A Lovely Idiot (o 'Come il capitano si innamorò della mascotte')

di Rebecca04
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Red Dragons ***
Capitolo 2: *** Black Snakes ***
Capitolo 3: *** Intervallo ***
Capitolo 4: *** White Goats ***
Capitolo 5: *** Blue Bulls ***



Capitolo 1
*** Red Dragons ***


Ciao a tutti :)
Come scritto nell'introduzione la storia partecipa alla seconda edizione del contest "AU - Wherever we are" indetto da EmmaStarr sul forum di EFP.
Partecipo col pacchetto #Scolastico (stile High School americana).
Un ringraziamento speciale a mary del che ha letto la storia in anticipo, dandomi preziosi consigli.
Buona lettura!


A Lovely Idiot
(o ‘Come il capitano si innamorò della mascotte’)


Red Dragons

Sigan bussò senza sosta contro la porta della presidenza, mentre con l’altra mano tratteneva Merlin per un polso.
La preside aprì subito, preoccupata per il trambusto.
“Cornelius?” chiese stupita, per poi passare lo sguardo al ragazzo accanto a lui.
“Ho pizzicato questo studente mentre cercava di rubare la salamandra del laboratorio di biologia” chiarì rapidamente il bidello.
Merlin storse il naso, con tutta l’immondizia che c’era da raccogliere in quella scuola, cheerleader comprese, il bidello doveva proprio prendersela con lui?
“È un drago barbuto” pronunciò il ragazzo verso l’inserviente, “e non lo stavo rubando, solo prendendo in prestito.” Alzò lo sguardo verso Sigan.
Di certo gli alunni avevano ragione a soprannominarlo ‘Monty’, di profilo il naso del dipendente mimava alla perfezione quello del famoso miliardario Montgomery Burns, e come non notare quell’accenno di gobba tra le spalle del viscido.
Cornelius spostò la presa dal braccio dello studente alla sua spalla, spingendolo di ben due passi dentro l’ufficio. “È tutto suo preside” disse secco, ignorando completamente il commento dell’altro.
“Grazie Cornelius, vai pure, mi occuperò io della faccenda.” Annis si schiarì la voce e non appena il bidello fu fuori dalla portata d’orecchio sospirò, aveva fin troppe manie di grandezza per il suo ruolo.
“Accomodati.” Indicò al ragazzo la piccola sedia imbottita davanti alla scrivania.
Merlin si sedette, doveva chiarire subito la situazione, perché non poteva permettersi guai.
“Io non lo stavo rubando…”
“Ehi, aspetta un attimo.” La donna avanzò verso la sua seduta, accomodandosi. “Prima di tutto il tuo nome.”
“Merlin, Merlin Emrys” bofonchiò il moretto guardandola; da quando era lì aveva sempre sentito voci sulla indiscussa professionalità e diligenza della preside, sarebbe bastato spiegare il malinteso.
“Emrys… ” Annis digitò il cognome del ragazzo sulla tastiera del computer.
In pochi secondi il profilo di Merlin era sotto gli occhi della donna, che leggeva riga dopo riga.
“Sei con noi solo da questo anno, capisco perché non mi sei famigliare… Ottima media, un notevole numero di corsi extracurriculari… ” Rindirizzò lo sguardo sull’allievo. “Perché rubare la mascotte della scuola, dunque?” domandò perplessa.
“Come le stavo dicendo preside non avevo alcuna intenzione di rubare Kilgharrah, mi serviva solo per una mezz’ora” esalò tutto d’un fiato.
“E per cosa?” La donna alzò un sopracciglio.
Merlin si morse leggermente il labbro. “Un esperimento” mugugnò.
“Concordato con il professore di biologia presumo, lo chiamo subito.” La preside spostò la mano verso la cornetta del telefono.
“No!” Merlin interruppe il gesto della donna con quella esclamazione. “Il professore non ne era proprio a conoscenza… ”
“Merlin,” disse autoritaria, “ti conviene spiegarmi, se non vuoi che la faccenda si complichi.”
Il ragazzo si sistemò meglio sulla sedia, allungando le mani sulle ginocchia, sguardo basso da cane bastonato.
“Volevo nascondere Kilgharrah nell’armadietto di una mia amica per scherzo. Mi sarei assicurato che non gli accadesse niente di male, giuro!”
Non stava proprio confessando tutta la verità: voleva davvero far prendere uno spavento a una ragazza, ma si trattava di Vivian, la capo cheerleader che non smetteva un minuto di prenderlo in giro.
Annis sospirò. “Non sono presenti richiami nel tuo profilo, ma non posso tollerare che qualcuno rapisca la mascotte della scuola.” Osservò di nuovo la scheda cambiando argomento. “Non vedo alcuna attività sportiva tra i tuoi interessi.”
Merlin annuì; non si vedeva proprio in mezzo a gente che non conosceva l’uso del deodorante o che passava la proprio vita a rincorrere una palla.
“Non voglio rovinare il tuo curriculum, quindi ti affiderò un nuovo incarico. Sfortunatamente l’alunno che impersonava la nostra mascotte alle partite di pallacanestro si è infortunato, coglila come un’occasione per appassionarti agli eventi sportivi.”
La bocca dello studente si aprì e si richiuse. Lo stava condannando a trascorrere i prossimi weekend in un costume da drago, sicuramente fetido.
“Ma… “
“Oppure potrei sospenderti?” pronunciò velocemente la donna, sfoderando un sorriso.
“No, no, no. Accetto!”
Furono le ultime parole che Merlin disse prima di ritrovarsi nei corridoi della Albion High School, camminando in direzione della palestra.
Le sfortune capitavano proprio tutte a lui.
Spinse il maniglione della porta antipanico, entrando a passo da condannato sul pavimento in linoleum della stanza, che, ovviamente, non poteva essere vuota. La squadra di basket stava giusto finendo l’allenamento con una sequenza di tiri liberi.
“Posso aiutarti ragazzo?” Il coach Alator lo stava squadrando dalle panchine delle riserve.
Merlin prese un respiro e si diresse verso l’uomo, mentre i giocatori lo osservavano tra un tiro e l’altro.
“Guarda che le selezioni le abbiamo già chiuse da un bel po’” disse immediatamente l’uomo una volta trovatosi davanti lo studente.
“Oh no.” Merlin si accorse subito di aver detto quella frase in modo troppo disgustato. “Mi ha mandato la preside, per impersonare la mascotte.” Allungò il foglio che la donna gli aveva rilasciato poco prima.
A quelle parole le riserve scoppiarono a ridere, riconoscendolo.
Il coach tossicchiò con disapprovazione per zittirli. “L’allenamento è finito, andate a cambiarvi!” sbraitò poi verso il campo da gioco.
L’ammasso di canotte rosse corse verso gli spogliatoi, cercando di trattenere il chiacchiericcio.  
“Capisco” proferì il coach riportando l’attenzione all’appunto della donna. “Vieni con me, ti consegno il costume.”
Merlin lo seguì all’interno degli spogliatoi fino al suo ufficio, dove Alator afferrò lo scatolone che conteneva il costume, piazzandolo tra le braccia della futura mascotte.
“D’ora in poi dovrai prendertene cura come fosse una parte di te, la tua seconda pelle per intenderci.”
Merlin, che si stava adoperando al massimo per non far cadere la scatola, fissò il coach speranzoso. Avevano entrambi le orecchie a sventola dopo tutto, dovevano essere solidali tra loro.
“Il mio predecessore tornerà presto, vero?”
L’uomo digrignò i denti, ridendogli in faccia un secondo dopo. “George è inciampato sulle scalinate due partite fa, con la frattura della gamba penso ne avrà almeno per un mese.”
Il moro si sentì mancare, lui non poteva sprecare tutto quel tempo, soprattutto non ricevendo nemmeno crediti per ciò che stava facendo.
“Ti servirà anche questo.” Alator gli passò un piccolo quadernetto preso dalla scrivania. “Qui sono indicate le date delle partite a cui non puoi mancare e inoltre i passi di danza.”
“Passi di danza?” domandò spiazzato Merlin.
“Non puoi di certo ciondolare in giro per il campo come un tritone impazzito.”
Drago, santo cielo… Perché nessuno si sforza di imparare che la mascotte di questa scuola è un drago?
“Dovrai imparare il balletto porta fortuna dei Red Dragons, i miei ragazzi sono alquanto pretenziosi,” commentò divertito il coach, andando a scrutare i vari trofei nella vetrinetta della stanza. “Sarebbe buona cosa se venissi anche agli allenamenti.“
Merlin tentò un sorriso. “Sicuramente non mancherò.“ Come no.
Se ne andò subito dopo, mentre Alator si perdeva tra le foto di squadra appese alla parete.
Non bastava infilarsi in un costume, ora doveva pure ballare ‘Il lago dei cigni’ davanti alla scuola, come se non fosse già preso in giro abbastanza.
Si imbucò in uno stanzino degli spogliatoi, appoggiando il cartone sulle panche situate al centro della stanza, davanti agli armadietti.
Agguantò la testa del drago esaminandola attentamente, almeno non vi erano residui di vomito o di sangue del povero George.
Gli occhi in plastica gialla catturavano il riflesso delle lampade al neon della saletta, mentre gli altri accessori del muso erano tutti in morbida stoffa: due narici scure, due sopracciglia che non avevano mai visto un’estetista e due corna bianche che facevano capolino dalla testa, lunghe non più di trenta centimetri.
La bocca del drago era la fessura attraverso cui Merlin doveva vedere e respirare, ma una fila di denti aguzzi la contornava, forse, per questo l’altro ragazzo era caduto, non avendo la visuale perfettamente chiara.
Lasciò la testa sulla panca e prese il busto del dragone, niente di molto particolare per fortuna. Il ventre liscio e giallastro riportava la scritta ‘Red Dragons’ e la schiena rosso fuoco era adornata da una fila di scaglie lungo il centro, che continuavano anche sulla coda del costume.
Il ragazzo brontolò un po’ nel vedere che le sue mani sarebbero state fasciate in possenti zampe artigliate, come i suoi piedi; avrebbe di sicuro fatto presto la fine del suo predecessore.
Guardò l’ora sull’orologio appeso al muro dello stanzino, di lì a poco le lezioni sarebbero finite e non poteva di certo imbucarsi agli ultimi minuti di uno qualunque dei suoi corsi.
Riosservò il costume e poi iniziò a liberarsi delle scarpe, l’avrebbe provato subito. Via il dente via il dolore, no?
Abbassò la lampo laterale e infilò un piede alla volta, per poi richiudere la cerniera. Ora gli serviva uno specchio.
Afferrò la testa e uscì nel corridoio centrale, scrutando a destra e a sinistra alla ricerca di un bagno. Quando scorse l’insegna delle toilette ci si fiondò dentro, ammirando la sua sagoma nei piccoli specchi sopra i lavandini.
“Interessante scelta d’abbigliamento.”
Merlin si irrigidì a quella voce, voltandosi e scoprendo il capitano della squadra di basket all’ingresso; non indossava più la divisa, ma un maglioncino rossiccio e dei semplici jeans. 
Arthur Pendragon non gli era mai stato particolarmente simpatico, non che ci scambiasse molte parole, nessuna per intenderci, ma ogni volta che lo osservava era sempre in compagnia di Vivian: i due erano sicuramente in combutta.
“Guarda che è la mascotte della tua squadra… “ Si rigirò, cercando di ignorare l’altro.
“Ti diverti a travestirti da drago ora? Io ti vedrei di più in un paio di pantaloni a zampa d’elefante.”
“E io in un costume da asino” concluse soddisfatto il moro, ritrovandosi a sorridere come un ebete al suo riflesso.
Il biondo sembrò tentennare, ma i Pendragon non potevano mai uscirne sconfitti, comandamento di famiglia.
“Ehi!” Una terza voce li richiamò. “Allora è vero, hippie Merlin sarà la nostra mascotte!” Gwaine si avvicinò a Merlin, incurante dello sguardo omicida del ragazzo. “Ti balla un po’ perché sei magro, ma non stai male, vero Arthur?”
Il biondo sorrise. “Perfetto, non vedo l’ora di veder danzare hippie Merlin, sicuramente spruzzerà pace e amore sugli spalti.”
Merlin tentava invano di stringere i pugni per sbollirsi, ma doveva aver inserito erroneamente le dita nel costume, non riuscendo a piegare tre artigli su cinque.
“Non ho scelto io di diventare la mascotte, mi hanno obbligato.” Tentò di giustificarsi il moro, cercando di allontanare Gwaine con un colpo di coda.
Il giocatore studiò l’appendice del costume colpire le sue gambe. “Questo dovrebbe intimidirmi?” chiese divertito. “Non mi fa nemmeno il solletico.” Cominciò a ridere, come il capitano.
“Sto perdendo il mio tempo qui… “ disse Merlin sbuffando. “È meglio che me ne vada prima di iniziare a rincitrullirmi come voi due.” Si allontanò dai lavandini, passando tra i compagni.
“Aspetta, non puoi già andartene.” Arthur allungò una mano per bloccarlo, ma la repentina giravolta dell’altro lo fece rimanere di stucco e con la cerniera del costume tra le mani.
Merlin sgranò gli occhi vedendo la chiusura della sua lampo fra le grinfie del biondo. “L’hai rotta!” urlò in preda al panico. “Hai rotto il costume!” gridò ancora più forte. “Come farò ad uscire da questo coso??”
“È stata colpa tua, perché ti sei spostato?” rispose adirato il capitano.
“Non cercare di fregarmi Pendragon, l’avevi già pianificato!”
“E quando, di grazia??”
Gwaine si stampò una mano sul volto. “Ragazzi calmatevi, sono sicuro che si aggiusta… “
“Taci tu, sei un complice. Lo dirò al coach!”
“Cosa?” Gwaine lo guardò sorpreso.
“Tu non lo dici a nessuno.” Arthur agguantò la mandibola del costume, avvicinandolo a sé.
“Si può sapere cos’è questo casino??” Alator calciò malamente la porta del bagno, entrando con grandi falcate.
Un paio di occhiate tra i due giocatori e Merlin si ritrovò sottobraccio ad Arthur e Gwaine, con la mano del capitano pressata sulla bocca.
“Stavamo spiegando a Merlin che deve sentirsi il benvenuto” chiarì Gwaine.
“Chi è Merlin? “ Alator seguì i tre con lo sguardo, mentre la mascotte roteava gli occhi.
“La nuova mascotte coach” pronunciò confuso Arthur.
“Ah, già, quello nuovo.” Spostò le pupille sul drago. “Mi raccomando al costume, come una seconda pelle, ricorda.”
I due amici fecero annuire il terzo di forza, mentre Alator se ne andava sorridente.
“Ci hai quasi messo nei guai“ commentò esasperato il biondo, adocchiando gli occhi del moro.
Merlin lo fissò per qualche secondo, prendendo un’ardua decisione per liberarsi dell’asino.
Arthur spostò di corsa la presa dalla bocca dell’altro, inveendo contro il drago.
“Mi hai leccato la mano!”
“Ben ti sta! Così impari a tapparmela!“
Gwaine scoppiò di nuovo a ridere. “Fate scintille insieme!”
 Arthur lo fulminò sul posto e Merlin fece lo stesso.
“Non guardatemi così o non vi dirò chi può aggiustare il costume.“
“Tu sai chi può farlo??”
“Certo, la sorella di Arthur, se non sbaglio, seguiva il corso di cucito.”
“Morgana?” borbottò il biondo, “avrà seguito si e no due lezioni per accontentare Gwen.”
“Allora chiediamo a Gwen” concluse Gwaine.
“Io non ci vado da loro.” Puntualizzò subito il biondo, incrociando le braccia al petto.
“L’ultima volta Morgana l’ha atterrato.” Gwaine rise, appoggiandosi al muro per non crollare. “Arthur Pendragon atterrato da una ragazza!”
“Quella ragazza, se così si può definire, ha fatto judo.”
Merlin li osservava litigare senza venirne a capo; conosceva di nome Morgana Pendragon, ai corsi si nascondeva sempre nelle ultime file come lui e sapeva che nessuno osava contraddirla.
“Ehm, possiamo andare da questa Gwen? Non voglio finire i miei giorni in questo costume.” Si lamentò.
“Solo se non è con Morgana” disse senza accettare obiezioni il biondo.
“Hai paura delle donne, che capitano… ” commentò Merlin divertito, mentre Gwaine cercava di trattenersi per non irritare di più Arthur.
“Guarda che non sono io quello incastrato in una lucertola.“
“È un drago! Perché nessuno lo capisce??”
“Non vorrei interrompere, ma potremmo trovare un altro posto dove discutere?” Gwaine si avviò verso l’uscita, notando che i due si erano convinti a seguirlo.
Due stanze più avanti Lancelot e Percival stavano finendo di cambiarsi, quando videro entrare i tre nello spogliatoio.
“Ragazzi, conoscete tutti hippie Merlin, giusto?” Gwaine ammiccò ai due compagni di squadra.
La mascotte si trattenne dal lanciargli contro la testa del drago. “Quello non è il mio nome… “
“Si, certo. Veniamo al sodo” bofonchiò il giocatore.
Merlin sospirò, osservando i giocatori davanti a sé. Sapeva chi erano, ma non si era mai fermato a parlare con loro.
Lancelot, come Arthur, frequentava numerosi dei suoi stessi corsi essendo al terzo anno, mentre Gwaine e Percival erano un anno più giovani, se pur i due metri di altezza dell’ultimo destassero qualche dubbio.
“Lance, abbiamo urgente bisogno di Gwen.”
“Come?” domandò stranito il ragazzo, mentre tentava di chiudere l’armadietto.
“Arthur ha rotto la lampo del costume, Gwen di sicuro sa aggiustarla.”
“Quindi tu sei chiuso lì dentro?” Percival si avvicinò al nuovo arrivato.
“A quanto pare si,” vociferò rassegnato Merlin.
“Tranquillo, sistemeremo tutto.” Accennò un sorriso, battendo un paio di volte la mano gigante sulla spalla di Merlin.
Al moro parve che anche la bocca del costume fosse caduta raso terra, un giocatore apprensivo non si vedeva tutti i giorni.
“Dovremmo portarti subito da Gwen, dov’è?” Percival si voltò verso Lancelot.
“A quanto ne so si vede con Morgana a quest’ora, aula centoquattro, se non ricordo male.”
“Ecco! Se c’è lei io non ci vado” mugugnò in risposta Arthur.
“Scusa ma a casa come fai? È tua sorella, cioè… “
“Non sono affari tuoi o sbaglio?” Si indispettì il biondo, lanciandogli un’occhiataccia.
Merlin si zittì. Che gran cafone…
“Ti accompagniamo noi, non ti preoccupare.” Lance afferrò la sua sacca e si accostò alla mascotte.
“Muoviamoci prima che tutti escano dalle aule.” Percival iniziò a spingere il drago verso l’uscita, seguito dagli altri due amici.
“Tu non vieni, capitano?” chiese ironico Gwaine.
 Arthur soffiò. “Se mi colpisce me la pagherai.” Si avviò fuori dalla stanza, seguendo gli altri.
 
 
Gwaine bussò alla porta della stanza centoquattro, sentendo subito del trambusto dall’altra parte.
Nessuno usava quell’aula, forse perché era nei sotterranei della scuola, vicino al locale caldaie.
“Chi è?” Una sottile voce femminile chiese timidamente.
“Sono Gwaine, con i ragazzi.”
Morgana uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé. “Potevi dirlo subito.”
Merlin la scrutò titubante, non era in una posizione favorevole per giudicare gli abiti degli altri, ma era vestita davvero in modo inusuale.
“Benvenuti al Wicca club!” La ragazza abbassò il cappuccio che le incorniciava il viso, lasciando che i riccioli neri le coprissero il decolté, con sommo rammarico di Gwaine.
Allentò la cintura che stringeva in vita la mantella che la avvolgeva, facendo intravedere i suoi abiti da tutti i giorni.
“Abbiamo un Wicca club a scuola?” sussurrò Merlin.
“Non ufficialmente… “ sibilò Lance, “tu non hai visto nulla.”
Morgana sorrise ai ragazzi. “Lui è nuovo.” Indicò la mascotte. “Aspetta.“ Fece qualche passo verso il moro, indagando all’interno della fessura del costume. “È hippie Merlin!”
Merlin indietreggiò preoccupato, questa improvvisa attenzione lo spaventava.
Arthur lo afferrò prima che potesse pestargli un piede. “Avremmo bisogno di Gwen.” Cercò di risultare sicuro di sé.
“Te la chiamo immediatamente fratellino.”  Gli ammiccò, sparendo dietro la porta, mentre il biondo roteava gli occhi.
Dopo pochi secondi Gwen era davanti ai ragazzi, stranamente vestita in una semplice camicetta e una gonna.
“Che posso fare per voi?” Sorrise, lanciando una particolare occhiatina a Lance, che arrossì leggermente.
“Ci servono le tue abilità da sarta” spiegò subito Percival, arpionando le mani sulle spalle del drago.
Merlin, che stava per illuminare Gwen sull’attentato al costume da parte di Arthur, si sentì improvvisamente ruotare verso destra.
“La lampo si è rotta.” Il ragazzone puntò il dito sulla zip, a cui mancava il cursore della chiusura.
“Lui l’ha rotta,” sbiascicò il moretto una volta riacquistato l’orientamento, seppellendo Arthur con lo sguardo.
“Non è stata colpa mia… Se tu non avessi deciso di contorcerti in quella sottospecie di giravolta ora non saremmo in questo guaio.” Il capitano si passò la mano tra i capelli dal nervosismo, lasciando uno scompigliato ciuffo biondo dietro di sé.
“Non è difficile da riparare, ma mi serviranno un paio di cose.” Gwen si mosse di lato per intravedere il ragazzo dentro al costume. “Dovresti venire con me nell’aula del club di cucito, a quest’ora non dovrebbe esserci nessuno.”
Merlin, che era fermo a contemplare il suo arci nemico, sobbalzò quando notò i due occhi nocciola della ragazza fissarlo. “Si, si certo! Vengo dove vuoi… “ Le sue guance si imporporarono, non voleva dare una cattiva impressione di sé.
“Guarda che Gwen è già impegnata.” Gwaine diede una lieve gomitata a Lance.
“Eh? No, ma io, non ho intenzione… Cioè.” Merlin cercava di articolare qualcosa di sensato, ma senza successo.
“Tranquillo, Gwaine scherza sempre, anche troppo.” La ragazza prese a braccetto la mascotte e la trascinò con sé in direzione delle scale. “Ti porto nell’aula di cucito e ti aggiusto la lampo” disse in tono rassicurante, mentre si accertava che Merlin mettesse correttamente le zampe sugli scalini.
“Oh, grazie, grazie” tossicchiò ancora imbarazzato, mentre gli atleti li osservavano divertiti.
“Ci vediamo domani agli allenamenti!” Gwaine sorrise, mentre lo salutava con una mano.
“Non fare caso a loro.” Gwen lo continuò a sostenere per l’avambraccio, anche finito la pericolosa salita delle scale.
“L’aula è giusto qui.” Puntò il dito verso la seconda porta sulla sinistra di fronte a loro. “Adesso è vuota, nessuno ci disturberà.” Ci si infilò, con Merlin al suo fianco.
Gwen attraversò l’aula dirigendosi verso una vecchia libreria appoggiata alla parete, ospitante varie scatole trasparenti, che, per quanto poteva scorgere Merlin, contenevano molteplici bottoni di vario genere, nastri e anche utensili.
I banchi della stanza erano stati tutti raggruppati al centro di essa, in modo da formare un grande rettangolo, su cui poggiavano tre cucitrici. Le sedie erano poste tutte attorno e la cattedra era sommersa da rulli di stoffe e scampoli di ogni tipo.
Dei fili collegati ai lati opposti delle mura erano usati come appendiabiti: vari lavori in stoffa, uncinetto e dei veri e propri abiti erano appesi lungo l’aula.
“Tutto pronto, siediti pure.” Gwen spostò una delle sedie attorno al rettangolo di banchi, spingendola verso l’altro.
Il moro squadrò la ragazza mentre era intenta a recuperare i ferri del mestiere. Non aveva mai scambiato due chiacchiere con lei, essendo Gwen al primo anno non frequentavo gli stessi corsi, ma si ricordava di averla notata pranzare frequentemente con Morgana, cosa assai strana, visto che i ‘primini’ non si avvicinavano agli studenti degli ultimi anni.
Non si ricordava nemmeno di averla vista in compagnia di Lancelot, sicuramente stavano insieme da poco…
Merlin si sedette e si tolse la testa del costume, perché diavolo non ci aveva pensato prima??
“Io, sono Merlin… Scusa se non mi sono presentato.“ Tese la mano verso la ragazza.
“Piacere.” Gwen strinse la mano del costume, sorridendo quando uno degli artigli le solleticò la pelle del polso. “So chi sei comunque.”
“La mia fama mi precede“ borbottò il moro, mentre la ragazza cominciava a lavorare attorno alla zip, “e pensare che mi sono trasferito qui solo da quest’anno.”
“Non dovresti badarci più di tanto, troveranno presto un nuovo capro espiatorio.” Raccolse un paio di forbicine e un nuovo cursore dalla scatola che aveva appoggiato di fianco a sé. “Sarei curiosa di sapere come sei finito in questo costume.”  
Merlin sbirciò il lavoro di forbici che Gwen si stava adoperando a fare. “Ho combinato un guaio. Potevo scegliere tra sospensione o mascotte.”
“Strano, non ti vedo a far danni per la scuola.”
“Sono stato scoperto mentre cercavo di prendere Kilgharrah, il drago barbuto… “
“Del laboratorio di biologia.”
“Già.” La guardò pensieroso. “Strano che tu conosca la nostra mascotte. Di solito le ragazze scappano urlando.”
“Oh, assolutamente no. Mi sono iscritta subito ai corsi di biologia e di quasi tutte le materie scientifiche.” Diede un’ultima rapida sforbiciata e infilò il nuovo cursore nella lampo. “A posto!”
“Finalmente.” Merlin saltò in piedi. “Meglio che vada prima che tutti escano e mi vedano così. È stato un piacere conoscerti.” Sorrise alla ragazza.
“Anche per me. Ci vedremo sicuramente alle partite.”
“Non ricordarmelo… “ Si avviò verso l’uscita mentre l’altra rideva.
Percorse velocemente i corridoi e ritornò in palestra, tuffandosi negli spogliatoi. Doveva togliersi quel costume e riporlo nello scatolone.
Ritrovò la stanzetta dove aveva lasciato le sue cose, mentre la campanella di fine lezioni risuonava nell’edificio.
In cinque minuti il vestito da drago era riposto nello scatolone e lui aveva di nuovo addosso i suoi abiti.
Cercò di riaggiustarsi i capelli corvini in modo da coprire le grandi orecchie, arricciò le maniche della felpa blu, annodò il kefiah rosso al collo e si rinfilò nei jeans.
Camminò lentamente fuori dalla palestra fino ad arrivare al parcheggio, dove lo attendeva il suo passaggio.
Il clacson del furgoncino Volkswagen richiamò subito la sua attenzione.
Certamente era grato a suo zio per l’aiuto che stava dando a lui e a sua madre, ma avrebbe preferito andare a piedi che su quell’affare.
Osservò la fiancata divisa in tre distinti settori: il primo, che si sviluppava dalle ruote, era un prato verde scuro, ma comunque vivace, su cui poggiavano diverse margherite stilizzate di colore più chiaro. Il secondo livello era di un verde tendente al giallo, interrotto all’altezza degli sportelli dalla scritta ‘Flower Power’ in un grassetto variopinto.
Merlin aveva chiesto diverse volte allo zio di farlo ridipingere, ma l’uomo aveva detto che il furgone faceva una gran pubblicità alla sua erboristeria, che casualmente portava lo stesso nome.
Secondo lui Gaius, in verità, era troppo affezionato a quel macinino; come tutti i vecchietti adorava ricordare i tempi della sua gioventù.
Merlin si focalizzò sulla margherita multicolore accanto alla scritta, quella l’aveva dipinta lui a soli cinque anni, così lo zio si sarebbe sempre ricordato del suo nipotino: da bambino era sempre stato un gran sentimentale…
L’ultimo settore era rappresentato dal tettuccio, che rispecchiava un cielo tranquillo, ma l’elemento più stupefacente della fiancata era l’arcobaleno che dal cielo si infrangeva sul prato.
Forse la cosa più imbarazzante del mezzo di trasporto erano i differenti simboli di pace sul retro, accompagnati da messaggi che inneggiavano all’amore, quelli potevano esseri ampiamente evitati.
Il ragazzo si sbrigò a salire sul furgone, mentre il gruppo di cheerleader sghignazzava imperterrito.
Qualche risata se la sarebbe aspettata anche lui, ma un nomignolo come ‘hippie Merlin’ mai.
Per fortuna nel suo abbigliamento non vi era nulla che ricordasse quei tempi o chissà come sarebbe finita.
“Tutto bene oggi, figliolo? Che hai lì dentro?” Lo sguardo indagatore di Gaius si posò sulla scatola.
“Una nuova attività extracurricolare, non potevo proprio rifiutare questa occasione” rispose sarcastico.
Gaius si limitò a riaccendere il motore umettandosi le labbra.
“Visto, la grande Dea l’ha condotto da noi.“ Morgana si sistemò lo zainetto sulle spalle.
“Non sarà comunque facile convincerlo“ replicò Gwen.
“Troveremo il suo punto debole.” Morgana seguì il furgoncino con lo sguardo. “Ci serve che lui stia dalla nostra parte.”
 
