Don't leave me alone

di Yasha 26
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


   
 



- Ecco, questa è l’ultima valigia. – li informò il tassista, portando anche l’ultimo bagaglio all’entrata dell’albergo.
- Grazie. – gli rispose freddamente una ragazza dai lunghi capelli biondi sfumati di rosa, abiti neri in pelle, borchie ovunque e un piercing con una lunga catena che univa il labbro inferiore all’orecchio.
“Davvero strana la moda di oggi.” pensò l’uomo, che indugiò un po’ troppo nell’osservare le gambe della ragazza, lasciate scoperte dalla striminzita minigonna che indossava.
- Ne hai ancora per molto? – protestò, con uno strano accento, l’uomo che accompagnava la giovane, dall’aspetto poco rassicurante, viso teso e sguardo raggelante, fasciato anche lui in abiti neri, guanti compresi, che lo rendevano alquanto minaccioso.
“Che sia uno Yakuza?” si chiese il tassista, intimorito.
Dopo un veloce inchino, segno di saluto, l’uomo si precipitò in macchina, pensando che fosse meglio andarsene il prima possibile, per non scatenare le ire di quello strano individuo. Già prima, quando i due ragazzi erano saliti sul suo taxi, aveva temuto fossero due teppisti pronti a derubarlo, invece, una volta riferita la meta da raggiungere, i due avevano tranquillamente preso posto, attendendo in silenzio l’arrivo in hotel.
Rasserenato dalla lontananza, l’uomo riprese il suo lavoro, sperando, però, di non incontrare mai più il tizio con lo sguardo di ghiaccio.
 
- Ma come? Tutto qui? Ed io che mi aspettavo una camera di lusso! E poi… dov’è il letto matrimoniale che avevo chiesto? – protestò contrariata la ragazza, osservando l’arredamento spartano della camera e i due letti singoli che troneggiavano al centro della stanza, facendola irritare oltremodo.
- Evidentemente avranno pensato a un errore nella richiesta del letto matrimoniale. In fondo, due letti separati, sarebbe la scelta più logica per due fratelli, no? – commentò il ragazzo, togliendosi l’impermeabile.
- Non m‘interessa cosa trovino più logico! Voglio che ci cambino subito la stanza! Non intendo dormire su quel coso stanotte! – strepitò furiosa, indicando con sdegno uno dei due letti.
- E cosa vorresti chiedere? Un letto matrimoniale perché non riesci a dormire senza usare tuo fratello come cuscino? – la prese in giro, abbandonando la rigidità della sua espressione. Solo con la sorella riusciva a sorridere e a non essere il ragazzo asociale che era diventato negli anni.
- Non prendermi in giro Cain! – sbuffò la giovane, arrossendo leggermente.
- Basterà unire i letti, così nemmeno stanotte frignerai perché ti senti sola, sorellina. – la punzecchiò nuovamente, beccandosi il suo sguardo truce.
- Aiutami ad unirli invece di deridermi così! – sbottò frustrata, cercando di mordersi la lingua.
Trattenersi dal rispondere alle sue battute derisorie, si era fatto sempre più complicato per lei. Suo fratello scherzava, senza rendersi conto di ciò che lei provava realmente. La voglia di rispondere che “no, non voleva dormire con lui perché da sola aveva gli incubi”, si era fatta sempre più prepotente.
Fin da piccola, s’intrufolava nel letto di Cain quando aveva paura dei temporali. Poi, quel gesto, era diventato un'abitudine dopo la prematura morte dei genitori, avvenuta quando lei aveva soli otto anni. Per sentirsi protetta e amata, dormiva con il suo fratellone, che non l’aveva mai rifiutata. L’affetto che nutriva per lui, però, negli anni aveva cambiato forma e intensità, fino a trasformarsi in qualcosa che andava ben oltre l’amore fraterno. Con la scusa degli incubi, aveva continuato a dormire abbracciata a lui, fingendo di non essere sua sorella, bensì la sua ragazza.
Era diventata dipendente da Cain. Non esistevano altri che lui, nonostante le opportunità di conoscere altri ragazzi non le fossero mai mancate. Qualcosa li legava, ma non era il legame di sangue. Tuttavia non sapeva dire cosa. Forse il destino.
Cain era tutto ciò di cui avesse bisogno, del resto del mondo non le importava.
Era consapevole che i suoi fossero sentimenti sbagliati, ma non riusciva proprio a rinnegarli, anzi, a volte li esternava anche in modo chiaro, soprattutto davanti alle ragazze che giravano attorno a suo fratello, facendole scappare tutte a gambe levate. L’unico che non coglieva il messaggio era proprio Cain, scambiando i suoi gesti come capricci adolescenziali.
- Setsu? Setsuka! Mi hai sentito? – la chiamò il fratello per la terza volta, notandola assorta nei suoi pensieri. Ultimamente le accadeva spesso e lui non faceva che domandarsi cosa le passasse per la testa.
- Eh? Ah no, scusami, ero distratta. Che dicevi? – gli chiese, mentre sistemava le lenzuola.
- Ho detto che vado a fare una doccia. Tu prepara il pranzo. Nel pomeriggio incontreremo il regista e il cast. – le spiegò nuovamente, prendendo poi un cambio di vestiti. Setsu lo seguì con lo sguardo fino a quando scomparve dietro la porta del bagno. Si avviò verso la piccola cucina presente in camera e sbuffò scocciata.
“E con che diamine lo preparo il pranzo, se nel frigo c’è roba che neppure conosco?” disse tra sé e sé, osservando le confezioni ricoperte da etichette assurde ed eccessivamente colorate. Sapeva leggere i kanji, ma non capiva che alimenti fossero di preciso.

Quelli che si prospettavano all’orizzonte, sarebbero stati mesi difficili per lei. Non sapeva nulla del Giappone, nonostante la madre fosse originaria proprio del Sol Levante. Aveva sempre vissuto in California, terra natia del padre, e anche se la madre le aveva insegnato il giapponese, non aveva certo in previsione di doversi trasferire in quel luogo dalla cultura così diversa da quella statunitense.
Quando avevano proposto a suo fratello di recitare in un film che sarebbe stato girato in Giappone, aveva faticato a crederci. Lui aveva seguito le orme della loro madre, un’attrice di successo che aveva abbandonato la carriera per amore del marito, un cantante di cui si era innamorata follemente e che aveva deciso di seguire negli Stati Uniti. Di sicuro, qualcuno in Giappone doveva aver visto casualmente un telefilm con il suo magnifico fratellone, ricordando che fosse il figlio della famosa Koharu Tsukishima, altrimenti non sapeva spiegarsi come fossero arrivati a lui. Cain Heel era abbastanza famoso in molti stati americani, ma non tanto da arrivare addirittura oltreoceano, quindi, il ricordo della madre era l’ipotesi più probabile su come fossero arrivati a lui.
- Ok, proviamo questo. E’ l’unico che conosco. – borbottò sconfortata, prendendo una confezione e il necessario per prepararla.
Come se la sarebbe cavata? Sarebbe riuscita a comprendere usi e costumi di quel paese? E il cibo soprattutto. Di certo, avrebbe volentieri fatto a meno di trasferirsi per qualche mese in quel luogo dalle vie inesistenti. Aveva scoperto, infatti, che in Giappone le vie non avevano un nome, bensì numeri e codici identificativi sul quartiere da raggiungere. Spiegare al tassista dove portarli, invece di riferire un semplice nome, fu per lei davvero assurdo. Senza contare i continui inchini per salutare qualcuno.
“Ma il lavoro è lavoro!” si ripeté per la milionesima volta, come un mantra, per autoconvincersi.
- Che profumo! Che stai cucinando? – le chiese il fratello, uscendo dal bagno.
- Roba istantanea: ramen in brodo di funghi… credo. – spiegò perplessa, rileggendo le istruzioni riportate sulla confezione. – Che robaccia! – esclamò, appuntando mentalmente di andare a fare la spesa e comprare cibi commestibili.
- Per adesso andrà bene. Non stare sempre a lamentarti. Non hai fatto altro da quando siamo atterrati.  – la rimproverò Cain, sedendosi a tavola.
- Non è colpa mia se questo paese è strano! E mi piacerebbe sapere cosa ci trovino di buono in spaghetti scotti in brodo annacquato e insipido. Non li capisco! –
- Non conosci la cucina giapponese. Non giudicarla da un preparato istantaneo. –
- Vedremo. Comunque, quando finiremo di parlare col regista, mi accompagni a fare la spesa. Nella dispensa e nel frigo non c’è praticamente nulla! Che tirchi questi giapponesi! – si lamentò, pensando che il regista poteva quantomeno scomodarsi a fargli avere una camera decente, considerando che avrebbero dovuto trattenersi lì per parecchio.
- Oggi sei più capricciosa del solito, lo sai? Se proprio non ti andava venire in Giappone, potevi restare a casa. –
- Punto primo: non lascio il mio fratellone da solo! Dove vai tu, vado anch’io. Punto secondo: dimentichi che sono la tua assistente? Devo occuparmi di gestire i tuoi impegni. – gli ricordò Setsu, sedutasi anche lei per pranzare, ovviamente utilizzando le posate e non quegli stupidi bastoncini di legno che le cadevano in continuazione.
- Non ho bisogno che tu mi faccia da assistente, me la so cavare da solo. E di certo non sono il tipo che soffre la solitudine. Saresti anche potuta restare a Los Angeles se non ti andava di venire. –
- Ah sì? Beh… se non hai bisogno di me, vado subito a prendere un volo per ritornare a casa, fratellone. Certo, non vedendoti più al mio fianco, toccherà a me allontanare i ragazzi attratti dalla mia bellezza. Ma pazienza, non posso fare sempre affidamento su di te. In fondo tu stai lavorando. – rispose Setsu, con aria furba, alzandosi da tavola e fingendo di andare a prendere le valigie non ancora disfatte. – Ti chiamerò ogni sera per assicurarmi che non salti i pasti. O forse è meglio a pranzo. La sera potrei essere impegnata e non sarebbe carino stare al telefono per chiamare il proprio fratello in presenza di un ragaz… -
- Tu non vai da nessuna parte! – la interruppe Cain, che con un forte strattone la rimise seduta. - Siediti e mangia, prima che si freddi! – le ordinò perentorio, col viso contratto in una smorfia di pura rabbia.
- Ma avevi detto che… - tentò di protestare lei.
- Non importa! Non ti muovi da qui. Chiaro? – ribadì, stringendo con veemenza il braccio della ragazza, in un moto di cieca furia.
Conosceva troppo bene sua sorella e sapeva che quando faceva così, voleva solamente provocarlo. Eppure, ogni volta che pensava anche solo per scherzo che qualche idiota potesse avvicinarla, il sangue gli ribolliva nelle vene. Non l’avrebbe mai lasciata in mano a degli stupidi mocciosi, interessati solamente a una cosa. Per questo la portava sempre con sé, in ogni luogo che frequentava, sia lavorativo che non. Doveva tenerla d’occhio.
Setsu, dal canto suo, esultava per la sua piccola vittoria. Aveva vinto anche stavolta. Far leva sulla gelosia del fratello funzionava sempre. Odiava rendersi tanto infantile, ma sapeva che era l’unico modo per farlo capitolare. Da sempre, Cain teneva a bada qualunque ragazzo provasse ad avvicinarla, sostenendo che non fosse alla sua altezza e che lei meritasse di meglio. In realtà, nessuno le si avvicinava perché era lei a tenerli a debita distanza, ma gli lasciava credere che il merito fosse suo.
Dietro quei gesti, Setsu sperava sempre di poter vedere qualcosa in più di una semplice gelosia fraterna, ma ogni volta doveva forzare se stessa per tornare coi piedi per terra. Cain non le aveva mai mostrato un interesse diverso da quello di un fratello iperprotettivo, e questo la sconfortava.
- Uffa, ok fratellone. Come vuoi tu. – si finse contrariata, iniziando a consumare il proprio pasto, nascondendo la sua felicità.
Felicità che presto sarebbe stata spazzata via, cambiando per sempre la vita dei due fratelli.

 









Salve fan di Skip Beat ^.^ come avrete sicuramente notato dal prologo, questa storia è una AU in piena regola e non ha per protagonisti Ren e Kyoko, bensì Cain e Setsu, come se fossero dei veri personaggi all’interno del manga. Ho amato da subito questa coppia, tanto da desiderare che fosse realizzata una storia a parte con loro due, senza i nostri due amati attori a interpretarli.
Ecco così che nasce (dalla mia instabilità mentale XD) l’amore incestuoso tra i fratelli Heel *^*  (più una pagina Facebook che trovate qui e che ho dedicato loro ^_^  https://www.facebook.com/Skip-Beat-Italia-CainSetsu-1704418523135327/  )
Può sembrare strano visto che ho totalmente cancellato i protagonisti, ma in fondo io vedo sempre Kyoko-chan e Tsuruga-san ^_^ infatti, se vorrete leggere questa storia, troverete molte sfaccettature del carattere di Ren e Kyoko nei due fratelli, soprattutto di quest’ultima, che mi ha aiutato a creare una Setsu meno astratta.
Alcune precisazioni. Ho cambiato il luogo di provenienza dei due, un po’ perché mi faceva comodo che i fratelli fossero americani e un po’ per legare Cain a Kuon ^.^  Non solo, più avanti, accennerò al vero colore di capelli di Setsuka che è nero, esattamente come Kyoko.
Avrete notato la presenza di Reino nella presentazione ^.^ mi piace come personaggio e ho lavorato molto anche su di lui ^_^
Infine, doverosi sono i grazie alle persone a cui rompo sempre le scatole e che meritano un grazie enorme insieme alla mia immensa riconoscenza <3
A Cate dico grazie di cuore per avermi fatto conoscere Skip Beat *^* e per avermi aiutata con lo sviluppo della storia :-*
A Mary dico grazie per avermi aiutata col titolo (che nasce da una canzone su Youtube) *^* perché io e l’inglese facciamo a pugni :-*
A Marty dico grazie per avermi aiutata con Reino  *^*  senza le tue spiegazioni sarei in alto mare sullo sviluppo delle sue doti :-*
Alle Fluffers del Vanilla: Lune alias Annalisa (quanto mi fa strano chiamarti per nome XD)  Chiaruzza (non potevo non chiamarti così, scusa XD) Sere e Sesy (vi metto vicine mogli così non mi picchiate XD) dico grazie per i vostri consigli e perché sopportate i miei piagnistei sulle mie insicurezze come scrittrice, anzi chiedo venia a tutti per qualche orrore che potrete leggere T^T
Sono circondata da amiche/sorelle fantastiche e vi ringrazio soprattutto per esserci sempre ragazze :-*
Detto questo, vi saluto e ci si rilegge al primo vero capitolo se vorrete ^_^
Baci Faby <3 <3 <3 <3
 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 





Il pomeriggio era passato nella noia più assoluta per Setsu. Aveva dovuto tradurre buona parte delle parole del regista al fratello, che non capiva bene il giapponese quanto lei, finendo con l’annoiarsi come mai in vita sua.
Oltre a ciò, per tutto il tempo delle presentazioni, aveva notato su di sé, gli occhi di uno degli attori, e lei odiava essere osservata così spudoratamente. L’unico di cui cercava lo sguardo era Cain.
- Fratellone, vado alla toilette. Torno subito. – lo avvertì, avviandosi verso i bagni.
 Cercò di impiegarci il meno possibile per non lasciare il fratello da solo. Non tanto per le sue difficoltà a dialogare con gli altri, ma perché aveva notato un paio di attrici, anche piuttosto bruttine, osservò, che avevano piantato il loro sguardo mellifluo su di lui. Aggiustò quindi velocemente il rossetto e uscì dal bagno per raggiungerlo.
- Ehi! - la fermò un ragazzo, che riconobbe essere l’attore protagonista del film, quello che non le toglieva gli occhi di dosso. Lo guardò annoiata, aspettando le dicesse perché l’aveva fermata. – Ecco… - riprese imbarazzato il ragazzo - … non ho avuto modo di presentarmi prima. Sono Taira Murasame. Tu invece sei l’assistente di Cain Heel? - domandò interessato.
Dal primo momento che l’aveva vista entrare, al seguito di quello strano tipo dall’aria tetra, non aveva fatto altro che seguirla con lo sguardo. Era una ragazza davvero bella e particolare, e non solo per i suoi abiti, poiché non era la sola a usare lo stile punk, era piuttosto il suo portamento ad averlo incuriosito. Si muoveva in modo raffinato, quasi aggraziato. Il che faceva a pugni col suo vestiario. Quel particolare aveva catturato la sua attenzione.
- E allora? – chiese lei, impaziente di ritornare dal fratello.
- Beh… ho ritenuto giusto ci presentassimo. Mi sembrava scortese non essermi presentato. – ripeté impacciato Murasame, cercando di instaurare una conversazione e sapere, oltre che il suo nome, che ruolo svolgesse per il tizio che avrebbe recitato con lui come antagonista. A guardarlo, però, sembrava tutto fuorché un attore. Aveva un aspetto molto cupo e non si mostrava per nulla interessato a fare conversazione con gli altri membri del cast. Quella povera ragazza, invece, s’impegnava tanto per aiutarlo a capire, ma sembrava non interessargli nemmeno. Oltretutto, lei lo guardava con occhi adoranti, eppure quel tipo pareva non notarla nemmeno. “Di sicuro un uomo senza alcun gusto per non notare una tale bellezza.” si disse convinto.
- Questo lo hai già detto. - gli fece notare Setsu, scocciata oltremodo. Era chiaro cercasse un modo per attaccar bottone con lei. Poteva almeno sforzarsi di essere meno ridicolo, si trovò a pensare.
- Ah già. Eheheh. Tu, invece? Non mi hai ancora detto come ti chiami. – si decise a chiederle Murasame, visto che lei non sembrava aver intuito la richiesta implicita nel suo volersi presentare.
- Sapere il mio nome non ti servirà a molto, considerando che non è con me che lavorerai. Ora devo andare. – provò a congedarsi la ragazza, ma l’attore la fermò nuovamente.
- Aspetta! Volevo anche chiederti una cosa su Cain Heel! –
A quelle parole, Setsuka si voltò interessata. Tutto ciò che riguardava suo fratello, interessava anche lei.
- Che vuoi sapere? –
- C’è una cosa che mi chiedevo. Heel è un totale sconosciuto in Giappone, tuttavia è stato scelto per il ruolo dell’antagonista, una parte quasi più importante di quella del protagonista direi, poiché la storia gira attorno a lui. Quindi non posso fare a meno di domandarmi se la scelta sia ricaduta su di lui in quanto figlio della compianta Koharu Tsukishima, e non per le sue doti da attore. – insinuò maligno. Avrebbe voluto ottenere lui il ruolo dell’antagonista, invece era stato affidato ad un mezzosangue americano, totalmente sconosciuto in Giappone, cosa che non riusciva a digerire.
Setsu, contrariata, inarcò un sopracciglio. Era invidia quella che traspariva in modo evidente dalle frasi dell’attorucolo che aveva di fronte?
Soprattutto, aveva davvero osato offendere il suo adorato fratellone in sua presenza? In un impeto di rabbia, gli pestò il piede col pesante tacco dei suoi stivali, facendolo urlare dal dolore.
- Ahi! Ma che accidenti fai? – imprecò il giovane, che iniziava a ricredersi sui modi aggraziati della ragazza.
- Se il fratellone è stato scelto per questo ruolo, vuol dire che è stato ritenuto all’altezza da gente più importante di te! Il fatto di essere figlio di Koharu Tsukishima, è servito solamente a dargli visibilità agli occhi dei tuoi connazionali. Anche tu, a Hollywood, sei un perfetto sconosciuto, quindi impara a tenere a freno la lingua e a non montarti tanto la testa. Se non hanno dato a te il ruolo, vuol dire che non lo meritavi! – replicò furente, trattenendosi dal non piantargli il tacco in un occhio, invece che sul piede. Nessuno doveva mettere in dubbio le capacità recitative di suo fratello.
- Fratellone? Oh! Quindi siete fratelli! – esclamò l’attore, totalmente sorpreso dalla notizia.
- Non era ovvio? – chiese lei, sicura che quasi tutti avessero capito la loro parentela. Quale semplice assistente sarebbe andata in giro vestita come lei, in modo così informale? Solamente una sorella, si rispose.
- No, per niente. Più che fratelli, avrei detto piuttosto che foste una coppia. – replicò il ragazzo, davvero incredulo. Non si somigliavano nemmeno molto. Anzi, a dirla tutta, lui non pareva essere nemmeno per metà giapponese. E poi, lo sguardo della ragazza nei confronti del fratello, sembrava diverso da quello di una sorella.
Setsu, in risposta, arrossì vistosamente. Sembravano davvero una coppia a occhi estranei? Quanto avrebbe voluto che lo fossero davvero e non che lo sembrassero solamente.
- Setsu, perché ci stai mettendo tanto? – si sentì chiedere da colui che occupava tutti i suoi pensieri. Si voltò, trovandolo dietro di sé, a guardare il suo interlocutore con sguardo assassino, degno del personaggio che avrebbe dovuto interpretare, il killer Black Jack. Lo trovava davvero attraente quando mostrava quello sguardo. O forse era più corretto dire che lo trovava sempre attraente.
- Scusa. Questo ragazzo noioso mi ha trattenuto. – rispose lei, affiancandolo.
- M-ma io v-veramente… - farfugliò Murasame, restando quasi congelato dall’espressione furente stampata sul viso di Heel.
- Pezzo di merda… - gli si rivolse Cain, guardandolo minaccioso. – Avvicinati ancora a lei e ti faccio a pezzi! E’ l’unico avvertimento che ti do. Non te lo scordare. – lo avvisò, pervaso dalla rabbia e dalla gelosia. Aveva già notato quel bastardo guardare in modo ossessivo sua sorella. Non aveva fatto altro durante le presentazioni dei membri del cast, il che lo aveva alquanto irritato. La voglia di spaccargli la faccia era grande. – Andiamo. – disse poi alla ragazza, trascinandola via.
Quando aveva notato che sua sorella tardava a tornare, d’istinto aveva cercato, tra i vari presenti, il ragazzino che lo aveva innervosito per tutto il pomeriggio, non trovandolo da nessuna parte. Non gli ci volle molto per capire dove fosse e, infatti, li aveva trovati a parlare insieme.
Sapeva di avere una sorella molto bella, e non lo pensava perché fosse di parte. Setsuka era davvero una ragazza bellissima e questo, a volte, lo irritava, perché tendeva ad attirare troppi sguardi a lui sgraditi. Se avesse potuto, l’avrebbe chiusa in casa, così da non esporla alla vista di nessun porco.
Sbuffò per i suoi stessi pensieri. Erano sbagliati e lo sapeva. Non erano i tipici pensieri di gelosia che solitamente esistevano tra fratelli, ma non riusciva a fermare il flusso dei suoi sentimenti ogni volta che vedeva un ragazzo avvicinarsi a lei. Era una reazione incontrollabile.
Dal canto suo, Murasame guardava turbato i due andare via. Non capiva cosa fosse accaduto. Stava solamente parlando con quella ragazza, che aveva appena scoperto chiamarsi Setsu. Non stava facendo nulla di male, quindi perché minacciarlo in quel modo? Un normale fratello non lo avrebbe fatto.
Ciò non faceva che rafforzare il suo pensiero sull’ambiguità di quell’attore, che sembrava sempre più un delinquente, piuttosto che un uomo di spettacolo. Come poteva lavorare con quel caratteraccio che si trovava? Inoltre, trovava che il rapporto tra i due fratelli fosse alquanto bizzarro.
“Ma no! Che vado a pensare! Magari all’estero i rapporti sono più espansivi! Dev’essere così! Comunque meglio evitare quei due. Mi sembra abbiano entrambi le rotelle fuori posto.” si disse, tornando anche lui dagli altri membri del film, zoppicando per il dolore al piede.
 
Quando tornarono in albergo, Cain dava l’impressione di essere arrabbiato, ma Setsu ne ignorava il motivo. Aveva provato a parlargli, ma lui non sembrava interessato a instaurare una conversazione con lei.
- Vado a lavarmi. Per me non preparare nulla. Non ho fame. – la informò freddamente, tanto da lasciarla sorpresa.
Non le si era mai rivolto in quel modo così distaccato. Più ci pensava e più temeva di essere lei la causa del suo malumore, anche se non ne capiva il motivo. Quando poi si fece l’ora di coricarsi, Cain s’infilò sotto le coperte, dandole le spalle, e non pronto ad abbracciarla come ogni notte.
“Questo è troppo!” pensò lei. Gli si avvicinò e tirò via la coperta, ottenendo finalmente di essere guardata in faccia, cosa che non aveva fatto per tutta la sera.
- Ma che ti prende? – le chiese Cain, riprendendosi la coperta.
- Che prende a te! Mi dici che ti ho fatto? – gli domandò arrabbiata. Non sopportava di essere ignorata in quel modo, e senza neppure sapere il perché.
- A me? Assolutamente nulla. –
- Non si direbbe proprio! Sembri arrabbiato con me, ma non ne capisco il motivo. É tutta la sera che m’ignori e rispondi a monosillabi. Si può sapere che hai? –
Cain la guardò spaesato. Non si era nemmeno accorto di aver reagito così. Era sì furioso, ma non certo con sua sorella. Lo era solamente con l’idiota che l’aveva seguita e che ci stava provando. Lo infastidiva il pensiero che quel tipo l’avrebbe vista ogni giorno, per tutto il periodo delle riprese, e questo lo aveva messo di malumore.
- Scusami. – le disse solamente, dispiaciuto per averla involontariamente ferita.
- Mi dici cosa c’è che non va? – indagò lei, ma addolcendo il tono dopo le sue scuse. C’era qualcosa che lo tormentava, si vedeva, ma sono sapeva cosa. Lui non le parlava quasi mai dei suoi stati d’animo.
- Nulla sorellina. Non sono arrabbiato con te. Stavo solo pensando all’imbecille di prima. Se ti si avvicina ancora mentre non ci sono, dimmelo. – rispose, dicendo una mezza verità.
Certo non le avrebbe detto che era furioso perché l’aveva trovata a parlare con lui, e con il viso arrossato per l’imbarazzo. Moriva dalla voglia di chiederle perché fosse arrossita. Che le aveva detto? Quel pensiero lo tormentava, ma non era una valida ragione per prendersela con lei.
- Davvero è solo quello? – domandò scettica.
- Certamente. Ora mettiti a letto che è tardi, così poi ti lamenti che ti alzi con le occhiaie. – la prese in giro, sforzandosi di sorriderle per tranquillizzarla.
- Ok fratellone. Ma se ci dovesse essere qualcosa che non va parlamene, va bene? – gli chiese, mettendosi sotto le coperte.
- Va bene, lo farò. – le promise, sapendo già che non sarebbe accaduto.
Più serena, Setsu si accoccolò, come sua abitudine, tra le braccia di Cain, addormentandosi quasi subito, al contrario di lui, che restò a guardarla dormire, nonostante la poca luce della stanza.
Avrebbe voluto tenerla in quel modo per sempre, tra le sue braccia e lontano da altri uomini che avrebbero potuto portarla via. Ma sapeva che quel momento, prima o poi, sarebbe arrivato anche per lei. Si sarebbe innamorata un giorno, e lui avrebbe perso il posto speciale nel suo cuore. Quel giorno, rifletté, avrebbe dovuto trovare uno scopo per vivere, poiché ogni cosa che aveva fatto fino a quel momento, riguardava la sorella, per garantirle tutto ciò di cui avesse bisogno, materialmente e affettivamente.
Si prendeva cura di lei da quando aveva otto anni. Lui era appena adolescente quando i loro genitori morirono in un incidente. Occuparsi, a quindici anni, di una bambina di otto, non fu facile. Erano stati affidati alla zia paterna che, purtroppo, non si era dimostrata una parente affettuosa. Per questo motivo, raggiunta la maggiore età, aveva preso con sé la sorella, andando a vivere per conto proprio grazie ai soldi ereditati dai genitori.
Ciò che lo preoccupava, però, era che i soldi potessero finire prima o poi, così, quando gli si presentò l’opportunità di prendere parte ad un provino per una famosa serie televisiva, approfittò delle lezioni di recitazione che la madre si divertiva ad impartirgli da piccolo, riuscendo ad ottenere la parte. Da lì, l’ascesa al successo fu rapida e ogni volta che era costretto a spostarsi di città, portava con sé la sorellina come mascotte, in giro per i vari set.
Attorniata da gente fin troppo appariscente, in un mondo dove l’essere non contava nulla rispetto all’apparire, anche sua sorella iniziò a cambiare, per adeguarsi all’ambiente in cui stava crescendo.
Il primo colpo di testa di Setsuka che lo fece sbiancare, fu tingere i lunghi capelli neri di biondo e rosa. Quel giorno, la sorella, era così felice che non aveva fatto altro che guardarsi allo specchio, ripetendosi quanto fosse bella. Vederla così felice e sorridente lo bloccò dal rimproverarla. E così fu successivamente anche per gli abiti, i piercing, il trucco e tutte le stranezze che aveva iniziato ad usare.
Finché la sua Setsu era felice, lui non avrebbe posto nessun freno, purché restasse nei limiti della decenza.
Gli costava una fortuna in abiti, ma era felice di poter accontentare ogni suo capriccio. Peccato che, a volte, quei capricci comprendessero anche lui. Sorrise nel ricordare quando gli chiese di provare a cambiare stile, come lei, così da fare una coppia di fratelli punk.
“Figuriamoci se mi vesto con catene e collari borchiati!” rise in silenzio, ripensando alla faccia delusa della sorella quando si era rifiutato di indossare quella roba assurda. Le aveva però concesso alcuni abiti scuri e in pelle, in fondo non dispiacevano nemmeno a lui quelli. In un modo o nell’altro, le aveva accordato anche quel capriccio.
Si sentiva un po’ il genio della lampada; ciò che Setsu voleva, lo otteneva. E questo aveva iniziato a creargli seri problemi. Negli anni, si era reso conto di una cosa spiacevole: viveva esclusivamente per la sorella. Ogni suo pensiero, gesto, frase, carezza e perfino ogni suo sentimento, erano rivolti a lei.
Esisteva solo Setsuka.   
Sbuffò, dandosi dello stupido per l’ennesima volta in quella giornata. Si malediceva per i pensieri che le rivolgeva. Pensieri che un fratello non avrebbe dovuto avere per la propria sorella.
Ritornò a guardarla, godendo per qualche altro minuto del viso sereno di quella ragazzina capricciosa che, a diciannove anni, non era capace di dormire da sola. Non aveva ancora deciso se maledire o ringraziare quegli incubi che la tormentavano da anni. Gli dispiaceva che soffrisse, ma era felice che cercasse lui, il suo abbraccio e la sua protezione.
Quello era, purtroppo, il lato egoistico dell’amore.
- Amore… - sussurrò, ripetendo a voce il suo ultimo pensiero.
Trovava ancora scomoda quella parola. Accettarla non gli era stato facile, ma doveva ammetterlo almeno con se stesso che amava Setsu, e non di amore fraterno.
Guardò l’orologio digitale posto sul comodino. Segnava le 5:00 in punto. Mancavano solamente due ore all’ora prefissata per la sveglia e lui non aveva chiuso occhio. Quello era il giorno della prova dei costumi e del trucco e di certo, pensò Cain, la truccatrice avrebbe avuto meno lavoro da fare per renderlo il tetro assassino Black Jack. Dopo il lungo viaggio in aereo e la notte insonne appena trascorsa, doveva avere un aspetto orribile.
“Inizia male questo lavoro in Giappone. Davvero male!” si disse, stringendo maggiormente a sé la sorella e provando, quantomeno, a riposare la mente dagli strani pensieri che lo stavano assillando, attendendo l’ora di alzarsi.
Quella, sarebbe stata una giornata davvero faticosa per lui, e non sarebbe stata l’unica.
 
 


 
 
Rieccomi col primo capitolo ^_^
Come avrete notato, riprendo alcuni pezzi e battute del manga, anche se, ahimè sono davvero pochi i pezzi “utilizzabili” per me, ma va bene lo stesso ^_^ (sempre grazie al DC Team che lo traduce <3 )
Con questo capitolo abbiamo visto un piccolo pezzo del passato dei fratelli (ovviamente niente di felice, ma questa non è una novità per chi mi conosce XD)
Dal prossimo capitolo entra in scena Reino *^* spero vi piaccia tanto quanto piace a me *^* fatemelo sapere poi, vi prego *-*
Ammetto sono rimasta piacevolmente sorpresa per le recensioni al prologo *-* temevo che questa storia potesse essere considerata troppo assurda XD invece sembra interessarvi. Spero di non deludere le vostre aspettative ^_^ ma vi do un consiglio: preparatevi al peggio nei prossimi capitoli XD
Grazie a chi recensito, a chi ha già inserito la storia tra le preferite e seguite, mi inchino per ringraziarvi ^_^
Al prossimo aggiornamento se vorrete ^_^
Baci Faby <3 <3 <3 <3

P.s: Vi ricordo sempre la pagina Facebook dedicata a Skip Beat ^_^  Skip Beat Italia - Cain&Setsu  

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


 
 


 



Da quando era giunto a Tokyo, l’agenda di Cain era stata piena d’impegni. Tra interviste e programmi tv, in cui si parlava del suo particolare ruolo, tra gli inutili servizi fotografici, in cui Setsuka aveva fatto il diavolo a quattro per non farlo toccare dalle modelle che gli affiancavano, e tra la sua continua gelosia nel vedere Murasame fare le radiografie a sua sorella, i suoi nervi stavano andando in pezzi.
Sul set dava sempre il meglio di sé, ma una volta giunto in camera si lasciava andare a lunghissimi bagni per distendere la tensione, anche se non servivano poi a molto, considerando che la notte non riusciva a chiudere ugualmente occhio. L’unica consolazione che aveva, era poter osservare sua sorella dormire tra le sue braccia. Quella era l’unica cosa capace di rasserenarlo.
- Sicuro di stare bene fratellone? Non hai una bella cera. –
- Sì, sto benissimo. – sostenne Cain, mentre aspettava l’arrivo della truccatrice.
- A me non sembra. Non hai dormito nemmeno stanotte, vero? Perché non mi svegli se stai male? - lo rimproverò nuovamente Setsu, notando come le sue occhiaie aumentassero.
- Ti ho già detto che sto bene! Ho solo un po’ d’insonnia, forse a causa del jet lag. Non farne un dramma ogni giorno! – rispose brusco, snervato dalla sua insistenza. Non poteva certamente dirle che restava a vederla dormire perché era una delle poche cose che riuscisse a tranquillizzarlo. Non capiva il perché, ma si sentiva inquieto da quando erano arrivati in Giappone.
- Ok, ma non arrabbiarti! Ci vediamo sul set! – replicò lei, andando via infastidita dal tono indisponente del fratello.
Solitamente, rimaneva con lui in sala trucco, ma quel giorno preferì evitare. Non riusciva a capire cosa avesse ultimamente e, in quel momento, non voleva nemmeno saperlo tanto era arrabbiata. Lei si preoccupava per la sua salute e lui la ripagava facendo lo scontroso. Proprio non lo capiva.
Non era la prima volta che Cain aveva dei repentini cambi d’umore nei suoi confronti. A volte pensava di dargli fastidio e che quello fosse il suo modo di reagire, tenendola lontana. Forse si era stancato dei suoi capricci, delle sue richieste, delle sue stravaganze. In fondo, immaginava sarebbe potuto accadere prima o poi. Era diventata adulta, non era più una bambina da proteggere, quindi era logico pensare che l’avrebbe allontanata da sé.
"Se accadesse davvero... cosa farei? Se non mi volesse più tra i piedi? Potrei vivere lontana da Cain?" si chiese, rattristandosi.
Mentre gironzolava pensierosa per gli studi, udì le parole di una canzone dal ritmo rock, che la colpirono tanto da fermarsi ad ascoltarle.
 
Un vento soffia improvviso, lasciando dietro di sé molta tristezza
Proprio come l’amore, che viene e va, in silenzio e senza parole
Come vorrei…
Poter catturare il dolce profumo dei tuoi capelli
Portando via con me quest’assurda voglia che ho di te
È troppo tardi per sognare
Il destino è impossibile da evitare
È proprio un sogno folle
 
È proprio un sogno folle… come il mio?” rifletté, ripetendo le parole appena ascoltate. Desiderare il proprio fratello era davvero folle, in fondo.
Le note della canzone continuarono a riecheggiare nei corridoi, così, incuriosita dalla calda voce del cantante e dalle urla di quelle che dovevano essere delle fan, le seguì, arrivando alla sala da cui proveniva il trambusto. Era chiaramente lo studio di un programma televisivo, dove si stavano esibendo dei ragazzi. Sul palco brillava a caratteri cubitali il nome del gruppo: Vie Ghoul.
“Un gruppo Visual Kei*? Wow! Aveva ragione mamma quando li descriveva come bizzarri. Però mi piacciono i loro vestiti!” pensò, osservando i loro abiti stravaganti.
La sua attenzione, però, si focalizzò sul vocalist, un ragazzo dai capelli color platino e di bell’aspettò, constatò. “Anche se il mio fratellone è più bello!” aggiunse ai suoi stessi pensieri, pentendosene subito dopo. Possibile non riuscisse a passare più di cinque minuti senza pensare a Cain? Ne era davvero dipendente.
Sospirando, decise di tornare da lui. La truccatrice doveva aver finito di prepararlo e lei doveva tornare sul set. Si avviò verso l’uscita, dando però un’ultima occhiata al cantante, sussultando sorpresa nello scoprire che la stava fissando.
“Ma sta guardando me? Da quella distanza? E con tutta la confusione che c’è? No, impossibile! Starà solamente guardando da questa parte.” si disse, troppo scettica per credere che stesse guardando proprio lei tra la moltitudine di ragazzine in calore che urlavano. Dubbiosa, però, provò a spostarsi di qualche metro, notando come lo sguardo del ragazzo la seguisse davvero.
“Ok, segue me. Ma perché?” si chiese perplessa. Forse risaltava maggiormente col suo look rispetto ad altri, si disse. Tuttavia, lo sguardo del ragazzo la turbò. Non la guardava semplicemente. Sembrava volesse attrarla a sé, e non solo con lo sguardo, poiché anche la sua voce le mandava strane sensazioni. Era come se le note le rimbombassero nei timpani, per diffondersi poi nella gabbia toracica, e non per effetto delle onde sonore.
Un brivido le percorse la schiena, spingendola a uscire immediatamente dallo studio. A passo spedito, si allontanò nella direzione opposta, sperando di togliersi dalla testa le parole di quella canzone e colui che le aveva messo addosso quella strana inquietudine. Inoltre, Cain la stava sicuramente aspettando.
- Perché te ne sei andata in quel modo? – la fermò una voce alle sue spalle. 
“Chi diavolo è che rompe?” pensò scocciata, prima di voltarsi verso il suo interlocutore, restando però impietrita.
- M-ma tu… s-sei… Ma come… - balbettò incredula, osservando di fronte a sé il vocalist che aveva visto un attimo prima sul palco. Come aveva fatto a raggiungerla così velocemente, con tutte quelle fan scatenate che sembravano pronte ad aggredirlo non appena fosse sceso dal palco, si chiese. Si era teletrasportato?
- Non ti piaceva la canzone? – le chiese calmo e composto, come se non fosse stato lui quello che fino a due minuti prima si dimenava sul palco, incitando le fan a cantare con lui. Non sembrava per nulla affaticato.
- Come hai fatto a notarmi con tutte le ragazze che c’erano? – domandò Setsu, cercando di ricomporsi.
- Ti avrei notato in mezzo a milioni di ragazze. Comunque non hai risposto alla mia domanda.  – rispose il ragazzo, lasciandola ancora più confusa.
- Ah sì? Devi avere la vista di un falco allora. In ogni caso, sono andata via perché ho da fare. Soddisfatto? – replicò scontrosa, irritata dalla sua insistenza. E poi, continuava a sentire lo stesso brivido che aveva percepito anche prima, quindi la sua presenza non le era molto gradita.
Il ragazzo non rispose, ma restò a guardarla, anzi, esaminarla. Non appena aveva messo piede nello studio in cui si stava esibendo, aveva captato delle particolari energie provenire da lei; ecco come l’aveva notata. Incuriosito, aveva deciso di seguirla. Sembrava più piccola di lui, di almeno sei o sette anni. Osservandola da vicino, si accorse di quanto fosse bella oltre che particolare. Il suo look e il suo caratterino si adattavano perfettamente ai suoi gusti ma, notò, il suo cuore sembrava essere già impegnato.
Sorrise, riuscendo a scrutare facilmente cosa celava il suo animo tormentato, ovvero, un amore impossibile.
- Perché accidenti stai ridendo adesso? – domandò Setsu, infastidita dal suo atteggiamento. Non solo la fissava, ma le rideva anche in faccia.
- Faresti meglio a dimenticarlo. Continuare ad amarlo ti farà solamente soffrire. – le consigliò, ignorando la domanda.
Le sue facoltà paranormali, ereditate dalla madre, riuscivano sempre a svelargli tutto delle persone che conosceva. A volte si divertiva, altre, come nel caso della giovane che aveva di fronte, avrebbe preferito non sapere, perché più scavava nel suo animo, più sentiva di avvicinarsi a un campo minato. Il che era strano, perché solitamente non si lasciava per nulla toccare dai sentimenti altrui.
- Cosa? Ma di che parli? – chiese la ragazza, disorientata. Forse l’aveva scambiata per qualcun altro.
- L’uomo che ami… dimenticalo. Non vi è concesso stare insieme. – le ripeté, essendo più specifico.
Dopo quella frase, Setsu sentì mancarle improvvisamente la terra sotto i piedi. Chi era il tipo che aveva davanti? La conosceva forse? Come faceva a sapere che era innamorata di un uomo che non le era concesso amare? Sapeva di Cain? Eppure lei non ne aveva mai fatto parola con nessuno. Quelle domande le affollarono talmente tanto i pensieri, che non si accorse dei due ragazzi che si avvicinarono al loro amico, fino a quando non li sentì parlare.
- Reino, ti ci vuole ancora molto? – gli chiese Miroku, migliore amico del ragazzo e batterista dei Vie Ghoul.
- Ah… ecco perché ti sei allontanato così in fretta! C’era questa bellezza ad aspettarti! – sostenne l’altro ragazzo, il chitarrista, che osservò con interesse la giovane, trovandola davvero carina.
- Non fa per te Dasuku. Anzi, credo non faccia per nessuno, ora come ora. – rispose Reino, notando l’espressione smarrita della ragazza.
- Come hai fatto? – si decise a chiedere Setsu, ignorando la presenza degli altri due ragazzi. Non le importava che sentissero; voleva assolutamente sapere come aveva fatto quel Reino a sapere di Cain.
- Oh, oh! Reino ne ha fatta un’altra delle sue! – ridacchiò Dasuku, che ben conosceva i suoi bizzarri poteri. All'inizio non ci credeva, ma quando vide la gente sbiancare di fronte alle parole di Reino, non poté che credere anche lui alle singolari facoltà di cui era dotato l’amico. Restava però ancora un mistero come facesse a conoscere i sentimenti ed i pensieri altrui, visto che il ragazzo non aveva mai parlato molto di sé con gli amici.
- Andiamo a casa. Sono stanco. – asserì il cantante, ignorando tutti e dando loro le spalle per andarsene. Con quella ragazza aveva ben poche possibilità. Non valeva la pena sprecare del tempo.
- Ehi, aspetta! Ti ho fatto una domanda! – lo fermò Setsuka, afferrandolo per un braccio. – Non hai risposto! Come fai a saperlo? Dimmelo! – insisté, decisa a capire.
Reino si voltò a guardarla. In quella ragazzina c’era qualcosa che lo attirava. Qualcosa di tanto allettante quanto pericoloso.
- Riesco a capire quello che hai qui… - esordì, poggiando l’indice sulla fronte di Setsu, per poi scendere dal viso, lungo il collo e ancora più giù.  - … e qui. – concluse, fermando il dito all’altezza del suo cuore, facendola prima arrossire, poi infuriare violentemente per quel contatto così intimo e non richiesto, portandola a scostare la mano del cantante con un gesto brusco.
- Non serviva toccarmi per spiegarti! Maniaco! – strillò Setsu, mentre gli amici del cantante sghignazzavano.
- Che esagerata. – sospirò Reino, scuotendo la testa. Come aveva immaginato, provarci con lei sarebbe stata un’impresa impossibile.
- Non sono affatto esagerata! Sei tu che sei un maniaco! E comunque che significa che “puoi vedere cosa c’è nella mia testa e nel mio cuore”? Sei un medium? – replicò furente, sentendosi presa in giro.
Reino guardò divertito il suo sguardo di fuoco. Sembrava volesse incenerirlo. La rabbia dipinta su quel volto tanto grazioso, doveva ammetterlo, lo stava eccitando parecchio.
- I medium vedono i defunti, non i sentimenti dei vivi. Se vuoi sapere come ho fatto a sapere di te e quel ragazzo… chiamami. – le propose, dandole un bigliettino da visita col suo numero di cellulare e andando via.
Se era vero che provarci con lei sarebbe stata un’impresa impossibile, era anche vero che a lui piacevano le cose impossibili da avere.
 
