sogno di una notte di mezza estate

di Naomi_Shonenai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** è inutile piangere sul latte versato ***
Capitolo 2: *** il tempo seppellisce, l'amore guarisce ***
Capitolo 3: *** se il dolore morale non esiste il dolore fisico non persiste ***
Capitolo 4: *** predestinati da un destino scritto da noi ***
Capitolo 5: *** i temporali più violenti annunciano l'arcobaleno ***
Capitolo 6: *** il viaggio comincia laddove il ritmo del cuore si espone al vento della paura ***
Capitolo 7: *** dolorosi ricordi ***



Capitolo 1
*** è inutile piangere sul latte versato ***


AVVERTENZE:
LA SEGUENTE FANFIC SI BASA SUI PERSONAGGI DEL MUSICAL "ROMEO E GIULIETTA AMA E CAMBIA IL MONDO"(Mercuzio,Romeo, Benvolio...) E NON SUGLI ATTORI CHE LI INTERPRETANO (Luca Giacomelli Ferrarini, Davide Merlini, Riccardo Maccaferri).

ESCLUSI I PERSONAGGI, OGNI RIFERIMENTO A FATTI, PERSONE O COSE E' PURAMENTE CASUALE.
Buona lettura
 

Tutto iniziò quella notte. Era una notte di mezza estate, fresca e limpida, con quella bellissima luna che dava esempio alle stelle su come si deve illuminare la città di Verona.
Insomma, una notte perfetta per la regina Mab.

Un giovane dai corti capelli scuri osservava questo spettacolo notturno ripensando alle parole del  suo migliore amico, quella mattina.

*[“Mercuzio, chi è la regina Mab?” chiese curioso.
Il biondo si girò di scatto a fissarlo con espressione sbalordita.
“Come non sai chi è?”
Poi cominciò a parlarne in modo poetico e sognatore:
“Lei che tra le fate è levatrice…”
Romeo, comprendendo  che il suo amico era partito per il mondo dei sogni, lo lasciò perdere ma fu attratto da una frase in particolare:

Su questo cocchio, notte dopo notte, galoppa nelle menti degli amanti riempendole di sogni amorosi.”

Quando finì, vide che il suo amico lo aveva abbondonato perciò si avvicinò con un sorriso che potremmo definire “alquanto strano”.]*
“Questa notte ti verrà a trovare! E allora capirai chi è davvero la regina Mab” ripeté Romeo. “ Ahh quante pene mi hai fatto passare…e quante ne passeremo insieme?” si chiese mentre si spogliava per andare a dormire.
Una volta a letto diede la buonanotte alla luna come suo solito ma questa volta aggiunse una dedica.
“Buonanotte cara luna, buonanotte anche a te, mio caro Mercuzio. Regina Mab, ti aspetto.”

Pronunciate queste parole si chiese il motivo di esse. Perché aveva augurato un dolce sonno anche a Mercuzio?
La sua mente non riusciva a rispondere ma, sotto sotto, il suo cuore l’ aveva sempre avuta una risposta  quella notte non fece che confermarla perché quella stessa notte Romeo Montecchi sognò un giovane biondo riccioluto che gli donava baci, tocchi e scariche di piacere.
Si svegliò di colpo nel pieno della notte. Sentì la mano umida sotto il lenzuolo. Si mise a sedere, mosso freneticamente dallo stupore. Quando vide  le dita sporche si ributtò sul cuscino facendo un profondo respiro, come per voler comprendere le azioni appena compiute, troppo veloci per capirle davvero.
“Che…che cosa ho fatto?!” si chiese preoccupato stropicciandosi il viso con le mani.
Buttò a terra il lenzuolo e si alzò bruscamente dal letto con le lacrime agli occhi, fissando  confuso e indignato quel giaciglio sporco. Scosse la testa e andò verso la finestra per osservare il paesaggio. Scorse un fil di luce all’ orizzonte: presto l’allodola avrebbe cominciato a cantare.

Si vestì ed uscì. Corse via, scappò da Verona, ma non senza metà. Una meta l’aveva eccome. Andò alla riva di un fiume in un boschetto appena fuori città. Quello era il luogo dove si rifugiava sempre con i suoi amici, a volte per difendersi da sua madre, altre volte per coprire le spalle a Mercuzio dopo una sua marachella.
Gli tornò in mente il sogno di quella notte.
Cadde in ginocchio, al pensiero, ai piedi della riva.
Ora non riusciva più neanche a pensare a Mercuzio senza ritornare inevitabilmente a quel stramaledettissimo sogno.
Sarà stata la regina Mab? Romeo incominciava a pensare che forse una punta di verità era presente nei discorsi dell’amico.
Doveva trovare un modo per risolvere la situazione, quello era ovvio.
Si lasciò cadere sull’erba fresca.
Non poteva parlarne con Mercuzio o lui, indignato, non gli avrebbe più rivolto la parola. Né poteva sfogarsi con un’altra donna altrimenti il suo pensiero sarebbe ritornato a quella sera e non ci avrebbe guadagnato proprio niente, forse solo i sensi di colpa.
Qual era la soluzione migliore? Aveva tanta voglia di chiederlo alla luna che lo osservava ancora da lassù.
“Tu che mi consigli?” sospirò.
Come in risposta i suoi occhi incominciarono a bruciare e uno sbadigliò impegnò la sua bocca.
“Sì, forse hai ragione. Il sonno porterà via tutto.”
E così si addormentò.
 

“Buongiorno cuor gentile! Ti è venuta a trovare la regina Mab?”

Romeo non riuscì ad aprire gli occhi che la luce accecante del giorno lo abbagliò.
Quando prese coscienza di sé e riuscì ad aprire di un filo le palpebre, gli apparvero delle cascate di riccioli d’oro troppo noti, degli occhi nocciola riconoscibili tra mille ed un sorriso fuori da ogni grazia. Tutto il suo corpo veniva sovrastato dal sole che si trovava davanti.
“Merc…”non riuscì a finire il nome che già si era allontanato con il fiato corto e la faccia di chi ha appena visto un fantasma.
“Che fai tu qua?”

Mercuzio era sorpreso ma non lo diede molto a vedere e tornò quasi subito con la sua espressione beffeggiatrice.
“ Mah, sai…sono le undici del mattino e Romeo è scomparso. Ti sta cercando mezza Verona. Pensa che tua madre stava per avere un arresto cardiaco e ci ha mandato a cercarti. Sai, siamo andati in primo luogo in camera tua.” Poi guardò Benvolio come per farlo suo complice.
“Benvolio caro, vogliamo dirglielo in che condizioni abbiamo trovato la sua camera?” Un sorrisino si dipinse sul suo volto.
Romeo rabbrividì ricordando come aveva lasciato la sua stanza, e sicuramente non era il disordine la causa di tanta preoccupazione. Il biondo fece un passo verso di lui ma questo schizzò dietro un albero facendo spuntare fuori da esso solo la testa.
“Per il bene di entrambi, non avvicinarti!” gridò spaventato.
Mercuzio cominciava a preoccuparsi. Che quel giorno il castano fosse particolarmente strano si era capito. Chissà per quale ragione. Gli avrebbe fatto molto comodo saperlo ma per il momento, per aiutarlo doveva solo lasciarlo stare.
“Ok, calmati! Non mi muovo! Voglio solo chiederti…eri cosciente o no quando l’hai fatto?”
“Certo che no…”disse nascondendo il volto dietro l’albero.
“Va bene, allora deduco che la mia domanda di poco fa avesse una risposta affermativa” tornò il sorrisetto sulle labbra.
“Andiamo Benvolio.” disse spingendolo con una pacca sulla spalla. Poi si voltò a guardarlo.
“Dirò che eri in una locanda con una donna e che hai fatto un po’ tardi ieri sera.”
Guardò dritto. “Forse non è completamente diverso da quello che ti ha fatto sognare la regina Mab.” Dedusse con un velo di malinconia, poi si allontanò con Benvolio lasciando Romeo definitivamente solo.
Quando i due scomparvero dalla sua vista uscì allo scoperto e sospirò appoggiandosi al tronco.
“No, Mercuzio…la regina Mab mi ha aperto il cuore…”sospirò di nuovo “…sì, e tu mi hai aperto le gambe. La regina Mab ha chiarito i miei dubbi” ripensò anche a questa frase “Sì, li ha chiariti macchiandoli di bianco. Ahhh sono perso! Abbandonato in amore bizzarro, in una pena a quanto pare infinita se sei tu la mia preda. Anzi, posso dire che qua la preda sono solo io e tu il predatore, il tentatore che mi trascina in un turbine di passione grazie al suo fascino.” guardò il cielo, unico ascoltatore di quel suo tormento.
“Ti amo, Mercuzio!” concluse prima di avviarsi verso palazzo Montecchi speranzoso che l’amico non venisse mai a sapere di tutto questo.


Intanto, nella cucina del palazzo del principe…

“Mercuzio!! Ehi, Mercuzio!” chiamava un Benvolio scocciato.
Lui rispose con un mugugno guardando un punto fisso e indefinito davanti a lui mentre si versava l’ennesimo calice di vino che buttò giù.
“Wow, ottengo una risposta (se così può definirsi) solamente dopo la ventitreesima volta che ti chiamo. Questo record di rapidità è da ricordare.”
“Che vuoi?” lo guardò storto con l’aria di chi avrebbe raso al suolo l’Italia se lo avresti disturbato.
E questo il Montecchi lo avvertì decisamente.
“Ehm… beh… non mi sembri particolarmente in forma…”
“Sai, quando scopri che l’uomo per cui daresti la vita sogna una notte d’amore con un’altra donna e si sveglia solo dopo essere stato avvolto dal suo stesso piacere macchiando  le lenzuola, non ti senti perfettamente la persona più felice della Terra.” rispose tracannando un altro bicchiere del liquido purpureo.
“Guarda il lato positivo…”
“Quale lato positivo?! Sogna di farsi una donna e scappa se mi avvicino. Esiste tortura peggiore di questa? Povero Mercuzio, ora che non può neanche abbracciare il suo amore, nemmeno sfiorarlo amichevolmente come prima. Maledette le mie parole sulla regina Mab che lo hanno terrorizzato al punto da far sussurrare alla sua mente che la regina dei sogni è il qui presente Mercuzio della Scala. Ora teme anche il suo migliore amico.” Si voltò e si aggrappò alla camicia di Benvolio “Amico mio…come pensi che debba vivere?” gli chiese esasperato con le lacrime agli occhi.
Il riccio lo guardava. Provava pena per lui. Il folle Mercuzio, colui che della sua sfrontatezza aveva fama, ora si lasciava morire per un’ innocua pena d’amore. Il Montecchi lo aveva sempre saputo che in fondo l’amico aveva il cuore più caldo e dolce della Terra, così come sapeva che cercava di mascherare questa sua qualità, forse per sembrare meno debole e conquistabile.
In quel momento gli venne in mente l’unica soluzione possibile, anche se molto improbabile.
“ Ascolta me…”gli diede una pacca sulla spalla. “Cessa di pensare a lei, guarda altre bellezze.”
L’altro lo guardava stranito ma poi accettò.
“Proviamoci, anche se molto probabilmente finirà per peggiorare la situazione. Stasera andiamo insieme alla locanda dietro il cortile di palazzo Montecchi. E comunque, che sia chiaro…io continuo ad amare Romeo.”
Il Montecchi fece uno scatto di tre metri indietro.
“Non volevo dire che devi sfogarti con me!!”
Il ragazzo lo guardò…eh sì, Benvolio Montecchi è anche questo!
“Intendevo che andiamo insieme ma il fatto che prendiamo due camere è più che scontato…  -_-°”
“Ahh…ehm…ok! Però potevi spiegarti meglio.”sorrise.
Mercuzio lo guardava con uno sguardo che avrebbe spaventato lo stesso Tebaldo.
“Un biglietto per sola andata non te lo toglie nessuno” commentò versandosi un nuovo bicchiere di vino.
“Per dove?” chiese ingenuamente.
“ Per andare a quel paese.” Gli rispose semplicemente bevendo dal calice.

 
In quello stesso momento a palazzo Montecchi…

“Oh, grazie a Dio, Romeo. Ero così in pensiero per te!” gli corse incontro la madre, abbracciandolo.
“Perdonatemi madre ero…”
“Sì tranquillo, Mercuzio mi ha detto tutto. Alla tua età è comprensibile” lo tranquillizzò lei ma ottenne l’azione inversa perché Romeo si agitò di più, ora le guance rosse d’imbarazzo perciò la madre lo lasciò stare e lui tornò in camera sua.
Il ragazzo si rifugiò nella sua camera come faceva sempre quando l’amore scavava nel suo cuore.
Gli procurava dolore, ma era un dolore piacevole.
Un amor litigioso, un odio amoroso.
Un gelido fuoco, un’inferma sanità.
Un sonno insonne che non è quel che è.
Entrato nella stanza vide il suo letto perfettamente rifatto. Si avvicinò e trovò un biglietto sul cuscino:

Tranquillo, rimarrà il nostro piccolo segreto.
Tuo Mercuzio
P.S: Dato che non volevamo che qualcuno sapesse della tua notte d’amore sognato, abbiamo messo a posto la camera io e Benvolio, perciò sappi che la prossima volta paghi tu per tutti alla locanda.”

Strinse il foglietto. Non poteva andare peggio di così.
L’uomo che in sogno lo aveva toccato, nella realtà aveva toccato il suo piacere, quella parte di Romeo che egli stesso gli aveva procurato.
Chiuse le tende e si buttò vestito sul letto. Quella sera sarebbe andato alla locanda dietro casa per sfogarsi con qualche donna. Aveva il bisogno di ricordare al suo corpo che lui era un uomo che entrava e non che riceveva, ormai non gli interessava se quell’atto gli avrebbe riportato alla mente un brutto ricordo.
Un brutto ricordo che incominciava a diventare sempre più piacevole.
Trattenne il pezzo di carta stretto al petto e lasciò una lacrima scivolare al lato dei suoi occhi mentre il nome del suo amato (ormai poteva chiamarlo così) sfiorò le sue labbra.
“Mercuzio…”

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Capitolo 2
*** il tempo seppellisce, l'amore guarisce ***


Romeo si svegliò. Si alzò quasi subito e guardò fuori dalla finestra. La sera aveva quasi finito di scendere completamente.

