this game

di GirlDestroyer1988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** this game 1: the biting pendulum ***
Capitolo 2: *** this game 2: the savannah ***
Capitolo 3: *** this game 3: i want my past back ***
Capitolo 4: *** this game 4: road to Hell ***
Capitolo 5: *** this game 5: miracolo ***
Capitolo 6: *** this game 6: the final level ***
Capitolo 7: *** this game 6: the final level ***
Capitolo 8: *** the giant ***



Capitolo 1
*** this game 1: the biting pendulum ***


Hiro aprì di nuovo gli occhi in un ambiente spoglio, insieme agli altri. “Questo sarebbe l’ambiente virtuale di quel posto?” fece Gogo. “Approssimativamente” disse Wasabi. “Come approssimativamente? Ti rendi conto che approssimativamente potremmo non uscire più da questo posto? Dove non c’è né alto né basso, e…dove però si potrebbero creare” Hiro cercò in varie direzioni quello che, all’Università, avevano chiamato Point, punto, un oggetto che indichi, negli spazi virtuali preliminari, la localizzazione di oggetti, personaggi, setting futuri, successivi al completamento dell’ambiente. “Il Point è laggiù” disse Hiro. Indicò in lontananza una specie di bernoccolo grigio, imbrigliato in una calzamaglia a scacchi romboidali come quella della Michelle Lintel di Black Scorpion. “Un Punto, cioè il segnalatore del futuro” fece Gogo. Si costruì intorno a loro il labirinto di Pacman, e il gruppo si trovò ad essere i fantasmi. Ma i fantasmi furono i primi a arrivare, senza colori, solo neri. “Attacchiamoli!” disse Hiro, preda dell’istinto. I fantasmi furono tutti aggrediti, Hiro sparando con il suo cannone al plasma, coperto da Gogo, mentre Wasabi li strappava in 2, Honey li sbriciolava riducendoli in cilindri di carta delle arance Tarocco accesi con l’accendino, Fred li sterminava con il suo Giornodisole. Caduti i fantasmi, arrivò Pacman, trasformatosi in una specie di Mr Dob, con altre 2 facce, più schiacciate, ai lati degli occhi, come le lacrime acquario della scultura sulla copertina di Quelle cose ai lati dei tuoi occhi di Gabriele Picco. “Arriva!” disse Hiro, mettendosi in posizione di difesa. Nel frattempo, dalla loro base nell’arcipelago giapponese, Kord e Stark osservavano accigliati un fatto che non si aspettavano minimamente: Pacman e i suoi avevano preso a scorrazzare per tutte le città del mondo. “Pacman se ne va a spasso per…Tokyo? Poi New York? E adesso….Roma? Persino da….Reggio Emilia? Ma a Reggio Emilia non ci va mai nessuno!” “ che c’è Tony?” “Pacman ha deciso di mettersi a mangiare fantasmi nel mondo reale. Guarda qui: a Rio de Janeiro, ultim’ora, la palla gialla con il delirium tremens alle mascelle sta scorrazzando all’ombra del Cristo redentore sul Pan di Zucchero” “C’è da preoccuparsi?” “No. Pacman non è reale, non mangerà nessuno” all’improvviso il telefono si mise a squillare. Tony, abituato con metodi manageriali, si gettò subito sulla cornetta senza neanche insospettirsi su chi ci fosse dall’altro lato. “Pronto?” “Sono il maggiore Motoko Kusanagi. Dov’è Hiro? Dove lo avete realmente portato, Tony Stark e Ted Kord?” “Maggiore Motoko Kusanagi? Senta, è una storia complicata, c’è un momento in cui le cose precipitano e….” ma lei aveva improvvisamente chiuso la linea. Tony si rimise al computer e cercò di vedere cosa stessero facendo Hiro e gli altri. Ma improvvisamente era apparso un settimo giocatore. Mentre Hiro e Baymax cercavano di distrarre i 3 Pacman facendoli perdere nel dedalo, si accorgevano che, seguendo i normali puntini luminosi (no bonus) Pacman e nipotanza/figliolanza li riuscivano sempre a mettere sulla strada che volevano loro. “Baymax! Agganciamento!” e Hiro e Baymax si unirono in modalità ride, riuscendo a far mangiare a vicenda i 2 Pacman più piccoli. Ma rimaneva il terzo, che puntava dritto verso i loro amici. “Baymax, riesci a vedere dove si sta dirigendo? C’è una possibilità di sbarrarlo prima? A che altezza?” “Approssimativamente Pacman sta svincolando in quel settore. Devo tentare una manovra frontale” “Ma Baymax non ce la faremo mai! Finiremo mangiati!” ma Baymax non lo stava ascoltando e Hiro poteva solo sperare che davvero il suo amico robot avesse un asso nella manica. Ma mentre Pacman era ormai sulla loro traiettoria, Motoko con un salto scavalcò uno dei muri laterali e gettò in bocca alla palla gialla una Lewis Savage M1917. Baymax e Hiro vi sbatterono contro, cadendo all’indietro malamente. “Che ca…” disse Hiro cercando di razionalizzare. Pacman era lì davanti, fermo immobile. In bocca, come un toscano, aveva il mitragliatore, che mordicchiava lentamente. Ma all’improvviso i suoi occhi si rimpicciolirono, per poi spegnersi. Il mitra cadde emettendo il rumore di tutta una batteria di pentole, e Pacman scomparve, con il tradizionale risucchio da dietro. Hiro si avvicinò all’arnese, che fumava ancora per aver sparato una raffica di 54 proiettili in meno di un minuto. Mentre il ragazzo guardava l’affare indeciso, Motoko li si piazzò davanti, fulminandolo con lo sguardo. “Mi avevi detto che andavi ad una gara di videogiochi” disse severa. “Perché stai qui? Perché te ne stai dentro un videogioco?” “Ehm…ecco….” “Le posso rispondere io, Lady Kusanagi” disse Tony comparendo nel cielo come Russ Cargil quando manda i suoi comunicati a Springfield sotto alla cupola. “Anzi, non c’è tempo per discutere perché Hiro sia lì” disse, “Il gioco non è ancora finito” e Motoko si guardò intorno come una leonessa che ha sentito un ruggito di minaccia da qualche parte. Lo scenario cambiò di nuovo, mentre Motoko sembrò provare un moto di pentimento. “Hiro, credo che tu abbia fatto questo…perché costretto” la voce del maggiore era più incerta, mentre il paesaggio era in veloce metamorfosi intorno a loro. Improvvisamente si trovarono in una piazza, in una notte come quella, nevosa, che c’era fuori, in quella che non si sapeva se fosse Times Square o Piazza E.Duse a Milano. “Che location è questa?” chiese Motoko, l’erta sempre alta, una Co2 GAMO PT80 Tactical sempre tremebonda su uno dei suoi glutei. “Molto strano. Ma sembrerebbe un qualche film espressionista” disse Honey, facendo ruotare gli occhi alla ricerca di un qualche edificio particolare al quale riferirsi. Non si riusciva a scorgere nessun palazzo con una qualche tratto iconico. “Ragazzi siete dentro Operazione diabolica di Jhon Frankenheimer. Dovrete arrivare dentro la Compagnia, a Malibu, per salvare John Randolph dall’essere trasformato in un pacco postale per cervelli altrui. Vedrò di farmi traslare lì, è l’unica cosa che riesco a fare di mio alle prese con lo Starbound” e Tony, cliccando freneticamente sui tasti della tastiera, riuscì, dopo uno sforzo sfiancante, a farli accedere al livello di Malibu. L’interno della Compagnia era un lungo corridoio, con una profonda fossa nel pavimento, profonda circa un metro e 90, da cui usciva un tappeto a scacchi., che si allungava su balze del pavimento, disegnando curve irregolari, fino a fermarsi contro un muro e svoltare a destra, come se fosse un toboga. “usciamo da qui, e raggiungiamo la sala Macellazioni&Omicidi” disse Motoko, issandosi per uscire da quell’ombelico nel parquet in finto cedro. Aprirono ogni porta, per poi trovare quella in cui si trovava l’attore, con il personaggio di Arthur Hamilton. Era legato per i denti dell’arcata superiore, dondolante dal soffitto come un candelabro. Uno strano uomo, con una maschera da coniglio senza muso, vibrisse, incisivi, solo una coppia di occhi ottenuti perforando la maschera con un arma da fuoco, era vicino a lui, brandendo una coppia di guanti con una siringa ogni dito, pronto a iniettare il contenuto di ciascuna fiala nell’uomo. Motoko li puntò alla testa, intimandogli di fermarsi. L’altro si girò, e, non appena incrociò lo sguardo di Motoko, questa li sparò. 2 colpi, guarda caso agli occhi. L’uomo barcollò, e cadde a terra come se fosse scivolato su una buccia di banana mentre eseguiva un moonwalk. I nostri liberarono l’attore, portandolo all’uscita. Nel frattempo Kord stava controllando e, consultandosi con Stark, li espresse i suoi dubbi per l’andamento delle scene. “In Operazione diabolica non c’era nulla di tutto questo, Starbound, che diamine combini?” “” “Che cosa sono questi simboli? Mano? Numero 6? Numero 5? Carattere arabo? Numero 6? Numero 7? Numero 0? Tre stelle? Numero 0? Numero 3? Sghiribizzo? Numero 6? Numero 5? Numero 0 nero? Numero 9? Numero 6? Numero 3? Numero 3? Numero 6?” domandò Kord, mentre comunicava. “Non ragiona più. Numeri, caratteri, totalmente a caso. Se comunque quello non è Operazione diabolica, c’è da preoccuparsi”

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Capitolo 2
*** this game 2: the savannah ***


Il gruppo riuscì ad uscire dall’edificio, salvo però trovarsi in un altro scenario. Erano in aperta savana, nella piana del Serengeti. “Ma che….” In lontananza, nell’ambiente senza orizzonte, si stava aprendo una soglia. I leoni rimasero fermi, mentre una coppia di ragazzini si muoveva in avanscoperta. “Una….porta…sulla…savana?” nel mentre le cicale, sotto il sole, accompagnavano la rovente staticità del paesaggio con un fitto frinire. “Ragazzi che caldo! E con quei bambini cosa facciamo?” “Innanzitutto andiamo a sentire come sono arrivati qui” disse Motoko, scendendo la scarpata su cui si trovavano, l’edificio di prima svanito, Jhon Randolph incuriosito dalla camminata dondolante di un marabù, da Operazione diabolica a L’uomo illustrato. “Che posto è questo?” chiese Randolph, estraendo dal suo Vans Hixon un pacchetto di Benson&Hedges, e con uno scatto estrasse una e se la accese. “Una savana, signor Randolph” disse Hiro. “Motoko!” gridò Hiro rivolto al Maggiore, che tornava, seguita dai bambini. “Sono simpatici, i genitori sono via. Ehi gringo, ne avresti una?” e l’uomo, inarcando le sopracciglia per cotanta richiedente, le allungò il pacchetto, e lei, mordendo il bocchino di una di esse, la carpì e li ridiede il pacchetto. “Grazie. Per l’innesco me la cavo da sola” e Motoko estrasse una palla di vetro, apparentemente per degli esercizi di contact juggling, la mise sul terreno, estrasse la Co2 GAMO PT80 e fece scattare il caricatore. Sparò alla palla che esplose in una fontana di cocci, mentre i bambini erano impegnati in un arrampicata. Raccolse un coccio e lo mise obliquamente alla sigaretta. Si accese così la sigaretta usando il potere del Sole. Inspirò profondamente e rilasciò una nuvola di vapore, che si espanse intorno a lei come una fiamma di vapore. “Qual è la missione?” chiese rivolta al cielo, aspettandosi che Kord o Stark si rivolgessero a loro. “Nessuno mi ascolta? Vabbè, dovrò inventarmi qualcosa io. Ascoltate, io sono perfettamente conscia di che cosa sia questo posto. È il racconto Il veldt di Ray Bradbury, in Il gioco dei pianeti. Questa è una realtà virtuale, dove fondamentalmente possiamo modificare il mondo che ci circonda con la nostra esclusiva volontà. Non è in fondo quello che fanno i protagonisti del racconto. Ehi voi laggiù!” esclamò Motoko, ai 2 bambini coinvolti nell’arrampicata su un baobab. “Dici di noi?” chiesero loro. “Come avete fatto a impostare l’ambiente di questa realtà virtuale?” “Abbiamo semplicemente impostato il computer nella stanza. Si trova sotto il pavimento” e Motoko cominciò a sondare il terreno, alla ricerca di dove si trovi l’accesso al terminale. “Voi sapete dove stia?” “E’ quella grossa roccia laggiù” fece uno di loro. Lei si avvicinò ad un grosso pezzo di roccia volgarmente simile ad un quadrato. Lo sollevò e lo spostò lateralmente, e, messasi con le braccia a stanghe di A, esaminò il conciliabolo di componenti elettronici, semplicemente incomprensibili per un attore nato nel 1915. Motoko vi trafficò sopra per un po’, e improvvisamente l’ambiente cambiò, spostato nel parco nazionale del Naivasha, nel Kenya. Alla luce di un falò, sotto l’impassibile sguardo di uno sciamano Kamba, alla luce della Luna. “Mi sa che impazziremo tutti” disse Randolph, valutando la stranezza della cosa. “Mi piacerebbe andarmene da qui, anche perché questo non c’entra nulla con i videogiochi degli anni 80!” sbottò Motoko. “Anche se a dire il vero una connessione esisterebbe” disse Hiro. “Ho anch’io letto quella storia, e anticipa i concetti della realtà virtuale. E…” disse rivolto ai ragazzini “voi avete ucciso i vostri genitori!” al che la coppia si sbiancò. “Noi ci siamo solo trasferiti qui nella savana….” Disse tartagliando il maschio. “Noi siamo solo scappati da casa” fece la femmina, denunciando però un terribile moto di panico, espresso a livello esantematico dalle gambe che non riuscivano più a reggere il corpo, il sudore copioso, i respiri strozzati. “Visto? Siete colpevoli!” mentre Motoko non ascoltava, tentando di far ripartire la stanza. Ma all’improvviso da uno dei macigni venne in attacco un inquietante figura, una donna soricomorfo che soffiava come una gatta in calore. “E questa chi è?” domandò Motoko, accucciandosi a terra, pronta a fuggire. La creatura eseguì un assalto sulla donna, ma Baymax si buttò di testa su di lei, afferrandola per la coda e facendola roteare trattenendola per la coda. Poi, sempre tenendola per la coda, la sbattè al suolo, bloccandola stringendole il collo. Poi, con un unico, energico strappo, le rimosse l’arcata dentaria superiore. Mentre la creatura si allontanava Baymax, ergendo la batteria di denti, con ancora il nervo trigemino, sgocciolante di sangue, a fare da cintura per ognuno dei denti. “Si trattava di un ibrido tra uomo e solenodonte, , l’unico mammifero provvisto di veleno. Io le ho rimosso i canini” “Bravo” disse Hiro. I 2 bambini, con l’accusa di omicidio sulla schiena, proseguirono verso il Nakuru, mentre Hiro e gli altri verso l’Elementaita, più verso l’Europa, dove avrebbero potuto allontanarsi. Il viaggio attraverso il Kenya fu semplificato dal ritorno del Big Hero n’6, messo momentaneamente in cantina. Il nuovo Big Hero n’6, lo Shin BHVI era un gigantesco veicolo componibile, un faro mobile. Jet car jet terrestre guidato da Hiro Ivory pill un disco volante guidato da Baymax, che s’aggancia in un apposita zona rossa della Jet Car di Hiro Snake hover un hovercraft lombricomorfo guidato da Gogo Gyro planet un giroscopio guidato da Fred Double jet un mezzo aereo simile al Big Shooter, guidato da Honey e Wasabi “Mi sono ispirato alla prima linea dei Micronauti, i Microman Zone. Nel frattempo Motoko aveva chiesto aiuto a Aramaki per far intervenire tutti gli altri membri della Sezione 9. Anche loro copiarono la gloriosa Takara per spostarsi più rapidamente nella realtà virtuale africana nella realtà virtuale dello Starbound. A: l’auto di Motoko. B: l’auto di Bato C: il cargo trasportatore (più di alcuni Uchikoma) guidato da Ishikawa D: piccolo hovercraft, simile alla poltrona volante del Dr Fansworth, guidato da Togusa E: mezzo aereo con missili guidato da Borma “….e io per raddoppiare mi rifaccio alla Takara e alla Kushner-Locke Company! Hiro, sei un po’ precipitato a livello d’immaginazione” “Già. Purtroppo questa è stata l’annata più dura per me”

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Capitolo 3
*** this game 3: i want my past back ***


Le coste dell’Egitto erano piene di soldati israeliani, e il Cairo era una polveriera. Dovettero svoltare a Benghazi, prendendo il largo nel Mediterraneo. “Non ci dovrebbero essere israeliani al Cairo oggi” disse Hiro. “Cairo è adesso addirittura possedimento cipriota!” “Perché siamo negli anni 70, all’epoca della guerra dello Yom Kippur” disse Wasabi. Siamo andati in epoca in epoca, dal ’66 al ’69. Dovremmo essere nel 1973….quale film sui videogiochi è del 1973?” “Il mondo sul filo di Rainer Weiner Fassbinder. È ambientato in Olanda ma il film è tedesco. Strano che i videogiochi e i film non interagiscono” disse interfonicamente Stark a Hiro. Dovremmo cominciare la prossima partita in una zona sulle rive dell’IJssel. Il fatto è che lo Starbound ha tratto tutto questo ambaradam da un sito dedicato all’Historia videoludica, una Wikipedia4 sui videogiochi e come essi hanno influenzato letteratura (Tommy videogame di Rossana Guarnieri e Microservi di Douglas Coupland), musica (Pac Man fever dei Buckner&Garcia, 8bit world di Hoodie Allen), teatro (Orlando Paladino di Nicolas Buffe) e ovviamente cinema. Ma essendo lo Starbound una mente sballata, queste sono le conseguenze….” Nel frattempo i nostri avevano già superato in volo Torino e Parigi, e l’Olanda, terra di tulipani e trecce assurde, si stava avvicinando. Klaus Lowitsch camminava avanti e indietro davanti ad un edificio di quasi trent’anni prima, con un Motorola all’orecchio, prima perculando Eddy Constantine (“Ma perché tanto odio per i computer? Anziché cercare di renderli più umani vuoi spingerli a renderli sempre più disumani? Non hai letto Anno 2391? Ha anticipato tanti concetti di informatica positivista. E pure Rockmantico di Alberto Camerini, con Computer capriccio, non era male….comunque sei rimasto indietro. Quell’altro, coso, Bob Hoskin, è più attuale, più giovanile….”) chiama Randolph perché Grodin chiedeva di lui, e lo stesso fece per Rod Steiger. I nostri arrivarono e salutarono l’attore. Parlando con lui, emerse che la sede della IKZ ora è anche un locale per tutti i grandi attori del passato. Tutti? Tutti tutti. Che partecipavano a un grande gioco per trovare una via per quel radioso futuro solo sognato, in quella scia di polvere di stelle di una celluloide strattonata a sé, nel buio della cabina di proiezione. Vecchi miti, seduti in quello che era un nuovo bar sotto il mare, dove ognuno degli avventori aveva qualcosa da raccontare, e quei racconti erano i film, i film che erano parte della loro vita. Gary Cooper era davvero stato in Marocco, amando Marlene Dietrich, la quale era stata Claire Ledux in L’ammaliatrice, e così via. Ragazzi, dovrete assumere un altro dress code. In un locale dedicato alla Hollywood del suo periodo più grande non potete essere un puffo con una spada laser, un odalisca con dei bricchi di caffè dondolanti dalle tette, un modello maschile della Pirelli con lo stesso shampoo del Joker, una donna vestita come Daltanious, e un ramarro che soffre di ritensione idrica. E anche il robot, sembri Jake Rockwell dei Centurions. Vi offro io un set di costumi congegnali alla vostra essenza supereroistica….” Per Hiro e Baymax pensavo a King Boy e The Giant, creati da Al Mandel. La prima coppia ragazzino-robot, credo….ma non ne sono sicuro. per Gogo la Blue Bulleteer di Benjamin Smith, perché Gogo Tomago…be, hai delle gran belle tette [Sciafff!] oh be scusa, ti ho solo detto che sei una donna sexy! Per te Wasabi pensavo all’italianissimo Uomo Blindato di Gherardo dell’Acqua, il cui nome è un nomen omen Per te Honey pensavo alla Nevada di Steve Gerber, creatore anche di Howard il papero. Ha uno struzzo simpatico come amico Per Fred pensavo al drago marino di Il drago degli abissi di Eugeniè Louriè, l’antenato più vicino di Godzilla “Che gioco è quello di cui parlavate?” disse Re Hiro. “Io vi ho seguiti. Infatti in quel sito, di cui non mi ricordo ancora il nome, manco fossi Jinta Yadomi, c’è un bar per tutti gli attori e i registri dei vari film. Preoccupati per l’assenza di Randolph, abbiamo poi scoperto che era in Africa con Rod Steiger. Chiamatolo, venimmo a sapere di voi. Comunque il è il famoso platform Donkey Kong. Come voi dovreste sapere, nell’82 la RKO intentò causa alla Nintendo per l’eccessiva somiglianza con King Kong, il super film sbanca botteghini e frantuma teste del 1933, diretto da Ernest Schoedsack con Merian Caldwell Cooper. La causa non si risolse in un eccessiva perdita di liquidi per la Nintendo e Miyamoto, all’epoca preso da Donkey Kong Jr e da un platform su Popeye, il marinaio di Segar, procedette poi a riempirci di funghi e tartarughe con il leggendario Super Mario. Al gioco prendono parte diversi attori, tutti vogliosi di conseguire il ritorno in uno dei corpi cibernetici dell’epoca da cui provenite. Finora sembrano esserci riusciti solo Humprey Bogarth e Mel Blanc, eppure sembrerebbero tornati indietro. È una chimera per tutti, tranne per me, che ho già preso parte al Progetto Simulacron. Volete essere per caso voi i prossimi?” “Certo. Dopotutto io sono un re, Baymax un gigante di roccia simile a Diamante di Ben10, Gogo una pin up detective supereroina, Fred un paleosauro radioattivo, Wasabi un balilla dalla pelle di acciaio, e Honey una ballerina di samba con poteri psicocinetici. E poi siamo dentro un film, IL PIU’ GRANDE FILM MAI REALIZZATO, e tutto può succedere, e noi possiamo far succedere di tutto. Avanti, assicuriamo un futuro a questi cirri di polvere di stella!” Nel frattempo Frank “The Voice” Sinatra si era messo a cantare Hollywood Hollywood di Roberto Vecchioni E vieni amore che ti diverti, E vieni amore con gli occhi aperti Ti do una notte da ricordare Ti do un ricordo da raccontare Siamo gente veramente Molto divertente La festa inizia con il finale La fineCAMBIA ma è sempre uguale Io la mia parte la so a memoria E a volte penso che è poco seria è una storia veramente Molto divertente E bussa forte e bussa forte Che la porta una notte sola si aprirà La mia bambina solamente un anno prima Non sapeva quello che ora sa Nella taverna dei sette mari C'è la mia donna dagli occhi chiari C'è la mia donna con i fidanzati: Sette peccati dimenticati Torna indietro molto piano Che li rivediamo Sette ubriachi nella taverna Per la mia donna che non ritorna Ad uno ad uno se li è giocati Ma i sette anelli me li ha lasciati è una donna veramente Molto divertente E bussa forte e bussa forte Che la porta una notte sola si aprirà La mia bambina solamente un anno prima Non sapeva quello che ora sa Hollywood, Hollywood, Hollywood, Hollywood, Hollywood, Hollywood Aperta la soglia, le rampe presiedute dal gorillone in cravattino rosso erano autostrade infinite, senza corsia, e per di più tutte in salita. “Esaltante” disse Wasabi, molto pessimista sulle sorti dell’umanità. “Dopo essermi depresso davanti ad una balena spiaggiata, non ho ulteriori motivi per lamentarmi” a voler partecipare si era messo anche Marco Margine, il Cino de Il seme dell’uomo di Marco Ferreri. “In quel film non facevo altro che supportare i discorsi antifamiliaristi, antiborghesi, antiumanitaristi e ambientalisti di quel sinistroide figlio di papà di merda” sbottò il Margine, mentre Wasabi li diceva che l’unico altro film con lui da lui visto era La cripta e l’incubo di Camillo Mastrocinque, del 1928. “Quel regista mi trattò molto meglio” disse “e Ferreri è stato il capolinea della mia carriera.” All’improvviso il gorilla arrivò, percuotendosi il petto e cominciando a lanciare barili lungo le rampe. “A destra!” urlò l’ex “dolce Cino del futuro” all’arrivo della prima scarica di barili. Hiro, lo sguardo verso l’alto, volle fare uno strappo alla regola del music code. Dopo che Sinatra smise di limonare duro con Laurell Bacall, Cab Calloway venne informato che c’era un nuovo gruppo in pista, ma non sapeva come presentarlo. “Ladies and gentlemen, this is the new stuff….” Poi li venne in soccorso Jhon Lack. “” “Well…thanks Mr.Lack. ladies and gentlemen….is time for synth” Mentre When i can see you again? Degli Owl City ruggiva in 8bit, re Hiro, aggrappato a Baymax di pietra demoliva barili a pugni e colpi di daga, per poi prendere in mano la pista e curvarla a U, in modo che i barili tornassero al mittente. Nel frattempo Gogo il proiettile blu, preoccupata per re Hiro, fece esplodere uno dei barili semplicemente pensandolo. “Posso materializzare i miei pensieri” cogitò tra sé e sè, e disse a re Hiro: “Hiro, nasconditi con Baymax sotto alla rampa, ci penso io a quei barili!” e, scesa in campo saltando sopra la pista-raggiungendo un ansa a sinistra-creò un capolinea gommoso che interrompesse la discesa dei barili. Poi creò una specie di Zooper Car in grado di rimpicciolirsi fino alle dimensioni di un pixel (nonostante non lo desse a vedere, Gogo aveva una certa fantasia) con trapano incluso, e perorò all’interno di uno dei barili. Qui lei lo riprogrammò in modo che si trasformasse in un clone di Koffing, che risalì triturando tutti gli altri barili, fino a colpire Donkey, facendolo diminuire di 104 life points. Donkey era abraso sul petto, ma la sua rabbia non era diminuita. Comunque Gogo aveva fatto una mossa notevole. Wasabi s’impadronì del martello che aiutava a fracassare prima i barili, certuni facendoseli fracassare sull’invulnerabile torace blindo. Anche Honey poteva personificare i propri pensieri, mentre Bolero, il suo struzzo, poteva volare e emettere acuti perforanti che nemmeno Black Canary dopo una raschiatura dall’otorinolaringoiatra. Si creò per lei e per il paleognato un auto-bomba, con la quale risalì la rampa fino a colpire Donkey facendolo cadere. Successivamente arrivò sotto la rampa di Pauline, facendola collassare e liberare. La Pauline dell’occasione era Theda Bara, che però non era finita in gattabuia senza prima lottare. Dopotutto era fin dal 1915 la peggiore donna che un uomo potesse amare in un film. Non esattamente una che va giù come una prugna fritta per niente. Salvata la fanciulla e sconfitto con un sorpasso lo scimmione, ora rimaneva da capire perché gli attori non potessero reincarnarsi. Non era solo che Donkey Kong era mostruosamente forte, giacchè il rude detective degli anni 40 e la voce di Bugs Bunny avevano avuto modo di sconfiggerlo precedentemente. Molti tra i più esistenzialisti ritenevano che fosse tutta una metafora dell’eterno ritorno, ma re Hiro voleva vederci meglio.

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Capitolo 4
*** this game 4: road to Hell ***


E luce sulla cosa volevano farla anche Motoko, Bato e tutti gli altri. Esplorando l’IKZ, Motoko scoprì un'altra porta di cui nessuno aveva mai parlato. “Qui finora ho visto porte di tutti i tipi, ma questa non l’avevo ancora vista. Borma, riesci a vedere cosa c’è oltre?” “C’è un percorso sterrato. Sembra il paesaggio dell’autostrada Reggio Emilia-Cattolica. Potrebbe benissimo essere lo stesso paesaggio, quello proprio” “Mi perdoni George Melies o chiunque abbia istituito questo posto, ma devo entrare!” e con una spallata irruppe nell’arido e assolato paesaggio. Fuori, nell’Olanda degli anni 70, effettivamente di caldo c’è n’era, ma qui, in un paesaggio di una Sardegna postapocalittica, con quello che sembrerebbe il Gennargentu all’orizzonte, di caldo ci si uccideva. All’improvviso Motoko vide in lontananza delle sagome ondeggianti, dietro lo schermo d’acqua in ebollizione sul terreno, che non avrebbe saputo dire cosa potessero essere. Erano le terribili auto che partecipavano alla Transcontinental Road Rage di Anno 2000 la corsa della morte. Machine Gun Joe aveva guadagnato 200 bei punti investendo un disabile, mentre Calamity Jane, accontentando la lobby degli abortisti che il Presidente McCallum usava per dimostrare che i nazisti erano gli antenati degli hippie, aveva travolto e maciullato dalle corna a ventilatore della sua Bull Assault Machine una suora incinta, guadagnando 3000 punti. Frankenstein era in testa con la Crocodile Devour Racer. “Spostatevi!” strillò disperato Hiro. Passando da Il mondo sul filo a Anno 2000 la corsa della morte i Big Hero 6 avevano adottato un dress code ispirato ai robottoni classici. Hiro era Gaia e Baymax God Mars, Gogo Mechander, Wasabi Dorama di Jeeg, Honey Gackeen, Fred Gaogaigar. Hiro s’inserì dentro Baymax e lui estrasse la sua spada, distruggendo la Crocodile Devour Racer di Frankenstein. Gogo, con i mecha scudi rotanti e la tempesta di fuoco si occupò di Machine gun Joe, Fred con il suo martellone sfracellò un'altra vettura, Honey, sul Carro Armato corazzato Variant affrontò frontalmente l’auto di Calamity, e lei vide-non senza amarezza-quanto in realtà poco valessero le sue corna rotanti. Wasabi ultimò colpendo a casaccio, ma lui, essendo un robot coltellino svizzero, non conobbe problemi. Lui non se ne ricordava bene, ma Dorama veniva sconfitto da Jeeg con tutti i suoi componenti, spammando tra una component session e l’altra il raggio protonico e i raggi Γ. E finendolo o con una combo missili perforanti ai piedi+scudi rotanti con come colpo di grazia i raggi Γ, o con la combo modulo Panzeroid Jeeg centauro+scudo rotante+giavellotto di Jeeg, con come colpo di grazia il raggio protonico. Pure Gackeen/Honey aveva avuto a che fare con un mostro sintetico plurifunzionale, Bisonkong il gorilla bisonte lottatore di arti marziali. Gackeen prima si faceva scudo con Plyzer e Mighty, poi lo attaccava con la piena potenza, tramutandosi in un cavatappi. Ma non bastava e Gackeen sfoderò il sigillo tagliente e l’assalto rotore, disarmandolo delle sue katane. Infine il carro armato corazzato Gackeen, con cui Gackeen vinse da boss popo fiero Deal with it “Adesso posso legittimamente immaginare cosa sia successo a quegli attori che hanno provato a oltrepassare la ” disse Hiro. Sono stati travolti come dossi. E, non potendo di nuovo morire, tornavano indietro all’IKZ. Adesso bisognerebbe passare ad un altro dei titoli…come Space Invaders, Snake, Q*Bert. Sempre che non accada qualche alta sgradevole sorpresa…” nel dirlo, Hiro s’irrigidì, credendo di avere davvero il potere di appiccare il fuoco semplicemente parlandone. La piana di Arzana era immobile. Ma all’improvviso la terrà ebbe un brivido. Wasabi si voltò verso l’orizzonte e disse, come un marinaio semplice sul ponte di lancio nel luglio 1941 “arrivano!” e si stava riferendo ai mostri di Rampage! Della Midway. George il gorilla, Lizzy il dinosauro, Ralph il licantropo. Erano tutti grossi, brutti e incazzati. Ma i nostri erano 6 volte più grossi (God Mars 50 metri, Mechander 120, Dorama 11 metri, Gackeen solo 50, con il Carro armato Corazzato Variant 51, Gaogaigar 59) più brutti (God Mars sembrava fatto con i Duplo, Mechander aveva delle olive infilzate da aperitivo come orecchie e delle praticissime barre sui piedi se qualcuno volesse raggiungere l’abitacolo dal basso, Dorama era un coltellino svizzero trasformato in un mostro di roccia di Haniwa, Gackeen era il cugino anoressico di Jeeg con una testa che sembrava un cono spartitraffico, Gaogaigar Daltanious steroidato) e più cattivi (God Mars aveva solo 2 mosse per finire la battaglia contro Zoule, Mechander nonostante avesse un tempo limite un mostro lo prendeva a scappellotti con i suoi scudi e con la mecha frusta laser poteva mandare la sonda Ω contro il mostro conghista, Dorama Jeeg lo sconfiggeva solo con i missili perforanti e pure con una mezza diottria sul groppone, Gackeen come Jeeg passava dall’affrontare i mostri sintetici eseguendo piroette a tranciarli con le ali supersoniche, perorarli con la potenza scavatrice, cesoiarli con il vessillo tagliente e ad avere tutto un autoblindo per farli a pezzi tranquillamente seduto, Gaogaigar era un gigante unito a un leone unito a un caccia stealth unito a un TGV unito a un carrarmato) di loro. il gorilla si battè contro Gaia e God Mars per primi, i quali attuarono una strategia stile Elizabeth e Patricia di Soul Eater girandogli intorno a gran velocità, mandando il gorilla in piena cinetosi. God Mars lo affrontò dandogli una testata e mandandolo contro un muro di roccia. God Mars poi lo fece esplodere con il raggio ombelicale, e il gorilla si divise in dei cloni del Camionsauro dei Simpson, che vennero attaccati da Gackeen/Honey, che ne travolse la maggior parte, dando poi il cambio a Gaia/Hiro. Gackeen/Honey adesso era contro il dinosauro, che cercava prima di graffiarla, poi la attaccava con il raggio atomico, ma Gackeen con il colpo apoplettico (una semplice spallata….abbiate pazienza) lo buttò a terra. L’avversario lo buttò a terra con un colpo di coda, e riprese ad attaccarlo con il laser, ma con un pugno unito in testa lo allontanò e chiamò il Big Shooter. Conseguentemente Wasabi si trasformò in Jeeg, e il Big Shooter arrivò volando, non per lui, ma per Gackeen. “Modulo H3B0 Antares!” e decollò il cavallo Panzeroid, che si unì a Gackeen. Gaia/Hiro abbandonò il carrarmato corazzato e lo cedette a Jeeg/Wasabi. Circondato il dinosauro, lo attaccarono con una manovra a tenaglia: Gackeen centauro colpì in gola il dinosauro con il giavellotto, mentre Jeeg lo attaccava con i cannoncini laser del carrarmato corazzato. Il dinosauro si scagliò contro Gackeen centauro, che lui superò con un salto, avvalendosi anche dei razzi renali. Jeeg riuscì a perforare il dinosauro dopo ripetuti suoi schiocchi caudali, facendolo poi prima lanciandoglielo in modalità kamikaze, poi rimettendosi al volo sul sellino e facendolo esplodere con i raggi Γ preceduti dal doppio maglio perforante. Mechander/Gogo nel frattempo se la vedeva contro il licantropo e, furba, controllava il robot a distanza, con il Mechajet distaccato, e lontano dal campo di battaglia, in stile Balatack. Così le sonde Ω non le rendevano le cose difficili. Comunque il lupo era il più gnocco tra tutti e tre, e Gogo, che ci mette 5 minuti a fare quello che chiunque farebbe in 10, tranciò il lupo con la mecha spada galattica dopo averlo trattenuto con una combo dei mecha missili disintegratori e della tempesta di fuoco.

