Empty heart

di Angels_99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Broken ***
Capitolo 2: *** Far ***
Capitolo 3: *** Portland ***
Capitolo 4: *** Glatisant ***
Capitolo 5: *** Clarke ***



Capitolo 1
*** Broken ***


To M,
that makes my days better

 
Broken
Erano quasi le otto di mattina, il sole faceva già capolino all’orizzonte, creando giochi di luce rossastri su Storybrooke. La vetrata della camera del signor Gold rifletteva all’interno della stanza frammenti di luce, bloccati dalle tende marrone chiaro e dalla persiana lasciata a metà la sera prima.
La figura esile di Belle, giaceva addormentata nel letto, leggermente scossa dal temporale della notte appena trascorsa. I tuoni avevano fatto echeggiare le finestre e il forte vento aveva sradicato perfino qualche abete sul vialetto di casa.
Infuriava un temporale simile la notte che aveva perso sua madre durante la guerra degli orchi ad Anvolea. Si era sacrificata per salvarle la vita, perciò temporali simili richiamavano i suoi ricordi a quella notte, impedendole di fare sonni tranquilli.
Rumplestiltskin aveva lasciato da qualche ora la stanza per andare al negozio di pegni, lo aveva sentito vestirsi, e posarle un bacio sulla fronte prima di uscire. Si riaddormentò subito dopo, vinta dal sonno, nella parte di letto di Rumple, solo cosi, si sentiva al sicuro, anche se lui non c’era.
Si riscosse improvvisamente solo quando suonò la sveglia. Aveva la fronte imperlata di sudore, e le mani che le tremavano. I ricordi di ciò che aveva appena sognato fluivano nitidi nella sua testa: correva nel bosco, inseguita da una creatura mitologica con la testa e il collo di un serpente e il corpo di un leopardo, cercava di sfuggirle, ma l’aveva quasi raggiunta. Dopodiché, tornò al mondo reale grazie a quel rumore infernale che solitamente non sopportava, benedicendosi mentalmente del fatto che quello, era solo un sogno.
Si mise a sedere, e si passò una mano tra i capelli sospirando sollevata. C’era qualcosa di così reale in ciò che il suo subconscio aveva appena immaginato, ma dopotutto non era qualcosa di concreto, quindi decise di non darci troppo peso.  Posò lo sguardo sul comodino alla sua destra, appoggiato in diagonale alla lampada, c’era un piccolo pezzo di carta ingiallito dal tempo, e una margherita di campo appena raccolta. Prese in mano il foglietto: “Cara Belle, sono andato al negozio di pegni a terminare l’inventario, hai dormito poco stanotte, spero di non averti svegliato. Riposati per bene. Tuo, Rumple.”
Sorrise debolmente mentre leggeva quelle poche frasi, e accarezzava la ruvida carta del foglio. Era ritornato dal viaggio nell’oltretomba da qualche giorno, e riaverlo accanto a se dopo tutto quel tempo, la faceva sentire di nuovo, completa e leggera.
Non ci pensò due volte, aveva voglia di vederlo. Scese di fretta dal letto indossando un vestito blu legato in vita da un cinturino marrone, e il cappotto.
Oggi non doveva lavorare in libreria, perciò colse l’occasione per fare una sorpresa a Rumple. L’aria a Storybrooke era ancora gelida ma Belle, aveva voglia di fare una passeggiata. La giornata era pressappoco soleggiata, e nonostante il vento, si poteva benissimo fare qualche passo. Il negozio di pegni stava a circa 20 minuti di distanza, e a metà strada si fermò un istante da Granny a ordinare la colazione. Quando Rumple era impegnato a lavoro su qualcosa d’importante, tendeva a trascurare non poco i suoi pasti, quindi, qualcosa da mettere sotto i denti e un buon caffè, era l’ideale.
Ordinò al volo un cappuccino con la cannella e un cupcakes alla vaniglia, poi un caffè nero e delle fette di pane tostato da portar via.
Altri dieci minuti circa di cammino, e si ritrovò davanti alla sua meta. Aprì la porta con un sorriso sproporzionato, e un tintinnio risuonò nel negozio.
“Rumple?” Disse con voce che lasciava trapelare un po’ l’emozione. “Rumple sei qui?”
Si guardò un attimo intorno, e solo allora si accorse dell’avviso sulla porta d’ingresso che recitava un marcato “Torno subito”. Deve essere uscito di fretta pensò Belle. Solitamente chiude la porta a chiave.
 Era leggermente dispiaciuta della sua assenza, ma l’avrebbe comunque aspettato impaziente nel retro bottega. Posò la colazione sul tavolo e si guardò intorno, in cerca di un disperato tentativo per passare il tempo. La sua attenzione cadde su un libro dalla copertina marrone, posato sul tavolo. Era decorato in ognuno dei quattro angoli, e il titolo scritto a caratteri macabri recitava “Mostrario”. Doveva essere una sorta di dizionario di mostri e creature di ogni tipo. In un attimo le balenò il sogno, o meglio l’incubo di stamattina. Prese dunque a sfogliare il libro, in cerca di un essere simile a quello immaginato da lei. I vari nomi erano disposti in ordine alfabetico con tanto di foto, descrizione e luogo d’origine. C’era davvero ogni genere di animale mitologico. Trovò risposta alle sue domande a pagina 234, dov’era spiegato un essere chiamato “Bestia Glatisant”, ovvero bestia latrante. Era identico a quello sognato da lei, stessa struttura, stesso sguardo penetrante. La leggenda narra che questa bestia si trovi nei pressi di Camelot, e che impavidi cavalieri come Percival, diedero la caccia a questo mostro per anni, inutilmente. Il suo nome deriva dal forte latrato che emette dal suo stomaco. Si rabbrividì mentre leggeva quelle parole. Stava per voltare pagina e continuare a leggere il seguito, ma un foglio di diverso spessore e colore emergeva dalle pagine rovinate di quel libro. Era ripiegato in quattro, su di esso c’erano scritti tutti i nomi dei vari signori