Non avrai altro Dio all'infuori di me

di reira_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First mass ***
Capitolo 2: *** Second mass ***



Capitolo 1
*** First mass ***


Il Sogno

Non avrai altro Dio all’infuori di me

 

First mass.

 

Clara entrò nell’ufficio del Sacerdote. Era molto tesa, era il suo primo compito del seminario, sentiva la nuca e le mani umide, tuttavia era in grado di affrontare la sua prima prova; aveva passato la vita tormentata dalle incertezze, ma ora era pronta, con gli occhi fissi verso il futuro.

-Clara!

Il parroco la invitò a prendere una sedia.

Clara sorrise dolcemente al prete e si sedette.

-Buon pomeriggio, cara. Ho già pronta la famiglia per te, ho parlato con entrambi, sono due giovani, vedrai che ti troverai benissimo. Inoltre potrai abitare nell’appartamento accanto a casa loro, non è magnifico?

Clara sorrise.

-Si, padre.

-La tua via è sempre più chiara e sarà un piacere per te percorrerla. Perciò non demordere, d’accordo?

Si avvicinò alla ragazza e si sporse col busto sopra la scrivania, carezzando con le mani rugose il volto di Clara. Clara fissò il suo anziano amico, aveva sempre pensato che Don Albino avesse negli occhi la luce di un arzillo ragazzino di otto anni. Gli sorrise nuovamente e riuscì solo ad emettere un suono rauco deviato dall’emozione che somigliava molto a un “Grazie”.

Dopo averlo salutato, Clara uscì dalla stanza di Don Albino e chiuse la porta. Poi fece un respiro profondo e prese le valigie di cuoio marrone. Percorse la Stradina ciottolata che separava gli alloggi dalla Chiesa e trovò un’auto nera ad attenderla. Ne uscì una suora anziana, e Clara le corse incontro per abbracciarla.

-Oh, Suor Irene.

La madre superiora la strinse forte a sé.

-Piccola mia – le disse – Sei proprio cresciuta,eh?

Clara cominciò a piangere rumorosamente.

-Madre, pensavo di non rivederti prima del mio incarico e, invece, quando Don Albino mi ha detto che eri tornata e che mi avresti accompagnata dalla nuova famiglia, mi sono sentita davvero felice. Meno male che sei qui.

Strinse la suora con forza.

-Sei preoccupata vero?

-Sì – ammise Clara tirando su con il naso.

-Io invece no, sono sicura che sarà un’ avventura entusiasmante.

Clara sorrise alla madre superiora, baciò il rosario in legno che portava al collo e sciolse l’abbraccio. Infine disse:

-Sì, ne sono sicura anch’io.

Clara e Suor Irene salirono in macchina e si avviarono verso la casa scelta per Clara. Parlarono di come avevano trascorso quei sei mesi lontane, di ciò che era cambiato e ciò che inevitabilmente era rimasto come la Madre superiora ricordava. Clara raccontò di ciò che l’aveva divertita e di ciò che l’aveva fatta piangere. La madre Superiora annuiva e rideva immaginando gli eventi più buffi. Arrivarono davanti alla casa poco dopo. Clara chiuse gli occhi, sospirò e li riaprì.

-Sono pronta - Disse infine.

Suor Irene le strinse le mani e le disse:

-Và tesoro mio, e diventa una suora degna di questo nome.

Clara diede un ultimo saluto e si voltò. La villa che la attendeva oltre il cancello era imponente e ciò che saltava all’occhio erano le mura gialline. Arrivò davanti al citofono , suonò, e d’improvviso il cancello si aprì, così Clara potè entare. Percorse velocemente il vialetto selciato e giunse davanti alla porta. Le aprì una donna alta e molto magra, dai capelli mossi, corti ed incredibilmente rossi. Clara si trovò quasi in imbarazzo davanti alla ragazza: indossava un vestito nero corto fino a metà coscia e del trucco davvero pesante.

-Ciao trèsor!

La salutò con un tono che a Clara ricordò molto lo starnazzo di un oca.

