Charlotte

di lightblue96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Charlotte - Louis - Harry ***
Capitolo 3: *** Charlotte - Louis ***
Capitolo 4: *** Charlotte ***
Capitolo 5: *** Charlotte - Louis ***
Capitolo 6: *** Charlotte - Louis ***
Capitolo 7: *** Charlotte - Liam ***
Capitolo 8: *** Charlotte - Louis ***
Capitolo 9: *** Charlotte ***
Capitolo 10: *** Charlotte ***
Capitolo 11: *** Liam ***
Capitolo 12: *** Song ***
Capitolo 13: *** Charlotte ***
Capitolo 14: *** Charlotte ***
Capitolo 15: *** Louis - Charlotte ***
Capitolo 16: *** Louis - Liam ***
Capitolo 17: *** Melanie ***
Capitolo 18: *** Charlotte ***
Capitolo 19: *** Charlotte ***
Capitolo 20: *** Charlotte ***
Capitolo 21: *** Charlotte ***
Capitolo 22: *** Charlotte ***
Capitolo 23: *** Charlotte ***
Capitolo 24: *** Charlotte ***
Capitolo 25: *** Charlotte ***
Capitolo 26: *** Charlotte - Louis ***
Capitolo 27: *** Charlotte ***
Capitolo 28: *** Charlotte ***
Capitolo 29: *** Liam ***
Capitolo 30: *** Charlotte ***
Capitolo 31: *** Charlotte ***
Capitolo 32: *** Charlotte ***
Capitolo 33: *** Liam ***
Capitolo 34: *** Charlotte ***
Capitolo 35: *** Liam - Charlotte ***
Capitolo 36: *** Charlotte ***
Capitolo 37: *** Charlotte ***
Capitolo 38: *** Il Diario ***
Capitolo 39: *** Charlotte ***
Capitolo 40: *** Liam ***
Capitolo 41: *** Charlotte ***
Capitolo 42: *** Charlotte ***
Capitolo 43: *** Charlotte ***
Capitolo 44: *** Charlotte ***
Capitolo 45: *** Louis ***
Capitolo 46: *** Charlotte ***
Capitolo 47: *** Il Diario ***
Capitolo 48: *** Louis ***
Capitolo 49: *** Melanie - Charlotte - Louis ***
Capitolo 50: *** Charlotte ***
Capitolo 51: *** Charlotte ***
Capitolo 52: *** Chat ***
Capitolo 53: *** Charlotte ***
Capitolo 54: *** Louis ***
Capitolo 55: *** Louis ***
Capitolo 56: *** Liam ***
Capitolo 57: *** Charlotte ***
Capitolo 58: *** Charlotte ***
Capitolo 59: *** Charlotte ***
Capitolo 60: *** Charlotte ***
Capitolo 61: *** Charlotte ***
Capitolo 62: *** Liam ***
Capitolo 63: *** Charlotte ***
Capitolo 64: *** Charlotte ***
Capitolo 65: *** Charlotte ***
Capitolo 66: *** Jack ***
Capitolo 67: *** Charlotte ***
Capitolo 68: *** Charlotte ***
Capitolo 69: *** Charlotte ***
Capitolo 70: *** Il Diario ***
Capitolo 71: *** Louis ***
Capitolo 72: *** Charlotte ***
Capitolo 73: *** Charlotte ***
Capitolo 74: *** Charlotte ***
Capitolo 75: *** Louis ***
Capitolo 76: *** Charlotte ***
Capitolo 77: *** Il Diario ***
Capitolo 78: *** Flashback ***
Capitolo 79: *** Il Diario ***
Capitolo 80: *** Charlotte ***
Capitolo 81: *** Il Diario ***
Capitolo 82: *** Charlotte ***
Capitolo 83: *** Il Diario ***
Capitolo 84: *** Charlotte ***
Capitolo 85: *** Charlotte ***
Capitolo 86: *** Charlotte ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

Fidarsi. Gran bel verbo. Gran bel significato. Fidarsi di qualcuno tanto da raccontargli tutto. Ogni singolo istante della tua vita, ogni singolo sbaglio e ogni singola sconfitta e ogni vittoria. Ogni paura e ogni punto di forza. Aprirsi in questo modo con qualcuno, per me, era diventato impossibile. Aprire i miei pensieri più profondi e renderli un tutt'uno con quelli di un'altra persona.. No. ormai quel verbo non era più nel mio vocabolario. Non esisteva più. L'avevo rimosso, cancellato, eliminato. Quando ti fidi, rimani fregato. Ti pugnala alle spalle chi credevi fosse diverso. E il dolore è immenso. Più di quello fisico. Io lo sapevo.

Sono tutti dei traditori. Nessuno escluso. La mia famiglia, i  miei amici, il mio (ex)fidanzato.. tutti. L'unica persona che non mi tradirebbe mai, sono io. Me stessa. Il resto del mondo può andare benissimo a farsi fottere.

Charlotte Tomlinson era un'altra persona. Lottie Tomlinsonera morta. E quella che era nata al suo posto era una sconosciuta stronza,fredda e calcolatrice. 

Benvenuti nel mio inferno.








*******

Avviso

Sono un pò impacciata nello scrivere questo genere di cose, perciò vado subito al sodo:
1. Grazie per essere entrati in questa storia. 
Spero che vi piaccia e che commentiate con i vostri pensieri e le vostre opinioni. Sono importanti per me.
2. Molto spesso pubblico più capitoli alla volta, quindi controllate bene che non abbiate saltato un capitolo.
3. La storia l'ho pubblicata anche su Wattpad.
E' molto più comodo sia per me che per voi (soprattutto se leggete dal telefono). La trovate facilmente e, se non fosse così, vi mando il link.
4. A volte il capitoli sono molto brevi, perciò alcuni li ho accorpati in una stessa pagina.

 

IMPORTANTE

I fatti, gli avvenimenti e tutto quello che vi trovate, sono frutto della mia fantasia.
La storia è inoltre coperta da Copyright: tutti i diritti sono risevati. Quindi nel caso troviate una ff/storia uguale o molto simile a questa, fatemelo sapere per favore.

Per qualsiasi problema o informazione, contattatemi.
Detto questo, vi auguro una buona lettura.
Un bacio :)

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Capitolo 2
*** Charlotte - Louis - Harry ***


Charlotte's Pov


Guardai verso l'alto. Quel giorno Doncaster era buia. Nonostante fosse giorno, le nuvole ricoprivano tutto il cielo e presagivano una tempesta. Di quelle talmente potenti da spazzare via tutto. Anche il più cupo dei pensieri. Le foglie volavano, staccandosi dagli alberi e cadendo vorticosamente a terra.

Amavo la pioggia. Amavo l'odore che riempiva l'aria prima che arrivasse, amavo il ticchettio che faceva quando si posava su qualcosa, amavo la sensazione che mi dava quando si posava su di me. Aveva il potere di cancellare tutto, di rendere più pure le cose. Era come se mi purificasse, come se cancellasse tutto lo sporco che avevo nell'anima. O almeno è così che mi piaceva pensare.

Mi riscossi dai miei pensieri quando una piccola goccia si posò sulla mia guancia. Ritornai a guardare davanti a me. In quel momento mi trovavo al parco. Le altalene si muovevano leggermente, gli scivoli e le panchine erano già umidi. E le foglie incorniciavano il tutto. L'autunno stava finendo e l'inverno.. beh, stava arrivando. Quel parco mi piaceva, soprattutto a quell'ora del giorno. Era tranquillo, immobile. Come una fotografia. Perfetto. Ma era il momento di tornare a casa.

Casa. Alcuni pensano sia il luogo dove ti senti bene, a tuo agio. Altri invece pensano sia dov'è il proprio cuore. Io pensavo fosse la stessa cosa. Solo che per me non era più niente di tutto ciò. Non esisteva più nessun posto dove mi sarei sentita bene, protetta, al sicuro. Nessuno.

Ero talmente persa nei miei pensieri che non vidi la persona con cui andai a sbattere finché non fu troppo tardi. Io mi ritrovai per terra con il sedere dolorante e il contenuto della borsa quasi tutto rovesciato. Lui invece era rimasto in piedi. Perfettamente immobile.

"Merda" imprecai io.

"Mi dispiace, non ti ho visto" mi disse una voce maschile. "Lascia che ti aiuti"

"Non preoccuparti" dissi, ignorando la mano che mi porgeva.

Misi in fretta tutto nella borsa, mi alzai e, solo dopo, lo guardai. Davanti ai miei occhi c'era Harry Edward Styles, ¼ degli One Direction, che mi guardava con preoccupazione misto a curiosità.

Ero diventata brava a leggere le persone, a capire chi fossero solo guardandole negli occhi. Si capisce molto dagli occhi della persona che hai davanti. Se è un pericolo o meno. Gli occhi non mentono. Mai.

Per un attimo rimasi sorpresa. Non pensavo che sarebbe tornato qui. E questo voleva dire solamente una cosa: Louis Tomlinson era tornato in città. E questa non era una bella notizia.

Dopo cinque anni si era degnato di tornare a casa sua. Dalla sua famiglia. Nella sua città. Wow, pensai sarcasticamente.

"Scusa, ma ci conosciamo?" mi chiese.

"Cos'è? Una tecnica per abbordare le ragazze?" gli chiesi, evitando così di rispondere alla sua domanda. "Non è un po' vecchiotta?" Il mio tono era pienamente sarcastico. Alzai un sopracciglio.

"No. No. È che.. somigli a qualcuno, ma non riesco a capire chi" fece lui pensieroso. "E poi, fidati, che se l'avessi voluto avrei trovato un altro modo"

"Quanta modestia!" dissi io alzando gli occhi al cielo. "Non sforzare troppo il tuo unico neurone, Styles. Non ne vale la pena"

Me ne andai, lasciandolo così. Confuso e solo. Ma lui, senza che potessi prevederlo, mi afferrò il polso e mi bloccò. A quel punto io divenni di ghiaccio. Odiavo quando mi toccavano. Odiavo il loro tocco. Era ingannevole: da dolce poteva trasformarsi in rude. Mi girai verso di lui e lo guardai dritto negli occhi. In quel pozzo verde che tante volte avevo visto.

"Non. Mi. Toccare" feci io freddamente.

Lui lasciò subito la presa, come se si fosse scottato, sorpreso della mia reazione. Quindi mi rigirai e me ne andai per la mia strada.





Louis’ Pov

Era da troppo tempo che non tornavo a casa. Ed esserci finalmente era fantastico. Potevo finalmente rivedere i miei genitori, i miei vecchi amici, la mia città… Mi erano mancati. E soprattutto mi era mancata la mia adorata sorellina. Ma al momento non era a casa ed io iniziavo a preoccuparmi visto che era tardi.

“Ma a che ora ritorna?” chiesi a mia madre, stanco di aspettare. Lei fece spallucce. Da quando mia madre non sa dove si trovano i propri figli e fa spallucce? Sospirò, venne verso di me e mi fece segno di sedermi. Ci mettemmo sul divano, l’uno di fronte all’altra. Solo in quel momento riuscii a vedere la sia stanchezza. Non solo fisica, ma emotiva soprattutto. Era stanca e, forse, anche disperata.

“Louis, è da un po’ che volevo dirtelo, ma non ho mai trovato il momento giusto...”

“Dirmi cosa?” chiesi preoccupato. Non mi piaceva l’atmosfera che si era creata. Era talmente tesa che si poteva tagliare con un dito.

“Tua sorella… Charlotte, beh è cambiata. Non ti saprei dire quando, ma non è più la stessa.”

“In che senso?” chiesi io. “Mamma, per favore, non farmiti cavare ogni parola dalla bocca. Sputa il rospo.”
Lei sospirò, guardando le sue mani strette nel ventre che si muovevano nervose. Quando rialzò lo sguardo verso di me, potei notare i suoi occhi pieni di lacrime.

“È diventata fredda, chiusa in sé stessa e non si fa più abbracciare da nessuno che non siano i bambini. Ad un primo sguardo sembra la solita, ma… se guardi bene Lou, la mia bambina non c’è più. Non parliamo più, sai?” fece lei asciugandosi una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Io le presi le mani tra le mie, accarezzandole e stringendole.

“Non preoccuparti mamma. Ora ci sono io, mi dirà tutto” le dissi convinto.

Lei scosse la testa. “Puoi provarci se vuoi, ma so che non lo farà”

“Perché non me l’hai detto prima? E da quanto tempo va avanti?” le chiesi sospirando.

“Inizialmente pensavo fosse solo una fase, ma poi.. Non trovavo mai il momento giusto. Tu eri troppo impegnato con il tour, l’album e le interviste e non volevo che aggiungessi altro peso a tutto quello che stavi già facendo. Ogni volta che ci sentivamo eri sempre stanco, Louis. Non volevo…” e la sua voce si affievolì. La strinsi forte tra le mie braccia.

“Si risolverà tutto mamma”

“Lo spero figliolo, lo spero”




Charlotte’s Pov


Tornai a casa tardi. Saranno state le quattro o le cinque di mattina. Ero un po’ brilla e mi girava tutto, ma riuscii ad entrare in casa senza far rumore. In sala c’era la tv accesa, quindi feci il più piano possibile per non svegliare chiunque ci fosse sul divano. Ma il mio piano fallì. Qualcuno aveva lasciato in mezzo al corridoio la sua enorme valigia ed io, naturalmente, ci andai contro facendola quasi cadere.

“Merda” imprecai io sottovoce. Sperai di non aver svegliato il nomade, ma quando mi girai due occhi verdi mi stavano fissando.

“Ancora tu!” esclamò sottovoce lui. “Cosa ci fai qui? Sei una ladra?”

Io alzai gli occhi al cielo. Quella pagliacciata mi stava facendo venire il nervoso. “No, cretino. Questa è casa mia”

Lui in risposta mi guardò dubbioso. Io a quel sbuffai. “Sono la sorella di Louis, Charlotte”

Lui era sbigottito. “Lottie?”

“No, coglione. Il mio nome è Charlotte, quindi sei pregato di usare quello.” L’avevo lasciato senza parole. Dopotutto era divertente. “Il cane ti ha mangiato la lingua, Styles?” chiesi sorridendogli.

“Sono sorpreso e confuso.” Farfugliò lui, grattandosi la testa. “Insomma, sei cambiata, sia fisicamente che... tu non eri così”

Io sorrisi. Un sorriso triste. Mi avvicinai a lui e mi sedetti sul divano di fronte.

“è normale, Styles. Da quant’è che non ci vediamo? Saranno quattro anni. Sono cresciuta io, sei cresciuto tu, sono cresciuti tutti” dissi. “Ti svelo un segreto, Harry” mi avvicinai a lui, “le persone cambiano, crescono, diventano altre persone. E da certi punti di vista tu, meglio di chiunque altro, dovresti saperlo.” Detto ciò mi alzai e mi diressi verso la scalinata. “Buonanotte Harry” e me ne andai di sopra.

Ma riuscii a sentirlo dire ‘Che ti è successo Lottie?’

La vita Styles, ecco cosa mi è successo. Ma questo lo pensai soltanto.





Harry’s Pov


Quella che solo qualche minuto fa era davanti a me, era una completa sconosciuta. La tenera e dolce Lottie era stata risucchiata da quella estranea. Com’era potuto succedere? Cosa era successo? Cosa può far cambiare una persona in questo modo?





 

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Capitolo 3
*** Charlotte - Louis ***


Charlotte's Pov

Nonostante mi fossi addormentata tardi, quella mattina mi svegliai relativamente presto. Erano le nove e avevo un mal di testa tremendo. Andai in bagno, presi un antidolorifico e mi feci una doccia veloce. Quando scesi di sotto, trovai due paia di occhi puntati su di me.

"Ciao Harry" dissi al riccio sorridendo. Poi mi girai verso Louis. "Fratello" lo salutai. "Quale onore! Qual buon vento ti porta qui? Ti sei ricordato improvvisamente di avere una famiglia anche tu?"

Mi stava fissando attentamente: era confuso, poi sconvolto e infine un po' incazzato. Capivo il motivo. Lo capivo davvero. Se fosse stato qualche anno fa lo avrei stritolato in un abbraccio da orso, mentre ora gli avevo rivolto parole con un tono che non avevo mai usato con nessuno.

"Non mi sono dimenticato di avere una famiglia, Lottie. Ma forse tu hai dimenticato di avere un fratello"

Sorrisi freddamente. "Effettivamente un fratello ce l'avevo, peccato che se ne sia andato e che sia letteralmente scomparso dalla mia vita" dissi.

Mi diressi verso la cucina e misi a bollire un po' d'acqua. Loro mi seguirono e si misero a fare colazione.

"Comunque sono arrivato ieri" fece lui. "E tu non c'eri"

"Oh, sai com'è! Non sei l'unico ad avere una vita" gli risposi io, ridendo.

"Dove sei stata?"

"Chi sei? Mio padre?" risi io.

"No, tuo fratello maggiore"

"Ah beh, allora hai il diritto di saperlo" dissi io sarcasticamente. Lui mi lanciò un occhiataccia ed io risi. Non potevo fare altro. Chi si credeva di essere? Non si è interessato di me per cinque fottuttussimi anni e adesso pretende pure che gli rispondo. Bah. "Se proprio ci tieni.. sono stata con Beth in un locale" mentii io.

"Tutto il giorno" chiese scettico.

"Oh no, prima ci siamo fatte un po' di canne" lo stuzzicai io. Quasi si strozzarono. La scena era veramente esilarante. E non riuscii a non ridere. "Sto scherzando"

Beh, avevo bevuto tutta la giornata, ma questo lui non lo avrebbe saputo. Non che mi interessasse la sua opinione. Perché ormai non mi importava più di niente e di nessuno. Solo che non volevo che mi facesse la paternale. Dopotutto non sapeva niente di me, ed era meglio continuare così.

"Quindi.. come mai siete qui?"

"Siamo in pausa" rispose Harry. "Un anno. Ma rimarremo in città per poco"

"Ma che bella notizia!" esclamai falsamente.

"Eh si" fece Louis guardandomi pensieroso.

"Se continuate così mi sciupate. Una foto dura di più" gli dissi sarcasticamente. Lui scosse la testa.

"Cos'è successo, Lottie?"

"Charlotte. Il mio nome è Charlotte, Louis. E sei pregato di utilizzarlo. E non è successo nulla." –nulla che possa interessarti, aggiunsi mentalmente.

"Sei cambiata"

"Tutti cambiano, Louis" gli risposi. "Io, tu, Harry.. le persone cambiano. Fa parte della natura umana"

"Adattarsi" disse sovrappensiero Harry.

-Si, mi sono dovuta adattare. Da sola- pensai. Feci spallucce senza rispondere.

"Non mi hai neanche abbracciato" disse Louis.

"Odio gli abbracci" risposi.

"Non ti riconosco più, Lottie. Che fine ha fatto la mia sorellina?"

Mi avvicinai a lui e con un sorriso crudele gli disse queste parole: "è morta. La piccola e dolce Lottie non esiste più"





Louis’ Pov


“Verrà con me a Londra” dissi a mia madre. Lei scosse la testa.

“Non lo farà” rispose. “Avevo ragione, vero?”

Annuii. “È un'altra persona” risposi. “E per farla diventare così, dev’essere successo qualcosa di grande. Non è normale, mamma”

“Lo penso anche io” disse lei sospirando. “Ma non si è mai aperta con me”




Charlotte’s Pov


Volevo che andassero via, volevo che se ne ritornassero a Londra. Lo odiavo. Odiavo mio fratello per non esserci stato. Odiavo me stessa. Mi odiavo perché era stata colpa mia. E odiavo lui. Lo odiavo per avermi rovinata.

Quella sera tornai a casa completamente ubriaca. Ad aspettarmi ci fu Louis.

“Hey fratellone!” lo salutai allegramente. Come un tempo. Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. “Mi sei mancato tanto, sai?”

Lui mi guardò. “Hai bevuto”

Risi. “Cosa te lo fa pensare?” e risi ancora. “Allora, dimmi la verità: perché sei qui?” gli puntai un dito sul petto, sul cuore, ma non so se lo centrai. Mi girava tutto.

“Mi mancavi” rispose lui.

Risi più forte. “Bella battuta, davvero. Sei diventato bravo a dirle”

“E con questo che vorresti dire?” mi chiese bloccandomi il polso.

Mi irrigidii. “Non. Toccarmi” gli dissi, scandendo ogni sillaba. “Togli quella mano dal mio polso, Louis. Adesso” e lui lo fece, troppo sorpreso forse.

“Allora?” ridomandò lui.

Sospirai. “Niente, Lou. Sono stanca e ubriaca e voglio dormire” dissi io ritornando allegra. Mi alzai e me ne andai in camera mia, lasciandolo solo.

 




 

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Capitolo 4
*** Charlotte ***


 

Charlotte's Pov

 

Il giorno dopo a svegliarmi fu un suono persistente. Quando aprii gli occhi, vidi che era Louis. Stava cantando in camera mia, mentre curiosava in giro. Borbottai qualcosa e mi girai dall'altro lato, mettendo la testa sotto il cuscino.

"No, no, Charlotte. Ti devi alzare. Dobbiamo parlare"

"Vattene e lasciami dormire!" borbottai io.

"No. O ti alzi tu oppure ti farò alzare io" mi minacciò lui.

"Vai via!"

"Conterò fino a tre" mi avvisò. "Uno.. due.."

"Okay, okay mi alzo. Ma vattene! Devo vestirmi"

"Non ti sei mai vergognata di cambiarti davanti a me. A chiunque, in realtà"

"Beh sono cambiate molte cose. Ora esci"

Sospirò, ma alla fine uscì. Mi diressi verso l'armadio, presi tutto l'occorrente e mi andai a fare una doccia. Dopo una ventina di minuti ero pronta.

Andai di sotto. In cucina c'erano tutti: mamma, Mark, Louis e anche Harry.

"Ciao tesoro" disse mia madre.

"Buongiorno" risposi io. Poi mi diressi verso Louis. "Spero tu abbia avuto una ragione valida per svegliarmi a quest'ora. E comunque perché siete tutti qui?"

"Te l'ho detto che dovevamo parlare" fece Louis. "io e mamma abbiamo deciso che ti trasferirai a Londra con me e, una volta lì, troverai un lavoro"

Risi. "Certo, certo. L'importante è che sei convinto tu" dissi io.

"Sono serio" fece Louis. Smisi di ridere.

"Non verrò a Londra con te. Non andrò da nessuna parte con te. Discussione finita" Feci per andarmene, ma mia madre mi bloccò.

"Charlotte" iniziò lei. "Ti farà bene cambiare aria. Tutto quello che stiamo facendo, è per il tuo bene"

"Non sembra" dissi io. "Ma vedo che avete già deciso al posto mio" sussurrai io. Mi rivolsi poi a Mark e a mia madre. "Non capisco. Perché?"

"Sei cambiata, tesoro" mi rispose Mark. "Rivogliamo solamente la Lottie che conoscevamo"

Sapevo che i miei ci stavano male per il mio comportamento di merda, ma non potevo farci niente. La vecchia me era morta. Non sarei stata più quella bambina sempre felice e, poi, quella ragazzina piena di vita e gentile. No. Dovevano accettarlo.

"Maledizione! Questa sono io. Questa è la vera me." gli urlai contro. "E se non vi sta bene, allora è meglio che vada via. Ma non andrò con Louis"

"E invece verrai con me"

"L'importante è che ci credi, fratellone" dissi ridendo sarcasticamente.

"Oh andiamo Charlotte. Ci divertiremo. Sarà come ai vecchi tempi, ma più bello"

Scossi la testa. "Proprio non capisci, eh? Niente è più come prima"

"Allora spiegami com'è, Charlotte. Spiegati. Parlaci"

Mi morsi il labbro. Sospirai. "Quello che mi state facendo è ingiusto. E sappi" dissi rivolgendomi a Louis, "che ti renderò la vita un inferno"

E con quelle parole andai di sopra.

Sapevo che non sarebbe cambiato nulla. Tutto sarebbe rimasto uguale. Ma non sarei stata con le mani in mano. Me l'avrebbe pagata. Me l'avrebbero pagata tutti.



***


Partimmo il giorno dopo.

“Allora, come ti senti?” mi chiese Harry.

“Come ieri, l’altro ieri e il giorno prima ancora” risposi io.

“Lottie, non essere/”

“Non essere, cosa? Stronza? Mi dispiace ma sono così” lo interruppi io. “Ah, il mio nome è Charlotte. E non cominciare a fare il padre con me Louis. Ce l’ho già”

“Sai che non è così” fece lui.

“Certo, come no!” dissi io. Presi il mio ipod e mi misi le cuffiette. Almeno non avrei dovuto ascoltarli.


***

 
“Charlotte siamo arrivati” mi sussurrò Louis scuotendomi leggermente. Aprii gli occhi e, come un automa, uscii dall’auto e seguii mio fratello in quella che sarebbe stata la mia nuova casa. Per il momento, aggiunsi mentalmente. “Benvenuta nella mia umile dimora” fece lui facendomi entrare. “La tua camera è la seconda a sinistra”

“Okay, grazie. Buonanotte” dissi io, prendendo le mie valige e portandole nella mia nuova camera.

Era grande. Praticamente una camera matrimoniale, con una scrivania e una libreria. I mobili erano bianchi, mentre le pareti di un bel blu elettrico. Era fantastica. Se tutto questo fosse successo quattro anni fa, l’avrei adorata, avrei saltato per tutta la casa urlano felice e avrei abbracciato Louis così forte che l’avrei soffocato. Ora invece mi era tutto indifferente. Non provavo nessuna emozione. Felicità, gioia, speranza... niente. Assolutamente niente. Misi le valige sopra il letto rifatto e le aprii, iniziando a mettere tutti i miei abiti nell’armadio, l’intimo nei cassetti del comodino e così via. Ma la prima cosa che feci, la più importante, era nascondere il mio diario. Per il momento lo riposi dietro la libreria, ma, appena mi fosse arrivata tutta la mia roba, l’avrei nascosto meglio. Dovevo trovare un posto sicuro. A prova di Louis Tomnlinson. Tutti i miei libri, cd, il computer, lo stereo... sarebbero arrivati il giorno dopo.

Dopo aver messo a posto quel che avevo, decisi di farmi una doccia calda. Forse ci rimasi per un’ora abbondante. Ma non riuscii a staccarmi da quel calore che si propagava per tutto il mio corpo. Mi misi il pigiama, consisteva in una maglietta extra large che mi arrivava a malapena alle ginocchia, e andai in cucina per prepararmi un tea caldo. Non riuscivo a dormire senza berlo. A meno che non fossi ubriaca, certo. Il mio piccolo vizio. Oltre al fumo. Ma questo non lo sapeva nessuno. O meglio ero stata brava a nasconderlo, come tutto il resto.

“Non riesci a dormire?” Mi chiese Louis. Sobbalzai sorpresa. Non mi aspettavo di trovarlo ancora sveglio.

“No” risposi. “Non senza la mia tazza di tea”

Lui sorrise dolcemente. “Almeno questo è rimasto lo stesso”

Sospirai. “Lou, smettila. “

“Che ho fatto?” chiese innocentemente, alzando le mani in segno di resa. Scossi la testa.

“Adesso sono questa, che ti piaccia o meno” gli dissi. “Non sarò più come prima. Devi accettarlo”

Presi il mio tea, che nel frattempo avevo preparato e messo nella tazza, e me ne andai nella mia camera.




 

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Capitolo 5
*** Charlotte - Louis ***


 

Charlotte's Pov
 

Mi svegliai sentendo il campanello suonare ininterrottamente. Mi alzai sbuffando e andai ad aprire. Erano Liam e Niall. E, dovevo riconoscerlo, si erano fatti davvero dei gran bei ragazzi. Uomini, direi. Vedendomi aprire la porta, mi guardarono in modo strano. Manco fossi nuda! La maglia mi arrivava quasi sopra le ginocchia.

"Si?!" chiesi. "Che volete?"

"Cercavamo Louis" disse Liam. "è in casa?"

"Certo che è in casa, Liam. L'abbiamo solo preso in contropiede" fece il biondo.

Risi. Avevo capito. Pensava fossi una delle ragazze di mio fratello. Non mi avevano riconosciuto. Avevo in mente uno bello scherzetto, che mi fece sogghignare. "Entrate. LouLou sta dormendo" feci io. "Volete qualcosa da bere?" chiesi.

"No grazie" risposero loro.

"Comunque sono Charlotte. Il mio orsacchiotto mi ha parlato molto di voi" dissi io, cercando il più possibile di rimanere seria.

"Orsacchiotto?!" fece Niall.

"Si, non assomiglia a un tenero orsacchiotto?! Il mio BooBear.." ridacchiai con fare civettuolo.