oscuri susseguitosi negli anni. Belle pensò che fosse servita a Rumple per sconfiggere l’oscurità di Emma e di Uncino qualche mese fa, infondo, cosa c’era di meglio di una lista di oscuri per riuscire a ricacciarli tutti nell’oltretomba una volta resuscitati? Studiò con attenzione la pergamena, doveva essere dotata di magia, in quanto alla nascita di un nuovo oscuro si rinnovava da se. Trovò tra i vari nomi quello di “Rumplestiltskin” in seguito quello di Emma Swan e Capitan Uncino e infine, di nuovo, Rumplestiltskin. Avvertì una morsa al cuore. Quella pergamena veniva dalle terre di Anvolea. Ricordava perfettamente quel giorno in cui aveva stipulato l’accordo per salvare la sua terra in cambio della libertà. Nella strada verso il castello oscuro, Rumple si era fermato a raccogliere della corteccia di Brussonetia papyrifera, una rara specie di arbusto che cresce solo nelle sue terre. Quello che si chiedeva ora, era il perché quella pergamena segnava di nuovo il nome di Tremotino, e perché era in quel libro.
“Belle, che ci fai qui?” Era cosi assorta nei suoi pensieri da non aver nemmeno udito il campanello della porta suonare.
“Rumple…” Le parole le morirono in gola. Il suo sguardo sorpreso guizzava dalla pergamena all’uomo davanti a sé. “Che cos’è questo?” Chiese infine trovando un po’ di forza.
“Belle…” Rispose con voce flebile.
“Conosco questa pergamena. Hai raccolto la corteccia da cui proviene ad Anvolea con me.” disse amareggiata.
“Lo so, mi è servita qualche tempo fa durante lo scontro con Uncino.” Rispose avanzando di qualche passo verso di lei.
“Conosco i poteri di questa carta, genera lettere da se. Perché, porta di nuovo il tuo nome?” La sua voce evidenziava una punta di rabbia e amarezza.
“Belle posso spiegarti!” La ragazza fece qualche passo indietro, visibilmente sconvolta da ciò che aveva appena appreso.
“No!” Sbottò sorprendendo pure se stessa per il tono che aveva appena usato. “Non c’è nulla da spiegare! Mi hai mentito… di nuovo!” Aveva lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi lucidi e un’espressione ferita sul volto.
Lui conosce bene quell’espressione, è la stessa che ha ogni volta che la delude.
“Belle per favore, lascia che ti spieghi.” Allungò la mano verso di lei, ma la ragazza indietreggiò.
“Tu hai scelto di nuovo il potere a me…” Il suo tono arrabbiato, ora lasciava spazio a un’affermazione incrinata.
“Io non ho mai scelto il mio potere a te. Sei sempre stata la mia priorità su tutto. Belle, ti prego…”
“Rumple, basta! Il fatto è che io non sono abbastanza. Sono in secondo piano. Puoi vivere senza di me, ma non senza il tuo potere.” Al pronunciare quelle parole, una lacrima le scese lungo il volto. Una cosa è pensarlo, un’altra è affermarlo ad alta voce rendendosi conto dell’autenticità dei suoi pensieri.
“Belle no…” La voce di Rumple, era leggermente tremante. “Non dire questo…”
“Rumplestiltskin… avevi tutto. Eravamo felici insiemi, tu eri diventato un’eroe… Che cos’ha in più il potere che io non posso darti? Perché, la felicità che cerco di darti io, non è abbastanza?”
“Ti stavo perdendo Belle. La felicità che mi davi tu non c’era più. Ero debole, senza un motivo per cui andare avanti. E l’oscurità ha sfruttato la mia debolezza.”
“No Rumple. Pensaci. Se io non ero più con te, era per via di quell’oscurità che avevi sempre preferito a me. Ed anche stavolta, hai fatto quella scelta.” Un insieme di emozioni le attanagliava il cuore, mentre altre lacrime continuavano a scendere copiose.
“Belle no…” Provò nuovamente ad accarezzarle una guancia ma lei si ritrasse.
“Sono stanca di essere la tua seconda scelta. Avevo solo bisogno di te per stare bene. Ti ho perso di nuovo.” Affermò delusa.
“Posso cambiare Belle. Non mi hai perso.” Gli occhi di Rumple cominciarono a inumidirsi.
“Tu non cambierai mai. Hai fatto la tua scelta. Non posso continuare a restare, le tue bugie finiranno per distruggere anche me.”
“Hai ragione. Ti ho mentito. Non volevo farti stare male di nuovo per colpa mia.” Disse rendendosi conto di ciò che le aveva appena fatto.
“Avrei preferito subito la verità. Ora è troppo tardi.”
“Scusami Belle… sono un codardo. Avevo bisogno della mia oscurità.” Rispose con il capo chino.
“Non ti scusare. Ripeto, hai fatto la tua scelta e non ti biasimo, ma Rumple non puoi avere entrambi.”
“Che vuoi dire?” Alcune lacrime presero a scendere copiose pure sul suo volto.
“Sono stanca di dover combattere contro la tua oscurità. Perderò sempre. Non ce la posso fare. Ami troppo il tuo potere, e non posso scottarmi ogni volta che realizzo di nuovo questa cosa. Andrò a Boston, ho bisogno di un po’ di tempo per me. L’autobus dovrebbe passare tra qualche ora. Ti auguro di stare bene Rumple”
“Belle… non te ne andare” Le accarezzò la spalla con una mano, mentre alcune lacrime continuavano a rigargli il viso.
“Non posso, ho già perso troppo. Ho bisogno di starti lontano almeno per un po’. Almeno finché continuerà a fare così male.”
“Ti prego…”
Quelle erano le ultime parole che Belle aveva sentito, prima di correre fuori dal negozio, lasciando il nuovo signore oscuro in piedi nella stanza, a fissare la porta, con un vuoto nel cuore, e la colazione sul tavolo.
Dentro il sacchetto c’era un biglietto: “So che di solito trascuri i tuoi pasti, ma un buon caffè e del pane tostato con del miele, ti farà di sicuro bene. Mentre a me farà di sicuro bene vederti.”  Guardò con attenzione il foglietto, notando la calligrafia ordinata di Belle. E proprio in quel momento si accorse che il vuoto che il suo potere riempiva, non era nulla in confronto a quello che Belle gli aveva lasciato.
 
