50 sfumature di Serbia

di Ederson50
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Kosovo. Problemi? ***
Capitolo 3: *** Croazia. Rivalità? ***
Capitolo 4: *** Bosnia. Spaccata? ***
Capitolo 5: *** Macedonia. Calma? ***
Capitolo 6: *** Albania. Nemico? ***
Capitolo 7: *** Slovenia. Allora? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


50 sfumature di Serbia
 
Prologo
 
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Anno 2022
 
Un paese con una situazione molto complicata.
 
Ma non è tanto della Serbia in se che vogliamo parlare, ma di quello che succede dentro la Serbia, delle emozioni che si vivono in questa nazione fantastica che nel passato però ne ha passate di cotte e di crude.
 
Di quanto si sia evoluto questo paese da quando la Jugoslavia è caduta, di come è diventato tuttora.
 
Però anche su cosa si lavora in quella nazione che sembra dimenticata dai grandi della Terra, ma che ha ancora molte cose da rivelare ed un intero potenziale da esprimere.
 
Ma anche dei difetti che ancora sono rimasti entro quei confini che hanno ancora molti misteri da risolvere e che se non si sveleranno potranno mettere a repentaglio la già ridotta credibilità della nazione.
 
Non c’è da preoccuparsi però, il viaggio dentro la nazione balcanica più importante e più instabile è solo all’inizio.
 
Ma c’è molto da assaporare di questa nazione-tesoro che a volte lascia situazioni inaspettate a chi viene da fuori, nel bene e nel male.
 
Preparatevi al meglio e al peggio, vi dico solo questo.
 
 
A nome di tutto il parlamento serbo
Buran Komlysza
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che questo prologo vi abbia attirato o quantomeno interessato, se ci sono problemi e/o errori ditelo che mi serviranno per migliorarmi, ho messo one-shots come raccolta di singoli capitoli ma probabilmente avranno lunghezza variabile, grazie di tutto e ci vediamo alla prossima!!

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Capitolo 2
*** Kosovo. Problemi? ***


50 sfumature di Serbia
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Kosovo. Problemi?
 
E nota la rivalità che è nata tra Serbia e Kosovo dopo l’indipendenza di quest’ultimo nel lontano 2008, ma entrambe le nazioni hanno imparato col tempo che la collaborazione è molto meglio della rivalità.
 
Come lo scoprirono?
 
Tutto sarà spiegato.
 
 
 
 
 
 
Una notte, una come tante nella periferia di Prokuplje a pochi chilometri dal confine con il Kosovo, in molti erano a dormire ma molti altri erano svegli per via della “notte brava” nelle discoteche della città che radunavano soprattutto stranieri provenienti da tutte le parti del mondo.
 
Ed era proprio sul più bello della festa, a partire dalla mezzanotte che il fatto accadde; un kosovaro di 21 anni Anton Szimie, sparì dalla discoteca per poi essere ritrovato morto dalle autorità serbe in territorio kosovaro ad una ventina di chilometri da Pristina la mattina seguente.
 
Le prime ipotesi erano contrastanti e varie; c’era chi diceva che era colpa dei poliziotti serbi, chi diceva che erano state le autorità kosovare, chi un gruppo terroristico che ancora riusciva ad agire come ad esempio il gruppo di fanatici di Serbia Indipendente o quello di Kosovo Libero, etc…
 
Per risolvere questo mistero vennero chiamati 2 detective; uno serbo che si chiamava Jakub Ormiza e uno kosovaro di nome Kassim Gumarat.
 
Vennero fatti portare nel luogo del delitto e nell’ultimo posto dove era stato Szimie prima della scomparsa, ma data l’antica diffidenza tra i due governi, loro vennero ad orari diversi per non rischiare di incappare in eventuali risse come era già successo in passato.
 
I kosovari capitanati da Gumarat avevano scoperto nel cadavere un tatuaggio sulla spalla sinistra a forma di corona d’alloro con una T rovesciata in mezzo.
 
Era un simbolo di un’associazione locale di neo-nazisti il cui obiettivo era di prendere il controllo di tutta la zona della ex-Jugoslavia, un indizio chiave per scoprire chi era l’assassino di Szimie.
 
I serbi a Prokuplje scoprirono una stanza segreta nei sotterranei della discoteca dove venne l’ultima volta che era stato visto.
 
Sembrava di stare in una stanza stregata piena di trappole, e Ormiza al fondo della stanza scoprì un arsenale tale che avrebbe potuto conquistare tutte le nazioni balcaniche: tra fucili d’assalto, granate, razzi, pistole, mitra, anche dei rilevatori di passi e di battiti cardiaci con dei radiotelecomandi abbinati.
 
Questi rilevatori funzionano col principio della diffusione delle onde sonore, anche le più deboli vengono captate da questi sensibilissimi apparecchi e ogni 4 secondi trasmettevano su uno schermo di uno di questi radiocomandi quante persone c’erano nel raggio di 500 metri, quante di queste sono armate o comunque pericolose e il loro avvicinarsi o allontanarsi dalla posizione.
 
Era un vero e proprio arsenale di guerra.
 
Ormiza e Gumarat fecero delle ricerche appena tornati nei loro uffici, e scoprirono che l’associazione che stavano cercando si chiama Movimento Sociale Jugoslavo, che si era macchiato in precedenza di numerosi crimini, non solo omicidi, ma anche: truffa ai danni dello stato, bancarotta fraudolenta, corruzione ai danni di istituzioni politiche e di istituzioni statali e associazione a delinquere.
 
Lì scoprirono il fatto che avrebbero dovuto unire le loro forze se volevano scoprire il mandante di queste azioni ed arrestarlo.
 
