Onore ai vivi

di Vale_q
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una chiamata importante ***
Capitolo 2: *** Ordini del re ***
Capitolo 3: *** Il prezzo di un'anima ***
Capitolo 4: *** Un ricordo ancora troppo vivo ***



Capitolo 1
*** Una chiamata importante ***


Il corridoio era scarsamente illuminato; solo qualche torcia posta sulle pareti di pietra dava l’impressione di non percorrere gli antri di una prigione piuttosto che l’ala di un castello.
Lyon si chiese chi mai avesse posto gli appartamenti dei consiglieri in quel posto così lugubre. A lui non importava: da anni viveva nelle caserme reali ed era abituato a condividere il suo letto striminzito con altrettante spie, soldati, che fossero ricoperti di sudore e fango o che si fossero lavati con l’ultimo unguento comprato al mercato di Villores, che fossero piccoli di statura o così pesanti da deformare la paglia sotto il velo di seta. Ma non credeva che i consiglieri, abituati a condurre una vita agiata sin da quando era stata istituita la loro carica, trovassero confortevoli stanze dalle quali il solo sbirciare attraverso le serrature di notte provocava un senso di angoscia.
Percorse il corridoio quasi interamente e si fermò solo sulla soglia della penultima porta; un legno scuro, di ciliegio, come di quelli pregiati che aveva visto solo a Meridia, su cui batté il pugno per due volte. Due colpi molto brevi.
Una voce rauca lo invitò ad entrare. Ne dedusse che la porta non era stata sbarrata.
La aprì e fu subito investito da un forte odore di incenso: arricciò la punta del naso come riflesso, e nell’inspirare fu colto da un pizzicore alla gola che lo costrinse a tossire più volte.
Era terribilmente infastidito dalla quantità di fumo sprigionata dalla resina e non capiva perché il consigliere Nestor ne facesse così largo uso.
Sperò, per questo, che gli riferisse velocemente ciò per cui lo aveva fatto svegliare e poi chiamare nel cuore della notte e che gli permettesse di lasciare quegli appartamenti il prima possibile.
Avanzò e subito lo sguardo cadde sul braciere in cui ardeva l’incenso, custodito, quasi gelosamente, su un tavolino basso, situato proprio di fronte ad una cassapanca.
Il letto a baldacchino non ancora disfatto, ma adornato di stoffe dalle fantasie più disparate, eccentriche come quelle intessute a Garay; le ombre prodotte dall’oscillare delle fiamme delle candele giocavano a rincorrersi sulle pareti di pietra e intanto il consigliere sedeva al suo scrittoio, stringendo fra le mani un calice d’argento. 
“Consigliere Nestor,” chinò il capo.
“Lyon, non credevo vi sareste sbrigato così velocemente…”
“Le caserme non sono poi così lontane dal palazzo,” accennò ironico, increspando leggermente le labbra.
E il più anziano gli rispose allo stesso modo, con un sorrisetto appena visibile.
“Spero che l’aroma dell’incenso non vi provochi troppo fastidio,” aggiunse poi, un po’ insicuro, mentre gli faceva cenno di accomodarsi.
“Nessun fastidio, Consigliere,” si affrettò a negare Lyon.
Sul volto dell’uomo comparve un altro sorriso, evidentemente di cortesia.
Lyon si accostò allo scrittoio e fece spazio sulla sua superfice accumulando una serie di pergamene da un solo lato; piantò i palmi sul legno e si ritrovò ad incrociare dall’alto lo sguardo dell’uomo più anziano. Tirò un sospiro e introdusse il discorso.
“Suppongo che data l’urgenza con cui avete ordinato di farmi svegliare io debba lasciare al più presto le vostre stanze,” disse Lyon senza troppi preamboli.
Le labbra del consigliere si dischiusero appena e poi il capo si piegò in cenno d’assenso.
“E’ così, avete supposto bene,” le mani si dispersero sullo scrittoio a riordinare le pergamene che Lyon aveva disordinatamente sparso sul legno, “vedete, ciò che per sto per dirvi dovrà rimanere un segreto fra me, voi e re Sindel,” aggiunse puntando i suoi occhi azzurri nuovamente sul giovane.
Re Sindel… Lyon non aveva mai lavorato per conto del re. Per Nestor, o per gli altri consiglieri più anziani, molteplici volte; ma per il re mai.
“E’ quindi Sua Maestà che vi manda a dirmi questo… segreto?” chiese in tono leggermente spavaldo.
“In persona. Ma lasciate che vi spieghi,” l’uomo fece forza sulle sue braccia, risistemandosi sulla sedia e schiarendo la voce, “pochi giorni fa una delle dame della regina ha dato alla luce un bambino, un maschio.”
“Ebbene?” incalzò Lyon, accigliandosi.
“Ebbene,” rimarcò il consigliere, accompagnando la parola con un gesto deciso del capo, “tale dama  non ha un marito, quindi il bambino è un bastardo. Ora, sapete che le nostre leggi ci impongono di condannare a morte sia la donna che suo figlio e non avremmo problemi a farlo se solo… se solo egli non fosse figlio del re” concluse.
Le labbra di Lyon si schiusero in un’espressione che lasciava trasparire tutto il suo stupore.
