Walk this way

di RodenJaymes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ti fidi di me? ***
Capitolo 2: *** Le ferite di Banko ***
Capitolo 3: *** Regali e conseguenze ***
Capitolo 4: *** Patto e scommessa ***
Capitolo 5: *** Saltare ***
Capitolo 6: *** Tu hai mai pianto? ***
Capitolo 7: *** Non volevi farlo ***
Capitolo 8: *** Siamo amici ***
Capitolo 9: *** La guerriera e la salvatrice ***
Capitolo 10: *** Confessioni ***



Capitolo 1
*** Ti fidi di me? ***




Ti fidi di me?


Kagome attendeva.
Seduta su una roccia abbastanza scomoda, si torturava le mani con cattiveria mentre guardava dritto davanti a sé.
Inuyasha era fuggito, saltando fra gli spuntoni di pietra inospitali posti sulle rive di quel fiume acido. Voleva ritrovare il corpo di Kikyo, o meglio, ciò che poteva esserne rimasto.
Abbassò lo sguardo, provando un moto di tristezza che non riuscì per niente ad arginare. In una situazione così grave, così pesante da sostenere per Inuyasha, non poteva assolutamente far affiorare i suoi sentimenti, il suo disappunto.
Si sentiva strana; Kikyo era morta e no, la cosa non le procurava alcun tipo di sollievo. Era triste per la sacerdotessa ma ancor di più lo era per Inuyasha, costetto a quello scempio. Vedersi strappare la donna amata, ancora una volta, in una maniera così terribile.
Al contempo, però, provava tristezza anche per sé ed era disgustoso. Quando Inuyasha le aveva voltato le spalle per lanciarsi pericolosamente alla ricerca di Kikyo, aveva sofferto anche per sé, perché lui era andato via.
Sapeva che era giusto, lo capiva, ma allo stesso modo sembrava così sbagliato. Si sentiva divisa in due metà perfette che si arrogavano il diritto di capire e pretendere cosa fosse meglio per lei. Ed entrambe queste metà, a suo avviso, erano orribili. Una era troppo compassionevole, l'altra troppo egoista.
Sospirò, continuando a graffiarsi le mani con una lentezza ed una pazienza che non le appartenevano per niente.
Ad un tratto sussultò; una sensazione sgradevole le strinse la bocca dello stomaco.
Li sentiva chiaramente, erano percepibili facilmente e non erano neanche lontani. Tre frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti.
Si alzò di scatto, voltandosi dalla parte opposta, attirando l'attenzione dei suoi compagni seduti dietro di lei.
Miroku la osservò attentamente, corrugando le sopracciglia scure ed alzandosi in piedi anche lui. I cerchietti attaccati al suo bastone sacro tintinnarono leggermente.

« Divina Kagome. C'è qualcosa che ti turba? »
Il monaco le si avvicinò rapidamente posandole una mano sul braccio.

Kagome annuì, lo sguardo fisso davanti a sé.

« Percepisco la presenza di tre frammenti della Sfera. Si avvicinano rapidamente. »

La giovane recuperò immediatamente arco e frecce. Caricò la faretra sulla spalla mentre già puntava l'arma dritta davanti a sé.
Miroku si stupì, brandì il bastone mentre Sango scattava in piedi, Hiraikotsu già pronto e sollevato. La nebbia che li circondava impediva di vedere chiaramente ma, Kagome lo sentiva, i frammenti erano sempre più vicini.
Strinse ancor di più l'arco, già in posizione.
Non poteva essere Naraku. Lui aveva un numero considerevole di frammenti con sé, possedeva praticamente buona parte della Sfera.
Non poteva essere Koga, aveva perso i suoi frammenti e poi era andato via poco prima. Kohaku? Possibile. Ma chi poteva essere quell'entità che ne possedeva due?

« Ma chi potrà mai essere? », chiese Sango facendo due passi in avanti.

« Lo scopriremo presto. », annunciò Kagome con determinazione.

