Agape

di ailinon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


AGAPE

 

CAPITOLO 1
 

Era da parecchio tempo che aspettavano l'occasione per poter visitare la Grecia. Ellada per i greci, era stata una nazione pericolosa fino a soli pochi anni prima. La dittatura militare l'aveva resa poco attraente per un ragazzo straniero, malgrado i suoi splendidi siti archeologici e il mare cristallino come un sogno ad occhi aperti.

Erano giovani nati dopo gli anni della dittatura e che non la conoscevano veramente. Giovani che non vedevano l'ora di prendere il mare e attraversare quel canale che li divideva da quella gita invidiabile.

Erano un gruppetto composito di amici e conoscenti quello che avevano raggruppato e che ora scendeva dal traghetto che dall'isola di Venere, Citera, toccava la mitica terra del porto di Atene.

Certo delle vestigia storiche del porto del Pireo non vi era più nulla, essendo diventato uno scalo internazionale di enormi navi container e di tutti i traghetti provenienti dalle isole greche e dai paesi del mediterraneo.

Mega navi facevano da sfondo a grosse gru per il carico e scarico merci per tutta l'Europa.

Da uno di quei grandi moli scesero i ragazzi dal traghetto. Ridevano e scherzavano come solo un gruppo di appena maggiorenni poteva fare, convinti di avere il mondo in tasca, anche se era la prima volta che lasciavano casa.

Con gli zaini in spalla, si avviarono verso le linee dei pullman che collegavano il Pireo alla capitale greca.

Attorno a loro c'era così tanto movimento di mezzi di lavoro, che il rumore del mare spariva coperto dai suoni meccanici.

Il mare però deteneva ancora intatto l'impero aereo, con un vento insistente che scompigliava i capelli e gonfiava le t-shirt dando sollievo al calore di quel luglio assolato. Lo stesso vento che Ulisse aveva intrappolato per poter finalmente fare ritorno a casa.

Casa. La Grecia era la patria di qualsiasi uomo occidentale che amava la sua storia; e la vita nasceva da quel mare, lì sfruttato, ma poco più in là libero di mostrarsi con tutta la sua cristallina insidiosa bellezza, come le sirene ad Ulisse.

Questo stava pensando uno dei ragazzi, fissando il mare, mentre i suoi compagni discutevano su una mappa, tentando di capire che numero di autobus dovessero prendere per giungere ad Atene.

«Vado a chiedere a quegli uomini laggiù» dichiarò uno di loro, e corse verso dei manovali del porto che stavano lavorando presso un nuovo molo per l'attracco di navi private.

Erano greci dalla pelle lievemente dorata dal sole e il corpo asciugato dagli sforzi all'aria aperta, che l'avevo reso prestante e muscoloso come quello di antiche statue di atleti ellenistici. I capelli bruni, quasi neri, una lieve barba e i profili affilati come i marinai di Teseo.

Fu in quell'istante che il ragazzo avvertì per la prima volta il suo sguardo su di lui.

Non lo vide subito, ma lo percepì come uno mano che gli sfiorava la pelle. Dovette farsi forza per decidersi a voltarsi, mentre il cuore gli sobbalzava nel petto.

Non capiva cosa stava succedendo ma, avvertiva come una forza quella presenza sconosciuta che lo attirava e gli faceva correre i brividi lungo la pelle, rizzandogli i peli sulle braccia nude.

Solo dopo un respiro profondo, si voltò, abbandonando la vista del mare.

Accanto al compagno andato a chiedere informazioni a quei manovali, vi era un uomo. Un uomo ritto in piedi accanto al molo. Slanciato come un albero di una nave antica.

Indossava solo una misera canottiera bianca e consunta, e un paio di pantaloni sporcati dalla terra e dal mare, ma non per questo appariva meno fiero.

Come Ulisse sul ponte della sua nave, si ergeva retto e fiero contro il mare. Lo sguardo scuro era inchiodato su di lui, e lo fissava senza rivelare nessuna emozione. Eppure il suo sguardo penetrante non lo lasciava un secondo.

Il ragazzo intrecciò gli occhi ai suoi, incapace di staccarli da Lui. Come una calamita lo attirava a sè.

I compagni di viaggio avevano scoperto il numero del bus da prendere e si erano già avviati verso la fermata, solo lui era rimasto indietro. Incapace di muoversi. Di Lasciare quello che, sapeva, era certo, essere un incontro che gli avrebbe cambiato la vita.

«Andiamo Alex!»

Le voci degli amici spezzarono per un attimo quella malia e il ragazzo riuscì a fare un passo verso di loro.