“Il re  ha un bastardo?” chiese dubbioso.
Non poteva credere che re Sindel fosse stato così incosciente. Da secoli, ogni nobile o contadino che fosse, sapeva che il generare bastardi era proibito dalla legge e la punizione per tale atto era la morte del bambino. E il contrariare tale legge da parte del sovrano non costituiva di certo un buon esempio per il popolo o per il paese intero. Inoltre, era facile sbarazzarsi del bastardo di una mendicante, di un mercante o di una lady; non era così scandaloso come quello di un reale. Ma essere nei panni di chi governava la terra di Ardelia ed avere un bastardo nelle quali vene scorreva sangue reale, poteva costituire un problema molto più grosso.
“Per l’esattezza, Lyon,” annuì calmo l’anziano.
“Posso solo immaginare quale sia il problema.”
“E io credo che stiate immaginando correttamente: il re non vuole consegnarlo alla morte. E’ un maschio, e capite che nemmeno la legittimità della principessa Zara può nulla nella mente di un uomo che ha una sola erede, e per di più donna,” riprese a spiegare, gesticolando, “tuttavia, sono riuscito a convincerlo che per il bene suo e del bambino è meglio che della dama non si sappia più nulla. È uno scandalo che il bastardo resti vivo, che cresca a corte come ha deciso il re, che… venga educato come la principessa Zara. La morte della donna sarà un giusto contrappeso a tutto questo. La giustizia e la legalità devono essere rispettate e sia io che il consiglio non abbiamo intenzione di venire meno alle leggi… Il re ha accettato, sebbene mi sia sembrato alquanto restio alla decisione,” si rilassò sulla sedia.
“E voi volete che me ne occupi io,” puntualizzò Lyon.
“Per l’esattezza. Voglio che vi sbarazziate della dama, che il suo corpo scompaia, ma soprattutto che nessuno vi veda. Trovate un modo, una scusa per portarla fuori dalle mura e fatene ciò che volete. Lei non sa cosa la aspetta.”
“Dove si trova in questo momento?”
“In uno degli appartamenti reali. Il parto non è stato dei più semplici e la tengono a riposo.”
Lyon sollevo i palmi dallo scrittoio e si accomodò su una sedia, proprio di fronte al consigliere.
“Come posso essere sicuro che, se accetto, la mia testa rimarrà saldata al collo?” chiese.
Non avrebbe avuto problemi a svolgere ciò che il vecchio gli aveva chiesto, ma temeva che un pentimento del re o qualsiasi altro capriccio decisionale da parte del consiglio, avrebbe messo in pericolo la sua vita; e non voleva fare compagnia alla dama della regina, non lui che si limitava ad eseguire gli ordini che provenivano dall’alto; per quanto fossero obiettivamente poco nobili. Perché, anche se la legge condannava l’aver dato alla luce un figlio illegittimo, lui non aveva mai trovato questa decisione come giusta. Un figlio bastardo, se controllato, non poteva nuocere a nessuno. E se maschio, anzi, non portava che beneficio in una famiglia; di contadini o nobili che fosse.
“E’ il re in persona a chiedermi di occuparmene. E in ogni caso avete la mia protezione e quella di tutto il consiglio, semmai re Sindel cominciasse a disperarsi come una donnina,” la voce dell’uomo era pacata, rassicurante a tratti, pensò Lyon.
Decise di fidarsi, ma solo ad una condizione.
“Il compenso, voglio il doppio dei korin,” ribatté Lyon.
Sul volto dell’anziano comparve una smorfia, come qualcuno che stia per perdere le staffe; smorfia che si sciolse in un sospiro.
Guardò Lyon prendendo a tamburellare con le dita sullo scrittoio. “Va bene, il doppio. Ve ne consegnerò trenta in questo momento, e il resto quando mi avrete portato una prova che la donna non potrà più camminare per le vie di Lieres” concluse il consigliere.
 “In tal caso, posso assicurarvi che non saprete più nulla di lei” sorrise beffardo Lyon.
Osservò la mano dell’uomo frugare in un cassetto dello scrittoio e poi porgergli davanti un sacchetto di iuta. In quell’attimo si udì solo il tintinnare delle monete.
“Vi raccomando discrezione, come vi ho anticipato,” scattò in piedi l’anziano.
“Ho sempre portato a termine tutto ciò che mi avete chiesto; non fallirò per qualcosa di così semplice,” disse il ragazzo, passando una mano fra i suoi capelli biondi.
La risposta di Nestor fu un ennesimo sorrisetto poco convinto.
Gli occhi di Lyon lo seguirono mentre lasciava la sua postazione e si avviava verso la porta per spalancarla e sostarvi accanto.
“Sarà una notte molto lunga per entrambi, e immagino che non abbiate nessuna intenzione di fermarvi nei miei appartamenti a perdere tempo…” un cenno della mano e un tono più puntiglioso accompagnarono quella frase. Lyon ne colse il senso e a passo dondolante e derisorio si avviò alla porta.
“Ma certo, avete ragione, come sempre. Solo un ultimo favore, Consigliere. Il nome della donna?” chiese prima di sparire oltre la soglia.
“Estella.”