L'adrenalina cominciava ad entrare in circolo e si sentiva sempre più impaziente. Le mani cominciarono a formicolare, non vedeva l'ora di battersi: tutto pur di non pensare.
Dopo poco, due figure si stagliarono contro il paesaggio nebbioso, dapprima indistinte, man mano sempre più consistenti.

Sembrano due normali uomini. Non percepisco nessuna aura demoniaca, pensò la giovane mentre avanzava lentamente.

I due si facevano avanti con passo claudicante.

« Insomma, palesatevi! », urlò Kagome alle due sagome, presa dall'impazienza. Quei due erano di una lentezza inesorabile.

Se volevano bearsi dell'impazienza degli avversari per catturare l'attenzione e lasciarsi andare ad un'entrata trionfale... beh, ci stavano riuscendo benissimo!

« Hai mai provato a camminare mentre il tuo intero corpo brucia? Datti una calmata, donna! », rispose di rimando una delle due sagome.

« Cosa hai detto?! », si lasciò sfuggire Kagome irritata, stringendo ancor di più la presa sull'arco. Che nervi!

Se non escono fuori, vado a prenderli io.

Vide con la coda dell'occhio Sango e Miroku lanciarsi un'occhiata perplessa. Persino Shippo, fino a quel momento nascosto dietro Kirara, uscì allo scoperto, curioso.

« Sei anche sorda? », disse ancora la stessa voce irritata, maschile ma al contempo stridula, un paradosso esistente in un solo ed unico individuo di sua conoscenza...

« Non è possibile! », esclamò Miroku, le sopracciglia inarcate in un'espressione di pura sorpresa, un'idea che cominciava a farsi largo nella sua mente.

Sango abbassò Hiraikotsu posizionandolo davanti a sé e, d'istinto, si avvicinò a Kirara dietro la quale Shippo era prontamente tornato. 
Kagome avanzò ancora, un'espressione di stizza che sembrava essersi perennemente fissata sul suo volto.

Non dirmi che... Kami.

Jakotsu uscì dalla nebbia, le braccia incrociate e la stessa espressione stizzita di Kagome. Il suo kimono era sporco e completamente distrutto in più punti, i capelli disordinati gli ricadevano sulla fronte alta e sulle guance in ciocche disordinate. La sua pelle bianca era macchiata e graffiata, era ferito. Sembrava uscito direttamente da un conflitto a fuoco. L'altra figura rimase nelle nebbia, distinguibile solo a tratti, quasi volesse rimanere lì, senza avanzare.
Kagome convertì la sua espressione stizzita in una stupita, ma fu solo per una frazione di secondo.
Miroku e Sango, prima più indietro, si portarono direttamente ai fianchi della ragazza ma quest'ultima si trovò ad avanzare ancora.

« Che cosa ci fai ancora qui, tu? Non dovresti essere morto? », chiese Kagome puntandogli contro l'arco.

Di nuovo lui! Ma non era stato disintegrato da Inuyasha?
Jakotsu sbuffò e, se possibile, il suo viso si crucciò ancor di più.

« Io lo sono già! », sbraitò esasperato.

Kagome sospirò, irritata. Quel tipo le aveva dato ai nervi fin dalla prima volta che l'aveva visto. Com'era possibile che fosse ancora lì, quasi del tutto integro? Maledizione! E quell'altro? Era un altro della Squadra dei sette? Aveva due frammenti in corpo... quindi...

« Bankotsu. Perché non ti mostri? Hai forse paura? », urlò Kagome, ignorando bellamente Jakotsu e rivolgendo arco e attenzione verso la figura ancora nascosta in parte dalla nebbia.

« Io non la ricordavo così isterica » , borbottò Jakotsu mentre stringeva ancor di più le braccia al petto.

« Ehi! Guarda che ti faccio fare la fine che meriti! » , sbottò Kagome irritata. Che fastidio, quel ragazzo!

Miroku avanzò ancora una volta e toccò la spalla di Kagome con l'estremità del bastone sacro, come ad ammonirla. Non era la prima volta che si trovava costretto a fare una cosa del genere.