Quindi chiesero ai rispettivi governi una collaborazione per “smantellare un’associazione che si era macchiata in precedenza di numerosi crimini a scapito della gente onesta”.
 
All’inizio però, prevalse la rivalità tra i due governi; ma appena fecero vedere cosa avevano scoperto per quanto riguardava il caso Szimie, i due governi si coalizzarono per scoprire i pluriricercati in tutti i Balcani.
 
Di loro si sapeva solo il nome: Fazin Okuda, Edran Ilkin, Gutin Aramat e il leader Arakin Judszina.
 
Entrambe le nazioni si tennero in contatto per scambiare informazioni che avrebbero semplificato la ricerca e la cattura di questi uomini, e scoprirono che avevano un unico filo conduttore: tutti e 4 erano accusati degli stessi reati che avevano reso tristemente famoso il Movimento Sociale Jugoslavo (MSJ).
 
Impiegarono giorni per scoprire il possibile luogo dove poteva essere il quartier generale dell’MSJ, grazie ai nuovissimi sistemi di tracciamento delle coordinate e alle microspie mimetiche.
 
Le microspie mimetiche sono come le microspie normali; ma sono comandabili a distanza perché possono volare, e cambiano colore in base all’oggetto o alla persona su cui si appoggiano grazie a dei sensori fotosensibili presenti in tutta la struttura.
 
Il possibile luogo d’incontro era stato tracciato nella periferia est di Novi Sad, in piena Voivodina, e cominciarono a partire assieme ad un corpo di polizia kosovaro per scovare i criminali.
 
Dopo qualche ora ecco che puntualmente arrivano tutti i membri dell’associazione, ed i poliziotti serbo-kosovari erano fuori pronti a sorprenderli.
 
Finito il raduno ecco le macchine della polizia che accerchiarono il posto e arrestarono tutti quelli che c’erano dentro.
 
Tra loro trovarono anche 3 dei 4 leader che vennero interrogati sul posto.
 
Ormiza chiese ad Aramat:- Tu sai qualcosa di un certo Anton Szimie?
 
Aramat rispose:- Era uno dei nostri, era in assoluto il miglior gregario mai avuto; ma un giorno quando avevamo parlato di voler reinstaurare il governo di Tito lui aveva detto: “Ma così ammazzerete una marea di persone innocenti” e io gli risposi che non era così, ma aveva sentito il discorso tra me e gli altri capi, e quando lo volevamo cercare era scomparso, così Arakin mandò un sicario un certo Yuda Arukoda detto “Il samurai” per ucciderlo e per innescare il nostro piano B, ovvero creare tensione tra Serbia e Kosovo.
 
Ormiza quindi lo ringraziò:- Grazie della sua collaborazione. Otterrà un grosso sconto di pena per aver collaborato con la giustizia e le forniremo un posto da sarto vicino al carcere in cui andrà, così imparerà che ad essere onesti ci si guadagna di più.
 
Gumarat ottenne la stessa risposta dagli altri 2, mentre intanto i poliziotti kosovari catturarono Arakin mentre cercava di scappare in Ungheria.
 
Venne interrogato anche lui, da Gumarat e Ormiza insieme stavolta; prese parola Gumarat:- Lei lo sa perché è qui?
 
E Arakin:- Ditelo voi perché non lo so.
 
Ormiza rispose:- Per l’omicidio di un certo Anton Szimie avvenuto poco prima delle 02:00 del 17 marzo alla discoteca Evil Evolution di Prokuplje il cui corpo però è stato ritrovato la mattina dello stesso giorno a una trentina di chilometri da Pristina.
 
Arakin controbattè:- Non so minimamente di cosa stiate parlando.
 
Gumarat provò a forzare:- I tuoi vice ci hanno raccontato tutto. Tu hai mandato un certo Yuda Arukoda detto “Il samurai” ad ucciderlo perché non voleva che gente innocente morisse o venisse truffata per causa tua!
 
Lì Arakin sbottò:- Quel traditore! Non doveva esistere! Lui era un bastardo che meritava la morte per ciò che ha fatto! Lo avrei ucciso io stesso se avessi potuto!
 
E mentre continuava a parlare, 2 uomini della polizia serba arrestarono Yuda Arukoda che era in mezzo alla gente che c’era al raduno; aveva minacciato di uccidere i suoi stessi compagni se non lo avessero lasciato andare.
 
Resoconto:
  • Arakin Judszina e Yuda Arukoda vennero arrestati e condannati all’ergastolo per omicidio e occultamento di cadavere, per Arakin le accuse sono anche di associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, corruzione ai danni di istituzioni politiche e statali e truffa ai danni dello stato;
  • Fazin Okuda, Edran Ilkin e Gutin Aramat vennero condannati a 10 anni di reclusione per i reati di: associazione a delinquere, bancarotta fraudolenta, corruzione ai danni di istituzioni politiche e statali e truffa ai danni dello stato.
 
 
Così si smantellò una pericolosa associazione neo-nazista che avrebbe minato la stabilità nella regione, e questo grazie alla collaborazione tra Serbia e Kosovo che prima di ciò erano rivali eterne.
 
Ma ciò insegna che è meglio collaborare che essere rivali.
 
Spero che in futuro queste rivalità tra nazioni scompaiano e che le barriere vengano tolte definitivamente.
 
 
 
A nome del popolo di Novi Sad
Dimitru Sovonidza, sindaco di Novi Sad.
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che questo primo vero capitolo vi sia piaciuto, se ci sono accortezze che mi sono dimenticato per strada o errori più grossolani ditelo che porrò rimedio, e ci vediamo come sempre al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Croazia. Rivalità? ***


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Croazia. Rivalità?
 