 
Salve a tutti! È la prima volta che pubblico su EFP, e spero di aver incuriosito qualcuno ^-^
Ringrazio chiunque voglia soffermarsi ad esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia; accetto qualsiasi tipo di critica, soprattutto se costruttiva :)
Se qualcuno volesse sapere di più della storia, non esitasse a contattarmi per ulteriori informazioni :)

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Capitolo 2
*** Ordini del re ***


Lyon si adagiò con la schiena alla pietra delle pareti. Un brivido percorse il suo corpo, e la sua mente ne fu come ravvivata.
Ogni passo percorso dagli appartamenti di Nestor alla camera dove Lady Estella riposava, aveva visto il nascere e il morire di mille pensieri e soluzioni alla ricerca di un modo per scortare la donna all’esterno del palazzo, ma soprattutto di come poterla convincere a lasciare le sue stanze. In qualsiasi maniera avesse risolto il problema, avrebbe dovuto fare in modo che le sue intenzioni non fossero intese da qualcuno.
Si affacciò nuovamente a sbirciare sul corridoio nel quale era situata la stanza della donna: dal suo angolo poteva scorgere solo un continuo andirivieni di damigelle e servette che portavano teli, acqua, o semplicemente controllavano la situazione di Estella; ciò avrebbe facilitato il suo compito, pensò. Se non vi erano uomini della Guardia Reale a sorvegliare, allora le probabilità che qualcuno si facesse domande si sarebbero ridotte significativamente. Ora  aveva solo bisogno di un modo per introdursi nell’appartamento, poiché, ne era sicuro, non avrebbero mai lasciato passare un uomo. Una donna, invece, era la persona di cui aveva bisogno.
Sgranò gli occhi, e in un lampo un nome soggiunse alla sua mente.
Hélia!
Chiuse un pugno, e a passo sostenuto si avviò verso le stanze di riposo dei servi.
La giovane donna, come tutti coloro che erano addetti alla faccende domestiche, dormiva in un piccolo vano accanto la cucina, in modo da essere sempre disponibile. Normalmente si occupava delle faccende di pulizia, ma in molte circostanze assisteva anche le lady o le nobildonne qualora avessero bisogno di tisane o bevande curative; e non erano rare le volte in cui il medico di corte richiedeva il suo aiuto. Era stata la madre a trasmetterle quelle conoscenze, prima di essere stata costretta a portare la figlia a corte, quando, giacendo con un altro uomo, aveva perso il suo onore. Aveva supplicato in ginocchio re Sindel, chiedendogli il favore di salvarle la vita. Ed Hélia, pur sapendo della nomea che gravava su di lei, non si lasciava intimorire: anzi, aveva approfittato delle conoscenze che la madre le aveva trasmesso, e si era dimostrata una valida risorsa. Era conscia, per questo, di non essere una semplice servetta all’interno della corte di Lieres.
Lyon sperava di trovarla sveglia: voleva evitare di fare baccano o di destare le attenzioni di qualcuno. Fu per questo che, mentre si avvicinava all’ambiente, dosò la sua andatura, diminuendo l’eco che i suoi stivali causavano calpestando il pavimento dei corridoi. In questo, pensò, forse era più agevole percorrere i passaggi degli appartamenti nobiliari, sempre ornati di tappeti.
La porta era semiaperta e si intravedevano i vari cumuli di paglia e lenzuola sul quale dormivano i cuochi e le servette; una sola candela, accompagnata dai raggi lunari che filtravano attraverso la piccola finestrella posta in alto, illuminava scarsamente la stanza. Il buio, però, non ingannava gli occhi di Lyon, i quali, in un rapido sguardo, avevano individuato le rosse chiome di Hélia che si confondevano con la paglia a lei sottostante. Un’immagine curiosa, che lo fece sorridere debolmente.
Per la stanza vi era spazio sufficiente perché il sonno di qualche altra servetta non fosse disturbato. L'uomo poté quindi spostarsi con facilità e avvicinarsi a lei molto agevolmente.
Dormiva su di un fianco, e Lyon non riusciva a scorgerne il volto. Perciò i suoi occhi si spostarono sulla sagoma snella e le braccia affusolate; indugiò per qualche secondo, rapito da quel corpo non ideale, ma ben fatto, al punto da suscitare altri pensieri in lui; dopodiché deglutì e allungò un braccio sulla vita della donna.
“Hélia, Hélia, svegliati!” la incitò sottovoce, gettando nel frattempo un rapido sguardo sulla stanza.
Avvertì il corpo della donna muoversi sotto la sua mano, e un leggero mormorio provenire dalle sue labbra.
“…Lyon?” chiese la donna a palpebre serrate.
“Alzati! Prima che la mia voce svegli il resto della stanza,” le intimò.
Ma ottenne solo un ulteriore lamento di protesta.
“Hélia! Ho bisogno del tuo aiuto… Alzati, ti aspetto fuori,” concluse, distendendo le ginocchia e ripercorrendo la stanza.
Attese sulla soglia della porta per quelli che a lui sembrarono secondi interminabili, e quando se la vide apparire davanti mentre raccoglieva i suoi capelli in una treccia, tirò un sospiro di sollievo.
Il corridoio era poco illuminato, e Lyon a stento poteva cogliere i tratti della donna. Ma la voce ancora piena di sonno e stanchezza, denotava che non aveva per niente gradito la sua visita notturna.
“Allora, per quale motivo mi hai svegliata in piena notte?”
“Ho bisogno che tu collabori con me.”
“Cosa vuoi che faccia questa volta?”, sbuffò la giovane.
“Il vecchio, Nestor, mi ha ordinato di far sparire Lady Estella,” sussurrò l’uomo.
“Lady Estella? La puttana del re?”, lo sguardo di Hélia sembrò ravvivarsi nell’udire il nome della donna.
“Proprio lei. E tu mi aiuterai,” annuì.
“No. Non posso aiutarti; non voglio immischiarmi nelle tue… uccisioni. Cosa credi? Sono una serva, non una come te, sempre salvo perché conosce tutti quei Lord e nobili. La mia testa è più in pericolo della tua,” si impettì la ragazza.
“La mia testa è più a rischio della tua ogni giorno e a qualsiasi ora, considerato quello che faccio per avere un po’ di pane. Ma questa volta il vecchio mi ha assicurato che l’unica persona a perdere la vita sarà quella donna. E inoltre…”, spezzò le parole per frugare all’interno del suo farsetto ocra: se avesse condiviso una parte della ricompensa con Hélia, l’avrebbe convinta più facilmente a collaborare; sapeva quanto ,anche solo pochi korin, potessero cambiare la giornata di una servetta.
Estrasse dal sacchetto di iuta tre monete e le mostrò alla ragazza il quale sguardo fu subito attirato dallo scintillio dei raggi lunari che si rifletteva sui gingilli dorati.
La sua mano si allungò verso quella di Lyon, ma lui velocemente la ritrasse, incrociando gli occhi della donna con un’espressione maliziosa quando lei alzò il capo.
“Saranno tuoi, sì, ma solo quando mi avrai concesso il tuo aiuto.”
“Dimmi cosa devo fare,” disse impaziente.
“Devi introdurti negli appartamenti reali: è lì che hanno sistemato la donna; si sta riprendendo dal parto, ma a noi non interessa. Davanti la porta, serve e lady vanno e vengono di continuo, controllano la situazione; e per questo motivo sei l’unica che mi può aiutare. Fingi di consegnare qualche… infuso dei tuoi a Lady Estella, e poi inventa una bugia per condurla qui nelle cucine. Io ti aspetterò, e quando me la consegnerai la porterò fuori attraverso le vie secondarie.”
“E per gli déi, cosa dovrei inventarmi per convincerla a lasciare il suo bel letto di piume e scendere qui nelle cucine?”
Lyon si zittì: quello era un dettaglio a cui non aveva ancora pensato.
Nella sua mente si materializzarono mille e una idee, ma nessuna sembrava funzionare: non vi era lady tanto stupida da poter compiere un’azione del genere, in effetti. Tanto più non lo sarebbe stata la puttana del re, abituata a tutti i privilegi  che le spettavano, pensò.
Ma se l’ordine fosse provenuto dal sovrano in persona… Rivolgersi a lui sarebbe stato difficile a quell’ora, ma il vecchio, Nestor, era ancora lì nei suoi appartamenti affumicati dall’incenso, ad attendere che Lyon portasse buone notizie. Ed era proprio del suo aiuto che aveva bisogno.
“Tu…tu prepara il tuo intruglio, io mi procurerò un motivo per convincere quella povera donna a seguirti. Non ci metterò molto,” gesticolò il ragazzo, guardando oltre Hélia.
“Come vuoi,” lo liquidò lei inarcando un sopracciglio, “ti aspetto qui?”
“Certo, sarò di ritorno tra un po’.”
 
