ANDA-Tre Fratelli Inquieti

di Doctor Nowhere
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cinque ombre nella notte ***
Capitolo 2: *** Una casa piccola e onesta ***
Capitolo 3: *** Non si è mai veramente tranquilli ***
Capitolo 4: *** Arrivano... ***
Capitolo 5: *** I morti possono morire? ***
Capitolo 6: *** Riprendendo fiato ***
Capitolo 7: *** Discordia ***
Capitolo 8: *** Piano d'Azione ***
Capitolo 9: *** Ma che bel castello! ***
Capitolo 10: *** Sarà una buona mossa? ***
Capitolo 11: *** Chi è il mostro? ***



Capitolo 1
*** Cinque ombre nella notte ***


Qualcuno sa quanto può essere orribile il vento. Non intendo il vento dei tornadi e dei cicloni, che spazza via tutto senza pietà né ragione. Io dico il vento, il vento crudele che soffia nelle notti di luna spezzata, in cui la tenue luce delle stelle non può rischiarare abbastanza il velo dell'oscurità per gli esseri umani che, malcapitati, si trovassero a vagare senza meta.

Cinque figure avevano quel tristo destino quella notte. Cinque ombre si stagliavano, barcollanti e tremanti, flagellate dal freddo e dal vento, che colpiva la nuda pelle dei corpi a cui appartenevano.

Tre dei cinque camminavano lievemente più spediti, e procedevano guidando la lenta processione. Il primo si appoggiava con sempre maggior forza e necessità a un bastone da passeggio, il secondo, il più grosso del gruppo ma anche il più affaticato, zoppicava reggendosi a un ramo adattato a stampella di fortuna, mentre il terzo, forse più robusto, proseguiva senza aiuti, nonostante mostrasse anche lui qualche difficoltà.

I due che seguivano più indietro avevano più problemi a camminare. Uno era gobbo, e proseguiva quasi a gattoni, tanto il tempo inclemente si accaniva su di lui. Sembrava appoggiarsi e insieme spingere in avanti l'ultima figura, la più minuta, che non gli arrivava alla spalla, per quanto in basso si trovasse la suddetta spalla.

I compagni emettevano gemiti e lamenti. Erano bagnati fino all'osso, e senza alcun tipo di indumento, se non qualche lenzuolo rozzamente tagliato, che avevano recuperato per grazia divina poco prima che iniziasse la notte e la tormenta. Certo, il proprietario di suddetti lenzuoli non sarebbe stato contento, ma di certo servivano molto più a quei viandanti che non a lui.

Il terzo che seguiva, di tanto in tanto si fermava, e controllava che gli ultimi due non si fossero fermati, abbattuti dalla loro debolezza.

Ma fu il secondo ad arrestarsi per primo. Era il più grosso e massiccio del gruppo, ma la gamba zoppa lo provava troppo. Sbuffò e scivolò nel fango, tentando inutilmente di reggersi al suo ramo.

"Avanti Schmidt!" lo chiamò subito quello che lo seguiva, avvicinandosi e tentando di sollevarlo "Non possiamo fermarci adesso!"

Il bestione bofonchiò qualcosa di incomprensibile. Poi disse, tenendo la testa bassa "Ma a che serve? Non ce la posso fare!"

Il suo soccorritore imprecò, e volse gli occhi al capofila che, imperterrito, continuava a tentare di resistere alla tempesta, incurante che uno dei suoi compagni fosse crollato come un cadavere di un impiccato giù dall'albero una volta che viene tagliata la corda.

"Ehi, Dragan!" lo chiamò, tentando di sollevare Schimdt "Ci serve aiuto qui!"

L'interpellato si voltò. Il pezzo di lenzuolo che si era sistemato per coprirsi nella maniera più dignitosa possibile svolazzava violentemente, tanto da costringerlo a tenere la mano libera sul nodo che aveva fatto, e che era a continuo rischio. Osservò la situazione e scosse la testa "Non possiamo fermarci o rallentarci, signor Starkey. Lei sa perfettamente che cosa ci insegue. E, per inciso, gradirei essere chiamato conte Dragan"

"Ehi, Conte del mio cazzo!" bofonchiò debolmente Schmidt, lanciandogli un'occhiata piena d'ira "Credi che non sappia cosa abbiamo dietro? Credi che faccia apposta a zoppicare?"

Mentre parlava, gli ultimi due lo raggiunsero. Il gobbo, che rispondeva al nome di Francesco Leone, fece ciò che gli era possibile per aiutare Starkey a sollevare il loro compagno, mentre la piccola, una bambina che non dimostrava dieci anni, ma che aveva occhi verdi come lo smeraldo e lunghi capelli neri d'inchiostro resi sozzi dal maltempo, continuò a camminare e li superò.

Schmidt prese fiato, e poi riprese a inveire contro l'uomo che gli stava davanti "E' comodo parlare per te, non sei tu quello con la gamba frantumata... sei solo un egoista e un vigliacco!"

"Come osi!" esplose in un lampo d'ira il conte "Come osi rivolgerti in questo modo a me, lurido maiale?" afferrò il bastone, e parve sul punto di scagliarsi contro lo zoppo, ma una folata di vento persino più forte delle altre lo sbilanciò, e fu costretto ad appoggiarsi alla sua arma improvvisata per non cadere a terra.

Anche i tre che provavano a reggersi insieme subirono l'effetto di quella sferzata micidiale, e se Starkey non fosse stato molto più forte di un uomo medio, sarebbero finiti tutti quanti a sguazzare di nuovo nel fango.

Poi, all'improvviso, senza motivo apparente, la tempesta cessò. Il vento infernale si placò, la pioggia s'interruppe, e le nuvole si diradarono leggermente, permettendo di scorgere qualche stella in più. I quattro rimasero a fissarsi stupiti, anzi, forse addirittura sbigottiti. "Che diamine è successo?" sussurrò con voce roca Leone, scuotendo la testa, cercando di inquadrare quanto più possibile con i suoi occhi grigi. Starkey socchiuse gli occhi, pensieroso, e fece un verso cupo.

Gli occhi di Dragan dardeggiarono subito nella sua direzione "Lei dice che... che è possibile...?"

"Non posso escluderlo" sussurrò a malincuore Starkey, poi sputò per terra.

Dragan, con aria preoccupata, se non addirittura terrorizzata, mosse leggermente l'impugnatura del bastone, e qualcosa brillò nella debole luce lunare. "No... no... dopo tutto questo... non possono averci trovati..."

Il gigantesco Schmidt tentò di rimettersi in piedi, ma era ancora troppo debole, e ricadde appoggiato ai suoi due compagni. Poi, di colpo, guardò a destra. Poi a sinistra. Poi di nuovo a destra. Poi alzò la testa, e cercò di guardare più lontano che poteva intorno a sé. Infine bofonchiò "Dove si è cacciata Jackie?"

Un brivido li scosse tutti. Dragan prese ad avvicinarsi circospetto ai suoi compagni di sventura, e sollevò ancora di qualche centimetro l'impugnatura del suo bastone, rivelando una lama. "Non mi piace" commentò.

Rimasero qualche istante in silenzio, scrutandosi intorno. Francesco provò a chinarsi ancora un po' più di quanto non lo costringesse la sua natura, cercando nel fango le tracce dei piccoli piedi della sua piccola amica, ma forse era troppo buio, o forse i suoi occhi erano troppo deboli, e non riuscì a trovarle.

D'un tratto, la voce della bambina li riscosse: "Di qua!"

Come un sol uomo, i quattro voltarono la testa. La piccola aveva scalato un albero, e indicava un punto in lontanza, una collinetta che copriva loro la visuale sull'orizzonte. Gli uomini si diressero dove Jackie indicava loro, e videro delle luci in lontanza.

"Quelli sono lampioni" osservò il conte Dragan. "Quindi" sussurrò Francesco "Siamo vicini a una città"

"Muoviamoci" esortò Starkey, aiutando il gigante a reggersi. Il gobbo, prima di avviarsi, si avvicinò all'albero e tese le braccia, aiutando Jackie a scendere.

Erano tutti stanchi e sporchi, ma la vista di un luogo in cui avrebbero potuto chiedere ospitalità e riposarsi diede loro nuove energie, e si diressero verso la città con rinnovato vigore. Solo il nobile ogni tanto si guardava intorno sospettoso, per assicurarsi di non essere seguito. Mentre camminavano, il gobbo faceva di tutto per rendersi più presentabile possibile, soprattutto, cercò di pulire la faccia e il corpicino esile della bambina, per quanto gli consentivano le sue mani tremolanti per la stanchezza. Di tanto in tanto sospirava. Quanta sofferenza aveva dovuto vedere quella povera piccola!

 

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Capitolo 2
*** Una casa piccola e onesta ***


Di lì a un'ora la comitiva arrivò alla sua destinazione. Scoprirono che più che una città si trattava di un villaggio. Le case erano poche e sparute, solo il fatto di essere in collina aveva dato l'impressione che ci fossero più case. Il Conte riconobbe il classico borgo fondato nel medioevo. Guardò in cima alla collina. Un castello. Per un istante, un sorriso comparve sul suo volto. Si sentiva come a casa...

Ma poi Starkey lo scosse e gli indicò una casa, in cui pareva esserci ancora una luce accesa. Il nobile sospirò, e si mosse insieme agli altri.

Era una casa piccola ma apparentemente ben messa. C'era anche un piccolo giardino. Giunti al cancello, i cinque si guardarono l'un l'altro, chiedendosi reciprocamente con lo sguardo chi di loro avrebbe dovuto suonare al citofono. Erano seminudi, sporchi e fradici. Non esattamente la gente che una persona sana di mente farebbe entrare in casa passata la mezzanotte. Stava per prendere la parola Starkey, quando il rumore di una macchina che si avvicinava li fece sobbalzare. Era una macchina della polizia, che sembrava dirigersi verso la casa.

"Cerchiamo di non farci coinvolgere in una retata" suggerì il colossale tedesco, ma il gobbo italiano scosse la testa "No, non si tratta di questo. Guardate, la macchina si muove troppo lentamente, ed è da sola. È più probabile che questa sia l'abitazione di un poliziotto."

"Vero" annuì Starkey "Mi sembra di vedere una persona sola alla guida."

Dragan sospirò, pensieroso "Allora sarebbe il caso di non farci trovare proprio davanti alla casa come dei ladri."

Gli altri annuirono, e si allontanarono di qualche passo. La macchina, come avevano previsto, si fermò davanti al cancello, e scese un uomo in divisa. Sembrava un signore di mezzetà, con corti capelli castani e dei bei baffi brizzolati. Mentre stava per aprire il cancello, si fece avanti l'americano "Perdoni, agente..."

"Commissario, prego" sorrise bonario il poliziotto, poi vide l'aspetto di chi gli aveva parlato e esclamò "Santo cielo! Che diamine le è successo, signore? Qual è il suo nome? E da dove proviene?"

"Ecco..." fece Starkey, preso un po' alla sprovvista.

"Ma che sgarbato" si rimproverò il commissario "Un uomo più morto che vivo si presenta a me e io gli faccio un interrogatorio. Prego, prego, entri. La farò accomodare."

"Veramente..." disse Starkey "Io non sono da solo. Ho alcuni... amici, messi anche peggio di me" e mostrò i suoi compagni.

