Piano Days and Other Malec One Shots di Minipage (/viewuser.php?uid=930696)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Piano Days ***
Capitolo 2: *** The Ultimate Illusion ***
Capitolo 3: *** Puppies in the Rain ***
Capitolo 4: *** Sick Days ***
Capitolo 5: *** Il Giorno del Matrimonio ***
Capitolo 6: *** Stregoni, Shadowhunters e draghi - Oh mio Dio! ***
Capitolo 7: *** Things that change and remain ***
Capitolo 8: *** Last Days ***
Capitolo 9: *** Bambino per Sbaglio ***
Capitolo 10: *** Salsa sui muri ***
Capitolo 11: *** A Pistachio Farm in the Desert ***
Capitolo 1 *** Piano Days ***
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Piano Days
La pioggia ha un modo bizzarro di spingerci a stare al chiuso.
È difficile capire davvero perchè siamo
spaventati
dall'acqua o dall'umidità, ma lo siamo.
All'interno, tuttavia, tutto può essere meno
eccitante.
Dobbiamo arrangiarci come possiamo, perchè il mondo esterno
è stato dichiarato off-limits da forze ancora sconosciute.
Guardare fuori dalla finestra è uno dei passatempi
preferiti
di chi è tenuto in ostaggio dalla pioggia, soprattutto se la
finestra ha una vista come quella dell'appartamento di Magnus Bane. Si
poteva vedere quasi tutta Brooklyn dall'enorme finestra ricoperta di
goccioline d'acqua. Il sole aveva appena iniziato a tramontare quando
i due ragazzi giunsero finalmente al riparo del loro loft.
Si tolsero gli strati esterni di vestiario, che erano fradici,
e li
lasciarono malamente all'ingresso. Il Presidente Miao
camminò
attentamente in bilico sullo schienale del divano, finchè
Alec
non si lasciò cadere sui cuscini. A quel punto, il gatto non
ebbe altra scelta se non saltare sul suo stomaco e farsi un pisolino.
Alec guardava fuori dalla finestra, mentre Magnus frugava qua
e
là in cucina, tenendosi occupato con una delle sue
trovate.
"Odio la pioggia" disse lo stregone.
"Solo perchè la tua acconciatura si è
rovinata" rispose l'altro.
Ci fu un momento di silenzio.
"Davvero?"
Alec rise alla preoccupazione autentica nella sua voce,
disturbando il pacifico sonno del Presidente.
"No" rispose. Ma i capelli di Magnus avevano perso un po' di
volume.
Lo shadowhunters guardò il sole che continuava a
calare in
lontananza. Sempre più luci iniziarono ad accendersi a
Brooklyn,
rendendo lo skyline più fiero e sfavillante.
Alec sentì il tintinnio di alcune tazze su un
vassoio in
movimento. Si sedette. Magnus aveva davvero provato a preparare
qualcosa?
"È tè" spiegò il ragazzo,
appoggiando il
vassoio sul tavolo da caffè. Si sedette dove fino ad un
secondo
prima si trovava la testa dello shadowhunter.
Magnus non era bravo in cucina, ma il tempo trascorso in
Inghilterra
gli aveva insegnato alcune cose: 1) la storia della famiglia Herondale,
2) Non fidarsi mai di una fata cieca e ubriaca durante una partita di
poker e 3) Come preparare un buon tè. E, per la cronaca, lui
credeva fermamente nel fatto che si dovesse mettere "prima il
tè
e poi il latte". Solo gli ignoranti versavano il tè
nell'acqua
lattea.
Alec prese un sorso, prima di rimettere la tazza al suo posto
e
appoggiare la testa alle cosce del suo ragazzo. Girò la
testa,
così da poter vedere la città.
"Dimmi un segreto, Alexander."
"Un segreto?" Il ragazzo rise. "Tu sei, forse, il mio unico
segreto."
"No" Magnus sospirò "Mi sembra di non saperne
abbastanza su di te."
"Non capisco" disse Alec, guardando in alto, verso di
lui."Cos'altro c'è da sapere?"
"Prima di conoscermi" disse lo stregone, passando pigramente
le mani tra i suoi capelli. "Cosa facevi?"
Alec iniziò a ridere, cercando di pensare a
qualcosa.
"Sono serio!" Disse lui. "Raccontami qualcosa."
"Posso tirare una freccia - "
"Nope, ritenta."
"So suonare il pianoforte" ammise Alec.
"Grande" disse Magnus. Il tavolo da caffè venne
rimpiazzato da un pianoforte. "Suonami qualcosa."
"Sono senza speranza, davvero" insistette Alec. L'altro lo spinse via
da sè.
"Suona qualcosa di grandioso" gli disse, appena il ragazzo fu
in piedi. Lui tirò indietro lo sgabello.
Tenne premuto il tasto del Re finchè non gli venne
in mente una canzone.
Non c'era nulla di simbolico e lui
implorò mentalmente
Magnus di non cercare di interpretare il testo, come se fosse
irrilevante.
Suonò l'accordo in Re maggiore finchè
non trovò il ritmo giusto.
"This is gospel
for the fallen ones.
Locked away in permanent
slumber,
Assembling their
philosophies,
From pieces of broken
memories.
Oh, this is the beat of
my heart, this is the beat of my heart,
Oh, this is the beat of
my heart, this is the beat of my heart,
The gnashing teeth and
criminal tongues conspire against the odds,
But they haven't seen
the best of us yet."
There was a dramatic
pause.
"If you love me let me
go,
If you love me let me go,
'Cause these words are
knives that often leave scars,
The fear of falling
apart,
And truth be told, I
never was yours,
The fear, the fear of
falling apart."
Finì con lo stesso ritmo in Re minore.
Magnus era stranamente silenzioso.
"È stato assolutamente fantastico" disse infine.
Alec chiuse
la copertura del piano. "Ti rendi conto di quanto sia stato fantastico,
vero?"
"Non è stato - "
"Non negartelo" disse Magnus. "Va bene vantarsi, in certe
occasioni e questa è una di quelle."
Alec si sentì arrossire.
Pochi istanti dopo, Magnus era seduto accanto a lui sullo
sgabello e
lo baciava con tanta tenerezza quanta lui ne aveva usata prima per
suonare.
Note
dell'Autrice:
La canzone è ovviamente "This
is Gospel" dei Panic!At
the Disco.
Nella mia headcanon, Alec è perfettamente in grado di
cantare e
suonare il pianoforte come Brendon Urie. Un'altra mia headcanon
è che Alec sia appassionato di musica mondana. Ma solo
quella
buona.
Note della
Traduttrice:
*Mette una mano sul Codice e l'altra sul cuore* Prometto di aggiornare
questa raccolta con più regolarità possibile ^^
Grazie a chiunque abbia letto :D e a tutti coloro che recensiranno *.*
-Kat
Prossimo capitolo: The
ultimate illusion
Gli incubi possono essere molto realistici.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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Capitolo 2 *** The Ultimate Illusion ***
The Ultimate Illusion - CAP 2
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The Ultimate Illusion
"Alexander?"
Una voce parlò nell'oscurità, quasi
cantilenando il suo nome.
Alec non riusciva a vedere nulla.
Non riusciva a muoversi.
L'istinto gli gridava di scalciare, lottare e liberarsi, ma la
ragione gli disse che non aveva speranze.
Meglio risparmiare energie.
Un fiammifero si accese in un angolo della stanza, illuminando
la carta da parati rovinata.
La fonte di luce si mosse, accostandosi ad una grossa
candela. Appena la fiamma di quest'ultima si accese, il fiammifero
passò a quella successiva.
Il processo fu ripetuto più volte,
finchè la persona
che teneva il fiammifero non divenne visibile. Alec non gli
prestò attenzione, concentrandosi sulla sedia a cui era
legato.
Le sue caviglie erano bloccate contro le gambe anteriori e i
polsi
erano legati ai braccioli. La sedia era pesante - troppo pesante
perchè Alec potesse sollevarla, alzarsi e usare le gambe
posteriori contro il suo rapitore, che ancora non si era fatto
vedere in faccia.
Lui e Jace si erano allenati con quella tecnica all'Istituto,
durante una noiosa giornata estiva. Avevano rotto cinque sedie di
legno, sbattendole contro le travi della palestra, finchè la
madre non era arrivata con una sfuriata degna di un demone Ravener e li
aveva banditi dalla stanza per una settimana.
La vita era diventata parecchio più noiosa dopo il
castigo.
Alec quasi sorrise, ma qualcosa sulla maglia del suo rapitore
attirò la sua attenzione. Un po' di - glitter.
Il ragazzo ritrovò la voce. "Oh -"
Magnus era stato catturato. Magnus era - non osava pensarci.
"No" mormorò,
La testa del suo rapitore si girò, abbastanza da
permettere alla luce di illuminare un paio di occhi da gatto gialli.
"Aspetta - Magnus?" Quegli occhi scattarono in su per
guardarlo.
"Sei sveglio, tesoro" disse lui, come se fosse una mattina
qualunque. Ed erano esattamente le parole che diceva lo stregone.
Ma quello non era lui. Non poteva essere lui.
Il suo modo di parlare e di muoversi - era quasi completamente
uguale a Magnus, ma ogni cellula del suo corpo gli urlava che non
era davvero lui.
"No." Alec scosse la testa e ricominciò a calciare
e a dimenarsi.
"Non lottare" disse lui. Si avvicinò al ragazzo e
le sue scarpe
- le scarpe di Magnus, quelle con i finti tacchi da tip tap -
ticchettarono contro il pavimento di legno.
"Chi sei?" chiese Alec.
"Sono offeso" rise l'altro.
"Chi sei?" ripetè, cercando di sembrare
più
aggressivo. I lineamenti di Magnus si ammorbidirono e un piccolo
sorriso
apparve sul suo viso.
S’inginocchiò di fronte a lui per avere
gli occhi alla sua altezza.
Appoggiò un dito sulla sua guancia e lo fece scorrere,
delineando il profilo della sua mascella.
“Non farlo” disse Alec, voltando il viso.
Tutto nel suo modo di fare era troppo familiare – troppo
vero.
“Cosa vuoi?”
“Dove sono i tuoi amici, Alexander?” chiese lui, in
tono casuale.
“Non te lo dirò.” Doveva proteggerli.
Jace. Izzy. Clary.
Magnus abbassò lo sguardo e il suo sorriso
svanì.
“Sono ferito” disse. “Che ho
fatto?”
“No! Tu non sei Magnus -”
“Mettimi alla prova” rispose lui. “Chiedi
qualsiasi cosa e saprò la risposta.”
“Non ho intenzione - ”
"Hai paura di avere torto? Hai paura di non essere in grado di
riconoscere il vero me, quando lo vedi?"
"Non ho - Conosco il mio Magnus e tu non sei lui - "
"E se lo fossi? Stai dicendo cose molto brutte, in questo
momento.
Cioè, è come se non mi conoscessi. Sono io il tuo
Magnus."
"Slegami - "
L'altro si sporse verso di lui, premendo le labbra contro il
suo orecchio.
"È troppo tardi per quello, mio caro Alexander."
Un dolore improvviso gli attraversò il volto.
Era stato ta - Magnus l'aveva tagliato!
Alec urlò, ma non per il dolore fisico, quello
poteva
sopportarlo. Urlò perchè un attimo dopo si
ritrovò a cadere
- attraverso il pavimento, attraverso il tempo, attraverso -
I suoi occhi si spalancarono.
Era di nuovo buio. Si divincolò da qualsiasi cosa
lo stesse tenendo giù e si mise seduto.
Qualcosa di rosso brillava dall'altra parte della stanza.
4:25
"No" mormorò Alec, ancora in stato confusionale.
"Alexander - "
Il ragazzo sobbalzò, cercando di prepararsi
mentalmente ad uno scontro.
"Alec!"
Battè le palpebre e si suoi occhi iniziarono ad
abituarsi all'oscurità.
"Alec, calmati" gli disse Magnus. Anche lui si stava sedendo.
"No - "
"Sei al sicuro" disse l'altro.
Alec sentì un tocco esitante sulla sua mano.
"Hai provato ad uccidermi" disse piano. La mano del ragazzo
coprì del tutto la sua.
"Non proverei mai ad ucciderti" disse lo stregone. "Lo sai.
Era solo un incubo."
"Eri posseduto o - "
"Sono proprio qua" disse l'altro. Alec scandagliò
la stanza,
cercando un segno che gli indicasse che quella non era la
realtà. "Alexander, guardami."
Lui lo guardò.
Gli occhi di Magnus, gli stessi occhi che fino a pochi minuti
prima erano stati il marchio del demonio, ora erano preoccupati.
Quella era la realtà.
Era al sicuro.
Stava bene.
Alec prese un respiro profondo e appoggiò la testa
contro di lui.
"Ne vuoi parlare?" sussurrò l'altro.
Alec rimase in silenzio, chiudendo gli occhi.
Lo stregone lo circondò con le braccia, tenendolo
stretto per un po'.
Entrambi erano esausti, così Magnus si rimise
sdraiato,
portando Alec con sè. Non si azzardava a lasciar andare il
suo
Alexander.
Le sue braccia erano l'unica cosa che li teneva uniti e lo
sapevano entrambi.
Note della
Traduttrice:
Prima di tutto, grazie a tutti coloro che hanno inserito lo scorso
capitolo nei preferiti o nei seguiti e a coloro che l'hanno anche solo
letto :D
Vi comunico che l'aggiornamento "ufficiale" di questa storia (che
m'impegno a rispettare) sarà di lunedì, ma
qualche volta
potrei postare anche due capitoli in una settimana (come oggi) ^^
Ringrazio voi che avete letto anche questo capitolo e vi invito a
lasciarmi una recensione (che io tradurrò e
invierò
all'autrice originale), anche se negativa (purchè
costruttiva) :*
A lunedì,
-Kat
Prossimo capitolo: Puppies
in the Rain
Non si può resistere ai corgi.*
*questa razza canina:
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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Capitolo 3 *** Puppies in the Rain ***
Puppies in the rain
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traduce le sue storie, con il suo consenso.
Puppies in the Rain
Magnus ricordava i tempi in cui New York era persino
più sudicia di quanto fosse ora.
Stava pensando a questo, mentre calciava una lattina di birra
per terra in un vicolo.
Brooklyn era stranamente tranquilla, quella sera. Probabilmente era
dovuto a qualche importante evento in TV. C'era il Superbowl?
Ricordò a se stesso che non gli importava. I
mondani potevano fare ciò che volevano.
Una goccia d'acqua cadde sulla sua giacca di pelle.
Pioggia.
Proprio quello di cui non aveva bisogno.
Si tirò sulla testa il cappuccio della felpa che
aveva sotto
la giacca, cercando di proteggersi dall'innocua pioggerellina.
Accelerò il passo. Il suo appartamento era troppo
vicino
perchè potesse prendere un taxi.
La pioggia leggera era diventata un acquazzone.
E fu in quel momento che notò, attraverso
la pioggia
fitta, una piccola palla di pelo che girovagava in cerca di riparo.
Magnus si avviciò con attenzione.
Un cagnolino.
Sembrava disorientato, prima di vedere lo stregone. Allora la
sua piccola coda iniziò ad ondeggiare.
"Oh, no" disse Magnus. "Io non -"
Il cucciolo saltellò verso di lui, appoggiando le
zampe anteriori sulle sue scarpe.
Magnus strinse le labbra.
"Una notte" disse. "Poi ti porto al rifugio."
Il cagnolino si limitò a scodinzolare.
Il ragazzo lo prese in braccio. Probabilmente non pesava
più di due kili.
Iniziò a correre verso l'edificio dove si
trovava il
suo loft, stando attento a dove metteva i piedi, per non inciampare.
Qualche minuto dopo, stava mettendo il cucciolo in una scatola
da scarpe riempita di asciugamani, cercando di asciugarlo.
Il piccolo guaiva contento ogni volta che strofinava
l'asciugamano su di lui.
"Ti piace?" lo prese in giro Magnus.
Il cagnolino abbaiò in risposta.
"Che diavolo... ?"
Lo stregone alzò lo sguardo. Alec era in piedi
sullo zerbino, fradicio.
"Hai appena abbaiato?" chiese.
Il cucciolo, che non sapeva cosa fosse il pessimo tempismo,
saltò su, lasciando penzolare le zampe oltre il bordo della
scatola.
"È solo per una notte - " disse Magnus, cercando di
soffocare
una risata. Il cucciolo stava scodinzolando così forte da
star
effettivamente uscendo dalla scatola, lasciandosi alle spalle una massa
indefinita di stoffa e peli.
"Sì, certo" disse Alec. Iniziò a
togliersi il cappotto mentre lo stregone rimetteva il cane nella
scatola.
"Sono serio" disse Magnus. "Non gli ho nemmeno dato un nome,
quindi non mi sono affezionato."
"Ti ho sentito parlare con 'lui'" rispose l'altro, mimando
delle
virgolette. Si avvicinò al bancone della cucina, dove il
cagnolino senza nome stava finalmente iniziando a calmarsi.
"È un Corgi Gallese*" disse lo stregone.
"L'hai cercato su Google" realizzò l'altro.
"Sì."
"E dove hai trovato quel corgi?"
"Lui,
Alec" lo corresse Magnus.
"Non mi ci affeziono" disse lo shadowhunter. "Una notte."
"Ovvio" rispose lo stregone. "Una notte. E l'ho trovato in
strada.
Era confuso. Probabilmente sarebbe morto, se non l'avessi salvato."
"Pioverà solo per un altro paio d'ore."
"Ha solo tre settimane."
"Come fai a sapere che - "
"L'ho cercato su Google" disse lo stregone. "Scusami se sono
curioso."
Il cucciolo si era sdraiato su un lato e si era addormentato
subito,
ora il suo pancino si alzava e si abbassava a ritmo del suo leggero
russare.
"È adorabile" sussurrò Alec.
"Cosa?"
"Niente" rispose. "Vado a farmi una doccia."
Magnus rimase al bancone, guardando il cagnolino dormire.
***
Magnus si svegliò allo scricchiolio della porta che
si
apriva. Una sottile striscia di luce attraversò la stanza,
mentre una figura entrava in camera.
Lo stregone allungò istintivamente una mano verso
il lato di Alec, ma lui non c'era.
La figura s'arrampicò sul letto.
"Alexander" biascicò.
"Sì, Magnus?"
"Non spaventarmi così" sussurrò il
ragazzo.
Fu in quel momento che percepì una presenza
estranea saltare sul letto.
Alec sussurrò qualcosa così piano che
nemmeno lui lo capì.
"Che stai facendo?" chiese.
Qualcosa di peloso si strusciò contro la sua mano.
Magnus scoppi a ridere.
"Non ti affezionare" disse.
"Non mi sono affezionato" rispose Alec. "Solo che non dovrebbe
essere lasciato da solo. Sai, in caso esca, potrebbe saltare
giù
dal bancone - "
"Non è così stupido."
"Beh, è solo un cucciolo."
"Lo porto al rifugio domani mattina" disse Magnus.
Il cagnolino si sistemò nello spazio tra i due.
Nel silenzio, tutti e tra si addormentarono.
***
Alec non c'era, quando Magnus si svegliò la mattina
seguente.
Il cagnolino era di nuovo nella sua scatola, che era stata spostata sul
pavimento. Un pezzo di salsiccia giaceva mezzo mangiucchiato nel
coperchio.
Lo stregone si preparò con un ritmo particolarmente
lento, solo per cercare di ritardare l'inevitabile.
Il cane doveva andarsene, che lui e Alec lo volessero o no.
Magnus raccolse la scatola mentre usciva. Il cucciolo si
rianimò e iniziò a scodinzolare e girare su se
stesso.
Per la prima volta dall'arrivo del cagnolino, lo stregone vide
il
Presidente, che stava poltrendo sul divano. Ovviamente non era
interessato alla presenza di un altro animale in casa. Non c'erano
molte cose che gli importassero.
Magnus rimase in silenzio mentre l'ascensore scendeva. Persino
il cucciolo sembrava aver capito che qualcosa non andava.
Arrivato in strada, fermò un taxi con un cenno.
Ma qualcuno ne uscì prima, quasi andando a
sbattere
addosso a lui e al cucciolo.
"Magnus, non puoi dar via il cane" disse Alec, incespicando
fuori dall'auto.
"Ciao anche a te" disse Magnus.
"Ok, forse mi ci sono affezionato e forse il cucciolo mi piace
più di quanto dovrebbe - "
"Possiamo tenerlo" decretò lo stregone.
Il taxista abbassò il finestrino.