 
Merlin strisciò fuori dall’aula di matematica, la sera prima si era praticamente addormentato sui libri e ora era più stanco che mai.
Una mano si appoggiò sulla sua spalla. “Ciao Merlin.” Lancelot sorrise.
“Uhm, Lancelot… “ Il moro lo scrutò titubante. “Hai bisogno di qualcosa?”
“Io e Arthur ci chiedevamo se avessi intenzione di venire agli allenamenti di oggi.”
“Oh… Ehm, il costume l’ho portato, ma non ho avuto il tempo di provare i passi del balletto.”
“C’è tempo per quello. Ci vediamo dopo pranzo allora.”
“ … Certo. A-A dopo.” Osservò l’altro eclissarsi tra i corridoi.
“Merlin, Merlin!” Brufolo Will fu di fianco a lui in un lampo. “Pranziamo insieme, giusto?”
“Certo Will.” Il ragazzo si incamminò verso la mensa con l’altro a fianco.
“Ho visto che parlavi con uno dei giocatori di basket“ sbiascicò l’amico, mentre cercava di non sembrare insicuro.
“Ah sì, non ti ho detto la novità, sarò la nuova mascotte alle partite.”
“Cosa?? Quello è un covo di mostri! Ti tortureranno e… “
“Will, tranquillo. So badare a me stesso. Comunque non sembrano così male, alcuni di loro.”
“A me non convincono.” Will si sedette al solito tavolo ai lati dell’ampia sala mensa, cercando con gli occhi gli atleti.
“Il ragazzo con cui parlavo si chiama Lancelot, è gentile. Anche Percival.”
“Percival?? Vuoi dire il gigante?? A lezione una volta è caduto dalla sedia, un paio di ragazzi si sono nascosti sotto i banchi per paura che fosse un terremoto.”
Merlin schioccò la lingua contro il palato. “Non ci credo.” Tirò fuori dallo zaino il suo pranzo al sacco.
“Puoi chiedere a qualcun altro del secondo anno se non ti fidi. Uhm, l’altro più giovane, Gwaine mi sembra si chiami… È un idiota.”
“Ne sembri sicuro al centro per cento.”
“Continua a chiamarmi brufolo Will anche se non ho più problemi con l’acne. A proposito, puoi chiedere a tuo zio altra di quella crema? Sta facendo davvero miracoli.”
“Certo.” Merlin addentò il suo panino mentre l’amico faceva lo stesso.
Lui e Will si erano incontrati per puro caso a inizio anno, entrambi preferivano mangiare da soli che in mezzo alla confusione e avevano finito per condividere il tavolino più isolato della mensa.
Inoltre anche l’altro ragazzo aveva un problema coi nomignoli, ma i brufoli erano più facili da far scomparire rispetto a un furgone.
“Dopo pranzo devo andare agli allenamenti.”
Will gli lanciò un’occhiataccia. “Non puoi proprio evitare questa cosa?”
“La preside ha scoperto quella faccenda di Kilgharrah… Non ho scelta.”
“Te l’avevo detto che era una cattiva idea. Dovevi seguire il mio consiglio e darle fuoco ai capelli.”
“Così sarei finito in manette.” Merlin avvolse gli ultimi resti del panino nel cellofan. “Io vado, devo fermarmi a dare da mangiare a Kilgharrah prima di andare in palestra.”
“Ok, stasera dimmi come è andata.”
Il moro gli sorrise e si avviò verso l’uscita, non accorgendosi di un paio di occhi azzurri che lo seguivano.
“Arthur… Arthur!” Vivian si sedette poco regalmente sulle ginocchia del capitano. “Domani c’è la partita! Farò il tifo per te, sai?” pronunciò con la sua voce civettuola.
“Grazie Vivian, ma credo che sia in concomitanza con la partita di football. Al basket toccherà la squadra di cheerleader di riserva.”
“Oh no. Come farai senza di me??”
Arthur sgranò gli occhi verso Lance, in una supplichevole richiesta d’aiuto.
“Uhm, Vivian.” Lance attirò l’attenzione della ragazza. “Sta entrando Valliant con la squadra di football o sbaglio?”
“Hai proprio ragione Lance! Ci vediamo dopo Arthur!”
Il biondo si stampò in faccia il sorriso più falso che avesse. “Non vedo l’ora.“
La ragazza si alzò e si diresse verso gli altri giocatori, iniziando a strusciarsi contro Valliant poco dopo.
“Che due coglioni, non la sopporto.”
Gwaine rise, quasi strozzandosi con la crostata di mele. “Dovresti trovarti qualcuna, forse ti lascerebbe in pace.” Sorrise. “O qualcuno.” Aggiunse, riprendendo a mangiare.
“Non avevamo detto di smetterla con questa storia??” brontolò Arthur.
Da quando quella rivista leggermente ambigua gli era caduta dallo zaino, Gwaine non aveva mai smesso di riempirlo di domande.
Certo, era colpa anche sua: aveva dovuto nascondere l’oggetto del misfatto alla svelta quando, la sera prima, Morgana era entrata senza bussare in camera sua. Lo zaino era il nascondiglio più vicino, si era solo dimenticato di toglierla da lì.
Però era stato Gwaine a far cadere lo zainetto negli spogliatoi e sempre lui ad afferrare alla velocità della luce la rivista, evidentemente credeva di trovare delle donne nude e non uomini.
I compagni erano rimasti tutti sbigottiti e il biondo li aveva convinti che fosse stata la sorella a fargli uno scherzo, ma Gwaine non aveva creduto a una singola parola.
“Perché non pensi ai tuoi problemi, mm? Non mi sembra che tu stia facendo progressi!“ Il capitano lo squadrò.
L’altro si finse offeso. “Non è facile farsi notare da tua sorella,“ mugugnò. “Dovrei travestirmi da mago, forse mi noterebbe.”
Arthur puntò in direzione del tavolo della sorella, dove lei e Gwen stavano pranzando. “Non sono sicuro di volerti come cognato.”
“Questo è troppo! Non aspettarti che ti protegga dagli attaccanti domani!” urlò indispettito, mentre gli altri riprendevano a ridere.
 
 
Merlin era intento a sistemarsi il costume negli spogliatoi quando sentì alcuni passi dietro di lui.
“Ciao.” Elyan si accostò alla porta, scrutando il nuovo compagno.
“Ciao, sono Merlin, la mascotte provvisoria.”
“Elyan, mia sorella Gwen mi ha parlato di te.”
“Oh sì… Se non fosse stato per lei sarei rimasto chiuso in questo costume fino a casa.”
“Già, mi ha detto.” Il ragazzo sorrise, cercando di non ridere.
“Tu non giochi?”
“Mi sono infortunato la scorsa partita, il coach insiste per tenermi a riposo almeno un’altra settimana.”
“Mi spiace. Dove ti sei fatto male?”
“Al braccio. Pensare che era una partita amichevole… Alcune squadre dovrebbero essere eliminate dal torneo.”
Merlin lo fissò sorpreso. “Davvero? Che squadra era?”
“I White Goats, il loro capitano è di una scorrettezza unica.”
“Hai provato a parlarne con qualcuno? Il coach non mi sembra uno da far passare scorrettezze del genere.”
“Esatto. Alla partita ha quasi fatto a botte con l’arbitro, ma non si è risolto nulla. Spero che nessun college offra una borsa di studio a quei caproni. Comunque te ne accorgerai alla partita, dovremo sfidarci di nuovo con loro.”
“Terrò gli occhi ben aperti.” Merlin si fece aria con una mano. “Questo coso tiene davvero caldo.”
“Non dovresti tenere i vestiti sotto, George stava in mutande.”
“Penso sia un buon consiglio.”
“Dovresti metterlo subito in pratica.” Il ragazzo lo squadrò per poi guardare verso la palestra. “Ti conviene sbrigarti, fuori stanno per iniziare.”
“Certo, mi cambio e arrivo.” Aspettò che l’altro se ne andasse e cominciò a spogliarsi.
Piegò i suoi vestiti e li infilò in uno degli armadietti vuoti, ignorando di essere osservato.
Si girò per riprendere il costume e notò il biondo sulla porta. “Che fai? Mi stai spiando??”
“Certo che no, ho dimenticato la borraccia.” Camminò verso l’altro, cercando di rimanere indifferente.
“Oh… Ok.” Merlin si sbrigò a rimettersi il costume, ma non si accorse di aver invertito la posizione delle gambe.
“Lo stai mettendo all’incontrario… “ commentò il biondo, mentre trafficava con il lucchetto.
“Diamine!” mugugnò seccato Merlin.
Arthur osservò con la coda dell’occhio la pelle nivea del ragazzo, che contrastava perfettamente con l’accenno di peluria nera sul suo petto, anche se non vi era accenno di muscoli il fisico era comunque tonico.
“Dovresti stare più attento o lo romperai di nuovo.” Il biondo si chinò per prendere la borraccia dal ripiano più basso dell’armadietto e gli occhi del moro si posarono sulle fossette del bacino del capitano, leggermente scavate proprio sopra l’elastico dei pantaloncini.
Arthur non si era nemmeno accorto che la canotta si era arrotolata.
“Non sono stato io a romperlo la prima volta e non mi sembra che tu sia in una posizione per ribattere.”
Il biondo roteò gli occhi. “Che vorresti dire?”
“Non sai nemmeno sistemarti una canotta.” Merlin rise, e continuò mentre Arthur si aggiustava la divisa leggermente rosso in viso.
“Guarda un po’ chi c’è… “ Valliant si affacciò allo spogliatoio. “Disturbo qualcosa?”
“Che cosa vuoi Valliant?” Arthur non si degnò nemmeno di girarsi, voltandogli le spalle.
“Ho visto che a pranzo te la spassavi con Vivian.”
“Te l’ho già detto, lei non mi interessa.”
“A me non risulta.“
“Se hai dei problemi gestisciteli da solo. Io non posso perdere tempo.” Il biondo si voltò glaciale verso l’altro.
Merlin non sapeva che fare, era rimasto muto a guardare il quarterback.
Valliant era il capitano della squadra di football come Arthur quello della squadra di basket, ma i due non si assomigliavano per niente.
Valliant usava ogni pretesto per attaccar briga e se non c’era lo inventava, più di una volta il moro aveva visto ragazzini col naso sanguinante o maltrattati senza motivo.
“Solo io e te, alle cinque. Solito posto dietro la rimessa. Vieni, se non sei un codardo.” Il quarterback lanciò un’occhiataccia alla mascotte e se ne andò con un ghigno dipinto in faccia.
Il biondo riprese a frugare nell’armadietto come se non fosse successo niente, mentre Merlin sentiva ancora gli occhi del quarterback su di sé.
“Non avrai intenzione di andare, vero?” Il moro fissò preoccupato Arthur.
“Certo che ci vado. Non sono un codardo.”
“Ti pesterà a sangue!”
“Grazie per la fiducia… Ma sono sicuro che tu non possa capire perché devo andare.”
“Perché mai non potrei capire?”
“Beh, se tu sapessi cos’è l’orgoglio non indosseresti di certo quel costume.” Arthur scrollò le spalle, guardandolo dal basso verso l’alto.
“Ah, è così! Allora sarò davvero felice quando domani sarai all’ospedale!” Si tirò su di fretta e furia la lampo per poi marciare via. Stronzo!
Uscì dagli spogliatoi trovando l’intera squadra già in palestra.
“Sei venuto Me… “
“È Merlin, signore.” Uno dei giocatori sussurrò vicino all’orecchio del coach.
“Merlin!” Alator sghignazzò mentre la mascotte si avvicinava. “Presumo tu sia venuto ad augurare buon allenamento ai ragazzi.”
Il drago lo guardò perplesso, non suonava come una domanda. “Ehm… “ Cercò di rimanere abbastanza distante dal gruppo di giocatori, il suo istinto gli stava consigliando di correre fuori da lì.
“Dai Merlin, facci vedere a che punto sei col balletto.” Gwaine gli sorrise, alzandosi dalla panchina dove era seduto.
“No, io… Io voglio prima vedervi giocare. Mi date una gran ispirazione.”
“Così ti voglio ragazzo! Stai già entrando nella mentalità giusta!” Alator prese in mano il fischietto che aveva al collo, portandolo alla bocca per fischiare. “Iniziamo con qualche giro di campo, forza!”
Il gruppetto di ragazzi si sparse, cominciando l’allenamento.
Merlin non credeva di aver detto nemmeno qualcosa di sensato, ma ad Alator era piaciuto quindi meglio per lui.
Arthur gli passò di fianco per entrare in campo e tentò il più possibile di ignorarlo.
“Segui l’allenamento?” Alator indicò la panchina delle riserve con lo sguardo.
“Si.” Merlin si sedette ammirando i giocatori, che su ordine del coach stavano per iniziare una mini sfida a gruppetti.
Doveva ammettere che di talento ne avevano da vendere: Gwaine era sempre al momento giusto nel posto giusto, non mancava mai un passaggio, il lavoro di Percival in difesa era pressoché eccezionale e Lancelot era un palleggiatore unico, coordinava mani e gambe in maniera strabiliante.
C’erano anche dei ragazzi che non aveva visto il giorno precedente come Tristan e Leon, loro erano entrambi del quarto anno e davano l’idea di essere degli ottimi strateghi.
La mascotte inseguiva i passaggi lungo il campo, ma abbassava gli occhi quando la palla finiva in mano al capitano.
Non concepiva che Arthur non comprendesse quanto le parole che aveva detto erano state pesanti; eppure sembrava che il biondo non si fosse nemmeno scalfito, prendeva i passaggi uno dopo l’altro e i punti dei canestri si sommavano vertiginosamente.
Ci fu un momento in cui i loro sguardi si incontrarono, ma entrambi fecero finta di niente.
Merlin continuò a seguire la partita, mentre sbirciava i passi di ballo sui fogli che aveva con sé.
Entrare dalle scalinate inneggiando il nome della squadra.
Procedere per gli scalini fino a bordo pista, salutando e incitando la folla usando lo slogan.
Per un momento pensò di soffocarsi con il foglio, avrebbe dovuto pure recitare uno slogan.
Prendere la palla e… Fa che non debba fare canestro.
Palleggiare a destra e a sinistra e concludere con la palla fra le mani.
Sospirò, per ora era salvo.
“Ragazzo, come procede?”
“Eh? Cioè bene, sto imparando il balletto. Stasera a casa mi allenerò senza sosta.”
“Perfetto, ora vai pure a cambiarti, per oggi abbiamo finito.” Alator si spostò verso il campo fischiando. “Facciamo gruppo e parliamo degli errori di oggi.” Il coach iniziò a spiegare i vari pasticci dell’allenamento, ma si ricordò pure di premiare i vari sforzi dei ragazzi.
“Tutti a casa, forza! Ah… Domani ultimo allenamento prima della partita. Qui alle due!”
I giocatori corsero verso gli spogliatoi mentre Merlin era rimasto imbambolato.
“Ti sei affezionato al costume?” Elyan, che era stato seduto sulla panchina con lui tutto il tempo, lo stava guardando preoccupato.
“Che-che ore sono?”
“Un quarto alle cinque. L’allenatore ha sforato di un po’.”
Merlin rifletté per qualche secondo, per poi correre verso le porte della palestra. “Devo andare. Non posso fargli fare questa sciocchezza.”
Arthur era un asino, anzi, il principe degli asini, ma non era un buon motivo per lasciarlo usare come sacco da boxe.
Elyan lo fissò pensieroso e al tempo stesso perplesso, di che diamine stava parlando?
 
“Wow, pure in anticipo Arthur… “ Il quarterback scrutava il biondo dal capanno degli attrezzi.
“Voglio concludere questo storia alla svelta.”
“Come desideri tu.” Valliant bussò due volte contro la porta della rimessa e tre dei suoi compagni uscirono dalla porticina.
“Dovevo aspettarmelo. La tua parola non vale niente.” Il capitano alzò la guardia. “Su, fatevi sotto.”
 
“Ehi, Merlin. Dove corri??” Morgana lo fermò in mezzo al corridoio ormai deserto.
“Morgana Pendragon” esalò il moro, mentre riprendeva fiato.
“Si, sono io.” La ragazza sorrise. “Volevo giusto parlarti.”
“No, non ora. Arthur è nei guai.”
“Come?? Che c’entra Arthur??” La sorella si incupì subito.
“Valliant, scontro, dietro alla rimessa alle cinque.”
“Dobbiamo andare, quel tipo non gioca mai secondo le regole.” Morgana afferrò saldamente la mano dell’altro e iniziò a correre verso l’uscita.
“Mi dici che è saltato in mente a mio fratello??”
“Valliant l’ha sfidato, per Vivian mi sembra… “ Come facesse Morgana a correre e parlare assieme Merlin non riusciva a capirlo.
“Ad Arthur non importa niente di quella gatta morta, lui è fissato col suo orgoglio. Si farebbe spaccare la mascella pur di non arrendersi. Eccoci!”
Entrambi sorpassarono il capanno e rimasero senza parole per qualche secondo.
“Morgana..? Vattene via, ho la situazione sotto controllo.” Arthur si rialzò, facendosi forza con le mani sul terreno.
Due giocatori erano a terra a leccarsi le ferite, mentre il quarterback e un altro ragazzo erano ancora in piedi.
“Stai sanguinando… “ Merlin si accostò al biondo, cercando di aiutarlo ad alzarsi, ma Arthur lo cacciò via.
Un destro di uno dei giocatori gli aveva procurato un graffio sulla tempia.
“Ho detto di andarvene!” Guardò i due sfidanti rimasti. “Chi è il prossimo?”
“Arthur, smettila.” Morgana si affiancò e lo strinse a sé. “E per quanto riguarda te vattene, codardo!” La sorella urlò contro Valliant.
“Sto tremando… “ disse in tono ironico il quarterback. “A me non fai paura Morgana. Continuiamo la sfida.”
Morgana si spostò davanti al fratello, come fece Merlin.
“Fai un altro passo Valliant e ti posso assicurare che il medico del campionato riceverà una soffiata su di te.”
“Cosa vorresti dire?”
“Che quei muscoli non sono spuntati da soli… “ Gli occhi di Morgana divennero freddi. “Se fossi in voi me ne andrei.”
“Non finisce qui Pendragon.” Valliant li scrutò e poi fece cenno ai suoi di andarsene, mentre gli altri tre rimanevano immobili.
Merlin si rilassò una volta allontanati. “Ma… Come?”
“Valliant non ha mai fatto niente secondo le regole e l’ho beccato un paio di volte vicino al locale caldaie con un tizio su cui girano brutte voci.”
“Vi avevo detto di lasciarmi fare. Penseranno che sono… “
“Un egoista!” Merlin si voltò verso Arthur. “Domani hai una partita e ti metti a fare a cazzotti! Che ti dice il cervello?? Anzi, tu non lo hai il cervello! Testa di… Di fagiolo!”
Dire che il biondo era rimasto senza parole era riduttivo, mentre Morgana amava hippie Merlin ogni secondo di più.
“Testa di fagiolo? Fai sul serio?” Arthur cercò di alzare il sopracciglio, ma la fitta di dolore per il colpo ricevuto prima lo fece desistere.
“Per non dire di peggio!” Merlin lo guardò di nuovo per poi allontanarsi. Ma che te ne importa a te di lui… Devi pensare a te Merlin, solo a te! Hai persino sporcato il costume di erba per lui!
“Che idiota,“ sbuffò il biondo, prima che la sorella pigiasse il dito sulla ferita. “Ehi! Ahio… Perché??” Diede una leggera pacca sulla mano di Morgana per farla spostare.
La ragazza lo fulminò. “Perché te lo meriti, lui ha ragione!”
Arthur la scrutò incredulo. “Non posso credere che mia sorella appoggi una lucertola gigante.”
Morgana sorrise. “Andiamo a casa a mettere del ghiaccio su quella fronte.” Si avviò, ma il biondo rimaneva fermo.
“Forza, fratellino… Non mi costringerai a raccontare che una ragazza ti ha salvato??”
“Guarda che sei solo due minuti più vecchia di me, strega! E me la sarei cavata anche senza il tuo aiuto!” Arthur si mise a seguirla, più per far sentire le sue ragioni che tornare a casa.
“Certo, certo.” Morgana sorrise e si voltò verso il fratello. “Dovresti ringraziare Merlin, è stato lui a dirmi dov’eri.”
“Chi?? Domani gliela farò pagare! Farò in modo che il coach gli faccia lucidare tutto le palle da basket che abbiamo!“ 


 
Note:
Prima di tutto lascio alcune informazioni sulla scuola americana.
La scuola superiore americana o High School è suddivisa in quattro anni: Freshmen (14/15 anni), Sophomores (15/16 anni), Juniors (16/17 anni) e Seniors (17/18 anni).
Gli studenti devono cominciare a raccogliere crediti dal loro primo anno in base al college che vorranno frequentare. Alcuni corsi sono obbligatori, mentre altri a scelta. Sono presenti anche numerosi club e attività extra scolastiche.
Inoltre se si “fallisce” un corso, non si ripete l’anno, ma l’anno successivo si dovrà seguire sia il corso di livello precedente (quello “fallito”) che quello di livello successivo e passarli entrambi.
(Fonte: Wikipedia)

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Ne pubblicherò uno a settimana, per un totale di cinque.
Un saluto e se vi va lasciate un commento <3
Allego foto di immagini che hanno ispirato il capitolo e dei personaggi secondari che compaiono in esso.
 
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Foto presa da Internet; fonte d’ispirazione per il furgoncino di Gaius.    
 
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Cornelius Sigan (il bidello): potete stregone che aiutò a costruire Camelot, per poi essere decapitato dal re impaurito dai suoi enormi poteri.
Dopo aver preso il controllo del corpo del servo Cedric, che libera la sua anima, si scontra con Merlin, perdendo.
 
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Regina Annis (la preside): è la sovrana che regna accanto a Camelot.
All’inizio dichiara guerra ad Artù, ma alla fine diventeranno preziosi alleati.
 
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Alator (il coach): è un sacerdote guerriero che vive a Catha.
Viene ingaggiato da Morgana per rapire Gaius e fargli confessare chi è Emrys, ma una volta scoperta l’identità del mago decide di non rivelarla e proteggerlo.

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Capitolo 2
*** Black Snakes ***


Eccomi qua! Stranamente puntuale...
Un bacione a chi ha recensito il primo capitolo: TheGreedyFox, Relie Diadamat, GiuliaGiulia88, thegirlwholovesbooks, Miky_Holmes, Anna_Vik e Y u z u k i. 
Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
E un ringraziamento a mary del, che mi ha dato preziosi consigli per la FF.
Buona lettura a tutti!


Black Snakes

“Ieri sera non mi hai chiamato per dirmi come è andata.” Will guardò storto l’amico, mentre si adoperava a sbucciare la sua mela.
“Scusa, ieri è stata una giornataccia” mugugnò Merlin.
“Te l’avevo detto. Gli atleti sono solo un branco di citrulli.”
“Ho litigato col capitano, penso mi renderà la vita un inferno.”
“Col capitano?? Ma non hai nemmeno un po’ di senso di preservazione, Merlin??”
“Forse non è tanto grave, gli ho dato della testa di fagiolo.”
“Testa di fagiolo..?” Will scoppiò a ridere. “Solo tu puoi inventarti certi insulti.”
“Meglio fagiolo che altro, non stavo proprio connettendo mentre gli urlavo contro.”
L’amico cercò di tornare serio. “Oggi farai il tifo fra le cheerleader?”
“Già” borbottò l’altro, “se penso che dovrò ballare anche con Vivian… ”
“Guarda il lato positivo, potrebbe inciampare nella tua coda.”
“Spiritoso.” Il ragazzo addentò l’ultimo pezzo del suo panino. “Pensavo di andare in biblioteca, vieni anche tu?”
“Non posso, ho il corso di storia. Ci vediamo alla partita.”
“Non azzardarti a venire. Non voglio aggiungere un’altra persona alla lista di chi mi vedrà fare una figuraccia.”
“Ok, ok.” Sorrise. “Vedi di tirarti su.”
“Certo. Grazie Will.” Merlin lo salutò e uscì dalla mensa, andando verso il secondo piano, ma quando si avvicinò alle scale una mano afferrò il suo braccio.
“Merlin.” Gwen allentò la presa. “Ho bisogno di parlarti.”
“Oddio Gwen, mi hai fatto prendere un infarto..!”
“Scusa, però devi venire con me.” La ragazza gli sorrise e iniziò a spingerlo per le scale. “Morgana ci sta aspettando nel seminterrato.”
“Morgana? Non vorrai portarmi in quell’aula vicino le caldaie??”
“Esattamente!”
“Io verrei volentieri Gwen, ma devo fare altre cose.” Rallentò, tentando di ancorarsi alla ringhiera.
“Sono sicura che possano aspettare.” Gwen lo continuò a tirare, sarebbe venuto con lei a costo di prenderlo in braccio.
I due arrivarono alla fine delle scale e la ragazza lo trascinò davanti alla porta centoquattro. Bussò due volte e dopo qualche secondo un’ultima volta.
Morgana aprì la porta sorridente, facendo oscillare la mantella che la fasciava. “Ottimo lavoro Gwen.” Uno strano luccichio avvolse il suo sguardo. “Vieni dentro Merlin.”
Il ragazzo entrò lentamente nella stanza e Gwen si assicurò di chiudere la porta dietro di lui.
Nell’ex aula tutte le sedie e i banchi erano stati portati via, solo la cattedra era stata lasciata lì, anche se non era in ottime condizioni. Merlin si accorse di essere finito coi piedi in un cerchio disegnato per terra, con una stella incastonata all’interno e subito saltò sulle punte, appiccicandosi alla parete piastrellata.
“Non vorrai farmi una fattura” vociferò verso la strega.
Morgana scoppiò a ridere. “Te l’ho detto Gwen, il Wicca club è stato un’idea geniale.”
“Che significa?” Merlin le guardò perplesso.
Gwen accese la seconda lampada per illuminare meglio la stanza e la mascotte notò tre tavoli coperti da un lenzuolo bianco nell’angolo più remoto.
Morgana si avvicinò e lentamente spostò il tessuto, scoprendo ciò che vi era sotto.
Merlin fissò le ampolle e i vari recipienti sul primo dei tavoli, passando poi al microscopio presente sul secondo e infine alla sottospecie di serra presente sul terzo.
“Sono le tue erbe magiche..?” chiese confuso.
“Non c’è alcuna magia, anche se un paio di incantesimi sono andati a buon fine… ”
“Mi ricordo ancora quando Sophia ha sbagliato tinta venendo a scuola con i capelli blu” commentò Gwen.
“Quella maledizione è stata memorabile.”  Morgana arricciò le labbra in un sorriso malefico. “Comunque… La verità è che questo è tutto un piano per vendicarci del professor Sarrum.”
“Il professore di chimica..?” domandò stranito il moro.
“Proprio lui. Al sol pensarci quell’uomo mette i brividi.”
Da quel punto di vista Merlin non poteva darle torto: se qualcuno gli avesse detto che il professore aveva rapito una cucciolata di dalmata, come Crudelia Demon, gli avrebbe creduto senza dubbi.
“Non starete cercando di fargli venire un malore, vero?” chiese comunque, non poteva diventare complice di un omicidio.
“No..!” pronunciò inorridita Morgana. “Noi vogliamo battere la sua squadra al concorso di scienze annuale. Quel vecchio ha rubato le mie idee per due anni di fila, sempre escludendomi al momento delle premiazioni. Avrebbe fatto la stessa cosa a Gwen se non l’avessi avvisata.”
“Quindi?” Merlin era decisamente confuso.
“Quindi parteciperemo e vinceremo. Si mangerà le mani dalla rabbia.”
“Non capisco la necessità di sequestrarmi” disse indispettito il moretto.
“Beh, ci servirebbero un paio di cose dal laboratorio di biologia e tu lì puoi entrare senza problemi, occupandoti di Kilgharrah.”
“Volete che rubi delle attrezzature?? Voi due siete matte. Io me ne vado.” La mascotte si avviò verso la porta, ma Gwen ci si piazzò davanti.
“Avanti Merlin, ci sarà qualcosa che possiamo offrirti.” Morgana lo afferrò per le spalle, avvicinandosi al suo orecchio. “Forse vorresti sapere dello scherzo che Arthur ha organizzato per vendicarsi?”
“Come?? Che scherzo?” Merlin si irrigidì.
“Arthur non ama essere contraddetto e nemmeno insultato, se poi gli salvi il fondoschiena sei proprio nei guai.”
“Che ha architettato??”
“Ah, ah, ah! Ti costerà quella vecchia centrifuga che c’è in laboratorio.”
“Questo è ricatto!”
“Penso di sì.” Si intromise Gwen, mentre annuiva alle sue parole.
“Mi farete espellere.”
“In fondo non è furto, finito l’esperimento la restituiremo” replicò Morgana.
“Lance mi ha detto che Arthur si è davvero impegnato.” Gwen sorrise al moro. “Hai deciso?”
“Siete davvero due streghe..!” sbuffò, guardandole innervosito. “Va bene, vi porterò la centrifuga.”
“Grazie Merlin.” La strega si gettò ad abbracciarlo, sbattendo innocentemente gli occhi. “Devi essere qui prima dell’allenamento.”
“Sicuramente il bidello mi scoprirà di nuovo.”
“Non preoccuparti di Sigan, lo distrarremo noi.“ Morgana ghignò. “Ti consiglio di agire finita la pausa pranzo, avrai via libera.”
“Sicuramente… ”
Gwen si spostò e lui imboccò la porta borbottando, si sarebbe senz'altro messo nei guai.
“Mettiamo fuori gioco Sigan.” Morgana si tolse rapidamente la mantella. “A quest’ora sarà senza dubbio rintanato nel suo sgabuzzino.”
 
 
Morgana sorrise e si posizionò esattamente davanti alla porta dello sgabuzzino.
“Hai sentito Gill, sembra che i ragazzi del secondo anno si siano organizzati per intasare tutti i bagni dell’ala est al primo piano.”
“Cosa?? Non dirai sul serio Vanessa!” rispose Gwen, trattenendo a malapena le risate.
“Certo. Oggi alle due precise. Adesso andiamo però, la pausa pranzo è quasi finita.” La ragazza sghignazzò ed entrambe si allontanarono, percorrendo il corridoio e nascondendosi dietro gli ultimi armadietti che facevano da angolo.
Come previsto le ragazze dovettero aspettare solo alcuni minuti e il bidello uscì rapido dallo stanzino, inforcando a tutta velocità la strada verso l’ala est.
“Sbrighiamoci.” Morgana camminò svelta verso lo sgabuzzino e ci si infilò, mentre l’amica faceva da palo.
La wiccan scavalcò il secchio dello spazzolone piazzato in mezzo alla stanza, per poi spostare la sedia pieghevole che bloccava l’accesso alla scaffalatura da parete.
Osservò i vari ripiani, analizzando i vari oggetti sopra di essi: sembrava che tutti i manufatti scomparsi nella scuola fossero finiti lì.
Non trovando ciò che stava cercando iniziò a guardarsi intorno. Sulla sinistra un armadio in metallo lasciato socchiuso conteneva solo detersivi e kit per pulizie, mentre sulla destra un piccolo armadietto era appeso alla parete.
Morgana notò il lucchetto sganciato e aprì rapidamente il mobiletto, esultando in silenzio quando vide tutte le chiavi della scuola.
Afferrò la chiave sotto l’etichetta ‘bagni/ala est’ e uscì alla svelta.
“Trovata?” chiese Gwen agitata.
L’amica sventolò la chiave sotto gli occhi dell’altra. “Andiamo a chiudere qualcuno in bagno.” Ghignò e iniziò a camminare spedita verso l’ala est con Gwen a fianco.
Sigan si era appostato dentro uno dei bagni, sfregandosi in modo compulsivo le mani. Avrebbe colto quei ragazzini sul fatto e li avrebbe scortati dritti in presidenza.
Erano passati alcuni minuti dal suo arrivo quando sentì la chiusura della porta scattare due volte, in contemporanea con il suono della campanella.
Balzò dal wc e si diresse verso la porta d’ingresso della toilette, abbassando con forza la maniglia, ma non riuscì ad aprirla.
Morgana, dall’altra parte del compensato, sorrise, vedendo la maniglia muoversi freneticamente.
“Credo che rimarrà qui per un bel po’” sussurrò a Gwen, impegnata ad attaccare sulla porta il foglio stampato poco prima, che segnalava il bagno come in manutenzione.
“Chiunque voi siate, sappiate che appena vi prenderò vi farò espellere!” urlò Cornelius da dentro, ma con la fine della pausa pranzo sarebbe rimasto lì per una buona oretta.
Morgana prese Gwen sottobraccio e si allontanarono per i corridoi deserti, visto che i corsi pomeridiani erano iniziati.
“Ottimo lavoro. Speriamo che Merlin non si saboti da solo.”
“Ne sarebbe capace… ” concluse Gwen sorridendo.
 
Merlin arrivò correndo nell’aula centoquattro circa dieci minuti dopo, sbattendo dietro di sé la porta.
“Guarda che non penso ti stia inseguendo nessuno.” Gwen lo guardò perplessa.
“Arriverò in ritardo agli allenamenti” chiarì e appoggiò la sua tracolla sulla vecchia cattedra, sfilando la centrifuga che Morgana e Gwen desideravano.
“Ecco qua, avete fatto di me un criminale.”
“Non esagerare Merlin, finita la mostra rimetteremo tutto a posto.” La wiccan si avvicinò felice all’attrezzo, ma il moro la fermò.
“Abbiamo un patto.”
“Ah già, lo scherzo.” Morgana sorrise. “Non aprire l’armadietto.”
“Come?”
“Non aprire l’armadietto. Lascialo chiuso.”
“Se no..?”
“Dipende come reagisci alla salsa di tabasco della mensa.”
“Un gavettone di salsa.” Merlin rimase imbambolato per alcuni secondi. “Tuo fratello è… ”
“Un cretino. Lo so.”
“Non eri in ritardo?” riprese Gwen.
“L’allenamento!” Merlin riafferrò la tracolla e corse via dopo un ‘ciao’ striminzito.
“Mi piace quel ragazzo” mugugnò Morgana.
“Ha qualcosa di unico” aggiunse l’amica.
“Già. Speriamo che il stare con Arthur non lo rovini.” La ragazza ridacchiò, seguita da Gwen.
 