Il commissario rimase basito un attimo. Per qualche motivo, la sua mano destra si diresse alla fondina. "Chi... chi siete signori?"

Si fece avanti il rumeno e si presentò, chinandosi nella maniera più signorile che gli permetteva il suo gonnellino di lenzuolo "Io sono il Conte Florin Dragan"

"Axel Schmidt" bofonchiò il bestione, "Francesco Leone" sorrise il gobbo, "Theodore Winston Starkey" fece l'americano.

La bambina si avvicinò in silenzio al poliziotto, lo guardò, sussurrò brevemente "Jackie" e poi corse a rifugiarsi nelle braccia dell'italiano.

"Oh cielo! Anche una bambina..." esclamò il commissario.

"E' mia nipote" disse a bassa voce Francesco, accarezzandole la testa.

Il commissario senza dubbio era sospettoso, ma non poteva certo entrare e lasciar morire di freddo una bambina. Prese delle chiavi dalla tasca, aprì il cancello e fece cenno al gruppetto di entrare, pur rimanendo circospetto. Ma le condizioni dei cinque visti meglio sotto la luce della sua casa gli fecero passare ogni dubbio. Venivano da molto lontano e non avevano con sé niente se non quel poco che li ricopriva. Il padrone di casa si presentò come Herbert Muller, e fece accomodare i suoi stravanti ospiti nel soggiorno. Aprendo le porte, trovò la sua consorte ad aspettarlo. "Herbert!" gli corse incontro e lo abbracciò. "Sei tornato tardi, ero in pensiero... oh" sobbalzò, vedendo il quintetto.

"Sono stato trattenuto, Alice, mia cara. Ci sono state un po' di segnalazioni. D'altra parte, tu sai... ah, ho incontrato questi signori qui fuori. Hanno fatto molta strada e sono molto affaticati. Pensi che potrebbero fermarsi qui per stanotte?"

La signora Alice esaminò con un rapido e sgomento sguardo i cinque. Certo, la figura di Leone non ispirava fiducia, e anche il gigante non la rassicurava. Ma quando vide la bambina, il suo cuore di donna si sciolse. "Avrete bisogno di vestiti, signori... e avrete fame. Volete che vi prepari qualcosa?"

"Lei è molto gentile, signora" chinò la testa Florin "Ma vede, ritengo che prima di tutto io e i miei compagni necessitiamo di un bagno, anche per smettere di spargere tanta sporcizia nella vostra incantevole dimora."

"Oh si... capisco" annuì lei, sorpresa dai metodi raffinati del suo interlocutore, e indicò loro la direzione del bagno. Dragan tentò di sfilare fra i suoi compagni per giungere per primo, ma Schmidt gli tagliò la strada, allungando la mano contro il muro. "Prima la bambina, poi gli invalidi e poi il nobile" ringhiò, e per una volta il rumeno fu troppo stanco per ribattere. Mentre Jackie si lavava, i quattro sedettero ad un tavolo con Herbert.

"Dunque signori... da dove venite?" chiese il poliziotto "E che ci fanno un tedesco, un inglese, un italiano e un... russo, dico bene?, con una bambina in questa notte? Sembra quasi l'inizio di una barzelletta"

"Io sono rumeno" ci tenne a precisare il conte.

"Beh, è una questione molto lunga da spiegare" cominciò Francesco "Si può dire che... abbiamo avuto un incidente."

"Un... incidente?" Muller si piegò verso di loro "Che tipo di incidente?"

Leone balbettò qualcosa di inintellegibile, e fu Theodore Winston a prendere la parola "Siamo stati rapiti, signore. Qualche tempo fa. Non so cosa volessero da noi i nostri rapitori... non credo che volessero i nostri soldi, molti di noi sono poveri e non hanno famiglia."

"Rapiti?"

 

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Capitolo 3
*** Non si è mai veramente tranquilli ***


Lo sguardo di Herbert si fece intenso. Guardò dritto negli occhi Starkey, per capire se stesse mentendo. Quello resse lo sguardo, con tanta forza che alla fine fu il poliziotto a dover chinar la testa. Dicevano la verità. O almeno, parte della verità.

"I vostri rapitori vi hanno... torturati?"

"Non fisicamente" rispose pronto l'americano "Però... diciamo che non ci sono andati leggeri con noi con le minacce e le torture psicologiche."

Di nuovo il commissario lo guardò fisso. Di nuovo dovette abbassare lo sguardo.

Stava per dire qualcosa, ma sua moglie aprì la porta, conducendo la piccola Jackie, che ora indossava una magliettina rosa e un paio di piccoli jeans un po' sgualciti "Sono i vecchi vestiti della mia Franziska... mi dispiace che siano un po' usurati, ma non avevo altro della sua misura." "Non ha nessuna importanza" si alzò subito Francesco, e si mosse, per quanto gli permisero le sue gambe storte e la sua stanchezza, verso la piccina, sollevandola con un sorriso.

Il commissario sbadigliò. Era piuttosto stanco... tutto sommato, pensò che in fondo almeno una parte di quello che dicevano quegli individui doveva essere vero... comunque decise di mettere tutti gli oggetti di valore in un posto sicuro, e di chiudere a chiave la sua stanza e quella dei figli, Franziska e Alphons, rispettivamente quindici e dodici anni. Avrebbe voluto chiudere a chiave anche la stanza dei suoi ospiti, ma si rese conto che ci avrebbero messo più di un'ora a lavarsi tutti, e poi sua moglie avrebbe preparato qualcosa per loro... probabilmente sarebbero andati a dormire la mattina.

Francesco fu il secondo ad avere il piacere di sentire le sue membra rilassarsi in un bel bagno caldo, poi toccò a Axel, poi a Florin, che già aveva strepitato abbastanza, e per ultimo Starkey.

La signora Alice portò dei vestiti presi in prestito dal marito. Purtroppo, dato che il suddetto marito non aveva gran fantasia nel vestiario, aveva un numero limitato di abiti di cui poteva fare a meno... e fra questi c'era anche una divisa da poliziotto di riserva. Mentre questi si vestivano e si preparavano a gustare la piccola cena che aveva preparato per loro, raggiunse il marito e si mise a dormire.

Alla fine Dragan indossava una bella camicia bianca e dei comodi calzoni neri, tenuti alla vita da una cintura che Muller non usava mai, Leone un paio di pantaloni e una maglietta che dovette strappare sulla schiena, o non sarebbe riuscito a infilarla, Schmidt girava a petto nudo con un paio di calzoni da jogging (d'altra parte, era così grosso che avrebbe distrutto qualsiasi maglietta o camicia appartenuta a Herbert), e Starkey indossò con una certa soddisfazione l'uniforme di riserva, ovviamente privata di tutte le piastrine di riconoscimento.

Dopodiché, i cinque si riunirono per consumare brevemente la minestra della signora Muller. "Siamo stati proprio fortunati" commentò sollevato l'italiano, incurante del fatto che la sua gobba fosse completamente a nudo e alla vista di tutti.

"Sono d'accordo" annuì Starkey. Stava per aggiungere altro, ma si fermò all'improvviso, bloccandosi con il cucchiaio a mezz'aria ormai vicino alla bocca. Appoggiò nel piatto la posata e si alzò da tavola.

"Che succede, signor Starkey?" chiese Dragan, mentre con eleganza ingeriva un cucchiaio di minestra.

Anche Schimdt si alzò, e zoppicando si avvicinò all'americano. Gli appoggiò una mano sulla spalla, e gli chiese "Qualcosa non va?"

L'uomo vestito da poliziotto alzò di scatto una mano, gesto militare per imporre silenzio. Fiutò l'aria. Fiutò ancora. Poi si voltò verso i suoi compagni e chiese "Lo sentite anche voi?"

Gli altri uomini provarono ad annusare, poi si guardarono fra loro. "No... io non sento niente." disse a nome di tutti Leone "Tu cosa hai sentito?"

"Zolfo, credo..." rispose dubbioso l'interrogato. Fiutò ancora. "No, non è zolfo. Ma l'odore è simile."

"E' l'odore dei morti" disse Jackie, alzandosi dal suo sgabello. Si mosse verso Starkey, e ripetè "Odore di morti. Sono vicini. Stanno venendo qui."

Un brivido corse sulle schiene di tutti i presenti. Sguardi terrorizzati schizzarono da uno all'altro. Infine, fu il conte a parlare "Credi... credi che siano loro? Credi che ci abbiano trovati?"

La bambina scosse la testa "Non vengono per noi. Vengono per lui."

"Per Herbert?" chiese Schmidt, stringendo la presa sulla sua stampella improvvisata.

La bambina fece di nuovo segno di no "Non vogliono sangue adulto. Cercano il corpo di un bambino."

Si diresse verso la porta. Starkey e Schimdt la seguirono, più silenziosamente possibile. Gli altri due, che erano rimasti seduti, si alzarono il più in fretta possibile. Francesco, impacciato dalla gobba, mosse inavvertitamente il tavolo, facendo molto rumore. "Silenzio, imbecille!" sibilò Dragan. Il gobbo tentò di scusarsi in silenzio, con le lacrime agli occhi.

Starkey si voltò, afferrò alcuni coltelli e li distribuì fra i suoi compagni, uno a testa, inclusa Jackie, ma ne tenne due per sé. Impugnò i coltelli con le lame verso l'esterno della mano, e fece segno al rumeno di aprire la porta. Questo appoggiò il coltello alla sua cintura, svitò l'impugnatura del bastone, facendo scorrere di un paio di centimetri la lama ed eseguì l'ordine.

Comparve a loro il corridoio, avvolto nell'oscurità. Non si udiva niente, né il vento, né la pioggia, né una voce umana. Se lo stesso silenzio può essere dolce e sicuro per chi cerca riposo e tranquillità, per chi aspetta una minaccia è una tortura peggiore del più infernale rumore. I cinque avanzarono cauti. Solo i loro passi risuonavano in quella tetra aria. Tutto il resto, taceva. Come tace il cielo, pochi istanti prima della bufera.

 

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Capitolo 4
*** Arrivano... ***


Cap 4 Arrivano...

Nessuno fiatava. Tutti erano sul chi vive. La tensione si sarebbe potuta tagliare con coltelli molto meno affilati di quelli che tenevano. Alla fine, Leone, angosciato, per rompere quel silenzio osò sussurrare: "Che dite, accendo la luce?"

Tutti gli altri si voltarono e lo guardarono in cagnesco. "Va bene, va bene. Ho solo pensato che..."

"Sta zitto, porca..." lo interruppe il tedesco, frenandosi quando si ricordò che con loro c'era anche la piccola Jackie.

D'improvviso, una risata risuonò nella casa. E di certo, non era una risata umana. Era una risata fragorosa e crudele, tanto forte da far tremare leggermente tutti gli oggetti che si trovavano sul piano. I cinque si strinsero, dandosi la schiena l'un l'altro. "Da dove veniva?" chiese Dragan. "Non saprei dirlo... sembrava essere tutt'intorno a noi" borbottò Starkey. Rimasero immobili qualche istante. Niente.

Nella casa era tornato il silenzio. Fuori, ricominciò a piovere. Si sentirono un paio di tuoni in lontananza. Ma, a parte il temporale, niente sembrava strano.