 
Angolo autrice:
Buon salve ragazzi/e.  Ecco a voi il primo capitolo di “Empty Heart”.
Dopo aver realizzato della nuova oscurità di Rumple, ho deciso di scrivere questa storia. Devo dire che ci sono rimasta molto male, perciò ho cercato un modo per affrontare l’argomento qui. Spero che la storia sia scritta bene e che vi faccia immaginare le scene che ho provato a descrivere. Sinceramente è la mia prima Rumbelle, quindi spero che possa piacere. In caso contrario accetto qualche consiglio. Grazie di cuore a chi l’ha letta ed è arrivato/a fin qui.
Cercherò di pubblicare un capitolo a settimana, spero di trovare del tempo tra scuola e lavoro per scrivere u.u il giorno che ho fissato per pubblicare è il lunedì quindi, se tutto va bene, ci vediamo la prossima settimana.
A presto <3
_Angels
 
 

 

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Capitolo 2
*** Far ***


Far
Aveva lasciato da qualche minuto il negozio di Gold, camminando tra le piccole gocce di pioggia che ora cominciavano a scendere. Visto il sole di un’ora fa, non aveva portato con se l‘ombrello, perciò era stata costretta ad avviarsi verso casa con il cappuccio di cotone sul capo, che lasciava passare le gocce di pioggia sul suo viso, che si mescolavano infine con le lacrime che ancora scendevano dall’amarezza.
Voleva prepararsi un piccolo zaino con qualche cambio. Non sapeva quanto tempo sarebbe stata via. Ora sapeva solo che doveva allontanarsi da lui se voleva cercare di stare meglio.
Il vestito blu che aveva messo stamattina le raggelava le gambe, facendola stringere ancora di più nel cappotto, mentre il forte vento le scompigliava i capelli. Le gocce di pioggia sembravano piccoli aghi che le punzecchiavano la pelle, ma nonostante ciò, restò a camminare sotto il temporale più del previsto, in preda ai ricordi e ai pensieri che facevano strada dentro lei.
Quando Henry l’aveva chiamata informandola dell’ennesima bugia che lui le aveva detto per proteggerla, pensò che era cambiato. Aveva fatto un gesto d’incredibile umanità e altruismo. L’aveva lasciata andare, sicché la amava, solo per metterla in salvo. Le aveva offerto di vedere il mondo, di viaggiare, di far avverare i suoi sogni, e lei aveva accettato, ma dopo quella chiamata, tornò indietro di corsa. Sperava davvero di poter stare finalmente con lui, senza dover combattere giorno dopo giorno contro le sue bugie e contro la sua oscurità. Ora però, le cose sono cambiate di nuovo. Oggi, le ha dato l’ennesima conferma di quanto il suo cuore sia, nonostante tutto, ancora avvolto nell’oscurità. Aveva fallito, non era riuscita a salvarlo. Forse, il suo amore non era abbastanza. A quel pensiero altre lacrime presero a scendere copiose. Le emozioni che provava dentro di se erano indescrivibili. Come se qualcuno le avesse strappato il cuore di dosso. Faceva male. E ogni cosa lì intorno, le ricordava lui, peggiorando il suo stato. Perfino le chiavi di casa che ora teneva e rigirava tra le mani. Rumple le regalò quel mazzo di chiavi circa un paio di settimane fa, dicendo che era giusto fargliele avere, poiché quella, era anche casa sua. Quella mattina trovò la piccola scatola blu contenente quel mazzo sul ripiano della cucina, affianco alla colazione, e un biglietto con il suo nome. Era uscita prima del tempo e corse in negozio da lui per ringraziarlo entusiasta, prima di andare in libreria. Le aveva messo le braccia al collo abbracciandolo e sussurrando un flebile grazie mentre ispirava a pieno il suo odore. Proprio così… il suo odore. Era la prima cosa che aveva notato al Castello oscuro. Stava cercando di aprire le tende della finestra, visto l’arrivo della primavera, pensò che un po’ di luce potesse fare bene in quell’ambiente buio e tetro. Prese una lunga scala a pioli alquanto instabile, e si armò di pazienza mentre tentava di aprire una piccola conversazione con Rumple, seduto all’arcolaio. Lui le aveva strappato un sorriso, rispondendo ironicamente alle sue domande, poco prima di prenderla al volo mentre cadeva da quella scala, con le tende strappate tra le mani. Si ritrovò tra le sue braccia, visto la sua figura esile e magra non si aspettava tutta quella forza a sostenerla, ma nonostante ciò aveva interrotto quei pensieri per guardarlo sincera negli occhi, prima di sussurrare un “grazie”. Da così vicini, aveva potuto osservare i suoi occhi da rettile ricchi di sfumature, e sentire il suo odore di spezie e eduli, davvero singolare ma piacevole. Aveva molte caratteristiche di un umano e con il tempo aveva cominciato ad apprezzarlo, non era la bestia che tutti credevano. E così si ritrovò davanti alla porta di casa, completamente inzuppata a farsi trascinare dai ricordi.
Una sera, dopo avergli servito il thè, cominciò a leggere un libro che aveva ritrovato in mezzo all’enorme libreria che il suo carceriere le aveva regalato. Si era seduta vicino al camino, ormai spento, sperando di placare i brividi di freddo. La stanchezza si sentiva pesantemente, ma voleva a tutti i costi scoprire qualcosa in più su quel libro. Era diverso dagli altri, la sua copertina era bianco avorio, e le lettere del titolo erano scritte con un carattere creativo e armonioso. Parlava di un mondo lontano, dove le cose, sono al contrario di come s’immaginano solitamente. La ruvida carta le solleticava le dita, e quei piccoli secondi di suspense mentre voltava pagina la facevano incuriosire ancora di più. Ed ecco che in questo modo, si trasformava in una bambina distratta dallo sguardo sognante. Così distratta da non sentire la voce di Rumple che la stava chiamando in lontananza.
“Dearie! Mi stai ascoltando?” La ragazza si voltò di scatto e chiuse con forza il libro che teneva in mano. Le sembrò di essersi appena svegliata da un sogno.
“Mi scusi. Sì, la sto ascoltando.” Disse con il capo chino, leggermente spaventata.
“Dearie, non ti ho regalato tutti quei libri per distrarti e non prestarmi attenzione!” Rispose marcato, ma con la sua solita punta d’ironia.
“Ne sono consapevole, mi perdoni, non succederà più.”
“Me lo auguro.” Affermò alzandosi dall’arcolaio per raggiungerla.
“Che cosa mi stavate chiedendo?” Chiese timida mentre si arricciava i capelli.
“Costatavo che è mezzanotte passata, e tu sei ancora in piedi cara” Disse con il suo solito ghigno. Evidentemente non aveva nemmeno sentito i dieci rintocchi dell’orologio.
“Deve essermi sfuggito. Ero così presa da questo libro…” Ammise con lo sguardo basso puntato sui suoi piedi.
