Indagine ad alto rischio

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ben & Livyana ***
Capitolo 2: *** Domande e risposte ***
Capitolo 3: *** nebbia ***
Capitolo 4: *** Un'accusa pesantissima ***
Capitolo 5: *** Piovuta dal cielo ***
Capitolo 6: *** "Grazie Milly" ***
Capitolo 7: *** il viale dei sogni spezzati ***
Capitolo 8: *** Festa di compleanno ***
Capitolo 9: *** 'Si va in scena' ***
Capitolo 10: *** Nella fossa del leone ***
Capitolo 11: *** Primi sospetti ***
Capitolo 12: *** Oscure presenze ***
Capitolo 13: *** Un'altra tegola ***
Capitolo 14: *** Confidenze pericolose ***
Capitolo 15: *** Sconcertante scoperta ***
Capitolo 16: *** Distrazioni pericolose ***
Capitolo 17: *** Svanito nel nulla ***
Capitolo 18: *** ora o mai più ***
Capitolo 19: *** "Grazie socia" ***



Capitolo 1
*** Ben & Livyana ***


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Ben & Livyana
 
Erano le sette di mattina, Ben stava preparando la colazione, quando pochi istanti dopo aver messo la caffettiera sul fuoco, sentì per la casa diffondersi le note di ‘The longing’ di Tom Beck.
Questa canzone era una delle preferite di Livyana, la bambina di undici anni che il giovane ispettore dell’ autostradale aveva avuto in affido dopo la morte dei genitori, avvenuta durante una delicatissima operazione di polizia in cui lui era stato personalmente coinvolto.
Ben le aveva regalato un cellulare e lei lo aveva personalizzato.
E la suoneria della sveglia era una delle sue personalizzazioni.
Pochi minuti dopo, a far capolino in cucina arrivò la bambina.
“Buon giorno, piccola. Dormito bene?” le chiese sfoderando uno dei suoi soliti magnifici sorrisi.
“Sì certo, e tu?” rispose lei stropicciandosi gli occhi con le mani.
“Come un ghiro ” rispose il ragazzo.
I due si sedettero al tavolo e fecero colazione: caffelatte, cereali, succo d’arancia…Livyana alla mattina si svegliava sempre con una fame mostruosa e Ben non le faceva mancare nulla.
La piccola distese il tovagliolo sulle ginocchia, riempì la tazza con i fiocchi di mais, si versò il latte e aspettò che il ragazzo vi aggiungesse un po’ di caffè.
Anche Ben aveva iniziato a far colazione a casa, anche perché quello era diventato un momento tutto loro per organizzare la giornata.
Mentre la guardava nella mente di Ben riaffiorarono alcuni ricordi legati alla sua infanzia.
Si rivedeva quando, dopo aver perso la madre all’età di otto anni, si svegliava alla mattina presto, scendeva in cucina e faceva colazione assieme ad Helga,  la governante di casa Jager.
Qualche volta si univano a loro il resto del personale di servizio, persone che per lui erano diventati una sorta di zii.
Ovviamente il padre non approvava, ma Ben o meglio il suo spirito ribelle di quello che pensava il  genitore poco importava, e la cosa continuò fino a che il ragazzo non lasciò la casa paterna per entrare all’accademia di polizia.
Dopo la colazione la piccola si alzò e dopo aver aiutato Ben a riporre le tazze e le posate nella lavastoviglie si avviò in bagno per lavarsi.
“Livyana”
“Sì?” la sentì cinguettare Ben attraverso la porta.
“Ti accompagno io oggi a scuola , ho il giorno libero, così ne approfitto per fare alcune commissioni…devo incontrare anche la dottoressa Kladden”
Elise Kladden era la giovane psicologa che seguiva Livyana dopo l’affidamento a Ben.
La bimba l’aveva presa subito in simpatia e questo era  un bel punto di partenza.
Con lei si ritrovava a parlare di tutto e una volta Ben venne a conoscenza che tra lei e la dottoressa c’erano dei segreti.
Quando il giovane ispettore, curioso chiese a Livyana che tipo di segreti ci fossero tra loro due, la piccola lo ‘stroncò’ con un lapidario ‘segreti tra donne’.
“Perfetto Ben” gli rispose di rimando la piccola aggiungendo “Terrei però anche a ricordarti che oggi è martedì ho il corso di nuoto, mi accompagni tu o Irina?”
Irina Markovic era una signora di mezz’età originaria della Russia, era stata assunta come colf da Ben alcuni anni addietro, ed ora all’occorrenza era anche diventata una specie di babysitter per Livyana.
“Ti accompagno io, vengo a prenderti a scuola e ti porto in piscina, anzi potrei approfittarne per fare un po’ di nuoto libero, qualche vasca…” ma fu interrotto da Livyana che uscendo dal bagno si dirigeva in camera per togliersi il pigiama e vestirsi.
“Sì come no e poi la mia istruttrice non ci segue più per guardare te…” replicò secca.
“Che vorresti dire?” rispose divertito il ragazzo “Noto una punta di sarcasmo”
“Dico solo che ‘zio Semir’ ha ragione quando dice che tu attrai le donne come fossi una calamita”
“Veramente ‘zio Semir’ usa un’espressione un po’ diversa...” sogghignò Ben.
“Certo” disse lei uscendo dalla sua cameretta vestita di tutto punto “Ma io sono una bambina e pure educata e certe espressioni non le uso”
“Dai andiamo, altrimenti faremo tardi…” troncò il discorso prendendo le chiavi della Mercedes.
I due salirono sull’auto, Ben mise in moto e dopo aver controllato che la piccola avesse allacciato bene la cintura partì.
“Ben mi fai ascoltare le mie canzoni preferite…dai sai quali…quelle che ho inserito nella chiavetta USB”
Ben l’accontentò e così per l’abitacolo della Mercedes si diffusero le note dell’ennesima canzone di Tom Beck.
“Uff…” sbuffò alzando gli occhi al cielo il poliziotto “Me lo farai andare in disgrazia…”
“Facciamo così” propose la ragazzina “Quando verrai a prendermi e mi porterai in piscina ascolteremo i Nickelback ok?”
Ben lasciò la bambina davanti all’ingresso della scuola, poi quando la vide entrare nel cortile, cambiò subito musica, nell’abitacolo si diffuse la potente voce di Chad Kroeger.
Picchiettando con le dita il volante il ragazzo ripartì alla volta del distretto sanitario, là avrebbe avuto il colloquio con Elise Kladden.

Per impiegare meno tempo decise di prendere l’autostrada, imboccando il raccordo.
Stava per inserire la marcia per aumentare la velocità, quando la sua attenzione cadde su una persona che camminava a zig zag lungo la corsia d’emergenza a un centinaio di metri davanti a lui.
Anche se non era in servizio, Ben accostò, azionò i lampeggianti della Mercedes e scendendo andò incontro alla persona che stava camminando ora davanti a lui.
Vista di spalle il poliziotto ebbe l’impressione che si trattasse di una donna , quindi mentre la raggiungeva la chiamò.
“Signora…signora…polizia autost…” ma Ben si bloccò.
La donna richiamata dalla voce si era voltata, indossava solo una camicia da notte, era scalza e al giovane sembrò in evidente stato confusionale.
Ben la raggiunse subito, faceva molto freddo e la donna tremava vistosamente.
Senza pensarci su il poliziotto si tolse immediatamente la giacca mettendogliela sulle spalle.
“Signora” cercò di rassicurarla Ben con calma, ma lei lo precedette.
“Mi lasci…mi lasci andare…devo andare dalla polizia…subito…mi lasci andare…” e cercò di allontanarsi da lui accelerando il passo.
“Signora, mi chiamo Ben Jager, sono un ispettore di polizia…” si affrettò a dire il giovane, raggiungendola  afferrandola di nuovo delicatamente per le spalle “Posso aiutarla…come si chiama…da dove viene…”
“Mi chiamo Charlotte…Charlotte Wolfgang…” si affrettò a dire lei prendendolo per le spalle e puntandogli gli occhi contro.
Ben ebbe come la sensazione che la donna gli piantasse quasi le unghie nella pelle, nel volto un’espressione allucinata che il ragazzo non seppe dire se dipendesse dalla paura o da qualcosa altro, sicuramente era sconvolta e non tremava solo a causa del freddo pungente.
“La prego, mi aiuti…devo denunciare un omicidio…” farfugliò la donna.
“Come scusi?” chiese quasi sconvolto Ben.
“Sì, sì…devo denunciare un omicidio…anzi no…non uno solo…più omicidi…”
 
 
Angolino musicale & nota dell’autrice: Ladies & gentlemen rieccomi… la coppia d’oro della CID è tornata, ma come avete letto, anche la piccola Livyana.  Non sarà ‘protagonista’ come nella scorsa storia, ma darà lo stesso ‘filo da torcere’ al suo ‘angelo custode terreno’ e a Semir. Semir che come sempre sarà l’infaticabile amico, consigliere, socio e ‘padre’ di quel scapestrato, quanto complessato ‘figlio’ che è Ben.
Ringrazio fin da ora chi vorrà lasciare una recensione e la mia beta MATY (qui in veste anche di ‘super esperta /consulente’).Buona lettura. CBJ.
Eugenio Finardi mio cucciolo d’uomo https://www.youtube.com/watch?v=0mgkPBJLuhE
Mio cucciolo d'uomo, così simile a me di quello che sono vorrei dare a te solo le cose migliori e tutto quello che ho imparato dai miei errori, dai timori che ho dentro di me
Ma c'è una cosa sola che ti vorrei insegnare è di far crescere i tuoi sogni e come riuscirli a realizzare ma anche che certe volte non si può proprio evitare se diventano incubi li devi sapere affrontare E se ci riuscirò un giorno sarai pronto a volare aprirai le ali al vento e salirai nel sole e quando verrà il momento spero solo di ricordare ch'è ora di farmi da parte e di lasciarti andare Mio piccolo uomo, così diverso da me ti chiedo perdono per tutto quello che a volte io non sono e non so nemmeno capire perché non vorrei che le mie insicurezze si riflettessero in te e c'è una sola cosa che io posso fare è di nutrire i tuoi sogni e poi lasciarteli realizzare ma se le tue illusioni si trasformassero in delusioni io cercherò di darti la forza per continuare a sperare, lottare…




 

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Capitolo 2
*** Domande e risposte ***


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Domande e risposte
 
Ben fece salire la donna sull’auto, per proteggerla in qualche modo dal freddo pungente che faceva.
Era pieno inverno e l’autostrada era sferzata da un gelido vento.
L’ispettore prese il cellulare per contattare e al contempo chiedere aiuto al vicino ospedale di Colonia.
Mentre attendeva che qualcuno rispondesse Ben si guardò un po’ attorno; nessuna casa, nessun edificio, niente di niente.
Perplesso il giovane si chiese da dove fosse sbucata quella donna e in che modo fosse arrivata a percorrere l’autostrada, indossando solo una leggera camicia da notte, per di più scalza.
“Pronto intervento, ospedale di Colonia, in cosa posso esserle utile?” rispose una voce femminile dopo qualche squillo dall’altro capo del telefono riportando Ben alla realtà.
Ben si presentò ed espose il quadro della situazione:
 “…la donna è in evidente stato confusionale, avrà circa trentacinque, quarant’anni. Veste solo con la camicia da notte ed è scalza…”
“Ispettore” disse l’infermiera dall’altro capo del telefono “Ha detto che si trova all’altezza del km 73 dell’A57, dico bene?”
“Sì esattamente” asserì il giovane.
“Lì vicino se non sbaglio c’è un cavalcavia che passa sopra l’autostrada”
“Sì esattamente…” confermò di nuovo Ben, poi come se avesse avuto un’illuminazione “Ma certo lì vicino al cavalcavia c’è la clinica ‘Raven’, dove sono in cura pazienti con disturbi mentali. Forse la donna proviene da lì” e avrebbe voluto aggiungere che forse la signora avrebbe potuto anche essere scappata dalla struttura, ma tenne la considerazione per sé.
“Può essere, comunque ora le mando un’ambulanza e potrei chiedere nel frattempo informazioni alla clinica”
Ben riagganciò trovandosi davanti gli occhi terrorizzati della donna che lo scrutava attentamente.
Per un attimo ne ebbe quasi paura, poi cercando di apparire il più tranquillo possibile disse:
“Signora Wolfgang fra un po’ arriveranno dei medici… l’aiuteranno…”
Ma a quelle parole la donna sgranò gli occhi, lo sguardo terrorizzato, cominciò ad urlare, scese velocemente dall’auto e si mise a correre in mezzo all’autostrada.
Ben spiazzato scese velocemente anche lui dall’auto correndole dietro, purtroppo le vetture che sopraggiungevano in quel momento erano molte.
Per schivare la donna alcune tagliarono la strada ad altre provocando una serie di tamponamenti.
Charlotte Wolfgang sentendo le auto cozzare tra di loro si bloccò di colpo in mezzo alla carreggiata.
Un’auto che stava procedendo a velocità sostenuta la stava per investire in pieno quando Ben, quasi tuffandosi riuscì all’ultimo istante a spostarla dalla traiettoria.
I due atterrarono sull’asfalto nella corsia d’emergenza.
“Ma che le è saltato in mente? E’ pazza?” le urlò quasi inviperito Ben, ma poi si rese conto di quello che le aveva detto.
Cercò di scusarsi, ma la donna cominciò ad urlare di nuovo.
“Mi lasci, non voglio tornare là, mi uccideranno…come hanno ucciso gli altri…lo chieda a Samantha…lei le dirà le stesse cose…siamo entrambe in pericolo…lei ha visto morire un uomo…non è annegato, lo hanno ucciso…le chieda di Stefan…deve aiutarmi, deve aiutarmi, la prego…”
La donna si dimenava come una furia e a stento Ben riusciva a tenerla ferma.
Pochi istanti dopo arrivò un’ambulanza e da essa scesero due paramedici.
Appena li vide Charlotte Wolfgang riuscì a divincolarsi dalla forte presa di Ben, stava per buttarsi di nuovo in mezzo alla carreggiata, quando venne bloccata appena in tempo da un medico, mentre un altro accorso in aiuto del collega la tenne ferma quel poco che bastò per somministrarle con un’iniezione un sedativo per calmarla.
La donna in pochi istanti smise di agitarsi, continuando però a guardare Ben terrorizzata e chiedendogli di aiutarla.
Ben in disparte assisteva impotente alla scena.
Avrebbe voluto in qualche modo aiutarla, esaudire la sua richiesta, ma come?
Passarono pochi minuti, la donna entrò come in uno stato di dormiveglia e così i medici la poterono tranquillamente sistemarla sull’ambulanza.
“Scusate…dove la state portando?” chiese Ben avvicinandosi ai medici.
“Alla clinica ‘Raven’. La nostra centrale operativa si è messa in contatto con la clinica, stamattina hanno denunciato la scomparsa di una loro paziente…la descrizione corrisponde…e il nome che le ha fornito la donna ne è un’ulteriore conferma. Grazie della collaborazione ispettore. Arrivederci” e detto ciò l’ambulanza partì.
Ben accompagnò con lo sguardo il mezzo di soccorso finché questo non sparì dalla sua vista, poi salì sulla Mercedes e si diresse verso il distretto sanitario dove di lì a poco avrebbe incontrato la dottoressa Kladden.

Per tutto il tragitto continuava a pensare a quella donna.
Lo sguardo terrorizzato, le urla strazianti, la pressante e quasi incessante richiesta di aiutarla.
Poi ragionò che se quella donna era ricoverata alla clinica ‘Raven’ una ragione c’era.
E quindi seppur dispiaciuto per quella triste realtà, cercò di mettersi il cuore in pace.
Fortunatamente a distoglierlo dai quei pensieri venne in aiuto la vista del grande edificio dove era ubicato il distretto sanitario.
Il ragazzo parcheggiò l’auto, si diede una veloce sistemata ai capelli e ai vestiti e entrò nel grande edificio.
Per i corridoi, forse anche perché era agitato da quello che le avrebbe potuto dirgli la dottoressa Kladden, Ben continuò imperterrito a spolverarsi la camicia fino a che non arrivò davanti all’ufficio della psicologa.
Il ragazzo bussò ed entrò, salutò la giovane donna e si accomodò su di una poltroncina di fronte a lei.
Dopo i consueti convenevoli Elise Kladden cominciò la sua valutazione sulla piccola Livyana.
“…perdere i genitori in modo così tragico, assistere al suo ferimento, assistere a tutto questo è qualcosa di terribile, oltretutto per una bambina piccola. Ma devo dire che l’aver affidato a lei Livyana si è rivelata la mossa, anzi direi la terapia più giusta” poi scorrendo alcuni appunti continuò “Livyana mi ha detto che grazie alle sue amicizie ora ha anche una nuova famiglia…degli ‘zii’ e delle ‘cugine’…”
Ben pensò subito a Semir e all’intera famiglia Gerkhan, di quanto si erano affezionati alla piccola e Livyana a loro.
“Sì certo, la famiglia del mio collega “confermò Ben.
“Parla anche di una ‘zia’ anziana, ma mi ha detto che non è sua madre”
“No…no…purtroppo mia madre è morta, Livyana si riferisce ad Helga…una persona speciale per me ed ora diventata speciale anche per la bambina”
“Comunque” continuò la dottoressa “Una cosa che le farà molto piacere sapere e che Livyana non vuole che lei sappia per non crearle …aspetti l’ho scritto qui” e scorrendo gli appunti testualmente lesse:
“Ben non deve sapere che io lo considero più un padre che un fratello maggiore, se lo sapesse si farebbe un sacco di sensi di colpa e poi si sentirebbe ancora di più responsabilizzato…mi vuole bene…troppo e troppo in questo caso, nel suo caso è pericoloso”
Ben si immaginò la piccola mentre diceva queste cose.
Ora come ora avrebbe dato la vita per quella di Livyana e la piccola in un certo qual modo ne aveva paura.
Sapeva che Ben, se fosse stato inevitabile, sarebbe morto per lei.
“Lei sa perché dice che ‘nel suo caso è pericoloso’ vero?” chiese la dottoressa.
“Sicuramente si riferisce all’episodio in cui sono stato ferito. Il fatto che mi sia messo, come dire, in mezzo tra lei e il proiettile…penso che abbia paura che possa accadermi di nuovo qualcosa di spiacevole. Credo che si senta in colpa, lei non me lo vuole dire, e non me lo dirà mai, ma un giorno si è confidata con il mio collega che poi, naturalmente, lo ha riferito a me”
“Siete molto uniti, lei, la piccola, la famiglia del suo collega”
“Già” rispose alla fine il giovane poliziotto.
Un’ora dopo Ben  uscì dal distretto sanitario.
Si sentiva sollevato da come si stava evolvendo la situazione, era felice, ma al contempo tempo triste.
Livyana lo considerava come uno dei genitori che aveva perso, ma purtroppo lui non lo era.
 
Nel pomeriggio il giovane accompagnò la piccola in piscina, e quando Livyana le chiese come era andato il colloquio con la dottoressa Kladden lui le aveva risposto che la signorina Elise era molto contenta di lei.
Stava per aggiungere altro quando Livyana lo precedette.
“Secondo me dovresti chiederle di uscire” disse innocente la piccola, guardando con i suoi occhioni profondi quelli castani di Ben attraverso lo specchietto retrovisore, tenuto conto che lei viaggiava nei sedili posteriori della Mercedes.
“Ma cosa vai dicendo…e poi non posso…sarebbe una specie di …conflitto d’interessi, è la tua ‘tutor’ in un certo senso…” rispose serio.
“Ciò non toglie che la signorina Elise, oltre ad essere una bella ragazza è molto intelligente, le piace arrampicarsi sulle montagne come te e ama la musica…a proposito lo sai che l’anno scorso è andata ad un concerto dei Nickelback? Addirittura in Canada...”
“Ma davvero?” rispose stupito Ben.
“Ben” chiese poi seria “Posso farti una domanda strana? “
“Certo piccola di che si tratta?” rispose il giovane percependo che il tono della voce era decisamente cambiato.
“Se i miei genitori  non fossero morti…ecco io mi chiedevo” ma la bimba si bloccò, da una parte aveva il bisogno impellente di chiederglielo, dall’altra aveva paura di ferirlo, ma Ben capì subito dove voleva arrivare la piccola.
Ormai tra loro si era creata una forte empatia.
“Volevi chiedermi se ho chiesto il tuo affidamento perché mi sento in colpa? Per il fatto che non sia riuscito a …”Ben lasciò volutamente la frase in sospeso, sapeva molto bene che ora la piccola affrontava l’argomento abbastanza serenamente, ma ciò nonostante se poteva evitare di farla soffrire…
“Già volevo chiederti se ti senti in colpa perché non sei riuscito a salvare i miei genitori…a volte penso che tu sia …come dire…portato per sentirti continuamente in colpa” sentenziò non guardandolo volutamente negl’occhi.
Ben cercò le parole che a lui sembrarono più adatte:
“Non volevo che restassi sola, so cosa vuol dire, io dopo la morte di mia madre in un certo senso lo sono stato, non volevo che anche tu…”
Ben si rese conto che il discorso stava prendendo una piega decisamente drammatica e quindi cercò di alleggerire l’atmosfera che si era creata.
“Comunque sei diventata la mia ragione di vita e lo sai. Lo ha notato anche ‘zio Semir’, dice che sono meno spericolato… beh solo un po’…”
“Ma i tuoi hobby? La tua band” lo incalzò imperterrita la piccola.
Ben si sentì quasi sotto interrogatorio, la piccola non dava cenno di voler cedere e di fatto gli stava facendo una specie di terzo grado.
“Beh lo vedi anche tu qualche volta esco e torno tardi, capita che vai a dormire dagli ‘zii’ o chiedo ad Helga o ad Irina se possono venire da noi…”
“Ma le prove? Una volta andavi spesso alla sala prove…”
“Lo sai benissimo che provo molte volte con la band, solo che adesso ho chiesto ai ragazzi di anticipare gli orari, di fare meno tardi così puoi venire anche tu , e faccio in modo che le nostre esibizioni siano durante il weekend…”
“Vero…” rispose, ma il tono della piccola a Ben suonò poco convinto.
“Ecco siamo arrivati”
Il resto della giornata passò tranquillamente.
La classica ‘quiete prima della tempesta ‘, perché il giorno seguente per il giovane ispettore sarebbe stato un giorno ad dir poco terrificante.
 
Angolino musicale: Vista la canzone che mi è venuta in mente, alla clinica 'Raven' dovrei andarci pure io, comunque capitolo quasi tutto incentrato su Ben e …le donne. Una decisamente ‘pazza’, ma forse anche no e una formato ‘mignon’: dolce , tenera e desiderosa di ‘scavare’ e capire a fondo il suo ‘angelo custode terreno’ povero Ben…di questo passo al manicomio ci finirà lui.
Savage Garden ‘Crash and Burn’ (abbattersi e bruciare).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=W60IPexop30
Abbattersi e Bruciare
Quando ti senti tutta sola e il mondo ti ha voltato le spalle dammi un momento per domare il tuo cuore selvaggio so che ti senti come se le pareti ti si stessero chiudendo addosso è difficile trovare conforto e la gente può essere così fredda Quando l'oscurità è sulla tua porta e ti senti come se non potessi prenderne di più Quando ti senti tutta sola ed un amico fedele è difficile da trovare sei intrappolata in una strada a senso unico con i mostri nella tua testa quando le speranze e i sogni sono lontani e ti senti come se non potessi affrontare un giorno Lascia che sia l'unico che chiami se salti bloccherò la tua cadutati tirerò su e volerò lontano con te nella notte se hai bisogno di cadere isolata posso rammendare un cuore infranto se hai bisogno di abbatterti allora abbattiti e brucia non sei da sola




 

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Capitolo 3
*** nebbia ***


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Nebbia

Le note di ‘Holding hands when we die’di Tom Beck si diffusero per tutto il lussuoso appartamento di Ben annunciando l’inizio di una nuova giornata di lavoro per il giovane poliziotto e di scuola per Livyana.
“Vedo che finalmente hai cambiato canzone” constatò Ben sentendo la nuova suoneria della sveglia della piccola mentre si alzava dal letto.
“Sì ho deciso di cambiarla ogni primo del mese, così per variare” rispose dalla cameretta Livyana.
“Variare? Quindi dal mese prossimo basta Tom Beck?” scherzò ironico il ragazzo conoscendo benissimo la risposta che da lì a mezzo secondo sarebbe arrivata puntuale e pungente.
“Certo che no! Se fosse di un altro artista non ti alzeresti mai. Comunque sono sicura che tu non vorrai mai ammetterlo, ma ti piace Tom Beck, una volta ti ho sentito mentre cantavi una sua canzone sotto la doccia”
“Ci credo in questa casa non si ascolta altro ultimamente e poi sì hai ragione, senza Tom Beck non potrei esistere!” replicò ironico e con gesti teatrali Ben.
“Spiritosone, dai andiamo a fare colazione” rimbeccò la piccola “Oggi ho la verifica di tedesco, ai cereali e al caffelatte non rinuncio e non voglio arrivare in ritardo”
Come sempre dopo colazione Livyana, andò a lavarsi e a vestirsi, poi zaino in spalla salutò con un tenero abbraccio Ben, uscì di casa , dirigendosi, sotto lo sguardo vigile e attento del poliziotto, verso la fermata dell’autobus che l’avrebbe condotta a scuola.
Ben invece salì sulla Mercedes, imboccò l’autostrada, dirigendosi verso casa Gerkhan.
Pochi istanti dopo il telefono di Ben suonò. Il giovane ispettore azionò il vivavoce attraverso i comandi del volante.
“Ciao socio” esordì Ben dando una furtiva occhiata al display della radio.
“Ciao mio giovane ‘Padawan’ ” rispose un divertito Semir imitando Obi-Wan Kenobi, uno dei suoi personaggi preferiti della saga di Guerre Stellari “Ho il caffè e le brioches calde che ti aspettano…vedi di sbrigarti poi proseguiremo il tuo addestramento”
“Arriverò un po’ in ritardo maestro Jedi…” stette allo scherzo Ben.
“Sarebbe la prima volta, Livyana ti fa essere puntuale…” ridacchiò il piccolo ispettore al telefono.
“Sto percorrendo l’autostrada , c’è una nebbia …potrei tagliarla con un coltello da quanto è fitta, poi c’è quel cantiere di cui ti parlavo, saranno tre mesi che ci sono dei lavori in corso, non vorrei urtare qualcosa…  se graffio la carrozzeria dell’auto appena uscita dall’officina Dieter prima e la Kruger dopo mi spellano vivo…”
Ben non ebbe neppure il tempo di finire la frase quando improvvisamente il parabrezza della Mercedes fu violentemente colpito da qualcosa di voluminoso. Numerose crepe fecero la loro comparsa sul vetro e Ben ebbe come l’impressione che il parabrezza davanti a lui esplodesse.
Il giovane urlò dallo spavento e senza rendersene conto sterzò a destra.
Purtroppo il guard-rail in quel punto dell’autostrada era assente e la Mercedes precipitò giù per la scarpata.
L’auto cappottò un paio di volte, il giovane ispettore sentì numerosi colpi alle gambe, alle braccia.
Gli airbag dell’auto scoppiarono, colpendolo violentemente al volto e per un attimo Ben si sentì mancare l’aria.
L’auto fermò la sua carambola contro un grosso albero ed infine un colpo violento alla testa  fece svenire Ben.
E fu tutto buio.

Semir che era ancora dall’altro capo del telefono quando sentì l’urlo del suo migliore amico.
“BEN” chiamò a gran voce “Ben che succede???Rispondimi …” ripeté quasi urlando, ma pochi istanti dopo la comunicazione s’interruppe.
Semir compose di nuovo con il cuore in gola il numero dell’amico.
Nessuna risposta se non la voce metallica della segreteria che annunciava che al momento l’utente selezionato non era raggiungibile.
Compose quindi il numero del distretto, sicuro che qualcosa di terribile era accaduto al suo socio.
“Polizia aut…” ma la giovane segretaria del distretto fu subito interrotta da Semir.
“Susanne” disse senza tanti convenevoli “Rintracciami subito il cellulare di Ben, e prova a chiamarlo attraverso la radio di servizio…è urgente”
Susanne non se lo fece ripeter due volte, percependo subito la preoccupazione nella voce del piccolo ispettore turco, mentre Semir di corsa raggiungeva la sua auto e si dirigeva verso l’autostrada che ogni mattina percorreva Ben per raggiungere la sua abitazione.
Semir avrebbe voluto volare sull’asfalto dell’autostrada, ma la nebbia che incombeva sulla città era ancora molto fitta.
“Semir” chiamò Susanne alla radio.
“Dimmi”
“Ho localizzato il cellulare di Ben, si trova all’altezza del chilometro 76 dell’A57 e alla radio non risponde…”
Susanne avrebbe voluto chiedere spiegazioni, il perché di tanta preoccupazione nella voce di Semir, ma il piccolo turco troncò la comunicazione con un lapidario:
“Ok ricevuto, grazie Susanne”
Con il cuore in gola Semir cominciò ad avvicinarsi al luogo indicatogli dall’efficiente segretaria.
Le tabelle poste sul ciglio della strada contrassegnate con il numero del chilometro scandivano l’avvicinarsi al luogo dove era stato indirizzato il piccolo ispettore da Susanne.
72…73…74…75…poi pochi metri davanti a lui vide l’inizio del cantiere di cui Ben gli aveva parlato pochi minuti prima al telefono.
Semir parcheggiò l’auto su una piazzola, mise le quattro frecce, scese e velocemente si diresse verso il chilometro 76.
La nebbia fortunatamente si stava un po’ diradando, quindi Semir poté con disappunto constatare che nel punto dove erano presenti i lavori in corso il guard-rail era assente.
D’istinto corse sul ciglio della scarpata, volgendo lo sguardo giù per il dirupo la scena che gli si presentò gli fece quasi mancare il fiato, Semir ebbe come l’impressione che il cuore si fermasse per un secondo.
“O mio Dio…BEN…” urlò a squarcia gola Semir scendendo velocemente la piccola scarpata.
La Mercedes di Ben era praticamente ridotta a un ammasso di ferraglia.
Il piccolo turco si avvicinò all’auto, subito sollecitò l’intervento di un’ambulanza, poi cercò di aprire la portiera, ma questa non cedette.
Quindi chiese l’intervento anche dei vigili del fuoco.
I finestrini dell’auto erano andati in frantumi, Semir infilò un braccio all’interno dell’abitacolo cercando di arrivare  a  Ben.
Il giovane poliziotto era ancora legato alla cintura di sicurezza, tutti gli airbag attorno a lui erano esplosi, aveva del sangue che colava all’altezza della tempia sinistra e il capo era reclinato dalla parte del passeggero.
Semir appoggiò le dita sul collo di Ben, fortunatamente  il suo giovane amico era sì incosciente, ma almeno ancora vivo, respirava e questo lo rassicurò un po’.
“Ben” chiamò “Ben rispondimi, aprì gli occhi…” ma il ragazzo non dava nessun segnale di ripresa.