Schimdt umettò un po' le labbra, poi balbettò "Siamo... siamo sicuri di averlo sentito? Non potremmo..." voleva chiedere se non era possibile che fosse stata solo la loro immaginazione... ma non terminò mai la domanda.

Le urla e il pianto di due bambini, provenienti dal piano di sopra, interruppe la frase del tedesco.

"I figli di Herbert!" esclamò Starkey "Jackie... Jackie aveva ragione" sussurrò Francesco, ma nessuno parve ascoltarlo. Corsero alle scale, e salirono più in fretta che poterono. Il gigante del gruppo rimase per ultimo, rallentato dalla sua zoppaggine.

Starkey, che guidava il gruppo, si imbattè nella signora Muller, in pigiama, che piangeva. "Che è successo, signora?" le chiese frettoloso.

"Sono... sono i fantasmi dei principi Stromhager!" strillò, e poi nascose il viso con le mani. Francesco le si avvicinò, la prese tra le mani e gridò ai compagni "Penso io a lei, voi trovate i bambini!"

Starkey annuì, e riprese a correre. Non sapeva con precisione la planimetria della casa, ma riusciva con estrema precisione a seguire le urla dei figli del padrone di casa. Lo seguivano il conte e la bambina, che non sembravano avere problemi a stargli dietro.

D'un tratto Theodore si arrestò, tanto improvvisamente che Dragan dovette fare un sinuoso e atletico movimento per non finirgli addosso, e finì col perdere l'equilibrio e cadere a terra. "Ma che diamine..." imprecò.

"Non senti?" Starkey indicò una porta a due passi da lui. Dragan rizzò le orecchie. L'americano aveva ragione. C'era qualcosa in più oltre alle urla dei fanciulli. Una voce adulta, che tentava di imporsi sopra tutte le urla che avevano dilaniato il silenzio e la tranquillità di quella notte.

"Il signor Muller!" esclamò il nobile, e, con la lama in una mano e il fodero che sembrava un bastone nell'altra, entrò di scatto nella stanza, seguito da Starkey.

Lo spettacolo che li attendeva era a dir poco agghiacciante. Su tutto il pavimento erano disseminati giocattoli, libri e fogli di carta. Il signor Muller, in pigiama, puntava una pistola con uno sguardo omicida e disperato. Accanto a lui, una bella bambina dal viso lentigginoso e dai capelli rossi, piangeva, abbracciando la sua gamba e gridando forte.

Ma la vera minaccia della stanza, il vero motivo di tanto scompiglio, la causa del brivido sulla schiena dei due uomini, che già molto di orribile avevano visto, erano i due spettri a cui il poliziotto puntava la sua arma d'ordinanza.

Erano due corpi luminosi che fluttuavano a mezz'aria, a neanche un metro dal suolo. Avevano sembianze di due individui denutriti e scarni, ma il ghigno sui loro volti non poteva non essere diabolico. Il maggiore dei due indossava un'armatura completa medievale, con tanto di simbolo araldico, la testa di un leone che ruggiva, e in mano una spada, consumata dal tempo. Il più piccolo invece vestiva suntuose vesti eleganti, alla cinta teneva uno spadino, e sulle spalle era appoggiato come un sacco un corpicino. Gli occhi di Starkey si spalancarono quando si accorsero che il corpicino non era luminoso come i due spettri, quindi doveva essere un bambino ancora vivo. E se la logica non lo tradiva...

"Ridatemi mio figlio, maledetti!" gridò in lacrime Herbert Muller "Ridatemi il mio Alphons!"

Non c'erano più dubbi. I due fantasmi risero, insensibili a quel supremo dolore del padre, e il più piccolo dei due si diresse verso la finestra della stanza.

Starkey ringhiò, e Dragan urlò "Non così in fretta, manigoldi!", al che i due defunti compagni si voltarono verso di loro. Anche Herbert li vide, e, piangendo come un vitello li pregò "Vi supplico... vi supplico, salvate mio figlio!"

"Non deve preoccuparsi, signor Muller" disse calmo Dragan, mettendosi in posizione di guardia con la mano sinistra che reggeva il fodero della spada dietro la schiena. Sogghignò "Siamo qui per questo", mentre anche Starkey si schierava al suo fianco, con i due coltelli impugnati come pugnali.

Un'ombra scivolò dietro di loro, ma non ci fecero caso. Sapevano fin troppo bene che Jackie era abituata a muoversi così. La bambina si avvicinò al padre e alla figlia, e li prese per mano, con l'intento di portarli fuori dalla stanza.

Il fantasma più grande li squadrò, poi cacciò un urlo che scosse l'intera casa fin dalle fondamenta. Un armadio appoggiato al muro cadde al suolo, rompendosi con un sonoro schianto. I due non si mossero. L'americano guardò lo spettro sarcastico "Si, si, molto interessante, molto ben realizzato. Ora finiamola con questa farsa. Restituite il piccolo, o ve la vedrete con noi."

Il maggiore ruggì, irato, poi si volse verso il suo compagno e gli indicò la finestra. Quello sghignazzò come un folle e si diresse fluttuando verso dove gli era indicato.

"Pensi di riuscire a impegnare quello grosso in un combattimento corpo-a-corpo uno contro uno?" sussurrò Starkey al nobile. Questo sorrise, e chiese di rimano "E lei pensa di poter star dietro al piccolo in un inseguimento urbano?". I loro sguardi si incrociarono. Per un istante si sorrisero. Poi Dragan urlò e partì alla carica contro lo spirito armato di spada, mentre l'americano scattò di lato, tentando di eludere la sua guardia. Com'era prevedibile, il fantasma minore ruppe il vetro soltanto tendendo la mano, e uscì prima che Starkey potesse far niente per fermarlo. Non aveva nessuna importanza, nella mente di Theodore Winston. Non aveva mai pensato di poterlo fermare prima che uscisse dalla casa. E un volo dal primo piano non lo preoccupava minimamente. Fu un salto preciso e agile, compiuto da un uomo con una certa esperienza. L'uomo vestito da poliziotto si guardò intorno, e lo vide. Lo spettro volava basso, forse appesantito dal fardello del corpo che si portava dietro. Partì subito all'inseguimento nella pioggia, silenzioso e veloce come una pantera.

 

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Capitolo 5
*** I morti possono morire? ***


Nella stanza, intanto, Dragan dovette interrompere la sua carica per evitare di essere infilzato da un affondo. Fece un salto indietro, e iniziò a muoversi intorno al suo nemico, soppesandolo. Il suo avversario era più grande di lui, o almeno lo sembrava, da come fluttuava. Il conte ripassò le tattiche di scherma che aveva studiato un po' d'anni prima, e analizzò la situazione in cui si trovava a combattere. Un confronto sulla forza pura poteva finire solo a suo sfavore. E anche l'agilità non sarebbe servita a molto contro un nemico in grado di volare. In compenso, la sua armatura lo limitava nei movimenti, lo impacciava e diminuiva la sua velocità. Velocità. Quella era la chiave dello scontro.

Un tuono illuminò per un istante la stanza. Dragan ispirò, e si lanciò verso il suo avversario. Parò con disinvoltura un fendente con il fodero del bastone, e tentò di penetrare la guardia avversaria, ma il fantasma riuscì a deviare il colpo con la mano guantata di ferro. Il conte incalzò, cercando di costringere l'avversario a rinculare. Colpi a destra, colpi a manca, pian piano la sua vecchia abilità tornò alla mente del nobile. A ogni fendente riusciva a coordinarsi meglio per il colpo successivo. Sorrise. Lo scontro ormai era suo. Si lanciò in un'ultimo affondo, quello finale. O quello che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto esserlo. Senza capire il motivo, Florin scivolò, e si ritrovò dall'altra parte dello spettro, come se... come se lo avesse attraversato. Rotolò per terra fino a sbattere contro l'armadio che era caduto. Cercò di sollevarsi, ma il colpo lo aveva indebolito e ricadde al suolo.

Il fantasma esplose in un crudele e spietato riso. Afferrò il nobile per il colletto della camicia e lo sollevò dal suolo. Poi lo sbattè contro una parete, non molto distante dalla finestra "Povero stolto! Io sono il Supremo Principe Ludwig Immanuel Stromhager il possente, il primogenito ed erede! Sono troppo forte perché un verme come te possa anche solo sperare di trionfare. Ora preparati a perire, bifolco."

Gli occhi di Dragan si accesero. La fiera bestia che spesso brontolava nel suo petto si risvegliò e ruggì con la sua voce "Non osare permetterti di chiamarmi bifolco! Io sono il Conte Florin Dragan, unico erede del mio nobile casato! Tu, lurido sgorbio insignificante, non hai un decimo del potere del sangue che scorre nelle mie nobili vene!"

Ludwig rise di nuovo, sprezzante "Reputi che la tua superbia possa salvarti, o recarti un minimo beneficio? Non hai ancora capito che ti trovi di fronte a un individuo tanto possente da aver sconfitto persino la morte?"

Dragan sorrise, malefico, con tanta convinzione che, anche prima che potesse dire alcunché, lo spirito del Supremo Principe vacillò per un istante. Ma il mondo non seppe mai cosa il conte avrebbe detto. Un colpo risuonò nell'aria tempestosa di quella nera notte. Stromhager ruggì di dolore, mentre la sua corazza cadeva, divelta dall'immensa forza di quell'unico colpo. Lo spettro lasciò cadere a terra il suo prigioniero, e si voltò di scatto, riuscendo a colpire di striscio con il bracciale dell'armatura il suo aggressore. Schmidt rovinò a terra, ma, appoggiandosi al suo bastone, riuscì a rialzarsi.

La collera del fantasma crebbe, crebbe a dismisura. "Tu!" gridò, puntando il dito contro il gigantesco tedesco. "Tu osi..."

"Io oso" interruppe ghignando Axel, e, puntando il piede sano a terra, si scagliò in avanti, costringendo il principe a una subitanea parata. Lo spettro dovette poggiare i piedi per terra, per resistere all'inaudita forza di quel colpo. Il tedesco sorrise, e cercò di appoggiare il piede destro, quello ridotto peggio, di modo tale da poter trovare un sostegno migliore. Non l'avesse mai fatto!

Per caso avverso, posò il piede su un trenino di legno, che era stato scaraventato sul pavimento insieme a molta altra roba. Urlando di dolore, Schmidt cadde a terra, tirando colpi alla cieca sperando di colpire il suo nemico pur senza avere nessuna speranza di riuscirci.

Preso dalla collera, Ludwig Immanuel afferrò con la mano sinistra la stampella dello storpio, strappandogliela di mano e scaraventandolo dall'altro lato della stanza. Ruppe il ramo con una sola mano, poi balzò in avanti e afferrò Schmidt per la gola. Iniziò a strangolarlo, con la mano coperta di metallo. Axel tossì, cercando di liberarsi dalla stretta. Con grande sorpresa dello spirito, le grandi mani dell'uomo iniziarono a lenire la sua stretta. "Come... com'è possibile?" esclamò stupefatto. Poi ringhiò "Se non dalle mie dita, dalla mia spada verrà la tua fine" e si preparò a vibrare il colpo fatale. Che non sferrò mai.

