The second chance.

di No thing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bethany. ***
Capitolo 2: *** Corsa verso la libertà. ***
Capitolo 3: *** Grano verde. ***



Capitolo 1
*** Bethany. ***


Bethany.

Non c'era modo, non c'era modo. Scivolava tra i passanti come una pedina, sottile come uno scheletro, un pugno di ossa che camina. Era invisibile, bianca come un fantasma, trasparente come acqua di sorgente, o forse troppo pesante, con gli occhi neri contornati di nero e i capelli biondi, molto biondi forse troppo quasi bianco. Dietro di sè il nulla, non lasciava tracce nemmeno sulla neve, troppo poco che pesava. Dove andava non era importante e da dove veniva nemmeno. Come si chiamava? Nella sua mente aveva molti appellativi ma la chiamavano semplicemente Bethany.

Bethany entrò in uno squallido portone davanti al Georgia Palace e salì delle squallide scale che la portarono al secondo piano. Appoggiò l'orecchio sulla porta e non sentì il televisore acceso. Non era in casa.

Entrò silenziosamente, impercettibilmente come solo lei sapeva fare. 

Andò fuori e fumò una sigaretta, fissando il sole che le moriva davanti. Forse moriva un po' di lei ogni giorno o forse era già morta.

In un secondo la porta si spalancò forte,lei gettò la sigaretta in fretta e andò ad accogliere l'uomo che era appena entrato.
- Papà, stavo appunto per preparare la cena.- Mentre cercava di spiegare l'odore acre dell'alcol penetrò nelle sue narici. 
Poi un tonfo sordo e si ritrovò a terra, poi un altro, un altro e un altro ancora. Era a terra, insanguinata, con un uomo ubriaco che le gridava contro e la colpiva. Più forte, più forte, sempre più forte.
"Margherita! Margherita! Perchè cazzo te ne sei andata??" Gridava l'uomo mentre la faceva svenire a suon di cazzotti.

Era ubriaco e aveva scambiato Bethany per la sua mamma, una bella donna mora di origini italiane che lo lasciò per un altro uomo quando Bethany aveva soli 5 anni, per via delle sue dipendenze. 

La madre accarezzò la piccola bambina bionda con gli occhi grandi un'ultima volta, di notte, quando Bethany l'aveva vista strisciare dalla cucina con una valigia in mano , e lei le aveva portato il dito al naso, chiedendole di non andare a svegliare papà.

La sua mamma chiuse la porta davanti a lei e non la rivide mai più. Il giorno seguente svenne per la prima volta sotto i colpi del padre.
Spesso il padre di Bethany tornava ubriaco a casa e la scambiava per Margherita, di solito aveva il tempo di scappare e di chiudersi a chiave nella sua camera, ma quella volta no.

Si svegliò sul pavimento incrostato di sporco e del suo sangue in piena notte, e rimase lì a lungo, o forse solo pochi minuti. A lei parve un'eternità, e pianse.






- Note :
Salve a tutti! Questa è la mia nuova storia, spero che la leggano in tanti. Mi raccomando RECENSITE, RECENSITE, RECENSITE! Se volete farmi leggere qualche bella storia consigliatemela pure nella recensione, è da un po' che non leggo e ho voglia di leggervi! Il secondo capitolo lo pubblicherò a breve. Un bacio a tutti!

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Capitolo 2
*** Corsa verso la libertà. ***


Corsa verso la libertà.

Si svegliò da quel sonno che sembrò eterno ed era ancora lì, sul pavimento, insanguinata. Allora si alzò, con la testa che le girava e si sedette per un attimo.

Sgaiattolò in bagno, il padre che ancora dormiva profondamente, si tolse i vestiti impregnati di sangue e si sciacquò, a lungo, in doccia, con l'acqua calda, caldissima, che le bruciava la pelle e forse con quella anche il dolore. Era magra, toppo magra,  piena di lividi neri e viola a decorare il corpo, alcuni lì da mesi quasi come tatuaggi. Le labbra e il volto erano sfigurati. Uscì dalla doccia, si cambiò e sbrigò alcune faccende per la casa. Lavare, stirare, pulire, tutto doveva essere perfettamente in ordine. Doveva sbrigarsi, a mezzogiorno di solito il padre si svegliava affamato e non avrebbe accettato un "aspetta" come risposta.

Tutto era pronto, e poco dopo il padre si svegliò. Bethany con il cuore in gola assisteva all'assaggio del pranzo.

In un secondo, il padre spazzò via il piatto dal tavolo e lo scaraventò a terra. Bethany si alzò di scatto e si allontanò, preparandosi a scappare in camera sua, ma il padre si prese il volto con le mani e si mise a singhiozzare rumorosamente. 

"La mia vita è una merda, Bethany, Bethany vieni qui" . Ella lentamente si avvicinò.

"Bethany!" Il padre si alzò bruscamente e la strinse dalle spalle. "Cos'ho fatto per meritarmi questo?? Sono un cattivo uomo?? Eh, Bethany?"

"No, non lo sei, non lo sei" negli occhi di lei la più pura paura, le gambe molli, il battito accelerato. 

"Fin quando tu vivrai io sarò legato a lei, non capisci?? Ti si legge in faccia il nome Margherita! Rivedo i suoi stessi occhi che mi guardano! Gli stessi!" Il padre urlava e piangeva e stringeva sempre più le spalle della ragazza.

"Per favore, ti prego, lasciami andare" Bethany aveva preso a piangere con lui, tremante, agonizzante.

