Love's path

di Anto_Lu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kim e Less: Musica, pioggia e giacche di pelle. ***
Capitolo 2: *** Kim e Less: Bugie, sguardi e incubi. ***
Capitolo 3: *** Kim e Less: Fiume, istinti e ombre. ***



Capitolo 1
*** Kim e Less: Musica, pioggia e giacche di pelle. ***


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Kim e Less: Musica, pioggia e giacche di pelle

POV Less
 
Così mi sveglio ogni mattina, con quel vuoto che mi divora l’anima da non so nemmeno quanto tempo. Ho scritto così tante storie per poi lasciarle a metà, sprecato così tante parole per coprire il silenzio che mi costringe ad ascoltare. Respiro, cercando di calmarmi, sorprendendomi ad ogni battito del piccolo fragile muscolo che ho in petto: batte, ma controvoglia, come se tutta la forza fosse sparita da quando l’ho incontrato.
Sarebbe così romantico raccontare di come mi abbia salvato la vita, oppure di come mi abbia rincorsa per portarmi a cena, ma non sarebbe la verità; a volte l’amore si incontra in un giorno piovoso, dopo una pessima giornata, mentre i piedi percorrono automaticamente la strada di casa e i pensieri affollano la mente. Perché è così che è successo, è così che ho smesso di essere razionale e mi sono lasciata ferire, è così che è cominciato tutto.
 
A Seoul ti puoi veramente sentire viva, parte di qualcosa:  mille persone diverse che camminano, ridono, amici che bevono, amori che nascono, mentre li osservi vivere, cambiare, scegliere, sorridere, fare tutto ciò che tu sei troppo codarda per fare. Sono sempre stata la ragazza presa in giro, che tornava a casa in lacrime o che non riusciva a trattenere i singhiozzi in classe, forse troppo debole per guardare avanti, forse troppo spaventata per capire che tutto dipendeva da me, senza mai sentirmi veramente a casa.
Ma qui, in questa grande città dalle mille sfumature, so di essere a casa.
 
Piove, le gocce rendono tutto un immenso strumento da suonare mentre le mie orecchie ascoltano solo la musica proveniente dalle cuffie, le scarpe fradice annegano nelle pozzanghere e io voglio solamente rintanarmi in quella specie di buco che chiamo casa. Tutti, qui a Seoul, cercano l’anima gemella come fossero ossessionati dall’amore, come se amare fosse la cosa che desiderano di più al mondo, per poi mostrare al mondo quanto sono felici, completi; un paio di coppiette mi passano accanto, nei loro occhi tutte le parole che non si sono mai detti, tutte le carezze che non si sono mai dati, tutti i rimpianti che vorrebbero solo cancellare con un bacio. Cammino, affidandomi alle parole della canzone “l’amore ti uccide, l’amore ti mette in ginocchio e poi ti colpisce lo stomaco”; no, nessuno mi metterà in ginocchio. Svolto in un vicolo buio, gli occhi fissi a terra per evitare le pozzanghere, quando un ragazzo cade ai miei piedi: ha il naso sanguinante, si tiene il fianco e fissa un paio di uomini corpulenti che si stanno lentamente avvicinando; per un secondo lo guardo negli occhi e, senza pensare, lo prendo per le spalle e lo faccio alzare mentre le cuffie mi ricadono sulla giacca di pelle nera.
«Corri!» lo prendo per mano e lo tiro via da lì, senza rendermi conto che forse sto facendo la cosa più stupida della mia vita «Hai un posto sicuro in cui andare?» urlo, sperando di non dover portare uno sconosciuto nel mio buco (sì, non è un gran bel posto in cui dormire, ma è sempre il MIO posto); lui annuisce e mi guida in mezzo alla folla, zoppicando, stringendo la mia mano come fosse un’ancora di salvezza. Camminiamo per dieci minuti buoni, fino ad entrare in un grande palazzo, dove devo praticamente trascinarlo fino all’ascensore.
«Terzo piano» dice, accasciandosi al suolo. L’ascensore comincia a muoversi e mi sorprendo a fissare quel ragazzo macchiato di sangue: sembra così... Normale. Perché uno come lui si trovava con quelle persone? Forse volevano derubarlo. Sì, deve essere questo il motivo.
Lo porto fuori dall’ascensore, il suo braccio mi circonda il collo ed io tento di sorreggerlo, finché non mi ferma davanti ad una porta, tira fuori le chiavi e la serratura si sblocca; entriamo in un appartamento grande tre volte il mio e, ci scommetto lo stipendio, senza i miei sgraditi ospiti ad otto zampe. Lo aiuto a sistemarsi sul divano in pelle bianca, mentre vado alla ricerca del bagno: apro l’armadietto e tiro fuori garze, disinfettante, poi prendo anche un asciugamano e una bacinella in cui riporre il tutto. Quando torno in soggiorno, il ragazzo fissa il vuoto con una birra in mano, senza preoccuparsi di chi potrei essere o di cosa abbia intenzione di fare. Poggio la bacinella a terra e mi dirigo verso la cucina; dopo un’attenta ricerca, ho trovato un’insalatiera in cui metto acqua tiepida e del sale, per poi andare a sedermi davanti a lui; mi fissa e scivola giù dal divano, si siede e gira il volto, permettendomi di curarlo.
 