- Si può sapere dove sei stata finora? – chiese brusco Cain, irritato dalla sua prolungata assenza.
Aveva finito il trucco da parecchio, ma di Setsu non vi era nessuna traccia. Odiava non sapere dove fosse, e soprattutto con chi. Dopo l’insignificante battibecco, si era allontanata e non era più tornata. Credeva di aver esagerato e voleva scusarsi, ma non averla trovata lo aveva fatto infuriare ancora di più.
- Ho fatto un giro. Scusami. – rispose distaccata, andando a sedersi in un angolo del set, senza aggiungere altro.
Cain la guardò sorpreso. Non era da lei ignorarlo in quel modo. Doveva essere accaduto qualcosa mentre era via. Pensare a cosa, però, gli avrebbe sicuramente logorato il cervello, ne era sicuro, ma doveva lavorare, e non poteva tenere la testa impegnata se voleva recitare perfettamente il suo ruolo. Tuttavia, parte del suo malumore si trasmise al suo personaggio, rendendolo molto più aggressivo di quanto stabilito. A complicare il suo già pessimo umore, poi, c’era anche il solito idiota di Murasame, che non faceva che fissare sua sorella come se non avesse mai visto una donna in vita sua. Prima o poi, ne era certo, lo avrebbe ucciso.
Finito il lavoro, tornarono in albergo in silenzio. Setsu preparò la cena e lui la osservò per tutto il tempo. La vedeva turbata. Il suo viso era teso e non capiva se per il modo in cui lui l’aveva trattata, o perché le fosse successo qualcosa.
Mentre lei rimetteva a posto le stoviglie, lui si mise a letto, aspettando che la sorella finisse. Anche se arrabbiato, stavolta avrebbe fatto come sempre, prendendola tra le braccia e ignorando la gelosia che lo divorava. Complice la stanchezza e le notti insonni, però, si addormentò subito, senza riuscire ad aspettare Setsu che, accortasi del crollo del fratello, sorrise, dimentica del piccolo screzio avuto in mattinata. Doveva essere davvero stanco dopo quel periodo di stress e insonnia, pensò la giovane, coprendolo meglio con le coperte e baciandogli una guancia. Nonostante la rabbia provata quella mattina, non riusciva ad avercela con lui troppo a lungo.
Stava quasi per mettersi a letto anche lei, quando ricordò che doveva fare la spesa per la colazione. Doveva andarci prima di tornare in albergo, ma le era totalmente passato di mente. Voleva avvertire il fratello che stava per uscire, ma non voleva svegliarlo, così, il più silenziosamente possibile, prese il cappotto e uscì. Fare la spesa all’una di notte non era il massimo, poiché aveva sonno anche lei, ma non poteva far saltare la colazione al suo fratellone, soprattutto con la nuova e stressante giornata di riprese che lo attendevano.
Girò per il konbini** senza guardare davvero nulla. I suoi pensieri erano ancora affollati da quel cantante, Reino, e dalle sue parole.
“Com’è riuscito a sapere che sono innamorata di qualcuno che non posso amare? Che abbia tirato a indovinare? No, sembrava sicuro delle sue parole. Allora come accidenti c’è riuscito? Ha detto di averlo visto nel mio cuore… mi prendeva in giro? E se invece riuscisse a farlo davvero? Se fosse davvero capace di vedere cosa nasconde il cuore delle persone? In quel caso potrebbe leggere anche nel cuore di Cain! Ma sì! Come ho fatto a non pensarci prima?! Se davvero ha un simile potere, potrebbe tornarmi utile!” rifletté, rianimandosi subito.
Decise di darsi una mossa e finire la spesa. Erano ormai le due e voleva tornare da suo fratello. Arrivata in hotel, si avviò verso la loro camera, ma quando le porte dell’ascensore si aprirono, trovò Cain in mezzo al corridoio ad attenderla, avvolto completamente da un lenzuolo e con un’espressione minacciosa sul viso.
- Fratello… qualcosa non va? – chiese preoccupata per l’aria cupa che lo avvolgeva.
- Dove sei stata? – domandò severo. Si era svegliato improvvisamente, non sentendo la presenza della sorella vicino a sé, e quando si era reso conto che non era in camera, una strana sensazione di paura lo avevo colpito allo stomaco, preoccupato potesse accaderle qualcosa.  
“No, non è solo di questo che ho avuto paura.” si corresse, ricordando che il suo primo pensiero fu che potesse essere insieme con un uomo, magari con quel Murasame. La rabbia, al sol pensiero, era tale che aveva iniziato a tremare, ma aveva cercato di mantenere la calma, perché sapeva che non era da lei fare una cosa del genere, così si era messo ad aspettarla davanti all’ascensore.
- Sono andata a comprare la colazione per oggi. – gli spiegò, mostrandogli la busta della spesa che aveva in mano.
- Non andare in giro da sola di notte. Non è sicuro! – la rimproverò, pensando che fosse un’incosciente ad andare in giro alle due di notte.
- Era qui vicino. Non c’è da preoccuparsi. -
- Non uscire… Più… Da sola! – ripeté lui, scandendo in modo lento e minaccioso quella frase.
- Scusami. – rispose Setsu dispiaciuta, ma anche perplessa. Capiva fosse preoccupato, ma perché aspettarla in quel modo, davanti all’ascensore e non in camera?
- Va bene. Adesso va tutto bene. - le disse più calmo, aprendo poi il lenzuolo col quale si copriva. – Vieni qui, tra le mie braccia, Setsu… - la invitò, sentendo il bisogno di stringerla a sé.
Un po’ esitante, più per la situazione che per la richiesta, Setsu gli si avvicinò, venendo quasi soffocata dall’abbraccio possessivo del fratello che, non contento, la prese in braccio e si diresse in camera, adagiandola sul letto e sdraiandosi al suo fianco.
- Ma che fai? Sono ancora vestita! – protestò lei, mentre Cain copriva entrambi con le coperte.
- Non ha importanza, non mi dà fastidio. – rispose lui, mettendosi comodo.
- Dà fastidio a me però! Si può sapere che ti prende fratellone? –
- Uffa, quanto sei noiosa! Lo trovi così strano che, per una volta, sia io ad avere bisogno di dormire abbracciati, e non tu? – sbottò esasperato.
- Cosa? N-no, non lo trovo strano… - mentì la giovane, che invece lo trovava stranissimo. – Solo… aspetta almeno che mi cambi. Torno subito. – disse, sgusciando fuori dall’abbraccio del fratello e recandosi in bagno, riuscendo finalmente a respirare a pieni polmoni. Era davvero confusa e agitata.
“Che accidenti gli è preso così all’improvviso? Mi ha fatto quasi paura prima.” pensò turbata, mentre toglieva velocemente il piercing e i vestiti, indossando poi la camicia da notte per tornare subito a letto. Preferiva non farlo aspettare ulteriormente quella sera. Uscita dal bagno, lo trovò seduto ad aspettarla.
- Finito? Ora possiamo dormire? – le chiese spazientito.
- Sì, sì. Eccomi. – rispose, prendendo posto tra le sue braccia.
- Notte Setsu. – le disse infine, dandole poi un bacio sulla fronte.
- Buonanotte fratellone. – lo salutò lei, addormentandosi pensierosa.
Suo fratello aveva qualcosa che non andava e lei doveva assolutamente scoprire cosa fosse.
 
 
 


 
Piccole note:
Le parole della canzone di Reino non le ho inventate. Sono dei pezzi di una canzone che adoro.
 
*Il Visual Kei (stile visivo) è un genere musicale sviluppatosi in Giappone intorno agli anni 80'. Il termine sembra nasca dallo slogan "Psychedelic Violence Crime of Visual Shock" della band X Japan. Prende spunto da varie correnti musicali (hair metal, neo-glam, enka, new wave, pop rock, gothic metal, neoclassical matal, alternative metal, hard rock, symphonic metal, progressive metal) e da alcune band occidentali come i Kiss, gli Europe e i Guns'N' Roses.
Quasi più importante del genere suonato, un aspetto fondamentale delle band Visual Kei è l'immagine. Gli artisti utilizzano un look eccentrico e bizzarro, con l'intenzione di colpire visivamente il pubblico.
I maggiori esponenti sono, appunto, i sopracitati X Japan, i Color, i Buck-Tick e tante altre band più moderne.

**I konbini  sono piccoli market aperti 24 ore su 24, ma credo li conosciate tutti ormai.


Ed è apparso Reino *-* il mio secondo amore dopo Cain, in questa storia! Non sarà un personaggio di passaggio, anzi, influirà molto la sua presenza. Spero non vi stia antipatico il mio beagle puccioso :3 sarà anche lui un po' diverso da quello originale.
I capitoli di passaggio sono conclusi, ora si entra nel vivo della storia, verso l'inizio della fine ^.^ 
Grazie a chi segue la storia e la commenta :* al prossimo capitolo :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


 
 



 
- Tieni, prova questi. – le disse il fratello, passandole dei pantaloni di pelle, con dei decori sulle tasche anteriori e una maglia a collo alto nera, con dei teschi stampati.
- Perché devi essere tu a scegliere cosa mettermi? – chiese irritata, osservando gli orripilanti capi tra le sue mani.
Appena svegli, Cain l’aveva trascinata in un negozio dicendo di voler fare shopping. Le si erano illuminati gli occhi al solo pensiero di vedere suo fratello provare diversi abiti, invece, era rimasta delusa nel vedergli prendere abiti esclusivamente per lei. Non che le dispiacesse, ma stava iniziando a innervosirsi di fronte agli abiti che lui stava scegliendo, decisamente diversi da quelli che era solita portare. Senza contare che erano tutti rigorosamente coprenti.
- Perché non mi va tu venga agli studi con le solite minigonne o gli shorts. – rispose, prendendo un altro paio di pantaloni.
- Perché? Non ti ha mai dato fastidio. Perché ora non ti piace più come mi vesto? –
- Non dico che non mi piaccia, ma indossare qualcosa che ti lascia così scoperta, spinge Murasame a guardarti di più. – le spiegò, lasciandola perplessa. Non capiva cosa c’entrasse quel ragazzo con il suo strano comportamento.
- Fratellone, certo che sei strano. Persino Murasame lo troverebbe fuori luogo dopo tutto questo tempo. E poi non potrebbe mica guardarmi all’infinito. –
- Non sono solo i tuoi vestiti il problema. –
- E cosa allora? – domandò confusa, non riuscendo a comprendere il suo ragionamento.
- Nulla di cui tu ti debba interessare. Gli adulti si occupano di molte cose di cui non parlano. – mormorò scocciato, ben sapendo che quel maledetto l’avrebbe guardata comunque. Sua sorella era troppo carina.
- Non ti capisco! Dici che con i miei soliti abiti mi guarderebbe, ma allo stesso tempo dici che il problema non sono i vestiti. Ti stai contraddicendo fratellone. Se quel tipo vuole guardarmi, lo farà comunque, sia che abbia la minigonna sia che indossi i pantaloni! – gli fece presente contrariata. Non capiva cosa gli passasse per la testa. Ogni giorno che passava, diventava sempre più strano.
- Sì è vero, ma l’occasione rende l’uomo ladro, quindi copriti! – insisté Cain, passandole altri abiti e spingendola verso i camerini.
Dopo una mattinata passata a svaligiare i negozi di abiti che non le piacevano minimamente, ritornarono in albergo per riporre gli acquisti. Mentre sistemava tutto nelle apposite grucce, Setsu non poté fare a meno di pensare che l’aria di Tokyo rendeva suo fratello più complicato del solito. Era stata costretta a indossare abiti che non le piacevano, solamente per non farlo arrabbiare, perlomeno quel giorno, poiché non aveva la minima intenzione di fare come le aveva chiesto.
Il giorno dopo, agli studi, aveva indossato i pantaloni orrendi che aveva scelto il fratello, ma con un top che aveva scelto lei, sostenendo che fosse un buon compromesso e riuscendo a farsi accordare anche quel capriccio.
Come consuetudine, la giornata era iniziata con le oche starnazzanti che approfittavano di ogni scusa per parlare con suo fratello, e con Murasame che la squadrava dalla testa ai piedi.  Le aveva chiesto spesso di uscire a prendere qualcosa da bere, ma lei aveva sempre rifiutato, o forse era più corretto dire che l’aveva sempre ignorato.
Quel giorno, però, l’attore pareva non essersi accontentato del suo solito sguardo indifferente, poiché, all’ennesimo no, l’aveva presa per un polso prima che gli voltasse le spalle.
- Aspetta Setsuka-san! Sarebbe quantomeno gentile che almeno rifiutassi dicendo qualcosa, invece di ignorarmi ogni volta! – protestò Murasame, colpito nell’orgoglio dall’atteggiamento della ragazza. Mai nessuna lo aveva rifiutato.
- Lasciami. – rispose impassibile, aspettando che lui la lasciasse.
- Dimmi prima perché non vuoi darmi la possibilità di conoscermi. Ti ho solo chiesto di prendere un tè o un caffè. Perché rifiuti sempre? –
- Il mio ignorarti, non avrebbe dovuto farti capire che non m’interessi? Che ti trovo talmente insignificante come uomo, da non degnarti nemmeno di risposta? Se non lo hai capito, vuol dire che sei davvero stupido… ed io odio gli stupidi. Ora lasciami! – ripeté lei, ma strattonando stavolta la presa, che però non accennò a diminuire.
- I tuoi genitori non ti hanno insegnato un po’ di educazione? Non so come ci si comporti in America, ma in Giappone la gente è educata e rispettosa verso gli altri! Non puoi comportarti come ti pare! – rispose offeso Murasame, aumentando la stretta sul polso.
Setsu stava per replicare, ma prima che potesse anche solo aprire bocca, vide Murasame finire contro il muro dietro di lei, con suo fratello a premergli un braccio contro il collo.
- Ti avevo avvertito di starle lontano, bastardo! – ringhiò Cain, premendo maggiormente il braccio contro la gola di Murasame.
- La-lasciamiii… - rantolò l’attore, cercando di liberarsi, ma senza riuscirci.
- Fratellone! Che stai facendo! Lascialo! – intervenne Setsu, notando il volto sofferente dell’idiota. Non che le importasse, ma non voleva che suo fratello avesse problemi a causa sua.
- Ha osato toccarti! Lo avevo avvertito! –
- Credo che abbia imparato la lezione adesso! Lascialo! – ripeté preoccupata lei, prendendolo per il braccio e tirandolo via, mentre Murasame finiva per terra tossendo, in cerca d’aria.
- Non ci sarà una terza volta! Ricordalo! – minacciò Cain, prendendo la sorella per mano e dirigendosi verso il loro camerino.
- Fratellone aspetta! Non tirarmi così! – protestò lei, ritrovandosi quasi scaraventata contro il divano.
- Te lo avevo detto di stargli lontano, ma tu non mi ascolti mai! Domani non esci dalla camera se non ti vesti come dico io! Questo tuo attirare l’attenzione inizia a stancarmi! – tuonò furioso, calciando una sedia.
- Vuoi dire che è colpa mia se quel tizio si è fissato con me? – domandò incredula.
Suo fratello non rispose, le riservò solamente uno sguardo che non ammetteva repliche. Lo conosceva bene, quindi era meglio non contraddirlo.
“Ma che accidenti gli è preso? Sembra quasi un’altra persona.” si disse preoccupata mentre lo osservava, ripensando anche ai giorni precedenti e alle sue reazioni.
- Dannazione! – esclamò Cain, frustrato. Quando aveva visto l’attore toccare sua sorella, aveva perso del tutto le staffe. Avrebbe davvero voluto ucciderlo. Tuttavia sapeva che non era realmente colpa di Setsu se quel giapponese la importunava, e gli dispiaceva reagire in quel modo anche con lei. Si voltò a guardarla, ancora immobile sul divano su cui l’aveva quasi gettata. Le si avvicinò, porgendole la mano per tirarla su. – Scusami. Non volevo prendermela con te. Sono solamente incazzato con quel bastardo. Nessuno deve toccare la mia sorellina. – si scusò, ottenendo in risposta un debole sorriso.
- Ok. – aggiunse lei, prendendo la mano di Cain e alzandosi, fingendo non fosse accaduto nulla, mentre invece era turbata. Non comprendeva certe reazioni del fratello, e forse mai le avrebbe comprese.
 
Nei giorni successivi, le cose non erano cambiate. Cain aveva un umore altalenante. Mai, come in quel periodo, Setsu si era trovata a disagio in compagnia del fratello. Non sapeva come comportarsi per non irritarlo, cosa che accadeva fin troppo spesso. Aveva capito di esserne la causa, ma non ne comprendeva appieno il motivo. Aveva perfino pensato che fosse geloso di lei in quanto donna, non come sorella, ma lui non le mostrava segni che potessero darle la benché minima speranza che si potesse trattare di gelosia di un uomo innamorato, concludendo ogni discussione con la solita frase “sei troppo piccola e ingenua per una relazione”.
Temeva sarebbe impazzita continuando in quel modo, così, si decise una volta per tutte a contattare l’unica persona che avrebbe potuto darle una risposta: Reino dei Vie Ghoul.
Non aveva molta voglia di rivederlo, ma lui era l’unico cui potesse chiedere qualcosa che riguardasse suo fratello. Cercò il bigliettino, che per fortuna non aveva buttato, e guardò il numero, iniziando a comporlo. Dopo i primi squilli, la voce calda e pacata del ragazzo rispose, provocandole nuovamente lo stesso brivido che aveva avvertito la prima volta che lo aveva conosciuto.
- Sapevo che mi avresti chiamato. – rispose lui compiaciuto. Appena aveva visto il numero sconosciuto sul display del suo cellulare, aveva capito immediatamente che si trattava della ragazza che aveva conosciuto qualche settimana prima.
Sapeva che l’avrebbe cercato, così come conosceva anche il motivo di quella chiamata, e la cosa lo elettrizzava. Voleva qualcosa da lui e, di certo, non gliel’avrebbe concessa gratis.
In quei giorni aveva fatto qualche ricerca su di lei, intuendo così chi fosse l’uomo per cui si disperava tanto, restandone sorpreso. Aveva capito fosse un amore impossibile il suo, ma non fino a quel punto. Di certo era un tipetto singolare e fuori dagli schemi, e la cosa stuzzicava maggiormente il suo interesse nei confronti di quella ragazza.
- Come hai fatto a capire che ero io? – chiese Setsu, sorpresa dalla sua risposta.
- Chiamalo sesto senso. In cosa posso esserti utile? – le domandò Reino, mettendosi comodo sul divano, fingendo di non sapere nulla.
- Beh… ecco… non mi va di dirtelo per telefono. Ti va se ci vediamo da qualche parte? Devo chiederti una cosa importante. – disse un po’ impacciata. Chiamare un ragazzo e chiedergli un tale favore le costava molto, ma per suo fratello avrebbe anche scalato anche le montagne.
- Una cosa importante dici? Non ti sarai già innamorata di me, ragazzina? T’informo che sono troppo giovane per sposarmi. – la prese in giro, immaginando già l’espressione omicida che sicuramente doveva avere. Era pronto a sentire una sua sfuriata, invece, restò sorpreso dalla sua risposta.
- Battuta fuori luogo, considerando che conosci benissimo cosa provo e per chi. Inoltre non sono una ragazzina, ho quasi vent’anni. – rispose lei tranquilla, intuendo il gioco del ragazzo. Voleva farle perdere le staffe, ma non sarebbe stato facile. Non era la stupida che poteva apparire. Sapeva benissimo che quel tipo aveva capito tutto, quindi voleva solo stuzzicarla.
- Ma guarda, la gattina ha tirato fuori gli artigli. Bene. Vediamoci domani pomeriggio alle sedici, all’albergo dove alloggi. A presto. – la salutò, chiudendo la chiamata e sorridendo.
- Perché quell’espressione soddisfatta? – gli chiese Miroku, osservandolo stupito. Era raro vedere il suo amico ridere.
- Sto per prendere un cucciolo. Devo però addestrarlo prima di portarlo in casa. – rispose enigmatico, lasciando l’amico confuso.
“Ma lui non aveva paura dei cani?” si chiese stranito Miroku, decidendo poi di non badare troppo alle stranezze di Reino. Ormai era abituato.
Setsu, dall’altro capo del telefono, ascoltava ancora sbigottita il suono della linea interrotta. Aveva chiuso la conversazione senza darle tempo per replicare.
“Come accidenti fa a sapere addirittura in quale albergo alloggio? Quel tipo fa paura!” pensò turbata. Non aveva mai conosciuto una persona come Reino.
 
Guardò l’ora; era mezzogiorno. Mancavano quattro ore all’appuntamento, così decise di uscire. Quel giorno non era andata con Cain, con la scusa di voler girare per i centri estetici della città, in cerca di un bravo parrucchiere. E in parte era vero, poiché il suo colore necessitava di un ritocco, ma l’aveva detto solo per poter vedere Reino in tutta tranquillità. Non le serviva un’intera giornata per trovare un salone di bellezza, bastava andare nel più caro della città, ma suo fratello non ne capiva molto di quel genere di cose, così non aveva sospettato nulla, anzi, gli era sembrato perfino entusiasta della cosa. Un po’ le dispiaceva avergli mentito, ma lo faceva anche per il suo bene, o almeno era quello che si ripeteva, poiché sapeva benissimo che lo faceva solo per se stessa.
Erano le tre del pomeriggio quando uscì dal centro estetico con una messa in piega perfetta. Si diresse in hotel per cambiarsi e posare le buste con gli acquisti che aveva con sé, per poi prepararsi all’incontro con Reino, sperando che accettasse di aiutarla. Contava di finire con lui per le diciotto, ora in cui sarebbe ritornato suo fratello.
Era arrivata davanti all’ascensore per salire in camera, quando una voce familiare alle sue spalle, la fece trasalire.
- Ti sei fatta bella per vedermi? Mi lusinghi sai? – le disse, soffiandole all’orecchio e facendola nuovamente rabbrividire.
- Non sbucare alle spalle della gente! Razza d’idiota! – inveì la giovane, scostandosi immediatamente. Quando si voltò, vide che indossava un cappellino e degli occhiali da sole, in modo da non attirare l’attenzione delle fan.
- Stavi per salire in camera a cambiarti, non è così? Se vuoi ti accompagno volentieri. – scherzò, osservandola alzare gli occhi al cielo e dedicargli un dito medio, prima di sparire dietro le porte dell’ascensore.
Reino si ritrovò a ridere nuovamente, pensando che la cosa iniziava a divertirlo molto, forse troppo. Quella ragazzina gli piaceva, e non solo fisicamente. C’era qualcosa che lo spingeva a stuzzicarla, quasi un impulso irrefrenabile. Trovava elettrizzante vederla reagire alle sue provocazioni.  
Era la prima volta che s’interessava tanto a una ragazza, e non per portarla a letto, quindi avrebbe provato ad attirarla nella tela che stava già iniziando a tessere, filo dopo filo. Il che non sarebbe stato poi tanto difficile; in quel momento ne ebbe la certezza. Gli bastò vederla uscire dall’ascensore con il cellulare in mano e il viso livido di rabbia, per capirlo.
Un nuovo sorriso si fece spazio sul suo viso. Sarebbe stata sua.
 
Se l’omicidio non fosse stato un reato perseguibile anche in Giappone, Setsuka Heel era certa ne avrebbe commesso un paio in quello stesso giorno. Dire che fosse furiosa era riduttivo. Appena entrata in camera, il telefono aveva iniziato a squillare. Era Cain, e la avvisava che non sarebbe tornato per cena e che avrebbe fatto tardi, poiché avrebbe cenato fuori con il regista, il produttore e qualche attore.
Lei non era stata invitata!
Suo fratello non aveva nemmeno preso in considerazione di invitarla, per non lasciarla da sola, e questo l'aveva resa furibonda. Ovviamente, la sua furia omicida si concentrava sul regista e su chi lo aveva invitato, tenendolo lontano da lei. Col fratello avrebbe pensato dopo come vendicarsi.
- Emani un’aura talmente violenta da emozionarmi, sai? –
Le parole di Reino la riportarono alla realtà, dalla quale si era estraniata per pensare a come vendicarsi della mancanza di rispetto subita. Alzò lo sguardo carico di rabbia su di lui, infastidita dalle sue parole insensate. Avrebbe voluto essere ovunque in quel momento, tranne che con lui.
- Devo dire che questa espressione ti rende davvero eccitante, però mi sto annoiando a stare seduto qui in silenzio mentre tu cerchi vendetta. Avrei anch’io delle cose da fare. – la informò, posando la tazzina di caffè vuota. Erano andati al bar dell’albergo, o meglio, era stato Reino a trascinarcela, visto il mutismo in cui si era chiusa lei. Gli sedeva di fronte ma sembrava non vederlo nemmeno.
- Piantala di dire cavolate! Se hai da fare, vattene pure! E smettila di leggermi nel pensiero! – replicò nervosa. Odiava il fatto che sapesse cosa le passasse per la testa.
- Sei un libro aperto. É impossibile non capire che ti succede. Ma posso darti una mano se vuoi. - si offrì, cogliendo la palla al balzo.
- Non vedo che aiuto potresti darmi. –
- Cerchi un modo per vendicarti per un torto subito da tuo fratello, no? – sostenne lui, indovinando tutto.
- E allora? – chiese Setsu, facendosi più attenta.
- Passa la notte con me venendo al mio conc… - non riuscì a terminare la frase, però, perché lei lo colpì col suo portamonete a una guancia.
- Lo sapevo che eri un maniaco! – esclamò furente, alzandosi e lasciandolo lì, confuso e spaesato, per la prima volta in vita sua.
“Non mi ha neppure fatto finire di parlare!” pensò, impiegando qualche secondo prima di capire che era andata via. – Aspetta! Dove vai? – la fermò, raggiungendola.
- In camera mia! E tu sei pregato di andartene, prima che ti faccia male sul serio! – gli intimò, osservando il rossore che iniziava a formarsi sulla sua guancia sinistra, e che iniziava a prendere la forma della grossa croce metallica apposta come chiusura al suo portamonete.
- Te lo avevo già detto che sei una ragazza esagerata! Non mi hai fatto finire di parlare prima! – sostenne contrariato.
- Non serviva continuassi a parlare. Sei stato fin troppo chiaro! Sparisci! –
- Sapevo fossi complicata, ma non fino a questo punto. Se mi avessi ascoltato senza saltare subito alle conclusioni, avresti sentito che ti stavo proponendo di venire al concerto che ho stasera. Non potrei portarti a letto neppure volendo perché non ne avrei il tempo! – le spiegò, leggermente irritato.
Setsu lo guardò scettica. Possibile avesse frainteso?
- Sul serio non volevi portarmi a letto? –
- Non era quello che volevo proporti. Non stasera almeno. – rispose ammiccandole.
- Idiota. – disse Setsu, scuotendo la testa rassegnata.
- Allora? Ci vieni o no? –
- Si farà tardi? – domandò lei.
- Ovviamente. -
- Allora ok. – acconsentì infine, certa che Cain si sarebbe arrabbiato sapendola fuori da sola e fino a tardi.
In fondo, se lui la lasciava da sola, lei poteva anche passare quel tempo da un’altra parte, invece che chiusa in camera.
 
- Sono Miroku, il batterista. – si presentò il ragazzo, che riconobbe subito, avendolo già visto.
- Io sono il bassista. Shizuru, piacere. – disse lui, sorridendole.
- Io Dasuku, dolcezza. Bello rivederti! – la salutò allegro il giovane, che teneva in mano la chitarra e che non aveva quindi bisogno di aggiungere altro sul suo ruolo nella band.
- Kiyora, e sono il tastierista. – si presentò anche l’ultimo membro.
- A cosa dobbiamo la tua visita in questo gruppo di pazzi? – le domandò Miroku, che le passò del caffè, e non il solito noioso tè che le offrivano tutti.
- Fugge dalla noia. – spiegò Reino, che prese gli spariti e andò a sedersi sul divano, accanto a Dasuku che controllava la sua chitarra.
- Allora sei nel posto giusto dolcezza. – le disse quest’ultimo, facendole l’occhiolino.
- Non chiamarmi dolcezza. – rispose lei, infastidita da quell’appellativo.
- Ha ragione. Di dolce ha ben poco. – constatò Reino, massaggiandosi la guancia.
- Ma che hai fatto alla faccia? Come farai a salire sul palco ridotto così? – chiese Miroku, notando solo in quell’istante il livido sulla guancia dell’amico.
- Oh è vero! Che strano segno però, sembra una croce! – osservò Dasuku, avvicinandosi al cantante.
- Mi dispiace, sono stata io. – si scusò Setsu, davvero mortificata per averlo colpito. Non credeva nemmeno di averci messo tutta quella forza. Man mano che i minuti passavano, aveva notato che il livido assumeva sempre più i contorni della clip metallica.
- Devi coprirlo. Non puoi apparire così in pubblico. –
- Non serve Miroku. Nessuno ci farà caso. E poi… - s’interruppe, fissando lo sguardo in quello di Setsuka, prima di riprendere a parlare.  - … questo è il segno dei tuoi sentimenti per me. Non posso assolutamente coprirlo. – le disse, vedendola arrossire leggermente.
- Tu… sei tutto pazzo! Te l’ha mai detto nessuno? Non sono innamorata di te! – protestò lei, imbarazzata per ciò che aveva detto davanti ai suoi amici.
- Innamorata? Non ho mai pronunciato tale parola. Io ho parlato di sentimenti. Anche l’odio è un sentimento da provare nei confronti di qualcuno, no? - replicò Reino, alzandosi e avvicinandosi a lei, prendendole una ciocca di capelli che si fece scorrere tra le dita, sotto lo sguardo sconcertato di Setsu. - L’amore lo hai messo in mezzo tu. Chiediti perché. - le sorrise malizioso, osservando i suoi occhi sgranarsi dallo stupore.
L’aveva fregata.
Setsuka restò imbambolata qualche istante prima di capire di essere caduta nella sua trappola, come una stupida. Gli aveva servito quella risposta su un piatto d’argento e non poté che mordersi la lingua per la sua stoltezza. Reino aveva rigirato senza problemi le sue parole, facendo sembrare lei quella interessata, e non il contrario.
Avrebbe voluto strozzarlo, invece, richiamò tutto il suo autocontrollo e sorrise, come se nulla fosse successo, ribattendo in un modo che di certo lui non si sarebbe aspettato.
- Hai ragione. Mi prenderò del tempo per rifletterci su. – disse tranquilla, sorseggiando il suo caffè, ma tanto bastò a colpire il ragazzo, che la immaginava invece già furiosa.
Come pensava, era una ragazza davvero interessante, poiché era una delle poche che riuscisse a sorprenderlo.
Miroku, che conosceva l’amico da anni, non poté fare a meno di notare come quei due stessero giocando a stuzzicarsi. C’era tensione tra loro, ma c’era anche dell’altro. Non poteva dirlo per Setsuka, ma Reino ne era attratto. Era la prima volta che lo vedeva davvero interessato a una ragazza, tanto da presentarla al gruppo e farla entrare nel loro camerino prima di un concerto.
“Che abbia trovato la sua anima gemella?” si chiese, osservandoli battibeccare nuovamente. Conoscendo il difficile passato dell'amico, lo sperò col cuore.
 
Le ore passarono veloci e piacevoli per Setsu. Fu accolta con entusiasmo dai ragazzi della band, trovandosi davvero bene in loro compagnia, soprattutto perché non erano come gli altri giapponesi, eccessivamente timidi e poco propensi a chiacchierare e divertirsi. Tra di loro non c’era formalità, e la cosa non le dispiaceva affatto.
Nonostante l’antipatia per Reino, doveva ammettere di essersi trovata bene anche in sua compagnia e delle sue battute a doppio senso. Il concerto, poi, le era piaciuto molto, trovando orecchiabili praticamente tutte le canzoni dei Vie Ghoul. Si ripromise di comprare i loro CD prima di tornare a casa, perché di sicuro lì non li avrebbe trovati facilmente.
- Pronta a tornare in gabbia? – le chiese Reino, che si era offerto di riaccompagnarla in albergo.
- Non sono chiusa in gabbia e comunque non serve che mi accompagni. Posso tornare anche da sola. –
- Girare da sola a quest’ora non è sicuro. Andiamo. Immagino che più tardi farai, peggio sarà per te. – ipotizzò, iniziando a incamminarsi.
- Non è che me ne importi più di tanto. A lui non è importato lasciarmi da sola. Rimproverarmi è l’ultima cosa che può fare! – sbuffò, ancora arrabbiata col fratello.
- Vero, ma ciò non vuol dire che devi farlo preoccupare. Non temere, avremo tempo per stare insieme, magari da soli… la prossima volta. – le disse, col suo solito tono derisorio.
- Certamente. Nei tuoi sogni però! – esclamò esasperata, ma divertita al tempo stesso, superandolo di qualche passo. Era un tipo assurdo, ma non era poi tanto male, pensò la giovane.
- Anche nei tuoi di sogni… fidati. – sussurrò impercettibilmente Reino, seguendola e pregustando già il momento in cui sarebbero stati veramente da soli.