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Capitolo 5
*** this game 5: miracolo ***


Vincendo anche quel livello avevano attirato l’attenzione della Encom, che li andò a prendere per portarli a New York, dove avrebbero affrontato il prossimo gioco e il prossimo livello. Ecco come appaiono i nostri eroi virtualizzati: Anche Motoko li aveva seguiti, seduta in consolle, giocatrice di un gioco dentro il gioco, come nell’infinito labirinto di Kafka “ L’imperatore – così si racconta – ha inviato a te, a un singolo, a un misero suddito, minima ombra sperduta nella più lontana delle lontananze dal sole imperiale, proprio a te l’imperatore ha inviato un messaggio dal suo letto di morte. Ha fatto inginocchiare il messaggero al letto, sussurrandogli il messaggio all’orecchio; e gli premeva tanto che se l’è fatto ripetere all’orecchio. Con un cenno del capo ha confermato l’esattezza di quel che gli veniva detto. E dinanzi a tutti coloro che assistevano alla sua morte (tutte le pareti che lo impediscono vengono abbattute e sugli scaloni che si levano alti ed ampi son disposti in cerchio i grandi del regno) dinanzi a tutti loro ha congedato il messaggero. Questi s’è messo subito in moto; è un uomo robusto, instancabile; manovrando or con l’uno or con l’altro braccio si fa strada nella folla; se lo si ostacola, accenna al petto su cui è segnato il sole, e procede così più facilmente di chiunque altro. Ma la folla è così enorme; e le sue dimore non hanno fine. Se avesse via libera, all’aperto, come volerebbe! e presto ascolteresti i magnifici colpi della sua mano alla tua porta. Ma invece come si stanca inutilmente! ancora cerca di farsi strada nelle stanze del palazzo più interno; non riuscirà mai a superarle; e anche se gli riuscisse non si sarebbe a nulla; dovrebbe aprirsi un varco scendendo tutte le scale; e anche se gli riuscisse, non si sarebbe a nulla: c’è ancora da attraversare tutti i cortili; e dietro a loro il secondo palazzo e così via per millenni; e anche se riuscisse a precipitarsi fuori dell’ultima porta – ma questo mai e poi mai potrà avvenire – c’è tutta la città imperiale davanti a lui, il centro del mondo, ripieno di tutti i suoi rifiuti. Nessuno riesce a passare di lì e tanto meno col messaggio di un morto. Ma tu stai alla finestra e ne sogni, quando giunge la sera” “Kafka era ironico” disse Aramaki in collegamento. “ma c’è della realtà in quello che dice, c’è del vero. L’architettura spesso, come la burocrazia, complica le cose inutilmente. Ma meglio una legge fatta di salvifici cavilli, anche fossero quelli di Ser Ciappelletto, che una in cui tutto si dirige ad uno sparo in testa” “Già” disse Motoko ridendo. “Cari ragazzi, ve la dovrete vedere prima contro gli Intercettatori, poi dovrete prendere parte ad una gara su Light Cycles e una gara di lancio del disco. Il gioco prenderà vita da ora” Nascosti nei vicoli e nelle catacombe di Argon City, Hiro e i suoi conoscevano perfettamente le regole del gioco. “Gli Intercettatori sono come gli extraterrestri di Space Invaders. Dovremo dotarci di quegli autoblindi che permettevano di sparargli. Ma qui è come dentro Minecraft o Oop! Quel metatesto di I Microservi di Douglas Coupland dove tutto è fatto di LEGO. I LEGO sono componibili e scomponibili all’infinito. Del 1995 è anche LEGO Mindstorm, i LEGO programmabili via PC. E noi ci serviremo sia di Minecraft, sia di Oop!, sia di Mindstorm e financo di LightUp, i LEGO elettromagnetici. Io, Baymax e Gogo ci dirigeremo verso DOMO’s square, Honey e Fred Via Arduino, Wasabi Via Tayo. Non usciamo dalle varie fermate della metropolitana, mi raccomando: gli Intercettatori ci sgamerebbero subito” “Hiro” chiese Wasabi “Come conosci così bene questo posto così su 2 piedi?” “Ho consultato la planimetria” “E come faremo a raggiungere le fermate? Dovremo uscire per forza!” “No non credo” disse Hiro. Qui c’è un indicazione che la fermata può essere raggiunta tranquillamente negli edifici. Muoviamoci” adesso seguirà una breve spiegazione del sistema metropolitano di Argon City. La struttura è pressochè la stessa di quella di Milano. La linea fucsia richiama quella Pagano-Sesto, la quale si divide in corrispondenza del capolinea Anamnesi in 2 linee angolari con capolinea a Nord ψ e a Sud Eufloria. Ha connessioni con la gialla, equivalente della verde Assago-Gessate in corrispondenza di The walking death: survival instinct e di Bayonetta. Con la carota, equivalente della linea gialla Comasina-Rogoredo nella fermata di DOMO. La gialla incrocia la fucsia nelle già menzionate fermate di The walking dead survival instinct e di Bayonetta. Interseca poi la carota in corrispondenza di Core. Interseca la nera in corrispondenza di Jhon Marston. Gli Intercettatori agivano come gli UFO di La Terra contro i dischi volanti, film seminale per il genere delle invasioni aliene. Le astronavi presiedevano esclusivamente i monumenti, attaccando qualsiasi presenza umana. Piazza DOMO riproduceva la Piazza del Duomo, ma con al suo posto un enorme Domo-kun “Gogo, abbiamo delle fermate in corrispondenza di dove cominciano degli utilissimi portici. Approfittiamone!” e uscirono dalla fermata M3, che si univa alla carota. Entrati nella libreria Apogeo Edizioni, scesero fino al reparto giocattoli, tutto dedicato al sandbox della Mojang. “Non ci resta che metterci al lavoro. Questa è la Bottega Costruisci&Acquista” dopo aver realizzato l’apposito modello, Hiro si servì dei Credit Points accumulati nelle varie missioni per pagare, scoprendo che addirittura erano d’avanzo, con un resto, uno scarto di quasi 800 punti sui 1600 iniziali. Irrotti sulla piazza grande, quella che a Milano è “disegnata” da Via G.Mengoni, Via G.Manzini, Via dell’arcivescovato e Corso Vittorio Emanuele II, Hiro cominciò a fare fuoco con un tipo di proiettile “Gig radiocomandi” basato su un tipo di veicolo radiocomandato Gig, “Chimera”, composto da 5 veicoli diversi, aereo, auto, schiacciasassi, robot trapanante modello Balatack, sottomarino. I proiettili potevano dividersi in 5 più piccoli, ognuno con una specialità: gli azzurri (Space Clear) possono volare più in alto degli Intercettatori, i grigi (Triper) possono fingere di esplodere confondendo il nemico, per poi aggredirlo di sorpresa con la tecnica dell’opossum, i rossi (RB-79 Ball) resistono a ogni tipo di laser come i neri (Drill Spacer) e infine i blu (Ultra Submarine) si liquefano come fossero T-1000, distruggendo l’avversario sciogliendolo in una sorta di cyber pepsina, come un Caltiki digitale. Inoltre i proiettili erano infiniti, ed era una gara tra una mitragliatrice (il programma) e una katiuscia (Hiro). Dopo un po’ l’ultimo Intercettatore che perlustrava Piazza DOMO crollò come un lucernario attaccato ad un soffitto marcio, e DOMO, come la statua della Dea Kalì nel 52esimo episodio di Dragonball, vomitò delle sorta di €-coins, che Hiro raccolse, accorgendosi però di essere troppo pesanti e gigantesche. “Che aspetti Hiro? Dobbiamo raccoglierle e andare dai nostri amici!” “Non si può” Hiro rispose a Gogo, “queste €-coins di Argon City pesano troppo e ognuna è grande come una lapide. Non possiamo portarne che una…anzi. E se fosse una prova della nostra lealtà ai nostri amici?” e, senza remore, depose uno di quei dischi neri che pulsavano di onde concentriche azzurre. In un qualche modo DOMO se ne accorse, e, come Hiro supponeva, lo premiò donandogli dell’altra energia. Nel frattempo Honey e Fred alla fermata di Via Arduino avevano scoperto, nascondendosi in un hotel a 3 stelle con la scusa che Honey doveva cambiarsi l’assorbente, che gli Intercettatori si erano radunati intorno alla Kεvtpikò station, la Stazione Centrale di Argon. Mentre quella meneghina richiamava una cattedrale, quella di Argon un templio greco. Sopra Via Arduino, corrispettivo di Caiazzo, non volava in perlustrazione alcunchè. Ciò diede ai nostri l’idea su come schierare l’attacco: si sarebbero diretti al LEGO Store di Oop!, e qui fabbricarono il n’8277 della Technic per il 1997, robot simile ad un feneck trasformabile altresì in un elicottero e in un caterpillar. Controllato a distanza, sarebbe dovuto scendere alla fermata Arduino e prendere la gialla fino a Jhon Marston, e qui prendere il treno sotterraneo fino alla Centrale, per depistamento, e qui, raggiunta la cappella, far detonare un ordigno a theonite, che avrebbe disattivato gli Intercettatori. Il robot non se la cavò male né con l’attraversamento pedonale, né con la scala mobile, né con i tornelli. Per aiutarlo a salire sul convoglio, Fred lo aveva dotato di pneumatici da dune buggy, e, prendendo il convoglio diretto a Sud, arrivò alla fermata Jhon Marston, e qui prese il treno sotterraneo per Centrale. La bomba era sagomata esteriormente come un pacco della WindEx per non destare sospetti. Al sicuro sotto i portici, si fermò un momento allo stipite di un corridoio che portava fuori attraverso il colonnato. Fred si ricordava molto bene il film originale, e in particolare quando uno dei dischi volanti colpisce la vetrata di una stazione ferroviaria. Anche se gli occhi del robot erano delle videocamere a circuito chiuso con visione bicromatica verde/bianco e non c’era nessun sistema di registrazione sonora diretta, l’astronave suicida sfrecciò a pochi passi dall’inerte automa che comunque si era fermato mezzo metro prima, accusando così in misura davvero esigua l’ondata d’aria di una graffetta nera da 5 tonnellate che irrompe nelle arcate di una fermata ferroviaria rompendo i vetri del capolinea e incagliandosi nell’architrave propedeutica alla biglietteria centrale, con il modulo carlinga sganciatosi e ruzzolato fino a ostruire il centro della galleria delle carrozze. Dopo quell’exploit, il robot fece marcia indietro e prese le scale mobili a rampa che facevano arrivare alla biglietteria centrale, quella col mosaico di Prometeo fatto da Basilio Cascella, muovendosi tra i vari capolinea sotto la volta vetrata con in mano il pacco galeotto. Trovata la cappelletta, e per rispetto fatto un segno della croce, attivò l’ordigno. Si sentì il rumore di una mandria di triceratopi, piovve qualche calcinaccio, l’acqua santa ribollì nell’acquasantiera e al confessionale venne giù la grata divisoria, facendo il rumore di una caffettiera sbattuta su una trave di maiolica. Quando il robot uscì dopo un ulteriore segnatura, la volta era crollata e tutti gli Intercettatori erano inerti, i treni sotto di loro spremuti come pelati in scatola. Ovunque cocci di vetro, che, smossi dall’incedere del robot, facevano il rumore di un sacco di biglie da spiaggia trascinato da un aspirapolvere. Fred fu contento che tutto sommato la Centrale se la fosse cavata con poco…ma i rapidash sui cornicioni erano stati trascinati nella caduta rompendosi in una pioggia di calcinacci, la stessa volta era crollata, la galleria delle carrozze neppure lei se la passava granchè bene. Però il Pirellone era sano. Wasabi era anche lui rintanato nella fermata di Galaga, equivalente con piazza di Cordusio. Gli Intercettatori avevano preso di mira l’equivalente di Argon del Castello Sforzesco, che in questo caso era il castellaccio di Bowser e dei suoi Koopa e Goomba, affacciato su Dinosaur Land abitata dagli Yoshisauri, equivalente di Parco Sempione, con l’acquario “S.Locati” e le fermate, precedenti quella di Cordusio di Cairoli e di Cadorna, con annessa piazza con ago e filo. Qui, oltre al già citato “giardino dei dinosauri” affacciato sul maniero di Bowser, c’era pure l’acquario di Ecco e la piazza dedicata a quel fallimento di gioco su The walking dead prima del nascondiglio di Wasabi. Non ci sarebbero più stati Intercettatori se non fino a Piazza DOMO, e da Galaga a DOMO era una no-fly zone. Ma non bisognava tanto scappare dagli Intercettatori, quanto abbatterli. D’altronde era Space Invaders dentro Rez. E con un goccio di Darwinia. Per fare ciò Wasabi avrebbe dovuto attraversare, uscendo e mettendosi nel cuore di Piazza Galaga, e raggiungendo il K’Nex Shopping Center dall’altra parte. Esiste infatti il gioco per Windows XCV K’Nex the lost mines, e l’interno dell’emporio richiamava The incredible machine, gioco ispirato agli improduttivi macchinari di Rube Goldberg, dove azioni semplicissime erano adempiute da complicatissimi macchinari. Così per aprire una porta Wasabi dovette premere una leva simile a quella dei lavandini degli autogrill, che attivò un ventilatore che fece ascendere, in un tubo trasparente di plexiglas, una palla di gommapiuma che urtò una balaustra di legno su cui c’era una pista del domino, che cadde per poi far partire una fila-similarmente impilata-di mollette da bucato, l’ultima delle quali mordeva un fiammifero, che cadde attraverso un becco bunsen, che, così innescato, accese la miccia di un missile rivolto verso il basso, verso un buco nel terreno, con legato a sé una corda, la quale stringeva il pomello. Con il vetro in frantumi e il pomello decollato, Wasabi entrò nella boutique del dadaismo. C’era, accanto alla porta, un cestino di vimini, contenente pomelli di ricambio. Wasabi passò oltre e cercò, tra le confezioni di K’Nex-tutte quelle commercializzate dagli anni 90 in poi-una che lo aiutasse in un singolar tenzone contro gli Intercettatori. Alla guida del Robo Smash, il n’13243 della linea Beasts Alive, Wasabi mosse, ergendosi dalla bottega in un profluvio di calcinacci, verso il Castello di Koopa, mentre gli Intercettatori cazzeggiavano peripateticamente come gli omini di Jazzpunk. Ma Wasabi non permetteva a nessuno di voltargli le spalle per noia, e con un colpo di raggi ottici abbattè uno dei tanti, che rovinò sull’ala riservata a Bowser Jr. Gli Intercettatori, accortesi dell’attacco e sollevatisi dalla loro ignavia, virarono verso Wasabi e il suo King Kong robotico, e lui non fece altro che farsi venire la varicella alle mani. Abbattè l’intero stormo, servendosi anche delle trasformazioni veicolari, in particolare del modello 13027, la versione loro della supernave di I-Zenborg. Il castello di Bowser era sostanzialmente illeso, e Wasabi aveva fatto guadagnare alla squadra un bel po’ di punti, equamente sommati a quelli fatti guadagnare da Honey e Fred con il modello 8277, e da Hiro, Baymax e Gogo con il modello 70750 e il modello 70747 della linea Ninjago unito al modello 8927 della linea Bionicle. Così poterono accedere al livello successivo, quello con le Light Cycles, le fantastiche motociclette di luce. Nel mentre Ishikawa camminava sorseggiando del caffè. Prima con Borma aveva parlato di come “vendere” la realtà virtuale. “Walter Thompson era un pioniere. Come lui Fassbinder e Lisberger. La realtà virtuale in una maniera simile alle campagne pubblicitarie degli anni 80, quando la gente voleva sicurezza, sia sentimentale che pragmatica. Rubicam era un emotivo, e Gallup un tecnicista. Cioè 2 degli approcci più sbagliati. Sono stato dentro a realtà virtuali interamente emotive, dominate da forme amorfe, ambienti da giornale femminile da estetista, amorfe spiagge affacciate su mari bianchi e atarassici, nei quali ogni tuffo era una regressione pervertita ad un immediato passato nella storia di quel braccio di mare, con i pesci e i granchi fossilizzati nel loro essere ittico e canceroso di un anno, un ventennio prima. E pure dentro quelle interamente tecniche. Spazi bianchi in cui al limite ti potevi sedere su una panchina della scuola costruttivista del reggiano Marco Gerra, osservando il teatrino deperiano di The impossible game pensando sufficientemente tra te e te Ich bein ein Spacelander, all’opposto di I Microservi di Coupland, Ich bein ein Flatlander. Deve esserci l’equilibrio dei 2 pesi 4 misure con le realtà virtuali, come quando in Darwinia manovri crocefissi verdi contro un virus e poi ti ritrovi in Assalto alla Terra a combattere contro formiche giganti. Servono delle variabili” e, alzatosi, cominciò a camminare in giro, in corridoi che sembravano, per l’atmosfera iperbarica, canne di fucili a fiocina dopo lo sparo. Ad un certo punto, su una mensola di ippocastano attaccata ad un muro color dentifricio visto attraverso un catetere, Ishikawa lesse dei titoli. Digimon. Gli albetti editi dalla Tokyopop e dalla Sperling&Kupfer. A Ishikawa venne un po’ di nostalgia per tempi andati, in cui lui sarebbe dovuto ancora andare alle poste per ritirare un pacco, o in banca per chiedere l’avanzamento di un versamento, svalutazione dello yen permettendo. All’epoca si guardavano i Digimon come i sopravvissuti dello Hindenburg guardavano Flight to fame di Charles Coleman, con Charles Farrell a bordo del suo superplano. Oggi l’anime di Akiyoshi Hongo appare un pezzo di storia, e le pagine tipografate nel segratese sapevano degli umori malinconici dei boschi di Trenno, le betulle autostradali e quelle dell’oasi di Sant’Alessio nel pavese, durante gli acquazzoni dei Lunedì mattina di Dicembre, viranti poi, dal 19 al 31, in neve, fin nel modenese, nel cuore della pianura padana, lungo la Via Emilia, quella dello Zamboni di Emilia parabolica e di Un infinita compressione precede lo scoppio, realizzato con i CCCP, il parco dell’acqua lungo Via Einstein. Un viaggio in Italia, arrivo a Anzola, attraverso la Romagna, Ravenna e le sue chiese tardoantiche, Bologna e la fontana del Nettuno all’ombra delle torri Azzoguidi e Prendiparte, Parma e il teatro sheakspeariano mentre si rimira il Tara, Carpi e la Piazza dei martiri in cui chiunque si sentirebbe il centro dell’Universo, Reggio Emilia la città-casello, con le visite alla collezione d’arte della “biglietteria” di Palazzo San Francesco, l’arrampicata sul Cusna e l’addio fatto a Sestri Ponente, all’aeroporto di Genova. Ripresosi dalle sue nostalgie, tornò presso la consolle del suo capo, mentre Hiro e Baymax, sulle loro Light Cycles condivise, insieme agli altri erano pronti a partire. Si trovavano a Encom World, città satellite di Argon, in corrispondenza dello stand fieristico. L’autostrada era a 8 corsie, e le 5 occupate erano dei membri del team. Hiro e Baymax guidavano una Pontiac, mentre Gogo, Fred, Honey e Wasabi normali ciclomotori. Hiro aveva abbondantemente spiegato che ogni Light Cycles, in moto, produceva una scia della resistenza del plexiglas, e che i nemici si sarebbero rintanati sotto ponti e cavalcavia, essendo i cavalcavia di EW strutturati come delle gallerie autostradali. D’altronde EW nasceva ispirandosi a Reggio Emilia, la Radiator Springs d’Italia, una città in cui il centro ci mette davvero un esiguità a diventare periferia e poi autostrada. Pronti? Via! E il gruppo sciamò fino a fermarsi al primo check-up point, quello che poi dava su Via Lincoln, e appena dopo Hiro e Baymax andarono avanti a destra, sul cavalcavia di Via Trattati di Roma. Superato il monumento della Ferrari, Baymax, che per Hiro era un super specchietto retrovisore, lo avvertì dell’inseguimento del monumento stesso. Hiro creò un ologramma e lo lanciò all’altezza della via oltre il passaggio a livello che portava verso Piazzale Duca d’Aosta, seguito dal mezzo avversario. Superato l’avversario la scultura sulla rotonda, deviò a sinistra facendo spaccare l’ologramma contro il muro. Ma all’altezza della Polveriera un concretissimo ribaltabile fece scoppiare il mezzo in un anodina pioggia di triangolini rossi. Fred era andato dritto, fermandosi in Via Lincoln, prima del sottopassaggio per il Megastore Ariosto, e tornò indietro, percorrendo tutta la via senza mai svoltare sui ponti, svoltando su Via Gorizia, attraversando Parco del piccolo orologio, parallelamente al cavalcavia accanto alla ludoteca Gorillante Saltellante, sfociando poi nella rimessa della Conchiglia, nel parcheggio dei muletti, svoltando a destra, passando davanti al megastore dell’elettronica Marco Polo e prima davanti all’ex sede della Parmalat e al bar La Divina Commedia, e poi davanti allo Starbucks. Svoltando a destra e mettendosi de visu su Via Lincoln, creando per l’occasione, e capacitandosi di non essere passato su nessun cavalcavia (quello alle sue spalle, che portava in Via Makallè non valeva come tale), un bel po’ di ologrammi, sguinzagliati tutti nel parcheggio dell’Ariosto, e poi giù in quel cavalcavia. Una Light Cycles nera e blu venne così stanata, e gli ologrammi la inseguirono fin in corrispondenza della prima vela di Calatrava, sopra alla rotonda, innescando così l’altra Light Cycles nera nascosta, mentre gli ologrammi salivano in cima alla vela, spartendo i 2 gard rail. Le 2 Light Cycles nel frattempo continuavano a correre lungo l’autostrada, ma, accortesi di non essere più inseguite da nessuno, girarono la testa al cavallo…ma si vennero addosso. Toccò a Honey. Lei andò più lontano di Fred, e percorse tutta Via Lincoln, superando la rotonda con la casetta trasparente degli uccelli e tuffandosi in Via Makallè. In realtà sostò davanti all’emporio cinese Ciao Risparmio, parcheggiando lì. Nell’aria secca, lei valutò come comportarsi. C’erano ben 3 cavalcavia: quello di sinistra, di Via Avvenire Paterlini, accanto al megastore Le Vele e alla fermata bus meridionale del campus del Matilde di Canossa, quello accanto alla sede della fumetteria e gadgetteria Bakaneko, che portava all’asilo nido l’Arca di Noè, che era centrale, e l’ultimo, a sinistra, accanto al parco della magistratura, dopo il quale, svoltando a sinistra, si andava alla Polveriera, procedendo dritti, passando accanto alla Croce Rossa e al liceo con campus Ludovico Moro. Honey giunse alla conclusione di ricorrere agli ologrammi, uscendo sul marciapiede e facendo partire il terzetto. Il primo superò il cavalcavia e il nemico, buttato ad un muro della sede della Gazzetta di Reggo, lo inseguì lungo Viale Isonzo, ma l’ologramma lo eliminò svoltando a sinistra, procedendo poi in parallelo alla Polveriera, oltre Piazzale Duca d’Aosta e verso Via Montefiorino. Il secondo procedette attraverso parco del popolo, uscendo sulla piazza grande, davanti al Teatro Valli, e seminando la moto nemica, in agguato proprio davanti al Bakaneko, girando intorno al complesso di edifici in cui sorgeva la Biblioteca Panizzi. Ripercorrendo a ritroso la strada e tornata in piazza, la finta moto svoltò a sinistra e entrò dentro il museo di storia naturale “L.Spallanzani”, costantemente inseguita. Ma la moto olografica si disperse come un Mangiamorte nella sala di zoologia, e la nera non sapeva più dove guardare. Nel frattempo Honey era entrata nella rete informatica del museo, diventando il cervello di un pesce spada nella sezione di ittiologia. Rotta la vetrina, lo xiphidio si aggirò come Slenderman nel museo. La moto nera era nel giardino esterno, nelle rovine romane, e Honey, cercando di colpirla, rimase bloccata in della calcina. Non riuscendo a divincolarsi, Honey si disconnesse dal pesce spada e si inserì nel capodoglio, che nuotò fino al giardino esterno e, con una craniata, fece crollare il pezzo di muro sorretto dalla calcina in cui il pesce spada era bloccato. Dopo si disconnettè dal capodoglio e passò nuovamente al pesce spada, che, schizzando in aria, uscì sulla piazza principale, mettendosi in spionaggio sopra la copia del monumento di Enolo davanti al teatro Valli, la cui vera versione è a Milano, a San Babila. La moto nera era rimasta convenientemente momentaneamente bloccata giù in una rampa di scale, e, risalita e uscita dal museo, venne attaccata dallo stesso Enolo, in cui Honey si era trasferita, il quale riuscì, strappando da terra uno dei supporti metallici del monumento ai caduti, a inseguirla usandolo come spranga contro la moto nera, in modalità Oggy e i maledetti scarafaggi. Non potendo in nessun modo distruggere il pesce spada stoccafisso precedentemente posseduto da Honey, con una sgommata lo buttò per aria e lo infilzò al piedistallo di Enolo. Ma lui, imperturbabile, staccò il pesce spada (non era conficcato tanto profondamente) e vi salì sopra. Mettendoselo in testa, Honey trasferì nuovamente la sua coscienza nel pesce spada, e, volando più veloce di quanto qualsiasi pesce spada abbia mai nuotato, trasvolò attorno alla prima vela e si gettò in caccia della moto nera, la quale puntava verso il primo casello. La moto nera venne perforata, e il pesce spada, ora non più necessario, mestamente nuotò verso Via Makallè e il Liceo Matilde di Canossa, entrando nell’ingresso del plesso centrale e procedendo fino all’aula conferenze, dove qui, usando il rostro come un piede di porco, si sistemò accanto agli animali impagliati e ai modelli plastici tridimensionali della metamorfosi dei lepidotteri. Poi possedè lo scheletro del laboratorio di chimica e chiuse l’anta diafana, dopo essersi accorto che il pesce spada stesse perfettamente dentro. Ripresasi dalla pennichella necessaria per avere il controllo dello xiphidio, dell’odontoceto, della scultura dionisiaca e dello scheletro, Honey creò l’ultimo ologramma, mandandolo alla sua destra. Quello si gettò dentro il plesso ginnasiale del “L.Moro”, mettendosi a correre intorno sui muri della palestra, così velocemente da confondere con la labirintite la moto nera, per poi uscire da una delle finestre e, con un salto incredibile, tuffarsi nel Crostolo. Correndo sul greto, arrivò fino al Parco del Crostolo, dove qui, risalito l’argine del torrente, deviò a sinistra, poi a destra sul ponte ferreo, poi a destra fino alla Reggia di Rivalta. Vi si nascose dentro e aspettò che il suo inseguitore scoprisse dove si fosse cacciata. Lui attraversò Via Montefiorino e svoltò a destra, impennando sul ponte e entrando dentro il parco delle caprette, davanti Piazza volontariato reggiano nel mondo, finchè non raggiunse l’anfiteatro di Roncocesi. Ricaricatosi un attimo, si recò alla Reggia di Rivalta, entrandoci dentro. Venne però sorpreso da Honey versione Bradamante cavallerizza inesistente, che riuscì a piantargli la sua durlindana. Tornata al nulla l’armatura, la moto nera uscì e percorse a ritroso il sentiero del Crostolo, ma Honey, sfruttando la spada come un capacitore, fece yo-yo di sé stessa immettendosi prima nelle transenne contro i motorini all’ingresso, colpendo il bolide e portandolo a sinistra, però lui poi svoltò a sinistra e fece il cavalcavia, venendo affiancato da un'altra Dark Light Cycles, a cui però disse di non impicciarsi, e Honey lo costrinse a svoltare a destra, in direzione Albinea. Troppo veloce, vide accodarsi la Dark Light Cycles del cavalcavia davanti all’Arrogant Pub, finchè, raggiunta la piazza del campanile di Albinea, non cominciò a girare su sé stesso come una trottola, facendo rompere l’altra Light Cycles contro l’obelisco nel centro della fontana, per poi trascinare l’altra fin sulle colline scandianesi, per poi esserci il salto nel vuoto, con il colpo di grazia della spada che, staccatasi dal telaio, piovve sul rottame a valle, lungo il Modolena. Toccò poi a Gogo. Lei procedette, secondo lo schema di Honey, più in là ancora di Via Makallè, attraverso il parco del popolo e Via Montefiorino, fermandosi davanti alla gelateria Ping Pong. Davanti a sé c’era il cavalcavia, sotto il quale c’era un nemico. Lei, come Fred, si voltò e percorse Via Montefiorino passando davanti alla Chiesa di Gesù Buonpastore, la scuola elementare, Vizi&Sfizi, le poste, il fornaio Melli, le altre poste, svoltando a destra, passando davanti alla libreria Uver e alla pizzeria Reginella, lungo Via Che Guevara, dritta fino alla rotonda. Qui creò preliminariamente un ologramma che snidasse la Light Cycles sotto al cavalcavia lì frontalmente, sconfiggendolo all’altra rotonda, per poi procedere tranquilla, nascondendosi dentro il parco delle caprette, vicino allo stand del minigolf. Qui, come Honey, prese possesso del trenino, mandandolo imperterrito verso il cavalcavia. Si fece inseguire fin davanti al Blockbuster, agganciandosi ai binari del passaggio a livello lì nei pressi e girando a sinistra, mentre la Light Cycles doveva girare a sinistra, avvertendo prima la sua compare. Il trenino era però sparito, ma la Light Cycles lo sentì sotto al cavalcavia dopo l’ingresso meridionale del cantiere della Preston&Barbieri, dopo un ulteriore messaggio d’astinenza ad una come lei. Imboccando Via Leopoldo Nobili, passando davanti all’isola senza glutine, alla sede della guardia forestale, al megastore Le Vele, nel sottopassaggio tangente Viale Isonzo. Sentendo di nuovo un minuto sferragliare, girò a sinistra ma rimase intrappolato sullo stesso passaggio a livello di prima, venendo travolto dal trenino. Il quale fece poi retromarcia e, distaccatosi dai binari, tornò al parco delle caprette. Toccò per ultimo a Wasabi. Studiando le immagini che Gogo stava vedendo, così come aveva fatto con tutti gli altri, notò che, passando per Via Montefiorino, c’era una casa cantoniera. Per prima cosa, bisognava andare in Municipio. Inforcò la sua Light Cycles e partì attraversando Via Lincoln, Via Makallè, parco del popolo, finchè non raggiunse il municipio, annesso al museo del tricolore. Raggiunse lo scranno del sindaco, che, nonostante l’intera città presentasse elementi architettonici e toponomastici di addirittura anche di trent’anni dopo, era fermo al 1982, ed era Ugo Benassi. La scrivania del sosia del Professor Hoarai di Godam era piena di pulsanti, che facevano aprire delle bare blindate poste oltre. Il pulsante con il logo dell’ACT permetteva di accedere ad una sorta di clone della Keyblade di Kingdom Hearts, strutturata più come la chiave d’avvio di un automobile, grossa come un pollo di gomma da cani e con un pratico cordino tramite l’anello, in modo che la si possa portare al collo. Presala a prestito, Wasabi uscì e, messosi accanto alla statua del Dio Crostolo, si diresse verso la casa cantoniera, e, entratoci dentro, inserì la chiave in un apposita toppa, posizionata al centro della stanza. Dopo che l’ebbe fatto, le strade erano diventate canali. Non potendo girare troppo con la Light Cycles sui marciapiedi, camminò fino al parco delle caprette, e prese una delle motociclettine lì nell’area bimbi, percorrendo tutto il parco fino a Via che Guevara, percorrendola tutta fino a riuscire a arrivare alla piazza azzurri d’Italia, l’UCI Cinemas, non potendo raggiungere il pezzo d’autostrada prima del casello, oltre il quale ci sarebbe di nuovo stata terra ferma. Allora entrò nei Petali e, trovati rispettivamente un manichino e un elicotterino giostra, sganciò l’elicotterino e lo portò nello spiazzo fuori, poi vi ci mise dentro il manichino spezzettato, chiuse gli sportelli e si inserì nel mezzo, volando fino alla casa cantoniera, sfondandone la porta e atterrando al suo interno. Qui Wasabi passò al manichino, aprendo uno degli sportelli e, strisciando fuori ancora spezzettato, si ricompose. Per la missione aveva scelto un manichino robusto, della Decathlon, e riuscì a sganciare la chiave. Poi la mise nell’elicotterino chiudendo gli sportelli e, presa una corda e sedutosi accanto all’elicotterino, si cinse la schiena e i quadricipiti, nonché i bicipiti, lazolando poi la coda dell’elicotterino. Inseritosi nella sua mente, volando piegato in un angolo ottuso di 145° uscì sulla strada e raggiunse la piazza della meridiana. Atterrato, il manichino esplose liberandosi del cappio, ricostruendosi e aprendo gli sportelli, estraendo la chiave e rimettendola al suo posto. Dopo di che prese un furgone posto lì accanto e, fattogli fare tutto il giro della piazza fondendosi con lui, lo parcheggiò davanti al municipio e si fuse con l’elicotterino, atterrando nel suo rimorchio. Poi si fuse con il manichino e saltò anche lui sul rimorchio. Poi possedette il furgone e lo fece arrivare da sé. Rimise al suo posto entrambi i “prestiti” e parcheggiò il furgone. Infine prese possesso della motociclettina e la portò da Preston&Barbieri. E potè finalmente tornare dai suoi.

