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Si trovavano in una stradina costeggiata da un marciapiede e delle case
a schiera a due piani
Si trovavano in una stradina costeggiata da un
marciapiede e delle case a schiera a due piani. Tutte graziose con il loro
piccolo giardino e il camino fumante. L’aria invernale pungeva i volti dei
passanti, sebbene fossero coperti da pesanti sciarpe e cappelli imbottiti. I
tre angeli osservavano circospetti il numero 14 dorato.
-E’ qui Tess?- domandò la più giovane dei tre, con una
nota incrinata nella voce.
Sapeva che Dio li mandava dove ce n’era bisogno e che
se talvolta finiva bene, altre finiva con una lacrima. Loro andavano dove ce
n’era bisogno, dove c’era bisogno di una parola di conforto, per ritrovare la
verità, per ritrovare la fede, per accettare la realtà.
-Sì angioletto. È qui.- anche il tono della più
anziana era triste.
Non era mai facile affrontare certe cose. Trovare la
forza per accettarle.
Due ragazzi, un maschio ed una femmina, uscirono dalla
porta per andare in giardino. Si rincorrevano gridando e ridendo, cercando di
prendersi l’un l’altro. Sulla porta comparvero quelli che dovevano essere i
loro genitori, anch’essi sorridevano. Avevano tutti e quattro quello stesso
sorriso, tra il gentile e il divertito.
-Ma come? Sembrano così felici.- cercò di capacitarsi
la prima.
-Sai, certe volte gli esseri umani sanno sorprendere
persino noi angeli per quanto sanno essere gioiosi. Ma la differenza
sostanziale, è che a loro basta un attimo perché le cose cambino. Specialmente
per la famiglia Potter.-
-Anche tu sei qui in missione?- si rivolse all’altro
angelo, quello che era rimasto zitto, con quello sguardo triste di quando gli
veniva affidata una missione che di lieto aveva ben poco; se non la fine.
Annuì.
-Sì.-
-Andrew il tuo compito è molto importante. Sarai i
nostri occhi nella casa.-
-Tess che cosa dobbiamo fare?- domandò la giovane.
-Stargli vicino nel momento del bisogno. Stargli
vicino.- e mentre pronunciava queste parole tornò a guardare quei quattro
esseri umani che, mano nella mano uscivano dal cancellino dirigendosi alla
chiesa vicina per la messa domenicale.
-Ellie abbassa il volume!- il
campanello suonò per la seconda volta.
Aprì la porta e si ritrovò di
fronte un uomo sui trent’anni, di bell’aspetto, dalla faccia gentile che
esprimeva sicurezza e dolcezza allo stesso tempo. Lily rimase interdetta.
-Buongiorno. Lei è Mrs.
Potter?- domandò lo sconosciuto, con fare innocente.
-Sì, lei è?- fece a sua volta
la donna, non avendolo mai visto prima.
-Mi chiamo Andrew. Vengo da
parte dell’impresa di babysitter.- rispose caldamente l’altro.
-Oh, non mi aspettavo
rispondessero così presto. Prego si accomodi.- aprì maggiormente la porta per
permettergli di entrare, prima di rivolgersi alle scale che portavano al piano
superiore.
-Will, scendi per favore!-
-Arrivo mamma!- urlò una voce
in risposta.
Lily tornò a rivolgersi al
suo ospite, sorridendo amabilmente dopo aver preso conoscenza.
-Prego, questo è il salotto.
Mio figlio ci raggiungerà a momenti. Lui è mio marito James.- disse, presentando
un uomo dall’aspetto molto giovane, seduto su una poltrona. Sembravano una
coppia di fotomodelli che stessero recitando un film. La prima gioviale e
sorridente, dai lunghi capelli riccioli rossi e gli occhi verdi, l’altro dai
corti capelli neri spettinati e gli occhi azzurri, il tutto conferiva un
aspetto di trasandato ma lieto ed elegante. L’uomo alla vista del nuovo
arrivato si alzò in piedi per cortesia.
-Caro, lui è Andrew. L’ha
mandato l’impresa di babysitter.- spiegò velocemente Lily.
-Molto piacere.- James porse
la mano ad Andrew.
-Il piacere è mio.- sorrise
l’altro, ricambiando la stretta.
-Curioso, un uomo che faccia
il babysitter.- fece notare James, senza però ombra di malizia.
-Oh, ecco. Di solito io non
mi occupo di ragazzi giovani, tutt’al più sono adolescenti o casi particolari.
Tuttavia in questo periodo ci siamo ritrovati con una gran richiesta di
personale, perciò dato che io non avevo casi più urgenti, sono stato trasferito
momentaneamente nella sezione più giovane.- spiegò brevemente Andrew.
-Eccomi!- un ragazzino dai
corti capelli alla rinfusa, gli occhi azzurro cielo e il sorriso a trentadue
denti, fece la sua apparizione sull’uscio della porta.
-Ecco, lui è nostro figlio
Will. Will, lui è Andrew, il tuo babysitter.-
-Oh, tanto piacere!- fece il
giovanotto, porgendo la mano a quello che sarebbe ben presto diventato il suo
nuovo amico di venture. La cosa non sembrava dargli fastidio.
-Ciao Will. Quanti anni
hai?-chiese Andrew, afferrandogli la
mano, che questo strinse vigorosamente.
-Undici.-
-Non è che io non mi fidi di
lui, solo che in questo periodo sia io che suo padre manchiamo spesso a casa e
non voglio rimanere tutto il giorno in ansia. È più per.. sicurezza, ecco.-
spiegò velocemente la madre. Lily odiava le presentazioni e le spiegazioni con
il ‘personale’, le sembrava di essere sotto esame.
-Non si preoccupi. Sarà in
buone mani.- la rassicurò l’uomo, i suoi occhi non lasciavano trapelare alcun
dubbio.
Dei passi saltellanti lungo
le scale preannunciarono l’arrivo della figlia più grande.
-E lei è nostra figlia
Ellie.- a sentirsi presentare la ragazza si fermò un attimo interdetta ad
osservare quello strano quadretto che era diventato il suo salotto,
soffermandosi sull’uomo dai capelli castano dorati e gli occhi chiari.
-Molto piacere.- disse
incerta, cercando di capire la situazione.
-Ciao, io sono Andrew. A
quanto ho capito mi prenderò cura di tuo fratello per un po’.- spiegò Andrew,
notando lo sguardo smarrito di lei.
-Perché? Pensavo di occuparmi
io di Will se ce n’era proprio bisogno.- disse ai genitori –Senza offesa.- fece
con tutta gentilezza, rivolgendosi al babysitter.
-Tesoro, lo sappiamo quanto
sei presa dalla scuola ultimamente. Non ti preoccupare. E poi preferisco così,
in questo modo saremo tutti quanti più liberi.-
Il campanello suonò per la
seconda volta in quella mattinata. Ellie afferrò lo zaino da un angolo,
avvicinandosi poi al fratello.
-Oh, questo è Zanna. Ci
vediamo dopo! Ciao briscola!- salutò il fratellino, dandogli un bacio sulla
testa.
-Ciao Ellie!-
-Buona giornata a tutti!-
disse ai suoi –Noi… ci vediamo dopo!- concluse quindi, rivolgendosi ad Andrew
che annuì con il suo solito sorriso sincero, a cui ormai si era già fatta
l’abitudine.
-Certamente.-
-E tu non devi andare a
scuola?- disse poi, girandosi verso Will.
-Certo che ci deve andare.-
rispose sua madre, dandogli una spallata leggera, facendolo ridere.
-Se volete posso portarlo
io.- disse Andrew, come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Sul serio? Sai dov’è il St.
Patrick?- domandò Lily.
-Certamente.- rispose questo,
alzando le spalle come se fosse un niente di che.
-Perfetto allora. Su Amore,
dai un bacio alla mamma e al papà.- il bambino diede un bacio ad entrambi ed
afferrò la mano del suo nuovo amico.
-Ciao!- urlò prima che la
porta di casa gli si richiudesse alle spalle.
Faceva un freddo cane in quel
periodo, si sistemò meglio la cartella sulle spalle e fianco a fianco col suo
nuovo tutore si avviò verso la scuola media.
-Tu non sei di queste parti
vero?- domandò il bambino.
-Da cosa l’hai capito?- gli
piaceva quel giovanotto, era sveglio.
-Non ti ho mai visto. Tutto
qui.-
-Ti piace andare a scuola?-
aveva capito che la tattica migliore con lui era conversare.
-Abbastanza.-
-Sei bravo?-
-Abbastanza. Se non capisco
qualcosa mi dà una mano Ellie.-
-Quanti anni ha tua sorella?-
-Venti.-
-E’ grande.-
-Già. Adesso lavora in un bar
e frequenta un corso di studi online, insieme al suo amico Zanna, molte volte
studiano insieme in biblioteca. Vuole racimolare un po’ di soldi per poter
andare a vedere l’Europa.-
-Da come ne parli sembra che
passino molto tempo insieme.-
-Loro stanno insieme.- rise
Will.
-E ti dà fastidio la cosa?-
-No. Zanna è simpatico. È
venuto ancora a casa nostra e con lui c’è sempre da ridere. Non temere, lo
conoscerai presto.- disse con sicurezza.
-Vuoi molto bene a tua
sorella, vero?-
-Sì. La verità è che mi
dispiace che parta. Ma d’altronde lo so già da un bel po’ di tempo che se ne
andrà.- ammise, con una punta di tristezza.
-Piuttosto, tanto per
cambiare argomento, eri tu che ascoltavi musica di prima mattina?- chiese con
un cipiglio curioso Andrew.
-Oh, no! Quella era Ellie.-
-Le piace la musica che parla
di Dio?-
-Le piace tutto. Solo che è
da un po’ che si sta preparando con alcuni suoi amici, perché devono cantare
quella canzone alla festa dell’oratorio che si terrà non si sa bene ancora
quando.-
-E tu? Non partecipi?-
-Probabilmente il don ci darà
qualche parte nello spettacolo. Una di quelle che si decidono all’ultimo
minuto, sai.. – Andrew ridacchiò.
-Sì, ho capito!-
Nel parlare, arrivarono di
fronte alla scuola. Molti ragazzi stavano già entrando. I due si fermarono un
attimo in silenzio a guardare il portone di legno.
-Siamo arrivati.- disse
Andrew con un sospiro. Will annuì.
-Torno a casa da solo o mi
vieni a prendere tu?- chiese, voltandosi verso l’altro.
-Tu cosa preferisci?-
-Oggi esco a mezzogiorno.
Facciamo che oggi torno a casa da solo, così poi gli altri giorni che esco più
tardi puoi accompagnarmi. Okay?-
-D’accordo.- acconsentì con
fare serio Andrew.
-Ciao Andrew.- lo salutò il
piccolo, avviandosi verso l’entrata.
-Fai il bravo.- rispose
l’altro, affondando le mani nelle tasche del cappotto color nocciola, mentre
guardava quel ciuffo di capelli castano ramati che spariva nell’atrio.
Alzò il viso verso il cielo
grigio, da cui scendevano sottili fiocchi bianchi. Era preoccupato.
Ellie rientrò in casa verso
le undici. Faceva freddo fuori, i media avevano detto che le temperature si
sarebbero abbassate e che ci sarebbe stato rischio neve, ma non si sarebbe mai
aspettata così tanto. Dei rumori dalla cucina l’avvisarono che c’era qualcuno
in casa; strano. Will era a scuola e mamma e papà a quell’ora di solito erano
al lavoro. Si avvicinò con passo felpato, allungando il collo per vedere chi
stesse trafficando coi fornelli. Solo allora si ricordò di Andrew. Lui sembrò
averla sentita.
-Oh, ciao Ellie!- la salutò
caloroso, quasi si conoscessero da sempre.
-Ciao.- disse lei, non ancora
del tutto convinta.
Giusto per non essere
scortese con il nuovo arrivato entrò nella stanza e prese posto su uno degli
sgabelli di fronte al ripiano destinato a bancone.
-Che stai facendo?- gli
domandò, curiosa.
-Sto preparando il pranzo. Ho
scordato di chiedere ai tuoi se erano soliti tornare a casa per pranzo, perciò
per oggi ho cucinato io. Spero non ti dispiaccia.-
-Affatto. Che prepari di
buono?-
-Lo vedrai, è una mia ricetta
segreta. Anche se devo dire, che l’ingrediente segreto lo metto in tutti i miei
piatti, perciò sono tutti speciali.- rispose, facendole l’occhiolino complice.
-Non esiste l’ingrediente
segreto.- concluse la ragazza.
-E tu che ne sai?-
-E’ sempre così. Ognuno
prepara un piatto a modo suo, tutto qui. Soltanto se crediamo che una cosa sia
speciale la rendiamo tale.- rispose lei saggiamente. Andrew sorrise.
-Sei perspicace.- disse, con
l’occhio di chi ha capito di avere di fronte qualcuno che la sa lunga –Ad ogni
modo io l’ingrediente segreto ce l’ho. Perciò la mia teoria per te non vade.-
la scherzò ridendo. Ellie si ritrovò a sorridere senza accorgersene. Lo osservò
per un momento, mentre si muoveva tra un armadietto e il tavolo, come se
conoscesse quella casa da sempre. Sembrava di stare a guardare un giocoliere
durante il suo numero, aspettandoti che da un momento all’altro succedesse
qualcosa di straordinario tanto era bravo.
-Tutto bene?- domandò ad un
certo punto Andrew, notando il suo sguardo vago.
-Sì. Scusa. Come mai sei
finito a fare il babysitter?- lui alzò le spalle.
-Mi piace rendermi utile.
Aiutando gli altri possibilmente. E poi mi diverto, mi piace far sorridere gli
altri.-
-L’ho notato.- disse lei
ridacchiando.
-Cosa?-
-Che ti piace ridere.- lui
strinse gli occhi, dubbioso.
-Ritieni sia una cosa
negativa? Che a qualcuno piaccia ridere sempre.- le domandò.
-No, affatto. Anche a me
piace ridere. Solo ci sono delle volte che vorresti che qualcuno fosse lì con
te per farti ridere e tirarti su il morale, ma stranamente non c’è nessuno.
Sarebbe bello poter ridere tutta la vita senza mai essere tristi; non credi?-
sembrava le brillassero gli occhi mentre glielo chiedeva, ed Andrew si sentì
quasi stringere il cuore dalla tristezza.
-Sì Ellie, sarebbe bello.-
rispose con un fil di voce.
-Ehi, tutto okay? Sembra tu
abbia appena visto un fantasma?- non capiva del perché lui la guardasse come se
non ci fosse, come se avesse appena visto qualcosa di tristissimo.
-Sì, tutto okay. Scusa, mi
sono soffermato a pensare un attimo e ho trascurato tutto il mangiare.- rispose
frettoloso, girandosi di nuovo verso le pentole, spostando qualche coperchio e
mescolando qualcos’altro.
-Va bene. Io vado su a
cambiarmi, chiamami quando è pronto.- la ragazza uscì dalla stanza.
-Va bene.- rispose lui senza
voltarsi.
-Mi dici che diavolo stai combinando!- una voce
burbera lo fece voltare di scatto.
-Tess! Mi hai spaventato!- l’accusò Andrew.
-Sei fortunato a non essere morto. Che ti è preso?
Cosa stai cercando di fare? Di accellerare i tempi?-
-Te l’ho già detto, mi dispiace.-
-Non è abbastanza Angiolone. Hai rischiato di mandare
tutto all’aria.-
-Scusa Tess. Non l’ho fatto apposta. Non ho potuto fare
a meno di pensarci.-
-Andrew so bene cosa stai passando. Ma non possiamo
fare altrimenti, perciò vedi di darti una controllata.-
-Sì, capo.- rispose con un sospiro.
Sapeva che il suo capo non era così duro come faceva
sembrare, tuttavia sapeva anche come farsi ubbidire.
-Sono a casa!- avvisò Will a
gran voce, entrando in casa.
-Giusto in tempo per il
pranzo.- si complimentò Andrew.
-Woo, Andrew hai davvero
cucinato tu?- chiese sorpreso il giovane.
-Certo.- rispose l’altro,
mettendo in tavola una grossa pentola ovale. –Ellie!- chiamò.
-Eccomi!- la ragazza arrivò
in un battibaleno. –Ciao tu!- salutò il fratello.
-Ciao!- si scambiarono un
tenero bacio sulla guancia.
-Tutto bene a scuola?- gli
chiese.
-Abbastanza, il professore si
è arrabbiato con alcuni dei miei compagni che non avevano fatto la ricerca.-
-La tua come andava?-
-Bene.-
-Di che ricerca state
parlando?- domandò il tutor, sedendosi a tavola con i due giovani.
-Il professore di scienze mi
aveva dato da fare una ricerca sull’ambiente, e Ellie mi ha dato una mano a
svolgerla.-
-Wow, è bello vedere quanto
siete affiatati.- esclamò.
I due fratelli si guardarono,
scambiandosi un sorriso identico.
-E tu Andrew?- domandò Ellie.
-Cosa?-
-Parlaci di te.- disse lei.
-Di me?- chiese sorpreso lui.
-Sì, hai una famiglia?- si
aggregò Will.
-Non esattamente. Diciamo che
passo il mio tempo con due amiche quando non lavoro.-
-Amiche amiche o amiche e
basta?- chiese con fare furbetto Ellie.
-Ellie! Guarda che c’è tuo
fratello!- la redarguì ironicamente lui.
-Guarda che con tutto quello
che sento a scuola questo è niente.- disse Will.
-No, loro sono le più grandi
amiche che si possano avere.-
-E non ci pensi mai a
sposarti?- domandò Ellie.
-No, vedi, non tutti hanno la
necessità di sposarsi.-
-Ma non vorresti avere bambini
tuoi?- gli chiese Will.
-Vedi Will, passo così tanto
tempo con i giovani e le altre persone che tutti loro sono i miei figli.- quel
sorriso dolce che sapeva intenerirti il cuore.
-Perché non sei andato prete
allora?- intervenne la ragazza.
-Ma quanto chiacchierate voi
due si può sapere?- risero tutti e tre.
Era bello che in casa ci
fosse Andrew, riusciva a rendere l’atmosfera più leggera di quello che già
normalmente era. I due fratelli passavano molto tempo insieme e, come lui
stesso aveva fatto notare, erano molto uniti. Tuttavia non sempre le cose
rimangono tali.
Alle cinque i genitori
rientrarono dal lavoro. Will, che stava finendo di studiare con Andrew accanto,
si gettò tra le loro braccia. Ellie fece la sua comparsa in cima alle scale,
con quel sorriso dovertotp che si ritrovava. Andrew si alzò dalla sedie per
salutare i signori.
-Oh, Andrew come è andato il
tuo primo giorno?- domandò la madre.
-Spero non ti abbiamo fatto
disperare.- aggiunse James.
-Affatto, avete dei figli
stupendi e simpaticissimi.- rispose il babysitter, alzando gli occhi per
incontrare quelli complici di Ellie.
-Sai mamma, ho finito i
compiti e quasi finito di studiare per domani.-
-Davvero? Ma che bravo che
sei stato!-
-Merito di Andrew. Sa
tantissime cose sai!-
-Sai, mi af piacere che vi
siate trovati bene.-
-Oh, il piacere è mio
signora. E se non avete più bisogno di me io andrei.-
-No, dai Andrew resta!- cercò
di brontolare il bambino.
-Will non fare i capricci che
sei grande ormai.- lo riprese bonariamente la mamma.
-Sta tranquillo. Ci vediamo
domani mattina.- lo rassicurò.
Strinse la mano ai genitori,
scompigliò i capelli al giovane e salutò con un cenno del capo e un sorriso la
ragazza sulle scale. Così come era arrivato Andrew sparì, con il battito d’ali
di una colomba.
Erano passati ormai due
giorni dall’arrivo di Andrew e il tempo trascorreva felicemente.
Fuori dalla finestra i
fiocchi di neve cadevano lenti, formando il loro bianco mantello.
Will e Andrew stavano facendo
i compiti in salotto, il camino scoppiettante dietro di loro, mentre Ellie
guardava fuori dalla finestra di tanto in tanto, distogliendo gli occhi dal
monitor su cui stava cercando di studiare italiano, ma da qualche tempo l’unica
cosa che succedeva era che la luce del computer si riflettesse sugli occhiali
da vista della ragazza. L’unico rumore nella stanza era il suo cuore che
batteva regolare.
Il campanello al piano di
sotto suonò, sapeva chi era. Udì la sedia strisciare sul pavimento e qualcuno
(Will) correre ad aprire emozionato, ma da un po’ di tempo lei non ci riusciva
più, era come se la voglia l’avesse abbandonata. La porta venne aperta e ci
furono calorosi saluti e risate. Si lasciò scivolare lungo la sedie, finchè non
riuscì ad appoggiare la testa sullo schienale di legno. Prima di obbligarsi ad
alzarsi.
Uscì dalla porta della camera
e scese le scale, sulla soglia oltre a Will e ad Andrew c’era Zanna, il suo
migliore amico che nel giro di pochi anni era diventato il suo ragazzo. Lo
amava da impazzire, sarebbe morta per lui.Quei profondi occhi nocciola che
sapevano coccolarti e quel sorriso che ti scaldava dentro, dandoti tutte le
certezze di cui avevi bisogno. I capelli neri cortissimi tranne che per la
cresta in cima, ricoperto nel suo giaccone blu scuro sembrava un cucciolo di
orso polare venuto alle Hawaii. Si obbligò a sorridere.
-Alla buon ora!- lo prese in
giro.
-Buon giorno!- replicò lui,
restituendole il sorriso. Lo raggiunse saltando gli ultimi scalini.
-Hai già conosciuto Andrew?
Il nostro babysitter tutto fare.- lo presentò.
-Wow, se riesci a starle
dietro vuol dire che sei un mito. L’ho detto più volte ai suoi che aveva
bisogno di qualcuno che la controllasse e finalmente mi hanno dato ascolto.- la
prese in giro lui, facendo finta che non fosse suo fratello ad avere bisogno di
un tutore, ma lei. Ellie gli diede un leggero colpo sul braccio. Tossì un paio
di volte.
-Ehi, ti stai ammalando?- le
chiese di nuovo lui.
-Ti piacerebbe.- lo rimbeccò
lei. –Andrew noi andiamo di sopra a studiare okay?-
-Va bene. Se ti serve
qualcosa fammelo sapere.- disse lui caloroso.
I due ragazzi corsero di
sopra. Zanna appoggiò lo zaino vicino a quello della ragazza, per poi sedersi
sul bordo del letto mentre lei tornava a sedersi sulla sedia.
-Allora, tutto okay?- le
domandò. Lei rispose con un verso di assenso, guardando il monitor.
-Tu?- gli chiese.
-Bene, sono stanco.- la
ragazza rise.
-Tu sei sempre stanco.-
-Ma perché sono andato a
dormire tardi.- spiegò, lasciandosi cadere sul letto e chiudendo gli occhi.
-Andavi a dormire prima.- le
piaceva punzecchiarlo.
-Dovevo fare il fotografo
ufficiale alle premiazioni del torneo, come facevo a mancare proprio alle
premiazioni?-
-Poverino!- fece lei ironica,
alzandosi ed andando a sedersi sul letto in modo tale che lui potesse
appoggiarle la testa in grembo.
-Fammi i grattini!- le disse
gentile.
-Mi sembra ovvio.- replicò
con tranquillità lei, tanto sapeva che a lui piacevano e a lei piaceva farli a
lui. Aveva un discreto talento per quanto riguardava grattini e massaggi in
generale. Forse perché oltre a un pizzico di suggerimenti ci metteva anche
tanta dolcezza e tanto amore. Le piaceva osservarlo mentre si rilassava sotto
il tocco delle sue mani, le lunghe ciglia nere, i lineamenti leggermente
paffuti da bambino dolce e coccoloso. Fece scorrere le dita tra i corti capelli
neri, tastandone la morbidezza, passando dalla tempie al retro della testa,
alla fronte.
-Che stavi facendo?- le
chiese lui ad un certo punto.
-Stavo riguardando quello che
abbiamo fatto ieri al corso.- rispose lei, con naturalezza.
-E’ una cavolata.- fu la
replica di lui.
-Sì, lo so. Ma stavo dando
dunque un’occhiata.-
-Come mai sei così?- fu la
sua domanda improvvisa.
-Così come?-
-Così triste.- disse lui ad
un certo punto, aprendo gli occhi e riflettendosi in quelli di lei. Alzò una
mano per toccarle una guancia e dandole un buffetto prendendogliela tra indice
e medio, come si fa di solito con i bambini piccoli.
-Non sono triste, sono solo
un po’ stanca. Deve essere questo tempo.-
-Mmhh.- fu la risposta
d’assenso del ragazzo, mentre continuava a guardarla e a giocare con il suo
viso.
-Che stai facendo?- rise ad
un certo punto lei, quando la guardava così a lungo la metteva a disagio.
-Ti sto analizzando.- e poi
lui rispondeva enigmatico, tanto per completare l’opera.
-Adesso però mi devo analizzare
se no mi addormento.- disse alzandosi, sbadigliando e passandosi una mano sugli
occhi. Si mise seduto composto in parte a lei, la guardò e le mise una mano
sulla gamba per darle una pacca. Lei non reagì, si limitò a guardarlo. Era da
quando erano amici che si prendevano certe confidenze, era sempre stato così
tra loro.
-Basta esser triste!- sbottò
lui ad un certo punto, circondandole le spalle con un braccio e tirandosela
vicino. Ellie si lasciò trascinare, avvolgendogli le braccia attorno al corpo e
appoggiando la testa sulla sua spalla. Rimasero così per alcuni minuti prima
che lei decidesse di alzarsi e tornare al computer.
-Mi hai per caso portato il
libro?- gli domandò.
-Sì.- Zanna si alzò dal letto
e tirò fuori dalla cartella un libro sull’Europa.
-Grazie.- disse lei
prendendoglielo dalle mani, mentre lui tornava a sedersi sul letto.
-Simpatico Andrew.- disse
lui, giusto per fare conversazione.
-Sì, non è male.-
-Non ne sembri molto
convinta.-
-Eh? No, è in gamba. È molto
bravo e simpatico, per non contare che cucina da Dio. È in gamba.- rispose lei.
-Non è che mi devo
preoccupare, né?- domandò lui, sospettoso.
Ellie gli lanciò un paio di
occhiate, prima di capire che il suo ragazzo temeva che lei potesse mollarlo
per il babysitter di suo fratello.
-Zanna! Ma sei impazzito?
Avrà dieci anni più di me, se non di più.-
-E con questo? Ce n’è di
gente che si sposa con un sacco di anni di differenza.- replicò lui, mogio.
-Non io.- rispose lei,
contraddendolo furbetta.
Gli si avvicinò, con uno
sguardo predatore negli occhi, lo prese per la felpa e gli diede un bacio
stampo. Giusto per fargli capire che lui era suo e di nessun altro, e che non
ci sarebbe stato nessun babysitter in mezzo a loro. Il ragazzo sembrò
soddisfatto della risposta della ragazza.
Scesero di sotto un paio di
ore più tardi, giusto nel momento in cui Andrew e Will si infilavano le
giacche.
-E voi due dove stareste
andando?- domandò ridendo Ellie.
-Al parco giochi.- rispose
entusiasta Will.
-Ma davvero?-
-Dato che oggi è stato
particolarmente bravo a finire tutti i compiti, non vedo perché no.- spiegò il
babysitter, tutto soddisfatto del suo nuovo bambino.
-Avanti Ellie vieni anche tu,
ti divertirai!- le suggerì il fratello.
-Mi sa che questa volta
passerò.- nel frattempo Zanna scese le scale, ridendosela sotto i baffi, ma non
osando pronunciarsi.
-Avanti dai pigrona. Non
vorrai mica perderti la nostra gloriosa battaglia a palle di neve. O hai troppa
paura per affrontarci?- la incitò a sua volta Andrew.
E come tutte le volte che le
capitava di passare un po’ di tempo con loro, Ellie si lasciò convincere. Quei
due erano una coppia formidabile, di sicuro se se ne fosse presto andata via,
avrebbe avuto almeno la certezza che suo fratello era in buone mani.
L’aria era meno fredda del
solito, forse perché aveva appena smesso di nevicare. Il parco giochi era pieno
di bambini urlanti, che salivano e scendevano dallo scivolo o andavano sulle
altalene. Altri ancora si rincorrevano tenendo nei piccoli palmi delle mani
della neve che aveva tutto meno che la forma di una pallina. Andrew ed Ellie si
scambiarono un’occhiata d’intesa, mentre se la ridevano per quella buffa scena;
aveva fatto bene ad unirsi a loro.
-Colpita!- non ebbe nemmeno
il tempo di prepararsi, che venne colpita sulla spalla sinistra da una palla di
neve. Colta di sorpresa, vide suo fratello con in mano un’altra delle sue
‘micidiali’ mine.
-Ehi!- riuscì solo ad
esclamare.
-Avanti Andrew, facciamole
vedere chi siamo!- intimò il bambino.
-Agli ordini capitano!- si
aggregò il babysitter.
-Così mi lasciate da sola!
Non è giusto! Ve la farò pagare!- fece la finta minacciosa, mentre si
allontanava da loro per nascondersi dietro ad un albero e raccogliere un po’ di
neve.
Il freddo del ghiaccio fu
come un risveglio alla realtà, che stimola ricordi passati. Sbirciò oltre il
tronco bagnato, per vedere Andrew che le tirava addosso una pallina. Si riparò
appena in tempo. Ma non aveva fatto i conti con suo fratello. Mentre Andrew
tirava dalla sua postazione, Will aveva aggirato l’albero e potè tirare comodamente
addosso a sua sorella, colpendola in pieno giubbotto.
-Brutta peste!- gridò lei
ridendo, lanciandogli la sua palla, che lo colpì alle gambe.
Fu una lunga lotta. Due
contro uno era leggermente squilibrata come battaglia a palle di neve. Si
rincorsero per tutto il parco, ridendo tanto da farsi venire mal di gola. I
vestiti e i capelli fradici. Dopo un’oretta e mezza Ellie fu costretta a
dichiarare la resa.
-Così presto? Di solito
resistevi di più.. – si lamentò Will.
-Hai ragione! Sono un po’
stanca però oggi, perché non continui a giocare con Andrew?- propose la
sorella, sedendosi su una panchina.
-Sicura vada tutto bene?- le
chiese lui.
-Tranquillo. Mi manca solo un
po’ il fiato.- rispose tranquilla.
I due maschioni continuarono
per una buona ora a giocare. Ellie si divertì un mondo a guardarli, erano così
teneri insieme. Non riuscì a trattenersi dal prendere il cellulare e scattargli
una foto. Non avrebbe dimenticato quel momento, sarebbe stato uno dei suoi più
bei ricordi quando sarebbe stata in Europa.
-Già finito?- fece stupita,
vedendoli venire verso di lei con il fiatone.
-Anche tu non mi sembri molto
in forma.- commentò mentre Will si lasciava cadere in parte a lei.
-Che ne dite di una
cioccolata calda?- propose Andrew, indicando con il capo un bar dall’altra
parte della strada.
-Sìì!- rispose prontamente il
bambino.
-Ma tu non eri stanco?-
chiese la sorella.
-E’ passato!- rispose
l’altro, col tipico vigore giovanile.
Ellie sorrise a quella
battutina familiare. Si alzò e seguì i due in silenzio. C’era un piacevole
tepore all’interno del locale, e loro ne approfittarono per togliersi i
giubbotti bagnati. Sfogliarono le liste davanti a loro, in silenzio.
-Ellie posso prenderla con la
panna? Ti prego!- chiese Will.
-Non devi chiedere a me!-
rispose la sorella, in fin dei conti era stato Andrew a proporre la cosa, anche
perché stranamente quella volta aveva proprio dimenticato i soldi a casa (cosa
che normalmente non succedeva mai).
-Certo che puoi.- disse
l’uomo con fare gentile, con quel sorriso che a Ellie riusciva a riscaldare il
cuore; ma come faceva? E perché lo sentiva? Si sentiva stranamente tranquilla
quando c’era lui nei paraggi, e non aveva paura che potesse fare del male a suo
fratello; non ci riusciva, nemmeno se si impegnava.
-Grazie Andrew. Appena
arriviamo a casa ti ridò i soldi.- disse lei, sinceramente seria.
-No, perché? Vi ho invitati
io.-
-Sì, ma no né giusto. Sei il
babysitter di Will, tu tecnicamente non dovresti pagarci comunque niente.-
-Sta tranquilla Ellie, lo
faccio volentieri.- le rispose, e lei non riuscì a trovare niente da ribattere.
Non finchè lui la guardava così.
-Ma tu fai sempre così?- non
riuscì a trattenersi dal chiedere.
-Cosa?- sembrò non capire
lui.
-Niente. Lascia stare,
domanda stupida.-
-No, dimmi!- le intimò
gentilmente, mentre il cameriere disponeva tre tazze di cioccolato fumante
davanti a loro, ricolme di panna sulla cime.
-Tu sorridi sempre, e lo fai
così…. Naturalmente.- cercava un modo per spiegarsi, ma più ci provava meno ci
riusciva a trovare le parole giuste.
-E’ così strano?- domandò a
sua volta lui, capendo a cosa lei si stesse riferendo.
-Beh, non se ne incontra tanta
al giorno d’oggi di gente così.- ammise lei, mettendo lo zucchero e mischiando
con il cucchiaino.
-Beh, noi lo facciamo!- le
fece notare Will, Ellie non potè impedirsi di ridere e scompigliargli i
capelli.
-Ah, Ellie!- fece lui non
molto d’accordo.
-Eddai, ne avrai di tempo per
lamentarti quando sarai più grande.-
-Io sono grande!-
-Sì, nei tuoi sogni.-
-Ehi.- iniziarono a farsi le
linguacce a vicenda, sotto lo sguardo sorpreso di Andrew che si ritrovò
improvvisamente escluso dalla conversazione. Non poteva fare altro, se non
ridere.
Tornarono a casa per l’ora di
cena, Andrew accompagnò Will sulla porta e si fermò lì, giusto per salutare i
genitori che come al solito gli chiesero se il loro figlio si fosse comportato
bene.
-Andrew ti fermi a mangiare?-
domandò il piccolo.
-Will, lascialo stare. Magari
ha altri impegni.- lo redarguì sottovoce la madre.
-Eddai Andrew fermati.- Ellie
era sbucata alle sue spalle, non aveva notato che fosse rimasta indietro prima.
Aveva uno sguardo diverso, era stranamente felice, come se avesse appena
ricevuto il più bel regalo di Natale.
-Ecco, non vorrei
disturbare.- disse lui.
-Macchè disturbare, Will è
due giorni che rompe perché vuole che ti fermi.- le disse lei ridendo, non potè
fare a meno di paragonarla a Tess quando sorrideva contenta (e Tess era una
persona abbastanza complicata, forse lo era quindi anche lei) –Avanti che ti
costa? Sempre che tu non abbia niente di meglio da fare ovvio.- insistettè.
-D’accordo.- acconsentì lui,
sorridendo.
Fu la più bella serata da anni.
Erano sempre loro quattro, ma con Andrew era tutto diverso. Era una persona talmente
piacevole e piena di spirito che era impossibile annoiarsi. Will faceva a turno
sulle persone da torturare. Dopo cena si trasferirono tutti in sala,
spaparanzati sui divani a chiacchierare, mentre Will stava seduto per terra
giocando con il suo game-boy, ma senza perdere il filo della discussione dei
grandi. Finchè, verso le undici, non trovò qualcosa di più interessante. In un
angolo della stanza, in disuso da anni, ci stava un giradischi, di quelli
vecchi, con la campana sulla cime.
-Wow.-
-Caro, ma quello è il tuo
giradischi o sbaglio?- chiese Lily.
-Mi sa che hai proprio
ragione.- convenne il marito ridendo, andando a tirare fuori l’oggeto sotto gli
occhi curiosi di Andrew e Ellie.
-Davvero è tuo papà?- chiese
il bambino.
-Certo, e se proprio vuoi
sapere, io e la tua mamma la prima volta che siamo usciti, ci siamo rintanati
nella mia stanza e al suono di questo magnifico oggetto abbiamo ballato pe
rtutta sera.-
-Su dai papà metti qualcosa.-
propose.
-Will, ma hai visto che ore
sono?- cercò di cambiare argomento la madre, non volendo far riaffiorare vecchi
ricordi imbarazzanti.
-Hai ancora qualche cd papà?-
chiese Ellie.
-Dovrei averne ancora
qualcuno sì.- rispose James, accucciandosi sul ripiano più basso di un
mobiletto. Una fili di custodie di cartone li stava a guardare. Alla fine ne
scelse uno che sembrava ancora più vecchio del giradischi.
-Ecco, questo andava molto di
moda allora.- disse, infilandolo delicatamente sopra il rullo.
Dopo poco la musica partì
altissima, facendo risuonare una batteria e una chitarra elettrica a tutto
spiano.
-Caro abbassa!- intervenne la
moglie pensando ai vicini.
-Ma questo è Rock n’roll
papà!- disse contorcendosi dalle risare Will.
-E voi avreste ballato queste
canzoni?- fece ironicamente Ellie, non vedendo proprio i suoi genitori ballare
quella musica.
-Certamente.- confermò il
padre.
-Avanti Ellie!-
Andrew guardò Will afferrare
per le mani sua sorella che dopo una debole resistenza si lasciò trascinare, e
si ritrovò a ‘ballare’ al ritmo di quella strana musica. Anche il padre sembrò
lasciarsi trascinare sempre più da quell’atmosfera. Sembrava incredibile che di
lì a poco tutto sarebbe finito. Durò una quindicina di minuti, finchè Ellie non
iniziò a tossire. Non fu una di quelle cose a cui si rimedia con un goccio
d’acqua, si piegò in due, la mano davanti alla bocca e l’altra appoggiata al
bracciolo del divano per reggersi. Andrew non si mosse, limitandosi a mettersi
ritto al suo posto e a osservare serioso la scena. James spense la musica e la
madre le si avvicinò, mettendole una mano sulla schiena. Andrew guardò Will,
sembrava scosso, impalato, povero piccolo. Guardava la sorella triste, quasi
fosse stata colpa sua, incapace di poterla aiutare.
-Ellie tutto bene?- chiese il
padre.
-Sì tutto bene.- rispose
frettolosamente lei, rimettendosi dritta. Trasse un profondo respiro e tornò a
sorridere. Guardò con occhi luccicanti Will. Sembrava tutto a posto. La tosser
era passata, solo un brutto ricordo.
-Mi sa che per stasera
abbiamo finito, campione!- disse al fratellino, passandogli una mano in mezzo
ai capelli. Mentre lui l’abbracciava alla vita lei si voltò verso il
babysitter.
-Andrew! Non hai ballato!-
gli fece notare.
-Oh, non importa. Non sono un
grande ballerino.- rispose lui, come se nulla fosse.
-Anche della cucina dicevi
così.- gli fece notare lei.
-Beh, se vuoi la prossima
volta ti invito a cena.-
-Bene, così mi farai vedere
il tuo ingrediente segreto.-
Lo accompagnarono alla porta
e dopo mille saluti e ringraziamenti se ne andò, aveva smesso di nevicare.
