Giocare col fuoco

di DueDiFiori
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo Capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


E alla fine ho deciso di fare un seguito di quella one-shot. Ad essere sincera non sono 100% sicura nemmeno io di cosa ci sarà esattamente in questa storia, ma spero possa essere interessare a qualcuno una storia su questo ship. I prossimi capitoli saranno un po' più lunghi, questo è più un prologo. Ditemi cosa ne pensate!

Quella sveglia è una tortura, pensò Ryou, maledicendo il suono che gli trapanava le orecchie. Fece per spegnerla, ma appena allungò un braccio un dolore acuto gli attraversò la spalla e sentì la pelle della schiena che si tirava. Ryou gemette, e lasciò ricadere il braccio sul materasso.

Dopo un po' si costrinse ad afferrare quella cosa e far smettere il rumore, sopportando la sensazione di bruciore che di nuovo lo assalì nel muoversi. Il ragazzo fece un suono di sollievo appena il suono smise. Si sentiva la testa come avvolta nel cotone, e aveva la forte tentazione di rimettersi a dormire per vedere se gli passava.

Lanciando uno sguardo alla sveglia, vide che era andata avanti a suonare per una buona mezz'ora prima che lui la sentisse. Ryou aggrottò le sopracciglia, cercando di capire perché si sentisse ancora così stanco. A che ora era andato a dormire la sera pr-

Giusto, ora ricordava. Aveva passato la serata a farsi inseguire da un pazzo assassino Ryou fece un suono dolorante e seppellì il volto nel cuscino. Perché era un po' che non prendeva pessime decisioni.

Per un po' Ryou contemplò l'idea di rimanere dov'era, magari perdere i sensi per un'altra oretta o dieci, tanto ormai a scuola non ci sarebbe andato. Alla fine si convinse ad alzarsi e andare quantomeno a controllare in che stato fosse la sua schiena.

Una volta in piedi, poco ci mancò che ricadesse a terra direttamente. Le sue gambe erano a pezzi. A Ryou non dispiaceva correre ogni tanto, ma non si ricordava di essersi mai stancato tanto. Chissà quanto aveva corso la sera prima. Troppo, e troppo veloce.

Barcollò fino al bagno e accese la luce. Lo specchio gli mostrò che aveva ancora del sangue sul volto, e due profondi cerchi neri attorno agli occhi.

Ryou si girò e cercò di vedere in che stato fosse la sua schiena. La zona attorno alla sua scapola destra era coperta di sangue secco. Forse sarebbe stato meglio se fosse andato all'ospedale la sera prima, invece di diretto a casa. Ma se ora era in piedi la perdita di sangue non doveva essere stata poi troppo grave.

Si fece una doccia e tornò ad esaminarsi la schiena. I tagli non sembravano troppo profondi, ma erano parecchi. Uno di essi aveva un frammento di vetro ancora incastrato dentro. Ryou gemette alla prospettiva di doverlo rimuovere, ma non poteva di certo lasciarlo lì.

Si armò di specchio e pinzette e riuscì in qualche modo a prendere quel vetro e strapparlo via. Nel farlo, la ferita si riaprì e ne uscì un rivolo di sangue. Ryou ne approfittò per disinfettare il taglio, cosa che avrebbe dovuto fare quando le ferite erano ancora fresche. Comunque non sembrava avessero fatto infezione, e con un po' di fortuna non si sarebbe preso niente.

Finito in bagno, Ryou recuperò un paio di mutande pulite e si trascinò in cucina. Gli serviva un tè. Si sedette a tavola mentre aspettava che l'acqua si scaldasse, e iniziò a pensare alla sera prima.

Era stato fortunato a scamparla con solo qualche ferita alla schiena. Il suo divertimento gli sarebbe potuto costare molto più caro. Rifiutandosi categoricamente di mettersi a pensare a quanto si fosse effettivamente divertito, iniziò a chiedersi come fosse possibile che il Marik oscuro fosse stato lì, a Domino.

Non si poteva tornare facilmente dal Regno delle Ombre. Era un luogo di prigionia, dopotutto. Che Marik avesse avuto aiuto esterno per sfuggirne era da escludersi, ma per quanto ne sapeva Ryou non c'era modo di poter tornare in autonomia.

Non che Ryou ne sapesse poi tanto. Per quanto lui fosse un amante dell'occulto, e avesse avuto non poche esperienze col Regno delle Ombre, le informazioni certe che aveva su di esso erano ben poche. Aprire un portale verso di esso richiedeva rituali magici molto potenti, o un Oggetto del Millennio.

Ma gli Oggetti del Millennio erano ormai inutilizzabili da chiunque in qualsiasi dimensione, e i rituali di cui sapeva Ryou in teoria si potevano usare solo dal loro mondo. Per cui doveva esistere un altro modo per uscire dal Regno delle Ombre, uno che Marik aveva evidentemente sfruttato.

Ryou si sfregò gli occhi. Le uniche persone che forse sapevano qualcosa di più in materia erano gli Ishtar, e Ryou li avrebbe dovuti chiamare, ma esitava.

Se nemmeno loro conoscevano un modo per riaprire un portale verso il Regno delle Ombre chiamarli sarebbe solo servito a gettarli nel panico, cosa che Ryou preferiva evitare. Se invece gli Ishtar sapevano come far tornare il lato oscuro di Marik in quella dimensione, sarebbe stato comunque inutile, perché a questo punto non era detto che ci sarebbe rimasto.

Non era una bella situazione. Marik andava neutralizzato in qualche modo, era troppo pericoloso per poter girare liberamente, e il Regno delle Ombre era l'unica soluzione plausibile per spiriti di quel genere. Ma a questo punto era inutile, a meno che Marik non potesse ripetere la magia che aveva usato per liberarsi.

Poteva avere un senso, che quel potere potesse essere usato una volta sola o sotto condizioni molto specifiche. Se fosse stato così allora avrebbero potuto far tornare Marik nel Regno delle Ombre in sicurezza. Tuttavia l'unico a sapere se quella magia fosse ripetibile o meno era Marik stesso, il quale probabilmente non avrebbe divulgato molte informazioni.

Però.

La sera prima Marik aveva accettato le condizioni che gli erano state imposte nel loro gioco. Quindi, se avesse giocato e perso a un altro gioco, e la penalità inflitta fosse stata di dire come fosse uscito dal Regno delle Ombre, lui avrebbe dovuto rivelarlo.

Non era una brutta idea. Sì, qualsiasi idea coinvolgesse "il lato oscuro di Marik" e "giocare" era una pessima idea, ma tutto considerato avrebbe potuto funzionare. Serviva solo qualcuno che giocasse – e vincesse – contro Marik.