 
 



La brezza che dal mare risaliva per le vie e i palazzi di Lieres non mancava di infiltrarsi lungo i corridoi della corte. Brevi folate colpivano i ciuffi spettinati di Lyon, mentre percorreva quegli androni come ogni altro giorno. Nella mano recava la lettera che Nestor aveva scritto pochi minuti prima;
aveva dovuto discuterne un bel po’ prima di convincerlo che era la cosa migliore: ‘usare il nome del re senza il suo consenso va contro la legge’ gli aveva ripetuto il vecchio con quella sua parlata cantilenante; ma Lyon aveva giustamente replicato che l’unica a sapere di quella violazione sarebbe stata Lady Estella, e il suo corpo, donato al suolo in poche ore, avrebbe taciuto come ogni altro morto.
Non restava che consegnarla ad Hélia e dirle di accompagnarla alla tisana che stava preparando.
A grandi falcate, perciò, Lyon si avvicinò nuovamente alle cucine, e quando vi fu nelle prossimità ridusse l’intensità del passo.
Si affacciò, poi, in quel cunicolo da cui ogni giorno venivano sfornate pietanze in grado di deliziare i palati più pretenziosi, e con lo sguardò indagò per cercare Hélia: la ragazza sedeva in un angolo, mentre addentava una mela. Sul tavolo, proprio di fronte a lei, un vassoio e una tazza fumante.
Lyon le si avvicinò contraendo un sopracciglio e sventolando davanti a sé la lettera.
“Era ora! La tisana sarà ghiaccio tra poco,” disse la donna masticando il frutto.
“Ho dovuto convincere il vecchio,” sospirò Lyon, leggermente spazientito dal tono sarcastico di Hélia, “e ha scritto questa lettera: reca il sigillo reale e invita lady Estella a vedersi nelle cucine di nascosto. La donna crederà che sia re Sindel ad avergliela inviata; o meglio, tu glielo farai credere, portandogliela con la tisana e dicendole che è stato il sovrano in persona ad incaricarti. È semplice.”
La donna ravvivò le sue chiome rosse e annuì con sufficienza.
“Ti aspetterò fuori. Quando mi avrai portato la donna, non avrai più nulla a che fare con questa situazione. Ma… solo a condizione che tutto proceda come ti ho spiegato.”
Lei si alzò, abbandonando non curante la mela sulla superficie di legno e afferrando il vassoio d’argento, sul quale, intanto, Lyon aveva posto la lettera.
“Come tu dici…” si avviò dondolante verso l’uscita.
Lyon la seguì con lo sguardo e quando fu sparita oltre la soglia della porta prese la direzione opposta alla sua, proseguì per una breve scalinata e in breve si ritrovò nel cortile, all’aperto, immerso nella calda brezza della notte. Respirò quell’aria a pieni polmoni e chiuse gli occhi, sperando che Hélia svolgesse al meglio il compito che lui le aveva assegnato.
 
 

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Capitolo 3
*** Il prezzo di un'anima ***