"Certo" fece Liam. Anche lui si stava trattenendo le risate. Con scarso successo, oserei dire. Non sapeva quanto lo capivo..

"Beh, ve lo vado a chiamare" dissi, facendo per andarmene.

"Aspetta!" mi chiamò Niall. "Da quanto va avanti? Sono curioso"

"mmm" mi misi un dito sul mento e rivolsi il mio sguardo in alto, facendo finta di ricordare qualcosa. "Un mese. Ma oggi, o meglio, ieri, mi sono trasferita qui. Sapete LouLou vuole fare le cose sul serio, perciò.."

I loro occhi si spalancarono per la sorpresa. Pensavo sarebbero saltati fuori a farsi un giro per quanto erano sgranati. Non riuscii più a trattenermi. Risi come una pazza e non riuscivo a smettere. Davvero.

"Che c'è di così divertente?" borbottò Louis uscendo dalla camera. "Oh ciao ragazzi"

"Stavo prendendo per il culo i tuoi amici" risposi io asciugandomi le lacrime. "Ed ora tutto ha un sento: siete degli idioti, ecco perché andate tanto d'accordo!"

"Ehi!" fece Niall offeso.

Loro in tutto ciò non avevano capito nulla. O forse si.

"Allora non sei la ragazza di Lou!" esclamò il finto biondo.

"Bleah!" fece Louis. "è mia sorella, deficiente" disse, dandogli uno scappellotto dietro la nuca.

"Ahi!" si lamentò lui.

"Giuro, non mi divertivo così da anni" feci io, ancora ridacchiando. "Beh, vado a vestirmi. Addio" e me ne andai.





Louis’ Pov


“È davvero Lottie?” chiese Liam. Annuii in risposta.

“È cambiata tantissimo” fece Niall. Sospirai.

“Lo so. E spero di scoprire presto la causa”

“In che senso?” mi chiese Liam, confuso.

“Il suo cambiamento non è normale, Liam. Mia sorella è ancora lì, da qualche parte dentro il suo corpo freddo e indifferente. E la riporterò indietro” dissi io convinto.

“Smettila Louis!! Smettila!!” urlò Charlotte, sorprendendomi. Quella ragazza ci metteva davvero poco a prepararsi. “Te lo ripeterò un’ultima volta Louis: o mi accetti così come sono o me ne vado. Quindi. Per favore, smettila!” disse puntandomi un dito contro. 

Sospirai, scuotendo la testa.

“Dovrei essere io quella esasperata. Non tu, Louis” disse lei. “Io ora esco. Non so a che ora torno e dove vado. Non mi chiamare o tartassare di messaggi. E non provare a farmi seguire da nessuno! Me ne accorgerei. Forse ci vediamo stasera” fece lei. Si diresse verso la porta. “E un’ultima cosa: non ti conviene farmi incazzare Louis. Lo dico per te”

Poi rivolgendosi ai ragazzi, disse: “è stato un piacere rivedervi, ragazzi. Siete un vero spasso” E si chiuse la porta alle spalle, sbattendola.





Charlotte’s Pov


Che gran rottura di palle! Perché non capiva che non ero più quella di un tempo? Perché? Erano passati quattro anni, dopotutto. La gente cambia in quattro fottutissimi anni. Beh, in teoria tre, ma non era quello il punto.
Una volta uscita da quella casa, mi diressi nel primo bar che incontrai ed entrai. Al bancone vi era una tizia magra e bionda. Aveva qualche anno in più di me, a giudicare dal viso. Ma era risaputo che ero una frana a capire l’età delle persone. L’unica cosa che mi interessava era che non mi chiedesse il documento.

“Buongiorno. Come posso aiutarla?”

“Vorrei un cosmopolitan bello forte”

“Hai un documento?”

-Merda, lo sapevo- pensai. Feci finta di cercare nella borsa, poi alzai o sguardo verso di lei. “No. devo averlo lasciato a casa. È un problema?" Chiesi innocentemente.

“Si. Non posso darti niente, dolcezza. Mi dispiace.”

Che. Cazzo. Di. Sfiga. pensai sospirando.

“Okay, grazie lo stesso. Posso comunque domandarti una cosa?”

“Certo”

“Conosci qualche ONG od ospedale che ha bisogno di volontari con i bambini?”

“Mmm” ci pensò per qualche minuto, poi, come se le si fosse accesa una lampadina, mi disse “Ah sì! Tieni, ti do il numero dell’ospedale. Digli che ti manda Doria” Mi fece l’occhiolino. Che dolce!

“Grazie mille, davvero” le risposi, sorridendo. Presi il biglietto e uscii. Dopo aver camminato per qualche minuto, arrivai davanti a un parco. Entrai e mi sedetti su una panchina e mi accendetti una sigaretta. Fumare mi rilassava. I miei muscoli, sempre in tensione, si stendevano. Le prime volte mi sembrava che potessi rompermi in mille pezzi da un momento all’altro, tanto ero rilassata. Ma, con il tempo, quell’orribile sensazione se ne andò, lasciandomi solamente più leggera.

Presi il telefono e chiamai il numero datomi dalla barista. Come si suole dire: via il dente, via il dolore. O qualcosa del genere. Dopo un paio di squilli mi risposero.


>Pronto? Chi parla?
>Salve, sono Charlotte. La signora Doria, mi ha dato il suo numero in merito a del volontariato con i bambini.
>Oh, certo. È interessata?
>Si. Vorrei solo sapere di quale organizzazione si parla, dove si trova e quant’altro. Ci possiamo incontrare?
>Certamente. Le va bene la settimana prossima, alle 4.00 presso il London Hospital? Purtroppo sono pieno di impegni.
>Va benissimo. Allora a giovedì!!
>Bene. Arrivederci.
>Buona giornata.

Bene, ora potevo finalmente divertirmi.


 

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Capitolo 6
*** Charlotte - Louis ***


Charlotte's Pov
 

Ad attendermi, una volta a casa, c'era il mio adorabile fratellone.

"Dove diavolo sei stata?!" mi chiese Louis infuriato. Io risi.

"In giro. Un po' qui, un po' là. Sai com'è" risposi io, farfugliando.

"E sei anche ubriaca marcia"

"Che occhio, fratello" risi io.

Quando ero ubriaca, ridevo. Ridevo sempre, per ogni cosa. Amavo la sensazione di leggerezza, come se potessi librarmi in aria, come se nessuno potesse toccarmi. Amavo le vertigini che sentivo. Amavo il fatto che mi facesse dimenticare la mia vita, come se potesse sparire.

Lui si avvicinò, bloccandomi le braccia e guardandomi negli occhi. Mi irrigidii inconsapevolmente sotto lo sguardo confuso di mio fratello.

"Mi dici cosa ti è successo?"

"Non toccarmi, Lou" dissi, con il fiato corto. Respiravo a fatica. "Toglimi quelle mani di dosso"

Fece come gli avevo detto e tutto tornò come prima. Non avevo più quel masso che mi soffocava. Ero ritornata leggera.

"Perché fai così, Lottie?"

Non ce la feci. Odiavo il suo tono sofferente. Odiavo sentire il suo dolore. Le lacrime presero a scendere lungo il mio viso così velocemente che non me ne accorsi subito.

"Così come, Lou?"

"Torni a casa ubriaca marcia, non parli più con mamma, non parli più nemmeno con me!" disse, asciugandomi le lacrime. Io mi ritrassi dal suo dolce tocco. "Non ti fai più abbracciare o toccare, ti sei chiusa in te stessa e non permetti a nessuno di entrare.."

"Saresti stato tu!" lo interruppi io, sussurrando.

"Come?!"

"Se solo ci fossi stato, saresti stato tu. Ma sei scomparso, infischiandotene della tua famiglia. Di me. quindi Louis, smettila. Devi lasciarmi in pace. L'hai fatto per quattro anni, puoi continuare a farlo anche adesso"

Mi girai, dandogli le spalle. Le lacrime non avevano mai smesso di scendere, ma io non le sentivo. Non sentivo nulla, se non quell'eterno vuoto. Un buco nero che aveva risucchiato tutto quello che avevo all'interno.

"Lottie.." mi chiamò lui, esitante.

"BASTA LOUIS! COME TE LO DEVO DIRE? NON DEVI PIU' CHIAMARMI IN QUEL MODO! HAI CAPITO?? LO ODIO. LO ODIO" e con questo, mi rintanai in camera mia, sbattendo rumorosamente la porta.


***

 

I giorni passarono e, pian piano, io e Louis riuscimmo a trovare un tacito accordo: io non rompevo le palle a lui e lui non le rompeva a me. Dopotutto avevo anche trovato un lavoro! Il colloquio con il tizio era andato bene. Che dire?! Da quel giorno iniziai a lavorare all'ospedale, nel reparto di pediatria e oncologia infantile. Era dura, ma mi rendeva felice. Amavo i bambini e volevo dargli tutto quello che potevo. In quel caso, spensieratezza e felicità. Se lo meritavano.

Con gli altri ragazzi non andavo molto d'accordo. O meglio, io li evitavo. Anche se effettivamente non mi avevano fatto nulla. Ma preferivo così. Volevo che ci fosse una certa distanza tra me e loro. Mio fratello compreso. Sapevo che se li avessi fatti avvicinare, avrebbero scoperto tutto. E non potevo.



***


Dopo quasi tre settimane di quiete, scattò la tempesta.

“Basta Louis! Mi hai veramente rotto!”

“Sto cercando di aiutarti, Charlotte. Ma tu non me lo permetti”

“E allora smettila! Sto bene, non lo vedi?!” mentii io.

“No, non stai bene. Non sei più la stessa”

Alzai gli occhi al cielo. “Pensavo che questa storia l’avessimo già risolta”

“E invece no!!” esclamò lui.

“Ti stai comportando come un bambino. Oh, scusami, lo sei ancora.” Dissi con cattiveria.

“Dannazione Charlotte! Non parlarmi in questo modo!”

“E come dovrei parlarti?! Eh?” chiesi io.

“Con un minimo di rispetto!”

Risi sarcasticamente. “E perché dovrei? Solo perché sei mio fratello?”

“SI, soprattutto per questo”

“No, Louis. Un fratello non si comporta come hai fatto tu! Mio fratello non mi avrebbe mia lasciata sola! Mio fratello mi avrebbe protetta!!”

“Da cosa? Da cosa dovevo proteggerti, Charlotte? Non eri sola. C’erano mamma e papà, i tuoi amici, i tuoi cugini! Ti ho lasciata sapendo che eri al sicuro.”

“E invece indovina?! Non lo sono stata”

Lui sospirò, cercando di calmarsi. “Quindi è colpa mia? Qualsiasi cosa sia successa, la colpa è la mia?”

“No, Louis. La tua unica colpa è di non essere mai venuto a trovarci, almeno una volta l’anno. Almeno quando avevi anche solo pochi giorni di pausa. Questa è la tua unica colpa. Perché se l’avessi fatto, avresti capito. Per il resto invece è stata tutta colpa della mia stupidità”

“E ora questo che vorrebbe dire?” chiese Louis, massaggiandosi le tempie. Gli avevo fatto venire un bel mal di testa.

“Niente, Louis. Niente” dissi e prima che potesse chiedermi altro me ne andai.




Louis’ Pov


Dovevo metterla all’angolo. Metterla in condizione di dovermi raccontare tutto. Ma come facevo se non sapevo nemmeno cosa fosse realmente accaduto? Come avrei potuto fare?

“Dovresti affrontarla” mi consigliò Harry, leggendomi nel pensiero.

“Come se fosse facile! È come un puzzle. Ogni frase che dice, ogni litigata, è un piccolo tassello. Ma non ho abbastanza pezzi e l’immagine è talmente confusa che non si riesce a capire cos’è.”

“Potresti provare a parlare con i suoi vecchi amici” disse Niall.

“Già fatto. E l’unica cosa che ne ho ricavato è stato qualche altro tassello” risposi io.

“Cioè?” chiese il biondo.

“So solo che per due settimane, se non di più, è praticamente restata chiusa in casa. Non voleva vedere nessuno. Ho chiesto anche a mia madre e me l’ha confermato. Ha detto che addirittura non usciva dalla sua stanza neanche per mangiare, tanto che volevano chiamare qualche medico. Ma poi l’hanno convinta.”

“Wow.” fece Harry.

“Già” dissi Liam, sospirando.




Charlotte’s Pov


Ero diventata brava a fuggire. Scappare da un eventuale pericolo. Che fosse fisico o emotivo. Ero scappata da quel mostro. Ero fuggita via da me stessa. Avevo allontanato tutti.

Non sapevo più cosa volesse dire essere felici. Non sapevo più chi fossi. Non capivo più come fare a fermarmi.

Ero un disastro.

Ma non era questo l’importante. Dovevo proteggere i miei cari, e l’avrei fatto anche a costo di essere infelice per tutta la mia vita. Anche a costo di perdere tutto ciò che avevo di più caro: la mia famiglia.



 

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Capitolo 7
*** Charlotte - Liam ***


Charlotte's Pov
 

Un giorno, di rientro dal lavoro, decisi di farmi un bel bagno caldo. La casa era vuota. Non c'era nessuno e il silenzio che riempiva l'aria era assordante. Decisi di mettere un po' di musica classica. Amavo sentirla perché mi rilassava e mi ricordava quel senso di libertà che provavo quando ballavo. Quel senso di leggerezza e grazia. Presi tutto l'occorrente e mi diressi in bagno. Riempii la vasca con l'acqua bollente e i Sali da bagno. Mi spogliai. Ma non feci in tempo ad immergermi che qualcuno entrò.

"Porca Puttana" imprecai io cercando di coprirmi con la prima cosa che capitava. Ma non trovai niente, perciò rimasi lì, nuda, di fronte a lui. Lui si girò dall'altro lato, ma comunque aveva visto tutto.

"Mi- mi dispiace. Non sapevo che fossi tornata e Louis mi ha chiesto di prendergli una medicina" si giustificò Liam.

"Perché la musica non si sentiva, vero? E comunque esiste una cosa che si chiama bussare. Avanti, prendi quello che devi prendere e vattene"

"Si. E scusami ancora" disse, e poi se ne andò.

Era sconvolto. E non pensavo fosse perché mi aveva vista nuda, ma per l'altro motivo. Ora sapeva. E non potevo permettere che lo dicesse a Louis o a chiunque altro. Dovevo parlargli, ma l'avrei fatto il giorno seguente. Ora, volevo solo godermi un bel bagno caldo.


 

Liam's Pov
 

Li avevo visti. Avevo visto i tagli che aveva sul suo bellissimo corpo...

Uno si estendeva sul basso ventre, ma era pulito. Fatto sicuramente da un medico. Il secondo era sul polso, o meglio su tutto l'avambraccio. Una linea orizzontale irregolare. Non era netta. Qualcuno doveva averglielo fatto.

E il solo pensiero causava in me un moto di rabbia e disgusto per la persona che le aveva causato tutto quel dolore.

Quella ferita era stata fatta per uccidere. E chissà quante altre ferite, invisibili all'occhio umano, doveva avere quella bellissima ragazza.

E nonostante tutto non aveva perso la forza.

Era rimasta, in un certo senso, intera. E mi chiedevo quando sarebbe crollata. Perché tenersi tutto dentro come sapevo lei avesse fatto, non era mai un bene.

La caduta sarebbe stata alta. E con essa anche lo schianto.




Charlotte’s Pov


Per fortuna incontrai Liam il giorno seguente e riuscii a bloccarlo senza che gli altri si accorgessero di qualcosa. Eravamo tutti in cucina, per qualche strano motivo, a fare colazione.

Non hanno una casa loro? – pensai acidamente.

E a Louis venne la splendida idea di andare a vedere un film in sala. Mentre gli altri uscivano, discutendo su quale film vedere, riuscii a fermarlo. E lui capì.

“Ragazzi, io preparo i popcorn” disse lui.

“Perfetto” fece Niall.

E se ne andarono lasciandoci da soli.

“So già cosa vuoi dirmi” fece Liam.

“Bene. Non dovrò sprecare il fiato allora” dissi io.

“Voglio solo sapere cos’è successo”

“Un incidente” gli risposi. Scosse la testa.

“Non ci credo” mi disse.

“Dovrai fartelo bastare”

Lui sospirò.

“Charlotte, non puoi continuare così. Dovrai pur parlare con qualcuno, altrimenti tutto quel peso che ti porti, ti schiaccerà”

“Correrò il rischio, Liam” gli dissi. E prima che si chiudesse la porta alle spalle gli dissi: “Grazie”

Si girò, verso di me, e ci guardammo l’uno negli occhi dell’altra. E capii. Capii che lui era stato il mio angelo. “Prego. Ma ricordati quello che ho detto”

“Lo farò”





 

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Capitolo 8
*** Charlotte - Louis ***


CAPITOLO 21 & 22


Charlotte's Pov
 

"Charlotte, ti andrebbe di uscire con noi oggi?" mi chiese Liam.

"No, grazie."

"Oh, avanti. Non hai niente da fare!!"

"Questo lo credi tu" dissi.

"Allora dimmi" fece lui,mettendosi a braccia conserte.

"Devo andare in ospedale" dissi. E non era una scusa.

"Per il lavoro con i bambini, vero?"

"Secondo te c'è qualche altro motivo?" chiesi alzando un sopracciglio.

"Con te non si può mai sapere" sussurrò lui.

"Ti ho sentito"

"Meglio così" mi rispose. "A che ora stacchi?"

"Alle sette"

"Allora possiamo fare per quell'ora"

"No. Dopo uscirò con Mark" dissi. E questa era una cazzata.

"E chi sarebbe?"

Un attimo. Era per caso geloso? Nah. Impossibile.

"Un mio collega" risposi io, alzando le spalle.

"Ah, beh, allora sarà per un'altra volta"

"Aspetta e spera, Payne" feci io. Lui, in risposta, mi fece l'occhiolino. Davvero odioso.
 

***


Mentre parlavo con Lucinda, un infermiera che stava nella sala d'aspetto, mi colpì un depliant. Ce n'erano vari, ognuno per un suo scopo, ma solo uno mi colpì maggiormente.

PARLIAMONE INSIEME. NON SARAI SOLA.

Non capii il motivo, ma, senza farmi accorgere, lo presi. Non che fosse un reato prendere un depliant, ma non volevo che mi facessero delle domande. Lo misi nella borsa e poi tornai a casa.

Una volta tornata, trovai casa vuota. Perciò decisi di rilassarmi con un po' di tv e il mio amato tea caldo. Avevo buttato la borsa sopra il divano e quando mi ci sedetti, schiacciai completamente la mia borsa. La spostai, attenta a non far cadere il tea e vidi il depliant. Era fuoriuscito ed era a terra. Lo fissai, imbambolata, per qualche minuto, ma poi lo presi e me lo misi a leggere.


 

Louis’ Pov
 
Tornai a casa tardi quella sera e trovai Charlotte addormentata sul divano. La osservai per un po’ pensando a tutto quello che era successo in quell’ultimo periodo. Era cambiato tutto.

La presi in braccio e la portai nella sua camera.

Rivolevo la mia Lottie. Rivolevo la mia sorellina. Quella che mi raccontava tutto, quella che mi abbracciava e che sorrideva sempre. Dov’era finita?

Le diedi un bacio sulla fronte e le sussurrai ‘buonanotte’




 

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Capitolo 9
*** Charlotte ***


Capitolo 23


Charlotte's Pov

Quando mi svegliai, il giorno seguente, mi ritrovai nella mia camera. Non sapevo come ci fossi arrivata, ma avevo dei sospetti.

Dopo una doccia veloce, mi vestii e andai in cucina. Inutile dirlo, c'erano anche gli altri amichetti del mio adorabile fratellino.

"Buongiorno" borbottai.

"Buongiorno" mi risposero loro.

"Dormito bene?" fece Louis.

Gli sorrisi sinceramente. "Si. Grazie"

"Di niente" mi rispose lui sorridendo. "Hai da fare oggi?"

"No, perché?"

"Noi usciamo, e se ti va potresti venire con noi"

"Dove?"

"Shopping" fece lui. E, potevo giurarci, i suoi occhi erano a cuoricino. Ridacchiai.

"Okay" risposi.

*

Non ricordavo quel lato di Louis. Forse perché non l'aveva mai avuto. Non era mai stato un appassionato di shopping, anzi, lo reputava una cosa da femminucce. E, beh, fui sorpresa quando, appena entrammo (e sottolineo APPENA ENTRAMMO) si buttò a capofitto nel primo negozio che incontrò. Sembrava una specie di trottola impazzita: entrava in un posto, poi usciva ed entrava in un altro e così via. Non provai nemmeno a tenere il suo passo. Beh, solo Harry ci riusciva. Quel ragazzo aveva una pazienza unica.

Io, Liam e Niall invece camminavamo con tutta la calma del mondo. Ma, dopo un po', anche il finto biondo si allontanò, tradendomi per del pollo. Quindi rimanemmo solo io e Liam. Cosa che non volevo accadesse.

"Come va il lavoro?" mi chiese lui, dopo qualche minuto.

"Bene" dissi. "Sono stata fortunata a trovarlo"

"Come hai fatto?"

"Beh, ero entrata in un bar e ho incontrato una signora molto simpatica che mi ha dato il numero di un tizio che ho poi chiamato e con cui ho fatto un colloquio"

"Wow. Questa penso sia la frase più lunga che tu abbia mai detto da quando sei qui. Senza contare le litigate con Lou" disse Liam ridendo.

Sorrisi. "Si. È vero"

Ci furono dei minuti in cui nessuno dei due parlò. Ma era un silenzio buono, non opprimente. Eravamo a nostro agio, l'uno con l'altra. E non mi capitava da molto.

"Senti.." iniziò lui. "Lo so che non mi conosci e che non ti fidi di me, ma volevo dirti che se vuoi parlare, di qualunque cosa, io ci sono. Non dirò nulla a Louis, se non vuoi."

Lo guardai, mordendomi il labbro. "Grazie Liam. Lo terrò a conto" dissi. Lui annuì.

"E volevo chiederti se uno di questi giorni ti andrebbe di uscire con me"

"Perché?" chiesi.

"Perché sei interessante, Charlotte. E vorrei conoscerti meglio" mi rispose.

Ci pensai per un po', ma poi decisi. "Va bene" dissi.

Sorrise. E per un momento rimasi come abbagliata. Aveva un sorriso bellissimo. E i suoi occhi.. mi ci tuffai dentro.

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Capitolo 10
*** Charlotte ***


CAPITOLO 24


Charlotte's Pov

 
Non ero nervosa. Okay, forse un pochino.

Avevamo deciso che saremmo rimasti a casa (la sua) per molti motivi. Fan e paparazzi erano solo i primi.

Stranamente non mi avevano ancora preso di mira, se non qualche foto. Mi chiamavano ‘la ragazza misteriosa’. Molto originali, direi. Ma il boom sui social non era ancora avvenuto. Non ne capivo il motivo e non mi interessava. Preferivo così.

Perciò per non far scoppiare la terza Guerra Mondiale, preferivo che mi vedessero il meno possibile.

Non potevo permettere che scavassero nel mio passato. Troppi scheletri.

Queste erano le mie motivazioni. Non sapevo le sue e non mi importava. Volevamo la stessa cosa: la privacy. Il suo perché non era affar mio.

Il programma era film, popcorn e birra. Forse non la combinazione perfetta.. però mi piaceva. Mi piaceva anche Liam.


 
***


“Eccoti qui! Pensavo non saresti più arrivata” mi disse Liam aprendomi la porta.

“Ciao Charlotte, come stai? Prego accomodati pure” feci io, sarcasticamente, entrando in casa.

“Ah Ah”

Alzò gli occhi al cielo. Sorrisi.

“Bene, io sono pronta per il film! Andiamo!” dissi.

“Certo. Vieni con me”

“Va bene” risposi.

La sala era moderna e molto grande. Aveva un televisore enorme e un divano che sembrava moltooo comodo.

“L’hai arredata tu?”

“No. Non sono bravo in queste cose” rispose, toccandosi la nuca.

“Beh, complimenti all’autore, allora”

“Grazie” disse lui, un po’ imbarazzato. “È stata mia madre”

“Ottimi gusti” feci io. “Allora, che film hai scelto?”

“Ho Thor, Capitan America, Supermen/”

“Thor!” esclamai interrompendolo. “Chris Hemsworth è uno schianto”

“Beh, se ti piace il genere..”

“Oh si” dissi alzando in modo strano le sopracciglia. Rise.

“D’accordo. Che Thor sia!”





 

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Capitolo 11
*** Liam ***


CAPITOLO 25 & 26

 
Liam's Pov
 
Era bella come sempre. Si era vestita con dei pantaloni stretti e una maglietta larga e lunga che le arrivava sopra il ginocchio.
 
Però aveva un paio di occhiaie da far paura. E non era la prima volta che lo notavo. Cos’è che non la fa dormire di notte? – mi domandai. Avevo così tante domande da porle, ma non potevo farlo. Si sarebbe richiusa a riccio e non potevo permetterlo. Non ora che si stava pian piano aprendo.

Dopo una mezz’oretta si addormentò. Senza svegliarla, la feci allungare completamente sul divano, poi le misi una coperta addosso. Mi sedetti vicino a lei e, accarezzandole i capelli, la osservai.

Sembrava così innocente, così dolce, mentre dormiva. In pace con se stessa e il mondo.

Peccato che quella pace non durò a lungo...

 
***


“No, non te lo permetterò!” sussurrò lei nel sonno, agitandosi. “No, no, no! Lasciami! Lasciami!”

“Charlotte, svegliati” le dissi, scuotendola delicatamente.

“BASTA!” urlò, svegliandosi. Delle lacrime le scivolarono sul volto. Tremava talmente forte da scuotere quasi il divano.

“Shhh” dissi abbracciandola. “Ci sono io. Non ti succederà nulla”

Le accarezzai la schiena, con movimenti circolari. Lei si aggrappò alla mia maglietta, piangendo.

“Era solo un incubo” feci io, lasciandola sfogarsi.

“Non ce la faccio più!” disse lei, singhiozzando.

“Vuoi raccontarmelo?” Scosse la testa.

“Cantami qualcosa, ti prego” sussurrò.

“Certo” dissi io.

E cantai finché non si riaddormentò tra le mie braccia.




 

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Capitolo 12
*** Song ***


ED SHEERAN - NEW YORK

Five drinks in on Friday night
We only came to dry your eyes
And get you out of your room

 Cinque drink in un venerdi' sera
Siamo venuti solo per asciugare i tuoi occhi
E per tirarti fuori dalla tua stanza

Now this bar closes doors
I found my hand is holding yours
Do you wanna go home so soon?

           Adesso questo bar chiude le porte
Ho trovato la mia mano stringere le tue
Vuoi andare a casa così presto?

Maybe we should take a ride
Through the night
And sing along to every song
That's on the radio
In the back of a taxi cab in Brooklyn no no no
The sun can rise
Burning all the streetlamps out at 3AM
So DJ, play it again

Forse dovremo fare un giro Attraverso la notte
E cantare ogni canzone che esce in radio
Nel retro di un taxi a Brooklyn 
Il sole può sorgere
Bruciando tutti i lampioni alle 3 del mattino
Cosi' DJ, suonala ancora

Until the night turns into morning
You'll be in my arms
And we'll keep driving
Along the boulevard
And if I kiss you, darling
Please don't be alarmed
It's just the start of everything you want

         Finché la notte non si trasformerà in mattina
Tu sarai tra le mie braccia
E continueremo a guidare lungo il viale
E se ti bacio, tesoro
Per favore non spaventarti
E' solo l'inizio di tutto se vuoi

A new love
In New York

           Un nuovo amore
A New York

Yesterday you gave me a call
Stressing out about it all
The world is moving too fast

           Ieri mi hai fatto una chiamata
Stressandoti riguardo tutto questo
Il mondo si sta muovendo troppo in fretta

And you don't know where to begin
'Cause you spent a lifetime fitting in
Only to wind up on the other side
By yourself
And every day
Screaming out
To all the people that you used to know
From a window that looks upon the Manhattan skyline now
It's just the way your life goes
And you live it in every song you know
So DJ, play it again

           E tu non sai da dove iniziare
Perche' hai speso una vita ad adattarti
Solo per finire sull'altro lato
Da sola
E ogni giorno
Urlando a tutte le persone che un tempo conoscevi
Da una finestra che si affaccia sull'orizzonte di Manhattan, adesso
E' solo il modo in cui la tua vita va'
E tu vivi in ogni canzone che conosci
Cosi' DJ, suonala ancora

A new love
In New York

    Un nuovo amore
A New York

And every song that plays
Is just like the day you had
And it's okay to cry
But I'm saying maybe
That's a waste of water
You know I'm here for you
In the back of the taxi cab tonight

Ed ogni canzone che suona
E' proprio come come la giornata che hai avuto
E va bene piangere,
Ma ti sto dicendo che forse e' uno spreco di acqua
Lo sai che sono qui per te
Nel retro di un taxi

It's just reached the morning
You're still in my arms
Now we stop driving
Down the boulevard
And I just kissed you, darling
I hope you weren't alarmed
It's just the start of everything you want

           Si e' appena raggiunto il mattino
E tu sei ancora tra le mie braccia
Adesso ci siamo fermati giu' il viale
E ti ho appena baciato, tesoro
Spero non ti sia allarmata
E' solo l'inizio di tutto, se vuoi

A new love
In New York

A new life
In New York

            Un nuovo amore a New York
Una nuova vita a New York


 

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Capitolo 13
*** Charlotte ***


CAPITOLO 27 & 28

 
Charlotte's Pov

 
 Quando mi svegliai era già notte fonda. Mi alzai dal divano e, disorientata, mi guardai intorno. Non c’era nessuno.
Sentii però un odorino provenire , sicuramente, dalla cucina. Perciò mi alzai e mi diressi lì.

