A Thousand Miles

di SweetLady98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L’anno era il 1951 e da poco era scoppiata la Guerra di Corea. Io, che mi ero arruolato nella Seconda Guerra Mondiale, venni richiamato a Monaco per la Radio delle Forze Armate, avevo 25 anni.
Fu la cosa migliore che mi potesse capitare.
 
<< Sergente Bill Lane, tenente >>
Fu la prima persona che conobbi lì. Era molto giovane, i capelli castani perfettamente in ordine, il tipico bravo ragazzo. Mi fece il saluto.
<< James Hartley >> mi presentai io, e gli sorrisi. << Ma puoi chiamarmi Jim >>
 
Cominciammo a vederci spesso per il lavoro, e la compagnia di Bill era molto piacevole. Passavamo molto tempo parlando di noi, lui di Los Angeles, dove era nato e cresciuto, io della Seconda Guerra.
Un buon amico era l’antidoto perfetto per quelle lunghe giornate noiose.
 
Il tempo passava e mi accorsi di quanto ero impaziente ogni giorno di vederlo, di quanto mi piaceva il tempo che passavamo insieme. Cominciai a  vedere Bill in modo diverso. Non lo vedevo più come un ragazzino, ma come un uomo, bello e desiderabile. E soprattutto, non più come un amico.
 Amavo le fossette che si rendevano visibili sulle sue guance quando rideva, il mio cuore sobbalzava  incredibilmente ogni volta che mi sfiorava il braccio per avere la mia attenzione, e se un giorno non ci vedevamo, mi mancava tantissimo.
 
Mi scoprii seriamente innamorato di lui, questo mi spaventò all’inizio.
 Io ero sposato e non mi erano mai piaciuti gli uomini. Invece dovetti credere il contrario, perché avvertivo chiara la mia attrazione verso Bill. Mi sentivo tremendamente in colpa pensando a mia moglie. Sapevo che in modo la stavo tradendo, e io avevo sempre odiato farle del male.
 
 
Ma nonostante questo, provai a corteggiarlo. Bill era stupito dal mio comportamento, ma non sembrava infastidito, anzi, a volte lusingato. Non volevo confessargli tutto perché avevo paura di perderlo, ma una sera decisi di togliermi quel peso e farlo.
Gli dissi chiaramente cosa provavo per lui, non ero uno che si perdeva in tante parole, e arrivai al punto con calma. Lui mi ascoltò in silenzio, impassibile.
<<… E non voglio che tu provi fastidio per le attenzioni di un uomo, soprattutto se esso è il tuo tenente >>
<< James, ho capito >> mi interruppe.
Lo guardai meravigliato.
 << Non sei…Arrabbiato? Confuso? >>
<< Perché dovrei? Io… l’avevo capito. Da prima. Ecco, è così strano… Ma anche io sto davvero bene con te >> mi toccò timidamente la mano senza guardarmi.
Gliela strinsi, agitato. Era una specie di risposta alla mia dichiarazione?
<< Tu vuoi ancora la mia compagnia? >>
<< Si James, la voglio ora e per tanto tempo ancora >> i nostri sguardi si incrociarono per un istante e sul suo viso comparve un sorriso.
Posai le labbra su quel sorriso, non avevo più paura ormai, ero felice e sollevato. Se prima avevo solo pensato che forse lui provava lo stesso per me, dopo quelle parole ne ero certo.
Rispose a quel mio bacio così timido e sfuggente con una leggera pressione.
All’improvviso realizzai che forse quello era il suo primo bacio, tanto era giovane. Il primo, e dal suo tenente. Forse era sbagliato, ma a me era sembrata la cosa più giusta da fare in quel momento.
Io di baci ne avevo dati tanti, ma fu quello che fece scivolare il mio cuore in un vortice di passione.
 
Bill non lasciò la mia mano, ma la strinse più forte, e quello fu il modo in cui mi fece capire che un po’ mi amava anche lui.
 