-Ehm, salve.

Rispose Clara con un timido sorriso.

-Trèsor, io mi chiamo Rouge.

-Oh, che nome bello e inusuale, io sono Clara.

-Ah.

Rouge alzò un sopracciglio con aria di disappunto guardando l’abbigliamento di Clara: indossava un vestito blu scuro lungo fino alle scarpe e teneva i capelli legati in una crocca.

-Beh, immagino che anche il tuo nome sia bello.

Concluse alzando le sopracciglia disegnate e ritirando in dentro le labbra.

-Comunque Trèsor! Questa è la nostra casa.

Le disse facendo un ampio gesto con il braccio.

-E’ piccola per i miei standard, ma ho intenzione di farla ristrutturare.

A Clara, che era abituata a vivere in una stanzetta dalle dimensioni più che modeste, quella casa non sembrava certo piccola.

-Vedo…

-Oh, ma il fatto che voglia ristrutturarla non significa mica che non la voglio linda e pulita…Perciò dato che da oggi in poi lavorerai qui, ti ho preparato una lista delle cose da fare ogni giorno.

Clara prese il foglio preparato da Rouge e si accorse che era imbarazzantemente lunga.

Poi sospirò e fece segno di assenso.

Dopo che Rouge l’aveva rintronata con le sue troppe chiacchiere, passò in cucina e le presentò un uomo come suo marito. Clara rimase come paralizzata e non riuscì ad emettere alcun suono. Davanti a lei c’era la figura longilinea di un uomo sulla trentina, dalle spalle larghe e il fisico snello. I capelli corvini lunghi fino al mento, incorniciavano perfettamente il volto ovale, mettendo in risalto le carnose labbra rosee. Tuttavia ciò che disarmò completamente Clara, fu lo sguardo. Gli occhi nerissimi dal taglio sottile, malcelavano una tristezza recondita, evidente alla sensibilità di Clara. L’uomo, appoggiato al mezzo muro che separava le due aree del salone, si avvicinò a Clara e la guardò. Clara sentì improvvisamente perdere la propria consistenza: era come se quell’ uomo, guardandola, la trapassasse con una lama di Toledo, senza però ferirla, perché oramai avendo perso la propria solidità, galleggiava sopra il pavimento circondata da una luce spaziale. Era la prima volta che provava queste sensazioni, eppure  non desiderava finissero, al contrario sperava di crogiolarsi e naufragare eternamente in quella luce.

-Sono Alessandro.

Disse infine. Senza un sorriso, né un espressione percettibile. Era totalmente insondabile.

-Ehm…piacere…Clara, sono qui per…

-Lo so perché sei qui.

Le disse per zittirla.

-Sinceramente. Non mi interessa quello che fai. Ti dico solo che non sopporto le ragazzine petulanti, perciò vedi di non intralciarmi col mio lavoro.

Detto ciò uscì dalla stanza.

Clara sentì la rabbia uscire sotto forma di fumo dalle narici mentre pensava, “E allora Rouge che cos’è se non una ragazzina petulante?” Subito dopo però si rese conto di aver peccato con i suoi pensieri diffamatori, perciò chiese perdono a Dio. Rouge, aspettò che Alessandro fosse uscito dalla stanza e disse:

-Trèsor, hai visto come è carino mon amour? Non è bellissimo? E’ davvero ravissant! E’ il mio pulcino zuccheroso, a proposito non avvicinarti a lui più del dovuto, sei abbastanza carina e non voglio guai prima dell’alliance.

-Alliance?

-Ma certo trèsor, il matrimonio!

-Ma scusami, tu hai detto che era tuo marito…

-Sì, trèsor,non lo è ancora, ma tra poco ci sposiamo e quindi è come se fosse già mon mari!

-Oh, congratulazioni!

Disse Clara.

-Oh, trèsor non voglio le tue congratulazioni, io voglio che tu lavori! Sai, dato che ci sposiamo, voglio che sia tutto sempre in ordine e pulito, chiaro?