Passarono minuti interminabili poi in lontananza cominciarono a sentirsi le sirene dei soccorsi che si avvicinavano.
Mentre Ben veniva soccorso dai paramedici Dieter accorso anche lui con altri colleghi sul posto, sul ciglio della strada chiamò a gran voce Semir.
Il piccolo turco non se la sentiva di lasciare solo Ben, ma l’agente chiamò ancora più insistentemente l’ispettore.
Seppur riluttante Semir salì la piccola scarpata.
La nebbia si stava sempre più diradando.
“Dieter spero che ci sia un valido motivo per…” ma fu tempestivamente interrotto dall’agente.
“Semir” disse preoccupato il collega “Al lato della careggiata c’è un cadavere, è di una donna. Un testimone dice di aver visto una Mercedes grigia scura che la investiva…”
“Ehi, aspetta un momento…c’era nebbia, fittissima…me lo ha detto Ben prima di finire giù per la scarpata…come può esserne sicuro?” lo interruppe subito Semir.
“Eppure il testimone ne è certo” ribadì Dieter.
“Dieter, Ben …Ben è un pilota esperto, è stato addestrato per…” ma il resto della frase gli morì in gola.
Semir non voleva credere che Ben, anche distrattamente o a causa della nebbia avesse potuto investire qualcuno…e poi che ci faceva una donna in mezzo all’autostrada?
 
Angolino musicale e nota dell’autrice: ai ‘veterani’ di ‘Cobra 11’ non sarà sfuggita la somiglianza tra l’incidente di Ben e quello in cui è vittima Jan Richter nell’episodio ‘il retroscena’ …per certi versi anche i prossimi capitoli ricorderanno quell’episodio, ma i risvolti saranno decisamente diversi. Dopo questa doverosa premessa e la scelta della canzone, vi anticipo che di questo passo pubblicherò davvero in una clinica psichiatrica...
Lost Frequencies con Janieck Devy’ Reality (Realtà)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=ilw-qmqZ5zY
Per quanto riguarda le decisioni, vado un po’ ovunque. A volte credo in un tempo in cui dovremmo sapere. Non posso volare alto, non posso camminare a lungo. Oggi ho ottenuto 1 milione. Domani non lo so. Per quanto riguarda le decisioni, vado un po’ ovunque. A volte credo in un tempo in cui dovremmo sapere. Smetti di piangere come se fossi a casa tua e pensa allo spettacolo. Stiamo tutti giocando allo stesso gioco, mi sto arrendendo. Siamo degli sconosciuti e siamo sbagliati, specialmente quando vengo io. L’odio vi renderà cauti, l’amore vi farà brillare. Fammi sentire il calore fammi sentire il freddo. È scritto nella nostra storia, è scritto sulle pareti. Questa è la nostra chiamata, abbiamo successo ma poi lo perdiamo. Ballando al chiaro di luna, non abbiamo tutto?


 

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Capitolo 4
*** Un'accusa pesantissima ***


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UN’ACCUSA PESANTISSIMA
 
Alcune ore dopo Ben si svegliò in una stanza dell’ospedale di Colonia.
In quel momento nemmeno si ricordava come fosse finito lì, cercò di fare mente locale, trasse un profondo respiro, come per cercare di mettere a fuoco i ricordi, ma questo gesto gli provocò un dolore acuto al costato.
Ne dedusse che forse poteva avere anche qualche costola incrinata, o peggio ancora rotta.
Cercò di muoversi nel letto, ma si accorse di avere male dappertutto soprattutto la testa.
Comunque una cosa positiva c’era: era vivo.
Piano cercò di aprire gli occhi, la luce gli sembrava accecante, accanto al letto gli sembrò di vedere qualcuno, poi quando la vista si fece più nitida scorse il volto familiare di Semir.
“Ciao socio” esordì il piccolo ispettore.
“Ciao socio” rispose Ben strizzando un po’ gli occhi come per mettere più a fuoco la figura del collega “Come sono finito qui…” chiese il ragazzo.
“Hai avuto un incidente…ti ricordi vero?” domandò preoccupato Semir.
“Un incidente?” replicò Ben, ma poi ebbe come una folgorazione “Sì, sì ora ricordo…la scarpata…sono finito giù per la scarpata”
“Almeno non hai perso la memoria, mi stavo già preoccupando” sospirò Semir che aggiunse “Come ti senti?”
“Decisamente ammaccato, ma sto bene, almeno penso, ho male dappertutto…senti da quanto sono qui?”  e come spinto da una mano invisibile cercò di alzarsi “Livyana…esce da scuola…se non mi vede…a casa…sarà preoccupata…devo avvisarla…” farfugliò il giovane.
“Fermo lì dove credi di andare? Sei appena stato vittima di un incidente, hai un trauma cranico” lo bloccò Semir.
“Sì, ma la piccola, sarà preoccupata” insistette Ben.
“Non ti preoccupare è a casa mia con Andrea e le piccole…” poi incalzò il giovane collega “Senti Ben…dell’incidente…ti ricordi niente?”
Ben cercò di fare mente locale.
“Mi ricordo la nebbia, non procedevo a velocità sostenuta, sarebbe stato impossibile…poi qualcosa di grosso ha colpito il parabrezza e sono andato giù per la scarpata…poi non ricordo altro”
Semir cominciò a girovagare un po’ per la stanza.
Sembrava un leone in gabbia.
“Ehi socio, sono ammaccato non stupido…che c’è?” domandò sospettoso Ben.
“Beh ecco…” il piccolo ispettore non sapeva come dirglielo.
“Semir ti prego, sputa il rospo che c’è?” lo incalzò l’amico.
“Sembra che tu abbia investito una donna …è morta” lo informò il collega.
“Cosa??? Stai scherzando vero???”
Ben si sentì cadere il mondo addosso.
“La donna si chiamava Charlotte Wolfgang ed era una ospite della…”
Ma fu interrotto da Ben “Era ospite della clinica psichiatrica ‘Raven’ ”
“Vero, ma tu come lo sai?” domandò sbigottito Semir.
“Ieri l’ho soccorsa, camminava lungo l’autostrada qualche chilometro indietro… forse nello stesso punto più o meno…ho chiamato l’ambulanza e mentre aspettavamo che arrivassero i soccorsi…”
Ma il giovane si bloccò:
“Ben che c’è?”
“Quando le ho detto che ero un poliziotto…mi ha detto che doveva denunciare un omicidio…io…io…non l’ho nemmeno ascoltata, non le ho dato retta…urlava, sembrava …fuori di testa, lo so non è una bella frase, ma il senso…” Ben si bloccò un secondo, poi riprese “E’ colpa mia…”
“Ben” Semir cercò di rassicurarlo “Come puoi sentirti in colpa, la donna era malata…se si trovava lì…un motivo c’era”

I due soci furono interrotti dal bussare della porta e poco dopo entrò il commissario Kruger.
“Salve Jager” lo salutò la donna.
“Salve commissario” rispose il giovane ispettore.
“Come si sente?” chiese comprensiva.
“Bene…a parte qualche ammaccatura…”
Poi il volto della Kruger divenne serio.
Molto serio.
“Capo” Semir anticipò Ben “Qualcosa non va?”
E in quel momento entrò anche la procuratrice Schrankmann.
“Semir” disse sottovoce Ben “Aiutami a mettere i cuscini dietro la schiena…voglio sedermi…”
“Ispettore Jager” disse dura e severa come sempre la procuratrice accennando col capo un saluto, e lo stesso fece con Semir “Ispettore Gerkhan…”
Entrambi gli ispettori ricambiarono il cenno di saluto, poi la Schrankmann si rivolse direttamente a Ben, senza tanti giri di parole arrivò al nocciolo della questione.
La sua non era una visita di cortesia.
“Sono qui su incarico del capo della polizia. E’ venuto a conoscenza dell’incidente autostradale, tra l’altro mortale di cui lei è stato la causa. A suo carico verrà avviato un procedimento da parte del comando generale di polizia, questo significa che lei è stato sospeso dal servizio, appena potrà consegnerà al suo superiore, il commissario Kruger, il tesserino, l’arma d’ordinanza e la patente di guida”
Nella stanza calò il gelo.
Ben restò per un attimo come paralizzato.
Non credeva alle sue orecchie.
La Schrankmann lo aveva sospeso dal servizio…e per quanto tempo? E perché? Allibito cercò con lo sguardo il suo capo, come in cerca di un aiuto che però non arrivò.
Ma fu Semir a rompere quell’assordante silenzio.
“Ma capo ”cercò di giustificarlo Semir guardando dritto negl’occhi il commissario “E’ stato un incidente”
“Gerkhan per favore…” lo zittì la Kruger e la procuratrice replicò seccata:
“Un incidente mortale causata da una guida che io giudicherei sconsiderata, visto i precedenti, o meglio le auto che voi due demolite in continuazione, non mi risulta difficile da immaginare, per colpa della sua imprudenza” e puntò il dito contro Ben “Charlotte Wolfgang di trentasette anni è morta”
“Ascolti dottoressa Schrankmann” replicò Ben “Non ho potuto evitarla, me la sono trovata sul parabrezza…c’era una nebbia fittissima e le assicuro che procedevo piano…”
“Non penso proprio che lei guidasse piano visto che è morta” e con questo zittì il giovane.
Poi dopo qualche istante lo incalzò di nuovo:
“Cosa stava facendo mentre guidava? Telefonava? Io personalmente quando guido guardo attentamente la strada e non faccio altro, per la mia sicurezza e soprattutto per quella degli altri, specie se sono in presenza di nebbia fitta”
“Ero in viva voce con il mio partner e avevo gli occhi incollati alla strada” si giustificò ancora Ben.
“Ora basta lei non ha il ruolo dell’accusa” intervenne il commissario Kruger.
“E’ vero” ribatté acida la procuratrice.
Ben tentò l’ultima carta che aveva a disposizione “Commissario Kruger, lei crede veramente che io sia colpevole?”
“Io non credo a niente Jager…almeno finché non avrò prove della sua colpevolezza, o come spero della sua innocenza.
“Va bene, come vuole, appena mi dimetteranno le porterò in commissariato, tesserino, pistola e patente” replicò amaro il giovane.
Pochi istanti dopo le due donne uscirono dalla stanza.

Ben alzò lo sguardo al cielo, e i suoi occhi diventarono lucidi.
“Dai vedrai tutto si sistemerà” cercò di confortarlo il collega.
“Semir ho ucciso una donna, cosa vuoi sistemare?…e se anche…possono accusarmi di omicidio colposo…rischio che mi tolgano l’affidamento di Livyana”
“Non possono fare una cosa simile” ribatté sicuro Semir.
“Non possono??? Ti assicuro che possono eccome, che esempio sarei per Livyana? Uno della polizia autostradale che investe e uccide una donna…” Ben si stava alterando.
“O porca miseria, a questo non avevo pensato”
“Resterà di nuovo sola…” concluse amaro.
“Se nella malaugurata ipotesi fosse così c’è ne prenderemo cura noi, dai Ben, ora pensa a rimetterti in sesto” replicò mettendogli una mano sulla spalla.
“Firmerò il permesso per uscire…”
“Ben…” cercò di convincerlo Semir.
“Non ci provare nemmeno, dovrai ammanettarmi al letto” e nelle sue parole non c’era nessun segno di cedimento, ma una determinazione assoluta.
Semir vide la disperazione negli occhi del suo amico.
Livyana, la donna morta, l’incidente…
“Senti perché non chiami Livyana? Ti farà bene sentirla, la potrai rassicurare che stai…insomma che sei tutto intero” propose Semir “Se non ha tue notizie e sa che sei qui in ospedale rischiamo che stanotte fugga di casa per venire qui da te…”
“Sì meglio e comunque stanotte non passerò la notte qui, voglio il mio letto!” e anche stavolta Semir notò nessuna vena sarcastica o spiritosa nel timbro di voce dell’amico.
Semir gli diede il suo cellulare “Ben mi dispiace, se al telefono non ti avessi messo tutta quella fretta…forse” ma Ben non gli rispose, stava già chiamando casa Gerkhan.
“Torno fra cinque minuti…ne approfitto per andare alla toilette” e il piccolo ispettore uscì usando questa scusa consapevole che era meglio che Ben stesse solo, mentre era al telefono con la bambina.
“Semir” rispose una preoccupata  Andrea dopo qualche squillo “Come sta Ben?”
“Andrea sono Ben, tuo marito mi ha prestato il cellulare…comunque sto bene grazie”
“Tesoro sei sicuro? Ti serve qualcosa?”
“ Davvero sto bene…e non ho bisogno di niente” cercò di rassicurarla il ragazzo.
“Vuoi parlare con Livyana?” chiese comprensiva.
“Sì…magari”
“Ciao Ben” lo salutò la piccola e con un tono preoccupato dopo qualche secondo chiese “Che ti è successo? Come stai? E quando torni a casa?” Livyana era un fiume di domande.
“Sto bene piccola, torno presto promesso, ma tu devi promettermi che farai la brava…”
Ma la piccola aveva quella dote di percepire subito gli stati d’animo del suo giovane amico, lo interruppe e a bruciapelo domandò:
“Non tornerai presto vero? E io…” la voce si incrinò e per Ben fu come un pugno allo stomaco.
“Livyana…ascolta…”
Ma la piccola non lo ascoltò nemmeno,  riconsegnò il telefono ad Andrea e corse fuori in giardino.
“Ben” disse comprensiva Andrea  un istante dopo “Sei ancora lì?”
“Sì” rispose col cuore pesante il ragazzo.
“Non ti preoccupare ci prenderemo noi cura di Livy, ok?”
“Grazie” e non riuscì ad aggiungere altro concludendo la telefonata.
Stancamente poggiò la testa sul cuscino.
Si sentiva moralmente distrutto e tutto il suo mondo rischiava di andare in pezzi.
Su di lui pendeva un’accusa orribile, era stato sospeso dal servizio e rischiava di perdere il lavoro, come se non bastasse una brutta  sensazione s’ impadronì di lui i servizi sociali avrebbero potuto toglierli l’affidamento di Livyana.
Sarebbe venuto meno alla promessa fatta ai genitori della piccola.
Il ragazzo chiuse gli occhi cercando di reprimere le lacrime che prepotentemente stavano salendo, ma non ci riuscì e silenziosamente pianse.

Angolino musicale: Bene siamo giunti al prologo…d’ora in poi sarà…sarà! Dunque abbiamo Ben attanagliato dai sensi di colpa, Livyana che ha paura di perderlo (come darle torto) e Semir che dovrà ricomporre tutto …what else…
Guns N’ Roses  don’t cry (non piangere)
 
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=zRIbf6JqkNc
 Parlami dolcemente C’è qualcosa nei tuoi occhi Non affliggerti, non abbassare la testa Ti prego non piangere So quello che provi Anch’io l’ho provato Qualcosa cambia dentro di te E non lo sai Non piangere stasera C’ è un cielo su di te piccola E non piangere stasera Dammi un bacio prima di dirmi addio Non prendertela a male Penserò ancora a te E al tempo passato insieme, piccola Ti prego, ricorda che non ho mai mentito Ti prego ricorda Come mi sentivo Andra tutto bene tesoro Domani ti sentirai meglio Alle luci del mattino, piccola Non piangere stasera…  
 

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Capitolo 5
*** Piovuta dal cielo ***


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Piovuta dal cielo

Ben passò la notte all’ospedale, sebbene lui avesse fatto richiesta di essere dimesso i dottori gli avevano negato l’uscita. E prima di mezzogiorno non sarebbe uscito.
Semir lo aveva chiamato rassicurandolo che Livyana aveva trascorso la notte a casa Gerkhan tranquillamente, aveva fatto colazione con l’intera famiglia ed era andata a scuola.
Lui invece prima di passare da Ben e accompagnarlo a casa, avrebbe fatto una capatina dal medico legale.
Quella mattina si sarebbe svolta l’autopsia sul corpo della donna morta sull’autostrada.

Appena entrò nel laboratorio di medicina legale Semir venne subito investito dall’odore tipico e pungente dei disinfettanti usati per la pulizia dei locali.
Quell’odore gli provocava sempre la nausea e se poteva evitava di andare dal patologo dopo i pasti, ma questa volta non poteva; in gioco c’erano le sorti del suo migliore amico.
L’ispettore entrando nel laboratorio si aspettò di trovare la dottoressa  Milly Brenner, china sul cadavere, mentre lo ispezionava centimetro per centimetro aiutata da una potente lente, invece vicino al tavolo dove era stato adagiato il corpo di Charlotte Wolfgang c’era un uomo. Dal camice che indossava Semir ne dedusse che potesse essere un tirocinante.
“Permesso…” disse timidamente Semir restando fermo sulla soglia.
Davanti a lui si presentò un non proprio giovanissimo individuo. Aveva la barba grigia e decisamente incolta e lo sguardo allucinato “Sembra uno di quei tirocinanti pazzi usciti da ‘Bones’ “ pensò tra sé e sé il piccolo ispettore.
“Salve dottore” esordì Semir andando incontro all’uomo ed esibendo il tesserino di riconoscimento.
“Sono l’ispettore Semir Gerkhan della polizia autostradale, cercavo la dottoressa Brenner” poi notando che l’uomo non rispondeva continuò “Volevo sapere se potevo avere alcune anticipazioni sull’autopsia che, come vedo, sta  effettuando sul cadavere di Charlotte Wolfgang…”
L’uomo sembrò cadere dalle nuvole poi come se si fosse risvegliato dal torpore rispose:
“La dottoressa Brenner mi ha avvisato che ci sarebbero state molte possibilità di una sua visita, ispettore Gerkhan…mi chiamo Karol Von Pine e sono il nuovo tirocinante della dottoressa Brenner. Mi spiace per lei , ma purtroppo la dottoressa non c’è,  ha avuto dei contrattempi, in attesa del suo arrivo mi ha incaricato di fare le prime valutazioni, assicurandomi che sarà qui fra un paio d’ore”
“Dottor Pine…” proseguì Semir.
“Von Pine” puntualizzò l’uomo leggermente seccato nel sentire storpiato il suo cognome.
“Certo, dottor Von Pine” continuò Semir cercando di essere convincente e cercando di restare serio, quell’uomo era uno personaggio molto stravagante, Semir era sicuro che gli avrebbe riso in faccia, se il posto e il momento fossero stati diversi “Mi chiedevo se potevo avere, come dire qualche anticipazione, più che altro per poter iniziare un’eventuale indagine…”
“Beh non so se potrò essere preciso come potrebbe essere la dottoressa Brenner…” tergiversò il tirocinante.
“Magari mi basta poco…” Semir cercò di essere ancora più convincente.
“Beh ecco ispettore il corpo presenta  un gravissimo trauma cranico, lesioni interne multiple, e la frattura di alcune vertebre cervicali, di conseguenza ciascuna di queste lesioni, secondo me,  è da considerarsi fatale. Ho eseguito un esame preliminare tossicologico trovando nel sangue tracce di una sostanza simile al sonnifero, ma devo prima parlarne con la dottoressa Brenner per essere più preciso sugli effetti che possono avere su una persona ‘viva’, le ho detto sono nuovo del mestiere, di più non posso dirle e potrei sviarla con le mie errate supposizioni…”
Semir salutò il dottor Von Pine, sperando vivamente di non avere più a che fare con quell’individuo, percorrendo i lugubri corridoi pensò che se la carriera di Ben era in qualche modo nelle mani di quel tirocinante era meglio che il suo socio appendesse già la pistola al chiodo.
Prima di passare per l’ospedale e riportare a casa Ben, Semir decise di recarsi al commissariato. Voleva parlare con il commissario Kruger.
Aveva uno strano presentimento.
Il suo istinto in quel momento gli stava quasi urlando che in questa storia qualcosa non quadrava, qualcosa non gli tornava, ma non sapeva bene cosa.
Voleva indagare, voleva risposte ai suoi sospetti, ma prima doveva avere il via libera del commissario Kruger.

“Salve capo” esordì Semir entrando nell’ufficio del commissario dopo aver bussato ed aver atteso il permesso di entrare.
“Salve Gerkhan, il suo collega come sta?” chiese Kim mentre firmava alcuni fogli.
“Lo dimettono verso mezzogiorno”
“Mi dispiace per come si sono messe le cose, ma non ho potuto impedirlo, ho le mani legate…” detto ciò chiuse una cartellina e prestò tutta la sua attenzione  verso Semir, immaginando che l’ ispettore non sarebbe entrato nel suo ufficio solo per salutarla.
Semir si sedette di fronte al commissario e respirò profondamente.
“Gerkhan” chiese quasi sospettosa “C’è qualcosa che deve o vuole dirmi? Avanti non sarebbe qui altrimenti, immagino sia qui per il suo collega, tutti vogliamo bene a Ben, lei in particolare…sputi il rospo”
‘Ben’: raramente il commissario chiamava i suoi ispettori per nome, lo faceva nelle occasioni speciali e quel momento era uno di quelli.
“Beh ecco l’intera faccenda è un po’ strana…”
“Sarebbe a dire” ora Kim si stava incuriosendo.
“Mi ascolti” cominciò Semir.
“Ben soccorre una donna scappata da una clinica psichiatrica, è spaventata perché ha paura che qualcuno la voglia uccidere. Afferma di aver assistito a degli omicidi avvenuti in quella clinica e il giorno dopo, fatalità, Ben la investe con la sua auto e lei muore”
Il commissario ascoltava interessata il suo ispettore che continuò:
“Inoltre stando ai primi rilievi, soprattutto ai primi esami tossicologici nel sangue della vittima sono state riscontrate tracce di una sostanza simile al sonnifero, magari crea stordimento.  Charlotte Wolfgang potrebbe essere fuggita di nuovo alla sorveglianza …chiedeva aiuto alle auto di passaggio è finita in mezzo all’autostrada e con la nebbia che c’era Ben l’ha investita accidentalmente, trovandosela sul cofano improvvisamente…”
“Cosa sta pensando Gerkhan? Ad una sciagurata fatalità? Oppure c’è dell’altro? “ Kim sapeva che Semir avrebbe tentato qualsiasi cosa pur di scagionare il suo socio.
“Sinceramente non lo so capo”
“Abbiamo però un testimone che afferma che …” e prendendo il verbale dell’incidente da una cartellina lesse testualmente:
 
Il corpo è rotolato giù dalla macchina grigia scura che procedeva innanzi a me a velocità moderata
 
“Velocità moderata non è sconsiderata, usando i termini della Schrankmann” puntualizzò secco Semir interrompendo la Kruger che lo guardò di sottecchi, poi la donna continuò a leggere:
 
Quindi mi sono fermato poco distante dal cavalcavia che attraversa l’autostrada per soccorrere la vittima, mentre  l’auto grigia era sparita e ho pensato ad un pirata della strada con omissione di soccorso”
 
“Gerkhan io capisco che lei lo voglia aiutare, siete colleghi e ottimi amici, ma dobbiamo essere obiettivi” obiettò Kim.
“Capo senta non ha nulla in contrario se svolgo qualche indagine? Mi conceda qualche giorno…li scali pure dalle ferie…” propose Semir.
“Gerkhan…” cercò di ribadire Kim, ma poi capitolò anche lei aveva a cuore le sorti del suo ispettore più giovane.
“Le concedo 72 ore, ma dovrà svolgere le sue indagini da solo…Jager è stato sospeso dal servizio…” e poi puntualizzando ciò che aveva  detto ripeté : ”E sottolineo da solo”
“Capo, mi conosce, come potrei venire meno ad un suo comando”
“Appunto, Gerkhan…e tenga d’occhio il suo collega” e sul suo volto comparve un leggero sorriso.
“Stia tranquilla commissario, lo proteggerò, come faccio sempre…”
 
Erano quasi le una e Semir parcheggiò l’auto nel parcheggio antistante all’ospedale.
Ad aspettarlo seduto su di una panchina un triste Ben.
Il ragazzo era pallido, ma non era il colorito della sua pelle che lo spaventò.
Seduto sulla panchina c’era la pallida copia del scanzonato e allegro ragazzo che conosceva.
Ben era seduto su quella panchina da più di mezz’ora. Nella sua mente continuavano a passare come una sorta di film gli ultimi istanti della sua vita prima di finire giù per la scarpata.
Ricordava solo tanta nebbia, un forte rumore e qualcosa che colpiva il parabrezza della Mercedes poi nient’altro.
“Ciao socio” disse semplicemente Semir avvicinandosi.
“Ciao” rispose Ben che aggiunse “Ex…sono il tuo ex socio…”
“Via Ben, nessuno ti ha ancora accusato formalmente e poi per essere imputato devi essere se non certo quanto meno probabile che l’hai investita tu e nessuno ti ha …”
“Nessuno mi ha cosa? Svegliati Semir! Ho ucciso una donna…cosa credi che succederà?” ribatté secco Ben guardandolo dritto negl’occhi.
Semir non seppe replicare.
“Scusa non volevo essere impulsivo…è che…” cercò di giustificarsi il giovane.
“Senti mentre venivo qui mi ha telefonato la Kruger, hanno fatto le analisi del tuo sangue…sai la prassi lo richiede, non hanno trovato nulla”
Ben sembrò aver ritrovato calma e lucidità, e guardando un punto indefinito davanti a se si rivolse all’amico:
“Sai che soddisfazione…” poi trasse un profondo sospiro e continuò “Semir, è da più di mezz’ora che cerco di fare mente locale, ma non mi ricordo niente, come minimo all’ultimo momento avrei dovuto vederla…quando…insomma avrei dovuto vederla quando l’ho caricata sul cofano prima che finisse sul parabrezza …invece…è come se fosse piovuta dal cielo”
“Cosa ti ha distratto?” chiese piano il piccolo ispettore.
“Distratto? Semir guardavo la strada, c’era una nebbia fittissima e tutto ad un tratto ho sentito qualcosa che colpiva il parabrezza, ho sterzato non so nemmeno io spiegarmi il perché e sono finito giù per la scarpata”
“Scusa hai detto ‘ come se fosse piovuta dal cielo’?” rifletté poi il piccolo ispettore.
“Sì esattamente, perché?”
“No niente …Dai ti accompagno a casa, fra un po’ Livyana esce da scuola e vorrà trovarti a casa”
“Già…”
Per strada Ben non disse una parola e Semir nemmeno cercò di intavolare un discorso, il suo collega era nervoso, triste allo stesso tempo e qualsiasi frase di conforto sarebbe stata inutile , anzi rischiava di avere l'esatto opposto. Il resto del viaggio proseguì in silenzio, con Ben che si mordicchiava di tanto in tanto un’unghia del dito della mano e la cosa, come sempre, non sfuggì al collega.
Semir però continuava a rimuginare.
I suoi pensieri si soffermarono sulla testimonianza dell’uomo che aveva visto l’incidente e la frase di Ben sul fatto che la donna potesse essere piovuta dal cielo.
Ma se invece del cielo fosse stato un cavalcavia?

Angolino musicale: Ben è finito dentro un incubo e Semir lo dovrà aiutare ad uscirne…Green Day  Wake Me Up When September Ends (svegliami quando settembre è finito)
Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=jVO8sUrs-Pw
Ecco di nuovo la pioggia che cade dalle stelle immerso di nuovo nel mio dolore Diventando chi siamo Come la mia memoria si riposa Ma non dimentica mai quello che ho perso Svegliami quando settembre è finito…

 
 

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Capitolo 6
*** "Grazie Milly" ***


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 “Grazie Milly”

I due ispettori arrivarono davanti allo stabile dove abitava Ben, il quale prese le chiavi dalla tasca aprì il portone d’entrata e si avviò verso l’ascensore.
Pochi minuti dopo Ben si ritrovò finalmente seduto sul divano di casa sua.
“Vuoi qualcosa da bere? Se vuoi in frigo dovrebbero esserci delle bottiglie di birra, serviti pure…” disse il ragazzo facendo gli onori di casa.
“No socio” rispose il piccolo turco “A momenti sarà qui Andrea con le bambine”
E non ebbe il tempo di finire la frase che suonò il campanello.
Andrea fece salire Livyana, mentre lei aspettò il marito in macchina con Aida e Lily. “Ben sarà sicuramente stanco” aveva detto al citofono la moglie ritenendo che gli schiamazzi di tre bambine festanti fossero l’ultima cosa che il ragazzo avesse bisogno di sentire.
Livyana entrò nell’appartamento e appena vide Semir chiese subito di Ben.
“E’ seduto sul divano, in sala…lo affido a te” la salutò dandole un bacio sulla fronte e dopo aver salutato anche Ben raggiunse Andrea e le piccole.