« Divina Kagome, calmati. », disse con un'aria desolata, un sorriso tirato ed un tono leggermente accondiscendente.

« Senti, tu... »

« Jakotsu! Smettila di azzuffarti con quella ragazzina! », urlò l'individuo nascosto con un tono che non ammetteva repliche.

Bankotsu uscì finalmente allo scoperto e diede un piccolo pugno sulla spalla dell'alleato. Anche i suoi vestiti erano stracciati e sporchi. Aveva diversi segni sul viso e le sue braccia riportavano tagli profondi. Sembrava messo molto peggio rispetto a Jakotsu. 
Kagome strinse i denti e aggrottò le sopracciglia. Aveva ragione, era Bankotsu a nascondersi ancora nella nebbia. Accidenti, era la prima volta che non era contenta di aver ragione, avrebbe proprio preferito che non fosse Bankotsu, il primo e il più forte dei sette!
Lui e quella sua alabarda gigantesca e potenziata... per non parlare di quell'altro, poi! Con quella spada tutta lame, tanto seccante quanto lo era il suo proprietario.

Un momento.

Banriju, l'alabarda di Bankotsu, portava in sé due frammenti della Sfera ma... lei non li percepiva. Quella spada enorme non c'era. E neanche Jakotsu aveva quella brutta spada con sé.

Sono disarmati, pensò la ragazza.

Inoltre, nonostante i frammenti che ospitavano nei loro corpi, sembravano comunque molto provati ed indeboliti.

« Pensavamo foste... stati distrutti per mano di Inuyasha », disse Miroku, pacato. Decise di evitare accuratamente il termine “morti”. « Perché siete ancora qui? Cosa volete da noi? Rispondete! », disse poi il monaco, con tono risoluto.

« Se volete combattere, non esiteremo a farvi fuori! », rincarò Sango, brandendo Hiraikotsu e avanzando ancora.

Kagome sbuffò, frustrata. Non avevano fatto altro che avanzare e ancora non era successo nulla. Si sarebbe sentita più tranquilla se solo avesse capito che intenzioni potevano avere quei due. Secondo le sue supposizioni... nessuna. Ma non poteva saperlo con certezza. Inoltre non poteva fare a meno di pensare che Inuyasha non fosse ancora tornato.

« Bel monaco! Sei così grazioso quando usi quel tono burbero! », disse languido Jakotsu portandosi le mani al viso.

Bankotsu sospirò mentre Miroku rabbrividiva impercettibilmente.

« Fratello, per favore... », disse Bankotsu a denti stretti. Poi si volse verso i compagni di Inuyasha; erano tutti pronti a scattare come molle.

« Calmatevi ed abbassate le armi. Non siamo qui per farvi del male. Siamo soltanto... fuggiti. », disse Bankotsu guardando un punto indefinito alle spalle di Kagome e degli altri.

« Non hai risposto a tutto, mercenario. », disse Kagome puntando meglio l'arco contro la sua faccia. Che parlasse ed anche in fretta. Non voleva aspettare un minuto di più, la situazione cominciava a diventare strana ed ormai voleva capire, era curiosa.

Un fragore alle sue spalle la riscosse dai suoi pensieri. Kagome e i suoi compagni si volsero immediatamente verso la fonte del rumore. Inuyasha era ritto in piedi pochi passi dietro di loro, dove poco prima Kagome era seduta. Aveva appena estratto Tessaiga, stretta nel pugno destro, ed era scuro in volto.

La ricerca non ha dato i suoi frutti, pensò Kagome socchiudendo gli occhi. Si volse immediatamente, tornando a rivolgere l'arco contro i due della Squadra dei sette.

« Voi, dannati bastardi. Pensavo di avervi eliminati.», disse Inuyasha avanzando lentamente, una lentezza che non gli apparteneva.

Miroku e Sango tornarono ad occuparsi dei due mercenari con un'espressione costernata in viso. Neanche a loro era sfuggita l'aria mesta del mezzo demone.