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Capitolo 6
*** this game 6: the final level ***


Un modellino di Light Cycles roteava, sopra un supporto a levitazione magnetica, davanti agli occhi olografici di Aramaki, in olovideoconferenza. “mi fa piacere che la squadra dei Big Hero 6 sia riuscita nell’impresa” disse. “Dov’è Ishikawa?” “E’ in immersione” disse Batou stretto in un cappotto. Il quartier generale della ENCOM si trovava accanto, a circa 2 marciapiedi, dalle Twin Towers. La pioggia spingeva gli ignari passanti deuteragonisti della simulazione a raggiungere il più presto possibile le entrate della metropolitana. A quanto si diceva l’Hudson era in piena e a Central Park erano bei casini. Ma nessun membro della Sezione 9 doveva impellentemente andarci, e pertanto ciccia. Ishikawa, nella realtà virtuale, era il manutentore di quelle scale-carriole che si usano nei cimiteri per raggiungere le tombe più alte. Nonostante in quella fredda mattinata di un 24 Novembre dei tardi anni 90 un cimitero non era un luogo molto accogliente e raccomandabile, lui lo sentiva un po’ come un caldo bar sotto al proprio appartamento condominiale. Si preparava castagne arrostite, o caldarroste che dir si voglia, e nel frattempo rimuginava sull’Estate. Consequenzialmente, l’ambientazione cambiò in un assolata spiaggia, dove lui sorseggiava Pampero con Motoko, tornata da una sessione di pesca subacquea, con come risultato un cefalorinco di Commerson. “Pensavo che a te piacessero l’Autunno e la città” disse Motoko. “Qui saremmo in Nuova Zelanda, a Hahei, e nell’Emisfero settentrionale sarebbe Halloween” disse impassibile l’uomo. “Per quel che riguarda la città, be non si può avere sempre tutto” e, issatosi, camminò fino a immergersi i piedi, il Pampero sempre in mano. “Volevo starmene in Italia, a Reggio Emilia, a farmi Rosuto-kuri, caldarroste, tra un turno di lucidatura di catafalchi e un altro, nel cimitero di Via Cecati, perso nelle brume novembrine, mentre la nebbia seravezzina attraversa il Corfino per riversarsi sull’Emilia Romagna dal lucchese, immergendomi e facendomi confondere con lo strano bosco in città che cresce fin lungo l’autostrada, parallelamente al Crostolo. Ma evidentemente ritenevate fuori ci fosse già abbastanza uggia, è perciò mi avete portato qui, in Nuova Zelanda. Ma non avete fatto i conti con la geografia, per il fatto che, come per l’Australia, qui sarebbe lo stesso periodo che c’è aldilà del Pacifico, attraverso l’Artide, curvando a U verso destra, attraverso l’Atlantico, tramite lo stretto di Gibilterra, attraverso il Tirreno passando tra Sardegna e Corsica, guadando il Po. Comunque le gare sono state più che sufficienti. Ma la strategia dell’ non funzionerà sempre e in ogni contesto. A Milano la metropolitana permetteva di trovare rifugio dagli Intercettatori, insieme ai portici, quelli di Piazza Duomo, quelli di Via M.Macchi, quelli di Piazza Cordusio e Piazzale L.Cadorna. Reggio Emilia ha una toponomastica tra le più semplici d’Italia, con milioni di modi per andare in un posto. Ma la sfida dei dischi si svolgerà in un modo diverso. Un labirinto senza nessuna indicazione, un ambiente totalmente digitale, nessuna copia di un ambiente urbanistico esistente…oltre che là fuori, ancora più in là di là fuori, la reale realtà oltre la realtà virtuale successiva, in ordine concentrico, a questa. E ancora più in là del là fuori di noi del là fuori fuori di qui se adottiamo il punto di vista dei Big Hero 6, che si trovano in un lì dentro ancora più lì dentro del qui dentro in cui ora siamo. Va anche detto che la ENCOM-se è davvero lei a programmare questi qui dentro e quei finti là fuori-conosce le città, tutte le città del mondo, molto meglio del mondo stesso. Davide Ferrario si chiedeva se i novelli Deucalione e Pirra alla fine de Il mondo sul filo fossero davvero liberi, o chiusi in un'altra realtà virtuale a matrioska, come in Labirinto di morte, di Philip K Dick, in assoluto il migliore per raccontare questi concetti. Mai letto Le tre stimmate di Palmer Eldricht? Alla fine non capisci se sei o non sei uscito dal di Eldricht, che a sua volta potrebbe esistere tutto dentro la mente di Barney Mayerson, che potrebbe aver fatto partire lui il business transdimensionale del Chew-Z. E se vuoi il tutto up to eleven leggiti jhon Lennon contro i marziani, Il Sole tramonta sul Villaggio Pinguino, Il segreto del pianeta P13, Ghostbusters. Takahashi Gen’Ichiro è un pazzoide. Dottor Slump&Arale, il baseball, Butch Cassidy e Sundance Kid, Kenji Miyazawa e Una notte sul treno della Via Lattea, tutti insieme appassionatamente. Ci perderesti la testa. Ma il punto è che, cara Motoko, ti sbagli. Se c’è una cosa su cui non è possibile pronosticare diversamente è che la ENCOM adotterà, anche per lo scontro con i dischi, un setting di una città che esiste veramente. Resta da capire, basandoci su fin quanto abbiamo visto, cosa sceglieranno. Noi siamo solo transeunti, combattiamo i virus che pervertirebbero il mondo dove si trovano i Big Hero 6, ma a loro, a Walter Gibbs e ai suoi discepoli, spetta decidere. Noi adattiamo, smussiamo per realizzarle idee loro. Per esempio potremmo andare al museo di storia naturale…” “Per farci cosa?” chiese Motoko. “Per una capatina alla sezione numinastica. Le monete romane raccolte negli scavi del greto del Crostolo e nelle rovine esterne potrebbero essere duttili ispirazioni per i Light Disks. Oppure andare alla Mediopadana e recarci a Milano, scendendo da Garibaldi Garibaldi davanti a Piazza G.Aulenti, scendendo dal treno e prendendo la lillà, fino all’Hangar Bicocca, fermata Ponale, dove l’ambiente spoglio e i sette palazzi celesti di Kiefer sarebbero un luogo perfetto per una disco battaglia. O andare a Roma, al VIGAMUS, dove qualcosa sulla ENCOM vi sarà certamente. A te la scelta” “Ma perché limitarsi all’Italia? Perché non andare a Milwaukee, dove c’è il 4Season Skatepark, il più grosso skatepark coperto degli Stati Uniti, dove sarebbe eccitantissimo assistere ad una mega gara virtuale di lancio del disco con effetti neon, a Poitiers e al suo Futuroscope, voluto da Renè Monory nel 1984, o a Nagoya e al suo 109CINEMA, cinema quadridimensionale IMAX? Tutta Tokyo sarebbe il setting perfetto, e San Fransokyo lo sarebbe ulteriormente” A quelle parole, Ishikawa sentì il bisogno di spostarsi momentaneamente in una biblioteca virtuale. Questa sembrava un rifugio antiatomico jugoslavo della seconda guerra mondiale, e all’uomo ispirava stranamente fiducia. Si stava bene in quell’atmosfera da ovatta immersa nel vuoto pneumatico sotto a uno sturalavandini, e Ishikawa camminò lentamente fino ad una sezione. Lo zen e il manga. Arte contemporanea giapponese. Di Fabriano Fabbri. “Negli anni 80 il Giappone era il traino dell’economia mondiale, e il futuro era già lì. Quando il Time gli chiese [a William Gibson, ndr] tempo dopo, in un'intervista, perché il Giappone fosse un setting tanto utilizzato da lui e dagli altri autori cyberpunk negli anni 80, Gibson rispose che "il Giappone moderno era allora già cyberpunk". Il futuro già presente, quel senso di vertigine che chiunque sia stato in Giappone ha provato le prime volte, formichina appiedata nella Times Square sotto steroidi (Shibuya) o guardando dall'alto di notte la sconfinata distesa di luci, grattacieli e sopraelevate volgarmente nota come Tokyo. Dopo Blade Runner e negli anni del boom del cyberpunk, lo stupore un filo preoccupato per questi giapponesi che si comprano i grattacieli di New York (il Sony Building) e diventano il primo creditore del mondo, sfornano tecnologia di alta qualità e vivono l'edonismo sfrenato del sogno capitalistico americano al cubo, permea buona parte della fantascienza americana anni 80. Le zaibatsu sono ovunque. Quelli della ENCOM sceglieranno certamente Tokyo, che nel 1982 viveva il concerto dei Clash. All’epoca era uscito Blade Runner, il leggendario film di Ridley Scott tratto dall’adattamento sceneggiativo di Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Di Philip K Dick a opera di David Peoples. Scott formalmente traspose il lavoro di Dick, mentre Peoples scrisse solo la migliore e l’unica accettabile sceneggiatura del film. Dick infatti si dovette scontrare prima con l’aborto di Robert Jaffe, poi con l’aborto intimista di Hampton Fancher. Per gli scenari si chiamò lo storico fumettista francese Moebius, che, cavalcando l’invasione delle zaibatsu nel panorama economico americano dell’epoca, estremizzò la cosa, immaginando-dando uno sguardo a Hong Kong-una Los Angeles cupa e completamente nipponicizzata. L’America sconfitta dopo aver sconfitto il Giappone 74 anni prima. Il 1982 fu poi anche l’anno di Tron, e dell’inaugurazione-dopo la decaduta del progetto nel 1967-di EPCOT, la comunità abitativa sperimentale prossima ventura voluta da Disney come continuazione di Tomorrowland, il padiglione fantascientifico di Disneyland. A salutarne l’ouverture fu Fun with Mr Future, cortometraggio di Darrell Van Citters, con le animazioni di Mark Dindal, e la straordinaria partecipazione di Vincent Price. E infine, per concludere, nel 1982 uscì Burst City-la città escoriata di Sogo Ishii, dove assistiamo ad una guerriglia urbana volta a impedire l’apertura di una centrale nucleare. “ Camminò fino alla sezione Bambini&ragazzi dove, adocchiata una copia di Generazione Pokemon di Loredana Lipperini, prese un mappamondo poggiato sotto a una copia di Il giorno in cui ho comprato una stella e altre storie di Naohisa Inoue e lo portò dove era rimasta ferma Motoko, intenta a leggere La strana storia dell’isola Panorama di Edogawa Ranpo, e, dopo aver fatto ruotare il globo, lo fermò con uno spillone da acconciatura in corrispondenza del Giappone. “Attento che così lo rompi” disse atonica Motoko. “Henry Curtis in Le miniere di Re Salomone faceva lo stesso, e se non mi sbaglio pure Doc Savage, in L’isola che non esisteva, La piramide d’oro, L’oasi dei diamanti, Il segreto delle navi scomparse, TAZ, La pelliccia misteriosa. Qui, sicuramente qui. La ENCOM non si rimangerà cotanta decisione” Ishikawa tolse lo spillone dal mappamondo e lo rimise al suo posto. Poi procedette a allontanarsi, seguito da Motoko, disinteressatasi alle peripezie del signor Hitomi, giù per una rampa cocleare, in un posto che sembrava il Korova Milk Bar dopo un blackout. Ovunque manichini nudi, immersi in una funerea penombra. Ad un certo punto, alla destra di Motoko, apparve uno strano teru teru bozu, con il volto schiacciato come una Wii, gli occhi con l’iride giallo e il cristallino di un incerto pantone violastro, la pelle bianca, la mantella di fettucce verdi e gialle melanomiche. “Questo posto mi fa paura!” disse lo svolazzante folletto. “Tranquilla Aome” disse Motoko, parlando con sua figlia. Ishikawa accese le luci, rivelando uno scenario in assoluto ancora più terrificante di quello che terrorizzava Aome-chan. Il pavimento sembrava un insieme di colonne vertebrali e casse toraciche che s’inarcavano insistendo su pelli grigie e cuoiose, come quella di un ippopotamo, con, sul coro un feto umano sottoposto ad una sorta di neotenia, crocefisso con le braccia piegate verso il basso, angolarmente di 17° rispetto ai 90° dei normali crocefissi con Cristo telamone, con il pene sovrasviluppato, slabbrato in corrispondenza del cavernoso. C’erano, su degli alti pinnacoli, delle sedie, fatte da delle cariatidi con la schiena spolpata. L’atmosfera era viziata e asfittica, come quella di una catacomba da poco riportata alla luce. Ishikawa era in piedi, accanto ad una strana scultura lanceolata, un pene, perfettamente verticale, un obelisco di metallo laccato di platino, con in sviluppo concentrico, dalla vescicola seminale, una mano femminile con il braccio immanicato in una calza di nylon. Si era aperta come una fogona e incombeva sul glande. “Questo” disse Ishikawa, la voce che faceva detonare ogni parola come un Hawker Siddeley RED TOP “E’ il Giger Pub, nella prefettura di Shirokanedai. Realizzato dall’artista e illustratore tedesco Hans Ruedi Giger, è il setting perfetto per compiere su di voi, madre e figlia, una compenetrazione carne-macchina per affrontare l’apertura delle porte di Dite” “Cosa ci vuol fare?” squittì la figlia. “La vera domanda è: perché ce lo vuoi fare? Cos’è questa storia delle porte di Dite?” “Le porte di Dite sono l’esercito di virus che finora abbiamo combattuto. Alcuni di essi sono già usciti. Nella fattispecie Trojan_D11 Base Datestmp:Ferrari, responsabile della trasformazione del monumento organicista della Ferrari di Franco Reggiani in una APC, e Trojan_80100000 3202c07e:Channels, responsabile dello strano bug della Keyblade del municipio e della trasformazione delle strade di Reggio Emilia in navigli. La toppa dentro la casa cantoniera di Via Montefiorino non ci sarebbe mai dovuta essere. Per affrontarli, lei, Motoko Kusanagi, dovrà sottoporsi ad un addestramento di classe Superior, molto più radicale degli addestramenti classe Equal a cui devono essere sottoposti i poliziotti dei dipartimenti antiterrorismo. I Superior Trainings agiscono sulle basi della biologia cerebrale, sebbene non permanentemente e sebbene non lo debbano neanche fare, pena la totale paralisi delle funzioni neurologiche. E agiscono anche sugli avatar, provocando effetti di sprofondamento mentale, facendo accedere sistematicamente agli orizzonti più vasti del subconscio, con uno schema a radice. Io mi sottoporrò addirittura ad un addestramento di classe Hyperion, che mi sottoporrà agli stessi ampliamenti centrifughi e subcoscienti a cui vi sottoporrete voi, ma 2. “ Precipitata in un acqua fredda, profonda e oscura, Motoko si trovò in una situazione primordiale. Le immersioni che faceva all’epoca dei fatti del Burattinaio. Sua figlia Aome una scia di grosse bolle d’aria unite in un codazzo verminoso e informe. Occhi come quelli di Jellyfish eyes nuotavano come zooplancton sotto alla cuticola di quell’oloturia digitale, sistemandosi davanti all’occhio, per poi allontanarsene appena si cercasse un rapporto più approfondito. Motoko, nonostante non stesse facendo assolutamente niente, nonostante fosse nel più completo stato vegetativo, avvertiva forti fitte di dolore in tutto il corpo. Questo non poteva che riportarla a prima della Sezione 9, al caso delle protesi della sirena. All’improvviso le sembrò che il cuore le avesse morso lo stomaco, e, urlando potendo emettere solo una sbuffata di vapore bollicinoso, cominciò a pulsare ritmicamente come appoggiata su un letto di casse. Alle orecchie le giungeva un Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz ? Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz , Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz , Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz ! 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Ma, a essere onesti, quel Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz seguiva uno schema ritmico preciso. Ad un certo punto Motoko, dopo che il martello, l’incudine e la staffa le si furono disgiunte dal timpano, capii che era Five Hours di Deorro (Erick Orrosquiesta) da X. Subentrò poi anche la cover fatta con Chris Brown, Five (more) hours, sempre da X. What you wanna do baby? Where you wanna go? Ill take you to the moon baby Ill take you to the floor Ill treat you like a real lady No matter where you go Just give me some time baby Cos you know, Even when we're apart I know my heart is still there with you Five more hours till the night is ours, and I'm in bed with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting started (Five more hours we're just getting started) How you wanna feel baby? What you wanna know? Just pour another drink baby, come on pour a little more I'll treat you like a real lady, I'll keep you out the cold I'll give you all my time baby, you know even when we're apart I know my heart is still there with you Five more hours till the night is ours, and I'm in bed with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting started I follow the sound of your heartbeat How it always calls me, finding my way back to you I'm feeling it more now than ever I'll do this forever, just to spend a night with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting star E all’improvviso Motoko si mise a ballare. Un ballo simile a quello di Rubber Jhonny nell’omonimo videoclip degli Aphex Twins. Adesso Aome si era evoluta in una versione affetta da gigantoplasia del Tan Tan Bo Pucking, che sorreggeva la madre, esausta dalla sua breakdance subacquea. La sua pelle si scaglionava, rivelando un derma tecnotronico, pulsante in effimeri bernoccoli al ritmo di Super Love di AVICII (Tim Bergling), da True. Nel mentre il suo cervello esplodeva. Nel frattempo Hiro e i suoi si trovavano all’ingresso del livello dei Light Disks. Era il setting di Tron:Uprising, infatti non c’erano né Kevin Flynn, Alan Bradley e Lora, ma Beck “The rebel”, Able e Mara. Il Generale Tesler, con la faccia di uno a cui hanno disegnato peni eretti sull’auto con un Uniposca, annunciava che Tron l’aveva sconfitto, e che anche CLU non era entusiasta. “C’è l’hai fatta timballo di carne disintegrato e digitalizzato male. Adesso anche voi timballi carnosi disintegrati e digitalizzati male c’è l’avete fatta. Ma adesso affronterete NON i miei lanciatori di dischi, perché non vi meritate la loro clemenza! Ve la vedrete con la peggiore orda di virus di Argon!” “QUESTO NON E’ CORRETTO!” urlò Beck. “E non è nemmeno vantaggioso per lei!” disse Wasabi, sempre adottatore della politica della mano tesa. “Ci sono stati virus informatici che misero in ginocchio i più grandi programmatori della storia” continuò “se ce li mandate contro, cosa li fermerebbe dall’attaccare voi, la CPU, Argon?” a quel punto Tesler sembrò non più arrabbiato, ma addirittura triste, come se-e con tutta probabilità era così-Wasabi l’avesse punto sul vivo. Si disconnettè e, come annunciato, Hiro e i Big Hero 6 e la crew di Beck The Rebel si trovò in balia dei virus. “GRAAAAAAH IO LI UCCIDO! LI TRUITURERO’ CON LE RUOTE DEL MIO LIGHT TANK! LI STROZZERO’ CON IL MIO LIGHT DISK! LI RIMATERIALIZZERO’ CON IL CULO AL POSTO DELLA FACCIA!” urlava Mara, accompagnata da Able e Beck. Hiro era alquanto seccato, dai virus, dai compagni di Argon, e dalla contraddizione mortale in cui Tesler si era cacciato con le sue stesse mani. “Allora allora allora allora!” disse Hiro cercando di far venire a patti “i ribelli” con la realtà oggettiva, non quella sloganistica. “Ci troviamo assolutamente nella merda. Diarrea. Pupù. Feci. Coproliti. Ma: razionalizziamo. Innanzitutto: i virus non si sono ancora visti. Se siamo svelti ci possiamo nascondere. I virus non sono controllabili, Wasabi docet. E comunque dobbiamo salvare Tesler, detto dritto per dritto” “Che cosa?” chiese Beck. “Io non salverò quello stronzo, né tantomeno ho intenzione di salvare quegli altri stronzi che, fin dal 1972, ci succhiano il sangue con la tettarella!” “Ragionava così anche un pollo chiamato Gino, avversario della tecnologia, avversario di ciò che fin oggi ti ha reso libero!” a sentir parlare di Gino il pollo, Beck ebbe un moto di resa alle argomentazioni di Hiro. “Gino?” chiese Beck, girandosi e assumendo un espressione schifata. “Vuoi che te ne racconti? Hai un modo per accedere alla rete puramente informativa?” Beck creò un portale, e lo diede a Hiro, perché lui lo potesse consultare insieme a lui. Hiro digitò WWW.Ginothechickenlostinthenet.com e mostrò a Beck un post scritto da Gino. Mi hai spedito nel mondo dei sogni, baby, e non saprai mai quanto te ne sono grato. Burp... Spennato come un giovane pollo... burp... Male alle ossa ovunque anche se Capo-Gino-non-più-ossa... Burp... Cresta appiattita becco bollente... Testa matta schiacciata in un unico enorme rumore bianco, un noise campionato che arriva da lontano e se ne va chissà su quale altro pianeta di chissà quale clone di universo in espansione, su su ma non sufficientemente lontano per appartenere a qualcun altro... Questo conferma ciò che già so: Io sono tutto! Burpo... Mi hai spiumato/chiunque tu sia/te ne son grato... Questo mi ha steso: un intruglio micidiale fatto d'alcool digitale... e poi ricordo poco e niente... Bnurp bgurp... Meglio niente di buono che il niente... zurg... se penso a te mi batte forte forte il cuor... bnurp... Il poco che ricordo è che in stato nullo di contatto esterno, perdendo sangue sintetico in abbondanza burg mentre l'ambulanza virtuale della Mahatma Society mi trasportava con rapido gheerg moto zigzagante verso un sito ospedaliero, da bravo extrapollo d'oratorio mormoravo sommessamente "ma-donna mado-nna ma-dooo-nnnna...", invocazione già papale rivelatrice di quanto sia difficoltoso portare nelle vene la frenetica freschezza del messaggio di pura santità per furp un mondo galliforme diverso... buorp... Corsa eroica, tra il disinteresse generale di surfisti e cibernauti guarp confortata dal suono incessante della dance della tecnosirena e dal volto sereno dello Yogi biurp conosciuto come l'Orologiaio Salvatore, affrescato sulle fiancate interne del Fiat Virtualtrance basic Shuttle 22 da soccorso in rete pruop ma mancante di veri incoraggiamenti commossi da parte del torbido fiume di dati bgurp al solito scosciato e immalinconito in un rito senza sbocchi né respiro bzurp... Siti web lontani sollevano binocoli di Java gassosa per linkarsi e guardare ammirati tanto dolore - sangue brucia profezie scivolando sui tagli non cicatrizzati di io me Gino per trasmettere in rete inorg buorz anici significati nascosti... zurp... aspirina e acqua fredda ecco cosa mi occorrerebbe... murp... Chi zurp sei..? Dove gurp sei..? Che mi hai fatto? burp... E come hai fatto a farmelo così bene? burp zurp e straburp. “Si mette pure a ruttare come un camionista 34enne dopo 16 bottiglie di 7up” disse Beck. “Lui voleva fermarti. Ascolta: sia tu che Tesler non sareste qui se Gino si fosse messo in mezzo. Gino credeva che nella realtà virtuale non ci sarebbe stata libertà. Tesler mostrò che era libero, e anche se abusò della libertà, dimostrò che essa esisteva. Gino che se la prendeva con Tesler era come un fascista che accusasse un comunista. Vuoi diventare come lui?” Beck adesso la vedeva diversamente. Quell’espressione di Tesler….nel frattempo Hiro passò ad un altro post. Nel frattempo un piccolo capannello si era fatto intorno. (…) Pierina... Pierina gallinella odorosa/ Pierina fidanzata amorosa... ti assicuro che tutto ciò è irrilevante/ cibersesso astratto ininfluente/ non godente non vedente/ non serve a niente... tra me e te non cambia niente/ ti ho tradita ma pensa alla mia situazione, alla solitudine etc. etc. Amore credimi, lo ammetto, son più colpevole dei colpevoli, i Tamagotchi sono figli miei di Gino tuo. (…) Miei miei miei miei. (…) Perché mentirti amore mio? La prova è sotto gli occhi del mondo intiero: chi altri possiede una tale esuberanza tecnosessuale per poter generare milioni di pulcini? Non so neanch'io com'è successo questo incontro tra le potenzialità infinite della natura (io) e le potenzialità mediocri della tecnologia... è il megatrend del momento... snif... talmente frastornato che non so neanche con chi ho trombato... pardon: con chi mi sono accoppiato... scappi un po' qua e un po' là, ti rifugi tra i web a luci rosse ed ecco il risultato... inguaiato, incastrato, e padre e sì! anche orgoglioso di esserlo! ...e poi... snif poveri figli miei... figli adorati... figli carissimi... dna del mio dna/bit dei miei bit/ luce virtuale della mia reietta vita/giustizia benevola della mente alveare/percezione neuronale perfettamente coordinata/miele della mia indomita vecchiaia/figli amatissimi figli bellissimi sterili speranze artificiali... che destino atroce... inevitabilmente destinati a morire ancora in tenerissima età... snif... venduti per balocco a cuccioli umani... friff... una crudeltà che intendono applicare a qualsiasi vivisistema algoritmico biotecnologico... il groviglio della vita... la bellezza di ogni forma di vita... la bellezza dei miei pulcini... la nitida semplicità della vita vuole vivere… fruff… nient'altro Pierina... tra me e te non cambia niente e saltante e fuggente appena esco di qua ti dimostrerò che battente battente il mio piccolo cuore da pollo tu-tum tu-tum solo per te gallinella in carne e piuma lucente. Piazza dei Desideri deserta dopo l'ultima retata. Accessi sbarrati, fuck house sigillate, news group dissolti. Per fulgido miracolo noi-vogliamo-che-tu-viva, quella piazza era senza censura, fantasia diamante allo stato grezzo, posto senza coltelli dove a tutte le ore si scontravano, strette in libera sorte, babeli colorate al fosfospruzzo di bit bellissimi che praticavano l'arte di vivere il proprio destino neurologico, infischiandosene degli illuminati aborti subliminali degni delle peggio cause e della peggio vita. Ossa rotte rottissime occhi in mano manissima, fiutando aria di pioggia violenta, salto la rete a scarica messa a blocco dell'accesso SUD. Tocco terra panoramicando tac tac tac guardingo. Appeso alle barbarie raffinate delle leggi e delle religioni l'inganno è ovunque. Non posso impedire agli yesman facce di culo dei censori venduti alla CIA di monitorarmi, ma se c'è da mordere, azzannerò... Un soffio d'aria svogliato, poi la tensione torna immobile. Nessuno. Nessuno all'infuori di me. Solo un home page mal illuminata, ributtata nella cruda verginità cibernetica. Sembra prima dell'invasione... Ma non c'è più un posto libero dove si possa andare a respirare in questa rete? In questo mondo? In questo vostro universo del cazzo? In risposta uccelli crudeli gridano lontani nelle frontiere perdute del ciberspazio, nubi scure chiudono e aprono le stupide stelle, sorella luna fugge e muore nel suo ventaglio ruotante. Odore di ozono e metallo putrescente ovunque nell'aria. Elaboro : Tempesta elettrica in avvicinamento rapido ore sei. Notte strana e distorta. E' come se avessi le ali troppo corte, i muscoli indisciplinati, gli ossicini troppo morbidi, la lingua tagliata. Preludio di una carneficina elegante, oleografica, da immagine 3D su testo di storia, una raffica di detriti e virus lanciata in avanscoperta investe con un pugno la piazza. E' chiaro, vogliono distruggere definitivamente questo posto. Cerco il suono delle mie zampe che scivolano pattinando sulla schiuma dell'onda d'urto. Per non cadere correggo automaticamente l'assetto e questo mi procura malinconia intercostale. E' tornato il silenzio. Scruto la piazza deserta e mi struggo: sembra pronta come non mai all'incontro, predisposta all'invasione di una memoria collettiva affidata al tutto - affrontare il toro demoniaco senza mantilla né modestia, scappare da chi pretende di correggere le mosse sbagliate, le virate troppo lente o troppo, olé, veloci. U-OH.. Dove cazzo sta la memoria collettiva? Nel culo buio del mio intercettatore? In trincea? A sgozzare bambini in qualche villaggio dimenticato? Semisvenuta scompostamente nei family-games? In galera? Nelle disco biblioteche di stato? Nelle case di campagna tecnofreak? Muore forse di fame e freddo? Si è ammalata di A.I.D.S.? Compressa in qualche banca dati stellare? Nel sangue alieno del Graal? Negli Electronic Mandala incassati in cabine di deprivazione sensoriale per massaie? In the jungle? Ora mulinelli iniziano a far risuonare con continuità campionature di cimbali tibetani di bronzo. Vorrei vorrei non-si-sa-che e per sfuggire un sentimento elettronico simile alla nostalgia, rifletto, ragiono: è inutile illudersi e sfiatarsi, è patetico, ridicolo, maledettamente enfatico, specialmente per una freccia incandescente alimentata a ghiaccio, un pollo dissolto all'origine, teoricamente incapace di emozionarsi. Ma io, da qua, non ho voglia di andarmene, tanto non ho nessuno con cui prendermi e perdermi. Nessuno all'infuori di me e delle forze della natura elettronica. Allora benissimo! Solo mi sento benissimo! Pugni stretti, sguardo a terra, boxando contro il vento come pugile gallo. Bellissimo! Giovanissimo! Indistruttibile! Bravo-bravissimo! Perfetto-perfettissimo! Incazzatissimo! Prontissimo! Giustissimo! Tenerissimo! Agilissimo! Imprendibilissimo! Imperlatissimo! Di-fuori-di-fuorissimo! Nuovo-nuovissimo! Convintissimo! Il mio sistema individua il luccicare pallido plancton di fibre ottiche in massa su un quadrato poco distante. Mi avvicino a fatica sbracciando atomi in polvere e parolacce in subbuglio. Elaboro : target - Cosmic Boy skate giallo oro con redini ottiche argento - Propietà Turing Club - Interfacciamento extrapollo compatibile. Davanti al giocattolo ultimo modello, sorrido, pulcino felice ci vuole poco! Il primo tuono mi scuote di sorpresa. Raffiche mi sollevano le penne verso il cielo bruciato da lampi bianchissimi. Sotto la pelle tirata rimbomba il secondo tuono. L'abisso sembra aprirsi, le fuck house crollare. Ora piovono spilli in muro di ghiaccio. Al centro della piazza, ondeggia nero e selvaggio l'albero che ha messo radici nel pozzo dei desideri. L'unica cosa ipertestuale ancora viva qua dentro. Decollo verso il riparo del suo ombrello maestoso cavalcando il cosmic-boy imbizzarrito. Volando da un ignoto a un altro ignoto cinque miliardi di istruzioni p.s. diventano fiori freddi di silicio infradiciato. Cotto fino agli occhi da chissà quale schifezza di virus, il mio sguardo severo tra il vento e la pioggia si leva e si spegne. Il pensiero è fiore di mandarino, sequoia, baobab, salice, abete e resina di pino. Fitta foresta in soleggiato giardino. "Avanti avanti!"LOTTO imponente dalla plancia, frustando lo skate jet perché non fugga "Non hai mai visto un light-show di fulmini? I tuoni poi non uccidono! Che paura hai! Stupido! In aria tutte le richieste di salvataggio! E tu microchip a prora segnala i frangenti! Gettate le scale! Avanti passeggeri che l'isola è vicina! Avanti che ce l'abbiamo fatta!" "Bene arrivato, ora sei al riparo, puoi rilassarti anche se dal tuo sguardo capisco che ti monta dentro qualcosa che di attimo in attimo si fa travolgente. Ti ho visto arrivare, giocavi a capitani coraggiosi, hai fatto il giro della morte col tuo surf volante. Sei stato intrepido, hai una forza che non è organica. Sembri un povero pollo, ma non lo sei. So chi sei. Sei una di quelle creature che col tempo trasformano il corpo in un fluido luminoso abbandonandolo all'ispirazione dell'anima. Che poi sia anima elettronica non importa. Non avevo mai visto nessuno come te, ma ti ho riconosciuto, è vero? Comunque ben arrivato. Ora sei al riparo." "Amico albero... fratello albero, come sei bello!" costruendo un ponte tra la linfa e la paura della tempesta, rompendomi le unghie per grattare la corteccia "Amico albero, sorella albero, non me ne ero mai accorto di come sei bella!" provando ad arrampicarmi, snodando le ali per circondare il grande tronco. Resina di benvenuto ovunque sui capelli. Nulla a che vedere con le pornostar dei cetrioli a espansione e delle banane giganti, ma non è un dettaglio sussidiario credere a un orgasmo vegetale. "Bello bello bella, fatti abbracciare" occhi chiusi moccio al becco "bello bello, ora sto già meglio, sniff..." "E' una tempesta come si deve." diceva l'albero "Tempeste robuste non ne passava da tempo, questa è calata giù direttamente dal grande buco nel cielo sopra al Polo Nord. I nanoinsetti implementatori mi dicono che quel buco è un passaggio verso le migliaia di mondi paralleli. Non ho saputo chi lo ha spifferato agli insetti, ma credo che ci dobbiamo fidare di loro. Spero che la notizia del passaggio faccia piacere a questo mia nuovo giovane protetto. Impossibile non gli dia da riflettere. Forse lo spingerà a procurarsi due buone ali, dubito riesca a volare con quelle che ha addosso ora. Dovrà quindi procurarsele. Non ho mai capito perché tutti se ne stiano laggiù, piantati a terra nel loro paradiso popolato di orrori, ingobbendosi con la gravità degli anni, senza volarsene via, in altri mondi. Devono esistere difficoltà e limiti che non conosco, non c'è altra spiegazione." Intanto la grande corona di saette che circondava in serrate intermittenze abbaglianti la Piazza dei Desideri, si era frantumata figliando virtuose vene pulsanti dai mille colori. Adesso aureole dell'arcobaleno acido incorniciavano l'albero in un rito elettranimista pagano. "Bella bella bello..." ripetevo in estasi, ipnotizzato dal profumo acre della resina. "Buono bene bene buono bello bello..." "Uao! Psichedelia pura!" diceva l'albero "Perdita della convinta realtà onnivora degli umani. Questo mi piace e spero piaccia molto al mio amico pollo qua sotto, anche se è talmente preso dai miei odori che dubito si accorga di ciò che ci sta accadendo intorno. Invece quello che si perde è un bello spettacolo, lo potrebbe aiutare molto... Fa piacere vedere sorella Ganja in azione senza che qualcuno possa impedirlo. Chissà come si chiama il mondo da cui viene questa bellissima tempesta? Chiunque sia l'Edificatore, bisogna ammettere che conosce le vie dello spirito benigno... Ehi piccolino, alza gli occhi! Guarda un po'! C'è da svagarsi come quand'ero un seme stanotte! Mi sento dentro al mio batuffolo d'ovatta, caldo caldo, linfa scorre. Ehi, dico a te! Che ti prende, si può sapere? Apri gli occhi! Avessi una bocca ti bacerei. Avessi una lingua ti leccherei. Così forse capiresti meglio ciò che voglio dire, ciò che ti perdi a startene chiuso là dentro quella cassa da pollo animalmineral di neuromuscoli virtuali e sabbia lavorata in silicio. Potresti almeno farti crescer delle foglie... Su su, sto solo scherzando, non sospettare sia spesso in vena di farlo. Di solito sono distaccato, professionale, legnoso. Il mio Dio di sicuro lo è. Ma tu e questa tempesta... L'unico sgomento è quell'ammaso di rifiuti che Fortevento mi fa spesso orbitare attorno alla chioma. Farei volentieri a meno di satelliti digitali, metalli contorti, crimini, viltà, bassezze. Anni tragici, sento circolare notizie spaventose, guerre, cicloni, pandemie, morte continua, la luna che sta per cascarci addosso, il fuoco che brucerà la Terra... Dunque, penso veramente che faccia star meglio chiunque abbracciarmi, grattarmi, succhiarmi. Ogni essere dovrebbe pensarla così. I polli poi si sentono carini con le penne imbrattate di resina odorosa. Ti dà fiducia andare dal tuo albero e ricevere esattamente il servizio che vuoi. Schizzi di resina su piume e penne... Queste sono cose che essi apprezzano, queste sono cose che a loro piacciono, specialmente durante una tempesta elettrica." "Oh, amore mio, fratello mio..." dicevo, nel mondo bambagiato connesso ai mei circuiti imperlati di virus, nel silente mondo popolato da viandanti luminosi diretti verso la città di luce trasparente dove camminare non costa fatica. "Fratello, amico, calami un ramo ti prego... fammi salire." "Ebbene questo polletto è molto cordiale." diceva l'albero "Si perde nella Città di Luce creata dai virus mutanti nella sua psiche e straparla mentre tutto nella piazza vibra e io continuo ad occuparmi di lui innaffiandolo di miele. Mi piace, è grazioso. Posso dirgli perché è inutile che gli cali un ramo, ma a volte non stanno ad ascoltarti, chiedono e poi fanno quello che vogliono. Questo succede spesso. Ai fiori soprattutto. Ebbene noi vegetali ipertestuali non possiamo accontentare sempre, ma possiamo tentare. E' nostro obbiettivo che tutti si sentano più felici e soddisfatti. Mi pare evidente. Spero di continuo che a tutti tutto vada per il meglio. Tra pochi minuti, i fulmini cambieranno direzione, se ne andranno su qualche altro pianeta fumante di energia primaria e di vita per cercare di distruggerlo. Non è colpa loro se son così, in fondo son simpatici..." "Se tu mi facessi salire in cielo" piagnucolavo io "Amica albero, fratello albero. Se potessi volarmene lassù." "Era giusto quello di cui gli parlavo prima. Allora spero che tutto vada per il meglio a questa creatura e che riesca a procurarsi queste ali nuove." diceva l'albero "Mi vuole molto bene, lo sento. Minaccerebbe chiunque ridesse di me. Una volta ho conosciuto un dentista che salvò i miei rami guasti. Aveva bellissimi occhi azzurri che si spensero lentamente. Mi disse che era stato vittima di un vampiro dagli occhi d'acciaio. Minacciava con una Buddah Vision chiunque ridesse di me. Prima che si spegnessero gli occhi. Minacciò il comandante dei parà e il capitano della squadra di calcio, mandando anche un sacco d'accidenti ai loro antenati e al grande lupo nero. I cittadini erano d'accordo nel tapparsi in casa aspettando il calar delle tenebre per godere del canino seghettato del vampiro e non vedevano di buon occhio un dentista, specialmente se armato di Buddah Vision profumate d'aglio, lo consideravano un pericolo. Così lui perse la sua clientela. Dov'è ora quel dentista? E' nel mio clorofilliano cielo, non vi sembra chiaro? Forse guarda una sim opera, quella, sapete, dove c'è il missile degli invasori che prende fuoco, colpito in pieno dall'ammiraglia dei Vegetali Galattici..." "Ancora, ancora ti prego... ancora resina..." imploravo sommerso dal piacere "ancora resina amico albero, fratello albero..." La tempesta si stava allontanando per proseguire il viaggio. "Fortevento dove siamo dirette stanotte?" domandava Nuvola Smarrita che si era distratta un attimo ad osservare tanta dedizione. "Su rapida, andiamo!" le rispose Fortevento "Non sprecare tutte le munizioni. Ho delle carte con nomi, posti e numeri che non esistono in questa nebulosa - becco lungo e appuntito, piumaggio d'oro, coda lunga i giovani abitanti. Su sbrigati, andiamo!" "Addio addio " salutò verso la piazza Nuvola Smarrita scaricando un paio di fulmini " A volte succede spesso..." "Ecco, la tempesta è passata, le nuvole se ne sono andate col loro bagaglio di confusione." diceva l'albero sul punto di sbadigliare "Credo che adesso possa concedermi un meritato riposo personale e che questa creatura possa tranquillamente considerarsi salva. Sarà in grado di formattare il piacere ricevuto dalla mia resina nella sua zona di controllo neuronica, al posto dei suoi attuali contorcimenti serpentini apprezzabili esclusivamente in una danzatrice orientale? Più di un caso apparentemente disperato ha riacquistato l'equilibrio spirituale durante un orgasmo vegetale. Il pollo Gino dovrà ricordarsi di questo e quando passerà accanto a un giardino, quando in una camminata senza mete precise si inoltrerà in quel che resta di un bosco, dovrà sforzarsi non solo di vedere ma di godere." "Sorella albero, amico albero, grazie!" staccando l'abbraccio, rasserenato, usando resina come gel per le piume "Sai, io non ringrazio mai, corro sempre e nessuno mi chiede il perché. Lì a dirmi fai questo, fai quello... oppure a comandare a distanza. Ma a nessuno gli importa qualcosa di me, nessuno che mi aiuti e mi consigli." "Un consiglio?" diceva insonnolito l'albero "Volentieri: tanti tanti auguri!" Ma nel frattempo il vento sulla wasteland di Argon, l’equivalente dell’ex scalo ferroviario di Via Farini, era cambiato, e non in meglio. I virus erano già arrivati, delle dinoccolate aberrazioni ispirate all’arte di Ippei Gyoubou, guidate in parata da un amorfa creatura simile a Fucked bird di Alex Pinna, nelle quali non sarebbe stato quasi possibile identificare i tratti di un pollo. Come se la sperimentazione avicola di Koen Vanmechelen fosse passata attraverso i biomorfi di Desmond Morris, fermandosi da Giacometti e Simone Legno. “La realtà virtuale è l’ultima aberrazione obbrobriosa cyberdelica antiestetica post concettualista dell’avanguardia transavanguardistica transeunte l’avanguardia post strutturalista della costruzione delle utopie illiberali e sessocide della Postmodern Economy. “ l’essere, Gino, delirava concetti insensati. IL SIGNORAGGIO bancario: LA VERITA' La blogosfera scrive quanto segue: IL SIGNORAGGIO bancario, questo sistema per cui le banche centrali non assicurano più la convertibilità della moneta in oro, toglie la sovranità monetaria a popoli interi. Dopo il 1971, il presidente Nixon disse che non avrebbe più convertito più dollari in oro. I più grandi scandali del mondo avvennero proprio in quegli anni: iran-Contra, Water GATE e Aldo Moro ad esempio. Perché queste cose non appaiono sui giornali? I media sono manovrati dai massoni. Ora sappiamo tutto e non vi perdoneremo! GENTE, AVETE ANCORA VOGLIA DI SUBIRE? METTETE I MI PIACE PER FAVORE se ci tenete al vostro mondo Poi cominciò a delirare con poesie anch’esse create con il sistema del cadavere squisito Vuoto assoluto, nulla santo Essere un altro Capricciosa la luna si velava “Quello sarebbe Gino” disse Hiro. E dobbiamo affrontarlo” i nativi di Argon si fecero per primi avanti nella mischia. Able riuscì facilmente a hackerare Gino, portando alla suppurazione e all’esplosione annullatrice i suoi discorsi sempre più complicati, contradditori, basati sull’”immaginazione al potere” Una piriforme rivoltata non sarà mai sottoproletariato radioso. Bensì sarà una piantagrane merceologica, in quanto un israelita dabbène è un bigliettaio forbito. E su questo non c'è dubbio. Inoltre. la debilitazione intrinseca del suddetto succinto sopruso soggetto a sostituzioni spesso solide senza un senso sintattico sonoro e soporifero implica la mancanza di magnetismo nel mento molecolare dei tortelli barboni coleotteri polinesiani portatori di mostrine canaglie quantistiche riprese nel conflitto intrapreso in modo itticamente valido per la conclusione tolemaica di Yoshimitsu da Genova, re dei lombrichi marittimi tortorelli eccitati da integrali doppi e tripli. Ergo si può credere che l'assunto del postulato sia da ritenersi banalmente non scontato, poiché l'ovvietà del caso postula l'assunzione del creduto, mentre l'originalità resta nell'assumere una postula, almeno credo. il cervello di Gino l più grande studioso di questo fenomeno sociale, il maya ciccione di Crash Bandicoot Papu Papu, ha documentato questa serie asiodaijd90a3jdapj cèaejfajf 'jsadst5m,rjase3565o9òyò aq8034yr80wy39ryhfiopasdhfioahdofusdASDAHèW90DUAYèA0SHD0hasdhipmcas9'23èj+'99'D mD'+9Q D9'+A wjd +9'aj3D'9J 9j3d+9' j3+9'dj +9'wejd +9'jD+9'J ' D+Oj2+9'dj+9' 2D+9'Q2DJ'+9 j39'+JU+9'q3j+9'QJ'D9 qj+9'dJQ'3+9HJD9'Q3 j9'D3J Q30 j+9'QJD+9'QJ+'q39 dhq3+9' HJ3h +0 HDJKPSNDKòAS JDòKLASJDòAKLSMKDLòASKDLòAKDLèAKòklaùskdlòasjfpai3hfipasnmcipasnmcpkamwdpio majeùèaskdùalse aèij2+9'ue+'9aU+'Pu+'aeaw3 d1a43351as20da3546ad33 156a4 1s53fa13nacoidf1 a53 1f53as1d32a 1sd 23a1s3e4asda3s4eas564e836as4e36as4s6eas6e4a56s4ea7s7e6a8s7e36ase86as7e86as7e86as7 e68ase7a86se786ase7a86sea56se4a3se4a gfcvbgbvfvbnghngghjAqwsxdxs213as436eas47ea seaoèi0 au9'ua opkjaopsj M AOSID A AW9'DU 'u+9'U ASOPJP OAJ PJ àpjpaOèSJDOPASDàAWUDù0'AU'+ùu0'+ùyicvhuoadhfasdnfasdkopfmasò.df,-.