Incerto, ma fece un passo lontano. Questo convinse lo sconosciuto a muoversi.

Lasciò i suoi colleghi e si diresse deciso verso di lui.

In poche falcate aveva riempito lo spazio tra loro e gli si fermò davanti, bloccandogli la strada.

Alex lo guardò: da vicino era molto più alto e lo dominava sia per la statura che per l'età più matura.

Alex lo guardava e Lui lo fissava, come volesse divorargli l'anima e tenerlo per sempre con sé.

Da vicino l'attrazione che scorreva tra loro era ancora più forte. Quasi palpabile.

Lui non parlò mai. Tolse di tasca un pezzetto di carta e, con una matita da muratore, vi scrisse un paio di parole in inglese.

Prese il biglietto e lo guardò ancora.

«Alex, sbrigati, perderemo l'autobus!»

«Si, arrivo!» urlò di risposta.

Lanciò un ultimo sguardo agli occhi scuri di Lui. Avvertì il calore del suo torace seminudo, e dovette costringersi a non piangere, nell'allontanarsi.

Gli lanciò un'ultima occhiata, poi corse via con il cuore che si straziava e il pezzo di carta stretto forte tra le dita.

***

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

Il ragazzo proseguì il viaggio con la mente bloccata su quella immagine. I compagni di viaggio parlavano e ridevano riguardo alla loro calata ad Atene, mentre lui non faceva che ripetersi le parole scritte sul cartiglio.

Tonight at 21. Here.

Stanotte alle 21. Qui. Qui.

Rivederlo. Follia. Rivederlo. Follia. Rivederlo... Poteva ucciderlo. Poteva rapinarlo o farlo sparire, ma... Theos! (Così i greci chiamavano Dio) Theos, doveva rivederlo. Doveva sapere perchè quella apparizione l'aveva sconvolto tanto. Doveva... No, bugia! Sapeva bene perchè lo voleva vedere: perchè sentiva il petto lacerarsi al pensiero di non vederlo mai più, e vibrare di gioia a quello di stargli di nuovo davanti.

Aveva già preso la sua decisione mentre scendevano dalla metropolitana.

Quella sera avrebbe dovuto prendersi del tempo per sé.

***

I suoi amici non compresero perchè volesse andare da solo per Atene, invece che cenare con loro in uno dei localini del quartiere caratteristico di Plaka.

Dovette mentirgli per fargli capire che doveva andare. Voleva vedere un qualche parente, aveva inventato.

Poi, appena allontanatosi da loro, lasciandosi il Partenone alle spalle, aveva imboccato l'entrata della metropolita, direzione Pireo.

***

Per arrivare al porto ci mise circa mezz'ora; e per ritrovare il punto del nuovo molo, quasi lo stesso tempo. Tuttavia, quando raggiunse il ritrovo, non c'era nessuno.

Il dubbio riprese il sopravvento su di lui. Forse era una trappola. Forse l'avrebbero derubato o pestato a sangue scambiandolo per un omosessuale. E lui non era gay. Non lo era mai stato, o meglio... Fino a quel pomeriggio non gli era mai capitato di provare un'attrazione simile per qualcuno. Per un uomo, e...

Il vento del mare lo spinse a voltarsi, e Lui era lì che lo guardava.

Era venuto. Era venuto! E il suo sguardo lo calamitava ancora.

Si andarono incontro, attraversando lo spiazzo di quell'angolo di porto.

Lui si era cambiato e ora indossava solo un paio di jeans e una semplice camicia a tinta unita, che pareva non riuscire a contenere le spalle larghe e i muscoli degli avambracci.

Alex si bloccò a meno di un passo da Lui. Il biglietto tra le dita.

Non conosceva una parola di greco e non sapeva come trasmettergli quello che provava. Prese fiato: «Sono qui...»

Lui non gli fece dir altro. Gli posò una mano dietro al collo, prendendogli la nuca sotto al grande palmo aperto, e lo tirò contro di sé.

Premendolo contro il suo torace, gli chiuse le labbra sotto la bocca, costringendolo a subire un bacio tutt'altro che casto.

Alex scartò come un puledro e tentò di liberarsi da quelle braccia che lo stringevano, senza riuscirci. Poi tentò di spingerlo via con le mani, ma l'uomo insinuò la lingua tra le sue labbra e allora la resistenza svanì nel calore che dal basso ventre si spandeva fino al petto.

Si aggrappò alle sue spalle e alla sua bocca, baciandolo con la stessa passione.

Follia, era follia baciarlo, baciare un uomo in mezzo ad un porto straniero.