Non era mai stato un uomo molto paziente. Una contraddizione per il modo in cui si guadagnava da vivere.
Nemmeno un sarto aveva bisogno di così tanta calma e di ingegno come quanto ne necessitavano le sue attività: spiare in silenzio senza essere scorto; progettare un’uccisione, i modi in cui la sua vittima dovesse morire, e quanto tempo occorreva perché avvenisse; stabilire con cura  e con meticolosità tutte le fasi di un assassinio o di un furto. Tutto ciò richiedeva grande impegno e sforzo, fisico quanto mentale. E l’attesa, in questo, si dimostrava la parte più logorante di tutto il lavoro: se nelle altre fasi vi era bisogno di mantenere la mente lucida, di ricorrere ad azioni, che fossero il piantare un pugnale nella schiena di un uomo o sottrargli degli importanti documenti, o di spostarsi da un luogo, da un angolo o da un anfratto all’altro, aspettare un momento esatto o che la situazione si evolvesse risultava la parte più difficile da gestire.
Sbuffò, per l’ennesima volta dal momento in cui si era separato da Hélia, e ritornò a fissare gli alberi da frutto che decoravano il cortile.
In quel frangente l’unica forma di vita era costituita dalle foglie di aranci, albicocchi, gelsi e nespoli che si muovevano ad intervalli regolari, accompagnati dalla brezza notturna.
E, dopo che li ebbe osservati ancora, quasi vi fosse rimasto qualcosa di interessante da scoprire nel loro perpetuo ondeggiare, diresse il capo alla porticina che affacciava sulle cucine: ancora buio e silenzio, niente dava segno di un cambiamento.
Lyon cominciò ad avvertire il peso dell’ansia e si ripromise che, se entro un paio di minuti Hélia e Lady Estella non si sarebbero fatte vive, sarebbe andato lui di persona a controllare. Lo sfiorò anche l’assurdo pensiero di ucciderla nei suoi stessi appartamenti, in caso di necessità. Ma, scrollando il capo, si rese immediatamente conto dell’idiozia che la sua mente aveva formulato.
Una dea, Hélia, le preghiere di Nestor o il volere del re sembravano averlo ascoltato, poiché non passarono che pochi attimi e sulla soglia della porta comparve una donna; la sua figura era ammantata dal buio della notte, ma la vista di Lyon non faticò nel metterla a fuoco: il corpo era ricoperto da una veste bianca, lino di Garay, forse un regalo del re, e sulle spalle era posata una mantella; i capelli, fluenti e di un castano molto chiaro, scivolavano liberamente sulla schiena, mentre il venticello ne smuoveva qualche ciocca; gli occhi, anch’essi castani, si muovevano da una parte all’altra, quasi in maniera frenetica: forse cercavano il re di cui la donna conosceva bene il volto, o forse non era mai stata lì e si stavano chiedendo che luogo fosse, in quale ala del castello l’avesse portata.
Le sue pupille agitate trovarono pace quando dietro di lei apparve Hélia. Ella le sorrideva e forse quello stesso gesto, che Lyon sapeva essere più ingannatore che spontaneo, indusse la lady a percorrere i gradini che la separavano dal centro del cortile e, di conseguenza, dalla spia.
Ancora più smarrita, si strinse nella sua mantella, voltandosi lentamente, quasi impaurita. Poi interruppe il silenzio cercando una risposta nello sguardo di Hélia, l’unica cosa che, fino a quel momento, poteva avere per lei una parvenza di sicurezza e fiducia.
“Gentile donna, sai dirmi se Re Sindel ti ha precisato il momento in cui avrebbe voluto vedermi?”
Hélia, che nel frattempo  stava massaggiando le sue braccia scoperte, come a voler trovare del ristoro da quel venticello notturno, aveva appena schiuse le labbra per replicare alla lady, quando Lyon ebbe l’idea di precederla. Egli, infatti, avvicinatosi a lei, prese le sue mani fra le sue, incurante del volere della donna. Lady Estella accolse tale gesto con un fremito.
“Concedetemi di esaudire la vostra richiesta, Lady Estella. Re Sindel ha affidato a me il compito di scortarvi da lui. Egli non può essere qui ora, ma mi ha assicurato che vi incontrerà fuori dalle mura,” le disse nel modo più dolce che conosceva. Voleva sembrarle rassicurante, cosicché nemmeno una parola avesse indotto la lady nel dubbio.
“Questo… è molto strano: il re mi ha espressamente impedito di lasciare le mura. Vuole che io riposi e che stia al sicuro in questo momento così… delicato. E poi chi siete voi che recate le sue parole?”, chiese la donna in un’espressione di smarrimento, i grandi occhi castani spalancati.
Lyon non esitò a ricomporsi, quasi volesse darsi un’importanza maggiore di quella che aveva nei confronti della lady quanto in quelli della società di Lieres.
“Un tempo ero un… cavaliere. Ora servo Sua Maestà e il Consigliere Nestor. Conoscete il consigliere, mia lady?”, le disse accennando un sorriso.
Lyon non era mai stato un cavaliere, ma quella scusa così improvvisata gli era sembrata la soluzione più convincente per indurre Lady Estella a seguirlo: una donna sola e indifesa si sarebbe sicuramente fidata di un cavaliere e del rigido codice a cui egli doveva attenersi.
“Nestor, sì. Egli è il più fidato consigliere di Re Sindel. E il vostro nome, sir, se mi è concesso chiedere?”
La domanda fu formulata con tono più sereno, e Lyon ne fu soddisfatto.
“Potete chiamarmi semplicemente Sir Lyon. Potrete chiedere al re, Lady Estella, quando lo avremo raggiunto: vi dirà che ho brandito la spada per lui ogni volta che ha lasciato Lieres e si è avventurato in battute di caccia o si è recato a far visita ai Lord di Ardelia. Ero con lui per garantire che ritornasse a corte sano e salvo,” le disse. Era quasi divertito mentre sciorinava quei falsi resoconti di tutte le nobili intenzioni che aveva avuto nei confronti del suo re.
“La vostra fedeltà è meritevole di elogi, Sir Lyon!”
“Vi sono grato di tali parole, Lady Estella. Lo è quasi quanto la vostra dedizione nei confronti del re. Re che, vi ricordo, attende di vedervi. Mi lascereste accompagnarvi? Vi farò strada fino alle mura.”
Lady Estella si voltò ancora a quelle parole: i suoi occhi vollero ad ogni costo incrociare quelli di Hélia, l’unica àncora a cui, in quel momento, si sarebbe aggrappata per decidere quale fosse la via da imboccare.