Livyana si affacciò timidamente in salotto, stette per qualche istante ferma sulla soglia indecisa se entrare o meno, il suo amico se ne stava seduto con la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi.
“Non sembri molto ammaccato…come stai?” esordì Livyana quando finalmente decise di avvicinarsi e sedersi vicino al giovane che aprì gli occhi guardandola con tenerezza.
“Fisicamente sto abbastanza bene e tu come stai?” chiese a sua volta il ragazzo.
“Adesso che sono a casa mia…cioè volevo dire tua, sto meglio”
“Questa adesso è anche casa tua e lo sai” le rispose abbozzando un mezzo sorriso.
Ci fu qualche secondo di silenzio, Ben e Livyana si stavano in un certo senso studiando. Fu Ben a rompere il silenzio.
“Senti lo vedo…sei impaziente, vuoi chiedermi qualcosa…tra noi non ci sono segreti lo sai, quindi, coraggio, domanda pure”
“Beh ecco” cominciò la piccola guardandosi prima le mani e poi guardandolo dritto negli occhi.
“Scusami per ieri, al telefono non volevo essere maleducata, mi sono comportata come una bambina piccola…è solo che avevo paura che…” e volutamente non finì la frase.
“E’ acqua passata” la rassicurò il ragazzo “E comunque tu sei ancora piccola…” Ben cercò di alleggerire l’atmosfera.
“Ho undici anni” replicò facendo la finta offesa la bambina “Non sono piccola”
Ma Livyana notò che Ben non sorrideva, neanche ci provava.
“Ben perché hai quello sguardo triste?” le chiese a bruciapelo.
In fondo Ben se lo aspettava, tra loro il dialogo era fondamentale, lui per lei era come un libro aperto.
“Zio Semir ti ha detto perché sono finito all’ospedale?” le chiese schietto.
“Sì, mi ha detto che sei uscito di strada con l’auto a causa della nebbia, ma io non gli ho creduto, ma poi al telegiornale hanno detto che il conducente di una Mercedes grigia ha investito e ucciso una donna sul tratto autostradale che di solito tu percorri”
I due si guardarono negli occhi, Ben pensò ancora una volta che Livyana aveva sì undici anni, ma per come parlava, per come ragionava e per come si comportava ne dimostrava di più. Non ci fu bisogno di aggiungere altro, lei aveva già capito che lui era alla guida di quell’auto.
“Il giorno prima che morisse quella donna aveva chiesto il mio aiuto, stava camminando sul ciglio dell’autostrada, incurante del pericolo e io non l’ho aiutata, non le ho dato retta…”
“Ben al telegiornale hanno detto che proveniva da una clinica psichiatrica, era malata non puoi sempre addossarti tutte le colpe del mondo intero e poi magari era solo in preda a qualche crisi. Zio Semir ha detto che c’era nebbia e potresti averla vista solo quando l’hai investita. Comunque c’è altro che ti preoccupa, so perché hai quella faccia, hai paura che ci possano separare vero?”
Ben la guardò e non seppe cosa rispondere. In suo aiuto venne ancora la piccola che lo abbracciò.
“Zio Semir mi ha assicurato che tutto si aggiusterà e quando zio Semir dice così…io gli credo…” gli disse convinta.
“Speriamo…” ribatté lui.
Il resto del pomeriggio Livyana lo passò a studiare, mentre Ben lo trascorse tra il divano e il letto.
Una volta lo sentì strimpellare la chitarra, sapeva che a volte Ben si rilassava in quel modo, ma dopo qualche accordo lo vide riporre lo strumento; nemmeno questo avrebbe potuto alleggerire il suo stato fisico e soprattutto mentale.
Verso le sette di sera Livyana andò in camera di Ben, anche se dubitava che il giovane avesse voglia di cenare e infatti lo trovò che dormiva profondamente, quindi lo coprì con una coperta e se ne andò in cucina, si preparò qualcosa da mangiare, poi andò a letto anche lei.

Mentre Ben e Livyana cercavano di recuperare un po’ di tranquillità, Semir ritornava all’obitorio sperando questa volta di trovare la dottoressa Brenner e non il nuovo tirocinante.
Appena entrato si diresse subito verso l’ufficio della dottoressa. La porta  era aperta e notando la donna, china su enormi faldoni seduta alla scrivania, timidamente bussò.
La dottoressa alzò gli occhi dal computer, si levò gli occhiali e vedendo il piccolo ispettore sorridendo, con un gesto della mano, gli fece cenno di entrare.
Milly Brenner conosceva Semir da quasi un ventennio. Tra loro c’era una profonda amicizia, rispetto e stima, e all’occorrenza una stretta collaborazione.
La donna alta, bionda con profondi occhi castani era sposata da quando Semir la conobbe, per questo il piccolo ispettore non aveva mai approfondito il bel rapporto che c’era fra loro.
“Ciao Semir” salutò gioviale la dottoressa  “Scommetto che sei qui per sapere qualcosa sull’incidente dell’autostrada, so che vi è coinvolto Ben…e comunque stavo per chiamarti…il mio nuovo tirocinante ha parecchie cose da imparare di questo mestiere. Ti ha detto delle inesattezze ed entrambi vogliamo che il tuo collega venga subito scagionato da ogni accusa vero?” disse tutto d’un fiato completando la frase facendo l’occhiolino a Semir e invitandolo a sedere sulla sedia che aveva di fronte.
“Milly sono tutt’orecchi” le ripose sedendosi davanti all’immensa scrivania.
La donna arrivò subito al nocciolo della questione.
“Ascolta ho esaminato il cadavere assieme al mio tirocinante, dopo aver sentito le sue delucidazioni ho esposto le mie…mi ha detto che eri venuto, spero che tu non abbia detto niente a Ben, altrimenti…insomma so quanto ci tenga al suo lavoro, e poi ultimamente gliele capitano di tutte i colori. Comunque bando alle ciance e adesso ascoltami attentamente”
Semir era sconvolto, la dottoressa era un autentico fiume in piena. E forse aveva la soluzione per poter ,se non proprio far riammettere subito Ben in servizio, almeno di intravedere uno spiraglio di luce.
“Dunque” iniziò la dottoressa “Come  saprai un bravo patologo capisce subito la differenza tra un corpo che precipita e un corpo che viene caricato su di un cofano di una macchina in corsa”
Semir rimase un attimo sconcertato da queste prime parole, il suo istinto aveva avuto ancora una volta ragione e già immaginava come sarebbe proseguita la conversazione.
“Le lesioni da caduta sono decisamente diverse da quelle da investimento, purtroppo quella che ha fatto il mio tirocinante era la sua prima autopsia”
La dottoressa cominciò a gesticolare con le mani per farsi capire meglio ”Le lesioni delle ossa lunghe, un investimento le prende …come dire di taglio, mentre se si cade da una posizione alta le lesioni sono da schiacciamento…porta pazienza Semir, Von Pine deve ancora fare l’esame di medicina legale, è decisamente alle prime armi…tu mi assicuri che Ben non sa niente vero?  Se è venuto a conoscenza di quello che quello sciagurato di Von Pine ha dedotto, altro che sensi di colpa…” Semir non ci badò molto stava già facendo le sue prime considerazioni.
“Milly secondo te è possibile che la Wolfgang si sia buttata dal cavalcavia…” ma la dottoressa lo anticipò.
“E sia finita sull’auto di Ben? Certo è possibile e posso dirti che quando è finita sul parabrezza è morta sul colpo”
“Quindi sul cavalcavia era ancora viva…”
“Viva, ma molto stordita…” aggiunse “Le ho rifatto l’esame tossicologico…c’è una presenza massiccia di un farmaco che si usa spesso sui malati mentali specie per farli dormire, se soffrono di insonnia o altro e mi risulta che la donna provenisse dalla clinica psichiatrica ‘Raven’ quindi è normale che ne sia stata riscontrata la presenza”
“Senti un po’ non sono molto afferrato nel campo dei farmaci, ma ipotizziamo che soffrisse d’insonnia e le è stato somministrato…”
“So cosa vuoi dire” lo interruppe nuovamente Milly “Come ha fatto ad alzarsi dal letto, uscire dalla clinica e buttarsi dal cavalcavia?”
“Effettivamente, sembra un po’ assurda la cosa, non trovi?” concluse Semir.
“Sì Semir, assurda, ma non impossibile” continuò la dottoressa.
“In alcuni casi una persona non riuscirebbe neanche ad alzarsi dal letto, ma in alcuni pazienti sì…”
Poi vedendo lo sguardo assente di Semir disse:
“Cosa stai pensando Semir?” chiese curiosa.
“Beh ecco se qualcuno l’avesse come dire drogata e poi buttata giù dal cavalcavia?”
“Direi che in questo caso l’esame autoptico non può confermare la tua teoria, ma direi che è possibile…”
“Grazie Milly” e ringraziandola con una vigorosa stretta di mano si alzò dalla sedia e si avviò verso l’uscita.

Angolino musicale: Se non ci fosse Semir…direi ora che possiamo dare ufficialmente il via alle indagini…Colgo l’occasione per ringraziare chi sta leggendo questa ennesima ‘disavventura’ della coppia d’oro della CID, in particolare Furia, Cladda e Maty (qui preziosissima più che mai).
Avicii ‘Wake me up’ (svegliatemi)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=IcrbM1l_BoI
Sento la mia strada nell’oscurità Guidato da un cuore che batte Non so dove il viaggio si concluderà Ma so da dove iniziare. Loro mi dicono che sono troppo giovane per capire Dicono che sono rinchiuso in un sogno La mia vita mi passa davanti se non apro gli occhi A me va bene così. Svegliatemi quando sarà tutto finito Quando sarò saggio e vecchio Per tutto questo tempo stavo trovando me stesso E non sapevo che mi ero perso. Ho provato a portare il peso del mondo Ma ho solo due mani Spero di avere la possibilità di viaggiare per il mondo Non ho nessun piano Mi auguro di rimanere giovane per sempre Non ho paura di chiudere i miei occhi La vita è un gioco fatto per tutti E l’amore è il premio…
 

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Capitolo 7
*** il viale dei sogni spezzati ***


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Il viale dei sogni spezzati

Il giorno seguente le note di ‘Holding hands when we die’di Tom Beck non risuonarono per il lussuoso appartamento di Ben.
Livyana aveva ritenuto più saggio che il suo amico non si svegliasse più di cattivo umore di quanto non fosse già.
La piccola si era svegliata qualche minuto prima del solito, voleva preparare lei la colazione in maniera che il giovane fosse anche se difficilmente lo sarebbe stato, un po’ meno triste.
Stava per servire il caffè stando attenta a non scottarsi quando sulla soglia della cucina comparve Ben.
“Ciao Ben” salutò, ma nei suoi occhi la piccola vide solo tanta tristezza.
“Ciao Livy” rispose atono il giovane sedendosi a tavola.
La piccola avrebbe voluto dirgli di non preoccuparsi, che tutto si sarebbe aggiustato, che niente e nessuno li avrebbe separati, ma purtroppo lo sguardo di Ben la fecero desistere da qualsiasi tentativo d’intavolare un discorso per rassicurare l’amico. Anche perché la prima a non crederci era proprio lei.
Ben cercò di mangiare qualcosa, più che altro per dare una piccola soddisfazione a Livyana, visto che mangiare in quel momento era l’ultimo dei suoi pensieri. Probabilmente quel giorno sarebbe stato anche l’ultima volta che entrava al Comando della CID in veste di poliziotto, considerato che da lì a poco avrebbe consegnato alla Kruger il suo distintivo.
I due fecero colazione in silenzio, poi Livyana si preparò per andare a scuola.
Quella mattina avrebbe preso l’autobus.
Ben almeno l’accompagnò alla fermata dello scuolabus che distava  pochi metri dallo stabile dove abitavano, poi dopo averla vista partire e salutata si avviò con l’auto di servizio verso il comando della CID.

Durante il tragitto Ben continuava a pensare alle innumerevoli sfuriate fatte con il padre prima dopo e durante i suoi anni di Accademia.
Lui aveva seguito la sua strada quella che riteneva la più giusta e ora quella strada si stava per interrompere.
Si immaginava  il padre davanti al portone di casa che lo aspettava per offrigli un posto a detta sua più remunerativo, meno pericoloso e perché no secondo lui più gratificante, ma Ben dietro ad una scrivania, specie quella del ditta del padre proprio non si vedeva e nemmeno avrebbe voluto mai esserci.
“Piuttosto vado a fare il pianista sulle navi da crociera” aveva pensato per cercare di risollevarsi un po’ da quella pessima situazione in cui si era cacciato.
“Ciao Ben” esordì la giovane segretaria vedendolo entrare al Distretto.
“Ciao Susanne “ rispose mesto il ragazzo.
“E’ una carognata… questa storia della sospensione” cercò di confortarlo tuttavia con scarso successo.
Ben abbozzò un leggero sorriso.
Susanne poi continuò:
“Sei venuto a consegnare…” e non ebbe il coraggio di finire la frase.
”Sì, anzi il capo è in ufficio?”
“Sì”
“Bene, ci vediamo fra qualche minuto, non mi tratterrò molto”
Ben bussò ed entrò.
Avvicinandosi alla scrivania del commissario il giovane ispettore non disse nulla, fece solo un cenno di saluto con la testa, tolse dalla cintura dei jeans la fondina, quindi consegnò la pistola, le chiavi della Mercedes e le mise sopra al grande tavolo, infine dal portafoglio sfilò sia il tesserino che la patente.
A interrompere quell’imbarazzante silenzio fu il commissario.
“Mi dispiace Jager” disse quasi sottovoce.
“Certo” rispose atono Ben, poi uscì dall’ufficio.
Passò di nuovo davanti alla scrivania di Susanne, questa volta però si fermò, il suo sguardo venne attratto dal titolo in prima pagina del quotidiano locale.
 
‘Giovane donna travolta e uccisa da un poliziotto dell’autostradale’
 
“Sono sui giornali” si rivolse amaro alla segretaria.
“Già, ma l’articolo parla anche di altro…ad esempio che è stata  avviata un’indagine interna alla clinica per negligenza, un paziente non può eludere la sorveglianza e uscire dalla struttura come se fosse niente…”
“Sì però c’è da dire” disse la Kruger comparendo alle loro spalle.
“Che questa indagine verrà anche presto archiviata, in entrambe le occasioni la Wolfgang ha aggredito il fisioterapista che l’aveva in quel momento in custodia ed è fuggita dalla struttura. Poi in quei frangenti gli allarmi e le telecamere di sicurezza erano inattivi per manutenzione, così pure i cancelli…erano aperti”
“Ma che tempismo e che fatalità” replicò sarcastica Susanne.

Ben poi si avviò verso l’uscita dopo aver di nuovo salutato con un piccolo cenno del capo tutti i presenti al comando, stava per andarsene, quando il suo cellulare suonò: era Semir.
“Ciao Semir” gli rispose mogio il giovane amico, dal piazzale antistante al distretto  anche se avrebbe voluto dirgli ‘socio’, ma aveva appena consegnato il tesserino e la pistola alla Kruger e di fatto loro non erano più colleghi.
E infatti Semir gli replicò subito “Mi sarei aspettato un più caloroso ‘ciao socio’, a meno che…”
Ben lo interruppe subito:
“Una volta,  ho appena consegnato…” ma stavolta a zittirlo fu il piccolo ispettore.
“Beh vallo a riprendere, e se sei lì al distretto rimani là, sto arrivando…dobbiamo parlare subito con il commissario”
Mezz’ora dopo Semir e Ben erano seduti davanti alla scrivania del loro superiore.
 Il piccolo ispettore la stava ragguagliando sui risultati dell’autopsia e di fatto stava mettendo le basi per poter scagionare il suo collega.
“Senta capo, avrei formulato questa ipotesi, forse le sembrerà assurda , ma ascolti:
Charlotte Wolfgang scappa dalla clinica perché è sconvolta dopo aver assisto ad un omicidio avvenuto dentro quella struttura, ovvio che nessuno le crede, per tutti è solo una pazza. Ma se invece qualcuno le credesse? Meglio non correre rischi, meglio farla tacere per sempre. Quindi l’assassino o gli assassini architettano il suo omicidio che però deve passare per un suicidio”
Ben ascoltava attentamente e in silenzio il suo collega. Semir era veramente un amico, una persona eccezionale, mentre lui era a casa a leccarsi le ferite, lui non si era mai fermato cercando elementi, indizi, qualsiasi cosa pur di scagionarlo.
“Quindi la drogano, e poi la buttano giù dal cavalcavia” continuò Semir “La sua morte passa per suicidio o sonnambulismo, comunque non un omicidio e se la donna non fosse piombata sul cofano dell’auto di Ben il caso sarebbe stato archiviato immediatamente”
“Interessante ipotesi Gerkhan, ma…” Kim  era scettica.
“Ascolti” continuò Semir “Il caso vuole che la Wolfgang ‘atterri’ sull’auto di Ben, che per scagionarsi comincia ad indagare e a farsi domande e io con lui…”
Ma la Kruger si era calata nei panni dell’avvocato accusatore:
“Mettiamo per ipotesi che la ragazza sia stata uccisa, o meglio drogata e buttata giù dal cavalcavia…nessuno vi crederà…sono le parole di una donna malata contro quella dei dottori, infermieri della clinica, ammesso che l’assassino sia uno di loro, nessun procuratore vi darà il permesso di indagare”
“Vero” disse Ben e ammiccando uno sguardo complice a Semir “Ma io al momento sono sospeso dal servizio, potrei infiltrarmi nella clinica…potrei passare tranquillamente per uno schizofrenico…”
 “Jager, non se ne parla nemmeno se lo tolga dalla testa…e poi se lo viene a sapere la Schrankmann o peggio ancora i dottori della clinica…”
“Capo ho fatto fare delle ricerche a Susanne per vedere se ci sono delle morti…per così dire sospette in quella clinica” disse sicuro Semir.
“Senta è inutile e lo sa che quando decido è deciso “concluse Ben.
“Mi dica una cosa Jager” il commissario guardò il ragazzo dritto negli occhi.
“Perché dovrei lasciarle fare una cosa simile? Mi dica solo la verità… e poi deciderò sul da farsi”
“Non voglio passare per un pirata della strada, non sono uno sconsiderato al volante, come afferma la Schrankmann…”
“Solo quello?” gli occhi della Kruger lo trapassarono come fossero dei raggi X.
Ben decise di essere sincero, mentirle non avrebbe giovato a nessuno.
“Se venissi radiato dalla polizia o peggio ancora sbattuto in galera…Livyana si ritroverebbe sola…”
“Direi che ha validi motivi, Jager, ma non posso autorizzare una cosa simile…”  rispose comprensiva.
“La prego commissario” Ben tentò l’ultima carta a sua disposizione “Se dovessero verificarsi altre morti innocenti in quella clinica??? Se la sente di rischiare che persone indifese …” Ben lasciò volutamente il discorso a metà.
“Uff…” sbuffò la Kruger “Siete …siete impossibili voi due…facciamo così, ufficialmente io non vi autorizzo, ma ufficiosamente sì. Ma vorrò essere informata di tutto e lei Gerkhan dovrà badare al suo collega…e appena avrete il sentore che vi abbiano scoperto o simile…”
“Certo capo, comunque prima prenderò lezioni di ‘schizofrenia’” la rassicurò con sguardo sornione il giovane ispettore.
“Sa penso che la cosa le risulterà molto facile Jager, a volte voi due vi comportate come dei matti da legare…e io pure, visto che vi autorizzo…spero solo che…”
“Non si preoccupi capo, staremo attenti..”

I due ispettori andarono nel loro ufficio comune, non prima di aver chiesto a Susanne di avviarsi con loro nello stesso.
Ben entrò per primo seguito dalla segretaria, poi Semir chiuse la porta.
“Ragazzi” fece con fare interlocutorio la segretaria “Cos’è tutta questa segretezza? Cosa devo violare?” ormai sentiva di conoscere molto bene anche lei i suoi ‘ragazzi’.
“Beh ti potrà sembrare strano, ma abbiamo il quasi benestare del capo” disse Ben con fare complice.
“E’ quel ‘quasi’ che mi preoccupa” e accompagnò la frase aggrottando la fronte.
“Senti dovresti raccogliere più informazioni possibili sulla clinica psichiatrica ‘Raven’, i suoi medici, infermieri, tutto il personale, i pazienti, conti a loro intestati e poi se ti risultano dei decessi negli ultimi tempi verificane la causa se puoi…insomma tutto quello che può avere attinenza con quella clinica e se c’è qualcosa anche la minima sciocchezza che però a te sembra sospetta…”
“Ve la comunico tempestivamente, ho capito”
“Susanne lo so che è un lavoraccio quello che ti stiamo chiedendo…” disse comprensivo Ben.
“Lo so è uno sporco lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare. E se serve perché tu possa ritornare nelle nostre file, Ben, lo faccio volentieri”
“Sei un angelo”
“Lo so” e sorridendo ad entrambi uscì dall’ufficio.

Un paio d’ore dopo Ben e Semir uscirono dal distretto, il più giovane dei due ispettori aveva telefonato alla dottoressa Kladden per un colloquio.
Mentre si dirigevano verso la struttura dove lavorava la dottoressa Susanne telefonò ai due ispettori e li ragguagliò su tutto ciò che aveva trovato di interessante.
“Ragazzi” cominciò la ragazza “Negli ultimi mesi alla clinica ‘Raven’ ci sono stati ben tre decessi, l’ultima morte risale a sole tre settimane fa, e il cadavere è stato scoperto dal dottor Raven. La causa del decesso è stata archiviata come suicidio, l’uomo si è impiccato. Comunque la cosa strana è che, l’uomo era affetto da una malattia degenerativa molto grave, detta ‘corea di Huntington’, a stento camminava e stando all’autopsia, l’uomo era imbottito di tranquillanti…”
“Scusa Susanne” intervenne Ben “Una persona imbottita di tranquillanti che a stento cammina può alzarsi e andare a impiccarsi? Scusa, ma non sarò del settore…”
“Infatti tu hai detto di cercare cose strane e questa mi è sembrata addirittura impossibile. Comunque proprio per cercare di venirne a capo ho chiamato un amico che lavora nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Colonia e sapete che mi ha detto?”
“No” risposero in coro i due ispettori.
“Mi ha detto che una persona affetta da quella malattia…beh può avere dei momenti di lucidità e avendo capito quale sarebbe stata la sua fine…ha messo lui stesso la parola fine alla sua vita, una delle principali cause di morte di coloro che hanno questa patologia è proprio il suicidio”
Sentendo silenzio dall’altro capo della radio Susanne disse:
“Non è la risposta che volevate vero?”
“Decisamente no” rispose Semir in vece di Ben.
“Certo non aiuta” rispose mesto il più giovane dei poliziotti.
“Comunque una morte simile con quasi le stesse modalità è stata riscontrata sei mesi fa, solo che il paziente, è stato rinvenuto nella piscina della clinica, si chiamava Stefan Darren”
“Ma scusa i parenti? Nessuno ha fatto domande? In questo caso poteva essere una negligenza del personale”
“L’uomo in tasca aveva la chiave dell’impianto…come ha detto anche il mio amico medico…momenti di folle lucidità”
“Ok Susanne, tu continua a fare le tue ricerche, nel caso ci aggiorniamo…e fai una cortesia ragguaglia di queste strane morti il commissario Kruger”
I due ispettori arrivarono al distretto sanitario dove lavorava la dottoressa Kladden due minuti dopo aver concluso la loro telefonata con Susanne.
Ben e Semir avevano bisogno del suo aiuto, lei ancora non lo sapeva, ma sarebbe stata per alcuni versi fondamentale per il proseguo della loro indagine.
 
Angolino musicale: canzone ispirata dalla prima parte del capitolo, inoltre come avrete potuto notare a ricomporre un po’ ‘i sogni spezzati’ di Ben ci ha pensato il buon Semir…(che non lo ha lasciato solo, mai !) vedremo se alla fine tutto tornerà come prima…Green Day ‘Boulevard of  broken dreams’(viale dei sogni spezzati)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=Soa3gO7tL-c
Cammino su una strada solitaria L’unica che io abbia mai conosciuto Non so dove porti Ma è casa per me e cammino da solo Cammino questa vuota strada Nel viale dei sogni spezzati Dove la città dorme E sono il solo e cammino da solo La mia ombra è l’unica che cammina accanto a me Il mio profondo cuore è l’unica cosa che batte Qualche volta desidero che qualcuno là fuori mi trovi Fino a quel momento camminerò da solo Sto camminando giù lungo questa linea Che divide me da qualche parte nella mia mente Sul bordo della linea della sponda E dove cammino solo Leggo tra le righe Che cosa è sbagliato e tutto quello che è giusto E cammino solo…




 

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Capitolo 8
*** Festa di compleanno ***


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FESTA DI COMPLEANNO
 
I due ispettori arrivarono alla struttura dove lavorava Elise Kladden la psicologa che seguiva Livyana.
Appena la dottoressa vide i due ispettori e soprattutto Ben si sincerò delle condizioni di salute del giovane e della conseguente sospensione di cui era venuta a conoscenza qualche ora prima proprio attraverso la voce del poliziotto.
Ugualmente Ben chiese se al momento l’affidamento di Livyana fosse in un certo senso ‘in pericolo’.
“Per il momento no, ispettore Jager” disse con fare quasi sollevato la dottoressa.
Anche lei era a conoscenza del fortissimo legame che li univa “Certo che se lei venisse formalmente accusato di qualcosa…penso che quella ‘megera’ del mio capo non ci penserebbe due volte a toglierle l’affidamento. Ma al telefono lei mi accennava ad una consulenza psichiatrica o sbaglio?”
Semir se ne stava un po’ defilato lasciando campo libero al suo partner.
“Ecco” cominciò Ben “La persona che ho travolto con l’auto, proveniva dalla clinica ‘Raven’…” ma inaspettatamente il ragazzo fu interrotto dalla giovane psicologa.
“Quella clinica è molto conosciuta nel nostro ambiente. Ospita pazienti provenienti da famiglie molto facoltose  e non solo di Colonia o delle città limitrofe, ma di tutta la Germania. E in minima parte con le sovvenzioni dello stato sono ospitate anche persone che non hanno più parenti in vita”
“Sembra che conosca bene quel posto, dottoressa” esordì nella conversazione Semir.
“Sì ho lavorato alcuni mesi in quella struttura, era il mio primo incarico, poi ho fatto domanda per dedicarmi ai minori”
“Sa dirci qualcosa …il personale ad esempio…” Semir ora stava facendo le classiche domande come se fosse un’indagine a tutti gli effetti.
“Dunque il primario della clinica era ed è tutt’ora  il dottor Erik Raven, un uomo molto …beh a me faceva molta soggezione, ma parliamo di dieci anni fa, ero una giovane ragazza inesperta appena laureata. Poi aveva il suo staff, tra cui la moglie, ma adesso non saprei chi siano i suoi assistenti”
“Senta, se le dicessimo che dentro a quella clinica ci potrebbero essere delle morti sospette…” continuò il piccolo ispettore.
“In che senso scusi?” la dottoressa aggrottò la fronte.
“Beh a dirle la verità non lo sappiamo per certo, ma la donna che Ben ha travolto in autostrada proveniva da quella struttura e abbiamo fatto alcune ipotesi, più o meno assurde” concluse Semir.
“Bisognerebbe essere all'interno per poter, come dire, indagare, usando il vostro gergo. Di solito in quei posti la privacy è d’obbligo e se anche interrogaste il personale con un regolare mandato…vige il segreto professionale”
“A meno che non ci sia qualcuno che entri facendosi passare per un malato di mente” replicò Ben e mentre lo diceva sfoderò all’indirizzo della dottoressa uno smagliante sorriso.
“Ispettore Jager, mica vorrà farsi passare per un …” neanche osò formulare integramente la domanda, poi continuò “Livyana mi ha detto che spesso in passato voi due avete fatto azioni di copertura, ma questa…”
“Senta lo so che è una cosa a dir poco pericolosa, ma dobbiamo capire se la donna morta in autostrada è stata vittima di un fatale incidente, o si sia trattato di un suicidio o peggio ancora di un omicidio…lo sa anche lei che rischio che mi venga tolto l’affidamento di Livyana e lei stessa ha detto un giorno che se dovessero separarci Livyana ne morirebbe…si ricorda?”
“Ispettore, le ripeto se i servizi sociali, anzi peggio ancora se il mio capo venisse a sapere che lei sta facendo un lavoro sotto copertura, non so come la prenderebbero”
“La piccola starà con la famiglia di Semir, ormai è anche la sua…e poi saranno pochi giorni, il tempo di scoprire qualcosa, di aver delle prove. Se le chiederanno qualcosa dovrà negare di avermi visto o aiutato, anche se adesso ho bisogno del suo aiuto per potermi immedesimare perfettamente nel ruolo del malato mentale”
“Scusi l’ironia ispettore, ma sano di mente in questo momento…”
La dottoressa scrollò la testa poi riflettendo un po’ continuò il discorso lasciato in sospeso.
“Potrebbe farsi passare per un paranoico, penso che per un poliziotto sia abbastanza facile da imitare, ma l’avverto il dottor Raven potrebbe smascherala a prima vista, verrà rivoltato come un calzino… a meno che…”
“A meno che?” chiese con fare interlocutorio Ben.
“A meno che non le somministri un farmaco che la potrà rendere, come dire paranoico  per un po’…diciamo per dodici ore. Certo gli effetti non saranno molto piacevoli, soprattutto per lei, assomigliano ad un dosaggio eccessivo di LSD, ma anche per chi la vedrà non sarà piacevole” e detto questo guardò anche Semir.
“Poi svanito l’effetto cosa potrebbe accadere?” chiese Ben.
“Sicuramente verrà sottoposto alla prima visita psichiatrica e li dovrà recitare molto bene la sua parte. Sicuramente le verranno proposte le macchie di Rorschach o il T.A.T. o test simili”
“Ed io dovrò rispondere come se fossi un serial killer?” domandò serio Ben.
“Dipende dal passato le costruiranno”
Ben e Semir passarono diverso tempo nel piccolo studio della dottoressa Kladden, che si dimostrò molto collaborativa e professionale. Ben ne dedusse che molto probabilmente alla psicologa stava molto a cuore le sorti di Livyana.
Se fosse stata separata da Ben…
Dal canto suo Elise Kladden non voleva nemmeno pensarci, secondo lei le conseguenze sarebbero state a livello psicologico per la bimba devastanti.
I due ispettori  uscirono dall’edificio per darsi appuntamento il mattino dopo, a casa di Ben per mettere in scena il ricovero del giovane alla clinica ‘Raven’. Semir quindi accompagnò a casa il collega, poi quando lo vide entrare nello stabile si diresse verso casa sua: il giorno dopo sarebbe stato un giorno molto impegnativo per tutti.