 
Merlin si infilò rapido il costume, come suo solito era in ritardo. Aveva lasciato tutte le sue cose sulla panca, non azzardandosi ad aprire l’armadietto. Se non avesse avuto altre mille cose da fare avrebbe avuto il tempo di richiedere un altro lucchetto, evitandosi lo scherzo.
Corse verso la luce che proveniva dalla fine del corridoio, sbucando in palestra.
“Finalmente Me-Merlin!” Alator gli camminò incontro, agguantando la testa del costume che il ragazzo teneva fra le mani. “Le cheerleader ti stanno aspettando da dieci minuti.”
Anche l’intera squadra si era voltata al suo ingresso, Arthur leggermente deluso, forse perché non era ricoperto di salsa piccante.
“Ah… Mi spiace. Io… ”
Il coach posizionò la testa del drago su quella di Merlin, dando poi uno scappellotto al ragazzo. “Meno parlare, più lavorare.”
Il ragazzo emise uno sbuffo di protesta alla pacca del coach, ma si sbrigò a raggiungere le cheerleader che si stavano riscaldando a bordo campo.
Con grande sorpresa le ragazze erano solo due e di Vivian non c’era traccia.
“Mm, ciao.” Si abbassò, rivolgendosi a una a caso tra loro, visto che erano intente a fare stretching.
La ragazza alzò di colpo la testa, sfiorando di poco Merlin.
“Ciao, sei la nuova mascotte?” La biondina si spinse contro il drago, quasi entrando col naso nella fessura del costume.
“Elena!” Mithian la fece arretrare afferrandola per la divisa. “Non ti sei messa di nuovo le lenti a contatto, vero?”
“Mi fanno bruciare troppo gli occhi.”
“L’ultima volta che non le hai messe hai dato un calcio a Vivian, per questo sei finita tra le riserve.”
“Veramente quel giorno le avevo… ” Ridacchiò.
Mithian sospirò, fissando poi la mascotte. “Tu sei Merlin?”
“Si, si.” Il ragazzo fece un passo verso di loro. “Dobbiamo provare il balletto?”
“Hippie Merlin!” urlò in estasi Elena, “adoro quel furgone!” Strinse gli occhi per focalizzare meglio la mascotte mentre si alzava.
Merlin non riusciva a capire se lo stesse prendendo in giro o se fosse seria, ma non si ricordava della ragazza nel gruppetto di Vivian.
“Scusala.” Anche la sua amica si era tirata su da terra. “Elena è un po’... Spontanea.”
“No, nessun problema.” Il moro osservò entrambe, notando come le divise rosse e oro fossero perfettamente stirate.
“Noi facciamo parte della squadra di riserva: quando nello stesso giorno c’è una partita di football e una di basket noi sostituiamo le cheerleader ufficiali.” Elena gli sorrise. “E se te lo stai chiedendo, Vivian non ci piace per niente” concluse nuovamente la ragazza.
L’altra cheerleader roteò gli occhi. “Hai domande sul balletto?”
Merlin la fissò a lungo. La prima parte non era difficile, doveva solo stare attento a non inciampare da solo per le scale recitando lo slogan, mentre per la seconda doveva seguire le cheerleader al centro del campo, sempre inneggiando.
“No, penso di no” rispose titubante.
Elena gli si accostò, accarezzandogli le scaglie della schiena. “Non devi farti problemi, se qualcosa non ti è chiaro te lo spieghiamo.”
Merlin si immerse nel limpido azzurro degli occhi della ragazza; tutti i tratti del viso della cheerleader ispiravano tranquillità.
“Comunque, io sono Elena e questa scorbuticona qui è Mithian.”
“Siete solo voi due la squadra di riserva?”
“Ma no, schiocchino.” Elena sorrise. “Siamo in sei, le altre le vedrai stasera. Vuoi che ti aiutiamo con lo stretching?”
“No, no” mugugnò imbarazzato, non aveva alcuna intenzione di rendersi ridicolo davanti a tutti.
“Come vuoi.” Si avvicinò all’orecchio del moro. “Mi faresti fare un giro sul furgoncino? Lo trovo adorabile.”
“… Certo, quando vuoi” rispose confuso.
“Grazie!” La ragazza lo abbracciò, voltandosi poi verso Mithian. “Sembra che non ci sia bisogno di noi.”
Mithian lo squadrò. “Ci vediamo stasera Merlin.” Si accostò a lui, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Cerca di rilassarti, ripassa lo slogan e ricordati di non fare figuracce. Te la caverai alla grande.”
Il moro annuì mentre le cheerleader si allontanavano, di certo non avevano niente a che fare con Vivian e il gruppetto di arpie.
La mascotte tornò a sedersi sulla panchina accanto a Elyan, evitando lo sguardo del coach, intento a urlare contro Percival.
“Alator oggi non scherza” commentò Merlin, sgomitando contro l’altro.
“Non ha tutti i torti. Percival si deconcentra quando c’è Elena in giro.” Elyan tossicchiò.
“Vuoi dire che a lui piace lei??” chiese entusiasta la mascotte.
“Si, amore al primo colpo.”
“Non è al primo sguardo?”
“Oh, no. La prima volta che si sono incontrati Elena l’ha colpito in pieno viso con una mano. Stava provando vicino gli spogliatoi e non si è accorta dei giocatori che arrivavano.”
“Ma non si sono fatti male, giusto?”
“Non più di tanto, a lui sanguinava un po’ il naso e lei penso abbia ancora i segni dei denti di Perci sulla mano. Lui stava parlando quando ha preso il colpo.”
Merlin fece una strana smorfia, ma andò avanti. “E da allora? Più niente?”
“Perci è un timidone, ma ci penseremo noi ad aiutarlo.”
“Posso provare a mettere una buona parola anche io, visto che vedrò Elena alle partite.”
“Sono sicuro che Perci apprezzerebbe.”
“Perfetto! Mi sembrano già una bella coppia.”
Merlin ed Elyan continuarono a chiacchierare per gran parte dell’allenamento, mentre i ragazzi ripassavano gli schemi per la partita. La mascotte riuscì pure a scoprire che Mithian e Leon si stavano frequentando.
“Ok, ragazzi. Tutti qui, forza!” Alator fece un passo verso il campo e i ragazzi rapidamente si disposero a raggiera intorno a lui.
“Scusa Merlin, ma devo andare.” Elyan raggiunse gli altri, accolto felicemente da tutti i compagni.
“Chi vince stasera?” urlò il coach.
“Red Dragons!”
“Non mi pare di aver sentito.”
“Red Dragons!” ripeterono i ragazzi in coro.
“Così vi voglio alla partita e ora andate. Parcheggio della scuola alle diciotto, mi raccomando!” Si girò, puntando lo sguardo dritto alla mascotte. “Vale anche per te.”
Merlin deglutì e annuì, seguendo la massa verso gli spogliatoi.
 
“Stasera gliela faremo vedere!” Gwaine salì su una delle panche, gettando in aria la canotta.
“Smettila di sventolare quelle ascelle, non vogliamo morire qua sotto.” Leon si tappò il naso, allontanandosi per precauzione.
“Siete tutti dei guastafeste!” Gwaine scese, sfilandosi anche i pantaloncini.
“Che stai aspettando?” Elyan spinse Merlin, fermo sulla porta, dentro la stanza.
“Guarda chi c’è, la nostra mascotte… ” Arthur si avvicinò, indicando la pila di indumenti dell’altro. “Non hai usato il tuo armadietto.”
“Ah, ero di fretta.” Merlin gli girò intorno, posizionandosi poi di fronte ai suoi vestiti, cercando di raccoglierli tutti insieme.
“Perché non ti cambi qui? Dovresti anche docciarti.” Lance gli prese le scarpe di mano, prima che gli cadessero.
“Sei timido?” Gwaine piombò nella sua visuale, già in mutande.
“Con un furgone del genere non penso sia un problema per lui, la timidezza.” Il capitano sogghignò.
Merlin lanciò un’occhiataccia nella sua direzione, per poi riafferrare le scarpe. “Preferisco fare la doccia a casa, tutto qui” mugugnò.
Il moro era abituato a docciarsi con altri ragazzi, aveva dovuto fare due anni obbligatori di educazione fisica per avere i crediti necessari al college che voleva frequentare, ma lì era in territorio nemico.
“Quindi non ti cambierai neppure e andrai in giro così?” continuò Arthur.
“Mi cambierò in bagno.”
“Così rischierai di sporcare il costume, Alator ci tiene parecchio.”
“Disse quello che voleva rovesciarci della salsa sopra” replicò tutto d’un fiato Merlin, voltandosi verso di lui.
Arthur si bloccò all’istante, ma tentò di non darlo a vedere. “Come?”
“Il gavettone di salsa piccante che mi aspetta nel mio armadietto” ripeté la mascotte, soffiando col naso. “Non credere che non lo sappia!”
“Non so di cosa stai parlando.” Il biondo fece il finto tonto, mentre tutti restavano immobili.
“Allora perché non lo apri..?” Merlin lasciò cadere le scarpe e si tolse la testa del costume, guardandolo fisso. “Forza, capitano!”
Arthur rimase impalato senza reagire, cosa non proprio da lui.
“Direi che lo scherzo è rovinato, eh Arthur?” Lance si infilò tra i due per sdrammatizzare, voltato verso il biondo.
“Già… Peccato” esalò il capitano, contenendo la rabbia.
Merlin storse il naso e se ne andò, riprendendo alla meno peggio tutta la sua roba. Sospirò mentre si infilava nella toilette, Arthur l’avrebbe ucciso alla prima occasione.
“Ma come ha fatto a scoprirlo??” Gwaine si avvicinò all’armadietto, cercando di intravedere il gavettone dalle sottili fessure del metallo. “Io non vedo niente.”
“Prova così.” Percival spalancò la porticina e un’onda rossa si rigettò sull’amico, colpendolo per metà in viso.
Tutto la squadra iniziò a ridere, escluso Gwaine, intento a tirare accidenti e a togliersi il liquido dal volto.
“Questa non è salsa piccante, comunque” mormorò il giocatore, leccandosi un dito.
“È solo ketchup” chiarì Arthur, “la salsa piccante sarebbe stata troppo…  Troppo” borbottò.
“Ah.” Gwaine sorrise. “Meglio che vada a lavarmi.” Se ne andò con il sorriso stampato in faccia, mentre Arthur lo guardava preoccupato.
 
 
Merlin aveva passato tutto il pomeriggio in ansia, sperando che non arrivasse mai l’ora della partita.
“Sembri preoccupato.” Gaius parcheggiò e spense il motore, osservando il nipote già vestito da mascotte.
“Non è niente zio, sono solo un po’ in agitazione per la partita.”
“Vuoi che rimanga a fare il tifo?” L’uomo sorrise e gli passò una mano sulla schiena squamata.
“No, zio. Torna pure a casa. Ti chiamo quando devi venirmi a prendere, ok?”
“Certo, tu lascia squillare, sai che sono lento.”
Merlin sorrise e scese con la sacca del cambio, avviandosi verso le auto parcheggiate nelle prime file.
“Felice di vederti in orario, Merlin.” Alator lo intercettò prima che raggiungesse gli altri. “Vedo che stai entrando nell’atmosfera.”
“Già, coach.”
“Bene così ragazzo!” strillò l’uomo, mentre gli altri si avvicinavano.
“Avete preso tutta la roba? Lo sapete che non possiamo tornare indietro.”
“In che senso..?” Il moro alzò un sopracciglio.
“Abbiamo quaranta minuti di strada, non voglio fare dietro front durante il tragitto.”
“Ma la partita… Non è, cioè… ”
“Non preoccuparti Merlin.” Percival gli sorrise. “Andiamo tutti col pulmino del coach.”
“Nessuno vedrà il tuo furgoncino hippie” concluse la voce di Arthur.
La mascotte si girò indispettita, ma preferì non replicare. “Se lo avessi saputo mi sarei fatto portare direttamente lì.”
“Oh, no! È una delle regole dei Red Dragons, si va e si torna insieme. Non ho comprato questo pulmino per nulla.” Alator aprì lo sportellone laterale e fece cenno a tutti di salire.
Merlin si infilò nell’ultima delle tre file da tre del bus, per stare da solo, ma Gwaine lo pedinò comunque.
“C’è ancora posto davanti” suggerì la mascotte, ma l’altro si appiccicò di più.
“Mi stai simpatico, sai? Non credevo ci fosse qualcuno in grado di far incavolare Arthur così tanto.” Il ragazzo sorrise, masticando vorticosamente una gomma. “Voglio proprio vedere cosa accadrà stasera hippie Merlin.”
Il moro cercò di non badare al soprannome e si concentrò sul resto delle parole. “In che senso? Non avrà organizzato un altro scherzo?”
“Oh no, ma sono sicuro che tu lo manderai di nuovo su tutte le furie.” Gwaine si stravaccò sul sedile, mentre Merlin sbatteva ripetutamente la testa contro il finestrino.
“Vedi il lato positivo, almeno ti fa compagnia il più simpatico della squadra, no?”
Merlin si arrestò per un secondo e gli sorrise timidamente. “Grazie Gwaine.”
Il giocatore gli allungò la confezione di gomme. “Di niente, Merlin.”
 
 
I primi due tempi contro i Black Snakes erano andati bene e i Red Dragons erano in vantaggio di ben dodici punti.
Merlin aveva fatto il suo balletto senza ruzzolare per le scalinate ed era riuscito pure a non far cadere la palla durante i palleggi.
La mascotte, però, non aveva prestato molta attenzione alla partita, si limitava a urlare ogni volta che Alator alzava un sopracciglio nella sua direzione.
L’intervallo tra secondo e terzo tempo era arrivato e il moro si era nascosto negli spogliatoi, cercando di rilassarsi per il balletto con le cheerleader.
Merlin alzò al massimo il volume dell’mp3 sospirando, doveva rimanere tranquillo.
“Merlin? Merlin?” Mithian diede una leggera spinta alla mascotte.
Il moro, spaventato dalla scossa, fece scivolare il lettore che aveva tra le mani all’interno del costume.
Alzò di colpo gli occhi sulla ragazza, mentre sentiva l’aggeggio scorrere sul suo addome.
“Andiamo, è ora! Sono dieci minuti che ti cerco.” La ragazza lo afferrò per un braccio e iniziò a trascinarlo fuori dagli spogliatoi.
“Mithian, ho perso l’mp3… Aspetta!”
“No, siamo già in ritardo. È ora dello spettacolo.” Raggiunse il centro della palestra, posizionando l’altro dietro le cheerleader.
Merlin percepì la scatoletta musicale fermarsi alla base del costume, proprio contro al suo sedere; l’importante era che non cadesse nelle gambe del drago.
“Forza Red Dragons!”
Le ragazze iniziarono a muoversi, ma Merlin era troppo impegnato a cercare di far muovere l’mp3 verso la coda cava, in modo che rimanesse intrappolato lì.
“Perché Merlin si sta grattando il sedere..?” Percival lo scrutò preoccupato. “Non avrà una reazione allergica al costume?”
“Ma che dici Perci, sarà una nuova mossa nella coreografia.” Gwaine ridacchiò. “Dovrebbe concentrarsi, tra poco tocca a lui.” 
Merlin si spostò, tentando di raggiungere il lettore, ma finì per schiacciare involontariamente ‘Play’ e American Idiot cominciò a pulsare nella cuffietta sinistra, l’unica delle due rimasta alle sue orecchie.
Le cheerleader si aprirono a ventaglio, allungando le braccia nella sua direzione e il ragazzo si bloccò quando notò gli occhi fissi su di lui.
“Forza Red Dragons!” ripeté Mithian, intimandogli con gli occhi di continuare lo slogan.
Che cacchio faccio?? Quali erano le parole??
Scrutò le cheerleader in preda al panico, non sapendo cosa fare, in quel momento aveva il vuoto in testa.
 
And can you hear the sound of hysteria?
 
“Ehm... Puoi sentire il suono dell’isteria-ah???”
 “Isteri-che?” Gwaine storse il naso. “Non abbiamo parole così complicate nello slogan.”
 
Welcome to a new kind of tension
 
“Benvenuta a una nuova forma di tensione-ah!”
“Tutti intorno al campione-ah!”
Sugli spalti i genitori si guardavano perplessi, mentre le cheerleader erano rimaste pietrificate.
“Tutti intorno al campione, forza!” Elena ripeté un paio di volte, prima di volteggiare con due rapide ruote fino alle panchine, prendendo Arthur accanto a sé.
“Che fai Elena??” sussurrò il biondo, cercando di nascondere la paura.
“Tu sei il nostro campione, no??”
Le ragazze si sistemarono su due file davanti alla mascotte, mentre il capitano veniva collocato vicino a Merlin.
“Che diamine stai facendo??” Arthur lanciò un’occhiataccia alla mascotte.
“Mi è caduto l’mp3, sto cantando i Green Day.”
“Che..?” Il biondo lo guardò allibito.
 
Now everybody, do the propaganda
 
“Adesso tutti insieme, fate propaganda-ah!” Merlin ricominciò senza rispondere al capitano, non poteva perdere il ritmo.
“Forza Red Dragons!” Le cheerleader urlarono in coro, alzando le braccia per esultare.
Merlin sentì la scatoletta vibrare lungo le sue cosce. “Sta cadendo.”
Zampettò sulla gamba destra, cercando di fermare la discesa dell’mp3, ma riuscendo solo a stopparlo.
Le ragazze ripresero il controllo dello slogan, ripetendo a ritmo le prime battute dette dalla mascotte.
“Benvenuta a una nuova forma di tensione-ah!”
“Tutti intorno al campione-ah!” Acchiapparono un Merlin zoppicante, girando intorno ad Arthur.
“È orecchiabile.” Lance fissò il povero Pendragon preso in ostaggio.
“Lo sapevo che quel ragazzo aveva talento!” commentò Alator entusiasta.
“Forza Red Dragons!” Continuarono le cheerleader, per poi spingere Merlin contro il capitano.
“Se esco vivo da qui ti uccido, Merlin!” Arthur lo afferrò prima che cadesse, destreggiandosi in un goffo casquè.
Le ragazze svolsero una giravolta dopo l’altra. “Tutti insieme!”
“Forza Red Dragons!” rispose la tifoseria sulle scalinate.
“Direi che è un successo.” Merlin strinse una mano sulla sua gamba, dove sentiva che il lettore si fosse posizionato, mentre con l’altra teneva saldamente la spalla del biondo.
Le cheerleader li avvolsero di nuovo, costringendoli a inginocchiarsi ai piedi della piramide che stavano costruendo.
“Forza Red Dragons!” urlò Elena in cima, chiudendo il balletto.
Le ragazze tornarono in formazione per i saluti e Merlin si rimise in piedi, salutando la folla con la mano libera; persino il coach stava applaudendo.
Quella improvvisata era piaciuta, anche se sentiva come se il cuore gli stesse uscendo dal petto.
Elena gli si avvicinò e gli fece cenno di scomparire con loro dietro le quinte e il moro rapidamente ubbidì, seguito dal capitano.
“Merlin, che accidenti ti è preso?” Mithian aveva un’espressione di certo non felice.
“Ho improvvisato.” Afferrò il cavo delle cuffie e recuperò il lettore. “Con un piccolo aiuto.” Sorrise.
“Togliti quel costume così posso strozzarti!“ Gli occhi di Arthur lampeggiarono pericolosamente.
“Guardate che è stato un grande successo, alla gente è piaciuto.” Elena guardava felice gli spalti.
“Niente più improvvisazioni… ” Mithian puntò il dito a un centimetro dal naso di Merlin. “Sono stata chiara?”
“Mm, limpida” rispose, alzando le mani in segno di resa.
“Andiamo ragazze.” Salutò con un cenno Arthur e si avviò verso gli spogliatoi accompagnata dalle altre.
“Non le credere Merlin, hai una bella voce.” Elena gli fece l’occhiolino e se ne andò.
“I Green Day? Sul serio?” Arthur lo continuava a fissare in fiamme.
“Qualcosa contro di loro..?”
“No, ma non credo che avessero in mente questo mentre scrivevano la canzone. Poi gli slogan non vanno cantati, ma recitati.” Il biondo annuì da solo al suo discorso.
Dio, quanto sei pieno di te…
“Ero nel panico, ok? Non volevo rompere l’mp3 e non mi veniva in mente nulla. Non c’è bisogno delle tue sterili polemiche.”
Arthur assottigliò lo sguardo. “Comunque io sarei riuscito a fare meglio di te.”
Trattieniti! Non insultarlo o ti ucciderà! “Non avevo dubbi…” Merlin indietreggiò verso gli spogliatoi, la via di fuga più rapida al momento.
“Dove stai andando?” Il capitano arricciò le labbra.
“A cambiarmi.”
“Non puoi, devi fare il tifo.”
“Scommetto che fai meglio di me anche quello!” sbraitò in risposta la mascotte, mentre si defilava.
Arthur sbuffò e dall’imbocco del corridoio si diresse rapido alle panchine della squadra, mentre le cheerleader dei Black Snakes iniziavano il loro balletto.
“Dov’è Merlin?” Alator scrutò il biondo con fare perplesso.
“Ha detto che andava a cambiarsi” sbiascicò Arthur.
Prima il coach non si ricordava nemmeno il suo nome e ora sembrava essere il suo favorito.
“Deve fare assolutamente il tifo, vallo a riprendere. Poi il pubblico lo adora” sentenziò Alator, con uno sguardo che non accennava a repliche.
“Potrebbe andare Perci o Gwaine.” Arthur fissò il coach speranzoso, ma l’uomo puntò il dito verso gli spogliatoi.
“Tu sei il capitano Arthur, è tuo compito tenere unita la squadra.”
Il biondo sgranò gli occhi e fece dietrofront, mentre i ragazzi lo osservavano curiosi.
“Per me Merlin tornerà a pedate” sussurrò Gwaine.
“Non credo, Arthur non darebbe mai spettacolo in pubblico” replicò Leon.
“Non hai visto come pulsava la vena sul collo del capitano oggi?? Quando gli ha mandato all’aria lo scherzo non l’ha presa bene.”
“Non è per lo scherzo, Merlin l’ha sfidato e sappiamo tutti come Arthur prenda le sfide.” Lance sospirò.
“Speriamo che entrambi trovino un accordo o saranno mesi lunghissimi per tutti” disse infine Perci.
 
Che tipo insopportabile… Pensò la mascotte, mentre stringeva l’mp3 sano e salvo.
Si imbucò nello stanzino deserto, non accorgendosi di essere entrato in quello degli sfidanti.
“Sei sicuro Mordred? Potresti rischiare l’espulsione se l’arbitro ti vedesse.”
Uno degli attaccanti dei Black Snakes stava parlando col proprio capitano e Merlin si appiccicò agli armadietti per non essere visto.
Aveva ascoltato i Red Dragons parlare di quel ragazzo, era solo del primo anno ma estremamente dotato, tanto da soffiare la carica di capitano a uno dell’ultimo; gli sembrava di ricordare che il suo nome fosse Mordred.
“Voglio che quel Pendragon sparisca, il record di punti del torneo deve essere mio e con lui in panchina la nostra squadra avrà via libera.”
“Mi assicurerò di distrarre i suoi compagni mentre tu lo colpirai.”
“Uno sgambetto veloce e avremo risolto.”
Oddio! Oddio! Oddio! Il moro corse più veloce che poté fuori da lì, precipitandosi nel corridoio.
Non si sarebbe nemmeno accorto di Arthur, se il biondo non l’avesse afferrato. “Ti stavo cercando hippie Merlin.”
“Vogliono farti del male!”
“Come?” Il capitano lo guardò confuso.
“Mordred vuole farti cadere!” urlò Merlin, guardandosi intorno come un pazzo.
Il biondo lo prese per un bracco e lo tirò nei bagni di fronte a loro.
“Che stai blaterando??”
“Io non blatero! Ho sbagliato spogliatoio e c’era Mordred con uno dei giocatori, quello alto e col nasone.”
“Alvarr..?” chiese Arthur.
“Non l’ha detto il nome… E parlavano di distrarre gli altri e poi farti lo sgambetto e… ”
“Wooh, calmo. Sei sicuro di quello che dici?” Arthur gli tolse la testa del drago, fissandolo serio.
“Si, si. Mordred vuole rubarti il titolo, quello di chi fa più punti nel campionato.”
Arthur fece un paio di passi avanti e indietro lungo il bagno, con la testa del costume fra le mani.
“Non credevo che sarebbe ricorso a certi trucchetti, mi sembrava un bravo ragazzo.”
“Quindi ora andrai a dirlo al coach.”
“No, giocherò e dirò a ragazzi di guardarmi le spalle.”
“E se ti infortuni?”
“Strano, sembra che ti importi molto della mia salute.” Arthur si rivoltò verso il moro.
“Non fraintendere. È che alcuni dei ragazzi mi stanno simpatici e mi dispiacerebbe se la squadra perdesse.” Girò il volto verso la parete e incrociò le braccia al petto, tentando di non sembrare interessato al capitano a un passo da lui.
“Sai Merlin c’è qualcosa in te, oltre all’essere irrispettoso e fastidioso all’inverosimile.”
Alla mascotte rotearono gli occhi. “Tu sei, tu sei un… ” Si arrestò quando si rese conto di star tamburellando il suo indice contro il petto dell’altro.
Il biondo sorrise, avanzando verso Merlin e infilandogli la testa del costume all’incontrario. “Così sta molto meglio.”
“Se potessi andarmene da questo ruolo l’avrei già fatto!” Il moro si rimise a posto il costume, sbuffando sonoramente.
“Invece dovrai sopportarmi.” Arthur allargò ancora di più il sorriso che aveva stampato in faccia. “E adesso che ne dici tornare a fare il tifo per la tua squadra, mm?”
“Lo faccio, ma di certo non per te.” Uscì furibondo dal bagno, senza aspettare il capitano, che lo seguiva poco distante.
Appena fu vicino alla panchina dei giocatori il mister gli arruffò il pelo del costume. “Mi raccomando ragazzo, voglio un bel tifo da qui alla fine della partita.”
Merlin non replicò e si sedette sulla panchina, mentre Arthur si avvicinava agli amici, probabilmente per raccontare di Mordred.
Il moro sentì gli sguardi degli altri su di sé per alcuni secondi e infine l’arbitro fischiò la fine dell’intervallo.
I ragazzi si gettarono immediatamente in campo sotto le urla della tifoseria. A differenza dei tempi precedenti la mascotte seguì ogni azione e ogni passaggio, facendo particolare attenzione al capitano della squadra avversaria.
Anche il terzo tempo finì velocemente e i Black Snakes avevano recuperato gran parte dello svantaggio. Percival stava per segnare quando un giocatore lo buttò poco regalmente a terra.
Merlin si alzò in piedi per protestare, come tutta la tifoseria dopo tutto, ma quell’accenno di vitalità non passò inosservato ad Arthur. Gli occhi azzurri si spostarono sul drago lamentoso e le labbra si aprirono in un sorriso.
“Fallo antisportivo.” L’arbitro fischiò e allungò la palla a Percival, già posizionato per i due tiri liberi dovuti alla scorrettezza.
Al primo canestro tutti i tifosi si alzarono in piedi, ma il secondo mancò di poco l’obbiettivo e Mordred prese il possesso della palla con i Red Dragons all’inseguimento.
Lance agì in un secondo e la palla scivolò dalle mani dell’altro alle sue, palleggiò per alcuni passi e poi la alzò per passarla al capitano.
Una finta a destra e Arthur avanzava verso il canestro, con i Black Snakes alle calcagna. Ancora poco e avrebbe segnato.
Merlin iniziò a urlare, a incitarlo, ma si fermò di colpo quando intravide il ragazzo alto degli spogliatoi bloccare la strada a Perci. Un ciuffo corvino si fece strada alle spalle di Arthur e Merlin iniziò a sbracciarsi.
“Vai da qualche parte?” Gwaine tranciò di netto la strada a Mordred. Gli occhi di ghiaccio del capitano avversario raggiunsero quelli del difensore, ma Gwaine non si mosse di un millimetro.
“Noi giochiamo pulito” sussurrò a un pugno dall’altro, mentre il biondo continuava ad avanzare.
Un rapido giro su sé stesso per evitare un difensore nemico e Arthur tirò, segnando un canestro da due punti.
Nemmeno il tempo di esultare e la palla era passata ai Black Snakes, che come schegge volavano verso il canestro dei Red Dragons.
La mascotte continuava a urlare, osservando il timer sul tabellone ogni due secondi.
Cinquantotto a cinquantasei per i Dragoni ed era l’ultima azione.
Lancelot cercava in tutti i modi di rubare palla, ma senza successo, e Percival di fermare l’avanzata delle Serpi con l’aiuto di Gwaine.
I due capitani erano faccia a faccia, la palla in mano a Mordred.
Arthur incontrò il suo sguardo per pochi secondi e in un lampo la mano a condurre la palla era quella del biondo. Corse rapidamente verso il canestro avversario, scortato da Tristan e agli ultimi secondi tirò, mentre gli avversari cercavano di bloccarlo.
Gli spalti si alzarono all’ennesimo successo del capitano.
“Sessanta a cinquantasei” commentò Elyan, “di sicuro Arthur non sarà contento.”
“Abbiamo vinto, no?” Merlin esultò davanti alla panchina, mentre i giocatori, dopo essersi scambiati i saluti con l’altra squadra, raggiungevano il coach.
“Bravi i miei ragazzi!” Alator li accolse sorridente e si congratulò con tutti. “Ora andate di corsa a cambiarvi!”
Merlin seguì i ragazzi verso gli spogliatoi, ma si fermò nel corridoio quando una voce famigliare lo raggiunse.
“Qualcuno è su di giri… ” Elena lo osservò da capo a piedi.
“Elena! Sei la persona che volevo giusto vedere.” Merlin le sorrise girandole intorno.
“Io?”
“Si, si. Ti interessa ancora quel giretto sul furgoncino di mio zio?”
“Faresti di me la cheerleader più felice della scuola!”
“Allora alla prossima partita ti accontenterò.”
La ragazza si gettò ad abbracciarlo. “Grazie! Vado subito a dirlo a Mithian!” La biondina corse via, sgambettando felice.
Perfetto, ora devo solo coinvolgere Perci. Il drago sorrise tra sé e sé, aprendo la porta della stanzetta dove i giocatori si stavano cambiando.
“Siete stati grandi!” La mascotte urlò, mentre si avvicinava al suo armadietto.
“Inizia a piacerti il basket, Merlin?” Lance sorrise, mentre finiva di riempire la sua borsa.
“Non credevo ci fosse tutta questa adrenalina… ” commentò.
I ragazzi sorrisero divertiti e si diressero alla porta, visto che tutti, a parte il capitano, avevano deciso di docciarsi una volta a casa.
“Ti aspettiamo sul pulmino, così potrai cantarci di nuovo il nostro ultimo slogan.” Gwaine gli ammiccò e uscì seguito dagli altri.
Merlin sbuffò, ma fece finta di niente e iniziò a spogliarsi, notando la borsa del capitano su una delle panche.
“Ti ho sentito.” Arthur uscì dall’ala docce, con solo un asciugamano in torno alla vita. “È stata una partita come le altre.” La voce monotono del biondo echeggiò nello spogliatoio.
Il sorriso di Merlin si trasformò in un broncio. “Me l’aveva detto Elyan che non saresti stato contento.”
Il biondo fulminò mentalmente l’altro giocatore. “Dovrò scambiarci due paroline… ” sussurrò.
“A quest’ora avresti potuto avere una caviglia slogata o peggio. Dovresti essere più felice.” Il moro si spostò davanti al capitano.
“Vuoi forse aiutarmi ad asciugarmi?” domandò ghignando Arthur.
“Eh?? No!” Le guance della mascotte divennero rosse, per fortuna aveva ancora la testa del drago indosso.
Voltò le spalle al capitano e cominciò a spogliarsi del costume, facendo attenzione a non allungare lo sguardo.
“Il coach ha detto che i Black Snakes erano gli avversari più temibili del campionato” ricominciò a bassa voce, “dovreste essere contenti del risultato, soprattutto tu!”
“Perché soprattutto io?”
“Beh, sei il capitano, è la tua squadra. Devi motivare gli altri!”
“Abbiamo vinto per quattro punti e abbiamo rischiato il pareggio o addirittura la sconfitta fino all’ultimo secondo. Non ci vedo nulla per cui essere felice.”
“Sbagli.” Merlin si voltò e per fortuna Arthur si era già rimesso i boxer. “Io non avrò visto decine di partite, ma si vede lontano un miglio quanto voi siate affiatati. Non avete nemmeno bisogno di parlarvi. Hai visto come Gwaine ha bloccato Mordred?”
Il biondo non riuscì a trattenere un sorriso, ma lo nascose subito sotto un sospiro. “Vedrò di ricompensarli come meritano. Sai… Sembra che tu abbia già abbindolato metà dei ragazzi.” Si infilò i jeans e allungò una mano dentro l’armadietto per cercare la maglietta.
Merlin si fissò alcuni secondi sulle spalle del biondo, per poi riprendere a parlare.
“Di certo tu non sei tra questi.”
“No, ma non si sa mai, potrei sempre cambiare idea.” Arthur gli ammiccò e si avvicinò alla porta. “Sbrigati o ti lasciamo qui.”
Il moro si svegliò e iniziò a indossare velocemente il cambio, quasi rotolando quando fu la volta delle scarpe.
Arthur osservò la scena sorridente, uscendo nel corridoio un attimo prima della mascotte e ridendo per gran parte del tragitto.
Merlin sbuffò, vedendolo scomparire dalla stanza, ma sentendo le risate in lontananza.
Come se a me interessasse uno zuccone, sbruffone, asino, condottiero con un fisico da Dio greco..!