"Avete intenzione di salire o no?" urlò.
"No, ci scusi" rispose Magnus. Il taxi se ne andò.
Alec mise le mani nella scatola, tirando fuori il cagnolino e
avvicinando quel corpicino dormiente a sè.
"Oh, siete adorabili" commentò l'altro.
"Probabilmente dovremmo portarlo da un veterinario" disse Alec.
"Conosco un tizio" rispose Magnus.
I due rientrarono.
Fu solo quando si trovarono nell'ascensore, che lo
shadowhunter sollevò lo sguardo, distogliendolo dal corgi.
"È davvero carino, Magnus."
"Sai cos'altro è davvero carino?" rispose il suo
ragazzo. "Tu."
Alec arrossì.
Il cucciolo si era svegliato e si agitava tra le sue braccia.
"Dobbiamo dargli un nome" disse. Il cagnolino
abbaiò.
Le porte si aprirono.
"Presidente Bau" disse Magnus, quando vide il Presidente Miao.
"Assolutamente no."
"Lassie** - "
"È un maschio, Magnus."
Alec lasciò giù il cucciolo, che
iniziò a correre in circolo attorno a loro.
"Gli serve un bel nome inglese" disse Magnus.
"Tecnicamente è un corgi gallese - "
"Gallese - una volta conoscevo un ragazzo gallese" disse lo
stregone. "Era il più arrogante figlio di - "
"Pensavo che Jace fosse la persona più arrogante
che avessi conosciuto" disse Alec.
"In realtà, Jace e Will sono molto simili."
"Mi piace il nome Will" rispose il ragazzo.
"Magnus" disse poi gentilmente. Lo stregone si era perso tra i
suoi pensieri. Rimase così per molto, estraniandosi dalla
realtà per un minuto o due.
Poi si riprese.
"Will. Era William Herondale" disse Alec. "Il
bis-bis-bis-nonno di Jace."
Magnus fece un piccolo sorriso, ma con una nota di sofferenza.
"Non dobbiamo chiamarlo Will - "
"Will è un bel nome" lo interruppe lo stregone.
Will abbaiò d'accordo.
***
Will dormiva sul pavimento e tutti erano esausti dopo un
pomeriggio passato tra veterinario e negozio per animali.
"Non c'è un cane a Brooklyn più viziato
di lui" disse Magnus, mentre lui e Alec erano sdraiati sul divano.
Dei giochi per cani erano disseminati per tutto il loft. La maggior
parte era più grande di Will. C'erano anche tre cuccette,
perchè lo stregone non era riuscito a sceglierne una
sola. Aveva anche speso venti minuti per decidere se prendere Purina o
Blue Baffalo. Alla fine aveva deciso per l'ultimo, perchè
aveva un nome più bello.
In TV c'era la serie mondana "Supernatural". Alec adorava
guardarla per far notare tutti gli errori nelle tecniche usate dai
protagonisti per uccidere demoni.
Lo shadowhunter ignorò il commento di Magnus e
mormorò qualcosa a proposito del pugnalare.
Arrivò la pubblicità e il ragazzo
azzerò
il volume. Lo stregone la odiava.
Ormai entrambi avevano appreso le piccole cose che irritavano
l'altro.
La mano di Magnus trovò la sua e le loro
dita s'intrecciarono.
"Mi parlerai di William Herondale?" chiese Alec.
"Cosa vuoi sapere?" disse l'altro.
"Hai detto che era come Jace" disse lo shadowhunter. "Ma in
che modo?"
"Non riesci ad immaginare nessuno che sia come Jace"
realizzò Magnus. Toccò gentilmente la sua runa
parabatai.
Da qualche parte dall'altro lato della città, anche
Jace lo percepì.
Alec era silenzioso.
"Ne saresti sorpreso" disse Magnus. "Hanno in comune il
sarcasmo. Will preferiva la poesia - "
"A Jace piace la narrativa" disse Alec.
"A Jace piacciono le anatre?" chiese lo stregone.
"Assolutamente no" disse l'altro.
"Will, con l'aiuto di Jem, una volta ha provato ad allevare
anatre cannibali - " Alec scoppiò a ridere. "In
realtà, sono state un problema."
"No" disse lo shadowhunter.
"E invece sì" rispose lo stregone. "Loro non sono
rimasti per vedere il disastro che avevano combinato con le anatre di
Hyde Park. Andavano in giro a rubare il pranzo alla gente, cercando la
carne dei propri confratelli - "
"Stai mentendo."
"Esagerando" precisò Magnus. "C'è
differenza."
Alec si avvicinò a lui.
"Cos'altro?"
"Perchè sei così interessato alle
storie, oggi?" chiese lo stregone.
"A volte mi piace semplicemente sentirti parlare."
"Mi dici spesso di star zitto" fece notare l'altro.
"Quello quando parli a vanvera."
"Bene" disse Magnus. "Will viveva in Galles, da bambino e
pensava che gli shadowhunters fossero cattivi. Poi rilasciò
accidentalmente un demone che uccise sua sorella maggiore Ella e
maledì lui. Chiunque l'avesse amato sarebbe stato destinato
a morire. Così scappò all'Istituto di Londra,
dove fu cresciuto da Charlotte e Henry Branwell."
"Lì è dove ha incontrato Fratello
Zachariah - "
"Jem" disse lo stregone. "Sai tutto di Jem. Comunque,
divennero parabatai. Poi arrivò Tessa e il mondo
s'incasinò."
"Ed è stato allora che l'hai conosciuto."
"Sì" rispose Magnus. "Provai a cercare delle
cure per Jem. Non ce n'erano. Will era distrutto. Non so quante volte
l'ho dovuto recuperare da qualche covo di drogati. Più volte
di quante ne abbia riferite all'Istituto. Quando scoprimmo finalmente
che la maledizione non era mai esistita, qualcosa scattò in
lui. Si sentiva finalmente sicuro - sicuro di
amare. Poi Jem morì e Will si spezzò di nuovo -
Alec?"
Lo shadowhunter si era irrigidito.
"Io ho appena - Prima o poi spezzerò Jace o io mi
spezzerò e - "
"Alexander" disse Magnus con fermezza. "L'unica lezione che
devi imparare, nella vita, è vivere il momento. Preoccuparti
per il futuro ti causerà solo dolore."
"È la verità" disse Alec. Lo stregone
gli fece girare il volto verso di sè.
"Tu mi preoccupi" disse. "Dio, mi preoccupo tantissimo per te.
Mi uccide vederti così. Ti preoccupi - "
"Devo farlo" disse Alec.
"No" disse Magnus, accarezzandogli gentilmente il volto. "Odio
che tu sia uno shadowhunter. Lo odio con ogni fibra del mio essere. So
che è una parte di te, Alec, ma mi causa molto dolore."
"E a me non piace l'idea che andrai avanti senza di me, un
giorno" rispose Alec. "Ma ci convivo."
"E così andiamo avanti" sussurrò lo
stregone.
"Stai citando qualcuno?" chiese l'altro.
"Fitzgerald, F. Scott" disse Magnus.
Alec colmò la distanza tra di loro, premendo le
labbra sulle sue.
"Com'è che i nostri litigi finiscono sempre
così?" sussurrò stordito Magnus.
"Shh, Magnus, sta' zitto" disse lo shadowhunter, baciandolo
ancora, con più forza. Lo stregone ricadde all'indietro sul
divano, con Alec sopra di sè.
I loro cuori battevano velocemente.
Insieme.
Note della
Traduttrice:
* Questa razza canina
**"Lassie" vuol dire "ragazzina"
Non l'ho nemmeno riletta. Non ne ho avuto il tempo. Lo farò
domani e correggerò gli eventuali errori, promesso *mette
una mano sul cuore*
Già ho infranto la scadenza (mezzanotte e 03 è
già
martedì, purtroppo) perchè non riuscivo ad
inserire
l'immagine D:
Ringrazio tutti coloro che seguono/ricordano/preferiscono/leggono la
storia e vi invito, ovviamente, a lasciare una recensione ^^
Ci si sente,
-Kat
Ho rivisto
il capitolo, ora non dovrebbero esserci errori. In caso ne trovaste,
fatemelo sapere :)
-Kat
Prossimo capitolo: Sick Days
Persino gli shadowhunters si possono ammalare
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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Capitolo 4 *** Sick Days ***
Sick Days - CAP 4
Minipage
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Sick
Days
“Dovresti
fare il vaccino per l'influenza.”
“Perché
sei su una sedia sopra il bancone?” chiese Alec, fissando
Magnus.
Il ragazzo aveva messo una delle sedie della sala da pranzo al centro
dell'isola della cucina. Ci si era seduto e stava leggendo un
giornale, mentre una tazzina di caffè stava in equilibrio
precario
sul bracciolo.
“Migliore
illuminazione” rispose lo stregone.
“A
proposito di illuminazione, perché stai leggendo un giornale
mondano?” chiese lo shadowhunter.
“L’esplosione
di influenza ha raggiunto livelli mai visti. Gli esperti della CDC1
parlano di possibile epidemia” disse Magnus. “Penso
che andrò a
vaccinarmi oggi. Ti unisci a me?”
“Io
non faccio punture” rispose Alec.
“Nemmeno
io” disse l’altro, chiudendo il quotidiano di
colpo. “Che è
esattamente il motivo per cui ho bisogno del tuo pieno
supporto morale.”
“Perché?
Vuoi che ti tenga la mano?”
“Ti
comprerò i Twizzlers2”
cantilenó
Magnus.
Alec
sorrise.
“So
che ti piacciono" disse lo stregone.
“Scendi
da quel bancone, Magnus Bane.”
“Odio
questo posto” disse Alec. “Puoi almeno prenderla,
l’influenza?”
“Solo
perché non l’ho mai avuta, non vuol dire che non
possa contrarla
in futuro” disse Magnus.
Si
sedettero nel piccolo ambulatorio del CVS3
locale, aspettando
l’infermiera.
“Sei
mai stato veramente da un medico?” chiese lo stregone.
“Io
non mi ammalo” rispose lui. “Quindi no. Inoltre,
noi abbiamo i
Fratelli Silenti per queste cose.”
Qualcuno
bussò alla porta e Alec sobbalzó.
Quasi
svení quando vide l'ago, che non era nemmeno destinato a lui.
Sulla
via del ritorno, un pacchetto mezzo mangiato di Twizzlers giaceva
sulle ginocchia di Alec.
“Quel
cerotto di Hello Kitty è proprio carino” disse il
ragazzo,
appoggiando la testa alla spalla di Magnus. Addentó un altro
dolce.
“Mi
piace” rispose lo stregone. “Non sapevo che avessi
paura degli
aghi.”
“Non
ho paura” rispose l'altro, leggermente imbarazzato.
“È
per questo che non hai fatto il vaccino per l'influenza”
realizzò
Magnus.
“Io
non mi ammalo” insistette l'altro. “Mettiti il
cuore in pace.”
“Gah!
Assolutamente no!”
Alec
colpì il suo braccio, proprio dove aveva fatto la puntura.
“Ow!
Alexander!” Magnus lo colpì a sua volta.
“Scusa!”
disse lui, velocemente. Lo stregone si afferrò il braccio,
proteggendosi dallo Shadowhunter.
“E
smetti di mangiare tutti quei Twizzlers” scattò.
“Ti sentirai
male.”
Il
giorno seguente…
“Alexander!”chiamó
Magnus, entrando dalla porta d'ingresso. “Ho preso il cibo
d’asporto.”
Nessuna
risposta.
Aveva
ricevuto un messaggio dal ragazzo che diceva che era a casa.
“Alexander?”
Appoggió le buste sul bancone.
Il
Presidente Miao sgusció in cucina.
“Dov'è
Alec?” chiese al gatto. Il Presidente guardò in
su, in attesa di
cibo.
“No”
disse Magnus. “Questo è il mio cibo cinese, quindi
lascialo stare.
Vado a cercare Alec.”
Lo
stregone uscì dalla cucina, percorrendo il corridoio.
C’era
la luce accesa nella camera dello shadowhunter, che lui usava
raramente.
“Alec?”
diede un’occhiata all'interno. La stanza era vuota, ma la
porta che
dava sul bagno di fianco era socchiusa.
Magnus
attraversó attentamente la camera e spinse la porta per
aprirla.
“Alec?”
Il
ragazzo era raggomitolato sul pavimento del bagno e sembrava essere
più verdognolo che pallido.
“Oh,
Alec” disse lo stregone.
Il
ragazzo si girò verso di lui.
“Sembri
proprio uno straccio” disse Magnus.
“Per
favore, non dirmi che me l'avevi detto” pregò
Alec. La sua
espressione era sofferta.
“Solo
perché stai già abbastanza male”
rispose lui.
“Mi
serve un iratze” gemette lo shadowhunter.
“Gli
iratze non curano l'influenza, Alexander. Ti serve
l’ibuprofene.”
“Cosa?”
“È
una medicina per la febbre, tesoro.”
Magnus
uscì dal bagno per prendere alcune cose.
Al
suo ritorno, Alec stava tremando.
Lo
stregone si sedette con la schiena contro il muro e aiutò
l'altro a
fare lo stesso.
Gli
passò due pastiglie di ibuprofene e un bicchiere d'acqua.
“Manda
giù” gli disse.
Alec
obbedì. Pochi secondi dopo la sua testa giaceva sulla gamba
di
Magnus.
“La
mia testa sta scoppiando” mormorò.
“Hai
un normale mal di testa” disse lo stregone, avvolgendolo con
una
coperta.
Il
ragazzo rimase in silenzio.
L'altro
gli appoggiò un panno bagnato sulla fronte e gli
scostó i capelli
spettinati dal viso, che era già mandido di sudore.
Per
qualche minuto, nel bagno ci fu silenzio, interrotto ogni tanto da un
leggero lamento di Alec.
“Quanto
dura?” chiese il ragazzo.
“La
febbre probabilmente passerà tra un paio di
minuti” disse Magnus
“Ma starai male per qualche giorno.”
“Sto
per sentirmi male” biascicó l'altro.
“No,
tesoro, stai già male - ”
Alec
si alzò di scatto, si piegò sul water e
vomitó.
Emise
un mugolio sofferente. Magnus gli accarezzó la schiena,
allungandosi
verso di lui per lasciare un bacio leggero sul pezzo di pelle tra i
capelli e il colletto della sua maglia.
“Sapevo,
non sarei dovuto venire” disse Alec.
“Mi
dispiace di avertici portato” rispose lo stregone.
Il
ragazzo gemette di nuovo.
“Se
prometti di non vomitare sulle mie lenzuola di cotone egiziano, ti
porto a letto” disse Magnus.
Alec
annuì e Magnus si alzò piano e tirò
l'acqua, attento a non
guardare all'interno del water.
Aveva
visto un sacco di cose brutte, ma il vomito non lo poteva sopportare.
Aiutò
Alec a mettersi a letto.
Il
ragazzo si raggomitoló su se stesso e lo stregone gli mise
addosso
qualche coperta.
“Devo
stare sdraiato qua tutto il giorno?” chiese Alec.
“Fa
parte dell'essere malati” rispose Magnus. “Sei
fortunato a non
avere impegni, oggi. O domani. O - ”
“Magnus,
è noioso.”
“Potremmo
fare una maratona di Project Runway4.”
“Non
mi piace.”
“Ti
perdono solo perché non sei in te. Sicuro di non avere
qualche
batterio che divora il cervello?”
“Esiste
una cosa del genere?” chiese Alec, ovviamente preoccupato.
“A
volte gli shadowhunters si ritirano nel loro piccolo mondo e si
dimenticano che le realtà mondane possono avere effetto
anche su di
loro.”
“Blasfemia”
mormorò Alec.
“Fai
un pisolino, tesoro” disse Magnus. “Sarò
qua al tuo risveglio.”
“Magnus?”
“Sei
sveglio” disse lo stregone. “Come ti
senti?”
“Accaldato”
disse Alec.
Magnus gli lanciò
uno sguardo malizioso, ammiccando. Lo shadowhunter sorrise
pigramente.
“Sono
gamberetti lo mein5?”
“Hai
un olfatto fantastico” commentó lo stregone.
“Ma, ahimè, non è
per te. Se vuoi, c'è la zuppa all’uovo.”
"Sei
cattivo" mormorò lo shadowhunter. Stava cercando di
togliersi
la pila di coperte di dosso.
Magnus
mise giù il take-away e lo aiutò.
"Va
bene chiedere aiuto, mio caro Alexander. So che è un
concetto a te
estraneo - "
"Io
chiedo aiuto" disse Alec.
"Dovresti
bere dell'acqua" rispose l'altro.
"Come
fai a sapere tutte queste cose?"
"Vuoi
davvero saperlo?"
"Sì."
"Berrai
dell'acqua e mangerai un po' di zuppa?"
"Io
- Va bene."
"Allora
torno tra un attimo."
Magnus
andò a prendere il cibo per Alec.
Il
ragazzo si sporse, prendendo la scatola del take-away dal comodino.
Vi infilò una mano e prese un piccolo gamberetto,
mettendoselo in
bocca prima che l'altro tornasse.
I
gamberetti avevano un sapore migliore quando non si era intasati per
via del muco.
Magnus
tornò e Alec si mise seduto, bevendo prima di tutto l'acqua.
"Era
il 1992" iniziò lo stregone. "Tu avevi tre anni."
"Non
dirlo in quel modo" mormorò Alec.
"Perchè
no?"
"Ti
fa sembrare vecchio."
"Io
sono vecchio."
Lo
shadowhunter prese un altro sorso d'acqua.
"Comunque"
disse Magnus. "Mi annoiavo e ho chiesto a Catarina di poter fare
un tirocinio all'ospedale locale. Ho solo dimenticato qualche
certificazione - "
"Magnus!"
"Shh,
non dovresti parlare, tesoro. Ti fa male alla gola" disse lo
stregone. "Catarina non era entusiasta all'idea. Ma, cioè,
mi
annoiavo e lei mi ha lasciato andare al lavoro con lei per una
settimana." Rise. "La settimana 'Porta al Lavoro il tuo
Stregone'."
Alec
non era divertito.
"Così
ho passato una settimana a fare il turno di notte al Beth Israel
Hospital. Catarina non mi ha lasciato fare molto a parte star seduto
in disparte e osservare. Ma ho imparato alcune cose oltre alle basi
del primo soccorso e la buona cura casalinga per l'influenza."
"Tipo
cosa?" chiese lo shadowhunter.
"Le
persone diventano irritanti, quando sono malate."
"Io
sono irritante?"
Magnus
riusciva a percepire la stanchezza nella sua voce. Gli ricordava un
bambino piccolo che aveva sonno. Lo trovò adorabile.
"Ovviamente
no" rispose.
"Che
altro?"
"Essere
infermieri è un incubo. La mia simpatia per Catarina
è cresciuta,
quella settimana."
"Lei
mi piace" sospirò Alec.
"Se
rimarrai malato ancora, la vedrai" disse Magnus. "Ora
dormi."
"Perchè
non l'hai guarito?" chiese piano Catarina. Lei e Magnus stavano
osservando Alec che dormiva pacificamente.
"Una
piccola lezione non fa male a nessuno" disse lui. "E sai
come diventano gli shadowhunters, certe volte."
"Non
posso credere che tu non l'abbia guarito" esclamò la donna.
"Sinceramente, credevo che avresti provato compassione per lui."
"Ha
ignorato l'avvertimento dei CDC sull'epidemia di influenza. Ho
provato a fargli fare il vaccino, ma ha ignorato anche me. Questo gli
insegnerà a non prendere alla leggera gli avvisi per la
sanità
pubblica."
"Magnus
- "
"Lo
sai, ha messo a rischio me e tutta la sua famiglia" continuò
lui. "Sono certo che tu hai fatto il vaccino."
"Noi
non possiamo prendere l'influenza, Magnus" rispose lei. "Io
faccio i vaccini solo per mantenere le apparenze."
"Non
si può mai essere troppo sicuri" insitette lui. "Il
vaccino per l'influenza è importante per la
sanità pubblica - "
"Me
ne vado" lo interruppe Catarina. "E guarisco il tuo
ragazzo." Schioccò le dita e Alec si rigirò nel
letto. La
donna uscì a grandi passi dal loft.
Lo
shadowhunter si svegliò al rumore della porta che sbatteva
dietro di
lei.
La
prima cosa che vide fu Magnus.
"Come
ti senti, mio carissimo Alexander?"
Sorrisero
entrambi.