“Ti ha preso così tanto da non farti notare che stai tremando dearie?” Disse guardandola un istante. Aveva qualche ciuffo di capelli che le scendevano sul volto, e un’adorabile espressione corrucciata e confusa.
“In effetti, avverto un po’ di freddo, speravo di accaldarmi vicino al focolare…”
“Vicino al focolare spento!” Aggiunse lui con un tono insolitamente preoccupato.
Agitò la mano destra, e in una nube viola fece comparire la teiera che lei aveva preparato qualche ora fa. Aveva riscaldato il liquido ambrato al suo interno grazie alla magia, e ora, le stava servendo una tazza fumante.
“Bevi. Non mi serve a nulla una domestica malata.” Tentò di essere duro e severo, con scarsi risultati.
“La ringrazio” Disse prendendo tra le mani la tazzina per scaldarsi, mentre tentava di nascondere un sorriso.
“Quali pensieri ti rendono così felice cara?” Chiese lui scrutando il suo volto.
“Nulla… pensavo al fatto che siete stato davvero cortese a preoccuparsi per me.”
“Non t’illudere. Lo faccio solo nel mio interesse. Come faccio per interesse qualsiasi cosa. Proprio per questo mi definiscono un mostro Dearie.”
“Voi non siete un mostro. Al contrario… siete molto gentile con me. Non sono abituata a trarre giudizi affrettati basati sulle voci. Per me, siete anche migliore di molte altre persone che ho conosciuto a palazzo.” Affermò sincera sorseggiando un po’ di Thè.
“Mi fanno piacere i tuoi commenti così ottimisti su di me cara, ma alla fine, finirai per pensare la stessa cosa che pensano tutti. Non ho nulla di buono, e quella punta di bontà che vedi in me, è solo un riflesso della tua. E ora, ti consiglio di andare nella tua stanza, è tardi.” Disse voltandosi per non far vedere il suo sguardo malinconico.
“Penso che questa sia solo una decisione mia, io credo in ciò che vedo, e non in ciò che dicono. Perciò suggerisco di nuovo la mia opinione su voi.” Rispose cercando di richiamare il suo sguardo su di lei. “Per quanto riguarda l’ora… speravo di restare un’altra mezz’ora per terminare il capitolo.” Aggiunse infine.
Rumplestiltskin, si voltò nuovamente, con uno sguardo che andava dall’incredulo al pensieroso.
“A tuo rischio e pericolo dearie. Si può sapere che cos’ha di cosi interessante quel libro?” chiese incuriosito.
“Beh ecco, io quando leggo mi perdo tra le righe… e questo libro narra di posti così fantastici di cui non ho mai sentito nominare. Mi affascina.”
Rumple pensò che in quel momento, fosse la creatura più bella mai vista. Sembrava letteralmente una bambina, e non riusciva a capacitarsi del fatto di come un libro, riusciva a farla entusiasmare così tanto.
“Come s’intitola?” Chiese infine destandosi da quei pensieri.
“Wonderland” Disse lei con un sorriso “Qui dice che si tratta di un mondo totalmente diverso dal nostro, dove gli animali possono perfino…”
“Parlare!” Aggiunse interrompendola “Lo so bene… anche se non è poi così fantastico come lo descrivono.”
“Voi lo avete visitato?” La sua voce ricca di emozione faceva trapelare la curiosità.
“Certo cara, ho concluso qualche affare con la gente del posto…” disse allusivo.
“Vi prego, potete dirmi qualcosa a riguardo?”
Ed eccolo di nuovo. Ecco quello sguardo pieno di entusiasmo. Le brillavano gi occhi mentre parlava di certe cose. Era sua prigioniera, lui era un mostro, ma nonostante ciò, non perdeva mai il suo sorriso e la gentilezza nei suoi confronti.
“Basta che subito dopo torni nella tua stanza. Non tollero nessuna scusa per un eventuale ritardo domattina!” Disse agitando le mani con il suo solito fare.
Il sorriso di Belle si accentuò notevolmente.
“Non si preoccupi… ora parlatemi del vostro viaggio a Wonderland.”
“In realtà non è poi cosi incantevole come la descrivono in quel libro. È un mondo molto diverso e pericoloso. Li, la magia alleggia nell’aria con vento. Gli animali più piccoli sono in realtà i più temuti e feroci, e il cibo, può cambiare il tuo aspetto. Esiste una qualità di funghi chiamati “fomes formentarius” che permette di ingrandirti e di abbassarti a piacimento.”
“E cosa mi dice degli animali?” Chiese con ancora quel sorriso stampato sulle labbra.
“Sono singolari, parlano. E alcuni sono alquanto irrispettosi. Per farla breve Wonderland ha un paesaggio immaginario simile a quello di un sogno, troppo colorato e allegro per uno come me” Disse agitando la mano destra. “È ora di andare a dormire Cara.”
“Ma io ho ancora molte domande a riguardo…”
“Le tue domande possono attendere fino a domani, nel frattempo posso rovistare tra gli scaffali e trovare qualche souvenir da mostrarti. Per adesso però, abbiamo terminato. Hai già sentito abbastanza favole della buonanotte dearie.” Disse riprendendo il suo solito ghigno.
“Vi ringrazio… è stato un piacere ascoltarvi” Rispose alzandosi per andare nella sua cella “Buonanotte Rumplestiltskin”
“Belle, aspetta un attimo” Agitò nuovamente la mano e le porse una coperta di lana. “Tieni, nei sotterranei fa freddo, non voglio che ti ammali” Disse con tono freddo. Anche se Belle sapeva che era preoccupato per lei.
“Grazie ancora… Buonanotte.”
“Buonanotte Belle.”
Il suo nome riecheggiò nella sua testa per vari minuti… no, non era di sicuro una bestia.
Belle si destò da quei pensieri con un sorriso amaro, si asciugò le nuove lacrime e si impose di essere forte. Ormai quei ricordi servivano solo a farla stare peggio. Lo aveva perso, e sicuramente quel barlume di luce che vedeva in lui non era abbastanza luminoso da farlo cambiare.
Entrò in casa di corsa, voleva evitare di incrociare di nuovo il suo sguardo. Aveva uno zaino nell’armadio, prese così un po’ di vestiti e il suo libro preferito.
La fermata dell’autobus era a due passi. Doveva andarsene il prima possibile, prima di farsi distruggere dai pensieri.
Si cambiò in vestiti ormai inzuppati. Aveva un vecchio paio di jeans e una felpa blu che con quel tempo era perfetto. Prima di andarsene, lasciò sul ripiano della cucina le chiavi, affianco un biglietto per Rumple: “Tremotino… avrei voluto essere più forte per riuscire a tirarti fuori dall’oscurità. Ma non ci sono riuscita. Spero che tu riesca a trovare quello che cerchi. In tutti questi anni ho combattuto contro il tuo potere, ma ora ho bisogno di occuparmi di me e delle mie ferite. Ti amo, ma forse quello che ti davo io non era abbastanza.
Guardò il foglio con attenzione prima di chiudersi la porta alle spalle, con quel biglietto dell’autobus che l’avrebbe portata fuori da Storybrooke in mano.
Nel frattempo Gold, stava ancora nel suo negozio con il capo chino, e il suo pugnale tra le mani. Sfiorò le lettere nere incise che mostravano il suo nome. Dopodiché lo scagliò nel vuoto, prima di ricominciare di nuovo a piangere.
 