Non dice una parola, si limita a sorseggiare la sua birra senza più guardarmi negli occhi; non che io lo voglia, l’unica (e anche l’ultima) volta che i nostri sguardi si sono incontrati mi sono messa in un casino forse più grande di me. Il sale gli brucia sulle ferite, ma lo disinfetterà: gli passo l’asciugamano impregnato sugli zigomi, sul labbro rotto, su tutti i punti che domani si gonfieranno, più e più volte, con così tanta dolcezza da sorprendermi. Passo alle mani, sulle nocche c’è del sangue secco che tolgo,  poi continuo a disinfettare e, quando ho finito, gli avvolgo una morbida benda intorno al palmo; mentre gli tengo le mani mi sembra di essere con un animale ferito, uno di quelli che se fai una mossa troppo veloce potrebbero morderti. Tiene ancora gli occhi bassi, ma ha finito la birra e la bottiglia vuota dorme sul pavimento; inizio a cantare mentre le sue mani vengono a contatto con la benda, per rassicurarlo, o forse per calmare me stessa. 


Note dell'autrice
Sssalve gente! Okay, è la mia prima ff e la cosa mi rende ansiosa (perdonate anche le note molto ristrette, l'ansia mi sta uccidendo ahahah), ma grazie anche al sostegno di 
lislis666 la sto pubblicando, quindi fatemi sapere come la trovate, eventuali errori, ecc (grazie in anticipo a chiunque troverà anche solo un minuto per leggerla!)
Non so ancora con che scadenza pubblicherò, ma cercherò di farlo una volta a settimana, quindi... see u!
Besos,
Lù.

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Capitolo 2
*** Kim e Less: Bugie, sguardi e incubi. ***


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Kim e Less: Bugie, sguardi e incubi

POV Kim

Non è una vera e propria canzone quella che la ragazza sta cantando, è più una melodia triste, che mi spezzerebbe il cuore, se lo avessi. Che cazzo ci fa una così in questo posto, ad aiutare uno sconosciuto? Ad aiutare me... Non mi merito nulla di buono, questo è certo, ma lei non sembra curarsene. Ha un fisico perfetto, i lunghi capelli ricci le ricadono sulle spalle come onde ramate, ma non è nulla di tutto questo che mi ha colpito: i suoi occhi, quelli sì che mi hanno steso. Nello stesso istante in cui mi ha fissato, mentre ero a terra, mi sono paralizzato; semplicemente... Non potevo muovermi, parlare o pensare. Non riuscivo nemmeno più a provare dolore. E poi mi ha aiutato, mi ha preso la mano e mi ha portato via da lì, mi ha salvato; e non ha idea di chi cazzo sia io, perché se lo sapesse se ne andrebbe subito. Non ho intenzione di dirglielo, non ho intenzione di fare o dire nulla, solo... Non voglio che se ne vada.

Le ferite mi bruciavano, ma l’ho lasciata fare, ho continuato a bere, come fossi un semplice manichino; e ora mi sta bendando le mani, così delicatamente da metterci una vita per fare un solo giro: meglio, starà qua di più.