Salve ^.^ ecco il terzo capitolo ^_^
I primi guai iniziano. Secondo voi, Cain prenderà bene l'assenza della sorella al suo ritorno in albergo? 
Il mio piccolo Reino iniziaerà ad essere sempre più presente ^.^ che cucciolo :3 non per nulla è un beagle XD
Grazie per le recensioni e al prossimo capitolo :-*
Baci Faby <3 <3 <3 <3 <3 

P. S. Vi stresso sempre ricordandovi la pagina Facebook su Skip Beat ^_^ passate a farmi un salutino ;)   Skip Beat Italia - Cain&Setsu  
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


  





“Maledetto regista! Non la finiva più di parlare! Setsu sarà su tutte le furie!” pensò Cain, guardando l’orologio al suo polso, che segnava quasi l’una di notte.
Era sicuro che la sorella lo stesse aspettando sveglia, pronta a lamentarsi del suo ritardo, e non poteva darle torto. L’aveva lasciata da sola per tutta la giornata e ne era dispiaciuto.
Non vedeva l’ora di tornare da lei, per osservare cosa aveva fatto dal parrucchiere quella mattina. Quando gli aveva detto che non lo avrebbe accompagnato sul set, perché voleva farsi bella per lui, ne era rimasto segretamente felice. Oltretutto, il fatto che Murasame non l’avrebbe vista, era già un buon motivo per essere contento. Poi, purtroppo, il regista e il produttore avevano chiesto a lui e ad un paio di attori, di andare a cena fuori per discutere di alcuni cambiamenti che volevano apportare al copione, quindi non aveva potuto rifiutare. A riunione conclusa, si era congedato subito, precipitandosi in albergo dalla sorella.
Arrivato in camera, però, restò basito nel trovarla vuota. Sua sorella non c’era. Il letto era intatto e sul tavolo c’erano delle buste con il logo di un salone di bellezza, quindi doveva essere fuori da parecchio per non averle sistemate, pensò. Colto dal panico che potesse esserle accaduto qualcosa, prese il cellulare per chiamarla, notando solo allora il messaggio che lampeggiava. Lo aprì e restò basito nel leggere un semplice: Torno tardi.
Se prima era preoccupato, in quel momento diventò furibondo. Compose il numero della sorella, ma il cellulare risultò spento. Riprovò diverse volte, ma continuò a rispondere la segreteria. Gettò con stizza il telefono sul letto e andò a lavarsi, provando a far sbollire la rabbia che iniziava a logorarlo.
Nella sua mente, iniziavano a crearsi assurdi scenari di Setsu con altri uomini, e la cosa lo stava facendo impazzire. La voglia di uscire a cercarla era tanta, ma dovette controllarsi, poiché non aveva la minima idea di dove cercarla.
Spense la luce e aspettò.
Erano quasi le quattro del mattino quando Setsu rientrò in albergo. Trovò le luci spente e la cosa la tranquillizzò. Temeva di trovarlo sveglio ad aspettarla. Aveva deciso di uscire per ripicca, ma iniziava a pentirsene. Non aveva voglia di una sfuriata di Cain. Richiuse la porta il più silenziosamente possibile e si diresse in bagno per struccarsi e mettersi a letto.
“Ecco che oggi tornerebbe utile avere i letti divisi. Speriamo non si svegli sentendomi.” si disse, togliendo i piercing e la maglia a collo alto che non sopportava più. Mise la camicia da notte in seta e ripose gli abiti nella cesta dei panni.
Si specchiò, guardando i capelli freschi di tinta e ancora perfettamente acconciati. Si era fatta bella per lui, ma Cain non l’aveva nemmeno vista. Una lacrima le sfuggì senza controllo, infrangendosi sul bordo del lavandino. La osservò scivolare via con odio, come se fosse qualcosa di orribile. Doveva smetterla di farsi dominare da quei sentimenti che la rendevano debole, ma non ci riusciva.
- Dove sei stata? – irruppe una voce dal tono spettrale alle sue spalle. Alzò lo sguardo e lo vide attraverso lo specchio. Era arrabbiato, e molto. La sua espressione era dura, carica di rabbia, e non prometteva niente di buono.
Avrebbe voluto rispondere e dirgli tutto quello che aveva pensato durante la giornata ma, in quel momento, le parole non vollero saperne di uscire. Si trovò completamente immobilizzata dalla collera che traspariva dai tratti tesi del suo viso.
- Ti ho fatto una domanda! Dove accidenti sei stata fino alle quattro del mattino? – alzò la voce Cain, irritato dal suo mutismo.
- Io… ero a un concerto... – sussurrò appena Setsu, voltandosi verso di lui e facendo un respiro profondo, provando a calmare i battiti accelerati del suo cuore. Era la prima volta che si sentiva intimorita da suo fratello.
Cain si avvicinò minaccioso, bloccandola con le braccia contro il lavandino, vedendola inarcarsi con la schiena per allontanarsi da lui più che poteva. Avrebbe voluto schiaffeggiarla, ma si trattenne, conscio che un suo colpo l’avrebbe ferita anche piuttosto seriamente. Soprattutto in quel momento in cui i suoi nervi rischiavano di cedere.
- Con chi eri? – domandò furente, liberandosi di quella domanda che lo tormentava da quasi tre ore. Insieme alla paura che le potesse accadere qualcosa, il pensiero che fosse con un uomo lo stava uccidendo.
Setsu non sapeva cosa rispondere. Iniziava a pentirsi di quello stupido colpo di testa. Immaginava che Cain si sarebbe arrabbiato, ma non che l’avrebbe addirittura terrorizzata con un semplice sguardo. I suoi occhi erano talmente gelidi da penetrarle le ossa.
La odiava forse?
- Con nessuno. Perché? – mentì, ben sapendo che se avesse nominato Reino, le cose sarebbero degenerate.
- Perché è mio dovere proteggerti! Ma se ti comporti in modo così sconsiderato non me lo permetti! Non costringermi a rinchiuderti in questa stanza. Non azzardarti mai più a tornare a quest’ora senza avvisarmi! – le impose, pur sapendo di non averne alcun diritto, ed infatti, lei non mancò di farglielo notare.
- Non puoi segregarmi in camera! Non sono più una bambina, sono maggiorenne da un bel po’!  – replicò contrariata, cercando di scostarsi da lui. In altre circostanze non le sarebbe dispiaciuta quella vicinanza, ma in quell’occasione la turbava. I suoi occhi glaciali la turbavano.
Ancora più infuriato di prima, Cain le afferrò con forza le braccia, immobilizzandola del tutto tra il suo corpo e la fredda ceramica del lavandino, fissandola con aria talmente ostile da farla quasi tremare.
- Posso eccome finché sarò io a occuparmi di te, quindi non provare a sfidarmi. Te ne pentiresti amaramente. – soffiò minaccioso ad un passo dal suo viso, tanto che Setsu poté sentirne il respiro infrangersi sulle sue labbra quasi tremanti. - Quando andrai per la tua strada, farai come vuoi tu, ma fintanto che dipendi da me in tutto, comando io. Farai come ti ordino. Sono stato chiaro, Setsuka? – la zittì, terminando sul nascere qualunque altra sua protesta.
Il cuore di Setsu martellava furioso nel petto. Non potendo fare altro, annuì, vinta dalla durezza di quelle parole. Si era trovata del tutto spiazzata dal pesante rimprovero del fratello. Lo vide uscire dal bagno, sbattendo la porta, e non poté fare a meno di sussultare per il rumore.
Dov’era finita la rabbia per essere stata messa da parte? Dov’erano finiti gli insulti che avrebbe voluto riversargli contro? Erano spariti, insieme al suo coraggio e alla sua stoltezza.
Cain, invece, anche se furioso, si sentiva soddisfatto dalla reazione della sorella. Avrebbe fatto di tutto pur di tenerla lontana dai pericoli, e se doveva essere estremamente severo per riuscirci, lo avrebbe fatto senza incertezza alcuna. Non solo si sentiva responsabile della sua incolumità, ma si trovava anche in un paese a lui sconosciuto, in cui non sapeva come muoversi se fosse accaduto qualcosa. Non le avrebbe permesso di gironzolare da sola come meglio credeva e senza che lui ne fosse a conoscenza. Non che in California le concedesse molte più libertà, ma lei neppure le chiedeva.
“Perché qui è diverso? Perché non dice come sempre che io vengo al primo posto, e al secondo, e al terzo, e al quarto, e anche al quinto? Perché non ripete che esisto solo io per lei? Cos’è cambiato in questo viaggio?” si chiese, sdraiandosi stancamente sotto alle coperte e dando le spalle all’altro lato del letto.
Pochi minuti dopo, anche Setsu si coricò, ma non al suo fianco. Restò distante, incerta su cosa fare. Era delusa dal comportamento del fratello per averla lasciata sola, ma al tempo stesso si sentiva in colpa. Sapeva di aver esagerato. Tornare alle quattro del mattino era stata una stupida bravata che avrebbe dovuto evitare. Aveva ragione a essere infuriato.
Si sentiva combattuta sul da farsi. L’istinto le diceva di scusarsi, ma l’orgoglio glielo impediva.
“Orgoglio per cosa poi? Sono io quella in torto adesso.” si disse, rigirandosi un paio di volte, senza trovare una sistemazione comoda. Sapeva che non era il letto a essere scomodo quella notte, ma era lei a essere sulle spine. Il nervosismo non le diede pace, finché, vinta dal tormento, si decise a porvi rimedio. O almeno, era ciò in cui sperava.
- Fratellone… sei sveglio? – bisbigliò, per non svegliarlo nel caso dormisse, ma non si stupì di ricevere per risposta uno sbuffo, segno che fosse perfettamente sveglio.
- Cosa c’è? – domandò scontroso.
- Mi dispiace. Non volevo farti arrabbiare. – si scusò la ragazza, realmente dispiaciuta.
- Perché l’hai fatto? – le domandò, girandosi verso di lei. Più ci pensava, più Cain non riusciva a spiegarsi il perché sua sorella avesse agito in quel modo. Non le avrebbe negato di andare a un concerto. Si sarebbe solo premurato di non mandarcela da sola. Quindi non capiva.
- Per ripicca. – rispose flebilmente, sentendosi ridicola per il gesto stupido e infantile che prima, invece, le era sembrato più che giusto.
- Ripicca? Nei miei confronti? Perché? – chiese confuso, voltandosi ad accendere l’abat-jour sul comodino. Iniziava a stancarsi di parlare senza vederla.
- Perché… perché sono una stupida! Ero arrabbiata perché te ne sei andato a quella cena da solo, senza chiedermi se volessi venire. Eppure ti avevo detto che andavo a farmi bella per te, ma a quanto pare te ne sei fregato! Così, per una sorta di vendetta, sono stata fuori fino a tardi. – gli confessò, sentendosi ancora più sciocca di quanto già non fosse.
- Non ero a una cena con amici! Il regista ha invitato solo alcuni membri del cast e tu non ne fai parte. Sei la mia assistente e non era richiesta la tua presenza. Possibile che tu non lo capisca? Non ti ho lasciato da sola perché volessi. Quindi direi che hai ragione a definirti stupida, considerato che hai pensato questo di me. – replicò amareggiato per i pensieri della sorella.
- Potevi giustificare la mia presenza dicendo che ti servivo per tradurre ciò che dicevano. Non è quello che faccio spesso? – contestò lei.
- C’era già il produttore a tradurmi ciò che non capivo. E comunque nulla ti giustifica dal tornare quasi all’alba senza avvertirmi! – ribatté nuovamente arrabbiato. Avrebbe preferito mille volte tornare in albergo da lei e godere della sua compagnia, piuttosto che passare la serata con gente che a volte faticava a comprendere, ma aveva deciso di non portarla con sé, per non farla annoiare con dei discorsi che già sapeva sarebbero stati noiosi. Lei, invece, aveva travisato il tutto, pensando che non la volesse tra i piedi.
- Ti ho mandato un messaggio. –
- Con scritto solamente che facevi tardi. Non mi hai detto dove andavi e soprattutto con chi! –
- Ok, hai ragione! Mi dispiace davvero. Mi rendo conto da sola che è stato un gesto idiota. L’ho capito mentre tornavo qui. Scusami, ti prego. – lo implorò. Anche se aveva causato tutto da sola, non riusciva a sopportare che suo fratello fosse arrabbiato con lei. Aveva agito spinta dalla rabbia, senza pensare poi alle conseguenze e a come si sarebbe sentita a causa dei rimproveri.
Cain la guardò qualche istante. Era arrabbiato, ma lei sembrava davvero pentita. Avrebbe davvero voluto segregarla in camera, però sapeva di non poterlo fare. Ma certamente a lei non lo avrebbe detto.
- Non fare mai più una cosa del genere. Per nessun motivo al mondo! Hai capito? – le intimò severo.
- Sì fratellone. Mi perdoni allora? – domandò Setsu, addolcendo i tratti del viso per commuoverlo.
- Per questa volta sì, perché sei troppo carina quando fai l’espressione da cane bastonato. Però non ci sarà una seconda volta. Ricordalo Setsuka. – la informò, riprendendo un tono inflessibile, ma prendendola ugualmente tra le braccia e stringendola al suo petto. Per quanto ci provasse, non riusciva a stare troppo tempo arrabbiato con lei, tuttavia, la paura provata qualche ora prima, lo portava a essere ancora un po’ duro, e in fondo lo meritava anche.
Finalmente più tranquilla, Setsu si sistemò nell’abbraccio del fratello, ringraziandolo a lungo per averla perdonata. Pregò, però, che lui non venisse mai a sapere che gli aveva mentito quando le aveva chiesto se fosse sola o con qualcuno. Come avrebbe potuto spiegargli che era andata con un ragazzo con cui aveva un appuntamento nel pomeriggio, e che era stata in compagnia di ben cinque ragazzi? Di certo, non doveva venirne a conoscenza se ci teneva a non essere rispedita a casa. Non aveva fatto nulla di male, ma Cain non amava saperla in compagnia di un ragazzo, figurarsi di cinque.
 
Per loro fortuna, quello iniziato, era un giorno di riposo per Cain, così non dovettero alzarsi presto dopo la nottataccia trascorsa. Il primo a svegliarsi fu lui. Erano le undici e iniziava ad avere fame. Si alzò piano, per non svegliare la sorella, e quando finì di vestirsi, scese giù al bar per prendere la colazione anche per lei. Ordinò due caffè e i pancake preferiti di Setsu, ma prima che ritornasse da lei, fu fermato da uno dei responsabili dell’albergo.
- Heel-sama, mi perdoni se la disturbo, ma volevo chiederle se sua sorella sta bene. – gli chiese l’uomo, con aria preoccupata.
- Sì. Perché me lo chiede? – domandò lui, perplesso.
- Sono stato informato, da una delle cameriere del bar, che ieri pomeriggio sua sorella si trovava lì insieme a un ragazzo dall’aria sospetta. Ad un certo punto, lei lo ha colpito col suo portamonete, ha pagato ed è andata via di corsa, ma credo che il ragazzo l’abbia seguita fuori. Mi chiedevo se stesse bene. – gli spiegò il responsabile.
- Un ragazzo? – ripeté Cain, sorpreso da quell’informazione.
- Sì. Ho pensato che la stesse importunando, per questo mi sono permesso di chiederle come sta. Se fosse un molestatore sarebbe un problema, poiché si è introdotto in albergo. Potrebbe essere necessario segnalarlo se sua sorella non lo conosce. – commentò l’uomo, che aveva già provveduto ad informare un suo superiore dell’accaduto.
- Non ne so nulla, ma per certo le dico che mia sorella non ha amicizie qui, quindi sicuramente non conosceva quel tizio. – chiarì Cain, sperando che davvero non conoscesse quel ragazzo. Il fatto di averlo colpito, in teoria, doveva significare che non gradiva la sua presenza. – Spero non accada più un fatto simile. Non voglio dovermi preoccupare per l’incolumità di mia sorella anche qui dentro. – commentò severo il ragazzo.
- Certamente! Provvederemo al più presto Heel-sama! Ci scusiamo per il disagio! – si scusò concitato l’uomo, inchinandosi più volte e lasciandolo tornare in camera con la colazione.
Rientrato in camera, notò che Setsu non era più a letto. Si avvicinò al bagno e la sentì canticchiare una canzone in giapponese.
“Che sia una delle canzoni che ha sentito al concerto di ieri?” pensò, posando la colazione sul tavolo e bussando poi alla porta del bagno.
- Setsu, ho portato la colazione! – la avvisò. Un attimo dopo, lei aprì avvolta solamente da un piccolo telo da bagno a coprirle il minimo indispensabile. “Come sempre!” sospirò stanco.
- Buongiorno fratellone. Hai preso i pancake? – gli chiese, schioccandogli un bacio sulla guancia e avvicinandosi al tavolo.
- Sì ma vai a vestirti prima. – le disse, cercando di fare l’indifferente, anche se era tutt'altro che tale, al corpo della sorella.
- Perché? – domandò lei, voltandosi a guardarlo con speranza. Era una cosa che faceva spesso e volutamente; lo provocava come poteva. Testava le reazioni di suo fratello, nella speranza di vedere qualche effetto in lui che, purtroppo, non arrivava mai.
- Prenderai freddo. – rispose calmo, dando fondo a tutte le sue doti recitative, pur di non mostrare l’apprezzamento per il seno pieno, la vita sottile e le gambe perfette che stava osservando. “Impazzirò prima o poi!”
- Ok. – disse solamente lei, andando a vestirsi. Per quanto ci provasse, il risultato era sempre lo stesso. Le aveva provate tutte, ma niente lo smuoveva. Nemmeno dormirgli attaccata indossando una camicia da notte semitrasparente aveva fatto effetto. Ritornata a sedersi per mangiare, Cain iniziò a guardarla, come in attesa di qualcosa. – Che c’è? – gli chiese infine, infastidita dal suo sguardo indagatore.
- Non hai niente da dirmi? –
- Cosa dovrei dirti? – rispose incerta, non intuendo cosa volesse sapere.
- Cos’è successo ieri pomeriggio giù al bar? –
- A-al bar? Perché? – balbettò, timorosa che avesse scoperto di Reino.
- Chi era quel ragazzo con cui parlavi e che hai colpito? - le chiese esplicito, notando il suo tergiversare.
- Non era nessuno. Solo un seccatore. – rispose, cercando di mostrarsi sicura. Non voleva mentirgli, ma sapeva che se gli avesse detto chi era, avrebbe iniziato a fare domande su domande, e subire un interrogatorio era l’ultima cosa che voleva.
- Quindi non lo conosci? – domandò nuovamente.
- No, perché me lo chiedi? E poi chi ti ha parlato di lui? – chiese lei stavolta.
- Ti hanno visto mentre lo colpivi e te ne andavi. Che voleva da te? –
- Ma nulla! Era solamente un idiota. – e quella, pensò, non era una bugia.
- Probabilmente era un pervertito o qualcosa del genere. Stai attenta e parlamene se lo incontri nuovamente. – le raccomandò, lasciandole una dolce carezza tra i capelli e sorridendole teneramente.
Se quel sorriso, da una parte la fece arrossire per la felicità, dall’altra parte la fece sentire una traditrice. Sentiva come se avesse tradito il fratello con un altro uomo, il che era assurdo, poiché non era il suo ragazzo, e mai lo sarebbe stato.
Non si capiva più nemmeno lei. Si contraddiceva in continuazione, perché lo desiderava come uomo, ma sapeva che era suo fratello, di conseguenza sapeva che avrebbe potuto avere un ragazzo senza sentirsi in colpa, ma al tempo stesso credeva di tradirlo se lo avesse fatto. Un ragionamento assolutamente contorto.
La cosa più sconcertante, però, era che nelle ultime settimane, non faceva che pensare ai pro e ai contro dell’amare il proprio fratello. Prima, notò, non si poneva tante domande, come invece faceva ultimamente. Doveva ammettere che il fatto che Reino avesse scoperto il suo “segreto” e le avesse detto in faccia ciò che da sempre segretamente pensava, l’aveva messa davanti alla realtà delle cose: avrebbe sofferto continuando ad amare Cain.
Verso sera, mentre stava preparando la cena, il cellulare di Setsu vibrò. Era un messaggio di Reino. Lo aprì senza farsi notare dal fratello, intento a leggere il copione, e lo lesse, sorridendo inconsapevolmente.
 
Come va, tatuatrice di guance di poveri ragazzi indifesi? Sei ancora tutta intera? 
 
Esitò qualche secondo prima di rispondere, indecisa se farlo o no, finché si decise e inviò un sms.
Sì, sono in perfetta salute, stupido! Perché non dovrebbe essere così?
 
Pochi secondi dopo arrivò la sua risposta, che la fece innervosire come solo lui riusciva.
Perché immagino che il tuo padrone ti abbia messo in punizione. Ti ha fatto dormire sul freddo pavimento o sul letto, ai suoi piedi?
 
Digitò furiosa il testo e inviò il messaggio. Odiava le sue battute.
Non sono un cane! E se proprio ci tieni a saperlo, ho dormito tra le sue braccia, come ogni notte!
 
La risposta fu qualcosa che Setsu non capì, ma che per lui aveva un chiaro significato.
Attenta, cucciolo. A volte i padroni si stancano del loro fido dopo averci giocato, abbandonandolo in qualche luogo, lontano da casa.
 
Setsuka lesse per ben tre volte il messaggio di Reino, cercando di cogliere il significato di quella metafora assurda, ma non ci riuscì, così provò a chiederlo a lui.
Che vuoi dire?
 
Reino aveva dei brutti presentimenti riguardo alla storia di quella ragazza col fratello. Sentiva che qualcosa sarebbe accaduto di lì a poco, e ad uscirne a pezzi sarebbe stata lei, che non era affatto la donna forte che voleva mostrare al mondo. Sentiva lo stupido impulso di proteggerla da se stessa, ma non sapeva come, se non avvisandola.
Nulla in particolare, ma fossi in te smetterei di scodinzolare, chiedendogli di giocare. Potrebbe essere un gioco poco piacevole. Per te soprattutto.
 
Ancora una volta, Setsu non capì le sue parole, ma le era chiaro che il ragazzo sapesse qualcosa che non voleva dirle. Non aveva più dubbi sul sesto senso di Reino e dei suoi strani poteri.
Che significa? Cosa sai?
 
La risposta, però, non fu quella che si aspettava.
Vediamoci e te lo dirò. Buonanotte cucciolo ;)
 
Smettila di chiamarmi così e paragonarmi a un cane! Sei irritante! ‘Notte, imbecille!
 
Dopo quel messaggio spense il telefono e sbuffò infastidita. Nessuno riusciva ad irritarla tanto quanto Reino. Era impossibile fare un discorso serio con lui. Per colpa delle sue parole tanto enigmatiche, sarebbe stata costretta a vederlo nuovamente.
Il primo incontro era stato decisamente diverso da come se l’era immaginata. Gli aveva proposto quell’appuntamento solo per chiedergli di conoscere Cain e leggere anche nel suo cuore, così come aveva fatto con lei, in modo da sapere cosa lui provasse realmente nei suoi confronti, ma non era riuscita a farlo, poiché la sua rabbia le aveva stravolto i piani. Si ritrovava, così, a dovere incontrare nuovamente quel ragazzo, sia per chiedergli quel favore, sia per capire cosa realmente lui sapesse. Quei messaggi l’avevano impensierita. Per lei erano frasi sconnesse, ma per Reino avevano un profondo significato.
“Che intendesse dire che Cain potrebbe stancarsi di me? Ma perché? Come può dirlo se nemmeno lo conosce? Ora, più che mai, devo convincerlo a incontrarlo. Ho bisogno di risposte se non voglio perdere la ragione!” pensò stanca, ad un passo dall’esaurimento.
- Setsu, tutto bene? – le domandò Cain, vedendola pensierosa. Si era improvvisamente incupita e non ne capiva il perché.
- Sì fratellone, tutto bene. – gli sorrise, ma con poca convinzione, destando in lui maggiori sospetti che la sorella gli nascondesse qualcosa.
Chiederglielo sarebbe stato del tutto inutile, sapeva che non gli avrebbe detto nulla, quindi doveva scoprirlo da solo, e avrebbe cominciato con lo scoprire chi fosse il tipo che si trovava con lei al bar. Era quasi sicuro che lei lo conoscesse, o non si sarebbe spinta a pagare anche la sua consumazione. Quando si era informato con la cameriera, aveva saputo che Setsu e quel ragazzo, erano rimasti qualche minuto a parlare a uno dei tavoli e che, dopo averlo colpito, lei aveva pagato per lui prima di andare via.
“Non si paga per uno sconosciuto venuto a importunarti.” rifletté, per nulla tranquillo.

Reino stringeva pensieroso il cellulare tra le mani, anche dopo aver letto l’ultimo messaggio di Setsu, sempre più conscio di quello che il suo cuore iniziava a provare per lei.
“Chi, di noi tre, si farà più male di tutti alla fine di questa storia?” si chiese, guardando dalla finestra del suo attico, le luci della città sotto di sé.
Aveva dato un consiglio a Setsuka la prima volta che l’aveva incontrata: Amare qualcuno impossibile da avere, l’avrebbe fatta solamente soffrire. Quel consiglio, forse, avrebbe dovuto darlo anche a se stesso, tuttavia, sapeva già che non lo avrebbe seguito.










Salve mie care lettrici ^.^ (trovo difficile possa esserci qualche maschietto a leggere ^^' in caso contrario fatemelo sapere *-* ne sarei onorata in effetti!)
Ecco la scena tanto attesa della rabbia di Cain ^_^ (scommetto vi aspattevate accadesse altro =D ma non è ancora il momento per quello :3 per arrivare alla scena che leggete nella presentazione, dovrete aspettare un paio di capitoli, ma non gioirete quando lo farete ^^''''')
Siamo in una fase di stallo al momento tra Cain e Setsu, ma entrambi si sono accorti che qualcosa sta cambiando. 
Grazie a chi legge questa storia, lasciandomi commenti davvero bellissimi, sia qui che nella pagina Facebook di  Skip Beat Italia - Cain&Setsu  grazie davvero <3 <3 <3 
Alla prossima ^_^ 
Baci Faby <3 <3 <3 <3 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


  





- Bene, partiamo dal momento in cui la vittima svolta l’angolo e corre verso il parco. Inciampa su una pietra, ma riesce a non cadere a terra, infine tenta di nascondersi dietro dei cespugli ma BJ lo trova e lo accoltella cinque volte al petto e tre all’addome. Heel-san, è tutto chiaro? – gli domandò il regista, osservando la sorella a fianco a lui in silenzio. Se non traduceva, forse l’attore iniziava a comprendere meglio il giapponese, ipotizzò l’uomo.
- Sì, tutto chiaro. Setsu, vai a ripararti. Sta per piovere. – le disse, sentendo una goccia d’acqua cadere sul viso.
Quel giorno, le riprese sarebbero state girate all’esterno, poco lontano dagli studi. La scena prevedeva che lo spietato assassino Black Jack, inseguisse per le strade la sua ennesima vittima. Quella mattina, però, il cielo era scuro e minacciava pioggia, il che rendeva l’atmosfera ancora più cupa e carica di tensione. Dovevano sbrigarsi a girare quindi, prima che il temporale rovinasse le riprese, poiché non era previsto di girare sotto un acquazzone.
- Ok fratellone. – rispose lei, allontanandosi e aprendo il suo ombrello.
Nonostante la pioggia intralciasse un po’ le riprese, sembrava che le scene stessero venendo bene. Cain rendeva alla perfezione la spietatezza di quel serial killer. I suoi movimenti, le sue espressioni, perfino i suoi silenzi, incutevano un certo timore, o almeno era così per i membri del cast, poiché per Setsu era assolutamente affascinante. Per un attimo, osservandolo, pensò che non le sarebbe dispiaciuto chiedere al fratello di interpretare quel personaggio così oscuro, in un loro momento d’intimità.
“Solo io posso fare pensieri così perversi. E comunque non abbiamo nessun momento di intimità, razza di stupida!” si rimproverò, scuotendo la testa e allontanandosi di qualche metro per prendere il cellulare ed inviare un messaggio.
Sei libero domani pomeriggio?
 
Il cellulare di Reino vibrò, destandolo dalla lettura degli spartiti che gli aveva dato Miroku. Stavano per incidere un nuovo album e lui doveva scrivere ancora molti testi. La parte “poetica” la lasciavano quasi sempre a lui. Gli altri mettevano giù qualche idea e strofa, poi lui le perfezionava, scrivendo sempre testi di forte impatto emotivo per le ragazzine che li seguivano con tanto interesse. Toccare il loro cuore con frasi romantiche o malinconiche, era la chiave del successo.
Lesse il messaggio con poca sorpresa. Conosceva mittente e contenuto ancora prima di leggerlo. Non si stupì nemmeno della freddezza della domanda, senza neppure un saluto. Era da lei, in fondo.
Per te sono sempre libero, cucciolo.
 
La risposta arrivò subito, così come subito le provocò un moto di rabbia.
- Razza d’imbecille! Domani ti farò vedere io chi è il cucciolo! - imprecò contro lo schermo del cellulare, desiderando avere Reino di fronte a sé in quel preciso momento, per colorargli anche l’altra guancia con un bel livido.
Alle quindici sarò davanti alla tua agenzia. Fatti trovare all’entrata.
 
Dopo quel messaggio, ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni, senza nemmeno attendere una risposta. Le interessava solamente conoscere il significato delle parole che le aveva detto qualche giorno prima. Essere cordiale con lui non le interessava minimamente.
Si voltò a guardare nuovamente le riprese, ma sussultò notando lo sguardo penetrante di Cain su di lei. Un brivido la attraversò improvvisamente, temendo che il fratello l’avesse vista scambiarsi messaggi con Reino. Se le avesse fatto delle domande, non avrebbe saputo cosa rispondere.
Mantenendo uno stato di apparente tranquillità, gli sorrise, avvicinandoglisi e porgendogli un asciugamano per tamponare i capelli gocciolanti a causa della pioggia che iniziava a diventare sempre più fitta.
- Sei stato fantastico come sempre, fratellone! –
- Mi hai guardato? Eppure sembravi impegnata in altro. – le fece notare seccato.
- Mi sono allontanata solo un secondo. Un’amica mi ha mandato un messaggio per sapere come procedono le riprese qui in Giappone. – mentì, sperando di essere convincente.
Cain sapeva che mentiva. Aveva visto la sua espressione preoccupata quando si era accorta che la stava guardando. Preferiva però non fare domande e scoprire con chi si scambiava messaggi. Con probabilità era il ragazzo che aveva incontrato al bar. Doveva assolutamente scoprire chi fosse. Gli avrebbe fatto passare la voglia di importunare la sua Setsu, con le buone o con le cattive. Sua sorella era troppo ingenua e non avrebbe capito le vere intenzioni di uomo, quindi doveva proteggerla.
“Però… io non ho forse le stesse intenzioni? Se non fosse mia sorella l’avrei già… “ si bloccò, a causa del peso dei suoi pensieri. Non riusciva proprio a sopire quella parte torbida di sé, che non faceva che desiderare il proibito.
Spesso era combattuto. Voleva tenerla lontano dalle mani di altri uomini, ma al tempo stesso sapeva di non averne diritto, perché non era la sua donna. Eppure, non riusciva a impedirsi di esserne geloso.
La scusa che usava ogni volta che allontanava dei ragazzi da lei, era quella che fosse troppo giovane per avere una relazione, e Setsu ci credeva senza esitazione, non protestando mai di ciò. In effetti, il suo comportamento era strano per una ragazza della sua età. Non protestava mai, non gli chiedeva libertà particolari, non si metteva nei guai e non frequentava nessuno se non un paio di amiche del liceo. Perfino il ritornare alle quattro del mattino non era stato un atto di ribellione adolescenziale, quanto un modo per cercare le sue attenzioni.
Tutto il suo tempo libero, la sorella lo passava con lui, cercava solamente lui, e forse era stato quello a farlo legare a lei in modo tanto morboso, quasi patologico. In fondo, era normale che Setsu reagisse in quel modo, visto che erano rimasti da soli. Ma se per lei era una reazione normale, lo stesso non poteva dire per se stesso.
Molte volte si era chiesto cosa sarebbe accaduto se i loro genitori fossero stati vivi. Si sarebbe innamorato ugualmente di Setsu, o avrebbero avuto una vita come normali fratelli? Una risposta a quelle domande non l’avrebbe mai trovata. L’unica cosa che sapeva, era che doveva proteggere la sorella e prendersene cura. Lo aveva promesso al padre.
- Cain, qualcosa non va? – gli chiese lei, notandolo assente.
- No, tutto a posto. Andiamo o prenderai un raffreddore sotto la pioggia. – le disse, prendendola per mano e avviandosi verso gli studi.
- Certo che quei due sono alquanto sospetti. – bisbigliò una delle attrici, avvicinandosi a Murasame, che stava osservando i fratelli tenersi per mano.
- Mitsui-chan… tu credi? –
- Restano sempre per i fatti loro. Senza contare che stanno perennemente appiccicati l’uno all’altra. Se non mi avessi detto che sono fratelli, li avrei scambiati per fidanzati. – rispose l’attrice, che li aveva osservati a lungo. In verità, era molto attratta da Cain. Era bello e misterioso, oltre che un bravissimo attore. Le scene con lui non erano mai girate una seconda volta, e se accadeva, non era mai per un suo errore. Le sarebbe piaciuto invitarlo a prendere un tè, ma la continua presenza della sorella glielo aveva impedito.
- Anch’io ho pensato la stessa cosa. Sicuramente quel bastardo approfitta dell’ingenuità di Setsuka-san. Non vedo altre spiegazioni. – ipotizzò il ragazzo, dispiaciuto di non poter tentare un approccio con lei.
- Lei ingenua? Murasame-kun, fidati del giudizio di una donna, quella ragazza non è per nulla ingenua. È una piccola tigre piuttosto. Non lascia avvicinare nessuno a suo fratello e chi lo fa, riceve sguardi poco amichevoli, soprattutto se donne. Qualunque cosa combinino, lo fanno in modo consenziente. – affermò Mitsui, convinta che la ragazza fosse una vipera.
- Tu credi abbiano una relazione? –
- Chissà, è probabile. Certo mi chiedo come facciano a casa loro, poiché lì l’incesto è illegale, al contrario che in Giappone. Qui sarebbero solo visti come degli immorali, ma nessuno gli vieterebbe di fare come meglio preferiscono. In California le cose sono un po’ diverse.* –
- Non sono cose che ci riguardano in fondo. Facessero come vogliono! – rispose infastidito Murasame. Essere rifiutato da una ragazza non era una tragedia per lui, ma ciò che lo imbestialiva era il perché di quel rifiuto categorico a volerlo conoscere. “Quale persona sana di mente ama il proprio fratello?” si domandò. Oltretutto considerava Cain un vero bastardo, dato il modo in cui lo aveva minacciato di stare lontano dalla sorella. Più che innamorato, gli dava l’impressione di esserne ossessionato.
 
Il giorno seguente, Setsu informò il fratello che sarebbe andata a fare shopping e che sarebbe tornata entro la fine delle riprese, fissata per le diciannove. Con quella scusa si prese il pomeriggio libero per vedere Reino. Arrivò in anticipo davanti all’agenzia del cantante, aspettando di vederlo arrivare.
Nel frattempo, qualche passo più lontano da lei, Cain la spiava per vedere con chi si era data appuntamento, non credendo, ovviamente, alla scusa dello shopping. Aveva detto al regista di stare male e di avere bisogno di una pausa, così si era liberato dalle riprese per almeno un paio d’ore. Prima, però, era passato al reparto costumi per cambiarsi, in modo da non farsi scoprire dalla sorella. Aveva optato per una camicia bianca, jeans chiari e giacca grigia. Il tutto corredato da occhiali da sole e una parrucca bionda.
“Almeno, conciato così, non dovrebbe riconoscermi.” pensò sconfortato. Non cambiava il suo look nemmeno quando recitava in altri film, poiché i vari registi sostenevano che capelli e abiti scuri gli conferivano un’aria di mistero che alle donne piaceva. La sorella, però, lo aveva costretto a quel travestimento ridicolo, e sperò che almeno ne valesse la pena per scoprire con chi doveva incontrarsi.
Attese circa mezz’ora e quando vide un ragazzo con un segno strano sulla guancia avvicinarsi a Setsu, capì che si trattava proprio del tipo sospetto di cui gli aveva parlato la cameriera, esattamente come aveva sospettato. Da com’era conciato, sembrava appartenere anche lui al mondo dello spettacolo, anche perché nessuno sarebbe andato in giro con lunghi capelli bianchi, orecchini e piercing assurdi, anelli in quasi tutte le dita, un lungo cappotto di piume nere, il petto nudo e un collare borchiato al collo.
“Decisamente lo stile preferito da quella pazza sconsiderata di Setsuka!” osservò, stringendo i pugni per la rabbia. Poiché lui non aveva voluto seguire le stravaganze punk della sorella, lei era andata a cercare qualcun altro con le stesse passioni forse?
Vide i due parlottare e dirigersi all’interno dell’edificio, così li seguì senza farsi notare. Li vide entrare in un camerino e la cosa lo fece agitare subito, ma quando vide il ragazzo uscire e lasciare lei da sola, si calmò, decidendo di aspettare.
 
- Scusami se ti ho fatto attendere così tanto. – si scusò Reino, iniziando a togliere gli anelli.
- Se mi avessi detto che dovevi registrare un video promozionale, non sarei venuta a disturbarti. – si lamentò Setsu, rimasta ad aspettarlo nel suo camerino quasi un’ora.
- E perdermi l’opportunità di vederti? Mai! E poi il tempo per il mio cucciolo preferito lo trovo sempre. Sono tutto tuo adesso. – la stuzzicò, sapendo quanto la infastidisse quell’appellativo e, infatti, la reazione della ragazza non si fece attendere, poiché gli tirò con forza uno degli orecchini a forma di ala di pipistrello che il ragazzo indossava. – Ahi! Sempre la solita violenta! – brontolò Reino, massaggiandosi il lobo dolorante.
- Peggio per te! Magari la smetti di chiamarmi cucciolo! –
- Ma io ti vedo come un cucciolo maltrattato dal suo padrone e quindi bisognoso di coccole. – le spiegò, accarezzandole la testa proprio come se fosse un animale.
- E piantala! Ti ho già detto che non sono il cane di nessuno! – protestò, allontanando la mano del ragazzo con uno schiaffo.
- Sembra che la tua missione sia colpirmi. Potremmo sfruttare questa tua peculiarità nei momenti d’intimità, sai? Non sono mai stato attratto dal sadomaso, ma tentar non nuoce. – la provocò ancora, aspettandosi che arrossisse e lo colpisse nuovamente ma, ancora una volta, Setsu tradì le sue aspettative, reagendo diversamente da come immaginava.
- In effetti vorrei tanto usare su di te il gatto a nove code uncinato. Potremmo provare. – rispose lei, osservandolo.
- Aspetta… dici davvero? – le domandò, guardandola elettrizzato. Non riusciva a capire se scherzasse o no, ma se fosse stata seria, sarebbe corso al più vicino sexy shop a comprarlo.
- Mi piacerebbe sapere se nella testa hai segatura o un cervello guasto. Hai capito di che tipo di strumento parlavo? Dalla tua faccia immagino di no. - suppose la ragazza, che ovviamente si riferiva all’antico strumento di tortura e non certo a un frustino per giochi erotici. – Ero ironica, stupido. – aggiunse infine.
- Ah… - rispose Reino, oltremodo deluso. Per un attimo ci aveva sperato.
- Come immaginavo. – sospirò avvilita la giovane. – Sbrigati a cambiarti piuttosto. Ho da fare dopo. – lo avvisò, poiché si erano già fatte le sedici e non avevano ancora parlato.
Lo attese nuovamente per circa mezz’ora, sbuffando e imprecando in tutte le lingue davanti al camerino del ragazzo. Di quel passo, non sarebbe riuscita a chiedergli nulla e alle diciannove doveva essere dal fratello.
Quando finalmente Reino uscì dal camerino, si diressero verso il bar.
- Spero oggi non mi lasci segni sulla faccia. – scherzò.
- Da come parli, sembra che io sia una persona manesca. –
- Lo sei. –
- Sei tu che mi fai perdere le staffe! –
- Allora ammetti di essere manesca. – rise lui, godendosi l’espressione corrucciata della ragazza.
- Tagliamo corto! Sono qui per sapere cosa intendevi con le parole dell’altro giorno. Che significa che devo stare attenta a Cain? Cosa sai? – arrivò al punto, stanca delle sue provocazioni.
- Quindi hai capito che mi riferivo a lui. –
- Non prendermi per stupida Reino! Dimmi cosa sai. Hai visto qualcosa? – chiese preoccupata.
- Non sono esattamente un chiaroveggente, non posso vedere il futuro, ma ho delle sensazioni, dei presentimenti, su ciò che potrà accadere. Però potrei anche sbagliarmi. – rispose pensieroso. Non gli sarebbe dispiaciuto disporre anche delle doti di chiaroveggenza in quel momento, anche se, doveva ammetterlo, difficilmente le sue intuizioni si dimostravano errate.
- Non ne capisco la differenza! Comunque, che genere di sensazioni riguardano me? –
- Sensazioni negative. Soffrirai se continui ad andargli dietro in questo modo. Lui non accetterà mai una vostra relazione. Mettiti l’anima in pace e guardati intorno. Non esiste solo Cain. – le fece presente.
- Dovrei guardare te? – chiese ironica.
- Anche! Con me non nasconderesti il tuo amore agli occhi della gente, non vivresti nella paura di essere punita per l’illegalità dei tuoi sentimenti, non ti sentiresti non accettata. Potrei darti tutto quello che vuoi, sia a livello materiale sia a livello affettivo. Non esiste solo lui in questo mondo! – le spiegò accorato, per la prima volta da quando la conosceva, senza le solite battute. Sapeva di essersi innamorato di lei e lo capiva sempre più, giorno dopo giorno.
Da quando i loro sguardi si erano incrociati, Reino aveva sentito che Setsuka sarebbe stata la sua donna ideale. In un attimo, per lui fu come se la conoscesse da sempre. Quello che per lui era iniziato come un gioco, si era trasformato in amore. Era entrata nel suo cuore senza che se ne rendesse conto, e lui avrebbe tentato di tutto per entrare nel suo. Ma lei era testarda, non voleva guardare oltre ciò che aveva davanti a sé, ignorando che intorno c’erano altre possibilità… che c’era lui.
Setsu ascoltò le sue parole senza ribattere. Non sapeva cosa rispondere. Le aveva praticamente fatto una dichiarazione che non si aspettava. Reino scherzava sempre, quindi non lo aveva mai preso seriamente, ma dovette ricredersi. In quel momento era dannatamente serio. Doveva però decidersi a dire qualcosa, cercando almeno di essere più delicata possibile. Lei amava Cain e sempre lo avrebbe amato. Di questo era certa, poiché i suoi sentimenti non erano facili da cancellare. Era un amore che durava da tutta la vita il suo, e che sarebbe sicuramente durato per il resto dei suoi giorni.
- Reino… io… -
- Tu sei innamorata di Cain e non riesci a immaginarti senza di lui, anche se questo ti dovesse far soffrire in modo atroce. Volevi dire questo? – l’anticipò lui, intuendo la sua risposta, e per quello non serviva nessun sesto senso. Aveva tutto scritto in faccia.
- Mi dispiace tantissimo, credimi. Non è una cosa che posso decidere io purtroppo. È così. –
- Come vuoi. Sappi solamente che io ci sarò quando quel bastardo ti spezzerà il cuore. Non esitare a chiamarmi se avessi bisogno d’aiuto, intesi? – la informò, conscio che quel momento sarebbe arrivato presto per lei. Forse, solamente scottandosi seriamente avrebbe capito che dal fuoco era bene allontanarsi, perché il pericolo di rimanere arsi era dietro l’angolo.
- Cain non prova nulla per me oltre il semplice affetto fraterno. Sarebbe difficile per lui spezzarmi il cuore da quel punto di vista. Però grazie per la tua proposta. Devo ricredermi su di te, sai? Non sapevo avessi un lato serio e dolce. – le sfuggì, maledicendosi per la troppa sincerità.
Reino sorrise intenerito dalla sua ingenuità. Suo fratello ricambiava eccome i suoi sentimenti, o non sarebbe rimasto a spiarli per tutto il pomeriggio. Si era accorto subito della sua presenza. Era difficile non sentire la rabbia provenire da lui, anche a chilometri di distanza. E proprio quella rabbia lo preoccupava. Si alzò e le si avvicinò, piegandosi a darle un bacio sulla fronte, lasciandola sorpresa.
Setsu non si aspettava un gesto tanto tenero da quel ragazzo sempre pronto a prenderla in giro e a punzecchiarla, quindi arrossì. Un po’ le dispiaceva non ricambiare i suoi sentimenti, poiché Reino non sarebbe stato male come possibile fidanzato, pensò, sinceramente colpita da lui.
- Chiamami se ne avessi bisogno. – le ripeté, voltandosi poi nella direzione del fratello di Setsu, che li osservava livido di rabbia, senza più nascondersi.
Cain si era stancato di guardarli da lontano, soprattutto dopo aver visto il ragazzo avvicinarsi a Setsu per baciarla, così si era infine deciso a mostrarsi. Erano stati a chiacchierare al bar come se fossero stati vecchi amici, e la cosa lo aveva già fatto innervosire parecchio. Quando poi vide la sorella arrossire dopo il bacio, non ci vide più dalla rabbia.
- Cain! – esclamò Setsuka, vedendolo solo dopo aver seguito lo sguardo di Reino.
Se non fosse stato dinanzi a lei, di sicuro non lo avrebbe riconosciuto con l’assurdo abbigliamento che aveva addosso. Si era travestito per seguirla forse?
- E così non lo conoscevi, eh? – pronunciò, con tono tanto gelido da farla rabbrividire.
Senza attendere risposta, il ragazzo le voltò le spalle per andarsene. Se fosse rimasto, avrebbe sicuramente preso a pugni il bastardo che stava con lei, ma sapeva di non averne diritto. Non certo per un bacio sulla fronte.
- Fratellone! Aspetta! – tentò di fermalo la ragazza, alzandosi per seguirlo.
- Setsuka! – la fermò a sua volta Reino, afferrandola per un braccio. – Vieni via con me oggi. Domani, quando avrà sbollito la rabbia, gli parlerai. – le propose, in un ultimo disperato gesto per proteggerla.
- Non posso! Devo raggiungerlo e parlargli adesso, o sarà peggio poi. Grazie comunque. – rispose, prima di corrergli dietro e sparire dalla sua vista.
Il cantante sospirò dispiaciuto. Lui ci aveva provato.
- Reino, tutto bene? – gli si avvicinò la sua manager, rimasta in disparte fino allora.
- Potrebbe andare meglio… ma è a lei che andrà peggio. – rispose, avviandosi con la donna verso l’uscita.
 