Tess, Monica e Andrew se ne stavano in piedi all’ultimo
piano della casa, nella stanza che aveva la finestra che dava sulla strada, la
penultima ad avere ancora la luce accesa. Era tardi ed Ellie era seduta nel
letto con le coperte tirate sulle gambe e un libro davanti.
-Sei sveglia?- le chiese una voce mogia.
Will se ne stava appoggiato allo stipite della porta,
con lo sguardo triste.
-Will! Hai fatto un brutto sogno?- chiese lei sorpresa
di trovarlo lì.
Il bambino entrò nella stanza e andò a sedersi sul
letto, vicino alle gambe della sorella.
-Stai bene?- Ellie capì che il fratello era ancora
scosso per quello che era successo prima.
-Oh, piccolo! Vieni qui.- gli disse.
Questo gattonò, finchè le braccia di lei non lo
circondarono in un abbraccio stretto stretto. Gli accarezzò amorevolmente i
capelli, dandogli anche qualche piccolo bacio.
-Va tutto bene. Non preoccuparti. Era solo un attacco
di tosse.-
-Ellie?-
-Mmh.-
-Tu non mi lascerai mai, vero?- le chiese, alzando la
testa per incrociare i suoi occhi azzurri con quelli di lei.
-No piccolo, non ti lascerò mai.- tornò a stringerlo,
mentre si faceva pensierosa.
-Ti voglio bene.- lo sentì mormorare contro il suo
pigiama.
-Anche io ti voglio bene Will.- gli diede un ultimo
abbraccio prima di lasciarlo e sorridergli.
-Adesso però è ora di andare a dormire okay? Domani
devi andare a scuola.-
-Notte Ellie.- disse uscendo.
-Buona notte.- disse alla porta ormai chiusa.
-Tess, non è giusto che accada una cosa del genere.-
disse Monica.
-Molte cose a questo mondo non sono giuste bambina
mia, ma il Signore sa quello che c’è da fare.-
-Ma.. gli ha mentito, quello non è stato un semplice
colpo di tosse; vero?- Monica era molto sensibile all’animo umano, e alcune
volte faceva fatica ad accettarne le tristezza.
-No, non lo era.- rispose in un sussurro Andrew, senza
staccare gli occhi da quella figurina intenta nella lettura del suo libro.
Ellie si alzò dal letto, ovviamente non sapeva dei tre
angeli che sostavano nella sua stanza. Dopo la visita di Will leggere era
diventato faticoso, lei purtroppo sapeva come stavano le cose. Si sedette alla
sua scrivania, guardò per un attimo il ripiano, il computer spento, non sapeva
nemmeno lei esattamente cosa fare; solo aveva bisogno di fare qualcosa. Ad un
certo punto volse lo sguardo verso una cornicetta che inizialmente i tre non
avevano notato sul ripiano: al suo interno vi era la foto di Will ed Andrew di
quel pomeriggio, già stampata. Sorrise. Si morse il labbro inferiore indecisa
sul da farsi, poi prese un fogliettino di carta a righe e una penna blu. Chissà
che non servisse effettivamente a qualcosa. Si diceva che scrivere allentasse
il peso del proprio cuore, che fosse come condividere i propri segreti con un
amico.
‘‘Carissimo Dio,
tu sai come mi sento adesso, sto combattendo un nemico
imbattibile e il dolore che sto sopportando sta divendando insostenibile.
Vorrei tanto scappare, anche perché so che questo è un torto a cui io non posso
rimediare. È una violenza a me stessa: vorrei essere migliore di come sono (o
esserlo stata), vorrei fare molto di più, mi sto sforzando, ma le mie braccia
sono troppo stanche. Sto cercando di raggiungere una stella irrangiungibile, lo
so. Ma adesso questa è l’unica cosa che mi è rimasta: raggiungere quella
stella. E non importa quanto sia impossibile, quanto lontana. Combatterò per
quello che sarà giusto fare, senza domande (o scorciatoie) o interruzzioni.
Sono disposta a sprofondare nell’Inferno in nome di questa causa. Per la mia
famiglia. Per Will. So che, se solo sarò fedele a questa ricerca, il mio cuore
riposerà tranquillo e sereno quando morirò; o almeno è quello che spero. Tu sai
che io non ho paura per me, ho paura per Will. È così giovane e mi è così tanto
attaccato. Lo so che lui soffrirà, anche i miei genitori, ma loro sono grandi e
so che combatteranno e supereranno anche questa. Ma Will.. non so se i miei
saranno in grado di aiutarlo. Loro sono delle bravissime e buonissime persone,
sempre disposte ad aiutare il prossimo, Tu lo sai. Ma è anche vero che ci sono
poco a casa. Ci conoscono poco. Io in confronto a lui c’ho passato più tempo.
Ti prego mio Dio, non lasciarlo da solo. Adesso c’è Andrew, che è fantastico
(non è che per caso l’hai mandato tu?) [sorrise
a quella domanda, mentre si asciugava una lacrima solitaria che era fuggita da
un angolo dell’occhio] e spero rimanga
con noi per molto tempo; sono convinta che lui potrebbe aiutare Will. Prego
solo che non se ne vada via prima che tutto finisca. Ti prego Signore, manda un
angelo a vegliare su questa casa, la situazione ho paura stia iniziando a
sfuggirmi di mano e l’ultima cosa che voglio è accellerare tutto prima del
tempo. Non sono pronta per vedere tre paia di occhi che mi guardano come se
dovessi morirgli davanti da un momento all’altro, piangendo per me che sono
ancora qui, che l’ultima cosa che voglio è vederli piangere, o sentire i
bisbigli dietro ai muri parlando di quando io non ci sarò più. Non li
sopporterei. Non posso sopportare tutto questo. Ti prego. Guarda giù. Non è per
cattiveria che non glielo dico, solo.. sto cercando di proteggerli, a modo mio.
Ti prego.. ti prego.. ti…prego.’’
Doveva smettere, le lacrime avevano iniziato a farsi
più insistenti e i singhiozzi prepotenti. Se non si fosse fermata subito,
avrebbe iniziato un pianto a dirotto. E non poteva permetterlo. Infilò quella
lettera in uno dei suoi tanti block notes, guardò un’ultima volta quella foto e
se ne tornò a dormire.
Monica prese tra le mani quel piccolo foglietto di
carta, anche a lei le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
-Oh Tess, non possiamo fare proprio niente?-
-Bambina, temo proprio che ognuno di noi dovrà agira a
proprio tempo. Non ci è concesso intervenire. D’altronde, non ci è concesso
modificare il corso degli eventi.- rispose Tess.
-Uffa basta!- si scocciò,
lanciando la penna sul quaderno dopo l’ennesima volta che rifaceva la stessa
espressione senza successo. Lasciò che la sedia lo inghiottisse e la testa
andasse a poggiare contro lo schienale della sedia, a metà della sua lunghezza.
-Ehi, cosa c’è?- chiese
Andrew, non aveva mai visto il bambino così disattento. Non riusciva a
concentrarsi su quello che stava facendo, la testa altrove, persa in chissà
quali pensieri. Più volte aveva dovuto incitarlo ad andare avanti e a
riprovare, ma era pure vero che di solito non ce n’era bisogno. Il
comportamento di quel bambino lo mandava in confusione, quel giorno faceva
tutto senza una logica precisa, solo per poter tenere le mani impegnate in
qualcosa.
-Niente.- rispose mesto il
bambino.
-Davvero?- fece, con un tono
che la sapeva più lunga di quanto dava ad intendere.
-Non ho più voglia di
studiare.- spiegò arrabbiato.
-Va bene. Allora dopo diremo
a Ellie che volevi a tutti i costi fare i compiti con lei.- era da quando c’era
lui che Will non faceva più i compiti con sua sorella, ma Will sapeva anche che
con Andrew poteva chiacchierare di più, dato che anche Ellie aveva i suoi di
compiti da fare e con lei non si parlava poi più di tanto. E poi il babysitter
aveva preso a viziarlo con una bella cioccolata calda per merenda se lui faceva
il bravo; e di certo quel giorno il bravo non lo stava facendo. Andrew lo
guardò di sottecchi, prima di incrociare le braccia sul tavolo e dedicarsi
completamente a lui.
-Allora, me lo vuoi dire cosa
succede?- gli chiese gentilmente.
-Ti ricordi quando ti sei
fermato da noi a mangiare?- iniziò il bambino con voce mesta.
-Sì.-
-Che Ellie è stata male.-
-Ha avuto solo un colpo di
tosse.- cercò di alleviare la cosa.
-Pensi sia stata colpa mia?-
non stava per piangere, ma aveva gli occhi lucidi, da cui traspariva tutto il
senso di colpa che si stava autoinfliggendo.
-No, certo che no.- gli disse
convinto.
-Dici?- cercò conferma nelle
parole del suo nuovo grande amico.
-Certo. Ascolta, ha avuto
altri colpi di tosse da allora?-
-No.-
-E allora vedi che sta bene.
Se non stesse bene avrebbe visitato un dottore. Tu non c’entri niente piccolo,
sono cose che capitano.- si era alzato dalla sedia per accucciarsi in parte a
lui.
-Sì ma, sono stato io a
insistere perché lei ballasse, se non avessi insistito forse non sarebbe stata
male.- la voce incrinata.
-Acolta, certe cose non si
posso prevedere. Hai provato a parlarne con Ellie?-
-Sì.-
-E lei che ti ha detto?-
-Di non preoccuparmi. Che
stava bene.-
-Visto.- gli sorrise
incoraggiante.
Will lo abbracciò forte e
lasciò che le grandi mani di Andrew lo consolassero.
-Ho avuto paura Andrew.- riuscì
finalmente a dire.
-Lo so piccolo. Lo so.-
sussurrò.
Odiava vedere le persone in
quello stato, specialmente i bambini. Era una violenza.
-Portatemi i documenti dei
signori grazie. Miller, mi faccia il piacere di farmi queste fotocopie grazie.-
Lily era sempre super indaffarata al lavora, ma si sapeva, più si era bravi più
si avevano responsabilità.
-Signora Potter. Questa è
Monica, dice di avere un appuntamento con lei.- disse la sua segretaria.
-Ah, sì venga nel mio
ufficio.- fece strada alla nuova venuta fino ad una stanza in fondo al
corridoio color grigio. Era silenziosa, ma con la sua scrivania in legno di
ciliegio ricoperta non solo da fascicoli, ma anche da fotografie familiari era
conciliante.
-Quindi lei è Monica giusto?-
chiese Lily, stringendole la mano.
-Sì, signora. Molto piacere.-
fece l’altra, i lunghi capelli castani che le ricadevano sulle spalle, mentre
non la smetteva di sorridere cordiale.
-Mi dica, lei è qui per un
posto di lavoro se non sbaglio.-
-Esattamente, ho visto il
vostro annuncio sul giornale che state cercando personale.-
-Sì è così, purtroppo da un
po’ di tempo abbiamo dovuto lasciare a casa alcune persone perché non erano in
grado di stare al ritmo. Sa, in poco tempo la nostra impresa è salita di
categoria e di conseguenza anche il lavoro è aumentato e purtroppo, se non si
riesce a stare al passo l’unica soluzione è andarsene.-
-Siete molto esigenti.-
-E’ vero. Ma è anche vero che
se una persona cerca lavoro è per dare il massimo. Al di fuori si è sempre
amici.-
-Sono d’accordo. La persona
di cui dovrei prendere il posto mi ha detto che lei l’ha aiutata a trovare un
altro lavoro.-
-E’ così, io ci tengo ai miei
dipendenti Monica.-
-Ne sono convinta.-
-Molto bene, ha qualche
competenza riguardo a organizzazione?-
-Certamente, ho frequentato
corsi e scuole di preparazione che frequento tuttora come aggiornamento.-
-Perfetto. Quando può
cominciare?-
-Anche subito.-
-E’ assunta.- Monica non si
aspettava che il suo colloquio sarebbe stato un simile botta e risposta. Doveva
anche ammettere che quella donna era eccezionale. Aveva un carattere e un
carisma contagioso, non si poteva non rimanere al suo passo.
-Allora per prima cosa
abbiamo un matrimonio da organizzare per il mese prossimo. Monica avrò bisogno
del suo aiuto, in questo periodo sembra che tutti vogliano sposarsi,
riappacificarsi, fare riunioni di famiglia… e noi dobbiamo essere preparati.
Come le dicevo, abbiamo un matrimonio, lei mi deve fare il favore di andare al
piano di sotto e iniziare a farsi venire un’idea. Lì troverà tutto quello che
le serve per farsi venire un’ispirazione. Ha due ore prima di aggiornarmi sui
suoi progressi.- le disse Lily.
-Molto bene.- disse Monica
prima di uscire dall’ufficio.
Ellie arrivò in tempo per il
pranzo, perfettamente in orario.
-Ciao Ellie!-
-Ciao!- la salutarono i due
uomini.
-Ciao.- rispose lei con un
sospiro stanco.
Andrew le lanciò un occhiata
mentre appendeva il giubbino sull’attaccapanni all’entrata, controllando che
non avesse un altro dei suoi attacchi.
Fu un pranzo particolarmente
silenzioso, ma gli unici ad accorgersene furono probabilmente Andrew, ed Ellie
che sembrava avere una cera piuttosto nera.
-Andato bene oggi il corso di
lingue?- domandò Andrew.
-Sì, grazie. Voi? Tutto
bene?- domandò lei, senza troppa convinzione.
-Più o meno, anche se oggi
quelle espressioni sono impossibili.- commentò Will.
Ellie fece un mezzo sorriso,
tirato. Sembrava che non avesse alcuna voglia di ridere. Finì di mangiare
quello che aveva nel piatto per poi lasciarci dentro le posate e metterlo nel
lavello pronto per essere lavato. Prese lo zaino che aveva lasciato vicino alla
porta della cucina.
-Dove vai? Non mangi il
dolce?- le chiese Andrew.
-No, non ho fame.- sotto lo
sguardo dei due sparì su di sopra.
-Che dolce hai fatto?-
domandò Will.
Andrew fece un sorriso furbo,
prima di tirare fuori dal frigo una torta con panna e fragole.
-Andrew io ti adoro!- esclamò
il bambino, infilzando la forchetta nella sua fetta di torta.
Era inutile, il babysitter
aveva delle mani d’oro per qualunque cosa.
Dopo pranzo entrambi si
svaccarono sul divano, telecomando alla mano, guardando alla tv i programmi più
stupidi che davano. Erano talmente ridicoli che non facevano nemmeno ridere.
-Secondo te quanto li pagano
per fare quelle cose?- domandò scioccato Will.
-Mmhh, bella domanda. Una
cosa è certa: non mi metterò mai un cappello del genere.- commentò Andrew,
mentre il monitor gli ritornava l’immagine di un tizio con indosso un enorme
cappello piumato multicolor. Will si mise a ridere a più non posso.
-Che ti ridi!- disse Andrew,
facendo il finto offeso.
-Smettila subito.- gli disse
dopo un po’, mentre il bambino non cessava di ridere; anzi, era finito lungo
disteso con le lacrime agli occhi.
-Scusa Andy, però saresti
troppo buffo.-
-Ah, è così! Adesso ti faccio
vedere io!- minacciò. Si avvicinò al bambino e in due secondi lo fece
contorcere sotto le sue mani, mentre le dita cercavano i punti che più
soffrivano il solletico.
-No, basta!-
-Basta? Te la sei cercata.-
oramai le risate erano diventate contagiose.
-Basta.. ti prego.. And… rew…
basta!- soltanto dopo svariati minuti il babysitter si fermò, lasciandogli il
tempo di riprendere fiato. Guardando Will con quegli occhi dolci che ti
scioglievano, mentre gli accarezzava la testa.
-Lo sai Andrew, sono
contento!-
-Di cosa?-
-Che tu sia il mio
babysitter.- rispose il bambino, chiudendo gli occhi. L’altro sorrise.
-Avanti poltrone! Abbiamo
ancora delle espressioni da finire.- il babysitter si alzò in piedi, con
l’intento di far finire i compiti al suo protetto.
-Oh, no! Ti prego!-
-Avanti dai! Altrimenti vado
a chiamare Ellie.-
-D’accordo.- acconsentì Will
con uno sbuffo, andandosi a risedere sulla sedia del salotto.
-Senti, mentre tu vai avanti,
vado un attimo a vedere se Ellie sta bene. Mi è sembrata molto silenziosa
oggi.-
-Okay.-
Così mentre Will faceva i
compiti di matematica, per la prima volta da quando era lì, Andrew salì le
scale che portavano in camera di Ellie. Dall’altra parte della porta non
arrivava nessun rumore. Bussò un paio di volte, ma non ottenne risposta; così
decise di entrare. Ellie se ne stava seduta sul bordo del letto, circondata da
fogliettini e fotografie, alcune strappati, altri ancora spiegazzati. Aveva uno
sguardo smarrito e addolorato, come se nella sua stanza fosse passato un
uragano che le aveva distrutto tutto. Quando lo guardò sentì tutto il suo
dolore come se lo provasse egli stesso.
-Ellie, cos’è successo?- le
domandò preoccupato.
-Andrew.. io non.. va tutto
bene.- balbettò tra i singhiozzi, la voce impastata dal pianto.
-No, non va bene.- le disse
Andrew, avvicinandosi quel tanto per prenderla per le spalle. Guardava ovunque,
il letto, le pareti, i mobili, ma evitava accuratamente il suo sguardo.
-Io.. io non.. non ho potuto
fare altrimenti.-
-Ellie.. Ellie guardami.
Guardami.- disse fermo.
La ragazza alzò gli occhi su
di lui, erano due pozze d’acqua, il naso e la bocca arrossati, le guance
rigate. Era come una foglia secca in autunno che fa di tutto pur di rimanere
attaccata al suo ramo. Attraverso quegli occhi Andrew riuscì a vedere il suo
cuore spezzato.
-Cosa è successo?- le ripetè.
Ellie voltò il capo, ci
provò, ma non poteva nemmeno lei ignorarlo.
-Ellie. Cosa?- le lacrime
tornarono prepotenti, come un fiume in piena incontrollato, senza argine. Si
passò una mano davanti alla bocca per attutire i singhiozzi. Adesso capiva
perché per tutto quel tempo non avevano sentito un rumore.
-L’ho lasciato Andrew. L’ho
lasciato.- disse, sembrava però che stesse dicendo che aveva appena ucciso il
suo migliore amico. Si guardò attorno e vide che le foto erano tutte di lei e
di Zanna, oppure solo con Zanna; e sorridevano. Erano delle foto perfette,
perché loro due stavano bene insieme; ma allora perché si erano lasciati?
-E’ stato lui a lasciarti?-
Si girò verso la parete, per
poi scivolare sul tappeto, la schiena contro il letto, mentre negava. Lui si
accucciò in parte a lei.
-Sei stata tu?- di nuovo
quella mano davanti alla bocca a soffocare i singhiozzi.
Le lacrime scavavano nella
pelle, bollenti, come fuoco incandescente. Annuì, per poi mettersi le mani nei
capelli, come se avesse fatto la più grande cavolata di tutti i secoli.
Andrew sospirò, la prese per
le braccia e la tirò verso di sé, senza fatica. Era talmente debole che avrebbe
potuto essere una bambola di pezza. Se l’appoggiò vicino, così che lei potesse
affondare il viso nella sua spalla e lui circondarle con le braccia la schiena
scossa dai tremori. Sentiva che quel tremito passava da lei a lui come un’eco.
Era straziante.
-Shh. Shh.. andrà tutto bene.
Sistemeremo anche questa. Vedrai.- le sussurrò.
Passarono svariati minuti
prima che cessasse di singhiozzare, e poi di piangere. Quando alzò il viso non
avrebbe potuto dire che era la stessa ragazza che lo aveva accolto il primo
giorno di servizio, sorridente e solare. Il suo volto era talmente sciupato e distrutto,
solo gli occhi sembravano ancora vivi. Andrew fece scorrere una mano sulla sua
guancia fino al mento, sollevandole il viso per guardarla negli occhi.
-Ce la fai?- le chiese, lo
sguardo di lui trasmetteva tutto l’aiuto e la sicurezza di cui aveva bisogno in
quel momento.
-Sai, penso di aver bisogno
di distrarmi un po’. Magari più tardi vado a fare una passeggiata.- disse più a
se stessa che a lui, quasi come scusa, ma che non avrebbe mai fatto. Non da
sola almeno.
-Io invece avrei un’idea
migliore.- disse lui alzandosi.
Tese le mani in avanti, così
che lei potesse afferrarle e l’aiutò ad alzarsi.
-Una bella cena è quello che
ti ci vuole. Dicono che mangiare faccia bene allo spirito oltre che allo
stomaco.- disse con un sorriso. Anche lei provò a sorridere, ma si vedeva che
non ne aveva la minima voglia.
-Senti, se vuoi parlarne, io
ci sono; okay?- le disse, con quella voce bassa che la faceva vibrare tutte le
volte. Annuì. Lui tornò a sorridere.
-Okay. Adesso vado di sotto,
altrimenti Will mi dà per disperso.- le disse, dandole un’ultimacarezza affetuosa sulla spalla e uscendo
dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
-Come procede il lavoro?-
Lily era tutta trafelata, aveva appena finito di fare delle fotocopie che la
sua segretaria l’aveva chiamata per dirle che nel suo ufficio erano appena
state portate altri documenti da firmare. Prima di tornare nel suo ufficio però
voleva andare a controllare che i preparativi per il matrimonio procedesso al
meglio e che quella nuova si stesse ambientando a dovere.
Giunta al piano di sotto non
si meravigliò di trovare tutti al lavoro, che andavano avanti e indietro: chi
portando assi o scale, chi un mazzo di fiori, chi dei nastri colorati, chi
tagliava, chi appendeva.. ognuno aveva al suo compito. A quanto poteva vedere
anche Monica aveva trovato il suo posto. Se ne stava in piedi, in mezzo alla
stanza, quasi non riusciva a muoversi tanto le persone andavano a chiederle
consiglio. E lei, con calma e pazienza, rispondeva a tutti, controllando la sua
cartellina, sorridendo a tutti. Soltanto dopo cinque persone riuscì a
raggiungere il suo diretto superiore.
-Oh, Lily! Stavo giusto
cercando di venire da te.- disse la giovane.
-Ho notato. Vedo che tengono
parecchio alla tua opinione.- notò la direttrice, con un sorrisetto
soddisfatto. Le piaceva chi sapeva farsi intendere.
-Oh, diciamo che siamo
riusciti a trovare li modo migliore per sviluppare questa festa. Te lo illustro
se vuoi.- disse Monica.
-Con grande piacere.-
-Spero rientri nei tuoi
gusti. Abbiamo già chi si occupa di filmare tutta la cerimonia. Abbiamo optato
per i teli bianchi sulle panche, esattamente come i puff. I fiori saranno
anch’essi bianchi, solo più chiari, di tela, in modo che durino di più di
quelli veri. Le paratie sopra l’altare saranno rosso scuro, così da dare più
solennità alla cerimonia. La limousine nera si farà trovare fuori dalla chiesa
al termine delle firme. Andranno diritti al ristorante. Ne abbiamo scelto uno
elegante ma anche abbastanza sobrio. Riservato esclusivamente agli sposi e agli
invitati. Le tavole saranno parecchiate color rosa salmone, i centrotavola
saranno dei fiori colorati. Abbiamo scenlto una band abbastanza tranquilla,
niente che faccia addormentare, ma neanche niente di troppo rumoroso, per
evitare che non si riesca a parlare. Il giardino fuori sarà adornato con
decorazioni bianche e la sera è prevista una cena fuori con karaoke, le musiche
ovviamente saranno quelle preferite dagli sposi; in modo così da coinvolgere
tutte le persone di tutte le età. Per finire ci saranno il buffet con la torta
e un po’ di musica per ballare. Sul tardi, se ci sarà ancora qualcuno, la band
ha ordini precisi per suonare pezzi tranquilli e rilassanti.- spiegò voltando
opportunamente pagina per illustrare anche visivamente il progetto. Lily era
soddisfatta del suo nuovo acquisto.
-Monica.- la ragazza la
guardò, aspettandosi un qualche appunto.
-Ottimo lavoro! Mi trovi nel
mio ufficio se hai bisogno di me.- le disse, prima di allontanarsi diretta al
piano superiore.
Scartoffie su scartoffie,
Lily Potter faceva questo per gran parte del suo tempo, quando non doveva
presiedere a convegni o cerominie da lei stessa organizzate. Passò un’ora prima
che sollevasse il viso da tutte quelle carte e si soffermasse ad osservare le
foto che addobbavano la sua scrivania. Lei e James sposati. Ellie appena nata.
Ellie e Will piccoli. Una foto di loro quattro insieme vecchia di due anni.
Ellie all’asilo. Will in prima elementare. Lei e James prima del matrimonio in
montagna. Doveva necessariamente rinnovare quell’album fotografico. Era da
tempo che non passava intere giornate con la sua famiglia e si metteva a
scattare foto. Si era sempre sentita in sintonia con sua figlia, per il fatto
che entrambe avessero la stessa passione per la fotografia, per il voler
fermare i ricordi nel tempo. E dopo anni anche lei iniziava a sentirne la
mancanza. Forse un’uscita tutti e quattro insieme gli avrebbe fatto bene. Prese
in mano la foto dei suoi due bambini, sorridendo amorevolmente. Toccò con la
punta delle dita il vetro, tracciando i contorni delle sagome ritratte. Sì, si
sarebbe dovuta prendere un periodo di vacanza. Non sentì nemmeno che qualcuno
bussava alla porta.
-Signora Potter.- Monica
entrò, trovando la donna ancora con la foto in mano.
-Oh, mi dispiace. Se vuole
passo più tardi.- si scusò.
-No, Monica. Tranquilla
entra. Stavo solo riguardando una vecchia foto. Sai, ogni tanto mi piace
riguardare i vecchi momenti.- sorrise Lily.
-E’ la sua famiglia?- domandò
Monica, con fare dolce.
-Sì, questi sono i miei figli:
Ellie e Will.- rispose Lily, porgendole la foto, così che potesse vedere i suoi
tesori.
-Sono bellissimi.- disse
Monica.
-Già.-
-Quanti anni hanno?-
-Ellie ne ha venti, mentre
Will undici.-
-Sono davvero meravigliosi.-
-Ti ringrazio. Sai, non posso
fare a meno di pensare a quanto gli voglia bene e a quanto tempo mi rimane
prima che loro se ne vadano.-
-Oh, ma loro non se ne
andranno mai veramente. Continueranno a volerti bene, ne sono certa. Scommetto
che sei una madre stupenda.- commentò Monica.
-Sei gentile. Ma anche loro
un giorno si faranno una famiglia, ed è giusto che vadano per la loro strada.-
-Sono d’accordo. Purtroppo i
nostri figli non ci appartengono, sono i figli del Signore. Noi possiamo solo
custodirli e proteggerli, per quello che possiamo.- disse, in fare angelico.
-Sono d’accordo con te. Cosa
mi volevi dire?-
-Che abbiamo finito di
preparare le decorazioni e gli addobbi. Direi che nei prossimi giorni potremmo
essere pronti per andare sul posto.-
-Molto bene. Ottimo lavoro..
Oh, e chiamami Lily.. questo Signora Potter mi fa sentire vecchia.-
-Come vuole Lily.-
-Oh mamma! Sono già le sei!
Senti Monica, posso approffittare di te? Vorrei tornare a casa prima oggi, così
magari potrei preparare io la cena anziché Andrew, sai lui è nuovo babysitter
di Will.-
-Ma certamente. Non
preoccuparti ci penso io qui.-
-Grazie mille. Buona serata.-
-Anche a te.-
Monica guardo Lily prendere
la giacca e uscire dall’ufficio con un sorriso radioso. Con ancora la
cartellina in mano si voltò a guardare quelle fotografie. Erano davvero una
bella famiglia. Peccato che non sapessero la verità. Ben presto tutta quella
felicità si sarebbe trasformata in un sordo dolore.
-Sono a casa!- disse
nell’entrare, cercando di estrarre le chiavi dalla porta senza far cadere la
borsa. Subito Will corse verso di lei.
-Mamma! Sei tornata a casa
prima!- l’abbracciò lui.
-Sì, oggi avevo voglia di
tornare a casa da voi il prima possibile.-
-Prepari tu la cena?-
-Sì, ho detto ad Andrew che
mi sarei occupata io della cena stasera.-
-Evvai!-
-Spero solo che vostro padre
non ritardi come al solito.- sorrise dolce Lily, depositando un bacio affetuoso
sulla testa del figlio.
-Ellie dov’è?-
-Sono qui.- Ellie scese le
scale saltellando, una borsa nera sulla spalla, segno che stava uscendo; sul
viso non c’era più traccia della tristezza di quel pomeriggio.
-Ehi, stai uscendo? Proprio
oggi che sono uscita prima?-
-Scusa, spero non ti
dispiaccia troppo. E’ che.. non è stata una gran giornata ed Andrew mi aveva
promesso che mi avrebbe fatto assaggiare uno dei suoi piatti una sera. Non mi
aveva avvertita che saresti uscita prima. Vuoi che disdica?-
-No, va pure. In fin dei
conti non glielo avevo detto. Fa la brava e sta attenta.. eh?-
-Certo mamma.- la ragazza
scoccò un grosso bacio sulla guancia della madre, circondandole le spalle con
un braccio, mentre con l’altro si sistemava meglio la borsa in spalla e, dopo
aver salutato il fratello uscì.
La strada non era per niente
trafficata. Le luci le passavano accanto come lunghe scie luminose. Tenne il
finestrino leggermente abbassato, così che la brezza potesse rinfrescarle il
viso. Non aveva dimenticato che la persona da cui stava andando a cena era la
stessa ad esserle stato accanto quel pomeriggio, e la cosa la metteva
leggermente a disagio. Guardava gli alberi che avevano un qualche timido
bocciolo che cercava di combattere il freddo di fine inverno. Mancava ancora un
mese prima dell’arrivo della primavera.
Andrew abitava vicino al
centro, proprio alla periferia, in un appartamentino di quartiere, elegante al
punto giusto. Quei quartieri sempre verdi e illuminati da centinaia di lampioni
e luci. Parcheggiò vicino all’entrata e pigiò sull’unico campanello dove non
c’era scritto il nome e l’iniziale del cognome “A”. Prese l’ascensore per
arrivare al terzo piano.
-E’ permesso?- Ellie cacciò
la testa dentro l’uscio socchiuso, da cui veniva un odore di carne e verdure
cotte. Andrew le andò subito incontro, con il suo sorriso cordiale.
Per l’occasione indossava una
semplice camicia rossa e un paio di jeans grigio perla.
-Ellie, ciao! Entra pure.- la
invitò caloroso. Richiudendole la porta alle spalle.
-Ciao.-
-Sei in anticipo.- notò lui.
-Sì, mia madre era appena
tornata a casa, spero non ti dispiaccia.-
-No, figurati.- rise, mentre
tornava al piano cottura.
-Stavo finendo di preparare
la cena.-
-Cosa fai di buono?- chiese,
allungando il collo e sorridendo. Non voleva fargli capire quanto ci stesse
ancora male per quel pomeriggio, in realtà.
-Lo vedrai.- rispose
candidamente lui.
-Sempre a fare il misterioso
tu, eh?-
-E’ la cosa che mi riesce
meglio.-
L’appartamento di Andrew era
molto grande, due stanze attaccate con cucina e salotto, con due divani,
tavolino e tv con mobili. Poi un’anticamera che probabilmente dava sulla camera
da letto, il bagno e lo sgabuzzino. Era talmente spazioso per una persona solo
che le venne automatico chiedersi se non si sentisse mai solo. Non c’era
nemmeno un animale ad aspettarlo al suo rientro dal lavoro.
-A cosa stai pensando?- le
chiese lui.
-Niente.- rispose lei, con
fare non curante.
-Non è vero.- rispose
candidamente lui.
-Si nota così tanto?- sorrise
lei.
-Diciamo che sono piuttosto
bravo ad intuire le bugie.- sghignazzò lui, facendole un cenno di avvicinarsi.
Ellie lo raggiunse, appoggiandosi con la schiena al piano cottura, vicino a
dove lui stava finendo di mescolare dentro ad una pentola.
-Allora?- tornò a chiederle,
dopo averle lanciato un’occhiata.
-Mi chiedevo se non ti senti
mai solo qui. Hai un appartamento bellissimo, però sei sempre qui da solo.
Oppure hai mandato fuori casa il tuo coinquilino per questa sera?- chiese lei
ironica. Lui rise.
-No, vivo da solo. Però ti
dirò che non sono mai solo.-
-Che vuoi dire?- Andrew la
guardò con aria furbetta, come si fa quando se ne sa una in più degli altri.
-A parte il fatto che a me il
silenzio piace, mi aiuta a rilassarmi. E dopo una giornata con tuo fratello ti
assicuro che un po’ di stanchezza ce l’ho addosso pure io. Però il silenzio mi
aiuta anche a fare un’altra cosa.-
-Cosa?- domandò lei, notando
che si era fermato.
Andrew la guardò, si
allontanò un attimo per mettere il cucchiaio che stava utilizzando nel lavello
e tornò vicino a lei, guardandola dritto negli occhi, serissimo.
-A pregare.- Ellie non capì
con quale forza avesse sostenuto quello sguardo, solo che quell’ultima parola
l’aveva scombussolata. Le aveva ricordado la lettera che aveva scritto qualche
giorno prima.
-Beh, allora siamo in due.-
commentò, senza espressione.
-E’ una cosa così strana?- le
domandò Andrew, le sopracciglia aggrottate.
-No, solo certe volte mi
chiedo se ci sia davvero qualcuno che le ascolta le nostre preghiere.- disse,
guardandosi i piedi.
-Credimi Ellie, c’è.- Ellie
sorrise. Il campanello del forno suonò.
-E’ pronto!- annunciò Andrew
con un sorriso enorme che contagiò persino la ragazza.
Si sedettero al tavolo
apparecchiato che stava tra il salotto e la cucina, c’era anche una rosa rossa
a centrotavola.
-Wow, bella la rosa.- disse
Ellie con tono ironico.
-Non ti piace?-
-Oh, a me piace. Ma mia madre
ti direbbe sicuramente che non va bene.-
-E’ una persona severa tua
madre.-
-Sul lavoro sì, ma quando è a
casa anche lei fa quello che ne ha voglia. Ma capirai anche tu che, dopo anni
di lavoro nel campo delle decorazioni e manifestazioni, certe cose ti entrano
dentro e le fai automaticamente. È capitato ancora che avessimo delle piccole
discussioni, ma alla fine ci mettavamo tutte e due a ridere sulla banalità
della cosa.-
-E’ una persona fantastica
tua madre.-
-Entrambi lo sono.-
-Sono contento che la pensi
così. Non tutti i figli apprezzano i loro genitori.-
-Beh, io e Will non siamo
“tutti i figli”.- rise lei.
-Hai ragione.- rise anche Andrew.
Per primo mangiarono delle
lasagne al forno con pesto di verdure, preparate a mano dal sottoscritto e per
secondo delle bistecche impannate con carote al forno e cipolle, più insalata e
pomodori. Senza contare formaggi, affettati e frutta che portava in tavola.
-Ma quanta roba hai fatto?-
domandò Ellie ridendo, per la quantità di cibo.
-Beh, non sapevo quanto
appetito avessi dopo oggi pomeriggio, così ho preferito abbondare.-
-Tu, tu sei matto!- risero
entrambi. Finchè il bip del cellulare di Ellie non squillò.
Quando tirò fuori il
cellulare dalla borsa il suo viso si fece improvvisamente serio, attraversato
da un lampo di indecisione e dolore. Aprì il messaggio, ma poi lo mise via con
uno sbuffo.
-Scusa.- disse frettolosa,
come se fosse una cosa seccante.
-Tutto bene?- chiese lui,
preoccupato.
-Sì, tranquillo. Niente di
importante.- purtroppo però quel ‘niente di importante’ si stava rivelando
piuttosto insistente. Ogni cinque minuti se non meno arrivava un messaggio.
Vibrò persino una volta nel tentare di chiamarla. Ellie non si degno nemmeno di
rispondere.
-E’ Zanna vero?- domandò lui
serio.
-Non riesco a capire perché
insiste tanto.- disse lei seccata, guardando il display che si mise a
lampeggiare per l’ennesima volta.
-Perché non ci parlo. Se vuoi
vado di là mentre chiami.-
-Ti ringrazio Andrew, ma non
ce n’è bisogno.- ennesimo bip.
-Scusa posso andare in
bagno?-
-Certo. È la prima porta
sulla sinistra.-
Ellie si alzò e sparì oltre
l’anticamera. Andrew prese in mano il cellulare, facendo scorrere i messaggi,
leggendoli velocemente.
‘Ciao, non capisco perché tu
non mi risponda.’
‘Certo che potresti almeno
rispondermi o quanto meno darmi una buona spiegazione.’
‘Ti prego Ellie, tu non puoi
immaginare quanto io stia male perciò ti prego richiamami.’
‘Ellie non ce la faccio più,
ti prego. Ti prego dimmi perché.’
‘Sto impazzendo, mi sto
ancora chiedendo se è la realtà o è stato tutto un sogno. Io mi rispondo che
era soltanto un incubo e che tra poco la sveglia suonerà e io ti rivedrò. Ma
ogni minuto che passa è sempre peggio e mi convinco sempre di più che non
tornerai.’
‘Ellie perché mi fai questo?
Cosa ho fatto di male.’
‘Non mi importa del perché te
ne sei andata. IO TI AMO e non mi importa se tu non vuoi più sentirtelo dire.
Non posso crederci che dopo tre anni che stiamo insieme tutto possa finire
così, da un giorno all’altro.’
Le ultime venti chiamate
registrate in memoria erano tutte a nome suo ‘Zanna’. Ellie uscì dal bagno ed
Andrew non si preoccupò di mettere il cellulare sul tavolo. Lei fece un sorriso
tirato, mentre aggirava il divano e si sedeva su di esso, lasciandosi
sprofondare nei cuscini grigi. Andrew le si avvicinò.
-Sai, non ci credo che tu non
lo ami più.-
-E tu che ne sai?-
-Beh, se è vero che è da tre
anni che state insieme, cosa è successo che da un giorno all’altro non lo ami
più. Non mi sembri una che cambia ragazzi come cambia le camice.-
-Sai, sei gentile!- fece lei
ironica, all’udire quel paragone.
-Hai ragione.-
-Cosa è successo Ellie?- gli
chiese preoccupato.
-E’ complicato.-
-Lo capirò.- sussurrò lui.
Ellie guardò quegli occhi, luminosi anche nel salotto in penombra.
-Andrew io non amerò mai
nessun altro come ho amato Zanna. Ma non posso più stare insieme a lui.-
-E’ successo qualcosa?-
-No, sono semplicemente io
che non vado bene.- sorrise lei, di un sorriso triste.
