Dangerous Goodbyes

di Nicolessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vecchi sogni. (1) ***
Capitolo 2: *** Vecchi sogni. (2) ***
Capitolo 3: *** Senza parole. ***
Capitolo 4: *** Promesse e compromessi. ***
Capitolo 5: *** Le abitudini sono dure a morire. ***
Capitolo 6: *** Che accada ciò che deve accadere. ***
Capitolo 7: *** Grazie a lui ora è una Donna. ***



Capitolo 1
*** Vecchi sogni. (1) ***


Vecchi sogni (1)
Capitolo 1 - Vecchi sogni (1).








L'inferno: che posto poco organizzato. Urla, sangue e ancora urla, non c'era un angolo per potersene stare in pace... certo, lo scopo del'inferno era proprio quello di non concedere pace a nessuno ma, per un povero e stanco demone, un posticino dove riorganizzare le idee avrebbe fatto certamente comodo.

Per cercare quindi un po' di chiarezza nella mente, uno dei demoni più innocui della gerarchia, scese -o meglio salì- sulla Terra.
Rowena era uno dei demoni succubi, uno di quelli che avevano il semplice compito di assillare e torturare gli uomini in uno dei pochi momenti della giornata in cui ci si aspettava un minimo di tranquillità: nel sonno.
Bella, affascinante e sinuosa, Rowena aveva il dovere di sedurre gli uomini e condurli nel sentiero del peccato per poi ripopolare l'inferno a regola d'arte. E con i suoi ritmi non ci avrebbe impiegato molto.
A quei tempi però non aveva molta voglia di trasportare le anime in quella gabbia di pazzi e le voci correvano veloci tra gli occhi neri.

«Sul serio, Dean? Ti rimane meno di una settimana?» domandò per sicurezza lei, insinuatasi ormai nei suoi sogni. 
Tzè, sogni. La parola giusta sarebbe stata "incubi" ma, in qualche modo, riuscì a scacciare l'immagine di occhi gialli dalla mente di Dean, rimpiazzandola con la sua figura avvolta da un corto vestito bianco.
«Ehilà tesoro!» Disse lui forse sollevato dall'improvviso cambio di scenario del suo sogno «È davvero un piacere vederti.» 
Vecchie conoscenze.
Era consapevole del fatto che stesse sognando, esattamente come era consapevole di chi fosse realmente 
Rowena: sapeva che era un demone succube, che i suoi non erano semplicemente sogni "poco puri" e che lo stesse conducendo lentamente -attraverso la lussuria- verso l'inferno... anche se quello stava già accadendo anche senza la partecipazione della giovane bionda. Quindi perchè vietarsi quel piccolo piacere se la sua fine era già scritta?
In realtà Dean era più che sollevato di avere un po' di "divertimento" in uno di quei momenti che da settimane era destinato a profondi sensi di colpa e flashback sulla morte del fratello.
«Non sono qui per quello che pensi.» Lo avvertì lei con una smorfia di rimprovero mista ad una velata malizia. Infondo lo sapevano bene tutti e due cosa succedeva subito dopo i saluti.
«Ah no?»
«Non esattamente. Niente sesso, tanto per cominciare. Allora, è vero?» Disse una seconda volta accentuando qual suo sguardo eloquente per ricevere una risposta che potesse confermare le dicerie che correvano all'inferno con tanta impazienza.


  • Nulla di nuovo.
    Sognare dei cani affamati che lo rincorrevano costantemente ormai era all'ordine del giorno... o della notte. Fatto stava che l'idea di dover morire, adesso, non gli stava più tanto a genio.
    Forse all'inizio, sparire dalla circolazione 
    sembrava qualcosa di poetico e affascinante: non doversi più preoccupare di nulla, sapere che Sam avrebbe potuto realizzare i suoi sogni, ecc... .
    Aveva solo dimenticato un piccolo dettaglio: la destinazione.
    L'Inferno non era mica un parco giochi o una versione tarata del Paradiso. No, assolutamente.
    Se doveva finire lì un motivo c'era, e anche se il suo corpo sarebbe morto, la sua anima avrebbe continuato a vivere in eterno.
    Ergo, avrebbe continuato a soffrire e non per un paio di giorni, ma per sempre. Tuttavia era comunque rassegnato all'idea di doverci andare e rimanerci anche. Non c'era più alcuna possibilità per lui. La Colt era perduta, Lilith era praticamente imbattibile. Nel migliore dei casi, Sam l'avrebbe fatta franca, avrebbe trovato un modo per ucciderla dopo la morte di Dean e poi avrebbe messo un punto decisivo a tutta quella ridicola storia. 

    «Temo di sì.» Confessò mentre ogni cosa, ogni piccola goccia della sua paura interiore scompariva. 
    Diventò tutto buio.
    Dean era in piedi sul vuoto nerastro e di fronte a lui una bella ragazza bionda gli sorrideva come premurosa. 

    La domanda che si poneva in quel momento era: che cosa voleva da lui una demone succube? Dean era praticamente un morto che camminava oramai, che cosa ne avrebbe ricavato da un moribondo?
    Sì, sapeva perfettamente cos'era lei in realtà.
    Nessuna visione, per quanto potesse essere credibile, aggiustava di punto in bianco gli incubi di una persona. 

    «Un motivo in più per darci dentro, mh?» Ammiccò ridacchiando. 
    Un punto a suo favore era il fatto di non darsi mai per vinto anche quando sapeva perfettamente di esserlo.

  • Era la prima volta che gli parlava seriamente. O la prima volta in generale che facevano una chiacchierata da amici... il suo "lavoro" non includeva nel prezzo una simpatica chiacchieratina casta e priva di doppisensi. Ecco perchè le venne istintivamente da ridere a quella sua battuta che, in fondo, tanto battuta non era. 
    Le avevano parlato del suo carattere ribelle e molto (se non troppo) "coglionatorio" ma non aveva mai avuto modo di apprezzarlo per intero.
    «Non credo che ora come ora, nella condizione in cui sei, daresti il meglio di te.» Gli resse il gioco lei impegnandosi per creare uno sfondo neutro a quel loro volteggiare nel nulla.
    Una stanza bianca e ben arredata non rischiava quindi di stonare con il suo incarnato altrettanto pallido. Stonava forse con l'aria nera che Dean si portava appresso ma, poco le importava di quanto lui facesse "pant-dan" con la tappezzeria di quel suo sogno.

    «Non ci scommetterei tanto, fossi in te.» Assicurò lui facendo spallucce.
    «Avanti Dean, dovremmo conoscerci ormai... siamo amici! O almeno, a me piace pensarla così. Infondo sei l'unico con cui posso divertirmi senza sentirmi realmente in colpa. Non sei diventato il mio preferito per caso.» Gli rivelò assottigliando lo sguardo ed invitandolo con un lento movimento della mano a sedersi sulla poltrona apparsa alle sue spalle.
    «Anche se, ad essere sincera... mi stai un tantino deludendo ultimamente.» Confessò teatralmente dispiaciuta mentre arricciava le labbra, quelle che ormai, seppur in sogno, non avevano più segreti per Dean. «Voglio dire, io mi faccio in quattro per te, quando posso scaccio i tuoi incubi, ti faccio passare una bella serata e tu cosa fai? Mi tradisci?» Apostrofò con una punta di ironica gelosia mentre si accomodava accanto a lui sul divano. 
    «Non farmi quella smorfia confusa Dean. Sappiamo entrambi che non sono l'unica donna che occupa, quando può, i tuoi sogni. Non mentiamoci a vicenda.» 
    A quelle parole parve spegnersi qualcosa nello sguardo furbo del ragazzo: segno che 
    Rowena avesse colto nel segno.
    «Dean, ora sei in una squallida stanza di motel, addormentato su una pidocchiosa poltrona di seconda categoria, con ai piedi bottiglie vuote della più scadente birra, a tre giorni dalla tua morte e vuoi davvero convincermi che... non vorresti fare nient'altro? E non sto parlando di certo dei nostri "incontri ravvicinati".»
  • Ci mancava soltanto questa.
    Pensava che i demoni succubi fossero in grado di soggiogare la mente delle persone, non di saperla leggere. Soltanto Sam era in grado di vedere ciò che gli passava per la testa, ora 
    Rowena aveva assorbito questo suo straordinario potere? 
    «Cos'è? Ti sei messa a fare la brava ragazza proprio adesso? Beh, è un po' tardi, dolcezza.» Gli rivelò falsamente rammaricato, abbozzando un leggero sorriso ironico. 
    «Oh, andiamo. Non c'è nulla che tu possa nascondermi, Dean. Ricorda che stai giocando in casa, siamo nella tua testa e... al momento ti sarebbe molto difficile nascondermi ciò che pensi.» Rispose lei accennando un sorriso in segno di vittoria. 
    Dean aggrottò la testa e annuì, come in segno di ammirazione. 
    «Touchè.» 
    Il sorriso della demone bionda si allargò di qualche altro centimetro. 
    «Allora, non c'è qualcosa che ti piacerebbe fare prima di andartene?» 
    «In realtà sì. Ho sempre desiderato che Megan Fox mi facesse una lap dance privata.» Ribatté ancora più ironico di prima, ma senza mentire infondo. 
    «Oh, certo. Non posso biasimarti.» 
    Dean sorrise appena e si guardò attorno in cerca di qualcosa di colorato e vivo. Sospirò e cominciò a camminare senza una meta con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
    Per quanto lui avesse già fatto molti passi per allontanarsi da quella figura apparentemente angelica, non si era allontanato nemmeno di mezzo centimetro dalla postazione precedente. 

    «Dimmi, cosa ti porta qui se non il tuo lavoro, mh?» 
    «Una visita di cortesia?» Azzardò lei inarcando le sopracciglia in un'espressione fintamente ingenua. 
    Dean annuì e si portò una mano sul petto, come a volerle far credere di essersi emozionato. 
    «Sono davvero colpito.»
  • «Diciamo allora che non mi piace avere conti in sospeso.» Disse alzandosi anche lei per avvicinarsi a Dean come una delle peggiori tentazioni.
    «Tu sai come uccidermi. Ma non l'hai fatto... non ancora. Per compassione, per convenienza, questi non sono a
    ffari miei. Fatto sta che sono viva. Prima che te ne vada voglio sdebitarmi.» Gli confessò facendo mutare il color bianco del suo vestito in un rosso scuro, come se fosse stato sangue... o passione, per lei erano più o meno la stessa cosa.
    «Te l'ho detto, è troppo tardi per fare la brava ragazza.» Ripetè lui guardandola come si guardava un fuoco ardente.
    «Mi sottovaluti, tesoro. Benchè io agisca nei sogni, il conforto e la felicità che si ha al risveglio sono molto reali. E, modestamente, tutto questo è merito mio. Cosa ti fa credere che non ti possa mostrare pietà come tu l'hai mostrata per me?»
    Tutti discorsi molto complessi e che tracciavano un sentiero che ondeggiava tra il passato ed un ipotetico futuro, nonostante quest'ultimo non si mostrasse così luminoso.
    «Non voglio la tua pietà.» Disse riluttante lui.
    «Neanch'io volevo la tua... eppure...» Non concluse la frase lei, lasciando un "eccomi qua" a morirle in gola.
    «Se è la mia pietà a preoccuparti, non c'è proble-»
    «Dubito che tu voglia passare le tue ultime, preziose ore di vita a cacciare un demone che sotto sotto ritieni... utile.» Lo interruppe sfoggiando un sorriso vittorioso. «Lascia che ti aiuti, Dean. Permettimi di renderti l'attesa meno dolorosa. E ascolta il mio consiglio.» Gli si avvicinò all'orecchio prima di mormorargli delle familiari parole sotto voce «Prima di dormire dovresti fare qualcosa che ti rende felice.»
    Era fin troppo chiaro come la parola "dormire" in quel caso si riferisse ad una cosa molto più duratura rispetto ad un innocuo sonnellino.
    Lei sapeva, 
    Rowena sapeva tutto quello che entrava nella testa del cacciatore... e questo era un gran vantaggio.
    «Sta zitta.» Ruggì quasi lui a denti stretti, regalandole uno dei suoi sguardi più duri.
    «Vuoi davvero sapere cosa succederebbe se tu non andassi... come dire... a salutarla, prima di morire?» Lo tentò inclinando la testa da un lato e facendo ricadere i suoi morbidi riccioli biondi sulle spalle. Una mossa che, come un déjà vu, colpì la mente di Dean, confondendo i Suoi riccioli con quelli dell'attraente demone.
    «Ecco, appunto.» Ridacchiò lei percependo l'immagine di Jo sovrapposta alla sua per volontà del sognatore. «Ho molto in comune con i Dijinn, so come fare. E ti assicuro che non sembrerà un sogno. Dopotutto, niente di quello che facciamo insieme lo sembra mai.» Concluse perennemente maliziosa aggiustandosi il vestito.




------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------

Olèèèèèèèèèèèè! Ben trovati, Hunters!
Sono tornata incolume dopo compiti in classe, diciottesimi a manetta e vacanze piene di cibo! :3
Scusate l'assenza ma la vita reale purtroppo non si mette in standby per me T__T
In ogni caso, al diavolo, è iniziato il nuovo capitolo! \o/ Siamo tutti molto contenti! (io per prima xD)
Niente Jo per ora, eh? Don't worry, è solo un fatto temporaneo.
Una piccola tregua prima della catastrofe ahahahahah xD Meglio riderci su!
Intanto che ne dite di darmi il vostro parere su questo nuovo personaggio (ovviamente inventato e
preso sotto osservazione da me, momentaneamente al posto di Jo), Rowena?
Sono proprio curiosa di saperlo! xD

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Capitolo 2
*** Vecchi sogni. (2) ***


Vecchi sogni (2)

  • Capitolo 2 - Vecchi sogni (2).








    Beh se non l'aveva uccisa prima per pietà o per chissà cos'altro, adesso ne aveva un'improvvisa voglia.
    Detestava la sua arroganza e in qualche modo, per un momento, capì cosa provava Sam di fronte ad una testa dura come la sua.
    Entrambi sapevano che Rowena
    ci aveva visto lungo, in tutti i sensi. Dean, però, non voleva darle troppa libertà nel rovistare nella sua testa, era abbastanza irritante soprattutto se fatto da un demone. Ciò che provava era qualcosa di privato, qualcosa che soltanto con se stesso poteva confrontare.
    Si chiamavano sentimenti apposta, perché era personali. O no? 

