Charmed: Legacy - Beyond the Pale

di marwari_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 𝕋ricentanario ***
Capitolo 2: *** 𝕊offitta ***
Capitolo 3: *** ℚualcosa di 𝕊traordinario ***
Capitolo 4: *** 𝕋riquetra ***
Capitolo 5: *** il 𝕃ibro delle 𝕆mbre ***
Capitolo 6: *** 𝔻ominus 𝕋rinus ***



Capitolo 1
*** 𝕋ricentanario ***


Saga: Charmed: Legacy (Vol. I)
Titolo: Beyond the Pale
Set: 1992 (pre-serie)
 

Cap.1 - tricentenario

:: 1992 ::

Paige sbuffò contrariata, accodandosi al gruppo disordinato di ragazzini urlanti.
Odiava le gite, ma se una di quelle inutili uscite scolastiche l’avrebbero salvata da snervanti cene di famiglia, allora era la prima a voler partecipare. Era stata dunque una buona ragione per cui violare l’ennesima punizione di suo padre, falsificare la firma della madre per poter consegnare il permesso alla preside senza problemi e sorridere gentilmente, giustificandosi con l’insegnante di storia e di arte, dicendo di voler approfondire gli argomenti trattati in classe. Aveva promesso tante volte di cambiare, di diventare una studentessa modello, più attenta, partecipe e volenterosa di imparare.. era un’occasione perfetta per dimostrare tutte le sue buone intenzioni. Forse la cosa sarebbe durata un paio di giorni, una settimana o forse un mese.. finchè qualcosa di abbastanza divertente non sarebbe saltato fuori.. fino ad allora poteva svagarsi con il testare le sue doti incerte di attrice.

«Matthews, non restare indietro.» la voce del professore di arte le giunse sibilante e autoritaria alle orecchie. La ragazza lo guardò per un attimo in cagnesco, prima di rilassare i muscoli della fronte e mostrargli i denti bianchi corredati di apparecchio argentato. Lui scosse la testa, sospirò, e tornò a rivolgere la propria attenzione alle parole della guida

…per questo motivo, in onore del 300° anniversario, il Museo di Storia Naturale della California ha deciso di ospitare, nel padiglione ancora incompleto, una selezione delle opere più significative riguardanti la ciaccia alle streghe di Salem.

Paige perse velocemente l’interesse: la sua mente era troppo affollata da pensieri riguardanti la fine di quella noiosissima gita quando, tornati a scuola, si sarebbe incontrata con la sua migliore amica Michelle e gli altri per trascorrere finalmente delle vere ore di libertà tra le strade del centro; di sicuro non poteva pensare a Mary Walcott o Melinda Warren…

La ragazza si voltò con aria stranita verso la guida: non ricordava di aver ascoltato quel nome in classe, né di averlo letto nei libri. Era anche vero che non poteva far affidamento sulla sua attenzione, visto che per la maggior parte del tempo, durante le lezioni, pensava ad altro e quando si trattava di studiare trovava le migliori scuse anche con se stessa. Paige sospirò appena confusa, dando le spalle al resto del gruppo e, approfittando della distrazione degli insegnanti e dei suoi compagni, impegnati anch’essi ad ascoltare musica di nascosto o cercare di leggere riviste ripiegate più volte in modo da farle sembrare libri, si perse per minuti interi ad osservare gli alti soffitti appena restaurati e le colorate vetrate che spuntavano qua e là da qualche impalcatura ancora presente. Nonostante ciò che pensava sui musei e su quel genere di edifici e templi della noia, pensò che sarebbe diventato un padiglione degno di nota; molto probabilmente i suoi non l’avrebbero trascinata lì una volta terminato. La ragazza storse la bocca disgustata alla sola idea.

Dunque, se volete seguirmi, vi porterò nella stanza di restaurazione. E’ un laboratorio a cui, normalmente, non permettiamo di accedere ai normali visitatori, quindi state molto attenti a non toccare nulla.

«Matthews!» Paige non aveva nemmeno avuto il tempo per dimostrare il suo disappunto che la sgridata arrivò puntuale come sempre. Era certa di star antipatica all’insegnante di arte – del resto a chi non stava antipatica? – oppure era solo risentito del fatto che stavano visitando un museo, il santuario della sua materia, e lei non si stava dimostrando abbastanza interessata? «Tieni il passo.» la incitò nuovamente, non appena si trovò abbastanza vicino.
A quel punto non riusciva a pensare ad altro che alle sigarette e al momento in cui tutta quella tortura sarebbe finita. Cos’era costretta a fare per far alzare le valutazioni sulla condotta?

“Entravano nelle buche e strisciavano sotto sedie e sgabelli... svariate posizioni e buffi gesticolii, facevano discorsi ridicoli e assurdi, incomprensibili per loro come per gli altri.”

Paige osservò la guida mentre, con attenzione, voltava una pagina di un libro antico, all’apparenza, con pagine gialli e fragili scritte in inchiostro sbiadito. Riuscì ad intravedere qualche disegno dello stesso colore, macabro e sinistro, che ritraeva linciaggi o violente torture.
La ragazza notò uno strano simbolo a tre punte provenire dalle fiamme stilizzate di una donna bruciata sul rogo, ma non appena sbattè le palpebre, il simbolo scomparve. La stanchezza e la noia stavano cominciando a darle veramente fastidio.. aveva decisamente bisogno di fumare.

Era ciò che diceva un contemporaneo, Robert Calef, delle due giovani Elizabeth Parris ed Abigail Williams, che diedero il via all’inquisizione delle streghe, secondo il testo. Dopo di loro ne seguirono molte altre, facendo arrivare il numero approssimativo di vittime a 19 e più di 400 persone torturate, imprigionate o accusate di magia nera che furono segnate per il resto della loro esistenza.

La ragazza si morse il labbro inferiore per sopprimere uno sbadiglio quando, terminata la spiegazione, fu costretta a fingere di esaminare ad uno ad uno i libri esposti in attesa di un restauro, senza ovviamente toccarli. Anche se non aveva letto nulla per pigrizia di dover decifrare lettere troppo sbiadite, ricordava benissimo alcune parole che non era sicura di aver letto: “triskelion”, “Lawrence Culter”, “foglie d’alloro”, “telecinesi” e molte altre. In ogni pagina o stralcio di essa su cui posava gli occhi, trovava qualche parola che si incideva nella sua mente anche se si impegnava a far scorrere lo sguardo su quelle parole sbiadite.
“Prudence”
“Penelope”
“Patricia”
“Melinda”
“Astrid”
“Helena”
“Laura”
“Grace”

Che significava Halliwell?
Paige sobbalzò quando una delle lampadine più vicine a lei, posizionata sulla pagina che stava esaminando con occhi sfuggenti e intimoriti, scoppiò con un acuto botto. Il brusio che si era creato in quel laboratorio cessò di colpo e tutti guardarono nella sua direzione.
La ragazza deglutì, osservandosi le dita della mano dove era certa di aver avvertito una leggera scossa

«Matthews?» la voce atona dell’uomo accanto a lei la riportò alla realtà. Non era certo che fosse un rimprovero, come se fosse stata lei la causa della rottura della lampadina, oppure fosse preoccupato per la sua incolumità o la sua espressione instupidita.

Paige non disse assolutamente nulla, limitandosi a seguire la massa di studenti che, velocemente, riprendevano a fingere di essere interessati alla visita. Forse fu la prima volta in cui il professore la lasciò per ultima e, senza dire una parola, seguì il gruppo prima di lei, lasciandola indietro a guardarsi attorno confusa.

Molti degli accusati venivano invitati a recitare salmi, preghiere o parti intere della Bibbia, provando così di non essere posseduti dal demonio e venivano spesso rilasciati…

Paige scosse velocemente la testa, portando il palmo alla fronte e scostando i radi capelli sudati dalla fronte. Forse quella serie di bugie, l’odore di chiuso, la polvere, la noia e quell’aria viziata la stavano veramente facendo impazzire; ridacchiò fra sé e sé mentre si faceva strada al centro del gruppo, pensando che dopo tutte le domeniche passate alla chiesa di San Vincent de Paul e quelle sessioni extra a cui i suoi genitori l’avevano costretta nel vano tentativo di allontanarla dalle brutte compagnie e dalle pessime decisioni che sempre prendeva, avrebbe benissimo potuto scampare ad ogni accusa di stregoneria. Se solo fosse nata alla fine del 1600.. forse avrebbe potuto essere una potente finta strega e scampare ogni volta il rogo con la sua perfetta conoscenza dei testi sacri.

Ecco, qui potete vedere le litografie di Joseph E. Baker, 1892, esattamente 200 anni più tardi dei processi. Ritraggono i giudici, le accusate e forze esterne come fulmini e saette che proclamano la colpevolezza delle streghe. Dunque il giudizio non era dell’uomo ma divino, perciò le punizioni, le condanne e le torture non potevano che essere considerato sacre e giuste.

La ragazza osservò a lungo i disegni in bianco e nero, restaurati, e i loro ingrandimenti accanto digitalizzati e proiettati in successione sulla parete sgombra. Era in qualche modo affascinata da quelle linee nervose e precise, fitte e sottili che parevano muoversi sotto i suoi occhi.. se si concentrava poteva addirittura sentire i tuoni rombare lontani, la folla inferocita e le grida di dolore degli accusati mentre bruciavano tra le fiamme.

«Non dovresti stare qui da sola.» una voce femminile la fece sobbalzare «Sei della Sacred Heart, vero?» la ragazza, poco più grande di lei, si sollevò gli occhiali trasparenti da laboratorio, sfoggiando una lunga frangia che le nascondeva parzialmente i due occhi azzurri. Arricciò le sottili labbra e la fissò a lungo con aria seccata «Questa sezione non è ancora aperta al pubblico, non dovresti gironzolare da sola. Se combini qualche guaio..» sospirò, lasciando la frase a metà ed alzando gli occhi al cielo quando la ragazza che aveva davanti assunse un’aria strafottente, rincrociando le braccia al petto e arricciando il labbro inferiore

«Cosa ti fa credere che ti possa procurare guai?» Paige sentì lo sguardo critico dell’altra su di lei, che passava dai suoi anfibi dall’alta suola a carro armato, i pantaloni stracciati, maglietta a righe bianche e rosse e giacca oversize che le fasciava disordinatamente l’esile figura

«Nulla non farci caso.» la ragazza più grande si avvicinò a lei, sospingendola con fermezza ed autorità verso l’uscita dove, era certa, il resto del gruppo si era diretto «Avanti.. o mi puniranno per colpa tua.» Paige si oppose volutamente, camminando con pigrizia sotto gli incoraggiamenti dell’altra, divertendosi nell’ascoltare le lamentele a denti stretti della mora alle sue spalle «Perderemo il gruppo!» sbottò scocciata, afferrandole piano il braccio per farle aumentare il passo.

Entrambe sobbalzarono, fermandosi all’improvviso, quando una strana luce bluastra le illuminò dall’alto. Era impossibile capire da dove provenisse: era bianca e azzurra, a tratti blu intenso e delle sfere molto più piccole, quasi puntini bianchi e dorati, fluttuavano attorno a loro accecando i loro occhi spaventati e sorpresi. La ragazza più grande si scostò appena in tempo prima che un grosso volume la potesse colpire in piena faccia; pochi istanti dopo ogni oggetto non ancorato a terra veniva scagliato con forza brutale da una parte all’altra. Alcuni libri sbattevano contro i muri, i fogli vorticavano nell’aria formando disordinate colonne e strumenti da laboratorio, lampade e quadri scomparivano qua e là attorniati da sinistre nuvole azzurrine

«Cosa succede?!» gridò terrorizzata Paige, premendo i palmi sulle orecchie per il troppo rumore. L’altra, forse più sconvolta di lei, la trascinò con determinazione sotto al tavolo più vicino osservando sgomentata gli oggetti che, lentamente, cessavano il loro volo

«Sarà stato un terremoto.» ipotizzò la mora, perfettamente consapevole di aver detto la prima cosa che le era venuta in mente, anche se senza senso. Si sentivano entrambe quasi stupide ad essersi rifugiate là sotto.

Paige si guardò attorno a lungo prima di gattonare fuori dal nascondiglio ed osservare colpevole la baraonda che regnava in quel laboratorio una volta perfettamente ordinato e che conteneva oggetti tanto preziosi, ora sparsi sul pavimento

«Questa volta mi licenziano.» Paige osservò la faccia inebetita davanti a lei e, anche se non ne conosceva il motivo, si sentì in colpa

«Senti sorella mi dispiace per il macello ma non è colpa mia.» tutto quello che la studentessa si guadagnò fu un’occhiata di fuoco che, anche se a carponi, la fece indietreggiare

«Ecco perché quando succedono queste cose soffro dei peggiori casi di isteria!» la ragazza più grande sbuffò a denti stretti, bloccando per un polso l’altra, quando notò che si stava alzando. Paige non aveva mai desiderato così tanto in vita sua di essere con la sua classe e continuare la visita al museo: tutto poteva essere migliore di passare altri cinque minuti con quella tizia che sembrava avere tutta l’intenzione di ucciderla

«Vorrei riordinare tutto.. magicamente..» balbettò incerta e l’altra si alzò a sua volta in piedi, indicando con un gesto del capo l’uscita del laboratorio

«Non accetterò che tu per riordinare non faccia niente!» ringhiò ancora, osservandola con due occhi azzurri stretti e penetranti.

Non fece nemmeno in tempo a lasciarle il polso che, dal nulla, tutta la stanza si riempì di una luce dorata e, in pochi istanti, ogni cosa tornò al proprio posto, come se non fosse accaduto niente.

Entrambe sbatterono le lunghe ciglia ripetutamente, incredule, atterrite ed incapaci di proferire una sola parola: com’era possibile? Avevano sognato? Cosa era appena successo? Era uno scherzo architettato dal museo? E allora perché quella che doveva essere la responsabile di quel padiglione, o comunque qualcuno che ci lavorava giorno e notte, sembrava più allarmata di lei? Forse era solo una buona attrice.. eppure.. eppure non si poteva organizzare una cosa del genere.

«Io.. io devo andare.» farfugliò Paige e, approfittando della confusione dell’altra, sgusciò via dal laboratorio e dopo svariati minuti, riuscì a raggiungere il resto della classe. Fu sorda ai richiami dei suoi amici e dei professori, non disse una parola riguardo alla sua sparizione e passò il resto del suo tempo con il corpo tra animali impagliati e la mente in quel laboratorio. Non vedeva l’ora di andare a casa e dimenticarsi di quella faccenda.