Baciare uno sconosciuto di cui non sapeva neppure il nome. Farsi prendere per mano e farsi trascinare in una casa sconosciuta, dove poteva aspettarlo chissà chi. Follia.

Poteva essere rapito Poteva essere violentato...Voleva finire a letto con lui, per questo lo seguì in quel piccolo appartamento in uno misero quartiere della periferia di Atene.

L'appartamento era al terzo piano di una palazzina anonima, ed era piccolo e rude come quel manovale greco.

Lui lo trascinò nella sua camera da letto, bianca e spoglia, continuando a baciarlo. Spogliandolo dei pochi abiti che indossava.

Buttandolo sul letto, sotto di lui, senza mai proferir parola.

Quell'uomo era muscoloso e possente come solo un uomo abituato a lavori manuali poteva essere. I muscoli del torace, coperti da una lieve peluria scura sul petto, si tendevano e guizzavano mentre si metteva a carponi su di lui.

Al confronto di quell'antico marinaio baciato dal sole, Alex era pallido e quasi minuto, mentre socchiudeva le cosce per permettere che i loro sessi eccitati si sfiorassero nel gioco dell'amore.

Lo baciò a lungo, permettendogli di duellare con la sua lingua.

Era strano perchè era la prima volta che baciava un uomo ma, non se ne vergognava affatto. L'emozione, l'eccitazione, era troppa per riuscire a celarla.

Lo baciò mentre le loro mani esploravano tutto il loro corpo. A partire dal torace, ai capezzoli rosati, le anche spigolose da ragazzo, le cosce nervose da moderno efebo. Il sesso fremente in attesa di carezze. Lo voleva. Per quello lo aveva raggiunto. Aveva avvertito il desiderio unirli, quel pomeriggio, come in quell'istante.

Lui si chinò a baciargli il torace glabro, sfiorandolo con le sue mani rese ruvide dal lavoro.

Baciò la sua pelle, poi i capezzoli e il ventre teso, scendendo tra i peli scuri del bacino. Lasciando vagare la bocca sul sesso eccitato.

Alex si inarcò protendendo le anche, offrendosi e al contempo esigendo che quel tocco intimo non finisse.

Trattenne il fiato, insinuando le dita nei suoi corti capelli castani, mentre la bocca di Lui lo leccava.

«Dio!» gemette, cercando di non farlo smettere, ma Lui si mise in ginocchio sul letto e gli afferrò saldamente le cosce, spingendosi in avanti. Penetrandolo.

Ad Alex sfuggì un lamento. Si contorse alla sua spinta in avanti e il secondo lamento divenne un gemito sotto le carezze del greco.

Doveva aver intuito la sua inesperienza, leggendo sul suo viso quello che dalle parole non capiva, perchè cerco di muoversi con più delicatezza, aiutandolo ad eccitarsi di nuovo, massaggiandogli il sesso.

Ci volle poco prima che il dolore venisse sostituito da un senso intenso di piacere. Abbandonarsi ai voleri del corpo dell'altro, era un atto di fiducia che Alex aveva già compiuto decidendo di ritornare da Lui.

Spingendosi contro di Lui, si aggrappò a quelle spalle ampie, segnate dal lavoro e da alcune cicatrici.

«Ancora...» implorò, sciogliendosi sotto le spinte di quelle gambe tornite come colonne doriche, e nel liquido caldo che eruttava dal suo corpo e da quello del suo amante.

«Ancora...» ansimò, abbandonandosi sul umile letto, ormai senza forze.

Il suo sconosciuto uomo greco lo seguì, crollandogli addosso in un abbraccio pieno di dolcezza che convinse Alex a chiudere gli occhi e abbandonarsi al sonno con Lui.

***

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 

Il sole albeggiava dorato sopra i tetti squadrati che si vedevano dalla finestra di quella palazzina sgangherata della periferia di Atene. Non molto lontano da lì, il Partenone veniva illuminato, ancora una volta dopo duemila anni di storia, dalla stessa luce che ora filtrava dalle finestre aperte.

Lì, in quella bolla di calore umano, due uomini dormivano abbracciati. O almeno uno dei due dormiva profondamente, mentre l'altro lo osservava, riflettendo sulla sua vita.

Stretto tra quelle braccia forzute, che avrebbero potuto spezzarlo, Alex si sentiva sicuro, protetto, e non sapeva dirsi il perchè. Da quando aveva visto quell'uomo al porto, era come se si fosse ritrovato. Come quel mito greco in cui Zeus divise in due corpi l'anima dell'essere perfetto, così che le due parti fossero costrette a cercarsi per l'eternità.

Ecco. Lui aveva incontrato la sua eternità.

