Chi sei davvero?

di CretinKaito
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** C'è Kaito e poi c'è Kid ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


ATTENZIONE: QUESTO CAPITOLO VERRÀ COMPLETAMENTE RISCRITTO.
Chi sei davvero?
 
Quella notte d'inverno impetuoso niente aveva a che fare con le solite allegre atmosfere che caratterizzavano i furti di Ladro Kid. 
Al Museo Beika, nell'ala dei minerali, erano riuniti gli agenti della Task Force di Kaito Kid, tremanti dal freddo, l'uno stretto all'altro, come a sperare di potersi scaldare. 
Ma questo poco faceva; perfino una sottile latra di ghiaccio si stava formando sul pavimento, là, nelle zone più umide. 
Dunque, come pretendere di scaldarsi al calore di un corpo umano? 

Un frastuono e vetri infranti sul pavimento. 
"È Kid! È arrivato il Ladro Fantasma!" all'urlo di un poliziotto, tutti si accalcarono verso l'uscita della sala, direzionati all'origine del ruomore. 
Tutti, meno che l'Ispettore Nakamori.
Basta un poco di logica, d'altro canto; "È arrivato il Ladro Fantasma!" dopo un rumore simile? Kid non è stato denominato uno spettro a caso...

Un fruscio innanzi a se. Ginzo spostò lo sguardo, ma niente. 
"Dove sei maledettissimo ladro? Fatti vedere! Non ti lascerò rubare il gioiello." Urlò con voce roca, facendola rimbombare  nella grande stanza semideserta, ancora più gelida. 
L’adulto si bloccò.
Il monocolo scintillante nel buio.
Iil fiato caldo di Kid era percepibile sul collo dell’ispettore.
“Sai Kebu, io in realtà non sono affatto interessato al gioiello...” Lasciò la frase in sospeso, sussurrata con un tono basso e tremendamente accattivante, gironzolando curioso attorno all’uomo. La situazione iniziò a farsi imbarazzante, singolare.
“Ma chi accidenti credi di ingannare?”
“Forse dovresti provare a calmarti, ad analizzare la situazione.” Mormora ancora il ladro.
Una corrente fredda fece rabbrividire entrambi, ma solo l'espressione di Nakamori mutò.
Era in quella sala da più di tre ore. Stava iniziando a perdere sensibilità agli arti. Era quasi sicuro che il ghiaccio sul pavimento si stesse ramificando in disegni indefiniti sulle suole delle sue scarpe, salendone i lati lentamente, scricchiolante.

Al contrario, Kid era caldo e veoce, forse troppo.

Il giovane mise il piede in fallo; nulla servirono i riflessi svelti, il ghiaccio era tremendamente scivoloso e tutti lo sanno: Kuroba Kaito alias Kaito Kid NON sa 
pattinare.
Perse l’equilibrio.
Ricordando le varie uscite con Aoko e altri loro amici, d'istinto chiuse gli occhi, pronto al dolore e alle risatine dei compagni, i queli sostenevano che un mago come lui era 
impossibile non sapesse pattinare!
Qualcosa non andava...
Non avvertì dolore, non era avvenuto alcun impatto con il pavimento e non si udivano risate di scherno.
Il capo era adagiato sul torace di Nakamori e l'unico rumore percepibile era il rimbombare ovattato del cuore dell'uomo. Kaito non ne fu sicuro, ma gli parve che quel ritmo 
stesse accelerando.

Sorrise lievemente incurvando le labbra.

Alzò lo sguardo e fu un istante.
I due iniziano a fissarsi intensamente.
“Ti sento piuttosto agitato, Ginzo. Hai forse paura di me?”
Kid prese in giro Nakamori, ma per qualche strana ragione ancora oscura a lui, anche il suo cuore iniziò a palpitare più forte. 

Kid era confuso, nemmeno lui sapeva bene cosa stesse accadendo. 
Nakamori era il padre della sua migliore amica d'infanzia, nonché l'uomo che l'aveva cresciuto. 
Cosa stava per fare? 
Eppure... eppure gli piaceva stare così, poggiato col capo che sentiva terribilmente pesante sul petto muscoloso dell'uomo più grande.
Tornò a fondere il blu metallico, ricco di striature celesti dei propri occhi, con la pece di quelli dell'ispettore. 
I suoi occhi, guardandoli con attenzione erano incredibilmente profondi, sembravano risucchiare il suo sguardo e la sua attenzione.
Impercettibilmente allungò il collo per avvicinarsi maggiormente a quei due buchi neri favolosi, segnati dal tempo, ma non imbruttiti, non stanchi.

Il tempo delle riflessioni era breve, i visi dei due sempre più vicini, anche se inconsciamente. 
Il momento delle esitazione era ormai concluso, ma no, il ladro si ritrasse a pochi millimetri dalla bocca dell'ispettore. Se avessero ispirato all'unisono, si sarebbero sfiorati le 
morbide labbra. 
Kid abbassò lo sguardo confuso e frastornato da mille pensieri, lo sguardo fisso nel vuoto oscuro della stanza.
Non si era accorto di cosa realmente stava facendo fino a che, negli stessi occhi oscuri in cui si stava lentamente perdendo, vide una scintilla, una luce di sorpresa e forse... 
forse di entusiasmo?
Solo allora si era resto conto di essersi leggermente avvinghiato con le mani alle braccia dell'ispettore e di essersi avvicinato alle sue labbra con le proprie. 

Allo stesso tempo Nakamori svuotò la mente di botto: non gli importava se a qualche corridoio più in là stavano i suoi uomini.
Non pensava adesso alla figlia, nemmeno alla moglie tanto amata.
Vedere qul ragazzo fasciato di bianco, sempre spavaldo e giocoso, adesso con quell'aria persa e intimorita, le guance forse arrossite, lo avevano ridestato. 
Da tempo un velo gli oscurava il cuore che credeva morto insieme alla moglie, eppure quella visione aveva letteralmente strappato, con forza, quella stoffa pesante e tetra. 
Ginzo semplicemente portò l'indice sotto al mento del ladro, sollevandoglielo. Lo afferrò per la rossa cravatta nerastra dall'oscurità e lo avvicinò a se, facendo aderire il petto del giovane al proprio.
Il cuore del ladro iniziò a battere forte, il ragazzo dalle iridi azzurre con quelle striature blu metallico e nere che sembravano sminuire qualsiasi altro sguardo,  avvampò, ma tentò di mascherare ogni emozione.
"Ispettore che...-"
 L'uomo iniziò ad accarezzargli dolcemente il viso perfetto, con il torso delle dita, delicatamente.
"Sh, non rovinare questo momento, dimentica ogni cosa, ogni preoccupazione. 
Abbandonati tra le mie calde braccia; non porti alcuna domanda. Il destino ci ha voluti qui, insieme. Forse è un errore, ma a me non dispiace affatto..." Gli passò una mano tra i capelli morbidi e sbarazzini, sempre scomposti in quei buffi ciuffi che sembravano vincere la gravità. 
Il ladro accennò un sorriso dolce, avvolse timidamente le braccia attorno al collo di Nakamori.
"Ginzo, lei è l'errore più bello della mia vita". Biascicò sottovoce, imbarazzato.
Si alzò leggermente i punta dei piedi per avvicinarsi al volto dell'uomo più anziano col proprio, ripiegando il cuoio candido e brillante delle scarpe eleganti. 
Chiuse gli occhi lentamente a ochi millimetri dalla bocca di Ginzo che lo imitò e finalmente e con imbarazzo celato, posò le proprie labbra su quelle dell'ispettore, facendo un poco di pressione per assaporare fino in fondo quel sapore magnifico, dolce spiritualmente, ma nella realtà leggermente acre.
Per lui, una combinazione perfetta.
L'ispettore sorrise di rimando nel bacio, ma poi lasciò che le labbra tornassero morbide per farle aderire al meglio con quelle del ragazzo che solo in quel momento aveva capito quanto fosse importante per la propria vita e quanto avesse, Ginzo, desiderato quel contatto. Certo, Kid era fastidioso, burlone, un bambino sempre attivo e giocoso, ma era anche tanto dolce e non rifletteva molto sulla propria incolumità pur di salvaguardare quella altrui. 
Quante volte alle rapine erano stati avvistati strambi uomini vestiti di nero a mano armata?
Quante non ricordava, ma sapeva che altrettante volte Kid si era posto tra i proiettili e i civili, Nakamori compreso.
Ora, gli era avvinghiato al collo, in quel tenero bacio che durava da solo pochi attimi, ma che entrambi volevano e stavano effettivamente approfondendo con passione maggiore.