Note:
Volevo precisare che il capitolo originale non era così.
Merlin, infatti, cantava più strofe della canzone, modificandole. Purtroppo mi sono accorta che così avrei violato il regolamento di EFP (“È VIETATO pubblicare filk, ovvero testi che modificano le parole di una canzone già esistente, solitamente in modo divertente.”).
Quindi ho mantenuto solo i pezzi che Merlin traduce, non modificando le parole.
La canzone che canta è “American Idiot” dei Green Day.
Mi è dispiaciuto dover tagliare il pezzo, ma non ho potuto fare altrimenti.
Se vi state chiedendo perché io l’abbia usata vi informo che era una delle “condizioni” del pacchetto del contest.
Comunque, in questo capitolo sono apparse Elena e Mithian. La bionda l’ho sempre immaginata un po’ svampita, Mithian, invece, più schietta.
Penso che la mia antipatia per Mordred si possa notare dal suo piccolo ruolo… Anche qui tenta di fronteggiare Arthur, ma finisce per fallire (miseramente).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciate un commento :)
 
Allego nuovamente foto dei personaggi secondari che appaiono nel capitolo.
 
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Sarrum (professore di chimica): sovrano di Amata. Ha imprigionato per due anni Morgana e Aithusa in un pozzo. Giunge a Camelot per siglare un’alleanza con Arthur, stringendo poi un patto con Gwen, segretamente controllata da Morgana, per uccidere il re. Fallirà grazie all’intervento di Merlin.
(L’attore ha anche interpretato il “Signor Scortikon” nella Carica dei 101, da qui il riferimento a Crudelia nel capitolo.)
 
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Alvarr (giocatore dei Black Snakes): possiede poteri magici ed è capo di un gruppo di banditi decisi a uccidere Uther e far cadere Camelot. Per un breve periodo si prenderà cura del piccolo Mordred, dopo la sua fuga da Camelot.

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Capitolo 3
*** Intervallo ***


 
Ben ritrovati, terzo capitolo di cinque.
Un abbraccio a chi ha recensito il secondo capitolo: whyso_serious, nyssa16, GiuliaGiulia88, thegirlwholovesbooks e Miky_Holmes.
Un grazie anche a chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
Ultimo ringraziamento a mary del, che ha letto la storia in anticipo, dandomi preziosi consigli :)
Buona lettura!

Intervallo
 
Merlin ebbe tutto il weekend per riprendersi dalla partita, anche se sapeva che lunedì la tortura sarebbe ricominciata.
Quando entrò in classe quella mattina fu il sorriso di Arthur a dargli il buongiorno: il capitano alzò leggermente il viso nella sua direzione e allargò le labbra rosee.
Il moro ne abbozzò uno di ricambio e lo scavalcò, ignorando lo svolazzare sbarazzino della frangetta bionda. Non si fidava ancora al cento per cento del capitano e si aspettava altri potenziali scherzi.
Si sedette al solito angolo vicino alla finestra, ma appena appoggiò lo zaino sul banco sentì un fruscio accanto a sé e una certa aria gelida.
“Merlin, buongiorno.” Morgana gli sorrise e si sedette accanto a lui. “Bellissima giornata primaverile, non trovi?”
Il ragazzo annuì. “Già, peccato doverla passare qui e poi in palestra.” Sospirò, mentre prendeva i libri dallo zainetto.
“Hai perfettamente ragione.” Morgana si avvicinò di più, in modo da non essere sentita dagli altri compagni. “Potrei sapere di qualcosa che mio fratello sta organizzando per te… “ sussurrò.
Merlin si pietrificò all’istante, ma tentò di non darlo a vedere. “Non può essere.”
“Sicuro? Lo sai che Arthur non si risparmia con gli scherzi.”
“Scommetto che vuoi qualcosa in cambio, vero? Per dirmi di cosa si tratta.”
Morgana sorrise. “L’ho sempre saputo che sei in gamba. A me e Gwen servirebbe in prestito un microscopio, il nostro ci sta dando qualche problema.”
“Come farei a girare per la scuola con un microscopio? Finirei dalla preside in cinque minuti!” Merlin tentò di mantenere il tono basso, ma la strega sembrava averlo scambiato per una sorta di spacciatore di attrezzature da laboratorio.
“Io e Gwen ti aiuteremmo e… ”
“No.” La interruppe velocemente il moro. “Subirò lo scherzo” disse, pregando che Arthur non avesse trovato qualcosa di peggiore della salsa piccante.
Morgana lo guardò per qualche secondo. “È la tua scelta, tanti auguri per oggi.” Si allontanò, ritornando al suo posto, pensando a come ottenere ciò che voleva.
Merlin fece il possibile per seguire la lezione, ma un accavallarsi di pensieri lo stava distraendo. Appena finita l’ora si fiondò fuori dalla classe, ignorando completamente tutti.
Dopo matematica fu la volta di inglese e poi due ore di chimica. Almeno a pranzo avrebbe potuto rilassarsi con Will, ma sembrava che oggi fosse proprio il suo giorno sfortunato.
Si appoggiò alla parete di fronte all’aula di spagnolo, dove era sicuro che l’amico avesse lezione prima di pranzo e attese di vederlo uscire, ma di Will non c’era traccia.
Quando aveva ormai deciso di andarsene finì casualmente nel campo visivo di Gwaine, che si diresse verso di lui in un lampo.
“Hippie Merlin, che ci fai qui?” domandò il giocatore col sorriso stampato in faccia.
“Gwaine, non chiamarmi così” pronunciò il moro scorbutico, ma l’altro non sembrò prendersela più di tanto. “Comunque sto aspettando Will.”
“Ah, si! Brufolo Will.”
“Non dovresti chiamarlo così.” Percival si era accostato ai due, con ancora i libri in mano. “Ho notato che non ha più problemi con l’acne.” Indirizzò la sua attenzione verso Merlin, sorridendo.
“Si, infatti” confermò il moro.
“Voi siete troppo buoni” borbottò Gwaine, squadrando entrambi. “Comunque il tuo amico non brufoloso oggi non c’è” concluse sbuffando.
“Oh, non me l’ha detto. Speravo di pranzare con lui.”
“Puoi pranzare con noi” propose subito Perci.
“Ottima idea!” Gwaine non aspettò nemmeno la risposta di Merlin e lo strinse a sé, appoggiando il suo braccio sulle spalle della mascotte.
“Siete gentili ragazzi, ma… ”
“Ma, niente!” tuonò Gwaine, camminando col ragazzo verso la mensa. “Sono sicuro che Arthur e gli altri saranno felici di averti al tavolo.”
Merlin seguì la marcia rassegnato: quando Gwaine si metteva in testa qualcosa era inutile fargli cambiare idea, era bastato uno allenamento per capirlo.
Gwaine lo scortò fino al tavolo rotondo al centro della mensa e lo invitò a sedersi, dopo di che lui e Perci ritornarono all’ingresso per mettersi in fila ai banconi.
Il moro sentì gli occhi su di sé appena si accomodò al tavolo degli atleti e quando vide i due allontanarsi si rialzò subito, ma Lancelot era già a pochi passi da lui, col vassoio del pranzo in mano.
“Merlin, mi hanno detto che pranzi con noi. Perché ti sei alzato? Hai bisogno di qualcosa?”
Il ragazzo scosse la testa e si risedette, mentre Lance prendeva posto accanto a lui.
“Cosa hai di buono?” chiese curioso. “Oggi in mensa è la giornata pizza.” Sventolò il piatto sotto il naso dell’altro.
“Panino tonno e maionese” mugugnò Merlin, fissando la mozzarella colare sul vassoio dell’altro.
“Con quel panino io collasserei sul campo.” Il giocatore cominciò a ridere e anche il moro non riuscì a trattenersi.
“Ti va di assaggiare un pezzetto di pizza?” Lance ne tagliò un triangolino e lo spostò a bordo del piatto. “Non è niente male.”
“Non posso, è tua. Poi ho già il panino.”
“Assaggia, non farmelo ripetere.”
Merlin sbuffò, ma prese il triangolino e lo addentò. “Niente male davvero.”
“Ti piace la pizza, Merlin?”
Il moro si voltò di scatto a quella frase, vedendo il capitano prendere posto di fianco a lui.
“Quindi?” richiese Arthur.
“Si, mi piace” rispose monotono, cominciando a mangiare il suo panino.
Il biondo sorrise, mentre tutti gli altri tornavano al tavolo.
La mascotte li osservò uno dopo l’altro e si limitò ad ascoltare le loro chiacchiere sulle partite.
Da quello che aveva capito il campionato era agli sgoccioli e la prossima partita sarebbe stata la semifinale.
“Dobbiamo allenarci senza sosta, i White Goats sono avversari forti” pronunciò Leon e una lampadina nella testolina di Merlin si accese.
“Il loro capitano ha buttato a terra Elyan, giusto?”
Per un attimo ci fu silenzio totale al tavolo, ma alla fine Elyan annuì. “Giusto.”
“Allora dovrete stare attenti.”
“Tranquillo Merlin, noi ci guardiamo sempre le spalle a vicenda.” Gwaine gli sorrise. “Sconfiggeremo quei caproni! E non puoi immaginare cosa abbiamo organizzato per… Ouch!”
Il moro alzò un sopracciglio. “Come?”
“Ho sbattuto il piede contro la gamba del tavolo” replicò l’amico, mentre scrutava arrabbiato Arthur.
“Capisco… ” Merlin lo guardò perplesso, ma ricominciò a mangiare.
“Hai in mente un nuovo slogan per la partita?” domandò Tristan.
“No, no. Questa volta mi atterrò al copione, Mithian non ha preso molto bene la mia improvvisazione.”
“Si, me l’ha riferito.” Leon sghignazzò. “Però mi sembra che ci siano le cheerleader ufficiali questa volta.”
“A proposito di cheerleader ufficiali… ” Gwaine fece a cenno a tutti di guardare Vivian, che lanciava occhiatacce in direzione del loro tavolo. “Non saprà che fare visto che c’è hippie Merlin qui con noi” continuò.
La mascotte stava per replicare, ma Arthur spinse contro il suo gomito il vassoio del pranzo, con ancora un quadretto di pizza.
Merlin lo fissò interrogativo e il biondo sorrise. “Visto che sei qui non ho dovuto sorbirmi Vivian. E poi non ho più fame.”
“Ah.” Il moro squadrò la pizza, domandandosi se il capitano avesse potuto nasconderci dentro qualcosa senza che se ne accorgesse.
“Te l’avevo detto Arthur che dovevi trovarti… Ohi! Ahio! Ma la smettete di darmi calci!”
“È colpa della tua boccaccia.” Percival rise e anche gli altri, mentre si alzavano per riporre i vassoi, a eccezione di Lance.
“Ci vediamo dopo all’allenamento.” Il ragazzo li salutò, sorridendo poi a Merlin. “Dopo hai scienze, giusto? Frequento anche io quel corso e oggi faranno le coppie per il progetto di fine anno. Ti va di farlo insieme?”
Merlin sorrise e annuì, Lancelot sembrava davvero un bravo ragazzo.
Addentò l’ultimo pezzetto di pizza e si alzarono, diretti al laboratorio di biologia.
 
 
La giornata era stata faticosa per Merlin e ancor di più stressante, a causa dell’atteso scherzo che tardava ad arrivare.
Aveva assistito all’allenamento dei ragazzi e, forse, il basket iniziava a piacergli un pochetto.
Entrò nello spogliatoio mentre tutti uscivano, visto che aveva dato una mano a Billy, il ragazzo raccatta palle.
“Ci vediamo domani” intonarono i ragazzi, intanto che Merlin apriva la porta.
“A domani.” Si diresse verso il suo armadietto, controllando almeno dieci volte prima di aprirlo.
“Non c’è niente.” Arthur camminò verso le panchine e si sedette accanto al suo cumulo di panni.
Merlin lo fissò titubante e poi aprì, nascondendosi di lato appena lo sportello si spostò del tutto. “Uhm… Vuoto.“
“Te l’avevo detto.” Il biondo cominciò a rivestirsi, mentre Merlin si toglieva il costume, sbirciando ogni tanto il capitano.
Arthur si infilò i boxer e i jeans, recuperando lentamente il cellulare nella tasca. Il moro era ormai in mutande, intento a srotolare il costume dalle caviglie.
“Merlin?”
La mascotte si girò e appena Arthur riuscì a inquadrare l’intera figura col telefono scattò. “Fatta.”
Gli occhi del moro si sgranarono a dismisura. “Tu! Razza di..!” Si bloccò quando si accorse di essere ancora intrappolato nella divisa.
Arthur iniziò a ridere e si alzò in piedi, sventolando il cellulare. “Non pensavo sarebbe stato così semplice!”
“Aspetta che esca da questo coso e non giocherai per dei mesi, Pendragon!”
“Sto tremando di paura..!” Arthur continuò a sghignazzare, mentre l’altro si liberava dal costume.
“Dammi quel telefono!” La mascotte si gettò letteralmente addosso a lui, facendo finire entrambi a terra.
“Sei davvero pazzo Merlin!” Il biondo distanziò il braccio con cui teneva il cellulare, mentre con l’altro cercava di allontanare la mascotte.
“Dammelo!”
“Non ci penso proprio.” Il capitano iniziò a trafficare con i tasti, mentre il moro continuava a divincolarsi.
Stavano pulendo l’intero pavimento a forza di muoversi, ma all’improvviso qualcuno spalancò la porta e i due si bloccarono.
“Mi sono dimenticato la borr… Oh! Cioè, continuate come se non fossi entrato.” Gwaine ammiccò, facendo i doppi pollici in su ai due.
“Non hai capito niente Gwaine, vieni qui e aiutami!” gridò Arthur, ma l’amico fece di nuovo l’occhiolino.
“Vi vedo bene insieme..!” Sparì, richiudendo la porta.
“Che due palle!” Il capitano rindirizzò lo sguardo verso il moro; da quando i suoi occhi erano così luminosi?
Merlin osservò Arthur e si rese conto di essergli saltato addosso mezzo nudo e di starsi ancora strusciando contro di lui. Avvampò, sperando che le sue guance non lo tradissero.
Il biondo sembrò risvegliarsi e si scrollò di dosso l’altro, rimettendosi poi in piedi. “Tu porti solo casini!” Lo additò. “Chissà che si inventerà Gwaine.”
“Non ho cominciato io!” La mascotte si tirò su, camminando verso il capitano, ma Arthur gli fece segno di fermarsi.
“Un altro passo e manderò la foto a tutte le email della scuola.”
Merlin si arrestò, assottigliando lo sguardo.
Arthur sospirò, squadrando poi l’altro sorridente. “Ok.”
“Che cacchio significa, ok??”
“Mi prenderò del tempo per decidere come usare la foto.”
“Lo sai… Sei proprio un, un… ”
“Attento a ciò che dici.” Arthur afferrò la maglietta lasciata sulla panca e la sua sacca, camminando piano verso l’uscita. “Ci vediamo.” Sorrise e uscì.
Merlin sbatté con forza la testa contro l’armadietto, sarebbe stato meglio fingersi incinto e nascondere sotto la felpa un microscopio.
 
 
La mascotte passò i giorni seguenti in completa ansia; per fortuna quella settimana non c’erano test o di sicuro avrebbe preso una F.
Arthur faceva bella mostra del cellulare appena poteva, sorridendogli in maniera così maliziosa, che Merlin controllava subito le email sul telefono, preoccupato che avesse inviato la foto a tutti.
Agli allenamenti di martedì aveva cercato di scassinare l’armadietto del capitano, ma quando capì che l’unico modo per aprirlo erano un paio di tenaglie comprese che solo una persona poteva aiutarlo.
Aspettò la mattina dopo e, finito di pranzare con Will, scese le scale che portavano alle caldaie. Bussò alla porta centoquattro come aveva visto fare Gwen e aspettò.
“Chi è?” Uno squittio femminile chiese dall’altra parte.
“Sono Merlin.”
La porta si spalancò e Morgana gli sorrise, completamente fasciata nella sua mantella. “Cosa posso fare per te?”
“Lo sai.” Merlin entrò, facendo attenzione a non fermarsi sul cerchio disegnato a terra.
“Vuoi dire che mio fratello ha ancora la tua foto in mutande?” domandò ironica.
Il moro arrossì, tossicchiando per l’imbarazzo. “Non l’hai vista, vero?”
“No, no. Arthur la costudisce gelosamente.”
Merlin alzò un sopracciglio, ma lasciò continuare la ragazza.
“Purtroppo non posso più aiutarti.”
“Ma, ma. Posso prenderti il microscopio!”
Morgana indicò col dito l’angolo destro della stanza, dove un nuovo microscopio faceva bella mostra di sé sulla cattedra.
“Come?” Si fermò, osservando la strega. “Avrete bisogno di qualcosa d’altro, no? Qualsiasi cosa… ”
“Per ora no” concluse la ragazza. Squadrò un attimo la mascotte; in fondo Merlin non si meritava così tante angherie da parte di suo fratello ed era pure simpatico. “Ma potresti obbligarlo a rendertela. Mio fratello si caccia spesso nei guai.”
“Davvero? E quando?”
“Non posso dirti di più Merlin, dovrai scoprirlo da solo.”
La mascotte sospirò, ma ringraziò per il consiglio e se ne andò, con ancora più domande di prima.
 
Ormai era giovedì, Arthur non aveva avanzato nessuna richiesta e Merlin si era subito per tutta la settimana battute sugli anni sessanta, riguardanti per lo più parrucche afro e abiti attillati.
Non era certo se i ragazzi sapessero o no del ricatto, ma probabilmente si, visto le risatine che si facevano e gli occhi increduli di Lance e Perci nei confronti del biondo.
Il moro aveva compreso che doveva scoprire qualche pasticcio del capitano per porre fine al ricatto, ma lui non conosceva Arthur così bene da poterlo incastrare, anche se aveva un’idea su chi potesse aiutarlo.
“Gwaine.” Merlin gli si affiancò, allungandogli la borraccia.
“Oh, grazie Merlin. Me la dimentico sempre negli spogliatoi.”
“Già, come lunedì.”
Il giocatore sorrise. “Giorno indimenticabile, lo sapevo che eravate una bella coppia. Poi Arthur ha inventato una balla su una foto, non le sa proprio dire le bugie.”
La mascotte non aveva più ascoltato da ‘indimenticabile’, pensando a come far spifferare qualcosa di compromettente all’altro, senza accorgersi che aveva già abbastanza per riavere la foto.
“Comunque devo andare a casa. Voglio dormire un po’ o stasera mi addormenterò mentre pitturiamo la capra.”
“Che cosa??” domandò allibito Merlin.
“Abbiamo deciso di colorare di rosso la mascotte dei White Goats. Dovrebbe essere una capretta nana, non mi ricordo bene.”
Merlin sorrise e abbracciò d’istinto Gwaine. “Ti adoro!” Corse via senza ascoltare la replica dell’altro; Arthur era sempre l’ultimo ad uscire dagli spogliatoi e con un po’ di fortuna sarebbe stato ancora lì.
Il moro buttò quasi giù la porta dello stanzino, dirigendosi verso gli armadietti e notando la sacca del capitano in bella vista.
“Che ci fai ancora qui?”
Le parole arrivarono dalla sala docce, da dove il biondo sbucò subito dopo, camminando verso le panchine avvolto nell’asciugamano.
“Elimina la mia foto.”
“Davvero Merlin? Se no che farai?” Arthur gongolò fra sé e sé, recuperando i vestiti nell’armadietto.
“Se non lo farai dirò alla preside cosa volete fare alla mascotte dei White Goats” disse sicuro di sé.
Il capitano si fermò, ancora mezzo nudo.
“E non provare a dire che non sai di cosa parlo. So che volete dipingerla di rosso.”
Arthur incrociò le braccia al petto, cercando mentalmente una soluzione. “Non hai prove.”
“Sicuro di voler rischiare? Una cosa così ti macchia il curriculum scolastico a vita.” Merlin non tentennò, anche se effettivamente non aveva niente in mano.
“Cancellerò la foto” sbuffò il biondo dopo qualche secondo. “A una condizione però.”
“Sarebbe?”
“Tu vieni con noi.”
“Cosa?”
“Vieni con noi a dipingere la capra.”
“Non ci penso nemmeno!”
“Dai, sarà divertente! È solo un po' illegale, ecco.”
“Solo un po’?? E poi le vernici sono tossiche, non voglio finire complice della morte di una povera bestiola!”
“Se preferisci potremo farle un delizioso maglioncino a uncinetto tutto rosso.”
“È una battuta, vero?”
Arthur sospirò e alzò gli occhi al cielo, alla ricerca di aiuto da parte di qualche figura mistica superiore. “Si” disse secco.
“Ecco, io… ”
“Vuoi che cancelli la foto, no? È l’unico modo perché accada.”
Il moro osservò per un lungo istante il capitano e poi annuì. “Ma se ci scopre la polizia dirò che mi avete sequestrato.”
Arthur iniziò a ridere, essere scoperto non gli era poi dispiaciuto così tanto.
 
 
“Ore ventidue e trenta, ci apprestiamo a prelevare Merlin dalla sua abitazione.”
Gwaine, appena rialzò gli occhi dall’orologio che aveva al polso, si guadagnò un’occhiataccia da Arthur.
“Che c’è? Ho già detto che mi è sfuggito! Non credevo fosse un problema dirlo a Merlin!”
“Potevi dirlo anche ai White Goats intanto che c’eri… ” commentò il biondo.
“È quella.” Lance li interruppe, indicando la piccola casetta all’inizio del quartiere.
Percival fermò il monovolume a ridosso della strada, osservando il viale di aceri che accostava le case. “Quartiere carino.”
Lance annuì, mentre Leon osservava l’abitazione. “Ha un cane?” chiese, scrutando una sottile figura nera vicino allo steccato dell’ingresso.
“Forse è ora che tu ti metta un paio di occhiali, Leon.” Perci abbassò il finestrino, mentre la figura nera era uscita dal cancelletto e si avvicinava alla macchina, accostandosi al vetro.
“Merlin, Leon ti aveva scambiato per un cane.” L’autista rise insieme a Tristan ed Elyan, mentre sbloccava le portelle. “Sali dietro.”
Il moro non fece domande e salì, sedendosi accanto a Lance e Leon. “Ma gli altri?”
Uno scappellotto lo colpì da dietro e la mascotte si voltò, trovando gli occhi azzurri di Arthur intenti a fissarlo.
“Ci siamo tutti!” urlò Gwaine, spuntando da dietro i sedili.
“Purtroppo non ho abbastanza posti sul monovolume, qualcuno doveva stare nel baule” chiarì Perci, mentre riaccendeva il motore.
La mascotte si strofinò la mano dove Arthur l’aveva colpito, guardandolo male.
“Siamo felici che tu ti sia offerto di unirti a noi” pronunciò Leon.
“Come?” chiese confuso.
“Arthur ci ha detto che appena hai saputo cosa volevamo fare gli hai chiesto di unirti a noi.”
“… Certo” mugugnò il moro. “E lui è rimasto così stupito che ha deciso di cancellare quella foto spiritosa che mi ha fatto.” Sorrise al biondo.
Lancelot guardò entusiasta Arthur. “Lo sapevamo che avresti smesso di ricattarlo, io e Perci.”
“Già” commentò acido il capitano. “Vogliamo partire o no?” gridò verso Perci e quello fece cenno di sì, rimettendosi in carreggiata.
“Ci vorrà mezz’ora per arrivare” spiegò Lance, mentre osservava Merlin e la sua tenuta. “Non era indispensabile che ti vestissi di nero, sai?”
“Nei film si vestono sempre tutti di nero.”
Arthur si stampò una mano sul viso. “Hai preso anche il passamontagna?” chiese sarcastico, appoggiando il mento sui sedili.
“Beh, no. Non sono mai andato a sciare e non ne avevo uno, ma ho preso un collant di mia madre.”
Il biondo cominciò a ridere così forte da farsi venire le lacrime agli occhi e anche gli altri non riuscirono a trattenersi.
“Pensavo ci fossero telecamere o cose del genere!”
“Lasciatelo dire Merlin, sei cento volte meglio di George.” Gwaine si afflosciò nel bagagliaio, continuando a ridere.
“Su questo sono d’accordo.” Arthur gli sorrise e si riabbassò nel baule. “Forza Red Dragons!”
I ragazzi ripeterono il nome in coro, mentre Merlin rideva; avrebbe potuto abituarsi a questi pazzi.
 