Lo capiva inconsciamente dal suo corpo che si incastrava perfettamente tra le membra dell'altro.

Posò il mento sul suo torace, passandogli le dita tra i peli scuri.

I suoi amici dovevano essere in pensiero per lui. Per fortuna aveva trovato la scusa del parente greco da incontrare.

Ora il suo illustre sconosciuto era diventato un parente, sorrise, guardandolo dormire. Il volto deciso, da uomo fatto, con quella barba bruna sulla mascella decisa. Il profilo greco sulle piccole labbra disegnate. Quelle labbra che l'avevano baciato ovunque.

Avvampò al ricordo e lo strinse più forte. Quello che li aveva uniti era follia. Una qualche tipo di follia piacevole, come quella che scendeva sulle menadi ispirate dal Dio Dioniso.

Sospirò, avvertendo anche dal letto il vento insistente che si insinuava dalla balconata lasciata aperta per il caldo.

Egeo. Follia.

Sospirò di nuovo e Lui era sveglio. Gli occhi castani persi sul suo viso. Gli sorrise per salutarlo. Alex lo imitò, e si protese a baciarlo.

Al contatto delle sue labbra, dimenticò la preoccupazione per i compagni di viaggio. Si rannicchiò contro il suo corpo, lasciando che la coscia gli scivolasse tra le gambe.

Distrattamente ascoltò il suo respiro, disegnando le cicatrici che aveva su una spalla. Chissà cosa si era fatto, e come; ma in fondo non importava. contava solo che ora, con lui, fosse lì.

Anche Lui lo stava accarezzando. Gli accarezzò i corti capelli neri, e gli zigomi maschili. Il naso sbarazzino e poi gli toccò le labbra carnose, disegnandole con la punta delle dita.

«Agape»

Alex piegò il capo di lato a scrutarlo tra il felice e il preoccupato. Gli piaceva la sua voce. Era adatta a Lui: era profonda e forte. Sicura e sonora, ma... Perché lo chiamava in quel modo? Non sapeva una parola di greco, e ora non voleva che Lui in realtà lo avesse scambiato per un altro uomo.

Si portò la mano al petto: «Alessandro...Alex» cercò di fargli capire. Non era agape, ma Alex.

Il manovale rise piano e lo baciò di nuovo, con forza.

Alex doveva piacergli come nome, e l'italiano si abbandonò rassicurato al suo abbraccio.

Se voleva fosse agape, lo sarebbe stato per Lui.

***

Si risvegliò dopo un paio d'ore al profumo invitante di cibo e al suono familiare di piatti smossi. Era solo nel letto ma, da esso, poteva vedere attraverso le porte aperte, Lui che cucinava.

Aveva indossato appena un paio di semplici boxer, e Alex lo ammirò con piacere mentre rientrava in camera da letto, portando un vassoio pieno di cibo e caffè greco.

Gli sedette accanto, sul bordo del letto, e gli sorrise porgendogli il vassoio. «Fatè1» disse, facendo il gesto comprensibile per tutti di mangiare.

Alex fu ben lieto di accontentarlo. Aveva una fame da lupi, e non gli diede fastidio neppure che Lui lo studiasse mentre masticava. Solo dopo essersi rimpinzato per bene, si rese conto di che ore fossero. Il sole brillava alto e torrido sopra i tetti del quartiere.

I suoi amici dovevano essere davvero allarmati per lui. Dovevano rincontrarsi a metà mattinata. Non aveva dato sue notizie da ore!

«Devo andare!» esclamò spostando le lenzuola e rendendosi conto di colpo che era stato sempre nudo davanti a Lui, e senza vergogna.

Fece per uscire dal letto e andare a raccogliere gli abiti sparsi per la casa, quando Lui lo fermò.

La sua voce profondamente maschile suonò ansiosa: «Alexandros den paeis, psychi mou!2»

Alex non capì, ma gli piacque sentire il suo nome da quelle labbra. Quella voce.

Il manovale gli prese le braccia nude, accarezzandolo dolcemente. «Menete, menete mazi mou psychi mou3»

Doveva aver sentito il tremito che li univa. Quella forza che lo aveva spinto a tornare da Lui.

Lo vide nei suoi occhi: si, entrambi l'avevano sentita.

Alex gli accarezzò la barba pungente con cui gli aveva graffiato il corpo quella notte. «Tornerò.»

«Na xanasynantithoume4» lo implorò Lui.

Malgrado la lingua sconosciuta, l'altro uomo parve capire. Prese un pezzo di carta e gli scrisse l'indirizzo del hotel dove risiedeva ad Atene. Glielo mise in mano e la strinse forte facendogli capire quanto le parole non potevano.