Ryou iniziò a pensare a quante persone conoscesse che potessero avere buone probabilità di vincere contro quell'essere. Il Marik originale o Isis non erano male in fatto di giochi, ma loro erano in Egitto e poi ritrovarsi di fronte il Marik oscuro sarebbe stato difficile emotivamente per loro. Yugi stava facendo un tour come Re dei Giochi e chissà quando sarebbe stato di nuovo a Domino, Jounouchi avrebbe probabilmente preso a pugni Marik se se lo fosse trovato davanti, Kaiba aveva opinioni molto personali in fatto di magia e Ryou non aveva nemmeno il suo numero.

Alla fine rimaneva un'opzione. Che fosse Ryou a giocare di nuovo con Marik, e vincesse un'altra volta. Possibilmente non a ce-l'hai omicida un'altra volta, la sola idea di correre lo faceva star male.

Ryou sospirò. Ovvio che avrebbe trovato un modo per mettersi di nuovo nei guai. In un certo senso preferiva essere lui ad occuparsi della cosa. In fondo era l'unico a sapere del ritorno di Marik, e non gli era mai piaciuto dover tirare in ballo altre persone nei suoi guai. Meno gli altri si preoccupavano, meglio era, e se in qualche modo fosse riuscito a risolvere la faccenda da solo, tanto meglio.

Il ragazzo si tirò in piedi e andò a finire di farsi il suo tè. Dopo la serata che avevano avuto, dubitava Marik fosse abbastanza in forma per provocare danni seri. Ryou aveva un paio di giorni per riprendersi e decidere a che genere di gioco volesse giocare.

Un brivido di eccitazione gli corse lungo la schiena. Avrebbe rischiato la vita, come minimo. Il modo preferito di passare il fine settimana di Ryou.

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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


Questo è il primo capitolo serio della storia, spero vi piaccia!


Ryou controllò per l'ennesima volta di aver preso tutto quello che gli serviva. Il necessario per il gioco che aveva preparato, una torcia se fosse diventato troppo buio, uno spray al peperoncino nel caso avesse fatto brutti incontri. Brutti incontri non previsti, ecco.

Il ragazzo si mise lo zaino a tracolla della spalla sana ed uscì. Sperava non si fosse ritrovato a dover scappare da, o lottare con, Marik. Le sue gambe gli facevano ancora male, e sulla schiena aveva una serie di croste che prudevano in modo infernale e gli tiravano la pelle tutte le volte che muoveva il braccio.

C'era ancora un po' di luce fuori, ma per quando Ryou avesse raggiunto la periferia sarebbe stato completamente buio. Gli sembrava in un certo senso appropriato cercare la metà oscura di Marik di notte.

Il primo problema sarebbe stato trovarlo però. Ryou intendeva iniziare a cercarlo dalla zona in cui lo aveva incontrato, ma non era detto che Marik non avesse cambiato quartiere. Ryou ne dubitava, dopotutto la periferia di Domino aveva un tasso di criminalità piuttosto alto e Marik avrebbe potuto continuare ad aggredire la gente senza dare troppo nell'occhio da quelle parti. Ma d'altro canto chi poteva sapere per certo cosa passasse per la testa di quel pazzo.

Un gruppo di ragazzi in un angolo urlò qualcosa contro Ryou, ma lui li ignorò. Il suo aspetto curato e da bravo ragazzo gli attirava sempre qualche attenzione indesiderata quando veniva in certe aree di Domino, e più di una volta ne aveva approfittato per divertirsi a scappare da qualcuno.

Ma stasera era meglio non dare di corda a un gruppo di teppisti. Non solo non sarebbe riuscito a scappargli, ma aveva decisamente altre cose da fare.

Era arrivato nel quartiere dove aveva seminato Marik un paio di sere prima. Non c'era molta gente per strada; a quell'ora le persone più o meno rispettabili che abitavano in zona preferivano rimanere in casa. A parte un paio di tizi dall'aria di essere spacciatori le vie erano deserte.

Ryou si infilò in un vicolo. Non pensava di trovare Marik che passeggiava per una strada principale.

Dopo un po' le case iniziarono a diminuire e la maggior parte degli edifici divennero magazzini, spesso abbandonati, o fabbriche. Un sacco di posti per nascondersi.

«Marik» provò a chiamare Ryou «Marik, ti ricordi di me? Sono io, quello che assomiglia al ladro! Marik!»

Non ebbe risposta, se non un urlo confuso da un senzatetto in un angolo. Sempre meglio che girare a vuoto.

«Marik! Vieni a giocare con me?» riprovò Ryou. Per un attimo gli parve di vedere qualcuno che si muoveva in un magazzino, ma dopo averlo guardato un attimo vide che dovevano essere almeno due persone e decise di non indagare.

«Mari-» Ryou sentì dei passi dietro di sé, come di qualcuno che scende delle scale di sicurezza. Si voltò, osservando lo spazio buio fra due edifici. Fece qualche passo in quella direzione, prima che una figura ne sbucasse e marciasse a grandi passi verso di lui.

Ryou, sorpreso, non reagì neanche quando Marik lo afferrò per la maglia e lo strattonò verso di sé.

«Sei tornato a trovarmi ma che onore!» ringhiò Marik a cinque centimetri dalla sua faccia. Aveva un'espressione omicida, e Ryou ringraziò il fatto che stavolta non sembrava fosse armato.

«Ciao Marik» disse Ryou, cercando di suonare calmo nonostante la fredda e non del tutto sgradita sensazione di paura che gli strisciava lungo la schiena.

«Non vorrai giocare di nuovo con me? Perché stavolta non so se ho voglia di fare una corsa. Quasi quasi ti ammazzo subito» Ryou ebbe l'assurdo pensiero che almeno non c'erano bottiglie in giro.

«Voglio giocare. Ma non a correre. Niente inseguimenti o cose simili» disse. Marik lo squadrò un attimo, e la sua espressione mutò in un ghigno.

«E a cosa vorresti giocare allora?» chiese «Ti avverto, non sono in vena di perdere tempo stasera»

«Un gioco che ho inventato io» rispose Ryou.

«Hai inventato un gioco per giocare con me? Sono lusingato» Marik rise, lasciando andare Ryou e lisciandogli la maglia con finta premura. «Prego, spiegami come giocare» disse sghignazzando.

«Prima di iniziare il gioco, direi di stabilire delle condizioni» disse Ryou.

«Se vinco, tu rimani qui con me per un altro gioco» disse subito Marik, leccandosi le labbra. Se fosse stato qualcun altro a dirlo, Ryou avrebbe pensato a un doppio senso. Ma l'espressione di Marik non era di uno che volesse fare quel tipo di "gioco".

«Va bene. Se vinco io, poi posso andarmene senza che tu mi faccia nulla» Marik socchiuse gli occhi.

