Love isn't always fair di Egg_boy_ (/viewuser.php?uid=269903)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Meeting for the first time ***
Capitolo 2: *** Of Family, Friends and drunk people ***
Capitolo 3: *** Goodbye Agony ***
Capitolo 4: *** I'm Bulletproof ***
Capitolo 5: *** Shadows Die ***
Capitolo 6: *** You're every dream I lost and never found ***
Capitolo 1 *** Meeting for the first time ***
Correvo, correvo
da troppo tempo, i
polmoni sembravano stessero per esplodere così come il cuore
il cui battito era
al massimo. Non dovevo farmi prendere, la vista si oscurava e poi
tornava
nitida, sentivo la testa pulsare dolorosamente.
Il mio cervello
continuava ad urlare
di fermarmi, di farmi prendere, i pugni sarebbero comunque arrivati, ma
quella
volta era diversa. Il gruppo di bulletti capeggiato da Miles Bullstroke
voleva
vedermi morto, ne ero certo. Misi
male
un piede e ruzzolai a terra cacciando un urlo, i loro passi erano
sempre più
vicini. Mi rialzai e ripresi la corsa, le pareti grigie si stringevano
sempre
più, non avevo la minima idea di dove fossi.
Spalancai gli
occhi quando vidi la
grata davanti a me. No, non era possibile, dovevo scavalcarla, provai
ad
arrampicarmi, ma quello che ottenni fu solo un’altra caduta
questa volta di
schiena che mi procurò un forte dolore al petto. Annaspai in
cerca d’aria che
non trovai e sputai la poca saliva che avevo ancora in bocca a terra.
Mi
avrebbero preso, era finita. Chiusi gli occhi pensando a mamma e a
papà che
erano partiti quella mattina per Santa Monica dove ci saremmo
trasferiti da lì
a qualche settimana e poi li riaprii. Le scarpe sporche di fango di
Miles e la
sua banda erano intorno a me, un sorriso sadico su ognuno dei loro visi
mi fece
accapponare la pelle.
I calci
arrivarono, ma non mi
ribellai, ormai convinto che quella era la mia fine. Il dolore andava
oltre ad
ogni pugno arrivato in quegli anni. Cercarono di togliermi la felpa e
fu da lì
che una spaventosa presa di coscienza mi colpì e ricominciai
a lottare mentre
le loro mani mi toccavano poi un rumore assordante li fece smettere e
io caddi
a terra come un burattino inerme poi il buio.
Aprii gli
occhi di colpo ansimando pesantemente, quasi mi misi a gridare. Ci misi
qualche
secondo per mettere a fuoco il tettuccio grigio della macchina e a
tranquillizzarmi poi sentii come se il mio corpo scivolasse in avanti e
sentii
la frenata improvvisa seguita da voci e suoni metallici. La musica alla
radio
prese a riempire di nuovo le mie orecchie e non solo quello, anche la
voce
squillante di mia madre che ripeteva al suo compagno che quella era la
strada
sbagliata.
Sospirai e
mi tirai a sedere strofinandomi gli occhi con le mani.
-Oh! Andy
caro ti sei svegliato- mugugnai qualcosa di sconnesso e appoggiai la
testa al
finestrino.
Era passato
un mese, trenta giorni di ospedale e puzza di medicinale . Diagnosi:
tre
costole fratturate e una incrinata, trauma cranico e un altro mucchio
di
stronzate che mi ero rifiutato di ascoltare quando mi ero svegliato con
una
benda stretta in fronte in un lettino di ospedale.
A sentire il medico mi aveva trovato un
poliziotto che ispezionava il quartiere, l’uomo aveva anche
detto che ero stato
fortunato. Non era nemmeno partita la denuncia.
La macchina
continuò a viaggiare fino a fermarsi davanti a una villetta
color crema, senza
staccionata , un giardino ampio e due vialetti di ghiaia che portavano
alla
veranda e al garage. Dietro di noi si fermarono due camion della ditta
di
traslochi che aveva scelto mia madre. Infatti la donna era scesa a
dirigere i
poveri operai che dovevano subirsi la sua voce acuta e stridula a
volte. Il mio
patrigno aprì la portiera corrispondente al mio posto e mi
strattonò per farmi
scendere, io presi il mio eastpack a tracolla nero e scesi guardandomi
in giro.
Intorno a me
sfilavano due file di case esattamente identiche, il colore mi faceva
venire la
nausea. Si sentivano li schiamazzi dei bambini nelle piscine di fronte
o nel
retro delle case.
-Caro
perché
non entri in casa a dare un’occhiata?- seguì la
richiesta di mia madre ed
entrai.
Aveva
un’aria spaziosa, c’erano molte finestre fu
l’unica cosa che riuscii a notare
perché Chris, il compagno di mia madre, mi aveva messo due
scatoloni in mano.
-Questa
è un
po’ della tua roba e se non vuoi dormire in macchina
sistemati per sta
sera.- Gentile come
al solito.
Salii le
scale fino al primo piano, ma c’era solo una camera
matrimoniale, un bagno e
un’altra scala. Salii ancora di un piano e trovai la mia
camera.
Una
mansarda, se si poteva chiamare così, visto che aveva il
letto a soppalco che
dava direttamente su un piccolo spioncino le pareti erano in legno
scuro e il
soffitto era spiovente. C’era
un grosso
spioncino proprio sopra di me da cui sarei potuto tranquillamente
uscire sul
tetto. La moquette era anche in quella stanza, non solo nel corridoio
sottostante e nelle camere che avevo visto, tranne la cucina, appoggiai
i due
scatoloni in terra e mi alzai sulle punte per aprire la finestra sul
soffitto.
“Al lavoro”
Una ventina
di scatole vennero portate su dagli addetti al trasloco e io iniziai a
mettere
in ordine. Mi fermai solo quando mia madre annunciò che la
cena era
pronta. Scesi le
due rampe di scale
frettolosamente e andai in soggiorno, lo osservai e mi chiesi come
avevano
fatto mamma e Chris a sistemare quello, la cucina e la camera in un
pomeriggio
dove io non avevo nemmeno finito di appendere le luci a intermittenza
sul
letto. Dopo
mangiato aiutai mia madre a sparecchiare
e poi ritornai a sistemare la camera.
Misi le
lenzuola di Batman e finii di sistemare le lucine poi decisi che per
quel
giorno era abbastanza e mi preparai per dormire. Prima di salire nel
letto
guardai lo specchio, non mi ricordavo l’ultima volta che mi
ero guardato
attentamente. Indossavo solo i boxer quindi il torace fasciato era in
bella
vista così come le braccia ricoperte di lividi, avevo dovuto
tagliare i capelli
che ora arrivavano alle spalle ed erano rasati da un lato. I miei
piercing
erano ancora al loro posto anche se avevo rischiato che quei bastardi
mi strappassero
quello al labbro tirandolo.
Sospirai e
presi una canottiera dall’appendiabiti. Finalmente mi stesi
nel letto
guardai fuori dalla
finestrella, il
cielo era oscurato dalle nuvole e sospettai che l’indomani
sarebbe piovuto
copiosamente infatti chiusi il vetro e dopo qualche minuto sprofondai
tra le
braccia di Morfeo.
La sveglia
partì e chissà come mi era venuto in mente di
mettere gli Slipknot come
tono. Rischiai di cadere dal letto per
spegnere quel dannato cellulare che urlava, finalmente silenzio, mi
rimisi a
letto, ma la calma non durò a lungo perché
arrivò Chris a gridarmi di scendere.
Scesi dal
letto e infilai dei calzoncini da calcio verdi, insieme a una t-shirt
smessa
poi scesi. Mia madre, Amy, rimbalzava freneticamente in cucina tirando
fuori:
padelle, piatti, bicchieri e oggetti vari dagli scatoloni per poi
metterli
sugli scaffali.
-Andy tesoro
mio perché non vai a fare un giretto per il quartiere,
magari incontri qualcuno
della tua età!- disse
fermandosi davanti
a me. Negli ultimi tempi mia madre era smagrita. La colpa era solo mia,
diceva Chris,
se non mi fossi fatto picchiare a sangue mia madre non sarebbe stata
costantemente in pensiero per me. Sorrisi leggermente e uscii sulla
veranda.
-Peccato che
io non voglio averne di amici…-
dissi
appoggiandomi alla ringhiera che dava sul giardino. Il
tempo faceva schifo, pioveva, una di quelle
pioggerelline che ti facevano inzuppare subito. Mi ravviai i capelli
passandoci
una mano in mezzo e mi misi a canticchiare una canzone che neanche
conoscevo,
ma avevo sentito alla radio il giorno prima.
Sentii un
vociferare proveniente dalla casa affianco e poi il rumore di una porta
che
veniva sbattuta, mi girai verso la fonte del rumore e vidi una donna
che camminava
velocemente e prendeva per il polso un ragazzo. Ascoltai la loro
conversazione
che non poteva essere ignorata dati i toni non propriamente nella norma.
-Lasciami!-
disse
il ragazzo dai capelli castani che era alla fine del vialetto.
-Ashley
Purdy torna qui!- il ragazzo si era voltato di scatto.
–Non
torno
in quella casa di merda! Se il tuo principe mi alza ancora le mani tu
non mi
rivedi più!- poi si girò verso di me e
assottigliò lo sguardo io tornai in casa.
Quel ragazzo sembrava avere più o meno la mia
età, un altro che la settimana
successiva mi avrebbe preso di mira, fantastico.
Feci come
aveva chiesto mia madre, dopo pranzo uscii di casa e mi misi a
gironzolare per
l’isolato. C’erano molte case dove si affacciavano
ragazzetti che avrebbero
potuto avere dai dodici anni alla mia età, compreso il
ragazzo che avevo visto
qualche ora prima.
Mi trovai in
un parco, non era grande, ma aveva qualche panchina coperta dagli
alberi e
quindi asciutte. Mi sedetti e osservai le persone che passavano,
sembravano girare
lo sguardo verso di me e poi allontanarsi, non si vede tutti i giorni
un
ragazzo vestito totalmente di nero con la matita sugli occhi.
Passò una mezzora
circa e me ne ritornai a casa. Prima di entrare notai il ragazzo di
prima
seduto sui gradini davanti a casa con la testa
bassa e gli auricolari nelle orecchie, alzai le spalle ed
entrai
ricevendo subito un bacio appiccicoso da mia madre.
-Allora hai
visto qualcuno?- mi
chiese entusiasta.
–No.- risposi secco salendo le
scale.
Mi chiusi in
camera e sospirai, finalmente a casa. Presi le sigarette e
l’accendino da un
cassetto e salii sul letto. Aprii la finestra e uscii con qualche
difficoltà.
Il tetto era marroncino e spazioso, non potevo essere visto dai piani
sottostanti. Presi il telo che avevo appoggiato sul letto e lo stesi,
era
leggermente bagnato visto la pioggia di sta mattina. Mi accesi una
sigaretta
aspirando famelico il sapore di tabacco, piano aspettai che la nicotina
andasse
in circolo saziandomi e distendendo i nervi che sembravano essere tesi
al
massimo.
Stetti sul
letto a fumare finchè non sentii una goccia posarsi sul mio
naso.
-Maledetta
pioggia…Vieni in California, dicevano, ti aiuterà
a risollevarti,
dicevano…Quante stronzate.- borbottai ritornando nella
stanza. Chiusi
frettolosamente la finestra e rimisi le sigarette nel loro nascondiglio
poi
scesi.
Mi feci un
lungo bagno caldo cercando di non urlare quando per sbaglio feci
scivolare il
bagnoschiuma sul torace pieno di lividi, il liquido mi scivolava
addosso come
se non ci fosse, ma sembrava mi volesse bruciare la pelle. Mi sottrassi
alla
morsa calda della vasca da bagno per fasciarmi di nuovo il petto e il
braccio
messo peggio. Tamponai i capelli con un asciugamano e presi
l’antidolorifico
che il medico mi aveva prescritto poi, tornai in camera chiuso nel mio
bozzolo
di coperte. Aprii leggermente lo spioncino lasciando entrare un
po’ di aria
fresca e forse sentii qualche parola di troppo dalla casa affianco.
La donna
diceva di nuovo di non andare, ma i passi veloci che sentii mi fecero
intuire
che quel ragazzo era corso via. Non sarei stato lì a sentire
altro quindi
chiusi la finestra e la tenda che copriva il mio letto. Presi un libro,
ma poco
dopo aver iniziato a sfogliare le pagine mi addormentai.
Ÿ ¡¢¡ Ÿ
Le loro mani sui
miei fianchi, mi
stavano toccando ed io dovevo scappare, ma non riuscivo. Avevo la vista
sfocata
e riuscii solo a distinguere gli occhi color caramello di Miles che mi
urlavano
la sua voglia di farmi del male e urlai.
Mi ero
svegliato di botto, gridando, come un bambino mi strinsi la coperta al
petto. Sentivo le
goccioline di sudore scendermi
dalla fronte, cercai di regolarizzare il respiro facendo lunghi
sospiri. Quando
finalmente mi calmai, guardai la finestra, era già chiaro
fuori e solo in quel
momento mi ricordai che giorno era.
Mugugnai
qualcosa
d’insensato e controllai l’ora: le sette e due
minuti, dovevo solo vestirmi e
cercare di rendermi presentabile. Misi
un paio di skinny jeans neri strappati sulle ginocchia, una t-shirt
stampata
anch’essa nera e la converse. Ero monocromatico. Cercai di
fare meno rumore
possibile per non svegliare Chris che avrebbe sicuramente dormito fino
a tardi.
Entrai in bagno e misi un leggero strato di matita nera sugli occhi poi
presi
l’eastpack e uscii di casa.
L’aria
fredda del mattino mi colpì come uno schiaffo in pieno viso,
mi diressi verso
la fermata del bus e solo quando arrivai sotto la pensilina, notai un
gran
numero di ragazzi che venivano verso di me, strinsi la tracolla della
borsa e
la aprii, cercando frettolosamente gli auricolari.
Non avevo
avuto nessun contatto con dei ragazzi per più di un mese, mi
sembrava
inverosimile tornare a scuola a cercare di confondermi per non essere
lo
sfigato di turno ed essere preso di mira. Trovai le cuffiette, ma mi
scivolarono di mano e caddero a terra. Mentre mi abbassavo a
raccoglierle i
miei occhi incrociarono quelli di un altro ragazzo.
Aveva degli
occhi particolari sembravano caramello, erano famigliari, spalancai gli
occhi e
raccolsi velocemente le cuffie cercando di nuovo il ragazzo con gli
occhi.Non
era Miles, ma aveva i suoi occhi, era totalmente diverso dal bullo. I
capelli
castano scuro gli arrivavano alle spalle, muscoloso, le spalle larghe.
Riconobbi il ragazzo che identificai come Ashley, il mio vicino di
casa. sperai
non si fosse accorto dei miei sguardi.
Quando posai
le mani sul maniglione antipanico che apriva la porta di ingresso della
scuola
centinaia di occhi si posarono su di me, il mio cuore si
fermò, potevo sentirne
i battiti veloci, cercai una scappatoia e la trovai in un cartello che
diceva
“Segreteria” infatti mi incamminai velocemente
verso la stanza indicata dal
pezzo di carta colorato.
Aprii le
porte di una spessa porta di legno chiaro ed entrai in una stanza dove
diverse
signore stavano sedute dietro agli sportelli.
Mi trovai
davanti una donna che masticava lentamente una gomma e dopo poco la sua
voce
stridente mi raggiunse.
-Desidera?- i capelli biondo cenere le
ricadevano sul
viso e i suoi occhi erano coperti da un paio di lenti spesse.