Avrebbe aspettato qualche oretta prima di andare a lavare via quel ricordo.

Ma come poteva passare quel tempo?

L'opzione di stare con i suoi amici era del tutto esclusa ma senza loro due era perso. Stavano insieme praticamente tutto il giorno e adesso restare diviso da loro lo distruggeva.

Ma gli venne in mente un'idea: il roseto dei Montecchi. Si trovava dentro le mura del castello.


Romeo amava quel luogo: tutti conosciamo la sua romantica essenza e cosa c'è di più romantico delle rose oltre allo stesso Montecchi?
Lì se ne potevano ammirare di tutti i tipi e colori: dalle rosse alle blu, dalle rosa alle gialle.

Ma le sue preferite erano senza dubbio le rose bianche. Esse, infatti, rappresentavano la purezza, il silenzio e l'innocenza.

Quella purezza al rubata dalla regina di un sogno;

quel silenzio che regnava sovrano, rotto solo dai suoi gemiti;

quell'innocenza che, a poco a poco, cominciava a lasciare spazio al senso di colpa.


Ma la sua coscienza non era macchiata di sangue carminio, bensì di un liquido bianco e denso e di un sogno sottile come l'aria e più freddo del vento del nord.

Così freddo da penetrare nelle ossa e ghiacciargli il sangue ma anche caldo abbastanza da avergli sciolto il cuore.
Sfiorò un petalo con il dorso dell'indice e sorrise:

“Ormai non so più se esserne felice o disgustato. Quanto vorrei riabbracciarti, Mercuzio.”

In questo momento la sua attenzione fu colta da un particolare fiore, diverso da tutti gli altri.

“Questo papavero bianco…” sussurrò, accovacciandosi per osservarlo meglio.


 

*[ Ehi ragazzi, vi va di piantare un fiore?” chiese il bimbo biondo tutto entusiasta.

“Perché dovremmo piantare un fiore in un roseto?” chiese il bambino con dei folti capelli ricci e due occhietti azzurri come il mare.

“ Così quando crescerà sarà il simbolo della nostra amicizia.” sorrise fino a socchiudere gli occhi.

Il piccolo Romeo li guardava. Era felice di avere due amici come loro.

“A te va bene, Romeo?”

“Eh… ah… sì certo! Che fiore piantiamo?”

Mercuzio guardò la buca che avevano fatto: “Se per voi va bene vorrei piantare un papavero bianco”

“E perché proprio un papavero bianco?” gli chiese ingenuamente.

Lui lo guardò: “I papaveri bianchi rappresentano i sogni”

“I sogni?” ripeté confuso il ricciolo “Quelli che si fanno durante la notte?”

Il biondo scoppio in un innocua risata.

“Non solo mio caro Benvolio. I sogni sono anche la nostra realtà: sogniamo mentre dormiamo poi ci svegliamo e cominciamo a sognare ad occhi aperti.”

Vedendo i due bambini attenti e stupiti iniziò a giocare un po' con loro “Sapete, anche in questo momento io sto sognando.”

“E cosa sogni?” il piccolo ormai aveva incuriosito Romeo.

Sbuffò sorridente: “Sogno dei bambini che fanno troppe domande! Dai piantiamo questo fiore e poi andiamo a farci un bagno al fiume”.

Queste parole convinsero i due e così piantarono un seme di papavero bianco.]*

Romeo sorrise al ricordo. Quella era la prima volta che sentiva il suo migliore amico parlare di sogni e da quel giorno non smise più. Ma doveva ammetterlo, lo aveva sempre affascinato.

Nello stesso momento due ragazzi giravano Verona quando decisero di far visita al Roseto dei Montecchi per confessare la sventura e la tristezza di Mercuzio alle rose prima di buttarsi in qualche avventura notturna.

E così, chiacchierando e camminando, videro il povero Romeo che parlava con un fiore.

“Il gentile Romeo!” disse Mercuzio sorpreso sporgendo il petto in avanti, ma fu bloccato da un braccio del castano.

“Aspetta! Non farti vedere… ascoltiamo.”

Anche l'altro si convinse e si nascosero dietro un cespuglio per ascoltare le parole di Romeo.

“Mercuzio, ora ho capito cosa intendevi quella volta: appena smetto di sognarti la notte, ti sogno di giorno. Mercuzio, predator di questo cuore, quanto mi mancano i tuoi abbracci.”

Il ragazzo, senza farsi vedere né da Romeo né da Benvolio, restò a bocca aperta.

In pratica Romeo aveva appena confessato di aver sognato di aver fatto l'amore con lui?!

No, impossibile! Avrà capito male per forza! Però, vedendo con la coda dell' occhio l’altro a bocca aperta, si girò implorante strattonandolo per le braccia. “Ti prego fratello mio! Lascia almeno che ci parli!”

Benvolio lo spostò con una spinta e con lo sguardo serio, bocciò definitivamente la richiesta.

“No, Mercuzio! Capirà che siamo rimasti ad origliare”

Dopo però, vedendo gli occhi imploranti del biondo, provò pietà per lui e cercò di farglielo capire con un altro impatto, scuotendolo delicatamente per le spalle.

“Solo stamattina fuggiva da te. Comprendilo, è ancora confuso. Dobbiamo solo aspettare. Stasera sarà quel che sarà poi domani è un altro giorno." Lo fissò negli occhi, poi lo abbracciò.
"Mh..." mugugnò lui un po’ deluso. “Tu stai pianificando qualcosa, vero?” pensò in quell’abbraccio.



Quella sera Mercuzio e Benvolio andarono come previsto alla locanda.
Venne incontro loro la locandiera.
"Cosa posso offrirvi giovani Messeri?” chiese gioviale.

"Letti caldi per passare la notte, possibilmente con un riscaldatore naturale incluso" rispose Mercuzio.
"Scegliete colei che più vi aggrada " disse, indicando con un cenno del capo delle giovani fanciulle belle e prosperose.
"Sono tutte affascinanti perciò scegliete pure voi" gli rispose Benvolio.

“ Colei che,invece, avrà il pregio di passare la notte con Mercuzio della Scala non sarà scelta dal fato ma da egli stesso. Colei che porta i capelli corti e le forme non troppo evidenti.”
La donna allora, soddisfatta, consegnò le chiavi delle stanze.
"53 e 54 a voi. Vi faccio arrivare le ragazze tra un attimo".
I due annuirono e salirono fino alla loro stanza.


 

“ Non penso che prendere una ragazza che gli assomiglia ti aiuti, amico mio” gli disse salendo.

“Non riuscirò comunque a cancellare il suo ricordo per sempre. Se proprio non posso averlo tra le braccia, preferisco che la mia mente si illuda” gli rispose guardando fisso davanti a sé.

Arrivarono davanti alle loro camere.

"Bene messere a domani. Ah...facciamo una scommessa?" gli propose  Mercuzio.
"Che tipo di scommessa?"
"Se senti la mia donna implorarmi, domani paghi tu; e viceversa."
Il castano, non troppo convinto, accettò. Forse in questo modo l'amico avrebbe potuto liberarsi un attimo la mente.
Si salutarono. 
Entrò in camera prima Mercuzio ma dimenticò la chiave attaccata alla porta.

Benvolio stava per entrare nella sua camera quando notò un certo giovane entrare in una stanza.
"E lui che ci fa qui?!" pensò con l'espressione sorpresa. Espressione che venne mutata presto in uno sguardo simile a chi si fa venire in mente un'idea folle e alquanto maliziosa.
Andó dal compagno (che era girato di schiena) e gli tappò la bocca con una mano mentre con l'altra gli oscurava la  vista. Lo portò fino alla camera del biondo e lo spinse dentro. 
Chiuse la camera il più in fretta possibile e appoggiandosi alla porta di legno si convinceva sempre più che quello che aveva fatto fosse una scelta giusta. 


Arrivarono le tre belle fanciulle che avrebbero dovuto riscaldare i tre giovani. Benvolio preso un sacchetto di monete d'oro e lo buttò ai loro piedi.
"Grazie comunque" disse prima di tornare in camera sua, immaginandosi già gli sguardi innamorati dei suoi due fratelli.

“Domani penso proprio che mi toccherà pagare il conto.” pensò tra sé.

Intanto dall'altra parte della porta...

"R-Romeo!" chiamò stupito il biondo a petto nudo intento a slacciarsi la cinta dei pantaloni ma si bloccò alla vista dell'amato. Dal canto suo il bel Montecchi non riuscì a proferire parola, estasiato dalla bellezza del ragazzo. 
Mercuzio sospirò e si buttò sul letto.
"Lo so che ormai mi odi ma neanche io ne sapevo niente. Ha fatto tutto Benvolio. Io non ne sono complice. " si alzò  e andò verso la finestra per guardare la luna.
"Quando stamattina hai cominciato ad evitarmi mi sono sentito malissimo perché avevo paura di perderti per sem... Ma cos-?!"
Sentì  delle braccia forti  circondargli l' addome e un petto caldo è rassicurante aderire alla sua schiena. Si girò di scatto ma non ebbe neanche il tempo di commentare che Romeo aveva già intrappolato le sue labbra in un bacio.  Era intenso e voglioso. Romeo teneva gli occhi chiusi mentre Mercuzio più spalancati che mai .
Cosa voleva dire quel bacio ? E soprattutto, cosa sarebbe successo dopo ?
E fu in quel momento che, mandando chissà dove le parole di Benvolio sul temporeggiare , chiuse gli occhi e spinse la propria lingua nella bocca del compagno .
Questo gesto provocò una leggera eccitazione in Romeo , concretizzata da un sottile gemito.
Il biondo poggiò le mani sulle spalle di lui , poi accarezzò le braccia e si avviò al petto , liscio e candido . Sfiorò con un dito un capezzolo già turgido facendo fuoriuscire un lamento di piacere da parte di Romeo.
Scese all' addome, passando lievemente sui fianchi, dove le mani si stanziarono momentaneamente. 
Le labbra si lasciarono.
"Cosa significa quel tuo percorso con le mani?" gli chiese in un sussurro a fior di labbra.
"No, Romeo, qui sono io che esigo delle spiegazioni. Perché?"
" perché ti amo ! Sì Mercuzio, ti amo! Dovevo dirtelo prima o poi!"
Mercuzio restò di stucco. Forse la regina Mab stava accecando anche lui. Forse quello era solo e soltanto un sogno.
*[Sogniamo mentre dormiamo, poi ci svegliamo e cominciamo a sognare ad occhi aperti. Anche in questomomento io sto sognando..."]*


Si ricordò di quella frase detta da piccolo. Già quel tempo era innamorato di Romeo, perché adesso doveva dubitarne ? 
"Ti-ti amo anch'io..." sussurro con voce spezzata e gli occhi ancora spalancati, ma velati da lacrime sottili che aspettavano di scendere libere sulle sue gote.
"  stai scherzando ?! Oh mio dio , da quando?" Romeo non poteva crederci. Lui che si era fatto tutte le fantasia mentali di questo mondo su come l' altro avesse potuto rifiutarlo.
"Mah... Da quando ti conosco." lo informò. Poi gli venne un dubbio:
"Ma è per questo che mi evitavi  ?"
Romeo abbassò lo sguardo, azione che il biondo prese per un sì.
"Sei un idiota. Ma perché non me ne hai parlato?" gli chiede con una buona quantità di rabbia.
"E che ti dicevo?! Sai Mercuzio, quando mi abbracci o andiamo al fiume mi eccito come solo Dio sa. Tu che avresti pensato?!"
Il biondo capì e avvicinò il viso a quello del compagno.
"Nulla di male perché sono esattamente gli stessi sentimenti che provo io per te" gli disse accarezzando la sua guancia.
Si diedero un bacio casto, labbra contro labbra e niente di più.

“Secondo te chi è più stupido? Io che non ti ho detto niente in più di dieci anni o tu che sei arrivato a sognare di far l’amore con me e, per paura di disgustarmi, scappavi?”

“Lo siamo stati entrambi, accecati da questo amore impossibile” il suo sguardo scese al petto del biondo per poi risalire agli occhi passando sul collo e sulle labbra “Sai… adesso sarebbe magnifico…”

“Cosa?” gli chiese curioso.

“Ecco…ho il desiderio ardente di liberare questo mio amore e di sentirti come nel sogno, ma questa volta il sogno fatto realtà.” Si specchiarono uno negli occhi dell’altro.

Romeo vedeva lo stupore e la gioia del biondo, Mercuzio ammirava una scintilla di desiderio nei suoi occhi scuri.