 
 
 
 
 
*Da ricordare anche per i prossimi capitoli: In moltissimi Stati americani, l’incesto è illegale e punibile con la reclusione dai 5 ai 15 anni. Solo in New Jersey non lo è se consenziente, e si può addirittura contrarre matrimonio tra consanguinei, anche tra padre/figlia, per farvi un esempio.
In Giappone l’incesto non è illegale o perseguibile per legge dal 1881, se fatto però da persone maggiorenni e consenzienti. Viene ritenuto però alquanto immorale dalla gente. I consanguinei non possono comunque contrarre matrimonio.
Anche in Europa ci sono Stati che ammettono l’incesto e altri che lo puniscono col carcere. In Francia, ad esempio, è legale. Paese che vai, usanze che trovi XD
 
Poi beh, Cain con la parrucca bionda chissà chi ricorda XD di sicuro noi sappiamo che starebbe bene XD
Per il prossimo capitolo vi avverto che sarà presente una scena d’amore, quindi regolatevi se non volete leggerla ;-) e se aspettate scene da occhi a cuoricino… beh… vi consiglio invece di prepararvi al peggio ;-)
Baci Faby <3 <3 <3 <3 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 





(Informo ad inizio capitolo. Ci sarà una scena erotica, ma non credo neanche più di tanto, o almeno rispetto ai miei standard XD nel dubbio possa darvi fastidio una scena simile, ve lo anticipo ^_^)


Cain camminava a passo spedito per le strade affollate della città, deciso a tornare in albergo. Sarebbe dovuto tornare sul set, ma non ne aveva voglia. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era l’assurda voglia di spaccare qualcosa, possibilmente la faccia di quella specie di pagliaccio coi capelli bianchi. 
Stava ribollendo dalla rabbia. Non era mai stato tanto furioso con sua sorella come quel giorno. Non solo per le sue bugie, ma soprattutto perché stava iniziando a capire di non essere più al primo posto nei pensieri di Setsu. E se da un lato doveva esserne felice, dall’altro ne era afflitto e deluso.
Capiva quanto malato fosse il suo amore per la sorella. Capiva quanto fossero sbagliati i suoi sentimenti, ma proprio non riusciva a non provarli. Inconsciamente, da egoista qual era, aveva sperato di essere qualcosa in più di un fratello, di ricoprire un ruolo a lui vietato, e che lei rendeva, con i suoi gesti possessivi e gelosi tanto quanto i suoi, qualcosa di più concreto di una semplice illusione. Si era sbagliato. Setsu era solamente una ragazzina capricciosa, che si comportava in modi equivoci solamente per un senso di possessione, come i bambini con i giocattoli. Peccato che i giocattoli vecchi venissero buttati via per usare quelli nuovi.
“Dannazione! Non posso davvero pensare queste cose di mia sorella!” si rimproverò, in un momento di lucidità. La rabbia lo stava mandando fuori di senno. “Se papà e mamma sentissero i miei pensieri, mi maledirebbero dall’oltretomba! Come posso desiderare che mi veda come uomo e non come fratello?! Finirò con l’impazzire!” si tormentò, consapevole di quanto contorti e contraddittori fossero i suoi pensieri, ma non riusciva a trovare un equilibrio nel suo cuore. Lottava contro l’amore per la donna e l’affetto per la sorella. Se avesse potuto scegliere, avrebbe sicuramente scelto di far vincere la prima.
- Fratellone! Fratellone fermati! Aspetta! – lo fermò Setsu, afferrandogli la mano. Lo aveva chiamato diverse volte, ma l’aveva ignorata. Lui, senza neppure voltarsi a guardarla, scostò bruscamente la mano dalla sua e proseguì il suo cammino. Disperata, continuò a parlagli, pregandolo di fermarsi, ma senza risultato, così non poté far altro che seguirlo.
Attraversarono una parte della città a piedi. Setsu era sfinita quando arrivarono in camera. Cain, invece, non sembrava minimamente stanco. E così era. A muovere i suoi passi era stata la collera, quindi non sentiva minimamente la stanchezza. Si tolse giacca e parrucca, gettandoli a terra, incurante che fossero oggetti di scena che avrebbe dovuto restituire.
- Cain! Ti prego… parlami! – lo implorò lei, cercando di instaurare un dialogo, ma lui continuò a far finta che lei non ci fosse neanche. – Maledizione! La vuoi smettere di fare il bambino? Posso spiegarti! – sbottò esasperata. A quelle parole, lui si voltò, guardandola in modo ostile.
- E cosa vorresti spiegarmi? Il perché ti sei presa gioco di me? Il perché ti vedevi con quel tipo nascondendomi la verità? Eri con lui quella sera, non è così? –
- Ecco… beh sì, ero con lui. Ma non è come sicuramenti pensi! Io e Reino non… –
- Tu e Reino?! Ma come siete intimi! E pensare che non vi dovreste conoscere da molto, visto che siamo qui da poche settimane! Cos’è… i giapponesi ti piacciono tanto? O forse è l’abbigliamento assurdo di quel bastardo a piacerti? – continuò ad interrogarla, accecato dall’ira.
- Cosa? No! Assolutamente no! Non mi piace per niente! Hai frainteso tutto! Se solo mi ascoltassi… - tentò di parlare, ma Cain la interruppe nuovamente, avvicinandosi a lei in modo sempre più minaccioso, tanto da spingerla ad indietreggiare spaventata.
- Se non ti piacesse, perché accidenti me lo avresti nascosto? Ammettilo che hai un debole per lui! – sostenne, avvicinandosi maggiormente, sempre più pauroso, facendola arretrare ancora, fino a trovarsi spalle al muro.
- Fra-fratellone… non… - provò a dire qualcosa, ma le parole sembravano bloccate nella sua gola.
- Non eri ad un concerto quel giorno, così come non eri stata fuori per ripicca nei miei confronti! Non è così? Eri tra le sue braccia! Magari nel suo letto! – affermò, intrappolandola del tutto contro il muro con le braccia.
- I-intendi che… io e lui… no! Non puoi pensarlo! Non sono andata a letto con lui! – riuscì a replicare con forza, trovando il coraggio di fronteggiarlo. Non doveva pensare che ci fosse una relazione fra lei e Reino.
Era del tutto impreparata a quella reazione così violenta, ma non poteva lasciarsi sopraffare dalla paura e restare inerme in quel modo. In fondo, il silenzio equivaleva ad un’ammissione, quindi non poteva reagire come una bambina impaurita.
- E che accidenti avete fatto fino alle quattro del mattino? –
- Non abbiamo fatto nulla insieme! Ho assistito al concerto dei ragazzi e poi mi ha accompagnato a casa. Tutto qui! –
- Quali ragazzi? Ce n’erano altri? – chiese Cain esterrefatto.
- Reino fa parte di un gruppo di cinque ragazzi. – rispose lei, maledicendosi per aver tirato fuori anche gli altri membri del gruppo. Aveva peggiorato la situazione, poiché la reazione di suo fratello fu quella di colpire il muro con un pugno, ad un passo dal suo viso, e non poté impedirsi di sussultare.
La furia di Cain, a stento trattenuta, esplose violenta dalle sue labbra, proferendo parole che realmente non pensava, ma che in quel momento non riuscì a frenare.
- E dimmi, sorellina, ti sei scopata tutti e cinque contemporaneamente o hanno fatto a turno? Com’è stato? –
Gli occhi di Setsuka si sgranarono per lo sconcerto. Erano uscite davvero dalla bocca di suo fratello quelle espressioni? La paura lasciò posto alla rabbia, spingendola a schiaffeggiarlo con forza.
- Non sono una puttana! Questa potevi risparmiartela! – esclamò furiosa, scansandosi dalla figura prepotente del fratello per rifugiarsi in bagno ma Cain la afferrò per un polso, bloccandola.
- Aspetta Setsu! Mi dispiace! – si scusò, consapevole di aver esagerato, soprattutto osservando gli occhi lucidi della sorella.
- Lasciami! Non mi toccare! – si liberò la giovane, strattonando il polso dalla presa ferrea del fratello. Si sentiva ferita e offesa. Non avrebbe mai immaginato che Cain potesse rivolgerle parole tanto ingiuste. “Era a questo che si riferiva Reino?” si domandò, ripensando alle parole del cantante.
- Senti… non volevo dire quelle cose. Ma sono arrabbiato, dannazione! Perché non lo capisci? – tentò di discolparsi.
- Che dovrei capire? Che mi hai aggredito senza lasciarmi spiegare? Si può sapere che ti ha preso? Perché diamine reagisci così? Ok, d’accordo, ti ho mentito. Conosco Reino già da un po’; l’ho conosciuto per caso assistendo ad una sua performance agli studi televisivi. Da allora l’ho visto un paio di volte. E allora? Qual è il problema? Perché ti arrabbi tanto? –
- Perché non me ne hai parlato, invece di nasconderlo e dirmi che andavi a fare shopping, quando invece dovevi incontrarti con lui? –
 - Perché sapevo che non mi avresti permesso di vederlo, ed io dovevo parlare con lui a tutti i costi! – gli rivelò, mordendosi la lingua.
- E cosa avresti avuto di così importante da dirgli? Sentiamo! –
- Nulla che abbia più importanza ormai. E comunque non sono affari tuoi! Sono grande abbastanza da parlare e uscire con chi voglio! –
- Scordatelo! Non ti lascerò uscire col primo pagliaccio che conosci! –
- Ma che t'importa con chi esco? Se anche andassi a letto con mezza città, a te che importa? -
- Non osare nemmeno pensarla una cosa del genere! – esclamò, guardandola torvo. Lui ci provava a mantenere la calma, ma Setsu era abile nel fargliela perdere.
- Perché non dovrei? Adesso potrei anche uscire da questa stanza e andare a letto col primo che incontro! Non potresti impedirmelo! - lo sfidò, avvicinandosi all'ingresso, ormai stanca di quella lite.
Cain, sentendo quelle parole, perse nuovamente la lucidità, afferrando con violenza la ragazza prima che potesse anche solo toccare la maniglia della porta, trascinandola di peso sul letto, su cui la gettò malamente.
Fu tutto troppo veloce per Setsu, che quasi non capì come avesse fatto a finire sul letto, con Cain su di lei a bloccarla con forza contro il materasso.
- Tu provaci ed io ti uccido! - soffiò minaccioso, a pochi centimetri dal suo viso.
Setsu, nonostante la pesante minaccia, non era minimamente spaventata stavolta. Conosceva suo fratello e sapeva che non le avrebbe mai fatto del male fisico. Era però sorpresa da quella reazione. Le sembrava di assistere ad un attacco di gelosia, e non al rimprovero di un fratello preoccupato.
Poteva forse sperare che fossero la gelosia e la rabbia di un uomo innamorato?
- Perché? Perché ti stai comportando così Cain? - gli chiese più calma, sperando in una risposta diversa dal suo solito: "Sei troppo piccola e ingenua per avere un uomo”.
- Perché sei mia! MIA! Dannazione! - esclamò frustrato, dando finalmente voce a quei pensieri fino ad allora repressi. - Nessuno deve toccarti e guardarti come faccio io quando dormi! Nessuno deve vederti uscire dal bagno mezza nuda! Nessuno deve baciarti come vorrei fare io! – le urlò contro con rabbia, piegandosi a baciarla con disperazione. Desiderava le sue labbra più di ogni altra cosa.
Setsu restò impietrita da quella confessione, tanto da non capire se fosse reale o no ciò che stava vivendo. Cain la stava davvero baciando? Fu quando sentì la lingua del fratello farsi spazio nella sua bocca, che si risvegliò dallo stato d’intorpidimento in cui era caduta. Era tutto reale. Era reale la lingua che cercava la sua, erano reali i morsi che le stavano consumando le labbra, erano reali le mani che la stavano accarezzando e, soprattutto, era reale il desiderio che le si stava accendendo dentro, ad ogni suo tocco.
Abbandonando le labbra della sorella, Cain scese a baciarle il collo, che liberò con uno strattone dal collare borchiato che indossava, per poi passare a tirare via i lacci del suo corsetto, lasciandole il petto esposto alla sua vista. Aveva totalmente abbandonato il buon senso mentre succhiava avido la sua pelle serica, imprimendovi sopra la potenza del suo amore. In quel momento lo guidavano solo il desiderio e il tormento, oltre che la collera.
- Cain... - gemette Setsu, quando le labbra di lui si chiusero sull’estremità del suo seno, che morse e succhiò con forza, fino a farle quasi male. E le piaceva quella sensazione. Sentiva la sua bocca calda e umida che si alternava alle dita sui suoi capezzoli divenuti sensibili. - Cain! – lo chiamò nuovamente, quando sentì le dita del fratello scorrere sopra i suoi slip in pizzo, sfregando il centro della sua femminilità e provocandole dolci fitte di piacere.
Il richiamo della sorella, però, alle orecchie di Cain, ancora guidato dalla furia, suonò come una richiesta a fermarsi, cosa che non avrebbe fatto per nulla al mondo.
- Volevi andare a letto col primo che incontravi, no? Ti sto solo accontentando! – asserì, ritornando a baciarla con foga.
La ragazza non capì il significato di quella frase, e in quel momento nemmeno ci provò. Si stava finalmente avverando il suo più grande desiderio e non lo avrebbe rovinato perdendosi in stupide riflessioni. Portò le mani ad accarezzare la schiena che aveva bramato graffiare per anni, desiderando il contatto diretto con la sua pelle e non con la stoffa della camicia, che iniziò a sbottonare, finché lui la tolse del tutto, insieme al resto dei loro abiti.
Le dita di Cain si muovevano con smania sul corpo della sorella. Era un tocco rude, per nulla dolce, che esprimeva tutta la sua frustrazione. Stava usando la forza, ma lei non sembrava volerlo più fermare dopo le sue parole. Le stava piacendo e la cosa lo invogliò a proseguire, per soddisfare quella cieca voglia repressa troppo a lungo.
Le sue mani e la sua bocca si riempivano delle dolci rotondità di Setsu, come se fossero state fatte appositamente per lui. Le sue orecchie erano invase da gemiti che solamente a lui era dato sentire, e di cui voleva aumentare l'intensità.
La ragione gli diceva che era sbagliato, ma l'istinto prevaleva su ogni logica razionalità.
Raggiunse nuovamente la sua intimità, che trovò già umida, e con due dita scivolò dentro al suo caldo corpo, che sussultò forse per il dolore, ma non se ne curò. La mente era totalmente ottenebrata dal bruciante desiderio di averla, possederla finalmente. Voleva ciò che era suo di diritto e che non avrebbe concesso a nessuno. Non riusciva nemmeno a concepire il pensiero che un altro uomo la potesse toccare, baciare e guardare come stava facendo lui.
Setsu trattenne il fiato per quell'irruenza inaspettata. Provò un certo fastidio, ma passò appena le dita di Cain iniziarono a muoversi dentro di lei, dandole scariche di piacere mai provate. Certo non immaginava in quel modo poco romantico la sua prima volta, ma le andava bene anche così. Cain la desiderava, le aveva detto che era sua, che nessuno doveva toccarla, tranne lui, e lei non poteva esserne più felice.
Non le importò neppure quando lui la penetrò senza alcuna delicatezza. Strinse gli occhi e si aggrappò alle sue spalle, spingendo le unghie nella sua carne, come se, con quel gesto, volesse trasmettergli non solo lo stesso dolore, ma anche la stessa passione.
Oltrepassata quella barriera che li divideva, Cain si sentì rinascere. Tutta la rabbia, la frustrazione e la gelosia provati fino ad allora, svanirono dentro al corpo della sorella, che lo stringeva a sé con tutte le sue forze, come se volesse fondersi con lui.
Uniti nel corpo e nell'anima, consumarono quella passione proibita come se fuori da quella stanza il mondo non esistesse.
C'erano solamente Cain e Setsuka.
Proprio al culmine di quella passione, però, le parole della sorella lo riportarono duramente alla realtà, come un pugno dritto allo stomaco.
- Ti amo fratellone! -
E gli fu chiaro il terribile errore commesso.
 
Stava ancora riprendendo fiato tra le braccia del fratello, quando lo sentì spostarsi per mettersi seduto ai bordi del letto, dandole le spalle. Doveva ammettere che non era stato il massimo come esperienza, ma era ugualmente felice, perché finalmente vedeva i suoi sogni avverarsi. Riusciva a vedere il loro futuro insieme, come coppia, e non come semplici fratelli.
Gattonò verso di lui, alzandosi poi sulle ginocchia per abbracciarlo da dietro. Il contatto con la sua pelle calda era qualcosa di incredibilmente bello. Non avrebbe saputo descrivere a parole le sensazioni che le procurava il solo abbraccio dei loro corpi nudi.
- Prenderai freddo così. Torna ad abbracciarmi. – sussurrò provocante al suo orecchio, iniziando a lasciargli una scia di baci dal collo fino alla spalla. Non le sarebbe dispiaciuto ripetere quel turbinio di emozioni provate un attimo prima, magari con più dolcezza.
Cain, però, non si mosse. Era troppo sconvolto. Quel “ti amo fratellone” rimbombava nella sua testa come il più assordante dei rumori. Non riusciva a capacitarsi del grave errore che aveva appena commesso. Aveva ceduto alla rabbia, ma prima ancora al desiderio. Come avrebbe potuto porvi rimedio?
“Non c’è rimedio alla cazzata che ho fatto! Come mi comporto adesso? Che dovrei dirle?” si chiese, tormentandosi all’idea di come avrebbe reagito la sorella, che tutto sembrava, meno che arrabbiata, anzi, pareva addirittura contenta.
- Dai fratellone, torna a letto. Dovremmo anche parlarne, non credi? Sinceramente non credevo che anche tu provassi qualcosa di così forte per me. Temevo mi vedessi semplicemente come la tua piccola e graziosa sorellina da difendere e proteggere. Invece mi hai sorpreso. Mi spiace solo esserci arrivati in questo modo, ma non fa niente alla fine. L’importante è aver capito i nostri sentimenti, no? Da oggi non dovrò più fingere di voler dormire con te per gli incubi. – rise allegra, stringendolo maggiormente, felice per la piega che avevano preso gli eventi. Avrebbe potuto esternargli tutto l’amore che provava, senza più doversi nascondere dietro stupide scuse, poiché anche lui la ricambiava.
Cain si voltò a guardarla sorpreso. Il voler dormire con lui per paura degli incubi, era dunque una bugia inventata per mascherare la sua voglia di stare con lui? Non riusciva a credere alle sue orecchie. Anche sua sorella si nascondeva dietro delle scuse per giustificare i suoi sentimenti.
Si sentì improvvisamente uno stupido per non averlo capito prima. Si era fatto raggirare da lei senza nemmeno accorgersene. In un primo momento di sconcerto, aveva pensato che quel ti amo fosse stato un gesto istintivo, dovuto alla passione, invece era molto di più.
Gli furono chiari, così, tutti gli strani comportamenti da lei avuti fino allora. La sua poca voglia di uscire senza di lui, la gelosia verso le donne che gli si avvicinavano, il suo gironzolare seminuda per casa, le scuse per seguirlo ovunque andasse, l’assenza di ragazzi nella sua vita, tranne quel ragazzetto coi capelli da vecchio che ultimamente le girava attorno.
Ma se aveva confessato di amare lui, che ruolo aveva quel ragazzo per lei?
- Comunque, per quanto non mi sia dispiaciuto sentirti completamente dentro me… - ridacchiò maliziosa - sarebbe bene prendere precauzioni in futuro. Non voglio ancora avere figli. – continuò lei, incurante del colpo di grazia appena inflitto al fratello.
“Merda! Il preservativo! L’ho completamente dimenticato! Come ho potuto essere così irresponsabile e perdere la testa fino a questo punto? E se fosse rimasta incinta? Maledizione!” imprecò, prendendosi la testa tra le mani per la disperazione.
- Cain? – lo chiamò lei, notando il gesto e staccandosi appena da lui per poterlo guardare.
Il ragazzo si alzò del tutto, prendendo i boxer e infilandoli, dirigendosi poi in bagno per sciacquarsi il viso. Si sentiva andare a fuoco, e non più per il desiderio, ma per la tremenda preoccupazione che gli stava incendiando i pensieri.
- Ehi, tutto bene? – gli chiese Setsu, raggiungendolo in bagno, ma Cain non rispose. Tentava di trovare una soluzione al guaio che aveva combinato. Non poteva iniziare una relazione con la sorella, anche se avrebbe tanto voluto. Non era solamente immorale, ma era soprattutto illegale. 
- Fratellone, che succede? – domandò nuovamente lei, avvicinandoglisi e poggiando una mano sul suo braccio per richiamarne l’attenzione, poiché sembrava non sentirla. – Stai male? Qualcosa non v… -
- Zitta! – esclamò, allontanando in modo brusco la sua mano. – Stai zitta! Basta! Smettila di parlare! – sbraitò esasperato, non riuscendo più a reggere la tensione. Sentiva la testa esplodere.
- Cosa… che ho detto? – chiese lei, spaventata e sorpresa da quella reazione.
- Esci subito da qui e vestiti! – le ordinò, visto che era completamente nuda davanti ai suoi occhi, ancora desiderosi di poggiarsi su di lei, nonostante tutto.
- Ma… non capisco… che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato? –
- Non vuoi proprio ascoltare, vero? – rispose scontroso, uscendo dal bagno e tornando in camera per vestirsi.
- Fratellone, mi dici che ti è preso così all’improvviso? – insisté lei, prendendo la camicia del fratello e indossandola. Non capiva perché le avesse chiesto di coprirsi, ma lo accontentò.
- Domani torni a casa. – la informò sbrigativo, mettendo le scarpe e prendendo il cappotto. Aveva bisogno di uscire da quella stanza e stare lontano da lei.
 





E da qui iniziano i dolori :3
Cain vuole rispedire Setsu a casa. Secondo voi andrà via? O faranno pace? A voi farvi un'idea di cosa accadrà nei prossimi capitoli ^_^
Baci Faby <3 <3 <3 <3 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


 




- Domani torni a casa. – la informò sbrigativo, mettendo le scarpe e prendendo il cappotto. Aveva bisogno di uscire da quella stanza e stare lontano da lei.
 
- Co-cosa? Perché? – domandò incredula la ragazza.
- Perché una cosa del genere non dovrà mai più ripetersi. – rispose amareggiato Cain, puntando lo sguardo verso il letto con le lenzuola sfatte, testimoni di quell’amore incestuoso che non avrebbe dovuto consumarsi.
- Io… non capisco. Sei stato tu a… - mormorò spaesata, non riuscendo a seguire i suoi discorsi sconnessi, almeno per lei, poiché per Cain erano fin troppo chiari.
- Già. È colpa mia ciò che è accaduto. Non avrei dovuto nemmeno toccarti. È stato un errore. Ti ho tolto qualcosa che non mi spettava davvero prendere. – disse terribilmente pentito.
- Non ti seguo. -
- La tua verginità... mi spiace. Sono stato un animale. Ho agito d’istinto. –
- Eh? Che accidenti dici? Non avrei voluto altri che te, sia per la prima volta sia per l’ultima. Ti amo e non potrei mai pentirmi di quello che è successo. Io ne sono felice. Se è solo questo il problema, non sentirti in colpa, lo volevo tanto quanto te. – provò a rassicurarlo. Lo vedeva agitato e non capiva il perché.
Cain ascoltò nuovamente quella dichiarazione d’amore e non poté che sentirsi peggio. In altre circostanze avrebbe gioito. Sarebbe stato felice di scoprire che la donna che tanto amava, ricambiava il suo amore. Ma non lei. Era sua sorella e doveva proteggerla.
Ricordava ancora le ultime parole che gli avevano rivolto i genitori quel tragico giorno,  poco prima di uscire a cena: “Ti affidiamo Setsu. Occupati di lei.”
Semplici parole di routine che ogni genitore era solito dire al figlio più grande lasciato a fare da babysitter al più piccolo, lo sapeva, ne era consapevole, ma per lui, rimasto orfano poche ore più tardi, erano diventate un peso enorme da sostenere. Gli avevano affidato Setsu e lui l’avrebbe protetta da tutto e da tutti, anche da se stesso.
Se avesse permesso ai sentimenti di prendere il sopravvento, sarebbe stato pericoloso. Finché quello innamorato era solamente lui, andava bene, l'avrebbe amata in silenzio, così si diceva ogni volta, ma poiché Setsu provava le stesse cose, doveva allontanarla. La conosceva bene e sapeva che se fosse rimasta lo avrebbe provocato fino a farlo cedere, facendogli perdere il controllo e trascinandolo in una relazione pericolosa, agli occhi di tutti. Setsu doveva allontanarsi da lui, anche se questo lo avrebbe annientato.
- Cain? – lo chiamò lei, vedendolo assorto.
- Da quanto? – chiese il ragazzo, spezzando il silenzio.
- Da quanto cosa? –
- Da quanto sei innamorata di me? – le domandò curioso, visto che non aveva mai sospettato nulla.
- Da che ne ho memoria. Pensavo fosse affetto fraterno, però mi sbagliavo. Lo notavo ogni volta che eri con qualche ragazza. Oltre ad esserne gelosa, ne ero tremendamente invidiosa. Avrei tanto voluto essere al loro posto quando le baciavi, così ho capito. Sapessi quanto mi ha reso felice scoprire che anche tu mi ami! Adesso possiamo stare insieme senza scuse e finzioni! Saremo una coppia perfetta fratellone! – affermò Setsu emozionata. Sentiva il cuore scoppiare di gioia come mai. Finalmente non avrebbe dovuto dividerlo più con nessuna. Sarebbe stato solamente suo. Ovviamente sembrava spaventato per quello che sarebbe accaduto, si notava dall’espressione tesa del suo viso. La gente li avrebbe mal giudicati, ma a lei non importava nulla. Lo amava e avrebbe affrontato di tutto per lui.
Cain, però, non la pensava alla stessa maniera.
- Noi non staremo mai insieme. – dichiarò freddamente, facendo appello a tutte le sue forze.
- Come? – chiese Setsu, sperando di aver sentito male.
- Non avremo nessuna relazione. Smetti di fantasticare su cose impossibili e torna con i piedi per terra. – l’ammonì duramente.
- Perché? – domandò lei, sentendo il cuore balzare in gola.
- Forse hai dimenticato una cosa Setsu: siamo fratelli. – le ricordò sofferente, cercando di non darlo a vedere e indossando una maschera d’indifferenza che non gli apparteneva.
- E che importanza ha? Non saremmo né i primi né gli ultimi! – sostenne lei, ben sapendo di non essere i soli a trovarsi in quella situazione.
- Ma ti senti quando parli? Che importanza ha, chiedi? Oltre che immorale, è soprattutto illegale! O lo hai dimenticato? Sono un attore e presto si verrebbe a sapere che ho una relazione incestuosa con mia sorella! Hai idea delle ripercussioni che ci sarebbero? – le rammentò, poiché sembrava aver totalmente cancellato la parte più importante.
- No, non l’ho dimenticato, ma non dobbiamo certo andare a sbandierarlo ai quattro venti se non vuoi! Lo terremo solo per noi, per non rovinare la tua carriera. Non possiamo rinunciare ad amarci per questo! E poi… abbiamo già fatto l’amore. Non credi sia troppo tardi per tornare indietro? –
In quel momento, grazie alle parole della sorella, nella mente di Cain prese forma un piano perfetto per allontanarla definitivamente, anche se, probabilmente, l’avrebbe odiato per sempre. La scelta, però, era vivere con lei quell’amore proibito e metterla seriamente nei guai, o allontanarla e permetterle di vivere la sua vita, in modo sereno e alla luce del sole. E lui sapeva cosa fosse giusto fare per proteggerla. Doveva farlo per il suo bene, perché l’amore che provava per lei era più grande di ogni cosa, perfino più della propria vita, che avrebbe sacrificato mille volte per lei.
Chiamò a sé tutto il suo coraggio e infine parlò.
- Rinunciare ad amarci? Credo ti sfugga qualcosa d’importante sorellina… Io non ho mai detto di amarti. – rispose distaccato, iniziando a recitare un ruolo che non avrebbe mai voluto interpretare.
- Che intendi dire? – chiese lei confusa.
- Stai confondendo una semplice notte di sesso con qualcosa che non esiste. Non l’ho fatto certo per amore, ma solo per togliermi uno sfizio. - mentì, sentendo il cuore incrinarsi.
Lo sconcerto sul viso di sua sorella, però, fu la cosa che più fece male. I suoi occhi sgranati valevano più di mille parole. Più volte la vide aprire le labbra per parlare, ed altrettante volte le vide richiudersi, preda di un lieve tremore. La voglia di abbracciarla e dirle che stava mentendo, iniziava a farsi forte, ma non doveva cedere, nemmeno se avesse iniziato ad inveirgli contro.
- Uno… sfizio? – riuscì finalmente a parlare, quando la voce si decise a tornare.
- Sì, uno sfizio. Per questo mi spiace averlo fatto, perché sicuramente avresti preferito donarti all’uomo che un giorno amerai davvero. – continuò a recitare, pronunciando con rabbia quelle parole, pesanti come macigni. Immaginarla con un altro uomo era un tormento.
- Non è vero ciò che dici! Stai mentendo! – esclamò, sentendo la testa girare. Aveva inconsciamente smesso di respirare per lo shock. Tutto il suo corpo sembrava essersi paralizzato nell’udire quelle brevi ma terribili parole. Solo il cuore dava segni di vita, pulsando con talmente tanta furia da voler fuoriuscire dalla sua gabbia toracica.
- Non ti sto affatto mentendo. Sei mia sorella Setsuka. Come potrei amarti come donna? –
- E quello di poco fa? Con una sorella non si va a letto per passare il tempo! – affermò con sconcerto.
- Sì che si può, così come si può fare sesso con un’estranea. –
- Quello che dici non ha senso! Hai detto che sono tua, che nessuno deve toccarmi all’infuori di te e ora te ne esci che era solo per sfizio? No! Non ti credo! Quelle erano le parole di un uomo geloso, innamorato della donna che stava baciando! L’ho sentito! – sostenne disperata, pensando che la situazione che stava vivendo fosse assurda e irreale, il frutto di un incubo.
- Hai sentito ciò che hai voluto in quanto donna innamorata. Mi spiace sorellina, ma io non ricambio questo amore malato, quindi, per il tuo bene, è meglio che mi stai lontano se non vuoi soffrire. –
- Amore malato? – ripeté ancora più sconvolta, mentre le lacrime iniziavano a lasciare i suoi occhi, che non avevano più avuto la forza di chiudersi.
- Sono sicuro che questa tua pazzia passerà presto. È solo uno dei tuoi tanti capricci. Torna a casa. L’aria di questo paese ti fa male. –
Setsu non rispose. Era totalmente impietrita. La sua mente si era svuotata di ogni pensiero. Sentiva solamente il freddo invaderle l’anima, raggelarle il cuore, che lentamente frenava il suo pulsare folle.
 “Sì… è sicuramente un incubo. Adesso mi sveglio e tutto questo svanirà. Mi ritroverò tra le braccia del mio amato Cain, che mi stringeranno come sempre. Sì, è un incubo! Devo svegliarmi! Ora! Questa non è la realtà. Questa non è la realtà! No! Non può!“
- Vado a fare un giro, tu prepara le valigie per domani. Ah, dimenticavo, non rovinare la camicia. Devo restituirla. – le disse, guardandola un’ultima volta prima di lasciare la camera.
Era ferma al centro della stanza, a guardarlo con espressione quasi assente. Credeva avrebbe iniziato ad urlargli contro, invece non aveva più detto una parola. Non sapeva se fosse un bene o un male. Si aspettava insulti, invece nulla. Sembrava essersi chiusa nel mutismo, solo i suoi occhi pieni di lacrime esprimevano per lei il dolore che le aveva inflitto. Si sentì un verme, ma non poté fare altrimenti.
Si chiuse la porta alle spalle, senza nemmeno salutarla, e si allontanò dall’albergo, senza una meta precisa da raggiungere.
 
Setsu restò a guardare la porta davanti a sé e dalla quale Cain era uscito. Se n'era andato. L'aveva lasciata da sola in quella stanza, con quel letto a ricordarle il paradiso vissuto prima e l'inferno in cui era caduta dopo.
Non era riuscita a parlare, a dire nulla. La sua mente era come andata in blackout ascoltando quelle parole. Avrebbe voluto pregarlo di ripensarci, avrebbe voluto chiedergli di non andarsene, avrebbe perfino voluto imprecare contro di lui, ma non c'era riuscita. E lui era andato via per non guardarla, forse per sempre.
Improvvisamente, la stanza iniziò a vorticarle intorno, diventando stretta e soffocante. Una forte nausea la costrinse a raggiungere velocemente il bagno, nel quale riversò anche l’anima. Tremava, ma non per il freddo. Era completamente sconvolta. Si era sentita in quel modo solo una volta in vita sua, ovvero quando le dissero che i genitori erano morti, ma in quell’occasione ci fu Cain con lei. Questa volta era da sola, anche perché erano state proprio le mani di suo fratello a spingerla giù nel baratro.
Di colpo comprese che doveva andarsene; doveva uscire da lì, il prima possibile. Nonostante la confusione che le annebbiava i pensieri, rifletté sul vestirsi prima di lasciare quella stanza. Mise le prime cose che trovò e uscì, non prendendo né il cappotto né il cellulare.
Il freddo pungente dell'inverno la colpì in pieno viso, ma non se ne curò. Aveva bisogno di respirare a pieni polmoni e l'aria gelida della sera l'aiuto, restituendole un po' di calma.
Camminò a lungo, senza guardare ciò che la circondava. Le strade erano tutte uguali ai suoi occhi. Proseguì finché si ritrovò su un cavalcavia, su cui si fermò senza forze. Osservò le auto sfrecciare sotto di sé, chiedendosi se fossero dirette a casa, dove magari c'era qualcuno ad attendere il ritorno della persona amata dopo una giornata di lavoro. Dovevano essere all’incirca le nove, quindi era plausibile fosse così.
E lei? Lei attendeva il ritorno di qualcuno? No. Non aveva più nessuno. Cain l'aveva abbandonata nel peggiore dei modi, trattandola alla stregua di un oggetto, qualcosa con cui togliersi "lo sfizio", ed una volta fatto ciò, voleva liberarsene, rispedendola a casa.
Le lacrime tornarono a inondarle dolorosamente il viso. Delle auto sotto di sé, vide solamente le luci sfocate che si riflettevano sulle gocce salate che sgorgavano dai suoi occhi. Il cuore tornò a pulsare violentemente, bloccandole il respiro, fin quasi a soffocarla. Si lasciò scivolare disperata contro le inferriate del parapetto, fino a sedere sul freddo lastricato del ponte. I singhiozzi aumentarono d’intensità nel ricordare le parole di Cain  “- Io non ricambio questo amore malato. –“ . Così lo aveva definito, un amore malato, qualcosa di deprecabile, indegno di esistere.
Eppure… ricordava ogni singola carezza, ogni singolo bacio, ogni singola frase, e tutto sembravano, meno che i gesti dettati da un capriccio. Avrebbe giurato fossero azioni guidate dall’amore, dalla passione. Cosa le era sfuggito?
Poggiò la fronte sulle sbarre, stringendole con rabbia, continuando quel pianto inconsolabile. Non ci sarebbe stato più nessuno ad asciugare e nascondere nel suo abbraccio quelle lacrime. Era sola. Tutto ciò che le restava, erano solitudine e disperazione.
"Me lo sono meritato alla fine. Reino mi aveva avvertito di stargli lontano, ma io non l'ho ascoltato." rifletté, riuscendo finalmente a comprendere le parole del ragazzo. Lui sapeva che sarebbe successo, l'aveva avvertita, ma lei, troppo ingenua, troppo innamorata, troppo sciocca, non gli aveva dato retta.
 
Sappi solamente che io ci sarò quando quel bastardo ti spezzerà il cuore. Non esitare a chiamarmi se avessi bisogno d’aiuto, intesi?
 
Le parole del ragazzo risuonarono nella sua testa, provocandole un senso di disagio. Chiamarlo nel momento del bisogno? Sicuramente non era da lei. Non le era mai piaciuto approfittare della gente e di certo non avrebbe cominciato in quel momento. E comunque non aveva con sé il cellulare.
Tuttavia, avrebbe tanto voluto qualcuno al suo fianco che la tirasse via da quell’abisso di dolore in cui stava annegando, istante dopo istante, fino a farle perdere coscienza di sé e del luogo in cui si trovava, chiudendo gli occhi e precipitando nel buio.
 
Cain vagò per le strade della capitale per diverse ore come un’anima in pena. Si sentiva il peggiore degli uomini per la durezza con cui aveva trattato Setsu, ma solo in quel modo era sicuro di tenerla lontano. Se non lo avesse fatto, lei avrebbe continuato a insistere su quanto fosse giusto vivere il loro amore, andando contro tutto e tutti. Non avrebbe capito la gravità della situazione.
Vivere come dei delinquenti, nascondendosi per paura delle conseguenze, non era ciò che auspicava per lei. Aveva sempre fatto del suo meglio per garantirle un futuro roseo e di certo non sarebbe stato lui a rovinarlo, anche se ciò significava distruggere anche il proprio di futuro.
Setsuka era giovane, avrebbe sicuramente trovato un altro uomo da amare. Per lui, invece, non ci sarebbe stata nessuna donna. Lo sapeva perché ci aveva provato, ma non aveva funzionato. Il suo attaccamento morboso era nato quattro anni prima, quando la sorella, appena quindicenne, aveva iniziato con le sue stravaganze. Non sapeva spiegarsi il perché di quegli assurdi sentimenti, ma ogni giorno che passava era una tortura per lui. Vederla crescere sotto i suoi occhi, osservare i suoi cambiamenti nel tempo, godere della bellezza del suo viso ogni volta che gli sorrideva, vedere la fierezza nei suoi occhi ogni volta che parlava di lui con qualcuno, erano cose che lo avevano avvicinato sempre più a provare sentimenti che andavano oltre all’amore di un fratello.
Per tanto tempo si era sentito una persona terribile, anormale, un depravato, per quel desiderio perverso che nutriva verso qualcuno che gli era proibito guardare, ma sapere di non essere il solo lo aveva in un qualche modo rassicurato che non fosse un pazzo squilibrato. Era stato sconvolgente scoprire che anche lei provava le stesse cose. Purtroppo non potevano vivere quell’amore se non in modo clandestino, cosa che lui non voleva assolutamente.
Erano le tre del mattino quando si decise a ritornare per via della neve che iniziava a scendere fitta. Non sapeva cosa lo attendesse. Era rimasta sveglia ad aspettarlo o si era addormentata tra le lacrime? Non lo sapeva. Di certo, non avrebbe dormito accanto a lei ma sul divano.
Aprì piano la porta, stupendosi di veder filtrare ancora la luce accesa dallo spiraglio appena aperto. Sicuramente lo aveva aspettato. Entrando, però, la preoccupazione lo investì in pieno, trovando la camera esattamente come l’aveva lasciata. C’era solamente la camicia adagiata sul letto, poi era tutto come poche ore prima.
Non proprio tutto, in effetti, poiché Setsu sembrava non esserci.
- Setsu? – la chiamò, senza ottenere risposta, così la cercò in cucina e in bagno, ma di lei non vi era più alcuna traccia. Colto dal panico, prese il cellulare e compose il suo numero, ma il panico divenne terrore quando sentì il cellulare della sorella squillare in cucina. Non lo aveva portato con sé.
- Maledizione! Dove cazzo è andata a quest’ora quella pazza? – imprecò, lanciando furioso il cellulare, che impattò contro il muro.
Andò a guardare i cassetti, per vedere se aveva fatto le valigie, portandole via con sé. Magari aveva cambiato camera, albergo o era andata in aeroporto senza aspettarlo, invece, trovò tutti gli abiti, compreso il cappotto, al loro posto. In quell’istante, la paura che avesse commesso qualche sciocchezza divenne reale, gettandolo nello sconforto più totale. Dove avrebbe dovuto cercarla?
Si maledì milioni di volte mentre ritornava in strada, cercandola senza sapere dove, girando a vuoto per ore intere, sotto la neve, mentre il tormento che si fosse fatta del male, per colpa sua, iniziava a diventare sempre più prepotente. Non era da lei fare una cosa del genere, ma l’aveva lasciata totalmente sconvolta, e non avrebbe saputo dire che azioni sarebbe stata in grado di commettere in quello stato.
- Sono un coglione! Un emerito coglione! Non dovevo lasciarla da sola! - urlò contro se stesso, ritornando in albergo quando il sole era ormai sorto.
Sperava ritornasse da sola di lì a poco, ma se non l’avesse fatto, come avrebbe dovuto comportarsi?
 