Guarnì l’ultima parola con una punta di rabbiosa impetuosità, come da ricordarle la sua posizione sociale.

-Sì, è tutto chiaro.

Disse Clara.

-Ora mi ritiro, ci vediamo domani, Rouge.

-Non chiamarmi Rouge, chiamami madame, sai tutti in Francia mi chiamavano così.

Nonostante non fosse a conoscenza della lingua francese, Clara capiva benissimo che era una formalità dettata dall’ egocentrismo e non dall’abitudine; tuttavia con in mente le parole di Don Albino “Servi il tuo prossimo al meglio che puoi”, disse:

-Sì, madame.

 

Clara si sedette sul letto del suo nuovo appartamento e cominciò a disfare le valigie, ripensando al suo percorso di vita. Lo faceva spesso perché Suor Irene le aveva detto di non perdere nemmeno un attimo della vita e cercare di contenere quanti più ricordi avesse potuto. Così guardò al passato. I suoi primi ricordi erano custoditi all’interno dell’ orfanotrofio. Era una bambina molto intelligente, era stata cresciuta con amore da Suor Irene, la madre superiora e Don Albino, il sacerdote della parrocchia adiacente all’edificio che ospitava i bambini orfani. Sin da piccola era stata una bambina intelligente e già a quattro anni si prendeva cura dei bambini più piccoli.  Crescendo era diventata amica di tutti, solo che prediligeva l’amicizia di due ragazzi: Elisabetta e Mauro. Nel periodo in cui erano veramente uniti e facevano tutto insieme, Elisabetta aveva quindici anni, Mauro venti e Clara tredici. Per loro, che erano cresciuti insieme, non esistevano differenze d’età, infatti discutevano degli stessi argomenti, leggevano gli stessi libri e facevano tutto insieme. Dormivano persino nella stessa camera, ma nemmeno gli adulti si preoccupavano poiché sapevano che il loro rapporto era quello di tre fratelli. Quando Clara aveva sedici anni però ci fu un brutto litigio tra loro tre, e sia Mauro che Elisabetta, poichè erano maggiorenni, decisero di lasciare l’orfanotrofio. Allora Clara pensò che il mondo le fosse crollato sopra, tuttavia il male che si annidava all’interno dell’orfanotrofio non si era manifestato completamente. Infatti durante una messa della Domenica, Don Albino, che stava dicendo la predica, cominciò a gridare aiuto e a stringersi forte il petto. Naturalmente venne subito portato in ospedale e Clara temendo che il vento della morte le portasse via ciò a cui si era strenuamente aggrappata con le unghie per tutta la vita, pregò Dio di non renderla orfana di nuovo. Proprio quando non c’erano speranze e l’infarto aveva cominciato ad impedire al cuore del sacerdote di pulsare, Clara pensò “Dio ti prego, ti seguirò per sempre, ma non abbandonarmi proprio ora!”. Un battito. Poi un altro. Il suo padrino era vivo. Ed è così che Clara cominciò il seminario per diventare suora. Dio,  l’entità con cui Clara si era sempre confessata, l’aveva chiamata e Clara aveva risposto. Clara era felice poiché aveva finalmente un compito per riscattare Dio che quella volta l’aveva salvata dalla solitudine. Clara, si mise una vestaglia bianca e andò a dormire. Immagini confuse le confondevano la mente,quando ne comparve una più nitida, rivedeva quelle labbra e quegli occhi nerissimi trapassarle il petto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Second mass ***


Clara giocava sulla sabbia, in riva ad un laghetto, con gli alberi che le facevano da pubblico e la melodia del vento da guida

Non avrai altro Dio all’infuori di me

 

Second Mass

 

 

Clara giocava sulla sabbia, in riva ad un laghetto, con gli alberi che le facevano da pubblico e la melodia del vento da guida. Danzava e rideva di gusto , tuttavia all’improvviso cadde. Così fu costretta a fissare la propria immagine nello specchio d’acqua. I capelli che solitamente erano lunghi, chiari e fluenti, erano diventati secchi e bianchi, mentre i lineamenti del volto erano scomparsi, facendo posto a una macchia rosa. Il volto era scomparso. Clara era scomparsa. Avrebbe voluto gridare, ma non aveva più la bocca per farlo. Si limitò a guardare la propria orribile immagine riflessa nell’acqua fin quando non sparì.