« Inuyasha! Che bello, sei qui! Mi sei mancato così tanto! », esclamò stridulo Jakotsu mentre un'espressione di pura gioia animava il suo viso sporco e graffiato.

Bankotsu incrociò le braccia e un sorrisetto sprezzante gli macchiò il viso.

« Non ho tempo per queste chiacchiere. Adesso vi eliminerò una volta per tutte! », urlò. Brandì Tessaiga e fece per lanciare il suo attacco.

Non ancora!

La mente di Kagome produsse quel pensiero fugace e la spinse ad occupare l'intero campo visivo di Inuyasha piazzandosi proprio di fronte a lui, in mezzo. Non era ancora il momento di eliminarli, c'era qualcosa di strano in loro, nel loro comportamento. C'era qualcosa che dovevano dire. Era tutto così strano...

« Kagome! », urlò Sango.

Inuyasha si arrestò di colpo, gli occhi dorati spalancati. Subito il suo viso si contrasse in una smorfia di pura rabbia e conficcò Tessaiga nel terreno, con astio.

« Cosa stai facendo, razza di stupida! », esclamò il mezzo demone sollevando la mano sinistra, stretta a pugno.

Kagome chiuse gli occhi ed espirò. Di solito non gli permetteva di rivolgersi a lei con quel tono così maleducato ma, dato lo scossone emotivo che doveva aver ricevuto con la storia di Kikyo, decise di lasciar correre. Per il momento. Si costrinse a mantenere la calma e cercò di parlare con tutta la pacatezza della quale poteva disporre.

« Non è ancora il momento, Inuyasha. Bankotsu, completa il tuo discorso.», disse e si rivolse nuovamente verso i suoi nemici, lasciando completamente perdere Inuyasha.

Il mezzo demone, allibito e visibilmente contrariato, rinfoderò Tessaiga.

Bankotsu, che si era goduto la scena insieme al compagno, si lasciò andare ad una risata sprezzante ed avanzò di pochi passi, quasi fino a fronteggiare Kagome. Ella, posta ancora davanti Inuyasha, lo osservava con aria di sfida.

« Inuyasha. Non sei per niente bravo ad infliggere i colpi di grazia. Questo è davvero un peccato, non trovi? », disse Bankotsu sorridendo mentre Jakotsu rideva, divertito. « Jakotsu mi ha trovato dopo che Inuyasha mi aveva inferto il suo grande “colpo di grazia”. Siamo riusciti a trascinarci fuori dal monte Hakurei per miracolo, prima che crollasse. I frammenti della Sfera ci tengono ancora in vita ma siamo deboli ed abbiamo perso le nostre armi. »

Bankotsu distolse lo sguardo e sembrò quasi rammaricato, come se avesse appena detto qualcosa della quale sapeva si sarebbe pentito. Jakotsu mise il broncio e prese a calciare qualche sassolino, distrattamente.

« Tsk. Che fine ha fatto la protezione di Naraku? », chiese Inuyasha con stizza.

« Sappiamo di essere il prossimo bersaglio di Naraku, ci troverà e vorrà i suoi frammenti. Siamo un impiccio, non è interessato a noi. Ci ha usato soltanto fin quando gli siamo serviti. Questa è la verità. », disse Jakotsu apparentemente risentito.

«É per questo motivo che adesso anche noi vogliamo uccidere Naraku. Ci ha riportato in vita per i suoi scopi... siamo finiti persino a tradirci a vicenda. Vogliamo vendicare i nostri fratelli. Inuyasha, permettici di unirci a voi! »