Note della
Traduttrice:
1 - CDC: abbreviazione di "Centres
for Disease Control and Prevention", ovvero "Centri per il
controllo e la prevenzione delle malattie"
2 - Twizzlers: sono questi dolci
qua, per chi non lo sapesse
3 -
Corrisponde più
o meno alla nostra clinica medica/farmacia (dovrei spiegare tutto il
sistema sanitario degli Stati Uniti, per farmi capire meglio,
perchè è molto diverso dal nostro, comunque
è il
luogo dove fanno i vaccini)^^
4 - Project Runway: talent show statunitense molto famoso, in cui i
concorrenti devono screare i vestiti migliori. Se volete saperne di
più, ecco: https://it.wikipedia.org/wiki/Project_Runway
5 - Sono, ovviamente, un piatto cinese. Ecco la ricetta: http://it.wikihow.com/Preparare-il-Lo-Mein
Oddei, quanti numerini! Ci sono quasi più note che testo
*risata imbarazzata*
Aggiorno oggi anzichè domani, perchè non so se
riuscirò ad aprire il pc, visto che ho una verifica di
fisica dopodomani e non so nemmeno l'argomento *si pente di non aver
iniziato a studiare prima, come sempre*
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ringrazio tutti coloro che hanno
inserito la storia tra i preferiti/seguiti/ricordati e le magnifiche franci_stellina e Emrys3103, che
hanno recensito lo scorso capitolo ^^ e vi invito a lasciare un
commentino *fa gli occhioni da bambi*
Se sopravvivo a fisica, ci sentiamo lunedì,
-Kat
Prossimo capitolo: Il
Giorno del matrimonio
Non si dovrebbe mai arrivare in ritardo ad un matrimonio.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
|
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Capitolo 5 *** Il Giorno del Matrimonio ***
The Morning of the Wedding
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito
dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Il
Giorno del Matrimonio
La sveglia di Alec iniziò a suonare alle cinque di mattina,
interferendo con la quiete dell'Istituto.
Qualcuno iniziò immediatamente a bussare alla sua porta.
"Alec?"
Lui spense la sveglia con un gesto irritato.
"Jace, mi sono svegliato ora. Dammi un minuto - "
Il biondino s'intrufolò nel sui letto, ignorandolo, e si
rannicchiò sotto le coperte.
La stanza era ancora buia, ma il sole stava iniziando a sorgere,
proiettando strisce rosse e arancioni per la camera.
"Cosa c'è che non va?" chiese Alec. "Non dirmi che stai
avendo ripensamenti - "
"Allora
perchè sei qui alle cinque di mattina?"
"Perchè - credo di star avendo un attacco di panico" ammise
l'altro. "Uno piccolo, però."
Alec si mise a sedere, fregandosi gli occhi.
"Non hai alcun motivo per andare nel panico, Jace."
"Lo so." Il biondo si girò sulla schiena. "Ma voglio che sia
tutto perfetto per lei, sai cosa intendo? E se combinassi qualche
casino?"
"Stai delirando" sospirò il moro. "Stai andando nel panico
per qualcosa che non merita nemmeno un attacco di panico."
"Ok, sono autorizzato ad essere in ansia il giorno del mio matrimonio,
Alec" scattò Jace. "Perchè sei così
acido?"
"Sono le cinque del mattino! Mi aspettavo di avere almeno cinque minuti
prima del - "
Un allarme cominciò a suonare da qualche parte.
"È l'antincendio" mormorò Jace.
" - caos" terminò Alec con un sospiro.
I due si precipitarono fuori dalla stanza e percorsero il
labirinto di corridoi fino a trovare la fonte del rumore.
Simon era in piedi sul bancone della cucina e cercava di smontare il
rilevatore di fumo.
Il tostapane stava fumando e un pezzo di pane giaceva nel lavandino,
ancora ardente per aver recentemente preso fuoco.
"Tra te e Isabelle" disse Jace. "I vostri figli moriranno di fame."
"Figli?" chiese l'altro. "Chi ha parlato di figli?" Le sue rune nuove
di zecca spiccavano incredibilmente sulla sua pelle pallida.
"Non sai nemmeno fare un toast?" chiese il biondino.
"Questo tostapane è vecchio" si giustificò lui.
"Ha preso fuoco."
"Non certo di sua spontanea volontà" decretò Alec.
"E poi perchè stavi facendo i toast?" chiese Jace.
"Perchè hai bisogno di mangiare qualcosa."
"Non ho fame."
Simon calciò un libro sul bancone, facendolo volare verso il
biondo, che lo prese al volo. "Come essere un buon testimone?" lesse.
"Simon, davvero?"
"Era una specie di scherzo."
"Clary" l'altro rise. "Ok, ascolta. Ora chiamo Taki's, ordino qualcosa
e poi vado a prenderlo."
"No, ci penso io" disse Alec. "Simon, tu assicurati che lui faccia una
doccia."
"E in che modo vorresti che se ne assicurasse?" ridacchiò
Jace.
"Certe volte" disse il moro, uscendo dalla stanza "voglio davvero
ucciderti."
"Oggi mi sposo" gli urlò dietro Jace. "Non puoi farmi del
male!"
***
"Dov'è Magnus?" sussurrò Simon.
"In ritardo" mormorò Alec.
Jace stava camminando avanti e indietro sull'altare. La cerimonia
sarebbe iniziata nel giro di cinque minuti e lui stava per avere un
crollo nervoso.
"Forse schiaffeggiarlo potrebbe aiutare" osservò Simon. Il
ragazzo si stava agitando, a disagio nel suo completo elegante.
Alec non riusciva a non essere ansioso a sua volta. Ansioso per Jace.
"Jace" sbottò. Il biondino si fermò di colpo,
voltandosi
verso il proprio testimone. "Smettila di marciare in quel modo. Mi stai
facendo impazzire."
L'altro aprì la bocca per rispondere, ma lui lo mise a
tacere con un solo sguardo.
Di Magnus ancora nessuna traccia.
Ma quello non era il momento adatto per mandargli un messaggio. Alec si
tastò le tasche in cerca del telefono. Sapere di averlo con
sè lo fece sentire un po' meglio. Jace stava facendo respiri
profondi.
Il quartetto d'archi che avevano ingaggiato per il matrimonio
iniziò a suonare e Alec e Simon raddrizzarono la
schiena,
mentre il pubblico si alzava.
Jace osservò nervosamente Maryse e Jocelyn che camminavano
per la navata, seguite da Maia e Isabelle.
Poi arrivò Clary, vestita con un bellissimo abito liscio e
dorato. Rimasero tutti senza fiato nel vederla.
Alec lanciò uno sguardo a Jace. Il ragazzo stava per
mettersi a piangere.
Lui non potè impedirsi di percepire la felicità
che lo stava travolgendo in quel momento.
Il resto della cerimonia passò velocemente.
Alla fine stavano tutti applaudendo e piangendo.
Alec si era quasi dimenticato di Magnus, finchè il suo
cellulare
cominciò a vibrare mentre ripercorrevano la navata per
uscire
dalla chiesa.
Appena riuscì ad allontanarsi un po', rispose.
"Magnus, dove cavolo sei?" sibilò il più piano
possibile.
"Bene. Hai risposto."
"Magnus - "
"316 N, Brian Road" disse lo stregone. "Non preoccuparti, è
vicino al matrimonio, ho solo - mi sono messo nei guai e il tuo aiuto
sarebbe davvero utile - "
"Magnus!"
"Ciao, amore mio - "
Poi ci fu silenzio.
***
UN'ORA PRIMA...
"Devo essere fuori di qui tra trenta minuti" disse Magnus, mentre si
avvicinavano al fienile vuoto.
"Contaci" rispose Malcom Fade.
"È così importante?" chiese lui. "Tanto da farti
venire fin qui da Los Angeles?"
"La nonna di questa ragazza era una vecchia amica."
"Intendi - "
"Magnus, ho già risposto alle tue domande. Sarebbe tutto
più semplice per me, se solo tu potessi - "
Aprì la porta socchiusa del fienile.
Una bestia imponente ruggì dal centro di un pentagramma.
" - aiutarmi a risolvere questa faccenda."
"Hai evocato in Demone Superiore?"
"Non l'ho fatto. Non sono stupido - "
"Be' - "
"Zitto."
"Okay" disse Magnus. "Questo chi è?"
"Magnus? Sei tu?"
La creatura si voltò, ringhiando.
"Non guardarlo" sussurrò Malcom, voltandosi. Magnus lo
imitò, dando le spalle al demone.
"Ne deduco che sia Agramon" disse.
"Speravo
di poterlo semplicemente rimandare indietro."
"Ti
serve l'aiuto degli shadohunters, Malcom."
"Non
voglio che intervengano. Succedono cose brutte quando sono coinvolti."
"Chi
stai cercando di proteggere così disperatamente?" chiese
Magnus.
"Te
l'ho
detto. È solo una ragazza. È entrata nel giro
sbagliato.
Mi ha chiamato per chiedermi aiuto e ho pensato di poterlo gestire.
Credevo fosse un demone minore, pensavo - "
"Mi
stai dicendo che sono stati dei mondani a fare questo?!" chiese Magnus,
indicando alle loro spalle.
"Magnus,
è maleducazione voltare le spalle agli anziani" disse
Agramon.
"Lo
detesto" disse Magnus. "Davvero tanto. Ci serve chiunque l'abbia
evocato."
"Morto"
mormorò Malcom.
"Morto?
Gah!" gridò l'altro. "Cosa ti aspetti che faccia io che tu
non potresti?"
"Ho
trovato un incantesimo. Dovrebbe funzionare. Solo che richiede due
persone."
"Ho
un matrimonio a cui partecipare!"
"È
già tutto pronto" disse Malcom. "Solo qualche parola... "
"Perchè
ho la sensazione che tu ti stia dimenticando qualcosa?" chiese Magnus.
Alec l'avrebbe ammazzato.
"Be',
ovviamente dobbiamo girarci verso di lui."
"Può
essere visto da solo uno di noi alla volta. Chi è
più forte?"
Malcom
fece un sorriso furbo.
Magnus
aveva sempre odiato quell'espressione.
***
"Ti
giri, ora?" lo punzecchiò Agramon.
"Veramente,
sì" disse Magnus, voltandosi.
Iniziò
a leggere le parole sul foglio che gli aveva dato Malcom.
Si
concentrò sulla pagina, anzichè sul demone.
"Oh,
andiamo!" rise questo. "Qualcuno dovrà pur alzare lo
sguardo.
Non siete curiosi di sapere quale sia la vostra paura più
profonda?"
Un
attimo dopo, Malcom urlò.
Magnus
guardò l'amico.
"Razza
di idiota" urlò. Lasciò cadere il foglio e corse
verso di lui.
"No
- Per favore - " Afferrò Malcom per la vita e
iniziò a trascinarlo fuori.
Fu
in quel momento che alzò lo sguardo.
Agramon
non c'era più.
Alec
stava in piedi al centro del pentagramma, vestito di tutto punto per il
matrimonio.
Lui
lasciò andare il suo amico, che si rannicchiò sul
pavimento.
"Alec
- ti sei liberato di Agramon?"
Il
ragazzo sembrava sull'orlo delle lacrime.
"Alec!"
"Non
c'è più" mormorò lui.
"Cosa
c'è che non va, tesoro?" chiese Magnus. Una macchia rossa
iniziò ad allargarsi sulla sua camicia.
Lui
rimase in silenzio, pietrificato.
Alec
stava morendo.
La
morte era la fine.
Cadde
sul pavimento.
"No!"
urlò Magnus.
Iniziò
a correre verso il pentagramma.
Doveva
salvarlo.
Ma
qualcuno lo afferrò.
"Magnus,
chiudi gli occhi - "
"Alec!"
"Non
è reale - "
L'illusione
si spezzò.
Agramon
stava urlando, al centro del pentagramma.
Era
indebolito, ma ancora presente.
Magnus
non riusciva a respirare e Malcom lo trascinò fuori dal
fienile.
"Chiama
i tuoi amici shadowhuners" disse.
Lui
si lasciò andare, appoggiandosi al muro.
"Magnus!"
"Malcom,
dammi un minuto!" scattò.
Quelle
che aveva visto erano cose a cui non voleva assolutamente pensare.
Tirò
fuori il cellulare.
"Magnus,
dove cavolo sei?" chiese Alec. Sembrava agitato.
"Bene. Hai risposto" sospirò lui.
"Magnus - "
"316 N, Brian Road" disse lo stregone. "Non preoccuparti, è
vicino al matrimonio, ho solo - mi sono messo nei guai e il tuo aiuto
sarebbe davvero utile - "
"Magnus!"
"Ciao, amore mio - "
Riattaccò.
Ci
fu un lungo momento di silenzio.
"Che
ore sono?" chiese Magnus.
"Quasi
l'una e trenta."
"Mi
sono perso il matrimonio!"
"Dobbiamo
riprovare" disse l'altro.
"No.
Non torneremo lì dentro."
"Cos'hai
visto?"
"Tu
che pensi?" sbottò lui. "Perchè mi hai trascinato
qui?"
"Non
volevo che accadesse nulla di tutto questo" disse Malcom.
Agramon
iniziò ad urlare all'interno del fienile.
Erano
urla di dolore.
Magnus
corse all'interno.
Il
demone giaceva sul pavimento. Una dozzina di frecce erano conficcate
nel corpo senza vita di Agramon.
Alec,
il vero Alec, stava in piedi davanti alla porta sul retro, con l'arco
che pendeva al suo fianco.
"Magnus,
avresti per lo meno potuto provare ad arrivare in tempo" disse il
ragazzo, ansimante.
Magnus
attraversò di corsa il fienile e si fermò di
fronte a lui.
"Lo
sai quanto ti amo, Alexander?"
L'espressione
di Alec si addolcì.
"Non
posso perdermi il ricevimento" disse.
"Perchè
ti amo tantissimo" concluse Magnus.
"Ce
ne andiamo di qui. Ora" disse lo shadowhunter, afferrandogli una mano.
"Come
sei arrivato fin qui?"
"Portale."
"Io
ho preso una macchina" disse Magnus. "Usiamo quella."
"Magnus,
stai tirando troppo la corda" disse Alec.
Lo
stregone avanzò, sospingendo leggermente all'indietro il
ragazzo. Si fermò ad un soffio dal suo viso.
"Magnus
- "
"Ora
ho spinto, non ho tirato."
"Mi
sto perdendo il matrimonio del mio migliore amico."
"Per
passare del tempo con me" disse Magnus. "Uccidendo demoni - come ai bei
vecchi tempi."
"Abbiamo
ucciso un demone due giorni fa!"
"Sei
più irritabile del solito."
"Jace
mi ha svegliato troppo presto."
"Questo
spiega tutto. Non lo sa che deve lasciarti del tempo per te, al
mattino?"
Alec
rimase in silenzio.
"Possiamo
andare, ora?"
Magnus
gettò un'occhiata dietro di sè. Malcom stava
ispezionando il cadavere di Agramon.
Trascinò
il ragazzo fuori dal fienile, ma barcollò e cadde, appena
arrivato all'aria aperta.
"Stai
bene?" chiese Alec, afferrandolo.
"Forse
è meglio se guidi tu" disse lui, porgendogli le chiavi.
Poco
dopo, Alec era seduto al volante e Magnus era sdraiato sui sedili
posteriori, svenuto per la perdita eccessiva di energie.
Alec
non aveva mai guidato un'auto prima.
Lasciare
la
campagna non fu troppo difficile, con le strade deserte. Aveva mancato
un solo stop, solamente perchè non l'aveva visto, prendendo
la
curva.
La
macchina era stranamente silenziosa. Ad Alec non piaceva quel silenzio,
soprattutto perchè era preoccupato per Magnus.
Capitava
che fosse molto stanco dopo una lunga lotta o un incantesimo difficile,
ma non era mai svenuto.
A
cinque minuti di strada dal fienile, sentì dei movimenti nel
retro dell'auto.
Quando
si voltò, la macchina sbandò, facendo
tornare immediatamente la sua attenzione sulla strada.
"Magnus
- "
"Alec!
Occhi sulla strada, per favore."
"Stai
bene?" Gli lanciò uno sguardo veloce.
Lo
stregone stava cercando di mettersi a sedere.
"Sto
bene" rispose. C'era stanchezza nella sua voce. "Dove siamo?"
"A
dieci miglia da Scarsdale" disse Alec.
"Perchè
siamo in una macchina?"
"È
stata una tua idea" disse cautamente il ragazzo. Lo guardò
preoccupato.
"Devi
tenere i fari accesi" disse Magnus, guardando la strada.
Lo
shadowunter sorrise. Stava bene.
"No,
Alec,
davvero!" Lo stregone indicò la macchina che stava
arrivando.
Gli stavano per andare dritti addosso. Alec riportò l'auto
sulla
giusta carreggiata.
Era
tutto silenzioso, si sentivano solo i loro respiri tremanti.
Alec
trafficò sui comandi per un po' prima di riuscire ad
accendere i fari.
"Hai
almeno la patente?" chiese Magnus.
"No.
Non avevo bisogno - "
"Devi
imparare a guidare."
"Io
so guidare molto bene."
"Mi
permetto di dissentire" mormorò lo stregone.
Attraversarono
un piccolo ponte. Alec era distratto da un sacco della spazzatura che
galleggiava sul ruscello, quando Magnus ricominciò a
gridare.
"C'è
un semaforo" fece notare. Alec non rallentò. "Luce gialla.
Luce gialla! LUCE ROSSA, ALEC!"
Il
ragazzo non si fermò e attraversò velocemente
l'incrocio.
Rimasero
entrambi in silenzio per un momento.
"Luce
rossa significa - "
"So
cosa vuol dire."
"Allora
perchè non ti sei fermato?"
"Perchè
non torni a dormire?" suggerì Alec.
"La
tua pessima guida mi sveglierebbe" disse Magnus. L'altro si
voltò, furioso.
"Vuoi
guidare tu?!"
"Facci
solo arrivare sani e salvi al matrimonio, per favore."
"Allora
sta' zitto."
La
macchina
dietro di loro suonò il clacson e Alec sobbalzò,
inchiodando. Magnus quasi sbattè la testa contro i comandi
della
radio.
"Alec!"
"Perchè
ha suonato?"
"Guida
e
basta." Il ragazzo premette un po' troppo forte l'acceleratore e la
macchina schizzò in avanti, quasi colpendo il taxi davanti a
loro.
"Morirò
stanotte. Non credevo sarebbe finita così - "
"Magnus!"
Qualcuno
attraversò di corsa la strada.
Questa
volta, Alec non frenò, ma continuò imperterrito.
"Frena!"
Mancarono
per poco il pedone.
"Non
era sulle strisce" urlò Alec.
"E
allora lo investi?!"
"La
legge è dura, ma è la legge - "
"No"
disse Magnu, scuotendo la testa. "Non nello stato di New York!
L'omicidio stradale è un crimine - "
"Camminare
non sulle strisce dovrebbe essere un crimine - "
"No.
Non funziona così. Saresti finito in un mare di guai."
"I
mondani sono idioti" mormorò Alec. Si fermò ad un
semaforo rosso.
"Finalmente"
sospirò Magnus "hai fatto qualcosa di giusto."
"Te
l'ho detto che non sono un pessimo guidatore" si vantò
l'altro.
Il
semaforo
diventò verde e loro ripartirono. Per un po',
andò tutto
bene. Alec cominciò a prenderci la mano e Magnus si
rilassò un po' sul suo sedile.
"Dove
parcheggio?" chiese lo shadowhunter, mentre si avvicinavano alla casa
di Luke. Il ricevimento si sarebbe tenuto in giardino.
"In
strada." Alec si fermò a lato della strada, c'era un
parcheggio libero proprio vicino ad un lampione.
Appena
la macchina fu parcheggiata, Magnus applaudì.
"Bel
parcheggio. Merita un bel dieci e lode."
Immediatamente,
l'auto schizzò in avanti, schiantandosi contro il palo della
luce.
La
parte anteriore prese fuoco.
Istintivamente,
Alec saltò fuori, aprì la portiera posteriore e
tirò fuori Magnus. Le fiamme si propagarono per tutta la
vettura.
"Che
- Che - Alec!"
"Ho
premuto per sbaglio l'acceleratore" sussurrò lui.
"Tu
- Oh mio
Dio" disse Magnus. Con uno schioccò di dita, le fiamme
furono
spente, ma l'auto era danneggiata in modo irreparabile.
Lo
stregone abbracciò il ragazzo, che era ancora sotto shock.
"Non
me l'aspettavo" disse Alec.