    «Che cosa hai in mente?» 
    Tuttavia lo tentò a tal punto che il cacciatore cedette. 
    «Beh, ti mostrerò ciò che desideri ardentemente vedere. Tu pensi che la vita di Jo sarà molto più ''leggera'' senza te attorno, non è così?» 
    Dean non rispose, ma abbozzò un sorrisetto ironico e poco divertito. 
    Sì, decisamente aveva tanta voglia di svegliarsi e cercare il metodo più crudele per ucciderla. 
    «Hai intenzione di tenermi sulle spine a vita?» 
    «Potrei, ma non mi è possibile vista la situazione in cui ti sei cacciato.» Ribatté riferendosi alla sua prossima fermata nei piani bassi. 
    Il cacciatore ridacchiò appena, come a volerle ammettere di aver appena fatto una decente battuta, e annuì alzando gli occhi verdi su quelli azzurri del lato umano del demone. 
    «Che cosa devo fare?» Chiese poi facendosi improvvisamente serio. 
    «Tu? Assolutamente niente.» Gli assicurò lei accennando un sorriso malizioso. «Non questa volta almeno.» 
    Dean aggrottò la fronte e la osservò incuriosito. 
    «Chiudi gli occhi, cacciatore.» Gli consigliò la ragazza. 
    Lui obbedì e sospirò incrociando le braccia al petto, dondolandosi sui piedi, impaziente. 
    «Stai per portarmi da Megan Fox, vero?» 
    Rowena sorrise, poi scosse la testa e schioccò le dita.
  • Il viaggio non fu molto lungo: dopotutto cos'era un misero battito di ciglia? Nemmeno una frazione di secondo, benchè il tempo fosse il principale problema del Winchester in quel momento. 
    «Adesso puoi aprire gli occhi.» Gli sussurrò soddisfatta adatta
    ndo nuovamente l'abito all'ambiente che aveva attorno. Niente era meglio di un paio di jeans e una maglietta scollata per sentirsi a proprio agio in un locale buio di periferia.
    «Guardare ma non toccare.» Lo avvertì lei come una mamma faceva con il figlio attratto da una moltitudine di giochi in un negozio.

    «Sarebbe qui che Megan dovrebbe fare il suo spettacolino? Molto triste.» Constatò ironico il cacciatore non avendo la minima idea di dove si trovasse.
    E come poteva? Infondo lì non c'era mai stato.
    «Preparati ad assistere ad un altro tipo di spettacolo Dean, ci sarà da divertirsi.» Lo "consolò" lei, sapendo cosa sarebbe successo. 
    Sembrava più una punizione quella ma, dopotutto, ci voleva il pugno di ferro con i Winchester, era risaputo. Se davvero voleva convincerlo ad andare dalla Harvelle, avrebbe dovuto essere molto più che crudele, quasi senza cuore. Niente di più facile per un demone no?
    «Non capisco cosa ci facciamo qui.»
    «Cosa c'è? Non vedi l'ora di sapere cosa ho preparato per te? O meglio, cosa ti stai preparando da solo, con le tue mani?» Lo provocò lanciando uno sguardo verso il bancone.
    Qualcuno, di spalle, si consumava i polpastrelli a furia di pulire a fondo il bancone. No, non era Jo... ma il DNA era lo stesso.
    Ellen Harvelle, forse con un paio di rughe in più di quante ne avesse in quella realtà, faticava affinchè quel locale, benchè non fosse il suo, risultasse per lo meno presentabile.
    «Ellen?» Colpì nel segno Dean chiudendo gli occhi in due fessure per poterla riconoscere.
    «Già... non è esattamente Megan Fox, vero?» Disse retorica 
    Rowena avvicinandosi al centro della scena, seguita dal cacciatore.
    Improvvisamente il telefono del locale squillò, attirando immediatamente l'attenzione della donna, la quale si precipitò a rispondere.
    «Jo?? Oh Bobby, sei tu. No, non è ancora tornata. Hai chiesto a Rufus? D'accordo, tienimi aggiornata.» E riattaccò con un sospiro pendente ancora sulle labbra. 
    «Sembra stanca, non è vero?» Proseguì con le sue domande retoriche non mostrando minimamente interesse per la forma sfibrata che presentava la donna.
  • Quando Dean riaprì gli occhi si guardò attorno.
    Si trovavano in un vecchio bar, abbastanza grande ma apparentemente poco frequentato.
    In un primo momento pensò di essere tornato indietro nel tempo, quel posto gli aveva tanto ricordato la RoadHouse. Poi però
     si rese conto: se fosse davvero la RoadHouse, al posto di una macchinetta del caffè, nell'angolo a destra della stanza, avrebbe dovuto esserci un tavolo da biliardo e uno strano ragazzo dai capelli strani quanto lui che ci dormiva sopra. Avrebbe dovuto esserci una ragazzina, bella e in gamba che trasportava le birre, ogni volta salendo e scendendo le scale della cantina. E poi una bella donna dietro il bancone a servire i cacciatori che si fermavano lì quand'erano di passaggio. 
    Nah, quella non era la RoadHouse. 
    «Oh, andiamo! Come lontana parente dei Dijinn, mi dispiace dirtelo, non sei proprio il massimo.» 
    «Sta' a vedere.» Rispose lei, indicandogli qualcosa che stava succedendo alle sue spalle. 
    Dean si voltò e notò una figura avvicinarsi, superarli da un lato. La donna che per un attimo aveva immaginato di vedere, Ellen, era lì in quella stanza ora. Era però più cupa, aveva un'espressione pensierosa e preoccupata, tanto che le rughe sul suo viso diventavano leggermente più visibili. 
    «Ellen...» mormorò lui aggrottando la fronte, avvicinandosi di qualche passo. «Ellen!» 
    «È inutile Cowboy, non può sentirti. Qui siamo come fantasmi.» 
    Dean le gettò un'occhiataccia. 
    «Cos'è questo? Uno scherzo? Perché se lo è ti assicuro che non è divertente!» 
    «Sta' zitto e osserva.» Lo ammutolì lei, inarcando le sopracciglia. 
    D'un tratto squillò il telefono e quella scena attirò di nuovo l'attenzione di Dean. 
    «Bobby...» 
    Quando le sentì dire quel nome, il cacciatore sorrise appena, decisamente tranquillizzato al pensiero che il vecchio e burbero Bobby stesse bene. Ma la situazione non sembrava delle migliori, a quanto aveva capito Jo era... scomparsa? 
    «Che vuol dire? Dovè Jo?» chiese tornando a guardare 
    Rowena. 
    Lei sorrise divertita e alzò le spalle come a giustificare la sua ignoranza sulla questione. 
    «Ok, cos'è questa stronzata alla Christmas Carol? Sempre se è davvero così, perché i Dijinn non ti portano nel futuro, creano soltanto un mondo ricco di belle cazzate credibili.» 
    «Siamo nel futuro, Dean. Io ti sto mostrando cosa accadrà se tu non andrai dalla piccola Harvelle prima della tua morte.»
  • Ci stava provando, sul serio, ma Dean sembrava essere molto più che scettico riguardo la sua abilità nel mostrargli gli avvenimenti futuri. Sì, sembrava una sorta di Christmas Carol in versione disastrosa ma in realtà era così che sarebbe andata.
    «Non 
    mi credi, eh?» Domandò retorica lei sedendosi sul bancone per poi essere attraversata da parte a parte dalla mano di Ellen che, più preoccupata di prima, continuava a pulire il piano in legno. Ecco la dimostrazione che non erano altro che fantasmi invisibili: solo in quel modo Dean non avrebbe potuto interferire con una sfera temporale che non gli apparteneva... non ancora almeno.
    «E va bene, ti darò un altro piccolo indizio...» disse con finto animo gentile fissando l'entrata, come se a comandare quella sceneggiata fosse proprio lei.
    Di fatti, pochi istanti dopo, entrò nel locale un'altra figura che ormai Dean conosceva per quello che realmente era: un ragazzo innamorato.
    «È tornata?» Fece capolino senza neanche salutare quel ragazzo dai capelli corvini che, come Ellen, aveva l'espressione tesa.
    «No. Ha appena chiamato Bobby. A quanto pare anche Sam è scomparso. Non risponde alle chiamate, non lascia tracce del suo passaggio da nessuna par-»
    La donna non riuscì a terminare la frase che un'altra piacevole sorpresa varcò la soglia, più sanguinante del sopportabile.
    Tutte le pupille presenti in quella stanza, di fantasmi e non, si dilatarono alla vista della ragazza ricoperta da un velo di sangue denso che le colava da dei graffi che le adornavano le braccia. Solo 
    Rowena sembrava essere più dispiaciuta per i vestiti che per la pellaccia dura della cacciatrice bionda. 
    «Jo!» La chiamarono all'unisono i due cacciatori. Purtroppo lei avrebbe udito solo quella di Miles.
    «Joanna Beth, non sai in che guai ti sei caccia-»
    «Sono tornata a prendere le mie cose.» Disse secca non degnando i presenti di una spiegazione plausibile a quei suoi graffi da Cerbero.
    «Cosa credi di fare in quelle condizioni?» Urlò senza tanti complimenti Miles seguendola con lo sguardo. «Stai cercando di farti uccidere, per caso? Sei impazzita?»
    «Sta zitto, Miles. Non puoi permetterti di farmi la paternale, non tu. Io sarei impazzita? Al contrario di te, io non vado a letto con un demone.» Rispose lei quasi con un che di spregiante nella voce. Quante cose erano cambiate da quel giorno.
    Non era gelosia la sua, era semplicemente stupore.
    Credeva che lei non lo sapesse? Che non sapesse di lui e quel demone? Illuso.

    «Tu non andrai da nessuna parte! Non capisci?? Tuo padre, Ash, questa famiglia ha perso già abbastanza!» Si sfogò la donna gettando lo straccio sul bancone.
    «Non si tratta solo di loro, mamma! Abbiamo perso molto di più. Ma sembra che non te ne freghi nulla!»
    «Jo, lo sai che anch'io ci tenevo a De-»
    «Lascia stare.» La pregò quasi Jo scuotendo la testa e salendo le scale che portavano al piano di sopra, terminando quella battaglia dove in realtà erano tutti dalla stessa parte.
    «La gattina ha gli artigli affilati, non trovi anche tu?» Canzonò 
    Rowena riportando l'attenzione sul piano "viaggio nel futuro".
  • Certo era un bel casino.
    Vedere Ellen in quelle condizioni -e non era la prima volta nella sua vita- preoccupata e frustrata, gli faceva male.
    La maggior parte dei casi in cui si era trovato in una situazione del genere, aveva scatenato lui stesso l'
    ira della donna.
    Ad esempio un anno prima all'incirca, quando Jo le disse di stare a Las Vegas dimenticandosi di accennarle che avrebbe fatto comunella con i Winchester durante un caso che riguardava un fantasma depravato. Quella volta fu rapita da quest'ultimo e rischiò di lasciarci la pelle. 

    «Oh, è arrivato l'idiota!» Annunciò con sarcasmo quando notò Miles entrare nel locale, anche lui con un'espressione preoccupata, la stessa che Ellen teneva stampata in viso. 
    Nessuno dei due sapeva dove la ragazza si trovasse e Dean cominciava a pensare che si fosse cacciata nei guai, guai molto più grossi dei quali si cacciava di solito.
    Poi un'altra notizia fu costretto ad udire. 

    «Che vuol dire Sam è sparito? Dov'è mio fratello?» 
    «Tuo fratello sta bene.» Rispose 
    Rowena. «Io non mi preoccuperei per lui al posto tuo.»
    «D'accordo, questo è troppo. Non voglio nessun altro indizio, voglio sapere dov'è.» Rispose a voce alta, tanto nessuno a parte 
    Rowena poteva sentirlo dei presenti. 
    Stava perdendo le staffe. 
    Ma nemmeno ebbe il tempo di finire la frase, che la porta del bar si spalancò una seconda volta lasciando spazio ad una nuova figura.
    Era lei... era Jo. Un po' malridotta, con graffi sul viso e sulle braccia ancora sanguinanti. Almeno era viva, questo era l'importante. 

