Fiore di Luna

di KakashinoSharingan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Anniversario ***
Capitolo 3: *** Capitolo II - Uvetta, pane e marmellata ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - Fuoco ingannatore ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Addio, Chanast! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Quell’anno la primavera aveva portato con sé nubi cariche di pioggia e raffiche di vento continue, tutto quello che un bravo contadino vorrebbe evitare per poter praticare le sue attività senza troppe preoccupazioni. Comunque una giornata di sereno era stata regalata al villaggio di Chanast. Era circa la metà di aprile e come tutti i sabati il centro del villaggio era ingombro dei carri dei mercanti in sosta per raggiungere la grande città di Undran, a tre giorni di viaggio verso nord. Chanast, nonostante poco lontano dal confine col deserto, era situato non lontano dalle sorgenti dei due fiumi principali del Regno, il Selio e l’Allior, e per questo motivo era tappa prediletta specialmente dai mercanti di generi alimentari, in quanto potevano trovare le migliore primizie in ogni stagione. Tuttavia, a causa delle numerose piogge, quell’anno non tutti i raccolti si preannunciavano abbondanti.
Loeane, la fornaia del paese, approfittava del giorno di mercato per proporre le sue profumatissime pagnotte all’uvetta, che l’avevano resa famosa anche nei villaggi vicini. Abitava in una casa attigua ad un mulino abbastanza lontano dalla piazza centrale, ma tutta la fatica fatta per trasportare la sua merce era solitamente ben ripagata. Nonostante fosse una donna giovane, forte e nemmeno così brutta ancora non aveva trovato marito, e non aveva mai manifestato quel genere d’intenzione.
‹‹Loeane, non è ora che ti sistemi?›› le chiese Nirea, la fioraia, facendole l’occhiolino. Erano amiche sin da quando erano due ragazzine.
Loeane le rese il resto: ‹‹Perché tutta questa fretta? Sono ancora nel fiore degli anni!››
‹‹Se non ti decidi presto resterai zitella a vita.›› le rispose, allontanandosi col suo sacchetto di focacce.
Loeane sapeva che l’amica non aveva tutti i torti, ma al momento stava bene così. La sua vita era piena di quello, l’odore del pane nella fornace e i sorrisi dei clienti che tornavano da lei per l’ennesima volta. Non avrebbe potuto sperare di meglio, specialmente considerando la crisi in cui versava il Regno in quel periodo.
‹‹Annuncio importante!›› un urlo si fece largo tra la folla, la quale si aprì a cerchio attorno al banditore, attirando l’attenzione della fornaia.
‹‹La Principessa Eluana è stata rapita dalla Stirpe del Deserto! Fortunatamente suo figlio, il futuro erede al trono, è sano e salvo nel castello. Verrà affissa l’ immagine della principessa in ogni villaggio: coloro che l’avvistassero, sono pregati di segnalarlo alle guardie reali.››
 
Tornare a casa era molto più semplice, specie quando, come quel giorno, riusciva a vendere più della metà della sua merce. Loeane si godette il viaggio, con il sacco alleggerito a spalle, respirando l’aria fresca del pomeriggio. Guardò i fiori che erano spuntati ai lati della strada, ripassandone mentalmente i nomi: tulipano, margherita, primula. Avere una fioraia per migliore amica può essere interessante, alle volte, specie in primavera. Ad un tratto però, notò un fiore di cui non riusciva a ricordare il nome. Si fermò a guardare quei delicati petali rosati e il calice dall’aspetto molto particolare, ma non le venne in mente nulla. Lo colse e, mettendolo nella tasca del grembiule, si ripromise che a casa avrebbe cercato nell’erbario.
Giunta in prossimità della casa, però, notò che qualcosa era fuori posto: la staccionata era distrutta in due punti, e qualcuno aveva calpestato il terreno che lei aveva dissodato qualche giorno prima per trasformarlo in un orto. Loeane raccolse un bastone e si avvicinò con cautela, temendo che qualche ladro si fosse infiltrato in casa sua. “Cosa vorranno poi da me. Oltre a farina e uova troveranno ben poco. Spero che le galline stiano bene!”
Per accertarsene passò dal retro, e sospirò di sollievo nel vedere che nel pollaio non c’era nulla fuori posto. Poi entrò in casa, e notando che era tutto come lo aveva lasciato la mattina si sentì tranquilla. Si chiese che cosa potesse essere successo alla sua staccionata mentre sistemava il sacco in un angolo della stanza e andava a prendere le tovaglie da lavare. Avvicinandosi all’entrata principale della porta, però, sentì dei gemiti. “Che sia un gatto ferito?” si chiese, aprendo l’uscio.
‹‹Decisamente non è un gatto! ›› esclamò, portandosi le mani alla bocca dalla sorpresa e lasciando cadere a terra il mucchio di tovaglie.
Davanti a lei c’era un fagotto di stoffa dal quale sbucavano una testa e un ciuffetto di capelli. Il viso roseo era contratto, ma a giudicare dal tono sommesso di quei lamenti probabilmente stava piangendo da ore. Loeane, nonostante non ne sapesse nulla di bambini, prese in braccio la bambina per calmarla e nel sentire quanto fosse fredda si allarmò. “Chissà da quanto è qui che piange. Poverina, chissà la sua mamma dov’è.”
Senza rifletterci la portò in casa, la avvolse in una coperta fresca di bucato e mise a scaldare quel poco di latte che le era rimasto, accendendo anche il camino. Dopo averle dato da mangiare, la lavò dalla terra e le adattò degli stracci a mo’ di vestito.
‹‹Scusami, ma di vestiti della tua taglia proprio non ne ho.›› le disse, abbozzando un sorrisetto. Nonostante la gravità della situazione, Loeane non poté non cedere alla dolcezza di quei tratti delicati e a quegli intensi occhioni blu che la fissavano, un poco intimoriti.
Presto la bambina cadde addormentata, esausta, dando a Loeane il tempo di formulare alcuni pensieri. Ora che l’aveva salvata da una morte certa, che cosa ne avrebbe fatto di quella bambina? Non sapeva da dove venisse, ne’ come si chiamasse. L’orfanotrofio più vicino era quello in città, a tre giorni di cammino, e chiedere a un mercante di portarcela sarebbe costato decisamente troppo.
“Per qualche giorno la terrò io. Poi si vedrà.” pensò, mentre si spogliava per fare il bagno a sua volta. Controllando le tasche del grembiule trovò il fiore colto poco prima, i petali stropicciati. Si ricordò di non sapere il nome di quella piantina e, dopo essersi lavata, lo cercò nel librone che le aveva regalato Nirea qualche anno prima.
‹‹Silene selvatica›› lesse ad alta voce. Si diede un colpetto sulla fronte, come sempre quando le veniva un’idea. Andò accanto al letto, su cui aveva adagiato la bambina coprendola per bene. Le prese una mano, così piccola e delicata che sembrava sparire fra le sue, grandi e segnate da numerosi giri nel forno.
‹‹So già che Nirea non approverà, ma sento di non avere alternative. Da oggi sarai mia figlia, Silene.›› sussurrò, baciando la bimba sulla tempia.