Angolo autrice:
Ma buon salve. Eccomi qui con il secondo capitolo sorprendentemente in anticipo di 4 giorni…
Devo dire che quello che sta succedendo nella serie ha confermato i miei sospetti. Il che mi dispiace un po’ perché non voglio che le cose che ho intenzione di scrivere siano uguali a quelle della serie (come sta già succedendo con qualcosa). Detto questo, spero di non annoiarvi. La storia vi sta piacendo? Non ne ero molto convinta e non vorrei che sia troppo superficiale, a voi le opinioni. A presto.

 

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Capitolo 3
*** Portland ***


Portland
L’odore di chiuso alleggiava dentro l’autobus B23 e i finestrini, pieni di scritte, lasciavano traspirare qualche spiffero, facendola rabbrividire di tanto in tanto. Belle era partita ormai da un’ora, quell’odore e lo spazio stretto la mettevano un po’ a disagio, e la luce a intermittenza che si accendeva e spegneva a ogni fermata, le ricordava quella della stanza in cui Regina l’aveva tenuta rinchiusa per anni.
Aveva comprato il biglietto per Boston alla biglietteria vicino a Granny, e fortunatamente un autobus sarebbe passato di lì a poco. Essendo Storybrooke una “città fantasma”, o meglio, una cittadina che non esiste, gli autobus non sostavano mai per di lì. Perciò Belle si era fatta accompagnare da Emma poco più in là del confine, dove un cartello blu indicava il transito degli autobus.
La ragazza si era seduta nel primo posto davanti, in modo tale da avere una vista migliore, i suoi occhi erano ancora rossi dal pianto, con un’espressione visibilmente scossa. Si stringeva nel cappotto, e guardava le piccole gocce di pioggia che correvano lungo il finestrino. Il conducente le lanciava di sfuggita qualche occhiata e il che la preoccupava alquanto.
Appena superato il cartello della città di Portland, si fermarono da Shilo a fare rifornimento. L’autista era un uomo di circa un metro e ottanta, capelli neri e espressione costantemente dura e infuriata. Sulla divisa da lavoro aveva qualche chiazza scura, e la sua voce sembrava irritata ogni volta che proferiva parola. Disse che chi voleva poteva scendere per prendere il pranzo o per fare due passi, poiché avrebbe fatto sosta un paio di minuti.
Belle aveva deciso di scendere per darsi una sistemata e acquistare un panino, i suoi capelli ancora umidi la facevano rabbrividire ancora di più. Accelerò il passo, in modo tale da raggiungere il prima possibile l’entrata del locale. Aveva lo stomaco chiuso ma era dalla sera precedente che non toccava cibo. Il “Shilo break” era una struttura media grande. Un intenso odore di caffè le invase le narici non appena aprì la porta. Si guardò intorno, le pareti erano di un azzurro non molto accentuato, e i posti a sedere erano completamente vuoti. I bagni si trovavano in fondo sulla sinistra, mentre li raggiungeva, schivò qualche coppia di tavolini e la piccola libreria vicino al bancone con alcune cartine stradali e qualche volume di autori famosi. Si sciacquò la faccia con dell’acqua fresca e guardò per qualche istante la sua immagine riflessa nello specchio del bagno. Raccolse i capelli in una coda scompigliata e si sistemò lo zaino sulle spalle. Detestava piangere, fin da quando era bambina le rimanevano gli occhi rossi e cerchiati per un po’. In tutti i libri che aveva letto, le donne erano forti e sicure di sé, orgogliose, ma soprattutto non versavano lacrime, e se venivano tradite ne uscivano a testa alta, forse per questo Belle, quando piangeva si sentiva “Debole”. In parte è vero che l’amore è una debolezza, e Tremotino è la sua. Si stropicciò la faccia cercando di riprendersi da tutti quei pensieri e rovistò nello zaino in cerca di un’aspirina. Nel frattempo una ragazza era entrata alle sue spalle.
“Va… tutto bene?” Chiese notando l’espressione amara di Belle.
Non si era proprio accorta della sua presenza e appena la sentì proferire parola sobbalzò.
“Io… non ti avevo proprio visto!” Disse leggermente scossa.
“Mi dispiace, non volevo spaventarti. Ho notato il tuo sconforto e volevo sapere se stai bene.” La giovane aveva la divisa bianca sporca di caffè e i capelli biondi mal legati in uno chignon.
“Ti ringrazio per il pensiero e sì, penso di stare bene.” Affermò più a se stessa che alla ragazza davanti a se.
“Non sembra, sei molto pallida, vuoi che ti preparo un thè o un caffè?” Chiese gentile avvicinandosi.
“Grazie, mi farebbe bene… piacere, io sono Belle” Cercò di sorridere ma con scarsi risultati. Solitamente cercava di essere positiva anche nei momenti peggiori, ma ora come ora, non ci riusciva proprio. È come quando ci si alza alla mattina. I pensieri che la sera prima si sono addormentati con te, ritornano non appena apri gli occhi, i ricordi riaffiorano e si prova quella sensazione di appesantimento che ti attanaglia il cuore. Lo stesso quando Belle tentava di sorridere. I ricordi, dapprima addormentati nella sua mente, tornavano diretti come lame affilate, e non appena si sentiva un po’ sollevata, tutto ritornava e opprimeva il suo sorriso, e un velo di tristezza ricopriva il suo volto.
“Piacere, io sono Lucy…” Rispose la bionda un po’ incerta mentre osservava Belle rabbuiarsi nuovamente. “Vuoi che andiamo di la? Ho un tavolo vicino al termosifone. Da come tremi, ne hai bisogno” Aggiunse facendole strada.
Un altro autobus aveva appena fatto sosta, e alcuni clienti attendevano impazienti al bancone in attesa di essere serviti.
“Siediti qui. Servo quei clienti e torno” Disse con un sorriso appena accentuato.
Nella stanza cominciò ad esserci un leggero brusio che le aumentava il mal di testa. Si guardò intorno, e si ricordò della piccola libreria che aveva visto mentre raggiungeva il bagno. Guardò i vari titoli mentre accarezzava le copertine colorate e fantasiose. I libri erano i suoi migliori amici, compagni silenziosi che la aiutavano a distrarsi dalla realtà che la circonda. La mettevano di buon umore, e l’odore di carta stampata era la cosa migliore. È sempre stata convinta del fatto che i libri scelgono le persone, e non viceversa. E in quell’istante, una copertina nera lucida richiamava la sua attenzione più di tutti gli altri. Il titolo, scritto con una tonalità di oro, diceva: “La celebre favola piena di magia de, la bella e la bestia”. Lesse l’introduzione sul retro. Parlava di una ragazza di nome Belle, e della sua convivenza forzata con una bestia in un lontano castello. La giovane, si era offerta per salvare il padre e finì per innamorasi di quell’essere che la teneva prigioniera. Il cuore di Belle cominciò a battere più forte in petto. Quella doveva essere la favola sua e di Tremotino. Sapeva che in quel mondo non credevano alla magia, e sapeva pure che le storie accadute nella foresta incantata erano scritte e raccontate ai più piccoli, ma non si aspettava proprio di trovare un libro dedicato alla sua storia.
“Allora, ecco il tuo thè Belle” Disse la cameriera alle sue spalle. Si destò dai suoi pensieri e si voltò con ancora il libro in mano.
“Ti ringrazio… aggiungi anche questo” Rispose indicando il volume che teneva stretto, poco prima di andare a sedersi al suo tavolo.
“Certo. Ti va un po’ di compagnia?” Chiese guardandosi intorno e notando che ora il bar era vuoto.
“Non mi dispiace, grazie.”
“Allora Belle, non ti ho mai vista, sei nuova di qui?” Domandò la ragazza mentre si sistemava i capelli.
“Diciamo che sono di passaggio… sono diretta a Boston.” Le sue mani erano posate sul libro davanti a se, e di tanto in tanto abbassava lo sguardo sul tavolo.
“Boston? Città alquanto caotica.”
“Devo dire che non ho pensato molto a dove stare e per quanto tempo. Avevo solo bisogno di partire e basta.” Affermò Belle torcendosi le mani.
“Bhe, andare da soli a Boston senza idee su dove stare, è piuttosto pericoloso se non conosci i quartieri giusti. Non hai nessun parente o amico là?”
“A dir la verità no. È stata una decisione improvvisa.”
La bustina di thè che Belle aveva scelto era rimasta in infusione abbastanza a lungo, prese perciò la tazzina e si versò un po’ di liquido caldo.
“Se proprio non sai dove stare, la dietro ci sono due stanze. Le tengo libere per i dipendenti, ma se ti può interessare, ce n’è una libera...” Disse indicando le scale sulla destra che portavano al primo piano.
“Non saprei, non ho molti soldi con me…” Ora che ci pensava per bene, dalla fretta, aveva dimenticato le cose più essenziali.
“Di questo non ti devi preoccupare. Puoi darmi una mano qui. Stavo giusto cercando un’aiutante. Molto spesso non so gestire i clienti con le pulizie, e qui lavoro da sola.”
“Risolveresti buona parte dei miei problemi” Costatò Belle leggermente sollevata “Davvero non sono un disturbo? Voglio dire, non ho mai lavorato in un bar.” Aggiunse poi.
“Tranquilla, non è poi cosi difficile.”
“Io… non so che dire.”
“Ti consiglio di decidere in fretta, il tuo autobus è in procinto di partire” La avvisò con un cenno del capo rivolto verso la finestra.
Ci pensò qualche istante, il posto era carino, e aveva trovato una buona sistemazione.
“Okay, va bene.” Disse infine “Non so come ringraziarti.”
“Non ti preoccupare” Sorrise la ragazza. “Appena comincio la pausa pranzo, ti porto a vedere la camera, nel frattempo puoi restare qui finché non ti senti meglio.”
“Te ne sono grata.”
Sorrise e ritornò a vagare tra i ricordi, mentre la cameriera tornava a lavorare.
Guardò il libro di fronte a se e prese a sfogliare le prime pagine. Sospirò mentre andava a scoprire quella che dovrebbe essere stata la sua favola. Per certi versi era molto simile alla sua realtà. Lei era descritta come una ragazza di bell’aspetto, dolce, audace e testarda, mentre la bestia come un essere spaventoso e misterioso, con un duro passato alle spalle, costretto da una maledizione a vivere nei panni di una bestia.
Era strano il modo in cui il destino la stava prendendo in giro, aveva lasciato Storybrooke per smettere di pensare a Rumple e ora si ritrovava in un locale a Portland a leggere la loro favola. Guardò la tazzina di fronte a se e ne accarezzò il bordo, il thè che aveva scelto era chiamato “Earl Grey” in quel mondo, mentre nel suo, era definito “Jelly” come soprannome per il suo colore giallo scuro. Era lo stesso che serviva ogni sera a Tremotino al castello oscuro. Le mancava molto la sua presenza, ma se era lì, era per un motivo ben preciso. Prese di nuovo a guardare il libro davanti a se, e lo accarezzò con la punta delle dita, quasi come voler sfiorare il suo lieto fine ormai perduto.
A un’ora di distanza da lì, a Storybrooke, le cose non erano delle migliori. Tremotino aveva lasciato chiuso il negozio tutto il giorno, ed era rimasto a lungo nel retrobottega. Un latrato improvviso squarciò il cielo della piccola cittadina facendo raggelare il sangue nelle vene. Lui era arrivato.
Tremotino alzò il capo in direzione della porta, poco prima di scorgere in strada l’animale che lo stava aspettando. Il silenzio che poco prima alleggiava s’interruppe dal lamento proveniente da fuori.
La cosiddetta morte nera, era giunta a uccidere l’oscuro.
 