    «Jo...» mormorò aggrottando la fronte. 
    Era un sollievo per lui rivederla ancora sapendo che lei non aveva la possibilità di vederlo, ma era il contrario sapere che stava soffrendo... e tutto per causa sua. 
    «Chiudi il becco.» Fece alla sua provocazione, osservando la scena mentre i sensi di colpa aumentavano a dismisura. «Non è possibile, non può accadere davvero.» 
    «Oh, temo di doverti deludere, Dean. Accadrà eccome.» 
    «Stai mentendo.» Disse con finta convinzione, perché in realtà sapeva perfettamente che le cose sarebbero andate in quel modo, se non peggio. 
    «No, e tu lo sai. A quanto pare, sei molto più importante di quanto credi per le persone che ami.» 
    Dean si voltò verso 
    Rowena e sospirò, frustrato. Restò per qualche secondo in silenzio, gettando un'occhiata alla scalinata che portava al piano superiore, quella che Jo aveva appena salito a passo di marcia.
    «L'unica cosa certa è che ti vedrò sotto un aspetto diverso adesso, credimi.» 
    Rowena sorrise divertita a quella battuta, sembrava felice di essere "odiata", in qualche modo. 
    «Che cosa dovrei fare?» Domandò infine, arreso all'idea di dover cambiare le cose. 
    Non poteva andarsene con la consapevolezza che dopo la sua morte sarebbe successo un casino. Sempre se poteva farci qualcosa. 
    «Come sai il futuro può essere modificato, Dean. Sta solo a te decidere quale strada prendere.» 
    «Beh è davvero confortante. L'ultima volta che ho preso una decisione del genere mi son ritrovato con il culo per terra.» Ribatté mentre guardava Ellen piangere e Miles consolarla come un figlio faceva con la propria madre. 
    «Questa volta non te ne pentirai.» Disse 
    Rowena, inclinando la testa da un lato come per osservarlo meglio.
  • Certo che Rowena per sdebitarsi stava infrangendo diverse regole.
    Senza contare il fatto che, per un demone, il numero di queste regole era forse il doppio, se non il triplo. Lo stava facendo a fin di bene e questo rendeva la situazione molto più grave di qua
    nto potesse realmente permettersi. 
    Stava mostrando il futuro a Dean per sdebitarsi, per "ringraziarlo", ma non poteva rischiare di essere uccisa dai suoi superiori per aver concesso clemenza ad un umano. O ancora peggio ad un cacciatore.
    Era pur sempre un demone, aveva il suo onore -se davvero così poteva chiamarsi la crudeltà di quegli esseri-. Se fosse stata rispedita all'inferno la colpa sarebbe stata solo sua e della sua fetta da umana che l'aveva guidata fino al cacciatore per salvarlo da dei sensi di colpa che l'avrebbero schiacciato sotto il loro enorme peso.
    Doveva quindi sbrigarsi, doveva andare via prima che qualcun altro si accorgesse della loro presenza.
    Sembrava averlo convinto, non occorreva calcare ancora la mano, non quando rischiava di fargli perdere le staffe. 
    Anche perchè, ciò che sarebbe venuto dopo non era certamente meglio di quello che avevano già visto in quei pochi minuti di tensione.
    «È ora di andare, Dean.» Lo avvertì quasi gentile posandogli una mano sulla spalla più per scrollarlo dai suoi pensieri che per donargli conforto. 
    Gli concesse appena un'altra manciata di secondi per assimilare la scena e poi posò una mano sui suoi occhi per prepararlo al risveglio. 
    No, non sarebbero ritornati in quello spazio senza forma, l'avrebbe semplicemente fatto svegliare. Non c'era tempo né per ulteriori convenevoli né per ardenti minacce, per loro. 
    Quasi quasi era dispiaciuta per quel destino che Dean aveva scritto con le proprie mani, seppur spinto dalla forza di altri eventi.
    Il sapere che l'avrebbe rivisto ai piani bassi non era che una magra consolazione, se davvero avesse dovuto vedere il "lato positivo" per la sua razza.
    «Il tour è finito Ebeneezer Scrooge, è l'ora di tornare a casa propria. E se quando ti sveglierai vorrai ancora uccidermi... beh, sei un idiota.» Gli sussurrò all'orecchio prima di lasciare spazio ad una sorta di raggio di luce che l'avrebbe guidato verso la sua realtà, quella che avrebbe dovuto cambiare. «Credimi dolcezza, faresti meglio a seguire il mio consiglio... anche perchè non ne riceverai altri da un demone.» Mormorò queste sue ultime parole mentre scompariva dalla sua mente come se fosse stata solo un brutto mal di testa. 
    Aveva svolto il suo dovere morale che -oltretutto- non avrebbe mai dovuto avere per via della sua natura ma... quelli erano solo dettagli.
    Dopotutto avverare un ultimo desiderio non era forse un atto di clemenza che anche i peggiori del passato avevano concesso ai proprio nemici?
  • Dean riaprì gli occhi: era circondato dal buio e dalla soave e appena accennata luce dei lampioni fuori dalla finestra.
    Alla sua destra, Sam dormiva tranquillamente come un angioletto, raggomitolato tra le lenzuola. 

    In realtà lo sorprese vederlo dormi
    re, dopotutto erano mesi che si svegliava e lo trovava davanti al computer immerso in ricerche per trovare un modo di salvare il fratello maggiore, del tutto inutili a dire il vero. 
    Sospirò e si drizzò sulla schiena, poggiando i piedi per terra. 
    Aveva pensato che una volta sveglio sarebbe stato diverso, si sarebbe sentito meglio, ma ovviamente la realtà era molto più complessa dei sogni e molto più difficile di quanto 
    Rowena potesse immaginare.
    Quella stronza aveva colpito ancora e questa volta in modo differente. Doveva ringraziarla però, o almeno credeva. Se lei non fosse intervenuta non avrebbe mai saputo ciò che stava per provocare.
    Si trovava di fronte un vulcano in eruttazione e lui doveva fermarlo. Certo, non sarebbe stato facile. Ma, come già detto, cosa lo era nella sua vita? 

    L'indomani sarebbe andato da Jo, per quanto potesse servire a qualcosa.
    Se quello significava cambiare gli avvenimenti futuri, lo avrebbe fatto.
    Se significava alleggerire almeno un po' il peso che le persone che amava dovevano sopportare, l'avrebbe fatto.








    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------

    Ed è qui che il personaggio di Rowena... esce di scena. (Rima non voluta, come al solito xD)
    Allora, l'avete inquadrata meglio oppure no? Sono sempre curiosa di saperlo u.u
    Per quanto riguarda la nostra Jo sbrandellata invece? Troppo esagerata come reazione?
    E poi lui, il mio colpo di scena preferito: Miles che va a letto con un demone. EEH??
    Ero sconvolta anche io che già lo sapevo xD 
    ...credo che scriverò qualcosa anche dal suo punto di vista, poverino :/
    Mmmh... vabbè, dettagli!
    A presto gente! ;D

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Capitolo 3
*** Senza parole. ***


1 Capitolo 1 - Senza parole.





Duluth, Minnesota. 

Aveva fatto parecchia strada per arrivarci, eppure continuava a fissare l'entrata di quel bar come se fosse la porta dell'Inferno della quale, molto presto, avrebbe dovuto varcarne la soglia.
L'idea era di varcare anche quella del bar ma sembrava un'azione così difficile che l'unica cosa che riusciva a fare era starsene seduto sul sedile anteriore del
l'Impala con le mani sul volante e lo sguardo accigliato e pensieroso. 
Che cosa stava facendo? Perché era ancora lì? 
Il Dean che tutti conoscevano avrebbe messo in moto, premuto il piede sull'acceleratore e sarebbe fuggito da quel posto. O meglio, il Dean che tutti conoscevano, non ci avrebbe mai messo piede a Duluth. Invece cosa faceva? Restava immobile a fissare quel bar, sperando forse che qualcuno gli avrebbe tolto il disturbo di spingere quella porta di legno, invitandolo ad entrare come se niente fosse. 
«Maledizione.» Mormorò tra sé, roteando gli occhi e tirando un sospiro di assoluta frustrazione. 
Gli erano rimasti soltanto due giorni ma aveva ancora un'occasione che doveva sfruttare fino all'ultimo per poter cambiare le cose.
Dopo che Rowena gli aveva mostrato il futuro, capì finalmente le parole di Jo la sera in cui presero poi strade diverse.
Non poteva lasciarsi alle spalle le persone a cui teneva di più, né poteva pretendere la loro felicità come un bambino viziato, se non era quello che loro stesse volevano.
Non poteva obbligare Jo ad avere una vita diversa da quella che già viveva, perché era ciò che lei desiderava. Non poteva nemmeno rovinargliela, andandosene senza un ultimo saluto. 
Sarebbe stato difficile, ma cosa nella sua vita era semplice? Niente, assolutamente niente. 
«D'accordo, Dean. Facciamolo.» Disse con determinazione a sé stesso, come se stesse parlando con la parte fifona e nascosta del Dean che tutti conoscevano. 
Scese dall'Impala, chiuse lo sportello con molta calma come a non voler fare rumore, poi si diresse lentamente verso l'entrata del bar nel quale la ragazza lavorava.
Si fermò proprio di fronte ad essa ed esitò per qualche minuto. 
Pensò di avere ancora la possibilità di fuggire senza lasciare traccia ma poi ricordò che cosa aveva visto.
Aveva ancora una chance, oltrepassare quella soglia e cambiare il futuro. 
Abbassò la maniglia arrugginita e poi spinse la porta di legno, entrando all'interno dello stabile. 
Vuoto.
Sembrava quasi che qualcuno avesse fatto piazza pulita di tutti i clienti.
Si guardò attorno, piuttosto incerto.
Si inumidì le labbra e d'un tratto udì una voce:
«Siamo chiusi!» 
Una voce femminile, famigliare.
La voce di una ragazza bionda che, dandogli le spalle, continuava a passare lo straccio sul bancone.


  •  L'orario di chiusura era uno dei momenti che più aspettava durante la giornata: il locale si svuotava di tutti quei vecchi e consumati uomini -se così potevano ancora definirsi-, lasciando dietro di loro solo un piacevole silenzio e l'odore di birra o Dio solo sapeva cos'altro.
    Niente più zolfo per lei, niente più "racconti post-caccia". Quel posto non era la RoadHouse, non poteva permettersi il lusso di menzionare demoni o quant'altro o l'avrebbero etichettata come "pazza". Il che non faceva che ridurre quel suo vecchio lavoro ad una vera e propria noia, forse più di quanto lo era prima (cosa che non credeva fosse possibile).

    Quella sera era toccato a lei chiudere e ripulire il caos che gli ubriaconi avevano lasciato come un souvenir.
    Aveva così tante cose a cui pensare che, alla fine dei conti, non pensava a nulla. Si ritrovava semplicemente a strofinare quel bancone e basta.
    Stop.

    Aveva detto addio alle partite a biliardo con Ash dopo la chiusura o a quel vecchio e polveroso juke-boxe che allietava le vuote ore di calma paciosa da ormai troppo tempo. 
    Fortunatamente quel pesante silenzio ebbe fine grazie al rumore della cigolante porta in legno: c'era ancora qualcosa che accomunava quel posto alla sua vecchia casa, infondo.
    «Siamo chiusi!» Disse lei senza sentire il bisogno di voltarsi per poter annunciare quella notizia.
    «Sarà quello stupido ubriacone che ha perso le sue chiavi a poker e che ora le rivuole indietro.» Pensò tra sé e sé lanciando un rapido sguardo dietro al bancone dove, a troneggiare come trofeo, vi erano le chiavi in questione. Non si poteva parlare di caccia ma almeno il poker non era del tutto illegale o surreale.
    «Ahm...» tossicchiò quell'ipotetico uomo sfortunato nel gioco alle sue spalle.
    Non capiva bene se lo fece per voler attirare l'attenzione o perchè era talmente fuori senno da non riuscire a dire nient'altro.

    «Non preoccuparti, tratterò bene la tua macchina. Forse meglio di quanto lo abbia fatto...» si voltò poi per sfoggiare una delle sue espressioni dispiaciute che trapelavano quell'adorabile modo di prendere in giro il prossimo.
    Ed invece no.
    La sua faccia mutò in una frazione di secondo, quasi come se si fosse dimenticata di cosa stesse parlando. «...tu.»
    Concluse in ritardo la frase sbattendo le ciglia dallo... stupore? Dalla confusione? Non lo sapeva nemmeno lei ad essere sinceri.

    «Hei!» Abbozzò Dean con un sorrisetto strano stampato sulle labbra che ora era tornato a tormentare con i suoi denti.
    Era l'ultima persona che si aspettava. 
    Non era passato tantissimo tempo dall'ultima caccia a cui avevano lavorato insieme e credeva che, per un bel po' non avrebbe rivisto la sua faccia.
    Non che non volesse vederla, anzi. Semplicemente non se l'aspettava.

    «Hei...» mormorò debolmente lei come se avesse di fronte un fantasma, qualcuno che al minimo rumore si sarebbe dissolto nel nulla. «Cosa ci fai qui?» Domandò istintivamente lei accantonando le sue mansioni per concedersi un sorrisetto tenuto però ben a bada.
  •  "Ehi?" Ma stiamo scherzando? Dopo quello che si erano detti l'ultima volta, dopo averle "chiuso la porta in faccia", tornava da lei e si presentava con un "ehi". Bella trovata!
    Il fatto era che Dean non sapeva mai come esprimersi quand'era di fronte a Jo.
    Il più delle volte riusciva a metter fuori un paio di battute ironiche o maliziose, ma tutto ciò che aveva dentro proprio non riusciva a spiegarlo... né a spiegarselo. 

    «Ero di passaggio e ho pensato di venirti a salutare.» 
    Questa era bella! Forse più bella del suo "saluto", ma soprattutto era molto più convincente.
    Certo, come no. 

    Avanzò di qualche passo verso il bancone, con incertezza -non era da lui, sì- avvicinandosi quindi anche alla ragazza bionda che si rimise a fare il proprio lavoro, dandogli di nuovo le spalle. 
    «Che onore!» Ironizzò lei, probabilmente abbozzando uno dei suoi sorrisetti nervosi, non poteva vederlo. 
    Dean non rispose ma si schiarì rumorosamente la voce, prendendo posto su uno dei sgabelli davanti al bancone, posizionati in una fila precisa. 
    Vederla e sapere che anche lei poteva vederlo, adesso lo metteva a disagio.
    Chissà perché durante il breve viaggio nel futuro in compagnia di Rowena, invece, si sentì perfettamente a suo agio. 

    «In realtà volevo rivederti...» cominciò, ovviamente ancora con la sua costante incertezza. 
    Ad essere sinceri, continuava a pensare che quella non fosse esattamente una buona idea. 
    «Ho bisogno di parlarti.» Concluse quella frase lasciata in sospeso dopo qualche secondo di pausa. 
    Jo non lo degnava nemmeno di uno sguardo, continuava a pulire quel bancone -diventato incredibilmente lucido e brillante- ignorandolo completamente, quasi come se fosse sola in quella stanza vuota e polverosa. 
    «Di che cosa?» Chiese, apparentemente per niente incuriosita. 
    Bella domanda!
    La verità era che non aveva la più pallida idea di quali parole usare, come iniziare il discorso e francamente... non sapeva nemmeno perché era lì.
    Come poteva cambiare le cose? Cosa doveva fare esattamente? Fra due giorni sarebbe morto comunque, Jo avrebbe sofferto comunque e probabilmente tutto si sarebbe ridotto a quella scena del futuro che Rowena gli aveva mostrato. 

    «Potresti smetterla?» Domandò seccato, anche se non somigliava molto ad una domanda quella, ma più ad un ordine. 
    Lei sapeva che Dean odiava quando non gli si rivolgeva attenzione, soprattutto quando lui tentava di organizzare un discorso serio. 
    Jo si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato. 
    «Per favore, siediti.» Le consigliò in un mormorio e con un tono molto più tranquillo del precedente.
  • Wow.
    Certo che tutta quella improvvisa autorità non se l'aspettava affatto da Dean. Non certo perchè il ragazzo non ne possedesse o perchè non la sfoggiasse con lei ma più che altro perchè quel suo tono di voce era così... serio e fermo. Quasi inquietante ad essere sinceri.
    Fu talmente convincente che riuscì a far fermare le mani di Jo e con esse anche tutti i meccanismi che le arrovellavano il cervello, fino a quel momento immerso in una pace senza precedenti. 

    Era davvero arrivato QUEL giorno? Quello in cui lui si era finalmente deciso a discutere di questioni che andavano oltre il loro solito battibeccare o lanciarsi battutine sconvenienti? 
    Di nuovo wow.
    «Non voglio sedermi.» Affermò convinta lei, portandosi le braccia alla vita.
    Stava partendo già con l'ascia di guerra ben stretta tra le mani? Non era una buona premessa.