Kid, costretto in punta di piedi, le mani dietro al collo dell'ispettore.

Inclinò la testa per cercare respiro e l'adulto ne approfittò, intrufolando la propria lingua nella bocca del ladro che gemette sorpreso. 
Cosa aspettarsi da un ragazzino? 
In fondo, altro non era che giovane, dannatamente giovane e inesperto. Era, appunto, un ragazzino e Ginzo non conosceva neppure la sua identità.
Eppure, anche quel fascio di mistero, fanciullezza e innocenza che avvolgevano il ladro dal manto bianco attiravano l'ispettore.
Inizialmente intimidito, Kid tentò di rispondere al bacio e pian piano iniziò a muovere la propria lingua in armonia con quella dell'amato, diventando, secondo Ginzo, anche piuttosto bravo e sempre più appassionato, tant'è che l'ispettore perse la testa e, un po' per il ghiaccio ormai ben formato sul suolo, un po' per l'eccitazione che quel moccioso gli creava, sentì le gambe indebolirsi e in pochi attimi si ritrovò steso per terra, il ladro avvinghiatogli sotto.
"Kid, sei sicuro? I miei uomini staranno per..." la frase venne soffocata da un bacio del ladro. "Kebu... I suoi uomini se la trappola è andata bene adesso sono altrove. Può stare tranquillo e cercare di calmare anche me..."
Non era stato proprio esplicito, ma era una dichiarazione di... ansia, per quello che si accingevano a fare. Nakamori era stato sposato e aveva avuto una figlia... Ma che ne sapeva del ragazzino che stava schiacciando contro al pavimento?
Poi, ancora, un bacio gli fece dimenticare tutto e tutti. 
Le mani dell'ispettore, dai capelli del ladro, scesero seguendo con le dita i lineamenti affilati e perfetti del ragazzo. Tracciarono il contorno del pomo d'adamo e arrivarono alla cravatta che venne ignorata.
Giunti alla vita del pantaloni, Nakamori estrasse la camicia blu da essi e infilò una mano al di sotto della stoffa morbida. Brividi di piacere e fresco attraversarono le membra del giovane che mai aveva assaporato sensazioni simili prima. Il poliziotto notó con piacere che il più piccolo era sì, "piccolo", ma in quanto ad addominali non scherzava.
Segnò con le dita il percorso ondulatorio dei muscoli di Kid, duri e caldi, fino ad arrivare al petto.
Ginzo si compiacque del ritmo sempre più accelerato del cuore del suo piccolo ladro. Spostò il peso reggendosi solo con le gambe, facendo sì che potesse intrufolare anche l'altra mano sotto la camicia di Kid.

Iniziò a stuzzicare le parti più sensibili della morbida pelle del ladro, mordicchiandogli con foga il lobo dell'orecchio. Il ragazzo ormai era sul punto di gemere, ma la sua Faccia da Poker lo fece rinvenire. Ancora non si sarebbe mostrato fragile agli occhi dell'ispettore.
Senza bloccare l'amante, strappò con i denti e una mano i bottoni della giacca dell'uomo che intanto gli teneva un braccio bloccato col corpo.
Le due ombre risultavano curve linee bluastre, dolci e ondeggianti al chiaror della notte. La giacca venne totalmente strappata, seguita dalla camicia color pistacchio del poliziotto. Adesso era il ladro a condurre il gioco. L'ispettore lo lasciò fare, voleva vedere come se la sarebbe cavata il verginello. Kid iniziò a baciare il petto di Nakamori, arrivando fino ai capezzoli che torturò leggermente.
Altri leggeri lamenti si alzarono dalla gola dell’uomo che, dopo aver capito il dispetto che voleva fargli quel monello di un ladro, tentò di soffocare come meglio poteva.
L'ispettore si tuffò nuovamente sulle labbra carnose, del ragazzo.
Si fece spazio per poi iniziare ad accarezzargli il palato con la lingua, calda.
Il giovane ansimò piano nella bocca dell’amante che a sua volta gli strinse con forza i capelli.
Il giovincello gemette di piacere come l'uomo iniziò a mordicchiargli il lobo dell’orecchio, inebriato dall’inconfondibile aroma di vaniglia di cui erano impregnati i capelli del ladro che lo mandarono letteralmente in estasi.
Stufo e impaziente, Kebu spinse Kid vicino alla parete e gli si accostò gattonando. 
Riuscì a bloccargli le mani sopra al capo con la cravatta del ragazzo che ora si ritrovava davvero impotente e leggermente impaurito.
Portò una mano sulla schiena ormai nuda del ladro e la fece scivolare lentamente verso il basso, provocando brividi infiniti e improvvisi nell'altro che si deconcentrò totalmente e alla mano fredda dell'ispettore nelle proprie mutande, contro la pelle bollente, si lasciò sfuggire un grido sorpreso che compiacque infinitamente l'ispettore.
Il ghigno perverso e maniacale che sempre adornava il bel volto nel ladro durante le rapine si era trasferito sulle labbra di Nakamori. 
Gli angoli della bocca erano tirati in quella smorfia pazza, di passione, voglia, ma fascino. 
Kid era confuso... come poteva piacergli quel volto? 
Forse però, adesso capiva le molteplici sensazioni che attraversavano le sue fans. 
"Che c'è Kid, hai paura?" I ruoli si erano davvero invertiti. Ora era Ginzo a comandare il gioco. Adesso era il ladro ad essere vulnerabile e indifeso. 
Non permise a Kid di rispondere, avvicinandosi maggiormente al suo corpo statuario e infilando meglio la mano nei boxer del ragazzo che era rimasto sbalordito. Iniziò a muovere lentamente e sensualmente la mano sul membro del ragazzo, mozzandogli letteralmente il fiato e lasciandolo mormorare sillabe sconnesse. 
Kid strinse la presa attorno alla cravatta che gli legava i polsi. 

La sensazione che provava era indescrivibile. Era come scosso da spasmi, era bellissimo, era strano, provava il gelo ovunque e poi un calore devastante. Questo significava essere toccato dalla persona amata? 
"Non fare così, lascia le sensazioni migliori per dopo, non siamo che all'inizio Kai-chan “ L'ispettore parlò dolcemente al ragazzo che avvicinò il viso a quello di Nakamori, volenteroso di ricevere un altro bacio che non tardò ad arrivare. Dopo quel breve contatto a fior di labbra, Kid nascose il naso nell'incavo del collo del suo uomo, per poi dvincolare con abilità le mani dalla stretta della cravatta e portarle sulla schiena dell'ispettore, avvinghiarsi con più forza al corpo di quest'ultimo, graffiandolo.

L'ispettore continuò a massaggiare e stuzzicare l'erezione del ragazzo, il quale sentiva la propria pelle sempre più calda e bagnata. Kid strinse le palpebre, sia per il piacere, sia per il lontano dolore che stava iniziando a covare, tentando, inoltre, di impedire al sudore ormai grondante di entrargli negli occhi.

Gemiti repressi gli salivano alla gola e prontamente venivano repressi con decisione che ad ogni nuovo tocco dell'uomo più grande veniva sempre meno.
Solo suoni gutturali uscivano dalle labbra stupende, semiserrate del piccolo ladro che nel frattempo aveva anche allargato le gambe e con le braccia tentava di attirare maggiormente l'amato a se. 