Il dolore, o la cosa più simile al dolore che uno spettro può provare, esplose nel petto del Supremo Principe, all'altezza del cuore. La spada scivolò dalla sua mano, cadendo sul pavimento. Il principe Stromhager cadde in ginocchio, mentre Schmidt tossiva, finalmente libero dalla sua presa. Gli occhi dello spirito caddero sulla sua ferita, e vide una lama uscire dal suo pettorale sinistro, non più coperto dall'armatura.

"Forse non è stato il massimo della lealtà" ghignò la cinica voce di Dragan "Ma questo è un mondo freddo e sleale" e strappò la lama del suo bastone dal petto del fantasma, riponendola nel fodero.

Il Principe boccheggiò, cercando di dire qualcosa, ma senza riuscirci. Annaspò e brancolò, agitando le braccia e le gambe come un indemoniato. Poi, si irrigidì. A poco a poco, scomparve nel nulla.

"Credi che sia morto? Insomma... morto morto?" chiese bofonchiando il gigante. Dragan sospirò "L'anima è immortale, e non posso ucciderla. Però ritengo di aver troncato ogni legame tra quello che questo essere era divenuto e questo mondo."

Schmidt lo guardò con sguardo interrogativo. Dragan sbuffò, raccogliendo la spada dello spettro per esaminarla "Sì, è morto"

 

Nel frattempo, Starkey correva sotto la pioggia. Il freddo, la fatica e l'acqua non sembravano dargli il minimo fastidio. Era un predatore, concentrato solo sulla preda. E, a parte il temporale, tutto l'ambiente circostante era favorevole ad un inseguimento come quello. Era tardi, quindi non c'erano in giro automobili che potevano rallentarlo, era buio e c'erano pochi lampioni ma il suo bersaglio emanava una fievole luce, quindi non c'era il rischio di perderlo e quello di essere individuato era piuttosto basso. In più, il rumore della sua corsa era coperto dall'acqua che cadeva e dai tuoni e lampi occasionali. L'unico vero problema era che, per quanto si sforzasse, Theodore Winston non riusciva ad avvicinarsi abbastanza allo spettro per colpirlo. In più, non conosceva il luogo, quindi tentare una scorciatoia imboccando un vicolo a caso poteva rivelarsi un errore fatale.

Starkey aveva attraversato gran parte della città, attaccato alla vista del corpo privo di sensi del figlio di Herbert e del suo rapitore. Nessuna distrazione, nessun cedimento. La sua rigida forza di volontà poteva sopportare molto più della pioggia. L'unica cosa che davvero lo preoccupava era che, se avesse perso di vista il suo obiettivo non avrebbe potuto recuperarlo, visto che non lasciava alcun tipo di traccia. Sostenuto anche da questa preoccupazione, stringeva i denti e continuava a correre.

A un certo punto, purtroppo, cercando di voltare un angolo scivolò su una pozzanghera e andò a sbattere contro un cassonetto, che cadde con un certo rumore. Il fantasma si girò di soprassalto, e subito diede segno di aver visto, nonostante il buio, il suo inseguitore, infatti si voltò di nuovo e iniziò a muoversi più velocemente. Starkey si maledisse a bassa voce. Era ovvio che i fantasmi vedessero nel buio! Cercò di accelerare il passo, ma non ci riuscì. Era un essere umano, tutto sommato. E gli esseri umani hanno dei limiti. Contro la sua volontà, l'americano si ritrovò a rallentare. Ansimava. Le sue gambe tremavano. Si costrinse a non abbassare la testa e a seguire almeno con lo sguardo il suo nemico. Si trovò davanti il castello che sorgeva al centro della città. Lo spirito con il suo rapito erano spariti all'interno. Starkey ringhiò, frustrato. "Idiota incompetente!" esclamò, rivolto a se stesso, appena ebbe recuperato abbastanza fiato. Strinse con tanta forza i coltelli nelle sue mani che rischiò quasi di rompere le sue armi.

 

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Capitolo 6
*** Riprendendo fiato ***


A casa di Herbert, la signora Alice abbracciò Dragan e Schmidt. "Avete salvato la mia famiglia!" sussurrò con le lacrime agli occhi. Anche Herbert si avvicinò per stringere la mano ai due forestieri. Il gigante sorrise e strinse vigorosamente, ma il rumeno dovette declinare, e mostrò un graffio che si era fatto sulla mano nello scontro. Poi guardò verso la finestra rotta, ove si era accovacciato Francesco per raccogliere indizi. "Il signor Starkey non è ancora tornato..." borbottò fra sé, e si avvicinò al gobbo. "Trovato niente di interessante?"

"Assolutamente sì" rispose quello, senza neanche alzare la testa. Indicò il pavimento "Vedete? Non c'è il minimo coccio di vetro. Se non ci trovassimo a trattare con creature sovrannaturali, direi che qualcuno è uscito, non che qualcuno è entrato"

Dragan si sfiorò il mento con l'indice "I fantasmi possono rendersi eterei, se non erro... il che spiega come hanno fatto a intrufolarsi in questa casa senza passare per le porte. Mi chiedo però perché abbiano voluto o dovuto rompere la finestra per uscire, e come ho fatto a trafiggere quello che è rimasto qui"

L'italiano si grattò un po' la testa "Direi che questa è la parte più semplice da spiegare, dal punto di vista logico."

Dragan mugugnò "E allora me lo spieghi, dottore, perché io non ci arrivo". Anche Schmidt e i signori Muller si avvicinarono. La loro figlia era in un'altra stanza, sorvegliata da Jackie.

Il dottore italiano si alzò in piedi, ed iniziò a spiegare camminando avanti e indietro: "Allora, comunemente noi abbiamo a che fare con oggetti tangibili, ovvero, per usare un linguaggio elementare, che possiamo toccare. È importante osservare che il contatto è reciproco, quindi, se io entro in contatto, ad esempio con il caro Axel" e gli poggiò una mano su una gamba, per dimostrazione "Si può dire che allo stesso tempo, Axel è entrato in contatto con me."

Tutti annuirono. Anche il gigante tedesco, che era il meno acuto, fece segno di aver capito.

"Da questo principio è piuttosto facile giungere alla conclusione che gli spettri in cui siete incappati, nella loro forma intangibile non possono entrare in contatto con niente né con nessuno. Per stabilire un contatto fisico necessitano della tangibilità. Dal momento che venendo non portavano nulla con sé, hanno attraversato le pareti valendosi della loro intangibilità. Visto che uscendo dovevano portare con sé un corpo solido, nel caso, il signorino Muller, hanno dovuto rompere la finestra per uscire."

"E questo spiega anche" ragionò Florin "Perché, quando mi sono scagliato contro il Principe Stromhager gli sono passato attraverso, mentre poi, quando stava cercando di stritolare il signor Schmidt, sono riuscito a colpirlo."

"Precisamente" annuì Leone "Quello che non mi spiego è come mai la sua spada sia rimasta su questo mondo anche dopo la scomparsa del proprie..." si bloccò a metà. Il suo sguardo era fisso sulla mano destra di Dragan. La spada era scomparsa. Anche Florin si mostrò sorpreso. "Era qui fino a un attimo fa... è scomparsa!"

Francesco si riaccovacciò a pensare "Forse... allora è scomparsa poco dopo la morte proprietario... ma perché? Perché non è scomparsa in contemporanea alla sua morte?"

Schimdt, che si reggeva sulle spalle di Herbert, provò a ipotizzare "Forse era... non lo so... un incantesimo a scoppio ritardato?"

Lo scienziato scosse la testa "Raramente i rituali oscuri sono “in ritardo”, a differenza delle macchine costruite dall'uomo. La scienza può creare solo misere imitazioni della natura, la magia è una cosa completamente diversa dalla natura... è raro che ci siano imperfezioni."

Rimase qualche secondo a pensare, poi si alzò "Devo rifletterci con più calma. Ora come ora non credo di avere abbastanza dati. Signora Muller, lei ha nominato i fantasmi... può dirci qualcosa di più su di loro?"

Prima che la signora potesse dire alcunché, il poliziotto alzò la mano "Signori, direi che questo non è il posto migliore per parlarne. Suggerisco di spostarci in cucina, dove saremo più tranquilli."

Di lì a qualche minuto, i cinque erano seduti al tavolo, sorseggiando una tisana preparata dalla volenterosa moglie di Herbert. Jackie e Franziska si erano sistemate in una stanza accanto, per poter essere soccorse subito in caso di bisogno, e si erano messe a dormire.

Quando tutti furono serviti, Alice si sedette e iniziò a raccontare "E' una leggenda che ormai ha più di cinquecento anni. Si dice che, ai tempi del Medioevo, questa città fosse una piccola fortezza dominata dalla nobile famiglia Stromhager. Gli Stromhager erano famosi in tutto il loro dominio per la loro crudeltà, e per il pugno di ferro con cui regnavano sui poveri sudditi. Si dice che l'ultimo Principe Stromhager, Eustachius Frieder, fu tanto spietato da condannare a morte un centinaio di sudditi solo nel suo primo mese di regno. Allora i nostri avi, disperati per il loro triste destino, decisero di ribellarsi, e di rovesciare gli Stromhager. Dovete sapere che ai tempi vivevano tre figli del Principe, Ludwig Immanuel, il primogenito, Meinwald e Aurelius. I tre vivevano felici e uniti fra loro, nel castello che tanta sofferenza aveva causato. La folla inferocita che si sollevò contro il loro padre non li risparmiò."

Fece una pausa e singhiozzò. I tre stranieri ascoltavano con estrema attenzione. Soltanto Axel distolse un attimo lo sguardo dalla narratrice per osservare le reazioni dei compagni.

Vedendo che la moglie era troppo provata per continuare, prese parola il commissario Herbert "La leggenda dice però che il castello era pieno di passaggi segreti, e che i tre figli si separarono promettendosi di incontrarsi di nuovo in una stanza segreta che nessuno conosce. Ludwig Immanuel e Meinwald arrivarono sani e salvi, ma Aurelius, il più piccolo, fu catturato e brutalmente ucciso dai paesani." scosse la testa "Quando i suoi fratelli lo scoprirono, persero la ragione, e si lasciarono morire di fame e di stenti. Da quel momento, i loro spiriti avrebbero abbandonato i loro corpi, e una notte ogni dodici anni verrebbero in paese, a rapire un bambino della stessa età del piccolo Aurelius, per riavere indietro il loro fratellino. Fino a poco fa pensavo si trattasse di una leggenda, e che i rapimenti in cui mi sono imbattuto ogni dodici anni nella mia carriera fossero stati coincidenze, ma..." non riuscì a finire la frase.

"Comprendo" Dragan si accarezzò il mento, poi si volse verso il gobbo "Ha qualche teoria, dottor Leone?"

Francesco riflettè qualche istante, poi rispose "Cè senza dubbio qualcosa di strano in tutto questo. Ovviamente non sono un esperto di fantasmi, ma sono certo che ci sia di mezzo qualche strano rituale. Potrebbe essere un sacrificio." mugugnò per qualche secondo, poi si rivolse al commissario "Potrei visionare l'archivio della polizia per quanto riguarda i casi dei rapimenti avvenuti dodici e ventiquattro anni fa?"

"Beh..." il commissario pareva incerto "Non so se è giusto che io condivida i dati riservati raccolti con degli estranei..."