Come di parola in trenta minuti arrivarono alla scuola privata Essetir.
Al buio Merlin non riuscì a scorgere molto dell’edificio e di certo non poteva fermarsi davanti all’ingresso in bella vista.
Percival aveva parcheggiato dietro la scuola, a pochi passi dalla recinzione che proteggeva il campo da football e il parco circostante.
Il giocatore scese dall’auto e aprì subito lo sportellone del baule, in modo che il capitano e Gwaine potessero uscire. “Tutto ok?”
“Mi sono sgualcito il fondoschiena in questo coso” piagnucolò Gwaine, mentre entrambi uscivano dal bagagliaio.
“Arthur, hai tu la piantina?” domandò Leon, avvicinandosi al capitano.
“Si.” Il biondo tirò fuori dalla tasca della felpa un foglietto e Lance si accostò all’amico con la torcia del suo cellulare, in modo da illuminarlo.
“Questa è la recinzione.” Arthur indicò il rettangolo al centro del foglio. “E questa è la rimessa dove tengono la capra.” Indicò un quadratino rosso a sud-est. Dovremo scavalcare nell’angolo più in fondo.”
“Sembra facile.” Gwaine afferrò la sacca contente le bombolette spray e la tenaglia che aveva lasciato appoggiata nel baule. “Mi ridite perché abbiamo preso su questa?” Scosse l’attrezzo.
“La rimessa è chiusa a chiave con un lucchetto” rispose Arthur.
“Strano che Morgana non avesse pure quella” commentò Lance, mentre il biondo lo guardava male.
“Con quello che ci sono costate queste informazioni non voglio immaginare la chiave!” brontolò Arthur, ripiegando la piantina.
“Non ditemi che le avete portato voi il nuovo microscopio??” chiese stupito Merlin, vedendo gli altri annuire alle sue parole.
“Quella strega è una doppiogiochista” mugugnò.
“Non mi sorprende, ma ora andiamo.” Il capitano si incamminò, avanzando leggermente abbassato vicino il recinto.
I ragazzi lo seguirono, Merlin a fianco di Lancelot, per evitare di fare errori.
“Senti Lance, ma le vernici sono sicure, vero? Non vorrei che la capretta stesse male… ”
“È stato Perci a comprarle e sicuramente avrà trovato qualcosa di non tossico. Non farebbe mai del male a nessuno.”
“Qui va bene.”
Alle parole del capitano entrambi si voltarono, vedendo Arthur scrutare la retina metallica della recinzione.
“Possiamo scavalcare.”
Gwaine infilò la tenaglia nello zaino e poi lo rimise sulle spalle, assicurandolo a sé. “Per fortuna non c’è filo spinato in cima.” Ridacchiò, accostandosi alla palizzata e incastrando mani e piedi nei piccoli buchetti tra una maglia metallica e un’altra. “Non è difficile.”
Percival si affiancò a lui e lo imitò, iniziando ad arrampicarsi.
Entrambi, in poco più di un minuto, stavano scendendo dall’altra parte, mentre Merlin era rimasto a bocca aperta.
Tristan e Leon salirono dopo di loro, mettendoci più o meno lo stesso tempo ad affrontare il percorso.
Nel frattempo la saliva di Merlin si era prosciugata, non era mai stato molto atletico e non sapeva se sarebbe riuscito a farcela.
“Merlin.” Lance lo stava fissando. “Andiamo noi due?”
Il moro annuì e basta, mettendosi a contatto con la recinzione.
“Guarda che è facile.”
La mascotte alzò gli occhi dalle sue scarpe, incrociando quelli di Gwaine che lo incitavano.
“Sposta la mano qua.” L’amico indicò un buchetto poco più in alto della sua testa.
Merlin ubbidì, continuando a intervallare lo sguardo tra la rete e Gwaine.
“Ok, il piede qui.”
Il moro seguì i consigli, arrivando al limite della palizzata in breve tempo.
“Ora devi farti forza con le gambe e scavalcare.”
Merlin si bloccò un istante, fissando impaurito la barra di metallo che sovrastava la recinzione.
“Forza Merlin, segui me.” Lancelot sorpassò la barra e si aggrappò dall’altra parte della rete, scrutando l’amico. “Fa’ come ho fatto io.”
La mascotte si issò oltre il bordo, ma quando alzò la gamba sinistra per oltrepassare la barra metallica ebbe una scossa di panico.
Le mani del capitano furono su di lui in un secondo, aiutandolo a reggersi. La presa fu accompagnata da una poderosa spinta che lo aiutò a passare dall’altra parte, ritrovandosi ancorato alla rete dalle mani di Perci, Gwaine e Lance, mentre Arthur gli sorrideva.
“Ci starebbe un'altra foto da ricatto” commentò Elyan, intanto che Merlin si raddrizzava.
“Peccato che ci incastrerebbe tutti” chiarì Lance, mentre scendeva accompagnando la mascotte, troppo impegnata a badare a dove mettere mani e piedi per ascoltare.
Il moro finì di scendere, sospirando quando toccò terra. “Come?”
“Stavamo dicendo che potresti far invidia a Spiderman.” Scherzò Perci, scrollandolo.
“Dovresti fare un po’ di sollevamento pesi Merl” pronunciò Gwaine, sorridendogli.
“Merl?” chiese il moro sorpreso.
“Non è male… ” borbottò Arthur, mentre saltava a terra con Elyan. “Vediamo di muoverci ora.”
I ragazzi si avviarono verso la rimessa degli attrezzi, Merlin sempre di fianco a Lancelot.
“Gwaine, la tenaglia” pronunciò Tristan, alzando il lucchetto dalla porta una volta arrivati.
L’amico si avvicinò, spostando la morsa all’anello metallico della serratura. “Perci, una mano?”
Percival si mise dietro di lui e strinse i manici della tenaglia, facendo forza. Un paio di rapidi movimenti e il lucchetto cadde a terra, lasciando strada libera ai ragazzi.
Tristan scostò la porta e si assicurò che non vi fosse nulla di sospetto, scrutando a destra e a sinistra prima di entrare. “Via libera.” Sorpassò vari attrezzi da giardinaggio e arrivò a un’altra porta, bloccata da un chiavistello.
Arthur lo seguì, appiattendosi contro l’uscio e facendo scorrere il catenaccio. Contò con le dita fino a tre e poi spalancò la porta, gettandosi dentro e ritrovandosi in uno spiazzo ricoperto da fieno.
La capretta si svegliò all’improvviso, rizzandosi sulle quattro zampe e affacciandosi dal minuscolo box dov’era alloggiata.
“Oddio.” Percival scostò Arthur e si sporse a osservare la capretta, schiacciata in quel minuscolo spazio. “Non riesce nemmeno a stendersi.” Si chinò e aprì il serraglio, lasciandolo libera.
L’animale si diresse subito verso Arthur, annusandogli i vestiti e saltellandogli intorno.
“Ehi… Cuccia” disse stizzito.
“Le stai simpatico Arthur.” Gwaine rise e si accucciò vicino la capretta.
“È davvero dolce.” Anche Merlin entrò e iniziò a coccolare l’animale, notando un segno rosso intorno al collo. “Guardate.”
Tutti si ammassarono, mentre il moro spostava il pelo, facendo intravedere il segno rosso sulla pelle. “Devono averla legata… Che incivili.”
“Questa deve essere la sua ciotola.” Si intromise Elyan, mostrando la scodella in plastica con scritto ‘Aithusa’ che aveva raccolto da terra.
“Aithusa, nome magnifico” replicò Merlin.
“Ma non dovevamo pitturarla di rosso?” domandò il capitano, ricevendo occhiatacce da gran parte del team. “Non ditemi che vi fate incastrare da due occhi languidi!” replicò, mentre la capretta si avvicinava, strusciando la testolina contro il suo ginocchio.
“Ha dei segni anche sulle zampette, Arthur” aggiunse la mascotte, indicando le spelature sopra gli zoccoli. “Come si fa a maltrattare così un animale… ” sussurrò Percival.
Arthur sospirò, grattandosi nervosamente la tempia destra. “Dovremmo chiamare la protezione animali..?”
“E dire che mentre cercavamo di imbrattarla ci siamo accorti dei maltrattamenti?” pronunciò Tristan. “Non mi sembra geniale.”
“Potremmo portarla via.”
Il capitano guardò Gwaine come se avesse detto la sua solita sciocchezza, ma gli altri sembravano averlo preso sul serio.
“Nel baule del monovolume potrebbe starci” mugugnò Perci.
“E avete intenzione di lanciarla oltre la recinzione?” domandò Arthur.
“Possiamo tagliare la rete.” Gwaine gli puntò la tenaglia contro, ammiccando.
“E dove vorreste nascondere una capra??” esalò di nuovo il capitano.
“Tu hai un bel giardino e anche un gazebo gigante.” Lance gli sorrise.
“Oh no. No, no, no. Non pensateci nemmeno.”
“Vorresti abbandonare Aithusa?” chiese Merlin.
“È sol-solo… Smettila!” gesticolò contro la capretta, indaffarata a leccargli i jeans.
Il moro appiccicò il suo viso a quello della capretta, guardando il capitano. “Non possiamo lasciarla qui.”
Arthur roteava gli occhi da Aithusa a Merlin, non riuscendo a capire quale dei due sguardi stesse facendo più effetto su di lui.
“Sarà una cosa provvisoria! Dovremo trovarle un'altra casa al più presto” sentenziò il biondo, scambiando occhiate con tutti.
“Certo” replicò subito Merlin. “Troveremo una fattoria che la adotterà.”
Arthur sospirò e Percival prese in braccio Aithusa, che osservava tutti perplessa. “Sbrighiamoci.”
Il team uscì dalla rimessa e ritornò alla recinzione; per fortuna Tristan aveva preso un’altra tenaglia nella casetta, in modo da aiutare Leon, che stava già tagliando la rete metallica.
“Basta un buco piccolo. Ci dobbiamo passare io e Aithusa” disse il moro, mentre carezzava il manto bianco. “Penso sia addirittura albina.”
“Parla di meno e striscia di più” mugugnò il capitano, facendogli cenno di entrare nel buco.
Merlin si inginocchiò a terra e poi passò attraverso il foro, allungando le mani verso Perci una volta giunto dall’altra parte.
Percival guidò la capretta dalla sua presa a quella della mascotte, facendo attenzione a non spaventarla.
“Fatto!” Il moro sorrise con Aithusa stretta a sé.
I ragazzi scavalcarono alla svelta per uscire dalla scuola e il moro rimase ancora una volta ammaliato dalla loro agilità; lui riusciva ad inciampare nei suoi stessi piedi.
“Le chiavi, Perci” sussurrò Lance.
Percival cercò freneticamente le chiavi del monovolume, sorridendo quando le estrasse dalla tasca dei jeans. Riaprì l’auto e si diresse verso il baule, sollevando lo sportellone.
Merlin liberò la capretta nell’abitacolo, gattonando subito di fianco a lei. “Presto sarai in una nuova casa.” Le sorrise, voltandosi poi verso i ragazzi. “Chi mi da una mano con lei?”
“Mi sembra che Arthur le stia molto simpatico” vociferò Gwaine.
“Non starò nel baule con quella cosa bavosa” replicò immediatamente il biondo.
“È una capretta, non un mostro” soffiò Merlin, ricominciando ad accarezzare l’animale.
Il capitano sbuffò ma salì comunque nel baule, ghignando pericolosamente.  
Perci chiuse lo sportellone e si diresse al posto di guida, mentre anche tutti gli altri prendevano posto: dovevano tornare a casa il più velocemente possibile.
“Chi dice che io stessi parlando della capra” mormorò Arthur nell’orecchio del moro e Merlin capì all'istante che si stava riferendo alla ‘creatura bavosa’. Lo trafisse con lo sguardo ma non disse nulla, continuando a coccolare Aithusa.
“Sei solo fortunato che non voglio farla innervosire.”
L’autista accese il motore e partì, ma decise di utilizzare tutte strane secondarie: non potevano permettersi di essere fermati da una volante della polizia sulla superstrada.
Il capitano osservò il duetto e sospirò, prendendo il suo cellulare. Trafficò per qualche minuto e poi girò lo schermo verso Merlin, facendogli vedere la sua foto in mutande.
“Quindi?” domandò l’altro.
Arthur aprì il menù e selezionò l’opzione ‘cancella’, eliminando la foto dal telefono. “Sono stato di parola, no?”
“Uhm” bofonchiò la mascotte, nello stesso momento in cui Perci prese a tutta velocità un dosso.
Aithusa si alterò e fuggì dalle braccia del moro, iniziando a scalciare per il baule.
Il capitano si spostò per evitare un calcio e finì contro Merlin, mentre la capretta sembrava essersi calmata, accucciandosi e sgranocchiando la cintura di sicurezza.
“Percival!” urlò il biondo e l’amico rallentò. “Tutto ok?” chiese poi alla mascotte.
“A parte il fatto che mi stai schiacciando?” rispose Merlin, cercando di sistemarsi e sperando che le sue guance non avessero preso colore.
Arthur si spostò leggermente imbarazzato. “Meglio?”
“Si… ” sussurrò il moro, fissandolo per un attimo. “Grazie.”
Il capitano fece spallucce e si appoggiò al separé del bagagliaio.
“Non per esserti spostato…”
Il biondo alzò un sopracciglio senza capire, imbronciando leggermente le labbra.
“Per Aithusa. Grazie per tenerla tu.”
Arthur annuì e sorrise, mentre la capretta si spostava e si coricava tra loro due.
 
 
“Emrys. Emrys!”
Merlin scosse la testa e sorrise al professor Monmouth. “Scusi professore, ho perso il segno.”
“Che vi prende oggi? Merlin non è il primo che sembra cadere dalle nuvole da quando abbiamo iniziato la lezione” sbuffò l’insegnante.
Il moro tentò di rispondere ma la campanella della quarta ora suonò, facendo emettere al professore un sospiro di sollievo. “Per oggi è finita, andate pure a pranzo e vedete di riprendervi.”
Merlin mise via i propri libri e si avviò in corridoio, dove Arthur e Lancelot lo stavano aspettando.
“Ehi” mugugnò Lance.
“Mi stavo per addormentare sul banco” sbiascicò Merlin in risposta. “Non penso di aver mai fatto così tardi in vita mia.”
“Chi poteva pensare che quella capra si sarebbe ostinata a non entrare nel gazebo” borbottò il biondo da dietro Lancelot.
“Alla fine ci è entrata però… ” aggiunse il moro.
“Si, dopo essersi mangiata tutte le begonie della serra” replicò Arthur.
“Cercherò qualche fattoria che accolga animali maltrattati” pronunciò la mascotte.
“Ma dovremo aspettare un po’. I White Goats faranno qualcosa secondo voi? Una denuncia per il rapimento?” domandò Lance.
“Non penso. Al club di giornalismo avrebbero detto qualcosa. Da come la trattavano non si accorgeranno nemmeno che è scomparsa.”
“Club di giornalismo? E tu come lo sai?” Arthur lo fissò perplesso.
“Ne faccio parte. È uno dei club a cui sono iscritto” rispose l’altro, lasciando un’espressione confusa sulla faccia del biondo.
“Ragazzi io devo andare, oggi io e Gwen pranziamo insieme.” Lance si bloccò all’inizio del corridoio che portava alle aule del primo anno.
“Buon pranzo” dissero all’unisono gli altri due, vedendolo avviarsi verso l’aula di matematica.
“Beh, sarà meglio andare o le polpette finiranno. Tu vieni?”
 “Will ha un impegno a pranzo, quindi va bene.”
Il capitano sorrise, avviandosi con Merlin dietro di sé verso la mensa.
La mascotte prese posto all’abitudinario tavolo rotondo centrale, mentre Arthur si era messo in fila per accaparrarsi una porzione di polpette e purè.
Merlin prese il suo pranzo dalla zainetto, appoggiando la vaschetta con gli avanzi della sera prima sul tavolo; Arthur era stato abbastanza gentile nei suoi confronti quella mattina e la cosa lo spaventava parecchio.
Srotolò le posate dal cellofan, sentendo la sedia davanti a sé essere spostata. “Hai fatto in fretta.” Alzò lo sguardo, ma rimase senza parole quando vide Vivian davanti a sé.
“Vi-Vivian?” chiese perplesso.
“Non ci credo, hippie Merlin ha pure il coraggio di parlarti.” Sophia si sedette accanto alla capo cheerleader, lanciando un’occhiataccia di disgusto verso la mascotte.
“Evidentemente non ha capito chi comanda qui” replicò la bionda, continuando a scrutare il moro. “Mi sembra che tu ti sia montato un po’ la testa... ”
“Come? In che senso?”
“Ti sembra normale sederti a pranzo con la squadra di basket? Davvero credi di essere al loro livello?”
“Mi hanno invitato” rispose a tono Merlin.
“Devi far loro molta pena allora” soffiò la mora.
“Già, Arthur è sempre stato troppo buono con i meno fortunati” mormorò Vivian sorridente.
“Che cosa volete da me?” Tagliò corto Merlin, cercando di mantenere la calma.
Quelle arpie non gli erano mai piaciute e odiava non poter rispondere a tono a entrambe, ma essendo l’ultimo arrivato nella scuola doveva cercare di creare meno problemi possibile o non avrebbe avuto vita facile.
“È anche tardo, poverino.” Sophia sghignazzò.
“Vogliamo che tu te ne vada da questo tav… ”
“Ci sono problemi?” La voce di Arthur attirò l’attenzione dei tre.
“Oh, Arthur… Volevamo metterci d’accordo per le prove del balletto di sabato. Non vogliamo che hippie Merlin faccia una figuraccia come la scorsa partita” spiegò Vivian.
La mascotte si rizzò, raccogliendo velocemente le sue cose, non degnando di uno sguardo le ragazze.
“Cosa fai?” domandò stranito il capitano.
“Mi sono ricordato di un impegno, non posso pranzare con voi.” Se ne andò via a testa bassa, ignorando l’espressione malcontenta del biondo.
“Che è successo?” Arthur si sedette al tavolo, squadrando le due cheerleader al limite della pazienza.
“Gli abbiamo solo ricordato il suo posto qui a scuola.” Sophia annuì fra se e sé.
“Un microbo come lui non può permettersi di starti vicino. La tua popolarità ne risentirebbe… ” vociferò Vivian.
“Non vi intromettete più.”
“Come?” Vivian roteò gli occhi, quasi cadendo dalla sedia per lo stupore.
“Merlin fa parte della squadra e non tollero che lo prendiate di mira” chiarì il capitano, mentre il resto del team arrivava al tavolo.
“Ah! Se è così potete trovarvi un’altra squadra di cheerleader per la semifinale!” urlò la bionda, attirando l’attenzione di tutti nella stanza.
“Non c’è problema” sentenziò Arthur, mentre Vivian gli voltava le spalle e se ne andava inorridita, seguita da Sophia.
Il capitano si sedette, cercando di non alterarsi più del dovuto e cominciando a mangiare.
“Beh, meglio tardi che mai.” Tristan si accomodò, seguito dai compagni. “Forse la smetteranno con il loro atteggiamento da snob.”
“Per fortuna la scuola si libererà di loro questo anno” disse Leon. “Penso che nessuno le tolleri in realtà.”
“Approvo” borbottò Gwaine, con già in bocca due polpette. “Ma perché questa sfuriata? Che hanno detto? Le hai sopportate per tre anni e sei esploso così.”
Arthur ingoiò una polpetta senza rispondere, facendo finta di niente.
“Penso di aver sentito il nome di Merli o sbaglio?” chiese Perci sorridendo.
Il biondo distolse gli occhi dai compagni, continuando a mangiare. “Può essere.”
Gwaine gongolò non poco, sorridendo a trentadue denti mentre osservava gli amici. “Dovreste iniziare a darmi credito, miscredenti! … Ouch!”
“Lasciami indovinare, l’ennesimo calcio.” Perci rise, mentre Gwaine si strofinava la gamba.
“Se non controlli quella boccaccia finirai in panchina… ” continuò Elyan, mentre Arthur sorrideva, finendo il suo pranzo.

 
Merlin si era infilato nell’aula di biologia, sicuro che a quell’ora fosse deserta. Si era accostato alla teca di Kilgharrah e aveva pranzato lì, in compagnia del drago barbuto.
“Lo sai, ti invidio. Tu non devi fare altro che poltrire al sole… ”
L’animale alzò gli occhi in direzione del moro, osservandolo perplesso.
“Se fossi stato nella mia vecchia scuola le avrei mandate a quel paese, dico sul serio..!”
Kilgharrah lo continuava a fissare enigmatico, non capendo minimamente il discorso della mascotte.
“Credi che a me facciano paura quelle due arpie?? Dovrebbero capitarmi davanti quando sono al guida! Darei loro una completa visione del furgoncino!”
“Ehm… ” borbottò il capitano dietro di lui. “Stai parlando da solo?”
Merlin diventò rosso pomodoro alla vista del biondo e si allontanò dalla teca. “No! Sto parlando con Kilgharrah, il drago barbuto.”
“Oh, certo.” Arthur sorrise, avvicinandosi. “È stato Perci a dirmi che solitamente vieni qui dopo pranzo. Devi badare al coso, giusto?”
“Si, al coso… ” bofonchiò Merlin, ancora rosso, ma leggermente seccato.
“Volevo dirti che ho parlato, forse più litigato con Vivian e Sophia.”
“Cosa è successo??” Il moro sgranò gli occhi.
“Ho detto loro di lasciarti in pace, perché fai parte della squadra.”
Arthur tossicchiò, tentando di convincersi veramente che fosse quello il motivo, mentre il cuore iniziava a pompare più forte del solito.
La mascotte sentì la gola secca e un leggero tremore. “Non dovevi, cioè… Non ti sarai messo nei guai?”
“No, tranquillo” sbiascicò l’altro, tentando di non arrossire. “Non avrei dovuto assecondarle fin dall’inizio.”
Merlin sorrise e arrivò a un palmo dal biondo. “Grazie. Non credevo che tu… Ecco, insomma.”
“Di-di niente.” Lo fermò Arthur.
Fissò il moro per qualche secondo, distogliendo bruscamente gli occhi celesti da quelli blu. “Dovresti parlare con Mithian ed Elena, dovranno sostituire le cheerleader ufficiali alla partita.”
“Vado, allora.” Merlin si distanziò e si incamminò fuori dall’aula, fermandosi appena fuori la soglia; Arthur Pendragon stava davvero cominciando a coinvolgerlo più del dovuto. 


Note:
Importantissimo -> Non so se avete notato ma nel primo capitolo Morgana dice di essere più vecchia di Arthur di due minuti, questo perché nella mia ff sono gemelli, ergo entrambi figli di Ygraine.
Comunque, non poteva non esserci Aithusa visto che c'è Kilgharrah! Probabilmente mi odieranno per averli tramutati uno in una rettile minuscolo e l'altra in una capra...
L'avvicinamento dei due protagonisti continua, Arthur è cotto quasi a puntino e Merlin sta cadendo dalla padella alla brace.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciate un commento <3

Lascio alcune note sulla pallacanestro, perché nei prossimi capitoli descriverò più in dettaglio le partite.
La gara viene disputata da due squadre composte da cinque giocatori ciascuna.
Ogni partita dura quaranta minuti suddivisi in quattro periodi di dieci minuti ciascuno. Tra il secondo e il terzo periodo viene effettuato un intervallo.
Il conteggio dei punti viene effettuato assegnando a ogni canestro un punteggio a seconda del luogo in cui si trovava chi ha tirato la palla e del tipo di tiro effettuato.
(Fonte: Wikipedia)

Non compaiono nuovi personaggi, quindi nessuna foto, ma ne inserirò una del famoso drago barbuto.
 
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Capitolo 4
*** White Goats ***


Scusate per il ritardo, ma ieri scadeva il contest ed ero un po' con l'acqua alla gola.
Un abbraccio a chi ha recensito il terzo capitolo: nyssa16, GiuliaGiulia88, Miky_Holmes e thegirlwholovesbooks :)
Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
E un grazie a mary del, che ha letto la ff in anticipo, dandomi un prezioso parere.
Buona lettura!


White Goats

Questa volta Merlin iniziò la settimana completamente rilassato, sicuro che Arthur non l’avrebbe più disturbato. Gli allenamenti del lunedì erano stati formidabili e tutti stavano dando il massimo per la semifinale.
“Merlin.” Lance gli sorrise appena entrò in classe. “Ho portato la ricerca di biologia, vuoi dargli un’occhiata?”
“Certo, certo.” Il moro si avvicinò di più all’amico, sorridendo anche ad Arthur, seduto accanto a lui.
“Come va con Aithusa?”
“Mi ha fatto dannare tutto ieri” commentò il capitano. “E Morgana l’ha scoperta.”
“Oh, mi spiace. Tua sorella si è arrabbiata?”
“No, non fa altro che coccolarla… ”
“Beh, bene. Ho trovato un paio di fattorie che potrebbero accoglierla, dopo ti passo i nomi, ok?”
“Ok, non voglio che combini altri danni.”
“Ecco qua.” Li interruppe Lance, allungando la ricerca a Merlin.
“Grazie. Più tardi controllo se tutto è a posto, ma sono sicuro di sì.” Prese i fogli dalla mano di Lancelot. “Ho saputo che anche il professor Geoffrey assegnerà una ricerca da fare. Potremmo farla sempre insieme, che dici?”
“Sicuro!”
“Speriamo che il professore accetti.” Merlin gli sorrise e si avviò al suo banco, sedendosi e guardandosi intorno.
Morgana lo stava osservando, mordicchiando una matita, sicuramente aveva in mente qualcosa.
Le sorrise timidamente e cominciò a sistemare i libri di storia sul banco, mentre la campanella di inizio lezioni iniziava a suonare.
Il professore entrò lentamente appena lo scampanellio cessò e si sedette alla cattedra, aprendo il registro.
“Sono felice che siate tutti presenti. Come vi ho accennato la settimana scorsa, se pur molti di voi avessero la mente altrove, ho deciso di farvi fare una ricerca a coppie. A ogni coppia verrà affidato un costume o un’usanza medievale e mi aspetto un’analisi approfondita del tema che vi affiderò. Vediamo di finire l’ultimo capitolo e poi vi dirò tutto.” Aprì il libro e iniziò a leggere per i restanti cinquanta minuti, guadagnandosi il record di sbadigli da tutta la classe; sempre meglio dei suoi monologhi sulle famiglie nobili dell’epoca.
“Molto bene ragazzi. Visto che abbiamo finito veniamo alle coppie.” Il professore si schiarì la voce e afferrò un foglio dal registro.
“Professore, ma non potremmo sceglierle noi?” chiese Lance dalla prima fila.
“No, le coppie sono state sorteggiate a caso.” Cominciò a elencare i nomi dei gruppetti, alzando e abbassando gli occhiali ogni volta che passava dall’osservare dal foglio agli alunni.
Morgana finì con una ragazzina alquanto timida, che la scrutò come se avesse visto un fantasma e Lance con Jonas, un personaggio alquanto viscido.
“Arthur Pendragon e Merlin Emrys.” Il prof rinfilò il foglio nel registro, già pronto per la prossima classe. “Ah, dimenticavo. Il vostro progetto sarà sulla giostra.”
Merlin sorrise entusiasta, mentre Arthur lasciò cadere la testa contro il banco, guadagnandosi un sopracciglio alzato da Lancelot.
La campanella suonò di nuovo e i ragazzi si alzarono, raccogliendo i libri e liberando l’aula.
“Allora lavoreremo insieme.” Merlin si accostò al biondo, seguendolo lungo il corridoio. “Ti va di vederci oggi in biblioteca?” domandò, cercando di mantenere il passo dell’altro.
“Non posso” bofonchiò il biondo, mentre la mascotte gli afferrava il braccio per fermarlo.
“Stavo rimanendo senza fiato.” Merlin gli sorrise. “Allora, domani..?”
“C’è l’allenamento.”
“Oh, sì. Potremmo giovedì? Sono sicuro che in un giorno riusciremmo a fare tutto. Anche se dovrò cercare qualche libro sull’argomento.”
“Mio zio è un patito dell’epoca medievale, di sicuro avrà qualcosa nella sua libreria. Ti andrebbe di venire da me?”
“A casa tua?” chiese confuso il moro.
Arthur annuì. “Se non è un problema… ”
“No, è perfetto. Poi così potrò coccolare un po’ Aithusa.”
“A-A giovedì allora. Domani all’allenamento ti passo il mio indirizzo.”
“Puoi mandarmelo sul telefono. Prendi il mio numero dalla chat Whatsapp che ha creato Gwaine.”
“Ah, sì. Certo.”
Merlin annuì e si diresse verso il suo armadietto, mentre Arthur faceva lo stesso, anche se si trovavano in corridoi diversi.
Il biondo arrivò in fretta a destinazione e dopo aver composto la combinazione aprì lo sportello, vedendo la sagoma di Gwaine apparire di fianco a lui.
“Capitano.” L’amico gli sorrise.
“Non hai lezione a quest’ora?” domandò sbuffando Arthur.
“Buca.” Gwaine osservò l’altro prendere i libri e sbattere l’armadietto, incamminandosi. Ovviamente lo seguì subito, prendendogli i quaderni di mano. “Ti ho visto parlare con Merlin.”
Arthur si riprese le sue cose, lanciandogli un’occhiataccia. “Hai iniziato a spiarmi?”
“Sembra essere l’unico modo per scoprire cosa stia accadendo tra di voi” sussurrò all’orecchio del biondo, facendolo fermare in mezzo al corridoio.
“Gwaine, te lo dirò per l’ultima volta. Non c’è niente tra me e Merlin e mai ci sarà, capito?”
Il giocatore annuì e si fece da parte, lasciando passare Arthur: di certo non si sarebbe arreso qui.
Entrò nel laboratorio di meccanica, vuoto a quell’ora, e uscì dall’altra porta dell’aula, finendo nel corridoio parallelo. Si mosse velocemente alla fine di esso, notando Merlin dirigersi in classe.
“Ti ho visto parlare con Arthur… ” La voce di Gwaine fece girare il moro, intento a camminare.
“Gwaine, ma non hai lezione adesso??” chiese stupita la mascotte.
“Il prof è malato e ho pensato di fare un giretto.”
“Potresti ripassare invece… Non sei un asso in tutte le materie, o sbaglio?”
L’amico si imbronciò e si posizionò davanti a lui. “Di che parlavate?”
“Dobbiamo fare una ricerca insieme e mi ha invitato a casa sua. Ho esaurito la tua curiosità?” Merlin lo sorpassò, riprendendo il percorso verso l’aula del professor Sarrum.
“Per adesso si.” Gwaine gli sorrise e si appoggiò agli armadietti davanti alla classe della mascotte. Stranamente Arthur aveva tralasciato l’importante dettaglio della ricerca, ma lui sarebbe riuscito organizzare qualcosa di epico.
 
 
Gwaine aspettò fino all’ora di pranzo per agire, pedinando il suo bersaglio lungo le scale che conducevano alle caldaie.
“Gwaine, so che mi stai pedinando” vociferò Morgana, fermandosi alla fine degli scalini.
“Lo sapevo di non avere chance con te.” Il giocatore apparve da dietro l’angolo della ringhiera, sorridendo. “Se è il tuo solito tentativo di invitarmi a pranzo dovresti sapere qual è la risposta.” Morgana si incamminò verso la stanza centoquattro, ignorandolo del tutto.
“Ehi!” Il ragazzo si sbrigò a raggiungerla e si appiccò alla porta dell’aula. “Si tratta di una questione importante” disse serio.
“Sarebbe?” La strega lo guardò dubbiosa.
“Merlin verrà a casa vostra, deve fare una ricerca con Arthur.”
“Non vedo come la cosa possa interessarmi” replicò l’altra, iniziando a mordicchiarsi leggermente il labbro inferiore.
“Non pensare di riuscire a ingannare me, Morgana. So bene che hai assistito alla scenata di Arthur con le cheerleader e avrai capito che tra i due c’è qualcosa.”
“Anche se fosse e non lo sto ammettendo, la cosa non mi riguarda.” La ragazza afferrò il pomello della porta. “Vuoi spostarti?”
“Avanti, Morgana! Non è possibile che non ti interessi! Sai meglio di me le inclinazioni di Arthur!”
“Gwaine, lo sai che mi piace mettere nei guai mio fratello, ma non voglio… Certe cose sono private. Lo riesci a comprendere?”
Il giocatore si spostò dalla porta e Morgana entrò, dirigendosi verso la sedia su cui era appoggiata la sua mantella.
“Tu non hai visto come i due si squadrano il culo a vicenda negli spogliatoi!”
“Forse stanno guardando le rispettive marche di jeans… ” replicò l’altra, mentre si infilava la mantella.
“Come se tutto ciò non fosse meno gay!” Gwaine sbuffò, incrociando le braccia al petto. “Vuoi aiutare me e tuo fratello o no?” richiese.
La strega lo fissò per qualche secondo. “Io decido il piano, io ti dico cosa fare e se sarà un fallimento te ne pentirai!” Indicò con gli occhi il cerchio magico in cui Gwaine si era fermato.
“Abbiamo un accordo!” Gwaine le ammiccò. “Sono ai suoi ordini, milady.”
Morgana sospirò. “Vediamo di architettare questo piano.”
 
 
Merlin fermò il furgoncino davanti a un enorme cancello, ascoltando il navigatore del cellulare parlare; i giorni erano passati in un lampo e senza accorgersene giovedì era già arrivato.
Ultimamente si era ritrovato a passare sempre più tempo con i ragazzi e soprattutto Arthur: vederlo giocare era alquanto stimolante e parlandoci aveva scoperto che non era poi così male.
Abbassò il finestrino e suonò con la punta del dito il citofono. “Arthur..?”
“Entra” pronunciò la voce dall’altra parte.
In un attimo il cancello si spalancò e Merlin percorse piano il lungo viale, cercando di tranquillizzarsi mentalmente.
Parcheggiò nell’enorme spiazzo davanti all’ingresso e scese, scrutando l’imponente casa bianca.
La facciata ricordava un vecchio tempio greco, se non fosse stato per le finestre che si aprivano nella struttura triangolare in cima. Delle enormi colonne, infatti, sorreggevano il possente architrave dell’abitazione, sovrastante il secondo piano.
Tutto era di un bianco armonioso, a esclusione delle imposte nere delle finestre e il portone rosso.
La mascotte saltò i due gradini in pietra grigia che portavano all’ingresso e si tuffò sul campanello, suonandolo piano.
Pochi secondi e Arthur aprì la porta. “Sei riuscito a non perderti, Merlin?” Arretrò di qualche passo per far entrare l’altro.
“Destinazione raggiunta. Destinazione raggiunta.”
Il biondo alzò un sopracciglio mentre la mascotte recuperava il telefono dalla tasca, spegnendo l’aggeggio.
“Ho usato il navigatore” rispose imbarazzato, mentre entrava in punti di piedi, studiando il parquet lucido che arredava l’ingresso.
Sulla sinistra poteva intravedere una porta che doveva condurre a uno studio o un salotto: era in grado di scorgere numerosi libri adagiati su degli scaffali in prezioso legno, per non parlare del divano in pelle marrone al centro della stanza.
Sulla destra, invece, un breve corridoio sembrava condurre verso una sala perfettamente illuminata dalla luce delle finestre; sicuramente una sala da pranzo per gli ospiti.
“Ho preparato i libri di sopra. Ti faccio strada.” Arthur indicò le scale e Merlin rindirizzò lo sguardo al panorama davanti a sé.
La scala a semi chiocciola era adornata da una ringhiera in ferro battuto e gli scalini erano ricoperti da un sottile tappeto color avorio, lasciando intravedere il legno solo ai bordi.
“Tutto ok?” Si lasciò sfuggire Arthur, girando il viso verso le scale subito dopo.
“Si, scusa.” Il ragazzo iniziò a salire, seguendo il capitano.
Arrivati al primo piano il biondo voltò a sinistra, dove percorse velocemente un’altra scalinata e Merlin lo seguì rapidamente, rimanendo senza parole una volta arrivato al livello superiore.
Il parquet regnava su tutta la superficie, coperto solo da un pedana beige su cui appoggiavano il divano a più posti, sobrio e moderno e un piccolo tavolo.
“I libri sono lì. Penso di averne trovati abbastanza sull’argomento.” Arthur si avviò verso il divano, accomodandosi e disponendo ordinatamente i tomi sul tavolino. “Che dici?”
La mascotte si avvicinò, mentre osservava la luce diffusa dalle lampade incastonate nel soffitto tra le travi in legno. Allungò il viso per leggere i titoli dei volumi e sorrise. “Mi sembrano perfetti.”
Il capitano ricambiò il sorriso e prese il portatile lasciato sul divano. “Ho scaricato anche qualcosa da Internet.”
“Non credevo ti piacesse così tanto questa ricerca.”
“Ehm, si.” Arthur accese il pc, aprendo i vari file che aveva scaricato. “Ho salvato anche diverse immagini.”
“Fammi vedere.” Merlin gli si appiccicò, scrutando il monitor.
Il capitano deglutì e poi aprì le foto, facendole passare una ad una. “Te ne piace qualcuna?” domandò tossicchiando.
“Questa!” Il moro fermò il dito del biondo sulla tastiera. “Lo stendardo del cavaliere sembra quello della squadra!”
“Si, hai ragione.” Arthur si voltò verso l’altro sorridente. “Potremmo usarla come copertina.”
“Perfetto. Mettiamoci all’opera.” Merlin cercò nella sua tracolla il quaderno di storia e iniziò ad appuntarsi tutte le informazioni fondamentali.
Dopo venti minuti avevano stilato la mappa e dopo un’ora la ricerca era a buon punto.
“In questo libro c’è un’immagine sulle lance.” Arthur girò il viso verso Merlin, che alzò il naso dal portatile.
Entrambi si erano coricati a terra per stare più comodi, sommersi tra libri e appunti.
“Mm, si. C’è qualcosa sugli stemmi e le armature?” chiese il moro, voltandosi di scatto quando sentì uno strano rumore provenire dal piano di sotto. “Hai sentito?”
“Si.” Arthur si alzò, scrutando verso le scale.
“Sarà Morgana..?” domandò confuso Merlin.
“No, mi ha detto che usciva.”
“C’è qualcun altro in casa?” domandò l’altro, un po’ preoccupato.
“Mio padre… ”
“Beh, sarà lui no?”
“Non penso. Sarà meglio controllare.”
 