-:°:_:AF:sàk39f9w4hfa+'4hf'ah4f+'haw4'fh3w'a+4fha9'w4fh9adhf9'+ e per finire in bellezza hhrf87h3487gh34igh3f38fh8u34hg834hjg9834hjg89u0134hjg8934hg89314hg983h4g89h3498gh3489gh3240879gh32490gjer9ijgyeriopkgè+erlhweriojg9qweruijngvòoajgo'qewijgqwèq+3gtkjq3980tggsdgsdjtykuiliiujktryfpldwmfiwoiwqefqwmfpqvmeqoivguiqnguiergurthbvhgomopwemfdpowemfiopqwenmgfoiqerhgiuqyg9qweugtpowejgiojqeiogjwqoijgoiwqejgioewqjg iojgoiqwejgoiwqhjgoiqwejhgtoiqweht 8q43h 8orhe843qh 8h4t8q3h 4th348th834h89hg98qjf9ierjg9hg 894h893hg 98jg984jg9jtgq9jg9q 3jtg98q4jh89jgt4934jg98q3jgq3984jg4398jg4398gjq398jgq3894 E come volevasi dimostrare, Gino scoppiò come un fuoco d’artificio travolto dalle sue stesse stronzate. I virus, rimasti senza un leader, si dettero alla libera favella. E per la salvezza di Argon, andò in scena la più epica battaglia che lei avesse mai potuto subire. Hiro e Baymax se la dovettero vedere contro il colossale 45000000_at#Sec.point, un essere fatto di 3 arachidi platinate disposte a disegnare una sorta di T, che venne sconfitto quando Hiro prese nelle mani le 2 arachidi disposte obliquamente e divenne un utilizzatore per la corrente magnetica che permetteva alle parti del corpo del Trojan di rimanere fluttuanti, con Baymax che afferrò il Trojan e lo usò come ariete contro uno degli speroni di roccia del paesaggio, facendo implodere il Trojan nel suo stesso campo magnetico. Il successivo virus era un 456789_Trojan:intel, simile alla macchia di sangue sulla spilletta con lo smile di Watchmen, che venne affrontata da Gogo. Parò i suoi potenti pugni, ne tranciò uno, su di lei cadde uno dei pugni, e lei vi ci inciampò di proposito, correndo velocissima verso la sua fronte, sfondandola con uno dei suoi brocchieri a fresa. Ma il mostro passò alla sua nuova forma, con braccia a mazza ferrata e la faccia di un regionale. E che camminava come un concorrente ad una corsa di sacchi. Gogo riuscì a espandere uno dei suoi dischi perforanti ottenendo una maggiore copertura da un knuckle bomber dell’avversario, ma per batterlo doveva pensare un attimo più in grande. Si fece pertanto colpire dal mostro ai bicipiti fino a farsi catturare tramite essi, e farsi scaraventare dietro una stalagmite. Qui Gogo attivò la sua Light Cycle, e scappò via dal mostro, creando nella fuga diversi ologrammi, più di 100, che scivolò nell’ansia più nera, a combattere contro una compagnia di 100 ragazze montate su ciclomotori praticamente sputate. Alla fine Gogo, aiutata dalla sua tattica distrattiva, sagomò la sua Light Cycle in un carro armato con punta a trivella, modello Balatack in configurazione Black Balatack con qualcosa del Drill Spacer di Goldrake e dei microrobot della flotta aerea dei Gailariani di Groizer X. I pugni a punta spillo del virus finirono ridotti a brecciolina dai possenti trapani, e poi la stessa sorte toccò a lui. A Honey spettò un virus che assomigliava ad un incrocio tra una volpe e un dinosauro, con mani adunche stile alieno ruba energia di una puntata de Il laboratorio di Dexter. Honey, resa più agile dallo strano ambiente sintetico ereditato da Christopher Andrews, poteva compiere salti di notevole entità come un astronauta sulla Luna, centrando in pieno lo sternocledomastoideo dell’avversario, facendogli girare il collo sulla cassa toracica di 360° strozzandolo. L’ultimo virus era un blob psichedelico come già negli anni 70 cominciavano a essere indigesti evviva le cose geometriche e nette! Sono fighe! Le cose colorate lasciatele ai paninari! Che poteva assumere un aspetto antropomorfo in stile meganoide Comandante Bancher, ma che era un cazzone, e Wasabi lo sconfisse accumulandosi nelle tasche una coppia di rasengan, per poi farsi ingoiare e mollarglieli nell’apparato digerente. I virus di secondo rango, tutti cloni ora di quell’entità di brillantina argentata che parla con Lain fluendo in un immaginario tubo piegato a O, si dileguarono. Non avevano un capo, non avevano un modulo 4-4-2, potevano solo ammettere di essere scariche di diarrea digitale e andarsene. Ma i guai non erano ancora finiti, e soprattutto, Motoko e Ishikawa versione Super Sayan non erano ancora arrivati. E come contro Majinbu e Baby, se non c’è né Goku né Vegeta, purtroppo siamo tutti nel sepolcro. Dall’orizzonte infatti sorse una versione gigantesca e chiaramente posseduta da Venom della Sedusa delle Superchicche Sembrava fatta di catrame, e sgocciolava catrame. I suoi capelli erano una cattedrale di liane, il suo volto simile a quello della Dieci della Banda della Scala Reale, le sue tette gigantesche e turgide, il suo corpo da amazzone puerpera, i suoi fianchi da giumenta da rodeo. Cercò con i suoi artigli di catturare i nostri eroi, i quali in larga parte finirono con il nascondersi, ma la troneggiante gigantessa catturò Gogo, dando vita a una situazione in stile L’attacco dei giganti. Ma Gogo, tosta come Mikasa, lottò per andare di traverso a quel mostro, riuscendo a ridurle la lingua e il palato a un appezzamento di afte purrulente. Ma il mostro venne trafitto alle spalle da Motoko versione gigantessa. L’addestramento era finito con la gastrointerite, malattia virale che avrebbe causato al corpo atroci dolori e espulsioni fecali. Motoko avvertiva un forte dolore alle ossa, una forte insufficienza respiratoria, continui turni al bagno, durante i quali le sue feci erano praticamente vernice, fortissimi mal di testa, e stomatiti grosse come nei incarniti. Ferma su un letto digitale, cominciò a perdere attaccamento tra le ossa e i muscoli, fino a che il suo scheletro non si liberò completamente della pelle e della carne. Nel frattempo i suoi sfinteri erano ormai completamente abbandonati a loro stessi. Un enorme chiazza di diarrea venne eiettata contro il muro, e il peso della donna passò da 56,7 Kg a 19,5 Kg. Ma come avvenne al ciccione di Poultrygeist-l’alba dei polli viventi, da quella diarrea nacque il tuorlo della nuova Motoko. Motoko adesso era una semidea che poteva spegnere il Sole con uno starnuto, una gigantessa simile a Mathilda di Anarchy:reigns, ma portata al 100esimo grado, con non solo il reggiseno a frontale, ma anche una maschera a freccia rovesciata, con 2 scintillanti occhi come braci di fenice, corna alte e allungate da impala, il corpo completamente nudo, ma protetto da un armatura simmetrica, che abbracciava tutta l’estensione del suo lungo derma, sagomandosi a mano a quattro dita per coprire i seni. La creatura si abbassò a guardare Hiro e la sua banda, e lui ne rimase sconvolto. “Tu-t-tu c-chi-chi s-s-sei?” disse balbettando. Sotto la maschera c’era Motoko, che tranquillizzò Hiro, apparendo a lui vestita come Smemorina, e il mondo intorno divenne Cartoonia, la magica terra dei cartoni animati Disney. Dopotutto Tron è Disney. “Ciao Hiro. Tu e i tuoi amici non dovete essere spaventati. Mi sono sottoposta ad un addestramento di classe Superior, un addestramento che ti stupra il corpo e la mente solo per renderli più duri dell’acciaio, come se ti addestrassi nella Stanza dello Spirito e del Tempo usando i metodi di Tana delle Tigri. Ora potrete avere accesso al livello successivo e ultimo, quello di Snake e di Brainstorm-generazione elettronica. I Big Hero 6 erano seduti sui funghi di Alice nel Paese delle Meraviglie, circondati da tutte quelle strane bestie: ombrellatoi, cosettini, clacsonatre, matitunguelli, e cose così. La strada davanti a loro si accese, mattonella per mattonella, illuminati dalla luce della Luna, fino a Attamahaw, dove Douglas Trumbull aveva girato Brainstorm-generazione elettronica. Snake doveva essere nei paraggi. Sul terreno gli alberi, meleti, vigneti, limoneti, bananeti, fragoleti, avevano prodotto già una gran quantità di frutti, caduti a terra. Probabilmente sui rami non erano rimasti che i sorosi, le gemmazioni dei frutti. Baymax, nel frattempo, si stava recando da loro a cavallo di uno dei cinghiali (Warthog) dell’isola di N.Sanity Insland, di nuovo con la mise di Vega. Conseguentemente, Hiro si ritrasformò in Megaman, Gogo in Samus Aran, Honey in Rouge, Fred in Tyrant, Wasabi in Squaz. Dopo che Baymax si unì a loro, intravidero un biacco, che mangiava la frutta, allungandosi di conseguenza, in grado di slogarsi la mascella per ingerire frutti più grossi di lui pure del doppio, essendo un ibrido biacco/boa. Ma, quando diventava lungo, per non toccarsi, si sbranava un pezzo del corpo. Come un ramarro, o un platelminto, il serpente si sdoppiò in una mitosi. I piccoli serpenti continuarono indifferenti attorno ai nostri eroi. “Come? Non dobbiamo affrontare questo serpentello?” chiese Hiro. All’improvviso però il bosco paleartico (costituito da spermatofite, come i pini, con foglie aghiformi e con immancabili nevicate in Novembre, Dicembre e Gennaio, con però la strana presenza di alberi di frutta tropicale come bananeti) venne sconvolto da tremori come quelli dell’Old Faithful nei giorni peggiori, e videro un gigantesco insetto irrompere nella foresta, facendo scoppiare alberi di qua e di là. “E….e…e….Centipede della Atari!” strillò Hiro. Non c’erano funghi, e la scolopendra non era pixellata come Pacman, Donkey Kong e gli Intercettatori, ma con labbra inferiori strutturate come macine da mulino, mascelle come flipper fingers di un flipper, delle gigantesche chele dall’occipite. Era innegabilmente gigantesca, e se è vero che in Sud America esistono scolopendre tanto grandi da mangiare pipistrelli, questa, tecnicamente definita tassonomicamente centopiedi, non avrebbe disdegnato Net-manager, cacciatrici di Metroid svezzate da bucanieri zebesiani, pokemon, possessori di Power Stone e combattenti digitali. Ma nessuno mangerebbe mai un robot, e Baymax/Vega si mise dinanzi a lui, gettandosi in un abbraccio da sumo contro l’insetto gigante, mentre, per la “legge di King Kong contro i dinosauri”, Hiro/Megaman, Gogo/Samus Aran, Honey/Rouge, Wasabi/Squaz e Fred/Tyrant fuggirono nella sede centrale della The Hat. “Mi dispiace per Baymax, ma quella scolopendra ci avrebbe sbranato tutti….ma aspetta un attimo. Io ho i cannoni nei pugni, Gogo pure, Honey può carbonizzarla come un lanciafiamme griffato Raid, Wasabi può aprirgli il cerco finchè non ci può passare attraverso un treno pieno di tapiri, Fred può staccargli la testa con un succhiotto. E ALLORA AIUTIAMOLO!” e, fattisi coraggio, i nostri irruppero nella zona senza alberi dove Baymax ne stava dando a Centipede più di Goku contro la Squadra Jenew e Freizer, e Hiro caricò con uno scatto all’indietro del bicipite sinistro caricò una potente bordata laser nel maglio che si rigonfiava il radio e l’ulna, per poterla sparare dritta sotto l’esoscheletro del mostro. Mentre Baymax stringeva le chele, Hiro spaccò in 2 il Centipede, che si divise in 2: un Centipede più corto, uno più lungo, che chiameremo d’ora in avanti Mignolo e Prof. l’uno è un gran genio e l’altro è un idiota Mignolo e Prof si guardarono intorno, Prof Baymax, Mignolo il gruppetto di eroi videoludici. Entrambi, mossi dalla fame, si gettarono addosso ai rispettivi designati, con Baymax che afferrò Prof per le tibie, tutte le tibie, facendolo roteare su di sé come lo SpinRock del Tom dei Dinofroz, al punto che, come Taz, Prof era capace di roteare su di sé, in realtà più come Sonic o come Felicia di Darkstalkers in posizione Scudo rotolante, e Baymax lo spedì, semplicemente appoggiandolo al culmine della rotazione sull’asse orizzontale, mandandolo addosso a Mignolo. Mignolo con un balzo, dopo aver fatto cadere lateralmente Prof preda della cinetosi, si gettò su Baymax, ma Gogo li saltò sul metaepimero, cavalcandolo dove voleva lei. “Hiro! Fred! Honey! Wasabi! Eccolo a voi!” e Hiro modificò il suo raggio d’energia nella spada, facendo un taglio prima a croce, poi a croce a quadruplo braccio sottostante, e poi in una griglia. Wasabi partì e con un pugno mandò in aria i tasselli del mesoepisterno, rivelando che, nonostante sia Mignolo che Prof avessero già guadagnato più di una caduta, il mesoepisterno era fragile come una meringa. Mentre Mignolo aveva gli organi usciti e pulsanti, Prof s’incazzò e fece una trottola di loro e le mamme dissero “andatevene a Bel Air” e mise al massimo il turbo, “suggeritoli” involontariamente da Baymax, e partì per travolgerli. Fred li ruggì contro il suo Aiutofuoco, per impedire che avanzasse, nonostante avesse il potere offensivo di una palla pazza che straparlazza, mentre Honey lanciava un soryuken al cielo che cadde sulla corazza superiore di Prof per indebolirla, mentre Baymax aveva creato, su un ceppo e un gigantesco tronco tagliato e sagomato da mazza da baseball sotto viagra, una postazione di lancio per Wasabi, che, messosi in posa da Superman prono sul tronco, venne scagliato come un maglio perforante umano contro Prof, prima abbrustolito dall’Aiutofuoco di Fred e dal soryuken di Honey, e ulteriormente peggiorato dai laser di Hiro e Gogo, facendolo esplodere. Adesso anche i piccoli serpenti erano usciti dalle tane sotterranee in cui si erano rifugiati per sfuggire dal terremoto che si era scatenato. Strisciarono lentamente fuori, e, chissà come, si coagularono tutti in un serpente originale, lungo come all’inizio della sua strisciata. Il biacco strisciò davanti alla porta scorrevole della The Hat, e questa lentamente si aprì. Adesso le ultime gare erano, specularmente, quelle stesse con cui Fred si era allenato nel mondo reale. “Lasciatelo a me….” Disse sardonico Fred, muovendosi di gran carriera oltre la linea di demarcazione prima dei vari piani su cui c’erano le consolle della Nintensoft, ma, pestata sulla linea simile a cristallo liquido, una voce tuonò feroce. “NON PUOI GIOCARE COSì!” Disse Dio. E Dio era Michael Brace (Christophen Walken). “ADOTTA UN ASPETTO ANTROPOMORFO!” tuonò di nuovo, facendo tintinnare i bicchieri e le provette. Fred fece spallucce e provò ad assumere un aspetto lievemente più umanoide, un Machoke. Dio/Michael Brace/Christophen Walken cassò la cosa. Machoke/Fred si mise davanti a Pacman. Mentre fuori infuriava un violento temporale, Fred si sedette su una vecchia sedia su cui erano dipinti dei minuti paesaggi, una sedia imbottita del 1800, mentre su un grosso tavolo di ippocastano si trovava un grosso labirinto azzurro di plastica. Sotto di esso formicolava un computer. L’affare era connesso con il sistema di sorveglianza di un ristorante messicano dall’altra parte della città, con connessioni subalterne in ciascuna fermata della metropolitana da laggiù a casa sua, collocata lungo un affluente del Tama di cui non si ricordava il nome. “Allora Ishi, così come ti sembra?” “Nulla di che. Sembrerebbe….Pacman” “Esattamente. E sono io a controllarlo, a esserne la mente, perché nella fotocellula a scorrimento di Pacman c’è conservato un mio neurone, e solo pensando riesco a muoverlo. Certo, tra quel neurone e il resto delle mie sinapsi c’è un enorme lontananza, ma grazie a questa zecca bionica il mio cervello e il mio Pacman comunicano” e Fred s’inserì nel dotto uditivo un microbot argentato a forma di Metroid. Poi una luce gialla si accese all’ingresso meridionale del labirinto, mentre, in un recinto dalle pareti rosa più dentro al labirinto, un gruppo di luci, una gialla, una azzurra, una rosa e una rossa si accendono e cominciano a formicolare tra i muri. Contemporaneamente il labirinto si trasforma in una proiezione olografica della città di San Fransokyo, mentre Fred era al massimo della concentrazione. “Dunque c’è Pacman inseguito dai fantasmini in giro per San Fransokyo…ma io che ne so poco, sono veri o sono dei semplici ologrammi?” “Ologrammi….come tutto questo, d’altronde” disse Fred come se stesse ruminando una di quelle cingomme che rovinano il lavoro buono dell’odontotecnico. “E se Pacman riesce a arrivare a casa mia….avrò la più estesa panoplia d’informazioni sul tragitto percorso….che di sicuro mi tornerà utile in futuro….” Nel frattempo Ishikawa osservava le sciamanti lucine colorate che attraversavano lo sprawl emettendo trilli ogni volta che succedeva loro qualcosa. Perse ogni contatto con sé stesso, prigioniero di un guardare che non era nemmeno più tale, ma puro essere in quel momento. Fred era altrettanto assorto in quell’instancabile fuggire-mangiare-potenziarsi, fino a che, alzatosi a vedere meglio l’interminabile reticolo di vicoli e quartieri, non si abbandonò completamente al pensiero di lanciarsi, con ogni J d’energia che aveva, verso quella vecchia casa con un portone di quercia e l’aria da Xanadu abbandonata, fino a che il boccheggiante pallone giallo non la centrò in pieno. Si sentì la musichetta di fine livello e il computer stampò una serie d’informazioni sui luoghi per cui Pacman era transitato. Fred si tolse la zecca dall’orecchio e si distese sulla vecchia sedia di famiglia, respirando pesantemente, più niente di niente sul suo stressatissimo viso. “Come va?” fece Ishikawa preoccupato. “E’….stato….uno…..sballo” fece Fred alzando la testa ruotandola a sinistra per evitare di perdere i sensi per l’improvvisa accelerazione sulla coclea. Successivamente Fred tolse il labirinto di Pacman e andò in un'altra stanza, seguito da Ishikawa. Machoke/Fred indossava un interfono trasparente, giacchè non aveva orecchie in quel frangente. O ce le aveva, ma non sapeva come fossero fatte. In ogni caso assunse la posizione più comoda per i suoi gastrocnemi pompati. Pacman comparve, una lucina gialla con 2 lucine più ine a fare gli occhi, e tutto era normale, assolutamente normale. Ma a poco a poco il labirinto cominciò a assumere un aspetto strano. Ad un certo punto apparve Mr.Dob, in forma di Tan Tan Bo, che si oppose a Pacman, sbranando i fantasmini prima che ci riuscisse Pacman. Il Tan Tan Bo si mise davanti a Pacman in puro stile “ti spiezzo in due”. Al che sia Machoke/Fred che Dio/Christophen Walken palesarono il fatto che lì non ci fossero molte cose normali. “DA DOVE ESCE FUORI QUEL TAN TAN BO? NEL GIOCO NON ERA MINIMAMENTE CONTEMPLATO!” e Machoke/Fred guardò implorante (?) Dio/Christopher Walken, chiedendogli mentalmente “non lo so neppure io!”. Comunque Pacman indietreggiò davanti a Tan Tan Bo, risucchiandolo con una pseudo lingua in stile Twisting Muscles. Poi guardò Machoke/Fred, e lui non seppe come reagire. Se Jigglypuff con Incantevole sarebbe riuscito a far addormentare persino un colossale Giratina sotto steroidi, quel Tan Tan Bo riusciva a stuccare Machoke/Fred semplicemente guardandolo con i suoi occhi da tondo di Delaunay impazziti. “Mi…mi…vuoi bene?” chiese, assumendo un sorriso grottesco, tipo Street Shark che deve sorridere per la foto dell’ultimo anno delle medie. Quello li saltò addosso e Fred, velocizzato dall’adrenalina, bloccò le mascelle del Tan Tan Bo, rovesciandosi dalla sedia, mentre quello cercava di chiudere le mascelle. Avendo preso in mano i denti, Fred sanguinava, e Hiro colpì il Tan Tan Bo con il suo laser. “Grazie Hiro” disse Fred. Nel frattempo il labirinto di Pacman era impazzito, in una copia di Tan Tan Bo pucking. Arrivarono Karen Brace/Natalie Wood e i suoi uomini, che presero in consegna Fred, perché venisse curato. A preoccuparsi di lui era Joy, l’infermiera capo dell’Ospedale Pokemon. “Il vostro amico non corre assolutamente nessun pericolo serio. I vasi sanguinei non erano arterie, e le mani si rimargineranno abbastanza in fretta. Ma Fred non dovrà più giocare per circa 1-3 giorni. Le cicatrici devono tornare tessuto epidermico liscio. “ “AAAh e come andremo avanti!” sbottò Fred. “Io sono l’UNICO che sa giocare a quei giochi!” Joy fece spallucce, cassando il tutto con un “non è un mio problema”. In ogni caso c’era da giocare a quei giochi, e se non c’era nessun altro con cui farlo, lo avrebbero fatto in 5, facendo partecipare anche Baymax. Il prossimo gioco era Donkey Kong Anche se nessuno poteva vederla, al centro della stanza troneggiava una Nintensoft WebBall. E Fred aveva un passepartout. L’accese e sullo schermo comparvero delle scritte blu e un piccolo orsetto marroncino sotto a esse. Ma quelle scritte erano il titolo Donkey Kong e quello sotto di esse era il titolare Donkey Kong. Ishikawa se ne rimase in un angolo a osservare Fred dimenarsi come la Juliet Starling di Lollipop Chainsaw, ma con solo 2 dita, facendo letteralmente volare la WebBall sulla tensostruttura di fasci di luce rossa, e ogni volta Jump Man, il Super Mario prima di Super Mario, evitava i barili, raccoglieva il martello necessario per spaccare i barili e per poi darlo in testa alla scimmia e salvare Pauline, Peach prima di Peach. “Come cribbio si utilizza una di queste?” chiese Wasabi con lo stesso entusiasmo di Sisifo alla 67esima volta che rimetteva a posto quel fottuto macigno. Hiro dovette cagarsi in mano, accendendola. Le linee di contenimento si aprirono disegnando un quadrato, e Hiro poi prese in mano il robot trilobite, e stampigliò rabbiosamente una serie di punti sullo schermo reticolato con l’apposita €-pen, provvedendo poi a unirli. Messolo a terra, il robot chiazzò il terreno di sondine a ventosa, procedendo poi anche sul soffitto. Si crearono dei raggi d’energia che unirono le varie sondine, e poi Hiro raccolse il Passepartout e se lo mise al cuore. Poi prese la WebBall, si strusciò 2 dita sul Passepartout, strisciò la pallina, la posò su uno dei laser, e cominciò a fare il direttore d’orchestra con la mano destra. “Eccotelo” disse Hiro a Wasabi. Nel frattempo Ralph Spaccatutto e Felix Aggiustatutto erano persi dentro Wargames-giochi di guerra. Erano a casa di David Lightman, ospiti d’onore mentre tutto stava precipitando per colpa di NORAD. Anticipando il protagonista, la notte prima Ralph Spaccatutto e Felix Aggiustatutto si diressero verso l’eremo di Stephen Falken. Raggiunto il bayou nella Louisiana, approdarono su un isola dove ad accogliergli fu un Desmatosuchus nascostosi nella sabbia. Questo perché l’isolotto era popolato da perfettissimi dinodroidi, dinosauri androidi creati dallo stesso Falken. “Questo che accidente sarebbe?” domandò Ralph. A cavalcioni di uno Scelidosaurus si fece avanti il Prof.Falken. “E voi chi sareste? Perché ho come l’impressione di avervi già visto altrove?” “Forse perché siamo Felix Aggiustatutto e Ralph Spaccatutto da Felix Aggiustatutto” disse Felix. “Noi non siamo a 8bit, ma siamo proprio noi. La cercavamo per conto di un certo David Lightman” “E per quale ragione?” “Lui….ha fatto un piccolo casino con il NORAD” “NORAD?” chiese grugnendo Falken. “Bè….proprio lui” incalzò Ralph. “Allora non sono la persona buona. Non lo sono più da anni!” disse, stizzito come un tizzone intirizzito. “Ma se i missili di Cheyenne Mountain dovessero decollare e esplodere su tutto il Paese, anche la sua isola finirebbe bruciata!” disse strepitando Felix, correndo per raggiungerlo, dopo aver già oltrepassato la soglia di casa sua. “Smettila di fare la papera!” ululò Falken, mentre, seduto su una Memphis, rimuginava acido sui destini dell’umanità, ormai irrimediabilmente perduti. “Ci estingueremo con le nostre stesse mani” disse digrignando i denti. Si issò e camminò intorno alla stanza, fermandosi quando, tenendo gli occhi in obliquo, riuscì a fulminare con le pupille Felix. “Ve ne siete andati in giro per questa baracca a ficcanasare?” sentenziò. “Ma non le vede tutte queste cose meravigliose?” “cose meravigliose? COSE MERAVIGLIOSE? Questi sono semmai i sottoprodotti della cloaca consumistica. Li sto tenendo solo perché i nostri discendenti capiscano come siamo giunti alla nostra fine. Osservate. Questo è un vostro cabinato. 5$ a partita, 25$ per 5 partite ininterrotte. Ve lo lascio, vi faccio vedere altre cose” Ralph e Felix lo osservarono a lungo. Cosa siamo? Siamo davvero noi? E se non siamo davvero noi, chi sono noi tra gli altri? Quanti noi esistono? “Ecco! Un torchio da banconote. Non chiedetemi come l’ho ottenuta. Guardate. Benjamin Franklin. 100$. Con cosa ci compri con 100$? Tutto quello che vuoi. Ma poi cosa te ne fai? Il capitalismo! Crescere senza sapere perché! E non chiedetemi del comunismo. Il papa ha scomunicato uno e l’altro. E non sono solo i soldi il motivo per cui poi moriremo. Guardate qui. Tutto sport. Pugilato: Rock’em Sock’em robots di MATTEL. il pugilato: uno sport mentale. Io ci ho solo visto una coppia di ubriachi che vengono ai pugni. Oppure altre resse di imbecilli: il gioco elettronico MATTEL del rugby, il bambino del baseball della Ohio Art. Deficienti che rincorrono una palla a forma di sogliola. Idioti con palle e bastoni. Scusate il mio calo di patriottismo, ma l’America si è messa, scientemente, a distruggere sé stessa. Dal 68 in avanti, con la freddezza di un genocida consumato. Pier Paolo Pasolini parlava di un genocidio culturale della mercificazione dei corpi consumistica. Aggiungo: un genocidio culturale della mercificazione dei corpi consumistica dell’anticultura antiamericana, partorita dalla stessa America. Io non posso salvare l’America, se lei si odia” “Non è vero” disse Felix. “Non tutti i ragazzi sono collaboratori di questo suicidio. Lightman è tra di loro, e se lei non farà qualcosa, morirà anche lui!” “IO NON POSSO SALVARE IL MONDO PER UNA SOLA PERSONA!” disse Falken. “Se lo faccio solo per lei, altri milioni di persone moriranno” “Io però ho questa” disse Ralph, allungando una VHS della CBS. Era affiancata a Charlie Brown and Charles Schulz, ed era del 1972 la registrazione e imbobinazione. Era il 1972, l’anno in cui l’antiamericanismo hippie invase anche i cartoni animati con Fritz il gatto di Ralph Bakshi, e la crisi valoriale era al culmine del termometro. Un professor Falken di un decennio più giovane era al centro della centrale operativa del NORAD, con alle ali laterali degli XEROX alti. “Erano gli anni 50 e tutti dicevano che non ci saremmo mai mossi più in là di così” disse, parlando di un macchinario ancora più vecchio, un Aenigma. “Oggi i computer hanno dimensioni notevolmente più piccole e vantaggiose, grazie agli sviluppi dei laboratori XEROX. Oggi sono qui con dei ragazzi. Hanno 14-15 anni. Sono, secondo la Legge, ancora bambini. E ve li voglio mostrare. Robert ha una sorella femminista, Joacquine da grande vuole andare a lavorare a Disneyland, a Luke, questo vir qui a fianco a me, hanno gambizzato il padre, reduce di guerra sul fronte normanno. E vi chiedo, hippies, contestatori, mi rivolgo a voi, Marcuse, Bakshi, Crumb: che futuro li state proponendo?” Falken era rapito dal vedere quel sé stesso più giovane (comunque di solo una decina di anni) che arringava, lo sguardo calmo ma accusatorio, i “contestatori del sistema”. “Voi vi battete per legalizzare sesso e droga. Ma sapete cosa otterrete?” e si allontanò. Con una transizione, i laboratori del NORAD divennero gli interni di un centro di riabilitazione. “Se questo vi sembra un manicomio, in realtà è il futuro che voi, legalizzatori oltranzisti della cannabis e della marijuana, darete a quei ragazzi” e brevemente si aprì e si chiuse una tendina a timpano con il volto lentigginoso di Luke. “Questo centro di riabilitazione è altresì un formidabile centro d’analisi e ispezione ipsumologico, con il quale le vostre droghe per noi non hanno segreti. Le celle di questo centro riabilitativo assomigliano di più a quelle di un manicomio, per impedire ai pazienti, in crisi d’astinenza, di procurarsi del male. Che cosa otterrete dalle vostre battaglie? “ e nel dirlo si mise in centro ad una fila di porte di cellule, 6 alla sua destra e 6 alla sua sinistra. “Questo” e la camera, montata su binari per il travel track, si spostò lentamente dalla cella n’12 alla n’1, in una carrellata molto ben realizzata, che, in virtù del formato Home Video (era l’epoca in cui le emittenti televisive cominciavano a creare biblioteche dei loro materiali) permetteva di stoppare a ogni cella e di osservare meglio. All’epoca qualcuno avrebbe tacciato il tutto di spettacolo voyeuristico per masse borghesi e bigotte, ma di lì a dieci anni sarebbero state immesse decine e decine di film porno (anche snuff) su videocassetta, altrettanto voyeuristici nel permettere stop e rewind e play di momenti d’intimità altrui morbosamente imbobinati. Lo spettacolo non era dei migliori, ovviamente, e Falken, nel frattempo tornato al quartier generale del NORAD, tornò a parlare circondato dai ragazzi. “E non ve ne importa niente neanche della loro sessualità. Il sesso non è un atto animalesco da consumare senza pensare poi a cosa ci possa essere dopo, ma il gesto d’amore e di dono della vita che ha senso solo nel vincolo del matrimonio. Il modello di uomo e di donna attuali sono inconcepibili, e radicalmente sbagliati. E tutto questo, che legame ha con NORAD? NORAD è il futuro. In futuro, i computer saranno più che mai piccoli, efficaci e persino tascabili. Volete fermare il futuro? Perché [stringendo a sé i ragazzi] loro diventeranno quel futuro. “ Falken fermò Ralph e Felix da dire quello che stavano per dire. “E va bene, mi avete convinto. C’è ne sono molti ancora oggi come quel David…molti più di quelli che pensavo” Salvato il film, Ralph e Felix vennero chiamati da Fred, dopo che la signorina Brace li disse che la coppia, di uno dei cabinati di casa sua, era contattabile. Fred si scapicollò al terminale, riuscendo anche a maneggiarlo. “Sono il vostro più grande fan! Ho a casa mia il cabinato! Dovete aiutarci! Lo Starbound ha posseduto Pacman e guardate qui!” e li fece vedere le mani ancora avvolte dalle garze. “Arriveremo il prima possibile” disse Ralph, anche lui preoccupato da quelle cicatrici. La sede della The Hat venne presto raggiunto dal duo, e Fred fu contento di abbracciarli. “Siete veramente voi! Non ci posso credere!” “Qual è il problema?” chiese Ralph. “Una contaminazione più virulenta da parte dello Starbound” disse Fred, indicando i tavoli. “Pacman si è trasformato e mi ha attaccato. Le mie mani sono appena guarite. Dovete aiutarci a finire i giochi senza che avvengano strane trasformazioni” Fred tornò a giocare, mentre Baymax spiegò come, fino a quel punto, tutti, su tacito accordo con Fred, si fossero astenuti dal giocare. Fred si mise il Passepartout alla t-shirt, attivò la WebBall e comparvero Donkey Kong, Jump Man e Pauline. Cominciò a muovere le dita come un direttore d’orchestra, mentre Jump Man saltava, schivava barili, raggiungeva il martello, spaccava i barili, ma, prima di colpire Donkey, lui ritornava indietro. Allora Fred giocava con ancora più furia, sbudellando l’aria a colpi di indice e medio, e Jump Man saltava, schivava barili, raggiungeva il martello, stava per sconfiggere Donkey, ma glitchava e Jump Man ripeteva all’infinito, ancora ancora e ancora, il balzo con martello sguainato, pronto a colpire in testa lo scimmione. All’improvviso Donkey andò a terra da solo, e Jump Man atterrò ai suoi piedi, abbandonando il martello. Lo schermo cominciò a andare in statico, poi li si formarono strane bolle, e “vomitò” una copia di 3 meter girl. La fanciulla non sorrideva, non si metteva un dito in bocca maliziosa, ma si guardava intorno triste. “Watashi wa….watashi wa….watashi wa koko ni taizai shimasen! Watashi wa.... Watashi wa kowaidesu!” disse piagnucolando la “vacca da latte”. Ralph cercò di parlare con lei, ma essa scappò via urlando. “Ah. Era questo il problema. Be, passiamo oltre…” ma Ralph rimase fermo in cielo, perché dallo schermo uscì, spargendo cristalli liquidi sul pavimento, di Kaikai Kiki. Ralph e Felix si prepararono allo scontro, mentre Fred assumeva il suo aspetto di Machoke. La creatura però non cercava loro, ma la ragazza con i seni giganteschi, la quale, nel frattempo, era tornata brandendo un bazooka, accompagnata dal terzetto di Second mission project Ko2, le 3 ragazze caccia. Colpendo di rimbalzo Kaikai Kiki e i nostri 3, gettarono nel caos il quartier generale, e Ralph fu colpito a una spalla. Fred aspettò però scientemente che Miss Ko2 e le ragazze supersoniche distruggessero anche gli altri terminali, liberando gli altri mostri. Fred, i Big Hero 6, Ralph e Felix fuggirono il più lontano possibile, e lo stesso fecero Christopher Walken e Natalie Wood. Loro si rintanarono in un bunker sotterraneo, nel quale la Wood, sedutasi davanti a un prototipo del TOREC, “il cappello” che aveva dato il nome all’organizzazione. “Questo” disse Walken, “è il TOREC, la macchina delle vite. Questo casco ha una coppia di fessure, dove si possono imbobinare queste cartucce, che attivano i congegni di registrazione delle onde ippocampali, che imbobinano e trascrivono la memoria, come le videocassette di un registratore, con la possibilità di sovrascrivere ricordi propri e altrui su queste cartucce. Vuole sperimentare? Questa cartuccia nera è dello Starbound, la creatura cosmica digitale che ha fatto impazzire le consolle” “Non mi sento molto sicura” fece la Wood sovrappensiero. “Toccherà a me” e Walken si sistemò su una sedia, imbobinò la cartuccia nera, indossò il TOREC, e si trovò a vivere nei panni di Woolsander, mentre la sua vita precipitava. Quando Woolsander divenne un genocida, Walken dovette essere trattenuto dalla Wood, che compì l’errore di strappargli dal capo il TOREC ancora acceso. Walken aveva le sinapsi concusse, e non sapeva più chi fosse. Woolsander/Evil Star, o Christopher Walken/Michael Brace? Sua moglie, codirettrice del progetto TOREC, adesso era davvero nei guai. Avvertita la dottoressa Reynolds, direttrice della divisione tecnologica della The Hat, dovette chiamare il Dr Angelo della Virtual Space Industries (VSI), impegnato con il Five Project, un progetto di reintegrazione mnemonica.