-Salve..sono
Andy Biersack, vorrei il mio orario delle lezioni.-
–
Andy?- mi
guardò alzando il sopracciglio.
–Andrew
Biersack, mi scusi.- Diede invio a un
file dalla tastiera del pc e andò verso la stampante, prese
il foglio tra le
mani nodose e me lo porse.
-Ecco qui,
le lezioni sono cominciate, si sbrighi se non vuole ricevere un
richiamo
disciplinare il primo giorno.- disse e mi sembrò di sentire
parlare Chris. Come
di routine le persone erano sempre gentilissime con me.
Sospirai e
andai a posare i libri nell’armadietto numero 345 come
c’era scritto sul foglio
che guardai un secondo dopo, scoprendo di avere Storia in quel momento.
Presi
il libro e mi diressi verso la classe.
Respirai
profondamente prima di bussare, alla fine la mia mano si
posò sul legno
azzurrognolo della porta e un uomo venne ad aprire.
-Ah
signor…-
disse in un’evidente richiesta di dirgli il mio nome
-Biersack..-
il signore dai capelli grigi fece un mezzo sorriso.
–Beh,
signor Biersack lei è nuovo giusto? si
presenti…forza.-
Presi un
altro respiro, sarei morto prima della fine di quella giornata e notai
che
anche Ashley era in quella classe, seduto di fianco a un ragazzone con
una
felpa da football, ridacchiavano additando una ragazza in fondo alla
classe.
-Io sono Andrew
Biersack, mi sono trasferito da Cincinnati, in Ohio, una settimana
fa…spero di
trovarmi bene qui.-
Alcune
ragazze mi guardarono incuriosite poi il professore mi
indicò un banco di
fianco a una ragazzina dai capelli rosa che stava guardando fuori dalla
finestra, era lei che stavano prendendo in giro prima quei due.
-Ciao..- mi
disse e io mi chiesi se davvero ce l’avesse con me.
–Ciao.-
risposi con un tono freddo, mi scusai
mentalmente con la ragazza per quel tono.
-Io sono
Molly Parkinson – disse passandosi una mano tra i capelli
color confetto
-Andrew,
ma chiamami Andy…- mi sorrise e io
ricambiai il sorrisetto.
-Ti
piacciono gli Slipknot?- annuii –L’ho notato quando
hai staccato le cuffie- le
sorrisi, non parlammo fino alla fine delle due ore in cui Mr.White
spiegò il
medioevo.
Mangiai in
mensa con Molly, parlammo delle nostre band preferite poi le chiesi se
sapeva
qualcosa di Ashley Purdy, lei spalancò gli occhi.
-Sei
fortunato a non conoscerlo, quello è uno di quelli che odia
i tipi come noi. Fa
coppia con Radke e un certo Ferguson, hanno preso a botte un ragazzetto
che non
voleva dare i soldi per la mensa l’anno scorso.- rabbrividii
toccandomi il
polso fasciato. –Non sono sicura fosse così prima,
dicono che si è trasformato in
terza ovvero l’anno scorso. È un playboy, a quanto
so ha dato una ripassata al
sedere di tutta la squadra di cheerleeding.- feci un sorrisetto tirato
e
continuai a mangiare.
Non
durò
molto il resto della mattinata e alla una ero fuori dai cancelli della
scuola.
-Io abito
vicino alla spiaggia.- disse Molly.
– Io
abito
in un quartiere di cui non ho ancora imparato il nome, ci si vede
domani- la
salutai con un sorriso e salii sull’autobus. Notai Ashley che
si faceva largo
tra la folla di ragazzette che gli stavano intorno e saliva a sua
volta, mi
passò di fianco e io cercai di non guardarlo. Arrivammo nel
nostro quartiere,
ma scendemmo solo noi due. Facemmo la strada uno dietro
all’altro, mi sentii in
imbarazzo. Ripensare alla litigata che avevo origliato il giorno prima
mi
metteva a disagio.
-Hai
intenzione di seguirmi ancora?-
Stava
parlando a me? Aveva una voce melodiosa e leggera, non dura e profonda
come
avevo immaginato.
-Abito di
fianco a te..-spiegai affiancandolo.
-Quindi
avete preso voi la vecchia casa degli
Hopinsk…bene, ci si vede.-
Si
girò e
camminò verso il vialetto di casa sua, subito sentii una
voce profonda e
maschile che lo richiamava, ma io m’infilai in casa, pronto
alla serie di
domande da parte di mia madre. Come inizio non era stato
così male, non mi
sarei mai aspettato di trovare un ragazzo con gli occhi della tua
nemesi. Volevo
saperne di più su quell’ Ashley, non mi spaventava
quando Miles che dopotutto
aveva gli occhi iniettati di sangue e una carriera da delinquente
prescritta.
Avevo visto i suoi occhi prima che si girasse, erano spenti, non di
quel colore
che assomiglia al caramello fuso. Mi resi conto di quanti particolari
avevo
notato. Non andava bene così, dovevi dimenticarti
dell’esistenza di Ashley
Purdy prima di rimanere scottato dal suo carattere.
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Capitolo 2 *** Of Family, Friends and drunk people ***
Quella
giornata era davvero degna di un’ estate torrida. Peccato
fosse autunno e
c’erano trenta gradi all’ombra, non ero andato a
scuola quella mattina, non ero
riuscito ad alzarmi dal letto tutto sudato e addormentato
com’ero, quindi
passai la mattina a guardare programmi idioti alla Tv e a sistemare la
camera
al ritmo delle canzoni dei Green Day.
Quando la
mia compagna di banco mi aveva scritto che sarebbe venuta da me dopo
scuola, io
le dissi che mi aveva salvato la giornata che senza il suo intervento
si
sarebbe rivelata un bellissimo modo per pensare a Miles che mi
malmenava, come
succedeva spesso ultimamente. Tuttavia questo non gliel’avevo
detto.
Pensavo a
quella notte ininterrottamente e continuai a farlo finché
Molly suonò al
campanello. Mi trovavo sulla veranda di casa mia con la ragazza a bere
limonata
ghiacciata con un ventilatore sul tavolo a massima velocità
che ci scompigliava
leggermente i capelli, asciugando le goccioline di sudore sui nostri
visi.
Erano passate
due settimane dall’inizio della scuola e avevo fatto nuove
conoscenze: Jake e
CC, si chiamava Christian Coma, ma tutti ovvero io ,Molly e Jake lo
chiamavamo
così. Li avevo conosciuti una sera a casa di Molly quando si
erano presentati
da lei a sorpresa.
Coma era il
più grande, infatti avrebbe finito la scuola
quell’anno invece Jake aveva la
stessa età mia e della ragazza.
-Andy…ehy!-
mi sentii chiamare e mi riscossi dai miei pensieri.
–Ci
sono, ci
sono!- dissi
battendo le mani sul
tavolo.
-Sei strano
in questo periodo…- Non
avevo raccontato
a Molly dell’incidente, ma pensavo che lei avesse intuito la
situazione. A
Educazione fisica quando mi asciugavo la fronte sulla maglietta notavo
che
tutti mi fissavano il petto coperto dalle garze e avevo beccato anche
Purdy a
guardarle pensando che non lo vedessi.
In quel
periodo i litigi con i suoi erano più violenti, lui usciva
spesso e nessuno lo
rincorreva. L’avevo visto diverse volte arrampicarsi sul
tetto, ma non avevo
mai tentato di parlargli.
-Scusa Molly
solo che ho un po’ di roba per la testa…- la
ragazza sorrise e si passò una
mano fra i capelli.
–Non
preoccuparti penso di aver capito..-
Lanciò un’occhiata alla casa
affianco, pensai
lo stesse facendo apposta perché nell’ ora di
storia mi aveva visto guardare il
mio vicino, più di una volta.
-Ashley! No!
Stai scherzando vero?- lei scosse la testa.
–
Intendevo
il ballo! Hai già ricevuto richieste per il
Sadie’s?-
Alzai un
sopracciglio confuso –Il che?- lei si mise a ridere cadendo
quasi dalla sedia. –Il
Sadie’s Oak! Il ballo di inizio scuola, più o
meno. Le ragazze invitano i
ragazzi.-
Io sbuffai
divertito dalla spiegazione della ragazza. Non pensavo che anche in
quella
scuola si facessero balli, ma chi prendevo in giro? Tutte le scuole
facevano
balli.
-Se ti
riferisci alla catasta di bigliettini multicolori nel mio armadietto
penso che
le ragazze della nostra scuola siano impazzite e comunque penso di non
andarci.-
Molly si
alzò e prese lo zainetto nero a texture. –Vieni
con
me?- Feci finta di pensarci e annuii e lei si avvicinò ad
abbracciarmi,
ricambiai e lei se ne andò poco dopo lasciandomi solo con i
miei pensieri di
nuovo concentrati su una notte in particolare.
Le grida del
compagno di mia madre mi raggiunsero distinte da dietro la porta, non
sarei
uscito per nessun motivo, anche se avesse minacciato di ammazzarmi.
Abbracciai
le gambe al petto e mi misi seduto sul letto. Mi aveva spaccato il
labbro la
scorsa sera, la scusa era stata che uscivo troppo spesso. Alzai il viso
e me lo
trovai davanti, non lo avevo sentito entrare.
Non ero un
ragazzo debole ero rispettato da tutta la scuola, ma non avevo mai
avuto il
coraggio di ribellarmi a quell’uomo che apparentemente era
solo duro e cinico.
Una volta chiusa la porta di casa si rivelava uno sfruttatore senza
scrupoli.
Se doveva alzare le mani le alzava e ogni occasione era buona per
mettermi alle
strette e di conseguenza ricevevo ogni giorno una buona dose di botte.
-Pensavi di
scappare di nuovo?- mi
si congelò il
sangue nelle vene, alzai la testa e lo guardai negli
occhi. Non l’avevo sentito entrare e per
l’ennesima volta dei lividi si stavano formando sulla mia
schiena e sulle mie
braccia. Quando la tortura finì uscii dal tetto e corsi via
con il telefono
alla mano. Composi il numero di Jinxx.
-Hey amico!-
dissi nel tono più allegro che potevo fare.
–Ehy
Ash..hai bisogno di qualcosa?- mi fermai
davanti alla casa del mio amico.
–Senti..-
Non
riuscii a continuare la frase che la serratura della porta
scattò e mi
avvicinai. Il viso del mio amico fece capolino dalla porta con il
cellulare in
mano-
-Entra..i
miei sono via per lavoro.- sorrisi impercettibilmente e entrai.
–è successo di
nuovo vero?- annuii, non volevo spiegare cosa era successo nei minimi
particolari, lui mi lasciò usare il bagno per darmi una
ripulita, ma stetti in
silenzio per tutta la serata.
Le nostre
litigate erano così violente che anche i vicini le avevano
sentite, avevo visto
infatti Andy uscire di casa per controllare da dove venissero le urla,
mi
vedeva spesso correre via.
Per quanto
sarebbe andata avanti?
Quella notte
dormii dal mio amico o almeno, cercai di addormentarmi. Mi svegliavo
continuamente credendo di essere a casa mia, riuscii a prendere sonno
solo
verso le tre di mattina. Mi svegliai con un pungente mal di testa e una
nausea
costante che non voleva andarsene.
Naturalmente
dovevo andare a scuola. Che avrebbe pensato Ronnie se io, il suo amico
più
fidato, lo avessi abbandonato? Avrei potuto avere tutto quello che
volevo, ma
mi ero abbassato a stare in un gruppo di bulli che non avevano nulla da
invidiare al mio patrigno, con i miei voti sarei potuto passare alla
classe
avanzata di Chimica e Matematica, ma non dovevo sembrare intelligente,
dovevo
sfruttare i Freshman per i compiti, come Ronnie mi ordinava. Tutti
avrebbero
saputo che in realtà Ashley Purdy odiava far del male alla
gente.
Entrare a
scuola non era mai stato più difficile di quel giorno, mi
guardai in giro ed
entrai venendo subito raggiunto da Jade, Ronnie e Lizzie. La prima si
attaccò
al mio braccio e per un attimo mi convinsi che avrebbe fatto le fusa.
-Ehy
Ash...vero che vieni al Sadie’s con me?- disse con un tono di
voce stridulo e
acuto, lo disse in modo teatrale, pronta a gettarsi ai tuoi piedi .
-Certo
piccola! Con chi pensavi che andassi, con la Parkinson?- le risposi
dando una spallata
alla ragazza che tutti reputavano una sfigata, JAde mi fece un
sorrisino e
guardò male la ragazza dai capelli rosa.
Poco dopo
vidi Andy, Ronnie lo spintonò in avanti facendolo sbattere
contro gli
armadietti. Trattenetti il respiro per un momento, ma il moro ci
ignorò e
raggiunse Molly salutandola con un abbraccio. Lo guardai meglio e poi
mi girai
scuotendo la testa. No, non era decisamente degno di nota, quei capelli
rasati,
quel piercing. Solo un emo-goth.
-Chi si
crede di essere quel Biersack!- disse il mio amico, non risposi, mi
limitai ad
abbassare la testa.
Alla prima
ora avevo Storia, era la lezione in comune con Andy, presi il libro
dall’armadietto ma non feci in tempo a girarmi che il mio
amico mi si avvicinò
di nuovo.
-Vieni con
me sul campo da baseball abbandonato?- scossi la testa e mi passai una
mano fra
i capelli. Lui non sapeva del mio patrigno, se l’avesse
saputo l’avrebbe sfruttato
per togliermi dalla mia posizione accanto a lui e catalogarmi come
viscido
sfigato.
Fino al
suono della campanella del pranzo mi concentrai sulle lezioni di
scienze e
fisica poi scesi nella mensa, ma presto venni attaccato da una decina
di
ragazze che mi chiesero se ero già occupato per il
Sadie’s. Non ne potevo più
di tutte quelle oche che mi tiravano da una parte all’altra
del tavolo. Ero
nervoso per quello che era successo ieri, per quello che sarebbe
successo non
appena sarei tornato a casa, celai tutto dietro un sorriso di
circostanza.
Mi alzai e
liquidai tutti dicendo che dovevo andare in bagno. Arrivato alla
toilette mi
sciacquai il viso e poco dopo sentii il rumore dello sciacquone, poco
dopo Andy
aprì la porta e si avvicinò ai lavandini.
-Ehy!- mi disse.
Io avevo la testa
ancora china e le mani appoggiate al lavabo, non risposi.
–Ashley?- Mi
appoggiò una mano sulla spalla io
sobbalzai. Anche se quel contato non era nulla per un momento avevo
avuto
paura. Sentii poco a poco la rabbia crescere nel mio petto.
–Vattene!-
gli urlai contro e mi
pentii di averlo fatto quando lui uscì dalla porta
lanciandomi un’occhiata
compassionevole.
Mi ero seduto
sugli spalti del campo da basket con Jake e guardavo i giocatori
correre dietro
al pallone arancio saltando con tutte le loro forze, il rumore
stridente delle
suole riempiva l’aria della palestra e dava fastidio agli
spettatori di quell’amichevole.
Solo dopo aver osservato per un po’ i giocatori delle squadre
il moro parlò.
-Beh, dovevi
parlarmi Jake?- il ragazzo in questione sorrise e si passò
una mano fra i
capelli. Jake Pitts seguiva molti dei miei stessi corsi ed era un
ragazzo estremamente
dolce e simpatico.
-Io..insomma
c’è un mio amico..- iniziò, ma sapevo
che l’amico non era nient’ altro che Jake
stesso. -A questo mio amico non piacciono le ragazze..non so se mi
spiego e ha una
cotta per Jeremy Ferguson, lui si chiede che cosa può fare
per farsi notare..-
Ridacchiai,
bene a quanto pare non ero l’unico a cui non piacevano le
forme rotondeggianti
e morbide di una ragazza. Pensai a una risposta da dargli, ma prima gli
feci
una domanda. Gli chiesi di descrivermi Jeremy.