“Ti avevo detto di non fare rumore!” gridò Morgana.
“Perché arrampicarsi su un albero e poi entrare da una finestra è facile, vero?” Si lamentò Gwaine, alzandosi dal pavimento.
“Devono credere di essere soli” soffiò la strega in risposta, scrutando la camera del fratello. “Dove la mettiamo?” chiese, mentre si affannava a cercare qualcosa nella borsa.
Il giocatore si accostò alla libreria di fronte al letto, spulciando con lo sguardo trai i vari libri e soprammobili. “Deve essere un posto sicuro, di certo non in bella vista. E dove tua madre non pulisce.”
“Noi abbiamo la domestica” chiarì Morgana, passando a guardare la scrivania, dopo aver finalmente trovato ciò che cercava nella borsa. “Potremmo lasciarla qui sul tavolo… La stava sfogliando e l’ha dimenticata lì.”
“Poco credile.” Gwaine si gettò sul letto. “Trovato!”
“Sul letto?” Morgana alzò un sopracciglio.
“Sotto.” Il giocatore allungò la mano verso la ragazza, che gli passò la rivista.
Si sporse dal materasso e appoggiò il giornaletto a terra, lasciando solo la parte del titolo in bella vista. “Perfetto. Ora come li attiriamo qui?”
Morgana tirò fuori il cellulare di Arthur dalla tasca, appoggiandolo sul comodino. “Mi basterà solo farlo squillare all’infinito.” Sorrise, ma si fermò quando sentì un tonfo provenire dal corridoio. “Hai sentito?”
“Sono qui!” Gwaine scattò in piedi, accostandosi alla porta e scostandola piano.
“Arthur… ” Merlin seguiva il biondo passo passo. “Credi ci sia qualcuno?”
“Ti avevo detto di restare su, Merlin!” brontolò il biondo.
“Si ma ho il cellulare scarico… Come potrei chiamare aiuto? E non ti posso lasciare da solo!”
“Bene.” Arthur lo guardò con la coda dell’occhio, continuando a camminare in punta di piedi. “Io il mio non lo trovo più da quando sono tornato a casa.”
“Ottimo.”
Un nuovo rumore li fece voltare entrambi verso la porta sulla sinistra.
“Oh no, papà!”
 
“Che succede?” Morgana si affiancò a Gwaine, tentando di scorgere qualcosa.
“Problemi. Dovremo rinviare il piano.”
“Come?” chiese stupita la ragazza.
“È successo qualcosa a tuo padre, credo.”
“Fammi controllare.” Cercò di spostare poco regalmente Gwaine, ma il giocatore rimase fisso dov’era.
“Tu non sei in casa, ricordi?”
Morgana annuì a malincuore, sedendosi pensierosa sul letto. “Spero niente di grave… ”
“Sicuramente sarà così.” Il giocatore le sorrise. “Aspettiamo che se ne vadano e poi puoi controllare.”
 
Arthur aprì velocemente la porta della stanza, scorgendo il padre a terra, di fianco alla poltrona su cui l’aveva lasciato. Si precipitò accanto a Uther, appoggiato malamente contro l’imbottitura sgualcita. “Papà, mi senti?”
L’uomo sentì il figlio, ma le pupille vitree non si mossero, continuando a fissare il vuoto.
“Adesso ti tiro su.” Arthur afferrò l’avanbraccio del padre, cercando di issarlo, ma per quanto ci provasse la sua sola forza non poteva bastare.
“Ti do una mano. Aspetta.” Merlin lo scavalcò e si accucciò dall’altra parte della poltrona, prendendo sotto braccio Uther. “Sono pronto.”
Il biondo lo fissò per quella che sembrò un’infinità, per poi annuire e fare forza sulla presa.
Entrambi emisero un sospiro di sollievo quando l’uomo fu di nuovo seduto, impegnato a scrutare fuori dalla finestra.
“Papà… Ci sei?”
Uther per qualche secondo si voltò verso il figlio e questo basò a far sorridere Arthur.
“Forse è meglio che io vada… ” farfugliò Merlin, indietreggiando verso la porta.
“No, aspetta.” Arthur lo squadrò. “Potresti stare con lui un attimo? Devo prendere le sue medicine.”
“Certo.”
Merlin osservò il biondo uscire dalla stanza, mentre lui si sedeva nella poltrona accanto a Uther. Era rimasto sorpreso dalla faccenda, soprattutto perché la stanza del padre appariva normale. Nessun letto con protezioni, come era abitudinario negli ospedali, e nessun carrello pieno di medicine.
Si soffermò sulle foto di famiglia che poteva scorgere da una delle mensole e non resistette al desiderio di alzarsi e curiosare: Morgana sembrava una strega anche da piccola e Arthur era già posato fin da bambino; una donna bionda abbracciava tutti e due e la stessa donna si ripeteva foto dopo foto.
“Che guardi?”
La mascotte si allontanò dalla parete. “Mm, niente” disse a bassa voce, mentre il biondo si accostava al padre con un bicchiere d’acqua.
“Bevi, papà.” Arthur appoggiò piano il bicchiere contro le labbra di Uther, cercando di non fare danni.
Merlin era rimasto imbambolato, sentendosi terribilmente di troppo. Si sedette sul maestoso letto a baldacchino, finendo per far cigolare le molle del materasso, ma il capitano non sembrò notarlo.
“Mio padre se ne è andato tanti anni fa” sussurrò più ai suoi piedi che verso l’altro.
“Come?” chiese il biondo, ritrovando interesse verso l’altra figura.
Il moro alzò gli occhi e trovò quelli di Arthur intenti a scrutarlo. “Mio padre… Se ne è andato quando ero bambino” vociferò. Girò il viso, probabilmente doveva sembrare un idiota, un grande idiota.
Avvertì un peso in più sul letto qualche secondo dopo: Arthur si era seduto accanto a lui, senza dire nulla, forse voleva che continuasse?
“Io non l’ho mai conosciuto, ma mia madre mi ha detto che sarebbe stato un papà straordinario.” Sospirò, sorridendo poi leggermente, ritornando a guardare il capitano.
“Allora deve essere sicuramente vero” rispose Arthur, sentendo il respiro del padre affievolirsi.
“Quindi è meglio che io… ”
“Mia madre è scomparsa da qualche anno” mormorò il biondo, volgendo lo sguardo alle foto che Merlin stava osservando prima. “Mio padre non l’ha presa molto bene e gli affari non stavano di per sé andando al meglio.”
“Affari?” chiese dubbioso Merlin.
“Abbiamo una azienda, di famiglia.”
La mascotte annuì. “Mi spiace per tua madre.” Spostò la mano vicino a quella del biondo, sfiorando lievemente le dita dell’altro, non capendo come quel gesto apparisse sbagliato e giusto nello stesso tempo.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, udendo il russare di Uther provenire dalla poltrona.
“I calmanti hanno fatto effetto” commentò Arthur.
“Oh… Sarà meglio che vada allora.” Merlin si alzò dal letto, incamminandosi verso il corridoio.
“Ti accompagno.” Il capitano lo seguì, dando un’ultima occhiata al padre addormentato, per poi chiudere la porta.
Corsero su per le scale e la mascotte raccattò tutte le sue cose, mentre Arthur rimetteva libri e computer sul tavolino.
“Possiamo vederci anche la settimana prossima se hai problemi. La consegna è tra due settimane” mugugnò il biondo e Merlin fece cenno di sì.
“L’importante è non fare tutto all’ultimo” disse il moro, pronto per tornare a casa.
“Concordo.” Arthur si ridiresse alle scale e Merlin lo seguì, scendendo dietro di lui.
La mascotte si fermò un attimo sul pianerottolo del primo piano, ma ricominciò alla svelta a percorrere gli scalini. In quei pochi minuti nella stanza del padre era sicuro di aver scorto un altro Arthur Pendragon.
Il biondo aprì la porta dell’ingresso e Merlin uscì sorridente. “A domani.”
Arthur fece solo un lieve cenno affermativo mentre la mascotte si dirigeva al suo furgoncino.
Quel ragazzo, senza neanche accorgersene, lo stava mettendo alle strette.
Tornò su per le scale e camminò fino alla stanza del padre, trovando la sorella accanto alla poltrona.
“E tu da dove arrivi?”
Morgana lo fissò sorpresa per poi sorridere. “L’entrata sul retro fratellino, come sai ho un mazzo di chiavi per entrare.”
“Uhm… Ok.”
“Ok” rispose frettolosamente la ragazza, facendogli cenno di avanzare.
Arthur le sorrise e si accomodò sul bracciolo della poltrona, sgomitando, di proposito, contro il braccio di lei.
“Sei sempre stato molesto, persino nella pancia!” sbuffò Morgana, sistemandosi meglio.
“Cosa??”
“Si, si. E sei pure tardo!” Scherzò, pizzicandogli un fianco.
“Sarà a causa dei tuoi calci nella pancia che sono nato così” rispose a tono lui, ricambiando il pizzicotto e dando inizio a una gara di torture.
I gemelli continuarono per svariati minuti, tra risate e smorfie, non accorgendosi che il russare del padre era cessato e l’uomo li stava osservando sorridente.
 
 
Il venerdì tutto era filato liscio; l’allenamento era stato leggero perché Alator non voleva affaticare i ragazzi e Merlin aveva chiacchierato con Mithian e Vivian quasi tutto il tempo, ma sempre tenendo d’occhio il capitano.
La sera prima aveva cercato su Internet informazioni sulla famiglia Pendragon e l’azienda di loro proprietà. Da quello che aveva trovato aveva capito che la compagnia avesse subito un duro colpo dopo l’allontanamento del padre di Arthur e ora fosse in mano allo zio. Non vi erano state dichiarazioni sulla sparizione di Uther come presidente, ma molte voci riportavano il drammatico incidente della moglie come causa.
La mascotte iniziò a sfilarsi il costume, appoggiandolo sulle panchine, mentre Arthur usciva dalle docce.
“Hai riletto la ricerca?” domandò, fissando Merlin tentare di non soffocarsi nel maglioncino che si stava mettendo.
“Certo. Tutto perfetto per adesso” blaterò da sotto la stoffa la mascotte, sbucando un secondo dopo dalla maglia.
Merlin respirò a pieni polmoni e afferrò i jeans dall’armadietto. “È andato tutto ok con tuo padre dopo?”
Il biondo annuì, mentre faceva passare i boxer sotto l’asciugamano.
“Mi fa piacere.” L’altro sorrise e tornò a vestirsi.
Arthur ricambiò il sorriso e si accostò al suo armadietto, aprendolo per recuperare i vestiti, ma quando scostò lo sportello di metallo una rivista cadde dal mobiletto, finendo giusto sui piedi del moro.
“È qualcosa per la ricerca?” Merlin si chinò per raccogliere il giornaletto, ma in contemporanea Arthur si abbassò e i due si inzuccarono: la mascotte finì in ginocchio e il biondo indietreggiò di due passi, tenendosi una mano sulla tempia.
“Volevi uccidermi??” Il moro prese il giornaletto, sventolandolo a mezz’aria, mentre gli occhi di Arthur si allarmavano sempre di più. “Che c’è?” disse scherzosamente Merlin, per poi intravedere un lembo di copertina e sgranare gli occhi. “Ma questo è un pene!” urlò, fortunatamente, nello spogliatoio deserto.
Arthur diventò rosso pomodoro. “Ridammela, Merlin. Alla svelta.”
“È tua??” domandò ancora esterrefatto il moro.
“No! Sarà uno scherzo di Gwaine, sicuramente.”
“Ah… Certo.” La mascotte osservò di nuovo la rivista e poi Arthur.
“Non mi credi??” Il biondo avanzò verso di lui, afferrando il giornaletto che non si scollava dalle mani dell’altro.
“No, è che… Hai jeans sempre molto attillati.”
“Come?” esalò Arthur, in preda a una perdita di pazienza.
“E i tuoi capelli sono sempre in ordine.”
“Non credo di aver capito” proferì il capitano, a un pugno di distanza dalla faccia del moro.
“Si, e poi hai sempre le labbra così lucide. Ti metti il burro cacao?” pronunciò leggermente titubante la mascotte, guardando l’altro.
Il biondo sgranò ancora di più gli occhi, leccandosi involontariamente il labbro inferiore. “E tu che ne sai delle mia labbra???”
Merlin sorrise imbarazzato, non sapendo che dire e soprattutto che fare. Forse stava sviscerando quelle sciocchezze per prenderlo in giro o molto più probabilmente perché sperava che Arthur fosse gay.
Il capitano strappò la rivista dalle mani della mascotte, lanciandogli un’occhiataccia glaciale. “Non una parola, Merlin! Ne va della tua vita.” Il biondo aspettò che l’altro annuisse e si avviò verso l’uscita, per poi tornare indietro e riprendere i suoi vestiti.
“Mi vesto, trovo Gwaine, lo uccido e torno. E quando torno tu non ci devi essere” disse in tono minaccioso, per poi scomparire fuori dalla porta.
La mascotte sospirò, appoggiandosi di spalle al suo armadietto; la semifinale sarebbe stata un disastro.
 
 
Gaius parcheggiò poco distante dal pulmino del coach Alator, guardando preoccupato il nipote.
“È da oggi pomeriggio che non parli, ragazzo.”
“Sono stato occupato.” Merlin fissò i giocatori uno dopo e l’altro e afferrò la maniglia del furgoncino. “A pensare” aggiunse, assottigliando gli occhi.
Lo zio fece una strana smorfia. “Pensare..?”
“Zuccone” vociferò la mascotte, adocchiando un ciuffo biondo.
“Zuccone? A me?” domandò Gaius, alzando un sopracciglio.
“Eh? No, no, zio. Devo andare. Ti chiamo dopo, ok?”
“Certo.” Gaius annuì, mentre Merlin scendeva dal furgone, accostandosi al team.
“Ciao Merlin.” Lance lo salutò. “Pronto per la semifinale??”
“Agguerrito!” pronunciò a gran voce, attirando l’attenzione del coach.
“Il mio drago preferito!” urlò Alator, scortandolo fino allo sportellone del pulmino. “Forza, entrate!”
Il moro si sistemò in ultima fila, mentre Lancelot preferì sedersi accanto al capitano, già posizionato nella prima insieme a Leon.
Subito dopo Percival si infilò nella seconda con Elyan e Gwaine corse nell’ultima con la mascotte.
“Ciao Merlin.” Gwaine gli sorrise, aggiustandosi nel sedile.
“Cia-oddio” esalò il moro, notando il livido sotto lo zigomo del giocatore. “Che hai fatto?”
“Incontro ravvicinato del quarto tipo con un Pendragon.” Il giocatore roteò gli occhi. “Mi è andata bene.”
“Ma… Come?” Merlin rimase perplesso. “Arthur ti ha picchiato per il giornale?”
“Penso di essermelo meritato questa volta.”
“Quindi l’hai messo tu..?”
“Certo che no.” L’amico si abbassò, facendo cenno a Merlin di seguirlo.
La mascotte seguì Gwaine dietro i sedili. “Quindi?”
“Non è la prima volta che il capitano porta certe cose, se capisci di cosa parlo. Ma ho preferito lasciarlo sfogare su di me, per quieto vivere… ”
Merlin annuì e l’altro continuò.
“Da sempre la colpa a me, ma posso giurarti che non è vero.”
Il moro sentì la bocca impastata, non sapendo che dire. Si chiuse in silenzio per alcuni secondi, tentando di concentrarsi.
“Che state facendo là dietro?” domandò Tristan, appena salito sul pulmino.
“Niente.” Merlin si rialzò, cercando di apparire innocente. “Partiamo?”
“Metto in moto!” gridò Alator, girando le chiavi, ma il motore dopo il primo rombo fece uno strano stridio, spegnendosi di colpo.
“Ehm, sono sicuro che non è niente.” Il coach spense e riaccese tre volte, ma il pulmino non accennava ad accendersi. “Oh, no.”
“Che c’è coach?” Leon si allungò dalla prima fila, sporgendosi verso il posto di guida.
“La spia del motore lampeggia.” Alator indicò una lucina rossa nel pannello di controllo. “Credo che siamo nei guai… ” soffiò, aprendo lo sportello e scendendo dalla macchina.
La squadra scese dopo di lui, accerchiando l’uomo, intento ad alzare il cofano. Alator osservò all’interno, ma ad una prima occhiata niente sembrava fuori posto.
“Dovremo prendere le nostre macchine?” chiese Leon.
“No!” disse di getto il coach, voltandosi e ammonendoli con lo sguardo. “Si va e si torna insieme.”
“Proprio oggi che non ho il monovolume” commentò Percival.
“Non entreremo mai tutti in una delle nostre auto” sbuffò Gwaine. “A meno che qualcuno non stia sul tettuccio.”
“Io voto per Merlin e te.” Lo interruppe Arthur, lanciando un’occhiata ad entrambi.
Uno schioppettio fece girare il team e Gaius passò col furgoncino lungo il parcheggio, fermandosi davanti ai ragazzi. Lo zio abbassò il finestrino, squadrando il nipote. “Merlin, per fortuna ho fatto in tempo. Hai lasciato il cellulare qui.”
“Grazie zio.” La mascotte circumnavigò il mezzo e si affacciò al vetro, prendendo il telefono.
“Se non avessi la testa attaccata al corpo perderesti anche quella.” Sospirò Gaius.
“Quanti posti ha il suo furgoncino?” chiese Alator, accostandosi al lato del passeggero.
Nessuno dei giocatori si mosse a quelle parole, preoccupati dall’espressione di sollievo che aveva catturato il volto del coach.
“Due davanti e, se si sta stretti, otto nel retro.”
Alator guardò i ragazzi e poi Gaius. “Le dispiacerebbe darci un passaggio fino alla scuola Essetir? Il mio pulmino ha qualche problema.”
“Certo, vi porto volentieri” rispose Gaius.
“Cosa???” urlarono i giocatori.
“Conoscete la regola, nessuna eccezione” chiarì minaccioso il coach, aprendo lo sportello laterale del furgone, rivelando un interno ancora più raccapricciante delle decorazioni sulla fiancata.
Non vi erano sedili singoli ma due divanetti posti uno di fronte all’altro: le imbottiture erano di un arancione carico e gli schienali presentavano uno sfondo bianco, con sopra fiori multicolore stilizzati. Ad aggravare la accozzaglia del tutto un mini frigor giallo pallido era sistemato in mezzo ai due divanetti, vicino a un cestino della stessa fantasia degli schienali.
“Io lì non ci salgo” brontolò il capitano, indietreggiando. “Nemmeno morto.”
Perci e Lance lo guardarono male, mentre Leon arretrava come il capitano, prendendo le sue parti, Tristan ed Elyan si fissavano confusi e Gwaine si era già buttato sui divanetti.
“Possiamo fare due auto” continuò il capitano, ma l’espressione del coach lo fece tentennare.
Merlin era rimasto imparziale, appoggiato al muso del furgone, anche se avrebbe potuto ridere per i prossimi mille anni solo ricordando la faccia di Arthur in quel momento.
Dopo cinque minuti di urla e una ferrata diplomazia del coach, consistente in un calcio nel sedere, i ragazzi erano dentro il furgoncino hippie: Lance, Gwaine e Perci da un lato e Tristan, Leon, Arthur ed Elyan dall’altro; Merlin a causa della coda era stato costretto a sedersi sul frigorifero.
“La ringrazio infinitamente per il passaggio.” Alator sorrise a Gaius, che partì dopo aver fatto sfrigolare le gomme.
“Speriamo di arrivare vivi” commentò il biondo, mentre il furgoncino usciva dal parcheggio e imboccava la via principale.
“Mio zio è prudente” replicò Merlin, aggiustandosi sulla seduta. “Dovresti essergli grato.”
Arthur sbuffò, voltando il viso verso il finestrino e ignorandolo.
Lance e Perci si passarono delle strane occhiate: recentemente i rapporti tra i due erano migliorati e li avevano pure visti parlare senza aggredirsi, evidentemente si erano persi qualcosa.
“Diventeremo hippie Lance, hippie Leon e… ”
“Non ci provare” proferì Perci a Gwaine.
“Beh, visto che il primo che proverà a dare un soprannome a Percival si beccherà un pugno non dovrai più preoccuparti del tuo, Merl.”
“Che centro io con Perci?” domandò il moro.
“È chiaro, no? Dovrebbero prendere in giro tutti noi per essere saliti qui, ma nessuno oserà. Soprattutto con Perci vicino a te che potrebbe dare di matto.”
“Io non do di matto” rispose l’altro, incrociando le braccia.
“Fortunatamente questo nessuno lo sa, a parte noi.” Gwaine ammiccò alla mascotte.
“Non sono positivo riguardo questa teoria… ” bofonchiò Merlin, intanto che lo zio iniziava a percorrere la superstrada.
Gaius si sistemò nella prima corsia, mantenendo una velocità relativamente bassa, rispetto l’andatura delle altre auto.
Alator allungò il collo per leggere il tachimetro e si passò preoccupato una mano sulla pelata quando vide la lancetta sui cinquanta chilometri orari, per fortuna erano partiti in anticipo.
“Sbaglio o stiamo andando un po’ piano.” Arthur si risvegliò, alzando un sopracciglio. “Ci stanno sorpassando tutti.”
“In effetti.” Lance scrutò fuori dal finestrino. “Quella vecchietta sulla panda ci ha appena superato.”
“È già tanto che non fosse a piedi” commentò acido il biondo.
Lance sospirò, mentre Merlin era sul punto di lanciare il cestino in testa al capitano.
“Arriveremo comunque in orario” chiarì Elyan.
“Si, ma ci vedranno tutti scendere da questo coso… ” riprese il biondo.
“Non è una così gran tragedia.” Tentò di sdrammatizzare Gwaine, ma il capitano brontolò di nuovo, tornando a guardare fuori dal finestrino.
“E adesso perché siamo fermi??” riprese dopo dieci minuti Arthur. “Il semaforo è verde.”
“Sarà appena scattato” rispose la mascotte.
“Sì, più o meno cinque minuti fa… ” sussurrò il biondo, ma per fortuna Merlin fece finta di nulla.
Quando si avvicinarono alla scuola avversaria l’atmosfera nel bus era pressoché tagliente e appena parcheggiarono si temé per qualche momento lo scoppio della terza guerra mondiale.
“Mi hai pestato la coda!”
“Sei tu che sei sempre in mezzo ai piedi!” urlò Arthur in risposta al moro.
“Perché non la smetti di ragliare, uhm?”
Il biondo stava per gettarsi contro il moro, ma il coach aprì lo sportellone del furgone, lasciando spiazzati genitori e tifosi, che si aspettavano l’abituale pulmino.
Gwaine afferrò Merlin per un braccio e lo trascinò giù, inneggiando la folla, rimasta muta.
Le cheerleader, fortunatamente, iniziarono ad accompagnarli lungo il selciato che conduceva in palestra, mentre i fan riprendevano a incitarli.
Il resto della squadra scese velocemente, camminando e salutando, ad eccezione di Arthur, che continuava a fare bella mostra del suo muso.
Merlin, su consiglio di Gwaine, andò direttamente alle scalinate, pronto per il suo balletto di apertura; Arthur era stato un asino tutto il tempo ed era già al limite della pazienza.
“Ehi.”
La mascotte si voltò e notò Morgana appoggiata al muro, che subito si sedette accanto a lui.
“Giornataccia? Ti ho visto sbuffare.”
“Sono sicuro che sai qual è il problema, Morgana.”
“Beh, un uccellino mi ha dato una dritta.” La ragazza sorrise, attaccandosi al moretto. “Mio fratello è molto stressato ultimamente.”
“Stressato? Lui??” Il moro arricciò le labbra.
La strega non ascoltò l’ironia e continuò. “Per via del campionato e nostro padre.”
“Mi ha detto che stava meglio.”
“Oh, sì. Tranquillo. Arthur mi ha detto che l’hai incontrato.”
“Mi spiace molto per la sua condizione” disse sincero Merlin, osservando Morgana.
L’altra sorrise di più, stringendosi al moro. “Poi nostro zio ha anche scoperto Aithusa ieri sera… ”
“Vostro zio..?”
“È lui a prendersi cura di noi.”
“L’avevo immaginato. Comunque per Aithusa posso occuparmene io.”
“Ci penserò io non devi preoccuparti. Chiamerò le fattorie che hai consigliato a mio fratello.”
La mascotte annuì. “Se avete bisogno sono a disposizione.”
Morgana sorrise. “So che Arthur può sembrare un emerito cretino, ma in profondità non è male.”
“Lo so” pronunciò deciso Merlin, rendendosi conto di aver commesso un fallo. “Cioè… ”
“Sono sicura che se avesse qualcuno super paziente al suo fianco le cose andrebbero meglio” concluse la ragazza, alzandosi e sorridendogli a trenta due denti. “Torno da Gwen o crederà che mi sono persa. Ci vediamo dopo.”
“ … A dopo” ricambiò la mascotte, iniziando a stiracchiarsi gli arti: doveva concentrarsi sul tifo e no sul capitano.
 
 
La partita era iniziata da pochi minuti e Merlin scrutava i ragazzi dalla panchina, riprendendo fiato dopo il suo balletto.
I giocatori dei White Goats risultavano minacciosi solo a vedersi: il capitano aveva uno sguardo glaciale e un altro degli avversari sembrava addirittura più alto e massiccio di Percival.
Il team sembrava mettercela tutta, ma gli avversari erano coordinati al millisecondo, per non parlare del fatto che i Dragoni doveva stare all’erta per eventuali tiri mancini.
Il primo tempo finì in fretta e i Red Dragons erano in netto svantaggio; il coach era violaceo dalla rabbia e Merlin aveva la gola infiammata a forza di incitarli.
Il gioco ricominciò immediatamente e la mascotte non distolse un attimo gli occhi dal campo.
Lance aveva conquistato palla, ma appena si girò per avanzare verso il canestro il capitano avversario gli tagliò la strada, bloccandolo. Percival era accorso dietro di lui, trovandosi l’energumeno a impedirgli ogni passaggio.
“Passi” tuonò l’arbitro e la palla andò direttamente all’altra squadra.
Alator sospirò, sfregandosi una mano lungo il viso, mentre il moro si alzava dalla panchina.
“Forza ragazzi! Sapete fare di meglio!” urlò Merlin da bordo campo, ma finita l’incitazione si accorse degli occhi del capitano dei White Goats su di lui: non ispiravano nulla di buono.
“Come si chiama quel giocatore Gwaine?” domandò all’amico, ora di riserva.
“Quello è Helios… Dovrebbe essere cinque centimetri più alto di Perci.”
Il gigante stava giusto ostacolando Arthur, ma il biondo riuscì lo stesso a tirare, facendo uno strabiliante canestro.
“Stiamo rimontando. Forza Red Dragons!!” Li incitò di nuovo la mascotte, facendo sorridere Gwaine e l’allenatore.
L’arbitrò fischiò la fine del secondo tempo e in corrispondenza l’inizio dell’intervallo; tutti i giocatori ritornarono in panchina e Alator fece loro segno di seguirlo negli spogliatoi, doveva spronarli a fare di meglio.
Merlin avrebbe voluto seguirli, ma doveva accompagnare le cheerleader e Arthur sembrava non degnarlo di uno sguardo.
 
Il capitano uscì dallo spogliatoio finita la chiacchierata col coach e si affacciò al corridoio che portava alla palestra, sbirciando il balletto della mascotte.
Il moro si stava limitando a recitare il loro abitudinario slogan, ma aveva imparato qualche nuovo passo di danza.
“Carina la salamandra.” Iniziò una voce dietro il biondo. “Potreste prestarcela dopo la nostra vittoria.”
“No” rispose secco Arthur, mentre Cenred avanzava, allineandosi all’altro capitano.
“Non dirmi che ci siete affezionati… Mi pare un idiota.”
“Non azzardarti a chiamarlo così” ringhiò l’altro, avvicinandosi pericolosamente a Cenred.
L’avversario scoppiò a ridere. “Puoi scaldarti quanto vuoi Pendragon, ma stasera noi vi batteremo. Anche dopo tutti gli starnazzi della vostra mascotte.”
Arthur gli lanciò uno sguardo di fuoco, mentre l’altro ritornava verso la propria panchina.
“Tutto ok, Arthur?” domandò Alator, arrivando con il team dagli spogliatoi.
Il capitano si girò, osservando la sua squadra. “Annientiamo quei caproni!”
“Questo è lo spirito giusto!” pronunciò il coach.
“Forza Red Dragons!” urlarono i ragazzi, correndo verso il campo.
Merlin sorrise, vedendo la squadra arrivare. “Tutto a posto là dentro?” chiese a Lance.
“Perfetto. Non ci faremo sconfiggere.” L’amico lo scosse felice, prima di ritornare in campo con gli altri.
Il terzo tempo cominciò e i Dragoni si lanciarono all’attacco: Gwaine, finalmente in gioco, prese la palla fra le mani e non la mollò fino a qualche passo del canestro, passandola ad Arthur con un abile finta.
Il capitano fece due rapidi passi per poi saltare e tirare, centrando in pieno l’obiettivo.
“Sì! Canestro!” gridò il moro, lanciando un’occhiata al tabellone. Altri sei punti e i Red Dragons sarebbero tornati in vantaggio.
I Dragoni continuavano a sfrecciare lungo il campo, mandando gli avversari in confusione.
“Occupati di quello” sussurrò Cenred a Helios.
Il giocatore sorrise e corse verso Gwaine, che aveva di nuovo la palla fra le mani.
Tristan si intromise tra i due prima che l’energumeno potesse fare qualcosa, ma quello scompiglio distrasse Gwaine, facendogli soffiare la palla da uno degli avversari.
“Cacchio… Tenete duro ragazzi!” Merlin si agitò, muovendosi avanti e indietro lungo il bordo campo.
Percival intercettò il passaggio al capitano dei White Goats e riprese la corsa verso la metà campo avversaria, passando palla a Leon che segnò uno splendido canestro.
Cominciato il quarto tempo la situazione si era capovolta e i Red Dragons conducevano il gioco, in netto vantaggio.
Arthur senza neanche pensarci tirò da fuori dell’area dei tre punti: la palla roteò lungo il bordo del canestro per poi cadere all’interno, facendo urlare la tifoseria.
La mascotte osservò di nuovo il punteggio: sessantasei a cinquantaquattro per i Dragoni.
I minuti passavano velocemente e i ragazzi non davano segno di cedimento; un canestro di Tristan arrivò esattamente al fischio dell’arbitro che segnava la fine della partita.
“Abbiamo vinto di ben diciotto punti!” urlò la mascotte, inneggiando verso il pubblico. “Andremo in finale!” continuò, voltandosi e scoprendo l’intera squadra a scrutarlo sorridente.
“Credo che il basket ti stia dando alla testa, Merlin” commentò Perci.
Alator sorrise e guidò i ragazzi negli spogliatoi dopo i saluti, che non smettevano un attimo di esultare.
Il moro rimase ancora sul campo invece, improvvisando con le cheerleader un altro balletto. Poi si fermò a parlare con Elena, spiegandole che quella sera non c’era posto nel furgoncino, ma avrebbe rimediato.
Dopo un bel po’ di minuti era riuscito a infilarsi negli spogliatoi, trovandosi di fronte Gwaine già docciato, tuttavia in mutande.
“Occupato a firmare autografi, Merl?” chiese scherzosamente l’amico.
“Spiritoso” mugugnò l’altro, accostandosi alle panchine e iniziando a spogliarsi.
“Smettila Gwaine e vestiti, ci stai impiegando più di Arthur” commentò Lance.
L’amico si mise sull’attenti e accelerò i tempi, mentre il capitano usciva dalla doccia, camminando verso l’armadietto.
In meno di cinque minuti Merlin era rimasto solo col capitano, che non lo degnava nemmeno di uno sguardo.
Aveva quasi finito di rivestirsi e anche il biondo era a buon punto; la faccenda tra loro due doveva essere risolta.
“Mi hai trattato davvero male questa sera” disse sicuro di sé il moro.
Arthur si voltò immediatamente verso di lui, alzando un sopracciglio.
“Sei stato arrogante, anzi, cafone. Guarda che non ho detto niente agli altri… E comunque non è colpa mia se tu non riesci ad accettarti per quello che sei.”
Il capitano aprì bocca ma Merlin gli fece cenno di stare zitto.
“Ho parlato con Gwaine e con… Non importa. Comunque è chiaro che tu debba fare un po’ di chiarezza in quella tua testa di fagiolo.”
Arthur aveva alzato ancora di più il sopracciglio al nome di Gwaine e aveva incrociato le braccia allo strano insulto. “Non so di cosa stai… ”
“Taci” sentenziò la mascotte, sistemandosi davanti all’altro.
“Mi ha dato un ordine?” chiese scocciato Arthur.
“Sì! Non capisco perché tu abbia questo atteggiamento da principino, quando in realtà sei tutt’altra persona.”
“Non so di cosa stai farneticando… ”
“Se mi ascoltassi capiresti che sto cercando di aiutarti, Arthur Pendragon!” gridò Merlin, facendo fermare il capitano. Sbuffò, scuotendo la testa: di solito lì dentro c’era meno confusione.
Prese le mani del biondo nelle sue, e se il giorno prima quel gesto gli era sembrato un errore adesso era una tremenda idiozia.
“Siamo dalla stessa parte” scandì piano, accorgendosi di uno strano bagliore negli occhi dell’altro. “Hai capito..? Posso aiutarti, se vuoi.”
Merlin non capì bene cosa Arthur avesse compreso, perché in pochi secondi sentì il capitano stringerlo a sé.
Il biondo respirò profondamente, fissando gli occhi blu mare di Merlin, gettandosi sulle sue labbra un momento dopo.
La mascotte rimase fulminata, decisamente qualcosa stava andato in corto circuito nel suo cervello, eppure sarebbe rimasto a godersi quel bacio per lungo, lungo, tempo.
Arthur si staccò, riaprendo gli occhi e il bagliore di prima aveva preso una sfumatura di paura. “Devo andare. Chiederò un passaggio a Morgana. Ho sbagliato, scusa” concluse così, afferrando le sua sacca e correndo via, mentre Merlin era rimasto immobile.
 