Lyon non seppe spiegarsi quel gesto, ma a lui fu sufficiente il successivo cenno di assenso che la donna gli rivolse. Si fidava, era pronta a seguirlo. Così, egli, facendosi da parte, lasciò che fosse la lady a compiere i primi passi.
Prima di seguirla, però, ebbe anche lui l’istinto di rivolgere un ultimo sguardo alla giovane donna. E trovò Hélia di nuovo pronta ad accogliere quell’incontro.
Era bella, sotto la luce dei raggi lunari. Una manica della sua veste, quasi logora ai bordi, era ricaduta sul braccio, facendo sì che la sua spalla fosse completamente nuda. E quel lampo, quell’attimo, in cui gli occhi di Lyon caddero su quel particolare, fu ciò che indusse in lui il desiderio di darle un bacio e assaggiare le sue labbra quando tutto sarebbe finito. Se lo promise.
Il cortile era solo un preludio di tutta la bellezza che caratterizzava i giardini: seppur dormienti in quel momento, nelle ore diurne, file di alberi in fiore, di tigli, querce rosse e pruni creavano uno spettacolo di colori. Chiunque avesse ammirato i giardini di Lieres avrebbe detto che l’inverno fosse solo una leggenda.
Attraverso di essi si districava una sottile lastra di pietra su cui stivali e scarpette da lady posavano i loro passi ogni giorno. E, nel percorrerla, Lyon fu colto da un’immagine, un pensiero: si chiese quante volte la donna che in quel momento avanzava al suo fianco avesse percorso quei viali in compagnia del suo re, quante speranze avesse covato in quei frangenti e quante volte avessero dovuto celare i loro reciproci sguardi a tutti coloro che li osservavano.
La guardò e non poté celare la punta di compassione che era comparsa nei suoi occhi. Deglutì, poi, nel tentativo di scacciarla.
Il viale lastricato si inoltrava fino ai confini delle mura del castello, dove vi era il grande portone di legno che da secoli separava la fortezza dalla città.
Lyon era calmo, sapeva già che presentando i documenti fornitigli da Nestor non avrebbe dovuto dare spiegazioni né tantomeno far sapere alla Guardia Reale, che sostava in quel punto a tutte le ore del giorno, perché Lady Estella fosse con lui.
E come aveva previsto, gli sguardi sospettosi degli uomini in armatura si rilassarono quando Lyon gli consegnò il permesso. Il sigillo di Nestor e quello del re erano sempre stati la soluzione a tutti i problemi di questo tipo.
Entrambi sgattaiolarono via, e quando finalmente davanti agli occhi di Lyon comparve la città, egli si sentì libero: le sue case bianche, le sue strade, gli anfratti, gli angoli più luminosi e quelli più bui, i tetti consumati dalla pioggia, la confusione nelle vie del mercato, le vie strette e soffocate da cattivi odori, da mendicanti, quelle ampie e pulite, percorse da mercanti e ornate di cespugli in fiore, il profumo di salsedine e il frangersi delle onde contro le navi; tutto questo Lyon lo conosceva bene, vi era cresciuto. Era il suo pane quotidiano, il labirinto in cui si muoveva; luce e ombra, strade e cunicoli, conosceva ogni segreto della città e di questo si faceva forte.
Si addentrarono per le strade di Lieres dove non si udiva che lo stridere dei grilli o qualche passo in lontananza. La ronda notturna, pensò Lyon.
E Lady Estella, nel frattempo, osservava l’ambiente che si parava davanti ai suoi occhi con attenzione, con curiosità e stupore: era la prima volta, probabilmente, che percorreva le vie della città. Di norma, infatti, alle nobildonne non era concesso di allontanarsi se non per motivi estremamente importanti.
E così le case di pietra bianca, i giardini ornati di petunie, ortensie e alberi da frutto, le abitazioni erette su più livelli, tutto scorreva davanti ai suoi occhi come qualcosa di speciale.
I suoi occhi incuriositi non ebbero pace nemmeno quando si inoltrarono nella parte meno ricca della città: anche le case di legno, marcio e decadente, le travi consumate, i cattivi odori, le vie strette ed irregolari riuscirono a dimostrarsi qualcosa di nuovo e interessante.
E quando si avvicinarono al porto, lì dove vi erano le porte della città, il suono delle onde, la tranquillità del mare la affascinò a tal punto che Lyon, notando la meraviglia che traspariva dai suoi occhi, un po’ se ne dispiacque quando, consegnati gli ennesimi documenti alla Guardia Cittadina, dovettero oltrepassare le grandi porte di Lieres e ritrovarsi nelle campagne circostanti.
Lì vi erano solo silenzio e polvere.
Ed ora che erano soli, con la luna come unica testimone e spettatrice delle loro azioni, tutto cominciava ad assumere un aspetto diverso.
La luna e le deserte strade avrebbero custodito il segreto di Lyon; quel brutale segreto verso il quale la legge di Ardelia non ammetteva sconti o scuse. La terra, silenziosa, avrebbe accolto il corpo di Estella e ne avrebbe asciugato il sangue. E il giorno dopo nessuno, nessuno se non la polvere e il cuore del re, avrebbe saputo di ciò che era accaduto.
I passi procedevano spediti e Lyon guardava sempre più insistentemente la donna: aveva il timore che prima o poi gli avrebbe chiesto cosa stesse accadendo e perché di Re Sindel non vi fosse traccia. E, per quanto sperasse nel contrario, quel suo timore non si materializzò che pochi minuti dopo, quando la donna gli rivolse uno sguardo.
“Le mura sono sempre più lontane sir Lyon, e non scorgo la figura del re. Qui fuori c’è così tanto freddo… forse Sua Maestà ha avuto un imprevisto ed è a corte... sarebbe meglio tornare lì.”
La donna era sul punto di voltarsi, forse per invogliare la spia a riaccompagnarla; e Lyon, vedendola così poco propensa a restare, agì istintivamente afferrandole un braccio: se si fosse messa a correre non avrebbe più avuto la possibilità di prenderla.
A quel gesto la donna trasalì, i suoi occhi spalancati.
“Sir Lyon, io… devo andare,” replicò velocemente; la voce insicura, quasi tremante. E nel dirlo tentò di dimenarsi da quella presa.
Aveva compreso. Si era resa conto che non c’era davvero nessun re ad attenderla e che quello non era altro che un tentativo di raggirarla.
Lyon strinse di più sul braccio della lady e la attirò a sé, lì, contro il suo petto. Estella si agitava, provava in tutti i modi a liberarsi, ma era una donna minuta e indebolita dal parto.