-Ellie tu vai benissimo. Sei
una ragazza fantastica, piena di vita e di voglia di ridere. Che c’è di male?-
-Andrew tu non mi conosci. Tu
non sai del perché ho lasciato Zanna. Ma credimi se ti dico che non avevo
alternativa. Solo, è l’unico modo che ho per non farlo soffrire più.-
-Perché dici questo?- chiese
lui, con una nota di tristezza e dolore nella voce.
-Andrew io amo Zanna, ma lui
non è la persona giusta per me. E io non voglio prenderlo in giro ulteriormente.
Ho sbagliato lo so. Ma adesso voglio rimediare. Non gli mentirò più in questo
modo.- Andrew le prese il volto tra le mani.
-Lo sai, sei proprio un gran
casino.- Ellie rise, prima che quel suono fosse soffocato da un attacco
improvviso di tosse che cessò quasi subito, sostituito da un rumore strano, più
gracchiante, più cupo. A bocca aperta, una mano sul cuore, Ellie non riusciva a
respirare.
-Ellie? Ellie che ti
succede?- lui la prese per le spalle, spaventato, mentre lei si aggrappava a
lui con una mano e con l’altra al divano, tossendo furiosamente. Poi cessò. Con
calma tornò a respirare.
-Tutto a posto? Cosa è
successo?- le chiese.
-Tranquillo, va tutto bene.
E’ passato. Mi capita ogni tanto.- disse lei, come se nulla fosse.
-Sicura? Vuoi che chiami i
tuoi?-
-Andrew sto bene.- lo
rassicurò lei, dolce.
Lui non sembrò convintò.
-Sai hai ragione: sono
proprio un gran casino.- i due risero per quella battuta.
-Sì, ma io so come tirarti su
il morale.- disse lui, alzandosi e andando a tirare fuori dal frigo una torta
con sopra un mantello di marmellata di frutti di bosco.
-Non ci credo, è la mia torta
preferita. Ma si può sapere come fai?-
-Cara mia, tu non mi
conosci.-
-Mentre tu conosci me molto
bene, giusto?-
-Eh già!- stettero lì sul
divano, a mangiarsi la torta chiacchierando amichevolmente, raccontandosi
aneddoti divertenti. Quando furono le undici Ellie decise che era ora di
tornare a casa.
-Andrew volevo ringraziarti
per la piacevole serata e per.. oggi pomeriggio. Se non fosse stato per te
probabilmente sarei ancora là a piangere.- disse lei.
-Ellie io sono lì per te
esattamente quanto lo sono per Will. Non devi far altro che chiedere.- le disse
lui, gentilmente, accarezzandole la guancia.
Le chiavi tintinnavano nella
borsa, così come i tacchi davano il ritmo picchiando sul marciapiede. Lily
inserì le chiavi nella serratura della porta a vetri, per scoprire che era già
aperta. Stranita, entrò. Chi poteva essere arrivata prima di lei? Di solito non
c’era nessuno a quell’ora. A parte lei ovviamente, forse per questo che suo
marito la definiva una stacanovista. L’edificio era apparentemente vuoto. Un
rumore dalla sala stampa le informò che avrebbe trovato qualcuno. Infatti.. Monica
se ne stava in piedi vicino alla fotocopiatrice, con uno strano sorriso in
faccia, che la direttrice avrebbe definito: angelico.
-Monica!- esclamò, sorpresa.
-Oh, ciao Lily!- la salutò
questa calorosamente.
-Come mai qui così presto?-
-Potrei chiederti la stessa
cosa.- le fece notare la giovane, senza malizia.
-Io arrivo sempre presto al
lavoro. Mi piace dare il buon esempio. Della serie: se il capo è bravo anche i
dipendenti lo sono. Per il momento non ho ancora avuto problemi.-
-Ti capisco. È un’ottima
cosa, dare l’esempio. Per tutto quello che facciamo dovremmo avere qualcuno da
imitare. Anche se personalmente penso che l’unico da imitare sia Dio.- nel
momento in cui pronunciò l’ultima frase il suo tono si era fatto
improvvisamente più serio.
-Tu credi in Dio?- Lily fu
colta di sorpresa.
-Sì, direi di sì. Ovviamente
non posso avere la certezza che esista, ma credo di sì.-
-E’ una cosa importante.
Essenziale oserei dire.-
-Mi sembri molto convinta di
questo, sbaglio?- domandò Lily.
-No, hai ragione. Io credo in
Dio con tutta me stessa e non mi ha mai deluso. Comprendo che ci sono momenti
disperati, in cui sembra che nessuno ci ascolti, ma non è mai così.- rispose
con un sorriso. Lily le sorrise a sua volta.
-Senti, è presto. Che ne dici
di andare a berci un caffè?-
-Oh, io adoro il caffè.-
rispose Monica, con un sorriso a trentadue denti.
Ore 13.00
-Andrew!- Will si catapultò
tra le braccia del suo babysitter, mentre questo ricambiava il suo abbraccio.
-Allora campione, com’è
andata la scuola?- gli chiese l’altro.
-Mmh, abbastanza bene!-
-Andavano bene i compiti di
matematica.-
-Perfetti. Dovresti esserci
tu al posto della prof.- Andrew rise.
Tornarono a casa e
pranzarono. Ellie era in biblioteca e aveva mangiato prima di uscire. Né la
televisione, né una passeggiata al parco esaudirono i loro bisogni. Andrew
stava lavando i piatti in cucina, mentre Will se ne stava seduto sullo sgabello
dove settimane prima Ellie aveva scambiato le prime parole con il tutor.
-Ehi, che hai? Sembri tua
sorella con quel muso.- gli disse Andrew, notando che il bambino sembrava
pensieroso.
-Non so cosa fare.-
-Non hai niente da
ripassare?-
-Basta Andrew, sembri la
mamma e Ellie.- sbuffò Will. L’altro rise.
-Non hai proprio voglia di
fare niente?-
-Non lo so, mi piacerebbe fare
qualcosa di divertente. Tu cosa hai voglia di fare?-
-Oh, io me ne starei
comodamente seduto sul divano a leggere il giornale.-
-Non ti facevo così vecchio
sai.- lo prese in giro il babino.
-Sei in cerca di guai?- lo
minacciò Andrew.
-Allora?- Will sorrise
mascalzone.
-Che ne dici: di un bel
pupazzo di neve?- gli propose Andrew.
-Ottima idea.- sorrise felice
il bambino.
Il cielo era azzurro e l’aria
era piacevolmente fresca. Ovviamente pretendere serietà da un bambino di undici
anni era troppo. Andrew non ebbe il tempo di abbassarsi che una palla di neve
lo colpì sulla spalla. Will rise a crepapelle.
-Ascolta, lo vuoi fare questo
pupazzo oppure no?- gli chiese retoricamente l’altro, sorridendo. Will smise di
ridere prima di acconsentire.
-Okay okay, non te le tiro
più.- ovviamente non era vero.
Incominciarono con il fare la
base, Will scappò in casa per prendere due grossi bottoni neri che sarebbero
serviti per fare gli occhi. Andrew andò a rimediare in uno sgabuzzino una scopa
e un pezzo di legno per il naso. Will prese dal guardaroba del padre una
sciarpa rossa ormai finita nel dimenticatorio e un cappello alla londinese. Nel
mentre volavano palle di neve e schizzi dentro le giacche. Il lavoro di un’ora
venne completato nel giro di due ore.
-Al ladro! Al ladro! Stanno
cercando di rubarci le nostre scoperte!- disse Will, caricando una palla di
neve in direzione della sorella, munita si macchina fotografica e sorriso.
-Forza agente Will, non
possiamo lasciarla scappare!- lo incitò divertito Andrew.
Ellie sgusciò fuori dal
giardino indenne, infilando la macchina nello zaino e prendendo le chiavi per
aprire l’auto.
-Non questa volta agente
Will. Andrew guarda che vado un attimo a scuola a prendere un paio di cose.-
disse lei.
-Va bene.-
Ore 13.30
Monica e Lily se ne stavano
comodamente sedute in una tavola calda, mentre aspettavano finisse la loro
pausa pranzo.
-Avanti Monica, parlami un
po’ di te.-
-Cosa vuoi sapere
esattamente?- domandò la segretaria.
-Non so, quello che vuoi. Hai
famiglia?-
-Oh, sì beh.. la mia famiglia
è grande. Tutti sono la mia famiglia.- disse in tono saggio.
-Sai, al giorno d’oggi non ci
sono più persone che hanno un senso così ampio di famiglia. Ed ammetto che
nemmeno io faccio eccezione, però mi fa piacere che tu la pensi così. Aiutare
il prossimo è importante. Ad ogni modo mi riferivo alla tua famiglia. Sei
sposata?-
-Oh, no. Io non sono sposata.
Anche se tante volte ho immaginato come dovrebbe essere voler bene ad una
singola persona con tutta la propria anima e tanti bambini che ti saltellano attorno.-
rispose con un sorriso.
-Certo le fortune sono molte,
ma ci sono anche i problemi.- fece con fare serio Lily.
-Che intedi?- domandò Monica,
lei ovviamente non poteva sapere a cosa si riferisse.
-I bambini e i mariti sono
una benedizione, ma non sempre tutto va come previsto. Le notti in bianco che
si passa quando non stanno bene, quando si ammalano e nessuno sa che cosa
abbiano, e lì tu speri che ci sia qualcuno che lo aiuti a superare la malattia;
quando hai delle discussioni con loro e non sai se poi ci tornerai a parlare.
Quando non ti vogliono ascoltare. Quando non tornano a casa in orario e ti
preoccupi che possa essergli successo qualcosa. I problemi a scuola, sul
lavoro, le domande a cui non hai risposta, al fatto che tu ti renda conto che non
puoi dargli tutto quello di cui hanno bisogno.-
-Sì, ma Dio può.-
-Già, ma certe volte è anche
difficile udire la Sua
risposta.-
-Ricorda Lily che le strade
del Signore sono infinite.- disse dolce Monica, prendendola per mano. Lily
sorrire a tanta dolcezza.
-Dobbiamo essergli grati per
tutto l’amore che possiamo provare e donare.-
-Hai lavorato ancora per
agenzie del genere?- cambiò dicorso.
-A dire il vero no. Però ho
due amici che hanno sempre dei buoni consigli da darmi.-
-Ah sì? Perché non me li fai
conoscere? Chissà che non abbiamo qualche buon consiglio anche per me.- disse
ironica Lily.
-Oh, ne avrebbero di sicuro.
Ad ogni modo Andrew lo conosci, no?- disse Monica.
-Andrew? Il mio babysitter?-
-Certo. È una persona
formidabile, garantito.-
-Vi conoscete da molto?-
-Da anni. Ricordo che la
prima volta che lo vidi ne rimasi affascinata, vestito con quegli abiti chiari,
la faccia seria ma gli occhi dolci. Sembrava un cucciolone. Ma sta attenta a
non lasciarti ingannare, sa essere serissimo quando vuole.-
-Ne parli parecchio bene.
Allora posso stare sicura.- concluse Lily.
-Affiderei ad Andrew la mia
stessa vita.-
-Ti piace?- domandò a
bruciapelo Lily, senza malizia o ironia nella voce, era seria.
-Oh, no! Non penserei mai ad
Andrew in quel senso. È una persona formidabile, dolce e sensibile. Un vero
amico. Penso che chiunque dovrebbe avere un amico così.-
-Capisco. Non fraintendermi,
chiedevo soltanto. Non ci sarebbe stato di certo nulla di male. È un bell’uomo
e se tu mi dici che è così tanto una brava persona, e anche tu lo sembri.. non
vedevo perché no.. – spiegò docilmente Lily.
-Sì, tranquilla. Lo so che tu
non sei una che dà giudizi giusto per fare qualcosa.- rise Monica. Il cellulare
di Lily squillò.
-Scusami un attimo.-
-Fai pure.-
-Pronto?- nel mentre
pronunciava quella domanda il suo viso cambiò espressione. Le sopracciglia si
alzarono e il sorriso divenne una smorfia di terrore, gli occhi si
spalancarono.
-Dove?- disse con voce
tremante.
-Arrivo subito.- dichiarò
fredda.
-Che è successo?- domandò Monica
preoccupatissima.
-Monica vieni con me. Non so
se sarò in condizioni di guidare.-
‘Halo’ usciva dalle casse
della radio, il piede premuto sull’accelleratore, le mani sul volante e il
piede del freno in riposo. Era una delle canzoni che preferiva. Continuava a
canticchiarla, guardando davanti a sé, la strada sgombra. Fortunatamente non le
ci era voluto molto per trovare il libro, ma si sa, quando si incontrano dei
vecchi amici non ci si può fermare a parlare, e si era fatto tardi. Aveva
mandato un messaggio a Andrew per avvertirlo che non ci sarebbe stata per pranzo.
Il sedile era bollente quando era salita in macchina, purtroppo il parcheggio
non aveva posti all’ombra.
Procedeva tranquilla, mentre
l’asfalto scivolava dolcemente sotto le ruote, fu un attimo. Fu come essere
sugli autoscontri, quando qualcuno picchia violentemente contro di te. Ma
questa volta non era il suono attutito delle gomme. Un rumore di metallo contro
metallo, che faceva male ai timpani. Sentì qualcosa premere lievemente contro
il braccio sinistro, la strada che strisciava via, mentre la macchina veniva
sospinta verso destra, oltre la carreggiata. Grazie al cielo non c’erano
macchine in giro a quell’ora. La testa che picchiava violentemente prima contro
airbag del volante e poi contro la testiera del sedile. Quando tornò a vedere
la strada di fronte sé era immobile, nessun rumore; solo la voce della cantate
usciva ancora dall’autoradio come se nulla fosse, ignara di tutto. Alla sua
sinistra c’era una macchina. Parte del muso davanti era contro la sua portiera,
ecco perché si era sentita picchiare contro il braccio, parte di essa era
piegata. L’altra macchina sembrava non essersi fatta nulla a parte il motore
fumante, e l’autista svenuto sul volante. Con la mano destra estrasse il
cellulare dalla tasca e chiamò l’ambulanza.
-Pronto qui è l’ambulanza.-
-Avrei bisogno di
un’ambulanza.- disse con la voce spezzata, come se si fosse riempita di
polvere.
-Come si chiama?-
-Mi chiamo Ellie Potter. Ho
appena avuto un incidente. Non posso scendere dalla macchina e l’altro autista
mi sembra svenuto. Per favore fate presto.- iniziarono a lacrimarle gli occhi a
causa del forte spavento.
-Si calmi. Arriviamo subito.
Mi dica dove si trova.-
-All’incrocio di St. Avenue.-
-Stiamo arrivando.- la
chiamata terminò velocemente.
L’unica cosa che poteva fare
era pregare che andasse tutto bene. Che arrivassero presto. Che non ci fosse
nessuna fuga di benzina. Che anche l’altro autista stesse bene. L’unica cosa
che non riusciva a spiegarsi era: perché?
Vide le luci dell’ambulanza e
della polizia dallo specchietto retrovisore, avvicinarsi. C’era anche la
macchina grigia di sua madre. Trasse un sospiro di sollievo. Forse quel giorno
non sarebbe morta. paramedici e agenti di polizia analizzarono la situazione,
alla ricerca di un modo per poter tirar fuori entrambi i feriti. Il guidatore
ubriaco fu il primo ad essere estratto dall’auto. Dopo aver appurato che non
c’erano perdite di benzina, un agente mise in moto la macchina, così che in
retromarcia potesse liberare la portiera della ragazza. Nel frattempo un
paramedico si era fatto strada dall’altra portiera e si era avvicinato alla
ragazza, assicurandole che andava tutto bene e che presto sarebbe stata fuori.
Ellie ne era certa. Sua madre la guardava dal parabrezza, lo sguardo
preoccupato e umido, le mani davanti alla bocca, nervosa e in ansia. Dopo
un’ora e mezza fu fuori. Il volante le aveva bloccato le gambe e lo sportello
le aveva causato solo una forte botta al braccio sinistro; sulla fronte un
piccolo taglietto; tutto sommato non si era fatta niente. Era un miracolo. O
almeno questo è quello che pensò Lily.
-Oh, Ellie!- la donna
abbracciò stretta la figlia, mentre la sua assistente, di fianco a lei, le
accarezzava i capelli e con lo sguardo vagò tra i paramedici, finchè non trovò
chi stava cercando. Una donna di colore, dai capelli neri e grigi raccolti
sulla nuca, sui sessanta, dall’espressione seria e rigida. Tess. Le due donne
si guardarono in un’occhiata di intesa. Era stato davvero un miracolo. Ma le
cose non si mettevano bene in ogni caso. Monica annuì di fronte all’espressione
triste e impotente di Tess.
-Monica, grazie di avermi
accompagnata.-
-Figurati Lily, è stato un
piacere.- rispose l’altra con un sorriso.
-Ti farebbe niente guardare
tu oggi l’ufficio, vorrei andare a casa con mia figlia.-
-Certamente. Stai tranquilla.-
Lily, che teneva ancora
stretta la figlia per le braccia, condusse Ellie alla macchina, l’aiutò a
sedersi, sebbene non ce ne fosse bisogno, e andarono a casa.
Ore 18.15
James era appena tornato dal
lavoro e Will gli corse incontro; avevano tutti visto il notiziario.
-Ellie, tutto okay?- domandò
il padre.
-Sto bene papà. È stato più
lo spavento che tutto il resto.- rispose fioca Ellie.
-Tesoro sei sicura di
sentirti bene? Hai un’espressione…. – disse la madre.
-Sto bene, davvero. Sono solo
stanca: la giornata, lo spavento, l’attesa.. e poi ho un gran mal di testa.-
-Stai bene Ellie?- domandò
Will, abbracciandola stretta. Ellie sorrise, era la migliore amica di suo
fratello e lo sapeva.
-Certo che sto bene
campione.- poi si rivolse ai genitori –Vi fa niente se per stasera non mangio?
Ho sonno.- domandò.
-Ma certo, vai pure su a
riposarti.- Will lasciò Ellie, che se ne andò di sopra, si mise il pigiama e
andò sotto le coperte.
Eppure non prese sonno.
Passarono le ore, sentiva i movimenti di quelli di sotto, i discorsi; ma lei
non riusciva a dormire.
Verso le nove e mezza vide
qualcuno passare davanti alla sua porta: Andrew con in braccio suo fratello
addormentato. Si accorse solo allora che lui era l’unico che non aveva ancora
visto. Lui si voltò a guardarla.
-Tutto bene?- era una
domanda, eppure per un attimo lei non seppe a cosa di preciso lui si riferisse,
se nell’insieme o all’incidente.
-Sì, tutto bene.- rispose
lei.
-Allora buona notte. Se hai
bisogno di me, sai dove trovarsi.- le sorrise lui, dolce.
Ellie annuì. Rimanendo a
guardare il posto dove se ne era appena andato.
Era la terza volta quella
settimana che andava lì, saliva le scale, prendeva l’ascensore e poi si fermava
di fronte a quel corridoio, senza mai però percorrerlo. L’ultima volta era
stato molto tempo fa, per un controllo preventivo.
-Ehi bellezza, ti sei persa?-
le domandò una donna di colore, con un sorriso smagliante.
Tess si era avvicinata alla
ragazza e le aveva messo una mano sulla spalla, aveva una faccia spaurita,
quasi stesse vivendo un incubo.
-No, è il piano giusto.-
rispose a mezza voce Ellie.
-Sicura? A meno che tu non
sei venuta a trovare qualcuno malato di cuore penso proprio che tu abbia
sbagliato reparto.- disse l’altra.
-A dire il vero sono io che
devo fare una visita al cuore.- ammise, guardando il corridoio come se fosse
una sfida. Tess lo sapeva, ma non poteva fare a meno di dispiacersi.
-Beh, allora penso che non ti
rimanga altro da fare che percorrere questo corridoio ed entrare nell’ultima
porta a sinistra.- disse Tess.
Eppure sembrava proprio che
Ellie non volesse andarci.
-Sa, forse è meglio che ci
torni un’altra volta.- cercò di tornare sui suoi passi, per l’ennesima volta.
-Ascoltami piccola, non
negherò che è ben tre volte che ti vedo venir qui con una faccia cadaverica,
spaventata e demoralizzata alla sola idea di entrare in quella stanza. Ma se
non l’affronti adesso non l’affronterai mai.-
-Lo so. È che non ce la
faccio.- disse, con voce spezzata, guardando il pavimento.
-Vuoi che ti accompagni?-
Ellie guardò l’infermiera, e annuì.
Percorsero insieme il
corridoio e stette con lei finchè non bussò alla porta. Quando una voce
all’interno le disse di entrare Tess la lasciò.
-Adesso tocca a te.-
Trasse un profondo respiro ed
entrò.
Era una grossa stanza bianca
e grigia, con odore di medicinali e disinfettante. Il dottore non la degnò
nemmeno di uno sguardo inizialmente, finchè non alzò gli occhi sopra i suoi
enormi occhiali alla Einstein.
-Cosa posso fare per lei?-
domandò, con voce professionale.
-Vorrei fare una visita.-
disse Ellie.
-Che genere di visita?-
-Un controllo.. del mio
cuore.-
-Lei vuole sapere se il suo
cuore funziona regolarmente, eh? Ha parlato prima con il suo medico di base?-
-Non ne ho uno.-
-Ha manifestato sintomi per
cui ritiene che il suo cuore non debba funzionare?-
-Sono già stata qui tempo fa
a fare un controllo e adesso… sento la necessità di doverne fare un altro.-
disse tutto d’un fiato.
Il dottore la guardò
attentamente, valutandone la situazione.
-Molto bene, si accomodi.-
Passò un’ora e mezza, se non
di più. I risultati vennero dati subito, non c’era motivo di perdersi in
chiacchiere la situazione era chiara. E Ellie non dovette faticare per capire
che aveva ragione, ormai da tempo. L’espressione del dottore era tutt’altro che
serena o menefreghista. La guardava con pietà, come si guarda un cane bastonato
che non chiede altro ‘perché il mio padrone mi ha picchiato?’. Ellie ingoiò un
blocco di saliva.
-Allora?- sapeva che se non
avesse chiesto lui probabilmente avrebbe speso ancoratempo a cercare le parole giuste.
-Signorina. La sua situazione
è questa… - si fermò. Ellie non ce la faceva più dalla rabbia e la
frustrazione, le lacrime agli occhi, ma nessuna che andasse oltre la sua
barriera.
-Dottore. Che. Cos’ho?-
scandì bene le parole, ritmicamente, lo sguardo duro.
-Signorina, lei ha un’insufficienza
cardiaca.- disse rassegnato.
-Che cosa vuol dire?- il suo
cuore non funziona bene. Dalle sue carte ho notato che in passato lei è stata
qui per uno scompenso cardiaco dico bene?- Ellie annuì –Voglio essere sincero
con lei. Alcune volte capita che da certe malattie, specialmente in parti
delicate come il cuore e il cervello, non guariscano del tutto. Dopo la
malattia lei sarà stata sicuramente bene e in forma, ma questa potrebbe aver
alterato il funzionamento del cuore e, a lungo andare, questo ha causato nel
suo caso uno scompenso.- tacque, Ellie si sentì come avesse appena fatto una
doccia gelata –Mi dispiace.-
-Non c’è una cura?- domandò,
le ultime speranze vacillanti.
Lui la guardò fisso e questo
bastò per darle la risposta che stava cercando.
-Quando mi rimane?- domandò.
-Stando a questi esami, non
più di qualche mese. Ma per esserne sicuri dovremmo fare altre analisi più
appronfondite.-
-No, grazie così. Tanto,
sapere il giorno non fa la differenza. Mi basta sapere.. che non supererò
quest’anno. Arrivederci dottore.- il medico non ebbe nemmeno la forza di
ricambiare il saluto, mentre lei gli voltava le spalle e usciva.
Tanta fatica per percorrere
quel corridoio e adesso non riusciva nemmeno più a uscirne. Fuori dallo studio
si era seduta sulla sedia bianca di fronte alla porta, vicino agli altri posti
vuoti, nessuno in attesa. Tess apparve dal nulla, e andò a sedersi in parte a
lei.
-Com’è andata?- le domandò,
nessuna nota di divertimento o felicità nella sua voce.
-Sto morendo.- rispose pacata
la ragazza. Non riusciva ad interiorizzare la cosa. Sapeva che doveva
disperarsi, piangere, urlare, sfogarsi; ma non ci riusciva. Era come se ci
fosse un blocco che impediva alla notiza di arrivare al cervello e comunicare
la tragedia a tutto. Solo il suo cuore si sentiva irrimediabilmente diviso a
metà.
-Oh, piccola.. non sai quanto
mi dispiace sentirtelo dire.. –
-Non arriverò forse neanche a
Luglio.. – disse più a sé stessa che all’infermiera.
Alzò gli occhi sulla donna.
-Ho paura.- lacrime le
rigarono il viso.
-Oh.. piccola.. piccola.. –
Tess l’abbracciò stretta, lasciando che si sfogasse.
-Lo so che hai paura. Ma
credimi se ti dico che questa non è la fine.- sorrise con fare amorevole. Ellie
la guardò senza capire.
-Che vuoi dire?-
-Tu credi in Dio, vero?- le
chiese Tess, come se sapesse da sempre che lei ci credeva.
-Sì.-
-E allora non devi aver
paura, Lui ti aiuterà.-
-Ma come farò a dirlo ai miei
genitori, a.. mio fratello. Se dovesse saperlo.. li distruggerei tutti.-
-Purtroppo, non siamo noi a
decidere bambina.-
-Non è giusto. Se solo
sapessi che loro non soffriranno, che.. c’è veramente un’altra parte.-
-Oh, ma c’è! Certo che c’è!-
fece Tess, leggermente indignata che la ragazza si domandasse se effettivamente
il Paradiso esistesse.
-Come fai a saperlo?- la
donna le sorrise, come mai nessuno le aveva sorriso.
-Fidati di me. Lo so.- Ellie
a sentirglielo dire in quel modo si ritrovò confusa, quella donna era strana,
eppure sapeva esserle molto di conforto.
-E se.. non ci dovessi
andare?-
-E perché non dovessi
andarci?-
-Magari non ne sono
all’altezza. Mi sono comportata male o non ho fatto quello che Lui avrebbe
voluto.-
-Abbi fede, Lui può tutto,
solo Lui può aiutarti adesso.- Ellie sospirò.
-Sai, penso che aspetterò a
dirlo alla famiglia. Non voglio ritrovarmi sguardi da funerale prima ancora che
sia morta. Grazie Tess.- si alzò.
-Di niente piccola.- sussurrò
la donna, guardandola tristemente mentre si allontanava dall’ospedale.
Il sole splendeva sereno nel
cielo azzurro, la primavera si stava avvicinando; ‘E anche la mia fine.’ Pensò
Ellie.
Erano tutti a casa di Andrew. Tess era appena entrata
dalla porta con Monica al seguito che le aveva aperto; ansiosa.
-Allora Tess? Come sta?- Andrew non si voltò nemmeno a
guardarla, seduto sul divano, pensieroso, ma con le orecchie ben attente.
-Non bene. Quel medico da strapazzo le ha dato pochi
mesi.- rispose Tess, incavolata nera come se fosse colpa del medico.
-E lei come l’ha presa?- domandò Andrew.
-Abbastanza bene. Ovviamente era preoccupata per la
sua famiglia. La sua Fede è sul filo di un rasoio, esattamente come la sua
speranza e la sua vita. Dobbiamo starle vicino ora più che mai. Per non contare
che ha deciso di non dire niente ai suoi per ora.-
-Conoscendola il suo per ora è un mai.- senteziò
Andrew.
-Oh, Tess! Non c’è qualcosa che possiamo fare?-
-Ad esempio cosa miss Aureola? L’unica cosa che
possiamo fare è cercare di non farle perdere la speranza. Purtroppo questo
compito si sta rivelando più duro del previsto.- e rimasero lì così, tutti e
tre. Uno sul divano, l’altra sul bracciolo e la più giovane in piedi con la
schiana appoggiata allo schienale del divano su cui era seduto l’uomo. Tutti e
tre provati dal loro incarico.
Era da quando si era coricata che
continuava a tossire, rigirandosi nel letto. Le lenzuola spiegazzate sembravano
una trappola pronta in ogni momento ad intrappolarla. La gola riarsa dal troppo
tossire grattava fastidiosamente. Le gote rosate e la fronte imperlata di
sudore per colpa di quel caldo che si era creato, pieno di umidità. I
capelli bagnati attaccati alla fronte. I tre angeli se ne stavano lì, in
piedi. Tess guardava la scena con una faccia sdegnata, come se fosse una
barbarie lasciare che accadesse una cosa del genere, ma erano le regole umane
dopotutto. Andrew se ne stava zitto, con le mani in tasca, consapevole che non
avrebbe potuto fare niente fino al giorno dopo. Monica si rodeva il fegato,
quello non era proprio un suo incarico ed ogni suo intervento attivo era per
così dire, fuori luogo. Ma lei, che era la più sensibile del
gruppo, sopportava ancor meno la vista di quella scena. Guardò il suo
supervisore..
Tess fece una smorfia storcendo la
bocca, poi si voltò verso le due finestre dietro di loro e, con un
impercettibile cenno del capo, le aprì. L’aria rinfrescò
l’ambiente e quel caldo diminuì. La ragazza non si voltò
più e i colpi di tosse sembrarono diminuire; solo verso le cinque del mattino
riuscì finalmente a godere di un buon riposo.
-Ellie
Ellie sveglia! Sveglia! Si va in montagna!- Will era piombato sul suo letto
come un macigno, svegliandola di botto, con un gran spavento.
Inizialmente
non riuscì a capire, per prima cosa doveva riuscire ad aprire gli occhi
che se ne stavano ostinatamente chiusi. Se li sfregò più volte:
la prima per aprirli e la seconda per fare andar via la patina trasparente che
le impediva di vedere chiaramente. L’immagine che si trovò davanti
fu quella di suo fratello, seduto sopra di lei, con un sorriso a trentadue
denti, che la guardava aspettandosi qualcosa da lei.
-Ma
si può sapere che c’è?- domandò lei con voce
impastata. Notò solo allora che Will era già vestito, ma non con
il vestito della scuola, jeans pesanti e un maglione di pile rosso. Ellie si
voltò verso il comodino, dando un’occhiata alla sveglia.
-Andiamo
Ellie! Alzati!- continuò lui.
-Ma
tu non dovresti essere a scuola?- domandò lei sbadigliando, dopo aver
verificato che erano quasi le otto.
-Si
va in montagna!- esclamò lui, saltando giù dal materasso e
mettendosi a saltellare sul posto. Ellie si mise a sedere, non capendoci ancora
niente.
-Che
vuol dire che si va in montagna?-
-Vuol
dire che se non ti alzi partiremo senza di te pigrona! Avanti dai!- le rispose
sorridendo sua madre, cacciando la testa dentro la sua stanza. Ellie si
sentì come rinascere. Se ne andavano. Per un paio di giorni lontani
dalla vita comune e dalla solita routine. E in particolar modo durante un
periodo lavorativo: adorava i suoi genitori.
Lei
non sapeva che l’evento del giorno prima aveva fatto riflettere i suoi a
tal punto che si erano decisi a prendersi una breve vacanza, giusto per
recuperare almeno una piccola parte di tutto il tempo che avevano perso. E in
particolar modo per poter passare più tempo con i loro figli cercando di
far dimenticare loro al più presto quella catastrofe.
Ellie
si trascinò fuori dal letto, prese un paio di jeans e una felpa, gli
scarponcini e si chiuse in bagno. Quando ne uscì era pronta per partire.
Le ci vollero dieci minuti per preparare una borsa con i ricambi di due giorni.
La chitarra ovviamente non poteva mancare. Misero tutto nel baule e salirono in
macchina. James al volante ogni tanto fischiettava e cantava, mentre moglie e
figli ridevano sotto i baffi per le varie stonate che faceva. Arrivarono
soltanto alle dieci. La loro era una piccola casa di montagna ad un piano.
All’ingresso c’era un enorme stanza divisa in due: a destra la sala
con il camino e due divani, mentre a sinistra la cucina completa di piano
cottura. Proprio dalla parte opposta dell’ingresso un lungo coridoio con
ad entrambi i lati una miriade di stanze più due bagni. C’era
posto per almeno una decina di persone in quella casa. Di fianco alla casa un
casotto per la macchina.
-Andrew!-
esclamò Ellie stupita.
Il
babysitter se ne stava in piedi di fronte alla porta d’entrata, le
braccia incrociate davanti al petto e un sorriso fiero sul volto. Di certo i
ragazzi non si aspettavano di trovarselo lì.
-Sì,
abbiamo pensato fosse carino invitare anche lui.- rispose Lily, sorridendo.
La
famiglia andò incontro al suo nuovo amico salutandolo gioiosamente. Will
lo abbracciò, mentre i genitori si limitarono ad una stretta di mano.
Ellie si accontentò di salutarlo con la mano e ricambiare il sorriso di
benvenuto.
-Ciao
Andrew! Sei qui da molto?- domandò Lily.
-Da
circa un’ora. Ho preferito arrivar prima per sistemare un paio di
cosette.-
-Sempre
al lavoro tu eh!- lo prese in giro James.
Andrew
rise. Guardò di sottecchi Ellie mentre entravano tutti in fila in casa.
Will
si fiondò come un kamicaze sul suo letto delle vacanze, mentre il
babysitter lo aiutava a trasportare la valigia piena di vestiti in camera. Di
certo quel bambino non avrebbe messo a posto i vestiti nelle prossime ore.
-Allora:
qual è il programma di oggi?- domandò Ellie, dato che ormai i
piani della sua giornata erano saltati.
La
madre alzò lo sguardo dalla scarpiera in cui stava cercando le sue
vecchie pantofole.
-Oh,
beh.. ecco.. direi che possiamo anche fare un giro a cavallo.- propose,
azzardando l’idea.
-Quan’è
che si va a cavallo?- chiese Will, sentendo le parole magiche che gli facevano
rizzare le orecchie. Ellie trattenne un sorriso sotto i baffi.
-Oggi
pomeriggio.- rispose il padre.
L’urlo
che ne derivò fu indescrivibile, basta sapere che suscitò
l’ilarità degli altri quattro.
Fu
una mattinata particolarmente tranquilla, gli unici rumori erano quelli delle
ante che sbattevano, le cerniere delle borse e la voce di Will che si sentiva
ogni tanto da dietro la porta della sua camera. Per Andrew fu la giornata
più tranquilla da quando era stato assunto. Lily aveva insistito
particolarmente per poter preparare lei stessa il pranzo e lui si era quindi
ritrovato comodamente seduto sul divano con in mano il giornale del giorno.
Dal
garage arrivavano i rumori sospetti del motore dell’auto di papà.
Notare che era ferma da più di qualche anno e non era particolarmente
nuova.
La
sua stanza rispetto a quella in città era molto grande. I muri di legno
caldi, le assi che cigolavano, le pesanti coperte di piuma d’oca, la
chitarra appoggiata nell’angolo più lontano della stanza e la
scrivania sotto la finestra esattamente come a casa. Era tutto così
rassicurante e caldo. Se ne stava seduta alla scrivania, lanciando ogni tanto
occhiate fuori dalla finestra, al limpido cielo azzurro con le sue nuvole
bianche a forma di pecorelle. Si era dimenticata come ci si sentiva quando si
staccava dalla vita quotidiana, per andare in un posto più silenzioso.
Le sembrava di poter volare. Le pareva che persino le difficoltà della
realtà attuale fossero più affrontabili; era la seconda volta in
poche settimane che si ritrovava seduta davanti ad un pezzo di carta, con in
mano una penna, senza sapere esattamente cosa scrivere, soltanto ne percepiva
il bisogno. Come se ci fosse qualcuno con cui comunicare, e l’unico modo
per farlo era scrivere; in segreto. Non sapeva esattamente da dove inizare,
perciò decise di lasciar fare alla propria mano..
1-TROVARE TANTI AMICI
2-SUONARE LA
CHITARRA
3-CANTARE
4-VOLER BENE A QUALCUNO IN MODO SPECIALE
5-AVERE IL RAGAZZO
6-PIANGERE AD UN MATRIMONIO
7-SUONARE IN UN GRUPPO
-Tess, cosa sta facendo esattamente?-
domandò Monica, entrambe in piedi in un angolino della stanza,
invisibili agli occhi della ragazza.
-Vedi angelo mio, alcune persone per
sfogarsi trovano conforto nello scrivere. Questo perché credono che si
possa comunicare qualcosa in più. Esattamente come quando si canta.
È come un modo per esprimere qualcosa che, detto semplicemente a parole,
non avrebe lo stesso significato.-
-Ma per chi scrivono?-
-O dipende! C’è chi scrive per
tutti, e questo è quello che tendenzialmente fanno gli scrittori:
vogliono far ridere, esprimere un’opinione, raccontare una storia.. etc.
C’è chi invece scrive per non dimenticare, come chi tiene un
diario segreto. E c’è chi invece scrive perché sente di
aver un grande bisogno di aiuto, ma non sa a chi chiederlo, e non
c’è nessuno che al momento possa capirlo.-
-E Ellie?-
-Ellie sta affrontando l’unica
cosa che non si può vincere nell’unico modo che ritiene più
opportuno. Sotto sotto anche lei sa che sta scrivendo a Dio, esattamente come
l’ultima volta. Solo che, certe volte, è difficile anche scrivere
e sapere cosa scrivere.-
8-IMPARARE UN’ALTRA LINGUA
9-VIAGGIARE PER ALMENO UNA VOLTA FUORI DAL PROPRIO PAESE
10-CANTARE DA SOLISTA
11-RICEVERE UN COMPENSO PER UN SERVIZIO FATTO PER
AMICIZIA
Will
strisciava a pancia in giù nell’erba, gli occhi fissi sul suo
bersaglio. La schiena dell’uomo era curva sotto il sole, mentre le
braccia gli circondavano le braccia ripiegate contro il petto. Il sole
illuminava i suoi capelli rendendoli dorati, mentre lo sguardo si perdeva nelle
colline e nelle valli sottostanti. Si diede una spinta con i piedi e cadde con
tutto il suo peso addosso all’uomo, circondandogli il collo con le
braccia, mentre questo voltava leggermente il capo per lanciargli
un’occhiata bieca.
-Sai,
mi stavo giusto chiedendo dove fossi finito.- lo prese in giro Andrew.
-Mi
hai sentito?- domandò il bambino, capendo di essere stato scoperto.
-Respiri
più forte di un elefante.- rispose questo, prendendolo e facendogli il
solletico, così da toglierselo dalle spalle.
-Hei
voi due! Venite o no?- Andrew e Will si voltarono in direzione della casa.
Ellie stava in piedi in cima alla salita, pronta per una scampagnata: era ora
della gita a cavallo!
Dovettero
fare circa un chilometro a piedi prima di arrivare al maneggio in cui erano
tenuti i cavalli. Un enorme capannone in legno, con un corridoio al centro e ai
lati due file di box. Molte persone facevano custodire i propri cavalli
lì dentro. La famiglia Potter aveva i loro: uno marrone chiaro con le
zampe e la criniera neri e una striscia bianca in mezzo al muso, uno nero con
la criniera bianca, uno dal manto rossiccio e uno bianco con la criniera, le
zampe e la parte finale del muso neri con riflessi castani. Per Andrew ne
presero uno massiccio, pezzato bianco e nero.