Voleva di più, amava quella sensazione incredibile e stava lentamente perdendo il controllo.

Pian piano le orecchie di Ginzo udirono un bellissimo suono, magnifico per i timpani: 
i gemiti di Kid.

Estasiato da tali suoni melodici, Ginzo si resse sulle ginocchia, intrufolando anche la seconda mano nei boxer del ragazzo. Questa nuova intrusa puntò dritta all'osso sacro che torturò leggermente e, sommato al movimento dell'altra mano, il risultato fu un urlo di puro piacere da parte del ladro che subito si morse le labbra imbarazzato.
Ginzo fissò il suo marmocchio morente di vergogna, dalle guance rosse e lucide per l'imbarazzo e per il piacere che stava provando.
Si sporse verso di lui, baciandolo con passione, riprendendo contemporaneamente a muovere le mani in quella fine stoffa, ormai zuppa di sudore, che costituiva l'unico indumento del ragazzino ormai in estasi.

Si separò leggermente dal suo volto, insaziabile di vedere quella figura tanto fragile. Qualche filo di saliva legava ancora le due bocche. Quando esse si ricongiunsero la bava si appiccicò al collo di Kid, come se non fosse già abbastanza bagnato.

Dopo poco il ladro si staccò bruscamente, ansimando sempre più forte. Doveva respirare, non riusciva a baciare l'ispettore, gli mancava il fiato e gli dolevano i polmoni. 
Conficcò le unghie nella carne dell'ispettore, vicino al collo, eccitandolo sempre di più e facendogli aumentare il ritmo. Kaito non resistette. Spalancò gli occhi e iniziò a chiamare il suo ispettore, con toni sempre più alti, rotti da spasmi, rovinati dall'assenza di fiato, ma alle orecchie del poliziotto giungevano come melodie.
"Ginzo... ah, Ginzo!" Il sangue caldo dell'ispettore ricadde sul viso di Kid rendendolo ancora più attraente e vulnerabile.

L'appellato non si tratteneva più, voleva farlo suo. 

Abbandonò ciò che stava facendo e con entrambe le mano tolse finalmente i boxer neri, fradici, ormai inutili al ragazzo, abbassandoglieli fino alle ginocchia.

Gli riaprì subito dopo le gambe per vedere il suo ladro in tutta la sua bellezza.

Il giovane stava inerme contro la parete, ancora in preda a mille emozioni.
La testa era leggermente rivolta vero l'alto e metteva in bella mostra il pomo d'Adamo, sottolineava i lineamenti del viso.
Ginzo si apprestò ad avvicinare la sua mano all'apertura del giovane, vergine -a parer di Nakamori- ancora per poco.

Immaginava quella situazione dal momento in cui il ladro gli era inciampato addosso.
Voleva anche lui godere dopo tutto ciò che aveva fatto provare al ladro, no? Poi s'illuminò. Che nome avrebbe dovuto gridare in preda al piacere?

L'uomo si avvicinò all'adolescente, baciandogli delicatamente la spalla destra muscolosa. Kaito chiuse gli occhi, ancora ansimante, godendosi quella dolce situazione. "Kai-chan... 
qual'è il tuo nome?"

Il ladro sbarrò gli occhi.
Kaito.
Kaito.
Il suo nome era Kaito Kuroba!
Era figlio di uno dei migliori amici di Nakamori e Kaito era a sua volta il migliore amico della figlia di Ginzo, Aoko. 
Era un ragazzino di 16 anni, un genio, certo, ma pur sempre un ragazzino.
Ladro, per giunta!
E se Nakamori avesse fatto tutto quello consapevole del fatto che Kid era un giovincello facilmente ingannabile?
Magari lo scopo originale era proprio quello di arrivare a quella decisiva domanda. Forse Nakamori aveva solo giocato con lui per farsi gridare la propria vera identità mentre veniva masturbato.

Era ovvio... Perché un uomo in salute, nel pieno degli anni, con una figlia splendida e tanti privilegi dovrebbe rovinarsi la vita e l'orgoglio diventando pedofilo del ladro cui da' la caccia? Kid portò freneticamente le mani sulle spalle dell'uomo, allontanandolo da se di scatto, guardandolo smarrito, spaventato... deluso.
"No..." Sussurrò solo. Non riusciva a dire altro.

Sentiva le lacrime accumularsi agli angoli degli occhi bellissimi. 

Nakamori lo guardava confuso.
Dopo tutto quello che avevano fatto e si erano detti, perché tale reazione? 
Certo non poteva immaginare quali fossero i pensieri e le preoccupazioni che affollavano la mente del ladro. 
Frastornato non reagì allo spintone che il suo Kid gli diede.

Il giovine si alzò barcollante. 
Provò subito un freddo immenso così lontano dalle calde braccia dell'ispettore, ma scosse la testa e frettolosamente si tirò su le mutande per poi raccattare i propri vestiti sparsi nella sala. 

Nel frattempo anche Nakamori si era alzato, ma di darsi una sistemata non ci pensava neanche. Il suo unico pensiero era Kid.
Lo raggiunse che già aveva indossato il mantello, umido dal contatto col pavimento. 
Lo afferrò per un braccio, ma prima che la presa diventasse significativa, il ladro si ritrasse intimorito. 
"Kid... perché?"
"L-l'ha detto lei all'inizio. È stato tutto un errore!" balbettò furiosamente, scomparendo in una fioca nube di fumo bianco, lasciando l'ispettore più depresso che mai con pensieri sconnessi a otturargli la mente...



Fine primo capitolo!


CretinKaito
ATTENZIONE: QUESTO CAPITOLO VERRÀ COMPLETAMENTE RISCRITTO.
             SE NON AVETE INTENZIONE DI CONTINUARE LA FICTION PERCHÈ L'AVETE TROVATA GRAMMATICALMENTE E           STILISTICAMENTE ORRIBILE, VI PREGO DI DECIDERE SE NON SEGUIRE O MENO QUESTA STORIA DOPO AVER LETTO IL SECONDO CAPITOLO. 
Come accennato, questa storia era nata a quattro mani. Ora la mia partner mi ha abbandonata e nonostante il dispiacere, ho la possibilità di rendere i capitoli omogenei stilisticamente, scorrevoli e piacevoli. Il capitolo successivo, è, infatti, scritto unicamente da me e quindi vi chiedo la cortesia di giudicare la storia dopo aver avuto un approccio con il livello effettivo di grammatica, lessico e stile. 

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Capitolo 2
*** C'è Kaito e poi c'è Kid ***


Camminava lentamente sotto la fitta e gelida pioggia che gli appiccicava gli abiti solitamente morbidi, ora zuppi, alle membra stanche e intorpidite dal freddo e dal vento prepotente che gli soffiava contro gelo e acqua, rallentando sempre più il suo passo ciondolante. Strusciava di tanto in tanto la giacca candida del Phantom Thief  contro i luridi muri dei vecchi condomini che caratterizzavano il quartiere desolato che Kaito stava attraversando.
 
Non sapeva perché avesse scelto quel quartiere malfamato per tornare a casa.
Ekoda, infatti, si trovava a pochi isolati dal museo dove sarebbe dovuto avvenire il furto, ma in preda al panico, Kaito si era diretto dalla parte opposta, allungando considerevolmente il percorso per tornare a casa. Pensava e ripensava alle parole dell'ispettore, alle sue mani e ad ogni suo gesto. Il suo tocco contro la pelle del ladro e le sensazioni che il poliziotto era riuscito a suscitargli, gli facevano provare ancora un leggero calore alle guance.
 