La sua ribellione ebbe vita breve, e in qualche attimo non le restò che crollare sulle gambe. Le ginocchia intrise di polvere.
L’uomo, invece, mantenne la presa su di lei: poteva avvertire il suo respiro sulle mani, e poi il petto sollevarsi, i sospiri di ansia trasformarsi in pianto. Una, due, tre lacrime, sempre più silenziose, crearono un rivolo sulla sua mano. La donna sembrava essersi arresa al suo destino.
“Il re non voleva incontrarvi, Lady Estella. Lui e il Consigliere Nestor mi hanno ordinato di porre fine alla vostra vita,” le disse con tono greve.
La giovane donna scosse leggermente il capo, quasi volesse negare l’affermazione della spia.
E Lyon di tutta risposta allentò la  pressione, lasciandola completamente libera: non voleva privarla del diritto di pronunciare quelle che erano le sue ultime frasi nel modo più onorevole possibile.
“Questo è impossibile… io ho dato un figlio al re, un figlio maschio! Lui aveva promesso che non mi sarebbe accaduto nulla…”, le lacrime intralciavano le sue parole.
“Credetemi, questa non è una menzogna. Il re è stato obbligato dai suoi consiglieri e dal dovere che ha nei confronti del suo regno. Non vorrebbe vedervi qui,” aggiunse Lyon.
Normalmente non avrebbe perso tempo a dare spiegazioni all’obiettivo del suo incarico, ma in cuor suo sentiva che quella donna così sfortunata aveva bisogno di un motivo, di una giustificazione, di sapere come realmente stessero le cose. Il pensiero che il re la amava, la amava davvero, l’avrebbe aiutata a rendere il suo destino meno amaro.
La donna non replicò, si perse soltanto nei suoi singhiozzi. Le mani agli occhi, per asciugare le lacrime.
Lyon, che intanto aveva estratto il suo fedele pugnale dal fodero, ed era pronto ad incidere la pelle delicata del suo collo, si ergeva su di lei come un dio, come l’unico uomo che avrebbe deciso la sua sorte. E, da quella prospettiva, cominciò ad osservarla in maniera differente: d’un tratto gli apparve così sola ed indifesa, in balia delle decisioni di altri. Sentì che non poteva porre fine alla sua vita senza aspettare che lei fosse pronta a donargliela.
E così attese, qualche attimo o minuto, non seppe dirlo, finché, nel silenzio di quella notte, non si levò la voce della donna, flebile. Il pianto si era placato, ma lo sguardo e il capo erano ancora chinati sul terreno polveroso.
“Cosa ne sarà di mio figlio Aidan? Il re romperà anche tutte le promesse che lo riguardano?”, chiese Estella, infine.
“Il re vede vostro figlio come un principe, e come tale sarà tenuto a corte ed educato; è stato il Consigliere Nestor a garantirmelo,” rispose Lyon.
La donna annuì con un movimento lento del capo, quasi ripetitivo, e dopo qualche attimo di silenzio riprese a piangere, senza lacrime, solo abbandonandosi agli spasimi.
Lyon la osservava distruggersi nel suo dolore, attimo dopo attimo: sapeva che il sangue sarebbe dovuto sgorgare dal suo collo da una buona manciata di minuti, ma c’era qualcosa in lei, nel suo essere così indifesa, che stava trattenendo la sua mano dal compiere un omicidio.
Ancora, la ascoltava singhiozzare “il mio bambino”, “il mio povero Aidan” e non poteva provare che compassione, una tenera compassione verso quella donna che aveva già perso tutto e ora si ritrovava a dover piangere la sorte del suo figlio appena nato; un bastardo solo per il regno per cui abitava, ma non per lui.
E fu in quel preciso momento che si chiese se davvero Lady Estella meritasse di morire. Non aveva forse già scontato in quel modo la sua colpa? Non era forse degna di un’altra possibilità? Di redimersi, di trovare un’altra via? Che fosse in un villaggio di contadini o come l’amante di un lord?
Lyon aveva deciso.
La sua lama si mosse, un colpo argenteo sotto i raggi della luna. E l’attimo dopo fra le sue mani vi era una ciocca di capelli.
Estella si voltò, le sue labbra dischiuse e lo sguardo verso gli occhi di Lyon.
Ma lui non vi badò; si preoccupò invece di estrarre da una tasca il sacchettino di iuta contenente i korin che Nestor gli aveva dato come parte della ricompensa per l’omicidio.
Afferrò, poi, una mano della donna e lo ripose sul suo palmo.
“Qui vi sono trenta korin, Lady Estella. Voi meglio di me sapete quante cose sia possibile fare con una tale somma. Prendeteli, sono vostri. Cercate una locanda, acquistate una cavalcatura e fuggite: oltrepassate i confini del regno, dirigetevi a Kylios, Norham, ovunque voi vogliate, ma non restate ad Ardelia. E’ terra di morte questa, per voi. Vi cercheranno ovunque, pur sapendo che il vostro corpo giace sotto terra immerso nel sangue. Fuggite, questo è l’unico debito che dovete estinguere” le disse Lyon concitato.
La donna lo fissava ad occhi spalancati, il suo volto in preda allo stupore.
Lyon poteva avvertire le sue mani tremare e avrebbe giurato che non fosse solo per la paura, ma anche per quella nuova speranza che aveva appena instillato in lei.
“Fuggite, Lady Estella, cambiate nome. Vi sto dando la possibilità di salvarvi. Non prenderò la vostra vita questa notte. Forza, andate!” la incitò ancora il giovane.
Lady Estella sembrò ridestarsi da quella situazione. Forse ancora non credeva che stesse accadendo, ma il suo corpo bramava la libertà. E così le sue gambe, ancora tremanti di paura, la rimisero in piedi; la mano che stringeva il sacchettino saldata al petto.
“Grazie, grazie, Sir Lyon! Che gli dei vi abbiano in gloria, che possano vegliare sul vostro cammino per quest’azione onorevole. Grazie, grazie”, aveva preso ad ansimare mentre si allontanava a passi lenti.
E tali parole continuava a ripetere mentre spariva nell’ombra della notte.
Lyon la osservò, fino a quando la sua figura non divenne che un punto in confronto all’orizzonte.
Poi si avviò verso la città, stringendo fra le mani quella ciocca castana.
Avrebbe mostrato quella a Nestor, gli avrebbe detto che Estella era morta e giaceva inerme sul polveroso terreno di Ardelia.
Dentro di sé, invece, avrebbe saputo che nessuno, nemmeno gli dei potevano stabilire quale fosse il prezzo di un’anima; un’anima innocente come quella di Lady Estella, la quale colpa era stata amare il suo re e servirlo a costo della vita.