«Solo? Vuoi rischiare di essere ucciso solo per giocare un po'? Non ci credo» disse. Saresti stupito se ti dicessi quanto spesso lo faccio pensò Ryou.

«Fammi finire. Se vinco, tu mi dici come hai fatto a scappare dal Regno delle Ombre»

La reazione fu immediata. Marik afferrò di nuovo la maglia di Ryou e lo spinse contro un muro. La schiena di Ryou non gradì.

«Cosa hai detto?» sibilò. Ryou deglutì. Marik aveva strabuzzato gli occhi, e fissava Ryou con aria folle.

«Voglio che mi dici come hai fatto a scappare» ripeté Ryou col cuore che gli martellava le costole.

«Tu non mi ci rimandi là dentro, hai capito? Non ci torno là, col cazzo che mi ci rimandi!» urlò Marik. Qualche gocciolina di saliva schizzò sul volto di Ryou. Così vicini riusciva a sentire l'odore dell'alito di Marik e l'aria che si muoveva quando respirava.

«Non ti ho chiesto come rimandartici. Ti ho chiesto come ne sei uscito. È diverso» disse Ryou «Devi dirmelo solo se vinco io»

Marik lo fissò ansimando per qualche secondo, senza mollarlo. «Non ci torno» ringhiò ancora.

«Non mi dovrai dire niente se vinci tu»

«E come so che non hai truccato il gioco per vincere?» sibilò Marik. Ryou deglutì.

«È un gioco di probabilità. Se anche truccassi i dadi non avrei comunque garanzia di vincere» rispose. Marik rimase fermo ancora qualche istante, prima di mollarlo.

«Come si gioca?» disse brusco.

«Sediamoci, saremo più comodi» disse Ryou, piegando le gambe con una certa rigidità per farlo. Marik lo imitò, anche lui con qualche visibile problema nel muoversi. Ottimo, almeno Ryou non si sarebbe dovuto preoccupare di ritrovarsi a correre.

Ryou prese dallo zaino due dadi a sei facce e un sacchetto di biglie. «Ci sono tredici biglie in questo sacchetto. A turno, uno di noi due lancia i dadi e prende dal sacchetto un numero di biglie uguale al numero uscito. Per esempio, se lanciassi un totale di sette dovrei prendere sette biglie. Se il numero che ho tirato è maggiore del numero di biglie nel sacchetto, dovrò rimetterci dentro un numero di biglie pari al numero in eccesso. Ad esempio, se lancio sei e rimangono cinque biglie, le prenderò tutte e cinque e ne rimetterò dentro una. Se invece ne restano due e lancio un cinque, devo prenderle, rimetterle e prenderne una per arrivare a cinque. Vince chi riesce a far rimanere il sacchetto completamente vuoto. È chiaro?»

«Non è un gioco molto divertente» commentò Marik.

«Ammetto non sia il gioco migliore che abbia mai inventato, ma sono sicuro che ti divertirai molto di più se vinci» rispose Ryou «Possiamo fare un'altra corsa, se preferisci» Marik lo guardò in cagnesco.

«Inizio io» disse.

Marik lanciò i dadi. Un tre e un quattro. Prese sette biglie e le mise in fila davanti a sé.

Ryou lanciò a sua volta. Un due e un tre. Con una sola biglia nel sacchetto e due dadi, Marik non poteva vincere durante il prossimo turno.

Marik fece una smorfia e rilanciò. Un sei.

Ryou tirò un quattro. Ancora solo una biglia nel sacchetto.

Marik lanciò un altro sette, mugugnando qualcosa sottovoce.

Andarono avanti così per un po'. Man mano che andavano avanti, Ryou vedeva Marik diventare sempre più frustrato. Non era un gioco particolarmente emozionante in fondo, e la pazienza di Marik era piuttosto dubbia. Imprecò ad alta voce quando per una biglia non riuscì a svuotare il sacchetto, e iniziò a muovere una gamba impazientemente.

Ryou lanciò un otto.

Marik un sette.

Ryou si sentiva le viscere attorcigliare sempre più con ogni tiro di dado. Non gli era sembrato un cattivo gioco quando l'aveva preparato. Ora si rendeva sempre più conto di quanto avesse realmente affidato alla fortuna la sua vita. Era il suo subconscio che trovava sempre nuovi modi per metterlo nei guai?

Marik tirò di nuovo un sette.

Ryou un due.

D'altro canto, almeno con un gioco di dadi aveva eliminato la possibilità di fare l'idiota e uscirsene con qualche mossa azzardata per il gusto di farlo. Si rendeva perfettamente conto che se questo fosse stato un gioco di abilità a quest'ora avrebbe già provato almeno una volta a rendere la propria situazione peggiore per divertirsi di più nel cercare di uscirne.

Se se lo fosse scritto in fronte, forse allora Ryou si sarebbe ricordato di cercare aiuto professionale. Se usciva vivo da quella situazione, ecco.

Marik lanciò un cinque.

Ryou lanciò un nove. Prese le due biglie che gli erano rimaste nel sacchetto e ne rimise dentro sette. Fece appena in tempo a farlo che Marik scoppiò in una delle sue risate maniache.

«Sì?» domandò Ryou, sorpreso dalla reazione.

«Oh, mi divertirò con te, quanto mi divertirò» disse.

«Non hai ancora vinto» disse Ryou, confuso.

«Quasi» Marik ridacchiò di nuovo «È tutto il tempo che lancio un sette e un altro numero, un sette e un altro numero. Ora ho lanciato cinque. Con un sette, tu hai perso» Il sorriso di Marik si allargò sempre di più, e lui tirò i dadi.

Un quattro.

«La matematica non funziona così, temo» commentò Ryou senza riuscire a trattenersi. Marik fece un suono che aveva dell'animale e lo guardò con uno sguardo che la diceva lunga sulle idee che aveva per lui.

«Tira quei dadi» ringhiò. Ryou lo fece.

Un tre. Sacchetto vuoto.

Marik urlò e tirò le biglie che aveva in mano contro Ryou, che alzò le braccia appena in tempo per non prendersele tutte in faccia.

«Non puoi farmi del male!» esclamò. Marik gli urlò contro qualcosa in arabo dal suono volgare.

«...tu e il tuo gioco di merda, schifoso-» strillò, passando al giapponese. Ryou lo lasciò andare avanti per qualche secondo, sentendosi stranamente svuotato. La fortuna era evidentemente dalla sua parte ogni tanto.

«Abbiamo un patto» disse. Marik si fermò, respirando forte. «Dimmi come sei tornato. Dimmi come hai fatto ad uscire dal Regno delle Ombre.»

Il volto di Marik si contorse in una smorfia. Le sue mani si serrarono a pugno, e lui fece uno strano suono simile a un mugolio.