-Oh..sta con
Purdy e Radke, ma non è un cattivo ragazzo, suona la
chitarra e sorride a tutti
in corridoio, è del nostro anno.- Bene, il mio amico aveva
una cotta spaventosa
per un seguace dei due principi della scuola.
–Secondo
me potrebbe parlarci, il tuo amico..-
feci ammiccando al ragazzo accanto a me, lui arrossì
leggermente e si girò a
fissare Jeremy che era appena entrato in campo. -Davvero, parlaci, non
sembra
come Ronnie non penso ti tirerebbe un pugno.- poi il mio sguardo venne
catturato da un paio di spalle ampie e un sorriso smagliante. Ashley.
Lo
guardai per un po’ e notai che a differenza dei suoi compagni
di squadra aveva
una t-shirt a maniche lunghe, invece della canottiera gialla della
scuola.
-Andy..ehy!-
-S-sì!
Dimmi.- Jake si mise a ridere
rumorosamente, poco dopo fece la sua comparsa sugli spalti Radke.
Cercai di non
guardarlo, ma entrambi ci prendemmo uno spintone che ci fece
traballare. Feci per
ribattere, ma mi dissi che non ne valeva la pena e insieme a Jake
uscimmo dalla
palestra. Cc si
fece vedere appena mettemmo
piede fuori dalla palestra con il suo sorriso strafottente sul viso e
in mano
delle bacchette della batteria.
-Dov’eri?-
Chiese Jake battendo il pugno contro quello del ragazzo.
-In
aula di musica.- sorrise e ci portò nella
stanza appena citata. Era piccola, ma abbastanza larga da farci stare :
una
batteria, tre chitarre elettriche e due classiche, due microfoni con le
rispettive aste e un basso. Mormorai un “Wow” a
mezza voce e vidi Jake
imbracciare la chitarra classica in meno di un secondo. Ci mise un
po’ ad
accordarla, ma alla fine il suono era abbastanza pulito, io non accesi
il microfono
ma iniziai a canticchiare una melodia del tutto inventata. La porta si
spalancò
e vedemmo entrare il professor Smith.
-Cosa ci
fate qui? Uscite subito!- disse facendosi diventare la faccia bordeaux.
Non
chiudevano mai le porte delle aule e questo era il risultato. Ci
ritrovammo
seduti alla caffetteria della scuola a chiederci cosa avremmo fatto
quel
pomeriggio. E Cc come al solito propose. Noi non riuscivamo mai a
pensare a
qualcosa, la mia conoscenza della città era ancora
elementare e l’unica volta
che Jake aveva fatto una proposta era scoppiato un temporale di
conseguenza ci
eravamo rifugiati in casa Pitts per un torneo di Final Fantasy.
Sotto la
guida di Christian ci spostammo al centro commerciale dove lui voleva
prendersi
qualcosa per il ballo del fine settimana.
Alla fine
tornammo a casa con due borse per ciascuno. Avevo comprato degli skinny
jeans
neri e una camicia bianca, mi ero lasciato tentare da una maglia
oversize
totalmente nera e anche quella era finita nel mio armadio.
Sabato si
avvicinava velocemente e io stavo iniziando a dire di non volerci
andare, sia a
Molly che ai miei, ma la mia amica mi aveva minacciato dicendo che mi
avrebbe
trascinato nella palestra della scuola se non fossi andato.
E quel
fatidico giorno era arrivato. Ero incredibilmente nervoso, gironzolavo
per
casa, ignorando mia madre che mi diceva di non fare scenate. Era solo
un ballo.
Sarei andato a prendere Molly alle sette e saremmo andati al ballo.
Uscii di
casa dopo essermi controllato allo specchio, avevo scelto i soliti
skinny e la camicia
bianca che avevo comprato qualche giorno prima per quella sera e avevo
paura di
non essere abbastanza elegante.
La casa di
Molly era vicina alla spiaggia e quindi ci misi una ventina di minuti
ad
arrivarci. La trovai davanti alla porta, sorridente come al solito. Era
avvolta
da un abito lungo fino al ginocchio color pesca e i suoi capelli rosa
erano
sciolti, impreziositi da un cerchietto bianco.
-Sei bellissima.-
dissi appena arrivai davanti a lei che arrossì
alle mie parole.
-Grazie..anche
tu non sei male, mio principe.- ci mettemmo a
ridere e poi ci incamminammo verso scuola.
La facciata
della palestra era stata decorata con foglie
finte e uno striscione che diceva “Sadie’s
Oak” sorrisi alla ragazza e una
volta dentro cercammo i nostri amici. Li trovammo seduti ad un tavolo,
i
bicchieri pieni di una bevanda rossastra già tra le loro
mani. Erano
accompagnati da due ragazze che mi si presentarono. Sammi e Cara.
-Ehi Andy,
Molly!- disse CC alzandosi.
-Christian,
Jake!- rispose Molly andando incontro ai due. Io
mi guardavo in giro, li studenti si accalcavano sulla pista da ballo,
spintonandosi per ballare.
Presi del punch
per me e Molly poi tornai da lei che ballava
all’angolo della pista.
-Grazie Andy!- a
malapena riuscivo a sentire la sua voce, la
musica era assordante ed era la tipica musica da discoteca. Rimasi
fermo a bere
il mio drink, sicuramente il punch era stato corretto dai ragazzi
più grandi, non
so quanti ne bevvi, ma improvvisamente tutto si fece opaco e i colori
diventarono soffusi avevo un gran mal di testa. Decisi di andare a
darmi una
rinfrescata negli spogliatoi, barcollante arrivai a destinazione.
Sentii subito
dei rumori, ma non ci feci caso. Mi avvicinai al lavandino e mi
sciacquai il
viso, i rumori si fecero più forti e capii di che cosa si
trattava quando vidi
un ragazzo uscire dallo spogliatoio mentre si tirava su la zip dei
jeans. Il
tipo alzò lo sguardo e io sgranai gli occhi, Ashley. Qualche
minuto dopo una
ragazza uscì dalla stessa porta, i capelli rossi erano
scompigliati e aveva il
rossetto sbavato. Mi guardarono entrambi poi lei uscì dando
prima un bacio al ragazzo.
-Che hai da
guardare?- disse il castano mentre si avvicinava
al lavandino.
-N-niente!- aggrottai
le sopracciglia e lo guardai infilarsi la giacca poi mi girai e uscii.
Cercai la mia
amica, ma in mezzo a quella massa di gente non
la trovai, cercai di tornare al tavolo. Jake era da solo, ancora con un
bicchiere tra le mani.
-Ho appena visto
Purdy in una versione insolita!- dissi
gridando per farmi sentire.
-Ovvero!?- feci un
mezzo sorriso e mi alzai mimando con la bocca un “te lo
dirò”. Tornai a cercare
la mia amica che non era nientemeno che al centro della pista.
-Molly,
andiamo!- lei annuì e si mosse verso di me
barcollando, sospirai per l’ennesima volta. Accompagnare
Molly a casa mentre
era ubriaca si rivelò spassoso.
Per tutto il
tragitto la ragazza parlò di cose senza alcun
senso e rideva m fermandosi a volte contro
dei pali. La lasciai
a casa e mi incamminai verso il mio quartiere. Santa Monica era
illuminata
dalle più svariate insegne che nella notte illuminavano la
strada e il cielo
creando una specie di giorno continuo , ma dalla spiaggia, dove abitava
Molly,
a casa mia era tutto buio se non per le luci dei lampioni che
costeggiavano la
strada.
Dopo una ventina
di minuti dove avevo camminato velocemente
guardandomi sospettosamente in giro, arrivai a casa.
Le
luci erano spente
ed il silenzio avvolgeva ogni cosa, cercai di fare piano per non
svegliare
nessuno. Andai in camera mia e una volta girata la chiave nella toppa
mi
lasciai andare con un profondo sospiro, mi spogliai e misi una maglia a
righe
che avevo trovato sulla sedia poi presi le sigarette e uscii sul tetto.
Il fumo
riempì la mia gola e i nervi si rilassarono, sentii un
rumore e mi guardai in
giro. Niente. Mi girai verso la casa di Ashley e lo vidi uscire. Mi
sporsi un
po’ e lo vidi camminare avnti e indietro nel piccolo vicolo
tra le nostre case.
Tenne la sigaretta in bilico tra le labbra e rientrai in casa, misi le
scarpe e
uscii. Dovevo parlare con quel ragazzo.
Appena sbucai
nel vicolo Ashley sgranò gli occhi.
-Che ci fai
qui!?- disse quasi urlando.
- è
anche casa mia, fino a prova contraria.- risposi prima di
gettare fuori il fumo della cicca che era ormai alla fine. Mi sedetti
appoggiato al muro lui venne vicino a me, puzzava di alcool, ma aveva
anche un
profumo dolce che si mischiava all’odore pungente
dell’alcool.
-Mi hai visto
con Becky…- disse trascinando un poco le parole
come solo gli ubriachi fanno. Io feci un cenno con la testa e lui
appoggiò la
testa sulle ginocchia. –Tu sei strano, te ne freghi di quello
che dice la gente
tipo me e Ronnie. Come fai?- gli ubriachi erano sinceri no?
-L’hai
detto tu, me ne frego.- sorrisi e guardai la chioma
castana muoversi leggermente.
-L’ha
fatto di nuovo.- non capivo a cosa si stesse riferendo
ma lo lasciai parlare. –Mi ha di nuovo fatto quelle cose e io
non mi sono
difeso, non ce la faccio più...- disse a bassa voce
prendendosi la testa tra le
mani.
-Di cosa stai
parlando Ash..- lui tirò su il viso e solo in
quel momento notai l’occhio cerchiato di nero. –Chi
ti ha fatto..- allungai la
mano come per toccare quel livido scuro.
-Non sono affari
tuoi!- non mi lasciò finire la frase e alzò
la voce. Sembrava essere tornato lucido d’un tratto.
-Posso aiutarti
se me lo dici..- lui scosse la testa e io
ritentai. –Dai Ashley, chi è stato?- sorrisi e lui
mi lanciò uno sguardo, disse
un flebile “No” che io sentii a malapena poi
parlò ancora.
-Io vado. Ho
sonno.- si mise in piedi e barcollò poi si
appoggiò
al muro.
-Ti accompagno.-
sorrisi leggermente, lui andò fino alla
porta di casa seguito da me. Sgranò gli occhi appena vide la
luce accesa.
-Vattene Andy.-
mi disse, poi entrò
senza lasciarmi parlare.
Tornai nella mia
stanza e cercai di
capire che cosa aveva Ashley. L’avrei scoperto in un modo o
nell’altro. Rimasi
ancora a pensare a quell’occhio nero poi sgranai gli occhi,
avevo appena
raggiunto la soluzione. Erano i suoi genitori: la luce accesa, i litigi
e quando
scappava via. Ora avevo capito, l’avrei aiutato ad ogni costo
non mi
importavano le conseguenze.
Con questi
pensieri nella testa mi
addormentai, avrei visto Ashley domani e gliene avrei parlato.
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Capitolo 3 *** Goodbye Agony ***
La sveglia
suonò con un motivetto
fastidioso che rimbombò nella stanza e nella mia testa, rotolai su un
fianco e sbattei una mano sulla sveglia alla cieca, mancandola un paio
di volte
finché non riuscii finalmente a zittire quel trillo. Il sole
s’infiltrava nella
stanza da una fessura tra le tende, illuminando il centro del mio letto
con un
raggio di luce gialla e abbagliante che mi colpiva dritto in faccia.
Feci una
smorfia e mi coprii gli occhi con i palmi delle mani. Sospirai appena
sentii dei passi leggeri
che si avvicinavano, degli altrettanto silenziosi colpi alla porta mi
confermarono che Rachel era lì fuori, mi tirai la coperta
sopra la testa e feci
finta di dormire.
-Ash, tesoro,
devi svegliarti..- io non risposi, ma la voce
di mia madre venne coperta dalla porta che si apriva di colpo.
-Alzati da quel
cazzo di letto!- Bill l’aveva quasi urlato e
mentre lo diceva mi aveva afferrato malamente la spalla già
livida dai suoi
pugni. Soffocai un gemito di dolore nel cuscino e mi tirai a sedere.
-Mi alzo se te
ne vai.- dissi velenoso.
-Non osare
moccioso.- sibilò l’uomo. Uscì
lanciandomi
un’occhiata raggelante e mi lasciò solo.
Andai in bagno e
mi sistemai per la scuola, misi una pomata
sulla spalla e sull’addome, un leggero strato di matita nera
sulle palpebre e
un filo di correttore a coprire il livido sotto l’occhio. Mi
vestii con un paio
di denim blu e una felpa, infilai le converse e scesi velocemente dalle
scale.
Una volta dentro
la cucina mi versai un generoso bicchiere di
spremuta e lo bevvi. Stavo per girarmi e posare il bicchiere nel
lavello, ma una
mano si posò sulla mia testa e mi afferrò i
capelli, girandomi di scatto e
facendomi cadere il bicchiere.
-Dove pensi di
andare conciato così, ancora il trucco fottuto
finocchio?- Non risposi, ma appena lasciò la presa io corsi
verso la porta a
prendere lo zaino e uscii velocemente, lasciandomi alle spalle gli
occhi scuri
di Bill.
Ero in anticipo
per il bus quindi mi sedetti sulla panchina,
sotto la pensilina, con gli auricolari nelle orecchie che suonavano
“Demolition
lovers” dei My Chemical Romance. Mi coprii il viso con le
mani, una di esse
scivolò tra i miei capelli massaggiando la cute dove Bill mi
aveva afferrato.
Stetti in quella posizione, con gli occhi chiusi, finché una
mano mi sfiorò la
spalla. Aprii gli occhi e mi trovai davanti le iridi cristalline di
Andy.
-Ehy, non
passano i pullman oggi.- Mi stava chiedendo di
andare con lui? –Vieni con me?- chiese ancora ed io annuii
con malavoglia poi
mi alzai e mi misi a camminare, non staccai la musica anzi, alzai il
volume e
ignorai la presenza del moro di fianco a me.
Arrivammo
a scuola in
ritardo di venti minuti ed io senza parlare ad Andy entrai in classe
sedendomi
di fianco a Ronnie.
-Dove cazzo
eri?- chiese il ragazzo tatuato girandosi verso
di me.
-Non
c’erano i bus.- risposi prima di posare il cellulare sul
banco insieme alle cuffiette. Sentii due braccia cingermi le spalle,
sussultai
e mi girai. Le labbra di Jade si posarono sulle mie lasciandomi un
bacio umido
dal sapore di burro cacao, mi passai una mano sulle labbra per togliere
il
lip-gloss che mi aveva reso sicuramente la bocca coperta di brillantini.
-Svegliato male
Ash?- la baciai di nuovo e le sorrisi.
-Sono solo
stanco, piccola.- le feci un altro sorriso, falso
ovviamente.
La lezione
passò più lenta del solito ed io per tutta
l’ora
scribacchiai parole che dovevano essere lyrics di una canzone inventata
al
momento. Ronnie aveva detto qualcosa a proposito di una festa a casa
sua ed io
avevo detto che sarei andato. Tutto pur di non stare in casa.