-Sai
cavalcare Andrew?- domandò James una volta in sella.
-Sì
signore. Quando non ho lavoro me ne vado anche io spesso in montagna a fare una
cavalcata.- rispose l’altro con un sorriso.
-Buono
a sapersi. Così d’ora in poi potrai venire sempre con noi.-
aggiunse Lily.
I
due fratelli si erano già lanciati sull’immensa prateria verdeggiante,
il cielo azzurro e il sole alto. Non potevano scegliere una giornata migliore.
Andrew inspirò l’aria fresca a pieni polmoni, mentre il sole gli
riscaldava gentilmente il viso e le braccia scoperte fin dove le maniche erano
state arrotolate. Lui e i genitori dei due ragazzi avanzavano lenti mandando i
cavalli al passo o al massimo al trotto, ma difficilmente andavano forte.
Davanti a loro Will e Ellie andavano ad un galoppo serrato oppure lasciavano
semplicemente le briglie sciolte, lasciando i cavalli liberi di correre come
credevano. Parlarono del più e del meno, i due adulti interrogarono il
babysitter sulla sua vita, su cos’altro facesse e cosa avesse fatto in
passato, se aveva una famiglia o se era solo. Come sempre quando gli venivano
poste quelle domande Andrew si sentiva un po’ a disagio. Era orgoglioso
della sua vita, ma di certo era difficile parlarne con normali esseri umani,
che non avevano certezze su cose di cui lui era ormai certo. Difficile spiegare
cosa facesse nella vita dando una risposta esauriente, quando in realtà
non lo si poteva spiegare, risultando così molto evasivo e sospettoso.
Ma i due sembrarono accettare di buon grado la sua riservatezza e non
insistettero troppo. Dopo essersi inoltrati in un sentiero nel bosco, lo seguirono
fino ad una radura alcuni metri sopraelevata, finchè non giunsero ad una
piccola cascada che scendeva dall’alto del monte.
-Bene,
direi che possiamo fermarci qui!- disse James, smontando da cavallo.
-Ma
papà! Più in alto c’è una vista favolosa e uno spiazzo
aperto.- lo riprese gentilmente la figlia. Nel frattempo anche Lily ed Andrew
erano smonati.
-Andate
voi due!- propose la madre.
-Andiamo
Will! Aspettateci prima di ripartire.- disse la ragazza facendo voltare
l’animale. Lei e il fratello si inerpicarono più in alto, stanto
attenti a non spingersi troppo vicino al bordo. Nel frattempo gli adulti
avevano tirato fuori le borracce e una coperta su dove sedersi senza sporcarsi.
-Potevi
andare anche tu con loro se volevi!- disse Lily rivolta ad Andrew –La
vista da là è davvero spettacolare non ci sono dubbi e poi
sappiamo quanto sei legati ai ragazzi.-
-Grazie,
ma preferisco fermarmi qui. Ne avremo di tempo da passare insieme.- rispose
gentilmente l’altro, sorridendole.
I
cavalli brucavano l’erba lì vicino, le gambe a penzoloni contro la
roccia mentre i fili d’erba solleticavano le giovani gambe.
-Stai
attento a non cadere.- disse Ellie, mentre tirava fuori dalla borsa legata alla
sella una bottiglietta d’acqua.
-Sì.-
rispose Will, alzandosi poco dopo in piedi, sul bordo del diruppo. Da là
la vista era spettacolare, si poteva vedere tutta la valle sottostante, poche
erano le case da quelle parti. Pascoli verdi, macchie di alberi e sulle vette
più alte la roccia nuda. Il bambino guardò più in alto,
nel limpido cielo azzurro le nuvole bianche giocavano a rincorrersi. Anche
Ellie si avvicinò a fissare quella montagna bianca, soffice
all’apparenza, dove il sole nascosto dietro faceva apparire raggi
d’orati disegnando ombre e forme. Osservò il fratello chiudere gli
occhi e allargare le braccia col sorriso sulle labbra, mentre il vento leggero
gli accarezzava i capelli.
-Ellie,
ti immagini che bello poter volare?- le disse.
La
ragazza prese un respiro a pieni polmoni prima di rispondere, guardandosi
attorno.
-Sì,
sarebbe bello.- rispose lei a bassa voce.
Sarebbe
stato bello fare un sacco di cose. Se solo ce ne fosse stato il tempo.
Nel
tornare in dietro ci fu una piccola gara di famiglia. Si parlava degli ultimi
trenta metri prima del maneggio, facendo andare i cavalli di corsa, il busto
piegato in avanti, le mani strette attorno alle redini e i sorrisi dipinti sui
volti. Andrew li raggiunse ridendo con occhi scintillanti mandando il suo
cavallo ad un galoppo veloce, gli piaceva vedere le famiglie felici di stare
insieme. Consegnarono i cinque animali al custode.
-Andata
bene la passeggiata signori?- domandò l’uomo.
-Benissimo
grazie.- rispose la madre, ancora presa a ridere.
-Ti
è piaciuta la passeggiata Andrew?- domandò Will.
-Certo
che mi è piaciuta.- gli rispose l’amico, appoggiandogli una mano
sulla testa in un gesto affettuoso.
-Ellie
stai bene?- la voce di Lily riscosse tutti quanti da quella felicità,
come se si fossero dimenticati che lei non stesse bene. Ma a parte Andrew
nessuno poteva in verità saperlo. La donna aveva una mano appoggiata su
una spalla della figlia, mentre lei si sosteneva con la schiena allo stipite
della scuderia. La ragazza sorrise.
-Sì,
tutto bene. Sono solo stanca. Questa passeggiata mi ha esaurito.- rispose
questa con il fiatone, il volto lasciava chiaramente trasparire la sua
stanchezza.
L’angelo
e la ragazza si guardarono negli occhi come se stessero chiaramente parlando.
Pochi
minuti dopo sembrava tutto passato. Le battute, il buon umore,
l’allegria. Ellie sembrava quella di sempre con la sua spensieratezza e
Will l’adorava come sempre. Andrew chiudeva la fila, ma li guardava da
lontano, come se un’imminente disgrazia stesse per cadere su di loro;
l’unico a non essersi lasciato trasportare dalla realtà delle
cose. Non entrò in casa con loro mentre si preparavano per la cena, li
avrebbe aspettati fuori.
-Come procede Angiolone?- gli chiese una
voce.
Andrew non ebbe bisogno di girarsi per
capire chi fosse e non lo fece. Si diresse al laghetto mogio e silenzioso per
andarsi a sedere sulla riva e circondarsi le gambe al petto, come per tenersi
al sicuro, mentre la donna da dietro lo seguiva standogli accanto.
-Tutto a posto.. per ora.-
sottolineò le ultime due parole sospirando.
Si passò una mano sopra al viso e
tra i capelli cercando di allentare quell’ansia che continuava avere in
corpo e che non riusciva più a sfogare in alcuna maniera.
-Lo so che è difficile.-
-Tess io non ce la faccio più.
Questa cosa mi sta distruggendo. Non so se riuscirò a resistere.-
-Devi farcela angelo mio. Se tu non ce
la farai allora chi potrà farlo?- gli chiese lei, cercando di fargli
capire che non poteva mollare proprio adesso.
-Oggi è stata di nuovo male e..
temo sia solo l’inizio di una lenta agonia purtroppo.- disse lui, mentre
gli occhi chiari ricoperti da un leggero strato di lacrime fissavano la
superficie piatta del laghetto. E questo era talmente calmo e placido che
sembrava lo stesse tirando in giro contro le sue sventure. Il cielo si
rifletteva in lui portando quella luce che lui conosceva bene e amava con tutto
se stesso e nel frattempo pregava, che in un qualche modo andasse tutto bene.
-Non ti dirò che andrà
tutto bene. E non ti dirò nemmeno che dovevamo aspettarcelo, sapevamo
che sarebbe andata così e sappiamo tutti come finirà.
L’unica differenza è che questa missione si è rivelata
più lunga di quanto ci aspettassimo.- una mano esile andò ad
appoggiarsi su una spalla dell’uomo. Andrew si voltò a guardare la
sua amica.
-Tess io vorrei aiutarla, ma non posso
farlo finchè lei non saprà la verità.- disse lui in un
soffio.
-Andrew tu sei un ottimo angelo. Non ho
alcun dubbio che tu saprai quando è il momento giusto per dirle la
verità. E Lui ti sarà vicino.- lo incoraggiò riferendosi a
Dio.
-Domani Monica verrà per darti un
sostegno, come dicevi tu il peggio sta per arrivare e lo dovremo affrontare
tutti insieme. Io e Monica cercheremo di dare a te e quella famiglia tutto il
sostegno e il tempo di cui avrete bisogno. Ellie ha bisogno di te adesso
più che mai.-
-Tess come faccio a parlarle di una cosa
che lei conosce bene mentre io non conosco nemmeno la sua famiglia?-
-Ascoltami bene, la sua mente adesso
è tormentata dallo stesso male che sta tormentando la tua di mente.
Perciò credimi se ti dico che non ti sarà difficile comunicare
con lei. Ma le devi far capire assolutamente che anche se è sola ad
affrontare questa battaglia, non sarà mai sola ad arrivarci. Nessuno dei
suoi genitori può salvarla dal suo destino, ma possiamo renderle queste
ultime settimane le più belle della sua vita.- sorrise Tess.
Andrew afferrò la mano
dell’amica tenendola ben stretta, mentre il suo sguardo andava di nuovo a
perdersi tra gli alberi di quel giardino in terra cercando la forza di cui
aveva bisogno.
-Ehi,
tutto okay?- Andrew si voltò in direzione di quella allegra voce che lo
chiamava.
Ellie
gli si stava avvicinando, stretta nella calda tuta che aveva appena indossato.
Un enorme sorriso le splendeva sul volto. Lui cercò di ricambiarlo.
-Direi
di sì, e tu?- le chiese alzandosi.
-Io?
Bene. Direi che mi ci voleva proprio una bella doccia e non vedo l’ora di
ficcarmi sotto le coperte.- rispose. Andrew rise.
-Sicura
di stare bene?- le domandò questa volta, con un briciolo di
serietà in più che mise sull’attenti la ragazza.
-Certo.-
disse lei, come se fosse una cosa ovvia.
-Meglio
così.-
-Sai
Andrew, secondo me ti preoccupi troppo.- gli disse.
-Secondo
me invece mi preoccupo esattamente quando mi devo preoccupare.-
-Adesso
però inizi a inquietarmi.- aggrottò le sopracciglia mentre lo
guardava.
-Ti
chiedo scusa, non era mia intenzione.-
-Non
fa niente. Ad ogni modo ero venuta a dirti che la cena è pronta.- disse lei
con un fievole sorriso.
-Grazie.-
-Andiamo
dai!- disse lei dandogli un leggero pungo sulla spalla e invitandolo a seguirla
dentro. Lui si lasciò andare ad un altro breve sorriso prima di
seguirla.
Lily
cucinava bene quasi quanto Andrew. Il suo preparare feste e stare accanto a
personale e catering di tutti i tipi le aveva insegnato molto su come preparare
qualcosa e aggiungere un pizzico di allegria e buon umore qua e là. Ad
Andrew rammentò molto l’ultima volta che era stato a cena a casa
Potter, si era divertito molto anche quella sera, prima che Ellie si sentisse
male. Non poteva evitarlo, era più forte di lui: ogni tanto lanciava
qualche occhiata alla ragazza, leggermente pallida ma non in modo preoccupante.
Quello che effettivamente lo metteva un po’ in agitazione erano quei
continui ma brevi colpi di tosse che lei abilmente nascondeva o in una risata o
nel tovagliolo, soffocando il rumore e lasciando che tutti si divertissero
ignari della situazione. Avrebbe tanto voluto alzarsi in piedi e dire quello
che effettivamente c’era da dire o anche solo fare qualcosa per calmarla,
ma solo Dio in quel momento poteva qualcosa. La serata finì tardi. Erano
quasi le undici quando rimboccò le coperte di Will, prima che la madre
passasse a dargli la buona notte visto che in quel momento era con la figlia
più grande.
-Che
ne pensi di questo posto Andrew?- gli chiese il piccolo.
-E’
molto bello. Un ottimo posto sia per divertirsi che per riflettere.- rispose il
babysitter.
-Già.
Qui c’è molto silenzio.- concordò il bambino, sbadigliando
apertamente.
-Buona
notte campione. Adesso dormi che domani è un’altra lunga
giornata.- gli diede un bacio sulla fronte e una carezza tra i capelli prima di
alzarsi sorridendo.
-‘Notte
Andrew.- bofonchiò il bambino.
Mentre
usciva dalla stanza non potè evitare di sentire le voci di Ellie e Lily
provenire dalla porta leggermente aperta e si fermò ad ascoltare; senza
cattiveria.
-E
questo cos’è?- domandò Lily alla figlia, notando il
pezzetto di carta sulla scrivania.
-Niente.
Non sapevo cosa fare e ho fatto degli scarabocchi. Devo ricordarmi di
buttarlo.- rispose velocemente Ellie, ma Andrew dalla voce potè sentire
una nota di disagio, quasi temesse che il vero scopo di quel pezzetto di carta
potesse saltar fuori.
-Tesoro
sei sicura che vada tutto bene? E’ da un po’ che ogni tanto ti
vedo.. non so.. strana.-
-In
che senso?- domandò Ellie con un sorriso.
-Non
lo so, forse me lo sto solo immaginando.-
-Lo
penso anche io.- rispose Ellie andando vicino alla madre e abbracciandola
stretta, quasi volesse rassicurarla. Andrew a vedere quella scena, anche se in
disparte, si sentì stringere il cuore. Era ingiusto.
-Buona
notte mamma.-
-Buona
notte.- rispose la madre baciando la figlia prima di uscire.
Andrew
e Lily si salutarono e, appena lei lo superò, i suoi occhi si
incrociarono inevitabilmente con quelli della ragazza ancora ferma sul posto,
ma con uno sguardo triste e preoccupato esattamente quanto il suo.
-‘Notte
Ellie.- disse lui.
-Buona
notte.- riuscì a buttar fuori lei, anche se aveva una gran voglia di
chiudere quella porta quasi a lasciar fuori tutto il mondo e le cose che la
facevano star male, rimanendo da sola, solo lei e il suo male. Ma si trattenne.
Diede la buona notte al babysitter e si ficcò sotto le coperte. Solo
dopo che ebbe infilato quel ‘pezzetto di carta’ in mezzo ad un
libro, lontano da occhi indiscreti.
Furono
i caldi raggi del sole a svegliare Ellie, giocando a rincorrersi sulla sua
faccia. Non ebbe il tempo di pensare che di lì a poco sarebbero venuti a
svegliarla, come succedeva sempre, che la porta si spalancò di botto e non ebbe
bisogno di girarsi per sapere chi fosse. Un peso si scagliò contro le sue gambe
facendo sobbalzare il materasso, mentre una voce acuta le svegliava i timpani.
-Sveglia!
Oggi gita!-
-Will,
ma perché devi fare tutto questo casino?- domandò la sorella più rivolta a sé
stessa che al bambino, prendendo il cuscino e ficcandoci sotto la testa in modo
da tapparsi le orecchie. Sentì suo fratello tacere e fermarsi, prima di
sdraiarsi sopra la sua schiena e poggiarle la testa in mezzo alle scapole.
Rimasero così alcuni minuti prima che lei riemergesse da sotto il cuscino e i
loro occhi si incrociassero. Si sentivano i genitori al piano di sotto iniziare
a preparare gli zaini e i panini da prendere per il pranzo. Ellie si girò
permettendo a Will di andare alla sua sinistra. Sollevò le coperte e lo fece
venir sotto con lei: aveva i piedi gelati. Lo abbracciò da dietro e lasciò che
il fratello si acquietasse tra le sue braccia. Lui si accoccolò accanto a lei.
-Sei
contenta di essere qui?- le domandò, ed effettivamente pensò che da quando
erano arrivati non aveva parlato molto con lui.
-Sì,
sempre meglio che stare a casa.-
-Sì,
lo penso anche io. E poi c’è Andrew.- dopo un po’ si girò verso di lei.
-Lo
sai che oggi viene anche una collega della mamma?-
-E
tu come lo sai?-
-L’ho
sentita ieri sera parlare con papà. Lei e Andrew si conoscono. Magari stanno
insieme.- propose lui.
-O
magari sono semplici amici.- azzardò lei.
Poi
si sentì avvolgere dalle sue esili braccia e lei fece altrettanto,
scompigliandogli gentilmente i capelli e rimasero lì a dormicchiare per altri
quindici minuti prima che, per la seconda volta in quella giornata, la porta
venisse aperta.
-Ah,
ecco dov’eri!- esclamò la madre, notando Will e Ellie.
-Avanti
dormiglioni, si comincia!- esclamò tirando le tende, così che il sole inondasse
la stanza. Oltre il vetro si poteva vedere il cielo azzurro e i monti
soleggiati. La vita in montagna era già cominciata. Will scese dal letto
silenzioso e corse in punta di piedi in camera sua per andarsi a cambiare.
Mentre aspettava che suo fratello uscisse dal bagno Ellie si mise seduta,
guardando fuori dalla finestra il panorama che tante volte aveva visto e che
ogni volta le sembrava di guardare con occhi nuovi. E si chiese se fosse sempre
stato così quel paesaggio o se invece era cambiato e lei nemmeno se ne era
accorta. L’avrebbe rivisto anche il giorno dopo o quella sarebbe stata l’ultima
volta? Sospirò e si alzò per radunare i vestiti che avrebbe messo quel giorno.
Sotto si sentivano le voci allegre che si salutavano, probabilmente l’amica di
sua madre era già arrivata.
Si
infilò i jeans, la polo a maniche corte, prese sotto braccio la felpa, scarpe
da ginnastica e lo zaino da riempire. Erano tutti radunati in salotto eccetto
sua madre.
-Oh
ciao, tu devi essere Ellie!- la salutò una donna giovane dai lunghi capelli
castano ramati, il suo sorriso era molto coriale e non potè fare a meno di
notare anche molto allegro.
-Io
sono Monica.- si presentò porgendole la mano.
-Piacere.-
rispose la ragazza ricambiando il sorriso.
-Ti
sei già fatto mettere i panini in borsa?- domandò al fratello in piedi tra lei
e Andrew.
-Sì.-
detto questo salutò con un cenno del capo Andrew e si diresse in cucina.
Mise
tre panini in borsa e raggiunse tutti gli altri. Sembrava che tutti avessero
qualcosa da dirsi, tra il conoscere la nuova venuta e le ultime domande per non
aver dimenticato niente.
-Dormito
bene?- le domandò a brucia pelo Andrew che stava in piedi tra i divani con le
braccia incrociate. Ellie si girò a guardarlo.
-Sì
grazie. Tu?-
-Oh,
bene. Qui in montagna c’è un’atmosfera perfetta per riposare e meditare, non
trovi?-
-Sì,
sono d’accordo.- concordò la ragazza, in quel momento lo sguardo le si posò
sulla sua chitarra che il giorno prima aveva dimenticato di portare in camera,
lasciandola appoggiata vicino all’entrata. Così decise di portarsela dietro.
Ovviamente
il primo tratto di strada era da fare a cavallo. Dopo aver frequentato per
tanto tempo quelle montagne l’orizzonte della famiglia Potter si era allargato,
in cerca di altre valli e di altri luoghi fantastici da vedere e scoprire. Quel
giorno, dopo tanto tempo, avevano voglia di riscoprirli.
-Ellie
ci apri tu la strada?- domandò ad un certo punto James.
-Va
bene.- rispose la figlia maggiore, facendo allungare il passo al suo cavallo
per portarlo in testa. Monica non era molto esperta di cavalli, perciò aveva
legato le proprie briglie con una corda collegata alle briglie di Andrew, così
che il suo cavallo e quello dell’amico procedessero allo stesso passo. Mentre
il babysitter guardava alla natura con meraviglia e rispetto nella sua dignità,
Monica si stupiva e non poteva evitare di mostrarlo a tutti. Il suo viso era
come un libro aperto: il sorriso, gli occhi splendenti che si guardavano
attorno ad ammirare e a tenere a mente ogni minimo dettaglio di quello
spettacolo naturale. Spettacolo che loro Padre aveva creato per loro. Il suo
sguardo cadde sulle schiene dei due giovani, eretti nella postura, come se si
trovassero tranquillamente a casa loro. Il sentiero sul quale stavano
procedendo era ben segnato e ai lati cresceva una folta vegetazione che era
stata tagliata di recente per permettere ai viaggiatori di passare. La luce del
sole filtrava di rado tra il tetto di foglie sopra le loro teste, l’aria fredda
e umida. La donna angelo sollevò lo sguardo e riuscì ad intravedere uno
strapiombo di roccia grigia e marrone che dava sopra le loro teste, sparendo
nella foschia mattutina. I colori scuri erano talmente freddi e sinistri che
sentì un brivido percorrerla.
-Tutto
bene?- le chiese Andrew, notando il disagio improvviso dell’amica. Monica si
strinse nelle spalle e fece un mezzo sorriso, che lui conosceva bene.
-Conosci
bene queste zone Ellie?- domandò ad un certo punto. La ragazza non si voltò
nemmeno per risponderle, mentre i suoi occhi scrutavano la via dove all’altra
sembrava una via non ci fosse.
-Quando
ero più piccola andavo sempre alla scoperta di posti nuovi. E questo dove
stiamo andando l’ho scoperto io durante una delle nostre gite. Diciamo che.. mi
ero allontanata un po’ troppo.- disse voltandosi e facendole un dolce sorriso
furbetto, che riuscì a riaddolcire l’animo dell’angelo.
-Lo
abbiamo soprannominato “La valle dell’Eden”, vero Ellie?- si infilò nella
conversazione il giovane.
-Certo.-
concordò la sorella, fermandosi ad un certo punto.
Solo
in quel momento si accorserò che qualcosa era cambiato, la vegetazione era più
fitta e il sentiero curvava a sinistra di una parete di roccia che si erano
ritrovati improvvisamente davanti, coperta dall’edera. Fermarono le cavalcature
mentre la ragazza aguzzava l’udito.
-Da
che parte Ellie?- le domandò il padre.
-Di
qua.- rispose dopo alcuni istanti la ragazza, tirando le redini verso destra.
-Ma
così non usciamo dal sentiero?- domandò Andrew, non molto convinto delle
intenzioni della giovane. La ragazza si voltò a guardarlo sorridendo.
-Avanti
Andrew di che hai paura? Fidati di me una volta tanto.- gli disse.
Aveva
uno sguardo così limpido che gli ricordò lo stagno della sera precedente, nelle
iridi le si rifletteva la foresta intera. Subito si accorse di quello che la
ragazza intendeva. Davanti ai loro occhi la vegetazione cambiò radicalmente,
aprendosi come non si sarebbero mai sognati. Sbucarono fuori in un ampio
semicerchio che dava su una cascada d’acqua dalla corrente forte e
spumeggiante. Gli alberi finivano in una spiaggia di sassi e pietre per poi
piombare direttamente nell’acqua. In quella zone il sole arrivava obliquo così
conferiva al panorama una colorazione rosa e violacea. Era uno spettacolo per
gli occhi. Monica rimase a bocca aperta.
-E’
stupendo.- disse.
-E
questo è niente. Vedrai quando saremo arrivati.- le disse la ragazza.
Fecero
avanzare i cavalli sulle pietre, almeno in quella zona potevano vedere dove
stavano andando. I due angeli venivano subito dietro l’allegra famigliola. Lily
e James si scambiavano fugaci parole per indicare un qualche particolare della
vegetazione o qualche animale che scappava poco prima che tutti potessero
avvistarlo.
-E’
meraviglioso Andrew non trovi? Come il Padre ci abbia dato tutto questo e
l’abbia messo a disposizione degli uomini.- disse Monica, con la sua voce colma
di gioia.
-Già,
peccato che non tutti sappiano coglierne la bellezza.- sospirò l’altro con un
sorriso triste.
-Beh,
mi sembra che loro l’abbiano colta.- disse riferita ai Potter.
-Oh
sì, loro l’hanno colta. Quello che mi chiedo io è per quanto ancora durerà
tutta questa felicità?-
-Tess
mi ha detto delle tue preoccupazioni. Non deve essere facile svolgere questo
tipo di incarico.-
-No,
non lo è. Il fatto è che questa volta quei ragazzi mi sono entrati dentro. Non
ricordo il tempo di legarmi, cogliere la bellezza che si nasconde dentro certe
persone.-
-E
tu l’hai trovata.- gli disse contenta per lui Monica.
-Sì,
l’ho trovata in due giovani ragazzi di cui una sta per morire e l’altro non so
se riuscirà a superare la perdita della sorella. Sono preoccupato Monica lo
confesso. E questo posto talmente bello e pieno della grazia di Dio mi sta
facendo preoccupare oltre ogni dire.-
-Non
abbatterti così Andrew. Non sei solo. Dio ti aiuterà. E aiuterà anche loro a
non perdersi.- Andrew sorrise anche se era ben lontano dal dimenticare le sue
preoccupazioni.
-Ma
era così lunga la strada?- domandò ad un certo punto Lily, dopo un’ora e mezza
di viaggio. Dall’inizio della fila si sentirono due risate differenti.
-Avanti
mamma non manca molto!- esclamò Will.
-Fai
presto tu a parlare giovanotto! Non sei vecchio come noi.- disse il padre
ridacchiando, mentre smontava da cavallo.
-Facciamo
una breve sosta.- dichiarò infine, con grande sollievo della moglie e dei suoi
due ospiti. Will smontò con un mezzo broncio, andando a giocare vicino all’acqua,
mentre Ellie beveva un sorso d’acqua. La ragazza si voltò e vide l’amica di sua
madre che si era leggermente isolata, si avvicinò e vide che aveva il sorriso
sulle labbra e gli occhi chiusi.
-Tutto
bene?- le domandò, confusa da quello strano comportamento.
-Oh
sì, grazie! È davvero un bel posto.- le rispose sorridendo la donna.
-Sai,
stavo ringraziando Dio per questo bellissimo panorama. Siamo fortunati a
poterne godere con gli occhi e con il cuore. C’è gente che purtroppo non sa
vedere la bellezza in quello che lo circonda.- disse rivolta verso l’acqua,
quando si voltò vide che Ellie fissava l’acqua che scorreva tra le pietre lì
accanto, immersa in qualche pensiero.
-Pensi
che sia strano?-
-No.
A dire il vero non avevo mai pensato di ringraziarlo. Ultimamente mi sto
accorgendo di dimenticarmi tante cose. O più che altro di farle senza pensarci.
Hai ragione, bisognerebbe proprio ringraziare qualcuno per questo posto.-
-Scommetto
che non ti è mai capitato di incontrare qualcuno strano come me.- esclamò ad un
certo punto Monica. Ellie sorrise.
-A
dire il vero no, però non ti direi strana forse.. originale.- risero entrambe.
-Ehi
Monica, lo vuoi vedere uno spettacolo?- le chiese con gli occhi aperti, quasi
le stesse confidando un segreto.
-Certo
che voglio vederlo.- concordò l’altra.
Stando
bene attente a non essere viste dagli altri si inoltrarono tra gli laberi e
iniziarono a inerpicarsi su un sentiero in salita molto ripido.
-Lo
sanno i tuoi che vai da queste parti?-
-Non
ti preoccupare. Ci sono venuta altre volte. I miei conoscono questo posto ma è
difficile raggiungerlo e sinceramente credo che Will sia ancora troppo giovane
per venirci, potrebbe cadere e farsi male.-
Avanzarono
per una decina di metri tutti in salita e quando si fermarono Monica non potè
evitare di prendere un profondo respiro, aveva il fiatone era stata una lunga
scalata.
-Guarda.-
le disse con fare cospiratorio, mentre con un braccio spostava i rami davanti a
sé.
La
visuale davanti a loro era davvero da mozzare il fiato.
In
confronto le cascate non erano niente. Da dove si trovavano loro avevano la
chiara percezione dell’altezza a cui si trovavano. Sotto di loro il panorama
era offuscato da un mare di nuvole bianche e grige, che parevano fumo, formando
onde. Le vette delle montagne più basse emergevano nere e blu come se fossero
scogli e sopra di loro il cielo non era più azzurro. C’era soltanto tanta luce
bianca, che faceva risplendere quel soffice tappeto bianco e illuminava i loro
sorrisi. A Monica pareva di essere tornata in paradiso. Pareva di essere
sospesi tra le nuvole e il cielo, come se fossero giunte in volo fino a lì.
-Ellie
è.. meraviglioso.- Monica non riusciva quasi più a parlare dalla forte emozione
che provava nel cuore.
-Sì
Monica, qui è dove inizia tutto.- disse la ragazza, come da lì fossero
originate le valli, le montagne e le cascate che avevano attraversato e visto.
-Adesso
dobbiamo tornare.- interruppe ad un certo punto Ellie, richiudendo il passaggio
e avviandosi a scendere.
-Grazie
mille Ellie.-
-Di
cosa?- domandò la ragazza senza capire.
-Per
tutto questo. Questi posto sono bellissimi e tu.. tu hai un cuore grande.-
disse non appena la ragazza si voltò a guardarla, notando che le mancavano le
parole per rispondere.
-Grazie
per aver condiviso questi spettacoli con me.-
-Sarebbe
bello che tutti pensassero così di questi posti.-
Scesero
in silenzio, senza scambiarsi più una parola. La mente di Ellie concentrata
unicamente a mettere un piede davanti all’altro per non cadere, mentre la mente
di Monica rimuginava su quanto aveva visto, appreso, e sentito da Andrew.
Iniziava a capire come si sentiva il suo amico.
-Su
forza è ora di ripartire!- esclamò James non appena vide la figlia riapparire
tra gli alberi, non gli occorreva chiedere per sapere dove era stata, sapeva
bene come era fatta sua figlia. Rimontarono tutti suoi rispettivi cavalli e
ripresero il cammino. Ormai mancava poco all’arrivo.
-Sai,
mi risulta difficile credere che esista un posto ancora più bello dopo quello
che mi hai fatto vedere.- disse Monica ad un certo punto, dopo che lei e Andrew
erano passati davanti ai genitori dei ragazzi e si erano avvicinati ai loro
protetti. Vide la ragazza sorridere sotto i baffi mentre procedeva al passo,
senza far stancare troppo l’animale.
-Beh,
credici. Perché siamo quasi arrivati.- le rispose la ragazza, con una nota
d’orgoglio.
Monica
ed Andrew si scambiarono uno sguardo complice. E fu così, non passò molto che
la ragazza fece inoltrare i cavalli fra gli alberi e per alcuni minuti non si
vide niente se no la foresta buia dalle folte chiome verde scuro. Poi, questi
terminarono e sbucarono ai piedi di una valle verdeggiante. Davanti a loro, a
dividere le due sponde rigogliose, vi era un vero e proprio fiume che veniva
riempito da alcune cascate sul fondo della valle, alte e strette che precipitavano
tutte in quel corso d’acqua. Tutt’intorno c’erano alberi, erba, fiori e
cespugli, persino l’aria sembrava più fresca e più pura. Sopra di loro il cielo
era di un azzurro così chiaro. Monica sorrise e per l’ennesima volta ringraziò
Dio per quel miracolo. Legarono gli animali vicino agli alberi e lasciarono gli
zaini ai piedi di una quercia, mentre loro si perdevano a passeggiare e ad
ammirare il panorama. Lily si inginocchiò sulla riva e con le mani a coppa
bevve l’acqua del fiume. Will si mise a correre in tutte le direzioni e James
si fermò in piedi ad osservare quel paradiso. Andrew era ancora in piedi vicino
al suo cavallo senza sapere bene cosa fare, intento ad osservare quello che
facevano gli altri.
-Andrew
non è bellissimo?- gli chiese Monica andandogli vicino.
-Hai
ragione. È davvero bello. Sai quest’incarico è una continua sorpresa.-
-Lo
penso anche io.- sorrisero entrambi mentre i loro sguardi si posavano sui due
giovani intenti a schizzarsi addosso l’acqua.
Erano
quasi le undici e mezza e la fame iniziava a farsi sentire dopo tutto quel
camminare.
Perciò
Lily iniziò a tirar fuori la tovaglia e a metterla per terra, in modo che tutti
potessero sedersi all’asciutto, e tirò fuori anche le bottiglie di acqua che
aveva messo in uno zaino apposta. Monica le si fece vicino.
-Posso
darti una mano?-
-Oh
Monica! No, tranquilla. Tanto è già tutto pronto.- rispose la donna.
-Ti
devo ringraziare per questo invito. È un posto davvero bello!-
-Sì,
lo è. Lo abbiamo scoperto quattro anni fa sai, durante un’escursione Ellie si
era allontanata ma prima che ci accorgessimo che mancava l’abbiamo sentita
chiamarci dall’interno del bosco. Quando l’abbiamo raggiunta siamo rimasti a
bocca aperta. Ci siamo detti che non avremmo mai detto a nessuno di questo posto,
sarebbe stato il nostro posto segreto.- disse sorridendo, prima di riprendere a
sistemare le cibarie sulla tovaglia –Ovviamente ci sarà qualcun altro che
conosce questo posto. Non siamo gli unici a frequentare queste zone.- aggiunse
con una nota di rammarico.
-Beh,
è bello condividere le gioie con gli altri, non trovi?-
-Monica
il problema della civiltà umana sai qual è? Che vogliamo creare e migliorare. E
per l’amor del cielo fa comodo anche a me, malgrado quanto sto per dirti! Un
posto come questo ha bisogno di essere migliorato?- era una domanda retorica,
ma il significato era chiarissimo.
-No,
non ce n’è bisogno.- ammise Monica.
-Esatto.
Ma se tu verrai tra cinquant’anni di sicuro non esisterà più. È inevitabile. Ma
adesso non rattristiamoci, siamo venuti qui per divertirci!- esclamò facendo
tornare all’angelo il buon umore. Monica sorrise.
-Sai
tu e tua figlia avete lo stesso talento.-
-Davvero?-
Monica annuì.
-Tutte
e due sapete come far tornare il sorriso alle persone.- Lily non potè fare a
meno di sorridere di gratitudine per quel complimento. Per lei entrambi i suoi
figli erano speciali.
Mangiarono
tutti insieme, scambiandosi battute e ricordi divertenti. Fu la prima volta che
Andrew sentì James parlare così tanto. La prima volta che aveva passato un po’
di tempo con lui era stata la sera che aveva cenato a casa Potter e Ellie si
era sentita male. Da quel momento aveva capito che a tutti e quattro i
componenti di quella famiglia piaceva divertirsi e passare del tempo insieme.
Ma si sa, al società fa tutto per occupare la gente e per la famiglia rimane il
tempo che rimane. I due angeli furono quelli che passarono la maggior parte del
tempo ad ascoltare. Will interveniva ogni tanto con la sua vocina squillante
per sottolienare qualche particolare comico o qualche ricordo che si erano
dimenticati di aggiungere. Ellie trovò molti paragoni divertenti con aneddoti
che erano stati raccontati o avevano vissuto lei e la sua famiglia. Monica
quasi quasi invidiò Andrew per aver avuto un incarico con così delle belle
persone, ma era ovvio che ogni cosa ha i suoi lati negativi. Ma era pur vero
che a lei come a lui erano capitati molti casi in cui la gente non sapeva
ridere o aveva semplicemente dimenticato come farlo, e trovarsi d’improvviso
davanti ad una famiglia del genere e dover dare un aiuto diverso dal solito
aiuto che erano abituati a portare, rendeva quel compito ancor più difficile di
quanto già non fosse.
Finito
di pranzare Ellie si alzò e andò a prendere la sua chitarra, ci impiegò poco ad
accordarla mentre Will andava a sedersi in parte a lei. James e Lily iniziarono
a mettere via le cose mentre Monica ed Andrew si avvicinavano un poco, anche se
il babysitter preferì rimanere un po’ a distanza.
-E’
da molto che suoni?- le domandò Monica.
-Un
po’ di anni, ma non sono chissà che specialità. Diciamo che è qualcosina.-
-Al
Signore fa sempre piacere sentire la musica che esce dalla nostra bocca.
Specialmente se è per far opere buone e se sono inni di lode a Lui.- Ellie
rise.
-Cosa
c’è?-
-Niente
è che.. tu pensi molto solo a Lui.- disse la ragazza, senza cattiveria.
-Beh,
io ho offerto tutta la mia vita a Lui. Quello che faccio lo faccio per far
piacere a Lui ed io sono contenta.-
-Sì,
questo è importante. Se tu non fossi contenta, sarebbero azioni vuote.- disse
ad un certo punto la ragazza, prima di far scivolare le dita sulle corde, come
se fossero vecchi amici che si conoscono da sempre. Muovendosi abilmente, così
che gli accordi diventassero un suono melodioso, fondendosi con il canto degli uccelli,
dell’acqua gorgogliante e del vento leggero. All’inizio fu solo musica, poi le
parole diventarono musica, uscendo con naturalezza come se non facessero altro
nella vita.
- (For as long as I shall live, I'll testify,
testify All my life, I'll testify)
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
(Every breath I take, give thanks and testify, testify)
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify.-
Will ogni tanto accompagnava la sorella ripetendo alcuni pezzi
come controcanto. Insieme formavano una dolce melodia, ben assortita, quasi le
loro voci fossero fatte apposta per unirsi insieme. A Monica ricordava tanto
una canzone che a lei piaceva molto e che aveva sentito un po’ di tempo fa. Lei
non era capace a cantare, eppure la musica risuonava dentro di lei come un’eco,
facendole vibrare le corde del cuore. Andrew ascoltava appoggiato con una
spalla ad un albero e un lieve sorriso si era formato sul suo volto senza più
lasciarlo, riflettendosi attraverso gli occhi.
-E’ bellissima.- disse Monica che iniziava già ad avere le lacrime
agli occhi.
-Sono contenta che ti piaccia.- disse Ellie rivolgendole un
sorriso.
-L’hai scritta tu?-
-Mi piacerebbe, ma no. L’ho trovata un po’ di tempo fa e mi sono
ripromessa che l’avrei imparata a cantare e suonare. La suonerò alla festa che
si terrà fra un mese, sperando che vada tutto bene.-
-Andrà bene di certo.- la incoraggiò Monica.
Poi ad un certo punto la musica cessò di colpo, quasi anche gli
uccelli avessero smesso di cinguettare. Tutti i suoni risucchiati verso
l’interno di un vortice. Per un minuti Ellie non fu più in grado di respirare,
annaspando in cerca di aria, faticosamente. Monica rimase paralizzata al
panico, abbracciando Will spaventato e tenendolo di poco distante dalla
sorella, mentre Andrew si era precipitato subito in parte a lei. La chitarra
tra le mani che non la reggevano più venne spostata, il capo sorretto dal
braccio dell’Angelo della Morte sotto la sua testa, mentre l’altra mano era
posata al centro del suo torace. Gli occhi della ragazza lo guardavano
spaventati e dilatati, alternando lo sguardo tra lui e il cielo limpido sopra
la sua testa.