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Capitolo 7
*** this game 6: the final level ***


Un modellino di Light Cycles roteava, sopra un supporto a levitazione magnetica, davanti agli occhi olografici di Aramaki, in olovideoconferenza. “mi fa piacere che la squadra dei Big Hero 6 sia riuscita nell’impresa” disse. “Dov’è Ishikawa?” “E’ in immersione” disse Batou stretto in un cappotto. Il quartier generale della ENCOM si trovava accanto, a circa 2 marciapiedi, dalle Twin Towers. La pioggia spingeva gli ignari passanti deuteragonisti della simulazione a raggiungere il più presto possibile le entrate della metropolitana. A quanto si diceva l’Hudson era in piena e a Central Park erano bei casini. Ma nessun membro della Sezione 9 doveva impellentemente andarci, e pertanto ciccia. Ishikawa, nella realtà virtuale, era il manutentore di quelle scale-carriole che si usano nei cimiteri per raggiungere le tombe più alte. Nonostante in quella fredda mattinata di un 24 Novembre dei tardi anni 90 un cimitero non era un luogo molto accogliente e raccomandabile, lui lo sentiva un po’ come un caldo bar sotto al proprio appartamento condominiale. Si preparava castagne arrostite, o caldarroste che dir si voglia, e nel frattempo rimuginava sull’Estate. Consequenzialmente, l’ambientazione cambiò in un assolata spiaggia, dove lui sorseggiava Pampero con Motoko, tornata da una sessione di pesca subacquea, con come risultato un cefalorinco di Commerson. “Pensavo che a te piacessero l’Autunno e la città” disse Motoko. “Qui saremmo in Nuova Zelanda, a Hahei, e nell’Emisfero settentrionale sarebbe Halloween” disse impassibile l’uomo. “Per quel che riguarda la città, be non si può avere sempre tutto” e, issatosi, camminò fino a immergersi i piedi, il Pampero sempre in mano. “Volevo starmene in Italia, a Reggio Emilia, a farmi Rosuto-kuri, caldarroste, tra un turno di lucidatura di catafalchi e un altro, nel cimitero di Via Cecati, perso nelle brume novembrine, mentre la nebbia seravezzina attraversa il Corfino per riversarsi sull’Emilia Romagna dal lucchese, immergendomi e facendomi confondere con lo strano bosco in città che cresce fin lungo l’autostrada, parallelamente al Crostolo. Ma evidentemente ritenevate fuori ci fosse già abbastanza uggia, è perciò mi avete portato qui, in Nuova Zelanda. Ma non avete fatto i conti con la geografia, per il fatto che, come per l’Australia, qui sarebbe lo stesso periodo che c’è aldilà del Pacifico, attraverso l’Artide, curvando a U verso destra, attraverso l’Atlantico, tramite lo stretto di Gibilterra, attraverso il Tirreno passando tra Sardegna e Corsica, guadando il Po. Comunque le gare sono state più che sufficienti. Ma la strategia dell’ non funzionerà sempre e in ogni contesto. A Milano la metropolitana permetteva di trovare rifugio dagli Intercettatori, insieme ai portici, quelli di Piazza Duomo, quelli di Via M.Macchi, quelli di Piazza Cordusio e Piazzale L.Cadorna. Reggio Emilia ha una toponomastica tra le più semplici d’Italia, con milioni di modi per andare in un posto. Ma la sfida dei dischi si svolgerà in un modo diverso. Un labirinto senza nessuna indicazione, un ambiente totalmente digitale, nessuna copia di un ambiente urbanistico esistente…oltre che là fuori, ancora più in là di là fuori, la reale realtà oltre la realtà virtuale successiva, in ordine concentrico, a questa. E ancora più in là del là fuori di noi del là fuori fuori di qui se adottiamo il punto di vista dei Big Hero 6, che si trovano in un lì dentro ancora più lì dentro del qui dentro in cui ora siamo. Va anche detto che la ENCOM-se è davvero lei a programmare questi qui dentro e quei finti là fuori-conosce le città, tutte le città del mondo, molto meglio del mondo stesso. Davide Ferrario si chiedeva se i novelli Deucalione e Pirra alla fine de Il mondo sul filo fossero davvero liberi, o chiusi in un'altra realtà virtuale a matrioska, come in Labirinto di morte, di Philip K Dick, in assoluto il migliore per raccontare questi concetti. Mai letto Le tre stimmate di Palmer Eldricht? Alla fine non capisci se sei o non sei uscito dal di Eldricht, che a sua volta potrebbe esistere tutto dentro la mente di Barney Mayerson, che potrebbe aver fatto partire lui il business transdimensionale del Chew-Z. E se vuoi il tutto up to eleven leggiti jhon Lennon contro i marziani, Il Sole tramonta sul Villaggio Pinguino, Il segreto del pianeta P13, Ghostbusters. Takahashi Gen’Ichiro è un pazzoide. Dottor Slump&Arale, il baseball, Butch Cassidy e Sundance Kid, Kenji Miyazawa e Una notte sul treno della Via Lattea, tutti insieme appassionatamente. Ci perderesti la testa. Ma il punto è che, cara Motoko, ti sbagli. Se c’è una cosa su cui non è possibile pronosticare diversamente è che la ENCOM adotterà, anche per lo scontro con i dischi, un setting di una città che esiste veramente. Resta da capire, basandoci su fin quanto abbiamo visto, cosa sceglieranno. Noi siamo solo transeunti, combattiamo i virus che pervertirebbero il mondo dove si trovano i Big Hero 6, ma a loro, a Walter Gibbs e ai suoi discepoli, spetta decidere. Noi adattiamo, smussiamo per realizzarle idee loro. Per esempio potremmo andare al museo di storia naturale…” “Per farci cosa?” chiese Motoko. “Per una capatina alla sezione numinastica. Le monete romane raccolte negli scavi del greto del Crostolo e nelle rovine esterne potrebbero essere duttili ispirazioni per i Light Disks. Oppure andare alla Mediopadana e recarci a Milano, scendendo da Garibaldi Garibaldi davanti a Piazza G.Aulenti, scendendo dal treno e prendendo la lillà, fino all’Hangar Bicocca, fermata Ponale, dove l’ambiente spoglio e i sette palazzi celesti di Kiefer sarebbero un luogo perfetto per una disco battaglia. O andare a Roma, al VIGAMUS, dove qualcosa sulla ENCOM vi sarà certamente. A te la scelta” “Ma perché limitarsi all’Italia? Perché non andare a Milwaukee, dove c’è il 4Season Skatepark, il più grosso skatepark coperto degli Stati Uniti, dove sarebbe eccitantissimo assistere ad una mega gara virtuale di lancio del disco con effetti neon, a Poitiers e al suo Futuroscope, voluto da Renè Monory nel 1984, o a Nagoya e al suo 109CINEMA, cinema quadridimensionale IMAX? Tutta Tokyo sarebbe il setting perfetto, e San Fransokyo lo sarebbe ulteriormente” A quelle parole, Ishikawa sentì il bisogno di spostarsi momentaneamente in una biblioteca virtuale. Questa sembrava un rifugio antiatomico jugoslavo della seconda guerra mondiale, e all’uomo ispirava stranamente fiducia. Si stava bene in quell’atmosfera da ovatta immersa nel vuoto pneumatico sotto a uno sturalavandini, e Ishikawa camminò lentamente fino ad una sezione. Lo zen e il manga. Arte contemporanea giapponese. Di Fabriano Fabbri. “Negli anni 80 il Giappone era il traino dell’economia mondiale, e il futuro era già lì. Quando il Time gli chiese [a William Gibson, ndr] tempo dopo, in un'intervista, perché il Giappone fosse un setting tanto utilizzato da lui e dagli altri autori cyberpunk negli anni 80, Gibson rispose che "il Giappone moderno era allora già cyberpunk". Il futuro già presente, quel senso di vertigine che chiunque sia stato in Giappone ha provato le prime volte, formichina appiedata nella Times Square sotto steroidi (Shibuya) o guardando dall'alto di notte la sconfinata distesa di luci, grattacieli e sopraelevate volgarmente nota come Tokyo. Dopo Blade Runner e negli anni del boom del cyberpunk, lo stupore un filo preoccupato per questi giapponesi che si comprano i grattacieli di New York (il Sony Building) e diventano il primo creditore del mondo, sfornano tecnologia di alta qualità e vivono l'edonismo sfrenato del sogno capitalistico americano al cubo, permea buona parte della fantascienza americana anni 80. Le zaibatsu sono ovunque. Quelli della ENCOM sceglieranno certamente Tokyo, che nel 1982 viveva il concerto dei Clash. All’epoca era uscito Blade Runner, il leggendario film di Ridley Scott tratto dall’adattamento sceneggiativo di Ma gli androidi sognano pecore elettriche? Di Philip K Dick a opera di David Peoples. Scott formalmente traspose il lavoro di Dick, mentre Peoples scrisse solo la migliore e l’unica accettabile sceneggiatura del film. Dick infatti si dovette scontrare prima con l’aborto di Robert Jaffe, poi con l’aborto intimista di Hampton Fancher. Per gli scenari si chiamò lo storico fumettista francese Moebius, che, cavalcando l’invasione delle zaibatsu nel panorama economico americano dell’epoca, estremizzò la cosa, immaginando-dando uno sguardo a Hong Kong-una Los Angeles cupa e completamente nipponicizzata. L’America sconfitta dopo aver sconfitto il Giappone 74 anni prima. Il 1982 fu poi anche l’anno di Tron, e dell’inaugurazione-dopo la decaduta del progetto nel 1967-di EPCOT, la comunità abitativa sperimentale prossima ventura voluta da Disney come continuazione di Tomorrowland, il padiglione fantascientifico di Disneyland. A salutarne l’ouverture fu Fun with Mr Future, cortometraggio di Darrell Van Citters, con le animazioni di Mark Dindal, e la straordinaria partecipazione di Vincent Price. E infine, per concludere, nel 1982 uscì Burst City-la città escoriata di Sogo Ishii, dove assistiamo ad una guerriglia urbana volta a impedire l’apertura di una centrale nucleare. “ Camminò fino alla sezione Bambini&ragazzi dove, adocchiata una copia di Generazione Pokemon di Loredana Lipperini, prese un mappamondo poggiato sotto a una copia di Il giorno in cui ho comprato una stella e altre storie di Naohisa Inoue e lo portò dove era rimasta ferma Motoko, intenta a leggere La strana storia dell’isola Panorama di Edogawa Ranpo, e, dopo aver fatto ruotare il globo, lo fermò con uno spillone da acconciatura in corrispondenza del Giappone. “Attento che così lo rompi” disse atonica Motoko. “Henry Curtis in Le miniere di Re Salomone faceva lo stesso, e se non mi sbaglio pure Doc Savage, in L’isola che non esisteva, La piramide d’oro, L’oasi dei diamanti, Il segreto delle navi scomparse, TAZ, La pelliccia misteriosa. Qui, sicuramente qui. La ENCOM non si rimangerà cotanta decisione” Ishikawa tolse lo spillone dal mappamondo e lo rimise al suo posto. Poi procedette a allontanarsi, seguito da Motoko, disinteressatasi alle peripezie del signor Hitomi, giù per una rampa cocleare, in un posto che sembrava il Korova Milk Bar dopo un blackout. Ovunque manichini nudi, immersi in una funerea penombra. Ad un certo punto, alla destra di Motoko, apparve uno strano teru teru bozu, con il volto schiacciato come una Wii, gli occhi con l’iride giallo e il cristallino di un incerto pantone violastro, la pelle bianca, la mantella di fettucce verdi e gialle melanomiche. “Questo posto mi fa paura!” disse lo svolazzante folletto. “Tranquilla Aome” disse Motoko, parlando con sua figlia. Ishikawa accese le luci, rivelando uno scenario in assoluto ancora più terrificante di quello che terrorizzava Aome-chan. Il pavimento sembrava un insieme di colonne vertebrali e casse toraciche che s’inarcavano insistendo su pelli grigie e cuoiose, come quella di un ippopotamo, con, sul coro un feto umano sottoposto ad una sorta di neotenia, crocefisso con le braccia piegate verso il basso, angolarmente di 17° rispetto ai 90° dei normali crocefissi con Cristo telamone, con il pene sovrasviluppato, slabbrato in corrispondenza del cavernoso. C’erano, su degli alti pinnacoli, delle sedie, fatte da delle cariatidi con la schiena spolpata. L’atmosfera era viziata e asfittica, come quella di una catacomba da poco riportata alla luce. Ishikawa era in piedi, accanto ad una strana scultura lanceolata, un pene, perfettamente verticale, un obelisco di metallo laccato di platino, con in sviluppo concentrico, dalla vescicola seminale, una mano femminile con il braccio immanicato in una calza di nylon. Si era aperta come una fogona e incombeva sul glande. “Questo” disse Ishikawa, la voce che faceva detonare ogni parola come un Hawker Siddeley RED TOP “E’ il Giger Pub, nella prefettura di Shirokanedai. Realizzato dall’artista e illustratore tedesco Hans Ruedi Giger, è il setting perfetto per compiere su di voi, madre e figlia, una compenetrazione carne-macchina per affrontare l’apertura delle porte di Dite” “Cosa ci vuol fare?” squittì la figlia. “La vera domanda è: perché ce lo vuoi fare? Cos’è questa storia delle porte di Dite?” “Le porte di Dite sono l’esercito di virus che finora abbiamo combattuto. Alcuni di essi sono già usciti. Nella fattispecie Trojan_D11 Base Datestmp:Ferrari, responsabile della trasformazione del monumento organicista della Ferrari di Franco Reggiani in una APC, e Trojan_80100000 3202c07e:Channels, responsabile dello strano bug della Keyblade del municipio e della trasformazione delle strade di Reggio Emilia in navigli. La toppa dentro la casa cantoniera di Via Montefiorino non ci sarebbe mai dovuta essere. Per affrontarli, lei, Motoko Kusanagi, dovrà sottoporsi ad un addestramento di classe Superior, molto più radicale degli addestramenti classe Equal a cui devono essere sottoposti i poliziotti dei dipartimenti antiterrorismo. I Superior Trainings agiscono sulle basi della biologia cerebrale, sebbene non permanentemente e sebbene non lo debbano neanche fare, pena la totale paralisi delle funzioni neurologiche. E agiscono anche sugli avatar, provocando effetti di sprofondamento mentale, facendo accedere sistematicamente agli orizzonti più vasti del subconscio, con uno schema a radice. Io mi sottoporrò addirittura ad un addestramento di classe Hyperion, che mi sottoporrà agli stessi ampliamenti centrifughi e subcoscienti a cui vi sottoporrete voi, ma 2. “ Precipitata in un acqua fredda, profonda e oscura, Motoko si trovò in una situazione primordiale. Le immersioni che faceva all’epoca dei fatti del Burattinaio. Sua figlia Aome una scia di grosse bolle d’aria unite in un codazzo verminoso e informe. Occhi come quelli di Jellyfish eyes nuotavano come zooplancton sotto alla cuticola di quell’oloturia digitale, sistemandosi davanti all’occhio, per poi allontanarsene appena si cercasse un rapporto più approfondito. Motoko, nonostante non stesse facendo assolutamente niente, nonostante fosse nel più completo stato vegetativo, avvertiva forti fitte di dolore in tutto il corpo. Questo non poteva che riportarla a prima della Sezione 9, al caso delle protesi della sirena. All’improvviso le sembrò che il cuore le avesse morso lo stomaco, e, urlando potendo emettere solo una sbuffata di vapore bollicinoso, cominciò a pulsare ritmicamente come appoggiata su un letto di casse. Alle orecchie le giungeva un Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz ? Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz , Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz , Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz ! 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Ma, a essere onesti, quel Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz Tunz seguiva uno schema ritmico preciso. Ad un certo punto Motoko, dopo che il martello, l’incudine e la staffa le si furono disgiunte dal timpano, capii che era Five Hours di Deorro (Erick Orrosquiesta) da X. Subentrò poi anche la cover fatta con Chris Brown, Five (more) hours, sempre da X. What you wanna do baby? Where you wanna go? Ill take you to the moon baby Ill take you to the floor Ill treat you like a real lady No matter where you go Just give me some time baby Cos you know, Even when we're apart I know my heart is still there with you Five more hours till the night is ours, and I'm in bed with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting started (Five more hours we're just getting started) How you wanna feel baby? What you wanna know? Just pour another drink baby, come on pour a little more I'll treat you like a real lady, I'll keep you out the cold I'll give you all my time baby, you know even when we're apart I know my heart is still there with you Five more hours till the night is ours, and I'm in bed with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting started I follow the sound of your heartbeat How it always calls me, finding my way back to you I'm feeling it more now than ever I'll do this forever, just to spend a night with you This right here is my type of party Five more hours we're just getting started This right here is my type of party Five more hours we're just getting star E all’improvviso Motoko si mise a ballare. Un ballo simile a quello di Rubber Jhonny nell’omonimo videoclip degli Aphex Twins. Adesso Aome si era evoluta in una versione affetta da gigantoplasia del Tan Tan Bo Pucking, che sorreggeva la madre, esausta dalla sua breakdance subacquea. La sua pelle si scaglionava, rivelando un derma tecnotronico, pulsante in effimeri bernoccoli al ritmo di Super Love di AVICII (Tim Bergling), da True. Nel mentre il suo cervello esplodeva. Nel frattempo Hiro e i suoi si trovavano all’ingresso del livello dei Light Disks. Era il setting di Tron:Uprising, infatti non c’erano né Kevin Flynn, Alan Bradley e Lora, ma Beck “The rebel”, Able e Mara. Il Generale Tesler, con la faccia di uno a cui hanno disegnato peni eretti sull’auto con un Uniposca, annunciava che Tron l’aveva sconfitto, e che anche CLU non era entusiasta. “C’è l’hai fatta timballo di carne disintegrato e digitalizzato male. Adesso anche voi timballi carnosi disintegrati e digitalizzati male c’è l’avete fatta. Ma adesso affronterete NON i miei lanciatori di dischi, perché non vi meritate la loro clemenza! Ve la vedrete con la peggiore orda di virus di Argon!” “QUESTO NON E’ CORRETTO!” urlò Beck. “E non è nemmeno vantaggioso per lei!” disse Wasabi, sempre adottatore della politica della mano tesa. “Ci sono stati virus informatici che misero in ginocchio i più grandi programmatori della storia” continuò “se ce li mandate contro, cosa li fermerebbe dall’attaccare voi, la CPU, Argon?” a quel punto Tesler sembrò non più arrabbiato, ma addirittura triste, come se-e con tutta probabilità era così-Wasabi l’avesse punto sul vivo. Si disconnettè e, come annunciato, Hiro e i Big Hero 6 e la crew di Beck The Rebel si trovò in balia dei virus. “GRAAAAAAH IO LI UCCIDO! LI TRUITURERO’ CON LE RUOTE DEL MIO LIGHT TANK! LI STROZZERO’ CON IL MIO LIGHT DISK! LI RIMATERIALIZZERO’ CON IL CULO AL POSTO DELLA FACCIA!” urlava Mara, accompagnata da Able e Beck. Hiro era alquanto seccato, dai virus, dai compagni di Argon, e dalla contraddizione mortale in cui Tesler si era cacciato con le sue stesse mani. “Allora allora allora allora!” disse Hiro cercando di far venire a patti “i ribelli” con la realtà oggettiva, non quella sloganistica. “Ci troviamo assolutamente nella merda. Diarrea. Pupù. Feci. Coproliti. Ma: razionalizziamo. Innanzitutto: i virus non si sono ancora visti. Se siamo svelti ci possiamo nascondere. I virus non sono controllabili, Wasabi docet. E comunque dobbiamo salvare Tesler, detto dritto per dritto” “Che cosa?” chiese Beck. “Io non salverò quello stronzo, né tantomeno ho intenzione di salvare quegli altri stronzi che, fin dal 1972, ci succhiano il sangue con la tettarella!” “Ragionava così anche un pollo chiamato Gino, avversario della tecnologia, avversario di ciò che fin oggi ti ha reso libero!” a sentir parlare di Gino il pollo, Beck ebbe un moto di resa alle argomentazioni di Hiro. “Gino?” chiese Beck, girandosi e assumendo un espressione schifata. “Vuoi che te ne racconti? Hai un modo per accedere alla rete puramente informativa?” Beck creò un portale, e lo diede a Hiro, perché lui lo potesse consultare insieme a lui. Hiro digitò WWW.Ginothechickenlostinthenet.com e mostrò a Beck un post scritto da Gino. Mi hai spedito nel mondo dei sogni, baby, e non saprai mai quanto te ne sono grato. Burp... Spennato come un giovane pollo... burp... Male alle ossa ovunque anche se Capo-Gino-non-più-ossa... Burp... Cresta appiattita becco bollente... Testa matta schiacciata in un unico enorme rumore bianco, un noise campionato che arriva da lontano e se ne va chissà su quale altro pianeta di chissà quale clone di universo in espansione, su su ma non sufficientemente lontano per appartenere a qualcun altro... Questo conferma ciò che già so: Io sono tutto! Burpo... Mi hai spiumato/chiunque tu sia/te ne son grato... Questo mi ha steso: un intruglio micidiale fatto d'alcool digitale... e poi ricordo poco e niente... Bnurp bgurp... Meglio niente di buono che il niente... zurg... se penso a te mi batte forte forte il cuor... bnurp... Il poco che ricordo è che in stato nullo di contatto esterno, perdendo sangue sintetico in abbondanza burg mentre l'ambulanza virtuale della Mahatma Society mi trasportava con rapido gheerg moto zigzagante verso un sito ospedaliero, da bravo extrapollo d'oratorio mormoravo sommessamente "ma-donna mado-nna ma-dooo-nnnna...", invocazione già papale rivelatrice di quanto sia difficoltoso portare nelle vene la frenetica freschezza del messaggio di pura santità per furp un mondo galliforme diverso... buorp... Corsa eroica, tra il disinteresse generale di surfisti e cibernauti guarp confortata dal suono incessante della dance della tecnosirena e dal volto sereno dello Yogi biurp conosciuto come l'Orologiaio Salvatore, affrescato sulle fiancate interne del Fiat Virtualtrance basic Shuttle 22 da soccorso in rete pruop ma mancante di veri incoraggiamenti commossi da parte del torbido fiume di dati bgurp al solito scosciato e immalinconito in un rito senza sbocchi né respiro bzurp... Siti web lontani sollevano binocoli di Java gassosa per linkarsi e guardare ammirati tanto dolore - sangue brucia profezie scivolando sui tagli non cicatrizzati di io me Gino per trasmettere in rete inorg buorz anici significati nascosti... zurp... aspirina e acqua fredda ecco cosa mi occorrerebbe... murp... Chi zurp sei..? Dove gurp sei..? Che mi hai fatto? burp... E come hai fatto a farmelo così bene? burp zurp e straburp. “Si mette pure a ruttare come un camionista 34enne dopo 16 bottiglie di 7up” disse Beck. “Lui voleva fermarti. Ascolta: sia tu che Tesler non sareste qui se Gino si fosse messo in mezzo. Gino credeva che nella realtà virtuale non ci sarebbe stata libertà. Tesler mostrò che era libero, e anche se abusò della libertà, dimostrò che essa esisteva. Gino che se la prendeva con Tesler era come un fascista che accusasse un comunista. Vuoi diventare come lui?” Beck adesso la vedeva diversamente. Quell’espressione di Tesler….nel frattempo Hiro passò ad un altro post. Nel frattempo un piccolo capannello si era fatto intorno. (…) Pierina... Pierina gallinella odorosa/ Pierina fidanzata amorosa... ti assicuro che tutto ciò è irrilevante/ cibersesso astratto ininfluente/ non godente non vedente/ non serve a niente... tra me e te non cambia niente/ ti ho tradita ma pensa alla mia situazione, alla solitudine etc. etc. Amore credimi, lo ammetto, son più colpevole dei colpevoli, i Tamagotchi sono figli miei di Gino tuo. (…) Miei miei miei miei. (…) Perché mentirti amore mio? La prova è sotto gli occhi del mondo intiero: chi altri possiede una tale esuberanza tecnosessuale per poter generare milioni di pulcini? Non so neanch'io com'è successo questo incontro tra le potenzialità infinite della natura (io) e le potenzialità mediocri della tecnologia... è il megatrend del momento... snif... talmente frastornato che non so neanche con chi ho trombato... pardon: con chi mi sono accoppiato... scappi un po' qua e un po' là, ti rifugi tra i web a luci rosse ed ecco il risultato... inguaiato, incastrato, e padre e sì! anche orgoglioso di esserlo! ...e poi... snif poveri figli miei... figli adorati... figli carissimi... dna del mio dna/bit dei miei bit/ luce virtuale della mia reietta vita/giustizia benevola della mente alveare/percezione neuronale perfettamente coordinata/miele della mia indomita vecchiaia/figli amatissimi figli bellissimi sterili speranze artificiali... che destino atroce... inevitabilmente destinati a morire ancora in tenerissima età... snif... venduti per balocco a cuccioli umani... friff... una crudeltà che intendono applicare a qualsiasi vivisistema algoritmico biotecnologico... il groviglio della vita... la bellezza di ogni forma di vita... la bellezza dei miei pulcini... la nitida semplicità della vita vuole vivere… fruff… nient'altro Pierina... tra me e te non cambia niente e saltante e fuggente appena esco di qua ti dimostrerò che battente battente il mio piccolo cuore da pollo tu-tum tu-tum solo per te gallinella in carne e piuma lucente. Piazza dei Desideri deserta dopo l'ultima retata. Accessi sbarrati, fuck house sigillate, news group dissolti. Per fulgido miracolo noi-vogliamo-che-tu-viva, quella piazza era senza censura, fantasia diamante allo stato grezzo, posto senza coltelli dove a tutte le ore si scontravano, strette in libera sorte, babeli colorate al fosfospruzzo di bit bellissimi che praticavano l'arte di vivere il proprio destino neurologico, infischiandosene degli illuminati aborti subliminali degni delle peggio cause e della peggio vita. Ossa rotte rottissime occhi in mano manissima, fiutando aria di pioggia violenta, salto la rete a scarica messa a blocco dell'accesso SUD. Tocco terra panoramicando tac tac tac guardingo. Appeso alle barbarie raffinate delle leggi e delle religioni l'inganno è ovunque. Non posso impedire agli yesman facce di culo dei censori venduti alla CIA di monitorarmi, ma se c'è da mordere, azzannerò... Un soffio d'aria svogliato, poi la tensione torna