Pochi minuti dopo Ben prese le chiavi ed entrò nel suo appartamento.
Ad accoglierlo a volume quasi assordante ‘Sag es’ di Tom Beck che Livyana stava ascoltando e cantando a squarciagola.
“Livy, sono a casa” quasi urlò il giovane.
“Ciao Ben” fece Livyana quando sentì il giovane rincasare, abbassando lo stereo.
“Dai vai a farti la doccia che fra un po’ la cena è pronta” gli gridò di rimando dalla cucina Livyana.
“No dai ti aiuto a preparare, è tardi, mi lavo poi con calma” le rispose  Ben.
“Non ti preoccupare è tutto pronto, Irina ha preparato tutto è appena uscita, ha detto che stavi rincasando, sarà andata via dieci minuti fa”
Ma poi uscendo dalla cucina e andando verso l’entrata dove Ben si stava levando le scarpe e la giacca, la piccola notò subito l’espressione malinconica del ragazzo.
“Ben che hai?” chiese la piccola.
“Niente, sono solo un po’ stanco…” tergiversò il giovane poliziotto.
“Ben ormai ti conosco si vede lontano un miglio che c’è qualcosa che non va, quindi smettila di raccontarmi bugie. Così mi fai stare male e tu non hai l’aria di uno che ha fame…ti va di fare due chiacchere?”
Ben sorrise dolcemente alla piccola e ancora una volta pensò che aveva si undici anni, ma parlava e capiva le cose quasi come fosse un adulto.
“Ecco…ho deciso di…” ma Ben non trovava le parole adatte.
“Ben sei impossibile, mi stai facendo morire arriva al dunque” lo rimproverò Livyana.
“Svolgerò una missione sotto copertura, starò via qualche giorno, e devo essere sincero prima ero deciso, ma adesso che ti ho qui davanti…sono indeciso, non mi va di lasciarti sola” disse quasi in apnea Ben.
“Sono sicura che hai già avvisato Irina…o starò dagli zii” disse cercando di sollevare un po’ il ragazzo “E poi tu ci tieni, te lo leggo negli occhi…hai paura che ci possano dividere vero? Ti vuoi infiltrare nella clinica da cui proveniva la ragazza che hai investito in autostrada non è forse così?”
Ben era sbalordito, come poteva essere così perspicace ?
“Beh che è quello sguardo?” chiese con fare serio la piccola.
“Non ti facevo così…a volte mi fai paura”
“Senti Ben, ormai sono sette mesi che viviamo assieme e tu stesso dici che con me riesci ad essere te stesso, parliamo molto, tra noi non ci sono segreti, ormai ci conosciamo…”
Poi cercando di tirarlo un po’ su di morale:
“Sotto copertura, però…come quelli di NCIS Los Angeles? Come Callen e Sam?”
A Ben venne da sorridere, la piccola stava cercando, a modo suo, di tranquillizzarlo, ma vedeva che era preoccupata. E infatti tornando seria gli disse:
“Ben promettimi che starai attento, che ci sarà zio Semir che ti coprirà le spalle”
“Certo e tu starai con la sua famiglia, sarai in buona compagnia, così io saprò di te e tu di me” la rassicurò il giovane.
“Adesso devo pensare ad un nome di copertura e devo chiamare Hartmut per comunicargli delle cose poi lui mi manderà la mia cartella clinica, la sta compilando con l’aiuto della dottoressa Kladden”
“Ma Elise deve innamorarsi di te non di Hartmut!” quasi ordinò Livyana.
“Alt!” la bloccò Ben mettendo le mani avanti “Ne abbiamo già parlato…”
La piccola capì subito che il suo amico non voleva affrontare il discorso ‘Ben ed Elise’ quindi cambiò argomento.
 “Avrei pensato a un nome per la tua identità segreta…che ne dici di farti chiamare Thomas Beck?” chiese innocente la piccola sbattendo in maniera  civettuola  gli occhi.
Il poliziotto sorrise benevolo e scompigliandole i capelli replicò:
“Mi sembra un po’…come dire esagerato…e noi due sappiamo il perché…”
“Allora Benjamin Beck, così se per sbaglio ti chiedono come ti chiami e tu rispondi con il tuo vero nome nessuno se ne accorgerà” disse serissima.
“Sei impossibile lo sai?” ribatté Ben parafrasando la stessa frase che aveva usato poco prima la ragazzina.
La piccola non fece caso al sarcasmo di Ben, anzi gli chiese:
“Quando cominci l’azione sotto copertura? Lo sai che domani è il tuo compleanno e io volevo …lo sai che ci tenevo a festeggiarti”
“Livy, ne abbiamo già parlato…e poi se anche fosse lo sai che detesto il giorno del mio compleanno”
Livyana era a conoscenza che la data del compleanno di Ben era lo stesso giorno della morte della madre avvenuta quando lui compì otto anni.
“Lo so Ben, ma io volevo solo consegnarti un piccolo pensierino, così per ringraziarti di quello che stai facendo per me”
Ben si rese conto che Livyana si era rabbuiata. Come faceva a dirle di no? Immediatamente si ricordò di quella volta che la piccola chiese al padre se poteva  prendere lezioni di chitarra da Ben, lo sguardo era lo stesso. E per il padre fu impossibile dirle di no. E come il padre anche Ben seppur riluttante capitolò.
“Ci tieni così tanto?” chiese.
“Certo Ben, sarà una cosa semplice…solo consegnarti un piccolo pensierino…” ma fu interrotta da Ben.
“Allora facciamo così, a mezzanotte ci svegliamo e festeggeremo, ok? In frigo c’è una vaschetta di gelato…cioccolato e stracciatella…i nostri gusti preferiti”
“Posso metterci una candelina sopra? Una sola…”
“Ok e brinderemo con la birra per me e una coca per te”
I due ritrovarono un minimo di buon umore. Ben si fece la doccia, poi si sedette a tavola. I due non andarono neanche a letto, Ben si mise sul divano a guardare un po’ di televisione e Livyana gli si sedette accanto addormentandosi pochi minuti dopo.
E a mezzanotte Ben svegliò Livyana.
“Che …cosa…già ora di andare a scuola???” farfugliò la piccola.
“Ehi Cenerentola è mezzanotte…”
“Mezza che?” poi ritrovando un po’ di lucidità” Oh il mio principe Azzurro compie gli anni…auguri Ben!” e gli stampò un bacio sulla guancia, poi alzandosi dal divano corse in camera sua tornando quasi immediatamente con un piccolo pacchettino.
“Buon compleanno Ben” recitò seria Livyana, consegnandogli il regalo.
“Grazie, piccola”
Ben scartò il regalo: era un piccolo portachiavi a forma di chitarra.
“Wow, è bellissimo…grazie…” e abbracciò la piccola.
“Dai andiamo a brindare e mi hai promesso…”
“Sì la candelina sopra il gelato”
Livyana prese dalla credenza due coppette, mentre Ben prese la vaschetta del gelato dal freezer e trovò una candelina in un cassetto.
Con fare quasi professionale Livyana l’accese.
“Esprimi un desiderio” disse a Ben prima che ci soffiasse sopra. Il ragazzo ci pensò un po’ su, poi mentre Livyana scattava una foto col cellulare Ben soffiò sulla candelina. “Sperando che si avveri…” disse poi tra sé e sé.
Poi i due brindarono con coca cola e birra.
Mezz’ora dopo nell’appartamento calò di nuovo il silenzio.
L’indomani sarebbe stato un giorno cruciale, per tutti, ma soprattutto per il giovane ispettore.
 
N.D.A. "Nachträglich alles Gute zum Geburtstag" 
Angolino musicale: La coppia d’oro e soprattutto Ben di nuovo in azione mi piace decisamente di più, purtroppo si divideranno: uno dentro e l’altro fuori, povero Semir non potrà essere l’ombra di Ben…e Grimilde è in agguato!
The Rasmus In The Shadows (nelle ombre)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=_ao2u7F_Qzg
Non dormirò finché non avrò finito di trovare la risposta Non mi fermerò finché non avrò trovato la cura per questo male A volte sento come se stessi per scadere, sono talmente disconnesso In qualche modo so di essere braccato perché sono ricercato Ho guardato, ho aspettato Nelle ombre, per il mio tempo Ho cercato, ho vissuto Per il domani, tutta la mia vita A volte sento che dovrei andare e giocare con il tuono In qualche modo non voglio restare qui ad aspettare il miracolo…


 

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Capitolo 9
*** 'Si va in scena' ***


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‘Si va in scena’

Il mattino dopo Semir passò a prendere Ben.
Arrivò sotto casa dell’amico proprio nell’attimo in cui lo vide abbracciare e baciare in fronte la sua piccola amica.
“Ciao zio Semir” salutò con la mano Livyana, mentre si incamminava verso la fermata dello scuolabus.
Il piccolo ispettore ricambiò il saluto con un piccolo colpo di clacson.
“Ciao socio” salutò Ben salendo sulla BMW.
“Ciao socio, siamo pronti?”
“Certo, si va in scena”
I due ispettori avevano appuntamento ai laboratori della scientifica, lì già sul posto avrebbero trovato Hartmut e la dottoressa Kladden.
“Salve ragazzi” esordì il tecnico appena li vide, poi rivolgendosi a Ben:
“Questi sono i tuoi documenti e questa è la tua cartella clinica…Benjamin Beck, ma come ti è venuto in mente un nome del genere? Sembra che tu sia il nipote di Geronimo Stilton…”
“Einstein per favore…” lo supplicò Ben.
“Bene” intervenne la dottoressa Kladden ”Direi che ci siamo è il momento di entrare in scena”
Ben trasse un profondo respiro e guardò dritto negli occhi Semir.
“Ehi socio” gli disse quasi con fare affettuoso il piccolo collega “Sei …sei davvero sicuro…insomma  quello che stai facendo, sei ancora in tempo per cambiare idea…lo troviamo un altro modo per…”
Ma fu interrotto da un deciso Ben, che si stava già avviando verso l’ambulanza che sarebbe servita per trasportarlo alla clinica ‘Raven’.
“Attualmente non vedo altre soluzioni, né alternative…e oltretutto dimostrerò, anzi dimostreremo alla Schrankmann che ha torto, non siamo degli sconsiderati al volante”
Ben quindi si avvicinò alla barella presente sul mezzo, ma vide nello sguardo dell’amico un’espressione molto preoccupata.
“Tranquillo Semir” e lo chiamò per nome come a volerlo tranquillizzare ancora di più “Non dovrai cercarti un altro partner, come io non dovrò…” ma si bloccò, stava per emozionarsi e questa era l’ultima cosa che voleva fare.
Si era appena seduto quando si accorse che nella tasca posteriore dei jeans aveva il mazzo delle chiavi di casa.
“Che sbadato, a momenti le portavo in clinica…”
Per qualche secondo il ragazzo restò a guardare il portachiavi che adornava il mazzo.
Poi lo strinse nel pugno come se quel piccolo oggetto regalatogli da Livyana la sera prima potesse in qualche maniera trasmettergli forza ed energia.
Poi consegnò il tutto al partner che affettuosamente lo stava guardando.
“Bel portachiavi”
“E’ un regalo di Livyana” rispose Ben accennando un sorriso.
Semir sapeva benissimo che era il compleanno di Ben un giorno che il ragazzo odiava, la morte di sua madre, la scomparsa della piccola Alexandra e adesso questo, troppe cose spiacevoli accadevano in concomitanza di quella data.
Il suo compleanno era un giorno funesto.
Forse col tempo avrebbe potuto cambiare opinione a riguardo, pensò Semir e il portachiavi che stringeva in mano poteva essere se non una conferma un buon inizio.
“Mi raccomando socio, non perdermele…altrimenti dovrò sfondare la porta a calci a missione finita”
Semir sapeva che quando Ben faceva battute fuori luogo era per smorzare la tensione, quindi a modo suo lo rassicurò.
“Tranquillo socio, sono in buone mani e non mi riferisco solo alle chiavi” accompagnando la frase strizzandogli un occhio.
Ben si accomodò sulla barella e la dottoressa Kladden gli mise le cinture per bloccarlo su di essa.
“E’ pronto ispettore?” chiese la dottoressa.
“Sì, penso di sì”
La ragazza con fare molto professionale aprì una piccola valigetta ,estrasse una boccetta ed una siringa, disinfettò l’incavo del braccio di Ben, poi con estrema delicatezza e cura gli fece l’iniezione.
All’inizio Ben non sentì nulla, nemmeno la puntura, ma poi all’improvviso sentì come se all’interno del braccio gli fosse stato iniettato fuoco, pochi minuti dopo cominciarono a manifestarsi i primi sintomi che gli erano stati ampiamente descritti dalla dottoressa.
Semir era sconvolto; sapeva benissimo che gli effetti sarebbero durati una manciata di ore, ma vedere il suo collega che urlava cose insensate in maniera isterica, che cercava di liberarsi dalle cinghie dando forti strattoni e si dimenava come un dannato non lo aiutava e non lo faceva stare meglio.
Ancora una volta il piccolo ispettore giunse alla conclusione di quanto Ben amasse il suo lavoro, cosa era disposto a fare pur di dimostrare che quel mestiere sapeva farlo e anche molto bene, e oltretutto era anche una delle cose per cui valeva veramente la pena lottare.
Con il cuore quasi a pezzi Semir salì sulla sua BMW e scortò l’ambulanza verso la clinica ‘Raven’.

Il piccolo ispettore fermò l’auto davanti all’ingresso di un maestoso edificio di mattoni rossi.
Un’enorme cancellata ne delimitava tutto il perimetro e Semir si chiese come la donna morta sull’autostrada potesse essere sfuggita per ben due volte alla sorveglianza  di infermieri e guardie.
E ancora una volta ebbe quella strana sensazione…forse erano veramente davanti ad un caso di omicidio, oppure un suicidio…indotto.
Pochi istanti dopo arrivò anche l’ambulanza con a bordo Ben.
Il pesante cancello si aprì e i due mezzi entrarono nel cortile della clinica; ad accoglierli davanti all’ingresso un uomo alto, in camice bianco, lo sguardo duro e occhi verdi penetranti.
Alla vista di quello che dalla descrizione fattogli dalla dottoressa Kladden poteva essere il dottor Erik Raven, a Semir vennero i brividi.
Quell’uomo incuteva  un po’ di soggezione, anzi a guardarlo bene gli faceva quasi paura.
Il piccolo ispettore scese dall’auto e si avvicinò all’uomo.
“Buon giorno signor Atalay, sono il dottor  Erik  Raven” salutò affabile il medico porgendogli la mano.
“Buon giorno a lei dottor Raven…la ringrazio di aver accettato subito in carico mio nipote Benjamin, ma davvero non sapevo cosa fare…i suoi genitori mi avevano avvisato della situazione del figlio, da tempo non manifestava disturbi, ma ieri…era sconvolto mi creda…non sono riuscito a calmarlo, ho chiamato il medico che lo ha in cura”
“Capisco la situazione…” replicò comprensivo il medico.
“I genitori di Benjamin sono ancora in America, non me la sentivo di lasciarlo solo e io non so come comportarmi con lui. Il suo medico curante, il dottor Freund, mi ha consigliato la vostra struttura”
“Vedrà suo nipote sarà in buone mani, lo aiuteremo…”
“Certo non ho l’autorità per potervi dire cosa fare o non fare e come le dicevo al telefono, sarà una cosa temporanea…il tempo necessario che i suoi genitori tornino dall’America…”
“Non si preoccupi abbiamo diversi pazienti in cura temporanea qui da noi…”
Intanto i barellieri stavano facendo scendere dall’autolettiga Ben, che ancora in preda all’effetto del farmaco iniettato, stava urlando e dimenandosi come un forsennato.
“Liberatemi…toglietemi queste cinghie…lasciatemi andare…no…no…aiuto…” continuava a gridare Ben e per Semir quelle invocazioni erano come delle coltellate al cuore.
Il dottor Raven con fare professionale e distaccato assisteva alla scena, mentre Semir si sentiva sempre peggio.
Lo avrebbe lasciato solo.
Solo in mano a dei potenziali assassini.
Con lo sguardo il piccolo ispettore seguì gli infermieri che portavano il suo socio all’interno dell’edificio, poi col cuore pesante salutò di nuovo il dottor Raven, salì sulla sua BMW, e fece ritorno al distretto.

Il giorno dopo Ben si svegliò nella stanza che gli era stata assegnata, notando che aveva ancora le cinghie che lo tenevano legato al letto.
Si trovava in un piccolo locale, in cui c’era il letto dove in quel momento era disteso, un comodino, un piccolo tavolino con una sedia e una finestra con delle sbarre che dava verso l’interno del cortile dell’edificio.
Notò che nella stanza non c’erano fili alle tende, né un lampadario, ma una applique sul soffitto per illuminare la stanza nelle ore notturne.
“Direi che le norme di sicurezza sono in regola…e se qualcuno dovesse tentare un suicidio…la finestra e il lampadario, non potrebbero servire allo scopo” pensò tra se il giovane ispettore.
Pochi minuti dopo un giovane infermiere entrò nella stanza.
“Buongiorno signor Beck” salutò cordialmente “Mi chiamo Frederick, ma può chiamarmi Freddie se vuole, sono qui per slegarla innanzitutto e per accompagnarla alla sala comune dove farà colazione assieme agli altri pazienti di questa clinica”
Ben non rispose mentre osservava l’infermiere che gli scioglieva le cinghie.
“Se vuole prima di scendere in refettorio può farsi una doccia, come vede ogni stanza ha un piccolo bagno, io l’aspetto qui fuori, non ci metta molto, stanno già servendo la colazione”
Il giovane si alzò, prese degli indumenti puliti dalla valigia che aveva preparato ed entrò nel piccolo bagno, velocemente si lavò e vestì.
Poi fu accompagnato nella sala dove finalmente avrebbe potuto mettere qualcosa sotto i denti.
Ben prese un vassoio, e cominciò a metterci sopra tutto l’occorrente per la colazione. Poi un addetto alla distribuzione dei pasti gli diede del latte, pane e marmellata e un bicchiere di succo d’arancia.
“Ecco signor Beck” disse Freddie “Ora si scelga un posto, faccia colazione con calma, poi quando avrà finito svuoti il vassoio e mi raggiunga, io l’aspetto seduto a quel tavolo, la porterò dal dottor Raven per la sua prima visita”
Ancora una volta Ben non rispose, ma fece solo un cenno con la testa.
Il ragazzo si sedette vicino ad una ragazza bionda, sui trent’anni, la quale appena lo vide si alzò dal tavolo afferrando velocemente una piccola radiolina che aveva accanto.
“Samantha non aver paura…”
Una donna col camice bianco di mezza età assistendo alla scena, si era avvicinata afferrandola delicatamente per le spalle.
“E’ un nuovo paziente…coraggio…finisci la colazione” quasi le sussurrò all’orecchio.
Ma la ragazza scrollò la testa impaurita.
“Samantha???” pensò tra se Ben “Charlotte Wolfgang, mi nominò una Samantha, sarebbe una fortuna se fosse lei…”
“Io mi chiamo Benjamin, ma puoi chiamarmi Ben se vuoi” si presentò sorridente il giovane porgendogli la mano, ma la ragazza non rispose al saluto, anzi corse via spaventata.
“Che ha?” chiese alla donna di mezza età.
“Non sono cose che la riguardano signor Beck” rispose laconica la donna.
Freddie si avvicinò alla donna.
“Dottoressa Zeller, il dottor Raven chiede di lei”
“Certo, grazie Freddie” e la dottoressa si accomiatò dai due pazienti e dal giovane infermiere.
Mezz’ora dopo Ben fu accompagnato dal dottor Raven, per il primo colloquio, quello che a detta della dottoressa Kladden sarebbe stato il più difficile; doveva recitare bene la sua parte per non destare sospetti, non poteva fallire e non poteva permettersi di essere scoperto altrimenti ogni tentativo di arrivare alla verità sarebbe stato azzerato.
 
Angolino musicale: Canzone decisamente particolare, ma mentre scrivevo questo capitolo ‘la mia Livyana’, che scorrazza per casa me l’ha fatta ascoltare almeno un ‘centinaio ‘ di volte e un po’ come Livy tormenta Ben con Tom Beck, così lei ha tormentato me. Poi a pensarci bene la canzone per certi versi era perfetta seppur la protagonista della stessa sia una donna…da ‘Frozen’ Serena Autieri ‘All’alba sorgerò’ (poi vado a far compagnia a Ben alla ‘Raven’…)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=9uORV-SXJfk
La neve che cade sopra di me, copre tutto col suo oblio, in questo remoto regno, la regina sono io. Ormai la tempesta nel mio cuore irrompe già, non la fermerà la mia volontà. Ho conservato ogni bugia, per il mondo la colpa è solo mia Così non va,
non sentirò, un altro no! D’ora in poi lascerò, che il cuore mi guidi in po’,scorderò quel che so, e da oggi cambierò. Resto qui, non andrò più via. Sono sola ormai, da oggi il freddo è casa mia! A volte è un bene, poter scappare un po’può sembrare un salto enorme, ma io lo affronterò. Non è un difetto, è una virtù, e non la fermerò mai più. Nessun ostacolo per me, perché d’ora in poi troverò la mia vera identità, e vivrò, sì, vivrò, per sempre in libertà. Se è qui il posto mio, io lo scoprirò. Il mio potere si diffonde intorno a me. Il ghiaccio aumenta e copre ogni cosa accanto a sé. Un mio pensiero cristallizza la realtà. Il resto è storia ormai, che passa e se ne va! Io lo so, sì lo so, come il sole tramonterò, perché poi, perché poi all’alba sorgerò! Ecco qua, la tempesta che, non si fermerà. Da oggi il destino appartiene a me.
 

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Capitolo 10
*** Nella fossa del leone ***


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Nella fossa del leone
 
Frederick, l’infermiere a cui Ben era stato affidato, bussò ad una porta lungo un corridoio, poi dopo aver atteso il permesso di entrare fece accomodare il giovane ispettore.
Il ragazzo entrò strascicando un po’ i piedi e stampandosi sul volto un’espressione annoiata.
“Salve signor Beck” salutò cordiale il dottor Raven, alzandosi dalla poltrona e avvicinandosi al ragazzo.
“Prego si sieda…cominceremo subito il nostro primo colloquio…così tanto per capire la sua situazione e per conoscerci meglio…”
Ben con fare quasi disgustato si lasciò letteralmente cadere sulla sedia e poi guardò sempre con fare sospettoso il dottore.
“Come si sente stamattina, signor Beck? Ha dormito bene? La stanza è di suo gradimento?”
“Come vuole che mi senta? Sono stato messo da mio zio in questa gabbia per matti e poi ho dormito da schifo…e la stanza …pure quella fa schifo” replicò secco Ben.
Il dottor Raven non fece una piega e avviandosi verso uno schedario aprì un cassetto e ne estrasse delle cartelline, tornando poi a sedersi di fronte a Ben.
“Lei non è il solito strizzacervelli…” chiese sempre con fare sospettoso.
“Preferirei che mi chiamasse medico o dottore” puntualizzò l’uomo.
“Uff, che pizza…” sospirò alzando gli occhi al cielo Ben.
“Comunque tornando a lei suo zio mi ha detto che è stato il suo medico curante, il dottor Freund a consigliare il suo ricovero qui da noi…” continuò il dottor Raven, ma bruscamente venne interrotto da Ben.
“Un altro incompetente, come lei! Non sono pazzo…siete voi che mi volete far passare per tale…” sbottò.
Il dottore con calma serafica proseguì la sua visita come se nulla fosse, era abituato ad aver a che fare con persone per niente collaborative.
“Senta adesso le proporrò alcuni test…penso che anche il dottor Freund glieli avrà proposti…”
“Senta non ho voglia di vedere quelle stupide macchie presenti su un foglio bianco…” lo anticipò Ben e il suo sguardo cadde sulla targhetta di uno schedario alle spalle del dottore. La dicitura riportava ‘cartelle cliniche pazienti’.
“Non si preoccupi, avevo pensato al T.A.T. sa di cosa si tratta?”
“No e neanche me ne importa…”
“Senta signor Beck, perché non cerchiamo di collaborare un po’? Farci la guerra non giova a nessuno”
Poi estraendo da una cartellina alcune immagini le diede in mano a Ben che cominciò a sfogliarle svogliatamente.
“Ecco ora dovrà sceglierne una e poi mi racconti una storia…”
“Devo inventare una storia guardando un’immagine? Che cretinata…”
“Non vorrà farmi credere che non sa raccontare storie, forza ci provi…” continuò tranquillo il dottore.
Ben cominciò a guardarle, poi il suo sguardo si fermò su una in cui era rappresentata, secondo lui, una famiglia felice: papà, mamma e una bambina.
Ma lui doveva recitare un ruolo, quindi rispose con riluttanza:
“Qui ci sono dei genitori che stanno…” Ben si rigirò la foto tra le mani, scrutando l’immagine con attenzione, aggrottando la fronte, poi come se avesse avuto una rivelazione schioccò le dita “ Sicuramente questi stanno picchiando la bambina o lo faranno presto”
“A me invece sembrano premurosi, guardi bene quelli che lei dice che siano i genitori hanno i volti sorridenti” replicò il dottore.
“Naaaa…è quello che vogliono farle credere…vedrà si avvicineranno sorridenti e poi la picchieranno” continuò imperterrito Ben.
“Lei è convinto che vogliano farle del male?”
“C’è sempre qualcuno che vuole fare del male ad altri. Anche a me, tutti mi vogliono far del male, i miei genitori, mio zio…magari anche lei…che dice? Scommetto che lei non vede l’ora di farmi rinchiudere in questa gabbia per matti, ma io non sono pazzo…so cosa volete da me, volete rinchiudermi qui”
“Perché dovrei volerle far del male? E anche le persone che ha menzionato…i suoi genitori, suo zio, perché vorremmo come dice lei rinchiuderla qui dentro?” chiese il dottore anche per capire meglio chi aveva davanti.
A Ben venne in mente un vecchio film in bianco e nero che aveva visto da piccolo con Helga e prendendo spunto da quello si inventò una storia.
“Per l’eredità che mi ha lasciato mio nonno, sono convinto che voi due, anzi scommetto che c’entrano anche i miei genitori”
Ben si avvicinò al volto del medico che aveva davanti, pensò che se avesse avuto uno specchio di fronte il volto riflesso sarebbe stato molto simile a quello di Jack Nicholson in ‘Qualcuno volò sul nido del cuculo’ o ‘Shining’. Continuando la sua farsa disse “Senta, ‘Doc’, adesso le dico una cosa, questa sì che è una bella storia…Lei e mio zio avete fatto un patto, mi farete passare per pazzo e poi vi dividerete l’eredità, che ne dice?”
“Io e suo zio vogliamo solo aiutarla, signor Beck” il tono del dottor Raven era sempre calmo rilassato e per un attimo Ben pensò che Giobbe al suo confronto era niente.
“Senta ne ho le scatole piene di questi stupidi test…devo farli proprio ora?” sbottò di nuovo Ben.
“No per oggi basta così, li faremo più avanti, anzi chiamerò il dottor Hermann che le farà conoscere le varie strutture e locali dell’istituto, vedrà, troverà la cosa piacevole ed interessante” e lo fece chiamare al telefono.
“Uff…” sbuffò Ben appoggiando la schiena alla sedia e riprendendo a guardare la stanza con fare annoiato.