Come da risposta, gli prese il viso e lo baciò con passione e ardore. Romeo era felice di quel tocco , di quella voglia di sentirlo pienamente .
Il biondo cambio le posizioni mettendo l'altro contro la finestra e facendolo sedere sul muretto dove prima si era appoggiato lui per ammirare la notte .
Gli aprì le gambe ed entrò in esse.
Continuando il bacio sempre più famelico cominciò ad aprire i pantaloni al Montecchi, notando già un piccolo rigonfiamento.
" Pff" sorrise soddisfatta constatando le condizioni dell'amico . 
Il moro arrossi dall' imbarazzo. Poi buttò uno sguardo al cavallo dei pantaloni di Mercuzio.
" Senti chi parla! Tu non sei messo meglio.”
 Lui in risposta spinse il bacino contro quello di Romeo per fargli sentire la propria imponenza e per aumentare il volume al moro.
Romeo provò a trattenere un gemito ma senza successo.
"Vedo che questo movimento ti aggrada parecchio." gli sussurrò con voce suadente, appoggiando le labbra all'orecchio per poi leccarlo.
Scese alla mandibola, tracciandone il contorno con la punta della lingua.
Arrivò al collo dove si fermò giusto il tempo di lasciare un succhiotto. Il moro, che si gustava ogni secondo di quella meraviglia,  sospirò di piacere quando lui gli lasciò il marchio del suo amore sul collo.
Il biondo leccò il segno rosso come se volesse affievolire la vistosità del succhiotto. 
La sua lingua si mosse ancora per andare a toccare il petto.
La fece scivolare più volte sul suo sterno mentre con le dita giocava con l estremità rosea e turgida che aveva stimolato in precedenza.
Sentendo Romeo muoversi bramoso sotto il suo tocco, lo prese in bocca e giocò con la lingua.
"Ah...sì Mercuzio! Oddio, si!"
Mercuzio lasciò quella piccola protuberanza, non senza averlo graffiato con i denti.
Con un percorso di baci arrivó all' addome. Le sue mani si posarono sulle ginocchia e salirono, arrivando all' inguine. Salirono ancora, cercando di deviare il membro duro di lui, e si intrecciarono nella peluria. 
Romeo era in estasi. Si contorceva dal piacere. Sentiva bruciare ogni punto toccato dal giovane. Gli venne un desiderio spiccato. 
"Ah...Mercuzio! Ti prego fammi venire!"
Allora, dopo averlo completamente denudato, le sue mani presero in ostaggio le carni, afferrandogli e massaggiandogli i glutei, lasciando quindi spazio alla bocca che, avida, si impossessó della sua erezione.
Ne inumidì la base, salendo poi a lasciare dolci baci e lappate fino ad arrivare alla punta.
La lambì con le labbra e con la lingua. Poi lo fece entrare nel suo antro caldo, stringendo le labbra.
Il Montecchi non riusciva più a resistere. Intrecció le dita tra i riccioli biondi, lo tirò a sé, alzando istintivamente le gambe.
"Ahhh...Mercuzio sí!!" gridava il suo nome.
Mercuzio prese due dita e le infilò nella bocca di Romeo. Lui le succhió, le leccó, ci giocó con la lingua, trasportato da una corrente famelica.
E lui restava lì, ad osservare la sua espressione estasiata, spingendo le dita tra le sue labbra ed eccitandosi all' estremo.
Anche Mercuzio era in estasi. Si, estasi pura.
Esitò a togliere le dita dalla bocca di Romeo ma si convinse che era per una buona causa. Andó giù ad accarezzare la piccola apertura di Romeo, resa già umida dall' eccitazione. Poi introdusse un dito, spingendolo dentro e fuori. Prima piano poi sempre più veloce finché non ne infiló un altro.
Il moro gridò per quell'introduzione e perciò il ragazzo si fermó e lo fece abituare all' intrusione. 
Quando lo sentì calmarsi le mosse allo stesso ritmo del primo.
Continuò, allargando sempre più quel buchetto eccitato finché...
"Ah...Mer-cuzio! Sì! Sto per...ahhh! Non resisto più! Ti prego...ahhh fammi venire!"
A quelle parole lui si fermò e per qualche secondo restó ad osservare il suo amore con il fiato corto, le gambe aperte per lui, l'erezione che non aspettava che scoppiare e l'espressione che rappresentava tutta la goduria che in quel momento stava provando.
Quella visione lo fece eccitare davvero molto ma non si vide perché il suo membro  era giá più che pulsante. 
Si diede ad un sospiro di piacere. Poi, in fretta, si sfilò i pantaloni e li buttò a terra. Stava per spingersi dentro l'amato ma lui lo fermò.
"Andiamo...anf...sul letto."
Il biondo acconsentì.
Lo prese in braccio e lo posò delicatamente sul letto poi, in una spinta di fianchi, entrò in Romeo. Questo sprigionó un grido non molto diverso da un urlo di dolore.
"Ahhhhhhh!!!!!!"
Mercuzio si fermò e, come prima, lo fece abituare.
Quando lo sentì rilassarsi intorno a lui, iniziò  a spingersi sempre più in fondo, uscendo ed entrando aumentando, a poco a poco, la velocità. 
E alla fine il moro non si trattenne più e, in un urlo di goduria, venne.
L'altro,vedendo quel liquido bianco schizzare via dalla mascolinità del suo amato, si lasciò andare anch'egli  a questa lussuria e venne nel corpo di Romeo.
Il biondo cadde sul corpo ansimante del moro, respirando affannosamente come lui.
"Ti amo!...anf anf"
"Anch'io!...anf anf"
Dall'altra parte del muro un ragazzo dai folti ricci castani sorrise, convincendosi di aver compiuto un atto che avrebbe segnato l'inizio di una storia infinita e del fatto che i due non lo avrebbero mai ringraziato abbastanza.

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Capitolo 3
*** se il dolore morale non esiste il dolore fisico non persiste ***


Aprì un occhio.

La luce mattutina filtrava nella stanza. Avvertì un calore. Si guardò  intorno. Cosa vide? Il letto disfatto che ormai non gli faceva più disgusto .
Vagò con lo sguardo tra le lenzuola e incontrò delle gambe coperte da quel candido velo fino al coccige .  Vide poi una schiena liscia e candida.
Continuò il viaggio con gli occhi e trovò una matassa di fili d'oro ricadere sulle spalle e infine questi riccioli biondi che incorniciavano un volto bellissimo ma ancora dormiente.
Gli venne da pensare che, racchiuso tra le braccia della regina Mab, non era molto diverso da un angelo celeste. E solo dopo ricordò la notte. Gli era piaciuta davvero tantissimo.
Sorrise mentre allungò una mano verso di lui per accarezzargli la guancia ma improvvisamente l’altro l’ afferrò facendolo rotolare sopra di sé per poi rubargli un bacio caldo ed intenso. 
"Buongiorno Romeo"
Lo aveva chiamato! Aveva pronunciato il suo nome. Ah...quanto poteva rivelarsi soave quel nome se pronunciato da lui.

"Buongiorno anche a te. Buon Mercuzio, per un attimo ho temuto tu fossi un angelo."
"Perché , buon cuore, temi gli angeli?" gli chiese accarezzandolo.
"Gli angeli possiedono le ali per volare via da me."
"Non temere, allora. Io resterò con te per sempre."
Si scambiarono un altro bacio.
"Allora mio, angelo custode, ti va di andare in Paradiso a raccontare il nostro amore alla luce del sole amoreggiando su una nuvola?"
"Ne sarei onorato!"
Si alzarono dal letto scambiandosi l'ennesimo bacio.

Poi si vestirono e uscirono dalla camera, scendendo fino alla porta d'ingresso dove trovarono Benvolio . 
“Buongiorno fratelli” li salutò con viso allegro.
“Buongiorno cugino”
“Buondì cuore d'oro “
Il biondo e il moro si scambiavano sguardi complici. E Benvolio li colse prontamente e sorrise con una punta di malizia .

“Qual buon vento ti porta da queste parti? Sei in cerca di giovani fanciulle o solo di vino, giovane cugino ? Chiese Romeo all'oscuro di tutto .

Infatti la sera prima non era riuscito a guardare negli occhi colui che gli aveva aperto le porte del Paradiso e, sebbene  il compagno gli avesse svelato il nome di costui (*[ "Lo so che ormai mi odi ma neanche io ne sapevo niente. Ha fatto tutto Benvolio. Io non ne sono complice."]*), il Montecchi si era già perso a guardare il corpo di Mercuzio per poterne comprendere le parole.

I due si guardarono un po' straniti ma cercarono di prendere in mano la situazione.

Mercuzio, essendo un passo dietro a Romeo, fece capire in qualche modo all’amico di trovare una risposta decente.
"Volevo solo venire a farmi un goccio. Voi invece? Siete venuti insieme?"

"No beh..." Romeo era un po' impacciato: non sapeva mentire.
Per questo lo aiutò Mercuzio.

"Ci siamo visti sulle scale" disse in fretta per convincere più Romeo che Benvolio.
"Ah, quindi questa notte avete dormito poco eh..." disse spingendoli fuori dal locale.
Romeo uscì per primo, tutto tranquillo, beandosi della notte passata.
Quando anche Mercuzio uscì, passando di fianco a Benvolio questo gli sussurrò all'orecchio: "Le sue grida hanno raggiunto il mio orecchio. Sapevo che eri bravo ma potevi risparmiarti giusto qualcosa,essendo al corrente della sua purezza. Era la prima volta che lo faceva così, la prossima volta calma i bollenti spiriti”

Lui però, non curante, lo scostò: “Ah caro Benvolio, si chiama amore! Non puoi calmarlo o negare la sua presenza perché al tuo cuore parrà un fuoco gentile. Prego Dio perché un giorno possa incontrarlo anche tu!”

Fece qualche passo di scatto per raggiungere Romeo e cingergli la vita con il braccio.

Benvolio rifletté su quelle parole. Chissà, un giorno, magari, forse,  ma per ora la domanda era solo...quando?
Camminarono un po',  quando sia il biondo che il castano si accorsero che Romeo camminava goffamente,  quasi zoppicando.
"Romeo, sei certo di star bene?" gli chiese Mercuzio, preoccupato.
"S-sì,  tranquillo"
"Penso sia meglio fermarci da frate Lorenzo. Che ne pensi, Romeo?"
'Ehm...beh...ok."rispose timido.
Dopo essere arrivati al monastero, il Della Scala  ordinò al Montecchi dagli occhi di cristallo di andare a chiamare il frate.
Fece poi semisdraiare Romeo su una panca.
Quando il castano si allontanò abbastanza, allungò una mano sul suo volto, accarezzandolo.
"Ti fa male?" l'espressione intrisa di preoccupazione .
"Se mi guardi dolcemente,mi dimentico di qualunque dolore."gli rispose appoggiando la mano a quella del giovane dagli occhi nocciola. 
I volti si avvicinarono, le labbra erano a pochi centimetri quando arrivò il frate a passo svelto, seguito da Benvolio.
" Santo Cielo, figliolo, che succede?"
" OhPadre, vi procura un problema visitare questo povero giovane?"
"No di certo. Giovane Romeo, riesci a camminare fino al mio laboratorio?"
"Si, vi ringrazio. Fratelli miei, restate qui per favore."
E così Romeo si allontanò con il frate mentre Mercuzio e Benvolio restarono lì ad aspettarli.
Il biondo si lasciò cadere su una panca.
" calma il tuo cuore, non è niente di grave." gli disse castano sedendosi al suo fianco.
" è anche vero che, visto che era la sua prima volta, non avresti peccato se ti limitavi alle dita."
Lo guardò. Come faceva a sapere così tante cose?
Mercuzio sorrise malizioso e si tuffò con la testa in grembo all' amico fissandolo negli occhi azzurri.
"Quanta cultura possiede l'oscena mente di Benvolio!" gli sussurrò facendo scivolare un dito dalla giugulare fino al petto per poi scendere al basso addome e stuzzicarlo con il polpastrello.
"Buon Mercuzio, forse sarai il più rinomato amatore di Verona, ma certamente non l'unico. Parlando di voi invece...come è andata stanotte?" cercò di sviare la conversione su un altro argomento.
"Dovrei essere io colui che desidera un risposta. Hai sentito come gridava? Come mi implorava?"disse con aria soddisfatta.
"Così: Ah Mercuzio! Sì, mio Dio!ahhh" gli rifece i gemiti dell' amato mentre muoveva il bacino.
"Sì ok! Fermati! Ho sentito ieri!"lo fermò con un poco di rossore in viso.
Mercuzio voleva giocare con lui, solo un po'.
"Avrai anche udito, ma nessuno ti ha mostrato il suo volto. Era semplicemente perfetto."mimò le espressioni contorte di piacere e intrise di lussuria.
"Mh...ti prego, Mercuzio! Fammi venire! Ahhh...SI'!"
Benvolio dovette implorarlo a smettere:"Ti prego Mercuzio!"
Quando il biondo si fermò, lui sospirò sollevato.
"Non so se essere schifato o eccitato dopo questa tua...performance."
Mercuzio sfoderò la sua solita malizia e sfregò la guancia sul suo cavallo dei pantaloni facendogli notare un lieve rigonfiamento.
"Vuoi un aiuto nella scelta?"
"Sei un bastardo! Ora come lo tolgo?"
Il della Scala scoppió in una risata vedendo la reazione dell'amico.
"Ahahah...tranquillo! Se non é molto ti basta camminare un po' e ti passerà." gli consigliò asciugandosi una lacrima dal troppo riso.
"Prega Dio che funzioni e ringrazialo perchè ci troviamo in un luogo sacro dove non posso picchiarti."
Si alzó sbuffando e camminò avanti e indietro.
Mercuzio lo guardava seduto sulla panca.
Era proprio vero... Benvolio Montecchi era anche questo!
"Ah Mercuzio...il frate sa tutto." Lui lo guardò storto "Dovevo spiegargli cos ha Romeo. Rilassati, ha capito."
Guardò davanti a sé, assumendo un espressione malinconica.
"Immaginavo che un uomo come lui potesse capire."
In quel momento arrivò il frate che, con passo tranquillo e rilassato, si avvicinò a loro.
"Giovani Messeri, il vostro amico è a letto che riposa."
Mercuzio si rianimò."Posso andare da lui? Vi supplico padre!"gli chiese implorante inginocchiandosi davanti a lui.
Frate Lorenzo guardò Benvolio che, comprensivo, gli restituì lo sguardo.
"Va bene"sospirò "Ma cerca di non svegliarlo."
"Sì non lo disturberò." 
Non fece neanche in tempo a finire la frase che già stava correndo verso il laboratorio del frate. Si fiondò dal suo Romeo con la velocità di un ghepardo mentre Benvolio, dopo aver ringraziato l'uomo da parte di entrambi, camminò anch'egli verso il suo amico.
Arrivato davanti alla porta, prese qualche secondo per riprendere fiato poi, con estrema delicatezza, aprì la porta e restò per infiniti attimi ad osservare ammaliato quella visione meravigliosa ma allo stesso momento molto triste che procurò in lui la nascita di sensi di colpa.
Il moro giaceva sul letto, con la parte anteriore del corpo aderente al materasso e la parte posteriore coperta fino alla zona lombare da un leggero lenzuolo.
"Ah...quanto vorrei accarezzarlo come quel lenzuolo."pensò con sguardo pieno di pietà.
Lo amava davvero tantissimo. Amava quel corpo e quell'anima davvero profondamente.
Si avvicinò piano e permise ai suoi occhi di assaporare un angelico viso composto da occhi chiusi e sereni, labbra aperte in una fessura, respiro regolare. Desiderava accarezzarlo. Ogni attimo in cui l' altro non era cosciente, avrebbe desiderato toccare con delicatezza i suoi capelli o anche solo sentirne l'essenza. Ma non gli era mai stato concesso. Ora invece poteva, ora che si erano ritrovati.
Allungò una mano verso di lui ma un flebile sussurro lo bloccò.
"Mercuzio..." bisbigliò nel sonno.
La mano adagiata sul cuscino si mosse impercettibilmente.
Il biondo sorrise e poggiò la mano sul quella  del moro, intrecciando le dita.
"Sono qui amore mio."si sdraiò al suo fianco e, prendendo le loro mani unite, le posò sul proprio petto.
"E resterò qui per sempre ad accarezzarti finchè la regina Mab non me ne dà la possibilità." gli baciò la fronte poi prese ad accarezzargli i capelli scuri.
"Grazie Mercuzio" mormorò.
Il ragazzo non si aspettava di trovarlo sveglio. Lo strinse a sè.
"È il minimo...ora riposa."
"Ti amo!"gli confessò accoccolandosi tra le braccia di Mercuzio, il quale si stupì nuovamente ma questa volta dalla dolcezza e dall' ingenuità che mostrava Romeo. 
"Ti amo anch'io"
In quel paradisiaco abbraccio, il Montecchi si lasciò andare cadendo nella presa di Morfeo.
Quando il della Scala constatò la sua dormienza, attirò l'attenzione dell'altro.
"Benvolio, ora puoi entrare. Si è addormentato." lo chiamò senza alzare la voce per evitare di svegliare Romeo.
Entrò con la testa bassa, le braccia incrociate e il sorriso sulle labbra.
"Io..."
"Tu...?"gli chiese.
"Io...sono felice per voi." alzò la testa e lo guardò. Era sdraiato su un fianco e stringeva a sè il suo Romeo accarezzandolo per rendere più armoniosi i suoi sogni.
"Grazie"
Mercuzio vide un velo di malinconia nei suoi occhi.
"Arriverà anche per te l'amore. Devi solo aspettare"
Ricevette un sorriso.
"Lo spero anch'io. Ma per ora ho voi"affermò guardandolo fisso negli occhi nocciola.
Il biondo sospirò.
"Vuoi unirti?" Aprì un braccio verso il castano che non se lo fece ripetere due volte.
"Io starò al vostro fianco in qualunque momento e non vi abbandonerò per niente al mondo. Promesso."
Si fermò un attimo, sospirando.
"Penso tu conosca la quantità di ostacoli che troverete d'ora in avanti lungo il vostro cammino."
Mercuzio guardò Romeo che serenamente, tra le sue coccole, dormiva profondamente.
"Non rinnegherò il mio amore per dei semplici ostacoli."

