Diario di Zakhar

di Cissy_Black
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 20 marzo ***
Capitolo 2: *** 20 novembre 1894 ***
Capitolo 3: *** 21 marzo ***
Capitolo 4: *** 11 aprile ***
Capitolo 5: *** 27 maggio ***



Capitolo 1
*** 20 marzo ***


Sono davvero tornata più attiva di prima, ma questa volta vi prometto che non lascio nulla di incompleto <3

20 marzo



Era fermo di fronte allo specchio a petto nudo.
Continuava a guardare quei segni sulla sua pelle.
Il collo, i pettorali che fino a poche sere prima erano disseminati di quei segni, ora non ne presentavano più di due o tre. Quei segni stavano sparendo.
Anche più giù, dove il ricordo delle sue labbra e della sua lingua che collegavano le cicatrici, era sempre stato più vivido, non comparivano più i suoi segni lasciati dai morsi e dai succhiotti.
Aveva pensato a una ragnatela quella notte. Una ragnatela fatta disegnata abilmente.
Ora non ne capiva più il collegamento, o meglio non così a freddo, non ora che non c'era più lui a disegnarla
Li teneva nascosti quei segni, per tutto il tempo che passava fuori casa, un ricordo da cancellare, si era detto, un ricordo da non rendere pubblico, un ricordo solo suo e che nessuno avrebbe mai potuto cancellare.
Ora quel ricordo, sul suo corpo, stava lentamente svanendo.
Mentre sperava che quei segni rimanessero in eterno.
Quei segni che erano Loro,
Era loro.
Oltre ad essere l’ultimo ricordo che aveva di Davide.
All'inizio non si era mai fermato a ricordare, a pensare, anzi era scappato di fronte ad essi.
Era fuggito dal suo riflesso, dai suoi ricordi, da quella notte
Ora invece li cercava e ne ritrovava solo alcuni.
Continuava a toccarli con la punta delle dita, li collegava, il ricordo delle sue labbra tornava a farsi vivo.
Più vivido di quanto già immaginasse.
Forse era quello il vero segno indelebile che gli aveva lasciato.
Un segno nella mente, non nel corpo.

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Spero che vi sia piaciuto, questo primo spacco della vita di Zakhar, a presto con i prossimi
>Vostra Cissy

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Capitolo 2
*** 20 novembre 1894 ***


20 novembre 1894

Lo odio.
Non può decidere per me.
Però ha ragione, la famiglia prima di tutto.
Ha ragione, la famiglia è importante.
Ha ragione, ma non per questo la penso come lui.
Ha ragione e vuole che io lo ammetta.
Ha ragione, ma non può fargli del male.
Ha ragione!
Ha ragione.
Ha ragione?
No. Ha torto.
Vuole proteggermi da me stesso, questo dice.
Vuole proteggere la famiglia, il nostro nome, dice.
Vuole solo proteggere se stesso, dimostra.
Nessuno può parlare male di lui, perché è lui quello che ci rimetterebbe, la cittadina si fida del suo nome, è da me che scappano, Sono io quello che evitano.
Ma è lui che ci rimetterebbe tra noi due.
Lui, il dottore, il medico, lo psicanalista.
Psicanalista che comprende qualunque suo paziente, tranne suo fratello, la sua famiglia.
Suo fratello che vuole stare da solo.
Suo fratello che vuole tenere in casa un animale.
Suo fratello che vuole stare accanto a un uomo.
Suo fratello che vuole stare accanto a Davide,
E tutto è nato solo da questo.
Solo perché voglio Lui.
Cosa c’è di sbagliato poi non lo capisco. È un uomo, lo so, crede che non l’abbia capito, ma è anche l’unico che si sia davvero avvicinato a me, dopo quel ragazzino.
Ragazzino che ho allontanato perché rimango inferiore a lui.

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Capitolo 3
*** 21 marzo ***


21 marzo



Aveva dormito in locanda e lì aveva trovato un posto dove rifugiarsi. Aveva pianto a lungo, forse troppo a lungo, per la sua morte.
Ma oltre a un luogo sicuro aveva trovato un amico, forse il primo, forse l'unico.
Dimitrij lo aveva aiutato a non pensare troppo alla scomparsa di Davide, ad asciugarsi le lacrime sul viso e tenere dentro quelle che ancora pungevano.
Ma aveva fatto dell'altro.
Gli aveva dato alcuni compiti, sia come amico sia come compagno d'armi, come rivoluzionario, perchè giorni prima era andato dal Rodcenko cn tutta l'intenzione di unirsi a quegli ideali.
Il primo favore che Dimitrij gli aveva chiesto era, anche, quello che in principio lo aveva preoccupato di più.
Avrebbe dovuto seguire sua sorella.
Anna Rodčenkova.
Aveva accettato, quasi a cuore leggero, perché sapeva che era un fratello che teneva alla sua famiglia.
Gli ricordava tanto Mark, ma non poteva ammetterlo.
Non lo avrebbe mai ammesso, non in quel momento, non dopo aver sentito dalle labbra di Karina che forse era stato proprio suo fratello a uccidere Davide.
In realtà, la sua preoccupazione, la sua perplessità era nata da ben altro.
Da una lettera.
Una lettera che ora teneva in mano e che non smetteva di fissare.
Una bolla comunale che avrebbe fatto di lui un membro del consiglio. Più ci pensava più credeva che tutto fosse impossibile, non stava davvero capitando a lui.
Consigliere comunale, non più un semplice guardiacaccia.
Forse doveva accettare, forse Dimitrij gli stava offrendo una possibilità di riscatto anche da suo fratello.
Non sarebbe più stato un peso sulle sue spalle, era la prova che poteva credere in qualcosa
Poteva credere in se stesso.
 