Pochi minuti dopo il ragazzo stava facendo quello che lui, in veste di poliziotto, avrebbe considerato una specie di giro di perlustrazione della clinica.
“Come vede, signor Beck” disse il dottor Hermann “E’ un edificio molto accogliente. C’è la piscina, la palestra, un enorme parco…”
“Lei che è? Un altro strizzacervelli?” lo interruppe Ben.
“Veramente io sono un fisioterapista” lo informò cordiale.
“Quindi un secondino, un tirapiedi di Raven…” replicò quasi sprezzante Ben.
“Senta signor Beck” lo bloccò prendendolo per un braccio Hermann in mezzo ad un corridoio.
“Perché non ci mettiamo d’accordo e cerchiamo di rispettare almeno una regola fondamentale presente in questa struttura…”
“E sarebbe” fece sempre arrogante Ben.
“Il rispetto, lei ne avrà per me, per gli altri pazienti e personale medico e loro ne avranno per lei…”
“Uff” sbuffò di nuovo Ben.
A quanto pare la parte del maleducato, arrogante gli veniva molto bene, ma in cuor suo era dispiaciuto, non gli piaceva comportarsi così, ma purtroppo doveva farlo.
Il dottor Hermann continuò il suo giro e i due arrivarono davanti ad una porta aperta di un enorme salone.
All’interno c’erano una ventina di persone adulte di tutte le età.
“Ecco come vede” delucidò il fisioterapista “Qui si può leggere, giocare a carte, guardare la televisione”
Poi prendendo Ben sottobraccio lo accompagnò verso una donna di mezza età col camice bianco.
“Dottoressa Zeller, ha già conosciuto il signor Beck?” chiese affabile avvicinandosi Hermann.
“Sì certo, ma siamo partiti col piede sbagliato, che ne dice signor Beck se ripartiamo dall’inizio…”
Ben mugugnò un cenno di assenso.
“Venga con me” proseguì la dottoressa “Le faccio conoscere qualcuno dei pazienti. Posso chiamarla Benjamin?”
“Può chiamarmi Ben, se vuole” mostrando un po’ di collaborazione.
Hermann se ne andò lasciando il ragazzo con la dottoressa Zeller.
La donna cominciò a presentare i vari pazienti presenti nel salone.
Tra i tanti gli fu presentato un uomo sulla sessantina di nome Robert che stava guardando la televisione.
“Robert” esordì la dottoressa ”Questo è Ben, è arrivato ieri”
“Salve” rispose cortesemente il ragazzo, ma l’uomo non staccò un attimo gli occhi dal televisore e di fatto non lo degnò di uno sguardo.
“Robert era un ottimo idraulico” continuò la dottoressa.
“Già, e ora non capisce un tubo, sta imbambolato davanti alla TV, oltretutto mi pare anche molto socievole” replicò sarcastico il giovane.
“Non sia ironico, non le conviene” lo rimproverò con aria severa la dottoressa.
Poi continuò a presentargli altri pazienti.
Il suo sguardo cadde su Samantha, la ragazza che aveva conosciuto durante la colazione. Forse era l’unica Samantha della clinica e se era così era la ragazza che le aveva menzionato Charlotte Wolfgang.
Lentamente si avviò verso di lei, stampandosi in faccia un’espressione allegra, gioviale.
Ma fu bloccato di nuovo dalla dottoressa Zeller che di fatto smorzò il suo sorriso.
“Ben, non si aspetti che le risponda, Samantha ha molte difficoltà ad esprimersi…”
“Non posso provare?” replicò secco il giovane ispettore.
“E’ controproducente” disse dolcemente, ma con decisione la donna, che poi proseguì “Senta Ben so che lei è stato per un paio d’anni un insegnante di musica l’ho letto nella sua scheda personale. Quindi ritengo che capirà se le dico che Samantha è schizofrenica…le ripeto, Samantha non dice mai una parola e come vede se ne sta sempre con la radio accesa vicino all’orecchio…e ultimamente ha avuto un’esperienza negativa che l’ha profondamente turbata”
“Allora siamo in due” disse serio Ben, poi abbozzando un mezzo sorriso chiese “Posso andare da lei, ora?”
La donna gli fece un cenno col capo e Ben si avviò verso la giovane paziente, sotto lo sguardo vigile della dottoressa.
Ben con calma e tranquillità si avvicinò alla ragazza. Voleva guadagnare la sua fiducia, la sua amicizia, forse avrebbe potuto aiutarlo, anche se adesso vedendola lì vicino a lui con lo sguardo perso nel vuoto ed una radiolina in mano, non sapeva bene come potesse esserle d’aiuto. Ciò nonostante standole un po’ a distanza si presentò:
“Ciao Samantha, mi chiamo Benjamin, ma tu puoi chiamarmi Ben se vuoi” le disse stampandosi in faccia uno dei suoi magnifici sorrisi.
La ragazza per un attimo sembrò come ritornare alla realtà e guardò Ben.
Il giovane poliziotto allora cercò di intavolare un minimo di discorso:
“Vedo che ascolti la radio, che musica ti piace? Io so suonare la chitarra …”
Ma il discorso fu interrotto bruscamente.
Accidentalmente la ragazza lasciò cadere la radiolina che aveva in mano, spaventata dall’improvviso urlo di gioia di un paziente che stava giocando a scacchi con un altro.
Purtroppo la radio cadendo si aprì letteralmente in due e sul volto di Samantha apparve la delusione più totale.
La ragazza si chinò per raccogliere i pezzi della radiolina e a Ben si strinse il cuore nel vedere quella scena. Gli sembrava di vedere una bambina che raccoglieva un uccellino ferito o una cosa del genere.
Alla scena assistette anche la dottoressa Zeller che avvicinandosi si accovacciò vicino a Samantha.
“Oh, cara…mi dispiace molto…” disse contrita la dottoressa.
Anche Ben si accucciò, poi aiutò Samantha a rialzarsi.
La ragazza, sempre con lo sguardo disperato, si portò al petto i pezzi ed uscì di corsa dal salone.
Ben la vide uscire e quindi non fece caso che dietro di lui si era avvicinato Robert uno dei pazienti che gli erano stati presentati prima.
L’uomo con una mano lo prese per un braccio, mentre con l’altra chiusa a pugno lo avvicinò pericolosamente al volto in segno di minaccia.
“Bravo, hai visto cosa hai fatto?” gli ringhiò contro.
La stretta di Robert era forte, Ben per un attimo pensò che avrebbe potuto spezzaglielo come fosse un bastoncino.
“Ehi, guarda che io non c’entro nulla” rispose stizzito Ben, e con uno strattone cercò di liberarsi da quella specie di morsa.
“E’ stato un incidente, Robert” intervenne la dottoressa Zeller cercando di stemperare gli animi.
“Stalle lontana, sei solo capace di combinare guai” rimbeccò sempre più minaccioso Robert.
“Ma che dici, non l’ho nemmeno toccata, ti ripeto è stato un incidente, l’è caduta dalle mani” e finalmente riuscì a liberarsi con un altro strattone dalla presa di Robert, poi con fare stizzito Ben uscì dal salone.
Robert seguì con lo sguardo il ragazzo poi tra sé e sé mormorò “Me la pagherai, o sì eccome se me la pagherai razza di moccioso superbo…me la pagherai”
Poi come se nulla fosse successo tornò a sedersi nella poltrona e riprese a guardare la televisione.
 
Angolino musicale originale anche questa volta, ma era inevitabile …almeno per la mia mente ‘bacata’…terrei comunque a ringraziare ancora una volta i miei recensori  (non so cosa farei senza di voi) e la mia…BETA-bloccante…lei sa . Bacioni a tutti.
Queen ‘I’m going slightly mad (sto diventando un po’ pazzo)
 
Per  ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=Od6hY_50Dh0
 
…stanno cercando di dirti qualcosa? Stai perdendo quell'ultima rotella Semplicemente non sei in perfetta forma, mio caro A essere onesti non hai la più pallida idea di ciò che ti sta accadendo Sto diventando un po’matto Alla fine è successo, sono un po’matto Oh, povero me! Mi manca una carta dal mazzo Non sono proprio in cattive acque, ma a un’ondata dal naufragio Non sono proprio al massimo mi è venuta la febbre sono veramente in alto mare Ma miei cari cosa mi dite di voi? Sto diventando un po’matto Alla fine è successo Sono un po’matto! Solo leggermente matto! Ci siete riusciti!    
 

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Capitolo 11
*** Primi sospetti ***


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Primi sospetti
 
Intanto, al distretto, Semir e Susanne stavano raccogliendo informazioni sulla clinica Raven, sul personale e i pazienti ospitati nella struttura.
“Semir, guarda cosa ho trovato…un paio di mesi fa un certo Peter Market ha ritirato dal suo conto corrente ventimila euro, due settimane prima che morisse suo nonno, paziente della clinica ‘Raven’”
“Chissà se  è la stessa persona a cui si riferiva la donna che Ben avrebbe investito in autostrada…” ragionò aggrottando la fronte il piccolo ispettore.
“Beh non so se si tratta dello stesso paziente, comunque l’uomo si chiamava Alexander Market , novantenne, morto per una grave malattia degenerativa. La sua famiglia, o meglio sua figlia abita qui a Colonia e dopo due settimane dalla morte del padre ha prelevato trentamila euro dal suo conto corrente”
“Scusa, ma la domanda mi sorge spontanea,  la figlia di questo Market e il nipote erano gli eredi?” chiese sospettoso Semir.
“Adesso vedo…faccio anche dei controlli sui conti correnti della clinica e diamo un’occhiata anche a quello del dottor Raven” disse compita la segretaria “Magari troviamo qualche riscontro e perché no un possibile movente” poi vedendo lo sguardo accigliato di Semir ribatté “So già cosa stai pensando”
Susanne, sotto lo sguardo attento di Semir, cominciò freneticamente a digitare codici d’accesso e password.
“Ecco qua” disse poi visibilmente soddisfatta del suo lavoro.
“Ah però” disse Semir scrutando lo schermo del pc ” Guarda qua…la clinica Raven fino a pochi mesi fa aveva i conti in rosso…poi ha avuto due donazioni…una di ventimila e una di trentamila euro…se vogliamo essere come dire, amanti dei complotti, direi che potrebbe essere una prova…”
“Sì, ma non sufficienti per un mandato o per un’accusa formale” ragionò compita la segretaria.
“Già, comunque è qualcosa su cui iniziare, omicidi architettati per intascare eredità…in fin dei conti in quella clinica vi soggiornano persone malate, tra cui terminali molto facoltosi. Vado a informare il commissario, vuole essere aggiornata costantemente” e detto questo Semir si avviò verso l’ufficio della Kruger.

“Così secondo lei, saremmo davanti a degli omicidi per scopi di lucro, parenti che non hanno, come dire pazienza e accelerano la dipartita dei parenti per intascare l’eredità…” disse alla fine Kim dopo aver ascoltato attentamente Semir.
“Beh, per un malato terminale la morte non naturale sarebbe facilmente mascherata, e i parenti intascherebbero subito l’eredità e il dottor Raven un compenso per eseguire e insabbiare”
“Comunque le sue sono solo supposizioni, certo di casi simili a questo le cronache ne sono piene, ‘La clinica della morte’ o il ‘dottor morte’ sono casi che risalgono a non più di cinque anni fa, se li ricorda?”
“Certe cose non si dimenticano” replicò serio Semir.
“E quella potrebbe invece essere una clinica pulita, trasparente. Ripeto senza prove non si va da nessuna parte” ribatté compita il commissario.

Pochi istanti dopo Susanne chiese il permesso di entrare. Aveva delle novità.
“Semir, commissario…ho trovato delle informazioni interessanti sul dottor Raven…più di dieci anni fa dirigeva una clinica a Bochum. E’ stato arrestato e la struttura  è stata chiusa…”
“Arrestato?” chiese interdetto il piccolo ispettore.
“Beh dirigeva una specie di…clinica aperta…”
“In che senso Susanne, non capisco” la interruppe il commissario.
“La clinica era situata in centro città e i pazienti erano lasciati abbastanza liberi da poter girare per le strade, almeno quelli che lo potevano fare, stava sperimentando una sorta di integrazione con il mondo esterno. Questo però ai cittadini non piacque e scattarono denunce a raffica. Ma il dottor Raven andò contro queste restrizioni che gli furono imposte…e fu arrestato”
“Quindi cambiò città e aprì qui a Colonia un’altra clinica, dico bene?” concluse la Kruger.
“Allora mettiamo che il dottor Raven voglia fare qui la stessa cosa…in fondo il suo è un progetto lodevole…sta cercando di integrare nella società alcuni pazienti, ma il progetto comporta anche risorse che lui purtroppo non ha” suppose Semir “Quindi si metterebbe d'accordo con i parenti dei malati terminali e facoltosi…e il resto lo possiamo immaginare”
“Raven per ora è l’unico indiziato quindi, visto che altre piste per ora non né abbiamo, direi di dare anche un’occhiata alle assicurazioni sulla vita delle persone morte nella clinica…vediamo cosa troviamo…e direi di informare Jager sugli sviluppi…” proseguì Kim.
“Di Ben mi occupo io, così mi sincero delle sue condizioni” si affrettò a dire Semir.
“Gerkhan le ricordo che Jager…” ma fu interrotta bruscamente.
“Sì, lo so è un poliziotto esperto, sa badare a se stesso ecc… ecc…però saperlo là dentro…”
Kim abbozzò un sorriso, sapeva che quando Semir non aveva Ben sotto la sua ala protettiva stava male, anche quando faceva di tutto per non darlo a vedere.

Intanto Ben si stava aggirando per i corridoi della clinica, sapeva che la cosa era ardua, ma voleva almeno tentare di parlare con Samantha, prima però doveva guadagnarsi la sua fiducia.
Sapeva dove era la sua stanza e dopo un po’ si ritrovò davanti ad essa.
La porta era aperta , la ragazza era seduta sul letto, silenziosa, con lo sguardo assente, ed aveva ancora in mano i pezzi della radiolina.
Ben bussò alla porta , Samantha alzò lo sguardo e incrociò quello del giovane.
“Posso entrare?” chiese serio, sfoderando sempre uno dei suoi più bei sorrisi.
Samantha si alzò in piedi e Ben le si avvicinò un po’, lasciando la porta aperta, non voleva darle l’impressione di essere un intruso e quindi spaventarla ulteriormente.
“Mi dispiace per la radiolina…perché non me la dai? Magari riesco ad aggiustarla…”
La ragazza lo guardò perplessa.
Ben avvicinò le mani verso le sue, ma la ragazza fece come un balzo indietro e lo sguardo divenne spaventato.
“Non devi aver paura di me, non voglio farti alcun male, non voglio portarti via la radiolina, se non vuoi non la tocco nemmeno, ma magari potrei riuscire ad aggiustarla” disse con tono calmo e dolce Ben.
Samantha lo guardò ancora, la sua espressione poi cambiò.
Non sembrava più spaventata e Ben giudicò questo un buon segnale, un punto a suo favore.
“Magari si è solo staccato un filo...” e sempre come se si muovesse a rallentatore prese la radiolina dalle sue mani.
“Le do un’occhiata e poi te la riporto” e detto questo uscì dalla stanza e si avviò verso la sua; se fosse riuscito ad aggiustare la radio forse avrebbe acquistato la sua fiducia, forse avrebbe potuto capire perché e come Charlotte Wolfgang fosse morta e perché secondo lei anche Samantha fosse in pericolo.

Ben stava camminando lungo i corridoi, stava esaminando la radiolina quando incrociò Robert.
L’uomo si accorse subito che il ragazzo aveva in mano una cosa che apparteneva a Samantha.
“Dove l’hai trovata?” ringhiò minaccioso parandosi davanti a Ben e bloccandogli di fatto la strada.
Aveva lo sguardo carico d’odio e gli occhi iniettati di sangue.
“Me l’ha data Samantha” replicò secco il ragazzo.
“Non ci credo, lei ci tiene troppo…gliela hai rubata, maledetto ladro…” e l’uomo cercò di colpire con un pugno Ben.
Ma il ragazzo riuscì a schivarlo facendo alcuni passi indietro.
“Ti ho detto che me l’ha data lei…provo a ripararla” ribatté quasi furioso Ben.
“Non ci credo!” urlò inviperito  l’altro e si preparò a sferrare un altro colpo.
Ma in quel momento fece la comparsa nel corridoio il dottor Hermann richiamato dalle voci dei due.
“Robert…che stai facendo? Abbassa quel pugno e vai subito nella tua stanza!” il tono del fisioterapista non ammetteva repliche.
Stizzito Robert abbassò la guardia avviandosi verso la sua stanza non prima di aver lanciato a Ben l’ennesimo sguardo di sfida.
“Si può sapere perché ce l’ha tanto con me?” disse serio Ben “Io non gli ho fatto nulla…e lui a momenti mi prendeva a pugni…”
“Vede signor Beck, Robert ha, come dire adottato Samantha e quindi può immaginare…”
“No non immagino…” disse decisamente infastidito Ben.
“Samantha è come se fosse sua figlia, quindi la protegge e vede in lei una sorta di nemico, il fatto che lei la voglia avvicinare, pensi a Robert come ad una specie di padre geloso. Chissà magari potreste andare anche d’accordo, la prossima volta che vede Robert potrebbe andare lei a parlargli, provi…” ma Ben lo bloccò subito.
“Ma che fesserie sta dicendo e poi quello un padre? ”
“Comunque vedo che ha in mano la radiolina di Samantha” notò il fisioterapista.
“Me l’ha data lei…non gliela ho rubata come ha detto quello là” replicò stizzito Ben.
 “Bene è un ottimo inizio, sta cercando di aiutare qualcuno, la cosa mi sorprende…”
“Molto spiritoso e poi sarei io quello ironico!” e detto questo Ben si avviò verso la sua stanza sotto lo sguardo vigile del dottor Hermann.

Angolino musicale ispirato dalla parte finale del capitolo, il primo tentativo di avvicinamento di Ben…
Sam Hunt Take your time (prendere il tuo tempo)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=iXi6IHFHeIA
Non so se stai guardando me o no Probabilmente sorridi così tutto il tempo E non voglio disturbarti, ma non potevo semplicemente andare oltre e non dire ciao E so il tuo nome Perché tutti qui sanno il tuo nome E non stai cercando nulla in questo momento Quindi non voglio forzarti Non fraintendermi I tuoi occhi sono così intimidatori Il mio cuore batte forte, ma E’ solo una conversazione No, ragazza, non sono ubriaco Tu non mi conosci io non ti conosco Non voglio rubare la tua libertà Non voglio farti cambiare idea Non devo costringerti ad amarmi Voglio solo prendere il tuo tempo Non voglio rovinare il tuo venerdì Non sprecherò le mie battute Non devo prendere il tuo cuore Voglio solo prendere il tuo tempo…Avresti potuto ruotare gli occhi dirmi di andare all’inferno avresti potuto andare via, ma sei ancora qui E io sono ancora qui…


 

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Capitolo 12
*** Oscure presenze ***


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Oscure presenze

Semir scese dalla sua BMW dopo aver varcato l’entrata di una lussuosa villa.
Ad accoglierlo quello che a lui sembrò il maggiordomo della casa.
Alla vista dell’uomo il piccolo ispettore esibì il tesserino di riconoscimento.
“Sono l’ispettore Semir Gerkhan polizia autostradale, ho chiamato poco fa per parlare con il signor Market”
“Certo si accomodi, il signor Market la riceverà subito nel suo studio, ispettore Gerkhan, prego mi segua,  le faccio strada”
Mentre percorreva gli enormi saloni Semir pensò che il nipote non avrebbe avuto bisogno di nessuna eredità.
Tutte le stanze erano arredate in maniera sfarzosa, quadri alle pareti e preziosi manufatti su antichi mobili di pregiata fattura non facevano altro che confermare la sua teoria; inoltre Susanne, pochi minuti prima al telefono, gli aveva comunicato che  il ragazzo era un dirigente presso una grossa ditta di import-export e quindi il denaro non gli mancava certo.
A meno che...
Il maggiordomo bussò ad una porta, entrando presentò l’ospite al padrone di casa, poi si accomiatò da loro chiudendosi la porta alle spalle.
“Salve ispettore Gerkhan” disse cordiale Peter Market facendo segno di accomodarsi su una bellissima poltrona damascata “In cosa posso esserle utile?”
“Non le farò perdere tempo, quindi arriverò subito al motivo della mia visita” cominciò Semir “Volevo alcune informazioni su suo nonno…”
“Mio nonno è deceduto alcuni mesi fa” rispose  perplesso il ragazzo.
“Sì lo so, ma vorrei sapere come ha trascorso gli ultimi anni”
“Beh gli ultimi anni della sua vita mio nonno li ha trascorsi presso la clinica ‘Raven’, aveva l’Alzheimer …” e il suo tono si fece quasi triste.
“Mi scusi…forse la domanda le sembrerà strana, ma ha qualche dubbio su come sia morto suo nonno?” chiese diretto Semir.
“No…assolutamente no…e poi mio nonno è morto nel sonno…” rispose sempre più perplesso il giovane.
“Mi scusi se insisto, ma suo nonno come le sembrava negli ultimi giorni…”
“Come vuole che potesse stare…era malato da anni, gli ultimi tre li ha trascorsi seduto su una sedia a guardare il vuoto, senza la minima speranza di ripresa. Le assicuro che vederlo così, per me era un autentico strazio…”
A Semir il ragazzo sembrò sincero.
“Sa, mio nonno” continuò il giovane, mentre gli occhi cominciavano a diventare lucidi “E’ stato colui che mi ha cresciuto, amato…sono restato orfano quando ero poco più di un ragazzino. E’ stato un padre per me…”
“Quindi lei pensa che alla clinica ‘Raven’ lui sia stato assistito nel migliore dei modi…”
“Se si riferisce al dottor Raven e alla sua equipe…beh a mio parere la clinica e il personale migliore che potesse avere, hanno fatto tutto il possibile per farlo stare meglio e io aggiungerei anche l’impossibile…”
“La ringrazio per le informazioni, signor Market”
Il piccolo ispettore stava per salutare il ragazzo quando fu anticipato:
“Ispettore se dovesse aver bisogno di altro…lei è venuto qua per altro, non so perché, ma sento che è così”
“Senta posso chiederle una cosa…delicata?” chiese quasi con reverenza.
“Certo ispettore”
“Se le chiedessi il permesso di poter riesumare il corpo di suo nonno…non avrebbe nulla in contrario?”
“Ispettore, non ne vedo la necessità, mi è stato assicurato che mio nonno è morto per cause naturali, ma dalla sua richiesta… capisco che lei non la pensa così”
Ma Semir non era disposto a cedere, aveva quella strana sensazione allo stomaco.
“La prego, se non mi dà il consenso potrei credere…”
“Ho capito…ha il mio consenso, ma sappia una cosa, se scoprissi che la cosa si poteva evitare…” adesso lo sguardo del giovane era duro.
“Ho il sospetto che la morte di suo nonno non sia così naturale…”
Lo sguardo del giovane si fece ancora più serio.
“In questo caso il colpevole dovrà pagarne le conseguenze”
“La ringrazio signor Market”
“Arrivederci ispettore e la prego mi tenga informato”
“Senz’altro, arrivederci…” e porgendo la mano al ragazzo uscì dallo studio.
Poi il maggiordomo lo accompagnò all’uscita della villa.

Era quasi notte fonda quando una sagoma scura uscì da una stanza per avviarsi verso lo studio del dottor Raven.
Ben si aggirava per la clinica in boxer e canottiera, considerava la vestaglia da notte un ingombro e se l’avesse indossata si sarebbe sentito ridicolo visto che secondo lui solo le persone anziane giravano con la vestaglia.
“Nemmeno quando sono all’ospedale la metto, figuriamoci qui e poi le infermiere quando mi vedono…” sogghignò tra se il giovane ispettore stando attento a non fare rumore tra i corridoi.
Mentalmente ringraziò Hartmut, il giovane tecnico della scientifica come se fosse ‘M’ l’agente che forniva le attrezzature speciali a James Bond, lo aveva dotato di un paio di ciabatte con una specie di doppio fondo, dove aveva inserito i piccoli arnesi per forzare le serrature delle porte.
Stando attento a non essere visto estrasse gli attrezzi e dopo qualche secondo riuscì ad aprire la porta.
“Grazie, socio” si ritrovò a pensare Ben che aveva imparato da Semir a forzare le porte in pochi istanti “Un altro dei tuoi preziosissimi insegnamenti…” 
Ben entrò nell’ufficio chiudendosi piano la porta dietro alle spalle.
Si ricordava di una piccola abat-jour posta sulla scrivania del dottore e quindi muovendosi con molta calma e circospezione a tentoni trovò la lampada e l’accese.
La luce fioca, ma sufficiente per cercare qualche cosa che potesse essere utile, inoltre se qualcuno fosse passato non avrebbe visto la luce filtrare da sotto la porta.
La prima cosa che fece fu quella di aprire il computer, purtroppo l’accesso era consentito solo attraverso una password,  quindi dopo qualche tentativo Ben lasciò perdere.
Sempre aiutandosi con i suoi arnesi da scasso cominciò ad aprire gli schedari.
Iniziò da quello che esternamente recava la scritta ‘cartelle cliniche pazienti’.
Si mise a ispezionare i vari fascicoli, ma non vi trovò niente che potesse risultare interessante.
Aprì un altro schedario che all’esterno non portava nessuna dicitura.
All’interno vi trovò le cartelle cliniche dei pazienti che non erano più presenti nella struttura. In alcune trovò la dicitura ‘trasferito’ in altre ‘deceduto’.
Diede subito una furtiva occhiata ai nomi presenti, ma nessuno attirò la sua attenzione, quindi ne aprì una a caso e subito gli capitò sotto mano una busta.
All’interno una lettera scritta in bella calligrafia.
Ben si avvicinò all’abat-jour  per leggervi il contenuto.
Era una donazione di trentamila euro che un parente di un paziente aveva fatto alla clinica, e in allegato vi era anche la copia dell’assegno.
Sempre sfogliando la cartella Ben trovò anche un’altra lettera, scritta sempre a mano e firmata in calce dal dottor Raven:
 
Gentilissima signora Dora Market…
La sua donazione di trentamila euro a questa clinica è stato un atto molto generoso…
 
Seguivano poi ringraziamenti e condoglianze per la scomparsa del paziente.
Ben consultò anche altre schede, ma non vi trovò stranezze.
Cominciò a leggere velocemente i rapporti delle autopsie allegate ad alcuni pazienti e per quanto potesse sembrare a lui, tutto appariva in regola.
Diverso tempo dopo il ragazzo un po’ deluso dal non aver trovato niente di interessante, decise di uscire dall’ufficio di Raven, chiuse la luce dell’abat-jour e piano piano aprì la porta, avviandosi verso la sua stanza.
I corridoi erano immersi nel buio, uniche luci presenti erano le segnaletiche d’emergenza, ma questo per il ragazzo non era un problema, anzi nessuno lo avrebbe visto fare ritorno nella sua stanza.
Fece appena qualche metro quando sentì dietro di lui un fruscio, nemmeno il tempo di voltarsi che un’ombra  gli piombò dietro le spalle, girandolo violentemente senza dargli la possibilità di difendersi, poi un dolore acutissimo allo zigomo, e senza sapere come si ritrovò steso a terra.
Subito dopo un altro dolore lancinante allo sterno, l’aggressore letteralmente si inginocchiò sopra il corpo di Ben, facendogli mancare il fiato, poi dopo averlo così immobilizzato lo prese per il collo.
Il giovane cercò di divincolarsi, tentò di allentarne la presa , ma le mani del suo avversario erano delle autentiche morse, ogni tentativo di reagire era inutile.
Per qualche secondo Ben pensò che prima di morire strangolato sarebbe morto in seguito alle ferite provocate dalle sue stesse costole.
“Maledetto, maledetto ti avevo avvisato, dovevi starle lontano” urlò Robert letteralmente fuori di sé.
Passarono secondi interminabili, nessuno sarebbe accorso in aiuto di Ben; le forze lo stavano abbandonando, gli mancava sempre più l’aria e la vista si stava annebbiando.
Gli ultimi pensieri furono per le persone a lui più care, poi un forte dolore quasi a livello fisico; Semir non avrebbe solo dovuto seppellire un altro partner , ma anche informare Livyana che era morto, e per lui quel pensiero era peggio della paura di morire.
Pochi secondi dopo Ben perse conoscenza.

Nota dell’autrice piccolo scoop: vi siete mai chiesti cosa fa una Beta??? La mia oltre a mettere, virgole, tempi giusti, suggerimenti ecc…commenta… Ben si aggirava per la clinica in boxer e canottiera (wow!!!! giusto così perché è bono... perché un pantalone so poteva mettere) Scusate, ma questa mi ha fatto ‘capottare dal ridere’…Maty ti voglio troppo Ben!!! E comunque hai ragione, ma come facevo coprire tutto quel (slurp) …magari con una vestaglia tipo quella che usavano le nostre nonne…
Angolino musicale ultimamente un po’ sopra le righe…Semir indagatore dell’incubo (ma non è il Dylan Dog teutonico, tranquilli) e Ben che se le va a cercare (le randellate). Si accettano scommesse su come ritroveremo il bell’ispettore…e Semir quando lo verrà a sapere ...
The Cure ‘Lullaby’ (Ninna-nanna):
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=ijxk-fgcg7c
Su delle zampe a righine bianche e rosa arriva l’uomo ragno leggero attraverso l’ombra del cielo serale Muovendosi furtivamente attraverso le finestre della morte beata cercando la vittima tremante nel letto cercando la paura nell’oscurità e improvvisamente un movimento all’angolo della stanza e non c’è niente che posso fare quando realizzo con orrore che l’uomo ragno sta avendo me per cena stanotte Tranquillamente ride e agita la sua testa furtivamente si avvicina ai piedi del letto leggero come l’ombra e veloce… resta fermo, resta calmo, resta tranquillo ora mio caro ragazzo non lottare  è troppo tardi per scappare o per accendere la luce…mi sveglierò in freddi brividi e l’uomo ragno avrà ancora fame…
 

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Capitolo 13
*** Un'altra tegola ***


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Un’altra tegola

Il sole stava sorgendo a Colonia e fortunatamente quello fu un altro giorno di vita per Ben che si svegliò nell’infermeria della clinica ‘Raven’.
Il giovane aprì stancamente gli occhi, poi d’istinto si mise le mani al collo.
“Vedo che si sta riprendendo” esordì il dottor Raven ai piedi del letto chiudendo con un gesto secco la cartella “Le è stato riscontrato un leggero trauma cranico, ha un paio di costole incrinate e qualche livido sul volto e sul collo comunque si ristabilirà in poco tempo, già oggi pomeriggio potrà uscire dall’infermeria” poi il tono cambiò e divenne quasi furioso “Si può sapere che ci faceva in giro per i corridoi? A quell’ora di notte? Se non fosse stato per Frederick che ha sentito le urla di Robert, lei sarebbe morto, se ne rende conto?”
Ben era ancora troppo intontito per trovare una scusa.
“Non lo so…ecco io non ricordo,” rispose semplicemente.
“Come sarebbe a dire ‘non lo so’?” chiese severo il dottore, sembrava che in quel momento avesse lasciato la sua calma e proverbiale pazienza altrove.
“Non lo so…” ribadì Ben “Forse sono sonnambulo…”
“Le farò somministrare delle pillole prima di riposare, per evitare le sue passeggiate notturne, ma l’avverto se dovesse succedere che qualcuno la vede in giro per i corridoi di notte, la farò legare al letto. Sono stato chiaro signor Beck?”
Ben percepì l’ira nelle parole del medico, se gli avesse detto che se l’era andata a cercare non avrebbe avuto tutti i torti, ma il ragazzo si calò di nuovo nella parte dell’arrogante Benjamin.
“Le faccio presente che non ero l’unico in giro per…”
Il medico lo zittì con uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque, poi dopo aver fatto alcuni controlli su Ben uscì dalla stanza, non prima di aver avvisato il giovane che nel pomeriggio avrebbe ricevuto la visita dello zio.
“Oggi?” e mentalmente Ben si chiese il perché, forse c’erano novità sul caso di cui il suo socio voleva metterlo al corrente.