La campanella
del pranzo era suonata, ma io non me ne ero
accorto. In ogni caso non avevo fame. Una volta entrato in mena mi
sedetti al
solito tavolo dove Jinxx mi raggiunse qualche minuto dopo
-Ash. - Feci un cenno
con il capo e appoggiai la testa alla mano. –Non
può continuare così... - disse
il mio amico tamburellando le dita sulla mia spalla. Io annuii e mi
misi a
mangiare l’insalata che mi ero preso.
Quando
arrivarono le tre e mezzo la campanella che segnava la
fine delle lezioni suonò, lasciandoci andare via. Sentii dei
passi dietro di me
poi una mano mi afferrò la spalla.
-Fai la strada
con me?- diedi una scrollata di spalle e lo
seguii, non prima di aver rimesso le cuffiette. A metà
strada Andy mi tolse una
cuffia.
-Cosa ascolti?-
mi chiese senza mettersi la suddetta
cuffietta.
- I My chemical
romance.- sorrise e si mise ad ascoltare con
me la musica e così camminammo allo stesso passo fino a casa
sua.
Mi
salutò, ma prima che io potessi aprire la porta di casa mi
corse vicino.
-Senti..devo
parlarti.-
-Aspettami qui.-
misi lo zaino nell’ingresso, appeso
all’appendiabiti e tornai sulla veranda, dove chiesi ad Andy
che cosa voleva.
-Dopo la
festa..quando abbiamo parlato io..-
-Io e te non
abbiamo parlato dopo la festa.- dissi, veramente
non ricordavo nulla. Mi ricordavo solo l’inizio della serata.
Tutto era
sfocato, non ricordavo nulla.
-Eri ubriaco, ma
abbiamo parlato anzi tu hai iniziato e hai
detto qualcosa a proposito di questo..- le sue dita affusolate mi
sfiorarono l’occhio
ed io mi ritrassi immediatamente.
-Che ne vuoi
sapere tu?- dissi velenoso passandomi
nervosamente la mano nei capelli.
-So abbastanza
Ashley.- disse Andy, fece
un sorriso tirato poi ripercorse i suoi passi fino a entrare in casa.
Sospirai
e per l’ennesima volta mi nascosi in camera mia con
l’intenzione di non uscirne
mai più.
Pioveva da
più di due giorni e ne erano passati tre da quando
avevo parlato ad Ashley. Volevo spiegazioni, ma sapevo che non le avrei
avute,
non si vanno a raccontare queste cose a chiunque, soprattutto al tuo
vicino di
casa con cui parli a stento. Non sapevo nemmeno perché
gliel’avevo chiesto
Eppure Ashley
sembrava ignorare cosa succedesse tra le mura
di casa sua, era perennemente sorridente e accomodante a scuola. Mi era
passato
per la mente che potesse essere una farsa per non lasciare scoprire a
tutti la
verità, ma non ne avevo le prove. Non sapevo nulla della
vita di Ashley, non
ero nemmeno certo che i suoi genitori fossero la causa di quel livido.
Me ne stavo sul
tetto con un ombrello inutilmente aperto in
una mano e una sigaretta nell’altra.
Nelle cuffiette
suonava “Falling away with you” dei Muse, la
sigaretta stava per finire, feci altri tre tiri e ne buttai la cicca
nella
grondaia che traboccava d’acqua.
Due
settimane e sarei stato a casa per le vacanze di natale, ero davvero
felice.
Scesi nella mia
stanza bagnato come un pulcino ed attaccai subito
il telefono allo stereo, la musica colmò la stanza. Mi
sedetti alla scrivania,
presi l’album da disegno e iniziai a scarabocchiare. Il
trillo del campanello
di casa mi distolse dal mio disegno. Scesi ad aprire per trovarmi
davanti Cc,
trafelato e completamente zuppo d’acqua.
-Ehi, che ci fai
qui?- Sorrisi leggermente e lui ricambiò
apertamente il gesto, stendendo le sue labbra in un sorrisino.
-Si è
messo a diluviare, passavo di qui e mi sono infilato
qui sotto.- Si
grattò la nuca in segno
di nervosismo e io lo invitai ad entrare in casa, gli diedi un
asciugamano e
una maglia asciutta.
-Strano, di
solito qui piove poco..e quando lo fa dura un bel
po’.- ridacchiò e si mise comodo sul divano.
-Spero che non
piova troppo allora..- Guardai il soffitto per
qualche secondo per poi riportare lo sguardo su Cc.
-Ti va una
partita alla Play Station?- proposi e ci trovammo
a incitare i nostri avatar di sconfiggere il nemico.
Dopo
un’ora circa smettemmo di giocare e invitai il mio amico
a salire in camera mia, dove avevo dimenticato di spegnere la musica.
-Bella canzone.-
sorrisi e gli passai il Cd. Io e Christian
avevamo gusti molto simili ecco perché ogni volta che si
parlava di musica
litigavamo con Molly e Jake che sembravano andare d’amore e
d’accordo con ogni
argomento che si tirava fuori.
Prestai un
ombrello al mio amico e mi salutò sparendo nella
strada. Sentii i soliti rumori dalla casa a fianco e poco dopo la scena
già
vista mille volte arrivò, Ashely che usciva e si infilava
nello spazio tra le
nostre case senza dare segno di avermi notato. Presi un ombrello e lo
raggiunsi.
-Non dovresti
stare sotto la pioggia.- sorrisi e mi sedetti
di fianco a lui coprendolo dalla pioggia fitta.
-Vattene.-
disse, ma non alzò il viso che teneva affondato
tra le braccia. Rimanemmo seduti così, io con
l’ombrello in mano e lui senza
mostrarmi il viso.
-Perché
tu devi sempre essere qui?- gli sorrisi quando lui
alzò finalmente la testa incatenandomi nei suoi occhi di
caramello, sentii una
strana sensazione, come un calore che si irradiava dal centro del petto
e
finiva allo stomaco. Ignorai quella sensazione distogliendo lo sguardo
da
Ashley.
-Voglio capire
cosa ti fa scappare sempre.- sembrò che gli
mancasse il respiro, non rispose per diversi minuti, poi la sua voce
tornò.
-Non ci
conosciamo e non voglio spiegarti nulla, ma in questo
momento non vorrei rientrare in casa..- In quel momento pensai che
fossi
l’unico ad aver visto quel lato del ragazzo.
-Vuoi venire da
me?- non mi accorsi di averlo detto e mi
pentii di averlo fatto, non eravamo in confidenza e lui non voleva aver
a che
fare con me. Io però sentivo di conoscere quel ragazzo da
sempre, non mi spiegavo
quella sensazione, ma volevo aiutare quel ragazzo a sorpassare quelle
difficoltà anche se pensai che la situazione fosse
più difficile di quanto
immaginavo.
-Va bene, ma
devo rientrare per la notte.- non credetti a
quello che avevo sentito, gli feci strada in casa, spiegandogli che i
miei
genitori erano in viaggio per il lavoro. Come con Cc gli diedi un
asciugamano
poi andammo in camera.
-Ascolti i
“My chemical romance”?- annuii e lui
esaminò i cd
sulle mensole. –Bella camera.- disse ancora e io lo invitai a
sedersi di fianco
a me.
C’era
un silenzio imbarazzante nella stanza, Ashley decise di
romperlo.
-Suoni qualche
strumento?-
-Chitarra, tu
invece?- si spettinò i capelli accarezzandosi
quelli leggermente rasati sul lato coprendo poi la rasatura con li
stessi
capelli castani.
-Chitarra e
basso.- mi sorrise ed ecco che quella sensazione
tornò a torturarmi lo sterno.
-Visto che siamo
in vena di chiacchere..cosa ti sei fatto al
petto?- mi chiese indicandomi la parte da sopra la maglietta.
Scossi la testa
e mi accarezzai il collo. –Beh..è una storia
lunga.-
-Abbiamo tutto
il pomeriggio..- mi
rispose lui, ma io negai ancora chiudendomi nel mio bozzolo di
silenzio. Non
volevo parlare ad Ashley di Miles, mi accorsi dell’ errore
che avevo commesso
ad invitare il ragazzo a casa. Ci conoscevamo poco e non avevo
raccontato
nemmeno ai miei amici cos’era successo.
Mi alzai e mi
sistemai la maglietta umidiccia.
-Forse
è meglio che io vada.- dissi più a me stesso che
a
Andy. Lui prese un pacchetto di sigarette e uscì dalla porta.
-Ashley..io non
posso dirtelo.- disse appena fummo sulla
veranda. Accese la stecca e aspirò. Non mi piaceva
l’odore del fumo e mi
allontanai leggermente da lui.
-Non fa bene
tenersi tutto dentro.- gli dissi.
-Senti chi
parla.- rispose lanciandomi un’occhiataccia. Lo
salutai e tornai a casa.
Velocemente
salii nella mia stanza e mi chiusi dentro. Volevo
provare a diventare amico di Andy, sembrava più simile a me
del previsto. Presi
la chitarra e iniziai a suonare qualcosa mentre pensavo. Nella testa
apparivano
continuamente gli occhi blu del mio vicino, erano la prima cosa che
notavi ed
erano difficili da scordare. Sembravano il mare blu che rifletteva i
raggi del
sole d’estate, ma quando gli avevo chiesto delle bende il suo
sguardo si era
rabbuiato, non doveva
essere una bella
storia. Stavamo entrambi mentendo e forse potevamo solo aiutarci a
vicenda, ma
non mi sentivo pronto a raccontargli di Bill come lui non voleva dirmi
il suo
segreto.
Come da copione
un vociare al piano inferiore mi fece capire
che dovevo scendere. Mangiammo in silenzio, senza che il mio patrigno
facesse
battute o domande e mi stupii della cosa. Mia madre al contrario
iniziò a
chiedere dove fossi stato questo pomeriggio.
-Da Andy.-
risposi, loro non conoscevano i nostri vicini e
sperai che non le venisse in mente di andarne a fare la conoscenza.
-Da chi?- Bill
per la prima volta in mezz’ora aprì bocca e io
deglutii rumorosamente.
-Andy, il nostro
vicino.- sul viso dell’uomo apparve un
ghigno.
-Il tuo
fidanzato Ashley?- scossi la testa e mi alzai. –Dove
vai? Dal tuo fidanzato Andy?- sospirai e mi allontanai e sarei riuscito
a
salire nella mia stanza se una mano grande e ruvida non mi avesse
afferrato il
polso.
-Ascoltami bene,
fatti vedere con quello e non esci vivo da
questa casa. Hai capito finocchio?- Il sangue mi si gelò
nelle vene e brividi
freddi scesero per la spina dorsale, annuii velocemente e appena
lasciò la
presa mi chiusi in camera. Salii sul tetto, sperando quasi di vedere
Andy.
Le minacce di
Bill non funzionavano, mi faceva del male in
ogni caso, anche senza avere un motivo.
Mi stesi sulle
tegole lasciando che l’acqua mi bagnasse i
vestiti. Anche se avevo fretto stavo immobile, le gocce picchiettavano
sul mio
viso e scendevano sulle guance come lacrime, quasi mi convinsi di stare
piangendo.
Non ne ero
più capace. Stetti sul tetto senza accorgermi del
tempo che passava, la pioggia non accennava a smettere anzi si
infittì. Quando
fui steso sul mio letto desiderai vedere ancora gli occhi di quel
ragazzo e
prima di addormentarmi li vidi davvero.
Era sabato ed
erano le dieci, stavo già litigando con Bill
che si era seduto sul divano con una birra in mano. Il numero delle
bottiglie
vuote sul pavimento aumentò e trovai che fosse
più sicuro andarsene, ma la
stessa mano della sera prima mi afferrò il braccio.
-Sai Ashley, hai
un nome da donna..- mi disse, ero spaventato
sentivo il mio corpo tremare sotto quella stretta che mi stava facendo
male.
–Perché non ti siedi qui con me Ashley cara?- non
prometteva nulla di buono
quel tono di voce.
-Veramente io
dovevo uscire..- dissi cercando una via
d’uscita.
-Siediti!- mi
abbaiò contro l’uomo e io mi sedetti di fianco
a lui, puzzava terribilmente di alcool e stavo iniziando a spaventarmi
sul
serio quando una mano mi si appoggiò sulla spalla.
–Scopriamo insieme se sei
davvero un uomo.- spalancai gli occhi e mi allontanai. Le mani di Bill
erano
più forti e mi strinsero le spalle ricoperte dai lividi io
gemetti dal dolore.
-Lasciami, ti
prego.- una sua mano si infilò sotto la mia
t-shirt accarezzandomi rozzamente il petto. Tremavo come una foglia e
non
potevo sottrarmi a quell’uomo che iniziò a toccare
più del dovuto, dal momento
in cui mi intrappolò tra lui e il divano iniziai a
ribellarmi e a scalciare per
liberarmi. Non la prese bene infatti mi arrivò uno schiaffo
e la sua mano a
tirarmi i capelli.
-Perché
non ti fai toccare puttanella?!- urlò prima di
scaraventarmi a terra, urtai contro il tavolino e cacciai un grido.
Inutile
lottare perché come ogni volta quando lui mi
lasciò andare mi minacciò.
Chiusi la porta
del bagno a chiave e mi tolsi la maglia
velocemente, mi aveva graffiato sul torace e ora scendeva come un
piccolo
ruscelletto di sangue, la testa faceva male esattamente come se fosse
stata
compressa sotto un autobus. Iniziai
la
solita routine di pulizia cercando di non provocare altri danni, un
livido si
stava formando sul fianco, lo guardai e mi coprii con la t- shirt.
Presi la
tracolla e uscii di casa,non smetteva di piovere e
mi inzuppai appena misi i piedi fuori dalla veranda. La macchina do
Bill non
c’era, doveva essere andato al minimarket a comprare da bere.
Non chiamai
Jinxx, mi sedetti appoggiato al fianco della casa, ma quando alzai lo
sguardo
vidi l’ultima persona che mi avrebbe dovuto vedere in quello
stato.
-Ashley?- disse
avvicinandosi. Mi
toccai il labbro dopo aver sentito una fitta, perfetto avevo le dita
ricoperte
di sangue.
-Vai via..- non
avrei sopportato il
giudizio di Andy sentivo già la sua voce roca dirmi che ero
un miserabile,
inutile e tutti gli altri aggettivi che mi venivano accollati.
-Che ti
è successo?- crollai, forse
per la prima volta di fronte a qualcuno, lacrime salate scesero veloci
dalle
mie guance mischiandosi con la pioggia. Sentii una mano appoggiarsi
sulla mia
testa, sobbalzai.
-Vieni
dentro..- mi disse, io lo guardai e lui mi tese la mano, la afferrai.
Mi
portò
in casa sua e notai che era ancora solo.
-Mi
spieghi che ti succede?- mi passai una mano fra i capelli bagnati, le lacrime si
erano asciugate anche
se minacciavano di scendere ancora.
-Mi ha
picchiato ancora.- dissi solo quattro parole, pesanti come macigni per
me. E
lui si fermò in mezzo al corridoio, si girò e mi
venne incontro.
-Cosa?- mi
appoggiò la mano sulla spalla e io la tolsi.
-Devo spiegarti
delle cose..- gli feci un sorriso tirato e
andammo in camera sua. Ci
sdraiammo sul
suo letto e lui si girò su un fianco guardandomi. Iniziai a
spiegare ogni cosa,
ogni momento che ricordavo fino a quella mattina dove aveva sorpassato
il
limite. Lui ascoltò attentamente ogni parola annuendo per
invitarmi a
continuare quando mi fermavo, ma non mi interruppe mai tranne quando
finii .
-Capisci..ho
resistito tutto questo tempo..-
-Ash..- mi
abbracciò di colpo e io prima mi stupii poi
ricambiai la stretta appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Non puoi
tornare in quella casa..- lo guardai negli occhi
blu e scossi la testa.