E questo calore si accentuava e s'ingrandiva maggiormente sul bellissimo viso del ragazzo, qualora la sua mente riportava a galla il momento in cui aveva iniziato a gemere ai movimenti dell'ispettore. Aveva iniziato a chiamarlo, a stringerlo e voleva sempre di più, sempre di più...
Un grido lo distolse dai suoi pensieri. Non era un grido d'aiuto, quindi non si precipitò a soccorrere chi l'aveva emesso.
 
Sembravano urla di uomini ubriachi, ma non capiva esattamente da quale parte provenissero.
La pioggia e ciò che era accaduto l'avevano frastornato. I suoi sensi finissimi non si erano ancora ristabiliti.
 
Riflettendoci, però, cosa aspettarsi da quel quartiere? Ora che si era riscosso, decise di fare dietrofront e dirigersi finalmente verso casa. Che senso aveva vagare come un vagabondo con lo sguardo nel vuoto? Avrebbe finito solo per prendersi un malanno. Svoltò all'angolo sulla sua destra percorrendo con passo felpato, degno del Phantom Thief, lo stretto viottolo che si formava tra i due casolari e sbucò in una strada più grande.
 
"KID-SAMA!" Si voltò bruscamente per incrociare lo sguardo stupefatto di una donna in mezzo ad un raggruppamento di persone, aventi quasi tutte una bottiglia mezza vuota di un qualche alcolico in mano. Il gruppo di ubriachi... Erano passati pochi attimi da quando aveva fatto capolino nella strada e tutti, nel gruppo, avevano iniziato a balbettare il suo nome chi con eccitazione, chi con paura, chi con ambedue le sensazioni. Seppur fradicio, con i capelli incollati al viso, l'espressione pericolosamente seria, uno sguardo impenetrabile e glaciale, i vestiti bianchi che lasciavano intraveder i muscoli del torace e gli contornavano le gambe, Kaito Kid era una visione celestiale per quella combriccola di alcolisti poco raccomandati. Forse, appariva ancora più bello di come era normalmente.
 
Fu un attimo, sparì in una nuvola di fumo molto densa.
 
 
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Nakamori si diresse con passo stanco verso l’uscita della sala, aprendo svogliatamente la pesante porta in legno.
Passando per l’ala dedicata ai dipendenti del museo (quella sera resa a disposizione alla Task Force) per recuperare la propria roba, aprì la porta di scatto, arrabbiato per come Kid l’aveva lasciato come un allocco .
Trovò ad attenderlo una “sorpresa”, che gli fece svanire l’irritazione nei confronti del ladro.
Un sorriso rassegnato a tale giocosità gli si dipinse sul volto, vedendo i suoi uomini legati e imbavagliati con nastri colorati e appesi tutti insieme al soffitto con un grosso fiocco. Su di esso era attaccata una nota del  marmocchio firmata con tanto di cuoricino.
Mugugni soffocati emettevano i suoi colleghi che lo pregavano con gli occhi di essere slegati.
Egli, però, prese giacca e borsa, se ne andò sospirando un: “Kid…” divertito.
 
 
La luce del mattino lo svegliò prepotentemente.
Aveva passato gran parte della notte a rimuginare sugli eventi accaduti alla rapina, rendendosi conto di quanto fosse furioso con Kid e contemporaneamente di quanto fosse impaziente di rivedere il suo monello.
Soprattutto, però, pensò a sua figlia, che aveva tradito, amando la persona che lei più odiava al mondo e dimenticandosi, per una sera, della sua defunta madre.
 
Dando un’occhiata alla sveglia si rese conto di quanto fosse tardi. Aoko sarebbe uscita di casa per andare a scuola a momenti e lui non le aveva neanche preparato la colazione.
Scese frettolosamente le scale, ancora nella tuta che gli fungeva da pigiama e si rallegrò sentendo rumori provenire dal bagno.
Evidentemente, anche Aoko aveva tentennato un po’ troppo, prima di alzarsi.
 
Poco dopo essere arrivato in cucina, suonò il campanello.
Ginzo abbandonò le bacchette con cui stava preparando da mangiare e si diresse alla porta.
Aprì, ritrovandosi innanzi un Kaito trascurato.
 
“Buongiorno Kaito-kun! Aoko sta arrivando.” Lo informò gentilmente.
Il ragazzo apparve un po’ smarrito. A dirla tutta, appena il poliziotto aveva aperto la porta, Kaito si era bloccato a fissarlo inerme, a bocca semischiusa e ancora non si era mosso.
Lo richiamò leggermente preoccupato e solo allora il giovane si riprese.
“A-ah, sì, arigatou Occhan.” Balbettò con voce bassa e roca.
“Sei sicuro di star bene?” insistette ancora l’uomo più grande, allungando una mano verso la fronte coperta dai ciuffi ribelli della frangetta del ragazzo, per assicurarsi se avesse o meno la febbre.
Al che, il mago si ritrasse quasi intimorito, lasciando Ginzo interdetto.
“A-a dire il vero, ho un po’ di febbre e non vorrei attaccargliela. Arrivederci, ispettore!” detto ciò se ne andò velocemente lungo il viale.
Nakamori rimase sulla porta sconcertato. Non vedeva Kaito senza sorriso sul volto dalla volta in cui era stato chiamato d’urgenza dalla scuola di Kaito e Aoko, che era in gita all’acquario di Tokyo. Il ragazzo era stato ricoverato in terapia intensiva per trauma ai pesci.
Appena prima di richiudere la porta, si accorse del quotidiano che gli era stato consegnato, buttato sui gradini d’ingresso.
Lo raccolse aprendolo al contempo e gli si congelò il cuore.
 
“KAITO KID NELLA METRO DI BEIKA!
 
Questa mattina attorno alle 3, un gruppo di amici uscito per una bevuta, si stava dirigendo verso un casinò quando è stato bloccato all’incrocio con un vicolo secondario. Da esso è sbucato all’improvviso un uomo totalmente vestito di bianco, cilindro e mantello,  grondante di pioggia, con un’aria fredda e imperturbabile.
Pensavano ad uno scherzo, ad un’allucinazione dovuta all’alcol, ma quando l’inquietante presenza si è voltata verso loro, con una nube di fumo tipica di un certo ladro, è sparita tanto velocemente quanto era apparsa.
Grazie ad una telecamera installata dalla polizia locale per controllare il quartiere, che non è tanto di buon occhio, siamo riusciti a ricavare una fotografia della figura candida e secondo gli esperti, per corporatura e portamento, si tratta proprio del ladro fantasma Kaito Kid!
La conferma definitiva sarà solo l’ispettore Nakamori Ginzo, inseguitore del ladro, a darcela, ma siamo abbastanza fiduciosi.”
 
Seguivano ulteriori approfondimenti e curiosità, con le testimonianze del gruppo di alcolisti, ma ciò che catturò maggiormente l’attenzione di Ginzo fu la foto allegata che occupava la maggior parte della prima pagina. Non c’era dubbio, per lui.
Quello era Kid.
Il suo Kid.
Ma era ben diverso dal solito. Il ghigno malizioso che sempre gli adornava il volto era, in quell’immagine, sostituito da un’espressione fredda e distante.
I capelli sbarazzini e sempre spettinati erano zuppi e appiccicati al bel viso del ladro, bagnato da piccoli torrenti di pioggia, in ciocche scomposte.
I vestiti fradici andavano a sottolineare la tonicità del corpo atletico del giovane criminale. Lo stesso corpo che poche ore prima Ginzo avevo toccato in quasi ogni sua parte.
 
Stava per chiudere la porta, quando Aoko la riaprì con foga, facendola sbattere.
“Bakaito! Perché non mi hai aspettato?!” la ragazza, energica come sempre, era già sul marciapiede pronta a raggiungere il migliore amico a grandi falcate.
“Aoko! Sembra che Kaito oggi stia poco bene, non tormentarlo!”
La figlia gli lanciò uno sguardo agghiacciante.
“È lui che tormenta me e le mie mutande”.
Ginzo, perplesso e divertito, rientrò in cucina.
 