Ben stava seduto su di una panchina in riva al laghetto della clinica, aveva gli occhi chiusi e si stava godendo un pallido sole quando inaspettatamente si trovò a fianco Semir.
“Ciao Ben” esordì il piccolo turco.
Zio Semir che ci fai qui? Ci sono novità? ” chiese curioso il ragazzo e in cuor suo era felice di rivederlo, non lavorare a stretto contatto con il piccolo socio gli mancava tantissimo.
“Non lo immagini???” chiese piuttosto accigliato.
Ben credette che fosse lì principalmente per il caso, ma dall’espressione del suo amico capì subito al volo che non era così, ciononostante fece finta di niente, dalla risposta aveva già capito che l’ira di Semir si sarebbe abbattuta su di lui.
E Semir  non era disposto a lasciar cadere il discorso o rinviare la sua ramanzina.
“Sono qui perché stamattina il dottor Raven mi ha telefonato… mi ha raccontato dell’aggressione di stanotte. Voglio che tu torni subito, anzi immediatamente a casa” disse con un tono che difficilmente in altre circostanze avrebbe ammesso dinieghi.
“Semir non se ne parla nemmeno, smettila di preoccuparti, non sono un poppante e poi non mi è successo niente”
“Niente???” Semir si stava innervosendo, ma si impose un minimo di autocontrollo per non attirare l’attenzione delle persone attorno.
“Scusami tanto Ben, ma quello zigomo rotto e quei lividi sul collo??? Santo cielo poteva ammazzarti, te ne rendi conto???”
Il piccolo ispettore respirò profondamente, mentre Ben non seppe cosa rispondergli, ormai era evidente che il suo socio lo considerava come un figlio e di fatto lui non poteva farci niente.
“Semir ti prometto che starò più attento e poi adesso Robert è stato messo in isolamento” lo informò Ben cercando di tranquillizzarlo un po’.
“Robert? Magari Robert Kersting? Ben, stammi ad ascoltare una buona volta, quell’uomo è pericoloso, poteva ucciderti, lo sai che lo ha già fatto in passato?”
“E’ per quello che sei qui?” chiese Ben aggrottando la fronte.
“Sì, con l’aiuto di Susanne ho spulciato tutti i fascicoli dei vari pazienti, mi è restato impresso il nome…”
“Che ha fatto?” chiese curioso Ben, di fatto interrompendo la ramanzina del suo socio.
“Alcuni anni fa è stato accusato di omicidio, ma non è stato condannato…” delucidò Semir.
“Infermità mentale?” chiese il partner.
“Già e sai chi aveva ucciso?”
“No…”
“Robert aveva una figlia, è stata assassinata, subito si pensò al fidanzato”
“E’ lui la vittima di Robert quindi…” ipotizzò Ben.
“Esatto. Lui ne aveva il sospetto, ma il ragazzo fu assolto per insufficienza di prove e quindi si è fatto giustizia da solo” concluse Semir.
“Ora ho capito perché tanto astio nei miei confronti…Robert considera Samantha una figlia e io…beh potrei essere una specie di contendente…magari le morti sospette, vedeva in loro dei potenziali assassini…insomma qualcuno che poteva fare del male a Samantha e per evitare che questo accadesse li ha uccisi, ma nella sua lucida follia lì ha fatti passare per suicidi o incidenti, anche se ragionandoci bene la cosa mi sembra assurda e se fosse così giustifichiamo solo le morti maschili…non la morte di Charlotte Wolfgang, per esempio che a quanto pare era amica di Samantha” ragionò Ben che continuò “Semir stanotte sono entrato nell’ufficio del dottor Raven” disse quasi con fare innocente Ben.
“Cosa? Ma tu…tu sei proprio fuori di testa, altro che copertura…” sbottò Semir.
“Semir smettila di fare la ‘chioccia’…insomma dai…” lo rassicurò il giovane. “Comunque ho rovistato tra i schedari, ho trovato una lettera di una parente di uno dei pazienti deceduti, la donna ha fatto alla clinica un versamento di svariati euro”
“A proposito” e dalla tasca del giubbotto il piccolo ispettore estrasse un foglio. “Guarda questi movimenti bancari, ti ricordano qualcosa? Le date corrispondono ad alcune traslazioni che potremmo definire sospetti, Susanne li ha ricavati spulciando i conti correnti del dottor Raven e della clinica”
Ben scrutò le date e gli importi.
“Beh alcuni mi sembrano che possano corrispondere, ma mi sembra di capire che stai seguendo una pista …”
“Ti ricordi della ‘clinica della morte’, del ‘dottor morte’?” chiese Semir.
“Ho capito, pensi che qui si facciano…omicidi su commissione” sentenziò Ben.
“Comunque se questa fosse la pista più accreditata, sto cercando di entrare in confidenza con Samantha, conosceva la Wolfgang, potrebbe aver visto qualcuno o sapere qualcosa, purtroppo la ragazza è schizofrenica, quindi avrò bisogno di tempo per avvicinarla e conquistarmi la sua fiducia”
Ma Semir non lasciò cadere il discorso precedente. Era preoccupato per Ben.
“Ben quando Robert uscirà dall’isolamento…la morte della figlia lo ha fatto impazzire”
“Non penso resterà in questa struttura, dopo la mia aggressione verrà trasferito in un carcere psichiatrico” Ben non ne era convinto, ma voleva in qualche modo rassicurare il suo già agitato amico.
“Raven si opporrà…e potrebbe essere pericoloso per te…”
“Semir, per favore…non lo lasceranno stare qua” disse ancora più sicuro il giovane poliziotto.
Semir non sapeva come dissuadere  il suo amico, ma Ben voleva  a tutti i costi che il socio se ne andasse dalla clinica sollevato, almeno un po’.
“Senti, facciamo così, fino a che Robert starà in isolamento io resterò qui, poi caso mai ne riparliamo. Raven da ora entra nella lista dei sospettati così come Robert, abbiamo solo supposizioni, ci servono prove…”
“Sei il solito cocciuto…” replicò esasperato Semir “Saperti qua dentro circondato da assassini”
“Non mi importa, e poi ricorda sono qui per ritornare tra le fila dell’autostradale o vuoi disfarti di me e trovarti un altro partner?”  scherzò alla fine Ben cercando di tranquillizzare il socio, poi tornando serio “E sono soprattutto qui per riportarmi a casa Livyana, mi manca, non lo posso negare…” ma si interruppe bruscamente, notando come al nome della piccola Semir aveva assunto un’espressione preoccupata.
Anche Ben cominciava ad affinare l’istinto, una specie di campanello d’allarme che lo avvisava se qualcosa non andava.
“Che è successo? Semir, Livyana sta bene vero?” chiese con fare indagatore.
“Beh ecco…Livyana dopo la scuola aveva una seduta con la dottoressa Kladden, e per facilitare le cose avevamo fissato l’ appuntamento in un’aula dell’istituto, ma la piccola non si è presentata. Così la dottoressa ha chiesto di lei e alcuni compagni di scuola le hanno detto di averla vista prendere l’autobus. Così ha chiamato casa nostra, all’inizio pensavamo che si fosse dimenticata della seduta, ma poi è rincasata Aida era da sola. Pensiamo ad una…momentanea fuga” disse in attesa della sfuriata di Ben che non tardò ad arrivare.
“Cosa? E me lo dici così???Adesso???” disse quasi furioso Ben.
“Volevo dirtelo…appena ti avessi convinto ad uscire da questo…da questo manicomio…” tergiversò il piccolo ispettore.
“Grandioso…e scommetto che adesso vuoi usare la fuga di Livyana come…come arma di ricatto? Vuoi che esca immediatamente da qui! L’ho capito, ma Semir…lo sai cosa c’è in gioco” Ben si stava decisamente scaldando e adesso si sentiva confuso, agitato e soprattutto in colpa per aver lasciato la bambina in balia degli eventi.
“Scusa…non volevo, dovevo dirtelo subito…” disse contrito Semir, mentre vedeva apparire sul volto di Ben l’espressione tipica della disperazione e della paura.
“Comunque Jenny e Dieter la stanno cercando…” cercò di proseguire il piccolo ispettore, si sentiva anche lui in colpa per non averlo messo subito al corrente della fuga della piccola.
“Perché è scappata? Perché pensi ad una ennesima fuga?” chiese Ben cercando di respirare profondamente per calmarsi.
Non era la prima volta che Livyana fuggiva.
In passato era letteralmente evasa da una casa famiglia per raggiungerlo, per salutarlo, ma questa volta sembrava diverso. E chissà perché Ben si mise in testa che forse per qualche motivo la piccola stesse fuggendo da lui.
“Ma come mai è scappata da scuola?” domandò il ragazzo.
“Oggi ha fatto a pugni con un ragazzino…gli ha quasi rotto il naso”
“Stai scherzando?” Ben non poteva credere alle sue orecchie.
Cosa aveva trasformato la sua dolce e tenera piccola in una ‘momentanea’ teppista?
“Ma perché? Cosa può essere successo…” il ragazzo non riusciva a capacitarsi.
Semir trasse un profondo respiro prima di mettere al corrente dei fatti il suo partner.
“Il ragazzino ha saputo dai genitori che Livyana vive con te, sai anche tu come a volte i bambini sappiano essere cattivi tra di loro …e purtroppo tu eri su tutti i notiziari quindi dopo un banale litigio sono volate parole grosse. Le ha detto che ora viveva in casa di un assassino…almeno questo è quello che ha riferito la preside alla dottoressa Kladden dopo essere venuta a conoscenza dell’accaduto dai genitori del ragazzino. La preside voleva convocare anche te, ma la dottoressa Kladden …ti ha trovato un alibi. Sei ad un corso di aggiornamento a Berlino”
“Perfetto, ora anche lei si mette a coprirmi…per me vi state mettendo tutti nei guai…sto rovinando tutto e tutti…”
Ben provò una fitta tremenda allo stomaco.
Avrebbe voluto abbracciare la sua piccola principessa. Ne aveva passate tante e purtroppo il destino non aveva ancora finito di accanirsi su quella piccola creatura.
“Livyana avrà pensato che se i servizi sociali venivano a conoscenza che l’ho affidata a te senza avvisarli, si chiederebbero che fine ho fatto io, potrebbe saltare la mia copertura, sarei in pericolo, mentre se non trovano entrambi…una scusa l’avremmo trovata…” rifletté Ben.
“Una scusa del tipo: siamo andati in villeggiatura, non ci sono telefoni e il cellulare non prende???” replicò Semir.
“Ecco metti caso…comunque che faccio adesso…”  Ben si mise le mani nei capelli.
Semir percepì subito che l’amico era in quel momento combattuto dalla voglia di andare a cercare subito Livyana e dalla consapevolezza che solo restando nella struttura psichiatrica avrebbe potuto, forse, risolvere l’omicidio di Charlotte Wolfgang e quindi scagionarsi.
“Ben hai idea di dove potrebbe essere andata? Ho cercato a casa tua, al capanno dove fai le prove con la band, ho telefonato pure a casa di tuo padre…”
“Non saprei …hai elencato tutti i posti in cui lei si considera a casa…” e nel volto di Ben comparve il terrore. Non voleva perderla. E a quanto pare lei non voleva perdere lui e nella mente della piccola scappare e non farsi trovare in quel momento le sembrava l’idea migliore.
“Aspetta un po’…hai detto ‘casa’? Cos’altro potrebbe essere per lei ‘casa’?” ripeté Semir.
“Ma certo, potrebbe essere ritornata a casa sua, quella in cui viveva con i genitori” concluse Ben schioccando le dita.
E senza neppure salutare Semir si alzò e fece cenno a Ben di stare tranquillo, in caso contrario, se non l’avesse trovata a casa dei suoi genitori lo avrebbe tempestivamente avvisato, un Ben in pena per Livyana sarebbe stato pericoloso.
Pericoloso per la sua stessa incolumità.
 
Angolino musicale: Benuccio fisicamente se l’è cavata con poco, ma psicologicamente. Semir ‘angelo custode’ non ha un attimo di pace e adesso pure la piccola Livyana…ma vi avevo avvertiti, come diceva il buon Tom Kranich al peggio non c’è mai fine.
Vi lascio con la colonna sonora, non prima di avervi augurato una Serena e Felice Pasqua.
P.S. Un immenso grazie va alle mie stupende recensiste Furia, Claddaghring e Beta Maty  (senza di voi le mie storielle resterebbero nel cassetto).
One Republic ‘Stop and Stare’ (Fermati e osserva)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=HtNS1afUOnE
Questa città è più fredda ora…È arrivato il momento di darci una mossa, mi scuoto di dosso la polvere Ho il cuore che si rivolge a qualsiasi altro posto tranne qui Sto osservando profondamente me stesso, contando gli anni…Fermati e osserva Credo di muovermi, ma non sto andando da nessuna parte Sì, so che tutti prendono paura  Ma sono diventato qualcosa che non posso essere, Fermati e osserva…
 
 

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Capitolo 14
*** Confidenze pericolose ***


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Confidenze pericolose
 
Era pomeriggio inoltrato quando Semir arrivò davanti al vialetto della piccola fattoria dove aveva vissuto Livyana, prima di diventare orfana.
La struttura, seppur non attualmente abitata, non era del tutto abbandonata o trascurata.
Spesso, gli aveva raccontato Ben, lui e la piccola venivano ad aprire le finestre, a curare un piccolo giardino ed un orticello che Livyana aveva voluto ‘in ricordo dei genitori’, ciò risultava in netto contrasto con i campi attorno rimasti desolatamente incolti.
Semir parcheggiò la BMW davanti al portico della casa, quindi scese e bussò alla porta.
Dopo qualche secondo riprovò, ma quando stava per estrarre dalla tasca dei jeans i suoi attrezzi per poterla forzare, questa si aprì.
“Ciao zio Semir” esordì triste Livyana aprendo piano l’uscio.
“Ti rendi conto che ci hai fatto spaventare a morte, scomparendo…” disse con tono severo il piccolo ispettore senza nemmeno salutare.
Il piccolo ispettore però non riuscì a finire la sua ramanzina, alla vista di una solitaria lacrima che stava rigando una guancia della piccola.
“Mi dispiace, non volevo…io…Ben non è un assassino…” poi scoppiò a piangere rifugiandosi tra le braccia di Semir.
“Dai coraggio, torniamo a casa e avvisiamo la dottoressa Kladden, è molto preoccupata…”
“Non volevo” ripeté disperata  “Ma so che Ben non può venire a scuola a parlare con la preside e se per colpa mia poi venisse scoperto, se venissero a sapere che è in quella clinica…avevo paura per lui, non sapevo cosa fare. Quando lo saprà si arrabbierà, magari non mi vorrà più con lui”
Semir strinse dolcemente la piccola poi asciugandole le lacrime cercò di rassicurarla “Ben ti vuole un bene dell’anima…” ma fu interrotto da Livyana.
“Scommetto che lo sa già, altrimenti tu non mi avresti trovato, solo lui poteva sapere che sarei venuta qui…adesso sarà preoccupato e …”
“Non ti preoccupare, avevamo immaginato che saresti venuta qua, gli ho detto che se non sentirà nulla entro un paio d’ore è perché ti ho ritrovata”
“Ma ora se la preside, se i servizi sociali…” balbettò tra i singhiozzi Livyana.
“Diremo che Ben aveva un importante corso di aggiornamento a cui non poteva mancare…”
“E se non ti dovessero credere?” disse imperterrita la piccola.
“Ehi, ma tu da che parte stai?” replicò Semir mettendosi le mani sui fianchi e aggrottando la fronte.
E sul volto della piccola comparve un piccolo sorriso.
“Dai torniamo a casa, ma prima passiamo sotto le finestre della clinica, Ben ci starà aspettando”
 
Intanto alla clinica ‘Raven’ si era conclusa la cena, Ben aveva mangiato di gusto, complice anche il fatto che poco prima attraverso le finestre del grande salone aveva visto in lontananza la BMW di Semir passare lungo la strada sterrata che costeggiava il grande edificio. In quell’occasione era riuscito anche a vedere di sfuggita Livyana che felice lo salutava.
Ben così decise, con la mente finalmente libera da brutti pensieri, di cercare di avvicinare Samantha.
 
La ragazza si era già diretta verso la sua stanza e il ragazzo pensò di raggiungerla.
La porta della camera era semiaperta, bussò e poi aprendola piano entrò.
“Ciao Samantha” esordì il giovane sfoderando uno dei suoi magnifici sorrisi.
“Ho aggiustato la tua radiolina…ascolta…” e dopo averla accesa per la stanza si diffusero le note di una dolcissima canzone.
La ragazza quando vide entrare Ben quasi si spaventò, ma quando sentì che la sua radiolina funzionava ancora si illuminò.
Ben si avvicinò per consegnargliela, ma la ragazza fece subito dei passi indietro.
“Non ti spaventare, non voglio farti del male” cercò di rassicurarla Ben.
“Ti va di fare due chiacchere?”
Samantha guardò Ben con aria perplessa, poi guardò di nuovo la radiolina che aveva in mano.
Il giovane se ne accorse, quindi gliela mise sopra il letto, fece alcuni passi indietro per consentire alla ragazza  di farne alcuni in avanti per poterla prendere.
Quando la ebbe in mano l’avvicinò subito all’orecchio facendo un enorme sorriso all’indirizzo di Ben, che ricambiò.
“Ci tenevi molto vero?” chiese dolcemente.
La ragazza fece di sì con la testa, per la prima volta se non con le parole, Samantha gli aveva risposto.
Ben allora continuò a parlarle, sempre con calma e sempre in maniera dolce e gentile.
“Sulla radiolina c’è un nome…Charlotte…è una tua amica?”
La ragazza annuì e immediatamente si rabbuiò sedendosi sul letto guardando il pavimento.
Ben si avvicinò un po’.
“Non c’è più qui…vero?”
La ragazza annuì di nuovo con la testa e dall’espressione che aveva in volto Ben pensò che tra le due donne ci fosse un forte legame, sapeva che ricordandole l’amica Samantha avrebbe potuto da un momento all’altro scoppiare in un pianto isterico, ma ciononostante tentò il tutto per tutto.
“Lo sai io l’ho conosciuta, o meglio un mio amico l’ha conosciuta…è un poliziotto”
La ragazza alzò lo sguardo guardandolo un po’ preoccupata.
“Perché quell’espressione? Non avrai paura dei poliziotti vero? Io ne conosco uno davvero forte, è buffo sai…è alto così…”
Ben si fermò all’altezza delle sue spalle e la ragazza aggrottò la fronte e il giovane colse l’espressione per proseguire la sua descrizione.
“Beh, forse hai ragione, dire ‘alto’ è un’esagerazione, io sono alto, lui sembra più un nano da giardino…” continuò questa volta mettendo le mani quasi una sopra l’altra.
E sul volto della ragazza comparve un sorriso.
“E poi dovresti vederlo quando estrae la pistola, leva la sicura con il ginocchio e se la deve riporre nella fondina, la fa roteare sull’indice come se fosse un cowboy, pensa una volta a carnevale  si è vestito da sceriffo, aveva la stella, il cappello…ha addirittura arrestato un cattivo con una pistola finta…”
Mentre raccontava di Semir, Ben scimmiottava un po’ il suo socio e la ragazza inaspettatamente cominciò a ridere di gusto.
Per il corridoio si sentivano le allegre, ma discrete risate della ragazza, e queste attirarono l’attenzione della dottoressa Zeller.
Ma Ben non se ne accorse e nemmeno la ragazza che continuarono a loro modo ad interagire.
“Sai io ho un segreto, ma te lo dico solo se tu me ne dici uno dei tuoi, che dici?”
Samantha guardò Ben e poi annuì di nuovo con la testa accennando anche un leggero sorriso.
La dottoressa Zeller appoggiata allo stipite della porta ascoltava curiosa “Forse quel ragazzo non è così male, potrebbe essere d’aiuto a Samantha” si ritrovò a pensare.
Intanto Ben continuava il suo discorso con Samantha.
“Se ti dicessi che anche io sono un poliziotto? Ho il distintivo, la divisa…tutto” ma nella descrizione tralasciò volutamente la pistola e le manette.
La dottoressa Zeller sempre sull’uscio si accigliò di colpo.
“Charlotte mi ha detto che hai visto morire un uomo, che è annegato in piscina…ti ricordi chi era?”
La ragazza subito aggrottò la fronte.
“Sì ti ricordi, lo vedo dall’espressione…era Stefan…Charlotte me ne ha parlato…hai visto che lo buttavano in piscina? E’ stato il dottor Raven?”
Samantha cominciò a singhiozzare e Ben le mise una mano sulle spalle e nel medesimo istante entrò la dottoressa Zeller.
“Che sta succedendo, cosa sono questi discorsi…Ben?”
La voce della dottoressa era severa, ma non parlò a voce alta. Vedeva Samantha sconvolta e non voleva spaventarla ulteriormente.
Samantha in lacrime si alzò dal letto e corse fuori dalla stanza disperata.
“Samantha aspetta…” cercò di fermarla Ben, ma fu bloccato dalla dottoressa che gli si parò di fronte, ed ora aveva un’espressione quasi furiosa.
“Ha visto cosa ha fatto? L’ha fatta scappare…” cercò di tergiversare Ben.
“Si può sapere chi è lei?” chiese dura afferrandolo per un braccio.
“Come chi sono io?” ribadì secco il giovane “Lo sa benissimo chi sono, quindi la smetta di fare domande assurde e mi lasci stare…” poi con uno strattone Ben si liberò della presa della dottoressa, velocemente lasciò la stanza, soprattutto per evitare ulteriori e scomode domande.
La dottoressa restò sull’uscio mentre decisamente accigliata vedeva la sagoma di Ben che si allontanava a grandi falcate.
Il giorno dopo la donna avrebbe messo al corrente di quanto accaduto, il dottor Raven, attualmente lontano dalla clinica per un impegno precedentemente preso.
Ora la cosa primaria era trovare Samantha.

La dottoressa stava percorrendo un lungo corridoio quando vide il fisioterapista,  il dottor Hermann che tratteneva quasi con forza Samantha.
La ragazza era spaventatissima, cercava di urlare, ma dalla sua bocca non usciva nessun suono.
“Dottoressa…l’ho vista che cercava di uscire dalla struttura…”
“Cerchiamo di portarla in infermeria, le somministreremo un tranquillante per dormire. Domani tornerà il dottor Raven…”
“Ma cosa le è successo per scatenare …”
“Adesso non mi sembra il caso di discutere, dobbiamo agire e subito, per il suo bene”
E detto questo con l’aiuto del fisioterapista Samantha fu portata nell’infermeria poco distante da dove si trovavano i tre. Poi alla ragazza fu somministrato un sedativo, pochi istanti dopo la donna cadde in un sonno profondo.
 
Angolino musicale : I commenti li lascio a voi...Madonna  ‘Live to tell’(vivere per raccontare)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=IzAO9A9GjgI
 
Ho qualcosa da raccontare A volte è difficile nascondere bene Non ero preparata a cadere Troppo miope per capire i segnali Un uomo è capace di dire migliaia di bugie Ho imparato la mia lezione Spero di poter raccontare Il segreto che ho imparato, ma fino ad allora Vivrà dentro di me La verità non è difficile da scoprire L’hai tenuta nascosta bene Spero di poter raccontare Il segreto che ho imparato Avrò un’altra possibilità? Se scappassi non avrei mai la forza di Andare molto lontano Come potrebbero sentire il battito del mio cuore? Diventerà freddo Il segreto che custodisco diverrà vecchio? Come faranno a sentire quando capiranno? Come faranno a sapere?



 
 
 

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Capitolo 15
*** Sconcertante scoperta ***


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Sconcertante scoperta

Il giorno dopo Semir era a colloquio con il commissario Kruger.
“Sono riuscita a procurarmi il ‘nulla osta’ per far riesumare  il cadavere del nonno del signor Market, è stata dura, ma alla fine ho convinto la procuratrice Schrankmann,  le ho detto dei nostri sospetti sulla clinica ‘Raven’ e dei decessi di alcuni pazienti che noi riteniamo alquanto sospetti. All’inizio lei non voleva concedermi il permesso, aveva paura di esporsi, poi l'ho convinta, un altro caso simile  alla ‘clinica degli orrori’, un assassino presente nella struttura,  medici ed infermieri compiacenti…la notizia creerà un’onda mediatica non indifferente, la stampa ci andrà a nozze e a volte la Schrankmann piace mettersi in mostra” delucidò il commissario.
“E per il referto? Quanto dovremmo aspettare?” tagliò corto Semir, voleva arrivare al più presto alla soluzione del caso e soprattutto  far uscire da quella clinica il suo migliore amico.
“La dottoressa Brenner mi ha assicurato che ci avviserà non appena avrà i primi risultati. E devo essere sincera non sono tranquilla nemmeno io, il fatto che il suo collega sia in quella struttura, potrebbe davvero essere in mano a dei criminali e nella sua scheda personale risulta molto ricco…”
“Già” confermò Semir pensando che se il commissario avesse saputo dell’aggressione di Ben da parte di Robert sicuramente avrebbe scatenato un finimondo per non essere stata tempestivamente avvisata.
Semir uscì dall’ufficio del commissario, per entrare in quello che divideva con Ben.
Quanto odiava quell’ufficio quando non c’era il ragazzo.
Raramente il posto della scrivania di fronte alla sua era vuoto, purtroppo quando lo era il motivo era sempre lo stesso: il ragazzo era in pericolo, più o meno grave, ma sempre in pericolo. Come sempre in quelle occasioni il suo sguardo cadeva sulla chitarra appoggiata al muro dietro la poltrona del socio. Il ragazzo per ragionare o distendere i nervi si affidava al suo strumento preferito, mentre Semir si metteva a giocherellare con la miniatura della sua auto di servizio, purtroppo l’effetto non era lo stesso perché era inutile girarci intorno il suo ‘calmante’ era la presenza del suo socio.
Ora non rimaneva altro da fare che aspettare che Milly Brenner, la patologa, facesse i primi rilievi e conseguentemente  le sue prime valutazioni sul cadavere del signor Market.
Passarono alcune ore quando il telefono del commissario Kruger suonò.
“Dottoressa Brenner” esordì Kim “Faccio chiamare l’ispettore Gerkhan e la metto in viva voce”
“Certo” replicò con fare professionale la donna “Resto in attesa, ho delle novità e queste non collimano con il referto fatto subito dopo la morte del signor Market”
 
Un’ora dopo Semir era di nuovo a colloquio con il nipote del defunto signor Market, ma questa volta presente c’era anche la zia, nonché figlia di Alexander Market.
“…e così alla clinica ‘Raven’ le hanno detto che suo nonno è morto per cause naturali” concluse Semir.
“Sì certo, mi dissero che il cuore si era fermato…” confermò Peter Market.
“E lei non fece domande e non ebbe sospetti…” incalzò Semir.
“Signor Gerkhan” si intromise la donna “Mio padre oltre ad essere malato era decisamente anziano…devo dedurre dalle sue domande che l’autopsia ha dato esiti diversi…dico bene ispettore?”
“L’autopsia ha rivelato che il cuore di suo padre è stato volutamente fermato. L’esame tossicologico ha rilevato tracce di cloruro di potassio. Si usa per le iniezioni letali…”
Il ragazzo cominciò a girovagare nello studio come fosse un leone in gabbia.
“Ma come si è permesso a far riesumare il corpo” disse stizzita la donna “Con che diritto?” la donna era fuori di se e per Semir questa fu la conferma che la clinica potesse eseguire …delitti su commissione.
“Mio nonno non è stato ucciso!!!” ribatté secco il nipote.
“Lei dice?” ormai Semir era deciso a mettere entrambi alle strette “Non sarà stato lei a pagare il dottor Raven con un assegno di trentamila euro per porre fine alla vita di suo nonno? Ovviamente, questi soldi lei li ha fatti passare per una donazione per le cure prestate al suo caro. Dopo di che penso abbia riscosso una cospicua eredità…”
“Ispettore se mi vuole accusare di qualcosa è meglio che lo faccia formalmente, non le dirò più niente” e avviandosi verso la scrivania prese in mano il telefono “Ora chiamerò il mio avvocato, le sue insinuazioni non mi piacciono”
“Signor Market, ci sono morti sospette in quella clinica, almeno tre…tutti pazienti senza speranza, non voglio discutere con lei se per loro sia stato meglio morire che vivere, ma alcuni giorni fa è stata uccisa una donna, buttata giù da un cavalcavia, le hanno chiuso la bocca perché aveva tentato di avvisare la polizia di quello che stava accadendo nella struttura, aveva visto compiere un omicidio ed un’altra donna, paziente di quella clinica, potrebbe essere in grave pericolo perché potrebbe averne assistito ad un altro”
Semir cominciava ad alterarsi, sapeva che ormai era questione di poco, il muro di omertà dei due parenti del defunto stava per cedere.
“Un mio collega è dentro a quella clinica, sta rischiando la vita per scoprire chi è l’assassino di quella donna, vuole evitare che nel frattempo ci siano altre morti e cerca di raccogliere prove. Io non voglio che gli succeda qualcosa perché lei si rifiuta di dirmi la verità…questo sarebbe complicità in omicidio…anzi sa che le dico? Se solo gli venisse torto anche un solo singolo capello…” ma il piccolo ispettore fu interrotto bruscamente.
“Mio padre…diglielo Peter…ormai è solo questione di …” e la donna si mise a piangere disperata.