 

POV Less

Indossa ancora la giacca che aveva quando è –letteralmente- caduto ai miei piedi: è molto simile alla mia, di pelle nera, se non fosse per il sangue che si è incrostato sulle maniche. Lo aiuto a toglierla e lo faccio distendere, per esaminargli meglio il fianco: il tipo è muscoloso, alto circa un metro e ottanta, capelli biondi, indubbiamente tinti, e lineamenti tipici coreani; sì, è un ragazzo molto attraente, ma solo i suoi occhi mi hanno veramente colpita... Color cenere, fissano il vuoto come se appartenessero ad un essere senza vita, e sembrano rispecchiare un’anima persa. Riconosco quegli occhi, quello sguardo, quell’anima.

Sollevo la maglietta, preparandomi ad un gigantesco livido viola con conseguente corsa in ospedale, ma tutto ciò che trovo sono vecchie cicatrici causate, probabilmente, da un coltello.

«Ti fa male il fianco?»

Scuote la testa, mettendosi seduto e sistemandosi la maglietta

«Ok, credo che dovresti dormire» mi alzo, pronta per andarmene

«Non..» di nuovo, i nostri sguardi si incontrano e si fissano l’uno nell’altro

«Non?»

«Non è sicuro uscire ora» torna a fissare il vuoto

«Tu non mi conosci» gli ringhio, sulla difensiva

«No, tu non mi conosci» replica lui, alzandosi

Questa volta sono io ad evitare il suo sguardo, fissando il vuoto; non mi era mai capitato prima, di solito sono gli altri ad evitare i miei occhi. Non so cosa fare, il che è una cosa estremamente rara, eppure rimango lì, in piedi, a fissare il pavimento senza sapere se andarmene o restare; razionalmente, dovrei tornare a casa, fuggire da quel ragazzo sconosciuto e dormire. Il mio appartamento, però, è davvero troppo lontano da lì e rischierei di imbattermi di nuovo in quei tipi: lo scontro non mi ha mai fatto paura, anzi, lo desidero, perché è l’unico modo per far battere il mio cuore. Eppure, lì, in quel momento, il mio cuore batte all’impazzata, di nuovo vivo dopo anni e quel posto, con quel ragazzo senza nome, mi sembra più “casa” che mai.

«Gli amici mi chiamano Less» e ho preso la mia decisione

«Non ho amici, ma i pochi che lo fanno, mi chiamano Kim»

«Non mi fido di te, ma rimanere è la cosa più razionale da fare» mento, non c’è nulla di razionale in tutto ciò che ho fatto da quando l’ho visto

«Fai bene» non sorride, non mi offre nulla da bere, e capisco che si riferisce al fatto di non fidarmi di lui

«Ma mi fido del tuo linguaggio del corpo» sollevo la testa e lo osservo «Dovrei aver paura di te, Vero o Falso?»

«Vero» ma il suo corpo dice “Falso”

«Vuoi che me ne vada, Vero o Falso?»

«Non mi importa» “Falso”

«Il tuo cognome è Kim, Vero o Falso?»

«Non lo so più» e questa volta non sta mentendo.

Si accomoda sul divano, un’altra birra in mano, mentre io mi osservo nello specchio del bagno: i segni scuri sotto gli occhi mi ricordano da quanto tempo non riesco più a farmi una dormita decente senza incorrere in stupidi incubi, ma nel mio sguardo c’è qualcosa di nuovo, come se la nebbia grigia che riempiva l’iride si stesse dissolvendo, mentre un leggero rossore si diffonde sulle guance; “sarà sicuramente colpa dell’adrenalina” penso, ma so che non è così. Mi accomodo ai piedi del divano e, senza curarmi di Kim, senza togliermi la giacca, senza pensare, mi addormento, coccolata dalla morbida compagnia del tappeto.

 

POV Kim

“Gli amici mi chiamano Less” ha detto, prima di farmi tutte quelle domande… Less, un nome curioso, ma chi sono io per giudicare? Ho mentito, e credo l’abbia capito, non è una stupida, ma è rimasta comunque; e ora sta dormendo sul mio tappeto, rannicchiata come se avesse freddo, stringendo il bavero di quella giacca nera fin troppo simile alla mia. Sorrido, bevendo l’ultimo sorso di birra, pensando che le cose belle durano un attimo ma, forse, questo è un sogno perché sta durando troppo.

Mi ha guardato di nuovo negli occhi, ed io ho distolto lo sguardo; poi l’ho guardata io, ed è stata lei ad evitarmi. Se è vero che gli occhi sono lo specchio dell’anima, forse è anche vero che è possibile incontrare qualcuno che abbia gli stessi occhi, come uno specchio; e non è possibile, per persone come noi, fissarsi nello specchio troppo a lungo.