"Herbert!" esclamò la moglie "Questi signori hanno lottato per salvare nostro figlio! Forse hanno eliminato il maggiore degli Stromhager! Se qualcuno può salvare Alphons, sono loro!"

Il signor Muller rimase dubbioso qualche istante. Mentre stava ancora ponderando sulla risposta da dare al gobbo, suonò il campanello. Florin saltò in piedi "Potrebbe essere il signor Starkey!" e subito corse fuori dalla stanza, seguito dal signor Muller. Tornarono qualche minuto dopo, sostenendo l'americano stremato, quasi sul punto di svenire per il troppo sforzo.

"Dov'è mio figlio?" gridò terrorizzata Alice "Dov'è Alphons?"

Theodore raggiunse a stento una sedia. Si fece forza e rispose, boccheggiando e balbettando "Non sono riuscito... a raggiungere il fantasma. È... è scomparso nel castello." e poi, esausto, crollò sul tavolo.

La signora Muller iniziò a piangere, disperata, abbracciando il marito, che inutilmente tentò di consolarla, per poi cedere anche lui al dolore per il figlio perso.

Mentre Schmidt si muoveva per cercare di portare l'americano in un posto dove potesse riposare, Dragan si avvicinò a Leone, e gli sussurrò in un orecchio "Lei crede che il sacrificio avverrà stanotte?"

Leone scrollò le spalle "Non saprei dire. È possibile, ma non così probabile. Nella maggior parte dei rituali è necessaria una preparazione specifica della vittima, prima di procedere all'atto vero e proprio."

Il conte ciondolò la mano col bastone avanti e indietro "Inoltre c'è anche da considerare che probabilmente lo spettro non si aspetterà la scomparsa del fratello maggiore."

Il dottore annuì "Anche questo è vero. Ciò non toglie che presto quel bambino morirà. Non so dire quanto presto... ma presto."

Florin annuì, pensieroso. Guardò il grosso orologio della cucina. Segnava ormai quasi le tre e mezza di notte. "Meglio parlarne domani. È una questione che include anche il signor Starkey, il signor Schmidt e la piccola Jackie" disse, rivolto a Francesco, e poi si congedò dai coniugi Muller.

Francesco finì di sorseggiare la sua tisana, pensieroso. Non lo convinceva granché l'ultima uscita del conte. Poi scrollò le spalle. Forse era solo stanco.

 

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Capitolo 7
*** Discordia ***


Molta gente non avrebbe potuto dormire dopo tutti gli orrori di cui erano stati testimoni quei bizzarri individui. I signori Muller, ad esempio, passarono il resto della notte stesi sul letto, abbracciati, a singhiozzare. Ma i cinque no. Quei forestieri, seppur su un giaciglio improvvisato e scomodo, riuscirono tutti a cadere in un sonno profondo senza troppa fatica, eccettuato forse il dottore italiano, che si agitò un po' prima di calmarsi. Tutti gli altri rimasero stesi e quieti per tutto il tempo.

Il primo a svegliarsi fu Dragan. Si alzò e guardò fuori dalla finestra. Il sole era già alto. Approssimativamente erano circa le undici di mattina. Il conte si sedette, riflettè per qualche minuto in religioso silenzio, poi si riscosse e si mise a svegliare tutti i suoi compagni. Infine, andò a prendere Jackie, che dormiva in una stanza vicino insieme a Franziska.

"Signori" iniziò, mentre quelli ancora si stiracchiavano e cercavano di riscuotersi dal torpore "Ho riflettuto e sono giunto a una conclusione. Non possiamo sperare di essere stati così fortunati da aver seminato, beh... “quelli”. Non abbiamo più tempo. Dobbiamo andarcene subito."

"Aspetti un momento, conte" lo interruppe Francesco "Lei sta forse suggerendo di abbandonare il figlio dei signori Muller al suo triste destino? Sa perfettamente che se non facciamo niente il piccolo sarà ucciso!"

"Non è detto" obiettò Florin "Io e il signor Schmdit siamo riusciti da soli a sopraffare il suo fratello maggiore, pur essendo impreparati, armati di equipaggiamento scarso e fisicamente provati. Il signor Muller è comunque il commissario della polizia, avrà senza dubbio a sua disposizione dei corpi competenti, in grado di risolvere questa emergenza meglio di come potremmo fare noi."

"Non sono d'accordo" battè il pugno Axel "Saremo stati anche colti di sorpresa, ieri sera, ma noi siamo molto più preparati di quanto un semplice umano non possa essere! Insomma, noi veniamo..."

"Veniamo da dove veniamo." interruppe frettolosamente Dragan "Non c'è alcun motivo di ripetere quel nome"

Starkey sospirò "Ciò non toglie che noi, a tutti gli effetti, abbiamo avuto un'esperienza, per quanto parziale, del mondo che esiste al di là di questo. Un fantasma non può impressionarci più di tanto... quanto potranno fare dei comuni umani contro una minaccia di questa entità? E poi, se anche l'operazione di polizia andasse a buon fine, si spanderebbe subito la voce. La presenza di creature... “non naturali” sarebbe confermata una volta per tutte. Il mondo cadrebbe nel caos. E il caos renderebbe molto più potenti gli esseri che ci danno la caccia."

La mano del rumeno tremava. Quando parlò, la sua voce era alta e violenta "Voi siete liberi di sprecare le vostre misere vite dando la caccia a questo fantasma... ma io non lo farò! Non tornerò... lì... per colpa di un moccioso!"

Francesco Leone balzò in piedi, furioso "Sacrificheresti la vita di un bambino innocente per salvare la tua?"

"Sacrificherei cento, mille vite, per preservare la mia! Non è quello che faremmo tutti? Non è quello che abbiamo sempre fatto?" gli occhi di Dragan per un istante persero ogni traccia di umanità. La mano con cui fino ad allora aveva gesticolato corse all'impugnatura del bastone, svitandola.

Starkey portò d'istinto le mani alla cinta, ma i coltelli non c'erano più. Leone tremava, impotente. Schmidt sbuffò e rimase immobile, senza nemmeno tentare di alzarsi. Sembrava che Florin da solo avrebbe potuto liberarsi di tutti i suoi compagni, ma una voce, imperiosa, si alzò

"Ora basta!"

Jackie si mise fra il conte e gli altri. Gli occhi di smeraldo della bambina si piantarono su quelli grigi dell'uomo. Lei parlò, con voce forte, sicura e profonda.

"Florin. Finiscila."

Per un attimo, il rumeno parve sul punto di attaccare la bambina indifesa. Poi sbuffò e, irritato, dovette abbassare lo sguardo. Rigirò il pomolo del bastone, chiudendo la lama, e si sedette, in silenzio.

Jackie, senza accennare ad alcuna emozione, si volse verso il gobbo

"Francesco. Parla."

L'italiano deglutì, e iniziò balbettando "Il... il segreto per sconfiggere il fantasma del Principe Stromhager... deve essere... la collaborazione."

Tossicchiò un po', e quando riprese a parlare, la sua voce aveva un tono deciso "Dobbiamo dividerci i compiti. Io andrò alla stazione di polizia, ed esaminerò i dati sugli ultimi rapimenti, per capire il modus operandi che hanno tenuto negli anni scorsi. Forse da lì potrò dedurre qualcosa di interessante. Starkey, lei dovrebbe andare in biblioteca, cercare qualche fonte in più sulla leggenda dei fantasmi... ah, visto che lei ieri sera non l'ha sentita mentre i signori Muller la raccontavano, lei, signor Schmidt, dovrebbe riferirgli ciò che già sappiamo."

Starkey annuì, e Axel sorrise "Non c'è problema. Approfitterò del tempo libero per trovarmi una nuova stampella."

"Eccellente" riprese Leone "E lei... conte Dragan..."

Florin lo guardò in cagnesco, ma non disse nulla. Francesco inspirò e poi continuò "Lei qui è il più esperto per quanto riguarda i castelli. Dovrebbe cercare una pianta della fortezza degli Stromhager e cercare di individuare dove potrebbero essere i passaggi segreti."

"Posso farlo" rispose freddo Dragan.

La tensione era calata, e i cinque si diressero in cucina, dove trovarono una piccola colazione lasciata per loro da Alice. Si sfamarono e si diedero appuntamento per quel pomeriggio.

Ciascuno di loro lavorò assiduamente. Francesco, seguito da Jackie, raggiunse la stazione di polizia, dove fu accolto da Herbert, ed ebbe accesso ai dati che desiderava.

Dragan e Starkey raggiunsero la biblioteca, ed entrambi si dedicarono con attenzione al proprio compito.

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Capitolo 8
*** Piano d'Azione ***


Verso le quattro si ritrovarono a casa Muller. Schimdt li attendeva, ansioso. Aveva un nuovo bastone, che aveva trovato con l'aiuto della moglie del commissario. La stessa Alice era stata poi tanto gentile da procurargli dei vestiti della sua taglia. Ora indossava una polo nera a maniche lunghe, calzoni e giacca marroni, e sulla testa portava un cappellaccio dello stesso colore.

Il primo ad arrivare fu Dragan, che portava in mano un paio di pergamene ingiallite. Poi fu il turno di Starkey. Infine, giunsero anche Leone e la bambina, accompagnati da Herbert, che si era allontanato dalla centrale con un pretesto.

"Molto bene" fece il gobbo "Direi che possiamo cominciare condividendo le informazioni che abbiamo trovato. Osservando gli ultimi due casi, confrontandoli anche con la sventurata disavventura di ieri sera, ho avuto modo di delineare l'obiettivo e i metodi propri di questi... esseri. Le vittime dei rapimenti sono sempre bambini, maschi, di dodici anni, capelli biondi, di famiglia almeno benestante."

Starkey prese la parola "E' la descrizione tradizionale del terzogenito Stromhager, Aurelius."

Leone annuì e riprese: "I testimoni, solitamente i genitori, sono stati trovati in stato di shock, e hanno raccontato di aver udito suoni spaventosi, ma questo dato è sempre stato trascurato, a quanto ho avuto modo di vedere."

Muller si accese una sigaretta "Eravamo convinti che fossero stati suggestionati dalle leggende..."

"Comprendo" mormorò Starkey "Io ho scoperto qualche dettaglio interessante sugli Stromhager. A quanto pare, esiste una versione della leggenda per cui il piccolo Aurelius non sarebbe morto ucciso dalla folla. Alcune fonti dicono infatti che, presi a compassione, i popolani abbiano adottato il piccolo Stromhager, che sarebbe cresciuto gentile e onesto, fino a morire di vecchiaia... o di qualche malattia. Cause naturali, comunque"

"Interessante" mugugnò Schmidt, che tentava di seguire come meglio poteva.

A quel punto, Dragan aprì uno dei rotoli che aveva preso "Questa è la pianta del castello Stromhager. Per fortuna vostra, ho una certa esperienza. Ho studiato a lungo questa carta, e ci sono diversi punti in cui potrebbero essere situati dei passaggi segreti. Visto che cerchiamo una vera e propria stanza..." indicò un punto nei sotterranei "Questa è la zona più probabile. Non saprei dire bene come ci si possa entrare... d'altra parte, se entriamo nel castello è probabile che il proprietario, Meinwald, venga... a fare gli onori di casa."

