WillYouRemember

di jo17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Wanna Be... ***
Capitolo 2: *** Somebody That I Used To Know ***
Capitolo 3: *** A Rush Of Blood To The Head ***
Capitolo 4: *** What You Were ***
Capitolo 5: *** Combination of the Two ***
Capitolo 6: *** Time is running out ***
Capitolo 7: *** Fix You ***
Capitolo 8: *** No More Keeping My Feet On The Ground ***
Capitolo 9: *** Falling away with you ***
Capitolo 10: *** The Last Time ***
Capitolo 11: *** Creep ***
Capitolo 12: *** Blackout ***
Capitolo 13: *** You Can't Always Get What You Want ***
Capitolo 14: *** Heavy cross ***
Capitolo 15: *** You Want It All ***
Capitolo 16: *** Don't Wait Too Long ***
Capitolo 17: *** Something In The Way ***
Capitolo 18: *** Close To Me ***
Capitolo 19: *** Nothing else matters ***
Capitolo 20: *** Since I Fell for You ***
Capitolo 21: *** Another brick on the wall ***
Capitolo 22: *** Moonlight ***



Capitolo 1
*** I Wanna Be... ***


L’unica cosa che riempiva la sua mente era la musica mandata a tutto volume persino nei bagni in cui si trovava  

So messed up I want you here
In my room I want you here


 Le bruciava il cervello come le mani di quella sconosciuta su tutto il suo corpo, quelle labbra incollate alle sue, il suo sapore reso dolce dal liquore che le aveva visto bere pochi minuti prima, prima che le si avvicinasse e la prendesse per mano, prima di decidere a lasciarsi andare completamente dopo che si erano osservate e studiate per tutta la sera.

Now we're gonna be Face-to-face
And I'll lay right down in my favorite place


Non avrebbe mai pensato che sarebbe stata attratta in quel modo da una persona che nemmeno conosceva, non avrebbe mai creduto che si sarebbe lasciata condurre così docilmente nei bagni di quel  locale e aver provato l’ardente desiderio di essere toccata e di esplorare un corpo sconosciuto.

And now I wanna be your dog
Now I wanna be your dog
Now I wanna be your dog
Well c'monc


La sconosciuta la teneva incollata alla parete di quello spazio ristretto, in quel momento la stava baciando e mordendo il labbro inferiore e nel frattempo faceva scorrere le sue mani lungo la schiena fino a raggiungere le natiche e stringerle per farla aderire ancor più al suo corpo, continuò a far scorrere una mano lungo la gamba per invitarla a sollevarla e facendole appoggiare il piede sul water in modo da insinuarsi ancor meglio fra le sue gambe. Il tutto era agevolato dal semplice vestito che la compagna indossava, il cardigan leggero che aveva sopra era scivolato indietro lasciando le spalle libere. 
La ragazza non riuscì a trattenere un gemito.

Now I'm ready to close my eyes
And now I'm ready to close my mind


Chi era questa donna che le stava facendo provare sensazioni così forti e soprattutto come aveva fatto a ritrovarsi lì  a lasciar cadere ogni inibizione.

And now I'm ready to feel your hand
And lose my heart on the burning sands


Dal canto suo la sua compagna aveva deciso cosa sarebbe accaduto nel momento esatto in cui l’aveva vista entrare nel locale, le era bastata un’occhiata per sentirsi  attratta da lei. Era alta e snella,  lunghi capelli castani leggermente ondulati  incorniciavano un collo alto ed  un viso di un ovale quasi perfetto, fronte spaziosa e zigomi pronunciati, sopracciglia non troppo sottili sovrastavano occhi grandi e profondi resi ancora più magnetici dal contorno della matita che ne delineava i contorni, il naso regolare ma con una appena percettibile gobbetta, le labbra, perfette per quel viso, con l’arco di cupido pronunciato che terminava quasi a formare una “M”. Aveva un piccolo neo sullo zigomo destro che la rendeva ancor più incantevole. Ma fu quando la vide aprirsi in un sorriso che venne travolta da una forte emozione, si rese conto che avrebbe tanto voluto toccarla, sentire il suo profumo, conoscere il suono della sua voce . Rimase ad osservarla, nel suo portamento, nel modo di parlare, da quel suo modo di sorridere aperto e trasparente o da come osservava l’interlocutore che aveva di fronte,  tutto questo le conferiva un mix di innocenza ed erotismo che calamitava la sua attenzione. Quello che tra le altre cose aveva notato era l’effetto che produceva sulle persone, lei per prima.

Forse grazie al fatto che restasse lì a fissarla riuscì ad attrarre la sua attenzione, la sconosciuta rimase per un attimo a ricambiare il suo sguardo, poi ritornò a parlare con le persone che l’accompagnavano. Accadde diverse volte durante la sera, infine anche la ragazza dai capelli castani iniziò a studiare quella donna che se ne restava lì ad osservarla insistentemente, e la trovò a sua volta attraente, c’era qualcosa nel modo in cui la guardava che la faceva sentire in imbarazzo ma  allo stesso tempo quella sconosciuta le suscitava una forte curiosità. Se ne restava lì appoggiata al bancone del bar a sorseggiare il suo drink, aveva lunghi capelli neri, quello che la colpì furono l’armonia e la bellezza dei suoi  lineamenti latini, occhi neri penetranti, un naso regolare e delle bellissime labbra delineate e carnose,  e per quel poco che riusciva a vedere anche le sue forme rispecchiavano quella iconografia, un bel seno spuntava dalla scollatura della camicia scura che indossava.

Durante la sera diverse volte si ritrovarono a studiarsi a vicenda fino a quando la preda designata non si sentì sfiorare una spalla e girandosi  se la ritrovò di fronte, era un po’ più bassa di lei ma i loro occhi si incastrarono perfettamente  e quello che vi lesse  era inequivocabile,  rimasero a fissarsi un attimo, la donna alzò soltanto un sopracciglio come a chiederle “allora?” lei ricambiò con un impercettibile sorriso e uno sguardo che la colpì in pieno stomaco, questo bastò alla mora per prenderla per mano e condurla nell’unico posto che gli avrebbe concesso un minimo di intimità.

And Now I wanna be your dog
And Now I wanna be your dog


Si domandava come riuscisse  quella donna a toccare le corde giuste per mandarla fuori di testa.  In quel momento continuava a baciare e a morderle il collo. 
In un momento di lucidità riuscì a prenderle il viso fra le mani per guardarla, voleva imprimere nella sua mente quei lineamenti così perfetti, quegli occhi di brace e quelle labbra che le stavano provocando scosse elettriche in tutto il corpo, e si rese conto che aveva qualcosa di familiare.  Quel gesto stupì la sua compagna che rimase così ad osservarla a pochi centimetri , la donna latina non riuscì a non perdersi in quegli occhi pieni di desiderio  che dovevano essere verdi, e non riuscì nemmeno a resistere a non baciare nuovamente quelle labbra che trovava irresistibili.
Furono di nuovo travolte dall’impellente esigenza di darsi piacere, perché anche la ragazza che fino a quel momento era stata travolta dalla sua compagna era fortemente decisa a farle provare quello che lei stava provando, così riuscì a slacciarle la camicia e ad insinuarsi nei suoi pantaloni.

Well c'mon

Raggiunsero insieme un intenso orgasmo, che travolse entrambe lasciandole inermi una nell’abbraccio dell’altra. La mora  non appena riebbe coscienza di se si scostò leggermente, i loro visi erano ancora vicini,i loro nasi si sfioravano appena  e respiravano l’aria l’una dell’altra, delle ciocche di capelli scuri ricoprivano il viso della donna latina, in un gesto inaspettato e delicato la sua compagna le scostò dietro l’orecchio, un gesto che alla donna apparve  più intimo di quello che avevano fatto fino a quel momento.
Ne fu turbata,  si allontanò quel tanto per riuscire a rimettere a posto i suoi vestiti. 
L’altra ragazza se ne restava ancora appoggiata alla parete ad osservarla, sentiva ancora le gambe che le tremavano, avrebbe voluto  trovare qualcosa da dirle, aveva ancora la mente sconvolta per quello che era appena successo e iniziava ad avvertire tutto l’imbarazzo del momento che seguiva quella situazione.
La mora le voltò le spalle per uscire

-  Aspetta, non merito almeno di sapere il tuo nome?

La donna esitò un attimo tornando a voltare la testa verso di lei senza guardarla, ma non disse nulla e così uscì, lasciandola lì con l’unico pensiero che le urlava nella testa.
Che cosa ho fatto?!?
********************************************
 
-   Allora Routh ti decidi a raccontarmi cosa ti è successo ieri sera?

Beht se ne restava seduta sul ripiano vicino ai fornelli, mentre Routh Davis, questo era il nome della ragazza dal volto d’angelo, era intenta a preparare la colazione. Si limitò a sbuffare e a lanciarle uno sguardo veloce per poi ritornare alla sua occupazione.

-    Eddai! Voglio solo la conferma di quello che immagino. Anzi no, ok voglio tutti i particolari!

La voce dell’amica era divertita e pungente.

-   Piantala ok?

Nel dirlo le mise in mano il piatto che le aveva preparato e una tazza di caffè, prese il suo e si diresse verso il tavolo, l’amica la seguì.

-  Non c’è niente da raccontare.
- Mi prendi in giro?

Ruth se ne restava a fissare la sua tazza di caffè persa nei suoi pensieri

- Allora?! Guarda che il tuo stato quando sei tornata era inequivocabile, e quella donna? Wow… una così dev’essere…
-  Smettila… Devo ancora metabolizzare
-  Sai Ruth, alle persone celebrali come te non dovrebbero accadere cose così elettrizzanti!
-  Già…Elettrizzante, è il termine giusto
-  Vuoi dirmi qual cosina in più?
-  Ok è stato qualcosa di intenso…animalesco! lei era così sexy, coinvolgente.. è stato così bello e pazzesco e…umiliante allo stesso tempo
-  Umiliante? Non ti avrà costretta a fare cose “strane”.
-  Ma che dici! E per come mi ha trattata dopo, a malapena riusciva a guardarmi, anzi non lo ha fatto per niente ed è praticamente scappata…non che mi aspettassi chissà che..in fondo mi sono fatta rimorchiare da una sconosciuta in un bar..
-   Già, ma che sconosciuta, veramente “caliente”,  e non fare la santarellina, tu hai fatto lo stesso con lei.

Si lasciò andare in una sommessa risata.

- E poi ti domandi perché non scendo in particolari.
- Dai scherzavo, se vuoi un consiglio non stare a rovinare la cosa con le tue seghe mentali. E’ dai tempi del college che non  vivevi qualcosa   senza troppe inibizioni.
- Già… è stato il miglior sesso degli ultimi tempi.
- Brava! Così ti voglio!

Furono interrotte dal suono del citofono.
Beth guardò l’amica con aria incuriosita

-              Chi è di sabato mattina?
-              Purtroppo non sei l’unica che mi piomba in casa negli orari più assurdi.
-              Hei, da quando sei tornata single bisogna ristabilire le vecchie tradizioni...tu che mi prepari la colazione il sabato mattina! E possibilmente raccontandoci le pazzie della sera prima! Quanto mi mancavano queste cose!

Mentre diceva questo Ruth era andata a rispondere al citofono dando ordine al portiere dello stabile di lasciar salire il nuovo arrivato.

-              Parlando di essere tornata single, è Lexie
-              Ancora?
-              Già, continua a venire a  prendere la sua roba. “Stranamente” dimentica sempre qualcosa.
-              E prolunga l’agonia, certo che continua a non smentirsi mai.

Suonò il campanello

-              Posso dirle che ieri sera hai fatto il miglior sesso della tua vita, così vedrai che se anche dimentica ancora qualcosa non tornerà di certo a riprenderla.

-              Non pensarci nemmeno, le voglio bene e non mi va di ferirla. Non più di quanto non abbia già fatto.

Andò ad aprire, lei era ancora in pigiama e indossava la sua soffice ed enorme vestaglia, i lunghi capelli sciolti le scendevano lungo le spalle in maniera un po’ disordinata,  lo sguardo che le rivolse la nuova arrivata fu inequivocabile, pieno di dolore e di impulsi repressi a quella vista così familiare e accogliente  che le comunicava la sensazione di calore e dell’essere di nuovo a casa, ma con la consapevolezza che non era più così e che quella donna che tanto aveva amato e che ancora amava non le apparteneva più, o con l’amara realtà che forse non le fosse mai appartenuta.
Ruth la guardò un attimo, fece finta di non leggere la sua espressione e si scostò per farla entrare.

-              Buongiorno

Beth ricambiò prima di Ruth il saluto, palesando la sua presenza. Lexie ne fu infastidita, questo era l’ennesima conferma che per Ruth tutto era ritornato come prima, appena un mese da quando le aveva comunicato che lei non era felice, che voleva chiudere la loro relazione, e adesso era ritornata a vivere la sua vita di sempre senza troppi cambiamenti o turbamenti.
Quando a lei invece era venuto meno tutto il suo mondo.

-              Ciao Beth, mattiniera? O avete fatto le ore piccole e sei rimasta.

L’interlocutrice lanciò un’occhiata alla padrona di casa, e rispose con un tono pungente.

-              Sicura di volerlo sapere?

Le due donne non erano mai andate molto d’accordo, l’unico piano in comune era l’affetto per Ruth, senza sapere che entrambe si domandavano  che cosa mai quest’ultima trovasse nell’intrattenere un’amicizia con l’una e un rapporto di coppia con l’altra.

-              Vuoi una tazza di caffè?
-              No grazie. Prendo le mie cose e tolgo il disturbo.

Prima che Beth riuscisse a dare una’altra stoccata alla nuova arrivata Ruth la interruppe lasciandola con la bocca aperta senza permetterle di  iniziare la frase.

-              Si credo di aver messo tutto in una scatola di là, se vuoi va pure e..controlla..

Lexie fece un cenno e lasciò la stanza. Ruth andò ad appoggiarsi sul largo davanzale in legno dell’ enorme  finestra che capeggiava la grande stanza in cui si trovavano, restando in silenzio in attesa che la sua ormai ex ritornasse con l’obbiettivo della sua visita in mano.

-              Ti ringrazio, credo che sia tutto, non mi avrai più fra i piedi.

Ruth non rispose, si limitò a guardarla. Beth comprese che forse era il caso di lasciarle sole, più che altro per evitare alla sua lingua di dire spropositi e di suscitare le ire dell’amica. Si diresse verso il bagno. L’unica che apprezzò il gesto fu l’ex inquilina perché per la padrona di casa rappresentava invece l’occasione di un’altra spiacevole conversazione.
Lexie poggiò la scatola sul divano e si diresse verso di lei.

-              Ruth
-              Ti prego…
-              Cosa? Non sai nemmeno cosa voglio dirti.
-              Il modo in cui mi guardi è abbastanza  eloquente.
-              Si, vuoi farmene una colpa? Non riesco a non guardarti e a credere che tutto sia finito… Ruth non riesco ad andare oltre.. se ci fosse un modo..
-              Ma non c’è..Lexie non c’è nient’altro da aggiungere a quello che ci siamo già dette.
-              Stai buttando quattro anni della nostra vita, e non mi hai nemmeno dato modo di..
-              Potevano essere di più, è un bene che ce ne siamo rese conto adesso
-              No, tu te ne sei resa conto, io ti amo esattamente come il primo giorno.

Ruth sospirò pronunciando il nome della sua interlocutrice, le dispiaceva essere così dura, ma se mai avesse avuto dei dubbi, dopo il breve incontro avuto con quella sconosciuta la sera prima, non ne aveva più. Sapeva che in quei quattro anni si era accontentata di una relazione che si, poteva definire stabile, ma non era niente di più. Era come se dopo tutto quel tempo si fosse riscoperta di nuovo viva e non rinchiusa in un conformismo che non le apparteneva, o il problema non era la relazione  in se ma il fatto che fosse semplicemente con la persona sbagliata.
Lexie le si avvicinò appoggiandole le mani sulle braccia, la donna invece non si mosse, restava con le braccia incrociate sul petto continuando a guardare un punto sperduto di fronte a se, non reagendo a quel contatto.

-              Ruth

Solo sentendo il suo nome si decise a guardarla, vide tutta la sofferenza espressa in quegli occhi azzurri così familiari, e provò disagio. Le voleva bene, avevano condiviso molto, c’era stato un momento in cui aveva creduto che lei fosse la persona con la quale avrebbe potuto costruire una vita, le regalava sicurezza, era stata la sua roccia in momenti di incertezza per lei, ma nonostante questo nel loro rapporto mancava qualcosa, e forse proprio quella sua solidità, che sapeva trasformarsi  in ottusa rigidità, rappresentava per lei un ostacolo insormontabile.
Iniziava a trovare quella situazione difficile da gestire, voleva chiudere ad ogni costo ogni possibilità di ritornare su argomenti ormai logori, non c’era niente che potesse farle cambiare idea, soffriva anche lei nel vedere quanto dolore stava procurando a quella donna, ma non potevano continuare così tutte le volte che si trovavano  sole nella stessa stanza.

-              Lexie, davvero, è finita
-              Come puoi dirlo. Sei tutta la mia vita.
-              Smettila ti prego.

Era poco più di un sussurro, Lexie ridusse ancora di più lo spazio che le separava

-              Ruth.. Vuoi disfarti semplicemente di me,  io davvero.. non posso permetterlo
-              Ieri notte sono stata a letto con un’altra.

Lexie la guardò, pensando di non aver capito, ma la fermezza dello sguardo della sua compagna non le lasciava dubbi su quanto aveva udito. Fece scorrere le mani lungo le sue braccia, abbassò la testa.

-              Hai proprio deciso di annientarmi.
-              Lexie, mi dispiace ma tu devi lasciarmi andare. Fallo per te stessa.

Quest’ultima la guardò di nuovo scuotendo la testa  e in fine si girò a prendere le sue cose e a dirigersi con passo deciso verso l’uscita.
Ruth rimase immobile, lottando con il senso di colpa che la stava attanagliando,era stata più dura di quanto si aspettasse, ma restare lì a vederla cercare di recuperare qualcosa che ormai non esisteva più l’aveva fatta reagire in maniera forse spropositata. Fu riportata alla realtà da Beth che fece di nuovo capolino nella stanza. Quando la vide le disse soltanto

-              Tu

Puntandole minacciosamente contro il dito

-              Non capisci mai quando devi sparire e quando no!

L’amica le rispose con un mezzo sorriso e un’alzata di spalle.

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Capitolo 2
*** Somebody That I Used To Know ***


Nei giorni successivi Ruth aveva ripreso la sua vita abituale, divisa tra lavoro, amici e le sue innumerevoli passioni. Con il passare dei giorni l’avventura di quella sera era andata affievolendosi ma quando si ritrovava a ripensare a quei momenti si sentiva in imbarazzo con se stessa, per come l’aveva fatta sentire quella donna,  forse esagerava ma il fatto che non fosse più riuscita nemmeno a guardarla l’ aveva lasciata con l’umiliante sensazione di essere stata usata. Forse esagerava, era stata lei stessa a cedere, ma c’era stato qualcosa dopo, nel suo atteggiamento che la faceva sentire a disagio.
Ma dopo qualche settimana quel ricordo venne semplicemente archiviato tra le innumerevoli e variegate esperienze avute nel tempo.
In quel periodo il lavoro la teneva molto impegnata, era una curatrice di mostre d’arte indipendenti, i progetti seguiti da lei, specialmente quelli legati ad artisti emergenti, avevano spesso un buon riscontro di pubblico e  critica, e per questi motivi nel suo settore la sua società e lei stessa era abbastanza conosciuta.
  • Allora andiamo?
Era immersa nella lettura di una biografia di un artista che avrebbe voluto inserire in  un personale progetto a cui teneva molto, incentrato sulla street-art di un gruppo di giovani artisti, e l’organizzazione di questa mostra la impegnava veramente tanto, quando Harry, il suo socio nonché amico, la fece trasalire.
  • Lo sai che la mia mogliettina si arrabbia quando la facciamo aspettare per la cena.
Ruth si tolse gli occhiali che indossava solitamente quando utilizzava il pc e si massaggiò gli occhi.
  • Si scusa, ho perso la cognizione del tempo.
  • Sai che novità.
  • Fai meno il sarcastico, conviene anche a te se il lavoro mi assorbe tanto.
Si alzò prendendo il cappotto e la borsa e insieme si diressero alla porta.
  • Sbrighiamoci più tosto, sono sicuro che Beth è già arrivata e quelle due insieme mi fatto paura.
Ruth si mise a ridere.
In effetti quando arrivarono a casa di Harry le sue previsioni furono corrette, sua moglie e l’amica erano comodamente sedute sul grande divano della sala a sorseggiare un drink e a scambiarsi confidenze che che sarebbero state usate contro di lui nei momenti meno opportuni.
  • Finalmente siete arrivati. Muoio di fame!
  • Beth prenditela con Ruth, è lei che non riesce a staccarsi dal lavoro.
  • Non avevo dubbi.
  • Iniziate a stancarmi voi due.
Internevve Hanna.
  • Che ne dite di andare a sederci a tavola?
Quella cena era una tradizione, almeno una volta al mese Hanna si impegnava a cucinare per i suoi amici e a riunirli tutti intorno ad un tavolo. Si rendeva conto di come a volte la vita di ogni giorno li alienasse talmente tanto da perdere di vista le cose importanti come gli affetti di vecchia data.
L’unica cosa di diverso quel mese era l’assenza di Lexie.
  • Ruth, dimmi come va? So che non è semplice per nessuna delle due questa nuova situazione.
Intervenne Beth
  • Di sicuro non lo è per Lexie.
  • Non lo è nemmeno per me. A volte mi sento in colpa, forse avrei dovuto lottare un po’ di più invece di rinunciare così.
Harry si schiarì la voce prima di intervenire
  • Ti ricordo che l’ultimo periodo eravate un continuo litigare ed era una cosa insopportabile per voi e per le persone che vi stavano attorno. Per non parlare poi in ufficio.
  • La tua franchezza a volte mi raggela.
  • Lo sai che cosa intendo. Non potevi fare diversamente, hai fatto un favore ad entrambe.
  • E soprattutto a me, ho riavuto indietro la mia amica!
Harry e la moglie sorrisero all’uscita di Beth.
Per Ruth quell’aperta esposizione di ciò che pensavano era qualcosa a cui era abituata. Beth era stata la sua prima e unica compagna di stanza al college. Ricordava ancora quando aveva incontrato questa ragazza dalla pelle di mogano, un sorriso aperto e gli occhi lucenti che non si vergognava mai di qello che pensava e lo diceva senza aver paura del giudizio altrui. Lei era stata la prima vera amica che avesse mai avuto in vita sua, una persona che la conosceva realmente per quello che era e che accettava ogni parte del suo carattere e della sua vita. All’inizio della loro amicizia le era stata fondamentale, le aveva aperto strade e opportunità che non conosceva aiutandola a superare gli anni del college. Harry lo conobbe subito dopo la laurea, un brillante economista appassionato di arte, cosa che li accomunava, così come la voglia di affermarsi nella vita e nel lavoro. Così decisero di mettere su una società che fiorì nel giro di qualche anno regalandogli quelle soddisfazioni che si erano meritati dopo lunghi periodi di difficoltà e di porte chiuse in faccia.
Il cellulare di Harry iniziò a squillare. La moglie lo fulminò con lo sguardo quando capì che stava per rispondere
  • Scusami amore ma questa chiamata devo proprio prenderla.
  • E poi sono io la stacanovista
Quando terminò la telefonata ritornò al tavolo raggiante.
  • Ok Ruth, so che sei super impagnata con il tuo progetto ma ti devo mettere a lavorare anche su qualcos’altro. Non sai chi era prima al telefono.
  • Spara, sono tutta orecchie.
  • Era Katrin Cox!
Ruth lo guardò perplessa
  • Perdonami ma non mi dice nulla questo nome.
  • Stai parlando della famiglia Cox?
  • Meno male che ci sei tu Beth a darmi soddisfazioni!
  • Beh si occupano di alta finanza da generazioni, sono molto influenti in città. Il mio studio pagherebbe per averli come clienti.
  • E invece a noi questa fortuna è capitata!
La curatrice dopo aver assistito allo scambio di battute tra il suo amico e Beth si decise ad intervenire.
  • Ok, gente influente…e che cosa vorrebbero da noi?
  • Mi ha detto che vorrebbe rilanciare un artista, qualcuno che qualche tempo addietro aveva fatto parlare di se ma che poi è sparito. Insomma vogliono che ci occupiamo della mostra che dovrebbe riportarlo sulla cresta dell’onda.
  • Va bene, ma non ti ha detto nient’altro su chi sarebbe questo artista?
  • No, ma poco importa, domani alle 10 vi vedrete nel luogo che hanno scelto per contenere l’evento.
  • Adoro quando mi metti davanti al fatto compiuto.
Dopo un po’ Hanna riuscì a riportare la conversazione su qualcosa di diverso che non fosse lavoro e la cena e il resto della serata si concluse in argomenti più faceti, così quando si salutarono i loro animi erano più leggeri e felici del tempo trascorso insieme.
 
L’indomani  Ruth si ritrovava immersa nei suoi pensieri a bordo di un taxi che la conduceva all’appuntamento annunciato la sera prima. Di solito prima di un incontro preferiva studiare con attenzione le opere dei clienti, il tipo di corrente artistica, acquisire informazioni che l’avrebbero fatta arrivare preparata al primo colloquio ed esporre da subito la linea che avrebbe voluto prendere. Quella volta invece non fu così, Harry l’aveva presa così di sorpresa da non aver avuto nemmeno il tempo di riorganizzare le idee, ma questo non la preoccupò molto, anni di esperienza le avrebbero permesso di gestire comunque molto bene la situazione.
L’incontro si sarebbe svolto nel luogo scelto dall’entourage dell’artista per organizzare la mostra, si trovava nel Queens,  Routh conosceva quel posto e lo trovava molto interessante, era un vecchio spazio industriale, un tempo vi era stata una fonderia che aveva chiuso agli inizi degli anni 70, e che successivamente era stata ristrutturata egregiamente, almeno secondo il suo parere, mantenendo la struttura originaria. Entrando ci si trovava in un ampio spazio interno con un soffitto molto alto formato da una struttura metallica e con un grande lucernario che si estendeva per tutta la sua lunghezza, le pareti erano state mantenute con i mattoni giallo ocra con la malta a vista, ed erano formate da una ripetizione di ampie nicchie a volta, vi era una lunga passerella che percorreva tutto il perimetro dello stabile e che lasciava libera la vista del soffitto, ne  divideva in due l’altezza e ne aumentava lo spazio espositivo, e infine si poteva intuire la presenza di una terrazza.
Per Ruth quel posto racchiudeva infinite potenzialità, e questo bastò a metterla di buon umore. Un uomo ed una donna le vennero incontro, il primo le era ben noto la seconda immaginò fosse qualcuno appartenente al team dell’artista, era una donna dalla corporatura media, vestita in maniera molto casual ma con una certa ricercatezza, aveva una folta chioma rossa, occhi verdi e un incarnato molto chiaro, a Ruth venne subito in mente Klimt.
Salutò il primo con una stretta di mano
-              Tony, era da un po’ che non ci incontravamo.
-              Già, ma tu sei sempre impegnata in mille iniziative, è diventato difficile soltanto incrociarti. Lascia che ti presenti miss Katrin Cox è la..
Ebbe un attimo di esitazione che fu subito colmato dalla donna al suo fianco
-              Sono la promotrice di quella pittrice che spero mi aiuterà a tirare fuori dal suo guscio.
-              Perdonatemi, “Pittrice”? Devo ammettere che sono un po’ impreparata, mi era sembrato di aver capito che si trattasse di un uomo..
Rimase gelata quando vide la terza persona che era a qualche metro da loro, stava scendendo le scale dopo aver fatto un giro lungo la passerella che circondava le pareti.
-              Oh bene, si è decisa a raggiungerci
Non fecero caso al fatto che le morirono le parole in gola e si mossero per andare incontro alla nuova venuta. Quando furono l’una di fronte all’altra l’uomo si fece carico di fare le presentazioni
  • Ruth ti presento Victoria Reyes.
E così alla fine era riuscita a conoscere il nome della donna che l’aveva tormentata per lungo tempo.
Esitò un attimo ma poi le porse la mano e si presentò.  Victoria la fissò stringendo leggermente gli occhi, come per metterla a fuoco, ma fu soltanto un attimo, lasciò andare la presa e le sorrise semplicemente.
  • Piacere di conoscerla Mis. Devis.
Dopo un primo momento di sorpresa Ruth riuscì a gestire la situazione,si rifugiò dietro al suo lavoro e alla sua competenza riuscendo a fingere una calma che in fondo non aveva.  Non sapeva decidersi se sperare che la riconoscesse o pregare invece affinché fosse svanita nei meandri dei suoi ricordi insieme a chissà quante altre donne abbordate come aveva fatto con lei. Entrambe le possibilità le davano fastidio in egual misura.
  •  Quindi, oltre alla certezza del luogo dove tenere la mostra avete altri punti fermi che dovrei conoscere e tenere in considerazione?
Mentre lo diceva avevano iniziato a spostarsi all’interno del grande spazio, rispose Victoria.
  • Veramente molte poche, anzi quasi nessuna, a parte il luogo e la presenza di un dipinto che ancora non è terminato,  per il resto può parlare direttamente con Katrin, credo che a lei interessi più che a me.
  •  Vic.. ti prego..
Fu la risposta un po’ imbarazzata dell’amica. Ruth le venne in soccorso ignorando l’atteggiamento dell’artista e concentrandosi sulle questioni pratiche.
  • Un dipinto essenziale e non terminato può esserci utile, possiamo prenderci il tempo che occorre a entrambe per portare a termine i nostri lavori, siamo a Maggio e organizzare un’esposizione in piena estate non è il massimo a New York, a parte i turisti non credo che ci sia nessun’altro in città.
  • Quindi che cosa suggerisci?
  • Ottobre sarebbe il mese ideale e avremmo cinque mesi per organizzare come si deve l’evento. Fermo restando che in questo periodo avrò bisogno di raccogliere la maggior parte delle informazioni e del materiale per poter mettere su la cosa e soprattutto…
E qui fece una breve pausa, cercando di attrarre l’attenzione della pittrice.
  • Ho bisogno di capire che tipo di artista sei e di vedere le tue opere, perché devo ammetterlo, non ne ho la più pallida idea.
Fu volutamente pungente, e dallo sguardo che le lanciò la sua interlocutrice capì di aver colto nel segno. Poi guardò l’orologio.
  • Perdonatemi, adesso devo andare, ho un altro impegno e direi che qui abbiamo finito.
Si rivolse prima all’uomo.
  • Tony dovresti farmi avere la planimetria di questo posto, e  magari vorrei ritornare a fare qualche foto, e  Katrin, visto che sarai tu la mia persona di riferimento ti farò contattare inizialmente da un mio collaboratore  in modo tale da pianificare alcune cose. Approfittatene per riflettere su quello che volete comunicare alle persone e se avete in mente un tema, su quest’ultima cosa potrei pensarci io, ma dovrei vedere qualche suo lavoro.
  • Ok è tutto abbastanza chiaro
  •  Bene, credo che non ci sia nient’altro da aggiungere, a presto.
Strinse la mano a tutti e se ne andò con passo sicuro. Una volta fuori riuscì a fermare al volo un Taxi, diede l’indicazione all’autista .
  • Dannazzione!  Victoria Reyes! Come diavolo ho fatto a non riconoscerla!
  • Come scusi?
Si rese conto solo in quel momento che i suoi pensieri erano venuti fuori ad un volume troppo alto
  • No niente…
Victoria rimase ad osservare la porta chiudersi alle spalle di Ruth dopo che l’aveva seguita con lo sguardo dirigersi verso l’uscita.  Ritornò a prestare di nuovo attenzione a quello che stavano dicendo la sua amica e il proprietario dello stabile sulla curatrice appena andata via.
  •  Miss Cox non poteva trovare di meglio, se si vuole avere la certezza che una mostra abbia un’ottima riuscita non potevate che affidarvi a lei.
  • Si ne ho sentito parlare molto, sembra una che sa il fatto suo. Tu che ne pensi Vic
  • Che mi fido di te
Tagliò corto, non le disse che non era la prima volta che la incontrava, quando la vide entrare si trovava ancora al piano superiore, dalla sua andatura fiera e sicura aveva avuto subito l’impressione di conoscerla,  aveva i capelli raccolti in uno chignon ma lasciati morbidi sul davanti, indossava un tubino grigio a maniche corte ed un morbido e ampio collo e dei tacchi vertiginosi, stringeva al petto un’agenda e alcuni libri e infine aveva un paio di occhiali da vista dalla montatura scura, la osservò mentre li sfilava prima di stringere la mano alla sua amica, in un gesto che definì semplicemente sexy, e così la riconobbe, era  bella esattamente come la ricordava anche se aveva un look del tutto differente e non sapeva decidersi quale dei due le si addicesse di più, se questo chic e ricercato o il casual della sera del loro primo incontro, anche se allora indossava un semplice vestito dalla gonna morbida appena sopra il ginocchio e un lungo cardigan,  traspariva una certa ricercatezza e gusto nel vestire.

Impiegò un attimo a realizzare che sarebbe dovuta scendere e incontrarla, così finalmente si mosse, era curiosa di vedere come avrebbe reagito la nuova arrivata nel vederla, lei comunque era decisa a mostrare indifferenza, come del resto ormai gli riusciva bene su qualsiasi piano della sua vita. Vide passare un’ombra sul viso di Ruth ma che durò soltanto un attimo, ammirò molto il suo sangue freddo, sul fatto che  l’avesse riconosciuta non aveva alcun dubbio ma non lasciò trapelare nessun imbarazzo o tentennamento. 
Si ritrovò a sospirare guardando la porta dalla quale era appena uscita l’oggetto dei suoi pensieri, aggrottò la fronte ritornando in se e chiamando l’amica per andar via.
 
                                               ************************************
 
  • Ally portami tutto quello che riesci a trovare su Victoria Reyes
O almeno era quello che era riuscita a capire la segretaria di Ruth vedendola passare ed entrare come un razzo nel suo ufficio.
Ebbe appena il tempo di sedersi alla sua scrivania, fare un profondo sospiro e girare la sedia verso la vetrata dando le spalle alla porta e guardando il panorama che si stagliava in lontananza sotto di lei, le rive dell’Hudson e dello skyline di Manhattan quando fu raggiunta dal suo socio.
  • Allora com’è andata?
  • Sai Harry, mi domando perché non posso dirti di occupartene tu.
  •  Perchè io sono qui solo per far quadrare i conti e a stimolarti trovandoti i clienti migliori… è andata così male?
  • No
Harry fece una strana espressione
  • E allora cos’è un’altra impossibile artista con l’ego più grande del suo talento?
  • Di ego ne ha molto, e del suo talento ho vaghi ricordi, ma purtroppo ne aveva.
  • Purtroppo? Non ti capisco.
  • Niente, lascia stare, solo una crisi passeggera.
Si guardarono e sorrisero.
  • Curioso di sapere che ti passa per la testa ma abbiamo altro di cui parlare.
Harry andò a sedersi comodamente sul morbido divano grigio dando il via ad una lunga conversazione sull’organizzazione degli impegni nuovi e da concludere, su chi dei due sarebbe dovuto andare a presenziare qualche evento e su quale, e infine come ultimo argomento iniziarono a parlare del discorso vacanze.
  • Harry, sei tu l’uomo sposato che deve prendere in considerazione i bisogni della famiglia, fa come meglio credi. Anzi come Hanna crede. L’unica cosa lo sai,  ci sarà il lancio della nostra creatura, ti chiedo solo di tener conto di questo.
Mentre lo diceva si era alzata rivolgendogli un sorriso e sciogliendo i capelli che si raccolsero davanti sul lato destro . Andò verso il mobile bar e versò sia a lei che al suo amico due dita di scotch. Quando andò verso di lui per porgergli il bicchiere si accorse che la fissava trasognato.
Inclinò la testa leggermente di lato
  • Qualcosa non va?
  • Sai, se io non fossi felicemente sposato avremmo un problema.
  • E tralasciando il trascurabile dettaglio che sono gay.. Harry..
  • Ovviamente trascurabile. Grazie a te vivo immerso nel bello e nell’arte, e a volte tu sai essere entrambe le cose.
Scoppiarono  a ridere.
  • Ho fatto male a preparati da bere, mi sembri già abbastanza alticcio.
  • Forse, ma preso atto del tuo fascino innegabile è deciso che andrai tu al party del senatore e vedere se riesci a spillargli qualche contributo per noi e le nostre cause perse.
  • Ah ecco, dovevo immaginarlo che la tua sviolinata aveva un secondo fine.
  • Non è affatto così, ma tornando alle nostra creatura, a che punto siamo? Riusciamo a rientrare nei tempi?
  • Si, meno di un mese per far terminare agli artisti le loro opere e decidere chi sarà il live-paint durante l’inaugurazione, il resto ormai è fatto. Riusciamo a guadagnare un mese in più di esposizione.
Quello che definivano la loro creatura era rappresentato da un progetto che Ruth aveva ormai in mente da anni. Aveva preso in affitto un vecchio stabilimento industriale a 4 piani che sarebbe stato demolito da lì a qualche mese, aveva messo insieme degli artisti, graffitari principalmente, era sempre stata attratta dalla forza di comunicazione della Street art, ma anche pittori che avrebbero realizzato affreschi su quelle pareti degradate  e  scultori che avrebbero realizzato opere cercando di utilizzare principalmente i materiali trovai all’interno di quel posto.
Era molto eccitata e preoccupata, non sapeva se sarebbe riuscita a far passare il messaggio che rappresentava nell’insieme la sua opera, la sua creatura appunto, composta da centinaia di altre opere messe insieme e realizzate da altri artisti, e soprattutto l’evento finale, cioè la demolizione rappresentava il messaggio più grande, più forte e violento.
  • Brava ragazza! Abbiamo affittato quello stabile fino a dicembre, dopo sarà solo un ricordo, un po’ mi dispiace, tutta questa fatica.
  • Ma è il bello di quello che abbiamo messo su, l’effimero dell’arte associata alla modernità, all’era del consumismo e del poco durevole tipico dei nostri tempi.
  • Si si, lo so già, non lanciarti in spiegazioni, conservale per i giornalisti.
  • Certo, non vorrei mai annoiarti.
 
Vennero interrotti dalla segretaria che portava il materiale richiesto da Ruth.
Alcune erano riviste di settore di qualche anno addietro, altre articoli stampati da internet.
Ruth iniziò a sfogliarle e fu  travolta dai dipinti di Victoria, molti erano un inno ai colori e alla vita. Per alcune iconografie ricordavano l’arte messicana, tele bianche inondate da rossi caldi, verdi brillanti e da un azzurro tipico del cielo di quei luoghi, donne e uomini ritratti su alcune tele sembravano essere stati intrappolati dallo sguardo limpido e attendo dell’artista nelle loro attività di svago, altri  erano di natura politica, ma quelli più toccanti erano quelli in cui aveva immortalato nel suo stile del tutto particolare i soggetti nelle attività lavorative, erano squarci di vita contemporanea all’interno di scenari antichi. Poi ne vide alcuni che erano un misto tra lo stile di Frida Kahlo e il periodo polinesiano di Gaugin. Ma erano solo un vago ricordo, perché la sua tecnica e i soggetti dipinti erano del tutto originali. Soprattutto la tecnica era molto materica, guardandoli nel particolare si rendeva conto che alcune parti erano realmente pezzi di stoffa di un vestito tradizionale o il sasso su cui un vecchio appoggiava il piede in attesa alla fermata dell’autobus era realmente fatto da scaglie di pietra incastrate tra di loro in modo tale da sembrare vere e proprie pennellate.
Doveva ammettere che come già un tempo era rimasta colpita da questa artista lo era nuovamente, e forse oggi con più forza per la competenza che aveva acquisito nel tempo e non soltanto, come all’epoca, dal punto di vista di una giovane ragazza che frequentava il corso d’arte alla Columbia, ancora alla ricerca della sua strada e facilmente impressionabile da quelle persone che possedevano quello che lei non aveva, cioè talento artistico.
Fu riportata alla realtà da Harry, anche lui aveva iniziato a dare un’occhiata a quel materiale, soltanto che si era soffermato sul primo piano dell’artista che accompagnava l’articolo.
  • Però
Ruth si avvicinò per vedere cosa aveva suscitato la sua reazione, si ritrovò a fissare il bel sorriso di una Victoria raggiante. Aveva la bocca leggermente aperta in un sorriso che lasciava intravedere i denti regolari, aveva delle piccole fossette sulle guance e il suo sguardo era luminoso, i suoi occhi sorridevano anche forse più delle labbra. Il volto era incorniciato dai capelli scuri e lucidi che scendevano su entrambi i lati del viso. Era bellissima, e capì perché non l’aveva riconosciuta, quando anni addietro aveva avuto modo di incontrarla era sempre molto disponibile e quel sorriso aperto e cordiale aveva il potere di mettere a proprio agio la persona che aveva davanti. La ricordava anche come una persona di spirito e partecipava attivamente alle attività del campus, specialmente se si parlava di libertà di espressione o di aiutare qualche minoranza.
La persona che aveva avuto modo ci incontrare la mattina e la sera di qualche mese prima di certo non la ricordava affatto, se non per la bellezza rimasta immutata.
  • Facciamo che mi metto a studiare e me ne occupo io, voglio assecondare i tuoi desideri..
  • Facciamo che chiamo tua moglie e le dico che suo marito dev’essere rimesso in riga.
  • Dov’è finito il tuo senso dell’umorismo?
  • Io ho senso dell’umorismo, infatti ti dico che con il tuo fiuto non credo che il tradimento rappresenti realmente un pericolo
  • Cosa intendi dire.
Lo sguardo e il sorriso dell’amica fu illuminante
  • No! Maddai! Ora capisco! Tu la conosci già…e magari nel senso più stretto del termine! Ora capisco la tua reticenza!
  • Harry…
  • Certo, hai avuto sempre un gran gusto, stavolta mi devi raccontare…
  • Ma non credo proprio, funzioniamo perché ci teniamo fuori dalle rispettive vite private
  • Che cavolata, tu sei amica della mia cara mogliettina, e sai fin troppe cose della mia vita privata.
  • Forse, in effetti  so cose di te che magari era meglio non sapere.
Dopo averle lanciato un’occhiata di fuoco ritornò improvvisamente serio.
  • Aspetta, non ci procurerà problemi vero? Cioè tu e lei, non è che mi devo aspettare qualche dramma sentimentale e soprattutto finanziario?
  • Non temere non ti spezzerei mai il cuore o il portafogli,  non so cosa ti farebbe più male vista la loro vicinanza.
  • Fai pure la sarcastica, sarà anche come dici tu ma è quello che ci fa fare una bella vita ad entrambi. Quindi cosa mi devo aspettare?
  • Proprio niente, perché non è stato niente.
Furono interrotti dall’ingresso della segretaria di Ruth.
  • Miss Davis, una chiamata per lei. E volevo dirle che io sto andando via.
Ruth alzò lo sguardo sul grande orologio  della parete e si domandò chi potesse essere a quell’ora della sera, fece un cenno di assenso alla donna alla porta,poi  associò proprio la svista della sua segretaria nel non averla informata su chi fosse al telefono alla stanchezza generale che si respirava in ufficio in quel periodo.
  • Telefonata propizia mia cara, io me ne vado, concludiamo la riunione domani.
  • Ok, passa una buona serata.
  • Anche tu, e non fare tardi come al tuo solito, questo posto non esploderà se ti dedichi un po’ anche a te stessa.
Gli rispose con un sorriso e prese la chiamata.
  • Miss Davis mi scusi per l’orario, a dire il vero non speravo di trovarla
  • Con chi parlo?
  • Sono Katrin Cox, mi scusi di nuovo.
L’espressione sorpresa di Ruth fece esitare sulla soglia Harry che si trovava indeciso se uscire o restare ad assistere a quella telefonata che sembrava essere interessante vista la reazione della sua socia. Lei però se ne rese conto, chiuse con il palmo della mano il microfono.
  • Ti serve qualcosa?
  • No..no, a domani
Lo vide uscire incerto e ritornò alla sua interlocutrice.
  • Non mi sarei aspettata una sua telefonata così presto, quant’è passato un paio di ore?
Il suo tono di voce era divertito così dall’altra parte l’ascoltatrice si rilassò grazie a quella frase che aveva rotto il ghiaccio e l’agitazione in cui si trovava, sapendo quanto fosse inopportuna quella chiamata.
  • Mi scusi ma è andata via così di corsa e volevo solo sapere se fosse ancora dell’opinione di accettare il lavoro.
  • Credevo di essere stata chiara.
  • In verità mi volevo scusare per la mia amica, è stata scostante e potrebbe sembrare poco interessata, e credo che di telefonate  come questa gliene dovrò fare molte altre se decide di confermare la sua decisione.
  • Non mi incentiva così lo sa?
  • Penso solo che forse è bene preparala, ci tengo molto che sia lei a curare quest’evento, conosco il progetto a cui sta lavorando in questo periodo e mi lasci dire che lo trovo molto interessante
Ruth se ne restava in ascolto, perdendo volutamente l’occasione di inserirsi nella conversazione datale dalla sua interlocutrice.
  • Ma sto divagando, mi scusi, voglio solo avere la certezza che lei accetti l’incarico
Il silenzio che si era nuovamente creato fu interrotto dalla voce di Ruth
  • Katrin, sta tranquilla, ho abbastanza esperienza da riuscire a gestire le situazioni che si verranno a creare. Ho avuto già a che fare con artisti scostanti.
  • Non volevo mettere in dubbio la sua preparazione.
Nonostante Katrin avesse trovato piacevole sentire il tono confidenziale che aveva usato la curatrice non riuscì a fare altrettanto.
  • Ma per quanto riguarda Victoria, non è come le altre persone con cui lei ha avuto a che fare, le sue motivazioni sono differenti
Per un attimo Ruth si domandò se quelle scuse o il sincerarsi delle sue intenzioni  fossero perché era stata informata dell’incontro che lei e Victoria avevano avuto qualche tempo prima ed ebbe un profondo imbarazzo e disagio. Forse qualche ripensamento iniziava ad arrivare.
  • A tutti piace pensare di essere unici o c’è qualcosa che elegantemente stai omettendo?
  • Mi perdoni ma non capisco. Volevo solo dirle che non sarà per niente facile lavorare con Victoria.
Non avvertì nessuna malizia ne imbarazzo nel tono della risposta.
  • Sta tranquilla ribadisco che non ho ripensamenti. Se può farti stare tranquilla domattina dirò al mio socio di inviarti il contratto di collaborazione.
  • Perfetto sono contenta, allora la smetto di farle perdere tempo e a presto
  • Katrin, un’ultima cosa
  • Si?
  • Chiamami Ruth.
Ci fu un breve silenzio
  • A presto Ruth.

********************************    Note dell'autrice  ******************************

Salve a tutti quelli che sono arrivati a leggere fino a questo punto. Mi sono resa conto che con i due primi capitoli sono stata un pò "avara" quindi ecco qui un abbondante seguito. Se ne avete voglia fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!!

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Capitolo 3
*** A Rush Of Blood To The Head ***


Era trascorso quasi un mese da quella telefonata e Katrin aveva rivisto soltanto una volta Ruth e per motivi del tutto differenti dall’organizzazione dell’esposizione di Victoria.  Qualche settimana prima aveva ricevuto l’invito all’inaugurazione dell’evento organizzato dalla curatrice, accompagnato da un biglietto dove Ruth le diceva semplicemente “spero che dal vivo tu la troverai ancora un’idea interessante”.
Si era stupita molto e aveva trovato piacevole scoprire che il suo apprezzamento alla mostra non era passato inosservato, ma era stata comunque colta dall’incertezza che l’avesse invitata soltanto per il prestigio della sua famiglia, magari cercando di utilizzarla per avere maggior visibilità. Però quella piccola nota scritta a mano solo per lei, le aveva fatto provare una strana sensazione.
Decise di andare e ritrovandosi in quel luogo era rimasta colpita da tutto quello che era riuscita a mettere insieme quella donna, le forti emozioni provate girando tra quelle opere così prepotenti e comunicative, ma il turbamento più grande lo aveva avuto ritrovandosi faccia a faccia con la donna che aveva reso possibile tutto questo.
Le era andata incontro accongliendola con calore, felice di vederla lì, e Katrin volle crederle, l’entusiasmo che le dimostrò sembrava sincero e accantonò i suoi dubbi iniziali. Nonostante Ruth fosse presa dalla gestione di tutto quel circo fatto di fotografi, giornalisti e artisti, le aveva prestato particolare attenzione, assicurandosi che fosse a suo agio in quel turbinio di gente, anche se Katrin conosceva diverse persone che presenziavano l’evento ed era abituata a situazioni come quelle.

E adesso, a qualche giorno da quella sera, Katrin se ne restava seduta comodamente con le gambe incrociate sul divano della casa di Victoria intenta a sfogliare una rivista d’arte dove capeggiava in prima pagina il lancio del progetto espositivo di  Ruth, vi era un lungo articolo con l’intervista all’ideatrice e organizzatrice dell’evento, dove spiegava cosa l’aveva mossa a realizzare un progetto del genere, il suo punto di vista sulla modernità e sull’arte legata ad essa, ed elogiava tutti gli artisti che ne avevano preso parte. C’erano  opinioni entusiaste dei critici intervenuti alla serata e poi le interviste ai giovani talenti che avevano reso possibile far realizzare l’idea di Ruth. C’erano molte foto dei personaggi invitati e della curatrice, che come al solito, appariva in tutto il suo splendore e dove trapelava il suo amore per la moda.
Katrin si ritrovava a scrutarla in una foto, rievocando le impressioni avute quella sera quando l’aveva vista ed era rimasta colpita dalle eleganti scarpe argento che le lasciavano il piede scoperto e dal tacco vertiginoso che esaltavano la bellezza delle caviglie e delle gambe. Erano associate ad un semplice vestito da sera nero appena sotto il ginocchio che scendeva morbido lungo le gambe ma che si restringeva sulla vita, aveva un profondo scollo a V e le spalle scoperte, al collo aveva una semplice collana in oro bianco con un piccolo brillante al centro. Questo vestito metteva in risalto la sua magrezza e anche, se mai poteva essere un difetto, la scarsa misura del seno che gli permetteva appunto di poter indossare con tale disinvoltura un vestito con una scollatura così audace.
  • Cosa stai fissando così interessata?
Victoria si avvicinò all’amica rubandole la rivista di mano.
Anche lei guardando il soggetto di quella foto aveva notato la bellezza dell’insieme ma era rimasta più che altro a fissare il suo viso, incorniciato dai lunghi capelli ondulati un po’ stile anni ’30 che scendevano liberi sulle spalle, il bellissimo sorriso esaltato da un rossetto rosso brillante e i grandi occhi castani truccati con cura che incanalarono tutta la sua attenzione.
  • Credevo avesse gli occhi verdi
Mentre lo diceva aveva lanciato la rivista in mano alla sua amica, ritornando ad accovacciarsi e ad osservare  un dipinto poggiato tra la parete e il pavimento. Victoria, sentendola sospirare, tornò a guardarla con un mezzo sorriso.
  • Che bisogno hai di stare a studiare quella rivista, eri presente anche tu a quella serata, cos’è che ti turba tanto? Non sei stata forse menzionata?
Mantenendo l’attenzione sul volto di Ruth rispose all’amica
  • Spero solo che userà lo stesso impegno per noi,ma ad oggi si è limitata a mandarci quel ragazzino che non fa altro che prendere appunti e a guardarsi intorno.
L’organizzazione della mostra di Victoria aveva avuto, secondo il suo punto di vista, scarsi sviluppi.  Era stata contattata da Harry diverse volte e avevano portato a termine le questioni burocratiche legate agli accordi di collaborazione e, infine come era solita fare prima di dedicarsi in prima persona alla gestione e all’organizzazione dell’esposizione, Ruth aveva mandato un suo collaboratore per mettere insieme il maggior numero di informazioni che successivamente le sarebbero  servite  per chiarirsi le idee e proporre le soluzioni migliori.
  • Che avesse altro da fare era evidente dal principio. E poi sinceramente Kat, c’è bisogno che ti dica cosa ne penso di tutta questa storia?
  • No, e non sto buttando ne i miei soldi ne il mio tempo
  • Ma vorresti farlo perdere agli altri.
  • Dio Victoria, non iniziare, sei insopportabile.
Girò un’altra pagina ritrovandosi  davanti di nuovo Ruth che teneva sottobraccio Harry.Lui indossava un vestito grigio scuro con una camicia bianca e una cravatta nera dal nodo stretto. Aveva un taglio di capelli molto curato, nonostante il taglio fosse molto corto, sul  biondo dei capelli si potevano intravedere le tempie che iniziavano ad imbiancarsi. Aveva una rasatura perfetta su un viso un po’ abbronzato che metteva ancor più in risalto il bianco perfetto di quel sorriso che faceva venire fuori le fossette sulle guance. Questa sua accuratezza quasi militaresca ed eleganza contrastava un orecchino al lobo sinistro che gli conferiva un’aria leggera.
Katrin per non iniziare un ennesima discussione con l’amica iniziò a raccontarle la serata, il suo punto di vista, commentando le foto che l’aiutavano a ricordare con esattezza quello che aveva avuto modo di vedere.
Victoria sbuffò infastidita.
  • Se devi restare lì ancora per molto a tormentami con questa storia io vado a fare un giro.
Si rimise in pedi sotto lo sguardo sorpreso dell’amica.
  • Ma che ti prende?
Ma non ebbe alcuna risposta
  • E quello che stavi facendo? Hai deciso cosa vuoi esporre e cosa eliminare?
La vide prendere le chiavi  e se ne andò sbattendo la porta.
Così Victoria si ritrovò sulla metro che da Soho l’avrebbe portata sino a Manhattan, la sua meta era Central Park anche se la domenica era strapiena di turisti e di gente che vi trovava relax e divertimento in quei giorni di fine giugno. Era appoggiata ad un palo della carrozza, non prestando molta attenzione alle persone che la circondavano, persa com’era  nei suoi pensieri, quando alzando lo sguardo vide la ragazza seduta di fronte a lei  che sfogliava l’ormai nota rivista che l’aveva fatta scappare dal suo appartamento e dalla sua scontenta amica. Guardò meglio la ragazza dai capelli raccolti e con in testa a mo di cerchietto un paio di occhiali da sole che scuoteva la testa con un’espressione imbronciata.
Victoria sorrise e le rivolse la parola
  • Eppure dovresti essere contenta, hai riscosso un bel successo.
Al suono di quella voce Ruth alzò uno sguardo sorpreso  verso Victoria, soprattutto quando la riconobbe.
  • Lo hai letto?
  • No, ma mi è stato abbondantemente raccontato.
Ruth ritornò a guardare distrattamente la rivista e poi la chiuse alzando nuovamente lo sguardo su Victoria in piedi di fronte a lei che la fissava seria.
  • Tu, cosa ne pensi?
Alzò le spalle e notando che si era liberato un posto le sedette accanto.
  • Del progetto in se o di quello che se ne dice in giro?
  • In generale, il tuo punto di vista.
  • Per quello che importa la trovo un’idea interessante, farà parlare di se per un bel po’, sia per com’è iniziato che per come finirà.
  • Si ma è come se avesse perso tutto quello che c’è nel mezzo.
  • E’ solo all’inizio, chi meglio di te dovrebbe sapere come funzionano queste cose.
Ruth si girò a guardarla, sorpresa dalla naturalezza di quella conversazione. Poi Victoria riprese a parlare
  • Certo che per te deve essere una bella rivincita verso quelli che ti dicevano che non avevi la capacità di esprimerti attraverso l’arte.
Ruth rimase sgradevolmente colpita dalla frase.
  • Hai fatto i compiti su di me?
Furono interrotte dalla fermata della metro, entrambe si alzarono per scendere e una volta fuori si guardarono incuriosite e imbarazzate. Si diressero insieme verso l’uscita e presero la stessa direzione, camminarono in silenzio per un pezzo di strada.
  • Mi sono semplicemente ricordata di te, alla Columbia, il corso d’arte.  Anche se devo dire che sei molto cambiata.
Ruth che aveva indossato gli occhiali da sole si girò a guardarla. Calò di nuovo un pesante silenzio, ma stavolta fu lei a romperlo
  • Visto che siamo in vena di ricordi, di quello che è successo fra di noi ne dobbiamo parlare?
  • Sinceramente non ne sento la necessità, spero che sia lo stesso per te.
  • Non ti mette a disagio?
  • Neanche un po’.
  • Solo che, io non sono una che generalmente si fa rimorchiare in un bar.
  • Dovrei sentirmi lusingata?
  • Non lo dicevo per questo, era per mettere in chiaro che non sono il tipo di persona che magari sei abituata a..
  • Non avevamo appena detto che non ne avremmo parlato?
Victoria partecipava alla conversazione con un tono di voce inespressivo, come se parlassero del tempo. Dopo un lungo silenzio Ruth riprese a parlare.
  • Comunque anche tu lo sei, cambiata intendo. Non mi sono ricordata di te sino a quando non ci hanno presentate.
Ruth si fermò, erano giunte dove la strada si incrociava alla 85°St, avrebbe dovuto attraversare per raggiungere il portone della casa di Harry, come quasi ogni domenica Hanna l’aveva invitata per pranzare insieme. Anche Victoria si fermò visto che invece lei si sarebbe immersa nel parco proprio da quella strada ma dalla parte opposta. Rimasero un attimo a fissarsi.
  • Bene , dopo questa chiacchierata illuminante, ti saluto miss Reyes.
  • Miss Davis..
Victoria la vide attraversare la strada con passo sicuro e sparire dall’altra parte. Lei invece riprese la sua lunga passeggiata nella speranza che al suo rientro Katrin fosse andata via.
 
************************
 
Artista e mecenate furono invitate da Ruth per un incontro nel suo ufficio. Victoria non aveva potuto fare a meno di notare entrando di come l’ufficio rispecchiasse la proprietaria, ricercato ed elegante ma allo stesso tempo accogliente. Regnavano i toni del grigio antracite e del tortora, alternato ad elementi bianchi e alcuni mobili in legno scuro dal taglio moderno, come potevano essere la scrivania posta davanti all’enorme vetrata che rappresentava la parete esterna dell’edificio o il lungo mobile sospeso posto nella parete opposta. In tutto l’ambiente erano disseminati con cura e gusto elementi di design, come il grande orologio a parete interamente in metallo. Un’altra cosa di cui non potè fare a meno di accorgersi era il nervosismo della sua amica, entrando e vedendo Ruth intenta in una conversazione al telefono, aveva quasi trattenuto il respiro, per poi rilasciarlo lentamente.  Ruth nonostante fosse impegnata fece cenno alla sua segretaria di farle accomodare comunque. Chiuse alla svelta scusandosi con le nuove arrivate che si erano accomodate sul divano mentre lei  si alzò aggirando la scrivania e appoggiandosi ad essa, riducendo così lo spazio tra lei e le sue interlocutrici. 
  • Allora, io andrei subito al dunque, ho visto il materiale raccolto dal mio assistente e devo ammettere che sono rimasta un po’ sconcertata.
Katrin aggrottò la fronte mentre Victoria sorrise. Fu la prima a rispondere.
  • Sconcertata? Mi sembra una parola un po’ forte, qual è il problema?
  • Il problema è che non capisco su cosa dovremmo lavorare, Pit mi ha detto che si è relazionato esclusivamente con te, che non è riuscito nemmeno a parlare con  Victoria e tantomeno a dare una prima visione a che cosa esattamente dovremmo esporre.
  • Si beh, comprendo le difficoltà nel non aver ancora  fatto una selezione, per il resto non vedo quale sia il problema se sono io l’interlocutrice principale.
  • Il problema è che credevo dovessimo rilanciare Victoria, non realizzare qualcosa che celebrasse la sua memoria.
Rivolse la sua attenzione su Victoria rivolgendole uno sguardo tra il divertito e provocatore.
  • Direi che sei viva e vegeta, quindi vorrei orientarmi sulla prima soluzione.
Katrin aveva notato lo sguardo che aveva lanciato all’amica, riprese l’attenzione su di se.
  • Ovvio , è quello che vogliamo anche noi.
  • Ma devi farti andar bene quello che hai
Finalmente Victoria si era decisa ad intervenire.
  • Con quello che ho si fa realmente poco. Ho ben chiaro che per te una mostra non era nei tuoi piani, e sinceramente non capisco il senso di organizzare tutto questo se a te per prima non interessa.
  • Già, hai perfettamente ragione.
  • No, che non ce l’ha!
Rivolgendosi a Ruth che se ne restava a guardare la reazione infastidita dell’artista, con il desiderio di voler suscitare in lei delle reazioni che avrebbero infranto quella sua aria di apparente indifferenza.
  • Le interessa, eccome
  • Ed esattamente che cosa Katrin?
Ruth continuava a restare appoggiata comodamente alla sua scrivania, l’unico gesto che aveva accompagnato la sua affermazione era l’aver incrociato le braccia e alzato leggermente il mento. Si rivolse a Victoria
  • Ti devi concedere un po’ di più e soprattutto decidere che cosa vuoi realmente fare.
La mora restava in silenzio, era evidente che avrebbe voluto risponderle a tono ma si ostinava a rimanere in silenzio. Ruth divenne più incalzante.
  • Vuoi o no ritornare ad essere la Victoria Reyes che tutti conoscevano? La pittrice di talento che faceva parlare di se?
Fece una breve pausa, continuando a fissarla.
  • Hai ancora del talento vero?
Victoria la fulminò ma Ruth non si fece intimidire.
  • Dimmi, è questo il tuo problema?
Victoria dopo un primo moneto di attesa disse con estrema tranquillità e fissandola dritta negli occhi
  • Io non ho nessun problema. O forse sono le persone come te il mio problema, che credono di sapere tutto su cose che invece  non conoscono nemmeno.
  • E’ compito tuo aiutarmi a comprendere.
La pittrice sorrise.
  • Direi che per me possiamo anche chiuderla qui.
Si alzò e se ne andò senza aggiungere altro e lasciandosi dietro l’amica che era rimasta a guardare a bocca aperta la curatrice, che invece a parte un sorriso compiaciuto, non aveva mosso un muscolo.
  • Non ti sembra di aver esagerato? Considerato che ti paghiamo e anche bene?
Ruth sbuffo in un sommesso sorriso, decidendosi a spostarsi dalla sua posizione e prendendo dei fogli sulla scrivania.
  • Quindi secondo te solo per il fatto che mi pagate dovrei fare qualsiasi cosa? Sia ben chiaro, devo credere che quello che faccio abbia un senso. E poi davvero Katrin, non è trattandola con i guati che otterrai quello che vuoi.
  • Dici? Invece penso che adesso dovrò di nuovo lottare con lei per..
  • Per cosa? Perché se a lei non interessa ritornare ad essere quello che era, interessa così tanto a te?
  • Perché è importante anche per  lei, è solo che per lei è difficile… ma lascia stare, adesso abbiamo un problema!
  • Io non penso, fidati di me. Vuoi qualcosa da bere? Un caffè?
Katrin la guardò sgranando gli occhi e irritata dalla non curanza di Ruth, mentre le versava un caffè.
  • O devi forse correrle dietro?
Teneva la mano tesa con la tazza in attesa che la rossa si decidesse a prenderla.
  • Tu sei una che sa tutto vero? Persino come prendo il caffè?
  • Non pretendo così tanto, ma scommetto che lo prendi molto zuccherato
Si decise a prendere il caffè che le veniva offerto e Ruth la invitò nuovamente a sedersi, stavolta anche lei fece altrettanto prendendo il posto che prima era stato di Victoria.
  • Allora, vuoi dirmi che idee avevi per questa mostra?
  • Potrei, sempre se ci sarà una mostra, e se sarai ancora tu ad occupartene.
La curatrice si aprì in un largo sorriso.
  • Non ho alcun dubbio, su entrambe le cose.
Mentre sorseggiava il suo caffè Katrin non sapeva decidersi se questa sua aria da grande donna la infastidisse o se invece ne fosse totalmente affascinata.
                               ****************************
 
Ruth si ritrovava in un pomeriggio assolato a cercare un indirizzo nel bel mezzo del quartiere di Soho, aveva ancora nelle orecchie la voce entusiasta di Katrin.
  • Non so come ci sei riuscita ma Victoria ti aspetta domani nel suo studio.
  • Ci sarai anche tu?
  • Si, certamente.
  • Katrin, non fraintendermi, ma sarebbe il caso che mi lasciassi da sola a confrontarmi con lei.
La delusione di Katrin fu forte, ormai la curatrice occupava gran parte dei suoi pensieri e aspettava sempre con un certo nervosismo i loro prossimi incontri, quindi la richiesta di Ruth un po’ la ferì ma non lo diede a vedere e cedette alla richiesta.
Ruth non si sarebbe aspettata una reazione così rapida dell’artista alle sue provocazioni di qualche giorno prima, era un po’ incerta su quello che l’aspettasse. Si ritrovò a camminare sotto gli alberi del marciapiede sino a quando non si fermò davanti ad un edificio di mattoni rossi incastonato in mezzo ad altri più o meno dello stesso colore, la tipica scala antincendio dello stesso colore della facciata caratterizzava fortemente l’edificio dalle finestre di un verde scuro .Pensò che era proprio nello stile della persona che vi abitava.  Guardò il portone dello stesso colore delle finestre e si diresse alla ricerca del nome sul citofono.
Quando suonò l’unica risposta che ricevette fu lo scatto del portone che si apriva. Fece tre piani di scale a piedi sino a quando vide una porta accostata e capì di essere arrivata alla meta.
La accolse una Victoria in maglietta bianca un po’ stropicciata e con qualche macchia di colore qua e là, e dei jeans strappati su alcuni punti. Aveva la folta chioma scura raccolta in un morbida coda e quello che colpì la visitatrice fu l’espressione accigliata della padrona di casa. Non preannunciava niente di buono e il fatto che avvertisse un certo disagio tutte le volte che si trovavano vicine non l’aiutava. Una volta entrata si ritrovò in un grande ambiente dalle pareti che richiamavano lo stesso stile dell’esterno, vi era un soppalco in legno chiaro e con pali e scala di metallo che doveva ospitare la zona notte, mentre tutto il resto di quell’ambiente a parte la cucina ed un tavolo messi in un angolo, rappresentava lo studio di lavoro di Victoria.
Il silenzio fu interrotto dalla padrona di casa.
  • Mettiamo subito in chiaro che io non ho da dimostrare niente a nessuno, tanto meno a te.
Ruth rispose alzando le braccia in segno di resa.
  • Ok, ammetto che forse sono stata un po’ dura l’atro giorno, ma sei tu che mi spingi ad esserlo.
Si spostarono verso il centro della stanza.
  • Ma ho bisogno di capire quello che ti passa per la testa, e tu non me lo rendi affatto facile.
  • Non c’è molto da capire, faccio tutto questo per Katrin, perché ha la strana convinzione che dovrei ritornare a lavoro, che dovrei..
Non concluse la frase e Ruth capì che non lo avrebbe fatto, riprese ma con un tono meno aggressivo di quello usato in precedenza.
  • Dovresti farlo per te stessa, non so perché glielo devi, ma a guardarti in questo momento direi che a lavoro ci sei già.
Victoria si guardò le mani sporche di colore.
  • Si ma questo, per me non è lavoro, non c’è nessuna pressione esterna, nessuna aspettativa.
  • E’ questo che ti spaventa? Deludere le aspettative?
  • No
  • Allora cosa?
Victoria fece un gesto infastidito con la mano, e si allontanò dandole le spalle, andò vicino ad un tavolino con una pezza e un diluente che utilizzò per pulirsi le mani.
  • Ok, ricapitoliamo, lo fai principalmente per Katrin, ma ti dirò quello che penso.
La pittrice la guardò con un sorriso sarcastico.
  • Come se per te fosse un problema.
Anche Ruth sorrise ma evitò di soffermarsi sul commento pungente di Victoria.
  • Visto che ormai ti ritrovi in questa situazione,direi di fare le cose per bene, senza pensare al dopo e a che  cosa ti porterà,  una volta che avrai accontentato la tua amica non so quali altri obblighi avrai con lei, ma se si limita a quest’unico evento non c’è nessun motivo per non farlo per come andrebbe fatto.
  • E questo fare le cose per bene per te in che cosa consisterebbe?
Ruth le si avvicinò e le poggiò una mano sul braccio
  • Consiste nel fidarti di me, e di capire che non sono tua nemica.
Victoria alzò un sopracciglio guardandola.
  • La fiducia è una cosa sopravvalutata.
  • Victoria…
  • Ok, dimmi come vuoi procedere.
  • Che ne dici di farmi vedere qualche tuo lavoro?
La mora ebbe un attimo di esitazione, poi alla fine la guidò in un angolo della stanza dov’erano appoggiati l’uno all’altro molte tele,erano tutte abbastanza grandi, ma con il contenuto rivolto verso la parete, Ruth aveva notato che su quasi tutte le pareti vi erano cataste simili, ogni spazio disponibile sembrava adibito per quell’occupazione.
  • Accomodati. Sono tutti tuoi.
Ruth si avvicinò e iniziò a girarne alcune, l’espressione che si dipinse sul suo viso fece sorridere e scuotere la testa all’autrice. La lasciò sola ad osservarla da lontano.
Quello che Ruth si trovò ad osservare era del tutto inaspettato, non riusciva a credere che quei dipinti appartenessero alla stessa persona di cui aveva ammirato le opere qualche tempo prima. Solo la tecnica era riconoscibile, l’uso dei colori e delle pennellate e soprattutto i materiali utilizzati racchiudevano la firma di Victoria, ma i soggetti erano cupi, intere tele su sfondo nero con figure diafane che ne venivano fuori, erano spettrali. Incubi di una fattezza reale e terrificante. Altre rappresentavano il degrado di una società cruda, le bassezze che si potevano trovare nei quartieri più disagiati erano rappresentati in quei dipinti in una realtà che colpiva in pieno stomaco.
Ruth taceva, assorbendo tutto quello che vedeva e facendo fatica a contenere le emozioni e i pensieri che le affollavano la mente.
Victoria apprezzava quel silenzio, si sarebbe aspettata un mare di domande, di spiegazioni, e invece vedeva la curatrice trincerarsi dietro la sua professionalità, ma era evidente che le costava fatica, l’espressione corrucciata del suo viso era eloquente. La vedeva scrutare le sue opere e spostarle da una parte all’altra intenta a fare una prima selezione.
Tra quelle nuove tele Ruth ne trovò alcune  vecchie, le mise una di fianco all’altra, in una sorta di alternanza. Finalmente Victoria intervenne a interrompere quel lavoro che durava ormai da un pò.
  • Vuoi qualcosa da bere?
  • Si, grazie.
La seguì in cucina e mentre la padrona di casa prendeva due birre dal frigo si mise ad osservare delle cartoline e alcune foto dai posti più incredibili  appese con delle puntine su un pannello di sughero. Fu attratta in particolare da una che ritraeva una Victoria sorridente che veniva abbracciata da dietro da un’altra donna, anch’essa sorridente.  Riportò la sua attenzione sulla birra che le veniva offerta.
  • Hai viaggiato parecchio.
  • Già, niente ti fa crescere umanamente come uscire dal guscio in cui si è cresciuti e conoscere nuove realtà e immergersi in culture diverse dalla tua.
-              Tu però alle tue radici ci tieni molto, insomma i tuoi quadri lo esprimevano pienamente
-              Perché fanno di me quella che sono
Fece una breve pausa sorseggiando la sua birra.
  • O almeno che ero
Fu un’affermazione più per se stessa che per la persona che in quel momento la guardava lottando con se stessa per non trovarla affascinate. Victoria riprese a parlare.
  • Anche tu rispecchi pienamente le tue radici.
  • Sarebbe a dire?
  • Ragazza ricca di famiglia ebrea facoltosa.
  • Ah! Non sai quanto ti sbagli.
  • Su cosa?
  • Sulla mia famiglia, mio padre aveva un negozietto di alimentari a Williamsburg, ho dovuto fare dei grandi sacrifici per mantenermi agli studi.  Dovrei sentirmi offesa, ho lavorato duro per raggiungere i miei obbiettivi.
  • Ti avrei apprezzata comunque, sei brava nel tuo lavoro.
Ruth la guardò di traverso e ritornarono nell’altra zona della casa, andò a sedersi sul pavimento di fronte alla sequela di dipinti che aveva allineato. Victoria andò a sedersi  di fronte a lei mantenendo i dipinti alla sua sinistra. Li conosceva abbastanza bene da non esserne affatto interessata, non almeno quanto gliene suscitava la sua ospite.
Ruth se ne restava con le gambe strette al petto con le braccia e ogni tanto sorseggiava la sua birra, con lo sguardo fisso su quelle tele che l’avevano turbata. Victoria invece le teneva incrociate e appoggiata con i gomiti sulle cosce, intenta a contemplare lei.
  • Che ti è successo?
Victoria non rispose.
  • Voglio dire, in questi cinque anni di silenzio. Sembrano tanti, ma non lo sono affatto per aver fatto un cambiamento simile, da questo a… quello.
E aveva indicato la prima tela che rappresentava un mercato di un paesino del Messico, pieno di vita e di colori e uno che sembrava uno dei peggiori incubi di Francisco Goya, fatto di creature informi che venivano fuori da un’oscurità che sembrava senza fine.
  • Non lo trovi forse bello?
L’oscurità della sera aveva iniziato la sua avanzata, si trovavano in una penombra che si faceva sempre più prepotente, ma nonostante questo Ruth poté vedere il mezzo sorriso che aveva avuto nel pronunciare quella frase.
  • Si, molto bello, nel suo essere terrificante.
  • E’ per questo che mi costa fatica tutto questo,  per domande come la tua.
  • Se scegliamo di esporre questi dipinti, te le dovrai aspettare. Se vuoi possiamo inventarci una storia. Ma a me piacerebbe conoscere la verità.
Victoria sospirò profondamente. Poggiò la birra sul pavimento e si avvicinò a lei. Le mise una mano su una guancia e la baciò. Ruth stranamente non ne fu sorpresa, da quando aveva messo piede in quell’appartamento aveva desiderato quelle labbra piene e perfette sulle sue.
  • E’ un modo per non dover rispondere alla mia domanda?
  • No, è che voglio semplicemente scoparti
  • Cosa?
Mentre lo diceva era rimasta a pochi centimetri dal suo viso e passandole una mano fra i capelli, li aveva raccolti come un nodo in una mano. Strinse la presa e quel gesto costrinse Ruth ad  alzare la testa facendole esporre il collo, che Victoria iniziò a baciare. Continuava a scendere disegnando un percorso invisibile che conduceva in mezzo al suo seno, segnandolo con dei piccoli e lenti baci sulla sua pelle. Quando Ruth sentì che con l’altra mano aveva slacciato anche l’ultimo bottone della camicetta che indossava si liberò da quella presa e afferrandola per le spalle la allontanò da se.  Aveva il fiato corto e la guardava con aria indispettita. Victoria rimase in attesa, aveva il cuore in gola e voleva assolutamente toccare quel corpo, voleva sconvolgere quella sua perfezione, stravolgere quel suo essere impeccabile, era da quando l’aveva vista risplendere su quella rivista che aveva sentito il desiderio di rivedere quel lato disinibito e così distante da quell’immagine che dava di se e che aveva conosciuto già una volta.
Alla fine Ruth decise di colmare la distanza che le separava e si avventò su di lei, baciandola con voracità. Per Victoria fu facile liberarla dalla camicia e altrettanto fece Ruth con la maglietta della sua compagna, quasi gliela strappò. Fu un po’ più complicato togliersi i jeans che entrambe indossavano ma non fu un grande ostacolo. Erano travolte dall’urgenza di sentire la pelle nuda dei loro corpi a stretto contatto, come se la prima volta fosse stata un’ esigenza che era venuta meno a causa delle  condizioni in cui si trovavano. Victoria riprese fiato ammirando il corpo di Ruth coperto soltanto dal completino nero che indossava, si abbassò a baciarle il ventre mentre con le mani iniziava a toglierle gli slip e a seguire con le labbra la pelle che veniva lentamente scoperta. Si soffermò sul linguine sfiorando appena la parte più ardente di Ruth. La sentì gemere mentre l’ afferrava i capelli per riportarla su da lei e poterla baciare e approfittarne per invertire le parti. La fece sdraiare e vi  si mise a cavalcioni. Victoria sentì il caldo desiderio della sua compagna che iniziava a sciogliersi sul suo ventre e le mani impertinenti che si erano soffermate sui suoi seni le stavano facendo perdere il controllo. Ma quello che definitivamente  la fece andare fuori di testa fu la voce rauca di Ruth
  • Non volevi scoparmi?
Un tempo indefinito era trascorso quando si ritrovarono sconvolte, sudate e appagate sul pavimento in legno dell’appartamento di Victoria, ormai fuori era buio e una sirena in lontananza rompeva quel muro di silenzio. Ruth si girò su un fianco verso Victoria sollevandosi un po’ e appoggiando il viso sul braccio piegato. A quel gesto la padrona di casa senza prestarle attenzione si mise a sedere e a cercare i vestiti per rimettersi in sesto. Ruth ricadde sulla schiena.
  • Oh, wow…
E si coprì gli occhi con una mano
  • Cos’è, una tua abitudine?
  • Cosa?
E continuava a rivestirsi senza nemmeno guardarla.
  • Il dopo sesso, è una tua abitudine mettere così a proprio agio l’altra persona, non riesci nemmeno a guardarmi… sai sa essere abbastanza umiliante.
Adesso anche Ruth aveva iniziato a rivestirsi, si era rimessa in piedi e cercava di trattenere la rabbia che le stava salendo ma che era evidente in ogni suo gesto. Victoria con un geto infastidito aveva infilato la maglietta, si fermò
  • Senti, non vedo quale sia il problema. Abbiamo solo fatto qualcosa che entrambe volevamo, una cosa fine a se stessa. Sinceramente non pensavo che volessi stare qui ad esaminare la cosa.
  • Ma va al diavolo!
Ruth andò a prendere la sua borsa abbandonata sul divano per poi dirigersi verso la porta.
  • No ok, aspetta…aspetta!
La fermò trattenendola per un braccio.
  • Va bene, ti chiedo scusa.
In quel momento Ruth si rese conto che ancora evitava il suo sguardo.
  • Cosa…cosa ti aspetti?
  • Un minimo di rispetto dio santo! Non sono un oggetto per sfogare le tue voglie e necessità!
  • E’ l’unica cosa che cerco in questo momento.
Ruth alzò gli occhi e le braccia  al cielo e le fece ricadere rumorosamente sulle sue gambe
  • Evviva la sincerità!
Si mosse verso la porta ma Victoria l’afferrò nuovamente. Finalmente i loro sguardi si incontrarono.
  • Va bene, mi sono espressa male
Victoria l’osservava e la trovava così bella con i capelli arruffati e quell’aria offesa e si arrabbiò con se stessa per provare una stretta al cuore per quella donna.
  • Tu vuoi qualcosa che io,  davvero, non posso...
Ci fu una breve pausa.
  • E’ per via della donna nella foto? La stai tradendo?
Victoria tornò di nuovo sulla difensiva
  • No! E’ per un miliardo di motivi differenti. E nessuno di questo ti riguarda!
Lasciò andare il suo braccio dandole le spalle e allontanandosi da lei.
  • Giusto per essere chiari, Victoria, nessuno qui ti ha chiesto niente, nessun impegno o coinvolgimento, siamo entrambe adulte e consenzienti,ti ho chiesto soltanto un po’ di rispetto.
Victoria la vide fermarsi davanti alla porta aperta per dirle un’ultima cosa prima di sbattere la porta dietro di se.
  • Per me possiamo anche far finta che non sia successo niente, e se posso darti un consiglio  la prossima volta che vuoi fare del sesso senza sensi di colpa dopo, beh comprati un vibratore!
Dopo questa sua uscita Victoria non riuscì a non sorridere.