«No, mamma, no» ripete nel sonno, come se qualcosa di orribile stesse accadendo di nuovo, ancora e ancora, sensazione che conosco fin troppo bene: mi accoccolo accanto a lei e la stringo forte finché non si calma e il suo respiro profondo mi culla, come la ninna nanna più dolce del mondo.

 

POV Less

Un urlo, che non sono sicura di aver sognato, mi sveglia: Kim è accanto a me sul tappeto, il suo braccio mi circonda la vita, stringendomi fino a farmi male, bloccandomi il respiro mentre urla a squarciagola.

«Ehi!» mi libero dalla presa e mi alzo in piedi, mentre i suoi occhi, spalancati dalla paura, mi fissano; sto ansimando, e devo davvero avere un’espressione terrorizzata, perché anche lui si alza in piedi e mi guarda, prima di abbassare la testa e andare ad aprire la porta. Non vorrei andarmene, vorrei sapere più su di lui, su quegli incubi che, a quanto pare, tormentano entrambi; scommetto che nemmeno lui ne ha mai parlato a qualcuno, ma forse sarebbe utile, forse sarebbe un nuovo inizio per tutti e due. Prendo la borsa che avevo lasciato accanto al divano ed esco dalla porta a testa bassa, senza guardarmi indietro, correndo sulle scale rischiando di rompermi l’osso del collo, senza capire davvero perché me ne sto andando, cercando solo di riempire i polmoni d’aria con vani tentativi. Apro la porta e corro fuori, come se un mostro mi stesse inseguendo, come se smettere di scappare determinasse la mia fine, senza una meta, senza respirare; mi fermo in un vicolo deserto, per riprendere fiato: ma cosa mi sta succedendo? Io non scappo così! Perché andarmene? Anzi, perché sono rimasta lì? Che cosa mi era passato per la testa? L’adrenalina mi scorre nelle vene, le domande non trovano risposta e il cellulare inizia a squillare.

«Less dove diavolo sei?» April, la ragazza americana che lavora con me, sembra furiosa

«Datti una calmata! Sto arrivando.» che cosa le prende?

«Arrivando?! Sei in ritardo di un’ora!! E rimani ovunque tu sia, visto che sei ammalata!» mi attacca il telefono in faccia

Guardo lo schermo del cellulare: le 10.30.

«Cazzo!» devo aver spento la sveglia; a quanto pare, oggi non andrò al lavoro.

Note dell'autrice

Ed eccomi con un nuovo capitolo! Avrei dovuto aggiornare settimana prossima ma, essendo a casa ad annoiarmi, ho deciso di anticipare. E' doveroso fare dei ringraziamenti che, nelle prime note, non ho fatto. Innanzitutto, vorrei ringraziare Val_96, mia Beta da prima che questa storia avesse un vero e proprio capitolo, e che ha messo la storia tra le seguite; segue Sophie_Chen, mia sostenitrice che ha recensito, mi ha messa tra gli autori preferiti e ha messo la storia tra le preferite. Proseguo con la mia donnah, lislis666, sostenitrice attiva che ha recensito, ha messo la storia tra le seguite e mi sostiene nello sclero con l'html. Segue Moony_Figliadellaluna, che mi ha aggiunta tra gli autori preferiti e mi sostiene sempre polpettosamente (non fatevi domande ahahah); ultima ma non meno importante Ladyfarfalladefuego che mi sostiene e proverà a leggere questa ff in italiano. Infine, vorrei davvero ringraziare tutte le persone che hanno speso qualche minuto per dare un'occhiata a questa storia, spero mi possiate lasciare una recensione per aiutarmi a migliorare; vorrei precisare che sto ancora sperimentando con la lunghezza dei capitoli, quindi datemi un'opinione! 

A presto!

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Capitolo 3
*** Kim e Less: Fiume, istinti e ombre. ***


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Kim e Less: Fiume, istinti e ombre.