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Anniversario ***


Anniversario


L’alba mi coglie sdraiata sull’erba umida di rugiada del giardino dietro casa. Per quante volte Loeane mi abbia implorato di non uscire così presto e di non bagnarmi stendendomi sull’erba, non posso proprio fare a meno della mia preziosa tradizione. Oggi è il mio quindicesimo compleanno, o meglio, l’anniversario di quando Loeane mi trovò di fronte alla porta di casa sua. E da quando avevo nove anni ho preso l’abitudine di sgattaiolare fuori casa molto presto per vedere il sole sorgere. È uno spettacolo che mi fa accapponare la pelle, e non è solo per il freddo. Sento dentro di me qualcosa che si muove, una sorta di immensa gratitudine, verso Loeane e verso il mondo, che non riesco ad esprimere in nessun altro modo.
So per certo che il periodo in cui sono nata non era dei più felici: il Regno era politicamente instabile e i raccolti scarsi a causa di squilibri climatici. Probabilmente è proprio questo il motivo per cui mi sono ritrovata di fronte alla porta di Loeane. Mi ha raccontato innumerevoli volte di quel giorno, ogni volta con le lacrime agli occhi e un sorriso tenero che fin ora le ho visto rivolgere solo a me.
Quando guardo il sole sorgere, nel giorno del mio compleanno, ripenso a quanto mi ha raccontato Loeane riguardo al nostro primo incontro, alla fortuna di aver avuto proprio lei come madre. Spesso mi trovo a rimproverarmi perché, a causa mia, lei non si è mai potuta sposare. Ma quell’unica volta che le ho fatto sapere di questo mio cruccio se l’è presa talmente da tenermi il broncio per un paio di giorni, così non ho più tirato fuori questo spinoso argomento.
 
‹‹Silene!›› sento urlare in lontananza. Mi volto, in direzione del sentiero che collega casa nostra al centro del villaggio, e scorgo Odelin che corre all’impazzata, le lunghe trecce castane mosse dal vento. La saluto a mia volta, alzando un braccio nella sua direzione e tirandomi a sedere.
Quando mi raggiunge ha il fiatone: ‹‹Temevo di aver dormito troppo anche stavolta!›› mi guarda, allarmata, ma quando vede che le sto sorridendo sospira. Tira fuori dal suo cestino la confettura di albicocche che solo sua madre è in grado di preparare, mentre io entro in casa a sfornare il pane: Loeane mi ha insegnato a prepararne la tipologia più semplice, il cui gusto comunque non è da sottovalutare. Farciamo le due pagnotte ancora calde con la marmellata e le mangiamo guardando il sole, ancora incerto all’orizzonte.
Dopo aver finito mi pulisco la bocca dalle briciole.
‹‹Buon compleanno, Silene.›› mi dice Odelin, porgendomi una piccola scatolina. Sento le mie guance avvampare nel preciso istante in cui comprendo che quello è un regalo per me.
‹‹Odelin, lo sai quanto i regali mi imbarazzino.›› mi giustifico, mentre spingo leggermente la scatola nella sua direzione. Ma lei insiste, piantandomi addosso quei suoi occhi verdi, dai quali sa che non ho scampo.
Ride appena mentre tolgo il coperchio: credo che la mia reazione sia stata esagerata, ma quello che ho davanti è davvero un oggetto magnifico.
Dalla scatola estraggo un orologio da taschino, molto piccolo, rivestito di un metallo leggermente annerito dal tempo. il meccanismo però sembra essere perfetto, nel silenzio riesco a scorgerne il lieve ticchettio. Siccome io non riesco a parlare dall’emozione, Odelin dice al posto mio: ‹‹È stupendo, non è vero?››
Mi limito ad annuire, ma poco dopo aggiungo: ‹‹Sicura che posso prenderlo?››
‹‹Assolutamente sì!›› accompagna quelle parole ad un deciso cenno del capo. Poi fruga nelle tasche della sua giacca e ne estrae uno identico: ‹‹Appartengono alla famiglia di mio padre da due generazioni. Lo zio però non ha figli a cui lasciarlo, e io sono figlia unica, perciò mio padre ha detto che avrei potuto regalarlo a chi volevo! Sai, l’unico valore che portano con sé è quello affettivo, non sono preziosi per davvero.››
Se a lei questa spiegazione suona esauriente, per me non lo è affatto. Però quando sono con Odelin so di non poter sollevare obiezioni di alcun genere, perché riuscirebbe in ogni caso ad avere ragione lei.
‹‹È stupendo.›› mi limito ad osservare, nonostante sia poco per descrivere la mia emozione nel rigirarmi tra le dita quell’oggetto così antico.
L’amicizia che mi lega ad Odelin risale a parecchi anni fa, dovevamo averne quattro o cinque. Non abitando molto lontane ed essendo entrambe le sole bambine della casa ci siamo avvicinate inevitabilemente, e da allora nulla ha potuto separarci.
 
Mi risvegliai improvvisamente da quell’incanto quando qualcosa di pesante mi cadde in testa. Ci misi un momento per capire di essere intrappolata in un piumone e, quando riuscii ad emergerne, vidi una Loeane decisamente furiosa fissarmi negli occhi: ‹‹Sei bagnata fradicia, Silene. Copriti, o ti prenderai un raffreddore.››
Si volta, dirigendosi verso la porta, ma resta un secondo ferma tenendo la maniglia tra le mani.
‹‹Comunque, buon compleanno.›› mi rivolge un sorriso a trentadue denti, prima di sparire in cucina. Sorrido nella sua direzione mentre mi strofino contro la coperta morbida, avvolgendola anche attorno ad Odelin.
 
Come ogni anno, Loeane non mi permette di lavorare il giorno del mio compleanno, nonostante le mie proteste si facciano di volta in volta più accese. Così, praticamente cacciata da casa mia, mi avvio al villaggio con Odelin. Abbiamo deciso di andare a comprare delle mandorle, da sgranocchiare mentre passeggiamo per le vie. Chanast è un borgo piccolo e tranquillo, prevalentemente composto da abitazioni, ma la sua piazza centrale è molto vasta e ogni sabato vi si svolge il mercato. Infatti questa è una delle tappe privilegiate dai mercanti che si dirigono verso Undran, uno dei centri commerciali più grandi del Regno.
Attorno alla piazza ci sono delle locande, e non è raro trovare dei mercanti in altri giorni della settimana.
Mentre ci stiamo avviando verso la bottega di Nirea, la fioraia nonché migliore amica di Loeane, Odelin mi tira per una manica.
‹‹Ehi, Silene, guarda quello.›› mi sussurra, indicando un uomo avvolto in un mantello marrone scuro. In quel momento si sta togliendo il cappuccio: è giovane, credo che abbia poco meno di vent’anni. ‹‹Mica male, non è vero?›› insiste.
Non so per quale oscura ragione ma Odelin è fissata sul fatto di trovarsi un fidanzato. Non che io ci veda nulla di male in questo, solo che non comprendo perché sia così ossessionata. Infondo abbiamo solo quindici anni, non vedo tutta questa fretta di impegnarsi.
Comunque, per accontentarla, metto a fuoco il ragazzo. Non è per niente brutto, ma nemmeno il tipo di persona che vorresti conoscere: mentre allunga la mano per aprire la porta di una locanda, intravvedo una spada nascosta sotto il mantello. Sono armi comuni, le spade, ma di solito non vengono tenute in cintura all’interno di piccoli villaggi come Chanast. A meno che non siano le guardie imperiali a portarle, ma quel ragazzo non sta indossando la divisa tipica del corpo militare.
Guardo la mia amica: ‹‹Non per spaventarti, Odelin, ma il tuo principe porta una spada in cintura.››
Il suo colorito passa dal blu al bianco. ‹‹Forza, andiamo da Nirea.›› la esorto.
 