Angolo autrice:
Capitolo che non mi convince per niente… il prossimo sarà più incentrato su Rumple e con più ricordi, spero che fin qui vi piaccia.
Un saluto, Angels.
 

 

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Capitolo 4
*** Glatisant ***


Glatisant
Secoli fa, in una cittadina chiamata Dinisee, ai piedi del regno di Artù, una giovane ragazza di nome Demetra stava percorrendo la via di casa di ritorno dal mercato. Quella mattina il sole si levò brillante e sereno, e gli uomini presero a uscire dai loro rifugi dopo i vari giorni di tempesta. La ragazza, di rango povero, viveva con il padre malato e il fratello, e da sola doveva portare avanti gli innumerevoli lavori di casa. Per via del maltempo avevano consumato tutte le provviste, e il piccolo orto dietro casa era completamente danneggiato dal vento. La tempesta si esaurì alle 5.00 e la ragazza uscì per andare in centro a vendere ciò che rimaneva del suo raccolto, ma nella strada verso casa, al limitare con il bosco, un demone creato con la magia si presentò davanti a lei, dapprima spaventata, cercò invano di correre nella foresta, ma venne catturata subito dopo. Lo spirito nero davanti a lei le propose un accordo. Il suo amore per il fratello Tenegabo cresceva ogni giorno sempre più, e il demone l’aveva cercata per darle una soluzione a questa infatuazione proibita.
La ragazza, totalmente rapita dalle parole di questo spirito maligno, decise di abbandonare la ragione e dare ascolto ai suoi sentimenti, ormai reciproci, per il fratello. Alla fine il demone si era rivelato inaffidabile, si era impossessato dell’animo ormai corrotto della ragazza e fece uccidere il fratello da  un nobile cavaliere di nome Armnes, quest’ultimo era arruolato nell’esercito di Re Artù, e a discapito di tutti nascondeva un’inconfessabile segreto. L’oscurità aveva avvolto il suo cuore anni prima, e un certo pugnale mostrava il suo nome. Era diventato il nuovo signore oscuro per via di un inganno, anche se non aveva mai fatto uso della magia nera. Il suo animo nobile gli impediva di compiere azioni di natura oscura, e quando gli chiesero di uccidere l’innamorato Tenegabo, lui rifiutò e si fece accoltellare dal ragazzo. Solo con la morte il suo animo sarebbe rimasto nobile e intoccabile dal potenziale oscuro dentro di lui.
Nel frattempo, Demetra era incinta del fratello. Tenegabo diventato a sua volta l’oscuro successivo, per punire la sorella lanciò una maledizione sul figlio che portava in grembo. La bestia che nascerà sarà quindi un simbolo di tradimento, oscurità e incesto. Sarà quella che verrà definita “Bestia Glatisant”, la stessa bestia che porterà il terrore in tutto il regno di Artù e nei secoli ad avvenire.
Rumplestiltskin si ritrovò a faccia a faccia con l’animale latrante dall’aspetto nero. Per via di questo suo colore era definita “la morte nera” e ora, la bestia glatisant era venuta per ucciderlo. Da qualche giorno ormai cercava di capire come aveva fatto a raggiungere il loro mondo. Lo aveva studiato nel mostrario che Belle trovò sul suo tavolo, e la lista di oscuri gli servì per ricollegare la bestia al padre.
La leggenda narra che il padre Tenegabo e il figlio, per vendicarsi, presero a uccidere ogni persona dotata di magia. L’oscuro voleva essere l’unico nel regno di Artù a possedere le arti magiche, ma la cosa durò finche Tenegabo morì. Il figlio, o meglio la bestia, per vendetta nei confronti del padre cominciò una guerra contro gli oscuri, in modo tale da rivendicare il nome e il potere del padre. Per questo motivo, il glatisant viene rappresentato come il peggior nemico di ogni oscuro. Era stato intrappolato dalle forze magiche nel regno di Artù, ma ora, era stato richiamato dall’oscurità a portare a termine la sua missione: uccidere Tremotino. Il rumore che il suo stomaco emetteva era simile a un latrato di molti cani da caccia messi insieme, e la sua “dote” era quella di risucchiare potere.
La bestia si avvicinava lentamente verso Tremotino, che scagliava invano sfere di magia. Più usava del potenziale oscuro, più quel’animale lo usava contro di lui. Qualche lampione in strada venne colpito danneggiando i cavi della corrente. Il signore oscuro chiuse gli occhi, dopodiché la belva gettò dalla bocca energia oscura che lo colpì in pieno petto. L’unico modo per sconfiggerlo era usare l’amore e dissipare il male dentro di lui. Così la bestia non avrebbe sentito il richiamo oscuro. A suo sfavore, l’unica persona in grado di amare un codardo come lui, se n’era andata proprio come la sua voglia di reagire contro quell’essere. Era una battaglia che non poteva vincere.
 