    «Jo.» Ripeté lui sottintendendo un secondo "per favore" che questa volta Jo, anche se controvoglia, ascoltò sul serio.
    Si mise di fatti seduta in cima allo sgabello accanto a quello del cacciatore e con un sospiro alzò gli occhi sui suoi, inarcando le sopracciglia come ad invitarlo a parlare.
    Bella sfida quella. Anche perchè non sembrava che Dean si fosse preparato un particolare discorso da esporle.
    Sembrava piuttosto che stesse andando a caccia di ispirazione e probabilmente anche di coraggio.

    «Fammi indovinare, è una specie di discorso da "ultimo giorno sulla terra"?» Lo anticipò con l'amaro in bocca, sapendo di aver centrato in pieno l'argomento e la motivazione principale della sua presenza in quel locale a quell'ora tarda.
    Cosa credeva, che se ne fosse dimenticata? Che avesse rimosso dal suo laborioso cervello la cartella che portava il nome "Dean" stampata sopra? Certo, la discesa all'inferno era un qualcosa così facile da rimuovere. Certo.
    Anche se così dicendo non credeva sul serio che quello fosse il suo ultimo giorno di vita, l'aveva detto solo per pura formalità. 
    Rimase di pietra però quando Dean la corresse sui termini di tempo.
    «Penultimo.»
    Quanto sperava di aver sentito male. Quanto sperava che, per la prima volta nella sua intera vita, il suo udito le avesse giocato un brutto scherzo.
    «Cosa?» Ripetè quasi impercettibilmente sforzandosi di sembrare il più composta possibile.
    A Dean non sembrò il caso di ripetere però. Conosceva perfettamente l'udito impeccabile di Jo quasi quanto conosceva quella sua espressione da "faccio la dura perchè è così che devo essere".
    «Allora è davvero un vero onore.» Rinforzò le sue parole precedenti con un secco sorrisetto ironico, muovendosi sullo sgabello quasi come se scottasse, come se stare seduta lì fosse la cosa più stupida che potesse fare.
  • Beh, il fatto che fosse andato da lei soltanto il giorno prima della sua morte non giovava la situazione, anzi tutt'altro... la peggiorava. Sembrava tipo un'azione forzata, come se fosse lì soltanto perché glielo doveva o una cosa del genere.
    Se avesse saputo delle sue precedenti intenzioni, ossia non presentarsi da lei affatto, probabilmente l'avrebbe mandato via a calci nel sedere. 

    «Ascolta, so che sei arrabbiata.» 
    «Perspicace.» Pensò ironicamente. 
    «E lo sarei anche io al tuo posto.» 
    «Dean-»
    «No, ti prego. Lasciami parlare.» La interruppe. 
    Ora che aveva recuperato la capacità di sapersi esprimere non poteva permettersi di fare pause. 
    «Recentemente ho fatto un sogno.» Iniziò, inumidendosi le labbra abbassando per un momento lo sguardo. «Un sogno molto strano, a dirla tutta. C'eri tu, c'era Ellen e... c'ero anche io, ma era come se fossi un fantasma, come se fossi invisibile.» 
    Si mordicchiò il labbro inferiore, poi continuò: «Tu eri ridotta uno straccio, Jo. Tua madre era preoccupata per te e... anche io lo ero. Anche se non avevo la possibilità di dimostrarlo. Ho provato a farmi vedere e ad urlare, ma nessuno mi sentiva, nessuno mi vedeva... nemmeno tu.» 
    Aggrottò la fronte e alzò gli occhi per incontrare quelli castani di lei. 
    Non era sicuro di aver scelto la rotta giusta, ma quello che stava dicendo era ciò che provava e pensava. 
    «Allora ho capito. Credo di aver capito cosa intendevi dire quella sera. Non posso obbligarti a vivere una vita che non vuoi, hai ragione, anche se la meriti ovviamente. Non posso voltarti le spalle e fingere che non sia successo niente tra noi, perché sarei un coglione.» 
    Si zittì per un secondo e restò a guardarla. 
    «Non posso fingere di non provare dei sentimenti per te, Jo. Non potevo andarmene senza che tu lo sapessi e senza averti rivista un'ultima volta.» 
    Si sentiva come una stupida femminuccia messa completamente a nudo.
    Non si era mai esposto così tanto prima ad ora, nemmeno con Sam che era il suo "confessionale privato".
    Non avrebbe mai pensato che un giorno, quello prima della sua morte poi, avrebbe parlato di ciò che provava alla diretta interessata. 

    «La verità è che ho paura, Jo. Di andare all'inferno, di perdervi e ho paura che tu possa fare stronzate. Lo so, è da arroganti pensare di essere così importanti, ma...» 
    Non finì la frase, alzò le spalle semplicemente e accennò un sorrisetto, come per dire ''sono fatto così''. 
    Ovviamente ventiquattro ore prima non la pensava in quel modo anzi era piuttosto convinto che Jo sarebbe stata molto meglio senza di lui, come tutti gli altri del resto.
  • Tentò di seguirlo nel suo discorso che si prospettava tutt'altro che felice mentre si faceva largo tra sogni rivelatori e scomode confessioni.
    Avrebbe tanto voluto interromperlo ma non sapeva come, non sapeva con quali parole.
    Tutto le sembrava stupido, fuori luogo ed inutile. 

    Era la verità, non potevano fingere o ignorare ciò che provavano ma purtroppo quella era l'unica cosa che avrebbero potuto fare.
    Perchè, dicendola tutta, quale sarebbe potuta essere l'alternativa? 

    Nessuna. E lo sapevano. 
    Sarebbe stato impossibile per via del loro lavoro e sarebbe stato ancora più impossibile in quel frangente, a pochi giorni dalla morte di Dean. 
    Solo a pensarci le si chiudeva lo stomaco.
    Sospirò, sospirò così tante volte di seguito che i suoi polmoni, una volta conclusasi quella tremenda confessione, non le diedero più ossigeno per poter aprire bocca.
    Se ne stava quindi lì ad assimilare parole su parole ed a sentirsi in colpa, quasi come se fosse stata lei ad ucciderlo.
    Sapeva quanto gli fossero costate quelle parole, sapeva quanto gli fosse costato quel tempo che aveva impiegato anche solo per poterla raggiungere.
    «Non lo sei.» Disse quasi per miracolo racimolando una cospicua quantità di ossigeno, abbastanza da farle pronunciare quelle tre semplici parole. 
    Solo quelle parole riuscì a sentire il cacciatore di fronte a lei, avendo concluso a suo modo quello per cui l'aveva raggiunta a Duluth.
    Che si aspettasse altro? Magari pensava che l'avrebbe odiato a vita o che avesse l'irrefrenabile voglia di picchiarlo fino a portarlo, per mano sua, all'inferno.
    In realtà Jo era solo più spaventata di quanto lo fosse lui. Cosa difficile da credere visto che non sarebbe stata lei ad approdare sulle coste dell'inferno una volta morta.
    Scosse quindi la testa, scacciando difficoltosamente quell'immagine di Dean urlante tra le fiamme dalla sua testa. 
    «Sei solo un po' schizzato.» Ricordò a voce alta lei abbandonandosi ad un sorriso spento da quella realtà che erano costretti a vivere. «E, a quanto pare, non sei un coglione.» Aggiunse ironica, come se l'ironia fosse l'unica cosa in grado di salvarla quella sera.
    Si alzò dallo sgabello e si portò una mano tra i capelli, obbligando in un qualsiasi modo il cervello a reagire mentre dava le spalle a Dean. 
    Non era lei.
    Quella stupida ragazza senza parole non era lei.
    Quella dannata cacciatrice senza più un ordine di priorità non era lei.
    Quella fragile donna con le lacrime agli occhi non era lei... e se lo era, non era certamente d'accordo nel volersi mostrare fragile davanti alle persone. Peggio ancora a Dean.

    Non era lei quella che dava "conforto" agli altri -anche se a suo particolar modo- dimenticandosi di ciò che lei stava provando? Solitamente sì.
    Solo quella volta fece eccezione.

    «Non so cosa dirti.» Confessò quella leonessa praticamente sconfitta dai sentimenti. «Davvero, questa volta non so cosa dirti, Dean.» Ripetè questa volta a voler rimproverare sè stessa, non azzardando nessun tipo di movimento che la costringesse a guardarlo.
    Fare la figura della ragazzina fragile sarebbe stato il colpo di grazia per il suo orgoglio. 

    Avrebbe voluto tranquillizzarlo, farlo sentire meglio di quanto non dovesse realmente sentirsi ma come poteva farlo se, lei per prima, non riusciva ad arginare quel dannatissimo dolore? 
    Era solo l'inizio, eccome se lo era. 
    Dean era ancora lì, nella stessa stanza, con lei presente eppure... era come se il fato le avesse voluto far assaggiare ciò che la aspettava non molte ore più avanti.





    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------


    Si sono appena incontrati e già mi è salita la depressione. Toglietemi dai paraggi tutto ciò 
    che è tagliente, contundente o che potrebbe recarmi danno, vi prego.
    A parte gli scherzi (non mi farei mai del male, mi fa troppo senso O_O), immaginare Dean dire
    quelle parole.. boh, mi si chiude lo stomaco. Quasi quanto lo si chiude a Jo.
    A quanto pare il nostro "cuore-di-ghiaccio-Dean" si sta sciogliendo. E io con lui. ♥
    Prometto di risolidificarmi in tempo per poter pubblicare il seguito ;P

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Capitolo 4
*** Promesse e compromessi. ***


2
  • Capitolo 2 - Promesse e compromessi.







    Per la prima volta sentiva, in cuor suo, di aver fatto la cosa giusta anche se sbagliando. Perché, dopo quella confessione, lasciarla avrebbe fatto ancora più male.
    Non era convinto di aver sistemato le cose, non ancora. Pensava che se adesso fosse andato via senza dire nient'altro, ciò che aveva visto con Rowena sarebbe avvenuto comunque.
    La soluzione a questo irritante problema -sì, perché per lui era un problema scoprire il futuro- era una sola: 

    «Io sì.» Ribatté dopo una breve pausa. 
    Si alzò dallo sgabello, le si avvicinò e la guardò dritto negli occhi castani, gli stessi occhi nei quali si perdeva piacevolmente il più delle volte. 
    «Voglio che tu mi prometta che non farai nulla di stupido.» Disse con determinazione e un duro tono di voce. 
    La ragazza non rispose, semplicemente aggrottò la fronte e lo guardò come disorientata e ferita. Sembrava volesse dirgli qualcosa questa volta, ma non parlò. 
    «Ho bisogno che tu lo faccia, Jo.» Aggiunse poco dopo senza distogliere lo sguardo dal suo. 
    Lei gli diede nuovamente le spalle e si allontanò di qualche passo. 
    «Non ti sembra di volere troppo, Dean?» Fece retorica, voltandosi poi a guardarlo, sorridendo ironica. «Insomma, tu andrai via. Ci lascerai in questo casino e pretendi che io non debba soffrire? Tutti noi ne abbiamo il diritto!» Protestò come se le avesse appena ordinato di non esprimere le proprie emozioni. 
    Dean la osservò accigliato. Per un momento pensò di vedere delle lacrime scendere lungo le sue guance rosee. 
    «Non intendevo questo. Soffrire non significa andare a caccia senza un'assicurazione e sperare di farsi ammazzare, ok?! Perché sono sicuro che è questo che farai! Te ne andrai in giro in cerca di guai, ti conosco.» Rispose a voce alta, arrabbiato. 
    «Ancora con questa storia! Non sono più una bambina, Dean!» Lo zittì per la prima volta da quando il cacciatore aveva messo piede in quel bar. «Sai, è incredibile! Domani morirai e l'unica cosa a cui riesci a pensare è che cosa ne sarà di me e degli altri.» 
    Dean abbassò lo sguardo e sta volta fu lui a darle le spalle, tirando un grande sospiro di esasperazione e frustrazione. 
    «Non hai bisogno di preoccuparti per noi, preoccupati per te stesso. Fa in modo di salvarti la vita. Insomma, deve pur esserci un modo, no?!» 
    Dean si inumidì le labbra e perse i suoi occhi nel vuoto, in un punto impreciso sul pavimento, pensieroso. 
    «Domani attaccheremo Lilith e sfideremo la sorte.» 
    Comunque sarebbe andata, probabilmente sarebbe morto perché Lilith avrebbe trovato un altro modo per "fotterlo".
    Sperava soltanto che Sam sopravvivesse visto che Dean stava cambiando il futuro stando lì nella stessa stanza con Jo. 

    «Allora c'è ancora un ultima possibilità...» mormorò lei con un piccolo ma evidente briciolo di speranza nel tono della voce. 
    «Non illuderti. È molto improbabile che succeda.» 
    Dean si morse il labbro inferiore, poi si voltò verso di lei e tacque guardandola di nuovo negli occhi. 
    «Promettimi che non farai nulla, Jo.» Ripeté dopo qualche minuto di silenzio. 
    Lei schiuse le labbra, lo guardò e poi sospirò.
  • Cosa avrebbe dovuto dirgli? Questa volta aveva il problema opposto: aveva fin troppe cose da spiattellargli in faccia e tutte differenti.
    Avrebbe dovuto fargli capire che, alla fine dei conti, avrebbe fatto come avrebbe voluto oppure avrebbe dovuto dirgli che quel suo "non fare stronzate" sarebbe stata una cosa stranamente fattibile? 
    In realtà la domanda era un'altra: sarebbe stato meglio chiarirgli la sua ferma posizione o lasciare che quella sua sorta di ultimo desiderio la costringesse a promettergli un temperamento per niente "degno di Jo"? Infondo tutti avevano capito che la cacciatrice era tutto fuorché una nullafacente: starsene con le mani in mano era un qualcosa che non avrebbe saputo fare neanche se legata ad una sedia e rinchiusa in una stanza sigillata ermeticamente. 
    Ecco a cosa fu dovuto quel sospiro: stava prendendo tempo per decidere il da farsi. Una decisione che avrebbe determinato il futuro, ecco che impressione le stava dando Dean parlandole di sogni i di ipotetiche cacce pericolose e fuori controllo.
    Anche se, a dirla tutta... 
    «Non caccerei mai per farmi ammazzare, non sono stupida.» Lo smontò in un istante ripensando a quelle accuse che le erano state sollevate con sfrontata sicurezza.
    Non l'avrebbe mai fatto per svariati motivi: per rispetto verso il lavoro di suo padre, per il quieto vivere con la madre e beh, per la sua sopravvivenza, era ovvio.
    Quindi no, non avrebbe cacciato senza essere sicura di avere speranze di tornare viva.
    «Ma credo che cercherei un modo per salvarti. E, non conoscendo altri modi per farlo, caccerei.» Riflettè intenzionalmente a voce alta per giustificare solo in parte quella convinzione che il cacciatore aveva esposto con tono accusatorio. «Ma non puoi chiedermi di non provare a salvarti, Dean.» Disse decisa come se quello fosse un punto che non gli avrebbe mai concesso. «Quindi, visto che siamo ad un punto morto, la questione non si risolverà come speri.» Fece spalluce per palesare quella determinazione di ferro che portava nel sangue.
    Se non voleva salvarsi da solo, ci avrebbe pensato qualcun altro a farlo, o almeno a provarci. E come aveva detto lui appena un minuto prima, non poteva decidere al posto suo cosa fare o meno. L'unica cosa che gli rimaneva da proporle era... un patteggiamento sulle condizioni.
    «Posso solo prometterti che non mi farò uccidere di proposito. Se ti farai bastare questo... allora saremo d'accordo.» Lo aiutò lei andandogli incontro quanto il più le era possibile dal suo carattere e dalla sua testa "schizzata", come ormai avevano imparato ad auto-definirsi.
    «Hai la stoffa dell' avvocato, proprio come Sam.» Commentò lui con un sorrisetto, avendo notato la risolutezza di Jo contro cui non avrebbe potuto far altro che sospirare.
    «E tu hai la stoffa dell'imbecille.» Chiosò lei assumendo, anche se sommessamente, l'espressione da ragazza ribelle.
    Com'erano finiti a scherzare, adesso? Un altro dei loro misteri irrisolvibili.
    Come riuscissero a cambiare la situazione da un momento all'altro era un enigma anche per loro stessi.
    Fatto stava che erano Dean e Jo, solo due semplici amanti sommersi da intricati problemi che non facevano che rendergli la vita impossibile sotto ogni punto di vista.
    Ci avevano fatto il callo.