Il negozio di Nirea è in assoluto il mio preferito in tutta Chanast. Quando apro la porta, un sonaglio mi accoglie e vengo investita da un profumo indescrivibile. Ci sono scaffali e scaffali pieni di vasi, in ognuno dei quali c’è una pianta diversa. Ci sono piante commestibili, piante decorative e attrezzi per l’orto.
Sento dei rumori provenire dal retrobottega, dove chissà che cosa sta combinando Nirea. ‹‹Arrivo subito!›› ci urla, allertata dal campanello del nostro ingresso.
‹‹Ah, siete voi.›› si passa una mano sporca di terriccio sulla fronte imperlata di sudore, lasciandovi una scia di granellini scuri.
Odelin soffoca una risata schiarendosi la voce. ‹‹Salve, Nirea. Sono venuta per il regalo di Loeane.››
Nirea mi guarda per un momento, la fronte aggrottata: ‹‹Ma Loeane compie gli anni ad agosto.››
Ci risiamo. Penso, mentre aspetto che la fioraia si ricordi di quale ricorrenza scade oggi.
Infatti spalanca la bocca, ed emette un verso indescrivibile: ‹‹Ah, che sciocca che sono. Certo, è il regalo di ringraziamento. Perché non ci ho pensato prima.›› si dà un colpetto sulla testa, mentre Odelin sghignazza sottovoce: nonostante in presenza di Nirea faccia del suo meglio per trattenersi, molte volte non ci riesce.
Insieme scegliamo una pianta colorata, di cui non faccio nemmeno in tempo a ricordare il nome che me lo sono già scordato. Poi pago e saluto Nirea con un cenno del capo, perché la mani sono impegnate a reggere un vaso di dimensioni sproporzionate rispetto a ciò che contiene.
 
Fuori dalla bottega Odelin si lascia andare in una fragorosa risata, che a stento riesce a placare dopo qualche minuto.
‹‹Come fa tua madre ad essere così amica di una tale idiota?›› mi chiede, le lacrime agli occhi.
‹‹Nirea è fatta così. Ma non puoi negare che non sia una brava persona.››
Odelin scuote il capo: ‹‹Mia madre mi ha raccontato che, quando Loeane ti trovò, Nirea fu l’unica ad osteggiare apertamente la sua decisione di tenerti con sé.›› dice, improvvisamente seria.
So che quanto dice è vero, Loeane me ne ha parlato diverse volte, ma nonostante questo non riesco a biasimare Nirea. Anche io avrei voluto che mia madre si sposasse e mettesse su una famiglia tutta sua, ma so anche che quando prende una decisione è irremovibile, proprio come Odelin.
‹‹Ti voglio bene.›› sussurro alla mia amica, che però non mi sta ascoltando.
Siamo giunte nuovamente nella piazza principale di Chanast, dove è radunata una quantità di gente incredibile, che di solito si può vedere solo nei giorni di mercato. Ci avviciniamo a una donna con in braccio un bambino per chiedere che cosa è successo.
‹‹È arrivato un banditore. Pare che venga direttamente dalla Capitale.›› risponde, affrettandosi anche lei a raggiungere il resto delle persone.
Un banditore inviato dalla Capitale?
‹‹Dev’essere successo qualcosa di grosso.›› Odelin anticipa i miei pensieri. Poso il vaso all’angolo di una casa e ci avviciniamo per ascoltare l’annuncio.
Ora che riesco a vederlo bene, posso affermare con certezza che quello non è uno dei soliti banditori che mandano dalle province quando viene promulgata una legge. Porta un corpetto e dei pantaloni candidi, senza un alone che sia di polvere o unto, e il cappello da cui sfuggono curatissimi ricci ramati è blu notte, punteggiato di stelline argentate. Porta un corto mantello dello stesso colore fatto di quella che sembra una stoffa pregiata.
Quando inizia a parlare conferma tutti i miei sospetti, sfoderando un accento che non si sente raramente dai mercanti in sosta a Chanast: ‹‹Ascoltate attentamente, sudditi del Regno. Quattro giorni or sono una notizia sconvolgente è giunta alla Capitale. La principessa Eluana, rapita quindici anni fa dalla Stirpe del Deserto, è stata assassinata.››
Un vociare confuso si spande tra la folla. La principessa Eluana, nel periodo di regno del marito, era molto ben voluta dal popolo. Tuttavia, quindici anni fa, è stata rapita dalla Stirpe del Deserto, un ramo collaterale della famiglia reale che è stato esiliato nel deserto un’ottantina di anni fa a seguito di un tentato colpo di stato e di una sanguinosa guerra civile.
Il banditore deve schiarirsi la gola più volte per riottenere l’attenzione della folla: ‹‹A seguito di questo doloroso avvenimento, è stato deciso che il principe Lhalin suo figlio salirà al trono in vece di suo zio, il quale ha abdicato in suo favore.››
La folla esplode in un delirio furioso. Dal pianto per la scomparsa della principessa passano alla gioia per l’incoronazione a re del giovane principe Lhalin, per poi tornare a lanciare imprecazioni contro la Stirpe del Deserto che ha ucciso sua madre.
Io e Odelin fortunatamente riusciamo a defilarci, recupero il vaso al volo e voliamo a casa.

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Capitolo 3
*** Capitolo II - Uvetta, pane e marmellata ***


Uvetta, pane e marmellata


Loeane ancora non ha digerito la notizia della scomparsa della principessa Eluana. Mentre l’aiuto a portare dei sacchi di farina dal mulino a casa nostra, mi racconta: ‹‹Sai, prima che ti trovassi, la principessa Eluana regnava accanto a suo marito. In quel momento qualcuno la chiamava Regina. Grazie alla sua politica il Regno ha vissuto un decennio di prosperità. Poco dopo la nascita del principe Lhalin, il Re morì e prese il trono suo fratello. Non si può dire che sia stato un Re malvagio, comunque non è riuscito a riportare il Regno allo splendore di cui godeva sotto i sovrani precedenti. Spero che il principe Lhalin abbia ereditato un po’ del carisma dei suoi genitori.››
Io non mi sono mai interessata di politica prima, ma capisco dal tono sommesso con cui ne parla Loeane che Eluana deve essere davvero stata una salvezza per il Regno. Depositiamo la farina nella stanza sul retro, poi mentre Loeane va a preparare l’impasto per i panini all’uvetta io entro nel pollaio, per dare da mangiare alle galline e raccogliere le uova.
‹‹Come stiamo oggi?›› chiedo loro, che mi accolgono chiocciando felici. Sanno che sto portando loro il grano quindi mi corrono incontro. Io trovo buffo il loro modo di saltellare di qua e di là e mi diverto a vederle becchettare tra l’erba alla ricerca dei gustosi chicchi che ho lanciato loro. Dopo aver raccolto la solita dozzina di uova la porto in casa, lavando le uova ad una ad una prima di porgerle a mia madre.
Dopodiché metto a stufare le verdure per il pranzo.
‹‹Silene, ho finito l’uvetta. Per l’impasto di oggi dovrebbe bastare, ma se dopo vai in piazza con Odelin potresti ricordarmi di prenderne un chilo?›› mi urla dalla stanza accanto.
‹‹Sì!›› le rispondo di rimando ‹‹Comunque le verdure sono pronte!››
‹‹Inforno il pane e arrivo!››
 