Salve miei cari ^_^ ed eccoci al momento poco felice di cui vi parlavo.
Cain manda via Setsu e lei non la prende certo bene. Adesso è sola e sconfortata. Che le accadrà?
Di certo Cain si pentirà amaramente di ciò che ha fatto :3 tornare indietro sarà difficile se non impossibile.
Nel ricordarvi nuovamente la mia paginetta Facebook su Skip Beat, che trovate qui →  Skip Beat Italia - Cain&Setsu  vi saluto e mi dileguo a rispondere alle vostre recensioni, che mi rendono sempre tanto felice *-* sono contenta che vi piaccia questa storia a cui non avrei dato un centesimo XD quindi GRAZIEEEEE :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3


 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


 



 
Il suono di un clacson la svegliò bruscamente. Socchiuse gli occhi intontita, avvertendo delle atroci fitte alla testa che glieli fece chiudere subito. Provò a muoversi, ma qualcosa glielo impedì. Sorrise, risvegliandosi dal torpore e iniziando ad avvertire delle braccia stringerla forte, e tra le quali si sistemò meglio.
- Ben svegliata. - la salutò dolcemente una voce dal tono caldo e delicato, diversa da quella roca e profonda alla quale era abituata, provocandole una strana sensazione.
Aprì gli occhi, spalancandoli del tutto dopo aver messo a fuoco la figura al suo fianco. L'uomo che aveva accanto a sé non era Cain ma Reino.
- Ma che... dove sono? - domandò spaesata, sollevandosi a sedere e guardandosi intorno, non riconoscendo la stanza.
- A casa mia. Non ricordi nulla di stanotte? - le chiese, vedendola confusa e mettendosi seduto anche lui.
In quel momento, gli ultimi ricordi di quella notte tornarono prepotenti nella sua mente, lacerandole nuovamente il cuore già martoriato. Ricordava il gelo che aveva iniziato a sentire dentro e dal quale voleva fuggire, così come voleva fuggire dal dolore, anzi, sparire era ciò che aveva desiderato. Dissolversi come una nube di fumo nel cielo. E forse così avrebbe fatto se qualcuno, alle sue spalle, non l’avesse presa in braccio per portarla via da quel luogo.
- Come ci sono finita qui? Voglio dire… come mai eri lì? -
- Non lo ricordi? Mi hai chiamato tu. - le spiegò, prendendole una mano e baciandone il palmo, sotto il suo sguardo disorientato.
Stava approfittando della confusione di Setsuka per tenerla accanto a sé, lo sapeva. Tuttavia non riusciva a fare altrimenti. Il sentimento che quella ragazza aveva fatto nascere in lui, era qualcosa di molto forte, dai toni dolci e romantici, ma corredato allo stesso tempo da un lato oscuro ed egoista, che lo portava a comportarsi in modo non proprio corretto.
Stavolta, avrebbe tentato tutto ciò che era in suo potere per allontanarla dal fratello, ricorrendo a ogni mezzo, anche alla menzogna se fosse stato necessario. Il fatto poi, che lei non si scostasse dal suo tocco, lo faceva ben sperare.
- Io? Davvero? Pensavo di aver lasciato il telefono a casa. – rifletté confusa.
- Infatti non mi hai chiamato al cellulare. Mi hai cercato col cuore, così sono venuto a prenderti. -
- Sei serio? – chiese scettica.
- Uffa, ok confesso! Ero sotto l'hotel ad aspettarti. Sapevo sarebbe successo qualcosa e volevo essere lì, nel caso mi avessi chiamato davvero. Dopo un po’ ho visto uscire lui e qualche minuto dopo sei uscita anche tu. Pensavo volessi seguirlo, invece sembravi assente e andavi da tutt'altra direzione rispetto a lui. Così ti ho seguito. – spiegò, felice di averlo fatto.
Dopo che Setsuka e suo fratello se n’erano andati dall’agenzia, Reino aveva accompagnato la sua manager a casa. Stava per andarsene a casa anche lui, quando improvvisamente cambiò idea, dirigendosi all’albergo in cui alloggiava la ragazza. Le sue sensazioni erano sempre state corrette e sapeva che lei avrebbe avuto bisogno di qualcuno accanto a sé quel giorno. Non sapeva cosa esattamente sarebbe accaduto, ma poteva ben dedurlo: lei gli avrebbe confessato il suo amore e lui l’avrebbe respinta nel peggiore dei modi, per tenerla lontano. E Setsuka ne sarebbe uscita distrutta.
L’aveva seguita preoccupato fino al ponte e quando la vide accasciarsi a terra in lacrime, si era deciso ad andare da lei. Prenderla in braccio era stato come sollevare una bambola. Totalmente inerme, si era lasciata andare contro la sua spalla come se non avesse avuto più forze. Arrivati a casa sua, l’aveva messa subito a letto, poiché era completamente congelata, e l’aveva tenuta stretta a sé per tutta la notte, come un prezioso tesoro da proteggere. Non gli sarebbe dispiaciuto, però, poterla stringere senza l’impiccio dei loro vestiti, ma aveva preferito non togliere né i suoi né quelli di lei, o immaginava già le urla di quest’ultima al suo risveglio.
- Mi hai seguito per tutto il tempo? – domandò lei, sinceramente colpita dal gesto del ragazzo.
- Già. Non potevo lasciarti da sola. Perché tu non sei sola. Ci sono io, capito? – le disse, guardandola seriamente e accarezzandole una guancia. Conosceva i sentimenti che si agitavano dentro il suo cuore. Sapeva che si sentiva sola e abbandonata, ma non era così. Ci sarebbe stato lui a consolarla e non l’avrebbe lasciata sola per nulla al mondo. Avrebbe cancellato dai suoi pensieri ogni ricordo di quel Cain e ne avrebbe preso il posto. Se quel ragazzo non era stato tanto furbo da tenersela, l’avrebbe fatto lui.
Setsuka restò qualche istante a guardarlo sorpresa. Come sempre, Reino aveva letto nel suo cuore, avvertendo il senso di solitudine che le attanagliava l’anima. A sorprenderla, però, non fu la sua solita empatia fuori dal normale, ma furono le sue parole. Le sarebbe rimasto accanto lui? Nonostante sapesse del suo amore per un altro uomo? Davvero non l’avrebbe lasciata da sola?
- Perché? – chiese in un sussurro appena udibile. Non capiva perché un uomo interessato a una donna, avrebbe dovuto aiutarla nonostante lei fosse legata sentimentalmente a un altro. Proprio non lo comprendeva.
- Perché ti voglio bene cucciolo. - le sorrise teneramente. - E anche se so perfettamente che tu non provi lo stesso per me, non voglio vederti soffrire così per colpa di quel bastardo. Non ti abbandonerò come ha fatto lui. Potrai sempre contare su di me e questo perché il bene che voglio a te è maggiore di quello che ne voglio a me. – le spiegò, facendole una dolce carezza tra i capelli, osservando i suoi occhi farsi lucidi.
Molte volte la prendeva in giro chiamandola cucciolo, per via della sua fedeltà verso il fratello, proprio come un cane, ma stavolta doveva ammettere che la sua espressione gli ricordava davvero un cucciolo smarrito e spaventato. Forse, per consolarla, sarebbe stato giusto dirle che anche il fratello amava lei più di quanto amasse se stesso, per questo l’aveva allontanata, ma non poteva farlo o l’avrebbe persa per sempre. Era egoista da parte sua, ma non riusciva a fare altrimenti.
Nel cuore di Setsu, in quel momento, si aprì una voragine pronta ad inghiottirla. Non riusciva a spiegarsi perché un estraneo le dicesse quelle cose, mentre l’uomo che aveva avuto accanto per un’intera vita non lo facesse. Avrebbe accettato anche un rifiuto da parte di Cain, in fin dei conti o si ama o non si ama, ma non poteva accettare le parole fredde e offensive che le aveva vomitato addosso. Aveva sminuito il suo amore, catalogandolo come un capriccio, una pazzia. In fondo, per lui era stato solo sesso. Aveva approfittato di lei, del suo corpo, della sua fiducia, del suo cuore, della sua anima, di tutto il suo essere come donna. Era stata usata come una prostituta su cui sfogare le proprie voglie, nulla di più. E più quella consapevolezza si faceva strada in lei, più si sentiva squarciare il petto al pensiero di quell’umiliazione.
Nuove lacrime sgorgarono dai suoi occhi ancora arrossati dal precedente pianto, prima che si tuffasse nell’abbraccio che le offrì Reino, riversando il suo dolore sulla spalla del ragazzo, che la strinse nuovamente a sé. Non era giusto farsi consolare proprio da lui, lo sapeva, però, in quel momento, aveva un disperato bisogno di qualcuno che le stesse vicino e Reino le stava tendendo una mano per non cadere giù da quel precipizio in cui sicuramente sarebbe caduta.
Si aggrappò a lui con tutta la forza che aveva e pianse per minuti interminabili, cullata dalle braccia e dalle parole rassicuranti di Reino, che ascoltò ogni suo singhiozzo, ogni sua frase di sfogo, ogni sua imprecazione, e doveva ammettere che suo fratello era stato molto crudele, forse troppo per lei. Se non avesse scrutato anche nel suo animo, quando se l’era trovato di fronte il giorno prima, avrebbe giurato che davvero non provasse nulla per lei, visto il peso delle parole che le aveva rivolto. Invece era tutto il contrario, la amava tanto da distruggere se stesso.
 Lui ne sarebbe stato capace al posto di Cain? No, probabilmente no visto come si stava comportando. Ma che avrebbe potuto fare? Rivelarle la verità e rendere vano il tentativo di suo fratello per proteggerla?
“Cazzate! Tu lo fai per te stesso, non per lei. Che vile! ” si disse, denigrando se stesso per il suo egoismo.
 
- Ti ringrazio... per tutto. – gli disse quando si calmò, restando però ancora incatenata al suo abbraccio, che le sembrò il posto più sicuro del mondo in quel momento. Stranamente non provava alcun disagio, anzi, doveva ammettere di trovarsi bene, forse troppo. L’unica cosa che ricordava chiaramente dei momenti di confusione in cui si trovava su quel cavalcavia, era l’abbraccio in cui lui l’aveva stretta, trasmettendole un diffuso senso di calma che non avrebbe saputo descrivere a parole, ma tanto forte da farla tranquillizzare e abbandonare fiduciosa a lui, così come stava facendo in quel momento.
- Non devi ringraziarmi. Te l’ho detto che lo faccio perché ti voglio bene. – rispose Reino, accarezzandole il viso. Non era mai stato tanto smielato con nessuna ragazza e doveva ammettere di essere quasi disgustato da se stesso, ma con lei non poteva essere diversamente. Setsuka lo stava facendo impazzire e rincitrullire, tanto da non riconoscersi più da solo.
- Scusami. Mi sto approfittando di te. Mi dispiace. – si scusò, ricordandosi dei suoi sentimenti. Per un attimo si era concessa di pensare solo a se stessa, dimenticandosi di Reino, cosa che non avrebbe dovuto permettere. Preda dei sensi di colpa, tentò di staccarsi da lui, ma il ragazzo la strinse maggiormente a sé.
- Non andartene. – le chiese, intuendo che volesse andar via.
- Ti ho arrecato fin troppo disturbo. – rispose, scostandosi decisa da lui e alzandosi. – Ti ringrazio davvero, ma non posso approfittarmi ulteriormente di te. Non è giusto. –
- Approfitta pure di me quanto vuoi. Non mi dispiace mica. Anzi… – sdrammatizzò, sorridendole.
- Scemo, tu e i tuoi doppi sensi. – rise lei, guardandolo grata.
- A parte gli scherzi, puoi restare qui se vuoi. Immagino tu non abbia voglia di tornare in albergo. – le propose, alzandosi anche lui e andandole vicino.
- No, ma devo tornarci per fare le valigie. – ricordò triste.
- Vuoi cambiare hotel? –
- No, continente. Mi sta rispedendo a casa. – spiegò la giovane.
- Come? E tu gli dai retta? – chiese Reino, sconcertato alla sola idea di non rivederla più.
- Che altro potrei fare? Non ho nessuno qui a parte lui, e forse qualche parente di mia madre, che però non conosco. –
- Ci sono io qui. Puoi venire a stare da me. – ribadì il cantante.
- Ma non sarebbe corretto. Lo so cosa provi per me e purtroppo non posso ricambiare. –
- Io non voglio nulla in cambio. Conosco i tuoi sentimenti, quindi non ti chiederei niente. Voglio solo aiutarti. A meno che, a casa tua, non ci sia qualcuno su cui puoi fare affidamento. In quel caso non insisto. –
Qualcuno su cui fare affidamento? No, non c’era. Non aveva mai allacciato rapporti stretti con qualcuno. Aveva un paio di amiche, ma non erano certo quelle cui avrebbe confidato i suoi più intimi segreti, poiché non avevano quel genere di rapporto confidenziale.
Tutto il suo tempo libero lo aveva trascorso con Cain. Viveva esclusivamente in sua funzione, quindi non aveva creato legami con nessuno. Ancora una volta, si ritrovò a pensare a quanto fosse sola e a come non se ne fosse mai resa conto prima di allora. Quando aveva Cain, aveva tutto. Senza Cain, Setsuka Heel non esisteva nemmeno come persona.
- Dal tuo silenzio, deduco che la risposta sia no. Bene, allora è deciso! Andiamo in albergo a prendere le tue cose e ti trasferisci qui. Vedrai che non te ne pentirai! – affermò allegro, mettendo una giacca e prendendo le chiavi dell’auto.
- Cosa? Ma io non ho ancora accettato! – gli fece presente la giovane.
- Non serve tu lo faccia. Si vede lontano un miglio che muori dalla voglia di venire a vivere con questo bellissimo ragazzo. – s’indicò fiero.
- Nonché modesto! – ribatté lei, ridendo.
- Non lo sapevi che quello è il mio miglior pregio? – scherzò, felice di riuscire a farla sorridere. 
Se fosse rimasta lì con lui, era certo che avrebbe potuto conquistarla poco a poco, mostrandole che non esisteva solo suo fratello. Essendo cresciuta con lui, era abbastanza normale lo avesse come unico punto di riferimento, per questo doveva riuscire a farle capire che il suo amore non era altro che affetto, semplice amore fraterno, trasformato in qualcosa che non esisteva dal loro attaccamento patologico. Le avrebbe fatto conoscere un altro tipo di amore, ma solamente avendola vicino ci sarebbe riuscito.
- Chiamalo pregio. –
- Certo che lo chiamo pregio. Ora andiamo. - le disse, prendendo il suo cappotto e mettendolo addosso a Setsuka, che lo guardò confusa. – Fuori fa freddo. Ha nevicato stanotte. – le spiegò, notando la sua espressione.
- Davvero? – chiese stupita.
- Già. Siamo quasi a dicembre, o lo avevi scordato? Se non ti avessi portato qui, saresti morta assiderata su quel ponte, incosciente! Potevi almeno mettere qualcosa di più caldo. – la ammonì, indicando le gambe lasciate scoperte dagli shorts che indossava.
- Non ho prestato attenzione agli abiti quando li ho messi. M’interessava solamente uscire da quella stanza. Se potessi, non ci ritornerei. – spiegò, rabbuiandosi nuovamente. Il pensiero di rientrarci, la metteva in agitazione. Cain sarebbe stato lì? L’aveva cercata? La stava aspettando? Lo avrebbe scoperto molto presto purtroppo.
La voglia di non ricomparire più davanti al fratello, iniziava a tentarla. Avrebbe voluto far finta di sparire e magari godersi da lontano la sua preoccupazione nel cercarla, ammesso fosse stato preoccupato per la sua sparizione.
- Potrei dirti che quei vestiti non ti servono, poiché potrei rifarti un intero guardaroba nuovo, ma devi andare a parlargli. Non puoi sparire di punto in bianco. – asserì Reino, sentendola sbuffare.
- Sì sì, lo so! Smettila di fare il guardone di pensieri altrui! –
- Guarda che non ti leggo letteralmente la mente. Capisco al volo cosa pensi osservando solamente il tuo viso. Sono un sensitivo, non un mago. – le spiegò divertito.
- In qualunque modo tu ci riesca, fai paura sai? Un giorno devi spiegarmi come ci riesci. –
- Ok, te lo spiegherò quando vorrai. Ora muoviamoci, prima che venga a cercarti anche l’esercito. – ipotizzò, immaginando che Cain avrebbe smosso mari e monti per trovarla.
- Eh? –
- Nulla. Copriti bene. – le disse, chiudendole bene il cappotto. Doveva ammettere che la trovava provocante con il suo cappotto addosso. Soprattutto se la immaginava senza nulla sotto.
- Stai pensando qualcosa di indecente, vero? – lo sorprese Setsu, indovinando i suoi pensieri.
- Hai imparato a vedere i pensieri della gente anche tu? – le chiese divertito.
- Non è difficile capirlo guardando la faccia da ebete che hai fatto. –
- Confesso Vostro Onore. Stavo riflettendo su quanto sei sexy col mio cappotto. Ti rende più “mia” in un certo senso. Non oso immaginare come staresti con solo una mia camicia addosso, a gironzolare per casa a piedi nudi. – le rivelò, col suo solito tono malizioso.
- Se cominci così, dubito mi troverò bene a vivere con te! – sbuffò, alzando gli occhi al cielo. Quel ragazzo era senza speranze per lei.
- Va bene, capita l’antifona. – si arrese, fingendosi sconfortato e chiudendo la porta dell’appartamento, mentre sorrideva senza farsi vedere.
Qualcosa gli diceva che l’avrebbe vista con e senza la sua camicia a gironzolare a piedi nudi per casa. Ciò che ignorava era per quanto, ma sperò fosse per sempre.
 
 




 
 
Buon salve ^_^
Capitolo tutto dedicato a Setsu e Reino (e non sarà l’unico ^.^)
Come ben immaginato, Reino è corso in aiuto della sua donzella da salvare. Ma ora il momento più difficile: il confronto tra Setsu e Cain! Che accadrà? Cain la lascerà andare via con Reino? Si pentirà di ciò che ha fatto? Chissà XD dovrete leggere il prossimo capitolo per saperlo ;)  (ma va??? XD)
Come sempre, prima di lasciarvi, vi ricordo la paginetta Facebook su Skip Beat per chi ancora non la conoscesse, sempre aggiornata sugli ultimi capitoli pubblicati dalla sensei Nakamura, con spoiler e immagini fresche fresche di pubblicazione giapponese *-*  passate a darmi un salutino se volete :*  Skip Beat Italia - Cain&Setsu 
Baci Faby <3 <3 <3 <3
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


 



 

- Sicura di non volere che ti accompagni su? – le chiese Reino, fermandosi davanti all’ascensore.
- Sì. Se ti vedesse, non so come reagirebbe. –
- Mi fa piacere sapere che ti preoccupi per me, ma non ho certo paura di lui. Sono io, piuttosto, a preoccuparmi per te. – le spiegò, percependo l’aura tetra provenire dai piani superiori e appartenente di certo a suo fratello.
- Non oserà toccarmi. Stai tranquillo. –
- Lo spero. –
- Vado. Non conto di impiegarci molto. – disse Setsu, entrando in ascensore e sorridendogli, anche se in modo forzato.
Quando le porte si chiusero, si appoggiò contro una parete dell’ascensore, osservandosi allo specchio della cabina. Aveva inconsciamente paura, ma non che le facesse male fisico; aveva paura delle sue parole. Sapeva, però, che doveva affrontarlo e informarlo che non se ne sarebbe andata e che avrebbe vissuto altrove.
Si fermò davanti alla porta della camera che condividevano, indecisa se bussare o no. Non aveva con sé la tessera magnetica per aprirla, quindi doveva necessariamente bussare. Lo fece dopo interminabili minuti e attese, finché non vide la porta spalancarsi.
- Setsu! – esclamò Cain appena se la trovò davanti, in perfetta salute, e non poté essere più felice. Istintivamente la tirò a sé in un abbraccio quasi soffocante. Per la testa gli erano passati innumerevoli scenari terrificanti, che peggioravano col passare delle ore e che lo stavano portando alla pazzia. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.
Setsuka restò stupita da quell’accoglienza. Lo immaginava già a sbraitare, invece la stava abbracciando come se non la vedesse da anni.
- Ca-Cain? – lo chiamò, sperando la lasciasse. In altre circostanze sarebbe morta di felicità per un simile abbraccio, ma non dopo ciò che le aveva detto e fatto.
- Mi hai fatto morire di paura! Dove sei stata finora? Stai bene? Non ti è successo nulla, vero? – domandò, allontanandola solamente per esaminarla dalla testa ai piedi.
- Perché dovrei stare male? – chiese confusa.
- Ho temuto commettessi qualche sciocchezza dopo quello che è successo. – confessò dispiaciuto. Voleva allontanarla, non certo distruggerla al punto da uccidersi.
- Ci sono andata vicino. – ammise lei, entrando in camera e lasciando lui all’ingresso. Non aveva di certo voglia di parlare nel corridoio di un albergo dei suoi fatti personali.
- Cosa? Che hai fatto? – le chiese terrorizzato, seguendola e sbattendo la porta dietro di sé.
- Nulla di intenzionale, ma qualcuno è venuto a prendermi per tempo. – spiegò freddamente, iniziando a prendere i suoi vestiti dai cassetti e dall’armadio. Solo in quel momento Cain notò che indossava un cappotto maschile che le stava decisamente grande.
- Con chi sei stata? Di chi è quel cappotto? – domandò cambiando tono. “Io mi preoccupavo e lei invece era a divertirsi con qualcun altro, dopo ciò che è accaduto tra noi?” pensò infuriandosi.
- Con Reino e il cappotto è il suo, visto che il mio l’ho lasciato qui. – rispose lei, ignorando il cambio d’umore del fratello. Immaginava già si sarebbe arrabbiato sapendo di Reino, ma non le importò. Non stavolta.
- Dovevo immaginarlo! Non hai perso tempo per correre a chiedere il suo aiuto a quanto vedo! – le rinfacciò, pensando che in fondo non doveva essere poi tanto innamorata di lui per andare da un altro.
- Non l’ho cercato io, mi ha trovato lui. Su un cavalcavia. – gli rivelò indifferente, continuando a sistemare i suoi vestiti nella valigia.
- Cosa… cosa ci facevi lì? – sbiancò lui, voltandola con la forza per guardarla.
- Non lo so. Non ricordo molto di quello che è successo. Mi ha spiegato che ero quasi priva di sensi quando mi ha trovato, così mi ha portato a casa sua. L’unica cosa che ricordo è che volevo tanto sparire. Nient’altro. Suppongo sarebbe accaduto proprio questo visto che poi ha iniziato a nevicare. Forse sarei morta assiderata su quel ponte se non ci fosse stato lui. – raccontò, sentendo nuovamente il vuoto che aveva avvertito la notte passata.
- Sei una pazza incosciente! - urlò Cain, sentendo il cuore stretto in una morsa per il pericolo cui era andata incontro. - Che ti ha detto la testa quando sei uscita da qui senza cappotto? Eh? E poi che intenzioni avevi? Lasciarti morire di freddo? Pensavi di risolvere qualcosa? – - Quando me ne sono andata non ho certo badato alle temperature. Volevo solo allontanarmi da questa gabbia infernale che mi stava opprimendo. Più guardavo quel letto… - disse, voltandosi a guardarlo. - … più pensavo a quello che hai fatto… a quello che hai detto… - s’interruppe, sentendo nuovamente le lacrime pizzicare gli occhi, ma per orgoglio provò a fermarle.
- Non volevo arrivassi a questo punto. Volevo solo convincerti che il tuo amore nei miei confronti è sbagliato. –
- Lo hai fatto nel modo sbagliato! Hai idea di come mi sia sentita umiliata, usata, rinnegata perfino? Sono stata il tuo sfizio! Un oggetto su cui sfogare la tua voglia. Hai sminuito i miei sentimenti, definendoli malati. Più che allontanarmi da te, sembrava volessi spingermi a odiarti! – gli urlò contro, osservando i suoi occhi distogliere lo sguardo dal suo e farsi cupi. Improvvisamente un dubbio le si instillò nella mente.  - Aspetta!  É così? Mi hai mentito vero? Hai detto quelle cose per farti odiare, così che mi dimenticassi di te. Ho ragione? É così Cain? – domandò, con un briciolo di speranza.
Cain la osservò smarrito. Aveva capito il suo piano. Si era lasciato tradire dalla preoccupazione e non sapeva cosa rispondere. Si fece forza, ritornando a recitare il ruolo del bastardo che l’aveva ferita la sera prima, pensando che lo faceva unicamente per il suo bene.
- Non è così. Ti ho detto ciò che pensavo. Il tuo attaccamento morboso nei miei confronti non è normale. – mentì, facendo violenza su se stesso per non dirle la verità e ributtarla su quel letto, ripetendole quanto l’amasse e che sarebbe stata sua per sempre.
- Giuramelo! Giurami che non provi nulla per me e che non mi ami. Giuramelo e non ti chiederò mai più nulla al riguardo! – tentò nuovamente, sperando di potersi buttare tutto il dolore alle spalle.
- Ti amo, ma esclusivamente come una sorella, niente di più. – affermò, nascondendo il pugno tremante dietro la schiena e mantenendo la freddezza delle sue espressioni. Dentro, però, il suo sangue ribolliva rabbioso. Sapeva che negare ancora significava vederla andare via con quel ragazzo che, piano piano, si era insinuato tra di loro, rovinando il loro rapporto abitudinario che nessuno era riuscito a intaccare prima di allora.
Lo detestava. Se lo avesse avuto davanti a sé, lo avrebbe probabilmente ucciso a pugni. Se non si fosse messo in mezzo, sicuramente la sua Setsu non gli avrebbe dato motivo per ingelosirsi e la lite della sera prima non sarebbe mai  avvenuta. Si sarebbe accontentato di amarla in silenzio, senza venire a conoscenza di essere ricambiato. Ma tutto era finito e non si poteva più tornare indietro.
- Ho capito. – rispose atona Setsu, reprimendo le lacrime. Scioccamente, aveva sperato in un qualcosa che non sarebbe mai esistito. Nel silenzio in cui si erano chiusi, finì la sua valigia, prendendo anche tutte le sue cose dal bagno e la chiuse. Avrebbe pagato oro per ritornare come prima, illudendosi di essere felice anche solo standogli accanto. Non sapeva proprio come avrebbe fatto a vivere lontano da lui.
- Suppongo non ritornerai a casa. – ipotizzò quando la vide poggiare a terra la valigia chiusa, pronta per andar via.
- Supponi bene. Non ho voglia di stare lì da sola. E poiché qui non sono più gradita, andrò altrove. – replicò, prendendo le carte di credito dal comodino.
- Non ho mai detto di non volerti qui! – disse con tono duro.
- Ma hai detto sarebbe stato meglio andarmene. Non equivale forse a un invito a sloggiare? – gli fece presente, andando poi in cucina a prendere il cellulare e mettendolo nella tasca del cappotto di Reino, che aveva tenuto addosso per darsi coraggio.
- L’ho detto per te, non perché non ti volessi qui con me. Torna a casa. In questi mesi che mi rimangono qui in Giappone avrai tempo per riflettere da sola. Poi, quando tornerò, ne riparleremo. – tentò di convincerla, nell’ultimo disperato tentativo di non lasciarla nelle mani di un altro, con la sicura probabilità di perderla per sempre.
- Non voglio tornare a casa. Non ora almeno. Come hai detto tu stesso, soffro di un brutto male… - rise amareggiata per le sue stesse parole, per poi guardarlo con sfida e riprendere il discorso. - … e non credo di poterlo curare da sola, passando chissà quante settimane chiusa in casa. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti. –
- E quel tipo assurdo sarebbe la tua cura? Una scopata è sufficiente a farti dimenticare l’amore che tanto decanti per me? – sbottò Cain frustrato, gettando a terra una delle sedie vicino a lui. Non riusciva ad accettare che sua sorella andasse a vivere con qualcuno che non fosse lui. Che un altro la toccasse e la facesse sua. Proprio non ci riusciva.
- E se anche fosse? Non dovresti esserne felice? Non è ciò che vuoi? Devo curare il mio "attaccamento morboso" nei tuoi confronti, giusto? E cosa c'è di meglio di altro uomo? – lo provocò, sicura che la sua precedente intuizione non fosse errata.
Non era stupida e conosceva suo fratello da tutta la vita. Con la mente più lucida, rispetto il giorno prima, era riuscita a seguire le inflessioni della sua voce, che tradivano le sue espressioni. E anche se continuava a recitare - perché ne era sicura, stava recitando -  non riusciva a nascondere del tutto i suoi sentimenti. Aveva notato il tremore del suo pugno stretto dalla rabbia, così come aveva colto lo sguardo smarrito che le aveva mostrato quando gli aveva chiesto se mentisse.
Cain, invece, si sentiva impazzire. Più lei parlava, più lui perdeva il controllo. Aveva capito che lo stava provocando, aspettando una reazione simile al giorno prima, quindi respirò profondamente, cercando di non tradirsi ancora una volta e rispondere nella maniera più corretta alle sue parole, ma non era affatto facile.
- Non voglio che diventi il gioco di quel tipo. – rispose, cercando di usare un tono piatto quando, invece, la voglia di chiuderla a chiave in quella stanza e ripeterle all'infinito che apparteneva a lui, infuriava nella sua mente.
- Non mi vede come un gioco, anzi… temo sia terribilmente serio. – asserì, dispiaciuta nei confronti di Reino.
- Vorresti forse farmi credere che ti ama? Ma andiamo! Ti conosce da qualche settimana! –
- La storia con lui è lunga da raccontare e comunque non ti riguarda. A questo punto è bene che me ne vada, visto che sembra non abbiamo più nulla da dirci. Però, Cain, lascia che un’ultima cosa te la dica prima di andar via… - esordì, fermandosi davanti alla porta con la valigia in mano e dandogli le spalle. Se lo avesse guardato in faccia, sicuramente non sarebbe riuscita a parlare. – Mi sento ferita e delusa dalle tue parole, tuttavia ho capito il perché le hai dette. L’ho capito poco fa. Il mio è davvero un amore malato, ma anche il tuo lo è, poiché è identico al mio. Però c’è una sostanziale differenza tra noi due… - si fermò, prendendo fiato, mentre Cain, dietro di lei, ascoltava incredulo le sue parole. - Io ero pronta ad affrontare il mondo per il bene che ti voglio, accettando le conseguenze del caso, tu no. Tu invece hai avuto paura. Forse ti preoccupa uno scandalo e temi per la tua carriera, non so. Di certo non lo fai per me. Non credo tu non sappia che qui in Giappone non è illegale per due consanguinei frequentarsi, così come non credo tu non sappia che in New Jersey ci si può addirittura sposare anche tra diretti discendenti. Il modo lo avremmo trovato, ma non hai voluto. Potevamo stare qui, o ritornare negli Stati Uniti, o addirittura cambiare paese. I posti non mancano, manca la volontà e il coraggio. Hai deciso di mettere fine a ciò che non hai nemmeno permesso che iniziasse, quindi, giunti a questo punto, una scelta per il mio futuro devo pur prenderla... –
- Setsu… tu… - provò a parlare Cain, interrompendola, ma era talmente sconvolto da non sapere che dire. Lei aveva capito tutto e, forse, diceva anche il vero. Aveva paura, ma non certo per la sua carriera. Rifletté sulle sue parole. Aveva ragione quando diceva che c'erano altre possibilità. Possibilità che lui non aveva mai preso in considerazione però.
Setsu rimase in attesa di una sua domanda o di qualunque altra cosa. L’aveva interrotta ma non sembrava avere nulla da dire, così, riprese il discorso, stringendo con forza il manico della valigia e voltandosi verso il fratello.
- Non ritornerò a casa, né fra qualche mese né mai forse, ma non per il motivo che pensi tu. La mia scelta non dipende da Reino. Ci ho pensato, e forse è ora che inizi a vivere per me stessa, camminando sulle mie gambe e uscendo da sotto la tua ala protettrice, visto che è così pesante da schiacciarmi, fino quasi a uccidermi. Avrei potuto anche accettare che non mi amassi, ma sapere che ricambi i miei sentimenti e li rinneghi per chissà quale motivo, è dura da mandar giù. Hai scelto anche per me con la tua decisione, costringendomi a soffrire. Ti amo Cain, ma non starò a piangermi addosso, quindi hai davvero l’ultima possibilità per fermarmi e non farmi uscire da questa stanza, perché se adesso ne esco, non ritornerò mai più. – spiegò, osservando il suo turbamento e pregando tutti gli Dei in un miracolo.
Il suo ultimatum lo aveva spiazzato. Cain non si aspettava un simile discorso dalla sorella. L’aveva sottovalutata e ora si trovava di fronte ad una scelta: accettare la loro relazione o lasciarla andare?
- Non puoi mettermi davanti ad una simile scelta! Non posso accettare né l’una né l’altra! –
- Allora scelgo io. Se non vuoi considerarmi come una semplice donna, trovo impossibile ritornare a vivere con te. Io non ti vedo come un fratello. Ogni volta che i miei occhi si posano su di te, non posso fare a meno di pensare che vorrei baciarti, toccarti, fare l’amore con te. Non credo di poter ritornare alla finzione di prima, quindi vado via. Addio Cain. – lo salutò infine, aprendo la porta e uscendo definitivamente da quella stanza e dalla vita del fratello, o almeno per un bel po’ di tempo.
Aveva bisogno di stargli lontana, o sarebbe di sicuro impazzita. Represse nuovamente le lacrime e scese al piano inferiore, dove Reino la attendeva.
- Com’è andata? – la accolse preoccupato, osservando gli occhi lucidi.
- Peggio di quel che credessi. Poi ti racconto a casa, non mi va di farlo qua. – rispose avvilita, sentendo il cuore in frantumi. Aveva detto a Cain che non sarebbe rimasta a deprimersi per lui, ma non era la verità. Era stato il suo orgoglio ferito a farglielo dire. In realtà si sentiva distrutta. Lui provava qualcosa per lei, ma non era così forte quanto i suoi sentimenti.
- Non fare quel faccino triste, cucciolo. Sul tuo viso deve esserci sempre il sorriso, non queste orribili lacrime. – le disse, asciugandole l’angolo dell’occhio dal quale stava scivolando via incontrollata una lacrima. Come già accaduto, la strinse tra le braccia per confortarla e farle capire che lui c’era e non l’avrebbe mai lasciata sola.
Quel gesto la rasserenò nuovamente e sentì il cuore alleggerirsi un po’. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la presenza di Reino la tranquillizzava. Forse perché le offriva una spalla su cui piangere.
- Grazie. – rispose solamente, ricambiando l’abbraccio e sentendosi un po’ meglio.
- Di nulla. Andiamo? – le chiese, allontanandola appena per osservare il suo viso.
- Sì… andiamo. – acconsentì, lasciando a lui la sua valigia e uscendo dall’albergo al fianco del ragazzo che la stava salvando dalla pazzia.
Da quel momento iniziava la sua nuova vita, lontano dall’unico uomo che, era certa, avrebbe amato più di se stessa.
 
Cain osservò la porta chiudersi lentamente, come se gli stesse dando l’ultima chance per fermarla, ma non lo fece. Era talmente sconvolto da non riuscire a muovere un muscolo. Tutto quello che stava vivendo nelle ultime ventiquattro ore era talmente assurdo che non sapeva come comportarsi. Ciò che sapeva chiaramente era che non voleva dire addio a sua sorella. Come avrebbe fatto a vivere senza di lei? Un conto era saperla a casa, ad attendere il suo ritorno, un altro era saperla lontano, nelle mani di un altro uomo che non era lui.
“Mi sto contraddicendo, maledizione! Prima voglio allontanarla, anche ferendola, ora, invece, vorrei solo stringerla a me e non dirle addio!” rifletté confuso, facendo poi l’unica cosa che gli venne istintivo fare: seguirla e fermarla. Per dirle cosa non lo sapeva, ma doveva assolutamente fermarla.
Scese di corsa le scale senza attendere l’ascensore, sperando non fosse ancora uscita dall’albergo. Arrivato alla fine delle scale, però, vide una scena alla quale non avrebbe mai voluto assistere, ovvero Setsu abbracciata al ragazzo che aveva rovinato tutto.
“No… io ho rovinato tutto! Avrei potuto approfittare di questa possibilità, invece ho distrutto ogni cosa. Ed ora c’è lui con lei. Forse è meglio così.” si disse, pensando che quello fosse un segno per tenerli lontani.  Fece dietrofront e risalì nella sua camera, richiudendosi la porta dietro.
La sua condanna a morte era stata proclamata e non avrebbe potuto fare più nulla per fermarla.
 
 
 


 
E rieccoci col nuovo capitolo. Cain voleva fermare la sorella alla fine, ma non l’ha fatto perché l’ha vista tra le braccia di Reino. L’ha lasciata andare via anche se si è pentito della sua scelta ed è rimasto solo. Che ne sarà  di lui ora? Tutto solo soletto :’( mi spiace in fondo.
Dal capitolo successivo andremo un po’ avanti coi giorni e i mesi ^_^ spero continuerete a seguire la storia e a farmi sapere le vostre impressioni ^_^
Grazie di cuore a chi lo sta già facendo :*
Alla prossima :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3 
P.S: ricordo sempre la pagina Facebook su Skip Beat ;) unitevi a me e agli altri fan nell'attesa del nuovo capitolo, il 238, che uscirà il 20 *-* speriamo ci sia di nuovo Kuon :3   Skip Beat Italia - Cain&Setsu   

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***





 
 



 
Salve ^^ eccomi ritornata ^_^
Perdonate l’assenza, ma ho avuto problemi col pc >_<  e quando poi avevo sistemato, il sito ha deciso di non funzionare XD speriamo adesso sia tutto risolto ^_^
Prima di salutarvi, vi ricordo la paginetta Facebook su Skip Beat :3 passate pure a trovarmi se vi va  <3    Skip Beat Italia - Cain&Setsu 
Buona lettura <3 <3 <3



 
 
Oscuro. È oscuro il ristagno dentro le mie pupille.
Profonda. È profonda la consapevolezza in fondo alla mia memoria.
Odioso. È odioso essere imprigionato giorno dopo giorno.
Dolorosa. È dolorosa la luce di questi sentimenti.
È stagnante il buio dentro i miei occhi.
È profonda la consapevolezza di questa elegia.
 