Vivere la nostra relazione in quegli anni fu molto difficile. Nel 1951 la U.S military aveva congedato tantissimi tra uomini e donne omosessuali e noi naturalmente non volevamo fare la stessa fine. Rischiavamo di essere scoperti quando uscivamo di nascosto la sera, ed era difficile non dare nell’occhio.
 Dopo qualche tempo, la truppa cominciò ad accorgersi di qualcosa. Il tanto tempo che passavamo insieme, sia al lavoro che nelle sere di libertà, gli sguardi di complicità che cercavamo di evitare, ma inutilmente, erano motivo di chiacchiere tra i soldati.
Serpeggiavano commenti maliziosi, e non potevamo rischiare che arrivassero alle orecchie di qualcuno del quartier generale, perciò chiesi aiuto alla mia segretaria. Eve ci aveva sempre coperti e costantemente negato ai curiosi che ci fosse qualcosa di piu di un'amicizia tra me e Bill, e fu lei che escogitò il modo per far cessare le chiacchiere.
Alle sei in punto riunii tutti i soldati nella sala dove solitamente preparavamo i programmi radiofonici, e tutti chiacchieravano pieni di idee, pensando di poterle proporre in quella riunione, ma le cose andarono molto diversamente.
<< Vi ho riuniti qui non per discutere sui programmi, e vorrei mi ascoltaste tutti per favore >> i presenti si zittirono immediatamente. << Ultimamente mi sono giunte voci alquanto particolari che non riguardavano affatto quello di cui ci occupiamo qui. Dato che continuano, e sono abbastanza insistenti, vorrei che qualcuno riferisca al Quartier Generale di Monaco cosa vi sta interessando così tanto, e che non è affatto la guerra coreana. >> feci cenno a Eve di alzare il telefono della sua scrivania.
<< Se qualcuno ha da dire qualcosa sulla presunta relazione tra il tenente Hartley e il soldato Lane...bene, questa è la sua occasione >>
Nessuno disse una parola. Tutti evitarono di guardarsi, e soprattutto di guardare me. 
Dall'angolo della stanza, BIll fu l'unico a rivolgermi quello che sembrava l'ombra di un sorriso. Sorrideva perchè sapeva che dall'altra parte della cornetta il telefono era muto.

Da quel giorno non si sentì più neanche una parola sull'argomento, fin quando io e Bill non fummo congedati e ci fu permesso di tornare in America. Decidemmo di partire insieme: e insieme siamo ancora oggi.









N.d.A.
Ciao lettori! Pubblicai questa storia almeno tre anni fa, ma solo poco tempo fa ho deciso di riprenderla in mano... mi è sempre piaciuta tantissimo essendo tratta da una storia vera, e ho pensato di impegnarmi e continuarla. 
Spero vi piaccia e aspetto i vostri pareri!
Sweetie