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Capitolo 4
*** What You Were ***


 
  • Quella donna credimi, è un’idiota!
Ruth faceva avanti e indietro davanti ad una Beth divertita seduta alla scrivania della curatrice. La sua amica lavorava nella stessa zona e spesso pranzavano insieme.
  • Ne incontrassi io di idiote sexy e che ci sanno fare a letto.
  • Oddio Beth! Riusciamo a restare concentrati su di me per una volta?
L’amica addentò la mela che aveva in mano e pronunciò un Ok divertito e biascicato.
  • Adesso secondo te come mi dovrei comportare? Al solo pensiero mi fa incazzare in un modo.
  • Io non ti capisco, mi sa che ha ragione lei, tu vuoi qualcosa di più.
  • Ma se nemmeno la conosco!
  • Oh, questa è bella, raccontalo a qualcuno che non si ricorda come arrossivi tutte le volte che l’incrociavamo al campus.
  • Ma non dire sciocchezze, sono passati più di dodici anni, era un’estranea all’ora figuriamoci adesso.
  • Sarà, comunque non è che ti sei lasciata convincere più di tanto, per carità non ti giudico, io avrei fatto lo stesso.
  • Ecco, adesso si che mi devo preoccupare, se sto avendo il tuo stesso comportamento.
  • Ciao belle signore, vi disturbo?
Entrò Harry con in mano un panino.
  • Vedo che nemmeno tu sei riuscito ad uscire di qui
  • No, avevo delle cose da finire senza avere il telefono che squilla di continuo, di che parlate?
Rispose Beth con un sorriso malizioso
  • Questioni morali.
  • Oh bene! Si parla di sesso!
Si lasciò cadere comodamente sul divano.
  • E ditemi, chi va a letto con chi?
Ruth reagì prontamente prima rivolgendosi all’amica e poi al suo socio
  • Tu non dire nemmeno una parola. E tu…
  • Credimi, non lo vuoi sapere
  • Beth dannazione!
  • Ma da quando abbiamo segreti con Harry?
Lo sguardo che gli lanciò Ruth fu abbastanza eloquente.
  • Ops….
Fu l’unica cosa che disse una volta aver capito.
  • Ok ragazze, se volete tenermi all’oscuro può essere solo per un motivo, dev’essere qualcosa che mi farebbe arrabbiare. Ruth cos’hai fatto?
  • Ma fai sul serio?
  • Dai Harry, non è niente di così preoccupante. Fino a quando Ruth non si ritroverà da sola nella stessa stanza con una certa persona  vedrai che andrà tutto bene.
Harry la guardò stringendo leggermente gli occhi, e poi si illuminò!
  • Sei di nuovo andata a letto con Victoria Reyes! Cavolo Ruth!
  • Oddio Harry, sta tranquillo, non ho infranto nessuna legge! E poi non preoccuparti non accadrà più, te lo posso assicurare!
  • Questo me lo hai già detto poco tempo fa eppure eccoci qua. Ma ti rendi conto di quello che rischiamo? Potrebbe recidere il contratto, vorrebbe indietro i soldi che ha già versato, farci causa,e soprattutto  perdiamo di credibilità se inizi ad andare a letto con i clienti!
Beth decise di intervenire vedendo la piega che stava prendendo la conversazione.
  • Potrebbe estinguersi la razza umana! Andiamo Harry, non pensi che stai un tantino esagerando? In fondo Ruth non ha costretto nessuno, non è stata nemmeno una sua iniziativa!
Ruth la guardò allibita.
  • Non so Beth, vuoi anche dirgli il dove e il quando?
  • Guarda che sono dalla tua parte! Ragazzi ne state facendo una questione di stato, tu per un motivo e tu per un altro!
In quel momento furono distratti da qualcuno che bussava alla porta aperta per attirare l’attenzione dei tre intenti in quell’accesa discussione. Si girarono tutti contemporaneamente verso la nuova arrivata e a Ruth gelò il sangue.
  • Lexie, come mai da queste parti?
Restava davanti alla porta aspettando che qualcuno la invitasse ad entrare, aveva stampata in viso la sua espressione fiera, resa quasi gelida dal colore azzurro ghiaccio dei suoi occhi, aveva la folta capigliatura nera che ricadeva morbida sulle spalle messa in risalto dalla camicia bianca che indossava su dei pantaloni in tessuto grigio, aveva la ventiquattrore ben salda in una mano e l’altra invece era appoggiata sulla maniglia della porta. Senza alcun dubbio era una donna affascinante e imponente dall’alto della sua statura di un metro e ottanta, l’insieme, il suo portamento e il suo aspetto fisico incutevano una certa soggezione e rispetto nelle aule di tribunale ogni volta che seguiva un caso. Ma aveva anche un lato estremamente sensibile che aveva mostrato solo a poche persone, una delle quali era proprio la sua ex compagna che se ne restava a guardarla con aria sorpresa.
Fu Harry a risponderle.
  • Perché l’ho chiamata io, è la nostra consulente legale o te ne sei dimenticata? E mai come adesso potrebbe illuminarmi sulle conseguenze di certe azioni.
  • Non pensarci nemmeno!
Fu solo un sussurro molto minaccioso che gli rivolse guardandolo dritto in faccia.
  • Non volevo disturbarvi, ma Harry dopo avrei un altro impegno, quindi.
Ignorò totalmente la presenza di Ruth, con grande sorpresa di quest’ultima, si era limitata a lanciarle uno sguardo indifferente e poi aveva riversato la sua attenzione sull’uomo.
In quel momento iniziò a squillare il numero diretto di Ruth al quale rispose.
  • Katrin…
Chiuse gli occhi e si tocco una tempia, sentiva arrivare un gran mal di testa.
 Beth avendo visto l’ora esclamò
  • Per essere una pausa pranzo è davvero affollata.
Ruth cercò di ignorare le persone nella stanza per dedicarsi alla persona all’altro capo del telefono.
  • Dimmi, cosa posso fare per te?
  • Volevo solo ringraziarti, non so come sei riuscita a convincerla ma direi che Victoria finalmente ha l’aria di voler partecipare attivamente a tutto questo.
Ruth  sentì un forte imbarazzo sopraggiungere, di sicuro non sapeva quello che era successo tra lei e l’artista,ma iniziava a capire in parte le motivazioni di Harry, per quanto le trovasse esagerate.
  • Ho solo fatto il mio lavoro, non hai nulla per cui ringraziarmi.
  • Comunque a parte questo, avrei stilato una lista di persone che vorrei ci fossero all’inaugurazione, mi piacerebbe discuterne con te.
  • Va bene, devo solo vedere quando potrei avere uno spazio libero.
  • Ecco a dire il vero, stavo pensando che magari potremmo discuterne a cena
Ci fu un lungo silenzio interrotto nuovamente da Katrin
  • Era da un po’ che volevo invitarti, mi piacerebbe conoscere meglio la persona che riesce a gestire quasi meglio di me Victoria. Ma non so, forse ti metto in difficoltà con la tua compagna?
  • La mia compagna?
Al suono di quella parola sia Ruth che Lexy si guardarono, la prima confusa, non riuscendo inizialmente a capire, la seconda sorpresa.
  • Se è così potrei anche giurare di non avere secondi fini.
Katrin aveva un tono di voce molto divertito.
  • Katrin, puoi aspettare un attimo in linea?
Rivolgendosi agli altri
  • Scusatemi ma devo ritornare a lavoro se poteste…..uscire.
Beth le fece un gesto per farle capire che l’avrebbe richiamata dopo e si diresse verso l’uscita, Harry la guardò in modo truce
  • Il discorso non è ancora chiuso!
E anche lui andò verso la porta dove ad attenderlo c’era ancora Lexy, quest’ultima si limitò a guardarla incrociando il suo sguardo, sentiva ancora ronzarle in testa la voce di Ruth che pronunciava  “la mia compagna”. Si, voleva ancora esserlo, avrebbe dato qualsiasi cosa. La guardò ancora  per un attimo e così anche lei lasciò l’ufficio insieme al suo amico.
Ruth riprese finalmente fiato.
  • Katrin, ascolta, magari sarebbe il caso che anch’io butti giù una lista di nomi, cosa che ancora non ho fatto, quindi mi serve del tempo.
  • Prenditi il tempo che ti serve, ma l’offerta di una cena insieme è sempre valida.
Ruth restava in silenzio.
  • Ruth, ti ho forse messa a disagio?
  • No.
  • Se così fosse non era mia intenzione, anche perché non credevo che a una come te bastasse così poco per sentirsi in imbarazzo.
Ruth avvertì un tono malizioso nella voce della sua interlocutrice.
  • Ti sbagli, cioè… mi trovi solo in un momento un po’…difficile.
  • Posso aiutarti in qualche modo?
Katrin stava flertando, ecco cos’era che la stava mettendo a disagio, non appena se ne rese conto ebbe un attimo di disorientamento ma riuscì a riprendere in mano velocemente la situazione.
  • Si, un modo ci sarebbe, fammi sapere quando Victoria è disponibile per mandarle il trasportatore a imballare i suoi dipinti, dopo risentiamoci per vederci allo stabile.
Fu molto decisa, quasi brusca. Per Katrin fu una doccia fredda, non avrebbe mai creduto di aver infastidito così tanto Ruth.
  • D’accordo, ti farò sapere.
Quando la telefonata terminò Katrin si ritrovò a fissare il telefono. Aveva sperato che Ruth accettasse il suo invito, le piaceva, come non poteva non piacerle, era bella e intelligente e cosa non da poco sapeva gestire la sua lunatica amica, dote forse più grande di quelle elencate. Non le sarebbe dispiaciuto conoscerla al di fuori del suo ambiente. Ma era rimasta quasi offesa dalla reazione esageratamente dura che aveva avuto.
Con questo  spirito, tra l’offeso e l’imbarazzato, in una bellissima mattina di luglio si ritrovò ad affrontare l’incontro nel luogo che avrebbe ospitato la mostra. Il caldo si faceva sentire e l’essersi resa conto di essere arrivata prima della sua amica non aiutò il suo umore a migliorare. Si decise ad entrare,  Ruth, non appena si rese conto della sua presenza la salutò con un largo sorriso, questo bastò a far evaporare tutto il suo rancore e disagio verso la curatrice, facendole dimenticare persino perché li avesse provati. Ruth aveva i capelli legati in una coda alta che lasciava scoperto il collo, indossava gli occhiali da vista dalla scura montatura e aveva in mano un blocco dove prendeva appunti, aveva un abbigliamento molto sportivo che consisteva in un paio di jeans e una maglietta bianca molto larga che le lasciava una spalla scoperta.
Katrin si domandava come facesse questa donna ad essere sempre così sexy, ed era abbastanza sicura che anche con un sacco addosso non avrebbe fatto alcuna differenza.
  • Victoria non è con te?
  • No, credevo fosse già arrivata.
  • Se per te non è un problema inizierei a illustrarti qualche idea che ho avuto.
  • Certo…
Ruth aveva iniziato a portarla in giro per la sala e a spiegarle come avrebbe voluto organizzare l’esposizione, aveva fatto dividere in tre gruppi i vari dipinti e aveva dato disposizione che avrebbe pensato lei a sistemarli e successivamente a contattare gli installatori. Le spiegò che quella mattina si sarebbero dedicate a spostare nelle varie posizioni i quadri in modo tale da vederli con gli effetti reali della luce e a scegliere le soluzioni migliori in base ai vari fattori espositivi.
Katrin restava ammirata ad osservare con quanta sicurezza  le spiegava tutto questo, e si rese conto che sarebbe restata ad ascoltarla per ore.
  • Allora, cosa ne pensi? 
Questa domanda la fece trasalire.
  • Che per me va bene, voglio dire, non ho molta esperienza, un tempo Vic si occupava di tutto questo da sola, io ero solo una visitatrice.
Sospirò sorridendo
  • Quindi mi fido della tua esperienza, totalmente.
  • Da quanto vi conoscete.
Rimase sorpresa della domanda
  • Da una vita intera.
  • Quindi nessuno la conosce meglio di te. 
Ruth fece una breve pausa incerta diede voce ai suoi dubbi.
  • Voglio essere sincera, il cambiamento avvenuto nelle sue opere sarà l’argomento principale di discussione. E so che per lei sarà difficile,  proprio per questo, non vorrei esporre i suoi vecchi lavori.
  • Non so, sono così..
  • Ottima idea.
Victoria aveva fatto finalmente il suo ingresso. Le due donne che non l’avevano sentita entrare si voltarono e rimasero a fissarla con aria sorpresa e Katrin con un velo di preoccupazione.
Indossava dei vestiti in forte contrasto con il caldo estivo che regnava fuori, aveva una giacca di felpa leggera e dei pantaloni scuri. Teneva le mani ben piantate nelle tasche e gli occhiali da sole, che non aveva tolto entrando, non impedivano di decifrarne l’espressione cupa che aveva.
Ruth non la vedeva dal loro ultimo incontro e tanto meno aveva cercato di risentirla, per la sua esperienza l’abbigliamento poco consono e il fare annoiato lo attribuiva alle classiche stranezze e bizzarrie che spesso avevano gli artisti.
Fu Katrin la prima a rivolgerle la parola
  • Vic, stai bene?
  • Si. Splendidamente.
Poi si rivolse a Ruth
  • Mi piace l’idea del fuori il vecchio.
  • Sappi che può essere un’arma a doppio taglio, qualcuno lo terremo.
  • Non m’importa. Allora, cosa siamo venute a fare?
Questo suo atteggiamento la infastidiva non poco, ma decise di ignorarlo e di concentrarsi esclusivamente sul lavoro che avevano da fare. Iniziò a spiegare anche a lei come avrebbe voluto organizzare la cosa, che  avrebbe dedicato la parte iniziale della sala alle opere più vecchie, quelle più significative e quindi ridotte decisamente di numero, per passare alle più recenti sino al raggiungimento della zona interna e centrale dove avrebbe messo il dipinto a cui teneva Victoria e che ancora nessuno aveva avuto modo di vedere.
L’artista non fece nessuna obiezione, la vide soltanto esitare quando le disse che sarebbe stato il caso di iniziare a togliere dagli involucri protettivi i dipinti e ad iniziare ad appoggiarli alle pareti dove si pensava volerli inserire e vedere il primo risultato. Ruth, vedendo che non si muoveva rafforzò la sua richiesta.
  • E sarebbe il caso di muoversi se non vogliamo passare tutto il giorno qui.
Victoria le fece un cenno di assenso e si diresse verso i primi box che contenevano i suoi quadri.
Ruth vide Katrin raggiungerla, ma non vi prestò molta attenzione e si dedicò agli altri imballi che regnavano praticamente ovunque. Notò diverse volte le due amiche parlare concitatamente, anche se era più che altro Katrin a parlare e Victoria a risponderle con monosillabi. Un’altra cosa che notò fu che la mora non aveva mai tolto la mano sinistra dalla tasca della giacca e che a volte una smorfia di dolore le attraversava il viso. Le sue impressioni furono confermate quando Victoria per liberarsi dalla presenza costante di Katrin le si avvicinò,  Ruth che in quel momento stava appoggiando una grande tela alla parete, le chiese di darle una mano a inclinarla e quando Victoria istintivamente cercò di afferrare con entrambe le mani il dipinto che stava pericolosamente scivolando,il dolore che l’artista stava provando fu evidente,  alcune gocce di sudore comparirono ad imperlarle la fronte.
  • Victoria tutto bene?
La donna le rispose con un tono leggermente in affanno.
  • Si… certo…
Mentre le diceva questo si voltò allontanandosi, la curatrice la vide scomparire dove sapeva trovarsi una piccola stanza adibita ad ufficio. Cercò con lo sguardo Katrin ma in quel momento non la vide, decise quindi di raggiungerla.
Aprendo la porta la trovò che cercava di togliersi la giacca ma con scarso successo,una smorfia di dolore era dipinta sul suo volto ma quando la vide entrare la fulminò con lo sguardo. Dopo un primo momento di disagio da entrambe le parti Ruth le si avvicinò.
  • Lascia che ti aiuti
  • Non ne ho bisogno
  • Non si direbbe, cosa ti è successo?
  • Niente, mi fa solo male la spalla, a volte mi capita..
Ruth, una volta tolta la giacca si ritrovò a guardarla, aveva una canotta grigia molto aderente che esaltava le sue curve e il suo bellissimo seno.
  • Così sei più intonata alla stagione.
Le sorrise, ma Victoria, per quanto la sua espressione fosse più rilassata non la ricambiò
  • Fammi vedere dove ti fa male.
  • Lascia stare, passerà.
Le tolse la giacca dalle mani e si diresse verso la porta, ma quando allungò il braccio verso la maniglia fu colta da un’altra fitta di dolore,  allora Ruth si rese conto che non si trattava solo della spalla.
  • Victoria..
Le poggiò entrambe le mani sulle spalle sentendola tremare.
  • Toglimi le mani di dosso…
Sentendo quelle parole pronunciate in un sibilo di rabbia la donna si allontanò.
 In quel momento furono raggiunte da Katrin che con tono curioso, dopo averle guardate entrambe chiese
  • Che combinate voi due?
Fu Ruth a risponderle mentre la superava per uscire.
  • Credo che alla tua amica serva un’aspirina, o qualcosa di decisamente più forte.
Quando le rivide apparire Ruth congedò le due donne dicendo che il grosso ormai era fatto. Cercò con lo sguardo Victoria, la vedeva restare lì a guardare in un punto indefinito persa in chissà quali pensieri. Odiava quel suo atteggiamento di superiorità e distacco e si sentiva ancora ferita per come le aveva parlato quando lei voleva solo esserle d’aiuto. Si mosse solo per dirigersi verso l’uscita, Katrin rimase un attimo incerta come se volesse dire qualcosa a Ruth, ma si mosse anche lei seguendo la sua amica
Ormai sola Ruth rimase ancora per un po’ a vagare per la sala in contemplazione di quei dipinti che, odiava ammetterlo, toccavano l’anima.
Sentì aprirsi nuovamente la porta e girandosi si trovò di nuovo davanti la rossa, un po’ in affanno e in imbarazzo.
  • Katrin, hai dimenticato qualcosa?
  • No. Cioè credo che…
Ruth sorrise non riuscendo a comprendere l’agitazione della donna.
  • Che succede?
  • Oddio, Vic mi ucciderà, ma c’è qualcosa che devi sapere, anche soltanto per, non so credo che ti aiuterà a gestire meglio la situazione.
La curatrice inclinò la testa
  • Così mi fai preoccupare, di cosa si tratta?
Katrin la guardò cercando il coraggio di decidersi a parlare. Ruth cercò di aiutarla.
  • Ti va se usciamo di qui? Andiamo al bar qui di fronte a prendere qualcosa da bere.
Mentre lo diceva le aveva messo una mano sulla spalla accompagnandola delicatamente verso l’uscita e la donna si fece condurre docilmente.
Una volta raggiunta la meta Ruth si incaricò di ordinare per entrambe qualcosa di fresco in attesa che Katrin si decidesse a parlare. Alla fine la rossa si decise a rompere il silenzio.
  • Perdonami,  ti devo sembrare veramente bizzarra ma non è facile per me.. tradire un’amica.
  • Tradire?
  • Si insomma, ti dirò qualcosa che dovrai tenere per te.
  • Ok, lo farò, te lo prometto.
  • Victoria, ha passato un periodo difficile. E’ stata poco bene, e a volte ha qualche ricaduta. Ne sei stata testimone poco fa.
  • Che cos’ha?
  • Perdonami, ma ti dirò soltanto quello che ritengo necessario a farti capire il suo comportamento, affinchè tu non decida di mandarci al diavolo.
Dicendo l’ultima frase sorrise. Poi continuò
  • Per me è importante che questa cosa riesca, per dimostrarle che può farcela, che il peggio è passato e .. non lo so, molto egoisticamente mi manca la mia amica, quella con cui sono cresciuta e voglio riaverla indietro.
  • O semplicemente le vuoi bene. Ok, non ho ben capito la gravità della cosa ma possiamo gestirla.
  • Victoria non dovrà mai sapere che te l’ho detto. E tu non la tratterai in modo differente. Ti chiedo solo di comprendere.
Ruth rimase in silenzio ad assimilare l’informazione appena ricevuta, avrebbe voluto farle molte domande, ad alcune delle quali poteva anche rispondere da sola, ma quella più importante, cioè quanto grave potesse essere rimaneva senza risposta. Aveva compreso in parte la tristezza e la durezza che sprigionavano i suoi nuovi dipinti e poteva giustificare il suo radicale cambiamento e visione delle sue opere.
  • Ok, non lo saprà. Anche perché mi hai detto veramente poco. Ma hai fatto bene, in effetti ha il potere di farmi perdere la calma.
Sorrise
  • Temo che quello dipenda semplicemente da lei e dalla sua testardaggine, è sempre stata così.
  • Da quanto vi conoscete? Questo puoi dirmelo?
Katrin colse il tono ironico dell’ultima domanda. Sorrise a sua volta.
  • Da una vita intera. Sua nonna faceva la governate in casa mia. Che clichè vero? Una famiglia ricca newyorkese con la domestica latina.
Fece una pausa, guardando in un punto fisso nel vuoto.
  • Praticamente mi ha cresciuta, insieme a sua nipote.
  • Sorelle.
La guardò sorpresa
  • Si, sorelle. I miei non sono mai stati molto contenti del nostro legame. Hanno sempre cercato di allontanarmi da loro. Ci sono riusciti solo per il periodo del college. Mi hanno spedito a Barkley. Ma io non vedevo l’ora di tornare a casa per passare del tempo con le uniche due persone che consideravo la mia famiglia. Non sai che delusione quando seppi che avevano mandato via abuela.
  • E Victoria?
  •  Lei ormai era al college, sua nonna la vedeva vicina alla sua realizzazione e vedeva la pienezza della sua vita di allora. E soddisfatta di questo decise di ritornare a casa sua, in in paesino del sud del Messico dalla sua famiglia, sapendo che la sua cara nipote era padrona di se stessa e del mondo che la circondava. Per me fu terribile ma Victoria mi fece capire che se lo meritava, dopo anni di sacrifici era giusto che lei fosse tornata a casa. Anche lei ne soffriva, era tutto il suo mondo, ma l’amava e sapeva che era la cosa giusta.
Ruth la ascoltava attenta e grata nel venire a conoscenza di alcuni aspetti della vita di Victoria. Ma ne voleva sapere di più.
  • I suoi genitori?
Katrin la guardò un po’ sorpresa, ma decise di risponderle.
  • Sua madre e morta quando era ancora piccola, e suo padre non lo ha mai conosciuto. Era molto bella sua madre. I racconti di Abuela sulla figlia erano storie fantastiche, di come era fiera e indipendente. Diceva che Vic crescendo andasse ad assomigliarle sempre più. E forse grazie a questi racconti non ha sentito molto la mancanza di una madre. La sua Abuela ci riempiva di amore e di serenità, inventava sempre mille giochi per noi. Mi manca molto. Sapeva sempre tirarci su di morale, aveva sempre la parola giusta per ogni situazione.
Sospirò chiudendo gli occhi e scuotendo la testa accennando ul leggero sorriso.
  • Dio, non so perché ti racconto queste cose.
Ruth si allungò per prenderle la mano
  • E’ molto bello sentirti parlare di queste cose, si avverte il tuo amore verso queste persone. E ti prometto che cercherò di non deluderti.
Il suo sguardo era sincero, come il suo sorriso e Katrin stringendole a sua volta la mano, decise di crederle.
 
******************
Quel giovedì mattina quando la sveglia iniziò a suonare Ruth, lo era  già da un po’. La ignorò continuando a restare sdraiata con la testa comodamente immersa sugli enormi cuscini del suo letto. Dalla posizione in cui si trovava riusciva a intravedere il cielo dalla finestra della sua camera. Quando finalmente quel suono insistente terminò fece un profondo sospiro.
No, quella mattina non aveva alcuna intenzione di andare in ufficio, aveva bisogno di un giorno totalmente per se, era ormai da tempo che non si fermava un attimo, strattonata da ogni parte dagli eventi della sua vita, Lexie  ,il  lavoro , Victoria. E proprio da quest’ultima aveva bisogno di riprendere un certo distacco. Doveva confessare a se stessa che si era lasciata coinvolgere da lei sin dal primo momento, persino quando ancora non sapeva chi fosse, aveva occupato una buona parte dei suoi pensieri. E quando alla fine l’aveva riconosciuta era rimasta spaventata dalla forte attrazione che sentiva per lei. Era sempre stato così, se tornava a guardare nel suo passato ricordava esattamente la prima volta che l’aveva incrociata, era stato come se quella giovane Vctoria entrando in quell’aula avesse esaurito tutto l’ossigeno e lei fosse rimasta in apnea e in contemplazione di quell’essere solare e perfetto. Solare, adesso di certo non era la parola che si sarebbe potuta associare a quella donna.
Si, doveva fermarsi un attimo. In fondo se lo meritava e per un giorno, la fuori, avrebbero vissuto bene anche senza di lei. 
Mandò un messaggio per avvertire Harry, poi si decise ad alzarsi dirigendosi in cucina e iniziò a prepararsi un caffè che poi bevve ammirando il paesaggio fuori dalla sua finestra che consisteva in uno scorcio del ponte di Brooklyn e dello skyline di Manhattan. Si soffermò a contemplare alcune imbarcazioni che percorrevano placide il corso dell’acqua. Alla fine decise di prepararsi ed uscire, così, senza una meta ben precisa, ma semplicemente girovagare per quella città, in quei quartieri dov’era cresciuta e che tanto amava.
Si diresse verso Williamsburg, ritrovandosi a girovagare per quelle strade ricche di personaggi curiosi e di negozietti interessanti, si perse tra gli scaffali di una piccola libreria, riscoprendo titoli di autori che le avevano toccato il cuore e che aveva relegato in un angolo dei suoi ricordi. E ascoltando l’eco del passato si ritrovò davanti alla drogheria appartenuta al padre e ormai gestita dal fratello. 
Sarebbe potuta  entrare, sapeva che avrebbe trovato il padre seduto sulla sua sedia di legno e paglia appoggiato al suo bastone, circondato dai vecchi amici di una vita che usavano ritrovarsi in quel luogo, ormai da anni, a commentare le notizie politiche e di come il mondo fosse ormai incomprensibile per loro. Rimase a guardare la facciata dell’edificio un po’ stinta e maltrattata dalle intemperie del tempo.
Avrebbe pagato qualsiasi cosa per vedere affacciarsi sua madre dalla finestra della loro casa al piano di sopra, l’unica che l’aveva compresa, l’unica che aveva accettato le sue scelte. Ma sapeva che non sarebbe mai successo. Lei non c’era più da tempo e ormai quella casa era abitata dalla famiglia del fratello che si prendeva cura del loro vecchio padre. Decise di andar via, non voleva perdersi in ricordi spiacevoli, fatti di litigi dove si erano dette e fatte cose troppo gravi per essere dimenticate.
Si girò per andare via ma sentì pronunciare il suo nome. Quando si voltò vide il fratello che usciva dal negozio con in mano uno scatolone. Rimase a guardarla sorpreso, entrambi lo erano, lui poggiò velocemente la scatola per terra e attraversò la strada raggiungendola in una breve corsa.
  • Ruth, sei proprio tu, non mi ero sbagliato.
Dicendolo le mise una mano sulla guancia, in una leggera carezza, aprendosi in un sorriso. Ruth fu sorpresa dal gesto e dalla calda accoglienza del fratello.
  • David…
L’uomo le somigliava molto, aveva la sua stessa fisicità molto magra e ossuta, cosa resa ancora più evidente dall’altezza, sovrastando decisamente la sorella, aveva una folta capigliatura poco disciplinata e uno sguardo gentile .
  • Santo cielo, era da un bel po’ che non avevo tue notizie. Ero preoccupato.
La donna gli rivolse uno sguardo perplesso
  • Sorellina, lo ero davvero. E’ tutto ok? Non mi sarei mai aspettato di vederti qui.
  • Si va tutto bene, mi trovavo solo a passare da queste parti.
  • Perché non entri.
  • Perché sai benissimo che non voglio.
  • Gli farebbe piacere.
  • Oh ti prego, non mentire, sappiamo entrambi che non è così.
  • Ruth, il tempo passa e le cose cambiano, ha avuto per giorni in mano la rivista dove c’era  l’articolo di quell’evento che hai organizzato. Non faceva altro che stare a guardare le tue foto.
  • Avrebbe benissimo potuto chiamare…e anche tu. O ti controlla ancora le chiamate?
Il tono che usò era volutamente pungente e ironico.
  • Ruth..
  • Si, certo, lo so che non puoi contraddire il vecchio, di almeno uno dei due dev’essere orgoglioso.
L’uomo abbassò la testa. La sorella gli mise le mani sulle braccia.
  • David
Il fratello tornò a guardarla. Lei gli sorrise.
  • Perdonami – si avvicinò per baciarlo sulla guancia – ti voglio bene. Ma è meglio che me ne vada.
L’uomo l’abbracciò e gli rispose con un flebile “anch’io ” e un “mi manchi”.
Lei gli sorrise staccandosi da lui e se ne andò da dov’era venuta.
Non era quella l’intenzione con cui aveva preso quella giornata di libertà, certamente non per perdersi in lontani ricordi fatti di vecchi rancori e ferite ancora aperte, come quella verso il fratello che non aveva avuto il coraggio di sostenerla nel momento in cui il padre scoprendo la sua omosessualità l’aveva esclusa dal suo cuore, ed era riuscito ad allontanarla dalla loro casa non appena le era venuta a mancare la protezione della madre. Ma nonostante tutto lo capiva, quell’uomo burbero sapeva far valere i suoi diritti di genitore, e poi il figlio, e un tempo anche lei, lo adoravano. Suo padre sapeva farsi amare dai suoi figli, ma anche odiare non appena si usciva fuori dalle sue regole e principi morali. Il suo silenzio, i suoi sguardi carichi di vergogna, le mezze parole e il mancato conforto quando ne avrebbe avuto più bisogno, lui aveva perso sua moglie, la compagna di una vita, ma lei aveva perso l’unica persona che amava e con lei tutto il suo mondo.
Le tornarono in mente gli anni fatti di stenti e di continua paura, il terrore di morire o di continuare a vivere.
Avvertendo il calore delle lacrime trattenne il respiro e si diresse in una zona dove sapeva esserci una mostra di artisti di strada. Si sarebbe nuovamente immersa in quel mondo che conosceva e che aveva costruito con tanta forza e determinazione e ricacciando il passato in quell’angolo buio del suo cuore. Prima di raggiungere la sua meta si fermò per un breve pranzo in un localino piccolo e accogliente, mentre consumava il suo pasto tirò fuori il libro che aveva acquistato solo qualche ora prima per immergersi nella lettura come unica compagna del suo pranzo.
Trascorse più di un’ora leggendo e sorseggiando una tazza di caffè quando si decise a raggiungere la sua meta. Non dovette fare molta strada, iniziò a vedere la lunga fila di dipinti e sculture poste lungo il marciapiede, adorava questo genere di iniziative, c’erano anche dei musicisti che improvvisavano dei brani jazz e soul, nel pomeriggio che si inoltrava in una fresca sera d’estate, il profumo dei fiori alle finestre della abitazioni, la gente allegra che la circondava, tutto questo contribuì a scacciare la tristezza che l’aveva invasa dopo l’incontro della mattina.
  • Sono appena le cinque e non sei ancora chiusa in ufficio? Eppure mi avevano detto che eri una stacanovista.
Ruth non ebbe bisogno di girarsi per capire a chi appartenesse quella voce.
Victoria.
Sembrava proprio che quel giorno fosse contrario ai suoi propositi. Si girò a guardare l’artista che la stava osservando con un mezzo sorriso stampato in faccia. Ruth la squadrò dalla testa ai piedi con aria infastidita.
  • Vedo che ti sei ripresa.
Ritornando a concentrarsi su quello che stava osservando un attimo prima. Sentì sfiorarsi un braccio e questo bastò per tornare a guardarla.
  • A proposito di questo, ti chiedo scusa, ero infastidita e di pessimo umore..e credo di essermela presa con te.
Ruth vide l’espressione gentile e serena che aveva Victoria, le venne in mente la ragazza che aveva conosciuto anni addietro e ne rimase sorpresa. Sentì una stretta al cuore, riconosceva quel sentimento e si domandava perché mai affiorava in quel momento. O forse perché per un attimo le era sembrato di riavere vent’anni e di essere consapevole di avere una cotta per quella ragazza di qualche anno più grande di lei. Ruth borbottò qualcosa che Victoria non comprese e vedendo il suo imbarazzo le fece sbocciare un bellissimo sorriso che incantò ancor di più la sua interlocutrice. Alla fine Ruth riuscì a schiarirsi la voce.
  • Dicevo che non ti devi scusare, sono io che me la sono presa per niente, tu in fondo non stavi bene e..
  • Facciamo che ci passiamo sopra?
Stavolta fu Ruth a sorridere
  • Si, per me va benissimo. – Poi inclinò la testa guardandola – Non ci conosciamo da molto ma siamo già passate sopra ad un sacco di cose…
  • Già, chissà dove andremo a finire.
Sorrisero entrambe.
  • E’ anche curioso il fatto di come continuiamo a incontraci così, casualmente. Posso farti compagnia o aspetti qualcuno?
Ruth rimase sorpresa dall’offerta, c’era qualcosa di diverso in lei.
  • No, nessuno.
Iniziarono a camminare insieme soffermandosi spesso a commentare quello che vedevano, Victoria trovava tutto molto interessante, anche se a volte erano vere e proprie croste realizzate da persone che non possedevano nessun talento o particolare visione di quello che credevano dovessero comunicare le proprie opere. Per Ruth invece non poteva essere solo espressività di un qualcosa, per lei a volte la tecnica rappresentava una certa importanza nel valutare dei dipinti.
  • Altrimenti saremmo tutti degli artisti
  • Ma lo siamo in fondo, artisti mancati. La tecnica, come la definisci tu, la puoi acquisire, puoi fare dei ritratti perfetti, riproduzioni esatte di ciò che rappresentano. Ma vedrai soltanto quello, non sentirai mai che cosa ha provato l’artista nel dipingerlo, le sue emozioni. Sarà soltanto bello, ma nient’altro.
Ruth rimaneva sorpresa e incantata ad osservarla mentre si accalorava a spiegarle il suo punto di vista sull’arte.
  • Beh, l’arte non è anche ricerca del bello? O per te è solo sensazione e sentimento. Che sia chiaro, anche per me è così, dev’essere espressività e deve suscitare in me qualcosa.
  • Anche il disgusto è un sentimento, guarda questo ad esempio.
E le indicò una piccola tela con delle macchie di colore buttate a casaccio senza grande cura.
  • Tu pensi che molto probabilmente il nostro amico qui abbia preso dei colori e li abbia buttati a caso sulla tela, ma se osservi bene, la scelta che ha fatto è stata accurata.
  • E tu lo vedi da?
  • Dal fatto che ha scelto solo colori freddi, la maggior parte primari e che proprio per questo dove si mischiano vengono fuori altre tinte di colore rendendo il tutto molto variegato.
  • Ciò non toglie che anche un bambino di 5 anni possa farlo.
  • Grazie!
Si voltarono a guardare il proprietario di quel piccolo dipinto che le osservava un po’ infastidito dall’uscita della curatrice.
  • Mi scusi non volevo…
  • Si la scusi, ce ne andiamo subito…
Victoria la trascinò via per un braccio ridendo.
  • Per essere una curatrice d’arte sembri avere una visione limitata.
  • Sei offensiva così, anche perché non è la realtà. Dico solo che c’è una bella differenza fra te e quel tizio, tutto qui.
  • Solo perché so tenere in mano un pennello meglio di lui?
  • Adesso non fare la modesta, non è soltanto quello e lo sai. I tuoi dipinti nel bene o nel male toccano nel profondo le persone che le osservano. Quindi no, non è perché tu sai dipingere e lui no.
L’artista rimase turbata dalle sue parole, non era la prima volta che le sentiva, ma dette da lei, con quella naturalezza e sincerità assumevano tutt’altro valore rispetto a vederle scritte su una rivista da qualche critico che nemmeno conosceva. Si accorse che Ruth la stava osservando e cercò di celare quel piccolo disagio che sentì avvenire in lei.
  • Si sta facendo tardi, ti va se prendiamo qualcosa di fresco da bere e andiamo al Bushwick inlet park?
Ruth rimase sorpresa dalla proposta, ma le piacque l’idea e si stava rendendo conto di come trovava piacevole la compagnia dell’artista. Era come vedere un aspetto di lei che le era del tutto sconosciuto o forse fin troppo familiare.
  • Per me va bene.
Si fermarono a prendere due bibite e andarono in direzione della loro meta, si sedettero direttamente sul prato osservando l’andirivieni delle persone, soprattutto turisti che andavano ad imbarcarsi per fare il giro turistico che partiva proprio da lì. La vicinanza con l’acqua rasserenava molto Ruth, l’odore dell’aria che andava raffreddandosi dopo la calura del giorno, avere accanto Victoria, tutto questo la rendeva quasi felice.
  • Se ne fossi capace, immortalerei questo momento nella speranza di riuscire a trasmettere sia la bellezza di quello che vedo che la serenità che sto provando.
  • Ma se non ricordo male, tu ne sei capace.
Ruth la guardò un po’ sorpresa.
  • No, ti sbagli. Prima, quando parlavi della tecnica fine a se stessa, parlavi di me. E forse è per il fatto che possedendo soltanto quella ne faccio un fattore primario nella scelta degli artisti che seguo. E sono consapevole che è un limite quando invece vorrei non averne…
  • Dipingi ancora?
  • No, non ne ho più il tempo e forse nemmeno la voglia.
  • Ma hai ancora qualcuno dei tuoi quadri?
  • Si, certo.
  • Voglio vederli.
La richiesta sconcertò Ruth, non si sarebbe mai sognata di far vedere qualcosa di suo, non dopo l’orgoglio ferito degli anni dell’università e tantomeno ad una persona di talento come Victoria.
  • Non mi sembra il caso.
  • Ti preoccupi che li possa trovare brutti? Insomma ho trovato bello persino il quadro di quel tizio, quanto vuoi che siano orrendi i tuoi dipinti?
Ruth si mise a ridere
  • Davvero confortante.
  • Ti devo pregare? Posso farlo se vuoi.
Il tono di voce che aveva usato Victoria le fece avvertire un brivido lungo la schiena.
  • E scommetto che saresti molto convincente.
Si guardarono negli occhi. Sapevano entrambe l’ una i pensieri dell’altra. Ruth spezzò quel contatto visivo e tornò a guardare altrove.
  • Ok, magari te li mostrerò.
Victoria si mise in piedi.
  • Allora?
  • Allora cosa?
  • Andiamo o no? Dove si trovano?
  • Ma non intendevo adesso!
L’artista le tese la mani per aiutarla ad alzarsi.
  • Si trovano a casa mia..ma davvero vuoi andare adesso?
  • Dai muoviti!
Continuarono a chiacchierare durante tutto il tragitto in metropolitana, ma arrivate alla meta l’umore di entrambe sembrava mutato. Ruth rimase ad osservare la donna quando entrarono nella hall di quel palazzo signorile in cui abitava, da fuori non si notava affatto come quel vecchio stabile al suo interno fosse stato trasformato in una residenza di lusso.
Victoria osservava l’ambiente lucidato quasi a specchio, salutò con un cenno della testa il portiere in livrea, e rimase in silenzio per tutto il tempo che servì all’ascensore per portarle al piano in cui viveva la curatrice. Continuò ad osservare l’ambiente in cui si era ritrovata una volta che Ruth l’aveva fatta entrare in casa. Quell’abitazione dai grandi spazi sapientemente organizzati per suddividere le varie zone, dal salotto con il grande divano bianco al centro, la libreria che copriva un’intera parete, alla cucina ultra moderna che si intravedeva sullo sfondo ma delimitata dai pilastri interni dell’edificio. Sulle pareti esterne c’erano ovunque grandi finestre che lasciavano libero lo sguardo sul panorama circostante. Il tutto risultava molto elegante ma allo stesso tempo era caldo ed accogliente. Si riusciva ad avvertire la presenza della persona che vi abitava e che era evidente aver scelto ogni singola cosa prensente in quell’appartamento.
Ruth avrebbe voluto sapere cosa pensasse in quel momento la sua compagna, se ne restava in silenzio da quando erano arrivate guardandosi intorno con aria impenetrabile. Sapeva che lei aveva uno stile di vita molto lontano dal suo, ma per la prima volta avvertì un leggero disagio. 
Victoria ruppe il silenzio solo quando prese in mano una cornice con dentro una foto che ritraeva una Ruth molto particolare. Ere un primo piano ma si intravedevano le spalle che facevano intuire come fosse seduta di fianco mentre il volto era rivolto verso l’obbiettivo, aveva i capelli raccolti disciplinatamente dietro, in una curva volta a delinearne il contorno del viso, aveva un copricapo che sembrava di sottili piume nere, il collo era coperto da un intricato intreccio di perle che lo coprivano per tutta la sua lunghezza, e sulle spalle poteva intravedersi un vestito di tessuto anch’esso nero. Gli occhi erano messi in risalto da un trucco molto scuro tendente al bronzo che risaltava il colore dei suoi occhi e anche il rossetto era della stessa tonalità.
Posò quella foto e prese quella accanto in bianco e nero, dove aveva un leggerissimo trucco ma votato sempre ad esaltare il contorno dei suoi occhi e i capelli sempre raccolti ma lasciati morbidi e un po’ disordinati,  era seduta sempre di profilo con le gambe rannicchiate al petto che nascondevano il seno nudo. Victoria rimase colpita dallo sguardo che aveva e da quell’espressione un po’ arrabbiata. Le labbra leggermente socchiuse non avevano un filo di trucco e forse erano ancora più sensuali.
  • Sono delle foto molto inconsuete.
  • Si sono di qualche anno fa. Forse un secolo..per un po’ per mantenermi all’università ho fatto la modella
Victoria posando la foto usò un tono sarcastico
  • Ma di che mi stupisco.
La padrona di casa ignorò il suo commento ma si mise subito sulla difensiva.
  • Allora, che ne dici di farmi vedere quello per cui siamo venute?
Ruth sparì nel suo studio ritornando subito dopo con in mano due tele. Nello stato d’animo in cui si ritrovava in quel momento pensò che qualunque cosa avesse detto la pittrice lei non avrebbe reagito. Si sentiva esposta al suo giudizio dal momento esatto in cui era entrata e non riusciva a capire perché le desse tanto fastidio.
Victoria si perse nella contemplazione di quei due dipinti che raffiguravano uno un paesaggio urbano e l’altro era il suo opposto, incentrato su un grande lago con montagne e alberi, insomma molto bucolico.
  • Sono ben eseguiti, che sei padrona del mezzo non vi è alcun dubbio, com’ è innegabile il fatto che siano belli. Ma sono belli come lo può essere una cartolina.
Ruth scosse la testa ridendo andando ad appoggiarsi al bracciolo del divano e restando a guardare le spalle dell’amica intenta ad osservare ancora il paesaggio montano.
  • Te l’ avevo detto, non c’era bisogno di venire fin qui.
Victoria ignorò l’autrice di quello che stava osservando
  • Vedi questi alberi? Avranno avuto qualche ramo secco no? Ma tu li hai accuratamente eliminati. O in questo prato ci sarà stata una zolla di terra fuori posto!
Si girò a guardarla.
  • Fai nei tuoi dipinti quello che fai a te stessa.
Ruth aggrottò la fronte e incrociò le braccia vedendo Victoria avvicinarsi.
  • Ad esempio, tu credi che la tua bellezza dipenda dal fatto che ti impegni tanto a nascondere i tuoi difetti.
  • Non è presuntuoso da parte tua dirmi una cosa del genere, chi ti dice che io lo faccia?
  • Me lo dice il tuo viso, è un’ovale perfetto, a volte guardandoti mi ricordi quei ritratti cinquecenteschi  di dame ed ermellini. Ma non è quello che lo rende gradevole alla vista, è l’ imperfezione dalla piccola gobbetta che hai sul naso, o quel neo, non quello sullo zigomo destro, ma quello sul sinistro,  quello che ti impegni tanto a nascondere perché scommetto che pensi che ti renda strana la simmetria di questa cosa.
Le si avvicinò e con il pollice le toccò l’oggetto della discussione.
  • Invece ti rende ancora più interessante. O le tue labbra stupende che lasciano spazio ad un sorriso un po’ irregolare ma che lo rende reale e sincero.
Parlando aveva ridotto considerevolmente lo spazio fra loro due, adesso teneva entrambe le mani sul suo viso.
  • Mi hai osservata veramente con attenzione.
Victoria la ignorò continuando a dare voce al suo pensiero
  • La bellezza delle cose sta nelle imperfezioni che le rendono uniche. Puoi impegnarti a nasconderle quanto vuoi ma resteranno comunque lì, perché senza sono solo delle riproduzioni artificiali.
Ruth non aveva mosso un muscolo prestando attenzione a ciò che le diceva e sentendo il battito del suo cuore accelerare sentendo le mani di Victoria sul suo viso.
Rimasero in silenzio per un periodo che ad entrambe apparve eterno.
  • Credo che sia il caso che tu te ne vada.
Victoria si allontanò di qualche passo da lei rimanendo a soppesare le sue. Così Ruth rafforzò la sua richiesta
  • Sono stata bene con te oggi, veramente. Ma sappiamo entrambe che se non vogliamo rovinare la giornata è meglio se vai via.
L’artista sorrise.
  • Si hai ragione. Spero di non averla già rovinata con quello che ho detto.
  • No, non lo hai fatto. Ma non giudicarmi solo per quello che vedi o che pensi di aver visto. Perché davvero, tu non mi conosci. Sono consapevole delle imperfezioni della vita. E delle mie ne vado fiera, ho lottato per esse e no, non le nascondo.
  • Non ti stavo giudicando.
  • Eppure sembrava di si, nel profondo so che hai un’idea di me, ho solo paura che sia sbagliata.
Victoria le sorrise nuovamente.
  • Non dovresti dare molta importanza a quello che penso.
  • Già, ma non so perché, non riesco a non farlo.
 Victoria esitò ancora un attimo ma poi si decise a muoversi verso l’uscita. Prima di sparire dietro la porta le disse un’ultima cosa, con l’espressione serena che Ruth aveva conosciuto quel giorno
  • Comunque, oggi sono stata bene anch’io.
 
Quando rientrò a casa Victoria si sentiva stranamente bene, era da anni ormai che non provava quel genere di sensazione. Non voleva soffermarsi sul fatto che fosse grazie al pomeriggio trascorso con  Ruth, voleva soltanto godersi la leggerezza di quel momento. Si diresse verso l’enorme tela che voleva fosse il centro della sua esposizione e quando prese il pennello in mano improvvisamente gli cadde a causa del forte dolore che le aveva afferrato la mano.
  • Dannazione!
Iniziò a squillare il telefono ma rimase in attesa che quel dolore intenso sparisse prima di rispondere.
  • Vic, ma dov’eri?
  • Che vuoi Kat?
  • Sempre gentile! E poi da quando devo avere una motivazione per chiamarti.
  • Katrin..
  • Volevo sapere come stavi, è un reato?
Victoria sospirò.
  • Scusa, non volevo, mi hai preso in un cattivo momento.
  • Va così male?
Victoria sapeva che se le avesse detto la verità l’amica si sarebbe precipitata da lei.
  • No,cioè lo sai, la mia è solo paura.
  • Lo sai che non puoi vivere così, vedrai, l’altro giorno è stato un episodio occasionale. Sta tranquilla.
  • Già…starò tranquilla.

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Capitolo 5
*** Combination of the Two ***


Katrin era stata contattata dalla segretaria di Ruth per mettersi d’accordo su quando sarebbe stata disponibile per un appuntamento. Si era preparata al meglio, aveva curato molto il suo aspetto e aveva spolverato quel lato chic che le apparteneva grazie all’educazione ferrea ricevuta nelle  migliori scuole della città dove la sua famiglia l’aveva costretta a crescere. 

Guardandosi allo specchio per la prima volta si ritrovò a pensare che anni di costrizioni forse non erano stati del tutto inutili. Ma nonostante questo quando entrò nell’ufficio di Ruth avvertì comunque un senso di inadeguatezza trovandosi di fronte a quella splendida donna che indossava una sorta di tauier bianco dal taglio moderno con delle scarpe dai tacchi vertiginosi. Era truccata accuratamente e in quel momento i suoi  lunghi capelli ricadevano morbidamente raccolti su una spalla. La fece accomodare sulla sedia davanti a lei e dopo qualche scambio di battute Ruth dirottò subito la conversazione sullo scopo di quell’incontro. 
Furono interrotte dall’entrata di Harry accompagnato da Lexie. Katrin venne salutata cordialmente dall’uomo.
  • Scusa, non pensavo fossi impegnata.
Ruth in un primo momento non rispose, guardò prima l’uomo e poi si soffermò sulla sua ex compagna. Si rese conto di come la donna evitava il suo sguardo mantenendo un’aria distaccata, ma quello che la colpì fu la sua espressione stanca, accompagnata dalle profonde occhiaie mal celate dal trucco.
  • Vi serviva qualcosa?
  • Niente che non possa aspettare, ma non andare via senza passare dal mio ufficio.
  • D’accordo.
Vide uscire prima Harry, ma in un attimo si scusò con Katrin e raggiunse velocemente Lexie che aveva appena varcato la soglia.
Katrin rimase ad osservare le due donne affrontare quella conversazione carica di disagio. Vide Ruth stringere la presa sul braccio della donna come a dare più forza a quello che stava dicendo. E vide Lexie restare ad osservarla con uno sguardo duro, come le parole che le rivolgeva. Solo dopo qualcosa che disse Ruth quegli occhi si sciolsero in un’espressione carica di tutto l’amore di cui doveva essere capace quella donna.
  • Ti amo Ruth.
Furono le uniche parole distinte che Katrin riuscì a catturare. Vide Ruth scuotere la testa con uno sguardo pieno di compassione e solo in quel momento l’altra donna riprese la sua espressione fiera e distaccata, staccò il suo braccio da quella mano che ancora la teneva e la strinse nella sua, esitò ancora un attimo ma trovò il coraggio di lasciarla andare e di allontanarsi con passo deciso. Ruth rimase ad osservarla mentre entrava nell’ufficio del suo amico, poi rientrò e tornò ad occupare la sedia di fronte a Katrin con aria assente.
  • Non dev’essere facile troncare una relazione
Ruth trasalì.
  • So che non sono affari miei, ma stavate insieme da molto?
La donna esitò prima di rispondere, abbassò lo sguardo sulle sue mani.
  • Quattro anni.
  • Non ho mai avuto una relazione che durasse così tanto.
Ruth restava ancora in silenzio così Katrin continuò
  • Del resto non credo che le persone siano in grado di affrontare relazioni durature
  • Se trovi la persona giusta credo che sia possibile, il problema è che a volte è difficile da trovare. Ma voglio credere che ci sia.
  • Ascoltandoti mi fai venire in mente una mia amica che un tempo parlava come te. Lei e la sua compagna stavano insieme praticamente da sempre, erano la classica coppia che guardandole non potevi provare che invidia. Ma allo stesso tempo ti davano la speranza che forse anche per te poteva esserci  all’orizzonte qualcosa di simile.  Erano un tutt’uno, vivevano l’una nella luce dell’altra. Anche lei quando sentiva come la pensavo in merito mi assicurava che quando trovi la persona giusta lo senti, basta guardarla e tutto diventa chiaro, e non hai più incertezze o paure, ma solo una grande forza e sicurezza che ti viene semplicemente dal fatto che c’è lei al tuo fianco.
  • In effetti anche soltanto sentendone parlare suscitano un po’ di invidia.
  • Oh beh, per quanto mi riguarda loro sono la conferma di quanto credo, e cioè che anche quando pensi che l’altra persona sia quella giusta, che non c’è nessun’altro al mondo come lei, che ti capisce, che ti supporta, che ti resta vicina nei momenti difficili o almeno credeva che sarebbe dovuto essere così... non lo è, ed è per l’appunto soltanto un tuo pensiero, una tua illusione. Le persone ti deludono sempre.
Ruth ascoltando la fine di quella strana storia ne fu turbata.
  • Non ti facevo così cinica, non lo avrei mai detto.
Katrin sorrise con un’aria maliziosa
  • Quindi, hai un’idea di me? Ti confesso che mi piacerebbe tanto mutare opinione sull’argomento, e la cosa che mi renderebbe ancora più felice è che fossi tu a farmela cambiare.
Ruth ormai aveva intuito da tempo l’interesse che aveva la rossa per lei, quindi non si sorprese più di tando da quella rivelazione, se così si sarebbe potuta chiamare, rimase a ponderare la risposta da darle ma il filo dei suoi pensieri fu subito interrotto.
  • Non stare a cercare una risposta che non vorrebbe offendermi ma che metta in chiaro che non hai nessun interesse verso di me.
La donna rimase sorpresa da tanta franchezza.  Decise di esserlo altrettanto.
  • Kat,  in questo momento la mia vita è un po’,come dire, un casino.
Ruth si alzò e le diede le spalle guardando fuori il paesaggio che andava tingendosi dei colori notturni.
  • Ho rotto una relazione che era praticamente perfetta. Avrei dovuto fermarmi a riflettere su me stessa, sulla mia vita e cercare di capire perché sono arrivata a ferire una donna che mi ama, e molto e forse soltanto per quello mi sarebbe dovuto bastare.. ma  invece..
Vedendo che non terminava la frase la rossa la incitò
  • Invece cosa?
Ruth si girò a guardarla con un sorriso stanco a incurvarle le labbra
  • Ho conosciuto qualcuno che nonostante io mi racconti la favola che per me non è importante in qualche modo assurdo e imprevedibile lo è diventata. E sinceramente non so perché. E mi ha destabilizzato, lei è impenetrabile, inaffidabile..incostante…
  • Come tutte le donne no?
Si guardarono e scoppiarono a ridere, alla fine anche Katrin si alzò e le andò vicino.
  • E’ stato l’incontro di lavoro più strano che io abbia mai avuto.
  • Si perdonami, non so come…
  • Ti sei ritrovata a subire delle avance da una stupida che non sa quando tacere?
  • Katrin…
  • Non ti dirò che mi dispiace l’aver scoperto le mie carte, se magari perderai interesse per quella lunatica di cui ti stai innamorando, saprai che c’è qualcuno che pensa a te.
La rossa prese la sua borsa evidenziando la sua intenzione ad andare via ed evitando in questo modo di dare il tempo alla donna di darle una risposta. Ruth quando rimase sola l’unica cosa che le era rimasta in mente era l’affermazione di Katrin sul fatto che lei si stesse innamorando di Victoria.
Ritornò a sedersi  e fissò il suo cellulare abbandonato sulla scrivania, un pensiero si era insinuato nella sua mente ed era indecisa se metterlo in atto o meno. In un impeto lo afferrò e mandò un messaggio a Victoria. Rimase qualche istante in attesa, poi scosse la testa e si ricordò che Harry voleva vederla. 
Quando Lexie aveva raggiunto Harry nel suo ufficio era profondamente scossa, iniziò ad andare su e giù per l’ufficio dell’uomo che restava a guardarla provando compassione
  • Mi sta devastando! Quella donna ha preso la mia vita e l’ha distrutta!
  • Lexie…
  • E io non vivo più, non dormo più, non riesco nemmeno a pensare! Il solo pensiero di lei mi ferisce!
Si fermò al centro della stanza con le mani sul viso, fece un profondo respiro facendo ricadere pesantemente le braccia lungo il corpo, si rivolse all’uomo
  • Scusami, non so che mi è preso
Harry si alzò e le andò vicino posando una mano sulla sua spalla
  • Non dirlo nemmeno, non sai quanto mi dispiace il non poterti aiutare in nessun modo. Anzi forse peggioro la situazione, dovrei lasciarti in pace ma purtroppo mi fido solo di te per certe questioni, e perdonami mi rendo conto che è egoistico da parte mia.
Lexie fece un mezzo sorriso
  • Mi vuoi licenziare?
  • Certo che no, ma potrei evitare di farti venire qui.
  • Si, ma per assurdo, quando mi chiami sono quasi contenta perché so di poterla incontrare…oddio come sono patetica!
  • Sei solo una donna innamorata con il cuore spezzato.
Andarono a sedersi.
  • Ti giuro Harry  non lo avrei mai creduto possibile che sarebbe finita così.
  • Non prendere male quello che sto per dirti, ma Lexie, voi due siete così diverse.
  • Mi stai dicendo che era inevitabile?Che mi sono solo illusa? Io non credo, proprio per le nostre diversità ci completavamo.
  • Invece sono state proprio quelle a separarvi. Tu sei così razionale, pratica. Lei invece è una sognatrice idealista.
  • Che sa vedere il bello anche dove non c’è e che sa rendere speciale anche qualcosa di scarso valore.  
  • Già e quante volte vi siete ritrovate a discutere proprio per quel suo modo di vedere il mondo e le persone?
La donna si alzò per andare a versarsi qualcosa da bere e fece altrettanto per l’amico, prendendo tempo prima di rispondergli.
In quel momento Ruth entrò con disinvoltura e vide Lexie in piedi vicino al mobile bar con un bicchiere in mano, e Harry seduto comodamente con le gambe accavallate in una delle sedie di fronte alla sua scrivania, anche lui sorseggiava un drink. Entrando si diresse con passo deciso verso la donna anche se il suo vero obbiettivo era la bottiglia dietro di lei. Lexie si scostò appena, restandole vicina e osservandola nell’azione di versarsi da bere, Ruth sentiva il suo sguardo su di se, si girò trovandosi esattamente di fronte a lei e guardandola dritta negli occhi bevve un sorso del liquido ambrato. Dopo disse
  • Allora, di cosa dovete parlami?
La guardò ancora un attimo e poi si diresse a sedersi nella grande poltrona che Harry teneva in un angolo del suo ufficio.  Vi si abbandonò un po’ nascosta dalla penombra e rimase in attesa che iniziassero a parlare, si sentiva veramente stanca, fisicamente e mentalmente, la discussione avuta prima con Lexie  e la chiacchierata inaspettata con Katrin l’avevano sfinita, adesso sperava che quello che avevano da dirle non fosse qualcosa che richiedesse troppo la sua concentrazione.
L’uomo iniziò a parlare
  • Abbiamo da gestire un malcontento
  • Da parte di chi?
  • Di Yan, uno dei tuoi graffitari, ha detto che ha cambiato idea, che non vuole che la sua opera venga distrutta insieme all’edificio, vuole avere la possibilità di metterla in salvo
A Ruth venne da ridere.
  • E come si mette in salvo qualcosa che è stato fatto su una parete in cemento armato?
Intervenne Lexie
  • C’è poco da ridere, il modo se vuole lo trova.
  • Andiamo, avete sicuramente frainteso, Yan ha perfettamente compreso il progetto, non lo farebbe mai.
  • Invece credo che abbia in mente qualcosa, ma fortunatamente ha firmato un contratto ed è anche stato pagato bene quindi siamo abbastanza tutelati, ma il mio consiglio è di mettere in chiaro  per vie legali prima che continui nel suo intento
  • Non lo farebbe mai . E poi non possiamo creare questo precedente, si perderebbe il messaggio e la credibilità di questa esposizione
L’uomo cambiando posizione rispose all’amica
  • Lo sappiamo anche noi, ma proprio per questo dobbiamo gestirla bene, anche se non riesce nel suo intento potrebbe alzare un polverone.
  • Ok, gli parlerò, aspettate a fare qualsiasi cosa.
Lexie poggiò con fare spazientito il bicchiere che aveva in mano
  • Perdere tempo non è la soluzione migliore, è stato chiaro, è bene esserlo anche noi agendo in maniera decisa a lasciandomi fare il mio lavoro.
  • Io lo conosco, so che avete frainteso
  • Certo figurati se non gli davi il beneficio del dubbio!
  • Che cosa vuoi dire? A che ti riferisci?
  • Ragazze, stiamo calme ok? E’ esattamente questo a cui mi riferivo
Ruth lo guardò perplessa, Lexie invece non aggiunse altro. Guardò la sua interlocutrice
  • Ok fa come vuoi, del resto come fai sempre o sbaglio?
Ruth stava per risponderle sullo stesso tono quando sentì vibrare il suo telefono. Vide che era un messaggio “Domani mattina alla caffetteria di fronte al tuo ufficio”. Harry vedendo che la donna restava a guardare con un mezzo sorriso il suo telefono cercò di riportare l’attenzione a quello che stavano dicendo.
  • E’ così importante da non poter aspettare?
Ruth lo guardò, era evidente che lo stato d’animo della donna era cambiato, ed entrambi i suoi interlocutori stavano chiedendosi chi avesse avuto il potere di farlo.
  • Ok, datemi qualche giorno per capire che cosa gli sta passando per la testa. Dopo vi lascerò carta bianca.
Si rimise in piedi e lasciò la stanza senza aggiungere altro.
                                                               **************
Quando Ruth arrivò, Victoria era seduta al tavolo accanto alla vetrina e le fece un cenno per farsi notare. La nuova arrivata si sedette di fronte a lei e la salutò con un bellissimo sorriso.

 
  • Allora, perché ci troviamo qui?
  • Vedo che vai subito al sodo. Ero curiosa di vedere com’era incontrarti con un vero appuntamento.
L’ espressione interdetta e stupita di Victoria la fece sorridere.
  • E anche per questo
Mise sul tavolo quello che a prima vista somigliava ad un catalogo. Sul frontespizio capeggiava un quadro di Victoria.
L’artista dopo un primo momento di incertezza allungò lentamente un braccio per prenderlo. Iniziò a sfogliarlo, in ogni pagina vi erano raffigurati i quadri che aveva scelto per la mostra. Quello che notò fu che dove vi doveva essere del testo descrittivo vi erano solo degli spazi bianchi. Come se le avesse letto nel pensiero Ruth iniziò a spiegarle quello che stava vedendo.
  • E’ il catalogo che accompagnerà la tua mostra. O almeno è una bozza. Ti lascio libertà di scriverci quello che vuoi. O di non scriverci nulla. Per me puoi inserire i titoli e le descrizioni, quello che desideri che arrivi alle persone. Oppure metti solo dei numeri accanto alle foto, insomma, fai come meglio credi.
Victoria provava una strana emozione sfogliando quel piccolo libretto, era come se avesse ritrovato vecchie sensazioni,la maggior parte piacevoli, come se fosse tornata padrona della propria vita.
Tornò a guardare la sua interlocutrice che restava in attesa che lei dicesse qualcosa, le sorrideva e la luce che entrava prepotente le illuminava il volto. Victoria sollevò un sopracciglio e le sorrise a sua volta.
  • Non mi sarei mai aspettata che arrivato questo momento tu mi lasciassi fare a modo mio.
  • Perché non avrei dovuto. E’ la tua mostra, sono le tue opere.
  • Perché dal primo momento hai messo in chiaro che avremmo fatto a modo tuo. E poi so che sei alla ricerca di una spiegazione.
  • Si, è vero, ma non posso costringerti e forse nemmeno lo vorrei. Il giorno che ti sentirai pronta a raccontare la tua storia spero di esserci per ascoltarla.
Rimise sul tavolo l’oggetto della discussione lasciandoci sopra la mano aperta. Ruth si sporse in avanti e poggiò la mano sulla sua.
  • Credimi, non devi dire nulla che tu non voglia, ne a me ne a nessun altro. Ho già pensato a delle risposte da dare, perché ci saranno domande che verranno fatte.
  • Hai pensato a tutto
  • E’ il mio lavoro. E poi c’è un’altra cosa – Esitò un attimo – tempo fa ti dissi che dopo questa mostra avresti potuto benissimo smettere e sparire di nuovo. Oggi ti dico che sarebbe uno sbaglio. Hai molto da dire, i tuoi quadri riescono a comunicare sensazioni e a coinvolgere chi le guarda in un modo che solo pochi altri artisti riescono a fare. Voglio renderti questo tuo ritorno il più facile possibile per convincerti che la cosa migliore che tu possa fare è continuare a dare vita alle tue opere e soprattutto a renderne partecipi noi comuni mortali.
Victoria se ne restava a guardarla, non si sarebbe mai aspettata un discorso del genere. Non sapeva cosa risponderle e istintivamente intrecciò le sue dita con quelle della mano di Ruth che ancora la teneva poggiata sulla sua. Quelle parole l’avevano colpita nel profondo.
Furono interrotte da un sonoro saluto e quando entrambe alzarono gli occhi sulla nuova arrivata, Victoria ritirò istintivamente la mano nonostante non conoscesse quella ragazza dalla pelle scura e dalla folta capigliatura raccolta in una alta coda che la squadrava con fare curioso.
  • Beth..
  • Ero passata dal tuo ufficio e la tua segretaria mi ha detto che ti avrei trovata qui.. ho forse interrotto qualcosa?
Ruth guardò di sfuggita Victoria e rispose prontamente
  • Parlavamo di lavoro… lei è Victoria Reyes.
Beth allungò la mano che l’artista strinse, nel fare questo si sedette accanto all’amica.
  • Mi ricordo di te, ai tempi del college
  • Però, che memoria
  • Non eri certo una cha passava inosservata.
Victoria sorrise
  • Dimmi anche tu ti occupi di arte?
  • Oh no! Io sono una semplice contabile, ma se riesco ad apprezzarla è grazie alla mia amica qui. E’ da quando la conosco che mi trascina dentro il suo mondo.
La naturalezza con cui parlavano stupiva Ruth, anche se conosceva la capacità di Beth di socializzare, dote che aveva sempre ammirato. Ma Victoria, non l’aveva mai vista interagire con nessuno al di fuori di lei o di Katrin, e vederla rilassata condurre una conversazione con la sua amica stranamente la colpì. Poi Beth si girò verso di lei.
  • Comunque, vedo che siete occupate e quello per cui ero venuta può aspettare.
Si alzò
  • E’ stato un piacere conoscerti Victoria, spero di rivederti in giro.
  • Il piacere è stato mio.
  • Ruth ti chiamo dopo, mi raccomando,fa la brava.
Il tono divertito che aveva usato aveva fatto arrossire l’amica che balbettò un saluto imbarazzato.
Di nuovo da sole riportò la sua attenzione su Victoria che la guardava divertita.
  • Simpatica la tua amica.
  • Già e anche inopportuna. Comunque, credo di averti detto tutto, rifletti su..
  • Ti ringrazio
Ruth la guardò aggrottando la fronte.
  • Per cosa?
  • Per quello che hai detto.
  • Ci penserai? Le persone come te non possono sparire nel nulla.
  • Le persone come me? – Rise- Non mi va di guardare troppo in là, vediamo come va.
  • Il  fatto che non lo escludi a priori mi fa sentire soddisfatta, almeno per il momento.
Poi guardò l’ora.
  • Adesso però devo andare, fammi avere il catalogo con le tue modifiche.
Ruth si alzò e le si avvicinò allungando la mano per stringere la sua, Victoria non la prese e fece per alzarsi ma una volta in piedi perse l’equilibrio, Ruth l’afferrò prontamente sostenendola per le braccia e anche l’artista si aggrappò istintivamente a lei.
  • Vic tutto bene?
La donna la guardò, i loro visi erano vicini e vi lesse preoccupazione nei grandi occhi castani della curatrice. Dopo rivolse la sua attenzione verso quell’arto che l’aveva tradita. Ruth l’aiutò a sedersi nuovamente continuando a tenerla stretta.
  • Cosa c’è che non va?
  • Niente, è tutto ok, non mi ero resa conto che…è solo un piede intorpidito.
  • A me non sembra…
  • Davvero, credimi. -  Sorrise- Puoi lasciarmi, non credo di cadere dalla sedia.
  • Si, scusami.
Ma non si decideva a mollare la presa.
  • Non dovevi andare?
Ruth stavolta si rimise in posizione eretta e la guardò incerta sul da farsi
  • Davvero, non essere sciocca, va tutto bene. Guarda
Victoria si alzò.
  • Visto? Va tranquilla.
  • Ok, allora, io vado. Aspetto tue notizie.
  • Certo, a presto.
Quando Ruth uscì dal locale Victoria ritornò a sedersi. Continuava a pensare a lei, a come l’avevano fatta sentire le sue parole,piene di fiducia nelle sue doti e capacità. Allo sguardo limpido e fermo che aveva mentre le diceva, e a come non si era sentita infastidita ma al sicuro fra le braccia di quella donna che l’aveva sostenuta. Poi riprese a massaggiare quella gamba che al momento non le apparteneva più e alla triste realtà che quello spiraglio di vita che le aveva mostrato Ruth non sarebbe stato più possibile.

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Capitolo 6
*** Time is running out ***


Era passata più di una settimana da quell’incontro e Victoria aveva eluso ogni  tentativo di contatto da parte di Ruth, era praticamente sparita e questa cosa la faceva andare fuori di testa. Dopo il loro ultimo incontro aveva creduto di aver visto un cambiamento in lei. Quel giorno al bar le era sembrato  di aver intravisto uno spiraglio nel muro di reticenza della donna, aveva creduto di aver raggiunto un nuovo livello nella relazione che aveva con lei.
Ruth sorrise quando si rese conto di aver utilizzato la parola “relazione”. Era innegabile l’attrazione fisica che c’era fra loro due, quando si ritrovavano vicine era evidente come ad entrambe costasse fatica mantenere un certo distacco e di come fosse inevitabile avvertire la tensione che veniva a crearsi fra loro. Ma Ruth era consapevole che si limitava soltanto a quello, al sesso.
Presa dalla frustrazione causato da quel silenzio decise di dare una spinta a quella situazine di stallo che si era creata e andò a casa dell’artista. Non aveva avvisato del suo arrivo ma aveva una buona scusa per quella visita improvvisa. Incrociò un uomo che usciva dal portone così si infilò prima che si chiudesse, fece di corsa le scale e si fermò un attimo a riprendere fiato prima di bussare direttamente alla porta. Rimase in attesa ma non ottenne risposta, bussò nuovamente e stavolta sentì un rumore di qualcosa che cadeva molto rumorosamente sul pavimento. Alla fine Victoria venne ad aprire la porta in un spiraglio attraverso il quale guardava la nuova arrivata. Aveva un’espressione cupa e non fu affatto contenta di vederla.

  • Che sei venuta a fare?

Ruth fu sorpresa del tono arrabbiato con il quale veniva accolta

  • So che avrei dovuto avvisare
  • Si avresti dovuto

Aprì un po’ di più la porta appoggiandosi allo stipite.

  • Allora?
  • Posso entrare?

Victoria la guardò incerta sul da farsi, non era un buon momento e non avrebbe potuto nasconderlo.
Ruth sospirò appoggiò la mano sulla porta spingendola ed entrando in casa, c’era qualcosa nell’atteggiamento dell’artista che l’aveva messa in allarme.
Entrando vide che a generare il rumore che aveva sentito prima erano stati dei barattoli che ora si trovavano sparsi sul pavimento insieme al tavolino riverso sul quale evidentemente stavano prima.

  • Victoria è tutto ok?

La donna la guardò accigliata e molto infastidita, chiuse la porta e si staccò dalla parete sulla quale stava appoggiata, rimase un attimo a occhi chiusi e fece un gesto come se cercasse di prendere l’equilibrio, quando infine iniziò a camminare.

  • Si solo un po’ di febbre.
  • Ti posso aiutare in qualc..
  • Allora si può sapere perché sei qui?

Ruth rispose aggrottando la fronte e allargando le braccia

  • Sono stata alla sala e mi sono accorta che mancano alcuni dipinti e sono venuta a vedere se erano rimasti qui…e poi hai avuto modo di pensare al catalogo?
  • Ma non potevi chiamare e chiedere?
  • Mi prendi in giro? Non nai risposto nemmeno ad una delle mie chiamate!

Victoria fece un gesto infastidito  per indicarle la stanza e aggiunse

  • Guardati in giro, prendi quello che vuoi e poi per favore lasciami sola.

Non le diede il tempo di rispondere perché si diresse verso il bagno e chiuse la porta alle sue spalle.
Ruth era sconcertata dall’atteggiamento della donna, rimase disorientata non sapendo cosa fare, se andarsene subito o se invece sarebbe stato il caso di restare e dare un senso alla sua venuta. E poi l’atteggiamento dell’atista la stava allarmando non poco.
Rimise in piedi il tavolino e iniziò a raccogliere i barattoli rimettendoli al loro posto, si guardò in giro cercando gli oggetti della sua scusa e trovandoli li aveva portati accanto alla porta. Poi vide il catalogo della mostra poggiato sul divano, andò a sfogliarlo e trovando al suo interno degli appunti scritti a matita accanto ad alcune opere. Sorrise contenta di vedere che l’artista aveva preso seriamente la cosa. Lo rimise al suo posto e rimase incerta sul da farsi, era trascorso un po’ di tempo e di Victoria non vie era nessun segno ti vita. Si avvicinò alla porta del bagno e bussò leggermente.

  • Vic?

Non ricevette nessuna risposta.

  • Victoria va tutto bene?

Ricevendo lo stesso risultato decise di aprire la porta che cedette subito alla sua pressione, aprendola lentamente. Vide Victoria seduta sul bordo della vasca che si iniettava una sostanza nella gamba all’altezza della coscia, il dolore che le stava provocando quell’azione fu evidente dall’ espressione di dolore e che sopprimeva un urlo sommesso ma soprattutto dal tremore dal quale fu colta subito dopo, che le fece cadere la piccola siringa dalle mani. Quando si rese conto della presenza di Ruth fu colta dall’ira, provò ad alzarsi ma quasi le cedettero le gambe. Ruth fece un passo verso di lei per sorreggerla

  • Va via!
  • Victoria
  • Dannazione! Va via!

Dicendo questo riuscì a raggiungere la porta e a richiuderla spingendola fuori da quella piccola stanza. Dopo qualche secondo che a Ruth sembrarò un’eternità Victoria riapparse.

  • Che cosa non ti è chiaro del concetto di sparire?

Zoppicava visibilmente

  • Che cos’era quella roba?
  • Niente che debba interessarti
  • Victoria! Si può sapere cos’hai? Quanto è grave la tua..

Ma ebbe un’esitazione che non le permise di concludere la frase
La donna la fulminò con lo sguardo

  • Grave? Cosa? La mia malattia? Tu.. come lo sai?
  • Vic non è così difficile guardandoti capire che…
  • Smettila di prendermi in giro! E’ Stata Katrin non è vero? Certo, chi altro. Comunque non temere, non è niente che si possa trasmette facendo del sesso scadente! Adesso vattene!

Ruth rimase a bocca aperta.

  • Sul serio Vic? Pensi di chiudere la conversazione così? Perché ti sconvolge così tanto che io lo sappia? Che importanza ha? Posso solo comprenderti meglio.

 La padrona di casa le piantò addosso uno sguardo freddo, l’intero suo atteggiamento era cambiato, come se la rabbia avuta sino a quel momento fosse svanita ed era stata sostituita con qualcosa che turbava molto di più Ruth. Un’aura di distacco aveva avvolto Victoria che trapelava persino dal suo tono di voce

  • E’ vero, non è importante che tu lo sappia. In fondo sei solo la persona che pago per mettere su qualcosa che definirei un’inutile baraccone. Ma siccome ormai al punto in cui siamo non si può fare a meno di portarlo a termine ti chiederei soltanto di tenere l’informazione per te.  Non sopporterei che i critici associano la mia arte alla mia malattia. Se hai bisogno di un extra per tenere la bocca chiusa basta che me lo fai sapere, vedrò di accontentarti.

Il modo e il contenuto di questo discorso la ferirono profondamente, faceva fatica a riconoscere in quella persona l’artista che aveva tanto ammirato e la donna che aveva conosciuto e iniziato ad amare, si rese conto che non aveva niente da dire, la guardò ancora un attimo per poi decidersi ad andare via ma quando aprì la porta si ritrovò davanti Katrin.

  • Ruth, ma cosa…

Ma non le diede il tempo di terminare la frase, la superò e si precipitò giù per le scale. Entrando la nuova arrivata vide Victoria immobile a pugni stretti al centro della stanza che la fissava con aria assente.

  • Vic, ma che è successo?
  • Lo sa… e sei stata tu a dirglielo…

L’amica sospirò le si avvicinò poggiandole le mani sulle braccia

  • Victoria, non è la fine del mondo

La donna si liberò dalla presa e si allontanò

  • Si che lo è. Inizierà a guardarmi in modo diverso. Inizierà a trattarmi come – vedendo il piccolo catalogo che le aveva consegnato qualche giorno prima e si corresse – no, ha già iniziato a farlo.
  • Non dire così, non è quel tipo di persona. Ti prego, non rovinare tutto.
  • Lasciami da sola. Va via anche tu.

Katrin fece quello che le veniva richiesto, una volta fuori trovò Ruth sul marciapiede a qualche passo dal portone, le si avvicinò sfiorandole un sbraccio. La donna si girò appena a guardarla poi ritornò a fissare l’andirivieni delle persone. Il suo turbamento era visibile.

  • Quanto è grave? Insomma…rischia la vita?
  • Solo se sospende le cure.
  • Ma che cos’ha esattamente?
  • Una malattia rara…il suo sistema immunitario non funziona come dovrebbe. Attacca se stesso e alcune delle conseguenze le hai potute vedere da sola.
  • Avrei tante di quelle domande, ma come ha ampiamente chiarito Victoria non ne ho alcun diritto.

La rossa sospirò

  • Non è la malattia in se quella che la rende insofferente, non ha problemi a gestirla, abbiamo superato la fase dell’accettazione ormai da anni. Sono le persone il suo problema. Persino la donna che amava e che diceva di amarla più di se stessa l’ha abbandonata per questo.

Ruth si girò a guardarla sorpresa.

  • Ricordi quando ti raccontai di quelle mie amiche dalla relazione perfetta? Parlavo proprio di Victoria e Renèe.
  • Evidentemente non era così perfetta.
  • Io preferisco pensare che per Renèe era più importante il suo lavoro. Lei è un’antropologa, Victoria la seguiva in ogni suo viaggio, i dipinti di quel periodo sono qualcosa di meraviglioso. Victoria riusciva a immortalare quelle popolazioni tribali nei loro aspetti più profondi. Si sentiva una persona completa, aveva tutto, l’amore, un lavoro che amava e anche il suo ego era appagato dalla fama che stava iniziando ad arrivare. Poi però tutto è svanito, l’amore per ultimo, quando entrambe si resero conto che Victoria non l’avrebbe potuta più seguire nelle sue avventure, capirono che avrebbero dovuto modificare le loro vite, solo che Vic nonostante fosse consapevole che non avrebbe mai chiesto alcun sacrificio alla sua compagna, è rimasta ferita dal fatto che Dana avesse accettato senza grandi discussioni la soluzione che le proponeva, cioè di  rinunciare a loro. Per la mia amica è stato molto più difficile accettare la loro rottura che non tutto il calvario vissuto prima di raggiungere una stabilità con la sua sindrome.

Calò il silenzio, Katrin fissava Ruth che restava in un profondo silenzio, poi si riscosse, fece un sospiro.

  • E’ molto triste. Ma molte persone sono passate attraverso esperienze difficili e penose, ma non per questo si sentono in diritto di calpestare le persone che le circondano.

Non le diede il tempo di risponderle, si mosse attraversando la strada e confondendosi con i passanti dall’altra parte del marciapiede.
*****
Da quel giorno Ruth aveva deciso di prendere le distanze da tutto quello che riguardasse Victoria e il suo mondo. Diede al suo più fidato collaboratore il compito di seguire la parte organizzativa della mostra, riservando per lei solo la supervisione, affinché non venisse del tutto meno all’impegno preso. Aveva incaricato la segretaria di non passarle nessuna chiamata proveniente da Katrin, avrebbe risposto per email o in altro modo alle sue richieste.
Aveva capito perché Harry era così preoccupato quando era venuto a conoscenza del suo coinvolgimento con Victoria, mischiare il lavoro con i sentimenti non era stata una buona idea. Eppure avrebbe dovuto averne esperienza vista la situazione che si era venuta a creare con Lexie. Adesso si ritrovava a incrociarla per i corridoi o in ascensore o nell’ufficio di Harry, e si ritrovava tutte le volte a sostenere quella situazione imbarazzante dove si ritrovava a subire la finta indifferenza della sua ex che mal celava la sua sofferenza. E lei non sapeva mai come comportarsi.
Era arrabbiata con se stessa per essersi lasciata coinvolgere così tanto da una persona che in fondo non conosceva e che, nonostante questo, l’aveva ferita profondamente. Ma non capiva se quello che le dava più fastidio fosse stato effettivamente il tono e il contenuto della loro ultima conversazione o l’aver realizzato che aveva semplicemente idealizzato Victoria, complici i ricordi del passato, di quando si ritrovava ad assistere alle mostre organizzate al campus e ad emozionarsi guardando i dipinti dell’artista, o come si sentiva inadeguata tutte le volte che la incrociava e di come arrossiva quando lei, nonostante non la conoscesse nemmeno la salutasse sempre con un sorriso. Ricordava la sua gentilezza, la disponibilità verso gli studenti dei corsi inferiori, di come anche lei avrebbe voluto chiederle un parere o un consiglio su come rendere migliore la sua arte quando lei invece preferiva sparire in un angolo anonimo dell’aula.
La donna che aveva conosciuto oggi non era la stessa persona, e lei si sentiva enormemente stupida per essere caduta in quel tranello della memoria.
Poi si ritrovava a constatare che nemmeno lei era più quella ragazzina timida e insicura, alla ricerca di una strada da intraprendere. Quella strada non solo l’aveva trovata ma la percorreva con successo. Ma questo pensiero purtroppo non la consolava affatto.

  • Mi dici quando pensi di interrompere questa reclusine in ufficio? E’ trascorsa una settimana, per quanto ancora deve durare?

Trasalì essendosi accorta solo in quel momento della presenza di Harry nel suo ufficio.

  • Ti serve qualcosa?
  • Wow, come sei gentile!

Ruth non si era resa conto del modo sgarbato in cui lo aveva accolto. Cercò subito di rimediare.

  • Si, scusami, non dovevo…
  • Allora, si può sapere che cosa ti è successo?
  • Assolutamente nulla.
  • Raccontalo a chi non ti conosce. Te ne stai rinchiusa qua dentro, eviti chiunque, e cosa ancora più strana non stai seguendo in prima persona nessuno dei nostri clienti. Mi dici che ti passa per la testa?
  • Proprio niente, sono solo stanca. Spero mi sia concesso.

Nel dirlo si era alzata rivolgendo la sua attenzione al panorama sottostante e dando le spalle all’amico.

  • Ruth. Certo che ti è concesso, ma se hai bisogno di riposare perché non ti prendi qualche giorno lontano da qui e ritorni bella in forze come sempre? Restare a vegetare qui, di certo non ti aiuta.

La donna si girò a guardarlo un po’ infastidita.

  • Non sto affatto vegetando. Ci sono questioni che richiedono la mia presenza.
  • A si? Tipo cosa? Non hai ancora parlato con Yan, alla fine darò carta bianca a Lexie.
  • Ok, ho capito.

Andò a prendere la borsa pronta ad uscire

  • E adesso dove vai?

Ruth inforcò gli occhiali da sole e rispose con non curanza

  • A fare quello che mi hai appena chiesto, andrò a parlare con il mio artista. Se hai bisogno di me sa dove trovarmi.

*******
Ruth si trovava a fissare il murales oggetto della discussione in attesa dell’artista che lo aveva creato. Entrare in quell’edificio, reso unico e speciale grazie a lei e ai suoi sforzi di riuscire a mettere insieme un’idea che aveva ormai da anni.
Passare accanto a quelle pareti ricche di colori, sfiorare quelle opere che avevano trovato vita e sfogo anche grazie a lei, per un attimo dimenticò quello che la turbava ormai da settimane e si sentì nuovamente padrona e sicura di se stessa. In questo spirito rimase ad ascoltare le motivazioni che avevano spinto Yan a fare quell’assurda richiesta, e grazie alla calma che aveva riacquistato era riuscita a far rinsavire lui portandogli le argomentazioni più valide che le venivano in mente in quel momento.

  • Allora dimmi, vuoi essere l’artista che ha partecipato ad un evento mai visto o quello che ha deciso di tirarsene fuori, e nella maniera più ridicola.
  • Ruth non devi fraintendermi
  • Non c’è niente da fraintendere, ti lascio libero di fare quello che ritieni giusto per te. Ma ti assicuro che non avrai vita facile se continuerai a voler lavorare a New York
  • Mi stai minacciando?
  • No, ma sia chiaro che non sarò soltanto io a perdere di credibilità, ma tu per primo sarai inaffidabile per chiunque.

L’uomo rimase un attimo a fissarla in silenzio, ponderando il peso delle parole appena udite.

  • Ok, ok. Hai ragione tu. A quanto pare mi dovrò rassegnare.
  • E’ la cosa migliore, fidati.

Andato via Ruth rimase ancora a girovagare per i piani di quell’edificio, grata per la serenità e la forza che le aveva ridato. Ma si dissolse al vento non appena vide entrare Victoria ed avanzare con passo sicuro verso di lei. Era una visione talmente inaspettata che aveva avuto bisogno di un attimo per rendersi conto che fosse reale. Si fermò a qualche passo da lei.

  • Come mi hai trovato?
  • Il tuo socio.

Calò di nuovo il silenzio.

  • So di doverti delle scuse.

Sentendo quelle parole Ruth iniziò a camminare e la superò.

  • No, ti sbagli, non mi devi proprio niente.

Victoria la fermò mettendosi di fronte a lei.

  • Ok, come vuoi, ma sta a sentirmi, solo per un attimo.

La curatrice era molto combattuta, odiava restare lì e sentirsi di nuovo sommersa dai sentimenti contrastanti che provava verso quella donna. Non sopportava il peso e la bellezza di quello sguardo, così abbassò il suo e non andò oltre. Così Victoria iniziò a parlare.

  • So di averti detto delle parole che non meritavi. Mi sono sentita indifesa davanti a te e ho reagito male. So che ai tuoi occhi non è una giustificazione ma è la verità.
  • Indifesa... Però sono io che ti devo delle scuse, non tu. Per la mia mancanza di professionalità ma soprattutto per aver cercato di farti essere qualcosa che non sei, per aver creduto che tu fossi qualcosa di diverso.
  • Va bene, me lo merito, insultami ma per favore..
  • No, basta così. Porterò a termine l’incarico che mi avete dato. Dopo non esisteremo più l’una per l’altra.
  • E come vuoi riuscire a mantenere il tuo impegno? Non rispondendo alle chiamate? Mandandomi quell’idiota del tuo assistente? Ruth!

Dicendo il suo nome aveva stretto la presa sul suo braccio costringendola a guardarla negli occhi.

  • Ho bisogno di te. Non mi abbandonare proprio adesso.

Rimase sorpresa e turbata. Le credeva, riusciva ad avvertire la sincerità di quella richiesta. Ma esitava ancora.

  • Hai Katrin, sono sicura che insieme avrete il miglior risultato possibile.
  • Perché non capisci che mi hai messa su una strada che non posso percorrere da sola? Già una volta la vita mi ha preso in pieno, come un fottuto treno che viaggiava a tutta velocità. E oggi mi ritrovo di nuovo a rischiare e a sperare e odio ammetterlo ma è anche colpa tua se oggi mi ritrovo ad avere delle aspettative verso questa nuova opportunità che… mi terrorizza e che…
  • Va bene, non aggiungere altro.

Ruth stava per cedere e per questo si stava odiando, ma non le era stato possibile ignorare il fatto che Victoria, per la prima volta, le stava parlando senza indossare nessuna maschera. Era semplicemente lei e stranamente la sentiva vicina, in un modo inaspettato. Aveva provato la stessa sensazione durante quel pomeriggio trascorso insieme.

  • Ma si farà a modo mio.

Victoria sorrise, si rese conto che dal primo momento che aveva messo piede in quel luogo e l’aveva rivista dopo tutto quel tempo aveva avuto voglia di abbracciarla, e sentendo le ultime parole pronunciate da Ruth cedette a quel desiderio. Le passò le braccia intorno al collo e la strinse a se.

  • Come sempre del resto.

Ruth rimase sorpresa da quel gesto inaspettato, in un primo momento si abbandonò a quel contatto ma poi si liberò dolcemente da quella presa.

  • No, Vic, questo… non.. io e te, non accadrà più…

L’artista le sorrise.

  • Lo capisco e perdona il mio slancio ma, ormai non credevo di riuscire a convincerti e… sono solo contenta.

Rimasero imbarazzate a guardarsi poi Ruth ruppe quel momento di disagio

  • Vuoi fare un giro?
  • Si volentieri.
  • Ok, andiamo.

Ruth iniziò a farle da guida conducendola nelle varie sale sparse per ogni livello.
Victoria si fermò davanti ad un affresco molto colorato che ricordava una foresta tropicale.

  • A essere sincera, sono già stata qui.
  • Sul serio? E perché non me lo hai detto?
  • Quando sono venuta o adesso?
  • Direi entrambe!

Victoria sorrise.

  • La prima perché non mi avresti risposto, sono venuta qualche giorno dopo il nostro ultimo incontro. Adesso perché… chi meglio di te può farmi vedere nella sua reale bellezza questo posto. Non avrei mai rinunciato a quest’occasione.
  • Certo che sei una strana persona. Perché sei venuta qui dopo che

Esitò e Victoria concluse la sua frase.

  • Ti ho buttata fuori casa? – Sorrise -  Non lo so, Katrin mi tormentava per come ti avevo trattata, continuava a dirmi che “non sei quel genere di persona”.
  • Che persona?
  • Ci sono due tipi di persone, quelle che mi compatiscono e quelle che fingono empatia ma poi spariscono. Le persone ti trattano in modo differente, non vedono te, la persona che sei. Ma solo la malattia. Insomma quel genere di persone che detesto. Volevo capire semplicemente se Kat aveva ragione.

Ruth la vide sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

  • Così sono venuta qui. E per quello che ho visto, una persona che è riuscita a mettere insieme tutto questo, tutta questa bellezza e dato voce all’arte rendendola accessibile a chiunque, meritava una chance.

Sorrise pronunciando le ultime parole. La donna l’aveva ascoltata incredula, la Victoria di qualche settimana prima non le avrebbe mai dato accesso ai suoi pensieri, stentava a riconoscerla, doveva ammettere che questa sua nuova versione le piaceva, e molto.
***
Dopo quell’incontro i loro rapporti cambiarono, ma in un modo che Ruth non riusciva a percepire in pieno. Victoria sentiva di non aver più niente da nascondere e quindi riusciva a comunicare le sue perplessità quando la curatrice le esponeva qualche nuova idea sull’esposizione e organizzazione della mostra.
Parlavano molto, il più delle volte si perdevano in discorsi che poco avevano a che fare con il lavoro in se ma si ritrovavano a raccontarsi il loro modo di vivere e di percepire l’arte, le loro esperienze. Riuscivano a parlare di politica, di attualità e di tante altre cose, come di un film visto la sera prima o di un articolo appena letto, e spesso si ritrovavano a constatare come le loro opinioni fossero simili, anche se entrambe trovavano più divertente discutere e confrontarsi cercando di portare l’altra ad ammettere che il proprio punto di vista fosse quello giusto.
Un altro punto di contatto era l’amore che entrambe avevano per la città in cui vivevano, ne sapevano apprezzare la bellezza e le opportunità che si potevano trovare solo lì e soffrire invece dei suoi aspetti peggiori, di quelle zone grigie e di degrado urbano e sociale che risultavano essere delle cicatrici profonde in una città che sapeva essere un cuore pulsante.
In tutto questo Katrin si era ritagliata un posto fra le due donne, si rendeva conto che tra di loro c’era un’affinità che in parte la turbava, ma allo stesso tempo era contenta di vedere da una parte la sua amica finalmente serena e pronta a riprendere in mano la propria vita, e dall’altra di iniziare a scoprire e a conoscere meglio quella donna che stava rendendo possibile tutto questo e per la quale iniziava a provare, oltre all’attrazione e la curiosità del primo momento, un sentimento che le faceva battere il cuore tutte le volte che si ritrovava a incrociare il suo sguardo o a godere del suo sorriso.
Passa da me stasera
Fu il messaggio proveniente da Victoria che Ruth lesse sul display del cellulare, sorrise e le rispose positivamente.
Così quando uscì dall’ufficio andò direttamente a casa dell’artista, non fece in tempo a citofonare che le venne aperto il portone, una volta giunta al piano trovò un biglietto attaccato alla porta con su scritto
Siamo sul tetto
A rafforzare quella richiesta fu la voce di Katrin provenire dall’alto che la chiamava sporgendosi dalla balaustra della scala per farsi vedere.
Ruth le raggiunse facendo le altre tre rampe di scale che la separavano dalla meta, per uscire finalmente sul tetto. Accolse con piacere la leggera brezza che le sfiorava il viso dopo la fatica della salita, si guardò intorno e vide una sorta di pergolato con sotto un lungo tavolo e delle larghe sedie da giardino, l’illuminazione era composta da dei filari di lampadine dalla luce calda e soffusa.

  • Però, lo avete sistemato bene qua su.

Victoria la accolse con un largo sorriso.

  • Non potendo avere un giardino ci siamo dovute arrangiare, in compenso la vista non è male.

Intervenne Katrin

  • Io veramente avrei anche un attico, e con l’aria condizionata se si vuole rientrare in casa, ma a questa donna non piace molto l’ Happer Side.
  • Devi ammettere che tutto questo ha il suo facino.
  • Avete finito di criticare casa mia?

Ruth si avvicinò ad una sedia, si tolse la giacca del completo leggero che indossava e lo posò sulla sedia, vide sul tavolo, vicino alla padrona di casa l’ormai famoso catalogo della mostra, era diventato un punto forte di discussione visto che Victoria non si decideva a restituirglielo con la bozza definitiva. La matita che l’artista teneva in mano giocherellandoci era la conferma che l’arrivo di Ruth aveva interotto l’ennesima modifica. La donna le si avvicinò togliendole di mano prima la matita che usò per legarsi i lunghi capelli in una crocchia e poi per impadronirsi del catalogo che iniziò a sfogliare per vedere che cosa fosse cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto e finalmente andò a sedersi comodamente. Victoria l’aveva guardata durante lo svolgimento di quelle azioni, la grazia e la sicurezza dei suoi moviemnti la incantavano sempre. E adesso se ne restava lì a studiare la linea del suo collo rimasto libero, quella curva sinuosa che partiva da dietro l’orecchio, con qualche ciocca di capellì che lo sfioravano appena, e finiva inoltrandosi nello scollo della camicia e che lasciva intuire la forma della spalla.

  • Venendo qui speravo fosse perché finalmente me lo restituivi, ma invece vedo che non è cambiato nulla.

Victoria trasalì, ma non le rispose.

  • Allora, perché mi trovo qui?
  • Dev’esserci per forza qualche motivo per volerti vedere?

Tanta franchezza turbò sia Ruth che Katrin.
La curatrice si girò a guardarla, in silezio, poi la vide aprirsi in un sorriso

  • Se tu prestassi un po’ più di attenzione ti renderesti conto che ho finito. Puoi finalmente portarlo via e farci ciò che vuoi.
  • Mi prendi in giro.
  • No, dico la verità
  • Ma è esattamente come la settimana scorsa!
  • Si, e con questo? Dovevo rifletterci un po’ su.

Katrin si alzò e prese delle birre messe in un fresco in un cestello pieno di ghiaccio.

  • Direi che dobbiamo festeggiare.

Dicendolo diede una bottiglia alla curatrice e l’altra alla sua amica.

  • Non credevo che sarebbe arrivato questo momento!
  • E’ vero che ti ho fatto aspettare, ma adesso non essere così drammatica.

Ruth dopo aver bevuto un sorso di birra guardò di nuovo l’oggetto della discussione che aveva abbandonato sul tavolo.

  • Manca ancora il dipinto del mistero.
  • No, non manca. O per meglio dire è giusto che non ci sia. Non sarà in vendita.
  • Ma almeno posso vederlo?
  • La risposta la conosci già.
  • Non è ancora finito. Ringrazia che l’aver ricevuto il catalogo mi da la speranza che un giorno finirai anche quello.

Il telefono di Ruth interruppe la conversazione.

  • Beth! Si hai ragione, me ne sono dimenticata. Sono da Victoria.
  • Dille di raggiungerci.

La donna la guardò perplessa. Poi in maniera incerta invitò la sua amica che accettò senza farsi pregare più di tanto. Mezzora più tardi anche lei si ritrovò a sorseggiare birra sul tetto della casa della pittrice in una tarda sera di metà agosto. Come suo solito non aveva faticato ad ambientarsi e a prendere confidenza sia con la padrona di casa che con la sua rossa amica. Con la sua esuberanza e il suo spirito sapeva mettere a proprio agio le persone e dopo qualche ora sembrava che si conoscessero da una vita.
Victoria sembrava trovarla molto divertente, e dal tono e delle battute che si scambiavano sembravano delle vecchie conoscenze. Anche Katrin aveva apprezzato il suo arrivo, la sensazione di disagio che a volte provava in presenza delle due donne la feriva, e quella sera dopo l’uscita di Victoria aveva di nuovo la percezione di essere di troppo. E non poteva ne voleva accettarlo. Voleva Ruth, desiderava avere quella scioltezza che aveva Victoria con lei, e odiava ammetterlo, ma avrebbe tanto voluto che lei la guardasse come guardava a volte la sua amica.
Ma non voleva cedere, non poteva, non questa volta.
Anche Victoria si era resa conto ormai da tempo dell’interesse che la sua amica aveva verso Ruth, e spesso aveva pensato che sarebbe stato onesto da parte sua dirle quello che c’era stato fra loro due. Poi però si diceva che l’avrebbe soltanto ferita e che in fondo non sarebbe più accaduto. Da quando Victoria l’aveva raggiunta per chiederle scusa, Ruth era stata molto chiara in merito e per quanto nel periodo che seguì molte volte entrambe avevano avvertito l’attrazione che c’era tra loro, o almeno la pittrice sentiva quella forza che la spingeva verso quella donna, la curatrice dimostrava una grande determinatezza nel fare in modo che fra di loro ci fossero solo rapporti di lavoro e di amicizia. Victoria molte volte si ritrovava a provocarla, ma l’indifferenza che Ruth le dimostrava, odiava ammetterlo, la feriva e sapeva di non averne nessun diritto visto che non poteva darle quello che una persona come lei voleva.