 
Mi ricordo ancora com’erano i Balcani prima della guerra civile Jugoslava, quando era governata da dittatori serbi che controllavano il paese.
 
Tutte le nazioni federali avevano giurato fedeltà alla “nazione unita della Jugoslavia”, ma c’è n’era una che se non fosse per via delle altre non avrebbe mai seguito i dittatori e non sarebbe mai morta per loro: quella era la Croazia!
 
Infatti quando si scatenò la guerra civile scaricammo subito la colpa agli indipendentisti croati, dato che probabilmente erano stati loro a buttare legna sul fuoco dell’indipendenza che poi avrebbe contagiato tutti quanti.
 
Ma durante quella sanguinosa guerra mi ricordai di una storia d’amore tra un serbo ed una croata; se me lo avessero raccontato non ci avrei lontanamente creduto, ma io quella storia l’ho vissuta perché io avevo salvato loro la pelle.
 
 
 
 
 
Tutto iniziò all’inizio della guerra civile, quando tutte le nazioni all’interno della Jugoslavia gridavano all’indipendenza.
 
C’erano il serbo che si chiamava Janis Daudka e la croata che di nome faceva Lena Iokuviç che andavano alle superiori insieme a Zagabria, erano ottimi amici nonostante tutto e tutti; ma solo i loro familiari sapevano che loro erano contro ogni sorta di propaganda del governo.
 
Il che significava essere contro il governo in tutto e per tutto.
 
Ma loro non si facevano spaventare da niente, era incredibile come loro fossero così naturali in quella società dittatoriale dove gente come loro che la pensava in maniera diversa rischiava la morte o l’internamento nei riformatori.
 
Nessuno a scuola osava parlare male di loro, semplicemente non potevano dato che come diceva Tito:- Abbiamo bisogno di ogni singola persona per rendere il nostro paese forte ed unito!
 
 
 
Ma iniziata la guerra civile tutto cambiò.
 
Quando seppero che il regime era crollato; tutti li deridevano, nessuno rivolgeva loro la parola se non per insultarli, ed altri mostravano fieri le armi che avevano sottratto dai cadaveri in strada e gliele puntavano contro per “scherzare”, e li chiamavano “pacifisti caccolosi” o “signori mammolette” o altri sgradevoli e ingiustificati nomignoli imbarazzanti.
 
La guerra però è arrivata anche a Zagabria, ed infatti un bombardamento aereo delle forze serbe fedeli alla Jugoslavia distrusse il liceo che Janis e Lena frequentavano causando 34 morti e un centinaio di feriti; tra le vittime c’erano quelli che nella dittatura non potevano alzare un dito nei loro confronti, ma quando crollò le prese in giro piovevano come in una cupa giornata d’autunno.
 
Ma tra loro c’erano anche delle persone che li rispettavano perché erano semplicemente “diversi”; come azione e come pensiero, solo loro meritano rispetto come minimo.
 
Gli altri erano solo opportunisti morti per colpa di altri opportunisti; sembravano le lotte nella savana tra mangiatori di carogne, solo che qui si gioca con la morte delle persone, e l’ONU non ha fatto altro che buttare legna sul fuoco.
 
Con le loro operazioni avevano salvato molte vite, è vero; ma è anche vero che avevano esaltato ancora di più i già esaltati della vecchia dittatura, e quindi aumentato le atrocità di questi.
 
Atrocità che arrivarono al cuore di Janis e Lena, quando entrarono nelle loro case e videro le loro famiglie sterminate.
 
Visto quell’orribile spettacolo di corpi sanguinanti, i due si cercarono a vicenda, per avere una minima speranza di salvezza.
 
Per fortuna si reincontrarono in una piazzola poco frequentata poco fuori il centro storico, ed era lì che li trovai, abbracciati l’uno sull’altra a cercare di dimenticare ma allo stesso tempo di ricordare quello che avevano visto al liceo e nelle loro case.
 
Purtroppo quando tutto stava per finire nel verso giusto, ecco che arrivarono 4 soldati del regime che cercarono di separare Janis e Lena, loro pensavano che era giunta la loro fine, infatti avevano in mano delle siringhe sperimentali con dentro dei nanorobot ad azione quasi istantanea, ma che c’erano nanomeccanismi lo scoprii poi in un secondo momento.
 
Questi nanorobot agiscono sul sistema nervoso come una neurotossina, isolando i collegamenti cerebrali e spezzandoli per indebolire il cervello fino a mettere in “shut-down completo” lo stesso.
 
Lì d’istinto reagii, e liberai Janis che grazie ad un mio ordine ed anche alla sua volontà liberò Lena e fece cadere le siringhe a suon di calci e pugni.
 
In quel momento però tirarono fuori i Kalashnikov, ed erano sul punto di ucciderci tutti, ma Janis ne disarmò uno con una rapidità mai vista, sparò agli altri ferendoli e gettò verso di me l’arma, costringendo i soldati a scappare.
 
Dopo, Janis si mise in ginocchio, e si mise a piangere per ciò che aveva fatto, ma Lena lo rincuorò dicendo:- Hai fatto quel che dovevi fare; la scelta era o noi o loro. Sapevo che tu tenevi a me fino a questo punto.
 
E li vidi baciarsi appassionatamente, come se il tempo per loro si fosse fermato.
 
Il loro atto d’amore però, era frutto di un atto di guerra, ma questo dimostrò a tutti che Serbia e Croazia avrebbero potuto convivere a partire da Janis e Lena, che sono a tutt’oggi in vita con 3 splendidi figli, lo so perché ogni volta loro mi mandavano delle lettere per chiedermi come stavo, cosa facevo o solo per salutare e basta; fatto sta che non mi dimenticherò mai di loro, e soprattutto ricorderò sempre che grazie a loro, il messaggio alle due nazioni fu chiaro: fate l’amore, non la guerra.
 