Fu infatti la persona più felice del mondo quando, trascinando stancamente i piedi, giunse con i suoi compagni all’uscita dell’edificio e ripeté meccanicamente i ringraziamenti alla guida che i suoi compagni avevano pronunciato in un irrisorio coretto.

Scese le scale del museo velocemente, desiderosa di rifugiarsi nel pullmino che li avrebbe ricondotti a scuola, ma pochi metri prima, si sentì afferrare per il braccio. Era la ragazza del laboratorio.
Aveva il fiatone e sembrava essere sollevata di averla trovata

«Senti, non devi farne parola con nessuno.» mormorò preoccupata la mora. Paige le rivolse una smorfia: non era già ovvio? «Vieni qui domani dopo la scuola, verso le cinque, non prima.» la ragazza si ritrovò in mano un bigliettino stropicciato con un indirizzo

«Neanche ti conosco.» Paige strinse il foglietto nel palmo della mano, riducendolo ad una palla informe

«Prudence Halliwell, puoi chiamarmi Prue.» disse d’un fiato «Non sei curiosa di capire che è successo là dentro?» la ragazza più giovane la guardò con aria interdetta. «Ti aspetto domani, non fare tardi.»

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Capitolo 2
*** 𝕊offitta ***


Cap.2 – soffitta

«Prudence, non farai tardi al lavoro?» la voce della nonna la fece lentamente voltare. La squadrò a lungo, cercando di abituarsi alla luce del sole mattutino che illuminava la figura davanti a lei, rendendo impossibile riconoscere i suoi lineamenti che, d’un tratto, si erano ridotti ad ombre indefinite; riusciva solo a distinguere, grazie alla sua immaginazione, la sua espressione di rimprovero e la sua postura autoritaria, con le mani appoggiate ai fianchi. Era sempre severa, Penny Halliwell, ma poche erano le volte in cui rivolgeva le sue prediche alla diligente Prudence.. e la ragazza odiava quando la donna le faceva notare i suoi piccoli errori. Erano inezie in confronto a quello che combinava Phoebe, no? O la nonna si era arresa all’evidenza che la più giovane delle Halliwell fosse un caso perso? Allora in quel caso doveva tenersi strette le due più grandi..           
Prue sbuffò, rannicchiandosi ancora di più sui gradini di fronte alla casa

«Non lavoro oggi, nonna.» rispose stancamente, stringendo le dita sulla tazza che aveva in mano

«Non hai lezione al college?» provò ancora la donna, avvicinandosi a lei e sospirando appena

«Sono tornata da un’ora.» protestò lei, mantenendo lo sguardo fisso sulla nonna per evitare altri interrogatori sul come mai non fosse in camera sua a studiare per uno degli ultimi esami.

Penny Halliwell piegò le labbra in un mezzo sorriso indagatore. Prue, come le sue sorelle, conosceva bene quell’espressione che all’apparenza poteva sembrare divertita e giocosa, ma che in realtà nascondeva tutta la diabolica capacità della nonna di scoprire ogni singolo segreto o vicenda che non le quadrava o non le andava a genio. Le invasioni di Penelope nella sua vita privata erano state numerose e frustranti quando era adolescente e da poco era riuscita a guadagnarsi abbastanza fiducia per far cessare quelle ingiuste intromissioni.. non voleva ricadere in quel circolo vizioso ora che la donna si dedicava maggiormente a Phoebe e, anche se molto più raramente, a Piper. Non che avesse nulla da nascondere, a dire il vero, nulla che avesse a che fare con la scuola o i ragazzi, che erano la sua maggiore preoccupazione, il suo segreto era decisamente diverso, singolare.. nulla a cui la nonna avrebbe mai pensato. O forse sì? Dopotutto non era lei che vedeva spesso scendere dalla soffitta chiusa a chiave? Perché mai si rintanava ore là dentro se non c’era “nulla degno di nota”, come spesso diceva lei stessa?       
C’era decisamente qualcosa da rendere chiaro, ma per il momento doveva farlo da sola. L’ultima persona a cui avrebbe dovuto dirlo sarebbe stata la nonna.

«Prudence? Mi stai ascoltando?» la ragazza sollevò lo sguardo sulla donna. Doveva aver assunto un’espressione stupida, perché ricevette un sospiro rumoroso e una scrollata di mani, prima della ritirata in casa di Penelope «Tu e le tue sorelle mi farete impazzire prima o poi!»    
Prue ridacchiò appena, fissando lo sguardo sulla pigra città di fronte a lei. Era quasi il tramonto e da due giorni la ragazza del museo non si era fatta viva.. perché avrebbe dovuto presentarsi proprio quel giorno? Era inutile, bisognava scordarsi di quella faccenda o.. o almeno non fare affidamento su di lei.

Si lasciò ipnotizzare dal thè che, tremolante, si muoveva nella ceramica per interminabili minuti finché delle gioviali risate e il rumore di un motore acciaccato non attirò la sua attenzione

«Oh ecco l’altra!» Prue sentì la voce della nonna provenire dalle sue spalle, poi la porta dell’abitazione che, cigolante, si richiudeva

«Ti passo a prendere io domani, Freebie.» la ragazza vide la sorella minore saltare giù da un pick-up sgangherato ed infilare lo zaino malconcio su una spalla. Masticava vistosamente una gomma rosa e si era voltata verso i suoi amici nel bel mezzo della strada, incurante delle macchine di passaggio che quasi la sfioravano

«Non chiamarmi così.» il ragazzo alla guida le rise praticamente in faccia e scosse la testa

«Sì come vuoi.» esclamò senza nemmeno girarsi e partì sgommando.

Phoebe Halliwell camminò lentamente in mezzo al traffico, senza preoccuparsi minimamente di essere un pericolo per se stessa o per i guidatori. Prue la osservava tranquillamente

«Niente arresti oggi?» la salutò con un sorriso divertito mentre prendeva un lungo sorso dalla sua tazza; la sua voce era uscita cupa e cavernosa. La sorella non rispose.

La ragazza osservò la strada ancora, più volte e quando si accertò che fosse deserta, si decise finalmente a rientrare a casa. Strabuzzò gli occhi non appena varcò la soglia, al contempo rincuorata da quell’atmosfera familiare e, per il medesimo motivo, profondamente seccata: Piper che urlava per avere un po’ di silenzio mentre studiava, la nonna che sgridava Phoebe perché le dava fastidio invece di immergere il naso nei libri e quest’ultima, sorde alle richieste di tutti, continuava a saltellare in giro e canticchiare stupide filastrocche

«Prudence, occupati di tua sorella!» la voce di Penny sovrastò facilmente la baraonda che si era creata e Prue scattò come un soldatino, afferrando la sorella minore per un braccio e trascinandola fino al piano di sopra

«Ma perché non lasci in pace Piper? E poi ti lamenti che la nonna ce l’ha sempre con te!» Prue la accompagnò fino alla porta della sua stanza ed indietreggiò fino alla porta, le braccia conserte

«E tu devi fare sempre la tua paladina, miss perfezione, non è vero?» Phoebe le fece il verso, come sempre e, come sempre, venne rinchiusa in camera sua con l’ordine – che sicuramente avrebbe ignorato – di svolgere i compiti assegnati e studiare per l’indomani.

Prue si chiese più volte, mentre tornava al piano inferiore, come era riuscita a concludere il liceo a pieni voti, dare quasi tutti gli esami del college e dedicarsi anche alla sua passione di artefatti antichi, lavorando al museo della città, con tutto il baccano che regnava sovrano, ogni giorno, in quella casa.

Il resto della giornata si svolse pigro e monotono come tutti i giorni precedenti e come si sarebbe svolto tutti i giorni successivi. Prue si era spesso ritrovata a pensare a quella ragazza, al laboratorio a quelle vicende assolutamente improbabili e stupefacenti che aveva visto accadere sotto i suoi occhi.. in un certo senso avrebbe voluto saperne di più, indagare, scoprire cosa si celasse dietro a quel mistero, come faceva sempre per lavoro e per passione, avrebbe voluto conoscere quella stramba ragazza e capire se lei avesse contribuito a far succedere ciò che era successo.. ma oramai si era convinta definitivamente che avrebbe dovuto farne a meno.

Alle undici precise Penelope comunicò l’inizio del coprifuoco dalla cima delle scale, il che voleva dire che tutte e tre si sarebbero dovute infilare sotto le coperte e dormire, o far finta di dormire, entro mezz’ora. Piper e Phoebe scattarono in piedi dal divano, cominciando l’usuale corsa verso il bagno per finire l’acqua calda a discapito delle altre; Prue per la prima volta dopo tanto tempo, non prese parte a quella loro tradizione decenaria

«Ragazze, non correte in casa!» protestò la nonna, sbuffando quando la sorpassarono lungo il corridoio. Anche quella era una tradizione e nessuno poteva andare a letto tranquillamente senza aver udito quelle esatte parole.

Prue salì i gradini ad uno ad uno, sorreggendosi al corrimano con presa ferrea e divertendosi a salutare mentalmente ogni ritratto di questo o quel lontano parente appeso al muro: conosceva perfettamente i nomi di tutti loro, il ruolo nella famiglia, le tragiche morti e le connessioni alla casa, come lo sapevano le sue sorelle, grazie alla nonna, anche se nessuna di loro ne conosceva esattamente il motivo.

La ragazza posò il piede sull’ultimo gradino e, invece di trovare davanti Piper che saltellava irrequieta davanti alla porta, lamentandosi dello scorrere dell’acqua, vide il corridoio completamente sgombro e nessun rumore, anche il più lieve, provenire dal bagno. Camminò in punta di piedi verso la porta, persino, poggiò l’orecchio sul legno bianco.. ma non udì niente. Anche la nonna sembrava scomparsa.     
Non osava chiamare nessuno, per il rischio di infrangere quella pace totale che si assaporava veramente poche volte e solo per scarsi momenti. Sorrise, quasi soddisfatta e si voltò indietro, quasi si aspettasse di vederle tutte e tre o solo una di loro che camminava tranquillamente verso la cucina o il salotto.. nulla, sembrava che fosse sola a casa.

Un lampo improvviso la fece sobbalzare.

Le fischiavano le orecchie per il rombo, forse il fulmine era caduto proprio dietro la casa. Era pioggia quella che scrosciava sulle finestre? Eppure le previsioni non avevano annunciato acquazzoni di tale portata per tutta la settimana..

Aggrottò le sopracciglia, voltandosi curiosa nella direzione da cui proveniva un sinistro ticchettio: nessun ramo toccava le finestre della casa, eppure..

Prue tornò sui suoi passi, guardò ancora una volta in entrambe le direzioni quando giunse nel corridoio scuro, tenuamente illuminato dalle sue lampade a muro bisognose di lampadine più potenti. Oltrepassò la propria camera, quella di Phoebe con la porta chiusa, quella di Piper anch’essa, stranamente, con la porta chiusa e deglutì in prossimità della stanza della nonna, chiusa, ma che minacciava di aprirsi di scatto da un momento all’altro e farle prendere un infarto.. o almeno così immaginava lei.
Camminò in punta di piedi fino alla fine del corridoio, trattenendo il fiato quando la luce bianca di un fulmine le illuminò il volto. Per un attimo i suoi occhi furono ciechi. Salì a memoria le scale che portavano in soffitta, fermandosi solo in prossimità della porta, completamente scura, se non fosse stato per il buco della serratura che emanava timidamente un fascio di luce bluastra. Prue chinò la schiena, avvicinando l’occhio allo spiraglio ed osservò attentamente: non vide nulla di strano che non fossero i loro vecchi giocattoli, i manichini da sarta della nonna, tanti scaffali ricchi di oggetti inutili e un libro, in bella mostra, poggiato su un leggio di ferro battuto. Che motivo aveva la nonna di mettere in mostra quel vecchio volume in una soffitta?

Aveva appena cominciato a farsi mille domande quando, d’improvviso, il libro si aprì da solo, prendendo a sfogliarsi con foga, facendo frusciare le sue pagine ingiallite. Prue si spaventò talmente da indietreggiare, mettere male il piede sullo scalino e rotolare giù dalle scale senza avere la possibilità di fermarsi, se non dopo aver raggiunto il pavimento.

Ci mise un po’ per mettere a fuoco il viso di Piper che la osservava da vicino, troppo vicino, con aria spaventata e preoccupata

«Prue stai bene?!» le domandò con voce concitata, portandosi una mano al cuore

«Prudence!» la nonna arrivò quasi volando da loro, mantenendosi appena distante mentre la ragazza, dolorante, si metteva in piedi con l’aiuto della sorella più piccola «Perché sei salita in soffitta?» chiese confusa la donna, lanciando un’occhiata alla porta di legno. Sembrava sollevata di vederla esattamente come sempre

«Avevo sentito un rumore..» si giustificò incerta Prue

«Ecco se fossi rotolata io dalle scale mi sarei presa anche una sgridata a lei non dici niente!» Phoebe squadrò la sorella maggiore e, dopo essersi accertata che stesse bene, si rintanò nella propria stanza sbattendo la porta

«Sapete che non voglio che andiate a curiosare in soffitta.. è pericoloso.» sospirò Penny, Piper e Prue annuirono con accondiscendenza.

⁓✧⁓

«Senti Prue è da un paio di giorni che sei strana.» Piper la osservava dalla porta della sua camera. Non era mai entrata senza il suo permesso e quel suo modo di considerare la sua camera una specie di terreno sacro l’aveva sempre innervosita.. nonostante ciò la diciannovenne era sempre restia a violare il confine della stanza di Prue

«Pensieri.» rispose l’altra sbrigativa, senza nemmeno guardarla «Non ti preoccupare Piper, mi passerà. Ora vai o la nonna ti rifilerà una ramanzina. Buonanotte.» la sorella la guardò a lungo prima di darle la buonanotte a sua volta ed obbedire al celato ordine di Prue.    
La ragazza si lasciò cadere sul letto.     
La nonna non avrebbe mai potuto lasciare una finestra aperta in soffitta. E allora? Come avevano fatto le pagine di quel misterioso libro a muoversi da sole? Forse c’era una spiegazione correlata ai fatti di due giorni prima?          
Prue era certa di non essersi immaginata nulla. Aveva visto con i propri occhi quei fenomeni che, fino a poco tempo prima, avrebbe cercato di spiegare razionalmente e che avrebbe ritenuto impossibili. Il mistero a cui aveva assistito al museo tuttavia si poteva anche chiamare un caso sporadico; lei assisteva tutti i giorni ad un segreto nascosto dietro la porta solitaria del piano più alto della villa.  
Sentiva che se desiderava scoprire qualcosa, avrebbe dovuto cominciare proprio da lì.
Lei aveva visto.. e credeva fermamente che qualcosa di grosso stava per accadere.. doveva solo riuscire ad entrare in soffitta.