Belle si svegliò di soprassalto urlando il nome di Rumple. Si guardò intorno spaesata e confusa. Il suo cuore batteva all’impazzata e le sue mani tramavano ancora dalla paura. Si trovava nella camera che Lucy le aveva offerto il giorno prima e non appena ricordò tutti gli avvenimenti delle ultime ore, avvertì una fitta al petto. Alzò per un attimo la testa verso il soffitto e sospirò. Aveva fatto un altro incubo: correva sempre in quel maledetto bosco a Storybrooke e, come nel sogno precedente, scappava dalla bestia glatisant. Solo che questa volta c’era anche Tremotino… cercava di proteggerla usando la magia contro di lui, finché il glatisant non lo colpì al petto. Aveva urlato il suo nome e subito dopo si era svegliata, calmandosi e riflettendo sul fatto che stava solo sognando.
Purtroppo Belle non sapeva, che i suoi sogni erano in parte veri a ciò che Rumplestiltskin stava vivendo a Storybrooke.
Guardò l’orologio affianco a se e decise di scendere. La sera prima aveva ripiegato nell’armadio i pochi vestiti che aveva lasciato nello zaino, dopodiché era rimasta a leggere la sua favola. Le mancavano solo una trentina di pagine da finire, ma le voleva tenere per il giorno dopo.
La piccola stanza in cui soggiornava, era dotata di un bagno con doccia, e un letto matrimoniale. Le pareti erano di un color giallo scuro, e l’arredamento di legno era molto old style. Sulle pareti erano appesi dei quadri che rappresentavano vasi di fiori, e il lampadario della stanza principale era bianco e a forma di palla.
Rovistò nell’armadio semi vuoto e decise di indossare una camicetta bianca e un paio di jeans blu scuro.  Prima di andare a dormire aveva fatto una doccia, perciò ora i capelli le scendevano delicatamente sulle spalle dandole quell’espressione dolce che la caratterizzava.
Al bar di sotto, Lucy, aveva appena cominciato a sistemare le sedie per aprire il locale.
“Buongiorno.” Disse Belle scendendo dalle scale non appena notò la sua nuova amica. La ragazza aveva uno sguardo un po’ pensieroso.
“Belle… eccoti.” Affermò poco prima di sistemare una sedia per poi dirigersi verso il bancone “Stai meglio?” La voce della bionda lasciava traspirare una punta di preoccupazione.
“Si, grazie, solo un po’ di mal di gola. Ieri devo aver preso troppa pioggia. Tu come stai? Io, mi sento ancora in debito con te…”
“Non ti preoccupare, abbastanza bene grazie. La camera ti piace? So che è un po’ piccola… ma è comoda.” Rispose allusiva mentre cercava di tenersi impegnata. Era diversa da ieri, sembrava molto distratta, come immersa nei pensieri.
“La stanza è perfetta. Grazie ancora… Hai bisogno di una mano?” Domandò avvicinandosi cautamente a lei.
“Per ora no… a dir la verità volevo chiederti un po’ di cose prima di aprire.” Eccolo di nuovo, quello stesso sguardo di poco fa. Qualcosa la preoccupava molto.
“Certo, nessun problema.” Terminò prima di seguire l’amica. Si erano sedute nello stesso tavolo del giorno precedente. Lucy, come suo solito, aveva i capelli legati e la divisa bianca, dove figurava il nome del locale. Alla sinistra del tavolo, l’enorme vetrata permetteva di vedere la strada alquanto trafficata e il distributore di carburante, e poco più in là palazzi e uffici. Il sole, appena sorto, riusciva a schivare gli alberi e le case, riflettendo sul volto delle due donne alcuni raggi di luce, illuminando il locale di una flebile luce arancione.
“Vedi Belle…” iniziò la bionda con voce insicura per poi fermarsi e deglutire a vuoto.
“C’è qualcosa che ti preoccupa?” Chiese notando il disagio dell’amica. “Qualunque cosa a me puoi dirla.” Belle la guardava ora attenta.
“A dir la verità sì, qualcosa mi preoccupa… io, lo so che ci conosciamo da poco e che molto probabilmente non ti fidi di me…”
“Lucy, non temere.” L’interrupe con voce alquanto rassicurante. Un sorriso appena accentuato spuntò sulle sue labbra e la invitò a continuare.
“Okay…  Io… qualche anno fa, stavo con un ragazzo di nome Michael…” disse mentre le sue mani tremavano al rivivere quelle emozioni. “Lui non era molto permissivo, e alcune volte mi metteva le mani addosso…” Non appena pronunciò quelle parole, Belle posò una mano su quella della ragazza cercando di confortarla un po’. “All’inizio mi convincevo che lo faceva solo perché mi amava… finché non decisi di andarmene.” I suoi occhi cominciarono a inumidirsi mentre continuava con la sua storia.
“Che altro è successo?” Chiese Belle timida.
“Mi lasciò ferita davanti all’ospedale, e decisi quindi di denunciarlo. Dopo il processo, ho iniziato la mia nuova vita qui…” Lucy sospirò debolmente per cercare di calmare le lacrime, mentre si soffiava il naso con una delle salviette sul tavolo.  
“Mi dispiace Lucy…” Non sapeva che altro dire, perciò un’affermazione sincera in quel momento era l’ideale.
“Vedi…” continuò la bionda “Quando ti ho visto arrivare, avevi la mia stessa espressione di qualche anno fa… non voglio essere indiscreta, ma stavi scappando da qualcuno?”
Belle sospirò sorpresa, cercando le parole giuste.
“Io… in un certo senso sì, scappavo da qualcuno. Non perché mi ha fatto del male fisico… Diciamo che mi serviva un po’ di tempo per me stessa.” Affermò insicura. In fondo non poteva dire che lei era un personaggio delle favole e che suo marito era il signore oscuro, motivo per cui se n’era andato da lui.
“Capisco… è che stamattina ti ho sentito urlare un qualcosa tipo Rumple… e mi sono ricordata della tua espressione di ieri” Aggiunse poco convinta.
“Ti ringrazio per esserti preoccupata… avevo solo fatto un brutto sogno, mi dispiace averti spaventato.”
“Tranquilla, almeno adesso sai che puoi fidarti di me se succede qualcosa…” Belle annuì.
“Non so come ringraziarti… mi auguro solo che dopo quel passato, tu sia riuscita a ricominciare.” Disse sorridendo gentilmente.
“Sì, sto molto meglio, ho affianco a me una persona che mi ama, e per ora sto bene.” Le spuntò un sorriso a sua volta.
Belle si rabbuiò non poco. La sua mente vagò un attimo su Rumple a Storybrooke e sul suo lieto fine rovinato. All’anulare portava ancora il loro anello di matrimonio e cominciò a giocherellarci con le dita. La sua espressione era la stessa di ieri.
“E tu Belle?” Il silenzio era calato nella stanza e Lucy cercò di rompere quell’atmosfera di ghiaccio “Tu sei fidanzata?”
Domanda del tutto appropriata pensò Belle ironicamente.
“A dir la verità io sono sposata…” Rispose abbassando gli occhi sul tavolo.
La forza che aveva impiegato fino a quel momento per non pensare a lui la abbandonò. Era difficile stargli distante dopo tutto ciò che avevano passato insieme. Gli mancava il suo sorriso, e la sicurezza che aveva nei suoi abbracci. Sicuramente si era comportato male con lei, ma era l’unico che la faceva sentire a casa.
Sospirò pensando alle emozioni che aveva provato quando lui ritornò dal viaggio nell’oltretomba e una nuova lacrima calda le rigò il viso.
Sarà pure il signore oscuro, ma lo sguardo che le faceva sorridendo comprensivo, non lo avrebbe trovato mai in nessun altro volto. Forse aveva il cuore oscuro, ma sapeva come amarla.
Si voltò verso la finestra e prese a fissare la strada, e per un attimo pensò a come sarebbe stato stupendo voltarsi e trovarlo dietro di sé.
 
 
Angolo autrice:
Salve gente. Ecco a voi il quarto capitolo. Mi sto dilungando molto sui dettagli. Spero di non essere troppo noiosa. Ma il glatisant avrà un ruolo fondamentale u.u
Spero che la storia sia scritta bene e che v’interessi. Se avete qualche consiglio, fatemi sapere. Nel prossimo capitolo si parlerà di Belle a Portland, e di una probabile Rumbelle reunion. Riuscirà Belle a stargli distante così a lungo?