Setsuka lesse quelle parole con perplessità. I testi di Reino erano sempre molto singolari e anche la nuova canzone che stava scrivendo lo era. Più che scrivere dei testi rock, sembrava componesse poesie malinconiche, quasi da suicidio in alcuni casi.
- Non ti piace? – le chiese il cantante, raggiungendola sul divano con due tazze di cioccolata fumante per scaldarsi dal freddo pungente dei primi giorni di febbraio.
- Non è che non mi piaccia… ma non scrivi mai canzoni più “allegre”? – gli domandò, prendendo la sua tazza e restituendogli il testo.
- Non io. Quelle le scrivono Miroku e Dasuku. Io mi dedico ai versi più nostalgici. –
- Perché? –
- Perché alla gente piacciono. –
- Perché ti dedichi solo a quelli? Sembra che tu non sappia cosa significhi essere felici. – suppose Setsu, guardandolo negli occhi.
Da quando viveva con lui, aveva imparato a conoscerlo. Le sue battutine non mancavano mai, la prendeva spesso in giro con i suoi modi divertenti, ma avvertiva una certa tristezza in lui e non capiva se ne fosse la causa. A volte, pensava che averla in giro per casa potesse ferirlo, per via dei suoi sentimenti non ricambiati. Miroku, però, le aveva spiegato che era sempre stato un ragazzo taciturno e molto tranquillo, anzi, da quando la conosceva, era diventato perfino più allegro.
“Chiamala allegria questa!” si disse, pensando alle parole della canzone.
Tuttavia, doveva ammettere di trovarsi davvero bene in sua compagnia. La sua presenza la rilassava e la faceva stare bene, nonostante i pensieri poco piacevoli che si ritrovava spesso a fare.
Viveva nel suo appartamento da oltre due mesi e, constatò, il tempo era volato. Quella strana convivenza si era rivelata un vero toccasana per il suo cuore ferito. Reino le stava vicino e la spronava a fare sempre qualcosa per distrarsi. Aveva trascorso il primo Natale lontano dal fratello con lui, i ragazzi della band e le loro fidanzate. Era rimasta piacevolmente stupita dalla bellezza delle luminarie con cui erano state addobbate le strade e i parchi di Tokyo e, nonostante il suo immenso dolore, si era divertita, scacciando dai suoi pensieri Cain almeno per qualche ora. Oltretutto, Reino l’aveva portata spesso con sé nei piccoli tour promozionali del gruppo, facendole così fare un giro per le varie città.
Quelle settimane erano passate tutto sommato serene.
- Diciamo che non lo sapevo fino a pochi mesi fa. – le rispose Reino, ricambiando il suo sguardo.
Se quattro mesi prima gli avessero chiesto cosa fosse la felicità, lui non avrebbe saputo rispondere. Aveva conosciuto quel sentimento solo dopo aver incontrato Setsuka. Gli piaceva quella ragazza dal caratterino a tratti aggressivo e a tratti fragile. Averla in casa era la cosa migliore che gli fosse capitata, perfino più del successo che aveva raggiunto come cantante.
L’unica cosa che detestava, era saperla innamorata del fratello. Cercava di distrarla più che poteva per tenerlo lontano dai suoi pensieri, ma non era facile. Tuttavia, credeva di essere sulla buona strada, poiché la trovava spesso a sorridere. Per la prima volta in vita sua, era grato alla madre per avergli trasmesso quei poteri che aveva rinnegato per anni. Grazie a loro, non solo l’aveva conosciuta, ma la stava anche “guarendo” dal dolore, intuendo i suoi stati d’animo e intervenendo quando la sentiva rattristarsi.
- Ti riferisci a me forse? – domandò lei, sorpresa.
- Non era evidente? –
- Mi spiace così tanto… - mormorò dispiaciuta.
- Ti dispiace io sia felice? – la prese in giro lui, per sdrammatizzare.
- Non intendo questo e lo sai. Mi spiace non poter ricambiare i tuoi sentimenti. Mi dici che sei felice da quando mi hai conosciuto, quando invece non ho fatto nulla per te, se non ferirti con i miei piagnistei sui miei problemi d’amore. – spiegò mortificata, abbassando lo sguardo. Era convinta di abusare dei sentimenti di Reino e questo la faceva sentire una persona meschina.
- Stammi a sentire… - disse lui, voltandole il viso verso di sé. – Tanto per cominciare, sono stato io a volerti qui, quindi non stai approfittando di nulla. Non devi sentirti in colpa se non riesci a ricambiare il mio amore. Sapevo a cosa sarei andato incontro quando ho detto che ti sarei rimasto accanto. Ciò nonostante, ammetto di non aver perso le speranze che un giorno tu riesca ad accettarmi nella tua vita. Fino ad allora aspetterò e non ti farò mai pesare nulla. Tu, però, devi smetterla di pensare a cose stupide. Sono io a volerlo e ti giuro che non vorrei altro in questo momento. Vederti ogni mattina ai fornelli a prepararmi la colazione, ricevere il tuo buongiorno con un sorriso, passare il tempo insieme a chiacchierare su questo divano o a guardare film horror come piace a te, sentirti cantare le mie canzoni mentre pulisci, averti in questa casa insomma, è quanto di migliore potessi chiedere. Quindi, se c’è qualcuno tra i due che approfitta dell’altro, direi che quello sono io, non tu. Capito? – precisò, aprendole nuovamente il suo cuore.
L’impulso di baciare quelle labbra dischiuse dallo stupore era grande, ma dovette frenarsi per non affrettare i tempi. Setsu non era pronta e lui doveva giocarsi bene le sue carte, avendo pazienza. Tuttavia, non riuscì a resistere ad avere un contatto con la sua pelle e diresse le labbra sulla sua guancia, lasciandole un tenero bacio, allontanandosi poi con malcelata calma per portare le tazze vuote in cucina. Se non si fosse allontanato, temeva l’avrebbe baciata davvero.
Setsuka rimase letteralmente a bocca aperta. Quelle parole racchiudevano talmente tanto amore da scombussolarla. E il bacio sulla guancia non aiutava. Davvero Reino provava gioia per quelle semplici azioni dettate dall’istinto e dall’abitudinarietà con cui le faceva? Non si era nemmeno accorta di sorridergli quando lo salutava. Era un gesto di cortesia. Non che sorridesse a tutti quelli che salutava, anzi, non sorrideva mai a nessuno se non a suo fratello, si ritrovò a pensare. A Reino invece sorrideva? Forse per gratitudine. O forse no? Si sentiva comunque turbata da simili dichiarazioni che, ammise a se stessa, non le dispiacevano affatto.
“Che diavolo sto pensando? Mi ha fatto piacere sentirgli dire quelle cose? Perché? É assurdo! Io non sono come quelle ragazzine che appena fai loro un complimento, cadono come pere cotte ai piedi dell’uomo che le ha dette! Però… perché inizio a provare imbarazzo?” pensò, toccandosi le guance divenute calde.
Si voltò a guardarlo intento a lavare le tazze. Era quasi fuggito dopo ciò che aveva detto. Si chiese il perché. Chissà cosa gli passava per la testa. Di certo, nella sua di testa, passavano pensieri strani.
Quando Reino finì di pulire e si girò in direzione di Setsuka, la vide osservarlo con interesse, ma lei, colta in flagrante, si girò frettolosamente. Sorrise nel notare il suo viso arrossato.
“Porta pazienza Reino. Porta pazienza.” si ripeté, ritornando sul divano vicino a lei e fingendo che nulla fosse successo.
Passo dopo passo, sarebbe riuscito a toccare il suo cuore e a cancellare Cain Heel dai suoi pensieri. Ne era sicuro.
 

- Stop! Era perfetta! Per oggi abbiamo finito. Grazie a tutti per l’impegno! – li congedò il regista, terminando anche per quel giorno le riprese.
Finalmente mancava poco al termine delle riprese di quell’interminabile film che stava girando in quel dannato paese e che gli aveva portato via tutto. Non sapeva più quante volte aveva maledetto la scelta di aver accettato quel ruolo. Se non l’avesse fatto, non sarebbe accaduto nulla tra lui e Setsu. Erano settimane che si trascinava sul set come l’ombra di se stesso e non vedeva l’ora di terminare quello strazio per ritornarsene a casa. Purtroppo era un film complesso da realizzare e stava durando più degli altri che solitamente terminava in un paio di mesi. I giapponesi se la prendevano comoda, pensò irritato.
Non sopportava più il Giappone, i giapponesi e tutto ciò che era giapponese. A quei pochi coraggiosi che gli avevano chiesto che fine avesse fatto sua sorella, aveva risposo che aveva da fare e che comunque non erano affari loro. Non era certo tipo da dare spiegazioni a degli estranei.
- Cain-san! Cain-san! Ecco l’acqua! Ho cambiato marca visto che quella di ieri non l’hai quasi toccata. Spero questa ti piaccia! – gli si parò davanti la solita mocciosa che nelle ultime settimane lo tormentava: Ayumi Manaka.
Era l’attrice che nel film interpretava la sorella minore della protagonista. Da quando Setsu era andata via, aveva notato che la ragazzina non faceva altro che girargli intorno, nonostante lui la allontanasse sia verbalmente che con gesti scortesi. Anche gli altri attori l’avevano avvisata di stargli lontano ma lei, imperterrita, aveva preso l’abitudine di fare come sua sorella, portandogli una bottiglia d’acqua minerale alla fine delle riprese. Negli ultimi giorni aveva finito col cedere e prendere quella dannata bottiglia, nella speranza di togliersela dalle scatole, invece non era servito a nulla.
- Di’ un po’, mocciosa... - parlò, strappando la bottiglia dalle mani della ragazza.
- Dimmi Cain-san! –
- Si può sapere perché continui a venirmi dietro anche se ti tratto male? – si decise a chiederle, stanco di averla tra i piedi.
- Perché sono convinta tu lo faccia perché sei timido! Sei sicuramente una persona gentile, ma hai difficoltà ad esternarlo. – rispose convinta. Quando era con la sorella, lo vedeva riservarle dei bellissimi sorrisi, quindi era sicura che si comportasse in modo scontroso con tutti perché, in fondo, si trovava tra degli estranei e in un paese tanto diverso dal suo. Se fossero diventati amici, forse anche a lei avrebbe fatto dei simili sorrisi.
- Io timido? Stai scherzando? – chiese Cain, trattenendosi dal riderle in faccia. E lui non rideva mai.
- No! O non trovo il perché non vorresti fare amicizia con noi. Tra l’altro, hai imparato da poco il giapponese quindi è comprensibile volessi evitarci. –
- Hai pensato che semplicemente non me ne frega niente di voi? Ah no, scusa, pensare implica la presenza di un cervello e non credo tu ne abbia uno. – replicò, sperando di vederla scappare via in lacrime.
- Non t’importa perché non ci conosci ancora. Perché non vieni a mangiare con noi? É un modo perfetto per fare amicizia! Non startene da solo a rattristarti per l’assenza di tua sorella. Sono sicura che lei si arrabbierebbe se fosse qui! – esclamò, ignorando del tutto le sue parole e l’espressione truce che le riservò.
- Non nominarla nemmeno, stupida mocciosa! – sbottò irritato, afferrandola per un braccio e strattonandola. Nominare Setsu era la cosa peggiore che potesse fare.
- Ahi! Mi fai male! – piagnucolò la ragazza, cercando di liberarsi.
- Non osare nominare mia sorella! Hai capito?! – ripeté, lasciandola andare.
- Ehi! Ma che ti prende? Sei impazzito? Manaka-chan, stai bene? – intervenne Murasame, accorrendo al fianco della ragazza dopo aver assistito alla scena.
- Sì, sto bene Murasame-kun. Grazie. – gli sorrise la giovane.
- Razza di bastardo! Come osi alzare le mani su una donna? Siete così incivili in America? – sbraitò Murasame, furioso con lui e pronto a prenderlo a pugni. Il suo atteggiamento lo aveva stufato. Non riusciva a digerirlo oltre. Non solo era un tipo borioso e maleducato, ma a quanto sembrava era anche violento. Iniziò a domandarsi se sua sorella non fosse andata via perché stufa di lui, o peggio ancora… forse la picchiava e la teneva segregata in casa?
- Non sono affari tuoi. – sibilò Cain, reggendo il suo sguardo.
- Diventano affari miei quando alzi le mani su una mia collega, per giunta indifesa! Che razza di uomo sei, eh? Perché non ci provi con me invece? – lo sfidò il giovane attore, guardandolo minaccioso. Attorno a loro iniziarono a radunarsi diversi attori e membri dello staff, intenti a seguire la lite che, erano sicuri, sarebbe nata di lì a poco.
- No, Murasame-kun! Non è successo niente! É colpa mia che lo infastidisco. Non litigate, vi prego! – s’intromise Manaka, sentendosi responsabile. Voleva solamente conoscere meglio quel ragazzo misterioso che tanto le piaceva. Non voleva essere la causa di una lite.
- Colpa tua? Per nessun motivo si picchia una donna! E poi, perché cerchi ancora di diventare sua amica? Non vedi che t’ignora, ti offende e picchia perfino? Perché lo difendi? – sbottò esasperato Murasame, che aveva provato più volte a convincerla a non avvicinarsi a lui.
- É quello che mi chiedo anch’io. – disse Cain, infastidito da tutta quella sceneggiata inutile.
- Beh… è che… sei così bello Cain-san, e misterioso, e così bravo a recitare, e così impassibile a tutto. M’incuriosivi molto, per questo ho provato a diventare tua amica… perché… mi piaci… - rispose la ragazza, arrossendo imbarazzata per aver confessato, non solo a lui, ma anche a tutti, i suoi sentimenti.
- Ma a lui non interessi Manaka-chan! Non vedi come ti tratta? – provò a farla ragionare Murasame, che trovava tutta la situazione al limite del ridicolo.
- Perché non mi conosce! Per questo non gli interesso. Sono sicura che se provassimo a conoscerci, a uscire… magari… - provò a proporre sempre più imbarazzata, ma ormai che il danno era fatto…
- Magari cosa? Potrei innamorarmi di te? Hai un’alta stima di te stessa a quanto vedo. Ti consiglio di guardarti meglio allo specchio, ragazzina. – la derise Cain, osservando i suoi occhi inumidirsi per l’umiliazione.
- Scusatemi. – sussurrò Manaka, scappando via in lacrime.
- Sei una bestia! Perché l’hai umiliata in quel modo? –
- Perché con le buone non lo capisce. Se fosse più intelligente, capirebbe che appena finito il film me ne andrò, quindi è irrilevante che io la tratti bene. Ne rimarrebbe ugualmente delusa, se non di più, se fossi gentile con lei. – spiegò Cain, voltandosi e andandosene, lasciando impalato Murasame a guardarlo sorpreso. Possibile avesse agito in quel modo per non far soffrire Manaka e non darle inutili speranze?
”No. È proprio lui che è un bastardo!” si disse l’attore, scuotendo la testa e andandosene anche lui.
Si era domandato spesso, in quei mesi, che fine avesse fatto Setsuka-san. Era improvvisamente sparita. Si chiese se fosse ritornata in California o se fosse ancora in Giappone. Gli dispiaceva davvero non averle mai potuto parlare, ma ogni volta che ci provava, o sbucava fuori quel dannato di Cain Heel, o lei lo ignorava andandosene dal fratello.
Decisamente una coppia assurda di fratelli.
 
Cain non aveva voglia di tornare in albergo nemmeno quella sera. Odiava passare la notte da solo. Egoisticamente, desiderava ancora accanto a sé sua sorella. Quella lontananza a cui lui stesso l’aveva spinta, lo stava uccidendo.
Sapeva sarebbe stato difficile, ma non aveva neppure lontanamente  immaginato quanto.
Poco più di due mesi senza di lei, ma sembravano anni. Ogni giorno, svegliarsi senza Setsu, era una tortura a cui credeva non sarebbe sopravvissuto, così, per non pensare, passava le sue serate in vari locali, sempre in compagnia di qualche donna. Sfogare le sue frustrazioni in quel modo, lo aiutava a immaginare di stare toccando e amando il corpo della sorella, quel corpo che solamente una volta aveva potuto avere, ma del quale ricordava ogni dettaglio. In quei mesi aveva cercato un corpo il più simile possibile al suo, ma non l’aveva ancora trovato. Affondare la sua disperazione in una donna qualsiasi non era ciò che voleva, ciononostante, non poteva farne a meno.
Era un ragionamento malato, da folli, e lo sapeva perfettamente, ma giunto a quel punto non gli importava più di impazzire.
Quella sera decise di girare un quartiere nuovo, nella speranza di trovare non solo un locale notturno decente per bere e mangiare, ma anche per trovare la compagnia che voleva. Entrò in un locale a caso e la prima cosa che notò fu il gran numero di giovani intenti a far baccano. Doveva essere una specie di discoteca, osservò. Non interessato alla confusione, fece per andarsene, quando una scena attirò la sua attenzione, o meglio, una ragazza che lui conosceva bene.
- Dai tesoro, non farti pregare! Sappiamo che non vedi l’ora di spassartela con noi. Altrimenti perché saresti qui a ubriacarti? –
- Voglio stare sola. Andate via per favore. – ripeté lei, lasciando cadere stancamente la testa sul braccio appoggiato al bancone, mentre il barista le versava un altro bicchiere di non sapeva più nemmeno cosa.
- Ma noi non vogliamo stare da soli. Se soffri di pene d’amore, ci pensiamo noi a fartele passare! – insisté uno dei tre ragazzi che la stavano importunando, afferrandola per un braccio.
- Ho detto che non sono interessata! Voglio stare da sola! Andatevene! – esclamò per l’ennesima volta la giovane. Non ci si poteva nemmeno rifugiare nell’alcol senza che qualcuno rompesse le scatole?
- Non andremo da nessuna parte senza di te! – affermò uno di loro, sollevandola di peso dalla sedia. Le aveva messo gli occhi addosso già da un po’ e non l’avrebbe fatta andare via senza prima divertirsi con i suoi amici.
- Lasciami! Non mi toccare! – protestò lei, provando a divincolarsi, senza però riuscirci.
- Non fare la difficile, bellezza! Vedrai che ti piacerà. – ghignò il ragazzo, tirandola verso l’uscita, seguito dagli altri due quando, improvvisamente, avvertì qualcuno strattonare via la giovane dalla sua presa. – Ma che accidenti… - si voltò furioso verso colui che gli aveva rubato la ragazza, restando però impressionato dallo sguardo omicida di quest’ultimo.
- Ha detto che non vuole venire con voi. Sparite! – intimò loro, stringendo la ragazza a sé, che lo guardò sorpresa.
Quello era l’ultimo luogo dove avrebbe immaginato di poterlo incontrare.
 
 
 
 
 




Ed ecco sbucare anche qui il cricet… ehm, volevo dire Manaka XD (il nome Ayumi l’ho messo io perché non so come si chiami. “Criceto Manaka” suonava brutto XD)
Felici vero???  Setsu di sicuro no appena lo saprà, e neppure Cain XD
Vi lascio con la domanda: Chi sarà la ragazza che Cain ha salvato? Sta per rivedere sua sorella dopo due mesi? Litigheranno? O magari no…  :3
Baci Faby <3 <3 <3 <3
 
P.S. Le parole della canzone di Reino le ho prese in prestito, riadattandole in base alla mia necessità, dalla canzone Cryogenic, di Miku Hatsune dei Vocaloid ^_^

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


  



 
 
- Ha detto che non vuole venire con voi. Sparite! – intimò loro Cain, stringendo la ragazza a sé.
- Cain-san… - mormorò sorpresa Manaka, che non si aspettava di incontrarlo e non in quelle circostanze.
- Mettiti in fila! C’eravamo prima noi, bastardo! – replicò uno dei tre, facendosi avanti minaccioso.
- Altrimenti? –
- Ti faccio a pezzi! Quindi sparisci e ridacci la ragazza! –
- Sono più interessato a vedere come vorresti farmi a pezzi. – lo provocò Cain, per nulla intimorito, spingendo dietro di sé Manaka, che lo guardò preoccupata.
Di certo, non si aspettava che la folle scelta di andare a bere per dimenticare l’umiliazione delle offese di Cain-san, portasse simili conseguenze. E la cosa ancora più assurda era che, a difenderla, fosse intervenuto proprio la causa dell’umiliazione da cui voleva scappare.
A preoccuparla, comunque, era il numero degli avversari di Cain. Come avrebbe fatto da solo contro tre tipacci del genere? Però, non fece nemmeno in tempo a pensarlo che vide i tre stesi a terra a toccarsi chi la faccia, chi lo stomaco. Si sentì poi trascinare via dal locale e vide la figura di Cain Heel davanti a sé, tenerla per mano.
“Ok, forse ho bevuto talmente tanto da finire in coma etilico e adesso sto sognando! Non c’è altra spiegazione.” si disse incredula.
- Sapevo che eri stupida, ma non pensavo fino al punto da andare a ubriacarti in luoghi del genere. – parlò lui, fermandosi e lasciandola bruscamente una volta lontani dal locale.
- Che? Smettila di insultarmi! Ci sono finita per colpa tua! – ribatté la ragazza, portandosi poi una mano alla bocca. Non era da lei rispondere in quel modo, ma l’alcol che aveva in corpo non le permetteva di controllarsi come avrebbe voluto. Era già un miracolo che non perdesse i sensi visto che, ai suoi occhi, tutto stava iniziando a muoversi in modo distorto.
- Perché sarebbe colpa mia? – domando Cain, accigliandosi.
- Perché oggi mi hai umiliata davanti a tutti! Ti ho aperto il mio cuore e tu mi hai deriso. Ho solamente cercato di esserti amica, perché ti vedevo giù di morale da un po’ e mi sembrava soffrissi. In cambio mi hai solamente ferita. – disse la giovane, iniziando a piangere.
Cain la guardò un istante. Non si spiegò il perché, ma in lei, nella sua espressione addolorata e ferita, rivide quella di Setsu. Seppur trovasse quella ragazzina fastidiosa sotto ogni punto di vista, doveva ammettere di avere esagerato.
- Senti, mi dispiace. Forse ho esagerato, ma devi capire che mi hai fatto davvero esasperare. Non sono il tipo da avere amici e non m’interessa averne. Tra l’altro, mancano poche settimane alla fine delle riprese del film ed io tornerò a casa, quindi non è proprio il caso ti affezioni a me. Lo capisci? – le spiegò, sperando smettesse di piangere e soprattutto di stargli dietro.
- Ok. – rispose mogia, ma consapevole che, in fondo, aveva ragione. Lui non la voleva tra i piedi, ma lei lo infastidiva ogni giorno, cercando di entrare nella sua vita con prepotenza. Aveva ragione ad arrabbiarsi.
- Ti chiamo un taxi, così torni a casa. E in futuro cerca di evitare di fare cose tanto stupide. Se non ti avessi visto, sai cosa sarebbe successo, vero? –
- Sì, lo so e ti ringrazio per il tuo aiuto. Scusami per il disturbo Heel-sama. – s’inchinò Manaka, ringraziandolo formalmente. Se lui non voleva averla nemmeno come amica, allora si sarebbe comportata come una semplice collega di lavoro, riducendo al minimo le interazioni con lui. Le dispiaceva, ma se lui voleva così, lo avrebbe rispettato.
Cain la osservò perplesso. Non era mai stata tanto formale con lui. Che avesse finalmente capito di non rompergli più le scatole? Lo sperò.
Chiamò il taxi e lo aspettarono seduti su una panchina, restando in silenzio e persi ognuno nei propri pensieri. Quando arrivò, Cain notò che Manaka si era addormentata.
- Ehi, svegliati. C’è il taxi. – la chiamò, ma lei mugugnò qualche frase sconnessa e si riaddormentò. – Dannazione a te, stupida mocciosa! Svegliati! Non so dove abiti! – imprecò, incavolato nero.
- Se non dovete salire, me ne vado. – brontolò il tassista, stanco di aspettare.
Che avrebbe dovuto fare? Dove accidenti avrebbe dovuto portarla, si chiese furioso. Per un attimo, ebbe l’impulso di svegliarla a ceffoni, ma si trattenne. La caricò di peso sul taxi ed entrò anche lui.
- Ci porti al Kamata Hotel. – riferì Cain, decidendo di portarla all’albergo dove alloggiava. Gettarla giù dall’auto in corsa era decisamente più allettante in quel momento, ma provò a frenarsi. Non ci teneva a finire in carcere per colpa sua.
- Così imparo a farmi i cazzi miei la prossima volta! - sbottò, mentre la trascinava fuori dal taxi. Fino a pochi minuti prima sembrava abbastanza sveglia, invece, gli effetti dell’alcol erano arrivati di colpo, facendola crollare del tutto.
Entrato in albergo, il receptionist lo osservò incuriosito mentre trasportava la ragazza priva di sensi tra le braccia, ma non fece domande, notando forse il suo viso nero. Arrivato in camera, la depositò su uno dei due letti che aveva diviso quando Setsuka era andata via. Tenerli uniti non avrebbe avuto alcun senso.
- Maledetta mocciosa. – mormorò a denti stretti, togliendo il cappotto e dirigendosi verso il frigo a prendere una birra. Per colpa sua, la serata era rovinata.
Passò buona parte della notte a sbuffare irritato. Le prime luci dell’alba furono per lui la salvezza da quella situazione davvero ridicola. Sperò che la ragazza si svegliasse e se ne andasse il prima possibile dalla sua stanza. Gli bastava sopportarla a lavoro; anche in privato era troppo.
Il risveglio per Manaka non fu dei migliori. Tra nausea e mal di testa, l’espressione truce di Cain le aveva dato il colpo di grazia. Era furibondo.
Dopo un primo momento di smarrimento, aveva capito di trovarsi nella stanza d’albergo dell’attore. Addormentarsi per strada era stata una delle cose più imbarazzanti che avesse mai fatto. Si vergognò talmente tanto di se stessa da desiderare di sparire. Comprendeva perfettamente perché Cain-san non la sopportasse e non la volesse tra i piedi.
- Ti chiedo ancora perdono. Scusami davvero per averti costretto a portarmi qui. Sono mortificata. – si scusò nuovamente, dopo aver finito di rinfrescarsi il viso.
- Più che mortificata, dovresti sentirti una completa stupida. Impara ad essere meno incosciente, perché questa volta hai avuto fortuna. –
- Hai ragione. Scusami ancora. Ci vediamo sul set. Grazie di tutto. – lo salutò la ragazza, andando finalmente via, per la gioia di Cain.
Portare una donna nella sua stanza non era previsto e la cosa lo aveva infastidito oltremodo. L’unica donna con cui aveva sempre dormito era sua sorella, per questo non vedeva l’ora che Manaka andasse via. Non che avesse dormito con lei, ma il solo averla a pochi centimetri dal suo letto era stato irritante.
 Tirato un sospiro di sollievo, andò a fare una doccia per rilassarsi, ignaro di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.
 
Setsuka discuteva insieme a Midori, la ragazza di Miroku, su cosa indossare al party per l'anniversario del debutto dei Vie Ghoul. I ragazzi avrebbero partecipato in mattinata ad un programma televisivo per celebrare il loro terzo anno di attività, poi, in serata, avrebbero preso parte ad una festa privata organizzata dalla loro agenzia. Avevano pochi giorni per decidere cosa sarebbe stato più adatto, quindi avevano deciso di girare per negozi in cerca di qualcosa di carino.
In realtà, Setsu non aveva molta voglia di prendervi parte, ma Reino l’aveva pregata di esserci, perché voleva averla al suo fianco quel giorno. Non le aveva mai chiesto nulla in quei mesi in cui era ospite a casa sua, quindi, quell’unica richiesta, non poteva assolutamente rifiutarla, così aveva chiamato la ragazza per andare a fare shopping.
Proprio mentre parlava con l’amica, scorse casualmente un’immagine sulla copertina di una rivista esposta in un’edicola e che ritraeva qualcuno che lei conosceva molto bene. Si avvicinò alla rivista e guardò sconcertata l’immagine di suo fratello che teneva per mano una delle attrici di quel maledetto film che le aveva rovinato la vita.
Sfogliò la rivista e lesse l’articolo con occhi sgranati, sentendo un nodo in gola bloccarle il respiro.

 
“Sembra sia nato l’amore sul set dell’attesissimo film Tragic Marker, diretto dal regista Konoe!
Sembrerebbe, infatti, che tra Ayumi Manaka, protagonista del famoso drama “Love Me Love Me”, e l’attore statunitense Cain Heel, giunto fin qui su richiesta del regista, sia nato un rapporto che va oltre la conoscenza lavorativa.

I due attori, sono stati fotografati due sere fa mentre si scambiavano tenerezze nei pressi di un parco pubblico. Ma non solo! Parrebbe certo che i due si siano diretti all’albergo dove l’attore soggiorna, per uscirne poi la mattina successiva.
In alcuni scatti, infatti, troviamo Heel portare in braccio la dolce Manaka fino all'ingresso dell'hotel.
Che sia davvero sbocciato l’amore tra un ciak e l’altro?
Ma chi è il bellissimo e misterioso Cain Heel, ancora sconosciuto a molti?
Ebbene, è un figlio d’arte! Suo padre era il cantante americano Ryan Heel e la madre l’attrice Koharu Tsukishima, ricordata da tutti noi per la sua grande interpretazione in… “
 

Setsu non proseguì oltre, troppo sconvolta per terminare l’articolo.
Cain e quella ragazzina avevano passato la notte insieme? Nella stessa stanza e nello stesso letto in cui era stato con lei? In quel momento, sentì il mondo crollarle addosso e non poté impedire alle lacrime di ritornare prepotenti ad appannarle la vista.
Era dunque vero che non la amava, come invece lei sperava?
- Setsu-chan, che succede? Che hai? – domandò Midori, preoccupata per la reazione dell’amica.
- Lui ha… ha… - tentò di parlare, ma senza riuscirci.
- Setsu, così mi spaventi! –
- Io… scu-scusa Midori… devo andare! – si congedò, correndo via in lacrime.
Era troppo sconvolta per dare spiegazioni. Lo era perfino per pensare. L’unica cosa che riusciva a fare era piangere.
Tornò subito a casa di Reino, unico posto in cui si sentiva al sicuro. Si gettò sul letto e pianse per la rabbia e la delusione. La prima era maggiore della seconda, notò.
Come poteva avere così poco tatto nei suoi confronti? Spiattellarle crudelmente in faccia la sua relazione, quando sapeva perfettamente che lei soffriva?
Accecata dall’ira, tirò con violenza il piercing dal labbro, procurandosi una lieve ferita, ma non se ne curò. Infastidita anche dagli altri oggetti, lanciò in giro per la stanza anelli, orecchini, bracciali, collare e cintura, immaginando di poterli lanciare in faccia al fratello e, magari, ferirlo almeno esternamente, poiché l’unica ad essere ferita, dentro e fuori, era solamente lei.
Prese il cuscino e lo abbracciò per darsi conforto. Da quando era diventata così debole da aver bisogno di abbracciare uno stupido cuscino come una stupida ragazzina? Aveva pena per se stessa.
- È tutta colpa tua! Ti odio Cain! Ti odio! Ti odio! Ti odiooooo! – urlò furiosa col viso premuto contro il cuscino, e fu così che Reino la trovò, fermandosi davanti alla porta della camera di Setsu col fiatone. Quando Midori lo aveva chiamato, raccontandogli cosa era successo, si era precipitato a casa, sicuro di trovarla lì.
- Setsu… - la chiamò, vedendola sussultare e sollevare sorpresa il viso dal cuscino.
- Reino? Che ci fai qui? – gli chiese, credendolo alle prove con gli altri membri del gruppo.
- Mi ha chiamato Midori. Era preoccupata perché sei scappata via. Che cosa è successo? – domandò, avvicinandosi al letto e mettendo il piede sopra un orecchino. Solo in quel momento notò la ferita al suo labbro. – Che hai combinato? – continuò, sedendosi accanto a lei e passandovi delicatamente il dito sopra, asciugando la piccola goccia di sangue che si stava riformando. Le altre erano state assorbite dal cuscino, insieme alle lacrime.
- Non è niente, non preoccuparti. – rispose lei, lasciandosi accarezzare senza scostarsi.
- Cosa ti ha ridotto così? – chiese, sentendo tutta la sua rabbia.
- Suppongo tu lo sappia. –
- So chi ti ha fatto arrabbiare, ma non so il perché. –
- Se la fa con una delle attricette con cui lavora. Li hanno fotografati mentre se la portava in albergo. Nella stessa camera in cui stava con me! Inizio a pensare di aver interpretato male i suoi gesti. Lui non prova assolutamente nulla per me, o non mi avrebbe umiliata fino a questo punto! – spiegò amareggiata.
Come la povera stupida che era, sperava ancora in una riappacificazione con Cain. Magari, in quei mesi, avrebbe capito di non poter vivere senza di lei e sarebbe venuto a cercarla, o l’avrebbe almeno chiamata, invece nulla. Mai una chiamata, mai un messaggio. Poteva anche trovarsi nelle mani di uno psicopatico e lui nemmeno se ne preoccupava. Suo fratello pensava solo a scoparsi quella di turno, così come aveva fatto con lei.
- Avrà deciso di andare avanti. Cosa che dovresti fare anche tu. – sostenne Reino, stringendo la mano della ragazza, che era diventata terribilmente fredda.
- Sto andando avanti. – replicò lei, abbassando lo sguardo.
- Non come dovresti. Speravi ancora di tornare tra le sue braccia, ammettilo. –
Setsu non si sorprese più di tanto che Reino lo sapesse. Ormai aveva capito di non poter avere nessun segreto con lui. Rimaneva comunque una cosa un po’ frustrante essere un libro aperto per il cantante.
- Sì, è vero. Adesso suppongo dovrò mettermi del tutto l’anima in pace. – ammise triste, sentendosi ridicola.
- Ed io sarò qui ad aiutarti a farlo. Non ti lascerò da sola. – le ricordò, sorridendole.
Si sporse in avanti e fece l’unica cosa che poteva fare in quel momento per darle il suo conforto, cioè baciarle la fronte. Lo faceva spesso e a lei sembrava non dispiacere, anche se l’impulso di scendere più giù lo divorava ogni volta.
Quando si allontanò, la trovò con gli occhi chiusi, che riaprì lentamente, guardandolo con un’espressione diversa dal solito. Non era arrossita come faceva sempre, sviando poi lo sguardo dal suo. Lo stava fissando dritto negli occhi. Perché? Che gli stava chiedendo? Cercò di capire cosa stesse provando il suo cuore, ma per la prima volta non ci riuscì. Era troppo coinvolto per percepire le vibrazioni del suo animo.
Indeciso su cosa fare, tentò con l’unica cosa che gli pareva la più sensata in quel momento. Portò una mano sul suo viso, per poi spostarla dietro alla nuca ad accarezzarle i capelli. Lei non si scostò ma continuò a guardarlo, quindi si decise ad avvicinarsi alle sue labbra e darle finalmente quel bacio che desiderava da mesi. Lo fece lentamente, così da darle modo di allontanarsi se avesse voluto, ma lei non lo rifiutò.
Setsu aveva una gran confusione in testa. Il bacio di Reino sulla fronte, insieme alle sue parole, l’avevano colpita più del solito. Le era rimasto accanto, senza mai giudicarla e senza mai pretendere nulla da lei. Ancora una volta, le aveva promesso che le sarebbe rimasto accanto per aiutarla a dimenticare. Cain, invece, continuava a ferirla. Decisamente, aveva sbagliato uomo da amare. Guardando gli occhi di Reino, si ritrovò a pensare che le sarebbe piaciuto innamorarsi di lui. Di certo, non l’avrebbe mai trattata come un oggetto. Desiderò gettarsi tutto alle spalle e, forse, le stava venendo data l’occasione.
Sentì la mano del ragazzo, calda e grande, a contatto col suo viso ancora umido di lacrime e continuò a perdersi nel suo sguardo, finché non fu così vicino da sentire il suo respiro. Stava per baciarla, ma le stava anche dando la possibilità di rifiutarlo.
Ma lei voleva rifiutarlo? No, non voleva.
Accolse le sue labbra, ricambiando quel bacio dal tocco dolce e delicato, che piano piano diventava sempre più profondo e intenso. Reino la prese tra le braccia, avvicinandola maggiormente  a sé, e lei si abbandonò a quella stretta in grado di trasmetterle l’intensità dei suoi sentimenti; stava sentendo l’amore del ragazzo in quel semplice ma travolgente bacio. Sapeva che l’amava, non ne faceva un mistero, ma sentirsi amata anche con quel gesto, le scaldò il cuore. Quel bacio era per lei; il suo tocco era per lei; il suo amore era solamente per lei. Si lasciò andare senza pensare più a nulla, liberando la mente dai pensieri che l’affliggevano fino a pochi minuti prima.
Reino, dal canto suo, non riusciva ancora a credere di stare baciando Setsu. Stava ricambiando i suoi baci e sembrava assecondarlo mentre la spingeva delicatamente a stendersi. Possibile stesse sognando? Eppure, il corpo caldo della ragazza, sotto al suo, sembrava reale e lo divenne maggiormente quando lei portò le braccia dietro alla sua schiena, per stringerlo a sé. Davvero non riusciva a credere a ciò che stava accadendo.
Incoraggiato da quei gesti, l’istinto lo portò ad accarezzarle i fianchi e a risalire lentamente verso i seni, stringendone uno e immaginando come potesse essere farlo senza l’impedimento dei vestiti. Quando però spostò la mano sotto il suo top aderente ed entrò in contatto con la pelle calda e setosa del ventre, qualcosa lo bloccò, fermando quella carezza che rischiava di diventare troppo spinta.
“Non così.” si disse Reino, ripensando allo stato emotivo di Setsu pochi minuti prima. Era scossa da ciò che aveva saputo su Cain e probabilmente lo assecondava per quello. Gli avrebbe permesso di fare qualunque cosa in quel momento di vulnerabilità, cosa che lui non voleva. Se doveva accadere qualcosa tra loro, lei doveva averne ben chiaro il significato. Non avrebbe approfittato di una sua momentanea debolezza; doveva desiderarlo anche lei. Si allontanò con fatica dalle labbra della ragazza e poggiò la fronte alla sua per riprendere fiato e lucidità.
- È meglio che torni dai ragazzi adesso. – mormorò, sospirando affranto. Era eccitato e la cosa era abbastanza frustrante. Non avrebbe voluto lasciare quel letto, quella posizione e, soprattutto, quella situazione, per nulla al mondo, ma era giusto farlo. E poi, temeva che potesse farlo per una sorta di vendetta nei confronti del fratello, ed era ciò che più lo bloccava. Doveva stare con lui perché lo amava, non per ripicca verso altri.
Setsu, stordita dalle sensazioni appena provate, annuì solamente, senza dire nulla. Non sapeva come comportarsi dopo quel bacio che, in verità, le era piaciuto anche molto. Forse troppo. Si sentiva imbarazzata ma allo stesso tempo serena. Sì, era quella la parola perfetta che meglio la descriveva. Si sentiva stranamente serena nonostante, fino a mezz’ora prima, piangesse di rabbia e disperazione. Per un attimo, aveva pensato che Reino si sarebbe spinto oltre ai baci ma, premuroso come sempre, si era fermato, forse per non costringerla a scegliere cosa fare. Aveva sentito chiaramente la sua erezione a contatto con la sua gamba, ma nonostante ciò si era allontanato.
“Ma cosa avrei fatto se avesse continuato e fossimo andati fino in fondo? Che cosa avrebbe rappresentato per me?” si chiese turbata, mettendosi a sedere quando il ragazzo si era sollevato.
- Ti va di venire con me? – le domandò, porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi. Magari distrarsi avrebbe giovato ad entrambi.
- Ok. Mi do una sistemata e arrivo. – gli sorrise, lasciandosi aiutare ad alzarsi, per poi andare in bagno a lavarsi la faccia.
Si osservò allo specchio e notò le labbra arrossate, che sfiorò con la punta dell’indice, ignorando del tutto il graffio che si era procurata poco prima. Cain, quella volta, non l’aveva baciata in quel modo nemmeno una volta. Era stato rude e poco romantico, anzi, per nulla romantico, era lei a volerci trovare qualcosa di positivo, perché lo amava più di se stessa. Reino, invece, aveva giocato con le sue labbra, sfiorandole, mordicchiandole, leccandole, senza forza e pressione. Aveva sfiorato la sua lingua con delicatezza, invogliandola a ricambiare quel bacio con una tale naturalezza da sorprenderla. Poi, il ritmo era cambiato in qualcosa di più profondo e… eccitante. Sì, lo aveva trovato eccitante.
I baci di Reino erano stati decisamente diversi da quelli che le aveva rubato il fratello quella dannata notte.
 “Aspetta… li sto paragonando? Perché? Com’è possibile? Non è che… “ interruppe i suoi stessi pensieri, troppo spaventata per proseguire il resto della frase. Arrossì, cercando di zittire quella vocina che premeva per dirle che, forse, si era affezionata a Reino più di quanto lei stessa immaginasse. Poteva essere possibile una cosa simile? Oppure era una reazione normale per le piacevoli attenzioni ricevute? In fondo, pensò, a quale donna dispiace ricevere un certo tipo di attenzioni da un ragazzo come Reino? E lui gliene riservava molte.
Più confusa di prima, sciacquò il viso con acqua rigorosamente fredda, sperando che il rossore delle guance passasse. Mise un velo di trucco e uscì dal bagno, trovandolo seduto sul divano a guardare pensieroso la tv spenta, ma non fece domande.
Reino la aspettava da diversi minuti, ma sapeva di non doverle fare fretta. Con probabilità, stava analizzando ciò era appena accaduto tra di loro, cosa che stava tentando di fare anche lui. Il suo dono non era sempre utile ad aiutarlo a capire tutto. Per esempio, non lo aiutava quando si trattava di lui. Se era emotivamente coinvolto, non riusciva ad usarlo. Solo restando distaccato ci riusciva, cosa che in quell’istante non era. Magari avrebbe provato più avanti ad interpretare i sentimenti di Setsuka per lui.
- Sono pronta. – lo informò lei, avvicinandoglisi e distogliendolo dai suoi pensieri.
Quando i loro sguardi si incrociarono, lui le sorrise intenerito, notandola in imbarazzo.
- Andiamo allora. – rispose Reino, prendendo le chiavi.
 