 

Note:
- L'appellativo "Freebie" è il corrispondente italiano di "Phoebe la matta" nomignolo della terza sorella ai tempi liceali.

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Capitolo 3
*** ℚualcosa di 𝕊traordinario ***


Cap.3 – qualcosa di straordinario

Paige si era imposta di non pensare più a ciò che era successo in quel museo. Non ci avrebbe messo più piede in vita sua, non avrebbe studiato le vicende delle streghe di Salem, non avrebbe esaminato quadri o altre opere che riguardavano quell’argomento.. anche se il costo sarebbe stato quello di prendere brutti voti. Avrebbe recuperato.

Guardò per tutto il tempo fuori dal finestrino della penultima fila, riuscendo persino ad ignorare le grida selvagge dei compagni, le sgridata inutili dei professori e i cori stonati che si formavano, a tratti, sulle note di “Everybody Hurts” con tanto di accendini alzati per il solo piacere di vedere i professori e l’autista protestare della loro incoscienza e totale mancanza di rispetto per le regole.          
A Paige non dispiaceva essere nella classe peggiore di tutto il liceo, quella che tutti i professori e gli altri studenti conoscevano come piena di delinquenti, svogliati e falliti, perché in fondo era quella con più potenziale di tutti. Non sarebbe stato molto più soddisfacente riuscire a fare qualcosa che tutti gli altri ritenevano impossibile? Ma no, non poteva prendersi in giro a lungo.. le piaceva perché il fatto di essere tra i peggiori studenti della scuola le dava il permesso di comportarsi come più le piaceva: poteva vestirsi in modo trasandato, ascoltare la sua musica preferita ed essere additata come fanatica insieme ad altra gente come lei, poteva fumare nei bagni senza ricevere null’altro che blande sgridate dai bidelli perché da lei, o da persone del suo genere, in fondo, se lo aspettavano.. la vita era facile, da un lato e terribilmente difficile dall’altro e Paige non aveva abbastanza voglia per prendere la situazione in mano e dare una svolta alla sua miseria. Dopotutto lasciare le cose come stavano non le costava nulla, mentre cambiarle.. le sarebbe costato impegno, fatica e buona volontà.. tutte cose che lei non possedeva e non desiderava affatto sfoggiare.

Sbattè appena la fronte contro il vetro del finestrino quando il veicolo, con una brusca frenata, si posizionò al consueto parcheggio di fronte alla scuola. Paige si massaggiò distrattamente la pelle mentre scendeva le scale ed evitava, senza troppe cerimonie, i suoi amici che la stavano attendendo sui muretti di cinta del liceo

«Ehi dove corri?» Paige si sentì tirare per il braccio; per un momento credette di vedere la ragazza bruna del laboratorio, poi riconobbe la sua amica Michelle «Ti sei scordata che ci avevi promesso il pomeriggio?» la ragazza bionda la osservò da capo a piedi come se non l’avesse mai vista «Dici, ti senti bene? Sei più pallida del solito.» prese a ridere, ma quando vide che l’amica non rideva a sua volta, si limitò a guardarla

«Non mi va di uscire, voglio andare a casa.» balbettò incerta, evitando abilmente il suo sguardo. Voleva andarsene prima che il resto della banda si avvicinasse a loro, cosa che sarebbe accaduta entro pochi minuti «Mi hanno fatto venire il mal di testa.» tentò, cercando di assumere una delle sue solite espressioni scocciate. Michelle sembrò bere la storia, forse attribuendo il suo malessere anche all’alcool della sera prima o al fumo di dubbia provenienza nei bagni la mattina stessa oppure al mix delle due cose, quindi annuì e dopo averla salutata si unì agli altri diretta nei malfamati vicoli del centro più in voga tra i teenager.

Sospirò stancamente, prendendo a camminare per la strada più corta per arrivare a casa. Contrariamente al normale, non vedeva l’ora di tornare nella sua stanza e rinchiudersi lì dentro fino a notte fonda, dormire e far finta che tutto ciò che l’aveva confusa e sconvolta non fosse stato solamente un fantasioso sogno ad occhi aperti.. probabilmente con la sveglia del giorno seguente si sarebbe scordata addirittura tutto quanto.

Aprì la porta della villa dai muri rosa chiaro, richiudendo il cancelletto d’entrata per evitare l’ennesimo rimprovero per dimenticanza o distrazione e si tolse la giacca, depositandola nel guardaroba

«Sono a casa!» annunciò, voltandosi appena verso la cucina dove era sicura sua madre stava cucinando per la cena; lo scrosciare dell’acqua del rubinetto le diede ragione e la ragazza sorrise appena

«Com’è andata la gita?» la voce della donna le arrivò forte e chiara perché aveva urlato, nel tentativo di sovrastare il rumore dell’acqua, dei fornelli e del coltello con cui stava affettando delle verdure.

Paige si affrettò a raggiungere la cucina e, senza pensarci due volte, aprì il frigorifero per prendere una bevanda

«Tutto bene.» rispose sbrigativa, ma quando la madre si voltò lentamente verso di lei, capì di essersi tradita «Ops.»

«Non lo dico a tuo padre solo se mi assicuri che non hai combinato guai.» Paige fissò involontariamente lo sguardo sul coltello che la donna le stava sventolando davanti. Anche se tra di loro c’erano parecchi metri di distanza e il tavolo di marmo, la ragazza si sentì in qualche modo minacciata

«Io?» deglutì, osservandola con un sorriso tirato e l’apparecchio in mostra «Sono stata attenta, potrei raccontarti un sacco di cose strane sulle streghe..» stappò la bottiglia che aveva in mano facendo pressione sullo spigolo del tavolo e prima che sua madre potesse rimproverarla, posò le labbra sul vetro freddo e bevve un lungo sorso

«Carino da parte tua unirti a noi per la cena.» commentò ironica la donna e Paige scrollò le spalle, imboccando di corsa il corridoio e le scale fino al piano superiore, chiuse la porta della sua camera alle sue spalle e si sedette sulla poltrona nera davanti alla finestra. Solo in quel momento si accorse di stringere ancora nel pugno quel foglietto che le era stato consegnato all’uscita del museo

«1329 Prescott Street.» lesse la ragazza a fatica e con un sospiro ricostituì la pallina di carta e la premette tra i palmi.        
Un momento prima di lanciarla nel cestino, però, la riprese cautamente tra le dita e, spinta da una forza ignota soprattutto a lei, ne lisciò la carta, prese il suo diario segreto da sotto il materasso e ripose il pezzo di carta tra le pagine centrali.

⁓✧⁓

Ascolta ora le parole delle streghe…

Paige riaprì gli occhi in un mondo innevato. Sapeva di essere in un sogno, era consapevole che ognuna delle immagini che vedeva erano frutto della sua immaginazione.. eppure era spaventata, sentiva freddo, i suoi occhi cercavano a fatica la poca luce di fiaccole traballanti e sospese per aria, le sue narici erano pervase da un fumo acre che sapeva di bruciato

I segreti che celiamo nella notte…

La ragazza si voltò di scatto quando sentii delle voci infuriate avvicinarsi a lei. Vide torce e fiamme che si facevano strada tra i lunghi rami secchi e spogli, scorgeva il luccichio del metallo di forconi e lance

Gli dei fondatori sono qui invocati…

Si bloccò in mezzo ad una piccola radura quando capì che quelle persone stavano cercando lei.. e che l’avevano accerchiata.            
Avrebbe voluto urlare, ma non pensò che fosse una buona idea.. avrebbe voluto svegliarsi, ma non ci riusciva.

La grandiosa opera di Magia è reclamata…

Era davvero finita così? Perché quel sogno era così reale? Perché non riusciva a muoversi, a fuggire? Forse una volta che l’avrebbero presa, il sogno sarebbe finito?

In questa notte e in questo momento, invochiamo l’antico potere…

Paige non fu sicura di quello che stava osservando: una donna dalla lunga gonna che teneva sollevata con un braccio, stava fuggendo in sua direzione, lo sguardo terrorizzato e i capelli biondi al vento. Quella folla inferocita stava forse cercando lei?

Donateci il potere. Chiediamo il potere.

Perché non si fermava?   
Paige portò le mani davanti a lei per cercare di attutire l’impatto con quella donna che correva e correva, verso di lei, senza spostarsi.. come se non la vedesse. Forse era proprio così: non riusciva a vederla. Forse quel suo sogno era solamente frutto dei tormentati pensieri che aveva avuto dopo il suo incontro nel laboratorio e quelle storie di stregonerie e processi e roghi le avevano traviato il cervello; doveva essere così, dopotutto non c’era altra spiegazione che reggesse.          
la ragazza si impose di rilassarsi e nel momento in cui socchiuse gli occhi, certa che la fuggitiva si sarebbe scontrata con lei, avvertì solo un brivido freddo percorrerle la schiena, mentre quella figura, con la consistenza eterea di un fantasma, la attraversava come se il suo corpo fosse fatto di aria.         
Paige si svegliò di soprassalto pochi istanti prima che la donna, che tutti avevano chiamato con disprezzo “Melinda Warren”, venisse avvolta dalle fiamme di un alto rogo.

⁓✧⁓

Tutto quello era assurdo, decisamente assurdo.      
Paige fissò ancora a lungo la sua immagine riflessa nello specchio del bagno della scuola; ormai conosceva quasi a memoria ogni macchia lasciata sulla superficie lucida, ogni minima scheggiatura o graffio. Si era illusa che il sogno della notte precedente non fosse stato solo un sogno.. o un incubo prodotto dalla sua mente, solo per ricordarle quelle immagini e quei racconti spaventosi.. forse quel sogno voleva dirle qualcosa, voleva consegnarle un messaggio che lei non aveva compreso.         
Era forse il segnale che non avrebbe dovuto dimenticarsi ciò che era avvenuto nel laboratorio del museo? Che avrebbe dovuto indagare? Scoprire la natura di quegli avvenimenti speciali?

Ecco, ci stava pensando ancora.

Paige sbuffò, gettandosi una manciata d’acqua fredda sul viso: stava veramente impazzendo. E poi quanto mancava alla fine delle lezioni? Le serviva una sigaretta.

Forse era semplicemente la coscienza che le faceva venire le paranoie per non aver ancora studiato nulla di Salem o delle inquisizioni o del 18 secolo né per quanto riguardava la storia, né per quanto riguardava l’arte.

Sì, forse era proprio così.
Ridacchiò di se stessa per quanto si sentiva stupida, lì da sola nel bagno, dopo tutti quegli intensi minuti in cui si era concentrata strenuamente nel tentativo di far levitare il tappo della bottiglia di birra che aveva in tasca. Non era magica, non era speciale.. glielo avevano detto tutti quanti dopotutto, perché si stava meravigliando tanto? Per dimostrare di essere una persona totalmente diversa, sorprendente, rispetto alla ragazzina ribelle e delinquente che tutti avevano imparato a riconoscere, avrebbe dovuto fare in altro modo.        
Era stato bello, anche se per pochi istanti, aver creduto di essere una creatura magica capace di tutto, talmente singolare da poter finire persino nei notiziari o nei libri di storia. Un bel sogno ad occhi aperti.

«Ero sicura di trovarti qui.» Michelle la fece sobbalzare. L’amica la stava osservando con aria critica, le braccia incrociate al petto e una smorfia sul volto «Paige Matthews che rinuncia alla birra di contrabbando durante l’intervallo e che si rifugia nei bagni da sola come una novellina.» disse l’altra con tono acido, sottolineando sgradevolmente la sua condotta. Paige se ne risentì, ma cercò di non darlo a vedere; roteò gli occhi con aria scocciata ed eguagliò la sua postura

«Immagino vi siate già spartiti la mia bottiglia.» la ragazza sollevò il sopracciglio

«Immagini bene.» confermò l’altra con aria trionfante «Sbrigati, se arrivi di nuovo in ritardo ti metteranno in punizione.» Paige annuì, camminando lentamente per poter rimanere indietro al gruppetto e da sola con i suoi pensieri.       
Era strano come desiderasse la solitudine, lei che si divertiva tanto a disobbedire agli ordini e alle regole solo per essere al centro dell’attenzione, lei che adorava sgattaiolare fuori dalla finestra la notte per poter girovagare con gli amici, lei che non aveva mai fatto pensieri più impegnativi di come riuscire a camuffare le sue illegali sbronze e le sigarette fumate di nascosto in camera da letto. Ora invece si ritrovava a pensare a quella giornata, ai suoi sogni, a come quegli avvenimenti tanto anomali avessero fatto nascere in lei la voglia di prendere parte a qualcosa di straordinario.

⁓✧⁓

Paige fu l’ultima a sedersi al proprio posto. Osservò con pigrizia la lavagna mentre il gesso bianco del professore di storia sporcava la superficie ancora immacolata di ardesia “il processo di Triora, 1587”

«Chi saprebbe dirmi il significato della parola Triora, che da nome alla località Italiana protagonista di tale vicende?» l’uomo aveva formulato la domanda a bassa voce mentre tornava alla cattedra e si spolverava le mani. Oramai non sprecava nemmeno più fiato per cercare di placare l’irrequieta vitalità dei ragazzi, così come le loro risate strafottenti e la loro palese disattenzione. Per quanto odiassero tutti insegnare in quella classe, avevano imparato a spiegare gli argomenti in programma, senza preoccuparsi di chi ascoltava e chi no.. quel giorno non faceva differenza, se non per una: Paige.