 
Note:
Finalmente una svolta tra i due!
Segnalo che la battuta di Morgana:
“Forse stanno guardando le rispettive marche di jeans… ” è ispirata a Glee.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e se vi va lasciatemi un parere :)
Ho anche capito come usare l'html, forse XD
Come al solito lascio foto dei nuovi personaggi.
 
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Cenred (capitano dei White Goats): è il sovrano del regno di Essetir; alleato di Morgause contro Arthur e Camelot. Verrà ucciso dalla stessa strega quando non le sarà più utile.
 
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Helios (giocatore dei White Goats): alleato di Morgana per aiutarla a conquistare il trono di Camelot. Si batterà anche con Tristan e Isolde, venendo ucciso proprio da quest’ultima.
 
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(Interno del furgoncino)

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Capitolo 5
*** Blue Bulls ***


Eccomi qui con l'ultimo capitolo!
Un bacio a chi ha recensito il quarto capitolo: icymaiden, GiuliaGiulia88, Miky_Holmes e thegirlwholovesbooks :)
Ringrazio anche chi ha inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite!
E un grazie a mary del, che ha letto la ff in anticipo, sopportando i miei scleri e dandomi preziosi consigli <3
Lascio le altre note a fine capitolo.
Buona lettura!


Blue Bulls

Arthur entrò in classe ricordando più uno zombie che un essere umano: sua sorella non aveva fatto altro che tartassarlo tutta la domenica con decine di domande, per non parlare del fatto che non sapeva ancora che dire a Merlin.
Si sedette di fianco a Lance, che lo guardò pensieroso, spostando subito la sedia verso l’amico.
“Mi spieghi che è successo? È da ieri che non rispondi nel gruppo.”
Il biondo sbuffò al solo ricordo della chat Whastapp che Gwaine aveva creato per la squadra di basket, dove si parlava di tutto tranne che di basket…
“Scusa Lance, non mi sono sentito bene.”
“Due righe potevi scriverle” commentò l’altro, leggermente amareggiato.
“Lo so. Ci penserà il coach a strigliarmi a dovere.”
“Perché dovrebbe?” chiese confuso Lance.
“Si va e si torna insieme, no?”
“Sì, ma Merlin ha chiarito subito che ti eri sentito male e saresti tornato con Morgana.”
“Come?” domandò Arthur.
“Non hai proprio aperto i messaggi, eh? Credevamo avessi qualcosa di grave… ”
“Non volevo farvi preoccupare. Non è stato niente” chiarì sintetico il capitano, guardandosi attorno. “Merlin non c’è” sussurrò.
“Non questa mattina. Accompagnerà il prof Pescatore alla visita veterinaria di Kilgharrah.”
“Ah” rispose soltanto il biondo, chiudendosi in silenzio per il resto della lezione.
 
Lancelot iniziò a preoccuparsi seriamente all’ora di pranzo, dopo che l’amico era rimasto muto per tutte le lezioni della mattinata.
“Credo che Arthur abbia qualcosa che non va” disse a bassa voce, squadrando i ragazzi al tavolo. “Non ha parlato per quattro ore.”
“In effetti è da dieci minuti che osserva il banco dei secondi” aggiunse Percival, studiando il capitano in lontananza.
“Non sapeva neanche che Merlin l’ha coperto col coach.”
“Strano” rispose Leon.
“Perché non parli?” domandò Percival a Gwaine.
Il giocatore fece una vaga espressione innocente, riprendendo a mangiare, ma Elyan gli diede un leggero calcio al ginocchio, facendogli cadere di riflesso la forchetta.
“Ehi, non ricomincerete coi calci… ” blaterò Gwaine, riaggiustandosi sulla sedia.
“Parla. Lo sappiamo che sai che è successo.” Perci gli rubò la forchetta dal piatto, puntandogliela contro.
L’altro sospirò, guardando gli altri. “Non so che è capitato. Avevo pianificato tutto alla perfezione, ma poi… ”
“Lo sapevo che dovevi centrarci tu! Quando imparerai a farti gli affaracci tuoi, Gwaine! Chissà che è successo tra i due” pronunciò Lance.
“Non lo so. Morgana non è riuscita a scucire una parola ad Arthur e non sono ancora riuscito a parlare a quattr’occhi con Merlin” rispose il giocatore.
“Anche Morgana si è immischiata?” chiese Percival esterrefatto.
“Non fate quelle facce. Sapete tutti che Arthur non avrebbe mai fatto niente se non sollecitato e non ditemi che non avete notato come guarda Merlin” sentenziò Gwaine.
“Beh, almeno potevi chiedere il nostro aiuto, no?”
Gwaine rimase muto per qualche secondo. “Non girerai la frittata così Lance, nessuno di voi voleva assecondare il mio piano.”
“Esattamente qual’ era questo piano?” domandò Tristan.
“Abbiamo dato vari indizi a Merlin per fargli capire che Arthur era interessato” sussurrò.
“Hai mai considerato che forse è Merlin a non essere interessato?” Percival virgolettò la parola con le dita, squadrando Gwaine.
“Impossibile, quei due si piacciono..! Non vedevo Arthur così felice da almeno due campionati e Merlin diventa rosso ogni volta che ha il capitano vicino a sé.”
Lance sospirò di nuovo. “Potrei parlare con Merlin… ”
“No! Ora tocca a Morgana. Noi dobbiamo solo tenere d’occhio Arthur” concluse Gwaine, adocchiando tutti. “A proposito, qualcuno lo vede?” chiese Elyan, scrutando i banconi della mensa.
Tutti iniziarono a scrutare tra i compagni, ma nessuno riuscì a scorgere il capitano.
“Dannazione! Avviso Morgana.”
 
Arthur era entrato di corsa negli spogliatoi; Merlin sicuramente era già tornato dalla visita veterinaria e non poteva mancare agli allenamenti.
Il biondo lo sapeva che non sarebbe mai arrivato in anticipo, ma non poteva non tentare, doveva parlare con lui da solo.
Si sedette sulla panchina davanti al suo armadietto e tirò fuori il cellulare dalla tasca, indeciso se scrivergli o meno. Probabilmente Merlin gli avrebbe dato dell’asino a vita e Arthur non trovava nessuna ragione per cui non se lo meritasse.
Alzò gli occhi dal telefono, imprecando mentalmente contro sé stesso, ma mentre riabbassava il viso intravide una coda rossa nel corridoio. Scattò dalla panchina e si diresse alla porta, vedendo la mascotte avanzare verso la palestra.
“Merlin!”
Arthur lo raggiunse e lo afferrò per un braccio, obbligandolo a voltarsi. Sorrise come un ebete al solo pensiero di specchiarsi negli occhi blu del moro, ma rimase deluso quando se ne trovò davanti un paio marroni.
“Tu non sei Merlin” proferì indispettito.
George alzò leggermente un sopracciglio, togliendosi con la mano libera la testa del drago. “Capitano.”
“Che ci fai dentro il costume??” chiese nervoso il biondo.
“La gamba è guarita una settimana prima del previsto e ho ripreso il mio ruolo. Sono venuto per lucidare i cesti.”
Arthur roteò gli occhi ripensando alle scene che capitavano con George agli allenamenti, ma ritornò al suo obiettivo principale.
“Dov’è Merlin?”
“Quello che mi ha ridato il costume?” domandò l’altro.
“Sì” disse secco il capitano.
“Penso di aver capito laboratorio di biologia.”
Il biondo mollò la presa e lo sorpassò, affrettando il passo verso l’aula: mancava poco alla fine della pausa pranzo.
Quando arrivò nella stanza Merlin era appicciato alla teca del rettile e come al solito ci stava pure parlando.
Che idiota.
Quel pensiero fu accompagnato da un sorriso dipinto sulle labbra del capitano, perché ci voleva coraggio a parlare con una lucertola, no, un drago barbuto, e probabilmente Merlin lo stava rassicurando per la visita appena fatta.
Arthur si ricompose, intimando al suo cervello di smettere con questa baggianate romantiche: lui era il capitano della squadra di basket, lui avrebbe dovuto portare avanti l’azienda di famiglia, lui non poteva permettersi distrazioni e soprattutto distrazioni a cui non importava niente di lui.
“Arthur..?” Merlin si accorse della sua presenza e si avvicinò alla soglia, ma il capitano si spostò dietro la cattedra, quasi urtando le beute e i becher presenti su di essa.
“Sono venuto a cercarti in palestra ma non c’eri.”
“Si, George è tornato e ha rivol… ”
“Avevi detto che mi avresti aiutato e te ne sei andato.”
“Cosa??” sbottò la mascotte, lasciando la mascella a penzolare in aria. “Se c’è qualcuno che ne se è andato senza dare spiegazioni sei tu!” gridò contro l’altro.
Il respiro di Arthur iniziò a farsi più pesante, mentre si spostava dalla scrivania per raggiungere la porta.
“Non te ne andrai di nuovo?” replicò il moro, muovendosi per bloccare l’altro che, però, lo scansò.
“Non vuoi nemmeno dirmi perché mi hai baciato, Arthur?” disse la mascotte, seguendo le spalle del capitano con lo sguardo. “Non ha significato niente per te?” continuò.
Il biondo si arrestò per un secondo, voltandosi verso di lui e squadrandolo per una infinità. “Te l’ho detto, è stato uno sbaglio” tossicchiò, per poi dileguarsi per la seconda volta.
Merlin diede un calcio alla scrivania in preda al nervosismo, procurandosi solo un dolore lancinante al mignolo, mentre imprecava contro quell’asino del capitano e le sue dita dei piedi.
Era finalmente libero da quel fetido costume e non doveva più preoccuparsi di perdere tempo agli allenamenti, eppure non si sentiva affatto sollevato. Tutta colpa di Arthur, che senza motivo l’aveva baciato come uno stoccafisso.  
Uscì zoppicante dall’aula, camminando a testa bassa per i corridoi; avrebbe dovuto parlargli di nuovo, ma far entrare qualcosa in quella testa di fagiolo era un’ardua impresa.
“Merlin.”
La mascotte aveva fatto di nuovo lo stesso errore: camminare troppo vicino alle scale che conducevano al seminterrato.
Morgana appoggiò la mano sulla spalla dell’altro, abbozzando un sorriso. “Ti va di fare due chiacchiere?”
Il moro fece un piccolo cenno e cominciò a scendere per i gradini, ma la ragazza lo fermò.
“Gwen ci sta aspettando nell’aula di cucito, nel seminterrato sarebbe troppo tetro.” La ragazza iniziò a fargli strada lungo il corridoio, assicurandosi che l’altro la stesse seguendo.
“Se avete bisogno di nuovo materiale non sono dell’umore adatto” chiarì Merlin appena si fermarono davanti all’aula di cucito.
“Tranquillo, abbiamo già terminato la ricerca.” La strega aprì la porta e Gwen accolse entrambi con un sorriso, fermando la cucitrice con cui stava lavorando.
“Ciao Merlin, accomodati.” Gwen picchiettò la mano sulla sedia accanto a sé e la mascotte si sedette titubante, seguita da Morgana.
“Stava parlando di Lancelot, sai?” squittì Gwen, mentre gli occhi nocciola si addolcivano.
“Uhm, a che proposito?” domandò il moro.
“Questo venerdì saranno due mesi che stiamo insieme” rispose la ragazza. “Credo abbia organizzato qualcosa… ” Osservò l’altro speranzosa.
Merlin sembrò ritrovare il sorriso; l’amico gli aveva parlato di quell’occasione e lui gli aveva dato anche qualche consiglio. “Ho capito. Vuoi tentare di scucirmi qualcosa, ma non ci riuscirai.”
“Nemmeno un indizio..?” Tentò lei, sorridendo di più.
“Assolutamente no.” Il moro si rilassò sulla sedia. “Ma posso dirti che Lance si è impegnato parecchio.”
“È proprio da Lancelot” sospirò la ragazza.
“A volte mi chiedo cosa farebbe Arthur in queste occasioni” disse Morgana, sbattendo innocentemente le palpebre.
“Come?” chiese sorpreso il moro.
“Non è che mi piaccia parlar bene di Arthur, ma penso si impegnerebbe parecchio” disse sicura di sé la sorella.
“Non credo” brontolò Merlin.
“Io invece dico di sì” pronunciò Gwen.
“Ne siete così certe?”
Morgana sorrise di sfuggita, stavano per raggiungere il loro intento. “Al cento per cento. È solo che rimane un grande idiota, purtroppo.”
“Già, su questo non ci sono dubbi” borbottò Merlin, non riuscendo a nascondere un lieve sorriso. “È un asino di prima categoria.”
“Gli servirebbe solo una spinta” chiarì Morgana ammiccando alla mascotte.
Il moro annuì, osservandola serio, forse sarebbe bastato aspettare il momento giusto.
“Ci aiuti a finire la nuova mantella?” Si intromise Gwen.
“Volentieri.” Merlin sorrise, afferrando un lembo di stoffa nera, forse l’avrebbe aiutato a rilassarsi.
 

“Come procede?” domandò Morgana, sfoggiando la sua nuova mantella nella buia aula centoquattro.
“Male” replicò Gwaine sbuffando. “Arthur non ha centrato nemmeno una volta il canestro. Il coach stava iperventilando dalla rabbia.”
“Dobbiamo incastrarli insieme, da soli” proferì Morgana. “Hai qualche idea?”
Il giocatore sorrise a trentadue denti. “Vuoi dirmi che Morgana Pendragon ha finito le idee?”
La ragazza gli lanciò una pericolosa occhiataccia, ma mentre stava per rispondere il telefono le vibrò.
“Problemi?” domandò Gwaine, vedendo la ragazza leggere preoccupata il nome di chi la stava chiamando.
“È mio zio. Vuole che ci sbarazziamo di Aithusa.”
“L’ha scoperta??”
“Più che altro si è accorto di tutti i fiori che mancavano dalla serra” commentò l’altra. “Arthur e io abbiamo già preso appuntamento venerdì a una delle due fattorie che ci ha suggerito Merlin.” Si fermò, mentre gli occhi iniziavano a brilluccicarle. “Penso di aver avuto un’idea, però mi servirà aiuto.”
“Beh, penso di poter convincere i ragazzi a collaborare.”
 

Il resto della settimana passò in fretta, mentre Arthur continuava a evitare Merlin, aiutato stranamente da tutti; non potevano permettere che la situazione tra i due si aggravasse.
Fortunatamente venerdì era giunto senza intoppi e i fratelli erano appena tornati a casa da scuola.
“Arthur.” Lo zio scese velocemente le scale del patio. “Hai detto che oggi avresti portato via la capra.”
Il biondo lo fissò sfinito. “Ho appuntamento tra un’ora alla fattoria, ma Morgana doveva procurarmi un mezzo adatto per trasportarla.” Si giustificò lui.
Agravaine passò lo sguardo a Morgana, che sorrise.  “Il furgone arriverà tra poco, al massimo dieci minuti.”
“Bene, niente più scuse Arthur. Tu l’hai portata qui e tu te ne liberi” disse severo lo zio, facendo poi cenno alla nipote di seguirlo in casa.
Il fratello sbuffò, sedendosi sugli scalini in pietra grigia e aspettando il passaggio; lui aveva chiesto aiuto a Percival, ma l’amico aveva detto di avere un impegno improrogabile, Lancelot era occupato coi preparativi per l’anniversario e gli altri avevano detto di avere dei test il giorno dopo, così era subentrata Morgana.
Arthur si alzò quando sentì un borbottare di motore sospetto provenire dal vialetto d’ingresso e sgranò gli occhi quando intravide il muso del furgoncino Volkswagen apparire davanti a lui.
Merlin parcheggiò a pochi passi dall’ingresso, scendendo piano dal mezzo.
“Morgana mi ha detto che le serviva una mano con Aithusa” parlottò il moro come giustificazione per essere lì.
Il capitano si impiastricciò il viso con una mano, borbottando a bassa voce contro la sorella.
“Dovrebbe arrivare. Mi ha aperto lei il cancello” continuò la mascotte, rimanendo incollato alla portiera.
“Sono io che devo accompagnare Aithusa, ordini di mio zio.” Il biondo scrutò il viso di Merlin, che rimase immutato alla novità.
“Ah” proferì solo l’altro. “Se ci sono problemi… ” Tentò di nascondere la felicità di poter stare faccia a faccia col biondo, dopo una settimana passata a giocare a nascondino.
“No, va bene. L’appuntamento alla fattoria è oggi e se la lascio ancora qui mi toccherà dormire nel gazebo con lei” mugugnò Arthur.
Merlin lo scrutò ancora e allargò le labbra in un sorriso. “Puoi guidare tu se vuoi. Così io la tengo stretta.”
Il biondo sospirò, non poteva esserci niente di peggio. “Vado a prenderla, tu aspetta qui.”
La mascotte annuì e l’altro si avviò nel giardino sul retro, tornando dopo qualche minuto con la capretta in braccio.
“Prendila prima che inizi a sbavare.”
Merlin si avvicinò in un lampo e circondò la bestiola con le braccia, spostandola dal petto di Arthur al suo. Arrossì leggermente a quella vicinanza, ma si concentrò su Aithusa, super felice di rivederla.
Il moro si avviò verso il furgoncino e salì al posto del passeggero, chiudendo dietro di sé la portiera, mentre Arthur si sistemava alla guida, osservando attentamente l’abitacolo.
“Ha il cambio che gratta un po’ ma per il resto funziona benissimo.” Lo rassicurò la mascotte. “Sai dov’è la fattoria? Se no, posso mettere il navigatore del mio telefono.”
Il capitano grugnì solamente in risposta, girando la chiave e accendendo il motore; Merlin rimase zitto, sicuramente sarebbe stato un lungo viaggio.
I primi dieci minuti passarono in completo silenzio, solo la voce del navigatore del cellulare del moro risuonava nella vettura.
“Come stanno andando gli allenamenti? Domani c’è la partita, giusto?” La mascotte sorrise al capitano, intento a guidare.
“Bene” comunicò con la voce più stoica possibile Arthur.
“Mm, Gwaine mi ha detto che non fai canestro da giorni.”
Arthur frenò in un sol colpo davanti al semaforo, facendo quasi imbizzarrire Aithusa. “A me non risulta.”
“Strano, oggi ti ho visto con i miei occhi sbagliare un tiro dopo l’altro.”
La presa della mani del biondo sul volante si fece ferrea. “Che vuol dire che mi hai visto?”
“Uhm, ero dietro alle gradinate.”
“Mi stavi spiando, dunque?” riprese il capitano, iniziando a guidare.
“Passavo per caso.”
“Dietro le scalinate??” urlò scettico il biondo.
“Sì, non è una reato.”
“Durante gli allenamenti?” chiese ancora più scettico.
“Coincidenza” chiarì il moro, coccolando Aithusa. “Perché dovrebbe interessarmi guardare un asino che non sa nemmeno palleggiare” aggiunse soddisfatto.
Arthur svoltò velocemente a sinistra, ricordando che all’allenamento era quasi inciampato nella palla. “Per tua informazione la palla mi è sfuggita perché Lance me l’ha passata male.”
“Oh… Tutte e tre le volte?” Lo stuzzicò Merlin sorridendo.
Il biondo sbuffò, imponendosi di concentrarsi sulla strada e facendo finta di non aver sentito, mentre Merlin si gustava la sua vittoria.
Tornò alla carica circa quindici minuti dopo, tempo necessario al biondo per sbollirsi.
“Tuo padre sta meglio?” sbiascicò, voltandosi verso l’altro.
Arthur lo guardò per un secondo e fece cenno di sì.
“Ho letto qualcosa sulla vostra azienda, siete famosi!”
Il capitano sorrise leggermente. “Scommetto che la notizia ti è apparsa casualmente sul pc, giusto?”
“Giusto! Uno di quei pop-up pubblicitari che appaiono a caso” rispose tutto di un fiato Merlin.
“Non ci credo” proferì il biodo, mordicchiandosi le labbra.
“Non vedo perché avrei dovuto cercare di proposito informazioni su di te” chiarì il moro, vedendo Arthur deglutire velocemente, tentando di non sembrare agitato.
“Certo.” Il capitano inforcò una strada sterrata, segno che la nuova casa di Aithusa era vicina.
“Domani pensavo di venire alla finale con Will. È da tanto che mi chiede di uscire.”
“Come amici..?” Si lasciò sfuggire il capitano, diventando pomodoro una volta capito che quelle parole non le aveva solo pensate.
“Perché? Che ti cambia?” civettò Merlin, accarezzando la testolina della capretta.
Arthur fissò la strada davanti a sé senza dire nulla, anche se cominciava a invidiare Aithusa per tutte le attenzioni che stava ricevendo.
“Devi svoltare lì, Arthur. Non hai sentito il navigatore?”
Il giocatore sterzò bruscamente e percorse lo stradello per arrivare alla fattoria. Alla fine della strada parcheggiò in uno spiazzo abbastanza largo, da dove si poteva osservare tutta la tenuta.
“Siamo in anticipo” bofonchiò.
“Aspettiamo qui” suggerì Merlin.
Il biondo abbassò i finestrini e spense il motore, scrutando l’altro. “Non mi hai risposto.”
“Per cosa?” domandò non curante la mascotte.
“Alla partita. Ci vieni… Con Will?” Lasciò sottointeso l’altra domanda correlata a quell’individuo brufoloso.
Il moro si voltò dall’altra parte, seguendo il svolazzare di una farfalla fuori dal finestrino, non degnandolo di una risposta.
“Merlin. Merlin!” disse di nuovo Arthur, alzando la voce e tirandolo per un braccio vicino a sé. “Rispondimi.”
La mascotte sorrise, fissando il biondo dritto negli occhi. “Diciamo che, al momento, c’è solo una persona che vorrei lì con me, ma è un tale asino e testa di fagiolo… ”
Il capitano scattò dal sedile a quella frase: era l’unico che Merlin aveva chiamato in quel modo. Strinse a sé l’altro e lo baciò, e questa volta il moro rispose al contatto, tenendo con una mano la felpa di Arthur, per essere sicuro che non fuggisse.
Si staccarono quando una leccata di Aithusa colpì di striscio la guancia del biondo, che si allontanò schifato. “Sarò sporco di bava di capra adesso” vociferò.
Il moro rise e vedendolo pulirsi la pelle con la manica della felpa rise ancora di più.
“Lo sapevo che quella bestiaccia sbavava” brontolò il capitano. “Sono felice di liberarmi di te” pronunciò contro la capretta.
“Che fai? Parli anche tu con gli animali ora?” Merlin sorrise, aiutandolo a pulirsi la guancia, accarezzando dolcemente il viso del biondo.
Arthur arrossì non poco. “Te la farò pagare.”
“In che senso?” chiese dubbioso l’altro.
“Mi hai ingannato, non pensare che non l’abbia capito.”
“Mi sembrava che tu avessi bisogno di una spinta, tutto qui.”
“Mm… Quindi, io ti piaccio?”
“Quando non ti comporti da asino borioso” proferì il moro, guadagnandosi un’occhiataccia.
“Dovresti smetterla di insultarmi o potrei scaricarti” enunciò convinto di sé il biondo.
“Ma se non stiamo ancora insieme” replicò Merlin.
“Allora ci mettiamo insieme e poi ti lascio” pronunciò entusiasta Arthur, accorgendosi della gaf e rimanendo muto subito dopo.
“Concordo per la prima parte.” Lo rassicurò il moro.
Il biondo sorrise e si accostò di nuovo alle labbra di Merlin, ma Aithusa si mise in mezzo e lo slinguazzò di nuovo.
“Non vedo l’ora di disfarmi di te” borbottò il capitano, allontanandosi.
“Allora meglio portarla nella sua nuova casa.” Merlin aprì la sportella e scese con la capretta in braccio, seguito dal capitano.
I due camminarono lungo la strada di ciottoli che conduceva al caseggiato principale, osservando lo steccato che delimitava i vari recinti intorno alla proprietà.
“Presto ci scorrazzerai anche tu” sussurrò la mascotte alla bestiola.
Merlin picchiettò sulla porta vetri e un uomo di circa la stessa età di suo zio la aprì sorridente.
“Siete i ragazzi che dovevano portarmi la capretta? Uh, eccola.” L’uomo la prese dalle braccia del moro e la adagiò contro la salopette in jeans che indossava. “È piuttosto tranquilla. Era domestica?” domandò curioso.
Arthur guardò rapidamente il moro e poi annuì. “Purtroppo i proprietari non se ne prendevano cura in modo adeguato.”
“Si vede.” L’uomo spostò il pelo dell’animale, mettendo in bella mostra i segni rossi sul collo. “Uno dei nostri volontari è un veterinario, gli chiederò di darle un’occhiata. Si chiama Aithusa, vero?”
“Esatto” Merlin accarezzò la capretta sorridente.
“Venite, vi faccio vedere il luogo dove alloggerà.” L’uomo uscì dalla casa e si diresse verso la stalla di fianco all’edificio principale. “Ah, non mi sono presentato. Il mio nome è Anhora.” L’uomo continuò a camminare ed entrò attraverso l’enorme portone rosso scuro, camminando sul fieno schiacciato che ricopriva il cemento del basamento. “Ho parlato con Arthur al telefono, mi sembra.”
“Si, sono io.” Il biondo sorriso.
“Merlin.” Si intromise la mascotte.
“Piacere, ragazzi.” Fece di nuovo cenno di seguirlo.
La mascotte allungò gli occhi dentro i box che sorpassavano e si fermò davanti a quello di un bellissimo purosangue bianco, ammirandolo dalla finestrella del serraglio.
“Per lo più ci occupiamo di ex cavalli da corsa che sarebbero finiti al macello, ma abbiamo anche altri animali.” Anhora aprì la porticina dell’ultimo box sulla sinistra e appoggiò Aithusa all’interno. “Sono sicuro che si abituerà in fretta e una volta curata la inseriremo con le altre.”
“Perfetto.” Merlin la accarezzò un ultima volta prima che l’uomo chiudesse la porta. “Ti troverai bene qui, Aithusa.”
“Vi riaccompagno fuori.” L’uomo ripercorse il tracciato di prima con Merlin di fianco a sé, mentre Arthur era rimasto vicino alla capretta.
“Potrete venirla a trovare quando volete” proferì Anhora al moro, notando che l’altro ragazzo era ancora accanto al nuovo alloggio.
“Ritorneremo sicuramente” disse Merlin sorridente, fissando Arthur mentre li raggiungeva.
L’uomo continuò a scortarli e ritornarono nel patio d’ingresso. “Se non avete domande o volete aiutarmi coi cavalli… ”
“È stato un piacere.” Il moro strinse la mano all’uomo. “E a presto.”
“A presto” aggiunse il biondo, prendendo Merlin sottobraccio e guidandolo al furgoncino.
“La verremo a trovare, vero?”
“Tutte le volte che vuoi” rispose Arthur, mentre lo lasciava per salire sul mezzo di trasporto. “Guido sempre io, ok?”
“Ok” pronunciò l’altro, accomodandosi nel posto del passeggero. “Vuoi parlare?”
“Di-di cosa?” chiese il capitano.
“Dovremmo parlare di come comportarci con gli altri e delle nostre intenzioni, per evitare casini.”
Il capitano annuì. “Forse dovrei starti lontano per un po’. Gwaine si è fissato con questa idea che io te, insomma, siamo cotti.”
“Per fortuna nessuno gli crede.” Scherzò il moro. “Che ne dici di dopo la vittoria? Potremmo uscire.”
“Dai per scontato che vinceremo.”
“Se ricomincerai a giocare come il vero Arthur Pendragon li straccerete.”
“Se tu fai il tifo per me darò il massimo” mormorò imbarazzato. “Comunque potresti restare da me stasera.”
“A mia madre serve il furgone”
“Oh, allora va bene per domani.”
Merlin sorrise. “Visto che domani dovremo far finta di non sopportarci fino a sera dobbiamo sfruttare questo tempo al meglio.”
“Suona strano” proferì Arthur, pallido in viso. “Comincia tu.”
“Mi chiamo Merlin, ho diciassette anni e una volta diplomato vorrei studiare legge” enunciò la mascotte sorridente.
“Legge?” domandò stranito il biondo.
“Sì, e tu?”
“Ah, ehm, economia.”
“Per l’azienda di famiglia?”
Arthur annuì. “Voglio assumere la carica di presidente come mio padre.”
“E il basket?” chiese Merlin.
“Pensavo di ritirarmi finito il campionato.”
“Eh, non puoi. E la squadra??”
“Il prossimo campionato, Merlin” sottolineò il biondo sorridente. “Non abbandono i miei compagni.”
“Infatti non mi sembrava da te. È il tuo lato altruista quello che mi ha colpito di più.”
“Io avrei dei lati?” domandò divertito Arthur.
“Hai capito” farfugliò Merlin, fingendosi offeso. “Harvard?”
“Yale” replicò l’altro.
“Mm, ti facevo più da Harvard.”
“I Pendragon hanno sempre studiato a Yale” disse fiero di sé il biondo. “Tu?”
“Il collage che mi offrirà una borsa di studio” scherzò la mascotte.
“Beh, hai una buona media. Sono sicuro che riceverai sicuramente delle offerte.” Lo rassicurò l’altro sorridendo.
“E tu che ne sai della mia media?” Il moro alzò un sopracciglio.
“Ho dato un’occhiata quando i prof passavano i test” vociferò Arthur imbarazzato.
“Poi sono io quello che spia.” Merlin ridacchiò. “Quanto manca a casa tua?”
“Dieci minuti più o meno.”
“Che diciamo a Morgana..?”
“Nulla!” gridò il biondo.
“Hai paura che lo dica in giro?”
“No, non è così viscida… Ma sarebbe capace di ricattarmi” chiarì Arthur. “E voglio aspettare a dirlo in giro.”
Il moro acconsentì. “Allora dovremo far finta di non sopportarci.”
“Esatto.”
“Vedi di non impegnarti troppo.” Lo avvertì Merlin, assottigliando lo sguardo.
Arthur scoppiò a ridere, cercando di ritornare serio il più velocemente possibile. “Certo.”
Arrivarono al cancello, ma prima che Merlin si sporgesse verso il citofono Arthur lo afferrò di nuovo, spingendolo contro di sé.
La mascotte sorrise e a appoggiò piano le labbra contro quelle del capitano. Il moro le dischiuse leggermente e Arthur ne approfittò, entrando di poco con la proprio lingua.
La mascotte mugolò per l’intrusione e il capitano si staccò. “Tutto ok?”
“Perfetto” rispose Merlin soddisfatto. Si staccò e pigiò il bottone del citofono, annunciando allegramente il loro ritorno a Morgana.
“Ma che fai??” Il capitano lo fulminò.
“Ho detto che siamo tornati.”
“Sì, ma dovevi sembrare scocciato, vedi di impegnarti di più.”
Merlin fece cenno di aver capito e Arthur riavviò il motore, tornando davanti alla enorme casa bianca. La sorella era pronta ad accoglierli sulla soglia, avanzando fino al furgoncino.
Il biondo scese sbattendo la sportella, camminando dritto verso l’ingresso facendo finta di non vedere Morgana.
“Tutto bene?” chiese la ragazza, storcendo il naso.
“Non ne parliamo” sussurrò il capitano, mentre Merlin si spostava dal lato del guidatore.
“Aithusa starà bene in quella fattoria. Il proprietario sembra una brava persona.” La mascotte sorrise dal finestrino. “Io vado, ci vediamo domani a scuola.”
Arthur mugugnò qualcosa di incomprensibile e Morgana si accostò al vetro. “Io e Gwen ci chiedevamo se volessi venire alla finale con noi domani” cinguettò, assicurandosi che il fratello sentisse.
“Sicuro. Non abbandonerò i Dragoni” rispose di getto, vedendo l’occhiata tetra del biondo. “Devo proprio andare adesso. Ci finiamo di accordare domani.” Salutò e ripartì, guidando verso casa sua.
“Sembrava strano… È successo qualcosa?” Morgana arricciò le labbra.
Arthur fece spallucce e marciò verso la porta: non doveva dare sospetti.
 