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“Kai, che ti prende?” Aoko era riuscita a unirsi a Kaito solo una volta giunta in classe. Strano, aveva pensato, dato che secondo suo padre l’amico stesse poco bene, non avrebbe potuto correre tanto velocemente. A meno che il male non era fisico, ma di altro tipo.
“Ho solo un po’ di febbre” il ragazzo ringraziò il rossore sulle proprie gote che sempre gli veniva quando Aoko lo chiamava con quel diminutivo, e che ora sembrava dovuto alla febbre.
“Mh, se lo dici tu…” Kaito si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Sapeva quanto bene quella befana che amava lo conoscesse e che quindi non si era lasciata ingannare dal colorito delle sue guance, ma le era grato di voler lasciar perdere.
 “Se hai bisogno, comunque –decise di concludere lei, voltandosi dalla parte opposta per nascondere il rossore- sai dove trovarmi.”
Era davvero dolce. Come aveva potuto lasciare il suo copro alle cure di qualcuno che non era lei?
Allo stesso tempo, però, sentiva il bisogno di riprovare. Per qualche motivo si era sentito davvero bene. Tutto ciò lo faceva sentire sporco, ma d’altra parte mica si era prostituito e certo non era andato con uno sconosciuto. Era stato con un uomo a cui voleva davvero bene. Non un amore particolare, o almeno, non pensava, ma certamente gli era sempre piaciuto ricevere carezze dall’ispettore Nakamori.
 
Ma ancora una volta, scosse la testa.
Il tipo di carezze che egli gli aveva riservato fino ad allora erano quelle di un padre. Quelle della sera precedente innanzitutto non erano per Kaito, ma per Kid e poi erano di natura del tutto diversa.
E poi c’era Aoko, che gli aveva prestato ancora una volta dolci attenzioni, nonostante l’avesse fatta correre fino a scuola senza darle spiegazioni.
 
Per quella sera, aveva già predisposto giorni addietro una rapina e anche se il solo pensiero di diventare Kid, col rischio di finire da solo con Keibu da qualche parte, gli procurava una strana sensazione allo stomaco, non poteva annullare.
Doveva solo non farsi prendere, come aveva sempre fatto.
 
…Giusto?
 
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I poliziotti seguirono il ladro che scappò dall’edificio con l’ausilio del deltaplano.
Anche questa volta, Ginzo non si fece ingannare da un manichino telecomandato e scattò dalla parte opposta a quella dei suoi uomini, verso i piani sotterranei del palazzo. Sapeva che il vento quella sera era troppo violento anche per Kid e gli sarebbe risultato impossibile utilizzare l’aliante. Dunque, visti i sistemi di controllo che circondavano il luogo del furto, l’unica via di fuga per il ladro sarebbero stati i condotti sotto terra. Il suo orgoglio da poliziotto gli stava sputando in faccia per non aver avvisato i suoi subordinati della vera direzione presa dal fuggiasco, ma il suo orgoglio di uomo lo convinceva che era stata la scelta migliore.
Doveva risolvere ciò che avevano lasciato bruscamente in sospeso. 
 
Percorse con energia tutte le scale principali che portavano alla sua destinazione, cercando di essere il più silenzioso possibile, anche sulle scalette di servizio in ferro che si addentravano in una delle zone più remote del palazzo.
 
Aprì una porta logora dalla muffa e dal tempo violentemente, facendola sbattere e risuonare in tutta la stanza umida e maleodorante. Non occorreva più nascondere la propria presenza.
 
Lo trovò.
 
Kid si pietrificò, lasciando cadere i ferretti con cui stava aprendo il condotto interno che l’avrebbe portato (dopo vari metri percorsi sotto al suolo) verso il centro di Tokyo.
“Kid…” sussurrò Nakamori, avvicinandosi titubante.
L’appellato gemette spaventato e, ripresosi, si mise a carponi tastando freneticamente il pavimento malandato e leggermente coperto da uno strato di acqua sporca, per cercare gli attrezzi che costituivano la sua salvezza.
Non badando ai vestiti che si stavano inzuppando in quella pozza, il ladro continuò la sua ricerca, preoccupandosi, una volta constatato che con tale foga non aveva fatto altro che disperdere i ferri.
Non poté, quindi, fare a meno che guaire sorpreso e voltarsi con una faccia semi-terrorizzata quando si sentì afferrare dal dietro ed essere sollevato in posizione eretta, fra le braccia di Nakamori.
Con rapidità degna del suo nome, tentò di sfuggire alla stretta dell’uomo, ma questi fu più svelto; strinse la presa attorno al ragazzo e cominciò ad avanzare velocemente, fino a far sbattere con forza la testa e poi il resto del corpo di Kid contro la parete insudiciata.
 
“N-no, ispettore, mi lasci, la prego!” Kid ansimava, compresso contro il freddo muro vischioso, dal corpo possente del poliziotto, che aderiva perfettamente al suo, in quel momento completamente impotente.
Era irrequieto, visibilmente preoccupato.
Continuava a ripetere suppliche all’uomo che lo guardava sbalordito.
“Kaito Kid, non ti riconosco…! Da quando sei così pauroso? Non ti ho mai visto tremare, nemmeno di fronte a quegli stronzi armati, vestiti di nero, che ti minacciano. Non fare così… non è questo il ladro di cui…” abbassò lo sguardo, non avendo il coraggio né di guardare il ladro negli occhi né di concludere la frase.
 
In qualche modo quelle poche parole arrivarono dritte al cuore del mago, che si calmò.
Nakamori, allora, ne approfittò, facendo scivolare le proprie mani in quelle di Kid e avvicinando maggiormente il proprio viso a quello del rivale, cercando di baciarlo. Il ragazzo, però, si voltò all’ultimo secondo e Ginzo finì per schioccargli un tenero bacio sulla guancia.
Non si arrese, scendendo verso l’incavo del collo, baciando la pelle morbida e profumata del giovane.
“Si fermi, Ginzo!”
Con un sorriso compiaciuto, il poliziotto alzò lo sguardo fissando in modo malizioso il suo interlocutore.
“Ginzo, mi hai chiamato, Kai-chan?” Sollevò un sopraccigli, aspettando la risposta.
Questa fu balbettata con imbarazzo.
“M-ma che ha inteso, Keibu? Mi lasci stare!”
“Mi piace quando mi chiami per nome, Kai-chan…” sussurrò con voce suadente all’orecchio del mago e prima che questi potesse ribattere, Ginzo premette le proprie labbra contro quelle morbide e carnose del kaitou, dapprima dolcemente e poi con aggressività crescente, costringendo il ragazzo a schiacciarsi maggiormente alla parete. Simultaneamente il poliziotto portò le loro mani sopra la testa di Kid.
Kaito socchiuse gli occhi per il leggero dolore e tentò di divincolarsi, agitando le gambe tra quelle dell’ispettore e tentando di muovere le braccia, saldate.
Voleva fuggire da quella situazione, che sapeva essere sbagliata, ma riconosceva essere bellissima.
Con diversi disperati strattoni del capo, riuscì a sfuggire dall’accogliente bocca dell’uomo e urlò prima che venisse nuovamente zittito.
“Perché lo fa, qual è il suo obbiettivo?!” L’ispettore si bloccò, chino, a pochi centimetri dalle labbra del ragazzo.
Kaito lo sapeva. Era tutto un grandissimo errore, un dannato casino. Lui era un deficiente che si faceva abbindolare da un paio di parole sdolcinate e Nakamori ne approfittava per ottenere le informazioni che gli occorrevano per metterlo dietro alle sbarre. Ah, già che c’era, si faceva pure una bella scopata.
 
“Kid, cosa intendi dire?” La voce bassa e quasi tremante di quello che poteva essere suo padre adottivo lo raggiunsero. Si decise a guardarlo in faccia, notando un completo spaesamento.  Sembrava sinceramente confuso.
 