La ragazza, scivolata in una postura scomposta sotto il banco, si raddrizzò titubante e dopo essersi accertata che nessuno avrebbe risposto, si schiarì la voce

«Tria ora.» disse incerta, anche se non ricordava di aver studiato quel termine o averlo mai sentito prima di allora. Quando il professore, sorpreso di sentire la sua voce, le disse di alzare il tono, lei lo fece, combattendo il forte imbarazzo del parlare in mezzo ad una classe urlante di colpo fattasi muta «Tria ora: tre bocche.» l’uomo la guardò a lungo, senza proferire parola, poi alzò con un dito gli occhiali che gli erano scesi sulla punta del naso

«Dalle tre bocche di Cerbero, guardiano degli inferi.» proseguì atono prima di proseguire la sua lettura riguardante avvenimenti precedenti alle inquisizioni di Salem che però, per vari aspetti, erano molto simili ad esse: si trattava di processi alle streghe avvenuti in Italia quasi un secolo prima; a detta del professore avrebbero trattato i vari casi correlati a Salem nelle varie parti del globo. «Le accuse più frequenti sono quelle che trattano di stregoneria nera, infatti, dalle analisi del Liber Mortuorum et Baptizatorum di quell’epoca, a differenza di ciò che era consuetudine, si rileva un violento cambiamento circa la mortalità infantile: le morti infatti erano diminuite ingentemente. Si diceva che molte levatrici, esperte conoscitrici di erbe mediche, riuscissero a curare molti bambini, troppi, persino anche i nati morti. Furono accusate di praticare magie nere per sottrarre le giovani anime dalle grinfie del demonio.» Paige si accorse di aver compreso ogni parola di ciò che aveva detto l’uomo, anche quelle in latino, nonostante non avesse mai studiato quella lingua né nessuno le avesse mai parlato di tali argomenti. Com’era possibile?
Eppure doveva esserci una spiegazione logica.         
Non potevano essere tutte coincidenze.        
Le parole in una lingua che non conosceva per niente, quel sogno e l’incidente del laboratorio.. soprattutto l’incidente del laboratorio.

«Matthews?» nel brusio generale, ricostituito dopo solo pochi secondi di calma, cessò nuovamente. Paige balbettò confusamente cercando di dissimulare il fatto che la sua normalissima penna multicolore stesse emanando una debole luce arancione.

La coprì con il palmo per la sua lunghezza, spaventata e disorientata e si alzò in piedi spostando rumorosamente la sedia di legno con le gambe

«Io.. vorrei andare..» farfugliò la ragazza, la penna al petto e i piedi malfermi

«No, Matthews.» il professore scosse la testa con aria sarcastica «Tu non ti muovi di qui o dovrò riportare il tutto alla preside.» la minaccia non sortì in Paige nessun effetto. Le mancava l’aria, voleva capire, voleva - in un certo senso - che tutto quel mistero l’abbandonasse o si rivelasse a lei in una forma abbastanza comprensibile perché non fosse costretta a temerlo.

La classe la incitava ad andare. E lei voleva fuggire da tutto quel rumore: desiderava solamente un po’ di pace. 
Non recuperò nemmeno il suo zaino prima di uscire dalla porta, imboccare di corsa il corridoio e allontanarsi dai cancelli della scuola.

⁓✧⁓

Non poteva tornare a casa, questo era ovvio. Non aveva la minima voglia di sentire le prediche dei suoi genitori dopo la chiamata che la preside avrebbe sicuramente effettuato, puntuale come un orologio svizzero, per avvisare i suoi del suo comportamento illogico ed irrispettoso. Si era giocata anche la sua credibilità sulle ennesime promesse a cui nessuno avrebbe creduto più.. ma non ci voleva pensare in quel momento.

Sbuffò, stanca, spingendo la bicicletta su una delle ripide salite che caratterizzavano la città. Voleva delle risposte, se ce n’erano, e voleva conoscerle al più presto possibile.. doveva andare dall’unica persona a cui poteva parlare delle cose strane che le stavano capitando, dall’unica che avrebbe potuto capire, se le medesime cose stavano succedendo anche a lei, dopo il laboratorio. Forse non era nulla di sovrannaturale, forse qualche agente chimico che avevano usato là dentro le aveva dato veramente alla testa.. in ogni caso doveva e voleva sapere.  
Incredibile come si ricordasse il suo nome e il suo indirizzo anche se l’aveva vista una sola volta e avesse letto il suo recapito di sfuggita

«Prudence Halliwell, 1329 Prescott street.» si ripeté più volte. Seguiva S. Van Ness Avenue, la strada principale che collegava la maggior parte dei quartieri della città, certa di avere molte più probabilità di avvicinarsi al luogo che le era stato indicato giorni prima. Domandò informazioni circa l’indirizzo a tutti i passanti che incrociava e dopo quasi un’ora di vagabondaggio, finalmente, arrivò in prossimità della casa. La guardò a lungo con le sue pareti rosso scure, i balconi bianchi e le vetrate colorate, il giardino verde e ben curato.

Paige aveva scrupolosamente atteso che si fossero fatte le cinque, così da non causare ulteriori guai né a se stessa, né a quella ragazza che l’avrebbe presumibilmente ospitata e che si sarebbe sorbita le sue lamentele e le sue elucubrazioni.        
La ragazza osservò a lungo la grande porta di legno: si sentiva attratta da quel luogo, ma non avrebbe saputo spiegarne il motivo.
E se quella ragazza si fosse completamente scordata di lei? E se fosse arrivata troppo tardi e Prudence Halliwell non avesse voluto più sentire di lei e di quella faccenda? Sospirò nervosa, tormentandosi le dita delle mani mentre si avvicinava ulteriormente alla porta, prese un profondo respiro e suonò il campanello.

 

 

 

Note:
I poteri che Paige sperimenta sono i poteri tipici di Angelo Bianco, non hanno pertanto nulla a che vedere con i suoi poteri attivi di strega – la natura di questi ultimi, così come quelli di Prue, verrà trattata successivamente.
Nello specifico in questo capitolo si parla di
- l’omnilinguismo, ovvero la capacità di parlare e comprendere ogni lingua;

- la fotocinesi, l’abilità di creare o manipolare la luce.

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Capitolo 4
*** 𝕋riquetra ***


Cap.4 – Triquetra

Prue si chinò velocemente per poter passare tra la folla. Non era certa di stare sognando o di essere capitata in quel luogo per magia, l’unica cosa che sapeva era che possedeva un corpo minuto, quasi da bambina e quello poteva essere un vantaggio per potersi fare strada tra tuta quella gente ammassata e uno svantaggio, perché sarebbe bastata una spinta di troppo per farla cadere ed essere calpestata.
Non sapeva con esattezza dove si stava dirigendo con tanta agitazione, non sapeva i motivi delle strilla delle persone con in mano forconi e fiaccole nonostante il sole rischiarasse a modo la piazza, non sapeva da cosa era provocata quella paura che le stringeva il cuore e che la spingeva a proseguire, a farsi strada a suono di gomitate e spintoni rivolti a persone che non sembravano preoccuparsene più di tanto.
Giunta tra le prime file, respirò lentamente, cercando di calmare il suo cuore agitato. Guardò molte volte la piazza gremita, le basse case di legno e pietra che ne delimitavano il confine, la fila degli uomini con lunghe toghe nere, donne con suntuosi vestiti e una pira di legno che si ergeva a parecchi metri di distanza da loro

«A morte la strega!» si voltò di scatto non appena sentì quel grido provenire dalle sue spalle. Era stato un uomo grassoccio a parlare, il pugno alzato e la barba lunga.. sembrava aver scatenato cori di assenso senza troppe difficoltà

«Al rogo!» urlava qualcuno

«Restituite il demonio alle sue fiamme!!» rispondevano altri. Prue non comprese fino in fondo la natura di tanto accanimento, quello che riusciva a capire, invece, era che la morte di qualcuno era un desiderio condiviso con vera e propria devozione.
Allungò il collo quando vide che c’era del movimento al di là della pira: carcerieri incappucciati stavano trascinando lentamente una donna sopra ad un piccolo palco; aveva le mani costretta da pesanti catene, il viso pallido ed emaciato, segnato da graffi e lividi come il resto del corpo. La fecero sfilare davanti alla corte di uomini in toghe nere e lunghe parrucche bianche in una mesta esibizione che parve essere apprezzata dalla folla. Passarono pochi minuti di grida e linciaggi prima che l’uomo al centro, probabilmente il giudice ultimo di quella corrotta magistratura, alzasse la mano destra per intimare il silenzio

«Io, Matthew Tate, membro e capo della congregazione dei giudici di Salem, per ordine diretto della Santa Chiesa, di comune accordo con i miei colleghi, condanno l’incriminata Melinda Warren alla pena di morte: le accuse sono di stregoneria, pratica di magia nera e culto del demonio. Il metodo di esecuzione sarà il rogo, come ordinato dalle cariche più alte della Santa Sede. Melinda Warren sarà giustiziata al tramonto.»

Prue guardò con la coda dell’occhio i campi che spuntavano qua e là fra le case e si accorse con sgomento che l’ora fatidica sarebbe giunta presto. Non voleva assistere alla morte di quella donna, non in un modo così atroce, non per fatti di cui, probabilmente, non era colpevole.. voleva scappare, ma aveva i piedi ancorati al suolo, avrebbe voluto fare qualcosa per aiutarla, ma quel suo esile corpo da bambina non le sarebbe stato d’aiuto. Poteva solo rimanere lì, inerme, ad osservare quell’atrocità

«Prudence non dovresti stare qui.» sollevò lo sguardo sull’uomo che l’aveva chiamata. Non lo conosceva, non lo aveva mai visto, eppure aveva un viso buono e non si oppose quando, con facilità, la sollevò da terra prendendola in braccio.

Ben presto i suoi occhi si velarono di calde lacrime che, rapidamente, presero a correre lungo le sue guance: era triste per quella donna, profondamente, anche se non la conosceva, era arrabbiata e frustrata perché non poteva fare nulla per salvarla; sapeva che non era una persona cattiva, lo vedeva dai sui lineamenti dolci, dai suoi capelli color del grano e dagli occhi blu, pacati e calmi nonostante tutto

«Will, porta via la bambina. Non si fermeranno.» aveva detto qualcuno, ma quell’uomo che l’aveva stretta non si mosse

«No. Deve vedere. Deve sentire.» mormorò l’uomo «L’ho promesso a Melinda.»
Prue osservò sgomenta mentre la donna veniva legata con strette corde alla pira. Era certa di aver visto quell’individuo che l’aveva condannata rivolgerle un sorriso beffardo

«Hai perso, strega.» disse con voce tranquilla, suscitando il gaudio di tutti. La donna sorrise a sua volta, sollevò la testa e con aria fiera lo guardò

«Potrai uccidere me, ma non ucciderai la mia gente. Con ogni futura generazione, la stirpe degli Warren crescerà forte, sempre più forte finchè un giorno, tra 300 anni da oggi, la figlia perduta ritroverà la strada di casa, riunendosi nella notte benedetta con le sue sorelle. Insieme, saranno le streghe più potenti che il mondo abbia mai conosciuto. Saranno buone ed estingueranno ogni fonte del male. Saranno conosciute con il nome di prescelte

⁓✧⁓

«Prudence.» si sentì scuotere la spalla. Aprì gli occhi nonostante sentisse le palpebre pesanti come due macigni.. si sentiva incredibilmente intontita

«Devo essermi assopita..» mormorò con voce impastata, ma quando si voltò per scambiare poche parole con il suo assistente, non vide nessuno. Lo trovò alquanto strano, perché erano da poco passate le due del pomeriggio e nessuno lasciava il laboratorio a quell’ora, anzi, era difficoltoso concentrarsi; in più erano appena giunti ulteriori reperti che necessitavano di un notevole restauro, direttamente dal Massachusetts e stentava a credere di essere l’unica là dentro ad essere interessata a visionarli.  
Si voltò verso la grande finestra al suo fianco e con grande sorpresa notò che fuori il cielo era scuro e minaccioso, in procinto di scatenare un diluvio degno di essere riportato accanto a quello universale

«Posso fare anche da solo se sei stanca.» la voce divertita ed ironica del suo collaboratore la fece da un lato spaventare e dall’altro rincuorare del fatto di non essere sola. Perché aveva di quegli strani pensieri, quella sensazione di inquietudine che le facevano battere il cuore? Perché sentiva ancora gli occhi pungerle da lacrime che, in un certo senso, non le appartenevano? Forse quel sogno l’aveva sconvolta più di quanto non pensasse.. in più si ricordava quella profezia come se l’avesse pronunciata lei stessa.. era come incisa a fuoco nel suo cervello.

«Lo sai che non lo permetterei.» la ragazza gli rivolse un sorriso tirato mentre si alzava in piedi e si sistemava distrattamente i capelli

«Abbiamo diverse carte e un manufatto di metallo da liberare da uno strato di fango.. singolare diciamo. Dicono che non è nulla di particolare valore, quindi ci hanno chiesto di restaurarlo per fare pratica.» Prue non era mai contenta quando assegnavano loro degli oggetti non particolarmente importanti, ma dopotutto non era altro che un’apprendista, non aveva esperienza e non aveva titolo.. forse entro pochi mesi sarebbe stata lei la persona che avrebbe assegnato quel genere di compiti ad altri sfortunati che si sarebbero trovati al posto suo. Per il momento doveva impegnarsi ad eseguire gli ordini.

Passarono diverse ore a decifrare le scritte in latino di quelle carte riguardanti processi minori, nomi di presunte streghe, metodi di torture e altri racconti di cui erano già a conoscenza tramite volumi più rinomati e completi. Non erano nulla che non avessero già visto, eppure erano pagine di libri antichi e anche se di minor importanza, era sempre speciale e magico riportarli, in un certo senso, alla vita.

Prue osservò compiaciuta tutte le scritte che aveva minuziosamente spazzolato, ricoperto di inchiostro e protetto con agenti chimici come le era stato insegnato. Ne fece una fotocopia per archiviarla tra i suoi lavori e ripose la copia originale tra le altre già perfettamente trattate.

La ragazza osservò con soddisfazione il suo lavoro, pensando che sarebbe stato un buon biglietto da visita da presentare come testimonianza della sua pazienza, abilità e precisione e, per la prima volta probabilmente, si perse a leggere le parole che aveva trattato per diverse ore, senza però mai soffermarsi sul loro significato.
Avrebbe voluto indagare su quel nome “Melinda Warren”, ma l’orario di chiusura del laboratorio si avvicinava a grandi passi.

«Io ho finito.» Prudence osservò irrequieta l’orologio e il ragazzo alle sue spalle fece lo stesso

«Anche io.. tra poco. Inizia pure con il manufatto. Appena saranno le quattro chiuderemo e ci penseremo domani..» lei annuì in assenso.        
Prue dispose accuratamente tutti gli attrezzi che avrebbe dovuto utilizzare di fronte a sé: aveva pennelli di varie dimensioni, arnesi appuntiti per scalfire i residui di terra più duri a causa del tempo, aveva utensili simili a spazzolini da denti e panni per levigare e lucidare alla perfezione. Non solo era obbligata a fare quel genere di cose, ma la divertiva enormemente riportare ad antichi splendori oggetti di cui tutti avevano perso memoria.. era come riportare in vita il passato, degli squarci di vissuto di qualcuno che probabilmente era stato dimenticato. Anche se non erano oggetti preziosi o non appartenuti a qualche prestigioso individuo, si emozionava ogni volta che riusciva ad immaginare le vicende che legavano quello o questo oggetto a quella o questa città, villaggio o terra ce era stata teatro della Storia.