  • Inizio a pensare che con questo caldo siamo le uniche rimaste New York.
  • E’ molto probabile, Beth non hai in programma una vacanza?

Ruth, che in quel momento era persa nei suoi pensieri si girò ad osservare la sua amcia e Victoria intente in quella conversazione.

  • Se devo essere sincera aspetto lei che si decida a mollare il lavoro.

Victoria si rivolse a Ruth

  • Davvero ti trarriene il lavoro?
  • Già. Ma non appena ritorna Harry ho  intenzione di sparire per un po’.
  • Per dove?

Intervenne Katrin

  • Perché non venite da me. Ho una casa negli Hampton. A me farebbe piacere.

Ruth la guardò e le sorrise.

  • Grazie per l’offerta, ma ho altri programmi, mi piacerebbe andare a New Orleans. – Fece una pausa -  Voi quindi andrete lì?
  • Per quanto mi riguarda no.

Beth prese la palla al balzo.

  • Non lasci mai la città?
  • Certo, ma preferisco farlo in inverno. Odio il freddo, così ne approfitto e per andare a trovare la mia abuelita in messico.

Ruth immaginò Victoria in quel contesto, sotto un sole splendente in un cielo sconfinato e limpido. Calò il silenzio.

  • Direi che si è fatto tardi. Credo che sia il caso di andare. Che ne dici Beth?
  • Dico che hai ragione.

Scesero tutte e quattro al piano inferiore, si salutarono con promesse di ripassare presto una serata insieme e le due amiche accompagnate da Katrin iniziarono a proseguire la discesa verso l’uscita con Victoria che rimaneva a guardarle sulla soglia di casa.

  • Ruth, aspetta!

La donna rimase ferma sul primo scalino, vide la pittrice avvicinarsi a lei e portarle una mano dietro la testa, toggliendole la matita che ancora le teneva legati i capelli lasciandoli così cadere liberi lungo le spalle. Rimasero a guardarsi negli occhi, Victoria rapita come sempre dalla sua bellezza e Ruth con il cuore in gola per quel gesto inaspettato che la faceva ritrovare a così poca distanza da quella donna che turbava la sua esistenza. E il sorriso che aveva in quel momento amplificava quella sensazione.

  • Credo che questa sia mia.

Ruth, persa in quegli occhi scuri le sussurrò

  • Ti odio lo sai?

Victoria le rispose con un cenno della testa e con un sorriso, poi si voltò per rientrare in casa.
Una volta in strada Katrin fermò un Taxi.

  • Volete un passaggio?
  • No grazie, io e Ruth facciamo due passi. E’ stato un piacere conoscerti Kat, spero di rivederti presto.
  • Grazie, lo è statao anche per me.

Una volta rimaste sole Beth iniziò a parlare

  • Allora, mi dici che stai combinando?
  • A che ti riferisci?
  • A quello strano triangolo a cui ho assistino e che a quanto pare tu sei il vertice.
  • Non so di che parli?! Perché devi vedere cose che nemmeno esistono.
  • Oh no, io ho visto benissimo come ti guarda la rossa e di come ti stuzziaca la mora. La domanda è: tu da che parte stai?

Ruth si fermò a guardarla stupita.

  • Da nessuna! Non ho nessun interesse per Katrin, e Victoria poi…
  • Cosa? Victoria cosa?

La donna sospirò.

  • Beth, cosa vuoi che ti dica?
  • Che ne sei innamorata.
  • Adesso non esagerare. E poi fosse anche vero. lei ha il suo cuore altrove, e come hai detto tu gioca con me e si diverte semplicemente a provocarmi. Non ho intenzione di soffrire.
  • Cara amica, purtroppo non credo che ci riuscirai.

Camminarono ancora per un po’, poi presero un Taxi sino a casa di Ruth dove Beth decise di rimanere pe la notte.

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Capitolo 7
*** Fix You ***


  • Posso entrare?

Ruth alzò lo sguardo dai fogli che teneva in mano ritrovando Lexie davanti alla porta del suo ufficio.
Fu sorpresa e esitò prima di rispondere.

  • Credevo che anche tu fossi fuori città.

Lexie non rispose, entrò e andò a sedersi sulla sedia di fronte a lei, accavallò le gambe

  • Come vedi non è così.
  • Cosa.. perché sei qui?

La donna sorrise

  • Non posso semplicemente passare a vedere come te la cavi senza Harry?
  • Sai benissimo che non ho bisogno della tua supervisione, anche perché sei tu a lavorare per me. Quindi, ti ripeto la domanda, perché sei qui?
  • E tu perché sei sulla difensiva?

Ruth riconobbe quell’atteggiamento sicuro e leggermente strafottente tipico di Lexie. La scrutò bene, non la vedeva da qualche settimana e fu contenta di scoprire come l’espression sconvolta e corrucciata che aveva abitualmente da quando si erano separate era del tutto scomparsa. Aveva assunto quell’aria di non curanza che la faceva apparire superiore rispetto a tutto ciò che la circondava.
In fondo Ruth sapeva che era per quel lato del suo carattere, determinato e risoluto che applicava non solo nel suo lavoro ma sotto ogni aspetto della sua vita,  ad averle fatto credere che una persona così poteva essere la sua compagna di vita, le dava la sensazione di un approdo sicuro in quel mare di  incertezze di cui era costellata la sua esistenza. Credeva che una persona come lei sarebbe stata abbastanza coerente da non abbandonarla, e invece, ironia della sorte, era stata proprio lei a non averne e a rendersi conto che tutta quella risolutezza in verità la soffocava.
Vedendo che la sua domanda non riceveva nessuna risposta, sempre con un mezzo sorriso stampato in faccia decise di risponderle.

  • Ho dei documenti da farti firmare, sono abbastanza urgenti da non poter aspettare il ritorno di Harry. Te li ho mandati per email, volevo solo essere sicura che tu li vedessi.
  • E non potevi dirlo semplicemente alla mia segretaria?
  • E perdermi lo spettacolo di te che non sai come comportarti con me? Adoro vederti indecisa se prendere l’atteggiamento di quella stanca e irritata dal mio dolore o la compassionevole.
  • Fammi capire, sei venuta per litigare?
  • A dire il vero tutto il contrario. Hai detto bene prima, io lavoro per te, o per meglio dire, per la tua società. Continueremo a incontrarci e penso che un minimo di civiltà tra di noi dovrebbe esserci.

Sorrise nuovamente. Ruth fu piacevolmente sorpresa da questo discorso, voleva dire che Lexie iniziava a farsene una ragione e che avrebbe potuto iniziare a sentire meno il disagio e la pressione dettata dalla sofferenza palese di quella donna, tutte le volte che si ritrovavano nella stessa stanza. Era un pensiero molto egoistico, ma non poteva fare a meno di rallegrarsene per entrambe. Lexie continuò il suo discorso.

  • Un tempo eravamo amiche, e lo siamo state per parecchio. So che non sarà mai più come prima, e non ti mentirò dicendoti che non ti amo più.

Fece una breve pausa.

  • Almeno per rispetto verso Harry dovremmo impegnarci a ristabilire un minimo di equilibrio.

Ruth si adagiò alla spalliera della sedia, incrociando le braccia.

  • Per me va benissimo. Sono contenta di vedere che stai cercando di andare oltre. So che per te non è semplice. E lo apprezzo.

Lexie sospirò.

  • Avrei preferito che nemmeno per te fosse stato semplice, ma ho preso atto che non posso costringere qualcuno ad amarmi. Credo di meritarmi qualcosa di più.
  • Lo credo anch’io, per entrambe le cose.

Alla fine si alzò per andare via ma Ruth la fermò

  • Non è stato facile nemmeno per me, credimi. E’ vero che non ti amo, ma ti voglio bene e non avrei mai voluto farti del male.

Si guardarono per qualche istante, poi Lexie fece un cenno di assenso e uscì.
Non appena rimasta sola il telefono di Ruth iniziò a squillare.
Era Victoria.

  • Hai intenzione di fare notte in ufficio anche oggi?
  • Chi ti dice che io sia in ufficio?
  • Non ho alcun dubbio!
  • Cosa vuoi Vic?
  • Ti va di venire ad un’esposizione con me? E’ di un mio amico, come vedi c’è qualcuno che organizza mostre anche in piena estate!
  • Certamente, le organizzano! Ma scommetto che mi stai invitando giusto per fare numero.

Sentì il suono caldo della risata di Victoria.

  • Mi hai scoperta!
  • Ah ah… sarei tentata di dirti di no.
  • Sei tentata ma non lo farai. A parte tutto, merita che tu la veda, e soprattutto che lui conosca te. Magari gli dai qualche consoglio per la prossima volta. Allora vieni giù o vado via?

Ruth si sorprese nel sapere che la stava sapettando in strada. Le diede quasi fastidio vedere come Victoria avesse dato per certo che lei l’avrebbe accompagnata. E fu ancora più irritata con se stessa perché sapeva che aveva ragione.

  • Ok, arrivo, dammi 10 minuti.

Una volta giù vide Victoria che l’aspettava a qualche passo dall’entrata, quando si girò vedendo la nuova arrivata trattenne il respiro. Ruth indossava una camicia nera sbottonata sul davanti in una profonda scollatura su un paio di jeans aderenti denim, Aveva i capelli raccolti dietro e lasciati liberi sul davanti. Le labbra erano inarcate in un mezzo sorriso e il modo in cui la stava guardando le fece sussultare il cuore.

  • Ma tu non riesci mai a non essere così?

Ruth la guardò perplessa inclinando leggermente la testa

  • Così come?

Victoria rimase in silenzio per qualche istante guardandola negli occhi, poi scosse la testa e sorrie.

  • Niente lascia stare. Andiamo è qui vicino.

Victoria la condusse a qualche isolato dal suo ufficio, ad un certo punto le indicò un’edificio dall’altra parte della strada e Ruth vide il basso dove si teneva l’esposizione, grazie alle grandi pareti a vetri che davano sulla strada poteva già da lì intravedere  alcuni quadri che componevano la mostra.
Una volta entrate si ritrovarono nel tipico spazio espositivo che si poteva trovare a Manathan, un ambiente dalle pareti bianche con luci soffuse nella maggior parte degli spazi ma regolate con maggior forza per illuminare i vari dipinti e sculture. Le opere erano principalmente grandi tele astratte, con giochi di luci e ombre e di colori sgargianti.

  • Mi piace.

Victoria si girò a guardarla soddisfatta. Poi vide il suo amico e la condusse verso di lui per fare le presentazioni.
Lui fu molto contento di conoscere Ruth, sapeva chi era, la sua fama la precedeva, e le disse che apprezzava molto la sua recente iniziativa.

  • Ammetto che mi sarebbe piaciuto molto partecipare al tuo progetto. Lo trovo molto illuminante.
  • Ti ringrazio, a me fa sempre piacere conoscere il parere di artisti come te. Comunque mi piacciono molto i tuoi lavori.
  • Grazie, chissà magari in un futuro potremmo collaborare. Quando Victoria mi ha detto che stavi organizzando la sua mostra in un primo momento non le ho creduto. Ma da lei e Katrin posso aspettarmi di tutto, persino riuscire ad avere te come curatrice.
  • Diciamo che sanno essere molto convincenti.
  • Adesso vi devo lasciare. Ruth è stato un piacere.
  • Anche per me.

Di nuovo sole, Ruth si rivolse a Victoria con aria di scherno

  • Mi hai portata qui solo per mostrarmi in giro.
  • Non dire sciocchezze! Non pensi di essere un tantino egocentrica?
  • Sarà…Andiamo, voglio finire di fare il giro.

Continuarono a girare per le varie sale commentando quello che vedevano.

  • Questo mi piace molto. Tu cosa ne pensi?

Non avendo risposta rivolse la sua attenzione su Victoria che in quel momento stava massaggiandosi gli occhi. Poi tornò a guardare quello per cui era stata richiesta la sua attenzione, ma Ruth si rese conto che le stava costando fatica.

  • Vic, tutto bene?
  • Io, credo di si.

Ma quando ritornò a cercare di guardarsi in giro la pittrice si riportò la mano sugli occhi.

  • Dannazione!

Ruth le mise le mani sulle spalle

  • Victoria, dimmi cosa c’è che non va?!
  • Non ci vedo, e questo vuol dire che sto per avere una crisi.
  • Come posso aiutarti?
  • Portami a casa.
  • Sei sicura? Non vuoi che andiamo..
  • No! Portami a casa e chiama Katrin!

Ruth stava esitando e Victoria se ne rese conto.

  • Ti prego fra poco non sarò più in grado di  parlare e avrò difficoltà nel muovermi. Non ti dico tutto questo per spaventarti ma perché ho bisogno che tu faccia esattamente quello che ti dico. Portami a casa, lì c’è tutto quello che mi serve. E ti prego…chiama Katrin.

Ruth la prese sottobraccio e la condusse fuori da lì. Fermò un taxi e una volta su chiamò Katrin. La donna le disse che le avrebbe raggiunte il prima possibile e anche lei cercò di rassicurare Ruth che portarla a casa era la soluzione migliore.
Durante il tragitto Victoria restava appoggiata con la fronte al finestrino tenendo gli occhi chiusi,  teneva stretta la mano della donna, come a cercare un appiglio alla realtà, come se da quel contatto ne traesse un sostegno. Ruth avvertiva il suo respiro profondo e un po’ in affanno. Una volta arrivate a destinazione l’aiutò a scendere e a salire i primi gradini verso il portone quando sentì la voce di Katrin che le chiamava. Rimasero in attesa che le raggiungesse e quando lo fece  prese Victoria per l’altro braccio.

  • Kat
  • Non dire niente, non sforzarti. Sta tranquilla ok?

Victoria fece solo un cenno con la testa e si lasciò condurre su per le scale. Una volta nel suo appartamento la portarono a letto e l’amica prese delle pillole in un cassetto e le diede alla pittrice. Ruth le lasciò sole, scendendo nello studio di Victoria, sconvolta da quello che stava accadendo, domandandosi come aveva fatto a passare da una piacevole serata a quello stato di ansia e preoccupazione per la persona che si trovava al piano di sopra. Andò a sedersi sul divano, in attesa, quando vide apparire Katrin.

  • Come sta?
  • Vorrei dirti che il peggio è passato, ma non è così. Il culmine di tutto questo è una feroce emicrania. E da come l’ho lasciata direi che è già iniziata.
  • Ma perché? Sembrava che stesse bene e invece..
  • E’ colpa mia…

Ruth la guardò sorpresa.

  • Ma cosa dici
  • Si, è colpa mia, l’ho costretta a sottoporsi allo stress dell’organizzazione della mostra. Mi aveva avvertita, mi aveva confidato le sue paure. Ma io volevo soltano provarle che si sbagliava, che poteva ancora..e invece adesso è di sopra con una di quelle crisi che non le venivano da tempo. Non avrei dovuto insistere. Eppure da quando è iniziata questa storia ho avuto tutti i segnali sotto gli occhi e li ho voluti ignorare.
  • Non credo che tu l’abbia costretta, in fondo anche lei lo desiderava. Forse all’inizio aveva paura, ma credimi, quello a cui stiamo lavorando la rende felice.

Non aggiunsero altro.
Katrin andava avanti e indietro dalla stanza di Victoria per assicurarsi che l’amica avesse tutto quello di cui aveva bisogno. Alla fine ritornò da Ruth dicendole che finalmente stava riposando.

  • Puoi andar via se vuoi. Ormai è passata. Credo che dormirà fino a domani. Non c’è necessità che restiamo entrambe.
  • Hai ragione, ma non credo che riuscirei a tornare a casa e a dormire. Quindi se non ti dispiace vorrei restare, va tu.

Katrin rimase sorpresa dalla richiesta.

  • Ruth, non vedo perché tu debba restare. Non mi sembra il caso.
  • Perché ne ho bisogno.
  • Ne hai bisogno?
  • Si. E ti prego di accontentarmi. Domani avrà ancora la necessità di avere qualcuno vicino e io non potrò esserci. Quindi ti prego.

La donna non avrebbe voluto lasciare l’amica ma la risolutezza di Ruth non la fece obiettare.

  • Ok, ritorno domattina e chiamami per qualsiasi cosa.
  • Va bene, sta tranquilla.

Una volta sola Ruth rimase avvolta nel silenzio della casa. Ormai fuori era buio e venne colta da una strana inquietudine. Andò al piano di sopra e aprì la porta della camera di Victoria. La vide sdraiata con un’asciugamano a coprirle gli occhi. Il respiro regolare le fece capire che stava dormendo.
Chiuse la porta e ritornò al piano di sotto. Rimase a girovagare per lo studio della pittrice,con la sola compagnia della luce che proveniva esternamente dalle finestre, si soffermò a guardare fuori l’andirivieni delle macchine che con il passare delle ore iniziava a diradarsi.
Guardò l’orologio e si rese conto che era l’una di notte. Era stanca ma non aveva intenzione di cedere al sonno. Andò verso il frigo e prese una birra. La luce che in quell’oscurità parve essere abbagliante, illuminò la foto che Ruth aveva visto tempo addietro appesa alla parete, di Victoria e della sua compagna di allora. Rimase ad osservarla domandandosi perché continuava a tenerla lì. Bevve un sorso come a soffocare la risposta ovvia che le saliva in gola. Chiuse lo sportello e quando si girò sussultò per lo spavento che le provocò l’ombra che aveva alle spalle. Solo dopo un attimo si rese conto che si trattava della padrona di casa.
Victoria non le disse nulla, anche lei andò verso il frigo ma quello che prese era di natura del tutto diverso. Tirò fuori una piccola siringa che Ruth aveva avuto già modo di vedere in passato. La vide dirigersi verso il bagno e la seguì. La vide prepararsi a quell’azione, la ossevò sedersi sul bordo della vasca, disinfettare la parte che avrebbe accolto l’ago, e per un attimo la vide esitare. Istintivamente Ruth la raggiunse accovacciandosi di fronte a lei e coprendole con le sue mani quella di lei, pronta a ferire la sua carne.

  • Lascia che ti aiuti.

Victoria con uno sguardo lucido si soffermò, non comprendendo quello che le stava chiedendo. Domandandosi come l’avrebbe potuta aiutare.
Vedendo la sua incertezza, Ruth le tolse la siringa dalle mani.

  • Dimmi come devo fare

La pittrice ne fu turbata.

  • No, non devi.
  • Ti prego, non sei costretta a subire tutto questo da sola.Lasciati aiutare.

Victoria la guardò, sospirò profondamente e guidò la sua mano in quell’azione. Poi quando il liquido iniziò a penetrare, il suo viso si coprì con la maschera del dolore. Un urlo silenzioso riempiva la sua bocca fino a quando Ruth non terminò quell’ingrato compito. Rimase a stringerle la mano.

  • Forza. E’ finita.

Quando ne ebbe di nuovo la forza Victoria ritornò nella sua camera e si rimise a letto. Ruth che l’aveva accompagnata aspettò qualche istante, si avvicinò alla finestra per aprirla e far entrare un po’ d’aria.

  • Resta.

Si voltò,  non sicura di aver compreso quel sussurro provenire dal letto.

  • Se lo vuoi, rimani.

Voleva.
Si sfilò i jeans per stare più comoda e  andò a sdraiarsi accanto a lei, poggiò la testa tra la spalla e il seno della pittrice afferrandosi a lei con la mano sull’altra spalla. In quella posizione, ascoltando il respiro regolare della sua compagna, avvertendone il calore e il suo odore, si addromentò.
Il suono delle auto sulla strada la svegliarono. Era ancora abbracciata a Victoria, erano entrambe sul fianco, una di fronte all’altra, la pittrice le teneva una mano sul fianco appena  sopra l’elastico degli slip, Ruth le circondava la vita con il suo. Aprendo gli occhi si era ritrovava a pochi centimetri dal volto ancora addormentato di Victoria, aveva le labbra socchiuse e dormiva ancora profondamente,  rimase a guardarla con la voglia di baciarla. Quando si rese conto di quell’intreccio di gambe e braccia si liberò delicatamente e si mise a sedere sul bordo del letto, gettò lo sguardo sull’orologio che la padrona di casa teneva sul comodino, erano le dieci passate. Un clacson fuori fece svegliare anche Victoria.

  • Come ti senti?  

 Victoria si passò le mani sul viso

  • Come se fossi sopravvissuta ad uno scontro con un tir.

Ruth prese i suoi pantaloni e si rivestì sotto lo sguardo attento della donna che se ne restava sdraiata sul letto leggermente sollevata sui gomiti.

  • Ti serve qualcosa prima che vada via? Vuoi qualcosa da mangiare?
  • No. Ti ringrazio.
  • Vuoi che chiami Katrin?
  • Non era in quel modo che avrei voluto che finisse la serata.

Ruth, che in quel momento si stava specchiando nel tentativo di rendersi presentabile si girò a guardarla.

  • Ti rifarai la prossima volta. Magari mi offri una cena.
  • Ruth.
  • Cosa? Vuoi scusarti? E per cosa? Se è per farti sentire meglio fa pure, ma per me non ne hai nessun motivo.

Vedendo che Victoria non riusciva a replicare la donna continuò.

  • Adesso è veramente tardi, devo passare da casa e poi scappare in ufficio. Ci vediamo stasera.

Disse tutto questo senza darle la possibilità di controbattere, uscì dalla stanza e dopo pochi minuti Victoria sentì la porta di casa chiudersi.
La donna rimase a pensare alla notte appena trascorsa, a come l’aveva fatta sentire avere qualcuno accanto a tenerla stretta e a farla sentire al sicuro in quel momento di difficoltà e di dolore. Portroppo le era familiare, c’era già passata. 
Ma il pensiero di Ruth, il suo corpo illuminato dalla luce che proveniva dai lampioni della strada, la curva perfetta dei suoi fianchi, i capelli come delle onde sparse sul cuscino e disordinati intorno al viso, l’aria serena che aveva mentre dormiva, tutto questo le faceva venire una stretta allo stomaco e sentiva le lacrime salirle agli occhi.
****
Quando arrivò la sera Ruth non riusciva nemmeno a ricordare come avesse trascorso la giornata. L’unico pensiero avuto tutto il giorno era sapere che la sera avrebbe rivisto Victoria. Viveva l’attesa di quel momento come se fosse stata una boccata di aria fresca, di quel qualcosa di nuovo che la faceva sentire bene.
Fu con quello spirito che si ritrovò sotto casa della pittrice, pronta a salire quando vide Katrin uscire dal portone. Si sorrisero.

  • Allora come sta?
  • Stanca, ma è normale nelle sue condizioni.

Ruth si accorse dell’aria tristre e preoccupata di Katrin.

  • E tu? Come stai?
  • Perché me lo chiedi?
  • Perché ieri stavi annegando nel mare dei sensi di colpa. E a guardarti adesso direi che sei ancora lì.

La rossa abbassò lo sguardo inchinando lievemente la testa verso il basso. Ruth la riportò a guardarla sollevandole il mento sfiorandolo con un dito. Katrin rimase folgorata dal gesto e dallo sguardo sereno e sorridente che in quel momento la donna le stava regalando.

  • Dovresti smetterla di sentirti in colpa. Victoria non è certo una persona che si fa convincere a fare qualcosa che non desidera.Chi meglio di te dovrebbe saperlo? Non è colpa tua se sta male.

Dopo un primo momento di incertezza riuscì a risponderle con un semplice

  • Grazie..
  • E di cosa? E’ solo la verità. Adesso devo andare. Salgo un attimo a salutarla e dopo torno a casa. Ci sentiamo Kat.

La donna le rispose semplicemente alzando una mano in segno di saluto,  riuscendo solo a rivolgersi dei rimproveri per non riuscire a non sentirsi inadeguata di fronte a lei. Avrebbe tanto voluto riuscire ad essere se stessa, non si era mai sentita così, con nessuno, era sempre stata padrona e sicura di se. Non poteva non domandarsi perché con lei invece gli risultava così difficile.
Ruth rimase in attesa qualche secondo prima che Victoria le aprisse la porta per farla entrare. La nuova arrivata non potè fare a meno di notare l’aria stanca della donna. Si salutarono.

  • Lo sai che Katrin si sente responsabile?

Victoria le rispose mentre tornava a sedersi sul divano sospirando.

  • Di cosa?
  • Della tua ricaduta.

Ruth l’aveva seguita ma era simasta in piedi.

  • E’ la solita zuccona. Credo che dovrò parlarle.
  • Si, credo che dovresti.

Rimasero a guardarsi in silenzio.

  • Ero solo passata a vedere come stavi.

Victoria continuava a mentenere il suo silenzio. Ruth si rendeva conto che c’era qualcosa di diverso in lei, o per essere più corretti nel suo atteggiamento veso di lei.

  • Vuoi un po’ di compagnia o vuoi restare da sola?
  • No. Non voglio restare da sola. Ma non ti chiederò di rimanere.
  • Non capisco, per me non è un problema se vuoi posso..
  • Ma lo è per me!

Si rimise in piedi, cercando di allontanarsi il più possibile da lei. Ruth era disorientata da quell’improvvisa reazione di rabbia.

  • Ok, che sta succedendo?

Quando la pittrice si girò a guardarla aveva lo sguardo pieno di lacrime trattenute con tenacia. Victoria sapeva che non avrebbe dovuto mostrare la sua debolezza, doveva dimostrarsi risoluta e sapeva che non poteva permettersi nessun cedimento.

  • Succede che ho di nuovo paura di restare da sola. Ed è colpa tua. Succede che vorrei dirti di restare perché l’altra notte nonostante stessi talmente male da non ricordare nemmeno il mio nome, sapevo benissimo che c’eri tu. E mio Dio, dopo tanto tempo non ho avuto paura.

Ruth non si sarebbe mai aspettata di sentirle pronunciare quelle parole. Non la credeva capace di esprimere apertamente quello che provava. Fece per avvicinarsi a lei ma fu sibito bloccata.

  • Tutto questo è un errore.
  • Un errore? Fammi capire come potrebbe esserlo.  Victoria fra di noi c’è più che semplice attrazione. Non saprei definire cos’è ma di certo va oltre. E se adesso sei così turbata da quello che hai provato l’altra notte è perché lo senti anche tu. E questo non può essere un errore.
  • Te lo dissi tempo fa,  non posso e non voglio avere nessun legame.
  • Perché? Per via della tua malattia? – Fece una pasusa incerta, in dubbio se dare voce a quello che pensava – O semplicemente perché ami ancora la tua compagna.

Victoria la fulminò con lo sguardo, ma decise di essere sincera, ancora una volta.

  • Non so se quello che provo per lei è amore, ma di certo non la odio. Quello che so per certo è che non voglio che la mia vita diventi un peso, per nessuno.
  • Quindi hai paura che col tempo mi possa stancare? Credo che tu abbia solo paura di fidarti di nuovo.
  • Già è così. Hai perfettamente ragione. Come posso credere che tu o chiunque altro, possa sopportare tutto questo quando…
  • Continua, quando cosa?

Victoria abbassò la voce.

  • Quando nemmeno l’amore della mia vita è riuscita a farlo.

Ruth abbassò lo sguardo, messa a disagio da quelle parole, quell’unica frase racchiudeva la risposta a tutti i suoi dubbi, quando tornò a guardarla i suoi occhi erano lucidi ma fermi.

  • Che dire…Forse non lo era.

La sua voce era bassa e roca, esitò un attimo ma poi lasciò la casa.
Purtroppo per Ruth una visita inaspettata del fratello fece tremare ancor più l’apparente tranquillità della sua vita. Tutto quello che riguardava la sua famiglia la destabilizzava. Lo trovò che l’ aspettava nell’atrio di casa. Quando lo vide ne fu sorpresa e sapeva che se si trovava lì era per qualcosa che a lei non sarebbe piaciuto. Una volta saliti in casa il fratello si guardò intorno. Era stato poche volte nell’appartamento della sorella e come sempre si trovava ad osservare stupito e con una punta di orgoglio quello che Ruth era riuscita ad ottenere grazie alla sua forza e tenacia. Le loro vite erano molto diverse, lei aveva fatto di tutto affinchè lo fossero, e mai come in quel momento l’uomo ne era consapevole. La donna se ne restava ad osservarlo rimanere lì nel bel mezzo della stanza, un po’ in imbarazzo. Alla fine si decise a parlare.

  • Nostro padre è in ospedale. Ha avuto un infarto.

L’unica reazione che ebbe Ruth fu un respiro profondo.

  • E questo come può riguardarmi?
  • Vuole vederti
  • Non dirai sul serio?
  • Ruth, io per primo mi vergogno a ritrovarmi qui a chiederti una cosa del genere dopo tutto quello che ti ha fatto.
  • Mi fa piacere che te ne rendi conto!

Il fratello la guardò con aria affranta.

  • Dimmi, sta per morire?
  • Non è ancora fuori pericolo.

La donna sorrise.

  • Però nel dubbio vuole alleggerirsi la coscienza. O vuole insultarmi un’ultima volta? David va via.
  • Ruth, fallo anche per te stessa.
  • Lo faccio proprio per me stessa. Ti ringrazio per avermi informata, ma per me non fa alcuna differenza.
  • Ok, allora dimmi cosa dovrò dirgli quando ritornerò da lui?

Ruth lo guardò con aria decisa

  • Che per me è morto anni fa.

Quando l’uomo cercò di controbbattere ma la sorella lo bloccò.

  • Mio dio David, quando smetterai di fare tutto quello che ti chiede?

L’uomo non sapendo cosa rispondere, o sapendo che lei non avrebbe compreso le sue ragioni si limitò a lanciarle un ultimo sguardo e abbandonò l’appartamento, lasciando la donna in uno stato di sgomento e rabbia. Con questo spirito cercò di riposare e la stanchezza accumulata la sera prima e la pesante giornata appena trascorsa l’aiutarono a cadere in un sonno profondo e senza sogni.
Il giorno seguente la discussione avuta, prima con Victoria e il successivo incontro con il fratello, l’aveva fatta cadere in un cupo stato d’incoscienza. Si era recata come ogni giorno in ufficio, agiva  in maniera automatica, adempiendo ai suoi impegni con rigore e meticolosità. Qualche volta si era fermata a pensare che le manchava Harry, con la sua presenza l’avrebbe mantenuta attaccata alla realtà, le avrebbe dato le certezze di cui lei aveva costantemente bisogno. Se fosse stato lì con lei avrebbe avuto qualcuno con cui parlare della voragine che le aveva aperto sotto i piedi il fratello. Pensò a Beth, ma sapeva già quale sarebbe stata la sua reazione venendo a conoscenza di quel fatto, per lei era inconcepibile quello che l’aveva costretta a vivere il padre e si domandava come facesse ancora a mentenere quel minimo di rapporto con il fratello e la sua famiglia. E per quanto riguardava il colloquio con Victoria, non si sentiva pronta a parlarne con nessuno.
Victoria. Le aveva dato la conferma che l’unico motivo per cui non si sarebbe mai innamorata di lei era perché era legata ancora a quella donna della foto. Del resto sapeva benissimo già da tempo il motivo per cui ancora troneggiava sulla parete di quella casa. Si era illusa che non fosse così ma le parole della donna l’avevano portata alla realtà e anche per questo si sentiva una sciocca.
Poi come se fosse stata una proiezione dei suoi pensieri vide Victoria entrare nel suo ufficio. Ne fu talmente sorpresa che stentava ad avere una reazione, restando a guardarla incredula.

  • So che non dovrei entrare senza permesso. Ma qui fuori non c’è nessuno a cui chiedere.

Disse tutto questo dirigendosi verso di lei e appoggiandosi con entrabe le mani alla scrivania.

  • Libera di dirmi di andar via.

Ruth rimase a fissarla cercando di mantenere una calma che in fondo non aveva.

  • No. Siediti.

Victoria si mosse non distogliendo lo sguardo da lei.

  • Vedo che stai meglio.
  • Già.

Comprendendo che Ruth non aveva nessuna intenzione di parlare decise di dirle subito perché si trovava lì.

  • Se ti ho ferita ti chiedo scusa. Sono stata brusca nel spiegarti le mie ragioni e ho detto cose che -  esitò
  • Non pensavi?
  • No, che potevano essere dette in modo diverso.

Ruth sorrise amaramente

  • Non devi giustificarti con me, hai solo espresso quello che senti. Hai sentito il bisogno di venire sin qui per scusarti, ma non ne avevi nessun motivo.

Victoria si rese conto che c’era qualcosa di diverso in Ruth, non era solo la rabbia celata che la faceva apparire fredda e indifferente.

  • Sai cosa Victoria? Da quando ci conosciamo ho perso il conto di quante volte tu mi abbia chiesto scusa, e questa è una cosa su cui riflettere.

Diceva tutto questo con un tono di voce monotono e distaccato, se ne restava rilassata sulla sua sedia tenendo solo le braccia incrociate sul petto non distogliendo mai lo sguardo dalla sua interlocurtice. Il suo sguardo era penetrante e sortiva l’effetto desiderato, Victoria avvertiva un profondo disagio.

  • E’ solo la conferma che non ci so fare con le persone. – Accennò un sorriso – O forse sei solo tu che mi metti sempre in condizione di doverlo fare.

Ruth per un attimo trattenne il respiro, poi lo lasciò andare e quella calma apparente iniziava a trasformarsi in risentimento.

  • Perché sei venuta qui? Non ho bisogno di essere consolata, non ho il cuore spezzato. Sai, sono abbastanza sicura che un giorno incontrerò qualcuno che amerò e che ricambierà questo sentimento. E sono consapevole che quel qualcuno non sarai tu.

Victoria non si aspettava un discorso del genere pronunciato con tanta naturalezza, e soprattutto carico di una così spietata sincerità. Non sapeva cosa risponderele. Aveva la consapevolezza che lo stato d’animo della curatrice non poteva essere frutto di quello che stava succedendo fra di loro, qualcosa era accaduto, ma sapeva di non essere nella posizione e tantomeno la persona adatta per  chiederle cosa le fosse successo. O forse era semplicemente un lato del carattere della donna che non conosceva affatto. Alla fine ruppe quel prolungato silenzio.

  • Sono venuta perché non sopporto l’idea di aver fatto o detto qualcosa che ti possa far decidere di non avere più niente a che fare con me. Nonostante quello che pensi, per me sei importante.
  • Ah, Ma davvero?
  • Si, ma non nel modo in cui vorresti tu.
  • Io non voglio proprio niente. Posso anche ammettere che non mi sei indifferente, sarebbe stupido se ti dicessi il contrario. Ma non ho mai dovuto pregare nessuno. Dimmi, ti sembro forse il tipo che ha mai avuto il bisogno di farlo?

Di questa nota di estremo egocentrismo si vergognò all’istante ma non lo diede a vedere. Voleva far vedere a Victoria che era molto più forte di quanto lei potesse credere. Non era una ragazzina alla prima cotta, non le avrebbe permesso di trattarla in quel modo. Cercava di essere superiore alla delusione che le stava procurando, e se avesse dovuto essere presuntosa lo sarabbe stata.

  • No, direi di no.

Furono interrotte dall’arrivo di Lexie. Ruth si spazientì, e fu l’unico moto che fece venir fuori l’unico sentimento reale che aveva ormai dal giorno prima, cioè la rabbia.

  • Mio dio, ma si può sapere che fine ha fatto Ally?

Si alzò dirigendosi verso l’uscita, superando Lexie che aveva raggiunto il centro della stanza. Affacciandosi e guardando in direzione della scrivania della segretaria ebbe la conferma che ancora non era rientrata.

  • Che vuoi? Come vedi sono occupata.
  • Ti devo parlare, è successo qualcosa che devi sapere.
  • Qualsiasi cosa sia può aspettare.
  • Tuo fratello è venuto da me oggi.

In quel momento sia Lexie che Victoria videro un’ombra passarle sul volto, e si dimenticò completamente della presenza della pittrice nella stanza.

  • Come? è venuto da te? Come si è permesso!? Per lui non sei mai esistita quando eri una parte importante della mia vita e ti viene a cercare adesso perché lui ne ha bisogno?
  • Ruth calmati, voleva solo che ti parlassi.
  • Per cosa? Per convincermi che sto sbagliando? Dimmi, sto sbagliano!?

In quell’ultima domanda era racchiusa una supplica, cercando da quella donna una risposta sincera. Lexie riconobbe quello sguardo carico di aspettativa e di fiducia nei suoi confronti, istintivamente le poggiò delicatamente una mano sulla guancia e l’altra sulla spalla.

  • Qualsiasi sia la tua decisione sarà quella giusta. Credimi, in entrambi i casi.

Lexie si rese conto di nuovo della presenza di un’altra persona, guardò imbarazzata Victoria che si era alzata, certa che fosse il caso di andar via, anche se vedere Ruth in quello stato di angoscia e rabbia l’aveva turbata, e  vedere come si rivolgeva a quella donna, comprendendo cosa fosse stata per lei, e la fiducia che riponeva in essa le fecero più male di un pugno in pieno stomaco.

Non la conosceva affatto, assisteva ad una discussione su qualcosa che aveva sconvolto Ruth e lei non avrebbe potuto ne consolarla e nemmeno essele di aiuto o di sostegno. Cosa invece che riusciva perfettamente a quella sconosciuta dagli occhi di ghiaccio. Le lasciò sole voltandosi solo una volta e vedendo Ruth che si copriva il volto con entrambe le mani mentre veniva avvolta in un abbraccio da quella donna che si ritrovava ad odiare con tutte le sue forze, soprattutto quando vide Ruth abbandonarsi ad esso.
Da quel giorno Victoria non l’aveva più cercata, le uniche notizie che aveva le giungevano attraverso Katrin. Cercava di concentrarsi nel portare a termine il suo lavoro, nel cercare di condurre una vita regolare per riuscire a tenere sotto controllo le sue crisi, ma nonostante tutto, il pensiero di lei spesso la coglieva di sorpresa, in momenti in cui era apparentemente impossibile che qualcosa gliela facesse venire in mente, e allora veniva afferrata da una fitta allo stomaco, come un’improvvisa emozione, ma era un sentimento che da piacevole calore si trasformava velocemente in dolore e frustrazione.
Aveva fatto di tutto per allontanarla, per rendersi inaccessibile, adesso di cosa si stupiva, per cosa soffriva, poi si costringeva a concentrarsi nuovamente su quello che stava facendo e ricacciava malamente tutti i pensieri e le sensazioni che venivano puntualmente scatenate al solo pensiero di lei.

  • Da quanto tempo non vedi Ruth?

Fu la domanda inaspettata che le rivolse Katrin in un caldo pomeriggio di fine agosto. Stava ad osservare l’ amica che dipingeva la grande tela protagonista della sua mostra.

  • Perché me lo domandi? Una settimana, o forse più. Perché?
  • Avete litigato?
  • No!
  • Non ti arrabbiare, volevo solo sapere se ti eri accorta di com’è cambiata. Sembra sempre con la testa da un’altra parte. Mi domando se sta bene.
  • Perché non glielo chiedi?
  • Non so, quando provo ad avvicinarmi a lei, alza subito un muro. E ti confesso che la cosa mi dispiace. E non parlare poi del fatto che ho come la sensazione che si sia riavvicinata alla sua ex.
  • A si?
  • Si, quelle volte che sono andata a trovarla quella donna era lì. Mi auguro proprio di no, Ruth mi piace molto, vorrei avere almeno una possibilità con lei.

Victoria sospirò, abbandonò la sua occupazione, posando il pennello che teneva in mano e guardò dritta in faccia l’amica.

  • Anche se lo avevo notato già da un po’ , quando c’è lei ti comporti da scolaretta innamorata.
  • Perché l’idea ti disturba così tanto?
  • Perché ti stai mettendo in condizione di soffrire. Fai in modo di fartela passare.

Stavolta fu Katrin a perdere la pazienza.

  • E dovrei ricevere dei consigli sulle relazioni da una che è ancora legata al passato? O è perché sai che lei è interessata a te?
  • Cosa?
  • Ho visto come ti guarda, e so che lo hai notato anche tu, è evidente da come giochi con lei. Quindi la vera domanda è se sei tu ad essere interessata a lei?
  • Non dire sciocchezze!
  • Lo prendo per un no? Quindi non ti importa se ci provo con lei.
  • Se ti va di renderti ridicola fa pure.
  • Ah grazie! E’ bello sapere l’opinione che hai di me!
  • Siamo state a letto insieme! Ok? 

L’amica rimase a bocca aperta, ferita da quella rivelazione.

  • Quando? E perché non me lo hai detto?
  • Ci siamo incontrate una sera per caso prima che tu me la presentassi. E’ stato l’incontro di una sera.

Poi esitò prima di completare la frase, sapendo di mentire a se stessa con quella affermazione.

  • E’ stata una cosa senza importanza.

Katrin rimase a valutare le informazioni appena ricevute, le facevano comprendere molti dei comportamenti sia della pittrice che di Ruth, era scioccata, mentre lei per tutto quel tempo pensava che avrebbe potuto avere una possibilità con quella donna, la sua amica le aveva mentito e messa in condizione si rendersi effettivamente ridicola.

  • Una cosa senza importanza. Va bene, se per te è realmente così, se di lei non ti importa niente, non ti dovrebbe interessare nemmeno se provo a farle rendere conto che esisto anch’io. Anche se, visto che siamo in vena di confidenze, lei lo sa già. Mi sono fatta da parte solo perché mi aveva detto che aveva conosciuto qualcuno, ma se quel qualcuno sei tu, beh forse ho qualche speranza.
  • Non capisco a che ti riferisci.
  • Ti conosco abbastanza da sapere che se anche hai avuto una possibilità sono sicura che hai rovinato tutto.

La pittrice fu spiazzata. La guardò con durezza.

  • Fa quello che vuoi, libera di farti del male.
  • Non esserne tanto sicura, potresti restare sorpresa. Quindi ti ripeto la domada, provi qualcosa per lei?

Victoria ritornò a dedicarsi al suo dipinto

  • No.

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Capitolo 8
*** No More Keeping My Feet On The Ground ***


Documento senza titolo
  • Posso entrare?

Ruth era appoggiata alla scrivania tenendo una mano sul collo, indossava i suoi occhiali dalla montatura scura e prima di essere interrotta stava esaminando delle foto che teneva ancora in mano. Sussultò sentendo quella voce inaspettata e soprattutto constatando che fossero le nove di sera.

  • Katrin..come mai sei qui…a quest’ora?
  • E tu? Come mai ancora qui?

La rossa si rese conto che la donna era ancora in attesa di una risposta.

  • Mi trovavo a passare da queste parti, mi sono domandata se fossi ancora qui. E soprattutto se avessi già cenato.

Le mostrò una busta e notò che nell’altra mano aveva una bottiglia di vino.

  • Non so se ti piace il cibo cinese ma ho scoperto che si sposa benissimo con il vino rosso. Ti va di provare?

Ruth si sfilò gli occhiami e si passo per un attimo le mani sul viso e con un tono infastidito le ripose la domanda.

  • Kat, perché sei qui?

La donna si spostò dalla porta dove ancora si trovava per andarsi a sedere di fronte a lei.

  • Ti da così fastidio la mia presenza? Non mi sopporti a tal puto?

La curatrice si rese conto di quanto fosse stata sgradevole e se ne vergognò.

  • Non dire sciocchezze. Non sei tu, il problema sono io, e ti chiedo scusa. Hai avuto un pensiero gentile, cosa che a quanto pare io non riesco ad essere.
  • C’è qualcosa che non va? Posso aiutarti se vuoi

Ruth rimase a fissarla e accennò un leggero sorriso.

  • No, ma ti ringrazio. Il mio socio è in vacanza e il lavoro semplicemente mi sta sommergendo.
  • Non pensavo che in questo periodo ci fosse così tanto da fare nel tuo settore.
  • Beh l’autunno arriverà primo o poi – sorrise di nuvo – bisogna arrivare preparati. Ma dimmi, se ti pongo la domanda con un tono differente pensi di rispondermi?
  • Perché sono qui?
  • Esattamente.
  • La tua segretaria mi ha detto chiaramente che non riusciva a trovarmi un buco per vederti e siccome rifiuti categoricamente di venire a cena con me ho deciso di portarla io da te.
  • Cosa devi dirmi di così importante?
  • D’importante poco, cioè ho bisogno che tu mi rassicuri, ancora una volta. Non ho potuto fare a meno di notare che eviti Victoria.
  • E’ stata lei a dirti che la evito?
  • Come ti ho appena detto ho avuto modo di constatarlo da sola. Quando è stata male hai fatto il diavolo a quattro per starle vicina e adesso so che nemmeno vi sentite. C’è qualcosa che dovrei sapere?

Ruth si irrigidì,  Victoria era una ferita ancora aperta e Katrin era l’ultima persona con cui ne avrebbe voluto parlare. Poi si disse che in fondo non c’era proprio nulla di cui parlare, in questo momento aveva altri pensieri e preoccupazioni che non perdersi dietro la delusione che per l’ennesima volta le aveva inflitto la pittrice. Era stanca di lei e delle sue montagne russe emotive.

  • Ovviamente no, se sono meno presente con voi è per quello che ti ho detto prima, ho molte altre cose da gestire. Non so cosa ti aspettassi che ti dicessi.

Katrin fece un profondo respiro.

  • E’ facile rimanere affascinati da Victoria. Ci sono persone che riescono a comunicare la forza del loro spirito e a calamitare l’attenzione delle persone che le circondano. Lei è una di quelle. Ma con la stessa facilità con cui attrae allo stesso modo sa respingerti e ferirti.
  • Katrin, non so dove vuoi arrivare con questo discorso, ma ti assicuro che ormai conosco abbastanza bene la tua amica, non ho bisogno di avvertimenti
  • Non voleva esserlo.

Dopo un momento di silenzio la rossa si aprì in un sorriso che le fece brillare gli occhi rendendoli ancora più verdi

  • Che ne dici di mangiare? Credo che si stia freddando.

Ruth sospirò e ricambiò il sorriso.

  • Ok, in effetti muoio di fame.

A fine cena si ritrovarono a sorseggiare l’ennesimo bicchiere di vino sedute sul divano.

  • Quante volte ti è capitato di dormirci sopra?
  • Meno di quello che pesi, sai riesco anche ad avere una vita fuori di qui.

Katrin si mise a ridere.

  • Si, non volevo offenderti, perdonami il vino inizia a fare il suo effetto. Magari potrei dire cose nel modo sbagliato
  • Troppo facile nascondersi dietro agli effetti dell’alcool.

Ruth in quel momento si era resa conto di quanto fosse grata in quel momento della preseza della donna. I discorsi leggeri e le battute, che rivelavano quanto la rossa sapesse essere divertente avevano alleviato la sensazione di angoscia mista alla rabbia che aveva ormai da settimane.

  • Allora Kat, parlami di te. Dimmi qualcosa che non si possa sapere già se si frequenta l’Upper East Side e tutta la fauna che c’è sotto.
  • Oddio, detta così sembra che frequento chissà che ambienti.
  • Solo il più esclusivo di New York.
  • Ti dirò, con grande e soprattutto finto rammarico dei miei genitori lo frequento veramente poco.

Bevve l’ultimo sorso svuotando il suo bicchiere e prendendo la bottiglia per riempirlo nuovamente.

  • Dannazione, è finito!
  • Volevi proprio ubriacarti? Ok, adesso ti svelo un segreto, ma non dirlo a nessuno.

Ruth si alzò e scalza si diresse verso il mobile bar e aprendo l’anta in basso tirò fuori un’altra bottiglia di vino rosso. Con aria soddisfatta si girò verso l’amica.

  • Qui non ci dormo ma ci consumo spesso i miei pasti.

Ritornò a sedersi e riempì ad entrambe il bicchiere.

  • Allora, di che parlavamo? Ah si. I tuoi genitori, non sono fieri di te?
  • Della loro unica figlia gay? Ti ricordo che la mia famiglia è sia la più in vista che la più bigotta. Mia madre ha provato a farmi “cambiare idea” presentandomi certi tipi assurdi e pensando che sarei dovuta cadere ai loro piedi solo perché facevano parte di questa o di quella famiglia. Poi ha giocato la carta “dell’allontaniamola da qui” e in fine ha rinunciato. Insomma adesso sto divinamente.
  • Quindi non ti è andata poi così male.
  • No, certo un po’ più di affetto e stima non avrebbero guastato ma ho sempre saputo che eravamo troppo diversi e ho accettato che le cose andassero così.
  • Sei una persona saggia

Bevve un altro sorso.

  • No che non lo sono, altrimenti non starei a morire dietro ad una donna che non mi considera nemmeno.

Ruth la guardò per un attimo non afferrando lo sguardo che le aveva lanciato la rossa, poi si illuminò.

  • Oh! Stai parlando di me?

Katrin scoppiò a ridere vedendo quella reazione stupita e così spontanea. Anche Ruth fu presa da quella risata contagiosa.

  • Si sto parlando di te.  Ma dimmi come procede la tua storia con quella donna che ti faceva impazzire?

Ruth ritornò seria e prima di rispondere vuotò il bicchiere.

  • Non c’è nessuna storia, non c’è nessuna donna.

La rossa sentì il cuore accellerare.

  • Dimmi che quella donna non era Victoria.
  • Sembri un pò ossessionata dalla tua amica.
  • Non è ossessione la mia, è solo l’aver vissuto una vita intera al suo fianco, e so esattamente cosa mi posso aspettare.

Ruth la guardò un attimo prima di risponderle.

  • Si è fatto veramente tardi e per quanto mi riguarda credo di essere alquanto brilla. Credo che chiamerò un taxi.

Si alzò dal divano per andarsi ad appoggiare alla sua scrivania. Ma l’altra donna era dilaniata da quello che sentiva in quel momento amplificato dalla quantità di vino bevuto, la raggiunse, le passò le mani sotto le braccia di lei all’altezza del seno stringendola a se e la baciò. Per un attimo fu invasa da una forte emozione sentendo il sapore di quelle labbra, la loro consistenza carnosa, sino a quando Ruth non riuscì ad allontanarla spingendola dalle spalle. Katrin vide lo sguardo interdetto e un po’ arrabbiato di Ruth. Si allontanò di qualche passo continuando a guardarla.

  • Perdonami, non so cosa mi sia preso.
  • E’ stata solo colpa del vino.
  • Poco fa hai detto che sarebbe troppo facile nascodersi dietro l’alcool. E se non fosse così?
  • Kat, credimi, è meglio così. Domani mattina ripensando a questo momento mi darai ragione.

La donna provò ad avvicinarsi nuovamente a lei allungando la mano che rimase sospesa a mezzaria vedendo la reazione della sua interlocutrice, che si era scostata e aveva distolto lo sguardo.

  • E’ meglio se vai via prima che tu faccia altro di cui domani ti vergnognerai profondamente .

La rossa si allontanò.

  • Ruth, so che dovrei scusarmi, ma non posso. Non posso sentirmi in colpa perché mi sono innamorata di te, e si, potrei dare la colpa al vino, ma la verità è che mi ha semplicemente dato il coraggio di spingermi oltre.

Ruth la guardava mentre le apriva il suo cuore e provò un forte senso di protezione verso quella creatura dalla voce tremante e dallo sguardo lucido ma fermo. Sembrava una creatura di un mondo incantato, con i capelli ricci un po’ arruffati e la sua figura esile che sembrava poter sparire da un momento all’altro.

  • Kat, so che sei la persona più dolce che abbia incontrato ultimamente, posso dire che mi piaci, che sai essere divertente, una persona con cui è piacevole parlare. Ma per il momento non puoi essere niente di più e ti devo chiedere di andar via.

Dopo un primo momento di esitazione decise di accettare il suo consiglio, così iniziò a rimettersi in sesto e prima di andar via si fermò a guardarla con un mezzo sorriso.

  • Spero che quando mi sarà passata la sbronza mi ricorderò che hai detto “per il momento”.

****

  • Beth, davvero non ho voglia di uscire.
  • Guarda a costo di venirti a prendere di peso, stasera tu verrai con me a questa festa!

Ruth riumase a soppesare la minaccia dell’amica, la conosceva e sapeva che sarebbe stata in grado di farlo.

  • Che razza di festa è?
  • Katrin mi ha detto che festeggiano qualcosa come l’indipendenza del messico o di qualche paese spagnolo…. Non ho ben capito ma penso che ci divertiremo! Dai l’estate l’abbiamo strascorsa praticamente in città almeno l’illusione per una sera di essere in un paese esotico credo che sia concesso!
  • Ok, se ti prometto che ci andremo in vacanza fra qualche mese in un paese esotico mi lasci in pace?
  • No, anche perchè noi andremo comunque ma tu verrai lo stesso con me stasera! Adesso basta discutere, passo a prenderti per le 10.

Sentì il suono della chiusura della chiamata. Pensava che in fondo le avrebbe fatto bene distrarsi un po’. Aveva avuto giorni difficili, fortunatamente Harry era ritornato, la roccia a cui aggraparsi, e come sempre era riuscito a sollevarla sia dei problemi di lavoro che personali. L’amico era andato a trovare il padre in ospedale per rendersi conto delle reali condizioni di quell’uomo, cercando di capire perché proprio adesso cercava un riavvicinamento con la figlia. Aveva avuto una lunga conversazione con il fratello, ma non le disse cosa si erano detti. Al suo ritorno le aveva riferito l’unica cosa che gli aveva chiesto il padre, la rassicurava che comprendeva il perché della sua ostinazione nel non volerlo incontrare. Questa cosa fece arrabbiare ancor più Ruth, conosceva quel modo di fare, darti ragione facendoti sentire in colpa. Nonostante si dicesse che per lei la questione fosse chiusa, non era affatto così, il pensiero di quella richiesta la tormentava, buttandola in uno stato di frustrazione e di rabbia che ormai erano diventate le sue più fedeli compagne.
Quella situazione tra le altre cose aveva portato un ravvicinamento con Lexie, come sempre si era rivelata la persona presente e pronta a supportarla nel momento del bisogno, facendosi carico del suo dolore, dei suoi dubbi e delle incertezze che l’assalivano puntualmente quando aveva a che fare con la sua famiglia. Ma nonostante tutta la gratitudine che poteva provare nei suoi confronti continuava a non amarla, cercò di farglielo comprendere, apparendo indelicata ma non voleva illuderla, non si meritava di essere nuovamente ferita da lei. E dopo l’ultimo incontro con Katrin aveva capito che era meglio mettere in chiaro la sua posizione, con chiunque.
Lexie si illudeva, certo, ma non che lei ritornasse da lei alla prima difficoltà, quello che sicuramente voleva era che si rendesse conto di come lei fosse la persona giusta e affidabile sulla quale poteva sempre contare, con cui passare il  resto della vita. Quindi non fece l’errore di pressarla neanche quando le disse che per quanto apprezzasse il suo aiuto, questo non cambiava la situazione fra di loro.
Fu una sgradevole sorpresa per Beth quando la sera andando a prendere l’amica se la ritrovò davanti, ebbe per un attimo paura che Ruth fosse ritornata sui suoi passi, ma fortunatamente quello che le disse giustificando la sua presenza la rassicurò in parte.

  • Visto che mi ha sopportata in questi giorni ho pensato che il minimo che potessi fare era regalarle una serata divertente.

Lexie la guardò con un mezzo sorriso canzonatorio

  • So quanto ti fa piacere la mia presenza.

Beth non disse nulla, ma con l’intenzione di farlo non appena avese avuto la sua amica a tiro.
Giunsero nel locale dove si teneva la festa, all’entrata ad attenderle c’era Katrin e poco più in là, intenta a parlare con un gruppo di persone vi era Victoria. La rossa andò incontro a quel piccolo gruppetto.

  • Sei riuscita a convincerla, non volevo quasi sperarci.
  • Avevi dubbi solo perché ancora non mi conosci bene. Ah questa è Lexie.
  • Si, ci conosciamo già.

Anche Katrin si domandava perché quella donna fosse lì, a dire il vero la sua presenza aveva turbato più persone di quanto si sarebbe mai aspettata Ruth.

  • Davvero Ruth, dopo quello che ho combinato l’ultima volta che ci siamo viste, non pensavo che accettassi un mio invito.
  • Kat, sta tranquilla. La prossima volta però staremo lontane dal vino ok?

Sorrisero entrambe.
Anche Victoria alla fine le raggiunse, fu contenta di rivedere Ruth dopo tutto quel tempo, la trovava bella e affascinante come sempre, con i capelli ondulati lasciati liberi sulle spalle, il neo sulla guacia destra che risaltava più del solito e che la faceva apparire ancor più sexie grazie anche al lieve trucco che ne esaltava i lineamenti degli occhi e delle labbra. I semplici jeans che indossava e la maglia larga con delle fantasie geometriche sul davanti, che incorniciavano la scollatura, la rendevano la donna più attraente e bella che avesse mai visto. E tutto questo era esaltato dalla tristezza del suo sguardo che lo rendevano magnetico e dal sorriso in forte contrasto con esso. Per quanto anche per lei vedere Lexie in sua compagnia, vederla tenersi al suo braccio mentre avanzavano verso l’entrata, le provocava una forte sensazione di disagio, non andò oltre, non le importava perchè fosse lì con lei, l’unica cosa veramente importante era rivedere Ruth, e questo le bastava.
Entrarono insieme, il locale era caldo e accogliente, con i tavoli e il bancone interamente in legno, lunghe fila di luci colorate adornavavo un po’ ovunque l’ambiente aiutate da alcune lanterne appese qua e là ad illuminare gli angoli più bui e a dare un’aria di intimità, al centro, attorniato dai tavoli era improvvisata una pista da ballo dove le persone si divertivano al suono di canzoni allegre e spensierate suonate da un gruppetto di musicisti, tutti latini. L’aria che si respirava era di serenità e di divertimento. Andarono a sedersi ad un tavolo e ad un cenno di Victoria qualcuno portò un giro di tequila per tutte.

  • Giusto per darvi il benvenuto.

Fu quello che pronunciò Victoria alzando il bicchiere in segno di salute e buttandolo giù tutto di un fiato.
Ruth la guardava, bella e sorridente, aveva legato i lunghi capelli scuri in una coda alta, con delle ciocche indisciplinate che scendevano lungo il collo e sul davanti ad incorniciarle il volto. Sorrideva, e come sempre Ruth non poteva non notare le piccole fossette che si formavano agli angoli della bocca. Soprattutto quando si apriva in un bella risata contagiosa, come stava facendo in quel momento, suscitata da una battuta di un ragazzo che le si era avvicinato non appena l’aveva vista entrare, salutandola calorosamente. Aveva uno sguardo sereno, anche quando lo rivolgeva a lei, era come se avesse totalmente dimenticato il tono e il contenuto delle loro ultime conversazioni, Victoria in quello sguardo le esprimeva che era semplicemente felice di vederla e non aveva nessuna intenzione di nasconderlo.
La pittrice però non poteva fare a meno di notare l’aria assente che spesso aveva Ruth, era seduta tra Katrin e Lexie,  inizialmente la fece sorridere per l’assurdità della cosa, e vederla restare lì ad ascoltare a malapena la sua amica, persa in chissà quale strano pensiero che le velava lo sguardo, e Lexie invece che vigilava su di lei le fece rendere conto che avrebbe tanto voluto scuoterla da quel torpore. Complice un’allegra canzone popolare appena iniziata la spinse ad agire.
Si alzò e le porse una mano.

  • Ti va di ballare?

Ruth la guardò sorpresa e divertita.

  • Dai su! Andiamo, non farti pregare.

La donna esitò ancora per un attimo ma poi la prese per mano e la seguì sulla pista da ballo.

  • Allora, è semplice, lasciati guidare.

Le passò una mano intorno alla vita e l’altra le teneva stretta una mano, fecero un paio di passi, Victoria le fece fare una piroetta tenendole ancora la mano. Ruth perse l’equilibrio e andò a sbatterle contro, mancado la presa al termine di quella giravolta. Risero entrambe.

  • Sono una frana.
  • Eppure con questo fisico da ballerina miss Devis, lei mi delude!

Riprovarono nuovamente quel passo e con lo stesso risultato, scoppiando di nuovo a ridere prendendo in giro la goffaggine di Ruth. Victoria le teneva entrambe le mani, la guardava ridere di cuore, felice di essere riuscita a cancellare quell’aria affranta che aveva dall’ultima volta che l’aveva vista. Il cuore inizò a batterle velocemente, trovava irresistibile il suono di quella risata. Le lasciò le mani e le prese il viso baciandola inaspettatamente.
Ruth non la respinse, e dopo restarono in mezzo alla pista da ballo con Victoria che la teneva per la vita e lei con entrambe le mani poggiate sulle sue spalle.

  • Non pensi di esserti compromessa a baciarmi davanti a tutte queste persone che ti conoscono?

Il tono era ironico e volutamente pungente. La risposta di Victoria venne accompagnata da un largo sorriso

  • Non mi importa di quello che pensano le persone.

Baciandola nuovamente, stavolta con più dolcezza e stringendola a se, cosa che fece anche Ruth circondandole il collo con le braccia.
Al tavolo si ritrovavano ad assistere a quella scena ognuno con un sentimento diverso, anche se quello che provavano Lexie e Katrin era molto simile. L’unica divertita ad assistere sia alla scena che alla reazione che si era dipinta sul volto delle due donne era Beth.

  • Colpite e affondate.

Fu l’unica cosa che disse, venendo fulminata da Lexie. Poi si rivolse a Katrin

  • Non vorrai mica restarci male vero?

La rossa si girò a guardarla molto arrabbiata.

  • Che non avessi avuto nessuna chance sin dall’inizio a quanto pare era evidente per tutti.
  • Non volevo offenderti, ma sono comunque contenta, almeno adesso inizierai a guardarti in giro.

Il tono malizioso che usò e la mano che le aveva poggiato sulla gamba, in quel momento la turbarono. Si alzò infastidita e decise di andar via, si voltò solo un attimo a cercare la sua amica e Ruth che stavano per fare la stessa cosa, tenedosi per mano e scambiandosi sorrisi si dirigevano verso l’uscita.
Durante il tragitto in taxi che le separava da casa di Ruth si tennero per mano,con le dita intrecciate, la curatrice guardava fuori dal finestrino, mentre Victoria non distoglieva la sua attenzione da lei, dal suo profilo, dalla voglia che aveva di averla solo per se, le strinse un po’ di più la mano attirando la sua attenzione. Si girò a guardarla sorridendo poi fu di nuovo distratta dal loro arrivo a destinazione.
Sole in ascensore nonostante entrambe sentissero il desiderio l’una dell’altra rimanevano immobili a guardarsi, come in attesa. Finalmente al piano, Ruth la fece entrare, la prese per mano e la condusse in camera da letto dove ad attenderle c’era il grande letto di Ruth. Victoria aveva tutta l’intenzione di godere di ogni singolo istante che avrebbe trascorso insieme a quella donna, aveva voglia di lasciare libera qualsiasi voglia e desiderio che aveva avuto da quando l’aveva rivista quella sera. O semplicemene da quando l’aveva incontrata. Ruth dal canto suo voleva semplicemente farla sentire di nuovo amata.

Oh my, my, my, what you do to me?
Like lightning when I’m swimming in the sea, From the very first time we loved, From the very first, time we touched, Walking on wires and power lines, When you put your body on top of mine
Everytime that you lift me up, To the heaven and stars above


Si fermarono ai piedi del letto, una di fronte all’altra. Victoria le poggiò il palmo della mano su una guancia, la lasciò scorrere in una lunga carezza, sfiorandole con la punta delle dita le labbra e continuando a scendere sino al collo e a soffermarsi sul petto. Ruth aveva chiuso per un attimo gli occhi sentendo quelle dita calde sfiorarle la gola in una leggera carezza.

Oh lord of mercy, I’m begging you, please, I’m feeling drained, I need love, You torch me up like electricity, Jumpstart my heart with your love

Si baciarono e Victoria ne approfittò per sfilarle la maglia che indossava, si avvicinò per baciarle la spalla e continuando accarezzandole un braccio sino a quando non le prese la mano e la portò alle labbra. Diede dei piccoli baci sul palmo della mano e iniziò a morderle il polso. Poi la spinse sul letto, le slacciò i pantaloni e sfilandoli li gettò sul pavimento. Victoria restò in piedi ad osservarla nella bellezza di quell’immagine, di quella donna dal corpo quasi perfetto coperto dagli slip, in quanto si era accorta piacevolmente che la padrona di casa non indossava il reggiseno.

There’s an energy when you hold me, When you touch me, it’s so powerful, I can feel it when you hold me, When you touch me, it’s so powerful

Ruth rimaneva a fissare Victoria, il fatto che fosse ancora vestita la faceva sentire vulnerabile, indifesa, ma il modo in cui la stava osservando la pittrice la riempiva di vanità.

  • Spogliati.

Victoria sorrise, e iniziò a slacciare i bottoni della camicia molto lentamente, poi si tolse i pantaloni e infine slacciò il reggiseno, lasciando libero il suo prosperoso e bellisimo seno. Poi si inchinò, iniziò a bacairle le caviglie salendo lungo le gambe, le baciò l’osso prominente del bacino, proseguì verso il seno e in fine si sdraiò sopra di lei, facendo aderire i loro corpi, sentendo ognuna la pelle calda dell’altra. Ruth le accarezzava delicatamente la schiena mentre si baciavano dolcemente, con lentezza.

I couldn’t leave if I wanted to, Cause something keeps pulling me back to you, From the very first time we loved, From the very first time we touched, The stroke of your fingers, the scent of your lingers, My mind running wild, the thoughts of your smile, Oh, you gotta give me some, You could give it all, but it’s never enough no

Victoria le fiorò il naso con il suo e si fermò un attimo per guardarla, Ruth ricambiò il suo sguardo, si illuse di leggervi amore ma consapevole che fosse soltanto desiderio, allora le prese la mano e la portò dove sentiva più forte il desiderio della sua presenza. Victoria ne fu piacevolmente sorpresa, come dalla sconceria che gli sussurrò all’orecchio che fece sorridere entrambe ma che le spinse a decidere ad abbandonare quello stato di contemplazione e lentezza per lasciarsi andare al desiderio e alla soddisfazione di esso.
Ruth quella notte aveva baciato ed accarezzato e posseduto ogni centimetro della pelle di Victoria, l’aveva sentita pronunciare parole sconnesse quando laveva portata all’orgasmo, e altrettanto aveva fatto la pittrice. Il modo in cui Ruth la guardava, era la cosa più erotica che avesse mai provato. Era un angelo disinibito che le faceva toccare le corde più alte del piacere. Alla fine quando si ritennero soddisfatte si lasciarono andare sui morbidi cuscini di quel letto che le aveva viste fare acrobazie per quasi tutta la notte.

When you hold me in your arms, Burns like fire and electricity, When you’re close I feel the sparks,
Takes me higher to infinity


I loro respiri affannosi riempivono l’aria, restavano sdraiate l’una accanto all’altra a fissare il soffitto coperte solo dal lenzuolo, unico superstite di quella notte di follia.
Fu Victoria a rompere il silenzio.

  • Perché sei triste?

Ruth si girò a guardarla stupita per la domanda. Si mise sul fianco avvicinandosi a lei e restando così una di fronte all’altra. L’artista le posò la mano sul suo fianco.
Le rispose con un sorriso e mordicchiandosi il labbro inferiore.

  • Ti sermbro forse triste?

Anche Victoria sorrise.

  • Magari non adesso. Ma lo sei stata per tutta la sera, e credo che lo fossi anche durante il nostro ultimo incontro. – fece una pausa – e per quanto  tenda all’egocentrismo non credo che fosse per causa mia.

Ruth si perse nello sguardo limpido e profondo della donna che aveva difronte. Non riuscì a sostenerlo e concentrò la sua attenzione sulle sue labbra.

  • Quello che ti dissi non era vero. Il mio cuore era spezzato.
  • Perdonami.

Ruth sorrise tornando a guardarla.

  • No, non per colpa tua. Anche se in effetti lo hai un pò incrinato. -  Fece una pausa – A dire il vero non ricordo nemmeno più se sia mai stato sano e forte. Forse da bambina, prima che mia madre morisse. Ma dopo è andato in frantumi. Ho provato nel tempo a rimetterlo insieme, ma mi rendo conto che è sempre successo qualcosa che rendeva vani i miei sforzi.

Poi si riscosse rendendosi conto che parlava più a se stessa che non con la donna che in quel momento la fissava in cerca di risposte.
Ruth si limitò a scostarsi da lei e guardò il cielo fuori dalla finestra.

  • Drovremmo riposare almeno un po’. Inizia a fare giorno.

Si mise sul fianco dando le spalle a Victoria che l’avvolse in un abbraccio. La strinse a se, era in uno strano stato di agitazione, colta dal desiderio di volerla proteggere, il modo in cui aveva chiuso la conversazione, se mai si fossero potuti chiamare così quei pensieri detti ad alta voce,  le fece capire che non le avrebbe dato modo di porle qualsiasi altra domanda.
Dormirono per tutta la mattina, la luce entrava prepotente dalla finestra che avevano lasciato aperta, illuminando la stanza e le due figure che si trovavano ancora avvolte in un abbraccio. Fu Victoria la prima a svegliarsi, sentiva il profumo della pelle della sua compagna esserle entrato in circolo con il sangue, si sentiva inebriata da esso, dall’essere circondata da quelle pareti, da quegli oggetti che parlavano di lei. Non sapeva comprendere quel mare di sensazioni che stava provando e nemmeno la forte emozione di vederla aprire gli occhi e sorrirderle. Non sapeva riconoscere quel sentimento che iniziava a provare. Ruth si stiracchiò, con il fare di un gatto appena svegliato da un lungo sonno.

  • Buongiorno

Victoria le sorrise come unica risposta.La padrona di casa si sistemò meglio per poterla guardare bene in viso.

  • Dormito bene?

Fece un cenno di si con la testa.

  • Il gatto ti ha mangiato la lingua?

Stavolta in tutta risposta Victoria la baciò in un modo che avrebbe aperto la strada a molto altro.

  • Uhmm.. direi di no.

Le sussurò in un’orecchio

  • Continua

E natutalmente Victoria non se lo fece ripetere due volte.
Ruth subito dopo aver soddisfatto le sue voglie aveva lasciato una Victoria distrutta sul letto andando a fare una doccia. Quandò usci, si stava strofinando i capelli con una asciugamano.

  • Ci sono degli asciugamani puliti in bagno se vuoi fare una doccia.

Victoria prese al volo il suggerimento, una volta in bagno si rese conto che quella stanza era grande quanto la sua camera da letto. C’era sia un’enorme vasca che una doccia molto comoda in un angolo. Il doppio lavello era sormontato da uno specchio enorme e ben illuminato.
Se la prese comoda facendosi massaggiare dal getto dell’acqua, poi quando uscì raggiunse la padrona di casa in cucina andandosi a sedere al tavolo in modo da averla di fronte. Ruth aveva indossato una maglietta larga che le arrivava sotto il sedere lasciando le gambe nude, i capelli sciolti ancora umidi le scendevano lungo le spalle. Victoria la osservata intenta a preparare il caffè e a tostare del pane. La guardava incantata da quei gesti sicuri, da quell’espressione concentrata. Ruth aveva la testa inclinata verso il basso presa da quell’occupazione, alzò gli occhi verso la sua ospite con un sorriso obliquo

  • Che c’è?

Si era accorta dello sguardo fisso su di lei, del modo in cui la stava scrutando, aveva un’espressione che non riusciva a decifrare.

  • Da quando ti sei svegliata non hai detto una parola.

Victoria si schiarì la voce.

  • Sinceramente non saprei cosa dire.

Ruth le portò una tazza di caffè e le sedette accanto. Le prese una mano.

  • Senti, a me basta sapere se ti va di mangiare qualcosa. – Sorrise – O se vuoi andar via e basta.

Anche Victoria sorrise, si sporse in avanti per baciarla.

  • Credo che posso bere una tazza di caffè prima di andare via.

Victoria una volta uscita si recò direttamente a casa di Katrin, la donna quando aprì la porta esitò a far entrare l’amica.

  • Ti sei divertita?

L’artista non rispose.

  • Se sei venuta a raccontarmi i particolari ne faccio a meno
  • Sono venuta per scusarmi, non volevo ferirti.
  • E invece lo hai fatto. Mi hai ferita profondamente.

L’artista non si sarebbe aspettata una risposta del genere, soprattutto dallo sguardo carico di rabbia che aveva accompagnato la frase.

  • Andiamo Kat. Ti prego. Lo so che avrei dovuto dirti dal primo momento che io e lei..
  • Davvero credi che sia soltanto per questo? Perché sei riuscita a fare in modo che lei ti preferisse a me?

Non ricevendo nessuna risposta l’aggredì alzando la voce.

  • E’ la considerazione che hai di me, il modo in cui mi tratti! Sono meno idiota di quanto pensi!
  • Ma che diavolo stai dicendo?
  • Tu non riesci ad  avere un minimo di sincerità con me. Certo vado bene per le questioni pratiche, anzi no, per sostenerti solo per le cose che decidi nella tua somma bontà di condividere con me! Quando io… mio dio, tu sai tutto di me. E invece tu, davvero non so che considerazione hai di me.

Victoria la guardò a bocca aperta

  • Sei ingiusta. Sai benissimo che sei importante per me, e sono sempre stata sincera con te.
  • Lo sei stata? Io ti ho chiesto se provavi qualcosa per lei e tu mi hai mentito guardandomi dritta negli occhi!
  • E’ più difficile di così.
  • Certo, figurati! E’ per questo che sei andata via con lei? Perché è difficile?

La rossa la fissò stringendo gli occhi.

  • Lei lo sa che per te è solo una scopata?

Victoria distolse lo sguardo e prese qualche secondo prima di risponderle.

  • Non lo è. Non so cosa sia. Ma mi fa stare bene.
  • Dovrei essere contenta per te. Perdonami però se non ci riesco. Questa tua ritardata schiettezza me lo rende difficile.
  • Kat non volevo ferirti.

La padrona di casa sorrise.

  • Per te è sempre stato facile ottenere quello che vuoi, e anche quello che in realtà non desideri.
  • Cosa?Di cos’altro mi stai accusando? Senti, il fatto che io non riesca ad esternare ogni mio singolo sentimento non fa di me un’opportunista. Perché è questo che mi stai dicendo.

Victoria rimase in attesa di una sua risposta che non arrivava.

  • Questa visione che hai di me voglio sperare che sia venuta fuori solo a causa di Ruth. Per quanto in questo momento tu non mi voglia credere, ti dico che sei importante per me e mi dispiace profondamente per il male che ti ho causato. Credimi, non era voluto. Non avevo nessuna intenzione di lasciarmi coinvoglere da lei.
  • Coinvolgere? Mi domando in che cosa, so che sei ancora profondamente attaccata al tuo passato. Ti stai comportando da egoista.
  • Brava, mancava solo l’egoismo. Vuoi aggiungere altro?
  • No nient’altro. Ma è meglio se vai via..

Victoria restava a guardarla esitando.

  • Katrin, ricordi cosa ci diceva la nonna quando litigavamo?
  • Si, di non rimanere a macerare nella rabbia e nel rancore. La tua abuela è sempre stata molto saggia.
  • La mia? Sul serio Katrin? Per lei siamo sempre state le sue nietas. Ti ha trattata sempre come tale.

Fu evidente come le parole e il ricordo della donna fecero cambiare l’espressione sul volto della rossa. Fece un cenno di assenso con la testa, poi le voltò le spalle e da quel gesto Victoria capì che sarebbe dovuta andare via.


Bene gente, ecco un alltro capitolo, ringrazio tutti quelli che stanno avendo la pazienza di leggere il mio racconto, ma devo ammettere che sapere cosa ne pensate (nel bene o nel male) mi farebbe veramente piacere. Quindi non vergognatevi XD ditemi pure il vostro parere ;)

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Capitolo 9
*** Falling away with you ***


Documento senza titolo

Victoria non aveva più rivisto ne Katrin ne tanto meno Ruth. Si sarebbe aspettata che quest’ultima la cercasse e invece questo non avvenne fino a tre giorni dopo la notte passata insieme. Sorrise vedendo il suo nome apparire sul dispaly.

  • Credevo che fossi sparita
  • Se avevi questo timore potevi benissimo chiamarmi.

Il tono divertito dall’altra parte le fece capire che il silenzio di quei giorni avevano sortito l’effetto che si aspettava la sua interlocutrice.

  • Si hai ragione, avrei potuto. Ma dimmi, a cosa devo l’onore di questa telefonata, a parte il piacere di prendermi in giro.
  • Volevo invitarti a cena.
  • Un appuntamento?
  • Si, e per il posto in cui ho intenzione di portarti si richiede un abito elegante.
  • Uhmm, non so se fa al caso mio.
  • Invito mio, serata a modo mio. Ti vengo a prendere domani per le otto.
  • Mi vieni a prendere?! Mi porterai anche dei fiori?
  • Forse, ma non so se te li meriti. Anche se per l’idea che avevo forse sarebbero stati adatti.
  • E cosa avevi in mente?
  • Mi piacerebbe che fosse come un primo appuntamento, con quello che ne sarebbe comportato.
  • Sarebbe?
  • La curiosità di conoscere la persona che hai di fronte, non sapere se corrisponderà alle tue aspettative.Il brivido di decidere come andrà a finire la serata. – Poi fece una pausa, e il suo tono di voce divenne serio - A dire il vero ho solo voglia di leggerezza, ed è una parola molto lontana se associata a noi.
  • Ok, accetto il tuo invito, e alle tue condizioni. Ma la prossima volta si farà a modo mio
  • E chi ti dice che ci sarà un secondo appuntamento? A domani.

La risata cristallina di Ruth fu l’ultima cosa che sentì prima che chiudesse la chiamata.
La sera successiva Ruth fu molto puntuale, una volta arrivata sotto casa di Victoria la chiamò per deirle che era giù ad aspettare

  • Se vuoi fare le cose per bene dovresti venirmi a prendere fino alla porta.
  • Ho dei tacchi vertiginosi, vuoi davvero farmi fare le scale?
  • Purtroppo si, perché non sono ancora pronta.

Con minor difficoltà di quanto si aspettasse Ruth si ritrovò davanti alla porta lasciata accostata dalla proprietaria, spingendola entrò nella stanza vuota.

  • Vic?

Una voce le rispose dal piano di sopra.

  • Perdonami, dammi acora qualche minuto. Versati da bere se vuoi, c’è del vino in cucina.
  • Sono fortemente tentata di chiederti se avessi fatto lo stesso se io te e non ci conoscessimo già, ma ho paura della risposta.

La risata di Victoria fu l’unica risposta. Andò verso la cucina ma si fermò come bloccata da una forza invisibile. Questa repulsione a fare un passo in più era dettata da quella maledettissima foto che continuava a troneggiare in quell’ambiente. Si sentì una stupida per quanta importanza aveva dato a quel rettangolo di carta dal primo momento che era entrata nella vita di Victoria. Tornò sui suoi passi nel momento esatto in cui la pittrice finalmente si era decisa a scendere.
Indossava un vestito vestito rosso dalla ampia scollatura e dalle spalle coperte solo dalle spalline che lo tenevano su. L’abbondanza del suo seno era messo in evidenza anche dal fatto che le fasciava il corpo fino ai fianchi per poi scendere morbido in una gonna dalla lunghezza diseguale, che lasciava scoperto il ginocchio sinistro per andare a scendere sino alla caviglia dell’altra gamba. Dei sandali bianchi dal tacco alto le lasciavano il piede scoperto. I lunghi capelli corvini erano liberi ma ricadevano discipilantamente a coprire principalmente la spalla e metà del braccio destro. Le sue labbra erano tinte dello stesso rosso del vestito e i tratti degli occhi erano messi in risalto da un leggero trucco.
Ruth rimase senza parole e senza fiato. Mai come in quel momento le sue origini venivano messe in risalto. Sembrava una di quelle donne spagnole, calde e prosperose che si aveva dell’iconografia tipica di quei paesi.

  • Che c’è?

Abbassò lo sguardo per controllare il suo vestito.

  • Qualcosa non va? Forse non è adatto alla serata?
  • No… direi che è perfetto… tu lo sei…

Ruth si era limitata ad insoddare un tubino nero, con le spalle scoperte e delle scarpe da urlo. Avvea puntato sugli accessori che consistevano in un largo bracciale in bronzo e una collana dello stesso colore e anch’essa rigida. Anche lei aveva optato per lasciare i capelli liberi, ma erano stati disciplinati in ampie onde che scendevano lungo le spalle.

  • Uhmm ti ho lasciata senza parole, credo che potrei ritenermi soddisfatta. Ma restiamo qui a fissarci o possiamo andare?

Finalmente Ruth si riscosse.

  • Si certo, andiamo.

Stavolta fu Ruth a stupire Victoria quando ad aspettarla c’era un auto con autista che le aprì la portiera non appena si avvicinò alla macchina. La loro meta era un ristorante che la curatrice conosceva molto bene. Si trovava al 35esimo piano di un grattacielo con una vista unica su Central Park e i grattacieli di Manhattan. Le pareti interamente in vetro permettevano di godere di quella meravigliosa vista da qualsiasi punto della sala,  ma Ruth aveva prenotato un tavolo appartato proprio di fianco ad una di esse.
Si sedettero e dopo qualche minuto arrivò il cameriere.

  • Miss Devis, è un piacere vederla.
  • E’ un piacere anche per me. Questa sera siamo nelle tue mani.
  • Perfetto allora mi prendo la libertà di consigliarle il vino.

Fece un cenno appena percettibile al cameriere che sparì un attimo e ritornò con una bottiglia di vino rosso. Dopo aver approvato la scelta, la donna scambiò ancora qualche parola con il maìtre prima che le lasciasse nuovamente sole.

  • Il panorama qui è da mozzare il fiato.
  • Tu lo sei.

Victoria distolse lo sguardo da quello che attirava la sua attenzione in quel momento per fissarlo sulla donna che aveva parlato. Sorrise.

  • Per come ti trattano direi che vieni spesso qui.
  • Principalmente per brunch di lavoro. I migliori affari li abbiamo conclusi qui.
  • Per un attimo ho pensato che portassi qui tutte le donne su cui vuoi far colpo.

Ruth la guardò inclinando la testa.

  • No, tu sei l’unica su cui vorrei far colpo. Ma non ti ho portato qui per questo. Lo trovo semplicemente un bel posto.
  • Bello è un tantino limitativo. Allora, per quel poco che ho potuto capire siamo qui per conoscerci, anche se ormai sai anche per chi voto e qual è il mio film preferito.

Aveva un tono di voce divertito.

  • Quindi, parlami di te. Chi è quella donna con cui ti ho visto spesso. La mora dagli occhi di ghiaccio.

Ruth non si aspettava un attacco così diretto. Esitava a risponderle così Victoria la incalzò.

  • Ok, posso immaginare chi fosse per te. Mi stupisco sempre quando vedo relazioni che si trasformano in amicizie.
  • Amicizia non è calzante. Lavora per noi come consulente legale, quindi un minimo di rapporto civile è necessario.
  • Ed è per questo che uscite insieme la sera? Per favorire la civiltà?
  • Quella non è stata esattamente una grande idea. L’avermi vista andar via con te ha fatto si che adesso non mi rivolge più la parola.
  • Abbiamo ferito diverse persone quella sera.

Ruth sospirò, giocherellando con il bicchiere che aveva davanti.

  • Ti riferisci a Katrin?
  • Si.
  • Beth mi ha detto della reazione che ha avuto. Credimi, mi dispiace, è colpa mia.
  • Consolati, è arrabbiata con me non con te.

La sua interlocutrice si sporse leggermente in avanti per posare la mano sulla sua.

  • Sta tranquilla le passerà. Non credo che un’amicizia così lunga e profonda come la vostra possa finire per una cosa come questa.
  • Lunga si, ma stando a quello di cui mi ha accusato non la vede così profonda, non da parte mia. Ma ti dispiace se parliamo d’altro? Non hai risposto alla mia domanda.
  • Credevo di averlo fatto.
  • E’ lei che ti ha spezzato il cuore?
  • No – lo disse accennando appena un sorriso – sono stata io a spezzare il suo. Mi sono resa conto che eravamo troppo diverse. Lei è così.. sa essere così….

Victoria sorrise nel vedere come non riusciva ad esprimere quello che le passava per la testa.

  • Rigida.. si è la parola giusta. Per lei è tutto bianco o nero, giusto o sbagliato. Non comprende che a volte si prendono certe decisioni perché bisogna scendere a patti, a volte anche con se stessi. Ma mentirei se ti dicessi che lei è soltanto questo. Ha anche molti aspetti positivi. E anche questa sua rigidità purtroppo mi dava una gran sicurezza.
  • Sicurezza? Non mi sembri il tipo da cercarla in una persona.
  • E’ per questo che ci servono serate come questa, lontano da un letto. Per imparare a conoscersi.

Ruth le sorrise, poi divenne seria.

  • Vic, adesso tocca a te. Dimmi cos’è che ti spaventa così tanto da non fidarti di me, e non dirmi la tua malattia.

La pittrice si fece seria. La sua interlocutrice nonostante si fosse resa conto di quel cambiamento. La incalzò.

  • Un unico fallimento non può costare così caro.

Victoria si schiarì la voce.

  • Ti sbagli se pensi che io veda la mia passata relazione come un fallimento. Perché non lo è stato.

Vide un’espressione perplessa e un sorriso incredulo formarsi sul volto della sua interlocutrice. Così continuò senza permeterle di intervenire.

  • La mia relazione non è terminata per mancanza d’ amore, da nessuna delle due parti. Non ci sono stati litigi o violente discussioni. Non sono mai esistite incomprensioni.
  • Sembra un rapporto da favola, ma scusami se mi domando come mai non sia qui.

Si pentì subito dell’irruenza che aveva usato nel pronunciare quella frase.

  • Non è qui perché abbiamo deciso di comune accordo che non poteva essere un rapporto sano se una delle due doveva rinunciare a se stessa per stare con l’altra. Non lo avrei mai permesso, non avrei mai sopportato se un giorno Dana si fosse ritrovata a vivere di rimpianti per colpa mia, a rinuciare a quello per cui aveva studiato e lavorato tanto. E soprattutto se un giorno me lo avesse rinfacciato. Già all’inizio della mia patologia c’eravamo rese conto che avrebbe richiesto dei grossi sacrifici. Si insomma, hai potuto vedere anche tu come mi riduce una crisi. All’epoca per me era così quasi tutti i giorni. E se anche adesso si presentano sporadicamente, è sempre lì e ritorna sempre sotto una forma nuova.
  • Non so chi sia stata più altruista fra le due, tu che l’hai obbligata ad andarsene o lei che ha accettato l’offerta.

Ruth disse tutto questo con un forte tono ironico. Non sopportava di sentire come la pittrice difendeva quella donna e la loro relazione. E nonostante fosse stata lei a spingere Victoria a raccontarle quella storia si rese conto di non essere pronta a sentirla.

  • Si beh, ti confesso che mi sarei aspettata da lei che avesse lottato un po’ di più per noi. E sicuramente mi ha ferita.

Victoria avrebbe potuto continuare dicendole che sino a quel momento si era domandata se poteva realmente esserci qualcuno che non fosse Dana nella sua vita. Prima di conoscere Ruth, in un angolo del suo cuore aveva sperato che ritornasse, che si rendesse conto che vivere lontane era impossibile, ma col tempo si era resa conto che questa cosa era solo lei a provarla. Non ricordava quante volte si fosse sentita una stupida patetica a stare ancora ad aspettare qualcuno che non sarebbe mai tornato. E adesso che aveva quella splendida donna nella sua vita aveva ancora più paura, anche se non riusciva a focalizzarne il vero motivo.

  • Sinceramente penso che quando si ama qualcuno le si resta accanto, soprattutto quando la vita diventa più difficile.

Ruth aveva spezzato il filo dei suoi pensieri rimanendo così a guardare quel volto d’angelo dall’espressione ferita e dai lunghi capelli che le scendevano liberi lungo le spalle. Quegli occhi tristi che la fissavano. Era di una bellezza che faceva male.

  • Ruth, per me va benissimo restare qui a parlare di noi e delle nostre vite, ma a cosa pensi che dovrebbe portare tutto questo?
  • Ascolta, questa sera volevo semplicemente portarti a cena con me, e non volevo come invitati ne il mio passato e tantomeno il tuo. Ma credo che fosse inevitabile.

Victoria cambiò espressione, divenne distesa.

  • Ok facciamo così, basta con questi discorsi seri, cerchiamo di goderci la serata.