-Ellie? Ellie che succede?- domandò Lily avvicinandosi alla figlia
dalla parte opposta rispetto ad Andrew.
-Ellie!- la chiamò il padre avvicinandosi anch’esso. Nessuno più
parlava, quasi avessero anche loro paura di respirare. Andrew sentiva una
leggera presa sui suoi avambracci, le dita erano ghiacciate.
-Forza Ellie! Coraggio! Non mollare! Non ora!- la incitò lui a
mezza voce, guardandola quasi stesse cercando di comunicarle tutta la sua
forza, che lui sapeva, lui capiva. Poi la sentì rilassarsi tra le sue braccia,
chiudere gli occhi esausta. La presa si fece leggermente più salda.
-Acqua.- bisbigliò ad un certo punto.
James corse subito a prendere una borraccia e Lily fece passare
una mano sulla fronte della figlia, lo sguardo preoccupato.
-Ellie tesoro, stai bene?- le domandò.
-Cos’è successo?- giunse la voce timida e spaventata di Will,
ancora tra le braccia di Monica. Ellie aprì leggermente gli occhi.
-Sto bene. Sto bene. Ho avuto solo un attimo di mancamento. Adesso
va bene.- cercò di rassicurarli Ellie.
-Sicura di star bene?- domandò Lily.
-Ecco l’acqua.- disse James.
Ellie afferrò la borraccia, tirandosi a sedere con l’aiuto di
Andrew che ancora la teneva, e bevve l’acqua. Si asciugò la bocca con un
braccio. E annuì.
-Sì, tranquilla mamma. Capita ogni tanto. Può capitare quando si è
stanchi.-
-Ti è capitato ancora?- domandò il padre.
-Sì, una o due volte.-
-Tesoro, non è normale che capiti.- le fece notare la madre.
-Mamma sto bene. E’ durato pochi secondi. Se dovesse peggiorare te
lo prometto che andremo dal dottore.- la rassicurò con fermezza la figlia.
-D’accordo.- si arrese la madre, anche se sul suo volto si vedeva
ancora la preoccupazione e l’incertezza. Ma ormai sua figlia era grande e lei
doveva imparare a fidarsi di lei e delle sue scelte. Ellie guardò per alcuni
istanti la superficie cristallina brillare come piccoli diamanti al sole in
alcuni tratti. Riprese la chitarra e dopo aver ringraziato Andrew riprese a
suonare. Per un po’ la malinconia sembrò penetrare in quel posto, dopo quel
canto assunse un che di consolatorio e il dolore venne lenito e coperto. Will
si era sdraiato vicino alle gambe della sorella, rannicchiandosi in posizione
fetale rivolto verso di lei. I due genitori stavano vicino ai cavalli: Lily
seduta per terra con un libro in mano e James passeggiava lungo la riva
adocchiando piante, fiori e pesci. Monica e Andrew se ne stavano in disparte
vicino agli alberi, dietro i ragazzi, distanti alcuni metri, lo sguardo teso e
preoccupato.
-Andrew cosa le è successo?- domandò Monica con voce scossa.
-Era uno dei suoi attacchi. La prima volta le è capitato quando è
venuta da me a cena. È peggiorata. E ieri era molto stanca.-
-Ma la sua famiglia non si accorge che non sta bene?- domandò
Monica, senza cattiveria.
-Si fidano di lei e lei è sempre stata bene, non ha mai avuto di
questi problemi se non quando era piccola, perciò loro non pensano a una
ritorsione degli eventi. E lei non ha la minima intenzione di far notare alcun
che ne di dirglielo. In un certo senso si sta lasciando morire.- concluse lui
con amarezza.
-Non è giusto.- replicò amaramente Monica.
Sentì il suo amico sospirare accanto a lei.
La giornata proseguì senza intoppi, facendo piccoli giochi,
canticchiando canzoni in compagnia e facendo una buona merenda a base di pane,
burro e marmellata.
Mentre tornavano il sole iniziò a calare, erano quasi le sette. Il
cielo si era striato di arancio e le ombre si erano allungate sull’erba. Il
viaggio di ritorno era parso come sempre più breve dell’andata. Iniziavano ad
intravedersi le prime stelle in cielo. Quando arrivarono a casa Will corse
sulla cima della collina di fronte, ad ammirare quel sole rosso che tramontava
dietro le vette delle montagne lontane, Ellie lo raggiunse con la luce che le
si rispecchiava negli occhi dandole un po’ di fastidio.
-E’ bellissimo Ellie non trovi?- le chiese Will.
-Sì è bellissimo.- confermò lei sorridendogli e posandogli una
mano sulla spalla.
-Will forza vai a farti la doccia!- urlò la madre dall’uscio della
casa.
Ellie rimase là ancora un po’ a contemplare il panorama, poi
rientrò in casa a sistemare la sua roba. Mancavano ancora la doccia e la cena
prima di finire quella lunga giornata.
Si sentiva leggermente stanca anche se stava meglio del giorno
prima.
Accarezzò la custodia della chitarra appoggiata in parte al letto
senza sapere nemmeno lei esattamente cosa fare, cosa dire, cosa pensare. Le
voci di sotto dei genitori e di Monica che parlavano animatamente. Will era
andato a dormire già da un’oretta. E lei si era ritirando dicendo che era
stanca. Lily le aveva detto di prendere giù un farmaco ma lei non l’aveva preso
dicendo che stava bene, come dire al proprio genitore che quel farmaco non
avrebbe sortito alcun effetto contro il suo male. Aprì il libro in cui il
giorno prima aveva infilato la sua lettera per poi richiuderlo subito e lasciarsi
crollare sulla sedia di fronte alla scrivania con un sospiro stanco ed
abbattuto. Fuori dalla finestra era tutto buio, non si vedeva più nemmeno il
prifolo delle montagne. Ad un certo punto la porta si aprì facendola
sobbalzare. Andrew stava sulla soglia, strano che non avesse bussato non era da
lui.
-Andrew, ti serve qualcosa?- le chiese gentile come sempre.
-A dire il vero no.- rispose lui serio con le mani nelle tasche,
la porta chiusa dietro di sé.
-Tu come stai?- le chiese ad un certo punto, uno sguardo
preoccupato in volto troppo preoccupato, tanto che la mise in agitazione.
-Oh io.. sto bene. Sono solo un po’ stanca, tutto qui.- lo vide
fare un sorriso tirato che durò pochi secondi. Le si avvicinò di un paio di
passi.
-A dire il vero non mi riferivo solo a questo pomeriggio, ma in
generale. Come ti senti?- la guardò dritta negli occhi e per un attimo si sentì
esattamente come quel pomeriggio. Dovette farsi forza e conficcarsi le unghie
nei palmi delle mani per non farsi riempire gli occhi di lacrime. Le ci volle
un attimo prima di rispondere. Fece un sorriso cercando di farlo risultare il
più reale possibile.
-Va meglio. Devo dire che sto bene sai, poteva andare peggio.-
disse annuendo, quasi stesse persino cercando di convincere se stessa.
-Non mentirmi Ellie.- sussurrò lui, deluso e amareggiato.
-Andrew che ti prende? Io sto bene, ho superato quella fase di
malessere che c’è stata quella volta. Ti ringrazio di preoccuparti per me
davvero, ma adesso va meglio.- disse lei, cercando di rassicurarlo, si alzò.
-Questo non è vero. Sappiamo benissimo che il dolore per la
separazione di Zanna non se n’è andato sebbene tu eviti di pensarci, e sappiamo
entrambi che non stai bene.- insistette lui. Lei lo guardò nel panico.
-Andrew io non so di cosa tu stia parlando.-
-Oh sì invece, tu lo sai. E lo so anche io.- Andrew non sapeva se
essere arrabbiato con lei o terribilmente addolorato, avrebbe avuto voglia di
proteggerla e urlare la verità ai quattro venti, ma non spettava a lui farlo.
-Andrew.- lo chiamò lei, mentre la voce le si riempiva di amara
tristezza e di lacrime.
-Tu non sai.. –
-Che stai male?- la interruppe lui serio ma al contempo risultando
dolce. Le sorrise compassionevole, mentre faceva ancora un passo verso di lei,
accarezzandole una guancia. Lei lo guardò con gli occhi velati di lacrime.
-Andrew.- lo chiamò lei,
mentre la voce le si riempiva di amara tristezza e di lacrime.
-Tu non sai.. –
-Che stai male?- la
interruppe lui serio ma al contempo risultando dolce. Le sorrise
compassionevole, mentre faceva ancora un passo verso di lei, accarezzandole una
guancia. Lei lo guardò con gli occhi velati di lacrime.
-Che stai morendo?-
Ellie
lo guardò spaventata, scoperta. Indietreggiò e cadde sulla sedia, non sapeva
più cosa dire ne cosa fare. Guardò per terra le mani strette a pugno sui jeans
all’altezza delle ginocchia. Aveva fallito e adesso non aveva nemmeno la forza
per guardarlo in faccia e affrontarlo. Andrew le si mise davanti, la mano
appoggiata sulla sua spalla.
-Come
l’hai saputo?- domandò amara.
-Da
quando sono arrivato.-
-Questo
non è possibile. Non mi conoscevi nemmeno. Te l’ha detto l’infermiera
dell’ospedale?- gli domandò arrabbiata, mentre lo guardava dritto negli occhi.
-Tess
è una mia cara amica, ma non mi ha mai detto niente. Lo sapevo dal momento
stesso che ho accettato di essere il babysitter di tuo fratello. In realtà sono
qui per aiutarti.-
-Per
aiutarmi? Come? Puoi guarirmi?- Andrew la guardò triste.
-No,
non posso.-
-E
allora non puoi aiutarmi. E ad ogni modo non hai risposto alla mia domanda: se
davvero sapevi che ero ammalata dimmi come facevi? Chi te l’ha detto? L’hai
capito solo guardandomi? Chi sei?- alcune lacrime sfuggirono dagli angoli dei
suoi occhi, ed ebbero il potere di rattristare ulteriormente Andrew.
-Sono
un angelo.- nel momento stesso che pronunciò quelle parole una luce dorata lo
avvolse, illuminandogli il volto come il sole splendente al mattino. I suoi
occhi chiari erano limpidi e puri e il suo sorriso sembrava in grado di lenire
tutte le sue ferite.
-Ma
cosa.. ?-
-Ellie
io sono stato mandato da Dio per aiutarti.-
-Per
aiutarmi?-
-Ad
affrontare questa malattia. Lui vuole farti sapere che non sei sola e che ti
sarà vicino fino alla fine. E anche io.-
-Tu
sei l’angelo della morte vero?- gli chiese seria e pacata, quasi arrendendosi
all’inevitabile come se l’avesse sempre saputo.
-Sì.
E resterò con te fino alla fine.- vide la ragazza scuotere la testa
violentemente.
-Ellie.
Ellie guardami.- le disse avvicinandosi, mentre lei aveva abbassato la testa
rifiutandosi di guardarlo. Le spalle scosse dai singhiozzi mentre le lacrime
avevano preso a scendere.
-Perché
stai piangendo?- le sussurrò lui, accucciato di fronte a lei.
-Perdonami
Andrew. Mi dispiace davvero. Non volevo. Mi dispiace.-
-Sshhh,
va tutto bene. Va tutto bene.-
-No
Andrew non va bene, e tu lo sai. Sai che ho mentito e sai che non dirò la
verità ai miei finchè non sarà il momento.-
-Ellie
sono la tua famiglia. Hanno il diritto di sapere. Loro ti vogliono bene.-
-Lo
so, appunto per questo. Andrew non voglio che mi guardino con pietà e
compassione. Voglio che si ricordino di me così come sono e che si comportino
come sempre. Ma so che per fare questo dovrò mentire e che pagherò per queste
mie menzogne, ma ti prego non.. –
-Ellie
ascoltami. Tu non pagherai. Ti ricordano niente le parole: “il mio cuore
riposerà tranquillo e sereno quando morirò; ti prego Signore manda un angelo a
vegliare su questa casa; sto cercando di proteggerli a modo mio; e ricevere una
risposta”?-
-Hai
letto le mie lettere?- domandò intimorita la ragazza. L’angelo le sorrise.
-Ero
qui quando le hai scritte e Dio ha udito la tua preghiera.-
-Sei
tu quell’angelo?- domandò speranzosa.
-Sì,
e non ci sono solo io. Tre angeli vegliano su di voi in questa ora buia. E il Signore
non ti punirà per aver cercato di proteggere la tua famiglia. Lui sa che tu
l’hai fatto solo per non farli soffrire. Ma non puoi tenerti tutto dentro e
soffrire da sola, certe volte il dolore è minore se lo si condivide.-
-Non
posso Andrew, non posso. Non voglio vederli soffrire, starei ancora più male.
Preferisco che Dio mi odi piuttosto che.. –
-Ehi
non pensarlo nemmeno! Dio non ti odia! Lui ti ama così come ama la tua
famiglia. E non ti lascerà mai. E credimi se ti dico che Lui soffre a vederti
così. E anche Zanna ti ama molto.- le disse con un sorriso gioioso.
-Zanna?
L’ho fatto soffrire così tanto.- altre lacrime le inondarono il viso. Andrew le
porse un fazzoletto che teneva in una tasca e lei si asciugò le lacrime.
-Entrambi
avete sofferto. E adesso è ora che le cose si sistemino.-
-Andrew
tu non lo dirai ai miei vero?- gli domandò preoccupata.
-No,
se non vorrai. Ma loro hanno il diritto di sapere.-
-D’accordo.
Te lo prometto ma non adesso, quando sarà il momento.-
-Facciamo
un patto: io non dico niente ai tuoi ma tu mi prometti che glielo dirai prima
che sia troppo tardi.-
-E’
già troppo tardi.- replicò lei amara.
-Ellie.-
la richiamò lui.
-Va
bene. Affare fatto.- l’angelo sorrise mentre tornava alla normalità,
sorridendole.
-Andrew.-
-Sì?-
-Quanto
tempo mi manca?- si vedeva che aveva paura e Andrew odiava vedere le persone in
quello stato.
-Non
lo so. Ma non è ancora il momento.-
Ellie
lo abbracciò, mentre le ultime lacrime le si asciugavano sul viso. Era fatta.
La battaglia era cominciata. Andrew le circondò le spalle con un braccio e
rimase con lei finchè non si fu calmata.
-Hai idea di quello che hai fatto?- lo
sguardo che Tess lanciò al suo sottoposto era paragonabile ad una serie di
lampi che precede una tempesta, tuttavia il suo tono di voce tradiva un certo
controlla ed una certa tranquillità, che fece tranquillizzare il giovane angelo
della morte che si dondolava sui talloni con lo sguardo basso in una finta aria
colpevole. Sapeva che quello che aveva fatto era imperdonabile agli occhi del
suo supervisore, tuttavia in cuor suo sapeva di aver fatto la cosa giusta e
quello che provano gli angeli nel loro cuore difficilmente è sbagliato. Certo,
era stato avventato e la sua era stata un’imprudenza che, se non fosse andata a
buon fine, avrebbe potuto mettere a repentaglio tutta la loro missione; ma non
era successo.
-Sì.- disse a mezza voce.
-Non direi! Altrimenti non lo avresti
fatto.- lo bloccò subito la donna.
-Tess è andato tutto bene.- tentò di
giustificarsi Andrew.
-Questa volta! Ma immagina se non fosse
andato tutto nel verso giusto. Sei stato semplicemente fortunato che il momento
fosse vicino, altrimenti puoi giurarci che ti avrei sollevato dall’incarico.-
le guance gonfie di rabbia erano un chiaro segno che ribattere non sarebbe
servito a niente, l’unica cosa era tentare di spiegare il perché l’aveva fatto.
-Tess, lo so che è stata una cosa
avventata ed imprudente. Ma era un bel po’ che ci pensavo e se prima era dato
solo dal fatto che provavo una forte pena e pietà per quella ragazza, adesso è
tutto diverso. Era come se sentissi nel cuore che era il momento giusto. E tu
ci hai sempre insegnato che se un angelo sente qualcosa nel cuore allora vuol
dire che è vero.- la donna riservò al giovane uno sguardo arrabbiato ma
incerto, capiva perfettamente quello che lui stava tentando di dirle. Alla fine
sospirò.
-Angelo mio so bene cosa stai passando,
e non nego che questo incarico non è un test solo per quella ragazza ma anche
per te.-
-Sono sotto esame?-
-Tutti lo siamo, ogni volta. E concordo
con te con quello che hai detto, è importante quello che senti nel cuore e io
confido grandemente nelle tue capacità. Tuttavia Andrew cerca di capire, non
tutti sono pronti per sapere la verità.. specialmente in casi come questo.
Avrebbe potuto chiudersi maggiormente in sé stessa ed impedire per sempre a noi
e a Dio di far breccia nel suo cuore. Adesso che sa chi sei dovrai fare
maggiormente attenzione, dovrai starle vicino più che mai; siamo intesi?-
-Sì, signora.-
La
macchina ballonzolava sulla strada sterrata mentre procedeva verso casa. Tutti
se ne stavano in silenzio. Dopo quello che era successo a Ellie il giorno prima
la voglia di chiacchierare si era come esaurita. Lily e Monica avevano cercato
tutto il tempo di tenere su il morale della compagnia mentre Will giocava con i
suoi giocattoli davanti al camino. Ma gli unici temi che si toccavano era la
malattia, che cosa potesse essere accaduto nella radura (argomento a cui tutti
cercavano di dare una spiegazione il più banale possibile: tosse, un innocente
colpo di asma, stress, affaticamento; dopotutto se Ellie era tranquilla anche
loro potevano stare tranquilli), la scuola, i paesi europei, il futuro di Will.
Ma irrimediabilmente oltre alle belle possibilità che si prospettavano per i
ragazzi, vi si ponevano di fronte anche i motivi per cui avrebbero potuto non
andare, e così si tornava al discorso iniziale. La ragazza si era saggiamente
tirata fuori dalla conversazione, non le piaceva stare zitta ma ancora meno le
sarebbe piaciuto mentire. In macchina si incrociò le braccia la petto, come a
volersi scaldare da un freddo pungente che le veniva dal di dentro. Will invece
stava dal lato opposto guardando silenziosamente fuori dal finestrino, quasi a
contemplare quel posto selvaggio. Istantaneamente Ellie si chiese se sarebbe
mai tornata in quel posto, se avrebbe fatto ancora delle cavalcate con suo
fratello, se avrebbe mai più suonato la chitarra davanti al fuoco, o se invece
la malattia se la sarebbe portata via prima. A quel pensiero l’urgenza di
completare la sua canzone al più presto si fece pressante. Doveva finirla.
Doveva finire quella canzone.
-Uffa,
ma dobbiamo per forza tornare subito a casa?- domandò sconsolato Will ad un
certo punto.
-Will,
ne abbiamo già parlato.-
-Ma
mamma.. –
-Campione..
hai sentito cosa ha detto la mamma, no?- cercò di convincerlo gentilmente il
padre, chiudendo il discorso.
-Che
ne dite di una festa?- Ellie non si rese quasi conto di aver aperto bocca, come
se fosse stato qualcun altro a parlare e lei avesse sentito le sue stesse
parole come una terza persona.
-Una
festa?- la voce di Lily era tanto perplessa quanto sorpresa.
Ellie
e Will si scambiarono uno sguardo dubbioso e lei vide negli occhi del fratello
la speranza e la felicità trattenuta di poter divertirsi con altre persone per
un’intera giornata.
-Perché
no?-chiese Ellie.
-Ma
sei sicura? C’è la scuola e magari volevi riposarti un po’.- azzardò James
lanciando un’occhiata d’intesa alla moglie.
-Mai
stata più sicura.- confermò la ragazza, sempre più convinta della sua
decisione.
-E
per l’esattezza quando pensavi di farla questa festa?- chiese Lily.
-Domani
sera?- propose sulle spine la ragazza.
-Domani?
Ma è vicinissimo.- automaticamente la donna stava già pensando a come
organizzare il lavoro, a se bisognasse comprare degli addobbi o che altro, alle
pulizie e a cosa cucinare, senza contare il dopo cena.
-Lo
so, ma non penso sia un problema.-
-E
come pensi di farlo?- domandò divertito James, adorava l’intraprendenza di sua
figlia, il non arrendersi davanti all’evidenza; trovava sempre una soluzione a
tutto.
-Beh
considerato che non inviteremo persone esterne a parte Monica ed Andrew, per la
cena possiamo chiedere benissimo ad Andrew che è un mago in cucina, mentre per
l’allestimento se tu sei al lavoro ci posso pensare tranquillamente io. Così
quanto tornerete a casa sarà già tutto pronto.-
-E
come la metti con i compiti di tuo fratello? Se Andrew cucina non potrà aiutare
Will.-
-Will
non è così ignorante come sembra.. –
-Ehi..-
cercò di brontolare Will indignato, prima che la sorella gli sorridesse
complice e continuasse a parlare.
-E
poi posso sempre dargli una mano io, tanto per il momento non devo studiare
niente di importante. Tu mamma puoi avvisare Monica, così magari potete venire
direttamente a casa insieme.-
Lily
si voltò verso James che se la rideva.
-Trovi
la cosa così divertente?-
-Assolutamente
sì.- rispose lui.
I
due ragazzi seppero in quel momento di averla appena scampata e che il giorno
dopo ci sarebbe stata una festa privata a casa loro. Will ringraziò con lo
sguardo sua sorella per aver nuovamente trovato qualcosa di divertente da fare.
Ora non restava che inventarsi il dopo cena.
Andrew
entrò a cuor leggero in casa Potter quella mattina ignaro di quello che lo
aspettava.
-Ciao!-
salutò a gran voce per annunciare la sua presenza, sapendo che i due genitori
erano già andati al lavoro e che Will era a scuola. Eppure la porta aperta di
casa gli segnalava che qualcuno c’era: Ellie non era andata a lezione.
-Andrew
ciao!- lo salutò calorosamente la ragazza, scendendo le scale saltellando.
L’uomo
appoggiò le borsine della spesa sul tavolo della cucina, mentre lei gli si
avvicinava. Le pareva stranamente contenta e rilassata quella mattina. Lui le
sorrise iniziando a darsi da fare per mettere a posto la roba.
-Ellie,
tutto bene?- domandò lui innocentemente.
-Alla
perfezione. Vuoi una mano?- chiese lei di rimando.
-Certo.-
rispose lui sull’orlo della risata. Dopo tutto quello che era accaduto negli
ultimi giorni quella era proprio una bella sorpresa.
-Ehm,
Andrew posso chiederti una favore?- domandò lei ad un certo punto, una mano
appoggiata al tavolo e l’altra su un fianco, continuando a mordicchiarsi la
bocca.
-Dimmi.-
-Ecco,
io volevo organizzare una piccola festa privata per stasera; tu ci saresti?-
Andrew incrociò i suoi occhi verdi con quelli della ragazza, soppesando le sue
parole.
-Certo
che ci sono. Molto volentieri.-
-Perché..
ecco.. dovrei chiederti un favore.-
-Spara.-
Ellie iniziò a grattarsi il retro della testa nervosamente.
-Ecco..
i miei arriveranno che sarà praticamente l’ora di cena e quindi al loro arrivo
dovrà essere tutto pronto. Solo che come avrai ben capito non posso fare tutto
da sola. Quindi mi chiedevo, dato che tu sei un mago in cucina.. non è che ti
andrebbe di cucinare?- gli occhi della ragazza erano una muta preghiera che
stava davvero per far scoppiare a ridere l’angelo.
-E
chi penserà a tuo fratello?- domandò Andrew, solo per il gusto di vedere cosa
avrebbe risposto.
-Posso
pensarci io. Appena sono andati via questa mattina ho dato una spolverata a
tutto, i pavimenti erano già puliti e le stanze sono in ordine. Appena Will
torna gli farò fare tutti i compiti e per stasera sarà tutto pronto.- rispose
lei tutto d’un fiato.
-Che
ne dici?- gli domandò, volendo un suo parere.
-Penso
che si possa fare.- il suo sorriso obliquo mandò la ragazza al settimo cielo.
-Grazie
grazie Andrew!- esclamò lei per poi scappare fuori dalla stanza, dandosi da
fare per i prossimi preparativi di quella sera.
-Ehi
Monica!-
-Ciao
Lily, tutto bene?- le domandò l’angelo vedendo avvicinarsi il suo superiore. La
donna sembrava molto agitata e i suoi capelli elettrizzati rispecchiavano
perfettamente il suo stato.
-Che
mi dici del matrimonio di sabato e della festa di compleanno di mercoledì?- le
domandò con tono pratico l’altra.
-Per
il matrimonio stiamo ancora aspettando i due vasi di orchidee per il resto è
tutto pronto. Gli inviti sono stati mandati, i menù sono già stati scelti e gli
addobbi sono pronti. Per la festa è tutto pronto, non ci resta che aspettare
che arrivi mercoledì.- le rispose con un sorriso Monica. Lily sospirò.
-Monica
non so proprio cosa farei senza di te! Ultimamente sono così incasinata.- disse
la responsabile.
-Problemi
in famiglia?-
-Cosa?
No, stanno tutti bene. Anzi, già che me l’hai ricordato: Ellie darà una festa
questa sera e mi ha chiesto di invitarti se ti fa piacere venire.-
-Molto
volentieri. È una ragazza davvero attiva.- allargò ancora di più il suo
sorriso.
-Non
dirlo a me. Senti adesso devo scappare, ho una riunione con il responsabile.
Stasera non andare a casa che vieni direttamente con me appena stacco.-
-Grazie
mille. Come vuoi.-
Monica
osservò Lily svanire lungo il corridoio e poi su per le scalette di metallo che
davano al piano superiore: gli uffici.
-Allora
miss Aureola come va?- il giovane angelo sobbalzò, di certo l’ultima persona
che si aspettava in quel momento era Tess.
-Tess,
cosa ci fai qui?-
-Sono
venuta a dare un’occhiata. Il momento è vicino.- rispose candidamente la donna
più anziana con uno sguardo premurosamente materno in volto.
-Vuoi
dire che l’incarico sta per finire?- il tono amareggiato di Monica non era una
sorpresa, Tess sapeva quanto la sua giovane allieva si affezionasse velocemente
ai suoi ‘incarichi’.
-Temo
proprio di sì. Tuttavia abbiamo ancora del tempo.-
-Quanto
Tess? Io non ce la faccio.- Monica si stava per mettere a piangere.
-Non
fare così. Vedrai che Dio ci aiuterà, lo ha sempre fatto.-
-Lo
so Tess. Ma non è giusto. È così giovane e ha una famiglia che le vuole così
bene.- Tess abbracciò la giovane cercando di calmarla.
-Ogni
cosa ha un suo perché, lo sai bene. E sono sicura che Dio non si sia
dimenticato del bene che ha fatto questa famiglia.-
-Tess
quanto tempo ci rimane?- le due donne si guardarono negli occhi.
-Una
settimana.-
Il
ragazzo camminava goffamente davanti a lui, non curandosi minimamente della
gente che gli stava attorno, delle loro chiacchiere o del modo in cui lo
guardavano. Calciava i piccoli sassi sul marciapiede che si trovava davanti,
sbuffando di tanto in tanto. Lo zaino blu sobbalzava di tanto in tanto sulla
sua schiena, sopra di lui il cielo era grigio perla. Ad un certo punto il
sassolino che stava calcando cadde dal marciapiede e, quasi contrariato, si
fermò un momento a guardarlo in silenzio. Abbastanza a lungo per permettere ad
Andrew, che era da un po’ che lo seguiva, di raggiungerlo.
-Ehi
ciao!- la voce solare fece voltare di scatto la testa del giovane.
Il
suo viso erano cerei e delle profonde occhiaie si delineavano sotto i suoi
giovani occhi marroni. L’espressione era seria e triste, tanto da parere
arrabbiata. Contrariamente a quella luminosa dell’angelo che percepì
immediatamente i suoi pensieri e le sue emozioni. Erano tristi e travolgenti,
tanto che per un momento ricordò il giorno in cui aveva trovato Ellie in camera
sua a piangere; quella volta era stato travolto dalle sensazioni come se le
provasse lui stesso, come un fiume in piena.
-Tu
sei Zanna vero?- gli domandò l’uomo.
-Lei
è il babysitter dei Potter giusto?- gli domandò a sua volta il ragazzo, con
voce educata.
-Sono
Andrew.- si presentò, tendendogli la mano.
-Andrea.-
disse l’altro afferrando la mano.
-Tutto
bene?-
-Sì,
grazie.-
-Perdonami
se insisto, ma non hai esattamente l’aspetto che si addice ad un ragazzo della
tua età.- il ragazzo fece un sorriso tirato, quasi ironico.
-Lo
immagino.-
-Posso
aiutarti?-
-No,
è una cosa di cui ho solo bisogno di tempo per metabolizzarla.-
-Capisco.-
fece con un tono basso l’angelo della morte.
-Senti..
stasera a casa dei Potter è stata organizzata una festa, se ti va di venire sei
il benvenuto.- Andrew estrasse dalla tasca della giacca una busta bianca,
porgendola poi al ragazzo che la fissò stranito. Un lampo attraversò i suoi
occhi, quasi gli fosse stata data una possibilità per risolvere il suo
tormento; ma poco dopo essi tornarono opachi come prima. Zanna afferrò la busta
senza molta convinzione.
-La
ringrazio, ma non penso che lo sarei.-
-Perché
no?-
-Beh,
diciamo che ci sono stati dei problemi.-
-Si
tratta di Ellie?- il ragazzo incrociò gli occhi di vetro dell’angelo.
-E’
complicato.-
-Sai
è la stessa cosa che ha detto lei.- sorrise Andrew.
-E’
stata lei ad invitarmi?-
-A
dire il vero è un’idea mia. So che sei molto amico dei Potter e vi conoscete
molto bene.-
-Ecco..
non credo sia una buona idea.-
-Forse
invece è un buon modo per ricominciare.-
Zanna
alzò nuovamente il volto verso lo sconosciuto, non sapeva perché eppure il suo
volto gli dava una sicurezza tale da colmare tutto il suo dolore, quasi a
convincerlo.
-Perché
lo fa?-
-Perché
quello che è successo tra te ed Ellie è solo un piccolo problema in confronto a
quello che ci potrebbe essere dopo. E io credo che questa festa sia una buona
occasione per riavvicinarvi.. per parlare. Ma ovviamente questa è una scelta
che solo tu puoi fare.- rispose pacatamente Andrew.
Zanna
abbassò lo sguardo sulla lettera, indeciso. Quando rialzò lo sguardo per
rispondere all’uomo lui non c’era più.
-Uffa
che barba!-
-Avanti
dai! Piantala di piagnucolare.- lo rimproverò dolcemente Ellie.
Will
per protesta appoggiò il gomito sul tavolo e si sostenne la testa con la mano,
in volto un dolcissimo broncio. La ragazza si sporse un po’ di più per vedere
meglio quello che aveva combinato.
-Che
c’è? È giusta perché ti lamenti?-
-Non
ho più voglia di fare i compiti.- rispose mesto il bimbo.
-Will
ti mancano cinque operazioni e hai finito.-
-Sì,
ma sono lunghe.-
-Ti
sembrano lunghe perché le stai imparando, ma poi vedrai che quando le saprai
fare bene sarai più veloce della maestra.-
-Ellie
sono per mercoledì, non posso farle domani?-
-Will
cosa dice il proverbio? Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi.-
Per
tutta risposta lui sbuffò nuovamente. Ellie era esausta. Era tutto il
pomeriggio che stavano sui libri di scuola e doveva ancora apparecchiare.
Andrew aveva detto che sarebbe uscito a fare la spesa, ma erano passate ore e
non era ancora tornato. Will si era rimesso a scrivere controvoglia e l’unico
rumore nella stanza era il grattare della penna sul foglio di carta. Ad un
tratto la porta d’ingresso si aprì.
-Sono
tornato!-
-Andrew!-
esclamò Ellie con sollievo.
-Finito!-
non ebbe il tempo di fermarlo o di controllargli i compiti che Will aveva già
agguantato zaino, libri e astuccio sottobraccio e correva su per le scale
diritto in camera. I due rimasero là a guardarsi in silenzio.
-Tutto
a posto?-
-
Sì, è stata dura con tutte quelle espressioni, ma ce l’abbiamo fatta.-
-Scusa
per il ritardo, ma ho dovuto sbrigare una commissione. Spero non ti
dispiaccia.-
-Figurati,
tanto ormai.. l’importante è che sei tornato. Devo ancora preparare tutto.-
Ellie si passò una mano stanca sulla faccia.
Il
sorriso caldo di Andrew sciolse tutta la sua stanchezza. L’angelo le posò una
mano sulla spalla con fare rassicurante.
-Vedrai
che andrà bene.-
-Sarà..
ma sono quasi le otto e noi dobbiamo sbrigarci.-
Detto
questo Ellie si voltò di nuovo in direzione della sala ed iniziò a tirare fuori
da un cassettone antico una tovaglia bianca e dell’argenteria che Andrew non
aveva mai visto. Preparò la tavola a regola d’arte, come le aveva insegnato sua
madre: doppio bicchiere, triple posate, acqua, vino, tovagliolo elegantemente
piegato, fiori, candele.. Andrew si era rintanato in cucina, a preparare la
migliore cena di sempre. Per celebrare il tutto: un cd di Enya. Ci fu un gran
brusio e poi la porta venne aperta senza ritegno: erano arrivati mamma, papà e
Monica.
-Siamo
a casa!- urlò Lily per annunciare la loro presenza.
-Abbiamo
notato.- scherzò Ellie con tono furbesco, appoggiata allo stipite della porta
guardandoli entrare pieni di borse, borsoni e cappotti da appendere e mettere
via.
-Amore,
tutto bene?- la salutò la madre con un sorriso stanco.
-Alla
grande, la tavola e pronta e tra poco sarà pronta anche la cena.- rispose
galantemente la figlia, aiutandola a togliersi il cappotto e a liberarsi dalla
borsa.
-Andrew
è in cucina? Hai bisogno di una mano?- urlò l’ultima domanda per farsi sentire
dal loro beneamato babysitter. Andrew comparve sulla soglia con un grembiule
bianco in vita, un cucchiaio di legno nella mano destra e il suo solito sorriso
stampato in faccia; a quanto pareva si stava divertendo.
-Stia
tranquilla è tutto sotto controllo, per questa sera credo proprio che possiate
rilassarvi.- rispose lui. Lily lo guardò con sguardo adorante, ringraziandolo
mutamente di non dover pensare a nient’altro se non rilassarsi.
-Ciao
Monica, tutto bene?- domandò la ragazza alla giovane donna.
-Sì
grazie, e tu?-
-Alla
grande, stasera ci divertiremo un mondo vedrai.-
-Ne
sono certa.- ammiccò la donna.
-Ellie
è opera tua?- Lily fissava il tavolo della sala apparecchiato con la bocca spalancata
dallo stupore.
-Ehm..
sì.- rispose la ragazza, non del tutto sicura se fosse la risposta giusta.
-E’
meraviglioso.- disse la madre girandosi e guardandola dolcemente.
Per
poco ad Ellie non si spezzò il cuore dalla dolcezza e dall’amarezza che provava.
La dolcezza per aver reso sua madre orgogliosa di lei, per averla resa felice;
l’amarezza perché le stava mentendo, perché in realtà stava solo cercando di
vivere al meglio gli ultimi attimi che le rimanevano da passare con la sua
famiglia, perché da un giorno all’altro non li avrebbe mai più rivisti. Per un
attimo fu tentata di dirle la verità in quel momento, su due piedi, poco
importava se avrebbe rovinato a tutti la serata. Poi si riscosse, le sorrise
dolcemente e finì di appendere il cappotto di Monica insieme agli altri.
Fortunatamente Will, attirato da tutto quel trambusto, scese dalle scale per
salutare tutti.
-E’
pronto!- la poderosa voce di Andrew riscosse tutti.
L’uomo
si avviò verso la sala con in mano una grossa pentola di alluminio. Tutti presero
posto, ovviamente la sedia a capotavola spetta a James al cui fianco sedettero
Lily ed Ellie, mentre Will prese posto vicino alla sorella. In parte al bimbo
rimase la sedia vuota per Andrew e poi Monica vicino a Lily.
-Cosa
ci hai preparato di buono?- domandò il padre con fare affamato, sfregandosi le
mani.
-Come
primo ho optato per una bella pasta alla carbonara.. –
-Io
voglio tanta pancetta!- saltò su Will, tanto che Ellie gli mise una mano
davanti alla bocca per farlo stare zitto. Andrew rise in direzione del bambino
prima di continuare.
-Mentre
per secondo involtini ripieni con polenta.-
-Andrew
sei un angelo!- disse Lily quasi commossa.
-Oh
lo è davvero mamma!- esclamò Ellie, quasi senza rendersene conto. Guardò di
sottecchi Andrew che le tornò lo stesso sguardo, ovviamente all’insaputa di
tutti. Nessuno poteva immaginare quanto fosse vero quello che aveva appena
detto.
-Mmh,
è davvero buono!- disse James approvando a gran voce, tanto che ne prese due
porzioni sia di pasta che di carne.
Mangiarono
tutti tutto in silenzio, poche erano le chiacchiere che interrompevano quel
quotidiano rituale. Soltanto quando anche l’arrosto fu finito iniziarono i
commenti, gli avvenimenti della giornata, la cronaca e gli aneddoti divertenti
su altri pranzi ed altre cene passate. Passò un’ora e mezza prima che qualcuno
si rendesse conto che avevano finito gli argomenti.
-Molto
bene e adesso piccolo genietto?- la scherzò la madre guardando sua figlia,
aspettandosi il programma della serata.
Ellie
fece parlare che il campanello suonò. Tutti per un momento si guardarono in
silenzio, chiedendosi chi mai potesse essere.
-Vado
io.- disse Will.
Andrew
era in piedi che raccoglieva i piatti vuoti e con sguardo serio guardava Ellie
e Will. Il bambino aprì la porta e l’esclamazione che ne seguì fece ghiacciare
il sangue nelle vene di Ellie.
-Zanna!-
Il
cuore iniziò a pompare più velocemente, il panico e la paura si impadronirono
della sua mente mandandola in confusione, pietrificandola sul posto.
Quell’esclamazione di gioia l’aveva appena colpita a tradimento come una
pallottola. Will ritornò in sala saltellando contendo, stringendo la mano del
ragazzo dai capelli neri e dal sorriso gentile. Quasi come una calamita i suoi
occhi percorsero tutti i presenti nella stanza per poi soffermarsi su quelli
della ragazza che lo guardava senza dire niente, senza espressione.
-Andrea
caro! Tutto bene?- lo salutò Lily con un enorme sorriso.
-Bene
grazie. Voi?-
-Una
favola non vedi?- scherzò suo padre per poi mettersi a ridere.
Un
altro attimo di silenzio in cui lui deglutì per poi guardare di nuovo Ellie.
-Tu
tutto a posto?-
-Certo,
anche tu spero?- non sapeva dove aveva trovato la forza di parlare e rimanere
calma.