    «Cosa farai adesso, mh? Hai ancora qualche altro discorso da estrarre dal tuo cilindro magico? O lo hai appuntato da qualche parte? Su dei foglietti di carta che hai nella giacca magari.» Lo prese in giro lei, smorzando l'immagine che le si era creata in testa di un Dean che tornava a parlare della sua morte così imminente.
  • Non poteva ritenersi davvero soddisfatto del risultato, ma nemmeno tanto deluso.
    Almeno aveva la certezza che Jo non avrebbe fatto mosse stupide e che avrebbe continuato a lottare per andare avanti.
    Già, perché tutti si sarebbero impegnati per mantenere in vita almeno l'ultimo desiderio di Dean.
    Probabilmente avrebbe fatto promettere al fratello la stessa cosa, sapendo che aveva le buone intenzioni di salvarlo a tutti i costi, per evitare che lui facesse qualche stronzata come un altro patto demoniaco. 

    «Sono apposto.» Rispose lui con un sorrisetto. «Ero venuto solo...» e si bloccò mordicchiandosi il labbro inferiore. «Beh, lo sai.» 
    Ripeterlo non sarebbe stato d'aiuto, dirle ancora il motivo per cui era lì.
    Le aveva detto ciò che doveva dirle, l'aveva rivista e aveva fatto ciò che doveva fare.
    Adesso poteva anche andarsene. 

    «Non mi sono mai piaciuti gli addii.» Confessò ironicamente, continuando a sostenere quel sorrisetto ironico. «Se potessi farne a meno lo farei volentieri.» 
    «Oh, lo so.» Ribatté Jo, ma senza ricambiare il sorriso del cacciatore. 
    Lei non era stupida.
    Quante volte le aveva promesso di richiamarla dopo i loro brevi incontri? Moltissime, ma non l'aveva mai fatto davvero.
    In realtà era un miracolo se Dean era lì di fronte a lei in quel momento. 

    Lui annuì e tornò serio abbassando il capo e lo sguardo.
    Deglutì e mordicchiò il proprio labbro inferiore, senza dire niente. 

    Quei loro silenzi senza senso... li odiava. Avrebbe preferito l'inferno all'istante invece di un momento imbarazzante come quello, i momenti in cui decideva sul da farsi.
    Salutarla come aveva sempre fatto, con quei suoi modi da cacciatore incallito, oppure abbracciarla alimentando quel silenzio e quindi anche quel momento imbarazzante?

    Si schiarì la voce e poi sospirò. 
    «Bene, sarà meglio andare.» Mormorò tornando a guardarla. «Ciao Jo.» 
    Scelse la prima chance. 
    La guardò per qualche secondo, poi le diede le spalle e si incamminò verso l'uscita con gli occhi chiusi e i denti stretti, come a volersi dire ''Dean, sei un vero idiota." 
    Una volta fuori dal locale, quando la porta alle proprie spalle fu chiusa, si accasciò con la schiena contro il muro e si coprì il viso con le grandi mani ruvide. 
    Erano minuti disperati quelli.
    Se ne sarebbe andato, sarebbe morto e non sarebbe più tornato... cominciò a pensare di aver giocato la carta della freddezza nel momento sbagliato.
  • Rimasta nel locale, sbattè le palpebre più volte ed inarcò le sopracciglia, assumendo di conseguenza una delle espressioni più riconoscibili del suo repertorio: quella confusa.
    "Ciao Jo"? Sul serio??

    Dopo tutte quelle parole, quelle belle parole anzi, che le aveva detto con il cuore praticamente tra le mani... se ne usciva con un "Ciao Jo"?
    «Ora lo ammazzo.» Borbottò tra sé e sé pochi secondi dopo aver visto Dean sparire dietro la porta.
    Non era una vera e propria minaccia di morte, non era la sua irrefrenabile voglia di polemizzare: era un quasi maniacale desiderio di non vederlo andare via -come aveva sempre fatto d'altronde-. Desiderio però che non avrebbe mai scoperto nessuno per via del suo orgoglio che, se sommato a quello di Dean, sarebbe potuto essere motivo di suicidio anche per una persona paziente come per esempio lo era Gandhi. Ecco, Gandhi si sarebbe suicidato al solo scoprire l'orgoglio di quei due.

    Benchè Jo fosse immobile sul suo posto a meditare su tutto e niente, si accorse di quel confortevole silenzio che troneggiava in quella grande stanza e fuori.
    Niente rumore di motore, niente passi trascinati. 

    Era un buon segno, quindi? Forse lo era per lei, ancora indecisa sul da farsi.
    Silenzio che interpretò come una specie di "messaggio divino". 

    Quanto si sentiva cretina.
    Perchè? Perchè lui riusciva a metterla in imbarazzo fin troppo facilmente, perchè la faceva sorridere come un'insulsa mocciosa innamorata e sopratutto perchè, così proseguendo, non faceva altro che alimentare quei sentimenti che ormai non erano più un segreto per nessuno dei due.

    Si diresse verso l'uscita a passo veloce come a non volersi dare il tempo per cambiare idea e aprì la porta di scatto, trovandolo con sorpresa appoggiato al muro con le mani sul volto.
    Come per riflesso Dean si voltò nella sua direzione, spalancando gli occhi manco fosse un ladro colto con le mani nel sacco.
    «Ora capisco perchè detesti così tanto dire "addio".» Disse lei scrutandolo da cima a fondo prima di poter scuotere la testa con un cenno di disapprovazione. «Perchè fai davvero schifo nel dirlo.» Lo provocò lei inclinando la testa ed incrociando le braccia al petto come se fosse stata un'agente che avrebbe voluto portarlo in centrale.
    «Jo-» provò a difendersi lui (o a darle ragione, non lo sapeva esattamente) sentendosi sotto accusa per via della biondina piombatagli improvvisamente accanto.
    Interromperlo mentre tentava di mettere più parole assieme era un divertentissimo gioco da ragazzi per Jo, quasi quasi lo faceva apposta, ben sapendo quanto al Winchester desse fastidio.
    Ma in quell'occasione era abbastanza convinta di non aver causato "l'ira" di nessuno. Non con il metodo che aveva scelto di utilizzare.

    Effettivamente prendergli il viso tra le mani e baciarlo... no, non era male come sistema. Certo, non era esattamente da Jo ma... in quale altra occasione avrebbe potuto farlo? 
    Nessuna, appunto.
    «Questo è un addio.» Sottolineò con forza la prima parola puntando i suoi occhi castani su quelli verdi di Dean, al momento visibilmente presi alla sprovvista.
  • L'ultima volta che l'aveva salutata in quel modo, lui aveva ancora una vita da vivere e un demoniaco Sam l'aveva appena attaccata con l'intento di ucciderla. Dean era rimasto ferito durante lo scontro con il demone incorporato nel suo fratellino e lei l'aveva guarito. Dopo di ché sparì con un "Ti chiamerò, ok? Ciao Jo".
    Allora la vedeva come una specie di sorellina minore e pensava che starle il più lontano possibile sarebbe stata la cosa migliore. Non che la sua opinione fosse cambiata molto, pensava ancora che sarebbe stato meglio mantenere una certa distanza da lei, ma probabilmente questo non avrebbe cambiato molto. 

    Il Dean di quel periodo, sicuramente, se ne sarebbe già andato con tutta la fretta di questo mondo, a bordo della sua amata Impala. Mentre lui, quello attuale - che non era poi cambiato molto - se ne stava accasciato contro la parete e il viso tra le mani a piangersi addosso. 
    Non si aspettava un colpo di scena del genere però, doveva ammetterlo. Balzare così all'improvviso da dietro la porta lo lasciò di stucco. Infatti restò a guardarla leggermente sospettoso e anche un tantino stranito.
    Non disse nulla riguardo alla sua osservazione sugli addii personalizzati del cacciatore, schiuse semplicemente le labbra in una parola poco scandita, simile ad un "ma", e aggrottò la fronte quando si avvicinò a lui prendendogli il viso per baciargli le labbra. 

    Beh, questo era molto più scioccante di tutto il resto, per questo non si mosse, restò immobile. 
    «Già, un addio niente male aggiungerei.» Mormorò stordito, scuotendo appena la testa come per risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti. 
    Poi calò il silenzio ancora una volta.
    Entrambi si guardavano con un'espressione accigliata. Sembrava stessero aspettando qualcosa di specifico, ma nessuno dei due sapeva cosa. 

    «Ma... questo era il tuo addio, giusto?» Fece all'improvviso, assumendo una faccia pensierosa, assottigliando gli occhi. «Ora dovrei darti il mio di addio.» 
    Jo inarcò un sopracciglio e poi alzò le spalle, giustamente non sapendo a cosa si riferisse, o fingendo di non saperlo.
    Dean le si avvicinò, le cinse i fianchi e la baciò di nuovo, chiudendo gli occhi. 

    In realtà lui le aveva già dato il suo addio personale ma, visto che erano ancora l'uno di fronte all'altra, perché non sistemare le cose?




    ------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice-----------------------------------------------

    *___________* ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

    Non ho altre parole per commentare questo capitolo. Anche se, in teoria, una faccina e un paio di cuori
    non sono delle vere e proprie parole... mmhhh... va bè! xD
    Trovo il loro "salutarsi con un bacio solo all'ultimo momento" davvero snervante... e tenero.
    Non riuscirò mai a capire bene cosa provo per questi due!
    Spero solo di avermi coinvolto nel capitolo e nella storia! Sapete, sentire quella sensazione strana
    che ti contorce lo stomaco per via di una lettura è una delle mie sensazioni preferite ♥
    A presto, Hunters! ;)

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Capitolo 5
*** Le abitudini sono dure a morire. ***


3 Capitolo 3 - Le abitudini sono dure a morire.





  • Sapeva che la sua mossa era stata avventata e -se vista da un punto di vista prettamente da cacciatore- anche abbastanza sdolcinata ma non se ne pentì affatto.
    Perchè avrebbe dovuto? Forse perchè l'indomani si sarebbe resa conto di non poterlo fare più
    ? Perchè in realtà non era altro che un morto che camminava? Per quanto la riguardava, aveva già sofferto abbastanza.
    Sapeva di complicare le cose, sapeva che in questo modo per Dean sarebbe stato solo più difficile accettare la sua fine ma, di punto in bianco, Jo si auto-convinse ad essere un po' egoista. Aveva dato così tanto agli altri che ora sentiva la necessità di prendersi qualche dovuto e fottuto merito.

    «Credevo che il tuo addio fosse quell'affettuoso "Ciao Jo".» Lo canzonò ironica con le labbra contro le sue: non riusciva proprio a non provocarlo. Era più forte di lei. E, tutto sommato, andava bene visto che era come un suo marchio di riconoscimento.
    «Puoi stare zitta per almeno dieci secondi?» La pregò lui con un falso esasperato tono sconfitto, come se conoscesse già la risposta.
    Lo considerava strano. No, non Dean, piuttosto considerava strano quello che stava succedendo. Ovviamente anche Dean era strano, su questo non ci pioveva, ma riguardo questo aveva già sventolato bandiera bianca.
    Erano lì, praticamente spiaccicati contro un muro, ad amoreggiare come due ragazzini alle prime armi.
    Però era bello. 

    Nessuno avrebbe mai creduto ad una storia del genere se glie l'avessero raccontata o neanche dopo averne avuto la prova lampante: tipo dopo averlo visto con i propri occhi.
    Dean che si strusciava con qualcuna, una ragazza a caso, quello era ok. Era una cosa credibile... ma Jo? Al di fuori del lavoro non conosceva altro. E pensare che si stesse scambiando "effusioni di affetto" di quel genere era quasi impensabile. Ma al diavolo, stava succedendo e le stava anche scoppiando il cuore nel petto, c'era poco da fare.

    «Devo dire che questo secondo addio è leggermente migliore.» Fece la snob, ignorando totalmente le sue precedenti parole, per poi riprendere... i loro saluti? Bah.
    «Leggermente?» Ribadì lui quasi deluso dalle sue parole/provocazioni, allontanandosi anche se di poco dal suo viso per fissarla meglio. «Leggermente.» Disse di nuovo meno convinto di prima.
    Jo non riuscì a far altro che ridere, e di gusto anche.
    Oh dannazione, valeva davvero la pena dannarsi per la gente altrui per poi ricevere questo tipo di merito. Anche solo il vedere che Dean pendesse dalle sue labbra era un'enorme soddisfazione.

