, se ho capito bene» esordì Andy, pronta a fare un riepilogo della situazione, «tu stavi con questo ragazzo, Cole, che prendeva buoni voti, era gentile, gli piaceva giocare a calcio e che adesso è un alcolizzato scorbutico che spinge delle povere ragazze.»
«Esattamente!»
«E tu vorresti che io lo faccia tornare come era prima.»
«Sì» annuii con la testa.
«Ok, accetto.»
«Davvero?» Probabilmente sembrai ancora più sorpresa di quanto lo fosse stata lei dopo avermi vista seduta sul suo letto.
«Già, tanto non ho niente di meglio da fare in questa città.»
«Dio mio, è fantastico!» Corsi verso di lei per abbracciarla, ma il mio corpo oltrepassò quello di Andy.
Lei rimase pietrificata per un po’. Sicuramente non doveva essere stata una bella sensazione farsi attraversare il corpo da un fantasma.
Mi ero completamente dimenticata che non potevo toccare nessuno e non potevo essere toccata. Mi guardai le mani. Che amarezza non poter interagire fisicamente.
«Ti andrebbe di accompagnarmi in uno dei locali che frequenta Cole?» disse Andy. «Vorrei provare un approccio diverso con lui, cercando di non farmi scaraventare di nuovo via da lui.»
«Certo!»
Non perdemmo tempo, così io ed Andy andammo alla sua macchina, ma io rimasi ferma fuori per un attimo.
«Che c’è?» chiese già seduta al posto del conducente.
Non entravo in una macchina dal mio incidente e per questo il ricordo di quelle luci e del clacson che suonava mi ritornò nella mente.
«Ingrid!» mi richiamò Andy e tornai sul pianeta Terra.
Di cosa avevo paura? Tanto ero già morta.
«Nulla, scusami!» Salii in macchina, sedendomi sul sedile del passeggero, accanto a quello di Andy che mise subito in moto la macchina.

«Mi sento un agente in missione» ammise per rompere il silenzio. «E il mio capo è un fantasma. La CIA mi fa un baffo!»
Sorrisi. Andy era davvero simpatica. «Comunque, siamo arrivate!» annunciai, indicandole il locale sulla destra con una mano.
Andy parcheggiò, scese dalla macchina ed entrò nel locale quasi senza aspettarmi. Aveva un occhio abbastanza acuto perché non le ci volle molto a trovare Cole al bancone a bere sicuramente non il suo primo bicchiere della serata. Era completamente solo, come sempre. Si avvicinò a lui, quasi innervosita nel vedere che stesse chiedendo un altro bicchiere.
«Non credi che basti così?» gli domandò, prendendo il bicchiere prima di lui.
«E tu chi saresti? Mia madre?» controbattè innervosito, riprendendosi il bicchiere.
«Io vorrei aiutarti!»
«Io non voglio l’aiuto di nessuno, figuriamoci di una sconosciuta con le lentiggini!»
«Cos’hai contro le lentiggini?»
«Levati dalle palle e basta!» concluse Cole ed Andy se ne andò prima di tirargli un pugno in faccia.
Camminava a grandi passi furiosa verso la sua macchina. «Chi si crede di essere quel pallone gonfiato?»
«Andy, non puoi arrenderti così!» le urlai dietro.
Lei si fermò e mi guardò.
«Per favore.»
«E va bene. Ci provo un’ultima volta, ma se va male anche questa per stasera mi fermo!»
Sorrisi. «D’accordo!»
Andy rientrò nel locale e guardò verso il bancone dove prima era seduto Cole, ma lui non c’era più. «E adesso dove si è cacciato?»
«Andy, sento che gli è successo qualcosa.»
«E io come faccio a sapere cosa se non so nemmeno dove si trova?»
«Prova nel bagno!» le consigliai e lei si diresse verso i bagni degli uomini, scansando la gente che puzzava d’alcol ed entrò senza vergogna.
Cole era lì, steso per terra semi-incosciente.
Mi portai una mano sulla bocca e scoppiai a piangere.
«Cole!» Andy si piegò sulle ginocchia e gli diede qualche schiaffo sulla faccia. Controllò che respirasse ancora e che il battito del cuore fosse regolare.
«Dimmi che non sta avendo un coma etilico.»
«No, è solo abbastanza ubriaco da non potersi reggere con i suoi piedi.»
Cole si mosse e bofonchiò qualcosa di incomprensibile.
«Andiamo, amico, ti porto a casa.»
Andy mise le sue braccia sotto le ascelle di Cole e lo rimise in piedi, più o meno, poi mise un braccio di lui sulle sue spalle e lo trascinò verso la macchina con estrema calma. Lo fece sdraiare sui sedili posteriori e la guidai verso casa Somerset, cercando di mantenere la calma, come faceva lei.
Andy accostò, fece rialzare Cole e lo trascinò dentro casa. Avrei voluto aiutarla, ma non sapevo come.
In casa i Somerset stavano già dormendo, quindi non lo sentirono rientrare con Andy. La diressi indisturbata fino alla stanza di Cole dove lo buttò a peso morto sul letto.
«Ecco fatto!» disse a bassa voce. «Torniamo a casa, prima che mio padre rientri e si chieda dove abbia passato la serata sua figlia.»
Stavamo per andarcene ma la voce di Cole ci fermò.
«Tu non sei Ingrid...» disse, rigirandosi nel letto. «Ma le tue lentiggini… Sono belle.»
«Che stai dicendo?»
Cole smise di parlare e si addormentò con un respiro pesante.
Andy mi guardò confusa e io le risposi scrollando semplicemente le spalle.
 