Il giovane si sedette su di un divano e accanto a lui si sedette la zia.
Davanti a loro un Semir scuro in volto, con le braccia conserte.
“Mio nonno era un uomo molto orgoglioso, quando gli fu diagnosticata la malattia lui mi supplicò di …” il ragazzo inspirò profondamente. Si stava visibilmente emozionando, ma poi riprese il discorso “Mi supplicò di porre fine alle sue sofferenze, alla malattia,  in poche parole di ucciderlo, ma io non ne ebbi il coraggio, lui mi voleva bene, non ne sarei mai stato capace. Lui supplicò ancora e ancora…non voleva che noi sprecassimo soldi, energie e anni della nostra vita per badare a lui. Ricordo ancora quando in uno dei suoi ultimi momenti di lucidità mi disse di lasciarlo stare,  di non accanirsi su di lui, di non attaccarsi a vane speranze. Lui voleva farla finita, se ne avesse avuto il coraggio e la forza  lo avrebbe fatto lui stesso. Diceva che voleva morire con dignità, ma non ho potuto fare una cosa simile, non c’è l’ho fatta. Così per alcuni anni abbiamo speso soldi per tenerlo in vita il più possibile, nel modo più dignitoso. E’ stata una cosa dura da digerire, lo vedevamo spegnersi ogni giorno di più, era un corpo che lentamente si consumava”
“Ispettore Gerkhan” continuò Peter Market “Come lei saprà c’è un tempo per vivere e uno per morire…”
Ma fu Semir a interrompere il discorso del nipote “Vuole dire che quindi il dottor Raven ha deciso per suo  nonno? Per voi?”
“No, no…” replicò decisa la donna intervenendo nel discorso.
“Il dottor Raven è una persona onesta e rispettosa della vita…non immagina nemmeno quanto si danni l’anima per i suoi pazienti…farebbe di tutto per loro”
“Anche ucciderli per porre fine alle loro sofferenze?” replicò secco Semir “Signori questa cosa si chiama omicidio, omicidio premeditato…”
Semir ormai era consapevole di essere molto vicino alla verità, alla risoluzione del caso, avrebbe avuto prove e una confessione, testimoni, quindi deciso a non mollare proprio ora incalzò di nuovo il nipote.
“Mi dica, signor Market, di chi è stata l’idea di …” Semir cercò le parole giuste, ma l’unica cosa che riuscì a dire fu “Porre fine alla vita di suo nonno? Sua, di sua zia o del dottor Raven?”
“Mio nipote non c’entra “ si fece avanti la donna “Era fuori città per lavoro, fui io che contattai…”
Semir aveva il cuore in gola, ancora una parola, un solo nome e avrebbe avute le prove per incastrare il dottor Raven e finalmente poter tirare fuori da quella clinica degli orrori il suo partner.
La donna tergiversò.
“Mi dica il nome, signora…” supplicò quasi Semir, consapevole che non poteva suggerirle il nome.
“Hermann! Il dottor Ingo Hermann!”
 
Angolino musicale: cosa darei per vedere le vostre espressioni, oltretutto avete letto un capitolo ‘senza Ben’ (cattiveria peggiore non c’è, ma Semir meritava un po’ TANTO spazio visto e considerato che per il suo giovane amico si sta letteralmente dannando l’anima). E poi siamo sicuri che sia lui e solo lui il colpevole? Non sarebbe la prima volta che vi ‘svio’…Grazie come sempre a tutti i lettori e ovviamente ai recensori.
Imagine Dragons ‘Demons’ (Demoni)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=mWRsgZuwf_8
Quando i giorni sono freddi e le carte tutte scoperte e i santi che vediamo sono tutti fatti d’oro Quando tutti i tuoi sogni falliscono e gli unici che accogliamo sono i peggiori di tutti e lo scorrere del sangue si rapprende Voglio nascondere la verità Voglio proteggerti ma con la bestia dentro non c’è luogo in cui possiamo nasconderci Non importa cosa costruiamo siamo comunque fatti di cupidigia Questa è la mia fine del mondo Così hanno scavato il tuo sepolcro e la messinscena verrà fuori urlandoti
il disastro che hai combinato…


 

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Capitolo 16
*** Distrazioni pericolose ***


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Distrazioni pericolose

Semir rimase per alcuni secondi come stordito.
Tutto si sarebbe aspettato, ma non il nome del fisioterapista della clinica.
“Scusi ha detto il dottor Hermann?” chiese di nuovo il piccolo ispettore come per averne un’ulteriore conferma.
“Sì ha capito bene ispettore” ribadì tra le lacrime la signora Market.
“E come …” Semir non sapeva nemmeno cosa domandare, ma poi riprendendosi chiese:
“Vi contattò lui?”
“Ecco…” continuò la signora “Il dottor Hermann mi vide seduta su una panchina vicino al laghetto della clinica con accanto mio padre immobile sulla sedia a rotelle. Ero disperata piangevo inconsolabile. Lui mi si avvicinò sedendosi accanto. Gli chiesi consiglio, volevo che tutto finisse, tutta questa sofferenza mia e di mio padre”
La signora mentre parlava piangeva, il nipote le si avvicinò cingendole le spalle.
“Il dottor Hermann mi disse che mi avrebbe aiutato”
“E così lui in cambio di denaro l’ ha aiutata…” Semir avrebbe voluto dire ‘uccidendolo’, ma il termine gli sembrava duro, quasi orribile, quindi lasciò in sospeso la frase.
“Ispettore Gerkhan, lei insiste con la sua teoria, non ha voluto niente per sé, ha dato tutto alla clinica, disse che in questo modo avrebbe finanziato i progetti del dottor Raven. Il dottore aveva in mente di apportare alla struttura grandi innovazioni che avrebbero giovato ai pazienti con disturbi o patologie meno gravi di quella di mio padre, potevano guarire e uscire da quel posto. E  quanto al dottor Hermann posso assicurarle che è una brava persona e…”
Semir non ne poté più e letteralmente scoppiò.
“Una brava persona? Ma che sta dicendo? Quello che lei chiama ‘brava persona’ ha ucciso suo padre e sicuramente altre tre persone…molto probabilmente è malato quanto le persone di quella clinica!” replicò secco e furioso Semir, e nel contempo pensando a Ben. I loro sospetti erano tutti sul dottor Raven, se il colpevole era Hermann il suo partner era in pericolo, non sospettando il fisioterapista.

Intanto alla clinica Raven la dottoressa Zeller decise di recarsi nello studio del marito per metterlo al corrente dello strano colloquio a cui aveva involontariamente assistito la sera prima tra  Ben e Samantha.
Lo trovò seduto alla sua scrivania con le mani tra i capelli e visibilmente sconvolto. Per qualche minuto la dottoressa restò sull’uscio a guardarlo poi entrò.
“Caro che cos’hai? Mi sembri provato. Posso fare qualcosa per te?"
La moglie si avvicinò e affettuosamente gli mise le mani sulle spalle.
L’uomo mise le sue sopra quelle della moglie “Ho sbagliato tutto, Natalie, pensavo di fare come a Bochum…ho dato troppa fiducia e libertà ad alcuni pazienti, forse ho sulla coscienza la morte di Charlotte e senza l’intervento di Frederick…Robert  a momenti uccideva Benjamin…dovevo sorvegliarlo di più, meglio, verificare personalmente che prendesse i farmaci, non fidarmi della sua parola”
“Ben lo ha provocato, ha voluto a tutti i costi avvicinare Samantha, lo avevo avvisato, senza quel ragazzo Robert avrebbe continuato a prendere i farmaci”
“Benjamin non è responsabile delle azioni di Robert…mi spiace ammetterlo, ma ho fallito. Firmerò una richiesta affinché una struttura psichiatrica più adeguata lo abbia in carico…così non nuocerà più a se stesso e né a nessun altro…se si dovesse presentare in futuro un altro paziente che vuole avvicinare Samantha…in fondo la ragazza grazie a Benjamin si sta aprendo…” ma fu interrotto dalla moglie.
“A proposito del signor Beck” e la dottoressa gli raccontò dello strano siparietto a cui aveva assistito tra Ben e Samantha nella stanza di quest’ultima.
“Ma perché avrà detto una cosa simile” si chiese perplesso il dottor Raven.
“Non lo so” rispose la moglie “Comunque adesso sta arrivando anche il dottor Hermann rimanderemo la nostra solita programmazione, meglio risolvere subito la questione col signor Beck. Chiederò ad Ingo di accompagnarlo qui, faremo una bella chiacchierata con Benjamin, intanto prendo la sua cartella, vedo di contattare telefonicamente il suo medico curante, ti ricordi il nome?” chiese la moglie.
“Fraid, Freik…adesso mi sfugge, ricordo però che quando lessi la sua cartella notai che il nome non mi diceva niente a parte essere quasi omonimo di Freud…li per lì non ci feci caso, certo che se fosse …no impossibile” finì la frase scuotendo il capo, poi aprendo la cartella clinica di Ben “Ah ecco, si chiama Hartmut Freund…” e compose il numero.
Dopo qualche squillo:
“Pronto polizia scientifica sono Hartmut Freund…” rispose  senza guardare il display il giovane tecnico.
Il dottor Raven trasecolò, tutto si sarebbe aspettato, ma non che gli rispondesse la polizia scientifica.
Preso in contropiede il dottor Raven chiuse subito la comunicazione.
“Che c’è caro?” chiese quasi spaventata la dottoressa.
“Sono sicuro di non aver sbagliato nel comporre il numero…” le rispose allibito.
“Che vuoi dire? Chi ti ha risposto?”
“La polizia scientifica”
 
Quando Hartmut sentì sbattere letteralmente il telefono, lo assalì un enorme dubbio. Immediatamente cercò sul data base il numero a cui apparteneva la chiamata appena ricevuta e quando vide che proveniva dalla clinica in cui avevano infiltrato Ben cominciò a sudare freddo.
Non gli restò atro da fare che chiamare il commissario Kruger.
“Mi dica Hartmut” rispose il commissario appena le fu passata la telefonata.
“Capo…abbiamo un problema” disse quasi sottovoce Hartmut.
“Che genere di problema ? Si spieghi Hartmut” e il tono del commissario si fece severo.
“Ecco stavo elaborando un nuovo sistema di localizzazione ed ero concentrato sul mio lavoro…” balbettò il tecnico.
“Maledizione Hartmut così mi fa impazzire, arrivi al sodo” il tono della Kruger divenne  quasi furioso.
“Ho ricevuto una telefonata e non sono stato attento…”
E al povero tecnico non restò che spiegare quanto era successo pochi minuti prima.
Dopo le spiegazioni Kim Kruger chiamò subito Susanne.
“Mi dica capo” rispose l’efficiente segretaria.
“Contatti subito Gerkhan, abbiamo un grosso problema” ordinò risoluta il commissario.
 
Intanto nello studio del dottor Raven i due medici stavano visionando la cartella clinica di Ben e in quel momento sulla soglia dell’ufficio fece la comparsa il dottor Hermann.
“Qui non mi pare ci sia nulla di strano…a parte il numero…potrebbe essere stato trascritto male” concluse il dottor Raven dopo aver visionato la cartella di Ben.
“Ma un paziente per quanto malato sia…può inventarsi una storia simile? Raccontare e farsi spacciare per un poliziotto?” chiese perplessa la dottoressa, poi continuò “Sai cosa penso? Penso che il signor Beck non sia quello che dice di essere…e se fosse davvero un poliziotto?”
“E’ assurdo? “ sbottò il dottore “E poi perché? Cosa cerca qui?”
“Ti ricordi quell’agente che faceva la guardia notturna alla nostra struttura qualche anno fa, se non sbaglio ora lavora nella polizia criminale, potrei chiedergli di fare qualche ricerca, sai in fondo lui è in debito con noi, se sua madre è ancora viva lo deve a noi…” disse con fare quasi diabolico la dottoressa.
“A volte mi fai paura cara” disse quasi spaventato il dottor Raven.
“E’ vero caro, ma un poliziotto, ammesso che lo sia, nella nostra struttura non mi piace” poi la donna si avviò verso il suo studio per fare la telefonata.
Fu solo allora che il dottor Raven e la moglie si accorsero del dottor Hermann fermo sulla soglia.
“Ah dottor Hermann, avevo giusto bisogno di lei” esordì Raven “Cortesemente può dire al signor Beck di venire subito, nel mio ufficio?”
“Dottor Raven…qualcosa non va?” chiese con noncuranza il fisioterapista.
“Sì” rispose alquanto alterato il dottore “La prego faccia venire qui il signor Beck” ribadì secco il dottore.
“Ma dottor Raven, a quest’ora i pazienti stanno andando a pranzo” lo informò il fisioterapista guardando l’orologio.
“E’ vero” rispose il dottor Raven quasi sconsolato.
“Se per lei va bene gli dico di venire dopo, sarà qui fra un’ora, forse meno…il tempo di pranzare”
“D’accordo faremo così, grazie, ora può andare”
Il fisioterapista uscì dallo studio del dottor Raven, ma non si diresse subito nella sala da pranzo, entrò in una stanza di cui lui e pochi altri possedeva la chiave.
Nel locale vi erano conservati tutti i medicinali in uso nella struttura.
Senza che nessuno lo vedesse il dottor Herman entrò nella stanza , aprì un armadietto dove erano custodite diverse boccette di medicinali e ne prese una. Poi si avviò verso il refettorio.
 
Una decina di minuti dopo la dottoressa Zeller fece ritorno nello studio del dottor Raven.
“Allora?” esordì il dottor Raven.
“Ho telefonato a quell’agente di cui ti parlavo, alla polizia scientifica di Colonia lavora un certo Hartmut Freund, potrebbe essere una coincidenza, ma se non fosse così…” e lasciò cadere il discorso, non trovando le parole adatte.
Fu il dottor Raven a continuare per lei:
“Ma se il signor Beck fosse veramente un poliziotto, cosa è venuto a fare qui? Cosa cerca?” il dottore stava visibilmente alterandosi “Che sia qui…come dicono…ah sì sotto copertura? Non credo che se fosse affetto da qualche patologia…e poi dalla scheda risulta un ex insegnante…forse non sta usando nemmeno il suo vero nome”
“Questo dovremmo chiederlo all’interessato” replicò acida la dottoressa.
Il dottor Raven guardò l’orologio “Ora sta pranzando, ma fra poco sarà qui e il signor Beck o chi per esso dovrà darci molte risposte e diverse spiegazioni”
 
Era quasi ora di pranzo e Semir aveva appena ricevuto la telefonata dalla  dottoressa Kladden che lo aveva rassicurato che non ci sarebbero state conseguenze per la ‘momentanea’ fuga di Livyana e di fatto la copertura del suo collega era ancora al sicuro.
Il piccolo ispettore quindi decise di passare per casa per l’ora di pranzo, avrebbe rassicurato Livyana e avrebbe rivisto, seppur per poco la sua famiglia.
Nel pomeriggio con una scusa sarebbe andato alla clinica Raven per avvisare Ben che ora anche il dottor Hermann era fortemente sospettato.
 
Nel frattempo alla clinica Raven i pazienti stavano pranzando.
Ben, si attardò nello scegliere cosa mangiare. Voleva sedersi vicino a Samantha, conquistare ulteriormente la fiducia della ragazza e di fatto continuare la sua indagine.
Non appena la vide sedersi ad un tavolo, il giovane finì di prendersi da mangiare e si avvicinò al tavolo dove si era appena accomodata la ragazza.
“Ciao Samantha” la salutò Ben sfoderando un magnifico sorriso.
La ragazza ricambiò il saluto sorridendogli e Ben per un attimo ebbe un tuffo al cuore. La ragazza era molto bella e quando sorrideva lo era di più. Si ripromise che, quando sarebbe uscito da quella struttura l’avrebbe seguita e aiutata per quanto fosse stato possibile.
“Che hai preso di buono? Fammi vedere…” chiese curioso sbirciando nel suo vassoio
La ragazza gli mostrò ciò che aveva scelto.
“Ah però…vedo che hai già mangiato il dolce e prima di tutto…”
Samantha gli rispose di sì con un cenno della testa, sorridendogli di nuovo.
“Guarda l’ho preso anche io…anzi sai che faccio ti do anche il mio se ti va…”
La ragazza annuì soddisfatta e prese il dessert dalle mani di Ben.
“Senti dopo pranzo, ti andrebbe di fare una passeggiata nel parco, l’aria è tiepida, c’è il sole…”
Samantha annuì ancora sempre sorridendogli.
Ben a quell’ennesimo sorriso pensò a Livyana, Samantha in un certo senso gliela rammentava, quanto le mancava la sua piccola bambina.
Ma presto l’avrebbe rivista, era sicuro che sarebbe riuscito a trovare le risposte nei ‘silenzi’ e nei cenni del capo di Samantha.
Sentiva di essere sulla buona strada e vicino alla soluzione del caso.
Ben stava facendo queste considerazioni quando tra di loro, alle loro spalle comparve il dottor Hermann.
“Vedo con piacere che state facendo amicizia, direi che cominciate ad essere inseparabili…”
“E’ un problema per lei dottore? La cosa la disturba?” rispose spavaldo Ben, recitando la sua parte.
“No tutt’altro Ben…ah a proposito il dottor Raven ti vuole vedere dopo pranzo” poi cambiando decisamente discorso e guardando nel vassoio di Samantha la riprese.
“Samantha mangi troppi dolci e mangi poca verdura, anzi vedo che non hai mangiato l’insalata…guarda qua cosa ti ho portato”
E il dottor Hermann mise nel vassoio di Samantha un bicchiere di succo di frutta.
“So che il succo di frutta alla pesca ti piace molto…facciamo così, tu mangi l’insalata e poi puoi bere il succo di frutta , ok?”
Detto questo il dottore si accomiatò dai due giovani.
Samantha guardò schifata l’insalata e poi guardò Ben.
Il ragazzo allora decise di cogliere l’occasione per aumentare la fiducia che iniziava ad avere Samantha nei suoi confronti.
“Senti facciamo un patto” propose parlandole piano, sottovoce in maniera che nessuno lo potesse sentire “Io mangio l’insalata al posto tuo, e poi tu mi racconti dei tuoi amici…”
La ragazza si rabbuiò, e al contempo guardò disgustata la sua insalata.
“Dai dammi qua, senza che ci veda il dottor Hermann…”
La ragazza si illuminò e consegnò la terrina a Ben.
Poi vedendo che il ragazzo la mangiava al posto suo, gli avvicinò il bicchiere di succo di frutta che le aveva portato il fisioterapista.
“Vuoi che lo beva io?” chiese Ben.
Samantha annuì.
Ben l’accontentò e bevve anche il succo di frutta.
 
Nel frattempo mentre i due ragazzi pranzavano Semir era seduto sul divano di casa che stava parlando con Livyana.
La vedeva triste e sicuramente le mancava da morire Ben diventato ormai per lei una sorta di ancora di salvezza, il suo punto di riferimento dopo la perdita dei genitori.
“Ben quando tornerà mi farà una predica coi fiocchi” disse mogia la piccola.
“Beh non avrebbe tutti i torti. Per prima cosa non dovevi rompere il naso al tuo compagno, secondo scappare” replicò Semir.
“Non gli ho rotto il naso…” sbottò la piccola puntando gli occhi su quelli di Semir e aggrottando la fronte.
“Livyana per favore, non rimbeccare sempre, mi sembri Ben…” ma questa volta la sua ramanzina fu interrotta dal cellulare.
Prima di rispondere Semir diede un’occhiata veloce al display.
“Continuiamo dopo il discorso…” e alzandosi andò in cucina, non facendo caso allo sguardo sospettoso di Livyana.
“Dimmi Susanne” iniziò la conversazione Semir.
“Ti passo il commissario Kruger deve urgentemente parlarti” replicò seria la segretaria.
“Certo passamela”
Il commissario Kruger mise subito al corrente il suo sottoposto del madornale errore che aveva fatto Hartmut.
“Mapporcamiseria” esclamò Semir e l’espressione attirò l’attenzione di Livyana che stava passando vicino alla porta della cucina, ma di lei Semir non se ne accorse perché le voltava le spalle.
“Quel ragazzo sarà anche un genio, ma la sua sbadataggine potrebbe compromettere l’operazione…potrebbe mettere in serio pericolo la copertura di Ben…”
“Cosa pensa di fare Gerkhan?” chiese il commissario.
“Devo andare alla clinica, devo avvisare Ben, potrebbe essere scoperto, deve stare attento…anzi è meglio che lo convinca a venirne fuori, risolveremo il suo caso in un altro modo” disse chiudendo la chiamata.
Il piccolo ispettore uscì dalla cucina e velocemente mise al corrente la moglie, senza che le piccole potessero sentirlo, dopo di che salì velocemente sulla sua BMW e si diresse verso la clinica Raven.
Sperando che non fosse troppo tardi.

Angolino musicale: Paura per Ben? Al posto vostro ne avrei anche io! Canzone ispirata dai silenzi di Samantha:
Simon & Garfunkel ‘The sound of silence’(il suono del silenzio)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=4zLfCnGVeL4
Ciao, oscurità, mia vecchia amica Sono di nuovo qui per parlarti ancora Perché una visione, arrampicandosi dolcemente. Ha lasciato i suoi semi mentre stavo dormendo E la visione Che si è piantata nella mia mente Ancor rimane Dentro il suono del silenzio Nei sogni inquieti camminavo solo Vicoli stretti di acciottolati Sotto il cerchio di luce di un lampione Alzai il mio bavaro per il freddo e l'umidità Quando i miei occhi furono accecati Dal lampo di una luce al neon Che spezzò la notte E toccò il suono del silenzio E nella nuda luce vidi Diecimila persone, forse più Gente che comunicava senza parlare Gente che sentiva, senza ascoltare Gente che scriveva canzoni che le voci non potevano condividere E nessuno che osi Di disturbare il suono del silenzio…
 

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Capitolo 17
*** Svanito nel nulla ***


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Svanito nel nulla

Mentre Semir si stava avviando verso la clinica Raven, Ben e Samantha erano ancora nella sala da pranzo.
La ragazza aveva finito di pranzare mentre il ragazzo stava finendo.Nel refettorio erano restati solo loro due ed Hermann che, seduto su una sedia, li sorvegliava.
Improvvisamente Ben si sentì la testa girare, la vista gli si annebbiò per qualche istante.Si voltò in preda al panico verso Samantha che si spaventò alla vista del ragazzo.
Il giovane si alzò si scatto dalla sedia facendola cadere a terra e il suo sguardo incrociò quello del fisioterapista.
Il dottore notò subito lo sguardo perso e allucinato del giovane, quindi gli si avvicinò.
“Ben ti senti bene?” chiese con fare preoccupato il medico appoggiandogli una mano sulla spalla.
Ben percepiva la voce del dottore a malapena.
“Ben” riprese il medico “Che hai, sembri sconvolto…”
Samantha assisteva alla scena seduta sulla sedia, le mani sul petto, gli occhi lucidi.
“Ho…ho…come la sensazione…tutto gira…” balbettò confuso il giovane.
“Vieni con me…ti porto nella tua stanza” disse affabile Hermann prendendolo per un braccio.
Il ragazzo cercò di conservare un minimo di lucidità, poi ebbe una rivelazione, e puntò il dito contro il dottore.
“No!” urlò il ragazzo divincolandosi dalla presa “Tu…tu…volevi drogare Samantha, invece lei…ha dato a me il succo…che stupido, come ho fatto a non arrivarci prima…Samantha … l’ha vista uccidere l’uomo nella piscina, sicuramente anche portare via Charlotte, la sua amica non è più tornata, lei sì…adesso capisco perché nel corridoio Samantha tentava di urlare di divincolarsi da lei…aveva paura…paura che la facesse sparire come ha fatto con Charlotte, con gli altri”
Hermann lo guardò perplesso, ma Ben continuò a parlargli cercando di allontanarsi sempre più dal dottore che stava in mezzo al refettorio.
“Lei ora vuole uccidere anche Samantha, ha visto che si sta aprendo al mondo, ha paura che parli…che parli con me…lei sa chi sono…non so come, ma lei sa…”
“E’ meglio che vieni con me Ben” disse sempre con tono tranquillo il dottore mentre cercava di avvicinarsi e prendere Ben per un braccio.
“Stia lontano da me, mi tolga le mani di dosso…sicuramente adesso vuole uccidere anche me…” poi con gli ultimi barlumi di lucidità si rivolse alla ragazza “ Ascoltami, Samantha …scappa, vattene…fuggi…”
La ragazza fece per alzarsi, ma fu bloccata dal dottor Hermann che con una spinta la fece ricadere sulla sedia.
“Stai seduta lì e guai se ti muovi, hai capito?” gli intimò con tono quasi inferocito il fisioterapista.
La ragazza restò seduta, pietrificata dalla paura.
“Coraggio Ben, calmati, io voglio aiutarti…dammi la mano” il tono del dottore si fece di nuovo accomodante tentando di avvicinarsi ancora una volta al giovane.
Ma Ben lo prese in contropiede, lanciandogli contro una sedia.
Il dottore cadde per terra, questo consentì a Ben di uscire dalla sala, non prima di urlare a Samantha di fare altrettanto.
Confuso e stordito dalla bevanda ingerita, il giovane si addentrò nei corridoi della clinica, in cerca d’aiuto, non redendosi conto che la ragazza non aveva fatto in tempo ad uscire dalla stanza da pranzo.
La droga assunta stava cominciando ad avere strani effetti, stava perdendo lucidità, si muoveva barcollando, gli sembrava di avere le vertigini e la vista ogni tanto si annebbiava.
 
Intanto Semir arrivò alla clinica, immediatamente si fece portare dal dottor Raven e senza bussare entrò nello studio del dottore.
Alla vista del piccolo ispettore il dottore si infuriò.
“Come si permette di entrare nel mio studio senza permesso? E mi dica chi è lei? E chi è veramente Benjamin Beck?” sbottò alzandosi dalla scrivania.
“Sono l’ispettore Semir Gerkhan, polizia autostradale” si qualificò Semir esibendo il tesserino.
“Polizia autostradale? Ma che storia è questa?” balbettò il dottor Raven.
“Penso che ci dobbiate una spiegazione e subito ispettore” disse severa la dottoressa Zeller comparendo alle sue spalle.
“Certo, ma prima vorrei sapere dov’è Ben” replicò secco il piccolo ispettore.
“Sta arrivando, l’ho fatto chiamare per dei chiarimenti, ma lei come mai è qui?” chiese sempre più sospettoso il dottore.
“Il dottor Hermann…sono qui per arrestarlo e se non mi dice subito dov’è farò arrestare anche lei per complicità”
“Arrestarlo? Arrestarmi?” replicò sempre più sbigottito il medico “E per cosa? Con che accusa?”
“Per omicidio” ribatté duro Semir.
“Ma…”
Per un secondo a Semir parve che il tempo si  fermasse.
Il volto del dottor Raven era decisamente incredulo, come quello della dottoressa Zeller.
Possibile che Hermann avesse agito da solo?
“Senta le spiegherò tutto dopo, prima mi dica dov’è Hermann e Ben, il mio collega”
“Ben? Il suo collega è il signor Beck?” il dottore aveva l’espressione come se stesse vivendo un incubo, rispondeva alle domande di Semir, ma di fatto non capiva la presenza del piccolo ispettore che aveva conosciuto con un altro nome e ruolo.
“Sì e non penso sia al corrente che Hermann…” spiegò Semir, ma fu interrotto dal dottore.
“Ho mandato il dottor Hermann a cercarlo…”
“Dov’è” chiese preoccupatissimo Semir. E per lui quella risposta fu una sorta di conferma che sia il dottor Raven e forse anche la moglie erano all’oscuro di tutto ciò che stava accadendo ed era accaduto nella clinica.
“Nel refettorio…” farfugliò il dottore.
“Mi accompagni, presto…” Semir sentì una fitta allo stomaco, presagio che niente di buono stava accadendo.
 
I due  uomini e la dottoressa Zeller arrivarono di corsa davanti alla porta della sala da pranzo, trovandola chiusa.
Semir provò più volte a spingerla per aprirla, in cuor suo sentiva che sicuramente dentro al refettorio stava succedendo qualcosa di terribile.
Senza aspettare consensi o altro estrasse la pistola e mirando verso il basso fece saltare la serratura.
Quello che si presentò davanti lo fece rabbrividire.
Il dottor Hermann aveva le mani alla gola di Samantha e stava cercando di strangolarla.
“Fermo polizia…” urlò Semir, ma il dottore nella sua follia continuò a premere alla gola della donna che cercava disperatamente di liberarsi da quella morsa.
Il dottor Raven e Semir si avventarono sul dottore riuscendo a liberare Samantha che cominciò a tossire e a respirare affannosamente.
Si avvicinò anche la dottoressa Zeller che le cinse delicatamente le spalle,  sussurrandole qualcosa all’orecchio per cercare di tranquillizzarla , mentre Semir ammanettò il dottor Hermann.
“Dov’è Ben?” chiese quasi furioso Semir vedendo che nella stanza del suo collega non c’era traccia, ma il fisioterapista non dava segno di voler rispondere.
“Dov’è maledizione” ripeté scrollandolo in maniera quasi rabbiosa, ma Hermann sembrava come in trance.
Il dottor Raven si avvicinò quindi al suo ormai ex collega.
“Ingo, ti accusano di omicidio…e Samantha, la stavi…come hai potuto” il medico era così sconvolto che dalla sua bocca uscirono solo frasi dette a metà.
Tutt’ad un tratto un lampo di follia fece la comparsa nello volto del dottor Hermann.
“Io…ecco…io volevo aiutare tutti…lei…quelle persone ormai…morte…i familiari…volevo liberarli da un peso…” farfugliò il fisioterapista.
“Ma tu hai ucciso delle persone, Ingo…” replicò Raven.
“Ma non capisce dottore? Io volevo aiutarla. Volevo che lei continuasse il suo lavoro…io credo in lei, nel suo lavoro, ma aveva bisogno di soldi…di molti soldi…”
Semir ascoltava in silenzio, allucinato da quella confessione momentaneamente si scordò di Ben.
“Alcuni famigliari mi hanno pagato profumatamente per eliminare i parenti, per incassare l’eredità…”
“Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Di cosa hai fatto?” Raven era sempre più sconvolto da quelle rivelazioni.
“Ma io non ho mai intascato un soldo! “ si giustificò Hermann ora nei suoi occhi c’era solo follia pura.
 “I soldi erano per la clinica…tutte quelle donazioni…erano i miei compensi, ma io li ho dati a lei, facevo scrivere delle lettere ai parenti in modo che sembrassero donazioni per il suo lavoro, per le sue amorevoli cure , nessuno avrebbe avuto sospetti e poi quei pazienti erano già morti…”
Tutt’ad un tratto anche a Raven venne in mente Ben.
“Dimmi dov’è Ben…” domandò calmo il dottore.
“Ben!” pensò di colpo Semir, il suo socio!
“E’ scappato…” rispose con noncuranza il fisioterapista.
“Come scappato?” chiese spaventato Semir.
Hermann si stampò un sorriso folle sul volto.
“Samantha per colpa di quel maledetto ragazzo …si stava svegliando dal suo torpore…ha visto che ho ucciso il vecchio e mentre portavo fuori dalla clinica la Wolfgang dopo averla drogata…lo avrebbe detto al suo nuovo amichetto…volevo avvelenare anche lei, buttarla giù dal cavalcavia come ho fatto con la Wolfgang, ma lei ha dato la bevanda al suo amico…”
“Bastardo” disse rabbioso Semir prendendolo per il bavero “Dimmi dov’è ora Ben”
“Non lo so…è…fuggito…” e una risata quasi diabolica risuonò nella stanza.