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Capitolo 4
*** 11 aprile ***


11 aprile



Si era svegliato con il collo tutto incriccato e un dolore più acuto sulla fronte come se avesse sbattuto contro qualcosa durante la notte
Poi i ricordi iniziarono a farsi vivi, non si ricordava tutto quello che era successo, solo piccoli ricordi a sprazzi.
Il volto truccato di quell'uomo strano contro cui aveva sbattuto la fronte.
La sensazione della sua lingua sui forellini del morso e la sua mano fra i capelli.
Il cazzo in tiro come ogni volta che quei forellini venivano sfiorati.
Infine la sua schiena, quando gli aveva dato le spalle per uscire lasciandolo lì in cucina.
Un po' gli assomigli, forse è per questo che vorrei che fossi reale
Erano state quelle le ultime parole che gli aveva rivolto quella notte, non avrebbe saputo dire il motivo per cui si ricordava così bene quel momento, mentre il resto era tutto avvolto da un nebbia che oscurata i ricordi. Eppure sapeva che doveva essere importante se se lo ricordava.
Mentre tornava in camera per cambiarsi, continuava a pensarci cercando di ricordare bene il viso truccato.
Se davvero quel ragazzo assomigliava a Davide, qualcosa avrebbe trovato. Tutto era confuso, e lui era ogni secondo più spaventato, ad ogni gradino il fiato diventava più affannato.

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Capitolo 5
*** 27 maggio ***


Tornava.
Ritornava in tutti i luoghi dove aveva incontrato il teschietto, non lo aveva mai incontrato due volte nello stesso posto, e forse era anche quello uno dei motivi per cui ritornava nei due luoghi fuori casa. Sapeva che non l'avrebbe rivisto, ma avrebbe potuto pensarlo e ricordarlo senza incontrarlo.
Il Baronetto, quel nome lo faceva sorridere divertito, quel ragazzo era davvero strano, più strano di lui.
Qualcosa, però, era cambiato in quei giorni, saper di averlo avuto vicino per tutto quel tempo lo terrorizzava, una paura che prima non esisteva e che sembrava essere comparsa dal nulla.
Una paura che non sapeva controllare, era irrazionale, un'inutile e assurda fobia verso di lui e allo stesso tempo un folle desiderio di rivederlo e sentirlo di nuovo mentre lo mordeva.




Era da settimane, forse addirittura da mesi, che non tirava fuori quelle foto per guardarle. Questo certo non significava che il pensiero di Davide se ne fosse andato, anzi era sempre con lui, ma nel momento stesso che vide quelle foto qualcosa si spezzò dentro di lui.

Vederlo sorridere, guardarlo mentre gli accarezzava una guancia perché era arrossito, poi c'era quella dove evitava il suo sguardo e Davide lo fissava. Faceva male riguardarle, più male di quanto avesse mai immaginato.
Tanti erano i ricordi di quella mattina tra la neve dietro il bordello di Karina.
«Puoi tenerti il mio ricordo invece che me»
Non seppe nemmeno come e perché gli era venuta in mente quella frase, ma sapeva esattamente quando gliel'aveva detta e con il senno di poi avrebbe voluto averglielo urlato quel "No" che si era tenuto tra di i denti, avrebbe voluto dargli quell'abbraccio che si era tenuto stretto a sé, ma non avrebbe mai più sentito il suo tocco, mai più sarebbe riuscito a prendersi i suoi abbracci.
Strappò tutte le foto, una a una, in fin dei conti, era per quello che era entrato in casa sua quella notte lontana, si fermò solo una volta arrivato alle loro mani unite con le dita incrociate tra di loro. Non ce la faceva, sapeva di non poterlo fare. Da subito era stato chiaro che quella foto lo aveva colpito di più delle altre.
Piccoli particolari, si era concetrato su quelli, come quel suo sorriso antipatico che gli rivolgeva ogni volta che poteva, lo aveva tanto odiato che ora poteva ammettere che lo amava, assieme all'espressione che faceva quando capiva che a Zakhar, in realtà non dava fastidio.
Fissava quell'ultima foto con la tristezza negli occhi e il cuore spezzato, mai più avrebbe incrociato le dita alle sue, mai più sarebbe arrossito per una sua carezza o per aver pensato alle due occasioni in cui erano rimasti davvero soli...beh non esageriamo per quello sarebbe arrossito sempre, come nel momento stesso in cui pensò di non farlo.
Se la strinse addosso per qualche istante prima di riporla di nuovo al suo posto.
Piccoli particolari, doveva stare attento a questo ora.

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