«Marik?» disse Ryou.

«Io... io non lo so come, era finita, era FINITA!» esclamò Marik.

«Cosa?»

«Ti ho detto che era finita! Mi voleva tenere ancora là, ci ha provato a tenermi là, ma mi ha dovuto lasciare, mi ha lasciato, mi ha lasciato» Marik aveva chiuso gli occhi e si stava mordendo le labbra, scuotendo la testa come se stesse cercando di scacciare qualcosa.

«Cosa era finita?» chiese Ryou. Non sapeva come reagire a questa esplosione. Il lato oscuro di Marik era violento e aggressivo e instabile, e Ryou non riusciva a capire che genere di reazione fosse questa. Nei suoi confusi ricordi di Battle City, questo Marik non aveva mai mostrato nulla di simile a... paura?

«Era finita e basta!» Marik riaprì gli occhi e lo fissò «Non devo più rimanere là!»

«Che cosa-» Marik gridò e si tirò in piedi.

«Non mi rimandate là, hai capito? Non mi rimandate là!» disse, puntando un dito contro Ryou.

«Ho capito» rispose Ryou, alzandosi lentamente «Va bene. Non ti sto rimandando nel Regno delle Ombre. Volevo solo mi dicessi come ne eri uscito, è tutto» disse.

«Non mentire!» Marik saltò su Ryou e lo spinse a terra. Con le mani cercò di afferrargli la gola.

Ryou si agitò, evitando le mani di Marik, e per un attimo non seppe cosa fare. Poi si ricordò dello spray al peperoncino che si era nascosto in tasca, e lo tirò fuori. Marik ululò quando Ryou glielo spruzzò in faccia, e si staccò da lui, strofinandosi gli occhi con le mani.

«Non puoi farmi del male» disse Ryou «Hai perso il gioco, Marik.»

Marik lo fissò per un attimo con gli occhi che lacrimavano, prima che un'espressione di puro orrore gli attraversasse il volto e lui iniziasse a strisciare all'indietro, cercando di allontanarsi da Ryou.

«No, no, no, no-» con una sorta di singhiozzo strozzato, Marik si spinse in piedi e iniziò a correre via, barcollando e gridando parole senza senso.

Ryou rimase a fissarlo, stupefatto. Non era abbastanza in forma per seguirlo, e dubitava sarebbe stato utile in ogni caso.

Aveva supposto che questo Marik, essendo nato dall'odio e dalla rabbia dell'altro, potesse provare solo quelle emozioni. Di certo non che potesse andare così totalmente e completamente nel panico.

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Capitolo 3
*** Secondo Capitolo ***


Buongiorno! Questo capitolo potremmo chiamarlo "Ryou Bakura fa pessime decisioni e ha troppo buon cuore" e spero possa piacervi. Le recensioni sono sempre ben gradite, anche quelle critiche.


Ryou era combattuto.

Da un lato, si rendeva perfettamente conto che Marik doveva essere rimandato nel Regno delle Ombre il più presto possibile. Doveva sbrigarsi a trovare il modo di riaprire un portale, prima che Marik decidesse di far del male a qualcuno.

D'altro canto, c'erano cose che Ryou non capiva, e lui detestava non capire. Andare nel panico era, probabilmente, una reazione normale alla prospettiva di essere rimandati nel Regno delle Ombre. Eppure quasi non riusciva a razionalizzare l'idea del lato oscuro di Marik spaventato, nonostante l'avesse visto con i suoi occhi.

Faceva sempre uno strano effetto provare a immaginarsi che uno spirito maligno possa provare paura. Una creatura che amava tanto terrorizzare altri spaventata.

Certo, nessuno poteva sapere meglio di Ryou che uno spirito può provare tante emozioni quante un essere umano. Lo Spirito dell'Anello era sempre stato concentrato sul suo desiderio di vendetta, sempre pieno di odio e di rabbia, ma Ryou poteva ricordare alcune occasioni nelle quali era stato spaventato, triste, persino felice.

Però lo Spirito era un essere a sé stante, mentre il lato oscuro di Marik... beh, era il lato oscuro di Marik. Un concentrato dell'odio e della rabbia di un bambino di dieci anni traumatizzato che aveva guadagnato una coscienza propria. Non una persona vera e propria, ma qualcosa animato solo da rabbia incontrollata e un desiderio di distruggere chiunque gli si parasse davanti.

Almeno, queste erano state tutte le esperienze che Ryou avesse avuto con lui. Ma questo... istinto di autoconservazione, perché quello doveva essere stato, che Marik aveva mostrato intrigava Ryou. Fino a che punto si era sviluppata l'individualità di Marik? Quanto era profondo il divario fra lui e il Marik originale?

La curiosità lo stava tormentando, e di certo Ryou non avrebbe avuto risposte se avesse rimandato subito Marik nel Regno delle Ombre. Forse avrebbe potuto aspettare ancora un poco, magari se avesse battuto Marik a un altro gioco o due sarebbe riuscito a farsi dire qualcosa di più... tanto per il momento nessuno era finito nei guai...

«Terra a Ryou, Ryou mi ricevi?» Ryou batté le palpebre un paio di volte, vedendo una mano che gli passava davanti agli occhi.

«Cosa?» disse, confuso. Non si era nemmeno accorto di Jounouchi seduto sul suo banco e di Anzu e Honda in piedi vicino a lui.

«Sei con noi? È la quarta volta che ti chiamo» disse Jounouchi.

«Sì, scusami. Ero solo un attimo sovrappensiero» A dire il vero, Ryou non si era nemmeno reso conto che la lezione era finita e l'insegnante se n'era andata. Anzi, quasi si era dimenticato di essere a scuola, tanto era stato preso dai suoi pensieri.

«Sicuro di esserti ripreso da quello che avevi settimana scorsa?» chiese Honda. No, a dire il vero il maniaco che ha tentato di uccidermi e di cui voi non sapete nulla è ancora in giro e non ho idea di come comportarmi.

«Sì, sì, sto bene» Ryou sorrise, sperando che gli altri lasciassero cadere il discorso.

«Sarà» commentò Anzu «Ma mi sembri pallido come la morte»

«E dov'è la novità?» disse Jounouchi.

«Forse avresti dovuto rimanere a casa un altro paio di giorni?» continuò Anzu, ignorando l'altro.

Ryou si trattenne dal sospirare. Apprezzava molto il fatto che i suoi amici si preoccupassero di lui, davvero, ma a volte gli sembravano fin troppo apprensivi nei suoi confronti. In fondo era da quando sua madre era morta che si prendeva cura di sé da solo, non aveva bisogno della balia.

Ed è perché ti sai prendere tanto bene cura di te che hai mezza schiena massacrata e una lunga serie di cicatrici, no?