 
 
Sono un eroe, ma non me ne vanto e vado avanti per la mia strada, sperando che sia quella dell’amore.
 
 
 
A nome di tutti i caduti durante la guerra civile
Edenis Sakuloviç, assessore ai trasporti del comune di Zagabria.
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, se ci sono errori, incomprensioni o altro ditelo che mi fan molto piacere le recensioni costruttive e ci vediamo alla prossima!!

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Capitolo 4
*** Bosnia. Spaccata? ***


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Bosnia. Spaccata?
 
 
Bosnia. Sempre in equilibrio precario tra se stessa e la Serbia, sempre in cerca di quella stabilità che non è mai riuscita a trovare, ma che se la trovasse sarebbe in pace col mondo.
 
Ma al giorno d’oggi la Bosnia-Erzegovina gode di buona salute dopo aver fatto pace con se stessa e con la Serbia.
 
Come ha fatto a fare pace se fino a pochi anni prima erano nemici mortali?
 
Eccovi raccontato.
 
 
 
 
 
 
Era il 14 agosto 2017, me lo ricordo bene dato che sarei dovuto entrare nel parlamento europeo per discutere sull’entrata dei restanti paesi balcanici nell’unione, ma non è di questo che si tratta.
 
Bensì di un fatto che va oltre la fantascienza e ai luoghi comuni su di essa.
 
 
 
 
La Serbia stava testando dei programmi di controllo mentale per cercare di reinserire nella società i criminali nelle carceri, e la Bosnia invece voleva più che altro risolvere i suoi problemi energetici cercando di capire la formula fisica del cosiddetto “moto perpetuo”, uno dei grandi misteri dell’umanità su cui la Bosnia stava lavorando da 4 anni circa.
 
Chiederete cosa c’entri questo con la storia, il che è normale essendo gli argomenti apparentemente sconnessi.
 
Ma il fatto è che la Serbia teneva nascosti dei dossier segreti sugli studi del moto perpetuo dei tempi della guerra fredda, l’Unione Sovietica voleva che rimanessero nascosti lì per via dell’insospettabilità della Federazione Jugoslava, affinché gli USA non ne entrassero in possesso per batterli nella corsa agli armamenti e alle innovazioni tecnologiche; la Bosnia teneva nascosta 4 prototipi di neuro-controller provvisti di radiocomando e una specie di cerchietto argentato con una stella rossa in mezzo, erano attrezzi per il controllo mentale, infatti uno poteva registrare quello che voleva nel radiocomando -nel caso dell’Unione Sovietica la loro propaganda- e trasmetterlo al cerchietto in modo che nella mente del malcapitato abbia perennemente in testa quelle determinate parole, ma esso poteva anche controllare i movimenti delle persone per via di chip pre-installati sui cerchietti che permetteva di trasmettere dei segnali di movimento tramite 3 luci: quella verde indicava che si stava muovendo secondo secondo il regime, quella gialla che c’era qualcosa che non andava in quello che faceva ma nulla di troppo grave, quello rosso indicava un “ribelle al regime vero e proprio” e che doveva essere internato nei gulag o condannato a morte.
 
La Serbia non poteva avere quei prototipi così come la Bosnia non poté ricevere quel dossier.
 
Ma quel 14 agosto qualcosa cambiò, e me lo ricordai bene.
 
Un ricercatore serbo, un certo Trako Joviza ricevette nel suo laboratorio un bosniaco di nome Lando Ajker per discutere su chi doveva rappresentare i paesi balcanici durante un’importante mostra internazionale organizzata dal magazine Science che si doveva svolgere a Visegrad, piccola città bosniaca vicina al confine serbo.
 
Erano parecchio in competizione e conflitto, ma non solo loro, anche tutti i ricercatori delle altre nazioni balcaniche per rappresentarle nella mostra “Innovazione e futuro 2017” che si sarebbe dovuta svolgere 2 giorni dopo gareggiavano tra loro, ma per fortuna avevano la decenza di non venire alle mani, però qualche parola di troppo scappava e si interveniva repentinamente per evitare cose spiacevoli.
 
Ma il giorno a cui sarebbero arrivati a tanto prima o poi sarebbe arrivato, ed eccolo qui: mentre Lando spiegava quanto mancava alla Bosnia per arrivare a comprendere il segreto del moto perpetuo, improvvisamente arrivò Trako che sventolò un falso dossier dicendo:- Ti manca poco, eh? E quel poco è tutto qui dentro. Prendilo se ci riesci feccia!
 
Lando era abituato agli insulti, quindi rimase composto a provare a spiegare le teorie bosniache, ma molti dei suoi colleghi cominciarono ad inveire su Trako e a minacciarlo di morte, e a loro volta anche i serbi fecero lo stesso, così come i macedoni, gli sloveni, i kosovari… insomma, una reazione a catena incontrollata, come in una centrale nucleare sul punto di esplodere.
 
Ad un certo punto però, accadde l’inaspettato: Lando gridò a squarciagola:- Silenzio! Basta! Fermi!
 
Tutti s’immobilizzarono di colpo.
 
Dopodiché continuò con tono normale:- Avete capito a cosa ci portano all’egoismo e alla volgarità. Smettiamola di essere così… arretrati e facciamo vedere al mondo di cosa i Balcani sono capaci di fare!
 