Rieccomi!
Questo è il primo capitolo. Al momento le cose non sono
ancora molto intriganti, ma presto lo saranno, giuro.
Sono ancora alla ricerca di qualcuno che possa
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Per favore, aiutatemi ç.ç
A presto con il prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Ho bisogno di te. ***



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Il giorno dopo, Cole non si fece vedere in giro e nemmeno quello seguente.
Rimasi sempre accanto ad Andy e nel caso in cui fosse successo qualcosa a Cole, lo avrei sentito come sempre.
La verità era che Andy non aveva fatto ancora amicizia con nessuno e anche se non volesse ammetterlo, si sentiva tremendamente sola.
«Mi sono accorta che tuo padre lavora molto durante il giorno» le dissi la sera prima, mentre lei cucinava per sé stessa la cena.
«Già, è un buon avvocato ed è sempre difficile mettersi in carreggiata in una nuova città.»
«Anche dove vivevate prima lavorava spesso fino a tardi?»
«Certo, anche nelle città precedenti.»
«Quante volte avete cambiato città?»
«Quando mia madre era ancora in vita, abitavamo a Seattle. Morì quando avevo dieci anni e da allora abbiamo cominciato a trasferirci in ogni città dove papà potesse trovare un ufficio che lo assumesse. Appena comincia a sentire un minimo di malinconia della mamma, ce ne andiamo. Non siamo rimasti mai per più di un anno in una città.»
«Ma è terribile...»
«Nell’ultima città dove sono stata non ero riuscita a farmi nemmeno un amico. Questa volta spero di poter finire almeno l’anno scolastico prima che mio padre decida di trasferirci ancora.»
«Come fai a sopportare una situazione del genere?»
«Dopo un po’ ci fai l’abitudine, anche alla solitudine. So perché mio padre si concentri tanto sul lavoro. Lo fa per non pensare alla mamma, dimenticandosi di me a volte, ma va bene così, se lo aiuta a non soffrire...»
«Ma soffri tu.»
«No, ho smesso da tempo.» Andy sorrise e potei notare che si stesse sforzando. Fu la prima volta che notai quanto forte e paziente fosse.

Quando chiuse il suo armadietto, Andy non fece in tempo a girarsi che vide Cole. Aveva la solita faccia impassibile e la fissava. Era alquanto inquietante.
«Hai bisogno di qualcosa?»
Cole sbattè le mani agli armadietti, obbligando Andy a rimanere in mezzo le sue braccia con il libro di arte in mano. Lei non mosse un ciglio, continuò a guardare Cole dritto negli occhi.
«Tu abiti dove abitava la mia ragazza.»
«E’ una buona osservazione.»
Cole contrasse la mascella e si allontanò leggermente. «Perché Dio mi odia così tanto...» Trattenne un urlo in gola e si portò le mani tra i capelli.
Andy provò a poggiargli una mano sulla spalla, ma lui si tirò in dietro. «Non mi toccare!»
«Voglio solo aiutarti, Cole!»
«Sai anche il mio nome?»
«Me l’hanno detto.»
«Perché, eh?» Cole cominciò ad innervosirsi e ad agitarsi per il corridoio. «Dimmi perché vorresti aiutarmi! Avanti, illuminami!»
«I-io...»
«Digli la verità» le sussurrai in un orecchio.
«Io...» Ci pensò un altro secondo poi rispose con convinzione: «Faccio volontariato. Aiuto gli alcolisti e i tossici a disintossicarsi.»
Cole le puntò un dito contro e contrasse la mascella. 
«Allora tu e la tua beneficenza potete benissimo starmi lontano!» Si rigirò e se ne andò a grandi passi fuori scuola.
Andy inspirò ed espirò, poggiandosi agli armadietti.
«Perché non gli hai detto la verità?»
«Perché se gliel’avessi detta non mi avrebbe creduta. Sapere che la ragazza che abita a casa della sua ex parla con il suo fantasma… Non è una delle affermazioni più attendibili al mondo.»
«Hai ragione, scusami.»
«No, tranquilla. Capisco che in qualche modo tu voglia comunicare con lui, però dobbiamo aspettare ancora un po’.»
«Già, dobbiamo solo cercare un modo per cui lui si fidi di te.»
Andy non aggiunse altro e andò in classe.