Liam era impegnato ai fornelli.

Mi appoggiai allo stipite della porta e l’osservai. Era calmo e meticoloso. Sapeva quello che stava facendo. Quando si girò e mi vide, sorrise.

"Ben svegliata, dormigliona” disse.

“Grazie” borbottai.

“Fame?”

“Un po’” risposi. “Cosa stai cucinando?”

“Frittata di patate, insalata mista e macedonia. Ti piace?”

“Certo. Posso aiutarti in qualcosa?”

“No, grazie. Ho già finito” disse. “Ecco”

Mi porse il piatto. Assaggiai.

“è buono” dissi sorpresa.

“Devo ritenermi offeso?” domandò lui, alzando un sopracciglio.

Sorrisi e scossi la testa. “No, non offeso. Ma lusingato sicuramente”

*** 


Passammo la serata a ridere e scherzare. Mi trovai bene in sua compagnia. E non succedeva da moltissimo tempo. Non sapevo come interpretarlo: era un bene o un male?

Era un ragazzo dolcissimo e con un cuore davvero grande.

Beh, mi piaceva.  Ma cosa potevo fare? Dopo tutto quello che avevo passato, non mi fidavo neanche di me stessa. Come potevo fidarmi di un'altra persona?

Non sapevo cosa fare, come comportarmi.

Con gli anni, avevo costruito delle mura talmente alte che nessuno era in grado di scavalcare. Ma le fondamenta si stavano sgretolando. Lo vedevo.

E quando sarebbero crollate, cosa sarebbe rimasto?

Nulla. Il vuoto totale.

La città al suo interno, non era pronta. E non lo sarebbe stata per molto tempo ancora.

 

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Capitolo 14
*** Charlotte ***


Capitolo 29

Charlotte's Pov
 

Inutile dire che tornai a casa tardissimo. E ad aspettarmi c'era il mio caro fratellino.

"Dove sei stata?"

"Non sono affari tuoi, Lou"

"E invece lo sono eccome! Vivi sotto il mio tetto!"

Alzai gli occhi al cielo. "Non per mia scelta"

"Charlotte, smettila di comportarti così!" esclamò Louis.

"Così come? Mi comporto normalmente Louis"

"No, prima non eri così fredda, così vuota, così.. così."

"Le persone cambiano"

"Non in questo modo!"

"Non sono un mostro, Lou. Non mi sono tramutata in un alieno. Davvero, non capisco perché tu non possa accettare questa me!"

"Perchè non sei tu!"

Presi un bel respiro profondo, cercando di calmarmi.

"Smettila. Mi hai veramente rotto le palle con questo tuo comportamento di merda!"

"Non parlarmi così, Charlotte. Sono tuo fratello, non uno dei tuoi amichetti del cazzo!" urlò lui.

Per un attimo mi irrigidii, facendo un passo indietro. Ma non demorsi.

"Adesso sei mio fratello? E durante questi fottutissimi anni? Tu dov'eri? Dov'era mio fratello?! Eh? Te lo dico io: non c'eri!"

"Stavo lavorando, cazzo!"

Scossi la testa. "Parlo di quando avevi dei giorni liberi. Potevi venire, ma non l'hai mai fatto. Hai preferito stare con i tuoi amichetti, invece che venire da me! E questo non te lo perdonerò mai, Louis. Tu non ci sei stato quando avevo più bisogno di te!!"

"Non sai quanta pressione abbiamo durante i tour, quindi non puoi giudicarmi per questo! Non puoi!"

Si avvicinò a me sempre di più ed io, allo stesso tempo, arretravo fino a trovarmi con la schiena a sbattere contro il bancone della cucina.

"Non fare un altro passo Louis" lo avvertii io freddamente.

Nel frattempo riuscii a prendere un coltello dal bancone senza che lui notasse nulla e lo nascosi dietro la schiena. Non sarebbe capitato di nuovo.

"E perché?! Davvero Lottie, sono stufo! Stufo del tuo comportamento, stufo di te!" urlò.

Quelle parole fecero male, davvero. Era in qualche modo peggio di tutto quello che avevo passato. Con le lacrime agli occhi e il labbro stretto forte tra i denti, annuii. Era come se non fossi più nel mio corpo. Era come se fossi fuori e riuscissi a vedere tutta la scena. Non provavo più nulla. Il freddo si era impadronito di me.

Lui si avvicinò ancora di più. Troppo vicino a me. Troppo. Impugnai forte il coltello e glielo puntai contro.

"Ho detto che non devi avvicinarti!"

 

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Capitolo 15
*** Louis - Charlotte ***


CAPITOLO 30 & 31

Louis’ Pov

 
Merda. Mi stava puntando un coltello addosso!

Per la sorpresa, indietreggiai, alzando le mani in segno di resa e rimasi immobile. Nei suoi occhi c’era una strana luce. Ero allibito per ciò che aveva fatto e, solo a quel punto, mi resi conto di quello che le avevo detto.

“Posa quel coltello, Lottie”

Lei scosse la testa. “Allontanati da me” disse con una calma innaturale. Non era più lei. Feci come mi diceva, indietreggiando ancora di più.

“Bene. Ora faremo così: te ne vai da questa casa e ti farai ospitare da qualche tuo amichetto. Solo per stanotte. Perciò tieni”

Prese il mio telefono, appoggiato sul ripiano della cucina, componendo il numero di uno dei ragazzi e dopo aver messo il vivavoce, me lo passò.

“Pronto?”

“Ciao Harry, sono Louis” dissi, non smettendo di guardarla negli occhi.

“Ehy Lou, dimmi tutto.”

“Potrei dormire stasera da te?”

“Certo, non c’è problema. Come mai?”

Lei mi fece segno di starmene zitto.

“Ho litigato con mia sorella e voglio cambiare aria per stasera”

“Oh, vabbè mi racconterai dopo.”

“Si. A dopo.” E chiusi la chiamata. Poi mi rivolsi a lei.

“Lottie, ora puoi posare quel coltello, per favore?”

Scosse di nuovo la testa. Le lacrime le bagnavano il viso.

“Va via, Louis. Vattene!” disse singhiozzando. Il corpo le tremava.

“Piccola, ho fatto come mi hai detto, ora però dammi quell’aggeggio” dissi facendo un passo in avanti, cercando di convincerla.

“NON AVVICINARTI! Dannazione! Va via!! Non ti voglio qui! È così difficile da capire!!? Vattene Louis! Vattene!!!”




 

Charlotte's Pov
 

Solo quando sentii la porta sbattere, decisi di posare il coltello. Non riuscivo a capacitarmi di quello che avevo appena fatto.

Scivolai, con la schiena attaccata al bancone, a terra, stringendo le mie gambe al petto. E tremai.

Ci vollero venti minuti buoni per calmarmi. E quando ci riuscii, mi alzai e mi diressi in camera mia. Presi la valigia e ci buttai più roba possibile. Una volta fatto, uscii da quella casa e me ne andai.


 

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Capitolo 16
*** Louis - Liam ***


CAPITOLO 32 & 33

 

Louis' Pov
 

"L'ha fatto davvero?" mi chiese Liam esterrefatto. Annuii.

"Sono scioccato" fece Harry.

"Cos'è successo, esattamente?" mi domandò Niall.

"Stavamo litigando, come al solito, ma poi sono volate parole pesanti e ho iniziato ad urlare e ad avvicinarmi a lei. È diventata.. era come se avesse messo il pilota automatico. Lei non c'era più. E mi ha puntato un coltello addosso, dicendomi di andare via" raccontai.

"Dovresti ritornare a casa per vedere come sta" disse Liam.

"No, è meglio che le lasci il tempo per calmarsi" affermò Harry. "Aspetta domani"

"Potrebbe fare qualcosa di stupido" fece Liam, "è meglio andare adesso"

"Ragazzi, non cominciate" disse Niall. Sospirai.

"Se non ci vai tu, Louis, ci andrò io"

"Forse ha ragione Harry. È meglio aspettare domani"

"Bene. Allora io vado" e così Liam se ne andò.

 



Liam's Pov
 

Non capivo proprio Louis. Non doveva neanche andarsene da casa sua. Doveva.. Ah era inutile fare quei pensieri. Non avrebbero portato a niente e, poi, ognuno avrebbe reagito in modo diverso. Quello che più mi preoccupava era la reazione di Charlotte.

Non era normale puntare un coltello al fratello. Non era normale puntare un coltello punto.

Ci misi una decina di minuti ad arrivare. Aprii la porta con le chiavi di Louis ed entrai. La chiamai a gran voce, ma non rispose nessuno. Andai a cercarla nella sua camera, ma niente. Aveva fatto le valige.

Se n'era andata.

 

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Capitolo 17
*** Melanie ***


CAPITOLO 34 & 35


X’s Pov - alias Melanie
 
Era notte fonda quando sentii il campanello suonare.

Mi alzai dal letto, brontolando e stropicciandomi gli occhi. Quel cretino del mio ragazzo aveva sicuramente dimenticato le chiavi di casa. Di nuovo.

Mi trascinai verso la porta e presi la cornetta del citofono.

“Daniel, mi hai altamente rotto le palle. Ti ho dato le chiavi, usale dannazione!”

“N-non s-ono Daniel. I-io, mi-mi dispiace, non vol-volevo distur-barti, m-ma n-non sapevo d-dove andare”

“Charlotte?” chiesi incredula.

“S-si”

“Sali, dai” le dissi. “Secondo piano, porta 2B”

 
***

Eravamo sedute sul divano, l’una di fronte all’altra, con una tazza di thé tra le mani e lo sguardo perso nel vuoto.

Non sapevo cosa pensare, davvero. Quello che mi aveva rivelato era qualcosa che non avrei mai creduto possibile.

“Come mai hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo?” le chiesi, rompendo il silenzio.

“Avevo paura. Di lui, di me stessa, di voi. Non potevo coinvolgervi” mi rispose. Poi, guardandomi negli occhi, mi disse: “Mi dispiace, Mel. Per tutto.”

Sospirai. “Cosa ti ha fatto cambiare idea?”

Distolse lo sguardo dal mio e si voltò verso la finestra.

“Sono arrivata al limite. La goccia che ha fatto traboccare il vaso…”

“Cos’è successo?” le chiesi.

“Ho puntato un coltello contro Lou”

“Tu cosa?!” quasi urlai.

“Non ho giustificazioni. Lo so. Ma mi sono praticamente ritrovata nel suo vecchio appartamento, con lui che mi sbraitava addosso e che si avvicinava finchè non si trovava abbastanza vicino per…” la sua voce si affievolì.

Mi avvicinai a lei e l’abbracciai.

“Avresti dovuto fidarti di me. Ero la tua migliore amica, Lottie. Ci conosciamo da quando siamo nate. Lo sai che non avrei detto nulla a nessuno.”

“Non potevo, Mel! Mi aveva minacciato! Aveva minacciato voi! Non volevo che vi facesse del male.”

“Ma lo ha fatto a te” le dissi. “Avremmo potuto trovare insieme una soluzione. Ti avrei potuta aiutare…”

Lei scosse la testa.

“… ma capisco che ormai non serve più a nulla” continuai. Mi alzai e, prendendo le tazze, mi diressi in cucina e le misi nel lavello.

Tutta quella situazione era assurda. Tutto quello che aveva dovuto passare.. non potevo neanche immaginarlo. E mi sentivo in colpa. Come potevo non aver notato nulla? Come?! Era la mia migliore amica, avrei dovuto comprenderla con un solo sguardo!

Andai in salotto.

“Puoi restare qui, se vuoi. Abbiamo una stanza degli ospiti”

Lei annuì. Aveva le lacrime agli occhi. “Me ne andrò il prima possibile, Mel. Te lo prometto”

“Non preoccuparti. Puoi restare quanto vuoi. Mi casa es tu casa e altre cazzate simili”

“Grazie” mi disse sorridendomi.



 

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Capitolo 18
*** Charlotte ***


Capitolo 36

Charlotte's Pov

Dopo due giorni di pioggia, il cielo era finalmente limpido. L’esatto opposto di come mi sentivo io.

La luna, con tutto il suo splendore, illuminava la città.
Era così perfetta, luminosa e lontana.. qualcosa di meraviglioso che l’uomo non era riuscito a distruggere.
Avrei voluto essere come lei: così lontana da non poter essere toccata, così luminosa da allontanare l’oscurità, così perfetta da far rimanere senza fiato.

Le nuvole la incorniciavano, leggere e silenziose, e le stelle erano nascoste dai milioni di lampioni che circondavano ogni angolo della citta.

In serate come quelle, avevo solo voglia di sentire, di normalità, di calore.
In serate come quelle le mie debolezze, le paure e i desideri, fuoriuscivano dai cassetti cui li avevo meticolosamente chiusi. Lucchetto compreso.

Avrei voluto che qualcuno venisse da me e mi stringesse tra le sue braccia, dandomi quella sensazione di protezione e di sicurezza cui avevo bisogno. Avrei voluto essere amata per quello che ero, difetti compresi. Avrei voluto amare incondizionatamente, sapendo che l’altro provala lo stesso per me. Avrei voluto…

Sogni. Erano solamente sogni che sapevo non si sarebbero realizzati.
Non per me, perlomeno.

A volte i sogni non si avveravano. Era quella la realtà e prima la si affrontava, meno delusioni si aveva. Solo in quel modo la si poteva guardare per com’era veramente: una vera merda.

Il vento freddo mi scompigliò i capelli e rabbrividii, ridestandomi dai miei pensieri. Buttai la sigaretta che, ormai finita, si spegneva, e tornai dentro.

L’appartamento era buio e ci misi un po’ per trovare la mia nuova e temporanea camera. Era spaziosa quanto bastava per contenere un letto a una piazza e mezza, un comò e un armadio. Minimalista, ma accogliente quanto bastava per far sentire gli ospiti a casa.

Sapevo bene che non sarei riuscita a dormire, ma ci provai ugualmente. Ero stanza, distrutta e spaventata. Non proprio una combinazione perfetta.

Chiusi gli occhi, ma le immagini di quella sera mi ritornarono in mente. Li riaprii subito e guardai il soffitto, persa, mentre le prime luci dell’alba entravano dalla finestra.

 

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Capitolo 19
*** Charlotte ***


Capitolo 37

Charlotte's Pov

Quando il sole sorse, decisi di fare qualcosa. Non potevo rimanere con le mani in mano, a rimuginare.
Mi alzai e andai in cucina. Volevo prepararle la colazione.. ma appena entrai, mi accorsi che c’era già una persona.

Non si era ancora accorto di me. Era un ragazzo alto, robusto, con capelli neri e corti. Stava sorseggiando quello che probabilmente era caffè, visto l’odore.

Tossicchiai, per non spaventarlo. Anche se non sembrava il tipo che si spaventava facilmente.

Lui si girò verso di me e mi guardò. I suoi occhi erano neri come la pece, intensi e penetranti.

“Ciao” dissi.

“Buon giorno” rispose lui.

Ci furono dei minuti di completo silenzio in cui l’uno guardava l’altro. Alzai un sopracciglio, ma mi trattenni nel fare qualche battuta sarcastica.

“Non volevo disturbarti, scusa. In effetti volevo preparare la colazione per Mel, ma non fa nulla. Ritorno dopo se è un prob/”

“Non preoccuparti” mi interruppe lui. “Fai pure”

“Grazie”

Iniziai ad aprire le mensole per trovare tutti gli ingredienti per fare dei pancakes. Li adorava. Quando eravamo piccole li mangiavamo sempre e, quando eravamo diventati abbastanza grandi da poter utilizzare la cucina senza un adulto, li iniziammo a preparare noi. La cucina diventava sempre un campo di battaglia. Risi al ricordo.

 “Sei un amica di Melanie?” mi chiese d’un tratto.

“Si, diciamo. Tu invece sei il suo ragazzo”

“Daniel, piacere”

“Charlotte” dissi io.

Sapevo che mi stava studiando. Sentivo il suo sguardo persistente sul mio corpo.

“Sai, è strano. In due anni che stiamo insieme, non mi ha mai parlato di te” fece lui.

“Abbiamo avuto dei problemi” dissi facendo spallucce. “Sai com’è.. tra fidanzate si litiga. E ci si lascia. Mi ha spezzato il cuore, in effetti.”
La sua faccia era comica: un misto tra sorpreso, anzi shockato, e qualcos’altro.

“Non starla a sentire” fece Mel, entrando in cucina e salutando il suo ragazzo con un bacio. “Ti sta prendendo in giro”

Risi. “È divertente” dissi facendo spallucce. Guardai Daniel. “Dai, ci hai creduto. Lo so” risi ancora.

Lui sospirò, forse per il sollievo. “In effetti.. ma hai ragione, era divertente”

Gli sorriso. Poi mi rivolsi a Mel. “Ti ho preparato i pancakes” le dissi, porgendole il piatto fumante.

Lei sorrise, felice. “Grazie, li adoro”

“Lo so” le feci un occhiolino.

Scosse la testa, forse esasperata dal mio comportamento. 

 

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Capitolo 20
*** Charlotte ***


Capitolo 38

Charlotte's Pov

“Devi parlarne con qualcuno, Charlotte” mi disse lei quando rimanemmo sole. “Qualcuno che sa come aiutarti”

“Lo so, Mel. Ma non ci riesco.”

Sospirò. “Sono passati quattro anni.. devi affrontarlo, altrimenti questo silenzio ti ucciderà”

Non le risposi. Avevo lo sguardo rivolto verso la finestra e guardavo il via vai della città. La sentii avvicinarsi a me e, dolcemente, mi posò una mano sulla spalla. Quel contatto mi rassicurò. Mi era mancato. Mi era mancata lei. Terribilmente.

Non la meritavo e lo sapevo.

“So che non mi hai raccontato tutto, Charlotte, e va bene così, davvero. Ma a qualcuno dovrai pur dirlo.” Disse. “Ti accompagnerò io, se vuoi. Non è un problema”

Scossi la testa. “Ti ho già sconvolto la vita, Mel. Non voglio causarti altri problemi.”

“Non dirlo neanche per scherzo. Sei la mia migliore amica..”

Scoppiai a piangere. Come poteva considerarmi ancora la sua migliore amica dopo tutto quello che le avevo fatto passare? L’avevo ferita più volte. Con il silenzio, con le parole, con i gesti. “Mi dispiace, Mel. Mi dispiace tanto. Per tutto.”

Mi abbracciò. “Shh.. andrà tutto bene, Char. Ci sono io con te”

 

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Capitolo 21
*** Charlotte ***


Capitolo 39

Charlotte's Pov

Quando riaccesi il telefono (due giorni dopo) trovai molti messaggi e chiamate perse di Louis e Liam. Non sopportavo il fatto di essere scappata via in quel modo, senza dire nulla.

Ero stanca di scappare. Solo che.. Oh dannazione! Dovevo smetterla di giustificarmi. Quello che avevo fatto non aveva scusanti. Ero stata sopraffatta dalla paura, ero stata debole. Ed io non ero così, non più almeno. Dovevo affrontare le conseguenze delle mie azioni e dovevo capire che non ero sola. Peccato che le vecchie abitudini non muoiano mai.

“Manda un massaggio a tuo fratello. Digli che stai bene, almeno” mi disse Mel, vedendomi con lo sguardo fisso sul cellulare.

“Lo chiamerò” le risposi, guardandola. “Sarà preoccupato”

“Ti lascio sola, allora”

“Grazie, Melanie” la bloccai io.

Scosse la testa e prima di andarsene, disse: “Non ringraziarmi. Avresti fatto lo stesso per me”
 
**

“Lou, sono io..” iniziai, esitante.

“Charlotte! dove diavolo sei?!”

“Sono da un amica, non preoccuparti” gli risposi.

“Non preoccuparti?! Spero tu stia scherzando, Charlotte. Sono letteralmente impazzito. Non sapevo dove fossi, come stavi e cosa diavolo sia successo due notti fa!! Come faccio a non preoccuparmi!???”

“Calmati, Lou. Sto bene” –Beh, relativamente- pensai. “Volevo solo dirti che mi dispiace e/”

“Perché non ci vediamo e ne parliamo di persona?” mi interruppe lui. La sua voce era come rassegnata.

Sospirai. “Si, forse è la cosa migliore da fare”

 

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Capitolo 22
*** Charlotte ***


Capitolo 40

Charlotte's Pov

Dovevamo incontrarci in un bar poco distante da dove abitava Mel. Era un locale anonimo e poco affollato, con tavolini e sedie di legno, pareti con una strana carta da parati e quadri sparsi che raffiguravano i paesaggi di molte città. Riconobbi quella di New York, Parigi e Roma.

Quando entrai, perlustrai la stanza finché non vidi Louis seduto a un tavolino appartato, dal lato opposto della porta, e guardava fuori dalla finestra con aria assorta.

Lo raggiunsi e mi sedetti di fronte a lui. Aveva l’aria stanca, con occhiaie profonde, segno che non aveva dormito un granchè.

“Lou”

Mi guardò, sollevato di vedermi ma anche preoccupato.

“Charlotte” mi salutò lui. “Almeno vedo che stai bene”

“Si. E tu un vero schifo. Ma almeno hai dormito?”

“Certo” disse con noncuranza.

Ci furono dei minuti in cui nessuno dei due parlò, minuti pieni di imbarazzo e qualcos’altro. C’erano troppe cose non dette tra noi. Un lago che ci separava. Ma fu interrotto dal cameriere che venne al nostro tavolo.

“Volete ordinare?” ci chiese.

Annuii. “Per me una cioccolata calda”

“Un caffè lungo, grazie”

“Ve li porto subito” ci disse, e poi se ne andò.

Quella situazione non mi piaceva per niente.

“Mi dispiace averti minacciato, Lou” Iniziai io. “E so che non ci sono giustificazioni, ma.. non ero in me”

“La colpa è di entrambi” fece lui. “Non avrei dovuto dirti quelle cose. Non le pensavo veramente, lo sai, vero?”

Annuii. Presi la sua mano, appoggiata sul tavolo, e la intrecciai con la mia. Quel senso di familiarità e protezione erano un toccasana per il mio stato d’animo nervoso.

“Stavo pensando di prendermi un appartamento” dissi io.

“Perché?” mi chiese lui, guardandomi attentamente negli occhi.

Sospirai. “Te l’avevo detto che se le cose non fossero andate bene me ne sarei andata..”

“Non se ne parla, Charlotte. Resti a casa da me” disse con voce burbera.

“No, Louis. Me ne vado”

“Senti, Lottie, so che la convivenza non è stata esattamente rosa e fiori, ma possiamo riprovarci”

Risi. “Ne parli come se fossimo dei fidanzatini”

Alzò gli occhi al cielo. “Sai cosa intendo”

“Si, lo so. Ma non intendo cambiare idea”

“No” disse semplicemente lui.

“Cosa?!” esclamai io, innervosendomi.

“Ho detto no. Resti da me”

Cocciuto come un mulo. Ecco com’era mio fratello. A volte avrei voluto prendere la sua testa e sbatterla contro qualcosa, sperando che qualche rotella vada al posto giusto.

“Louis, non ti sto chiedendo il permesso. Te lo sto semplicemente comunicando”

Prima che potessimo dire qualcos’altro, il cameriere ci portò le nostre bevande. Lo ringraziammo e se ne andò.

Ero stanca di litigare. Sospirai. “Lou” lo chiamai io. “Non capisco perché tu non voglia. Ho 21 anni, ormai. E./”

“Non voglio separarmi da te, Lottie” mi interruppe lui. “Lo siamo stati per troppo tempo e non voglio perderne altro. Voglio riavere la nostra complicità, il nostro legame. E per farlo devo capire chi sei adesso”

“Okay” dissi dopo un po’.

“Okay, cosa?”

“Resto da te” I suoi occhi si illuminarono di felicità. “Ma ci sono delle regole, Lou” lo avvertii io.

“Bene. Spara.”

 

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Capitolo 23
*** Charlotte ***


Capitolo 41

Charlotte's Pov

Quando ritornai a casa di Mel, lei non c’era. Il suo turno era terminato già da un ora quindi mi preoccupai un po’ non vedendola a casa.

Visto che ero sola, decisi di preparare la cena. Qualcosa di semplice e buono.

Ritornò verso le dieci di sera.

“Sono a casa!” urlò lei, dall’ingresso. “Cos’è quest’odorino?”

“Cibo” feci io di rimando.

Sentii i passi venire verso di me e poi vidi una testa riccia sbucare dalla porta.

“L’avevo capito” disse lei, sarcasticamente.

Risi. “Allora qualche volta i tuoi neuroni funzionano”

“Sempre. Funzionano sempre a differenza dei tuoi”

“Ah-ah” feci io. “L’importante è crederci”

 

“Ritorno a casa di Louis” dissi di getto.

“Oh” fece lei sorpresa. “Avete risolto?”

“Più o meno” Mi guardò, interrogativa. “Abbiamo stabilito delle regole per la sopravvivenza reciproca”

Rise. “E quali sarebbero? Non rompermi le palle, non rompermi le palle e, oh, non rompermi le palle?!”

Risi anch’io. “Qualcosa del genere”

“Beh, sono contenta” disse lei. “Gliel’hai detto?”

Mi feci seria e con un sospiro dissi: “No”

“Prima o poi scoprirà tutto e lo sai”

“Non so come dirglielo, Mel. Mi è costato molto il solo dirlo a te, ma tu sei la mia migliore amica, mentre lui è mio fratello. Farebbe qualcosa di stupido e con la sua carriera non se lo può di certo permettere”

“Sono solo scuse, Char. Ti conosco e so che c’è qualcos’altro che ti frena”

Non parlai, perché aveva fottutamente ragione. 

 

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Capitolo 24
*** Charlotte ***


Capitolo 42

Charlotte's Pov

Non c'era solo una ragione che mi frenava dal dirglielo, ma un infinità.

Che poi cosa avrei dovuto dirgli? Che un bastardo aveva preso la mia anima e l'aveva fatta a brandelli? Che mi aveva quasi ucciso dentro e fuori?

No. Non potevo.

Prima o poi l'avrebbe scoperto, lo sapevo.

Se conoscevo bene Louis, sapevo che avrebbe fatto di tutto per scoprire cosa mi era accaduto. Anche se diceva che mi accettava, la sua testolina cercava ininterrottamente delle ragioni validi che giustificassero il mio comportamento.

Non era stupido.

Okay, il più delle volte lo era, ma non era quello il punto.

Lo avrebbe scoperto. E la mia vita sarebbe cambiata un altra volta. Solo che non sapevo se avrei avuto la forza per continuare a lottare.

Che poi per cosa avrei dovuto lottare? Avevo già protetto la mia famiglia con tutte le forze che avevo e l'unica cosa più importante non ero riuscita a salvarla.

Ero diventata un altra persona grazie all'odio che provavo per lui. E quello non sarebbe cambiato, ma affievolito si.

Più gli anni passavano, più l'odio che provavo scompariva.

E cosa sarebbe successo se fossi caduta di nuovo? Nessuno mi avrebbe presa, e lo sapevo. Ma il punto era che non avrei trovato una ragione per continuare a lottare. Perché non ce l'avevo. Non più.

 

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Capitolo 25
*** Charlotte ***


Capitolo 43

Charlotte's Pov

“Grazie ancora, Mel” dissi abbracciandola.

“Non dirlo neanche per scherzo. È stato un piacere” fece lei, ricambiando il mio abbraccio. “Ora però promettimi che non scomparirai dalla mia vita”

“Te lo prometto”

Ci staccammo e ci guardammo. “Siamo diventate troppo smielate” disse lei, ridendo.

Risi anche io. “È vero”

“Che ne dici di uscire uno di questi giorni?”