La ragazza prese a pulire meticolosamente la superficie di metallo opaca che, con dedito impegno e olio di gomito, sarebbe tornata lucida come un tempo, se non di più. Quello che si sarebbe dovuto rivelare un’operazione di lunghe ore se non di giorni, però, si rivelò molto più facile del previsto: dopo poco più di mezz’ora Prudence Halliwell aveva tolto completamente lo strato di fango e detriti attorno all’oggetto di metallo e aveva deposto ciò che aveva scartato – la terra ed altri detriti che la costituivano – in un contenitore d’argento, neutro ed incontaminato, in modo da spedire il tutto al laboratorio di chimica e lasciare che altri apprendisti calcolassero di cosa fosse composto e l’effettivo anno di provenienza con il carbonio 14

«Io ho finito.» annunciò sorpresa, osservando con i guanti di lattice ciò che aveva riesumato: un simbolo sicuramente di natura wicca, di ferro ed appena arrugginito nonostante la chiara origine antica, a tre punte e dalle forme smussate

«Di già?» chiese l’altro, lanciando un’occhiata all’orologio. Scosse la testa, stupito e sollevato allo stesso tempo «Che hai scoperto?» proseguì, spostando con una pinzetta alcuni grumoli di fango più grandi

«Non molto. Questo dovrebbe essere un ciondolo.. o un talismano. C’è poca ruggine, solo sui bordi.» indicò i punti dal colore bronzeo e quando ebbero finito di esaminarlo, lo riposero con cura in una busta di plastica trasparente

«Credo ci sia qualcosa in questa terra che abbia impedito alla ruggine di rovinarlo nonostante tutti questi anni. Altri oggetti trovati nelle vicinanze risalgono alla metà del 1600 ed hanno tutti una probabile relazione con Salem ed i processi.. per esempio sono state trovate delle gogne poco usurate dal tempo, catene e numerosi strumenti di tortura molto poco piacevoli.» spiegò il ragazzo «Sembra che ci siano dei residui vegetali..» si avvicinò al recipiente d’argento e puntò la lampada sulla polvere

«Sono.. delle erbe rituali.» spiegò Prue, anche se leggermente incerta. Si alzò e prese a sfogliare con foga un libro che teneva sempre accanto a sé da quando avevano iniziato a studiare di stregoneria, di Salem e dei processi alle streghe «Potrebbe trattarsi di un miscuglio di erbe aromatiche.» picchiettò l’indice su una pagina con scritte piccole e fitte corredata di numerosi disegni ad acquerello rappresentanti diversi tipi di piante «La più facile da determinare è il rosmarino, tipico dei rituali di stregoneria.. era più utilizzato l’alloro, ma si servivano anche in grande quantità di molto tipi di Laminacee.» Prue gli fece notare una sezione più lunga, fragile, che assomigliava ad una delle foglie allungate della tipica pianta odorosa del rosmarino. Il suo collega si congratulò con lei prima di allungare le braccia e stiracchiarsi con uno sbadiglio

«Beh visto che abbiamo già fatto più del dovuto grazie a te.. possiamo anche andare e ritrovarci domani.» propose con voce assonnata, togliendosi il camice con lentezza per aspettare la ragazza, la quale sembrava molto restia a seguirlo «Rimarrai qui fino all’ultimo secondo, non è vero?» lui scosse la testa quando, in risposta, non ottenne nulla di più che un cenno di assenso del capo della bruna «Non dimenticare di spegnere la luce.» si raccomandò ridacchiando, la salutò e dopo pochi istanti, Prudence si ritrovò da sola.

Lasciò il suo prezioso libro sulle streghe di fianco a lei e riprese in mano la fotocopia della pagina che aveva appena restaurato. C’erano molte scritte che non aveva potuto salvare, ma altre, forse le più enigmatiche, la fissavano in attesa di essere comprese: era lì il mistero che avvolgeva quelle strane erbe che avevano preservato quel talismano dal tempo, lo sapeva.    
Supplicava quella Melinda, nella sua testa, affinchè le rivelasse il suo segreto. Prese a giocare distrattamente con uno dei suoi arnesi mentre cercava di comprendere quel testo, quelle parole apparentemente senza senso che erano scritte in successione accanto a quel nome, di cui una parte parlava dei processi e delle accuse mosse contro quella donna e l’altra trattava nello specifico di un rituale di magia nera abilmente celato.

Quando il suo cercapersone trillò, facendola sobbalzare, si accorse troppo tardi si essersi ferita l’indice sinistro con la punta affilata dell’utensile ed una grossa goccia di sangue cadde sul bordo del recipiente argentato. Imprecò tra i denti mentre si affrettava a riparare al danno ormai fatto.  
Digitò in fetta il numero del collega sul telefonino e aspettò che rispondesse

«Senti Prue, voglio fare un salto in biblioteca e cercare informazioni circa quella strana iscrizione.» Prue dovette impegnarsi per concentrarsi sulla voce del ragazzo poco più grande di lei «Potresti ripetermela? Voglio essere sicuro di ricordarla giusta.»

«Certo..» farfugliò lei, facendo scorrere velocemente lo sguardo sul foglio «Sangue del nostro sangue, noi ti invochiamo.» lesse meccanicamente, pensando quanto fosse ironica quella frase in quel preciso istante «Penso sia qualche sorta di richiamo usato durante i riti.. cercherò anche io tra i miei libri.» Prue salutò il collega e ripose il telefono.       
Ben presto ebbe la sensazione di non essere sola.

Si sentiva osservata, sapeva che qualcosa non stava andando nel verso giusto: quel silenzio era diventato all’improvviso troppo opprimente, le luci sembravano tremolare appena, se non le fissava e l’aria che doveva essere statica, in quel laboratorio chiuso, aveva preso a muoversi leggermente.. e poteva essere sicura di non stare solamente immaginando tutto, perché poteva vedere distintamente gli angoli dei fogli più sottili non rilegati alzarsi ritmicamente. Aveva timore nel provare ad alzare la voce, a domandare se qualcuno si fosse intrufolato nella stanza in punta di piedi e avesse lasciato la porta aperta, quindi rimase in ascolto, le orecchie tese e ogni fibra del suo corpo rigida, perfettamente immobile.

Prudence…

La ragazza si alzò di scatto dalla sedia, guardandosi attorno con occhi irrequieti: non vedeva nessuno, eppure quella voce le era parsa così vicina..

«Chi c’è?» domandò, premendo le spalle contro il muro più vicino e socchiudendo gli occhi per poter captare anche il più piccolo movimento nel buio che, improvvisamente, era sceso. Solo le poche lampade al neon rischiaravano qua e là l’ambienta in cui si trovava «Se è uno scherzo, non è affatto divertente.» il suo eco tremolante la fece rabbrividire. Poteva essere frutto della sua immaginazione? Quella sensazione di freddo, quella voce, quei leggeri soffi di vento che ogni tanto le carezzavano la pelle.. era tutto vero?

Non avere paura.

Prue serrò gli occhi immediatamente dopo che una lieve luce, proveniente dall’alto, le solleticò le pupille. Non voleva vedere. Lei che aveva sempre avuto tutto sotto controllo, lei che non aveva mai avuto paura di niente.. ora temeva il buio, temeva quella strana luce, temeva di non essere in grado di padroneggiare la situazione: era tutto troppo strano, inspiegabile, tutto troppo misterioso perché lei potesse comprenderlo.

Smetti di pensare, Prue. Credi.

Si coprì le orecchie con i palmi. Perché era da sola? Perché era stata costretta ad affrontare tutto quello senza qualcuno che le donasse coraggio? L’ultima volta che aveva assistito a qualcosa di inspiegabile era in compagnia di quella ragazza e anche se più piccola, se più terrorizzata di lei, le aveva dato la giusta carica per comportarsi razionalmente, come era solita fare: da sorella maggiore. Ora non aveva nessuno da proteggere, non aveva nessuno da guidare, era sola ad affrontare l’ignoto. Avrebbe dovuto assecondare quella voce? Scappare? E la nonna, che avrebbe fatto? Lei che parlava spesso di argomenti mistici e a volte enigmatici, lei che ripeteva sempre di non fuggire davanti a quei miracoli che attribuiva ad un fatale destino.. “ogni cosa accade per una ragione”, ripeteva sempre, instancabilmente.      
Prue prese un profondo respiro, aprì cautamente gli occhi e si riparò con il braccio quando vide una luce intensa scendere sopra di lei

E’ tempo.

Piano piano i suoi occhi si abituarono a quel bagliore. Distinse una figura femminile, i lunghi capelli biondi che si muovevano leggeri e due occhi blu che la guardavano.. doveva avere già visto quella donna, ma non ricordava né dove né quando

«Tempo?» ripetè la ragazza confusa, osservando quel viso e quella mano protesa verso di lei

E’ tempo che la profezia si avveri.

Prue avrebbe voluto chiedere di più, di quale profezia stesse parlando, se fosse un fantasma, di chi si trattasse, se fosse correlata in qualche modo a Salem o fosse giunta per portarle un messaggio diretto solo ed esclusivamente a lei.        
Forse.. forse aveva a che fare con il sogno di quella stessa notte? Forse aveva a che fare con le pagine che aveva risanato? Sì, forse era lei quella donna: Melinda Warren.

La prima sorella avrà la capacità di spostare gli oggetti con il pensiero.

Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.. quella donna era come se l’avesse incantata.

La seconda sorella sarà in grado di bloccare il tempo, congelando oggetti, mortali e ed entità del male.

La donna posò i piedi a terra. Aveva due dita alzate ora e la osservava con tenerezza e determinazione; Prue non comprendeva il significato di quelle parole, non capiva perché stesse parlando proprio con lei che non riusciva a capire.. e soprattutto non riusciva a capacitarsi di come ognuna di quelle parole fossero entrate nel suo cervello e le ricordasse perfettamente, come fossero parte di una vecchia nenia che sapeva da sempre.

La terza sorella potrà vedere il futuro, il presente e il passato.

Prue osservò sgomenta il medaglione a cui aveva lavorato fluttuare nell’aria, sorretto da nulla di più che piccole ed eteree luci arancioni. Brillava di un barlume differente, adesso, come se le tre punte del triskelion, il simbolo che rappresentava, fossero state accese come lampadine.      
Il medaglione ondeggiò lentamente nella sua direzione fino a fermarsi a pochi centimetri davanti a lei. Prue era restia ad allungare la mano e farlo depositare nel suo palmo.. eppure sentiva che doveva farlo, doveva aprire le sue dita e lasciare che quell’oggetto si posasse sulla sua pelle

Le tre punte rappresentano l’unità, i tre elementi magici.

Il cerchio che le collega è la quarta sorella..

Lo spirito fece una pausa, Prue la osservò, stringendo le dita sul metallo freddo: si domandò subito perché aveva esitato. Di che mai poteva avere timore di rivelare un essere ultraterreno?

Racchiude in sé i tre elementi, guida, protegge, risana.
Essa sarà estrema forza ed estrema debolezza.

È l’elemento mancante, perduto dal tempo e per opera del fato.

Lo spirito agitò lievemente la mano e il cerchio, l’unica sezione ancora del colore normale, prese ad emanare una debole luce.

Riportala a casa, Prue.

Porta a compimento la profezia.

Prue la osservava in religioso silenzio. Avrebbe voluto chiedere di più, ma qualcosa la tratteneva: non riusciva a dire una sola parola, eppure quella negazione non la infastidiva, al contrario, percepiva una sensazione di estrema pace e dentro di sé sentiva crescere forte il desiderio di obbedire alle richieste di quella donna.            
Era buona, poteva percepirlo.

La triquetra fungerà da richiamo per tutte voi.

Il medaglione smise di brillare e quando Prue sollevò lo sguardo, lo spirito di Melinda Warren era sparito. Sentì solo l’eco di poche parole, dolci e confortanti

Possiate essere benedette...

 

Note:

  • Prudence Warren-Wentworth, figlia di Melinda Warren, è la bambina a cui si fa riferimento nel primo paragrafo del racconto. Secondo la storyline di Charmed aveva tre anni quando sua madre è morta durante i processi alle streghe di Salem, nel 1692, il che renderebbe altamente improbabile tutto ciò che succede durante il sogno di Prue (una bambina di tre anni infatti non avrebbe avuto i mezzi per fare nulla di ciò che accade né per assistere ad uno “spettacolo” del genere). Qui per rendere lo stralcio più verosimile, pertanto, ho deciso di immaginare la figlia di Melinda dell’età di circa otto anni.
  • William Jackson è il padre di Prudence, marito di Melinda, nella storyline scomparso dopo la morte di quest’ultima; qui invece non è svanito, ha perdonato Melinda e le ha promesso di prendersi cura della figlia insegnandole a non temere la propria magia affinchè la profezia della madre si possa avverare.
  • Matthew Tate è il demone con cui Melinda ha tradito il marito e che è stato imprigionato nel “Pewter Heart”, il medaglione che appare nella prima stagione (secondo questa storia è stato imprigionato dentro di esso dalla figlia di Melinda). Qui è un giudice di rilievo e famoso (il corrispondente storico potrebbe essere considerato il giudice John Harthorne), oltre ad essere colui che condanna Melinda al rogo, esponendo la sua magia a tutta la città.     Il personaggio di Matthew appare nell’episodio “the witch is back” [1x09]
  • L’incantesimo "blood of our blood, we summon thee” è la formula usata appunto dalle sorelle nell’episodio “the witch is back” [1x09] per invocare lo spirito di Melinda. Per essere effettuato è necessario possedere della terra, rosmarino, radice di achillea e foglie di cipresso (tutti questi ingredienti sono contenuti nei detriti che hanno preservato il triskelion – in particolare il cipresso indica la longevità); inoltre è necessario il sangue dell’indice della mano sinistra della strega invocatrice e pronunciare le parole indicate perché incantesimo funzioni.       
    L’evocazione di spiriti (in particolare familiari) fa parte dei poteri inattivi di strega, come l’abilità di scagliare incantesimi e non ha pertanto nulla a che vedere con i poteri attivi di Prue.
  • La triquetra è un simbolo indo-europeo che rappresenta i tre gradi di unità, il cerchiò che collega le tre punte può essere presente o meno.       Secondo un punto di vista credente, i tre elementi rappresentano Dio, Gesù e lo Spirito Santo, secondo un punto di vista pagano o wicca rappresentano le tre facce della dea madre (la natura): la giovane, la madre e la vecchia (la saggia), il cerchio invece rappresenterebbe l’eternità. Qui infatti (per il momento) ho voluto considerare i quattro elementi - le tre punte più il cerchio - per simboleggiare tutte e quattro le sorelle.