immobile. Nessuno. Nessuno all'infuori di me. Solo un home page mal illuminata, ributtata nella cruda verginità cibernetica. Sembra prima dell'invasione... Ma non c'è più un posto libero dove si possa andare a respirare in questa rete? In questo mondo? In questo vostro universo del cazzo? In risposta uccelli crudeli gridano lontani nelle frontiere perdute del ciberspazio, nubi scure chiudono e aprono le stupide stelle, sorella luna fugge e muore nel suo ventaglio ruotante. Odore di ozono e metallo putrescente ovunque nell'aria. Elaboro : Tempesta elettrica in avvicinamento rapido ore sei. Notte strana e distorta. E' come se avessi le ali troppo corte, i muscoli indisciplinati, gli ossicini troppo morbidi, la lingua tagliata. Preludio di una carneficina elegante, oleografica, da immagine 3D su testo di storia, una raffica di detriti e virus lanciata in avanscoperta investe con un pugno la piazza. E' chiaro, vogliono distruggere definitivamente questo posto. Cerco il suono delle mie zampe che scivolano pattinando sulla schiuma dell'onda d'urto. Per non cadere correggo automaticamente l'assetto e questo mi procura malinconia intercostale. E' tornato il silenzio. Scruto la piazza deserta e mi struggo: sembra pronta come non mai all'incontro, predisposta all'invasione di una memoria collettiva affidata al tutto - affrontare il toro demoniaco senza mantilla né modestia, scappare da chi pretende di correggere le mosse sbagliate, le virate troppo lente o troppo, olé, veloci. U-OH.. Dove cazzo sta la memoria collettiva? Nel culo buio del mio intercettatore? In trincea? A sgozzare bambini in qualche villaggio dimenticato? Semisvenuta scompostamente nei family-games? In galera? Nelle disco biblioteche di stato? Nelle case di campagna tecnofreak? Muore forse di fame e freddo? Si è ammalata di A.I.D.S.? Compressa in qualche banca dati stellare? Nel sangue alieno del Graal? Negli Electronic Mandala incassati in cabine di deprivazione sensoriale per massaie? In the jungle? Ora mulinelli iniziano a far risuonare con continuità campionature di cimbali tibetani di bronzo. Vorrei vorrei non-si-sa-che e per sfuggire un sentimento elettronico simile alla nostalgia, rifletto, ragiono: è inutile illudersi e sfiatarsi, è patetico, ridicolo, maledettamente enfatico, specialmente per una freccia incandescente alimentata a ghiaccio, un pollo dissolto all'origine, teoricamente incapace di emozionarsi. Ma io, da qua, non ho voglia di andarmene, tanto non ho nessuno con cui prendermi e perdermi. Nessuno all'infuori di me e delle forze della natura elettronica. Allora benissimo! Solo mi sento benissimo! Pugni stretti, sguardo a terra, boxando contro il vento come pugile gallo. Bellissimo! Giovanissimo! Indistruttibile! Bravo-bravissimo! Perfetto-perfettissimo! Incazzatissimo! Prontissimo! Giustissimo! Tenerissimo! Agilissimo! Imprendibilissimo! Imperlatissimo! Di-fuori-di-fuorissimo! Nuovo-nuovissimo! Convintissimo! Il mio sistema individua il luccicare pallido plancton di fibre ottiche in massa su un quadrato poco distante. Mi avvicino a fatica sbracciando atomi in polvere e parolacce in subbuglio. Elaboro : target - Cosmic Boy skate giallo oro con redini ottiche argento - Propietà Turing Club - Interfacciamento extrapollo compatibile. Davanti al giocattolo ultimo modello, sorrido, pulcino felice ci vuole poco! Il primo tuono mi scuote di sorpresa. Raffiche mi sollevano le penne verso il cielo bruciato da lampi bianchissimi. Sotto la pelle tirata rimbomba il secondo tuono. L'abisso sembra aprirsi, le fuck house crollare. Ora piovono spilli in muro di ghiaccio. Al centro della piazza, ondeggia nero e selvaggio l'albero che ha messo radici nel pozzo dei desideri. L'unica cosa ipertestuale ancora viva qua dentro. Decollo verso il riparo del suo ombrello maestoso cavalcando il cosmic-boy imbizzarrito. Volando da un ignoto a un altro ignoto cinque miliardi di istruzioni p.s. diventano fiori freddi di silicio infradiciato. Cotto fino agli occhi da chissà quale schifezza di virus, il mio sguardo severo tra il vento e la pioggia si leva e si spegne. Il pensiero è fiore di mandarino, sequoia, baobab, salice, abete e resina di pino. Fitta foresta in soleggiato giardino. "Avanti avanti!"LOTTO imponente dalla plancia, frustando lo skate jet perché non fugga "Non hai mai visto un light-show di fulmini? I tuoni poi non uccidono! Che paura hai! Stupido! In aria tutte le richieste di salvataggio! E tu microchip a prora segnala i frangenti! Gettate le scale! Avanti passeggeri che l'isola è vicina! Avanti che ce l'abbiamo fatta!" "Bene arrivato, ora sei al riparo, puoi rilassarti anche se dal tuo sguardo capisco che ti monta dentro qualcosa che di attimo in attimo si fa travolgente. Ti ho visto arrivare, giocavi a capitani coraggiosi, hai fatto il giro della morte col tuo surf volante. Sei stato intrepido, hai una forza che non è organica. Sembri un povero pollo, ma non lo sei. So chi sei. Sei una di quelle creature che col tempo trasformano il corpo in un fluido luminoso abbandonandolo all'ispirazione dell'anima. Che poi sia anima elettronica non importa. Non avevo mai visto nessuno come te, ma ti ho riconosciuto, è vero? Comunque ben arrivato. Ora sei al riparo." "Amico albero... fratello albero, come sei bello!" costruendo un ponte tra la linfa e la paura della tempesta, rompendomi le unghie per grattare la corteccia "Amico albero, sorella albero, non me ne ero mai accorto di come sei bella!" provando ad arrampicarmi, snodando le ali per circondare il grande tronco. Resina di benvenuto ovunque sui capelli. Nulla a che vedere con le pornostar dei cetrioli a espansione e delle banane giganti, ma non è un dettaglio sussidiario credere a un orgasmo vegetale. "Bello bello bella, fatti abbracciare" occhi chiusi moccio al becco "bello bello, ora sto già meglio, sniff..." "E' una tempesta come si deve." diceva l'albero "Tempeste robuste non ne passava da tempo, questa è calata giù direttamente dal grande buco nel cielo sopra al Polo Nord. I nanoinsetti implementatori mi dicono che quel buco è un passaggio verso le migliaia di mondi paralleli. Non ho saputo chi lo ha spifferato agli insetti, ma credo che ci dobbiamo fidare di loro. Spero che la notizia del passaggio faccia piacere a questo mia nuovo giovane protetto. Impossibile non gli dia da riflettere. Forse lo spingerà a procurarsi due buone ali, dubito riesca a volare con quelle che ha addosso ora. Dovrà quindi procurarsele. Non ho mai capito perché tutti se ne stiano laggiù, piantati a terra nel loro paradiso popolato di orrori, ingobbendosi con la gravità degli anni, senza volarsene via, in altri mondi. Devono esistere difficoltà e limiti che non conosco, non c'è altra spiegazione." Intanto la grande corona di saette che circondava in serrate intermittenze abbaglianti la Piazza dei Desideri, si era frantumata figliando virtuose vene pulsanti dai mille colori. Adesso aureole dell'arcobaleno acido incorniciavano l'albero in un rito elettranimista pagano. "Bella bella bello..." ripetevo in estasi, ipnotizzato dal profumo acre della resina. "Buono bene bene buono bello bello..." "Uao! Psichedelia pura!" diceva l'albero "Perdita della convinta realtà onnivora degli umani. Questo mi piace e spero piaccia molto al mio amico pollo qua sotto, anche se è talmente preso dai miei odori che dubito si accorga di ciò che ci sta accadendo intorno. Invece quello che si perde è un bello spettacolo, lo potrebbe aiutare molto... Fa piacere vedere sorella Ganja in azione senza che qualcuno possa impedirlo. Chissà come si chiama il mondo da cui viene questa bellissima tempesta? Chiunque sia l'Edificatore, bisogna ammettere che conosce le vie dello spirito benigno... Ehi piccolino, alza gli occhi! Guarda un po'! C'è da svagarsi come quand'ero un seme stanotte! Mi sento dentro al mio batuffolo d'ovatta, caldo caldo, linfa scorre. Ehi, dico a te! Che ti prende, si può sapere? Apri gli occhi! Avessi una bocca ti bacerei. Avessi una lingua ti leccherei. Così forse capiresti meglio ciò che voglio dire, ciò che ti perdi a startene chiuso là dentro quella cassa da pollo animalmineral di neuromuscoli virtuali e sabbia lavorata in silicio. Potresti almeno farti crescer delle foglie... Su su, sto solo scherzando, non sospettare sia spesso in vena di farlo. Di solito sono distaccato, professionale, legnoso. Il mio Dio di sicuro lo è. Ma tu e questa tempesta... L'unico sgomento è quell'ammaso di rifiuti che Fortevento mi fa spesso orbitare attorno alla chioma. Farei volentieri a meno di satelliti digitali, metalli contorti, crimini, viltà, bassezze. Anni tragici, sento circolare notizie spaventose, guerre, cicloni, pandemie, morte continua, la luna che sta per cascarci addosso, il fuoco che brucerà la Terra... Dunque, penso veramente che faccia star meglio chiunque abbracciarmi, grattarmi, succhiarmi. Ogni essere dovrebbe pensarla così. I polli poi si sentono carini con le penne imbrattate di resina odorosa. Ti dà fiducia andare dal tuo albero e ricevere esattamente il servizio che vuoi. Schizzi di resina su piume e penne... Queste sono cose che essi apprezzano, queste sono cose che a loro piacciono, specialmente durante una tempesta elettrica." "Oh, amore mio, fratello mio..." dicevo, nel mondo bambagiato connesso ai mei circuiti imperlati di virus, nel silente mondo popolato da viandanti luminosi diretti verso la città di luce trasparente dove camminare non costa fatica. "Fratello, amico, calami un ramo ti prego... fammi salire." "Ebbene questo polletto è molto cordiale." diceva l'albero "Si perde nella Città di Luce creata dai virus mutanti nella sua psiche e straparla mentre tutto nella piazza vibra e io continuo ad occuparmi di lui innaffiandolo di miele. Mi piace, è grazioso. Posso dirgli perché è inutile che gli cali un ramo, ma a volte non stanno ad ascoltarti, chiedono e poi fanno quello che vogliono. Questo succede spesso. Ai fiori soprattutto. Ebbene noi vegetali ipertestuali non possiamo accontentare sempre, ma possiamo tentare. E' nostro obbiettivo che tutti si sentano più felici e soddisfatti. Mi pare evidente. Spero di continuo che a tutti tutto vada per il meglio. Tra pochi minuti, i fulmini cambieranno direzione, se ne andranno su qualche altro pianeta fumante di energia primaria e di vita per cercare di distruggerlo. Non è colpa loro se son così, in fondo son simpatici..." "Se tu mi facessi salire in cielo" piagnucolavo io "Amica albero, fratello albero. Se potessi volarmene lassù." "Era giusto quello di cui gli parlavo prima. Allora spero che tutto vada per il meglio a questa creatura e che riesca a procurarsi queste ali nuove." diceva l'albero "Mi vuole molto bene, lo sento. Minaccerebbe chiunque ridesse di me. Una volta ho conosciuto un dentista che salvò i miei rami guasti. Aveva bellissimi occhi azzurri che si spensero lentamente. Mi disse che era stato vittima di un vampiro dagli occhi d'acciaio. Minacciava con una Buddah Vision chiunque ridesse di me. Prima che si spegnessero gli occhi. Minacciò il comandante dei parà e il capitano della squadra di calcio, mandando anche un sacco d'accidenti ai loro antenati e al grande lupo nero. I cittadini erano d'accordo nel tapparsi in casa aspettando il calar delle tenebre per godere del canino seghettato del vampiro e non vedevano di buon occhio un dentista, specialmente se armato di Buddah Vision profumate d'aglio, lo consideravano un pericolo. Così lui perse la sua clientela. Dov'è ora quel dentista? E' nel mio clorofilliano cielo, non vi sembra chiaro? Forse guarda una sim opera, quella, sapete, dove c'è il missile degli invasori che prende fuoco, colpito in pieno dall'ammiraglia dei Vegetali Galattici..." "Ancora, ancora ti prego... ancora resina..." imploravo sommerso dal piacere "ancora resina amico albero, fratello albero..." La tempesta si stava allontanando per proseguire il viaggio. "Fortevento dove siamo dirette stanotte?" domandava Nuvola Smarrita che si era distratta un attimo ad osservare tanta dedizione. "Su rapida, andiamo!" le rispose Fortevento "Non sprecare tutte le munizioni. Ho delle carte con nomi, posti e numeri che non esistono in questa nebulosa - becco lungo e appuntito, piumaggio d'oro, coda lunga i giovani abitanti. Su sbrigati, andiamo!" "Addio addio " salutò verso la piazza Nuvola Smarrita scaricando un paio di fulmini " A volte succede spesso..." "Ecco, la tempesta è passata, le nuvole se ne sono andate col loro bagaglio di confusione." diceva l'albero sul punto di sbadigliare "Credo che adesso possa concedermi un meritato riposo personale e che questa creatura possa tranquillamente considerarsi salva. Sarà in grado di formattare il piacere ricevuto dalla mia resina nella sua zona di controllo neuronica, al posto dei suoi attuali contorcimenti serpentini apprezzabili esclusivamente in una danzatrice orientale? Più di un caso apparentemente disperato ha riacquistato l'equilibrio spirituale durante un orgasmo vegetale. Il pollo Gino dovrà ricordarsi di questo e quando passerà accanto a un giardino, quando in una camminata senza mete precise si inoltrerà in quel che resta di un bosco, dovrà sforzarsi non solo di vedere ma di godere." "Sorella albero, amico albero, grazie!" staccando l'abbraccio, rasserenato, usando resina come gel per le piume "Sai, io non ringrazio mai, corro sempre e nessuno mi chiede il perché. Lì a dirmi fai questo, fai quello... oppure a comandare a distanza. Ma a nessuno gli importa qualcosa di me, nessuno che mi aiuti e mi consigli." "Un consiglio?" diceva insonnolito l'albero "Volentieri: tanti tanti auguri!" Ma nel frattempo il vento sulla wasteland di Argon, l’equivalente dell’ex scalo ferroviario di Via Farini, era cambiato, e non in meglio. I virus erano già arrivati, delle dinoccolate aberrazioni ispirate all’arte di Ippei Gyoubou, guidate in parata da un amorfa creatura simile a Fucked bird di Alex Pinna, nelle quali non sarebbe stato quasi possibile identificare i tratti di un pollo. Come se la sperimentazione avicola di Koen Vanmechelen fosse passata attraverso i biomorfi di Desmond Morris, fermandosi da Giacometti e Simone Legno. “La realtà virtuale è l’ultima aberrazione obbrobriosa cyberdelica antiestetica post concettualista dell’avanguardia transavanguardistica transeunte l’avanguardia post strutturalista della costruzione delle utopie illiberali e sessocide della Postmodern Economy. “ l’essere, Gino, delirava concetti insensati. IL SIGNORAGGIO bancario: LA VERITA' La blogosfera scrive quanto segue: IL SIGNORAGGIO bancario, questo sistema per cui le banche centrali non assicurano più la convertibilità della moneta in oro, toglie la sovranità monetaria a popoli interi. Dopo il 1971, il presidente Nixon disse che non avrebbe più convertito più dollari in oro. I più grandi scandali del mondo avvennero proprio in quegli anni: iran-Contra, Water GATE e Aldo Moro ad esempio. Perché queste cose non appaiono sui giornali? I media sono manovrati dai massoni. Ora sappiamo tutto e non vi perdoneremo! GENTE, AVETE ANCORA VOGLIA DI SUBIRE? METTETE I MI PIACE PER FAVORE se ci tenete al vostro mondo Poi cominciò a delirare con poesie anch’esse create con il sistema del cadavere squisito Vuoto assoluto, nulla santo Essere un altro Capricciosa la luna si velava “Quello sarebbe Gino” disse Hiro. E dobbiamo affrontarlo” i nativi di Argon si fecero per primi avanti nella mischia. Able riuscì facilmente a hackerare Gino, portando alla suppurazione e all’esplosione annullatrice i suoi discorsi sempre più complicati, contradditori, basati sull’”immaginazione al potere” Una piriforme rivoltata non sarà mai sottoproletariato radioso. Bensì sarà una piantagrane merceologica, in quanto un israelita dabbène è un bigliettaio forbito. E su questo non c'è dubbio. Inoltre. la debilitazione intrinseca del suddetto succinto sopruso soggetto a sostituzioni spesso solide senza un senso sintattico sonoro e soporifero implica la mancanza di magnetismo nel mento molecolare dei tortelli barboni coleotteri polinesiani portatori di mostrine canaglie quantistiche riprese nel conflitto intrapreso in modo itticamente valido per la conclusione tolemaica di Yoshimitsu da Genova, re dei lombrichi marittimi tortorelli eccitati da integrali doppi e tripli. Ergo si può credere che l'assunto del postulato sia da ritenersi banalmente non scontato, poiché l'ovvietà del caso postula l'assunzione del creduto, mentre l'originalità resta nell'assumere una postula, almeno credo. il cervello di Gino l più grande studioso di questo fenomeno sociale, il maya ciccione di Crash Bandicoot Papu Papu, ha documentato questa serie asiodaijd90a3jdapj cèaejfajf 'jsadst5m,rjase3565o9òyò aq8034yr80wy39ryhfiopasdhfioahdofusdASDAHèW90DUAYèA0SHD0hasdhipmcas9'23èj+'99'D mD'+9Q D9'+A wjd +9'aj3D'9J 9j3d+9' j3+9'dj +9'wejd +9'jD+9'J ' D+Oj2+9'dj+9' 2D+9'Q2DJ'+9 j39'+JU+9'q3j+9'QJ'D9 qj+9'dJQ'3+9HJD9'Q3 j9'D3J Q30 j+9'QJD+9'QJ+'q39 dhq3+9' HJ3h +0 HDJKPSNDKòAS JDòKLASJDòAKLSMKDLòASKDLòAKDLèAKòklaùskdlòasjfpai3hfipasnmcipasnmcpkamwdpio majeùèaskdùalse aèij2+9'ue+'9aU+'Pu+'aeaw3 d1a43351as20da3546ad33 156a4 1s53fa13nacoidf1 a53 1f53as1d32a 1sd 23a1s3e4asda3s4eas564e836as4e36as4s6eas6e4a56s4ea7s7e6a8s7e36ase86as7e86as7e86as7 e68ase7a86se786ase7a86sea56se4a3se4a gfcvbgbvfvbnghngghjAqwsxdxs213as436eas47ea seaoèi0 au9'ua opkjaopsj M AOSID A AW9'DU 'u+9'U ASOPJP OAJ PJ àpjpaOèSJDOPASDàAWUDù0'AU'+ùu0'+ùyicvhuoadhfasdnfasdkopfmasò.df,-.-:°:_:AF:sàk39f9w4hfa+'4hf'ah4f+'haw4'fh3w'a+4fha9'w4fh9adhf9'+ e per finire in bellezza hhrf87h3487gh34igh3f38fh8u34hg834hjg9834hjg89u0134hjg8934hg89314hg983h4g89h3498gh3489gh3240879gh32490gjer9ijgyeriopkgè+erlhweriojg9qweruijngvòoajgo'qewijgqwèq+3gtkjq3980tggsdgsdjtykuiliiujktryfpldwmfiwoiwqefqwmfpqvmeqoivguiqnguiergurthbvhgomopwemfdpowemfiopqwenmgfoiqerhgiuqyg9qweugtpowejgiojqeiogjwqoijgoiwqejgioewqjg iojgoiqwejgoiwqhjgoiqwejhgtoiqweht 8q43h 8orhe843qh 8h4t8q3h 4th348th834h89hg98qjf9ierjg9hg 894h893hg 98jg984jg9jtgq9jg9q 3jtg98q4jh89jgt4934jg98q3jgq3984jg4398jg4398gjq398jgq3894 E come volevasi dimostrare, Gino scoppiò come un fuoco d’artificio travolto dalle sue stesse stronzate. I virus, rimasti senza un leader, si dettero alla libera favella. E per la salvezza di Argon, andò in scena la più epica battaglia che lei avesse mai potuto subire. Hiro e Baymax se la dovettero vedere contro il colossale 45000000_at#Sec.point, un essere fatto di 3 arachidi platinate disposte a disegnare una sorta di T, che venne sconfitto quando Hiro prese nelle mani le 2 arachidi disposte obliquamente e divenne un utilizzatore per la corrente magnetica che permetteva alle parti del corpo del Trojan di rimanere fluttuanti, con Baymax che afferrò il Trojan e lo usò come ariete contro uno degli speroni di roccia del paesaggio, facendo implodere il Trojan nel suo stesso campo magnetico. Il successivo virus era un 456789_Trojan:intel, simile alla macchia di sangue sulla spilletta con lo smile di Watchmen, che venne affrontata da Gogo. Parò i suoi potenti pugni, ne tranciò uno, su di lei cadde uno dei pugni, e lei vi ci inciampò di proposito, correndo velocissima verso la sua fronte, sfondandola con uno dei suoi brocchieri a fresa. Ma il mostro passò alla sua nuova forma, con braccia a mazza ferrata e la faccia di un regionale. E che camminava come un concorrente ad una corsa di sacchi. Gogo riuscì a espandere uno dei suoi dischi perforanti ottenendo una maggiore copertura da un knuckle bomber dell’avversario, ma per batterlo doveva pensare un attimo più in grande. Si fece pertanto colpire dal mostro ai bicipiti fino a farsi catturare tramite essi, e farsi scaraventare dietro una stalagmite. Qui Gogo attivò la sua Light Cycle, e scappò via dal mostro, creando nella fuga diversi ologrammi, più di 100, che scivolò nell’ansia più nera, a combattere contro una compagnia di 100 ragazze montate su ciclomotori praticamente sputate. Alla fine Gogo, aiutata dalla sua tattica distrattiva, sagomò la sua Light Cycle in un carro armato con punta a trivella, modello Balatack in configurazione Black Balatack con qualcosa del Drill Spacer di Goldrake e dei microrobot della flotta aerea dei Gailariani di Groizer X. I pugni a punta spillo del virus finirono ridotti a brecciolina dai possenti trapani, e poi la stessa sorte toccò a lui. A Honey spettò un virus che assomigliava ad un incrocio tra una volpe e un dinosauro, con mani adunche stile alieno ruba energia di una puntata de Il laboratorio di Dexter. Honey, resa più agile dallo strano ambiente sintetico ereditato da Christopher Andrews, poteva compiere salti di notevole entità come un astronauta sulla Luna, centrando in pieno lo sternocledomastoideo dell’avversario, facendogli girare il collo sulla cassa toracica di 360° strozzandolo. L’ultimo virus era un blob psichedelico come già negli anni 70 cominciavano a essere indigesti evviva le cose geometriche e nette! Sono fighe! Le cose colorate lasciatele ai paninari! Che poteva assumere un aspetto antropomorfo in stile meganoide Comandante Bancher, ma che era un cazzone, e Wasabi lo sconfisse accumulandosi nelle tasche una coppia di rasengan, per poi farsi ingoiare e mollarglieli nell’apparato digerente. I virus di secondo rango, tutti cloni ora di quell’entità di brillantina argentata che parla con Lain fluendo in un immaginario tubo piegato a O, si dileguarono. Non avevano un capo, non avevano un modulo 4-4-2, potevano solo ammettere di essere scariche di diarrea digitale e andarsene. Ma i guai non erano ancora finiti, e soprattutto, Motoko e Ishikawa versione Super Sayan non erano ancora arrivati. E come contro Majinbu e Baby, se non c’è né Goku né Vegeta, purtroppo siamo tutti nel sepolcro. Dall’orizzonte infatti sorse una versione gigantesca e chiaramente posseduta da Venom della Sedusa delle Superchicche Sembrava fatta di catrame, e sgocciolava catrame. I suoi capelli erano una cattedrale di liane, il suo volto simile a quello della Dieci della Banda della Scala Reale, le sue tette gigantesche e turgide, il suo corpo da amazzone puerpera, i suoi fianchi da giumenta da rodeo. Cercò con i suoi artigli di catturare i nostri eroi, i quali in larga parte finirono con il nascondersi, ma la troneggiante gigantessa catturò Gogo, dando vita a una situazione in stile L’attacco dei giganti. Ma Gogo, tosta come Mikasa, lottò per andare di traverso a quel mostro, riuscendo a ridurle la lingua e il palato a un appezzamento di afte purrulente. Ma il mostro venne trafitto alle spalle da Motoko versione gigantessa. L’addestramento era finito con la gastrointerite, malattia virale che avrebbe causato al corpo atroci dolori e espulsioni fecali. Motoko avvertiva un forte dolore alle ossa, una forte insufficienza respiratoria, continui turni al bagno, durante i quali le sue feci erano praticamente vernice, fortissimi mal di testa, e stomatiti grosse come nei incarniti. Ferma su un letto digitale, cominciò a perdere attaccamento tra le ossa e i muscoli, fino a che il suo scheletro non si liberò completamente della pelle e della carne. Nel frattempo i suoi sfinteri erano ormai completamente abbandonati a loro stessi. Un enorme chiazza di diarrea venne eiettata contro il muro, e il peso della donna passò da 56,7 Kg a 19,5 Kg. Ma come avvenne al ciccione di Poultrygeist-l’alba dei polli viventi, da quella diarrea nacque il tuorlo della nuova Motoko. Motoko adesso era una semidea che poteva spegnere il Sole con uno starnuto, una gigantessa simile a Mathilda di Anarchy:reigns, ma portata al 100esimo grado, con non solo il reggiseno a frontale, ma anche una maschera a freccia rovesciata, con 2 scintillanti occhi come braci di fenice, corna alte e allungate da impala, il corpo completamente nudo, ma protetto da un armatura simmetrica, che abbracciava tutta l’estensione del suo lungo derma, sagomandosi a mano a quattro dita per coprire i seni. La creatura si abbassò a guardare Hiro e la sua banda, e lui ne rimase sconvolto. “Tu-t-tu c-chi-chi s-s-sei?” disse balbettando. Sotto la maschera c’era Motoko, che tranquillizzò Hiro, apparendo a lui vestita come Smemorina, e il mondo intorno divenne Cartoonia, la magica terra dei cartoni animati Disney. Dopotutto Tron è Disney. “Ciao Hiro. Tu e i tuoi amici non dovete essere spaventati. Mi sono sottoposta ad un addestramento di classe Superior, un addestramento che ti stupra il corpo e la mente solo per renderli più duri dell’acciaio, come se ti addestrassi nella Stanza dello Spirito e del Tempo usando i metodi di Tana delle Tigri. Ora potrete avere accesso al livello successivo e ultimo, quello di Snake e di Brainstorm-generazione elettronica. I Big Hero 6 erano seduti sui funghi di Alice nel Paese delle Meraviglie, circondati da tutte quelle strane bestie: ombrellatoi, cosettini, clacsonatre, matitunguelli, e cose così. La strada davanti a loro si accese, mattonella per mattonella, illuminati dalla luce della Luna, fino a Attamahaw, dove Douglas Trumbull aveva girato Brainstorm-generazione elettronica. Snake doveva essere nei paraggi. Sul terreno gli alberi, meleti, vigneti, limoneti, bananeti, fragoleti, avevano prodotto già una gran quantità di frutti, caduti a terra. Probabilmente sui rami non erano rimasti che i sorosi, le gemmazioni dei frutti. Baymax, nel frattempo, si stava recando da loro a cavallo di uno dei cinghiali (Warthog) dell’isola di N.Sanity Insland, di nuovo con la mise di Vega. Conseguentemente, Hiro si ritrasformò in Megaman, Gogo in Samus Aran, Honey