“Mi piacerebbe. Così puoi raccontarmi la storia con il tuo boy”

*

“Sono a casa” urlai, una volta entrata dall’ingresso, ma non rispose nessuno.

Lasciai la mia valigia all’ingresso e mi diressi verso la sala.

Li, seduto sulla poltrona, c’era Liam che guardava la televisione. Beh, guardare era una parola grossa. Stava lì, con lo sguardo perso nel vuoto, immobile.

“Liam..”

Si girò verso di me, di scatto. Mi guardò per quella che per me parve un eternità, poi corse ad abbracciarmi. Rimasi sorpresa dal gesto, ma mi ripresi subito e ricambiai.

“Mi sono preoccupato tantissimo, Charlotte” mi sussurrò. “Promettimi che non lo farai mai più, ti prego”

“Non posso farlo, Liam” Si staccò dall’abbraccio e mi guardò negli occhi. “Non posso farti una promessa che so di non poter mantenere”

 

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Capitolo 26
*** Charlotte - Louis ***


CAPITOLO 44


Charlotte’s Pov
 
Da quel giorno, la mia vita riprese com’era prima, con l’unica eccezione di Melanie.

Ci vedevamo spesso, uscivamo e ci divertivamo molto. Avevo ritrovato la mia migliore amica e non me la sarei fatta sfuggire un'altra volta.

Sembrava quasi essere tornata ai vecchi tempi, dove tutto era perfetto, dove non c’era nessuno segreto.



 
Louis’ Pov
 
Quella mattina mi svegliai con il suono persistente del mio cellulare. Grugnii qualcosa e mi ripromisi mentalmente di cambiare quell’orribile suoneria che avevo e poi, alzandomi dal mio bellissimo letto, andai a rispondere.

“Hey mamma, dimmi”

“Tesoro ciao, come stai?”

“Tutto bene”

“E con Charlotte?” mi chiese, preoccupata.

“Anche con lei va benone. Abbiamo trovato un equilibrio..” risposi io.

“Bene. Ti ha raccontato qualcosa?”

Sospirai. “Purtroppo no, ma lo scoprirò presto” dissi io. “E invece voi?”

“Qui è tutto a posto…” fece lei.

“Non fraintendermi mamma, sono felice di sentirti, ma come mai mi hai chiamato alle sette di mattina?”

“Ah si, quasi dimenticavo. Ieri sera mi ha chiamato l’associazione Believe In Magic e vogliono che organizzi il ballo di beneficenza che si terrà il 10 agosto al Natural Historic Museum di Londra e mi hanno chiesto anche se volessi partecipare”

“Certo che lo voglio!” dissi subito. Conoscevo bene quell’associazione e amavo quello che facevano per quei bambini. Se avessi potuto aiutarli in qualsiasi modo, l’avrei fatto più che volentieri. “Chiederò anche ai ragazzi e ti faccio sapere, mamma”

“Perfetto. Dobbiamo raccogliere più soldi possibili e, soprattutto, rendere speciale la serata per tutti”

“Lo sarà se sei tu ad organizzarla” feci io, sorridendo sornionamente.

“Ruffiano” disse lei, ridacchiando. “Allora ci sentiamo, Lou. Un bacio”

“Ciao”

***


“Allora, che ne pensate?”

Io e Liam eravamo collegati tramite Facetime con Niall ed Harry e gli stavamo illustrando il progetto.

“È fantastico” rispose Niall. “Ma non credo di poter essere presente”

“Si, neanche io” fece Harry. “Ho una prima a cui devo andare. Ho già detto che ci sarò”

“Oh” feci io, dispiaciuto che non potessero essere con noi.

“Ma comunque parteciperemo attivamente” promise l’irlandese. E il riccio annuì, d’accordo con quello che aveva detto Niall.



 

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Capitolo 27
*** Charlotte ***


Capitolo 45


Charlotte’s Pov
 
“Come si chiamerà questo ballo?” chiesi io, curiosa, sbucando da dietro la porta. I ragazzi urlarono spaventati ed io risi. “Fifoni” sussurrai.

“Ti abbiamo sentito!” fece Louis, facendo il finto offeso. “E ti ricordo che per le nostre fan siamo degli idoli”

Alzai gli occhi al cielo. “Cosa ci troveranno in voi proprio non lo capisco. Insomma, siete quattro persone senza un briciolo di cervello, dei cretini patentati, degli imbranati di prima categoria e dei pessimi ballerini”

“Ehi, sappiamo ballare! Non ci hai mai visto fare la Macarena?!” fece il finto biondo.

Risi. “Oh, purtroppo no” dissi sarcasticamente.

“E poi siamo intelligenti!” fece il riccio.

“Chi è che disse che 350 libri più 545 libri fanno una libreria?”

“Io” ammise Niall. “Ed è vero!”

Scossi la testa esasperata. “E chi è che ha paura degli cucchiai?” domandai ironicamente, alzando un sopracciglio in direzione di Liam. Il diretto interessato scosse le spalle in segno di indifferenza, poi ridacchiò. “Che c’è?” sbottai io.

“Non mi sarei mai immaginato che tu ci seguissi” fece lui, ridendo.

Mi guardarono tutti e si misero a ridere. Incrociai le braccia, scocciata che mi stessero prendendo in giro.

“Quello è stato il primo e ultimo anno” dissi, ma nessuno mi sentii. Continuavano a ridere come degli imbecilli quali erano. “Allora questo ballo?” feci io spazientita.

“Si chiama Cinderella Ball” mi rispose Liam, una volta aver smesso.

“Bene. Potete contare su di me”

 

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Capitolo 28
*** Charlotte ***


Capitolo 46


Charlotte’s Pov
 
Eravamo a Doncaster e stavamo prendendo quello che secondo mia madre serviva per la grande serata. Aveva ordinato moltissime cose e le aveva fatte recapitare a casa.

“Perché non li hai fatti spedire a casa di Lou?” chiesi a mia madre, esasperata.

“Perché devo prima controllare tutti gli articoli. Se non sono quelli che avevo ordinato, posso cambiarli subito in negozio” mi rispose sorridendomi dolcemente.

“Ci sono migliaia di negozi anche a Londra” borbottai io, ma lei parve non sentirmi o, semplicemente, fece finta. Sospirai, poi ripresi subito a lavorare. Uscii di casa per prendere l’ennesimo scatolone, ma mi bloccai perché vidi qualcosa che non avrei mai voluto vedere. O meglio qualcuno.

Proprio di fronte a me, dall’altro lato della strada, c’erano Dylan Thorne e i suoi stupidi amici che camminavano tranquillamente per la via. E sapevo che non era una coincidenza visto che vivevano dal lato opposto della città.

Quel bastardo sapeva che sarei tornata e voleva vedermi, anche solo da lontano.

Rabbrividii inconsapevolmente e mi diedi mentalmente della stupida. –È finita ormai, Lottie- mi ripetei, -Sei al sicuro-

“C’è qualcosa che non va?” mi chiese una voce dietro di me, facendomi sobbalzare.

Era Liam. Era venuto con me e Louis ad aiutare. Non che non lo volessi, sia chiaro, ma le strane emozioni che provavo quando lui era vicino mi confondevano. E poi c’era mia madre che quando aveva saputo che avrei partecipato al progetto saltò letteralmente dalla felicità e che aveva insistito perché venisse anche Liam. Diceva che le servivano più mani possibili e che la mia presenza le ricordava i vecchi tempi.. e non avevo avuto cuore di dirle che niente era come prima.

Ritornando a Liam.. beh, lo guardai e gli sorrisi. “No, non è niente. Stavo pensando a quale scatolone prendere” risposi io.

Sapevo che non mi aveva creduto. L’avevo capito da come mi guardava e da come alternava lo sguardo da me ai tre deficienti dall’altro lato della strada che si erano fermati e che parlottavano tra di loro.

“Chi sono quelli?” mi chiese, sospettoso.

Alzai lo sguardo e lo diressi verso quei cretini. “Vecchi amici” risposi, cercando di far risultare il mio sorriso il più autentico possibile. E mi insultai mentalmente quando una piccola smorfia comparve sul mio viso: dove diavolo era finito il mio talento nel recitare? A farsi benedire?

“E perché non vai a salutarli? Sarebbero felici di vederti”

“Credo che questi non siano affari tuoi, Liam. Perché non torni a ciò che stavi facendo?” feci io acidamente, e me ne andai lasciandolo da solo.

 

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Capitolo 29
*** Liam ***


Capitolo 47

Liam’s Pov
 
Il suo volto era come un libro aperto per me. Sapevo quando stava mentendo e lo capivo da come mi guardava e dal suo sorriso.

Ricordavo un frase che mia madre, molto tempo prima, mi aveva detto: Ricordati Liam che una Donna ha otto sorrisi: uno quando ride davvero, uno quando e' nervosa, uno quando ride ma dentro ha una tristezza infinita, uno quando e' imbarazzata, uno quando parla con gli amici, uno semplicemente per educazione, uno quando si prende in giro ed uno che e' il più bello di tutti: quando parla dell'uomo che ama. 

E beh, in quel momento lei mi sembrava nervosa. Il comportamento che aveva avuto era insolito. Dal momento in cui l’avevo rivista a casa di Lou fino a quel giorno, Charlotte era stata molte cose: arrabbiata, sarcastica, evasiva, imbarazzata a volte, ma mai nervosa.

E non mi piaceva.

Ma c’era qualcos’altro che la turbava a tal punto da paralizzarla.

Avevo un disperato bisogno di sapere solo per poterla proteggere sia da se stessa che dagli altri, perché, nonostante l’indifferenza che ostentava, lei era distrutta.

Forte abbastanza da non crollare, ma ugualmente a pezzi.

Mi diressi verso di Louis, che si trovava dentro casa e stava facendo l’inventario, e lo bloccai bruscamente.

“Dimmi chi sono quei tre tizi laggiù”

Si girò verso la finestra e li osservò. C’erano tre ragazzi, ma uno spiccava più degli altri: era alto, con spalle larghe e capelli corti e biondi e aveva l’aria di essere un imbecille di prima categoria.

“Mmm” fece lui, pensieroso. “Quello alto dovrebbe essere Dylan Thorne. Faceva parte del gruppo con cui usciva Charlotte, ma gli altri due non li ho mai visti. Perché?”

“Oh niente. Curiosità”

Rise. “Mi hai quasi staccato un braccio solo per curiosità? Faccio finta di crederci”

Lo guardai con fare interrogativo, alzando un sopracciglio. Lui mi posò una mano sulla spalla e, guardandomi negli occhi, mi disse: “Sei geloso marcio, amico”

Aveva fottutamente ragione. 

 

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Capitolo 30
*** Charlotte ***


Capitolo 48

Charlotte’s Pov
 
“Tesoro!” mi chiamò mia madre dal soggiorno. “Potresti andare in soffitta e prendere i tuoi vecchi giochi?! Li vorrei dare in beneficenza!”

“Li metto dentro uno scatolone?!” urlai di rimando.

“Mettili dentro una busta. Così almeno non rotolerai dalle scale!”

Ah-ah. Ma quanto era spiritosa mia mamma?

*
 
La soffitta di casa Tomlinson era molto grande e buia. Vi si accedeva attraverso una botola ancorata al soffitto che, quando si apriva, usciva una scala di metallo molto ripida. Vi erano contenuti un armadio in legno, alcuni bauli e molti scatoloni, il tutto illuminato dalla poca luce che entrava dalle minuscole finestre e da una lampadina che emetteva un bagliore fioco.

Fin da quando ero bambina evitavo quel luogo, soprattutto le notti in cui mio fratello raccontava qualche storia di paura. Ma ormai ero grande e avevo imparato che i mostri non ti vengono a trovare solo di notte, ma ti aspettano alla luce del sole dove tutti possono vederli, ma che nessuno nota mai.

Andai verso lo scatolone con scritto ‘giochi’ e lo aprii. Tra tutti i giocattoli che vi erano, uno colpì la mia attenzione: era la mia bambola di pezza. Era quanto il palmo della mia mano e l’avevo chiamata Camilla. Eravamo inseparabili, tanto che una volta volli fare il bagno con lei. Risi al ricordo. Non volevo darla via, perciò la misi dentro la mia tasca. L’avrei data a una bambina molto speciale..

C’era poi il trenino con cui giocava sempre Lou, la mia casa delle bambole, un mini bigliardino, delle videocassette e altri pupazzi.

Era come tornare indietro nel tempo dove le piccole cose erano le più importanti.

Avevo dimenticato com’erano belle le piccole cose: rincorrersi a chiapparello, giocare a nascondino, usare delle cassette per costruire grattaceli enormi o usare un bigliardino e delle coperte per trasformarli in una fortezza impugnabile..

Non sapevo più cosa significava essere felici e liberi. Essere bambini.

Avevo dimenticato cosa volesse dire sentirsi amati o provare quella gioia incondizionata che esisteva solamente nel mondo che si aveva creato.

Ma la bambina, che sapevo di possedere ancora dentro di me, era soffocata dai mille muri che avevo eretto per proteggermi. Ed non sapevo più come poterla liberare.

 

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Capitolo 31
*** Charlotte ***


Capitolo 49

Charlotte’s Pov
 
“Charlotte!?”

La voce di Louis mi riscosse dai miei pensieri. Mi girai nella direzione in cui ero entrata e c’era lui che mi guardava con quegli occhi azzurri così vivaci e pieni d’amore.

“Ho fatto” dissi io, distogliendo lo sguardo e mettendo i giochi nel sacco.

“C’è qualcosa che non va?” mi chiese.

Lo guardai di sfuggita, scuotendo la testa. “No, niente. Questi giocattoli mi hanno ricordato quanto fosse bello essere bambini e…” esitai.

Si avvicinò a me, lentamente. “E?”

Eravamo l’uno di fronte l’altra, occhi negli occhi. “E quanto mi piacesse avere un fratello come te”

“Sarò sempre tuo fratello, Charlotte”

Annuii. “Lo so, Lou. E so di essere fortunata ad averti” dissi. “Anche se non l’ho dimostrato in questo periodo, io ti voglio bene”

Venne verso di me, colmando quei centimetri di distanza che ci separavano, e mi abbracciò. “Ti voglio bene anche io, Lottie” mi sussurrò all’orecchio. “E non cambierà mai”

 

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Capitolo 32
*** Charlotte ***


Capitolo 50

Charlotte's Pov
 
Arrivò presto il giorno del ballo.

Tutto era perfetto: la sala, il cibo, la musica, le persone… tutto. Avevano fatto un ottimo lavoro e lo si poteva vedere con un solo sguardo.

La serata iniziò verso le nove di sera e fu un successone. Iniziò prima con il red carpet, dove non avevo partecipato. Avevo lasciato fare la sfilata di bellezza a Louis e Liam. Io preferivo non comparire da nessuna parte. Era meglio per me.

Successivamente ci furono i discorsi degli organizzatori e quello di Louis.

“Grazie mille, a tutti voi, per essere venuti” iniziò lui. “E’ un incredibile privilegio per me e mia madre poter collaborare con Believe In Magic. Il loro lavoro è di grande ispirazione e continua a lasciarmi sempre senza fiato, quindi non abbiamo esitato quando ci è stato chiesto un aiuto per questo fantastico ballo.

Ciò che rende questa associazione di beneficenza così unica è che tutto il loro magnifico lavoro è conquistato semplicemente da… Riuscite a sentirmi? E’ abbastanza forte?” il pubblico rise. “Okay, stavo solo controllando" fece. 

"Questa associazione di beneficenza è assolutamente incredibile, è gestita da sole due persone, madre e figlia, cosa che credo sia fantastica. Un grande applauso a Meg e alla mamma di Meg!

Grazie mille a tutti quelli che hanno reso possibile questa notte e grazie a tutti quelli che stanno sostenendo la causa, significa davvero molto.

L’idea di Meg per il ballo di stasera era quella di dare a queste famiglie, che lei conosce bene, una serata piacevole da ricordare e poter raccogliere fondi in modo che questi bambini possano continuare a credere nella magia

Quindi grazie mille e ora passo il microfono alla mia bellissima mamma, che ha fatto un meraviglioso lavoro con questo ballo.” Il pubblico applaudì.

Poi iniziò il divertimento vero e proprio.

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Capitolo 33
*** Liam ***


Capitolo 51

Liam’s Pov
 
Quando la vidi rimasi sbalordito. Era bellissima.

Lo era sempre, certo, ma quella sera era raggiante.

Indossava un abito lungo, che scendeva morbido da sotto il seno in giù. Il colore diventava più chiaro, gradualmente, man mano che scendeva. Sul busto era viola scuro, poi era fucsia e infine rosa carne.

Aveva i capelli raccolti, con qualche ciocca ribelle che le incorniciava il viso. Gli occhi erano messi in risalto da un ombretto scuro che riprendeva il vestito.

L'avevo già detto che era stupenda?

Mi avvicinai verso di lei, salutandola poi con due baci sulle guance.

Lei sorrise maliziosamente prima di dirmi: "Stai iniziando a sbavare, Liam"

E fu così che rovinò quel momento. Risi scuotendo la testa, esasperato.

"Sei stupenda, Charlotte" le dissi poi, ignorando ciò che mi aveva detto.

"Grazie. Non sei niente male neanche tu"


*


Io, Charlotte e Louis eravamo seduti allo stesso tavolo, assieme ad altre persone. Stavamo mangiando tranquillamente quando una bambina di avvicinò e picchietto con il suo ditino sul vestito di Charlotte. Lei si girò e, vedendo quel angelo, sorrise in un modo che mi fece saltare un battito.

"Ciao, sono Charlotte. Tu chi sei?"

"Emily"

Charlotte sorrise. La guardava in un modo che non capivo e le parlava dolcemente.

"È davvero un nome bellissimo" fece lei. "Dov'è la tua mamma, Emily?"

"È lì" disse indicando il posto dove una signora la controllava. "Sono venuta per dirti che il tuo vestito mi piace moltissimo. Sembri una vera principessa"

Charlotte si alzò e si sedette per terra, facendo cenno alla bambina di sedersi con lei. Non si preoccupò degli sguardi che gli altri le stavano lanciando, anzi non se ne accorse nemmeno.

"Oh tesoro, grazie. Ma non sono io ad esserlo. Ti dirò un segreto, ma mi devi promettere che non lo dirai a nessuno"
Emily annuì, contenta. Charlotte le si avvicinò e le disse piano: “In realtà sono una fata, mandata qui per proteggere tutte le principesse e i principi che ci sono stasera”

“E chi sono?” fece la bambina, impaziente di sentire la risposta.

“C’è una principessa proprio di fronte a me, sai?”

Emily si girò da un lato e poi dall’altro. “Non la vedo” disse lei.

“Sei tu sciocchina” fece Charlotte ridendo e accarezzandole il naso con un dito. Nel frattempo altri bambini si unirono in quel cerchio. “Lo siete tutti voi. E lo sapete perché?”

Scossero la testa, in segno di negazione.

“Perché siete coraggiosi e leali e avete un cuore grande grande” disse lei. “Non cambiate mai, piccoli, perché siete perfetti così” 

 

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Capitolo 34
*** Charlotte ***


Capitolo 52

Charlotte’s Pov
 
La musica circondava quel luogo magico e risuonava in ogni angolo.

Stavamo ballando, l’uno tra le braccia dell’altro e stretti come se fossimo una cosa sola. Mi sembrava di essere dentro una bolla che fluttuava in alto, dove gli altri non potevano toccarla né vederla. C’eravamo solo noi, tutto il resto era scomparso.

 “Rilassati” mi disse accarezzandomi, con movimenti circolari, la schiena scoperta.

“Non ci riesco”

“Provaci” insistette lui.

“è difficile, sai?” feci io, appoggiando il mento sulla sua spalla sinistra, in modo che non potesse vedere i miei occhi. Avrebbero mostrato troppo.

“Perché?”

“Ho paura” sussurrai io.

Si staccò e, senza smettere di muoverci, mi prese il volto tra le sue mani grandi. Erano così confortanti, così familiari. Mi guardò, occhi negli occhi. Castano contro grigio.

“Di cosa?” mi sussurrò.

“Di rompermi in tanti e piccoli pezzi”

Mi accarezzò teneramente il volto ed io mi appoggiai a lui. “Se dovesse accadere, ci sarò io a raccogliere i cocci”

Lo guardai. “Ne sei proprio sicuro, Liam?”

“Come non lo sono mai stato” mi rispose. “Io ci tengo a te, Charlotte. Tengo a un noi”

“Non sai in cosa ti stai andando a cacciare, Liam.”

“Non mi interessa. Tutto ciò che desidero sei tu”

Sospirai. “Non sono pronta. È troppo presto” sussurrai io. Nonostante il cuore mi battesse forte, lo guardai negli occhi. “Anche io ci tengo a te, ma non voglio trascinarti nel mio baratro.”

“Ormai ci sono troppo dentro, non credi?” chiese ridacchiando.

“No, Liam. Non hai neanche sfiorato la superficie. Sei ancora in tempo per andare via”

Scosse la testa. “Non lo farò, Charlotte. Anche se mi scaccerai, resterò sempre al tuo fianco. Non andrò da nessuna. Non senza di te”



 

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Capitolo 35
*** Liam - Charlotte ***


Capitolo 53

Liam’s Pov
 
La semplicità con cui aveva parlato con quella bambina, la dolcezza che ci aveva messo e la forza che aveva mi avevano destabilizzato. Poi c’era stato il ballo e la sua fragilità era emersa assieme alla mia necessità di proteggerla.

Avrei voluto farle molte domande, ma sapevo che si sarebbe richiusa a riccio e non volevo che accadesse. Non ora che stava iniziando a fidarsi di me.

Mi stava dando una possibilità e non l’avrei buttata per niente al mondo.

 
Charlotte’s Pov           
 
Dopo il ballo potevo tranquillamente affermare che ero emotivamente instabile.

Ciò che mi aveva detto girava nella mia mente come un vortice e scalfiva la mia corazza impenetrabile. Ci avevo messo anni a costruirla e a collaudarla e lui, con delle semplici parole, aveva creato una crepa. Era lì, in bella vista, e mi preoccupava.


 

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Capitolo 36
*** Charlotte ***


CAPITOLO 54 & 55

Charlotte’s Pov
 
Louis aveva insistito per far disegnare la faccia di Liam e, beh, il risultato fu spettacolare. Appena vedemmo il suo viso non riuscimmo a non ridere.

“Sei una fatina bellissima, bro” disse mio fratello tra una risata e un'altra.

Avevo le lacrime agli occhi, giuro, e non riuscivo a smettere di ridere. Soprattutto quando poi fece una faccia imbronciata. Oh, andiamo! Era divertente! Non riuscivo neanche a stare in piedi!

Prese uno specchio e si guardò. Borbottò qualcosa sul fatto che era più una tigre che una fatina, ma facemmo finta di non sentirlo.

“Hai avuto una splendida idea, Lou” feci io, una volta che l’attacco di ridarella cessò.

“Lo so” si vantò lui.

Ad interrompere il nostro ciarlare fu una bambina piccolissima che stava picchiettando i pantaloni di Liam. Poteva avere quattro, cinque anni massimo, e portava un bellissimo vestito da principessa.

Era stupenda.

Come poteva una bambina così splendida avere una malattia così brutta? Perché la vita doveva essere così ingiusta? Ma io, dopotutto, ne sapevo qualcosa.

Liam sorrise. Si abbassò alla sua altezza e con una dolcezza infinita parlò con la bambina. Quella bellissima immagine la impressi nella mia mente e la depositai nel mio cuore.

Potevo sentire benissimo un muro che crollava. Il primo di una lunga serie.


 
***

 
La madre della bambina si avvicinò a me.

“È una bambina bellissima” le dissi.

“Lo so” rispose lei. Avevo notato l’orgoglio che provava, ma anche il peso che sentiva addosso.

“Non voglio essere indiscreta, ma posso chiederle come sta?”

Lei sospirò. Un sospiro doloroso. “Ci sono giorni sì e giorni no” mi rispose lei. “Non sa neanche che sta male. Non se ne rende conto”

Le poggiai una mano sulla spalla, comprensiva. “Mi dispiace, ma sono sicura che si riprenderà. È forte”

“Il solo pensiero di perderla…” la sua voce si affievolì.

“Le si forma un groppo in gola e si sente mancare l’aria. È come se qualcuno le stesse strappando una parte della sua anima” dissi, sovrappensiero.

Si girò verso di me e potei notare il suo volto: aveva le lacrime agli occhi ed era un po' stupita.

“Si” affermò. “Lei come lo sa?”

“Una donna può comprendere facilmente quello che prova”

Scosse la testa, non smettendo di guardarmi. “No, solo una madre può farlo”


 

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Capitolo 37
*** Charlotte ***


Capitolo 56

Charlotte’s Pov

I giorni passarono e arrivò settembre. E più si susseguivano, più mi sentivo fredda. Era come se il cuore mi si stesse congelando.

In quel lasso di tempo ci fu il compleanno di Liam, il quale, dopo molta insistenza, partì per Wolverhampton e lo festeggiò con i suoi amici di infanzia e la sua famiglia.

Mi invitò, ma non volli andarci. Gli dissi che sarei stata solamente un peso per lui e che era meglio passasse quel tempo con chi amava.

“Perché tu non mi ami, Charlotte?” mi chiese lui sfidandomi con gli occhi.

“è troppo presto parlare di amore, Liam. Non credi anche tu?”

Scosse la testa e se ne andò, offeso.

Non feci niente per fermarlo. E perché avrei dovuto? Ci saremo comunque visti la settimana dopo.

I ragazzi decisero di organizzargli una festa a sorpresa al suo ritorno e, beh, andò bene.


*


“Che hai? Sono giorni che sei un po’ strana” mi disse Mel.

C’eravamo incontrate una mezz’oretta prima in un bar in centro. Avevamo parlato del più e del meno, ma io ero un po’ distratta e lei se n’era accorta.

Sospirai. “Scusami. Cosa stavi dicendo?”

Scosse la testa. “No, ora mi dici cosa c’è che non va” insistette lei.

“Tra una settimana esatta, saranno quattro anni” sussurrai io, guardando la gente che passeggiava tranquilla.

“Di cosa?”

“Che il mio angelo ha preso il volo” risposi.

Lei non capì e così le raccontai quello che era nascosto nel mio cuore da troppo tempo ormai.


*


Tornata a casa incrociai i ragazzi. Erano seduti sul divano a guardare una partita di calcio. Non mi sentirono rientrare, perciò, senza far rumore, mi rintanai nella mia camera. La chiusi a chiave e presi il mio diario.

 

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Capitolo 38
*** Il Diario ***


Capitolo 57 - Il Diario


È ingiusto, sai? È ingiusto come la vita ti doni qualcosa di meraviglioso e che poi se lo riprende con una crudeltà tale da farti rimanere senza fiato, da farti bloccare il cuore. 

No, non lo è.

Da una parte c’è il senso di colpa e dall’altro la mia (poca, o meglio dire scarsa) fede.

A volte penso che sia stata io a innescare la catena dei fatti e il senso di colpa che provo ne è la conferma. Anche se negli anni è diminuito, è ancora lì, nella mia mente, che mi ricorda che se non avessi fatto determinate cose, forse non sarei arrivata a questo punto. Che non avrei perso la cosa più bella che avevo creato.

E, dopo quello che ho passato, sono arrivata a un punto nel quale non credo che ci sia un Dio che ci protegga, perché se ci fosse stato non mi avrebbe portato via così tanto. Se fosse tanto buono e misericordioso non avrebbe mai preso il mio cuore e mai l’avrebbe ridotto in mille pezzi.

La penso così.

In quattro anni ho perso troppo. La mia adolescenza, la mia gentilezza, la fiducia che riponevo negli esseri umani, l’amore verso me stessa e per gli altri… Non dico che sono l’unica, perché non sarebbe vero.

So che ci sono persone, come me, che hanno donato il cuore alla persona sbagliata, che continuavano a volerle bene nonostante i gesti che faceva, che erano cieche. Lo so. E purtroppo non per tutte c’è stato un lieto fine. So anche questo.

Dirai che dovrei ritenermi fortunata, ma beh, non è così.

Avrei preferito morire in quel letto d’ospedale.

Non -

 

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Capitolo 39
*** Charlotte ***


CAPITOLO 58 & 59

Charlotte’s Pov
 
Bussarono alla porta, perciò mi interruppi e nascosi il diario sotto il letto.

“Chi è?” urlai io.

“Sono Louis, posso entrare?”

Mi alzai e aprii la serratura.

“Dimmi”

“Volevo solo chiederti se mangiavi con noi”

“Si” risposi io.

Stava per andarsene, quando lo fermai.

“Ritorno a Doncaster la prossima settimana” comunicai a Louis. “Parto domenica”

“Perché?”