    «Puoi stare zitto per almeno dieci secondi?» Gli rinfacciò trionfante mentre si riavvicinava di nuovo a lui.
  •  Ma che cavolo prendeva a tutti e due? Quello non era il momento giusto per comportarsi come due persone sane di mente - salutarsi in modo serio, distaccato e professionale - e invece si erano lasciati prendere un po' troppo la mano, esponendo esageratamente i loro sentimenti.
    Il fatto era che la confusione sembrava averlo preso di mira e le due vocine all'interno della sua testa non aiutavano affatto. La prima, quella che il cacciatore classificava come la vocina "ragionevole", gli urlava a gran voce di scappare, di filarsela prima che fosse troppo tardi. La seconda, che sentiva molto più in lontananza dell'altra, gli consigliava di restare lì. 

    «Ti è rimasto poco tempo, Dean. Domani sarà tutto finito per te e non la rivedrai più. Questo è il momento di mettere da parte l'orgoglio e tirare fuori le emozioni.» Gli disse la seconda.
    Poi un contrasto improvviso, una voce molto più forte e determinata. 
    «Devi andartene, Dean! Questo le farà ancora più male domani, non essere egoista!»
    In realtà lui non lo era mai stato. Non aveva mai fatto qualcosa per se stesso, né aveva mai pensato cosa gli sarebbe successo dopo l'inferno. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era cosa ne sarebbe stato degli altri... Bobby, Ellen, Sam, perfino Rufus e ovviamente Jo. Ed era proprio quel pensiero che l'aveva portato fino a Duluth. 
    Dean sorrise appena quando lei gli rinfacciò la stessa frase rivoltale qualche secondo prima. Si inumidì le labbra e sospirò guardandola negli occhi, mentre i loro profili andavano man mano ad incrociarsi ancora. 
    «Se ora usassi la tattica "ultima notte sulla terra"...» mormorò ad un centimetro dalle labbra carnose della ragazza. «...funzionerebbe?» 
    Perché privarsi di un'ultimo desiderio? Perché non poter essere una persona normale una volta tanto? Perché non poter stringere una delle persone più importanti della sua vita tra le braccia per l'ultima volta? Perché scappare e soffrire in silenzio? Perché non vivere davvero finché ne aveva la possibilità? Perché non essere egoista almeno per una prima e ultima volta?
  •  Jo lo fissò per una bella manciata di secondi, aggrottando la fronte per dimostrargli quanto fosse concentrata nel decifrare le sue parole. Oddio, non che ci fosse realmente qualcosa da capire, piuttosto da intendere, ma lei si concedeva quella piccola pausa per immaginare quella sua frase formulata in modo più svelato e meno misterioso. 
    Quindi glie lo stava chiedendo. Mh, quello sì che non sapeva come interpretarlo. Si trattava di un contorto altruismo o di un semplice tentativo di divertimento? Naah, sarebbe stato troppo cattivo pensare che lo stesse facendo solo perchè... ecco, non avrebbe più avuto l'occasione di farlo. Ed inoltre questa idea le faceva venire un minaccioso istinto omicida quindi, era meglio lasciarsi trasportare fino in fondo da quel nauseante sentimento romantico. 
    «Non ti fa molto onore giocare la carta dell'ultima notte sulla terra.» Lo rimproverò frivolmente riducendo gli occhi a due piccole e bollenti fessure che magari potevano risultare più minacciose del previsto.
    Le suonava un po' come un "Ehi, sei dell'umore giusto per fare sesso oppure mi rifiuterai come fai sempre?", frase abbastanza rozza per indicare "quel" genere di "attività". 
    «Sul serio, tutto quel carisma è sprecato per te!» Gli si allontanò scuotendo la testa per poi raggiungere la porta del locale ed aggrapparcisi sopra. 
    Dean di conseguenza la stese a guardare dubbioso, forse temendo di aver rovinato tutto o magari ringraziando Qualcuno di non dover "farla soffrire ulteriormente". 
    «La "tattica dell'ultima notte sulla terra"?» Ripeté scoppiando poi a ridere e ruotando gli occhi al cielo, fissandolo dall'uscio della porta.
    Che Dean stesse pensando ad un palese rifiuto di Jo e, non solo, anche ad un ulteriore beffa, era poco ma sicuro. O almeno, la sua espressione lo faceva intendere benissimo.
    Quasi quasi si sentiva un po' in colpa.
    Quel suo continuo prenderlo in giro, tenerlo teso e su un filo di un rasoio era crudele, forse anche troppo per i suoi regolari standard.

    «Pizza, birra e Led Zeppelin avrebbero fatto maggior effetto, Dean. Avresti bisogno di alcune lezioni.» Rincarò la dose ora lasciandosi sfuggire un sorrisetto che smascherò quel suo malefico piano. «Allora, hai deciso di rimanere lì fuori ancora per molto? Perchè sai, inizia a fare freddo.» Gli disse con quel suo adorabile modo di fare snob ed allo stesso tempo incentivante.
  •  Forse si era espresso in modo sbagliato.
    Infatti ripensando alla proposta che le aveva appena fatto, se si metteva nei panni di Jo, non suonava esattamente come una romantica pensata. Sicuramente era suonata più come un invito a passare un po' di tempo con lui, tanto perché era il suo ultimo giorno di vita. 

    «No, aspetta. Non... non... io...» 
    Jo inarcò le sopracciglia e incrociò le braccia al petto, inclinando la testa da un lato, come per dirgli ''Forza, ti ascolto!". Dean si schiarì la voce e sorrise divertito da quella situazione. 
    Che casino! 
    «Non intendevo dire quello che ho detto. E non è come pensi, ok?» 
    Beh, tutto sicuramente era molto più chiaro grazie a quella precisazione. Ma per favore! Come se Jo potesse cambiare idea da un momento all'altro soltanto perché lui era stato per una volta sincero. Probabilmente non gli avrebbe creduto e Dean, a dire il vero, non poteva biasimarla. 
    «Allora, hai deciso di rimanere lì fuori ancora per molto? Perché sai, inizia a fare freddo.» 
    E sorpresa delle sorprese, Jo sembrava avergli creduto. 
    Lui la guardò con sorpresa e con la bocca appena dischiusa, sembrava quasi come se avesse appena visto un fantasma. Cioè... non che questo gli avrebbe fatto quell'effetto, era soltanto un modo di dire. 
    «Questo è strano.» Mormorò tra sé, ma senza esitare alla sua contro proposta. 
    Avanzò nuovamente verso l'interno del locale e si guardò attorno mordendosi il labbro inferiore con fare nervoso. Jo entrò dopo di lui e chiuse la porta di ingresso alle proprie spalle. Lo sorpassò da un lato e Dean la seguì con lo sguardo, accennando un sorriso appena divertito. 
    «Allora? Questa baracca non può permettersi un jukebox, cos'è questa storia?» Fece ironico tanto per spezzare il ghiaccio, restando in piedi al centro della grande stanza.
  • Pensò bene a quale metodo adottare con Dean, ne pensò di vari a dirla tutta, ma poi scelse di continuare con quello iniziale: essere semplicemente sé stessa, senza filtri né finte riverenze, senza alcuna paura di risultare quella solita "schizzata" che la gente normale tendeva ad evitare.
    Si avvicinò quindi al bancone e, senza aggirarlo, si sporse verso il frigo, prendendo due birre e rialzandone il lato -evitando così che si stappassero del tutto- con l'apposito oggetto posato accanto ai bicchieri che però volle scartare. Non occorreva essere "eleganti" per bere una rozza birra dopotutto.
    «Sam vorrà uccidermi.» Pensò ad alta voce la ragazza da un certo punto di vista d'accordo con il pensiero del fratellino assente che le scorreva nella mente.
    Quella sarebbe stata l'ultima notte per Dean e lui, invece di riposare per poi cercare di trovare una soluzione al suo problema la mattina dopo, se ne stava in un bar a bere birra. La compagnia era irrilevante per un fattore alto come quello della morte.
    Erano quasi le 3 di notte e Dean si era presentato al locale di Jo (o quello nel quale al momento lavorava) per farle il suo discorso che, senza alcun dubbio, segnava la sua resa.
    Non aveva più volontà né forze per provarci. O fingere di provarci visto che Sam l'aveva praticamente pregato di fare l'imbecille il meno possibile per poterlo salvare dalle mani di Lilith e dall'inferno.

    «Che ne sai, magari nel sogno che hai fatto, io stavo solo scappando da tuo fratello.» Ironizzò lanciandogli una birra con la mano sinistra mentre con la destra teneva la sua, togliendole ora il tappo con un più facile gesto della mano.
    «Hai paura di mio fratello?» Rinfacciò lui alzando la bottiglia a mezz'aria prima di berne un sorso, come a voler brindare chissà a che cosa nella sua bacata testa.
    «No, ho paura di cosa Sam diventerebbe senza di te. Di cosa diventerà.» Aggiunse l'ultima frase dopo un breve sorso dell'alcolico e dopo aver riflettuto bene sui verbi giusti da usare: bisognava essere realisti.
    «Beh, allora non andresti lontana. Non con la mira che hai.» La provocò Dean sorridendole come se in realtà non le avesse detto nulla di -ironicamente parlando- offensivo.
    Non se lo fece ripetere due volte, la vanità della Harvelle aveva già programmato tutto: gli sorrise come a voler accettare la sfida e, lasciando la birra sul bancone al quale  era poggiata, prese il coltellino che usava per tagliare il lime dallo scompartimento del bar.
    Non staccò nemmeno gli occhi dai suoi, ormai piena di adrenalina com'era.
    Lanciò il coltellino inarcando un sopracciglio che urlava già un "ho vinto" abbastanza sonoro.
    L'arma -sempre che si potesse considerare tale- sfrecciò a pochi centimetri dal viso di Dean, ancora al centro della stanza.

    Un po' spaventato da quel "tentato omicidio" ma allo stesso tempo sollevato dall'avere ancora la faccia attaccata al suo posto, si concesse il lussuoso errore di prenderla in giro.
    «Ecco, appunto.»
    «Girati, idiota.» Lo invitò poco gentilmente lei riprendendo la birra in mano per poterne assaggiare nuovamente il contenuto.
    Ecco che la lama del coltellino aveva stretto amicizia con la pacchiana carta da parati del locale.
    «Hai preso il muro, e beh?» Chiese ancora confuso Dean scuotendo la testa.
    «Più precisamente credo di aver presto la tua ombra proiettata sul muro.» Gli diede la sua delucidazione Jo osservando l'arma conficcata nella testa della sagoma scura sula parete. 
    Adesso sì che si stava divertendo.
    Oh, da morire.








    -------------------------------------------------------  Spazio dell'autrice -----------------------------------------------

    Ciao ragazzacci! Come sono iniziate le vostre vacanze estive?
    Ok, d'accordo, il tempo non è dei migliori ma ehi, su con la vita!
    Anzi, visto che non è ancora quel periodo ideale per andare in spiaggia (o almeno non qui dove sono io xD),
    perchè non vi dedicate alla lettura? :D Piccolo consiglio spassionato - Parte 1°
    O magari potreste dedicarvi alle recensioni, eh? Che ne dite? Piccolo consiglio spassionato - Parte 2°
    Su, date un parere a questa povera ragazza curiosa u.u

    ...

    Mi rendo conto solo ora che non è il momento ideale per fare l'allegra.
    Dovrei deprimermi solo per aver riletto questo capitolo.
    Ok, vado ad immergermi nella Nutella.
    Alla prossima, Hunters! ♫


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Capitolo 6
*** Che accada ciò che deve accadere. ***


4
  •  Capitolo 4 - Che accada ciò che deve accadere.


    La sfida negli incontri tra Dean e Jo sembrava essere qualcosa di decisivo. Entrambi sfoggiavano i loro migliori sorrisi e cercavano di superare le aspettative dell'altro in qualunque campo: senso dell'umorismo, indifferenza... a volte anche gelosia, ma in questo caso, mira. Era ovvio che Dean si sentisse molto più "istruito" di lei in quel campo, sia per esperienza che per allenamento. Forse il cacciatore non lo praticava più da tempo, ma anni fa - quando lui non aveva ancora baciato una ragazza e John era ancora vivo - si esercitava spesso a puntare un fucile contro una fila di lattine. Questo però non faceva di lui il vincitore della loro piccola gara. 
    Infatti, poco dopo, Jo lanciò il coltello contro Dean sfiorandolo di mezzo centimetro ma centrando l'ombra del ragazzo riflessa sul muro alle sue spalle.
    Dean si voltò verso la piccola arma infilzata nella parete di legno, poi tornò a guardare Jo e assunse un'espressione compiaciuta mista forse ad un pizzico di orgoglio. 

    «Però!» Fece con sorpresa sorseggiando la birra dalla propria bottiglia. Poi si alzò, si avvicinò al muro e sfilò via l'arma dell'accidentale quasi delitto. «Devo ammetterlo, sei migliorata dall'ultima volta.» 
    Lei fece una smorfia, atteggiandosi un po' per aver vinto il primo round contro Dean. «Ma sai una cosa? Potresti fare di meglio.» 
    «Tu dici?» Chiese lei retorica, inarcando le sopracciglia in un'espressione decisamente antipatica. 
    «Oh sì. Anzi, mi correggo... tu non puoi, ma io sì.» E sorrise ampiamente, il suo classico sorriso da sfottò. «Sta a vedere.» 
    Si mise dietro di lei, proprio alle sue spalle, l'attirò delicatamente a sé cingendole il ventre con un braccio, poi appoggiò il mento sulla sua spalle e sollevò il coltello tenendolo dalla parte tagliente, dalla lama.
    L'obiettivo era quello di far ruotare il coltello attorno alla stanza. Ovviamente non c'era modo per farlo ruotare in modo perfettamente circolare, a meno ché non fosse stato il Mago di Oz a lanciarlo. Perciò aveva un solo modo per farlo: colpire prima la colonna al centro della stanza e far cambiare traiettoria all'arma fino a colpire le loro ombre riflesse sullo stesso muro. 
    Prese bene la mira assottigliando lo sguardo, proprio come un vero professionista, e poi lo lanciò.
    Successe tutto in pochi secondi: il coltello percorse esattamente il tragitto che Dean aveva escogitato nella propria mente, colpì prima - dal lato dell'impugnatura - la colonna, poi cambiò direzione e andò ad infilzarsi nella direzione premeditata. 
    Dean sorrise soddisfatto, si drizzò sulla schiena e la lasciò libera guardandola voltarsi verso di lui con l'espressione di chi aveva appena ricevuto un bel due al test di matematica.


    Ogni occasione era buona per rinfacciarle quanto fosse superiore e con più esperienza di lei.