Clara si alzò di scatto e si guardò intorno, era nel suo nuovo appartamento. Aveva avuto un terribile incubo: il volto grondava di sudore e lacrime. Cominciò ad asciugarsi, quando venne distratta da alcuni suoni in lontananza.

Le note cominciarono ad addentrarsi nella mente di Clara senza alcuna difficoltà. Una dopo l’altra.

Che Moonlight Sonata triste…”

Pensò Clara.

Moonlight Sonata era stata composta da Beethoven per la sua giovane pupilla, invece quella non sembrava nemmeno la stessa melodia, l’adagio sostenuto iniziale faceva posto ad un pianissimo, un tono così grave e pesante, che fece nuovamente scendere a Clara le lacrime.

Che musicista eccezionale”pensò Clara”Chiunque sia, ha ricevuto un dono dal mio Signore”.

Poi si asciugò velocemente le lacrime e si riaddormentò con la luce della luna che le illuminava il volto, come a riscaldarla con il suo chiarore.

 

 

Clara stava preparando la colazione, quando Rouge entrò nella stanza. Inizialmente ebbe l’impulso di chiederle chi fosse, ma guardandola meglio, con fatica, la riconobbe. Eppure a prima vista non sembrava affatto la bella e provocante donna che il giorno prima si era comportata da tiranna: senza il trucco a farle da maschera, le occhiaie, le rendevano gli occhi gonfi e piccoli, inoltre i capelli sembravano la parodia di una parrucca afro. Clara non seppe che dire,ma per sua fortuna, le parole uscirono dalla bocca di Rouge.

-Lo so, so benissimo che di mattina faccio schifo, ma tu prepara la colazione e non angustiarti per cose inutili.

Dopo aver parlato a mezza bocca, infilò il naso tra le pagine di un libro scritto in francese.

Clara alzò entrambe le sopracciglia, fece spallucce e continuò a preparare il latte.

Rouge lo bevve tutto d’un fiato e di corsa tornò nella sua camera.

Clara rimaneva sempre più sorpresa dai comportamenti di Rouge.

Proprio in quel momento un’altra porta si aprì. Alessandro entrò in cucina.

Emise dei piccoli suoni e degli sbadigli con voce rauca. Probabilmente si era svegliato da poco.

Clara ebbe un improvviso tuffo al cuore, che cacciò immediatamente scuotendo la testa.

Si risistemò e lo accolse con un amichevole:

-Buongiorno.

Alessandro attraversò la cucina con passo veloce, tanto che Clara temette che le sarebbe venuto addosso. Invece il ragazzo non la notò neppure e si sedette davanti al tavolo della cucina con gli occhi ancora semi chiusi.

-Ti preparo qualcosa?

Chiese timidamente Clara.

Alessandro si mosse solo per sbadigliare.

Temendo che non avesse sentito la domanda, Clara alzò la voce e chiese nuovamente:

-Ti preparo qualcosa?

Alessandro si limitò ad aprire il giornale piegato sul tavolo.

Clara allora prese una tazza bianca dalla credenza, la sciacquò e versò un po’ di latte caldo al suo interno. Poi delicatamente la posò davanti ad Alessandro.  Il ragazzo guardò la tazza perplesso e poi si rivolse a Clara.

-Io non bevo latte.

-Bè, ma io ti ho chiesto cosa volevi e tu non mi hai risposto!

-Infatti, non ti ho risposto perché non voglio niente.

-Ah, e non potevi semplicemente rispondermi “niente”?

-Se non ho motivo di parlare io non parlo.

-Ma…

Clara, che era certa di avere delle ottime motivazioni per controbattere, improvvisamente non ricordò più quali fossero.