“Voglio far visita a mamma e papà e voglio vedere i gemelli”

Non era una vera e propria bugia, avevo davvero voglia di rivedere i piccoli. Mi mancavano.

“Ma ti perderai il compleanno di Niall!” si lamentò lui.

“Beh, sarà per un'altra volta”

“Allora possiamo andare insieme”

“No, andrò da sola” dissi io.

“Sono in pausa e ti potrei accompagnare, se vuoi”

“Non voglio. E come hai detto poco fa, ci sarà il compleanno di uno dei tuoi migliori amici. Vuoi veramente perdertelo?”

Sospirò. “No” disse, arrendendosi.

“Ah! Non chiamare mamma! Voglio farle una sorpresa”


 
***


Avevo programmato tutto nei minimi dettagli: avrei incontrato una persona, sarei tornata a casa e sarei stata con la mia famiglia, infine sarei ritornata a Londra.

Niente poteva andare storto. Niente.

L’unica cosa che volevo era che quella settimana passasse in fretta, così da continuare la mia vita fingendo che tutto andasse bene.

Non chiedevo altro.

Ma si sapeva che gli imprevisti erano sempre dietro l’angolo, in agguato, e aspettavano il momento giusto per saltarti addosso e travolgerti. 

 

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Capitolo 40
*** Liam ***


Capitolo 60

Liam’s Pov
 
Eravamo a casa mia, allungati sul divano a far finta di guardare la partita. In realtà stavamo entrambi pensando a Charlotte, anche se forse per ragioni diverse.

“Sono giorni che è strana” disse Louis, sovrappensiero.

“L’ho notato anche io” gli risposi. “È come se non ci fosse realmente, come se vagasse in qualche altro posto. Vorrei tanto sapere cosa le passa per la testa”

“Già” sospirò Lou. “Tra un paio di giorni torna a casa”

Lo guardai. “Perché?”

“Ha detto che gli mancano i gemelli” disse facendo una smorfia. “Ma c’è qualcos’altro. È che… non so, vorrei mi dicesse tutto come quando eravamo più piccoli. Ci promettemmo onestà assoluta, sai? Sapevamo tutto quello che accadeva all’altro. Tutto. E invece guarda come siamo diventati: due estranei che hanno in comune solo lo stesso sangue”

“Sai che non è vero, Lou. Vi siete allontanati, ma questo non significa che non possiate tornare come prima. Forse sarete persino più forti…”

“Lo spero” sussurrò lui. “Mi manca, Liam. Mi manca la mia sorellina”

 

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Capitolo 41
*** Charlotte ***


Capitolo 61

Charlotte’s Pov
 
Perché quando mi serviva qualcosa non la trovavo mai?

Stavo cercando disperatamente il mio diario e non lo trovavo da nessuna parte. La sola idea di averlo perso, causava in me una mole di ansia da far invidia a tutti. Se fosse caduto nelle mani sbagliate (ergo mio fratello o uno dei suoi amichetti) sarebbe stato la fine. Per loro, certo.

Purtroppo però non ricordavo dove l’avevo messo l’ultima volta, e non avevo altro tempo. Perciò finii di preparare la valigia e uscii dalla mia camera, chiudendola.

“Sei pronta?” mi chiese Louis, facendomi sobbalzare. Non sapevo lui fosse a casa.

“Si, certo” risposi. “Come mai qui?”

“Sai com’è, ci vivo” fece sarcastico. In risposta alzai gli occhi al cielo.

“Intendevo sveglio a quest’ora. È praticamente l’alba”

“Volevo prepararti la colazione. Ho il caffè caldo e dei cornetti”

“Con la marmellata?” chiesi, praticamente avevo gli occhi a cuoricino.

“Si” rispose lui sorridendo.

“Ahhh, non sai quanto ti voglio bene” dissi saltellando verso di lui. Gli diedi un bacio sulla guancia e poi mi diressi in cucina. Mi aveva praticamente risollevato una giornata che sapevo sarebbe stata tetra. E avrei voluto ringraziarlo, ma la mia stronzaggine prese il sopravvento.

“Bene, grazie per la colazione. Era ottima” feci, una volta finito. “Ti chiamo quando arrivo”

Lui annuì in risposta, poi mi diede un bacio sulla guancia. “Stai attenta” mi disse.

“E non accetterò caramelle dagli sconosciuti. Si papà, tutto chiaro” feci io, alzando gli occhi al cielo. “Non preoccuparti, Lou. Andrà tutto bene. Sarò di ritorno a casa in men che non si dica e continuerò a romperti le palle ancora e ancora finché morte non ci separi”

 

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Capitolo 42
*** Charlotte ***


Capitolo 62

Charlotte's Pov
 
Una volta arrivata in città, mi diressi direttamente verso il cimitero. Padre John mi aspettava all’entrata.

“Buon giorno Charlotte”

“Padre John. Direi che un piacere vederla, ma date le circostanze..”

“Ogni volta che ci vediamo, ripeti le stesse e identiche parole” fece lui. “Potresti venire anche gli altri giorni, sai”

“Lo so, ma il solo vedere questo posto riporta in me ricordi dolorosi” dissi mentre alzavo lo sguardo e fissavo il cielo.

Sospirò. “Lo so, cara”

“Sa, non l’ho mai ringraziata per quello che ha fatto per me, perciò voglio dirglielo ora: Grazie” feci, sincera.

“Non ce n’è bisogno” disse lui.

Scossi la testa. “Si, invece. E spero di non averle causato dei guai”

“L’unica persona, oltre a noi due, che sa della faccenda è il Signore, Charlotte”

“Bene”

“Ti senti ancora incolpa per quello che è successo. La tua mente si interroga ancora per ciò che è accaduto, se avresti potuto fare qualcosa per cambiare quello che è successo.”

Non era una domanda, perciò non serviva neanche che io rispondessi.

“Ma non puoi, cara.” Continuò lui. “Quello che fatto è fatto e tu non hai colpa di niente. Quanti anni sono passati, Charlotte? Cinque?”

“Quattro” lo corressi io.

“Già, quattro anni. E in tutto questo tempo come ti sei sentita?”

“Il mio cuore è morto con lei, Padre. Come potevo sentirmi? Provavo rabbia, dolore, confusione, colpa..”

Annuii, comprensivo. “Voglio ridarti una cosa” disse lui, prendendo dalla tasca un medaglione che riconobbi subito.

Era grande quanto una moneta da 2 sterline, d’argento e ovale. Al centro vi era una pietra di zaffiro, il tutto rifinito con disegni eleganti fatti con fili d’argento. Il medaglione aveva una apertura nel lato destro, impossibile da vedere. All’interno, sul lato sinistro, c’era la foto della mia ultima gravidanza e sul lato destro una scritta: Sarai sempre nel mio cuore, angelo mio. Ti amo, la tua mamma”

L’avevo fatta fare il giorno in cui seppi che aspettavo lei. Gliel’avrei data quando fosse diventata abbastanza grande da poter capire e ci avrei messo una foto di noi due. Ma, purtroppo, le cose non erano andate come speravo.

Gli occhi mi si riempirono di lacrime. Tesi la mano e Padre John mi mise il medaglione al centro.

“Perché?” dissi, stringendolo al petto.

“Appartiene a te, Charlotte. Ora è il momento giusto. Lo vedo dai tuoi occhi, bambina mia. C’è speranza”

Abbassai lo sguardo. “Grazie, Padre”

Ricordo quel giorno. Il giorno in cui diedi il medaglione a Padre John e gli feci promettere di darmelo solo quando sarei stata pronta per andare avanti. Mi fidavo di lui, sapevo che quando sarebbe arrivato il momento l’avrebbe capito. E così fu.

“Vuoi confessarti, Charlotte? Prima di andare da lei”

“Si”

 

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Capitolo 43
*** Charlotte ***


Capitolo 63

Charlotte's Pov
 
La bara si trovava affianco alla statua di Maria, in una piccola radura. La terra era piana di piccole margherite e i cespugli di rose davano un tocco di luce a quel luogo buio.

La lapide era di marmo bianco e nonostante gli anni, era ancora lucida e fredda. Con il dito tracciai il bordo, poi le parole scritte in corsivo che la ornavano.


 
Angel Tomlinson, 15 settembre 2012
Potranno passare anche degli anni, ma tu, angelo mio, non passerai mai.


 
Le lacrime scendevano lente sul mio viso.

“Angel, sono tornata. Buon compleanno, tesoro” dissi tra i singhiozzi. “Ti ho portato una cosa, piccola”

Presi la mia borsa, ci frugai dentro finché non trovai una piccola bambola di pezza. Era grande quanto il palmo della mia mano. Aveva i capelli rossi, raccolti in codine, occhi azzurri e una salopette verde con una maglietta fucsia. La poggiai contro la lapide, affianco ai fiori.

“Quando ero piccola ci giocavo sempre. Era la mia bambola preferita. Si chiama Camilla” feci io. “prenditi cura di lei, tesoro mio”

I singhiozzi mi spezzavano il respiro e parlare diventava sempre più impossibile.

“Un giorno ci ritroveremo, amore mio. E resteremo insieme per sempre. Lo so. Ma per il momento, la tua bisnonna e il tuo bisnonno sono con te. Fidati di loro, piccola. Sono delle grandi persone e ti insegneranno tutto quello che io non ho potuto insegnarti”

Una piacevole brezza accarezzò il mio viso, trasportando delle lacrime lontano.

“Ti voglio bene, angelo mio. E questo non potrà mai cambiare”

 

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Capitolo 44
*** Charlotte ***


Capitolo 64

Charlotte's Pov

"Sei patetica"

Quella voce mi riscosse dai miei pensieri. Sapevo a chi apparteneva. Dopotutto come non potevo? L'avrei riconosciuta tra mille.

Presi tutto l'odio, il rancore, la rabbia che provavo e mi feci forza. Mi asciugai in fretta le lacrime, poi mi girai verso di lui alzandomi. Nonostante fossero passati degli anni dall'ultima volta in cui gli avevo parlato, era rimasto lo stesso bastardo di sempre. Ed io sotto quello sguardo, la solita patetica deficiente.

Risi, freddamente. "Se io sono patetica, tu cosa sei?" feci io. "Oh, lo so. Uno stronzo manipolatore che mi ha rovinato la vita"

I suoi occhi si chiusero a fessura, segno che si stava arrabbiando.

Alzai un sopracciglio in segno di sfida. "Non sono più la ragazzina di una volta, Dylan. Non mi fai più paura"

Fece un passo avanti nella mia direzione. Non mi mossi. Non potevo. Gli sarebbe parso come un segno di debolezza e l'avrebbe usato a suo vantaggio. Lo conoscevo fin troppo bene il lurido bastardo.

"Cosa vorresti fare? Picchiarmi forse? Le registrazioni sono pronte per essere inviate.."

Chiuse le mani a pugno, ma non fece un altro passo. "Non ti conviene sfidarmi, Lottie. Lo sai come va a finire"

"Con te che finisci in prigione per tutto quello che ci hai fatto?" feci sarcastica. Poi lo guardai negli occhi e, con tutta la sincerità che possedevo, gli dissi: "Sai che ti amavo, Dylan. Nonostante tutto, io ti amavo. E, se solo me l'avessi permesso, ti sarei stata accanto. Sempre. Ma poi mi hai tolto l'unica fonte di luce che mi era rimasta: hai ucciso la mia bambina. E questo non te lo perdonerò mai"

Rise. "Io non ho fatto nulla. Sei caduta, ricordi?"

"Sopra il tuo pugno, certo. E non solo una volta, ma ben dieci" feci io sarcastica. "Fai un favore a tutta l'umanità, Dylan: smettila con queste cazzate e fatti aiutare!"

"Uhhh, la gattina ha messo gli artigli" disse lui, sogghignando. "Sai che non puoi dirmi quello che devo fare, Lottie. Né minacciarmi. Nessuno può. Guardati le spalle perché ne avrai bisogno" E se ne andò.

Fu solo quando non lo vidi più che mi lasciai andare. Ero praticamente scossa dai brividi. Mi appoggiai alla lapide e mi sedetti di fronte alla mia bambina.

"Mi dispiace, piccola" le sussurrai, mentre le lacrime scendevano copiose sulle mie guance.

 

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Capitolo 45
*** Louis ***


Capitolo 65

Louis’ Pov
 
Decisi di chiamare Charlotte verso tarda sera, sperando che mi rispondesse. Avevo avuto per tutta la giornata una strana sensazione e volevo sapere se era andato tutto bene. E già che c’ero mi facevo anche dire dov’era il caricatore del cellulare. Ero un genio.

“Sorella, sei viva?”

“Certo, fratello. Ho già cenato”

“Perché non mi hai chiamato?”

“Mi è passato di mente. Ho giocato per tutto il pomeriggio con i gemelli” disse sospirando. Percepivo dal suo tono il peso di qualcosa che non riuscivo ad afferrare. A volte quella ragazza era davvero un mistero. E pensare che prima non era così. Già, prima.

“Qualcosa non va?” le chiesi.

“No, niente. È stata solamente una giornata dura tra il viaggio e mamma che continua a farmi domande a profusione. Voglio solo dormire!!!”

La conoscevo fin troppo bene e sapevo che stava omettendo qualcosa. Volevo chiederglielo, ma alla fine cambiai idea, soprattutto quando sentii un tonfo e potei benissimo immaginare lei che si buttava all’indietro sul materasso del letto, sbattendo la testa. Mi fece dimenticare ciò a cui stavo pensando.

“Maledizione!” imprecò lei ed io non potei fare a meno di ridere. “Non sei divertente, Louis”

“Certo che lo sono. Il più divertente, intelligente, altruista, gentile e dolce essere vivente sulla faccia della terra”

“E modesto aggiungerei” fece, sarcastica. “Avevi bisogno d’altro? Sono stanca e voglio andare a dormire”

“Ah si, il tuo carica batterie”

“È in camera mia, vicino il letto”

“Grazie, sorellina. Buonanotte”

“Buonanotte Louis e sogni d’oro”

 
***


Dopo che la chiamata fu conclusa andai in camera sua e, guardandomi in torno, mi diressi verso il comodino dov’era appoggiato il carica batterie. Forse era meglio dire intrecciato all’inferriata del letto.

Cercai di districarlo, ma cadde a terra sotto il letto. Sospirando, mi chinai e, cercandolo con la mano, mi imbattei in qualcosa di rigido. Presi il caricatore e l’oggetto e me l’avvicinai, facendoli uscire dal loro nascondiglio. Lo strano oggetto era un diario nero, chiuso con un elastico dello stesso colore.

Questo è il diario di Lottie, pensai rigirandolo tra le mani. Non avrei mai creduto che possedesse un diario. Non è il tipo. E poi c’è il fatto che non dovrei leggerlo, è privato. E so già che si arrabbierebbe moltissimo per il solo fatto che ho curiosato in camera sua.

Ma la curiosità ebbe la meglio. Perciò aprii la prima pagina: non vi era una data, ma un breve avviso seguito da una citazione che non avevo mai letto.

 

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Capitolo 46
*** Charlotte ***


Capitolo 66

Charlotte’s Pov
 
Merda, merda, merda.

Mi ero appena ricordata che sotto il mio fottutissimo letto c’era anche il mio diario. Maledizione! Louis non poteva leggerlo. Nessuno doveva farlo.

Mi aggiravo nella mia camera come un gatto in gabbia. Dovevo trovare al più presto una soluzione. Una. Maledetta. Soluzione. E poi ci fu il lampo di genio.

Presi il telefono e chiamai l’unica persona che avrebbe potuto aiutarmi.

“Melanie, scusa l’orario, ma ho bisogno del tuo aiuto”

“Dimmi” fece lei. Aveva la voce rauca, segno che l’avevo svegliata.

“Okay, in breve dovresti andare a casa di Louis, entrare in camera mia, prendere il mio diario e poi portarlo con te”

“Aspetta un momento: cosa?!”

 

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Capitolo 47
*** Il Diario ***


Capitolo 67 - Il diario 




Tu che stai leggendo questo diario: non andare avanti! E non è una richiesta, ma un ordine. Saprò se non lo farai e la mia maledizione ti perseguiterà per sempre. Se non l’avessi capito posso rovinarti l’esistenza.

No, non è uno scherzo né una minaccia, bensì una promessa. sono capace di cose che voi umani non potrete mai immaginare.

okay, sognavo di dire questa cosa da una vita ahah

Se invece sei Louis… beh togli tue zampacce da questo diario e rimettilo dove l’hai trovato! subito!

In entrambi i casi, non avete diritto di leggerlo, anche se so che la curiosità può essere tanta. Ma non ci sono giustificazioni, perciò (dico a te che stai leggendo) brucialo, strappalo, buttalo da un ponte… l’importante è che non vada a finire in mani sbagliate (la mia famiglia o il mio ex).

Nessuno deve sapere.

Meglio essere felici nell’ignoranza che infelici nella consapevolezza.

Preferisco così.




***

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

-  Dante Alighieri (Inferno, canto III)


***

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Capitolo 48
*** Louis ***


Capitolo 68

Louis’ Pov

 
**
L’avrei amato più di tutti, ma non gli era bastato.

**

 

Questa fu la frase dove focalizzai la mia attenzione. La prima che mi attirò.

Fu sconvolgente per me sapere che lei aveva amato qualcuno così intensamente da averle cambiato la vita. Non perché non se lo meritasse, ma per la sua età… era così giovane. Aveva tutta la vita davanti a sé e…

Dovevo smetterla. Non potevo continuare a leggere quel diario!

Ma tra le mie mani avevo le risposte a tutto. Era il diario di Charlotte, dannazione!

Sapevo che la cosa giusta da fare sarebbe stata quella di rimetterlo dove l’avevo trovato, ma come avrei potuto? Lì c’erano scritti tutti i pensieri di mia sorella: quello che aveva passato e come si era sentita.

Merda. Non potevo tradire la fiducia di Charlotte, o almeno quello che ne era rimasta, ma avevo il diritto di sapere. Era mia sorella dopotutto.

 
**
Cerco di stare meglio. Ci sto davvero provando.
Ogni giorno faccio dei piccoli passi. Lentamente. E sento che ce la posso fare. Che posso andare avanti anche senza di lui. Che posso essere felice anche da sola. Che posso ricominciare a respirare davvero. A non avere più paura, ad essere più forte.
Ma è solo un illusione. Ogni volta che lo vedo… è come se quei passi non li avessi mai fatti. Ritorno indietro e la paura, il dolore e l’umiliazione mi assalgono di nuovo facendomi quasi soffocare.

Non mi arrendo, e ricomincio.
**


Il dolore di quelle frasi era insopportabile.
Cosa le poteva essere accaduto di tanto grave da provare quell’angoscia? E chi era l’artefice di tutto?


 
**
Vorrei tornare quella di un tempo, ma so che è impossibile.
Quando si è bambini la vita è meravigliosa: si vive in una bolla piena di felicità e di amore, e non esistono sofferenza e solitudine.
In quegli anni l’immaginazione è parte di te. È la tua ancora, la tua salvezza.
Ricordo com’era…
Ma la bambina che sognava mille avventure, che immaginava di poter incontrare i propri idoli e poi la ragazza che desiderava il vero amore e che voleva solo essere felice sono state inghiottite.

Sepolte da questa coltre di dolore e rabbia.
**


 
Volevo continuare a leggere. Volevo sapere. Ma il campanello suonò.

 

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Capitolo 49
*** Melanie - Charlotte - Louis ***


Capitolo 69


Melanie’s Pov
 
Suonai con insistenza finché Louis non fece capolino dalla porta.

“Ciao Lou, da quanto tempo! Come stai? Spero bene. Scusa per l’ora, ma ho dimenticato una cosa in camera di Charlotte. Posso prenderla?”

Si vedeva che ero agitata? Forse il mio sproloquiare ne era una prova evidente, ma Louis non se ne accorse. Era su un altro pianeta, confuso e distratto. Non proprio una combinazione perfetta, ma in quel caso era stata una vera fortuna.

“Si, certo” disse, ma non si spostò per farmi entrare. 

Alzai un sopracciglio, aspettando. “Scusa, ma vado davvero di fretta”

“Oh, si. Scusami” fece, scostandosi.

Entrai e, come una furia, entrai in camera e la perlustrai con lo sguardo. Il diario era aperto sopra il letto. Lo presi e lo nascosi in fretta dentro la borsa prima che Louis sbucasse.

“Cos’è che hai dimenticato?”

Forse sospettava qualcosa, o forse ero io troppo paranoica.

“Eccolo qui!” dissi prendendo la prima cosa che vidi. Gliela mostrai: era un libro di Hemingway. “Grazie, Louis. E scusami ancora per l’intrusione”

Mi incamminai di corsa verso la porta, senza dargli la possibilità di parlare. “Buonanotte”
 


Charlotte’s Pov
 
Solo quando Mel mi mandò il messaggio riuscii a calmarmi.
 

 
Louis’ Pov
 
Si era presa il diario, cazzo!

 

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Capitolo 50
*** Charlotte ***


Capitolo 70

Charlotte's Pov
 
Ogni singolo giorno della mia vita pensavo a tutto ciò che avevo passato. Il dolore, la rabbia, le delusioni e le paure mi avevano circondato e poi intrappolato nella loro spirale infernale. Ma c’erano anche la gioia, la speranza e i ricordi che mi illuminavano come piccoli raggi di sole che penetrano da una serranda abbassata e si appoggiano in ogni angolo della camera: squarciavano il buio in un taglio netto.

Era in questo modo che mi reggevo in piedi.

Avrei voluto fare tante cose diversamente nella mia vita e forse sarei stata una persona diversa da quella che ero in quel momento. Magari prendere una strada diversa quando ne avevo l’opportunità, ma non l’avevo fatto e ne pagavo le conseguenze giorno dopo giorno.

Era inutile concentrarsi sui ‘se’ e i ‘ma’. Non si poteva tornare indietro nel tempo. Non si potevano cambiare i fatti.
Ma avrei potuto cambiare il mio futuro. 



 

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Capitolo 51
*** Charlotte ***


Capitolo 71

Charlotte's Pov
 
Quella mattina uscii di casa molto presto. Avevo preso la tuta, l’avevo indossata e, dopo aver messo le scarpe, andai a correre per sbollire tutta la tensione che si era accumulata nelle ultime 24 ore.  Ed era davvero tanta.

Corsi per due ore, poi, stremata, tornai a casa per farmi una doccia. Dopodiché il divano era diventato il mio migliore amico… o forse qualcosa di più.

La nostra relazione durava da ben ventun’anni e non c’era mai stato un litigio. Certo, lo tradivo ripetutamente con il letto, ma mi perdonava sempre. Il nostro amore era davvero grande e speciale. Sapevo che sarebbe durato per sempre.

Feci un po’ di zapping (era possibile che non c’era niente da vedere?), ma la vibrazione del telefono mi distrasse.

“Pronto?” dissi, senza controllare chi fosse.

“Voglio quelle registrazioni”

Mi irrigidii al suono della sua voce. Lurido bastardo, pensai, come diavolo aveva fatto ad avere il mio numero?

“Non le avrai, Dylan”

Rise. “Con le buone o con le cattive, Lottie. Ricordi?”

Rabbrividii. Merda, dovevo smetterla. Dovevo reprimere quelle sensazioni e metterle in un angolino. Lui non poteva farmi più del male. Non aveva più alcun potere su di me. Strinsi il ciondolo che avevo al collo e mi feci forza.

“Sono curiosa. Come mai ti sei svegliato proprio adesso?”

“Questa storia deve finire, dolcezza. L’abbiamo tirata troppo per le lunghe, perciò… consegnami quello che voglio e nessuno si farà male”

“È una minaccia?”

“No, una promessa”

Risi sarcasticamente. “Dylan, tesoro, non avrai mai quelle registrazioni. Sono in un posto sicuro che tu e nessun altro troverà mai” dissi, addolcendo falsamente la voce. “È questo che ti fa paura? Che io abbia il coltello dalla parte del manico e che possa colpirti in qualunque momento?”

Ringhiò qualcosa, manco fosse un animale, poi mi chiuse la chiamata in faccia.



 

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Capitolo 52
*** Chat ***


Capitolo 72


***

 
-Hey piccola :)
-Piccola?
 
-Non ti piace?
-Neanche un po’
 
-Mmm allora dovrò pensare a un altro nomignolo…
-Non sono quel tipo di ragazza Liam, dovresti saperlo.
 
-E tu dovresti sapere che non mi arrendo facilmente :P
-Siamo in due ;)
 



 
-è tutto apposto lì?
-Si, stanno tutti bene. E da voi? Com’è andata il compleanno dell’irlandese?

 
-Siamo stati bene, soprattutto quando Niall si è ubriacato lol. Gli abbiamo fatto molti video, perciò quando torni li possiamo vedere…
 
-Immagino lol e, si, sono davvero curiosa di vederli.
 


 
-Mi manchi, Charlotte
-Anche tu, Leeyum
 
-Com’è che tu puoi darmi un nomignolo ed io no?
 
-Non te l’ho mica dato io!! Sono state le tue fans. E poi io posso :P
 
-Simpatica :P
 
-Sempre xD
 


 
-Quando pensi di tornare?
 
-Tra un paio di giorni… ho ancora alcune cose da fare
 
-E quali sarebbero?
-è meglio che tu ne resti all’oscuro
 
-E se non volessi?
 
-Beh, sarebbe un tuo problema, Liam. Dalla mia bocca non ne uscirà una sola parola.
 



 
-L’unica cosa che conta è che tu lo dica a qualcuno. Non tenerti tutto dentro…
 
-Li?
 
-Dimmi
-Grazie
 
-Per cosa?
-Per starmi accanto anche se ti allontano ogni volta
 
-Ci sarò sempre per te
-Per me è lo stesso, credimi <3
 
-Lo so ;)
 


***

 

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Capitolo 53
*** Charlotte ***


Capitolo 73


Charlotte's Pov

 
Sentivo che qualcuno mi seguiva. Avevo quella strana sensazione alla bocca dello stomaco che mi avvertiva. C’era qualcosa che non andava, anche se non sapevo cosa.
 
Ero agitata, nervosa. Mi giravo indietro per controllare se qualcuno fosse nei paraggi, ma, anche se non vedevo nessuno, sapevo che c’era.
 
Era lì, da qualche parte, nell’ombra. Ne ero sicura.

Sentivo i suoi occhi su di me.

Ma forse era solo una mia impressione, visto che la strada era deserta.

Lo squillo del telefono interruppe i miei cupi pensieri.

“Ho saputo che sei tornata” mi disse una voce profonda. La riconobbi subito e non potei fare a meno di sorridere.

“Già, ma solo per qualche giorno” risposi. “Avevo intenzione di chiamarti”

“Beh, allora è stato un bene che l’abbia fatto prima io e che abbia intenzione di invitarti a cena… oggi… a casa mia”

Ridacchiai. “In onore dei vecchi tempi?”

“Per i vecchi e per i nuovi, che ne dici?”

“Che ci sto!” risposi io, ridendo.

“Mi sei mancata, Lottie” mi disse lui, in tono serio.

“Bene, perché anche tu mi sei mancato ogni fottutissimo giorno, Jack. E non vedo l’ora di rivederti”

“Anch’io Lottie, anch’io”

 
Quella fu l’ultima cosa che ricordai perché poi il buio mi avvolse.

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Capitolo 54
*** Louis ***


CAPITOLO 74 & 75


Louis’ Pov

 
“Tesoro…”

Mia madre singhiozzava disperatamente.

“Cos’è successo?” le chiesi, spaventato.

“Charlotte… è… è stata… investita, Louis”

La voce le tremava talmente tanto da non riuscire quasi a capire le sue parole.

Oh mio Dio. “Parto subito, mamma”


***



Arrivai all’ospedale verso mezzanotte… trovai mia madre seduta in quelle scomode sedie della sala d’aspetto che piangeva. Mi avvicinai e, dopo averle posato una mano sulla spalla, l’abbracciai.

“Mamma…”

Non mi rispose. Era come se non ci fosse, come se si trovasse in un altro mondo.

“Mamma, perché non vai a casa? Ci penso io qui”

Alzò la testa e mi guardò senza dire nulla.

“Va a riposarti. Sotto c’è Jay che ti aspetta…”

Scosse la testa, negando. “Non mi hanno ancora detto niente. Non posso andarmene senza sapere come sta mia figlia!”

“Le resterò accanto io, mamma” le dissi, prendendo la sua mano tra le mie. “Torna domani, okay? Vai a dormire. Se so qualcosa ti chiamo subito, te lo prometto”

“Non voglio lasciarvi da soli…”

“Ci sarà anche Harry con me. Non sarò solo, mamma.”

Annuì, anche se non del tutto convinta. Prese la giacca e se ne andò, a passo malfermo.