La cena trascorse tra ricordi legati al periodo dell’università e a viaggi fatti e in generale in argomenti più leggeri.
Al rientro, quando Ruth si ritrovò davanti casa di Victoria rimase ferma di fronte al portone con la padrona di casa che invece, tenedola per mano, aveva già fatto i primi due gradini, ritrovandosi così ad un’altezza diversa da quella della curatrice.

  • Che succede?
  • Non so se dovrei salire.
  • E perché?

Ruth non le rispose rimanendo ferma sul marciapiede ad ammirarla in tutta la sua bellezza. Quella sera aveva avuto la conferma di quello che sapeva ormai da tempo, Victoria amava ancora la sua compagna. Avrebbe sofferto, sapeva bene anche questo, sarebbe dovuta andar via, allontanarsi da lei ma non ci riusciva.

  • Capisco che molto probabilmente non sei il tipo che si concede al primo appuntamento ma potremmo sorvolare su questo punto?

Riuscì ad attirarla a se per baciarla.

  • Cedo solo perchè desidero troppo toglierti quel vestito.

E adesso quei vestiti che avevano scatenato le fantasie più sfrenate erano buttati dosordinatamente sul pavimento.

  • Di sicuro abbiamo una fantastica intesa sessuale.

Victoria si girò verso di lei ridendo.

  • Non è forse vero?
  • Si si, hai perfettamente ragione.

Ruth cercò il lenzuolo per coprirsi e sistemò comodamente la testa sul cuscino. Victoria rimaneva su un fianco, tenendo sollevata la testa sul braccio piegato, intenta ad osservarla. La guardava con un mezzo sorriso, le accarezzò una guancia e la baciò dolcemente. Rimase a pochi centrimetri dalle sue labbra indecisa se rubare un altro bacio. Ruth si perdeva in quegli occhi di brace, poi diede voce ai suoi pesieri.

  • Se in questo momento dicessi di amarmi ti crederei.

Victoria sospirò e tornò a sdraiarsi.

  • E’ di questo che hai bisogno?

Ruth alzo gli occhi al soffitto e sollevando leggermente il mento.

  • No.. non lo so. Penso semplicemente che è bello sapere di essere importante per qualcuno.

Victoria chiuse gli occhi, non ricevendo nessuna risposta fu lei a guardarla.

  • E tu? Di cosa hai bisogno.

La sentì sospirare e sussurrare.

  • Di momenti come questo.

************************
Dopo quella sera ne seguirono altre, Ruth lasciava che fosse Victoria a cercarla, a fare i passi successivi. Voleva che fosse lei a sentire il bisogno della sua presenza e faceva di tutto per non imporsi nella sua vita. La mostra era ormai pronta, mancava solo qualche dettaglio e il dipinto che ancora l’artista non aveva completato e questo era l’unico punto sul quale la pressava, ormai mancavano poche settimane.

  • Insomma, la stai addomesticando. Proprio come si fa con gli animali selvaggi.
  • Beth, ma che sciocchezze dici?!
  • Vedendo come ti stai comportando non mi viene nessun’altra definizione.
  • Ho solo capito com’è fatta. E si mi piace, forse anche troppo, ma non voglio invadere i suoi spazi.
  • Non vuoi che si spaventi e scappi via.

L’amica accompagnò questa frase con una sonora risata, poi continuò.

  • E dimmi a Katrin è passata l’arrabbiatura?
  • Credo di no, l’ho solo vista qualche giorno fa, prima che partisse per gli Hampton. Con Victoria non parla ancora.
  • Doveva aver proprio preso una bella cotta per te.
  • Già ma non credo che dipenda solo da quello. Victoria ha accennato qualcosa ma non ha aggiunto molto.

Dalla porta aperta dell’ufficio di Ruth videro passare Lexie.

  • Anche lei non ti rivolge ancora la parola? Non che sia un male.
  • Mi evita accuratamente, ma quando non può farne a meno si, mi parla. Siamo ritornate a due mesi fa, freddezza e disdegno. Un po’ mi dispiace.
  • Tu sei matta.
  • Beth, per quanto per te possa essere incomprensibile, un tempo ne ero innamorata. E se soffre, credimi, mi dispiace.

L’amica sospirò guardando l’orologio.

  • Uff, devo andar via. Ti lascio dicendoti che la tua vita è diventata più interessante della mia. E la cosa non mi piace affatto!

Ruth le rispose con un sorriso vededola andare via.
Si sentiva bene, era contenta della piega che stava prendendo in quei gironi la sua vita, aveva accantonato i pensieri che le mostravano uno scenario dove Victoria sarebbe sparita non appena terminata la mostra spezzandole il cuore. Preferiva perdersi in pensieri più piacevoli, nei ricordi del tempo passato insieme e sapendo che era la pittrice a non riuscire più a fere a meno di lei.
I suoi pensieri furono interrotti dal suono del telefono, ormai quel suono le era divenuto insoppotabile in quanto spesso era il nome del fratello quello che illuminava il display, avendo il potere di infrangere quella momentanea serenità. Proprio come stava facendo in quel momento. Non aveva voglia di rispondere e di sentire la voce di David, che da un discorso vago e lunghi giri riproponeva alla sorella di andare a trovarlo e di incontrare il padre. Rifiutò la chiamata. Ma dopo poco il telefono iniziò nuovamente a suonare avendo la stessa identica reazione. Passato qualche minuto riprese ad emettere quel suono ormai fastidioso. Ruth si passò le mani sulle tempie e rispose.

  • Potresi smetterla di insistere in questo modo? Inizio a stancarmi!

La voce che le rispose la sorprese.

  • Ok, ma non pensavo di essere insistente.
  • Vic, perdonami, credevo che fosse qualcun altro…
  • Chi è il malcapitato che inizia a stancarti?

Dopo un primo momento di esitazione rispose.

  • Nessuno. Cioè, nessuno di importante. Ma dimmi, cosa posso fare per te? O mi chiami per dirmi che finalmente hai terminato il quadro?
  • No, mi dispiace deluderti, non ancora. Volevo informarti che stasera ti porto al cinema.
  • Al cinema?
  • Si, vedrai ti piacerà.
  • Ok. Come vedi non hai dovuto insistere.
  • No, direi di no. A stasera.

Al termine dalla chiamata Victoria rimase soprapensiero a fissare il telefono. Qualcosa stava accadendo nella vita di Ruth, c’era qualcosa che la turbava. Se ne era resa conto ormai da un po’, ne era avvolta la sera in cui avevano rotto il ghiaccio a quella festa e da allora avvertiva la tristezza che la coglieva per brevi momenti e che si impegnava a ricacciare via. Ritornò a guardare la grande tela ormai quasi terminata che aveva di fronte e a concentrarsi sul suo lavoro.
*************

  • Allora che film andiamo a vedere? E dove?
  • Non ho intenzone di rispondere a nessuna delle tue domande. Quando arriveremo lo vedrai.
  • Quanto mistero, mi devo preoccupare? Sappi che odio gli horror.

La curiosità di Ruth aumentò quando entrarono nel portone di un palazzo che di certo non aveva l’aria di essere un cinema. Ma si dovette ricredere una volta raggiunto il tetto. Sul terrazzo era stato approntato una sorta di cinema all’aperto, delle sedie rosse di quelle che si trovavavo nei vecchi cinema erano state predisposte in brevi file e dalla loro posizione si rese conto che il film sarebbe stato proiettato sulla parete dell’edificio attaccato a quello su cui si trovavano, ma che lo superava in altezza di almeno quattro piani. Il perimetro era stato circondato da grandi vasi con delle siepi che servivano ad attutire i suoni che potevano provenire dalla strata, anche se si trovavano ad una discreta altezza, e rendeva tutto l’ambiente molto intimo e accogliente. Delle persone occupavano già alcuni posti e altre arrivavano in quel momento.

  • Allora, andiamo a sederci?

Victoria era molto soddisfatta nel vedere l’esspressione stupita sul volto della sua compagna, che continuava a guardarsi intorno coriosa.

  • E’ veramente bello. Direi geniale, non avrei mai pensato che nel cuore di New York potesse esserci un cinema all’aperto.
  • Era da un po’ che volevo venire a vedere com’era. Ne avevo sentito parlare tempo fa.

Furono interrotte dall’inizio del film.  
Due ore e mezza dopo si ritrovarono a braccetto a camminare su un marciapiede del qurtiere di Soho.

  • Come facevi a sapere che adoro quel film?
  • Non lo sapevo, è stata solo fortuna. Stasera mi sento in vena di scoperte, c’è una gelateria a williansburgh, dicono che è ottima, ti va di andare?

Ruth sentendo il nome di quel quartiere esitava a rispondere.

  • Ok scusa, forse non ti va di fare tutta quella strada per un gelato.
  • No. Cioè, ok, mi va.
  • Non sembri convinta.
  • Si dai, andiamo. – si strinse a lei con ancor di più - Mi piace riscoprire la città con te.

Si ritrovarono sedute ad un tavolo in ferro battuto con due enormi coppe di gelato davanti, per quanto fosse ormai fine settembre il caldo non accennava a lasciare la città. Victoria osservava Ruth, era lievemente a disagio e quell’espressione quasi assente che ormai le conosceva era tornata, ma stavolta non aveva nessuna intenzione di andar via.

  • La prossima volta devo ricordarmi di non offriti più un gelato.
  • Come scusa?
  • Non credevo che avesse quest’effetto su di te.

Victoria le sorrise.

  • Ruth c’è qualcosa che ha il potere di dipingere un velo di tristezza sul tuo viso, ormai da un po’, e per quanto ti doni devo dire che non mi piace.

Ruth prese a fissare il cucchiaino con il quale avea preso a giocherellare.

  • Perdonami, hai ragione, ma questo posto non mi aiuta. Anche quando ero bambina qui c’era una gelateria, ci venivo spesso con mia madre.
  • Perché non me lo hai detto?
  • Ci sono… ci sono molte cose che non sai di me. Credo che sia arrivato il momento di dirtele, te lo devo.
  • Tu non mi devi niente.
  • Si invece, andiamo.

Si alzò tendendole la mano.
Victoria si lasciò condurre per quelle strade che a quanto pare Ruth conosceva molto bene. Si fermarono a qualche isolato dalla gelateria, di fronte ad un vecchio palazzo di due piani, le pareti in un lontano passato dovevano essere state bianche e le finestre ricordavano il verde. Un negozio ricopriva con le sue grandi vetrate l’intero angolo e un’ insegna in legno illuminata da due lampadine rendevano leggibile il nome.

  • E qui che sono cresiuta. Quel negozio e la casa sopra appartengono alla mia famiglia. Non era un bel quartiere all’epoca, non ricordo nemmeno quante volte il negozio sia stato rapinato. Eppure nonostante questo ha resistito nel tempo.

Le due donne si tenevano ancora per mano, Ruth riprese fiato per poi continuare.

  • La sera della nostra ultima discussione, rientrando a casa trovai ad aspettarmi mio fratello, veniva a dirmi che quell’uomo che non ha saputo accettarmi per quella che sono, quel padre che mi ha sbattuto fuori casa a quindici anni e costretta vivere per strada, quell’essere che mi ha fatto patire la fame e il freddo, era in ospedale in gravi condizioni e voleva vedermi. E’ lui che mi ha spezzato il cuore. Irrimediabilmente.

Victoria scossa da quella rivelazione rimase immobile non sapendo bene cosa fare, poi le si avvicinò passandole il braccio intorno alla vita. La donna si liberò da quell’abbraccio guardandola dritta negli occhi.

  • Non ti racconto tutto questo perché voglio la tua conpassione.
  • Ruth

Conosceva il modo in cui Victoria la stava guardando in quel mometo, lo aveva visto già in quelle poche persone a cui aveva raccontato da dove veniva. Non riuscì a sostenerlo.

  • Victoria, ho deciso di raccontarti questa storia perché voglio farti capire che non sei l’unica che ha sofferto perché qualcuno di cui ci fidavamo ciecamente ci ha deluso e ferito. Il punto adesso è se tu vuoi ascoltarla.

La pittrice fece di si con la testa. La osservava illuminata dalla luce dei lampioni, la sua espressione era stranamente cambiata, da agitata era divenuta ferma. L’attenzione di Ruth fu catturata da quella casa, iniziò a parlare.

  • Nell’ultimo periodo ho vissuto di nuovo nello stato di angoscia che solo quell’uomo sa farmi provare. Tu non sai cosa voglia dire vivere con un apersona che ti guarda con distacco e disgusto, che ti fa sentire come tutto ciò che ti riguarda sia sbagliato, che sei una persona riprorevole e lontano dalla grazia di Dio.  Quel Dio che si impegna tanto a lodare e che non conosce misericordia. Il giorno che mi ha cacciato di casa mi ha accusato di essere stata la causa della morte di mia madre.

Fece una pausa, abbassando la testa e fissando un punto indefinito sul marciapiapiede. Poi riprese.

  • Da quel momento per me iniziò l’inferno, ancora oggi non so come sono riuscita a sopravvivere, cercando anche di andare bene a scuola, perché sapevo che l’unica via di uscita era ottenere una borsa di studio per il college, per avere di nuovo un letto e un tetto sopra la testa. Gli stenti, i salti mortali per non far capire alle amiche o ai professori la condizione di disagio in cui vivevo. L’inverno a NewYork è terrificante. Quello che devi fare e sopportare per avere un posto caldo dove dormire.

Quest’ultima frase su un sussurro, si era portata la mano sulle bocca cercando di reprimere con quel gesto un dolore interiore, profondo. Poi continuò.

  • Me ne sarei andata se avessi potuto, in un posto dove non avrei sofferto il freddo.

La pittrice era sconvolta nel sentire quel racconto, e nel vedere come aveva trasfigurato la donna che lo stava narrando.

  • Hai detto che hai un fratello, perché lo ha permesso?
  • Lui aveva solo tredici anni, ricordo che mi faceva entrare in casa quando mio padre non c’era, era per me l’occasione di un bagno caldo e di un pasto che non provenisse da una scatoletta. Di più all’epoca non avrebbe potuto fare. E dopo…

Sospirò

  • Lui ha avuto la fortuna di conoscere solo il lato autoritario ma buono di nostro padre. Lui è sempre stato il figlio che ha seguito i suoi insegnamenti, è diventato un brav’uomo, ha sposato una brava ragazza, gli ha dato dei nipoti, e adesso si prende cura di lui. Ma è talmente soggiogato che nonostante mi voglia bene, e credimi non lo metto in dubbio, non si rende conto di quello che mi sta chiedendo, solo perchè un giorno lui sente la morte vicina gli chiede di venirmi a cercare. Che mi vuole vedere.

Le tremò la voce.

  • Sei andata?
  • No, e per quanto so di aver fatto bene, che ho tutte le ragioni per non volerlo incontrare, sento che dovrei. Ma ho paura.
  • Di cosa?
  • Di me stessa, non so come reagirei a quello che potrebbe dirmi. Buttargli addosso tutto il mio risentimento non cambierebbe le cose. Ora ho un mio equilibrio. Tutto quello che ho oggi, tutto quello che ho raggiunto fin’ora lo devo solo a me stessa. La ricerca della perfezione che mi rimproveravano al corso d’arte, il benessere in cui vivo, la mia bella casa, i miei vestiti e quell’accuratezza che tempo fa anche tu mi hai rimproverato, sono frutto di quello che ho vissuto, sono io e ne vado fiera. La maggior parte delle persone si fermano all’apparenza, mi giudicano una snob, ma non mi importa, sento che non devo convincere nessuno che sono qualcosa di diverso da quella che sono.

Tornò a guardarla negli occhi.

  • Adesso mi conosci, sai chi sono. Non ho più alcun segreto con te

La pittrice era scossa e turbata, si era aperta davanti a lei una nuova realtà, guardava Ruth ed era come se la vedesse per la prima volta. Non si sarebbe mai aspettata di ascoltare una storia simile. Odiava ammetterlo ma anche lei per un po’ era stata una di quelle persone che l’aveva giudicata velocemente da quello che vedeva. Le si avvicinò e la baciò.

  • Sono felice che tu lo abbia fatto, che ti sia fidata di me.
  • La mia vera storia la so soltanto io e le persone che mi amano davvero. E adesso anche tu.

Victoria l’abbracciò.

  • Non volevo rovinare la tua splendida serata.
  • Non lo hai fatto. Adesso andiamo a casa ok?

Si recarono nell’appartamento di Victoria che le chiese di rimanere quando la vide pronta ad andar via. Quella notte non fecero l’ amore, restarono abbracciate una di fronte all’altra, continuarono a parlare nella penombra della stanza.

  • Quindi quando squilla il telefono e cambi espressione è tuo fratello?
  • Già.
  • Capisco perché non vuoi incontrarlo, non si è comportato ne da padre ne tantomeno da essere umano. 

La baciò sulla fronte.

  • Ma non rifiutarlo se credi che cedendo a quest’incontro sminuiresti tutto quello che hai passato e sofferto. Forse invece hai proprio bisogno di vederlo per poter riuscire ad andare oltre.
  • Si forse è anche per questo, ma ti posso assicurare che sono già riuscita ad andare oltre.Lui è solo un brutto ricordo che si ripresenta quando meno me lo aspetto.
  • Hai il potere di farlo smettere.

Ruth si allontanò leggermente da lei per poterla guardare meglio in viso.

  • Sei l’unica persona che mi spinge ad incontrarlo.
  • Non ti spingo a fare niente. Ti sto solo offrendo un punto di vista differente.

Victoria fece un respiro profondo osservando l’espressione assente della donna che stava valutando le sue parole, dopo averle lanciato uno sguardo veloce si strinse a lei, la abbracciò portando il viso sul suo petto e lasciandosi avvolgere dalle braccia della pittrice.
Parlarono ancora un po’ poi Victoria la sentì addormentarsi fra le sue braccia. Il sonno per lei invece era lontano, si sentiva frastornata da tutte le informazioni ricevute quella sera, aveva lo strano desiderio di proteggerla, quando era evidente che Ruth non era quel tipo di donna, era sicura di se e sapeva badare benissimo a se stessa.
Ma quell’immagine di lei ragazzina che vagava per le vie della città con la sola compagnia di se stessa le apriva una voragine in pieno petto. Restava ad ascoltare il suo respiro calmo e regolare, le piaceva l’odore della sua pelle. Si rese conto che quello che la sconvolgeva era l’intimità di quel momento. Aveva amato, e molto, aveva vissuto sensazioni forti e travolgenti, avrebbe dato la vita per Dana, ma adesso, quello che stava provando era del tutto differente, qualcosa di nuovo.
Sentiva il cuore di quella donna batterle nel petto al posto del suo.
Quando Ruth si svegliò si rese conto di essere sola nel letto. Si guardò intorno e vide Victoria seduta sul davanzale della finestra con le gambe rannicchiate al petto, intenta a guardare fuori.

  • Buongiorno.

La padrona di casa si girò al suono della sua voce.  Victoria aveva un espressione seria, indefinita. Qualcosa era cambiato in lei e questa consapevolezza le fece paura. Mille pensieri iniziarono ad affollarle la mente ma uno regnava su tutti “non avrei mai dovuto raccontarle il mio passato”. Si tirò su a sedere poggiandosi alla spalliera del letto ricambiando quello sguardo che non la abbandonava e che la seguiva in ogni suo movimento. Poi si guardò le mani trattenendo il respiro e cercando la forza di rompere quel silenzio.

  • Non sei riuscita a dormire stanotte?
  • No.

La guardò

  • Brutti pensieri?

Stavolta non ebbe risposta.

  • Ok ascolta se hai qualcosa da dirmi fallo e basta. Come avrai capito ho le spalle abbastanza larghe…

Victoria lasciò la sua postazione per lanciarsi sul letto e chiuderle la bocca con un bacio.

  • Non iniziare a dire stupidaggini ok?
  • Ok…
  • Diciamo che ho molto su cui riflettere.
  • Ad esempio?

Lasciò nuovamente il letto andando ad appoggiarsi di nuovo alla finestra, guardò fuori prima di riportare l’attenzione su di lei.

  • Domani ho intenzione di partire per andare da Katrin. Ho bisogno di chiarire con lei. Ho bisogno che lei mi perdoni. Mancano un paio di settimane alla mostra e non posso farlo senza di lei.
  • Ok, è giusto, non vi parlate ormai da settimane. Però… lasciami dire che suona tanto come una fuga.
  • E da cosa?
  • Dimmelo tu.

Victoria non rispose subito, poi si decise.

  • No, davvero, non ne avrei nessun motivo.

Anche Ruth abbandonò il letto, rimase seduta qualche istante dandole le spalle, poi si alzò rimamendo in piedi a guardarla. Sapeva che non le stava dicendo tutta la verità. Rimase in attesa e fu chiaro anche per Victoria che non le sarebbe bastata come risposta.

  • Tu mi regali una forza e una sicurezza che non sentivo da tempo, mi fai dimenticare i miei problemi e i miei limiti. Ma ci sono e sono reali.

La donna girò intorno al letto raggiungedola alla finestra. Quando la raggiunse le passò le mani intorno al collo e trovando spazio fra le sue gambe.

  • Vic, non farmi sentire come se ti costringessi a fare qualcosa di sbagliato.

Ruth le rubò un bacio facendo scorrere le mani fino ad arrivare sulle natiche e spingerla facendola aderire a se.

  • No, infatti non lo fai.

Il modo in cui lo disse fece trapelare l’eccitazione nella sua voce. Ruth sorrise e si allontanò da lei decisa ad abbandonare la stanza e lasciando la sua compagna sorpresa e interdetta. Victoria l’afferrò per un braccio impedendole di allontanarsi.

  • Dove credi di andare?

Ruth oppose una debole resistenza ma alla fine caddero insieme sul letto.

  • Non hai detto di avere dei limiti?
  • Lo sai cosa intendo.

Stavano entrambe ansimando

  • Victoria..
  • Smettila di parlare.

Per quel giorno non aggiunsero altro se non baci e carezze.
Quando Ruth nel pomeriggio inoltrato abbandonò l’appartamento, Victoria nel silenzio della casa si rese conto che la sua assenza la terrorizzava. Avrebbe voluto richiamarla per farla tornare. Ma ritornò presto in se, si prese un attimo per uscire da quell’attimo di panico. Poi scuotendo la testa andò a cercare un borsone per iniziare così a prepararsi per il viaggio che avrebbe affrontato il giorno seguente.

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Capitolo 10
*** The Last Time ***


Documento senza titolo

Quando Katrin aprì la porta ritrovandola davanti a se ne fu veramente sopresa.

  • Visto che non rispondi alle mie chiamate mi costringi a venire a parlarti di persona.

Vedendo l’amica esitare insistette

  • Non vuoi farmi entrare? Ho fatto davvero tanta strada.

La donna si scostò lascindole lo spazio necessario a varcare la soglia. Raggiunsero il grande salotto della casa.

  • Sinceramente non so cos’hai da dirmi.
  • Che mi dispiace e so che non è sufficiente. Che capisco di aver sbagliato, ero consapevole di quello che provavi e di cosa stava succedendo tra me e Ruth, e non ho avuto il coraggio di parlartene. So che cosa intendevi l’ultima volta che ci siamo viste. Ma credimi non l’ho fatto perché non mi fido di te,  ma solo perché io per prima non capivo che cosa stavo facendo.
  • E adesso dimmi, lo sai?

Katrin andò a versarsi un drink, si girò verso l’amica

  • Vuoi qualcosa?

Victoria rimase sorpresa dall’offerta, non riusciva a capire l’atteggiamento dell’amica, era distaccato ma stranamente non ostile.

  • No, ti ringrazio.
  • Quindi?
  • Credo di si.
  • Credi o ne sei certa.

Victoria fece qualche passo infastidita.

  • Cosa vuoi che ti tica?
  • La verità. Voglio che per una volta tu sia sincera con me.
  • Ma perché dici questo? Tu parli come se non lo fossi mai stata, ma sai benissimo che non è così. Tu mi conosci meglio di me stessa. Come puoi dirmi una cosa del genere.
  • Sei tu che mi fai dubitare di te e..
  • Adesso smettila! Per una volta, per una stupidissima volta che ho sbagliato vuoi mettere in dubbio quello che siamo l’una per l’altra? E’ vero non sono stata sincera con te, adesso lo sarò, vuoi sapere di me e Ruth? Te lo dirò, in queste settimane ci siamo avvicinate, ho imparato a conoscerla e -  aveva abbassato la voce e un lieve sorriso era arrivato a inarcarle un angolo della bocca – ed è una delle persone più straordinarie che abbia mai conosciuto. Sotto molti aspetti.

Katrin aveva osservato l’iniziale sfuriata dell’amica trasformarsi in calma al solo pensiero di Ruth.

  • Bene, sono contenta per te. Davvero, non avrei mai immaginato che ti saresti lasciata alle spalle Dana.
  • E tu, non puoi lasciarti alle spalle questa storia? Katrin, se oggi ho ripreso in mano la mia vita è grazie a te.  Ti prego perdonami e torna a New York con me. Ho bisogno di te.

La rossa la guardava con un’espressione indecifrabile, poi sorrise.

  • Ok, va bene…del resto iniziavo ad annoiarmi ad avercela con te.

Al suono di quelle parole Victoria le gettò le braccia al collo.

  • Ti ringrazio! Dio, pensavo di averti persa! Giuro che non ti darò più per scontata!
  • Ok ok..

Si liberò dall’abbraccio dell’amica, ma Victoria la trattenne ancora un attimo poggiandole le mani sulle spalle.

  • Di te mi fido, ciecamente, non voglio che ci siano ancora dubbi.

Vide passare un’obra sul viso dell’amica che si liberò dalla sua presa allontanadosi da lei, ma in quel momento non gli diede peso, felice che l’avesse perdonata.
Passarono insieme un paio di giorni per poi fare il viaggio di ritorno verso casa.

******

Il suono della piccola campanella aveva annunciato l’arrivo di un nuovo cliente, David stava sistemando delle scastole dietro al bancone e si prese del tempo per terminare la sua occupazione prima di girarsi, ma non appena sentì la voce di suo padre, seduto poco distante da lui, pronunciare il nome di sua madre si voltò raggelato a guardarlo.
Lo vide con un ‘espressione di forte stupore e aveva gli occhi sbarrati che fissavano un punto ben preciso,  seguì lo sguardo di suo padre fino a raggiungere la figura che aveva suscitato tanto sgomento nel vecchio uomo.

  • Ruth…

La donna se ne restava immobile a qualche metro da loro e anche lei aveva fissato la sua attenzione su quell’uomo che stava seduto su una vecchia sedia e che teneva davanti a se il suo bastone.

  • Samuel, pensavo di trovarti in fin di vita e invece ti trovo bene, come si dice del resto, l’erba cattiva non si estirpa facilmente.
  • Ruth!

Si girò a guardare il fratello.

  • Si David, è il mio nome. Non sei contento che alla fine sei riuscito a convincermi? Anche se è più corretto dire che mi hai presa per sfinimento.
  • Assomigli così tanto a tua madre…

Entrambi i fratelli tornarono a guardare il vecchio. Ruth inclinò la testa e strinse leggermente gli occhi.

  • E’ per questo che mi hai fatto venire qui? Per fare un viaggio sul viale dei ricordi?

L’uomo si schiarì la voce, riprese il controllo su di se continuando a fissare la figlia.

  • Volevo solo vederti. Non ho grandi cose da dirti, niente che possa non apparire puerile e soprattutto inutile visto il nostro passato.

Ruth fece qualche passo, sfiorò il bancone guardandosi la mano, poi si appoggiò ad esso riportando l’attenzione su di lui.

  • Quindi è tutto qui? Neanch’io ho niente da dirti. Mi hai vista, quindi tolgo il disturbo

Fece per muoversi verso l’uscita.

  • Sono orgiglioso di te. Volevo che sapessi anche questo.
  • Orgogliso di me?

Ruth perse con suo forte disappunto il controllo, si era ripromessa di mostrare a quell’uomo solo indifferenza, ma quelle parole la colpirono come uno schiaffo in pieno viso.

  • Losaresti stato comunque se non fossi riuscita a sopravvivere dopo che mi hai sbattuta fuori di casa? E magari lo saresti anche se adesso per vivere fossi una prostituta? Si credo che lo saresti anche in quel caso, almeno avresti l’orgoglio di sapere che alla fine sei riuscito a farmi scopare con degli unomini!
  • Ruth, calmati stai esagerando.
  • Sta zitto David! Ma che ti aspettavi? Che sarei rimasta serena e tranquilla a sentire le sue stronzate?
  • Fai bene ad odiarmi. Avrei dovuto gestire in modo diverso la situazione. Ma ero uno stupido, reso cieco dal dolore della perdita di tua madre e si, mi vergognavo agli occhi della comunità ad avere una figlia come te.
  • Una figlia come me…mi mancava il suono della tua voce che pronuncia questa frase.

Fece finta di non aver sentito, così continuò quel discorso preparato da tanto tempo.

  • Ho reagito nell’unico modo che conoscevo e che ritenevo possibile.Ho cercato di vivere secondo i miei insegnamenti ma ho sbagliato anche lì, Dio è pieno di misericordia e di amore, non punitivo. C’è voluto del tempo per capirlo. Ma questo non vuole essere una giustificazione.
  • Già, perché non esiste giustificazione al mondo per quello che mi hai fatto.

L’uomo si alzò a fatica dalla sedia e si diresse verso la figlia. Quando la raggiunse le posò una mano sul braccio. A quel contattò la donna si allontanò, come se quella mano fosse stata rovente. Nonostante se lo aspettasse rimase sorpreso da quella reazione.

  • Volevo solo vederti. Volevo vedere per l’ultima volta entrambi i miei figli insieme, sotto lo stesso tetto.
  • Lo hai fatto. Ti ho accontentato avendo tutti i motivi per non farlo.
  • Ed è per essere venuta qui oggi che sono orgoglioso di te. Nessuno lo avrebbe fatto, ma tu si. Vorrei riuscire ad esaudire l’aspettativa che avevi tu venendo qui.
  • Non avevo nessuna aspettativa, solo curiosità.

Rimase a guardarlo. Per un attimo gli venne in mente quell’uomo dal grande sorriso che la prendeva in braccio e che subito dopo l’abbracciava. L’uomo che aveva sempre storie divertenti per dissipare le sue paure di bambina. L’uomo che non ricordava ormai da anni e che non riconosceva in quel vecchio ingrigito e debole che aveva davanti.

  • Addio padre.
  • Addio.

E così come aveva annunciato il suo arrivo la campanella suonò nuovamente per indicarene l’uscita.
Qualche girorno più tardi il telefono di Ruth squillò nel cuore della notte dove la voce del fratello dall’altra parte la informava della morte dell’uomo.

******************

La luce entrava prepotente ad illuminare la camera da letto di Ruth. Victoria se ne restava seduta sul letto a guardare la donna intenta a fissare l’armadio aperto.

  • Vuoi che venga con te?
  • Dove?
  • Al funerale.
  • Non sei tenuta a farlo,anche se andare al suo funerale con la donna che mi scopa quasi tutte le sere sarebbe proprio una bella rivincita
  • Ruth.

Si girò a guardare la pittrice che la fissava con uno sguardo di rimprovero misto a compassione. Victoria sapeva di quanto la donna fosse sconvolta e di come cercasse invece di apparire indifferente, come se nulla di importante fosse accaduto. Sapeva che era dilaniata dai profondi sentimenti contrastanti che oscillavano dall’odio più profondo  alla consapevolezza del dolore di quello che era stato un tempo, di come tutto sarebbe potuto essere diverso, ma erano pensieri incoerenti e Ruth ne era pienamente consapevole.

  • Lo faresti sul serio? Ci sarà Harry con me, quindi non sentirti obbligata.
  • Voglio farlo.
  • Ok allora. Anche se devo essere sincera. Non so perché ci sto andando.
  • Per chiudere con il passato.

Ruth fece un triste sorriso.
Qualche ora più tradi si ritrovò tra Harry e Victoria davanti al luogo in cui si svolgeva il rito funebre. Quando entrò la cerimonia era appena cominciata e si fermò in fondo alla sala nella speranza che nessuno la notasse, non tolse nemmeno gli occhiali da sole. Si stupì nel vedere quanta gente aveva preso parte al rito. Quell’uomo era stato capace di farsi amare e rispettare da molti.
Ma non dalla sua unica figlia.
Harry e Victoria ogni tanto si lanciavano uno sguardo, inizialmente l’uomo aveva provato imbarazzo vedendo la pittrice e non aspettandosi la sua presenza, sapeva che si frequentavano ma a quanto pare ne aveva sottovalutato l’importanza se aveva spinto quella donna ad essere lì con loro. Ma non si perse dietro ad altre congetture, era lì per sostenere la sua amica e sapeva quanto le costava essere lì in quel momento.
Il rito fu molto lungo, e quando finalmente finì per Ruth non fu un sollievo, per lei la parte più difficile iniziava in quel momento. Vide passare il feretro portato dal fratello e da alcuni uomini che se anche erano stati scalfiti dagli anni li aveva riconosciuti e dallo sguardo che gli lanciarono capì che anche per loro fu così.
Iniziò il rito di sepoltura e stavolta non riuscì a passare inosservata, il fratello avendola vista l’aveva invitata ad andare accanto a lui, e lei per non far pesare ancor più la sua presenza cedette senza fare troppe storie. Con il fratello c’era la moglie e le sue due figlie di  6 e 8 anni, la guardarono incuriosite, ricordando vagamente che avevano già visto quella signora elegante, ma poi riportarono la loro attenzione a quello che stava avvenendo davanti a loro.

  • Grazie di essere venuta.

Furono le prime parole che gli rivolse il fratello non appena tutto fu terminato.

  • Lo so che ti è costato tanto esserci.
  • Sono qui solo per te.

Furono raggiunte dalla cognata e dalle nipoti

  • Ragazze salutate zia Ruth.

Le due bambine accennarono un timido saluto per poi scappare via verso la loro auto. La donna continuò a parlare.

  • In questi anni non è stato facile per nessuno di noi, credimi.

Le mise una mano sul braccio

  • Spero che adesso ci vedremo più spesso. Per tuo fratello sarebbe importante e anche per me.
  • Ormai siamo rimasti solo io e te. E so che ho perso tanto di noi e non voglio più che accada

Ruth li guardava, irrigidita da quella inaspettata conversazione. Volevano dire che adesso aveva una famiglia sulla quale poter fare affidamento? Per quanto il fratello in tutti quegli anni aveva fatto di tutto per esserci per lei nei momenti più importanti, il diploma, la sua laurea e prima di sposarsi se la sapeva ammalata non mancava mai di andarla a trovare o semplicemente chiamarla per sapere come stava. Ma le cose erano sempre state piene di difficoltà, di sotterfugi e bugie per non far sapere che erano in contatto e per non rompere l’equilibrio che David aveva con il padre.
Perché per lui comunque era sempre al primo posto. Adesso non capiva come prendere quelle parole, ma sapeva che in un modo veramente triste anche lui si sentiva finalmente libero di un peso che si portava dietro da tutta la vita. Si abbracciarono e infine Ruth si guardò intorno per ceracare i suoi due amici. Li vide poco distanti, gli fece un sorriso e li raggiunse.
Quella notte, nel suo letto Ruth si sentiva come svuotata, ripensava al passato, e si rendeva conto che in un modo strano non le faceva più così male, era come se vedesse la vita di qualcun altro, prima di addormentarsi si ripromise che si sarebbe concentranta esclusivamente sul suo futuro, a coltivare le nuove relazioni e a ridar vita alle vecchie.

                                               **********************************

Per tutta la settimana Victoria aveva lavorato incessantemente per riuscre a terminare la grande tela che doveva essere il centro della sua mostra e adesso, mentre lo guardava con attenzione e con una punta di soddisfazione, poteva dirsi terminato. In quei giorni Ruth vedendola presa dal suo lavoro le aveva lasciato il suo spazio, e non si vedevano ormai da qualche girono, così la pittrice le mandò un messaggio affinchè la raggiungesse, ma con suo grande disappunto la donna le rispose che non sarebbe potuta andare prima di sera.
Quando finalmente la vide entrare in casa, dopo quel pomeriggio che le era sembrato eterno, Victoria provò serenità, era come se in  quei giorni di assenza le fosse mancato qualcosa di fondamentale.  La accolse con un ampio sorriso ma non cedette alla voglia di abbracciarla e baciarla.
Ruth si rese conto che doveva aver dipinto fino a quel momento poichè aveva la sua classica tenuta sporca di colore e teneva ancora in mano il pennello. E quella mano indaffarata stava tradendo un leggero tremore.

  • Va tutto bene?

Victoria comprese il motivo della sua domanda e poggiò sul tavolo da lavoro l’oggetto che l’aveva tradita.

  • Si, ho lavorato troppo, tutto qui.
  • Ok, ti va di mangiare? Potrei provare a cucinare se hai qualcosa di commestibile in frigo.
  • Sai anche cucinare? Sei una donna piena di soprese. Se vuoi va pure a dare un’occhiata. Ma credo che sia più probabile che ordineremo la cena.

Ruth si diresse verso la cucina, aprì il frigo trovandolo praticamente vuoto. Scosse la testa e lo richiuse. Poi la sua attenzione fu attratta da qualcosa, o per meglio dire dalla mancanza di qualcosa. La foto di Victoria e Dana non era più al suo posto, si guardò intorno costatando di come fosse sparita. 
Sentì la voce della padrona di casa alle sue spalle.

  • Comunque ti ho fatto venire perché volevo farti vedere…

Ruth le corse incontro gettandole le braccia al collo e baciandola appassionatamente.

  • Non pensavo che il mio frigo vuoto ti suscitasse tanto entusiamo.

Le chiuse di nuovo le labbra con le sue. 

  • Non che non mi dispiaccia interromperti, ma c’è davvero qualcosa che voglio farti vedere.

Victoria la prese per mano e la condusse finalmente davanti a quella tela su cui l’autrice aveva lavorato tanto e che poteva dirsi ultimata.
Ruth rimase incantata ad osservarla.
Amore, calore, pace, protezione.
Erano questi i sentimenti che aveva fatto venire a galla nel cuore di Ruth.
Rappresentava l’espressione dell’essere madre attraverso una figura, la principale, una donna dai capelli scuri in un abito antico, su uno sfondo che dall’oro diventava bronzo, e questa donna tendeva le braccia verso lo spettatore con l’espressione più dolce e rassicurante che si potesse mai immaginare.
Quell’espressione che chiunque aveva visto almeno una volta da bambino, quando veniva svegliato da un incubo e veniva prontamente rassicurato, o dopo una rovinosa caduta veniva consolato, o semplicemente quando in un momento di sconforto veniva abbracciato e sorretto per avere la forza di superare quel momento.
Lo spettatore poteva immaginare benissimo che cosa avrebbe provato una volta che quelle braccia si fossero chiuse intorno a lui avvolgendolo, avrebbe avvertito il calore e la morbidezza di quel vestito, l’odore della pelle che sarebbe stato diverso per ognuno, ma l’emozione sarebbe stata uguale per tutti. Di essere di nuovo al sicuro e a casa.
A Ruth venne subito in mente sua madre e non riuscì a trattenere una lacrima.

  • E’ bellissimo… Victoria è…
  • E’ mia madre, o almeno per come l’ho sempre immaginata.

La curatrice senza distogliere lo sguardo dalla tela la prese per mano stringendola.

  • Mia nonna ha sempre fatto di tutto per non farmi sentire la sua mancanza, e spesso ci riusciva. Ma la notte da bambina la sognavo spesso, che mi raccontava storie tenendomi stretta, mi rassicurava dicendomi che non sarei mai stata sola.

Fece una pausa, osservando l’espressione di Ruth e sorpresa da quella lacrima che le rigava una guancia.

  • Crescendo ho smesso di sognarla, ma quando mi sono ammalata lei è ritornata. E come allora nei miei sogni mi abbracciava dicendomi che tutto sarebbe andato bene. Ho provato a trasmettere in questo dipinto quello che provavo allora, per averlo sempre presente e non soltanto nei miei sogni. Ammetto che è un po’ patetico.
  • Non dirlo nemmeno per scherzo.

Finalmente Ruth era riuscita a distogliere lo sguardo e a rivolgerlo con un’espressione seria sull’autrice.

  • Tu hai un dono. Sfido chiunque a non rimanere incantato di fronte a questo dipinto e a non ritornare bambino. E a chi non ha avuto la fortuna di provare queste sensazioni di sicurò capirà  che cosa ha perso. Io ho avuto questa fortuna e guardandolo non riesco a non provare nostalgia per mia madre… più di quanto non lo provi ogni giorno. E’ bellissimo. Tu lo sei.

Fece un profondo respiro.

  • E ti amo.

Esitò per un attimo guardando la pittrice messa davanti a quella confessione, ma non le diede il tempo di reagire continuando il suo monologo.

  • E non mi aspetto che tu provi lo stesso per me, non mi aspetto che tu mi risponda “Anch’io”. Ma sarebbe stato sciocco da parte mia continuare a evitare di dirlo. Io ti amo e arrivata a questo punto non posso più negarlo.

L’unica cosa che fece Victoria fu accarezzarle il volto, non ebbe il coraggio di dire niente. E sapeva che avrebbe potuto benissimo risponderle che anche lei l'amava, ma non c’era riuscita, era come se pronunciare quelle due semplici parole la riportassero in un passato dove lei lo diceva a qualcun'altra  e il dirlo non le aveva impedito di andar via.

  • Ruth..

La donna si era resa conto del disagio che stava provando Victoria, ne fu ferita ma del resto se lo aspettava, sapeva di essersi lasciata andare al mare di emozioni che le aveva suscitato quel dipinto e la persona che lo aveva creato, ma non si pentiva di aver messo in chiaro i suoi sentimenti.

  • Davvero, non devi dire nulla. Vic..

Victoria portò la sua mano dietro la nuca passando le dita fra i capelli, Ruth da quel gesto si sarebbe aspettata un bacio ma la donna si limitò a guardarla negli occhi da quella breve distanza.

  • Mi sei mancata, in un modo che non avrei mai creduto.

Solo allora arrivò quello che si era aspettata, un bacio pieno di passione. Dopo la pittrice l’abbracciò affondando il viso fra i suoi capelli. In quel momento Ruth si rese conto che la donna stava tremando.

  • Victoria – l’allontanò delicatamente prendendola per le spalle e dopo le mise una mano sulla tempia che stava bruciando – Tu hai la febbre.
  • Forse, ma non ti preoccupare, sto bene.
  • A me non sembra.

L’accompagnò sul divano dove la fece sedere.

  • Ti prendo un bicchier d’acqua.

Ma fu bloccata per un polso e spinta anche lei a sedersi.

  • Non ho bisogno di nulla, solo che resti qui, con me.

Ruth le fece cenno di si con la testa e si appoggiò comodamente alla spalliera del divano rimanendo a guardarla in attesa che anche la padrona di casa facesse lo stesso, invece Victoria le si accoccolò fra le braccia in un gesto inaspettato per la sua compagna, così Ruth si ritrovò con la sua testa appoggiata sul petto e ad avvolgerla in un caldo abbraccio. Fu una strana sensazione averla lì, indifesa fra le braccia, totalmente abbandonata a lei. Era qualcosa che non aveva mai provato prima, la strinse a se un po’ di più, baciandola sulla testa. La sentì sospirare.

  • Sto già meglio.
  • Credo che tu abbia bisogno di qualcosa di più.
  • E’  solo stanchezza. Vedrai domani sarà passata.

Victoria si spostò leggermente sistemandosi meglio in quell’abbraccio.
Rimasero in silenzio per un po’, Victoria ascoltando semplicemente il battido del cuore di Ruth.

  • Credo che dovremmo fare qualcosa per il tuo frigo. E’ imbarazzante.

Victoria scoppiò a ridere.

  • Si beh, di solito non è così. Ma in effetti mangerei qualcosa volentieri.
  • Posso andare a comprare qualcosa al market qui all’angolo. Non c’è niente nemmeno per la colazione di domani.

Victosia sollevò il viso verso di lei con un mezzo sorriso stampato in faccia.

  • Vuol dire che resti con me stanotte?
  • Era nei miei piani, e con te in queste condizioni sono stati semplicemente confermati.

Le diede un bacio, poi la scostò per potersi alzare.

  • Resta qui, torno subito.

Mancò poco più di mezzora e la padrona di casa era rimasta al suo posto ad aspettarla.
Ruth andò di sopra a prenderle una coperta che le mise addosso, e poi si dedicò alla cucina.
Da dove si trovava Victoria riusciva a vederla indaffarata a prepararle la cena, si era resa conto di come il silenzio che solitamente regnava in casa era stato sostituito dal borbottare di una pentola messa a bollire sul fuoco o dallo sfregolare di una padella, e soprattutto dal suono della voce di Ruth che canticchiava somessamente mentre era occupata in quelle faccende.
La vedeva muoversi alla ricerca di oggetti in un posto a lei sconosciuto, quindi si ritrovava ad aprire più volte i cassetti o gli sportelli, ma aveva l’aria di cavarsela benissimo. Ogni tanto le lanciava uno sguardo come a tenerla d’occhio nel caso in cui avesse avuto bisogno di qualcosa, e quando incrociava lo sguardo di Victoria le sorrideva. I profumi di quello che stava preparando iniziarono ad invadere l’area della cucina rafforzando il languore che aveva la padrona di casa.
avevo dimenticato come può vivere una casa
Questo fu il pensiero che le balenò in mente quando Ruth le portò un ricco piatto e un bicchiere d’acqua.

  • Posso alzarmi.
  • Preferisco che rimani al caldo.
  • Ok dottore.

Andò a prendere anche il suo piatto e la raggiunse sedendosi però per terra e appoggiandosi al tavolino davanti al divano.

  •  Quando pensi che il dipinto si potrà portare alla sala.
  • Un paio di giorni, al massimo tre.
  • Vada per tre, in fondo non c’è fretta, ormai è tutto  pronto.
  • Ti confesso che ho un po’ di paura, ormai manca poco.
  • Non devi, vedrai, andrà tutto per il meglio. Te lo posso assicurare.
  • Ok voglio fidarmi del fatto che a parlare sia la professionista che è in te.

Ruth sorrise.

  • Si è la professionista che te lo garantisce.

Cenarono e subito dopo decisero di andare a dormire. Entrambe si erano rese conto nel corso della serata di quanto quelle azioni, cenare, restare a chiacchierare del più e del meno, prepararsi per la notte, fossero del tutto naturali condividerle. Ed era anche evidente che il loro rapporto era cambiato. A Ruth non importava che non le avesse detto che anche lei l’amava, molte cose che aveva fatto Victoria avevano per lei più valore di qualsiasi altra cosa non detta.
Però quando la vide addormentarsi nella penombra della stanza, Ruth si sentì per un attimo smarrita e persa in uno stato di inquietudine. Si rese conto di quanto potere aveva su di lei quella donna che le dormiva accanto  e ne fu terrorizzata.
The world is all around us, It's much too big to see. And the words are seldom honest So we never disagree.

Oh, the world is all around us But have you noticed me? The world has overshadowed me.

  • Victoria

 

Fu più che altro un sussurro che non ebbe risposta.


The world is all around us, So tell me what you see. Yeah, the world is all around us, There's little room to breathe.

Nel buio cercò la sua mano per stringerla nella sua, come se avesse avuto il potere di dissipare quel nodo che le stringeva la gola, e quella sensazione di solitudine che la stava paralizzando.

The world is all around us, Now it's plain to see That the world has overshadowed me.

Alla fine si addormentò.

L’indomani si alzò presto e scese a preparare la colazione, la luce intensa del mattino aveva scacciato via quella strana sensazione che l’aveva accompagnata anche nel sonno portandole sogni confusi, fatti di volti conosciuti e a cui non pensava ormai da anni e altri del tutto nuovi ma inquietanti. Pensò che forse anche lei aveva dovuto avere qualche linea di febbre, non riusciva a trovare nessun’altra spiegazione.
Fu riportata alla realtà dalla porta di casa che veniva aperta e dalla testa rossa di Katrin che faceva capolino chiamando ad alta voce Victoria. Rimase invece sorpresa dal trovare Ruth con addosso solo la maglietta che le aveva dato la pittrice per dormire e che lasciava ben poco all’immaginazione in quanto le copriva a malapena gli slip.
Per lei fu un colpo in pieno stomaco vederla lì con quell’espressione stupita, i capelli arruffati e quel corpo stupendo per una volta non avvolto da quegli abiti così curati. Vederla nel pieno della sua naturalezza le fece male più di quanto avesse mai potuto immaginare.

  • Katrin..

La rossa distolse lo sguardo.

  • Ruth, non immaginavo di trovarti qui… ma a quanto pare avrei dovuto. Victoria?
  • Sta ancora dormendo, ieri sera non stava bene.

Katrin ritornò a guardarla e la sua interlocutrice aggiunse velocemente.

  • Niente di preoccupante, solo un po’ di febbre.

Ruth avvertiva tutto l’imbarazzo di quel momento, soprattutto quando si rese conto di essere mezza nuda.

  • Vado a mettermi qualcosa addosso.. Non te ne andare!

Scappò al piano di sopra, entrando vide la padrona di casa che era scivolata sul suo lato del letto ancora immersa in un sonno profondo. Cercò i pantaloni che indossava la sera prima e ritornò giù, trovando Katrin affacciata alla finestra.
Lei si diresse verso la cucina e versò il caffè che aveva preparato prima del suo arrivo. Ne porse una tazza alla nuova arrivata.
Voltandosi la rossa si stupì di quel gesto, come la prima volta che le aveva offerto un caffè nel suo ufficio certa di come lo prendeva. Solo che la persona che aveva davanti in quel momento era molto diversa, non era quella donna dall’aspetto impeccabile e soddisfatta della reazione furibonda che aveva suscitato nella sua amica. Ma aveva lo stesso sguardo fermo e fiero di sempre ed era di una bellezza devastante.

  • Sono contenta di vederti qui, vuol dire che le cose fra voi due sono tornate come un tempo. Sono felice che vi siate chiarite.

Katrin si schiarì la voce, e prima fissando la tazza che aveva in mano e poi decidendosi a guardarla le rispose.

  • Già, ma a dire il vero sono attraversata da sentimenti contrastanti in merito. – fece una pausa –  non riesco a non guardarti e a non sentirmi un’idiota. Ero talmente presa da quello che provavo per te da non rendermi conto… no non è vero, me ne rendevo conto ma ho sperato fino all’ultimo che tu ti accorgessi di me.
  • Kat, vuoi davvero parlare di questo?
  • Non è che ci sia molto di cui parlare. Ho preso una stupida cotta per te e ci sto ancora male. Speravo che rimanere lontana da New York per qualche giorno mi aiutasse a superarla ma non è stato così.
  • Non so come aiutarti.
  • Non devi infatti. Mi sentirei ancora più stupida.
  • Katrin, perdonami ma non posso credere che il tuo risentimento e rabbia possano essere causati solo da quello che c’è tra me e Victoria.

La rossa la guardò intensamente.

  • Infatti hai ragione. Ho aperto gli occhi su molte cose grazie a te. Cose di cui ero in parte consapevole ma a cui non volevo dare ascolto.
  • Di cosa stai parlano con esattezza?
  • Lo scoprirai da sola
  • Buongiorno!

Si voltarono entrambe per vedere Victoria ferma ai piedi delle scale. Le raggiunse con aria incuriosita da quello strano quadretto stringendosi nella felpa che aveva indossato.

  • Come ti senti stamattina?

Nel dirlo Ruth le aveva poggiato il dorso della mano sulla fronte. Victoria le tolse delicatamente la mano stringendola nella sua.

  • Decisamente meglio.
  • Ho preparato del caffè e dei toast se hai fame.

Fece un cenno di assenso e si diresse a versarsi una tazza di caffè, poi si girò di nuovo verso le due donne incrociando le braccia per quanto glielo consentisse la tazza che teneva in una mano. Rurth aveva notato come la presenza dell’amica non aveva sorpreso per niente la padrona di casa.

  • Vi lascio sole, vado a fare una doccia.

Una volta sole Victoria continuava a restare in silenzio, cercando di studiare l’umore dell’amica, sapeva che la presenza di Ruth l’aveva turbata non poco. Alla fine la rossa non riuscendo a sostenere quel mutismo decise di rompere il silenzio.

  • Mi domando perché mi sono stupita nel trovarla qui. Mi dovrò abituare all’idea. E soprattutto devo iniziare a suonare invece di entrare liberamente.
  • Tu puoi fare quello che vuoi, sentiti libera come sempre.

Un riso saccarstico accompagnò la sua esclamazione

  • Si, certo.

Ritornando a guardare fuori. Victoria poggiò la tazza sul ripiano che aveva alle spalle e le si avvicinò prendendole entrambe le mani e catturando nuovamente la sua attenzione

  • Katrin, dimmi cosa vuoi che faccia. E ti guro cha lo farò.

La sincerità di quelle parole erano rispecchiate nei suoi occhi, sapeva che qualsiasi cosa le avesse chiesto lo avrebbe fatto. Victoria era fatta così, manteneva sempre quello che diceva. Alla fine Katrin sospirò e le sorrise.

  • Ero solo venuta per portarti a fare compere, manca qualche giorno all’inaugurazione della tua mostra e sono abbastanza sicura che non hai ancora pensato a cosa indossare.

Victoria si mise a ridere.

  • Si, hai perfettamente ragione, non ne ho idea. Una giornata in giro per negozi non mi dispiace affatto.

Furono interrotte dal ritorno di Ruth, aveva raccolto i capelli in una crocchia e se anche indossava i vestiti del giorno prima aveva di nuovo quell’aria superba di sempre che Katrin conosceva. Rimanendo ad una certa distanza dalle due amiche le informò che doveva scappare, andò alla ricerca della borsa e della giacca per avvicinarsi subito dopo alla porta.

  • Ehi! Quando ti rivedo?

Ruth si voltò tenendo la mano sulla maniglia e la porta semi aperta.

  • Stasera ho una cena di lavoro, non so a che ora potrebbe finire. Forse domani..

La pittrice sossire

  • Forse?

Victoria le andò vicino.
Da quando era riapparsa nella stanza trapelava in lei un certo nervosismo ed imbarazzo.

  • Che succede?

Lo disse così a bassa voce che solo l’interlocutrice aveva sentito la domanda.

  • Nulla. Vado solo di fretta. Ho una lunga giornata davanti.

Ne la risposta ne il sorriso che le aveva lanciato la convinsero, ma non aveva altra scelta che lasciarla andare.

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Capitolo 11
*** Creep ***


Documento senza titolo

Stare seduta ad un tavolo cercando di trovare argomentazioni per convincere quell’individuo a finanziare le loro opere era l’ultima cosa che Ruth avrebbe voluto fare quella sera. Fortunatamente Harry era in splendida forma e riusciva a tenere il tono della conversazione alto e brillante. Lei si limitava a sorridere e ad intervenire per sopperire alle carenze tecniche del suo amico in merito di arte ed esposizioni.

Purtroppo aveva ancora in mente quella conversazione  interrotta con Katrin, con quella frase che suonava come una minaccia e il modo in cui l’aveva guardata per quasi tutto il tempo mettendola a disagio. Si ripeteva che lei era stata chiara sin dal primo momento e non comprendeva perché era stata in grado di irritarla fino al punto di aver provato un senso di sollievo non appena si era ritrovata fuori dall’appartamento. Quella sgradevole sensazione però era ritornata subito dopo e l’aveva accompagnata per il resto della giornata.

Il suo telefono iniziò a vibrare annunciando un messaggio.

Ricordati di dare mancia doppia al tuo portiere, non si è lasciato corrompere. Vic.

Leggendo stupita quel messaggio si scusò con i suoi commensali dicendo che aveva una chiamata urgente da fare, annuncio che non la mise in salvo dallo sguardo fulminante di Harry.
Andò in un angolo appartato della sala e chiamò Victoria

  • Mi dici che stai combinando?
  • Volevo solo farti una sorpresa, ma il tuo cane da guardia non ha sentito ragioni. Per un verso mi rincuora.

Ruth rimase per un attimo senza parole.

  • Sei ancora a casa mia?
  • Si
  • Passamelo.

Dopo aver rassicurato l’uomo gli disse che poteva farla entrare.

  • Per quanto ne hai ancora?
  • Se sopravvivo alla sfuriata di Harry per aver abbandonato il tavolo direi almeno un’altra ora.
  • Ok… Non sei arrabbiata per questa invasione dei tuoi spazi?
  • No.

Una volta ritornata al tavolo e scusatasi nuovamente Ruth contò i minuti che mancavano alla fine di quella tortura.

  • Vic?

Ruth era entrata in casa, guardandosi in torno e non ricevendo risposta si diresse prima in camera da letto trovandola vuota e poi ritornando nella sala dove la trovò sdraiata e addormentata sul divano.
Sorrise.
Andò a sedersi sul bordo, dopo un primo momento che si prese per guardarla dormire serena si chinò su di lei per svegliarla con un leggero bacio.

  • Sei tornata finalmente.
  • Quando hai detto che volevi farmi una sorpresa immaginavo qualcosa di diverso.

Victoria si stiracchiò

  • Risparmiavo le forze. -  Si mise a sedere – Ma prima voglio farti vedere una cosa.
  • Ok… cosa?
  • Oggi con Katrin abbiamo fatto compere, principalmente per trovare un vestito adatto all’inaugurazione. Ne ho presi un paio e vorrei il tuo consiglio.

Abbandonò il divano per anare a tirare fuori da una grande busta due vestiti. Ruth li guardò, poi con un mezzo sorriso malizioso le disse.

  • Penso che dovresti indossarli.

Victoria sparì in camera da letto, mancò qualche minuto per poi riapparire indossando un tubino nero molto incollato e professionale, dalle maniche corte e una stola sempre nera intorno alle braccia, aveveva tirato su i capelli.

  • Questo mi da l’impressione di essere un’impiegata in libera uscita.
  • Si forse, ma ti sta molto bene. In effetti un po’ troppo professionale. Vediamo l’altro.

Sparì di nuovo e ritornò con un abito che a detta di Ruth era decisamente sulle sue corde, rispecchiando il suo modo di essere, la sua essenza.
Era un abito sempre scuro ma con dei rombi fatti a loro volta da piccoli quadratini, aveva una gonna larga molto morbida così come la parte superiore dell’abito che aveva una scollatura e un colletto che ricordavano una giacca ma che veniva stretto in vita da una cintura in stoffa, le maniche da strette andavano ad allargarsi verso i polsi. Ricordava un abito anni 70, un po’ gitano e le stava d’incanto. Specialmente lasciando la folta chioma disordinata e libera di scendere lungo le spalle e la schiena.

  • Decisamente questo. E’ più da te.
  • Lo penso anch’io.

Si voltò per ritornare in camera a cambiarsi.

  • Aspetta, dove vai?

Victoria si girò a guardarla aprendosi in un sorriso che faceva venire fuori le fossette sulle guance e quell’aria divertita che le illuminava il volto. Quelle poche volte che Ruth l’aveva vista sorridere in quel modo ne era sempre rimasta incantata. Si alzò per andarle in contro e baciarla come se fosse stata l’ultima volta, un bacio intenso, che lasciò senza fiato la sua compagna.

  • Wow… deve starmi proprio d’incanto questo vestito.
  • Senza staresti ancora meglio.

Allentò la cintura, abbassò la zip sulla schiena riuscendo a farlo scivolare sul pavimento lasciando la proprietaria con i soli slip come unico indumento. Victoria fece altrettanto con lei liberandola dall’abito elegante che indossava e spingendola sul divano.

  • Adoro sentire la tua pelle sulla mia.

Fu quello che riuscì a dire Ruth prima di lasciar scappare un gemito provocato dalle dita impertineti di Victoria. Ogni volta che facevano l’amore scoprivano una nuova intesa. Sapevano esattamente che corde toccare l’una dell’altra e si perdevano nel suono delle loro voci, dei loro sospiri, del suono dei baci che percorrevano vie nuove ed inesplorate.
Nel momento che seguì la passione si ritrovarono sedute una di fronte all’altra, in un intreccio di gambe che riduceva al nulla lo spazio fra i loro corpi e a guardarsi a pochissima distanza. Ruth le accarezzava un orecchio lasciando scorrere di tanto in tanto una ciocca di capelli fra le dita e annulando quella misera distanza per stamparle piccoli baci sul collo.

  • Potrei morire felice in questo momento.
  • Vic… io invece mi auguro di averne tanti altri di momenti come questo.

Victoria le prese il viso fra le mani.

  • Stamattina, o ieri mattina, ho perso la cognizione del tempo – sorrise – sei andata via in un modo che non mi è piaciuto affatto. Mi è toccato corrompere, minacciare e non so cos’altro ho detto a quel pover uomo che lavora in questo palazzo, pur di convincerlo a farmi entrare e  vederti, per cercare di capire.
  • Non c’è niente da capire. A parte te, che hai talmente paura di non vedermi più da spingerti a fare follie ma allo stesso tempo vai nel panico solo perché ti dico che ti amo.

Victoria l’abbracciò, appoggiando il mento sulla sua spalla e stringendola ancora di più.

  • Non è panico il mio.  Ed è da quando ti conosco che ho paura di non rivederti più.  Anche se tra te e me non ci fosse questo, sentirei comunque la tua mancanza.
  • Bene, almeno adesso so che per te non è soltanto sesso.

 Victoria sospirò

  • Tu mi piaci, mi piace parlare con te, confrontarmi con te. Abbiamo molte cose che ci uniscono.
  • E tu come chiameresti tutto questo?

Ruth cercò il suo sguardo ma Victoria si liberò da quell’intreccio per rimettersi in piedi e per sfuggire da quegli occhi indagatori che le chiedevano risposte che lei non aveva. O non voleva dare.

  • Dio Ruth, perché devi dare una definizione ad ogni cosa.

Anche l’altra donna si rimise in piedi e la seguì in camera da letto.

  • Mi piace semplicemente chiamare le cose con il proprio nome.
  • Tu sei felice?
  • Cosa c’entra questo?
  • Io lo sono, e mi basta. Come mi è sufficiente sapere che sei tu a rendermi tale.

Vide Ruth restare senza parole, così aggiunse.

  • Ascolta, che ne dici di andare a dormire?

Così Ruth comprese che il discorso era stato appena chiuso, ma quello che le disse dopo, nella penombra della stanza, la sorprese

  • Quando tutto questo sarà concluso voglio che partiamo, voglio andare in un posto sconosciuto ad entrambe per scoprirlo insieme.

Si mise sul fianco per guardala in viso.

  • Voglio conoscerti lontano da qui. Voglio rivedere la ragazzina dall’espressione stupita ed emozionata davanti a qualcosa di nuovo e che sa trasmetterla alle persone che ha intorno.
  • Rivedere?Che intendi dire?
  • Nemmeno tu, per quanto pensi il contrario, sei mai passata inosservata. Ricordo quella ragazza timida che restava seduta in fondo all’aula durante le lezioni d’arte. Quella ragazza a cui avrei voluto chiedere di farmi da modella per quanto la trovassi bella, con quella sua espressione innocente ma allo stesso tempo così irriverente.

Ruth si girò per accendere la lampada che aveva vicino al letto per poterla guardare bene in viso, ma fu Victoria a notare la sua espressione interdetta e un po’ arrabbiata.

  • Da quando ti sono riaffiorati questi ricordi?
  • Da quando ho visto quelle foto in sala e mi hai detto che all’epoca ti mantenevi facendo la modella. L’ho trovato ironico, e pensare che avevo paura di metterti a disagio.
  • E’ per questo che non me lo hai chiesto?

Victoria si sollevò mettendosi di fronte a lei.

  • E tu è per questo che ti stai arrabbiando? Se vuoi posso chiedertelo adesso.

Si sdraiò sopra di lei dandole un bacio che terminò mordendole il labbro inferiore. Poi la guardò accarezzandole il viso.

  • La verità è che più il tempo passa e più mi rendo conto che ci conosciamo da anni.
  • No, non è così. Avevo un’idea di te, ma questo non vuol dire che ti conoscessi. E nemmeno tu se non hai trovato il coraggio di chiedermi una cosa così semplice come posare per te.

Calò il silenzio come gli occhi della pittrice che non era riuscita a sostenere lo sguardo indagatore della sua compagna.

  • Dimmi che partirai con me.

Solo allora ritornò a guardarla, come a dare forza alla sua richiesta.

  • Solo se mi dirai la verità.
  • Su cosa?
  • Dimmi perché non mi hai chiesto di posare per te. Non era perché io fossi timida.

Victoria sospirò.

  • In parte è per quello, eri sempre così sfuggente. E in parte perché Dana trovava eccessivo l’interesse che avevo per te. E non sono mai riuscita a negarle niente, per cui quando mi disse di evitare ho fatto come mi chiedeva. E da allora non ho più pensato a te. Fino ad oggi s’intende. Era questo che volevi sentire?
  • Si.

La pittrice si allungò per spegnere la luca e poi si distese nuovamente accanto alla sua compagna, poggiando il viso sul suo stesso cuscino e sfiorandole la guancia con il naso. La voce di Ruth infranse il silenzio

  • Mi piacerebbe andare in Lousiana…o pensavi a qualcosa oltre oceano.

Victoria sorrise.

  • E’ perfetto.

*******

Victoria guardava fuori dalla finestra del suo appartamento, teneva lo sguardo fisso nel vuoto, persa nei suoi pensieri, anche se sarebbe stato più corretto dire che cercava di non pensare a nulla, si stava concentrando sul suo respiro tentando di mantenerlo regolare. La paura che non sarebbe riuscita ad affrontare l’evento della sera che l’avrebbe vista protagonista la paralizzava letteralmente. Non faceva nemmeno caso alla presenza di Katrin, al suo andirivieni da una stanza all’altra alla ricerca di qualcosa che poteva servire o a svuotare le enormi buste piene di accessori che avrebbero potuto abbinare agli abiti per la sera. Appariva forse più nervosa della stessa artista.
Il suono del telefono la riscosse da quel torpore.

  • Pronta per stasera?
  • Ruth…

Le bastò sentire il tono di voce che aveva utilizzato nel pronunciare il suo nome per capire che c’era qualcosa che non andava.

  • Ehi tutto bene?
  • Si, certo, dove sei? Speravo di vederti prima di stasera.
  • Purtroppo non posso accontentarti, ho mille cose da fare, senza contare che per te farò una cosa che non faccio da anni, mi assicurerò di persona che tutto sia come dovrebbe, quindi sarò alla sala almeno un ora prima.

Victoria sentendo Katrin muoversi alle sue spalle si allontanò cercando un punto più appartato.

  • Avrei più bisogno di averti qui.

Ruth sospirò.

  • Vic, è normale che tu sia agitata in questo momento, ma ti prometto che andrà tutto bene. Come ti prometto che stasera sarò al tuo fianco, non sei sola ad affrontare tutto questo. E poi credimi sarà una festa non la tue esecuzione!

La pittrice sorrise ma non disse nulla.

  • Katrin è lì con te?
  • Si.
  • Ottimo, cercate solo di essere puntuali, adesso ti devo salutare.
  • Ruth, aspetta, io ti… - Trattenne il respiro per poi lasciarlo andare lentamente – ringrazio.
  • Mi ringrazi? – Rise – lo so che prima o poi riuscirai a dirmelo. A stasera.

Erano le sei in punto quando artista e mecenate varcarono la soglia della sala mostra, Victoria si guardò intorno, i suoi quari messi in fila in un percorso immaginario e illuminati sapientemente per esaltarne i colori e i contrasti, le fecero accellerare il battito del cuore, era come se li vedesse per la prima volta. O semplicemente perché in quel momento sentiva la sua anima esposta agli occhi di tutti.
Si mosse insieme alla sua amica attraverso i vari ambienti, in una sala in disparte era stato sistemato un buffet e due camerieri erano in attesa ai lati del lungo tavolo. Poi vide finalmente quello che cercava, Ruth era ai piedi della scala che portava al piano superiore intenta a parlare con un uomo, da quello che gli diceva intuì che doveva essere il recepsionist. Quando le sentì arrivare Ruth le accolse con un largo e sincero sorriso.
Aveva già visto Victoria con quel vestito, ma rimase ugualmente senza fiato, dal trucco ai capeli lasciati liberi sulle spalle, tutto l’insieme era perfetto e la faceva apparire al meglio. Anche Victoria e Katrin rimasero a fissarla entrambe con lo stesso sentimento, Ruth era bella e impeccabile come sempre, in quell’abito nero dal taglio singolare che le lasciava una spalla scoperta e che faceva ricordare una dea greca con i capelli raccolti in una crocchia, era professionale e da lasciare stupiti allo stesso tempo.

  • Addirittura in anticipo, non potevo sperare di meglio.

Si avvicinò a Victoria sfiorandole un braccio.

  • Allora sei pronta?
  • Direi di si.

Le appoggiò entrambe le mani sulle braccia e la attrasse a se per guardarla bene in viso.

  • Perfetto! Perchè abbiamo fatto un buon lavoro, anzi io ho fatto un ottimo lavoro!

Riuscì a strapparle un leggero sorriso. Disse con un tono ironico.

  • Non avevo dubbi, ho fatto bene a fidarmi di te.

Katrin se ne restava in disparte a guardare la curatrice che rassicurava la sua amica, poi la vide sussurrarle qualcosa all’orecchio che fece apparire un enorme sorriso sulle labbra di Victoria. E il modo in cui si guardarono le fece salire un nodo in gola.
Ruth si accorse dello sguardo cupo di Katrin che in quel momento le fissava, ma non le diede peso.
Iniziarono ad arrivare i primi invitati e la serata ebbe inizio.
Ruth era riuscita riunire una vasta schiera di critici e di esponenti delle riviste d’arte più in vista di New York, restando al fiianco di Victoria,  li teneva d’occhio mentre si guardavano intorno in attesa che si decidessero ad incontrare l’autrice di quelle opere che senza dubbio stavano suscitanto forti emozioni, specilamente la grande tela messa in una sala dal passiggio obbligato e all’interno del quale era l’unica opera esposta, stava incanalando la maggior parte dei visitatori diventando il punto focale dell’esposizione. 
Dopo un po’ iniziarono a chiedere di conoscere l’artista che aveva prodotto quelle opere dal forte impatto emotivo e Ruth presentò a tutti Victoria Reyes, alcuni la conoscevano già, altri ne facevano la loro prima conoscenza. Iniziarono a farle domande sul percorso artistico confrontando i lavori precedenti e le scelte espressive maturate nella creazione delle nuove opere.

  • E’ visibile un radicale cambiamento dei soggetti. E’ come se fosse stata disillusa dalla vita.
  • Si beh, in parte è così, ma in fondo è solo un cambiamento . Quando si è estremamente giovani si ha una visione della vita brillante e positiva, ma col tempo ci si rende conto di quanto invece possa essere cruda e difficile.

Intervenne un altro giornalista.

  • Che tipo di cambiamento può essere avvenuto per generare tali opere.
  • Lei di sicuro non è la stessa persona di dieci anni fa e non credo che fra altri dieci anni sarà lo stesso uomo. Questo è quello che è accaduto alla mia arte. E’ in continua evoluzione, magari fra ventanni mi ritroverò a dipingere paesaggi montani.

Quest’ultima frase, com’era nella sua intenzione, suscitò ilarità fra gli astanti.
Ruth la guardava ammirata, felice di vedere come la sua compagna fosse riuscita a prendere in mano la situazione e a dominarla. Aveva uno sguardo fiero ed era sicura di sè mentre rispondeva con  inteligenza e sagacia alle innumerevoli domande che le venivano poste.
Katrin se ne restava ad una certa distanza ad osservare la curatrice, intenta a sorvegliare e pronta a proteggere la sua amica da qualsiasi cosa avrebbe potuto metterla a disagio o in difficoltà. Le vedeva spesso lanciarsi sguardi di complicità o si rese conto ci come la sua amica cercasse la mano della donna, come a trarne forza e sostegno.
Erano ormai trascorse un paio d’ ore quando Ruth decise di ringraziare gli intervenuti, salì qualche gradino della scala e attirò l’attenzione degli astanti.

  • Perdonatemi, ma volevo ringraziarvi per essere venuti a dare il ben tornato a quest’artista di grande valore, che secondo il mio parere farà molto parlare di se in futuro. Quindi vi ringrazio nuovamente per aver accettato il mio invito.

Un uomo, un giornalista noto a Ruth, in modo scherzoso intervenne.

  • Come non avremmo potuto accettare, qualcuno è mai stato in grado di dirti di no?

La donna sorrise.

  • Più di quanto immagini Frank, ma ti ringrazio ugualmente. Vi rubo ancora qualche istante perchè tengo in modo particolare a ringraziare la persona che ha reso tutto questo possibile, Katrin Cox, se non fosse stato per la sua tenacia e convinzione, e soprattutto il profondo affetto che la lega alla nostra artista, oggi non saremmo qui.

E la indicò, lasciando la rossa sorpresa e per un attimo imbarazzata dal breve applauso che seguì il ringraziamento. Ruth scese facendo capire così che il suo breve discorso era terminato, alcuni giornalisti si recarono da Katrin per farle qualche domanda, la curatrice le lanciò un ultimo sguardo per poi raggiungere Victoria a qualche passo da lei.
Ormai la serata era quasi conclusa, l’alrtista la prese per mano e insieme si diressero ai piedi della grande tela.

  • Te la stai cavando benissimo e da te non mi sarei aspettata niente di diverso.
  • Solo grazie a te.

Si guardarono, poi Ruth le sorrise dicendole:

  • Ti bacerei se non avessi paura di rovinarci il trucco.
  • Per quanto mi riguarda posso correre il rischio.
  • Non tentarmi…
  • Victoria.

Al suono di quella voce Ruth vide il volto dell’artista trasformarsi, si girarono entrambe verso quella donna che Victoria aveva riconosciuto senza guardarla e Ruth non appena la mise a fuoco.

  • Dana…

Era un po’ diversa da quella foto che per mesi l’aveva ossessionata, aveva una corporatura minuta, era un po’ più bassa di lei o di Victoria, aveva dei lunghi capelli ramati e degli occhi di un azzurro limpido.

  • Cosa ci fai qui?

La nuova arrivata la guardò un po’ stupita.

  • Quando Katrin mi ha fatto avere il tuo invito ho dato per scontato che tu lo sapessi, ma dalla tua espressione direi che mi sbagliavo.

Poi si accorse che le due donne si tenevano per mano, anche la pittrice si rese conto di cosa aveva attirato la sua attenzione, così quando Ruth sentì scivolare via la mano di Victoria dalla sua sentì una vertigine.

  • Quella, è tua madre. E’ un quadro stupendo.

Quella frase per Ruth, l’aver riconosciuto subito il soggetto sottolineando l’intimità della conoscenza che aveva di Victoria le fece ancora più male.

  • Sai, quando ho saputo che eri ritornata ad esporre, credimi ne sono stata felice, ho pensato che fossi di nuovo… che tu… si insomma, ti trovo bene.

Victoria se ne restava immobile ad ascoltarla, non riuscendo a trovare niente da dire.

  • Comunque non era mia intenzione rovinarti la serata. Forse è il caso che…
  • Non lo hai fatto, è solo che non mi sarei mai aspettata di vederti.
  • Credimi, non me lo sarei perso per nulla al mondo.

Il modo in cui la guardò e il sorriso che le era affiorato sulle labbra spinsero  Victoria a fare qualche passo verso di lei, si fermò un attimo guardando di sfuggita Ruth, impietrita da quella situazione, riuscendo soltanto a dirle.

  • Perdonami.

Vide le due donne allontanarsi insieme, con Victoria che la spingeva leggermente per un braccio, le vide appartarsi in un angolo, alla ricerca di un minimo di privacy. Dopo qualche istante iniziarono a parlare e Ruth avrebbe dato qualsiasi cosa per capire cosa si stavano dicendo, ma dai gesti che vedeva non vi era nessun rancore ma solo stupore di essersi ritrovate, quando vide Dana sorridente e con gli occhi lucidi di una strana felicità, prendere entrambe le mani di Victoria e portarle alle labbra sentì una voragine aprirsi sotto i suoi piedi, soprattutto quando vide che la donna che amava non la respingeva. Fece qualche passo indietro andando a sbattere contro quella che riconobbe essere Katrin.

  • Cos’hai fatto?!
  • Credimi, ti ho fatto un favore.

Al suono di quella risposta scosse lentamente la testa in un gesto di negazione. Rimase a guardarla ancora un attimo prima di allontanarsi alla ricerca dell’uscita. Per sua sfortuna fu fermata un paio di volte da alcune persone che le facevano i complimenti per la riuscita dell’esposizione, ma per lei in quel momento esisteva solo quell’angolo buio dove si trovava la persona che le stava spezzando il cuore.

  • Ruth

Quando la donna si voltò vide Victoria e a una certa distanza da loro Dana, come se fosse in attesa. Tornò a guardarla.

  • Voctoria. Che diavolo stai facendo.
  • Abbiamo solo bisogno di parlare.
  • No. Ti chiedo di non farlo, di non andare via con lei.
  • Ruth, ho bisogno di..
  • No, vorrei che stavolta fossi io quella a cui non riesci a negare nulla.

Il modo in cui la guardò la pittrice la mise a disagio.

  • Non questa volta.

Ruth scosse la testa.
Furono interrorre da alcune persone che prima di anadr via volevano ancora qualche informazione. Victoria fu allontanata da uno di essi e portata a discutere davanti un suo dipinto.
Ruth invece riuscì a guadagnare l’uscita e finalmente si ritrovò sul marciapiede, con l’aria ormai gelida che le tagliava il viso, riprese fiato cercando di allentare la fitta che aveva sul petto, poi riuscì a fermare un taxi e a fuggire lontano da lì.
Quella sera,  era rimasta a girovagare per la città per un tempo indefinito, figurandosi Victoria con quella donna, dove fossero in quel momento, cosa si stessero dicendo e l’immagine che le dilaniava la mente era di quella donna che faceva l’amore con Victoria. Alla fine andò a rifugiarsi dall’unica persona e nell’unico luogo che l’avrebbe messa al sicuro.
Quando Harry aprì la porta ritrovandosela davanti a quell’ora e con un’espressione distrutta ne fu sorpreso.

  • Avevi ragione, su tutto.
  • Ruth, ma che ti è successo? La mostra di Victoria?

Ruth sorrise amaramente.

  • Un vero successo.
  • Ma lei dov’è?
  • Presumo con l’amore della sua vita.

L’uomo la guardò stupito, la circondò con un braccio e la fece entrare.


************


Il vento caldo le accarezzava il volto, facendo muovere le ciocche di capelli scappati dalla coda che li costringeva a stare lontani dal collo. Il rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo della barca, il cielo turchese e limpido portavano in luoghi lontai ed estranei la sua mente, posti ancora più lontani di quello in cui si ritrovava in quel momento.

  • A cosa stai pensando?

La voce di Beth la riportò alla realtà. L’amica l’aveva raggiunta da appena una settimana, mentre per Ruth, dopo quella sera in cui  aveva deciso di partire il giorno seguente, era trascorso quasi un mese. Un lungo periodo in cui aveva chiuso tutto il suo mondo in una scatola e che si ostinava a non voler riaprire.
Sapeva che stava scappando dagli sbagli che aveva commesso, si era innamorata ossesivamente di una donna che si era illusa di conoscere, eppure che ci fosse qualcosa di sbagliato in quella storia le era stato chiaro sin dall’inizio.
Ma gli attimi vissuti intensamente insieme, le parole sussurrate piano nel cuore della notte, spesso le riempivano il cuore e la mente, buttandola in uno stato di sgomento, soprattutto quando si rendeva conto di quanto avrebbe voluto che in quell’istante lei fosse lì.
Si girò verso l’amica che stava seduta a poca distanza da lei, le sorrise.

  • A niente. Mi godevo semplicemente il sole.

Beth l’aveva trovata cambiata, non fisicamente, forse ancora più magra se lo fosse stato possibile, ma quella che la turbava era questa nuova aura che l’avvolgeva, abbandonata in un torpore che nascondeva il mare in tumulto che aveva preso il posto della sua anima, e tutto questo la preoccupava e la teneva in allerta, pronta a spronarla ogni volta che la vedeva persa in chissà quale pensiero che le rattristava il viso e che la portava a mille miglia di distanza. A Beth ricordava una persona in convalescenza, e come tale sperva fortemente che alla fine sarebbe riuscita a guarire.
Prima dell’arrivo della sua amica Ruth spesso trascorreva giorni interi senza dire una parola, e adesso si accorgeva che le costava un’enorme fatica riuscire a perdere quest’abitudine, si rendeva conto da come la guardava la sua amica di quanto fosse in pensiero per lei, per quanto cercasse di nascondersi dietro la sua consueta allegria che cercava disperatamente di trasmettere anche in lei.
Dopo un attimo in cui era tornata a chiudere gli occhi e a rivolgere il viso verso il sole, Ruth diede voce ai suoi pensieri, sapeva che ormai rappresentavano un enorme macigno fra loro due.

  • Mi dispiace, sono una pessima compagna di viaggio.
  • Non temere, viene compensato dal fatto che siamo circondate da questo splendido mare,  Puerto Rico non sarebbe stata la mia prima scelta per una vacanza, ma mi sbagliavo. Poi se devo essere sincera spero che migliorerai con il passare dei gironi.

Cadde nuovamente il silenzio.

  • Posso aiutarti se solo me lo permettessi.
  • Beth..
  • Staresti meglio se riuscissi a dare voce a quello che stai provando, se ti liberassi da questo peso che hai nel cuore. O se soltanto tu mi facessi delle domande.
  • E cosa dovrei chiederti?
  • Non mi hai chiesto niente di New York, di come se la cava Harry senza di te. Di come procedono i progetti a cui stavi lavorando.
  • Non ho bisogno di chiederti come va il lavoro. Sono più informata di quanto credi. Per il resto, penso di non aver bisogno di sapere nient’altro. E non c’è nemmeno la necessità di parlare di quello che mi spinge a restare lontana da New York.
  • E quanto pensi che dovrà durare questo esilio?

Non ricevette nessuna risposta.

  • Ruth… Speravo sinceramente che tu tornassi con me.

La donna si alzò.

  • Tornerò quando ne avrò voglia.

Si alzò per allontanarsi andando nella parte opposta della barca a vela sulla quale si trovavano.
Da come aveva reagito la sua amica al solo accennare vagamente a Victoria aveva capito che non sarebbe stato il caso di dirle che prima di partire l’aveva incontrata, o per meglio dire la donna l’aveva costretta ad uno scontro, voleva sapere dov’era Ruth, che aveva bisogno di parlarle. Non le avrebbe detto lo stato in cui si trovava la pittrice, sembrava pronta a crollare da un momento all’altro, ma era sostenuta dalla furia con cui pretendeva delle risposte, e questa rabbia aveva aiutato Beth a dirle quello che pensava, che le sarebbe dovuta stare lontana.

  • E’ da quando ti conosce che sapeva che l’avresti fatta soffrire! E tu non hai deluso le sue aspettative!

Furono le ultime parole che le aveva detto prima di voltarle le spalle lasciandola impietrita e senza la forza di controbattere.
La sera, al rientro da quella gita in barca si ritrovarono a bere un drink al bar dell’albergo. Si erano scambiate poche parole, con la differenza che stavolta Ruth non provava nessun dispiacere a trincerarsi dietro a quel mutismo.
Sentì Beth sospirare. Le lanciò uno sguardo

  • Pensavo di rientrare prima della demolizione della mia installazione. Non ho intenzione di scappare per sempre.

L’amica le strinse una mano abbandonata sul bancone.

  • Tu non hai nessun motivo di scappare. Non da casa tua, non dai tuoi amici e dalle persone che ti amano. Ma posso capire perché ne senti il bisogno.
  • Per favore, te lo chiedo per favore. Non nominarla. Non sono ancora pronta a parlare di quanto io sia stata stupida. Di come anche adesso mi sento un’idiota per soffrire così tanto. Non sopporto l’idea di averle dato questo enorme potere su di me.
  • No Ruth, non sei affato una stupida. Ti sei innamorata per la prima volta nella tua vita, credimi,sei la mia amica più cara e ti conosco, ti sei lasciata andare come non avevi mai fatto prima, ti sei esposta completamente e quindi è normale che tu adesso ti senta tradita e delusa. Ma passerà, devi solo trovare la forza e accettare il fatto che sia andata così, e non per colpa tua.

Le settimane successive trascorsero con più tranquillità, la tensione che all’inizio si era creata fra le due donne si era affievolita sino a scomparire nel nulla. Così quando Ruth si ritrovò ad accompagnarla all’aeroporto l’abbracciò sussurrandole un grazie e dopo assicurandole che la settimana successiva si sarebbero riviste a New York, dicembre sarebbe appena iniziato e Beth la minacciò dicendole che non aveva nessuna intenzione di rinunciare ai loro rituali pre-festività.
Quando la vide oltrepassare il gate, pensò che fra qualche giorno anche lei lo avrebbe fatto, e fu colta da una profonda tristezza.



Scusate il ritardo nell'aggiungere un nuovo capitolo. Fino ad ora questo racconto era praticamente scritto, e avevo anche un'idea ben precisa su come dovesse finire, ma è successo qualcosa che seppur mi abbia fatto cambiare idea, non mi ha convinta del tutto ad abbandonare il filone originale. Tutto questo per dirvi che il finale, per quanto non sia imminete (abbiate pazienza ancora 2 o 3 capitoli :) ) è al momento solo abbozzato. Quindi potrei non essere più così tanto puntuale nell'aggiungerne di nuovo. Ok, comunicazione di servizio fatta... farmi sapere cosa ne pensate sarebbe per me un gran bel regalo.

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Capitolo 12
*** Blackout ***


Documento senza titolo

La neve era già caduta ad imbiancare le strade della sua città, per un attimo si ritrovò a rimpiangere il caldo e le spiagge assolate che l’avevano circondata per quasi due mesi. Il freddo le faceva perdere sensibilità al viso e fu grata quando entrando nel suo ufficio avvertì il tepore che vi reganva.
Ritrovandosi in quella stanza, tra gli oggetti e il paesaggio dalla finestra così familiari, non sapeva dire se le fossero mancati. Se ne restava immobile al centro della stanza con lo sguardo perso nel vuoto quando sentì Harry aprire la porta alle sue spalle.

  • Ben tornata! Finalmente!

Ruth gli andò in contro abbracciandolo calorosamente, cosa che fece anche lui.

  • Solo adesso che ti rivedo mi rendo conto che mi sei mancata.
  • Davvero?
  • No, ovviamente mento.

Sorrisero entrambi.

  • Questo posto senza di te è una nave alla deriva. Sono un pessimo capitano.
  • Sai benissimo che non è così.

Andarono entrambi a sedersi, Harry non aveva nessuna intenzione di lasciare la mano della donna che stringeva nella sua da quando si erano sciolti dall’abbraccio.

  • Però, ti dona molto l’abbronzatura! Inizio ad invidiarti.
  • Sono in debito con te, quindi sei libero di andare anche tu su qualche spiaggia tropicale, o ovunque ti vada di andare.

L’uomo si fece serio.

  • Non dirlo nemmeno per scherzo, tu non mi devi niente. Era un prezzo da pagare per riaverti indietro forte come sempre.

La donna si alzò, dirigendosi davanti all’enorme finestra.

  • Purtroppo non posso garantirtelo. Forte non è la parola che al momento mi si addice di più. In questo periodo ho avuto molto su cui riflettere, e sono arrivata a delle conclusioni su me stessa che non mi soddisfano molto.
  • Ruth, non so che tipo di riflessioni tu abbia fatto, ma hai avuto un anno pesante, quindi datti il beneficio del dubbio. Sei stata via parecchio e adesso devi di nuovo riabituarti alla tua esistenza. Ma vedrai, si sistemerà tutto.

Ruth si girò a guardarlo.

  • Ok allora iniziamo a ritornare alla mia vecchia vita. Dimmi, è tutto pronto per l’evento?
  • Si, ditta di demolizione ingaggiata da almeno un paio di mesi, non ci sono stati ripensamenti da parte di nessun artista e il solito baraccone è stato messo in moto. Ma ti ho lasciato un mucchio di cose da definire ma credo che in un paio di giorni riuscirai a fare tutto. E tutto sarà perfetto. – Le si avvicinò poggiandole le mani sulle braccia -  Tu lo sarai. E’ il tuo momento, devi solo godertelo.
  • Il nostro momento. Senza di te non ci sarei mai riuscita.