-Bè – disse Alessandro mentre si alzava – io vado a fare colazione al lavoro.

-Aspetta!- lo ammonì Clara – A questo punto bevi il latte che ti ho preparato, non voglio che vada sprecato!

Alessandro sorrise.

-Io bevo solo caffé amaro. Tienilo bene a mente piccola suora.

Detto ciò, uscì dalla porta.

Il volto di Clara era rosso e avvampato, tanto che dovette sciacquarlo con forza per farlo ritornare normale.

Rouge riuscì dalla stanza solo a metà e chiese a bassa voce a Clara:

-Se n’è andato?

Clara rimase nuovamente sorpresa dalla reazione di Rouge:

-Se ti riferisci ad Alessandro è appena andato al lavoro.

-Ah, per fortuna!

A Clara parve che l’accento francese di Rouge fosse scomparso.

-Cosa?

Chiese istintivamente.

-Oh, niente trèsor, grazie mille per la colazione! Io vado a fare un po’ di jogging!

-D’accordo.

Sembrava tornata la solita Rouge.

Clara aspettò che Rouge fosse uscita e cominciò a pulire. Prima di tutto si fermò a consultare la lista delle cose da fare dalla quale scorse una calligrafia esageratamente elegante. Recitava così:

 

Cara Trèsor, è il caso che ci mettiamo all’ opera (d’accordo?)

 

Ecco la lista delle cose da fare:

-         Pulire la mia camera;

-         Pulire la cuisine;

-         Pulire la stanza hobbies;

-         Pulire il salone di sotto,

-         Stirare i vestiti che trovi in camera mia;

-         Pulire il salotto di sotto;

-         Pulire i bagni sia sopra che sotto;

-         Pulire il salotto di sopra (con particolare attenzione al camino);

-         Lavare le tende;

-         Sbattere i tappeti;

-         Spolverare i mobili antichi con i prodotti speciali (li trovi in cucina accanto al secchio!)

 

Questo è tutto! Divertiti trèsor!

 

Clara sospirò, dopo aver letto quella lista infinita, le pareva addirittura di poter sentire le risa acute di Rouge. Era già esausta prima di cominciare, ma in un attimo le comparvero davanti agli occhi tutti i miracoli che Dio miracordiosamente aveva compiuto per lei, così si fece forza. Tuttavia, proprio quando stava ripiegando la lista, si accorse che molto distante dallo scritto principale, era incisa una postilla con una calligrafia del tutto differente.

Pulisci anche la mia camera e il mio studio.

 

Clara non dubitò nemmeno un attimo sull’ identità del misterioso scrittore. Mentre leggeva, le sembrò che la voce calda e suadente di Alessandro le trapanasse nuovamente l’animo.

 

-Dannazione.

Bisbigliò con la faccia paonazza.

Subito chiese perdono a Dio per la sua imprecazione e si diresse in camera di Rouge con l’intenzione di finire il prima possibile. La stanza rispecchiava perfettamente la personalità della ragazza: aveva le pareti beige, il letto in ferro battuto coperto da una trapunta leopardata e uno stereo Sony. Ma ciò che colpì maggiormente Clara fu l’immagine di un’ enorme farfalla rossa che si espandeva lungo tutta la parete. Clara ebbe un attimo di esitazione poiché temeva che la farfalla avesse potuto spiccare il volo da un momento all’altro. Fissò la farfalla, la immaginò in volo e improvvisamente i fotogrammi opachi del sogno di quella notte le comparvero davanti. Subito li scacciò e chiese nuovamente protezione al suo Signore. Una volta allontanati quei pensieri dalla mente, continuò a pulire le stanze sulla lista, finchè non arrivò la sera. Erano le sette e nessuno si era ancora fatto vedere. Allora Clara pensò che era arrivato il momento di salire ai piani superiori, ma proprio in quel momento la serratura della porta principale venne aperta. Clara vide Rouge entrare con dei vestiti diversi rispetto a quelli coi quali era uscita, inoltre portava con sé svariate buste e pacchetti. Clara le sorrise:

-Buonasera Madame.