E Giudin Akalova, una delle ricercatrici croate disse:- Ha ragione. Perché ci odiamo ancora? Rispondete se avete una risposta credibile.
 
Si fece avanti un certo Dakan Rielos, macedone, che rispose:- Per via del fatto che apparteniamo a troppe etnie diverse, creare unità in una situazione del genere è un’impresa impossibile!
 
Ma Giudin lo smentì subito:- L’appartenere a etnie diverse è l’unico modo per creare unità tra le nostre nazioni e tra di noi! Lando, Trako! Venite qua e subito!
 
Entrambi si fecero avanti.
 
Giudin chiese a Lando:- Vorresti completare gli studi sul moto perpetuo?
 
E Lando rispose:- Certo! Ci lavoro da molto ormai!
 
Poi chiese a Trako:- Tu vorresti finire il tuo lavoro sul controllo mentale a scopo reintegrativo, non è cosi?
 
E Trako rispose:- Ovvio, è parecchio che ci lavoro, ma cosa c’entra con quello che hai chiesto a Lando?
 
Giudin ebbe la risposta pronta:- Ognuno di voi due ha un pezzo che spetta all’altro e state studiando le due cose opposte a quelle che avete nei vostri rispettivi paesi solo per farvi un dispetto a vicenda. Ma il periodo dell’odio è finito! Se tu, serbo, dai il pezzo che spetta al bosniaco quest’ultimo ti darà il pezzo che ti appartiene. Va bene?
 
E Trako rispose:- Ok, ma Lando dovrà dare la mia parte quando io darò la sua!
 
Lando gli rispose pacatamente:- Non ho mai infanto una promessa e non sarà di certo adesso che lo farò.
 
Infatti la sera arrivò Lando nel laboratorio di Trako in Serbia, e quest’ultimo si scusò col bosniaco:- Non so cosa mi sia preso; ero talmente impegnato nel rappresentare i Balcani nella mostra che non ho pensato agli altri. Mi dispiace e ti chiedo scusa Lando.
 
E Lando:- Tranquillo Trako, scuse accettate, e per esserti sinceramente pentito questo ti spetta di diritto.
 
E tirò fuori i prototipi di neuro-controller e li mise sul tavolino di Trako.
 
Questo pianse di gioia nel vedere che tutto quello a cui stava lavorando stava per diventare realtà.
 
Trako in cambio gli diede il dossier sulle scoperte sovietiche del moto perpetuo, cosi che Lando possa trovare un’equazione per calcolarlo e quindi crearlo.
 
Da quest’atto di vero pentimento nacquero moltissimi degli scambi culturali ed economici che ci sono tutt’ora tra Bosnia-Erzegovina e Serbia.
 
Alla fine fu deciso che il migliore di ogni nazione balcanica veniva chiamato a rappresentare i vari paesi a Visegrad, tra loro ci furono anche Trako con i modelli definitivi di neuro-controller utilizzabili nelle carceri, e Lando con la sua equazione per il moto perpetuo.
 
 
 
Beh, che dire? Io sapevo tutto quello che era successo perché ero stato chiamato come supervisore della mostra nella mia piccola città, e ho saputo delle loro storie perché ero lì quando successero.
 
 
 
A nome di tutti gli scienziati del mondo
Alin Irgania, sindaco di Visegrad.
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che anche questo capitolo sia piaciuto a voi, recensitelo per dirmi cosa va bene e cosa c’è che non va, e ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Macedonia. Calma? ***


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Macedonia. Calma?
 
Non se ne parla molto, ma tra Serbia e Macedonia i rapporti sono tutto sommato buoni al giorno d’oggi.
 
Ma il problema risale sempre dagli errori del passato, dove c’era ancora odio e rivalità.
 
Un evento insperato però, fece tornare la speranza.
 
Ed ecco come andò:
 
 
 
La Macedonia era sempre stata una repubblica fedele alla Jugoslavia, dalla quale se ne staccò pacificamente, cosa successa soltanto a lei e alla Slovenia.
 
E qua vi chiederete: ma se si staccò dalla Jugoslavia in maniera pacifica, cosa aveva generato odio e rivalità tra le due nazioni?
 
La questione risale dai primi anni 2000, quando la Grecia non sopportava il fatto che quella repubblica si chiamasse Macedonia, dato che era lo stesso nome di una sua regione nord-occidentale, e questo rese difficile la sua annessione nell’Unione Europea.
 
Si provò a risolvere la situazione rinominando la repubblica FYROM (Former Yugoslav Republic Of Macedonia; Repubblica Formalmente Jugoslava Della Macedonia) in maniera ufficiale e riconosciuta dalle Nazioni Unite, per calmare i bollenti spiriti greci.
 
La Serbia, che allora era ancora contraria ad un suo ingresso nell’Unione, voleva fare di tutto affinché la Macedonia non ci entrasse mai.
 
Provò di tutto: colpi di stato, complotti, trappole giudiziarie, e chi più ne ha più ne metta.
 
Ma quando si seppe che la Grecia si era calmata, il governo serbo andò su tutte le furie ed era ad un passo dal dichiarare guerra alla Macedonia e alla Grecia insieme.
 
Il governo di allora che era molto conservatore decise che la guerra era l’opzione migliore, però arrivò nel palazzo del governo serbo un macedone, un certo Kiralin Fyrorku che cercò di negoziare per far sì che questa guerra non avvenisse “perché la guerra è un mezzo futile e dannoso per chi non ha diplomazia e cervello” come disse lui.
 
Sentitosi offeso, Vojislav Kostuniça -il presidente di allora- era sul procinto di dichiarare guerra alla Macedonia, ma all’ultimo Kostunica si ricordò dell’appuntamento che aveva con Romano Prodi, che allora era presidente della Commissione Europea, ma che voleva parlare a nome dell’Italia di una cosa molto importante che avrebbe favorito la crescita in Serbia senza spargimento di sangue.
 