Bankotsu strinse i pugni e pronunciò le ultime parole a fatica. Gli costava quella richiesta e molto, si vedeva. Ma non aveva altra scelta: da soli e senza armi non ce l'avrebbero mai fatta. Jakotsu invece era così contento della decisione presa dal Primo Fratello! Non vedeva l'ora di viaggiare a fianco del suo Inuyasha! Certo, che seccatura quelle due donne... La ragazzina con le frecce soprattutto...
Tutta la compagnia strabuzzò gli occhi, incredula. Kagome strinse gli occhi a due fessure e si voltò per guardare Inuyasha. Il suo volto era serio e ombroso. Non poteva credere che quei due stessero davvero chiedendo loro una cosa del genere. Non dopo tutto quello che avevano fatto. Tuttavia, una parte del cervello di Kagome non poteva far altro che pensare che fosse una proposta da valutare. Una volta rimessi in forze, i due sarebbero stati due validi alleati. Ma, certo, anche due validi... traditori. Nessuno dava loro la garanzia che non volessero tradirli, che non fosse un altro sporco giochetto di Naraku. Inuyasha stava per aprire bocca e dal cipiglio che aveva, non si preannunciava niente di buono per quei due.

Vale la pena tentare, si disse.

Prima che Inuyasha potesse parlare, si volse e prese a camminare nella direzione dei due; in pochi passi li raggiunse e furono finalmente faccia a faccia. Aveva ancora l'arco in una mano e la freccia sacra nell'altra. In caso a quei due fosse venuta qualche strana idea, avrebbero avuto pane per i loro denti.

« Kagome, cosa stai facendo? Stupida! », urlò Inuyasha recuperando Tessaiga e balzando immediatamente verso i due mercenari. Non avrebbe perso anche Kagome, per nessuna ragione al mondo.

« Datemi una sola ragione per spingermi a fidarmi di voi. Fatemi capire che non state mentendo. », disse Kagome tranquillamente, guardando Bankotsu. Inuyasha fu subito al suo fianco e Bankotsu indietreggiò, trascinando con sé il suo estasiato compagno.

« Inuyasha! Vieni qui, fammi toccare quelle orecchie! », disse Jakotsu trattenuto a stento da Bankotsu che lo teneva per le braccia.

« Dannati! Vi aspettate davvero che io... »

Kagome posò una mano sull'avambraccio di Inuyasha ed egli si bloccò, stupito. La ragazza aveva un'espressione assorta, così... sicura.

« Non stiamo mentendo, donna! Vogliamo vendicare i nostri compagni ed uccidere Naraku. Se ci fosse un modo per estrarre questi frammenti senza dissolvermi, stai certa che lo farei. », urlò il ragazzo con convinzione.

Bankotsu parlò solennemente e nel suo sguardo Kagome lesse la verità, la disperazione e la voglia di riscatto, la stessa che c'era negli occhi di Inuyasha, Miroku, Sango, Koga. La stessa che vi era negli occhi di tutti coloro che volevano annientare Naraku. La giovane sacerdotessa annuì e si volse verso i suoi compagni, facendo loro segno di avanzare.

« Questo è importante. Bisogna scegliere cosa fare e deve esserci unanimità. La mia risposta è sì, perché ho letto il vero nei loro occhi e non posso ignorarlo. »

« Sei impazzita?! »

Inuyasha parlò con sdegno. Come poteva Kagome essere così cieca? Erano nemici, erano assassini! Erano... perché? Lui cos'era, tanto tempo fa?

Kagome socchiuse gli occhi abbandonandosi ad un sorriso amaro. Sapeva che Inuyasha avrebbe reagito in quel modo. Si volse verso di lui.

I loro sguardi si incrociarono per un attimo che parve interminabile.

« Vi fidate di me? », domandò rivolta a tutti ma continuando a guardare soltanto Inuyasha.

Sango annuì e fu la prima a parlare sotto lo sguardo serio ed assorto di Miroku.

« Mi fido di te, Kagome. Mi avete offerto una possibilità molte volte... adesso io voglio offrirla a loro, nonostante ciò che hanno fatto.»

« Confido nel tuo giudizio, divina Kagome. Suppongo non possa essere sbagliato. », disse il monaco solennemente.