«Comunque» disse Jounouchi «L'hai sentito cos'è successo ieri notte?»

Ryou aggrottò le sopracciglia. «No, cosa?»

«Pare che un tizio sia stato portato all'ospedale mezzo morto dopo che qualcuno l'ha aggredito» disse Honda «Non si sa chi sia stato, ma della gente dice di aver sentito delle risate nella zona dell'aggressione quando è stato picchiato. Si pensa ci sia in giro un maniaco»

«E dov'è successo?» chiese Ryou, sforzandosi di suonare tranquillo.

«In periferia, sai la zona industriale? Lì da qualche parte» rispose Honda.

In quel momento entrò l'insegnante, il che risparmiò a Ryou il disturbo di spiegare ai suoi amici perché il suo volto avesse assunto un colorito ancora peggiore di prima.

La zona era quella, e le risate maniache indicavano un possibile colpevole. Di cui solo Ryou sapeva. Stava giusto pensando prima che Marik si stava comportando bene e non aveva ancora fatto del male a nessuno, vero?

Ora una persona era all'ospedale, in chissà che condizioni. E Ryou quasi si era dimenticato dell'uomo che Marik stava picchiando la prima sera che l'aveva incontrato. Quello alla fine poteva ringraziare Ryou per essersi salvato probabilmente, ma questa nuova vittima...

Se Ryou non avesse esitato tanto, quella persona non sarebbe all'ospedale. Era sua responsabilità se Marik era ancora in giro, era anche sua responsabilità se della gente veniva aggredita da quel pazzo.

Ryou era un idiota, un enorme idiota.

 

***

 

Ryou passò il pomeriggio a camminare avanti e indietro per il suo appartamento, aspettando che iniziasse a calare il sole per uscire e andare in cerca di Marik. Non appena iniziò il tramonto, Ryou si lanciò fuori di casa e verso la zona industriale.

Non poteva rimandare Marik nel Regno delle Ombre in quel momento – se solo si fosse concentrato di più sul come mettere in comunicazione le due dimensioni, invece di pensare al se e al ma – però doveva trovare un modo per neutralizzarlo, quantomeno, prima che succedesse qualcos'altro.

La periferia era, se possibile, più deserta del solito. La notizia dell'aggressione doveva aver fatto impressione sulla gente del posto. Con tutto quello che succedeva normalmente in quella zona, per finire addirittura sui giornali quel tizio doveva essere stato conciato proprio male.

Ryou girò un angolo, e si ritrovò di fronte proprio la persona che stava cercando.

«Tu?!» esclamò Marik, sorpreso.

«Sei stato tu a mandare quella persone in ospedale ieri notte, non è vero?» disse Ryou. Marik per un attimo lo fissò come confuso, prima di scoppiare a ridere.

«E chi altri?» rispose.

«Perché?»

«Mi annoiavo» Marik fece spallucce, come se cercare di uccidere qualcuno fosse una cosa da nulla. Poi fece uno scatto, prendendo Ryou di sorpresa, e gli mollò un pugno allo stomaco.

Ryou boccheggiò e si piegò in avanti, tenendosi le mani sull'addome. Marik era piuttosto magro, ma era decisamente forte. Un altro colpo al fianco fece gemere Ryou, che cercò di infilarsi una mano in tasca per prendere lo spray che vi aveva nascosto.

Marik gli afferrò il braccio e glielo torse. «Non pensare nemmeno di rifarmi quello scherzo agli occhi» disse. Ryou gli tirò un calcio agli stinchi e Marik lo lasciò con un grugnito di dolore.

«Aspetta, aspetta!» ansimò Ryou, alzando le mani, vedendo che Marik gli aveva rivolto un ghigno animalesco e si stava preparando a colpirlo di nuovo.

«Un altro gioco del cazzo? No, te lo scordi» ringhiò lui. Ryou si spostò per evitare un pugno e si trovò con le spalle al muro. Sta diventando divertente, pensò una parte di lui, quella che trovava divertente anche farsi inseguire di notte. Non è il caso ora.

«Non puoi uccidermi. Ti verranno a cercare» disse.

«Chi? I tuoi amici?» lo derise Marik.

«Isis. Rishid. L'altro te» Marik esitò per un istante, prima di gridare e attaccare di nuovo Ryou. Il ragazzo fu spinto contro il muro e si prese un pugno nelle costole.

«Non li nominare!» urlò Marik «Li odio, li odio!»

Ryou cercò di difendersi con le braccia dai colpi che gli stavano arrivando. «E loro odiano te! Ma ho lasciato un biglietto a casa, dove dico che sei tornato! Se non torno, i miei amici lo troveranno e li chiameranno, e loro verranno a cercarti!»

«Stai mentendo» disse Marik, ma aveva smesso di colpire Ryou. La sua espressione sembrava turbata, ma poi si mutò in un altro ghigno. «Fa niente. Prima ammazzo te, poi arriverà il loro turno»

«Se loro prima non ti rimandano nel Regno delle Ombre» ansimò Ryou.

Non ci si poteva sbagliare. Gli occhi di Marik si allargarono per il terrore, e il pugno che stava preparando per colpire Ryou si bloccò a mezz'aria. «No» sussurrò.

«Loro ti odiano, e tu hai fatto del male a una persona. Se ti trovano, non rimarrai a lungo in questo mondo. E a questo punto, io teoricamente dovrei informarli del tuo ritorno» disse Ryou, abbassando le braccia.

Marik stava scuotendo la testa. «No! Non devo rimanere ancora! Sono libero!»

Ryou si rilassò. Marik non sembrava più in vena di picchiarlo. Stava ansimando pesantemente, e teneva gli occhi serrati come per rifiutarsi di vedere qualcosa. «Le persone cattive vanno in prigione, Marik. È così che funziona»

«No!» Marik aveva preso a tremare, e si era avvolto le braccia attorno al petto «No! Mi annoiavo, non era- mi annoiavo! Non potete rimandarmi là!»

«Il fatto che tu ti annoiassi non è una giustificazione» sospirò Ryou. Era venuto qua con un piano d'azione preciso, ma ora non sapeva come metterlo in atto. Di colpo Marik sembrava un bambino spaventato. Infierire sembrava quasi crudele.

Lo è anche lui. Sì, ma Ryou non era il lato oscuro di Marik, no? A volte aveva fatto cose non esattamente morali – tipo mentire ai suoi amici riguardo a uno spirito assassino, più di una volta – ma a Ryou non piaceva far soffrire gli altri.

«Non torno, non torno!» ripeté Marik. Stava ansimando tanto che Ryou non capiva come facesse a respirare. Se all'inizio aveva tirato un sospiro di sollievo quando Marik era andato nel panico, ora gli stava facendo quasi pena.