 
 
 


Buon sabato fan di Skip Beat ^.^ oggi capitolo un po' più lungo ^_^
Come già in molti avevano indovinato, era proprio Manaka la ragazza che Cain ha salvato. Ma ora chi salverà Cain dopo quello che è successo? XD
Setsu si sta avvicinando a Reino anche grazie ai comportamenti di Cain. Che accadrà adesso secondo voi?
Che farà il povero nii-san quando leggerà quello stesso articolo? XD
Al solito, vi ricordo la pagina di Skip Beat su Facebook, dove troverete non solo tante informazioni (spoiler soprattutto!) sui capitoli in contemporanea col Giappone, quelli in italiano e spoiler anche di questa storia e delle altre che sto scrivendo ^_^    Skip Beat Italia - Cain&Setsu
 
Ma poiché la pubblicità è l’animo del commercio XD vi lascio anche le altre  mie paginette su Facebook ^_^

Qin's Moon Italia - The Legend of Qin 
Una serie in 3D cinese di cui è stata tradotta la prima serie e alcune canzoni bellissime <3
 
A Tutto Oriente
Pagina in cui posto immagini e curiosità principalmente su Giappone, Cina e Corea ^_^
 
White&Platinum Hairs
Questa parla da sola *-* la pagina è dedicata a tutti i personaggi (anime/manga/game) con i capelli bianchi, come Inuyasha, Tomoe, Miketsukami e ovviamente Reino XD più tanti tantissimi altri <3
Vi aspetto se vorrete farci un salto ;)

Grazie per aver letto e al prossimo capitolo :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3
P.S. Da adesso, nell'elenco dei personaggi, abbiamo anche Setsuka, Cain, Julie e Kuon *-* li ho inseriti io e ho chiesto l'aiuto delle mie amiche per votarli, così da essere inseriti nell'elenco. Grazie Fluffers :* Kuon soprattutto mi servirà prossimamente ;)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


 




 
Seduto nel suo camerino, Cain osservava la rivista su cui troneggiava, in prima pagina, la foto di lui e Manaka che si tenevano per mano. Il suo primo istinto, quando la ragazza gliel’aveva mostrata, era stato quello di fare a pezzi la rivista e successivamente uccidere lei. Lentamente.
- Mi dispiace tantissimo! Non pensavo che qualche giornalista potesse seguirci. È tutta colpa mia! – si scusò mortificata la giovane, che era impallidita quando un’amica le aveva mostrato la rivista. Si sentiva davvero in colpa per quell’articolo e non sapeva come scusarsi con il suo collega.
- Chiamali e smentisci tutto! – ordinò Cain, guardandola con rabbia.
- Ok. Dirò al mio manager di organizzare un’intervista, ma potrebbero volere anche una tua dichiarazione. – lo informò Manaka.
- Fammi sapere cosa ti dicono allora. E vedi di fare veloce. Non amo si parli di me, soprattutto per cose non vere! – replicò, alzandosi e andando via, lasciando la ragazza da sola.
“Cose non vere ha detto. A me, invece, piacerebbe tanto che fossero vere…” pensò lei, accarezzando l'altra foto che la ritraeva addormentata tra le braccia del ragazzo.
Era stato così dolce e premuroso a occuparsi di lei, che proprio non capiva perché fosse così scontroso con tutti. Era convinta che si nascondesse dietro a una maschera che non gli apparteneva, sicuramente indossata per colpa della sorella. Quella ragazza lo plagiava con la sua opprimente presenza, spingendolo a isolarsi dagli altri, o almeno di questo era convinta Manaka. Quando poi aveva notato che Setsuka-san non si presentava più al seguito di suo fratello, aveva sperato di poter instaurare almeno un legame di amicizia con lui, ma Cain-san non voleva proprio saperne.
Aveva perso le speranze ormai. Se non voleva nemmeno parlarle, non avrebbe insistito oltre, anche perché sembrava combinare un guaio dietro l’altro nel tentativo di farlo.
Uscì dal camerino di Cain e si diresse verso il set.
- Ayumi-chan, si può sapere che combini con quello psicopatico? Ma dico, vuoi rovinarti la reputazione e la carriera? – la rimproverò Mitsui, che più che preoccupata per la collega, ne era invidiosa. Anche a lei piaceva Cain Heel, ma lui non la degnava nemmeno di uno sguardo.
- Mitsui-chan… io… -
- Concordo con lei, Manaka-chan. Quel tipo è pericoloso! – intervenne Murasame, informato anche lui sui pettegolezzi del giorno. Da una parte era un bene si parlasse di loro e, di conseguenza, del film, ma era sinceramente preoccupato per la giovane collega, decisamente inesperta ed ingenua.
- Non preoccupatevi. Non c’è niente tra me e Cain-san. – li rassicurò la ragazza, anche se non era d’accordo con loro. Preferiva comunque non obiettare, poiché non ne avrebbe ricavato nulla.
- Ma se vi hanno fotografati mentre ti portava in albergo in braccio, come se fossi la sua sposina! – contestò Mitsui.
- Ero addormentata perché… ecco… avevo bevuto troppo. – ammise imbarazzata, lasciando i suoi interlocutori stupiti, così raccontò loro cosa era realmente accaduto quella notte.
- Quindi un briciolo di compassione ce l’ha anche lui. – affermò Murasame.
- Già. È stato gentile oltre che coraggioso. Quei tre sembravano pericolosi, ma lui li ha stesi con un solo colpo e poi mi ha portato fuori. Avrebbe potuto lasciarmi al mio destino, invece non solo mi ha salvato, mi ha perfino portato in albergo per non lasciarmi per strada da sola. – lo lodò Manaka.
- Resta comunque una persona da evitare, non da premiare! Sei agli inizi della tua carriera Ayumi-chan. Non fartela rovinare dai pettegolezzi. Sei una ragazza rispettabile e non sta bene si dica di te che frequenti gli alberghi con i nuovi attori appena conosciuti. Chissà cosa potrebbe pensare di te il pubblico! – proferì maligna l'altra l’attrice.
- Mitsui-chan, credo tu stia un po’ esagerano. – sostenne Murasame, intuendo parlasse per rabbia e non per un interesse verso la collega.
- Sbaglio o quel ragazzo non piace neppure a te, Murasame-kun? –
- Non sbagli, ma dire queste cose a Manaka-chan di certo non l’aiuterà. Basterà chiarire tutto con un’intervista. –
- Fate come vi pare! – rispose stizzita l’attrice, andando via.
- Ma che le prende? – chiese Manaka, non comprendendo il comportamento stranamente ostile dell’amica.
“È davvero troppo ingenua.” pensò sconfortato Murasame.
 
Cain si gettò stancamente sul suo letto. Aveva girato numerose scene quel giorno, cercando di tenersi impegnato. Nonostante ciò, per tutto il tempo, i suoi pensieri erano andati a Setsu. Si chiedeva se avesse letto l’articolo e che reazione potesse avere avuto. Avrebbe voluto chiamarla e dirle che le cose non erano come la rivista sosteneva, ma a che pro farlo?
“Non ho nulla da giustificare. Non è la mia ragazza. E poi, lei vive in casa di quell’idiota! Loro faranno anche di peggio!“ si ripeté, cercando di bloccarsi dall’andare da lei.
Moriva dalla voglia di vederla, di sapere come stava, se soffriva per lui, oppure se lo aveva dimenticato. Aveva bisogno di abbracciarla, di sentire la sua voce, di addormentarsi con lei al suo fianco.
Aveva semplicemente bisogno di lei.
Si sentiva terribilmente solo. Nemmeno la morte dei loro genitori lo aveva reso tanto disperato e infelice. All’epoca, si era fatto forza pensando alla sorellina che aveva bisogno di qualcuno che la consolasse, quindi non aveva nemmeno avuto il tempo per deprimersi, ma adesso era rimasto completamente solo.
Per chi avrebbe guadagnato tutti quei soldi? Chi gli avrebbe fatto la ramanzina per aver lasciato del cibo nel piatto? Chi lo avrebbe accudito quando stava male? Chi sarebbe stato fiero di lui? Chi gli avrebbe detto che era talmente importante da venire primo su tutti? Chi avrebbe usato la scusa degli incubi per dormire stretta a lui? La risposta era semplice: Nessuno. Nessuna donna sarebbe stata simile a Setsu. Nessuna lo avrebbe amato così profondamente tanto quanto lei. Nessuna avrebbe dedicato la sua vita a lui, come faceva sua sorella.
E lui? Che cosa aveva fatto per la sua sorellina, oltre a garantirle una vita agiata? Nulla. Non aveva fatto nulla. Aveva assecondato ogni desiderio di Setsuka, desideri che comprendevano sempre lui, notò solo in quell’istante. Si faceva bella per lui, cucinava per lui, era sempre in viaggio per seguire lui, litigava con le sue ex ragazze per lui. Tutto quello che chiedeva, tutto quello che faceva, tutto quello che pensava, era sempre destinato a far stare bene lui alla fine.
Che idiota a non averlo notato prima, pensò triste. Troppo preso dai suoi stupidi pensieri, non si era accorto di cosa si agitasse nel cuore della sorella, scambiando quelle premure per amore fraterno, invece lo amava con tutta se stessa e lui l’aveva ripagata in quel modo.
Il dolore che le aveva inflitto quella notte, doveva essere enorme. Era stato duro, insensibile, stupido e idiota. Aveva ragione Setsu; i modi per stare insieme non mancavano, ma lui l'aveva capito troppo tardi. Si pentiva ogni giorno di più di ciò che aveva fatto, ma come poteva porvi rimedio? Andando da lei, dicendole di amarla e di rivolerla con sé? No, era impensabile. Non poteva farle una cosa simile. Setsu aveva fatto la sua scelta e non poteva andare da lei a distruggere tutto. Doveva resistere alla solitudine e al senso di vuoto, lavorando e tenendosi impegnato. Non poteva rovinarle la vita per il suo egoismo. E poi, forse, non lo amava nemmeno più dopo quello che le aveva fatto e non poteva darle torto.
Nonostante la stanchezza, si alzò e uscì a fare un giro. Come al solito, non aveva voglia di passare la serata da solo in camera. Si diresse in un club notturno e attese lì l’alba. Ormai, quella era diventata la sua vita negli ultimi tre mesi, in quel paese che non vedeva l’ora di lasciare. Probabilmente avrebbe finito col distruggersi prima di poterlo fare, ma non gli importava più.
Aveva perso la sua unica ragione di vita, ed era stato lui l’unico colpevole.
 
Il giorno dell’anniversario della fondazione dei Vie Ghoul era infine giunto. Setsu, per quell’occasione, aveva acquistato dei pantaloni in pelle nera e un top del medesimo colore, ma in tessuto trasparente che mostrava interamente il suo busto da sotto al seno fino all’ombelico. Le coppe del reggiseno integrato erano unite al centro da un grosso anello dorato, dal quale pendeva un ciondolo a forma di croce che attirava maggiormente l’attenzione al suo decolleté.
Stava rifinendo il trucco in bagno, quando alle sue spalle apparve Reino, che la guardò attraverso lo specchio.
- Sei troppo sexy per uscire così. – le disse, accarezzandole le spalle nude. – E anche troppo svestita per il freddo che fa. – le fece presente, sentendo la pelle fredda sotto le sue dita.
- L’ambiente sarà riscaldato. Non sentirò freddo. – replicò la ragazza, mettendo un gloss rosa.
- Non puoi mettere qualcosa addosso? – insistette il cantante.
- Reino, t’infastidisce che venga vestita così? – gli chiese Setsu, voltandosi a guardarlo.
- Se ti dicessi sì? Che faresti? –
- Ti chiederei perché. –
- Il perché non è ovvio? –
- Sei geloso? –
- Tu che dici? –
- Smettila di rispondere alle domande con delle domande! Non ha senso! – rispose Setsu, alzando gli occhi al cielo.
- Sì, sono geloso che altri uomini ti guardino mezza nuda, ma non posso pretendere nulla sia perché non sei la mia ragazza sia perché è il tuo stile, e non ti chiederei mai di cambiare. Però mi dà comunque fastidio. – precisò il ragazzo, che non riusciva a non guardarle la scollatura. Se lo faceva lui, che doveva essere abituato al suo abbigliamento, non osava immaginare gli altri uomini.
- Non sarò l’unica a quel party. Sai quante donne vestite in modo provocante ci saranno? La maggior parte delle quali, ci scommetto, cercherà di sedurre te e gli altri membri della band. So già come vanno queste cose. – spiegò innervosita, senza capirne il perché.
- Oh! – esclamò Reino, alquanto sorpreso.
- “Oh!” cosa? –
- Sei gelosa anche tu! – rise il ragazzo, stupito dall’astio che avvertiva nelle sue parole.
- Io? Gelosa? Affatto! Non ho motivo per esserlo! – negò la giovane.
- Quindi se stanotte andassi con una di quelle donne, a te non importerebbe nulla, giusto? – la provocò, osservando la smorfia seguita alla sua domanda.
- Sei libero di fare tutto quello che vuoi! - dichiarò Setsu, uscendo velocemente dal bagno e correndo in camera a mettere gli stivali. Non aveva voglia di continuare quella conversazione che, già sapeva, avrebbe portato a qualcosa che non le sarebbe piaciuto.
Dopo quel bacio, per suo volere, non si erano detti nulla. Non avevano discusso del perché ci fosse stato e tantomeno di ciò che sarebbe potuto accadere dopo. Lui aveva provato a parlarne, ma lei non si sentiva pronta. Gli aveva chiesto di dimenticarlo e non parlarne più. Reino aveva accettato, ma aveva notato quanto ci fosse rimasto male.
“Ho paura! Ho paura di ciò che provo, di ciò che potrei fare. Accettare dei sentimenti verso Reino significherebbe cancellare quelli per Cain? No, è impossibile che lo dimentichi così in fretta, però è anche vero che in breve tempo, Reino ha cambiato un bel po’ di cose in me. Non lo vedo più come un semplice amico dopo quel bacio. Sono così combattuta! Vorrei andare avanti, ma ho paura. Paura di cosa poi? Di dimenticare Cain? È ciò che dovrei fare invece, accidenti, ma non a spese di Reino! Che devo fare? Come devo comportarmi?” rifletté combattuta.
In quei giorni non aveva fatto altro che pensare, ma più comprendeva il suo cuore, più sentiva crescere la paura delle conseguenze. Tra le braccia di Reino aveva quasi perso il controllo di se stessa quel giorno. Non si era mai immaginata con nessun altro che il fratello, quindi, quella nuova situazione, la metteva in tremenda agitazione. Per questo aveva chiesto al ragazzo di dimenticare il bacio. Era terrorizzata da se stessa.
- Setsu, sei pronta? Si sta facendo tardi. – l’avvisò Reino, osservando l’orologio.
- Sì, eccomi. – rispose lei, raggiungendolo con il soprabito già addosso.
Arrivati al party, che si teneva in una delle sale dell’agenzia dei ragazzi, furono subito divisi dagli impegni del cantante, che veniva chiamato in continuazione dal manager per essere presentato ai vari illustri invitati. Di conseguenza, lei restava da sola.
- Scusi signorina, ci siamo già incontrati prima o sbaglio? – l’avvicinò un uomo di bell’aspetto, con due bicchieri di champagne in mano e che la guardava in modo inequivocabile.
“Che palle! Sempre la solita scusa dell’essersi già incontrati! Poveri disperati!” pensò la giovane, sbuffando.
- Lavora con i Vie Ghoul? – chiese sbrigativa.
- No. Sono un attore e lavoro per la LME. Mi chiamo Kij … -
- Bene, allora non ci conosciamo! Dubbio risolto. Buona serata. – lo interruppe annoiata Setsu, dandogli le spalle e andando via, lasciando l’uomo di stucco.
- Che noia, accidenti! Sto passando la serata a bere. A saperlo me ne stavo a casa. - mormorò irritata, prendendo l’ennesimo bicchiere di champagne e sedendosi a uno dei divani.
- Quest’anno c’è molta più gente rispetto allo scorso party. La fama dei ragazzi aumenta sempre di più. – osservò Midori, sedendole accanto.
- Anche Miroku è tenuto in ostaggio dal manager? –
- Già. Per questo motivo Aika-chan e Misa-chan hanno preferito non venire. Sapevano che si sarebbero annoiate a fare le belle statuine. – disse la giovane, riferendosi alle ragazze degli altri membri del gruppo.
- E come mai tu sei venuta se già sapevi a cosa saresti andata incontro? – domandò curiosa Setsuka.
- Sono venuta per controllare Miroku. Ogni volta che giro le spalle, viene assediato da gatte morte che provano a portarselo a letto. Quando qualcuno gli si avvicina troppo, io intervengo, mettendo in chiaro che sono la sua ragazza. – spiegò Midori, notando come proprio in quell’istante, due donne si fossero avvicinate al suo ragazzo e non certo per chiedergli l’autografo.
- Non ti fidi di lui quindi? –
- Mi fido ciecamente, ma è proprio Miroku a chiedermi di liberarlo da quelle sanguisughe. Anche se le rifiuti con garbo, loro non mollano la presa tanto facilmente, così arrivo io a toglierlo dagli impicci. Ed è ciò che mi sta chiedendo di fare adesso visto come mi guarda. – disse la ragazza, alzandosi e prendendo due flûte, sotto lo sguardo perplesso di Setsu. – Ti consiglierei di fare altrettanto con Reino comunque. Sembra in difficoltà. – le fece notare l’amica guardando nella direzione del cantante, accerchiato da tre donne piuttosto appariscenti e con parecchie parti del corpo evidentemente rifatte, e che sembravano prendersi un po’ troppe confidenze con lui.
- Io non sono la ragazza di Reino. – rispose freddamente Setsuka, cercando di nascondere il suo fastidio nel vedere una delle tre donne poggiare la mano sulla spalla di Reino, che gentilmente si era scostato.
“Brutta strega plastificata!” si ritrovò ad inveirle contro, innervosendosi.
- A Reino di certo non dispiacerebbe se ti spacciassi per tale. Anzi, credo vorrebbe che fosse piuttosto la realtà. – le sorrise la ragazza. - Io vado adesso. Tu pensaci a cosa fare Setsu-chan, perché se aspetti troppo, lui potrebbe allontanarsi con qualcun’altra. – le disse Midori prima di andare via, lasciando trasparire il vero senso di quel consiglio. Era evidente che non si riferisse all’aiutare Reino con quelle tre oche insignificanti. Le stava consigliando di scegliere se stare o no con lui prima che fosse troppo tardi.
“Ma cosa voglio io di preciso?” si chiese per l’ennesima volta, turbata  dai sentimenti contrastanti che provava.
Fu quando incrociò lo sguardo profondo del ragazzo che capì. Prese un lungo respiro prima di alzarsi, avviandosi poi a passo deciso verso di lui.
 
- Io trovo che i tuoi testi siano i più profondi Reino-san! – civettò una delle donne di cui cercava di liberarsi già da un po’, ma ogni volta che ci provava, veniva bloccato da stupide domande.
- È vero! Si sente tutta la passione che ci metti quando le scrivi! – concordò un’altra.
- Fortunata la donna che avrà il tuo cuore! Sono sicura che le dedicheresti molti testi! – dichiarò l’altra, rivolgendogli uno sguardo adorante.
Reino alzò gli occhi al cielo, irritato da quei complimenti stupidi e di cui poco gli importava. Si stava annoiando e oltretutto non era rimasto un istante con Setsu, la quale riceveva gli sguardi di buona parte dei presenti e di cui non gli era difficile intuirne il pensiero. In fondo, erano anche i suoi, seppur dettati anche da altro che semplice desiderio fisico.
- Tu che ne pensi Reino-san? – chiese una delle donne, richiamando la sua attenzione toccandolo.
- Eh? Che ne penso di cosa? – domandò lui, scostandosi di un paio di passi per allontanare da sé quella mano poco gradita. Nel farlo, notò Setsu annoiata e infastidita, forse anche irritata, ma quando i loro sguardi s’incrociarono, la vide osservarlo con una luce diversa negli occhi.
Era così bella che avrebbe tanto voluto mollare quella stupida festa e portarla via. Desiderava solamente poterla stringere a sé, sentire il calore del suo corpo contro al suo, così com’era accaduto la notte in cui l’aveva portata a casa sua. Ancora si chiedeva come avesse fatto a innamorarsi in quel modo in così breve tempo. Purtroppo, pensò, lei non lo avrebbe mai ricambiato.
- Stavamo dicendo che sarebbe magnifico se tu e i ragazzi veniste alla radio per cui lavoriamo e cantaste in diritta un paio di ritornelli. Gli ascolti salirebbero tantissimo! –
- Di questo dovete parlarne al nostro manager. Si occupa lui dei nostri impegni. Ora, se volete scusarmi, devo andare. – rispose il cantante, cecando di scollarsi quelle sanguisughe di dosso.
- Ma dai, resta per altre due chiacchiere! È così piacevole parlare con te e vorremm… -
- Reino, devo parlarti! – intervenne Setsu, interrompendo la donna e prendendo il ragazzo sottobraccio per portarlo via.
- Come? Ma stava parlando con noi! – protestarono in coro le tre.
- Direi che avete monopolizzato fin troppo il mio ragazzo! – replicò Setsu, trascinandolo via sotto lo sguardo stupito delle donne.
 
- Interessante. Da quando sarei il tuo ragazzo? – scherzò Reino, una volta rimasti soli.
Erano usciti dalla grande sala che ospitava la festa e si erano diretti in uno degli uffici lì vicino, che sapevano sarebbe stato libero, data l’ora.
- Da stasera… parrebbe. – rispose seriamente lei, dandogli le spalle, preda del nervosismo. Quello che avrebbe detto da lì in avanti avrebbe chiuso una porta col suo passato, aprendone una nuova, lontano da Cain.
- Aspetta, stai scherzando, vero? – chiese lui, facendola voltare. Pensava scherzasse e che lo avesse detto per liberarlo da quelle donne, ma la risposta che gli aveva appena dato era terribilmente seria.
Dopo il bacio di alcuni giorni prima, che lei gli aveva chiesto di dimenticare, non avevano più parlato di qualcosa che riguardasse loro due come coppia. Avrebbe voluto chiederle perché avesse ricambiato il suo bacio con quel trasporto, ma lei glielo aveva impedito, chiudendo la discussione in modo sbrigativo, come se su quel letto non fosse accaduto nulla. Di conseguenza, faticava a comprendere ciò che aveva detto e non capiva se fosse una battuta o dicesse sul serio.
- Non sto scherzando. Sempre che non sia troppo tardi. – rispose lei, guardandolo dritto negli occhi.
- Stai davvero dicendo… di voler essere la mia ragazza? – ripeté incredulo, temendo di aver travisato le sue parole.
- Sarò sincera, così potrai decidere se vuoi stare ugualmente con me o no. Io amo ancora Cain. Forse lo amerò per sempre. – chiarì con spietata sincerità, osservando lo sguardo del ragazzo incupirsi. – Ma credo di amare anche te. – aggiunse poi, notando lo stupore sul suo viso, così proseguì. – In questi mesi ho avuto modo di conoscerti e apprezzarti. Mi sei stato accanto come un amico, nonostante tutto. Sei una persona speciale alla quale ho iniziato a volere molto bene. Giorno dopo giorno, quell’affetto è diventato qualcosa di più, fino ad arrivare alla gelosia. – ammise infine, soprattutto a se stessa.
Amava ancora Cain e non poteva fingere il contrario, ma sentiva di iniziare ad amare anche Reino. Era questo che aveva capito. Non sarebbe stato una ruota di scorta nella sua vita. L’affetto e la gelosia che nutriva per lui erano sinceri, altrimenti non avrebbe mai preso la decisione di dargli una possibilità. Voleva andare avanti e voleva farlo con Reino.
- È per questo che sei venuta a portarmi via? Perché eri gelosa di quelle tre? – domandò talmente sorpreso da dubitare perfino di essere sveglio. Aveva davvero detto di essersi innamorata di lui? Proprio lei, che voleva dimenticare il loro bacio?
- Non era ovvio? –
- Non rispondermi con una domanda. – la imitò lui, ripetendo le stesse parole che la ragazza gli aveva rivolto poche ore prima.
- Sì! È per questo che ti ho portato via, perché sono gelosa! Contento? – rispose stizzita, intuendo l’implicito riferimento alle parole che gli aveva rivolto a casa.
- Sì, molto contento. Non immagini nemmeno quanto. Anche se dovrei andare a ringraziare quelle tre, se ti hanno fatto capire che vuoi stare con me. –
- Non sono state quelle tre. Sei stato tu. –
- Io? Perché, che ho fatto? – chiese stranito. In quei giorni non aveva fatto proprio nulla.
- Mi hai guardata mentre eri con quelle tre piovre. –
- Io ti guardo sempre. – rispose confuso.
- Avresti avuto di meglio da guardare, con quelle tettone che ti si strusciavano addosso, invece hai guardato me. Ti sei voltato a cercarmi, guardandomi con desiderio, nonostante avessi quelle tizie accanto. Questo mi ha fatto sentire incredibilmente amata. In quel momento ho desiderato essere guardata in quel modo ogni giorno. – spiegò Setsu, che aveva preso la sua decisione proprio grazie a quello sguardo carico di passione che le aveva dedicato.
Reino sorrise e si appoggiò contro una delle scrivanie, prendendo Setsu per mano e avvicinandola a sé.
- Sul fatto che avessi di meglio da guardare, ne dubito fortemente; per me, il meglio sei tu. Per quanto riguarda il resto, ti ho sempre guardato in quel modo, ma tu non lo hai mai notato. Comunque pensavo di dimostrarti il mio amore rispettando i tuoi tempi, e non… - s’interruppe, avvicinando il viso al suo, sfiorandole quasi la bocca. - … guardandoti col desiderio di baciarti e farti mia. – concluse in un sussurro che la fece fremere. Il respiro caldo del ragazzo si infranse sulle sue labbra, facendole venire un brivido lungo la schiena.
- Lo notavo, ma non conoscevo ancora l’effetto che avrebbe avuto su di me. – mormorò lei, non scostandosi dal cantante, che aveva portato una mano ad accarezzarle la nuca.
- Mi piacerebbe tanto vedere che effetto ti fa adesso il mio amore. – le disse Reino, prima di unire le labbra a quelle di Setsu, che ricambiò il bacio.
Il cantante la avvicinò maggiormente a sé, stringendola come se avesse paura che la ragazza tra le sue braccia potesse svanire da un momento all’altro. I suoi sforzi erano stati infine ripagati e poteva finalmente godersi i baci e le carezze della donna che amava. Col tempo, avrebbe del tutto cancellato dai suoi pensieri il fantasma che aleggiava tra di loro, occupandone in pieno ogni angolo. Doveva solo darle tempo.
Il bacio diventava via via più passionale e coinvolgente, tanto da far quasi dimenticare a entrambi il luogo in cui si trovavano. Reino invertì le posizioni, facendola sedere e poi sdraiare sulla parte libera della scrivania, mettendosi tra le gambe della ragazza, che lei strinse attorno alle sue. Il cantante abbandonò le morbide labbra per scendere sul collo, a cui dedicò le sue attenzioni, mentre le mani si occupavano di abbassare le spalline di quel provocante top, per permettere alla sua bocca di scendere ancora più giù, alla sua scollatura, su quelle rotondità invitanti rinchiuse dalle coppe rigide e che baciò prima di liberare.
Setsu si era del tutto lasciata andare mentre sentiva le labbra e la lingua di Reino giocare con i suoi seni. La sua mano stringeva con delicatezza, ma anche fermezza, i capelli del ragazzo, come a chiedergli di non smettere nel darle quelle meravigliose sensazioni. Si lasciò trasportare dal desiderio che piano iniziava a divamparle dentro, convinta più che mai a gettarsi tutto alle spalle, ma mentre sentì la mano del giovane insinuarsi all’interno dei suoi pantaloni e dei suoi slip, sgranò gli occhi allarmata.
- Re-Reino… aspetta! – lo fermò lei, bloccando l’avanzare delle sue dita.
Il ragazzo la guardò preoccupato, temendo di aver mal interpretato le sue reazioni, ma quando sentì delle voci avvicinarsi, ricordò di trovarsi in uno degli uffici della sua agenzia, mentre fuori si teneva una festa con centinaia di persone. E lui era uno dei festeggiati.
- Dannazione! – esclamò, arrabbiato con se stesso. Aveva completamente perso il controllo di sé, dimentico di trovarsi in uno stupido ufficio. Come aveva potuto farle questo?
- Meglio se usciamo. – disse Setsu, scendendo dalla scrivania e dandosi una sistemata.
Tornati alla festa, Reino era stato nuovamente “rapito” dal manager, mentre lei ne aveva approfittato per andare alla toilette. Aveva sistemato il trucco sbavato a causa dei baci e stava per uscire, quando l’occhio le cadde su una rivista simile a quella che aveva letto giorni prima e che parlava ancora di suo fratello e della sua presunta storia d’amore. Avevano proprio deciso di tormentarla?
Indecisa se leggerla o no, ricordò cosa fosse appena accaduto con Reino, così uscì dal bagno, decisa a non pensare più al passato. Avrebbe ignorato tutto ciò che riguardava Cain. Era giunto il momento di vivere per se stessa e non più per lui.
Se l’avesse letta, però, a differenza della volta precedente, avrebbe letto della smentita che i due attori aveva rilasciato riguardo la loro presunta relazione.
 
 



 
 
 
E buon salve ^_^ fatto un ritardo mostruoso con questo capitolo, ma non ero molto convinta di come stava venendo, così l’ho modificato diverse volte. E’ molto più lungo di quello che avete letto (già questo è da 10 pagine rispetto le 6 che solitamente pubblico XD), infatti l’ho troncato in due, quindi non dovrete aspettare molto per il prossimo capitolo ^_^
Ci rileggeremo comunque dopo le feste, quindi vi auguro Buon Natale e Felice Anno Nuovo :*
Se vi va, fatemi sapere se l’andamento della storia vi piace ^^’ perché inizio a dubitarne XD Setsu e Reino vi piacciono insieme? *^* E Cain povero cucciolo?
Potete farlo anche sulla mia pagina Facebook dedicata a Skip Beat (  Skip Beat Italia - Cain&Setsu  ) dove spesso pubblico qualche piccolo spoiler delle storie che scrivo ^_^ spero di concludere presto anche Il Ruscello delle Fate 2, più le nuove strambe storie che ho in mente ^_^
Grazie a chi leggerà/recensirà <3
Buone feste :*

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


 




- Mi dispiace. Scusami. – si scusò Reino, una volta giunti a casa.
- Per cosa? – domandò perplessa Setsu.
- Stavo per rovinare tutto. –
- In che senso? –
- Stavamo per farlo in un ufficio. Non è certo il posto migliore del mondo. Meriti di meglio. – le spiegò dispiaciuto.
- Che scemo che sei! – rise Setsu, trovandolo incredibilmente tenero. Si preoccupava di qualcosa a cui lei non aveva nemmeno fatto caso. Com’era diverso dall’immagine che si era fatta di lui le prime volte che lo aveva conosciuto. “Mai giudicare dalle apparenze. È proprio vero.” si disse.
- Perché sarei scemo? – chiese risentito.
- Perché in quel momento non ho certo badato al posto. Mi tenevi ben impegnata in altro. – rispose con fare provocante, avvicinandoglisi e poggiando le mani sul suo petto, accarezzandolo. – Peccato che siamo stati interrotti. – proseguì, risalendo con le mani fin dietro al collo del ragazzo, per avvicinarlo maggiormente a sé.
Lo voleva. Voleva sentirsi amata davvero, così da cancellare i ricordi di ciò che aveva creduto fosse amore.
- A quello possiamo porre rimedio adesso. – propose prontamente Reino, prendendola in braccio e dirigendosi nella sua camera, stendendosi con lei sul letto.
Iniziarono a baciarsi con trasporto, riprendendo da dove erano stati interrotti poche ore prima. Il fatto che fosse stata Setsu a prendere l’iniziativa, lo rendeva ancora più impaziente. Tuttavia si pose un freno, cercando di non correre troppo, per renderle quel momento indimenticabile.
Sapeva che quella sarebbe stata la seconda volta per la ragazza, poiché la prima l’aveva rubata quel bastardo del fratello e che l’aveva resa quanto di più negativo ci fosse per una donna innamorata. La sua seconda volta però, si ripromise Reino, sarebbe stata l’unica che lei avrebbe ricordato come speciale, perché lui l’avrebbe amata fino alla fine.
La spogliò con lentezza, venerando ogni centimetro di quel corpo, godendo dei suoi sospiri eccitati ogni volta che le sue mani e le sue labbra passavano su dei punti sensibili, tormentandola di piacere più e più volte. Il corpo di Setsu reagiva al suo tocco e non poteva esserne più felice ed orgoglioso. Si stava concedendo a lui, abbandonandosi con fiducia tra le sue braccia, dandogli una possibilità, e lui non avrebbe di certo tradito le sue aspettative.
Il momento della loro unione, fu quanto di più coinvolgente Reino avesse provato. La amava come non aveva mai amato nessuno e sperò che anche lei stesse provando lo stesso trasporto.
 
Setsu riposava placidamente tra le braccia di Reino. Non sapeva ben definire le sensazioni che le avevano sconvolto mente e corpo. Era la sua seconda volta e non sapeva dire se fosse stata migliore o peggiore della prima. Era sicuramente migliore nella forma, ma nei sentimenti?
Reino era stato dolce e premuroso, così diverso dall’irruenza ardente di Cain. Le aveva fatto scoprire piaceri a lei sconosciuti, con amore e tenerezza, e doveva ammettere che le era piaciuto. Era stato eccitante il modo in cui l’aveva toccata e baciata. Le aveva fatto dimenticare tutto e tutti.
Nonostante ciò, passata l’eccitazione, si rendeva conto di non aver provato quel senso di completezza che aveva avvertito col fratello dopo aver fatto l’amore con lui. Questo la faceva star male, per Reino soprattutto. Gli voleva bene, davvero molto, ma non quanto ne volesse ancora a Cain, nonostante ripetesse a se stessa di amarlo. Il suo amore per lui era appena nato, mentre quello per Cain durava da anni. Col tempo, magari, avrebbe provato lo stesso trasporto anche con Reino, pensò. In fondo, il primo passo lo aveva fatto.
Lasciarsi andare, così come stava facendo con lui, sarebbe stato inconcepibile fino a qualche mese prima. Nei suoi pensieri non esisteva nessun altro che suo fratello, invece in quel momento stava addirittura nel letto di un altro uomo, con la piena voglia di farlo. Doveva pur significare qualcosa.
- Tutto bene? – le chiese Reino, notandola assorta.
- Sì, perché? –
- Ti vedo pensierosa. –
- In effetti a qualcosa pensavo… -
- Cosa? – domandò preoccupato.
- Che ci vorrebbe un bis. – mentì lei, mettendosi a sedere sopra il bacino del ragazzo e riprendendo a baciarlo, sperando non capisse cosa realmente le passasse per la testa.
Non avrebbe permesso ai pensieri di rovinare il rapporto che stava appena nascendo. Aveva deciso di chiudere col passato e così avrebbe fatto. Era certa avrebbe amato davvero Reino e che con lui sarebbe stata felice, doveva solo dimenticare.
Reino, invece, aveva capito che nei pensieri di Setsu c’era nuovamente il fratello, ma aveva deciso di non dire nulla. Lei era stata chiara, lo amava ancora, quindi farglielo pesare non avrebbe avuto senso. Doveva solo pazientare che lei lo cancellasse del tutto dai ricordi e lui l’avrebbe aiutata più che volentieri.
 
Era quasi ora di pranzo quando si risvegliarono e Setsu si alzò per preparare qualcosa da mangiare. Reino la osservava girare per casa con solamente una sua maglietta addosso e ripensò a quando, mesi prima, l’aveva immaginata in quella stessa circostanza. Era diventata davvero la sua donna, ma continuava a non sapere per quanto lo sarebbe stata. Sperò per sempre, ma non poteva esserne certo.
- Perché mi fissi così? – chiese Setsu, sentendosi osservata.
- Guardo il tuo sedere che rimane scoperto ogni volta che si alza la maglietta. Ha un che di ipnotico. – scherzò Reino, aiutandola a prendere i piatti dalla credenza, poiché la ragazza, più bassa di lui, non ci arrivava.
- Sempre il solito imbecille! – sospirò lei, alzando gli occhi al cielo.
- Che c’è di male se mi piace il sedere della mia ragazza? – disse, dando uno schiaffetto sulla natica sinistra di Setsu, che lo guardò male.
- Lo dicevo che sei un maniaco! La prima impressione è davvero quella che conta! – esclamò sconfortata, ripensando al giorno in cui l’aveva conosciuto e l’aveva toccata sul seno.
- Che donna crudele che sei. – si finse triste.
- Per niente! Fila a vestirti piuttosto. Rischi di prenderti un raffreddore restando solo in boxer e non puoi permettertelo. La settimana prossima hai un concerto. – gli ricordò, temendo si prendesse un malanno. La primavera era alle porte, ma faceva ancora abbastanza freddo.
- Fai la mogliettina premurosa? Mi piace! – la prese in giro Reino, abbracciandola da dietro, incredibilmente felice per quello scambio di battute apparentemente stupide, ma di grande importanza per lui.
Si era creata un’atmosfera di intimità tra loro e non solo per la notte trascorsa insieme. Ridere e scherzare come una coppia, anche per piccole cose stupide, era qualcosa di nuovo e che gli trasmetteva serenità.
- Smettila di dire scemenze e vai! – lo allontanò Setsu, spintonandolo verso la camera.
- Ok, vado! – si arrese il ragazzo, tornando in camera a vestirsi, mentre Setsu finiva di preparare il pranzo.
Nel pomeriggio andarono a fare la spesa poiché il gruppo, il giorno dopo, avrebbe festeggiato privatamente l’anniversario dei Vie Ghoul, in tranquillità e divertendosi.
Camminavano per strada, di ritorno a casa, quando Reino si fermò improvvisamente a guardare una ragazza dai capelli corti e ramati. Setsu, seguendo il suo sguardo e notando la ragazza, non poté non arrabbiarsi.
- Che stai guardando? – domandò infastidita.
- La ragazza con quell’orribile tuta rosa. - rispose distrattamente lui, continuando ad osservarla, fino a vederla scomparire tra la folla. – Emanava un odio spaventoso. Non vorrei essere nei panni del ragazzo che lo subirà. – aggiunse poi, ritornando a prestare attenzione alla sua ragazza, che lo guardò dubbiosa.
- Mi stai prendendo in giro? La guardavi solo perché i tuoi strambi poteri hanno sentito il suo odio? – interrogò scettica.
- Sì, quindi non fare la gelosa perché non ne hai motivo. L’unica donna che m'interessa guardare sei tu. E comunque i miei non sono strambi poteri. – precisò lui.
- Fatto sta che mi dà fastidio fissi altre donne in quel modo mentre sei fuori con me. –
- Quindi se esco da solo posso anche guardarle? – la stuzzicò il giovane, divertito da quella inaspettata scenata di gelosia.
- Certo che puoi, ma in quel caso io potrei fare lo stesso e guardare dei bei ragazzi. Occhio non vede, cuore non duole. – ribatté Setsu, intuendo le intenzioni di Reino, che rise per la sconfitta ottenuta. Quella ragazza era l’unica che sapeva tenergli testa e la cosa lo divertiva.
 