"Margherita!" Afferrò felino il collo della ragazza con entrambe le mani e  con gli occhi iniettati di pura pazzia, la strattonò e la portò al muro. 

Bethany pensò che forse sarebbe stato meglio non opporre resistenza e lasciarsi morire, abbandonare quel corpo scarno e volare via. Ma poi, proprio mentre la testa cominciava a girare e il suo volto ormai aveva cambiato colore, fece partire un calcio secco e fortissimo tra le gambe dell'uomo, che la liberò. Cadde a terra, strisciò lungo il pavimento con ancora la testa che le vorticava e ispirando più forte possibile con la bocca e col naso, afferrò un coltello da cucina e lo puntò verso l'uomo.

"Tu non mi vedrai mai più qui. Come ti ha abbandonato mia madre, così ti abbandono io. Tutti ti lasciano solo. Meriti di morire solo. " E mentre diceva così camminava piano verso la porta d'uscita. Aprì lentamente la porta davanti agli occhi sbarrati del mostro che le stava davanti, lui si lanciò verso di lei che in un attimo uscì fuori e si precipitò per le scale sbattendogli la porta in faccia. 

Ad ogni gradino Bethany volava, ad ogni gradino assaporava la libertà, e non si guardava indietro. Sentiva solo le voci imprecenti di lui che urlavano cariche di rabbia e di dolore.

Vide il portone, lo aprì e letteralmente si volatilizzò davanti agli occhi della gente e dei suoi condomini che avevano sentito il trambusto, e che la guardavano correre increduli.

Non era più una pedina, non scivolava più tra gli altri. Adesso sfrecciava in mezzo ai passanti veloce e leggera come il vento. Libera.

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Capitolo 3
*** Grano verde. ***


Grano verde.


Camminava da ore ormai. Il suo obbiettivo era quello di lasciare la città per raggiungere la capitale. Lì si sarebbe fatta ospitare da qualche convento per la notte e avrebbe cercato di trovare un lavoro. Non le importava nè del cibo, nè dell'acqua, l'adrenalina schizzava nelle sue vene e accelerava il cuore. Si girava dietro continuamente, per assicurarsi di non essere seguita. Ormai era per le strade di campagna ed aveva paura, ma era estate e il cielo non si sarebbe scurito prima delle nove. Ora camminava e ora correva, nella testa tanti programmi e pensieri da ogni parte. Avrebbe girato il mondo, si sarebbe fatta tanti amici, conosciuto culture e tradizioni diverse. Non era Bethany, era una ragazza nuova che si era lanciata nelle acque fresche del mare infinito di possibilità. 

Poi, una macchina accostò affianco a lei. 

"Hey ciao, dov'è che stai andando?" Un uomo moro e barbuto, dagli occhi celesti cristallo si era sporto dal finestrino.

"Verso la capitale!" la ragazza immediatamente rispose. Forse aveva perfino trovato un passaggio.

"Salta su! Sto andando proprio lì. Ti ci accompagno io!" Il sorriso dell'uomo era caldo e rassicurante.

"Wow, grazie!" Bethany guardò nella macchina.Era bella ed ordinata, una macchina bassa e nera lucente. E così salì, innaspando l'odore del deodorante dell'auto, cos'era? Pino silvestre forse?

"Allacciati la cintura, bella." raccomandò l'uomo. "Beh? Cosa ci fa una fanciulla come te a piedi diretta verso la capitale? Da dove vieni?" 

Bethany le racconto un po' di lei mentre erano in marcia, facendo trasparire un chiaro entusiasmo.

"E così stai cercando un lavoro, eh Bethany? Sei fortunata, perchè io sono un agente!"

"Un agente?? E di cosa?" la ragazza era incredula, non poteva credere di aver avuto tanta fortuna.

"Di modelle, ovvio. E tu hai proprio un bel faccino, faresti sfigurare tutte le altre!"

"Ma io.." Bethany si toccò il labbro squarciato e i lividi al viso.

"Non preoccuparti.. vedremo come fare per quelli. Affidati a me, non te ne pentirai. Dopotutto, cos'hai da perdere? Io ti proteggerò." L'uomo imboccò una stradina secondaria.

"Non stavamo andando verso la capitale?" Bethany si spaventò e di nuovo il suo cuore cominciò a scalpitare. L'ansia le stringeva l'anima.

"Per favore, posso scendere? Credo di poter continuare da sola.." chiese, notando la strana piega che stava prendendo il loro viaggio.

"Ma no, suvvia. Ti ci accompagno io. Ti sto solo portando a fare un piccolo provino. Sai, per il lavoro di cui ti parlavo.."

"Non credo di essere pronta per un provino.. vorrei prima arrivare in città e sistemarmi un po'.."

"Ma no, non ce n'è bisogno!" E l'uomo accostò la macchina vicino ad un campo di grano verde e alto.

Si slacciò la cintura, balzò verso Bethany e la tolse anche a lei.

"Per favore, cosa stai facendo? Per favore basta.." L'uomo l'aveva presa dai fianchi e la baciava sul collo  e vicino le labbra.

"Non preoccuparti, comportati normalmente, sii sciolta, o non diventerai mai una brava modella"

Abbassò il sedile, le strappò i vestiti, e mentre il sole moriva, così si spegneva Bethany, squarciando l'aria con le urla, spargendo con le sue lacrime anche i suoi sogni, i desideri, distruggendo i castelli di sabbia che aveva ammassato, faticosamente, per una volta.

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