"E neppure io, per dei semplici ostacoli,  mi ritroverò a rinnegare il mio legame."
Si strinsero maggiormente in quel caldo abbraccio.
"È meglio che tu vada prima che si svegli."lo avvertì mentre l'altro si scostava da lui.
Lo salutò con un cenno della mano e uscì, senza rinunciare, però, a un pensiero:" Se lo volevi tutto per te, bastava dirmelo. E comunque, Mercuzio..." chiuse la porta dietro di sè. "...Il mio amore è destinato a non germogliare, come un seme che muore ancor prima di far spuntare una fogliolina verde."
Prima di tornare per i suoi passi, dal frate, dedicò un ultimo pensiero ai suoi fratelli, Mercuzio e Romeo che, con il volto sereno, si univano in un abbraccio che passava oltre la fratellanza arrivando ad un vero e proprio amore. Avrebbe procurato loro la felicità anche a costo di rinunciare alla propria. Perché la loro felicità era un traguardo difficile da raggiungere ma indubbiamente non impossibile.

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Capitolo 4
*** predestinati da un destino scritto da noi ***


Aprì gli occhi nel pieno della notte. Uno spiraglio di luna illuminava un fascio di quella stanza.
Sentì un calore indescrivibile avvolgerlo. Non ne conosceva il motivo, ma doveva ammettere di non dispiacere affatto quel luogo caldo.
Solo dopo capì di essere tra le braccia del suo Mercuzio. Il giovane era ancora vestito mentre lui indossava solo una camicia aperta che di certo non copriva proprio nulla.
Si guardò intorno e vide,sul comodino, delle pezze bagnate e una ciotola d'acqua ormai raffreddata.
Osservò poi il suo Mercuzio. Accarezzò i capelli dorati, poi scese e sfiorò delicatamente il suo viso baciando le sue labbra rosse e vive senza svegliarlo.
Con delicatezza si scostò dalle sue braccia e si alzò dal giaciglio.
Dopo aver infilato i pantaloni, si diresse alla finestra.
Si affacciò verso la notte e sussurrò:"Grazie, regina Mab."
Sul suo sguardo colmo di felicità affiorò un sorriso che la rappresentava a pieno.
Aveva trovato l'amore della sua vita. Ora non era un gioco, questo era un amore serio. Serio e complicato, ma dei suoi sforzi ne valeva la pena.
Chissà se la regina Mab avesse mai potuto accorgersi di ciò che aveva creato, di un fiore che, insieme a Benvolio, aveva piantato e ora osservava, soddisfatta, mentre questo sbocciava.
"Romeo..."lo chiamò Mercuzio nel bel mezzo di un sogno.
Lui sorridendo camminò piano verso il compagno e,prima che potesse rassicurarlo con parole gentili, il biondo lo chiamò ancora.
"Romeo!"il suo nome era diventato più simile ad un grido.
"Romeo scappa via!"si dimenò nel sonno.
Il Montecchi non capiva.
La regina levatrice delle fate aveva portato sogni di nera pece all'uomo che nei sogni viveva. 
Il moro si sentiva in obbligo di riportarlo tra le sue braccia, di fargli sentire il suo calore e sostituirlo ad un freddo incubo.
"Mercuzio, amore mio, svegliati!"
Il biondo aprì piano gli occhi, battendo ripetutamente le ciglia.
"Cos è successo?  Dove sono?"chiese con voce assonnata. La visione del suo Romeo apparve ai suoi occhi nocciola.
"Sono arrivato in Paradiso?"
Romeo perse momentaneamente quell' espressione impaurita di poco prima e ne ottenne una di sollievo.
"Le mie braccia sono rese il Paradiso dalla tua presenza, angelo mio."
Gli spostò una ciocca dal viso.
"Ti agitavi nel sonno. Cuore mio, hai fatto cattivi sogni?"
"No, cuor gentile, non preoccuparti, questo uomo sta bene."
"Seriamente Mercuzio, parlami dei tuoi tormenti"
Si mise seduto, stroppicciandosi la faccia con una mano
"Sarò forte per non piangere davanti a te ma sarei giustificato quand'anche io piangessi"
"Cosa afflige il tuo cuore ora che esso mi appartiene?"
"Sei sicuro di volerlo sapere?"lo guardò con occhi angosciati.
"Sì!" rispose convinto.
"Ebbene...ho sognato la mia fine."
Il mondo attorno a Romeo si spezzò come un vetro in frantumi.
"H-hai sognanto di morire?" Sussurrò lascoiando che i suoi occhi si riempissero di lacrime impaurite.
Mercuzio, preoccupato, lo abbracciò.
"Shhh...calmo... era solo un sogno."cercò di tranquillizzarlo accarezzandolo delicatamente.
Il Montecchi piangeva come un fanciullo. Le sue lacrime calde bagnavano la camicia del della Scala.
"Mercuzio, non voglio perderti!"gridò tra le lacrime di disperazione.
"E non mi perderai..."lo baciò sulle labbra e, come per magia, il moro smise di versare lacrime.
Si accasciò poi tra le sue braccia. 
"Regina Mab, a cosa vuoi alludere?"pensò guardando la luna pallida.
Quella notte nessuno dei due chiuse occhio ma non proferirono parola creando così una situazione di pura ansia.

Il sole arrivò presto.
Entrò nella stanza il frate, seguito da Benvolio.
I due fecero finta di svegliarsi.
"Buondì Mercuzio"disse Romeo staccandosi dalle sue braccia. Avrebbe voluto restarvi in eterno ma sapeva che ciò non era possibile.
Mercuzio si stiracchiò. 
"Buongiorno!"
"Come ti senti figliolo?" chiese il frate.
"Grazie alle vostre cure non provo più il minimo dolore."
"Se stai meglio, niente ti tratterrà qui. Vai pure con i tuoi amici"lo informò il frate.
"Fratelli" lo correse il moro.
Benvolio e Mercuzio si guardarono e sorrisero , come anche l'anziano, del resto.
"Hai ragione, ora però vestiti! Mercuzio, Benvolio, lasciamogli qualche minuto"
Il biondo, prima di lasciare le lenzuola, mise un indice sotto il mento di Romeo per alzarglielo posando sulle sue labbra un bacio breve ma passionale.
Avrebbe voluto rimproverarlo:certe cose non si fanno davanti a tutti. Ma cambiò idea dopo aver notato il sorriso paterno del frate e quello soddisfatto di Benvolio che, a braccia conserte, benediceva la sua trovata. 
Romeo sospirò.Era felice che qualcuno li sostenesse.
Dopo che i tre furono usciti, si alzò e si vestì con gli indumenti sulla sedia, piegati e profumati.
Uscì poi dalla stanza e, ringraziando frate Lorenzo, si avviò per le vie di Verona con gli altri due ragazzi.
Girarndo per la città tra le vie affollate, incontrarono un gruppo di giovani Montecchi con cui il folle Mercuzio, per intrattenerli, raccontava con sapienza di ciò che le fanciulle, chiaccherando sotto un albero, chiamavano "nespola".

Ed ecco, da lontano, arrivare Tebaldo con i suoi uomini, i Capuleti.
Fu così che, per i nostri tre giovani, incominciò la tragedia.
Mercuzio si paralizzò per un attimo: il sogno avuto quella notte si stava pian piano avverando. E lui sapeva bene come sarebbe finita.
La possibilità di scappare esisteva, ma non per Mercuzio. Era suo dovere proteggere ciò che amava. Che razza di uomo non lo avrebbe fatto?
"Messeri, che la pace sia con voi."disse Tebaldo.
Il biondo sentiva qualcosa ribollire dal profondo:rabbia.
Come si permetteva a parlare di pace il re degli acchiappatopi?!
"Una parola ad uno di voi altri!"
Poi si avvicinò a Romeo. Il biondo sentì le mani prudere e la rabbia aumentare.
"Ah... il mio uomo!"
Con quale onore diceva ciò? Nessuno poteva permettersi di toccare il suo Romeo, ancor meno un lurido Capuleti,pensò.
"L'amore che ti porto non può permettersi un termine migliore di questo: tu sei un vigliacco!" gli gridò ad un centimetro dal naso scandendo le parole in una maniera che fece innervosire il della Scala ancora di più.
"Vigliacco io non sono, tu non mi conosci." Romeo era preoccupato per questa nuova lite tra famiglie.
"Ma questo ne ripagherà delle tue offese, Romeo."
"Io non ti ho mai offeso" ed era vero. Mai aveva macchiato l'onore dei Montecchi.
È vero, con Rosalina si era leggermente scottato eppure mai aveva macchiato la sua purezza. O forse... gli venne in mente il ballo della rosa a casa Capuleti. Le dame a cui aveva chiesto di ballare erano molte ma con nessuna si era spinto fin troppo in fondo. L' unica con cui aveva osato lievemente era la bella figlia del ricco Capuleti, una giovane fanciulla che non conosceva l'amore.
Tebaldo era suo cugino perciò probabilmente il fuoco della gelosia era esploso in lui.
Mercuzio intanto si era messo in mezzo ai due. Prese Romeo per il colletto avvicinandolo a sè. "Fredda e vile e disonorevole sottomissione."
Il moro doveva pur imparare a tener testa agli altri. Ormai, lo sapeva, quelli erano gli ultimi attimi in cui poteva proteggerlo.
"Ti amo!"gli sussurrò all'orecchio prima di lasciarlo per avventarsi su Tebaldo.
Si scambiarono parole di sfida, poi i loro gesti si fecero più gravi e avventati. Sfoderarono la spada. Il sibilo del metallo rieccheggiava nella piazza. Capuleti e Montecchi incitavano i due combattenti ma nei cuori dei tre re del mondo rimbombava solo la paura e la tensione.
L'aria si era fatta ansiosa e grigia. Quegli attimi stavano passando sul filo di un rasoio, tra la vita e la morte, sospesi nell'oblio.
I due Montecchi provarono a calmarli ma senza successo.
Perchè se Benvolio accorreva per fermare Tebaldo, questo lo spingeva via in un battito di ciglia e se Romeo cercava di bloccare Mercuzio, lui lo spingeva via, più per peoteggerlo che per continuare a combattere.
Il giovane Montecchi, però, era fermamente convinto a fermarli perciò si mise tra i due. Tebaldo approfittò di quel momento e, incosciente delle proprie azioni, spinse la propria spada nella tenera carne dell'addome di Mercuzio, sotto al braccio di Romeo. Scappò poi via con gli altri Capuleti.
I due Montecchi, però, non si accorsero subito della ferita e, sollevati dal fatto che tutto si era sistemato, corsero in contro all'amico.
Il biondo informò l'amato di quella ferita con l' ingenua speranza che almeno lui potesse salvarlo dal destino ormai scritto.
Lui però, prendendo la sua affermazione per uno scherzo, corse in contro a lui insieme al cugino Benvolio.
"Come sei ferito?" gli chiese sorridente appoggiandogli una mano sulla spalla.
"Niente è solo un graffio." cercò di sdrammatizzare ma ottenne il risultato opposto.
L'espressione dei due si mutò in ansia.
"Ma la ferita non può essere grave.".
Mercuzio lo spinse via e lui, perdendo l' equilibrio, prese come appiglio la camicia del biondo. Essa si strappò e rimase tra le mani di Benvolio, inorridite alla vista non più di un candido panno bianco ma bensì di un pezzo di stoffa sgualcito e tinto del peggior colore per un alleato dei Montecchi: il rosso.