Dopo aver pranzato prendo un cestino e mi avvio verso casa di Odelin. Busso alla porta, e viene ad aprirmi sua madre, una donna alta e secca che sembra sempre sul punto di spezzarsi. Il suo sguardo però è gentile, gli occhi dello stesso verde di quelli di Odelin, e mi invita ad entrare.
‹‹Mia figlia è andata a fare una consegna. Sarà qui a breve. Posso offrirti un tè?›› mi chiede, sorridendo.
Io annuisco, sapendo che assieme al tè ci sarà anche la confettura che prepara e fa consegnare ad Odelin per tutta Chanast.
Mentre prepara il tè Odelin torna a casa e, appena mi vede, dice indicandomi: ‹‹Proprio te cercavo! Mia madre stavolta ha preparato un quintale di marmellata e voleva che riuscissi a consegnarla tutta entro stasera!››
Rido per il tono accusatorio con cui mi ha rivolto quelle parole, e poi le rispondo: ‹‹Certo, però poi dobbiamo passare dal fruttivendolo. Uvetta.›› scuoto il cestino vuoto che ho portato con me.
Odelin fa una faccia spaventata: ‹‹No, da Corhel non ci vengo! Piuttosto consegno tutta la marmellata da me, dovesse essere l’ultima cosa che faccio!››
Dopo aver fatto merenda, però, seguo Odelin nella consegna della marmellata.
‹‹Silene, sei ingiusta. Se tu mi aiuti dopo dovrò venire con te da Corhel!›› il suo tono è esageratamente sconsolato.
Le do un colpetto col gomito: ‹‹Dai, non dirmi che il vecchio Cor non ti manca nemmeno un po’!›› la prendo in giro, ma in realtà l’idea di andare dal fruttivendolo non alletta nemmeno me.
 
Corhel, a vederlo, si direbbe che sia un macellaio più che un fruttivendolo. Della stazza di un armadio e dal grembiule sempre unto, ti squadra come se stesse pensando in quale modo cucinarti. Inoltre si rivolge ai clienti come se fossero dei seccatori, e non coloro che tengono in vita la sua attività.
Entriamo, sperando che ci sia qualcun altro oltre noi nella sua bottega. Ma come sempre siamo sfortunate e la troviamo deserta. In questo modo avrà soltanto noi con cui prendersela.
‹‹Buongiorno, ragazzine.›› ci abbaia addosso appena entriamo. Ci squadra da capo a piedi, e dopo aver posato lo sguardo sul mio cestino capisce che siamo qui per conto di Loeane. Quando veniamo a prendere gli ingredienti per la confettura della madre di Odelin è molto più di buon umore, perché il profitto è maggiore. Ma l’uvetta è piuttosto economica e la cosa sembra turbarlo.
‹‹Un chilo di uvetta, per favore. La solita, per favore.›› dico, in tono incerto. Mi incute un certo terrore, e dal tremolio di Odelin capisco che per lei è lo stesso. Cor è l’unica persona che riesce a zittirla.
Porgo il cestino all’uomo, che me lo strappa praticamente di mano per riempirlo con qualche manciata d’uvetta. Poi lo posa su una bilancia di precisione, con la quale traffica un po’ prima di determinare il peso preciso del cestino. Aggiunge una manciata abbondante di uvetta, poi me lo porge nuovamente.
Pago senza spiccicare una parola, poi usciamo di corsa dal negozio.
Appena uscite dal negozio, nella foga, andiamo a sbattere contro qualcuno. Per fortuna riesco a rimettere il cestino in equilibrio prima che il suo contenuto si sparga dappertutto.
‹‹Ci scusi.›› farfuglia Odelin, ancora scossa per la visita a Cor.
‹‹Non è niente. Vi siete fatte male?››
La voce di quell’uomo è così suadente che non posso fare a meno di alzare lo sguardo. I suoi occhi sono verdi, ma più chiari di quelli di Odelin, e riflettono il timido sole primaverile. I suoi capelli sono chiari, così come la barba che porta corta e ben curata.
Abbasso lo sguardo per l’imbarazzo, ed è in quel momento che me ne accorgo. Alla cintura porta legata una spada, e non ci metto molto a capire che è il ragazzo che ieri abbiamo visto entrare nella locanda.
Lancio uno sguardo complice a Odelin, sapendo che mi capirà al volo. O almeno, credendolo, visto che di fronte ai ragazzi carini la sua capacità di ragionare sembra annullarsi.
‹‹Odelin, siamo di fretta, non ricordi?›› spero che lo sconosciuto non senta la tensione nella mia voce. Vedo Odelin che mi guarda storto, sta per rispondermi e so che vuole negare, ma io me ne infischio e la trascino via per un braccio.
 
Mi fermo solo quando arriviamo di fronte a casa mia. Mi volto verso Odelin, per spiegarle la situazione, ma capisco in fretta che non ci riuscirò fin quando non l’avrò lasciata sfogare: è rossa come un peperone, sta per esplodere.
‹‹Razza di disgraziata, che cosa ti salta in mente? Vuoi mandare all’aria il mio matrimonio? Non voglio restare da sola per il resto dei miei giorni!››
‹‹Chi è che resterà sola per il resto dei suoi giorni?›› chiede Loeane, uscendo di casa. Le porgo il cestino con l’uvetta e lei mi sorride. Poi guarda Odelin che, a quanto pare, ne ha anche per lei: ‹‹Scordati che io torni da Cor per la tua uvetta!››
Si volta, incamminandosi lungo in sentiero. Porto le mani alla bocca, urlandole: ‹‹Ma non ti sei accorta che quello era il tuo principe con la spada?››
Odelin si ferma, voltandosi piano. ‹‹Spada?›› sussurra Loeane, sbiancando. Gli unici a girare con la spada alla cintola in villaggi piccoli come Chanast sono le guardie reali e l’esercito. È normale che i mercanti più ricchi ne portino una, ma di solito non la indossano tutto il tempo, solo mentre trattano di affari, per essere sicuri di non farsi imbrogliare. Ma vedere una persona comune armata in quel modo è alquanto insolito.
‹‹Silene, Odelin, voi due per i prossimi giorni non andrete in piazza. Parlerò anche con tua madre.›› si rivolge verso la mia amica, mentre quella si defila in direzione di casa sua.
Guardo Loeane e in tono di protesta le dico: ‹‹Domani c’è il mercato, non puoi chiedermi di restare a casa mentre tu porti tutta la merce fino in piazza.››
‹‹Non se ne parla nemmeno. Tu resterai a casa, a badare al pollaio e all’orto.›› dal suo sguardo capisco che, anche se provassi a replicare, sarebbe solo una perdita di tempo. Quando Loeane prende una decisione è irremovibile.
 
Il giorno del mercato mi sveglio presto: a parole so di non poter convincere mia madre, ma forse posso se mi presento sull’uscio vestita di tutto punto e con il sacco del pane in spalla prima che lo faccia lei.
A tentoni, nel buio che precede l’alba, cerco i miei vestiti nella stanza. Non accendo il lume per non svegliarla, altrimenti il mio piano salterebbe.
Riesco a trovare il grembiule al primo colpo, ma per il resto degli abiti non è facile. Forse dovrei ascoltare Loeane quando mi dice di mettere in ordine le mie cose.
Scendo le scale senza fare rumore e mi dirigo in cucina, mi metto in bocca un panino ancora caldo e mi dirigo verso la stanza in cui teniamo i sacchi. Poggio la mano sulla maniglia e mi blocco. Guardo il panino che ho in mano, lo annuso e lo addento.
Come ho fatto a non accorgermene? Se questo panino è così caldo di certo non è stato cucinato ieri. Per accertarmi della mia teoria apro la porta e constato che i sacchi sono spariti dal ripostiglio. Loeane prevedeva la mia mossa e si è svegliata prima di me.
Dannazione, me l’ha fatta!
 