“Io… - doveva trovare le parole, doveva riuscire a dire tutto ciò che pensava adesso che ne aveva l’occasione o chissà se ce ne sarebbero state altre. Se potevano spingersi oltre o no, dipendeva dalla verità, di cui Kaito voleva essere pienamente consapevole.- Perché lei, che mi odia, che mi vuole incarcerare a vita, perché io le ho rovinato la sua vita- sperava davvero che non fosse vero, che Ginzo in realtà non odiasse Kid. Considerava Kaito un figlio, questo lo sapeva, ma l’erede di Kuroba Toichi non era solo Kaito. Era anche Kaitou Kid- … perché dovrebbe fare l’amore con me?” Abbassò lo sguardo. Forse non era il termine più adatto. Si sentiva un po’ imbarazzato, come un alunno di terza media che studia per la prima volta il ciclo riproduttivo e non sa con che termini porre una domanda al professore. Si corresse: “F-fare sesso, con me.” Ginzo, dapprima seriamente perplesso, ridacchiò.
“Lo trova divertente?! Per lei tutta questa storia è una buffonata, vero?- si dimenava contro il suo corpo, a stenti tratteneva le lacrime di rabbia e vergogna- Voi della polizia siete così stronzi… prendermi per il culo, in tutti i sensi, solo per riuscire ad estorcermi informazioni? Se lo scorda, può anche stuprarmi a sangue, tanto ormai sono bloccato, so di non poter fuggire, ma non le dirò niente!” Non era così certo delle proprie parole. Ci credeva, ma era contemporaneamente consapevole del fatto di essere un sedicenne vergine. Non aveva idea di come fosse fare sesso, figuriamoci con un altro uomo e tutt’al più di un abuso.
Un buffetto lo raggiunse.
“Scemo, ma che stai farneticando?” Keibu gli sorrideva. “Posso giurarti sulla vita di mia figlia che non lo sto facendo per catturarti… e certamente non ti odio. Sì, l’ho fatto in passato, così come volevo arrestarti, ma ultimamente qualcosa è cambiato. Vado a lavoro con l’intenzione di vederti, non di ammanettarti. All’inizio non capivo, pensavo di avere una crisi di mezza età, ma l’altra sera alcuni pezzi del puzzle sono andati al loro posto…  anche se ancora non so darmi una risposta precisa”
Il ladro stava cominciando a temere le prossime parole e al contempo non vedeva l’ora di sentirle. Ma poi, il viso della sua migliore amica gli si presentò prepotente davanti agli occhi e gli tappò le orecchie con mani invisibili.
“Sua figlia - lo bloccò- Anche se ciò che mi ha detto fosse vero, non possiamo andare oltre. Non voglio rubarle il padre più di quanto non abbia già fatto. Per favore, faccia la cosa giusta”.
Il poliziotto stette in silenzio, con sguardo indecifrabile.
E poi lo baciò.
Kid rimase nuovamente spiazzato e il cuore gli si struggeva per Aoko.    
Ripensò alle parole dell’uomo e alla rapina precedente. A come Ginzo lo aveva fatto sentire bene con le sue frasi e le sue carezze. Carezze che anche la sua compagna di classe gli dava e sapeva riservava solo per lui.
Rammentò anche di aver trattato malissimo l’ispettore, poco prima che egli ricevesse la sua parte di benessere e di averlo lasciato come un baccalà nella sala del museo.
Eppure, nonostante lo avesse privato del piacere e di spiegazioni al suo comportamento improvviso, adesso Keibu aveva corso come un matto per tutto l’edificio, pur di trovarlo e lo stava finalmente e nuovamente baciando.
E ancora la sua dolce amica pareva richiamarlo alla realtà e ancora uno schiocco di labbra di Ginzo lo trasportavano in quel mondo incasinato, sbagliato, ma bellissimo, che stavano costruendo attorno a loro.
 
Kid chiuse le palpebre, dolcemente.
 
Lui e Aoko avevano litigato molte volte e altrettante si erano riappacificati.
 
Smise di agitarsi e si abbandonò al bacio.
 
Non c’era mai stata una vera dichiarazione d’amore tra loro e infatti tempo fa lei aveva acconsentito ad uscire con un ragazzo del terzo anno (il cui nome non era noto né a Kaito né ad Aoko) mentre il mago aveva continuato a flirtare con qualunque essere vivente, anche se non con doppi fini.
 
Quindi forse, forse… anche lui poteva sperimentare nuove esperienze.
 
Che ci fosse davvero un sentimento o il desiderio di essere posseduto dal poliziotto fosse solo la conseguenza di un esplosione di ormoni adolescenziali, non era influente in quel momento.
Con grande sorpresa e compiacimento di Ginzo, Kid ricambiò il contatto, dapprima timorosamente, fino poi ad arrivare a spingere con la propria lingua sulle labbra dell’uomo, per cercare rifugio.
 
Accarezzò con le dite il dorso delle mani di Nakamori, spingendo la testa verso di lui per rendere il bacio sempre più profondo ed intenso.
Poi, svelto e nuovamente conscio delle proprie abilità, svincolò le braccia dalla presa e, poggiando le mani sulle spalle dell’ispettore, le insinuò sotto la stoffa della giacca, togliendogliela. Seguì nel procedimento i lineamenti del corpo del corpo dell’uomo, finendo per abbracciargli la vita.
Lo avvicinò a sé.
 
Aoko amava Kaito ed odiava Kid. Quindi se Kid andava a letto con suo padre, si sarebbe fatto odiare da Aoko… ovvero non sarebbe cambiato niente.
Perché ora Kaito era Kid. Per quanto il mondo ne sapeva Kuroba Kaito a quell’ora della notte era abbracciato al suo peluche di Pikachu e dormiva beato nel letto, sotto le coperte di cotone di Dragon Ball.
 
E forse era distinguendo le sue due vite, quella civile e quella criminale, che sarebbe riuscito a trovare una scusa per se stesso.
 
A sua volta, Nakamori afferrò Kid per la cinghia dei pantaloni, facendo aderire i loro bacini.
Era impaziente ed eccitato e grazie al contatto, poté constatare che anche il ladro stava provando un certo piacere.
Sorrise furbo nel bacio che si vide costretto ad interrompere, per qualcosa di più intrigante.
Slacciò freneticamente la cintura di Kid, abbassandogli subito i pantaloni, che caddero alle caviglie inermi.
Ansioso, gli accarezzò il sedere, stringendo una natica e facendolo guaire.
Con delicatezza, poi, prese la stoffa che lo ricopriva e tirò anch’essa verso il basso.
Ginzo si allontanò un attimo.
Come la volta precedente, volle esaminare l’intimità del suo moccioso, facendolo scomparire di vergogna sotto quello sguardo scrupoloso ed emozionato.
 
Immedesimandosi nel ragazzo, provava comprensione per lui, ma Nakamori, dal canto suo, proprio non riusciva a staccare gli occhi di dosso da quella figura fantastica;
il ladro della sua vita vestito solo di una camicia blu sgualcita ed una cravatta, le braghe calate. Metteva in bella mostra la sua virilità ed era possibile vedere i muscoli scolpiti delle gambe, lunghe e snelle e del torace, attraverso la blusa.
Allo stesso tempo appariva tremendamente tenero e docile, con quell’aria impacciata, mentre fissava il pavimento per non incontrare lo sguardo dell’uomo più grande.
 