Lui gli prese il volto e lo baciò con disperata passione.

Solo dopo vestito, mentre era alla porta dell'appartamento, Alex comprese quanto fosse doloroso l'addio.

Chiuse gli occhi per celare le lacrime. Di nuovo quello strazio al petto al lasciarlo, ma doveva.

«Addio, mio cuore, a presto»

«Pisw psychi mou. Psiw syntoma*5»

***

1 Fatè. Mangia, in greco. N.d.a.

2 Alexandros non te ne andare, anima mia! In greco. N.d.a.

3Resta, resta con me anima mia. In greco. N.d.a.

4 Vediamoci ancora. In greco. N.d.a.

5 Torna anima mia. Torna presto. In greco. N.d.a.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4

La terza volta che lo incontrò, si diressero direttamente all'appartamento del manovale marittimo.

Alex aveva mentito di nuovo ai suoi compagni per poter tornare da Lui, ma la sua gita ad Atene stava per finire e doveva rivederlo. Doveva.

Passarono il tempo insieme, a letto, lasciando che il corpo esprimesse quello che la lingua non poteva comprendere.

Stesi nudi tra le braccia l'uno dell'altro, Alex si lasciava coccolare dalla tenerezza dell'amante. Le membra intrecciate nel calore del corpo di Lui, che lo accarezzava e sfiorava con la punta delle dita ruvide. Quasi lo venerasse come un santo.

Alex sorrideva, sentendosi in pace.

«Agape» gli mormorava Lui nelle orecchie, baciandogli le orecchie, graffiandogli le guance con la barba lunga.

Quell'uomo lo eccitava e gli faceva compiere cose folli. «Ti voglio!» esclamò, e sotto il suo sguardo perplesso, lo spinse contro al letto e salì a cavalcioni sul suo bacino. «Ti voglio!» ripeté Alex.

Se doveva accettare di amare un uomo, ebbene l'avrebbe fatto fino in fondo. Voleva che fosse anche suo.

Lui gli chiese qualcosa, accarezzandogli gli avambracci.

Alex si chinò a baciargli la bocca disegnata, poi il collo e la mascella. «Ti voglio» gli sussurrò sulle labbra.

Lui dovette intuire dal suo sguardo bramoso, perchè annuì lentamente.

Alex non se lo fece ripetere. Strusciandosi contro il suo corpo muscoloso da uomo, si chinò a tempestargli la pelle di baci. Il collo, il petto, i capezzoli e il ventre. E mentre Lui si eccitava, gli scivolò tra le cosce sode.

Non l'aveva mai fatto ma, poteva ricambiare quello che gli era stato fatto. Per Lui poteva imparare.

Si chinò sul suo sesso e socchiudendo le labbra carnose, lo accolse in bocca.

Lui reagì istantaneamente, inarcando la schiena. «Theos! Agape» gli uscì di bocca.

Il greco si mise più comodo sul letto, aprendo le gambe perchè Alex potesse muoversi comodamente.

Mentre il ragazzo indugiava con la bocca intorno al suo sesso, gli accarezzò la testa e i capelli neri con le grandi mani.

Voleva che continuasse. Voleva essere suo. Un solo essere.

Quando capì di essere quasi giunto al limite della sopportazione del tocco umido di quella lingua, fu Lui a spingerlo via, per poi girarsi e mettersi a carponi sul letto.

Alex scrutò con ammirato timore quella schiena muscolosa e perfetta. Quel corpo che si offriva ai suoi desideri. Non tentennò. Avvicinandosi, lo penetrò piano, strappandogli un solo respiro strozzato.

Per un lungo istante rimase immobile mentre avvertiva i loro due corpi pulsare insieme. Pelle contro pelle. Il calore di quel corpo, l'aroma della sua pelle gli dava alla testa, facendolo impazzire di piacere.

Facendo forza con i muscoli delle gambe e delle natiche, si spinse in avanti, penetrandolo più a fondo.

A entrambi sfuggì un gemito, di piacere e di dolore insieme.

I muscoli della schiena del greco guizzavano, rispondendo ai suoi affondi.

Probabilmente era il doppio del suo corpo ma, lo voleva. E se doveva davvero lasciarlo, allora voleva possedere quell'uomo che l'aveva spinto oltre ogni suo limite.

Cingendogli la vita, si spinse più avanti in Lui, piegandosi sulla sua schiena. Sorprese il manovale, baciandogli la nuca e il collo, masturbandolo al contempo.