"Non è fonda cone un pozzo nè larga come il portale di una chiesa ma basterà".
Camminò trepidante verso Romeo e lo guardò preoccupato.
"Perchè diavolo ti sei cacciato tra noi?"
"Credevo di agire per il meglio!"gli gridò quasi piangendo, cominciando a comprendere ciò che sarebbe successo a poco.
"Ho ricevuto il colpo da sotto il tuo braccio" gli disse indicandolo.
Poi si avviò su una panca e si mise in piedi su di essa, gridando a tutti i presenti:"Chiedete di me domani, e troverete un uomo muto come una tomba."
Per un attimo mancò ma poi rivenne. Mercuzio non voleva anzi non poteva morire. Non così presto. Avrebbe lottato fino all' ultimo per restare con Romeo.
"Sono condito per bene. Questa volta me la sono beccata,  Romeo. È dura anche!" gli disse per non gravare tutta la colpa sul Montecchi. Sapeva che  non avrebbe retto tale peso.
Maledicendo le famiglie e le loro lotte, cadde a terra ma Romeo, nella disperazione, lo prese in braccio.
"Io muoio nella sabbia, sotto questi occhi tuoi. Romeo, ma perchè ti sei messo tra noi? Dentro la mia ferita i vermi mangiano già. Passo sull'altra riva, io ti aspetterò là."
Romeo lo guardava, incapace di aiutarlo. Piangeva, chiedeva aiuto ma sapeva bene quanto ciò fosse inutile.  Sarebbe arrivata la fine e lui lo sapeva bene.
"Lascio a voi la vostra guerra, è per voi ma senza me. Io muoio in pasto ai vermi ma muoio come un re."
Il Montecchi gli spostò una ciocca bionda dal viso. Voleva vedere il bel viso del suo amato. Per l'ultima volta lo voleva amare a pieno.
"Maledico le famiglie, maledico anche il tuo mondo, Romeo."
Infine, utilizzando la camicia di Romeo come appiglio e sorretto dalle sue braccia, espresse l'unica fatidica frase.
"Romeo, amore mio, la ragione perderai."
E, avvicinandosi al suo volto, fece la cosa più sensata: espresse il suo ultimo desiderio.
Colui a cui aveva donato ogni respiro, ora assaporava l'ultimo soffio di vita sulle proprie labbra. Colui a cui aveva dedicato
ogni battito del cuore, ora riceveva l'ultimo segno di vita e lo sentiva rieccheggiare in sè. Colui a cui era dedicato ogni suo incresparsi di labbra, ora poteva assaporarle quelle labbra, per l'ultima  volta.
Baciò il suo sogno, baciò il suo amore. L'uomo che da sempre lo aveva fatto sognare,  l'uomo che lo faceva vivere e sorridere.
Come ultimo gesto, Mercuzio baciò il suo sogno,  la sua regina Mab, la sua vita, Romeo. 
Dopodiché divenne tutto nero per il della Scala. 

Romeo, invece, vide tutto rosso. Pianse calde lacrime di disperazione. 
Prese tra le mani il volto freddo dell'amato, riscaldato da quel dolore che, improvvisamente, aveva deciso di sciogliersi. 
"Mercuzio! Mercuzio! Non lasciarmi! Ti supplico! Mercuzio, amore mio!"
Guardò il cielo plumbeo, implorando un aiuto che non ricevette.
Incrociò l'ennesimo e ormai ultimo sguardo  con gli occhi nocciola spenti con troppa fretta.
Non poteva accettare che non si sarebbero più riaccesi.
"Chi raccoglierà i sogni che avevi?"gli sussurrò accarezzandogli il viso dopo aver scostato le ciocche bionde.
Qualcosa iniziava a crescere in lui. Qualcosa che sostituiva pian piano il dolore.
Era la vendetta. Quel fortissimo senso di vendetta che lo corrodeva dal profondo.
Corse verso Tebaldo, gridando il suo nome e, accecato da tante, troppe emozioni aggrovigliate, infilzò il proprio pugnale nella schiena del Capuleti e,quando lo sfilò, il corpo di questo cadde a terra, privo di vita.
Anche le sue mani si macchiarono di rosso. Un rosso acceso e purtroppo indelebile. 
Fissò le proprie mani tinte di quel colore nauseante.
Solo dopo si accorse dei gesti appena compiuti e subito, si sentì svenire: la vista annebbiata, la testa pulsante dal dolore.
Benvolio invece, seppur con gli occhi colmi di lacrime vide benissimo i Capuleti arrivare. Corse incontro a Romeo e lo trascinò via.
Doveva salvare almeno lui dalla ferocia dei Capuleti. Per Mercuzio!
Vide un bagliore di speranza: frate Giovanni che passava di lì in groppa ad un cavallo. 
"Frate Giovanni!!!! Fermatevi ve ne ' prego!!"
Lui cambiò traiettoria e si avvicinò in fretta ai due. 
"Cosa succede, Messeri?Perchè state piangendo in due senza consolarvi l'un l'altro? "chiese spaventato.
"A dopo le spiegazioni. Tenete qui Romeo per poco, senza muovervi di un passo da questo luogo. Torno tra un secondo,prima che le vostre ciglia possano toccarsi ancora ."
Si alzò in fretta e prima di correre via più veloce del vento in burrasca, lo avvertì.
"Preparatevi a salvare una vita."
Guardò un attimo suo cugino che piangeva come un fanciullo.
"Due vite"
E poi corse via.
L'aria penetrava nei suoi occhi rossi e gonfi dalle lacrime che con il vento si asciugavano sulle guance divenendo fredde gocce penetranti.
Ma tutto ciò a lui non importava.
"Forse le vite da salvare...sono tre!"pensò prima di arrivare alla piazza.
Raggiunto l'amico, lo spoglio della giubba e della camicia. Strappò una striscia di quest'ultima e fasciò i fianchi di Mercuzio per bloccare l'emorragia. Gli rimise addosso la giubba per riscaldare quel corpo freddo.
Se lo caricò in spalla e, con la stessa velocità di prima, tornò dal giovane frate.
"Andrò con Mercuzio da frate Lorenzo, poi tornerò qua a prendere voi due. Perdonatemi frate Giovanni ma non voglio che, per colpa di una stupida e incoscente lotta tra famiglie,i miei due fratelli perdano la vita."
Saltò in sella, con lo sguardo stranito di frate Giovanni su di sè.
Il cavallo galoppava veloce. Lo scalpitio degli zoccoli rimbombava nella sua mente come il rintocco dell'orologio.
Aveva posato Mercuzio davanti a sè, bacino contro bacino, il viso appoggiato alla sua spalla. Benvolio lo teneva su con le braccia sotto le ascelle dell'amico mentre i due petti aderivano .
"Mercuzio, dimenticati la possibilità di morire! Non succederà, non lo permetterò!"
Trottava,accecato dalle lacrime. Si faceva strada tra i ricordi, rimembrò tutti i suoi sorrisi. Ne bastava uno per far tornare il sole sul viso di tutti.
"Ne vedremo ancora di tuoi sorrisi. È una promessa, tu non morirai!"

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Capitolo 5
*** i temporali più violenti annunciano l'arcobaleno ***


"D-dove sono?"chiese con voce impastata mentre apriva piano gli occhi nocciola.
"Oh...finalmente ti sei svegliato."affermò sollevata una voce adulta.
Provò a mettersi seduto ma una fitta al fianco e alla testa lo bloccarono come corde che lo tenevano legato al letto.
"Oh no, figliolo, devi restare sdraiato a riposare." 
A quelle parole si arrese e si adagiò tra i guanciali.
Si accorse, dopo, che quel letto gli era vagamente familiare.

Tornò un poco indietro con i ricordi e finalmente fu fatta chiarezza, un  poco alla volta, nella sua memoria.
Gli avvenimenti di una vita riaffiorarono come il corpo di un ragazzo che, tuffandosi nell'acqua e avendo ancora una piccola scorta di ossigeno, potrebbe restare seduto sul fondale del fiume, ma, proprio a causa dell' aria che ha nei polmoni, una forza maggiore lo porta in superficie, lontano dalla protezione della leggera corrente, a contatto con il mondo esterno.

Ad uscire dall' acqua prima del resto fu il petto, all'altezza del cuore.
"E Romeo? Dov'è Romeo? È ferito?"domandò frenetico.
"Quieta il tuo animo e tranquillizza il tuo cuore. Romeo è salvo a Mantova tutelato da Benvolio."
Il ragazzo non capiva. Provò nuovamente ad alzarsi ma fu ancora trattenuto da una fitta alla testa.
La trattenne con la mano come se volesse alleviare il dolore, poi ricadde sul cuscino.
"Ma per quale motivo si trova a Mantova?"
"L'ho condannato al bando!"lo informò imponente il principe, entrando dalla porta socchiusa.
Il cuore di Mercuzio mancò un battito.
"Ah, il bando!  Per pietà chiamatelo Morte poichè vi è più terrore nel volto del bando che in quello della morte. Oh Zio, perchè lo avete fatto?"
"Mercuzio, rilassati e riposa su questo letto le tue membra. Ora ti racconterò tutto ciò che necessiti di sapere."lo calmò il frate.
Riversó,così, al giovane le medesime parole di Benvolio.Gli raccontò di ogni singolo dettaglio che conosceva:dall'arrivo di Tebaldo a tutto ciò che successe poi.
"È deciso:andrò da loro a Mantova."

"Tu non vai da nessuna parte!" gli impose categoricamente  il principe. 
"Ascoltate zio, ho riposato per tre giorni! Ora devo andare. Romeo ha bisogno di me!"affermò con una punta di disperazione .
"Romeo ha Benvolio! " il principe aumentò il volume della voce arrivando a coprire il nipote.
"Ma io non ho nessuno"gridò infine Mercuzio con gli occhi velati di lacrime.
Il principe era sbalordito. Lo vide riprendere fiato dopo lo sforzo, immane per lui, di sovrastare la voce dello zio Escalus. Un istinto paterno si mosse in lui e, senza una ragione vera e propria, andò ad abbracciare il suo amato nipote.
"Oh Mercuzio, nipote mio, ti prometto che ti porterò indietro Romeo. Te li porterò indietro entrambi."
Si sciolse, poi, da quel caldo abbraccio.
"Ora torna a riposare. Sarà lui a risvegliarti. E con questa promessa, mi congedo."
Mosse il suo pesante mantello e lasciò la stanza.
Il frate si avvicinò a lui e lo scoprì del lenzuolo. Solo in quel momento si accorse di essere a petto nudo con una fasciatura ai fianchi leggermente macchiata di sangue, coperta per una piccolissima parte dai pantaloni.
"Controlliamo la ferita. Togli delicatamente la fasciatura."gli ordinò il frate.
Lui obbedì e, inevitabilmente, dovette abbassarsi l'indumento, mostrando il ventre piatto che, in un tempo brevissimo gli ricordò Romeo e il suo addome che aveva baciato ripetutamente senza esserne mai soddisfatto completamente.
"Chissà se sulla sua pelle persistono i miei baci." pensò abbassando lo sguardo alla ferita.
Constatò ch e
ra messo davvero male! E se in quel momento aveva la possibilità di respirare, lo doveva a Benvolio, che lo aveva strappato dalla morte,oppure era devoto a Romeo, perchè gli aveva regalato un miracolo chiamato vita.
La sua vita ora era nelle mani dei Montecchi. Ora doveva proteggerli,almeno questo era ciò che pensava.
Capì pochi secondi dopo che lui aveva sempre cercato di proteggerli, così come loro avevano sempre tutelato e sostenuto, come se qualcosa più forte di una semplice amicizia li unisse, come se fosse tutto scritto e giurato in una promessa.