"Nemmeno
io, tesoro."
Si
scusarono silenziosamente. Alec per la sua guida e Magnus per i suoi
commenti.
"Dove
hai trovato la macchina?" chiese lo shadowhunter, mentre entravano in
portineria.
Magnus
fece un sorriso colpevole e cercò una risposta decente.
"Lascia
perdere, non voglio nemmeno saperlo."
***
"Dove
siete stati?" chiese Jace, prendendo Alec per un braccio.
Tutti
si stavano accomodando per la cena.
"Ho
forato" disse Magnus, passando accanto ai due. "Scusa."
Lo
sposo alzò gli occhi e mollò il braccio di Alec.
"Meglio
per te che il tuo discorso sia grandioso."
"Jace,
ti pentirai di averlo chiesto."
"Sono
un libro aperto. Non c'è nulla che tu possa dire - "
***
"La
prima
volta che Jace si presentò alla nostra soglia, a dieci anni,
non
era come la maggior parte dei ragazzini" cominciò Alec. "Era
davvero strano. Metteva lo sciroppo sugli spaghetti perchè
erano
troppo salati. Una sera, Isabelle ha comprato un bagnoschiuma e ha
lasciato una bottiglia quasi piena sul bordo della vasca. Jace, da
curioso, odioso combinaguai qual'era, l'ha versata tutta nell'acqua.
Poi è venuto da me e mi ha chiesto di aiutarlo,
perchè il
bagno si era riempito di bolle. Anche se ero troppo impegnato a ridere
della vista di lui che cercava di farsi largo tra tutte quelle bolle,
per aiutarlo. Crescendo è diventato più sveglio.
E questo
l'ha reso ancora più odioso, perchè ha capito che
un
sacco di ragazze lo trovavano attraente. E ha continuato a mettersi nei
guai. Finchè non ha incontrato Clary. In quel momento
è
cambiato. In meglio, ovviamente. All'inizio io e Clary abbiamo avuto i
nostri problemi. Ma ora sono maturato e riesco a vedere come lei sia
l'unica alla sua altezza. Anche con tutti i suoi difetti, Jace
è
comunque l'uomo migliore che io abbia mai conosciuto."
Alec
si allontanò dal microfono, contento di aver assolto tutti i
suoi doveri da testimone.
Jace
si alzò e andò ad abbracciarlo.
"Non
dimenticarti di me" sussurrò il moro.
"Mai.
Parabatai finchè morte non ci separi" sussurrò
l'altro.
"Allora
vedi di rimanere in vita."
Jace
fece un passo indietro.
"La
storia del bagnoschiuma? Davvero?"
"Dovresti
essere contento che non ho parlato di Budapest - "
"Che
è
successo a Budapest?" I due ragazzi si girarono, con espressioni
colpevoli. Clary era in piedi, con una mano sul fianco.
"Una
grande storia" disse Alec. Abbracciò la ragazza.
"Congratulazioni."
"Voglio
saperlo?"
"Ne
andrebbe della tua sanità mentale. O dell'opinione che hai
di Jace. Ora me ne vado."
"Noioso"
disse Jace.
"Sei
stato tu a svegliarmi alle cinque" rispose secco l'altro.
"Vecchietto
- "
Alec
si avvicinò sorridendo a Magnus, che stava parlando in
disparte con Catarina.
"Pronto?"
chiese.
"Certo."
"Mi
dispiace portartelo via, Catarina - "
"Tranquillo"
lei alzò una mano. "Stava iniziando ad annoiarmi."
Alec
sorrise e trascinò Magnus verso il portale che era stato
messo lì per facilitare l'accesso alla portineria.
Un
minuto più tardi, erano a casa.
Lo
shadowhunter si lasciò cadere sul letto di Magnus e
iniziò a slegarsi il papillon.
"Odio
questi cosi" disse, lottando con il nodo.
"Quelli
a clip sono meglio" disse Magnus, togliendosi il suo papillon viola in
pochi secondi.
"Sono
esausto" disse Alec. Le mani dello stregone sostituirono le sue,
slacciando la stoffa che aveva attorno al collo.
"Siediti"
ordinò Magnus. Lo shadowhunter ubbidì e
iniziò a togliersi il resto del completo.
"Magnus?"
"Sì,
caro?"
"Quando
ci sposeremo io e te?"
"Quando
vuoi."
"Che
ne dici di stasera?"
"Ok"
disse
Magnus, lanciando il papillon che era riuscito a togliergli attraverso
la stanza. Alec si lasciò ricadere all'indietro, facendo
penzolare i piedi nudi dal bordo del letto.
"Dico
davvero." Lo stregone si accoccolò accanto a lui.
"Davvero"
disse. "Scegli un giorno."
"È
una proposta di matrimonio orribile, Magnus."
"Be',
d'accordo" disse l'altro. "Quando ti vorrai sposare, fai tu la
proposta."
"Quanta
pressione."
"Mi
piace l'oro. Taglia 7."
Magnus
passò una mano al petto nudo di Alec.
"Ti
ho visto morire, oggi."
Ma
il ragazzo si era già addormentato.
Note della
Traduttrice:
Salve^^
Sto postando con un ritardo di un'ora e poco più,
perchè
non ho avuto tempo di battere al computer la traduzione, prima di
stasera. Perdono!!!
Non l'ho ancora riletta, lo farò domani e la
correggerò, se trovo errori.
Grazie a tutti coloro che hanno letto il capitolo scorso e che l'hanno
inserito tra i preferiti, seguiti, o da ricordare *.*
Un ringraziamento speciale a marysnow e Emrys3103 che hanno recensito.
Spero il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare una
recensioncina ^^
-Kat
Prossimo capitolo: Stregoni,
Shadowhunters e draghi - Oh mio Dio!
Magnus non si trova e c'è un drago in libertà.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
|
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Capitolo 6 *** Stregoni, Shadowhunters e draghi - Oh mio Dio! ***
Warlocks, Shadowhunters and Dragons - Oh My - CAP 6
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito
dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Stregoni,
Shadowhunters e draghi - Oh mio Dio!
Magnus
e Alec avevano una regola: potevano sparire senza preavviso per un
tempo massimo di 24 ore, prima che l'altro andasse nel panico.
Magnus
era scomparso da 22 ore, 15 minuti e 17 secondi, quando Jace
chiamò Alec.
"Un
lupo mannaro ha appena chiamato dicendo di aver visto un drago
sull'Empire State Building che cercava di mangiarsi un gargoyle."
"Sono
occupato" rispose Alec.
"A
fare cosa?"
"A
non avere un attacco di panico." Sospirò. "Ok, ci troviamo
là."
"Perchè
dovresti avere un attacco di panico?"
"Magnus
è sparito."
"Sa
badare a se stesso."
"Io
non ne sono così sicuro."
"Beh,
io sì" disse Jace. "Ora vieni all'Empire State Building."
***
C'era
un drago rosso che svolazzava sopra un magazzino, legato al tetto con
una catena sottile.
Jace,
Clary, Isabelle e Alec erano in piedi sul marciapiede, guardando in
alto con orrore e soggezione.
"Non
avevo mai visto un drago prima" disse Jace. "Ma quel coso è
una figata."
"Avevi
detto Empire State Building" disse Alec. Erano nei dintorni del
grattacielo, ma non sopra, come aveva detto Jace. Gli altri ignorarono
il suo commento, come avevano imparato a fare quando era di cattivo
umore.
"Come
lo uccidiamo?" domandò Clary.
"Io
penso che dovremmo almeno cavalcarlo, prima" disse Jace.
"Concordo"
rispose Isabelle.
"Possiamo
semplicemente sbrigarci ad ucciderlo?" pregò Alec.
"Perchè?
Cosa abbiamo di più importante da fare?" sua sorella lo
guardò.
Lui
rimase in silenzio.
"Il
suo ragazzo è scomparso" spiegò Jace.
"Sono
passate 24 ore?"
"No
- " cominciò a dire il moro.
"Allora
vedi di calmarti."
***
"Alec!"
urlò Jace. "Quando vuoi!"
Il
drago ruggì di rabbia e il ragazzo rischiò di
cadere.
"Jace!"
strillò Clary. Alec si stava ancora arrampicando su per la
catena attaccata al collo del drago. C'era un punto debole, uno spazio
tra le sue squame proprio sotto la sua zampa anteriore sinistra.
L'unico
modo per abbatterlo era pugnalarlo proprio lì.
Jace
penzolava dalla sua coda, tentando disperatamente di rimanere
aggrappato e provando a distrarlo. Clary era a terra, pronta ad
intervenire in caso di emergenza e Isabelle stava cercando di colpirlo
in un occhio.
Alec
sfoderò la spada angelica e si sporse.
Si
focalizzò sul rimanere in equilibrio.
Lasciò
la presa con una mano sulla catena e colpì il punto debole
della creatura con la lama.
Il
drago ruggì ancora, questa volta di dolore.
"Via
di lì" urlò Clary.
Il
ragazzo si lasciò scivolare lungo la catena e vide Jace fare
un balzo e atterrare accanto a lui.
Rotolò
di lato appena i suoi piedi toccarono il terreno.
Il
drago stava cadendo velocemente.
Sentì
Jace spingerlo via dalla traiettoria del corpo della creatura, che
atterrò con un tonfo dove pochi attimi prima si trovava lui.
"Hai
ucciso il mio drago!"
Tutti
alzarono lo sguardo per vedere l'uomo anziano che stava in piedi di
fronte all'uscita antincendio.
Non
era affatto contento.
"Beh,
sa, non può tenere un drago" disse Jace.
L'anziano
rise.
"Stupidi
shadowhunters" sospirò. "Vi pentirete di aver ucciso il mio
drago."
Delle
scintille dorate svolazzarono attorno alle sue dita.
Alec
scoccò immediatamente una freccia verso lo stregone. Il suo
corpo cadde dal tetto, finendo in strada.
"L'hai
ucciso" realizzò Isabelle.
"Probabilmente
era lo stesso stregone che ha evocato quei demoni il mese scorso" disse
Alec.
"Il
Conclave sarà infastidito" sussurrò Jace. Lui
scrollò le spalle.
"Solo
se Magnus farà rapporto."
"Cosa
che non succederà, perchè tu te lo sc - "
"Ma
non lo trovare strano?" domandò Clary. "I draghi sono rari e
potenti. Un conto è evocare qualche demone, ma un drago?!"
"Che
intendi dire?"
"Che
non credo che sia stato lui ad evocarlo. È opera di qualcun
altro."
"Magnus"
disse Alec, con tono grave.
"Probabilmente
è qui nei dintorni" disse Isabelle.
"Noi
perlustriamo l'interno del magazzino" disse Jace. "Clary, occupati del
corpo. Izzy, la porta sul retro."
Tutti
annuirono.
Un
minuto più tardi, Jace e Alec si stavano preparando ad
entrare.
Il
biondino calciò la porta di legno.
Poi
fu spinto all'indietro da qualcosa.
"Che
- Tessa?"
Il
moro foderò la spada.
"Mettete
via le armi, per favore" disse lei. Jace era l'unico ad aver notato che
si vestiva sempre di grigio. Oggi indossava un completo.
I
due fecero ciò che aveva detto.
"Da
che ho capito, state cercando Magnus."
"Sai
dov'è?"
"Sì.
È in quest'edificio, ma non è se stesso."
"Cosa
intendi?" chiese Jace.
"È
sotto incantesimo."
"Potresti
spiegarti meglio, Tessa, per piacere?" domandò Alec in tono
sbrigativo.
"Calmati,
Alexander. Sta bene. Solo che non è proprio in
sè.
È più ... potente e sta eseguendo gli ordini
dello
stregone morto sul marciapiede."
"Di
lui si sta occupando Clary."
"Bene.
C'è un controincantesimo, ma io non lo conosco. Lo stavo
cercando, quando Magnus ha evocato il drago."
"Sapevi
che lo stavamo cercando?" chiese Alec.
"Speravo
di riuscire a far passare la cosa sotto silenzio e rimandarvi a casa
Magnus senza che ne sapeste nulla" disse lei. "Ma sì, lo
sapevo."
"Allora,
come lo fermiamo?" domandò Jace.
"Probabilmente
evocherà qualcos'altro. Immagino quello che voleva Kelfur,
un esercito di demoni."
"Kelfur?
Si chiamava così?"
"Il
suo nome è irrilevante" rispose Tessa. "La cosa importante
è distrarre Magnus."
Jace
sogghignò e lanciò un'occhiata ad Alec.
"Non
è fisicamente violento" disse la ragazza. "Non è
stato
stregato per quello, quindi dubito che ti farà del male. Ma
è vulnerabile nenei suoi istinti più umani."
Il
biondino represse una risata.
"È
nel seminterrato. Jace, tu puoi aiutarmi a trovare il
controincantesimo. E chiamare Isabelle. AAvremo bisogno di tutto
l'aiuto possibile."
"Buona
fortuna" disse lui ridendo e dando una pacca sulla spalla al suo
parabatai.
"Stai
attento" disse invece Tessa. "Non lasciare che pronunci alcun
incantesimo."
I
due si allontanarono.
Alec
fece un respiro profondo e iniziò a cercare la porta del
seminterrato.
Non
ci volle molto. Il magazzino non era tanto grande.
Scese
le scale facendo meno rumore possibile.Non aveva idea di cosa
aspettarsi.
La
stanza era buia, illuminata solo da poche candele, che proiettavano
abbastanza luce da rendere visibile il pentagramma rosso sangue sul
pavimento.
Il
seminterrato puzzava di fuoco e fumo.
"Magnus"
disse Alec. La sua voce tremava.
Osservò
il resto della stanza.
C'era
una scrivania piena di ingredienti, tutte cose che gli era
già
capitato di vedere in giro per l'appartamento, qualche volta.
Sentì
il rumore di una porta che veniva aperta.
Un
paio di occhi rossi scintillarono sulla soglia, riflettendo la luce
delle candele.
"Magnus
- "
"Alexander.
Cosa ci fai qui?"
"Ti
cercavo."
"Almeno
tu stai dicendo la verità."
"I
tuoi occhi sono rossi" disse Alec. Lo stregone era ancora fermo sulla
soglia.
"Sei
perspicace, oggi. Ti piacciono?"
"Sono
diversi."
"Questa
non è un'opinione. Io ho chiesto cosa ne pensi."
"Li
preferisco oro."
Un
secondo dopo, Magnus era in piedi proprio di fronte a lui.
Corrugò
la fronte.
"Dov'è
Kelfur?" chiese. Era come se potesse percepire la scomparsa dell'altro
stregone.
"È
morto."
"L'hai
ucciso tu?" chiese Magnus. Sembrava più un'osservazione.
Il
ragazzo rimase in silenzio.
Lo
stregone sollevò una mano e lui si ritrasse istintivamente,
aspettandosi uno schiaffo.
"Non
ti colpirei mai, Alexander."
Gli
accarezzò gentilmente la guancia.
"Hai
le mani fredde" disse lui.
"Ti
ha mandato Tessa?" chiese piano l'altro. Alec era sulla difensiva.
"Sì"
rispose con un sussurro.
Come
avrebbe reagito?
Magnus
si limitò a sorridere.
"Smettila"
disse lo shadowhunter. "Qualsiasi cosa tu stia facendo, smettila e
basta."
"Non
posso, tesoro."
"Sì
che puoi."
"Hai
intenzione di dirmi che non sono lucido?"
"Non
lo sei. Questo non sei tu. Sei posseduto."
L'altro
si avvicinò ancor di più.
Alec
cercò di fare un passo indietro, ma scoprì di
essere contro un muro, senza vie di fuga.
"Si
tratta davvero di una possessione?" sussurrò lo stregone al
suo
orecchio, mandando brividi lungo tutta la sua colonna vertebrale.
"Sì"
disse il ragazzo, inspirano bruscamente.
"Hmm.
Dovresti distrarmi?"
"Sì."
Magnus baciò gentilmente la sua guancia.
"Sembra
quasi che mi stia distraendo da solo. E che tu sia qui per caso."
"Non
sarebbe più semplice venire a casa con me?" chiese Alec.
"Molto
coraggioso, Alexander - "
"È
morto. Non hai più motivo di continuare. Non ci
sarà
nessun esercito di demoni o qualsiasi altra cosa volesse quel tizio."
"Ci
sarà sicuramente se Tessa non trova il controincantesimo"
rispose Magnus.
"Lo
troverà."
Lo
stregone fece un passo indietro. I suoi occhi rossi erano furiosi, ora.
"Torno
al lavoro. Prova a fermarmi, se devi. Ma dubito che ci riuscirai."
Si
voltò.
Alec
era ancora immobile contro il muro quando l'altro cominciò a
trafficare con le cose sulla scrivania.
Quanto
tempo ci avrebbe impiegato Tessa a trovare l'incantesimo?
Si
avvicinò al tavolo a grandi passi.
"Fermati"
ordinò. "Magnus, so che sei ancora lì dentro."
Lo
aveva detto solo perché era ciò che aveva sentito
dire alle persone in tv.
Magnus
alzò lo sguardo e fece un sorriso che non era da lui.
"Sono
io" disse. Sparse della polvere in una ciotola d'argento, da cui si
sollevò uno sbuffo di fumo rosa.
Il
cellulare di Alec gli vibrò in tasca.
Lo
prese. Magnus non lo degnò di uno sguardo.
Jace:
Tessa ha chiamato Cat che si ricordava un controincantesimo. Saremo
lì tra dieci minuti.
Il
telefono vibrò di nuovo.
Jace:
C'è traffico.
Alec:
SBRIGATEVI.
"Hanno
trovato l'incantesimo?" chiese Magnus, sogghignando.
"No"
rispose Alec, mettendo via il telefono.
"Be',
ancora due ingredienti e sarò in grado di aprire un portale
per i regni dei demoni."
"Tu
- cosa?!"
Magnus
fece una pausa.
"Tessa
non te l'ha detto? Il drago era solo l'inizio. Era il risultato di un
primo tentativo. Il secondo andrà meglio."
Alec
si mise tra Magus e il tavolo.
"Ora
hai intenzione di provare a fermarmi?" chiese lo stregone.
"Questo
non sei tu. I tuoi occhi sono rossi. E se questo non vuol dire cattivo,
beh, allora non so cosa possa volerlo dire."
"Il
fumo verde" disse Magnus. "Il fumo verde spesso indica qualcosa di
cattivo."
Lo
shadowhunter scosse la testa, incredulo.
L'altro
fece un sorriso triste.
Alec
mise una mano sulla sua guancia e si sporse per baciarlo con
passione.
Magnus
sobbalzò un po' per la sorpresa, ma rispose al bacio.
Quando
i due si separarono, i suoi occhi erano più oro che rossi.
"Magnus...
" Gli occhi dello stregone brillarono, prima di chiudersi.
Magnus
barcollò e Alec lo afferrò al volo.
Sentì
dei passi provenire dalle scale, mentre lo posava sul pavimento.
Alzò
lo sguardo. Tessa stava camminando verso di lui.
"Che
hai fatto?" le chiese.
"Controincantesimo"
disse lei, senza esitare. "Controlla il battito."
"Battito?"
"Alexander!"
scattò lei.
Il
ragazzo appoggiò due dita contro il collo dello stregone.
Ogni
secondo che passò lo uccise lentamente.
"Niente"
mormorò.
Morto.
"Aspetta
un attimo" disse Tessa.
"È
morto!" urlò Alec. Anche la ragazza stava iniziando a
dubitare
di sè e le urla dello shadowhunter non la stavano aiutando.
"Controlla
di nuovo" insistette.
Alec
controllò di nuovo il corpo rigido di Magnus. Il petto era
immobile e ancora non c'era battito.
Tessa
s'inginocchiò di fianco all'amico, prendendogli un polso.
"L'hai
ucciso!" urlò Alec. "Stava bene! Io... I suoi occhi erano
quasi tornati normali! Ce l'avevo quasi fatta!"
Lei
era senza parole.
Si
sentirono una serie di passi che scendevano le scale.
Jace,
Isabelle e Clary entrarono di corsa.
Si
fermarono, senza osare avvicinarsi di più.
"Tessa,
aiutalo!" pregò Alec.
"Non
so cosa sia successo. Avrebbe dovuto funzionare. Lui dovrebbe stare
bene."
"Ma
non sta bene!"
"Non
so cosa sia successo."
"Magnus"
singhiozzò il ragazzo, scuotendo il corpo dello stregone.
"Andiamo. Ti prego."
Le
luci delle candele tremolarono prima di spegnersi.