- Reino, dormi? – lo chiamò Setsu, accoccolata tra le sue braccia. Non riusciva a dormire. Ripensava a ciò che era accaduto nel pomeriggio e al fatto che lui avesse avvertito i sentimenti di qualcuno senza nemmeno conoscerlo. Era curiosa. Anche perché loro si erano conosciuti allo stesso modo.
- No. Qualcosa non va? –
- Posso farti una domanda? –
- Tutte quelle che vuoi. Non devi chiedere il permesso.-
- Mi spieghi in cosa consistono questi strani poteri che hai? Come li hai avuti? – chiese, interessata a conoscere meglio la persona con cui adesso stava.
- Non sono strani e non li definirei nemmeno poteri. Non sono un supereroe. Si chiamano percezioni extrasensoriali. Le ho ereditate da mia madre. – spiegò Reino.
- Da tua madre? –
- Già, che a sua volta le ha ereditate da suo nonno. È una famiglia particolare la mia. –
- Raccontami di te. Com’è stata la tua vita? Immagino sia un vantaggio conoscere i pensieri della gente. – domandò curiosa.
- Non lo è per niente e la mia infanzia è stata un inferno a causa di ciò. – rispose il ragazzo, rievocando quel periodo con poca voglia.
- Perché? –
- Fin da piccolo ho iniziato a vedere e sentire cose strane e… –
- Fantasmi? – lo interruppe Setsu.
- No. Quella è una peculiarità dei medium. Io sono un sensitivo. Ciò che vedo e sento sono le emozioni e le energie delle persone, ovvero quello che viene chiamato prana. –
- Prana? – gli fece eco la ragazza.
- Sì. È una sorta di aura che avvolge tutti i corpi viventi. Posso sentire se l’aura delle persone è buona o cattiva, felice o triste e così via. Riesco a percepire anche le vibrazioni degli oggetti, vedendo così a chi appartengono e che ricordi vi siano legati. –
- Riesci anche a leggere nei pensieri? –
- Diciamo che sono bravo a intuire i pensieri più che a leggerli. Riuscendo a percepire il cambio di vibrazione del prana so come si sente la persona che ho davanti. –
- E perché questo avrebbe dovuto renderti la vita un inferno? –
- Non sono le mie facoltà ad averla resa tale, ma la mia famiglia. Per sviluppare appieno queste capacità psichiche, servono anni di meditazione e di studi approfonditi. Fin da piccolo, mia madre mi obbligava a passare le mie giornate a concentrarmi sulle sensazioni che avvertivo. Mi lasciava da solo ore ed ore a meditare davanti a uno specchio da cui avrei dovuto far sparire la mia immagine, per poi iniziare a vedere altro con la forza del pensiero. Era tutto un processo mentale che serviva a sviluppare i diversi livelli di coscienza. Per un bambino di dieci anni non è stato certo facile. (*) – spiegò Reino, ritornando indietro con i ricordi e sentendo ancora su di sé la rabbia e la delusione per l’infanzia che gli era stata rubata dalla madre.
- Mi spiace. Dev’essere stato terribile. – lo strinse la ragazza, avvertendo dal tono incrinato della sua voce quanto ancora dolorosi fossero quei ricordi.
- Lo è stato. Sono cresciuto senza amici, non ho mai fatto i giochi tipici dei bambini, ho passato infanzia e adolescenza chino su enormi libri di parapsicologia e facendo noiosi ritiri spirituali con gente con le mie stesse doti. Ma non era questo ciò che volevo fare nella vita. Non volevo portare avanti l’assurda attività di famiglia. Così presi la decisione che mi salvò. -
- Quale? –
- Me ne andai via da casa. Avevo diciassette anni. Cercai un lavoro e un posto dove stare, ed è così che ho conosciuto Miroku; dividevamo un monolocale che nessuno dei due poteva permettersi di prendere da solo. Il suo sogno era quello di diventare un musicista, quindi passava le serate a scrivere canzoni e a suonarle con qualunque strumento gli capitasse per le mani. Da lì puoi immaginare come andarono le cose. –
- Ti sei appassionato anche tu alla musica e ne hai fatto il tuo lavoro insieme agli altri. –
- Già. Adesso faccio la vita che voglio e non quella che voleva impormi la mia famiglia. E sono pienamente soddisfatto delle mie scelte. –
- E la tua famiglia? La vedi mai? –
- Raramente. Non hanno mai accettato la mia decisione di non portare avanti la tradizione di famiglia, sfruttando queste facoltà per arricchirsi. Prendere soldi alla gente per dir loro ciò che vuole sentirsi dire, approfittando dei loro tormenti, non era di mio interesse. – concluse lui, che mal sopportava quel genere di attività.
- Ma se ho capito bene, le vostre facoltà sono vere, non sono inventate, quindi perché ne parli come se la tua famiglia raggirasse i clienti come fanno i ciarlatani? – chiese dubbiosa la ragazza.
- Ti faccio un esempio: Tu, ragazza tormentata da vari problemi, vieni da me per un aiuto a stare meglio. Io, che riesco a capire cosa ti affligge e magari anche chi è la causa dei tuoi tormenti, inizio a marciarci su, dicendoti ciò che esattamente vuoi sentirti dire, facendoti venire a diverse sedute in cui ti parlo di ciò che hai passato. Praticamente da subito, inizi ad avere fiducia in me come se fossi un tuo confidente, un amico che ti capisce, qualcuno che la pensa come te, così non riesci più a fare a meno di tali sedute. È un po’ come se diventassi uno psicologo che ti dice come comportarti, ma non in base a ciò che è giusto per il tuo bene, come uno psicologo farebbe, ma in base a ciò che tu vuoi. Non è così che lavora un sensitivo onesto. Non si chiede un assegno a qualcuno che forse solo tu puoi aiutare. La mia famiglia, pur disponendo realmente di un grande dono, lo usa sfruttando la gente, quindi non è poi tanto differente da chi finge di averlo. Anzi no, direi che sono peggiori, perché sanno dove colpirti davvero, nel bene e nel male. -
- Io non capisco nemmeno perché qualcuno dovrebbe rivolgersi a un sensitivo se sta male, quindi mi risulta difficile seguire questo discorso. I clienti non capiscono di essere stati presi in giro? –
- Non sempre. Chi si reca da un medium, un chiaroveggente, un cartomante o dai sensitivi in genere, lo fa perché crede fermamente alle loro doti, quindi se ti dicono che possono guarirti, tu penserai che sia vero, se dicono di parlare con un defunto a te caro, tu ci crederai. Sono bravi a manipolare, a persuadere le persone con le parole. Gli scettici, invece, non si avvicinano a questo mondo. –
- Mmh… - mugugnò Setsu.
- Che c’è? – chiese il ragazzo.
- Quindi potrei anche pensare che mi hai manipolato per farmi innamorare di te. Ammettilo! – scherzò la giovane, cercando di alleggerire la tensione che sentiva provenire da Reino. Forse non era stata una buona idea chiedergli del suo passato, ma voleva conoscerlo meglio e quella le era sembrata una buona occasione.
- E se ti dicessi di sì? – rispose invece seriamente il giovane, che a volte credeva davvero di aver influito sulle scelte della ragazza.
Setsu, avvertendo la serietà della risposta, si fermò un attimo a pensare. Davvero Reino credeva di aver condizionato in qualche modo la sua vita? Era assurdo anche solo pensarlo. Nessuno poteva manipolare il cuore di qualcuno, facendogli decidere chi amare o no, altrimenti lei avrebbe già smesso di amare Cain per mano sua. E di certo sapeva che Reino non sarebbe stato il genere di persona capace di tale meschinità. Si era dimostrato uno dei migliori uomini che avesse mai conosciuto, anche migliore di Cain, sotto certi punti di vista.
Cain… non riusciva proprio a non fare paragoni con lui. Nonostante cercasse di allontanarlo dai suoi pensieri, era sempre lì presente, pronto a ritornare ad ogni sua minima distrazione. Ma era certa che, prima o poi, sarebbe riuscita a scacciarlo via, almeno dalla sua testa, poiché dal cuore non sarebbe mai uscito. Forse, pensò, non sarebbe stato male avere quel potere e cancellarlo per sempre, così da poter finalmente vivere la sua vita.
- Ti risponderei che non ne saresti capace e comunque non direi certo che mi dispiace. – ammise.
- Sicura? – chiese Reino, scettico. Non era stupido, tantomeno un illuso. Sapeva che Setsu era ancora profondamente legata al fratello e che probabilmente lo sarebbe stata per sempre. Lo aveva ammesso lei stessa. Forse, se loro due non si fossero mai incontrati, lei e il fratello non si sarebbero nemmeno mai divisi.
- Se pensi di essere tu la causa di ciò che è successo, allora vuol dire che non hai capito come sono andate le cose. – affermò Setsu, che iniziava a comprendere fin troppo bene i ragionamenti di Reino, e per quello non servivano doni particolari.
- Non hai mai pensato che se non mi avessi conosciuto, non avreste mai litigato? –
Setsu si mise a sedere, sciogliendo l’abbraccio in cui era rimasta per tutto il tempo. Accese la lampada sul comodino e afferrò il suo cuscino, con cui poi colpì il ragazzo in pieno viso.
- Sei un imbecille! Si può sapere che diamine ti passa per quella testa bacata che ti ritrovi? – sbottò irritata, oltre che offesa.
- Perché te la prendi tanto? La mia era una semplice domanda. – chiese Reino, sorpreso da quella reazione, sollevandosi anche lui a sedere.
- Perché è una domanda idiota! Se pensassi anche solo per un secondo che la colpa di ciò che è accaduto fosse tua, starei qui con te adesso, nel tuo letto e tra le tue abbraccia? –
- Suppongo di no. – rispose il ragazzo, ma ancora titubante. – A volte, però, temo tu possa pensarlo, anche senza darmi colpe. – aggiunse, portando una mano ad accarezzarle il viso. Mai, come in quel momento, si era sentito tanto vulnerabile. - In fondo, se non ci avesse trovati insieme al bar, non sarebbe accaduto nulla ed io e te non saremmo qui adesso. Non hai mai pensato che se non foste venuti in Giappone, non sarebbe cambiato niente nella vostra vita? – diede infine voce ai suoi pensieri più profondi.
- Ti sembrerà strano, ma non l’ho mai pensato. Qui in Giappone, in California, o da qualsiasi altra parte, prima o poi sarebbe accaduto. Prima o poi gli avrei confessato il mio amore. Tu hai solo anticipato i tempi forse, però mi ritengo fortunata ad averti conosciuto, o non so cosa avrei fatto se fossi stata da sola. – replicò Setsu, poggiando a sua volta la mano su quella di Reino. – Ero totalmente a pezzi, ma tu mi sei rimasto accanto, ed io l’ho apprezzato tantissimo, tanto da iniziare a volerti davvero bene, e non come ad un amico. –
- Voglio renderti felice Setsu, so di poterlo fare e spero di riuscire a farti dimenticare l’amore che hai per Cain. Voglio occupare il suo posto il prima possibile. Ti amo e ti voglio solo per me. – affermò Reino, avvicinando il viso a quello della ragazza, baciandola.
Sapeva bene che ciò che provava Setsu per lui non era ancora amore, come lei forse credeva. Era affetto e tanto doveva farsi bastare al momento. Non la incolpava di ciò, tuttavia non riusciva a fare a meno di essere geloso dell’amore che ancora la univa al fratello, ma che sicuramente le avrebbe fatto dimenticare. L’avrebbe amata, protetta e viziata in tutti i modi possibili, così da non farle rimpiangere nemmeno una volta i giorni passati col fratello.
Setsu ricambiò il bacio del ragazzo, ma sentendosi in colpa nei suoi confronti. Lui le aveva detto di amarla, tuttavia lei non si sentiva in grado di fare altrettanto. Avrebbe tanto voluto rispondere che anche lei lo amava, ma non ci riusciva. Ciò la fece rimanere tesa anche quando Reino la spogliò degli slip e della canotta che indossava, lasciandola nuda sotto di sé.
- Ehi… - la chiamò lui, guardandola negli occhi. - Non pensare a nulla. Per adesso va bene così. – le sorrise comprensivo, intuendo, come sempre, le sue preoccupazioni.
- Ti ha mai detto nessuno che è snervante il fatto che tu sappia sempre tutto? – si lamentò la giovane, grata ma allo stesso tempo infastidita dal fatto che lui riuscisse a comprenderla sempre.
- Sì, parecchie volte. - rispose il ragazzo, abbassandosi a baciarle l’incavo tra il collo e la scapola, mentre con una mano risaliva lungo la sua gamba, fino all’inguine, dove si fermò, e da lì in poi per Setsu non ci fu più tempo e voglia di pensare ad altro.
 
- Ottimo lavoro Cain-san! Sei sempre impeccabile! – esclamò Manaka, raggiungendolo alla fine delle riprese.
Cain la osservò sconfortato. Non riusciva proprio a schiodarsela di dosso. Nonostante la trattasse sempre male, lei era sempre tra le scatole, continuando a parlargli in continuazione.
Ignorandola, il ragazzo si avviò verso il suo camerino, ma venne seguito, come al solito, dalla “piattola Manaka”, come l’aveva soprannominata lui.
- Era fantastica la scena che hai girato! Hai un’agilità incredibile! Tu sei incredibile! – continuò a lodarlo lei, ignara delle imprecazioni che l’attore le lanciava addosso. - Quella scena era davvero pericolosa! Sei stato coraggiosissimo a non volere una controfigura. Però ho avuto paura quando ti sei buttato giù da quel cavalcavia! Va bene che c’era il materasso gonfiabile sotto, quindi non ti saresti fatto male comunque, però ho sentito il cuore in gola! – rivelò la ragazza, che aveva temuto si potesse far male.
Si era preoccupata molto quando aveva saputo che Cain-san aveva rifiutato di far girare quella scena alla sua controfigura, sostenendo che tutti fossero capaci di buttarsi sopra un materasso gigante.
“Chiara frecciatina a Murasame-kun secondo me, che ha fatto girare una scena simile allo stuntman. Quei due si detestano proprio tanto. Chissà perché.” pensò la giovane, ricordando le continue occhiate truci che si scambiavano sempre.
Arrivato dinanzi al suo camerino, Cain, rimasto sempre in silenzio mentre Manaka continuava a parlottare da sola, stava per chiudere la porta alle sue spalle, così da liberarsi di quella ragazzina invadente e petulante, quando le sue ultime parole lo fermarono.
- … e comunque, non avrei mai immaginato che tua sorella conoscesse i Vie Ghoul! Sapessi quanto la invidio! Vorrei tanto conoscere Reino e chiedergli un autografo! – esclamò trasognate, poiché era una grande fan del gruppo, che seguiva dai suoi esordi.
- Che ne sai tu di mia sorella? - domandò scontroso, innervosendosi al solo sentire nominare l’uomo che gli aveva portato via Setsu.
- Io? So quello che suppongo sappiano tutti. - ipotizzò Manaka.
- A cosa ti riferisci mocciosa? – chiese Cain spazientito.
- Come a cosa? Ovviamente al fatto che Setsu-san e Reino stiano insieme. Le loro foto, mentre camminano mano nella mano, sono sulla prima pagina di tutte le riviste. Immagino che tu lo sapessi già essendo suo fratello. - gli rivelò Manaka, ignara di tutto e della pessima notizia che gli aveva appena dato.
 
 


 
 
 
(*) Le cose che dice Reino non le ho inventate. Ho fatto parecchie ricerche per cercare di capire che genere di poteri, anzi, doti, avesse Reino e la cosa più probabile venuta fuori è che fosse un sensitivo pranico.
La sensei non si è soffermata su di lui, che certo non è un demone come lo chiama Kyoko XD ma credo che, tramite il suo dono, Reino veda il prana delle persone e che grazie alla psicometria veda la loro storia toccandone gli oggetti. Ricordate il capitolo in cui attraverso la pietra viola di Corn, riesce addirittura a vedere il vero aspetto di Kuon? In pratica sarebbe quello ^_^
Quando invece Reino racconta il modo in cui è stato “allenato” a sviluppare le sue abilità, ho preso spunto da un articolo che lessi un anno fa circa, mentre scrivevo la storia, su una sensitiva spagnola di nome Paloma Navarrete, appartenente al gruppo Hepta, una squadra di investigazione sui fenomeni paranormali, che raccontò di essersi allenata con un guru spirituale davanti uno specchio.
Per molte delucidazioni ringrazio di cuore la mia amica e sorella del cuore Martina, che mi ha spiegato come funziona il mondo delle percezioni extrasensoriali poiché ha studiato psicologia :* grazie sorellina o non avrei potuto fare il capitolo con tanta facilità  <3
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e dalla storia in generale se vi va ^_^ il vostro parere è importante per me  <3
Grazie di aver letto :*
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


   



 
Se lo avessero trafitto con il pugnale che era solito brandire il killer che interpretava, Cain era sicuro che il dolore causatogli sarebbe stato infinitamente meno doloroso della notizia appena appresa.
Sapeva che quel cantante era interessato a sua sorella, ma in cuor suo sperava che Setsu non lo ricambiasse, continuando a pensare a lui. Si era pentito ogni giorno di quella stupida scelta di tenerla lontano da sé per il suo bene. Poteva sembrare egoista, immorale, perverso, ma non gli importava più. Ogni convinzione che lo aveva spinto ad allontanarla da sé era crollata sotto al peso della disperazione.
Setsuka gli mancava e avrebbe dato tutto purché ritornasse da lui.
- Mi hai sentito Cain-san? – parlò nuovamente Manaka, risvegliandolo dai suoi pensieri.
Senza pensarci due volte, Cain le sbatté la porta in faccia, richiudendosi nel suo camerino. Si lasciò cadere sul divano, sconfitto da quella notizia. Stava accadendo proprio ciò che più temeva: un altro uomo la stava toccando, la stava facendo sua, stava godendo dei suoi gemiti e di quel corpo che lo tormentava da anni, e che solamente una volta aveva potuto possedere. E sapeva perfettamente di essere l’unico responsabile di ciò. Era stato lui a spingerla verso quel cantante. Lui l’aveva gettata tra le sue braccia, nel suo letto.
Prendendosi la testa tra le mani, iniziò a maledirsi più di quanto non avesse già fatto in quei mesi. Quella, si disse, sarebbe stata un’altra serata in compagnia dell’alcool.
Tornato in albergo solamente per lavarsi, fu però fermato dal receptionist.
- Heel-sama, mi scusi, ho un messaggio per lei. –
- Un messaggio? – chiese stupito. Poteva forse sperare che fosse della sorella?
- Sì. Una donna lo ha lasciato stamattina. La stava cercando. Ha lasciato il suo numero dicendo di chiamarla. – spiegò l’uomo, passandogli il bigliettino da vista su cui lesse il nome.
“Saeko Tsukishima? Ha lo stesso cognome della mamma.” osservò. – La ringrazio. – si congedò Cain, salendo in camera sua. Incuriosito dal cognome della donna, non perse tempo e chiamò subito il suo numero, ascoltando ciò che aveva da digli.
 
“Dovrebbe essere qui.” si disse, osservando lo stabile in cui il taxi lo aveva condotto. Entrò e salì al ventunesimo piano. Tutto, in quel palazzo, era davvero lussuoso, degno di gente molto ricca o famosa, constatò. Arrivato al piano desiderato, suonò al numero dell’appartamento che gli era stato indicato la sera prima al telefono.
- Cain! Che bello rivederti! Sei diventato davvero un bel ragazzo! – lo accolse una donna di mezz’età, che identificò come Saeko Tsukishima, la cugina di sua madre.
- Piacere di conoscerla. – rispose il ragazzo, che non ricordava affatto la donna.
- Immagino non ti ricordi di me. Avevi sette anni l’ultima volta che ti ho visto. Comunque dammi del tu, siamo parenti in fondo. Vieni, entra. – lo invitò lei, facendogli strada in quella che aveva appena scoperto essere la casa di sua madre.
Saeko, dopo averlo visto in tv, lo aveva cercato per informarlo dell’esistenza di quella casa abbandonata da anni. Lui, in quanto erede di Koharu, era l’unico che potesse disporne insieme alla sorella.
Passarono qualche minuto a parlare dell’incidente dei suoi genitori, cosa che odiava, ma non poté evitarlo. Scoprì, dal racconto della donna, che lui e la sorella, quando aveva ancora pochi mesi, erano già stati in Giappone, ma lui non riusciva proprio a ricordarsene.
- È un vero peccato che questa casa sia inutilizzata. Come vedi è molto grande. Tu e tua sorella potreste venderla o affittarla se non avete intenzione di viverci. A proposito. Come sta Setsuka? Come mai non è venuta con te? – domandò Saeko, aspettandosi di vedere anche lei.
- Era impegnata. – mentì il ragazzo.
- Capisco. Ad ogni modo, queste sono le chiavi. Me ne sono occupata io in questi anni, ma visto che siete tornati, credo sia giusto che lo facciate voi. –
- Ok, ti ringrazio. –
- Bene, ora vado. Fatevi sentire ogni tanto ora che avete il mio numero, mi raccomando. Ciao Cain, buona fortuna col lavoro. E salutami Setsu-chan.– si congedò la donna, andando via.
Cain si guardò in giro. L’appartamento era davvero enorme. Cosa avrebbe dovuto farne?
“Pensandoci, potrebbe tornarmi utile ora come ora.” si disse, dirigendosi verso una delle quattro camere da letto.
La casa era ben tenuta. I mobili, che sembravano come nuovi, erano ricoperti da teli che, notò, non erano nemmeno molto impolverati. Saeko doveva prendersene cura molto spesso evidentemente. Le lenzuola non odoravano certo di bucato appena fatto, ma sarebbe bastato mandarle in lavanderia per dar loro una rinfrescata. Per il resto, gli serviva solamente una donna delle pulizie, e per quello avrebbe chiesto consiglio al portiere che aveva visto entrando nel lussuoso stabile.
“Da oggi questa diventa casa mia.” si disse, felice di poter lasciare finalmente la camera d’albergo che aveva condiviso con la sorella.
Non aveva mai trovato il coraggio di farlo, ma sapeva che continuare a soggiornare lì, lo avrebbe portato alla pazzia. Il letto che era stato testimone del suo folle amore per Setsu, era sempre lì a ricordargli quanto idiota fosse stato a farla uscire dalla sua vita, tuttavia non riusciva ad allontanarsene, crogiolandosi continuamente nei ricordi dolorosi in cui voleva affogare. La casa della madre, quindi, era proprio ciò che gli serviva per cambiare aria, per sfuggire dal tormento che si era imposto come punizione.
Tornò in albergo per fare le valigie, dicendo addio a quella camera che era stata testimone di gioie e dolori per lui e la sorella. Quella sera stessa, l’appartamento della madre divenne la sua temporanea dimora. Sapeva, però, di non poter tenere nascosto a Setsu l’esistenza di quella casa. Era anche sua per metà, quindi avrebbe dovuto avvisarla.
“E se… “ iniziò a riflettere la sua mente, formulando un pensiero che non avrebbe dovuto neppure nascere, ma la disperazione aveva ormai preso il sopravvento sulla ragione che lo aveva abbandonato quando Setsu era andata via.
 
Stava preparando la cena, quando il suo cellulare squillò con una melodia che non sentiva da quasi cinque mesi.
“Cain?” si chiese Setsu col cuore in gola, riconoscendo la particolare suoneria impostata per i messaggi ricevuti dal fratello. Poteva mai essere davvero lui? Si avvicinò timorosa al cellulare, riattivando lo schermo e leggendo il nome del mittente. “Non posso crederci! È davvero lui! Che faccio?” si domandò con mani tremanti. Non sapeva se aprirlo o no, timorosa di ciò che avrebbe potuto leggere. E se le avesse chiesto di ritornare da lui? Impossibile, si disse, Cain non la voleva. Forse la cercava per offenderla dopo aver saputo dai giornali che stava con Reino. Avrebbe sopportato i suoi insulti?
Ringraziò il cielo che Reino non fosse in casa in quel momento, o non avrebbe saputo davvero che fare o come spiegare quell’assurda agitazione che la stava scuotendo dalla testa ai piedi. Facendosi coraggio e prendendo un lungo respiro, poggiò terrorizzata il dito sull’icona del messaggio, chiudendo gli occhi mentre lo schermo mostrava il testo. Li riaprì piano pochi secondi dopo, prendendo un altro profondo respiro, e lesse.
 
Dobbiamo parlare. Si tratta della mamma. Vieni a questo indirizzo domani pomeriggio alle 15:00.
 106-8514 Tōkyō-to Minato-ku Minami-Azabu 4-11-44”  (*)
 
- Eh? E questo che significa? – si domandò quasi delusa, leggendo il contenuto piatto del messaggio. “Che c’entra la mamma? E poi dov’è questo posto? Non è l’indirizzo dell’albergo.” continuò a chiedersi, rileggendolo sbigottita.
Che avrebbe dovuto fare? Andare nel luogo dove le aveva dato appuntamento? Soprattutto, avrebbe dovuto dirlo a Reino? Prese un lungo respiro, cercando di calmarsi e pensare in modo più lucido.
“Se glielo dicessi mi chiederebbe sicuramente di non andarci. Se non glielo dicessi potrebbe scoprirlo e sentirsi tradito.” rifletté, sedendosi pensierosa. “Ma cosa più importante… io voglio andarci?”
Sì, voleva andarci… nonostante tutto.
 
Erano quasi le tre del pomeriggio e Setsu si trovava già dinanzi l’edificio in cui l’aveva portata il tassista dopo avergli riferito la destinazione.
- E adesso? Dove devo andare? – si domandò, guardandosi intorno spaesata.
Non sapendo che fare, fece l’unica cosa che le restava, ovvero mandargli un messaggio.
 
Sono qui. Dove sei?
 
Pochi secondi dopo, arrivò la sua risposta.
 
Arrivo.
 
“Di poche parole come sempre.” sospirò. In fondo, suo fratello non cambiava mai.
La ragazza si guardò attorno, osservando i lussuosi palazzi che la circondavano. Doveva sicuramente essere un quartiere di gente ricca, pensò.
- Setsu. – la chiamò quella voce tanto amata e che da tanto non sentiva. Si voltò e lo vide davanti all’entrata del palazzo.
- Cain… - sussurrò appena, guardandolo.
Sentì una fitta al petto quando i suoi occhi incontrarono quelli del fratello. Aveva desiderato vederlo per settimane, sperando che la cercasse, ma non l’aveva mai fatto, costringendola a rassegnarsi. Ritrovarselo nuovamente davanti, però, fu come se non fosse passato nemmeno un giorno per il suo cuore. L’amore per il fratello era sempre vivido in lei. Non riusciva a farlo scomparire.
Osservandolo più attentamente, notò che non aveva per nulla un bell’aspetto. Era visibilmente dimagrito e l’alone violaceo sotto i suoi occhi la diceva lunga sulla sua alimentazione.
“Alcool e sigarette. Ecco di cosa si sarà nutrito da quando non controllo più i suoi pasti.” pensò, conoscendo le sue cattive abitudini.
Avrebbe tanto voluto gettarsi tra le sue braccia, stringerlo a sé e perdersi nuovamente nel suo abbraccio, come era solita fare. Gli mancava così dolorosamente che il respiro era come una lama piantata nei polmoni. Provò a controllare l’impulso di piangere, ma non le riuscì, soprattutto quando Cain, senza pensarci due volte, la prese tra le braccia.
Rivederla dopo cinque lunghissimi mesi era stato come ritornare a vivere per Cain. Lei stava a guardarlo con occhi lucidi, come stordita e indecisa su cosa fare, così decise lui, stringendola a sé e riempiendo le sue narici con l’odore fruttato della sua pelle che non sentiva da troppo.
- Mi sei mancata Setsu. – le disse piano, con il viso immerso nei suoi capelli.
Lei non rispose, ma ricambiò quell’abbraccio tanto desiderato, continuando a piangere silenziosamente, finché il mormorio dei passanti la fece allontanare, non perché le importasse dei loro commenti, ma per non attirare troppo l’attenzione visto che erano diventati personaggi conosciuti anche in Giappone, e se fosse passato un paparazzo sarebbero stati guai.
Da quando era stata pubblicata la notizia che stava con Reino, i giornalisti non l’avevano lasciata in pace un minuto, soprattutto dopo aver scoperto di chi fosse figlia e sorella. Le chiedevano continue interviste, che lei rifiutava sempre prontamente. Non voleva stare sotto i riflettori e non amava si parlasse di lei. Non in quelle circostanze almeno.
- Perché mi hai fatto venire qui? – si decise a chiedergli, asciugandosi velocemente gli occhi col dorso della mano.
- Devo parlarti di una cosa. – rispose lui, notando come si fosse allontanata dal suo abbraccio.
- Di cosa? –
- Seguimi. – le disse Cain, entrando nell’edificio, seguito da lei.
- Dove siamo? – domandò Setsu, guardandosi intorno mentre entravano nell’ascensore. Osservò il fratello premere il pulsante per il ventunesimo piano e lo guardò perplessa.
- A casa nostra. – affermò Cain, quando arrivarono dinanzi alla porta dell’appartamento.
- Che? – stridulò Setsu, guardandolo agitata. Casa loro? Che voleva dire? L’aveva comprata lui? In quel caso, di suo, non aveva nulla, poiché lei non viveva più con lui.
Cain le fece cenno di entrare, ma lei restò a guardarlo titubante. Perché l’aveva portata lì?
- Perché non entri? Hai paura di me forse? – chiese calmo, cercando di non farle notare la sua preoccupazione.
“Non ho paura di te… ma di me.” pensò turbata, ignorando la sua provocazione ed entrando in quella casa.
Raggiunto l’ampio soggiorno, restò sgomenta dalla grande quantità di foto che ricoprivano una delle pareti.
- Mamma… - la chiamò in un sussurro, osservando le varie foto che ritraevano la madre in diversi momenti della sua vita, da quando era adolescente a quando riceveva uno dei tanti premi come miglior attrice dell’anno. La foto più recente ritraeva lei ancora neonata tra le braccia del padre mentre Cain teneva per mano la madre.
Un’altra foto però, adagiata su un tavolino, attirò la sua attenzione, poiché riposta in una cornice colorata dall’aspetto più moderno rispetto alle altre appese al muro. Doveva averla acquistata suo fratello. La prese tra le mani e la osservò con amarezza. Ricordava ancora il momento in cui era stata scattata.
- Te lo ricordi? Hai pianto per ore quel giorno. Mamma era così dispiaciuta col fotografo che non sapeva più come scusarsi per l’impudenza della figlia di farsi fotografare nuda in braccio al fratello. – ricordò Cain, sorridendo.
- Avevo quattro anni e quel dannato vestito pungeva terribilmente! Colpa sua che aveva scelto di fare le foto di famiglia facendomi mettere quello schifo pieno di volant! E poi non ero nuda. Avevo le mutandine, quindi non c’era nulla di scandaloso in ciò. – contestò la giovane.
- Per quello che ricordo, giravi sempre per casa svestita. Soprattutto da adulta. – rispose lui, ritornando serio.
Setsu non poté non cogliere il doppio senso di quella frase. Cain si riferiva ovviamente a quando vivevano ancora insieme e lei cercava di provocarlo in ogni modo. Posò la foto e si voltò a guardarlo, sentendo gravare nuovamente su di sé la tensione di quell’incontro inaspettato.
- Come hai fatto ad avere queste foto? E perché mi hai fatto venire qui? – chiese infine, cercando di capire quale fosse lo scopo di ciò che vedeva.
- Le foto erano di mamma. Questo era il suo appartamento prima che si trasferisse in California con papà. –
- Come ne sei venuto a conoscenza? – chiese lei, dando una veloce occhiata in giro.
- Mi ha cercato una cugina di mamma, spiegandomi che si era occupata lei della casa in nostra assenza, ma ora che siamo qui ce l’ha riconsegnata. Questa è la tua copia delle chiavi. – disse passandogliele.
- E che dovrei farci? – domandò lei, guardandole dubbiosa.
- È anche casa tua questa. Puoi venirci quando vuoi. –
- Tu… vivi qui? – chiese Setsu, osservando il leggero disordine sia in cucina che nel soggiorno, chiaro segno che qualcuno vi stava soggiornando.
- Sì. Ho lasciato l’albergo. –
- Capisco. – rispose solamente la ragazza, pensando che le sarebbe stato dunque impossibile entrare quando voleva in quella casa. “Peccato. Chissà quanti ricordi di mamma ci saranno qui.” pensò dispiaciuta.
- Cosa ne faremo di questa casa? – chiese Cain, strappandola dai suoi pensieri.
- In che senso? –
- Quando il mio lavoro qui in Giappone finirà, lascerò questo appartamento. Cosa ne faremo? –
- Non lo so. Potremmo semplicemente tenerlo in ricordo di mamma. – rispose lei, ritornando a guardare le foto per evitare di guardare il fratello. Averlo vicino era ancora una tortura.
- Setsu… - la chiamò Cain, facendola voltare verso di lui. – Vieni a vivere qui, nella casa di nostra madre... Con me. – disse infine, rivelandole il vero motivo per cui l’aveva cercata dopo cinque mesi.
- Eh? – fu la risposta incredula della giovane.
- Vieni a vivere qui. – ripeté lui, sperando non rifiutasse.
- Cosa? Stai scherzando, vero? – rispose la giovane, sorpresa da quella richiesta.
- Non sono mai stato più serio. Torna a vivere con me. –
- L’alcool e le sigarette ti hanno fottuto il cervello mi sa! – esclamò sconvolta, guardandolo come se fosse impazzito.
- Cos’è quel linguaggio? Lo hai imparato da quel cantante da strapazzo e i suoi amici immagino! – tuonò alterato Cain, che aveva cercato di impartirle la migliore educazione possibile.
- Non offendere Reino o i suoi amici! – replicò a tono Setsu, infastidita dalla sua affermazione.
- Quando stavi con me non sei mai stata scurrile. Da quando vivi con quel tipo direi il contrario! -
- Sei tu che mi fai diventare scurrile! E comunque non è questo il problema principale! Come puoi chiedermi di tornare a vivere con te dopo quello che è successo? –
- Il vero problema non è quello che è accaduto quel giorno, ma il fatto che adesso stai con quel tizio coi capelli da vecchio. È bastato lui per farti dimenticare ciò che provavi per me? Ero un tuo capriccio evidentemente. Sei solo una bambina! – l’aggredì il ragazzo, che si sentiva rifiutato per uno stupido cantante.
- Osi chiamare me bambina? Sei tu quello che mi ha rifiutata! Sei tu quello che mi ha trattata come un giocattolino sessuale. E sei sempre tu quello che si è portato quella specie di criceto senza cervello in albergo, nella stanza in cui stavi con me, nel letto dove mi hai fatto conoscere l’inferno! Quindi non osare mai più dire che eri un capriccio per me! Chi non ama l’altro, tra noi due, sei tu! – urlò furiosa, cercando di reprimere la voglia di schiaffeggiarlo.
- Io? Quindi stai dicendo che mi ami ancora? – intuì Cain, che non poteva sperare in una notizia migliore. Se lei lo amava ancora, forse aveva una possibilità.
- Io non… non ho detto questo… - rispose in difficoltà Setsu, che certo non voleva dargli anche quella soddisfazione.
- Lo hai appena detto. Tra noi due, chi non ama l’altro sono io, non tu. Quindi mi ami. –
- No. Amo Reino adesso. – disse piano, abbassando la testa per non guardarlo.
- Ripetimelo guardandomi in faccia Setsu! – ordinò, voltandole il viso verso il suo e guardandola dritto negli occhi.
- Lasciami! – si liberò lei, allontanandosi. – Che cosa vuoi da me Cain? Ti diverte così tanto umiliarmi? Prenderti gioco dei miei sentimenti? Qual è il tuo scopo? Prima dici che sono tua e nessun uomo deve avermi, poi cambi idea e mi spedisci proprio tra le braccia di un altro, ora mi chiedi di ritornare da te. Sei forse impazzito? Non sono un pacco! –
- Voglio solo che le cose ritornino come un tempo. Non mi piace non sapere dove sei o cosa fai con quel tizio. Potrebbe anche essere pericoloso. –
- Le cose non torneranno mai come prima e quello che faccio non è più affar tuo! E comunque ti curi solo adesso sulla possibile pericolosità di Reino? In questi mesi non sembrava te ne importasse. Per mia fortuna è un bravissimo ragazzo e gli devo tanto, quindi non ti permetto di offenderlo! –
- ‘Gli devi tanto’ dici, quindi è gratitudine la tua? –
- Non mettermi in bocca parole che non ho detto! Voglio bene a Reino e non sono così meschina da stare con lui solo per gratitudine! – protestò lei, sentendosi offesa.
- Ci vai a letto, non è vero? – ringhiò tra i denti. Conosceva la risposta, ma voleva sentirla da lei.
- Sì, è il mio ragazzo dopotutto. – affermò Setsu, sperando di ferirlo e ripagarlo in qualche modo con la stessa moneta.
- Che stupida. E dimmi, se si stancasse? Gli uomini usano le ragazze ingenue come te per divertirsi e lasciarle dopo aver ottenuto ciò che vogliono. –
- Come hai fatto tu? – ribatté Setsu, che non gliel’avrebbe data vinta stavolta.
Cain la fulminò con lo sguardo. Sua sorella non avrebbe ceduto facilmente e sembrava volergli dare battaglia. Quel dannato musicista era entrato in maniera subdola tra loro, approfittando della sua debolezza e dei suoi tormenti per strappargli via Setsu. Lo difendeva a spada tratta e non ci sarebbe stato modo di farla ragionare. Ma aveva un’ultima carta da giocare.
- Dovrai lasciarlo comunque, quindi prima lo fai, meglio è. – sostenne lui, consapevole che prima o poi sarebbe dovuta tornare con lui a casa.
- Chi credi di essere per dirmi cosa devo fare? Non lascerò Reino perché mi dici di farlo! -
- Lo lascerai tu stessa quando andremo via da questo paese. Appena scadrà il nostro permesso di soggiorno dovrai tornare comunque in California. E che farai a quel punto col tuo fidanzatino? Vi sentirete tramite chat come due adolescenti, scambiandovi messaggini? – la schernì, perdendo del tutto il controllo di sé. Odiava il modo in cui lo difendeva.
Setsu, udendo quelle parole, sbiancò. Non aveva affatto pensato che era lì solo per il tempo necessario al fratello di girare il film. Erano lì da quasi sei mesi, quindi il tempo stava per scadere. Come avrebbe fatto con Reino? Avrebbe potuto chiedere qualche altro permesso recandosi all’Ambasciata? Lei non capiva nulla di quel genere di cose.
- Dalla tua espressione smarrita, suppongo che non ci avevi minimante pensato. Credevi di poter vivere la tua patetica storiella d’amore con quel cantante come se foste due piccioncini, apparendo sulle riviste di gossip mentre camminate abbracciati come nulla fosse? Ti sbagli sorellina, dovrai ritornare a casa con me, volente o nolente! – infierì Cain.
- Cosa ti ho fatto di male? – mormorò appena, con voce incrinata.
- Come? –
- Cosa ti ho fatto di così orribile per meritare di essere tratta così? Perché mi ferisci ogni volta? Perché ti diverte infierire su di me? Mi hai chiesto di non amarti, di dimenticarmi di te e ci stavo provando! Ho fatto come hai voluto! Perché continui a rendermi la vita impossibile Cain? – sbottò in lacrime, stanca di essere tratta in quel modo da lui.
- Co-cosa? Io non mi diverto a ferirti! –
- Sì invece! Non pensi che soffrirò se verrò separata anche da Reino? Ovviamente no! Per te i sentimenti altrui sono solo qualcosa con cui giocare! Sappi che anche lui ha un cuore ed io non lo calpesterò come hai fatto con me! Farò di tutto per farmi rinnovare quel dannato permesso! Andrò al Consolato o altrove e chiederò un altro genere di visto, poiché il tuo è solamente lavorativo. Non tornerò a casa! – spiegò Setsu, intenzionata a non lasciare il Giappone.
- Sei disposta a fare tutto questo pur di farmela pagare, non è così? –
- Forse non ci siamo capiti Cain. Non lo faccio per fartela pagare, lo faccio per me, per il mio futuro, per Reino. Mi hai spinta tu tra le sue braccia e ora voglio restarci! –
- Stai scegliendo davvero lui a me? –
- Non ho nessuna scelta da fare. L’hai fatta tu per me mesi fa e queste ora sono le conseguenze del tuo gesto. – rispose con tristezza.
- Non ho mai scelto che quel bastardo ti mettesse le mani addosso! –
- No, hai ragione. È una cosa che ho scelto io infatti, ma non capisco a te cosa importi. Fingere di essere un fratello geloso e iperprotettivo non ti si addice più, quindi smettila! –
- Non sto affatto fingendo di esserlo. – ringhiò irritato.
- Ciò non toglie che io non ti veda più come un fratello, quindi, con o senza Reino nella mia vita, io non tornerei comunque a vivere con te. –
- Dannazione! Possibile non ci arrivi? Io non voglio tu mi veda solo come tuo fratello! – ammise finalmente, troppo stanco per continuare quella battaglia.
- Come hai detto? – chiese Setsu, non del tutto convinta di aver bene interpretato le sue parole.
- Non voglio tu veda in me solo tuo fratello! – ripeté.
- E come dovrei vederti? –
- Come un semplice uomo! –
Setsu lo guardò sconvolta, indietreggiando confusa.
- No… aspetta… tu… che vuoi dire? – domandò stordita. Cosa stava cercando di dirle? Che la voleva come donna? La sua donna?
- Torna da me Setsu. Potremmo ricominciare tutto daccapo, dimenticando questo periodo in cui siamo stati separati. Lascia la casa di quel cantante e vieni a vivere qui con me. –
- Qui con te… come… come fratelli o come… qualcos’altro? – domandò lei, col cuore in tumulto. Se non voleva essere visto come un fratello, significava solo una cosa.
- Questo lo vedremo in seguito. Per adesso ritorna a stare con me. – rispose lui, restando sul vago. Voleva discuterne con calma e tranquillità, non durante una lite.
Setsu, però, fraintese le parole di Cain, ritornando a guardarlo con astio, pensando la stesse prendendo solamente in giro. E la cosa la fece infuriare ancora di più.
- Lo vedremo in seguito, dici? In seguito a cosa? Dopo avermi allontanata da Reino? Dopo che tornerò a servirti e riverirti come un tempo, elemosinando le tue attenzioni mentre te ne vai con altre? È questo che intendi con “ricominciamo daccapo”? –
- Non andrò con nessun’altra donna se ritorni da me. –
- E che ruolo avrei nella tua vita se ritornassi, sentiamo! –
- Non è il momento per parlarne. Vieni a stare qui e ne discuteremo con calma. –
- No, grazie. Rimarrò dove sono. Ho bisogno di certezze Cain, non di “se”  “ma”  “forse” e “vedremo”. Chiudiamo qui questa conversazione perché è andata fin troppo oltre. Fai quello che ti pare con questa casa, ma se decidi di venderla voglio una parte delle foto di mamma. Ciao. – lo salutò la ragazza, dirigendosi a passo spedito verso la porta. Aveva voglia di piangere e voleva fuggire il più lontano possibile da lui.
- Aspetta Setsuka! – la fermò Cain, prendendola per un braccio.
- Non cambierò idea quindi lasciami andare. – rispose freddamente lei, guardandolo con rabbia.
Seppur a malincuore, Cain la lasciò, intuendo che non sarebbe servito insistere. Non era quello il modo per farla ritornare. Avrebbe voluto dirle che la amava, ma farlo in quel momento gli sembrava sbagliato. Ogni parola che diceva veniva fraintesa da sua sorella e temeva che se le avesse confessato di volerla come donna, lei non gli avrebbe creduto. Non poteva darle torto in fondo. Le aveva detto di essere stata lo sfizio di una notte. Come avrebbe potuto credere di essere, invece, la sua unica ragione di vita? Come avrebbe fatto a spiegarglielo?
- Anche se adesso lo rifiuti, ricorda che mi appartieni, sorellina. Che ti piaccia o no, sei innamorata di me, non di quel ragazzo. Tornerai. – affermò tranquillo ma deciso, determinato a non rinunciare a lei.
- Io appartengo solo a me stessa “fratellone”. – ribatté Setsu, voltandogli le spalle.
La vide correre via dall’appartamento, ma il fatto che avesse portato via le chiavi che le aveva dato, gli dava un briciolo di speranza di rivederla. La conosceva bene e sapeva che avrebbe voluto spulciare la casa punto per punto, in cerca di oggetti o foto dei loro genitori. Magari sarebbe tornata mentre lui non c’era. Avrebbe lasciato detto al portiere di informarlo se la sorella fosse venuta, così da conoscere i suoi orari per farsi trovare “casualmente” a casa.
- Mi sono ridotto a questi sotterfugi per poterla vedere? Come sono caduto in basso. – si disse, andando ad accendersi l’ennesima sigaretta.
 






 
 
 
 
*Lo avevo già accennato all’inizio della storia; le vie in Giappone non esistono. Ci si basa sul nome della città, della prefettura, del quartiere, il numero dei blocchi degli edifici e il codice postale. L’indirizzo che ho usato è quello dell’ambasciata francese che ho preso da Wikipedia XD
In pratica, sempre da fonte Wikipedia, spiega come funziona:
 
106-8514 Tōkyō-to Minato-ku Minami-Azabu 4-11-44 
 
  • 106-8514, il numero del registro catastale o del codice postale;
  • Tōkyō-to, la prefettura
  • Minato-ku, il circondario 
  • Minami-Azabu, uno dei trenta quartieri del circondario 
  • 4 è la sezione del quartiere 
  • 11 è il blocco di edifici 
  • 44 è il numero dell’edificio

 
 
 
Ehm… salve ^^’
No, non mi sono dimenticata di loro, scusatemi davvero se ci ho messo così tanto L sono davvero dispiaciuta, ma posso assicurarvi che la storia non resterà incompiuta e la porterò avanti, anche se magari ci vorrà un pochino (spero non troppo)
Per farmi un po’ perdonare, il testo è più lungo del solito ^_^
Nell’aggiornare ho notato che la storia risultava conclusa, ma non capisco come sia successo visto che non l’ho mai messa conclusa. Mistero XD
Fatemi sapere che ne pensate ^_^
Se vi va, vi aspetto anche sul gruppo Facebook dedicato a Skip Beat, in cui troverete spoiler, info varie e per chiacchierare un po’ sull’assurda lentezza degli ultimi capitoli XD https://www.facebook.com/groups/943092622499841/ 
oppure sulla pagina  https://www.facebook.com/Skip.Beat.Italia.CainSetsu/
Baci e alla prossima :*
 

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