-Devo.- dissi
semplicemente e lui mi guardò storto.
-No, puoi
rimanere qui. Mancano meno di due settimane al
natale, puoi stare qui.-
Non
risposi, ma Andy mi obbligò a stare da lui almeno per la
notte, io sembravo uno
zombie che si aggirava per casa.
Andy mi
disse della sua passione per batman e di conseguenza passammo il
pomeriggio sul
divano a guardare film del suo supereroe preferito. Mangiammo pop corn
e verso
sera finii appoggiato al ragazzo a sonnecchiare. Stavo bene con lui, mi
aveva
fatto ridere, avevamo scherzato insieme. Avevo visto la sua collezione
di
articoli del supereroe e gli avevo svelato la mia passione segreta per
Hello
Kitty.
Era
così
facile stare con Andy, niente maschere da indossare, niente falsi ruoli
da
dover proteggere. Mi passò una mano intorno alle spalle e mi
avvicinai
ulteriormente a lui. Spense la televisione e sentimmo il rumore del
motore di
una macchina spegnersi, Bill.
-Dovrei
andare a prendere qualcosa per stare qui.- dissi sedendomi composto sul divano.
-Te le
presto io, non voglio che torni là.- gli sorrisi e tornai
appoggiato a lui.
Andy si
stava preoccupando per me, qualcuno lo faceva davvero senza pensare
alla mia
popolarità, senza trarne degli interessi.
Aiutai
Andy a preparare la cena e dopo aver mangiato salimmo in camera sua.
-Ash..non
ti da fastidio se dormiamo insieme, vero? Non ho altri letti.- scossi
la testa
guardando il letto sopra di me. Mi diede una maglietta e dei calzoncini
poi ci
mettemmo fra le lenzuola a guardare le gocce che si schiantavano sulla
finestrella.
-Ash..-
-Dimmi.-
-Buonanotte..- sorrisi e mi girai verso
di lui, gli occhi di
Andy rilucevano nel buio e quando li incrociò con i miei
sentii una strana
sensazione che si espandeva in tutto il corpo. Pensai, non mi piaceva
Andy ero
sempre stato con ragazze, mai e poi mai avevo sentito quella sensazione
con
qualcuno. Era rilassante stare di fianco a lui. Mi addormentai
appoggiando la
testa alla spalla del ragazzo.
Forse
non dovevo farmi tutte quelle domande e lasciare che le cose
accadessero.
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Capitolo 4 *** I'm Bulletproof ***
Una nota, un’altra e
insieme a loro il volume si alzava. Dovevo smetterla di impostare come
sveglia
gli AC/DC. Stropicciai gli occhi strofinandoci le mani sopra e poi
tentai di
aprirli, il sonno ormai mi aveva abbandonato e solo come ultima cosa
notai il corpo
appoggiato al mio fianco che si stiracchiava e mormorava sillabe
incomprensibili. Mi sedetti sul materasso e anche gli occhi color
caramello di
Ashley si aprirono posandosi su di me, mi sorrise ed io ricambiai.
Aveva i
capelli spettinati, come me del resto. Gli sorrisi ancora e poi tentai
di
scendere dal letto, una volta che i miei piedi toccarono il pavimento,
mi
stiracchiai alzando le braccia.
-Vado a farmi
una doccia.- dissi
appoggiando le mani al letto. Ashley si sedette e la maglia gli
scivolò verso
l’alto, lasciandomi intravedere un tatuaggio che non sapevo
avesse. Quando si
accorse che gli stavo guardando l’addome si coprì
e annuì.
Entrai in bagno,
mi spogliai e poco dopo l’acqua tiepida mi
aveva svegliato completamente. Rimasi sotto il piacevole calore che
l’acqua mi
donava per una decina di minuti poi uscii e mi accorsi di non aver
preso il
cambio, ma solo i boxer. Sospirai e uscii dalla stanza, sentivo lo
sguardo di
Ashley sulle spalle, ma non mi girai finché non fui coperto
e il castano scappò
con gli occhi a fissare il cielo azzurro che si vedeva dalla finestra.
-Vuoi farti
anche tu la doccia?-
Chiesi avvicinandomi al ragazzo ancora nel letto.
-Sì,
se non è un problema.- Lo lasciai andare in bagno e
scesi in cucina a preparare qualcosa come colazione. Mia madre e Tom
sarebbero
dovuti tornare oggi, avevo programmato di chiedere se Ashley poteva
restare da
noi. Quando sentii il ragazzo scendere dalle scale misi sul tavolo una
tazza di
caffè e dei biscotti.
-Grazie..- Anche
lui non era di molte parole al mattino e
gliene ero grato, perché di tenere una conversazione a
quell’ora non ne sarei
stato entusiasta. Decidemmo di andare a piedi fino a scuola, anche se
l’autobus
sarebbe passato regolarmente.
Appena
arrivammo
davanti all’edificio color crema, vidi Jake, Cc e Molly che
mi salutavano. Il
ragazzo di fianco a me camminava guardandosi in giro alla ricerca di
qualcuno,
Ronnie immaginai, ma non l’avevo visto.
-Andy!- La
ragazza mi venne incontro abbracciandomi stretto,
io ricambiai.
-Amico andiamo
nella nostra aula?- sorrisi ai miei amici e
lasciai che Ashley ci seguisse nell’Aula di musica.
-Che posto
è questo?- mi chiese il castano guardandomi
interrogativo.
-L’aula
dove facciamo delle specie di prove per una futura
band..- gli sorrisi e mi sedetti sul pavimento di legno. Cc era
già seduto
sullo sgabello davanti alla batteria e Jake aveva in braccio la sua
chitarra.
-Tu cosa suoni
Andy?- mi chiese Ashley. Io gli sorrisi e m
schiarii la voce.
-Io canto.- la
bocca del ragazzo di fianco a me si aprì in
una piccola “o” ed io ridacchiai.
I miei amici si
guardarono poi il loro sguardo si spostò su
Ashley.
-Non ci siamo
presentati, scusaci.- disse Jake. –Io sono Jake
Pitts e lui è Christian Coma.- si
fermò
e poi una voce leggera si lamentò. –E lei
è Molly Parkinson.-
-Lo so, vi
conosco.- rispose il castano guardando i tre che
si erano presentati.
-Suoni qualcosa
Ashley?- Chiese Molly sorridendo apertamente.
Il ragazzo annuì.
-La chitarra, ma
preferisco il basso.- Mi chiesi dove fosse
finita la spavalderia di Ashley Purdy, ma era naturale che non fosse a
suo agio,
almeno credevo così.
-Puoi farci
sentire qualcosa?- chiese Cc.
-Ma Cc!- lo
rimproverai, non pensavo che ad Ashley facesse
piacere che altre persone lo sentissero suonare, invece il ragazzo mi
stupì e
prese il basso mettendoselo a tracolla.
-Se mi dai la
base Christian vi faccio sentire.- accarezzò le
corde di quello strumento e una volta che il mio amico
iniziò a battere le
bacchette sui tamburi, al ragazzo servirono solo pochi secondi per
decidersi a
seguirlo. Era notevolmente bravo, di quella bravura che non mi
aspettavo
possedesse un ragazzo come lui.
Quando i colpi
finirono e Cc tornò a roteare le bacchette tra
le dita io sorrisi.
-Sei bravo.-
dissi. –Molto bravo.- ripetei e il castano di
fianco a me arrossì, anche Molly aveva applaudito.
-Grazie.-
rispose, avrei voluto dire qualcos’altro, ma la
campanella suonò e ci disperdemmo nelle rispettive classi.
-Aspetta Ash!-
lo chiamai e lui si fermò.
-Dimmi.-
-Vorresti fare
qualche prova con noi?- lui annuì e ci demmo
appuntamento per pranzo nell’aula, sta volta ero sicuro che
saremmo stati soli.
Appoggiai i
libri sul banco dell’aula di Matematica e
sospirai. Mi sentivo stranamente riposato, come non lo ero da qualche
tempo e
la cosa mi piaceva. Era stato imbarazzante svegliarsi di fianco a Andy,
ma girarsi
e vedere i suoi occhi azzurri senza aver paura che saltasse fuori
qualcuno che
ti avrebbe preso a pugni per motivi ignoti, era stato bello.
Rimasi ad
ascoltare la lezione finché degli schiamazzi e una
voce fin troppo conosciuta risuonò nella classe.
-Ho detto che
entro!- Ronnie Radke fece la sua entrata e si
sedette di fianco a me. Sbuffò e si tirò indietro
i capelli scoprendo la fronte
tatuata.
-Mi ha beccato.-
ridacchiai e lo guardai negli occhi
nocciola, non erano da paragonare con la bellezza del blu di Andy.
-Se non ti
sospendono anche questa volta ti offro il pranzo.-
dissi sottovoce.
Insieme
parlottammo tutta l’ora poi ci dividemmo per
un’altra
lezione, quella mattina non ne avevo nessuna in comune con Andy,
infatti, mi
sedetti di fianco a Fleur che continuava a stuzzicarmi accarezzandomi
la
coscia, salendo sempre più. La dovetti fermare con
un’occhiataccia. Non avevo
provato quei brividi che di solito le mani della ragazza mi regalavano
al
minimo tocco, era preoccupante, cosa voleva dire?
All’ora
di pranzo mi sedetti di fianco a Ronnie, ma guardai
silenziosamente Andy per tutto il tempo e quando mi fece un cenno con
la testa
mi alzai e lo seguii fori dalla mensa.
-Vieni, devo
farti sentire una cosa.- la sua giustificazione.
Andammo nella stessa aula di questa mattina e io mi sedetti contro il
muro
mentre lui era in piedi a camminare avanti e indietro.
-Volevo farti
sentire una canzone, ma non so se..-
-Muoviti Andy.-
risposi secco, ma lo guardai con occhi dolci
così si sarebbe deciso.
-Va bene.- mi
diede le spalle per qualche minuto e io
aspettai trepidante che facesse qualcosa, qualsiasi cosa. Si
girò e si avvicinò
ad un piccolo mixer, trafficò con l’oggetto per un
po’ poi si avvicinò al microfono
e io sgranai gli occhi. Stava per cantare.
La sua voce
riempì la stanza e io respirai a fondo. La sua
voce era roca e calda, sentivo un calore riempirmi lo sterno e le mie
guance
scaldarsi come il mio corpo.
-Here we go
Holding onto lies, holding onto ties that vanished
Cut the rope
And fall into the sky, the devil filled our minds with sadness
The world's a gun and I've been aiming all my life
Got something to live for, I know that I won't surrender
A warrior of youth
I'm taking over, a shot to the new world order
I Am Bulletproof-
Rimasi incantato
dalle sue labbra che facevano uscire la sua
voce graffiante. Non uno sbaglio, una stonatura. Niente, e
più lo sentivo
cantare più mi convincevo che avrei passato la vita ad
ascoltare la sua
meravigliosa voce.
-Got something to live for, I know that I
won't surrender
A warrior of youth
I'm taking over, a shot to the new world order
I Am Bulletproof-
La canzone
finì e io rimasi a fissare Andy che si schiariva
la voce e mi sorrideva.
-Dobbiamo
aggiungere la melodia, come ti sembra?- non
risposi, rimasi a fissarlo. Ancora quella strana sensazione che mi
attorcigliava lo stomaco.
-Ashley?-
sbattei le palpebre diverse volte prima di
decidermi a rispondergli.
-è
molto bella.- dissi e
tu hai una voce stupenda pensai, ma non diedi voce a questo
pensiero.
-Grazie..- mi
disse sedendosi al mio fianco. –Ti piacerebbe
entrare nella band?- io lo guardai con gli occhi sgranati.
-Io..insomma,
non so se è il caso..- dissi passandomi la mano
fra i capelli.
-Suoni bene e ci
serve solo un altro chitarrista per
completare.- io sorrisi e annuii, Andy si sedette al mio fianco
appoggiandosi
al muro.
-Jeremy Ferguson
è molto bravo.- il ragazzo al mio fianco si
illuminò.
-Suona la
chitarra?- annuii e mi appoggiai alla sua spalla.
Avevo deciso la scorsa sera che quella posizione con i capelli del moro
che mi
solleticavano gli zigomi era comoda.
-Suona anche il
violino..- dissi chiudendo gli occhi, nella
mia mente la sua voce era ancora vivida. Restammo in quella posizione,
neanche
quando la campanella suonò ci spostammo.
Solo quando
sentii delle voci fuori dalla porta mi spostai ed
Andy fece lo stesso sedendosi dritto contro il muro.
-Dovremmo andare
a lezione.-
Sorrise il ragazzo alzandosi in piedi, mi tese una mano e
io la afferrai
alzandomi.
-Già,
dovremmo, ma io vorrei andare a casa. Ci vediamo?-
aprii la porta e salutai il ragazzo con uno sguardo poi oltrepassai la
soglia e
mi avviai verso l’uscita. Una testa scura come la pece e una
biondo platino
erano in fondo al corridoio e io mi avvicinai salutandoli.
-Ronnie,
Floeur.- dissi avvicinandomi a quest’ultima, le
diedi un bacio sulla guancia e lei come saluto mi abbracciò
stretto.
-Dove sei
stato?- mi chiese il moro con gli occhi ridoti a
due fessure.
-Io..ecco ero..-
cercai di inventarmi qualcosa, ma non mi
veniva in mente nulla.
-Eri con
Biersack vero?- Una pausa. –Quello sfigato. Fai
comunella con quelli ora?- scossi la testa e guardai gli occhi furenti
del mio
amico. -Non provarci Purdy. Hai capito?- annuii e uscii dalla scuola
quasi
correndo.
Perche doveva
essere tutto così difficile? Non potevo
scegliere come gestire la mia vita, era snervante. Camminai a lungo
verso casa,
se potevo chiamarla così. Suonai il campanello e quella che
mi venne ad aprire
era una versione casalinga di mia madre. Strano, non aveva uno di quei
vestitini succinti che a Bill piacevano tanto, ma solo una t-shirt e un
paio di
jeans. Ora che lo notavo l’uomo non c’era.
-Ashley!- mi
abbracciò e mi riscossi dai miei pensieri. –Dove
sei stato? Ero in pensiero.- certo,
valle a raccontare al tuo principe queste cazzate.
-Da un amico
mamma.- dissi entrando in casa. Guardai il
divano sulla mia sinistra e rabbrividii solo a pensare a Bill.
-Tesoro dobbiamo
parlare..- annuii e mi sedetti al tavolo della
cucina insieme alla donna che mi assomigliava così tanto.
-Dimmi mamma..-
le dissi, lei appoggiò la mano sulla mia e la
strinse.
-Tra poco
sarà Natale.- io annuii e ricambiai la stretta.
–Non sarò a casa in quel periodo. Nonna sta male
ed io devo andare da lei.- mi
disse guardandomi negli occhi uguali ai suoi.
-Io dovrei stare
a casa con lui vero?- marcai
quella parola. –Non posso, non rischierò che mi
ammazzi.- le dissi stringendole la mani.
-Non puoi
chiedere a Jeremy?- mi guardò e mi accarezzò una
guancia.
-No, lui ha
già fatto troppo per me. Però..- districai la
mano dalla sua e mi misi a giocare con una ciocca di capelli davanti
alla mia
fronte. –Ci sarebbe questo ragazzo che si è
offerto di aiutarmi, non sarei
neanche lontano da qui.-
Lei mi
guardò dubbiosa. –Ronnie?-
appoggiò il viso alla mano spostandosi la
frangetta di lato.
-No, il nostro
vicino, Andy.- lei mi guardò come spaventata.