"Non
vi muovete" ordinò Tessa nell'oscurità. "Jace,
hai con te la stregaluce?"
"Sì."
"Accendila,
per favore."
La
stanza s'illuminò e gli occhi di Magnus erano aperti.
"È
stato sexy" disse, sbattendo le palpebre.
"Cosa?"
chiese Alec.
"Il
bac - Tessa, perchè mi stai tenendo la mano? E che cavolo ci
faccio per terra?" Si mise a sedere, guardandosi intorno.
"Ti
ho ucciso" disse Tessa.
"Oh,
grazie di averlo fatto, Tessa" disse lui, scuotendo la testa.
Guardò Alec. "Sei più pallido del solito."
"Sei
morto" sbottò il ragazzo.
"Beh,
ora sono vivo" disse l'altro, come se niente fosse. "Ma Tessa mi sta
ancora tenendo la mano."
Lei
gli lasciò la mano e alzò gli occhi al cielo.
"Vi
lasciamo soli" disse. Si alzò e Jace, Isabelle e Clary la
seguirono fuori.
"Stai
bene?" chiese lo stregone.
"No."
"Stai
tremando."
"Smettila
di farmi notare che sto male" scattò l'altro.
"Vieni
qui." Il ragazzo si lasciò andare tra le sue braccia.
Appoggiò la testa alla sua spalla e scoppiò a
piangere.
"Pensavo
fosse finita."
"Tesoro,
no. Non ti lascerei mai in quel modo. Sarebbe una morte davvero
deludente."
L'altro
continuò semplicemente a piangere.
"Alexander,
sto bene." Vedere Alec così sconvolto per lui lo stava
uccidendo. La situazione sarebbe dovuta essere invertita.
Avevano
sempre preso in considerazione la morte di Alec.
Mai la sua.
Note della
Traduttrice:
Ciao a tutti^^
Prima di tutto, vorrei scusarmi di nuovo per
l'attesa *.*
Ringrazio Eryla
che ha betato la storia ^.^
Non ho molto da dire... Spero che il capitolo vi
sia piaciuto e, ovviamente, ringrazio chiunque abbia inserito la storia
tra le seguite, le preferite o le ricordate ^^
Ringrazio anche Emrys3103 e AleMelas che hanno
recensito <3
Spero il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a lasciare una
recensioncina ^^
A lunedì (o un altro giorno di settimana prossima, che è l'inferno a scuola...),
-Kat
Prossimo capitolo: Things
that change and remain.
Il mondo va avanti, anche se le persone muoiono.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
|
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Capitolo 7 *** Things that change and remain ***
Things that change and Remain - cap 7
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito
dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Things
that change and remain
Era
rimasto un solo posto a New York che facesse del cibo cinese d'asporto
perlomeno decente. Per pura casualità era lo stesso posto
che
Magnus aveva frequentato per esattamente un secolo.
I
volti e il menù erano cambiati, ma non più di
tanto.
Il
Tao's Diner era famoso per aver mantenuto la gestione del ristorante
strettamente in famiglia. A Magnus andava bene, ma era aperto anche ai
cambiamenti.
In
quel mondo non c'erano limiti.
Le
macchine volanti potevano portare dovunque in un'ora, se si sapeva
quali pulsanti premere e quali guardiani del traffico evitare.
Gli
edifici erano diventati sempre più alti. La maggior parte
aveva
un parcheggio al piano centrale, per separare la parte bassa da quella
alta. Il suo appartamento era nei piani alti, lontano dai parcheggi
troppo rumorosi.
Il
mondo abitava il cielo, ormai.
Solo
i morti rimanevano a terra.
I
morti e i poveri.
Anche
il Tao's Diner si era spostato venti piani in su rispetto al ristorante
originale.
E
Magnus si era spostato con lui.
Ma
qualcosa lo teneva ancorato a terra.
Una
volta a settimana, ogni venerdì, scendeva al pian terreno
con
indosso una giacca di pelle nera e degli occhiali da sole e ,
indipendentemente dal tempo, usciva in strada con in mano un sacchetto
bianco pieno di cibo cinese preso da Tao's.
E
arrivava a Battery Park, uno dei pochi spazi verdi ancora rimasti in
città, e ci rimaneva da mezzogiorno all'una.
Lì
c'era una quercia. Era l'unica rimasta in tutto lo strato ed era sotto
la protezione di decine di leggi con titoli lunghissimi.
Sotto
l'albero c'erano una piccola targa di bronzo e una panchina.
Magnus
si sedeva su quella panca, tirava fuori tutte le scatole di cibo
d'asporto e poi iniziava a mangiare e parlare con la quercia.
Quella
era stata una settimana particolarmente difficile. Era la prima
settimana d'estate e l'albero stava riconquistando tutta la sua forza e
la sua vitalità. Era la prima volta che si sedeva
lì
senza dover fare i conti con la neve, la pioggia o la rugiada.
"Buon
pomeriggio" disse, sistemando la borsa al proprio fianco.
C'era
una leggera brezza e il sacchetto tremò.
"Non
crederesti alla settimana che ho avuto" disse. "Io... uh... Ho dovuto
testimoniare contro Cat. Tu mi diresti semplicemente che la Legge
è la Legge e che è dura e..." aprì il
contenitore
di gamberetti lo mein* e separò le bacchette, cercando di
togliersi dalla testa il modo di pensare dei Nephilim. "... e che era
nel torto. Non avrebbe dovuto uccidere quel lupo mannaro. Ma
è
anche la mia migliore amica."
Emise
un sospiro tremante e iniziò a mangiare.
Fu
tutto silenzioso per qualche minuto.
"Oggi
ha chiamato Isabelle" disse. "Non stava molto bene. Non sta
molto bene... Non dovrei usare il passato per parlare degli anziani. Ad
un certo punto, però, gli infermieri hanno interrotto la
comunicazione. Clary mi ha mandato un messaggio per dirmi che
andrà a trovarla domani. Si può curare il cancro,
ma non
l'Alzheimer" sospirò. "Viviamo proprio in un mondo di merda."
Magnus
selezionò tutti i gamberetti e se li mangiò.
"Hanno
bruciato i noodles**" mormorò. "Odio quando lo fanno."
Il
vento soffiò leggermente, trascinandosi dietro un tovagliolo
di carta.
Era
biodegradabile, quindi lui non lo rincorse.
Era
tutto biodegradabile.
Aveva
con sé anche una scatola di riso e mise i noodles avanzati
nella
borsa. Il Presidente Miao II (o Sec, come aveva iniziato a chiamarlo)
li avrebbe adorati. Mangiava praticamente qualsiasi cosa.
"Io
e Clary abbiamo anche parlato di creare un albero genealogico.
È
una specie di progetto. Includeremmo Jace nella famiglia Lightwood,
così potremmo comprendere anche i discendenti suoi e di
Clary. A
proposito dei loro discendenti, Gabriel ha sposato la figlia di Emma
Blackthorn e la ragazza è già in dolce attesa.
Lui ha
detto che mi chiamerà domani per chiedermi qualcosa. Non so
cosa, però."
Il
riso era leggermente salato, quindi mangiarlo non era poi
così male.
C'era,
però,ancora un non so che di monotono e mondano nel
masticare.
"Clary
pensa che vogliano chiamare il bimbo come te" disse. "Alexander."
Amava
ancora pronunciare quel nome.
"Immagino
che quel bambino sarebbe il tuo pro-nipote. Il nostro pro-nipote. Devo
includermi anche io."
Lo
stregone gettò uno sguardo verso la quercia alle sue spalle.
"Mia
madre amava le querce" disse.
Quell'albero
in particolare era stato importato da Charleston, nel Sud Carolina. Un
esperto aveva stabilito che dovesse avere almeno 1500 anni. Era
più vecchio di Magnus.
Gli
occhi dello stregone si spostarono sulla targa. Ottenere quella dedica
era stato faticoso.
Ma,
con un po' di persuasione, era riuscito a convincere il commissario
della città a lasciare che fosse lui a scegliere a chi
dedicarla.
Ad
Alexander.
Eccolo
lì.
"Mi
manchi" sospirò.
Chiuse
gli occhi.
Non
aveva più lacrime. Le aveva versate tutte subito dopo la
morte di Alec.
Ora
doveva andare avanti.
Qualcosa
di caldo gli baciò una guancia.
Spalancò
gli occhi e voltò la testa.
"Alec..."
Non
c'era nessuno.
Un
bacio fantasma.
Il
suo cuore accelerò i battiti.
Analizzò
il parco. Era deserto, come al solito.
I
mondani che ora vivevano in cielo non apprezzavano più la
bellezza della natura.
"Sto
impazzendo" mormorò Magnus.
Ma
non era rimasto nessuno ad ascoltarlo.
Isabelle
stava morendo e a Clary non rimaneva molto tempo.
Catarina
sarebbe stata punita per l'uccisione di un nascosto il giorno seguente,
ad Idris.
La
razza Shadowhunter si stava dissolvendo. La nuova generazione non aveva
più interesse. Avevano perso il loro senso del dovere e il
Conclave non si era mai ripreso abbastanza da riuscire a liberarsi
dalla corruzione. Alec e Jace avevano disperatamente tentato di
impedirlo, ma era troppo tardi. Molto presto non sarebbe rimasto
più nessuno a difendere quella dimensione.
Magnus
non voleva essere presente quando il Mondo delle Ombre si sarebbe
innalzato.
Sarebbe
arrivato fino al cielo.
Note della
Traduttrice:
* Si tratta di un piatto cinese. Ecco la ricetta: http://it.wikihow.com/Preparare-il-Lo-Mein
Allora, prima di tutto mi scuso per la
mia assenza nell'ultimo mese. La scuola, il teatro, il tennis e gli
impegni famigliari si sono schierati contro di me per impedirmi di
accendere il pc. Comunque ora è tutto finito e sono libera.
Quindi gli aggiornamenti saranno sicuramente regolari^^
Per quanto riguarda la long che sto traducendo,
voglio evitare che accadano cose del genere (lunghe assenze da parte
mia) e quindi aspettare di avere qualche capitolo pronto e betato prima
di iniziare la pubblicazione, quindi potrebbe uscire da metà
luglio circa (ma dipende anche dalla mia beta) ^^
Ringrazio la pazientissima Eryla per aver betato la
storia, tutti coloro che l'hanno inserita tra le preferite, le seguite,
le ricordate o l'hanno solo letta e Emrys3103
che ha recensito l'ultimo capitolo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto ^.^
A lunedì,
-Kat
Prossimo capitolo: Last
Days
La morte non uccide solo una persona.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
|
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Capitolo 8 *** Last Days ***
Last Days - Cap 8
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito
dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Last
Days
La
realtà è davvero dura.
Ed
è dura scendere a patti con l'idea che, un giorno,
smetteremo di esistere.
Tutti
noi.
Nessuno
è estraneo alla morte.
Nemmeno
gli immortali.
C'è
una fine per tutto. Ma "la fine" dipende da quanto tempo uno passa a
sfuggire dalle mani della morte.
Alcuni
descrivono la morte come un essere buono e gentile, che porta un
conforto che la vita non potrebbe mai dare. Altri dicono che sia
scorretta, che prenda quello che vuole, quando vuole. Anche quando non
è ancora il suo momento.
Le
tue opinioni sono irrilevanti. Non importa in cosa credi.
Perchè
mentre Magnus Bane stava in piedi sopra New York, guardando tutte le
luci della città che risplendevano, seppe la
verità: la
Morte era indifferente.
36
ore prima...
Alec
annusò il drink che il barista gli aveva messo davanti.
Magnus
lo prese e glielo mise in mano.
"Prova
a berlo, tesoro" disse. L'altro alzò gli occhi al cielo.
"Non
mi piace l'alcol. Mi annebbia i sensi."
"Allora
non berlo." Lo stregone era impegnato a guardarsi attorno.
"Probabilmente
dovremmo provare a comportarci in modo naturale" disse Alec.
Lui
alzò un sopracciglio. "Naturale? Tesoro, sei l'unico in
questa
stanza che ha ancora il suo colore di capelli originale..."
Era
una leggera esagerazione. La maggior parte delle persone nella stanza,
avevano delle sfumature fluo tra i capelli.
"Per
non parlare dei piercing..."
"Tu
hai qualche - "
"No"
disse Magnus con fare conciso.
"Lo
saprei" lo shadowhunter fece un sorrisetto malizioso.
"Bene"
disse lo stregone. "Comportiamoci in modo naturale."
Si
sporse sul tavolo e afferrò il cartoncino con la lista degli
eventi della serata.
L'altro
si guardò attorno. La pista da ballo era dall'altra parte
della
stanza, ma lui riusciva comunque a sentire la musica alta.
"Gara
di ballo?" lesse Magnus.
"No."
"Karaoke?"
il ragazzo alzò lo sguardo, sorridendo.
"No"
ripetà Alec, poi si sporse sul tavolo.
"Dov’è questo tizio, Magnus?"
"Mi
piacerebbe saperlo" rispose l'altro avvicinandosi a sua volta. I loro
volti erano a pochi centimetri di distanza. "Non amo particolarmente
questi club. Troppo rumorosi."
"Le
tue feste non sono molto più silenz - "
"Le
mie feste hanno classe" lo interruppe l'altro, disgustato
dall'idea che i suoi party potessero essere paragonati al
posto
in cui si trovavano.
Alec
lo baciò.
Lui
lo fermò prima di lasciarsi prendere dal bacio.
"Siamo
qua per lavoro" disse, ma la sua testa era già stata resa
più pesante dalla serotonina.
"Giusto."
Prima
che lo stregone potesse rispondere, dall'altra parte del locale giunse
un ruggito.
Jace
e Isabelle sbucarono dall'ombra e i quattro si avvicinarono al demone.
Dovettero
spintonare un po' di gente per farlo, quindi Jace e Izzy furono i primi
ad arrivare.
Il
demone era color giallo elettrico e, mentre si agitava, l'incantesimo
che lo nascondeva si stava dissolvendo, lasciando la folla sotto shock.
L'idea
era quella di agire il più discretamente possibile, ma
appena il
demone vide Jace, o meglio, le sue rune, andò nel panico.
Poi
dalla folla emerse una nuova minaccia.
Dozzine
di demoni della stessa specie, molti più di quanti ne
potessero affrontare.
Sembrava
che il club ne fosse pieno.
Poi
tutto divene confuso. Molti demoni vennero decapitati, pugnalati e
storpiati.
I
mondani urlavano e scappavano, e così fecero anche alcuni
demoni.
Ma
Magnus e gli shadowhunters continuarono a combattere.
Poi
tutto finì.
Il
sangue di demone era mischiato ai drink rovesciati sul pavimento sporco.
Isabelle
si lasciò andare contro il bancone, riprendendo fiato.
"Questa
non me l'aspettavo" disse con una leggera risata.
Il
telefono di Alec cominciò a squillare e lui rispose, senza
fiato come gli altri.
"Pronto?"
Un attimo di silenzio. Tutti lo stavano guardando. "Sì, ok,
sì, arriviamo tra venti minuti, ciao."
Il
ragazzo si rimise il cellulare in tasca e prese un respiro profondo.
"Papà
è in città" disse, guardando Izzy. "Sorpresa."
"Preferirei
affrontare altri demoni che lui" rispose lei, alzandosi.
Alec
guardò Magnus.
"Tornerò..."
esitò. "Spero."
Lo
stregone annuì, con fare comprensivo.
"Quindi
lasciate noi a pulire il casino?" urlò Jace, mentre i suoi
fratelli se ne andavano.
A
quel punto, non si vendeva nemmeno il pavimento.
"Odio
ripulire" mormorò. Stava ancora riprendendo fiato, quindi la
frase uscì affannata.
"Diamo
semplicemente fuoco a tutto" disse Magnus. "Meno da pulire."
"Il
Conclave non approverebbe."
"Me
ne assumerò al responsabilità" rispose lo
stregone, rassicurandolo.
"Preparo
le rune allora" disse il biondino, tirando fuori lo stilo. Si mise
subito al lavoro, tracciando rune su qualsiasi superficie disponibile.
Magnus
trascinò i cadaveri al centro della stanza.
Lentamente
le rune iniziarono a fare effetto. All'inizio si accessero piccoli
fuocherelli, che poi si unirono a formare un vero e proprio incendio.
Lo
stregone stava controllando la pila di corpi.
"Jace,
credo che dovremmo andarcene."
Nessuna
risposta.
Lui
alzò lo sguardo.
Jace
era in ginocchio a poco meno di mezzo metro dalle fiamme.
"Jace!"
urlò, avvicinandosi. Il ragazzo non si mosse, nè
rispose.
Dava la schiena a Magnus, quindi la sua faccia era illeggibile.
Il
fuoco era a pochi centimetri di distanza da lui, quando lo stregone lo
trascinò in piedi.
Poi
lo sentì anche lui. Qualsiasi cosa stesse sentendo Jace.
Era
una specie di vuoto, come se la felicità fosse stata
risucchiata
dalla stanza. Anche Magnus sentì il bisogno di rimanere
immobile, ma, in realtà, era l'ossigeno ad essere stato
risucchiato dalla stanza.
Fece
girare Jace verso di sè e gli diede lo
schiaffeggiò, forte e senza rimpianti.
Il
volto insespressivo dello shadowhunter divenne subito una smorfia di
rabbia.
"Andiamo"
disse lui, spingendolo verso l'uscita. Il fuoco era sempre
più vicino e minacciava di bloccare loro la strada.
Ma
loro riuscirono ad uscire, sbucando a tentoni in un vicolo. Tossirono
tutto il fumo che avevano nei polmoni, finchè non rimasero
senza
fiato, respirando affannosamente, per la seconda volta quel giorno.
Era
buio fuori. Erano stati nel locale più tempo di quanto
Magnus pensasse.
Si
guardò intorno, mentre Jace si lasciava scivolare contro un
muro di mattoni.
"Io
non lo farei" lo avvisò.
I
vicoli dietro ai locali di New York non erano tra i posti
più puliti.
Ma
Jace era di nuovo in stato di apatia.
"Che
problema hai?" scattò Magnus. Odiava a giocare al dottore
con i Nephilim. Be', con la maggior parte.
Il
respiro del biondino era tremante, sembrava sull'orlo delle lacrime.
"Jace...
che c'è che non va?" chiese accovacciandosi di fronte a lui.
In
panico, il ragazzo si slacciò la giacca nera.
La
sua runa parabatai era diventata di color oro e risplendeva.
"Fa
male" disse lui, premendosi la mano sulla pelle.
"L'ha
mai fatto prima?" chiese Magnus. L'altro scosse la testa, guardandolo
con uno sguardo pieno di sofferenza.
"Magnus...
Chiama Alec" disse, strizzando gli occhi per il dolore.
Lo
stregone tirò fuori il cellulare e chiamò il suo
ragazzo.
Il
telefono squillò libero per un po'.
"Non
risponde" mormorò lui. "Chiamo Tessa, che può
contattare Jem."
La
ragazza rispose al primo squillo.
"Theresa
Grey - "
"Tessa
- "
"Magnus?
Che piacere..."
Le
abitudini del diciottesimo secolo erano difficili da dimenticare.
"Dov'è
Jem?" Il viso di Jace era contorto dal dolore.
"È
proprio qui - "
"Passamelo,
Tessa!" Appoggiò una mano sulla fronte dello shadowhunter.
Scottava.
Sentì
l'odore del fumo arrivare dall'interno del club dietro di loro.
Riuscì
a tirare in piedi Jace e a trascinarlo con sè in fondo al
vicolo, a distanza di sicurezza dal fuoco.
Un
attimo dopo, la voce di Jem risuonò nel telefono.
"Magnus?
Che succede?"
"Sono
qua con Jace. La sua runa parabatai... sta brillando, non so spiegarlo."
Ci
fu un attimo di silenzio. Poi sentì il ragazzo sussurrare
qualcosa a Tessa.
"Dove
siete?" chiese.
Lui
disse il nome del club.
"Saremo
lì tra un attimo." Poi riattaccò. Magnus compose
di nuovo il numero di Alec.
Nessuna
risposta.
Mentre
riattaccava, Jem e Tessa svoltarono l'angolo.
Lei
lo fece allontanare, mentre il ragazzo s'inginocchiava accanto a Jace.
"Oh"
disse piano, dopo un attimo.
"Cosa?"
chiese lo stregone. Il ragazzo alzò lo sguardo.
"Mi
dispiace tantissimo, Magnus" disse.
Jace
era troppo sofferente per assimilare quelle parole. Non riusciva
più a nascondere il dolore. Cacciò un urlo
trattenuto.