Intato che questi pensieri occupavano la sua mente, il frate mise l'impacco di erbe medicinali sulla ferita del biondo e cambiò la garza.
Quando ebbe terminato gli indicò un cesto colmo di viveri e una brocca poggiati sul comodino alla sua destra. 
"Vado a prenderti la medicina, intanto ti conviene mangiare un boccone se non tocchi cibo da tre giorni."
Detto ciò,uscì chiudendosi dietro la porta.
Il ragazzo sospirò, poi afferrò qualche ciliegia rosata.
"Ahh...queste sono molto simili alle tue guance nel momento in cui il piacere te le colorava di rosso vivo."
Le baciò prima di infilarle delicatamente in una piccola fessura tra le labbra.
Ne prese un altro paio, più succose e intense di colore.
"Queste invece sembrano le tue labbra così calde e dolci."
Convolse anche queste in un bacio più passionale.
Quando ebbe gustato anche queste, prese un cuscino e lo strinse a sè.
"Oh Romeo, perchè non sei qui con me? Mi manchi come se non ti vedessi da secoli, eppure il mio ultimo ricordo risale a pochi giorni fa, a quel bacio. Queste sensazioni mi paiono curiose poiché non è la prima volta che rinuncio a te per interi giorni. pur avendoti amato dal primo istante."riflette malinconico.
Si rigirò nel letto senza però divisersi dal cuscino.
"Forse ora che io possiedo il tuo cuore e tu il mio le mie emozioni sono cambiate. Sono confuso, ma sono certo che non ho mai avuto un vuoto più profondo di questo."
Si strinse ancora di più al cuscino e al suo nostalgico calore e odore di Romeo che non si era perso nell'aria fredda della fatidica giornata piovosa ma persisteva sulla stoffa del guanciale.
"E forse questo l'effetto dell'amore?"sospirò "Oh mio sole, dove ti trovi? Perchè ci hanno divisi?"
Una lacrima scese dalla sua guancia.
Dall' altra parte della porta il frate ascoltava i suoi strazi quando decise di entrare, mostrando un finto sorriso gioviale.
"Eccoti la medicina. La lascio qui sul comodino."
Posò una piccola fialetta affianco alla brocca d'acqua ed uscì nuovamente, lasciando dietro sè una frase.
"Ricordati le parole del principe. Appena smetterai di sognare aprirai gli occhi e ricomincerai a sognare con loro."
Mercuzio restò di stucco. Quella frase l'aveva detta lui tantissimi anni prima, come poteva conscerla il frate?
L'uomo sorrise e uscì.
Il biondo s'accasciò ancora una volta sul letto notando che dallo stupore si era messo a sedere.
"Ah buon frate, vorrei non sognare proprio per averlo qua adesso."
Chiuse poi gli occhi e si addormentò con lo stesso ritmo con cui era fiorito il suop amore:prima pian piano poi tutto insieme.
Intanto frate Lorenzo consegnò una lettera al suo discepolo, il giovane frate Giovanni.
"Portatela a Romeo e Benvolio Montecchi."
Dopo aver ricevuto la benedizione,partì per Mantova. Arrivò in una villa,quella sera stessa e ad accoglierlo fu un servo.
"Come posso aiutarvi, messere?"
"Ho un lettera da consegnare a Romeo e Benvolio Montecchi. Costoro si trovano in questa dimora?"chiese scendendo da cavallo.
"Certamente, prego entrate."
Il servo lo fece accomodare e andò a chiamare i due. 
Quando essi arrivarono,frate Giovanni scattò in piedi. Studiò le loro espressioni: erano malinconiche. Non vi era più un sorriso spensierato sui loro volti.
"Frate Giovanni, cosa vi porta qui a Mantova?"domandò Benvolio.
"Non cosa, meglio chi. Mi manda Frate Lorenzo con una lettera per voi."
"Sarà l'invito al funerale della vita che mi è stata strappata. Benvolio, preparati a due funerali!"commentò Romeo sprofondato ormai nella depressione e  nella tristezza più acuta..
"No, messer Romeo. La notizia non parla di morti ma bensì di rinascite."
A quelle parole qualcosa si accese, o meglio, si riaccese nell' espressione dei due:qualcosa definita speranza.
"Vi prego, buon frate, non teneteci sulle spine. Porgeteci in fretta tale lettera."
Il ragazzo gliela porse e il castano lesse ad alta voce.
"Per i cuori afflitti di Romeo e Benvolio Montecchi.
Giovani messeri, una gioiosa notizia vi aspetta qui a Verona. Il buon Mercuzio ha riaperto gli occhi. A quanto pare la sua ora non era ancora arrivata. Correte a Verona in gean segreto e dirigetevi senza ostacoli nel luogo dove giaccio. Il buon Mercuzio sarà lì ad atten..."il castano non riuscì a concludere la frase poichè i suoi occhi cristallini come l' acqua ottennero un' altra caratteristica di questo elemento:la miriade di gocce. 
Il moro lo abbracciò per dargli conforto.
"Caro cugino, non far piovere i tuoi occhi di cielo. Oggi è un giorno sereno."
"Romeo, amico mio, un cielo sereno carico di pioggia è il luogo ideale per un arcobaleno."
I due si abbracciarono.
"E comunque..."continuò il castano"non chiedermi di smettere quando tu stesso sai di non riuscirci."
Prese tra le mani il viso del cugino e,con i pollici, gli asciugò le lacrime.
"Forza,  torniamo a Verona."
Il ragazzo annuì gioioso.
Qualche minuto dopo, terminati i preparativi, partirono a cavallo per Verona, guidati dal giovane frate.
Cavalcarono quella stessa notte e il giorno dopo.
I due si rifiutarono categoricamente di fermarsi anche solo per qualche minuto.Il tempo per riposare ci sarebbe stato dopo, tra le braccia di Mercuzio, dicevano.
Quando arrivarono a Verona, essa era già tinta dei colori del crepuscolo:le fontane, gli edifici, la vegetazione...
Era uno spettacolo mozzafiato per tutti coloro che avevano il tempo per goderselo.
Ma ai due giovani tutto ciò non importava. L'unico pensiero che girava nelle loro menti era quel giovane biondo che, con il suo sorriso, 
irradiava una giornata di tristezza.
Lui che, con una semplice parola,  riusciva a trasportarti in un altro mondo.
Lui che viveva nei sogni  e trascinava in essi tutti coloro che lo ascoltavano, intrappolandoli nei suoi occhi nocciola.
Mercuzio era questo, semplicemente indispensabile,e i due Montecchi lo sapevano bene.

Si catapultarono da frate Lorenzo.
"Ah eccovi. Bentornati!"li accolse.
Ma i saluti potevano aspettare per Romeo.
"Posso andare da lui? Vi supplico padre!"chiese inginocchiandosi ai suoi piedi.
L'uomo guardò comprensivo i due giovani:questa scena gli era già nota.
Sorrise e acconsentì alla richiesta.
Il giovane corse come mai prima, ma questa volta seguito a ruota da Benvolio. 
Arrivarono davanti alla porta del laboratorio del frate.  Il moro la aprì con forza e decisione.
E poi... il suo cuore perse un battito per ricominciare più veloce ed emozionato.
Fece un sospiro e si avvicinò al corpo dormiente di Mercuzio. Le labbra erano semidischiuse, il respiro regolare, il colorito caldo e vivo e il petto candido privo di indumenti.
Le sue labbra si curvarono in un leggero sorriso mentre le avvicinava a quelle del compagno, finchè non le unì in un dolce bacio pieno di vita che destò Mercuzio.
Il biondo aprì piano gli occhi nocciola e incrociò quelli scuri di Romeo.
"Buon risveglio, mio amato Mercuzio. La regina Mab ti ha portato bei sogni?"
Lo sguardo del della Scala si velò di lacrime.
"Cosa importa di un sogno fittizio e aereo che con il vento si sperde, quando l'unico mio vero sogno è reale e concreto davanti a me?"
Anche al Montecchi si inumidirono gli occhi.
"Ohh Mercuzio!"
"Romeo!"sussurrò.
"Pronuncia ancora il mio nome e non smettere mai più."
Mercuzio si aggrappò al suo collo e lo coinvolse in un bacio più passionale.
Si specchiarono di nuovo l'uno negli occhi dell' altro. 
Romeo gli accarezzò quei ricci biondi che tanto amava.
"La convinzione di averti perso era sempre più grande."confessò lasciando scivolare via una lacrima che cadde sulla guancia del biondo.
Mercuzio, accarezzandolo,gli sorrise.
"L'ultima volta che io e te abbiamo dormito su questo letto promisi che resterò con te per sempre."
"Oh Mercuzio..."
Romeo cominciò a versare calde lacrime che bagnarono il petto del biondo.
Mercuzio gli accarezzavano i capelli corti e scuri. Gli baciò il capo e vi sprofondò il viso. A quel punto anche da parte sua cadde una lacrima di gioia.
Solo allora alzò il viso notando l'amico appoggiato al muro. Si scambiarono sguardi colmi di felicità e gratitudine.
"Grazie per averlo protetto in questi giorni"
"Grazie per essere vivo! E per aver dato una ragione di vita ad entrambi."
E anche loro scoppiarono in un gioioso pianto.
"Vieni anche tu! Forza! "Mercuzio invitò Benvolio all' abbraccio.
Romeo alzò la testa e, insieme a Benvolio,si buttò sul letto,tra le braccia dell'amico.
Quando il biondo si riprese da quella felice riunione, notò che la regina Mab si era impossessata di loro.
Pensò che fosse comprensibile dopo un lungo viaggio come quello appena compiuto.
Baciò la fronte ad entrambi e si accoccolò tra i loro corpi lasciando che la regina dei sogni rubasse anche i suoi pensieri.

"Il giovane frate Giovanni si è addormentato in fretta. Poverino, ha affrontato un lungo viaggio e dubito che quei due abbiano optato per fermarsi."commentò il frate camminando per il corridoio che portava al proprio laboratorio.
"Pensate che si trovino là tutti e tre?"
"Non ne dubito, Principe."
Arrivarono al luogo e trovarono la porta socchiusa.
Con delicatezza l'aprirono e trovarono i tre giovani abbracciati e addormentati.
"Che serenità fiorisce sui loro visi."
"Saggio Principe, la loro felicità é vicina ma non si trova qui a Verona, poichè, per questa città, Romeo Montecchi è bandito a Mantova e Mercuzio della Scala riposa in pace eterna."
"Avete ragione, frate, dobbiamo pianificare qualcosa"
"Qualcosa che potremmo definire come la loro felicità."concluse guardandoli soddisfatto. Perchè potevano girarci intorno all'infinito ma alla fine nessuno dei tre poteva fare a meno degli altri due, e di questo erano sicuri tutti coloro che, nella propria vita, avevano avuto il piacere di conoscerli.
Un ultimo sguardo da parte di entrambi prima di uscire e lasciarli dormire in beata pace.




Ciao a tutti amati lettori...
Apro questo siparietto per mettere in chiaro un paio di cose. Non spaventatevi, nulla di male ma dato che siamo arrivati al quinto capitolo mi sembra doveroso fare una piccola parentesi.
Prima di tutto mi devo scusare per una cosa: penso che la stragrande maggioranza di voi abbia notato che ho fatto di Romeo un dormiglione. Chiedo venia al  riguardo. In  pratica tutto questo perchè ho cercato di dare una parte del mio carattere a Romeo (e ad un altro personaggio di cui tale natura emergerà più tardi se adesso non è ancora visibile). Questo perchè, come lui, anch'io sono innamorata di Mercuzio (fan di Luca non  mi uccidete, vi supplico) e quindi ho dato un po' di me...forse un po' troppo.
Detto questo, passiamo ad un'altra informazione...nel prossimo capitolo scopriremo un nuovo e intrigante personaggio che incontreremo realmente solo nel settimo capitolo, insieme ad altri. E qui nascono i dubbi dei lettori. Si metterà tra i nostri due amanti o li aiuterà? nasceranno altre coppie o resteremo solo e unicamente fissi su Romeo e Mercuzio? Già vi annuncio che amo tantissimo questo nuovo personaggio e i prossimi capitoli (in particolare il 7 e l' 8) e ve ne parlo ora per avvisarvi poichè probabilmente farò questo siparietto solo ogni quattro o cinque capitoli.
Concludo dicendo che sono orgogliosissima di voi che leggete e commentate in tantissimi! Continuate così! anzi sempre più numerosi, quindi fate i bravi e lasciate un commento che non fa mai male e...niente.
Grazie ancora e a presto
Naomi <3 

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Capitolo 6
*** il viaggio comincia laddove il ritmo del cuore si espone al vento della paura ***