-Sì
a posto.-
Nessuno
più diceva niente, nessuno sapeva cosa dire.
-Ho
ricevuto questa stamattina e non ero sicuro se sarei venuto o meno. Quindi ho
optato per passare a fare un saluto senza disturbare nessuno.-
-Che
cos’è?- domandò Will.
-E’
una lettera. Diceva che c’era una festa.. – sorrise stancamente, quasi fosse
triste e distrutto –Ma che sciocco! Credo proprio di aver fatto una cavolata. È
stato bello rivedervi, ora però è meglio che vada!- Zanna fece per andare alla
porta.
Dopo
un breve sguardo ad Andrew Ellie capì che era stato lui e il suo cervello pensò
velocemente.
-Aspetta!-
il ragazzo si fermò dopo appena due passi, era quasi certa che lui fosse in
ansia quanto lei. Zanna si voltò.
-Perché
non ti fermi? Dopotutto non sei un estraneo.-
-Non
voglio disturbare.-
-Nessun
disturbo, è un piacere.- Ellie si era alzata e adesso gli sorrideva.
Dio
quanto tempo era che non la vedeva sorridere? Lei lo voleva lì. Con loro. Sul serio.
-Allora..
va bene.- non sapeva cosa dire, tutto gli sembrava terribilmente banale.
-Allora
accomodati, sta per arrivare il dolce.- disse Andrew, sparendo finalmente in
cucina e rompendo il ghiaccio che si era creato inizialmente.
-Il
dolce? Andrew ma quante cose hai fatto!- Lily era allibita –Ricordami che devo
darti un aumento.- dalla cucina provenne una calorosa risata.
Will
si preoccupò di recuperare una sedia e di metterla tra lui e la sorella. Zanna era
un po’ a disagio a sedersi lì in mezzo, si sentiva a casa eppure aveva una
terribile paura di essere fuori posto, come se lei, o comunque una sua parola,
potessero decretare l’esito di quella serata. Eppure non disse niente,
semplicemente lo guardava con tranquillità ed un tenero sorriso in volto. Lo
stesso sorriso e lo stesso sguardo che mille volte le aveva visto rivolgere
agli altri e di cui si era innamorato a prima vista. Per questo cercò di
concentrarsi sul mucchio di cose che Will gli stava raccontando, altrimenti ne
era certo sarebbe rimasto tutta la sera fissarla. Andrew tornò pochi minuti
dopo con una grossa torta ricoperta di panna montata bianca, circondata sulla
sommità da fragole rosse molto invitanti. Ellie rimase a bocca aperta; era
fantastica.
-Complimenti!
Sai Andrew hai mai pensato a lavorare come cuoco? Quasi quasi ti assumerei.-
disse Lily, veramente colpita dalla sua abilità.
-No,
mi basta già quello che faccio.-
-Io
voglio la fetta più grande!- saltò su subito Will, salvando Andrew da un inevitabile
discorso di carriere a cui Lily si sarebbe volentieri dedicata, ma che invece
si apprestò a correggere con gentilezza l’impulsività del figlio.
-Will!
Come si dice?-
-Per
piacere.-
-Tieni.-
la fetta era veramente enorme.
Per
altri dieci minuti nessuno parlò. Nessun imbarazzo, nessunabattuta fuori luogo. Tutti mangiavano in
silenzio, gustandosi quella delizia.
-Come
va con il corso?- per poco Zanna non si strozzò con un pezzo di torta. Già era
strano che Ellie gli avesse permesso di rimanere, ma che si mettesse anche a
fare conversazione amichevolmente con lui era davvero sorprendente. Quante probabilità
c’era che quella che aveva in parte fosse una sua sosia?
-Sì,
tutto a posto. Abbiamo fatto due lezioni per conto nostro perché l’insegnante
era malato, perciò ne abbiamo approfittato per utilizzare i computer dell’aula,
sai che non vuole che li utilizziamo. Tu invece sei più andata?-
-A
dire il vero no. Sono passata dalla biblioteca una volta per restituire un
libro e ho visto dalla vetrata che stavate facendo lezione. Poi a dire il vero
siamo andati in montagna con i miei e ad essere sincera non ho più aperto
libro.-
-Sì
beh, non è che nemmeno noi siamo andati molto avanti.-
-Non
è quello però.. l’allenamento.. sai.-
-Capisco.
Comunque tutto a posto?-
-Sì,
grazie.Davvero tutto bene. E tu? Più andato
alla palestra.-
-No,
mi sono stufato ancora prima di incominciare.- i due ragazzi si misero a
ridere, Zanna non era mai stato quello della palestra anche se ne avrebbe
davvero bisogno.
-Piuttosto,
quand’è il concerto?- domandò di punto in bianco il ragazzo, quasi gli si fosse
accesa una lampadina nel cervello a ricordare qualcosa di importante.
-Dopodomani.-
-Sei
pronta?-
-Sì,
ho solo paura di fare la figura del cavolo.-
-Vedrai
che non la farai.- involontariamente, con un riflesso automatico, il ragazzo
portò una mano sulle spalle di Ellie; un gesto che faceva sempre quando erano
insieme lei non si sentiva all’altezza di un compito che stava per affrontare. Ma
improvvisamente quel gesto gli sembrò l’errore fatale di quella sera. Subito si
pietrificò guardandola. Anche lei era rimasta immobile come una statua. Anche il
tono di voce che aveva usato era stato dolce come allora. Entrambi aspettavano
che l’altro dicesse qualcosa, una qualsiasi cosa per distruggere la suspance
che si era venuta a creare. Poi lei sorrise.
-Grazie.-
bastò quello a farlo rilassare. Tolse il braccio e tornò a guardare la sua
fetta di torta. –Ci sarai?-
-Cosa?-
-Al
concerto. Pensi di venire?-
-Beh
sì.-
-Allora
ci vediamo là.- gli sorrise lei con aria furbetta.
Non
ebbero più occasione quella sera per bisbigliare tra loro. Si ritrovarono tutti
quanti ben presto nella parte relax della sala. Chi seduto sulle poltrone, chi
sul divano, chi a gambe incrociate sul tappeto. Giocarono a Tombola, Monopoli,
carte, Battaglia Navale; si raccontarono barzellette; fecero una sottospecie di
karaoke a cui però Monica non partecipò perché si rifiutò molto gentilmente di
cantare. Fecero talmente tante cose, eppure sembrò un attimo.. un attimo lungo
delle ore; e arrivarono le 23:45.
-Ragazzi
come è tardi.- sospirò stanco James.
-Sì
caro, hai proprio ragione. È stata una bella serata.- concordò la moglie con un
sorriso altrettanto stanco.
-Peccato
sia già finita.- sbadigliò Will.
-Già,
ed è ora che tu vada a nanna campione. Perciò saluta tutti, mettiti il pigiama,
lavati i denti e vai a dormire.- disse calorosa la madre.
Il
bimbo fece ‘ciao ciao’ con la mano e, soffocando un altro sbadiglio, iniziò a
salire le scale strisciando stancamente i piedi.
-Sarà
meglio che vada, mi sono trattenuto anche più del previsto.- scherzò
imbarazzato Zanna.
-Ti
accompagno alla porta.- si offrì Ellie.
-Beh,
allora grazie.- disse ad un certo punto lui, dopo essersi messo la giacca.
-Grazie
a te per essere passato.- annuì Ellie.
-Okay,
allora ci vediamo.- fece lui gentilmente per andarsene, dato che lei non diceva
più niente. Ma proprio in quel momento lei lo fermò.
-Andrea!-
il ragazzo si voltò a guardarla quando ormai era sugli scalini. –Senti quando
vuoi, la porta per te sarà sempre aperta.- il suo sguardo esprimeva una forte
tristezza, ma anche tanta speranza di ricevere un sì da parte sua. E questo lui
lo sapeva.
-Grazie.-
fu per questo che lui le sorrise ed annuì. Lei non lo odiava, e questo gli
faceva piacere.
-Sarà
meglio che vada anche io.- sorrise Monica, avviandosi anche lei verso la porta.
-Davvero
Monica, grazie mille per essere venuta.- disse Lily.
-Grazie
a voi per avermi invitato.- disse l’altra.
-Ci
mancherebbe. A noi fa sempre piacere avere amici per casa.-
-Buonanotte
Lily, signor Potter.. Ellie. Salutatemi Andrew.- disse la donna, lanciando una
fuggevole occhiata sul vano della cucina dove Andrew le lanciò un’occhiata d’intesa,
poi se ne andò.
-Beh,
adesso però dobbiamo mettere tutto a posto.- sospirò Lily con le mani sui
fianchi, valutando tutto quello che c’era da fare e quanto tempo c’avrebbero
messo.
-Mamma
lascia stare, faccio io.- disse Ellie.
-Ellie
non puoi mettere a posto tutto da sola.- disse la madre.
-Sentite,
voi due dovete andare a lavorare presto domani. Ci penso io, tranquilli. Mi occuperò
delle cose immediate e più grosse e magari quelle meno importanti le metterò a
posto domani mattina, non preoccupatevi.-
-Sicura?-
le chiese la madre con occhio critico, valutando la sua risposta.
-Sicura.-
confermò decisa la figlia.
-E
va bene. Come vuoi. Notte cucciola.-
-Notte
mamma.- Lily diede un bacio sulla fronte della figlia per poi salire le scale.
-Notte
Ellie.-
-Notte
papà.- anche James diede un bacio sulla guancia della figlia per poi seguire la
moglie.
Ellie
aspettò di sentire la porta della loro camera chiudersi, poi iniziò a mettere a
posto. Le posate e i piatti li aveva già portati via Andrew per lavarli, ma c’erano
ancora la tovaglia, i tovaglioli, i fiori da mettere a posto, le candele da
pulire e rimettere sui mobili. Bisognava scopare le briciole per terra e
rimettere al loro posto le scatole dei giochi. Utilizzando un ferro sottile
smosse la cenere nel camino e spense quel poco di fuoco che era rimasto. Improvvisamente
la casa le sembrava così vuota e silenziosa, sembrava che non ci fosse nessuno
a parte lei. È così che sarebbe stata in futuro la casa? Vuota? Sospirò e si
guardò intorno. Era cresciuta lì eppure le sembrava di non essersi mai
effettivamente guardata attorno. I dettagli dei mobili in legno, la
disposizione dei bicchieri che mamma teneva per belli e non utilizzava mai, il
paesaggio inquadrato fuori dalla finestra, l’abbraccio del divano nei momenti
di freddo. In quella stanza non c’era mai entrata prima d’allora. Quella sera,
per la prima volta nella sua vita, aveva vissuto.
Si
trascinò con passi lenti e silenziosi fino alla cucina, Andrew aveva appena
finito di sistemare le ultime cose. Anche lui non si era fatto sentire per
tutto quel tempo. La guardò entrare con quell’aria mesta.
-Beh
è stata una bella serata, sei stata brava.- si complimentò lui.
-Già.-
concordò lei; aveva ragione.
-Andrew
sei statu tu ad invitare Zanna, vero?- gli occhi di Ellie chiedevano solo una
cosa, niente bugie voleva la verità.
-Sì,
io gli ho portato la lettera. Ho lasciato che decidesse lui se venire o meno.-
Prima
che potesse rendersene conto Ellie gli era corsa incontro. Lo aveva abbracciato
con una tale forza da farlo barcollare. Le braccia gli cingevano il collo e le
mani artigliavano con rabbia la sua maglietta, quasi fosse l’unico scoglio in
quella tempesta che la circondava. Andrew non potè fare altro che ricambiare
quella stretta. La sentì nascondere il viso nella sua spalla, lasciando che il
tessuto soffocasse i suoi singhiozzi.
-Grazie.
Grazie.- furono le uniche parole che gli disse, le uniche che riuscì a udire.
Rimasero
per minuti interminabili in quella posizione e lui aspettò che fosse lei a
staccarsi da lui. Le accarezzò la schiena tentando di calmarla e quando riuscì
nuovamente ad incrociare i suoi occhi fu la cosa più bizzarra che avesse mai
visto. Gli occhi erano rossi, le guance rigate di lacrime, eppure sorrideva di
un sorriso contento e la sua espressione era di gioia.
-Grazie
Andrew.-
-E’
stato un piacere.- le disse lui dandole un bacio sulla fronte.
-Buona
notte.-
-Notte.-
la ragazza uscì dalla cucina per andare a dormire.
Non
appena se ne fu andata Andrew voltò la testa verso le due donne che lo
guardavano dalla parte opposta della stanza. I loro sguardi erano neutri eppure
lui era preoccupato, sapeva che mancava poco tempo.
-E’
andata bene.- disse Tess.
-Sì,
ho visto quanto era felice questa sera.- concordò Monica.
-Sì,
ma non è ancora finita.- aggiunse Andrew, le mani sui fianchi più preoccupato
che mai. Quella missione stava davvero risultando più difficile del previsto e
il tempo non era a loro favore purtroppo.
La
batteria scandiva il tempo, trasformando quel suono ritmico ed inquietante in morbide
battute calde, accompagnate dagli arpeggi di una chitarra elettrica abilmente
domata e dal suono potente ed ampliato di una chitarra d’accompagnamento
amplificata. Varie volte quei tre strumenti si erano riuniti per creare insieme
qualcosa di meraviglioso, qualcosa che gli esseri umani non sapevano produrre
né esprimere in altro modo. Ovviamente però c’era anche una melodiosa voce a
dare alito a quei pensieri e a quelle emozioni. Tutto procedeva alla
perfezione, quello era l’ultimo giorno dopotutto. La solista sentiva la musica
risuonarle nelle orecchie come se fossero delle casse di risonanza, c’era solo
la musica e la sua voce che l’accompagnava. ‘Era fatta!’ pensò mentre
continuava a cantare.
Brrrr brrr brrr
-Scusate
è il mio.-
-Okay,
cinque minuti di pausa.-
Ellie
corse in direzione del suo cellulare. Perché proprio in quel momento? Non
poteva aspettare ancora mezzoretta? Nel frattempo sul tavolo l’apparecchio
continuava a vibrare. Diede un’occhiata al display ‘Mamma’.
-Pronto?-
-Ellie
dove sei?- era sua madre e dalla voce sembrava tranquilla, ma qualcosa nel suo
tono fece capire ad Ellie che non era così. Sua madre non la chiamava mai
durante il suo orario di lavoro. Voltò le spalle alla band per evitare che
vedessero la sua espressione.
-Sono
in oratorio perché?-
-Non
è che potresti tornare a casa?- adesso Lily non mascherava più la voce
incrinata.
-Mamma
cosa è successo?- domandò la ragazza allarmata.
-E’
per Will, sta male. Andrew mi ha chiamato sul lavoro per dirmi di tornare.-
-Ma
perché non ha chiamato me? Sa che sono reperibile.- chiese Ellie, iniziando a
radunare le sue cose.
-Ellie,
Will sta molto più male del previsto.-
-Arrivo
subito.-
Erano
bastate quelle parole per mettere nel panico la ragazza. Il concerto, la sua
malattia erano passate subito in secondo piano; niente era più importante della
sicurezza e della salute dei suoi familiari. Prese borsa e giubbino prima di
comunicare la notizia ai ragazzi.
-Sentite
io devo andare.-
-Cosa?
Ma le prove?- domandò uno dei chitarristi.
-Lo
so. Ma è successo qualcosa di grave e devo tornare a casa.-
-Lo
sai vero che il concerto è domani sera?-
-Sì,
lo so. Ma in questo momento è più importante la mia famiglia. Scusatemi. Vi
mando un messaggio più tardi.-
-Okay.-
risposero amareggiati quelli della band.
L’aria
fredda le sferzò il viso, ma non era importante. Con passi lunghi e spediti si
diresse verso casa, senza voltarsi attorno o soffermarsi a pensare ad altro. Le
uniche cose a cui riusciva pensare erano: perché Andrew non aveva chiamato
prima lei di sua madre? E cosa mai poteva avere Will? I suoi pensieri
prendevano le forme delle malattie più improbabili, più gravi e degli incidenti
più banali che potessero però avere conseguenze devastanti. Si maledisse, perché
non era stata a casa accanto a suo fratello quel giorno?
Appena
arrivò a casa trovò sua madre e Andrew nella stanza di Will. Il bambino dormiva
sotto le coperte, il volto pallido coperto da un sottile strato di sudore. Sul
comodino un bicchiere di the e il termometro.
-Come
sta?- domandò entrando nella stanza.
-Ha
la febbre alta. Il dottore ha detto che deve riposare.- rispose la madre.
-Tutto
qui? Ma che cos’ha? Influenza?-
-Non
lo sappiamo. La febbre è salita di colpo. Questa mattina stava bene, è andato a
scuola come sempre, poi però la maestra ha notato che barcollava e ha chiamato
a casa.-
-Ma
Andrew perché non hai chiamato me?- domandò la ragazza, interrompendo la madre
non appena fece una pausa per respirare.
Il
babysitter e la madre si scambiarono un’occhiata d’intesa.
-Temo
sia colpa mia. Dato il tuo mancamento su in montagna ho pensato che potesse
essere dato dallo stress, sei sempre così indaffarata e poi adesso ti stai
preparando per il concerto.. non volevo che ti preoccupassi ulteriormente e ti
stancassi.-
-Ma
mamma! Io ci sono apposta.- Ellie dovette controllarsi per non alzare la voce.
-Tesoro
l’ho fatto per te. Tu ci sei sempre per Will, mentre io e tuo padre non ci
siamo mai. Per una volta ho pensato che sarebbe stato un bene per tutti. E poi
credevo che, col fatto che presto o tardi te ne andrai in Europa, sarebbe stato
utile per noi incominciare ad esserci un po’ di più.- spiegò Lily con sguardo
triste.
Ellie
non sapeva più cosa dire: lei voleva esserci per la sua famiglia, la sua
famiglia si preoccupava di incominciare a badare di più a suo fratello per
quando lei sarebbe partita, ma nessuno di loro sapeva che lei non sarebbe mai
partita. Alzò lo sguardo per incrociare gli occhi di Andrew, anche lui sapeva
bene a cosa stava pensando. Sospirò combattuta.
-Va
bene senti.. adesso sono qui.. se vuoi tornare al lavoro.. –
-Vuoi
che me ne vada?- la ragazza si gratto la testa esasperata.
-No,
dicevo solo che se hai da fare.. –
-Ascoltami
bene, per quanto mi possa interessare il mio lavoro la mia famiglia è comunque
più importante.- la redarguì la madre.
-Sono
contenta di sentirtelo dire. Mi sembra anche logico.-
-E
allora smettila. Sembra che ti dia fastidio la mia presenza.-
Ellie
scosse la testa, le cose non stavano andando come dovevano andare.
-D’accordo.-
si arrese la ragazza.
Aveva
bisogno di stare da sola, eppure suo fratello aveva bisogno di lei non poteva
andarsene. Andò in sala, dove la sera prima nessuno avrebbe mai immaginato cosa
sarebbe successo. Si lasciò sprofondare nel divano, raggomitolando le gambe
sotto di sé e appoggiando la testa contro lo schienale.. il suo sguardo si
perse nel buio della canna fumaria. Non sentì Andrew arrivare.
-Tutto
bene?- le chiese lui, le mani nelle tasche, l’aria preoccupata.
-Ho
voglia di stare un po’ da sola.-
-Sei
arrabbiata perché ho chiamato tua madre?-
-Perché
non hai chiamato me?- non lo guardava, lo stava respingendo.
-Avevi
da fare.-
-Per
uno stupido concerto.-
-Per
te è importante.-
-Non
importa quanto sia importante per me, Will lo è molto di più!- era arrabbiata,
molto, e la capiva. Anche lui probabilmente lo sarebbe stato se fosse stato nei
suoi panni.
-Non
avresti potuto fare niente. Tua madre è arrivata che il medico era già qui.-
-Che
cos’ha Will?-
-E’
molto malato.- la ragazza sbuffò a quella risposta.
-Questo
lo vedo. Ma che cos’ha?-
-Non
è ho idea.-
-Non
ne hai idea! Sei tu l’angelo, dovresti saperlo.-
-So
solo quello che mi viene detto, io sono solo un messaggero.- Ellie lo fissò negli
occhi a lungo, come per valutare la verità nelle sue parole.
-Sei
qui anche per lui?- quelle parole le morirono in gola, ma sapeva che lui le
aveva udite.
-No.-
eppure il tono dell’angelo le fece capire che non ne era molto convinto.
-Ma
potrebbe essere, giusto?-
-Sì.-
si coprì il volto con le mani, soffocando i singhiozzi che stavano per
scuoterla.
-Non
ti permetterò di portarmi via mio fratello Andrew. Prendi me se vuoi ma non ti
avvicinare a lui.-
Andrew
le si sedette accanto, prendendola delicatamente per le spalle aspettando che
alzasse il volto per guardarlo.
-Vedrai
che starà bene. Abbi fede. Solo Dio può guarire tuo fratello ora.-
Ellie
nascose il viso nella pelle del divano, soffocando nel silenzio il suo pianto.
-No,
così non va! Avevo detto una torta gigante al cioccolato con panna non una
torta con panna e fragole! E Mike cosa sono quelle cose? Riportali indietro e
dì di darti delle rose bianche!- gli ordini volavano da destra e da sinistra.
Gente
che entrava, usciva, si muoveva in continuazione; qualcosa che si rompeva,
sedie spostate, fumo che usciva dalla cucina, persone che bisticciavano.. Lily
non ne poteva più. Si portò una mano all’altezza delle sopracciglia, chiuse gli
occhi e prese un respiro profondo. Il caos la stava facendo impazzire.
-Lily
tutto bene?- Monica le si avvicinò apprensiva.
-No
Monica, oggi ho la testa un po’ scombussolata.- rispose sospirando la donna.
-Posso
fare qualcosa per te?- si offrì gentilmente l’angelo.
-Non
credo, mio figlio è malato e mia figlia è arrabbiata con me.-
-E
come mai se posso chiedere?-
-Era
arrabbiata perché Andrew non ha chiamato prima lei anziché me. E poi perché le
ho detto che non sarei tornata al lavoro e che sarei rimasta io con Will.-
-Vuole
molto bene a suo fratello e sa quanto è importante il lavoro per te.-
-Già,
ma dobbiamo farcene una ragione tutti quanti. Presto o tardi lei partirà per
l’Europa e allora non potremo più rivolgerci a lei, perciò è meglio
incominciare sin da ora a farci l’abitudine.-
-Vuole
solo rendersi utile.-
-Lo
so Monica, eppure questa mattina ho come avuto la sensazione di non essere una
brava mamma. Ho trascurato i miei figli più di quanto avessi mai immaginato.
Ellie non ha mai avuto la babysitter e Will ha sua sorella, ma la verità è che
io non ero quella mamma che stava a casa con loro quando erano malati. Questa è
stata una delle poche volte che ho preso una pausa dal lavoro per andare da
loro.-
-Oh
Lily, scommetto che loro sanno però quanto gli vuoi bene. E di certo non ti
rimproverano per aver fatto del tuo meglio con loro.-
-Del
mio meglio? Io e James non ci siamo quasi mai.-
-Ogni
minuto che avete libero lo passate con loro e quello che fate lo fate per non
far mancar loro niente.-
-Forse
hai ragione, ad ogni modo adesso siamo in alto mare. A quanto pare le
ordinazioni erano errate.-
-Non
pensare a quello, ci penso io a sistemare tutto. Piuttosto, come sta Will?-
-Non
bene. Il dottore era stupefatto quanto noi. Ha detto di dargli le medicine e
che se entro domani non migliora di portarlo in ospedale.-
Le
due donne si guardarono con sguardo triste e preoccupato, amareggiate per
l’incerta sorte del povero bimbo.
Il
respiro leggero e tranquillo di Will era quasi impercettibile alle orecchie di
Ellie. Nel suo campo visivo solo il foglio del quaderno su cui stava scrivendo
e la gomma sul retro della matita che picchiettava delicatamente sul margine
superiore di esso. Come aveva immaginato sua madre era tornata al lavoro poche
ore dopo il suo arrivo, affidando Will ad Andrew (come se lei non ci fosse).
Non aveva niente contro il babysitter, ma dato che c’era lei perché
interpellare anche lui; tanto sarebbe rimasto comunque.. visto che era un
angelo. Smise di muovere la matita e rimase immobile a quel ricordo. Ripensò a
quella sera, a quella pesantezza che aveva provato dentro e al dolore di essere
da sola a combatterlo, e poi aveva scoperto che Andrew era un angelo. Si era
illuminato di fronte a lei, quasi fosse ricoperto d’oro, e l’aveva guardata con
i suoi occhi di vetro con quel modo gentile che aveva sempre, ed una sua sola
carezza aveva avuto il potere di lenire il suo dolore; non si era più sentita
sola. Mentre le sue parole l’avevano confortata come un balsamo, e adesso
sentiva che poteva farcela. Come se non fosse malata. Però, c’era anche quel
particolare: Andrew non era un angelo qualsiasi, era l’Angelo della Morte.
Aveva detto che era lì per lei, per quando sarebbe giunto il momento, per
accompagnarla a Casa. Eppure aveva una strana sensazione, una percezione di
buio e vuoto che non riusciva a cancellare. Come un forte dubbio che ti
perseguita finchènon arriva il momento
della verità e devi affrontarlo.
-Ellie,
ti serve qualcosa?- come se l’avesse chiamato Andrew stava sulla soglia della
stanza a guardarla, non potè fare a meno di notare che sembrava triste.
-No,
sto bene.- rispose lei.
-Che
stai facendo?-
-Niente,
riguardavo il testo della canzone di domani e.. scarabocchiavo.- mentre lo
diceva le venne da ridere per la stupidità della situazione.
-Come
sta?- chiese lui, con un cenno del capo verso Will.
-Come
prima. Continua a dormire, non si muove, non tossisce nemmeno. Se non
respirasse potrebbe persino essere.. – e all’improvviso si rese conto di non
riuscire a dirlo, aveva paura di morire e quindi della morte stessa.
-E
tu come stai?- quella domanda la colse talmente impreparata che lo guardò come
se le avesse chiesto la luna. Poi alzò le spalle, come se niente fosse.
-Andiamo
avanti.-
-Ellie,
dico sul serio.- il suo tono si era fatto più insistente e questo fece
innervosire la ragazza, la quale tenne lo sguardo fisso sul quaderno e strinse
maggiormente la matita.
-Anche
io.- Andrew percepì dal suo tono di voce che non era vero, che gli nascondeva
qualcosa. Ma perché succedeva? Stava andando tutto così bene.
-Eppure
a quanto pare vuoi rimanere da sola.-
-Forse
è la cosa migliore dopotutto.-
-Che
intendi dire?- però adesso anche lui iniziava a scaldarsi.
-Che
probabilmente sarà un bene per i miei e Will, almeno avranno solo una persona a
cui pensare e non a due. Sai, sto iniziando a pensare che forse sarebbe stato
meglio se fossi sparita ancora là in montagna, almeno avrei potuto dire che era
un incidente.- il suo modo di scherzare era cattivo e crudele, irriconoscibile;
quella non era la Ellie che gli era stata affidata.
-Tu
non ti rendi conto di quello che dici.-
-Oh
sì che me ne rendo conto e sai una cosa? Più ci penso e più sono sicura che
sarebbe stata la cosa migliore da fare.- i suoi occhi brillavano come quelli
dei pazzi.
Andrew
scosse violentemente la testa, serrando le mani sui fianchi per evitare di
lanciare per aria qualcosa. Mai avrebbe pensato che potesse arrivare a quei
livelli.
-Lo
sai che non è vero.-
-Davvero?
L’hai visto tu stesso!- l’accusò lei.
-No,
Lily era preoccupata per Will e ha cercato di fare la scelta migliore per
entrambi.-
-Perché
non hai chiamato me Andrew? Dì la verità: avevi paura che ci rimanessi secca?-
la velocità con cui le si fece incontro e la prese con forza per le spalle la
spaventò a tal punto che cercò di alzarsi e indietreggiare, ma non ce la fece.
Andrew era accucciato davanti a lei in modo da avere il viso alla sua altezza e
la guardava negli occhi come se fosse lui il genitore che ha paura di vedere il
figlio morire di lì a pochi minuti.
-La
prima persona che ho chiamato è stato il dottore e quando mi ha detto quanto
gravi fossero le condizioni di tuo fratello ho chiamato tua madre. Mi chiedi
perché? Semplicemente per il fatto che tu non lo avresti sopportato. Tu hai
paura della morte ed è comprensibile, tutti ne hanno paura. Ma il sapere che
anche Will avrebbe rischiato di morire ti avrebbe annientato. Tua madre ti
vuole bene Ellie e lo sai. E non lo devi dimenticare mai. Devi solo darle la
possibilità di dimostrarlo.-
-Andrew
promettimi che vivrà. Promettimi che non morirà ti prego.- lui le accarezzò la
guancia, capendo quanto difficile fosse per lei quel momento.
-Non
posso.-
-Andrew
ti prego. Ho paura.-
-Puoi
fare una cosa Ellie, pregare.-
-Non
ce la faccio Andrew. Non riesco a sopportarlo.-
-Certo
che puoi farcela. Non sei da sola.-
-Ellie.-
la voce stanca ed assonnata di Will riscosse entrambi dai loro pensieri.
La
ragazza fu subito accanto al fratello, stringendogli la mano. Si vedeva che
aveva ancora la febbre e che faceva fatica a tenere gli occhi aperti.
-Ehi
ciao, lo sai che ci hai fatto stare un sacco in pensiero?- gli sorrise lei.
-Ho
sete.-
-Ti
porto subito un bicchiere d’acqua.- disse Andrew sorridendo.
-Come
ti senti?- gli domandò la ragazza, passandogli una mano sulla fronte
sudaticcia, i capelli appiccicati ad essa.
-Sono
stanco e ho sonno.-
-Vedrai
che starai presto bene.-
-Mamma
è tornata al lavoro?-
-Sì,
ma vedrai che sarà qui presto.-
-Ecco
l’acqua.-
Ellie
aiutò suo fratello ad accompagnarsi il bicchiere alle labbra. Qualche goccia
cadde sulle coperte e sul pigiama a righe bianche e blu del bambino. Poi
incominciò a tossire. Subito Ellie tolse il bicchiere dalla sua portata,
temendo che picchiandoci contro potesse farsi male. Nell’appoggiarlo sul
comodino però notò che il poco liquido rimasto aveva una colorazione strana.
Ritornò a guardare suo fratello, colto da un altro attacco di tosse. La parte
superiore delle lenzuola si coprì di minuscole gocce rosse.
-Will!
Andrew chiama un ambulanza presto!-
L’angelo
della Morte si voltò e si diresse verso il telefono. Mentre componeva il numero
dell’ambulanza e poi quello della madre vide nella stanza, invisibili agli
occhi dei ragazzi, Tess e Monica.
-Coraggio
Will non mollare. Non mollare.- diceva lei tra i denti.
-Sono
Lily Potter. Mio figlio Will è stato portato qui circa un’ora fa in ambulanza.-
Lily era sconvolta, sporta sul bancone della reception guardava l’infermiera
battere velocemente al computer, le lacrime trattenute a stento
dall’agitazione.
-Ultimo
piano.- furono le uniche parole che l’infermiera pronunciò.
La
giovane madre si precipitò verso l’ascensore più vicino, entrò e schiacciò più
volte il pulsante luminoso che indicava il piano desiderato. La telefonata di
Andrew era stata devastante e tempestiva. Lui ed Ellie erano saliti
sull’ambulanza insieme a Will. Arrivata al piano si guardò attorno. C’era così
tanta calma. Il banco informazioni era alla sua destra.
-Mi
scusi. Sono Lily Potter sto cercando mio figlio Will Potter, è arrivato poco fa
in ambulanza.- disse cercando di suonare calma e gentile.
La
donna di colore, dai folti capelli neri e grigi la guardò dolcemente.
-Sì,
sono nella stanza 654. Venga la accompagno.-
Fece
il giro del bancone e prese Lily per un braccio delicatamente, come si fa con
le persone che sono stravolte da qualcosa che è accaduto.
-Come
sta mio figlio?- domandò la donna, mentre gli angoli degli occhi pizzicavano.
-Ha
una brutta infezione ai polmoni. Purtroppo non essendocene accorti in tempo
sarà difficile riuscire a curarla.-
-Mi
sta dicendo che mio figlio rischia di morire?- domandò con voce stridula Lily.
La
donna si voltò a guardarla in faccia, ferme in mezzo al corridoio.
-Tutti
rischiamo di morire miss Potter. Quello che sto cercando di dirle io è che ci
vorrà più tempo del previsto. Sarà una cosa lunga.-
-Ma
starà bene vero? Guarirà.-
-Venga
Lily, la porto dal suo bambino.- si limitò semplicemente a dire l’altra.
Quando
arrivò sulla porta vide il babysitter in pieni a braccia conserte di fronte
alla finestra, in viso un’espressione terrea e accanto al letto, seduta su una
sedia Ellie. Totalmente protesa verso il fratello, tenendogli una mano
spasmodica quasi avesse paura che da un momento all’altro potesse alzarsi e
scappare via contro la volontà di tutti. Will era disteso tra le coperte, i
capelli scompigliati, completamente pallido. Lily si portò una mano alla bocca
soffocando il grido che non aveva alcuna intenzione di uscire.
-Will?-
-Mamma.-
Ellie non fece in tempo ad alzarsi che si ritrovò le braccia di sua madre al
collo. La sentì piangere, i singhiozzi che le sconquassavano la schiena. La
ragazza lanciò uno sguardo ad Andrew. Non ce la faceva. Era emotivamente
distrutta. Lui le si avvicinò.
-Lily,
vieni. Siediti.- le disse gentilmente, prendendola delicatamente per le spalle
e guidandola verso l’altra sedia presente nella stanza.
-Come
sta?- domandò la madre.
-Il
medico dice che dopo l’attacco che ha avuto è ancora tanto se è ancora vivo.-
biascicò la ragazza.
La
madre guardava con i suoi occhi chiari il figlio, le lacrime scorrevano come un
fiume in piena irrefrenabile. Ellie non riuscì più ad avvicinarsi al letto. Non
dopo aver visto sua madre in quello stato. Era come se si sentisse fuori posto,
non soffriva abbastanza. Si appoggiò contro al muro di fronte, in silenzio e
non disse più niente per tutto il tempo. E quindi sarebbe stato così? I suoi genitori
avrebbero sofferto così tanto quando lei sarebbe morta? E se fosse morto anche
Will? Cosa sarebbe successo? I pensieri si susseguivano troppo velocemente e
con troppa insistenza nella sua mente. Le girava la testa. Le lacrime
trattenute le facevano seccare gli occhi, se li sentiva gonfi e pesanti. Il
quaderno in cui aveva preso appunti per la sua canzone, infilato in borsa a
caso, era un oggetto completamente inutile ed inappropriato in quel momento.
Eppure rimase a fissarlo per interminabili minuti come se fosse l’unica cosa in
quel momento in grado di darle sollievo.
Passarono
le ore e presto arrivò anche James, fisicamente distrutto, gli occhi ridotti a
due fessure. Di colpo sembrava invecchiato di diversi anni. Dio perché doveva
stare lì a guardare? Perché doveva vedere la sofferenza dei suoi genitori? Era
immobile da così tanto tempo che non si rendeva nemmeno conto di quanto fosse
stanca in realtà. Ci pensò l’infermiera a riscuoterla, la stessa che aveva
accompagnato lì sua madre, la stessa che l’aveva consolata dopo la terribile
‘notizia’. Entrò nella stanza con sguardo preoccupato e le mise una mano sulla
spalla.
-Ehi
piccola, forse dovresti prenderti una pausa.- le suggerì teneramente la donna.
-No
sto bene, voglio restare qui con mio fratello.- disse l’altra con voce
impastata, incapace di distogliere gli occhi dalla sagoma immobile sul letto.
-Non
ti servirà niente stare qui adesso, sei stanca e preoccupata. Tuo fratello è in
buone mani e i tuoi genitori ti verranno subito a chiamare se dovesse succedere
qualcosa.-
-Vai
pure tesoro.- la voce stanca della madre la interruppe prima che potesse dire
qualsiasi altra cosa. Aveva gli occhi arrossati dal troppo piangere, lucidi e
gonfi, il viso tirato come in una maschera. Le si strinse il cuore, e non ce la
fece a contraddirla.
Si
staccò dal muro e uscì dalla porta seguita dall’infermiera. Tess la guardava di
sottecchi, mentre l’altra era troppo intenta a pensare ad altro per poterlo
notare. Arrivarono alla macchinetta in fondo al corridoio. Mise una mano in
tasca per prendere una moneta.
-Accidenti,
ho lasciato il portafoglio nella borsa.- disse con uno sbuffo.
-Faccio
io.- Andrew come sempre sbucato dal nulla si sporse verso la macchinetta
allungando il braccio sopra la spalla di lei ed inserendo le monete. Ellie non
aveva la forza per replicare con lui e quindi lo lasciò fare. Sapeva che
l’aveva seguita: al contrario di suo fratello lei era una malata che camminava,
mentre lui era bloccato a letto.
-Cosa
vuoi?- le chiese lui.
-Caffè.-
Il
rumore della macchinetta era il solo rumore tra loro. Tess si era allontanata
verso il banco informazioni, lasciando al suo giovane angelo il suo incarico.
Ellie si lasciò cadere pesantemente in una delle grosse poltrone di pelle nere
che circondavano un piccolo tavolino marrone a ‘mo di salottino. La stanchezza
iniziava a farsi più reale adesso che era fuori da quella stanza e aveva di
nuovo modo di pensare a tutto. Minacciava di sopraffarla e farla addormentare.
Ma rifiutava di farlo finchè Will non fosse migliorato. Che avrebbe detto se
lui fosse peggiorato e lei invece era comodamente sdraiata a dormire, non se lo
sarebbe mai perdonato. Andrew le porse il bicchierino di plastica contenente il
liquido bollente.
-Grazie.-
-Come
stai?- le chiese ad un certo punto.
-Lo
sai, questa è la domanda che ultimamente va molto in voga.- cercò di essere
ironica, ma risultò semplicemente mortificante. Andrew prese posto nella
poltrona accanto a lei.
-Andrew
Will sta morendo?- non lo guardava, per la precisione fissava un punto
inesistente davanti a sé.
-E’
gravemente malato.- disse lui sospirando dalle narici.
-Guarirà?-
domandò lei.
-Non
lo so.-
Ellie
chiuse gli occhi. Era così arrabbiata con lui! No, non era arrabbiata.. era
amareggiata e non era colpa di nessuno. Solo di sé stessa. In fin dei conti non
aveva niente da rimproverarsi e allora perché si sentiva così in colpa? Perché
le cose non andavano come lei le aveva previste. Ma d’altronde non si può
prevedere il futuro.
-Come
fai a non saperlo? Non sei tu l’Angelo della Morte?- la sua domanda non era
un’accusa, era semplicemente un problema che necessitava di una risposta.