Nei giorni che precedettero il grande evento fu totalmente riassorbita dal lavoro, i suoi amici osservandola dal di fuori ne furono contenti, sembrava che finalmete fosse tornata alla noramlità, che fosse di nuovo la Ruth di sempre, sicura di se e del mondo che la circondava. Ma non sapevano che la sera, una volta sola nel suo appartamento, grata di quell’unico angolo al mondo dove poteva finalmente smettere di indossare la maschera di risolutezza che gli altri pretendevano da lei,  non riusciva a non abbandonarsi alla malinconia di quel qualcosa che non era mai stato. Odiava se stessa per non essere in grado di scrollarsi di dosso quella sensazione, quel dolore e quella rabbia che erano diventati dei compagni fedeli.
In quelle notti insonni però era giunta alla conclusione che non riusciva a dimenticare perché, in fondo, la parola fine non era mai stata detta, un confronto per riuscire a capire, non c’era mai stato, ed era consapevole che era stata colpa sua, aveva preferito fuggire che non affrontarla. Ma per quanto fosse vero, al solo pensiero di incontrarla la rabbia le saliva alla gola, il solo immaginarla davanti a se e sentirle pronunciare parole di scuse o di giustificazione. Non lo avrebbe sopportato, sentire ammettere che aveva scelto… non riusciva nemmeno a terminare il pensiero, tutte le volte che giungeva a quella naturale conclusione si imponeva di pensare ad altro.
Era appena scattata la mezzanotte ed era ancora sul divano immersa nella lettura, quando sentì qualcuno bussare alla porta. Ne fu estremamente sorpresa e esitò a muoversi, ma dopo una lunga pausa la persona dall’altra parte insistette nuovamente.
Si alzò e prima di aprire guardò attraverso lo spiocino, aggrottò la fronte sospirando, poi si decise ad aprire.

  • Lexie che ci fai qui? Come hai fatto ad entrare?
  • Credo che il portiere di notte non sia molto informato sulla tua vita, si è limitato a salutarmi. Posso entrare?
  • No. Non so perché sei qui ma vorrei che te ne andassi.
  • Ascolta, ho saputo da Harry che eri ritornata e non ho avuto modo di passare da te in ufficio, ma volevo vederti, volevo sapere come stavi.
  • Mi hai vista, sto d’incanto.

Lexie sorrise, era vero, era un’incato, con gli occhiali che usava per leggere e il grande cardigan bianco che utilizzava per stare al caldo e comoda quando era in casa, poi aveva notato come il mare e il sole le avevano schiarito i capelli che si intonavano al colore ambrato della sua pelle in quel momento.

  • E’ vero, ma a guardarti credo che tu soffra di nuovo di insonnia.

Ruth le lanciò uno sguardo tagliente.

  • E’ evidente che mi conosci.
  • Già, è vero, ti conosco molto bene. Visto che entrambe non riusciamo a dormire potremmo farci compagnia.
  • Non mi sembra una buona idea.
  • Ti prego. Lasciami entrare.

Ruth la guardava ancora con un espressione accigliata, ma si scostò per farla entrare.
Andarono in salotto restando in piedi una di fronte all’altra ma ad una certa distanza.

  • Allora, com’è andata la tua vacanza? Ha avuto gli effetti desiderati?
  • Si, avevo proprio bisogno di un periodo di riposo.
  • Due mesi sono un abbondante periodo.
  • E con questo?
  • Ok, scusami, non era una critica la mia. -  si guardò intorno – che ne dici di offrirmi qualcosa? Che so, visto l’ora direi che una tisana sarebbe l’ideale.

Questa sua uscita le strappò un sorriso, così senza dire niente Ruth andò in cucina segiuita dalla donna.
Iniziarono a parlare dei posti che aveva visitato durante quella lunga vacanza.

  • Sono contenta che ti sia divertita. Viaggiare fa sempre bene, soprattutto per scrollarsi di dosso periodi difficili.

Ruth sospirò e in un sussurro più per se stessa che non per una risposta alla sua interlocutrice.

  • Già, niente di meglio.

Lexie la scrutò con i suoi occhi di ghiaccio, poi fece qualche passo verso di lei che era rimasta in piedi appoggiata all’isola della cucina.

  • Tu ci stai ancora male.

Ruth guardando come la donna aveva cambiato espressione ne rimase un attimo turbata, il disappunto che intravide la infastidì ancora di più.

  • Non ci posso credere che stai ancora soffrendo per lei!
  • E’ per questo che sei venuta? A godere del mio dolore?
  • Godere? E come potrei, forse mi ferisce ancora di più! Sei qui che ti maceri nella sofferenza per una con cui sei stata quanto? Qualche mese?
  • Ma con che diritto vieni qui a giudicarmi?

Lexie le si avvicinò afferrandola per il polsi e attirandola a se. Ruth cercò di opporle resistenza ma con scarso successo.

  • Dimmi, quanto ancora dovrà durare? Quanto tempo ti servirà per capire che lei non valeva niente, che non era per te. Sei rimasta abbagliata da lei solo perché credevi che foste simili. E forse lo siete visto che non è qui.
  • Si può sapere cosa vuoi da me? – Ruth aveva chiuso gli occhi e una grossa lacrima scese a bagnarle il viso -  perchè mi tormenti?

La donna si accorse che Ruth non opponeva più resistenza e quella lacrima l’ aveva sorpresa. Il suo tono di voce si raddolcì e allentò la presa.

  • Voglio che ti dimentichi di lei. E che ti renda conto di come fosse perfetta la nostra vita insieme. Sai benissimo che è la cosa giusta da fare, nessuno ti amerà mai quanto me.

Ruth la guardò ed ebbe un brivido.

  • C’è il piccolo problema, Lexie, che sono io a non amarti. E non è perché Victoria – Esitò, si rese conto che era da mesi che non pronuciava più il suo nome ad alta voce – è entrata nella mia vita.
  • Ma ti avrebbe dovuto far capire che sono io la persona giusta per te.
  • E tu cosa ne sai? - Finalmente riuscì a liberarsi. – dici di conoscermi e forse è vero, ma non abbastanza, non da capire che non ho bisogno di una persona che mi pianifichi la vita. E se adesso sto soffrendo è perché ho capito che cosa vuol dire amare.

Mentre diceva tutto questo era andata ad aprire la porta.

  • Smettila di interessarti a me e alla mia esistenza o a chi sarà la prossima persona che mi spezzarà il cuore, perché di sicuro quella persona non sarai tu. E adesso va via o giuro che mi metto a urlare!

Lexie le passò davanti, quelle parole furono una doccia gelata, avrebbe voluto aggiungere altro. Era andata da lei quella sera solo perché le era mancata, non avrebbe mai pensato che vederla lì, affranta per una persona che non la meritava, che non l’aveva mai amata quanto lei, le aveva fatto perdere il controllo. E adesso il modo in cui la stava guardando in quel momento la ferì profondamente, perché comprese che con il suo comportamento aveva messo la parola fine su qualsiasi tipo di rapporto ci sarebbe potuto essere fra loro due.
*******
Prima di entrare in ufficio quella mattina Ruth si era fermata a parlare con la sua segretaria.

  • Ally, potrebbe darmi il resoconto della mostra di Victoria Reyes? Mi porti qualsiasi tipo di informazione in merito.

La donna si mise subito a lavoro.
Harry, che da quando era ritornata appena arrivava in ufficio andava a trovarla

  • Buongiorno. Dormito bene?
  • Splendidamente, se non fosse stato per visite sgradevoli.
  • A chi ti riferisci? Victoria..
  • No! La tua cara amica Lexie, non so che cosa  si fosse messa intesta. Ti avverto, non voglio più vederla qui in giro.
  • Ma Ruth, lo sai che non è possibile.
  • A no? Secondo me se ti impegni puoi farcela. Inventati qualcosa, non sopporto più la sua insistenza.

L’uomo la guradò soppesando la sua richiesta.

  • Ok, vedo come posso accontentarti.

Entrò la segretaria con il materiale che le aveva chiesto poco prima Ruth. Quando Harry si rese conto di cosa fosse la guardò sopreso.

  • Sono solo cuirosa.
  • Potevi chiedere a me. Ti avrei detto che è andata benissimo, Miss Reyes ha praticamente venduto tutti i suoi dipinti e il grande quadro ha raggiunto una quotazione esorbitatnte, come lei del resto. E’ diventata molto richiesta, anche se si fa desiderare. Per noi è stato sicuramente un ottimo affare.

Fece una breve pausa per vedere come l’amica prendeva quelle informazioni.

  • Sono stato abbastanza esauriente?

La vide mettere quei fogli, che sicuramente contenevano informazioni più dettagliate, in un cassetto.

  • Si, ti ringrazio.
  • Visto che ne stiamo parlando, ci ha lasciato l’esclusiva sulla sua gestione. Qualsiasi contatto per lei passerà da noi. Ma dimmi se preferisci recidere il contratto.

Ruth si prese qualche istante prima di rispondergli con un sorriso.

  • A quanto pare mi è impossibile liberarmi delle mie ex, già una volta ti dissi che avevi ragione quando mi rimproveravi che non si mischia vita privata e lavoro. In futuro ti darò sicuramente ascolto.

L’uomo sorrise e decise di cambiare argomento.

  • Adesso possiamo dedicarci a quello che accadrà domani? Ah e poi Hanna vuol sapere se hai preferenze per il pranzo di natale.
  • No, nessuna. E per domani dobbiamo solo incrociare le dita e sperare che vada tutto bene.

*******************
Il giorno ormai tanto atteso si ritrovarono su una pedana costruida appositamente per stare ad una distanza che avrebbe messo in sicurezza tutti gli intervenuti a quell’evento. C’erano tutti gli artisti proprietari di quelle opere che da li a qualche minuto sarebbero state ridotte in polvere, c’era il sindaco e tutta quella classe politica che a Harry piaceva tanto e dal quale cercava sempre di trarne il maggior profitto, e poi le varie riviste d’arte e molti altri appassionati, ma anche una folta schiera di curiosi.
A Ruth importava soltanto che ci fossero i suoi amici, aveva invitato anche il fratello e la sua famiglia, e si rese conto che da tutti loro riusciva a trarne una forza che la stupiva. Per un attimo sentì di essere di nuovo se stessa, di avere una vita piena e piacevole. Non aveva nessun motivo per dubitarne, per essere affranta dalla perdita di un amore a senso unico.
Durante il discorso che stava tenendo il sindaco, intravide la testa rossa di Katrin, i loro occhi si incontrarono ma Ruth li chiuse per un attimo, si rese conto che aveva il terrore di vedere un altro volto noto accanto al suo. Si girò verso Beth per sussurrarle all’orecchio.

  • Ti devo chiedere un favore.
  • Dimmi
  • Ho visto Katrin, ti prego fa in modo che non si avvicini a me.

L’amica la guardò leggendo nei suoi occhi una supplica, le fece un cenno di assenso.
Dopo le varie interviste e le foto di rito lei ed Harry abbassarono la leva che innescò la detonazione, per Ruth fu quasi liberatorio.
Al termine fu annucniato un party che si sarebbe tenuto in un albergo pretigioso lì vicino, ovviamente era riservato esclusivamente agli invitati e Ruth non aveva nessuna idea se per sbaglio, durante l’organizzazione dell’evento non fossero stati inviati anche a persone poco gradite, e aver visto lì Katrin le aveva dato la conferma di quel sospetto.

  • Allora tesoro, pronta ad andare? La macchina ci aspetta.

Si girò verso Harry e la moglie che l’avevano appena raggiunta.

  • Voi andate pure avanti, vi raggiungo dopo. Ho bisogno ancora di un attimo per congedarmi da tutto questo.

Harry la guardò perplesso, poi furono raggiunte anche da Beth.

  • Possiamo aspettarti sei vuoi.
  • No, ho solo bisogno di restare da sola per un po’. – sorrise – Giuro di non sparire, datemi solo qualche minuto ok?

Gli amici si guardarono e decisero di fare come chiedeva, Beth prima di andare via aggiunse soltanto.

  • Ho parlato con Katrin, sta tranquilla, non è qui. E mi ha assicurato che non ti contatterà se non sarai tu a volerlo.
  • Ti ringrazio.

Una volta sola, ritornò a guardare quel cumulo di macerie che fino a qualche ora prima era stata la sua creatura, la sua opera che l’aveva resa tanto fiera, pensò che molto probabilmente quello aveva rapresentato l’apice della sua carriera e che adesso si sarebbe limitata in un placido corso di eventi e mostre da organizzare, senza grandi note che avrebbero riportato il suo nome.
Sospirò.
Ritornò a pensare alle ultime parole di Beth lei non è qui.
Lei non sarà mai più qui.
Si riscosse quando vide che ormai si era fatto buio e che qualche fiocco di neve aveva iniziato a cadere, decise di andar via. Quando si voltò trasalì per lo spavento.
Una figura in un lungo cappotto scuro era rimasta a fissarla per tutto quel tempo. Ruth stentò a riconoscerla, per quanto il suo aspetto fosse cambiato, l’unica cosa che riuscì a sussurrare fu il suo nome

  • Victoria

La donna restava lì a fissarla con un mezzo sorriso sulle labbra e un’espressione accigliata in forte contrasto. Nessuna delle due riusciva a rompere quel silenzio ormai assordante, Ruth sentiva solo le pulsazioni del suo cuore che corrispondevano a quelle delle tempie, come se stessero per esplodere.

  • Come mai tutta sola? Non dovresti essere a divertirti ad una festa?
  • E tu?

Nel dirlo si avvertì in leggero tremito della voce.

  • Sono solo venuta a vedere che cosa fosse rimasto.

Ruth non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi che la fissavano in un modo che la mettevano a disagio, senza contare quanto quella situazione le sembrasse irreale, constatando come quella donna che aveva di fronte fosse così diversa dall’ultima volta che l’aveva vista. Era vistosamente dimagrita e delle profonde occhiaie evidenziavano lo sguardo duro che le stava rivolgendo in quel momento.
Victoria fece un passo verso di lei, mantenedo comunque una certa distanza, solo allora Ruth si accorse che la donna stava appoggiata ad un bastone, la pittrice si rese conto di cosa aveva attratto la sua attenzione così fece in modo di riportarla su di se.

  • Ti trovo bene.
  • Mi dispiace non poter dire lo stesso di te.

Victoria aggrottò la fronte, inclinando la testa e alzando leggermente il mento, fece un profondo respiro.

  • Credimi, dispiace più a me.

Calò di nuovo un pesante silenzio, Ruth guardò le scale dietro la donna crecando la forza di riuscire a raggiungerle e ad allontanarsi il più possibile, non era pronta per quel confronto, e la rabbia che sentiva salirle dentro non l’aiutava.

  • E’ incredibile come sia diventato impossibile riuscire ad incontrarti. Eppure è bastato smettere di insistere per farlo accadere.

Ruth sentiva gli occhi bruciare. Victoria continuò con un tono freddo ma che nascondeva una certa ironia.

  • Del resto è così che succede quando qualcuno non ti vuole più vedere.
  • Perché avrei dovuto. Ti ho fatto un favore, ti ho evitato di inventarti le ennesime scuse.
  • Scuse? E per cosa? Non ho niente per cui debba scusarmi.

Ruth rimase spiazzata, non si sarebbe mai aspettata una risposta simile. La furia mal celata dell’altra donna esplose.

  • Mi dici che diavolo ti è saltato in mente?! Sparire in quel modo! Con i tuoi amici che ti hanno costruito una cortina di ferro in torno per non farmi arrivare te, era un mio diritto parlarti!
  • Parlarmi di cosa? volevi spiegarmi come finalmente il tuo unico grande amore fosse tornato da te? Dovresti ringraziarmi, ti ho evitato l’imbarazzo!
  • Dio Ruth! Non sai di cosa parli! Avresti dovuto fidarti di me!
  • Fidarmi di te?! Non me ne hai dato nessuna ragione! E per favore, smettila di guardarmi come se io fossi colpevole!

Victoria dopo quel primo monento cercò di contenere la collera che sentiva agitarsi dentro. Il modo in cui la stava guardando Ruth era carico di odio e di disprezzo, e non riusciva ad accettarlo.

  • Ma tu sei colpevole, mi hai chiusa fuori dalla tua vita buttando nel caos la mia.

La donna rimase sorpresa dalla sua affermazione e non trovò le parole per controbattere.

  • Sai, in questi mesi mi sono domandata se tu ti saresti comportata in maniera differente se ti avessi detto che ti amo.
  • Mi avresti semplicemente devastato di più. Perché per assurdo ti avrei creduto, sbagliando, perché mi è bastato vederti con lei per capire che mi stavi mentendo.

Victoria iniziò a scuotere la testa.

  • No, non sai quanto ti sbagli. Ma mentirei se non ti dicessi che vederla lì quella sera mi aveva resa felice e frastornata allo stesso tempo. Tu non sai cosa vuol dire vedere realizzato qualcosa in cui hai sperato per anni, lei voleva ritornare da me. Ma man a mano che parlava, che mi diceva quello che sentiva, quello che voleva da me, credimi, restavo lì a guardarla e più lei parlava rassicurandomi su come sarebbe stato  da quel momento in poi la nostra vita e più mi rendevo conto che io ne avevo già una, con te. Ed ero felice. E quando mi ha baciata…
  • Ti prego, risparmiami i particolari…

La pittrice si interruppe solo per un attimo, ignorando volutamente gli effetti che stava avendo il suo racconto sulla sua interlocutrice, ormai vi era solo odio in quegli occhi che amava, poi riprese.

  • Quando mi ha baciata sono rimasta sconvolta dal fatto che non erano le tue labbra, che non era il tuo viso e i tuoi occhi a guardarmi pieni di amore. E quando sono tornata da te, a cercarti tu eri sparita!
  • Hai impiegato quell’attimo di troppo per rendertene conto. Victoria, hai fatto tremare il mio mondo e ti giuro che non lo permetterò mai più, a nessuno, figuriamoci a te.

Victoria ebbe uno scatto, il bastone che aveva cadde a terra rumorosamente e afferò Ruth per le braccia, appena sopra i gomiti.

  • Stammi bene a sentire! Non mi importa se non mi ami più, e non mi importa se non riesci a volermi un minimo di bene! Tu ricorderai l’amore che ci univa e tornerai da me! Ti costringerò a farlo! – smise di urlare - Quando ti ho conosciuta non volevo niente da te, per una stupidissima notte volevo solo scomparire nel calore di un'altra persona, ma ti sei imposta nella mia vita, hai fatto di tutto per renderti indispensabile alla mia esistenza!

Quest’ultima frase era poco più di un singhiozzo, Victoria poggiò la fronte sulla sua spalla, stringendo ancora di più la presa sulle braccia. Ruth rimaneva immobile.

  • Sai invece cos’è successo a me? Sono impazzita per colpa tua. Ho sentito il bisogno di prendere le distanze da questa città che amo e che tu mi hai reso insopportabile. Non sai la mia felicità sentendo che più mi allontanavo e più sentivo di stare bene, e la mia delusione constatando di quanto fosse solo un’illusione. Non immagini l’infinità di posti che ho visitato per distrarmi, per non pensare a te. Ma puntualmente mi ritrovavo a domandarmi tu che cosa avresti detto o fatto se fossi stata lì con me – sorrise amaramente -  Sapevo benissimo che sarei dovuta restare, mi ponevo mille domande e sicuramente avrei avuto più risposte se avessi chiesto direttamente a te. Ma non ho avuto la forza di fare diversamente.

Victoria sollevò di nuovo la testa per guardarla dritta in faccia e si rese conto dell’espressione assente della donna, che guardava un punto indefinito di fronte a se.

  • Te lo dico adesso, e lo so che è tardi, ma ti amo.  Ruth ti amo oltre qualsiasi cosa, oltra la mia testardaggine, oltre la mia malattia – la scosse leggermente per far si che la donna tornasse a guardarla riuscendo nell’intento - Voglio te dannazione!

Ruth le prese il viso fra le mani, come fra due artigli, avrebbe voluto graffiare quel volto che le faceva sanguinare il cuore.

  • E tu non sai quanto avrei voluto averti veramente.

Fece scorrere le dita fra i capelli di Victoria e la baciò. Fu lungo e intenso e pieno di rabbia, non poteva fare a meno di morderle le labbra, era come se sentisse la necessità di farle del male, ma dopo ritornava a cercare la sua lingua per poter fondere nuovamente le loro bocche.
Poi Ruth riuscì a riprendere il controllo su se stessa.
Avevano già vissuto momenti come quello ed ebbe paura.
Si liberò allontanandosi da lei e dandole le spalle. Quando si voltò nuovamente a guardarla ormai piangeva senza alcun freno. Victoria restava a guardarla frastornata, provò a fare qualche passo zoppicando vistosamente.

  • Non so se sono in grado di lasciarmi alle spalle quello che è successo. Vorrei, ma non posso fidarmi di te. L’ho fatto in passato e tu puntualmente mi hai delusa, guarda dove siamo adesso. Davvero, non posso farlo.

La pittrice rimase un attimo a guardarla, poi si abbassò a raccogliere il suo bastone, quando terminò l’azione le si avvicinò con un passo reso più sicuro.

  • Va bene.

Fissò il suo sgurado dentro il suo

  • Magari non oggi, e forse nemmeno fra un mese o non so quanto tempo ti ci vorrà per tornare a credere in noi, ma tu ritornerai da me. Siamo fatte per stare insieme. E lo sai benissimo, lo hai sempre saputo. – Fece una pausa – Ruth, per quanto mi riguarda non ho intenzione di vivere la mia vita senza di te.

L’unica cosa che fece Ruth dopo un lungo momento in cui si perse nei suoi occhi fu quello di girarsi e andare via, nuovamente lontano da lei, e non si rese conto che aveva iniziato a correre fino a quando non si fermò per riuscire a ritornare a respirare.
Victoria invece restò lì immobbile, le era costato un’enorme sforzo lasciarla andare via, non dopo averla ritrovata. Setniva ancora il suo sapore sulle labbra, le era mancato, le mancava tutto di lei, le sua mani, le sue braccia, il suo corpo nudo stretto al suo. Si, c’era voluto tutta la sua forza e il suo coraggio per ritornare di nuovo a casa senza di lei.
Quando aprì la porta del suo appartamento Katrin le andò in contro

  • Ma dove sei stata?!

Victoria si limitò a lanciarle uno sguardo, come se la sua presenza le fosse del tutto indifferente. Ormai aveva questo atteggiamento verso qualsiasi cosa, non soltanto con la sua amica, o forse con lei si presentava con più intesità che con altri.

  • Avevo bisogno di prendere aria. E tu? Com’è andata?
  • Ho visto Ruth.

Victoria rimase per un attimo ferma mentre stava cercando con fatica di sfilarsi il cappotto, poi riprese l’azione.

  • Le hai parlato?
  • No, ma in compenso ho avuto un gentile invito ad andar via da parte di Beth.
  • Che cosa ti aspettavi?

Katrin abbassò lo sguardo

  • Niente di diverso.

Vide la padrona di casa dirigersi verso le scale e salirle con difficoltà, dopo sentì la porta della camera chiudersi e capì che non sarebbe più scesa.
Victoria si mise a sedere sul letto, immobile, ripensando alla sera in cui aveva rovinato tutto, sapeva che l’essere stata frastornata dalla presenza di Dana non rappresentasse una giustificazione. Ma quello che sapeva adesso era che il confronto che avevano avuto era stato necessario, si domandò se era riuscita poche ore prima a farlo comprendere a Ruth.
Quella sera aveva chiuso con il passato ed era corsa verso quello che sapeva essere il suo futuro, ma una volta giunta a casa di Ruth la trovò vuota, chiese al portiere ma non ebbe alcuna risposta. L’aspettò fino a mattina inoltrata ma di lei non vi era traccia, le sembrava di impazzire. Poi le venne in mente Beth ma non aveva idea di dove abitasse ne tanto meno come rintracciarla, così presa da un impulso decise di andare a casa di Harry, vi era arrivata giusto in tempo per veder partire un taxi con lei sopra.
La frustrazione che ebbe in quel momento fu immensa. E fu un sentimento che la seguì per i giorni successivi. Ruth aveva il telefono spento e così aveva cercato di avere informazioni dalla sua segretaria ma senza alcun successo. Ma doveva assolutamente parlarle, non osava nemmeno immaginare che cosa le potesse passare per la mente in quel momento, doveva vederla il prima possibile, qualche giorno più tardi riuscì a fiondarsi su Harry.

  • Tu mi devi dire dov’è o dirmi come faccio a mettermi in contatto con lei!
  • Mi dispiace, ma non posso.
  • Harry, ti prego! Ti posso giurare che non è come pensa.
  • Qualsiasi cosa hai da dirle potrà aspettare il suo ritorno.
  • Non capisci che più tempo passa più lei mi odierà.
  • Non è affar mio, Victoria, cosa penserà di te quando sarà tornata. Mi importa solo di lei e di fare tutto ciò che è in mio potere per proteggerla.
  • Non da me.
  • Per quello che ho visto, soprattutto da te.

Quel giorno Victoria ritornò a casa e si chiuse in camera, non riusciva a pensare, non riusciva a respirare, aveva un peso sul petto che aumentava ogni minuto di più con la consapevolezza che stavolta aveva perso Ruth definitivamente. L’unica cosa che fece fu di stendersi sul letto e vi rimase per intere settimane.
Era in uno stato di inerzia, non mangiava più, non si curava più, non si rendeva nemmeno conto o era più corretto dire che non le importava nemmeno della presenza della sua amica, che dopo un primo momento di incertezza, non sapendo come avrebbe reagito Victoria vedendola, decise di incontrarla e lo stato in cui la trovò le raggelò il sangue.
Era totalmente assente ed estraniata dalla realtà. L’unica cosa che Victoria avvertiva distintamente era il dolore per l’assenza di Ruth, una vocina nella sua mente ripeteva che sarebbe tornata e allora tutto sarebbe tornato come prima, anzi, meglio. Si, lei sarebbe tornata o in caso contrario, Victoria pensava che non le sarebbe importata una vita senza di lei.
Katrin cercava con tutte le sue forze di farla reagire ma l’unica cosa che riusciva ad ottenere era di farle magiare qualcosa con la forza e di riuscire a portarla sotto la doccia. Era lì fisicamente ma la sua mente era altrove,conosceva il modo intenso con cui Victoria percepiva le emozioni e le sue opere erano la testimonianza di questo, la sua sensibilità e il modo in cui si abbandonava totalmente ad esse, a vivere ogni singolo sentimento fino in fondo e senza freni. Ma non l’aveva mai vista arrivare in quelle condizioni, questa volta era diverso. Non apriva bocca, non emetteva un suono, la guardava ma era come se lei fosse stata di vetro.
Victoria aveva iniziato a vivere in uno stato di semincoscienza in cui vedeva il viso di Ruth, poteva avvertire il profumo della sua pelle, il suono della sua risata. Si era rinchiusa in un mondo fatto di immagini costruite per alleviare la sua sofferenza, o semplicemente ad amplificarla. Pensava a quando lei era lì e la guardava negli occhi, a come si ritrovava a pensare che lei fosse un angelo, e subito dopo le si riempivano gli occhi di lacrime. A come le faceva apparire il mondo come un posto migliore, a come la faceva sentire speciale. E adesso invece soffriva senza controllo, voleva lei e la sua anima perfetta. E aveva semplicemente rovinato tutto con le sue stupide incertezze.
Cosa diavolo ho fatto, l’ho ferita e ho ucciso me stessa.
Presto le crisi iniziarono ad arrivare ma le viveva come se il dolore fisico fosse stato il benvenuto, le sembrava che attenuasse quello dell’anima, o semplicemente la portavano in un reale stato di incoscienza dove la sua mente trovava finalmente riposo.
Katrin ormai non abbandonava la casa dell’amica, incerta sul da farsi, sapeva che non sarebbe potuta andare avanti così ancora per molto, la situazione presto sarebbe precipitata. Era seduta per terra nella stanza di Victoria, la osservava nella penombra della stanza, la donna distesa nel letto le dava le spalle.

  • Devo essere stata proprio una pessima amica se hai sentito il bisogno di vendicarti in questo modo di me.

Katrin sussultò, non sentiva ormai la voce della sua amica da settimane.

  • Non era una vendetta la mia, volevo solo che tu aprissi gli occhi. Non volevo tutto questo.
  • E ti assicuro che li ho aperti. Penso quasi che dovrei ringraziarti.

La donna si rimise in piedi avvicinandosi al letto.

  • Victoria è il momento che tu la smetta, non stai bene e hai bisogno di riprendere le cure. Non è uccidendoti che risolverai la situazione.

Rimase in attesa, ma non ricevette nessuna risposta.

  • Lascia che ti aiuti.

Victoria si girò a guardarla, e l’amica non ebbe dubbi che in quel momento l’avesse messa bene a fuoco.

  • Se vuoi aiutarmi dimmi dove posso trovare Beth.

La rossa rispose solo con un cenno della testa e Victoria riprese la posizione di prima dandole le spalle. Quell’attimo di speranza era appena stato spazzato via. Ma si impegnò per esaudire la sua richiesta così qualche giorno dopo riuscì a dirle dove vivesse la donna. Katrin si sarebbe aspettata qualche reazione.

  • Posso andare a parlarle se vuoi
  • No, hai già fatto abbastanza.

La donna si sentì ferita intuendo il senso reale di quella risposta.
Non appena riuscì ad essere di nuovo sola in casa, Victoria con suo enorme sforzo si rimise in piedi, si rese conto che le gambe la sostenevano appena e che ogni fibra del suo corpo era ricoperto da quei dolori che ormai riconosceva come se fossero una seconda pelle.
Zoppicante riuscì a rimettersi in sesto e ad uscire di casa, il suo unico pensiero era che sarebbe riuscita ad avere delle risposte da Beth.
Era arrivata sotto casa della donna quando la vide uscire dal portone, la chiamò e quando anche Beth la riconobbe la guardò sconvolta, Victoria era irriconoscibile, era l’ombra di se stessa e aveva l’aria di una che da un momento all’altro sarebbe crollata a terra.
Ma il modo in cui le parlò le fece dimenticare la preoccupazione che aveva provato e si mise subito sulla difensiva, riuscendo a mantenere segreta la destinazione di Ruth e dicendole quelo che pensava.
Beth riuscì ad andare via prima di vedere Victoria cadere sul marciapiede svenuta.
Si risvegliò in un letto di ospedale, con Katrin che dormiva sulla sedia vicina al letto. Aveva delle flebo attaccate e il suono di un macchinario le ricordava che aveva ancora un cuore che batteva.
In quel momento entrò il medico che riconobbe come il suo specialista. Vedendola sveglia le sorrise.

  • Miss Reyes, ha forse deciso di suicidarsi?

La donna non rispose.

  • La sua amica mi ha detto che sta passando un periodo difficile, ma le assicuro che sospendere le cure può solo peggiorare qualsiasi cosa le stia capitando, di certo non è così che la risolverà, lasciandosi morire di stenti.

Vedendo che Victoria si limitava a guardarlo senza dargli alcuna risposta le si avvicinò poggiandosi al letto.

  • Se continua così sarò costretto ad affiancarle uno psicologo, e sappiamo entrambi quanto lei sia poco incline alla cosa. Quindi ci rifletta un po’ . Ci vediamo più tardi, mi auguro di trovarla più propositiva e pronta ad ascoltare quanto la sua bravata le sia costata.

Quando la sera il medico ritornò a visitarla, Victoria era più presente così le disse che al momento la sua gamba destra era stata compromessa e anche il suo braccio non era messo tanto meglio, ma si riteneva fiducioso che con il passare del tempo, ma non sapeva dirgli effettivamente quanto, avrebbe potuto recuperarne l’uso completo, a patto che però tornasse ad una vita regolare soprattutto con la sua terapia, infine le disse che un cambiamento della predisposizione mentale l’avrebbe aiutata sicuramente.
Ritornata a casa, Katrin vide in effetti un cambiamento, continuava a restare dietro un muro di silenzio, ma per la prima volta dopo la mostra iniziò ad interessarsi dei risultati ottenuti. Victoria si era stupita delle offerte che aveva ricevuto, di realizzare nuove opere su rischiesta o semplicemente di persone che avrebbero voluto vedere i quadri che non erano stati inseriti nella mostra. Ma capì subito che non era in grado di gestire quella mole di richieste e soprattutto a valutarne le offerte. Per quanto la riguardava avrebbe solo voluto didicarsi alla creazione delle sue opere. Così stringendo i pugni chiamò nuovamente Harry.

  • Victoria, ho saputo che sei stata male, mi dispiace. Ma ti prego non chiedermi di nuovo dov’è Ruth.
  • No, non temere. Questa volta ti chiamo per affari. So che per contratto vi siete occupati del lato economico e organizzativo della vendita dei miei quadri.
  • Si, è così. Era da tempo che non assistevo a una cosa del genere, l’unica tela non venduta è “Maternity” e non perché non abbia ricevuto offerte.
  • Voglio che continuiate a farlo.
  • Cosa?
  • Ho bisogno di qualcuno che si occupi di queste cose per me. Che valuti il reale peso delle offerte che mi vengono fatte, e il valore dei miei lavori.
  • Katrin?
  • Lei è bene che ritorni alla sua vita e al suo vero lavoro che è ben lontano dall’arte. Harry, sia ben chiaro, non lo faccio perché ho secondi fini. Per me puoi anche consigliarmi qualcun altro. Ma sai benissimo che per come è andato il mio rilancio abbiamo entrambi da guadagnarci.
  • Non è una decisione che posso prendere da solo.
  • Lo so, ma fallo alla svelta. Posso solo prometterti che non mi farò vedere, possiamo benissimo collaborare a distanza. Ma ho bisogno di qualcuno di cui possa fidarmi, perché come hai detto all’inizio, la mia salute non mi consente di gestire tutto da sola.
  • Ok. Ti farò sapere.

Qualche giorno dopo Harry gli inviò una bozza del contratto di collaborazione. Per Victoria fu un sollievo sapere che avrebbe avuto esclusivamente il tempo di occuparsi della sua pittura. Per quanto ancora le sue  condizioni non glielo permettevano ritornò a dipingere quadri che rappresentavano la valvola di sfogo di tutti i suoi sentimenti e con suo grande disappunto la rabbia e la frustrazione erano sempre a primeggiare sugli altri.
Katrin che ormai viveva praticamente in funzione dei bisogni dell’amica, aveva assistito alla telefonata avuta con Harry, le parole usate da Victoria riferendosi a lei l’avevano ferita, come ogni singolo atteggiamento che aveva verso di lei. Sapeva di meritarsi tutto il rancore della mora ma non poteva non soffrirne.

  • Penso che dovresti tornare a casa tua, non ho più bisogno di sorveglianza. E per quello che non riesco a fare da sola prenderò un’infermiera.
  • Per me non è un problema restare a darti una mano.
  • Ma lo è per me. Penso che dovresti tornare a vivere la tua vita.

Katrin abbassò la testa.

  • E’ giusto che tu mi odi. Lo capisco.

Vitoria sospirò.

  • Non ti odio, ma questa simbiosi in cui abbiamo vissuto in questi anni, non è stata salutare, per nessuna delle due. Guarda a cosa ci ha portato. A ferirci come non avrei mai creduto possibile.
  • Non volevo ferirti.
  • Si invece, e magari ne avevi tutte le ragioni. Hai fatto molto per me, mi sono totalmente appoggiata a te e non ti ho mai ringraziato, ti ho solo data per scontata. Ed era anche vero quando mi rimproveravi dicendomi che ti tenevo all’oscuro di quello che pensavo o provavo. E lo facevo perché sapevo che tu non avresti capito. Perché nonostante io e te siamo cresciute insieme, viviamo su due pianeti differenti.

Sul viso della rossa iniziarono a scendere due grosse lacrime.

  • Invece penso che ti conosco molto bene. E’ per questo che ho fatto la sciocchezza di invitare Dana.
  • Conoscersi non vuol dire capirsi. E si, è stata una sciocchezza, ma come ti ho già detto una volta, credo che sia stato un bene per me, è stato liberatorio. Solo che non avrei voluto farlo in quel modo ne tanto meno quella sera. 

Ci fu un attimo di silenzio.

  • Quindi vuoi che esca dalla tua vita?

Victoria la guardò, le venne l’immagine di lei bambina messa in punizione dai suoi genitori, il suo sguardo affranto e pieno di lacrime.

  • Voglio che la smetti di farmi da infermiera o da sorvegliante. Voglio che ritorni ad essere solo la mia amica.

Katrin la guardò sorpresa. Un enorme sorriso si dipinse sul suo volto ma senza riuscire a smettere di piangere.

  • Ok. Farò come vuoi.

Con il passare del tempo lo stato dell’umore e l’interazione che aveva Victoria con le persone e il mondo che la circondava non era cambiato, era rinchiusa nel suo mondo interiore e faceva i conti con la rabbia e la delusione. Rabbia per il modo in cui Ruth era sparita senza darle la possibilità di un confronto, e delusione perché lei per prima non era riuscita a gestire la cosa più bella che le fosse capitata nella vita.

E con questo spirito quella sera l’aveva incontrata. Ma tutti quei sentimenti negativi accumulati evaporarono al solo vederla.
Si distese nel letto e in quel momento sia lei che Ruth si ritrovavano in stanze diverse, entrambe sconvolte ma allo stesso tempo avvertivano una pace interiore che non provavano ormai da tempo.

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Capitolo 13
*** You Can't Always Get What You Want ***


Documento senza titolo

Con il passare dei mesi le loro vite ripresero un corso che se non si poteva dire normale, almeno non erano tormentate dalla rabbia e da situazioni irrisolte.
Il natale era appena trascorso e un nuovo anno era arrivato, per Ruth fu strano ritrovarsi a pensare alla se stessa di appena un anno prima, ai propositi che aveva fatto e alle persone che aveva vicino, e si stupiva constatando che in un così breve periodo la sua vita avesse subito così tanti cambiamenti e scossoni.
Le uniche notizie che aveva di Victoria si limitavano al suo lavoro, alle opere che stava realizzando o che avrebbe fatto. Era Harry principalmente ad occuparsi di lei, ma era spesso Ruth quella che si ritrovava a fissare un suo nuovo dipinto prima che venisse consegnato all’acquirente. E come in passato quando era davanti ai quadri di quella donna non poteva fare a meno di emozionarsi, soprattutto perché riusciva a percepire i sentimenti che avevano suscitato la creazione di quelle opere.
I primi quadri che aveva visto urlavano rabbia e frustrazione, toni di rossi e gialli nelle loro infinite sfumature utilizzati per rappresentare scene che potevano apparire cruente anche se a volte rappresentavano un semplice tramonto sui tetti di New York, apparivano feroci nel loro utilizzo e nell’uso delle pennellate. Colori cupi colpivano con violenza chi li osservava, il fuoco e la rabbia che contenevano erano palpabili. Dopo però questi primi dipinti  Victoria sparì nuovamente, sospendendo la sua atività. Quando Ruth se ne rese conto avrebbe voluto chiedere al suo amico che cosa stesse succedendo, ma non ne ebbe il coraggio, ripetendosi che non le sarebbe dovuto importare.
Poi con suo grande sollievo iniziarono di nuovo ad arrivare nuove opere e potè constatare come erano nuovamente cambiati, erano dipinti più introspettivi e dai colori tenui, ma racchiudevano sempre un’aura di malinconia e tristezza. Spesso Ruth si domandava se non racchiudessero dei messaggi diretti a lei. Ma in fondo perché avrebbe dovuto.
Ruth era incantada a contemplare l’ultimo dipinto arrivato e pensava a Victoria, a cosa esattamente le mancasse di lei, che cosa l’aveva portata a provare quei sentimenti per quella donna che non sapeva pensare che a se stessa. Era un’egoista, se fosse stata diversa, quella sera avrebbe scelto lei, senza alcun dubbio,senza il minimo ripensamento. Se fosse stata diversa, adesso sarebbero insieme.
Tutto.
Era la risposta che si dava, di lei le mancava tutto e sapeva esattamente che cosa l’aveva fatta impazzire per lei.
Sospirò
Si pazzia, non ne era ancora guarita se si ritrovava a fare pensieri incoerenti come questi.
In quel momento Harry aprì la porta e rimase un attimo ad osservare la sua amica, talmente concentrata su quello che stava guardando che si rese a malapena conto del suo arrivo.
Si mise al suo fianco ad osservare anche lui il dipinto.

  • Per quel poco che ne capisco, Victoria riesce sempre a superarsi.
  • Già
  • Sai, c’è un tizio che la vuole inserire all’interno di una mostra che sta organizzanzo, dedicata agli artisti Newyorkesi più influenti del momento. Non capisco perché stia esistando ad accettare.

Ruth gli lanciò uno sguardo veloce per poi allontanarsi.

  • Perché non glielo chiedi?
  • E sperare che mi risponda? E’ una persona così ermetica, i suoi quadri comunicano molto di più.

Poi guardò la sua amica.

  • Perdonami, non dovrei parlarti di lei.
  • Perché no? Non sai che il tempo cura tutte le ferite?
  • E di tempo ne è passato, ma questo non vuol dire che sia stato sufficiente.

Ruth andò a sedersi e a iniziare a scrivere qualcosa al computer. Harry capì che la conversazione non sarebbe andata oltre e decise di andare via.

  • Fammi sapere cosa decide.

L’uomo di fermò guardandola ancora intenta in quello che stava facendo.

  • Come vuoi.

***********

  • Ruth, mi dici perché mi hai trascinato qui così presto di sabato mattina?
  • Perché se ieri sera ti avessi detto che la meta era un green market non mi avresti accompagnata.
  • Secondo me hai infranto qualche legge ingannandomi in questo modo, quando ieri mi hai offerto la serata in quel locale così carino avrei dovuto immaginare che c’era la fregatura.
  • Non ti sembra di essere un tantino melodrammatica? Goditi il sole, la gente, queste splendide bancarelle di frutta e verdura fresca
  • Il gelo che mi fa perdere la sensibilità al visto…
  • Ringrazia che non piove. Cerco idee per il pranzo che voglio preparare per il mio compleanno
  • Ma il tuo compleanno è il 5 Maggio! Mancano due mesi! E poi sei ancora dell’idea di cucinare per tutti? Non dovrebbe essere la tua festa?
  • Quest’anno non voglio nessuna festa, solo un pranzo con le persone più care.
  • Comunque potevi trovare una scusa più plausibile per avermi trascinata qui.
  • Ciò non toglie che mi piacerebbe tanto godermi la mattina, potresti smetterla di lamentarti?
  • Ok, ma per farlo ho bisogno di un caffè, il solito per te?
  • Si, grazie.

Ruth rimase a guardare per un attimo la sua mica che si allontanava, per poi riprendere a curiosare fra le varie bancarelle in attesa del suo ritorno. La sua attenzione fu attratta da una canzone che proveniva da qualche parte, riconobbe il brano, “the Greatest”. A Ruth piaceva molto quella canzone,anche se le instillava malinconia, inspirò a pieni polmoni quell’aria frizzantina, chiuse gli occhi nel farlo apprezzando quei raggi di sole che le accarezzavano il viso.Quando li riaprì non aveva avuto nemmeo bisogno di metterla a fuoco per riconoscere Victoria, a qualche metro da lei. Forse era stata aiutata anche dal fatto che come l’ultima volta in cui l’aveva vista indossava il suo giaccone nero e si appoggiava ancora ad un bastone.
Camminava tenetdosi a braccetto con una donna anziana, qualcosa in lei, nei suoi lineamenti le ricordava Victoria, infatti avvicinandosi ancora un po’ ne constatò la somiglianza, così non ebbe alcun dubbio su chi fosse quella signora sui settanta anni. In quel momento si erano fermate ad osservare una bancarella, e qualcosa che aveva detto Victoria aveva suscitato un sorriso in entrambe. Rispetto al loro ultimo incontro nonostante fosse ancora molto magra, il suo viso aveva riaquistato la sua luminosità.
Ruth rimase a fissarla, a studiare ogni suo lineamento ed espressione, fu come se il tempo per lei si fosse fermato, Victoria, sentendosi osservata, alzò lo sguardo incrociando il suo.
Dopo un primo momento di sorpresa le sorrise, disse qualcosa alla donna che era con lei e così entrambe le si avvicinarono.

  • Ruth, continuiamo ad avere l’abitudine di incontraci per caso.
  • Già.

Rimaseso a fissarsi un attimo. Poi Victoria si riscosse, strinse un po’ di più il braccio dell’anziana signora e si rivolse nuovamente a lei.

  • Ruth, lei è la mia Abuelita, Maria Flores. Abuela, lei è Ruth Devis, se oggi sono tornata a lavoro lo devo a lei.
  • Signora è un piacere conoscerla, ho sentito parlare molto di lei.
  • E io di lei.

Il modo in cui la guardò la mise a disagio, poi si aprì in un bellissimo sorriso.

  • So che mia nipote deve molto alla sua società. Avete creduto in lei e nel suo talento, ve ne sono grata.
  • Siamo stati noi ad essere fortunati.

Poi si girò verso la nipote.

  • Pequena, vado a comprare delle mele, voi restate pure a parlare. E’ stato un piecere conoscerla.
  • Anche per me.

Rimasero entrambe a guardare la donna che si avvicinava ad una bancarella. Poi Victoria tornò a guardarla con un leggero sorriso.

  • A quanto pare questa città non è abbastanza grande per noi due.
  • Sembrerebbe di no.
  • O forse è perché ci piacciono semplicemente le stesse cose.

Ruth rimase a guardarla, non rispondendo a quella velata provocazione.

  • Vi somigliate molto, sapevo chi fosse prima ancora che tu me la presentassi. Ma avevo capito che non tornava volentieri in città.
  • Infatti è così. Ma non ho ancora il permesso di viaggiare e lei aveva bisogno di vedermi. Ma ad essere sinceri ero io ad averne.

Ruth fece scorrere lo sguardo sulla sua figura, su come si appoggiava a quel bastone, all’aria stanca ma serena. Sentì una stretta allo stomaco.
Victoria potè percepire il filo dei suoi pensieri ma si limitò a sorriderle, lei in quel momento riusciva ad essere semplicemente felice di averla incontrata.

  • Ho visto i tuoi ultimi dipinti.
  • Davvero?
  • Si, ho saputo dell’offeta che ti hanno fatto e anche che stai esitando. Perché?

Victoria la guardò sorpresa, poi rispondendole si guardò intorno alla ricerca della nonna.

  • Ho dei dubbi, principalmente su me stessa. Qualche mese fa ne avrei parlato con te, oggi rimango a rimuginarci sopra.
  • Dovresti accettare. Conosco John e la sua influenza nel settore, e qualunque siano i tuoi dubbi non perderei questa occasione.

La pittrice la guardò sorridendo.

  • Grazie. Ci penserò su. – Vedendo che la nonna restava in lontananza in attesa – Adesso devo andare. Ruth..

Rimase con quelle parole che le morirono in gola, non avrebbe potuto dirle che il sentimento che provava ancora per lei aveva attecchito come un seme nel suo cuore, mettendo radici e ramificando fino a raggiungere la parte più intima di se. Non le avrebbe mai detto che averla incontrata quella mattina era stato il regalo più bello che il destino potesse farle. In quei mesi si era imposta di non cercarla, di lasciarle spazio, ma era una forte violenza quella che si faceva, e ne risentiva il suo processo di guarigione. Sino a quando Katrin non decise di far venire l’unica persona in grado di regalare alla sua amica un minimo di serenità. Sapeva che Victoria in quel momento aveva bisogno della presenza della nonna, non lo avrebbe mai ammesso ma Katrin sapeva che lei aveva bisogno di sentirsi di nuovo protetta e al sicuro.
Da lontano si guardarono ancora un attimo, Victoria le sorrise nuovamente, di un sorriso sincero che le faceva brillare gli occhi, Ruth si limitò ad alzare appena una mano in segno di saluto.
Appena rimasta sola fu raggiunta da Beth che attirò la sua attenzione porgendole il suo caffè caldo.

  • Era Victoria?

Non ricevendo risposta la guardò e si accorse che l’amica non riusciva a distogliere lo sguardo da quella donna che si stava allontanando.

  • Andiamo.

Fu l’unica cosa che Ruth riuscì a dire prendendo l’amica sottobraccio e mischiandosi alla folla.

                                                               *******

  • Ha accettato.

Ruth guardò Harry non comprendendo a cosa si riferisse.

  • Victoria, mi avevi detto di farti sapere cosa decideva. Parteciperà all’esposizione organizzata da John Burkle

La donna lo guardò per un attimo elaborando l’informazione.

  • E sai cosa esporrà?
  • Sicuramente la grande tela, lo ha rishiesto espressamente il curatore. Per il resto non saprei. Ma non saranno molte tele, quattro o cinque. Dovremmo occuparcene noi? Pensavo che non ci riguardasse.
  • Infatti, è così. Non ci riguarda

Ma per quanto non la riguardasse, qualche settimana dopo si presentò all’inaugurazione di quella mostra non potendo resistere al desiderio di andare a vedere, ripetendosi che non era spinta dalla curiosità di sapere cosa Victoria avesse esposto ma semplicemente adducendo il puro interesse professionale e l’amore per l’arte.

Scesa dal taxi con suo grande stupore vide sia Katrin che Victoria ferme davanti all’entrata, sapeva che le avrebbe incontrate ma non si sarebbe aspettata che sarebbero state le prime persone che avrebbe visto.
In quei mesi Ruth era riuscita a ritrovare il controllo su se stessa e sui suoi sentimenti, aveva ritrovato la donna forte e risoluta, quella che si rifugiava dietro al suo fascino per mantenere un certo distacco e superiorità verso le altre persone, per riuscire sempre a dominare qualsiasi situazione. 

Si riepeva che lei era Ruth Devis, che aveva vissuto situazioni dalle quali poche persone sarebbero riuscite a venir fuori, dal nulla aveva creato il suo mondo. E in quel piccolo universo lei era qualcuno. Non avrebbe permesso a nessuno di renderla fragile, non più, detestava l’idea che le uniche persone che aveva amato profondamente avevano avuto la forza spietata di spazzare via le sue certezze, la sua forza, il suo io.

Quando il taxi si era fermato poco distante da loro, Victoria si era girata casualmente, ma vedendo Ruth uscire dalla vettura sentì il cuore fermarsi, non si sarebbe mai aspettata di vederla lì, nella sua forma più splendida e la vide avanzare con passo sicuro verso di lei con lo sguardo fiero fisso nel suo.

Una volta davanti a loro Ruth lancio uno sguardo veloce a Katrin accennado un saluto, per poi riportare la sua attenzione su Victoria.

  • Ruth non avrei pensato di vederti qui.
  • Perché no?

 

La pittrice rimase a guardarla senza riuscire a trovare le parole adatte, ma Ruth comprese i suoi pensieri le sorrise rispondendole.

  • Vic, questo è il mio mondo e il mio lavoro, non vedo perché non dovrei essere qui.

 

Victoria vide che la sua attenzione fu attratta da qualcosa alle sue spalle, sorrise e senza degnarla di uno sguardo si scusò con lei e si allontanò, avvicinandosi all’uomo che aveva organizzato quell’esposizione, la salutò calorosamente e Ruth si lasciò dare un leggero bacio sulla guancia. La vedeva ridere a qualcosa che le aveva detto il suo interlocutore.

Era splendida, il cuore, da quando l’aveva vista arrivare aveva aumentato pericolosamente il suo battito, ma riconobbe in lei quell’atteggiamento che all’inizio della loro conoscenza la faceva andare fuori di testa. Qualla sua impeccabile perfezione che sapeva mettere in soggezione le persone che la circondavano. Quando sapeva benissimo che lei non era affatto così. Dopo un po’ la vide congedarsi da quell’uomo perdendola di vista.

  • Mi odia, perché non dovrebbe del resto

 

Victoria si girò a guardare l’amica che aveva pronunciato quelle parole. Rimase un attimo in silenzio prima di risponderle.

  • Vieni, entriamo.

 

Ruth aveva iniziato a visitare i vari e vasti ambienti, ognuno dedicato ad un artista scelto dall’organizzatore dell’evento, non potendo fare a meno di constatare come fosse riuscito a mettere insieme gli artisti che avevano fatto parlare di se negli ultimi anni. Trovò il modo in cui aveva strutturato gli ambienti e l’ esposizione delle opere molto interessante e sotto alcuni aspetti geniale.

Quasi alla fine si ritrovò ad osservare i dipinti di Victoria, ormai riconosceva quelle pennellate a colpo d’occhio, poi più in là vi era la grande tela. Si fermò di fronte a essa, a guardare quella figura dipinta dritta negli occhi e a sentire un nodo in gola formarsi al ricordo della prima volta che lo aveva visto, La sera in cui aveva aperto la sua anima all’artefice di quello splendido quadro.
Che sciocca era stata, eppure ricordava nitidamente la sensazione di panico avuta quella notte, per un attimo aveva avuto la percezione della realtà, del mondo che la circondava, dell’estraneità di quella donna che le dormiva accanto. Per un attimo, pensava, aveva avuto una lucidità alla quale si sarebbe dovuta aggrappare invece di farsi annebbiare il cuore e la mente da quel sentimento che provava disperatamente.

E anche adesso, di fronte a quella figura sentiva gli scricchiolii del suo cuore che continuava a incrinarsi e a sgretolarsi.

  • Fai bene ad odiarmi, io stessa mi detesto per quello che ho fatto.

La donna non si voltò nemmeno, continuando a tenere la sua attenzione sul dipinto. Sospirò pesantemente.

  • Volendo usare le tue stesse parole, mi hai fatto un favore.
  • Provo tanta di quella vergogna guardando te e Victoria.
  • Siete ancora amiche o sbaglio? E per quanto mi riguarda puoi anche smetterla di sentirti in colpa. Quella sera non sei stata tu a costringerla ad andar via con quella donna. E’ stata lei a volerlo.

Finalmente si girò verso di lei a guardarla.

  • Anche se a dire il vero fai bene a vergognarti, ma per la motivazione che ti ha spinto ad invitarla quella sera.

Katrin riuscì a sostenere quello sguardo fermo e duro.

  • Si hai perfettamente ragione, non so che cosa mi aspettassi. Ma non c’è giorno in cui guardando Victoria, non mi senta una stupida egoista.
  • Che cosa vuoi Katrin?
  • Voglio che tu in fondo al tuo cuore riesca a trovare la forza per perdonarla, qualsiasi cosa tu pensi che abbia fatto, dimenticalo, perché non è successo.

Per un attimo Ruth chiuse gli occhi aggrottando la fronte e alzando le mani come a fermarla.

  • Questi non sono affari tuoi!

Quando li riaprì vide gli occhi di Katrin lucidi ma fermi.

  • Guardala Ruth, il dolore della tua assenza è visibile agli occhi. E non guarirà se..
  • Smettila!

Ruth le si avvicinò con fare minaccioso.

  • Non aggiungere nemmeno una parola! Tu credi che lei mi abbia ferito solo quella sera? Lo ha fatto dal primo giorno in cui ci siamo incontrate! E me ne sono innamorata ugualmente, insensatamente. Pensi che non provi un profondo dolore nel vederla così?  Ma non ho intenzione di farmi nuovamente sconvolgere da lei. Quindi adesso vedi di farmi il favore di non interessarti più alla mia vita e non permetterti di venirmi a dire cosa devo o non devo fare!
  • Che sta succedendo qui?

Entrambe le donne si girarono verso Victoria che le guardava con aria perplessa e preoccupata.
Ruth la guardò come se stesse per dirle qualcosa ma invece le diede le spalle lasciandole sole.

  • Kat che cosa le hai detto?
  • Niente, solo le mie inutili scuse…
  • E cos’altro? Era troppo sconvolta per delle semplici scuse non gradite.

Ma non le diede il tempo di rispondere e cercò di raggiungere Ruth.
Fortunatamente la ritrovò qualche sala più in là, stava davanti ad una scultura ma era evidente che in realtà non la stava osservando e che i suoi pensieri erano altrove. Si riscosse solo quando la vide avvicinarsi a lei.

  • Mi dispiace, per qualsiasi cosa ti abbia detto.
  • Cerca disperatamente di rimediare a qualcosa che non ha fatto. Ma giocare la carta delle tue condizioni per farmi sentire in colpa. - Scosse la testa in un gesto di negazione alzando gli occhi al soffitto cercando di trattenere le lacrime che sentiva sopraggiungere – Dio, e sono così stupida da sentimici. Quando è soltanto colpa tua.

Victoria la guardava senza interromperla. Osservando lo stato di rabbia e frustrazione che la dominavano in quel momento.

  • Sono venuta pensando che sarei riuscita a stare nella stessa stanza con te e non provare rabbia o… qualsiasi altra cosa io senta ancora per te. E invece sono sbastate le parole di Katrin per farmi prendere fuoco. Stupidamente.
  • Ruth

La donna finalmente portò l’attenzione su di lei. Victoria le stava sorridendo, il sorriso più triste che avesse mai visto, la vide arretrare e sedersi nella panca che avevano alle spalle.

  • Va bene così. Non aggiungere altro.  Mi sono fatta da parte, era quello che volevi. Pensavo che fosse quello che ti servisse per riuscire a superare questa situazione. Ma adesso, lascia che ti dica che le tue sono soltanto parole.

Ruth la guardava con la fronte aggrottata, la serenità con la quale le rispondeva l’aveva spiazzata. La vedeva stare seduta e a fissarla con uno sguardo pieno di feroce malinconia, e tenere con una mano quell’odioso oggetto che ormai le era devenuto familiare e che la sosteneva in quella semplice azione che era camminare. Ruth non sapeva dire che cosa stesse provando in quel momento.
L’artista riprese a parlare.

  • E si sono stata solo io quella a sbagliare, ma sai benissimo che non è questo quello che ti tiene lontana da me. Adesso stai semplicemente fuggendo da tutto quello che volevi da me, ora che potermmo averlo. – Sorrise - Per quanto tempo vuoi ancora scappare?

Ruth strinse i pugni.

  • Si è vero, sto scappando. Ma per mettermi al sicuro da te. 
  • Smettila di dire sciocchezze. Quello che ti da realmente fastidio è la consapevolezza che non puoi vivere con me, ma non puoi fare a meno di me. E’ questa consapevolezza alimenta la tua rabbia.

La donna in piedi sfuffò in un sorriso nervoso.

  • Non pensi di essere un po’ presuntuosa?

Victorisa si rimise in piedi e le si avvicinò di qualche passo.

  • No, non lo sono. E tu mi ami, lo so io e lo sai anche tu. Ma non starò qui a supplicarti o a tentare di convincerti.  

Ruth la guardò dritta negli occhi, una strana calma sostituì l’agitazione che l’aveva dominata sino a qualche istante prima.

  • In tutto questo non è mai stato il mio amore per te ad essere in discussione. E’ sempre stato chiaro sin dal primo momento. Ma il fatto che tu lo sia mai stata di me. Anche adesso, per quanto ne so a spingerti può essere la consapevolezza che non tornerò più da te, a farti credere che mi ami. E non sarebbe certo la prima volta.

Victoria cercò di rispondere a quella fredda accusa, ma non fece in tempo a parlare, furono interrotte dall’organizzatore della mostra.

  • Allora Ruth, cosa ne pensi? Spero che tu sia rimasta soddisfatta da come ho messo in risalto la tua artista.

La curatrice lo guardò con un mezzo sorriso.

  • Si, molto soddisfatta. Ma lei non è mia. La sua arte appartiene solo a se stessa.

Gli porse una mano che l’uomo le strinse prontamente.

  • Sono stata onorata del tuo invito. Ma adesso perdonami, devo andar via.

L’uomo le disse qualche frase di cortesia prendendola sotto braccio e offrendosi di accompagnarla all’uscita. Victoria rimase semplicemente a guardare le due figure che si stavano allontanando fino a quando uscirono dal suo raggio visivo.




Perdono, perdono... Ma da adesso in poi i capitoli sono tutti da scrivere... mi dispiace aver allungato i tempi di pubblicazione ma purtroppo è inevitabile. Comunque, come al solito vi faccio la preghiera di farmi sapere cosa ne pensate. Alla prossima (spero presto)

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Capitolo 14
*** Heavy cross ***


  • Victoria, va tutto bene?
Fu la domanda che le rivolse Katrin vedendo lo sguardo perso nel vuoto dell’amica seduta davanti al suo nuovo lavoro.
Se ne restava immobile con un pennello in mano a fissare un punto invisibile a chiunque tranne che a lei, ma che presto lo sarebbe stato non appena avesse deciso di imprimerlo in quella tela. O almeno era quello che aveva fatto fino a qualche istante prima, ritrovandosi adesso  a chilometri di distanza da quel luogo.
La donna si riscosse, si girò verso di lei con un mezzo sorriso.
  • Si, certo.
Katrin si avvicinò tenendo l’attenzione su quella nuova tela, completata in alcuni punti e in altri appena abbozzata.
  • Posso dirti che ha un non so che di morboso quello che fai?
Non riecevendo nessuna risposta insistette.
  • Soprattutto non ti fa bene.
  • Non sono del tuo stesso parere. Ne ho bisogno.
  • Si ma dovresti riposare. I tuoi progressi si sono fermati e sono abbastanza sicura che dipenda dal fatto che non ti dai tregua, sotto qualsiasi aspetto.
La pittrice posò il pennello e si rimise a fatica in piedi per allontanarsi dalla sua amica.
  • Katrin, ne abbiamo già parlato. Mi dispiace se ti preoccupi per me, ma francamente quello che faccio non ti riguarda. Non ho bisogno di una balia.
La rossa sospirò
  • Rimpiango già l’assenza di abuelita.
Victoria non potè trattenere un sorriso sentendo la costernazione nella voce dell’amica. L’anziana donna era ritornata ormai da qualche settimana nel suo paese. Victoria aveva fatto di tutto affinchè la nonna partisse serena e sicura che lei stesse finalmente bene e che fosse in fase di guarigione, ma l’incontro con Ruth alla mostra l’aveva nuovamente gettata in uno stato di profondo rammarico.
Tutto quello che le aveva detto la curatrice quel giorno era vero, lei non poteva fidarsi di lei perché non era stata in grado di farle sentire la profondità del suo amore. Ma ripensando ai mesi trascorsi insieme non poteva non pensare che in quel periodo non avrebbe potuto agire diversamente, molte cose mettevano in dubbio la sua vita, troppe cose stavano accadendo e lei non era stata in grado di capire l’opportunità che la vita le stava regalando.
Dopo anni di sofferenza e incertezza l’esistenza aveva aperto uno spiraglio alla felicità mettendole sul suo cammino una persona che racchiudeva tutto il suo mondo, tutto quello che aveva sempre desiderato, e si odiava nonostante tutto per non essere stata in grado di riconoscerlo.
Quindi adesso si ritrovava aggrappata all’unica cosa che le dava sollievo, il suo lavoro e non aveva nessuna intenzione di mollare la presa. Si compativa un po’ perché in fondo lo vedeva come l’ultimo legame che aveva con Ruth. Per quanto si ripetesse che non fosse ancora finita, una piccola voce le sussurrava di abbandonarsi alla rassegnazione. Voce che spesso ricacciava via con rabbia ma che a volte, quando era da sola nel buio e nel silenzio della sua stanza, si ritrovava ad ascoltare e a versare  tutte le sue lacrime che quel sussurro le scatenava.
Victoria si avvicinò alla finestra guardando fuori, fece un profondo respito.
  • Ormai la primavera è nell’aria.
Katrin la guradò perplessa.
  • E’ buffo, un anno fa ci ritrovavamo qui con te che cercavi di convincermi a tornare a lavoro, e adesso invece vorresti farmi smettere.
  • Non ho mai detto che dovresti smettere, ma di abbassare il ritmo. Tu non conosci mezze misure….
Victoria non stava ascoltando la risposta dell’amica, pensava ad un’altra cosa che era successa appena un anno addietro, incontrava Ruth per la prima volta in quel locale, ricordava la profonda attrazione,quasi viscerale che aveva sentito sin dal primo momento che l’aveva vista entrare, dall’istante in cui l’aveva guardata distrattamente, al suono rauco della sua voce quando alla fine si erano ritrovate una nella bocca dell’altra.
  • Voglio andare via.
  • Come scusa?
  • Voglio andare a casa.
  • Ma tu ci sei già. Di quale casa stai parlando?
Victoria si girò stancamente a guardare l’amica, incrociando le braccia.
  • Quella di mia madre, quella dei miei avi. Ho bisogno di sentire qualcosa di profondo e impottante per me. Qualcosa che mi ridia equilibrio.
Katrin la guardava tra lo stupito e il perplesso.
  • Vic, ma che cosa stai dicendo? E poi non puoi ancora..
  • A differenza di quello che pensi ho fatto dei progressi, potrei partire in qualsiasi momento.
  • Ma per quanto tempo.
Victoria la gurdò profondamente prima di risponderle.
  • Non so, forse per sempre.
  • Ma come farai con le tue cure, il tuo amatissimo lavoro?!
  • Posso dipingere in qualsiasi posto, e per le mie cure, qualcosa mi inventerò.
La rossa era frastornata.
  • E a me? A me non pensi? Che cosa dovrei fare io?
  • Vivere la tua vita ad esempio non sarebbe sbagliato. Dedicarti a te stessa e alla ricerca della tua felicità. Magari senza me intorno potresti anche incontrare qualcuno, e chissà, magari innamorarti.
  • Vic…
  • Kat. Lei non tornerà da me, ormai l’ho capito, e non voglio fare lo stesso errore che ho fatto con Dana rimandendo a vivere nell’attesa di qualcosa che… se devo continuare a vivere devo trovare il modo meno doloroso per farlo, o forse più radicale.
La pittrice si avvicinò all’amica poggiandole le mani sulle braccia.
  • Un cambiamento può far solo bene ad entrambe.
 
***************************
 
  • Ruth, va tutto bene? Sembri distante mille miglia – sorrise un po’ imbarazzata notando lo sguardo che le aveva lanciato la sua interlocutrice
Ruth guardò la donna che le sedeva di fronte, al tavolo di quel lussuoso ristorante, rimase un attimo a soppesare le parole poi le sorrise.
  • Si va tutto bene.
L’altra donna si sporse in avanti per stringerle la mano.
  • E’ che a volte è così palese il muro che c’è fra di noi che mi destabilizza.
  • Non c’è nessun muro credimi, e mi dispiace se senti questo.
Ruth aveva incontrato Sarah per caso, aveva iniziato a frequentare un corso di Yoga nella speranza di placare il mare di sentimenti e pensieri che agitava incessanemente il suo spirito. E soprattutto era alla ricerca di qualcosa che le permettesse di ritornare nuovamente a dormire.

Aveva capito sin dall’inizio che la donna provava un certo interesse per lei così si ritrovò a pensare che anche quella sarebbe potuta essere una buona cura, aprirsi ad un'altra persona, provare a concentrarsi su qualcuno che non fosse Victoria.
Così avevano iniziato ad uscire, trovava quella donna molto divertente, i suoi lineamenti di origine medio orietale l’avevano affascinata, la trovava molto sexy. Sarah era un chirurgo, e Ruth aveva avuto modo di constatare di come fosse una persona dalla vasta cultura. Le piaceva molto stare ad ascoltare i racconti delle sue esperienze come medico volontario nei paesi del terzo mondo. Insomma, restava a guardarla e si ritrovava a pensare che sulla carta era la donna perfetta,  ma nonostante questo si era resa conto presto che tutto questo non le bastava per riuscire a lasciarsi andare, l’unica cosa che era stata capace di fare era stato quello di baciarla davanti la porta di casa e di scappare subito dopo per non rischiare di dover rifiutare un’invito a salire.
E questo ormai era la conclusione di ogni singola uscita.
Ma non si soffermava molto ad analizzare il reale motivo per cui non riusciva ad aprirsi a quella nuova situazione o a cercare di dare un nome a quel senso di colpa che avvertiva tutte le volte che Sarah cercava un contatto fisico, sentimento che la induceva a respingerla con delicatezza cercando in vano di non ferire i suoi sentimenti.
Ma l’aver espresso i suoi sentimenti a piena voce aveva risvegliato Ruth facendole capire che non era stata in grado di celare il suo disagio. Ruth si riscosse cercando di cambiare argomento.
  • Allora, verrai alla cena per il mio compleanno?
  • Si, mi rende felice sapere che vuoi che io ci sia.
  • Perché non vorrei?
  • Mi era sembrato di capire che avevi organizzato quelcosa per gli amici più intimi.
Ruth si sporse in avanti riducendo lo spazio fra di loro, le rispose con un bacio.
  • Si, voglio che tu ci sia.
Sarah sorrise, perdendosi nell’intensità di quegli occhi, pensando che forse era finalmente riuscita ad abbatere quel muro che si frapponeva fra lei e la curatrice. Ma rimase interdetta e delusa quando la vide scendere dal taxi dandole un bacio veloce e vedendola sparire oltre il portone della sua casa. La donna sospirò, che non fosse una persona semplice lo aveva capito dal primo momento che la vide entrare in sala poco prima di una lezione e l’impressione era stata confermata non appena avevano iniziato a frequentarsi. Ma non aveva nessuna intenzione di mollare, sapeva che qualsiasi sforzo alla fine ne sarebbe valso la pena.
 
                                                               *********************
Ruth era stata impegnata tutto il giorno a cucinare e a lavorare per rendere perfetta la cena che si sarebbe tenuta nel suo appartamento, da lì a qualche minuto sarebbero iniziati ad arrivare gli invitati, che si riducevano in Harry e Hanna, Beth, Sarah e il fratello con la famiglia al completo. In tutto sarebbero state nove persone, e si riteneva soddisfatta del risultato di quello che aveva cucinato. Beth, secondo il suo personalissimo punto di vista, era venuta a darle una mano sin dalla mattina, ma il massimo con cui era riuscita a contribuire era stato di aprire il vino e di versarlo di tanto in tando nei bicchieri e di berlo durante la preparazione delle pietanze e della sala da pranzo.
Quando il citofono aveva suonato, Ruth si stava guardando allo specchio della sua camera, aveva fatto una doccia veloce e si era cambiata e adesso, dopo aver indossato una lunga collana e gli orecchini, si ritrovava a fissarsi negli occhi, una strana malinconia le aveva afferrato il cuore. Si riscosse sentendo Beth parlare con qualcuno e riconoscendo nell’altra voce Sarah.
Uscendo dalla stanza le andò incontro con un grande sorriso e baciandola velocemente su una guancia per salutarla, quando l’altra donna aveva già proteso le labbra. Solo Beth si rese conto dello sguardo deluso dell’altra donna dopo quel gesto non curante, e scosse con un mezzo sorriso la testa.
  • Hai veramente una bella casa.
Ruth la guardò perplessa e subito dopo sorprendendosi perché si rese conto che in quasi un mese di frequentazione l’altra donna non era mai stata in casa sua.
  • Ti ringrazio.
Intervenne Beth, riconoscendo la difficoltà in cui si stata trovando la sua amica.
  • Beh penso che anche tu avrai una bellissima casa.
  • Sicuramente meno calda ed accogleinte di questa
  • Si, Ruth ha costruito il suo nido in maniera eccellete.
Suonò nuovamente il citofono annunciando l’arrivo degli altri invitati e interrompento quella conversazione che racchiudeva in se un bel carico di imbarazzo.
Non appena aveva aperto la porta le nipoti le corsero incontro con un pacco nelle mani eccitate, Ruth rimase a parlare con loro aprendo quel regalo di cui andavano molto fiere.
Subito dopo la padrona di casa servì del vino e un piccolo aperitivo, e l’atmosfera si riempì presto del suono delle loro chiacchiere allegre e spensierate. Che continuarono non appena si sedettero a tavola.
  • Sicura che sia tutto commestibile?
  • Piantala Harry!
Hanna era andata subito in difesa di Ruth.
  • Sicuramente è molto più di quanto riusciresti a fare tu.
Intervenne Beth
  • Se è per questo allora ci vuole veramente poco. Comunque ho il telefono sotto mano per chiamare i soccorsi.
  • Ma perché siete tutti così poco fiduciosi delle mie doti culinarie?!
  • Per il semplice motivo che non ti abbiamo mai visto farlo.
  • Harry…. Ti ricordo che se non fosse stato per me subito dopo il college saresti morto di fame.
Intervenne nuovamente Beth con aria pensierora
  • Vero, ricordo che sapevi far diventare appetitosa una scatoletta di carne con dei pomodori.
  • Beth, non darle corda! Ma… è vero. Dai lasciati prendere in giro.
Inizianorno a cenare e non tardarono ad arrivare i complimenti dei commensali.
  • Brava sorellina. Ottima cena.
  • Si concordo.
Ruth si sorprese ad essere felice di vedere suo fratello con la famiglia seduta al suo tavolo, contenta di come erano riusciti ad avvicinarsi in quei mesi. Almeno per quello aveva di nuovo acquisito un senso di appartenza che le era sempre mancato.
Sorprendendo tutti suonò nuovamente il citofono. Tutti gli sguardi si concentrarono sulla padrona di casa.
  • Aspettavi ancora qualcuno?
  • No.
Ruth rispose alla domanda che le aveva posto Beth dirigendosi verso la porta. Subito dopo si girò verso i suoi ospiti.
  • A quanto pare c’è una consegna per me.
Aprendo la porta due fattorini portarono dentro con grande fatica quello che sembrava essere una tela di quasi due metri per un metro e mezzo, avvolta da carta da imballaggio.
Quando firmò per la consegna le diedero anche un biglietto che accompagnava il pacco.
Per un attimo le tremò il cuore.
Quando chiuse la porta era stata raggiunta dagli altri presenti in casa.
Ruth rimase a fissare quell’involucro incerta, poi allungò una mano strappando la carta che lo avvolgeva ritrovando a fissarsi su quella tela in bianco e nero e l’unico tono di colore era il bronzo.
Era la sua immagine, non c’era alcun dubbio ma allo stesso tempo era talmente bella da non poter sembrare un essere reale. Quella donna dallo sguardo fiero, limpido, che sapeva passare attraveso la persona che aveva di fronte,  e un mezzo sorriso che un po’ tutti in quella stanza conoscevano, quello che le si dipingeva sul viso quando era soddisfatta e orgogliosa di qualcosa che aveva fatto. Il volto incorniciato dai suoi lunghi capelli, che con le onde che li caratterizzavano, imprimevano movimento al dipinto, lasciavano intravedere il suo lungo e bellissimo collo fino a dove si incastonava nel petto per poi perdersi nella linea delle spalle che terminavano il dipinto.
C’era l’essenza di Ruth in quel quadro, chiunque lo guardasse riusciva ad intravedere la sua anima, il suo essere. E la proprietaria in quel momento ne era fortemente turbata e messa a disagio.
Le persone presenti restavano in un silenzio stupito ad osservare sia il quadro che la padrona di casa, fino a quando non la videro aprire il biglietto che lo aveva accompagnato.
E’ il vuoto della tua assenza quello che sento in pieno petto. Mi domando se passerà mai, ma la verità è che non so se ho voglia che questo intenso dolore svanisca, è la testimonianza che c’è stato un noi, che hai fatto parte della mia vita.
Questo dipinto e il mio regalo per te, insieme al mio addio, Ruth, so che il tempo ti regalerà di nuovo sorrisi, ma so anche che tu non tornerai più da me. V.
 
Nel leggerlo la sua espressione in un primo momento era passata dall’ accigliata all’inespressività più totale, solo la mano che lo teneva tradiva un legero tremore. Non appena finito di leggerlo lo piegò riponendolo in una stasca dei pantalono rivolgendo un ultimo sguardo al dipinto per poi rivolgersi agli amici che la gurdavano perplessa. Sarah fu la prima che ruppe il ghiaccio, comprendendo che dietro quel bellissimo quadro c’era qualcosa di più profondo di un semplice regalo di compleanno.
  • E’ un dipinto stupendo.
Ruth, la guardò con un sorriso, la sua espressione stranamente rilassata.
  • Si, molto bello. – La prese per mano e rivolgendosi agli altri – che ne dite di tornare alla nostra cena? Fredda diventerà realmente immangiabile.
Solo Harry e Beth si scambiarono uno sguardo preoccupato. Quella falsa indifferenza li preoccupava di più se lei avesse dato segni di cedimento. Ma non fecero nient’altro di diverso che andare nuovamente a sedersi a tavola e a continuare quella cena mantenendola sugli stessi toni spensierati di prima.
Fu una lunga serata, tutti i presenti si trovavano a loro agio e sembrava che nessuno avesse voglia di farla terminare. Ma all’una suonata, quando ormai le bambine dormivano sul divano e anche Harry aveva iniziato a sbadigliare capirono che era ora di andar via. Il fratello insieme ad Harry avevano preso in braccio rispettivamente una delle due ragazzine addormentate e si diressero accompagnati all’entrata dalla padrona di casa passando nuovamente davanti al dipinto di Victoria. Ma nessuno fece ulteriori commenti. Anche Beth aveva preso la giacca con sorpresa si Ruth.
  • Pensavo che restassi a dormire.
L’amica le rispose con abbassando la voce e facendo un cenno con la testa in direzione di Sarah che stava scambiando le utime battute con Hanna.
  • Non è a me che dovresti chiedere di rimanere.
Ruth, istintivamente pose lo sguardo su quel regalo inaspettato, Beth la guardò con uno sguardo carico di comprensione e un sorriso.
  • Buonanotte Ruth.
Quando chiuse la porta era per l’appunto rimasta soltanto Sarah, che le propose un ultimo bicchiere di vino che la padrona di casa accettò.
Quando le porse il bicchiere Ruth si sarebbe aspettata di vederla sederdi accanto a lei sul divano, invece andò a sorseggiarlo davanti al dipinto inaspettato, osservandolo con attenzione.
  • Sicuramente chi lo ha creato deve conoscerti molto bene.
Ruth le rispose solo quando la sua interlocutrice riportò la sua attenzione su di lei. Fissò il liquido rosso rispondendo.
  • Non abbastanza.
  • Non quanto avresti voluto tu?
Ruth la fissò.
  • Come scusa?
Sarah le sorrise digirendosi verso di lei, posò il suo bicchiere e andò a sederle accanto guardandola dritta negli occhi.
  • Non capivo perché mi tenessi lontana. O alemeno, sapevo che c’era qualcosa, ma stasera ho compreso cos’è.
  • Ok. E’ vero, a volte riesco ad essere distante ma..
  • Non prendermi in giro, per favore. Tu ami un’altra persona, e magari è proprio l’autrice di quel dipinto.
Ruth la guardò mordendosi il labbro inferiore e aggrottando la fronte. Poi le rispose con fermezza.
  • E’ vero, l’ho amata.
La curatrice prese il viso dell’altra donna fra le mani e la baciò, nel modo più passionale e travolgente che riuscì a fare.
  • Voglio che tu mi aiuti a dimenticarla, a cancellarla totalmente dalla mia vita. Voglio che mi insegni nuovamente a fidarmi di qualcuno.
Stavolta fu Sarah a baciarla.
Solo per un attimo l’attenzione di Ruth fu di nuovo attratta da quel dipinto, poi chiuse gli occhi e si lasciò condurre verso la camera da letto.

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Capitolo 15
*** You Want It All ***


Mettere la parola fine a tutto quello che era successo in quell’anno sarebbe stata la cosa più difficile e allo stesso tempo più naturale che Ruth avesse mai potuto fare.
Una decisione da prendere nel cuore della notte, sorseggiando il suo liquore ambrato preferito e fissando quel ritratto, ma non come se osservasse se stessa ma semplicemente un’opera di egregia fattura, ne studiava le pennellate, la maestria con cui erano state date, la scelta di quei colori quasi monocromatici. Sospirò, chiuse gli occhi e solo allora avvertì il lieve respiro che proveniva dalla sua camera da letto.
Sorrise sentendosi una sciocca, la sola presenza di quella donna la faceva sentire un’ esule, condannata a stare lontana dalla sua camera da letto, quando invece avrebbe voluto soltanto sdraiarsi e godere della morbidezza delle coperte e della comodità del suo letto. Scosse la testa con un impercettibile sorriso sulle labbra, tornando nuovamente a guardare quella grande tela.
“Chiudere tutto quel rancore e la delusione in un forziere e gettare via la chiave, e tornare finalmente a respirare. No… non ci riesco”
 
E all’imptovviso, nella penonbra della stanza, nel silenzio di quell’ora tarda si sentì ovattata da quella strana sensazione di inquietudine ed oppressione, intravedeva appena gli occhi di se stessa ritratti in quel dipinto, tutto era immobile in quella stanza. Tranne il suo cuore che batteva così forte da aver paura che potesse fermarsi da un momento all’altro.
**********************
 
Un rumore di sottofondo, quasi impercettibile disturbò il sonno precario di Victoria, aprì gli occhi, restando in attesa di capire se quel suono che credeva di aver udito fosse un eco di un sogno lontano o se avesse un fondo di realtà. Lo sentì nuovamente, quindi si mise in piedi e scese le scale fermandosi in fondo guardando la porta in attesa di quel rumore che non si fece attendere oltre.
Alla fine si decise a muoversi, guardò attraverso lo spioncino e dopo un attimo di stupore spalancò la porta.
  • Ruth
Non riusciva a credere di averla davanti, aveva i capelli sciolti che le scendevano liberi lungo le spalle fino a quasi al seno, le braccia abbandonate lungo il corpo e il modo in cui la stava guardando la mise quasi paura, era un misto di rabbia e qualcos’altro che non riusciva a comprendere
L’altra donna non disse niente, si limitò a muoversi verso di lei, baciandola e spingendola indietro, fino a quando anche lei non fu in casa.
Continuò a baciarla, quasi voracemente, le aveva passato le braccia sotto le sue incrociandosi dietro la sua schiena, questo le consentì di sostenerla quando si accorse dell’incertezza del passo della sua compagna. Quasi la sollevò fino a quando non furono arrivate al divano dove caddero insieme.
  • Oh Ruth.
La donna sentendo il suo nome si fermò a guardarla, e si accorse dello sguardo lucido e il sorriso che le stava rivolgendo la pittrice, distolse lo sguardo e tornò a spogliarla, quasi con rabbia.
E con quel sentimento lei fece l’amore con una Victoria incredula ma felice. Si rendeva conto che c’era qualcosa di diverso in quella donna, nel modo in cui la toccava e la possedeva, come a volerle procurarle dolore e allo stesso tempo farle provare un intenso piacere. Ma non le importava, in quel momento l’unica cosa che riusciva a pensare erano alle sue mani e alla sua bocca che la baciavano e la accarezzavano, e soprattutto che la donna che amava si trovasse finalmente lì. E anche lei l’amò con tutto il corpo e l’anima, con la paura che potesse svanire da un momento all’altro come un bellissimo sogno. Ritrovava quel corpo, i suoi seni,  i bellissimi fianchi, la sua pelle che aveva sognato e desiderato in tutti quei mesi.
Ruth era lì. E non le importava di nient’altro.
Iniziava ad albeggiare quando si ritrovarono distese una di fianco all’altra. Victoria non sapeva cosa dire, migliaia di domande ma soprattutto parole d’amore le si affollavano nella mente.
Ma ben presto le fu chiaro che non avrebbe avuto nessuna occasione per pronunciarle.
Vide Ruth alzarsi e iniziare a rivestirsi, senza dire nemmeno una parola. La realtà iniziava a profilarsi davanti ai suoi occhi,  comprese che così com’era arrivata se ne sarebbe andata, non sentendo il bisogno di dire una parola o di dare una spiegazione. Anche Victoria si rimise in piedi, sentiva nuovamente il suo mondo sgretolarsi, qualsiasi cosa avesse spinto quella donna ad andare lì da lei, a fare sesso per buona parte della notte, non avrebbe cambiato la posizione in cui l’aveva relegata.
  • Sul serio Ruth? Non merito nemmeno una spiegazione?
Al suono di quella voce la donna si fermò
  • Forse perché non c’è ne una. Per una volta sento che non ho niente da dire.
  • Quindi adesso te ne andrai e cosa?
  • Sei tu quella che andrà via, o almeno è quello che mi hai comunicato con il regalo stupendo che mi hai fatto.
  • Quindi cos’è un addio o un ringraziamento.
  • Chissà, forse entrambi, ma non ne vedo l’importanza.
Victoria scosse la testa.
  • Questa nuova versione di te, non ti appartiene credimi.
Ruth rise, le si avvicinò baciandola dolcemente.
  • Mi dispiace deluderti, ma non c’è niente di nuovo.
Si girò, e se ne andò con passo deciso. Victoria rimase a fissare la porta incredula e arrabbiata.
Quando Ruth rientrò in casa era giorno ormai fatto, trovò Sarah in piedi davanti ad una finestra.
  • Non mi era mai successo di spingere una persona ad andar via dalla propria casa.
La donna, che si trovava ancora vicino alla porta rimase ferma a guardarla un attimo, poi le si avvicinò.
  • Perdonami, credimi non è colpa tua. Avevo solo bisogno di uscire e di… non lo so nemmeno io di cosa.
  • Beh, è evidente che quello che è successo fra di noi ti ha turbata – la scrutò un attimo fissandola negli occhi – o è stato qualcos’altro. Quel qualcosa che al momento si trova alle tue spalle.
Ruth si allontanò infastidita, dirigendosi in camera da letto e poi in bagno, vide che la donna l’aveva seguita restando però sulla soglia di quest’ultima camera.
  • Ruth, ho bisogno di capire che cosa ti sta succedendo, egoisticamente ti dico che non posso investire sogni e speranze in una persona che… non ha nessun interesse verso di me.
  • Sarah..
Ruth si guardò allo specchio, la sua immagine sconvolta dalla notte appena trascorsa le fece rendere conto di come dovesse apparire in quel momento agli occhi di quella donna.
  • Sono davvero un disastro. Sono crollata mesi fa, pensavo di aver raccolto le macerie ed essere riuscita ad andare oltre – scosse la stesta – ma a guardarmi direi che è stata solo un’illusione.
Poi si voltò a guardare di nuovo Sarah.
  • Perdonami, non ho nessun diritto di tirarti dentro ai miei problemi, alle mie follie. Non so se sono in grado di poter sostenere una relazione come tu la vorresti e la meriteresti.
  • Posso aspettare.
Questa affermazione la sorprese.
  • Penso che posso aspettare che tu capisca cosa vuoi. O chi vuoi. Ho solo bisogno di sincerità da parte tua.
Ruth rimase soprappensiero, non sapendo che cosa rispondere, poi in maniera meccanica aprì l’acqua della doccia e le lanciò uno sguardo.
  • Penso che ne soffriresti, e onestamente, sono stanca di far soffrire le persone.
Poi un pensiero improvviso le attraversò la mente, con una tale ferocia che ebbe quasi un capogiro “Victoria”.
L’altra donna le si avvicinò per sorreggerla avendo visto quel lieve mancamento.
  • Grazie, sto bene.
Poi si guardarono, e Sarah la baciò dolcemente
  • Fidati di me Ruth, qualsiasi cosa ti stia succedendo posso aiutarti, devi solo permettermelo
Non ricevendo nessuna risposta, si assicurò che stesse bene prima di lasciarla sola, comprendendo che per quel momento il discorso non sarebbe andato oltre.
********
Era trascorsa qualche settimana da quell’incontro notturno che aveva turbato profondamente Victoria. Era arrabbiata con Ruth, si sentiva come se le avesse versato del sale su una ferita aperta. Quando aveva capito che non sarebbe riuscita ad abbattere quel muro di reticenza dentro il quale si era barricata la curatrice, aveva trovato un minimo di sollievo nella decisione di ritornare alle sue origini. Aveva ricordi stupendi di quando era bambina e la nonna la portava nel loro villagio, dov’era nata sua madre. Il benessere che provava all’epoca era sicuramente legato alla spensieratezza dell’infanzia, fatta di giochi all’aria aperta e di amici, della voce della nonna che la richiamava a gran voce per dirle che la cena era pronta, del suono delle risate e di musica allegra. Quei ricordi le riscaldavano il cuore e le donavano quella pace interiore di cui necessitava, più dell’aria stessa.
 