Rouge le rispose con un cenno.

-Hai finito?

-No. Mancano ancora i piani superiori.

-Beh, sbrigati.

A Clara parve nuovamente che l’accento francese fosse sparito.

-Cosa madame?

-Oh, peu de chose, ti chiedevo solo di sbrigarti.

-Sarà fatto.

Concluse.

 

Clara era davvero stanca. Era felice di potersi rendere utile, ma capiva che non era sano venire sfruttata così palesemente. L’indomani, ne era sicura, avrebbe parlato con Don Albino e il suo piano di lavoro sarebbe diminuito. Confidò in questi pensieri per mettere tutta stessa anche nelle ultime stanze. Pulì i bagni superiori e il salotto, facendo particolare attenzione nel rendere il marmo del camino lucente. Poi si accorse che mancavano solo le stanze di Alessandro, sospirò ed entrò nella sua camera da letto. Inaspettatamente, rispetto al resto dell’arredo, era una stanza minimalista: letto,  comodino e armadio. Clara ci mise pochissimo a pulirla. Si chiedeva come mai, nonostante fossero praticamente sposati, Rouge e Alessandro non volessero dormire insieme. Sarebbe rimasta indifferente se questa scelta l’avesse effettuata un’ altra coppia, ma Rouge, non le dava proprio l’impressione della ragazza “pudica”.

- Dopotutto, non sono affari miei.- si disse, così continuò a pulire.

Era arrivata all’ultima stanza finalmente, erano le undici e mezzo. Aprì la porta di ciliegio ed entrò nello studio di Alessandro. C’era una grande scrivania di legno, dietro alla quale era sita un’ imponente sedia foderata con velluto rosso. Clara vide inoltre una porticina sulla parete destra e provò ad aprirla più volte, ma tutti i suoi tentativi furono inutili. Fu anche tentata di chiamare Rouge, ma non voleva proprio disturbarla mentre dormiva. Così continuò a pulire lo studio. Notò un mobile coperto da un grande lenzuolo, così lo scoprì per poterlo pulire. Rimase molto stupita dal fatto che nello studio di Alessandro ci fosse un piano. Senza ulteriori indugi Clara lo provò. Pensò che “La toccata e fuga” in re minore di Bach sarebbe stato un buon allenamento. Così cominciò,

ma poco dopo fu costretta a smettere di suonare perché qualcuno le aveva toccato una spalla.

- Potresti suonare una nenia meno lugubre?

Nonostante fosse nuova per le sue orecchie, avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

Clara pensò che il movimento più sbagliato che avrebbe potuto fare era quello di girarsi ed incrociare il suo sguardo, tuttavia, fu proprio ciò che fece.

-Al-Alessandro

Gli occhi di Alessandro, velati di quella tristezza recondita, accennarono un’ espressione sorridente.

-Non te l’hanno detto che non si toccano le cose degli altri senza permesso, piccola suora?

Clara si sentì mancare la terra sotto i piedi, nonostante ci fosse un bellissimo puff nero a sorreggerla.

Vedendo l’espressione sgomenta di Clara, Alessandro sorrise.

-Ehi, stavo scherzando, devi fare attenzione a ciò che dicono gli adulti ragazzina.

Detto ciò, prese uno sgabello e si mise accanto a Clara. Poi le sorrise e le sue dita lunghe e affusolate cominciarono a comporre Moonlight Sonata. La stessa versione le che aveva fatto da ninna-nanna la notte precedente. Clara sentiva ogni cellula del proprio corpo fremere al tal punto che temeva di sciogliersi in un liquido di piacere denso di quelle misteriose emozioni che solo la musica sa offrire. Si fermò ad osservare lo sguardo attento di Alessandro che creava quella melodia insostituibile e la sua mente riuscì ad elaborare una sola ed inequivocabile parola: Perfetto. L’ultima nota risuonò coprendo il rumore di una lacrima di che cadeva, dolcemente sorretta da un tasto del piano.

 

 

 

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