"Messeri, su in piedi!" ordinò in tono autoritario il Principe, appena entrato nella stanza.
Mercuzio si svegliò di soprassalto.
"Z-zio! Benedetto Iddio, perché lo avete fatto? Potevo morire d’infarto e voi sareste stato il mio assassino" lo rimproverò dopo essere saltato a sedere dallo sgomento.
"Nipote mio,  è così tardi che persino l'allodola ha terminato il suo canto quotidiano." gli fece notare con tono seccato.
"Avete detto che avevo bisogno di riposo." sbuffò tra uno sbadiglio e una smorfia di disappunto mentre i due affianco a lui si stropicciavano la faccia.
"Hai riposato abbastanza. Ora è bene che voi tre vi destiate e ascoltiate ciò che ho da dirvi con estrema attenzione, se è vostro desiderio ottenere la felicità."
Quelle parole incuriosirono i tre giovani.
"Ebbene..." continuò il principe soddisfatto "Questa sera partirete per Siena. Lì vive un mio parente. Alloggerete da lui. Ho mandato poco fa un mio uomo che lo avviserà del vostro arrivo." concluse l'uomo.
" Ci riconoscerà o dovremmo portare una lettera nella quale confermate la nostra identità?" chiese Benvolio con tono impeccabile, come se fosse già sveglio e fresco come una rosa. Questa sua perfezione di prima mattina attirò gli sguardi straniti e divertiti dei suoi fedeli amici.
Il principe mostrò un sorriso abbozzato.
"Potete stare tranquilli, costui riconoscerà  Mercuzio prima che egli possa proferir parola."
"Buon zio, lo conosco?" domandò confuso, dando vita ad una risata di Escalus.
"Caro nipote...si tratta di Valentino della Scala."
Mercuzio, grazie a queste parole, si spezzò come una sottile lastra di vetro.
"No...no!" sgranò gli occhi, incredulo.
Il Principe di Verona sospirò.
"Immaginavo una reazione del genere ma la sua villa è il luogo più lontano da Verona appartenente alla nostra famiglia."
"Ma nobile zio, Valentino non viveva a Torino?"
"Sì, la tua memoria non ti tradisce. Ma in seguito egli è partito per Siena"
Il ragazzo dagli occhi nocciola si rituffò, stronfiante, tra le braccia dei due.
"Benvolio,  tra cinque minuti vai al mercato con frate Lorenzo e compra le provviste per il viaggio.” ordinò lui.
“E nel frattempo..."una saetta collegò, in un fulmineo istante, i suoi occhi neri con quelli di  Mercuzio e Romeo "Mi raccomando voi due!"
Loro si scambiarono sguardi interrogativi per poi rivolgerli al Principe che, silenzioso, si era già congedato.
I tre giovani re sbadigliarono all' unisono.
"Mercuzio...chi è Valentino?" chiese Benvolio alzandosi dal letto.
"Mio fratello maggiore"
I due Montecchi restarono di stucco: Mercuzio della Scala aveva un fratello?! E loro che pensavano di conoscerlo fino in fondo.
"C'è altro che ci sarebbe utile conoscere?" chiese Romeo con tono velatamente indagatore.
Lui scosse la testa "Per ora no" pensò con malinconia abbastanza sottile da non essere notata.
"E per quale motivo ne fai una tragedia di tale drammaticità ?"domandò il giovane dai lucenti occhi cerulei.
"Aspettate di incontrarlo."
"Pensi che ostacolerà..."chiese Romeo cercando di evitare parole che avrebbero potuto insospettire il cugino.
"Sta’ quieto, Romeo. Benvolio è testimone fidato del nostro amore. È solo grazie a lui se tu sei entrato nella mia stanza quella sera alla locanda."
Romeo ricordava: qualcuno lo aveva spinto in Paradiso, qualcuno aveva poggiato le proprie mani sulla sua schiena creando delle ali soffici e leggere che lo avevano portato in compagnia del suo angelo biondo.
E quel qualcuno evidentemente era suo cugino.
"Allora sei tu il vigliacco che mi hai preso alle spalle e mi hai spinto?" lo accusò con tanto di dito scherzosamente puntato contro di lui.
"Beh...era per una buona causa."
Il cugino, a discapito delle proprie aspettative, gli mostrò un sorriso caloroso e roseo.
"Grazie infinite!"
Gli altri due sorrisero.
Il biondo fece scivolare il braccio intorno alle sue spalle, posando la mano sulla candida guancia e le labbra tiepide sulla tempia per lasciargli un tenero bacio.
"E tornando alla tua domanda...no, non ci ostacolerà, poiché l'ultima volta che ci siamo incontrati, ad una riunione di famiglia lui mi ha...confessato di essere innamorato di un uomo. Spero che il tempo non abbia mutato i suoi gusti." dichiarò un poco incerto.
Romeo si sentì inspiegabilmente sollevato.
Se, a discapito delle parole del compagno, il Conte della Scala si fosse rivelato simpatico, avrebbe trovato una persona con cui aprirsi. Certo, c'era anche Benvolio ma quando si confessava con lui aveva l'impressione di appesantire quel suo cuore fragile e pieno di responsabilità non sue.
"Buon Mercuzio, purtroppo il sonno ha reso malconci i miei indumenti. Puoi prestarmi quelli che il frate ha conservato per te appositamente per il viaggio?" chiese Benvolio spogliandosi “Ho come l’impressione che in questi attimi non ti serviranno.” continuò con sguardo ammaliante.
"E sia. Riportamele in tempo per la partenza." si raccomandò.
"Sarà fatto. "concluse lui in un ironico inchino.
Dopo essersi cambiato, uscì dalla stanza, salutando i due compagni di avventure con un semplice "A stasera" per poi chiudere la porta.
"Ora posso finalmente recuperare quei tre giorni in cui ho dormito in un letto freddo che avrebbe voluto così tanto avere il tuo calore e il tuo corpo che lo riscaldava."
Le dita del moro scivolarono sul petto compiendo una carezza desiderosa e desiderata.
Un sorriso dipinse le labbra di Mercuzio. Con l' indice e il pollice avvicinò il suo viso al proprio per stampargli un casto bacio sulle labbra e niente di più. 
Romeo però, insoddisfatto di tale scarsità, lo sovrastò, facendo aderire i bacini ma stando attento a non toccare la ferita recente causata dall’amore e dall’odio.
Unì le labbra a quelle dell'amato. Un'unione passionale e colma del desiderio di amarsi e di aversi, di cercarsi con ansia e ritrovarsi con gioia.
"Cuor gentile e ammirevole, il tuo corpo e il tuo animo sono pronti a recuperare quell'amore che, per tre lunghi giorni, ha lasciato che il dolore corrodesse il tuo animo come un'infezione?"
Il moro sorrise sulle sue labbra.
"Ecco qui la mia medicina."
L'ennesimo bacio, meno duraturo del precedente ma comunque intenso quanto il primo.
Si specchiarono uno negli occhi dell'altro.
"Prendimi, allora, come si fa con una medicina."
"Sarei pronto ad accoglierti, se non fosse per un ostacolo."
"E quale, vita della mia vita?" gli chiese con espressione tra l'ansioso e il preoccupato.
"Per prima cosa, il luogo in cui ci troviamo è un monastero, un luogo sacro e puro. E, più importante, non vorrei per nulla al mondo che si riaprisse la ferita che porti al fianco."
A quella risposta, Mercuzio sospirò e lo accarezzò dolcemente come si fa con della fragile e nivea porcellana.
"Di questa ferita non devi preoccuparti poiché l'unico ago che la può ricucire è l'amore che mi dai.
Tanto meno devi temere del santo luogo in cui si trova questo letto che ha medicato le ferite di entrambi: anche i santi possiedono labbra e mani." 
Baciò delicatamente la pelle del moro.
"Perché le labbra sono state scolpite sul viso se non per baciare ciò che le fa arrossire di timido amore?" poi l'accarezzò con tale intensità come se volesse imprimere nella memoria quella pelle calda.
"E perché mai Dio ha modellato una mano alla fine di ogni braccio se non con l'intento di donare agli uomini un mezzo per percepire addosso l'azione concreta di Cupido. "
"Hai ragione, Mercuzio, i santi che vivono in questo luogo hanno mani e labbra ma usano esse solo per pregare." scese al suo fianco, tenendo uno sguardo fisso su un punto indeterminato del soffitto.
"I santi restano fermi eppure esaudiscono le preghiere." sussurrò sognante.
E il ragazzo approfittò di quel momento per sovrastare l'ingenuo moro.
"E allora resta fermo, ed esaudirai così la mia preghiera."
Si abbassò fino alle sue labbra, che sante non erano, ma a parer suo di una sacralità illimitata.
Romeo assaporò quell'attimo. Quanto aveva desiderato quei delicati boccioli e quanta paura aveva provato credendoli già appassiti.
Bastò un bacio caldo per abbandonare quell'orribile dubbio.
Mercuzio si spinse oltre, coinvolgendo la sua lingua in quella danza. 
Il Montecchi la accolse con piacere.
Intrecciò le dita tra i riccioli d'oro e, in un fluido colpo di reni, capovolse le posizioni.
Il biondo sfilò delicatamente la giubba e la lasciò cadere sul pavimento freddo e rigido.
Saldò una mano poco sopra la nuca del ragazzo, spingendolo contro le sue labbra, mentre l'altra scivolò sotto la camicia candida per poi sfilarla e abbandonarla come aveva fatto, poco prima, con la giubba.
Sfiorò il petto e la schiena di Romeo con i polpastrelli e quel tocco delicato ed esperto diede vita a brividi e scosse di piacere lungo tutto il suo corpo.
Il moro soffocò un sospiro di lussuria sulle labbra di Mercuzio mentre egli infilava le sottili dita nei pantaloni del giovane per abbrancare i suoi glutei sodi.
E nel fatidico attimo in cui stava per sfilare anche l’ultimo indumento, ecco che fece il suo ingresso il possente Principe di Verona.
L’uomo non si scompose, cose del genere se le aspettava, dopotutto.
 Ma i due giovani si scomposero eccome, tanto che, se non fosse stato per i pronti riflessi e le forti braccia del biondo, Romeo si sarebbe inevitabile scontrato con il freddo pavimento di marmo.
“Nobile Zio, è più rigoroso bussare, non credete?” lo rimproverò  Mercuzio.
“Parli di rigore proprio tu che, in questo momento, stai peccando in un luogo sacro.”
“Amare non è peccato” intervenne serio Romeo, rimasto in disparte fino a quel momento.
Questa sua serietà a poco a poco si mutò in un misto di rabbia e nostalgica tristezza di ricordi indesiderati.
“Cercare la gioia della propria vita dopo aver creduto che questa abbia già abbandonato il suolo su cui camminano i vivi… questo non è peccato. Principe della mia dolce culla, ciò che vi ho descritto si chiama amore.”
In queste parole il giovane Montecchi trovò un mezzo per eliminare dal corpo quel fondo di dolore che, con le lacrime della sera prima asciugatesi sul petto di Mercuzio, non era riuscito ad abbandonare.
Gli occhi dei due Della Scala erano puntati su di lui, seppur in modo diverso.
Escalus era sbigottito, Mercuzio commosso.
“Tranquillo, il mio cuore batte allo stesso ritmo del tuo.” gli disse.
Poi prese il suo viso tra le mani e lo baciò.
Un bacio desideroso ma allo stesso tempo puro e casto. Un bacio unico e sincero.
“Va bene! Ho capito! Il vostro amore è liliale ed onesto. Ora però è necessario un controllo alla tua ferita, nipote. Romeo, seguimi. Mercuzio, sei nelle mani di frate Giovanni.”
Il Montecchi, un po’ imbarazzato, si alzò e si rivestì. Poi, con un bacio rubato alle labbra del biondo, uscì dalla stanza, preceduto dal Principe di Verona.
“Voi vi amate davvero così intensamente?” chiese il giovane frate sedendosi su uno sgabello al fianco del Della Scala, sfilandogli la benda.
“Più di quanto la mente possa viaggiare con l’immaginazione. Tutto ciò che vediamo è destinato a morire, un giorno. Dal più gracile fiore alla più grande distesa di terra, dalla più delicata nuvola, all’immenso cielo…ma il nostro amore no…no, quello non morirà mai, non sarà mai rinchiuso in una tomba né disperso nell’aria fino a perderne ogni traccia.” rispose senza distogliere lo sguardo dalla porta ormai chiusa.
“Vi auguro la felicità più sublime.” sospirò il giovane servitore di Dio.
Mercuzio rispose con un mugugno per poi lasciarsi andare alle cure del frate.
Il crepuscolo giunse silenzioso, con le sue sfumature aranciate e rosate.
Si incontrarono tutti fuori dal monastero, in un luogo nascosto dove un carro da viaggio diretto a Siena li aspettava con impazienza.
Mercuzio zoppicava perciò fu aiutato nella camminata da Benvolio(che aveva restituito gli indumenti).
Avanti la partenza il Principe fece le sue ultime raccomandazioni poi salutò ad uno ad uno i viaggiatori.
Al turno di Mercuzio, l’uomo regalò un bacio sulla fronte del ragazzo.
“Nipote amato, ricordati di seminare tanti papaveri bianchi e annaffiarli ogni giorno con lo scopo di farli crescere e fiorire finché avrai il piacere di ammirarli in tutto il loro splendore.”
Il messaggio nascosto arrivò chiaro al biondo.
Prima che anche lui fosse entrato nella carrozza, ottenne uno manrovescio  sul capo.
Si girò verso il colpevole per chiedere spiegazioni.
“E questo per cos’era, buon Zio?” domandò massaggiandosi la parte lesa.
“Non provare più a rimproverare tuo zio e il tuo Principe come hai fatto questa mattina.” 
L’espressione di disaccordo con l’azione dello zio fruttò un’ultima risata a tutto il gruppo.
Dopo l’augurio di buon viaggio da parte di Escalus, l’umile cocchio partì, e con esso i tre re del mondo accompagnati da frate Lorenzo.
“Quanto ci metteremo?” chiese Romeo dopo qualche ora di viaggio.
“Dovremmo essere a Siena all’alba del giorno dopo domani” rispose un Montecchi dagli occhi azzurri molto annoiati.
Per quella sera non si fermarono ma trascorsero la notte successiva in un’osteria ed essendo tutti molto stanchi la maggior parte di loro si addormentò non appena il corpo sfiorò le lenzuola.
La mattina seguente, dopo aver nuovamente cambiato la fasciatura a Mercuzio, la comitiva ripartì.
Romeo si sdraiò appoggiando la testa sull’amato, precisamente in quella parte di corpo compresa  tra l’ombelico e la biforcazione dal quale nascono  le gambe.
“Romeo, il mio grembo non è piatto come quello di una donna e dovresti saperlo molto bene” disse guardandolo con il suo solito sguardo seducente, accarezzando, però, i capelli corti del moro.
 “Qualcuno stanotte non ha dormito” commentò Benvolio rivolgendosi al cugino sbadigliante.
“Ho passato tutta la notte ad assicurarmi che respirasse… avevo paura che smettesse non appena mi fossi addormentato.”
Sulle labbra del della Scala si dipinse un angelico sorriso.
“Dormi pure adesso… sono fuori pericolo ormai.”
Fu così che Romeo si addormentò come se fosse magicamente caduto sotto l’effetto di un incantesimo.
“Hai visto, amico mio? Le mie pene si sono concluse. Ora il mio amore mi viene restituito così da formare un cerchio infinito. Finalmente anch’io sono amato.”
A queste frasi Benvolio non poté trattenersi.
“Vado a dare il cambio a frate Lorenzo.” disse adirato, alzandosi e andando a chiamare l’uomo.
“Buon Mercuzio, ciò che dici è ingiusto. Hai sempre cercato l’amore di Romeo senza mai aprire gli occhi. Se solo lo avessi fatto…”pensò scuotendo le redini, una volta presa la posizione di cocchiere.
Per tutta la giornata il ragazzo restò a guidare il carro, senza accettare aiuti dal frate e ciò fece preoccupare molto tutti gli altri.
I nostri re del mondo erano entrati in un turbine impetuoso chiamato amore che rende possibili le cose impossibili e cambia completamente le persone… e di tutto ciò verranno presto a conoscenza.

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Capitolo 7
*** dolorosi ricordi ***


I quattro giunsero a Siena al tempo previsto.

Arrivati davanti all'immensa villa della Scala, si meravigliarono di tale maestosità. Perfino Mercuzio fu colto di sorpresa
"Santo Iddio! Mercuzio, di quanta nobiltà gode tuo fratello?"domandò Romeo con occhi e bocca spalancati dallo stupore.
"La sfortuna volle che lui fosse primogenito di una ricca famiglia e perciò gran parte dell'eredità lasciataci spettava a lui. Come se non bastasse, dopo la scomparsa dei miei genitori ero talmente fanciullo che le restanti ricchezze furono affidate alla custodia mio zio."
Il Montecchi, riflettendo a ciò, si sentì velatamente in colpa: in effetti, non aveva mai spiccicato una singola domanda sui tragici a avvenimenti... cosa certa è che ci avrebbe provato in un altro momento.
Si alzò per scendere dal carro e aiutò Mercuzio a fare lo stesso.
Una volta tornati con i piedi per terra, si riconciliarono con Frate Lorenzo e Benvolio, il quale sembrava quieto e rilassato, come se l'aria fresca avesse sciacquato i brutti pensieri.
Durante il viaggio gli occhi nocciola si erano specchiati in quelli scuri di Romeo. Una promessa: Mercuzio avrebbe parlato con Benvolio il più presto possibile, per approfondire i suoi dilemmi e quindi risolverli.

I nostri ammirevoli viaggiatori vennero subito accolti da un ragazzo, la cui età era molto vicina a quella dei tre messeri.
I suoi capelli lisci e corvini incorniciavo un volto perlaceo e candido che, a sua volta, sovrastava un corpo snello avvolto in un'uniforme nera, da maggiordomo,con tanto di guanti e orologio nel taschino.
"Buondì, signori. Il sottoscritto Sebastiano, a nome del suo fidato padrone, vi accoglie nella magione del nobile Conte di Siena."
Dopo averlo riconosciuto, si esibì in un composto inchino dinnanzi a Mercuzio.

"Voi dovete essere il suo amato fratellino."

Quell'aggettivo scosse un poco il giovane biondo ma nascose quest'emozione con un falso sorriso sullelabbra.
"Sono Mercuzio della Scala e porto con me i miei amici Romeo e Benvolio Montecchi e la nostra guida nonché fidato padre spirituale Frate Lorenzo."rispose lui, presentando e indicando i compagni di viaggio.
"Quale gradito piacere è fare la vostra conoscenza. Seguitemi, vi prego."li invitó il maggiordomo.
Furono guidati nell'immenso cortile per poi arrivare all'entrata principale, magnificamente grandiosa.
Li fece accomodare su poltrone e divanetti, lasciandoli momentaneamente soli, per avvisare il Conte.
Quando la figura si nascose dietro a muri e porte, rendendosi invisibile, il biondo si avvicinò al collo del moro con felina grazia.