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Capitolo 2
*** 1. ***


Dopo un anno e mezzo fummo congedati con onore, inutile parlare della nostra felicità: potevamo stare insieme, avremmo potuto vederci sempre, e non quelle poche volte di prima…
E si pose il problema di dove andare. Avevamo deciso di rimanere insieme, dovunque saremmo andati.
Il mio primo pensiero andò alla mia famiglia. Non mi sentivo affatto pronto a tornare a casa mia,  a dare spiegazioni, soprattutto. Olivia, mia moglie, era una donna così bella, così affettuosa. Odiavo farle del male, e dicendole tutto l’avrei distrutta,  già avevo distrutto i nostri sogni, avevo buttato al vento tutti i nostri anni insieme.
Avevo paura della reazione delle mie figlie, erano ancora piccole, ma presto avrebbero capito… Avrebbero capito che il loro padre si era innamorato di un altro uomo, e quindi non era accanto alla loro mamma, come sarebbe dovuto essere.
Come l’avrebbero presa? Non bene, di sicuro. Amavo le mie figlie, non volevo perderle. Temevo che mia moglie proibisse loro di vedermi.
No, non sarei tornato in Texas. Non per ora, almeno.
<< James >> mi chiamò Bill, scuotendomi dal mio torpore << Che hai? >>
Fissai il mio bicchiere pieno, su quel tavolino di un piccolo bar di Monaco, poi lo guardai negli occhi.
<< Stavo pensando a dove potremmo andare. Non voglio rimanere a Monaco >>
<< Vuoi tornare in Texas? Non è un problema, ma forse sarebbe meglio se tu andassi solo >>
<< No, Bill. Voglio che stiamo insieme >> non avevo la minima intenzione di dividermi da lui.
<< Lo sai che prima o poi dovrai tornare, vero? Olivia verrà a sapere che hai finito il lavoro alla Radio di Monaco, ti rivorrà da lei >>
<< Lo so, ma ora non posso. Mi limiterò alle lettere >>
Il bel viso di Bill si oscurò.
<< Scusa, James >> sussurrò dopo poco.
<< Per cosa? >>
<< Per averti incasinato la vita >>
<< Bill… >>
<< A quest’ora saresti già dalla tua famiglia >>
<< Non mi hai incasinato la vita, Bill. Me l’hai resa migliore. Tu mi hai fatto capire cosa volevo davvero, e non vado da nessuna parte senza di te >>
Malgrado tutto, accennò un sorriso, che ricambiai.
Bill lasciò il suo drink e mi allungò il bicchiere, pensando che volessi finirlo, ma scossi la testa.
<< Andiamo in America comunque, James! Saresti disposto ad accompagnarmi da mia madre? >>
<< Non so se sarebbe una buona idea >> lo capivo, lui era molto giovane, teneva molto a sua madre, era ancora molto legato a lei.
<< Non la vedo da quasi tre anni, le manco molto. E poi deve sapere che non resterò lì a Los Angeles da lei, ma comincerò a viaggiare con un uomo… e non per lavoro. >>
<< Meno gente sa di noi meglio è Bill, lo sai >>
Rimasi un po’ stupito, lui conosceva i rischi che correvamo… Avevamo fatto di tutto per tenere la nostra relazione segreta, la mia segretaria mi aveva addirittura coperti, e ora lui che faceva…? Lo voleva dire?
<< E’ mia madre James! Non le voglio mentire, capirà >> mi sembrava lo dicesse più per tranquillizzarmi che per altro, non era sicuro neppure lui, potevo scommetterci.
Sbuffai alzando le spalle << Spero che tu abbia ragione >>
Un gran sorriso comparve sul suo volto.
<< E’ un sì? >>
Gli tolsi il cappello e gli scompigliai i capelli biondo cenere, sospirando << Riuscirò mai a dirti di no, Bill? >>