-Ellie
lo sai che non decido io. Io so le cose solo quando mi vengono dette.-
Sorseggiò
il caffè per poi buttare il bicchierino nel cestino. Lasciò cadere la testa
all’indietro appoggiandola sullo schienale alto della poltrona e chiuse gli
occhi, nella vana speranza di trovare un po’ di sollievo.
-Perché
non dormi un po’? Ti sveglierò io se succede qualcosa.- propose l’angelo.
-Non
posso. Non me lo permetterei mai se dovesse peggiorare.-
-Non
potresti comunque fare niente. Non ci rimane che aspettare.-
-E
allora aspetterò.-
-Ellie
devi riposare. Sei stanca. E domani hai un concerto.- a quell’affermazione le
montò una strana rabbia dentro; come poteva pensare al suo concerto in quel
momento? Se solo avesse avuto la forza per sostenere una conversazione
l’avrebbe affrontato.
-Come
puoi pensare al concerto in una situazione del genere?- si limitò a chiedere.
-Non
hai pensato alla possibilità che tuo fratello potrebbe rimanere così per
giorni? E allora cosa farai? Non dormirai più, non mangerai più, non uscirai
più di qui?- le domandò lui.
-Potrei
anche farlo.-
-Non
essere sciocca. Se Will lo sapesse non ti perdonerebbe tanto facilmente.-
-Ma
lo farebbe. Perché è mio fratello.-
-Ellie
hai qui il squadernino. Perché non ci dai un’occhiata?- le propose, dopo di che
se ne andò.
Passarono
i minuti, lenti e silenziosi prima che lei si decidesse a tornare. Entrò nella
stanza, niente era cambiato, erano ancora tutti lì muti e immobili. Con un
gesto svogliato prese il quaderno dalla borsa e si sedette al minuscolo
tavolino di metallo contro la parete. Lo sfogliò giusto per fare qualcosa.
Parole appunti e note si susseguivano in una serie di immagini, linee sottili curve
e altre nette. E la notte sopraggiungeva senza che nessuno se ne accorgesse.
Aprì
piano gli occhi, faceva fatica a tenerli aperti, li sentiva pesanti. Si passò
una mano sulla faccia. La prima cosa che vide fu il letto dell’ospedale con
sopra suo fratello e sua madre seduta al fianco che lo guardava adorante. Non
poteva crederci. Si era addormentata. Le braccia incrociate davanti a sé sul
tavolo e si era addormentata, sotto il suo squadernino. Mai come in quel
momento odiò la sua canzone. Per un attimo si era distratta e si era
addormentata. Chiuse velocemente il quaderno e si alzò.
-Ehi.-
cercò di sorriderle sua madre.
Tentò
di ricambiare ma quello che ne uscì fu solo una smorfia tirata.
-Come
sta?- le domandò.
-Non
si è ancora svegliato.-
-Papà
è andato al lavoro?-
-Sì,
qualcuno doveva pur andare.- le rispose la madre.
-E’
stasera il concerto vero?- domandò di punto in bianco Lily.
Ellie
annuì. Non ci aveva più pensato.
-Non
devi fare le prove?-
-Non
ci vado.-
-Non
puoi non andare, sarà pieno di gente e so quanto è importante per te.-
-Mamma
in questo momento l’unica cosa che mi importa è che Will stia bene.-
-Ellie
so quanto gli vuoi bene, ma non puoi fare niente qui per aiutarlo.-
-E
allora perché tu non sei andata al lavoro. Non è così importante.- tentò di
giustificarsi.
-Ellie,
forse dovresti dare ascolto a tua madre.- Andrew comparve sulla soglia, non se
n’era andato.
-Glielo
hai ricordato tu?- gli chiese Ellie.
-E
ha fatto bene.- rispose per lui Lily –Voglio che tu vada a cantare e anche Will
lo vuole. Sarai bravissima.-
-Ma
che senso ha se voi non ci sarete?-
-Ci
saremo. E poi noi ti sentiamo sempre.- le sorrise incoraggiante Lily.
La
ragazza sospirò. Senza dire niente agguantò la borsa e prese l’ascensore per
poi imboccare l’uscita dell’ospedale. Salì in macchina e si diresse a casa.
Pochi minuti per mandare un sms ai suoi amici musicisti e fissare le prossime
prove di lì a un paio d’ore. Volevano che suonasse e lei avrebbe suonato. Lo
avrebbe fatto per loro. Avrebbe dato il meglio, ma solo per loro. In quel
momento però aveva un gran bisogno di una doccia.
L’acqua
calda le sferzava il viso gentile, senza farle male, alleviando il dolore che i
pensieri delle ultime ore le avevano procurato. Sentì le membra ancora
addormentate risvegliarsi, si sentiva più fresca e attiva. Doveva dare il
meglio quel giorno e perciò aveva bisogno di essere il più sveglia possibile.
Solo lei seppe quante lacrime calde e salate si mischiarono al getto d’acqua
sulle guance. E mentre ad occhi chiusi piangeva sentiva il cuore batterle caldo
e profondo nel petto con sonori lenti tum tum. Era viva. Era ancora viva.
Eppure doveva morire. Ma quello ad essere in funerale era suo fratello. Come
era possibile? Perché? Qual’era il senso? Troppe domande e lei non ne poteva più
di farsi domande. Uscì dalla doccia e si asciugò con il salviettone. Lo
specchio sopra il lavabo le tornò un riflesso stanco e stravolto. No, non
poteva andare avanti così. C’era solo una cosa da fare. Doveva fare le cose
alla giornata, così come le capitavano. Adesso doveva svegliarsi, andare alle
prove e prima del concerto andare a trovare Will in ospedale per un saluto, poi
lo spettacolo. Per quel giorno non c’era più tempo per i pensieri. Si preparò
in fretta e furia un caffè bollente, si vestì e caricò la chitarra in macchina.
Quindici minuti per arrivare all’oratorio ed eccoli tutti lì. Provarono il
pezzo un paio di volte: c’era, era finito, riusciva. Montarono l’impalcatura
del palco aiutati dagli altri collaboratori, sistemarono casse, microfoni ed amplificatori.
Una breve merenda per riprendersi dal caldo infernale di quel pomeriggio e di
nuovo a finire le ultime cose per la serata. Erano tutti pronti, tutti gli
addetti alla festa, ciascuno con il proprio compito.
Non
c’era nessuno in vista. Aveva sentito suo padre quel pomeriggio e purtroppo
sarebbe uscito molto tardi dal lavoro, dopo di che sarebbe andato a casa a
farsi una doccia e poi avrebbe raggiunto sua madre in ospedale. L’unica cosa
che le rimaneva da fare era aspettare che sua madre uscisse, non voleva che la
vedesse. Nemmeno lei riusciva a capacitarsi di tanta segretezza, eppure sentiva
che doveva fare così. Nel momento in cui arrivò la vide parlare con Tess e
allontanarsi verso la zona bar, aveva pochi minuti, quelli che le servivano. Sbirciò
nella stanza, di Andrew nemmeno l’ombra. Entrò e in silenzio si avvicinò al
letto. Accarezzò con la punta delle dita della mano destra la fronte di Will,
scostando quei ciuffi ribelli della frangia. Sembrava un angelo mentre dormiva.
Si abbassò per sussurrargli qualcosa all’orecchio, come se qualcun altro
potesse sentirli.
-Will,
sono io. Senti, mi dispiace lasciarti da solo questa sera, ma ti prometto che
appena lo spettacolo è finito torno subito da te. Odio ammetterlo, ma mamma ed
Andrew hanno ragione, non è solo una cosa mia sono coinvolte altre persone.
Però volevo dirti che canterò per te. È tuo questo concerto. Tu aspettami
capito? Non azzardarti ad alzarti da qui senza di me. E.. volevo dirti una
cosa.. volevo dirti che per qualsiasi cosa io ci sono. Lo so che tu tanto mi
chiami comunque però, volevo dirtelo, io sono qui. Lo sarò sempre. Sì, assurdo
dirti una cosa del genere proprio adesso che sto per sgattaiolare via, ad ogni
modo te lo prometto. In tutti i senti possibili ed immaginabili io sarò qui.
Come lo sarò per la mamma ed il papà. Ti voglio bene cucciolo. A più tardi.-
gli diede un bacio sulla fronte e senza farsi vedere da nessuno se ne andò.
Una
volta che fu di nuovo all’aria aperta si sentì meglio. Stava facendo tutto
quello che doveva fare e tutto andava secondo i piani. Il cielo iniziava già ad
imbrunire, il tramonto arancio e giallo portava già striature bluastre
all’orizzonte. Prese una lunga boccata d’aria, una delle prime fresche della
serata.
-Hai
fatto la cosa giusta.-
Sorrise
ad udire quella voce, scuotendo gentilmente la testa.
-E’
incredibile come tu riesca sempre ad apparire dal nulla.- riuscì semplicemente
a commentare con il sorriso sulle labbra. Era strano anche per lei, ma stava
sorridendo.
-Baderai
tu a lui?- gli chiese una volta che ebbe incrociato i suoi occhi verdi.
-Lo
farò.-
-Cercherò
di fare presto.-
-Ellie
non puoi proteggere da tutto la tua famiglia. Tu puoi fare del tuo meglio. Per
quello ci pensa Dio.- sorrise l’angelo.
-Lo
so. Ma penso che non smetterò comunque mai di provarci.-
-Già,
lo penso anche io.-
-Buona
serata Andrew.-
Ellie
si allontanò con il cuore leggero lungo il parcheggio del centro medico.
Recuperò la sua auto e si diresse verso l’oratorio. L’ansia da concerto che
tipicamente l’assaliva quando doveva suonare cominciò a farsi sentire e un
piacevole brivido di eccitazione le corse lungo la spina dorsale, per poi
percorrerle le braccia ed infine le dita aggrappate al volante. Quando arrivò
il piazzale era già pieno di gente, i primi gruppi avevano già cominciato a
suonare, i ragazzi del ristorante erano all’opera sotto i grandi gazebo
bianchi. Con una piccola corsa scese nel sottochiesa dove gli altri finivano di
lucidare ed accordare i propri strumenti.
-Finalmente.-
disse uno vedendola arrivare.
-Sei
pronta?- le chiese un altro.
-Mai
stata così pronta.- rispose lei sorridendo.
-Bene.
Direi che non ci resta che aspettare il nostro turno adesso.-
Si
bevvero un paio di drink giusto per alleviare la tensione e tenere occupato lo
stomaco, visto che avrebbero mangiato solo una volta terminata la loro
esibizione. Ellie dal canto suo si riproponeva persino di mangiare un boccone
solo una volta tornata in ospedale. Da quando Will era là era come se fosse
diventata una seconda casa per lei.
Erano
già passate alcune ore e quello era l’ultimo gruppo prima di loro. I ragazzi
non stavano più nella pelle. Quando anche l’ultimo brano terminò si alzarono in
piedi, gli strumenti in mano come se stessero impugnando le loro fidate armi.
Il loro ingresso fu accolto con un immenso fragore di applausi. Si
posizionarono come stabilito precedentemente, Ellie dominava la scena davanti
in mezzo al palco: chitarra in mano e microfono all’altezza del viso. La
maggior parte degli occhi delle persone presenti erano puntate su di lei,
invisibili a causa della forte luce dei riflettori puntati su di loro. Per un
momento l’agitazione fu più forte di lei, ma poi si riscosse. Aveva una
promessa da mantenere. Le dita si mossero sul manico della chitarra senza
bisogno di pensare, doveva semplicemente lasciarsi andare e la musica scorse
dentro di lei come un fiume in piena. La gente si acquietò al suono delle corde
vibranti e dei tasti della pianola.
- All the colors of the rainbow
All the voices of the wind
Every dream that reaches out
That reaches out to find
where love begins
Every word of every story
Every star in every sky
Every corner of creation
lives to testify.
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify to love-
Le voci dei ragazzi si unirono in un accordo semplicemente
perfetto. La musica si combinava in un amplesso mozzafiato che lasciava la
gente col fiato sospeso in trepidante attesa. Era una storia, la storia di
tutti loro, il loro denominatore comune. Un sorriso di felicità ed orgoglio
solcò il viso della giovane cantante.
-From the mountains to the valleys
From the rivers to the seas
Every hand that reaches out
Every hand that reaches out
to offer peace
Every simple act of mercy
Every step to kingdom come
All the hope in every heart will
Speak what love has done
Colors of the rainbow
Voices of the wind
Dream that reaches out
Where love Begins
Word of every story
Star of every sky
Corner of creation
Testify
Mountains to the valleys
Rivers to the seas
Hand that reaches out
To offer peace
Simple act of mercy
Step to kingdom come
Every heart will speak
What love has done-
-Vai Ellie!- una voce tra tutta quella gente prese il sopravvento,
arrivando all’orecchio degli artisti. Conosceva quella voce ed una gioia
profonda e sconosciuta le riempì il cuore come una boccata d’ossigeno. I suoi
occhi cercarono il proprietario della voce. E Will se ne stava là, in mezzo
alla folla, sorridente e con gli occhi luccicanti, seduto sulle spalle del suo
beneamato babysitter. Come fosse possibile che lui fosse lì? Non lo sapeva ed
in quel momento non le importava proprio niente. L’importante era che lui ci
fosse. E stava bene. L’angosciosa tensione mista a preoccupazione che l’aveva
attanagliata fino a quel momento era svanita. Adesso si sentiva bene e poteva
terminare il suo pezzo come aveva sempre sognato di fare. Mettendoci tutta la
passione che esso le richiedeva. Rafforzò la presa sulla chitarra aumentando la
pressione sulle corde, portandole allo stremo, seguita a ruota dai suoi
compagni.
-(For as long as I shall live, I'll testify, testify
All my life, I'll testify)
For as long as I shall live
I will testify to love
I'll be a witness in the silences
When words are not enough
(Every breath I take, give thanks and testify, testify)
With every breath I take
I will give thanks to God above
For as long as I shall live
I will testify
Testify Your way
Testify Your truth
Testify Your life
Your love and mercy-
Il pezzo a cappella uscì alla perfezione e quando anche l’ultimo
accordo fu suonato, lasciarono che si disperdesse nell’aria. Il clamoroso
applauso era una soddisfazione, ma mai quanto lo era stato per loro cantare.
Era fatta. Avevano cantato.
Il tempo di abbandonare lo strumento sulla panchina della loro
stanza e poi correre fuori. Saltava ed allungava il collo cercandoli tra la
gente. Il primo ad individuare fu Andrew con la sua polo rossa e accanto a lui
Will. Ellie lo prese in braccio stringendolo più non posso.
-Ellie così mi soffochi.- replicò gentilmente il bambino.
Quando si staccarono il volto della ragazza era una maschera di
felicità. Il sorriso felice e soddisfatto, gli occhi luccicanti di lacrime di
contentezza. Continuava a scompigliargli i capelli e ad accarezzargli le
guance. Aveva quasi paura che da un momento all’altro potesse accasciarsi per
terra. L’immagine di suo fratello sdraiato in un letto d’ospedale la stordiva
ancora. Ma in quel momento si decise di non pensare a quelle cose tristi.
Quella sera era per loro.
-Ellie sei stata bravissima.- disse Will.
-Concordo una gran esibizione.- si complimentò con un sorriso
Andrew.
-Grazie davvero.-
-E’ proprio una bella canzone Ellie.- disse Monica sbucando tra la
gente alle loro spalle.
-Monica che piacere vederti.-
-Oh tesoro, sono così fiera di te.- Lily abbracciò la figlia con
le stesse lacrime agli occhi.
Suo padre le scompigliò i capelli.
-Davvero un ottimo lavoro.- si complimentò.
Ma mancava ancora qualcuno in quella piacevole compagnia.
-Ellie!- Zanna sbucò ansimante, cercando di farsi largo tra la
gente. Il suo volto accaldato fece ridere tutti quanti.
-Zanna sei buffo!- esclamò Will, suscitando altre risate.
Ma il ragazzo non face altro che guardare gli occhi luminosi della
cantante. E il suo cervello si era sconnesso, come tante altre volte in
passato. Sentiva semplicemente il suo respiro e il battito del cuore nelle
orecchie. Riscuotersi da quel torpore era ogni volta un piacevole dolore. Le
tese la mano.
-Complimenti alla solista.- sorrise.
-Grazie.- gliela strinse lei.
Se ne andarono tutti quanti a bere qualcosa, giusto per
rinfrescarsi e allontanarsi dalla calca che continuava ad addossarsi al palco
per ascoltare gli altri gruppi. La serata fu un susseguirsi di chiacchiere e
risate, la musica assordante nelle orecchie. Soltanto verso le undici e mezza
iniziarono ad avviarsi verso casa.
Mentre James e Lily entravano in casa tenendo rispettivamente una
mano ciascuno di Will, in mezzo a loro, Ellie si fermò in mezzo al marciapiede
di fronte al cancellino di casa. Sempre con quel sorriso soddisfatto sulle
labbra che quella sera non aveva alcuna intenzione di abbandonarla. Le mani
sprofondate nelle tasche dei jeans mentre contemplava la casa, la sua casa. Il
posto in cui era vissuta per così tanti anni e solo adesso la guardava. E
doveva ammetterlo, dava un gran senso di conforto. Era confortante avere un
posto in cui andare quando non si sta bene e il mondo ti rifiuta. L’unico posto
in cui troverai sempre qualcuno ad aspettarti. Andrew le si avvicinò.
-E’ una magnifica serata non trovi?- gli domandò.
-Sono d’accordo.- le rispose, fissando lo stesso punto che fissava
lei.
-Come è stato possibile Andrew? Come ha fatto Will a riprendersi?-
-E’ successo poche ore dopo che te ne sei andata. Ha iniziato a
migliorare e a mano a mano che il tempo passava continuava a dire che doveva
venire al tuo concerto a fare i capricci. I medici gli hanno fatto dei rapidi
controlli e trovando che stesse bene hanno accordato di farlo uscire ancora
questa sera a patto che non si affaticasse e che nei prossimi giorni tornasse
per dei controlli. Dovevi vedere le loro facce.- sorrise lui.
-E’ stato un miracolo vero?-
-Sì Ellie, lo è stato.- la voce di Andrew era così seria che le
diede i brividi.
-Perché?- la domanda lo colse impreparato.
-Volevi che tuo fratello rimanesse là in ospedale?-
-Non hai risposto alla mia domanda.-
-Ogni cosa ha un suo perché. Will sarebbe guarito, ma forse questa
non era un prova per Will, ma per te.- Ellie si voltò a guardarlo e di nuovo un
altro brivido le solcò la schiena e le braccia.
-Per me?-
-Come ti sei sentita quando hai visto Will? Quando ha urlato il
tuo nome?-
-Direi bene.-
-Solo bene?- la ragazza ci pensò un attimo.
-Ero felice. Contenta che stesse bene. Stavano tutti bene e potevo
non preoccuparmi per loro. Potevo dedicarmi a quello che stavo facendo.-
-E’ stata una prova dura per tutti. Tu hai capito che per una
volta non avresti potuto fare niente per aiutare tuo fratello. E i tuoi
genitori hanno dovuto affrontare un problema da soli.-
-Mi stai dicendo che è finita? E così finisce la mia storia?
Adesso che ho cantato.-
-Non è ancora finita.-
-Eppure abbiamo visto chiaro e tondo che loro non hanno più
bisogno di me. Sapranno cavarsela adesso lo so. E sai una cosa? Sono contenta
perché so che sapranno aiutarsi a vicenda, e poi con voi sono in buone mani.-
-Sì, sapranno cavarsela. Esattamente come hai saputo farlo tu. E
ti dirò una cosa, se Will non fosse stato male questa sera non avresti cantato
così bene.-
-Lo so.- ammise Ellie. Aveva ragione, se non avesse visto suo
fratello sarebbe stata una canzone come un’altra, invece così aveva potuto
testimoniare l’amore, proprio come diceva il titolo della canzone.
-Notte Andrew, e grazie.-
-Notte Ellie.-
L’angelo della morte la guardò salire gli scalini e chiudersi la
porta alle spalle. Rimase là in piedi, nella fresca atmosfera notturna, ad
osservare quella casa sorgere in mezzo a tante altre. Ma per lui e per altri
quella casa aveva assunto un significato diverso. Le due donne comparvero
silenziosamente accanto a lui, alternando lo sguardo tra lui e la casa.
-Andrew a cosa pensi?- gli domandò Monica.
L’uomo scosse il volto e alzò le spalle.
-A niente in particolare.- rispose.
-Non rimproverarti per qualcosa di cui non hai colpa. Come
giustamente le hai detto tu: ci pensa Dio a proteggere tutti.- cercò di tirarlo
su di morale Tess.
-Hai ragione. Eppure non riesco a convincermi che avrei potuto
fare di più.-
-Hai fatto quello che dovevi fare, com’è giusto che sia.- continuò
l’altra convinta.
-Andrew manca poco vero?- la voce di Monica si era improvvisamente
incrinata, gli occhi velati di lacrime di fronte alla consapevolezza. Adesso
capiva perché il suo amico era sempre più taciturno e addolorato. Per un attimo
volle quasi essere nei suoi panni per poterlo aiutare, ma sapeva bene che ogni
angelo in ogni incarico ha un dolore da sopportare, immancabilmente questo è
una prova anche per sé.
-Ha fatto quello che c’era da fare. Ora, manca solo la verità.-
disse lui con un sospiro.
-Mm.. mmm.. mm..-
-Sei di buon umore oggi!-
Ellie fece un salto che per poco non buttò all’aria i libri che aveva in mano. Stava preparando la borsa con i libri del suo corso di studi per andare a lezione (dato che aveva deciso di riprendere) solo che non aveva sentito la porta aprirsi, ne i passi sulle scale che di solito annunciano l’avvicinarsi di qualcuno. La voce di Andrew l’aveva colta di sorpresa.
-Andrew!- esclamò con un sospiro, la mano destra sul petto per riprendersi dallo spavento. L’angelo della Morte ridacchiò divertito.
-Scusa, ti ho spaventato?- la prese in giro mentre si appoggiava con una mano all’angolo in legno del letto.
-Secondo te?- domandò ironicamente lei, guardandolo male, o almeno quella era la sua attenzione. L’unica cosa che ottenne fu un mezzo sorriso divertito.. non riusciva ad arrabbiarsi con lui. Almeno non dopo che aveva capito quanto in realtà lui stesse facendo per lei. Di certo più del dovuto. Doveva essere un semplice babysitter e si era rivelato un angelo custode; mica male!
-Se hai intenzione di scappare mi sa che dovrai prendere anche qualcosa da mangiare oltre ai libri.-
-Ma quanto siamo spiritosi oggi!- lo prese di nuovo in giro lei prima di rimettersi ad infilare libri e cose varie nella borsa.
-A dire il vero avevo una mezza idea di andare a lezione oggi.- annunciò lei.
-Ci andrai con Zanna?- domandò con un po’ più di serietà l’uomo.
-Sì, ultimamente andiamo d’accordo. Sembra aver accettato la cosa.- rispose la ragazza.
-Ne sei sicura?- il tono di voce di Andrew lasciava intendere tutto quello che gli passava per la testa.
-Andrew, per piacere non ricominciare. Lo sa che abbiamo rotto. E io non ho cambiato idea.-
-Ma perché non glielo dici e basta? Sarebbe tutto più semplice.-
-Andrew ma hai presente come ci rimarrebbe? Non posso fargli questo.-
-Lo farai in ogni caso. Prima o poi succederà e allora sarà troppo tardi.-
Ellie sospirò avvilita. Il pensiero la tormentava giorno e notte, un chiodo fisso che non aveva intenzione di lasciarla in pace; sebbene lei ignorasse la cosa. O almeno ci provasse ad ignorarla. Purtroppo però Andrew le faceva da Grillo Parlante e allora risultava davvero difficile ignorare lui e quella vocina che aveva dentro la testa e che le diceva di dargli ascolto. Si sedette alla scrivania, passandosi una mano sugli occhi.
-Hai ragione Andrew, ma non posso farlo. Se lo dovessi fare sarebbe come arrendermi prima, smettere di combattere e io non voglio.-
-Lo sai che non sarà quello che succederà.- replicò con gentilezza l’angelo.
-Davvero?- lo guardò lei con aria di sfida –Inizierà a guardarmi con compassione, non potrà aiutarmi e io non voglio vedere qualcuno che mi guarda come se da un momento all’altro dovessi sparire. Voglio che mi guardi come ha sempre fatto.-
-E tu diglielo.-
-Anche se glielo dicessi sarebbe la stessa cosa. Fingerebbe di non interessarsi quando sappiamo bene che dentro starebbe male. Io non ci riesco.-
-Ellie senti, so quanto è difficile per te, ma sono passati parecchi giorni da quando abbiamo stipulato il nostro patto. Hai cantato al concerto. Ora però dovresti parlarne ai tuoi genitori.- la ragazza guardò fisso l’uomo seduto sul letto, i suoi occhi tristi dicevano qualcosa che lei non capiva ma era sicura che fosse qualcosa di tremendamente triste.
-Andrew cosa c’è?-
-Niente di diverso dal solito. Solo, beh.. tutto quello che avevi programmato come la festa, il concerto sono andati tutti brillantemente. Hai anche aggiustato il rapporto con Zanna per modo di dire. Però adesso, sai meglio di me che sarebbe meglio dirglielo.-
-Cos’è? Ho fatto il concerto e la festa quindi adesso posso morire?- il tono aumentò di un’ottava, irritato, le sopracciglia aggrottate. Andrew mise i palmi in avanti alzando le mani in segno di calma.
-Ellie le giornate si accorciano.- bastarono quelle semplici parole per far inumidire gli occhi della ragazza, il cuore che prese a battere più forte nel suo petto, quasi anch’esso avesse paura di doversi fermare per sempre.
-Andrew quanto mi manca?- la paura uscì dalle sue labbra tremanti.
-Non molto.- anche gli occhi verdi dell’angelo biondo si erano fatti più lucidi.
-Ma non è possibile.. non sono più stata male da allora.. dovrei peggiorare prima.. avere.. non so.. più tempo..- non riusciva più a parlare senza fermarsi. La mano davanti alla bocca per attutire il rumore dei singhiozzi. Non poteva crederci. Aveva quasi sperato, inconsciamente, che tutto fosse un incubo, che in realtà stava bene. Non aveva più avuto malesseri, non era più stata male, nessun affaticamento, niente tosse, niente attacchi. Eppure adesso doveva morire. Lo sentiva. Se lo sentiva dentro, era come se dentro di se il suo corpo si fosse già preparato ad accettare la cosa. Era pronto ad affrontare questa nuova battaglia.
-Credimi Ellie.. vorrei poter dire il contrario.-
-Non oggi Andrew.- disse in modo freddo e distante la ragazza, senza guardarlo.
-Andrew dove sei?- la voce di Will giunse dal fondo delle scale.
-Arrivo!- disse con voce festosa l’angelo, sempre guardando però con occhi sconsolati la sua protetta. Lo sguardo che gli tornò la ragazza quando alzò la testa era freddo come il ghiaccio.
Si alzò e gli girò le spalle, voltandosi verso la scrivania, in modo che quando Will irruppe nella stanza ridendo e gridando non potesse vederla. Se lui l’avesse vista così si sarebbe di certo preoccupato, per non contare che l’avrebbe detto a mamma e papà. E di questo non era ancora il momento. No, non lo era! ‘decise’.
Stringeva il volante con tanta forza da farsi male. Era arrabbiata. Andrew era stato parecchio insistente quella mattina e sebbene sentisse di avere ragione odiava il fatto di averlo trattato male, ed era irritata con lui per averla costretta a quel modo. L’aveva pressata a tal punto da sentirsi quasi in colpa. In fin dei conti che male c’era ad aspettare ancora qualche giorno? Dopotutto non aveva più avuto sintomi da quella volta in montagna. Frenò il flusso di pensieri non appena entrò nel parcheggio della scuola. Zanna la aspettava vicino al solito palo della luce, quello proprio fuori dall’entrata della biblioteca. Con un sorriso a trentadue denti scese dall’auto, prese lo zaino e gli andò incontro.
-Ciao!- lo salutò lei, raggiungendolo.
-Ciao, come va?- le chiese lui.
-Solito, tu?-
-Stessa cosa.- alzò le spalle. Iniziarono ad avviarsi lungo il viale ricoperto di sassi bianchi.
-Senti, dopo la lezione ti va di andare a prenderci qualcosa fuori?- le chiese lui, la sua voce tradiva un certo nervosismo ed Ellie sapeva benissimo perché.
-Perché no.- rispose lei, felice della richiesta.
Almeno aveva una buona scusa per stare fuori casa ed evitare di vedere Andrew. A quel pensiero poco ‘buono’ alzò gli occhi al cielo, come a volersi rivolgere a Dio in persona e mentalmente chiedendogli ‘scusa’. Comunque Andrew lo faceva per il suo bene, non di certo per starle addosso. Alla sua risposta il ragazzo si illuminò in viso, di certo non aveva sperato molto in una risposta positiva, in fin dei conti non era da molto che si erano riavvicinati. La lezione fu monotona come sempre. I due giovani ascoltavano e prendevano appunti seriamente, come erano abituati a fare da ormai molti mesi. Per Zanna era come tornare indietro nel tempo, fingere che tutto fosse come prima e andasse tutto bene, in quel momento loro due erano ancora insieme e stavano benissimo, non si erano mai lasciati; per Ellie invece era un ritorno alla normalità, riprendere in mano quello che a lei piaceva ed aveva abbandonato, fare finta di non essere malata e che non le rimanesse poco tempo, fare finta che di lì a poco sarebbe veramente partita per l’Europa. A far ritornare i pensieri alla realtà ci pensò la campanella. Mangiarono in un piccolo bar accanto all’istituto. Molte volte in passato si erano fermati in quel posto a mangiare. Stranamente tra i due non c’era una gran conversazione, anzi non c’era proprio. Prima erano abituati a parlarsi di tutto, ora però sembrava quasi che una sola parola sbagliata potesse rovinare tutto. Come se invece di conoscersi da anni si conoscessero solo da poche ore.
-Come sta tuo fratello?- domandò ad un certo punto il ragazzo.
-Will? È tornato in forma. Anzi, è più in forma di me.- scherzò lei. –Tu invece che mi dici?-
-Niente di che. I miei fratelli sono sempre fuori e io sto a casa a fare niente.- fu la risposta dell’altro.
-E la palestra?- scherzò lei, sapeva quanto lui odiasse quel posto, ma la sua pancia era cresciuta ancora di un paio di chili dall’ultima volta. Lui sorrise.
-Lasciamo stare. Adesso vado ogni tanto a correre.-
-E dai, meglio di niente.- concordò lei.
-Tu invece come stai?- la domanda del ragazzo la spiazzò per un attimo. Lo guardò con occhi sbarrati come se fosse stata scoperta a combinare qualcosa.
-In che senso?- domandò. Zanna non capiva il perché di quella strana reazione.
-Nel senso che comunque non dev’essere stato facile in questo periodo con tuo fratello che stava male, il concerto.. e tutto il resto.- Ellie allora capì che la sua domanda era del tutto innocente.
-Oh sì.. scusa.. è che oggi sono un po’ via con gli angeli (in fin dei conti un angelo c’entra: pensò). Sì, effettivamente è stato un po’ un casino, ma sono contenta che comunque si sia risolto tutto per il meglio.- rispose.
-Giusto, questo è l’importante.- concordò il ragazzo.
Non passò molto che una strana sensazione si impossessò di Ellie. Tutto d’un tratto iniziò a sentirsi stanca e le venne anche un leggero giramento di testa.
-Ehi Ellie, tutto a posto?- il ragazzo la guardava con sguardo preoccupato.
-Ehm.. sì tutto okay, vado un secondo a sciacquarmi la faccia.- rispose lei con un sorriso, cercando di sdrammatizzare.
I bagni erano stranamente immacolati, con le mattonelle rosse e i lavandini bianchi faceva molto alla Biancaneve e i sette nani misto ad un film horror. Gli specchi appesi in fila sulla parete di destra le rimandavano la sua faccia moltiplicata. Si fermò di fronte ad uno di essi, premette il pulsante sotto il lavabo e cacciò le mani sotto il getto d’acqua fredda. Si sciacquò il volto un paio di volte. Quando si costrinse a fissare il suo riflesso doveva ammettere che forse Andrew non aveva tutti i torti: era pallida quasi quanto un fantasma, gli occhi erano talmente lucidi che pareva avesse appena finito di piangere. Ma la cosa che più le dava fastidio era quella strana sensazione che avvertiva all’altezza dello sterno, come una vibrazione. Quasi avesse una tasca con dentro il cellulare vibrante. Si appoggiò una mano sul petto e prese dei lunghi respiri, cercando di mantenere la calma e pensare razionalmente. Era certa che se avesse atteso qualche minuto e non si fosse agitata tutto sarebbe finito presto.
-Tess possiamo fare niente per aiutarla?- la giovane donna vestita nel suo lungo abito bianco si rivolse all’altra donna con voce supplichevole. -No angioletto. Non tocca a noi intervenire.- le rispose l’altra in tono serio. -Ma Tess, se solo qualcuno vedesse quanto sta male. Zanna potrebbe aiutarla.- cercò di insistere Monica. -Piccola mia credi veramente che darebbe ascolto a Zanna? O a noi? Persino Andrew non è riuscito a farle cambiare idea. Sarà lei a dover decidere.- nemmeno Tess era contenta della risposta, ma era la pura verità, non si poteva fare altrimenti. I due angeli rimasero in piedi nell’angolo di quel bagno ad osservare la ragazza appoggiata al lavandino con una mano sul cuore, la bocca semichiusa nel tentativo di far entrare più ossigeno nei polmoni.
Passarono cinque minuti buoni prima che riuscisse a rimettersi in posizione eretta, il tutto tornato alla normalità; o almeno apparentemente. Ellie si decise ad uscire dal bagno e raggiungere il suo amico ancora al tavolo.
-Tutto okay? C’hai impiegato molto.- le fece notare lui con sguardo indagatore.
-Sì, scusa è che non mi sono sentita molto bene. Sai, penso che gli eventi degli ultimi giorni mi abbiano un po’ scombussolata.- cercò di spiegare lei.
-Chissà perché la cosa non mi stupisce. Te l’ho sempre detto che ti agiti troppo.- cercò di allentare la tensione lui.
-Senti, ti fa niente se torno a casa e il nostro giro lo rimandiamo? È che ho paura di avere un altro capogiro e dirti usciamo per poi farti fermare non mi sembra il caso.-
-Tranquilla non fa niente, facciamo un'altra volta.- acconsentì lui sorridendole. –Vuoi che ti accompagni?-
-No, grazie sono in macchina.-
-D’accordo allora ci sentiamo.- la salutò lui.
-Va bene. Ciao!- ricambiò lei.
L’aria del pomeriggio era calda e non le ci volle molto per incominciare a sudare. Appena entrò in macchina tirò giù i finestrini, di certo non voleva rischiare in un altro attacco. E se non voleva stare male mentre guidava doveva stare attenta. Di certo non avrebbe detto ad Andrew quello che era capitato al bagno ed era quasi del tutto certa che, sebbene fosse un angelo, non poteva essere là. E il tutto per un semplice motivo: era a casa ad aiutare Will e se era con lui non poteva essere con lei, non almeno in forma umana. Così, leggermente più tranquilla, si avviò verso casa.
Aprì la porta e salutò ad alta voce come suo solito.
-Ciao Ellie siamo qui!- la voce di Will arrivò dalla sala.
La ragazza arrivò sull’uscio solo per poterli vedere, farsi vedere e salutare faccia a faccia.
-Ehi tutto bene?- domandò ai due uomini.
-Sì, sai oggi ho quasi finito i compiti. Avevi ragione, una volta che impari a farle le espressioni le si fanno velocemente.- le disse il bambino.
-Sì, però bisogna essere concentrati se no escono sbagliate.- lo corresse gentilmente Andrew indicando un punto sul quaderno, dove molto probabilmente c’era un calcolo sbagliato.
-Te come è andata la giornata?- domandò il babysitter.
Ellie incrociò il suo sguardo e vide che in realtà lui intendeva molto altro, non solo la lezione del corso.
-Bene, ho preferito tornare presto in modo da poter fare ancora qualcosa. In questi giorni sono rimasta un po’ indietro con tutto.- disse lei, rispondendo anche ad una domanda implicita. –Va bene, vi lascio ai vostri compiti. Io sono su di sopra se vi serve qualcosa.-
-D’accordo.- sentì Andrew rispondere prima di sparire su per le scale di corsa, quasi avesse paura che se si fosse trattenuta un solo istante di più con loro Andrew avrebbe potuto dirle qualcosa, una qualsiasi cosa che avrebbe potuto metterla in difficoltà. E lei non voleva, non se la sentiva, perché sapeva che se fosse accaduto non avrebbe saputo tenergli testa. Non avrebbe potuto. Non dopo quello che era successo nel bagno del bar.
-Andrew, cos’ha Ellie?-
Certe volte l’angelo dimenticava quanto in realtà fosse sveglio quel bambino.
-Non ne ho idea. Suppongo riguarderà la lezione del giorno.- rispose.
-Non ti sembrava triste?-
Lo sguardo di Will era così luminoso e attento, ansioso di sapere; quasi la malattia gli avesse in un certo senso giovato.
-Cosa ti fa pensare che fosse triste?- gli chiese Andrew.
Il piccolo scosse le spalle, iniziando a pensare.
-Non lo so. È diversa ultimante. Secondo te no?-
-Non saprei. Probabilmente hai ragione sai.- rispose l’angelo.
-Dici?-
-Vuoi che ci parli?-
-Lo faresti?-
-Perché no.- concordò Andrew.
Tenere testa a Will quel giorno era particolarmente difficile. Non poteva di certo dirgli che sua sorella stava per morire. Sarebbe stato malissimo per non contare che avrebbe infranto il patto che c’era tra lui e la ragazza. No, doveva essere paziente e confidare che Ellie mantenesse la parola. O meglio, ne era certo che l’avrebbe mantenuta il problema era il tempo. Il tempo che non c’era. Che minuto dopo minuto s’accorciava inesorabilmente. Fu mentre la sua mente pensava a tutte queste cose che intravide nel corridoio che portava alla cucina le sue due amiche, invisibili agli occhi del bambino.
-Will, vado un attimo in cucina, devo fare una cosa.- gli disse sorridendo.
-Okay.- disse questo continuando a scrivere sul suo quaderno.
Andrew guidò in silenzio le altre due in cucina, socchiudendo poi la porta in modo che nessuno li sentisse. Se Will gli avesse chiesto con chi stava parlando sarebbe stato costretto a mentire.
-Come mai qui? È successo qualcosa?- domandò l’Angelo della Morte in ansia, in quegli ultimi giorni faticava a tenere sotto controllo la sua emotività.
-E’ tornata a casa Ellie?- domandò Monica.
-Sì.- rispose lui con fare tranquillo.
-E come ti è sembrata?- domandò Tess.
-Come questa mattina perché? È successo qualcosa?-
Le due donne si scambiarono uno sguardo che diceva tutto e niente.
-A dire il vero sì angiolone.- ammise la più anziana.