Che genere di posto era, il Regno delle Ombre, perché persino quest'essere ne fosse tanto terrorizzato?

«Marik» disse Ryou. Non credeva nemmeno lui a cosa stava per fare, ma non ce la faceva a vedere una persona in questo stato. «Marik, calmati. Non ti sto facendo tornare nel Re- in quel posto. Sei ancora qua»

Marik lo fissò, ed aveva... aveva gli occhi lucidi? Il lato oscuro di Marik si stava davvero riducendo alle lacrime? «Non ci torno» disse ancora una volta.

«Va bene. Nessuno ti sta facendo tornare» Che stai facendo, lo stai consolando? Questo ti ammazzerebbe senza pensarci due volte, che problemi hai? Ryou ignorò la propria mente che gli urlava contro, e offrì a Marik un sorriso.

«Hai detto che chiamerai quelle persone. Loro vogliono farmi tornare» disse Marik.

«Mettiamola così. Se tu prometti di non fare più del male a nessuno, io non li chiamerò. Va bene?» Ryou era troppo buono. Decisamente. Ma si sentiva in colpa a far piangere gli altri, non importa chi fossero. Per non parlare del fatto che questo a Ryou sembrava un attacco di panico, come minimo. Anche lui ne aveva avuti a volte, sapeva quanto fossero brutti, e non ce la faceva a mantenersi freddo e distaccato davanti a quella scena.

«Tu sei il ladro. Il ladro è infido» sussurrò Marik.

«Quello era l'altro. Io sono il ladro. Mi chiamo Ryou. Se tu prometti di non uccidere o far del male a nessuno, io prometto di non chiamare quelle persone. Pensi di potermelo promettere? Sii sincero»

Marik deglutì. Aprì la bocca come per parlare, prima di bloccarsi. «Mi annoio, devo fare qualcosa se mi annoio» disse, quasi un piagnucolio.

Ryou a questo punto avrebbe dovuto dirgli qualcosa del genere: "e allora niente patto, tu non puoi restare qua nel nostro mondo". «Se io ti vengo a trovare, e gioco con te, tu non ti annoierai?» chiese invece. Era un'idea folle, e lo seppe appena le parole gli lasciarono la bocca.

«No?» rispose Marik.

«Facciamo così. Io vengo a giocare con te, a quello che vuoi, a condizione che tu non mi uccida, per farti passare il tempo. Tu non uccidi o aggredisci nessuno, e io non dico a nessuno che tu sei qui. Va bene?»

Marik lo fissò per qualche istante. Il suo respiro stava tornando normale, e aveva smesso di tremare. «Lo giuri?» disse.

«Giuro. Abbiamo un patto?»

«...Sì»

Ryou sorrise. Internamente, la sua mente era combattuta e in subbuglio, ma ormai ciò che era fatto era fatto. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per pentirsene. In quel momento Marik si stava riprendendo e lo osservava con aria confusa, come se anche lui non si rendesse bene conto di cosa avesse detto.

«Io ora devo andare a casa. Verrò domani sera. Incontriamoci qui dopo il tramonto, va bene? Decidi tu il gioco» disse Ryou.

Marik annuì in silenzio, e Ryou lo salutò nervosamente, girandosi e dirigendosi verso casa sua.

L'aveva fatta grossa. L'aveva fatta davvero grossa. Ma la parola data non può essere rimangiata, soprattutto se l'hai data a un assassino.

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***


Salve a tutti! Devo dire che non mi soddisfa troppo questo capitolo, l'ho riscritto tipo quattro volte e ancora non sono del tutto convinta. Spero che possa piacervi


Era evidente che Ryou non avesse ancora imparato a pensare prima di parlare. Altrimenti non si sarebbe trovato nella situazione in cui era.


«Sei venuto per davvero» commentò Marik, osservandolo con aria torva.

«Una promessa è una promessa»

Marik fece spallucce. La sua espressione era stranamente seria, nessun ghigno folle, nessuna smorfia di rabbia. Rimase fermo per un istante, come sovrappensiero, prima di offrire a Ryou un sorriso stranamente tirato. «Inizia a correre. Se esci dalla periferia, hai vinto. Se perdi» Marik si leccò le labbra «non avevamo detto nulla a propostio di ferite non mortali, mi risulta»

«...Mi sembra giusto»

Marik era piuttosto veloce, ma se avesse smesso di ridere e strillare mentre correva forse avrebbe corso di più senza stancarsi. Non che Ryou glielo avrebbe detto.

Dal canto suo, Ryou sarebbe riuscito a scappare molto più in fretta se non si fosse messo a giocare a far finta di farsi prendere per poi scattare di nuovo all'ultimo momento. In fondo lo scopo era non far annoiare Marik, non rischiava nemmeno di morire, quindi cosa c'era di male a divertirsi un po' anche lui?


Ryou andava a giocare con Marik quasi ogni sera. Erano quasi due settimane che andava vanti. Fisicamente, era distrutto, ma preferiva essere un stanco e dolorante che lasciare che Marik ammazzasse qualcuno.

Lo stupiva che l'altro avesse deciso di tener fede al loro patto e non uccidere nessuno, soprattutto Ryou. Era chiaro dal suo atteggiamento che nemmeno lui fosse entusiasta del loro accordo.

Ma se non avesse mantenuto la parola Marik si sarebbe ritrovato gli Ishtar addosso, quindi non gli conveniva rompere il patto. Più o meno come a Ryou non sarebbe convenuto per niente smettere di giocare con Marik, per quanto stancante, e doloroso, potesse essere.


Marik aveva capito in fretta che correre non era il gioco migliore per lui. Sia perché non riusciva mai a prendere Ryou, sia perché entrambi si ritrovavano con le gambe a pezzi per giorni dopo ogni inseguimento. Marik non si lamentava mai, ma era evidente dal modo rigido in cui si muoveva che non stava meglio di Ryou.

A volte Ryou portava qualche gioco di abilità, ma era chiaro che Marik non ne era mai troppo emozionato. Era stato tentato di portare un qualche genere di RPG, ma il materiale era troppo ingombrante e le regole troppo complesse per spiegarle e fare una partita in una sera.

Il gioco preferito di Marik, per l'assoluta gioia di Ryou, la lotta libera. Erano più o meno alla pari: Marik era più forte e pesante, Ryou più coordinato e veloce, e sapeva dove colpire per fare male, per quanto la lotta non fosse mai stato il suo passatempo preferito.


Cambiarsi nello spogliatoio prima di fare educazione fisica era un inferno per Ryou. Cercava sempre di farlo il più in fretta possibile, per nascondere i lividi e le ferite, ma non sempre riusciva a ingannare i suoi amici.