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Capitolo 5
*** il 𝕃ibro delle 𝕆mbre ***


Cap.5 – il Libro delle Ombre
Prudence girò pigramente il cucchiaio nella tazza di the fumante. Con le dita della mano sinistra stava giocherellando con il medaglione a tre punte senza nemmeno rendersene conto. Era riuscita a conservarlo, dopo che era stato osservato, esaminato e dichiarato di esiguo valore storico o monetario dalle menti più illuminate del museo, facenti parte del progetto di Salem e delle inquisizioni; aveva detto di volerlo conservare per ricordo o come testimonianza delle sue abilità di restauratrice e dopo pochi e scherzosi battibecchi con il suo collega, era riuscita ad ottenerlo. La verità era che non voleva rischiare di fare arrabbiare lo spirito, o qualunque altra spiacevole conseguenza sarebbe potuta incappare per aver deciso di non seguire quelle direttive. E poi.. non potevano essere tutte coincidenze: lei che prendeva parte al progetto delle streghe mesi prima, quella ragazza e l’incidente nel laboratorio, quello strano sogno che le era parso talmente reale, Melinda Warren, il suo spirito, la triquetra, quelle parole solenni e la profezia che si era incisa nella sua mente come un marchio a fuoco.. Doveva assolutamente riuscire a comprendere quale fosse il suo compito, a cosa si riferisse la profezia, che legame possedesse con quella Melinda Warren e se tutta la faccenda degli spiriti, della magia nera, delle streghe e dei poteri speciali che essi possedevano fosse reale. Reale quanto il giorno e la notte.. reale nel senso che non si trattava di credere o meno, reale perché preesisteva al di là della volontà o della ragione.    Doveva convincersi una vota per tutte: da che parte decideva di stare?    Prudence portò la tazza alla gola e ne bevve tutto il contenuto d’un fiato, incurante del liquido bollente che le bruciava il palato e la gola. Socchiuse gli occhi, per imporsi di non smettere finchè anche l’ultima goccia non avesse sfiorato le sue labbra.. sì, avrebbe dovuto agire così: senza pensare, prendere la decisione di credere, fino in fondo, contro la ragione e contro le opinioni altrui, se mai avesse deciso di confidarsi con qualcuno e questi le avesse dato della matta.    
Si alzò ed aggirò il tavolo al di là della cucina, fermandosi alla base delle scale. Si appese al palo finale della balaustra, abbracciandolo per tutta la sua larghezza ed appoggiando il mento sulla cima spiovente, poco prima del pomo che la decorava, come faceva da bambina, lo sguardo fisso al piano di sopra.        
La nonna era fuori, a controllare le azioni IBM, come sempre e ci avrebbe impiegato almeno un paio d’ore prima di tornare a casa, il che le dava tutto il tempo che voleva per cercare di aprire la porta e curiosare in soffitta. L’unico ostacolo che avrebbe potuto incontrare era Phoebe.. tuttavia quest’ultima era chiusa in camera sua, “sola” con Jimmi.. sicuramente aveva approfittato anche lei dell’uscita di Penelope e confidava nel silenzio di Prue o nella sua ignoranza.. senz’altro non sarebbe venuta a disturbarla per simili inezie. Era come sola nella grande casa, nessuno avrebbe potuto importunarla.
Aveva appena appoggiato il piede sul primo gradino quando il campanello suonò, facendola quasi inciampare. Come mai Piper era già a casa?    
Sospirò frustrata, cercando di pensare il più in fretta possibile alla prossima volta in cui avrebbe potuto tentare l’effrazione in soffitta.. forse il giorno dopo, forse la settimana successiva alla stessa ora dello stesso giorno
«Ciao.» non era decisamente Piper. Prue squadrò la ragazza che si trovava di fronte e sorrise sbigottita davanti alle speranze che aveva totalmente perso «Sperò non ti sia dimenticata di me.» la più piccola delle due spostò imbarazzata il peso del corpo da un piede all’altro, mostrando timidamente l’apparecchio che portava ai denti. Prue non poté fare a meno di sorridere: nella sua mente, le immagini della sua adolescenza formavano un malinconico ricordo e poi c’era sua sorella Piper, la mezzana, che era proprio uguale a lei. Quella ragazza le ricordava qualcosa di familiare: frangetta, apparecchio ai denti.. solo Phoebe l’aveva scampato.
«Affatto.» mormorò, facendosi da parte per lasciarla entrare «Vieni pure.» Paige era restia ad entrare, ma lo fece lo stesso
«Mi chiamo Paige, comunque.» un’altra “P”, fu il primo pensiero della mora: quante potevano essere le probabilità?
«Avevo perso le speranze di vederti qui..» confessò la ragazza a mezza voce, mentre la conduceva nel salottino. La più giovane scrollò le spalle per poi abbassare lo sguardo e fissarlo sulle intricate trame del tappeto. «Ti è successo qualcosa di strano ultimamente?» Paige deglutì a quella domanda. Come poteva dirle tutto quello che le era capitato? Perché la osservava in quel modo? Forse anche lei..? «Perché sei venuta qui?» Prue di certo non voleva metterla in imbarazzo, o farla sentire come ad un interrogatorio.. eppure.. eppure doveva sapere. Quei grandi occhi spauriti e confusi, quell’irrequietezza che aveva caratterizzato anche lei, negli ultimi giorni.. aveva visto in lei quello sguardo, lo stesso che osservava nel riflesso dello specchio ogni mattina: disorientato, curioso ed inquieto.
«Hai studiato francese?» la domanda della ragazza la spiazzò. Prue schiuse le labbra sorpresa, sedendosi sul bracciolo della poltrona e prendendo a fissarla con le sopracciglia appena aggrottate.. quella ragazzina era molto più strana di quello che pensasse
«Ehm.. sì.» mormorò incerta
«Dis-moi quelque chose.» esclamò Paige, gli occhi scuri fermi in quelli chiari di lei che, quasi la supplicavano
«Tu étudiés François?» domandò titubante l’altra, ansiosa di capire il motivo di tutto quello
«No mai! Nemmeno una volta!» sbottò Paige. Prue non capiva. «Ma lo comprendo. E lo parlo. E lo faccio con tutte le lingue che mi vengono in mente.. persino il latino!» la ragazza agitò le mani in sua direzione, dipingendosi un’espressione eloquente sul volto
«Oh..» mormorò l’altra, grattandosi appena la nuca «Niente.. niente fantasmi, per esempio?» cercò di essere disinvolta mentre diceva quella frase, ma non riuscì nel suo intento. La sorprese che Paige non si fosse sconvolta o spaventata
«Forse.» mormorò pensierosa l’altra, riflettendo sullo strano sogno della notte precedente «Però so di sicuro di aver fatto illuminare la mia penna!» estrasse orgogliosa la sua biro multicolore, allargando il palmo e porgendo l’oggetto a Prue. Questi la esaminò, ma non trovò nulla di particolare
«Non possono essere solo coincidenze..» Prue pensava a voce alta, convincendosi sempre di più della effettiva realtà delle cose straordinarie che aveva visto accadere, aveva sentito raccontare o che aveva semplicemente sognato o immaginato. Poteva essere tutto vero, un mondo da scoprire, esplorare e conoscere che era lì, a portata di mano, protetto da una chiave invisibile che doveva solamente essere scoperta.
Si voltò verso la ragazza e prese posto sul divano di fronte alla poltrona sulla quale si era seduta; portò i gomiti sulle ginocchia e si sporse completamente verso di lei: quella ragazzina, quella Paige, era l’unica in grado di comprendere il suo nervosismo, la sua inquietudine verso fatti inspiegabili, misteriosi e magici che erano piombati sulle loro vite dal nulla. Lei era l’unica che poteva comprendere i suoi sentimenti, che poteva condividere i suoi pensieri e mantenere i segreti che si sarebbero confidate. Insieme sarebbero venute a capo di quel mistero, ne era certa.. doveva essere così. Era una battaglia troppo grande per riuscire ad affrontarla per conto suo «Melinda Warren.» disse concisa.    
Paige annuì «Era una strega.. molto potente. Ho idea.. che abbia a che fare con noi.» le spiegò «Una strega vera, una strega buona.» proseguì, Paige dischiuse le labbra «L’ho sognata.» confessò con un filo di voce «E’ la donna che ho visto condannare al rogo.» Prue sembrava sollevata da quella notizia: aveva forse trovato l’elemento che le accomunava?
«C’è una profezia.» proseguì, ponderando bene prima di recitare le esatte parole a memoria: c’erano tanti punti che doveva ancora chiarire, tra cui le sorelle, l’unione e il legame che le congiungeva.. era solo metaforico o era una legame di sangue? Paige non sembrava familiare con quella parte, forse non era ancora il tempo di rivelare tutto.. «Parla di magia e di un grande potere.. per sconfiggere il male.»
«L’ho visto anche io.. l’ho-» Paige socchiuse gli occhi prima di correggersi «L’ho sentito. Lo diceva lei, Melinda.. prima di essere catturata. Era una specie di filastrocca..»
Rimasero a lungo in silenzio, semplicemente guardandosi.    
Perché tutto quello era capitato a loro? Perché quella faccenda era così enigmatica? Perché entrambe avevano la sensazione di sapere troppo poco? Tra di loro c’era tensione, c’era curiosità e c’era apprensione.. potevano tornare alle loro vite facendo finta che non fosse mai accaduto nulla di tutto quello? No, era troppo forte il desiderio di scoprire, di indagare. Entrambe sapevano che era giusto così, anche se non sapevano attribuire una spiegazione logica a nulla di tutto ciò.
«Mia nonna continua a ripetermi.. che tutto accade per una ragione. Che ci sono misteri inspiegabili che aspettano solo di essere svelati. Di non avere timore dell’ignoto.. dice sempre che quando si è pronti per una cosa, quella viene da te..» Prue aveva rotto il silenzio con parole lievi e al contempo estremamente potenti: era come sentire un discorso di sorella Agnes. E Paige si fidava ciecamente di sorella Agnes. E, senza un motivo preciso, nonostante non la conoscesse per niente, sentiva di fidarsi anche di Prue.
«Cosa dobbiamo fare?» chiese curiosa, alzandosi dalla poltrona e tormentandosi le dita irrequieta
«La mia famiglia, anche se mia nonna lo nega, ha avuto sempre a che fare con qualcosa di occulto, con fatti inspiegabili che sono sepolti nella memoria e nel tempo. E’ il punto zero. Sento che in soffitta ci sono le risposte che cerchiamo.» Prue le indicò le scale, la fece salire per prima. Le fu sufficiente una rapida occhiata nella tasca della tuta per notare che parte della triquetra, debolmente, si stava illuminando.