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Capitolo 4
*** Un ricordo ancora troppo vivo ***


Lyon stava lottando con un raggio di sole che, penetrando attraverso l’ampia vetrata delle sue stanze, andava a riflettersi sulle sue palpebre, costringendolo ad abbandonare il riposo in virtù di un nuovo giorno.
E quando finalmente la ebbe vinta, l’uomo aprì gli occhi di scatto, gettando uno sguardo sull’ambiente.
Ammirava i giochi di colore che la luce creava durante le mattine soleggiate, e provava un senso di soddisfazione nello studiare le sue stanze: l’arredamento lussuoso, composto da mobilia in mogano, intarsiata dai più abili artigiani di Lieres; le sue camicie, di puro lino, tutte piegate negli appositi armadi. E il suo gioiello più prezioso, il suo fedele pugnale, riposto in una teca, proprio sullo scrittoio. E poi il letto: il più comodo letto sul quale la sua schiena avesse mai trovato riposo.
I giacigli di paglia delle caserme, il pane secco che riusciva a raccattare girando per le cucine, i suoi abiti scuciti o malandati, i bauli sdruciti o consumati dalle termiti; tutto questo era ormai solo un ricordo.
Quella notte, quell’evento avvenuto solo due anni prima, aveva fatto in modo che tutto fosse cambiato.
Il Consigliere Nestor, infatti, il giorno dopo, aveva informato il re del lavoro che Lyon aveva svolto: gli aveva riferito della totale segretezza dell’omicidio, del modo in cui Lyon aveva risolto la faccenda velocemente e di come tutti presto avrebbero dimenticato Lady Estella; e Re Sindel, forse per ricompensa o semplicemente per garantirsi il silenzio della spia in eterno, aveva concesso a Lyon molti privilegi; privilegi che non sarebbero spettati, normalmente, nemmeno al più facoltoso mercante di Ardelia.
E il giovane uomo, ovviamente, non si era certo tirato indietro quando il sovrano gli aveva concesso delle nuove stanze, una vita più tranquilla e la garanzia di avere la testa sul suo collo fino alla fine dei suoi giorni. In quel momento, gli era sembrato di scorgere un sorriso poco compiaciuto sul volto di Nestor; ma poco gli importava: aveva svolto il suo dovere e meritava una ricompensa.
O meglio, il re credeva lo avesse svolto. Ma anche questo, che il re credesse ad un’illusione o alla reale versione di ciò che era accaduto, si diceva Lyon, non era di certo un suo problema.
Quell’ottima sistemazione, però, non era stata l’unica buona nuova: quella notte, la stessa in cui Lady Estella era fuggita in cerca di una nuova vita, tornato a corte, Lyon aveva portato avanti il suo intento di dare un bacio ad Hélia.
Hélia che  si trovava lì, al suo fianco: Lyon poteva ammirarne il corpo, nudo, avvolto tra i lembi delle lenzuola; e poteva sfiorarlo, carezzarne i contorni, far scivolare un dito lungo la schiena della donna.
Il suo corpo aveva sempre desiderato Hélia, sin dal primo momento in cui l’aveva vista, quel giorno di molti anni prima, quando ella non era che da poco divenuta una donna. Si erano incrociati nelle stanze della regina: egli era stato convocato dalla sovrana, per la quale, gli aveva detto, avrebbe dovuto svolgere un importante incarico; ed Hélia era lì, intenta a preparare i sali che avrebbero ammorbidito la pelle della regina durante il suo bagno.
Lyon l’aveva osservata; due piccoli sguardi durante i quali aveva colto i movimenti più caratteristici di Hélia: il suo tormentare di continuo le ciocche ribelli, e le labbra arricciate ogni volta che svolgeva un compito senza particolare entusiasmo.
E quando la regina aveva ordinato alla giovane ragazza di scortarlo dall’altra parte del castello, Lyon non aveva perso tempo, dandole a parlare e tentando un approccio.
E vederla lì, vicino a lui, assonnata, mentre si rigirava fra le coperte mostrandogli il viso ed i seni, non poteva che strappargli un sorriso.
Tutto quell’insieme di situazioni contribuiva a creare il buon umore con cui, ultimamente, si alzava dal letto.
E così era anche quella mattina: abbandonate le coperte, versò dell’acqua nella bacinella; l’acqua gli rinfrescò il viso e l’animo. Ebbe come un sentore che la giornata fosse davvero cominciata nel verso giusto.
Quella sensazione, tuttavia, cominciò a scemare quando, la quiete di quel mattino, accompagnata fino a quel momento solo dal cinguettare dei passeri, si trasformò nel giro di pochi minuti in una grande confusione e mischia di voci: esse si rincorrevano nei corridoi, si alternavano a passi svelti, pesanti, a risate e… pianti.
Nell’accorgersene, Lyon prestò più attenzione a ciò che stava accadendo; e più i minuti passavano, più i rumori divenivano insistenti, tanto che all’uomo sembrò che tutte quelle persone si trovassero lì nella sua stanza.
Persino Hélia si destò dal suo pesante sonno per chiedere a Lyon cosa stesse accadendo o, quanto meno, cosa provocasse tutto quel baccano. Me egli, sfornito di una risposta che potesse soddisfarla, si limitò a sollevare le spalle.
Poi i suoi occhi caddero sulla cassapanca, dove aveva riposto la camicia indossata il giorno prima. Con un gesto veloce la indossò e poi si avviò alla porta.
Come la ebbe aperta, il vociare lo investì ancora più forte: i suoi occhi guizzarono a destra e sinistra, tra le file di serve e l’incedere di lord. Vide lady e paggi andare avanti e dietro, portare con loro pergamene, ceste di cibo, drappi di seta e tessuti di ogni genere. Vide serve procedere in tutta fretta, affaccendarsi per arrivare il prima possibile all’ala opposta del castello.
Tutta quella frenesia non poteva che nascondere una spiegazione molto importante. Qualcosa doveva essere accaduto pochi minuti prima o durante la notte.
Lyon decise di risolverne il mistero domandandolo alla prima anima che avesse scorto; e colse l’occasione quando una serva, dall’aria leggermente assente, gli sfilò davanti. Egli la chiamò e lei accolse la sua voce con un inchino.
“Mio signore,” accennò timida.
“Dimmi, cos’è questo andare e venire? Servi, lady e lord non fanno altro che percorrere senza sosta questi corridoi…”
“Oh, non sapete? Sua Maestà la regina ha dato alla luce una bambina! È accaduto poco fa!”
Lyon si sentì uno sciocco: da giorni non si parlava che dell’imminente nascita del futuro principe; avrebbe dovuto immaginarlo che la causa di tutta quella confusione fosse il tanto atteso evento.
La sua mente si soffermò per alcuni istanti sul fatto che fosse nata una femmina. E, pensò, che Re Sindel non ne fosse pienamente soddisfatto.
“Dicono sia bella come la regina sua madre, mio signore. Il re ha ordinato di dare inizio ai festeggiamenti,” spiegò in un sorriso la ragazza. Il capo era rivolto verso il resto del via vai, e a Lyon non sfuggì questo particolare.
“Ti ringrazio per la gentile risposta. Ora puoi andare,” la congedò velocemente.
La donna risolse il saluto con un cenno del capo e sfilò via velocemente tra il fruscio delle vesti.
Lyon era sul punto di rientrare nella stanza: doveva conciarsi bene per l’occasione e rendere omaggio al re.
In quello stesso istante, però, si levò una voce di uomo, più forte di tutto il frastuono creato dalle altre persone.
“È nata! La principessa Estella è nata!”  






Siamo giunti alla conclusione di questo breve spin-off, nato quasi per caso l'anno scorso, mentre ripensavo ad alcune caratteristiche del background di alcuni personaggi.
Mi sento soltanto di ringraziare vivamente tutti coloro che hanno seguito,commentato e atteso, soprattutto, un anno intero per vederla completata! :D

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