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Capitolo 3
*** 3. ***


Partimmo per Indianapolis qualche giorno dopo. Bill aveva deciso di non avvisare sua madre del suo arrivo per farle una sorpresa. Pensai che la sorpresa sarebbe stata tanto gradita quanto sgradita la mia presenza. Forse Bill colse il mio sguardo assorto e mi sorrise. Io tornai a guardare fuori dal finestrino del treno che ci stava portando in città, in attesa che l’altro viaggiatore del nostro scompartimento uscisse.
<< Un penny per i tuoi pensieri >> mi disse allegramente, non appena l’uomo accanto a noi scomparì.
<< Li conosci già>> ribattei, senza sorridergli.
<< Oh, Jim, non posso credere che tu sia così preoccupato. Siamo stati sotto lo stesso tetto per mesi e nessuno ha mai detto nulla. Ora, non puoi aver paura di mia madre >>
<< Non ho paura di tua madre! Sono solo preoccupato per te. La sua reazione non sarà delle migliori, ne sei consapevole? >>
<< Sono consapevole che questa è la cosa giusta da fare…Non mi smuoverai Jim, non posso tenere questo segreto con mia madre. E per di più dovrò spiegarle perché mi rimetterò in viaggio invece di restare finalmente a casa dopo tanto tempo >>
Alzai le spalle, rassegnato. Era cosi testardo, a volte: avevo tentato in tutti i modi di farlo desistere dalla sua intenzione, e cioè quella di rivelare a sua madre la nostra relazione.
Non capirà, non capirà di certo mi ripetevo in mente. E’ sua madre, certo, e lo ama, ma sarà lo stesso dopo? Dopo aver portato a casa il suo uomo, e aver deciso di partire con lui?
Eppure lui sembrava cosi sereno, come se gia sapesse che sarebbe andato tutto bene; e quel che mi preoccupava era che secondo me non lo sapevaa affatto.
<< Dovrà solo accettare >> disse sedendosi accanto a me << Se mi vuole bene lo accetterà. E non rinuncerò ad andare via con te, non ti lascio Jim >> con un sorriso rassicurante mi sfiorò la mano, mentre gettavo uno sguardo fuori dallo scompartimento, accertandomi che nessuno vedesse, e gliela strinsi, Quel contatto mi fece stare molto meglio, come al solito.
Nei mesi precedenti era stato difficile anche solo stare vicini, e ora dovevamo stare attenti a ogni sguardo, a un gesto o semplicemente un sorriso. Stemmo così, senza parlare, finchè non tornò il viaggiatore e dovemmo prendere le valigie per scendere dal treno.
La stazione era nella periferia nord di Indianapolis, vicino al distretto in cui abitava Bill, per cui bastò poco tempo per ritrovarci in un lungo viale e individuare una delle tante villette a schiera in fondo alla strada.
<< La mia è quella laggiù, numero 24 >> mi indicò Bill, visibilmente contento, da come faceva sbattere la valigia contro la sua gamba, affrettando il passo.
Poi si rivolse a me << Inutile che te lo dica, Jim. Sii professionale >> lo disse in modo così serio che mi misi a ridere << E non ridete, generale! >>
<< Sì signore. Non ti guarderò neanche >> aggiunsi poi abbassando la voce, e lui mi scoccò un’occhiata divertita.
La strada era molto silenziose, e la casa di Bill sarebbe sembrata se non fosse stato per la musica che proveniva dal piano superiore.
<< Frank Sinatra? >>chiesi quando lui suonò il campanello e in quel momento la musica si arrestò.
<< Oh, è Ella…>>  sapevo che si riferiva alla sorellina, ma chi ci venne ad aprire fu una donna esile, con i capelli biondi stretti in una crocchia. Ci guardò entrambi stupita, poi abbracciò Bill.
<< Oh cielo, che sorpresa! >> lo tenne stretto ancora qualche secondo, poi fece un passo indietro per guardarlo meglio, con un grandissimo sorriso, che somigliava molto a quello di Bill. << Non posso crederci. Entra! >> poi posò lo sguardo su di me.
<< James Hartley, piacere >> mi presentai tendendo la mano, che lei strinse. << Io sono Cindy >>
<< James era il mio tenente. Vuole girare l’America e gli ho proposto di restare un poco qui da me, per visitare Indianapolis. Non è un problema vero? >>
Mi scappò un sorriso per quella mezza verità, ma Cindy non se accorse perché scosse la testa e mi invitò a entrare.
La casa non era grandissima, o forse era solo un’impressione visto la quantità di cianfrusaglie. Nel complesso però era molto accogliente, e vivace per la carta da parati decoratissima.
Cindy chiamò Ella a gran voce, e si sentì un rumore per la scala. Ella era bassina e bionda, ma al contrario della madre aveva i capelli ordinati in una complicata acconciatura alta.
Spalancò gli occhi quando vide il fratello e gli scoccò due baci sonori sulla guancia. Fui felice di notare quanto si volevano bene in famiglia: nella mia erano frequenti gesti di affetto.
Io le sfiorai la mano con le labbra, e lei si ritrasse imbarazzata e stupita, avevo solo pochi anni più di lei, e non era aspettata quel gesto.
Ella cominciò a saltellare intorno al fratello, facendogli mille domande, e fu fermata solo dalla madre, che ci permise di salire di sopra per poggiare le valigie.
<< Questa è la tua camera >> mi disse Bill, aprendo la porta di una stanza che si rivelò essere la più ordinata della casa. IL letto era ben fatto, e le mensole sgombre a parte qualche libro in alto, come se nessuno ci dormisse da anni.
<< E tu dove dormi? >> chiesi, pensando fosse la sua.
<< Con mia sorella, questa è per gli ospiti >>
Notai subito un quadro appeso alla parete, che ritraeva Bill con l’uniforme, e mi avvicinai per guardarlo meglio.  << E’ bellissimo, quando te l’hanno fatto?>>
<< Non sono io >> rispose Bill, dopo un attimo di silenzio. In effetti, quel ragazzo aveva i lineamenti più marcati e gli occhi di una forma leggermente diversa, ma la somiglianza era comunque incredibile. << E’ mio fratello. Puoi appendere i tuoi vestiti qui, se vuoi… anche i cappelli, visto che con quelli potresti riempire l’intero guardaroba >>
<< Sono la mia passione, che ci posso fare? >>
<< Come no. E’ solo per non far vedere che stai perdendo i capelli >> gli feci un sorrisetto ironico, e cominciai ad appendere i vestiti nell’armadio.
<< Bene, io vado di sotto a farmi soffocare di domande… Tu rimani pure qui >>
 