"Cosa?"
Magnus guardò Tessa, che sembrava triste quanto il suo
ragazzo. "Che cavolo significa?"
Lei
riuscì a guardarlo negli occhi.
"Se
fa così, può voler dire soltanto che la runa si
sta dissolvendo."
"E
se la runa sta sparendo..." la voce dello stregone si
spezzò. "No. No. No."
Magnus
si teletrasportò. Prima all'Istituto, dove urlò
più volte il nome di Alec (al nulla), poi spostò
in vari
punti della città, guardando nei finestrini dei taxi in
cerca di
un viso familiare.
Stava
esaurendo le energie, ma doveva trovare Alec.
Poi
si ritrovò ad un incrocio. Tutto sembrava immobile. Molte
macchine erano ribaltate o schiacciate le une contro le altre, attorno
ad un camioncino che aveva probabilmente ignorato un semaforo.
Il
menefreghismo dei mondani...
I
soccorsi stavano iniziando ad arrivare, ma il traffico di New York li
stava rallentando.
Lo
stregone si rese invisibile e si fece strada in quel macello.
Il
camioncino era già in fiamme e le altre macchine sembravano
anch'esse sul punto di prendere fuoco.
Lui
stava cercando un taxi.
Ce
n'erano due.
Nel
primo si trovava una vecchietta in lacrime. Un paio di persone stavano
già cercando di tirarla fuori. Sarebbe stata bene, anche se
con
un paio di nuove cicatrici.
Il
secondo taxi era ribaltato sul lato del passeggero e l'autista stava
pensolando dalla portiera. A pochi metri dall'auto c'era Isabelle
Lightwood, sdraiata immobile sull'asfalto. Alec era in ginocchio
accanto a lei, stordito.
Magnus
non esitò un secondo.
Si
precipitò da Isabelle e le passò quel poco di
energia che
gli era rimasta. Non era abbastanza per guarirla, ma sarebbe bastata a
mandarla in coma, in modo che i Fratelli Silenti la potessero curare in
seguito.
"Alec,
le rune" ordinò. L'altro tirò fuori lo stilo e
iniziò a tracciarsi degli iratze sulla pelle.
"Stai
bene?" chiese lo stregone. Lui non embrò sentirlo. Si
muoveva meccanicamente. Ma perchè?
Il
suo telefono cominciò a squillare.
Rispose
a Tessa.
"Torna
qua" gli disse lei.
Lui
fece per protestare, ma la ragazza lo interruppe.
"Ora,
Magnus!"
Poi
riattaccò.
Lui
afferrò i polsi di Izzy e Alec e trasportò tutti
e tre nel vicolo.
Tessa
era lì in piedi, mentre Jem era ancora accovacciato su Jace.
"Perchè
hai portato Alec?" chiese la ragazza, furiosa.
Lui
non rispose.
Alec
si guardò attorno, finchè non vide il parabatai.
La
sua espressione mutò.
"Non
si trattava di Alec" mormorò Tessa. "Ma di Jace."
Lui
tornò a guardare il suo ragazzo. Di solito riusciva a vedere
la runa parabatai attraverso la sua maglia bianca.
Era
sparita.
Jem
si voltò verso Tessa con gli occhi pieni di tristezza.
Alec
e Magnus realizzarono cosa stesse succedendo nello stesso istante.
Lo
stregone rimase pietrificato e il ragazzo strisciò verso il
corpo senza vita di Jace.
"Probabilmente
un demone l'ha avvelenato senza che se ne accorgesse" disse Tessa.
Jem
e Alec s'inginocchiarono accanto a Jace, dando la schiena a tutti gli
altri.
Il
vicolo era silenzioso, una leggera brezza stava soffiando. Il fuoco si
era spento, ma Magnus non era sicuro di come fosse successo.
Alec
non pianse, nè emise un solo suono.
E,
per quanto lo stregone volesse stargli accanto, non ci riusciva.
Nell'arco
di pochi minuti, Jace se n'era andato.
Tessa
si spostò per assistere Isabelle.
Magnus
si limitò a rimanere in piedi dov'era.
"Devo
fare qualche telefonata" disse la ragazza, spostando i capelli dal
volto di Izzy. Si alzò e uscì dal vicolo.
L'ora
successiva fu confusa e orribile.
Alec
era immobile accanto al corpo di Jace. Magnus lo guardava incapace di
agire, terrificato.
Il
suo ragazzo stava sprofondando nella disperazione. Cosa poteva fare per
impedirlo?
Niente.
Il
ragazzo non parlò finchè i Fratelli Silenti non
arrivarono a prendere il corpo del suo parabatai.
Poi
urlò tutto il suo dolore.
Magnus
se ne andò.
Due
mesi dopo...
L'appartamento
era privo di una vera vitalità.
Magnus
ci viveva ancora e Alec andava e veniva, ma passava più
tempo possibile all'Istituto.
Nelle
rare occasioni in cui si trovava nel loft, era silenzioso e riservato e
parlava solo se necessario.
Magnus
stava lentamente morendo dentro, sempre di più ogni secondo
in cui Alec non era se stesso.
Ma
quella storia era durata fin troppo.
Lo
stregone non aveva pensato di confrontarsi con lui, ma il ragazzo stava
sdraiato sul letto, più triste del solito.
Lui
si mosse piano e silenziosamente, finché non si
ritrovò
disteso accanto a lui. Le loro spalle si sfioravano appena.
"Alec?"
L'altro
mormorò un "sì?" in risposta.
"Mi
manchi."
Poté
percepire la tensione nel corpo di Alec.
"Mi
manchi" ripetè, pregando che il subconscio del ragazzo
ricevesse il messaggio.
L'altro
non disse nulla.
"So
che non stai bene" disse Magnus. "Non ti sto chiedendo di star bene.
Voglio solo sapere che ci stai provando. Non puoi stare così
per
il resto della tua vita. Può sembrare la via più
facile,
ma non lo è. È molto più facile essere
felici.
Credimi."
Lasciò
un bacio sulla spalla nuda del ragazzo.
Alec
si voltò, veloce come un fulmine, per sorpresa di Magnus.
"Quando
mi guardi, vedi te stesso" disse. "Vedi te stesso quando io non ci
sarò più."
Quelle
parole erano come proiettili sparati dritti nel cuore dello stregone.
"Io..."
non sapeva come rispondere. C'era una muta domanda negli occhi del moro.
Ma
lui non riusciva a parlare e guardare il ragazzo gli rendeva ancora
più difficile pensare lucidamente.
"Mi
dispiace" disse l'altro. Si rilassò visibilmente. "Magnus,
mi dispiace davvero."
Non
si stava scusando per la sua ipotesi, però. Quella parte era
vera e lui non poteva chiedere scusa per aver detto la
verità.
"Mi
sento come se ci fosse un vuoto in me. Non riesco a spiegarlo."
"Va
bene."
"Mi
dispiace" disse lui ancora. "Due mesi sono tanto tempo. So che - "
Magnus
gli mise una mano sulla guancia e lui sorrise.
"Questo
è un inizio." Gli ci vollero tutte le sue forse per
nascondere
il sorriso smagliante che stava nascendo spontaneamente sul suo volto.
Alec
sorrise ancora, timidamente.
In
un istante tutto può andare per il verso giusto e tornare
alla normalità.
Ma
nella maggior parte dei casi, qualcosa va storto.
In
quello sta la vita.
In
quello sta la morte.
Un
singolo istante.
Note della
Traduttrice:
Heya! Salve a tutti^^
Per una volta sono in tempo *esulta*
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto, anche se triste, come il precedente
T.T (Il prossimo non lo sarà, anzi, è fluff!)
Ringrazio chiunque abbia inserito la storia tra le preferite, le
ricordate e le seguite (Siete in 30!!! *.*)
Ringrazio
la dolce LaVampy che ha recensito lo scorso capitolo e vi invito a
lasciare un commentino anche a questo qui, per farmi sapere se vi
è piaciuto o no. Vi ricordo che le critiche sono sempre ben
accette ^.^
Rigrazio come sempre la fin-troppo-paziente Eryla
che ha betato il capitolo <3
Ci sentiamo lunedì,
-Kat
Prossimo capitolo: Bambino per sbaglio
Un incantesimo va storto e Magnus viene trasformato in un bambino.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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Capitolo 9 *** Bambino per Sbaglio ***
Accidentally childish - Cap 9
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito
dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Bambino
per sbaglio
Alec
era nel bel mezzo di un'importante partita di poker, quando il suo
telefono prese a squillare.
"Non
rispondere" lo avvertì Jace. "Se lo fai, è come
dare forfeit."
Alec
esitò.
"Fold*"
disse, buttando le carte sul piano di gioco.
Tirò
fuori il cellulare, senza guardare l'immagine sullo schermo.
"Pronto?"
"Mi
serve il tuo aiuto" disse la voce preoccupata di un bambino dall'altro
lato della cornetta.
"Um,
cosa?" allontanò il cellulare dall'orecchio e vide la foto
di
Magnus che, sorridente, se ne stava seduto sulla punta della Torre
Eiffel. La vera punta. "Come hai avuto il telefono di Magnus?"
"No
Alec, sono io e ho bisogno del tuo aiuto" insistette il bimbo.
Jace
osservò sospettosamente l'amico, che scrollò le
spalle.
"Ascolta,
rimetti il telefono dove l'hai trovato" disse. "E non chiamarmi
più."
"Mi
serve aiuto!" urlò lui.
Jace
si allungò sopra il tavolo, togliendogli di mano il
cellulare.
"Scusami,
ma Alec è nel bel mezzo di una partita di poker da cui
dipende
la sua vita. Dovrà richiamarti" disse. Riattaccò
e
lasciò cadere il telefono sul pavimento, sei metri sotto di
loro. "Torniamo al gioco, Lightwood."
"Ho
foldato" disse lui, indicando il tavolo che stava in bilico sulla
trave. Il suo telefono, probabilmente, si era frantumato dopo la caduta.
"Bene"
disse il biondino, mostrando le carte. Alec avrebbe vinto se non avesse
foldato. "Chi era, comunque?"
Il
moro cominciò a distribuire le carte per la mano successiva.
"Un
bambino. Non so."
"Un
bambino ti ha chiamato?"
"Dal
telefono di Magnus."
"Strano"
disse lui, prendendo in mano le sue carte. "Ok, scommetto 40."
Alec
alzò gli occhi al cielo, perdendo la concentrazione. E
l'equilibrio, quasi.
Jace
rimase nella sua posa "ad albero"** con naturalezza. Quella trave era
la
più ampia della sala d'allenamento, ma non era comunque
molto
larga.
Il
poker equilibrista consisteva nel mantenere una posa difficile mentre
si giocava a poker.
Chi
avrebbe resistito di più, avrebbe preso tutto.
"Stai
attento" disse Jace.
Alec
lo fulminò con lo sguardo.
Il
suo telefono, in qualche modo sopravvissuto alla caduta,
ricominciò a squillare.
Il
moro abbassò lo sguardo.
"Significa
che sto per vincere?" chiese il biondino.
"Dovrei
capire perché un bimbo mi stia chiamando."
"Come
vuoi, amico, ma..." guardò l'improponibile numero di fiches
sul tavolo "... dipende da te."
Alec
guardò le proprie carte.
"100"
disse.
"Stai
bluffando."
"Mettimi
alla prova."
"Bene."
Jace fece scivolare le sue fiches verso il centro, imitato dall'altro.
Scoprirono
le carte.
Alec
aveva vinto con tre re, che battevano le tre regine di Jace.
Il
biondino non aveva più soldi.
"Salta"
ordinò il moro, con un sorriso furbo. Jace non era un
perdente irascibile, ma un tipo più stravagante.
Riuscì
a fare un paio di salti mortali prima di atterrare in piedi.
L'altro
lo seguì, con un balzo meno scenografico.
La
prima cosa che fece fu rispondere al cellulare.
"Pronto?"
"Alec!
Non arrivo a prendere nulla! Torna subito a casa!" ordinò la
voce del bambino.
"D'accordo,
arrivo al più presto."
Gli
ci volle più tempo del previsto per arrivare a casa. Quando
entrò, sentì il rumore delle ante della cucina
che
sbattevano, cosa che gli parve strana, considerato che non tenevano
quasi nulla negli armadietti, essendo entrambi incapaci di cucinare.
"Magnus?"
Il
rumore si fermò appena il ragazzo mise piede in cucina.
Un
bambino, con una tunica bianca e pantaloni blu stava in piedi sopra il
bancone della cucina, senza scarpe, e gli dava le spalle.
Quando
si voltò, la prima cosa che Alec notò furono i
familiari
occhi color ambra che contrastavano con i capelli blue-neri.
"Alec?
Che ne è stato del Mac&Cheese***?"
L'altro
non riuscì a rispondere. Era sotto shock. Poi
scoppiò a ridere.
"Per
l'Angelo, Magnus, che hai combinato?" chiese, attraversando la cucina.
La
versione settenne del suo ragazzo s'imbronciò.
"Un
incantesimo andato storto. Ho detto "natus" anzichè
"natura". Avrei dovuto usare un'altra lingua. Odio il latino."
Alec
si aspettò quasi di vederlo sbattere i piedi.
"Beh,
come fai a tornare normale?"
"L'incantesimo
svanirà da sè" rispose l'altro, tornando a
guardare in un
armadietto. "Abbiamo un po' di Mac&Cheese?"
"No,
lo vuoi?"
"Certo
che lo voglio" disse brusco il bimbo. La sua voce si era alzata di
almeno tre ottave.
Ricordò
ad Alec di quella volta che avevano giocato con l'elio, dopo una festa
particolarmente lunga.
"Ok,
dobbiamo andare al supermercato allora. Dovrei trovarti delle piccole
scarpette da tennis?"
"Sta'
zitto" disse Magnus, sedendosi in modo da poter scivolare
giù dal bancone.
"Eri
così a sette anni?" chiese Alec, quando il piccolo stregone
gli passò accanto.
Quando
il bambino alzò lo sguardo, i suoi occhi erano rossi come il
fuoco.
"Ho
ucciso un uomo quando avevo sette anni."
"No,
non è vero."
"D'accordo,
non l'ho fatto" disse il piccolo, dirigendosi verso la porta. "Ma ero
comunque pericoloso."
"Tu
non sei pericoloso" rispose il ragazzo, seguendolo.
Afferrò
chiavi e portafoglio mentre uscivano.
Magnus
era ancora a piedi nudi.
"Dovrei
metterti nel carrello o...?"
Magnus
gli lanciò un'occhiataccia per la tredicesima volta da
quando l'aveva trovato in quello stato.
I
due si trovavano nel supermercato più vicino al loro
appartamento.
"Prendi
un cestino e sbrighiamoci" disse il piccolo.
"Sei
un po' paffuto..."
"È
grasso infantile" scattò l'altro. "Ero un po' grassottello,
ok?!"
"Che
cosa adorabile."
Le
persone li fissavano, mentre passavano loro accanto.
"Vuoi
tenermi la mano?" chiese Alec. Non era un'offerta sarcastica.
Il
piccolo allungò una mano e strinse il suo piccolo pugno
attorno a tre dita del moro.
Lui
sorrise, mentre cercavano il reparto della pasta.
"Quindi...
Quanto durerà?" chiese il ragazzo, mentre esaminava tutte le
corsie.
"Ventiquattro
ore. Perchè non mi hai ascoltato, quando ti ho chiamato?"
"Beh,
avresti dovuto spiegarti un po' meglio - "
"Non
riuscivo a raggiungere niente!" disse Magnus. Anzi, urlò.
"Shh."
Non avevano bisogno di attirare ulteriormente l'attenzione.
"Che
tipo di poker stavi giocando?"
"Poker
Equilibrista." Magnus non chiese ulteriori spiegazioni, più
che
altro perchè erano appena giunti di fronte alle scatole di
Mac&Cheese.
Alec
si allungò per prendere la scatola più vicina, ma
il piccolo cacciò un urlò.
"No,
non quella! L'altra!"
Lo
shadowhunter lo guardò.
"Ci
sono almeno venti opzioni qui, Magnus. Quale?"
"Quella
di Spongebob."
"A
te non piace neanche Spongebob." Il piccolo lo guardò male.
I
suoi occhi erano molto più puri del solito. C'era innocenza
nei suoi occhioni.
"Come
fai a saperlo?"
"Perchè
ti conosco." Mise la scatola di Mac&Cheese classico nel cestino.
Magnus
si allungò per prendere la scatola con le sue manine,
guardando le istruzioni.
"Non
riesco a leggere" disse, con una nota di panico nella voce. "Al... Non
riesco a leggere!"
"Calmati.
Cosa vuoi sapere?" disse Alec, prendendogli la scatola dalle mani.
"Gli
altri ingredienti."
"Latte
e burro. Dovremmo prendere anche quelli."
Il
ragazzo sorrise e spostò una ciocca di capelli dal viso
dell'altro.
"Il
piccolo te era davvero carino."
Lo
stregone sorrise leggermente.
In
un secondo, Alec tirò fuori il cellulare e
catturò quell'espressione con una foto.
"Cancellala"
s'imbronciò l'altro.
"Neanche
per sogno." Lo prese per mano e s'incamminò verso il reparto
latticini.
"Possiamo
prendere anche gli Oreo?" chiese il piccolo, quando passarono accanto
ai biscotti.
"Certo."
Magnus prese il pacco formato famiglia e lo mise nel cestino.
"Oh!
E goldfish****!" Questa volta non stava chiedendo il permesso. Quando
riuscirono a prendere latte e burro, il cestino era ormai pieno.
Mentre
erano in fila, il piccolo ci fece anche scivolare delle caramelle
quando Alec non guardava.
Alec
riuscì a preparare il Mac&Cheese mentre Magnus stava
seduto
sul bancone, dondolando i piedi contro le ante e mangiando M&Ms.
Era
irritante e Alec si sforzò molto di essere paziente.
Mangiarono
la cena sul divano, mentre Spongebob cucinava hamburger dalla TV.
Alec
iniziava a sentire la stanchezza dovuta alla partita di Poker
Equilibrista. A metà del secondo episodio, stava dormendo.
Magnus
era alla seconda portata di Mac&Cheese e a metà di
una riga
di Oreo. Per non parlare degli M&Ms, dei biscotti con le gocce
di
cioccolato e del latte al cioccolato.
Lo
shadowhunter fu svegliato dalle urla del Presidente Miao.
Si
alzò di scatto.
Magnus
stava correndo in circolo con il Presidente in braccio.
"Magnus!"
"Choccolato!"
rispose il bimbo. Lanciò in aria il gatto, che emise un
verso terrorizzato prima di atterrare sul divano.
"Magnus,
basta" ordinò il ragazzo. Aveva sempre funzionato con Max.
Ma
come poteva dire al suo ragazzo pluricentenario, con l'aspetto e il
cervello di un bambino di sette anni, di comportarsi come uno della sua
età?
Il
bambino continuò a correre e Alec fu costretto ad inseguirlo.
La
situazione si trasformò in un gioco per Magnus, in cui il
bimbo era determinato a vincere.
Ma
lo shadowhunter aveva una resistenza che nemmeno lo zucchero poteva
garantire al piccolo.
Alla fine il bambino cominciò a rallentare e il ragazzo lo
acchiappò, mentre il piccolo continuava a ridacchiare tra le
sue
braccia.
"A
letto." Magnus si dimenò, ma senza smettere di ridere.
"Non
ho sonno."
"Tua
madre mi fa quasi pena" disse il ragazzo, portando Magnus nella sua
stanza.
"Non
avevo il cioccolato, quand'ero bambino."
"Meglio"
disse lui, mettendolo a letto. "Tu non uscirai da questo letto, capito?"
"Non
rimani con me?"
"No.
Andrò nella mia stanza..."
"Ma
- "
"No.
Scusa, ma non posso..." Alec scosse la testa. "Dormi, Magnus. Giuro
sull'Angelo che se non ti metti a dormire..."
"Che
fai?" chiese Magnus, sorridendo. Quel sorrisetto era tipico di lui...
"Ci
vediamo domani mattina" disse, uscendo dalla stanza. Il piccolo si mise
seduto, guardandolo andare via.
Anche
se Alec sapeva che il piccolo cercava di farlo sentire in colpa per
farlo rimanere, gli dispiaceva lasciare il piccolo Magnus da solo al
buio.
Quando
Magnus si svegliò, la mattina seguente, si sentiva grande.
Si
ricordò tutto e il mal di testa fu il promemoria del suo
eccesso di zuccheri.