Passo tutto il giorno a oziare in giardino. Innaffio le piantine che stanno spuntando timide nell’orto e vado a raccogliere le uova. Terminati i miei compiti mi stendo sotto il pruno che Loeane ha piantato qualche anno fa e guardo in direzione del villaggio.
‹‹Ciao, Silene. Sinceramente non mi aspettavo di vederti a casa, ero sicura che avresti trovato il modo per seguire Loeane al mercato.››
Odelin mi si siede accanto, un sorriso sornione le attraversa il viso. La guardo, ostile: ‹‹Che c’è, ti rende così felice vedermi in gabbia, mentre tu sei libera di vagare come vuoi?››
‹‹Mia madre è stata categorica. “Se a Chanast c’è gente che gira armata, tu in piazza non ci vai.” così ha detto. Mi ha concesso di venire a farti compagnia, però, aveva paura che saresti scappata.››
‹‹Si vede che non mi conosce bene.›› le rispondo, sommessamente. Odelin spalanca gli occhi: ‹‹Non vuoi provare a fuggire?››
Sembra sconvolta, ma so che mi sta solo prendendo in giro. Scoppio a ridere: ‹‹Certo che ci ho provato, ma Loeane è stata più furba.››
Odelin tira fuori un vasetto di marmellata: ‹‹L’ho portato per consolarti.››
Le rispondo con un sorriso ed entro in casa a prendere dei panini e un coltello. Loeane mi ha lasciato sia quelli all’uvetta che la focaccia. Mentre cerco una tovaglia da stendere sul prato, sento Odelin urlare e lo schianto del vasetto di marmellata a terra.
Allarmata corro fuori, ma la mia amica sembra stare bene. ‹‹Che ti è successo, hai una faccia!›› le dico. Lei non mi risponde, limitandosi ad indicare in direzione del villaggio.
Fiamme alte quanto le case stanno inghiottendo Chanast, all’altezza della piazza centrale. Lascio cadere la tovaglia e i panini, raccolgo un bastone senza sapere bene che cosa ne farò e mi lancio in direzione dell’incendio.
‹‹Silene!›› un urlo disperato alle mie spalle, ma non ci faccio caso. Non so se Odelin mi seguirà, ma nemmeno questo mi importa.
L’unico pensiero che mi attraversa la mente in questo istante è quello di trovare Loeane.

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Capitolo 4
*** Capitolo III - Fuoco ingannatore ***


Fuoco ingannatore


Quando mi trovo davanti alla colonna di fuoco mi rendo conto che non ho la minima idea di cosa fare. Il fumo mi ha già invaso i polmoni, nonostante mi sia messa l’orlo del grembiule davanti alla bocca e ho la vista offuscata. Sento una mano afferrarmi il braccio e trascinarmi indietro.
‹‹Dì un po’, sei impazzita per caso?›› mi tossisce contro Odelin che, più saggiamente di me il suo grembiule l’ha inzuppato da qualche parte. ‹‹Torniamo indietro, non possiamo fare niente qui.››
‹‹No!›› quest’unica parola mi causa un attacco di tosse che placo a fatica. Faccio per incamminarmi nuovamente verso le fiamme, quando Odelin mi strappa di mano il bastone e me lo picchia sulla testa.
‹‹Cosa devo fare per farti rinsavire? Moriremmo entrambe.››
Mi massaggio il punto in cui mi ha colpita, ripromettendomi di restituirgli quella bastonata con gli interessi: ‹‹E Loeane allora? Lei quindici anni fa mi ha salvata e oggi lo farò io.››
Un’altra bastonata segue la prima, poi Odelin mi prende per il colletto: ‹‹Silene, piantala di dire cavolate.›› distolgo lo sguardo, come sempre quando mi rimprovera. Nonostante sia più piccola di me di qualche mese, Odelin si dimostra sempre essere la più matura tra noi due. Mi prende il viso fra le mani, costringendomi a guardarla negli occhi. Quel verde muschio mi avvolge completamente mentre lei mi dice, parlando piano per essere sicura che, nonostante i colpi in testa, potessi seguire il suo ragionamento: ‹‹Loeane non ti ha salvato per avere qualcuno su cui fare affidamento nel caso in cui fosse finita nei guai. È da pazzi.››
‹‹Ma io sono pazza.›› sussurro, accasciandomi tra le sue braccia. Inizio a piangere, e stavolta non per il fumo che continua a pungermi le narici. Odelin mi accarezza la testa: ‹‹Andiamo via di qui. Vedrai che se la caverà.››
Annuisco, tirando su col naso. Volgo un ultimo sguardo alla colonna di fuoco, prima di prendere la via verso casa.
 
Non appena siamo abbastanza lontane dall’incendio, aspiro più aria pulita che posso, dando avvio ad un nuovo attacco di tosse. Ci fermiamo a prendere fiato e non riesco a non guardare in direzione del centro del villaggio. Vedo del movimento nelle vie principali, quelle ancora non lambite dalle fiamme, e non riesco a non pensare che anche Loeane si trova in mezzo a quel caos. Mi sento in colpa ad essere scappata in questo modo, ma se stanno organizzando dei soccorsi forse io e Odelin saremmo solo d’intralcio: io sono di statura bassa e il massimo peso che riesco a trasportare è un sacco di pane o di uvetta, mentre Odelin sviene ogni volta che vede una ferita.
Forse leggendomi nel pensiero mi posa una mano sulla spalla dicendomi: ‹‹Non è la prima volta che accade. Ricordi quando prese fuoco il carro di un mercante?››
Faccio cenno di sì con la testa: ‹‹Però quella volta l’incendio coinvolse solo poche case. Lo spensero in meno di un’ora.››
‹‹Si stanno già dando da fare tutti. Certo dei danni ci saranno, ma vedrai che Loeane tornerà.››
Mi posa una mano sulla spalla. Io di Odelin mi fido ciecamente, quindi non posso fare a meno di crederle.
Ci incamminiamo verso casa sua, per avvisare sua madre di ciò che abbiamo visto.
 
Non appena varchiamo la soglia di casa, qualcosa ci travolge come una furia e inizia ad emettere strani versi: ‹‹Ragazze non sapete quanto fossi in pensiero. Ho visto le fiamme, così sono andata a casa di Loeane ma non vi ho trovate. Grazie al cielo state bene.››
La madre di Odelin ci scoppia in lacrime fra le braccia mentre noi tentiamo rozzamente di consolarla. È una scena alquanto buffa, di solito era lei a consolare noi quando ci sbucciavamo un ginocchio cadendo da un albero.
‹‹Loeane era al mercato, non è vero?›› mi fissa, e annuisco piano. Lei si tira su, prende un vasetto di marmellata e ci tuffa un cucchiaio: ‹‹Loeane è forte. Se la caverà, non ci dobbiamo preoccupare per lei. Vero, Silene?›› nonostante si sforzi di trattenersi le lacrime continuano a inondarle il viso. Ci abbracciamo piangendo, mentre Odelin ci da pacche sulle spalle per farci forza.
Passata quasi un’ora, qualcuno bussa alla porta. Ci affrettiamo a vedere di chi si tratta, e troviamo una Nirea alquanto bruciacchiata, dai vestiti ai capelli. Gli occhietti piccoli e grigi sono spalancati dal terrore: ‹‹Una lingua di fuoco si è mangiata i miei fiori.›› condisce la frase con un’imprecazione e si butta su una sedia.
‹‹Gren come sta?›› chiede la madre di Odelin, mentre mette l’acqua a scaldare per il tè.
Nirea sbuffa, come sempre quando si parla di suo marito: ‹‹Oh, e chi lo ferisce quello? Sta dando una mano a domare le fiamme.››
‹‹Adesso quindi si può andare in città?›› chiedo, speranzosa. Mi trovo gli sguardi torvi di tutte e tre puntati addosso.
‹‹Non ci pensare nemmeno, piccoletta. L’incendio non l’hanno ancora spento. E comunque saresti solo d’impiccio in mezzo a quel trambusto.›› Nirea mi fissa, poi torna a concentrarsi sul fuoco che sta scaldando l’acqua sul fornello.
Abbiamo appena finito di mangiare lo stufato avanzato il giorno prima quando bussano alla porta. Le padrone di casa stanno lavando i piatti e Nirea è crollata addormentata, perciò vado io ad aprire.
Quasi caccio un urlo nel trovarmi di fronte il ragazzo con la spada alla cintola. Però riesco a controllarmi, cerco di assumere un’espressione contrariata ed esclamo: ‹‹E tu che cosa ci fai qui?››
Odelin probabilmente sente la puzza di guai, quindi si avvicina per non perdersi una scena memorabile, e squittisce di gioia nel rivedere quel ragazzo.
‹‹Sono solo venuto a dirti che tua madre sta bene. Si trova in una locanda dall’altra parte di Chanast, dove hanno portato tutti i feriti, ma al momento attraversare il villaggio è pericoloso. Si pensa che il fuoco sia stato appiccato volontariamente.››
Non so come reagire a questa notizia. Sento il forte istinto di sbattergli la porta in faccia, se non fosse per un particolare: ‹‹Mia madre è ferita?››
‹‹Non so i dettagli, comunque riesce a parlare per cui credo sia una cosa lieve.››
Dalla cucina arriva la voce della madre di Odelin: ‹‹Vieni dentro, ragazzo, che ci racconti quello che sai.››
‹‹Ma lascia fuori la spada.›› ringhio io, mentre varca la soglia. Lui se la sfila e la posa sull’erba, poi mi fissa negli occhi: ‹‹Non ti facevo così scaltra.››
 