“Davvero non lo fa solo per interesse?” Era stato forse più l’imbarazzo a parlare, ma un’ulteriore conferma dei sentimenti dell’ispettore non poteva che ristabilire l’ordine nelle sinapsi dei neuroni del suo sistema nervoso.
Ginzo gli arruffò i capelli. “Se non ti fidi, ci possiamo fermare qui.” Mormorò.
“N-no!” Il solo pensiero era come un peso che gli si sollevava dalla coscienza e allo stesso tempo lo faceva rabbrividire. Voleva stare con lui, anche se era da stronzi nei confronti di Aoko.
 Keibu sorrise.
Portò una mano vicino la semierezione del ragazzo, sfiorandole la punta. Vide il maghetto sobbalzare.
Era così dannatamente dolce! Come aveva fatto a non accorgersene in tutti quegli anni? Poi, ancora, si rendeva conto che molto probabilmente, anzi, sicuramente, quel bel figliolo non era Kid . Ma aveva qualcosa di egualmente eccitante, intrigante e forse anche qualcosa di più.
Iniziò a giocherellare con la punta dell’intimità del suo giovane criminale, che si strinse a lui. Velocemente abbandonò la testa del pene per concentrarsi sulla lunghezza, gioendo nel sentire il liceale mugugnare dal piacere.
Ginzo aveva velocizzato il movimento, accarezzando nel contempo i testicoli.
“G-Ginzo…” Amava sentire il proprio nome essere pronunciato da quelle morbide labbra rosee, quasi troppo perfette per essere naturali.
Kaito fremeva. Per la seconda volta nella sua vita era invaso da quella miriade di sensazioni che il tocco di una persona amata procura. Ai sentimenti si aggiungeva l’esaltazione provocata dagli ormoni e il risultato era qualcosa di insopportabilmente stupendo.
Ma ancora una volta era lui a godere.  
Prese la mano del poliziotto che lo stava stimolando e ne baciò il dorso.
Si mise in ginocchio, con la testa all’altezza della patta dei pantaloni del poliziotto, che lo guardava sorpreso e incuriosito. Aprì la cintura ed il bottone dei pantaloni, seguiti dalla cerniera, che rivelò un prosperoso rigonfiamento dei boxer blu scuro. Ginzo mise gli avambracci sul muro e vi poggiò sopra la fronte, sorridendo dall’alto in basso al suo maghetto, che tentennava nell’andare avanti.
Finalmente quest’ultimo si decise e tirò con entrambe le mani l’elastico della biancheria intima, scoprendo l’erezione palpitante del suo carceriere.
Deglutì, un po’ meno sicuro di poter accoglierlo completamente in bocca e seriamente preoccupato per il proprio sedere.
Schiuse la bocca, facendo appena uscire la lingua che andò a sfiorare, partendo dalla punta, tutta l’altezza del membro. La seconda leccata fu più decisa e riuscì a procurare un formicolio nel poliziotto, facendo crescere sulle labbra del giovane un ampio sorriso. Proseguì in quella sorta di degustazione, sentendosi un poco più esperto ad ogni leccata.
“Kid, dammi di più…” l’appellato assecondò la richiesta espressa con una voce ed un tono tremendamente passionali, che gli facevano perdere la ragione.
Mise in bocca la testa del pene, cercando poi di accogliere il resto più che poteva. Provava una sensazione di vomito, inizialmente, dovuta alla percezione di un corpo estraneo che ingombrava la bocca, ma ben presto si abituò e cominciò a succhiare lentamente, giocherellando con la lingua attorno il sesso, aumentando pian piano i movimenti. Si sentì afferrare la nuca, ed essere spinto verso il bacino dell’uomo adulto. Gli sembrò di strozzarsi come il pene gli si fiondava in gola e tossicchiò per diversi secondi, con due grossi lacrimoni agli occhi. Sentì delle parole di scusa da parte dell’ispettore e il modo in cui erano state dette, gemendo e ansimando, mandarono in tilt i sensi di Kid. Si aggrappò ai suoi polpacci e riprese a succhiare senza pensare al dolore che lo sfregamento del membro gli procurava in gola e si compiacque nel sentire il suo investigatore mugugnare dal piacere quando iniziò a graffiarlo leggermente con i denti.
Ginzo sarebbe resistito di più con una donna, ma con quel ladro, tanto abile nel furto ed i giochi di prestigio, quanto impacciato, delizioso e arrapante nel sesso, era impossibile mantenere il controllo. Gli venne in bocca, senza contegno. Lo vide tentare di ingoiare, ma poi essere sopraffatto dalla quantità e tossire il suo sperma mentre ancora gli veniva sul viso e l’addome.
Ripresosi dall’orgasmo, si rivolse a quel cucciolo di criminale sexy.
“Hey, stai bene? Ti ho fatto ingozzare, scusa…” Kid non lo guardò. Si concentrò invece sul proprio braccio destro, imbrattato del seme di Keibu. Lo sollevò e lo ripulì leccandolo.
Nakamori avvampò alla visione. Vedere quel corpo perfetto, quella mente geniale, che si abbassava a leccare il suo sperma dal proprio arto era a dir poco provocante.
Era incredibile, ma gli sembrava di starsi eccitando di nuovo. E non era normale, poiché era appena venuto abbondantemente. Quel moccioso lo stava davvero rovinando, nei modi più belli e brutti che potessero esistere.
Si abbassò per prendergli il viso tra le mani e baciarlo. Kid lo circondò con le braccia e si lasciò spingere contro al muro. L’investigatore intromise due dita tra le loro labbra, che subito il mago accolse nelle proprie, succhiandole e leccandole.
Quando decise che erano abbastanza lubrificate, Ginzo le avvicinò all’apertura del ladro, ma questi abbassò le gambe.
“Che succede?”
“Non lo so”. Kid non voleva guardarlo in faccia. Si sentiva ridicolo e infantile, ma ora che stava per essere penetrato si rendeva maggiormente conto della situazione e poi, diamine, aveva paura! Chi non avrebbe paura di farsi mettere un robo enorme in culo?
L’adulto sospirò sommessamente. Quel ragazzo l’avrebbe condannato ad una vita di “fai da te”, continuando a bloccarli nel bel  mezzo dell’eccitazione.  
“Tranquillo, hai già fatto più di quanto mi aspettassi. Va bene così” gli arruffò i capelli, già naturalmente spettinati, alzandosi. Kid gli afferrò la mano.
“Non voglio lasciarla così!”
“E allora cosa vuoi?” s’inginocchiò nuovamente, cercando di catturare il suo sguardo.
 “…V-voglio provare, ma non pentirmene. Ci sono pochi pro e troppi contro a questa faccenda e non ho idea di come fare a non rammaricarmi. Possibile che lei non abbia preoccupazioni?”
Nakamori sbuffò. “Certo che le ho, forse anche più di te. Prime fra tutte, infrango la legge e tradisco la mia famiglia, ma… un pirla con due grandissimi occhi azzurri che mi fanno intontire mi ha insegnato un concetto chiamato Poker Face, che non è solo una sfida fisica, ma è anche ciò che permette di superare egregiamente gli ostacoli. Ma questa definizione –gli accarezzò la nuca, sorridendogli-  dovresti saperla meglio di me, eh, occhi azzurri?”
“Sì… ha ragione, mi scusi.” Era sbalordito dal fatto che quell’ispettore apparentemente superficiale avesse appreso la più grande lezione di Toichi Kuroba, e gliene era grato.
“Ora sollevi le gambe?” Kid annuì e fece come richiestogli. Poggiò la schiena al muro e chiuse gli occhi. Ben presto percepì il primo dito accarezzarlo e giocherellarle lungo il contorno della sua apertura e poco dopo lo sentì entrare in lui, fino in fondo, facendolo inspirare tremante.
“Fa male?”
“No, è solo strano. Mi sento come vincolato… non glielo so dire”
“Spero che dopo potrai descrivermi questa sensazione come piacere” mentre gli rispondeva insinuò pure il medio nel suo giovane ladro. Iniziò a compiere piccoli movimenti con le dita, torcendole e sfregandole continuamente contro le pareti del retto e si compiacque nel vedere come l’espressione sul viso di Kid era ora di puro godimento. Il mago gli gemeva nelle orecchie, senza vergogna e spingeva col bacino contro il suo pugno.
“Non pensavo che la penetrazione con le dita ti piacesse tanto.” Infilò l’anulare, storcendo le tre dita insieme e spingendo lungo il canale del ragazzo.
“Stia zitto… ah!... f-faccio già fatica a capacitarmi del fatto che sto avendo u-un rapporto omosessuale con l’ispettore che mi vuole in carcere… ah! Oh Buddha… N-non… non sottolinei il fatto che palesemente mi piace averlo in culo, come un finocchio”
“Hoy, Kid! Non ti ho mai sentito parlare con un registro così basso. E che fine ha fatto la pudicizia di prima?”
Il giovane fulminò il suo uomo con lo sguardo. Era facile per lui parlare e prenderlo in giro! Non aveva una mano iperattiva nel didietro e ormoni adolescenziali alle stelle.
Ginzo lo baciò, divertito e anche un po’ spaventato e tolse le dita.
Cercò gli occhi del compagno per un consenso per proseguire. E lo ebbe.
Posizionatosi sull’apertura del ladro, fece gradualmente pressione, entrando in lui, il più delicatamente possibile.
Il ragazzo gli si aggrappò a stenti alla camicia, boccheggiando. Sapeva che il sesso anale faceva male, ma dalla preparazione con le dita, che gli erano entrate fluenti, forse aveva abbassato la guardia. Adesso si era sentito dilaniare le carni e avvertiva non più completezza, ma ingombranza, vero disagio e dolore. Ciò lo portava a cercare inutilmente una “posizione comoda”, come quando ci si siede su un sasso sotto la tovaglia da picnic o si dorme sulle pietre in un sacco a pelo. Ma i suoi movimenti, piccoli e scatti, a poco servirono se non a fargli dolere ancor di più una parte a lui interna, che non sapeva ben individuare.
Si sentì afferrare il viso e si ritrovò naso a naso con Keibu.
“Sta calmo. Finché non ti sei abituato io non mi muovo, ma se lo fai tu e in quel modo, facendoti male, allora tanto vale stuprarti, capito?”
Kid abbozzò una risata, che scemò sul nascere come al primo colpo di diaframma un’altra fitta, che partiva dall’osso sacro e gli giungeva fino alla cervicale, lo colse.
“Non mi faccia ridere” mormorò, nascondendo il viso nell’incavo del collo di Nakamori. Lui lo abbracciò.
Ora, si sentiva meglio. Stava iniziando a rilassarsi e sentiva il pene del poliziotto scivolare dentro di lui, facendosi strada tra i fasci di muscoli, fino in fondo. Sentiva come se stesse per sfiorarlo in un punto particolare, ma non ci riusciva, gli faceva solo il solletico e la cosa lo eccitava e tormentava.
“Ginzo… muoviti” fu tutto ciò che poté sussurrargli, col volto premutogli contro il petto, dimenticandosi della forma cordiale del “lei”, perché ormai erano davvero in intimità.
L’ispettore si sporse in avanti, facendo sdraiare il giovane mago. Gli prese le gambe, che sistemò sulle proprie spalle, facendolo mugugnare per il leggero male e si chinò per baciarlo. Cominciò a ondeggiare con le anche, senza mai uscire dal corpo del compagno, per farlo abituare alla sua presenza. Con suo grande compiacimento, il ladro iniziò a gemere dal piacere, chiedendo di più.
Il poliziotto ritrasse il bacino, sorridendo al brontolio contrariato del ragazzo. Entrò nuovamente in lui, ancora con calma, poi ripeté l’azione, ancora e ancora, aumentando gradualmente la velocità e la forza. Ora Kid piagnucolava, ansimava e lo chiamava. Il suo petto si alzava e abbassava ad una rapidità impressionante e Ginzo sperava davvero che il suo cuoricino non scoppiasse, perché erano solo a metà dell’opera. Gli afferrò i fianchi, stretti e dalle curve dolci e aumentò il ritmo delle spinte, la loro intensità. Andava sempre più a fondo in quel corpo perfetto. Scavava attraverso uno stretto canale di muscoli, con maggiori energie.
“Ginzo…Ginzo! Non… non ce la facc-ioh! Mi-mi sento strano…”
L’uomo non badò alle lamentele del giovane e continuò ad affondare in lui, ormai senza controllo.
Il ladro aveva il dolce viso rigato da lacrime di dolore, piacere, pazzia. Non capiva quale sensazione prevalesse, in preda a spasmi, eccitazione, urla represse, finché finalmente il membro del poliziotto lo colpì in quella parte nascosta di lui, che gli aveva causato formicolii per tutto il tempo, ripetutamente. Allora comprese che stava dannatamente godendo.
Allargò le gambe, alzando il bacino, sperando che l’ispettore potesse penetrarlo ancora più a fondo e gli afferrò la vita e poi le natiche, ancora coperte dai pantaloni, tirandolo verso di sé, sempre di più, sempre più nel suo interno. Le spinte erano sempre più frenetiche e violente, la sua prostata veniva massacrata e la sua virilità faceva davvero un male cane.
Kid raggiunse l’orgasmo, inarcando la schiena, urlando eroticamente, fino a che ricadde sul pavimento, con la falsa speranza di riprendere il controllo di sé, perché Keibu ancora lo stava scopando. Con la poca lucidità e forza rimastegli, assecondo i movimenti del suo carceriere, finché anch’egli venne, riempendolo col suo seme.
Ginzo gli si accasciò addosso, abbracciandolo e cercando di riscaldarlo. L’atmosfera era stata fino ad allora bollente, ma adesso iniziavano a percepire l’effettiva temperatura del sottosuolo.
 