Quando
si voltò e aprì gli occhi, Alec era seduto
accanto a lui.
"Mi
guardi dormire, ora, Lightwood?" chiese con un sorrisetto assonnato.
"Stavo
guadando la tua trasformazione da teenager strambo alla tua magnifica
forma attuale."
"Quindi
sono finalmente tornato alla normalità?"
"Circa."
"In
che senso?"
"I
tuoi occhi."
"Che
hanno che non va?"
"Sono
più brillanti del solito."
Era
una cosa strana da dire, ma era vero.
Gli
occhi di Magnus erano più opachi e meno evidenti per uno con
gli occhi color ambra.
"È
un problema?"
"No."
Lo
stregone afferrò la mano di Alec e gli lasciò un
bacio sul dorso.
"Non
sapevo che ti piacesse il poker" disse, giocando con la sua mano.
"Non
mi piace poi tanto."
"Conosco
una versione molto divertente."
In
qualche modo, i suoi occhi divennero ancora più luminosi
all'idea.
"Stai
per proporre..."
"...
Strip Poker" terminò Magnus.
"Truccheresti
il gioco."
Lo
stregone si finse offeso.
"Perchè
dovrei - "
"Andiamo.
Punteresti tutto su una pessima mano. Sai che lo faresti."
"Perchè
mai qualcuno dovrebbe fare una cosa del genere?" chiese Magnus.
"Intendo, io? Barare a Strip Poker? Cosa ti fa pensare che farei
qualcosa del genere?"
"Perchè
sei impaziente."
"Va
bene. Allora possiamo saltare la parte con le carte."
Note della
Traduttrice:
* Nel Poker, "fold" è usato per determinare
l’azione di gioco di un giocatore che passa la propria
mano, piuttosto che puntare.
** Questa posizione qui:
*** Letteralmente sono Maccheroni al formaggio.
Gli americani non fanno la pasta per poi aggiungerci il formaggio, ma
comprano già i maccheroni aromatizzati al formaggio, almeno
per quanto ho capito... Comunque sarebbe questa roba qua:
**** Questi snack al formaggio:
Puntuale tre volte su tre!!! *saltella* (fingete
almeno di gioire...)
Ringrazio tantissimo Eryla che
sempre, con fin troppa pazienza, corregge i miei errori ^.^
Mando un bacio a LaVampy
e Emrys3103
che hanno recensito lo scorso capitolo e ringrazio tutti coloro che
hanno inserito la storia tra seguite, preferite e ricordate @.@
Vi invito come sempre a
lasciare un commentino, anche negativo, per farmi sapere cosa pensate
della storia e (mio più grande motivo di ansia) della
traduzione.
Un abbraccio a tutti e a lunedì,
(Eh sì, mi son fatta la firma digitale, che figo
ù.ù)
Prossimo capitolo: Salsa
sui muri
L'abilità in cucina non fa parte del codice genetico dei
Lightwood.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
|
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Capitolo 10 *** Salsa sui muri ***
Spaghetti sui muri - Cap 10
Minipage
è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale
è
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dalla
persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
Salsa
sui muri
L'appartamento
era molto rumoroso quando la voce del portinaio vi giunse attraverso il
citofono.
"Uh,
Mr. Bane?"
L'allarme
antincendio continuò a suonare.
"Sì?"
"Sa
che l'allarme sta suonando da venti minuti, ormai?"
"Uhm,
sì" disse Alec, lasciando cadere il coperchio dentro la
pentola
piena di acqua bollente. Questa emise una specie di crash
e, per un secondo, il ragazzo pensò che il vetro si fosse
rotto.
"Dovrei
chiamare i pompieri?"
"No,
no, va tutto bene."
In
realtà c'era dell'acqua che stava bollendo, della salsa che
stava bruciando e alcuni grissini che stavano per essere carbonizzati.
"Beh,
gli altri inquilini si stanno lamentando, Mr. Bane - "
"Mi
chiamo Alec!" urlò il ragazzo, esasperato.
"Oh...
Beh... Mr... Alec... Ora lo spengo, ok?"
"Grazie!"
Qualche
secondo dopo, l'appartamento divenne un po' più silenzioso.
Poi
la salsa per la pasta emise un leggero pop
e del liquido rosso volò fuori dalla pentola.
"Dannazione"
Alec prese uno strofinaccio e iniziò a ripulire.
Il
Presidente Miao apparve per la prima volta in tutta la giornata,
saltando sul bancone.
Lo
shadowhunter si appoggiò il canovaccio su una spalla e
tirò fuori il coperchio dall'acqua bollente.
Perché
la puzza era più simile a quella dell'olio bollente?
Rovesciò
una confezione di cavatappi* nella pentola e l'acqua divenne torbida.
Doveva
fare così?
Il
telefono squillò e lui si affrettò ad afferrarlo.
Mentre
accettava la chiamata, spintonò il Presidente, sperando che
il
gatto saltasse giù dal bancone. Quello non batté
ciglio.
"Pronto?"
"Sei
impegnato?" chiese Isabelle. Aveva preso l'abitudine di non salutare
all'inizio di una telefonata.
"Uhm..."
guardò la cucina: sembrava una zona di guerra, ma, se avesse
detto di essere impegnato, avrebbe rischiato l'ira di Isabelle. "No."
"Credo
che Clary sia arrabbiata con me."
"Ok,
perchè?" Mescolò la pasta e mise un coperchio
sulla salsa.
Izzy
iniziò a raccontare una storia che il fratello
ascoltò
solo a metà mentre si muoveva freneticamente per la stanza
pulendo, stirando, preparando i piatti e diventando sempre
più
ansioso per via di tutto quello che ancora gli mancava da fare.
La
sorella finì di parlare qualche minuto più tardi.
"...
quindi che dovrei fare?"
"Scusarti."
"Scusarmi?
Tutto qui?"
"Isabelle,
stai facendo casino inutilmente..."
Si
voltò. La salsa per la pasta stava bruciando di nuovo,
mandando vampate di fumo dalla pentola.
"Dannazione"
urlò.
"Alec...?"
"Isabelle,
devo riattaccare."
"Oh
mio Dio, è il - "
"Sì,
esatto" la interruppe il fratello, parlando tra i denti.
"E
tu stai cercando di preparare la cena?"
"Ciao
Isabelle." Il ragazzo riuscì a sentire le risate della
sorella
mentre riattaccava. Si allungò verso il Presidente e lo
spinse
giù dal bancone.
"Stai
giù" lo minacciò.
Cominciò
il suo disperato tentativo di salvare la salsa.
Ma
non c'era più nulla che potesse fare.
Lo
shadowhunter urlò per la frustrazione.
Poi
s'immobilizzò.
Sentì
la porta d'ingresso che si apriva.
"No"
mormorò.
Riuscì
a sentire la voce di Magnus persino prima che mettesse fisicamente
piede nell'appartamento.
Stava
canticchiando qualcosa, prima di vedere il Presidente.
"Presidente
Miao, come va?"
Quel
maledetto felino soffiò e, in quel momento,
ricominciò a suonare l'allarme antincendio.
Alec
si affrettò ad avvicinarsi alla salsa.
"Alexander..."
Lui
non rispose.
"Alexander,
dove sei?"
Il
ragazzò cominciò a balbettare. Spense tutto,
incluso il forno, che teoricamente stava cuocendo i grissini.
Quando
alzò lo sguardo, vide Magnus che sbirciava in cucina.
Sembrava
solo leggermente allarmato.
Alec
emise un verso sconfitto.
"Mi
dispiace" disse.
Lo
stregone stava ancora ossevando il disastro.
"Stavo
cercando di cucinare e..."
L'altro
entrò in cucina, guardò l'allarme, che smise
immediatamente di suonare.
Sull'appartamento
scese un silenzio di tomba.
Poi
Alec scoppiò a piangere, coprendosi il viso con le mani.
Magnus
fu al suo fianco in un istante e lo abbracciò.
"Alexander,
perché stai piangendo?"
"È
un disastro" mormorò lui.
"Solo
un po'." Il ragazzo seppellì il viso nella maglia di Magnus,
che ripulì il casino con un gesto della mano.
"Perché
stavi cercando di cucinare?"
"È
il tuo compleanno." Lo stregone s'irrigidì appena.
"Come
fai a saperlo?"
"Ho
chiesto a Cat."
"Mi
ha tradito" mormorò Magnus, tentando di scherzare.
Ma
Alec non rise.
Lo
stregone era contento che almeno avesse smesso di piangere.
Era
solo una cena, dopotutto.
Si
allontanò dallo shadowhunter, che lo guardò.
A
volte sembrava così piccolo che lo stregone ricordava che il
ragazzo che aveva di fronte non aveva visto la metà delle
cose
che aveva visto lui.
"Sei
sexy con gli occhi rossi."
L'altro
lo guardò male.
Lui
gli posò le labbra sulla fronte e i due rimasero fermi in
quella
posizione per qualche minuto. Le loro dita s'intrecciarono.
"È
il pensiero che conta" disse Magnus. "Ma ho fame, quindi spero che tu
abbia un piano B."
"Tutto
quello che vuoi."
Il
Presidente rientrò in cucina in quel momento.
"Di
certo non si stava riferendo a te" disse lo stregone, guardando il
gatto che strisciava attraverso la stanza.
Alec
sorrise.
"Non
ho voglia di uscire" disse Magnus. "Ordiniamo il cibo a domicilio?"
"Non
te ne stanchi mai?" L'altro gli lasciò le mani e sorrise.
"Il
giorno in cui mi stancherò di farmi portare del cibo a casa,
sarà un giorno terribile."
Poi
uscì dalla stanza, lasciando il ragazzo solo ad eseguire il
piano B.
La
cena era finita e le scatole del cibo giacevano vuote nel cestino.
In
un'altra stanza, il corpo di Magnus era premuto contro quello di Alec,
che era appoggiato al muro, mentre le loro labbra si scontravano.
Le
dita dello shadowhunter slacciarono facilmente i bottoni della sua
camicia.
Le
mani dello stregone passavano tra i capelli di Alec, finché
il
suo indice non toccò qualcosa di umido, proprio dietro
l'orecchio del ragazzo.
Non
gli ci volle molto per capire cosa fosse.
Scoppiò
a ridere.
"Ma
che...?"
Fece
voltare Alec.
"Magnus,
cosa sta - "
Lo
stregone indicò in alto ed entrambi, nella luce fioca della
stanza, riuscirono a distinguere il rosso della salsa destinata alla
pasta.
Magnus
cercò di reprimere le risate e l'assaggiò.
"Più
origano la prossima volta" disse. "E anche un sapore meno del tipo
'bruciato tra le fiamme dell'inferno'."
"Sei
uno stronzo" disse Alec, tirando via quel poco che gli era rimasto
appiccicato dietro l'orecchio e addosso a Magnus.
"Ehi,
è il mio compleanno" disse lui, colpendolo piano al fianco.
L'altro
gli mise una mano sul petto e appoggiò il mento alla sua
spalla.
"Perché
non mi hai detto del tuo compleanno?" chiese semplicemente.
"Perché
non mi piacciono i compleanni."
"Non
è vero. Hai organizzato la festa per quello del Presidente
per mesi e mesi."
"Oh,
scusa, non sapevo che due mesi contassero come mesi
e mesi..."
"Parliamo
della festa del tuo gatto" gli ricordò Alec.
"Non
so. Penso solo che il mio compleanno sia un giorno come un altro."
"Quindi
oggi è stato un giorno qualsiasi?"
"Non
tutti i giorni qualcuno riesce a bruciare del cibo facendo bollire
dell'acqua. Quindi congratulazioni" sorrise lui, sarcastico.
"Beh,
buon compleanno, comunque."
"Già"
lo stregone sorrise assorto. "Tanti auguri a me."
Ma
Alec lo riportò subito alla realtà,
allontanandolo dai suoi pensieri.
E,
per una volta, la realtà era migliore.
Note della
Traduttrice:
*Ovviamente
s'intende il tipo di pasta, ma, viste le disastrose capacità
culinarie di Alec, forse è meglio precisarlo :P
Stavolta sono QUASI in tempo...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito
a lasciare un commentino per farmi sapere cosa ne pensate ^^
Un enorme grazie a LaVampy e Emry3103 che hanno
recensito lo scorso capitolo w.w
Ringrazio la dolce Eryla che ha pazientemente corretto i miei errori
: 3
A lunedì,
-Kat
Prossimo capitolo: A Pistachio Farm in the Desert
Raccontando storie...
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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Capitolo 11 *** A Pistachio Farm in the Desert ***
A Pistachio Farm in the Desert - CAP 11
Minipage
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persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.
A
Pistachio Farm in the Desert
Silenzio.
Nessuno
l'ha mai veramente sentito. C'è sempre qualcosa da
ascoltare. Un termosifone. Il vento che fa frusciare anche solo una
singola foglia. Per non parlare del sangue che scorre costantemente
nelle vene e passa vicino alle orecchie.
Non
ci sono suoni nello spazio.
Ma
se ci si toglie il casco per assaporare quel silenzio anche per una
singola, piccola, frazione di secondo, si muore.
Tragico.
Il
vero silenzio è mortale.
Quindi
"tranquillo" è la parola più adatta.
"Tranquilla"
è la parola che Alec avrebbe scelto per descrivere la notte.
Sentiva
solo il sangue che scorreva per arrivare al suo cervello.
Non
si sentivano le foglie, ma c'era una leggera brezza.
E
lui non era sicuro di sapere cosa fosse un termosifone, tanto meno
sapeva che suono producesse.
Gli
alberi sopra di loro stavano iniziando a riguadagnare un po' del verde
che spettava loro per quella stagione, quindi al momento c'erano solo
boccioli.
Come
fossero finiti nel mezzo di una coltivazione di pistacchi nel deserto
del New Mexico era un mistero per lui. Certe cose accadevano e basta,
quando si viaggiava per il mondo con Magnus Bane. E un viaggio di
mezzanotte tra i pistacchi era tra le cose che Alec avrebbe definito
casuali.
Ora
si trovavano lì e questo era l'importante. Vivere il momento
era l'obiettivo di Alec durante il viaggio. Per Magnus, invece, era uno
stile di vita.
La
tranquillità era piacevole, ma chiacchierare lo era di
più, quella notte.
"Raccontami
una storia" disse Alec. Erano distesi fianco a fianco su una coperta da
picnic, sfiorandosi appena.
"Riguardo
a cosa?"
"A
te."
"Ho
un sacco di storie. Ne scelgo una a caso?"
"Certo."
Alec guardò le stelle sopra di loro.
Dovevano
trovarsi ad almeno 50 miglia da ogni sorta di civilizzazione, quindi
l'inquinamento luminoso delle città non aveva effetto in
quel punto.
Il
cielo era limpido e le stelle erano più luminose del solito,
secondo la modesta opinione astronomica di Alec.
Lassù,
c'era silenzio.
Lì
sotto, tranquillità.
Era
diverso.
"Ti
ho mai raccontato di quando sono stato un mondano per un anno?" chiese
Magnus.
"No"
rispose lui piano. "Sembra interessante."
"All'inizio
non lo era. Poi ho scoperto una cosa chiamata Bucket List."
"Cos'è?"
"Una
lista di cose da fare prima di morire."
"Perchéè
si chiama Bucket List? Significa 'Lista del Secchio'."
"È
un riferimento a 'kicking the bucket', 'calciare il secchio'."
"Perchéè?
Cos'ha a che fare con la morte?"
"Sinceramente,
non ne ho idea."
"Come
può 'calciare il secchio' indicare la morte?"
"Posso
semplicemente raccontarti la storia?"
Tranquillità.
Non
silenzio.
Era
l'anno 1946.
La
città era rumorosa. Le feste erano costanti. La Guerra era
finita.
Ma
era tutto troppo rumoroso dopo anni di guerra. Il cambiamento era
troppo repentino per un'anima antica come Magnus.
Voleva
lasciare la città per qualcosa di più tranquillo.
Il
Museo della Storia di Chicago stava cercando qualcuno che si occupasse
della loro esposizione sui primi anni del diciannovesimo secolo.
E
guarda caso, Magnus era un esperto di quel periodo. Era facile per lui,
avendolo vissuto.
Prese
il treno alla Union Station e giunse a Chicago il giorno seguente.
La
città era come New York con più violenza e
più classe. O, almeno, così era il lato destro
della città. Guarda caso, il museo si trovava sul lato
destro della città.
L'ultimo
incantesimo di Magnus prima di finirla con la magia fu per manipolare
la mente del sovrintendente per fargli credere di avere un dottorato.
Poi
si ritrovò a pronunciare un giuramento di astinenza mentre
mangiava un pasto solitario in un appartamento vuoto.
Per
un po', Chicago fu solitaria.
Poi
iniziò il progetto del museo: iniziò con
l'assunzione di alcuni degli studiosi più brillanti della
zona. Loro conoscevano i fatti, Magnus conosceva l'atmosfera del tempo.
Era certo che, insieme, avrebbero potuto combinare qualcosa.
C'erano
cinque stagisti che lavoravano con lui. Lo trattavano come una specie
di dio che sapeva tutto di storia e lui accettava sfacciatamente tutta
quell'adorazione.
Ma
il rapporto completamente professionale che avevano diventò
quasi subito noioso. I ragazzi erano quasi tutti ventenni e avevano
energia, ma non si divertivano. Erano noiosi quanto i libri a cui si
dedicavano.
"Adesso
andiamo a bere" decise Magnus, un venerdì, alla chiusura. Il
più grande del gruppo, Thomas, stava abbozzando uno sfondo
per una vetrina.
Alzò
lo sguardo dall'album di disegno.
"Io
non bevo."
"Tutti
bevono" rispose lui. Se fosse stato New York, nessuno avrebbe esitato
un secondo ad accettare.
Thomas
guardò i suoi colleghi, che erano curiosi di andare a
festeggiare con il capo. Il dio.
Ruthie
era la vice di Magnus e anche la più leale.
"A
me piacerebbe unirvi a voi" disse, sbattendo le lunghe ciglia. Lei era
l'incarnazione della perfezione.
A
Magnus non piaceva la perfezione. I problemi erano molto più
interessanti.
"Aspetta"
lo interruppe Alec. "Pensi che io sia problematico?"
"No"
rispose lo stregone, togliendo un po' di terra dal mento del ragazzo.
"Intendevo dire che non c'era nulla d'interessante in Ruthie. Lei era
la mogliettina perfetta. Non commetteva mai errori. Non era
interessante."
Alec
non era sicuro di aver capito cosa intendesse.
Poi
c'era Beth, che era il suo esatto opposto.
Lei
era il male di Chicago, nascosto dietro a vestiti carini quanto quelli
di Ruthie.
Correva
rischi, tirava fuori idee, non le importava che non fosse lei a
comandare.
Ed
era molto più interessante.
"Sembra
divertente, tesoro" disse. Lei chiamava tutti così e questo
a Magnus non piaceva.
Mark
e Robert erano gli altri due. Erano andati a controllare lo spazio
adibito all'esposizione.
"Dillo
ai ragazzi" disse Magnus, guardando Ruthie. Lei si allontanò
saltellando e facendo rimbalzare i boccoli.
"Io
non bevo comunque, signor Bane" disse Thomas.
"Basta
con le formalità" rispose lui. "Chiamami Magnus."
"Hai
portato a bere un gruppo di studenti del college?" chiese Alec.
"Sì."
"Era
sulla tua Bucket List?"
"No.
Ma ci sto arrivando."
Tutti
e sei erano esattamente a metà tra l'essere brilli e
ridacchianti e una sbronza colossale. Le loro conversazioni iniziavano
ad essere interessanti.
Erano
anche riusciti a far portare un Gin Tonic* a Thomas, che aveva poi
ordinato uno Shirley Temple**. Poi un altro. E un altro.
Poi
avevano perso il conto.
"La
lista delle cose che vuoi fare prima di morire" disse Beth, guardando
Magnus dritto negli occhi. Gli occhi blu della ragazza contrastavano
più del solito con i suoi capelli biondi.
"Non
ci ho mai pensato" rispose lui, mettendo giù il suo drink.
"Non
hai mai pensato alla morte?" chiese Mark.
"Assolutamente
no. Vivo il momento, sempre. Nessuna eccezione."
"Va
bene" disse Beth. "Cosa preferiresti fare in questo momento?"
"Nulla."
Circondò con un braccio le spalle di Thomas, che stava
giocando con la ciliegina nel suo drink. "Mi sto divertendo con i miei
cinque migliori amici."