    Era strano come Jo lo stesse ammirando per quel suo impeccabile colpo e detestando per la sua irritante vanità, tutto nello stesso momento. 
    Di conseguenza il suo sguardo risultava come un mix confuso di sensazioni.
    «Presuntuoso.» Gli sussurrò in tono suadente lei con un lieve sorrisetto stampato sulla faccia ed incrociando le braccia al petto quasi come se fosse un invito ufficiale a farla finita con quella stupida quanto divertente scenetta che stavano mettendo in atto... alle quattro di notte. La loro parlantina a quell'ora era da considerare ammirevole dopotutto.
    In risposta Dean alzò semplicemente le spalle, sopprimendo un chiaro "sono fatto così" che accompagnava quella sua espressione convinta e soddisfatta di sé.
    «Vuoi provare ancora una volta?» Chiese con la sua faccia da schiaffi il Winchester, non staccando gli occhi da quelli castani e "feriti" della Harvelle. Feriti solo nell'orgoglio, in quel caso.
    «Così da darti un'altra possibilità di appiccicarti a me?» Si difese a testa alta Jo: sapeva che con le parole Dean non avrebbe potuto batterla. Nessuno ci riusciva mai. «Mi sembra un po' troppo spudorato da parte tua, in un giorno solo.» Aggiunse assumendo un'espressione un po' più rilassata, a momenti anche snob.
    La partita era riaperta. 
    Dean aveva anche potuto batterla nella mira ma non sarebbe mai riuscito ad ammutolirla. Per quanto sapesse farci con le donne, Jo era una sua piccola crepa nel muro, un' eccezione che non avrebbe potuto far rientrare nel resto della "comune gentaglia" che frequentava. 
    Gli occhi del ragazzo vagavano da destra a sinistra, un chiaro segno che Jo decise liberamente di interpretare come una sua difficoltà. 
    Meglio prenderle la palla al balzo.
    «Oh, ti prego. Non sforzarti, Dean. Ognuno ha la sua battaglia da vincere.» Fece spallucce anche lei, ribadendo quel concetto di "sono fatta così" appositamente per stendere il cacciatore in modo elegante e totalmente appagante.
    «Un po' inutile come trofeo.» Commentò lui, ironizzando sull'abilità di cambiare la carte in tavola di cui era dotata Jo fin dalla nascita.
    «Non essere geloso. Ti assicuro che basta fare pratica.» Proseguì imperterrita lei non degnandolo di una contro-risposta che gli avrebbe dato solo corda.
    «Io ti ho aiutato con la mira.» Le fece presente lui inarcando gli angoli delle labbra in quel dannato modo che solo lui pareva saper fare.
    «Mi stai per caso chiedendo di farti fare pratica?» 
    «E anche se fosse?»
    Oh diamine, si metteva male. Quella botta e risposta a loro non faceva affatto bene. Più litigavano/discutevano e più si avvicinavano in maniera dolorosa e piacevole. Era dannatamente difficile, tutto qui. Si fissavano, si sorridevano, si lanciavano occhiatacce e poi tornavano a sorridersi di nuovo. Erano incomprensibili, in sostanza.
    Non resisteva più. Sentiva ogni parte del suo corpo spingerla oltre quel maledetto sguardo che aveva di fronte. 
    Cinque secondi per frenare quel suo impulso e solo uno per mandarlo in fumo. 
    Sì, Jo era decisamente fatta così.


    Infondo non era poi così complicato tra i due, a parte la caccia, la vita che conducevano e l'imminente morte di Dean.
    C'era lui, c'era lei. C'erano le loro stupide battutine punzecchianti. C'erano i loro sguardi intensi che, il più delle volte, mettevano Sam così in imbarazzo che il poveraccio era costretto ad alzare i tacchi ogni volta. C'erano i loro litigi assurdi. C'erano le complicazioni che rendevano il loro rapporto una specie di sbaglio perenne. Ma loro due... c'erano sempre, c'erano comunque.
    C'erano l'uno per l'altra.
    Come in quel momento: 
    erano rimasti a fissarsi per molto tempo, lunghi secondi -beh, a parer suo era troppo tempo- con un mezzo sorriso stampato sulla faccia. Gli si poteva leggere perfettamente ad entrambi ciò che in quel momento desideravano, ciò che avvenne un attimo dopo. 
    Senza nemmeno sapere come, Dean si ritrovò appiccicato letteralmente alla ragazza. La teneva stretta per i fianchi e le labbra continuavano a baciare quelle di Jo e non in un modo del tutto innocente.
    Non si erano fermati nemmeno a chiedere a loro stessi: "che cosa sto facendo?". Come se avesse fatto differenza! Probabilmente sarebbero finiti comunque in quella condizione, perché alla fin fine ciò che si desidera davvero prima o poi lo si ottiene anche se per poco tempo. 

    Dean fece scivolare le mani sui glutei della ragazza e li strinse quasi con ferocia. Senza staccarsi nemmeno un momento dalla sua bocca, avanzò di qualche passò costringendola ad indietreggiare, fino a finire interrotti dal bancone alle spalle di Jo. Con fermezza, la afferrò per i fianchi e la aiutò a sedersi su quest'ultimo. 
    Per un momento pensò di stare sognando, ma poi ricordò che ultimamente non faceva sogni del genere, soprattutto alla vigilia della sua condanna. Ma comunque, non del tutto convinto che quella fosse la realtà, tornò per un momento in sé e sciolse il bacio. Si inumidì le labbra e la guardò negli occhi castani, accarezzandole poi il viso con una mano.
    Assicuratosi dell'effettiva concretezza che lo circondava, tornò a baciarla. Senza preoccuparsi del suo permesso, afferrò i bordi della maglia di Jo e li sollevò fino a sfilargliela e questo lo costrinse ad allontanarsi ancora dal suo viso, ma fortunatamente solo per un breve istante.
    Adesso le mani di Dean percorsero la lunga schiena della ragazza, accarezzandola dolcemente fino a fermarsi sui fianchi nudi. Con le labbra discese lungo il collo, sul quale poi lasciò dolci e seducenti baci. 

    Sì, in quel momento c'erano l'uno per l'altra. Ma... l'indomani?


    Aveva appena dato il via a quello che sarebbe stato l'errore più masochistico della loro intera vita. Con la sola differenza per Dean che -di quella vita- avrebbe vissuto ben poco altro tempo.

    Per un istante Jo pensò che con quei baci lo stesse trascinando per mano sua all'inferno ma in realtà, una volta osservata l'espressione di Dean mentre anche lui, a sua volta, la stava a guardare come se fosse stata un sogno, dovette ricredersi.
    Non credeva di aver mai visto Dean così. E non si riferiva di certo alla sua "audacia" nel prenderla di peso per spostarla sul bancone del bar immerso nel silenzio. No, non si riferiva certo a quello.
    Benché quella situazione fosse considerata da molte ragazze (se non troppe a parer di Jo) come un sogno proibito ed altamente erotico, per lei il tutto non era altro che l'errore che aspettava di commettere ormai da tempo, era anche inutile negarlo. Il fatto che stessero facendo una cazzata era ovvio ma niente avrebbe potuto distoglierli ormai: la molla era scattata una volta per tutte.
    Jo non riusciva nemmeno a capire se quello potesse considerarlo come un addio o come un "non ti libererai mai di me" formulato come se fosse stato il suo ultimo desiderio da esprimere.
    Quella sua frase che le vagava nella testa non fece che farle stringere la presa sui corti capelli del cacciatore, ora impegnato ad accarezzare il collo di lei con le sue labbra e la sua lingua.
    Faceva fatica a crederci. Non riusciva ad immaginare quel ragazzo dagli occhi verdi che aveva appena perso il padre baciare quella ragazza un po' presuntuosa che gli negava di trascorrere 51 ore come... beh, come stavano facendo in quel momento insomma, arpionati ad un bancone che non aveva mai adorato come in quel preciso istante.
    Al contrario di quanto potesse sembrare, tutta quella situazione era tutt'altro che "impetuosa". Quei baci o quei tocchi si avvicinavano più ad una descrizione di dolcezza che di aggressività, cosa che la sorprese e non poco, tra parentesi. Se non avesse saputo chi aveva davvero di fronte, Jo avrebbe giurato di avere l'impressione di avvertire una certa sensazione di smarrimento nei movimenti. Indubbiamente Dean non poteva avere "problemi" di questo genere, e come avrebbe potuto? Essere impacciato non era certo una cosa che rientrava nel suo carattere. 
    Era piuttosto come se avesse paura di poterla rompere, come se fosse fatta di vetro. Un po' contraddittorio pensarlo dopo essere stata scaraventata su un bancone insomma. 
    In definitiva si era arresa all'idea di star impazzendo a causa sua.
    Servendosi delle sue esili gambe, lo avvicinò ulteriormente a lei, legandole attorno alla vita di Dean, ancora fisso sul suo petto.
    Ne approfittò per insinuare le mani sotto la maglia del cacciatore, sfiorando appena la sua schiena ruvida per via dei mille tagli e bruciature cicatrizzati sulla sua pelle. Appena dopo optò di liberarsene una volta per tutte, distogliendo l'attenzione di Dean dal suo collo per riportarla sulle labbra ancora calde a causa del suo precedente passaggio.
    Senza dubbio ciò che stava accadendo, anche per lei, in un certo qual modo, era la fine del mondo. 


    Se Dean fosse stato un Dio del tempo avrebbe usato i suoi poteri per bloccare quel momento e renderlo infinito. Non perché il suo "desiderio nascosto" stava finalmente per avverarsi, no. Non era questo che infondo voleva, non era il sesso che cercava d
    a Jo. Probabilmente lo cercava all'inizio, quando ancora non si conoscevano tanto bene da sfidarsi con giochi pericolosi.
    Avrebbe voluto fermarlo per poter passare l'infinito con Jo, restare al suo fianco, stringerla tra le braccia, baciarla e possederla.
    L'idea che tra poche ore tutto sarebbe finito, inclusa la sua vita, lo inquietava. Perché non era l'inferno in sé per sé a spaventarlo - in parte lo terrorizzava - ma il non poter più rivedere il viso di chi amava: Jo, Ellen, Bobby, Sam.
    Quei brutti pensieri che continuavano ad opprimergli la mente non fecero altro che alterare la sua voglia di stringerla -come se da un momento all'altro avrebbe potuto perderla- e di baciarla ancora, intrecciando la propria lingua alla sua. Le mani andarono a scivolare una seconda volta lungo la sua schiena, giocarono con il reggiseno di Jo fino a sfilarglielo dalle braccia.
    Dalle sue labbra passò ancora al suo collo, dal suo collo poi scivolò lungo il suo petto soffermandosi sui suoi seni. Poi scese ancora più giù, percorrendo il suo ventre con la punta della lingua, per poi tornare ancora una volta a baciare le sue labbra. 

    Per la prima volta in tutto quell'anno pensò, da perfetto egoista, di aver sbagliato a fare quel patto.
    Ovviamente se fosse tornato indietro nel tempo, precisamente a quella notte, avrebbe rifatto tutto da capo. Avrebbe sigillato quel contratto baciando quel demone e avrebbe fatto di tutto per impedire a Sam di salvarlo. Ma se glielo avessero chiesto in quel preciso istante, se gli avessero dato l'opportunità di salvarsi, probabilmente l'avrebbe colta e, più probabilmente, se ne sarebbe pentito in seguito. Solo che... trascorrere del tempo con Jo gli faceva venir voglia di passare un'intera vita al suo fianco, qualcosa che lui non avrebbe più avuto allo scadere delle ventiquattro ore. Se non fosse appiccicato al corpo della ragazza semi nuda e fosse a mille miglia lontano da lei la penserebbe in modo diverso. 

    Si allontanò dal suo viso e abbassò lo sguardo sulle proprie mani che, lentamente, cominciarono a sbottonare i jeans di Jo, per poi cominciare ad abbassarli. 


    Jo seguì con lo sguardo il lussurioso percorso che fece Dean sul suo corpo per arrivare infine sulla zip dei suoi jeans ormai destinati a giacere sul pavimento assieme alle loro magliette e le scarpe che si tolse con dei piccoli movimenti dei piedi.

    Lo
     voleva. Dannazione, voleva quel dannato Winchester. E dannato, in quel caso, non era solo un superficiale modo di dire. 
    Lo stringeva a sé come se gli fosse appartenuto da sempre perchè anche se erano stati lontani, anche se per un certo periodo si erano detestati a morte, lei lo aveva sempre considerato suo. Troppo perfetto per essere solo un amico o una conoscenza di lavoro. 
    Sì, era da egoisti ma non glie ne importava più di tanto ultimamente. Se non fosse stata egoista non gli avrebbe nemmeno rivolto la parola quella notte. Non l'avrebbe fatto al solo scopo di proteggerlo, perchè sapeva che se fosse successo quello che stava effettivamente succedendo in quel moment, Dean o si sarebbe sentito solo peggio perchè si sarebbe reso conto di quanto stava perdendo in così poco tempo.Stava perdendo tutto proprio ora che aveva avuto il coraggio di prendersi tutto ciò che meritava.
    E questo le faceva nascere dentro un senso di rabbia non reprimibile.
    Una rabbia che le fu utile per affondare le sue unghie all'altezza delle spalle di Dean, come a marcare ancora di più quel sentimento di costrizione: lui doveva rimanere con lei.

    Perchè senza di lui Jo non era realmente Jo. Senza Dean era semplicemente una spietata cacciatrice senza alcuna speranza di "guarigione".
    Non avrebbe mai potuto continuare ad essere quella che era una volta senza le sue continue frecciatine o paternali sulla sua svogliata ricerca della normalità o roba che le usciva ormai dalle orecchie. Eppure avrebbe dato chissà cosa per risentirlo ancora una volta ripeterle quanto fosse irresponsabile o addirittura "schizzata".