La prima volta che Jounouchi aveva notato il massacro che Marik gli aveva fatto sulla spalla con quella bottiglia la prima volta che si erano incontrati, Ryou si era dovuto sentire una predica infinita sul non correre rischi e via dicendo. Si era inventato di essere caduto in bici, ma gli altri non ne erano stati troppo convinti, visto il fatto che Ryou non amava la bicicletta.

Ora aveva tutta una collezione di lividi e tagli, e i suoi amici erano sempre più preoccupati. Ryou sapeva che non si bevevano le storie sul cadere dalle scale o lo sbattere contro qualcosa al buio.

Per non parlare dei segni che aveva sulle nocche, o di quella volta che Marik gli aveva fatto un occhio nero. Jounouchi e Honda si erano offerti di picchiare chiunque fosse che gli faceva del male, se solo lui gli avesse detto chi era, ma Ryou aveva mentito e detto che era stato un incidente.

Sperava solo non tentassero di seguirlo una sera per controllare che non si mettesse nei guai.


La prima volta che Ryou aveva perso una lotta con Marik, rimanendo a terra schiacciato sotto l'altro senza riuscire a rialzarsi, aveva provato un tipo diverso di paura da quello a cui era abituato.

Ciò che a lui piaceva era il rischio, il non sapere come qualcosa sarebbe andato a finire, il vedere se era in grado di tirarsi fuori da una situazione pericolosa o almeno ricavarne qualcosa di positivo.

Ma aspettare la punizione di Marik era snervante. Non perché Ryou temesse il dolore, la sua resistenza era alta e in certe situazioni non gli dispiaceva neanche. Piuttosto, il fatto di sapere esattamente come qualcosa sarebbe andato, senza poter fare nulla, reagire o scappare, gli faceva quasi mancare l'aria.

Era così che si sentivano le persone in genere quando avevano paura? Era orribile.

Marik si era portato con sé una corda quella sera, prima ancora di giocare aveva annunciato a Ryou che l'avrebbe usato per frustarlo se lui avesse perso.

«Che diavolo hai sulla schiena?» aveva chiesto, stupito, quando Ryou si era con riluttanza tolto la maglia.

«Mi hai tirato una bottiglia, ricordi?»

Marik non aveva commentato. Aveva invece colpito la schiena di Ryou con la corda più e più volte, evitando la zona già ferita ma lasciando molti segni rossi sulla pelle. Nulla di grave, ma molto dolorosi.


Ryou stava iniziando a far fatica a dormire. Era dai tempi dello Spirito che non gli succedeva.

I suoi sogni non erano popolati da pazzi coi capelli biondi e la pelle scura, né da inseguimenti o lotte come uno avrebbe potuto aspettarsi. Ciò che teneva Ryou sveglio la notte erano immagini di persone ferite e sanguinanti, fatte a pezzi da Marik, perché Ryou non si era dato una mossa a farlo tornare nel Regno delle Ombre.

Ma a questo punto lui non sapeva più dove cercare informazioni. Internet non era molto utile a riguardo, né lo erano i suoi libri. Non poteva chiedere a nessuno che conoscesse qualcosa senza essere riempito di domande, e di certo non poteva chiederlo a Marik.

Per qualche motivo, Marik sembrava avere una qualche sorta di fiducia in Ryou, e lui si rendeva perfettamente conto che questa fiducia andava mantenuta integra. Non voleva far arrabbiare Marik e mettersi ancora più nei guai di quanto già non fosse.

E poi Ryou non se la sentiva proprio di far venire nuovamente un attacco di panico a Marik. Era evidente che il Regno delle Ombre gli avesse lasciato dei traumi di qualche tipo, e Ryou si rifutava di riaprire quelle ferite. Era una questione di principio.


Ryou si appoggiò a un muro in attesa. Marik non era mai molto preciso quando si trattava di decidere a che ora incontrarsi, quindi spesso uno dei due si ritrovava a dover aspettare l'altro.

Ryou rabbrividì. Tirava vento, e la sua giacca era un po' troppo leggera. Forse avrebbe dovuto dare a Marik un orologio.

«Ehi» Ryou si guardò attorno «Sì, tu, ragazzo» C'era un uomo che si gli si stava avvicinando. Non aveva l'aria di essere una persona piacevole.

«Posso aiutarla?» chiese Ryou, offrendogli un sorriso. Forse non era una cattiva persona, non bisogna giudicare dalle apparenze.

«Mi sembri un ragazzo molto curato» disse l'uomo, avvicinandosi «Ce ne vogliono di soldi per curarsi tanto di se stessi»

Ryou deglutì. Forse in certi casi le apparenze non ingannano affatto. «Non sono poi tanto curato» disse.

«No?» L'uomo era grosso il doppio di Ryou, e se lo avesse aggredito fisicamente il ragazzo ne sarebbe uscito male. Gli conveniva mettersi a correre appena possibile.

«Mi spiace, devo andare» disse Ryou, facendo per indietraggiare.

«Ancora un attimo» ringhiò l'altro, tirando fuori un coltello. Ryou fu attraversato da un brivido. Era sul punto di girarsi e scappare, quando un'altra voce si intromise.

«Che succede qua?» L'uomo si girò, e si trovò di fronte Marik.

«Sono affari tuoi per caso? È il tuo ragazzo, quello?» chiese. Marik fece una smorfia.

«Sparisci» ringhiò. Coi capelli sparati in aria, i denti scoperti e gli abiti pieni di vecchie macchie di sangue, il lato oscuro di Marik non avrebbe sfigurato come assassino in un thriller.

«Oppure?» l'uomo rimase immobile, ma Ryou notò un lieve nervosismo nella sua voce.

«Non vuoi saperlo» rispose Marik dopo un istante di esitazione. Fece un passo avanti.

«Fanculo!» L'uomo lo attaccò col coltello.

Marik saltò indietro, tenendosi un braccio. Si leccò le labbra, osservando l'altro con una smorfia simile a un sorriso. Poi si accigliò, e disse qualcosa in arabo. Ma non fece altro.

L'uomo lo attaccò ancora, e Marik si limitò a evitarlo.

Ryou era rimasto immobile, e ora osservava Marik confuso. Era chiaro che voleva fare a pezzi quell'uomo col suo stesso coltello, quindi perché indietreggiava e basta? Si sarebbe fatto ammazzare così. Aveva già un taglio su un braccio, e ora era stato preso di striscio su una guancia.

Ryou si guardò attorno, cercando qualcosa da usare come arma, ma non c'era niente nei dintorni. Non sapendo cosa fare, corse verso l'uomo e lo spinse alle spalle.

L'uomo perse l'equlibrio e cadde in avanti, e Ryou cadde sopra di lui. Il coltello finì poco distante, e Marik fu rapido a prenderlo da terra.