-Ashley, se Bill
ti vede con lui..lo sai!- io annuii e
rimanemmo in silenzio per qualche minuto poi sentimmo il rumore del
motore
della macchina che si parcheggiava nel vialetto. Io mi alzai
velocemente e
salii le scale. Mi chiusi in camera e uscii dalla finestra, sul tetto,
cercai
di scivolare sul lato della casa e quando ci riuscii mi sedetti contro
il muro.
Mi ricordai una
cosa. Quella sera ci sarebbe stata la festa
di Ronnie e io sarei dovuto andare. Era presto quindi decisi di suonare
il
campanello a Andy. Aspettai che i passi famigliari giungessero vicino
alla
porta poi due occhi azzurri mi sorridessero.
-Ehy.- dissi e
lui mi fece entrare. –Devo parlarti..- lui mi
fece cenno di seguirlo. Salimmo in camera sua e ci sedemmo sul letto
sopraelevato, contro la spalliera.
-Dimmi.-
appoggiò la spalla alla mia e girò il viso per
guardarmi.
-Devo chiederti
un favore enorme.- lui mi sorrise e io mi
sentii sciogliere. –Mia madre non sarà a casa
nelle vacanze di Natale e io
dovrei stare a casa con Bill.- lui mi fermò ancora prima che
io potessi finire.
-Starai qui, non
puoi stare a casa con quel pazzo.- sospirai
e lui mi appoggiò la mano sulla spalla.
–Tranquillo, ho parlato con i miei
appena sono tornati.- Ah.
–Mi hanno
detto che puoi stare quanto vuoi.-
-Grazie Andy..ti
devo molto più di un favore per questo.-
dissi e lui mi sorrise di nuovo. Era come se quel sorriso non volesse
abbandonargli le labbra e ad essere sinceri non volevo lo facesse.
Dovevo
tornare a casa e prendere i vestiti che mi sarebbero serviti in quelle
due
settimane e per la seconda volta mi scordai della festa di Ronnie,
finchè
quest’ ultimo mi chiamò strillandomi dietro io me
ne dimenticai. Ormai avevo
promesso ad Andy di aiutarlo a sistemare le varie action figure quindi
declinai
la richiesta del mio amico e tornai a guardare il ragazzo nella stanza
con me
che si muoveva freneticamente con delle borse tra le mani.
-Andy, tu sei
fissato!- dissi ridacchiando. Lui si sedette
sul pavimento e guardò attentamente ogni oggetto buttato in
terra prima.
Avevo conosciuto
i suoi genitori. Sua madre era simpatica:
una donnetta alta e snella con gli occhi azzurri, come il figlio,
mentre l’uomo
era il suo compagno. Aveva un bell’aspetto ed era simpatico.
Stare il quella
casa era piacevole, ma sentivo la voce di Bill ogni tanto e
l’ansia si
impossessava di me, Andy se n’era accorto e mi aveva stretto
a lui in un
abbraccio.
Eravamo passati
dal riordinare al
guardare un film horror. A nessuno dei due interessava davvero o almeno
speravo, stavo notando solo la sua testa appoggiata alla mia e le sue
dita che
mi pizzicavano il braccio ogni volta che in un momento di suspance
succedeva
qualcosa che lo spaventava. Andy e io eravamo amici, certo, ma si stava
creando
qualcosa che non avevo mai provato con nessuno e ne ero terrorizzato.
Dopo quella sera
passata con Ashley non volevo più che se ne
andasse infatti era qui da due settimane ed erano appena iniziate le
vacanze
natalizie. Mancavano pochi giorni a natale: io, Ash e gli altri avevamo
programmato di passarlo a casa mia con i miei. Mia madre era felice, mi
ero
fatto degli amici e mi guardava dolcemente ogni volta che rientravo a
casa con
Ashley. Mi aveva anche detto “Andy, sono così
fiera di te.” Probabilmente
pensava che avessi superato tutta la faccenda di Miles, solo alla
pronuncia di
quel nome un retrogusto amaro appariva nella mia bocca. Non sapeva che
ogni
volta che camminavo nel corridoio, di scuola, e li sguardi si posavano
su di me
io mi sentivo in trappola. Come se qualcuno volesse saltarmi addosso e
farmi
male.
Ashley stava
aiutando mia madre a mettere i piatti nel
mobiletto, diceva di volerlo fare per sdebitarsi. Si sentiva un peso
per noi,
ma io gli avevo ribadito che non doveva pensarlo. Ogni volta che mi
sdraiavo
sul letto con lui e ci appoggiavamo l’uno all’altro
sentivo che un pezzetto
dopo l’altro stavo cedendo. Mi attirava quel ragazzo,
focalizzava la mia attenzione
su di lui. Avevo scoperto che aveva diversi tatuaggi, come me del
resto, uno
sullo stomaco e delle stelle sul braccio. Lo osservavo e lui mi
sorrideva come
se fosse stata la cosa più normale del mondo trovarsi a
dormire con un tuo
amico per qualche giorno di troppo.
Il peggio
però venne dopo natale. Io e Ashley tornavamo da
casa Pitts, la cena era stata fantastica e l’allegria era
palpabile tra le mura
di casa. Tutti si sorpresero compreso il mio coinquilino che sembrava
il più
stupito di trovare Jeremy sul divano accanto al nostro amico. Ci furono
partite
a scacchi, alla play station e tante chiacchiere che durarono fino a
mezzanotte
passata quando Molly mi chiese di accompagnarla a casa, io ovviamente
accettai
e insieme ad Ashley ci incamminammo verso la spiaggia.
Dopo aver
accompagnato la ragazza di fronte alla porta di
casa sostenni un Ashley leggermente brillo fino a casa nostra.
Nostra..mi ero
così abituato alla presenza del ragazzo che non immaginavo
quanto mi sarebbe
mancato se fosse andato via. Arrivammo davanti a casa
in poco più che venti minuti tra risate
e schiamazzi, era
divertente parlare con
lui. Sentimmo dei rumori, ma non ce ne curammo finchè una
voce rimbombò nella
strada, Ashley si irrigidì e si voltò di scatto,
cosa che feci anch’io.
-Dove stai
andando Ashley?- il ragazzo al mio fianco stava
tremando e quando l’uomo avanzò io gli presi la
mano stringendola forte. –Il
tuo fidanzato, no?- disse guardandomi,
storsi il naso. Il castano stava zitto e immobile, era spaventato. Lo
tirai verso
casa mia sussurrandogli di stare tranquillo, ma l’uomo si
allungò verso di noi
e afferrò Ashley per un braccio.
-Torna a casa,
sai cosa ti succederà per le cazzate che stai
facendo.- le parole venivano dette trascinando le lettere, era ubriaco.
Sentii
la stretta intorno alla mano del castano allentarsi e sparire.
-Mi dispiace
Andy…scusami.- disse allontanandosi da me. Io lo
tirai a me.
-No! Non ci vai
con lui!- camminai velocemente verso casa
chiudendomi poi la porta alle spalle. Ashley respirava velocemente e
sapevo
cosa gli stava succedendo. Un attacco
di
panico.
-Respira con
me..inspira ed espira..- dissi mimando l’azione,
il ragazzo mi prese la mano e la strinse mentre apriva le labbra e
tornava a
respirare normalmente. Lo abbracciai e lui si strinse a me. Non
parlò finchè
andammo in cucina e gli misi fra le mani una tazza di the caldo
ordinando gli
di bere. Quando finì lo portò in camera.
-Andy..- mi chiamò
Ashley.
-Sono qui..- gli
accarezzai il capo, era così vicino. L’avrei
baciato se non fosse stato spaventato a morte. –Vai a farti
una doccia. Cerco
qualcosa per te..- gli sorrisi e Ashley sparì in bagno, poco
dopo sentii
l’acqua scorrere. Mi appoggiai alla parete per qualche
minuto, avevo avuto
anch’io paura quando l’’uomo era spuntato
fuori apparentemente dal nulla. Presi
un paio di boxer e una maglietta che sarebbe stata sicuramente larga al
ragazzo
dietro la porta, ma meglio che nulla. Entrai nel bagno e appoggiai i
vestiti
sul lavello.
-Tutto bene?-
chiesi. Ashley uscì dalla doccia in quel
momento e io gli passai un asciugamano con le guancie bordeaux.
–Ti ho portato
questi.- il castano sorrise e si passò una mano fra i
capelli.
-Grazie Andy,
davvero.- gli sorrisi.
Avevo deciso.
Gli avrei raccontato di Miles, della scuola
dell’autolesionismo e
tutto il resto,
lui ne stava passando così tante e io potevo solo dirgli che
non era solo, che
io ci sarei sempre stato. Il ragazzo uscì dal bagno, ma io
già sul letto. Salì
sulla scaletta e mi raggiunse sedendosi di fronte a me.
-Dobbiamo
parlare.- Ashley annuì e io
mi tolsi la maglia, lui mi guardò interrogativo.
-Cosa ti sei
fatto?- mi chiese
allungando la mano verso le garze.
-Mi sono
trasferito qui perché un ragazzo e la sua banda mi
hanno pestato a morte.- dissi secco guardandomi le mani imbarazzato.
Gli
raccontai delle giornate in ospedale e non mi ero neanche accorto che
le sue
dita erano scivolate nella mia mano e ne stavano accarezzando il palmo.
Stette
zitto e quando finii mi abbracciò.
-Ci sono io, non
ti succederà nulla.- mi sussurrò
nell’orecchio.
Il suo respiro caldo mi accarezzava il collo e avevo davvero la
tentazione di
baciarlo, ma non piacevo ad Ashley, uno come lui non poteva stare con
uno come
me: uno sfigato. Non sapevo da quando avevo iniziato a pensare al
castano in
quel modo, ma in quel momento per l’ennesima volta ci
addormentammo insieme.
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Capitolo 5 *** Shadows Die ***
La settimana
passò in fretta, eravamo sempre a casa di Jake o Cc. Da
qualche tempo anche
Jinxx si era unito alla nostra band, era bravo e il mio amico lo
adorava,
stavano sempre l’uno a coccolare l’altro come una
coppietta di sposini. Jake ce
l’aveva detto qualche giorno dopo natale, nessuno aveva
immaginato che quei due
avessero iniziato a frequentarsi quasi dopo la partita di basket a cui
avevo
assistito. Mi ricordai che anche Ashley giocava a quello sport, ma non
andava
mai agli allenamenti. Mi chiesi più volte il
perché, lui però non voleva darmi
spiegazioni e c’entrava Ronnie sicuramente.
Le feste
erano quasi passate. Mancava solo capodanno.
Io e Ashley
avevamo sentito che in riva al mare avrebbero fatto i fuochi
artificiali e non
volevamo perderceli quindi la mattina del trenta dicembre la passammo a
programmare la serata. Avremmo mangiato a casa: qualcosa di veloce. Poi
saremmo
andati al Pineapples dove ci avrebbero aspettato gli altri.
Così
facemmo. Alle otto e mezza eravamo in camera mia a vestirci. Io misi
degli
skinny jeans grigi e una camicia nera, insieme alle converse rosse.
Vidi Ashley
cercare nel suo zaino i vestiti e quando li trovò li mise
velocemente. Una t-
shirt blu scuro e degli skinny neri, gli stavano benissimo.
Sorrisi e mi
avvicinai a lui.
-Stai
bene..- lui si portò una ciocca di capelli dietro
all’orecchio e mi sorrise.
Gli posai una mano sulla spalla e strinsi leggermente la stoffa della
maglietta. Lui mi guardò con le sopracciglia alzate, ma
sorrise.
-Grazie..anche
tu. - Mi rispose
poco dopo. Eravamo
arrivati vicini al baciarci qualche volta, ma lui si allontanava
sempre,
trovando qualche scusa. Dovevo aspettare che lo volesse, se sarebbe
successo.
Cosa improbabile.
-Andiamo?- mi
prese per il braccio e mi trascinò giù dalle
scale. I miei genitori erano a festeggiare il capodanno dai miei nonni
materni
ed io ero per l’ennesima volta solo con Ash.
Uscimmo di casa
e dopo una decina di minuti arrivammo al
“Pineapple” dove vedemmo Cc già con u
cocktail in mano che parlava a Jake e
Jinxx. Appena mi notò il batterista venne ad abbracciarci,
gli altri due si
limitarono ad una calorosa stretta di mano. Il bar era sulla spiaggia
ed aveva
la forma di uno strambo ananas gigante. I baristi erano indaffarati a
preparare
i drink che i numerosi clienti chiedevano. Ci mettemmo vicino al
bancone.
Cc era brillo.
Continuava a ridere e sghignazzare, attirando
a sé qualche ragazza che lo salutò con un bacio.
Io ero seduto di fianco ad
Ashley che era tranquillo. A quanto pareva lui reggeva
l’alcool meglio di noi
tutti messi insieme,
mi appoggiai alla
spalla del castano e gli sorrisi. Un gran vociare però
attirò la mia
attenzione, una ragazza si era messa le mani a coppa sulla bocca e
aveva urlato
che i fuochi d’artificio sarebbero stati tra qualche minuto.
Io e Ashley ci
guardammo e insieme andammo a cercare un posto
dove coricarci sulla sabbia.
-C’è
un amico della barista che ha una barca. Usano quella
per sparare i fuochi dal mare.- disse il bassista sedendosi in terra.
-Wow..forte.- mi
sorrise e io mi avvicinai fino a sfiorare la
sua spalla con la testa. Sentimmo un coro che urlava e contai
anch’io alla
rovescia con loro.
-dieci.-
-Nove- disse
Ashley voltandosi verso di me.
-Otto..-
-Sette..-
-Sei..-
-Cinque..- si
era avvicinato a me, sentivo il suo respiro
sulle guance, guardai le sue labbra, ma imbarazzato alzai lo sguardo
sui suoi
occhi color caramello.
-Due..-
-Uno..- le nostre
labbra si sfiorarono appena, ma si allontanò sorridendo
nervoso. Sospirai e mi
sostenni con il gomito sulla sabbia.
-Buon anno
allora..- mi disse e io
gli sorrisi.
Che cosa avevo
appena fatto? Baciare Andy, come mi era
saltato in mente. Non dovevo metterlo in pericolo. Con Ronnie e Bill
era quello
che dovevo evitare, ma mi attraeva inevitabilmente.
Un anno nuovo,
per ricominciare ed essere diversi. Non
c’erano speranze per me ovviamente.
Salutammo gli
altri e tornammo a casa di Andy stranamente in
silenzio. il mio telefono prese a squillare appena raggiunta la camera
del
moretto. Risposi e una voce conosciuta si fece sentire.
-Ash..Ash..cosa
ti avevo detto riguardo allo sfigato e i suoi
amici?- Ronald Radke parlava con una calma che non gli apparteneva, che
mi
spaventava.
-Ronnie..buon
anno!- dissi cercando di scappare dalla
discussione che ci sarebbe stata da lì a poco. Feci cenno ad
Andy di andare a
letto, io scesi continuando a parlare con il mio ormai ex amico.
-Ti avevo
avvertito di non uscire con quelli, ma tu non mi
ascolti mai. Mai!- disse alzando la voce. –Sono al parcheggio
davanti alla
scuola, voglio parlarti.- senza
scelta
mi rassegnai e agganciai la chiamata.
Velocemente
corsi verso scuola, ci misi quasi una ventina di
minuti. Andy si sarebbe preoccupato, ma non potevo fargli correre
rischi
inutili. Ci tenevo troppo a lui. Arrivai al temuto parcheggio e una
Camaro
verde era parcheggiata lontana dal cancello dell’edificio
scolastico, un
ragazzo alto e moro era appoggiato alla portiera con un cipiglio
arrabbiato.