POV Kim

Non sono più riuscito a dormire dopo quel risveglio, dopo gli incubi, dopo... Dopo che se ne è andata; calcio un paio di sassi e cammino, senza sapere esattamente dove stia andando, cosa voglia fare. L’ho guardata alzarsi, fissarmi, e ho fatto ciò che mai avrei voluto fare: l’ho lasciata andare; correva sulle scale, ho persino avuto paura che si facesse del male mentre scappava il più possibile lontano da me, mentre capiva chi sono. Ha esitato, come se non volesse andarsene, ma quello sguardo terrorizzato mi ha riportato alla realtà: sono un mostro, uno di quelli che non merita nulla, e lei era troppo. Forse mi sono immaginato tutto, era semplicemente una che aveva bisogno di un posto in cui stare, altrimenti perché rimanere? Non è rimasta per me, no. Non devo nemmeno pensarci, sarebbe una tale idiozia da... Da non riuscire a smettere di tormentarsi, e io non riesco a toglierla dalla mente. Perché? Forse sto diventando ancora più pazzo, come uno di quelli che si immaginano un amore e poi finiscono per distruggersi; non c’è più nulla da distruggere in me, forse non c’è mai stato nulla. No, mi ricordo quando qualcosa c’era, quando avevo un cuore che batteva davvero, come batteva questa notte accanto a lei.
“Smettila, smettila subito!” me lo ripeto, più e più volte, ma tutto questo mi fa impazzire, non mi permette nemmeno di respirare; il suo sguardo terrorizzato, i suoi occhi mentre cercava di capire chi fossi, le sue mani mentre mi curava le ferite.
“Non mi importa” le avevo risposto, come se volessi cacciarla; eppure era rimasta, contro tutte le ragioni, le aspettative, contro tutto ciò che c’è di razionale in questo mondo. Non era scappata. Dovrà pur dire qualcosa, giusto? O forse no... Devo smetterla di provare ad aggrapparmi a questi ricordi, non finirà bene, non può finire bene. Non c’è nulla di buono in me.
 
POV Less

A quanto pare ho la mattinata libera, quindi mi siedo ad ammirare il fiume, abbandonandomi ai pensieri. La mente è occupata dall’immagine di quel ragazzo, stargli vicino mi toglie letteralmente il fiato: stava urlando, come un bambino terrorizzato, come qualcosa di totalmente lontano dal ragazzo steso a terra, che aveva smesso di lottare. I suoi occhi sono così cupi, come se celasse un segreto tanto terribile da impedirgli di vivere; il mio cuore ha smesso nuovamente di battere, tutto ciò che è successo questa notte dovrebbe rimanere un segreto, un ricordo da tenere per le notti più buie, da ripescare ogni tanto, da custodire gelosamente, lontano dagli occhi più indiscreti. Ma non posso, non voglio dimenticare, perché significherebbe lasciarlo andare; voglio capire chi è, voglio capire perché non riesco a sostenere il suo sguardo, perché mi sento così... Viva. Perché non me ne sono andata prima? Stupida, stupida Less. Finirà male, non c’è altra scelta: c’è troppa oscurità e troppa poca luce in me.
 
POV Kim

Cammino, lo sguardo a terra mentre scelgo se seguire il mio istinto, che mi tormenta finché non cedo: il fiume, perché proprio il fiume? Non ho mai amato l’acqua, e quel fiume è un posto da cui mi tengo particolarmente a distanza, ma oggi devo andarci. Non ho potere decisionale, semplicemente DEVO.
Cammino velocemente, le mani in tasca, la testa bassa, senza sapere che cosa aspettarmi; ho sempre ignorato l’istinto che mi diceva di fuggire per salvarmi, di non cacciarmi nei guai, eppure oggi è diverso: non devo scappare, ma correre verso qualcosa .
Raggiungo il fiume e rallento il passo, guardandomi intorno: è una mattinata tranquilla, i soliti turisti, le solite facce, e... Improvvisamente capisco verso cosa –o meglio, chi- stavo correndo e maledico mentalmente il mio istinto in tutte le lingue conosciute e anche in quelle sconosciute.
Lei è lì, seduta su una panchina, che fissa l’acqua mentre la sua mente vaga, riportando a galla ricordi che la fanno sorridere: non l’avevo ancora vista sorridere, ed è qualcosa di talmente meraviglioso da far sorridere anche me. Perdersi quel sorriso dovrebbe essere una pena capitale, perché potrebbe curare tutti i mali del mondo in un unico istante, come sta curando i miei, proprio ora.
 