in Rouge, Fred in Tyrant, Wasabi in Squaz. Dopo che Baymax si unì a loro, intravidero un biacco, che mangiava la frutta, allungandosi di conseguenza, in grado di slogarsi la mascella per ingerire frutti più grossi di lui pure del doppio, essendo un ibrido biacco/boa. Ma, quando diventava lungo, per non toccarsi, si sbranava un pezzo del corpo. Come un ramarro, o un platelminto, il serpente si sdoppiò in una mitosi. I piccoli serpenti continuarono indifferenti attorno ai nostri eroi. “Come? Non dobbiamo affrontare questo serpentello?” chiese Hiro. All’improvviso però il bosco paleartico (costituito da spermatofite, come i pini, con foglie aghiformi e con immancabili nevicate in Novembre, Dicembre e Gennaio, con però la strana presenza di alberi di frutta tropicale come bananeti) venne sconvolto da tremori come quelli dell’Old Faithful nei giorni peggiori, e videro un gigantesco insetto irrompere nella foresta, facendo scoppiare alberi di qua e di là. “E….e…e….Centipede della Atari!” strillò Hiro. Non c’erano funghi, e la scolopendra non era pixellata come Pacman, Donkey Kong e gli Intercettatori, ma con labbra inferiori strutturate come macine da mulino, mascelle come flipper fingers di un flipper, delle gigantesche chele dall’occipite. Era innegabilmente gigantesca, e se è vero che in Sud America esistono scolopendre tanto grandi da mangiare pipistrelli, questa, tecnicamente definita tassonomicamente centopiedi, non avrebbe disdegnato Net-manager, cacciatrici di Metroid svezzate da bucanieri zebesiani, pokemon, possessori di Power Stone e combattenti digitali. Ma nessuno mangerebbe mai un robot, e Baymax/Vega si mise dinanzi a lui, gettandosi in un abbraccio da sumo contro l’insetto gigante, mentre, per la “legge di King Kong contro i dinosauri”, Hiro/Megaman, Gogo/Samus Aran, Honey/Rouge, Wasabi/Squaz e Fred/Tyrant fuggirono nella sede centrale della The Hat. “Mi dispiace per Baymax, ma quella scolopendra ci avrebbe sbranato tutti….ma aspetta un attimo. Io ho i cannoni nei pugni, Gogo pure, Honey può carbonizzarla come un lanciafiamme griffato Raid, Wasabi può aprirgli il cerco finchè non ci può passare attraverso un treno pieno di tapiri, Fred può staccargli la testa con un succhiotto. E ALLORA AIUTIAMOLO!” e, fattisi coraggio, i nostri irruppero nella zona senza alberi dove Baymax ne stava dando a Centipede più di Goku contro la Squadra Jenew e Freizer, e Hiro caricò con uno scatto all’indietro del bicipite sinistro caricò una potente bordata laser nel maglio che si rigonfiava il radio e l’ulna, per poterla sparare dritta sotto l’esoscheletro del mostro. Mentre Baymax stringeva le chele, Hiro spaccò in 2 il Centipede, che si divise in 2: un Centipede più corto, uno più lungo, che chiameremo d’ora in avanti Mignolo e Prof. l’uno è un gran genio e l’altro è un idiota Mignolo e Prof si guardarono intorno, Prof Baymax, Mignolo il gruppetto di eroi videoludici. Entrambi, mossi dalla fame, si gettarono addosso ai rispettivi designati, con Baymax che afferrò Prof per le tibie, tutte le tibie, facendolo roteare su di sé come lo SpinRock del Tom dei Dinofroz, al punto che, come Taz, Prof era capace di roteare su di sé, in realtà più come Sonic o come Felicia di Darkstalkers in posizione Scudo rotolante, e Baymax lo spedì, semplicemente appoggiandolo al culmine della rotazione sull’asse orizzontale, mandandolo addosso a Mignolo. Mignolo con un balzo, dopo aver fatto cadere lateralmente Prof preda della cinetosi, si gettò su Baymax, ma Gogo li saltò sul metaepimero, cavalcandolo dove voleva lei. “Hiro! Fred! Honey! Wasabi! Eccolo a voi!” e Hiro modificò il suo raggio d’energia nella spada, facendo un taglio prima a croce, poi a croce a quadruplo braccio sottostante, e poi in una griglia. Wasabi partì e con un pugno mandò in aria i tasselli del mesoepisterno, rivelando che, nonostante sia Mignolo che Prof avessero già guadagnato più di una caduta, il mesoepisterno era fragile come una meringa. Mentre Mignolo aveva gli organi usciti e pulsanti, Prof s’incazzò e fece una trottola di loro e le mamme dissero “andatevene a Bel Air” e mise al massimo il turbo, “suggeritoli” involontariamente da Baymax, e partì per travolgerli. Fred li ruggì contro il suo Aiutofuoco, per impedire che avanzasse, nonostante avesse il potere offensivo di una palla pazza che straparlazza, mentre Honey lanciava un soryuken al cielo che cadde sulla corazza superiore di Prof per indebolirla, mentre Baymax aveva creato, su un ceppo e un gigantesco tronco tagliato e sagomato da mazza da baseball sotto viagra, una postazione di lancio per Wasabi, che, messosi in posa da Superman prono sul tronco, venne scagliato come un maglio perforante umano contro Prof, prima abbrustolito dall’Aiutofuoco di Fred e dal soryuken di Honey, e ulteriormente peggiorato dai laser di Hiro e Gogo, facendolo esplodere. Adesso anche i piccoli serpenti erano usciti dalle tane sotterranee in cui si erano rifugiati per sfuggire dal terremoto che si era scatenato. Strisciarono lentamente fuori, e, chissà come, si coagularono tutti in un serpente originale, lungo come all’inizio della sua strisciata. Il biacco strisciò davanti alla porta scorrevole della The Hat, e questa lentamente si aprì. Adesso le ultime gare erano, specularmente, quelle stesse con cui Fred si era allenato nel mondo reale. “Lasciatelo a me….” Disse sardonico Fred, muovendosi di gran carriera oltre la linea di demarcazione prima dei vari piani su cui c’erano le consolle della Nintensoft, ma, pestata sulla linea simile a cristallo liquido, una voce tuonò feroce. “NON PUOI GIOCARE COSì!” Disse Dio. E Dio era Michael Brace (Christophen Walken). “ADOTTA UN ASPETTO ANTROPOMORFO!” tuonò di nuovo, facendo tintinnare i bicchieri e le provette. Fred fece spallucce e provò ad assumere un aspetto lievemente più umanoide, un Machoke. Dio/Michael Brace/Christophen Walken cassò la cosa. Machoke/Fred si mise davanti a Pacman. Mentre fuori infuriava un violento temporale, Fred si sedette su una vecchia sedia su cui erano dipinti dei minuti paesaggi, una sedia imbottita del 1800, mentre su un grosso tavolo di ippocastano si trovava un grosso labirinto azzurro di plastica. Sotto di esso formicolava un computer. L’affare era connesso con il sistema di sorveglianza di un ristorante messicano dall’altra parte della città, con connessioni subalterne in ciascuna fermata della metropolitana da laggiù a casa sua, collocata lungo un affluente del Tama di cui non si ricordava il nome. “Allora Ishi, così come ti sembra?” “Nulla di che. Sembrerebbe….Pacman” “Esattamente. E sono io a controllarlo, a esserne la mente, perché nella fotocellula a scorrimento di Pacman c’è conservato un mio neurone, e solo pensando riesco a muoverlo. Certo, tra quel neurone e il resto delle mie sinapsi c’è un enorme lontananza, ma grazie a questa zecca bionica il mio cervello e il mio Pacman comunicano” e Fred s’inserì nel dotto uditivo un microbot argentato a forma di Metroid. Poi una luce gialla si accese all’ingresso meridionale del labirinto, mentre, in un recinto dalle pareti rosa più dentro al labirinto, un gruppo di luci, una gialla, una azzurra, una rosa e una rossa si accendono e cominciano a formicolare tra i muri. Contemporaneamente il labirinto si trasforma in una proiezione olografica della città di San Fransokyo, mentre Fred era al massimo della concentrazione. “Dunque c’è Pacman inseguito dai fantasmini in giro per San Fransokyo…ma io che ne so poco, sono veri o sono dei semplici ologrammi?” “Ologrammi….come tutto questo, d’altronde” disse Fred come se stesse ruminando una di quelle cingomme che rovinano il lavoro buono dell’odontotecnico. “E se Pacman riesce a arrivare a casa mia….avrò la più estesa panoplia d’informazioni sul tragitto percorso….che di sicuro mi tornerà utile in futuro….” Nel frattempo Ishikawa osservava le sciamanti lucine colorate che attraversavano lo sprawl emettendo trilli ogni volta che succedeva loro qualcosa. Perse ogni contatto con sé stesso, prigioniero di un guardare che non era nemmeno più tale, ma puro essere in quel momento. Fred era altrettanto assorto in quell’instancabile fuggire-mangiare-potenziarsi, fino a che, alzatosi a vedere meglio l’interminabile reticolo di vicoli e quartieri, non si abbandonò completamente al pensiero di lanciarsi, con ogni J d’energia che aveva, verso quella vecchia casa con un portone di quercia e l’aria da Xanadu abbandonata, fino a che il boccheggiante pallone giallo non la centrò in pieno. Si sentì la musichetta di fine livello e il computer stampò una serie d’informazioni sui luoghi per cui Pacman era transitato. Fred si tolse la zecca dall’orecchio e si distese sulla vecchia sedia di famiglia, respirando pesantemente, più niente di niente sul suo stressatissimo viso. “Come va?” fece Ishikawa preoccupato. “E’….stato….uno…..sballo” fece Fred alzando la testa ruotandola a sinistra per evitare di perdere i sensi per l’improvvisa accelerazione sulla coclea. Successivamente Fred tolse il labirinto di Pacman e andò in un'altra stanza, seguito da Ishikawa. Machoke/Fred indossava un interfono trasparente, giacchè non aveva orecchie in quel frangente. O ce le aveva, ma non sapeva come fossero fatte. In ogni caso assunse la posizione più comoda per i suoi gastrocnemi pompati. Pacman comparve, una lucina gialla con 2 lucine più ine a fare gli occhi, e tutto era normale, assolutamente normale. Ma a poco a poco il labirinto cominciò a assumere un aspetto strano. Ad un certo punto apparve Mr.Dob, in forma di Tan Tan Bo, che si oppose a Pacman, sbranando i fantasmini prima che ci riuscisse Pacman. Il Tan Tan Bo si mise davanti a Pacman in puro stile “ti spiezzo in due”. Al che sia Machoke/Fred che Dio/Christophen Walken palesarono il fatto che lì non ci fossero molte cose normali. “DA DOVE ESCE FUORI QUEL TAN TAN BO? NEL GIOCO NON ERA MINIMAMENTE CONTEMPLATO!” e Machoke/Fred guardò implorante (?) Dio/Christopher Walken, chiedendogli mentalmente “non lo so neppure io!”. Comunque Pacman indietreggiò davanti a Tan Tan Bo, risucchiandolo con una pseudo lingua in stile Twisting Muscles. Poi guardò Machoke/Fred, e lui non seppe come reagire. Se Jigglypuff con Incantevole sarebbe riuscito a far addormentare persino un colossale Giratina sotto steroidi, quel Tan Tan Bo riusciva a stuccare Machoke/Fred semplicemente guardandolo con i suoi occhi da tondo di Delaunay impazziti. “Mi…mi…vuoi bene?” chiese, assumendo un sorriso grottesco, tipo Street Shark che deve sorridere per la foto dell’ultimo anno delle medie. Quello li saltò addosso e Fred, velocizzato dall’adrenalina, bloccò le mascelle del Tan Tan Bo, rovesciandosi dalla sedia, mentre quello cercava di chiudere le mascelle. Avendo preso in mano i denti, Fred sanguinava, e Hiro colpì il Tan Tan Bo con il suo laser. “Grazie Hiro” disse Fred. Nel frattempo il labirinto di Pacman era impazzito, in una copia di Tan Tan Bo pucking. Arrivarono Karen Brace/Natalie Wood e i suoi uomini, che presero in consegna Fred, perché venisse curato. A preoccuparsi di lui era Joy, l’infermiera capo dell’Ospedale Pokemon. “Il vostro amico non corre assolutamente nessun pericolo serio. I vasi sanguinei non erano arterie, e le mani si rimargineranno abbastanza in fretta. Ma Fred non dovrà più giocare per circa 1-3 giorni. Le cicatrici devono tornare tessuto epidermico liscio. “ “AAAh e come andremo avanti!” sbottò Fred. “Io sono l’UNICO che sa giocare a quei giochi!” Joy fece spallucce, cassando il tutto con un “non è un mio problema”. In ogni caso c’era da giocare a quei giochi, e se non c’era nessun altro con cui farlo, lo avrebbero fatto in 5, facendo partecipare anche Baymax. Il prossimo gioco era Donkey Kong Anche se nessuno poteva vederla, al centro della stanza troneggiava una Nintensoft WebBall. E Fred aveva un passepartout. L’accese e sullo schermo comparvero delle scritte blu e un piccolo orsetto marroncino sotto a esse. Ma quelle scritte erano il titolo Donkey Kong e quello sotto di esse era il titolare Donkey Kong. Ishikawa se ne rimase in un angolo a osservare Fred dimenarsi come la Juliet Starling di Lollipop Chainsaw, ma con solo 2 dita, facendo letteralmente volare la WebBall sulla tensostruttura di fasci di luce rossa, e ogni volta Jump Man, il Super Mario prima di Super Mario, evitava i barili, raccoglieva il martello necessario per spaccare i barili e per poi darlo in testa alla scimmia e salvare Pauline, Peach prima di Peach. “Come cribbio si utilizza una di queste?” chiese Wasabi con lo stesso entusiasmo di Sisifo alla 67esima volta che rimetteva a posto quel fottuto macigno. Hiro dovette cagarsi in mano, accendendola. Le linee di contenimento si aprirono disegnando un quadrato, e Hiro poi prese in mano il robot trilobite, e stampigliò rabbiosamente una serie di punti sullo schermo reticolato con l’apposita €-pen, provvedendo poi a unirli. Messolo a terra, il robot chiazzò il terreno di sondine a ventosa, procedendo poi anche sul soffitto. Si crearono dei raggi d’energia che unirono le varie sondine, e poi Hiro raccolse il Passepartout e se lo mise al cuore. Poi prese la WebBall, si strusciò 2 dita sul Passepartout, strisciò la pallina, la posò su uno dei laser, e cominciò a fare il direttore d’orchestra con la mano destra. “Eccotelo” disse Hiro a Wasabi. Nel frattempo Ralph Spaccatutto e Felix Aggiustatutto erano persi dentro Wargames-giochi di guerra. Erano a casa di David Lightman, ospiti d’onore mentre tutto stava precipitando per colpa di NORAD. Anticipando il protagonista, la notte prima Ralph Spaccatutto e Felix Aggiustatutto si diressero verso l’eremo di Stephen Falken. Raggiunto il bayou nella Louisiana, approdarono su un isola dove ad accogliergli fu un Desmatosuchus nascostosi nella sabbia. Questo perché l’isolotto era popolato da perfettissimi dinodroidi, dinosauri androidi creati dallo stesso Falken. “Questo che accidente sarebbe?” domandò Ralph. A cavalcioni di uno Scelidosaurus si fece avanti il Prof.Falken. “E voi chi sareste? Perché ho come l’impressione di avervi già visto altrove?” “Forse perché siamo Felix Aggiustatutto e Ralph Spaccatutto da Felix Aggiustatutto” disse Felix. “Noi non siamo a 8bit, ma siamo proprio noi. La cercavamo per conto di un certo David Lightman” “E per quale ragione?” “Lui….ha fatto un piccolo casino con il NORAD” “NORAD?” chiese grugnendo Falken. “Bè….proprio lui” incalzò Ralph. “Allora non sono la persona buona. Non lo sono più da anni!” disse, stizzito come un tizzone intirizzito. “Ma se i missili di Cheyenne Mountain dovessero decollare e esplodere su tutto il Paese, anche la sua isola finirebbe bruciata!” disse strepitando Felix, correndo per raggiungerlo, dopo aver già oltrepassato la soglia di casa sua. “Smettila di fare la papera!” ululò Falken, mentre, seduto su una Memphis, rimuginava acido sui destini dell’umanità, ormai irrimediabilmente perduti. “Ci estingueremo con le nostre stesse mani” disse digrignando i denti. Si issò e camminò intorno alla stanza, fermandosi quando, tenendo gli occhi in obliquo, riuscì a fulminare con le pupille Felix. “Ve ne siete andati in giro per questa baracca a ficcanasare?” sentenziò. “Ma non le vede tutte queste cose meravigliose?” “cose meravigliose? COSE MERAVIGLIOSE? Questi sono semmai i sottoprodotti della cloaca consumistica. Li sto tenendo solo perché i nostri discendenti capiscano come siamo giunti alla nostra fine. Osservate. Questo è un vostro cabinato. 5$ a partita, 25$ per 5 partite ininterrotte. Ve lo lascio, vi faccio vedere altre cose” Ralph e Felix lo osservarono a lungo. Cosa siamo? Siamo davvero noi? E se non siamo davvero noi, chi sono noi tra gli altri? Quanti noi esistono? “Ecco! Un torchio da banconote. Non chiedetemi come l’ho ottenuta. Guardate. Benjamin Franklin. 100$. Con cosa ci compri con 100$? Tutto quello che vuoi. Ma poi cosa te ne fai? Il capitalismo! Crescere senza sapere perché! E non chiedetemi del comunismo. Il papa ha scomunicato uno e l’altro. E non sono solo i soldi il motivo per cui poi moriremo. Guardate qui. Tutto sport. Pugilato: Rock’em Sock’em robots di MATTEL. il pugilato: uno sport mentale. Io ci ho solo visto una coppia di ubriachi che vengono ai pugni. Oppure altre resse di imbecilli: il gioco elettronico MATTEL del rugby, il bambino del baseball della Ohio Art. Deficienti che rincorrono una palla a forma di sogliola. Idioti con palle e bastoni. Scusate il mio calo di patriottismo, ma l’America si è messa, scientemente, a distruggere sé stessa. Dal 68 in avanti, con la freddezza di un genocida consumato. Pier Paolo Pasolini parlava di un genocidio culturale della mercificazione dei corpi consumistica. Aggiungo: un genocidio culturale della mercificazione dei corpi consumistica dell’anticultura antiamericana, partorita dalla stessa America. Io non posso salvare l’America, se lei si odia” “Non è vero” disse Felix. “Non tutti i ragazzi sono collaboratori di questo suicidio. Lightman è tra di loro, e se lei non farà qualcosa, morirà anche lui!” “IO NON POSSO SALVARE IL MONDO PER UNA SOLA PERSONA!” disse Falken. “Se lo faccio solo per lei, altri milioni di persone moriranno” “Io però ho questa” disse Ralph, allungando una VHS della CBS. Era affiancata a Charlie Brown and Charles Schulz, ed era del 1972 la registrazione e imbobinazione. Era il 1972, l’anno in cui l’antiamericanismo hippie invase anche i cartoni animati con Fritz il gatto di Ralph Bakshi, e la crisi valoriale era al culmine del termometro. Un professor Falken di un decennio più giovane era al centro della centrale operativa del NORAD, con alle ali laterali degli XEROX alti. “Erano gli anni 50 e tutti dicevano che non ci saremmo mai mossi più in là di così” disse, parlando di un macchinario ancora più vecchio, un Aenigma. “Oggi i computer hanno dimensioni notevolmente più piccole e vantaggiose, grazie agli sviluppi dei laboratori XEROX. Oggi sono qui con dei ragazzi. Hanno 14-15 anni. Sono, secondo la Legge, ancora bambini. E ve li voglio mostrare. Robert ha una sorella femminista, Joacquine da grande vuole andare a lavorare a Disneyland, a Luke, questo vir qui a fianco a me, hanno gambizzato il padre, reduce di guerra sul fronte normanno. E vi chiedo, hippies, contestatori, mi rivolgo a voi, Marcuse, Bakshi, Crumb: che futuro li state proponendo?” Falken era rapito dal vedere quel sé stesso più giovane (comunque di solo una decina di anni) che arringava, lo sguardo calmo ma accusatorio, i “contestatori del sistema”. “Voi vi battete per legalizzare sesso e droga. Ma sapete cosa otterrete?” e si allontanò. Con una transizione, i laboratori del NORAD divennero gli interni di un centro di riabilitazione. “Se questo vi sembra un manicomio, in realtà è il futuro che voi, legalizzatori oltranzisti della cannabis e della marijuana, darete a quei ragazzi” e brevemente si aprì e si chiuse una tendina a timpano con il volto lentigginoso di Luke. “Questo centro di riabilitazione è altresì un formidabile centro d’analisi e ispezione ipsumologico, con il quale le vostre droghe per noi non hanno segreti. Le celle di questo centro riabilitativo assomigliano di più a quelle di un manicomio, per impedire ai pazienti, in crisi d’astinenza, di procurarsi del male. Che cosa otterrete dalle vostre battaglie? “ e nel dirlo si mise in centro ad una fila di porte di cellule, 6 alla sua destra e 6 alla sua sinistra. “Questo” e la camera, montata su binari per il travel track, si spostò lentamente dalla cella n’12 alla n’1, in una carrellata molto ben realizzata, che, in virtù del formato Home Video (era l’epoca in cui le emittenti televisive cominciavano a creare biblioteche dei loro materiali) permetteva di stoppare a ogni cella e di osservare meglio. All’epoca qualcuno avrebbe tacciato il tutto di spettacolo voyeuristico per masse borghesi e bigotte, ma di lì a dieci anni sarebbero state immesse decine e decine di film porno (anche snuff) su videocassetta, altrettanto voyeuristici nel permettere stop e rewind e play di momenti d’intimità altrui morbosamente imbobinati. Lo spettacolo non era dei migliori, ovviamente, e Falken, nel frattempo tornato al quartier generale del NORAD, tornò a parlare circondato dai ragazzi. “E non ve ne importa niente neanche della loro sessualità. Il sesso non è un atto animalesco da consumare senza pensare poi a cosa ci possa essere dopo, ma il gesto d’amore e di dono della vita che ha senso solo nel vincolo del matrimonio. Il modello di uomo e di donna attuali sono inconcepibili, e radicalmente sbagliati. E tutto questo, che legame ha con NORAD? NORAD è il futuro. In futuro, i computer saranno più che mai piccoli, efficaci e persino tascabili. Volete fermare il futuro? Perché [stringendo a sé i ragazzi] loro diventeranno quel futuro. “ Falken fermò Ralph e Felix da dire quello che stavano per dire. “E va bene, mi avete convinto. C’è ne sono molti ancora oggi come quel David…molti più di quelli che pensavo” Salvato il film, Ralph e Felix vennero chiamati da Fred, dopo che la signorina Brace li disse che la coppia, di uno dei cabinati di casa sua, era contattabile. Fred si scapicollò al terminale, riuscendo anche a maneggiarlo. “Sono il vostro più grande fan! Ho a casa mia il cabinato! Dovete aiutarci! Lo Starbound ha posseduto Pacman e guardate qui!” e li fece vedere le mani ancora avvolte dalle garze. “Arriveremo il prima possibile” disse Ralph, anche lui preoccupato da quelle cicatrici. La sede della The Hat venne presto raggiunto dal duo, e Fred fu contento di abbracciarli. “Siete veramente voi! Non ci posso credere!” “Qual è il problema?” chiese Ralph. “Una contaminazione più virulenta da parte dello Starbound” disse Fred, indicando i tavoli. “Pacman si è trasformato e mi ha attaccato. Le mie mani sono appena guarite. Dovete aiutarci a finire i giochi senza che avvengano strane trasformazioni” Fred tornò a giocare, mentre Baymax spiegò come, fino a quel punto, tutti, su tacito accordo con Fred, si fossero astenuti dal giocare. Fred si mise il Passepartout alla t-shirt, attivò la WebBall e comparvero Donkey Kong, Jump Man e Pauline. Cominciò a muovere le dita come un direttore d’orchestra, mentre Jump Man saltava, schivava barili, raggiungeva il martello, spaccava i barili, ma, prima di colpire Donkey, lui ritornava indietro. Allora Fred giocava con ancora più furia, sbudellando l’aria a colpi di indice e medio, e Jump Man saltava, schivava barili, raggiungeva il martello, stava per sconfiggere Donkey, ma glitchava e Jump Man ripeteva all’infinito, ancora ancora e ancora, il balzo con martello sguainato, pronto a colpire in testa lo scimmione. All’improvviso Donkey andò a terra da solo, e Jump Man atterrò ai suoi piedi, abbandonando il martello. Lo schermo cominciò a andare in statico, poi li si formarono strane bolle, e “vomitò” una copia di 3 meter girl. La fanciulla non sorrideva, non si metteva un dito in bocca maliziosa, ma si guardava intorno triste. “Watashi wa….watashi wa….watashi wa koko ni taizai shimasen! Watashi wa.... Watashi wa kowaidesu!” disse piagnucolando la “vacca da latte”. Ralph cercò di parlare con lei, ma essa scappò via urlando. “Ah. Era questo il problema. Be, passiamo oltre…” ma Ralph rimase fermo in cielo, perché dallo schermo uscì, spargendo cristalli liquidi sul pavimento, di Kaikai Kiki. Ralph e Felix si prepararono allo scontro, mentre Fred assumeva il suo aspetto di Machoke. La creatura però non cercava loro, ma la ragazza con i seni giganteschi, la quale, nel frattempo, era tornata brandendo un bazooka, accompagnata dal terzetto di Second mission project Ko2, le 3 ragazze caccia. Colpendo di rimbalzo Kaikai Kiki e i nostri 3, gettarono nel caos il quartier generale, e Ralph fu colpito a una spalla. Fred aspettò però scientemente che Miss Ko2 e le ragazze supersoniche distruggessero anche gli altri terminali, liberando gli altri mostri. Fred, i Big Hero 6, Ralph e Felix fuggirono il più lontano possibile, e lo stesso fecero Christopher Walken e Natalie Wood. Loro si rintanarono in un bunker sotterraneo, nel quale la Wood, sedutasi davanti a un prototipo del TOREC, “il cappello” che aveva dato il nome all’organizzazione. “Questo” disse Walken, “è il TOREC, la macchina delle vite. Questo casco ha una coppia di fessure, dove si possono imbobinare queste cartucce, che attivano i congegni di registrazione delle onde ippocampali, che imbobinano e trascrivono la memoria, come le videocassette di un registratore, con la possibilità di sovrascrivere ricordi propri e altrui su queste cartucce. Vuole sperimentare? Questa cartuccia nera è dello Starbound, la creatura cosmica digitale che ha fatto impazzire le consolle” “Non mi sento molto sicura” fece la Wood sovrappensiero. “Toccherà a me” e Walken si sistemò su una sedia, imbobinò la cartuccia nera, indossò il TOREC, e si trovò a vivere nei panni di Woolsander, mentre la sua vita precipitava. Quando Woolsander divenne un genocida, Walken dovette essere trattenuto dalla Wood, che compì l’errore di strappargli dal capo il TOREC ancora acceso. Walken aveva le sinapsi concusse, e non sapeva più chi fosse. Woolsander/Evil Star, o Christopher Walken/Michael Brace? Sua moglie, codirettrice del progetto TOREC, adesso era davvero nei guai. Avvertita la dottoressa Reynolds, direttrice della divisione tecnologica della The Hat, dovette chiamare il Dr Angelo della Virtual Space Industries (VSI), impegnato con il Five Project, un progetto di reintegrazione mnemonica.