Eravamo a casa. Dopo la prima settimana di scuola, Andy era già immersa nello studio, ma quella sera improvvisamente chiuse il libro di algebra appena visto l'orologio e cominciò a correre verso l'uscita di casa.
«E’ tardissimo!» esclamò.
«Tardi per cosa?» chiesi, insguendola e lei si fermò appena arrivata alla porta di casa.
«Devo andare a lavoro.»
«Lavoro?» Questo sì che era sorprendente. «Perché lavori? Non mi sembra che tu e tuo padre abbiate problemi economici.»
«No, ma ho tanto tempo da perdere e un Cole a cui badare.»
«Non dirmi che hai chiesto a quelli del locale di assumerti.»
«Per oggi sono in prova ma è molto probabile che mi assumino. Ho già lavorato in un locale simile ed ero abbastanza brava.»
«Ma Andy, quello non è il posto giusto per una ragazza come te.»
«E per quale tipologia di ragazze sarebbe?»
Non volevo risponderle che le uniche ragazze che entravano in quel bar erano prostitute o delle buone candidate. Spesso gli uomini si sedevano ai tavolini con loro, tutti erano perennemente ubriachi e Andy sarebbe stata violentata in poco tempo.
«Sta tranquilla, Ingrid. So badare a me stessa e vedrai che riuscirò anche a tenere sotto controllo Cole.» Mi fece l’occhiolino e uscì di casa per prendere la sua macchina.

Andy sembrò muoversi a suo agio per il locale. Serviva tutti i clienti con gentilezza e a qualcuno riservava anche un sorriso.
Sentii la porta del locale aprirsi, segno che qualche nuovo cliente era arrivato e ovviamente lo sguardo di Andy non tardò a spostarsi in quella direzione, come me. Cole fece il suo ingresso nel locale e si andò a sedere ad uno degli sgabelli al bancone.
Andy si avvicinò al suo collega che da quando era cominciata la serata serviva i clienti seduti agli sgabelli. «Todd, possiamo fare a cambio?»
«Come?» Todd spostò lo sguardo dalla caraffa di birra che stava riempiendo e guardò Andy confuso. «Davvero vuoi stare al bancone?»
«Sì» rispose, scrollando le spalle.
«Guarda che qui si siedono i peggiori. Se vedono una ragazza a servirli...»
«Todd, so cavarmela, ok?» Gli poggiò una mano sulla spalla. «E poi tu sarai comunque in giro per i tavolini, non andrai ad Hong Kong.»
«Va bene, ma se hai bisogno non esitare a chiamarmi.»
«Promesso.» Andy sorrise e Todd le cedette il suo posto.
Appena Todd fu abbastanza lontano, Andy si avvicinò dove Cole era seduto. Era immobile a fissare il suo bicchiere che aveva appena svuotato in attesa che qualcuno lo riempisse ancora e ancora. Si fermò davanti a lui e poggiò una mano sul bancone. «Direi che dopo il quinto bicchiere, puoi anche passare alla pepsi.»
Cole alzò appena gli occhi. Andy non sembrò avere paura di quello sguardo - che se potesse uccidere avrebbe già sterminato mezzo mondo -, mentre io rabbrividii. Guardandolo avrei giurato che quello non era il Cole Somerset che conoscevo. «Da quando il servizio è così scadente in questo locale?»
«Probabilmente da quando si servono minorenni.»
«Un altro po’ di vodka, per favore» disse, avvicinandole il bicchiere. Andy guardò verso Todd che la fissava per assicurarsi che tutto andasse bene e poi tornò a Cole.
Fu obbligata a riempire quel bicchiere altre tre volte, finché un uomo non sfiorò per sbaglio Cole e lui si alzò dallo sgabello per affrontarlo. Tra i due c’erano solo pochi centimetri a dividerli e non volevo nemmeno sapere cosa avrebbe potuto eliminare quella distanza. «Non puoi fare più attenzione?»
«Che c’è, ragazzino? Non ti piace essere toccato?» L’uomo aveva una barba folta, dei lunghi capelli brizzolati raccolti in una coda, indossava i pantaloni e la giacca in pelle ed era grande il doppio di Cole. Il tipico motociclista che non vedeva l’ora di partecipare ad una rissa con i suoi amici.
«Ehi» si intromise Andy, «dateci un taglio o vi butto fuori a calci entrambi!»
Il motociclista si allontanò, mantenendo ancora un’aria minacciosa, mentre Cole si risedette sullo sgabello più arrabbiato di prima. «Un altro bicchiere!»
«Come?»
«Ho detto: un altro bicchiere» Cole scandì per bene le parole, provando a mantenere la calma.
«Non credi che per stasera basti così?»
«Decido io quando basta!» urlò, facendo sobbalzare leggermente Andy.
«E io decido che per te questa sera la vodka è finita!» controbattette lei.
Cole sbattette una mano sul bancone e poi se ne andò furioso.
Andy si passò una mano tra i capelli e mi guardò, leggermente rammaricata. Sapevo che avrebbe voluto fare di più di evitare che per una sera Cole non tornasse a casa ubriaco, ma per il momento ciò che era in suo potere era molto limitato.
La lasciai lavorare e decisi di seguire Cole che stranamente non decise di entrare in qualche altro locale o di tornarsene a casa. Camminava a passo svelto per la città e forse non sapeva nemmeno lui quale fosse la sua meta.
Dopo un po’ si fermò alla fontana di uno spiazzale e si sedette al bordo. Mi misi accanto a lui. Avrei voluto abbracciarlo, baciarlo, dirgli che andava tutto bene… Ma non potevo.
«Cole, basta...» sussurrai sul punto di una crisi di pianto.
Lui si mise sull’attenti e si guardò attorno. Che mi avesse sentita?
«Cole!» Ci riprovai con la voce un po’ più alta, ma lui mi ignorò e si rimise in piedi, pronto a riprendere la sua “passeggiata”.
Lo seguii fino ad un vecchio magazzino, abbandonato ormai da due anni. Cole salì fino al terrazzo, che si trovava dopo il quinto piano e si sporse leggermente al bordo. Guardava nervoso verso il basso e non sentivo una buona sensazione.
Avevo bisogno di Andy.