Ryou si spostò da sopra l'uomo e si rialzò, gli occhi puntati su Marik. Non gli piaceva vederlo con un coltello in mano. Quell'uomo sarà anche stato un delinquente, ma Ryou non ci teneva a vederlo sgozzato.

Però Marik non fece nulla. Si limitò a tenere in mano il coltello, ansimando.

L'uomo si alzò lentamente, fissando Marik e imprecando sottovoce. Marik si voltò vero di lui, gli occhi sbarrati e un ghigno folle.

«Io correrei» gli disse, rigirandosi il coltello fra le dita. L'uomo fece un suono patetico, si girò e scappò.

Ryou lo osservò per un istante, prima di rivolgersi a Marik. «Perché non ti sei difeso?» chiese, perplesso.

Marik lo guardò con altrettanta confusione. «Non posso far male agli altri, mi risulta» disse.

Ryou rimase a bocca aperta per un istante. «Non- non puoi aggredire gli altri. Se qualcuno sta cercando di ucciderti, puoi benissimo disarmarlo, difenderti. Basta che non lo mandi in ospedale»

«...Oh» Marik aveva davvero pensato che Ryou intendesse anche autodifesa quando parlava di non far del male alla gente? Non aveva le idee molto chiare sui concetti di vittima e aggressore, pareva.

Sì, beh, suo padre gli aveva intagliato dei geroglifici sulla schiena e lui poi l'aveva ucciso. Per non parlare del fatto che era il lato oscuro di qualcuno che di suo era stato capace di fare cose come controllare mentalmente altri. La sua percezione di giusto e sbagliato non doveva essere esattamente la più accurata.

«Comunque grazie» disse Ryou. Marik lo fissò con ancora più confusione di prima.

«...eh?» disse, guardandolo come se gli fossero spuntate le ali.

A Ryou venne da ridere. Marik sembrava così completamente stupefatto. Come se non capisse cosa Ryou gli avesse detto.

Beh. Ryou dubitava qualcuno avesse mai ringraziato il Marik oscuro prima. Era comprensibile che lui fosse sorpreso. Il che era anche un po' triste, in un certo senso.

«Non eri obbligato a intervenire, ma l'hai fatto. In genere questa è considerata una cosa gentile da fare e si viene ringraziati» spiegò Ryou.

Marik scosse la testa. «Io non... Gentile?» ripeté, come se la parola avesse un gusto acido.

«Generalmente sì, sarebbe quella la parola. A meno che tu non avessi motivi pariticolari per aiutarmi» disse Ryou. Giusto, questo era il lato oscuro di Marik. Gentile era probabilmente una delle ultime cose che ci teneva ad essere.

«Tu devi giocare con me! Se ti fanno del male, tu non puoi giocare con me, quindi per questo ti ho aiutato» disse Marik «Non era "gentilezza"»

«Tu non ti fai troppi problemi a farmi del male. E avrei potuto scappare senza problemi, e lo sai» commentò Ryou.

«Non ci ho pensato! La prossima volta non ti aiuterò più, va bene? Fine del discorso» ringhiò Marik, gesticolando. Ryou decise che era meglio cambiare argomento.

«Va bene. Il ringraziamento rimane. Per educazione, quantomeno» Ryou sorrise «Quindi. A cosa volevi giocare stasera?»

«La lotta, no?» disse Marik. Ovvio.

«Va bene»

C'era un magazzino abbandonato nelle vicinanze, di cui loro approfittavano per i loro giochi. Le luci funzionavano ancora, e non era la base di una gang, quindi tutto sommato era quasi un edificio di lusso.

«Senti» disse Ryou «Avrei una richiesta da farti»

Marik lo guardò. «Se vinci, puoi farla» disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Poi tirò un pugno a Ryou.

Ryou saltò indietro. Aveva imparato che se riusciva a evitare i colpi di Marik e a rimanere in piedi, aveva buone possibilità di vincere. Se Marik riusciva a buttarlo a terra, difficilmente si sarebbe liberato.

Lasciò che Marik lo inseguisse per un po', prima di mollargli un calcio negli stinchi. Marik grugnì, e Ryou ne approfittò per un pugno al volto. Marik corse verso di lui a testa bassa, spingendolo contro un muro.

Ryou colpì il muro con un fianco, e Marik fece per storcergli un braccio. Ryou gli tirò una testata con una smorfia sul volto. Quanto puzzava Marik. Da quando era tornato nel loro mondo, non si era mai probabilmente fatto una doccia decente.

Con la mano libera, Ryou riuscì ad afferrare il braccio di Marik, e sentì qualcosa di caldo e umido. Con una contorsione, riuscì a mettere le dita sul taglio fresco e stringere. Marik gemette e lo mollò.

Ryou se lo spinse via con un colpo all'addome. Marik corse di nuovo verso di lui, ma Ryou si spostò e gli fece lo sgambetto.

Marik finì a terra di faccia, e Ryou fu rapido a sedersi sulla sua schiena e premerlo a terra. Mise una mano fra i capelli di Marik, e gli premette il volto contro il terreno.

«Uno, due-» iniziò a contare.

Marik si dimenò e iniziò a sferrare colpi alla cieca con le mani. Ryou gli afferrò un polso e gli torse il braccio.

«-cinque, sei-» Marik strillò, e cercò di rialzarsi in qualche modo. Ma con tutto il peso di Ryou sulle reni, non andava da nessuna parte. «-nove, dieci!»

«Fottiti!» gridò Marik, picchiando un pugno a terra. Ryou ghignò.

«Ho vinto» disse, lasciando andare Marik. Gli aveva fatto un po' schifo mettergli la mano fra i capelli, se doveva essere onesto. Davvero doveva lavarsi in un modo o nell'altro.

«Sì, ho capito, ho capito!» ringhiò Marik «Posso alzarmi ora?»

«Sì, scusa» Ryou si spostò, lasciandogli il polso. Marik stava diventando più debole di come era stato all'inizio dei loro incontri. Le sue guance erano scavate e le sue braccia più magre di prima. Ryou si chiese ogni quanto Marik mangiasse.

«Allora. La tua richiesta» disse Marik, incrociando le braccia.

«Giusto. Volevo chiederti se domani sera possiamo saltare, e se posso venire la prossima volta dopodomani» Marik ringhiò.

«Perché?»

«Ho da fare» disse Ryou vagamente. In realtà, i suoi amici gli avevano chiesto se poteva uscire con loro a festeggiare il ritorno di Yugi dal suo tour, ma preferiva non dirlo a Marik. «Comunque ho vinto, quindi va bene»

Marik fece un suono irato e sputò per terra. «Fa come vuoi» soffiò, girandosi e andandosene.

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