 

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Capitolo 5
*** Clarke ***


CLARKE
 
Le mani le tremavano leggermente, socchiuse gli occhi pronta a sentire quel classico rumore sordo di un metallo a contatto con il pavimento che, a sua sorpresa, non arrivò mai, riaprì gli subito dopo cercando intorno l’oggetto che le era scivolato dalle mani, e che per forza di gravità sarebbe dovuto cadere a terra. Un cliente davanti a lei stava trattenendo una risata e con mano insicura indicò a Belle la tasca destra del suo grembiule bordeaux da cameriera. Si guardò il capo che indossava per il lavoro e notò che la forchetta scivolata dalle sue mani, era finita per incastrarsi nelle sue tasche laterali. Sorrise debolmente all’uomo davanti a se.
“La ringrazio.” sussurrò flebile prima di riprendere la sua corsa verso la lavastoviglie sul retro.
L’ora di pranzo era conclusa da poco, il Shilo Break era in una posizione strategica per via delle soste di vari autobus, e di conseguenza un’ondata di turisti affamati riempiva i tavoli del locale, ordinando vistosi hamburger che riempivano di varie salse, causa delle varie macchie sui polsi della camicia a fine turno.
Sospirò guardando l’orologio e posando i piatti nell’apposita cesta, aveva lo sguardo stanco per via delle poche ore di sonno, e per di più i clienti si divertivano a fare sculture di piatti e bicchieri, con tanto di tovagliolo come cliché finale.
Il suo turno era quasi finito, a forza di portare piatti le facevano male i polsi, e il paio di pantaloni che indossava stamattina erano grandi e sostenuti da una spilla, che ripetutamente si apriva rendendo scomodo il suo lavoro. Li sistemò un attimo, stirandosi la camicia con le mani e riallacciando il grembiule.
Una leggera risata fece eco nella stanza.
“Sei buffa lo sai?” Disse Lucy posando gli ultimi piatti  nella macchina per poi avviarla.
Belle sorrise leggermente, sembrava una bambina a tutti gli effetti. Aveva i ciuffi disordinati sul viso, e cercava distrattamente di incastrare la spilla.
“Questa giornata non poteva andare meglio.” Affermò appogiandosi stanca al lavabo lì vicino.
“Lo so, i primi giorni sono un po’ stancanti, anzi mi dispiace, so quanto possa essere difficile, ma sei capitata proprio nel periodo con più clienti.”
“Che privilegio.” Rispose Belle ironica sorridendo “Scherzi a parte mi piace lavorare qui, sono un po’ goffa e impacciata ma almeno sto imparando qualcosa di nuovo…”
“Come ad esempio, togliere le macchie di caffè dai polsi della camicia, usando varie formule chimiche di diversi detersivi.” Aggiunse la bionda sorridendo.
Belle sorrise a sua volta. Era lì da una settimana ma il suo sorriso era comunque spento.
“Belle…” Lucy si fece improvvisamente seria. “Dobbiamo parlare.” Disse infine fissando il pavimento.
La ragazza si distolse dai pensieri e annuì, seguendo la bionda diretta verso il solito tavolo vicino al termosifone, dove aveva già preparato due tramezzini per il pranzo. Il silenzio calò nel locale, mentre le due sedute l’una di fronte all’altra cercavano qualcosa con cui iniziare il discorso.
“Lucy… sembri preoccupata.” disse infine Belle puntando il suo sguardo su di lei. Silenzio. La donna davanti a se si torceva le mani nervosamente e teneva basso lo sguardo.
“Sai perche quando ti ho visto la prima volta, ho deciso di farti restare?” Disse all’improvviso.
“Oltre al fatto che ti serviva una mano… no.” Ammise Belle.
“A parte… ti sembrerà una storia assurda ma, mi sentivo come in debito con te. Hai un volto stranamente familiare, un sorriso assente. Stai scappando da qualcosa, non voglio che tu me ne parli, però mi preoccupo, sopratutto quando qualche giorno fa sei scoppiata a piangere.”
Improvvisamente, al sentire quelle parole, Belle si ricordò di un evento accaduto nella foresta oscura molti anni prima.
“Belle stava raccogliendo funghi attorno al castello di suo padre, era molto più giovane e quel giorno il re le aveva concesso di uscire. Adorava fare passeggiate nel bosco. Spesso restava ad ascoltare incantata il cinguettio di alcuni usignoli, ma quella volta qualcosa di diverso suscitava la sua curiosità. Due giovani ragazze, stavano correndo a cavallo inseguite da un uomo non molto distanti da lei. Belle si nascose dietro ad un albero e notò le due nascondersi in una grotta dopo aver seminato l’uomo. Quest’ultimo era alto e massiccio, con una folta barba e una spada intrisa di sangue. Si guardava intorno cercando di cogliere ogni minimo rumore. In quel luogo del bosco però, cresceva molta vegetazione, che rendeva difficile il riconoscimento delle impronte, cosa che portò l’uomo ad andarsene dopo poco. Belle s’incamminò verso casa il più in fretta possibile, fin quando non sentì un lamento. Veniva dalla fine della via che aveva percorso. Nascosta in mezzo alla roccia e coperta da delle piante rampicanti c’era quella grotta. Si fece coraggio e tornò indietro. Molto probabilmente qualcuno era ferito. La giovane donna che aveva visto cavalcare quel cavalo poco fa, ora era stessa a terra con una gamba sanguinante. Si lamentava del dolore e probabilmente aveva la febbre, visto la sua fronte imperlata di sudore.
“Posso aiutarti?” Chiese Belle “Non ti spaventare, ti ho visto insieme ad un’altra ragazza che scappavi, posso aiutarti.” Aggiunse notando la paura della mora davanti a se che stringeva un pugnale. Aveva dei bellissimi occhi verdi e i capelli legati in una treccia.
“Ragazzina… hai visto l’uomo che ci inseguiva?” Disse cercando di alzarsi preoccupata.
“Non ti muovere, tranquilla, se n’è andato.” Affermò aiutandola a sedere.
“Devo… devo trovare la mia amica. Deve essere andata al fiume qui vicino a prendermi dell’acqua. È in pericolo.” Sussurrò con voce flebile e tremante.
“Ridotta così non puoi andare da nessuna parte, sono sicura che tornerà presto. Perché quell’uomo v’inseguiva?” Domandò prima di versare dell’acqua sulla ferita per poi bendarla. Cercava di aprire una conversazione per non farla svenire. “Ti ha fatto lui questo?” Insisteva Belle.
“Io… lui è il padre della mia amica, la devo trovare.” I suoi respiri erano sempre più profondi e tentava di chiudere gli occhi. Belle le versò da bere.
“Perché suo padre vuole farle del male?” Domandò.
“Perché lui… quando ha scoperto che frequento sua figlia, ha cercato di uccidermi e di rinchiudere lei…” Affermò con lo sguardo basso “Volevo scappare con lei ma…” Cominciò a tossire poco prima di svenire vinta dalla febbre.
La ragazza si chiamava Lexie, Poco dopo fu medicata dal medico di suo padre al castello, non appena si sentì meglio lei e Clarke, la sua ragazza, riuscirono ad andarsene nel bosco sud, lontane dal padre della ragazza bionda.”

Belle sgranò gli occhi e guardò Lucy davanti a se, non ci mise molto a realizzare la cosa. Il suo sguardo non era cambiato, stesso modo di portare i capelli e classico ciuffo sul viso. Il sorriso poi, era lo stesso che le fece anni prima ringraziandola.
“Tu… tu sei Clarke!” Affermò sorpresa delle sue stesse parole sconvolta da ciò che aveva appena appreso.
“Si… pensavo di sbagliarmi invece sei tu. Sei cresciuta bene” Disse alzando finalmente lo sguardo. “Durante il sortilegio ero fidanzata con quel ragazzo di cui ti ho parlato. Non ricordavo nulla di Lexie… era una cliente abituale della caffetteria, e ogni tanto scambiavamo qualche chicchera. Mi aiutò con il processo contro di lui, e alla fine del sortilegio ho ricordato tutto…” Qualche lacrima cominciò a scenderle sul viso, e uno sguardo sorpreso e dispiaciuto era ancora sul volto di Belle.
Com’era possibile tutto questo?


Angolo autrice:
Scusate il ritardo ma sono stata davvero occupata. Ecco il quinto capitolo… spero vi piaccia questo colpo di scena. Fatemi sapere se ci sono eventuali errori o se avete qualche consiglio. A presto

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