La trovai vicino la sua macchina, pronta a tornare a casa.
«Andy!»
Lei si spaventò perché comparii all’improvviso alle sue spalle. Si guardò attorno, accertandosi che nessuno la potesse vedere mentre parlava apparentemente da sola.«Che succede?»
Ero in pieno panico ed Andy era l’unica che poteva aiutarmi, sperando che fosse arrivata in tempo. «Cole, sta per...» Non riuscivo nemmeno a trovare le parole. «Si trova sul terrazzo di un edificio e...»
«Presto, portami da lui!» Entrò in macchina senza che nessuna delle due aggiungesse altro e si fece indicare la strada per il vecchio magazzino.
Arrivate davanti l’edificio, Andy accostò la macchina nel modo migliore che le uscì e corse all’interno del magazzino. Salì le scale così velocemente, che in due minuti si trovò sul terrazzo, dove si trovava Cole, in piedi sul bordo dove prima era solo leggermente affacciato.
«Cole!» urlò e lo tirò subito verso di sé, lasciando che lui le cadesse addosso.
Si dimenò per allontanarsi subito da Andy, mentre lei si portò una mano sulla spalla, segno che si era fatta male.
«Che cazzo fai, maledetta stronza?»
«Ti ho salvato la vita, brutto idiota!» Andy sembrò sul punto di saltare addosso a Cole e picchiarlo. «Cosa ti è saltato in mente, eh? Sei convinto che mettendo fine alla tua vita, finiranno anche le tue sofferenze?»
«Non sono cose che ti riguardano!»
«Non può non riguardarmi un mio coetaneo che prova il suicidio perché la sua ragazza è morta a causa di un incidente!»
Cole la guardò negli occhi, consapevole che Andy aveva centrato il segno. «Mi devi lasciare in pace, hai capito?» Si rimise in piedi e se ne andò, lasciandola lì.
«Andy, stai bene?» le domandai, notando che si stava toccando ancora la spalla.
«Non è niente. Seguilo e controlla che non faccia altre sciocchezze.»
Annuii e la lasciai sola su quel terrazzo.
Non sapevo come poter rendere grazie a ciò che Andy aveva appena fatto per me e per Cole. Gli aveva salvato la vita. Se non ci fosse stata lei, lui si sarebbe buttato da quel terrazzo, sperando di potermi raggiungere chissà dove.
Io avevo bisogno di Andy, così come lei aveva bisogno di me. Era l’unica che mi avrebbe potuta aiutare e che avrebbe riportato Cole sulla giusta strada e io ero l'unica che poteva farla sentire meno sola.
 

Eccomi qua!
So che sono in ritardo, ma ho avuto molto da studiare
e poco tempo per pubblicare la storia e contemporaneamente il trailer
(cliccate sulla parola per guardarlo).
Volevo ringraziare anche Rainagai per il magnifico banner che vedete!
Spero che anche questo capitolo vi piaccia e alla prossima!

 

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