Sul volto già teso dell’uomo si aggiunse un altro strato di tristezza. Sospirò scuotendo piano la testa, appoggiandosi con un braccio al ripiano cucina per sostenersi.
-Questa mattina, dopo la lezione del corso, Ellie è andata con Zanna al bar fuori dall’istituto.- iniziò Monica, per poi interrompersi. Non sapeva bene quali parole usare per dire al suo amico cosa fosse successo.
-Hanno litigato?- domandò Andrew, quasi speranzoso che il motivo della loro visita fosse un problema di approccio tra i due giovani. Ma qualcosa dentro di lui gli urlava che non era quello il vero motivo.
-A dire il vero è andato tutto bene. Se non fosse che è rimasta chiusa in bagno per più di cinque minuti.- rispose la donna.
Andrew si torturava il labbro con il dito indice, continuando a sfregarcelo sopra. Gli occhi persi in chissà quali pensieri. Un misto di paura e rabbia gli solcò lo sguardo come un fulmine a ciel sereno nei suoi bellissimi occhi verdi.
-Oh, Andrew.. mi dispiace tanto.- disse Monica con le lacrime agli occhi, odiava gli incarichi difficili, ma odiava ancor di più vedere i suoi amici angeli soffrire.
-Il tempo che ci è rimasto è poco. Avrà bisogno di te e della sua famiglia ancora. Ma se vogliamo che questo succeda lei dovrà decidersi a dirglielo.- disse Tess.
-Lo so. Ho provato a dirglielo. Ma non vuole ascoltarmi.- disse l’angelo della morte.
-E allora convincila. Sei l’unica persona che può farlo ora come ora. Nessun altro può.-
-E come posso farlo? Anche prima quando è tornata le ho chiesto se era andato tutto bene e lei ha accuratamente omesso di dirmi, o farmi capire, qualcosa.-
-Andrew io mi fido cecamente delle tue capacità.-
-Tess, temo di non farcela questa volta.-
La donna poggiò una mano sulla spalla del suo giovane angelo. E gli sorrire.
-Ce la farai. Troverai il modo. Il Signore non sbaglia mai ad affidare gli incarichi, non credi?-
-Lui no di certo, ma io sì.- sospirò l’altro.
-Ce la farai Andrew, noi crediamo in te. Ed anche Ellie crede in te.- gli sorrise incoraggiante Monica. Chissà come mai quell’angelo riusciva sempre in qualche modo a confortarlo con semplici parole. Forse c’entrava il fatto che il suo dono era appunto ‘portare la verità’ o forse, era semplicemente lei.
-Adesso dobbiamo andare, non vorrei che Lily si accorgesse che manchi al lavoro e io devo darmi da fare in ospedale. E Andrew.. ricorda: Lui sarà con te.- detto questo Tess e Monica sparirono così come erano apparse.
Will stava ancora facendo i suoi esercizi.
-C’hai messo parecchio.- gli fece notare il bambino, vedendolo di ritorno.
-Hai ragione, scusa.- gli sorrise il babysitter.
-Sai, mi sono uscite tutte le espressioni.-
-Davvero? Allora ti meriti un premio.- detto fatto, l’angelo tirò fuori praticamente dal nulla un muffin con cioccolato, panna e fragole.
Will rimase letteralmente a bocca aperta e dopo aver ringraziato migliaia di volte l’amico si avventò sul dolce. Andrew gli scompigliò affettuosamente i capelli.
-Vado un attimo su a parlare con tua sorella.- lo informò l’uomo.
-Andrew.- lo chiamò il bambino.
L’angelo si voltò ed incontrò due occhi azzurri talmente grandi ed intensi che per poco non si commosse, catturandolo letteralmente.
-Dimmi piccolo.- gli disse dopo essersi ripreso.
-Non arrabbiarti con Ellie. Ultimamente mi sa che è un po’ triste.- disse semplicemente, prima di tornare al dolce, serio come prima, come se non avesse detto niente. Andrew si meravigliò della perspicacia del bambino. Lo aveva letteralmente lasciato senza parole. Eppure da un lato si sentiva più leggero, come se gli avesse infuso una sicurezza interiore.
Bussò gentilmente alla porta, tra le mani a coppa il muffin per la ragazza.
-Avanti.- disse una tranquilla voce dall’altra parte.
Ellie si girò e vide entrare un angelo della morte piuttosto abbattuto; comico come pensiero data la situazione.
-Andrew.- disse lei.
-Ti ho portato uno spuntino se ti va.- disse lui, mettendosi le mani in tasca, leggermente a disagio per quella situazione. Non gli era quasi mai capitato di sentirsi così. Non sapeva esattamente cosa dire, da dove partire, per la prima volta aveva un incarico ma non sapeva quale fosse il modo giusto per affrontarlo.. Non gli restava che improvvisare.
-Grazie.- fece lei, a disagio quanto lui apparentemente –Andrew mi dispiace per questa mattina, non volevo trattarti male. È solo.. è difficile.. – cercò di spiegare lei. Le parole non le erano mai mancate tanto come in quel momento.
-Lo so. Non è facile nemmeno per me ad essere sincero.- disse lui con l’ombra di un sorriso.
-Per te?- chiese lei stupita.
-Già, diciamo.. che fare l’Angelo della Morte non è un ‘lavoro’ semplice come sembra. Voglio solo che tu faccia la scelta giusta.- cercò di spiegare lui.
-La scelta giusta? E tu sai qual è la scelta giusta per me?- gli domandò lei.
-Credo di sì. Ovviamente non posso esserne certo. Ma Ellie non scherziamo, lo sai bene anche tu, ormai manca poco e tu non hai ancora detto niente a nessuno.-
-Sì, ma sbaglio o ho ancora tempo?- insistette lei, cercando di controllare il tono della voce che a mano a mano si alzava.
-Non molto.- il tono sospirato, lo sguardo triste e lo scuotere leggero del capo da parte di Andrew provocarono un tuffo al cuore della ragazza. Il suo peggiore incubo si confermava.
-E credimi se ti dico che non sarà facile come sembra dire la verità ai tuoi. Forse, sarebbe stato più semplice se l’avessi già fatto.- continuò lui.
-Mi stai rimproverando?- domandò la ragazza con voce rotta.
-No. Non ti sto rimproverando. Sto solo dicendo che ci sono tante cose ancora da fare prima della fine, ma adesso bisogna fare il passo decisivo.- le rispose lui gentile come sempre, come solo lui sapeva fare.
-No, ti prego. Non adesso. Non ce la faccio.- eppure Ellie sapeva che non era a lui che lo stava dicendo, lo stava dicendo a sé stessa, se lo stava negando da sola. Aveva pensato di aver accettato la cosa molto tempo prima, invece ora scopriva che non era così. Non l’aveva mai accettato. L’aveva semplicemente posticipato. Ora, invece, ci doveva fare i conti ed affrontarlo. Ed Andrew si decise a dare il colpo di grazia.
-Ho saputo che sei stata male oggi.- disse in tono tranquillo ma pacato; da cui trapelava una certe serietà e autorità. Lei badò bene a controllare le sue emozioni, limitandosi ad osservarlo.
-Chi te l’ha detto?- domandò.
-Angeli.- rispose semplicemente lui.
-Hanno esagerato, credimi. Ho avuto un piccolo capogiro, però non è successo niente.- minimizzò lei la cosa.
-Davvero? Non credi invece di essere tu ad ignorare la realtà e fare finta di niente?- propose lui con insistenza.
-Andrew ti prego.- gli voltò lei le spalle spazientita.
-Ellie cosa vuoi che succeda? Vuoi stare male? Vuoi finire in ospedale prima di dirglielo? Così correrai il rischio di arrivare troppo tardi e allora non dirai più niente a nessuno. Non avrai il tempo di dire alle persone che ami tutto quello che hai da dire.- alzò la voce.
-Io non devo dire niente proprio a nessuno. L’unica cosa da dire sarà proprio quello che vedranno.- la sua voce sovrastò quella dell’angelo. Rendendosi conto di quello che aveva fatto Ellie si portò una mano alla bocca, chiuse gli occhi e si voltò.
-Grazie per il dolce.- disse semplicemente, osservandolo di nascosto attraverso il riflesso nella finestra.
-Spero che tu penserai a quanto ti ho detto.- disse lui, tornando calmo.
Si girò ed uscì dalla stanza.
Ellie si strinse le braccia attorno al corpo, cercando di non piangere.
-Ehi Lily come va?-
La donna dalla lunga chioma rossa voltò ad osservare chi aveva parlato.
-Oh, Monica sei tu! Sto impazzendo, nessuno che faccia una cosa come la debba fare.- brontolò la donna affranta, tornando a guardare con volto stanco le carte davanti a sé con scritte le indicazioni per il prossimo evento da organizzare.
-Stanno facendo il massimo e anche tu. Tieni, ti ho portato una tazza di caffè.- sorrise la donna.
Lily le sorrise grata e prese la tazza fumante. Il liquido caldo riuscì a rinvigorire un po’ la sua mente distante e confusa.
-Grazie. E a te come va in ufficio?- le chiese.
-Oh, bene. E’ tutto a posto.- le rispose l’angelo.
-Sono felice di sentirtelo dire. Ultimamente con Will malato sono rimasta un po’ indietro con il lavoro e adesso recuperare sembra una tragedia.- sospirò l’altra.
-Come stanno Will ed Ellie?-
-Oh, beh.. Ellie sta bene. Oggi è persino tornata a lezione, chissà che le cose tra lei e Zanna non stiano migliorando. E Will sta bene, fin troppo bene per essere uno che ieri era bloccato ad un letto d’ospedale. Ma infondo, meglio così.- rispose Lily.
-Sono davvero felice per te.- sorrise la giovane donna.
-Già. Se gli fosse successo qualcosa non so cosa avrei fatto.- disse Lily più rivolta a se stessa che all’amica.
-Di chi stai parlando?-
-Di entrambi. Tra Ellie che è stata male in montagna, Will all’ospedale.. è come se non mi sentissi all’altezza. Come se mi sentissi impotente.- cercò di spiegare.
-Noi non possiamo controllare cose come la malattia, solo Dio può farlo.-
-Lo so. E l’idea di perdere uno solo dei miei figli mi terrorizza.-
-Ma tu non li perderai mai.-
-Davvero? Basta un attimo di distrazione per morire al giorno d’oggi.-
-Questo è vero. Ma non sarà di certo la morte a separare questo amore che provi verso i tuoi figli. Tu gli vorrai sempre bene e loro ne vorranno sempre a te. È come se Ellie partisse per l’Europa: certo non la vedresti più, ma sapresti che lei ti vuole bene anche se si trova a miglia di distanza.- insistette Monica.
-Questo è vero. Però saprò che sta bene.-
-Lily i tuoi figli non saranno mai soli, e nemmeno tu.- Monica le appoggiò una mano sul braccio in segno di conforto, prima di tornare sui suoi passi e uscire dall’ufficio. Lily rimase imbambolata a fissare il punto in cui la collega era appena sparita. Si sentiva strana, non sapeva perché ma quella discussione l’aveva turbata parecchio.
Faceva un caldo soffocante. Si girava e rigirava cercando di districarsi da quella matassa nera che l’avvolgeva. Era sospesa nel buio eppure era certa di essere su qualcosa, doveva esserci qualcosa di solido. Di certo c’era qualcosa che la tratteneva. Era come se il buio avesse lunghi e sottili tentacoli, talmente resistenti e dotati di vita propria che le si legavano attorno alle gambe, alle caviglie, alle braccia, al busto, tanto da soffocarla e impedirle di muoversi. Scuoteva la testa, cercando di scacciare quella sensazione di malessere, ma non ci riusciva. Gli occhi le si erano incollati, non riusciva più ad aprire le palpebre, come se qualcuno non volesse che vedesse. Ma vedesse cosa? Perché qualcuno non vorrebbe lasciarla riposare? Era così stanca, aveva bisogno di schiacciare un pisolino, far riposare la mente stanca. Ma il caldo e il buio non glielo permettevano. Andrew osservava nel buio della stanza, seduto sul bordo della scrivania, passandosi il pollice sul labro inferiore. L’espressione seria e triste, la preoccupazione traspariva dal suo sguardo. Se ne stava là immobile, in silenzio, cambiando posizione di tanto in tanto. I suoi occhi sempre puntati su di lei che dormiva nel suo letto. Sognava. O almeno ci provava. Il volto luccicava, coperto da un leggero velo di umidità. L’angelo emanava di tanto in tanto inquieti sospiri. La sua luce, invisibile ad occhio umano, era l’unica fonte di illuminazione in quel buio, l’unica lanterna nella notte. Non restava molto tempo ed Ellie se ne sarebbe accorta presto, molto presto. Non sapeva ancora come sarebbe accaduto, o meglio quanto sarebbe durato, ma sapeva che sarebbe stata una cosa rapida. Giusto il tempo per fare quello che andava fatto. Ormai era questione di giorni.
D’un tratto però qualcosa cambiò, il buio già diventato consistente prese vita. Quei lacci che prima le bloccavano le gambe adesso si allungavano, come un mostro che si allunga e si adatta al suo corpo, ricoprendolo piano piano. I piedi erano già diventati tutti neri, la morsa si faceva più stretta e soffocante. Faceva freddo, il buio era freddo, non si sentiva più gli arti. Su sempre più su. Arrivò alla vita. La stava ingoiando. Il buio la stava mangiando. Le spalle, il collo. ‘Oh, Signore aiutami!’ fu la sua preghiera mentale. Aprì gli occhi. Le mancava il respiro. Talmente buia era stata l’oscurità nel suo sogno che il buio della sua camera le parve più chiaro. Distingueva chiaramente i mobili e i vari oggetti sparsi qua e là. Prese dei lunghi e profondi respiri dal naso e dalla bocca, anche l’aria sembrava più fresca contando il caldo di quei giorni. Le lenzuola erano aggrovigliate attorno alle sue gambe, alle braccia e alla vita; ecco spiegato il buio vivente. Si passò una mano sulla fronte, era sudata. Nel momento che si tranquillizzò sul cuscino e chiuse per un attimo agli occhi, qualcosa di pungente la pizzicò, proprio all’altezza del petto. Si portò istintivamente una mano al cuore. Guardò verso il soffitto. ‘Non ora! Ti prego non ora!’ chiese mentalmente. Faceva male, sempre di più. Poi, si attenuò e finalmente riuscì a calmarsi. Era durato più del solito, erano già due attacchi in un giorno. Non andava, qualcosa non andava. E se Andrew avesse avuto ragione? Il giorno dopo avrebbe dovuto prendere una decisione definitiva. Erano le tre di notte. Adesso però doveva riuscire a dormire fino a domani.
-Io vado a fare una passeggiata!- annunciò affacciandosi alla porta della sala, dove Andrew e suo fratello stavano facendo i compiti. Gli occhi dell’angelo erano come un promemoria sulla sua scrivania, un post-it che voleva dimenticare. Fare un giro forse le avrebbe fatto bene. Era una bellissima giornata fuori, il cielo sereno e il sole che illuminava qualunque cosa. Sembrava tutto perfetto, niente avrebbe potuto rovinare quella giornata, se lo sentiva dentro. Prese un lungo respiro e con il sorriso sulle labbra si avviò verso il centro studentesco; dato che era di strada avrebbe riportato il libro preso in prestito alla biblioteca. Mentre camminava non poteva evitare di pensare agli avvenimenti degli ultimi giorni, andando a ritroso fino ai giorni passati in montagna, la cena, i giochi e tutto quanto. Sembrava quasi impossibile che fosse capitato tutto così in breve tempo. Si strinse il giubbino addosso, quasi a volersi abbracciare da sola. Alzò gli occhi nell’azzurro tra le nuvole e le sembrò quasi strano non essersene mai accorta di quanto effettivamente non fosse poi così assurda la possibilità che ci potesse essere qualcuno che da lassù li guardava. Si sentì osservata e protetta al contempo. Avrebbe tanto voluto fare molte cose prima di andarsene, porre domande ad Andrew e saperne di più sul mondo e sull’umanità. Non ci aveva mai pensato così a fondo ma l’argomento umanità e Dio la sensibilizzava parecchio, specialmente dopo aver conosciuto un angelo in ‘carne ed ossa’. Riconsegnò il libro e decise che se la sarebbe presa comoda, avrebbe allungato un po’ il giro; non aveva voglia di rientrare subito. Mentre camminava ripensò anche ai discorsi fatti con l’angelo e a tutti i pensieri che la tormentavano, in particolar modo a come spiegare la sua situazione ai suoi e le loro possibili reazioni. La cosa le faceva paura non poteva negarlo. Si sentì in colpa con sé stessa, Andrew aveva solo cercato di aiutarla e lei lo aveva più volte respinto, spesso in modo brusco. Ma cosa doveva fare? Come farlo? Se certe volte si era sentita coraggiosa più che mai, in grado di spostare montagne, adesso era solo una ragazza impaurita di affrontare il suo futuro, piccola piccola come una bambina. Ad un certo punto la vista iniziò ad annerbiarlesi, si passò una mano sulla faccia come faceva sempre la mattina, in modo da poter tornare a vedere liberamente. La cosa strana era che questa volta sembrava non passare. Subito iniziò a girarle anche la testa, doveva assolutamente fermarsi. Si appoggiò al muro più vicino, entrando in un vicolo per potersi appoggiare con la schiena e riprendere fiato, lontano dal sole che con i suoi raggi di certo non l’aiutava a vedere. Nuvolette di fumo condensato uscivano dalle sue labbra arrossate. Il respiro le divenne corto e raspante, come quando si ha la tosse e il catarro impedisce al giusta respirazione, solo che questa volta faceva anche male. Tornò a tossire, ma cercava di limitarsi a causa del dolore. Se non tossiva non riusciva a respirare, ma se tossiva le bruciava tutto il petto. Finì in ginocchio senza rendersene conto e alcune lacrime isolate le rigarono le guance come ghiaccio sciolto al sole. Iniziò a tossire più forte, ma questo non sembrò portare miglioramenti. Si premette forte le mani al petto, quasi a voler schiacciare il dolore che l’attanagliava.
-Dio ti prego non ora. Non.. ora.. – quanto mai non aveva dato retta ad Andrew? Perché non lo aveva ascoltato? Forse in quel momento non sarebbe stata sola.
-Ti prego.. aiutami. Ti prego.- il dolore e la paura facevano a gara per sopraffarla.
-Ellie.- una voce dolce e lontana la chiamarono.
Di fronte a lei c’era Monica, un abito bianco le cadeva ai piedi, illuminato dalla stessa luce che aveva illuminato Andrew quando si sera rivelato a lei.
-Monica.. – altri colpi di tosse le smorzarono le parole –Sei.. un.. un angelo anche tu?- strano come la cosa non la colpisse più di tanto; forse perché sotto sotto se lo era aspettato. Monica le sorrise dolce e compassionevole mentre si accucciava accanto a lei, annuendo.
-Sì, sono stata inviata da Dio per aiutare te e la tua famiglia in questo difficile momento.-
-Andrew aveva ragione.. Aveva ragione Monica e io non l’ho ascoltato.. Ti prego perdonami.- l’angelo allungò una mano per accarezzarle una guancia.
-Non è a me che devi chiederlo.-
-Dio ti prego perdonami.- gli spasmi si erano fatti incontrollati, Ellie era piegata in posizione fetale.
-Monica.. ho paura.- disse dopo un po’, gli occhi bagnati di pianto. La ragazza poté vedere che anche l’angelo aveva gli occhi lucidi.
-Lo so. Ma vedrai che andrà tutto bene. Non devi permettere che la paura abbia il sopravvento. Dio ti aiuterà, devi solo chiedere.-
-Sì, ma non cambierà le cose.-
-No, non le cambierà, ma avrai fatto la cosa giusta.-
-Non so se ce la faccio, forse Andrew ha ragione e adesso è troppo tardi.-
-Non è troppo tardi, non ancora. È vero non c’è molto tempo, ma forse ce n’è abbastanza per fare quello che devi fare.-
Non seppe quanto durò, ma così come era arrivato il dolore cessò. Lentamente, piano piano il bruciore sparì e la respirazione tornò normale. Le vertigini finirono e la vista riprese il suo normale funzionamento. Questa volta ci era andata molto vicino, più delle altre volte e adesso sapeva la verità. Aveva dovuto arrivare ad un passo dal limite per capire di non poter più aspettare. Si alzò in piedi e seppe cosa deva fare, aveva deciso, non avrebbe aspettato un secondo di più. Quella sera sarebbe tutto finito.
Il muretto con ringhiera circondava decine di case a schiera tutte apparentemente identiche, ma Ellie sapeva quale fosse la sua destinazione, la conosceva molto bene. Si fermò di fronte al numero 29 e suonò il campanello. Era agitata, ma in un certo senso era anche tranquilla; ringraziò Dio di quel coraggio che percepiva ma che sapeva non esserle proprio.
-Ehi ciao!- esclamò il ragazzo nel vederla, contento.
-Ciao.-
-Tutto bene? Che ci fai da queste parti?-
-Bene grazie, stavo facendo un giro quando ho deciso di fare un giro da queste parti. Tu tutto okay?-
-Tutto okay grazie.- un silenzio imbarazzante scese tra di loro.
-Zanna ti va di fare due passi?- il ragazzo incrociò i propri occhi nocciola con quelli di lei e capì subito che si trattava di una cosa seria. Prese il giubbino e la seguì. Camminarono un bel po’ in silenzio, fino a fermarsi in uno dei tanti parchetti della zona, recintato da una sottile rete metallica verde. I due ragazzi si sedettero su una panchina, osservando distratti la gente che passava.
-Quindi, che succede?- domandò il ragazzo, intuendo che dietro ci dovesse essere qualcosa.
-Niente di che.- fece una pausa –La verità è che mi sembra giusto doverti delle spiegazioni.- non si guardavano in faccia, ma mai avevano affrontato argomento più serio.
-In merito a cosa?- si sporse in avanti il ragazzo. Ellie appoggiò i gomiti sulle ginocchia, le mani unite davanti a sé, lo sguardo rivolto a terra un secondo prima di piantare gli occhi sul volto di lui.
-A tutto quello che è successo negli ultimi tempi. Avrai tutto il diritto di arrabbiarti e se non vorrai più parlarmi non ti biasimerò, ne hai tutte le ragioni.- pausa con sospiro –La verità è che non ti ho lasciato perché non ti amavo più, in realtà non hai idea di quante volte mi sia maledetta per averlo fatto e quante volte sia stata male. Odiavo il fatto di essermi messa io stessa in questa situazione e di star facendo soffrire un sacco anche te.-
-E allora perché lo hai fatto?- la voce di Zanna era atona, stava valutando attentamente la situazione e sebbene lei ci stesse male sapeva di meritarselo, lei stessa si era cacciata in quel guaio.
-Perché non volevo farti soffrire.-
-Che vuoi dire?- il suo sguardo adesso era chiaramente confuso. Ellie sospirò nuovamente.
-Zanna io.. io.. sto per.. io sto per morire.- le parole sebbene pronunciate a bassa foce furono uno schiaffo nell’aria. Zanna la guardò con occhi spalancati.
-Di che parli?- era chiaramente spaventato ed Ellie quasi quasi si pentì di averlo invischiato in quella storia.
-Ho un’insufficienza cardiaca e non mi rimane molto tempo. Non te l’ho detto perché non volevo farti soffrire, così ho pensato di lasciarti in modo che tu potessi metabolizzare il dolore della separazione e ti risparmiassi quello della morte. Non volevo che tu mi guardassi come un cadavere che cammina per tutto il tempo che mi sarebbe rimasto. Credimi non è stato facile prendere questa decisione e mi pento ogni giorno per il male che ti ho fatto.- questa volta non fu un attacco di tosse ad interromperle le parole, ma il gesto improvviso del ragazzo. Le sue braccia la circondarono abbracciandola con forza. Lo sentiva tremare e le si spezzò il cuore un po’ per il dolore un po’ per la compassione. Quanto gli voleva bene.
-Perdonami Andrea. Ti prego perdonami se puoi.-
Lui sollevò il viso per guardala e la baciò mentre se la stringeva appresso.
-Certo che ti perdono. Sono stato malissimo ma mai avrei immaginato che potesse essere per questo motivo. Ero arrabbiato con te, ma tu lo hai fatto solo per proteggermi. Non dovevi Ellie, non dovevi farlo. Non dovevi tagliarmi fuori, io voglio stare con te fino alla fine anche se sarà difficile e sarà più doloroso.-
-Grazie.-
Fu l’unica cosa che riuscì a dire.
Nel tornare a casa parlarono poco, dicendosi semplicemente le cose essenziali, in particolar modo i loro pensieri e le loro emozioni, in modo da colmare il vuoto che avevano provato per tutto quel tempo. Quando arrivarono si era fatto buio e le finestre del pian terreno erano tutte illuminate. Ellie si fermò sull’entrata del viottolo prima di entrare.
-Tutto okay?- le domandò il ragazzo.
-Più o meno.- poi lo guardò
-No, non ho la minima idea di come farò a dirlo ai miei.- ammise amareggiata.
-Vedrai che ce la farai. Esattamente come sei riuscita a dirlo a me.- la consolò lui accarezzandole un bracco. La ragazza fece una smorfia nel tentare di fare un sorriso.
-Lo spero.-
-Andrà bene ne sono sicuro. Vuoi che venga con te?-
-No è.. è una cosa che devo fare da sola.- il coraggio mischiato alla paura era una miscela al quanto pericolosa. Aveva brividi ovunque eppure era decisa a farlo. Salutò la persona più importante della sua vita dopo la sua famiglia, prese un lungo respiro e si decise ad entrare.
Suono di risate e allegria aleggiava nell’aria, insieme al caldo accogliente della vecchia casa. Ellie era nervosa, più del giorno del suo concerto. Seguì le voci che la condussero in sala. Sua madre era seduta sul divano intenta a fare i dispetti a Will seduto sul pavimento, suo padre era seduto al tavolo, ridendo della scene mentre al contempo leggeva al giornale, Andrew invece era in piedi, appoggiato con la schiena al mobile alle spalle di Will, con le braccia conserte. Tutti i loro sguardi si puntarono su di lei al suo ingresso, tutti erano raggianti. Chissà cosa si era persa nel frattempo, la verità era che adesso stava per smorzarli tutti quanti.
-Ellie! Dove sei stata? Iniziavamo a preoccuparci.- le disse la madre, senza però essere arrabbiata.
-Sono andata a trovare Zanna, abbiamo fatto un giro a piedi.- mentre rispondeva fissò gli occhi in quelli di Andrew, facendogli capire cosa in realtà il ‘fatto un giro’ volesse significare. Lui sembrò capire e non ci fu bisogno di aggiungere altro.
-Mamma stava per chiamare tutti quelli che conosceva!- la prese in giro il bambino, beccandosi come punizione una serie di solletico a volontà, la quale lo mandò ad accasciarsi sul tappeto in preda alle risa. Ellie rise a quella scena. Poi però si impose di essere ferma nella sua decisione, se si fosse lasciata trasportare dalla quotidianità sarebbe passato altro tempo, tutti sarebbero andati a dormire e nulla sarebbe cambiato. Perciò prese un bel respiro…
-Sentite, devo parlarvi!- disse ad alta voce, tanto che Lily si interruppe dal fare il solletico al figlio. Tutti la guardarono. Perse l’uso della parola, colta dal panico. Dovette guardare Andrew per prendere da lui il coraggio di fare quello che andava fatto.
-Che c’è tesoro?- chiese con fare comprensivo la madre.
-C’è qualcosa che ti turba?- aggiunse il padre.
-A dire il vero…è così.-
-Dicci tutto, noi siamo qui.- la incoraggiò la donna.
-Lo so che voi ci siete e…a dire la verità…sono io che devo scusarmi con voi.- sentiva le emozioni premere da dentro di lei, risalire verso il suo viso, surriscaldandolo e andando a concentrarsi nella zona lacrimale degli occhi.
-Ellie, ma che cosa dici?- adesso Lily iniziava ad intuire che forse la figlia aveva veramente un grosso problema da affrontare e aveva bisogno del loro sostegno di genitori.
-Ecco io…devo scusarmi perché…quello che devo dirvi in realtà è da un po’ che lo so.- adesso la voce era rotta dai singhiozzi, Ellie stava cercando di imporsi di non piangere, perché sapeva che se ciò fosse successo non sarebbe più riuscita ad andare avanti.
-Ellie, è successo qualcosa?- anche nel tono di voce di James si sentiva la preoccupazione.
Andrew dalla sua postazione si era solo irrigidito, continuava a guardarla, conscio di non poter fare nulla per alleviare quel momento di dolore per tutti. Lui in quel momento era inutile. Poteva solo guardarla e pregare.
-Ellie, stai male?- la voce di Will sebbene preoccupata appariva la più squillante ed innocente , ed Ellie sorrise, perché nella sua semplicità il suo fratellino aveva indovinato.
-Sì, fratellino. Temo proprio di non essere più in forze.-
-Che vuoi dire tesoro?- chiese ancora Lily.
-Vi ricordate quando sono stata male in montagna? E vi ho detto che non era la prima volta che succedeva, che era solo stanchezza e sarebbe passato tutto? Beh, ecco…non è proprio così.-
-Spiegati.- le intimò di continuare James, ormai dimentico del giornale.
-La verità è che già prima di andare in montagna mi era capitato. Mi è capitato persino la sera che sono andata a cena a casa di Andrew. Io ho minimizzato la cosa, ma sapevo che la cosa non era normale. Così sono andata all’ospedale a fare degli accertamenti. Ricordate quando da piccola avevo avuto quei problemi?-
-Sì, ma eri molto piccola. Il dottore ha detto che se i sintomi non si fossero più ripresentati allora eri guarita.- rispose la madre, confusa.
-Si sbagliava. Il dottore mi ha detto che con il passare del tempo la cosa non è migliorata, in poche parole la malattia ha alterato il funzionamento del cuore e, col tempo, questo ha causato uno scompenso cardiaco.-
-E quindi?- Lily iniziò ad agitarsi, era come se prevedesse qualcosa di terribilmente brutto ed imminente.
-E quindi niente. …Sto morendo.-
Il silenzio che scese nella stanza dopo quelle due semplici parole fu devastante, come il silenzio dopo che un uragano ha distrutto tutto quanto. Ellie rimase zitta, non sapeva cos’altro aggiungere, forse se l’avessero fucilata sul posto sarebbe stato meglio.
-Eh…stai scherzando?- Lily accenno un sorriso nervoso e tirato, guardando seriamente negli occhi la figlia, sperando che si mettesse di punto in bianco a ridere a crepapelle, ma non successe nulla di tutto quello. Ellie si sentiva gli occhi sempre più umidi e una lacrima le rigò la guancia.
-No, mamma.- anche la voce era impastata.
-Ellie.- suo fratello la guardava dal basso in alto, non ricordava di aver mai visto la sorella piangere e adesso che lei era grande, per lui era impossibile che piangesse, non Ellie, non sua sorella.
-E’ assurdo. Quel dottore si è sicuramente sbagliato.- incominciò James, fuori controllo.
-No, papà. Non si è sbagliato.- lo rassicurò amaramente la figlia.
-Ci sarà pur qualcosa che possiamo fare, una cura o…qualcosa.-
-Sai adesso cosa faccio, chiamo l’ospedale San Michele, loro di sicuro sapranno dirci altro.-
-Papà aspetta, non farlo.- tentò di fermarlo Ellie. –Non servirà a niente.-
-Ci deve essere qualcosa.- Lily era sull’orlo del pianto.
-Per favore, basta. Fermatevi!-
James abbassò il telefono sul tavolo, mentre la segreteria elettronica dell’ospedale si sentiva a malapena dall’altoparlante. Gli occhi erano vacui, sconvolti. Sua madre faticava a trattenere i singhiozzi, sebbene da donna orgogliosa che era non voleva farsi vedere così debole proprio in quel momento.
-Perché ce lo dici solo adesso? Non hai pensato che forse, se ce l’avessi detto prima, magari…- anche suo padre aveva gli occhi lucidi.
‘Per favore, che qualcuno mi faccia svanire subito’ pensò Ellie, distrutta dal dolore.
-Avreste potuto fare qualcosa?- terminò lei la frase per il padre –No, non c’era già niente da fare allora. Solo, avevo paura.-
-Avevi paura della tua famiglia?- Lily non riusciva a capire, una singola informazione era stata capace di mandarla in tilt.
-Sì. Avevo paura di come l’avreste presa. Non volevo che soffriste. Non volevo che ogni singolo giorno fingeste di stare bene, quando in realtà avreste soltanto sofferto per me. Non volevo che mi guardaste con pietà. Io volevo…solo…- Ellie non ce la fece, si portò una mano davanti alla bocca nel momento stesso che le lacrime uscirono dai suoi occhi come un fiume in piena, il volto rosso, gli occhi chiusi, incapace di proferire parola.
Lily si alzò dal divano e abbracciò la figlia, mentre anche lei iniziava a piangere, sebbene silenziosamente, doveva mantenere il controllo, per la sua bambina.
-Tesoro, Ellie.- cercò di consolarla.
-Volevo solo proteggervi, ve lo giuro.- la ragazza abbracciò la madre, sentendosi terribilmente in colpa.
-Oh, tesoro! Siamo noi che dovremmo proteggere te e Will, non tu.- si aggregò anche James.
-Ellie.- Will le corse in contro, aggrappandosi alle sua gambe, piangendo disperato come solo un bambino sa fare.
-Poi Will è stato male e ho visto come siete stati. Mi dispiace di aver aspettato così tanto.-
-Oh, Ellie non ti devi preoccupare. Ci siamo qui noi con te.-
-Per questo hai organizzato tutte quelle cene? E quelle feste? Per questo eri sempre così allegra?- le domandò la madre, guardando la figlia in faccia, la quale, incapace di parlare ulteriormente, annuì.
-Mamma, papà, perdonatemi se potete.- in tutta risposta i genitori l’abbracciarono ancora più forte.
Quando i pianti iniziarono a calmarsi si sedettero tutti sul divano, Andrew aveva pensato bene nel frattempo di ritirarsi in cucina, era giusto che affrontassero la cosa in privato. Ellie informò i genitori della malattia e del fatto che le rimanesse poco tempo. Non fu una cosa piacevole, sebbene fosse breve. Quella sera tutti andarono a dormire in silenzio, con la consapevolezza in più (però) che presto non sarebbero più stati insieme.
Ellie era seduta sul letto, la schiena appoggiata alla testata del letto mentre leggeva un libro. Quando la sagoma di Will si materializzò vicino allo stipite, la guardava stando sulla soglia, triste. La ragazza richiuse il libro e guardò con fare triste amorevole allo stesso tempo il fratello.
-Che c’è campione?- gli domandò a bassa voce.
Il bambino entrò nella stanza e si sedette sul letto in parte alle sue gambe.
-Ho paura.-
-Di che cosa?-
-Di quando tu non ci sarai più.- la ragazza afferrò il bambino per le braccia, tirandolo verso di sé in un caldo abbraccio.
-Ascoltami bene fratellino e non scordare mai quello che sto per dirti: io per te ci sarò sempre, anche quando…non ci sarò più.-
-Ma non sarà la stessa cosa. Non potrai aiutarmi a fare i compiti e non verrai più al parco con me. Resterò solo.-
-No, tesoro. Non dirlo mai. Non sarai mai da sole. Rimarrò sempre con te, qui.- e puntò l’indice contro il suo petto. Poi se lo tirò nuovamente appresso. –Credimi, vorrei tanto che le cose potessero andare diversamente.-
-Dirò le preghiere tutte le sere. Chiederò a Dio di lasciarti qui con me.-
-Ascoltami Will, non servirà.-
-Ma Dio ci ascolta, vero?-
-Certo, che ci ascolta.-
-Allora, forse se gli faccio capire quanto è importante ti lascerà qui.-
-Will, certe volte le cose devono andare come vanno. –
-Ma perché?-
-Non lo so. L’unica cosa che so è che c’è sempre un buon motivo. E tu non rimarrai solo. Ci saranno la mamma e il papà e tu dovrai aiutarli quando io non ci sarò più.-
-Ma io sono ancora piccolo.-
-Sì, ma sei abbastanza grande per poterli aiutare.-
-Tu dici?-
-Certo. E ricordati che ogni volta che mi penserai io sarò con te. Anche quando ti sembrerà che io non ci sarò più.-
-Promesso?-
-Promesso.-
Rimasero in quella posizione a lungo. Ellie faticò molto per non ricominciare a piangere. Non voleva, non davanti a Will. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma il peggio doveva ancora venire e quando sarebbe giunta lei non ci sarebbe stata per aiutarli.
Era ora di andare a dormire, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
-Ben fatto.-
Andrew la guardava dal fondo del letto, sorridendo sollevato. Lei sorrise.
-A dire la verità ho ancora una cosa da fare.- lui corrugò le sopracciglia.
-Cosa?-
-Scusarmi con te.- lui sorrise.
-Ellie, non ce n’ è bisogno, era comprensibile…-
-No, Andrew…davvero. Io…mi sono comportata molto male nei tuoi confronti e non una volta sola. Tu sei venuto qui, sei stato con noi tutto questo tempo, per aiutarci, per starci vicino e io non solo non ti ho dato ascolto ma ti ho anche trattato male. Mi dispiace, davvero. So che non serve a niente piangere sul latte versato, ma non posso farci nulla; avrei voluto darti retta. Puoi perdonarmi anche tu?- le costò molto dire quelle parole, anche perché si sentiva terribilmente in imbarazzo. Ma l’angelo sorrise ancora di più.
-Certo che posso. Ellie sei una ragazza straordinaria, ed i tuoi genitori se lo ricorderanno sempre.- le disse, poggiandole una mano sulla spalla.
-Andrew…-
-Sì?-
-E’ normale…sì insomma…avere paura?-
-Sì.- rispose lui a bassa voce, annuendo grave –Ma tu abbi fede, sempre. Non sarai mai da sola, mai.-
Ellie si voltò la frazione di un secondo, che quello dopo lui era scomparso. Sorrise.
Buffo come tutto stava per finire, eppure lei in quel momento stesse sorridendo.
Aveva paura, come mai prima d’allora. Ma non poteva tirarsi indietro, perciò si fece coraggio, immaginando di avere ancora almeno un po’ di tempo.
-Andrew?- Monica lo chiamò flebilmente. L’Angelo della Morte era in piedi sul ciottolato di fronte a casa e continuava a guardare quella finestra, lassù in alto, ma non era preoccupato, sorrideva. -Ormai il tempo sta per scadere.- si aggiunse seriamente Tess. L’angelo annuì sospirando, ma non era triste –Già.- -Anche i suoi genitori adesso sanno la verità.- -Sì, ma questo non basterà a calmare la crisi che avverrà dopo la tempesta.- rincarò la dose Tess. Il loro incarico non era ancora finito. -Andrew, quando avverrà?- domandò Monica, con la voce incrinata. L’angelo estrasse dalla tasca del suo completo bianco il suo orologio d’oro, poi prese un profondo respiro, lo rimise a posto e tornò a scrutare quella finestra lassù in alto. -Molto poco.-