⁓✧⁓


Paige sentiva un peso indicibile gravare sulle sue spalle. Poteva sentire decine di occhi che la fissavano, mentre camminava davanti a Prue, che la sospingeva, senza toccarla, su per le scale e per il corridoio. Avrebbe voluto seguire la ragazza mora, così da non trovarsi costretta ad osservare le pareti per scorgere il punto giusto per girare da questa o quella parte; invece i suoi occhi si posavano di sfuggita sui vasi antichi, sulla carta da parati ingiallita, sulle lucerne a muro dalle coppe in vetro opaco e soprattutto sui quadri, sui ritratti di famiglia, che sembravano ricambiare il suo sguardo circospetto e diffidente. Non le erano mai piaciuti i ritratti, soprattutto se si soffermava a pensare che tutte quelle persone erano passate a miglior vita da decenni.. non capiva proprio il motivo di tenere tutti quelle raffigurazioni inquietanti in casa, sorveglianti instancabili di quelle che erano stati i loro corridoi, le loro scale, le loro stanze.
Paige sentì un brivido attraversarle la schiena e un goccia di sudore scivolarle lungo la nuca. Si diede della stupida e della paranoica, mentre cercava di soffocare quel fastidioso sussulto sistemandosi il colletto della camicia a strisce che indossava
«Da che parte?» la ragazza le rivolse un sorriso timido fermandosi in cima alle scale, indecisa se andare a destra o a sinistra del corridoio. Allungò il collo in entrambe le direzioni, ma non vide nulla che potesse aiutarla se non la debole luce che illuminava scarsamente le pareti. Prue la raggiunse in pochi passi, premendo l’indice sulle labbra ed indicando la porta che si trovavano di fronte
«C’è mia sorella.» mormorò con un sorriso divertito «Non credo baderà tanto a noi. Ma è sempre meglio non stuzzicarla.» Paige annuì, trovandosi alle spalle della bruna e seguendola, ora più tranquilla, verso le stanze a sinistra. Sentì una sorta di delusione quando si accorse che ognuna delle porte era chiusa, impedendole così di guardare al lori interno: trovava tutto in quella casa così misterioso da farle quasi paura. Dopotutto cosa sapeva di quella Prue? E di quella casa? E se fosse stato tutto architettato per attirarla lì, in quella stanza?
«Non so se sia una buona idea.» sussurrò titubante, mordendosi subito il labbro inferiore. Se avesse avuto cattive intenzioni nei suoi confronti quella frase aveva decisamente segnato il suo destino.
Prue le sorrise.     
Non avrebbe saputo spiegare il motivo per il quale avesse trovato quel gesto così confortante e familiare.. Paige non aveva potuto fare altro che ricambiarlo.
«Ecco qui.» la ragazza dovette fare qualche passo e sporgersi per poter vedere, nella penombra, ciò che il braccio destro di Prue, allungato verso l’alto, le stava indicando. Paige rimase in silenzio per non dar voce a parole che, persino nella sua testa, suonavano rudi e ben poco cortesi: che avrebbe dovuto dire di fronte ad un’ennesima rampa di scale, forse più anonima delle precedenti e ad un’altra porta serrata?    
Si voltò lentamente verso di lei, cercando nell’espressione dell’altra qualche indizio per non risultare totalmente stupida
«Vuoi che vada avanti io?» ipotizzò insicura, poggiando il piede sinistro sul primo gradino
«Se sai come aprire le porte, certo: è chiusa a chiave e la nonna la porta sempre al collo.» Prudence incrociò le braccia al petto con un’espressione irritata e sospirò rumorosamente. Cosa avrebbe pensato di lei, che l’aveva condotta fino in soffitta se sapeva benissimo che lì la loro corsa si sarebbe interrotta? Come avrebbe potuto spiegarle quel desiderio incontrollabile di mostrarle il sottile legno che divideva la casa dalla soffitta, come se fossero sempre stati due mondi a parte?
«Non crucciarti, sorella.» Prue portò di scatto lo sguardo sulla ragazza, sollevando scettica un sopracciglio. Normalmente le avrebbe dato un fastidio tremendo sentirsi chiamare in quel modo da un’estranea, eppure con lei non lo percepiva come un affronto. E anche se avesse voluto protestare, non avrebbe potuto farlo, troppo ipnotizzata e sorpresa dal fatto di vedere la mano dell’altra rovistare in tasca ed afferrare un paio di forcine dai bordi irregolari.    Paige modellò con mano esperta le sottili stanghette metalliche e, mal celando il suo sorriso soddisfatto, prese a cercare il giusto incastro per poter far scattare la serratura
«Non sono certa di voler sapere il perché tu sia tanto brava..» mormorò la bruna, osservando interessata le dita abili dell’altra
«Probabilmente il cosmo mi ha messo diverse volte in posizione da dover essere in grado di scassinare delle porte così da farmi essere abbastanza brava per oggi, in questo preciso istante, ad aprire la porta segreta di tua nonna.» rispose Paige in tono sarcastico, le parole inframezzate per la tortuosità di quella toppa «Tutto accade per un motivo, no?»
Prue la fissò per un lungo istante, il volto concentrato e le mani in movimento. Non stava guardando lei, ma in sua direzione, qualche centimetro sopra la sua testa mentre cercava di udire il giusto scatto per aprire la porta.. non era certa del motivo per cui stesse osservando così attentamente i suoi lineamenti: i grandi occhi maroni come quelli della madre, i lunghi capelli castani e lisci come quelli di Piper, l’apparecchio ai denti che stava sfiorando con la punta della lingua, forse senza nemmeno accorgersene, tanto simile a quello che aveva portato lei alla sua età e quegli indumenti trasandati, spaiati e ribelli, come quelli di Phoebe. Poteva vedere qualcosa di tutte loro in quella ragazzina venuta da chissà dove, provava un senso di protezione e percepiva uno strano legame, nonostante sapesse così poco di lei, a metà di quello sfuggente e caduceo che possedeva con Phoebe e quello forte e simbiotico che aveva con Piper. Quella Paige stava esattamente nel mezzo: avevano vissuto un’esperienza tanto speciale e privata, loro due, che senza nemmeno renderle consce le aveva inevitabilmente avvicinate ed ora Prue voleva darle un ruolo nella sua vita, nonostante tutti quelli a cui pensava le stavano stretti. Lei non poteva essere amica, non poteva essere sorella.. come poteva sentirsi legata in un modo talmente particolare da esserle oscuro?
Fu il sordo scatto della serratura a distoglierla dai suoi pensieri e, schiarendosi la gola per dissimulare le sue guance che sentiva arrossate, prese a fissare la porta, sicura di vederla aprire da un momento all’altro
«Ce l’hai fatta?» Prue aggrottò delusa le sopracciglia quando Paige, abbassata più volte la maniglia, constatò che il suo lavoro era stato del tutto vano
«Io.. ero sicura di avercela fatta.» mormorò la più giovane, osservando tristemente le forcine irrimediabilmente deformate
«Non preoccuparti.» Prue le rivolse un altro di quei sorrisi, cercando di confortarla e, con suo enorme sollievo, sembrò funzionare. Avrebbe voluto tanto trovare un modo ed un motivo valido per farla rimanere, per conoscerla, per scoprire insieme quel mistero che le aveva cercate e scelte e che però si era fermato oltre quella porta.
Era stato incredibilmente bello finché era durato.
«Beh, potremmo cominciare dalla Rosenberg o dal museo.. dopotutto è lì che è cominciato tutto.» Paige si morse il labbro inferiore, scrollando le spalle con noncuranza. Si sarebbe dovuta comportare diversamente, mostrarsi distaccata ora che erano state letteralmente chiuse loro le porte, eppure voleva trovare una scusa per rimanere con quella ragazza, imparare da lei e con lei di quel segreto che le aveva agguantate, trascinandole con esso in un turbinio di emozioni e sinistri avvenimenti
«Potremmo.» lei annuì e combatté per lunghi istanti con la voglia di afferrarle la spala o la mano e condurla in salotto per presentarla alla famiglia. Sarebbe stato uno sbaglio con la nonna: avrebbe fatto troppe domande e l’avrebbe fatta scappare.. senza contare il fatto che avrebbe potuto scoprire qualcosa riguardo ai loro strani sogni, ai bizzarri avvenimenti e soprattutto alla soffitta «Se tornerai tra qualche giorno ti presenterò al resto della famiglia. La nonna odia quando ci sono ospiti inaspettati: vuole offrire i migliori trattamenti.» ridacchiò lievemente, un piccolo sorriso che contagiò anche Paige.     
Le lasciò il numero del suo cerca persone: sarebbe sicuramente tornata.
«Sorelline sono tornata!» Prue sorrise impercettibilmente alla voce lontana e sempre allegra di Piper, che salutava lei e Phoebe di ritorno dall’università. Forse a lei avrebbe potuto presentare frettolosamente Paige, di sicuro l’avrebbe accolta con il suo proverbiale calore, offrendole thè e biscotti. Quell’immagine della dolce Piper le scaldò per un attimo il cuore: era sempre così se lo sarebbe dovuto aspettare, ma ogni volta veniva colta alla sprovvista dall’affetto che nutriva nei confronti della sorella più piccola.
Eppure non era la sola cosa che l’aveva lasciata spiazzata: un sinistro cigolio la fece rabbrividire e, circospetta, girare.    
I suoi occhi, come quelli sorpresi e spaventati di Paige, si fissarono sgomenti sulla porta della soffitta che, lenta e pacata, si apriva alle loro spalle.


Note:

  • Rosenberg Library: biblioteca pubblica ubicata a Phelan Avenue, San Francisco. È situata all’interno della City College della città ed è un punto di riferimento per la maggior parte degli studenti dell’isola. Al 4° piano è collocato un reparto adibito all’apprendimento tramite ricerca;
  • La porta che si apre: mi riferisco all’episodio 1x01, il pilot, dove la soffitta lascia entrare Phoebe inspiegabilmente, dopo che quest’ultima ha provato e riprovato ad aprire la porta. Qui ho voluto farla aprire nello stesso modo misterioso dopo l’arrivo di Piper perché, in quel momento, è in effetti la prima volta in cui le sorelle si ritrovano tutte e quattro insieme all’interno della casa.

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Capitolo 6
*** 𝔻ominus 𝕋rinus ***


Premessa{NdA}: Eccoci qui con l'epilogo. Non ho mai scritto nda in questa storia ma ora sento di doverlo fare, quantomeno per correttezza.
Come alcuni sapranno, avevo calcolato ancora due capitoli prima della fine, eppure scrivendoli mi sono accorta che sarebbero venuti entrambi troppo piccoli, perciò ho deciso di fare una modifica, unirli, e crearne uno di lunghezza normale conclusivo. E' la prima storia di un progetto più ampio che, purtroppo, non so quando potrò continuare: anche se lo desidererei tanto, non posso più dedicarmi alla scrittura a causa di esami ed impegni personali che con tutto l'ottimismo del mondo termineranno a fine Giugno.. e poi ci sono le vacanze (yay) quindi per lasciare una storia incompleta fino a dopo l'estate preferisco rimandare tutto - uccidetemi pure.
Pubblicherò, d'ora in poi, qui e su fanfiction.net, SOLO le storie che ho già terminato di scrivere, quindi non sparisco ;)
Detto questo, vi lascio con il nostro epilogo.
Grazie di cuore a tutti quelli che hanno letto e che hanno recensito con parole tanto gentili ed affezionate e mi riferisco a DaEavle Knight & Emmax5.

un bacio,

         syriana94

 

Cap.6 – Dominus Trinus
«Te l’ho detto che ci ero riuscita.» la voce timida e sorpresa di Paige rimase come sospesa nell’aria. Come poteva ora la porta essere spalancata dopo che aveva provato così strenuamente per far scattare la serratura? Come poteva essersi aperta senza nemmeno una spinta?
«Brava..» Prue stette immobile con le labbra dischiuse. Non riusciva a distogliere lo sguardo dalla soffitta, nonostante provasse un certo timore solo all’idea di entrarvici: era il luogo segreto della nonna, il suo regno nascosto. Probabilmente se l’avesse scoperta a ficcanasare, per di più in compagnia di estranei, l’avrebbe uccisa.    
Quel pensiero era un allarme già abbastanza efficace per levarle dalla mente l’impellente voglia di entrare in soffitta
«Beh? Che fai, non entri?» Paige la fissava con le braccia conserte, gli occhi curiosi che già si poggiavano qua e là fra gli oggetti impolverati. Non capiva proprio perché la ragazza che aveva di fronte si mostrava così riluttante dopo tutte le storie che le aveva raccontato, dopo tutto l’impegno che aveva speso per riuscire ad aprire quella misteriosa porta – anche se senza successo – e non capiva soprattutto perché la sua espressione conservava un alone di timore riverenziale come se si fosse trattato di un luogo che non era mai stato profanato. Cosa poteva avere di tanto speciale una soffitta?
«Di che hai paura?» domandò ancora, alzando gli occhi al cielo e scansandola quasi in malo modo, entrando per prima ed aprendo le braccia mentre si voltava verso di lei. Bene, ora le aveva dimostrato che non c'erano strani allarmi per eventuali intrusi.. perché ancora non entrava? Quella ragazza sapeva essere veramente insopportabile. Sbuffò rumorosamente e si sporse verso di lei, afferrandole il braccio e trascinandola di peso nella stanza.
«Non ho paura.» mormorò riluttante l'altra, come se si fosse risvegliata da un sogno.
I suoi occhi blu si muovevano circospetti su ogni oggetto impolverato «E' solo che non sono mai entrata qui dentro.» fece alcuni passi verso il centro della soffitta, sorridendo appena nell'udire l'eco dei suoi passi sul pavimento di legno «La nonna ce lo ha sempre proibito.» spiegò, accarezzando distrattamente un manichino ingiallito dal tempo, su cui era esposto una banale divisa ocra da cameriera «Diceva che era pericoloso.»
Paige si era velocemente stufata di ascoltare i suoi nostalgici racconti ed era da qualche istante che osservava incuriosita uno scaffale stracolmo di libri, fiale colorate ed erbe di tutti i tipi
«Non ci vedo nulla di pericoloso, se vuoi proprio saperlo.» spinta dalla curiosità, sfiorò con la punta delle dita un mazzo di fuori secchi, forse rose e, inavvertitamente, una spina le graffiò la pelle. Si lamentò con un gridolino acuto, portando il pollice alle labbra e sollevando gli occhi al cielo «Niente commenti per favore.» Prue ridacchiò e si avvicinò a lei
«Mi domando a cosa servano..» allungò la mano, prendendo il libro più vicino e lo aprì ad una pagina a caso «”La magia del sale. Purificazione, amore, incantesimi.”»
«Decisamente curioso.» mormorò Paige con voce piatta, allungando il collo per poter capire meglio cosa rappresentassero quelle figure nelle varie pagine.
«Prue!» sobbalzarono entrambe.
Paige non conosceva quella ragazza sulla porta, ma pensò subito fosse una delle sorelle. A stento però lo avrebbe creduto: capelli bruni, molto più chiari di quelli di Prue, occhiali spessi ed apparecchio ai denti.. condividevano lo stesso triste destino. Accennò un sorriso, pensando che l'arrabbiatura venisse rivolta completamente alla bruna.
«Piper!» Prue stava ridendo nervosamente mentre le andava incontro. L'altra era rimasta sulla porta con le mani ai fianchi.
Cosa c'era che non andava in quella famiglia e le soffitte? Perchè nessuno voleva entrare?
«Cosa ci fai qui? Lo sai bene che la nonna-» spostò lo sguardo su Paige, la quale, non sapendo che fare, alzò timidamente la mano accennando un saluto «Chi è quella, come hai fatto ad entrare?» nonostante stesse sibilando, l'eco della soffitta portò ogni parola alle orecchie di Paige. Si sentiva di troppo.
«Piper, lei è Paige.» trascinò la sorella nella stanza e costrinse le due ragazze più giovani a stringersi la mano «E' della Sacred Heart. L'ho incontrata al museo.» non aggiunse altro: quella presentazione era stata già abbastanza strana ed imbarazzante.
«E che ci fa a casa nostra?» Piper sollevò entrambe le sopracciglia. Sì, quella era una buona domanda.
«Lei..»
«Io.. sto studiando le streghe di Salem a scuola.» Paige si intromise con voce tranquilla «Ma la storia non è.. il mio forte e..» spostò lo sguardo su Prue «E Prue mi ha offerto il suo aiuto per superare il semestre.» era una spiegazione logica no? La più anziana del gruppo annuì con convinzione, eppure Piper rimaneva scettica
«Generoso da parte tua, Prue.» sapevano benissimo entrambe a cosa si stava riferendo: ai tempi delle medie e del liceo, Prue non si era mai offerta di aiutare le sue sorelle più piccole e quando veniva costretta fuggiva alla prima occasione lavandosene le mani. Il fatto che volesse aiutare una perfetta sconosciuta era decisamente curioso.
«Ti lamenti sempre che non mi faccio amici.» Prue scosse le spalle e portò le mani dietro la schiena. Piper si agitò per un attimo sul posto, spalancando le labbra
«Lo sai che intendevo!» Piper si era trattenuta notevolmente per non offendere l'inattesa ospite.
Eppure era chiaro cosa stava pensando: quella ragazzina poteva benissimo essere loro sorella, andava al liceo come Phoebe, perché mai Prue aveva deciso di raccattare un'adolescente depressa dalla strada? Come se non avessero già abbastanza problemi per conto loro.. «Dov'è la nonna?» chiese dopo un breve respiro.
«Fuori, rientra prima di cena.» rispose atona Prue «Non devi preoccuparti, ha detto che cucina lei.» la precedette, nell'esatto istante in cui Piper stava per tornare sui suoi passi, probabilmente per dirigersi in cucina.
«Ti fermi anche tu?» Piper stava sorridendo a Paige. Poteva cercare di fare la dura, ma alla fine era la più gentile di tutte e tre le sorelle.. era la mammina, la perfetta padrona di casa e Paige non potè che provare simpatia per lei.
«Non lo so.» si guardò attorno in cerca di aiuto.
«Certo.» la anticipò la più grande «Puoi chiamare i tuoi ed avvisare.» il suo viso si illuminò all'improvviso e Piper la scrutò a lungo «Ho un'idea.» annunciò. Le altre due si scambiarono un'occhiata enigmatica.
«Evita di fare infuriare la nonna.» la avvisò Piper, anche se la curiosità ora la stava divorando.
«Domani è giorno libero per tutte, no?» la mezzana annuì riluttante: dove voleva andare a parare? «Facciamo una festicciola tra di noi. E' da troppo tempo che non ne facciamo una. Così conoscerete Paige.» si rivolse direttamente a lei «Potresti fermarti anche a dormire.» la sua voce era decisamente entusiastica come non lo era da anni.
Piper era sconvolta.
Paige era combattuta come non mai: se da un lato era l'opportunità migliore che le sarebbe mai capitata per evitare il confronto con i suoi genitori – almeno per un altro po' di tempo – dall'altro di certo non voleva imporsi in casa d'altri se non era la benvenuta; in fondo era un'estranea e non poteva pretendere troppo.. e se poi la fantomatica nonna di cui tutti parlavano non l'avrebbe accolta?
«Una festa, Prue?» Piper era pronta ad esploderle contro, ma proprio mentre stava per vomitarle addosso tutti gli aspetti negativi di quell'assurda idea, si sentì abbracciare da dietro. Più che un abbraccio era un'avvinghiata, corredata da consueta spettinata di capelli: Phoebe.
«Festa?» stava già ridendo «Voto a favore.» Paige osservò con piacere gli abiti che aveva indosso, dagli anfibi con i lacci annodati più volte, alle canottiere strappate con colori scuri, le catene argentee che aveva al collo.. era decisamente molto simile a lei. «Chi l'ha proposto?»
«Prue.» grugnì Piper, cercando senza successo di liberarsi dalla stretta.
«Wow.» l'ultima arrivata mordeva con impegno una gomma da masticare rosa «Bella giacca.» stava sorridendo largamente a Paige.
«Grazie. Belle scarpe.» era chiaro a tutti che si stavano simpatiche.
«Bene. Voti a favore tre, contrari uno. Vinciamo noi. Facciamo festa.» disse velocemente, baciando rumorosamente la guancia di sua sorella, per poi liberarla finalmente dalle sue grinfie.
«Lei è Phoebe.» Prue fu la prima a parlare dopo un minuto di imbarazzante silenzio. Paige fu la prima ad allungare la mano destra e quando l'altra la afferrò, entrambe saltarono indietro per la sorpresa.
Avevano entrambe ricevuto una potente scossa, che ancora vibrava nelle loro dita; la stanza si era colorata di azzurro per un lungo istante e ancora quello strano vento, proveniente da chissà dove, era apparso a muovere i capelli di tutte e quattro.
Erano pietrificate, impaurite, sorprese.. nessuno sapeva che cosa stava succedendo, tranne forse per Prue e Paige o, per lo meno, era qualcosa di familiare.
Prima che potessero anche solo chiedere qualcosa, la loro attenzione fu rivolta al leggio posto al centro della stanza, di fronte alle grandi finestre di vetro colorato.
Su di esso, era appoggiato un grande libro dalla copertina verde di cuoio, le pagine spesse e gialle, antico come nessun altro libro che avessero mai visto.. e vibrava, anche se non c'era niente o nessuno che potesse provocarne un tale movimento.
Una breve occhiata tra Prue e Paige ed entrambe si ricordarono, anche fin troppo bene, l'incidente del museo, con libri volanti ed attrezzature impazzite, quel terremoto improvviso, la paura e la sorpresa di ritrovare tutto completamente in ordine poco tempo dopo.
«Andiamocene.» sibilò Piper, afferrando per i polsi entrambe le sue sorelle e facendo cenno a Paige con la testa: che avrebbero raccontato alla nonna se fosse successo qualcosa lì dentro? Come avrebbero giustificato la loro presenza in soffitta se la nonna le avesse beccate lì dentro?
«Aspetta.» Prue si liberò dalla debole stretta di Piper e corse verso il libro. Non sapeva dere una vera motivazione del perché, ma si sentiva incrediblmente atratta da quel volume e anche se le sue sorelle lo avrebbero negato, percepivano la medesima sensazione. Paige raggiunse la più grande, affiancandola con gli occhi puntati sula prima pagina.
«"Il libro delle ombre".» lessero in coro. Un debole sibilo riempì le loro orecchie.. per un istante solo, così poco che dubitavano persino di averlo udito veramente.
Prue voltò la pagina.
«Lo conosco.» sussurrò la più piccola, passando le dita sulla scritta «Dove averlo già sentito da qualche parte..» proseguì, ma era riluttante a leggere.
Prue prese parola mentre le altre due si avvicinavano lentamente.
«Ascolta le parole delle streghe.» la voce di Prue era delicata eppure incredibilmente potente «I segreti che celiamo nella notte.» rimase con le labbra dischiuse per un breve attimo «Melinda.» mormorò tra sé e sé, ma nessuno l'aveva sentita «Gli dei fondatori sono qui invocati. La grandiosa opera di Magia è reclamata
«Andiamo via.» la voce di Piper era preoccupata: non le era mai piaciuto l'occulto e il mistero. A stento riusciva a guardare il film preferito di Phoebe.
Nessuno le prestava ascolto, anzi, Phoebe le aveva stretto il braccio per evitarle una fuga.
«In questa notte e in questo momento, invochiamo l'antico potere.» fece una piccola pausa, osservando negli occhi i presenti: poteva vedere curiosità, angoscia, eccitamento e molti altri sentimenti che non riusciva a classificare. «Donateci il potere. Chiediamo il potere.»