POV Less

Sorrido pensando a quel ragazzo, che si preoccupa di bersi una birra nonostante sia appena stato picchiato... Insomma, come è possibile volere una birra dopo essere stati ridotti così? Il sorriso che mi era spuntato sul volto si allarga ripensando a quella cosa talmente ridicola. Sto quasi per mettermi a ridere, quando giro la testa e lo vedo, in piedi ad una decina di metri da me, le mani in tasca, mentre sorride guardandomi: il suo sorriso è bellissimo, semplicemente...  Mi toglie il fiato.
Non so cosa fare, vorrei rimanere ad osservarlo, vorrei correre da lui, vorrei… Vorrei che ci fosse una possibilità perché finisca bene, una possibilità di avere il lieto fine; chino la testa, mentre lui riprende a camminare per andarsene.
Ogni volta che lo guardo negli occhi perdo quel briciolo di sanità mentale rimasta, e questa volta non è diverso, ma questa volta non voglio scappare: mi alzo, lo raggiungo e gli afferro il braccio. Mi fissa, senza capire, senza tentare di andarsene, mentre io non ho intenzione di lasciarlo; “non finirà bene” tutto dentro la mia mente grida che è una pessima, pessima idea ma ascolterò solo il cuore, finalmente tornato a battere.
 
POV Kim

Non ci sono possibilità che quella ragazza voglia avere qualcosa a che fare con me e, quando abbassa lo sguardo, capisco che ho ragione: l’unica cosa rimasta da fare è andarmene. Le passo davanti, mentre si tortura le mani, lo sguardo fisso a terra, e non riesco a pensare a cosa mi sto perdendo, a cosa non potrò mai avere; non abbiamo condiviso nulla, eppure quel nulla è più di quanto abbia mai dato a nessun altra, più di quanto nessuna mi abbia mai dato. Quel nulla è stato tutto per me, seppure per poche ore; mi sto lasciando alle spalle quel “tutto”, quando mi sento afferrare: mi giro di scatto, senza sapere di chi potrebbe essere la mano che mi sta riportando indietro.
La guardo negli occhi, senza sapere se è tutto un sogno o se sta davvero accadendo: mi ha riportato indietro? Perché, cosa vorrebbe da me? Cosa può volere una così da… Me? Non capisco se ho fatto qualcosa di sbagliato, se è semplicemente una coincidenza, non… Non capisco più nulla, ho un blackout totale ogni volta che il mio sguardo incontra il suo, ma di una cosa sono certo: non me ne andrò.
 
POV Less

Rimaniamo a fissarci, senza sapere cosa dire o fare, ma non scappiamo, non abbassiamo lo sguardo, non ce ne andiamo; forse siamo impazziti, magari lui è un killer ed io sarò la sua prossima vittima, forse lo rimpiangeremo entrambi, forse… Forse dovrei semplicemente stare zitta e smettere di pensare perché i nostri visi sono a pochi centimetri di distanza e le mie facoltà mentali si stanno dissolvendo, così come tutti i dubbi. Continuiamo a guardarci negli occhi mentre i nostri visi si fanno più vicini, i nasi si toccano, il mio cuore sta per scoppiare: seriamente, potrei avere un infarto adesso e morire qui, ma tra le sue braccia sarebbe la morte più dolce –e ridicola, insomma, si può morire per un quasi bacio?- del mondo.
 
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Apro gli occhi, con ancora l’immagine delle sue labbra nella mente, con ancora la voglia di quel bacio e di quell’amore impressa nell’anima; mi alzo, non guardo nemmeno la sveglia, dopotutto sono ormai mesi che il mio corpo mi riporta indietro da quel sogno sempre alla stessa ora. La routine è noiosa, ma almeno mi impedisce di impazzire così, come ogni giorno, mi trascino sotto il getto d’acqua calda della doccia, scottandomi la pelle, tentando di riscaldarmi un po’ il cuore, come solo lui sapeva fare; mi vesto, prendo la tracolla e mi trascino fuori casa. 

Note dell'Autrice

Eccomi in ritardo! Perdonatemi, ho avuto problemi con la connessione internet, ma... eccomi! Come sempre, ringrazio chiunque si prenda un attimo per leggere questa storia (Che ho spostato dal genere "Drammatico" a "Commedia" poichè, scrivendo gli altri capitoli, ho notato che la storia sta prendendo una piega meno... drammatica!), e, se vorrete recensire, ne sarò lieta!
Alla Prossima!

 

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