Allora aspettò a prendere una decisione; e decise di incontrare prima Prodi e confidargli il problema.
 
Prodi arrivò puntuale per vedere Kostuniça, e quest’ultimo gli espose il problema:- Ho una questione da risolvere; un diplomatico macedone mi ha detto che la guerra è un mezzo “futile e dannoso per gente che non ha diplomazia e cervello”.
E stata un’offesa o no?
 
Prodi gli rispose:- No, ha ragione perché la guerra fa solo morte, disperazione e distruzione, perché l’ha presa come offesa? Mi dica la verità, a me può dirla perché cercherò di fare il meglio per ambe le parti.
 
E Kostuniça gli rispose:- In realtà non volevo che la Macedonia entrasse nell’Unione Europea, sà com’è, siamo ancora abbastanza contrari all’unione monetaria.
 
Prodi però era venuto a parlare proprio di quello, e lo fece capire a chiare lettere:- Era di quello che volevo parlare; questo che le sto per mostrare è una proposta organizzata dal governo italiano per incentivare il vostro processo di integrazione all’interno dell’Unione. Sta a Lei decidere se accettare o rifiutare.
 
Kostuniça allora disse:- Ma cosa c’entra con quello che succede in Macedonia?
 
Prodi gli rispose:- Anche la Macedonia vuole l’Unione, da italiano le dico: faccia il bene del suo popolo, non vogliamo altre guerre e altra disperazione, questa proposta salverà la Serbia da future guerre e si assicurerà ingenti investimenti soprattutto dall’Italia, che già investe tanto sul vostro paese. Ci rifletta quando riesce a prendersi un attimo da solo.
 
Kostuniça ci riflettè per una settimana.
 
Quindi dichiarò la sua decisione alla Commissione Europea; la lesse lo stesso Romano Prodi:- A nome del popolo serbo dichiaro che da oggi cesseranno le ostilità contro il popolo macedone e l’inizio dei negoziati per l’ingresso nell’UE favorito dal governo italiano, che ringrazio da parte mia e da parte di tutta la nazione. Firmato: Vojislav Kostuniça.
 
Quindi andò a chiedere scusa pubblicamente al diplomatico macedone, che lo perdonò, e firmarono dei trattati che avrebbero sancito nuove e più fitte relazioni diplomatiche tra la Repubblica Serba e il FYROM.
 
 
 
Non è molto “fantasticosa” come la chiamate voi, ma almeno avete imparato che con le buone maniere si ottiene sempre tutto; sembra un insegnamento da bambini, ma vale per tutte le età, e spero che nessuno se ne dimentichi.
 
A nome di tutti i politici di buona volontà
Jakin Podmiça, sindaco di Vranje.
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, se vedete che questa storia ha vari generi è perché l’ho concepita così, prettamente fantascientifica ma che spazia su diversi generi; recensitela per vedere se ci sono cose buone o errori da rimediare, e ci vediamo al prossimo capitolo! ^^

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Capitolo 6
*** Albania. Nemico? ***


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Albania. Nemico?
 
Si odiano da sempre.
 
Sin da quando l’Albania aveva rifiutato di unirsi nella Jugoslavia in maniera pacifica.
 
Ma quella Serbia non è la Serbia che conosciamo oggi ovvero: pacifica, tecnologicamente avanzata, dove arrivano investimenti da grandi paesi, gente lavoratrice e cordiale, e chi più ne ha più ne metta.
 
La storia che vi andrò a raccontare è una storia d’amore particolarmente toccante, perché si tratta di storie di uomini e di mostri.
 
 
 
 
 
La Jugoslavia esisteva ancora, e aveva forti rivalità con l’Albania, anche se era nella sua stessa fazione; è in quella situazione che ci furono due studenti universitari che studiavano entrambi nella stessa università, quella di Pogdoriça che appunto era vicina al confine albanese e pericolosamente soggetta a tensioni.
 
Gli studenti erano un serbo -che di nome faceva Jakub Darakia- e una ragazza albanese che si chiamava Elain Giuffat.
 
Erano molto amici tra loro, e studiavano spesso insieme, non importava se erano così diversi; ed era come se si focalizzassero su quanto fossero simili.
 
Nella Jugoslavia gli albanesi non erano proprio visti di buon occhio, ma si imparava a sopportarsi.
 
Ma c’erano alcuni razzisti che volevano far ricadere la colpa di tutto quello che succedeva di brutto nella Jugoslavia all’Albania.
 
Uno di questi era Milo Lucanovska, che andava a scuola con Jakub ed Elain e si divertiva sempre a prenderli in giro alle loro spalle insieme alla sua compagnia.
 
Si, perché aveva sempre quei 4 amiconi che gli stavano incollato come se fosse una specie di capo.
 
Gli altri 4 erano tutti rigorosamente serbi: Julian Kassimov, Delan Malukovza, Ian Makuvia e Debren Makuvia.
 
I Makuvia erano fratelli, ma non si direbbe dato il loro carattere; infatti Ian era molto più aggressivo e presuntuoso di Debren, che in segreto cercò di dare una mano a Jakub ed Elain.
 
Qualche volta veniva a casa da loro a dargli una mano con lo studio dato che prendeva voti molto alti.
 