Kagome annuì e sorrise ai suoi amici, grata di quella fiducia. Tornò poi ad osservare Inuyasha, il quale la guardava con le sopracciglia corrucciate, serio ed imperturbabile. Kagome prese la mano libera di lui, quella che non stringeva Tessaiga, fra le sue e continuò a guardarlo. Inuyasha arrossì, stranito da quel contatto. Non era la prima volta che Kagome lo faceva ma era sempre un'emozione nuova, una sensazione diversa. Prima nessuno si azzardava a toccarlo o accarezzarlo. 
Beh, prima di Kagome molte cose erano diverse.
Se si fidava di lei? Ciecamente, avrebbe potuto dire. Se gli piacevano quei due? Neanche un po'. Ma, in fondo, anche lui non piaceva, si era macchiato di azioni riprovevoli, se pur non al loro livello. Chi era lui per vietare loro una possibilità? Incrociò le braccia di scatto e volse lo sguardo dalla parte opposta.

«Tsk. E sia. Ma sappiate che se proverete a fare i furbi, vi eliminerò con queste stesse mani. »

Kagome si lasciò andare ad un sorrisetto soddisfatto mentre poneva nuovamente la freccia all'interno della faretra. Anche Sango e Miroku sorrisero, consci dell'influenza che Kagome, spesso e volentieri, esercitava su Inuyasha.

Bankotsu si limitò ad annuire; si sentiva combattuto, non sapeva se considerare quella possibilità appena concessagli una salvezza oppure una seconda sconfitta. Cercò di scrollarsi di dosso quella sensazione di tristezza che lo attanagliava e che prima d'allora non aveva mai provato.

Jakotsu proruppe in un gridolino estasiato e si sporse subito in avanti, eludendo facilmente il controllo del fratello, in quel momento distratto.

« Oh, Inuyasha, vieni qui! Fatti dare un bacio! Da oggi saremo sempre insieme! », disse cercando di scavalcare abilmente Kagome, che ora stava ritta in piedi davanti Inuyasha.

Kagome sospirò e si spostò, lasciando via libera a Jakotsu, sotto lo sguardo allibito di Sango e Miroku.

Ottima distrazione, quel tipo, pensò la sacerdotessa mentre tentava di non ridere.

Inuyasha si voltò giusto in tempo per vedere Jakotsu che tentava di raggiungerlo, le braccia tese verso di lui ed un sorriso di gioia pura. Fece un balzo indietro inorridendo e pose Tessaiga a mo' di barriera fra sé ed il suo spasimante.

«Dannato! Vuoi morire? Lasciami in pace! Tu e le tue chiacchiere da pervertito! »

« Non fare il difficile! Adesso siamo alleati, il nostro amore è libero di sbocciare! »

« Cosa diavolo stai dicendo?! Ti ammazzo! »

« Inuyasha, ricorda che non puoi fargli del male. », gli ricordò Kagome ridendo mentre si allontanava dalla parte opposta insieme a Miroku, Sango e Bankotsu.

« Ehi! Dove diavolo state andando?! », disse il mezzo demone guardando il gruppo allontanarsi bellamente, senza più degnarlo di altre attenzioni.

« Vacci piano, fratellino. », si raccomandò Bankotsu dando una pacca sulla spalla di Jakotsu, al passaggio.

« Tornate indietro, dannati! »

Inuyasha rinfoderò Tessaiga e prese a seguirli, lasciando in asso Jakotsu che prese a corrergli dietro con aria sognante.

Kagome sorrise voltandosi indietro; quantomeno, in un modo o nell'altro, in qualunque situazione si evolvesse quella strana alleanza, le cose si sarebbero rivelate sicuramente più movimentate.


Angolo autrice.
Salve a tutti! Questo, per me, è una sorta di esperimento (e so che è abbastanza lungo, sob). Mi sono sempre limitata al genere mitologico, dunque altro stile, altri personaggi. E' la prima volta che scrivo nella sezione anime e manga, utilizzando, tra l'altro, il capolavoro "Inuyasha". Tuttavia amo così tanto quest'anime, che per adesso sto rivedendo, che non ho resistito. La situazione passa dal "drammatico" iniziale al tragico/ comico ... Questo per me è l'atmosfera di "Inuyasha" eheheh. Jakotsu meritava un'altra possibilità (è il mio cattivo preferito). E Kagome... notate qualcosa di diverso in lei? Beh, mi sono avvalsa di OOC, spero che non turbi troppo. Ho sempre voluto vedere Kagome un po' più attiva, leggermente più suscettibile e capace di rispondere a tono, soprattutto ad Inuyasha. Per me la Kagome perfetta è un misto fra la sua dolce personalità e il carattere forte di Rei Hino, la miko di Sailor Moon (Sailor Mars, per intenderci). Non vi annoio ulteriormente! Una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate è graditissima! Grazie per essere arrivati fin qui! :)
RodenJaymes.  