Stasera mi fermo a dormire da Odelin. Sua madre ha detto che non poteva pensarmi da sola in quella casa grande e sperduta, perciò mi ha praticamente obbligata a restare. Nirea se n’è andata qualche ora fa, così come ha fatto il ragazzo della spada. Ancora non riesco a digerire tutto ciò che ci ha raccontato, così mi alzo dal letto e mi affaccio alla finestra, guardando la luna.
Il ragazzo ha detto di chiamarsi Allyn, e di essere il figlio di un mercante che si trova a Undran, dove avrebbe dovuto raggiungerlo. Stando a quanto dice lui, nel pomeriggio ci sarebbe stata una lite nella locanda accanto a quella in cui pernotta e, in qualche modo, i due litiganti sarebbero riusciti ad appiccare il fuoco. Essendo la locanda vicina alla piazza del mercato avrebbe permesso al fuoco di inglobare tutta quell’area.
Tuttavia Allyn ha premuto nel dire che, secondo lui, quell’incendio non è avvenuto per caso. Ma chi, a Chanast, vorrebbe mai appiccare un incendio di proposito? Forse lui viene da un luogo in cui la violenza è la normalità, visto che gira con una spada sempre a portata.
 
Il sonno non vuole venirmi a distrarre dai terribili pensieri che mi affollano la mente. Vedo muri di fiamme, fumo, persone che corrono a destra e a sinistra cariche di secchi d’acqua e persone che vengono carbonizzate. Poi vedo il viso sorridente di Loeane sparire tra lingue di fuoco, e mi sveglio urlando in un bagno di sudore.
Vado nella stanza in cui dorme Odelin, e mi infilo nel suo letto senza svegliarla, stringendomi in un angolino per non darle fastidio. Nonostante le parole di Allyn, finché non vedrò Loeane con i miei occhi non smetterò di essere preoccupata per lei. Dopo essere rimasta a pensare per ore crollo addormentata, esausta.
 
Mi sveglia Odelin, scuotendomi gentilmente. La testa mi fa male, un po’ per aver dormito poco e un po’ per le legnate che mi sono presa ieri.
‹‹Se avevi bisogno di parlare potevi anche svegliarmi!›› mi dice, visibilmente offesa, mentre prepariamo un cestino di leccornie da portare a mia madre.
Ormai si può andare in piazza senza problemi, hanno messo da una parte tutte le macerie per permettere il passaggio anche ai carri. Ci avviamo verso la locanda in cui Allyn ha detto che sono stati portati i feriti, la quale si trova a una ventina di minuti di strada a piedi. Io sono parecchio nervosa e faccio schioccare di continuo la lingua contro il palato.
Camminiamo in silenzio. Odelin ha creduto senza problemi a quanto ci ha raccontato Allyn, ma io non sono così facile da convincere.
Quando giungiamo in vista della locanda deglutisco. Odelin mi prende la mano e la stringe forte tra le sue, ed entriamo.
 
Al bancone una ragazza ci accoglie col sorriso. Deve avere appena qualche anno più di noi, porta i lunghi capelli biondi legati in due trecce e indossa un vestitino succinto che lascia ben poco alla fantasia.
Inizio seriamente a chiedermi se Allyn non sia solamente un poco di buono che frequenta locali il cui grado di moralità può essere messo in discussione quando davanti a me compare un uomo con un braccio al collo.
‹‹Siete qui per le visite?›› chiede, con un tono di voce che ricorderebbe quello di Cor se non fosse per la voce roca.
Noi annuiamo, e quello ci conduce in una sala molto grande, ma quasi interamente spoglia. Ci sono solo innumerevoli materassini affiancati, ognuno dei quali ospita una persona. Alcuni di loro hanno il volto reso irriconoscibile dall’azione delle fiamme, altri invece sembrano stare bene. Ci sono molti familiari accanto ai letti improvvisati e mi rendo conto come molte di quelle facce io in realtà non le conosca già.
‹‹Il nome?›› ci chiede l’uomo.
Rispondo prontamente: ‹‹Loeane Nirmung››. Ci fa cenno di seguirlo, e ci conduce al letto di Loeane.
Mentre ci avviciniamo al letto noto come Odelin cammini guardandosi i piedi: non deve essere piacevole per lei trovarsi qui, e le sono grata di avermi accompagnata.
Non appena la vedo le salto al collo, e mi allarmo sentendola gemere. Lei se ne accorge e sorridendomi mi dice: ‹‹Tranquilla, ho solo preso un colpo alla schiena. Sono caduta durante la fuga, e per qualche giorno hanno detto che faticherò a muovermi.››
Scoppio a piangere dal sollievo, e lei mi posa una mano sulla testa. A quel punto è il mio turno di gemere dal dolore e adesso è Loeane a fare una faccia strana. Le racconto delle bastonate che mi ha dato Odelin e, quindi, anche del fatto che ci siamo recate al villaggio. Mi guarda con aria severa, e mi dice in tono grave: ‹‹Non ti vergogni di avermi disubbidito così?››
‹‹Che altro potevo fare?›› abbasso lo sguardo, riprendendo a piangere. La voce di Loeane si fa più dolce mentre mi consola, dicendomi che non devo sottovalutare la sua forza.
Poi le racconto di quanto ci ha detto Allyn, e la vedo rabbuiarsi nuovamente. Dopo che ho finito di parlare sta in silenzio qualche minuto, prima di dirmi : ‹‹Ho mandato io quel giovane da voi.››
‹‹Che cosa?›› urliamo io e Odelin in coro, attirando su di noi gli sguardi degli altri pazienti. Ci stringiamo attorno a Loeane per rendere quella conversazione nuovamente privata, e lei ci sussurra: ‹‹Sono stata io a dirgli di aver visto qualcuno appiccare il fuoco di sua volontà. Era un uomo incappucciato. Quando è scoppiato l’incendio però è sparito, e nella fuga l’ho perso di vista. Quando sono riuscita ad allontanarmi dalle fiamme ho visto Allyn, e gli ho chiesto di aiutarmi ad arrivare fin qui. Poi l’ho mandato a recapitarvi il messaggio.››
Si guarda attorno circospetta, poi ci fa avvicinare a lei ancora di più: ‹‹Secondo me sta per scoppiare una nuova guerra civile. Quando hanno ucciso la principessa Eluana l’hanno detto, che per loro quello era solo l’inizio. Ragazze, Chanast è fin troppo vicina al confine con il deserto. Voglio che lasciate questo villaggio il prima possibile.››
Sia io che Odelin spalanchiamo gli occhi e la bocca. Credo che, se la situazione non fosse così grave, Loeane scoppierebbe a ridere per le nostre espressioni. Invece si limita a fissarci, in silenzio, salvo interrompermi quando sto per protestare.
‹‹Allyn vi accompagnerà.››

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Addio, Chanast! ***


Addio, Chanast!