Ian non sapeva di questo e molto altro, come il fatto che aveva tanti ricordi della madre in dei cassetti nascosti; infatti la madre era stata uccisa dal suo stesso marito per via del fatto che non odiava il “diverso” dalla loro immagine di “umano ideale”, come una specie di nazismo in ambito familiare, e così assieme ad Ian, cercarono di indottrinare Debren al loro credo, ma lui non ci stava perché la madre -Katalina- diceva che: “La diversità è una ricchezza che il Signore ci ha donato, sta a te sfruttarla al meglio; chi dice che il diverso è il male vuol dire che non è cristiano, ne tanto meno sarà rispettato dagli altri. Tuo padre sta organizzando cose brutte assieme a tuo fratello che scoprirai crescendo, e quando sarai grande devi reindirizzarli verso la retta via. Promettimi che lo farai. Promettimelo!”
 
E Debren, che ogni notte sentì come un eco quella frase sussurrò:- Te lo prometto mamma, te lo prometto.
 
In questo momento vi chiederete: cosa c’entra questa spiegazione con questa storia? Eccovi spiegato.
 
Era una bella giornata di fine aprile del 1991, tutto sembrava iniziare come al solito: solite lezioni, solito intervallo, solita routine insomma.
 
Ma quando stavano tornando in aula, Debren vide suo padre -Kamil- fuori dal cancello del campus; lì per lì si chiese: “Cosa ci farà qui? Probabilmente per prendere mio fratello? Per attendere qualcuno e poi pestarlo? Mi vorrà dire sempre le solite cose tipo:- Non perdere tempo con questi pezzenti! Sei ancora in tempo per unirti a noi! … Mah, non lo so.
 
Ian andò dal padre e gli chiese:- Sei qui per me, vero?
 
Ma lui rispose:- No, non stavolta. Sono venuto per Debren. Fallo venire da me.
 
Ian chiamò Debren che venne subito dal padre:- Cosa c’è stavolta?
 
E Kamil:- Cosa c’è stavolta? Cosa c’è stavolta? Dimmi una cosa: cos’è questo?
 
E gli fece vedere una delle foto della madre.
 
Debren rispose come poteva:- Non so cosa siano, perché me lo chiedi?
 
Ed Ian gli rispose:- Sono le foto di nostra madre, ecco cosa sono! Perché le tenevi in dei cassetti nascosti, eh?
 
Debren allora disse:- Come vi permettete di infiltrarvi nelle cose personali? Non vi hanno insegnato che “chi fa la spia non è figlio di Maria?”
 
Kamil si infuriò:- Ci permettiamo perché siamo la tua famiglia, nel bene e nel male. Ora con questo possiamo permetterci di fare una cosa: o ti arruoli a noi tra i “Puri Serbi” o stracciamo la foto assieme alla tua vita!
 
L’associazione Puri Serbi voleva reinstaurare un regime dittatoriale (più di quello di Tito) dove i serbi erano la “razza superiore”; erano dotati di un arsenale avveniristico, come ad esempio dei mini-droni che indebolivano le persone tramite infrarossi (gli stessi dei cellulari), granate al plasma sperimentali, detonatori termici, pistole e fucili d’assalto a fascio atomico in grado di distruggere un’abitazione con pochi colpi, etc…
 
Ma a tutto questo Debren rifiutò di nuovo, e si vide stracciare la foto, dopodiché disse a Ian dandogli una pistola a fascio atomico:- E il tuo momento. Uccidi questo traditore!
 
Ma Ian si fece perplesso:- Ma è mio fratello! Non posso!
 
E Kamil lo incitò:- Si che puoi! Ha tradito la nostra famiglia, il nostro credo, e anche il nostro passato! Per un po’ gli abbiamo dato corda, ma poi basta! Finiamola qui ora!
 
Ian allora rispose:- Va bene, lo faccio per te papà!
 
Ma arrivarono Jakub ed Elain che disarmarono Ian ed affrontarono Kamil, ma questo li mise al tappeto.
 
Però non aveva fatto i conti con le abilità nelle arti marziali di Debren:- Tu hai picchiato i miei migliori amici, che io considero la mia famiglia, meglio di questa. Ora la paghi!
 
E Debren si mosse con una leggerezza che non aveva eguali, e stese con una rapidità sorprendente Kamil.
 
Ma poi arrivarono tutti gli altri di Pura Serbia, che accerchiarono Jakub, Elain e Debren, che vennero minacciati di morte se non si arrendessero.
 
E quando sembrava fosse finita, la polizia serba assieme a quella albanese accerchiarono a loro volta gli scagnozzi di Pura Serbia, tra loro c’erano anche i tirapiedi di Ian, che provarono a menare Elain, ma Jakub li respinse con l’aiuto di Debren.
 
Alla fine le forze di polizia arrestarono tutti, ma Debren ora avrà bisogno di qualcuno che lo ospiti, perché tutto quello che era rimasto della famiglia è andato a pezzi.
 
Jakub ed Elain così trovarono l’amore, così come due nazioni che si odiarono da sempre, ma l’unione fa la forza, e quando le forze si uniscono non c’è modo di arrestarle.
 
 
 
Spero che anche il nostro futuro, ora che siamo nel 2022, continui con la collaborazione e l’unione pacifica di nazioni;
 
 
 
Credendo in un futuro migliore
Jovak Marusza, direttore dell’orchestra nazionale serba.
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, recensite la storia così vedo cosa va bene e cosa c’è da aggiustare, e ci vediamo alla prossima! 

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Capitolo 7
*** Slovenia. Allora? ***


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Slovenia. Allora?
 
La Slovenia è un po’ come quel bambino che vuole essere lasciato in pace, ma che deve essere incentivato a esprimere il suo potenziale per sfondare nel mondo.
 
La storia che vi racconta parla proprio di questo.
 