Intrecciando la mano tra le setose ciocche nere posò le labbra sulla pelle nivea. Succhiò avidamente per qualche secondo, poi alleviò il rossore con un armonioso intreccio di labbra e lingua.
Ma quel segno sulla pelle restò ben marcato, contrastando il colorito pallido del collo ma, allo stesso tempo, ricopiando perfettamente la sfumatura di bordeaux che si era proposta sul viso paonazzo del Montecchi.
"M-Mercuzio, che ti prende così all'improvviso?"chiese scosso.
"Il tempo risponderà per te"disse solamente, risistemandosi come se nulla fosse accaduto.
Dopo qualche secondo fece la sua comparsa il Conte della Scala, un uomo tra i venticinque e i trent'anni.
I suoi occhi blu come il mare illuminavano un viso magro decorato da una barba cortissima e finemente curata.
I capelli, biondi come il fratello, erano corti, ad eccezione di un ciuffo più lungo che sfiorava lo zigomo.
Indossava un panciotto bianco, che valorizzava il corpo snello e aitante.

Sulle braccia ricadevano, leggere, delle maniche lilla. Le gambe erano fasciate da un paio di calzoni bianchi minimamente tendenti al lilla sulla caviglia.
Al suo arrivo, si alzarono i due giovani Montecchi.
"Eccovi finalmente. Ditemi, miei cari, come è andato il lungo viaggio?"
"Calmo come il mare in una quieta giornata estiva."rispose serio il giovane della Scala, alzandosi.
Il fratello gli andò in contro, stringendolo in un affettuoso abbraccio fraterno; affetto, ahimè, non ricambiato. 
"Mercuzio, fratello mio! Che sublime gioia rivederti! Come stai? Oh caro fratello, rispondimi, ti prego! Non ammutire come un morto..."
"Dici bene, Valentino, poiché stai parlando con un morto."
L'uomo restò turbato da queste parole
E così, Mercuzio narrò tutta la storia e il motivo della loro presenza.
"Capisco"disse infine.
Poi posò lo sguardo sugli altri.
"Scusate la scortesia. Mi presento, sono Valentino della Scala, Conte di Siena e fratello maggiore del vostro Mercuzio."
Riconobbe Frate Lorenzo e lo salutò come un figlio saluta il proprio padre dopo anni di allontanamento.
Poi scrutò a fondo i due Montecchi.
"E voi dovete essere i due leali amici di Mercuzio..."
Si avvicinò a loro con sguardo amichevole ma anche seducente e seduttore.
"Il dolce Romeo e il fedele Benvolio"
Notò il segno sul collo del primo.
"Hai lasciato a Verona una fanciulla particolarmente possessiva."commentò.
"Ti sbagli, è qui con il suo amato uomo."disse il biondo cercando di alzarsi e avvicinarsi al moro.
"Resta seduto."gli consigliò Romeo mentre si sedeva al suo fianco.
Il Conte sorrise. 
"Dalla passione che hai versato in quell'erotico gesto posso affermare che al mio leoncino è cresciuta la criniera."
Gli occhi del Conte si posarono poi sul corpo del castano come due farfalle dalle leggere e sinuose ali blu che volano verso i petali fragili e delicati di un fresco non ti scordar di me.
La pelle di Benvolio non aveva segni ma era candida,neve appena caduta.
"Tu , invece, hai la pelle immacolata. Devo pensare che nessuna fanciulla abbia imprigionato il tuo cuore nella sua resistente gabbia."
L'imbarazzo gli rubò le parole per rispondere ma, per sua fortuna,intervenne frate Lorenzo.
"Valentino, sono ancora giovani. Costoro sono gufi che di notte cacciano la propria preda. Lasciali divertire finché la gioventù mantiene su di loro l'occhio vispo dei rapaci."
"Avete ragione, buon frate. Non sarò certo io a spingerli nell'età matura."
"Scommetto che il caro Conte, in tema amoroso, è un fanciullo quanto questi tre giovanotti."scherzò il frate.
"Un fanciullo molto più... esperto"rispose l'uomo prima di girarsi e guidare gli ospiti nelle loro camere al piano superiore.
Le scale di marmo lucido si fermavano ad un pianerottolo dove una porta bianca con decori d'argento apriva ad un appartamento vero e proprio.
Alla fine del corridoio immenso punteggiato di stanze, vi erano tre camere.
"Questo è l'appartamento per voi. Ho chiesto di preparare tre stanze ma se preferite usarne solo due non si pone alcun  problema."disse guardando i due giovani che si presero per mano.
"Ma dove dormirà frate Lorenzo?"chiese Romeo.
"Domani, frate Lorenzo tornerà a Verona perciò può passare quest'unica notte in una delle mie camere."
I tre giovani, con viso malinconico, chiesero conferma all'uomo, sperando in un suo improvviso cambiamento di decisione... speranza morta come un seme che si secca ancor prima di germogliare.
"Miei cari, devo dare conforto alla vostra famiglia. Non posso restare"rispose.
In quel momento arrivarono tre fanciulle vestenti degli abiti da cameriera, puliti e profumati.
Il Conte le presentò.
"Messeri, queste bellissime donzelle sono Maria, Rosa e Lucia e saranno al vostro servizio in tutta la magione."
"Onorate"risposero in un composto e coordinato inchino.
"Ora, se queste stanze sono di vostro gradimento, il mio turno di guida finisce qui. Con permesso..."concluse il biondo voltandosi.
I tre giovani lo guardavano allontanarsi seguito da frate Lorenzo.
"Per ora potete congedarvi"disse Mercuzio alle servitrici che, ringraziando, li lasciarono da soli, scomparendo per il dedalo di stanze.
"È meglio se ti corichi nel letto prima che il dolore della ferita ti faccia coricare sul marmo bianco."osservò saggiamente Benvolio, tenendo lo sguardo basso senza mai incrociarlo con quello dei due.
Il Montecchi dagli occhi scuri aveva l' espressione preoccupata per il cugino.

Quanto desiderava fare propri i suoi tormenti o almeno sapere che accidenti passava nella sua testa.
Il della Scala, invece, lo guardava indagatore, come se volesse penetrargli nel cuore ma un rivestimento liscio e duro impedisse tutto ciò.
Annuì, destandosi da quei pensieri.
Aiutato dal moro, raggiunse il letto della stanza centrale.
"Romeo, puoi chiedere a Rosa se porta la colazione a questi stanchi e affamati messeri?"
Il ragazzo capì la vera richiesta dell'amato: il biondo pregava per ottenere qualche attimo con il giovane dai ricci castani.
"E sia" sussurrò posandogli un bacio delicato sulla tempia per poi uscire dalla stanza, chiudendosi la porta dietro le spalle.
"Caro Benvolio, è da qualche giorno che parliamo poco, vieni."

“Cosa c'è?”chiese lui, come se fosse infastidito dalla conversazione di cui già conosceva l'argomento.

“Cane randagio, sta quieto, ho solo una domanda da porti!” lo punzecchiò.

Il ragazzo si convinse e si avvicinò, sedendosi su una sedia prossima al letto.
"Benvolio, amico mio,ti supplico, raccontami che successe a Mantova nei giorni in cui la morte mi corteggiava."
Gli occhi cerulei lo guardarono colmi di pietà.

“Non posso. È un'oppressione troppo grande per una creatura delicata.”

Le sue parole erano lievi e soffici, un filo di fiato che frusciava fra le labbra, eppure erano cariche di dolore pesante come la pietra.

Mercuzio sospirò.

“Sono entrato nelle profondità del suo spirito, Benvolio... Ho toccato il piacere più sottile e il dolore più puro che ha mai provato. La mia anima e la sua si sono fuse creando un unico individuo. Ne ho il diritto...ho il diritto di piangere con lui.”
"Le mie parole saranno coltelli nel tuo cuore. Sei certo di volerlo sapere?"
"Sì, Benvolio. Fai mie quelle pene, condividi con me i ricordi tanto tristi."
"Come vuoi."rispose con tono sconfitto.
Nella mente apparvero immagini come quadri che immortalavano quei dolenti attimi.

Una spirale grigia, un turbine annebbiato, cupo e caotico di ricordi.
"Siamo partiti all'alba del giorno dopo il dì fatale. Il sole si nascondeva dietro le afflitte nuvole, piangeva tra le lenzuola di nebbia. Durante il viaggio, Romeo non ha accettato nemmeno una coperta in cui stringersi” un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra “Arrivai a costringerlo ad abbracciarmi o sarebbe morto assiderato. Mi gridava che non aspettava di meglio, che voleva farti compagnia nella tomba.
Alla fine si strinse a me, il fanciullo, impotente di tutto, perfino di piangere.
I suoi occhi erano spenti, le membra pesanti.
<>mi diceva<>
Io lo accarezzavo, gli consigliavo di dormire per svegliarsi più calmo. Mi disse che se si fosse addormentato solo tu avresti potuto svegliarlo...ma tu non c'eri.”
Osservò l'espressione di Mercuzio: gli occhi bassi, le sopracciglia corrucciate e la fronte corrugata come se il difficile racconto fosse una luce insopportabilmente accecante dalla quale doveva ripararsi. 
" Se non riesci a sopportarlo mi fermo. È comprensibile che queste parole siano un macigno sul tuo petto."
"Continua, se c'è dell'altro."
"Ne sei certo?"
"Mai stato più convinto."disse.
Ormai aveva cominciato a torturarlo, perché smettere?
"D'accordo. Dopo esserci sistemati in una villa a Mantova, Romeo scappò.
Per evitare che compiesse pazzie, lo seguii silenziosamente.
La meta era un campo di papaveri bianchi.
Si fermò a guardarli, poi mosse alcuni passi in mezzo ad essi. Cadde sulle ginocchia.
Cominciò a strappare i fiori, a gridare il tuo nome, a piangere.

Si buttò sulla terra bagnata dalla pioggia. Il viso e i vestiti si macchiarono di fango ed erba.
Quando lo riportai alla villa aveva un aspetto penoso così feci preparare l'acqua per un bagno, sperando che ciò poteva farlo rilassare.
Lo lavai io. Lui non parlava, si abbandonava alle mie mani guardando un punto indefinito nell'acqua.
Poi scrutò le braccia,le gambe e il torace, notando ciò che io avevo già notato:i segni che il tuo amore gli aveva lasciato.
<< Caro cugino non trovi ingiusto che sia rimasto sulla mia pelle l'ultimo ricordo di un amore ormai lontano>>
Dopo ciò la sua bocca restò chiusa come una tomba in un mortale silenzio.
Quella notte fu la più angosciante.
Sentivo i suoi singhiozzi, erano fredde lame nel mio cuore.
Si alzò dal letto e camminò con passo pesante verso la finestra.
<>le disse <>"
"Benvolio, per favore fermati. L'oppressione che porto in seno è troppa. Ti prego, cessa le parole ."chiese tenendosi il petto.
"Mercuzio, eccomi con la colazione."disse Romeo entrando nella stanza.
"Romeo, buon cuore."lo chiamò sollevato.
Il ragazzo si avvicinò al letto. Posò il vassoio d'argento sul comodino e accarezzò delicatamente i ricci biondi di Mercuzio.
"Come è lieta la mia mano di sfiorarti di nuovo. Come gioisce il mio cuore nel sentire la tua pelle calda e viva." mormorò in un flebile e soave sussurro.
"Lascia gioire anche le tue labbra. Ricorda loro quanta gradevolezza era racchiusa in un bacio."
Abbassò il volto sulle sue le labbra sorridenti e concluse il gesto in un bacio.
"È bene che torno nella mia stanza. Con permesso..."disse velatamente imbarazzato.
Mercuzio e Romeo lo guardarono uscire e chiudere la porta.
"Si è ben compiuta la vostra conversazione?"chiese Romeo.
"È stata...angosciante,opprimente, soffocante."
"Di cosa si trattava, cuor gentile?"
Il biondo sospirò prima di guardarlo negli occhi, specchiarsi nella sua preoccupazione.
"Benvolio mi raccontò di Mantova, delle tue pazzie, delle lacrime...dovetti fermarlo per non crollare."
"Mercuzio..."il giovane lambì il suo viso con la morbida mano "la depressione mi aveva intrappolato nella sua gabbia di aria nera e densa, la tristezza giocava con il mio corpo come le bambine con le bambole."
Mercuzio copiò lo stesso gesto sulla guancia del moro.
"Il momento in cui mi sono svegliato è stato il peggiore. Non averti accanto mi distruggeva."
"Ora sono qua accanto a te. Per favore Mercuzio, abbandoniamo questi ricordi pieni di infelicità. Siamo venuti qua per ricominciare."
Il della Scala annuì sorridente. Eppure questo suo sorriso si spense come un fiore che piano appassisce, cadendo su se stesso.
"Prima di chiudere il nostro passato bisogna dissipare i dubbi di Benvolio."disse serio.
"Uomo mortale può conoscere il tempo in cui questo avverrà o solo Dio ne ha il diritto?"domandò il ragazzo.
Il biondo lo guardò abbozzando un sorriso.
"Tranquillo, domani ti desterai dal dolce sonno ed ecco la tua nuova e spensierata vita, come una fenice che rinasce dalle ceneri con maggior passione e vigore di prima."
Fu questa la previsione di Mercuzio. Ahimè, il giovane uomo capì solo quella notte che la data gioiosa era molto più lontana.


 

Cari lettori, grazie di cuore di aver letto il capitolo nonostante il colossale ritardo.
Mi scuso umilmente ma è stato un periodaccio(non cominciate le risse con i forconi! Abbiate pietà!). Ringrazio nuovamente i miei angeli e con voi festeggio un grande obbiettivo:le 1000 visualizzazioni!!!  (che ormai sono più di mille e duecento ^-^' eheheh)
So che può sembrare roba da poco ma per me è un grande traguardo!
Grazie mille(e duecento)!!!

Naomi

 

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