A cena mi domandarono della mia famiglia, e raccontai di Olivia, la ragazza che avevo sposato giovanissimo prima di partire per l’Europa, e delle mie due bambine. Più ne parlavo, più sentivo ingigantirsi il senso di colpa: già, che padre ero, lontano dalla mia famiglia, in viaggio con un uomo?
Bill se ne accorse e venne in mio aiuto, cambiando argomento << Ho saputo che Mervyn si è sposato qualche tempo fa >>
<< Oh si! >> il volto di Cindy si illuminò << Avrebbe invitato anche te se ci fossi stato. Penso che gradirebbe molto una tua visita… Sua moglie è deliziosa >>
<< Non mancherò di farla nei prossimi giorni >>
<< Sai quanto si è detto su di lui. Ma ora…>>
<< Erano chiacchiere infondate, mamma >>  tagliò corto Bill, improvvisamente irritato, per un motivo che non capii o semplicemente non afferrai, perché chiesi di salire al piano di sopra per usare la macchina da scrivere.
“Carissima Olivia,
vorrei continuassi a scrivermi all’indirizzo che trovi sulla busta. Sono in viaggio con un amico poiché credo che presto lavorerò per un’altra radio, forse da queste parti. Tornerò a casa appena il lavoro e il tempo me lo permetteranno. Come stai, mia cara? E le bambine? Bacia Josslyn da parte mia. Anche lei mi manca. Mi addolora sapervi lontane da me, ma conosci il mio impegno per il nostro Paese…”
<< Ti disturbo? >> il cigolio della porta mi fece sussultare, tanto che mi scappò il dito sull’altro tasto. Bill arrivò silenziosamente alle mie spalle.
<< No, ho quasi finito >>
<< E’ quasi mezzanotte, pensavo stessi dormendo… poi ho sentito il rumore della macchina >> sentii le sue mani che mi accarezzavano le  spalle e immediatamente i miei muscoli rilassarsi sotto il suo tocco. << Perché non spegni il lume e ti stendi un po’? >>
<< Solo se rimani con me >> spensi la luce, e sul volto in ombra di Bill comparve il sorriso, quando lo tenni stretto a me.
<< Sei sgattaiolato via? >>
Lui annuì << Sono diventato bravo, sai? E’ l’unico momento in cui non devo fingere..odio farlo >> socchiuse gli occhi nell’ombra baciandomi lentamente sul viso, poi intrecciò la sua lingua con la mia. Era uno di quegli attimi,  quei pochi attimi in cui non eravamo costretti a comportarci come semplici amici, scambiandoci solo sguardi pieni di tutte quelle parole che non potevamo dirci.
<< Non è mai stato facile Bill, dal primo giorno. Mi ricordo… eri così timido >>
<< Certo non potevo accennarti nulla, dovevo aspettare lo facessi tu. Ho aspettato che lo capissi… Il clima non era dei migliori, rischiavamo grosso >>
Spalancai gli occhi << Che lo capissi io? >>
<< Non te l’ho mai detto, ma già sapevo bene come ero, ecco >> prese la mano con cui gli stavo accarezzando i capelli tra le sue, abbassando lo sguardo << Conobbi un ragazzo, quando ero più piccolo, siamo rimasti amici per anni…Ma ad un certo capii che non era amicizia, quella che sentivo io. Era come un fuoco, qualcosa che divampava dentro. Pensai di rivelarglielo, speravo che mi avrebbe accettato questa mia…malattia, come viene considerata. Perché avevo il presentimento che anche lui, fosse così >>
<< E lo fece? >>
<< No, perché non gliel’ho mai detto. Decisi di partire, andare in Europa per togliermi tutto questo dalla testa… >>
Ora il discorso di sua madre mi appariva chiarissimo. <>
<< Sei perspicace! >> si fece così vicino che i nostri nasi quasi si toccavano << Ora so…che ho fatto la cosa giusta, perché ho incontrato te. E adesso, se permettete signore, desidererei baciarvi…>>













N.d.A.
Ciao ragazzi! Spero che l'inizio di questa storia vi stia piacendo. Forse sembra un pò lento, ma non disperate...Son curiosa di sapere i vostri pareri, buoni o cattivi xD quindi fate sempre in tempo a scrivermi due parole! A presto
Sweetie

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