-Ronnie..- il ragazzo
mi scrutò per qualche secondo poi si tirò una
ciocca di capelli dietro all’
orecchio.
-Non ti facevo
così coraggioso Ashley, soprattutto dopo
quello che ho saputo.- alzai un sopracciglio. –Sai, sono
passato da casa tua
qualche giorno fa, ma non c’eri. Bill mi ha detto che
è da un mese che non
torni a casa.- mi disse avvicinandosi.
-Quindi? Non
penso che ti importi sapere dove sto ora..-
-Oh no, io so
dove stai. A casa di Biersack vero? Sei
diventato un frocetto come lui.-
L’aveva
detto come se mi avesse sputato del veleno addosso.
Non mi arrabbiai tuttavia, mantenni l’espressione di pura
indifferenza che
avevo dipinta in viso.
-Non vedi
già i cartelloni a scuola? “Ashley Purdy smette di
infilarsi nelle mutande di ogni ragazza e inizia con i
boxer!” sarebbe proprio
un bel titolo per una puttana come te.-
aggrottai le sopracciglia.
-Ti darebbe
soddisfazione?-dissi non badando all’insulto.
-Assolutamente.-
Finimmo per
discutere ad alta voce. Mi minacciò più volte,
dicendo che Andy sarebbe stato in pericolo da quel momento. Ronald
sapeva di
Bill e me. Lo stesso compagno di mia madre mi voleva fuori gioco.
Mentre
camminavo, con la testa abbassata a fissare la punta
delle scarpe, per il viale che mi avrebbe riportato a casa mi scontrai
con
qualcuno che mi fece ruzzolare a terra. Andy era davanti a me con uno
sguardo
pieno d’ansia e preoccupazione.
-Ashley!- mi
abbracciò di slancio ed io timidamente ricambiai
la stretta. –Non sapevo dove fossi, cosa ti è
saltato in mente!- la sua voce si
era alzata leggermente mentre mi prendeva il viso tra le mani e mi
guardava con
i suoi bellissimi occhi blu.
-Sono andato a
scambiare due parole con Ronnie.- risposi
tranquillamente, ma la sua preoccupazione non sembrò
diminuire.
-Che cosa?-
sembrava sconvolto. Ci alzammo e tornammo a casa,
ma appena chiusa la porta della camera dietro le spalle di Andy, lui mi
prese
per le spalle.
-Io cerco di
proteggerti. Io mi faccio in quattro per non
farti tirare il collo da quel bastardo di Bill e tu te ne vai in giro a
discutere con quell’idiota di Radke!?- indietreggiai per
quello che la sua
stretta sulle spalle mi consentiva e poi ribattei.
-Voglio
proteggerti!- arrossii leggermente per quella
confessione improvvisa. –Ronnie vuole farti del male. Anzi sa
di Bill e che io
sto qui. Non voglio che ti faccia del male, Andy..non te lo meriti.-
dissi
alzando la mano per accarezzargli una guancia.
-Andiamo a
letto.- si allontanò da me e si tolse la camicia e
i jeans. Feci lo stesso e lo raggiunsi sotto le coperte. Gli appoggiai
una mano
sulla spalla e lui mi fulminò con lo sguardo.
-Andy..-
-Buonanotte..- mi
diede le spalle e si mosse per un po’ prima che il suo
respiro rallentasse e
fui certo che si fosse addormentato. Stetti a pensare a quella sera
ancora per
un po’. Pensai anche alla spiaggia e al bacio che avrei
dovuto dargli. Una
realizzazione mi colpì di colpo prima di addormentarmi. Ero
innamorato di Andy.
Il panico mi assalì. Ero innamorato di Andy, un maschio. Mi
passai una mano sul
viso e sospirai, velava la pena provare.
La mattina fu
difficile svegliarsi, ma lo feci solo perché
una mano del ragazzo al mio fianco mi era finita sul viso. Aprii le
palpebre e
scostai quella mano dalla mia faccia. Stropicciai gli occhi e mi alzai
leggermente, puntellandomi sul materasso con i gomiti. Il moro non era
ancora
sveglio. Il suo viso era pallido, ma non per questo meno bello. La
mascella ben
definita, le ciglia nere che coprivano quegli occhi meravigliosamente
azzurri. Allungai
la mano e gli
accarezzai la suddetta mascella e la guancia con i polpastrelli. Lui
mugugnò,
ma non si svegliò. Come dimenticarsi delle sue labbra fini,
con quell’ anellino
sul labbro inferiore. Chissà come doveva essere sentire il
freddo del metallo
sulla propria bocca. Andy girò la testa e per sbaglio la mia
mano scivolò
pesantemente sul suo viso. Lui aprì gli occhi di scatto.
-‘Giorno..- disse
appoggiando la testa alla mia spalla. Sembrava aver dimenticato il
litigio
della sera precedente, gli accarezzai i capelli e la guancia.
-Buon giorno..e
buon anno.-
sorrisi e mi alzai leggermente sui gomiti.
-Già,
buon anno.- mi rispose girandosi. Avevo riaperto la
cicatrice della discussione. Scesi dal soppalco e iniziai a vestirmi.
-Senti Andy, io
capisco che tu vuoi proteggermi, ma hai fatto
anche troppo e io non posso approfittare di te e della tua famiglia
ancora.-
dissi chiudendo i miei vestiti nel borsone,
mi sistemai i capelli e andai allo specchio a mettere la
matita sotto
gli occhi.
-C-cosa?- Andy
scese dal letto e mi prese il polso, facendomi
girare. –Non lo stai dicendo davvero..ti farà del
male Ash. Io non voglio che
ti faccia del male.- lasciò la presa e la ritrasse quasi
come scottato.
-Scusa Andy, ma
non posso continuare ad approfittarne.- gli
dissi aprendo la porta.
-Ad una
condizione, io devo poter venire a casa tua! E non ti
chiuderai lì dentro, ma soprattutto mi dirai se ti fa male.-
Diedi la mia
parola al moro e come detto tornai a casa,
passando dalla finestra sul tetto. Mi chiusi in camera e presi del
tempo per
mettere in ordine ogni cosa lasciata alla rinfusa da quella partenza di
un mese
prima. Non sentivo rumori e io stesso cercai di non farne. Tra le tante
magliette ce n’era una con un logo giallo e nero, batman, la
strinsi tra le
dita e la riposi sotto al cuscino. Mi mancava già, il suo
profumo, i suoi
occhi, tutto.
Sbloccai la
porta della camera e andai al bagno, mi feci una
doccia e tornai in camera. Steso sul letto con gli auricolari nelle
orecchie.
Pensai fosse pomeriggio inoltrato, non potevo mangiare a casa se ne
sarebbe
accorto quindi uscii e andai a comprare qualcosa al mini market.
Davanti allo
scaffale delle bibite c’era Cc, mi avvicinai e
solo quando arrivai dietro di lui mi riconobbe.
-Ehy Ashley!- mi
salutò abbracciandomi e rischiando di far
cadere la cola che teneva in mano.
-Cc! Tutto a
posto?- alla risposta affermativa afferrai
anch’io un paio di bottiglie di
cola.
-Dov’è
Andy? Scommetto che è imbambolato davanti allo
scaffale dei dolci eh!- io scossi la testa e l’equivalente di
una secchiata
d’acqua gelida si impossessò di me.
-No,
è a casa, non sto più da lui.-
Il ragazzo non
fece domande, mi lasciò andare. Pagai le
bibite e uscii.
Tornai a casa,
ma quando entrai dalla finestra, seduto sul
mio letto c’era Bill.
-Merda.-
sussurrai a denti stretti. Appena mi vide si alzò e
mi venne vicino, cercai di indietreggiare, ma dietro di me
c’era il muro.
-Il piccolo
Ashley è tornato all’ ovile vedo..Dove sei stato?-
non ricordava di quella sera dopo natale? Quando mi aveva visto con
Andy. Non
risposi e lui mi afferrò il braccio, stringendo forte nella
sua mano. –Non te
lo chiederò un’altra volta. Dove cazzo sei stato?-
ancora mi rifiutai di
parlare.
-Dov’è
mamma?- chiesi mentre lui stringeva ancora il mio
braccio.
-Quella puttana
è scappata.- andai nel panico. Mi aveva
lasciato qui con lui. Mi
mollò e si girò
verso la porta attraversandola.
-Mi dirai dove
sei scappato per tutto
questo tempo. A costo di farti male.- un singhiozzo involontario
uscì dalle mia
labbra. Scivolai contro il muro e mi sedetti per terra. In fine quello
che
aveva fatto Andy per me non era servito. Ero al punto di partenza.
Ero preoccupato.
Ashley era a casa con quel mostro da tre
giorni, non l’avevo ancora sentito o visto . Dovevo vederlo e
accertarmi che
stesse bene. Presi il telefono per mandargli un messaggio, ma stetti ad
osservare il suo nome nella rubrica senza fare nulla. Sarei andato da
lui,
dovevo vederlo.
Infilai una
felpa sopra la canottiera e scesi di corsa le
scale. I miei
genitori erano tornati
quel pomeriggio stesso, sorridenti e ignari di quello che stesse
succedendo. Li
salutai e uscii di casa.
Mi avvicinai
alla veranda e al campanello della casa di
Ashley. Presi un respiro profondo, avevo paura. Il mio dito si
posò sul
pulsante e un trillo risuonò per la casa. Sentii dei passi
pesanti e poco dopo
la porta si aprì, mostrando la faccia conosciuta di Bill.
-Chi sei?- disse
duramente.
-Sono un amico
di Ashley, posso vederlo?- chiesi sperando con
tutto me stesso che abboccasse e mi portasse da Ash.
-È in
camera sua. Cosa dovete fare?- mi chiese e io dovetti
inventare velocemente una scusa.
-Per la scuola,
ci hanno dato una ricerca da portare nei
primi giorni di rientro e..-
-Va bene, va
bene o capito! Sali è la prima porta a destra.
Sei un amico di Ronnie vero?-
Io, amico di
quel verme, mai. Pensai tra me e me mentre
rispondevo un “Sì” all’ uomo
che era sparito nel salotto. Salii le scale e una
porta di legno scuro con diversi adesivi e scritte mi si
presentò davanti. La
stanza di Ashley. Presi un respiro e bussai. Sentii dei rumori e poco
dopo il
viso del ragazzo fece capolino dalla porta. Sorrisi e lui fece lo
stesso, abbozzando
un sorrisetto su quelle labbra fini.
-Ehi..ma come
hai fatto..?- mi disse facendomi entrare.
-Magia..-
sorrisi e lui chiuse la porta, io lo abbracciai
appena si girò verso di me.
–Sto
bene, non mi ha fatto nulla Andy..-
mi era mancato. Anche se erano passati solo
tre giorni, il suo profumo, i suoi occhi scuri e tutto il resto mi era
mancato.
Ogni cosa che mi aveva fatto innamorare di lui. Sì, ci avevo
pensato negli
ultimi giorni, mi ero fatto delle domande e avevo realizzato che non
avevo solo
una cotta per Ashley. Appena lo pensai sorrisi e lo strinsi
più forte. Non era
ricambiato tuttavia. Lo allontanai leggermente e lo guardai.
-Promettimi che
stai bene e che non è successo niente.-
-Te lo
prometto.- mi disse abbracciandomi di nuovo. Sospirò
affondando per l’ennesima volta la
testa tra il mio collo e la mia spalla. Volevo stare con lui quindi
saremmo
stati nella sua camera e probabilmente gli avrei fatto compagnia quella
notte.
Quando fu il
momento di mettersi a letto eravamo entrambi
stesi sul materasso a guardare il soffitto con un sorriso stampato in
viso. Fu
Ashley a rompere il silenzio.
-Andy..tu sei
interessato a qualcuno?- mi chiese girandosi a
guardarmi, lo fissai negli occhi caramello e sorrisi.
-Forse..-
risposi vago alzando gli occhi a guardare il muro.
–E tu, sei interessato a qualcuno?-
-Sì,
a te.- disse sicuro ed io sgranai gli occhi sorridendo
un secondo dopo.
Mi
avvicinai, forse
troppo, ma lui non si allontanò anzi mi venne incontro. Non
fui sicuro chi fu
più veloce, ma le nostre labbra si incontrarono a
metà strada, sorrisi sopra di
esse e Ashley fece lo stesso. Anche le mie mani si mossero e
raggiunsero la sua
nuca accarezzandola. Cercai di approfondire il bacio e lui me lo
permise
facendomi toccare con la punta della lingua le sue labbra.
Non riuscivo a
pensare razionalmente, tutto il mondo era
chiuso fuori dalla stanza di Ashley, niente avrebbe rovinato quel
momento.
Eravamo solo noi. Appena
ci
allontanammo, con il fiato corto, guardai la bocca del castano, lucida
e rossa
per i lunghi baci che c’eravamo scambiati.
-Sono innamorato
di te Andy.-
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Capitolo 6 *** You're every dream I lost and never found ***
-Sono innamorato di te Andy.- disse
Ashley e io non credei
alle mie orecchie. Sorrisi. In un attimo la mia felicità era
alle stelle, gli
presi il viso tra le mani e lo baciai, sorridendo ancora sulle sue
labbra.
Ricambiava e non potevo esserne più felice.
-Anch’io, davvero Ash.-
appoggiai la fronte alla sua e gli
strinsi la vita tra le mani.
Passammo la giornata fuori di casa, i
baci che ci demmo non
li seppi contare, le labbra di Ashley erano morbide, ma sottili ed era
davvero
bello baciarlo. Non riuscivo ancora a credere che ora io e lui stavamo
insieme.
Fu così che io e Ash
dovemmo uscire da quel regno di pace
che ci eravamo creati e tornare non solo a scuola, ma anche a fare le
prove
della band. Il giorno di ritorno alla realtà era stato
disastroso. Ashley non
c’era quando ero arrivato davanti a scuola e io mi
preoccupavo sempre più,
tenevo costantemente gli occhi puntati sulla porta nel caso avessi
scorto due
occhi color caramello. Nessun paio di occhi così caldi mi
trovarono e io,
deluso, me ne andai in classe. Vidi Ashley solo dopo il secondo
intervallo, ad
educazione fisica. Non mi venne incontro, ma sorrise e con la palla da
basket
tra le mani filò in campo dietro un Radke ghignante. Cosa
mi ero perso?
Non mi degnò di
un’occhiata durante la lezione e io ero deluso
da questo comportameno senza senso. Mi sentivo
una pezza calpestata. Sentii uno sprazzo di conversazione tra Ronnie e
il mio
ragazzo.
-Bravo Ash, lo lascerai stare?- disse
il più grande
stringendo il braccio del castano. Lui fece una smorfia di dolore e
scosse la
testa.
-No.- il moro fece scattare la mano e
Ashley cadde a terra.
-Sei morto.- disse e il ragazzo
colpito scattò verso la
porta uscendo dalla stanza.
-Andiamo
via, ora!- corremmo
fino ad arrivare nel cortile e ancora, fuori dal cancello della scuola.
Ashley
mi abbracciò subito dopo
essersi fermato, con ancora il fiatone che gli impediva di respirare
adeguatamente.
-Dovresti
lasciarmi andare,
Radke ti farà nero.- lui scosse la testa io sospirai e presi
ad accarezzargli i
capelli.
-Andiamo
a casa okay?- mi disse
e poco dopo eravamo sotto la pensilina del bus.
Ashley
stava rinunciando a tutto
per stare con me: la sua popolarità, i suoi amici. Mi
sentivo in colpa.
Tornammo a casa anche se avremmo dovuto avere ancora tre lezioni ed
Ashley
aveva anche gli allenamenti di basket, ma non pensai volesse andarci
dopo
essersi preso un pugno da Radke.