"Cioè a farci fuori" commentò Axel. Florin annuì "Esatto. Il problema è che io so qualcosa anche riguardo alle leggende sui fantasmi. Se le cose qui funzionano come da noi, i fantasmi hanno molto più potere nei luoghi con cui avevano molta familiarità in vita... soprattutto in quello in cui sono sempre vissuti... e in cui sono morti e sepolti."

"Il che significa?" chiese Starkey

"Significa che non ci troveremmo a lottare solo contro uno spettro, com'è stato con il suo fratello maggiore. Dovremo scontrarci con tutto ciò che c'è nel castello... se il fantasma è abbastanza potente, potremmo trovarci contro il castello stesso."

Francesco si grattò la testa "Come sarebbe possibile lottare contro un... contro un castello? E come potremmo vincere?"

Il conte scosse la testa "Sul come sarebbe possibile lottare ho qualche idea... sul come vincere, no"

I compagni si scambiarono un po' di sguardi preoccupati. Allora prese la parola Muller "Sentite, signori, apprezzo i vostri sforzi, ma non c'è bisogno che vi preoccupiate tanto. Da questo momento sarà la polizia a prendere in mano la situazione."

Dragan lanciò una tipica occhiata da “ve l'avevo detto”, Starkey scosse la testa e guardò Herbert dritto in faccia "Signor Muller, mi rendo conto che lei sia sconvolto, mi rendo conto che lei voglia salvare suo figlio... ma cosa pensa di dire ai suoi agenti? Pensa di raccontare loro che la storia dei fantasmi era vera? Non le crederanno mai... e se non glielo dicesse... non avrebbero nessun modo di prepararsi a quello a cui andrebbero incontro."

"Cosa dovrei fare allora?" chiese il poliziotto, mentre i suoi occhi diventavano lucidi "Dovrei restare qui a non fare niente mentre mio figlio, il mio Alphons, magari sta morendo proprio in questo momento? E poi voi, che tanto parlate, come fate a sapere tutte queste cose sui fantasmi e sui mostri? Come avete fatto a sconfiggere Ludwig Immanuel ieri notte?"

Schmidt sospirò, poi, facendo leva sulla sua nuova stampella, si alzò e poggiò la sua grande mano sulla spalla dell'uomo che lo aveva ospitato quella notte. "Ascolti, Herbert, lei è un brav'uomo. Ci sono questioni, diciamo... in cui un brav'uomo non dovrebbe entrare. Noi non possiamo rispondere alle sue domande, ma... la prego, mi creda se le dico che l'unica cosa che vogliamo è liberare suo figlio e poi andarcene."

Il commissario scostò il braccio di Axel "Mi sta forse minacciando, signor Schmidt?"

"No, affatto" ribattè quello "Non è assolutamente mia intenzione farle del male. Lei è stato molto gentile con noi, senza di lei probabilmente saremmo morti. Le saremo eternamente grati per questo, ma... deve crederci. Noi sappiamo qualcosa di quegli orribili esseri. Non è dipeso da una nostra scelta... ci siamo rimasti attaccati contro la nostra volontà. Le direi di più..." Dragan tossicchiò, e il tedesco gli lanciò un'occhiataccia "...Ma ogni cosa che dico potrebbe metterla in pericolo. E non si tratta del genere di pericolo contro cui la polizia può fare qualcosa."

Starkey si avvicinò "Lei ha una famiglia, signor Muller. Noi faremo tutto ciò che è in nostro potere per mantenerla intera. Sappiamo tutti che non c'è tempo da perdere. Noi ora andremo al castello e affronteremo Meinwald Stromhager. Forse riusciremo a sconfiggerlo, forse no. Ma le promettiamo che faremo tutto il possibile."

"Lasciatemi venire con voi" quasi implorò Herbert. L'americano scosse la testa "E' meglio di no, signor Muller. Lei deve restare qui, con la sua famiglia. Però... se vuole aiutarci, forse può fare una cosa per me."

Il commissario lo guardò supplicante "La prego, signore. Mi dica cosa posso fare"

Theodore Winston lo fissò per qualche secondo, poi tese la mano "Mi dia la sua pistola. Sono un eccellente tiratore, e un'arma da fuoco potrebbe aumentare le mie possibilità di vittoria in uno scontro con lo spettro di Stromhager."

Per un istante lo sguardo di Herbert si fece sospettoso, ma poi il pensiero del figlio rapito lo costrinse a cedere la sua arma all'americano. Starkey soppesò l'arma, esaminandola fin nei minimi dettagli con grande competenza. Poi si rivolse ai suoi compagni e fece un segno col capo "Direi che è ora"

Dragan guardò il cielo "Il Sole sta iniziando a volgere a Ovest... temo che, quando arriveremo al castello, sarà quasi il tramonto... e di notte gli esseri dell'oscurità sono più forti"

Axel mugugnò "Ma non possiamo aspettare domani" e si incamminarono.

 

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Capitolo 9
*** Ma che bel castello! ***


Theodore indicava la strada, mostrando il percorso che aveva compiuto il fantasma la notte precedente. Ci misero un po' ad arrivare al castello, anche perché rallentati da Schimdt, che con la sua stampella non riusciva a muoversi rapidamente.

Non c'era molta gente per le strade, e forse fu una fortuna, perché certo la strana compania dava nell'occhio, anche se l'americano aveva avuto l'accortezza di nascondere la pistola in uno zaino preso in prestito dal signor Muller.

Come aveva previsto il rumeno, arrivarono solo a sera. La luce rosata del tramonto tingeva la cittadina di un rosso malinconico. Era una vista incantevole, ma il pensiero della notte che incalzava, e l'ombra del castello che si estendeva sempre più, come una mano rampante protesa ad afferrare tutte le case per stritolarle avrebbe certo donato un brivido sulla schiena di chi si fosse fermato ad osservare.

I cinque si fermarono un istante davanti al portone del castello. Era un immenso portone di legno marcio, sigillato da assi robuste. Francesco si avvicinò a esaminarlo. Guardò con attenzione, e poi scosse la testa "Di qui non è entrato nessuno da diversi anni."

"Come può essere?" chiese il gigantesco tedesco, ansimando leggermente per lo sforzo della camminata "Dove altro può essere andato lo spettro?"

"Rifletta un po', signor Schimdt" lo esortò il conte "Esiste solo la porta principale?"

"Giusto" annuì Starkey, e fece segno di seguirlo.

Iniziò a muoversi intorno alle fatiscenti mura del castello, guardando per terra. Ad un certo punto si fermò, si chinò ed estrasse dal suolo due coltelli. "Stromhager è entrato da qui. L'ho seguito con lo sguardo e ho lasciato questi per ricordarmi dove fosse scomparso."

"Quindi qui deve esserci un passaggio segreto..." sussurrò Leone.

Dragan sfoderò una mappa e la esaminò attentamente: "Effettivamente coinciderebbe con i punti che avevo selezionato". Ripose la cartina e iniziò a tastare il muro. Dopo qualche minuto di ricerca, sorrise, e indicò una piccola pietra, quasi al livello dei suolo.

"Lei pensa che sia quella che apre il passaggio?" chiese Francesco. Florin annuì "Guardatela con attenzione. Il muschio, presente sull'intera parete, sugli angoli qui sembra rimosso. Il che significa che questa pietra è stata mossa di recente."

Premette leggermente la pietra con il bastone. Quella si mosse, e si sentì un tonfo. Una piccola sezione del prato intorno al castello si mosse, rivelando una botola con una piccola scala di corda. Il rumeno fermò gli altri, sul punto di entrare "Ricordate, da questo momento entriamo nella casa di un fantasma. Non abbiamo garanzie di uscirne. Siete davvero sicuri di volerlo fare?"

Gli altri si guardarono fra loro e annuirono. Lui sospirò "Beh, io non lo sono, ma suppongo di non avere altra scelta"

Il primo a calarsi fu Starkey, che teneva in una mano la pistola e i coltelli e con l'altra si aggrappava alla scala. Quando fu in fondo, fece segno ai compagni di scendere. Fu piuttosto difficile soprattutto per Axel, sia per il fatto che, per le sue dimensioni, era costretto a stringersi per entrare nel buco, sia perché non era facile per lui scendere una scala, visto che non poteva usare la sua stampella, ma nel giro di qualche minuto tutti e cinque erano sul fondo. Davanti a loro c'era uno stretto corridoio privo di illuminazione. "Avremmo dovuto portare delle torce!" esclamò Francesco, che vedeva anche meno degli altri.

"Vuole tornare indietro a prenderle, dottore?" chiese ironico il conte.

Procedettero a tentoni, seguendo la stretta via che si presentava davanti a loro. Non si sentiva una parola. Erano tutti troppo impegnati a urtarsi e a proseguire per parlare.

D'un tratto si accorsero che il sentiero che seguivano iniziava a salire. D'un tratto l'americano, che guidava il gruppo, sbattè la testa, e si accorse di essere arrivato sotto una stanza. Facendosi forza tutti insieme, riuscirono a sollevare il soffitto, e finalmente videro di nuovo la luce. Anche se era solo tenue bagliore di torce, per un istante i compagni, ormai abituati al buio pesto, rimasero abbagliati.

Starkey impugnò con forza la pistola, tenendo nell'altra mano un coltello, e fece segno a Francesco di prendere una torcia. Il gobbo si mosse, e afferò la luce più vicina. "Strano" commentò dopo averla osservata un po' "Sembra che questa torcia stia bruciando da molto tempo... eppure non è minimamente consumata..."

Una risata, la risata che avevano imparato a conoscere, risuonò un'altra volta nella stanza. I cinque si strinsero tra loro. Dragan lasciò cadere la cartina che stava esaminando, e sfoderò la sua lama. "Siamo in una zona segreta" commentò "Se la stanza del rituale esiste davvero deve essere qui vicino"

"In che direzione?" chiese Schmidt.

Un nuovo mostruoso urlo animalesco si alzò. Veniva chiaramente dalla sinistra dei cinque. "Provi a indovinare" rispose sarcastico Florin, mettendosi in guardia.

Un rumore di passi metallici iniziò a risuonare. Dapprima piano, poi sempre più forte. "Un corazzato" commentò Dragan, ma Francesco scosse la testa "No, conte... i passi sono troppo irregolari... c'è più di una sola persona."

A voler confermare le parole del dottore, due armature mezze arrugginite balzarono fuori dall'oscurità. Una brandiva una spada e uno scudo, l'altra una mazza ferrata. Il conte deviò prontamente un fendente della prima, e Schmidt riuscì a parare un colpo dall'altra.

I cinque fecero un balzo indietro. Starkey imprecò "Maledizione! In quale delle due si nasconde Meinwald?"

"In nessuna delle due" si alzò la voce della bambina. Gli uomini si voltarono per capire che intendesse, ma un rumore di ferro che strideva li costrinse a concentrarsi di nuovo sui loro avversari. Theodore sparò un paio di colpi contro quella priva di scudo, e Florin ne approfittò per scivolarle sotto le gambe e passarle dietro. Affondò la lama in una fessura sulla schiena e colpì l'elmo col fodero. Quello cadde a terra con un tonfo, rivelando il nulla.

"Queste armature non celano alcun corpo al loro interno. Focalizzare attacchi contro di loro è futile, e si risolve solo in uno spreco di tempo e di energie. L'unico modo che abbiamo per vincere questa battaglia è neutralizzare la fonte d'energia che le alimenta."