“L’aveva mai fatto, prima, con un uomo?” domandò il più piccolo, una volta ripresosi, accoccolandosi tra le braccia di Keibu, poggiando la testa sul suo petto per udire il suono martellante del cuore dell’altro.
“No… in realtà non avevo rapporti dalla morte di mia moglie.” Kid abbassò lo sguardo.
“Piuttosto, perché tu eri vergine?”
“Eh?” il ragazzo strabuzzò gli occhi e l’imbarazzo che provò non fu più dovuto all’aver tirato in ballo un tasto dolente della vita dell’ispettore. Quest’ultimo rise.
“Non vorrai dirmi che l’avevi fatto con qualcun altro prima! Si vedeva e sentiva lontano un miglio che era la tua prima volta… Mi chiedevo, però, per quale motivo un bel ragazzo come te non l’avesse mai fatto.”
Il ladro avvampò e si arrampicò sul corpo dell’uomo, afferrandolo per le guance e guardandolo fisso negli occhi.
“Ero tanto ridicolo? Risultavo disperato? Parevo volgare? Sembravo il protagonista di un manga shota yaoi? Oh mio Dio, sembravo uno di quei poveracci…” e mentre il delirio del ragazzo andava avanti, Nakamori scuotendo la testa rassegnato, ma divertito dal carattere particolarissimo ed unico del ladro, si mise seduto, tenendolo in braccio.
Doveva recuperare i loro vestiti e renderli nuovamente presentabili il prima possibile. Avevano perso davvero molto tempo e anche se il sotterraneo era uno degli ultimi posti che la Task Force avrebbe controllato, era certo che essa sarebbe giunta a breve. 

*Si nasconde dietro Kaito. Nessuno oserebbe far del male a Kaito pur di farne a lei... giusto °^°?* Sì, sono in ritardo di qualche anno con questa fic e sono in ritardo di quattro anni con quelle belle e non perverse dell'altro profilo (alias Incidenti del mesitere, Cinque giorni e mezzo assieme, Così come Lupin anche Kid ha la sua bella) MA ho finalmente superato le crisi da scrittore, d'identità e quelle esistenziali. Ed eccoci. 
Allora, che ne dite di questo capitolozzo?

ATTENZIONE: IL PRIMO CAPITOLO VERRÀ COMPLETAMENTE RISCRITTO. 

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