Il
padre di Ash aveva la
giornata libera quindi fummo costretti a nasconderci a casa mia. Nel
pomeriggio
avevamo le prove con CC, Jake e Jinxx. Li invitammo per pranzo,
nonostante il
castano continuasse a guadarmi malizioso.
-Ashley
vedo i tuoi sguardi da
dietro al muro.- dissi ridacchiando e lui venne in cucina a baciarmi.
Mi
appoggiai al tavolo e lasciai che mi baciasse, non so per quanto tempo
lo
facemmo, ma fummo interrotti dal suono del campanello che qualche
insistente
stava pigiando ripetutamente.
-Fatto,
ora posso andare ad
aprire ai cazzoni fuori da casa tua.- sorrise e seguii il movimeto
delle sue
labbra che si incurvavano sopra i suoi denti dritti. Ricambiai e lo
seguii alla
porta. L’allegria di Christian contagiò tutti
infatti dopo pranzo decidemmo di
parlare seriamente.
Dovevamo
scrivere un’altra
canzone e Jinxx aveva detto di conoscere un tipo di una certa casa
discografica. Erano pazzi, per Ashley, lui voleva far successo certo,
ma aveva
troppi dubbi e paure. Io invece ero sicuro che una canzone come
“I’m
Bulletproof” avrebbe convinto il suddetto tipo a darci una
mano nella nostra
ascesa. Chiudemmo la giornata provando due canzoni,
“Savior” e “Fallen Angel”
avevo scritto tutto di getto in queste due. Tutti i miei ricordi di
Miles, il
padre di Ashley, i suoi lividi e le sue labbra , le nostre stranezze,
il mio
amore per Ash e la musica, per i miei compagni di band ed amici.
Io
e
Ashley stemmo insieme fino a tarda sera poi lui dovette tornare a casa,
avevo
le labbra gonfie dai troppi, ma non per questo rifiutati, baci che mi
aveva
dato.
I
giorni passavano e io mi
sentivo sempre più opprimere da Ronnie. Mi aspettava davanti
alla palestra agli
allenamenti di basket e mi seguiva in bagno continuando a cantilenare
con la
voce che se non avessi fatto la lista di cose che aveva preparato per
me
avrebbe detto tutto a Bill. Avevo paura.
Quando
mi stufai di tutto
questo, accettai la sua richiesta, nascondendo a Andy la faccenda. il
moro era
sospettoso e faceva domande mirate, ma non rispondevo anche se mi
sentivo in
colpa.
Il
mio primo compito era andare
a ritirare i compiti da un Sophomore che “lavorava”
per Radke. Andai. Lui era
spaventato a morte, mi disse che l’aveva minacciato e io mi
sentii male per
quel ragazzino che probabilmente veniva chiuso negli armadietti e
buttato a
terra troppe volte in una giornata.
La
seconda volta che dovetti
fare qualcosa per Ronnie non ce la feci e mi presi un pugno,
più la ramanzina
di Andy che non mi aveva più lasciato solo un momento. Non
volevo mentirgli, ma
non volevo nemmeno metterlo in pericolo.
io
e il mio ormai ragazzo
avevamo iniziato a passare ogni weekend a casa sua. Io dormivo spesso
lì e Bill
non si faceva vedere per colpa del lavoro. Aveva trovato una compagna,
ma non
avevo chiesto chi fosse o da dove venisse. Una volta l’avevo
vista di sfuggita
ed era esattamente come la immaginavo: bionda, labbra e seno rifatto.
Qual’era
il suo nome? Kina forse, ma potrebbe essere stato anche Kristy o
Christina.
Ero
in camera di Andy, sul letto
in silenzio, lui aveva la testa appoggiata sul mio petto e io facevo
scorrere
le dita tra i suoi capelli, accarezzando la rasatura sui lati con le
dita. Ogni
tanto mi abbassavo e lo baciavo poi lui si alzò e si sedette
sul mio bacino.
-E-ehi!-
esclamai
accarezzandogli una guancia. –Questo spirito di
intraprendenza da dove viene?-
mi sorrise e riprendemmo a baciarci, lasciando che le nostre labbra si
lasciassero solo per riprendere fiato da quell’intreccio
bollente. Le mie mani
accarezzavano la base della sua
schiena,
che avevo liberato dalla t-shirt. Andy mi aveva tolto la maglia e con
le dita
passava sopra il tatuaggio, pizzicandomi ogni tanto.
Io
e Andy non avevamo fatto
ancora nulla, nessun tocco era andato più in là,
ma quel pomeriggio trovai la
pelle gelida del ragazzo così irresistibile e entrambi non
riuscimmo a
fermarci. Le mie mani lo avevano accarezzato e portato al piacere e lui
con
molto più imbarazzo aveva ricambiato finchè non
ci trovammo distesi in uno
strano intreccio di arti e coperte.
Il
mio telefono squillò.
-Chi
è?- dissi con la voce di
chi si era appena svegliato.
-Secondo
te chi è?- Ronnie.
-Cosa
vuoi?-
-Mi
servi per un lavoretto a
scuola, abbiamo deciso di sostituire i libri in biblioteca con qualcosa
di più…
istruttivo.- mi passai una mano sulla nuca e guardai Andy che
ricambiò il mio
sguardo, confuso. –Se non verrai il tuo ragazzo
avrà dei problemi, stanne
certo. A mezzanotte sotto casa tua. Conto su di te.- chiuse la chiamata
senza
darmi il tempo di rispondere.
-Chi
era?- chiese il ragazzo al
mio fianco, lasciandomi un bacio sul collo.
-Radke.-
Risposi sapendo che la
reazione di Andy sarebbe stata pessima.
-Cosa
voleva ancora? Ash tu non
puoi continuare a fare i suoi comodi. Ti farai del male.-
Gli
sorrisi e mi alzai,
recuperando i jeans che erano finiti a terra prima.
-Devo…insomma
Andy io ti amo,
non voglio che lui ti faccia del male.-
Il
ragazzo mi prese per mano e
si portò il palmo alle labbra, baciandolo. Chiuse gli occhi.
-Stai
attento, ti chiedo solo
questo. Torna qui dopo, per favore.- lo abbracciai di slancio, finendo
per
cadere sopra di lui, che era ancora steso a letto.
-Starò
attento, te lo prometto-
detto questo mi preparai e dopo aver baciato Andy uscii di casa.
Ronnie
mi aspettava davanti alla
macchina, mi sorrise, anche se sembrava un ghigno e io salii in
macchina
insieme al mio possibile aguzzino.
-Bene,
cosa dobbiamo fare?- il
ragazzo al mio fianco accelerò e imboccò la
strada per scuola.
-Domani
ci sarà una mostra in
biblioteca e voglio darli il meglio di Santa Monica.- disse indicando
un
borsone pieno di libri, immaginai. Non preannunciava nulla di buono.
Scendemmo
dalla macchina, Ronnie
prese la borsa e io corsi a scavalcare il muretto. Dopo che il moro mi
raggiunse cercammo un’entrata. Era la porta di emergenza, ma
era collegata alle
telecamere della stazione di polizia della città. Il ragazzo
mi passò del
nastro isolante nero e io, attento a non farmi vedere, ne appicicai due
pezzi
davanti alle due telecamere che coprivano l’ingresso. In quel momento mi fermai e
Ronnie si
avvicinò.
-So
che probabilmente non vuoi
che il tuo ragazzo non finisca male per questo devi aiutarmi. In un
libro là in
biblioteca c’è della cocaina che mi ha lasciato un
mio caro amico e..non vuoi
che il tuo nome, o quello di Andy venga fuori, vero?- scossi la testa e
seguii
il moro.
“sei
un criminale..” questo
urlava la mia testa. Una volta entrati un viso conosciuto ci accolse.
-Molly?-
lei mi guardò e si
passò una mano tra i lunghi capelli, ora colorati di un rosa
pallido. Ero
confuso.
-Ce
ne avete messo di tempo e
Ashley, caro, non hai portato il tuo ragazzo?-
-Pensavo
che tu e Andy foste
amici, mi sbagliavo, evidentemente.-
la
ragazza alzò un sopracciglio.
-Ti
sbagliavi molto, sono la
sorella adottiva di Ronnie e indovina chi gli ha detto che tu te la
spassavi
con il mio amichetto?-
Strinsi
i pugni e i denti, feci
per replicare, ma il ragazzo prese parola.
-Andiamo,
prima che si accorgano
delle telecamere.- andammo nella biblioteca. Era buia, ma Ronnie
tirò fuori tre
torce.
-Tu.
Disse indicando me –Andrai
alle vetrine sulla sinistra e cambierai i libri con questi.- disse
porgendomi
una borsa colma di tomi.
Erano
tutti volumi vecchi e
tutti parlavano di sesso o violenza, ne rimasi quasi disgustato.
Vidi
che anche Molly stava
iniziando a cambiare i libri, mentre Ronnie era sparito. Vidi una luce
da fuori
e mi sbrigai a sostituire i libri. Quando finii sentii la porta che si
apriva.
“Merda” pensai mentre mi abbassavo, cercando di
nascondermi. Delle voci, la
bibliotecaria e due poliziotti, la divisa sembrava quella.
Cercai
di andarmene, ma passai
di fianco ad una scrivania con una pila di libri in bilico
sull’angolo, la feci
cadere e di conseguenza mi
videro.
Corsi,
cercai di scappare e ce
la feci per un pelo, arrivai nel cortile e scavalcai, mi misi a
correre. La
macchina di Ronnie non c’era più, probabilmente
avevano programmato tutto i due
“Fratelli”. Corsi finchè non mi trovai
davanti casa mia, composi velocemente il
numero di Andy al telefono.
-Pronto..-
la voce assonnata del
mio ragazzo mi fece sorridere.
-Sono
vivo.- dissi passandomi
una mano sulla nuca leggermente bagnata dal sudore.
-Dio,
Ashley! Vengo giù,
aspetta.- mi bloccò, quasi gridando con la sua voce calda e
roca.
-No,
sai lì, riposati, io vado a
casa. Ti passo a prendere domani alle otto.- aspettai che desse una
risposta,
che fu affermativa e chiusi la chiamata.
Entrai
in casa, Bill era
addormentato sul divano e io stetti attento a non fare il minimo
rumore. Salii
in camera e mi spogliai. Solo in quel momento mi misi a pensare sul
serioa
quello che avevo fatto. Avevo sicuramente infranto molte leggi, avevo
aiutato
Ronnie a recuperare della droga e Molly era la sua sorellastra. Mi ero
messo in
pericolo ed ero stato minacciato. Cosa mi era passato per la testa?
Strofinai
le mani sugli occhi e
mi spogliai velocemente, volevo farmi una doccia prima di coricarmi. Mi
sentivo
sporco, come se quella serata mi avesse lasciato una patina di orrore
sulla
pelle. Strofinai la spugna un numero indicibile di volte poi andai a
letto,
sperando che gli occhi blu di Andy mi venissero a trovare durante la
notte.
La
sveglia suonò prima del
previsto, mi sembrava di non aver dormito. Mi bruciavano gli occhi ed
ero sicuro
che fossero striati di un rosso acceso. Mi vestii e uscii di casa,
intravedendo
Bill seduto al tavolo della cucina.
Andy
mi aspettava fuori dalla
porta, mi accolse con un sorriso ed un abbraccio. Fra le sue braccia mi
sentivo
a casa, la vera casa. Mi strinse forte per un po’ poi mi
lasciò un bacio sulla
testa e io alzai il viso per incontrare le sue labbra. Non so per
quanto stemmo
lì a baciarci, ma ci risvegliò la voce di sua
madre che ci diceva di andare a
scuola.
Facemmo
come ci aveva detto la
voce. Andammo a scuola, impallidii appena vidi una folla di ragazzi
attorno
all’entrata. La porta era sbarrata dai poliziotti che stavano
sopra i gradini
dell’entrata. Andy mi
guardò e mi prese
per mano. I nostri amici: CC, Jake e Jinxx ci raggiunsero dopo pochi
minuti.
Restammo in silenzio finchè Christian lo ruppe.
-Sono
entrati in Biblioteca,
c’era della droga, non sanno chi è stato.- mi
sentii mancare, i sensi di colpa
erano troppi. Mi avvolsi tra le braccia di Andy e lui prese ad
accarezzarmi la
nuca. –Una ragazza è stata accoltellata. Molly.-
Sbiancai, Andy mi guardò
interrogativo e io scossi la testa. Ronnie aveva accoltellato Molly ed
era
scappato con la droga?
Tornammo
a casa dopo un’ ora
circa, dove cercai di mantenermi a distanza dai poliziotti che avevano
fatto
alcune domande agli studenti.
Anche
Andy voleva delle
risposte, infatti appena mi chiusi la porta di camera sua alle spalle
lui
parlò.
-È
stato Radke vero?- io annui.
–Perché?-
-C’era
della droga e Andy, se lo
avessi saputo non sarei andato, ci hanno quasi preso.- dissi tutto di
un fiato.
–Non so cos’èsuccesso, sono andati via:
Ronnie e Molly. Sono scappati, non ho
guardato se Molly era ancora dentro. Mi ha ricattato, ha minacciato te.-
Stavo
tremando. Mi sentivo una
pezza. Il viso di Andy era scuro e sicuramente era arrabbiato, ma mi
lasciò un
bacio sulla fronte e scese in cucina, non lo seguii. Quando
tornò aveva fra le
mani due tazze di the, lo presi volentieri. Mi fece cenno di andare da
lui, sul
letto. Lo accontentai e mi sedetti, facendolo sedere tra le mie gambe.
-Non
approvo quello che hai
fatto, mi dispiace però Ashley. Ronnie è un
bastardo, dovrebbe morire per
quello che ha fatto, e ti ha ricattato. Dio, Ash. Ti amo, mi dispiace.-
finì la
frase sussurrando e io gli lasciai u bacio fra i capelli. Appena
finimmo il the
ripresi a baciarlo. Le sue labbra erano morbide e il piercing creava un
piacevole contrasto con il calore delle nostre bocche.
Ora
dovevamo aspettare che
Ronnie facesse un altro passo falso per farlo scoprire, non sarebbe
stato
facile.
Il
giorno seguente andammo a
trovare la ragazza in ospedale. La stanza di Molly era vuota, niente
palloncini
o fiori, asettica. La puzza di disinfettante era quasi fastidiosa.
Stava dormendo
e non osammo svegliarla. Le lasciai un biglietto di scuse sul comodino
e ce ne
andammo.
I
giorni passarono veloci, ma di
Ronnie neanche l’ombra, a scuola non veniva più.
Ne ero ossessionato, lo vedevo
ad ogni angolo. Andy mi stava vicino e mi rassicurava come poteva,
avevo paura
di diventare un peso per lui e cercavo di non lamentarmi. A noi due era
successo di rimanere da soli ancora qualche volta, in cui ci eravamo
spinti
ancora più in là. Il corpo di Andy era caldo,
sarei stato ore ad abbracciarlo ed
accarezzarlo. Eravamo arrivati a spogliarci completamente. Solo in quei
momenti
riuscivamo entrambi a dimenticare il mondo. C’eravamo solo
noi: Andy e il suo
respiro affannoso contro il mio orecchio, le sue mani che mi
stringevano i
bicipiti e mi pizzicavano la pelle sopra il tatuaggio. Mi aveva
confessato che
quel gesto era una sua mania, che adorava il mio “
Outlaw” e doveva tracciarne
i contorni come se le sue dita fossero calamitate da esso.
Attendevo
con impazienza il
giorno in cui Andy sarebbe stato mio,
solo
mio.
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