La mattinata di sabato passò tranquilla e Merlin per precauzione non degnò di uno sguardo il biondo.
I ragazzi erano all’erta per cercare di scoprire se tra i due ci fossero novità visto che sia Gwaine che Morgana erano a corto di piani; l’amico si era pure offerto di aiutare il moro al club di giornalismo per sapere qualche novità.
“Allora stasera ci sarai alla partita?” Il giocatore si umettò le dita e sistemò i volantini del torneo di scacchi che l’altro aveva appena finito di stampare.
“Mi ha invitato Morgana” proferì Merlin.
“Io è un anno che tento di scucirle un’uscita e tu te la cavi così. Dovrai dirmi il tuo segreto.” Ridacchiò.
“A proposito, visto che verrò col mio furgoncino pensavo di accompagnare a fare un giro Elena e Perci, che dici?”
“Ottima idea!”
La mascotte sorrise. “Potrei anche mettere una buona parola per te, con Morgana.”
“Perfetto! Forse accadrà un miracolo” replicò felice Gwaine. “E tu Merlin non hai nessuno con cui girovagare su quel bellissimo furgone?” chiese ironico.
La mascotte sbuffò, leggermente rossa in viso. “Non ancora.”
“Uh, forse c’è qualche interesse, però?”
“Non mi sembri la persona che potrebbe darmi consigli” commentò Merlin.
“Questo è un colpo basso” replicò Gwaine. “Abbiamo finito con questi cosi??”
“Si, puoi andare a casa.”
“Magari. Il coach ha ordinato un ultimo allenamento.”
“Potrei venire ad assistere e aiutare George.”
L’amico lo guardò per un attimo e sorrise. “Vediamo se sai ancora fare il tifo, Merl!”
“Ti pentirai di avermi sfidato.” Il moro finì di raccogliere le sue cose e si avviò con Gwaine verso la palestra.
Quando Alator vide entrare la vecchia mascotte la chiamò accanto a sé e Merlin lo raggiunse sorridente.
“Vedi se riesci a risvegliare i miei ragazzi” disse l’uomo, mentre George lucidava amorevolmente la panchina delle riserve.
“Certamente.” Il moro si sistemò di fianco al coach e quando i Dragoni corsero fuori dagli spogliatoi urlò subito per incitarli.
Tutti i ragazzi si voltarono sorpresi verso il moro, visto che Gwaine non aveva detto nulla della sua presenza, e Arthur con un sorriso cento volte più splendente di quello deli altri.
“Veloci! Vediamo di ripassare gli schemi per stasera” gridò il coach e tutti si riversarono in campo.
 

Merlin brontolò all’ennesimo invio fallito del messaggio dal suo cellulare, sembrava proprio che fosse rimasto senza credito.
Uscì dal furgone e diede un’occhiata al parcheggio, ma non c’era ancora traccia dei ragazzi; anche se la finale si sarebbe giocata in casa avevano deciso di incontrarsi in un parcheggio vicino alla scuola e usare il pulmino del coach.
Marciò verso l’ingresso, dove le cheerleader di entrambe le squadre si stavano collocando per accoglierle, mentre diversi genitori e tifosi erano già pronti ad acclamare i Red Dragons e i Blue Bulls, finendo di sistemare striscioni e cartelloni.
Il moro scrutò tra la folla e non vedendo né Gwen né Morgana decise di avvicinarsi a Elena, intenta a stiracchiarsi un polpaccio.
“Elena?”
“Merlin!” La ragazza gli sorrise. “Mi spiace che tu non sia più la mascotte” disse amareggiata.
“Sono venuto comunque a fare il tifo e dopo la vittoria sarò felice di far fare un giro a una certa cheerleader sul mio furgone.”
La bionda lo abbracciò. “Grazie!”
“Di nulla.” La mascotte si staccò da lei. “Sai quando arriveranno i ragazzi?”
“Penso al massimo dieci minuti.”
“Ti dispiacerebbe farmi mandare un messaggio col tuo telefono? Non riesco a trovare le mie amiche.”
“Con piacere, ma dovresti andarlo a prendere nello spogliatoio. È il secondo sulla destra dopo quello dei giocatori. Sportello ehm… ” Si appiccicò all’orecchio di Merlin. “Numero ventidue, la combinazione è sette, due e poi venti, ok?”
“Sicura di voler fidarti?”
“Non scherzare! Io mi fido di te. Vai o ti perderai l’arrivo dei Dragoni.”
La mascotte sorrise e si defilò all’interno della palestra, non vedendo l’ora di iniziare a tifare. Percorse il corridoio che portava agli spogliatoi e si arrestò quando scorse due energumeni camminare nella sua direzione.
“Non potete stare qui” disse convinto, squadrando i due.
Sicuramente dovevano essere del quarto anno e della tifoseria avversaria: le due t-shirt che indossavano sfoggiavano il muso di un toro blu arrabbiato, anche se Merlin noto più le macchie di salse e schifezze non identificate.
“Ebor, non ti sembra famigliare?” domandò il più grosso dei due sorridendo.
L’altro si avvicinò a Merlin e lo osservò attentamente. “È la mascotte dei Red Dragons.”
“No, io er… Ehi!” Si lamentò il moro, quando venne sbattuto contro la parete.
“Scommetto che i Dragoni tengano alla loro mascotte.” Dagr serrò la presa attorno al collo della maglietta del moro. “Siamo stati fortunati.”
“Lasciatemi!” urlò Merlin, assestando un calcio alla gamba di quello che lo stava trattenendo.
Dagr lo lasciò, ma Ebor lo ributtò contro il muro. “Stasera i Red Dragons faranno a meno di te” sbiascicò, prendendolo per un braccio e cominciando a spingerlo verso la fine del corridoio, aiutato subito dal compare.
“Vediamo se riesci a dimenarti anche in un armadietto” commentò divertito il più massiccio, mentre entravano in uno degli spogliatoi più vicini all’ufficio di Alator.
“Avete sbagliato persona!” gridò di nuovo Merlin, ma Ebor si era distanziato da loro, osservando tutti gli armadietti.
“Sono tutti chiusi” bofonchiò atterrito, intanto che l’amico stritolava un braccio del moro.
“Lo chiuderemo nel bagno, allora. Nessuno lo sentirà.” Spinse con forza Merlin all’interno dei bagni dello spogliatoio, facendolo cadere sul pavimento.
“Vi ho detto che non sono la mascotte!” Merlin si rimise in piedi e Dagr lo strattonò di nuovo, facendolo indietreggiare.
“Come no” sghignazzò e uscì dalla toilette con Ebor di fianco, bloccando immediatamente la porta con una delle panchette dello spogliatoio.
“Fatemi uscire!” Merlin picchiò con forza contro la porta appena fu di nuovo in piedi, ma i due tifosi avversari si limitarono a ridacchiare a gran voce, allontanandosi.
Merlin continuò a urlare per svariati minuti, sicuro che i ragazzi fossero ormai arrivati e potessero udirlo.
In effetti i Red Dragons erano già scesi dal furgoncino di Alator, acclamati dalla folla, e si erano diretti al loro stanzino per prepararsi a dovere.
La mascotte sospirò e tirò fuori dalla tasca dei jeans il cellulare, ricordandosi che anche se era senza soldi avrebbe potuto usare la chiamata con addebito. Cercò uno dei messaggi che Morgana aveva mandato il giorno prima per Aithusa e fece partire la chiamata, ma dopo il primo squillo la linea cadde; sembrava che in quel bagno non ci fosse campo.
“Merlin è in ritardo” vociferò Gwen preoccupata, guardando George fare il suo balletto sulle scalinate.
“La puntualità non è mai stata uno dei suoi punti forti” rispose l’amica.
“Ma il furgone era nel parcheggio, no?” chiese di nuovo Gwen, alzandosi in piedi insieme all’altra per acclamare l’entrata dei Dragoni.
“Vedrai che arriverà, sarà andato negli spogliatoi.” Morgana le sorrise, mentre le due squadre erano pronte a iniziare.
Nel frattempo le bocche di Dagr ed Ebor erano raso terra, rendendosi conto di ver intrappolato il ragazzo sbagliato.
“Vuoi che andiamo a tirarlo fuori?” borbottò Ebor.
“Nah… Non voglio perdermi l’inizio. Ci penseremo a fine partita.”
 
“Voglio che ognuno di voi faccia del suo meglio.” Il coach scrutò uno a uno i giocatori, ma quando guardò il capitano lo sorprese a scrutare preoccupato gli spalti. “Arthur!”
Il biondo si voltò di scatto e fece segno di aver capito, ancora titubante.
Alator sospirò, allungando la sua mano verso gli altri, disposti attorno a lui. “Concentrati.”
I giocatori posarono le loro mani su quelle del coach e annuirono. “Forza Red Dragons!” gridarono, per poi tuffarsi in campo.
“È tutto ok?” domandò Gwaine al capitano.
“Sì. Vediamo di impegnarci” disse il biondo, lanciando una rapida occhiata al posto vuoto di fianco alla sorella.
Gwaine seguì gli occhi dell’altro e scoprì che Merlin non era dove avrebbe dovuto essere; un brivido gli percorse l’intera schiena, ricordando come Arthur avesse giocato agli allenamenti a cui il moro non era stato presente.
“Pronti?” domandò l’arbitro e la sua attenzione ritornò alla partita, sperando che la mascotte arrivasse presto.
 
“Ma si può sapere che fine ha fatto?” strillò Morgana. “Il primo tempo è quasi finito.”
“Provo a chiamarlo” intervenne Gwen, sempre più preoccupata.
Morgana prese il telefono e chiamò la mascotte, cercando di non dare a vedere la sua ansia.
“Non suona nemmeno” sbiascicò la ragazza, tentando nuovamente.
Merlin si rizzò in punta di piedi e appoggiò la mano sul bordo sporgente della piccola finestra rettangolare in fondo alla toilette, alzando poi la gamba sullo spigolo del lavandino. Si issò più che poté, spostando il cellulare vicino al vetro.
Il telefono vibrò in continuazione, ricevendo i messaggi delle chiamate perse da parte di Morgana.
Il moro sorrise al pensiero che qualcuno l’avesse cercato e sorrise ancora di più quando l’aggeggio suonò.
Rispose subito, attivando il vivavoce vista la posizione scomoda.
“Merlin?? Merlin?? Si può sapere dove sei??” urlò Morgana.
“Morgana, grazie al cielo.”
“Credevamo ti fosse capitato qualcosa.” Si intromise Gwen.
“Sono negli spogliatoi, chiuso in bagno. Oddio!” La linea cadde e le ragazze dall’altra parte sentirono solo un tonfo.
Gwen e Morgana si precipitarono giù dalle scalinate e corsero verso gli spogliatoi, dividendosi e perlustrando ogni centimetro, mentre nel campo le cose procedevano di male in peggio.
A metà del secondo tempo Morgana e Gwen erano finalmente giunte all’ultimo stanzino, accorgendosi del panchetto che bloccava la porta del bagno.
Lo rimossero senza batter ciglio e spalancarono la porta, vedendo il moro a terra.
“Merlin!” Gwen si precipitò accanto a lui. “Stai bene??”
“Sono scivolato” mugugnò, mentre lo aiutavano ad alzarsi.
“Ti fa male da qualche parte?” chiese Morgana.
“Il fianco, ma deve essere solo una botta.”
“Chi è che devo prendere a calci?”
Merlin sorrise alle parole di Morgana. “Due tizi, credevano fossi ancora la mascotte dei Red Dragons. Come sta andando la partita..?”
“Dovresti pensare alla tua salute adesso” commentò Gwen.
Il moro si lasciò sorreggere da entrambe, ma iniziò a camminare verso l’uscita della toilette e poi dello stanzino.
“Merlin??” Il coach Alator era a metà corridoio, con tutto il team dietro di sé, per una strigliata di metà partita.
I ragazzi si diressero subito davanti alla mascotte, prendendo il posto di Gwen e Morgana.
“Che ti hanno fatto??” Arthur lo guardò in pieno panico.
“Sto bene” dichiarò sicuro di sé l’altro. “Solo un paio di botte.”
Il coach si accostò a lui. “Ti fa male da qualche parte?”
“Fianco” borbottò Merlin. “Ma è una botta.”
“E questo?” Il capitano indicò il gomito graffiato.
“Sono caduto… ”
“O sono stati i tizi che ti hanno chiuso nel bagno?” suggerì Morgana.
“Tutto bene Alator?” Il coach dei Blue Bulls aveva notato il trambusto e lui e la squadra avevano raggiunto gli altri.
“Dicci, ragazzo.” Lo incoraggiò Alator.
Il moro osservò i giocatori avversari e fu sollevato di non vedere i due energumeni di prima. “Due tipi mi hanno chiuso nel bagno perché credevano che fossi ancora la mascotte dei Red Dragons. Sono caduto cercando di chiedere aiuto però, loro non centrano.”
“Certo che centrano, eri lì a causa loro!” sbottò Arthur.
“Li hai visti?” domandò Oswald, il capitano dei Blue Bulls.
Merlin annuì. “Erano massicci, almeno del quarto anno e il nome di uno dei due era Ebot o qualcosa del genere.”
“Ebor.” Sospirò il coach dei Blue Bulls. “E l’altro sarà sicuramente Dagr. Mi spiace tanto Alator.”
“Chi sono?” ruggì Arthur.
“Due tifosi un po’ radicali” rispose Ethan, un altro dei giocatori avversari.
“Mi assicurerò che vengano allontanati dalla partita e chiederò altri cinque minuti di break.” Il coach degli sfidanti aspettò il cenno di assenso di Alator e si ridiresse in palestra, scortato dal suo team.
Merlin fu trasportato nello spogliatoio dei Red Dragons da Perci e Arthur e fatto accomodare sulle panche della stanza.
“Sta bene” proferì Lance a Gwen, visibilmente scossa, abbracciandola e scortandola verso l’uscita.
“Stronzi! Se li avessi tra le mani io… ” Morgana digrignò i denti dalla rabbia.
“Calmati.”
La voce di Gwaine la fece adirare di più, ma il ragazzo la fermò prima che aprisse bocca. “Dovresti stare vicina a Gwen, non l’ha presa bene.”
La ragazza non replicò e per una volta ammise che Gwaine le stava dando un buon consiglio. Gli fece segno di aver capito e corse verso Lancelot e l’amica, mentre il giocatore entrava nello spogliatoio.
Il capitano si era trasformato in meno di cinque minuti in una crocerossina, indaffarato a pulire i graffi sulla pelle del braccio della mascotte.
“Il ghiaccio?” richiese per la terza volta a Leon.
“Il coach arriverà a momenti con tutto.”
“Non sto morendo” chiarì Merlin, imbarazzandosi ad ogni tocco del biondo.
“Eccomi!” Alator si fece largo col ghiaccio e lo mise sopra la maglietta del moro, in corrispondenza del fianco destro.
“Se ti senti male possiamo chiamare un’ambulanza.”
“Ottima idea” ammise Arthur.
“No! Sto bene. Più che altro qual è il punteggio.”
“Trentasei a diciassette” disse Tristan.
“Per noi?” domandò il moro.
“Per loro” piagnucolò Elyan.
“Credo di aver cambiato idea sull’ambulanza” sussurrò la mascotte, dando origine a una risata generale, tranne per l’occhiataccia del capitano.
“Voglio stare in panchina e fare il tifo.”
“Accordato!” urlò Alator.
Merlin sorrise, alzandosi da solo in piedi. “Penso che la pausa sia finita.” Afferrò per un braccio Arthur sorridendogli e cercando di addolcirlo con lo sguardo, per non farlo replicare alla sua decisione.
“È vero. Vediamo di tornare in campo e vincere” replicò il coach, mentre tutti annuivano.
 
Merlin prese posto sulla panchina delle riserve, tra Elyan e Tristan, mentre gli altri giocatori tornavano in campo.
Il coach dei Blue Bulls si era assicurato che i due ceffi fossero buttati fuori e si era scusato di nuovo con Alator.
“Arthur.” Oswald lo affiancò, prima che la partita riprendesse. “Mi spiace per l’accaduto. Lo sai che non architetterei mai niente del genere… ”
“Ne sono certo Oswald, sei uno dei pochi giocatori onesti in questo torneo.” Il biondo gli sorrise. “Ma vedete di alzare la guardia, perché abbiamo intenzione di vincere.”
Il capitano avversario sorrise e si posizionò dall’altra metà del campo, pronto per ricominciare.
Il terzo tempo fu un autentico tira e molla tra le due squadre: la palla roteava dalle mani dei Dragoni a quella dei Tori in pochi secondi e i ragazzi non avevano un attimo di pace da entrambe le parti.
Arthur finalmente si era svegliato e lo dimostrò con un formidabile tiro da tre punti, facendo sobbalzare la tifoseria.
Anche Merlin si alzava a ogni canestro, mentre Elyan tamponava il ghiaccio sul fianco e Tristan lo aiutava a risedersi.
Il quarto tempo iniziò in pareggio e con Elyan al posto di Percival. Lance prese possesso della palla e con una sequenza rapida di palleggi si portò in area di tiro, ma bloccato da Ethan decise di passare a Leon, che tirò subito, conquistando altri due punti.
Dopo due rapidi azioni fu di nuovo la volta del capitano, che con una finta riuscì a scansare Oswald, permettendo a Gwaine di andare a canestro con una schiacciata.
“Woooo!” urlò Merlin, quasi saltando sulla panchina, guadagnandosi un’occhiata stizzita da George, mentre il coach sorrideva sempre di più.
“Dovresti prendere esempio da lui” commentò Alator contro George, mentre ritornava a seguire i suoi ragazzi.
Altri scambi di palla si susseguirono e i punteggi sul tabellone continuavano a salire.
A pochi secondi dalla fine i Tori conducevano per settantatré a settantuno.
Il capitano prese la palla e corse verso il canestro, spalleggiato da Leon e Lancelot. Si fermò al limite dell’area dei tre punti, osservando rapidamente attorno a sé. Palleggiò un ultima volta e tirò, mentre il tabellone si azzerava.
La palla colpì il tabellone e poi cadde all’interno del cesto, cambiando il punteggio in settantaquattro per i Red Dragons.
La tifoseria esplose in un boato e i giocatori si riunirono intorno al capitano, sollevandolo.
“Abbiamo vinto! Forza Red Dragons!” urlò Merlin, vedendo Arthur esultare.
Il biondo fu messo giù, mentre le cheerleader entravano in campo e la folla sugli spalti scalpitava.
“Non pensare che il prossimo anno sarà così facile, capitano.”
Arthur si voltò e vide la mano tesa si Oswald, pronto a congratularsi per la vittoria. La strinse deciso, sorridendo come l’avversario. “Non mi aspetto di meno” replicò, mentre veniva catturato tra le braccia di Percival.
Il gigante lo lasciò andare e il biondo fissò le panchine, trovandole, però, vuote. Si mosse veloce tra le gente che si era riversata in campo, cercando il volto della sua mascotte.
Lo intravide parlottare con Gwaine, vicino la metà campo e subito gli corse incontro.
Merlin sorrise appena lo notò e aprì bocca per congratularsi, ma il suo viso fu catturato dalle mani di Arthur, che lo trascinò in un bacio, proprio davanti agli occhi dell’altro giocatore.
“Ma avevi detto di aspettare… ” parlottò Merlin, a un soffio dal biondo.
“Non mi importa.” Lo strinse a sé, appoggiando le labbra contro l’orecchio del moro. “Non voglio nascondere la persona che mi ha sorretto e spero lo farà anche in futuro.” Avvolse di più le braccia attorno la vita della mascotte, facendo attenzione al fianco.
A quelle parole fu la volta di Merlin di baciarlo, assaporando ogni istante.
“Lo sapevo! Dovevo scommetterci dei soldi” replicò Gwaine, mentre gli altri due lo fissavano sorridenti. “Lo dirò a tutti che avevo ragione!” gridò, buttandosi nella mischia all’interno della palestra.
“Lo lasciamo fare?” domandò preoccupato il moro.
“Ognuno ha diritto ai suoi momenti di gloria.” Scherzò il capitano, rimanendo vicino all’altro. “Mi raggiugi al parcheggiò dove ho lasciato l’auto?”
Merlin annuì sorridente. “Ma dobbiamo convincere il coach a lasciarmi Perci, posso dire che non posso guidare.”
“Perché?” chiese stranito il biondo.
La mascotte indicò Elena e il giocatore. “Ho promesso un passaggio ad Elena, non sei l’unico a cui serve una spinta” commentò, mentre Arthur si fingeva offeso. “Per fortuna sono intraprendente” cincischiò, baciando ancora l’altro.
 
✿✿✿

“Apro?” domandò Merlin tremante, stringendo le buste più importanti della sua vita; ne erano arrivate altre nei giorni precedenti, ma queste erano speciali.
Era passato poco più di un anno dal primo incontro col capitano e ora erano nella camera del biondo, fissandosi uno di fronte all’altro sul letto.
“Va bene” disse Arthur.
Merlin sorrise, osservando i trofei alle spalle del compagno: i Red Dragons erano riusciti a vincere il campionato anche questo anno, battendo i Black Snakes in finale. Anche questa volta non era stata una passeggiata, ma la parte più rognosa del torneo erano state le offese gratuite che alcuni individui avevano rivolto a Merlin. Per fortuna Arthur non ne era mai venuto a conoscenza o ci sarebbe stata una vere e propria rissa da saloon e l’avrebbe obbligato a lasciare la carica di mascotte.
Per il resto a scuola tutto era andato liscio, soprattutto grazie alla dipartita delle cheerleader arpie e alla fama del campione di pallacanestro.
Il moro continuò a scrutare la mensola della libreria e incurvò il labbro quando vide uno dei trofei della mostra di scienze di Morgana, probabilmente il fratello glielo aveva rubato per scherzo e la ragazza sarebbe potuta entrare all’improvviso per riprenderselo.
Iniziò a strappare la carta della prima delle due, con lo stemma del college di Yale in bella mostra.  “E se… ”
Arthur afferrò la mano del moro e la strinse fra le sue. “La tua media era la più alta della scuola.”
“Lo so, ma potrebbe non bastare.”
“Potresti sempre fare il consulente matrimoniale.” Scherzò l’altro, alludendo al fatto che alla fine Percival ed Elena avevano deciso di frequentarsi e Morgana aveva finalmente concesso un appuntamento a Gwaine, dopo un anno di suppliche.
“Sono state solo un paio di coppie… Anche se l’idea di far ingelosire Morgana con Eira è stata geniale.”
“Chi poteva immaginare che mia sorella fosse così gelosa.”
“Già, nessuna somiglianza tra fratelli, dopo tutto.”
“Ehi! Se ti riferisci a quel tipo che ti faceva gli occhi dolci alla partita… ”
“Non c’è bisogno che mi riepiloghi.” Lo interruppe il moro, riguardando la lettera.
“Apri prima quella di Harvard” suggerì Arthur, allungandogliela.
“Ok.” Merlin sospirò e alzò la linguetta che sigillava la risposta alla borsa di studio, chiudendo gli occhi quando il foglio fu completamente aperto sotto il suo sguardo.
“Leggi, su.” Lo incitò il capitano e il moro aprì un occhio, leggendo velocemente il messaggio del college.
“Me l’hanno data! Mi hanno preso!” urlò, facendo cigolare il letto dal continuo muoversi.
“Calmati” vociferò Arthur, stringendolo a sé. “L’importante è Yale.”
L’ex mascotte annuì, allontanandosi dal biondo e prendendo la seconda lettera. Sospirò e strappò la carta, leggendo con paura la risposta dell’altro college.
“Allora?” chiese preoccupato Arthur, vedendo che il moro non stava saltando dalla gioia.
“Non sono interessati” sussurrò con un filo di voce Merlin, lasciando la lettera sul lenzuolo.
“È impossibile! Devono aver sbagliato… ” Il capitano brandì il foglio e incominciò a leggerlo.
Merlin si appoggiò alla testiera del letto; lui e Arthur si erano già riempiti la testa di progetti su un appartamento insieme. “Sarebbe stato troppo bello. Tutto quel tempo a organizzarci per niente.”
Arthur si sistemò di fianco a lui, facendo in modo che il moro appoggiasse la testa sulla sua spalla. “Non è stato tempo sprecato. Funzionerà tutto lo stesso.”
“Intendi dire a distanza?”
“No. Voglio dire che… Ehm. Troveremo un appartamento con la moquette che ti piace anche vicino ad Harvard.”
“Come?? Che blateri?” L’ex mascotte si rialzò e lo fissò alzando un sopracciglio.
“Hai capito” rispose conciso il biondo.
“Ma non puoi! I Pendragon sono sempre andati a Yale dal tuo bis, bis, bisnonno. Me lo hai raccontato tu!”
“Ci penserà mia sorella a portare avanti la tradizione e poi avrei l’opportunità di essere il primo della famiglia lì. È sempre un onore.”
Merlin si lanciò addosso al compagno, facendolo coricare sul letto.
“Ho la sensazione di aver detto qualcosa di giusto.” Il biondo sorrise, sfoggiando la sua espressione da asino.
Il moro annuì. “Non resisteresti un attimo senza di me” vociferò altezzoso, baciando l’altro prima che rovinasse l’atmosfera con qualche replica.
“Penso di meritare qualcosa di più, non trovi?” Azzardò il biondo.
Merlin sorrise. “Ti amo..?”
“Questo me l’hai già detto tempo fa.” Arthur poggiò una mano dietro il collo dell’ex mascotte e la avvicinò, mordicchiando piano le labbra sottili. “Comunque… Ti amo anche io.” Sorrise, facendo roteare entrambi sul materasso. “E ora la mia ricompensa.” Ammiccò.
“Sei sempre la solita testa di fagiolo.” Merlin rise, abbracciandolo; avrebbe dovuto ringraziare suo zio per non aver ripitturato il furgoncino, che in modo strano, li aveva fatti incontrare.

Note:
Allego, come sempre, foto dei personaggi che compaiono nel capitolo.
 
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Anhora (il proprietario della fattoria): custode degli unicorni e potete stregone.
Arthur, uccidendo un unicorno, fa cadere una tremenda maledizione su Camelot. Per liberare il regno dal maleficio dovrà sottoporsi a varie prove, architettate da Anhora, per dimostrate che il suo cuore sia puro. 

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Dagr ed Ebor (fan dei Blue Bulls) ed Ethan e Oswald (giocatore e capitano dei Blue Bulls): i primi due sfidano Arthur in una taverna, dove il principe e Merlin stanno tentando di difendere la proprietaria dalle loro angherie. Sconfitti grazie all’intervento di Gwaine i due malfattori uccideranno Sir Ethan e Sir Oswald per assumerne l’identità utilizzando dei cristalli magici. Fingendosi i due nobili parteciperanno a un torneo indetto a Camelot per vendicarsi di Arthur, ma lì verranno uccisi dal principe e da Gwaine con l’aiuto di Merlin.

Inizio col dire che non mi ricordo come sono arrivata al furgoncino hippie, ma ho avuto sempre un amore per i furgoncini Volkswaghen.
Arthur avrebbe dovuto essere il capitano della squadra di football e non di basket, ma i cavalieri ‘conosciuti’ erano troppo pochi per formare una squadra.
Morgana nell’idea originale usava il Wicca club come copertura per coltivare marjuana insieme a Gwen, ma la cosa mi sembrava troppo OOC.
Ho amato Alator come coach, farlo arrabbiare è stato fantastico e ho amato anche il suo lato protettivo verso i ragazzi e Merlin.
Ho fatto del mio meglio con la squadra dei Dragoni e ho adorato tutti. Purtroppo in cinque capitoli non ho potuto dedicare loro tutta la attenzione che volevo, quindi spero di non aver fatto troppo casino.
Per quanto riguarda i protagonisti ho voluto dare un tocco di intraprendenza a Merlin (si nota soprattutto nel quarto capitolo), in fondo è lui ad avere le redini.
Nel quinto capitolo, invece, ho evidenziato il lato protettivo del biondo e il suo amore profondo per Merlin, rinunciando ad andare a Yale per stare con lui.
In realtà volevo concludere con il ballo di fine anno (Prom), ma per mancanza di tempo non sono riuscita e volevo che la situazione fosse più concentrata tra i due protagonisti.
Il finale non doveva essere così comunque, alla partita, ma mi sono lasciata trasportare dalla vittoria dei Dragoni.
(Se avrò tempo potrei fare un raccolta di OneShot con vari episodi del quarto anno, vi piacerebbe?)

Lascio anche le direttive del pacchetto con cui partecipavo al contest, spero di averle usate al meglio :)
#Pacchetto scolastico (stile high school americana):
1) Uno dei protagonisti è preso di mira dai suoi compagni (il motivo sceglietelo voi, ma siate originali. Vietato tirare in ballo la questione omofobia). Le cose però cambieranno in seguito a un corso pomeridiano (di recupero, di teatro, sportivo, per punizione, quel che vi pare) che frequenterà insieme all'altro protagonista...
2) “Interessante scelta di abbigliamento.” e “Dai, sarà divertente! È solo un po' illegale, ecco.” (Usare entrambe le citazioni.)
3) American Idiot – Green Day

Spero tanto che la ff vi sia piaciuta e grazie a tutti quelli che mi hanno lasciato o lasceranno un commento :)
Un bacio e a presto!

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