Quando la vidi scomparire dietro l’angolo, crollai, su quella sedia dove pochi minuti prima era seduta mia madre. Mi ero trattenuto per tutto il viaggio con Harry e poi con lei, perché sapevo che quando l’avessi fatto poi non sarei riuscito a trattenermi.

“Ho parlato con un infermiera” sentire la sua voce mi riportò alla realtà. “Mi ha detto che è stata investita da un auto in corsa mentre attraversava la strada”

“E il conducente?” chiesi. Il mio timbro di voce sembrava estraneo, come se non fossi io a parlare.

“Scomparso. Ma la polizia sta indagando”

Sospirai.

“Vedrai che starà bene, Louis” mi disse lui, posandomi una mano tra i capelli. Annuii.

“Grazie, Hazza”






 

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Capitolo 55
*** Louis ***


Capitolo 76

Louis’ Pov
 
“Siete i parenti di Charlotte Tomlinson?” chiese un medico, attirando la mia attenzione.

“Si” risposi io.

“Venga un attimo con me”

Ci spostammo in una sala privata e lui si sedette all’altro capo della scrivania.

“Dottore, come sta?” chiesi io, impaziente di sapere.

“Non posso ancora fare una diagnosi completa. L’abbiamo indotta in coma farmacologico e tra un paio di giorni dovrebbe svegliarsi, e solo allora potremmo capire l’entità dei danni. Sappiamo solo che ha battuto forte la testa, per il resto dobbiamo aspettare. Volevo parlarle di un’altra questione...”

“Mi dica” chiesi confuso.

“Sua sorella presenta molte lesioni nel corpo e volevo sapere se sa quale sia stata la causa”

“Lesioni?”

“Si. Una costola incrinata, un polso rotto e qualche ammaccatura alle gambe. Per non parlare delle cicatrici”

“Io... no-non lo so”

“Capisco” rispose lui, pensieroso. Mi guardò e, dopo un paio di minuti in cui restò in silenzio e in cui io stavo quasi scoppiando, mi disse: “Pensiamo sia stata vittima di violenza”

Spalancai gli occhi, allibito. Non capivo più nulla.

“V-Violenza? Oh mio Dio, cosa le è successo?” mi chiesi, mentre una rabbia ceca si impossessava di me.

“Era quello che speravo di sapere da voi…”

“Grazie”

“Si figuri. È il mio lavoro. Le consiglio però di portarla da uno psicologo. Non è salutare tenersi tutto dentro”

Annuii. “Posso entrare, dottore?”

“Certo” mi rispose lui. Poi, dopo essersi congedato, se ne andò.

Ritornai nella sala d’attesa e mi avvicinai al muro, appoggiandoci la testa. “Merda” imprecai. “Merda, merda, merda!” Non mi accorsi delle lacrime che mi scivolavano dal viso, finché non caddero sulle mie mani. Lacrime di rabbia, frustrazione, colpa.

“Lou, cosa succede?!” mi chiese Harry preoccupato dalla mia reazione e appoggiandomi una mano sulla spalla. Mi girai verso di lui e affondai il viso nel suo collo.

“Se fossi stato più presente…” dissi singhiozzando. “Merda, non mi ha detto nulla. Sono suo fratello, dannazione! E lei non mi ha detto nulla!!”

“Qualsiasi cosa sia successa, non è stata colpa tua, Lou” fece Harry, cercando di consolarmi. Io scossi la testa, negando.

“Non capisci. Lei… lei… Cazzo! È stata picchiata, Harry!” Dissi stringendo forte i pugni. “E so che c’è qualcos’altro. Lo so”

“Shh. Si risolverà tutto Lou.”

Avrei tanto voluto crederci.

 
****


Quando entrai nella stanza, lei stava ancora dormendo.

Mi avvicinai, silenzioso, e le presi la mano destra, incrociandola con la mia. E fu in quel momento che vidi la cicatrice irregolare che segnava il suo avambraccio.

“Perché non mi hai detto nulla, Lottie?” sussurrai io. “Perché ti sei tenuta tutto dentro?” Scossi la testa. “No, l’unica cosa che voglio sapere è chi è stato. Devi dirmelo, Lottie. Ho una voglia matta di uccidere quello stronzo. Di fargli male tanto quanto ne ha fatto a te, e di più.”

Ma lei non mi sentì.

“Avevi ragione… sarei dovuto essere lì. Ma tu, Lottie, tu avresti dovuto dirmelo!”



 

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Capitolo 56
*** Liam ***


Capitolo 77

Liam’s Pov
 
Appena seppi la notizia, corsi subito in ospedale. Entrai come una furia e andai verso la prima infermiera che incontrai.

“Mi scusi, può dirmi qual è la camera di Charlotte Tomlinson”

“È un parente?” mi chiese, non guardandomi.

“Si, il suo fratellastro” mentii io.

“Beh, allora può entrare. La camera è la 378”

La ringraziai velocemente e me ne andai di corsa.

Nella sala d’aspetto trovai Harry, seduto su quelle scomode sedie, con lo sguardo perso nel vuoto.

“Harry!” lo chiamai io.

Lui mi guardò. Aveva gli occhi lucidi. Mi spaventai.

“Sta bene?” gli chiesi, ansioso di sapere.

“Le hanno indotto il coma, ma pesano che stia bene. Lou è dentro con lei, ma puoi entrare.”

“Grazie Harold.” Un po’ del panico che avevo si era affievolito, ma non scomparso. Lei stava bene e tra qualche giorno si sarebbe svegliata facendo battutine sarcastiche e alzando gli occhi al cielo, avrebbe litigato con Louis o con me… si, ce l’avrebbe fatta. Era una donna forte.

Andai verso la porta della sua camera e bussai leggermente. Non sentendo risposta, aprii delicatamente la porta e guardai dentro: Louis si era addormentato sulla sedia.

Mi avvicinai a lui e lo scossi piano. Lentamente aprì gli occhi e mi guardò un po’ spaesato. Aveva gli occhi rossi, come se avesse pianto, e un’espressione rassegnata.

“Lou, vai a riposarti”

Scosse la testa. “Non voglio lasciarla sola”

“Ci sarò io con lei, non preoccuparti”

Sospirò. “Va bene, Li”

Si alzò dalla sedia e si diresse verso la porta, ma poi si bloccò e si girò verso di me, guardandomi negli occhi. Aveva un’espressione così abbattuta…

“Liam…” iniziò. Esitò per qualche minuto, ma poi disse: “Proteggila, come io non ho saputo fare”

Inizialmente non capii cosa volesse dire, ma poi compresi che anche lui sapeva. “Lo farò”

Annuì e poi uscì.

 

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Capitolo 57
*** Charlotte ***


Capitolo 78

 

Charlotte's Pov

Mi trovavo su un marciapiede ed ero difronte a una piccola villetta bianca, con uno steccato del medesimo colore e una porta rossa. Il tutto incorniciato da alberi e cespugli che dividevano le case l'una dall'altra.

Mi incamminai verso la porta e bussai. Ad aprirmi fu una bambina di sei anni circa, con le guance rosee, gli occhi grigi e lunghi capelli castani. Era la mia copia da piccola, l'unica differenza erano i boccoli che le incorniciavano il viso e gli occhi leggermente più grandi dei miei. Appena mi vide mi saltò addosso abbracciandomi forte.

"Mamma! Sono così felice di vederti!"

Restai per un attimo stordita, ma poi gli occhi mi si riempirono di lacrime e la gioia inondò il mio cuore fin quasi a scoppiare. La presi in braccio e le feci fare una giravolta, sorridendo.

"Amore mio!" esclamai tra i singhiozzi. La posai delicatamente a terra e mi abbassai in modo che stessimo allo stessa altezza. "Sei diventata proprio grande, sai?"

Lei annuì, tutta orgogliosa. "Ho sei anni, ormai" fece lei, ridendo. Mi prese per mano e mi trascinò dentro casa. "Questa è la casa dei tuoi nonni, sai? Vivo con loro"

Sorrisi, asciugandomi in fretta le lacrime. "Dove sono?"

Fece spallucce. "Hanno voluto lasciarci un po' di tempo da soli, però mi hanno detto di dirti che nel tuo mondo esiste davvero questa casa e che è tua"

Nel frattempo eravamo usciti, passando dalla sala e poi dalla cucina. Ci trovavamo in veranda, dove c'era un dondolo e un giardino con un altalena, uno scivolo e una casetta.

"Nel mio mondo?" chiesi confusa.

Lei annuì. "Qui siamo in paradiso, mamma" rispose, come se fosse ovvio.

Piccola saputella... tutta sua madre, pensai ridacchiando in un primo momento, ma poi mi resi conto di quello che effettivamente aveva detto. Quindi ero morta, pensai. Wow. Ero morta e tutto ciò che mi veniva in mente era un 'wow'. Sapevo benissimo che non era quello il modo di reagire alla propria morte, ma in qualche modo il sentimento che provavo era serenità. Non mi importava che fossi morta. Ero con mia figlia finalmente.

"Ti va di andare sull'altalena?" le domandai io, cambiando argomento.

"Si!" esclamò lei, ridendo.

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Capitolo 58
*** Charlotte ***


Capitolo 78
 

Charlotte’s Pov
 
Mi trovavo su un marciapiede ed ero difronte a una piccola villetta bianca, con uno steccato del medesimo colore e una porta rossa. Il tutto incorniciato da alberi e cespugli che dividevano le case l’una dall’altra.

Mi incamminai verso la porta e bussai. Ad aprirmi fu una bambina di sei anni circa, con le guance rosee, gli occhi grigi e lunghi capelli castani. Era la mia copia da piccola, l’unica differenza erano i boccoli che le incorniciavano il viso e gli occhi leggermente più grandi dei miei. Appena mi vide mi saltò addosso abbracciandomi forte.

“Mamma! Sono così felice di vederti!”

Restai per un attimo stordita, ma poi gli occhi mi si riempirono di lacrime e la gioia inondò il mio cuore fin quasi a scoppiare. La presi in braccio e le feci fare una giravolta, sorridendo.

“Amore mio!” esclamai tra i singhiozzi. La posai delicatamente a terra e mi abbassai in modo che stessimo allo stessa altezza. “Sei diventata proprio grande, sai?”

Lei annuì, tutta orgogliosa. “Ho sei anni, ormai” fece lei, ridendo. Mi prese per mano e mi trascinò dentro casa. “Questa è la casa dei tuoi nonni, sai? Vivo con loro”

Sorrisi, asciugandomi in fretta le lacrime. “Dove sono?”

Fece spallucce. “Hanno voluto lasciarci un po’ di tempo da soli, però mi hanno detto di dirti che nel tuo mondo esiste davvero questa casa e che è tua”

Nel frattempo eravamo usciti, passando dalla sala e poi dalla cucina. Ci trovavamo in veranda, dove c’era un dondolo e un giardino con un altalena, uno scivolo e una casetta.

“Nel mio mondo?” chiesi confusa.

Lei annuì. “Qui siamo in paradiso, mamma” rispose, come se fosse ovvio.

Piccola saputella… tutta sua madre, pensai ridacchiando in un primo momento, ma poi mi resi conto di quello che effettivamente aveva detto. Quindi ero morta, pensai. Wow. Ero morta e tutto ciò che mi veniva in mente era un ‘wow’. Sapevo benissimo che non era quello il modo di reagire alla propria morte, ma in qualche modo il sentimento che provavo era serenità. Non mi importava che fossi morta. Ero con mia figlia finalmente.

“Ti va di andare sull’altalena?” le domandai io, cambiando argomento.

“Si!” esclamò lei, ridendo.


 

Capitolo 79


Giocammo per tutto il pomeriggio. Nascondino, mosca ceca, rialzo, uno-due-tre stella e così via. Il più bel giorno della mia vita. Non sarei mai riuscita a descrivere quello che avevo provato stando con lei. Era semplicemente impossibile.

Quando il sole cominciò a tramontare decidemmo di metterci sul dondolo. Era tra le mie gambe, con la schiena appoggiata al mio petto e una coperta che ci copriva. Mentre io le accarezzavo i capelli lunghi, lei cantava una canzone. Quando terminò, la feci girare verso di me e le diedi un bacio sulla fronte.

“Voglio che tu sappia una cosa, amore mio”

“Quale mamma?”

“Ti ho amato dal primo istante in cui seppi di te. Sei stata un raggio di sole nella mia vita in perenne tempesta, lo sai vero?”

“Si, mamma. Lo so.”

“Avrei voluto che le cose fossero andate in modo diverso per noi. Avrei voluto vederti fare i primi passi, farti degli amici, andare al ballo del liceo… ma a volte la vita non va come la vogliamo. Ora però sono qui con te, e nessuno potrà più separarci.” Dissi abbracciandola dolcemente.

“Mamma?” fece lei, staccandosi leggermente da me e guardandomi negli occhi.

“Si, tesoro?”

“Non è ancora tempo.”

La guardai confusa. “Per cosa?”

“Per stare insieme” disse, semplicemente. Non c’erano rabbia, frustrazione o risentimento. Era solo un dato di fatto. In quel momento non sembrava una bambina di sei anni. Era come se ce ne avesse dieci o anche venti, addirittura.

“Perché dici questo?”

“Perché è la verità” fece lei, guardandomi. “Non è ancora il momento, mamma” ripeté lei, mettendomi la sua piccola mano sulla guancia. “Ma va bene così, davvero. Devi andare avanti con la tua vita. Io starò bene qui, non sono sola”

“Ti ho appena ritrovato…” sussurrai mentre un nodo mi si formava in gola. “Non posso lasciarti di nuovo. Non ce la faccio”

“Mamma, tu non mi lascerai mai. Sono dentro di te, una parte di te. Saremo sempre insieme, solo che non fisicamente”

Scossi la testa, stringendola al petto. Sentivo il suo cuoricino battere insieme al mio.

“Ti voglio bene, amore mio”

“Anche io, mamma” fece lei. “Ma ora è tempo di svegliarsi”



 

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Capitolo 59
*** Charlotte ***


Capitolo 80


Mi svegliai non sapendo dove mi trovassi, che giorno fosse o cosa mi fosse successo. Ero disorientata da tutta la luce che entrava dalle finestre, perciò ci misi molto ad individuare la persona che dormiva al mio fianco, su una scomoda sedia. Era Louis.

Cercai di muovere la mano verso la sua e, con molta difficoltà, riuscii a spostarla e a sfiorare le sue dita. Si riscosse subito dal suo sonno, che potevo solo immaginare, fosse stato turbolento.

Guardò prima la mia mano, confuso, poi il suo sguardo scivolò su di me. Si riscosse immediatamente e mi si avvicinò.

“Sei sveglia…” mi disse, con le lacrime agli occhi. “Ci hai fatto preoccupare”

Provai a parlare, ma non mi usciva nulla. Ero indebolita, disorientata e avevo la gola secca.

“No, Charlotte. Non parlare” fece lui. “Vado a chiamare il medico”

Dopodiché mi addormentai in un sonno senza sogni.
**

Quando mi risvegliai, il sole era già calato e la luna illuminava il cielo in tutto il suo splendore. In quel momento l’unica cosa di cui riuscii a pensare era che fossi viva. Ero viva, ma la mia bambina non era con me. Ripensai a cosa mi fosse accaduto e, beh, ricordai: la macchina, l’asfalto, il buio e poi la casa e mia figlia.

Calde lacrime scendevano silenziose sul mio viso.

Perché? Perché a me? Ma conoscevo già la risposta e aveva un unico orribile volto.

Anche questa volta, al mio fianco c’era Louis. Non volevo svegliarlo, anzi avrei voluto che tornasse a casa e si facesse una doccia per poi riposarsi su un letto vero. Non sapevo quanto tempo fossi rimasta addormentata ma potevo scommette tranquillamente che lui fosse stato sempre accanto a me. Me lo sentivo.

Perciò vagai con lo sguardo per la stanza e vidi che sul comodino c’era un bicchiere d’acqua. Della splendida acqua trasparente e dissetante e dolce e… ne avevo un disperato bisogno, quindi per prima cosa cercai di mettermi seduta (con scarso successo, aggiungerei) e poi con il braccio provai a prendere il bicchiere, ma naturalmente cadde a terra rompendosi e allagando il pavimento e, cosa peggiore, svegliando Lou.

“Mi dispiace” cercai di dire, anche se probabilmente avevo biascicato qualcosa di incomprensibile. Perché era così difficile parlare?

“Non sforzarti. Il medico dice che al momento devi solo riposarti e che domani, se sarai sveglia, parlerà direttamente con te, ma fondamentalmente sembra che sia tutto in regola. Ti hanno fatto degli esami mentre dormivi e hanno detto che è tutto a posto” fece lui, tutto d’un fiato. Allungai la mia mano e la posai sopra la sua, sperando di confortarlo, di fargli capire che stavo bene, che ero lì con lui. Si bloccò per un momento e mi guardò negli occhi per qualche secondo, poi si avvicinò e mi diede un bacio sulla fronte. Mi godetti il calore familiare che pervase il mio corpo dolorante. In quel momento mi sentivo finalmente bene, a casa. “Vuoi dell’acqua?” mi chiese poi. Annuii in risposta.

“Grazie” biascicai.

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Capitolo 60
*** Charlotte ***


Capitolo 81

Charlotte's Pov

Il giorno dopo parlare era un po’ più semplice. La voce non mi era tornata, ma riuscivo a farmi capire.

“Chi è stato?”

Preferivo che pensasse che non ricordavo nulla di quello che mi era accaduto, piuttosto che sapesse tutta la verità.

“La polizia sta indagando” mi rispose Lou, esasperato.

“È un modo come un altro per dire che non hanno sospetti…” feci io, sospirando. Ma sapevo benissimo chi fosse il colpevole.

Non potevo continuare in quel modo.

Il bastardo aveva cercato di uccidermi. Di nuovo. E questa volta gliel’avrei fatta pagare. Doveva pagare per tutto. Se però l’avessi denunciato, ci sarebbe stato uno scandalo e non potevo infossare anche Louis. Era stata tutta colpa mia e non volevo che le mie azioni sbagliate influenzassero anche la sua vita. Non era giusto. Cosa dovevo fare?

“Vogliono parlare con te” fece lui.

“Me?” dissi sorpresa. Lui annuì, guardandomi in modo sospettoso.

“Se sai qualcosa, Lottie, ti prego di riferirglielo. È per il tuo bene”

Sostenere il suo sguardo era quasi impossibile.

“Non so niente, Louis. Non so chi sia stato”

“Ma avrai dei sospetti”

Mentii. “No”

 

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Capitolo 61
*** Charlotte ***


Capitolo 82

Charlotte's Pov

Ero persa tra i miei pensieri quando bussarono alla porta. Prima che potessi dire ‘avanti’, sbucò Jack Hamilton, il mio migliore amico.

“Charlotte?”

Mi girai e incontrai lo sguardo di Jack. In quegli anni era cambiato parecchio: era diventato più alto e robusto e si era fatto crescere i capelli biondi che in quel momento cadevano sul suo volto in morbide onde, ma i suoi bellissimi occhi verdi erano rimasti gli stessi di un tempo. Mi avevano sempre trasmesso calma e conforto e quella era la prova che nonostante il tempo, lui aveva sempre lo stesso e identico effetto su di me. La novità principale, però, era la sua divisa da poliziotto.

“Ciao Jack. Entra!” feci io, sorridendo. “È bello rivederti dopo tutto questo tempo.”

“Già… Sono quasi quattro anni”

“Si” dissi annuendo e sospirando. Si sedette accanto a me e mi prese la mano tra le sue. “Mi sei mancato, sai?”

“Anche tu, Lottie. Non immagini quanto.”

Era come se quegli anni non fossero mai passati, come se il nostro legame non si fosse mai spezzato o allentato.

Sorrisi debolmente, poi distolsi il mio sguardo dal suo puntandolo verso la finestra. “Come mai qui?”

“Dovevamo vederci, ricordi?”

“No, mi dispiace”

“Non fa niente, Lottie” fece lui, sospirando. Sembrava si stesse trattenendo nel parlare ed io non potevo sopportarlo.

“Sputa il rospo, Jack!”

“Ho saputo dell’incidente e… volevo vedere come stavi”

“Bene, date le circostanze. Ma non è solo per questo, vero?”

“No. Ho bisogno di sapere cos’è successo” disse lui, prendendo il mio volto e girandolo delicatamente verso di lui, in modo tale da vedere i miei occhi. Non c’erano più muri o corazze, solamente noi.

Quando mi guardava in quel modo, io non riuscivo a mentire. Ma non potevo, maledizione. Dovevo tenere la bocca chiusa per il bene della mia famiglia.

“Sono stata investita, Jack. È l’unica cosa che so”

“Sappiamo entrambi che c’è di più.” Non risposi. “Lottie, ti prego, devi denunciarlo”

“Sai che non posso farlo. Butterei nel fosso tutta la mia famiglia” sussurrai io.

“E lascerai che lui ti uccida?! Che non paghi per ciò che ha fatto? No, non posso accettarlo” esclamò lui, iniziando ad alterarsi. “La tua famiglia ti resterebbe accanto qualsiasi cosa accada. Hanno il diritto di saperlo!”

Aveva ragione.

“Mi dispiace, Jack” mi si spezzò la voce. “Ma non posso farlo, non ancora. E mi dispiace che tu ti ci sia trovato in mezzo e -”

“Non dire cazzate Charlotte!” mi interruppe lui, alzandosi di scatto dalla sedia. “Se non ti avessi messa all’angolo non me l’avresti mai detto! E poi hai preso le distanze da tutti, da me! È questo che mi ha fatto più male”

“Volevo solo proteggervi” sussurrai, mentre una lacrima solitaria scendeva sul mio viso.

“E nel frattempo chi proteggeva te?! Eh?!” Fece un respiro profondo per calmarsi, forse contò fino a dieci, e poi ritornò vicino a me. Si sedette sul letto e mi accarezzo una guancia. “Scusami” disse, “È solo che odio vederti così, in un letto d’ospedale. Mi ritornano in mente tutte le volte che ti ho accompagnato e la rabbia cresce. Vorrei ucciderlo”

“È stata tutta colpa mia…” Scosse la testa e mi abbracciò. “Avrei dovuto ascoltarti e forse tutto questo non sarebbe mai accaduto” singhiozzai.

“Tu non hai nessuna colpa.” Sussurrò lui, accarezzandomi i capelli.

Restammo così, abbracciati l’uno accanto all’altra, per un eternità. Non sentimmo neanche la porta aprirsi e nemmeno chi l’avesse aperta.



 

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Capitolo 62
*** Liam ***


Capitolo 83

Liam's Pov

Tra gli esami che le avevano fatto e la sua famiglia che era venuta a trovarla, non avevo ancora avuto la possibilità di vederla. In quel momento stava parlando con un poliziotto, ma ci stava mettendo decisamente troppo tempo e la cosa mi innervosiva parecchio.

Louis mi aveva detto che lei non ricordava nulla di quello che le era accaduto, ma sapevamo entrambi che mentiva. Dopo quello che aveva scoperto su sua sorella, dei tagli che aveva sul suo corpo, dubitava che lei dicesse la verità.

Eravamo tutt’e due in sala d’aspetto, ognuno perso nei propri pensieri.

“Dici che ci sia di più?” chiese d’un tratto.

“Cosa?” feci io, riscosso dalla sua domanda.

“Credi che lei stia nascondendo di più di quello che ci ha detto il medico?”

“Non lo so, Louis. È così enigmatica…” Sospirò, stancamente. “Vai a casa a riposarti, ci penso io qui”

“Grazie, Liam”

Una volta che Louis se ne andò, decisi di entrare. Vederli lì, così vicini… mi smuoveva qualcosa dentro.

Porca puttana! Perché erano abbracciati? E perché lei lo guardava come se fosse il suo mondo?

Mi sentivo un guardone, perciò mi schiarii la voce, segnalando la mia presenza. Loro si girarono verso di me, staccandosi immediatamente. Lui si alzò e si allontanò da lei, dirigendosi verso la finestra. Lei invece si asciugò furtivamente le lacrime. Ma ormai era inutile. Avevo visto tutto. Quei due si conoscevano e, da quello che avevo visto, avevano un legame molto, ma molto forte.

“Scusate se vi disturbo, volevo solo vedere se stavi bene…” feci io, rivolgendomi direttamente a Charlotte.

Lei annuì. “Si, Liam. È tutto a posto” disse lei.

L’uomo in uniforme si girò verso di me, sospirando, e si presentò. “Sono Jack Hamilton, piacere”

“Liam Payne” dissi io, porgendogli la mano. La afferrò e la strinse forte.

“Bene, per oggi possiamo terminare qui, Charlotte. Verrò domani per gli ultimi dettagli” fece lui, rivolgendosi in maniera ufficiale. Mi salutò con un cenno del capo e se ne andò.



 

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Capitolo 63
*** Charlotte ***


Capitolo 84

Charlotte's Pov

Era insopportabile vederlo così lontano. E non parlavo della nostra distanza fisica. Avevo l’impressione che si stesse allontanando da me…

“Stenditi accanto a me” gli dissi, colpendo leggermente il letto con la mano.

“Non voglio farti del male”

“Non l’hai mai fatto Liam. E di certo non lo farai adesso” risposi io, sorridendogli dolcemente.

Lui si avvicinò e, delicatamente, si coricò al mio fianco. Non potendomi girare, gli presi la mano tra la mia e lui la strinse.

“Sono felice che tu sia qui”

“Davvero? Non mi sono mai mossa” scherzai, cercando di alleggerire l’atmosfera.

“Ho avuto paura di perderti, Charlotte” fece lui, seriamente.

Diressi il mio sguardo verso il soffitto, poi chiusi gli occhi mentre calde lacrime scendevano sul mio viso. Non volevo che lui mi vedesse così. Indifesa, distrutta. “Non sai quanto mi dispiace, Liam”

“Sei stata investita, non è colpa tua”

Ripetevo e sentivo sempre le stesse parole, ma loro non sapevano… E come potevano se io non gli avevo detto niente? Dannazione!
Non lo vidi alzarsi, ma potei sentire l’aria che si spostava e poi le sue mani che mi scacciavano via le lacrime, nonostante queste non si fossero fermate. Mi diede un bacio sulla fronte, sul naso e infine sulla bocca.

“Sono così stanca…” sussurrai io, tremando.

“Sei coraggiosa, Charlotte, e sei una delle persone più forti di questo mondo. Non puoi mollare adesso”

“Non ce la faccio più, Liam. Non ce la faccio…”

“Hey” mi chiamò, posizionando le mani sulle mie guance. “Guardami”

Aprii gli occhi e incontrai il suo sguardo, così pieno di amore e ammirazione. Come può guardarmi in questo modo? Dopo tutto quello che ho fatto? Come può amarmi?

“Risolveremo tutto, piccola. Devi solo fidarti di me” Come se fosse facile… pensai io. “Hai bisogno di riposarti, Char. Dormi. Io resterò qui per tutto il tempo che vuoi”

“Va bene per sempre?” chiesi, sforzandomi di ridere.

“Mi va più che bene!”

 

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Capitolo 64
*** Charlotte ***


Capitolo 85

Charlotte's Pov

“Signorina Charlotte, è un piacere rivederla”

“Non posso dire lo stesso di lei, dottor James” feci io, ironicamente.

Era un uomo sulla cinquantina, capelli brizzolati neri, occhi marroni. Lui accennò un sorriso. “Vedo che i suoi modi sono cambiati radicalmente. Era molto più gentile un tempo”

In risposta alzai gli occhi al cielo. “Dottore”, iniziai io, “mi dica perché è venuto qui”

“Volevo solo avvisarti che il dottor Charles, il medico che ti ha operata e che ora ti ha in cura, ha preso la tua cartella clinica e ha riferito i danni che hai riportato cinque anni fa a tuo fratello”

“Pensavo non li avesse registrati” dissi, con tono accusatorio.

“Non ho potuto non farlo, Charlotte. È contro il regolamento. Se l’avessero scoperto sarei stato licenziato e, peggio ancora, avrei rischiato la galera. Inoltre quando sei arrivata ti hanno fatto molti esami e risonanze e, presto o tardi, l’avrebbero comunque scoperto”

“Cazzo”

“Già…”

“Cos’è che hai scritto esattamente?” gli chiesi, passando immediatamente dal ‘lei’ al ‘tu’. Ero agitatissima.

“Solo i danni fisici. Dell’intervento non c’è traccia”

Sospirai sollevata. “Bene” dissi, ma poi mi venne in mente un’altra cosa: “Quindi c’è scritto il tuo nome…”

“Si, Charlotte”

“E non ti faranno delle domande? Su perché non hai chiamato la polizia?”