"Awww"
esclamò Ruthie. Si dondolò sullo sgabello,
cercano palesemente di ottenere l'attenzione di Robert e sbattendo
ancora le ciglia.
"Sono
seria" disse Beth.
"E
io sono serissimo" rispose Magnus.
A
lei la risposta non piacque, ma lasciò perdere.
Tutti
lasciarono perdere.
Ma
Magnus no. Quando si svegliò il mattino seguente,
ringraziando che fosse sabato e che qualcuno avesse inventato
l'aspirina, passò un'ora buona sdraiato sulle fredde
piastrelle del pavimento del bagno, pensando a cosa voleva fare prima
di morire.
Alla
fine, sarebbe morto.
La
vita finiva, sia per gli umani che per i nascosti. Cambiava solo il quando.
Un
giorno avrebbe cessato di esistere. E, forse, un domani non avrebbe
potuto visitare la cima del Chrysler Building*** perchè
sarebbe stata distrutta da una bomba atomica.
Forse.
Chissà.
Poteva
vivere il momento, ma doveva anche considerare cosa volesse fare da
quel momento alla fine dei suoi giorni.
E,
in quel momento, voleva davvero assaggiare delle escargot****.
Voleva
anche volare su un aereo.
Magari
visitare Berlino. Percorrere il Mississipi con il battello a vapore.
Imparare
prima a scrivere la parola 'Mississipi'.
C'erano
così tante cose da fare. Lui stesso era il suo unico limite.
E
aveva un anno per fare tutte quelle cose dalla prospettiva di un
mondano, mentre lavorava al progetto con il museo.
"Non
sai scrivere 'Mississipi?'" lo interruppe ancora Alec. Lui
roteò gli occhi.
"M-I-S-S-I-S-S-I-P-P-I"
disse. "Sapientone."
"Preferisco
'sapiente' e basta."
Lui
gli diede un colpetto sul braccio per quella risposta (che lui stesso
aveva dato più volte) e continuò.
Passò
il sabato a scrivere la sua Bucket List.
Alla
fine, scrisse venticinque voci, ordinate dalla più difficile
alla più facile.
Spuntò
subilo la numero 25 quella stessa notte, salendo sul tetto del suo
appartamento e calciando di sotto un secchio mentre canticchiava
l'assolo di tromba di una canzone di Louis Armstrong.
Ma
il lunedì dovette tornare al lavoro e la lista fu messa da
parte.
"E
cos'hai fatto dopo?" chiese Alec.
Magnus
aveva smesso di parlare.
"Sto
cominciando a pentirmi di aver iniziato questa storia."
"No,
me lo devi raccontare" disse lo shadowhunter, girandosi su un fianco.
Lo
stregone chiuse gli occhi e sospirò.
La
voce numero 14.5 fu aggiunta un venerdì sera al baro. Tutto
iniziò da un battibecco tra Robert e Mark. In quel periodo,
si parlava di uomini che si vestivano come donne.
Quindi
la questione era: chi sarebbe stata la donna più attraente?
Mark o Robert?
Non
c'era davvero paragone. Mark aveva i lineamenti più morbidi
e i capelli più belli.
Poi
Beth intervenne con una delle sue cavolate.
"Penso
Magnus sarebbe meglio di entrambi" disse. Il diretto interessato
alzò un sopracciglio. Nessuno di loro era ubriaco quanto la
volta precedente. Avevano imparato la lezione.
"Concordo"
disse Magnus. "Ma non possiamo saperlo per certo, se non proviamo."
Robert
e Mark scoppiarono a ridere, ma lui era serio.
"Voi
pensate che io scherzi, ma non è così."
Poi,
ispirato, tirò fuori quel pezzo di carta che aveva iniziato
a portare sempre con sè e aggiunse la voce al suo posto
nella classifica.
"Quello
cos'è?" chiese Ruthie. Era fastidiosamente appiccicata a
Robert.
"Una
lista di cose da fare."
"Stai
aggiungendo 'vestirsi da donna'..." Mark guardò meglio la
lista.
"È
una lista di cose da fare prima di morire. Numero 12: volare su un
aereoplano."
"Ho
sentito dire che sono trappole mortali" commentò Ruthie.
"Sono
sicurissimi" disse Magnus.
"Per
il travestimento, ci penso io" disse Beth. "Non ti sembra che abbiamo
quasi la stessa taglia?"
"Assolutamente"
rispose lui.
La
ragazza strinse le labbra. "Ti sistemerò per bene."
"Avete
intenzione di farlo davvero?" chiese Thomas.
"Lo
faremo in ufficio lunedì mattina" disse Magnus. Poi
indicò Mark. "Però vedi di tenere le tue macchine
fotografiche lontano da me."
Lui
annuì.
Alec
era faccia a terra e stava cercando di soffocare le risate nella
coperta.
"Piantala
di ridere o non riuscirò mai a... Alec!"
"Ti
sei vestito da donna?"
"Sei
davvero sorpreso? Erano gli anni Quaranta. Succedevano un sacco di cose
strane."
"Ti
prego, dimmi che hai delle foto" disse il ragazzo, unendo le mani a mo'
di preghiera. "Ti prego."
Magnus
rimase impassibile.
"Volevi
una storia, quindi zitto e ascolta."
Beth
e Ruthie erano arrivate con un'ora di anticipo per preparare un tavolo
pieno di trucchi e uno stendino pieno di abiti colorati con gonne
vaporose.
Quello
fu il momento in cui Magnus iniziò seriamente a pentirsi di
aver dato loro l'idea.
Ma
tutto quello era sulla lista, quindi avrebbe dovuto farlo.
Rimase
seduto immobile per più di un'ora, ignorando il lavoro che
avrebbe dovuto svolgere, mentre Beth gli pitturava la faccia e si
complimentava per la sua carnagione e i suoi zigomi.
Tutto
divenne subito molto strano.
Le
ragazze ebbero problemi con i suoi capelli, gli dissero che erano
troppo corti e chiesero come facesse a farli blu. Lui disse che era un
segreto, ma loro non si arresero. Alla fine, Ruthie gli mise in testa
un grande fiocco blu e decisero di lasciarli così.
I
ragazzi erano fuori a svolgere commissioni o a partecipare a colloqui
con gli altri musei per poter prendere dei pezzi in prestito.
Robert
tornò mentre Magnus stava cercando di decidere tra un
vestito rosso con decorazioni bianche e uno blu alla marinara.
"New
York ha appena chiamato. Sono disposti a prestarci la loro collezione
di vestiti del tempo - " si bloccò di scatto appena vide il
trucco, "Scusate - Non ce la faccio - "
Lui
scosse la testa.
"Sono
al telefono per te" disse Robert. Lo stregone passò i due
uomini a Beth e andò a rispondere.
Il
ragazzo lo guardò divertito mentre sosteneva una
conversazione particolarmente seria al telefono sembrando
più donna persino di Ruthie.
Quando
riattaccò, lui finalmente parlò.
"È
molto attraente, signor Bane." Poi se ne andò. Magnus
tornò a concentrarsi sui vestiti.
Il
telefono squillò di nuovo mentre Ruthie gli tirava su la
cerniera dell'abito, e Beth stava ridendo troppo per riuscirci.
"Pronto?"
disse lui. Ruthie finì di allacciargli il vestito a fatica.
"Signor
Bane, sono del museo di New York."
"Sì?"
Il vestito era molto stretto.
"Vorremmo
procedere con la nostra transazione di persona. Può essere a
New York per domani?"
Lui
guardò Ruthie. "A che ora parte l'ultimo treno per New York?"
"Mezzogiorno."
Non sarebbe mai riuscito a prenderlo, ma -
"Sì"
disse.
Finirono
la conversazione dopo aver deciso gli ultimi dettagli.
"Chiama
l'aeroporto" disse lui, trionfante. "Volerò con un
aeroplano."
Mark
entrò nella stanza e ci fu un flash accecante.
"Mi
dispiace" urlò il ragazzo, prima di correre via.
Magnus
voleva rincorrerlo, ma Beth lo fermò.
"Lasciati
togliere questa roba dalla faccia, tesoro."
Ci
volle più tempo per togliere il trucco di quanto ce ne fosse
voluto per applicarlo.
"Quindi
esiste una fotografia?" chiese Alec.
"Sì.
Una sola, tutte le copie sono state distrutte."
"Dov'è?"
"È
un segreto. Ora lasciami finire."
Il
viaggio in aereo fu orribile e Magnus fece l'errore di portare Ruthie e
Robert con sè.
Ci
furono turbolenze per quasi tutto il viaggio. Quando non stringeva il
bracciolo del sedile, la ragazza stritolava la mano di Robert fino a
farla sbiancare. Il suo respiro ansante fece venire a Magnus il mal di
testa e anche il servizio del personale era orribile.
Ma
c'era una voce in meno sulla lista ed erano a New York. Era quello
l'importante.
Magnus
aveva tenuto il suo appartamento e pagato la donna delle pulizie per
sistemarlo regolarmente. Quindi i tre si fermarono lì. Lui
fece finta che fosse una coincidenza che le stanze di Ruthie e Robert
fossero collegate.
I
giovani amori erano bellissimi da guardare.
"Cos'altro
c'è sulla tua lista?" gli chiese Robert a cena.
"Andare
in Antartide è la terza voce."
"E
la prima?" chiese Ruthie.
"È
un segeto."
"Ok,
allora la seconda."
"Altro
segreto."
"Dimmeli"
pregò Alec.
Lui
gli mise una mano sul viso e continuò.
"Provare
le escargot è la voce numero 9" disse Magnus. "E vedo che ci
sono sul menù."
"Due
traguardi in un giorno?" chiese l'altro ragazzo. "Quella lista
dev'essere molto semplice."
"Sono
allergico alle lumache" disse lui.
"Allora
non puoi assaggiarle!" trillò Ruthie.
"Intende
dire che lo disgustano" fece notare Robert.
"Potrei
essere davvero allergico. Che ne sai?"
"Nessuno
è allergico alle lumache."
Magnus
alzò gli occhi al cielo, mettendo da parte il
menù.
Quando
il cameriere tornò, potè spuntare il numero 9
dalla sua lista.
Alec
appoggiò la testa alla sua spalla, osservandolo dal basso.
Una
settimana dopo tornarono a Chicago con metà degli artefatti
che servivano per la mostra. Magnus era anche riuscito a spuntare 'far
suonare la tromba del treno' dalla lista, durante il viaggio di
ritorno. Anche se l'aveva fatto illegalmente...
La
lista stava procedendo, così come l'esposizione. Essere un
mondano era facile e più eccitante di alcune giornate
passate a Londra o New York.
Come
avesse fatto l'Istituto di Chicago ad avere il suo numero era un
mistero, ma ricevette una chiamata da loro una sera, sul tardi, durante
la settimana.
Il
capo dell'Istituto si presentò come Blackthorn.
"Lei
lavora nella zona di Chicago?" gli chiese, dopo le formalità.
"Uhm,
no" rispose Magnus, camminando per l'appartamento, per quanto glielo
permettesse il filo del telefono.
"Si
opera nella zona di Chicago?"
"Sì."
"Allora
opera nella zona di Chicago, no, signor Bane?"
"Tecnicamente.
Ma al momento non uso la magia e non sono disponibile per gli affari,
quindi..."
"Non
sono interessato ai suoi servigi, signor Bane, abbiamo identificato una
presenza demoniaca nella vostra zona."
"Io
non ho nulla a che vedere con questa storia."
"Il
museo della storia di Chicago? Lei lavora lì, no?"
"Non
c'è nulla di demoniaco nel museo."
"I
nostri Sensori hanno registrato delle attività.
Può arrangiarsi da sé e noi saremo diplomatici,
oppure dovremo intervenire sul luogo."
"Vedrò
di cosa si tratta. Ma io non sono coinvolto."
Riattaccò.
Il telefono squillò di nuovo. Rispose.
"Signor
Blackthorn, me ne occuperò dom - "
"Signor
Bane?" la voce di Ruthie tremava.
"Ruthie?
Cosa c'è che non va?"
"C'è
qualcosa che manda scintille, un medaglione, quello per la mostra. Sta
producendo scintille rosse... "
"Arrivo
subito."
Venti
minuti più tardi, era in piedi davanti al medaglione che
stava, di fatto, mandando scintille rosse.
Gli
stagisti si erano raccolti attorno a lui, ma si tenevano a distanza.
La
porta dell'ufficio si aprì e tutti si voltarono.
Un
ragazzo con una tenuta da shadowhunter, ovvero una giacca di pelle,
entrò nella stanza, camminando con quella grazia che molti
nephilim sembravano avere nel sangue.
"Buona
serata" disse.
"Blackthorn"
rispose Magnus. La voce del ragazzo era la stessa con cui aveva parlato
al telefono, anche se gli era parso più vecchio.
"Come
sta?" chiese, mentre si avvicinava.
"Sto
bene. E lei?"
"Alla
grande." Il ragazzo si chinò per osservare meglio il
medaglione. "Già. Proprio quello che sospettavo.
È una Pyxis***** portatile. Un prototipo, ovviamente."
Prese
in mano gentilmente il gioiello.
"E,
a quanto pare, questa è occupata."
"Le
Pyxis portatili sono sulla lista degli oggetti approvati dal Conclave,
per quanto ne so" disse Magnus.
"Non
sono approvate" disse Blackthorn, mentre fissava l'oggetto con
curiosità, affascinato. "Non ancora, almeno."
"Qualcosa
mi dice che quella non funziona più."
"Infatti
è così."
"Signor
Bane, conosce quest'uomo?" chiese Mark.
"Io
- "
Quella
era la fine del suo tempo da mondano.
"Non
posso fermarlo" lo interruppe lo shadowhunter. "Il demone
evaderà."
"Demone?"
trillò Beth.
"Sa
esattamente cosa c'è dentro?" chiese lo stregone.
"Una
via di mezzo tra un demone maggiore e uno minore" ragionò il
ragazzo. "Non troppo debole, se hanno sprecato un oggetto come questo
per lui, ma nemmeno tanto forte, se si è lasciato
intrappolare da qualcosa di così debole."
"Forse
qualcosa di nuovo?" provò Magnus.
"Niente
è nuovo. Il mio nome è Jackson, comunque."
"Jackson
Blackthorn, dirige l'Istituto da solo?"
"Di
solito no. La mia famiglia è a Idris."
"E
lei sta...?"
"Per
salvarle la vita, signor Bane." Il medaglione cominciò a
tremare nel palmo della sua mano. Lui lo rimise sul cuscino di velluto
su cui probabilmente era stato nei precedenti cento anni.
Jackson
guardò gli stagisti.
"Potreste
fare qualche passo indietro, o, meglio ancora, andarvene."
Sfoderò due spade angeliche che s'illuminarono quando
mormorò i loro nomi.
I
ragazzi fecero un balzo all'indietro, poi corsero fuori velocemente.
"Sa,
ero in vacanza, Blackthorn" scattò Magnus. "Mi ero preso una
pausa."
"Vorrei
che m'importasse" rispose lui, con gli occhi ancora fissi sul gioiello,
che esplose pochi secondi dopo.
Una
nebbia rossa si riverso da esso sul pavimento, strisciando tra i loro
piedi. I due arretrarono, appena questa prese la forma di una persona.
Appena
il suo corpo si fu ricostituito, il demone fece scrocchiare il collo e
incrociò le braccia.
"Odio
le Pyxis" disse.
"Tu
chi sei?" chiese Jackson.
"Il
mio nome è irrilevante. Se devi uccidermi, fallo subito.
Questa dimensione è noiosa e mi piacerebbe un po' di azi - "
Lo
shadowhunter lo trafisse con la spada angelica e lui si dissolse di
nuovo in fumo rosso.
"Facile"
disse il ragazzo, rinfoderando le armi.
"Oh,
certo" disse Magnus "Facile per te. Io ora ho cinque mondani con cui
fare i conti."
"Sistemali
con un po' del tuo vudù."
"È
magia" scattò lui. "E non dovrei usarla."
"Il
Conclave ti ha dato qualche restrizione?"
"Shadowhunter"
borbottò lui. "Non tutto riguarda il Conclave."
"Vudù?"
"Non
sono mai stato un fan dei Blackthorn" disse Magnus. "Ma, in effetti,
non mi sono mai piaciuti nemmeno i Lightwood."
"Conoscevi
dei Lightwood? Prima di me?" chiese Alec.
"Quella
è un'altra storia. Ho quasi finito con questa."
Era
finita.
Aveva
fallito nella sua sfida di essere un mondano per un anno.
Dovette
riscrivere parti della memoria degli stagisti. Tolse sè
stesso e mise Thomas al comando.
Poi
fece i bagagli e tornò a New York.
"Tutto
qui?"
"Già.
Ma il giorno dopo il mio ritorno ho dovuto evocare un demone e mi sono
sentito potentissimo."
"E
la lista?" chiese Alec.
"L'ho
tenuta" rispose lui, scrollando le spalle.
"Fammela
vedere. Dov'è?"
Magnus
sospirò e tirò fuori il proprio portafoglio
controvoglia. Era quasi vuoto.
La
sua lista era un foglio tutto consumato e rovinato, pieno di pieghe.
Alec
lo aprì con attenzione. Alcune voci erano state spuntate.
Erano più di quelle che gli aveva detto Magnus. Quindi la
seguiva ancora?
Lui
voleva conoscere le prime due voci.
La
seconda era spuntata.
2)
Innamorarsi.
C'era
un piccolo cuore disegnato ai margini con inchiostro viola.
"Quello
è merito tuo" sussurrò lo stregone, distogliendo
gli occhi dalle stelle per guardarlo.
Lui
sorrise.
Poi
guardo il numero 1.
1)
Morire.
Guardò
Magnus. Era un pensiero malsano, ma lui sapeva quanto Magnus fosse
curioso riguardo alla morte, anche se ci scherzava sempre.
"Puoi
scordarti il numero 1 per un po'" disse, poi esaminò il
resto della lista. "E possiamo preparare la pizza quando torniamo a
casa."
"Ma
devo lanciarla in aria, capisci?" Lui sapeva esattamente cosa stesse
immaginando.
"Compreremo
molti ingredienti, così potrai allenarti."
Lo
stregone chiuse gli occhi.
Dopo
averlo osservato per qualche minuto, Alec fece lo stesso.
Si
addormentarono nella tranquillità del mattino presto, in una
coltivazione di pistacchi, nel deserto.
Note della
Traduttrice:
*
Cocktail a base di Gin e acqua tonica, principalmente. https://it.wikipedia.org/wiki/Gin_tonic
** Altro cocktail, ecco la ricetta:
https://it.wikipedia.org/wiki/Shirley_Temple_(cocktail)
*** Questo edificio qua: https://it.wikipedia.org/wiki/Chrysler_Building
**** Piatto francese a base di chiocciole
*****
Viene nominata, se non mi sbaglio, solo nelle Origini, è una
specie di "prigione" per demoni utilizzata dagli shadowhunters.
Ok... prima che iniziate a tirare i pomodori,
lasciatemi spiegare! *si nasconde sotto la scrivania per precauzione*
Sono sparita, ma non era assolutamente previsto,
altrimenti avrei avvertito...
Sono andata a Santo Domingo con i miei nonni e mi
sono pure portata il pc (perchè sapevo che il wifi di
quell'albergo funzionava solo per i computer e non per i dispositivi
mobili), solo che il caricatore del mio portatile ha deciso di smettere
di funzionare proprio il giorno dopo il mio arrivo, quindi ho vissuto
fuori dal mondo fino ad ora. Ho anche provato a cercare un sostituto al
caricatore ma:
A. Là non hanno molti negozi di
elettronica
B. Le prese hanno un voltaggio diverso e non ho
nemmeno trovato un adattatore...
quindi ecco perchè sono "deceduta" per
più di un mese ^^
Ora andrò avanti a lavorare sulla storia, ovviamente, cosa
che contavo di poter fare anche oltreoceano, ma la sfiga mi perseguita
-.-
Un
grazie enorme a LaVampy e Emrys3103 che hanno recensito lo scorso
capitolo (ora vado a rispondere, scusate!) e tutti coloro che hanno
letto e/o inserito la storia tra le preferite, le seguite o le
ricordate ^^
Ringrazio Eryla che ha pazientemente corretto i miei errori :
3
A lunedì,
Prossimo capitolo: Aquiloni nel cielo
Una giornata fuori con i bambini.
Link alla storia
originale: http://archiveofourown.org/works/4501863
Traduttrice:
Katerina
Hummel Di Angelo
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