Semir si catapultò fuori dalla sala e cominciò a cercare Ben per tutto l’edificio, ad aiutarlo il personale medico e la sorveglianza, ma del suo socio purtroppo nessuna traccia.
Con il cuore in gola salì anche sul tetto dell’edificio, ma neppure lì c’era traccia di Ben.
Da una parte ne fu sollevato, ma dall’altra si chiedeva dove potesse essere il suo amico e se era ancora in tempo per trovarlo sano e salvo.
Semir diede un’ultima occhiata al tetto, col cuore in gola si avvicinò alla balaustra della terrazza per guardare giù, e per fortuna non vide niente che potesse ricondurlo a Ben.
“Almeno non ti hanno o ti sei buttato di sotto…” pensò ad alta voce.
Sempre con il cuore in gola e con quella brutta sensazione che nulla di buono stesse accadendo, scese le scale.
A tutte le persone che incrociava, fossero pazienti, personale medico o la vigilanza chiedeva di Ben, ma la risposta era sempre la solita: di lui nessuna traccia, sembrava che il ragazzo si fosse come volatilizzato.

Angolino musicale: Semir adesso ‘sfaserà’ di brutto, usando un termine non proprio mio, ma che rende molto l’idea, Ben svanito nel nulla e non lucido...e a Colonia passa il Reno…
Lenny Kravitz 'stillness of Heart' (tranquillità nel cuore)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=SP6HACvtPUw
Sono qui fuori sulla strada Non é rimasto nessuno da incontrare Le cose che erano così dolci Non muoveranno ancora a lungo I miei piedi Ma ci sto provando continuerò a provare Tutto quello che voglio è tranquillità nel cuore così posso iniziare a trovare la mia strada fuori nell’oscurità e nel tuo cuore…Ancora sento questa sfida Mi sento incompleto Cosa sto pagando? La mia anima sta piangendo…

 

 


 
 

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Capitolo 18
*** ora o mai più ***


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Ora o mai più

Semir con due agenti della sorveglianza decise di perlustrare il parco della clinica, purtroppo l’esito delle ricerche risultò negativo.
“Mapporcamiseria” inveì Semir colpendo con un calcio il tronco di un albero “Come è possibile che qualsiasi persona in questa clinica possa entrare ed uscire senza che ness…” ma improvvisamente venne interrotto da un infermiere che giunto alle sue spalle si tamponava il naso con un fazzoletto.
“Lei è il collega di Ben…so che lo sta cercando…” esordì Frederick,  l’infermiere che Ben conobbe appena entrato nella clinica e che gli salvò la vita quando fu aggredito da Robert.
“Sì…mi dica che sa dov’è” rispose speranzoso Semir.
“Purtroppo non lo so dove sia ora, Ben ha scavalcato la cancellata…ho cercato di fermarlo, ma mi ha colpito…è fuori di sé…” replicò l’inserviente.
Pochi istanti dopo mentre si avviava verso l’uscita della clinica Semir incrociò il dottor Raven.
“Dottore, Ben è scappato…mi dica cosa gli ha dato Hermann, che effetti posso avere su di lui…” chiese con apprensione Semir.
“Ecco ispettore, ho cercato di farmelo dire da Ingo, ma non ci sono riuscito non so bene cosa gli abbia somministrato, ma da come si comporta il suo collega direi che gli effetti del farmaco alternano momenti di lucidità a momenti di pura follia”
“Un antidoto?”
“Sicuramente c’è, ma prima deve trovarlo, capire bene cosa abbia ingerito e prima che possa fare qualche atto sconsiderato”
“Bella scoperta” rispose sarcastico il piccolo ispettore che si sentì mancare l’aria, di corsa e con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto si avviò alla sua BMW, incrociando i colleghi che erano venuti ad arrestare e portare in custodia il dottor Hermann.
Salito sull’auto trasse un profondo respiro cercando di calmarsi, poi chiamò Susanne chiedendole di poter parlare subito con il commissario Kruger.
“Mi dica Gerkhan” esordì la donna.
“Capo dirami immediatamente un avviso di ricerca per Ben…”
“Come sarebbe a dire” lo interruppe la donna.
“Ben è stato drogato, è scappato dalla clinica…non sappiamo dove può essere andato…e quello che ha ingerito…potrebbe fargli fare qualche atto sconsiderato...”
“Scusate se mi intrometto” si scusò Susanne interrompendo la conversazione tra i due “Ma è stato appena segnalato un  uomo che cammina con passo incerto sul muretto che costeggia il Reno…dalla descrizione…sembra Ben…”
“Susanne dimmi subito dove…” Semir fu sopraffatto da un’improvvisa angoscia.
“La zona è quella dove stanno rinforzando gli argini del fiume…”
“Ok mi precipito subito, fai giungere anche un’ambulanza…caso mai…” Semir non lasciò nemmeno finire la frase a Susanne e contemporaneamente scacciò dalla mente pensieri a dir poco apocalittici sulle possibili conseguenze a cui avrebbe potuto andare incontro Ben, poi avviò l’auto, accese sirene e lampeggianti dirigendosi verso il luogo dove gli era stato indicato.
“Gerkhan” chiamò ancora la Kruger che ora stava vicino alla postazione di Susanne.
“Sono riuscita a mettermi in contatto con gli agenti che sono sul posto.Mi è stato appena riferito che l’uomo minaccia di buttarsi se vede qualcuno avvicinarsi…la prego, sia cauto…”
“Mapporcamiseria, proprio sopra al muretto del Reno, tra l’altro la corrente del fiume in quel punto  è molto forte…poi con le piogge di questi giorni…”
E con il cuore sempre più agitato chiuse la telefonata proseguendo la corsa verso il luogo dove, ormai era certo, avrebbe trovato Ben.

Nella sua quasi folle corsa per le strade di Colonia Semir non badò molto ai dissuasori di velocità e quando ne superò uno in modo più deciso di altri, la macchina ebbe un violento sobbalzo.
Il piccolo ispettore tutto si sarebbe aspettato di sentire, anche pezzi di carrozzeria che si staccavano dall’auto, ma non di certo un lamento proveniente dai sedili posteriori.
“Ma che cavolo…” poi come se avesse avuto una folgorazione sbottò:
“Livyana per la miseria, che ci fai lì dietro?” Semir era a dir poco infuriato, ma non aveva tempo per frenare, andare più piano o riportarla a casa.
“Ti ho sentito al telefono…Ben era in pericolo e io…”cercò di giustificarsi la piccola.
“Possibile che tu debba fare sempre di testa tua? Andrea ti starà cercando…almeno siediti e mettiti la cintura, prima che mi arrabbi ancora di più…giuro che se alla fine di questa storia se non ti sculaccia Ben lo faccio io! ”
Ma Semir non ebbe tempo di continuare la ramanzina, in lontananza scorgeva la sagoma di un uomo sopra al muretto che costeggiava il Reno.
Era Ben.
Indubitabilmente era Ben.
Semir avrebbe riconosciuto la sua sagoma tra mille.

Il piccolo ispettore fermò la macchina senza fare troppo rumore, ma prima di scendere si rivolse a Livyana:
“Tu stai ferma qui…guai a te se ti muovi…ci siamo capiti?”
La piccola fece cenno di sì con la testa , anche perché l’ordine che aveva appena ricevuto da Semir , non ammetteva repliche.
Appena sceso dalla BMW al piccolo ispettore venne incontro un uomo in divisa.
“Salve, sono l’agente Frank Leben, il commissario Kruger mi ha avvisato del suo arrivo…mi ha detto che quello sopra il muretto è il suo partner. Abbiamo cercato di farlo scendere, ma appena vede qualcuno che si avvicina minaccia di buttarsi di sotto” e indicò l’uomo che camminava con passo incerto sopra il parapetto.
La visuale era in parte oscurata dagli alberi, ma Semir appena lo vide ebbe l’ulteriore conferma che l’uomo era proprio il suo socio.
Ben, come se fosse un equilibrista, continuava ad andare avanti ed indietro.
Con molta cautela, spaventato e con il cuore che gli batteva forte nel petto, Semir tentò di avvicinarsi al collega.
Ben, seppur con la vista un po’ annebbiata, si accorse dell’amico.
“Ciao socio…” esordì con voce biascicata Ben.
Il ragazzo lo aveva riconosciuto e almeno questo a Semir sembrò un buon segno.
“Ben” gli rispose con calma il piccolo ispettore cercando di avvicinarsi al collega “Dai Ben, scendi…è pericoloso…sotto il fiume è impetuoso, dai scendi…per favore”
Ma Ben non dava segno di voler scendere, anzi continuava a fare avanti e indietro sul muretto con le braccia aperte imitando gli equilibristi.
“Guarda Semir” farfugliò il giovane “So camminare come gli acrobati del circo”
Semir era ad una decina di metri da Ben, voleva avvicinarsi sempre di più, ma allo stesso modo aveva paura che così avrebbe scatenato qualche reazione del ragazzo.
Il giovane si fermò di colpo vedendo che Semir si stava avvicinando e per una frazione di secondo barcollò pericolosamente sul muretto.
Il piccolo ispettore scattò verso di lui, ma Ben gli urlò:
“No, non ti avvicinare…se  ti avvicini mi butto…sei come …” ma non riuscì a finire la frase, ormai era in preda agli effetti della droga assunta alternando momenti di lucidità in cui riconosceva Semir a momenti di follia.
E vedendo che Ben stava pericolosamente arretrando Semir si bloccò.
“Ok Ben, non mi muovo, nessuno ti vuol fare del male, ma ti prego scendi…” insistette Semir.
Improvvisamente l’espressione smarrita di Ben mutò, e il suo sguardo si spostò alla destra di Semir.
Anche il piccolo poliziotto guardò nella stessa direzione in cui guardava il ragazzo e fu allora che la vide.
Livyana lo stava guardando e aveva l’espressione come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Ben sembrava come pietrificato, lo sguardo fisso sulla piccola.
“Ben” gli disse cercando di mantenere la voce più ferma possibile ”Ti prego scendi, ha ragione zio Semir, rischi di cadere di sotto…e io non voglio rimanere di nuovo sola”
Semir rimase impressionato, in quelle parole traspariva tutta la preoccupazione e la paura che aveva la piccola che qualcosa di brutto potesse accadere al suo amico.
Livyana quindi si avvicinò piano al ragazzo, ormai era a un paio di metri da lui.
Semir seguì la scena come in apnea, e senza che Ben potesse accorgersene guadagnò qualche metro.
“Ciao Livy” salutò con tono tranquillo e volto disteso Ben.
“Ciao Ben” ricambiò la bambina distendendo un braccio verso di lui “Dammi la mano, ti aiuto a scendere…”
“No!” sbottò Ben cambiando decisamente tono ed espressione “Tu poi mi consegnerai a quello là…”
“Allora facciamo così…dammi la mano e aiutami a salire…” e mentre lo diceva gli porse la piccola manina.
Ben all’inizio tergiversò, ma poi si perse nei profondi dolci occhi di Livyana.
Il ragazzo stese il braccio e si accucciò.
E per Semir quello fu il ‘ora o mai più’.
Con uno scatto felino fece gli ultimi metri che lo separavano da Ben, riuscì a prenderlo per il polso e lo buttò letteralmente giù dal muretto.
Ben si ritrovò steso a terra, Semir cercò di trattenerlo, ma il ragazzo diventò improvvisamente una furia; cominciò ad urlare e a scalciare come un dannato e tra  i due uomini iniziò una lotta furibonda.
Nessun agente intervenne, il piccolo ispettore aveva dato precise istruzioni: intervenire solo al suo comando e di fatto gli agenti erano coperti da un piccolo bosco che impediva loro di vedere cosa stava effettivamente succedendo.
Ben cominciò a sferrare pugni a destra e a manca e uno colpì in pieno volto Semir che si ritrovò steso a terra.
Il ragazzo gli fu sopra in un lampo e il piccolo ispettore fu letteralmente investito dalla rabbia quasi omicida di Ben.
I suoi occhi fiammeggiavano, mentre cercava di colpirlo ripetutamente al volto.
“Maledetto” gli urlava mentre lo colpiva “Sei come quelli che vogliono uccidermi…come i dottori della clinica…non sono pazzo…”
Il piccolo turco non ebbe né la forza né la possibilità di reagire, cercava solo di parare i colpi.
E tutto questo avvenne sotto gli occhi terrorizzati di Livyana.
“Ben” urlò disperata “Ben smettila ti prego…è zio Semir, così gli fai male…ti prego smettila” e incurante del pericolo si avvicinò a Ben cercando di afferrarlo per le spalle o per un braccio in modo da allontanarlo da Semir.
Purtroppo però Ben si voltò verso di lei e con una spinta la fece cadere a terra.
Per un attimo i loro sguardi si incrociarono: quelli furiosi, quasi indemoniati del giovane e quelli disperati della piccola.
“Ben…” riuscì solo a sussurrare tra le lacrime.
Livyana si alzò da terra, il suo amico ora aveva le mani strette sul collo di Semir. Stava cercando di strangolarlo, e Semir intontito dai numerosi colpi ricevuti non aveva più la forza di reagire.
Senza pensarci due volte la piccola si guardò attorno, non c’era tempo per chiamare  aiuto, doveva agire subito; afferrò un bastone trovato lì vicino, e si avvicinò al giovane.
“Perdonami Ben…” e con tutta la forza che aveva lo colpì sul dorso.
Ciononostante il colpo inflitto non fu forte da tramortirlo.
Ben però lasciò la presa, Semir si portò d’istinto le mani al collo cominciando a tossire furiosamente.
Il giovane ispettore invece come a rallentatore si alzò e si avvicinò minaccioso a Livyana.
“Ben…” balbettò la piccola  tra le lacrime “Sono Livyana…ti prego…tu non sei cattivo…”
Purtroppo la piccola constatò che davanti a lei c’era sì Ben, ma non ‘quel’ Ben che aveva quasi sacrificato la sua vita per salvarla, in lui in quel momento non c’era traccia  del dolce, tenero e affettuoso ragazzo che aveva conosciuto.
Livyana cominciò a tremare, il ragazzo che aveva davanti le faceva paura, avrebbe voluto scappare, ma le sue gambe erano come pietrificate.
“Maledetta…sei anche tu come quelli…”
Ben aveva gli occhi iniettati di sangue, lo sguardo come fosse un indemoniato, poi quando fu abbastanza vicino tese le braccia verso di lei.
La piccola d’istinto chiuse gli occhi in attesa dell’irreparabile, conscia di essere arrivata a quello che lei considerava ormai un punto di non ritorno.
 
Angolino musicale: i commenti li lascio a voi...Bacioni a tutti come sempre...e un grazie speciale al 'mio magnifico trio'.
Duran Duran ‘What Happens Tomorrow (Cosa Succederà Domani)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=SoD0Jgofbt0
Bambino non preoccuparti,basta, stai crescendo troppo in fretta sei depresso dalle storie che ti raccontano per metterti in mente che tutta l'umanità è un fallimento, ma nessuno sa cosa accadrà domani, cerchiamo di non far vedere quanto siamo spaventati, se me lo permetterai ti proteggerò in tutti i modi devi credere che tutto andrà bene alla fine devi credere che tutto andrà bene una volta ancora…ma nessuno sa cosa accadrà domani non mollare adesso che siamo andati così lontano Tieni la mia mano per favore, cerca di capire che non siamo soli dobbiamo credere che tutto andrà bene alla fine dobbiamo credere che tutto andrà bene amico mio sì, tutto andrà bene una volta ancora…


 
 
 
 



 
 

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Capitolo 19
*** "Grazie socia" ***


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‘Grazie socia’

Ben si stava avventando su Livyana che d’istinto chiuse gli occhi in attesa dell’irreparabile, conscia di essere arrivata a quello che lei considerava ormai un punto di non ritorno.
Ma la furia del suo giovane amico non si abbatté su di lei.
La piccola sentì invece uno strano rumore come un tonfo sordo, poi come se fosse immersa in un mondo animato aprì prima un occhio e successivamente l’altro notando che Ben aveva un’espressione decisamente…strana.
Per un attimo ebbe l’impressione che il tempo si fosse fermato,  Ben sembrava pietrificato, con gli occhi sbarrati, ma subito dopo lo vide cadere a terra come una bambola di pezza.
Dietro di lui, come per magia, comparve Semir che brandiva il bastone che precedentemente aveva usato la piccola.
“Zio Semir…” riuscì solo a farfugliare tra le lacrime Livyana.
“E’ finita piccola…ora chiamiamo i soccorsi…vedrai Ben starà bene” ed entrambi si avvicinarono al corpo esanime del loro migliore amico.
Semir gli sollevò il capo appoggiandoselo sulle ginocchia, mentre Livyana gli prese una mano.
Il piccolo ispettore guardò con affetto Ben inerme tra le sue braccia, maledicendo per qualche istante il suo lavoro di poliziotto; aveva rischiato di perdere l’ennesimo collega e amico.
Livyana invece prese una mano di Ben tra le sue, poi alzando lo sguardo incrociò gli occhi nocciola di Semir cercando di sorridergli e così rassicurarlo, in fondo anche lui se l’era vista davvero brutta.
“Grazie socia” le disse il piccolo ispettore sull’orlo delle lacrime cercando di abbozzare un sorriso.
“A te socio” le rispose la piccola “Sapevo che lo avresti ‘acchiappato’ e tirato giù da quel muretto…” e in quella frase Semir riconobbe lo stile di sdrammatizzare tipico di Ben, poi entrambi si scambiarono un piccolo ‘cinque’.
Semir e Livyana quindi lasciarono Ben alle cure dei medici che, dopo una veloce visita lo caricarono sull’ambulanza trasportandolo all’ospedale più vicino.
 
Il giorno dopo, sabato, Semir era nella stanza di Ben.
Lo aveva vegliato tutta la notte e gran parte del mattino.
I due amici avevano anche avuto l’occasione di parlare degli avvenimenti che avevano portato per l’ennesima volta Ben all’ospedale.
Oltretutto il giovane era venuto a conoscenza che, se Livyana non fosse tempestivamente intervenuta, lui ora sarebbe distrutto dal dolore per aver posto fine alla vita del suo migliore amico e forse anche all’esistenza della piccola.
Ben ovviamente ne restò turbato e come sempre fu assalito dai sensi di colpa. Livyana aveva pregato Semir di non dire nulla, sapevano entrambi che correvano il rischio che Ben restasse sconvolto per molto tempo. Ma ormai anche il giovane poliziotto aveva imparato a leggere le espressioni e i sentimenti del suo partner e alla fine Semir aveva dovuto dirgli cosa era successo.
“Spero solo che Livyana non ne resti traumatizzata, vedermi in quello stato deve essere stata una cosa tremenda, assistere a quelle scene…stavo per…”
“Ben” lo rincuorò Semir “Livyana è una bambina molto intelligente, sa che eri sotto l’effetto di una droga…insomma non eri in te. Comunque se ti può consolare ho parlato anche con Elise Kladden, non ci saranno conseguenze né per lei né per te… ‘la coppietta ribelle e disubbidiente ’è salva” disse finendo la frase strizzando un occhio al collega.
“Come sarebbe a dire ‘coppietta ribelle e disubbidiente’?” chiese curioso Ben sapendo benissimo a chi si stava riferendo Semir.
“Mai una volta che ascoltiate voi due, che obbediate agli ordini, a sculacciate dovrei prendervi, anche se devo essere sincero se non ci fosse stata lei…forse saresti tu che dovresti trovarti un altro partner”
“Per carità Semir, non voglio neanche pensarci”
 
Nel pomeriggio fu proprio la piccola a tenere compagnia a Ben che accompagnata da Andrea aveva insistito molto nel dare il cambio allo ‘zio’ almeno per un paio d’ore.
La donna lasciò quindi Livyana sola un po’ con il ragazzo, lei avrebbe approfittato dell’occasione per fare alcune commissioni.
La piccola stava leggendo un libro, quando si accorse che Ben si stava svegliando dal suo riposino pomeridiano.
Il giovane aprì gli occhi a fatica, la luce gli dava ancora fastidio e aveva un mal di testa allucinante.
Decise di richiudere gli occhi, voleva ritornare nell’oscurità.
“Ben…” chiamò piano la bimba vedendo che si stava muovendo.
Il ragazzo non era sicuro, ma gli sembrava di aver sentito qualcuno che lo chiamava. La voce era dolce, quasi infantile, la sentiva lontana.
“Ben…” chiamò di nuovo la piccola alzando un po’ il tono della voce e prendendogli una mano.
Ben aprì di nuovo gli occhi, riuscendo finalmente a mettere a fuoco la minuta figura che aveva davanti e quando la vide ebbe un tuffo al cuore.
“Ehi, ciao piccola…come stai?” chiese con un filo di voce.
“Bene e tu? Come ti senti” rispose preoccupata Livyana.
“Come  se fossi finito sotto un camion che poi ha fatto retromarcia”
“Quindi stai bene…come al solito…” stette allo scherzo la piccola.
“Più o meno, comunque mi sembra di averla già vista questa scena” aggiunse Ben.
“Se ti riferisci al fatto che è già la seconda volta che capita una cosa del genere sì, e sarei stanca di vedere che ti svegli in una stanza d’ospedale” rispose aggrottando la fronte la piccola.
“Mi pare di sentire Semir formato…ancora più piccolo…” cercò di sdrammatizzare Ben “Anzi una volta mi ha detto che ultimamente questo posto è la mia seconda casa”
“Beh a me questo posto non piace per niente, quindi cerca di evitare di finirci ancora” sbottò con fare quasi scocciato la piccola, ma si vedeva che cercava di rincuorare il suo amico e perché no anche se stessa.
“Prometto che cercherò di non farlo più” tentò di rassicurarla Ben e con l’aiuto della piccola che gli mise dei cuscini dietro la schiena si portò in posizione semi seduta.
“Spero davvero che questa sia l’ultima volta che vengo a trovarti qua” continuò il discorso Livyana “A casa degli ‘zii’ sto bene, ma a casa mia, cioè tua…” disse arrossendo abbassando lo sguardo.
“Livyana ne abbiamo già parlato” disse con dolcezza Ben “Casa mia ora è anche casa tua”
“Bene!” esclamò felice tornando a guardarlo ”Allora stavo dicendo che a casa nostra sto meglio, okay?”
“Okay, vedrò di non farmi troppo male prossimamente” rispose il giovane abbozzando uno dei suoi soliti splendidi sorrisi.
“Ecco, vedi che sia così” replicò secca.
La piccola poi cambiò improvvisamente espressione, cominciando a guardarsi le mani.
“Livyana” chiamò Ben “Che hai? Si vede lontano un miglio che vuoi dirmi qualcosa…su dai sputa il rospo”
La piccola per un po’ tentennò, ma poi non ce la fece a trattenere quello che aveva in mente di dire a Ben.
“So che zio Semir ti ha raccontato del…insomma…non volevo…” farfugliò la piccola.
“Sì Semir mi ha raccontato eccome…”
“Ben mi dispiace davvero” la piccola tornò a guardarsi le mani.
“Ehi non potevi fare diversamente…stavo quasi” il ragazzo lasciò la frase in sospeso, non aveva voglia di ‘ricordarsi’ che stava quasi per uccidere il suo migliore amico, poi proseguendo col discorso “Se non fossi intervenuta in suo aiuto non saremmo qui a discutere solo di un bernoccolo sulla mia zucca, sei stata coraggiosa” Ben allargò le braccia “Vieni qua e abbracciami”
“La prossima volta ti stendo io…mi hai spaventata lo sai…” disse aggrottando la fronte poi letteralmente si tuffò tra le braccia del suo amico.
“Lo so e mi dispiace” rispose il ragazzo stringendo a se la piccola e baciandola in fronte.
 
Passarono alcuni giorni, Ben era stato dimesso dall’ospedale e insieme a Semir stava camminando nel parco della clinica ‘Raven’.
Con loro c’era anche il dottore Raven.
“Vedrà che fra qualche giorno tutti gli effetti del farmaco che le è stato somministrato da Hermann spariranno, ispettore Jager” esordì dopo i convenevoli il dottor Raven “Potrebbe avere ancora dei capogiri, come dire dei momenti di crisi, ma vedrà che saranno sempre meno frequenti e spariranno dal tutto”
“Non vedo l’ora dottore, la casa del mio socio è perfetta, ma a volte mi tratta come le sue figlie” gli rispose Ben.
“Beh a volte sei più infantile di loro” replicò divertito Semir beccandosi un’occhiataccia dall’amico.
“Ah, ah, ah” ribatté il socio facendo il finto offeso.
“Secondo me sei…un po’ paranoico” lo canzonò ancora Semir.
“Dovrebbe fermarsi ancora qui…che dice? Una settimana?” concluse il dottor Raven, ma si vedeva lontano un miglio che stava scherzando.
“Ehi, ma vi siete messi d’accordo voi due? Piantatela” Ben si stava un po’ alterando.
“Sai una cosa Ben” disse il piccolo ispettore mettendogli una mano sulla spalla  “Un giorno o l’altro dovrò farmi ricoverare io in questa clinica, potrei davvero diventare matto visto come mi fai impazzire ultimamente, sto diventando vecchio e starti dietro, essere tuo partner…comincia ad essere snervante”
“Tranquillo ‘paparino’, vedrò di crescere e cacciarmi il meno possibile nei guai va bene?” replicò divertito Ben.
Semir vide che era giunta l’ora delle spiegazioni, quindi troncò il discorso e rivolgendosi al medico:
“Dottor Raven, forse dovremmo scusarci per averla tenuta all’oscuro di tutto, per averla ingiustamente accusato, purtroppo infiltrare Ben ci è sembrata l’unica soluzione”
“Sa ispettore, ammetto che quando ho saputo che l’ispettore Jager era qui sotto copertura…beh diciamo che la cosa mi ha infastidito e parecchio, ma sono soddisfatto, grazie a voi la mia clinica ne uscirà pulita”
“Sarà comunque avviata un’inchiesta…” aggiunse Semir.
“Sì un’inchiesta esterna ed interna, a quanto pare molte morti sospette sono state, se mi si può concedere il termine, concordate tra il dottor Hermann e i parenti delle vittime, anche se li definirei ‘cacciatori d’eredità’. Se ci penso, mi vengono i brividi, fino a che punto può arrivare l’uomo e io non me ne sono accorto, tutto accadeva sotto i miei occhi”
“Dottore, lei si fidava del dottor Hermann, era un suo vecchio collaboratore” cercò di confortarlo Semir.
“Ci saranno conseguenze anche per i Market? Loro lo hanno fatto quasi più per pietà che per denaro” domandò Raven.
“Sarà l’inchiesta a chiarire tutto, certo non possiamo metterli sullo stesso piano di chi ‘incaricava’ Hermann di, scusi lei il termine stavolta, d’eliminare’ anzitempo i loro congiunti per intascare il prima possibile l’eredità”
Poi porgendo la mano a Semir il dottor Raven ringraziò i due ispettori.
“Non lo dimenticherò, ve ne sarò grato in eterno”
La stava porgendo anche a Ben, ma il dottore notò che il poliziotto volgeva lo sguardo altrove.
Stava osservando Samantha e la ragazza guardava lui sorridendogli.
“Grazie a lei ispettore” si rivolse il dottore a Ben, che tornò a guardarlo “Samantha sta migliorando a vista d’occhio, si sta aprendo al mondo a volte riesce pure a parlare con la dottoressa Zeller”
“Sa una cosa dottore, adesso che ci sono passato in un certo senso anche io, so come ci si sente…sarà bello vederla un giorno fuori da qui”
“Vedrà un giorno, non molto lontano uscirà da questa clinica”
“Posso salutarla?” chiese timidamente il giovane.
“Certo, vada pure”
E il giovane andò dalla ragazza, consapevole che un giorno l’avrebbe rivista fuori da quella struttura.

FINE.

N.D.A. Ed eccoci arrivati alla fine di questa ennesima storiella, come sempre ringrazio tutti i ‘silenziosi’ lettori, chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite e ovviamente il mio magnifico ‘trio’ (detta così sembra che stia parlando delle sorelle Halliwell…ma metaforicamente lo siete) Furia, Cladda &Maty.  
Un ringraziamento speciale va come sempre alla mia Beta (a volte costretta ad un ‘superlavoro’ TVB).
Prossimamente pubblicherò un’altra storiella e posso assicurarvi che le mie dita ‘Grimildose’ saranno spietate con entrambi gli ispettori…e non solo.
A presto!!!
ChiaraBJ.
Ed ora :
Angolino musicale: della serie ‘tarata’ fino alla fine, Semir & Ben come fossero dei super eroi, ma anche loro a volte hanno momenti di…crisi.
Five for Fighting ‘Superman’
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=GRz4FY0ZcwI
Non posso sempre volare Non sono così ingenuo Sto solo cercando di trovare la parte migliore di me Sono più di un uccello... sono più di un aeroplano...Più di qualche bella faccia accanto ad un treno Non è facile essere me Vorrei poter piangere Cadere sulle mie ginocchia trovare un modo per stare in una casa che mai vedrò Può sembrare assurdo...ma non essere è da ingenui...Anche gli eroi hanno il diritto di sanguinare Potrei anche essere pazzo... ma ammetterai che anche gli eroi hanno il diritto di sognare non è facile essere me Su, su e via... via da me va tutto bene... potete tutti dormire profondamente stanotte Non sono pazzo o cose del genere…Non è facile essere me…

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