“Mi fa piacere che ti preoccupi ancora per me, ma comunque ho seguito il regolamento. Non hanno niente”

“Davvero non so come ringraziarti”

“Sei come una figlia per me, Charlotte, e lo sarai sempre. Vorrei solo che questa storia finisse, magari non con la tua morte”

Sorrisi. “Beh, non ho intenzione di morire tanto presto”

“Mi fa piacere sentirlo” disse lui, ricambiando il sorriso. “Comunque sono qui anche per dirti che non hai riportato danni visibili, ma se sentissi la testa girare o hai la nausea devi tornare in ospedale. Inoltre ti daranno delle medicine, sono soprattutto vitamine, e ti diranno di stare a riposo per qualche settimana”

“Va bene” feci io. “Grazie, James”

“Di niente, Charlotte” rispose lui. “Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamami”

“Lo farò”

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Capitolo 65
*** Charlotte ***


Capitolo 86

Charlotte's Pov

 

“Jack, sei tornato”

“Certo. Tornerò sempre da te, Charlotte. Dovresti saperlo” disse mentre si avvicinava lentamente a me.

“Jack…” lo avvertii.

Lui sospirò. “Va bene, Lottie” Si sedette sul letto accanto a me e mi prese la mano, giocando delicatamente con le dita. “Dimmi che ci hai pensato”

Mi morsi il labbro, nervosa. “Io…” la mia voce si affievolì. Si voltò verso la finestra e chiuse gli occhi. Non voleva mostrarmi quello che provava, ma ne capivo il motivo. Capivo perché non volesse guardarmi, capivo cosa provava e come si sentiva. Lo capivo davvero. “Te lo prometto, Jack, ti darò tutto. Ma devi capire che --”

“Capirti?! Davvero?! Sono stato zitto e buono per troppo tempo, e l’ho fatto solo perché tenevo troppo a te per perderti, ma nonostante tutto mi hai allontanato e ti sei isolata. Come pensi che mi sia sentito io?”

“Non lo so. Era un brutto periodo per me, non immagini neanche quanto”

“Io c’ero, Charlotte. Lo so”

“No, Jack. Hai solo una vaga idea di quello che ho vissuto, ma non sai tutto” gli dissi mentre la rabbia si impossessava di ogni cellula del mio corpo, centimetro dopo centimetro. “Non sai come mi sentivo ogni volta che lui mi toccava, non sai la paura che provavo ogni volta che alzava un minimo la voce. Tu. Non. Ne. Hai. Idea.” Feci puntandogli l’indice sul petto. “E mi dispiace che tu ti sia sentito ferito ed essermi allontanata da te. Scusami se il dolore che provavo era troppo forte anche solo per uscire di casa e se non avevo neanche voglia di vivere. Mi dispiace non essere stata una buona amica per te quando la mia vita è andata in frantumi. Questo mi rende un egoista? È questo che vuoi sentirti dire Jack? Che sono una stronza egoista? Beh, accontentato”

Mi guardò per un attimo sbalordito da quello che avevo appena ammesso. Un tempo ci confidavamo tutto, ma quando successe tutto quel casino, non gli dissi della bambina che stava crescendo dentro di me. E fu solo l’ennesimo sbaglio da aggiungere alla mia infinita lista. Ci aveva allontanato irrimediabilmente. Ma in quel momento si stava comportando in maniera insensata. E forse non era neanche l’unico.

Respirai a fondo cercando di calmarmi e ci riuscii. Lui scosse la testa, prendendomi delicatamente il polso e spostandolo sulle lenzuola.

“Non era quello che intendevo, Lottie, e lo sai” disse lui, allungano la mano fin dietro la mia nuca e tirandomi dolcemente verso di lui. Avevo la testa appoggiata al suo petto mentre lui mi stringeva a sé, accarezzandomi i capelli. “Volevo proteggerti e non ci sono riuscito. Mi sentivo così impotente…”

“Hai fatto molto di più di qualunque altra persona. E te ne sarò grata per sempre, Jack” feci io, alzando la testa in modo da guardarci negli occhi. Lui mi accarezzò la guancia destra ed io mi appoggiai a lui. Era tutto così naturale, così semplice.

Sembrava di essere ritornati noi due contro il mondo…

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Capitolo 66
*** Jack ***


Capitolo 87

Jack's Pov
 

Prima ancora che potessi accorgermene le parole fuoriuscirono dalle mie labbra. “Resta con me” le dissi.

Mi sorrise in quel modo che tanto amavo: dolce e sincero. “Sai che non voglio restare qui”

“Allora ce ne andremo da qualche altra parte, dovunque tu voglia. Sarà fantastico, Lottie. Posso chiedere il trasferimento e --”

E perché non riuscivo a chiudere quella dannata boccaccia?

“Aspetta” mi interruppe lei. I suoi occhi divennero tristi e il suo sorriso sempre più tirato. “Non posso farlo, Jack”

“Perché?”

“Non sarebbe giusto nei tuoi confronti” mi disse, scostando una ciocca dei miei capelli verso l’esterno.

“Non capisco”

“E invece sì. Non vuoi ammetterlo, ma lo sai”

Si, lo sapevo. Non voleva illudermi… I suoi occhi mi dicevano tutto ciò che mi serviva sapere: non era innamorata di me, non lo era stata in passato e probabilmente non lo sarebbe stata neanche in futuro. Avevo visto come lei e quel tizio si guardavano, ed io, per la seconda volta, ero lì senza poter fare niente. Senza poterle dire quello che provavo per lei.

Voglio che lo sappia! Deve saperlo. Non posso continuare a tenermi dentro queste emozioni…

“Charlotte, io…”

“Non farlo” sussurrò piano lei, chiudendo gli occhi e abbassando la testa. Avvicinai la mano al suo volto e lo indirizzai dolcemente verso di me, in modo da stare l’uno di fronte all’altra. Occhi negli occhi.

“Ti amo” dissi io, non ascoltandola e avvicinandomi piano verso di lei finché le nostre labbra non si incontrarono. La baciai, lei rispose per qualche secondo, ma poi mi scostò. Una lacrima scendeva solitaria lungo il suo viso.

“Io…”

Scossi la testa e mi allontanai da lei, mentre il dolore dentro di me aumentava. “Non serve che tu dica niente. Lo so già”

“Non voglio che tra noi finisca così”

“Sarò sempre il tuo migliore amico, Lottie. Non cambierà niente tra di noi”

Fece un sorriso ironico, senza un briciolo di allegria. “Già…” disse in modo sarcastico. Sospirò, poi si voltò verso la finestra e fissò fuori, con lo sguardo vacuo e spento. “Ti porterò le registrazioni” fece lei, cambiando argomento. “Ho solo bisogno di tempo”

 “D’accordo” le risposi io, sospirando pesantemente. “Chiamami quando sarai pronta”

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Capitolo 67
*** Charlotte ***


Capitolo 88

Charlotte’s Pov
 
Quel ragazzo non meritava di essere la seconda scelta di nessuno, tantomeno la mia. Era dolce, premuroso, divertente, onesto, protettivo… e avrei potuto continuare all’infinito.

Non lo meritavo.

Avrei voluto che incontrasse qualcuno migliore di me, che potesse amarlo come lui meritava di essere amato e speravo che quel giorno arrivasse presto. Odiavo vederlo soffrire e sapere che il dolore che avevo letto nei suoi occhi era per causa mia, mi spezzava il cuore. Era come un fratello per me e, per certi versi, lo era stato molto più di Louis.

Un'altra colpa da aggiungere al mio elenco ormai diventato chilometrico.

Con questi pensieri non notai che qualcuno fosse entrato nella mia stanza.

“È tutto okay, Charlotte?” mi chiese il riccio, destandomi dai miei pensieri.

“No, Harry” risposi, sorridendo forzatamente. “Niente nella mia vita lo è”

“Vuoi parlarmene?”

Sospirai. “A volte devi scegliere se proteggere le persone che ami, sacrificando te stessa, oppure distruggere tutti” dissi, voltandomi verso la finestra. Da lì avevo una visuale di un piccolo parco giochi, dove due bambini stavano giocando sull’altalena. “Ho scelto la prima”

“Non pensi che così facendo li distrugga lo stesso?”

Scossi la testa e lo guardai negli occhi. Erano due pozzi verdi di lealtà, amore e onestà. “È meglio rimanere felici nell’ignoranza, non credi?”

Alzò un sopracciglio, diffidente. “E se l’ignoranza fosse stata spazzata via dal sospetto?”

Lo fissai senza però vederlo davvero, mentre quello che mi aveva detto prendeva forma nella mia mente. Che sapesse qualcosa? E se lui sapeva, anche Louis… no, non era possibile.

“La famiglia serve per dividere il peso della sofferenza e condividere la bellezza della felicità” continuò lui.

“Cosa mi stai cercando di dire?” gli chiesi, sospettosa.

“Che in qualsiasi guaio tu ti sia cacciata, o se ti è successo qualcosa, loro non cambieranno opinione su di te e saranno sempre dalla tua parte. Ti voglio bene, Charlotte”

Questa volta fui io ad essere diffidente. Sapevano qualcosa. “Lo so”

“Bene” rispose lui. Fece per andarsene ma lo bloccai.

“Avrei preferito che non tornaste per niente qui e tutto questo non avrebbe convolto né Louis né la band. Volevo che la mia vita fosse lontana dalla sua. L’avrei rovinato e purtroppo avevo ragione”

“Perché non parli chiaro e tondo, Charlotte? Ormai quello che è successo non puoi cambiarlo, fattene una ragione” disse lui, e purtroppo aveva ragione. “Ma sei vuoi continuare a parlare per metafore, non sarò io a dirti di smetterla”

“Non ne hai il diritto” feci io. “Nessuno ce l’ha”

Sospirò pesantemente, come se parlare con me fosse una battaglia già persa in partenza. “Sei sua sorella, come pensavi di nasconderglielo?”

“Ci sono riuscita per quasi cinque anni” gli risposi, facendo spallucce.

“Saresti affondata ancora di più, Charlotte”

Sorrisi senza in realtà sorridere d’avvero. “Il fondo l’avevo già toccato”

“Ma stai risalendo.” Fece lui. “Se non fosse per l’insistenza di Louis, tu saresti ancora lì e saresti affogata”

“Non avrei trascinato nessun’altro con me, Harry”

“Ed è qui che ti sbagli” disse lui, per poi andarsene chiudendosi la porta alle spalle.



 

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Capitolo 68
*** Charlotte ***


Capitolo 89

 

Charlotte's Pov
 

Mi rimandarono a casa il giorno seguente e tornammo a Londra nel tardo pomeriggio.

Appena arrivammo, senza dire una parola, mi diressi verso la mia camera e, mentre Louis e Liam mi portavano le valige, presi tutto l'occorrente per un bagno caldo. Ne avevo un bisogno assoluto, visto che sapevo per certo che Louis mi avrebbe affrontato.

Chiusi la porta dietro di me e, dopo aver riempito la vasca, mi immersi nel paradiso.

Tempo due secondi e bussarono alla porta.

"Chiunque tu sia, parleremo dopo"

Non mi rispose nessuno, ma potei sentire dei passi che si allontanavano.

Solo quando finii tutte le lacrime che il mio corpo poteva versare e l'acqua divenne gelida, decisi che era il momento di uscire e combattere. Mi ero rintanata troppo a lungo nella mia solitudine, nel mio bozzolo sicuro. Era arrivato il momento di indossare la mi armatura inespugnabile e andare avanti nella mia non-vita.

Era inutile girarci in torno: non stavo vivendo, ma sopravvivevo. Giorno dopo giorno dopo giorno...

Prendevo la vita come veniva, senza aspettative, senza illusioni, senza sogni.

Mi asciugai e mi vestii, poi mi diressi in cucina, dove c'era rimasto solo Louis, seduto su una sedia e con lo sguardo verso il vuoto.

"Liam se n'è andato?"

"Si" rispose lui, girandosi verso di me e guardandomi negli occhi. "Tornerà domani" continuò.

"Okay"

Gli voltai le spalle, dirigendomi verso il frigo dove presi tutto l'occorrente per un panino, e in quel momento sentii la sua mano avvolgere il mio polso.

Che la battaglia cominci...

 

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Capitolo 69
*** Charlotte ***



Capitolo 90
 

Charlotte's Pov

"Spiegami cos'è questo!" esclamò Louis, indicando il mio polso.

"Non lo vedi? È un taglio" dissi cercando di rimanere indifferente.

"Come te lo sei fatto?" mi chiese lui, sfidandomi.

"Un incidente" risposi facendo spallucce.

"Davvero?!" Non ci credeva. Aveva alzato un sopracciglio e mi guardava come se sapesse tutta la verità e mi stesse mettendo alla prova. Ormai non potevo più negare l'evidenza: sapeva. "Anche le costole incrinate e il polso slogato sono stati un incidente?!"

E pensare che mi ero preparata, ma niente poteva prepararti a questo. Come facevi a confessare a tuo fratello che un ragazzo che tutti credevano fosse un angelo mi aveva mandato più volte in ospedale? Che mi aveva umiliato e degradato in molti modi?

"Sono caduta" mi giustificai, ma lui non mi credette. A quel punto l'unica carta che avevo da giocare era la rabbia, il rancore e l'odio che provavo verso me stessa e potevo solo riversarli su di lui. "Tu non capisci" gli dissi.

"Cos'altro c'è da capire, Charlotte? È evidente"

"No, cazzo, non lo è! Non sai cosa ho dovuto passare, quello a cui ho dovuto rinunciare. Non sai un cazzo di niente e nonostante questo mi giudichi e giudichi... Tu non c'eri --"

"CI SONO ADESSO DANNAZIONE!"

Risi sarcasticamente. "Ora è troppo tardi"

Fece un respiro profondo, che per me durò un'eternità, poi ribatté con un semplice e apparentemente calmo: "Chi è stato?"

Eccola! La domanda fatidica. Chi era stato? Non risposi.

"Dannazione Charlotte! Dimmi chi diavolo è stato!" urlò lui, in preda alla rabbia.

"Nessuno" risposi io con un sussurro.

L'armatura che avevo indossato si stava sgretolando davanti a me e non c'era modo di prenderla e rimetterla al suo posto. Era a pezzi. Le lacrime si impossessarono dei miei occhi e poi scesero lungo il mio volto come un fiume in piena. Incominciai a tremare. Avevo paura.

"Piccola..." fece un passo verso di me, ma io ne feci uno indietro e mi scontrai contro il bancone della cucina. "Ti prego, Lottie. Non rinchiuderti nel tuo mondo e parlami, spiegami perché non ci sto capendo più niente"

"Che senso avrebbe?"

"Lo andremo a denunciare e --"

Scossi la testa, interrompendolo. "Te l'ho già detto, Louis, è stato un incidente" mentii io, con la voce che era poco più di un sussurro.

Se avessi fatto il suo nome, tutta la vita che mio fratello aveva costruito con fatica sarebbe finita, assieme agli altri tre. Per non parlare dei miei familiari... La vita delle persone che amavo sarebbe andata in frantumi e non lo potevo permettere. Erano la mia vita. Preferivo che se la prendesse con me. Solo con me. Che quel peso lo portassi solo io.

"Mi dispiace, Lou" dissi singhiozzando. "Non sai quanto..."

"Smettila di scusarti, Lottie. Non è stata colpa tua"

Scossi la testa.

"E invece è stata tutta colpa mia"

Scivolai a terra avvicinando le gambe al petto e nascondendo il mio volto. Ero ormai in preda ai singhiozzi violenti. Sentii Louis avvicinarsi a me e accarezzarmi i capelli. Proprio come mi faceva quando ero più piccola e avevo avuto un incubo. A quel punto lo abbracciai e sfogai tutto quello che avevo tenuto dentro da anni.

"Andrà tutto bene. Ci sono qui io" disse lui.

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Capitolo 70
*** Il Diario ***


Capitolo 91 - Il diario


Avevo preso tutte le emozioni che un essere umano poteva provare e le avevo messe nel luogo più remoto del mio cuore. Poi ci avevo costruito un muro intorno e li lasciai lì, nel mio petto a pompare sangue. Ma la rabbia, la tristezza, l’odio erano riuscite chissà come a fuggire. E tutto ciò senza neanche che me ne accorgessi. Il cambiamento non fu repentino, ma progressivo.

E cosa mi rimaneva? Cos’ero diventata?

Una persona vuota. Un involucro senza emozioni.

Qualche anno fa lo cercai su internet e trovai una parola: anaffettività.

Ero incapace di provare o produrre affetti e emozioni? Si.

Ero emozionalmente repressa? Si.

Tendevo a distaccarmi da tutto il mondo e a dimenticarmi di esistere, ragionando meccanicamente in tutte le azioni compiute? Si.

Era impressionante come una sola parola e tredici lettere fossero capaci di racchiudere ciò che sentivo e che non riuscivo a dire, non trovi? E ancora più impressionante come ero riuscita (anche se di pochissimo e non per merito mio) a intaccare quei muri.

Penserai che una crepa non possa far crollare un muro, vero? Beh, ti sbagli. Se si trova al punto giusto basta una scossa di terremoto o una leggera pressione e… puff. Quello che mi è capitato negli ultimi mesi ha intaccato il mio muro, la mia risolutezza (o stronzaggine) e sono terrorizzata da quello che accadrà quando sarà crollato. Ho paura.

Ultimamente soffro di insonnia, lo sapevi? Ho gli incubi e sono nervosa, il tutto completato da una bella dose d’ansia giornaliera. Non ce la faccio più, sono stremata, praticamente sembro uno zombie: occhi incavati, faccia smunta e chili in meno.

Louis è preoccupato, Liam è preoccupato… sono tutti preoccupati, ma io… voglio solo che finisca tutto.

Cosa sono diventata?



 

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Capitolo 71
*** Louis ***


Capitolo 92

Louis' Pov

“Li, devo chiederti un favore”

“Dimmi, bro”

“Puoi portare a cena fuori Charlotte? O a pranzo, o dove diavolo vuoi?”

Mi guardò sospettoso. E non potevo neanche dargli torto: non ero molto favorevole alla loro relazione e lui lo sapeva bene. Non che non mi fidassi di Liam, ma lei era la mia sorellina e, dovevo ammetterlo, ero estremamente geloso. Dopotutto l’avevo cresciuta io e ai miei occhi era ancora una bambina. Inoltre si aggiungeva il fatto che si era richiusa nel suo riccio, era dimagrita a vista d’occhio, soffriva di ansia e insonnia. Ero preoccupato e, oltre a costringerla ad andare da uno psicologo, dovevo cercare di aiutarla in qualunque altro modo, anche se significava privarle la propria privacy.

“Perché?” mi chiese lui.

Mentirgli o non mentirgli?

“C’è un diario…”

“Non dovresti, Lou. Se lo scoprisse, non te lo perdonerebbe mai” disse lui, capendo le mie intenzioni.

“Devo capire”


 

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Capitolo 72
*** Charlotte ***


Capitolo 93

Charlotte's Pov

Ero accoccolata alla poltrona della sala, di fronte al camino acceso, e leggevo un libro quando dalla porta sbucò Liam. Portava un maglione blu scuro e dei jeans sbiaditi, il tutto completato dalla sua splendida barba che si era fatto crescere nell’ultimo mese e quegli occhi color nocciola che si illuminavano quando mi guardava.

Non era presunzione, ma un dato di fatto.

Non mi accorsi di lui finché non si posizionò di fronte a me, abbassandosi in modo da avere gli occhi alla stessa altezza dei miei e, nonostante ciò, mi fece prendere un bello spavento. In quel periodo ero sempre distratta, persa nel mio mondo, e non mi accorgevo di quello che succedeva intorno a me. Ogni minimo rumore mi spaventava.

“Charlotte…” sussurrò, allungando la mano verso il mio viso e accarezzando la mia guancia. Lo guardai, sussultando. “Ti andrebbe di venire a casa mia? Saremo solo noi due”

Ci pensai un po’ su, ma poi decisi di accettare. D’altronde cos’altro avevo da fare? “Okay” risposi con voce flebile, per poi rimettermi a leggere.

Lo sentii sospirare e alzarsi, lo sentii allontanarsi da me… e andava bene così.

Già, va bene così, mi ripetei cercando di convincere me stessa.

Presi il portatile che si trovava sul tavolino al mio fianco e lo aprii, accendendolo, poi presi la chiavetta usb nascosta sotto la poltrona e la inserii e trasferii i file audio allegandoli all’email.

Il mio ultimo gesto…
 
 
***
 
Destinatario: jackhamilton90@gmail.com
Oggetto: i miei sbagli nelle tue mani

Ciao Jack,
scusa se ci ho messo tanto, ma solo oggi ho trovato un po’ di forza per mandarti questi file. O forse la mia è solo codardia… non so. Non ascoltarli, non oggi né domani né il giorno dopo. Non voglio che tu soffra come ho sofferto io, non voglio farti portare il peso che porto ogni giorno. Non è la tua battaglia, ma la mia, anche se l’ho persa alla fine.
Se mi succede qualcosa, sai quello che devi fare.
Mi dispiace, Jack, per tutto quanto. Ricordati che ti ho voluto bene e sempre te ne vorrò.
Lottie.
 
***
 
Cosa diavolo sto facendo? No, non posso. Questa non sono io.

Vuoi eliminare l’email o salvarla come bozza?





Elimina.

 

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Capitolo 73
*** Charlotte ***


Capitolo 94

Charlotte's Pov

"Charlotte, so che sei là dentro! Apri questa porta adesso!" urlò qualcuno, risvegliandomi dallo stato di apatia in cui mi trovavo. "Giuro su Dio che ti prendo a calci in culo una volta che sarò entrata, perché entrerò in un modo o nell'altro, lo sai vero!? Quindi alza quel culo pesante che ti ritrovi e aprimi!"

Melanie, pensai sospirando.

Mi alzai dal mio comodissimo letto e mi diressi verso la porta. Poi girai la serratura con la chiave e feci dei passi indietro per far entrare il tornado che si era scatenato dentro casa mia.

"Cosa vuoi, Mel?"

Si catapultò contro di me e mi diede uno schiaffo in faccia.

Un. Maledetto. Schiaffo.

Rimasi un istante interdetta, ma poi mi coprii il lato colpito con la mano e mi imbestialii.

"Che cazzo fai?!" urlai verso di lei, spingendola indietro.

"Cerco di darti una svegliata, stronza! Guarda in che stato ti sei ridotta: sembri un relitto trascinato dalla corrente" fece lei, spingendomi a sua volta.

"Questo non ti dà il diritto di schiaffeggiarmi, cazzo!"

"Certo che ce l'ho! Sono la tua migliore amica!" disse lei. "E almeno adesso non sembri uno zombie, quindi ringraziami"

Alzai un sopracciglio. "Dovrei ringraziarti per avermi picchiata?!" feci io ironicamente, mentre la rabbia abbandonava lentamente il mio corpo.

"Adesso non esagerare, hai subito di peggio" disse lei.

Sospirai e mi sedetti al bordo finale del letto. "Vero"

"La persona che vedo in questo istante, non è la mia migliore amica. Tu non sei così, Lottie. Quindi riprenditi da questo stato di apatia e combatti come hai sempre fatto"

"Sono stanca, Mel"

Lei si avvicinò e si sedette al mio fianco, accarezzandomi i capelli. Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lasciai cullare dalle sue carezze. "Lo so, Lottie" fece lei. "Perché non ne parli con qualcuno? O vai in qualche gruppo anonimo di sostegno. Ti farebbe bene e lo sai..."

"Ho paura"

"Di lui?"

"Di lui, di me stessa... Ha provato a uccidermi, Mel. Quella merda ci è quasi riuscita e se era capace di picchiarmi quasi a morte e investirmi, potrebbe fare qualsiasi cosa"

"Ma qui sei al sicuro, non può raggiungerti e non lo farà, non gli conviene. Siete sempre assediati dai paparazzi e fan che vi controllano ventiquattrore su ventiquattro e non ci metterebbero molto a scoprire cosa ha fatto"

"Lo so, credimi. La paura però non è razionale, Mel"

Sospirò. "Per questo devi parlarne con qualcuno" insistette.

Scossi la testa. "Louis mi porta a forza da uno psicologo, ma..." la mia voce si affievolì.

"Allora trovatene uno tu, così non spiffererà tutto a tuo fratello"

"Già, hai ragione"

"Lo so" fece lei, sorridendomi. Ricambia a mia volta.

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Capitolo 74
*** Charlotte ***


Capitolo 95

Charlotte's Pov
 
Dopo che Mel se ne andò, mi diressi verso la borsa dove tempo fa avevo messo un dépliant. Lo trovai sul fondo, tutto stropicciato ma ancora leggibile.
…PARLIAMONE INSIEME
Sei una donna che ha bisogno di aiuto? Se hai subito violenza o hai bisogno di informazioni, contatta un Centro Antiviolenza. Noi ci siamo.

Chiamai il numero che si trovava in fondo alla pagina, era di una dottoressa di nome Chantal De Santis, che mi rispose dopo un paio di squilli.

“Pronto?”

“Salve, dottoressa. Mi chiamo Charlotte e… ho trovato il suo numero su un dépliant preso dall’ospedale…”

Mi tremavano le mani, la mia voce era insicura e flebile, e sentivo un peso sul petto che mi stava schiacciando lentamente. Sapevo però che stavo facendo la cosa giusta. Era l’unica che potessi fare. Un passo verso la direzione giusta.

“Oh bene, sono felice che mi abbia chiamato. Che ne dice di vederci domani in un luogo da lei scelto?”

“Okay” dissi.

Attaccai dopo averle detto luogo e ora dell’incontro, poi presi un respiro profondo e decisi di prepararmi per la serata con Liam.

Le cose dovevano cambiare…
**

Andai io a casa sua, controllando che nessuno mi stesse seguendo. Nonostante fosse passato molto tempo, i paparazzi non si erano ancora fatti vivi. Non del tutto almeno.

La strada la ricordavo bene. Era solo a dieci minuti di macchina da casa mia.

Casa mia. Quando ho iniziato a reputarla come tale?

Bussai e dopo poco lui mi venne ad aprire in tutto il suo splendore. Portava una t-shirt blu chiaro e pantaloni neri.

La capacità in cui, senza il minimo sforzo, quel ragazzo mi faceva sorridere era eccezionale. Non doveva neanche impegnarsi tanto. Bastava che mi guardasse come stava facendo in quel momento: con gli occhi pieni d’amore e sinceri.

Lo salutai con un bacio sulla guancia ed entrai.

“Cos’è cambiato da stamattina?” mi chiese lui, prendendomi per mano e guidandomi verso la sala.

“Ho deciso di reagire” risposi, “Melanie mi è stata di aiuto”

Sorrise. I suoi occhi brillavano, forse per l’emozione o forse era solo la luce della lampada che rifletteva sulle pupille.

“Ne sono felice”

Mi voltai verso di lui. Eravamo faccia a faccia. Gli accarezzai la guancia con il palmo della mia mano.

“Sono stanca di restare immobile, di aspettare qualcosa che non arriverà mai, di restare bloccata in questo limbo… stanca di farti aspettare”

Mi avvicinai e lo baciai. Lui ricambiò ma poi si staccò da me, scuotendo la testa.

“Voglio solo che tu ti fidi di me, Charlotte. Lo so che non è facile e che—“

“Mi fido di te, Liam” lo interruppi. “E voglio dare a NOI una vera possibilità”

Mi attirò a sé e mi baciò.

 

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Capitolo 75
*** Louis ***


Capitolo 96

Louis' Pov
 

Io ed Harry setacciamo tutta la camera da cima a fondo, ma del diario nessuna traccia. Vedemmo sotto il letto, dietro, sulle mensole, dietro i libri, nell'armadio...

Dove diavolo può averlo nascosto? Sapevo che era lì, da qualche parte, ma non riuscivamo a trovarlo.

Poi però, verso tarda notte, mi venne un'illuminazione: in quella stanza c'era un caminetto finto. Lo tastai finché non trovai una rientranza... ed eccolo!

"Sei sicuro di volerlo fare, Lou?" mi chiese Harry.

"Si"

Lo aprii, saltando le pagine che avevo letto tempo fa.

 


**

Se sei arrivato a questo punto, significa che non ti importa delle conseguenze che tutto ciò avrà su di te. E mi dispiace molto sapere che, ora, anche tu porterai il peso che ho sulle mie spalle, ma la decisione è stata tua.

Benvenuto nel mio inferno, caro lettore.
 

**



 

 

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Capitolo 76
*** Charlotte ***


Capitolo 97

 

Charlotte's Pov

Mi circondò con le sue mani, stringendomi delicatamente a sé. Avevo la schiena appoggiata al suo petto e la nuca sulla sua spalla. Sentivo il suo lieve respiro solleticarmi il collo e il suo cuore battere contro il mio.