Quindi Victoria rimase aggrappata ai suoi propositi nonostante Ruth per un attimo le avesse dato la speranza di poter di nuovo avere un futuro insieme, così non  aveva smesso di organizzare la sua partenza, ogni suo pensiero, ogni suo sforzo era rivolto a fare in modo che potesse accadere. Così come sapeva che non avrebbe mai rinunciato alla sua arte e così una sera si era recata da Harry per riuscire a concordare un flusso di lavoro, nonostante lei si fosse trovata a migliaia di chilometri da New York.
Fu sorpresa nel trovare nell’ufficio dell’ uomo anche Ruth, che la salutò con calma e serenità. Era splendida come sempre, in un completo blu scuro e con una maglia viola di un tessuto leggero sotto la giacca, e i lunghi capelli lasciati sciolti a coprirle le spalle come la cornice di uno splendido quadro. Notò come quei due colori le donassero molto.
L’unica cosa che invece riuscì a notare Ruth osservando la nuova arrivata, fu la cupa indifferenza che la riportò con la mente ai loro primi incontri, sorrise leggermente al ricordo di come avessero battagliato all’inizio della loro “collaborazione” e nel constatare come le cose in fondo non fossero poi così diverse. Scacciò via quei ricordi e iniziò ad esporle soluzioni secondo lei migliori per poterle consentire di continuare a produrre i suoi dipinti, e il tono che utilizzava era quello che la pittrice le conosceva da sempre, fatto di professionalità e sicurezza. Victoria la guardava e non riusciva a non domandarsi come facesse a mantenere la freddezza e la naturalezza nel discutere con lei il suo allontanamento, come se quello che esisteva un tempo fosse stato del tutto cancellato. Come se le fosse del tutto indifferente il non rivederla più.
Persino Harry si era stupito nel constatare l’atteggiamento della sua amica, non si sarebbe mai aspettato, visti i loro trascorsi, che riuscisse a trattare quella donna come se fosse stata una cliente qualsiasi. Ma non si stupì in fondo più di tanto, ormai era diverso tempo che non riusciva a capire che cosa le passasse per la testa. E questo lo preoccupava e quasi lo feriva, non era da lei aver alzato fra di loro quel muro di riservatezza.
Più trascorreva il tempo e più Victoria si sentiva straziare il cuore nel vedere l’indifferenza con cui Ruth pianificava il lavoro per permetterle di andar via, quando invece lei le avrebbe soltanto voluto urlarle in faccia tutto il suo dolore e risentimento, le avrebbe voluto chiedere come faceva ad essere così crudele.
E fu con l’anima dilaniata dalla rabbia che la prese non appena si ritrovarono da sole nell’ufficio della donna. La spinse sulla scrivania stringendole i polsi con forza per impedirle di muoversi e di essere toccata. In quel momento era lei ad avere la situazione in mano e Ruth se ne rese subito conto, sopresa da quella forza che non credeva possibile viste le condizioni dell’altra donna, avrebbe voluto dirle che le stava facendo male, ma cercò di resistere e non appena fu passata la sopresa del primo momento riuscì a spingerla via.
  • Ma che diavolo fai?!
  • Qual è il problema? Qualche notte fa non sembrava che ti dispiacesse, ho hai improvvisamente deciso di essere una persona fedele?
Lì per lì Ruth non comprese a che cosa si riferisse, poi le venne in mente Sarah e quasi se ne vergognò per non aver compreso subito, ma soprattutto perchè lei sapeva della sua presenza nella sua vita. Il sentimento si trasformò in rabbia, dicendosi che non aveva nessun  motivo di sentirsi in quel modo davanti a lei.
  • E quanto ti farà impazzire questa cosa?!
Victoria per tutta risposta l’afferò passandole una mano dietro la nuca baciandola con forza e mordendole la parte interna delle labbra fino a quando non sentirono entrambe il sapore del sangue. E anche stavolta Ruth si liberò con forza, si toccò il labbro e vide le sue dita tingersi di rosso, portò la sua attenzione su Victoria guardandola sorpresa per quello che vedeva.
Victoria l’afferò nuovamente per i polsi urlandole in faccia
  • Si può sapere perché ci stai facendo questo?!
E nel dirlo fu lei stavolta a spingerla via e ad allontanarsi dandole le spalle, si passò una mano fra i capelli e poi si girò nuovamente a guardarla, solo che stavolta due grosse lacrime avevano preso il posto della rabbia che vi regnava prima.
  • Dimmi, tu chi sei? Che fine ha fatto la donna che ho amato?
Ruth le rispose con un tono di esitazione nella voce
  • E’ proprio qui, davanti a te
  • No! Non è affatto così, perché la donna di cui mi sono innamorata non mi tormenterebbe in questo modo.
Prese fiato, e cercò di calmarsi.
  • La donna che amo non farebbe soffrire due persone. La donna che amo non sarebbe in grado di ingannare nessuno… quindi no, non venirmi a dire che è davanti a me.
Le si avvicinò e le posò le mani sulle spalle
  • Di poche cose sono certa in questo momento. Ma non ho alcun dubbio sul fatto che la donna di cui mi sono immanorata e che amo non si trova di certo in questa stanza.
Rimasero a guardarsi dritte negli occhi, Victoria vide che le parole che aveva appena detto avevano avuto il loro effetto. Ruth la guardava impietrita, soltanto la lucidità dei suoi occhi tradiva il turbamento interiore che stava provando. Victoria si accorse del sangue che continuava ad uscire dal labbro inferiore della donna. Si allontanò prendendo un fazzoletto dalla borsa, le si avvicinò per asciugarle l’angolo della bocca. Ruth le pose la mano sulla sua mentre faceva quel gesto. La pittrice la guardò di nuovo perdendosi in quegli occhi che amava così tanto, ma riuscì soltanto a dirle
  • Perdonami.
Liberandosi da quella lieve presa e senza la minima esitazione lasciò sola la donna.
 
 
                                                         **************
  • Ha ragione lei.
Ruth alzò appena lo sguardo puntandolo sulla sua amica, ma non disse una parola. Se ne restava seduta alla sua scrivania con le braccia piegate e le mani sotto il mento, prima che la sua amica parlasse se ne restava a fissare immobile lo spazio vuoto davanti a se.
  • Capisco tutto, capisco il dolore che ti ha procurato, ma adesso, davvero Ruth, ho tagli definitivamente o…
Non riusciva a terminare la frase non trovando l’espressione corretta da utilizzare
  • O cosa Beth?
Lo disse in un sospiro, lasciando cadere le braccia inerte dalla loro posizione precedente
  • O vissero felici e contente?
  • Ruth, sinceramente non vedo perché non dovrebbe essere così. Anche se adesso, beh, riuscire a sanare le ferite che vi state infliggendo, non so quanto sia possibile.
  • Esatto. E poi c’è anche Sarah, dimmi che cosa mi dovrebbe impedire di avere la vita perfetta con la persona perfetta.
Beth scosse la testa ridendo.
  • Andiamo amica mia, sei abbastanza intelligente da capire che la vita perfetta non esiste.
Non ricevette alcuna risposta.
Intervenne Harry che se ne restava comodamente seduto sul divano dell’ufficio di Ruth ad osservare le due donne intente in quella conversazione.
  • Devi fare qualcosa Ruth, qualsiasi cosa, fallo e basta!
Entrambe le donne rivolsero la loro attenzione sull’uomo stupite dalla veemenza con il quale disse quelle parole.
  • Ok, a quanto pare la prima cosa che devo fare e chiedere scusa a te Harry. Non pensavo di averti esasperato fino a questo punto.
  • No, non ho bisogno di scuse e la mia non è esasperazione. Vorrei soltanto che tu tornassi ad avere una vita piena e soddisfacente, e soprattutto vorrei che tu tornassi ad essere semplicemente te stessa. Fai la cosa che sai che ti renderà felice, o quantomeno serena. Ma per l’amor del cielo, fallo Ruth.
Ci fu un breve silenzio che fu interrotto dalla voce di Beth
  • Amen fratello!

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Capitolo 16
*** Don't Wait Too Long ***


Victoria la guardava dall’altra parte della strada, seduta ad un tavolino di un bar all’aperto, intenta a leggere il Times e a sorseggiare distrattamente il suo caffè. Il sole le illuminava il viso e la sua aria concentrata. Avrebbe dato qualsiasi cosa per baciare quelle labbra che sembravano imbronciate e regalarle un sorriso, di quelli che non vedeva ormai da tempo e che le mancavano terribilmente.
La curatrice alzò lo sguardo quando vide l’ombra della nuova arrivata proiettata sul tavolo, le fece cenno di sedersi. La pittrice esitò un attimo, poi si sedette di fronte a lei.
  • Devo ammettere che il tuo invito mi ha sopresa.
Prima di rispondere  Ruth ripiegò il giornale riponendolo in un angolo del tavolo.
  • Non era forse questo il tuo intento?
Victoria sorrise
  • Farmi invitare per un caffè? Sinceramente, non avrei mai pensato che per noi potesse ancora esserci del tempo da passare insieme, anche solo per un caffè.
Ruth rimase a guardarla, quel lieve sorriso che le stava rivolgendo e l’aria serena che aveva la disorientava. Era così diversa da come se la sarebbe aspettata, i loro ultimi incontri erano stati caratterizzati dalla palese sofferenza della pittrice e dalla sua personale frustrazione.
La pittrice invece non riusciva a capire lo stato d’animo della sua interlocutrice, si sentiva esaminata dallo sguardo penetrante della donna, quel breve messaggio che aveva ricevuto il giorno prima, dove le chiedeva semplicemente di vedersi con il luogo e l’ora, l’aveva stupita, non si sarebbe mai aspettata che volesse ancora vederla, non dopo il loro ultimo incontro.
  • Ruth, perché siamo qui?
La donna sorrise e distolse per la prima volta lo sguardo.
  • A dire il vero non lo so – si guardò le mani che teneva intrecciate fra di loro, prima di riportare la sua attenzione su Victoria – Per quello che mi hai detto l’altra sera, molto probabilmente avevi ragione.
Ruth parlava con un tono di voce calmo
  • Se vuoi avere una spiegazione per il mio comportamento non ne ho una, niente che possa giustificarmi, se mai ce ne fosse la necessità.
  • Ruth penso che…
  • O forse dovrei,  inizando da quando hai deciso di inviarmi quel quadro, tu nel tuo immenso egoismo hai pensato soltanto a te stessa – solo adesso si poteva avvertire un dolore profondo nella voce -  Sicuramente a te sarà servito per liberarti da un peso, o non so cos’altro, ma non hai minimamente pensato a come avrebbe fatto sentire me. Quindi se mai ci dovesse essere una giustificazione al mio comportamento è questo. Vedermi attraverso i tuoi occhi mi ha ferita.
  • Quindi, è di nuovo colpa mia?
Ruth la ignorò continuando a parlare con la voce stretta in un nodo di rabbia.
  • Non so a cosa pensavi, a cosa credevi che avesse dovuto portare il tuo gesto, se non a mandarmi nuovamente in frantumi. Sei riuscita a mettere a nudo la mia anima soltanto perché io te l’ho permesso. Mi sono aperta a te, ti ho mostrato la parte più intima di me, e si tu l’hai colta in pieno ed è una consapevolezza che mi ferisce ancora di più perché non ti ha impedito di portarci dove siamo adesso.
La pittrice non poteva non ammettere quanta verità rivelassero le sue parole. Scosse leggermente la testa, con un mezzo sorriso di rassegnazione.
  • Non ho pensato, è questo che vuoi sentire? Ma forse è vero, ho pensato solo a me stessa e al fatto che mi serviva qualcosa per andare avanti. Per riuscire a sopravvivere a questa punizione che mi stai infliggendo, meritata, lo ammetto. Ma Ruth, quanto ancora pensi che possa durare?
Victoria si sporse in avanti cercando di prenderle la mano, ma la donna si ritrasse non appena comprese le sue intenzioni. La pittrice la guardò dritta negli occhi.
  • Ruth, sono qui, cercando disperatamente di dirti addio e consapevole di non riuscirci.
Un pesante silenzio seguì quelle ultime parole, Victoria vide solo Ruth irrigidirsi sulla sedia, così continuò.
  • So che sarebbe la cosa giusta da fare, per me e per te, così sarai libera di vivere la tua vita, con chiunque tu vorrai, ma di certo non starò qui a guardarti mentre lo farai. – Fece una breve pausa come a trattenere il respiro - E se pensi che per me sia stato facile sapere che c’è di nuovo un’altra persona che è impazzita per te – si morse il labbro inferiore -  mi piacerebbe augurarti che questa volta sia la persona giusta, ma sarebbe una menzogna, perché sappiamo entrambe che sono io quella persona.
Ruth si schiarì la voce. Ma un tremore non abbandonava la sua voce.
  • Tu… credi davvero che per me non sarebbe stato più semplice ritornare da te?Di cedere e credere a tutto quello che mi dici? Non hai idea delle volte in cui mi sono sentita una stupida a cercare di cancellarti dalla mia vita. Ma….
  • Ma cosa?!
  • Ma sono arrivata alla conclusione che non sono in grado di amare, se tutte le persone a cui tengo hanno la capacità di farmi sentire… c’è qualcosa di sbagliato in me… o forse no. E detesto sentirmi così insicura e così fragile, perché è qualcosa che non mi appartiene, eppure avete avuto il potere di rendermi tale.
In quel momento Victoria comprese il profondo dolore e disagio che aveva vissuto in quei mesi la donna che le stava di fronte. Di come le sue azioni l’avesero fatta rimettere in discussione. Di riportala ad affrontare le insicurezze del passato, in quel momento le ritornarono in mente le parole che le disse la notte dopo il funerale del padre, di come per lei quell’uomo fosse stato il suo eroe, capace di resistere tenacemente alle difficoltà che la vita gli poneva di fronte, il vivere in un quartiere difficile, il suo sapersi rialzare dopo ogni furto o rapina che subiva, il modo in cui aveva affrontato la malattia della madre, eppure tutto il suo amore e la sua ammirazione verso di lui non erano bastati, non erano stati sufficienti per impedirgli di farle la cosa più orribile che un padre avesse potuto fare, abbandonarla a se stessa e al suo destino. No, tutto il suo amore e ammirazione non erano stati sufficienti.
Victoria la guardava restare lì, in una sorta di rassegnazione che le spezzava il cuore.
  • Ruth... So che non mi basterà una vita intera per farti capire quello che sei per me.
  • Non c’è niente da capire..
  • No, ti sbagli, non è così.
Victoria si alzò per sederle accanto, così che l’altra donna stavolta non sarebbe riuscita a impedirle di prenderla per mano, e soprattutto a riuscire a fissare il suo sguardo dentro il suo per avere la certezza della sua piena attenzione.
  • Ruth…Non lasciarmi andar via….Dimmi che mi ami più di quanto mi odi.
  • Odiarti… - sorrise, ma le tremava la voce – avrebbe di certo reso tutto più semplice.. e invece mi manchi… ancora veramente troppo….
Ruth si ripeteva di continuare a lottare, di resistere per non cedere, ma si rese subito conto di quanto fosse stanca, chiuse gli occhi per non dover continuare a sostenere quello sguardo pieno di aspettativa. Una aspettativa che sapeva avrebbe potuto colmare se soltanto avesse voluto.
Quando aveva deciso di incontrala era fermamente convinta di chiudere quel capitolo della sua vita, che Victoria non sarebbe mai stata la persona in grado di renderla felice, che l’avrebbe fatta soffrire se le avesse dato nuovamente un’oppotunità.
Ma in quel momento il pensiero della resa le provocò una forte sensazione di benessere, come se ogni fibra del suo corpo finalmente potesse tornare a rilassarsi.
Ritornare a dormire, a riposare, e le venne in mente quand’era stata l’ultima volta che era riuscita a farlo, in pace e serena con il mondo ma soprattutto con se stessa… e ricordò che era avvenuto fra le braccia di quella donna fiera e combattiva che aveva di fronte, quella donna che le aveva urlato contro tempo addietro che non avrebbe accettato di vivere una vita senza di lei.
La pittrice sospirò lasciandosi cadere stancamente con le spalle sullo schienale della sedia, si guardò intorno, il cielo terso, i grattacieli che le circondavano e l’andirivieni incessante di persone e macchine..
  • Sai che ti dico Ruth? Che se dipendesse da me resterei qui
Vide Ruth ritornare a guardala e ad aggrottare leggermente la fronte, non comprendendo cosa intendesse dire. Così continuò
  • Si,  in questo bar, a questo tavolo, fino alla fine del secolo pur di non lasciarti andare. Pur di poter continuare ad averti accanto.
Rimasero a fissarsi perdendosi una negli occhi dell’altra, alla fine Ruth ruppe il silenzio.
  • Sarebbe un caffè davvero lungo.
La pittrice la guardò sorpresa per quella strana affermazione, poi la vide fare un cenno al cameriere che si avvicinò, e quando fu arrivato, la donna, vedendo l’incertezza nella sua compagna la esortò.
  • Allora, lo vuoi o no questo caffè?
Victoria si aprì in un largo sorriso, incredula. Dopo un primo momento di sorpresa le fece un cenno di assenso. Si allungò trovando finalmente la mano dell’altra donna e intrecciando le dita con le sue.
  • Fino alla fine del secolo.
 
 
Lasciarono quel bar tenendosi  sottobraccio, Victoria stringeva la presa di tanto in tanto, stupita per quell’inatteso finale.
Camminava e osservava il profilo di Ruth e la sua aria concentrata che, sentendosi osservata si voltava incotrando il suo sguardo, donandole un impercettibile sorriso, per poi ritornare ad immergesi nei suoi pensieri.
Victoria si rendeva conto che c’era ancora qualcosa che turbava l’altra donna,era evidente, ma non le importava, lì in quel momento aveva finalmete avuto la certezza che sarebbe potuta tornare a vivere.
Ed era felice
Arrivarono fino all’entrata dello stabile dove si trovava l’ufficio di Ruth, si fermarono  senza riuscire ad interrompere quel silezio che si era stabilito dal momento in cui avevano pronunciato quelle ultime parole. Avevano bevuto il loro caffè, senza sentire il bisogno di dire nient’altro, consapevoli che già troppe parole erano state pronunciate.
  • Beh, direi che sono arrivata.
Victoria si aprì nel suo splendido sorriso, un po’ imbarazzato, aveva molte domande da farle, voleva delle risposte che molto probabilmente non sarebbero arrivate, non in quel momento almeno.
Si sentiva a disagio, come se all’improvviso si fosse resa conto che in fondo la sua posizione fosse ancora precaria, sensazione che ebbe conferma quando si avvicinò alla donna per baciarla e Ruth si ritrasse leggermente.
  • Victoria… perdonami… ma ancora non riesco a..
  • Si… si…
La pittrice la guardava, non sapendo bene cosa dire, si sentiva confusa, felice ma allo stesso tempo iniziava a profilarsi un leggero stato di preoccupazione. Fu come se Ruth le avesse letto nel pensiero.
  • Vic, perdonami… ma in questo momento sono attraversata da tanti di quei sentimenti contrastanti, e non riesco ad essere lucida..
  • Vorrei che tu non lo diventassi, temo che nell’esatto istante in cui ti renderai conto che ci stai dando un'altra possibilità tu te ne pentirai.
La vide sorridere appena.
  • Non puoi pensare di riprendere esattamente da dove abbiamo interrotto, io non posso, nonostante il cuore mi urli quanto sia pazzamente e insensatamente innamorata di te, la ragione mi dice di avere cautela…
  • Ruth, è la cosa giusta da fare, io e te, possiamo farcela…credimi….
Rimase a guardare la fermezza nei suoi occhi. Fece un cenno di assenso e poi si girò a guardare il portone.
Stavolta fu Victoria a sorriderle.
  • Va bene, faremo come vuoi tu, prenditi il tempo che ti serve per far chiarezza. Ma ti prego, non farmi aspettare troppo.
Non attese la risposta, si girò e Ruth la vide andare via constatando nella sua andatura tutta la sua fragilità e allo stesso tempo tutta la sua forza.
Una volta rientrata in ufficio fu accolta da Harry che l’attendeva occupando il suo posto dietro la sua scrivania. Non fu sorpresa di trovarlo lì, lo aveva informato del suo incontro e sapeva quanto fosse preoccupato. Lui la vide avanzare e andare a versarsi da bere per poi vederla andare a sedersi di fronte a lui, un profondo sospiro accompagnò qul gesto.
Harry si schiarì la voce.
  • Allora, com’è andata?
Ruth rimase ad osservare il liquido contenuto nel bicchiere senza rispondere
  • Anche se il tuo bisogno di bere a quest’ora parla da solo.
  • A si? E che cosa ti dice?
  • Che finalmente sei riuscita a mettere fine a questa storia e a voltare pagina.
Ruth rise scuotendo lentamente la testa
  • Sicuramente ho messo un punto, ma è ben lontano dall’aver voltato pagina.
Vide un’ espressione sopresa sul volto dell’uomo.
  • Che intendi dire?
  • Che nonostante la mia ferma convinzione di doverle dire addio, non ci sono riuscita -  si alzò per andare vicino alla grande vetrata, sorseggiò il suo drink guardando fuori – la amo, è innegabile, molto probabilmente folle. –riportò la sua attenzione sull’amico – come è da pazzi la mia decisione di riprovarci.
Attese una reazione che stentava ad arrivare, lo vedeva restare lì con la bocca socchiusa e un’espressione incredula che stava trasformandosi in corrucciata.
  • E perché non mi sembri ne felice ne tanto meno convinta di questa decisione?
  • Perché è stato qualcosa di inaspettato, e adesso non so cosa pensare. O forse ho solo paura. Paura di ritornare a credere in lei. La amo, la desidero, ma ho il terrore che non basterà a farmi dimenticare tutto quello che ho vissuto fino ad oggi.
  • E’ su queste basi che stai pensando di ripartire?
  • No, cioè, dannazione Harry, non lo so. Voglio solo… provarci… quello che provo per lei, vorrei riuscire a spiegartelo.
L’uomo si alzò e le andò vicino.
  • L’ultima cosa che voglio Ruth, è vederti ancora stare male, non lo sopporterei.
La donna si girò a guardarlo, sorpresa da quelle parole.
  • C’è una cosa che voglio dirti da molto tempo e che sembra tu abbia dimenticato: Non è lei che fa di te quella che sei. Ti ho visto affrontare battaglie ben peggiori e uscirne a testa alta e soprattutto più forte di prima.
  • Harry…
  • Quindi pensa bene a quello che stai facendo, spero con tutto il cuore che sia la decisione giusta, ma in qualsiasi modo andrà a finire, nulla scalfirà la persona che sei, forte, risoluta e soprattutto la più grande rompiscatole che abbia mai conosciuto.
Ruth l’abbracciò in uno slancio
  • Grazie… ti prometto che qualsiasi cosa accadrà non influirà più su noi due. Sono stata orribile in questi mesi. Perodonami.
L’uomo si liberò dall’abbraccio.
  • Hai altre cose più difficili del farti perdonare da me
E le indicò un pezzo di carta dov’era scritto velocemente a mano un appunto “chiamare Sarah”.
 
*********
Victoria prima di ritornare a casa fece un lungo giro, senza una meta ben precisa, era troppo agitata per restare rinchiusa in una stanza. Le sembrava di poter esplodere, se ne fosse stata in grado avrebbe iniziato persino a correre per riuscire a calmare quella carica di energia che sentiva avere origine al centro del petto e irradiarsi in tutto il corpo.
Per quanto si fosse già scontrata contro il muro di reticenza di Rurh, non poteva smettere di essere felice, le stava comunque concedendo una nuova opportunità, e lei avrebbe fatto di tutto per non sprecarla.
Ma continuava ad avere presente l’espressione preoccupata di Ruth, come se già in lei si fosse insinuato il dubbio di aver fatto una scelta sbagliata.
Presa dallo sconforto ricacciava via subito quel pensiero, sapeva che la strada della “redenzione” sarebbe stata lunga, ma non si sarebbe fatta scoraggiare.
Cedette al pensiero di rincasare solo quando la gamba iniziò a farsi sentire e i crampi al braccio che utilizzava per appoggiarsi al bastone le fecero imperlare la fronte di sudore. Ma anche questa condizione non smorzava la sua emozione, e si ritrovò persino a pensare che adesso, con Ruth di nuovo al suo fianco, sarebbe riuscita ad uscire da quella situazione.
Era stata a vagare per la città per un periodo che non riuscì a stabilire, quando aprì la porta di casa, cadendovi quasi di peso dentro, aveva iniziato a fare buio, il silenzio prolungato che aveva mantenuto per tutto il giorno aveva fatto preoccupare come al solito Katrin, preoccupazione che aumentò quando non la trovò in casa e che aumentava di ora in ora ad ogni tentativo di chiamata che veniva puntualmente ignorata.
Quando alla fine la vide entrare con passo incerto ed evidentemente esausta le corse in contro per sorreggerla.
  • Vic ma che diavolo ti è successo?
La donna si liberò da quella presa allontanandola, poi andò a cercare il suo comodo divano per abbandonarvisi sopra, solo lì cercò di liberarsi della giacca che indossava.
  • Allora?
Victoria non le aveva detto che quella mattina si sarebbe incotrata con Ruth, e non l’avea nemmeno messa al corrente di tutto quello che era successo in quel periodo, dopo che aveva deciso di far consegnare quel quadro a Ruth. Adesso si rendeva conto che non sapeva come avrebbe preso quella notizia la sua amica.
  • Stamattina ho incontrato Ruth
Katrin rimase in attesa, non era certo la prima volta che le due donne si incontravano, sapeva che stava succedendo qualcosa, lo aveva compreso dal comportamento della sua amica nei giorni passati, era triste e più intrattabile del solito, ma non aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni, ancora un forte senso di colpa la opprimeva per aver sconvolto la vita della sua più cara amica, per quanto spesso Victoria l’aveva rassicurata dicendole che quello che era accaduto sarebbe stato inevitabile.
Vedendo che la rossa restava in silenzio riprese a parlare.
  • Pensavo che ci saremmo dette addio, lei aveva avuto un comportamento che non mi faceva pensare a nient’altro che a questo. E invece…
Guardò l’amica, gli occhi lucidi e un sorriso le si dipinse sul viso.
  • Mi ama e... vuole restare con me.
Vide la sopresa formarsi sul viso di Katrin. Iniziò a balbettare per la sorpresa.
  • Davvero? Cioè… Oddio Vic è meravioglioso!
Le andò vicino e l’abbraccio. Poi si rese conto che qualcosa stonava.
  • Ma perchè non è qui? E tu perchè sei in queste condizioni? Dove sei stata tutto il giorno?
  • Sono stata in giro, avevo bisogno di trovarmi in mezzo alla gente per non pensare, ho come la sensazione che sia stato tutto un sogno….
  • E perché mai scusa!
  • Perché è vero che sta cercando di ritornare a credere in noi… ma non è tornata ancora a credere alla sincerità dei miei sentimenti… e poi ha ancora una situzione aperta con un'altra persona, mi domando se sarà in grado di chiuderla o se invece si renderà conto che sta commettendo uno sbaglio…
  • Che sciocchezze! Smettila di pensare queste assurdità! Invece è un nuovo inizio, devi pensare solamente a questo!
Victoria le rivolse uno sguardo pieno di gratitudine.
  • Grazie
L’aiutò a salire in camera e a mettersi a letto. Cadde subito in un sonno profondo, che durò fino al giorno successivo. Katrin ritornò dall’amica non appena si rese conto che i cattivi pensieri stavano prendendo il sopravvento, rimase con lei  per il resto della giornata, la vedeva vagare come un fantasma per casa, senza dire nemmeno una parola. Ne fu veramente allarmata, aveva il terrore che potesse ricadere in quello stato di alienazione in cui aveva vissuto i giorni successivi alla rottura con Ruth. Aveva cercato di scuoterla, ma aveva ricevuto solo risposte laconiche.
L’unica cosa che invece riusciva a pensare Victoria era perché mai Ruth non si fosse fatta ancora viva, e più passava il tempo e più il pensiero che la donna si fosse pentita di avere aperto quello spiraglio le dilaniava il cuore e la mente.
Non riusciva ad immaginare che cosa ne sarebbe stato di lei se si fossero realizzate le sue paure, che cosa avrebbe fatto? Sarebbe stata in grado di riuscire a superare quella nuova e anche più devastante delusione?
Non trovava nessuna risposta, avvertiva solo un sottile dispiacere che si trasformava in un impercettibile rancore verso quella donna che continuava a torurarla e forse adesso in un modo davvero crudele.
In tarda serata qualcuno bussò alla porta e fu Katrin ad aprire e a guardare stupita ed incredula la donna che si era ritrovata di fronte.
  • Ruth
La nuova arrivata le rivolse uno sguardo indifferente e distaccato, così come il tono di voce che utilizzò.
  • Katrin…
La rossa non riusciva ad uscire da quello stupore e improvviso disagio che si era presentato non appena aveva incontrato lo sguardo dell’altra donna.
Fu la voce di Vicotoria a rompere quello stallo
  • Iniziavo a dubitare che ti avrei rivista.
Ruth distolse lo sguardo da Katrin per sollevarlo su Victoria. Solo in quel momento l’amica realizzò di doversi spostare per consentirle di entrare.
Rimase un attimo ad osservarle impiedi al centro della stanza, finalmente si mosse per andare a recuperare le sue cose e si diresse nuovamente alla porta che aveva lasciato aperta.
  • Beh, vi lascio sole
Non ricevendo risposta si decise ad andar via.
Ruth si rese subito conto del velo di cupa rabbia che copriva gli occhi di Victoria
  • Pensavo di essere stata chiara ieri nel dirti che ho bisogno di tempo. Non è facile per me buttarmi alle spalle un anno intero di sofferenza.
  • Pensi che per me sia semplice?
  • No, ma cosa vuoi esattamente?
Victoria le si avvicinò prendendole il braccio appena sopra il gomito e stringendo la presa.
  • Voglio solo riavere indietro la mia compagna.
Ruth sorrise sarcastica
  • Io e te non lo siamo mai state.
  • Ruth si può sapere perché mi torturi così?
Victoria vide il volto dell’altra donna finalmente rilassarsi e perdere quell’aria indecifrabile che aveva avuto da quando avevano abbandonato quel bar.
  • Vic, è l’ultima cosa che voglio. Solo che ho passato tanto di quel tempo a ripetermi che avrei dovuto dimenticarti che adesso, davvero credimi…
La pittrice le mise entrambe le mani sul viso e appoggiò la fronte alla sua.
  • Ruth, resta con me…qui, adesso. Ci siamo solo io e te. Ti prego.
Solo un attimo dopo aver pronunciato queste parole la baciò dolcemente, come a rassicurarla.
Si resero subito conto che quel bacio avrebbe aperto le porte a molto altro, si era risvegliata l’urgenza e il desidero di ritrovarsi in quell’intimità profonda che non provavano da tempo.
Victoria la prese per mano e la condusse al piano di sopra, si ritrovarono accanto al letto, in piedi una di fronte all’altra. Ruth si accorse di come all’altra donna costassero fatica movimenti che per chiunque altro sarebbero stati del tutto insignifcanti, ebbe una fitta allo stomaco, si vergognò di come l’aveva trattata durante il loro ultimo incontro, quando a muoverla era un’insensata voglia di rivincità, si domandò quanto male le avesse fatto oltre a quello dello spirito.
  • Vic… non stai bene… forse…
In tutta risposta la donna le chiuse le labbra con un bacio, abbracciandola e stringendola a se. Quando si separarono Ruth non aggiunse nient’altro, la fece sedere sul letto e iniziò a spogliarla lentamente e con dolcezza. Prima la maglietta che indossava, scrutando e accarezzando ogni centimetro di pelle che veniva scoperta, e fece la stessa cosa quando si dedicò ai restanti indumenti. Victoria la lasciò fare, osservandola e imprimendo nella memoria ogni più piccolo particolare di quel volto, gli occhi luminosi dallo sguardo rassicurante, il suo profilo che la faceva sempre restare incantata per la sua particolare perfezione e in fine le labbra, delle quali non avrebbe mai voluto smettere di sentirne il sapore, la consistenza e i brividi che sapevano procurarle. Quando però cercò di ricambiare il favore Ruth le fece cenno di no e si mise in piedi, iniziando a spogliarsi, anche qui con lentezza e tenendo fissa la sua attenzione su Victoria. La sua espressione era incantevole ,metre sbottonava la camicia che indossava, la fissava con la testa leggermente inclinata e con un mezzo sorriso. Alla fine quando rimase nuda spinse la sua compagna a stendersi sul letto e lei fece lo stesso aderendo sul suo corpo.
Per entrambe quel contatto totale fu come una sensazione di sollievo, come essere ritornate a casa dopo un lungo periodo di assenza.
Si toccavano, si sfioravano come a riscoprire luoghi perduti e godendo di quella sensazione felici per averli ritrovati.
Si procurarono intensi orgasmi per la maggior parte della notte, Victoria pensava di impazzire tutte le volte che vedeva arrivare al culmine del piacere la sua compagna, restando estasiata da quel corpo che si contorceva al tocco delle sue mani o della sua bocca, vedere quel volto stravolto dalle forti sensazioni che riusciva a farle provare, quegli occhi che le lanciavano sguardi carichi di una sensualità che avrebbero fatto perdere la ragione a chiunque.
Ruth invece all’inizio era intimidita e preoccupata di poter fare qualcosa che le avrebbe potuto far del male, alla fine Victoria si rese conto delle sue esitazioni e le sussurò
  • Non mi rompo sta tranquilla – le sorrise -  lasciati andare.
E così fece, si impossessava di quelle labbra carnose, ammirava quel sorriso irriverente e allo stesso tempo così magnetico, la cascata nera dei suoi capelli che spesso si mescolavano con i suoi. Ruth si ritrovò spesso a sopprimere un nodo in gola, come se quella visione, la consapevolezza di essere di nuovo lì, le facesse venire voglia di sfogare in un pianto irrefrenabile la devastante consapevolezza di quelle emozioni che sentiva, la gioia, l’incredulità… e la paura che le causava la forza di quello che stava provando.
Dopo l’ultima scossa che le aveva procurato Victoria fino nel profondo del suo corpo, Ruth si abbandonò  senza forze sul letto mettendosi a pancia in giù, ebbe solo la forza, in quella posizione, di abbracciare il cuscino per restare con la testa leggermente sollevata e rivolta verso la sua compagna.
Anche Victoria la imitò, dopo un po’ che si guardavano in silenzio, la pittice inziò a far scorrere le sue dita l’ungo le vertebre visibili sulla lunga schiena dell’altra donna, disegnado a volte dei piccoli cerchi in torno ad essi per poi riprendere ad avanzare o a tornare indietro.
Vide Ruth chiudere gli occhi, sentendola rilassarsi sotto il suo tocco. Poi ruppe inaspettatamente il silenzio, mantenedo gli occhi chiusi
  • Non so se sento più la stanchezza o la fame
Poi li aprì e la pittrice  vide lo sguardo divertito e il leggero sorriso che aveva accompagnato la frase.
Victoria le si avvicinò per darle un bacio.
  • Dammi due minuti e ti porto la colazione direttamente a letto
  • Una bella proposta, se non dovessi andare via.
  • Oh no no, non so che tipo di impegni tu avessi oggi ma il fatto che tu esca da questa stanza non è contemplato.
  • Vic…
Inizio a squillare il telefono di Ruth e le fece un cenno che sottoindendeva un “vedi?”
Si girò cercando di capire dove fosse finito e una volta individuato sul pavimento non molto lontano dal letto, si allungò per prenderlo. Rimase a pancia in giù, restando sollevata sui gomiti e con entrambe le mani che tenevano il cellulare. Victoria la osservò leggere il nome sul display vedendo la sua espressione farsi seria, la vide togliere la suoneria e poggiare il telefono sul comodino vicino, dopo ritornò ad abbracciare il suo cuscino chiudendo gli occhi.
Victoria rimase in silenzio e incerta. Poi alla fine si decise.
  • Lavoro?
  • No. Sarah.
Rimase stupita dalla sincerità della risposta.
Sarah Ripetè victoria in un sussurro
Solo allora Ruth riaprì gli occhi, la guardava con la fronte leggermente aggrottata e un’espressione seria.
  • Credo che volesse farmi sapere che è ritornata.
  • Credevo che avessi chiuso con lei.
  • No.
La donna ne fu talmente sconcertata che per un attimo credette che la stanza avesse tremato. Il cuore le prese a battere talmente forte che si mise seduta dando le spalle a Ruth.
  • Non dirmi che non sei ancora convinta della scelta che hai fatto, non lo sopporterei, non dopo stanotte.
  • Victoria
Sentì la mano della donna accarezzarle la schiena, così si voltò quel tanto da permettere a Ruth di vedere solo il suo profilo mezzo nascosto dai lunghi capelli che scendevano disordinati.
  • Si trovava fuori città per lavoro. Non mi sembrava il caso di parlarle per telefono. E’ una brava persona e si merita un trattamento migliore di questo.
Victoria le rispose con un tono sarcastico.
  • Pensa un pò a cosa stai rinunciando per me.
  • Smettila Victoria, ti prego.
Nel dire questo aveva abbandonato il letto, aveva cercato e indossato gli slip e aveva afferrato una maglietta di Victoria abbandonata su una sedia, girò intorno al letto e le si accovacciò di fronte prendendole entrambe le mani.
  • Adesso vado giù a fare una doccia e dopo con tanta fatica dovrò andare a lavoro – sorrise nella speranza di contagiare anche l’altra donna e così fù, un leggero sorriso si formò sul volto della pittrice – prima però mi farebbe piacere fare un’abbontante colazione e bere tanto caffè e vorrei che tu venissi con me. Pensi di poterlo fare?
Victoria distolse lo sguardo dalla donna sorridendo e scuotendo la testa. Poi ritornò a perdersi in quello sguardo pieno di dolcezza.
  • Ok, solo perché  mi sento in colpa per lo stato pietoso in cui ti trovi.
Ruth si rimise in piedi e le diede una leggera spinta prima di uscire dalla stanza.
Rimasta sola si distese per riprendere le forze e cercare di ricacciare via la spiacevole sensazione che quelle poche parole dette dalla donna che amava le aveva suscitato.
Quella mattina quando la lasciò davanti al suo ufficio l’epilogo fu differente da quello del giorno prima. Ruth la baciò dolcemente e prima di sparire dietro al grande portone le rivolse un sorriso che fece sospirare Victoria.
Ritornata a casa si mise a lavoro sul quadro che aveva iniziato da qualche giorno, si mise a guardarlo, riconoscendo come dalle pennellate e i colori scelti fino a quel momento venisse fuori tutta la frustrazione e la rabbia che aveva vissuto fino al giorno prima, così decise di cambiare, lasciando immutato quella porzione di quadro e di terminarlo con quello che le veniva suggerito dal profondo della sua anima, scrutando quelle sensazioni che stava provando in quell’esatto momento.
Tempo dopo questo dipinto fu giudicato fra i migliori della sua produzione per la particolarità e l’intensità del forte impatto emotivo con cui colpiva lo spetatore.
Si immerse nel lavoro con una tale concentrazione che non si rese conto dello scorrere del tempo e fu solo per l’affievolirsi della luce nella stanza a farla trasalire. Si accorse che era ormai tardo pomeriggio e che a parte la colazione della mattina non aveva mangiato nulla, così si diresse in cucina, aprì il frigo prendendo qualcosa da bere e mentre iniziava a sorseggiare la bevanda si guardò intorno e si sorprese del silenzio. Per tutto il giorno ne Katrin ne Ruth l’avevano contattata.
Per un attimo pernsò al momento di grazia creativa che aveva avuto per tutta la giornata, il che la rendeva soddisfatta, ma allo stesso tempo si preoccupò soprattutto per non aver avuto nessuna notizia della prima, così prese il telefono e chiamò l’amica.
  • Ehi, che fine hai fatto?
  • Ti lamenti sempre che ti sto troppo addosso e adesso non ti sta bene?
  • Esattamente, capisci quindi che il non sentirti per niente mi fa preoccupare?
Rise, dall’altra parte ci fu un breve silenzio
  • Suppongo che ieri sia andato tutto bene.
  • Si… beh c’è ancora qualche situazione da sistemare ma…si…
  • Vedi, non hai più bisogno di me, sono contenta, davvero Vic.
  • Avrò sempre bisogno di te. Forse adesso anche il nostro rapporto potrà ritornare a quote più normali.
Un ennesimo silenzio da parte della rossa fece capire a Victoria che c’era qualcosa che non le stava dicendo.
  • Kat, che ti passa per la testa?
  • Non credo che sarà più come prima, lo sai benissimo anche tu. Non con Ruth che non riesce a stare per 5 min con me nella stessa stanza.
  • Non dire sciocchezze. Dalle tempo, è una situazione nuova anche per noi, un passo alla volta.
  • Vic devo salutarti adesso.
  • Ok, vediamoci domani ti va? Così parliamo un po’.
  • Va bene, come vuoi. A domani.
Quando chiuse sospirò, la sua amica non aveva tutti i torti, ma pensarci adesso le sembrava prematuro.
Rimase un attimo soprapensiero, poi chiamò l’altra persona che aveva riempito i suoi pensieri. Le rsiposre dopo qualche squillo.
  • Vic
  • Ti disturbo?
  • No, affatto, a dire il vero stavo per andare a casa. Sono veramente stanca.
La pittrice esitò un attimo.
  • Quindi non hai nessun tipo di programma per la serata?
  • Direi di no, perdonami ma ho veramente bisogno di dormire nel mio letto.
  • Puoi anche dirmi che hai bisogno di stare da sola sai? – sorrise – Lo comprendo benissimo.
  • Non è questo… o forse si… ma sono realmente distrutta e ho anche bisogno di un momento solo per me.
  • Tutto bene? Hai… parlato con quella donna?
Ci fu un pesante silenzio
  • No Vic, non ancora.
La pittricie iniziò a scuotere la testa con frustrazione.
  • Capisco…
  • Penso che sia qualcosa che devo gestire per conto mio.
  • Ma hai intezione di dirle che ci sono io nella tua vita?
  • Lo sapeva già da prima.
  • Cosa?! Ma di che stai parlando?
  • Ascolta, lo farò… solo non oggi, sono molto stanca, ho avuto una giornata molto lunga e pesante, e per quanto sia consapevole che dall’altra parte troverò solo comprensione, stasera davvero, ho solo bisogno di dormire.
  • Comprensione…
Le venne di nuovo in mente di chiederle se fosse così sicura di voler rinunciare ad una donna così comprensiva, equilibrata e chissà che altro. Una profonda gelosia si impossessò della sua gola, non riusciva a dire nemmeno una parola, consapevole del fatto che sarebbero state solo cose spiacevoli.
  • Victoria? Ci sei ancora?
Oddio, solo in quel momento si rese conto che non si fidava di lei, si odiò per quel pensiero che si era insinuato, la paura che non l’avrebbe mai lasciata, che l’avrebbe sempre tenuta nell’incertezza, che si sarebbe presa gioco di lei. Adesso iniziava a capire cosa intendeva Ruth quando le aveva detto che buttarsi alle spalle l’anno appena trascorso sarebbe stato difficile, che non sarebbe stato come iniziare da zero, condividevano già un passato molto pesante.
  • Si, sono qui.
Victoria la sentì sospirare. Così cercò di riprendere il controllo su di se.
  • Ok, hai ragione, sono solo una stupida. Non so perché reagisco in questo modo. Ti chiedo scusa.
  • Lasciamo perdere ok? Penso che faresti bene a riposare anche tu.
  • Già, hai perfettamente ragione, direi che non mi resta altro che augurarti una buonanotte.
Chiuse la chiamata senza aggiungere altro. E fece quello che le era appena stato suggerito.

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Capitolo 17
*** Something In The Way ***


Il giorno seguente fu svegliata dal rumore di una pioggia battente.  
Non aveva nessuna voglia di alzarsi, di iniziare una giornata dove non avrebbe fatto altro che domandarsi se mai Ruth avesse sentito il bisogno della sua presenza, come invece accadeva a lei. Era strano, aveva sempre immaginato che se mai ci fosse stato un ritorno sarebbe stato del tutto differente. Forse era risultato ingenuo da parte sua pensare che sarebbero riuscite ad avere una vita di coppia normale, stare insieme, condividere le giornate, gli impegni, gli interessi. Invece erano già passati pochi giorni e lei si ritrovava nell’agonia di non sapere se realmente Ruth la amasse, se credeva ancora in loro.
Sentendo la porta di casa a prirsi e sentendo la voce di Katrin chiamarla la spinse ad abbandonare il letto con fatica.
  • Sono in camera, vieni su.
La rossa la trovò ancora seduta sul bordo del letto, immobile e persa nei suoi pensieri, aveva i lunghi capelli lasciati cadere disordinati e un’espressione concentrata.
  • Ehi, hai bisogno di una mano?
  • No.
Si prese del tempo prima di parlare di nuovo.
  • Victoria, che succede? Va tutto bene?
Solo in quel momento l’amica le rivolse la sua attenzione.
  • Si, o almeno così dovrebbe essere ma ho tanti di quei pensieri stupidi che mi tormentano.
Così espresse a voce alta tutti i suoi dubbi e paure, era come se tirandoli fuori li rendesse meno reali e soprattutto svuotandoli di quella pesantezza che le opprimeva l’anima. Katrin restava in silenzio ad ascoltarla, quando finì fu felice di vedere l’espressione di Victoria più rilassata.
  • Credo che le tue paure siano del tutto normali, e anche Ruth non ti sta rendendo le cose semplici. Ma penso che avete due modi differenti di affrontare la situazione, lei, come al solito sa essere la donna più enigmatica che abbia mai conosciuto. Ma penso che sia solo il suo modo di tenersi al sicuro.
  • Al sicuro? Da me?
  • Vic…
L’espressione che accompagnò il suo nome fu eloquente.
  • Non puoi pretendere che si butti così ad occhi chiusi. Del resto fino a qualche giorno fa era più che convinta di doverti cancellare dalla sua vita.
Le mise una mano sulla spalla
  • Che ne dici se ti porto a pranzo fuori? So che c’è un tempo da cani ma hai proprio bisogno di uscire.
Victoria le sorrise e le fece un cenno di assenso.
E in effetti una volta fuori la pitrice si sentì meglio, l’aria fresca di quel temporale stava attenuando la calura di quella giornata di inizio estate. La donna prese l’amica sottobraccio e disse piano.
  • Grazie.
Katrin li limitò a guardarla e a sorridere grata.
La serenità che aveva riacquistato fu spazzata via durante il pranzo, il telefono di Victoria vibrò annunciando un messaggio in arrivo.
 “Mi dispiace Vic ma temo che non riusciremo a vederci nemmeno oggi, non odiarmi.”
  • Non capisco perché provo questa forte delusione. Drovrebbe bastarmi il solo fatto che sia di nuovo nella mia vita.
  • Quello che provi è normale. Devi solo decidere come vuoi affrontare la cosa.
  • Non credo di avere molta scelta. Aspetterò di vedere e cercherò di capire, per quanto mi riesca difficile.
Passarono il resto del pomeriggio in giro, ma poi Victoria espresse il desiderio di ritornare a casa. Una volta lì Katrin si ritrovò costretta a lasciarla sola.
  • Perdonami ma ho degli impegni che non posso saltare
  • Non ti scusare, e poi come ti avrò ripetuto un miliardo di volte non ho bisogno di una balia, ma dell’amica che sei stata oggi – le sorrise – quindi va tranquilla io cercherò di riposare.
Quando il giorno dopo, in tarda mattinata Ruth si trovò dietro la porta di casa della pittrice rimase sorpresa, da quando aveva iniziato a salire le scale e ad avvicinarsi all’appartamento aveva sentito musica mandata a tutto volume, all’inizio aveva riconosciuto i Sistem Of a Down cantare a squarciagola e adesso, dopo aver capito che proveniva dall’appartamento di Victoria, erano i Nirvana a  dare il loro meglio. Sorrise stupita da quella strana scelta musicale che non pensava potesse piacere alla donna. Bussò ma com’era prevedibile nessuno all’interno rispose, le venne in mente di provare ad entrare e la porta cedette sotto la sua leggera pressione.
Non si stupì nemmeno di quello.
Entrò in casa, si mosse guardandosi intorno, poi vide Victoria in piedi davanti ad un’enorme tela, intenta a schizzarvi sopra, con tutta la forza che possedeva, del colore. Lei stessa ne era quasi ricoperta e Ruth rimase a guardarla, intenta e concentrata inquell’attività, l’espressione un po’ corrucciata, muoversi zoppicante fra i barattoli che aveva preparato con tinte dalle tonalità differenti, eppure già da lì si poteva percepire come si sposassero alla perfezione fra di loro. Ne posò uno a terra ormai vuoto per prenderne un altro, lo tirò su con una leggera smorfia e rimase un attimo a fissare la tela prima di decidere quale sarebbe stata la destinazione di quel nuovo colore, poi con un gesto deciso vuotò anche quello del suo contenuto, prese un grosso pennello e con esso iniziò a dargli una nuova direzione, quella da lei scelta. Si allontanò di qualche passo e voltandosi vide finalmente Ruth. Per lo spavento le cadde il barattolo che teneva ancora in mano
  • Cazzo Ruth!
Si portò una mano al petto. L’altra donna invece la guardava con aria leggermente divertita.
  • Vuoi farmi predere un colpo?!
Urlava, e si rese conto che lo faceva a causa della musica a tutto volume, si diresse verso lo stereo e lo spense.
  • La porta era aperta e tu non mi hai sentita. Dopo eri talmente concentrata che mi è sembrato un peccato interromperti.
Victoria se ne restava a guardarla, con qull’aria un po’ imbronciata che Ruth conosceva benissimo, indossava una canotta dal colore ormai indefinito e dei pantaloni ridotti forse anche peggio. I capelli raccolti ormai malamente che le cadevano a ciocche sparse sia sul viso che sul collo. Ebbe una stretta in pieno petto, come se avesse avuto un vuoto d’aria e per tornare a respirare l’unica cosa che le venne in mente fu di andarle incontro, passarle le braccia sotto le sue, così da costringerla ad abbracciarla circondandole il collo, la  strinse a se baciandola, volendo sentire il calore la morbidezza di quel corpo.
  • Mi sei mancata Vic.
La pittrice sentendo quelle parole si scosostò leggermete per guardarla bene in viso, aveva un’espressione che Ruth non comprese fino a quando non le sussurò
  • Dannazione Ruth!
Vedendola scoppiare in lacrime e nascondere il viso nell’incavo del suo collo. La donna l’abbracciò cercando di consolarla, comprendendo in parte quella reazione. Lasciò che si calmasse fino a quando fu lei a liberarsi da quell’abbraccio.
  • Scusami.
  • Non devi, forse dovrei essere io a farlo
  • Veramente mi riferivo a quello…
E le indicò il vestito di Ruth ormai anch’esso sporco di vernice così come  parte delle braccia.
  • Oh – dopo un primo momento di sorpresa tornò a guardarla sorridendo e scuotendo la testa – non importa.
All’ungò di nuovo la mano per afferrarla e abbracciarla nuovamente.
Furono interrotte dalla porta che veniva aperta. Si separarono voltandosi entrambe a guardare la nuova arrivata, Ruth con sorpresa, Victoria invece con un sorriso.
Una donna di mezza età, con i capelli tinti di un rosso un audace e dalla corporatura un po' robusta restava a fissare entrambe un po' perplessa, in attesa che la padrona di casa dicesse qualcosa.
  • Elaine, non ti aspettavo.
Poi guardò Ruth e fece le presentazioni.
  • Ruth questa è Elaine, viene di tanto in tanto a darmi una mano, mi aiuta a tenere pulita la casa e…
Mentre la donna stringeva la mano alla curatrice, terminò la frase mantenedo sempre uno sgurado intenso che sembrava potesse passarla da parte a parte.
  • E a ricordarle che deve mangiare e prendersi cura si se. Così tu saresti Ruth? Felice e sopresa di vederti qui.
Poi la squadrò vedendo le condizioni del bel vestito della donna imbrattato. Ruth provò imbarazzo e disagio, ma riuscì a camufarli.
  • Viky non pensavo di disturbarti.
  • Non lo hai fatto
  • Comunque ero solo passata a prendere la tua lista, spero che tu l’abbia fatta.
  • Si si.
Si allontanò verso la cucina ritornando con un piccolo foglietto di carta che porse alla donna.
  • Tutto qui? Viky…
  • Tanto lo so che farai di testa tua.
La donna la guardò alzando un sopracciglio e stringendo leggermente le labbra.
  • Ok allora vi lascio, avrò ancora il piecere di rivederla Ruth?
  • Si, direi di si.
  • Benone.
L’aria indagatrice e un po' diffidente non aveva abbandonato la donna in quelle poche parole che aveva scambiato con lei. Poi le salutò ed uscì.
  • Amo quando le persone mi guardano con sospetto.
Victoria non riuscì a trattenere un sorriso.
  • Beh, hai conosciuto Eleine.
La pittrice si allontanò rivolgendo la sua attenzione alla tela che aveva iniziato per poi iniziare a rimettere al loro posto gli oggetti usati fino a qualche momento prima. Ruth la guardava darle le spalle mentre era inteta in quell’oprazione.
  • Non avercela con lei, all’inizio sa essere veramente dura, credimi ne so qualcosa. Ma è una brava persona e prende molto a cuore il suo lavoro.
  • Che in questo caso saresti tu.
  • Già…
Ruth si sentiva un po’ a disagio, il modo in cui l’aveva osservata quella donna dal momento in cui era arrivata fino a quando era andata via l’aveva fatta sentire colpevole, non più di quanto non si sentisse ogni volta che osservava Victoria.
Sapeva sin dal loro primo incontro dopo la separazione che Victoria era stata sopraffatta e devastata da quella malattia che aveva avuto la tenace ostinazione di tenerle nascosta e lontana da loro all’inizio del loro rapporto. Ma era stata talmente arrabbiata che non aveva fatto altro che ripetersi che la pittrice doveva incolpare soltanto se stessa se si era ritrovata in quelle condizioni.
  • C’è qualcos’altro che dovrei sapere?
Victoria si voltò un attimo a guardarla per poi ritornare  dedicarsi alla sua occupazione.
  • Rispetto a cosa?
  • Alla tua attuale condizione.
  • Direi di no
  • Victoria, prima o poi ne dovremo parlare. E un giorno dovrai anche dirmi come ci sei arrivata.
La pittrice posò rumorosamente la latta di vernice sul tavolo, cosa che fece sussultare l’altra donna.
  • Sono successe molte cose in questi mesi Ruth
La sua reazione stupì molto la curatrice, così quando la padrona di casa ritornò a guardarla la vide che la stava osservando con un aria seria e la fronte  leggermente aggrottata.
  •  Non voglio farlo, non voglio parlarne
  • Non vuoi parlarne. Stranamente la cosa non mi stupisce.
  •  Che senso avrebbe? Se non dare una pesantezza a qualcosa che, come sai benissimo anche tu, stiamo cercando di rimettere in piedi. E’ vero, forse un giorno dovrei parlartene, ma di certo non oggi.
Ruth scosse la testa sospirando.
  • Quindi hai deciso tu per noi il cosa e il quando parlarne. Va bene, vuoi fare le cose a modo tuo, perfetto.
Bussarono nuovamente alla porta, si guardarono prima che Ruth si muovesse per andare ad aprirla trovandosi davanti Katrin.
  • Ciao.
Ruth ricambio il saluto, la rossa entrando avvertì la tensione che vi era nella stanza e ne aveva avuto conferma dall’espressione dipinta sul volto dell’amica, e sapeva che la sua presenza non avrebbe migliorato la situazione.
  • Ragazze, ho come la sensazione di essere inopportuna come sempre, è meglio se ripasso in un altro momento.
  • No, resta pure, stavo per andare via.
  • Ruth -  l’espressione della pittrice perse l’aria severa di un attimo prima – resta, sono stata brusca e me ne scuso. Ma ti prego, non andare via.
  • Sta tranquilla – fece qualche passo verso di lei – ero venuta per dirti che sarò a Boston nei prossimi giorni.
  • Boston?
  • Si, e visto che stasera ho un altro impegno ci tenevo molto a vederti.  
Victoria abbassò lo sguardo e leggermente la testa, per poi riportare la sua attenzione su di lei
  • E dimmi, ha un nome questo impegno?
  • Certamente.
Le andò vicino costringendola ad alzare il viso verso di lei sfiorandole il mento, le diede un leggero bacio e le sorrise senza aggiungere altro.
  • Adesso devo andare.
  • Tutto qui? Non mi dici nient’altro?
  • No, del resto abbiamo appena deciso che faremo a modo tuo.
Fu come se le avesse dato uno schiaffo e non riuscì ad aggiungere nient’altro. Ruth guardò Katrin rivolgendole un saluto distratto prima di uscide dall’appartamento.
  • Per cosa stavate litigando?
  • Mi ha chiesto il come sono arrivata a ridurmi così. Il perché lo sa già. E ho reagito nel peggiore dei modi.
 
 
  • Non ti capisco, davvero.
  • Dici? Eppure a me sembra tutto così chiaro.
Ruth rispose a Beth che se ne restava seduta a gambe incrociate al centro del suo enorme letto, appena di fronte aveva la valigia che Ruth stava riempiendo distrattamente mentre osservava di tanto in tanto l’armadio aperto.
  • Non sei serena, questo è chiaro. Ma hai deciso di intraprendere questa strada e non la stai certo rendendo semplice.
  • Sai cosa ho capito io? Che personalmente ho ben chiaro cosa voglio e cosa no. E ho avuto un anno intero per comprenderlo e soprattutto per analizzare cosa ha fatto si che naufragassimo in quel modo.  Avrei sperato che anche lei avesse fatto lo stesso. Ma devo anche ammettere  che ha avuto altro a cui pensare.
  • Si, ma non capisco. Non capisco perché non le hai detto che hai chiuso con Sarah, del perché non le hai detto che stasera il tuo impegno ero io lasciandole credere chissà che cosa. Non le hai nemmeno detto di Boston. Non è costruendo un muro che ne abbatterai un altro.
  • Già, anche perché il suo è molto alto e robusto. Credimi rendermi conto che lei… per assurdo mi ritrovo a comprendere Katrin e il suo gesto, almeno in parte ovviamente.
  • Se posso essere sincera Ruth…
  • Oh mio dio, da quando senti il bisogno di chiedermelo?
L’amica le lanciò il primo cuscino che le era capitato sotto mano ma che Ruth schivò prontamente ridendo.
  • Ti preferivo depressa lo sai?
  • Non ci credo ma ok, dai continua pure nella tua ramanzina, ma ti avverto, quest’inversione dei ruoli inizia a spaventarmi.
  • Idiota… davvero… e non lo sei perché mi prendi in giro, ok anche per quello, ma perché sei tu a tenerla a distanza da quando l’hai rivoluta nella tua vita. E ti capisco, non è una cosa facile, ma non è così che le farai capire quello che ti aspetti dal vostro rapporto e soprattutto da lei.
  • La ripago solo con la stessa moneta.
  • Eh no… direi che questa cosa non vi portarà da nessuna parte.
Ruth terminò la sua occupazione e rimase a fissare la sua amica. Poi fece un gesto con le mani ad indicarle di spostarsi.
  • Ok ok, adesso togliti di lì e aiutami a chiuderla.
Non appena riuscirono nell’impresa suonò il citofono.
  • Perché riesci ad avere visite in orari così assurdi?
  • Non ho idea di chi possa essere, magari è solo il portiere che ha dimenticato qualcosa da dirmi. Ti dispiace andare a sentire? Metto questa nell’amadio.
Mentre Beth lasciò la stanza la donna rimise a posto le cose che aveva tiorato fuori e deciso alla fine di non portare, passò qualche minuto e si rese conto che l’amica non era ancora tornata, fino a quando non la sentì parlare con qualcuno.
Quando decise ad andare anche lei nell’altra stanza vide Beth e Victoria una di fornte all’altra e ascoltò le poche battute che si stavano scambiando.
  • Vic, ammetto di essere un po’ in imbarazzo. L’ultima volta che ci siamo viste non è stato affatto piacevole. Ma non riesco a scusarmi con te.
  • E’ perché non ne hai nessun motivo.
  • Sicura? Perché per quanto mi riguarda se dovessi tornare indietro mi comporterei allo stesso modo. Come ho sempre fatto e continuerò a fare. Voglio che questo sia chiaro.
Victoria sorrise.
  • Non mi aspetterei niente di diverso. E ti assicuro che lo capisco.
  • Quindi siamo apposto?
  • Dieri di si. E’ questo quello che mi è piaciuto di te sin dal primo momento.La tua disarmante schiettezza e sincerità. Ruth è fortunata ad averti nella sua vita.
  • Si, lo penso anch’io.
Lo disse con un’espressione divertita. Poi entrambe si accorsero della presenza di Ruth.
  • Vic, come mai qui?
La pittrice lanciò uno sguardo a Beth prima di rispondere.
  • Perché ho quest’assilante idea che tu… non sia del tutto sincera… o sicura di noi. Ho bisogno di risposte da te…e di chiarezza. E lo so che non aiuta il modo in cui sono saltata oggi per una tua semplice e legittima domanda.
La padrona di casa si rivolse alla sua amica.
  • E tu che dicevi che non funzionava. Eppure eccola qui, a dirmi finalmente quali sono le sue paure – ritornò a parlare con Victoria -  e sei venuta pensando di trovarmi con una compagnia del tutto diversa, o sbaglio?
Victoria esitava a rispondere, così Ruth le andò vicina passandole le braccia intorno al collo e a guardarla dritta negli occhi da quella piccola distanza, aveva un’aria divertita, così come il tono che utilizzò.
  • E dimmi, che cosa avresti fatto se mi avessi trovata in dolce compagnia?
  • Non lo trovo divertente.
Ruth le chiuse la bocca con un bacio, poi la liberò da quell’abbraccio e si allontanò.
  • Ok io mi sento veramente di troppo, avete da chiarire un bel po’ di cose e sinceramente preferisco andare a fare qualcosa di più interessante.
  • Beth, resta, io e Ruth possiamo parlare in un altro momento. Non volevo rovinarvi la serata.
  • Non lo hai fatto, e poi niente è meglio del qui e ora. Quindi buona serata.
Andò verso Ruth e le stampò un bacio sulla guancia, poi le sorrise e se ne andò. Le due donne rimasero a guardarsi in silenzio, poi Ruth scosse la testa sorridendo e si mosse verso la cucina, dove iniziò a preparare del tè.
Victoria si tolse la giacca che indossava e cercò anche di liberarsi del suo bastone, cercando di trovare almeno in casa un minimo di normalità, e subito dopo la seguì.
  • Non lo so che cosa avrei fatto. Non me lo sono domandato mentre venivo qui.
  • Perché in fondo sapevi che ci sarebbe stata questa possibilità?
  • Si, e nonostante non sia andata così, non sono certa che tu abbia chiuso con quella donna.
  • Oh Vic… eppure dovresti conoscermi.
  • Conoscerti? Ci siamo fatte così tanto male che – scosse la testa stringendo le labbra – non so che pensare. Ma ho capito, credimi, cosa intendevi dire qualche giorno fa sul riuscire a dimenticare. Non sarà affatto facile e non credo nemmeno che dovremmo.
  • Su questo mi trovi d’accordo.
Versò il liquido fumante in due tazze, ne porse una all’altra donna e andò a sedersi alla grande tavola in legno della cucina, Victoria la seguì sededole vicina, rimase con entrabe le mani a stringere la tazza, come a scaldarsi e a fissare in silenzio il contenuto e quel filo bianco che assumeva forme sempre diverse man mano che inziava ad affievolirsi. Ruth rimaneva a guardarla, con una strana espressione  e con un impercettibile sorriso sulle labbra. Alla fine la pittrice iniziò a parlare senza distogliere lo sguardo da quel liquido.
  • Non lo so cosa avrei fatto… non so nemmeno come avrei reagito se tu mi avessi detto che non hai nessuna intezione di chiudere la tua relazione con quella donna. Posso solo dirti che mesi fa, quando ho capito che ormai ti avevo perduta irrimediabilmente, con te avevo perso qualsiasi interesse verso la vita. Non ricordo bene quei giorni, so solo che non mi importava più di nulla, avvertivo solo la frustrazione che mi provocava la tua assenza.
Rimase per qualche istante in silenzio, come a raccogliere i pensieri. Ruth in quel momento iniziò ad avvertine un nodo allo stomaco.
  • Non avrei mai immaginato che avrei amato come ho amato te, che esistesse una persona come te. Quando ho realizzato quello che avevo fatto a noi, a te,  ebbi solo la forza di rinchiudermi nella mia camera. Ho smesso di avvertire qualsiasi necessità avesse il mio corpo, di mangiare, di bere, di vedere la luce del giorno. E ho smesso di curarmi. Per la prima volta ho benedetto la mia malattia, mi faceva cadere finalmente in un mondo di silezio, mi sono concentrata solo sul dolore che mi procurava, l’unica cosa reale in quel momento … aspettavo con ansia quella che sarebbe stata la mia ultima crisi. Troppo codarda per fare diversamente. Aspettare. Ma Katrin non si è arresa, riusciva malamente a sopperire a quello che stavo facendo al mio corpo. Poi in un attimo di lucidità mi venne in mente di chiederle di cercare Beth. E’ l’unico ricordo chiaro che ho di quel periodo, quello che mi disse e il mio modo assurdo con cui pretendevo da lei di sapere tu dove fossi. Poi ricordo solo un letto di ospedale e il mio medico che mi minacciava di farmi rinchiudere in psichiatria – Sorrise – ecco perché la presenza di Elaine, è stata un buon compromesso. Mi hai chiesto qual è la mia condizione attuale, beh, adesso non lo so, mi ritrovo ad essere dipendente da uno stupido pezzo di legno per camminare e a faticare per tenere un pennello in mano. E’ questa la mia condizione attuale. Quindi… ora… davvero non so cosa avrei fatto se ti avessi trovata con un'altra.
Finalmente alzò il suo sguardo su Ruth e si accorse che la stava fissando piangendo. Inclinò la testa guardandola con sorpresa.
  • Victoria… - chiuse gli occhi e allungò una mano alla ricerca della sua per stringerla una volta trovata.
  • Non ti ho raccontato tutto questo per farti paura o…
  • Dammi un attimo ti prego.
Dopo qualche minuto, In uno slancio le prese il viso fra le mani e la baciò, poi rimasero con le fronti appoggiate e Ruth sussurò
  • Siamo state due stupide. Ma adesso Vic,  ci sono io, a te ci penso io.
Un’ora più tardi erano nel letto di Ruth, con il suo braccio a fare da cuscino alla testa dell’artista che si ritrovava a giocherellare e accarezzare la sua mano.
  • Sai, ho una passione quasi feticista per le tue mani.
Ruth scoppiò in una fragorosa risata.
  • Davvero! Potrei fare un quadro solo con loro come soggetto.
  • Smettila ti prego di dire stupidaggini.
Le diede un bacio sulla guancia e liberando la mano oggetto di quello sproloquio per accarezzale i capelli.
  • Parlami di Boston, perché ci andrai.
  • Perché mi hanno chiesto di fare da consulente per un’esposizione all’ ICA.
Victoria si sollevò per guardarla bene in faccia, e si aprì in un sorriso
  • Ruth è fantastico!
  • Non ti dispiace?
  • E perché dovrebbe? La mia ragazza a quanto pare è famosa.
  • La tua ragazza? – rise – quanti anni abbiamo? 15?
La pittrice si chinò su di lei per baciarla.
  • La mia compagna? La mia vita? Va meglio così?
Continuò a baciarla dolcemente per poi distendersi su di lei appoggiando la testa sul suo seno.
  • Dimmi qualcosa di più su questo progetto.
Ruth la circondò fra le sue braccia.
  • Cercavano semplicemente qualcuno che facesse finire recensioni sulle loro mostre del tipo che il “contenitore è più interessante del contenuto”. Fortunatamete il mio progetto dell’anno scorso ha fatto da cassa di risonanza nel mondo dell’arte e così hanno pensato a me. Harry non sta nella pelle per la luce in cui verrà messa la nostra società
  • E tu? Come ti fa sentire?
Victoria la sentì sospirare.
  • Bene, non saprei come spiegarlo. Anche solo il pensiero di un nuovo obbiettivo mi fa stare bene. E poi si, mi sento soddisfatta, è come se fosse una sorta di riconoscimento. Anche se ok, ICA di Boston non è certo il Guggenheim.
  • Però è un inizio. Fra qualche anno chissà.
Ruth rimase in silenzio, immersa nei suoi pensieri fino a quando la pittrice non si tirò su per guardarla.
  • Cosa ti preoccupa?
  • Non lo so. Sono felice ma ho anche molta paura, che non vada bene. Si, sono molto spaventata.
  • A cosa ti stai riferendo adesso? A noi o al lavoro.
La donna non rispose subito e quando lo fece fu appena un sussurro.
  • Entrambi. Credo.
  • Per quanto riguarda noi, ti prego,  non esserlo, so che ho un brutto carattere e che tendo a chiudermi in me stessa, ormai è una cattiva abitudine.Ma posso impegnarmi a perderla, a ritrovare la persona che ero un tempo. Non voglio avere più segreti con te, non voglio più escluderti da nulla che mi riguardi.
Ruth si avvicinò e le diede un bacio, restando ad assaporare il calore di quelle labbra carnose.
  • E’ strano Vic, come io e te riusciamo a parlare apertamente solo dopo il sesso.
L’artista rise.
  • Credo che dipenda dal fatto che abbiamo scaricato qualsiasi tensione. Ti dirò che non mi dispiace.
Nel dirlo aveva fatto scorrere la sua mano in una lunga carezza lungo il suo fianco. Avvertì la pelle di Ruth rabbrividire. Ma non andò oltre. Victoria si accoccolò fra le sua braccia inspirando il profumo di quella donna che aveva il potere di farle scoppiare il cuore.
  • Comunque non rende meno sincero quello che ti ho detto. Mi mancherai Ruth, ma sarò qui ad aspettarti. Sempre.

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Capitolo 18
*** Close To Me ***


Come sarebbe andata a finire era stato chiaro sin dall’inizio, prima ancora che iniziasse.
Era stato chiaro e cristallino… O forse no.
Ruth all’inizio, dopo un primo viaggio per prendere visione del lavoro che l’aspettava e conoscere le persone che avevano voluto la sua collaborazione, era riuscita a svolgere la parte preliminare del suo lavoro dirattamente dal suo uffico di New York.
 Poi però iniziarono i viaggi e le sue lunghe assenze. Più entrava nel vivo dell’organizzazione e più il tempo trascorso a Boston divenne maggiore di quello che riusciva a passare a New York.
Nonostante le due città  si trovassero a poco più di un’ora di volo, gli impegni di Ruth la costrinsero a interrompere  l’iniziale andirivieni per trovare una soluzione più stabile, e in quel momento  entrambe le donne ebbero il timore che per la loro relazione avesse potuto comportare una nuova difficoltà da affrontare, ma così non fu.
Lei e Victoria erano riuscite a mettere su un sistema, delle regole,  per sentire il meno possibile la mancanza l’una dell’altra. Cercavano di sentirsi regolarmente almeno un paio di volte al giorno ma se questo non fosse stato possibile la telefonata della sera doveva essere l’unica che non poteva essere saltata, anche se Ruth veniva coinvolta in lunghe cene Victoria aspettava sveglia il suo rientro per riuscire a sentirla, e non importava se erano le due di notte, restavano a parlare per almeno un’ora, a raccontarsi la giornata appena trascorsa, parlare delle cose che avrebbero fatto non appena Ruth sarebbe rientrata anche solo per qualche giorno e dei lavori che proponevano a Victoria. La distanza non impediva loro di litigare, spesso la curatrice si rendeva conto che gli scatti di nervosismo della pittrice o il suo inspiegabile malumore era dettato soprattutto dalle  forte frustrazione che le procurava il suo stato di salute. Era ormai da qualche tempo che aveva notato come  invece di migliorare ,Victoria era in uno stato di perenne stanchezza,  aveva di nuovo perso peso e aveva sostituito il suo abituale bastone con una stampella, adducendo la cosa che in quel modo affaticava meno il braccio. Quando provava a parlarne con lei liquidava il discorso dicendole che era per via del caldo e del lavoro intenso a cui si stava sottoponendo.
Ma nonostante questo suo apparente peggioramento non impediva alla pittrice di raggiungerla, non sopportando la distanza e amando il tempo che riusciva a condividere con lei duranete quella sua occupazione. Ruth la rendeva partecipe di ogni sua scelta, fidandosi di lei e del suo parere obbiettivo, ma spesso Voctoria non aveva nulla da aggiungere o da suggerirle, Ruth sapeva benissimo quello che faceva e tutto quello che decideva in campo lavorativo era sempre ben chiaro e delineato nella sua mente. Era questo il suo punto di forza, quello che la rendeva una tra le più capaci nel suo campo, la visione chiara di quello che avrebbe “creato”. Victoria restava spesso ad ascoltarla ammirata e con una punta di oroglio, restando in contemplazione di quella donna forte e sicura di se, e non si stupiva della sua capacità di ammaliare con  gentilezza e forte presenza, la maggior parte delle persone con cui aveva a che fare, del resto su di lei aveva avuto e continuava avere quel potere.
E in quel momento era esattamente in quello stato, in attesa nella grande galleria a guardarla da lontano a impartire istruzioni ad alcuni collaboratori che la ascoltavano attentamente.
Ormai l’installazione era quasi completata, Ruth era riuscita a selezionare gli artisti che aveva scoperto dopo profondi studi nell’area di Boston e aveva deciso di far interagire fra di loro diversi tipi di linguaggi artistici, dalla pittura alla fotografia passando attraverso alcune opere scultoree, tutte con un unico tema comune, la città in cui si trovavano, per riuscire a raccontarla e a farne percepire l’anima attraverso quelle opere. Ruth iniziava a sentirsi soddisfatta di come aveva risposto alle aspettative dei suoi committenti.
Terminata quella conversazione si girò alla ricerca di Victoria che vide poco distante appoggiata ad una parete. Le andò incontro e la prese sottobraccio. Uscirono per andare a sedersi sulla gradinata che dava sullo specchio d’acqua esterno.
Victoria si stiracchiò stendendo le gambe di fronte a se e appoggiandosi comodamente allo schienale. Chiuse gli occhi inspirando l’aria calda che la avvolgeva regalandole una piacevole sensazione.  Sentiva la presenza di Ruth, ma questa ormai era un’emozione che conosceva anche quando non erano fisicamente vicine, una strana sensazione che non riusciva aspiegare, l’unico pensiero che le veniva in mente se avesse dovuto rendere l’idea era una sensazione di completezza. Sapeva che ovunque si sarebbe trovata lei era una costante della sua vita, che le regalava forza e sicurezza e quel senso di protezione. Un luogo sicuro a cui tornare tutte le volte che ne avesse sentito il bisogno. Il suo posto sicuro.
Sospirò
  • E anche questa estate è trascorsa lavorando.
  • Già, sono imperdonabile. Ma se ti dicessi di andare a trovare tua nonna non appena tutto questo sarà finito?
La pittrice sorrise.
  • La trovo una splendida idea.
Si sporse verso di lei per baciarla. Ruth rimase sorpresa delle labbra gelide della sua compagna, in forte contrasto con la temperatura calda e quasi afosa in cui erano immerse. La pittrice si rese conto del modo strano in cui prese a guardarla Ruth, leggermente imbronciata e concentrata.
  • Che ti prende?
  • Per quanto ancora dobbiamo evitare di parlarne?
  • A che ti riferisci?
  • Di te, e di quello che ti sta accadendo?
  • Non so di che parli
Ruth rise scuotendo la testa.
  • Vic, ci saranno quasi quaranta gradi e tu indossi una sicarpa!
Le prese entrambe le mani nelle sue.
  • Non farmi passare per una paranoica, per favore. So che odi parlare di questo, ma inizo davvero a preoccuparmi.
Victoria liberò le sue mani e distolse lo sguardo dalla sua interlocutrice fissandolo sul riverbero della luce sull’acqua. Poi dopo un sospiro si decise a parlare.
  • E’ solo un momento, passerà. Non devi preoccuparti.
  • Non hai nemmeno idea di quello che mi chiedi. Come faccio a non preoccuparmi per te?
La pittrice ritornò a guardarla sorridendo.
  • Pensi che se ci fosse realmente qualcosa che non va la prenderei alla leggera?
  • Lo spero, a volte tendi a minimizzare
Victoria la baciò nuovamente
  • Fidati di me ok? Ma che ne dici di portarmi a pranzo invece di preoccuparti per nulla?
Ruth dopo essere rimasta per qualche istante a fissarla con attenzione, valutando quanto potesse realmente fidarsi di lei e del suo giudizio, le fece un cenno di assenso e insieme si alzarono per andare a pranzo. Subito dopo l’accompagnò nell’albergo in cui ormai aveva preso  dimora e in fine ritornò a lavoro. Nel traggitto portò a compimento il pensiero che le era venuto da quando aveva fatto quella breve conversazione con la pittrice, prese il telefono e compose il numero.
  • Eileine, ciao, sono Ruth.
  • Ehi bambina, come mai mi chiami? E’ successo qualcosa a Vichy?
  • No, cioè, a dire il vero è la stessa domanda che vorrei fare a te. Ho bisogno di capire se sono solo io ad aver visto un peggioramento in Victoria.
Le disse tutto questo in un evidente stato di preoccupazione, le aveva vomitato addosso quel discorso senza prendere fiato o dare la possibilità all’altra donna di poterla interrompere.
  • No Ruth, non sei l’unica ad essertene accorta
  • El, c’è qualcosa che non mi state dicendo?
  • Assolutamente no. Non so nemmeno io darti una spiegazione. Ho provato a parlane con lei e anche Kat ha sprecato molto fiato ma sai com’è fatta.
  • Si ma tu sei un’infermiera, sei a contatto con il suo medico tu dovretsi poter..
  • Se non è lei a parlare con lui certo non posso forzala ne tantomeno sostituirmi a lei. Va convinta, anche solo a riposare, e si Ruth ad evitare questi viaggi. E poi francamente, se non da ascolto a te non so chi potrebbe.
  • Ok… ok.. ti ringrazio e scusami se ti ho aggredita. Sono solo preoccupata.
  • Ti capisco, non scusarti. Ti prometto che cercherò di trovare una soluzione.
  • Grazie di nuovo Elaine
Chiusero la telefonata e se anche non fosse stata rassicurante come avrebbe voluto le fece comprendere cosa avrebbe dovuto fare.
Quel pomeriggio si liberò molto presto dei suoi impegni, con l’unico desiderio di ritornare nella sua stanza e di passare il tempo che le restava con Victoria,  fino alla sua partenza che sarebbe avvenuta l’indomani.
La stanza che occupava in realtà era una suite conposta da una prima stanza che consisteva in un soggiorno con divano, mobile bar e un tavolo tondo con delle sedie, erano ambienti ampi e ben illuminati da grandi finestre.  Entrando Ruth chiuse distrattamente la porta alle sue spalle sorpresa dal non vedere Victoria, avvertendo però il suono della TV provenire dalla camera da letto. Si tolse le scarpe e andò nell’altra stanza dove trovò la pittrice distesa nel grande letto, aveva il braccio piegato a coprirle gli occhi. Si soffermò un attimo a guardala  per poi proseguire verso il bagno.
  • Ehi sei tornata presto.
Ruth era appena arrivata sulla soglia della porta del bagno e si girò sorpresa dal suono di quella voce, si appoggiò allo stipite e le sorrise.
  • Pensavo che dormissi.
La donna ricambiò il sorriso. Ruth iniziò a liberarsi della leggera camicia che insossava, iniziando a slacciare i bottoni e ad allentare anche la gonna per farla sfilare lungo le gambe per poi terminare a terra.
  • Mio dio, non sopportavo più questi vestiti. Ho proprio bisogno di una doccia gelata – Riportò la sua attenzione su Victoria che nel frattempo non aveva distolto lo sguardo da lei, catturandone ogni movimento e gesto, rimanendo in quell’incanto che ormai conosceva molto bene –  Tutto bene Vic?
  • Si, perché me lo domandi?
La curatrice la raggiunse sul letto, indossando ormai soltanto l’intimo, distenendosi accanto a lei a pancia in giù per poterla guardare in viso.
  • Ho avuto un’idea.
  • Sentiamo.
  • Perché non resti. Ormai qui ho finito, ci sarà solo l’inaugurazione fra una settimana e poi potremmo tornare finalmente a casa insieme.
La pittrice sorrise.
  • E esattamente che cosa dovrei fare qui per una intera settimana?
  • Riposare come hai fatto oggi sarebbe un’idea.
  • Ruth – le accarezzò il viso – non che mi dispiacerebbe restare con te, ma obbiettivamente tu sarai impegnata forse anche più di adesso e poi anch’io ho degli impegni a NewYork. E di quest’ultima cosa devi ringraziare Harry.
Ruth distolse lo sguardo da lei, pensierosa, poi disse abbandonando il letto
  • Ok, non insisto oltre.
  • Dove vai? Resta qui a tenermi compagnia.
  • Sai quella doccia di cui ti parlavo prima, ne ho davvero bisogno, se vuoi raggiungermi non sarò certo io a fermarti.
Il modo con cui lo disse fece sussultare il cuore di Victoria, che non si fece pregare oltre.
Passarono il resto della serata in camera, avevano deciso di farsi portare la cena e di godersela in piena intimità. Erano sedute sul tappeto difronte al divano rivolte verso il paesaggio che si stagliava ai loro piedi, in quel momento stavano mangiucchiando della frutta. Dopo la doccia le due donne non avevano pensato di rivestirsi più di tanto, enrambe erano rimaste in maglietta e slip, godendosi la frescura che quell’abbigliamento striminzito le regalava.
  • Non sono ancora andata via e già mi manchi.
Ruth le lanciò uno sguardo poi le si avvicinò a carponi per raggiungere il suo orecchio e per  sussurrarle
  • Non pensiamoci adesso ok?
E le morse il lobo dell’orecchio. La spinse a sdraiarsi sotto di lei sistemandosi in modo tale da guardarla accarezzandole il viso. Aveva inziato a delineare il profilo di Victoria con un dito, la sua espressione divenne concentrata.
  • Vieni a vivere da me.
Victoria rise.
  • Oggi sei piena di idee. Non vuoi proprio perdermi di vista.
Ruth allungò un braccio verso il cesto di frutta che stavano spiluccando prendendo  uno spicchio di mela, ne mise una parte in bocca e da lì la offrì alla sua compagna che la morse dalle sue labbra. Victoria si rese conto di come stava morendo dal desiderio di possedere quella donna che giocava con lei con una tale complicità e allo stesso tempo con una forza dominante che la faceva andare letteralmente in fiamme.
  • Non è una risposta.
Victoria strinse leggermente gli occhi guardandola e muovendosi leggermente sotto di lei.
  • Lo sai benissimo che in questo momento non sarei in grado di negarti nulla.
La donna le prese la mano che era scivolata lungo il fianco e fermandosi sul suo fondoschiena per riportare il braccio e bloccarlo  sul pavimento vicino al viso della sua proprietaria.
  • Vorresti dirmi di no?
  • No, cioè si.. insomma, non ne possiamo parlare dopo?
  • Quale momento migliore se non questo. Di cosa hai paura?
  • Di nulla, ma da te non c’è abbastanza spazio ne per permettermi di lavorare ne per i miei vestiti. O vuoi dirmi che saresti in grado di trovare spazio nel tuo armadio?
  • Ovviamente no, ne prenderemo uno solo per te. – risero entrambe – e non ti sto chiedendo di abbandonare il tuo appartamento, ma di usarlo solo come studio e di tornare la sera da me. A casa nostra.
A Victoria bastò sentire quelle ultime parole per darle la forza di liberarsi e di prenderle il viso fra le mani per baciarla appassionatamente e  a ribaltare la situazione.
  • E’ un si?
  • E’ un forse..
  • Dio perché sei così stronza?
  • Perché ti sei innamorata di me proprio per questo.
Nessuna delle due riuscì ad aggiungere altro perse ormai nel forte desiderio di entrare una nella profondità dell’altra, prese dalla voglia di fondersi insieme e di raggiungere il piacere intenso che ormai sapevano non sarebbero state in gardo di provare con nessun altro.
Andarono a letto esauste e appagate. Ma dopo un po’ il dolore che Victoria sentiva in ogni parte del corpo e la forte emicrania le impedì di dormire, era riuscita ad ignorarla per tutto il giorno, si era rifiutata di dargli ascolto e peso, soprattutto dopo la splendida serata appena trascorsa, il suo unico desiderio era che la sua donna avesse la mente libera per riuscire a dedicarsi al lavoro e a godere del suo successo, voleva che fosse felice e non poteva accettare di  essere un pensiero che la distraesse da questo.
Ma adesso nell’immobilità del riposo il dolore era forse ancora più forte. Restava ferma, sdraiata accanto a Rutn ascoltandola respirare, si girò leggermente per guardarla e sentendo il forte desiderio di toccarla, di sentire il suo calore che le infondeva una sorta di benessere. La  guardava darle le spalle,  la sua pelle illuminata dal bagliore della notte. Si spostò leggermente verso di lei in modo che il suo fianco aderisse alla sua schiena. Ruth a quel leggero contatto si svegliò, si girò verso di lei stiracchiandosi.
  • Scusa, non volevo svegliarti.
  • Non riesci a dormire?
Non ricevendo nessuna risposta provò ad accendere la piccola lampada che aveva accanto al letto ma Victoria la bloccò stringendole il braccio che le era vicino
  • No, ti prego, non accendere la luce.
  • Vic così mi spaventi, che succede?
  • Succede che hai ragione. C’è qualcosa che non va...
Ruth sentì il petto incendiarsi. Di instinto l’abbracciò, come se avesse dovuto  proteggerla da un pericolo imminente.
  • Non devi.  Siamo insieme e vedrai che qualsiasi cosa ti stia accadendo si risolverà. Domani torneremo insieme a  casa e..
  • No, No – si liberò da quell’abbraccio – è proprio per questo che non volevo parlartene. Tu adesso devi pensare al progetto che hai qui e a nient’altro. 
  • Ma Victoria
  • No, ti prometto che andrò a farmi vedere ma anche tu devi promettermi che non ti lascerai distrarre da questa cosa. Ti prego, non lo sopporterei, non voglio rovinarti questo momento.
  • Smettila, tu non rovini proprio niente. E non puoi chiedermi questo
  • Prometti Ruth.
Ruth sospirò profondamente. Lo sguardo risoluto di Victoria le fece capire che non avrebbe accettato nessun’altra risposta se non quella che le stava chiedendo
  • Ok.
Tornò ad abbracciarla e la pittrice si accoccolò fra le sue braccia lasciandosi avvolgere completamente e perdendosi in esso.
  • Non posso accettare di rovinare tutto, non adesso.
Ruth la strinse un po’ di più e riuscì soltanto a sussurrare
  • Amore mio.
Rimase sveglia a tenerla stretta fino a quando finalmente la sentì rilassarsi e in fine addormentarsi. Non riuscì a chiudere occhio fino a quando non albeggiò e il pensiero che da lì a qualche ora l’avrebbe dovuta lasciare andare le insinuava un senso di paura e smarrimento.  Sensazione che la pervase totalmente quando effettivamente la vide oltrepassare il gate ed uscire dal suo campo visivo.
Rimase ferma a fissare il punto in cui era sparita fino a quando il suo telefono iniziò a squillare riscuotendola da quel torpore.
  • Harry, sei mattiniero
  • Come sempre tesoro. Scommetto che sei in aeroporto, Vic è già partita?
Non ricevette nessuna risposta.
  • Ruth? E’ Tutto ok? Non avrete mica litigato.
  • No. Va tutto bene. E qui procede tutto alla grande. Puoi star tranquillo.
  • Ok, se non vuoi dirmi che succede per me va benissimo, ma non trattarmi come uno stupido. Odio quando lo fai.
  • Va bene, scusami. Sono preoccupata per Victoria e perdonami se al momento non riesco a parlarne.
  • Immagino perché tu lo sia, ma sinceramente penso che non dovresti. E’ una donna forte.
  • Si, lo è.
  • Mi dispiace sentirti così, avevo chiamato per sapere come procedevano le cose e se potevo darti una mano.
  • Ti ringrazio, ma è tutto sotto controllo e poi tuffarmi nel lavoro mi distrarrà dal fare brutti pensieri.
                                                                                          ************************
Quella mattina Victoria era un po’  in ansia per l’appuntamento preso con il suo medico, era in attesa dell’arrivo di Katrin ed Eileine che l’avrebbero accompagnata. Mille pensieri le passavano per la testa, aveva il timore di quello che le avrebbero detto quel giorno. La sua vita in quel momento era praticamente perfetta, aveva l’amore sincero di una donna stupenda, aveva la sua arte a completarla e ad appagarla, la sua vita era piena di amore e circondata di amici veri. Non poteva lasciare che tutto questo sfumasse per colpa sua, non poteva  assolutamente accettarlo. Mai come in quel momento sarebbe voltua ritornare ad essere la persona sana e piena di vita, senza alcuna preoccupazione, senza alcuna paura.
I suoi pensieri furono interrotti dall’arrivo di Eileine, se ne restava davanti alla porta senza entrare
  • Allora sei pronta?
  • Si, manca solo Kat.
  • E perché mai scusa?
Victoria la guardò sorpresa e le rispose quasi ridendo.
  • Deve accompagnarci.
Alle spalle della donna apparve Ruth che chiese
  • Viene anche lei con noi?
L’espressione incredula che si dipinse sul viso della pittrice era quasi comico, le due donne rimaste davanti alla porta si guardarono un attimo per poi riportare l’attenzione sulla padrona di casa, e videro che la sorpresa era stata sostituita da un’espressione seria.
  • Pensavo  fossi  una che mantiene le promesse.
Ruth sorrise andandole vicino
  • Infatti è così.
  • E allora cosa ci fai qui?
  • Non ti ho mai promesso che non sarei venuta, ma solo che non sarei partita con te quel giorno. E poi non ci crederai ma il vantaggio di essere il capo è quello che posso anche permettermi di delegare. Non ti preoccupare ci sarò quando la mia presenza sarà necessaria. Esattamente come con te.
Victoria scosse la testa sorridendo.
  • La prossima volta dovrò fare più attenzione alle parole che uso.
Alla fine si decise ad abbracciarla, ammettendo con se stessa di quanto fosse felice della sua presenza. Alla fine le tre donne si decisero ad andar via.
Un ora più tardi si erano ritrovate in una stanza di ospedale dove iniziarono a fare prelievi ed esami alla già esausta pittrice. Ruth assisteva a tutto quello constatando con quanto distacco Victoria affrontava tutto questo, come se in realtà quell’ago infilato nel braccio non la riguardasse. Ma la donna sapeva che sotto quella calma apparente si celava un mare in tempesta, la voglia di urlare e divincolarsi da quella situazione.
Alla fine furono ricevute dal medico.
  • Allora Victoria, la situazione è questa, a quanto pare il tuo corpo ha smesso di reagire alle cure.
La donna lo guardò sorpresa
  • E’ probabilmente la conseguenza alla prolungata sospensione della terapia. In poche parole hai dato il tempo al tuo corpo di sviluppare anticorpi resistenti al farmaco. Sapevamo che il tuo comportamento avrebbe avuto conseguenze. E anche adesso, perché hai aspettato tanto? Saresti dovuta venire da me alle prime avvisaglie.
Victoria lo ascoltava in silenzio, non aveva la forza di rispondere ai rimproveri pieni di fondamento del medico. Ruth si girò a guardarla e le si strinse il cuore constatando  che quella corazza dietro la quale si era tricerata iniziava a sgretolarsi. Le strinse la mano e vedendo che Victoria restava in silenzio fu lei a parlare.
  • Ammettendo i nostri sbagli. Cosa possiamo fare adesso? Cosa dobbiamo aspettarci? Cosa..
Le morirono le parole in gola
  • Quale sono i rischi in questo momento?
  • Si.
  • Miss Devis, sono del parere che al momento dobbiamo concentrarci sulle soluzioni. – si rivolse alla pazienta - Inizieremo un nuovo ciclo di cure, proveremo a combinare altri farmaci e vedere che risultato riusciremo ad ottenere. E se devo essere sincero mi sento fiducioso. La tua fortuna Victoria è che non sei l’ unica pazienza difficile che mi sia capitata – Sorrise – Puoi ancora avere un recupero pieno, è solo aumentato il tempo per ottenerlo.
Finalmente la donna si decise a parlare
  • Ok, allora mettiamoci a lavoro.
Quella sera tornarono a casa, l’ultima volta che avevano udito il suono delle loro voci fu quando riferirono il responso del medico ad Eilaine che le aspettava fuori.
Erano entrambe perse nei loro pensieri, ognuna con una preoccupazione differente causata dallo stesso soggetto.
Victoria aveva insistito per andare a casa di Ruth,  se avesse potuto le avrebbe chiesto di andare il più lontano possibile da tutto quello che stava accadendo. Ma sapeva che non sarebbe satto realistico, il problema sarebbe comunque rimasto, e quel problema era lei.
Trasalirono al suono del campannello, quando Ruth andò ad aprire si ritrovò davanti Beth e Katrin, la prima aveva in mano una confezione da sei di birra.
  • Qualcuno mi ha detto che avete bisogno di essere tirate su di morale.
  • E la tua idea sarebbe quella di scolarci una birra?
  • Conosci un modo migliore?
La superò per raggiungere Victoria che si era appena seduta.
  • Scommetto che tu apprezzi molto di più la mia iniziativa.
  • Ovviamente si!
La pittrice e Beth avevano stretto un ottimo rapporto, Victoria apprezzava molto il suo umorismo pungente e la sua leggerezza che nascondeva comunque una persona molto sensibile e allo stesso tempo risoluta. Il suo arrivo quella sera era l’ennesima prova del suo saper affrontare e sostenere le persone che amava.  Beth era anche riuscita a passare sopra al comportamento infantile che aveva avuto la rossa e che aveva portato scompiglio nell’ultimo anno nella vita delle sue amiche, e Victoria le era molto grata, cosa che invece a Ruth risultava ancora difficile.  Quest’ultima il massimo che riusciva a fare era avere un cordiale distacco, era consapevole che rappresentava una parte importante della vita della sua compagna ma non riusciva a non sentire un certo risentimento. Sapeva benissimo che cosa l’aveva spinta a fare quel gesto sconsiderato ed egoista, e soprattutto  che non era stato generato soltanto dal voler dimostrare qualcosa a Victoria, ma anche perché sperava nel profondo che quel gesto la spingesse verso di lei, e quest’ultima cosa non poteva assolutamente perdonala. Per quanto si fosse scusata e avesse dimostrato pentimento e rimorso non riusciva a superare quell’ostacolo che le sembrava insormontabile,  forse ci sarebbe riuscita se avesse detto la verità a Victoria, se avesse ammesso quest’ultimo peccato in tutta quella storia.
Katrin accettava rassegnata l’atteggiamento che aveva Ruth verso di lei, aveva intuito il reale motivo ma in quel momento l’unico sentimento che riusciva a sentire era lo spietato urlo del senso di colpa. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro e cancellare la sua stupidità. Sperava che un giorno la donna sarebbe riuscita a dimenticare ma al momento la sua priorità era la sua amica.
Beth aprì una bottiglia e la porse alla podrona di casa
  • A che ore partirai domani?
  • Non so se dovrei..
Intervenne prontamente Victoria
  • Ruth ti prego. Non farlo. Va, parti, finisci il tuo lavoro. Non ha alcun senso che tu rimanga.
  • Non ha alcun senso?
Katrin cercò di smorzare la conversazione ma come si rese subito conto, dallo scatto indispettito che ebbe Ruth, di non esserci affatto riuscita.
  • Vuole solo dire che non c’è nessun motivo per cui tu ti debba preoccupare.
  • Grazie Kat, so benissimo che cosa vuole dire.
  • Ruth…
Il tono di voce che aveva usato la pittrice le fece capire che aveva esagerato  e il modo in cui la stavano guardando le altre due donne la spinsero ad allontanarsi per andare in cucina.
Fu raggiunta dopo qualche minuto dalla sua amica.
  • Senti, capisco che il momento non è facile, specialmente per una persona come te che vuole avere il controllo su tutto. Ma devi capire che stavolta non puoi, non dipende da te. E il tuo andare fuori di testa non aiuta nessuno.
  • Io non sto andando fuori di testa.
  • Poco fa sembrava di si, e prendersela con Kat non mi sembra la soluzione. Victoria ha bisogno di sostegno da parte di tutti noi.
Ruth posò rumorosamente la bottiglia sul tavolo e fulminò con lo sguardo l’amica.
  • Ma davvero?! Pensa che stavo pianificando di creare difficoltà!
Beth sollevò le mani
  • Ok. Penso solo che devi darti una calmata.
La donna sospirò chiudendo gli occhi e apoggiandosi con entrambe le mani sul tavolo.
  • Si, si. Hai ragione, scusami.
L’amica le andò vicino e le poggiò una mano sulla spalla.
  • Che ne dici se ritorniamo di là e cerchiamo di passare una serata serenamente. I giorni che verranno saranno difficili, non devono esserlo necessariamente a partire da oggi.
Ruth la guardò prima di abbracciarla.
  • Va bene, andiamo.
Trascorsero il resto della serata in discorsi leggeri, si fecero raccontare di com’era la vita a Boston, come procedeva il suo progetto e in fine Beth aveva iniziato a raccontare una delle sue serate assurde in quei locali che frequentava solo per il gusto di divertirsi senza troppi problemi e dai quali riportava aneddoti divertenti e a volte surreali.
Quando alla fine andarono via Beth non aveva nessun bisogno di sentirsi dire “grazie” il sorriso e l’aria distesa che era apparsa sul volto delle sue amiche la ripagavano più di qualsiasi parola.
Rimaste sole si guardarono
  • Perdonami.
  • Per cosa?
Ruth sorrise
  • Sei veramente molto gentile a far finta di nulla.
  • Solo perché so di non averti aiutata. Vorrei solo che tu capissi che è ovvio che vorrei averti qui con me, ma ho anche la necessità di sapere che possiamo continuare a vivere le nostre vite nel modo più normale possibile.  Per me è l’unica cosa veramente importante.
  • Tu sei importante. Però lo capisco. Mi impegnerò a far sì che sia così.
 