"E quale sarebbe questa fonte?" gridò il rumeno, scattando all'indietro per schivare un attacco combinato delle due armi.

"La fonte è lo spettro del Principe Meinwald Stromhager. Finché quello spirito mantiene la sua coscienza in questo mondo, sarà impossibile per noi liberarci di questi ostacoli."

Leone, terrorizzato, afferrò la bambina per le spalle, e con tono implorante supplicò "Jackie... tu sai dov'è Meinwald? Diccelo, ti prego!"

La piccola indicò la direzione da cui erano venute le armature, alle spalle di Dragan "Di là... è senza dubbio vicino, o il legame con queste armature si sarebbe già spezzato. È impensabile, anche per uno spirito come lui, mantenere un incanto come questo a una distanza considerevole."

Schmidt ghignò: "Perfetto. Quello che mi serviva sapere"

Poi, facendo leva sul piede sinistro, balzò in avanti e, con tutta la sua forza, colpì con la stampella l'armatura a destra, scagliandola contro l'altra. Le due collassarono con un frastuono assordante, ma subito si mossero per rimettersi in piedi. Per fortuna, essendo parzialmente arrugginite, erano piuttosto lente.

Il tedesco fece segno agli altri di proseguire "Voi andate avanti, io terrò impegnate queste scatolette scadute."

"Ma Axel... potresti rimanerne ucciso!" strillò l'italiano.

Il gigante sorrise "Ci vuole ben altro per Axel Schmidt... e poi, vita o morte, a me non è mai importato troppo. Sono comunque riuscito a rivedere il Sole e le stelle un'altra volta, alla faccia di Dio o di chi per lui. Ora sbrigatevi!"

Lo scienziato era ancora dubbioso, ma l'americano lo afferrò e lo costrinse a muoversi. "Grazie, signor Schmidt." disse, chinando la testa, poi si mise a correre, seguito dagli altri.

"Bene, tesorini" sorrise crudele Schmidt alle armature, che intanto si erano rialzate "Vogliamo cominciare?"

 

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Capitolo 10
*** Sarà una buona mossa? ***


La debole luce della torcia in mano a Francesco era l'unico bagliore che illuminava il cammino dei compagni. Anche se nella stanza di prima l'illuminazione non mancava, il corridoio in cui si muovevano ora era immerso nella più completa oscurità.

I quattro correvano, desiderosi di terminare la questione una volta per tutte, quando di nuovo risuonò la risata crudele di Stromhager.

“Che sperate di ottenere, mortali? Non sapete che nulla potete contro un essere superiore come me?”

"Risparmiatevi il discorso stereotipato, principe!" ribattè fiero Florin "Abbiamo sconfitto vostro fratello, e ora tocca a voi! Non siete così invincibile come volete farci credere!"

La sghignazzata si trasformò subito in un urlo furioso “VOI AVETE FATTO COSA?!?”

Il conte mosse le labbra a formare una smorfia crudele "Non vi siete chiesto perché il principe supremo non abbia fatto ritorno la scorsa notte? Ho posto fine alla sua vita... o quella patetica imitazione di vita che era... con la mia lama."

Il pavimento iniziò a tremare. Alla già smisurata furia dello spettro si aggiungeva l'indicibile dolore per la perdita del fratello maggiore.

Francesco deglutì "Conte, siete sicuro che sia stata una mossa saggia provocarlo così?"

Starkey annuì "La rabbia distrae il nemico, e lo rende meno prudente. Il conte Dragan ha agito scaltramente"

Jackie alzò lo sguardo. Il suo viso non mostrava nessuna emozione: "Tuttavia, un animale ferito è più pericoloso di uno sano. Ora Meinwald si sente le spalle al muro, ci lancerà contro tutto quello che ha in mano"

"Pensavo l'avesse già fatto" commentò l'americano, mentre avanzavano e le grida iniziavano a diminuire di intensità.

La bambina scosse la testa "Stromhager è uno spirito che ha ormai secoli di permanenza in questo mondo... ha compiuto innumerevoli atti nefandi... anche se non ci sono armature in questa parte del castello, fatta eccezione per quelle che sta combattendo Axel Schmidt... sono certa che abbia ancora qualcosa in mano."

“Hai detto bene, mocciosa!” rimbombò minacciosa la voce del padrone di casa. Di colpo, la parete alla sinistra dei quattro esplose in un lampo di luce, abbagliando i compagni per un istante. Quando poterono vedere di nuovo, tre mastini feroci sbarravano loro la strada per cui erano venuti. La loro pelle sembrava in putrefazione, eppure tutti e tre si reggevano in piedi senza problemi. I loro occhi rossi iniettati di sangue brillavano nell'oscurita e le loro fauci scintillavano. Bava nera cadeva dai loro ringhi, e sfrigolava a contatto col pavimento.

“Non vi lascerò scappare, dopo quello che avete fatto a mio fratello!”

"Non dovete preoccuparvi di questo, principe" continuò a sorridere Dragan "Noi non abbiamo intenzione di andarcene. Voi tre" fece segno agli altri "Andate avanti e occupatevi del fantasma. Per questi cuccioli infernali, io basto e avanzo" e per dimostrare che non si sbagliava, riuscì subito a respingere l'assalto di uno dei tre con un calcio.

Starkey rimase fermo. Si rivolse alla piccola dagli occhi di smeraldo "Jackie... queste creature... sono vive? Intendo, possono essere uccise?"

Jackie rimase impassibile "Non penso possano morire del tutto, finché Meinwald resta vivo... ma questi sono fatti di carne, possono essere danneggiati più facilmente delle armature... temo però che il loro morso possa essere letale per un essere vivente."

"Certo" osservò Francesco "La loro saliva è chiaramente un acido molto corrosivo."

"Molto bene" annuì Theodore Winston, poi si pose davanti ai tre cani. Questi ringhiavano, ma per il momento erano ancora impegnati a valutare gli avversari che avevano davanti. A volte balzavano in avanti contro Florin, ma erano più che altro finte per studiare il nemico.

"Vada avanti lei, conte" disse Starkey "Il mio stile di combattimento è più adatto contro questi nemici. Lei si è già occupato di uno spettro, potrà rifarlo. E io sono molto più addestrato di lei a non farmi ferire neanche di striscio"

"Anche questo è vero... sergente" commentò Dragan. Lanciò un'ultima occhiata ai mostri che aveva di fronte, poi si voltò e raggiunse gli altri due.

L'ex soldato americano invece rimase a fronteggiare i tre canidi. Inspirò profondamente. Sorrise, mentre l'adrenalina invadeva tutto il suo corpo. “Dopotutto... io sono nato per combattere, no?” non potè fare a meno di pensare.

 

Schimdt ansimò. Ormai iniziava a stancarsi. Le due armature, sebbene danneggiate dalla moltitudine di colpi che aveva inflitto loro, erano ancora in piedi. Certo, avevano molte ammaccature, ma sembrava che questo non avesse alcun effetto sui loro movimenti. Axel si lanciò di nuovo in avanti, e col suo bastone colpì di lato lo scudo di una, staccando di netto il guanto dal resto della corazza. Lo scudo rimbalzò per terra con gran fragore. La corazza, noncurante, fece un paio di passi indietro, raccolse il guanto caduto e lo risistemò.

Il tedesco si diede un colpo in testa col palmo della mano. Quanto era stato stupido? Aveva avuto la risposta al suo problema davanti agli occhi per tutto il tempo. Erano armature immortali, non poteva distruggerle... ma ciò non significava necessariamente che lui non aveva alcuna speranza, come aveva pensato. Peccato farselo venire in mente solo quando ormai le energie iniziavano a venirgli meno. Imprecò contro se stesso, contento per una volta di poter inveire ad alta voce senza il timore di traumatizzare la piccola. Poi rivolse di nuovo la sua attenzione agli instancabili colossi.

 

I tre rimasti uniti continuavano a correre, mentre la voce di Meinwald risuonava beffarda “Cosa credete di fare? Non potete sconfiggermi... questo castello, la dimora dei miei antenati, sarà la vostra tomba!”

"Che onore" commentò sarcastico Dragan.

Meinwald rise, e il pavimento tremò di nuovo, poi iniziò a mutare. Sembrava sempre meno composto da pietre e sempre più... sabbioso. Francesco, a corto di fiato, lo osservò sospettoso. Afferrò una manciata di granelli e li esaminò. Poi sbarrò gli occhi. "Sta creando delle sabbie mobili!"

“Perspicace... ma non ti servirà a nulla averlo capito!”

Una pietra si staccò dal muro e volò contro il gobbo, colpendono alla mascella e scaraventandolo a terra. L'italiano si dimenò, tentando goffamente di rialzarsi, mentre iniziava ad affondare nella trappola dello spettro. "Aiuto!" gridò "Signor Dragan, Jackie.... aiutatemi!"

Ma quando il suo sguardo cadde sul luogo dove si aspettava di vedere i suoi compagni, non potè scorgere nessuno.

 

Starkey fu costretto a fare un salto all'indietro per evitare un morso da parte di un mastino. La cosa peggiore di quei cosi era che distruggergli il cervello era inutile... aveva sprecato già diversi colpi contro tutti e tre i suoi bersagli, prima di capire che la testa non era un punto vitale per loro. Puntò la pistola di Herbert sostenendola col braccio con cui teneva il pugnale, mirò e aprì il fuoco. Un proiettile affondò nella coscia, un secondo tranciò mezzo orecchio alla bestia, che guaì per il dolore. L'ex soldato fece una smorfia delusa. Avrebbe voluto colpire all'occhio con il secondo colpo, ma non aveva avuto abbastanza tempo per mirare. Gli altri due cani balzarono contro di lui ruggendo, e dovette scansarsi per non venire azzannato. Riuscì a evitare le letali fauci di quei mostri, ma ora era circondato. Due davanti, uno, ferito, dietro. Con l'ultimo proiettile rimasto, riuscì ad azzoppare un altro dei mostri. Lasciò cadere la pistola, e afferrò con la mano destra il coltello che aveva tenuto da parte. Non si metteva bene...

 

Gli dispiaceva aver lasciato indietro il dottor Leone? Non particolarmente. Certo, un uomo della sua intelligenza avrebbe potuto rivelarsi utile... ma non in quella situazione. Ogni istante era prezioso, e salvare la vita dell'italiano avrebbe potuto significare terminare la sua. Il Conte lo sapeva bene... il mondo non perdona. Anche Jackie lo aveva capito. Mentre correva, osservò il volto della bambina. Freddo, distaccato. Era più indifferente di lui. Forse avrebbe dovuto spaventarsi. Ma in fondo, era quasi divertente...

“Oh... quindi non avete nemmeno intenzione di provare a salvare il vostro amico? Non dovreste essere degli eroi?”

Dragan si abbassò, evitando un'altra pietra volante. Certo che quello Stromhager aveva iniziativa. Visto che non aveva più niente con cui attaccarli nel castello... li attaccava con il castello. Lodevole.

"Credevo che lo sapeste, Meinwald... gli eroi non esistono. Esistono solo i forti e i deboli."