Se chiudevo gli occhi potevo rivivere la nostra serata: le sue mani sopra di me, che sfioravano ogni parte del mio corpo e che mi facevano sentire bene. I nostri respiri caldi che si univano in un sottile soffio di vento...

Era stata una notte che non avrei dimenticato mai.

Per la prima volta in vita mia, mi ero sentita parte di qualcosa di più bello. Mi ero sentita desiderata e amata incondizionatamente da qualcun altro. Da Liam. E quella fu anche la prima volta in cui avevo dato tutto il mio essere, la mia anima a un'altra persona.

Ero inondata da una marea di emozioni diverse: pausa, amore, gioia, tristezza, ansia, ... Ma ero certa di una cosa: lo amavo come non avevo amato nessun'altro.

Avevo capito finalmente cos'era l'amore, cosa significava essere amati e amare. Ed era merito della persona che stava dormendo al mio fianco.

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Capitolo 77
*** Il Diario ***


 

Capitolo 98


DICEMBRE 2012, PRIMA SETTIMANA
 

È una cosa stupida scrivere in una merda di diario quello che provo, quello che è successo. Ma non ho altro modo per sfogarmi. Non posso parlarne con nessuno se non qui. 

Le mie notti sono sempre insonni da quel giorno. Gli incubi mi tormentano. O forse dovrei chiamarli ricordi. No, non lo sono. I ricordi sono pezzi di vita. Gli incubi sono dei pezzi di morte.

Ed io quella notte sono morta. Mi ha uccisa. Non posso farci assolutamente niente.

Mi sento frustrata. Mi sento sporca. Mi sento vuota.

Nonostante sia passata una settimana, queste sensazioni perdurano dentro di me.

Non esco più. Sono chiusa in questa casa, in questa camera, da sette giorni esatti e non ho intenzione di uscirne. Ho troppa paura.

Vorrei che Louis fosse qui. Vorrei che mi tenesse tra le sue braccia e mi cullasse, dicendomi che si sistemerà tutto. Che tutto andrà al suo posto. Ma lui non c'è, ed io mi sento terribilmente sola.

Mi faccio schifo. Terribilmente.

Mi sarò fatta un migliaio di docce, ma quella sensazione non se n'è andata. Continua a crescere e non so se riuscirò a farcela.

Ho paura. Tanta.

Non vorrei ricordare quella notte, ma devo raccontarla a qualcuno. Anche se quel qualcuno è uno schifoso diario. E spero che così facendo, le mie notti si alleggeriscano. Almeno di un pochino.

Ma è difficile.

Come faccio a scrivere tutte le schifezze che mi ha fatto, tutte le cose che mi ha detto?

No. Racconterò quello che è successo, dopo. Anche se ci vorrebbe troppo.

Magari un giorno riuscirò a scriverle. Ma non adesso. È troppo presto.

Voglio scrivere come tutto è cominciato. Come il suo malsano amore mi ha rovinato.

Quella notte era stata la svolta della nostra relazione. Non avrei mai pensato che lui fosse così, davvero. Stavamo insieme da un mese, ed era sempre stato gentile e dolce con me. Fino a quella sera.

Si era spinto troppo oltre. Ma non avrei mai immaginato che, successivamente, si sarebbe spinto così oltre.

Avevo già intravisto in lui una strana luce negli occhi, ma avevo deciso di ignorarla. Che stupida!

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Capitolo 78
*** Flashback ***


Capitolo 99

FLASHBACK – Aprile 2012

Quando riuscii a scappare era ancora buio e non sapevo dove mi trovavo né dove stavo andando. La mia mente era poco lucida, non riuscivo a pensare, a parlare. Camminavo. Stavo quasi per crollare, me lo sentivo. Ma dovevo trovare un posto sicuro dove stare, un nascondiglio, altrimenti lui mi avrebbe trovato. Zoppicavo, avevo le scarpe in mano e il vestito strappato in vari punti. Dai miei occhi uscivano lacrime, ma non le sentivo. Non riuscivo a sentire niente. Il mio cuore era come morto ormai. E le mie emozioni con lui. La testa mi girava. Le immagini di quella sera vorticavano e si mescolavano ad altre, ancora più terrificanti. Stavo per scoppiare, me lo sentivo.

Sentii delle voci. Stava arrivando qualcuno verso di me. Erano in tanti, forse due o tre persone. Ma non riuscivo a vedere.

Rivolsi il mio sguardo alla strada per non inciampare. Le voci lentamente aumentarono fino a fermarsi improvvisamente. Io intanto camminavo, cercando di non pensare a quello che mi era successo, finché non mi scontrai con qualcuno.

-Scusa- sussurrai. Una parola involontaria, che ormai ripetevo troppo spesso. Cercai di andarmene, ma quel qualcuno mi afferrò per il braccio. Cominciai a tremare. Per un attimo la vista mi si offuscò ancora di più.

-Ehi, stai bene?

Alzai lo sguardo, spaventata. Avevo paura, paura che fosse lui, paura che fosse simile a lui. Le lacrime si fecero più copiose sul mio viso. Non potevo farcela. Non ero abbastanza forte per affrontare un'altra persona. Non quella notte. Cercai di scansarmi, di togliere la sua mano dal mio braccio. La stretta era dolce, ma sicura. Non faceva male. Però avevo ugualmente paura.

Quando incrociai i suoi occhi mi ci persi. Erano di un marrone così profondo... Trasmettevano sicurezza e dolcezza. Per un momento mi incantai a guardarli, poi il buio mi travolse.

Mi svegliai in una stanza che non era la mia, in un letto che non era il mio. Aprii gli occhi lentamente. Mi alzai e mi guardai intorno. La camera era abbastanza grande. Un po' disordinata ma pulita. Sulle pareti c'erano molte foto. Mi avvicinai, curiosa. Vidi il ragazzo della sera prima e una ragazza. Erano davvero belli insieme. Il ragazzo poi mi ricordava qualcuno che conoscevo, ma invece di pensare a lui, la mia mente percorse la serata precedente. I miei occhi si scurirono di colpo, così come il mio umore. La scorsa sera...

Le lacrime uscirono dai miei occhi. Mi avvicinai alla porta del bagno ed entrai. Dovevo vedermi. Dovevo vedere come il mio corpo si era ridotto. Mi portai la mano alla bocca. Ero stupita, amareggiata, stanca... Quell'essere mi aveva ridotto uno schifo. Avevo i segni delle sue mani su di me. I singhiozzi divennero più pesanti. Non ce la facevo più. Mi sentivo sporca, usata.

Dovevo ritornare a casa mia. Lo sapevo. Avrei dovuto rivederlo. Sapevo anche quello.

Trovai un foglio di carta e scrissi un ringraziamento a quel ragazzo. Poi, senza far rumore, uscii da quella casa ringraziando anche il cielo per l'angelo che mi aveva mandato e che non avrei mai dimenticato.

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Capitolo 79
*** Il Diario ***


Capitolo 100

DICEMBRE 2012, Seconda settimana


Il giorno dopo il mostro si presentò a casa mia con un mazzo di rose. I miei non c’erano. Beh, loro non c’erano mai in quel periodo. Non sto dando la colpa a loro, mettiamolo in chiaro. In tutta questa maledetta storia, loro non centrano niente.

Il mostro si scusò con me un migliaio di volte, dicendomi che non sarebbe più accaduto, che è stato solo uno scatto di rabbia e che sarebbe cambiato. Ed io come una stupida, gli credetti.

Un circolo vizioso, davvero. Ed è quasi impossibile uscirci, soprattutto perché, dopo un po’, pensi che la colpa sia davvero tua.

Dopo quell’episodio, ce ne furono altri. Uno peggio dell’altro. Mi logorava giorno per giorno.

Ma non sto qui a raccontati tutto. Non ne ho la forza.

Ti dirò invece quando lui si è dimostrato quello che realmente è, quando si è tolto quella maschera da persona per bene.

Non mi accorsi subito del mio ritardo. Solo due mesi dopo. Ero spaventata e speravo, con tutto il cuore, che non fosse nulla. Che ne so? Sbalzo ormonale? Il tempo? Lo stress? Niente di più. Con tutta la mia forza di volontà, mi lavai e mi vestii e poi uscii di casa. Era pomeriggio quindi non c'era pericolo che potessi incontrarlo. Però avevo paura lo stesso. Mi diressi in fretta verso la farmacia che si trovava dietro l'angolo di casa mia e presi due test di gravidanza. La cassiera mi guardò in modo strano, ma non me ne curai. Per mia fortuna non mi riconobbe. Forse era dovuto al capello e agli occhiali da sole che indossavo o forse era stata solamente un colpo di fortuna. Tornai subito a casa.

Indovina un po’? Era positivo.

Glielo dissi. È stato il più grande sbaglio della mia vita.

Avrei dovuto… Ah, è inutile ormai. 



 

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Capitolo 80
*** Charlotte ***


Capitolo 101


Mi strinse a sé, circondandomi con un braccio la vita. Capii che si era svegliato dal ritmo del suo respiro, che era diventato più leggero. Avevo la testa appoggiata al suo petto e riuscivo a sentire i battiti del suo cuore.

“Buongiorno” mi sussurrò con voce roca, avvicinandosi e dandomi un bacio a stampo sulle labbra.

“’Giorno” feci io, accarezzandogli la mascella.

Desideravo che lui sapesse. Ne avevo bisogno.

“Ti va di fare colazione?” mi chiese.

Annuii. “La preparo io, tu vatti a fare una doccia”

“Ti unisci a me?” disse, con fare allusivo.

Mi misi a cavalcioni sopra di lui e mi morsi il labbro, sorridendo. “Fammi strada”

E fu così che la colazione divenne il pranzo.

Eravamo sul divano e stavamo mangiando cibo cinese da asporto quando parlai.

“Ero incinta” dissi. Liam per poco non si strozzò, perciò aspettai che riprendesse fiato e poi continuai. “Avevo compiuto 18 anni a gennaio e avevo conosciuto Dylan a marzo tramite amici di amici e ci mettemmo insieme poco dopo. Sembrava un ragazzo normale, dolce e comprensivo, ma il tempo ha rivelato il suo vero aspetto. Non ci volle molto” ridacchiai amaramente.

“Perché me lo stai dicendo?” mi chiese lui, avvolgendomi la mano con la sua.

Lo guardai negli occhi. “Perché voglio che tu lo sappia, perché ho bisogno di raccontarlo almeno una volta a qualcuno e perché se vogliamo avere una relazione duratura, non ci devono essere segreti tra noi. Per me l’onestà sta alla base di tutto, oltre alla fiducia. E mi fido di te, Liam”

Si avvicinò a me e mi baciò dolcemente. “Mi fido anch’io di te, Char” mi disse, sorridendomi.

“Scoprii di essere incinta a metà del secondo mese, ma non glielo dissi subito” continuai, dopo qualche minuto in cui cercai di reprimere le lacrime che sapevo erano già pronte per cadere. “Ho aspettato qualche settimana in cui mi ero fatta delle visite per esserne sicura.”

“I tuoi genitori non si accorsero di niente?”

“No” dissi scuotendo la testa. “Ormai ero maggiorenne, non serviva la loro firma. Che poi entravo e uscivo dall’ospedale da un po’ di tempo, ma nessuno chiamò la mia famiglia” feci io, torturandomi le mani.

Ricordavo com’era stato facile nascondere i lividi alla mia famiglia, quanto facessero male. Ricordavo com’era stato difficile camminare per strada, guardandomi costantemente attorno con la paura di incontrarlo, l’ansia che mi divorava, l’insicurezza... Ricordavo tutto. Il lento deteriorarsi del mio animo e di come, alla fine, era sparito. Io ero scomparsa, distrutta pezzo dopo pezzo, vuota.

“Glielo dissi, perché… lo amavo nonostante tutto e mi diceva sempre che sarebbe cambiato, che voleva formare una famiglia con me, che mi amava. Ed io come una stupida ci credevo ogni volta.” La mia voce si affievolì fino a scomparire.

“E poi cos’è successo?” chiese lui con voce dura. Aveva i pugni serrati e la mascella tesa dallo sforzo di trattenersi. Era furioso. Non con me, lo sapevo. Ma con lui. Mi morsi il labbro talmente forte da sentire il sapore metallico in bocca.

“Non la prese bene” feci io. “Lui... lui prese a colpirmi dove capitava, ma si accanì sul ventre. Quando se ne andò riuscii a chiamare un’ambulanza. Mi fecero delle domande per i lividi che avevo e di quello che era successo, ma risposi loro che ero maldestra, che ero inciampata ed ero rotolata per le scale fino a scontrami contro un mobile che mi era caduto addosso. E loro fecero finta di crederci. Una volta arrivati all’ospedale mi fecero delle analisi e mi operarono. Poi mi dissero che la bambina era morta e che l’avevano rimossa. Come se fosse un oggetto... Ero al quarto mese” Piansi, piansi come non avevo mai fatto prima.

“Shh, ci sono io qui” mi consolò, abbracciandomi forte a sé. 

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Capitolo 81
*** Il Diario ***


Capitolo 102

Il Diario
 


TERZA SETTIMANA – Dicembre 2012

Non volevo sapere di uscire dalla mia stanza. Non parlavo più con nessuno. Non mangiavo e non riuscivo neppure a dormire. La notte era la parte più brutta della giornata. Ogni suono o rumore, ogni scricchiolio o passo mi faceva accapponare la pelle. Mi odiavo. Odiavo quello che avevo fatto succedere. Odiavo il mio corpo. Odiavo quello che mi era accaduto. Odiavo lui e me stessa. Lui che mi aveva rubato tutto, la felicità, la mia adolescenza, il mio bambino, e me che avevo fatto sì che accadesse. Odiavo tutto e tutti.

Per lui ero solo un divertimento. Quel gioco che usi quando non hai niente da fare. Mi trattava come se fossi un giocattolo che non si rompeva mai, ma non era così. Mi aveva causato talmente tante ferite da avermi quasi uccisa.

Ma la mia stupidità non mi ha permesso di vedere oltre la sua maschera da bravo ragazzo e quella che rimase fregata ero stata io.

Mi ero rovinata con le mie stesse mani.
 



QUARTA SETTIMANA – Dicembre 2012

Non mi piace sentirmi così, debole e indifesa, con la paura sempre addosso.

Ho paura che possa trovarmi, ho paura di raccontare tutto a qualcuno, ho paura di uscire di casa. E fa male, fa dannatamente male, cazzo. Sento un dolore dentro… 


Non voglio sentirmi così. Devo reagire.

Deve pagare per ciò che le ha fatto. Deve pagare per quello che mi ha tolto.

È strano, sai? Non sono mai stata una persona che prova rancore e odio verso un'altra. Non ho mai desiderato vendicarmi in vita mia. Fino ad ora.
è cambiato tutto, e sono cambiata io.

Mi ha tolto la parte più importante della mia anima e l’ha fatta a pezzi. Ha ucciso la mia vita. E l’unica cosa che voglio è che soffra quanto ho sofferto io.

Voglio vederlo strisciare e chiedermi perdono.

Voglio vederlo il più lontano possibile da me.


 

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Capitolo 82
*** Charlotte ***


Capitolo 103

 
Charlotte's Pov


“Lo capisco se non vuoi continuare”

Scossi la testa. “No, voglio farlo” feci io, una volta che mi fui calmata quel tanto che bastava per parlare chiaramente. “Ero al quarto mese, ormai. Mi operarono e per me andò tutto bene, ma chiamarono la polizia”

“L’hai denunciato, vero?”

“No. Ridissi quello che avevo già detto ai paramedici e al medico. Il padre di Melanie, Micheal James, è un medico e lo conosco da sempre… è lui che mi ha aiutato, assieme a Padre John. Abbiamo fatto una piccola cerimonia, solo noi tre, e poi feci promettere loro di non parlarne con nessuno. Sarebbe stato il nostro segreto…” Erano vincolati l’uno dal segreto professionale e l’altro da quello spirituale e fu un bene per me. “Micheal mi aiutò per quel che poté, ma lo respinsi. Respinsi tutti. Ero arrivata a un punto in cui non mi interessava di nessuno. Volevo solo far smettere quel dolore”

“Perché ti sei tenuta tutto dentro, Charlotte?”

“Dylan mi aveva minacciato. Mi aveva detto che avrebbe fatto del male alla mia famiglia se avessi detto qualcosa e non potevo farlo accadere. Avevo paura ed ero sola.”

“Avevi tua madre, tuo padre, tuo fratello.”

“Mia madre non avrebbe retto, Mark non è il mio vero padre e, sebbene gli voglia un bene dell’anima, non me la sentivo di raccontargli niente di tutto ciò. E Louis... beh, lui non c’era e non volevo che quello mi era successo avesse ripercussioni su di lui e voi”

“Poi com’è andata a finire?”

“Dopo settimane chiusa in camera, mi feci forza e decisi che era tempo di reagire. Aveva ucciso una creatura e non potevo sopportarlo. Aveva ucciso mia figlia e aveva ucciso me. Cosi andai da lui e gli feci confessare tutto. Registrai ogni parola di quello che diceva, ogni singola lettera, e poi lo minacciai. Come lui aveva fatto con me. Da quel giorno mi lasciò in pace”

“E l’incidente invece?”

Sospirai. “Non ho visto chi mi ha investito, Liam, ma so per certo che lui c’entri qualcosa”

“Andiamo a denunciarlo, Char. Ci sarò io con te”

Scossi la testa. “Sono al sicuro qui. Non può farmi più nulla…”

Non aggiunse nulla, ma mi strinse tra le sue braccia. “Voglio che tu sia felice e al sicuro. Non posso proteggerti da tutto, Charlotte, tantomeno dagli altri, ma posso prometterti che ci sarò sempre per te” disse baciandomi prima la fronte, “tu ed io” poi il mento.

Annuii, emozionata. “Non posso ancora dirti che ti amo, ma posso affermare che sei stato la scelta migliore che io abbia mai fatto, Liam”

“E tu la mia”

 

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Capitolo 83
*** Il Diario ***


Capitolo 104 - Il diario

 
QUINTA SETTIMANA - Gennaio 2013


Loro non sanno niente della mia vita. Delle risate, dei litigi, dei pianti, delle arrabbiature. Loro non sanno niente e non si dovrebbero permettere di dirmi cosa devo o non devo fare.

Sono cambiata e devono accettarlo.

Non permetterò più a nessuno di farmi del male. Non permetterò a nessuno di usarmi. Mai più.

Che vadano a farsi fottere tutti.

Non mi interessa più niente ormai. Il vuoto che ho dentro ne è la prova.

Tutti i sentimenti che una persona dovrebbe provare, sono svaniti nel nulla come se non fossero mai esistiti. Non so più cosa sia provare gioia o nervosismo. Non so più cosa significa sentire dolore o felicità.

Non sento più niente.

Indifferenza. Quella sì che la provo. Verso la vita, verso il futuro, verso le persone…

Non mi è rimasto più nulla perché lui me l’ha distrutto ed io gliel’ho lasciato fare.





3 luglio 2014


Fa ancora male, sai? Dopo tutti questi anni il dolore che ho dentro non si è affievolito neanche un po’. Almeno so che provo ancora dei sentimenti. Che consolazione di merda!

Gli altri però non lo notano, e se lo fanno è troppo tardi… Loro sono lì, ignari di tutto quello che ti accade, di quello che provi, oppure sono semplicemente disinteressarti.

Quello che mi è accaduto mi ha dato modo di costruire delle maschere, una da portare con la mia famiglia e un’altra da usare fuori, nel mondo reale. È stato difficile, ma ce l’ho fatta.

Vuoi sapere qual è la cosa più brutta? Che quelle maschere ora sono parte di me. Non le riesco più a toglierle… Ma forse non è poi così grave.




 

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Capitolo 84
*** Charlotte ***


Capitolo 105

Charlotte's Pov


“E il tuo amico poliziotto?”

“Jack?” chiesi, alzando un sopracciglio. “Sei geloso?”

“Certo!” rispose lui sinceramente. “Ho visto come ti guarda, Charlotte, e quello sguardo…”

Sospirai. “Crede di amarmi…”

“Lui ti ama. Sei ceca se non te ne sei mai accorta”

“Non volevo che accadesse. Si merita una persona migliore”

Si avvicinò a me e mi avvolse il viso tra le sue grandi mani. “Non ti devi mai sminuire, Charlotte. Mai, mi hai capito?!”

Annuii. Lui mi diede un bacio leggero sulle labbra, poi si distaccò e mi chiese: “Jack lo sapeva?”

“Sapeva che c’era qualcosa che non andava ma non capii finché…” la mia voce si affievolì.

“Perché non ha fatto niente?”

“Non gliel’ho permesso, Liam” feci io. “Era in gioco la sua carriera e non volevo essere la causa della sua rovina prima ancora che iniziasse. Questo mi rende una persona cattiva?”

“No, ma tutte queste bugie ti hanno fatto calare a picco”

“Le persone che amo però erano al sicuro. Non m’importava che mi facessi male io, che lui mi facesse del male…”

Sospirò. “Cosa accadde?”

“Lo accompagnai alla stazione dei treni: lui stava partendo per l’accademia di polizia ed io ero con lui. Volevo che restasse con me, che non partisse, ma dentro di me sapevo che era giusto così. Mi ripetevo che il mio migliore amico non mi stava abbandonando, che sarebbe ritornato ma i dubbi erano tanti. Ero felice per lui, per l’opportunità che gli era stata data, davvero.”

Mi prese la mano tra le sue e me la strinse. “Lo so, Charlotte”

“Mi abbracciò e riuscii a trattenere i gemiti di dolore, avevo i lividi su tutto il torace, ma non riuscii a trattenere le lacrime. Pensava fossero per la sua partenza, e in parte lo erano, e mentre mi staccavo da lui e mi allontanavo, mi prese per il polso e per il contatto improvviso non riuscii a fermare, se non per metà, l’urlo che mi uscì dalle labbra. Come vide il livido mi disse di non voler più partire, che sarebbe rimasto con me per affrontare tutto, che voleva aiutarmi, ma non glielo permisi. Non potevo. Cercai di convincerlo che era stato solo un incidente, ma non mi credette, allora usai l’unica cosa che sapevo l’avrebbe smosso”

“Cosa gli hai detto?”

“Che l’avrei raggiunto. Avevo solo bisogno di tempo per sistemare le cose e poi sarei andata da lui”

“E ti credette?”

“Si, perché ci credevo anch’io”



 

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Capitolo 85
*** Charlotte ***


Capitolo 106

Charlotte's Pov


Tornai a casa di Louis a tarda sera, pensando a quanto fossi cambiata nell’ultimo periodo, a quanto la vicinanza di mio fratello mi avesse condizionato positivamente ed a quanto quell’edificio che si trovava proprio in quel momento davanti ai miei occhi fosse diventato casa mia.

Casa.

Aveva riacquistato il suo significato originario. Chi se lo sarebbe immaginato? Non io.

Ridacchiando felicemente, decisi che era arrivato il momento di entrare in casa: l’aria di quella notte era diventata gelida e il vento mi provocava brividi su tutto il corpo.

Ero felice. Per la prima volta dopo tanto tempo ero finalmente felice.

Pensai che Louis stesse dormendo, invece lo trovai sulla poltrona, davanti al caminetto, con le lacrime che gli scorrevano copiose sul viso e lo sguardo perso nel vuoto. Capii subito che c’era qualcosa che non andava perciò accorsi subito al suo fianco e mi abbassai in modo da avere il suo viso all’altezza del mio.

Non era da mio fratello avere quell’aspetto. Qualsiasi cosa fosse successa l’aveva sconvolto a tal punto da non accorgersi nemmeno che ero accanto a lui.

“Cos’è successo, Lou?” gli chiesi sussurrando, mentre gli accarezzavo il viso umido. Mi guardò, il suo sguardo era colmo di dolore. Quel dolore che ti toglie il respiro, quello che ti paralizza per quanto è forte… quel dolore lo conoscevo bene visto che era diventato parte integrante della mia vita. “Mi stai facendo preoccupare…”

Aprì la bocca per parlare ma non ne uscì alcun suono. Spostò lo sguardo alla sua sinistra ed io lo seguii con il mio: sul tavolino c’era il mio diario.

Mi scostai immediatamente e feci qualche passo indietro, mentre le lacrime iniziarono a scendere anche sul mio.

“Perché?” fece lui. La sua voce era rotta dalle mille emozioni che provava. Lo capivo, davvero.

Perché? C’erano tanti, troppi perché.

“Non dovevi leggerlo, Louis. Non dovevi, cazzo!”

Mi girava la testa perciò decisi di sedermi il più lontano possibile da lui, sul divano dall’altro lato della stanza. Più distanza mettevo tra noi, meno dolore riuscivo ad assorbire, ma non funzionava così perché quel dolore che leggevo nei suoi occhi era la stessa e identica emozione che provavo io.

Mi rannicchiai su me stessa, come se mi potessi proteggere facendo scudo con il mio corpo. Che idiota! Fu lui ad avvicinarsi e mi abbracciò.

“Mi dispiace così tanto, Lou” feci io, singhiozzando tra le sue braccia.

“Non è stata colpa tua, Lottie” disse lui accarezzandomi i capelli. “Avrei dovuto esserci”

Scossi la testa. “Non farlo…”

“Cosa?”

“Addossarti le mie colpe”






 

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Capitolo 86
*** Charlotte ***


Capitolo 107

Charlotte's Pov

“Lo denunciamo” mi dissi quando le lacrime si esaurirono e dopo avergli raccontato tutto. Ormai era inutile continuare a mentire.

Scossi la testa. “Appartiene al passato, Lou. Lasciamolo lì. Rivangarlo causerebbe solo altro dolore”

“Non mi importa, Charlotte. Deve pagare per ciò che ha fatto! Ha cercato di ucciderti!!”

“Sono stanca di soffrire, Louis” ammisi, cercando di fargli cambiare idea. “E poi che mi dici dei media? Quando la notizia si spargerà, e credimi lo farà, succederà il finimondo: la mia vita sarà spiattellata a tutto il mondo e ci saranno delle ripercussioni anche su di voi. Tutto quello che ho passato per proteggervi non avrebbe più senso”

“Perché non aveva senso fin dall’inizio! Avresti dovuto fidarti di noi!!” fece lui, iniziando ad arrabbiarsi.

Ero delusa e ferita dalle sue parole. Non si trattava di fiducia, ma di conseguenze. Non capiva le mie ragioni o forse era rimasto traumatizzato da tutto quello che avevo passato. “È inutile, Louis. Non cambierò idea, discorso chiuso”

Cercò di calmarsi, anche se con scarso risultato. Mi fidavo di lui, l’avevo sempre fatto. Era di me stessa di cui non avevo più fiducia. Dopotutto ero stata io a iniziare tutto.

“Odio quando fai così” mi disse, sospirando.

Sorrisi. “No, non mi odi”

“Hai ragione” fece lui, stringendomi ancora di più a sé. “Ti voglio bene, Lottie.”

“Te ne voglio anch’io, Lou” dissi io in un sussurrò. Poi mi scostai per guardarlo negli occhi. “Non mi pento delle mie azioni perché tutto quello che ho fatto è stato per proteggere la mia famiglia, anche se mi ha portato nel baratro. La mia unica consolazione era che voi eravate al sicuro. Non volevo altro…”

“Così facendo ci hai comunque fatto soffrire”

“Se aveste saputo la verità sarebbe stato peggio” feci io. Lui mi guardò e capii che non era del tutto convinto, allora sbuffai e, alzando gli occhi al cielo, gli dissi: “Oh avanti Louis, come la prenderebbe mamma se lo sapesse? Ne uscirebbe distrutta. Tutta la nostra famiglia sarebbe fatta a pezzi per colpa mia. Non ce la farei a portare anche questo peso”

Facendomi appoggiare la testa al suo petto, iniziò ad accarezzarmi i capelli delicatamente. Amavo quando lo faceva, riusciva a farmi rilassare. Chiusi gli occhi e mi godetti quel momento. “Devi lasciarti alle spalle questo senso di colpa, Charlotte. È irrazionale e potrebbe consumarti irreparabilmente”

“Non ci riesco, Lou…”

“Non dico che sia facile, solo…” la sua voce si affievolisce. Sospirò. “Vorrei che tu capissi che non è stata colpa tua: non è colpa tua se lui ha compiuto tutte quelle azioni disgustose, se diventava violento nei tuoi confronti, se ti maltrattava a parole. Non. È. Colpa. Tua. Vorrei tanto che tu lo capissi”

Non risposi, non c’era nient’altro da dire. Sentii le lacrime inondarmi gli occhi, ma cercai di trattenerle. Avrei voluto tanto sentire quelle parole tanto tempo fa…




 

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