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Capitolo 2
*** Le ferite di Banko ***




 

Le ferite di Banko


I'll face myself
To cross out what I've become
Erase myself
And let go of what I've done

For what I've done
I start again
And whatever pain may come
Today this ends
I'm forgiving what I've done.

- Linkin Park, What I've done.


« Shiny happy people holding hands...», canticchiava Kagome mentre cercava di prendere meglio la mira.

Le cuffie ben piantate nelle orecchie, il ritornello che bombardava il cervello mentre la freccia partiva; la coda in cui aveva raccolto i capelli scuri vibrò, insieme all'arco.
Velocità massima, dritta nel bersaglio.
Sorrise soddisfatta quando vide la freccia conficcarsi nel bersaglio rozzo che aveva costruito; un pezzo di legno sul quale aveva disegnato il punto centrale con un pennarello che si portava sempre dietro.
Erano riusciti a tornare al villaggio di Kaede, sia per avvisare la vecchia sacerdotessa della morte della sorella sia per riposarsi un po'. Con tutto quello che era successo, prima di ripartire avevano tutti bisogno di una pausa.
Così, aveva deciso di allenarsi un po'. Era diventata parecchio brava dalla prima volta che aveva osato toccare arco e frecce. Aveva imparato in fretta, sentiva quell'arma appartenerle più di quanto fosse lecito. Si era allenata duramente, in ogni momento libero, stizzita quando Inuyasha, dopo essersi appena conosciuti, le aveva detto “Kikyo era una bravissima arciera, sai?”
Lanciò altre due frecce, una dopo l'altra, che colpirono il bersaglio centrandolo ancora, perfettamente. In qualche modo, sentiva di essere quasi al livello di Kikyo, di poterla eguagliare.

Ma io non sono Kikyo. E non lo sarò mai.

Lasciò l'arco, tolse le cuffiette e si sedette sull'erba. L'aveva promesso a se stessa, niente pensieri negativi – quindi, relativi a Kikyo.
Sconfiggere Naraku. A quello doveva pensare. Cercò di arginare in maniera insistente, com'era abituata a fare, il senso di tristezza, gli occhi quasi lucidi. Ma non piangeva, non se lo permetteva.

Piangere è un lusso, io non me lo posso permettere.

Si alzò, decisa a tornare al villaggio. Si stiracchiò, recuperò la faretra, l'arco ed il solito zainetto giallo e sdrucito.
Voltandosi per tornare indietro, notò Inuyasha appollaiato sul ramo di un albero che la osservava. La sua espressione era rapita, interessata. Lo vide sobbalzare leggermente quando si accorse che anche lei lo stava osservando. Egli distolse subito lo sguardo e lei fece altrettanto, continuando a camminare.

Pensa pure a quanto io le somigli, Inuyasha. Ma non scordare mai che io non sono lei.

 