“Oh...” la voce dello spirito per un attimo smise di essere crudele e canzonatoria, passando a un tono più divertito “E' per questo che avete permesso che tutti i vostri compagni si sacrificassero per voi? E con quale diritto ora voi vorreste combattermi? Chi è il mostro fra di noi? Chi sacrifica un bambino che non conosce per riavere una persona amata o chi lascia che i suoi cari muoiano per salvare uno sconosciuto?”

Dragan parò un paio di pietre con la lama e con il fodero, ma un'altra lo colpì alla gamba e lo costrinse in ginocchio.

"In primo luogo, io non avrei voluto nemmeno iniziare questo scontro. Sono stati quegli idioti a trascinarmi qui."

Le pietre smisero di volargli contro e presero a fluttuargli intorno. Lo spettro sembrava interessato a quello che aveva da dire.

 

Axel deviò un colpo di spada e poi colpì con tutte le sue forze la gamba della prima armatura, che finì a ruzzolare a diversi metri di distanza. L'armatura crollò al suolo, cercando inutilmente di colpire il tedesco. Schmidt ridacchiò "Ora lo capisci cosa vuol dire essere zoppo, eh, brutto stronzo?"

Un tonfo metallico alla sua destra gli ricordò che non stava affrontando un solo avversario "Oh mer..." fu tutto quello che il gigante riuscì a dire prima di essere scaraventato contro il muro.

 

L'americano affondò un pugnale nella testa di una creatura, e iniziò a colpirla sul collo con l'altro. Avrebbe potuto decapitarla senza troppi problemi... se fosse stato uno scontro uno contro uno. Gli altri due si avventarono contro di lui e lo scaraventarono via. Starkey si tirò di nuovo in piedi. Uno dei due coltelli era spezzato. Lo gettò via. "Fantastico..." commentò, e l'unica cosa che gli riuscì di pensare fu “Sono fottuto”.

 

Il dottore annaspò, in preda al panico. Nessuno sarebbe venuto ad aiutarlo. Niente poteva salvarlo. Non voleva morire... non voleva morire! Cercò di pensare, cercò di trovare una soluzione... ma il suo cervello sembrava averlo abbandonato. Aprì la bocca per gridare, ma sentì entrare sabbia e la chiuse di scatto. Quanto tempo gli rimaneva prima di affondare del tutto?

 

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Capitolo 11
*** Chi è il mostro? ***


Florin si rialzò "Secondo: quelli non sono i miei cari. Non ho scelto io di viaggiare con loro. Terzo: Il mostro qui sono io... se avete bisogno di chiederlo, beh, si vede che non avete la minima idea di quello che ho fatto, di dove sono stato, insomma, di chi io sia. Quarto: lo ripeto, non si tratta di nobiltà o di bestialità... si tratta di forza o di debolezza. Chi è il debole fra di noi? Quello che per un capriccio cerca inutilmente di riportare in vita una persona morta secoli fa o chi sa perfettamente di combattere solo per se stesso?"

Ci fu un momento di silenzio. Poi la voce risuonò di nuovo, ed era di nuovo minacciosa “Voi siete un mostro... ed io ho un'altra ragione per eliminarvi! Come se non bastasse quello che avete fatto a mio fratello!”

Un tremito scosse il corpo del nobile rumeno. Una risata eruppe dalle sue labbra, contorte in un'empia smorfia "Posso darti mille valide ragioni per uccidermi... ma non ce la faresti comunque. E sai perché?"

Silenzio. Il Conte lo interpretò con una risposta negativa "Perché non hai capito che non era di me che ti dovevi preoccupare, nemmeno per un istante, fin dal principio."

 

Meinwald Stromhager rimase sbigottito. I suoi avversari erano tutti sconfitti... o lo sarebbero stati presto. Nessuno avrebbe potuto raggiungerlo... che intendeva dire quell'uomo? Si guardò intorno. La stanza era deserta, a parte il bambino che aveva rapito lui stesso, ancora svenuto. Forse era una finta? Un modo per distrarlo? Ma perché? Era solo per vivere qualche istante in più?

La porta, l'unica porta della stanza, si aprì, lentamente, cigolando. Sulla soglia stava una bambina. Non mostrava nemmeno dieci anni. In mano aveva un coltello da cucina, che brandiva come un pugnale. I suoi occhi erano neri come le fiamme dell'inferno.

 

L'urlo risuonò per tutto il castello, scuotendolo fin dalle fondamenta. Non era stato il solo urlo quella notte... ma era il primo che invece di rabbia ed ira conteneva terrore e dolore. Era un urlo di morte.

Le pietre che minacciavano Florin ricaddero al suolo, il terreno smise di tirare a sé Francesco, i cani che minacciavano Theodore Winston si accasciarono al suolo e così fecero le armature vuote, davanti agli occhi sbalorditi di Axel.

"Non era di me che ti dovevi preoccupare, nemmeno per un istante, fin dal principio" ripetè il Conte, consapevole del fatto che il suo interlocutore non fosse più in grado di rispondergli... né di sentirlo, peraltro. Rinfoderò la sua lama. Si stiracchiò il collo. "Tutto sommato... è stata una notte piena di eccitazione... potrei forse dire... una notte degna di essere vissuta."

 

Qualche minuto dopo, i cinque erano riuniti fuori dal castello degli Stromhager. Dragan portava su una spalla il piccolo Alphons Muller, ancora stordito. A quanto pareva, Meinwald lo aveva tenuto in una specie di coma con un qualche potere, in attesa del ritorno del fratello per iniziare il rituale... ma, secondo Jackie, non c'era di che preoccuparsi, si sarebbe ripreso presto.

Mentre il gruppo si lasciava alle spalle il tetro maniero, Starkey si voltò verso il rumeno "E' stato duro lo scontro con il principe Meinwald?"

Il conte alzò le spalle "Non quanto il fratello. Insomma, aveva una discreta abilità, ma col fatto che stava concentrando i suoi poteri su diversi nemici contemporaneamente non poteva concentrarsi al massimo contro di me."

Leone borbottò "Certo che è stato un po'... sgarbato... andare avanti lasciandomi prigioniero delle sabbie mobili... non trova, signor conte?"

Dragan sorrise "Suvvia, dottore, provi a capirmi... se non l'avessi fatto, Meinwald avrebbe avuto tutto il tempo necessario per inventarsi qualche altra diavoleria. E poi, se avessi esitato, il signor Starkey e il signor Schmidt sarebbero stati sopraffatti, e avremmo dovuto affrontare anche due armature e tre mastini infernali."

"E' vero" commentò il tedesco, ancora un po' acciaccato per le botte ricevute "Ce la siamo vista brutta, tutti quanti... e dobbiamo ringraziare Dragan se ne siamo usciti sani e salvi"

 

Più tardi, Alice ed Herbert poterono correre incontro ai salvatori del loro piccolo, e riabbracciare Alphons, che iniziava a dare segni di coscienza. Fu una scena piuttosto commuovente. La donna non riusciva a trattenere le lacrime di gioia, e i ringraziamenti del commissario verso il gruppo furono davvero sentiti e accorati.

"Non dovete preoccuparvi" sorrise l'americano, restituendo la pistola al suo proprietario "Abbiamo fatto solo il nostro dovere"

Dragan sospirò "Siete terribilmente marziale, signor Starkey... è passato il tempo dell'esercito, non dovete più usare simili formalità"

"Esercito?" chiese incuriosito Muller. Theodore lanciò un'occhiataccia al suo compagno di viaggio, e poi scosse la testa "E' una lunga storia, signor Muller. E noi non abbiamo proprio il tempo di raccontarla. Dobbiamo ripartire immediatamente."

"Ma come?" s'intromise Alice "Avete salvato nostro figlio... vogliamo sdebitarci, in qualche modo"

Axel sorrise, calcandosi il cappello, "Credo proprio che abbiate fatto abbastanza. Ci avete ospitato, nutrito e dato dei vestiti... non potremmo davvero chiedere di più."

I coniugi si scambiarono un breve sguardo "Almeno lasciate che vi doniamo uno zaino con delle provviste... ne avrete bisogno per il vostro viaggio, dovunque siate diretti."

Francesco si grattò la testa "Effettivamente, se poteste lasciarci anche qualche block notes e delle biro... nel caso trovassi qualcosa di interessante potrei prendere appunti."

"Non c'è problema" sorrise Alice "Fra l'altro sapete una cosa? Ho fatto qualche domanda alle vecchie del paese... ho scoperto dove si trova la tomba di Aurelius Stromhager. C'è un vecchio cimitero abbandonato, a qualche miglio a sud... pare che ci sia una piccola cripta con il suo nome..."

"Questo spiega molte cose..." riflettè il gobbo "I due fratelli maggiori, o meglio, i loro spettri, rapivano un bambino ogni dodici anni per sacrificarlo per riportare in vita il fratello minore... ma un rituale studiato per riportare in questo mondo lo spettro di un dodicenne assassinato è chiaramente inutile per un uomo morto di morte naturale, come dice l'altra versione della leggenda."

"E' molto interessante, signor Leone" lo interruppe il rumeno "Ma adesso è proprio giunta la nostra ora di partire."

 

Qualcuno sa quanto può essere amichevole il vento. Non intendo il vento del mare o della montagna, caldo e riposante il primo, profumato e dolce il secondo. Io dico il vento delle foreste, che accarezza il viso ai viaggiatori che dovessero aver la fortuna di camminare in una tranquilla notte d'estate.

Cinque figure avevano quella buona sorte quella notte.

Francesco Leone, il pavido scienziato, che camminava accanto alla piccola Jackie, la bambina prodigio, Theodore Winston Starkey, il valoroso ex-sergente, Axel Schimdt, l'imponente zoppo, Florin Dragan, l'aristocratico gentiluomo.

Non avevano molti vestiti, salvo il tedesco erano tutti di seconda mano, e non erano nelle migliori condizioni, dopo le lotte che avevano dovuto affrontare. Vagavano senza meta, fuggendo da qualcosa, o qualcuno. Non avevano casa, non avevano famiglia, non avevano soldi. Avevano solo loro stessi, un paio di coltelli da cucina e un bastone da passeggio che nascondeva una lama.

Il conte silenzioso guidava la comitiva, facendosi strada tra la vegetazione. Lo seguivano l'americano e il tedesco, che chiacchieravano placidamente. Erano molto diversi, ma non abbastanza da non potersi sopportare. Chiudevano il gruppo Francesco e Jackie.

Erano un po' più rilassati di quando erano giunti alla città. O almeno lo fingevano molto bene.

 

Florin lanciò un'occhiata alle sue spalle. Le nuvole nere erano scomparse... ma ciò non significava che non sarebbero tornate. Sospirò. Strinse forte il suo bastone.

"Non mi avrete, maledetti..." sussurrò fra sé "Nè vivo né morto."

 

 

Salve gente

Grazie per aver letto la mia prima storia. È la prima volta che pubblico qualcosa su un sito di questo tipo, è stato un po'... strano? Sì, direi strano.

Ad ogni modo, il gruppo ANDA tornerà... appena riuscirò a scrivere un racconto che mi soddisfi abbastanza. Sì, ho intenzione di farci una serie, e sì, ANDA ha un senso, non sono quattro lettere messe a caso... solo che lascerò che passi un po' di tempo prima di spiegare esattamente cosa significa. Se volete, potete provare a indovinare... ma non credo ci riuscirete.

Da qui è tutto, signori

Sempre vostro

Doctor Nowhere.

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