                                                                                   **********************

Il telefono che squilla nel cuore della notte non può portare con se nessuna buona notizia.
Ruth sussultò e impiegò quasi un minuto per riuscire a capire che il suono che in quel momento le sembrava assordante fosse il suo telefono.
  • Vic
  • Sono Kat
La donna si mise istintivamente a sedere.
  • Cosa? Katrin? Che..
  • Victoria è in ospedale, credo che sia il caso che tu ritorni il prima possibile.
Da quel momento in poi per Ruth non ci fu nient’altro che un lungo tunnel buio che aveva iniziato a percorrere. Katrin non era scesa nel dettaglio di quello che fosse realmente accaduto, ma dalle poche parole che riuscirono a scambiare trapelava la preoccupazione del non sapere nemmeno lei la reale gravità della situazione. Sapeva solo che aveva trovato Victoria svenuta in casa e che da allora non aveva più ripreso conoscenza.
Ruth non era riuscita a trovare un volo così l’unico pensiero che le venne in mente fu di prendere un auto a noleggio e di guidare per le quattro ore che la separavano da quell’incognita.
Non riusciva a pensare, per tutto il viaggio non aveva fatto altro che concentrarsi sulla strada e a non porsi domande, ogni tanto le balenava in mente una rassicurazione che faceva a se stessa. Quella situazione le sembrava talmente inverosimile che si sarebbe aspettata al suo arrivo di vedere Victoria che la rimprovarava per aver ceduto all’eccessivo allarmismo di Katrin e prenderla in giro per la sua decisione folle di mettersi in viaggio nel cuore della notte per precipitarsi a New York.
Per un attimo le venne in mente che forse aveva sognato, che quella telefonata non ci fosse mai stata. Magari presa dalla stanchezza e dal forte stress per l’immenente inaugurazione di quella importante installazione  forse si era immaginata tutto. Le venne in mente di chiamare Victoria, compose il numero ma nessuno rispose. Durante il tragitto riprovò altre volte sempre con lo stesso risultato.
Alla fine stava albeggiando quando si ritrovò a correre nel corridoio dell’ospedale dove le aveva indicato Katrin e quando si trovò davanti non solo la rossa ma anche Beth e Harry avvertì il terrore misto ad una sorta di incredulità piantarsi in pieno petto.
  • Cosa… che diavolo sta succedendo?! Perché siete qui e dov’è Victoria?!
Beth le andò incontro poggiandole una mano sul braccio, ma la donna si scostò da quel contatto.
  • Ruth..
  • Voltete dirmi che cosa è successo? Katrin?
La rossa la guardava con uno sguardo carico di lacrime, i capelli arruffati e la sua espressione spaurita facevano comprendere lo stato di profondo smarrimento che stava vivendo.
  • Victoria…Ha avuto un’emmorragia cereblale.
Sentì il fiato venirle meno. Respirava, ne era più che sicura, ma l’aria era senza alcun dubbio priva di ossigeno.
Insensatamente vide la porta della terapia intensiva alle spalle dei suoi amici e cercò di precipitarsi dentro, ma fu fermata da Harry che la prese per le braccia, lei cercò di divincolarsi ma lui strinse più forte fino a quando lei non cedette e lui la avvolse in un abbraccio.
  • Sta calma, andrà bene.
Quando si rese conto che si era calmata la liberò. L’uomo la fece sedere e lui fece altrettanto accanto a lei tenendole ancora le mani.
  • Ascolta, ancora non sappiamo la gravità della situazione. Stiamo aspettando che qualcuno venga a dirci qualcosa in più.
Come se fosse stato chiamato da quella conversazione apparve il medico proprio da dietro quella porta.  Ruth riconobbe l’uomo con cui avevano parlato solo qualche giorno prima. Si avvicinarono tutti, Katrin in prima fila in quanto lei era il riferimento dato per eventualità del genere, Ruth le andò accanto.
  • Ha avuto un’emorragia estesa, abbiamo ridotto la pressione che questa causava sul cervello e per sapere i reali danni dovremmo aspettare che si risvegli, ma nonostante questo respira autonomamente e questo mi rende ottimista.
  • Lo era anche quando siamo venute qui giusto un paio di giorni fa.
La voce di Ruth era carica di rabbia.
  • Ha perfettamente ragione, e questo Miss Devis era uno dei rischi che correva. La situazione è grave, non ve lo nascondo.
  • Possiamo vederla?
La sua fu quasi una supplica, il medico si sorprese per il repentino cambio di tono avvenuto nella donna.
  • Si, per adesso solo uno di voi e per qualche minuto.
Katrin e Ruth si guardarono, e la rossa le fece un cenno di assenso, così Ruth si trovò a seguire un’infermiera fino ad un letto occupato da una persona che stentava a riconoscere.
Era circondata da macchinari che emettevano suoni sommessi e tubi che arrivavano a quel corpo che mai come in quel momento le appariva fragile, pronto a svanire da un momento all’altro.
Le andò vicina e le prese la mano.
  • Vic.. dannazione… - gli occhi le si riempirono di lacrime – amore mio…
Rimase a fissarla sperando di vedere quegli occhi di brace, che amava tanto, aprirsi e guardarla in quel modo tutto suo, quegli occhi che scrutavano il mondo e chi lo attraversava con una tale intensità da riuscire a catturarne l’essenza e le emozioni per poi riuscire a spiegarle nei suoi dipindi. Quegli occhi a cui non sapeva nascondere nulla, quegli occhi che le trasmettevano tutto il suo amore e desiderio.
Fu riportata al presente da un’infermiera che con una semplice mano sulla spalla le aveva fatto capire che il tempo era finito.
Quando uscì vide Katrin seduta in disparte e Harry e Beth di fronte a lei. Non c’era molto da dire e infatti nessuno, vedendo l’espressione che aveva dipinta in volto disse nulla. Andò a sedersi accanto alla rossa prendendola per mano.
  • Dovrei chiamare sua nonna. Dovrei dirle che…
  • Se vuoi, posso farlo io.
Per un attimo un’ombra di gratitudine attraversò il volto della donna ma poi distolse lo sguardo da Ruth per fissare un punto sul pavimento vuoto.
  • No, no… devo farlo io.
Intervenne Beth
  • Forse dovremmo aspettare e vedere come andrà nei prossimi giorni. Magari le darai informazioni più positive.
  • Perdonatemi, ma invece credo che sia il caso di farla venire.
La voce della ragione di Harry. Ruth lo guardò con una tale intensità da fargli quasi male.  L’uomo però riuscì a sostenere il suo sguardo. Così continuò.
  • Sappiamo tutti che è la cosa giusta da fare.
 
******
Katrin il giorno seguente aveva deciso che sarebbe partita per andare ad informare di presenza la nonna dell’artista, rifiutando anche l’idea di farle fare quel lungo viaggio da sola.  Da quella sera invece Ruth non aveva più lasciato quella stanza, in attesa che avvenisse qualche cambiamento nelle condizioni di Victoria e nella speranza che finalmente si svegliasse, ma l’unica cosa che era mutata era la possibilità di poterle stare fisicamente accanto.
Se ne restava seduta su quella poltrona, stranamente comoda, a fissarla, con un quantità di pensieri assurdi che si susseguivano nella sua mente ormai sconvolta dalla mancanza di sonno, da quando era stata svegliata nel cuore della notte dalla voce di Katrin non era più riuscita a chiudere occhio, e quella sensazione che potesse svenire da un momento all’altro non l’aveva più abbandonata.
Ma non cedeva, aveva il mento poggiato sulla mano del braccio piegato sul bracciolo della poltrona e continuava a fissarla, immobile, l’unico movimento percettibile in entrambe era quello del respiro e in Ruth lo sguardo vigile e attento ad ogni minimo movimento.

Svegliati ti prego, svegliati

Lo ripeteva come un mantra,  o semplicemente come una preghiera, una supplica. Erano parole che cadevano casuali sul filo dei suoi pensieri. Aveva iniziato a credere che loro due insieme rappresentavano una calamità l’una per l’altra, non riusciva a non quantificare il male  che si erano fatte o tutto quello che era accaduto da quando si erano conosciute.

Svegliati ti prego, svegliati”

Forse non era destino che dovessero stare insieme, l’universo non lo voleva. Ma poi ritornava la cantilena nel profondo della sua mente

“Svegliati ti prego, svegliati,  sono disposta a dimostrare a dio in persona che il nostro futuro è insieme, ma tu ti prego, svegliati, abbiamo una vita intera da vivere, Svegliati ti prego, svegliati ” .

Sussultò quando sentì sfiorarle una spalla e girandosi vide Beth che le porgeva una tazza di caffè.
  • Non penso che possa farti bene visto che non stai mangiando, ma almeno metti qualcosa nello stomaco.
La donna prese il bicchiere caldo dal quale ne trasse un minimo conforto. L’amica le fece cenno di uscire così avrebbero parlato meglio. Ruth si mosse con poca voglia, era veramente stanca, anche di sentire quello che le veniva chiesto di fare ormai da tutti quelli che venivano, aveva rischiato persino di litigare con Eleine solo perchè si era proposta di darle il cambio.
  • Notizie da Katrin?
  • No, ho provato a chiamarla ma non ha risposto. Non penso che sarà qui prima di domani. Invece i medici che dicono?
  • Niente di nuovo.
Nel dirlo la donna guardò istintivamente verso la stanza di Victoria.
  • Sei riuscita almeno a domire un po’?
Non ricevette risposta. L’amica sospirò, poi prese una busta che aveva portato con se.
  • Ti ho portato qualcosa per cambiarti, ma penso che dovresti andare a casa, ormai sono due giorni che non ti muovi da qui.
Ruth le tolse la busta dalle mani, la ringraziò e rientrò per andare a sedersi nella stessa identica posizione in cui Beth l’aveva trovata.
                                                                                              ***
Il bip costante e monotono di un macchinario attaccato alla donna che amava e che le ricordava che era ancora viva anche se immobile in quel letto ormai da quattro giorni, l’aver avvicinato la sedia al suo letto e aver appoggiato la testa vicino al braccio di Victoria e averle preso la mano stringendola, aver chiuso gli occhi e aver fatto un profondo respiro alla ricerca del suo odore ormai coperto quasi del tutto da quello asettico di quella stanza, la voglia di cedere al pianto, forse tutto questo la condussero finalmente in un sonno buio e profondo.
  • Mi amor, mi niña
Ruth aprì gli occhi sentendo quella voce spezzata in un profondo dolore provenire alle sue spalle, quando si girò vide una donna anziana che restava a un certa distanza dal letto,  teneva strette le mani una nell’altra e fissava quel punto a cui aveva rivolto quelle parole piene di amore. Alle sue spalle, sulla soglia della porta  restava Katrin. Ruth si mosse lentamente per raggiungere la rossa, la nonna era come se non si fosse nemmeno accorta della sua presenza,  la videro raggiungere il letto e chinarsi sulla nipote baciandole la fronte e sussurrandole parole per loro incomprensibili. Uscirono entrambe per lasciarla nell’intimità del suo dolore.
Una volta sole nel corridoio si guardarono senza riuscire a palare, erano entrambe in condizioni pietose, Ruth nell’espressione sconvolta di Katrin rivedeva se stessa tutte le volte che in quei giorni si era specchiata, instintivamente l’abbracciò  e la rossa si abbandonò al calore e al conforto che le stava regalando in quel momento.
  • Dovresti andare a casa a riposare un pò Ruth
  • E tu? Tu lo farai?
  • Si, ma solo perché lei ne ha bisogno. E’ stato un viaggio interminabile.
La mora scosse la testa.
  • Non posso Kat, davvero. Ho bisogno di restare. Ma le lascerò spazio come giusto che sia – fece una breve pausa dopo aver visto che l’anziana donna aveva preso il posto che occupava lei fino a quel momento tenendo la mano alla nipote - le infermiere mi lasciano usare le loro docce, credo che andrò a farne una.
Quando Ruth ritornò oltre a Katrin trovò anche Harry. Lei era in quello stato in cui ti lascia una lunga doccia bollente dopo una gran fatica fisica, avrebbe voluto soltanto sdraiarsi in un letto avvolta da coperte calde e morbide e infine dormire.
  • Ti ho portato la cena. Te la manda Hanna con la raccomandazione di non tornare a casa se non ti avrò vista mangiare.
Ruth sorrise appena, era nello stile della moglie dell’amico, non avrebbe esitato a farlo dormire sul divano se non avesse  portato a termine il compito. Si affacciò di nuovo nella stanza di Victoria e vide la nonna intenta a recitare sommessamente delle preghiere.
  • Ok, andiamo giù in mensa.
Quando i due amici si sedettero Harry si premurò di farle vedere in che cosa consistesse quel pasto, dopo la vide giocherellare con il cibo mentre rispondeva laconicamente alle domande che lui le poneva.  Dopo un lungo periodo di silenzio, dove lei finalmente aveva deciso di mandare giù qualcosa Harry si decise a parlare nuovamente
  • A Boston è stato un successo
Ruth lo guardò come se per un attimo non avesse capito di che cosa stesse parlando, poi si ricordò, posò la forchetta sul piatto abbassando lo sguardo, quando tornò a guardarlo rispose scoppiando in lacrime
  • Ma davvero? Un successo?
L’uomo le si avvicinò circondandole le spalle con un braccio
  • Ruth..
  • No davvero, stranamente non m ne importa niente, ho dovuto fare mente locale per riuscire a capire di che cosa stessi parlando!
  • E’ normale..
  • No, non capisci, ero lì! Ero Lì! Quando sarei dovuta essere qui! Con lei, magari adesso non sarebbe in queste condizioni!
  • No Ruth non farlo, non è così, non sai come sarebbe andata e poi, lei non vorrebbe vederti così adesso, non sentirti in colpa ok?
Ruth riuscì a calmarsi solo dopo aver versato un bel numero di lacrime, Harry continuava a tenerla stretta aspettando che quelle lacrime tanto attese sarebbero cessate, sapeva che adesso l’anima della sua amica sarebbe stata più leggera.
Quando decisero di ritornare da Victoria trovarono le due donne pronte ad andar via, Ruth guardò l’anziana signora
  • Signora Flores…
La donna le sorrise e allungò la mano per stringerle un braccio, non disse niente ma bastò guardarla negli occhi per capire.
Nei giorni che seguirono Ruth condivise quella stanza con quella donna, lasciandola ogni volta che lei arrivava. I medici sostenevano che c’era un miglioramento, che l’ematoma che premeva sul cervello si era leggermente ridotto e questo li portava ad essere positivi. Ruth si attaccava ad ogni singola parola di speranza che poteva provenire da  loro, nonostante restavano cauti sulle condizioni in cui sarebbe stata una volta che si sarebbe svegliata, ma a lei non importava, purchè tornasse da lei.
Una sera la nonna la trovò come la prima volta, con il volto appoggiato vicino la spalla di Victoria ma questa volta era sveglia e intenta a scrutarla e a sussurrale il suo mantra.
  • Ti prego amore svegliati… Victoria..
Quando si accorse della presenza della donna si ritrasse imbarazzata. Era questo il sentimento che provava tutte le volte che si trovava in sua presenza. Non sapeva spiegarsi bene il motivo, non sapeva nemmeno se Victoria le avesse mai detto di loro, anche se ormai le doveva essere più che chiaro il rapporto che le legava. Era per questo che tutte le volte che la donna arrivava lei le lasciava spazio per lei e per se.
Stava per alzarsi come faceva sempre al suo arrivo ma la donna la fermò
  • La prego, rimanga.
E andò dall’altra parte del letto, si chinò per baciare la fronte della nipote, e come sempre si fece il segno della croce e intonò una preghiera sommessa. Ruth capì che era questa sua forte religiosità a metterla a disagio. Restava a guardarla compiere quell’atto, al termine del quale ebbe un attimo di raccoglimento guardando la nipote, poi fu come se in tutti quei giorni le avesse letto nel pensiero.
  • So benissimo chi è lei per mia nipote miss Devis. Ho vissuto per cinquantanni in questa città e le assicuro che non sono queste le cose che mi scandalizzano. Amo mia nipote – le accarezzò il viso guardandola con una dolcezza che spezzava il cuore – profondamente. E vedo che lei prova lo stesso. -  Tornò a guardarla - Perché lei invece prova imbarazzo?
Ruth soprese se stessa per la naturalezza con cui le rispose.
  • Perché mio padre per lo stesso motivo mi buttò in strada in un’età in cui avrei solo dovuto avere ancora l’illusione che la vita fosse giusta. E lui era… molto credente, come lei.
  • E in che cosa credeva?
  • Nel Dio dei Padri
Ebbe un brivido ad usare quella frase sentita così tante volte, per un attimo era stato come sentire la voce di quell’uomo e non la sua.
  • Mi niña, credimi, quello in cui si crede ha poca importanza se si ama di un amore sincero. E mia nipote a quanto vedo è fortunata perché ne è circondata.
Il sorriso che le rivolse le scaldò il cuore e aveva abbattuto quel muro immaginario che Ruth aveva sentito stupidamente. Poi la donna continuò.
  • Vedrai andrà tutto bene, ho già perso sua madre, non posso perdere anche lei, non è naturale sopravvivere ai propri figli, dio non può togliermi anche lei. Andrà tutto bene.
In quella rivelazione erano nascoste tutte le speranze di quella donna, gli occhi di Ruth si riempirono di lacrime.
  • Si, andrà tutto bene.

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Capitolo 19
*** Nothing else matters ***


All’inizio fu più flebile di un sussurro, talmente tanto che la donna nella stanza pensò che fosse soltanto il rumore del vento che sferzava fuori dalla finestra, poi lo sentì nuovamente.
  • Ruth
La donna si sporse sulla sedia incredula, rimanendo in attesa e pronta a scattare.
  • Ruth…
Si precipitò accanto al letto
  • Si sono qui, Victoria, sono qui!
Le prese la mano e si appoggiò sul suo cuscino scircondandola con il braccio, la baciò sulla guancia, e due lacrime di gioia scesero sul suo viso.
  • Vic, apri gli occhi.
La donna provò a fare come le veniva chiesto, ma la luce se pur tenue risultava essere accecante.
Ruth realizzò che avrebbe dovuto chiamare qualcuno, così si precipitò fuori alla ricerca di un infermiera o di un medico. Quando finalmente arrivarono la invitarono ad uscie, così rimase fuori dalla stanza, per un attimo si tenne le mani fra i capelli, incredula, poi le venne in mente di chiamare la nonna.
  • Maria, Victoria si è svegliata.
In meno di un’ora sia l’anziana donna che Katrin erano a farle compagnia in quel corridoio in attesa che qualcuno le informasse su cosa stesse succedendo e perché impiegavano tutto quel tempo ad andare da loro.
Alla fine  videro il volto noto del medico.
  • Scusate per l’attesa ma dovevamo fare dei test preliminari per capire le sue condizioni, anche se è ancora presto per un quadro preciso. E’ presente, sa dove si trova ma ha difficoltà nell’esprimersi, ma direi che è normale, questa sarà una delle cose sulle quali lavoreremo.
  • Ottimo, adesso possiamo vederla?
Tutte e tre le donne lo guardavano con occhi lucidi carichi di gioia, l’unico pensiero in loro era quello di andare da lei, ma qualcosa nello sguardo dell’uomo smorzò il loro entusiasmo.
  • Al momento è sedata, deve stare tranquilla.
Intervenne Ruth con l’impazienza che il medico aveva imparato a conoscere.
  • Che cosa non sta dicecendo?
  • Si direbbe che al momento abbia perso sensibilità alle gambe e al braccio destro. – vedendo l’ombra che si era dipinta sul volto delle donne riprese a parlare – è presto per dire se sarà una condizione permanete, dobbiamo aspettare e vedere gli effettivi danni che ha subito il cervello.
La nonna si girò verso le due donne più giovani che guardavano il medico impietrite, le prese entrambe per le mani.
  • Niñas, l’importante è che sia tornata da noi. Tutto quello che verrà lo affronteremo.
Le risposero con un accenno di assenso.
  • Adesso posso andare da mia nipote?
  • Si certo.
Superò l’uomo con passo sicuro, subito dopo fu raggiunta da Katrin.
Ruth invece rimase in quell’ormai familiare corridoio, il medico si congedò da lei con un sorriso, dopo di che prese il telefono e chiamò Beth per informarla delle novità. Non ebbe la forza di rientrare in quella stanza, si lasciò scivolare lungo la parete fino a sedersi sul pavimento. Fu lì che la trovo Eilene.
  • Ehi bambina, che ci fai lì per terra?
Ruth alzò lo sguardo sentendo il suono della sua voce, si era fermata di fronte a lei e la guardava dal basso.
  • Non ho la forza di stare da nessun altra parte se non qui. Se non mi sdraio è solo per pudore.
  • Capisco. –  le sorrise poi alzò lo sguardo vedendo Katrin uscire dalla stanza – ho saputo della bellissima novità, mi sono precipitata non appena ho potuto.
Katrin le sorrise, poi si rivolse a Rurth porgendole una mano per aiurala ad alzarsi.
  • Chiede di te.
Stranamente la donna ebbe un tuffo al cuore. Afferrò la mano che le veniva offerta così si tirò su, si appoggiò alla pareta alle sue spalle, come a riprendere l’equilibrio, poi si mosse.
Sentendola entrare Victoria girò la testa per guardarla e riuscire a metterla a fuoco. Per Ruth fu quasi sconvolgente, fissare i suoi occhi forse ancora più scuri che la guardavano con una tale profondità da ricordarle una creatura ultraterrena.
Le si avvicinò per stringerle la mano, si voltò solo un attimo per vedere la nonna lasciare la stanza. Quando riportò la sua attenzione su Victoria le sorrise. La donna sdraiata aprì la bocca cercando di pronunciare parole che non volevano uscire, chiuse gli occhi sospirando.
  • Non dire nulla.
Li riaprì concentrando di nuovo tutta la sua attenzione su di lei.
  • Non… sei andata… via.
Ruth sorrise ma non riuscì a trattenere le lacrime.
  • No Vic, non sono andata via. Non vado da nessuna parte.
Mentre lo diceva si sdraiò su un fianco  occupando il poco spazio sul materasso accanto a lei, anche sul volto di Victoria apparvero due grosse lacrime che Ruth le asciugò con la sua mano, appoggiò la testa sul cuscino accanto alla sua e in quella posizione si addormentarono entrambe.
                                                                              *****
Era passata una settimana dal suo risveglio e all’inizio Victoria non sapeva come sentirsi in quella strana situazione, quando tutti la invitavano all’ottimismo, al non preoccuparsi, che tutto si sarebbe risolto, lei li guardava perplessa,  sapeva solo che quando provava a muoversi o quando si toccava l’altro braccio e le gambe, l’unica cosa che provava era sgomento.
Il cervello si rifiutava di accettare quella condizione, era sicura, c’erano ancora, erano lì e li sentiva sotto la sua mano, ma era come toccare qualcosa di estraneo e che non le apparteneva.
Per non parlare poi della miriade di volti nuovi  che le giravano intorno, da inferimeri a medici, tutte quelle persone che entravano e uscivano dalla sua stanza o che semplicemente la portavano in altre stanze a fare nuove analisi, nuovi test, la facevano sentire come in alto mare, un nuafrago in balia delle onde, senza nessun volere se non quello di mettersi in salvo.
In tutto questo l’unica cosa che la faceva sentire al sicuro era avvertire la salda presenza di Ruth, le bastava cercarla con lo sguardo per calmarsi in quel vortice di terrore che avvertiva costantemente. Sempre vicina, non la abbandonava mai, che la capiva al volo anche se non riusciva ancora ad esprimersi correttamente. Bastava uno sguardo o un sospiro per capire di che cosa avesse bisogno.
Come in quel momento, le avevano portato il pranzo ma se ne restava lì seduta nel letto con le spalle appoggiate al muro di cuscini che aveva dietro, guardando fuori dalla finestra persa nei suoi pensieri, anche consumare i pasti le costava fatica e le ricordava la misera condizione in cui si trovava, iniziò a giocherellare con il cibo fino a quando non abbandonò il proposito. Nella stanza c’era sua nonna che le parlava di qualcosa che lei faceva fatica ad ascoltare e Ruth seduta sulla poltrona con le gambe rannicchiate al petto, partecipava alla conversazione con l’anzana donna,  ma non distogliendo la sua attenzione da lei. Ruth vedendo la battaglia persa contro quel cibo decise di alzarsi e di andarle vicino, prese la forchetta e le sorrise, prese un boccone per se.
  • Non è poi così terribile sai? Dovresti provare.
E nel dirlo caricò di nuovo la forchetta e la imboccò. Non sapeva cosa leggere in quel momento negli occhi di Victoria, se rabbia o gratitudine o quel qualcosa di indefinibile che la accompagnava da quando si era risvegliata. Quell’aura buia che la circondava come se avesse riportato con se un brutto incubo dal quale non riusciva a liberatsi.
  • No.
Ruth Inclinò la testa.
  • No cosa?
  • Non farlo…
  • Ottimo, fallo tu allora.
  • No.
  • Vic – lo disse in un sospiro
  • Querida, devi mangiare.
Anche l’altra donna si avvicinò e accarezzò il braccio della nipote.
  • basta!
In quel momento entrò Katrin seguita da Harry
  • Guardate chi ho trovato qui fuori?
  • Salve a tutte belle signore.
L’uomo aveva un bel sorriso stampato in faccia, ma scemò vedendo l’aria stanca e afflitta della sua amica.
  • Disturbo forse?
Ruth gli andò in contro per abbracciarlo brevemente.
  • Direi di no.
L’amico si avvicinò al letto di Victoria.
  • Sai che non posso dirti che ti trovo bene?
La donna rise. Anche Ruth sorrise di rimando a quella uscita che nessuno avrebbe avuto in quel momento, ma lui sapeva sdrammatizzare qualsiasi situazione.
  • Allora, com’è la situazione da queste parti?
Victoria rispose alzando un sopracciglio e con un mezzo sorriso
  • Immobile
L’uomo sorrise.
  • Humor un pò nero ma direi che è da te.
  • Harry, un favore.
  • Certo, qualsiasi cosa.
  • Portala via.
L’uomo sbuffò in un sorriso non comprendendo a cosa si riferisse.
  • Cosa scusa?
Intervenne Ruth.
  • Credo che si riferisca a me.
Le due donne in quel momento si stavano fissando senza battere ciglio e per un momento calò il gelo. Poi la pittrice prese fiato e  cercò di dire quello che pensava.
  • E’ stanca, non dorme -  riprese fiato – e… indossa una felpa..
Sia l’uomo che la pittrice iniziarono a ridere. Riso che contagiò anche Katrin e un lieve sorriso si dipinse sul viso dell’anziana donna che, conoscendo bene la nipote sapeva cosa stava facendo e che pensieri aveva iniziato a fare. E si ripromise che l’avrebbe aiutata a fare la cosa giusta per lei e non quello che lei credeva giusto.
  • Ma come siamo divertenti. Vuol dire che non stai poi così male.
  • Devi ammettere che ha ragione.
  • Forse, ma è comoda e calda.
  • Intendevo il fatto che da quando hai messo piede qui non ne sei più uscita. Forse dovresti.
Ruth incrociò le braccia in un atteggiamento di chiusura e difesa ma non disse nulla.
  • Va via..Ruth…
La donna le si avvicinò con un sorriso un po’ deluso che quasi spezzava il cuore
  •  Se è per prima…
Victoria distolse lo sguardo rivolgendolo al paesaggio fuori dalla finestra.
  • Va a casa… dormi.. nel tuo letto…
  • Ok, come vuoi. Andiamo Harry… portami a casa.
Ruth rimase a guardarla ferita e quasi offesa, poi si decise ed uscì dalla stanza senza guardarsi indietro, lasciando l’ammalata in compagnia delle altre due donne.
  • Nipote mia, ti dico che non esiste forza al mondo da impedirle di prendersi cura di te. Ritieniti fortunata ad averla accanto.
Victoria la guardò aggrottando la fronte.
  • Io… voglio solo… che viva..
  • E lo sta facendo, credimi. – le si avvicino e le accarezzò una guarcia -  tu guarirai. Abbi fede.
Sopraggiunse la sera e Victoria rimase sola nell’oscurità della notte che avanzava, la luce gialla, quasi arancione che veniva irradiata dalla lampada sopra il letto dava alla stanza una flebile sensazione di calore, ma diventava sempre più debole a mano a mano che si allontanava e si inabissava negli angoli più lontani della stanza che restavano quasi al buio. Si ritrovava a fissare quegli angoli tetri quasi con terrore, dove le sembrava di vedere ombre che si muovevano furtive, in attesa che lei chiudesse gli occhi, creature oscure pronte a sbucare fuori per afferrarla e lei, lei non avrebbe potuto fare nulla, imprigionata in quel corpo che la faceva sentire incatenata al letto. Spostò la sua concentrazione sui piedi e li implorava di muoversi e fece la stessa cosa con le dita della mano, una supplica che cadeva nel vuoto, si ritrovava a rimpiangere il dolore, almeno quello era in grado di gestirlo, ma questo… questo no. Poi ritornò a guardare in quella oscurità e la paura la assalì nuovamente.
Poi un movimento vicino la porta la fece trasalire.
  • Allora, questi vestiti sono di tuo gusto?
Victoria la guarò quasi incredula, allungò instintivamente il braccio nella sua direzione per comunicarle il bisogno di abbracciarla, e quando Ruth la ebbe fra le braccia la sentì scoppiare in un impianto incontenibile e disperato.
  • Ho paura…Ruth.. ho paura!
La donna la strinse di più,  accarezzandole la testa e cullandola leggermente cercava di consolarla.
Da quando si era svegliata aveva finto una calma e una indifferenza innaturale e per un verso quel pianto rassicurava Ruth.
  • Non devi aver paura. In qualsiasi modo andranno le cose non sei sola. Non lo sarai mai, nemmeno se mi cacci… non devi aver paura, di nulla..
********
Dopo lo sfogo di quella sera Victoria cercò di scacciare lontano da se quella sensazione di panico perenne e si dedicò completamente al suo recupero. I mesi che seguirono furono lunghi e difficili per tutti, Ruth volente o dolente alla fine dovette riprendere in mano il suo lavoro, si sentiva in colpa per il dover ritornare ad una sorta di normalità quando invece Victoria restava chiusa in quell’ospedale.
Con il passare delle settimane e l’inizio della terapia motoria aiutarono la donna a riprendere un minimo di sensibilità e di mobilità agli arti colpiti, erano piccoli miglioramenti che da una parte la rallegravano ma dall’altro erano fonte di frustrazione, con tanto lavoro e fatica pensava di dover ottenere risultati più rapidi e consistenti.
E sentì la stessa sensazione di  insoddisfazione quando le venne comunicato che sarebbe potuta tornare a casa. Aveva immaginato che lo avrebbe fatto sulle sue gambe e invece non era affatto così. Non camminava ancora, il massimo che riusciva a fare era tenersi in piedi per il tempo che le serviva da passare da una parte alla sedia a rotelle, e per quanto adesso riuscisse a muovere il braccio non poteva dire la stessa cosa della mano. Per un attimo fu colta dal timore di dover affrontare la vita in quelle condizioni al di fuori di quel luogo che in fondo la faceva sentire al sicuro.
Ma Ruth aveva preparato per lei un altro luogo sicuro riorganizzando il proprio appartamento, aveva fatto portare gli attrezzi che sarebbero serviti a Victoria per continuare la sua terapia, aveva contattato il miglior fisioterapista della città per seguirla e sistemato la camera degli ospiti per metterla a disposizione della nonna.
La pittrice non disse molto, se non un grazie, sentendo quanto quella donna stava facendo per lei, e che non esistevano parole adatte a farle sentire quello che provava in quel momento di profonda fragilità, dove Ruth era sempre pronta a proteggerla e a farle sentire che ogni cosa era al posto giusto e che tutto sarebbe andato bene.
Con l’arrivo di Victoria la casa di Ruth si era riempita di gente, di persone che andavano e venivano a qualsiasi orario, con Elaine, che essendo l’unica persona che la pittrice accettava per farsi aiutare nei suoi fabbisogni personali,  aveva ormai le chiavi di casa, ed era la prima ad arrivare e l’ultima ad andarsene, con la nonna sempre indaffarata in cucina e a sistemare il caos che inevitabilmente si veniva a creare durante il giorno grazie anche agli esercizi a cui veniva sottoposta Victoria dal suo fisioterapista .
Infine Ruth si rese conto di quanti amici avesse la pittrice. Venivano sempre a piccoli gruppi di tre o quattro persone, erano artisti come lei, persone con cui aveva studiato ai tempi del college, o amici della comunita messicana con cui manteneva rapporti praticamente da sempre grazie a sua nonna. Erano persone variegate fra di loro ma con ognuna Victoria aveva qualcosa in comune. Per non parlare poi di Beth, Harry e Hanna che a turno venivano a riempire quei piccoli vuoti che potevano presentarsi durante la giornata. Persino il fratello di Ruth veniva spesso a trovarle, scopriva in Victoria una persona con cui era piacevole conversare anche se spesso l’argomento principale era la sorella. David all’inizio si era sentito in dovere di conoscere la persona con cui la sorella aveva deciso di condividere la vita, come a voler sopperire agli anni di assenza e a placare quel senso di colpa che provava da sempre nei suoi confronti. Ma quando aveva inizato ad approfondire la conoscenza con la donna aveva iniziato a provare un sincero affetto per quella persona  brillante e allo stesso tempo così sensibile e riservata, il suo modo di sentire le emozioni e le persone lo colpivano, una sensibilità che lui riconosceva in se stesso e forse era proprio quello il loro piano comune.
Ruth all’inizio dovette abituarsi al fatto che la sua casa fosse diventata un porto di mare, spesso quando rientrava dal lavoro trovava Victoria circondata da amici e questa cosa non le dispiaceva, le tenevano la mente occupata e le impedivano di estraniarsi e divagare in quei pensieri bui che spesso la afferravano. L’unica cosa che a volte le dava fastidio era il modo che avevano di trattarla alcuni suoi amici artisti, con una sorta di reverenza che sinceramente lei non capiva, avrebbe voluto semplicemente dirgli che lei organizzava mostre e non era un critico d’arte, ma i suoi recenti successi la facevano apparire ai loro occhi come quella persone che avrebbe potuto dare una svolta alla loro carriera. Fortunatamente si riuducevano solo ad un paio e lei riusciva ad evitarli agevolmente. Ma sorridevano insieme, lei e Victoria, quando casualmente qualcuno lasciava un libretto contenente le loro opere.
  • Perdonali, non capisco che gli prende. Di solito non sono così.
  • Non preoccuparti, fortunatamente sono abutuata a destreggiarmi con persone ben peggiori.
  • Del resto se sto con un pezzo grosso del mondo dell’arte non è mica colpa mia.
  • Si come no.
E invece ormai la società di Ruth e Harry aveva acquisito un certo prestigio non solo in città ma la loro fama era arrivata anche alla costa opposta del paese, e tutto questo anche grazie all’ottimo lavoro svolto a Boston e per alcune iniziative che Ruth stava portando avanti in quel periodo.
Si sentiva quasi in colpa verso Victoria per il successo che stava avendo, quando lei sapeva che una delle cose, se forse non la prima a mancarle era proprio il poter dipingere. E sapeva che mai come in quel momento le sarebbe servita come valvola di sfogo.
Così accettava di buon grado quel piccolo caos che ormai regnava in casa, la base fissa composta dalla nonna,Katrin,  Eilaine, Harry e Hanna, Beth e persino suo fratello aveva iniziato a vederla come una piccola tribù riunita per il bene dell’elemento più debole in quel momento.
Ma non poteva non ammettere che arrivata la sera, quando la casa si svuotava e lei e Victoria si chiudevano nella loro camera, di provare un senso di sollievo. Erano di nuovo l’una dell’altra e se anche non avevano più vissuto momenti di profonda intimità non erano mai state così vicine o in sintonia. Il sesso gli mancava, soprattutto a Victoria quando la notte Ruth si addormentava abbracciata a lei in un intreccio di gambe e braccia, la avvolgeva quasi completamente con il suo corpo e si aggrappava alla pittrice come se potesse dissolversi da un momento all’altro. Victoria sentiva il  calore provenire dalla profondità del corpo della sua compagna irradiarsi e aggrovigliarla nella voglia e nel desiderio di riuscire a possederla  di nuovo completamente. Ma sapeva benissimo che al momento non ne sarebbe stata  in grado e il solo immaginarsi nelle sue attuali condizioni provare a far sesso le si prospettava un’immagine di se alquanto ridicola.
Un altro momento che Ruth era riuscita a ritagliare per loro due era il fine settimana, l’unico evento era il pranzo della domenica dove invitata tutti, come a ringraziarli per quello che stavano facendo per loro, ma per il resto era lei a riprendere possesso di quel luogo, prendendosi anche carico delle necessità di Victoria, anche se quest’ultima accettava controvoglia, viveva come un’ennesima umiliazione il dover dipendere così totalmente da lei, oltre a quello che non faceva già ogni singolo giorno accettando quella situazione. Ma Ruth fingeva di non vedere il disappunto nella sua compagna e si godeva quei giorni di calma e quiete solo per loro due. Persino la nonna aveva capito il profondo bisogno che avevano entrambe di ristabilire una loro intimità, così si inventava commissioni da sbrigare in giro, aveva preso persino l’appuntamento fisso di andare nel vecchio appartamento di Victoria per tenerlo pulito e in ordine.
E quella piovosa domenica mattina Victoria era intenta a guardare il ritratto che aveva fatto a Ruth in un tempo che faticava a ricordare. La proprietaria lo aveva messo in un angolo vicino ad una finestra che in quel momento lo illuminava con una luce tagliente che metteva in risalto il tocco delle pennellate. E l’autrice stava proprio esaminando quei colpi di pennello riportando alla mente l’esatto momento in cui li aveva dati, quello che provava nell’imprimere forma e colore ad un’idea, dare consistenza ai suoi pensieri e desideri. E quel dipito era pregno di entrambe le cose.
Si ritrovò a pensare che si ritrovava ad osservare le due cose che amava di più nella vita racchiuse in un singolo oggetto.
Si ritrovò a domandarsi se fosse mai più riuscita a dipingere e a ritornare ad essere una donna completa.
Tornò a guardarsi intorno, da dove si trovava aveva una visuale quasi completa di quella casa e ne fu turbata nel vedere come’era stata trasformata per consentire a lei di poterci vivere agevolmente, quella casa perfetta, quel nido costruito ad immagine della proprietaria era stato deturpato da attrezzature e strumenti vari, modificato solo per lei.
Girò la testa alla ricerca di Ruth, la vedeva in lontananza indaffarata a preparare il pranzo, aveva messo in sottofondo un disco di Nina Simone e la sentiva canticchiare. Vedeva le sue curve che prendevano forma di tanto in tanto da sotto il largo maglione che indossava, la linea delle sue mani operose, del polso leggermente ossuto e la linea dell’avambraccio che si perdeva sotto la manica tirata su fino al gomito. Sospirò, si immaginava alzarsi e andarle alle spalle, afferrale con una mano quel polso e circondarle la vita con l’altra, baciarle la base del collo e continuare lungo la spalla. Sentire la sua schiena e il suo sedere aderire contro il suo corpo. Chiuse gli occhi e fermò quel pensiero che iniziava a procurarle un dolore quasi fisico.
Sospirò nuovamente ritornando a guardare quel dipinto dove Ruth la osservava con quell’espressione  che le conosceva così bene, piena e soddisfatta e con una certa aria di sfida. Quella donna che aveva sacrificato e continuava a sacrificare molto solo per lei, e lei che cosa avrebbe mai potuto darle in cambio? Meritava veramente tutto questo?
  • Non ti sei ancora stancata di stare a guardare quel ritratto? Lo fissi come se non fosse opera tua.
Victoria si rese conto solo in quel momento di essere stata raggiunta in quell’angolo della casa. Alzò lo sguardo verso di lei con un’aria cupa e rassegnata allo stesso momento.  Allargò i polmoni con un profondo respiro e poi lo lasciò andare, insieme ai suoi pensieri.
  • Dimmi, che cosa te ne farai di me.
Ruth sorrise.
  • Che intendi?
  • Cosa te ne farai di me se non migliorerò, se sarò costretta in questa condizione – alzò lo sguardo verso quel dipinto – se non sarò più in grado di creare qualcosa del genere. – poi in un sussurro – cosa ne sarà di me… io sono quello. Sono una stupida emozione impressa su una tela.
La donna prese una sedia e la mise esattamente davanti a lei e si sedette avvicinandola a se il più possibile, allargando anche le gambe per fare spazio a quelle della pittrice. Adesso erano alla stessa altezza e riusciva a guardarla negli occhi.
  • Vic, sei una donna intelligente. Piena di iniziativa, se mai tu non riuscissi a riacquistare la piena mobilità so che ti inveteresti qualsiasi altra cosa per riuscire a tornare ad esprimere te stessa attraverso l’arte. Ti confesso che mi sembra strano come tu non ti sia già messa a dipingere con la mano sinistra! E poi sinceramente, anche se tu volessi fare altro nella vita so che ti amerei ugualmente.
Victoria abbassò lo sguarso e con un sorriso amaro disse.
  • Amarmi -  ritornò a fissarla – e dimmi per quanto tempo ancora pensi possa durare questo amore in queste condizioni? Dove tu stai sacrificando anche te stessa. E per cosa? Per una compagna di stanza?
Ruth sorrise di nuovo.
  • Ricordo benissimo quando  tu stessa mi dicesti che noi andiamo al di là dell’altrazione fisica. Noi riusciamo a completarci ugualmente.
La pittrice scosse la testa e sussurò.
  • Non può bastare..
  • Ok, cosa vuoi che ti dica? Che mi manca il sesso e quindi dovremmo lasciarci? Mi mancherebbe il non farlo con te, quello si. Ma sai cosa Victoria?
Si sporse verso di lei facendo scorrere le mani lungo le gambe della pittice in una lunga carezza che si fermò sui suoi fianchi.
  •  Io riesco a sentirti dentro di me, sotto la mia pelle e nelle mie vene in ogni momento.
Aveva abbassato la voce che era diventata calda a profonda, le prese volutamente la mano inerme e se l’ apoggiò sulla guancia facendo aderire bene quelle dita inerti sul suo viso.
  • Riesco a sentirti, sempre.
Chiuse gli occhi e la guidò sul suo collo dove fermò nuovamente la mano che in quel momento combaciava  perfettamente alla sua gola e sempre in un sussurro quasi gutturale.
  • Riesci a sentirlo?
Riprese quel lungo percorso guidato facendolo terminare al centro del suo petto, dove la strinse con entrambe le mani, alla fine aprì gli occhi e quello che la pittrice vide in essi le fece sussultare il cuore e stringere lo stomaco in una profonda fitta di emozione. Era uno sguardo fermo e  profondo e  di un’intensità quasi primordiale. Non esistavano occhi come i suoi in quel momento. Così come il suono profondo della sua voce le fece provare un brivido.
  • Tu? Tu non riesci a sentirlo. E’ per questo che soffri.
Victoria la fissava non riuscendo a risponderle, domandandosi chi avesse di fronte in quel momento, quella donna così sensuale e talmente forte nell’esprimerle quello che sentiva da farle quasi paura. Ma sentì di amarla come mai prima di allora.
Poi Ruth si sporse ancora più in avanti continuando ad utilizzare quel tono basso e ruvido
  • Tu sei libera di andare via quando vuoi. Ma francamente penso che ritornerai ad essere l’amante perfetta di un tempo.
Furono interrotte dalla porta che veniva aperta e dall’arrivo della nonna accompagnata da Katrin. Ruth lasciò andare la mano della sua compagna e per un istante continuò a guardarla ma quell’intesità era svanita, e un  sorriso canzonatorio accompagnato da un sopracciglio alzato aveva preso il suo posto, poi decise di andare incontro alle nuove arrivate.
  • Abbiamo interrotto qualcosa?
  • No Kat, facevamo solo due chiacchiere.
Poi trovandosi accanto all’anziana signora si girò di nuovo verso la pittrice.
  • E comunque Vic, qualsiasi cosa tu decida di fare, sappi che mi terrò stretta tua nonna.
Lo disse stringendo da dietro le spalle dell’anziana signora e con un’aria divertita. Poi le lasciò per riportare la sua attenzione sulle pentole lasciate sul fuoco in cucina.
Katrin la seguì con lo sguardo per tutto il tempo, rimanendo immobile nel punto in cui era da quando aveva messo piede in casa. Sapeva benissimo che qualche istante prima era successo qualcosa, lo intuiva soprattutto dall’espressione pensierosa che aveva la sua amica e dalla finta leggerezza che aveva simulato Ruth.
La raggiunse in cucina dove si appoggiò con i gomiti sull’isola che ospitava i fornelli e rimase a guardare quello che faceva la padrona di casa concentrando di tanto in tanto la sua attenzione su di lei. La rossa odiava ammetterlo, ma subiva ancora il fascino di Ruth, la forte attrazione che provava per lei adesso era forse più forte di prima. Sapeva che era  un sentimento sbagliato e aveva anche cercato di dimenticarla uscendo con altre donne, ma presto si rese conto che non riusciva a farsi andar bene nessuna perché in ognuna di esse cercava Ruth, cosa che le fece notare una sera Beth dopo che era riuscita a coinvolgela in una delle sue uscite.
  • Tesoro, se metti a paragone qualsiasi donna che conosci con Ruth non andrai molto lontano.
  • Non dire sciocchezze, non vedo perché dovrei farlo.
  • Perché è talmente evidente! Sei ancora innamorata di lei.
E quella rivelazione le fece paura. Paura che come Beth anche qualcun altro potesse rendersene conto, e terrore che una di quelle persone potesse essere Victoria o Ruth, e spesso di quest’ultima aveva come la sensazione che lo sapesse, ma visti i loro recenti trascorsi aveva la delicatezza di far finta di nulla.
Ora era lì in quella cucina insieme a lei, la guardava e non capiva quell’atteggiamento di non curanza quando invece era evidente che qualcosa si agitava sotto la superfice.
  • Sembri stanca
Ruth la guardò distogliendo per un attimo l’attenzione da quello che stava mescolando in una pentola in quel momento.
  • No, ti sbagli.
  • Che cosa deve decidere Vic?
  • Nulla. Ha semplicemente una giornata storta.
  • Ruth.. lo sai, se posso aiutarti…
Suonarono alla porta.
  • Ti dispiace andare ad aprire?
Il modo in cui lo disse le fece capire che anche senza quella interruzione la conversazione sarebbe comunque finita lì, Katrin la guardò prima di muoversi per accontentare la sua richiesta.
Dalle voci che sintì riconobbe Harry e la moglie, Hanna dopo aver salutato le persone in sala la raggiunse per darle una mano in quell’impresa che ormai era diventata un’abitudine e dopo fu raggiunta dal marito che andò a baciare sulla guancia la sua amica
  • C’è un tempo da cani là fuori.
Poco dopo arrivò anche Beth insieme ad Eilaine e per quella domenica erano tutti, David con la famiglia, con dispiacere della sorella, non sarebbero venuti.
Ognuno con una piccola mansione diede una mano, chi per apparecchiare la grande tavola della sala, chi ad aprie il vino e versarlo e infine a portare a tavola le pietanze cucinate con tanta dedizione dalla padrona di casa.
Victoria se ne restava in disparte a guardare i suoi amici indaffarati e allegri a scambiarsi battute e a stuzzicarsi. Era una bella famiglia, riuniti intorno ad un tavolo a consumare un rito che serviva a tutti per sentirsi meno soli nel caos della vita, si, erano una bella famiglia improvvisata ed eclettica, era innegabile. Si ritrovava spesso a fissare Ruth all’altro capo della tavola e avvertiva  un cambiamento avvenuto in lei dopo l’inconsueta conversazione avuta qualche ora prima. Non sapeva dire se fosse qualcosa di reale o solo frutto della sua fantasia e di quel turbamento che aveva provato.
Ma quello che le aveva detto non era vero, anche lei la sentiva, sempre, ed era proprio per quello che soffriva.  Si vedeva come una catena legata alla caviglia di Ruth e provava un profondo tormento dettato dal senso di colpa, se si trovavano in quelle condizioni era solo colpa sua, per il suo egoismo, per le sue indecisioni e paure.
Per la sua incoscienza.
E non riusciva a perdonarselo.
Ruth sentiva su di sè lo sguardo di Victoria, lo ricambiava di tanto in tanto brevemente, non voleva pensare a nient’altro che a quel pranzo e a godersi quel momento di leggerezza con i suoi amici. Ma che ci fosse uno squilibrio fu evidente con il tempo anche agli altri commensali. Ne durante ne dopo, quando terminarono, le due donne si rivolsero la parola.
Dopo si spostarono tutti in quello che restava del salotto dopo essere stato trasformato in palestra, lì consumarono il dolce che aveva portato Hanna e continuato a far scorrere del buon vino.
Victoria continuava a restare in disparte, avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire, per andare a prendere una boccata d’aria e riuscire a dare spazio ai suoi pensieri che ormai quella casa contenevano a stento,aveva voglia di correre e urlare, di ballare e di cantare, di fare l’amore fino allo sfinimento. Ma doveva limitarsi a stare vicino alla grande finestra e a vedere quella sottile pioggia che cadeva sull’ Hudson e a osservare con quale monotonia alcuni mercantili si lasciavano scivolare lungo le sue acque. Ogni tanto improvvisi scoppi di risa riportavano la sua attenzione a quello che accadeva all’interno, ma poi ritornava a guardare fuori e l’accendersi delle luci che annunciavano l’arrivo della sera. Non seppe dire quanto tempo restò lì in contemplazione, fu riportata  alla realtà da una mano che si appoggiava sulla sua spalla, quando alzò lo sguardo vide Harry che le sorrideva.
  • Noi andiamo via.
  • Perdonatemi se non sono stata di compagnia.
L’uomo si abbassò verso di lei e abbassando la voce
  • Qualsiasi cosa sia successa ti prego, risolvila o domani per me sarà un tormento.
Sorrisero entrambi.
  • Non so cosa dovrei risolvere.
  • Non avete litigato?
  • No.
La guardò perplesso, poi furono raggiunti da Hanna e Beth che aveva deciso anche lei di andar via rubando un pasaggio all’amico. Scambiarono ancora qualche battuta e poi se ne andarono. Quando chiuse la porta alle sue spalle Rurh si rivolse alle donne che erano rimaste.
  • Scusatemi ma ho bisogno di stendermi, Maria, lascia perdere i piatti sporchi, ci penserò io dopo.
  • Tutto bene bambina?
  • Si El, ho solo un lieve mal di testa, forse ho esagerato con il vino.
Nel dirlo le sorrise e si diresse con passo sicuro verso la sua camera dove non appena varcata la soglia chiuse la porta.
Victoria era rimasta indifferente a continuare a guardare fuori dalla finestra, e la cosa non sfuggì a nessuno.
  • Ok pequegna, mi dici che vi succede?
La nipote la guardò con sorpresa. Poi le rispose con un sospiro distogliendo di nuovo l’attenzione da lei.
  • Victoria Reyes sto parlando con te!
Il tono solenne che usò fece venire in mente sia a lei che Katrin quando da bambina combinava qualcosa di  grosso e non prometteva niente di buono se non una punizione esemplare.
  • Se ti dicessi che non è successo niente mi crederesti?
Intervenne Elaine
  • Ovviamente no. Non posso dire di conoscere bene Ruth, ma il muro che ha alzato non è certo da lei.
  • Oh si che lo è credimi, io lo conosco bene.
La rossa rispose da dov’era seduta con ancora il bicchiere in mano intenta ad osservare il contenuto.
Victoria rispose spazientita.
  • Abbiamo solo parlato del futuro, se non dovessero esserci più miglioramenti.
  • E perché mai non dovresti migliorare?
  • Perché nessuno al momento può saperlo. Nemmeno tu Elaine.
La nonna le andò vicino.
  • Victoria. La vita, è la cosa più difficile che possa capitare al genere umano, non puoi fuggire, non puoi ribellarti, puoi soltanto viverla, esattamente così come viene. Ma questo viaggio puoi renderlo più leggero se permetti alle persone che ti amano di condividerlo con te.
  • Ma è giusto in queste condizioni?
  •  Non puoi allontanare qualcuno che non vuole andar via. E non lo vuoi nemmeno tu.
La pittrice fece un cenno di assenso guardandosi le mani.
  • Si hai ragione – tornò a guardare la nonna con un mezzo sorriso – scusami.
Qualche ora più tardi era entrata nella camera da letto trovando Ruth profondamente addormentata, la lampada accanto al letto rischiarava in modo discreto la stanza e  il libro che stava leggendo in quel periodo era pericolosamente in bilico sul letto, così Victoria con fatica riuscì a raggiungerlo e a toglierlo da quella posizione mettendolo sulle proprie gambe, dopo si soffermò a osservare  l’espressione serena  che aveva in quel momento la donna che amava. Poi si spinse verso la finestra e per un attimo alzò gli occhi al cielo, ogni tanto attraverso quelle nubi cariche di pioggia si intravedeva il bagliore di una luna che doveva essere piena. Inaspettatamente le venne in mente il ricordo di una campagna illuminata a giorno dal chiarore della luna, il cielo terso e per un attimo riuscì ad avvertire l’odore dell’aria intrisa di quei fiori che riprendevano fiato dopo una piena giornata di sole e che riempivano dei loro colori vivaci il cortile di casa. Il canto dei grilli, la frescura che accarezzava la pelle e una musica lontana.
Come spesso le accadeva nei momenti di difficoltà i ricordi delle vacanze in messico con la nonna ritornavano a darle una sorta di consolazione, a ricordarle un tempo spensierato che non sarebbe mai tornato. Ma le dava conforto l’illusione che magari un giorno sarebbe riuscita a costruire nuovi ricordi in quei luoghi insieme a Ruth.
Si ricordò del libro che aveva ancora sulle gambe, così lo prese e iniziò a sfogliarlo e a leggere le prime pagine fino a quando non fu distratta dal sentire il profondo sospiro che emise Ruth stiracchiandosi mentre si svegliava, guardò per un istante Victoria e poi si mise le mani sul viso.
  • Dio… mi sono addormentata. – Sospirò affranta – devo ancora rimettere a posto la cucina.
  • Ci hanno pensato Kat ed Elaine prima di andar via.
Ruth la guardò, rimanendo sdraiata su un fianco e incrociando le braccia come a riscaldarsi.
  • E tua nonna?
  • Si è ritirata nella sua stanza, e a giudicare dall’ora credo che stia già dormendo.
Sorrise appena. Chiuse il libro che aveva ancora aperto e lo posò sul tavolino che aveva vicino. Le due donne rimasero a fissarsi senza parlare. Fu Victoria a rompere il silenzio, ma iniziò a parlare distogliendo l’attenzione da lei.
  • Sono stata esortata praticamente da tutti a risolvere la situazione. Nessuno mi ha creduta quando ho detto loro che non avevamo litigato.
Non ricevette nessuna risposta
  • Certo, beh come potevano credermi visto che tu ti sei trincerata dietro a questo muro di silenzio.
  • Perché sinceramente non c’è niente da dire che non sia già stato detto.
  • Perfetto, però c’è ancora una cosa che non ti ho ancora detto. Ma la verità è che te l’avrò ripetuto talmente tante volte che sentirlo dire dalla mia bocca non ha più alcun valore. Ti chiedo scusa – sorrise -  ricordo ancora quando mi facesti notare che ci conoscevamo da poco e non so quante volte mi ero dovuta scusare con te. E la cosa triste è che più siamo andate avanti e più ho aumentato quel numero. Fino ad arrivare ad oggi. E mi ritrovo a chiederti di perdonarmi. Perché è solo colpa mia se oggi mi ritrovo in queste condizioni e ti costringo ad una vita  a metà.
Ruth l’aveva ascoltata rimanendo immobile osservandola con una sguardo serio, quasi arrabbiato.
  • Sai cosa penso io? Spesso mi sono ritrovata a pensare che se non mi fossi innamorata di te, sicuramente oggi tu staresti bene.
  • Ma cosa dici.
La donna si mise seduta con uno scatto di rabbia. Inizialmente la pittrice pensò che si sarebbe alzata per andare via e invece rimase seduta, con i piedi ben piantati a terra pronta a scattare. Ma non lo fece.
  • Cosa dico? Sei tu che devi ascoltare te stessa. Sei la persona più testarda che conosco? Si è così. Sei causa del tuo male? Non lo so forse si forse no,cosa cambia? A chi importa?!
  • Importa a me.
  • Sono stanca Victoria. Sono stanca di stare tra i se o i forse e i ma, non dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme. In un paio di anni abbiamo vissuto più vite io e te che una vecchia coppia che sta insieme da 60 anni. E veramente non so se sia normale, ma quello che so per certo è che sono stufa di essere forte e di battermi con te.
Victoria abbassò lo sguardo con aria colpevole e triste
  • Mi dispiace che tu senta il bisogno di farlo.
  • Non è questo il punto Vic! So che posso farlo, essere forte per entrambe, ma adesso... adesso voglio solo che tu mi dica che ci sarai per me e che mi proteggerai, così come faccio e ho intenzione di fare con te. Sai come si dice, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia...
Victoria sorrise
  • Non siamo mica sposate io e te
  • Beh… forse dovremmo.
Victoria strinse gli occhi come a metterla a fuoco poi con un leggero sorriso incredulo
  • Mi stai chiedendo di sposarti?
Ruth strinse le mani sul bordo del letto sporgendosi leggermente in avanti, iniziò a fare un cenno di assenso e poi lo rafforzò con un
  • Si, penso proprio di si.
La pittrice distole lo sguardo, si perse in una riflessione che durò  qualche istante, poi con una smorfia delle labbra che esprimeva un "perchè no"  tornò a guardarla
Ok
Ok?
Si ma ad una condizione, che lo faremo solo quando potrò stare in piedi sulle mie gambe e dirti di si guardandoti negli occhi.
Ruth soppesò la richiesta
  •  Va bene, penso che si possa fare.
Rimasero a fissarsi nel silenzio della stanza, Victoria si spinse vicino al letto e fece il passaggio che la portò a sedersi accanto a lei. Entrambe guardavano di fronte a loro. Poi la pittrice ruppe quel pesante silenzio che si era creato
- Quindi abbiamo deciso di sposarci
- Sembrerebbe di si
Scoppiarono in una sonora risata, si guardarono fra le lacrime che stava suscitando quel riso incontrollato e poi entrambe di istinto si presero il viso fra le mani iniziando a baciarsi alternando improvvisi scoppi di risa
 -  Ruth è stata la proposta meno romantica della storia!
-  Ammetto che la cosa ha colto di sopresa anche me! Non iniziare a lamenarti!

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Capitolo 20
*** Since I Fell for You ***


Nel mese che seguì non ne fecero parola con nessuno, avevano deciso che sarebbe stato il loro segreto fino a quando Victoria non si fosse ristabilita, o almeno erano queste le condizioni che aveva imposto la pittrice, se fosse dipeso da Ruth, lo avrebbe urlato al mondo. Ma aveva deciso di assecondarla pensando che forse questo nuovo obbiettivo l’avrebbe aiutata a trovare nuova forza e stimoli da dedicare al suo recupero.
Però la sera ,quando erano nell’intimità dalle loro camera, si ritrovavano a fantasticare sul come e il dove. Ruth immaginava una cerimonia molto semplice, un “sì” detto davanti ad un delegato del comune con presenti solo le persone più vicine ad entrambe e dopo, una cena con pochi amici intimi. Per Victoria invece era impensabile una cosa del genere e cercava di convincerla dell’importanza che doveva avere il luogo della celebrazione che andava al di là di una semplice stanza di un ufficio, e poi voleva una grande festa, con tanta gente pronta a divertirsi. E per lei il posto adatto a far si che entrambe le sue aspettative venissero esaudite era la sua casa in messico.
In quel momento Ruth era in bagno intenta a lavarsi i denti e dopo a mettersi una crema prima in viso e poi sulle mani, Victoria invece se ne restava ad osservarla davanti la porta.
  • Sai che non ti facevo una da gran cerimonia?
  • Non ho mai detto di volerla, anche se a paragone della tua visione, tutto sembra più sfarzoso.
  • Piantala, la mia si chiama sobrietà.
  • Amore mio perdonami ma mi rifiuto di prenderlo in considerazione. Però avrei un buon compromesso.
  • Sentiamo, sono proprio curiosa.
  • Che ne dici di sposarci nel bar in cui ci siamo incontrate.
Ruth scoppiò in una fragorosa risata. Ma Victoria continuò.
  • E  magari celebrare il matrimonio nel bagno.
  • Perché no? Evocativo sicuramente! Poi però lascio a te il piacere di spiegare agli invitati il perché di questa scelta.
  • Non ho niente di cui vergognarmi sai?
Ruth le andò incontro abbassandosi e chiudendole la bocca con un bacio.
  • E questo per cos’era?
  • Per impedirti di dire altre sciocchezze.
Si portò dietro di lei e la spinse dentro il bagno.
  • Hai bisogno di una mano?
  • Direi di no, guarda un po’ – e con un po’ di sforzo si mise in piedi e quando si sentì sicura fece un paio di passi avvicinandosi al ripiano dal lavabo – rassegnati, presto sarò in grado di aspettarti in piedi nel cortile di casa mia dove ci sarà un altare e il cerimoniere.
Ruth inclinò la testa arricciando le labbra.
  • Però, hai già deciso tutto. – rimase a guardarla, felice di quel piccolo progresso, poi la vide esitare con lo spazzolino in mano– tutto ok?
  • Si beh, avrei bisogno di una mano con il dentifricio.
E nel dirlo tornò a sedersi, esausta per quello sforzo se pur piccolo. Chiuse gli occhi cercando di riprendersi mentre  la donna l’aiutava in quella richiesta, dopo Victoria la guardò nuovamente e con un espressione solenne le disse.
  • E anche quando riuscirò a spremere da sola quello stupido tubetto -  e alzò lo spazzolino in modo solenne – vedrai, non avrai più scampo.
Ruth non riuscì a trattenersi dal ridere.
La nonna era da qualche tempo che aveva notato un cambiamento nelle due donne e in quel momento sentirle ridere dalla sua camera le riempiva il cuore di gioia, qualsiasi cose fosse successa ne era felice.
Quando si misero a letto Ruth inforcò gli occhiali e iniziò a leggere, Victoria se ne restava invece a fissare il soffitto persa nei suoi pensieri.  Poi gli diede voce.
  • Certo che per essere due che si sono incontrate in un bar ne abbiamo fatta di strada.
Ruth si girò a gardarla.
  • Sai benissimo che siamo qualcosa di più che due persone in un bar.
La pittrice incrociò il suo sguardo.
  • Sai, ho avuto tanto tempo per riflettere.
  • E la cosa mi sapaventa
 La donna lo disse chiudendo il libro e riponendolo con gli occhiali sul comodino, per poi ritornare ad osservarla dall’alto.
  • Non sei affatto divertente. Se ripenso alla me stessa di quel tempo, dio, ero talmente abituata alla mia solitudine. Pensavo di aver esaurito tutta la mia razione di felicità.
Ruth si mise su un fianco rivolta verso di lei, restando sollevata e appoggiando la testa sul braccio piegato.  Poi si chinò per baciarla, riversandosi in quelle labbra che faceva fatica a lasciare ogni volta che le sue le toccavano.
  • Direi che non sei più sola.
  • No, non lo sono. Ruth, se per te è importante farlo qui, a New York, va bene anche per me.
La donna prima la guardò e dopo si distese appoggiando il viso sulla spalla della pittrice, abbracciandola e avvolgendola con il suo corpo, inspirò il suo profumo profondamente.
  • Vic, ti era mai capitato di pensarci prima? Al matrimonio intendo. Hai questa visione così chiara di quello che vuoi.
  • Tu no?
  • No. Ma a differenza di te non ho mai avuto nessuno che mi abbia spinto a pensarci.
La pittrice si mosse per liberarsi da quell’abbraccio e si sollevò leggermente per poterla guardare in viso.
  • Mi stai chiedendo se lo avevo programmato con Dana?
Ruth non le rispose ma distolse lo sguardo.
  • Hai paura che ti stia proponendo un sogno che avevo immaginato con lei?  Ruth, guardami.
La donna eseguì la richiesta.
  • No, non è stata una cosa a cui abbiamo mai pensato.
Ruth sorrise incredula e comunicando con esso tutto il suo scetticismo.
  • Non mi credi? Ti basti sapere che per le persone che eravamo all’epoca era impensabile, qualcosa di troppo conformista per Dana e qualcosa che richiedeva una maturità da parte mia che ti assicuro non avevo. Quindi no, non ti sto rifilando soluzioni di seconda mano.
  • Non arrabbiarti, era solo una stupida cosa che… si sono gelosa, non dovresti stupirtene.
Victoria le mise una mano sul viso, all’altezza dell’orecchio facendo passare alcune ciocche di capelli attraverso le sue dita.
  • Si puoi dirlo forte che è una cosa stupida.
L’attirò a se per baciarla, ma quando Ruth provò a porvi fine Victoria non glielo permise, continuando a perdersi nel sapore della sua lingua, la spinse indietro così da averla sotto di se e iniziando a spostare quel bacio sul suo collo.
  • Vic – fu appena un sussurro
La pittrice riuscì a sistemarsi meglio sopra di lei e a insinuare la mano sotto la maglia della sua compagna facendole sfuggire un gemito.
  • Victoria, no.
  • No?
  • Tu… ancora… non puoi…
  • Sta a vedere… sto meglio… e posso dimostrartelo
  • Non voglio rischiare
La sua voce trapelava poca convinzione, ma provò ad allontanarla con dolcezza
  • Ti prego Ruth… ti voglio… in un modo… mi sembra di impazzire…
Le morse il collo.
  • Mi stai.. pregando?
La voce di Ruth era un sussurro tremante
  • Si, ti sto supplicando… ne ho bisogno  -  e le infilò la mano negli slip – di averti  sotto le mie dita e di sentire che mi vuoi.
La baciò ancora e dopo le rimase con il mento appoggiato al suo iniziando a respirare una nella bocca dell’altra mentre riusciva a toccarla nella profondità del suo piacere
  • E direi proprio che mi vuoi.
  • Sta zitta Vic!
Fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di essere travolta da un violento orgasmo.
La pittrice l’ abbracciò mentre si scioglieva sotto di lei e sentendola dopo un po’ tornare a rilassarsi.
  • Maledizione Victoria, sarai soddisfatta adesso.
  • Mai quanto te amore mio.
Lo disse con una tale aria di compiacimento che Ruth provò a spingerla via ma senza successo, Victoria la tenne salda sotto il suo peso, restava a guardare le sue guance arrossate e i suoi occhi resi lucidi dal piacere che l’aveva appena attraversata.
  • Se dovesse scoppiarmi di nuovo una vena del cervello mentre faccio l’amore con la donna che amo non mi importerebbe. Ti Amo e sei l’unica persona con cui abbia mai pensato di volermi sposare e solo perché non riesco ad immaginarla una vita senza di te.
Ruth la guardò inclinando la testa
  • Sai che sarebbe una perfetta promessa di matrimonio.
Dopo un attimo scoppiarono a ridere
  • Ti amo anch’io… forse troppo…
  • Non è mai troppo…
Si sitemò meglio su di lei accoccolandosi fra le sue braccia. Ruth sotto il suo peso si allungò per spegnere la luce, si rese conto che non avevano tirato le tende e quando si abituò alla poca luce della stanza che proveniva dalla finestra rimase a guardare fuori.
  • Sta nevicando
Victoria aprì gli occhi ma non si mosse, immaginò il freddo tagliente che poteva esserci fuori e si sentì grata e felice del tepore che invece regnava in quella stanza e fra le braccia del suo amore, la strinse leggermente, poi sentì il battito del cuore di Ruth aumentare.
  • Ehi, tutto bene?
  • Si… si..
Ruth si sorprese a pensare con stupore a un tempo in cui quella vista l’avrebbe terrorizzata, la neve che cadeva silenziosa nel cuore della notte a coprire per un attimo le brutture di quella città sotto un manto candido, con l’illusione che in quegli istanti anche i rumori che regnavano costantemente e a qualsiasi ora del giorno e della notte sarebbero stati ovattati e allontanati da quei piccoli globuli di ghiaccio. Ma come tutto in quel posto, in quelle strade, sarebbe durato poco e sarebbe nuovamente stato contaminato dalla presenza di auto e passanti.
Scacciò via la sensazione che aveva ogni volta che veniva investita da quei ricordi lontani, apparteneti ad un’altra vita. Si domandava come mai, e lo trovava veramente strano, in quel momento di profonda serenità riaffiorasse quella cicatrice. Fece un respiro profondo e cercò di focalizzare la stanza, gli oggetti familiari sparsi in giro,  la sensazione del suo corpo steso in quel letto dalle morbide coperte e dal peso e calore del corpo della donna che amava sopra il suo. Richiamò alla mente la forte sensazione di piacere che le aveva procurato Victoria qualche minuto prima come a richiamere per l’ennesima volta se stessa alla realtà.
E in quel modo come sempre riuscì a calmare lo spirito e la mente sprofondando in un sonno calmo e senza sogni.
                                                               ********
Si avvicinavano le feste natalizie e qualcosa era accaduto ad infrangere la quiete del loro piccolo mondo. Niente che riguardasse il loro rapporto ma che aveva influito sulla serenità che erano riuscite a ristabilire. Per Ruth il mese di dicembre aveva sempre rappresentato un periodo difficile da superare ed era abituata alla feroce malinconia che le afferrava il cuore. Ma quell’anno si era presentata con più  forza specialmente dopo l’invito da parte del fratello a partecipare alle celebrazioni per Chanukkah. Non le era nemmeno passato per la mente come possibilità, ed era quasi arrabbiata con lui per la posizione in cui l’aveva messa. Per lei era impensabile entrare di nuovo in quella casa e mai lo avrebbe fatto in un periodo così carico di ricordi, belli e orribili insieme.
Ricordi pieni della madre, quando ancora erano una famiglia unita e quando credeva che suo padre la amasse profondamente. Quando ancora era certa che non esistesse niente di più bello e rassicurante della sua famiglia che si riuniva intorno al candelabro  ad accendere ogni sera una candela e  a recitare le benedizioni, con gli amici che portavano i doni ai più piccoli e che poi finivano tutti riuniti intorno alla tavola a giocare e a mangiar dolci.
No, non sarebbe mai riuscita a sopportare quei luoghi, quelle stanze che le evocavano immagini così vive. Memorie lontane che inevitabilmente ne avrebbero evocate di altre, più crude e dolorose, di lei a spasso per le strade illuminate da quella miriade di piccole lampadine che decoravano case e vetrine, il dolore nel vedere quelle famiglie che incrociava spensierate e con quella felicità che solo quel periodo dell’anno sapeva portare nelle persone e che a lei facevano avvertire tutta la sua solitudine. E anche quel ricordo la conduceva davanti a quella casa ad osservare nella desolazione di quel marciapiede la finestra, dove bruciavano le candele che suo padre accendeva ogni sera per otto giorni e che avrebbero dovuto illuminare i passanti. E in lei invece accendeva solo un profondo odio e rancore.
Quindi l’invito del fratello le cadde addosso come un macigno, ne fu quasi offesa, come osava turbare la sua serenità con una richiesta assurda come quella. Desiderava soltanto riuscire a passare indenne quei giorni, con le sue di tradizioni, fatte di compere con Beth che la trascinava da un negozio all’altro e dal pranzo di Natale a casa di Harry e Hanna.
Si sorprese anche quando Victoria le aveva chiesto se per la notte di natale sarebbe andata con lei Katrin e la nonna alla celebrazione di mezzanotte, e si vergognò nel negarle quell’unica richiesta, soprattutto perché portò come scusante il fatto che lei nonostante tutto era ebrea e che festeggiava il natale solo perché costretta dai suoi amici. Quello che le chiedeva di fare richiedeva un rispetto che lei non avrebbe potuto avere. Scuse, solo un mare di scuse per non dirle che l’unico motivo nella sua vita ad aveva spinta a frequentare delle chiese era perché sapeva di poter trovare dei pasti caldi e un letto dove poter dormire senza dover restare sempre all’erta.
Si ritrovò a sorridere pensando che era come se si fossero messi d’accordo per metterla di fronte a tutto quello che lei evitava abilmente ormai da anni e dal quale si teneva al sicuro. Mai come in quell’anno si ritrovava a lottare contro quei ricordi spiacevoli e dolorosi sotto ogni singolo aspetto.  
Victoria poteva intuire il perché l’invito del fratello l’avesse turbata così tanto, ma sapeva anche che c’era qualcos’altro che non le diceva. Aveva provato a convincerla che per il suo bene sarebbe dovuta andare almeno una sera, ma Ruth tagliava velocemente il discorso,  e rimase stupita quando la vide rifiutare per l’ennesima volta quell’invito fatto dalle nipoti che la guardavano con aria speranzosa, morivano dalla voglia di far vedere a quella zia che avevano imparato ad amare e ammirare le loro camere e renderla partecipe delle loro vite e quel netto rifiuto, anche se fatto con gentilezza, aveva portato in loro una profonda delusione.  Ruth vide il disappunto dipinto sul volto di Victoria, non riuscì a sosterene il suo sguardo sentendo tutto il rimprovero che portava. Riportò la sua attenzione sulle nipoti.
  • Ok ragazze, non vi prometto niente, ma se riesco a liberarmi verrò per l’accensione dell’ultima candela ok?
Il volto delle bambine si illuminò.
  • Evviva!
Dopo aver fatto il pieno di abbracci entusiasti si rivolse  al fratello.
  • Posso parlarti un attimo?
Si appartarono in cucina lasciando la conganta e le nipoti in compagnia di Victoria e la nonna.
  • Non avresti mai dovuto mettermi in questa posizione!
  • Ruth, mi dispiace. Ho capito che non avrei dovuto chiederti di venire. Capisco le tue motivazioni.
  • Ecco, allora se le comprendi perché mettere di mezzo le bambine?
  • Ti giuro che è stata una loro iniziativa. E sinceramente, per quanto ti possa capire, non posso sentirmi in colpa perché ti voglio nella nostra vita.Specialmente in momenti importanti come questo.
  • Non posso David. – si portò una mano sugli occhi – il solo pensiero mi opprime.
L’uomo le si avvicinò poggiandole le mani sulla spalle.
  • Ruth, sarà diverso. Noi lo siamo. Ci saremo soltanto noi e Victoria se vorrà.Invitiamo tutti se vuoi, se pensi che questo possa aiutarti.
La donna gli puntò in viso uno sguardo duro.
  • Ma si, perché no! Perché non far sapere a tutti le cose orribili a cui ci ha costretto nostro padre! Ah no aspetta, ha costretto soltanto me!
Si liberò con un gesto da quelle mani. Si allontanò dandogli le spalle, fece un profondo respiro.
  • Verrò, solo per le ragazze. E verrò da sola. Ma non avere grandi aspettative.
Quando ritornarono in sala, l’uomo dichiarò che era ora di andare, si scambiarono uno sguardo con la moglie che comprese che qualcosa era appena accaduto  e così andarono via.
  • Posso sapere cos’è successo?
Ruth la guardò accigliata.
  • Niente, domani sera andrò a casa di mio fratello. Così sarete tutti contenti e forse mi lascerete in pace.
  • Ruth. Credi davvero che non ti capisca? Ma vuoi davvero vivere così?
  • Così come?
  • Scappando dal tuo passato.
Quelle parole dipinsero una maschera di rabbia sul volto della donna.
  • Non ti permetto di dirmi una cosa del genene! Tu.. nessuno di voi può giudicare le mie azioni… è la mia vita e l’ho gestita benissimo fino ad ora. E fammi il piacere di non parlare di cose che non conosci!
Andò nella camera da letto sbattendole la porta in faccia.
Victoria e l’anziana donna rimasero a guardarsi senza dire nulla, entrambe preoccupate per la reazione eccessiva che aveva avuto la donna.
L’indomani Victoria aspettava insieme a Beth il rientro dal lavoro di Ruth, dopo l’amica l’avrebbe accompagnata a quell’evento che l’aveva così tanto sconvolta. La donna era stata perentoria con Victoria dicendole che lei non l’avrebbe accompagnata, che avrebbe chiesto a Beth, consapevole del fatto che da sola non avrebbe retto in quella casa per più di un minuto.
  • Pensavo che ci saremmo sostenute nei momenti difficili. E’ quello che mi hai fatto credere fino ad ora. Ma a quanto pare non è così. O almeno vale solo per te.
Il dolore e la delusione evidente che aveva suscitato nella sua compagna con la decisione di tenerla lontana da quella situazione fece affievolire la sua collera.
  • Victoria. So che… perdo la testa quando si tratta della mia famiglia. Ti chiedo scusa.
Si accovacciò davanti a lei poggiando le mani sulle sue ginocchia e osservandola dal basso.
  • E’ una vecchia casa, fatta di scale per raggiungere ogni piano. Per te sarebbe uno sforzo inutile considerando che non ho intenzione di restarci più del dovuto.
  • Se serve per starti vicina non sarebbe inutile.
  • Vic credimi, è meglio così – distolse lo sguardo guardando altrove - non so che effetti avrà su di me questa cosa. Magari avrai ragione tu, magari mi renderò conto che esageravo, che non era così terribile come me lo aspettavo. Ma se non fosse così… Per come mi sento adesso so che non sarà così.
Victoria ripensava allo sguardo smarrito che aveva la sua compagna quando aveva pronunciato quelle ultime parole. Fu riportata al presente da Beth che era andata in cucina ed era ritornata con due birre. Mentre ne porgeva una all’artista quest’ultima le disse.
  • Beth, posso farti una domanda?
  • Certo Viky.
  • Com’era Ruth quando l’hai conosciuta.
La donna la guardò con sorpresa inclinando la testa.
  • Wow, che domanda.  Com’era Ruth. – la fissò con un’espressione quasi risentita per quella improvvisa domanda – vuoi farmi credere che tu non la ricordi?
  • Poso anche ricordarla, ma non vuol dire che la conoscessi. Anzi… affatto…
Beth mandò giù in sorso e guardò un punto vuoto davanti a se come a riportare alla mente immagini ormai lontane e quell’improvvisa aria dura svanì.
  • La prima volta che la vidi eravamo appena entrate nella stanza che avremmo condiviso il primo anno. Mi ricordava un cerbiatto che aveva perso la strada. Aveva lo stesso stupore e diffidenza negli occhi. Ammetto che all’inizio la trovavo davvero strana, era molto riservata ma gentile, ma non le dedicai molta attenzione, ero troppo presa da me stessa, finalmente in una città che sognavo da sempre e lontana dal mio piccolo paesino e dal costante controllo dei miei.
  • Dopo però siete diventate amiche, grandi amiche.
  • Si puoi dirlo forte! uQqqqQuando finalmente iniziai ad interessarmi alla mia bella compagna di stanza mi resi subito conto che viveva in difficoltà, soprattutto economica, ma a cui lei sopperiva egregiamente. Avevo conosciuto un tizio che mi aveva fatta partecipare a qualche servizio fotografico di abbigliamento, era un lavoro onesto e dove si guadagnava bene. Ricordo il modo in cui mi guardò quando le proposi di farlo insieme a me. Aveva creduto che dietro si nascondesse chissà che secondo fine, mi disse che lei era riuscita a evitare certe situazioni fino a quel momento e di certo non avrebbe ceduto allora. In effetti ripensandoci adesso non le avevo dato nessun motivo per fidarsi di me. Comunque archiviammo quell’episodio e iniziammo a conoscerci e dovetti ricredermi su di lei, era tutt’altro che smarrita o indifesa, ha sempre avuto una forte determinazione, una forza interiore che spesso le invidiavo. Ma ha anche una fragilità che mostra di rado e sappiamo entrambe da che cosa deriva.
Victoria sospirò, riportò alla mente l’immagine che aveva di lei all’epoca, non tanto diversa da quella iniziale che aveva avuto Beth.
  • Poi però ha fatto la modella.
  • Si, avvenne al secondo anno, dopo che quell’estate la portai  a casa con me. Ricordi che tra un anno e l’altro dovevamo cambiare stanza? Beh la ritrovai in camera, seduta sul suo letto ormai disfatto a fissare un punto vuoto davanti a se, con soltanto due scatole che contenevano i suoi averi, erano più libri che altro, quando le chiesi quale fosse il problema capii che lei non aveva nessun posto dove andare in attesa che iniziasse il nuovo anno. Mi si spezzò il cuore, quella sua aria piena di orgoglio al quale si aggrappava per non cedere al pianto.
  • Fu allora che ti raccontò la sua storia?
  • No, quello avvenne tempo dopo, avevamo già conosciuto Harry, loro due avevano subito stretto una forte amicizia, sono talmente simili e allo stesso tempo così diversi che direi che si completano,ne ero quasi gelosa, come non lo sia mai stata Hanna non l’ho mai capito. All’epoca mi raccontò che era un’orfana e rimase molto sul vago e io sinceramente non feci  altre domande.  Comunque quella sera di qualche anno più tardi eravamo nel nostro primo appartamento, eravamo così a corto di soldi che potevamo permetterci solo un bilocale da dividere in tre. Che anni pazzeschi, quasi mi mancano. Avevamo bevuto ed eravamo abbastanza alticci, fantasticavamo sul nostro avvenire, loro due avevano già pianificato di fondare la loro società, poi ad un tratto Ruth disse che il futuro poteva essere solo migliore del passato, del suo sicuro. E iniziò a raccontarci questa storia assurda dove lei era stata sbattuta fuori casa e rinnegata dalla sua famiglia, dove aveva vissuto in condizioni pietose per anni, anni in cui si domandava come fosse riuscita a sopravvivere o semplicemente a restare viva, attaccandosi alla sua feroce convinzione che per lei la vita doveva assolutamente essere migliore di così, e l’obbiettivo per lei era il non darla  vinta a quell’uomo che avrebbe voluto annientarla imponendole quella condizione di fame paura e stenti.
Interruppe quel racconto, turbata dal riportare alla mente quell’attimo di vita vissuta come uno dei più dolorosi che riuscisse a ricordare.
  • Il rendermi conto che la persona che credevo di conoscere come le mie tasche portava con se quel terribile segreto, celato con tanta cura, mi devastò completamente. Io e Harry restammo a guardarla increduli, senza riuscire a dire nemmeno una parola. Disse che eravamo i primi a cui raccontava quella storia, poi si mise a ridere, prendendoci in giro per le nostre espressioni. Rise talmente tanto da arrivare al pianto, e noi con lei, ci ritrovammo abbracciati a piangere, tutti e tre come dei veri idioti, come ci definì quando finalmente riuscimmo a separarci.
Sospirò e rivolse un sorriso a Victoria che la guardava seria.
  • Il resto della storia penso che lo dovresti conoscere.
  • Si...e grazie.. – fece una lunga pausa -  Mi ha chiesto di sposarla.
Beth sgranò gli occhi.
  • Come scusa?
Victoria sorrise.
  • Sai che avrei giurato che almeno a te lo avesse detto? Adesso mi ucciderà.
La donna scosse la testa.
  • Voi due siete sorprendenti. Lei che ti chiede di sposati. Uff ho bisogno di un attimo per riprendermi.
Furono interrotte dalla padrona di casa che apriva la porta.
  • Fallo alla svelta.
Ruth entrò salutando entrambe poi si rese conto del modo strano in cui la stavano guardando, Beth per la forte sorpresa dettata dalla notizia appena ricevuta e lottava con se stessa per non saltarle al collo e congratularsi, o semplicemente per prenderla in giro per essere riuscita a fare quel passo. Victoria invece era ancora scossa dal racconto di Beth sulla donna che amava, l’essere venuta a conosceza di una parte della sua vita la faceva sentire ancora più vicina. Se solanto avesse ceduto alla voglia che aveva avuto a quel tempo di conoscerla e di imprimere quella sua singolare bellezza in una delle sue opere. Ma ormai quello era il passato, ed era del tutto inutile stare a rimuginarci sopra, perché ormai aveva la certezza che sarebbe stata il suo presente e il suo futuro.
  • Perché quelle facce? Mi sono persa qualcosa?
  • Assolutamente nulla.
  • Gliel’ho detto. Perdonami, mi è sfuggito.
Inizialmente Ruth guardò Victoria non riuscendo a capire a cosa si riferisse, poi sussultò per lo scatto che ebbe l’amica verso di lei afferrandola per le spalle e abbracciandola.
  • Santo cielo decidi di sposarti e non me lo dici?!? Ah Ruth non posso crederci!!
  • Vic sono io a non crederci, non eri tu che imponevi il segreto?
  • Su su non prendertela con lei! Aspetta, segreto? Vuol dire che non posso dirlo a nessuno?
  • Segreto vuol dire proprio questo Beth. E so  quanta fatica ti costerà.
  • Ahhh Dio! Vi odio! Perché rendete tutto così complicato?
  • Prenditela con lei. Ora scusami, vado a cambiarmi e poi andiamo. Nel frattempo puoi anche picchiarla se vuoi.
  • Ah ah…divertente…mi è sfuggito…
  • Non voglio nemmeno sapere quale argomento ti ha spinto a farlo.
Nel dirlo le aveva dato le spalle per dirigersi in camera.
Quando ritornò aveva indossato un paio di jeans e un maglione scuro a collo alto, aveva messo qualche accessorio per ravvivarlo un po’ ma nel colplesso era rimasta molto semplice. Aveva uno sguardo serio, fece cenno a Beth che era ora di andare.
  • Ruth, aspetta.
La donna le si avvicinò
  • Ti serve qualcosa? Non dovrebbe rientrare a breve Maria?
Victoria, si mise in piedi di fronte a lei, le mise una mano sulla guancia e la baciò dolcemente. La guardò a quella breve distanza e solo allora vide addolcirsi i suoi occhi. Le fece un cenno di assenso e non aggiunsero altro, la donna uscì accompagnata dall’amica e la pittrice tornò a sedersi stancamente sulla sua sedia.
La pittrice rimase in attesa del suo rientro per tutta la sera, la nonna aveva preparato la cena che avevano consumato in silenzio, entrambe in ansia per la donna assente. Victoria non faceva altro che guardare l’orologio, e aveva iniziato ad odiarlo quando si rese conto di quanto lentamente procedevano quelle lancette. Alla fine entrambe decisero di accendere il televisore guardando distrattamente il notiziario che veniva trasmesso in quel momento. Annoiata la donna più giovane decise di ritornare vicino al tavolo e riprese un’attività che aveva iniziato da qualche giorno. Imponeva alla mano che lentamente ritornava a rispondere di tenere in mano una matita e con grande fatica cercava di tracciare linee su un foglio bianco. Quel blocco ormai era pieno di scarabocchi senza senso ma che invece davano speranza alla sua proprietaria. Aveva anche iniziato ad usare la mano sinistra, proprio come le aveva suggerito tempo addietro la sua compagna.
Ruth al suo rientro la trovò ancora intenta in quella occupazione, nel vederla sorrise, invece Victoria non potè fare a meno di notare la sua aria stanca. Scambiò qualche battuta con l’anziana signora, scherzando sul fatto che fosse riuscita a sopravvivere a quella serata. Poi si scusò e disse che sarebbe andata direttamente a dormire, poco dopo anche la pittrice decise di raggiungerla, trovandola già sotto le coperte con gli occhi chiusi ma consapevole del fatto che non stesse ancora dormendo, non disse nulla lasciandole il suo spazio.
Qualche ora più tardi Victoria si svegliò già con la consapevolezza che nel letto fosse sola, allungò una mano avvertendo ancora il calore che il corpo della sua compagna aveva lasciato nel letto. Guardò fuori dalla finestra rendendosi conto che doveva essere notte fonda.
Decise di alzarsi e di andare a vedere dove fosse Ruth.
 