 
 
 
 
Marin Skobujca, un ragazzo di 19 anni che viveva coi suoi genitori (Janko il padre, e Milena la madre) e la sorella Katalina di 14 anni; trovò una mattina d’inizio primavera un bambino sloveno di 7 anni di nome Joviçe, e una lettera in cui era scritto; “Se avete ricevuto questa lettera vuol dire che noi siamo morti o non possiamo più permetterci di averlo per via del fatto che non stiamo più in salute, tenetelo nella vostra famiglia e qualche volta portatelo a vedere la Slovenia, nostra terra natia, ci teniamo molto.
Firmato: Alin e Ylena Jokania, genitori di Joviçe.
 
Inizialmente lui non capì, ma vedendolo lì a terra sull’asfalto, lo portò dentro e lo fece vedere ai suoi genitori.
 
Gli disse:- Guardate! Inoltre c’era anche questa lettera col bambino.
 
Loro la lessero, ma l’esito non fu come Marin sperava:- Non possiamo permetteci un altro figlio, come neanche loro. Lo porteremo in orfanotrofio dove lo tratteranno bene.
 
Ma Marin non ci stava:- Ma l’avete letta la lettera! Non voglio che vada a finire lì, soprattutto dopo che da piccolo l’ho attraversato con la scuola e ho visto cose raccapriccianti!
 
E i genitori, dopo un confronto verbale, alla fine decisero di tenere il bambino, ma doveva stare con Marin in camera.
 
Lui era al settimo cielo, aveva sempre desiderato avere un fratellino dato che lui aveva la sorella femmina, cugine femmine, parenti femmine, etc… tutte rigorosamente femmine.
 
Per lui sembrava fatto apposta, ma in cuor suo sapeva benissimo che non era così.
 
 
 
A questo punto vi chiederete: cosa c’entra questo con la Serbia e la Slovenia? Ecco che ci arriviamo.
 
 
 
Passarono 2 mesi, e Marin ricordò quella lettera, soprattutto la parte in cui lo si doveva portare in Slovenia per fargli vedere la sua terra natia, per fortuna i suoi genitori organizzarono una vacanza proprio lì, probabilmente perché anche loro si ricordavano di quello che c’era scritto.
 
Partirono tutti alla volta di Lubiana, e Marin si tenne stretto l’ormai divenuto suo fratello pronto a raccontargli tutto appena messo piede a Lubiana, ma quella città per un breve periodo divenne famosa per un pericoloso adescatore di bambini che ne aveva già fatti sparire 14 nell’arco di quei 2 mesi.
 
Arrivati a Lubiana cominciarono a visitarla, come ogni buon turista, videro tutto il centro storico, i vari monumenti, etc…
 
E ad un certo punto arrivò un signore vestito alla bell’è meglio che chiese ospitalità nell’hotel dove alloggiavano.
 
Loro ovviamente non potevano far altro che rifiutare, dato che avevano sentito della notizia dell’adescatore.
 
La sera tornarono in hotel per la cena, che mangiarono con tutta calma e serenità.
 
Ma la notte quando tutti erano a dormire, eccolo che arriva dalla finestra tramite una scala presa da un cantiere vicino, e si apprestò a rapire Joviçe, ma Marin che aveva sentito lo scricchiolare della scala, si svegliò e difese il fratello adottivo come poteva.
 
Dopo un minuto mise a terra l’adescatore, e gli chiese senza troppe pretese:- Chi sei, e cosa ci fai qui?
 
E lui rispose:- Mi chiamo Alin, e sono venuto a riprendermi mio figlio.
 
Ma Marin non gli credette:- Se sei veramente suo padre non avresti fatto questo per venirlo a riprendere, ne avresti parlato con la polizia e magari lo ritrovavi!
 
” L’ospite” si accorse di quanto lui fosse sveglio pur essendo mezzo assonnato, infatti appena il 19enne allentò la presa si liberò e tentò di prendere con la forza Joviçe e farlo sparire.
 
Ma l’amore che Marin aveva sul “fratello” era molto più forte, e con una rapidità mai vista mise al tappeto l’adescatore e lo portò ai suoi genitori dicendo:- L’adescatore di cui si parla ha tentato di rapire mio fratello! Ora capite perché dobbiamo tenerlo!
 
Infatti si accorsero di quanto il loro figlio fosse responsabile nei suoi confronti:- Ok, possiamo tenerlo, e sarà parte della famiglia.
 
A sentir queste parole esultò manco fosse allo stadio, e portò suo fratello in giro per Lubiana assieme qualche volta al padre e qualche volta alla madre.
 
Scoprirono però un talento che non era mai stato scoperto prima, sapeva disegnare e ricordare alla perfezione ambienti che aveva visto poche volte in poco tempo, ma soltanto Marin inizialmente se ne accorse perché si stavano per perdere nel centro di Lubiana.
 
Poi però anche gli altri se ne accorsero, e cercarono di dar frutto al suo talento, quantomeno in famiglia, nel remoto caso in cui si dovessero perdere da qualche parte.
 
 
 
Questa storia cosa intende insegnare? Insegna che per far crescere un bambino, un ragazzo o anche una nazione, bisogna far fruttare il suo talento, ed esprimerlo senza alcun timore.
 
Spero che questo possa essere d’aiuto per nazioni piccole come la Slovenia.
 
 
 
Con affetto dal popolo sloveno
Ian Skobujca, zio di Marin e ambasciatore della Slovenia in Serbia a Belgrado.
 
 
 
NOTA DELL’AUTORE: Spero che anche questo capitolo sia piaciuto, recensitelo per farmi vedere e capire cosa va bene e che errori più o meno grossolani ho commesso, e ci vediamo alla prossima!

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