Dovette piacergli, perchè Lui invocò il suo nome in un sospiro: «Alexandros»

«Sei mio!» ringhiò il giovane italiano in modo possessivo, e gli morse la spalla, in modo che quel segno imprimesse qualcosa di suo in quella loro unione.

A Lui sfuggì un grido di piacere, mentre veniva lacrimando candide perle.

Alex si mosse ancora, con la forza del desiderio, fino a seguirlo nel piacere, crollando poi esausto, sulla sua schiena sudata.

Lui lo accolse tra le sue braccia, baciandolo sulla fronte, prima di appisolarsi insieme.

***

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5

Lui dormiva stretto tra le sue braccia. Era fatta! Quell'uomo gli aveva scombussolato tutta la vita, spingendolo a scoprire un lato di sé che non aveva mai conosciuto. E ora, dopo che gli aveva donato tutto di sé stesso, dal suo corpo al suo cuore, ora doveva andarsene. Guardò di nuovo l'ora. Si, doveva tornare dai suoi amici e prendere l'aereo che l'avrebbe riportato in Italia, dalla sua famiglia, all'università che aveva iniziato, alla vita che aveva prima di incontrare Lui.

Sapeva che sarebbe successo, lo sapeva dalla prima volta che l'aveva seguito ma, non per questo stava meglio.

Scivolò fuori dal letto e raccolse gli abiti sparsi per la stanza.

Si stava infilando la maglietta, quando udì la sua voce.

«Paeis makria1?»

Non aveva il coraggio di voltarsi a guardarlo, per questo continuò a vestirsi. «Go Home. In Italia» rispose, e lo ripeté come per convincersi.

La sua vita era là. Doveva tornare.

Lui non rispose a voce ma, allungò un braccio e gli prese la mano. «Menete mazi mou2implorò.

Al suono della sua voce, Alex si voltò. Non voleva fargli male ma, doveva, doveva tornare.

Gli strinse più forte la mano: «Devo andare... Mi dimenticherai.» ma sapeva che era una bugia.

Malgrado il suo aspetto imponente e maturo, Lui aveva un'espressione fragile e sofferente.

Lo scrutò a lungo. Era una scelta quella che gli offriva: «Home...'Einai edo mazi mou3» suggerì, indicando con una mano la piccola stanza che si affacciava su due secoli di storia.

Fu come se l'avesse pugnalato. Alex avvertì gli occhi velarsi di pianto. Casa.

Lo sapeva, per questo se ne doveva andare subito. Subito.

Scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore.

Con la sua tenerezza, Lui parve comprendere cosa provava.

La scelta era troppo difficile per un ragazzo così giovane: un nuovo Stato. Una nuova lingua, un nuovo lavoro, loro due soli contro tutti. Troppo per un ragazzo appena maggiorenne.

Piano, piano, lasciò andare la sua mano.

Capiva.

Ma non per questo faceva meno male.

Chinò il capo, abbattuto, mentre Alex si infilava le scarpe.

Nel suo silenzio, Alex arrivò in qualche modo all'ingresso dell'appartamento. Aveva già la mano alla maniglia, fuggendo come un coniglio, quando Lui balzò fuori dal letto, nudo, ordinando: «Anameno!4»

Alex lo sentì scartabellare su un bloc notes, per poi tornare da lui. Gli si fermò davanti, sovrastandolo con la sua stazza.

L'italiano lo fissò negli occhi, senza paura, imprimendosi per l'ultima volta il suo volto nella mente.

L'uomo che amava.

Il suo sguardo era disperato, ma il volto restava composto mentre gli metteva in mano quel biglietto, come il primo, ma stavolta scritto in greco.

«Tha perimeno gia panta, psychi mou.5»

Bastava il tono della sua voce per far intuire al ragazzo quelle parole.

Chinò il capo, afferrando il biglietto. Chiuse gli occhi mentre sentiva il cuore scivolargli via.

«Ti amo» ansimò, voltandosi e correndo fuori dall'appartamento prima che non avesse più la forza per andarsene.

Giù per le scale, le sue guance si inondarono di lacrime.

Andandosene, lasciava il suo cuore.

***

1Te ne vai? In greco. N.d.a.

2 Resta con me. In greco. N.d.a.

3 Casa... E' qui con me. In inglese e greco. N.d.a.

4 Aspetta! In greco. N.d.a.

5Ti aspetterò per sempre, anima mia. In greco. N.d.a.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6

La vita in Italia era scorsa via senza particolari degni di nota. Tornato da quella gita di pochi giorni in Grecia, tutti i suoi conoscenti lo avevano trovato mutato di carattere. I parenti dissero che era cresciuto. Gli amici pensarono che fosse diventato barboso come un vecchio.