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Capitolo 8
*** the giant ***


Cos’era successo nel frattempo? La partita era finita? Da quello che successe dopo parve di sì, con i Big Hero 6 rematerializzati. Era il 26 Dicembre, e nonostante sembrassero passati giorni, in realtà erano stati smaterializzati solo dalle 19.10 del 25 Dicembre alle 7.00 del 26 Dicembre. Tutto qui. Anche la Sezione 9 era stata rematerializzata. Ma sia per Stark che per Kord tutto questo non sembrava possibile. Non avevano risolto nulla, e molto probabilmente sull’isola di Appledore nulla era cambiato. Passò il Natale, arrivò Febbraio, e con esso il Kenkokou Kinebi, l’anniversario nazionale. In America, posseditrice dell’arcipelago di Shoals, non si festeggiava ancora nulla, la festa ci sarebbe stata il 12 Febbraio, giorno dell’anniversario di Lincoln, atteso molto dalla comunità afroamericana. Nel frattempo Appledore era immota, e lo Starbound, affrancati Ralph, Felix e gli altri videogiochi, cercava di compattare il proprio sterminato avatar di acciaio e cemento, cercando di farlo muovere via dall’isola, attraverso l’Atlantico, il Mare del Nord, lungo il Rodano, fino a Ginevra. Tra le alpi ginevrine, come tutti sanno, c’è il CERN, l’acceleratore di particelle più grande del mondo. Lo Starbound lo avrebbe impiegato per creare per sé un cosmeg in cui sparire per sempre, fuggendo dalla reversibilità quantistica del secondo principio della termodinamica. Ma era prigioniero, A spirit (of darkness) in a material world, in un colosso lungo 99,1 acri, il che era quantomeno problematico. Era prigioniero come i prigioni buonarroteschi, un gigante della stessa materia di cui è fatta la Terra incatenato prometeicamente a un isola del Maine, il cui spirito anelava solo di fuggire. Valutò anche la possibilità di abbandonare quell’enorme sarcofago di acciaio e cemento attraverso il Web, ma Appledore era una No Web zone. Passò Marzo e con lui lo Shubun No Hi, l’inizio della Primavera. Arrivò Aprile e lo Showa No Hi, la festa dell’era Showa. E finalmente l’Atlantico settentrionale riecheggiò dello spezzamento di inesistenti catene più lunghe dell’Equatore e più dure dell’Aconcagua, e un titano alto 99,1 acri sorse dall’arcipelago di Shoars, ombreggiando l’Atlantico settentrionale in linea retta per la Scozia, camminando con passi simili a frane di montagne giù nei recessi dell’oceano, seguendo la scia dei neutrini irradiati dal Monte Bianco. Ma non tutti furono sbalorditi da quell’Agilulfo in marcia verso Ginevra. Qualcuno, aldilà della Fossa delle Marianne, del Triangolo delle Bermuda e dell’Hudson, lo aveva spiato. I Teen Titans e Shrikes/Kophettn/Inatrix erano a Fort Alamo, vecchia sede della WWWCAS, ora convertitasi a filiale della NACA, la National Advisory Committe for Aeronautics, dove i migliori ingegneri, graziati dal beneplacito del presidente Feldelghart (primo presidente ebreo) stavano costruendo i nuovi mezzi da battaglia sia dei Big Hero 6 (ora nominati Big Hero 9, dato che Hiro 1+Baymax 2+Gogo 3+Fred 4+Honey 5+Wasabi 6=6+Shrikes 1+Kophettn 2+Inatrix 3=6+3=9) che dei Teen Titans. Il nuovo mezzo dei Big Hero 9, il BHIX, era costituito dall’HFO, Hiro (‘s) Flying Object, un TFO (Terrestrial Flying Object, Oggetto Volante Terrestre) dotato di una tripletta di trapani. Seguiva lo Shri-jet, guidato da Shrikes, il cui muso si divaricava per agganciare l’HFO. Seguiva il Go-Bot, guidato da Gogo e Inatrix. È una Combat Armour a MAGLEV, con al posto delle braccia delle frese. Il Fred Roller viene dopo, ed è un incrocio tra un Boeing 797 e uno schiacciasassi. Possiede anche una coppia di trivelle. Segue l’Honey-truck, camion con Waldo a trapano e una coppia di stelle rotanti simile alla Potenza Scavatrice di Gackeen, guidata da Honey e Kophettn. Finisce il WFO, Wasabi (‘s) Flying Object, un TFO a forma di C, che si aggancia al Fred Roller. Mentre ai Giovani Titani spettava l’Angelus, gigantesco mezzo volante a cui il BHIX può persino agganciarsi. Robin pilota l’Atomic Hole Maker, un mezzo escavatore con una coppia di trivelle potenziabili mediante una coppia di parabole atomiche. Segue il Canner guidato da Raven, un robot modulare (in stile Mr robot and his robot factory della Datamost) che si trasforma in un monolito, che si aggancia all’Atomic Hole Maker e al Double Box Piercer di Starfire e Beast Boy, il quale li fornisce anche un supporto, contraibile quando il Canner si trasforma. Il Double Box Piercer è il mezzo di Starfire e Beast Boy, un secondo mezzo sotterraneo in grado di trasformarsi in un terebroplano, mezzo aereo dotato di trapani. Cyborg guida lo Street Wing, automobile costruita con principi aeronautici, un plateaplano, “aeroplano stradale”. Alla fine dei lavori a Fort Alamo, Hiro e Robin vennero contattati dal Dr Onizzolga, lo stesso che aveva diretto la sezione scientifica di Adrias. Hiro e Gogo erano accocolati nel piumone, Hiro aveva un esoscheletro di Topolino, mentre Gogo uno di una gatta. Dopo aver sperimentato una sessione di sesso virtuale, adesso volevano rimanere abbracciati, senza fare nulla. La chiamata arrivò a Hiro mediante l’interfono del suo casco. “Dr.Onizzolga? Wasabi mi aveva parlato di lei. Cosa? Big Hero 9? Già, Shrikes l’uomo-armadio, Inatrix la figlia segreta di Belladonna, Kopetthn la donna-armadio. 6+3=9. Cosa? Lo Starbound? COSA?!” Hiro schizzò fuori dal piumone. “Oh cielo, dobbiamo provvedere. Lo dirò a Gogo” e, chiusa la comunicazione, sussurrò tutto a Gogo, la quale reagì nello stesso modo. Rivestitesi, andarono a avvisare gli altri membri dei Big Hero 6, ognuno intento a festeggiare il Natale per i fatti propri, e fu necessario partire per l’aeroporto di Uta, diretti, sorvolando il Pacifico, verso il Texas. Anche i Teen Titans stavano passando il Natale come cani sciolti. Robin a Santa Fe, dove la piazza dell’obelisco era ornata a festa come Levico durante i giorni dei mercatini natalizi, con la neve che sembrava così tanto fuori posto nell’assolato Texas, a casa sua, dopo molto con il NeogenX via da sé non solo per dormire o per farsi la doccia (con l’invenzione paterna era lui a sporcarsi, ma MAI i suoi vestiti) mentre anche sua madre Maristelle poteva non indossare i suoi panni di Otterwoman. Questo giorno (26 Dicembre) Santa Fe non avrebbe corso nessun pericolo. Raven era a San Francisco, alla Satan’church fondata da Anton Lavey, non perché volesse diventare una Charles Manson al femminile con poteri psichici alla Helen Driscoll, ma per riappacificarsi con la sua parte demoniaca, ereditata da Trigon. Beast Boy era all’Earth Museum di Ithaca, alloggiando nell’Overlook at West Hills lungo Trumansburg Road. Starfire era andata in Italia, viaggiando in solitaria da Fort Alamo attraverso l’Asia fino a Portici, nel campano, nella Piazza Gravina, davanti all’Istituto Tecnico-commerciale C.Levi, camminando nelle vie illuminate dalle A’ lanterne, le luminarie partenopee, fermandosi davanti all’arte presepista tipica della regione, con quegli scorci di Nazareth dove possono uscire fuori Pulcinella, Totò, Edoardo de Filippo, Marcello Mastroianni, Silvio Berlusconi. In un teca, disgiunta da tutto il resto, c’erano pure i 2 supergruppi. L’anonimo figurinaio li aveva modellati come piccoli monumenti di dei e dee greche. Riuscì a comprarli tutti, piccoli capolavori di un arte a cui la tecnologia non aveva tolto alcun privilegio: il mastro presepista armeggiava con una stampante 3d a cartucce di ceramica armata, un po’ come avveniva nel carpinetano, da cui era venuto Giancarlo e la genia dei suoi, i Beltrame, giù lungo il Crostolo per supportare l’avvento dei Cappuccini di Via G.Bonini. Cyborg era a Los Angeles, a spendersi una fortuna in palestre e potenziamenti tecnotronici. Dopo un 26 Dicembre passato a abbassare e innalzare pesi, si scioglieva come un Ferrero Rochet nel bagno turco e nella sauna, chiedendosi se poteva vendere ad una concessionaria il proprio sudore per le pompe dei tergicristalli. A ognuno giunse il messaggio di Onizzolga. Mentre i “6 eroi di San Fransokyo” aspettavano il volo San Fransokyo-Fort Lauderdale al terminal come dei Signor Chiunque, Robin salutava la madre donna-lontra e partiva su un autobus, il NeoredX di nuovo addosso, verso Alamo. Il deserto texano, mentre passa al Nuovo Messico, d’Inverno sembrava il mondo di Tenshi no tamago di Mamoru Oshii, una Luna color puffo abbronzato sovrastato da un cielo violaceo totalmente alieno. Probabilmente doveva fare un freddo satanico. Raven era all’International San Francisco Airport, per il volo San Francisco-Fort Lauderdale. Nonostante potesse annullare intorno a sé la gravità (come Starfire, ma praticamente come chiunque dopo Superman) era per lei molto faticoso. Lo stesso per Starfire, che dovette sorvolare per forza l’Atlantico, nonostante il gigante dell’Appledore stesse in agguato. Ma il volo dall’aeroporto “U.Niutta” di Capodichino avrebbe sorvolato tangenzialmente l’Atlantico Meridionale, mentre il gigante era in realtà quieto, nel profondo della Fossa di Sandwich, avanzando con i piedi di granito (non era fatto di granito ma siamo là), e lui non avrebbe nuociuto a un aereo che volava davvero in alto, essendo un S-512 che volava non nella troposfera ma nella mesosfera, quasi nello spazio geostazionario. Beast Boy uscì dall’Overlook at West Hills diretto verso il Tompkins Regional Airport, mentre Ithaca scorreva davanti a lui, dietro i finestrini del taxi, nella gioia natalizia. Cyborg, sentendo meno l’indolenzimento a causa della sua actina e miosina di fibra ottica, si allontanò da Los Angeles per il Bob Hope Airport di Burbank, mentre il paesaggio losangelino passava come giocando con un interruttore da bosco secolare a brullo deserto. Riunitesi tutti i gruppi a Fort Alamo, il Dr Onizzolga ebbe modo di presentarsi in tutta la sua essenza cybertronica. Con un fetta di cranio trasformata in una cupola di plexiglas trasparente in cui fibrillavano congegni elettronici che svolgevano le funzioni cerebrali concrete, adesso molto più avanzate di un normale essere umano. L’occhio destro era una videocamera a 360°, denti di acciaio inox, torace ricavato da una vecchia astronave, cablato come una Toyota Yaris, la gamba sinistra meccanizzata, il braccio sinistro trasformato in una grinfia meccanica a 8 dita. “Abbiamo sviluppato una nuova coppia di veicoli componibili, che decolleranno dalla Seas’Knife, adesso capace anche di volare nello spazio come la Blue Noah. I Big Hero 6 possedevano il BH6, il Big Hero n’6, un Elifly, missile NASA che, per affrontare i rientri dal cosmo, possiede un elica a 9 pale, che, vorticando, permette di affrontare lo scudo ozonato senza abbrustolirsi. Dal Big Hero n’6, questo missile a taketombo, partono il Big Hero n’1, un caccia, il Big Hero n’2, una Nissan Qasqai, il Big Hero n’3, un drone a falco che parte dal Big Hero n’2, il Big Hero n’4, una motocicletta, e il Big Hero n’5, un Tachikoma. I Teen Titans hanno invece ottenuto da Galfore, genitore adottivo di Starfire, il Lombrico, formato dal Peroratore, autoblindo con tre trapani, il Portatore, camion bianco con katiusce incorporate, l’Umano, un AT (Armored Troop) bianco, con 3 braccia, armato di lanciafiamme al plutonio, spade diaboliche e mannaia cosmica, e il Raggiante, hovercraft provvisto di una coppia di radar in grado di generare onde sismiche. Lasciate che illustri a gruppi rateati le specifiche di ogni veicolo. Per i primi i Giovani Titani” così dicendo, i Big Hero 6 dovettero essere trasferiti in un'altra stanza. “A voi Giovani Titani spetta l’Angelus, gigantesco mezzo volante a cui il BHIX può persino agganciarsi. Robin pilota l’Atomic Hole Maker, un mezzo escavatore con una coppia di trivelle potenziabili mediante una coppia di parabole atomiche. Segue il Canner guidato da Raven, un robot modulare (in stile Mr robot and his robot factory della Datamost) che si trasforma in un monolito, che si aggancia all’Atomic Hole Maker e al Double Box Piercer di Starfire e Beast Boy, il quale li fornisce anche un supporto, contraibile quando il Canner si trasforma. Il Double Box Piercer è il mezzo di Starfire e Beast Boy, un secondo mezzo sotterraneo in grado di trasformarsi in un terebroplano, mezzo aereo dotato di trapani. Cyborg guida lo Street Wing, automobile costruita con principi aeronautici, un plateaplano, “aeroplano stradale”. “Il nuovo mezzo dei Big Hero 9, il BHIX, è costituito dall’HFO, Hiro (‘s) Flying Object, un TFO (Terrestrial Flying Object, Oggetto Volante Terrestre) dotato di una tripletta di trapani. Segue lo Shri-jet, guidato da Shrikes, il cui muso si divarica per agganciare l’HFO. Segue il Go-Bot, guidato da Gogo e Inatrix. È una Combat Armour a MAGLEV, con al posto delle braccia delle frese. Il Fred Roller viene dopo, ed è un incrocio tra un Boeing 797 e uno schiacciasassi. Possiede anche una coppia di trivelle. Segue l’Honey-truck, camion con Waldo a trapano e una coppia di stelle rotanti simile alla Potenza Scavatrice di Gackeen, guidata da Honey e Kophettn. Finisce il WFO, Wasabi (‘s) Flying Object, un TFO a forma di C, che si aggancia al Fred Roller. “ I mezzi avrebbero fatto venire l’acquolina in bocca a quelli della Hasbro. Il BHIX assomigliava almeno un po’ alla DARDOS di Ulysses 31, e anche allo Swordfish di Cowboy Bepop. Ovviamente i 2 galoppini dei gruppi, Fred e Beast Boy, saltellavano di qua e di là eccitatissimi. Ma c’era ovviamente dell’altro, il gigante. “The Big, il Grande, così abbiamo-con pochissima immaginazione-chiamato il colosso che si sta dirigendo verso Ginevra, ora è fermo in corrispondenza dello Stretto d’Irlanda. Se la sta prendendo tranquilla, evidentemente non è aggressivo. Non dimentichiamoci che sta cercando il CERN, per strappare fuori l’acceleratore particolare e infilarselo tipo hula hoop, in modo da svanire per sempre da questo Universo per un altro già maciullato dall’entropia. Il vostro compito sarà espiantargli il cervello e, possibilmente in una zona spopolata, e poi portarlo a Ginevra. È un operazione che richiede il meglio delle vostre competenze e conoscenze. Sfruttando le capacità congiunte dei 2 mezzi sarà possibile estorcergli il cervello, dove lo Starbound si è accumulato. “ Nel frattempo le fredde acque dell’Atlantico settentrionale, mentre The Big camminava sul suo fondo in coincidenza del Portogallo, allievavano la sofferenza arrecatagli dallo Starbound. Passò lo Stretto di Gibilterra e camminò sul pavimento del Mediterraneo, mentre i Big Hero 9 e i Teen Titans lo tenevano d’occhio dal cielo con l’ecolocalizzazione. “Sta attraversando il Tirreno…si sta dirigendo verso Genova….dobbiamo intercettarlo in corrispondenza del Parco nazionale delle Vanoise” disse Starfire. Bella roba però. Il Parc National de Vanoise era sprofondato nella neve, le Parc National de Vanoise etait effondrè en la neige. E comunque, era prima necessario puntare sulla Liguria. Il porto di Genova era, ovviamente, in subbuglio per l’apparizione di The Big. Fermatosi davanti al BIGO, lo scansò passandoci sopra e continuò imperterrito, minacciando però dei palazzi. Ai 2 gruppi non rimaneva da fare che “direzionarlo” con un raggio laser, colpendogli la testa ogniqualvolta stava per sfracellare un edificio. A lungo andare, arrivato cioè all’altezza di Torino, e fermatosi a prendere respiro presso la Mole Antonelliana, The Big capì di essere spiato da qualcuno. Alzò gli occhi e vide i 2 mezzi uniti, cercando di parlare con loro. “Se ti vuoi liberare dello Starbound rivolgiti a noi” fece Hiro. “Dacci la tua corteccia motoria primaria ma non qui, ma al Parco naturale del Sacro Monte di Crea, nell’alessandrino, dove sarai poi libero di sfracellarti senza causare stragi” The Big li fece senno di sì con il braccio, e riprese il suo incedere verso Alessandria, e poi il parco. Ma una volta arrivato là, il terreno, fino ad allora capace di sopportarlo (dopotutto Genova e Torino hanno la metropolitana) li si fece motta sotto ai piedi, imprigionandolo. Nel frattempo su Alessandria e il parco ruggiva una bufera tale che i 2 gruppi dovettero salire di 95 Km, e persero di vista The Big. “Qualcuno di voi riesce a rintracciarlo?” chiese Robin con la stessa espressione di un critico d’arte davanti a L’origine del mondo di Goustave Courbet. “Se riesco a non avere interferenze, percepisco un aurea al culmine della perversione in un punto cieco compreso tra i 15 e i 16°….in realtà dovrebbe essere nel mezzo della campagna ponzanese” i 2 mezzi virarono a quota più bassa, attivando dei fumogeni al calore per far sciogliere le raffiche più forti e, facendo agire anche i tergicristalli di ogni finestrino, a individuare un The Big immobile e nella posizione della candela, coperto di neve e ghiaccio. “Brrr. Qui si gela. Non vorrei sbagliarmi, ma credo di aver visto una figura umana” disse Cyborg, mentre, traspirando l’aria fredda, sfruttando degli appositi motorini a fusione fredda nichel-idrogeno, si riusciva a trasformare un lavoro tiepido (metà del calore del lavoro veniva impiegato saltuariamente per sciogliere le raffiche) in calore ottenuto scindendo i quanti dell’aria freddi e, isolandoli, a poco a poco farli diventare caldi per “memoria termica originaria”, ottenendo condizionamento caldo nei vari abitacoli. Passando accanto al gigante, Robin accese prudentemente i trapani, e infatti lo pseudopodo destro di The Big (lui non aveva mani). Videro brevemente il criminale Endotherm e il suo partner Firebug. Il perché stessero assieme? L’attacco dello Starbound aveva titillato i clan criminali di più o meno mezzo mondo, inclusi il Mandarino e il suo esercito (comprendente anche M.O.D.O.K, Titanium Man, Dreadknight, Blacklash, Blizzard, il gargoyle grigio, Whirlwind e Fing Fan Foom, mostruoso dragone cinese che nonostante il nome da coglione è più stronzo di Li Shenron…o stronzo uguale, tanto Dragonball Gt è stato disconosciuto pure da Toriyama-san in persona) e la Lega degli Assassini a cui appartiene anche, oltre a Firebug il piromane palazzinaro, Deathstroke, vecchio nemico di Robin e compagni. “Lui è il nostro Golem! Big, avanza fino a Tortona e alla sua pinacoteca, e denudala! Firebug, tu che puoi controllare gli edifici, fallo muovere!” “Certo Endotherm! Batman riuscì a sconfiggermi solo perché la sua Batmobile poteva spostarsi nel sottosuolo, altrimenti Gotham sarebbe macerie su macerie! E comunque il mio obbiettivo sono i Gotham’s hill, i 3 grattacieli più alti di Gotham, perché sono dove i miei genitori sono morti! Se riuscirò a possederli li sbriciolerò e li renderò per sempre irriproducibili!” e Firebug riuscì a far muovere The Big lungo il percorso del Tanaro, mentre il BHIX e l’Angelus dovevano riportarlo verso Ginevra. “Ragazzi ho un idea: contatterò Starhawk, l’unico in grado di resistere ad un criminale che altera freddo e caldo, mentre noi ci dirigeremo verso il CERN” esclamò Robin. “Conosco diversi eroi e criminali, tra cui l’arcturusiano di cui sopra, nonché quei 2 tipacci, Endotherm il condizionatore umano e Firebug il coleottero piromane burattinaio di edifici!” e apparentemente sparirono oltralpe, facendo illudere i 2 di avere via libera. Ma non fu chiamato solo Starhawk… Tortona era affondata nella neve, e The Big fu avvistato per primo da degli alpinisti sul Garbagna, e l’allarme venne dato mentre erano in corso i mercatini del Natale , con il fuggi fuggi dalla Piazza del Duomo, mentre The Big percorreva le strade verso la pinacoteca. Ma quando Endotherm e Firebug scesero, l’esercito italiano di stanza a Viguzzolo si mostrò bel bello davanti all’agognata pinacoteca con dispiegamento di Uchikoma e delle Armoured Suits di tipo 303 e soldati armati di lanciafiamme e bazooka, con al comando Nicoletta Ciacci, comandante di secondo grado. “Fermi immediatamente. Non un solo passo. Da Viguzzolo a Tortona è molto semplice, nonostante quei polemisti si opponessero. Dunque! Vi è assolutamente proibito avanzare ulteriormente!” e Endotherm la buttò sul ridere, attaccando la Ciacci con una scarica surgelante, per poi applicarla agli sputafuoco. Ciononostante la settima divisione sputafuoco “F. Crispi” aveva lanciafiamme molto potenti e Endotherm finì brasato. Scese in campo Firebug contro la nona divisione lanciarazzi “C.Collodi” ma le fiamme rendevano solo i missili più dolorosi quando esplodevano e più roventi, come cannonate di chiave inglesi appena battute sull’incudine. Endotherm tornò a attaccare i mezzi corazzati, ma in afa come in ipotermia gli artiglieri facevano fuoco come se non ci fosse un domani. Infine un Firebug gonfio come una milza dovette ricorrere a The Big. “Big! Distruggili tutti!” e The Big, indebolito anche dalla “mano” che li era saltata per aria, non potè che cercare timidamente di pestare la terra minacciando uno schiacciamento che non faceva mai. Ma nel frattempo comunicava telepaticamente (furbo, perché Firebug non era un telepate ma solo uno psicocineta) con i device degli Uchikoma e delle Armoured Suits, dicendo loro di alzare i cingoli e gli pneumatici, donde illudere Endotherm e Firebug di averli fatto avere una paura blu. “Ritirata strategica!” esclamò la Ciacci, e i militari si ritirarono verso Mede. “Benissimo Endotherm! La pinacoteca tortonese è nostra!” e trovarono solo misere guardie da congelare, respingere facendo esplodere un estintore in volo con un makankosappo e da rosolare come arrosti in aceto. Fecero una scorpacciata e si ritirarono su The Big, stipando tutto in corrispondenza del platisma. Ma mentre Firebug decideva, insieme a Endotherm, di rapinare Valenza, potendo scegliere imbarazzatamente tra museo dell’oreficeria e la chiesa di Santa Maria Maggiore, vennero improvvisamente premuti contro il cemento da parte del grumo di cemento armato sinistro di The Big contro la sua spalla destra mentre in volo arrivava un Hyper-X dell’Aeronautica Militare Italiana (AMI) che entrò nell’ex polso destro di The Big, riuscendo, con l’aiuto dei “microrganismi” dello stesso, a raccogliere i tesori rubati. Nel frattempo da Ghedi e dalle portaerei di stanza a Imperia e Trieste decollavano nutriti stormi di elicotteri, caccia, bombardieri, stealth. A fare la “telefonatina” era stato il ministro della difesa Yoko Kabayuki, “spinta” da Daisuke Aramaki, al ministro italiano della difesa Danilo Iccelio, il quale aveva scatenato l’inferno. The Big vide allontanare l’Hyper-X via per Tortona, avanzando verso Valenza, terrorizzata anche lui dall’enorme mostro roccioso. I caccia mirarono Endotherm e Firebug, i quali si accorsero di non essere né Superman né Visione. Gli elicotteri fecero esplodere la pelle sulla spalla destra di The Big, e Endotherm riuscì-insieme a Firebug-a non sfracellarsi creando un toboga di ghiaccio in stile Uomo Ghiaccio, per poi combattere i carri armati “reduci” dalla guerra in Iraq dispiegati sul terreno davanti al museo dell’oreficeria. Nel frattempo The Big assorbì la strada sotto di sé, ricostituendosi. Avvertendo il terremoto, Endotherm e Firebug si voltarono e alzarono i loro occhi al cielo. E The Big, senza pensarci due volte, anzi, dormendo in piedi, mollò giù il piede pesante sulla “strana coppia”. Tranquilli, i 2 erano solo abbacchiati, e la polizia italiana ci mise un battibaleno a arrestarli. Adesso The Big sarebbe proceduto inarrestabile, ma da Ginevra Hiro, Robin e le rispettive squadre ricevettero l’avviso che nuovi criminali erano lì lì per catturare il gigante. Più che altro bande criminali senza poteri guidate da The Brain e Monsieur Mallah, dotate per l’occasione di robot scheletrici tipo Veleno Nero armati di mitragliatrici, che minacciavano di lanciare contro The Big un missile a testata nucleare. Ma a salvare la giornata ci pensarono Wildebeests e Shonen Chizu, arrivati con un loro mezzo ausiliario, cominciando a massacrare scheletri e gangster, l’uomo-gnu con pugni simili a monster truck guidati da dei Rock Lords vogliosi di suicidarsi, Shonen Chizu possedendoli e facendoli prendere a pugni da soli. Arrivarono poi anche gli altri Big Hero 9 e i Teen Titans, affiancati poi dai membri della Sezione 9, arrivati in Italia supportati dal capo della ATPI, Eleonora Tremalaterra (strano che le cariche più alte della polizia e della difesa siano belle donne). Robin riuscì a afferrare uno degli scheletri per la fontanella e a spaccarlo in testa ad un uomo similmente armato di mitragliatrice, Raven si schermava dai proiettili con il suo mantello, per poi mandare tutti i gaglioffi a terra con un apertura dello stesso, per poi passare a correre forsennatamente intorno ad un gruppetto misto, per disorientarli e guadagnare tempo per un rasengan, il quale venne fatto passare da parte a parte del gruppetto misto, Starfire incenerì tutti con fiamme manuali, per poi cominciare a vorticare su sé stessa, trasformandosi in un uragano fiammeggiante [Starry, non arrostirci le astronavi! Cit.Raven] che si elevò sui tetti delle case, sciogliendo la neve in una slavina che sommerse e paralizzò i delinquenti e gli scheletri lì sotto le grondaie, per poi mandare all’Inferno altri delinquenti e altri scheletri. Beast Boy si trasformò in un grizzly e Cyborg lo ingroppò, correndo tra le schiere di criminali e robot scheletrici massacrandoli tutti. Toccò ai Big Hero 9 (Wildebeets e Shonen Chizu avevano deciso di agire sul modello di Power Man e Iron Fist) scendere in campo. La prima ondata era comandata dal Comandante Fenpaia, un unabomber, mentre la seconda dal Generale Sviglino, capo di una cosca attiva nel bolognese. Costui comandava un gruppo di criminali provvisti di Tachikoma, ma per Hiro, Baymax, Gogo, Fred, Honey, Wasabi, Shrikes, Kophettn e Inatrix non fu chissà quale problema: Hiro, il lanzichenecco del futuro, riuscì a passare a fil di katzbagler i Tachikoma di Sviglino e dei suoi bracci destri Whaller, Ongione e Fastani, Gogo, usato come “trampolino” un Tachikoma urtato, si trasformò nella sua Car Form e perforò il tetto di una casa lì nei paraggi, sfondando poi uno dei muri e infilzando i Tachikoma gli uni dopo gli altri, per poi farli scontrare contro un muro di un altro edificio, ingranando la marcia e passandoli tutti da parte a parte. Fred, passato nella sua Sinosaurus’ Form, spiattellando Tachikoma al suolo con colpi di grinfia, raccogliendoli per l’opistosoma e sbattendoli a terra, o incendiandoli con il getto di fuoco di cui dispone. Honey si confondeva con la neve, proteggendosi dall’ipotermia, dal raffreddore e dalla dissenteria ricorrendo ad una colonia di batteri del Lago Vostok, muovendosi come un babbuino tra i cumuli di neve, sorprendendo gli avversari e colpendoli con tagli di mano rinforzati da nanomacchine litiche. Wasabi ricorse alla Plasma Form per possedere un Armoured Suit portata lì da un qualcuno dei gruppi criminali lì radunatisi e sterminò gli altri Tachikoma presenti. Ma mentre la mattanza per le strade valenzane si era conclusa con una gigantesca ritirata anche di The Brain e Monsieur Mallah, The Big avvertì Cyborg che un gruppo criminale capeggiato da Montenegro e Bouncer si stava arrampicando sul versante meridionale del suo corpo, e Shrikes, Kopetthn e Inatrix ebbero nulla osta a intervenire. A scortarli sulle balze e deformità della schiena di The Big ci pensò la Tremalaterra che affidò il trio ad uno dei suoi convertiplani, il quale si fermò su una delle spalle-la sinistra-e il terzetto arrivò a fare una sorpresina a Klaus Janson e Jim Aparo (cioè rispettivamente Montenegro e Bouncer) fermatesi a ricaricarsi di H2o, glucidi disaccaridi, Co2, citrina, benzodio, trisodina, Shrikes accucciandosi in posizione fetale mentre Montenegro li lanciava addosso uno dei suoi rampini, rimanendo immobile mentre gli uomini di Montenegro erano obbligati ad un tiro alla fune per disincagliare il rampino, con Shrikes che li neutralizzò saltando per aria all’indietro, facendoli cadere di sotto, pronti per essere ricevuti da degli altri attendenti, guidati da Golden Glider, pattinatrice ladra i cui chassie scoprì permetterle anche di zompettare in verticale. Bouncer prese il là e eseguì una wall run sul tallone sinistro di The Big, lanciandosi poi nel vuoto e rimbalzando in alto, atterrando all’interno della grotta nella schiena di The Big. “Di lui mi occupo io” disse Kopetthn, a proposito del simpatico nuovo arrivato. Combattere però contro un uomo fatto di gomma iper rimbalzante può non essere molto semplice, ma essere una ragazza con più cose dentro della borsa di Mary Poppins e del perizoma di Eta Beta la aiutò, se non dopo che Bouncer la mise al muro, e lei lo respinse con un calcio a 180° fatto appendendosi a Y a 2 protasi di roccia all’interno del toraco-lombare di The Big, per poi mandargli contro una jeep corazzata con un bazooka a radiazioni ADS, che ebbero l’effetto di mettere in una situazione liquefacente, nella quale il suo costume rischiava di sciogliersi, e Bouncer potè solo scappare, trasformato in L’Omino di burro re immaginato da Daniela Dal Cin in L’isi fa Pinocchio ma sfar lo mondo desierebbe in ver, aumentando la superficie del polimero che li consentiva di rimbalzare, l’Elastalloy, ma rendendo totalmente impervia la suddetta tuta. Golden Glider rimase ferma al suo posto, mentre Copperhead e Cheetah si erano già fatti avanti per andare a conquistare The Big. Ma mentre si arrampicavano, vennero fermati da una coppia di mirini laser delle mitragliatrici di un Avrocar guidato da Motoko e Batou. “Non. Muovete. Un. Muscolo” disse il Maggiore con un aplomb da “il 2007 deve ridarmi indietro i fatti su Chuck Norris, ora è il turno dei fatti su Motoko Kusanagi”. “Alla fine devo intervenire io” disse risentita Lisa Snart prendendo la rincorsa e arrampicandosi lungo la coscia sinistra di The Big, dato che i chassie dei suoi pattini permettevano anche di scalare pareti irte, alla maniera delle scarpe con tacco di Stripperella. Ma Inatrix, con cui si scontrò in un combattimento in stile Air Gear di Ito Ogure, aveva tacchi a spada, e i chassie di Golden Glider ebbero la peggio, per poi essere mandata a farsi spremere i brufoli della fronte contro una parete rocciosa con un calcio volante a girare Nel frattempo, a valle, Motoko, Batou e altri membri della Sezione 9 (tra cui l’allegra famigliola del Maggiore) arrestavano chi era già stato saccagnato. The Big, finita la grande mattanza, era osservato con tutt’occhi da tutti i valenzani. Gli adulti erano esterrefatti da quella montagna sgretolata sino ad una grossolana forma umana venuta dal New Hampshire, i bambini li cantilenavano attorno Cuschì le l'ugin bel cuschì lè sò fradè. Custa lè l'ureggia bela custa le sò surela. Custa la la bucca dal fra e cust a le al campanon da sunà, I vecchi sorridevano, dopotutto sorridevano anche a ogni pisciata di gallina. The Big guardava dall’alto quegli esserini che se lo gareggiavano, un pò per salvarlo dal male che lo stave divorando dall’interno un pò per farne la propria marionette, e fu soprattutto quel Il Lonfo non vaterca né gluisce e molto raramente barigatta, ma quando soffia il bego a bisce bisce sdilenca un poco e gnagio s'archipatta dei bambini a poco a poco fece sì che lo Starbound si distaccasse da lui, in cascatelle nere che cangiarono poi in blu, infine, estinguendosi. Il vento soffiava sull’Hokkaido, e anche sull’Asahi. Dopo una folata più energica di fujin, dall’Asahi brillò uno strano brissago metallico, con la carlinga ovoidale, con la coda allungata, con 4 alettoni direzionali, con il motore in una scocca dorata e un muso nero a punta di matita da designer di abiti alla moda, con 4 sifoni 2 a destra 2 a sinistra per sprizzare potenti getti a reazione, che, a quota 2,2909 metri, aprì una coppia di ali da TU-16 e puntò verso I cieli piemontesi, sorvolando quelli dell’Oregon, dell’Idaho, del Wyoming, di Cherry, tra Nebraska e Nord Dakota, dello Iowa, di Spring Grove, tra Illinois e Wisconsin, il Michigan, l’Ontario, New York, di Halifax, tra Vermont, New Hampshire e Massachussets, quelli portoghesi, quelli spagnoli, quelli corsi. “Guardate. Un altro mezzo atmosferico” disse Hiro, rimirando il cielo, illuminato da un fugace spicchio di sole per poi tornare in un buio bluastro, mentre il cielo secco viene sconvolto da un vortex d’acciaio saltato con verniciature a grumi grossi di tungsteno, la Sperminatrice, il Kaze no kafun. The Big aveva un espressione inesistente. Nel suo occhio vuoto la Sperminatrice prese culla, e Woolsander ve ne discese, muovendosi in un mondo senza più senso. The Big era il centro di riparazione d’elettrodomestici sull’isola di Appledore, nell’arcipelago di Shoals, una macchina perfetta basata su una macchina perfetta. Adesso, nei fossili di saltabecchi, nei fantasmi traspariti dalla roccia più sottile di congegni e escogitati ormai non più in grado di funzionare, nè Tony nè Kord avrebbero Saputo dire cosa fosse cosa. “Non rilevo più Starbound. Aaaayh. Bene, finalmente siamo liberi, finalmente sono libero” e, raccogliendo da terra una punta metallica semi arrugginita, tornò dentro la Sperminatrice e, in modalità aereo, salì al cielo indefinitivamente. Messosi lungo un immaginario parallelo verticale con The Big, appena lo ebbe fatto si tranciò la giugulare con la lama, e la Sperminatrice, rimasta senza controllo, precipitò. Hiro, vedendo la freccia platinata ululare dai reattori spenti il fischio di Icaro, urlò di allontanarsi, allontanarsi immediatamente. Si sentì un esplosione assordante, la Sperminatrice perforò il terreno, si nascose di 65 cm nel suolo, e qui detonò, in una pioggia di calcinacci, asfalto e sanpietrini che generò una Piazza del Campo nel centro di Piazza XXXI martiri.

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