Si erano tutte accovacciate a terra per evitare di soccombere alla potente scossa di terremoto.
Avevano chiuso gli occhi per evitare di essere accecate dalla abbagliante luce azzurra che aveva invaso completamente la soffitta.
Ora che era tutto finito, si stavano guardando tra di loro, tremanti e con le menti in subbuglio, piene di domande a cui nessuno avrebbe saputo dare risposta.
«La nonna-» la voce insicura di Piper si alzò prima fra tutte, sembrava quasi in procinto di scoppiare in lacrime
«La nonna cosa, Piper?» la sgridò severamente Prue «Ci ha tenuto nascosto qualcosa, è evidente!» la più grande del gruppo si alzò sulle ginocchia, guardandosi attorno circospetta.
La soffitta era un totale disastro. Esattamente come il laboratorio del museo giorni prima, ogni oggetto era fuori posto, la polvere volteggiava dappertutto e ciò che non era fissato o stabile,  cigolava in qualche angolo in attesa di cedere alla forza di gravità.
«Comunque sia, ci conviene rimettere in ordine prima che le venga un colpo.» nessuno poteva ribattere a quella frase. E il fatto che provenisse da Phoebe rendeva il tutto ancora più allarmante e serio.
Ci impiegarono quasi un'ora a riordinare il più possibile, ma alla fine erano abbastanza soddisfatte del loro lavoro. Sicuramente la nonna avrebbe capito che qualcuno aveva toccato qualcosa, visto che si accorgeva anche se un contenitore delle spezie era girato nel verso opposto in cucina, però la parvenza di ordine avrebbe dato loro più tempo per pensare ad una scusa plausibile.
Piper fece scrocchiare rumorosamente la schiena, osservando fuori dalle finestre ed aggrottando le sopracciglia
«E' già buio. La nonna sarà qui a momenti.» era il suo modo per dire che era meglio andarsene da quella stanza e anche in fretta. Nessuno era contrario.. eppure non era quello che il futuro aveva in serbo per loro.
Si stavano dirigendo diligentemente verso la porta, quando quella si chiuse loro in faccia. Phoebe provò e riprovò a sbloccare la serratura, ma invano
«Lasciatemi essere la prima a dirlo.» si voltò allarmata verso le altre tre, appoggiando la schiena al legno «Siamo fregate.»
«Ci deve essere per forza la chiave!» Piper era decisamente agitata. Portò una ciocca di capelli bruni dietro l'orecchio e piegò la schiena, cercando qualsiasi oggetto di metallo sul pavimento. Non c'era traccia di alcuna chiave. «La nonna ci farà a pezzettini e sarà tutta colpa tua!» piagnucolò la mezzana guardando la propria sorella maggiore.
Paige assisteva alla scena in disparte, senza essere sicura di dover intervenire o di avere il diritto a farlo.
«Tanto vale intrattenerci.» proseguì la bruna con tono risoluto, sedendosi sul tappeto circolare nel centro della stanza. Il tavolino basso che giaceva nel mezzo la attirava particolarmente e non vedeva l'ora di giocare con quello strano calderone di bronzo e tutte le spezie e gli strani aggeggi sistemati intorno.
La luce svanì di colpo.
Urlarono in coro mentre le dita di Phoebe premevano insistentemente e fastidiosamente sull'interruttore per riattivare la lampadina.
«E' la corrente Pheobe, piantala.» la voce di Piper era un mormorio irritato «Ho sistemato delle candele prima, devono essere qui vicino.»
Seguì un rumore indistinto di piedi, oggetti urtati e un vetro rotto, poi pochi scatti metallici ed una piccola fiammella che prendeva vita su una candela viola dal largo diametro. Paige la sistemò sul tavolino di fronte a Prue, sedendosi con cautela accanto a lei per evitare di far spegnere inavvertitamente la fiamma.
Phoebe avvicinò tutte le altre candele che trovarono, altre tre, di varie dimensioni, colori e lunghezze e le sistemò davanti ad ognuna di loro.
«Bene e adesso?» la voce di Piper continuava a rimanere scettica
«Quando il libro è caduto è rimasto aperto così.» Prue infilò un dito tra le pagine del libro verde, aprendolo di fronte a sé e puntando l'indice sulla figura ritratta
«Io la conosco.» annunciò Paige e Prue annuì
«Anche io.» sorrise lievemente e Phoebe sbuffò
«Potete spiegare anche a noi?» Prue si schiarì la voce
«Penso che potrebbe essere interessante per gli studi di Paige giocare con questo libro.» indicò una frase di quella che doveva essere la biografia di quella donna: una strega di Salem di nome Melinda Warren.
«E' un libro di incantesimi?» Piper era chiaramente spaventata
«Sì, nella soffitta della nonna.» Phoebe aveva le braccia conserte
«Avanti, sarà divertente.» pregò Prue, lanciando un'occhiata a Paige, la quale annuì con un timido sorriso rivolto alle altre due
«Tanto non abbiamo altro da fare.. e non possiamo uscire.» nessuno poteva contraddirla.
«Come funziona?» ora era Phoebe ad essere incuriosita da quel misterioso libro verde. Prue sorrise soddisfatta e cominciò a leggere di una preparazione per invocare gli spiriti degli antenati, tante spezie che non conosceva e Phoebe lanciava giocosamente tutte le erbe che erano sul tavolino all'interno del calderone, mimando la risata di una strega e creando buffe espressioni con il suo viso mentre mescolava teatralmente con un mestolo di legno. Ben presto tutte si appassionarono alla singolare interpretazione della ribelle di casa e aiutò molto ad allentare la tensione.
«A te l'onore!» gracchiò infine, rivolgendosi a Paige e porgendole un fiore secco. Quest'ultima lo prese e lo gettò insieme a tutto il resto, pronunciando le parole che Prue le stava indicando
«Sangue del nostro sangue, noi ti invochiamo!» non si accorse che il gambo di quel fiore era premuto sul suo pollice già malandato e prima che potesse prevenirlo, una goccia rosso vivo si unì a tutte le altre spezie.
Stava per ridacchiare dopo aver portato ancora una volta il dito alle labbra, ma una scintilla color dell'oro, proveniente dal calderone, le fece sobbalzare tutte quante.
Ancora una volta, un vento indistinto le investì completamente, rendendo difficile tenere gli occhi aperti, così come il semplice respirare.

Non sono pronte.

Chi aveva parlato? Non era la voce di nessuno di loro tre. Prue toccò d'istinto il braccio di Paige per lo spavento e con una breve occhiata capì che anche lei si stava ponendo la medesima domanda. Non potevano dire lo stesso di Piper e Phoebe.
Non appena tutto cessò, Piper scattò in piedi, trascinando per inezia anche la sorella minore.
«Basta, mi fa venire i brividi!» sbottò irritata e subito un leggero boato stuzzicò le loro orecchie, accompagnato dal cigolio della porta che si stava aprendo per conto suo. «Voglio andare via e non parlare mai più di questa storia.»
«Piper non fare così.» Prue era allarmata e dispiaciuta «Ci stavamo divertendo e..»
«Non bisogna scherzare con queste cose.» ribattè fermamente «E stiamo esagerando. Sono successe troppe cose strane.» Paige deglutì e sospirò impercettibilmente.
«Ho creato troppo scompiglio, dovrei andarmene io e-» Prue la zittì con un cenno
«Non essere ridicola, sei nostra ospite.» Prue parlava con voce seria e ferita «E' solo un gioco e ci stiamo divertendo.»
«Lo farete senza di me.» continuò Piper, gli occhi alti per non incrociare quelli della sorella
«Molto bene.» la bruna guardò Paige «Ti va di restare con me e leggere un altro po'?» la più giovane scrollò le spalle per non sembrare troppo scortese nei confronti delle altre, poi annuì
«Phoebe?» l'interpellata si guardò perplessa attorno, la sorella maggiore, la nuova arrivata ed infine Piper.. perché in fondo era sempre stata quella che riteneva più saggia.
«Solo se resta Piper.» mormorò con voce debole. Da una parte voleva restare, dall'altra non voleva rendersi ridicola, ovviamente
«Allora andiamo.» rispose secca Piper, incamminandosi verso la porta e aspettando che Phoebe la raggiungesse «Sono solo un mucchio di sciocchezze.»

 

FINE PRIMA STAGIONE

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Note:

  • Dominus Trinus: in riferimento alle tre prescelte. È originariamente il titolo dell’incantesimo che restituisce i poteri alle sorelle, il primo che Phoebe recita nel pilot (1x01). Qui ovviamente è recitato da Prue e Paige con il medesimo scopo; le differenze sono che le prescelte ora sono quattro.
    Per funzionare, questo incantesimo necessita della presenza simultanea delle prescelte nella casa, in riferimento a quanto precedentemente detto riguardo ai loro poteri (telecinesi, immobilizzazione molecolare e preveggenza più i poteri di protettore di angelo bianco – che qui funge da legame) l’incantesimo ha effetto poiché i poteri da reclamare rimangono, effettivamente, tre.
  • Sangue del nostro sangue, noi ti invochiamo. E' l'incantesimo per evocare lo spirito degli antenati (o dei parenti), nello specifico si trova nella pagina dedicata a Melinda Warren.

 

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