Il suo carattere da riflessivo, era diventato malinconico, come quello di una persona che sa di aver perso molto. Forse troppo.

Eppure Alex viveva e rideva ancora ma, mai totalmente. Si sentiva svuotato. Sembrava che il suo sguardo fosse rivolto sempre indietro, a un punto lontano.

A un mare lontano, di cui udiva ancora il richiamo assillante.

Eppure continuò a vivere: fece esami, aiutò i suoi genitori, si laureò.

Nessuno capì mai bene perchè si impegnò così tanto, oltre agli studi universitari, per imparare una lingua inutile come il greco.

Ormai aveva quasi ventitre anni, e non gli restava che trovare lavoro e mettere su famiglia, come speravano i suoi genitori, ma su questo ultimo punto non aveva mai dato molte speranze, restando perennemente solo.

Tutti ritenevano che fosse troppo studioso, e non vi pensasse per quel motivo.

Ma Alex sapeva che il suo cuore era destinato a una sola persona, e non poteva fingere che fosse diversamente.

Il suo cuore era rimasto in mano ad un fiero uomo greco, che viveva in un minuscolo appartamento di Atene. Lui.

***

Era seduto a pranzo con i suoi genitori quando vide per la prima volta, alla televisione, notizie sulla crisi in Grecia.

Sembrava che i politici greci avessero rubato tutti i soldi al loro popolo, spendendoli in modo dissennato, fino ad ammettere di essere finiti sul lastrico. Imponendo poi alla loro stessa nazione di pagare quei debiti, che loro avevano fatto, attraverso tasse e tagli indiscriminati..

Infine era giunta l'unione europea a togliere ogni speranza a quel popolo fiero e pragmatico, come sono un popolo di mare poteva essere.

«Povera gente» aveva esclamato sua madre, continuando poi a mangiare, come se nulla fosse.

Alex invece aveva posato la forchetta, sentendo il sangue scivolargli via dal viso mentre osservava quelle rapide scene da bolgia infernale, con cariche violente della polizia contro i lavoratori e manifestanti greci. Povera gente rimasta senza acqua, corrente, casa o lavoro. Parlarono anche dei portuali... Come Lui.

Ricordava a memoria la scritta sul bigliettino che conservava nel portafoglio.

 

Pantelis Pappas

Themistokleou street, 203

Atene. Grecia.

Psychi mou.

 

Fu davanti a quelle immagini alla televisione, che fece la sua scelta.

***

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Epilogo ***


CAPITOLO 7 - EPILOGO

Atene lo riaccolse con l'abbraccio democratico di una folla arrabbiata che occupava le vie centrali della capitale. La polizia, schierata in modalità antisommossa, tentava di tenerla a bada e ben lontana dalle sedi del potere.

Il tassista greco aveva cercato di spiegargli qualcosa mentre lo abbandonava vicino a piazza Syntagma invece che all'indirizzo richiesto, solo che Alex certo non si era aspettato nulla di simile.

Tutte le arterie che portavano al cuore di Atene, di fronte al Voulì1, erano occupate da una lunga scia di manifestanti che sfilavano per le vie con cartelloni, bandiere e grida di protesta.

In poco tempo Alex si trovò costretto a seguire la folla nel tentativo di raggiungere una metropolitana aperta.

Accanto a lui trotterellava un grosso cane meticcio dal pelo dorato, uno dei tanti randagi di Atene, che sembrava sapere bene dove andare per raggiungere Syntagma, e che in qualche modo si trovò a fargli da guida.

Fu il cane a dare l'allarme quando la polizia sparò i primi lacrimogeni tra la folla. Abbaiando come un forsennato, si lanciò contro i MAS2 come fosse un vero Black-block, mentre l'italiano, colto alla sprovvista, tentava di coprirsi la bocca con un lembo della maglietta che indossava, correndo via spintonato dalla folla.

In mezzo al fumo acre, la polizia caricò i manifestanti di qualche sindacato greco, roteando i manganelli senza preoccuparsi delle ferite che poteva infliggere.

Tra la calca della gente che fuggiva, si udivano urla e grida. Suoni di colpi e imprecazioni. Scoppi di bombe molotov e migliaia di piedi che scappavano per ogni dove. Sembrava un inferno coperto di fumo pungente che bruciava gli occhi e irritava i polmoni.

Avanzando a tentoni tra il fumo e le lacrime, Alex si trovò davanti un poliziotto che stava per colpire un uomo caduto a terra. Agì più d'impulso che consciamente. «Stop! Stop! It 'a tourist! » mentì spudoratamente, intromettendosi tra l'agente di polizia e il manifestante.