Mi alzo di buon’ora. Voglio riuscire a passare da casa prima che Odelin e sua madre si sveglino.
Sono passati tre giorni da quando siamo andate a trovare Loeane nella locanda improvvisata ospedale, e da quando mia madre ci ha annunciato che vuole che lasciamo Chanast assieme ad un perfetto sconosciuto.
‹‹Quel ragazzo sa tirare di scherma. Può difendervi in caso di necessità, mentre voi due da sole non ne sareste in grado.›› ha detto, pensando che come motivazione mi basti per abbandonarla.
Non se ne parla proprio.
Mi butto una sacca in spalla. Siccome Loeane non potrà lasciare l’ospedale ancora per qualche giorno, nel frattempo io starò a casa di Odelin e darò una mano con i lavori. Tuttavia voglio recuperare alcune cose che potrebbero tornarmi utili nel caso in cui seriamente io e Odelin dovessimo lasciare Chanast.
Raggiunta la casa entro dalla porta sul retro, recandomi nel ripostiglio. Raccolgo alcune tenaglie e prendo quella che mi sembra più solida. Poi butto nella sacca una borraccia e passo dalla mia stanza a prendere dei vestiti. Attraversando la cucina noto sul ripiano un coltello con il fodero: è quello che solitamente usa Loeane per tagliare il pane quando ci sono ospiti, visto che è il più bello che abbiamo. Prendo anche quello perché, avendo il fodero, penso che potrebbe tornare utile come pugnale, sperando però che non ce ne sia bisogno.
 
Quando torno a casa di Odelin sospiro di sollievo nel vedere che sono ancora entrambe addormentate. Scendo in cucina e accendo il fuoco, mettendo poi a scaldare l’acqua per il tè. Mentre cerco le tazze nella credenza, qualcuno bussa alla porta.
‹‹Arrivo!›› urlo mentre appoggio le tazze sul tavolo. Poi mi reco nell’ingresso e apro la porta.
Non l’avessi mai fatto.
Di fronte a me c’è un uomo alto almeno due metri, i capelli corvini raccolti in una coda sulla nuca, negli enormi occhi blu brilla una scintilla di crudeltà. Faccio per urlare, ma quello mi blocca abilmente la bocca con una mano, mentre stringe l’altra attorno ai miei polsi. Mi fa lo sgambetto e mi ritrovo distesa a terra, impossibilitata a muovermi.
L’uomo mi tiene ferme le braccia con un ginocchio mentre, con la mano libera, mi strappa il coltello dalla cintola e lo getta lontano.
Poi mi fissa negli occhi: sta per dire qualcosa, ma viene interrotto da un calcio che lo coglie in pieno viso. Approfitto dell’occasione per mordergli l’interno della mano e sgusciare via dalla sua presa.
Alzo lo sguardo per vedere chi è venuto in mio soccorso, e trattengo a stento un grido di sorpresa quando vedo Allyn, la spada sfoderata, di fronte allo sconosciuto. Forse ho sbagliato a giudicarlo.
Il gigante estrae un coltello dalla lama lunga, e con quello sembra parare tutte le stoccate di Allyn. Si muovono fluidamente, quasi come se stessero danzando, e resterei a guardarli ammirata se qui non ne andasse della mia stessa vita.
Striscio nella direzione in cui è stato lanciato il mio coltello, e lo vedo affiorare tra l’erba incolta del giardino. Lo afferro e cerco di avvicinarmi, il più silenziosamente possibile, all’uomo gigantesco. Non appena gli sono abbastanza vicina gli pianto il coltello nel polpaccio e quello lancia un grido selvaggio. Si volta in preda all’ira, ignorando completamente Allyn, e mi sferza la guancia con la lama del suo coltello.
Il sangue mi cola sulla spalla, caldo e appiccicoso, e io istintivamente porto la mano sulla ferita. Cado seduta, e riesco appena a vedere Allyn che trafigge l’uomo con la spada, per poi correre in mio soccorso.
Arrivano anche Odelin e sua madre, trafelate.
‹‹Abbiamo sentito delle urla, e ci siamo svegliate. Che è successo qui?›› lo sguardo di Odelin è inorridito, e non appena vede il corpo privo di vita dello sconosciuto inizia ad urlare e a piangere. Poi nota la mia ferita, e la sua agitazione sembra raggiungere il culmine: inizia a saltellare di qua e di là, dicendo frasi sconnesse, per poi svenire fra le braccia di sua madre. Mentre questa la trascina in casa, Allyn mi porge una mano: ‹‹Tutto bene?››
La sua voce è calda, la sua mano forte riesce a tirarmi in piedi in un colpo solo. Il suo sguardo ha perso tutta la freddezza e la concentrazione del combattimento, lasciando posto ad un’espressione calma, quasi serafica.
‹‹No.›› rispondo semplicemente. Ho appena conficcato un coltello nella gamba di un uomo, che adesso si trova privo di vita poco distante.
Allyn si strappa un lembo della tunica e me lo poggia sulla ferita.
‹‹Mi dispiace, sono arrivato tardi. Avrei dovuto ucciderlo prima che bussasse alla porta.››
‹‹Lo conosci?›› chiedo, sconvolta. Allyn scuote la testa: ‹‹Non so chi sia, ma di certo non aveva buone intenzioni. E io sono qui per proteggerti.›› dice con aria innocente.
Io lo guardo torva: ‹‹Chi ti avrebbe impartito un simile ordine?››
Non sono sicura di potermi fidare di lui. Mi volto in direzione della casa, dove ho intenzione di lavarmi via il sangue che mi è colato sui vestiti, e magari chiedere alla madre di Odelin di disinfettarmi il taglio.
‹‹Loeane, chi altri se no.››
Mi fermo. Senza girarmi gli chiedo: ‹‹Succede spesso che aiuti le fornaie in difficoltà?››
Non risponde. Dopo pochi secondi però sento venire dalle mie spalle un tintinnio di denaro. A quel punto, Allyn esclama: ‹‹Questo è il mio lavoro.››
 
Mentre la madre di Odelin mi disinfetta la guancia mi mordo la lingua per non urlare. Utilizza prodotti ricavati da erbe medicinali, che bruciano tantissimo.
Quando ha finito mi guardo allo specchio: il taglio è abbastanza piccolo, dal dolore che sento avrei detto che fosse più grande. Prendo una ciocca di capelli neri e me la porto davanti al viso, coprendo la guancia ferita. Non mi piace l’idea di dover portare una cicatrice a vita.
‹‹Se la disinfetterai tutti i giorni come ti spiego io, il segno che resterà sarà minimo. E leva quei capelli, rischiano di restare imprigionati nella pelle, una volta che ti si richiuderà. Credimi, non è quello che vorresti.›› mi dice da dietro le spalle. Immediatamente sposto il ciuffo, e mi impongo di non guardare il mio riflesso.
 