    L'unica cosa che riuscì a distogliere la mente di Jo da quel pensiero fu un soffocato grugnito di lieve dolore di Dean, probabilmente confuso e sorpreso da quell'improvvisa aggressività mostratagli da Jo con il suo gesto di graffiargli la schiena. In contrapposizione a quel rigido gesto vi fu un bacio fin troppo dolce per essere stato dato da una cacciatrice.
    Una miscela di sentimenti che non facevano che sfociare in quei gesti che di aggressivo avrebbero dovuto avere poco o niente.
    Proprio mentre Dean stava per accarezzare le gambe slanciate e lisce di Jo, lei scese dal bancone facendo ben attenzione a non staccarsi da lui.
    Quella rabbia che non l'aveva ancora del tutto abbandonata le diede un grande aiuto nel trascinarlo verso una porta dietro la quale vi era allestita quella che sarebbe dovuta essere la sua stanza.
    In quel posto era nuova, non credeva di poter avere uno spazio suo ma, da quanto le era stato detto da proprietario, le sarebbe servito in caso di emergenze. 
    Il povero Paul però nella voce "emergenza" ci aveva posto delle condizioni differenti come per esempio il brutto tempo.
    Sì, se ci fosse stato il brutto tempo, tanto da non poter guidare fino a casa, Jo sarebbe potuta rimanere lì a dormire, trovandosi in vantaggio poi per l'apertura del locale l'indomani.
    Ma dopotutto,
    quella era un'emergenza bella e buona.
    Continuò a guidarlo in quella direzione, aprendo la fragile porta con la forza-peso del cacciatore e spingendolo poi su quella piccola brandina incolore dove finì anche lei, trascinata dalle braccia di Dean. 


    ------------------------------------------ Spazio dell'autrice
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    A questo giro mi sento solo in dovere di ringraziare il nostro caro e previdente Paul.
    Per il resto, credo di aver già sbavato abbastanza: nell'ideare, scrivere, leggere e rileggere questo pezzo.
    Io amo questa coppia e sai una cosa, Eric?
    TU avevi creato il personaggio di Jo come la fidanzata ideale di Dean. Ti ricordi? TU hai avuto quella "meravigliosa" idea di farla morire. TU hai trovato un fottutissimo modo per farla tornare, anche se sotto spirito. E adesso sempre TU, TU che hai il potere di farlo come hai fatto tutto il resto, trovi il fottutissimo modo di far finire questa serie come merita.
    E dopo questo sfogo mi ritiro a fare yoga e a calmare i miei istinti omicidi.
    Ci sentiamo al prossimo ed ultimo capitolo che terminerà la serie. Fazzoletti alla mano.
    Adios, Mishamigos!






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Capitolo 7
*** Grazie a lui ora è una Donna. ***


5 Capitolo 5 - Grazie a lui ora è una Donna.


  • L'aveva sempre ammirata per la sua determinazione, ma questa sua qualità in quel momento era diventata una specie di incentivazione all'eccitazione di Dean. Più tentava di governare la situazione, più il cacciatore si lasciava trasportare dal desiderio di possederla e farla sua. Infatti, si lasciò praticamente trascinare della ragazza che lo portò in una specie di stanzino alternativo. 
    Ovviamente non si mise ad osservare l'ambiente, ma poté notare che non veniva spolverato da un bel pezzo anche se era circondato dall'ordine più assoluto.
    Dean cedette letteralmente a peso morto su quel piccolo materasso, fatto apposta per una sola persona, e con sé trascino la piccola Jo che a sua volta si posizionò sul corpo del cacciatore.
    Le passò una mano dietro la sua nuca e dolcemente l'attirò a sé per riprenderla a baciare come non avevano smesso di fare da un bel po', o che smettevano soltanto per riprendere fiato. 

    Le mani ritornano ad accarezzare la sua schiena, soffermandosi poi di nuovo sui glutei e sui bordi del suo slip, con i quali ci giocò un po' prima di abbassarli lentamente. 
    In quel momento, nemmeno sapeva il motivo, gli venne in mente il loro primo incontro: Dean entrò nella Road House insieme al fratello minore, in cerca di una certa Ellen Harvelle.
    Si separarono vista l'apparente calma di quel posto, pensando che non ci fosse alcun pericolo oltre al tizio in stato comatoso che continuava a russare sul tavolo da bigliardo. Poi in un momento si ritrovò con braccia in aria e un fucile puntato dietro la schiena. 

    «Quando punti un fucile a qualcuno è meglio che non glielo punti proprio alla schiena, perché è molto facile fare...» e la disarmò con una veloce e abile mossa premeditata. «... così.» 
    Ma subito dopo si beccò un pugno diretto sul naso. 
    Dean sorrise contro le sue labbra ricordando quel momento e quando lei lo guardò stranita, lui scosse la testa come a volerle dire ''lascia perdere''. 
    Le accarezzò il viso dolcemente fissando i suoi occhi castani, poi le lasciò un bacio a fior di labbra e cominciò a sbottonare i propri jeans. 
    Quella branda non dava l'idea di essere molto stabile visto che ad ogni loro movimento cigolava.
    Non era un granché, probabilmente era riuscito a trovare qualcosa di molto peggiore dei letti di un motel, ma in quel preciso istante era l'ideale per entrambi.



    Non riusciva davvero a capire cosa portasse Dean a sorridere.
    Ci provò, provò sul serio a leggergli nella mente ma, come al solito, non ne ricavò che un altro enorme punto interrogativo.

    Lui la invitò a lasciar perdere quel suo gesto con una sola occhi
    ata ma, come avrebbe dovuto sapere, Jo non era una che lasciava correre qualcosa, di qualsiasi tipo fosse stata. 
    Non vedeva molti motivi per cui essere contenti benchè quello che gli stava succedendo poteva definirsi un insolito e ben più profondo addio consentito dalla norma.
    In ogni caso, nonostante volesse capirlo davvero con tutta sé stessa, conversare non era nel suo elenco delle priorità.
    Aveva passato troppo tempo a parlare, a suo avviso. O litigare, era la stessa cosa per loro.

    Si staccò dalle sue labbra per soli tre secondi (o magari quattro) e lo aiutò a sfilare i jeans, gettandoli poi poco teatralmente sul pavimento di quella stanza che in realtà non poteva definirsi tale. 
    Le mani esili di lei parevano danzare sul petto e sul collo di Dean, a volte aggrappandocisi come se fossero la sua ancora di salvezza.
    Caricava il suo misero peso sul corpo molto più resistente del cacciatore, non stupendosi nemmeno dell'aderenza perfetta che vi era tra le loro così diverse forme e curve che stavano esplorandosi l'un l'altro. 

    Non c'era nessuna vergogna da parte loro. Avevano così tante volte messo a nudo i loro sentimenti l'uno di fronte all'altra che ora, prendendo la frase alla lettera, non avevano nessun problema nel "completare la visione" di loro stessi.
    Restò a fissarlo per un po' a distanza minima, incrociando quasi la vista per poterlo guardare nei suoi dannatissimi occhi verdi.
    Ebbe l'occasione di studiarli meglio, di contemplare quel verde che infondo non era un semplice verde. Tutto di Dean aveva un doppio significato. Il suo bel faccino da stronzo in realtà era anche qualcos'altro, così come gli occhi verdi da ammaliatore nascondevano un dolore trattenuto.

    Sembrava aver acquisito una certa esperienza nel "leggerlo" proprio come se fosse stato un libro aperto per lei. Magari era perchè avevano un carattere ed una vita relativamente simile o magari perchè lei aveva avuto più tempo rispetto ad altri per poterlo conoscere, questo non lo sapeva. Sapeva solo che quegli occhi, quel bel faccino e sopratutto quelle labbra che aveva di fronte erano sue, anche se per poco, lo erano.
    Lo attirò nuovamente a sé, portandolo dall'essere steso all'essere seduto su quella brandina che, grazie a Dio, non godeva del dono della parola.
    Lo stingeva come se avesse potuto imprimerselo a fuoco sul petto, non avendo altro modo per fargli capire che lasciarlo non era nelle sue intenzioni. 



    Dean e Jo per molti versi erano simili, se non uguali. Probabilmente erano anche fatti per stare insieme... ma loro non lo sapevano, mentre il Destino aveva deciso che non doveva essere così.
    Il fatto che fossero entrambi lì in quel momento, completame
    nte nudi -dopo che Dean si sfilò anche i boxer- a desiderare uno il corpo dell'altro, a incrociare i propri sguardi continuando a baciarsi e a volersi, diceva molto sul loro conto. Qualcosa che non poteva essere espresso a parole... o forse sì. 
    Dean e Jo quella notte fecero l'amore, su quella branda cigolante e in quella stanza da letto che ricordava tanto l'armadio delle scope.
    I loro corpi erano perfettamente in sintonia come infondo lo era anche il loro modo di pensare.
    Fecero l'amore perché era l'unica cosa che volevano "dirsi" prima del giorno dopo.
    Perché Jo era l'unica cosa che in quel momento avesse un senso per lui, era una delle ragioni che lo incoraggiava a farsi forza. Perciò non poteva far altro che muoversi dentro il suo esile, ma perfetto corpo.
    Forse era uno sbaglio, forse tutto ciò avrebbe complicato le cose per lei... ma era l'unico modo per dirle ciò che davvero provava per lei da molto, moltissimo tempo. 

    Quando i due smisero di volersi, Jo prese sonno tra le braccia forti e robuste del cacciatore. Lui la osservò nel buio della notte mentre la stringeva a sé per l'ultima notte.
    Le accarezzava il viso, le scostava una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poi sorrideva.

    Andare all'inferno non sarebbe servito per cancellare quella notte dalla sua mente, la sua anima -perché è questo che Jo aveva colpito in pieno, la sua anima- l'avrebbe ricordato per l'eternità e forse... l'avrebbe aiutato a soffrire un po' meno. 
    Non appena le prime luci dell'alba entrarono dagli spifferi delle finestre, Dean levò lo sguardo e tirò un sospiro.
    Era giunta l'ora.
    Lentamente si alzò dalla branda tentando di non fare rumore e svegliarla.
    Si rivestì velocemente e si voltò a guardarla. Era bella, era bellissima. Dio solo sapeva - se davvero esisteva - quanto gli sarebbe costato andare via così.
    Si avvicinò a lei, si piegò sulle proprie gambe e le accarezzò una guancia con le nocche. 

    «Non ti lascerò mai davvero...» sussurrò mentre delle lacrime silenziose gli rigavano il viso. 
    Poi tirò su col naso, si asciugò rozzamente la faccia con una mano e le lasciò un ultimo bacio sulle labbra. 
    «Addio Jo.» 
    E andò via da quel locale lasciandosi alle spalle una delle cose più importanti della sua vita... Joanna Beth Harvelle.



    Era arrivato il mattino. 

    Jo sapeva bene che quel giorno i raggi del sole nascente non sarebbero arrivati in ritardo per nulla al mondo benchè lei ci sperasse dal profondo del suo cuore. Sperava che i secondi si allungassero diventando minuti ed i minu
    ti, a loro volta, ore. Ma era cosciente del fatto che un suo desiderio non potesse cambiare l'andamento dell'intero universo, anche se Jo, un "favore" del genere da parte di Dio, lo meritava eccome.
    Per i cacciatori prendere sonno era una vera e propria manna mandata dal cielo. Il loro riposo consisteva in un fastidioso dormi-veglia che li costringeva a nascondere una qualche arma sotto il letto o, in alcuni casi, anche sotto lo stesso cuscino su cui facevano finta di posare la testa nella speranza di lasciarsi cullare tra le braccia di Morfeo. 
    Le braccia da cui si faceva cullare Jo però, in quel momento, non erano certo quelle del Dio greco descritto nei libri di storia sebbene, in quanto a perfezione mitologica, ci era molto ma molto vicina. 
    Giaceva accanto a Dean con la testa posata sul suo petto, gli occhi chiusi e la mente ben sveglia, non volendolo però far sapere al cacciatore che liberava nell'aria l'ultimo dei suoi tipici sospiri che Jo non avrebbe più avuto occasione di poter ascoltare.
    Sapeva come Dean aveva trascorso il resto della notte ma il sentirsi osservata, in quella circostanza, le aveva dato tutt'altro che fastidio. 
    Aveva paura di aprire gli occhi perchè sapeva che, se l'avrebbe fatto, avrebbe dovuto rispondere in qualche modo al suo addio.
    Avrebbe dovuto dirgli addio anche lei. Ed anche lei, come lui, negli addii non era di certo un asso. 

    Lo sentì alzarsi e rivestirsi in uno dei silenzi più dolorosi che avesse mai ascoltato ma non osò muoversi di un centimetro.
    «Non ti lascerò mai davvero...» si sentì dire in un sussurro mentre un'ennesima carezza si posava sulla sua guancia ancora carica del loro calore.
    Poi l'ultimo bacio, bacio al quale non poté rispondere un po' perchè non ne aveva la forza e un po' perchè, dopotutto, avrebbe fatto solo più male di quanto già stesse facendo.
    Fissare gli occhi spenti di Jo non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose: per Dean quell'addio silenzioso era il miglior modo per uscirne il meno feriti possibile.

    E dopo tanto egoismo, un ultimo gesto di altruismo doveva essere fatto.
    Un addio dal sapore salato, determinato dalle ultime lacrime del cacciatore.
    Le tracce di Dean si persero fino all'entrata del locale, lasciando dietro di sé nient'altro che l'eco dei suoi passi frettolosi seguiti dalla porta cigolante.
    Ma fu solo dopo aver sentito il rombo dell'Impala che decise di aprire gli occhi.

    Fu solo dopo aver sentito le gomme strisciare rumorosamente contro l'asfalto che il suo respiro divenne corto, mutandosi repentinamente in un solitario singhiozzo da pianto.
    Anche in quell'occasione la "piccola Harvelle" aveva dimostrato di essere diventata ormai una donna anzi, una Donna con la lettera maiuscola.
    E questo perchè solo una vera Donna avrebbe potuto lasciar andare l'uomo che amava senza fargli vedere le sue lacrime.

    ---------------------------------------------------------------------- Spazio dell'autrice --------------------------------------------------------------------

    Prima di scrivere questa fanfiction assieme a Moonlight93 (♥) ho riflettuto davvero molto. Ho passato ore a pensare e
    rimurginare su questa scena e sopratutto questa fine.  Pensavo: "Jo sarebbe davvero stata capace di farlo?"
    E non mi riferisco certo al fatto di rimanere immobile e muta alla partenza di Dean al mattino, sapendo di
    non poterlo rivedere mai più. Ha cercato di limitare i danni.  Quello che mi domandavo era: "sapendo di recare
     un danno a Dean, avrebbe comunque trascorso la notte con lui?". Diavolo, non lo so!
    Sarò onesta, ho scritto questo pezzo perchè è tutto quello che avrei voluto vedere nello show.
    Almeno per una volta, dannazione! T_T
    Ok, adesso sto male. È finita questa serie e io sto MALE. Non son molto normale xD
    E... d'ora in poi non saprò più che fare O_O BASTA PENSARCI. BASTA.
    Beh, i conti sono fatti. Spero che vi sia piaciuta e... ohibò, grazie di tutto ♥
    Adios, Hunters!







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