Si spinse nella sala restando al buio fino a quando gli occhi non si abituarono e si rese conto della figura seduta con le gambe al petto sul largo davanzale in legno della finestra, la sua attenzione era rivolta a guardare il panorama e stringeva fra le mani una tazza fumante e da come la teneva era evidente che in essa cercasse calore.
 
Si accorse della sua presenza solo quando le fu andata vicino, girandosi a guardarla con sorpesa e con l'espressione di una che fosse appena stata riportata alla realtà.
Rimasero a guardarsi senza dire nulla, poi la pittrice si alzò riuscendo anche lei a sedersi su quel davanzale, appoggiando la schiena al vetro sentì un brivido avvertendo attraverso la maglia che indossava la superfice gelida, poggiò una mano sul piede della donna che le stava vicino e lo strinse leggermente, spostandosi poi sulla caviglia e in fine sul polpaccio, come ad accarezzarla.
 
Sul volto stanco di Ruth si dipinse un sorriso, poi le porse la tazza che la sua compagna prese.Rimase ad osservare il contenuto, sembrava essere latte caldo ma qualcosa nell'odore che emanava le fece capire che qualcos'altro era stato aggiunto, ne prese un sorso e non fu certo il calore a farle ardere la gola ma quel qualcosa di alcolico che non riusciva a distiguere.
 
  • Wow - lo disse buttando fuori il fiato - di tutti i rimedi per la tua insonnia direi che questo entra a pieno titolo fra i miei preferiti.
 
Nel dirlo ridiede la tazza alla proprietaria, anche lei ne bevve un sorso chiudendo gli occhi, per poi ritornare a guardarla con quel sorriso stanco.
 
  • Beh, o questo o l'ultima cosa che mi resta è darmi una botta in testa.
 
Parlavano a bassa voce, quasi sussurrando, la penombra in cui si trovavano lo rendeva naturale e aveva creato una sorta di bolla nel cuore della notte che racchiudeva soltanto loro due. Rimasero a guardarsi in silenzio, fu victoria a romperlo
 
  • Nonostante la stanchezza che si legge sul tuo viso, questa sera sei bellissima.
 
Ruth rise sommessamente, allungò una gamba colpendola per spingerla leggermente, per poi distenderla sulle sue. Victoria vi poggiò le mani sopra, trovando quel contatto piacevole. Poi la donna divenne seria e guardando fuori iniziò a parlare.
 
  • Questa sera non è stato così tremendo come mi aspettavo. Non all’inizio almeno. Mia cognata qualche mese dopo la morte di mio padre ha buttato via tutti i vecchi mobili, ha fatto ridipingere le pareti dando luce e nuova aria, l’ha letteralmente stravolta. Anche le camere delle banbine, una delle quali apparteneva a me era irriconoscibile, quindi è stato meno traumatico di quanto credessi. Dopo però… quando è iniziata la celebrazione…tutto mi ricordava mia madre, nei gesti di mio fratello, nella sua voce mentre recitava le benedizioni… per un attimo mi è sembrato di avere di nuovo dieci anni e di sentire intorno a me la mia famiglia.
 
  • Ma era così…loro sono la tua famiglia
 
Ritornò a guardarla prendendosi un attimo prima di rispondere
 
  • Già..
 
Distese anche l’altra gamba che venne accolta da Victoria con una carezza. Prese un altro sorso di quella bevanda che sembrava darle forza nel trovare voce.
 
  • Dopo davvero, non so che cosa mi sia passato per la testa, forse l’emozione del momento – scosse la testa –  non saprei come spiegarlo altrimenti, ma sono entrata nella camera dei miei, ed era esattamente come la ricordavo, e so perfettamente che non avrei dovuto,ed è stato… come rivederla lì, distesa in quel letto, sofferente, in attesa che tutto quel dolore terminasse…e mio padre che le sedeva accanto e il modo in cui mi guardava…erano già gli occhi di un estraneo… era il preludio a quello che avrebbe fatto…ho la certezza che in quel momento stava maturando quell’insana idea.
Sospirò profondamente.
  • Ruth..
Rimasero in silenzio, l’espressione che aveva la donna suscitava una straziante tenerezza, il turbamento interiore che stava provando in quel momento era evidente e poteva essere avvertito dal riflesso che emanavano i suoi occhi. Victoria restava a guardarla con la consapevolezza che l’unica cosa che avrebbe potuto fare per la persona che amava era restarle accanto in quel momento.
  • Ho lasciato credere alle poche persone che sanno da dove vengo, che nonostante vivessi per strada ho sempre tenuto una condotta morale…ma non è stato affatto così… l’unica cosa che non ho fatto è stato vendermi…
Victoria si irrigidì sentendo quel sussurro, la donna se ne rese conto e le sorrise.
  • Non pensi che almeno a te dovrei dire la verità?
  • Perché? Se lo fai per me, perché ti senti in dovere, non farlo…
  • Credo semplicemente che sia onesto da parte mia farti sapere chi è la donna che vuoi sposare…
  • Conosco benissimo la donna che sto per sposare…
  • Tu credi? Se ti dicessi che all’inizio mi prese sotto la sua ala un teppistello del mio quartiere? Ok definirlo teppistello è un po’ riduttivo, era un ragazzone di colore e non c’era attività criminale che avvenisse nel mio quartiere senza che lui lo sapesse. Sapeva chi fossi e conosceva anche mio padre, si stupì quando si rese conto che vivevo per strada. Mi permise di dormire in uno scantinato di una casa dove al piano superiore producevano metanfetamina. Ovviamente richiedeva un prezzo questa sua gentilezza, e consisteva nel fare qualche consegna per lui. Sosteneva che una ragazzina di quindici anni e con il mio aspetto sarebbe riuscita a passare inosservata e mai nessuno avrebbe sospettato del piccolo carico che avevo nel mio zaino. E aveva perfettamente ragione.
La pittrice restava in silenzio ad ascoltarla, si rendeva conto che in quel momento, in quell’ora tarda della notte, la donna che aveva di fronte per la prima volta stava liberando la sua anima da quei ricordi che, era evidente, non l’avevano mai abbandonata e che continuavano a tormentarla. Il bisogno di far sapere a qualcuno oltre a se stessa il reale peso di quello che aveva vissuto, parlarne con lei era come qualcosa di liberatorio e proprio per questo non trovava la forza di dire nulla, se non prestarle la sua totale attenzione.
  • Ma il fatto che fossi rimasta comunque nei paraggi e avessi iniziato a frequentare quei delinquenti era anche più oltraggioso per il mio caro genitore, così fece in modo di farmi sapere che la mia presenza nel quartiere non era gradita. Come se non bastasse l’umiliazione in cui mi aveva spinta continuava ad infierire su di me. Così in una delle volte in cui mio fratello mi fece entrare in casa rubai la copia delle chiavi del negozio e le diedi al mio amico insieme al codice di allarme. Ripulirono il negozio da cima a fondo. Sapevo che con quel gesto avevo messo la parola fine alla saltuaria ospitalità che mi dava mio fratello e che avevo messo nei guai anche lui. Ma non mi importava, dovevo colpire quell’uomo, volevo fargli pagare tutto quello che mi stava facendo.E non sarebbe mai stato abbastanza. Dopo quell’episodio, e aiutata anche dal fatto che il mio amico poco dopo venne ucciso in una sparatoria, mi allontanai in altre zone e da quel momento iniziai a vivere di espedienti e di piccoli furti. Credo che la mia insonnia iniziò proprio in quel periodo, ma allora era anche gradita, la notte era il momento peggiore. Avevo un libro sull’arte, era una delle poche cose che avevo portato via con me, dal rinascimento agli impressionisti, mi teneva compagnia e lo sfogliavo tutte le volte che volevo evadere da quella vita, perdendomi in quei colori, inventandomi storie su quelle figure.
Fece un'altra pausa, un lieve sorriso le inarcò le labbra, ma il suo sguardo era sempre perso in un luogo della memoria reso vivido per poter raccontare quei momenti.
  • Poi non so, la chiamerei fortuna, trovai lavoro come cameriera in un fastfood, le ragazze che lavoravano lì impiegarono poco a comprendere la mia situazione e iniziarono a darmi una mano, mi consentivano di dormire sul retro e di poterci anche studiare..e l’aver ritrovato un minimo di onestà nella mia vita mi fece capire cosa dovevo e potevo fare,chi ero e chi potevo diventare. Arrivai a diplomarmi e il resto della mia storia la conosci.
Victoria restava a guardarla, Ruth ritornò a rannicchiare le gambe al petto, abbracciandole in un gesto che esprimeva protezione, abbassò lo sguardo.
  • Non l’ho mai detto a nessuno. A nessuno tranne che a te.
La pittrice allungò la mano nel buio alla ricerca della sua, trovandola la strinse.Restava in silenzio a scrutare il suo viso sorridendole in maniera quasi impercettibile.
  • Dimmi, adesso che mi hai raccontato tutto questo, cosa pensi che dovrei fare? Dovrei amarti meno? -  Si aprì in un largo e sincero sorriso – penso ancora che questa sera sei bellissima.
Ruth liberò la mano dalla sua per portarle entrambe al viso coprendolo, nascondendo il riso misto a frustrazione che provava in quel momento
  • Mio Dio Vic!
  • Cosa?! – adesso anche lei rideva - Ti amo forse di più. –tornò seria ma aveva un allegria negli occhi che Ruth non comprendeva -  Amo quella ragazzina che ammetto faccio fatica ad associare alla donna che ho di fronte. Ma è lei che ha fatto di te quella che sei oggi. Ti amo Ruth. E’ un dato di fatto e non c’è niente che tu possa fare o dire per farmi cambiare idea. Ma se l’avermene parlato ti ha fatto bene, se era quello di cui avevi bisogno ne sono felice. Sono felice perché tu mi hai vista per quella che sono e non sei andata via, e adesso che riesco a vedere la tua anima per intero mi fa sentire ancora più fortunata a sapere che condividerò il resto della mia vita con te.
Ruth si spostò dalla sua posizione, mettendosi in piedi di fronte a lei.
  • Abbracciami. Ti prego… abbracciami…
  • Agli ordini mia signora.
E si protese in avanti avvolgendala con le sue braccia e sentì quelle della donna aggrapparsi a lei e stringerla con forza. Victoria le stampò un bacio dietro l’orecchio e allentò quell’abbraccio tanto da poter fissare lo sguardo nel suo.
  • Ora… che ne dici di tornare a letto? O senti il bisogno di fare un alro giro di latte caldo e fuoco puro?
La donna le sorrise
  • Penso che possiamo tornare nel nostro letto. Sento che riuscirò a dormire come non ho mai fatto. E solo per merito tuo. Ti amo.

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Capitolo 21
*** Another brick on the wall ***


Il giorno della vigilia Ruth aveva lavorato tutto il giorno, aveva intenzione di predere qualche giorno di vacanza e non voleva lasciare niente in sospeso. Al suo rientro in casa, chiudendo la porta alle sue spalle rimase impietrita e stupita nel vedere come la sua casa avesse ripreso il suo vecchio aspetto, le attrezzature che servivano a Victoria erano sparite e i mobili avevano ripreso i loro posti originali, le uniche cose nuove erano un enorme albero di natale messo vicino ad una delle grandi finestre e delle decorazioni sparse in giro. Poi vide i volti sorridenti delle due coinquiline fare capolino, e quello che la stupì di più fu vedere la pittrice in piedi camminare con l’ausilio di due stampelle.
  • Ma che è successo qui?
  • Sorpresa! Abbiamo riportato questa casa al suo antico splendore. Ok con qualcosina in più ma che sparirà fra qualche giorno.
Ruth rimase a soppesare quelle parole, poi si mosse portandosi al centro della stanza senza distogliere lo sguardo dall’altra donna. Victoria si sarebbe aspettata una reazione più entusiata invece di quell’aria indecifrabile che manteneva la sua compagna.
  • Cosa c’è che non va? Perché quella faccia così seria?
  • Sono solo…stupita… per tutto questo e per te, come farai con la terapia di recupero?
  • La mia terapia posso iniziare a farla altrove e in casa ho avuto il permesso di poter usare queste.
Finalmente il volto di Ruth si distese e sorrise
  • Sono felice, per te. Per noi.
Victoria le si avvicinò bloccando le stampelle sotto le braccia in modo da poter avere la mani libere per posarle sul suo viso.
  • Riavremo presto di nuovo una vita più normale.
Si scambiarono un leggero bacio per poi spostarsi insieme verso il divano. La padrona di casa andò ad abbracciare l’anziana donna ringraziandola per l’aiuto che aveva apportato in quella sorpresa.
Qualche ora più tardi furono raggiunte da Katrin.
  • Allora pronte per andare a messa?
  • Si, avverto Ruth che stiamo per uscire.
La donna riapparve elegante come sempre e con il cappotto in mano. Victoria la guardò perplessa.
  • Vai da qualche parte?
  • A dire il vero si. Pensavo di venire con voi.
Tutte in quella stanza la guardarono stupite.
  • Cosa c’è? Non guardatemi così. Ho pensato che non fosse il caso di lasciare sola Kat a doverti sopportare mentre ti lamenti per come ti spinge o a lottare con te per tenerti buona.
Nel dirlo aveva preso sottobraccio la rossa che la guardava con un sorriso stampato in faccia.
  • Non credo di essermi mai lamentata in merito.
Scoppiarono tutte a ridere tranne la pittrice. Fu Katrin la prima a risponderle
  • Si come no.
  • Nieta, non sei per niente obbiettiva in merito.
Ruth la guardò sorridendo, poi disse sollevando un sopracciglio e con un sorriso canzonatorio.
  • Io non aggiungo altro.
  • Ok, ok… siete veramente delle persone orrende.
Risero di nuovo, poi Ruth si girò verso Katrin stampandole un bacio sulla guancia. La donna la guardò con forte stupore.
  • Cosa… perchè?
  • Non te ne sei accorta? Siamo sotto il vischio.
Nel dirlo le aveva sorriso allontanandosi lasciandola impietrita a toccarsi con una mano la guancia che aveva ricevuto quel bacio così improvviso.
Victoria era rimasta ad osservare la sua amica diventare più rossa in viso dei suoi capelli e il forte turbamento che il gesto di Ruth aveva suscitato, cosa a cui quest’ultima non aveva dato peso. Katrin si riscosse solo quando incrociò lo sguardo dell’amica. Rimasero a guardarsi fino a quando non furono richiamate dalle altre due donne che, pronte, le aspettavano davanti la porta.
La chiesa verso cui erano dirette si trovava veramente lontano, nell’ East Harlem, dove per molto tempo nonna e nipote avevano vissuto e dove avevano la maggior parte delle loro vecchie conoscenze.
Katrin aveva lasciato a Ruth il compito di aiutare Victoria, camminava qualche passo dietro di loro persa nei suoi pensieri, riportando l’attenzione su di loro di tanto in tanto cercando di seguire la conversazione. Osservava la sua schiena leggermente ricurva per poter spingere la sedia di Victoria, i capelli sciolti che le ricadevano lungo le spalle, sentiva la sua voce allegra scambiare battute con la sua amica.  Si sentiva a disagio, come sempre, sapeva che quello stupido sentimento che provava per la donna della sua migliore amica era la cosa più assurda che potesse provare, non dopo tutto quello che era accaduto per colpa sua e per quell’amore non corrisposto che provava per Ruth.
Ripensava al gesto spontaneo e al sorriso sincero della donna dopo quel bacio amichevole, le aveva scaldato il cuore, e il modo in cui l’aveva guardata Victoria dopo, indecifrabile, le aveva creato forse un maggior smarrimento. Sospirò, cercando di ripensare alla se stessa di qualche anno prima, quando ancora non era caduta in quel buco nero di insoddisfazione e sensi di colpa. Com’era la sua vita prima di conoscere Ruth?
Faceva fatica a ricordarlo.
Che diavolo stava facendo della sua vita? L’averla legata tenacemente a quella di Victoria, all’unica persona che le faceva sentire il suo affetto incondizionato, sentimento lontano dal mondo in cui era cresciuta, con la paura di perdela, cosa che invece per poco non le aveva distrutte. Aveva perso di vista i suoi desideri, la sua vera natura, e rendersi conto che in fondo quel mondo che aveva respinto cercando di dimostrare a tutti ma soprattutto a se stessa che lei non vi apparteneva era invece parte di se, era quello che la rendeva quello che era. Per un attimo si sentì un’ipocrita nel pensare che aveva sempre biasimato i suoi genitori e il loro modo di fare quando alla fine lei viveva con i loro soldi e in un benessere che sapeva avrebbe fatto fatica a rinunciare.
In fondo stava arrivando alla stessa conclusione che Victoria aveva raggiunto da tempo, e che le aveva ripetuto più e più volte,  che erano diverse ma non era una colpa, che lei avrebbe dovuto iniziare ad avere delle sue priorità che non dovevano per forza coincidere con le sue, e per questo non l’avrebbe certo amata meno. Poi si fermò, aumentando lo spazio che la divideva dalle tre donne davanti a se, aveva avuto una sorta di rivelazione,sapeva quello che avrebbe voluto fare della sua vita e per quanto riguardava Ruth decise che avrebbe smesso di sentirsi in colpa o in difetto, era pienamente consapevole che quello che provava non aveva alcun senso, ma sapeva ormai fin troppo bene che non riusciva ad impedire a se stessa di provarlo, sarebbe stata l’unica a soffrirne, sperava che un giorno sarebbe riuscita a trovare qualcun altro che le avrebbe fatto provare un sentimento simile e forse anche maggiore, ma adesso, in quel momento aveva deciso che non si sarebbe più sentita in quel modo, avrebbe smesso di punirsi e di sentirsi una stupida.
Ruth si fermò, accorgendosi dell’assenza della rossa, si girò a cercarla vedendola immobile qualche metro più indietro
  • Ehi Kat, che succede?
Anche le altre due donne si girarono, Katrin fissò il suo sguardo dentro quello della donna e le sorrise.
  • Niente.
Dopo le raggiunse rimanendo al loro fianco e con quel nuovo senso di equilibrio interiore che le regalava un emozione di forza e sicurezza che aveva smarrito ormai da tempo.
 
                                                              ********                                        
La sera dell’ultimo dell’anno si ritrovarono tutti riuniti intorno al grande tavolo in legno massiccio della sala da pranzo di Ruth, era stato qualcosa di improvvisato, ognuno aveva pensato a programmi differenti, Beth e Katrin avevano annunciato che sarebbero partite per una settimana in montagna, Harry e Hanna sarebbero andati a trovare la famiglia di lei e in fine, David incerto sul programma della sorella e non volendo imporre la sua presenza aveva optato ad una tranquilla serata in casa con moglie e figlie.
Così quando avevano iniziato a pesentarsi a casa delle due donne furono guardati con sorpresa dalle padrone di casa. Complice il vortice artico che imperversava in quei giorni sulla città che aveva fatto sopprimere diversi voli  e la poca voglia di restare soli, li aveva spinti ad andare nell’unico posto dove sarebbe stato naturale ritrovarsi in una sera speciale come quella. Persino il fratello alla fine aveva trovato ridicolo il suo proposito, in fondo era sua sorella e voleva che stessero insieme per salutare il nuovo inizio di quell’anno che sperava sarebbe stato più sereno per tutti.
Ritrovandoli tutti in casa, Maria si attivò per preparare la cena dell’ultimo dell’anno più improvvisata che avesse mai fatto, e grazie alla sua bravura e capacità di sopperire ad aurgenze come quelle ebbe un ottimo risultato.
Ruth e Victoria erano veramente felici di quell’improvvisata fatta dai loro amici, sedevano una ad un capo opposto della tavola, si scambiarono uno sguardo e un sorriso, poi Ruth le fece un cenno di assenso, così la pittrice attirò l’attenzione di tutti facendo tintinnare la forchetta sul bicchiere e si mise in piedi.
  • Ok, concedetemi un secondo di attenzione, io e Ruth avremmo qualcosa da dirvi.
Fu subito interrotta da Beth
  • Oh finalmente, vi siete decise!
Ruth si mise a ridere, e intervenne.
  • Va bene Beth, ho visto l’orticaria che ti sta procurando il dover mantenere il segreto. Quindi prima di vederti scoppiare, se vuoi dir…
La donna non le fece nemmeno terminare la frase, scatto in piedi battendo le mani.
  • Queste due hanno deciso di sposarsi! Wow si! E’ stato liberatorio!!
Le due donne scoppiarono a ridere, mentre gli altri commensali rimasero perplessi non avendo afferrato bene la notizia a causa della veemenza con cui era stata data. Beth rendendosi che non arrivava nessuna reazione
  • Allora? Avete capito si?
Hanna che sedeva accanto a Ruth si girò per abbracciarla.
  • Beh congratulazioni!  - poi si rivolse verso Beth entusiasta – Abbiamo un matrimonio da organizzare!
Anche gli altri si sciolsero in auguri e battute sul fatto che in fondo non se ne stupivano più di tanto, sembrava la cosa più naturale che avessero potuto fare. Ruth inizialmente, aveva provato una sensazione di disagio nei confronti del fratello nel dare quella notizia, sapeva che non avrebbe avuto niente in contrario ma qualcosa di atavico le faceva avvertire quella sensazione di difetto nei suoi confronti. Poi però si sciolse nel suo abbraccio sincero e in quello della cognata.
Victoria dopo che si liberò dalle braccia di Kat la guardò con un’espressione seria ma non le disse nulla. La rossa avvertì un disagio nell’amica che la ferì, ma anche lei decise di assecondare il suo silenzio ed entrambe si persero nuovamente nell’allegria generale.
Quando il conto alla rovescia li aveva portati dritti dentro il nuovo anno Ruth sentì il cuore talmente pieno di gioia e di gratitudine che se tutto quello che aveva vissuto era servito a portarla lì, in quel momento, con la donna che amava che la stava baciando come se non ci fosse stato un domani, con i suoi amici che rappresentavano più una famiglia e che le riempivano la vita, pensò che non avrebbe cambiato una virgola se alla fine tutto questo rappresentava la sua ricompensa.
 
                                               *************
Ruth porse una tazza di caffè ad Harry che stava ricurvo sulla sua scrivania a studiare delle carte.
  • Oh, ti ringrazio ne avevo veramente bisogno.
La donna gli sorrise dall’alto prima di sedersi di fronte a lui, accavallando distrattamente le gambe.
  • Sai che tua moglie e Beth stanno organizzando il mio matrimonio come se la cosa non mi riguardasse? Ringrazio solo Vic che sa tenerle a bada, ma solo perché lei ha una idea ben precisa di quello che vuole. Insomma, ti dirò che è come se io fossi di troppo.
L’uomo scoppiò a ridere sucotendo la testa.
  • Adesso sai come si sente un uomo che sta per sposarsi. Serve solo a completare il quadro.
  • Non lo trovo ne divertente ne rassicurante. – fece una pausa schiarendosi la voce e assumendo un’espressione seria –  c’è qualcosa di cui vorrei parlati.
Harry aggrottò la fronte per l’improvvisa aria solenne che aveva preso la sua amica, appoggiò le spalle sulla sedia, irrigidendo un po’ la schiena e incrociando le mani appena sopra la pancia.
  • Che succede?
Ruth vedendo il leggero allarme che le sue parole gli avevano procurato sorrise appena.
  • Mi sono resa conto che da quando ci conosciamo non ti ho mai ringraziato. Quello che c’è stato di buono nella mia vita lo riconduco all’aver avuto la fortuna di incontrare Beth e te.
L’uomo sorrise un po’ imbarazatto dall’inaspettata piega che stava prendendo quella conversazione.
  • Ruth, ma cosa ti passa per la testa?
  • A volte ho come l’impressione di averti dato per scontato. Ti ho sempre riversato addosso i miei problemi e tu, tu te ne sei sempre fatto carico senza mai farmi pesare nulla. E non hai la minima idea di quello che ha voluto dire per me. E che vuol dire ancora oggi.
Harry si alzò per andare a sedere sulla sedia che le stava di fronte, poggiò i gomiti sulle proprie gambe e si sporse in avanti per prenderle le mani, che racchiuse nelle sue.
  • Non so che cosa stia succedendo dentro quella testolina, e sai benissimo che questo genere di discorsi mi imbarazza – sorrise – quindi se è un modo per indorarmi la pillola perchè stai per dirmi qualcosa che sai mi farà arrabbiare sappi che non ci stai riuscendo.
Stavolta fu Ruth a scoppiare a ridere vedendo tutto l’imbarazzo e l’agitazione che stavano suscitando le sue parole.
  • Dio, avevo dimenticato quanto sei orso. -  Anche lei si sporse in avanti – non pensavo che l’esprimerti la mia gratitudine ti sconvolgesse così tanto.
L’uomo le lasciò le mani portandosi indietro sulla sedia e assumendo una posizione più rilassata
  • Perché non ne vedo ne il motivo ne tanto meno la necessità. Vuoi che ti dica le stesse cose? Che tutto questo senza di te non sarei riuscito a metterlo su, che anche tu ci sei sempre per me? Insomma sono cose implicite, solo con un estraneo devi parlarne. Noi no. Già, per noi non vale.
  • Penso che a volte faccia semplicemente bene dirlo ad alta voce. Comunque, adesso non so più se chiederti quello per cui ero venuta.
  • Ecco! Sapevo che c’era qualcosa sotto!
  • Non agitarti oltre, volevo solo chiederti se volevi accompagnarmi all’altare.
Osservò l’amico guardarla a bocca aperta.
  • Il tuo silenzio lo prendo per un si? O non sai come dirmi di no?
  • No, cioè si.. aspetta, mi cogli di sorpresa, pensavo che lo facesse tuo fratello.
  • Prima che tu andassi nel panico, stavo cercando di spiegarti il perché vorrei che fossi tu. E non è per gratitudine verso di te ma perché sono io a volerlo e a pensare che tu sei molto di più, nella mia vita, da quando ti conosco lo sei sempre stato.
Harry in quel momento provò una forte emozione che gli racchiuse lo stomaco in gola. Non si sarebbe mai aspettato tanta franchezza e tanto sentimento espresso in quel modo dalla sua amica. Aveva avuto anni difficili e questo l’aveva cambiata, era evidente, ma sentirsi dire quelle parole da quella donna che considerava una parte di se, talmente tanto che a volte si sentiva in difetto verso la moglie, anche se l’amava tantissimo e nulla avrebbe mai messo in dubbio quello che aveva con Hanna e che li legava, ma Ruth era quel qualcosa che sentiva al centro dello stomaco sin dal primo momento che l’aveva conosciuta, vedeva se stesso in lei, la sua stessa ambizione, lo stesso modo di concepire l’essenza stessa della vita, di fronte a lei non aveva mai provato ne vergogna ne senso di colpa nel mostrarsi per quello che era, perché sapeva che lei lo comprendeva, perché erano più simili di quanto potessero immaginare. Era sempre bastato poco per capirsi. E proprio per questo forse nell’esprimere apertamente i suoi pensieri lo aveva turbato così tanto e lo aveva colto di sorpresa.
  • Si. Lo farò.
Ruth scoppio in una risata un po’ nervosa
  • Ok, puoi dirlo con un aria meno truce? Così sei tu a farmi paura.
Finalmente anche lui si lasciò andare in una sincera risata, si mise in piedi prendendola per le mani e trascinandola su con se e l’abbracciò.
  • Si, lo faccio volentieri. A patto che non cadiamo più in questi sentimentalismi ok?
  • Ok, ok. Promesso.
  • La prossima volta che hai da chiedermi qualcosa fallo e basta.
Ruth non riusciva a smettere di ridere vedendo il suo amico così scioccato.
  • Va bene. Ti lascio a smaltire tutte queste emozioni ritornando nel mio ufficio. Se hai bisogno di non so… piangere, chiudo la porta..
L’uomo prese un pezzo di carta sulla scrivania lo appallottolò velocemente per tirarglielo dietro.
Più o meno nello stesso momento una conversazione di tutt’altra natura si stava svolgendo tra Victoria e la sua rossa amica.
La pittrice quella mattina aveva chiesto a Katrin di accompagnarla nel suo vecchio appartamento. Non era la prima volta che vi si recava da quando riusciva a tenersi in piedi, e una volta lì aveva anche iniziato un nuovo dipinto, anche se le costava un’immesa fatica, la prima volta che aveva posato il pennello intriso di colore su quella tela bianca, aveva provato un’intensa emozione e una scossa in tutto il corpo simile al violento orgasmo che le aveva procurato Ruth qualche sera prima, quando finalmente aveva abbandonato il timore per la salute della sua compagna e aveva ceduto a quel fiume di passione repressa ormai da mesi.
Victoria era persa nei suoi pensieri, era ormai da tempo che provava un certo disagio a restare sola con la sua amica, e lo trovava assurdo, ma mai come in quel momento sentiva quel macigno che le premeva sul cuore, quel qualcosa di non detto che la stava tormentando.
  • Sai Vic, non dovrei dirlo, ma egoisticamente mi mancava questo posto.
Katrin si guardava intorno, osservando le onnipresenti pile di quadri accatastate alle pareti, per poi fermare lo sguardo sull’angolo dove Victoria era solita lavorare. Pensò che anche l’odore particolare che solo i colori sapevano avere le erano mancati.
Anche Katrin aveva notato quel mutamento nella sua amica, ma cercava di non dare un nome a quel nuovo atteggiamento. Per assurdo non era cambiato il modo che aveva di trattarla, sembrava la solita Victoria, ma era il sorprenderla ad osservarla in un modo e con un’espressione che a volte la metteva a disagio, quegli occhi così familiari e spesso sorridenti diventavano impenetrabili, e non era l’indifferenza a cui l’aveva abituata subito dopo la rottura con Ruth,  c’era qualcosa di decisamente diverso, che non comprendeva, ma ne sentiva tutta la pesantezza, procurandole quasi un bruciore sulla pelle.
E non poteva nemmeno far finta di non sentire come quella mattina quel sentimento che avvolgeva Victoria fosse ancora più evidente.
  • Se ti chiedessi un quadro per il mio nuovo ufficio? Lo faresti?
La pittrice inclinò la testa
  • Nuovo ufficio?
Katrin non riuscì a guardarla in viso mentre le dava quella notizia
  • Ho chiamato mio padre, gli ho detto che voglio mettere al suo servizio la mia laurea e i miei due master in economia. Sembrava entusiasta.
  • Ma tu detestavi anche solo l’idea di fare una cosa del genere.
  • Ho avuto tempo per riflettere. Mi sono resa conto che è tutta la vita che cerco di essere qualcosa che non sono. Credevo di dover sfuggire ai piani che avevano fatto per me, ma ho capito che mi sbagliavo. Ma la cosa più importante è che ho bisogno di avere delle soddisfazioni ed essere orgogliosa di me stessa. E sai benissimo che fino ad oggi ho fatto molto poco per esserlo.
  • Quindi ti metterai al comando delle vostre imprese?
  • Adesso non esagerare, vediamo come va, parliamo sempre di dover avere a che fare con i miei genitori, ma ho la certezza che posso dare un contributo significativo, quindi per adesso voglio solo concentrarmi su questo.
Victoria rimase in silenzio con lo sguardo fisso su di lei.
  • Suppongo che tu ci abbia riflettuto parecchio.
La pittrice fece qualche passo andando ad appoggiarsi al tavolo da lavoro liberando le mani e poggiando accanto a se le stampelle. Sospirò.
  • Si insomma, se è quello che vuoi, posso solo essere contenta per te.
Katrin fece un profondo sospiro, quasi spazientito.
  • Non mi aspettavo che tu accogliessi la notizia con gioia, ma che dimostrassi almeno un minimo di supporto. Sono stanca dell’ aria di sufficienza che hai ultimamente nei mie riguardi.
  • Non capisco di che parli.
  • Di te che sei arrabbiata con me per qualche motivo e che non hai il coraggio di parlarmene.Avanti su, di quello che devi e facciamola finita.
Victoria la guardò inizialmente con stupore, non si sarebbe aspettata che proprio lei la prendesse così di petto.
  • Quello che provo è ben lontano dalla rabbia.
  • Ok,allora spiegami. Ti ascolto.
  • E’ preoccupazione.
  • E per cosa?!
  • Per te.Sapere che stai soffrendo, vederlo chiaramente ogni giorno. E sapere che la causa di tanta sofferenza è il tuo amore per Ruth.
La rossa sorrise, ma era per reprimere il profondo disagio che aveva provato ascoltando quelle parole e sentendosi messa a nudo. Il momento che tanto aveva temuto era arrivato.
  • E’ preoccupazione o solo fastidio perché c’è qualcuno oltre a te che desidera la donna che ami?
Victoria aggrottò la fronte e la guardò con profondo rammarico. Incrociò le braccia sul petto
  • Wow. Non mi sarei mai aspettata di sentirti dire una cosa del genere.
  • Cosa vuoi che ti dica Vic?
  • A dire il vero non lo so nemmeno io.
Victoria rimase a fissarla, poi chiuse gli occhi scuotendo la testa e con un  sorriso nervoso sulle labbra.
  • Ma mi basta vedere la sofferenza che si dipinge sul tuo viso tutte le volte che lei distrattamente ti sfiora o come ti illumini quando entra in una stanza, per farmi capire che no, non è ne giusto ne normale.E so che è qualcosa che non riesci a controllare. E mi fa paura.
Katrin fece qualche passo per poi ritornare indietro, scosse la testa.
  • Vic ma cosa… Ma cosa hai paura? Che possa fare di nuovo qualcosa che possa rovinare la tua felicità? Non potrei mai. Ho compreso i miei sbagli e credimi che ho imparato la lezione e nel modo più doloroso possibile. La tua felicità è la mia.
  • Mio dio Kat, mi fa rabbrividire questa frase.
  • Siamo arrivate a questo punto? Dove non riesci nemmeno a capire…il senso di quello che cerco di dirti?!
La rossa la guardò seria, cercando di domare il senso di smarrimento che iniziava ad afferrarla prepotentemente.
  • Ma perché tiri fuori adesso questa storia? Pensavo che ci fossimo messe tutto alle spalle.
  • Perchè mi ritrovo a vivere uno dei momenti più belli della mia vita e invece di riuscire a condividerlo con la mia migliore amica, mi sento a disagio, non so come dovrei comportarmi. 
Katrin le andò vicino per poggiarle entrambe le mani sulle spalle e dare forza a quello che stava per dirle.
  • Vic dannazione sono io! Tu puoi farlo, puoi condividere con me qualsiasi cosa…Vic fidarti di me. Non farei mai nulla che possa ferire te o Ruth. Victoria ti prego torna a credere in me.
La pittrice la guardò per poi distogliere lo sguardo. Questo gesto bastò alla rossa per farle sentire tutta la distanza che si era creata fra di loro
  • Sono sinceramente felice per te.
  • A volte faccio fatica a crederlo.
Fu una frase breve e ben scandita e con un potere devastante. Katrin non avrebbe mai creduto di sentire quelle parole provenire da lei. Iniziò a parlare con una voce rotta dalla rabbia e dal dolore.
  • Ho sbagliato, è innegabile, ma sono stanca di dovermi giustificare sai? Non penso che sia stata colpa mia tutto quello che ti è successo. Tu per prima avresti dovuto reagire in modo differente. Se ti ho ferita, se ti ho messo con le spalle al muro era semplicemente perché speravo di farti aprire gli occhi, non su di te, ma su di noi. E a quanto pare li hai aperti. Credevo che avessi compreso e perdonato il modo assurdo che ho utilizzato. Ma è evidente che non è così e io sono veramente stanca. Ho rischiato di perderdi, Vic, per ben due volte, e il terrore che ho provato non credo che tu possa immaginarlo o non saresti qui a dirmi queste cose. Però capisco, è evidente che ormai non c’è più niente che ci lega se non il rancore che provi per me.
Vide la pittrice aprire la bocca per reagire ma non le diede il tempo di rispondere.
  • Non aggiungere altro. Se volevi punirmi complimenti, hai scelto il momento migliore, ormai non hai più bisogno di me, hai trovato una tua stabilità.E sarai contenta nel toglierla a me.
Uscì sbattendo la porta senza voltarsi e con il cuore in frantumi.
 
Al suo rientro Ruth fu travolta dal silenzio che regnava in casa, non si era ancora abituata al fatto che Maria fosse ritornata in Messico e che anche Elaine si facesse vedere meno. Dopo un po’ si accorse di un flebile rumore che proveniva dal bagno della camera. Entrando vide Victoria nella doccia, che se ne restava immobile, con gli occhi chiusi e le braccia raccolte come ad avvolgersi in un abbraccio. L’acqua le correva lungo il corpo in una lunga carezza e la temperatura elevata era evidente dal vapore aveva iniziato a prendere possesso dell’intera stanza.
  • Ehi,Vic, tutto bene?
La donna aprì gli occhi vedendo la figura che le aveva appena parlato attraverso il liquido che le annebbiava la vista.
  • Si.
L’altra donna la guardò aggrottando la fronte. Rimase perplessa ma la lasciò sola per andare a cambiarsi ed indossare degli abiti più comodi per poi ritornarvi. Iniziò a struccarsi, osservando Victoria, che si tovava alle sue spalle, attraverso lo specchio, notando che aveva assunto nuovamente la posizione in cui l’aveva trovata.
  • Sicura di stare bene? Come mai quest’aria pensierosa?
Victoria non le rispose e Ruth pensò che non l’avesse sentita e decise di non insistere, ritornò così a concentrarsi su quello che stava facendo e dopo un po’ fu sorpresa dal suono della voce dell’altra donna.
  • Ho parlato con Katrin.
  • E di cosa?
La pittrice esitò prima di risponderle.
  • Di te. Di quello che prova per te.
La  vide voltarsi, appoggiando le mani al ripiano del lavabo che aveva alle spalle e fissarla con uno sguardo serio.
  • Non avresti dovuto.
Victoria si sporse in avanti per guardarla meglio.
  • Quindi tu ne sei pienamente consapevole e ti sta bene?
  • Si.
Il disappunto di quella rivelazione era evidente in Ruth.
  •  Non capisco perché proprio adesso hai sentito la necessità di farlo, pensavo che tu fossi passata oltre a questa storia ormai da tempo.Ed è veramente buffo, c’è stato un tempo in cui non riuscivo a perdonarla proprio per questo. Ma adesso sinceramente, non mi importa.
  • Come fa a non importarti?!
Victoria chiuse l’acqua che aveva continuato a scorrere fino a quel momento, in un gesto che manifestava tutta la sua frustrazione e altrettanto fece con la porta in vetro della doccia per poi sporsi alla ricerca dell’asciugamanno, ma Ruth l’anticipò nell’azione afferrandolo e porgendolo con fare seccato.
  • No, non mi importa.
Il volto di Ruth manifestava tutta la sua insofferenza. La pittrice la fulminò con lo sguardo mentre si ricopriva e  muovendosi verso la camera da letto.
Victoria si sedette stancamente sul letto. Fu raggiunta da Ruth che se ne restava davanti a lei con le braccia incrociate sul petto.
  • Ne deduco dal tuo stato d’animo che il parlarne con lei non ti ha soddisfatta. E sai perché? Perché qualsiasi cosa tu le abbia detto non ha cambiato la situazione. Che cosa ti aspettavi esattamente?
Abbassò lo sguardo prima di risponderle.
  • Non lo so. – tornò a guardarla – forse aveva ragione lei quando mi ha accusato di essere gelosa.
  • Gelosa?! Vic… ma che sciocchezza..
  • No che non lo è! Forse per te è del tutto normale avere persone che ti muoiono dietro ma per me non lo è affatto, specialmente se una di queste è la mia migliore amica!
Ruth la guardò quasi scioccata.
  • Ma si può sapere che ti è preso? Non te ne è mai importato, nemmeno quando avrebbe dovuto!
  • Va bene basta, non ne  voglio più parlare.
  • Non penso che sia una cosa che puoi chiudere in questo modo. Sai perché a me non importa? Ha smesso di avere qualsiasi rilevanza dopo aver visto il mio stesso identico dolore nei suoi occhi quando tu eri in coma. Non dopo tutto quello che ha fatto per noi in questi mesi. Quindi si, posso anche passare sopra a una cosa come questa. Perché se è vero che ama me, ama molto di più te.
Il modo in cui Victoria la guardò le fece capire che le sue parole l’avevano colpita. Ma non ricevette nessuna risposta
  • Vic, vedi di rimettere le cose al loro posto.
Lo disse in modo perentorio rimanendo a guardarla. Ma sapeva che insistere in quel momento non sarebbe servito a nulla. La tensione che si era creata fra le due era palpabile ed era diventata quasi ingombrante.
  • Vestiti. Usciamo.
Victoria la guardò stupita.
  • Adesso?
  • Si, adesso. C’è un posto che voglio farti vedere.
Dopo un primo monento di esitazione da parte della pittrice quest’ultima comprese che non avrebbe potuto opporsi, così entrambe si rimisero in sesto e uscirono dall’appartamento.
Andarono verso Manhattan, poco lontano dall’ufficio di Ruth. Dopo aver armeggiato con la serratura di un’enorme porta in metallo e averla vista inserire un codice su un pad per disabilitare l’allarme, la fece entrare in un luogo immerso nel buio più totale, fino a quando Ruth non riuscì a trovare l’interruttore che illuminò un enorme spazio espositivo. Era suddiviso in diversi ambienti, ben separati, e alcuni erano già popolati da diverse opere d’arte, in alcuni Victoria aveva riconosciuto gli autori, e non fece domande fino a quando Ruth non la portò in una zona ancora vuota.
  • Ok,cos’è questo posto? Perché ci troviamo qui?
  • Io e Harry abbiamo acquistato questo posto, pensando che sarebbe stato un buon investimento. Lo abbiamo trasformato in uno spazio espositivo.
  • Avete avuto una buona idea, e anche ben collocata.
  • Già, ma il punto è un altro. Questa zona vuota in cui ci troviamo – fece una breve pausa prendendo fiato – è per te.
Victoria la guardò perplessa.
  • Per me?
  • Appartiene solo a te. Vorrei che la usassi per esporre le tue opere. Prendila come un’esposizione permanente di Victoria Reyes.
La donna rimase a bocca aperta per lo stupore.
  • Mi prendi in giro? E’ uno spazio enorme e…
Un sorriso spontaneo le illuminò il volto e di riflesso si dipinse anche sul viso della sua compagna.
  • Da quando abbiamo avuto questa idea, avevo il pensiero fisso che sarebbe stato giusto farti avere un posto solo tuo.
Victoria lasciò cadere rumorosamente a terra le stampelle per gettare le braccia al collo della donna.
  • Non posso crederci. Non mi basterà una vita intera per riuscire  a ricambiare un regalo del genere!
  • Perché non devi. Voglio solo che tu sua felice.
  • Lo ero anche senza tutto questo.
Si separò da quell’abbraccio e iniziò a camminare guardando le pareti vuote e candide, fino a quando non ne raggiunse una e appogandovi le spalle contro si lasciò scivolare fino a sedersi sul pavimento. Ruth, che l’aveva seguita con lo sguardo la raggiunse sedendosi al suo fianco.
  • Ho combinato un bel guaio. E  Katrin si sbaglia quando pensa che la stia punendo. Che non l’abbia perdonata.  
  • Dovresti dirglielo allora.
  • Non posso. Perché ha ragione quando dice che non mi fido più di lei. La capacità che ha avuto di colpirmi così in basso, usando la cosa che mi avrebbe ferito di più. Le ho perdonato le conseguenze ma non l’azione. E non sopporto di sapere che ti ama ancora. Con quale spirito posso volerla al mio fianco il giorno del notro matrimonio?
  • Quest’ultima cosa, perdonami, è una sciocchezza.
  • Tu credi? Perché per me non lo è. Vorrei poter condividere con lei questo momento della mia vita senza pensare che invece ne stia soffrendo o… davvero non lo so, o forse è il provare la stessa felicità che avevo iniziato a provare in quel periodo… e ho paura che possa succedere di nuovo qualcosa che possa portarmela via…
Ruth le passò un braccio intorno alla spalla stringendola a se.
  • Sai Vic continuo a pensare che le tue paure siano del tutto infondate, sono sicura che lei è felice per noi . Qui l’unica cosa importante è capire se il sentimento che vi lega esiste ancora. Riusciresti a fare a meno di lei nella tua vita? Personalmente ti dico che no, a me mancherebbe. Molto.

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Capitolo 22
*** Moonlight ***


Katrin, dopo lo scontro con l’amica era letteralmente sparita dalla vita di Victoria. Continuava a vedere tutti, separatamente e al di fuori. Beth era diventata la sua amica di uscite, si divertivano molto insieme ed entrambe erano felici per questa amicizia. Era andata un paio di volte a prendere un caffè con Ruth, dove quest’ultima aveva sorvolato sul perché Katrin si fosse allontanata così drasticamente, e di questo la rossa le era enormemente grata, anche del fatto che con lei riusciva a parlare del suo nuovo lavoro, condividendo le sue ansie e paure e sapeva che lei capiva meglio di quanto avrebbe fatto Victoria, aiutata dal fatto che Ruth conosceva bene il mondo di Katrin e le sue dinamiche.


FINE Questa era un’altra cosa su cui si era ritrovata a riflettere, sul fatto che la su amica pur condividendo le rispettive vite non aveva mai fatto nulla per comprendere realmente il suo punto di vista, restando ancorata al suo, che era quello di una persona che guardava dal basso la vita di quei ricchi signori dove sua nonna prestava servizio. Non gliene faceva una colpa, almeno lei era rimasta coerente e non era come lei che invece si sarebbe voluta integrare nel suo stile di vita,  ma con scarso successo, perché lei restava comuqnue una Cox con i loro pregi e difetti.

Ma sapeva che a tutte queste considerazioni Victoria vi era arrivata da tempo, forse da sempre e sapeva che il suo affetto non era stato meno sincero. Ma cosa si era rotto? E quando? Non sapeva dare una data esatta, un giorno preciso in cui lei aveva iniziato a sentirla distante e a sentirsi giudicata e non alla sua altezza, ma da quel momento tutto era precipitato, forse era stata veramente colpa sua ed era qualcosa che attribuiva alla sua amica quando invece quel disagio profondo che provava proveniva soltanto da se stessa. Di sicuro era iniziato quando aveva voluto prendersi carico di una situazione, che era stato evidente, non aveva saputo gestire, aveva dato sostegno alla sua amica ma in un modo del tutto sbagliato. Aveva ragione Victoria quando le aveva detto che forse se le avesse detto più spesso grazie non sarebbero arrivate a quel punto. Ma lei lo faceva per avere in cambio gratitudine? No, e il solo pensiero che potesse essere così la nauseava, ma l’essere data per scontata si, quello la feriva enormemente. Come la feriva il fatto che Victoria pensasse che lei non la conoscesse abbastanza, c’era stato un tempo che si sarebbero capite senza parlare, ma quel dono era sparito insieme alla malattia della pittrice e alle sue enormi perdite.

Rivoleva indietro quel tempo.

Il tempo delle risate spensierate, degli abbracci dove qualsiasi cosa fosse andata male avevano il potere di farle dimenticare lo sconforto, voleva di nuovo la sicurezza che sapeva darle il solo pensiro di avere Victoria al suo fianco sempre e nonostante tutto, quella persona con la quale era cresciuta e che in fondo la conosceva e sapeva capirla, la persona a cui riusciva a dire i suoi più reconditi segreti e non sentirsi giudicata.

Con quell’angoscia sul cuore, con cui conviveva ormai da più di un mese entrò nel suo ufficio, non fece subito caso all’oggetto messo in un angolo e avvolto in un imballaggio, ma non appena lo vide rimase pietrificata a guardarlo. Sapeva benissimo che cosa fosse e da chi provenisse, era stata abituata a vedere quegli oggetti praticamente da sempre, ma non si sarebbe mai aspettata di riceverne uno e soprattutto che fosse Victoria ad averglielo mandato.

Non ebbe subito il coraggio di scartarlo ma dopo, con lentezza, iniziò a togliere prima lo spago che serviva per maneggiarlo e poi lentamente a liberarlo dalla carta. Due grosse lacrime si presentarono incontrollate quando vide il volto di due bambine che, sedute su sul primo scalino davanti ad una casa, la guardavano, una sorridente e a cui mancava qualche dente, con i capelli rossi più ricci del solito e scompigliati a creare una nuvola quasi eterea e che teneva un braccio sulla spalla dell’altra ragazzina, anche’essa sorridente e con il mento appoggiato sulla mano piegata con un’espressione furba di quelle che presagivano soltanto guai, la sua pelle abbronzata e i capelli talmente neri che assorbivano la luce, mettevano ancora più in risalto la carnagione lattea e piena di lentiggini della sua amica. Katrin riconobbe essere la prima casa dove abitava la sua amica e i cerotti visibili sulle loro gambe le fece ricordare esattamente a che periodo risalisse quel ricordo, quando entrambe ricevettero delle biciclette e cercavano di imparare ad andarci sopra senza le rotelle.
Si asciugò le lacrime e lo poggiò per terra restando ancora un attimo a guardarlo. Poi uscì.
Aveva deciso di scendere dal taxi che aveva preso, ad un paio di isolati dalla sua meta, sentiva il forte bisogno di camminare per far evaporare quel mare di ricordi ed emozioni che le aveva suscitato quel regalo.
A qualche metro di distanza rallentò, fino a raggiungere la persona che se ne restava seduta proprio su quello scalino. Si guardarono senza dirsi nulla, poi Victoria le sorrise.
  • Se tu avessi ritardato ancora un po’ non avrei saputo cosa dire alle persone che abitano qui.
Katrin sorrise, diatolse lo sgurdo osservando la strada intorno, poi lo rivolse di nuovo su di lei.
  • Eri così sicura che sarei venuta?
  • E tu non avevi la certezza di trovarmi qui?
Dopo un primo momento di esitazione andò a sedersi accanto a lei.
  • Non è cambiato molto questo posto.
  • No direi di no, c’è ancora l’idrante che ti fece cadere i denti davanti.
  • Si, hai reso vivido il ricordo. Grazie.
Lo disse dandole una leggera spallata.
  • Avrai il coraggio di appenderlo nel tuo ufficio?
  • Si, e anche con orgoglio.
Si guardarono, con un leggero sorriso, poi la rossa tornò seria.
  • Quindi Vic?
A quella domanda la pittrice tornò a guardare il marciapiede vuoto.
  • Non lo so Kat. Davvero. Non capisco ancora coma abbiamo fatto ad arrivare a questo punto. Ma quello che so con certezza è che l’unica cosa giusta da fare è quella di voltare pagina, so che voglio averti nella mia vita e continuare condividerla con te.
La rossa osservava l’aria concentrata e seria con cui le diceva queste cose, fino a quando non la vide voltarsi per incrociare il suo sguardo.
  • E ti chiedo scusa per le cose che ti ho detto l’ultima volta che ci siamo viste.
Si prese qualche istante prima di risponderle.
  • Non devi. Ho avuto la capaicità di diventare una persona che ancora adesso faccio fatica a riconoscermi in lei. Tu sai che non sono così.
  • Si lo so, so perfettamente chi sei.
Katrin le sorrise prima di rimetersi in piedi tendendo la mano all’amica per aiutarla ad alzarsi, notò con piacere che utilizzava solo un bastone.
  • Quindi il grande giorno si avvicina?
  • Si, e comunque se ci troviamo qui  è perchè non potevo sposarmi senza la mia damigella d’onore.
La rossa la prese sottobraccio e iniziarono a camminare.
  • Sapevo che doveva esserci un secondo fine.
  • Beh, ovviamente! – fece una lunga pausa - Mi sei mancata pel di carota.
  • Tu invece per niente!
Ma il sorriso che accompagnò la frase la rese poco credibile.
 
                                                                              ******

Ruth amava il calore che poteva avvertire sulla pelle nonostante si trovasse nell’ombra di un portico accogliente, inspirò profondamente il profumo dell’estate che regnava in quella regione del sud america. In quell’assolato pomeriggio aveva appena finito di sorseggiare una limonata fredda in compagnia delle due donne anziane del gruppo e della cognata, gli altri vista l’ora e la calura avevano preferito andare a cercare conforto nel fresco delle loro stanze . 

Aveva una leggerezza nel cuore che non aveva mai provato prima, un benessere che le faceva comprendere la bellezza della vita in quel momento. Sentiva che quella luce intensa, quasi abbagliante nel riflettersi sul bianco dei muri che circondavano il cortile,  fosse capace di illuminare e cancellare qualsiasi tipo di bruttezza che era accaduta nella sua vita.

Si rese conto che non seguiva più i discorsi delle tre donne così, presa dal desiderio di stare con la persona che aveva reso tutto questo possibile, decise di raggiungerla nella sua stanza.
Aprì la porta e la richiuse delicatamente alle sue spalle, vide le imposte della finestra accostate leggermente, in modo da portare in una leggera penombra la stanza,ma un impertinente raggio di sole filtrava attraverso di esse andando ad appoggiarsi sul cuscino vicino al volto della donna che amava.
Victoria stava dormendo, per niente infastidita da quella luce che a breve le avrebbe illuminato il viso. Ruth rimase a guardarla con l’improvvisa voglia di sprofondare in quel letto, sdraiarsi al suo fianco e abbracciarla fino a fondersi con lei in quel grande letto dalle candide lenzuola.
 Guidata da quel desiderio la raggiunse stendendosi su un fianco rivolta verso di lei, un leggero odore di bucato fresco riempiva delicatamente l’aria, esitò per un po’ in contemplazione, poi la voglia di sentire il calore della sua pelle la fece cedere al desiderio di poggiarle una mano sul ventre e a quel lieve contatto la donna si svegliò. La guardò e rendendosi conto di cosa l’ avesse svegliata sorrise.
Ruth la sentì sospirare e ritornare a chiudere gli occhi, quel lieve tocco si trasformò in una abbraccio, cingendole la vita e stringendosi a lei.
  • Ehi, che succede?
  • Ninete, sono solo felice.
Ruth si sollevò per baciarla, fu un bacio dolce e lento, per sentire il soffice tepore delle labbra, per respirare l’aria piena del suo odore. Poi si allontanò restando a qualche millimetro da lei con un leggero sorriso stampato sulle labbra, per poi ritornare a stendersi e ad abbracciarla. Victoria le accarezzò il braccio che in quel momento la stringeva.
  • Lo sono anch’io.
Una leggera brezza fece muovere la tenda. Per entrambe in quel momento, in quella stanza, non esisteva più niente, solo le loro anime abbracciate, dimenticate nella vastità del mondo in quell’angolo di paradiso.
Stavolta fu Ruth a fare un profondo sospiro.
  • Sei strana lo sai? Che ti passa per la testa?
  • Non lo so, forse è questo posto. Sono attraversata da una miriade si emozioni che riuscire a gestirle sta diventando difficile. O forse è semplicemente perché mi manca dormire con te.
Sentì Victoria sorridere.
  • E’ da quando siamo arrivate che ti dico che possiamo farlo di nascosto.
Ruth si sollevò apoggiando il mento sul suo petto per poterla guardare.
  • E rischiare di farci uccidere da tua nonna? Ci tiene alle tradizioni.Se bevo un altro sorso di Aguamiel credo che potrei morire.
  • Ti ricordo che mi ha costretta ad andare da tuo fratello a chiedergli il permesso di sposarti. Anche se vedere il volto di David così imbarazzato ed emozionato davvero, non ha avuto prezzo.
Si mise a ridere.
Furono distratte dal suono di voci che provenivano dal cortile.
  • Iniziano ad arrivare i rinforzi.
  • Dovremmo andare anche noi.
Victoria le prese il viso fra le mani.
  • Abbiamo ancora tempo -  la baciò – e poi non pensare che ti lascino mettere piede in cucina. Tu non le conosci. Le sorelle di mia nonna sono terribili.
Così restarono ancora abbracciate sul letto per un tempo che a Ruth sembrò eterno, parlando del più e del meno, le sembrava di essere nel ventre di una splendida nave che andava alla deriva, persa nel cuore di un’estate che avrebbe sempre ricordato con una profonda emozione nel cuore.
Quando decisero di abbandonare la loro stanza, passarono a salutare le nuove arrivate e come previsione furono cacciate lontano dalla cucina, così andarono a sedersi sulle comode poltroncine in vimini del portico, dopo un po’ riapparvero lentamente i loro amici, con il fare molle che ricordava loro quello dei gatti. Le uniche che non perdevano mai il loro brio e la loro incessante energia erano le bambine, avevano già fatto amicizia con dei ragazzini del posto e si vedevano sfrecciare da un angolo all’altro del cortile per poi sparire e avvertire la loro presenza solo grazie ad improvvisi scoppi di risa.
Quando Harry riapparve, l’ultimo che mancava all’appello, si lasciò cadere sul piccolo divano accanto alla moglie.
  • Victoria, possedevi una fetta di paradiso e non hai mai pensato di dircelo.
  • Adesso lo sai.
  • Potrei pensare di comprare una casa qui. I tuoi parenti poi, sono fantastici. Ci hanno accolto come se fossimo di famiglia.
La donna sorrise.
  • Ma voi siete di famiglia. Mi casa es tu casa Harry, e qui non è qualcosa che si afferma con leggerezza.
Furono interrotti da Maria che portava una brocca ghiacciata piena di limonata e dei bicchieri. Quando anche Ruth si sporse a prenderene uno colmo del fresco liquido fu bloccata.
  • E no nina per te e Victoria c’è un bel boccale di Aguamiel.
L’anziana signora vide la leggera smorfia che si dipinse sul viso della donna.
  • Coraggio, questo è l’ultimo. Da domani puoi smettere di accontentarmi nelle mie tradizioni – le prese il volto fra le mani e le diende un bacio sulla fronte – E ti ringrazio per avermi assecondata.
Ruth si aprì in un sorriso prendendo il boccale e iniziando a sorseggiarlo.

Giunsero alla sera, quando iniziarono ad apparecchiare la lunga tavola sotto il portico, tra risate e scherzi si imbandì di pietanze cucinate con dedizione ed amore dalle donne anziane della famiglia di Victoria. Quella era una cena per pochi intimi e i parenti più stretti,così come sarebbe stata la cerimonia il giorno seguente, diversamente dalla grande festa che invece si sarebbe tenuta subito dopo.

Ruth sin dal primo momento era rimasta colpita dal come la famiglia della sua amata trovasse così naturale che due donne unissero le loro vite, che partecipassero così attivamente all’organizzazione e della sincera dimostrazione di felicità per loro.

A fine cena uno zio iniziò a strimpellare qualche nota su una chitarra, note un po' malinconiche, che facevano da sottofondo ai diversi gruppetti che chiacchieravano con leggerezza del più e del meno, solo dopo un po' Ruth si rese conto dell’assenza di Victoria, guardandosi intorno la vide in lontananza all’ingresso del cortile, immersa in un chiarore di luna con il volto rivolto a scrutare il cielo.

Si alzò per raggiungerla.

La donna se ne stava appoggiata ad un lato dell’ingresso, Ruth quando la raggiunse andò ad appoggiarsi dalla parte opposta, restando una di fronte all’altra. Victoria le sorrise per poi ritornare col naso all’insù.
  • Da bambina mi domandavo che odore potessero avere le stelle.
Ruth sorrise ma non disse nulla.
  • Di notte scendevo alla spiaggia, mi immegevo nell’acqua e mi lasciavo andare a pancia in su, alla deriva e con lo sguardo fisso al cielo, mi sembrava di volare, di essere persa dentro quell’immensità. In quel momento mi sentivo parte di qualcosa, di tutta quella bellezza e non c’era tristezza o malumore che resisteva a quell’attimo di totale comunione con l’intero universo.
Rimasero in silenzio, poi finalmente Victoria si voltò a incrociare lo sguardo di Ruth che non le aveva tolto gli occhi di dosso nemmeno per un istante, cercando di imprimere nella sua mente quel momento, il profilo perfetto della sua donna che le parlava persa in quel ricordo lontano e la trovava bellissima, con il volto illuminato dalla luna e quell’espressione un po' sognante.
  • Da quando ti conosco provo di nuovo quella sensazione. All’inizio non lo capivo. Ma adesso, adesso non ho alcun dubbio. Ho ritrovato il mio posto nel mondo.
Ruth sentì le vene spezzarsi, sciogliersi dentro quella dichiarazione. L’artista l’aveva abituata al suo modo intenso di vivere le emozioni e i sentimenti che provava. Ma in quel momento ebbe paura per quello che aveva davanti agli occhi, quella manifestazione di perfetta felicità.
Vedendola restare a guardarla in silenzio, Victoria sorrise abbasando lo sguardo imbarazzata.
  • Avevi ragione tu oggi pomeriggio. E’ questo posto, amplifica qualsiasi cosa.
Ruth si staccò da quella parete per raggiungerla passandole una mano sul fianco e l’altra sul viso per accarezzarla mentre la baciava.
  • Portami alla spiaggia.
Victoria le sorrise ma si voltò a guardare la piccola compagnia, vedendo che Harry e Hanna ballavano stretti sulle note di una musica romantica, Beth e Katrin ridevano di qualcosa insieme ad un cugino della pittrice.
Quindi la prese per mano e si incamminarono per quella stradina in terra batuta illuminata quasi a giorno dai raggi lunari. Dopo si ritrovarono a galleggiare mano nella mano a fissare il cielo sterminato. Si amarono in esso, non esisteva nient’altro nell’intero universo,erano due pesci del mare che si univano e si fondevano per dare vita all’umanità intera.
                                                                                              *****
Victoria fu la prima ad attraversare quella piccola navata improvvisata sotto il pergolato, al braccio della nonna camminò con il cuore in gola e con la voglia di voltarsi e vedere Ruth apparire e percorrere anchessa quel breve percoso che l’avrebbe condotta a lei.
Non dovette attendere molto per soddisfare le sue aspettative, ebbe il tempo di dare un bacio sulla guacia all’anziana donna per voltarsi e vedere la sua donna nel pieno della sua bellezza al braccio di Harry.

L’ abito che indossava rispecchiava peinamente il suo stile, così com’era per Victoria. Ruth aveva un vestito con una gonna in tulle leggermente vaporosa e di una lunghezza poco sotto il ginocchio. Aveva le braccia scoperte così come il collo e buona parte del petto, grazie ad uno scollo a V ricamato che si allacciava con una piccola cintura in vita interrompendone la corsa vertiginosa verso il basso. I capelli tirati indietro in uno chignon erano decorati con qualche fiorellino bianco che aiutava a tenere insieme quell'accunciatura perfetta e a dargli un leggero movimento.

Victoria invece indossava un abito in lino, che ricordava leggermente un abito tradizionale del suo paese di origine. Era composto da una camicia con uno scollo rotondo e delle maniche che arrivavano a metà avambraccio, un pò raccolte e con dei ricami geometrici sul davanti, e da una lunga gonna un pò ampia che cadeva in morbide pieghe,  anchessa di un lino molto leggero e interamente ricamanto come la parte superiore. I capelli ribelli erano stati lasciati liberi, e le cadevano sulle spalle neri e lucenti.

Quando la raggiunse, Harry baciò entrambe e le guardò raggiante e gli occhi lucidi. La stessa commozione erana visibile anche nelle damigelle d’onore che restavano al loro fianco, Beth con un enorme sorriso e Katrin con il cuore in gola. Hanna guardando il suo amato uomo ritornò al tempo in cui provò la stessa emozione il giorno che legò la sua vita a quella di lui.

Ma quello che era sotto gli occhi di tutti in quel momento era quello che c’era fra quelle due persone che si tenevano per mano e si scambiavano promesse per una vita da passare insieme. Avevano attraversato difficoltà più grandi di loro, eppure erano riuscite a superarle e  adesso, si ritrovavano lì, una di fronte all’altra, non riuscendo a staccare i loro occhi.  Alla fine erano circondate da un silenzio carico di emozione che fu rotto dalle ultime parole del celebrante che ne sanciva l’unione, insieme al bacio che si scambiarono. Dopo le due donne si voltarono cercando l’abbraccio delle persone che le amavano. Ruth fu assaltata dalle nipoti e dopo dal fratello, Harry si avvicinò abbracciandoli entrabi nello stesso momento, per lei fu un ricodo che le rimase impresso per il resto della sua vita.
  • Ti voglio bene
Fu l’unica cosa che disse Katrin all’orecchio di Victoria, che la strinse di più a se come risposta.
Dopo quei momenti di forti emozioni, aiutati anche dall’arrivo del resto degli invitati si spostarono nel cortile e iniziarono i festeggiamenti veri e propri.
Qualche ora più tardi la luna era ormai alta nel cielo, l'aria era fresca nel cortile addobbato da filari di piccoli bulbi di luci che scendevano come piccole stelle dal cielo e che andavano ad incrociarsi da una parte all'altra del cortile intrecciandosi a voltre fra i rami degli alberi insieme a dei festoni colorati, le piccole lanterne  poste sopra i tavoli in legno emanavano una luce tenue , tutto l'ambiende era caldo ed accogliente grazie alla loro luce dorata e discreta.

Un gruppo di mariachi, vestiti in modo tradizionale, con i loro brani allegri invitavano la gente a ballare nello spazio lasciato libero dai tavoli, le persone aiutate anche dalla tequila e dalla sangria che non veniva mai a mancare avevano fatto cadere l'iniziale risebo soprattutto negli invitati neworkesy, così insieme alla gente del posto andarono avanti a ballare e a cantare per quasi tutta la notte.
Ruth esausta andò a sedersi, elettrizzata e stanca insieme, fece scorrere lo sguardo tutto intorno, vedeva Victoria in piedi a ridere e scherzare con i loro amici.
Fu raggiunta da Maria che le sedette accanto, anche lei fermò la sua attenzione sulla nipote e  un sorriso e uno sguardo pieno di amore le si dipinsero sul viso. Ritornò a guardare Ruth poggiando la mano sulla sua.
  • Grazie, Pequeña
  • E per cosa?
  • Per renderla così felice.  E per aver reso serena me. Adesso so che non sarà mai sola perchè nella sua vita c’è qualcuno che tiene a lei quanto me.
Ruth le strinse la mano ed entrambe tornarono a guardare Victoria
E la pittrice, come se avesse sentito i loro occhi  su di se si voltò incrociandoli e ricambiando il sorriso. Poi la veemenza delle chitarre in quel momento attirò la sua attenzione, per ritornare subito dopo a guardare Ruth, le sorrise, e per scherzo raccolse la sua gonna spaziosa e si mise a danzare, dirigendosi verso di lei volteggiando e ridendo fino a quando non la raggiunse invitadola a unirsi a lei in quei passi di quella danza. Ruth si ritrasse ridendo ma iniziarono ad incitarla anche il resto della compagnia così alla fine cedette e si lasciò guidare dalla sua compagna, a loro si aggiunsero anche David con la moglie e poi il resto della banda.

Finalmente i musicisti iniziarono ad allentare il ritmo fino a suonare ballate lente e leggere, come a dar fiato alle persone , fino a quando ormai i primi uccelli che annunciavano il sorgere del sole iniziarono a cantare e la pista era quasi vuota, a parte qualche coppia che si teneva stretta ballando al suono di quell'unica chitarra supertiste.

E al centro c’erano ancora loro due, che ridevano e si baciavano danzando sotto quel cielo che iniziava a schiarirsi all’orizzonte, ma che sopra le loro teste era ancora stellato.

                                                               *****************

Il giorno seguente, quando Victoria scese in cucina, era appena iniziato il pomeriggio, la casa era talmente silenziosa da sembrare disabitata, tutti erano ancora rinchiusi nelle proprie stanze per riprendersi dalla baldoria della sera prima che era durata fino all’alba.
Andò a preparare il caffè per poi versarsene una tazza, si girò a guardare fuori, il sole splendeva come sempre in un cielo terso e senza neanche una nuvola. Decise di andare a sedere sullo sgabello accanto al  grande ripiano in marmo che capeggiava al centro della stanza. Iniziò a sorseggiare il suo caffè riportando alla memoria gli eventi del giorno precedente e un leggero sorriso le si disegnò sul volto. Non sentì arrivare alle sue spalle Ruth che l’abbracciò da dietro circondandole le spalle e infine il collo.
Victoria sorrise ricevendo il bacio che le stampò sulla guancia.
  • Avrei tanto sperato di svegliarmi con accanto mia moglie, e invece mi sono ritrovata da sola.
La pittrice si girò liberandosi da quell’abbraccio per darle un bacio.
  • Hai la minima idea dell’emozione che mi provoca sentirmi definire “tua moglie”?
L’abbracciò affondando il viso sul suo seno e stringendosi a lei. Ruth le mise una mano fra i capelli.
  • Credo che sia la stessa che provo io. Ma in più – sorrise – mi fa venire voglia di far l’amore con te, persino qui.
Dicendolo si era scostata e con un piccolo salto si mise a sedere sul ripiano.
Victoria era rimasta seduta, osservando la sua aria maliziosa, le passò le mani sulle gambe lasciate nude dalla corta camicia che indossava, rimettendosi in piedi e cercando le sue labbra.
  • Ehi! Avete una stanza lo sapete?
Voltandosi videro entrare Harry. Victoria rimase con le braccia di Ruth intorno al collo, lasciandosi andare mollemente in quell’abbraccio. L’uomo andò a versarsi anche lui un’abbondante tazza di caffè per poi andarsi a sedere poco lontano. Fu Ruth a rispondergli.
  • Ma perché siete così mattinieri?
  • Mattinieri?!
Harry guardò l’orologio che aveva al polso.
  • Sono le tre! Anche se dopo la festa di ieri penso che mi ci vorranno un paio di giorni per riprendermi.
Furono distratti dall’arrivo di Katrin e poco dopo di Beth che si fiondò sul frigo alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Victoria era ritornata a sedersi, e li guardava con un sorriso stampato in faccia mentre si scambiavano commenti e racconti della festa del giorno prima.
Poi Ruth si rimise in piedi stiracchiandosi e andando a rubare della frutta da un cesto. Harry attirò la sua attenzione.
  • Prima che voi due partiate ci sarebbe una questione di lavoro di cui dovremmo parlare.
Non riuscì a terminare il suo discorso, fu inondato dalle esclamazioni di dissenso delle donne prensenti e da Ruth che aveva alzato le mani in segno di difesa, Beth per accentuare il suo disappunto gli tirò un chicco d’uva che l’uomo riuscì a prendere al volo.
  • Hai appena ucciso l’atmosfera!
  • Dai Beth, è una cosa importante.  So anch’io che non è il momento ma abbiamo ricevuto un’offerta da San Francisco.
  • San Francisco? E da quando questa novità?
Ruth era veramente sorpresa.
  • Da un paio di giorni. E devo pur sapere cosa rispondere.
La donna sospirò.
  • Ok, ti prometto che prima della nostra partenza ne riparleremo, ma per oggi – andò verso Victoria per prenderla per mano – ho altri programmi.
Poi rivolgendosi alla sua compagna sorridendo
  • Ti prego portami in salvo.
La donna non se lo fece ripetere due volte, si alzò e la riportò nella loro stanza
Una volta in camera Ruth si distese mollemente sul letto, mentre Victoria restava in piedi a guardarla.
  • Pensi di rimanere lì? Perché io avevo tutt’altro in mente…
L’erotismo dischiuso nella sua voce fu per  Victoria come sentire un’esplosione.
  • Non credo che tu ti renda conto di quello che riesci a scaterare in me.
  • Sono qui, mostramelo…
Victoria andò ai piedi del letto, le sollevò una gamba per  baciarle la caviglia, iniziando a disegnare con le labbra un percorso che l’avrebbe portata come meta finale alle sue, ma passando prima e soffermandosi dove Ruth sentiva il fuoco del desiderio e si ritrovò a mordere il cuscino per sopprimere il gemito di piacere intenso che la stava attraversando incontrollato. Victoria risalì baciando e assaggiando il suo ventre, i suoi seni fino a stringersi a lei in un bacio profondo che avrebbe lasciato entrambe senza fiato.

Ruth si domandava come riuscisse a farle provare quelle forti emozioni come il primo giorno.
Teneva il suo viso fra le mani, mentre Victoria restava a guardarla sollevata appena sopra di lei. La pittrice non riuscì a non notare lo sguardo lucido e un po’ preoccupato della sua compagna.
  • Ruth…Stai bene?
  • Ho paura Vic, la felicità che mi fai provare… e questi giorni che sono stati così intensi e stupendi che…ho il terrore che tutto questo possa finire… che tu.. – l’abbracciò strigendola talmente forte da farle quasi male – non riesco nemmeno a immaginare quello che ne sarebbe di me se dovessi perderti….
Victoria si liberò da quell’abbraccio, spigendola a sedersi e mettendosi di fronte a lei, iniziando a rassicurarla accarezzandole il viso.
  • Non dire sciocchezze. Non ho intenzione di andare da nessuna parte. Amore mio, io e te, la nostra vita insieme, non posso prometterti che sarà sempre perfetto, che andrà sempre tutto bene, voglio dire, ci conosciamo abbastanza da sapere che prima o poi una di noi due farà o dirà qualcosa che farà imbestialire l’altra -  sorrise e appoggiò la fronte sulla sua – ma ti posso promettere che qualsiasi cosa accada, per quanto grandi potranno essere le difficoltà che avremo davanti, non ti lascerò mai da sola. Mai.
 
Questa fu l’unica promessa che in tutta la loro lunga vita insieme non riuscì a mantenere.
Era passato del tempo, anni, e Victoria era rimasta sempre la stessa, tenace e testarda, una pittrice di successo e Ruth un esponente di spicco nel mondo dell’arte, entrambe erano due belle signore di mezza età, ed entrambe continuavano ad esprimere pienamente le loro personalità.
Nonostante le crisi, i conflitti che c’erano stati inevitabilmente nel tempo, con quelle litigate che finivano con Ruth che se ne andava sbattendo la porta di casa e con Victoria che, sbollita la rabbia, usciva con il cuore impazzito per andare  a cercarla e una volta trovata le urlava in faccia che l’amava e che non accettava nemmeno in quei momenti di disaccordo la sua assenza, quindi l’afferrava per la mano per trascinarla di nuovo a casa, per poi dimenticare qualsiasi fosse stato il motivo del litigio e continuare il loro viaggio insieme.

Erano diventate una la migliore amica dell’altra.
Erano divenute complici.
Erano ancora grandi amanti.

Entrambe ritornavano spesso con la memoria ai giorni del loro matrimonio, Ruth prendeva spesso in giro Victoria che sosteneva di avere il primato della donna più innamorata del mondo. E Ruth si ritrovava ancora a ceracre il suo sguardo nei luoghi affollati, alla ricerca di quel benessere che solo la sua presenza sapeva darle.

Una vita intera racchiusa in quei giorni in quel lontano paesino del sud america.
E forse fu per quello che Victoria espresse il desiderio di ritornare in quella casa.

Era da qualche tempo che Ruth aveva visto nella donna che amava un cambiamento, una pacata rassegnazione alla sua malattia che con l’avanzare dell’età era ritornata prepotentemente. Era stata costretta ormai da qualche anno all’utilizzo sia del bastone che, nei momenti più dolorosi, della sedia a rotelle.
Nelle ricadute che aveva vuto negli anni,  Victoria aveva sempre avuto un atteggiamento da guerriera, non aveva mai ceduto allo sconforto, ed ogni volta era riuscita a superare l’ostacolo e ad attaccarsi con caparbietà al desiderio di riuscire a risollevarsi, grazie anche alla presenza costante di Ruth, sempre pronta a combattere al suo fianco e a sostenerla, a regalarle quella forza che a volte a lei mancava. Ma questa volta, quasi alla soglia dei settanta anni, il peggioramento sembrava più tenace della pittrice stessa, e forse era per questo che la donna aveva in viso una strana serenità che la sua compagna non poteva non notare, ed era quasi terrorizzata nel comprendere che cosa stesse succedendo all’amore della sua vita.

E quella richiesta le fece ancora più paura, era come se le stesse chiedendo di partire perché sapeva che non ci sarebbe stata un’altra occasione, come se esprimesse il desiderio di congedarsi da quel luogo tanto amato.
Così partirono e Ruth riuscì a convincere anche i loro vecchi amici di una vita. Il ritrovarsi lì tutti insieme era diventata una tradizione che si ripeteva quasi ogni anno, e il gruppo si era ingrandito grazie alle nuove coppie che si erano formate. Quindi quando Ruth propose quel viaggio non fu per loro così inaspettato. Harry poi, come sempre, comprese che dietro alla richiesta della sua amica si nascondeva qualcosa di più grande, di più profondo e che la preoccupava.
 
Si ritrovarono tutti, esattamente come quarant’anni prima, seduti sotto il portico di quella casa che sembrava immutata nel tempo.
  • Se chiudo gli occhi mi sembra di sentire ancora la voce di Maria che canta mentre è intenta a cucinare.
Tutti si voltarono a guardare Beth che aveva espresso quel pensiero a voce alta.
  • A dire il vero a me mancano anche le risate e le voci dei bambini. Vederli scorazzare qui in giro.
Intervenne Katrin con un tono divertito, mentre guardava Ruth osservare il cortile come se si aspettasse che il suo desiderio venisse esaudito.
  • Siamo proprio dei vecchi attaccati ai ricordi.
Victoria sorrise.
  • Restiamo comunque una bella banda.
Portando così la sua attenzione sui suoi amici, osservandoli uno ad uno e non dando peso a quello che  l’avanzare del tempo aveva fatto ai loro corpi e visi. Beth nonostante adesso la sua corporatura fosse salda e robusta era sempre una bella donna dalla pelle lucida di ebano, senza nemmeno una ruga a segnarle il volto. Harry e sua moglie avevano assunto nel tempo un atteggiamento e un aspetto che alla pittrice ricordavano due vecchi signori inglesi dell’alta società, le due gravidanze che aveva avuto Hanna non avevano lasciato alcuna traccia ed era la donna minuta di sempre, dai capelli così biondi da sembrare di cenere. Katrin, la sua cara amica, dallo sguardo limpido e dalla chioma riccia che l’aveva sempre caratterizzata con il suo rosso brillante, ospitava ormai delle ciocche bianche che lei portava come un vezzo.  Poi si spostò ad osservare David, divenuto vedovo da un paio di anni, che somigliava sempre in modo incredibile alla sorella, la sua versione maschile, e forse anche per questo non aveva avuto nessuna difficoltà a volergli bene sin dal primo momento che lo aveva conosciuto.
Ed in fine Ruth, la persona che aveva amato di più in tutta la sua intera esistenza.  La guardava e la vedeva davanti ai suoi occhi bella come la prima volta che l’aveva incontrata, e se anche in quell’aula di università non aveva capito che la forte emozione che aveva provato nell’incrociare il suo sguardo  rappresentava  il richiamo delle loro anime destinate, aveva sempre avuto la certezza che  davanti a se c’era una persona fuori dal comune.
Ruth come sempre si voltò incrociando quello sguardo indagatore e le sorrise.
  • Tutto bene?
Non le rispose subito, perdendosi in quegli occhi così familiari.
  • Si.
Furono distratte dalla voce di Beth
  • Che ne dite di preparare il pranzo?
Si alzarono tutti dirigendosi nella grande cucina,  ad eccezione di Ruth che fu trattenuta per un braccio dalla sua compagna.
Le sorrise
  • Che succede Vic?
  • Niente, volevo restare qualche minuto da sola con te.
  • D’accordo.
Così la donna tornò a sedersi  prendendole la mano per stringerla nelle sue.
  • Sei strana lo sai? Più del solito.
  • Subisco come sempre gli effetti di questo posto. Lo sai che è magico.
Ruth le sorrise ma subito dopo vide una smorfia di dolore sul volto della pittrice.
  • Victoria...
Nel pronunciare il suo nome strinse più forte la sua mano. L’altra donna non potè fare a meno di vedere l’espressione di terrore mal celato della sua compagna. Ignorò la richiesta implicita che leggeva nei suoi occhi. Riprendendo fiato prese a parlare.
  • Sai che ancora oggi ho il rammarico di non averti chiesto di farmi da modella ai tempi del college?
  • Perché pensi ancora a queste cose?
  • Perché avremmo avuto più tempo da trascorrere insieme.
Ruth abbasò lo sguardo, poi ritornò a guardarla con un mezzo sorriso, ma i suoi occhi erano tristi.
  • Victoria, non cambierei nulla, personalmente non ho rimpianti e so che non avrei mai potuto chiedere niente di più. Abbiamo avuto una bella vita insieme, piena di amore. Sono pochi quelli che possono dire lo stesso. E ti amo ancora profondamente.
La pittrice la fissò, l’intensità del suo sguardo le fece tremare il cuore.
  • Sai che ti ritroverò vero? Come ho fatto in questa vita così farò nella prossima.
Un nodo strinse la gola di Ruth, dovette reprimere le lacrime che sentiva arrivare prepotenti. La baciò per poi abbracciarla e poter nascondere il viso fra i suoi capelli, aspirando profondamente quell’aroma che la faceva sentire in un luogo sicuro, la faceva sentire a casa. Victoria la tenne stretta a se, per un tempo che non riuscì a definire.
  • Adesso basta con questi discorsi. Ti prego.
La pittrice sorrise, le fece un cenno di assenso e la lasciò andare.
  • Inizia  a fare caldo, perché non vieni dentro?
  • Voglio restare ancora qui per un po’.
  • Va bene, ma vado a prenderti qualcosa di fresco da bere.
Victoria, la vide allontanarsi e lo sguardo e il sorriso che le rivolse prima di sparire oltra la piccola soglia che portava alla cucina.

Fece un respiro profondo, aspirando quell’aria carica di odori che annunciavano l’arrivo dell’estate, cercando di dominare in quel modo quella fitta che sentiva al centro del petto ormai da qualche tempo e che in quel momento si era fatta più prepotente.

Sapeva che cosa voleva dire, così chiuse gli occhi, sorrise  sentendo ancora il profumo di Ruth sulla sua pelle, li riaprì giusto il tempo per riuscire a mettere a fuoco il cortile pieno di fiori colorati e  illuminato dal sole, e a sentire le voci dei suoi amici poco lontano.

Poi l’unica cosa che vide fu un immenso cielo stellato e il suono della sua risata che si mischiava  a quella di Ruth mentre ballavano abbracciate al chiaro di luna.


FINE



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