Scendo in cucina, dove Odelin, che si è ripresa grazie a dei sali molto profumati, sta chiacchierando amabilmente con Allyn mentre sorseggiano il tè che avevo iniziato a preparare io. Mi da parecchio fastidio come quei due riescano a essere così rilassati dopo quanto è accaduto. Sposto una sedia e mi ci butto sopra, sbattendo la tazza sul tavolo prima di versarmi a mia volta del tè. È ancora tiepido, così avvolgo le mani attorno alla tazza.
Mi schiarisco la gola per attirare l’attenzione di quei due: ‹‹Mi dispiace interrompervi. Però vorrei capire come mai Chanast si sta trasformando in un covo di criminali, e forse Allyn potrebbe darmi una mano, visto che è il suo lavoro.››
Forse sono stata un tantino più acida del dovuto, ma non ho alcuna voglia di scusarmi. Odelin mi sta guardando male, ma mi limito ad ignorarla e fisso negli occhi Allyn cercando di assumere un’espressione accigliata.
‹‹Divertente.›› il ragazzo allarga appena la bocca in un sorriso. La cosa mi irrita notevolmente e per non darlo a vedere inizio a sorseggiare il tè con una lentezza quasi estenuante.
Dopo qualche minuto di silenzio, che il mio orgoglio non mi permette di interrompere, Allyn riprende a parlare: ‹‹Dai, Silene, mica volevo offenderti! Solo che non pensavo fossi così ingenua.››
‹‹Non sono ingenua.›› Odelin si alza e porta le tazze nel lavello, forse per sfuggire all’imminente litigio. Allyn però pare non essere turbato dalle mie parole, perché continua il suo discorso come se io non avessi detto nulla: ‹‹Nel Regno sta avanzando la guerra. Per ora sono coinvolte solo le regioni vicine al confine, e in incidenti simili all’incendio di Chanast. Questo villaggio è uno snodo importante per i commerci e una via privilegiata per giungere a Undran, città ricca di ogni sorta di mercanzia. Non sarebbe un cattivo territorio da conquistare, non credi?››
Soppeso le sue parole per qualche istante. Effettivamente, la capitale si trova molto più a sud rispetto a Chanast e tra i villaggi di confine è sicuramente uno dei più importanti per le vie di comunicazione. Ma alla sua spiegazione un particolare.
‹‹Tu come lo sai?›› avrei voluto pronunciare questa frase con diffidenza, invece mi esce quasi tremolante, come se fossi alla ricerca di una conferma.
‹‹Silene, non puoi saperlo. Non sei mai uscita dal tuo piccolo mondo fatto di pane caldo, ma io ho viaggiato molto. Non sono l’unico a pensarla così e gli eventi recenti lo confermano. ››
Immagino che abbia ragione, ma il modo in cui mi sottovaluta è un duro colpo alla mia autostima.
 
‹‹Non riesci a dormire, non è vero?›› Odelin si rigira tra le coperte e si volta nella mia direzione.
Mi metto seduta: ‹‹Scusami, non volevo svegliarti.››
Odelin mi imita, e viene a sedersi accanto a me: ‹‹Silene, ci conosciamo da una vita ormai. Cosa c’è che non va?››
‹‹Tutto.›› mi limito a dire scrollando le spalle. Ma quando Odelin fissa i suoi occhi nei miei non posso trattenere un’amara risata.
‹‹Non voglio credere che ciò che ha detto oggi Allyn sia vero.››
Lei sospira, e assume un’espressione che non le avevo mai visto prima, un misto di terrore e preoccupazione: ‹‹Silene, io non ci capisco più niente. Chanast sarà anche un’importante via di comunicazione, ma essendo un piccolo villaggio del nord di informazioni arrivano giusto le più importanti.››
‹‹Questo lo so anch’io. Ma perché devono attaccare proprio adesso?›› sto alzando la voce, ma non riesco a calmarmi.
Odelin, che di solito si arrabbia quando inizio a urlare durante una discussione, si limita a sospirare nuovamente: ‹‹Forse per via dell’imminente incoronazione del principe.››
Il principe. A quel dettaglio non avevo pensato. Un ragazzo che ha da poco raggiunto la maggiore età per quanto maturo e ben istruito possa essere manca sicuramente d’esperienza. E per quanto poco io ne sappia di conflitti riesco a capire che non deve essere facile portarne avanti uno.
‹‹Quando verrà incoronato re?›› chiedo, riscossa dall’entusiasmo di aver compreso almeno in parte la situazione.
Odelin inizia a contare sulle dita, poi mi risponde: ‹‹Tra due mesi. Credo.››
‹‹Perfetto. Abbiamo tutto il tempo per allontanarci dal confine, allora.››
 
Prepariamo delle bisacce che poi mettiamo in un sacco. Abbiamo avvisato Allyn della nostra decisione, e lui ha acconsentito per partire domattina.
‹‹In un villaggio non lontano abitano degli amici di mia madre. Potrebbero aiutarci nella prima parte del viaggio.›› ci ha informato Odelin, e la cosa mi ha un pochino rassicurato. Se il villaggio in cui abitano loro risultasse essere meno esposto di Chanast potremmo rimanere li fin quando non si calmeranno le acque e comunicare periodicamente con le nostre madri.
 
Prima di partire passiamo alla locanda in cui si trova Loeane. Ora sta molto meglio, ma non le è ancora stato permesso di tornare a casa, poiché a volte il dolore alla schiena ritorna e in quei momenti ha difficoltà anche per le azioni più semplici.
‹‹Sicura che io posso partire, lasciandoti qui da sola?›› le chiedo, abbracciandola con le lacrime agli occhi. Salutarla mi fa male, anche se ci siamo promesse che starò via solo pochi mesi.
Lei mi stringe ancora più forte: ‹‹Stai tranquilla. Quando mi lasceranno uscire andrò per un po' a casa di Nirea, puoi stare tranquilla.››
‹‹Ma perché vuoi che me ne vada? Specialmente adesso che avresti bisogno di aiuto.›› le chiedo, direttamente. Mi è già stato detto che Chanast potrebbe essere un bersaglio facile per i nemici, ma sento che sotto c'è dell'altro.
Loeane sospira, mi mette le mani sulle spalle e mi fissa negli occhi. Vedo che sta facendo il possibile per trattenere le lacrime, ma due grossi goccioloni iniziano a solcarle le guance: ‹‹Io ti voglio bene, Silene, e non voglio che ti accada nulla. Dimmi, è sbagliato per una madre pensare questo?››
 
Ci incamminiamo verso est, sul sentiero principale, in direzione opposta rispetto al deserto. Non mi volto verso Chanast, e noto che nemmeno Odelin lo fa. Vorrei provare a dire qualcosa, forse per più per confortare me stessa che lei, ma non riesco a pensare a nessuna frase che non sembri fuori luogo. Perciò mi limito a restare in silenzio, e sono felice del fatto che anche i miei compagni di viaggio seguano il mio esempio.


Note dell'autrice
Ciao!
In questa storia non mi ero ancora fatta sentire, per vari motivi. In realtà il materiale è ancora poco e i miei commenti potrebbero essere fuori luogo. ^^'
Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, ma gli esami non mi danno tregua. Questo capitolo lo avevo quasi pronto da un sacco di tempo, mancavano giusto un paio di paragrafi.

Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo la storia, quelli che lasciano costantemente le loro recensioni ma anche quelli che si limitano a leggere! ^^

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