Dietro l'elmo, il militare non fermò il manganello, colpendo lui al suo posto.

Lo ferì alla testa e alle braccia, e continuò a colpire anche mentre Alex crollava sulle ginocchia, praticamente addosso all'uomo che avrebbe dovuto salvare. «Sono italiano!» urlò il ragazzo, coprendosi la testa con le mani, mentre il poliziotto continuava a colpirlo più e più volte, con furia.

Fu il bizzarro cane greco che gli aveva fatto da guida a salvare entrambi: come un angelo vendicatore, balzò davanti al poliziotto e tentò di morderlo alla gamba scoperta dallo scudo.

Doveva essere una vecchia conoscenza del poliziotto che tentò di percuoterlo col manganello: «Fyge, skylaki! 3» poi, spaventato dai ringhi rabbiosi dell'animale, indietreggiò, desistendo.

Tossendo, Alex si rivolse all'uomo steso sotto di lui: «State bene?»

Il greco alzò la testa, scioccato: «Alexandros!»

LUI!

L'italiano incredulo, lo strinse forte e pensò che il destino fosse stato benevolo con loro. Lo pensò prima di perdere i sensi. La fronte coperta di sangue copioso.

***

Il buio fu un tempo interminabile, ma quando dischiuse gli occhi, capì che qualcuno lo stava tenendo tra le braccia.

Quando gli detersero gli occhi infiammati per i lacrimogeni, vide che un uomo sconosciuto gli stava bendando la fronte.

Il volontario medico discusse animatamente in greco con Lui: «Tha stathei kala? 4»

«Tha einai, melaniasmeno gia ligo alla h pligh einai mia xana. Tha prepei na paei kala, Pantelis.5»

Lui tirò un sospirò di sollievo e ringraziò l'altro manifestante con un cenno del capo. Lo sconosciuto si alzò e si diresse prontamente verso un altro ferito.

«Agape mou6...» lo invocò Alex, mentre stavano seduti in un angolino della piazza di Atene, travolta dai tumulti.

Il suo uomo greco sbuffò esasperato: «Tha mou kaneis pethaino xilies fores, psychi mou, ean synexisete na, Emfanizontai kai na exafanizontai etsi!7»

Doveva essere il suo modo per punirlo per la sua lontananza, perchè Alex rise malgrado la testa malconcia.

Era stretto tra le sue braccia, ora sarebbe andato tutto bene, pensò, lasciandosi cullare dal calore e dall'odore della sua pelle.

Lui, Pantelis, lo tenne stretto al suo petto: «4 xronia, tha mou kaneis pethaino8....» ripeté fissando la piazza che sembrava svuotarsi. I poliziotti si ricompattavano prima di un nuovo assalto. La calma prima di una nuova tempesta.

Solo dopo un lungo momento di silenzio, il greco osò domandare: «Eiste piso gia na meinei?9»

Alex sorrise fissando il cielo azzurro di Atene, oltre i gas lacrimogeni che si diradavano: «Pou alloi tha mporousa ma pao? Eimai sto spiti.10»

***

 

 

 

 

 

RINGRAZIAMENTI

Un grazie sentito alle ragazze di twitter che seguono Tsipras e i fatti greci, e che per prime hanno osato leggere le mie porcherie!

Inoltre un immenso grazie per la pazienza di Alexia che ha tradotto in greco i miei dialoghi deliranti.

Grazie ancora ragazze! N.d.a

1Voulì è il termine greco per definire il palazzo del parlamento che si affaccia su piazza Syntagma, cuore di Atene.

2MAS è la sigla per indicare la temibile polizia antisommossa greca.

3Vattene cagnaccio pulcioso! In greco. N.d.a. Il cane randagio citato qui, è esistito veramente e volevo ricordarlo in questa piccola storia. Si chiamava Loukanikos, in italiano Salsiccia, ed era l'angelo protettore dei manifestanti ateniesi. Come un vero black block, aggrediva solo i poliziotti che caricavano la gente che manifestava contro la Troika.

4 Starà bene? In greco. N.d.a.

5 Sarà pieno di lividi per un po', ma la ferita ha spurgato il sangue. Dovrebbe andare tutto bene, Pantelis. In greco. N.d.a.

6 Amore mio. In greco. N.d.a.

7 Mi farai morire mille volte, anima mia, se continui ad apparire e sparire così! In greco. N.d.a.

8Quattro anni. Mi farai morire. In greco. N.d.a.

9 Sei tornato, per restare? In greco. N.d.a.

10 Dove altro potrei andare? Sono a casa. In greco. N.d.a.

 

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