Bankotsu era seduto su una roccia poco distante e stava meditando sul da farsi. Riteneva di aver avuto una buona idea, quella di unirsi a quel gruppo. Erano oggettivamente forti e questo gli forniva una buona possibilità di riuscire nel suo intento ed uccidere quel vile di Naraku. Tuttavia, continuava a vedere quella possibilità offertagli come una sconfitta, come se per poter finalmente vincere dovesse perdere ancora e ancora. Erano tutti cordiali con lui, a volte anche il mezzo demone. Si era trovato quasi bene e Jakotsu, poi, lui sembrava molto felice.
Solo io non sono tranquillo?, si trovò a pensare mentre osservava le bende bianche che gli ricoprivano gli avambracci. Era stata quella ragazzina a bendarlo, quella con le frecce e quei vestiti molto strani, la sacerdotessa. Aveva medicato lui e Jakotsu, senza parlare. Aveva soltanto detto che i frammenti della Sfera nel loro corpo avrebbero favorito la loro guarigione.
Era vero.
Bankotsu si sentiva già più forte ma pensò che quella forza non servisse a niente. Aveva perso Banryu e si sentiva nudo come un verme. E la sentì ancora, quella tristezza, mista ad amarezza ed umiliazione, stringergli la gola in una morsa di ferro. Cos'era questo sentimento che di recente riempiva il suo animo e le sue giornate?Non si era mai sentito triste, sconfitto, umiliato - non era un qualcosa che gli appartenesse.
Però... come si era ridotto?

Ero il primo dei Sette, adesso sono l'ultimo di Inuyasha.

Si era fatto fregare, aveva perso i suoi fratelli. Strinse i pugni. Naraku avrebbe pagato, quella era una promessa. Espirò e socchiuse gli occhi che pizzicavano leggermente.

Frignare è un lusso da bambocci e ragazzine. Io non posso permettermelo.

Ringraziò mentalmente chissà quale divinità che Jakotsu fosse ancora in vita; se fosse morto anche lui, il fratello al quale era più legato, non si sarebbe mai perdonato.
Sollevò lo sguardo e vide la ragazzina delle medicazioni che camminava verso di lui, probabilmente stava per tornare al villaggio di quella vecchia.

 

Kagome notò Bankotsu seduto su una roccia, lo sguardo perso e i pugni stretti. Si avvicinò lentamente stringendo l'arco esageratamente, tanto che le nocche diventarono ancor più bianche e cominciarono a dolere. Avrebbe fatto le solite domande di rito, come andavano le braccia, se aveva bisogno di nuove bende. Null'altro.
Si fermò davanti a lui, ritta in piedi.
Bankotsu sollevò lo sguardo e si lasciò andare ad un'espressione stranita nel trovarsi davanti quella ragazzina. Che voleva da lui, adesso?

«Allora. Come vanno le tue braccia?», chiese Kagome con noncuranza, lasciandosi cadere, seduta e a gambe incrociate, davanti la roccia dove stava Bankotsu.

Lo vide aggrottare le sopracciglia e distogliere lo sguardo.

«Bene», disse soltanto, senza guardarla.

Lei alzò lo sguardo in maniera disinteressata. Avrebbe controllato le ferite e, se necessario, cambiato le bende. Il pensiero di doverlo fare anche con Jakotsu le procurò un moto di stizza. Almeno quello lì, Bankotsu, stava zitto.

«Fammi controllare. Se ce ne sarà bisogno, cambierò le bende», disse lapidaria, presa dal senso del dovere.

Si sollevò in ginocchio e fece per prendere gli avambracci di quel tizio che si ritrasse prontamente, alzandosi dalla roccia.

«Non ce n'è bisogno, ragazzina»

Kagome inarcò le sopracciglia, si alzò fino a fronteggiare Bankotsu e strinse le braccia al petto. Era assurdo! Era questo il modo di essere riconoscente di quel tipo? Le ricordò qualcuno di sua conoscenza. Egli rimase sorpreso e fece due passi indietro.

«Certo che sei proprio un bel tipo! Sono modi, questi?», esclamò, infastidita.

Fece per recuperare le sue cose ed andare via. Non aveva senso intestardirsi con quel tipo di persona. Non sapeva perché continuasse a dar peso a lui e a quell'altro esaltato che non faceva che tenerle il broncio e lamentarsi. Che stizza! Voleva curarli perché ormai erano parte del gruppo, erano compagni, condividevano tutti il medesimo obiettivo. Ma così era impossibile, stressante. Star dietro a qualcuno che non vuole collaborare.
Bankotsu rimase interdetto e osservò la ragazzina prendere le sue cose e quasi incamminarsi. Spostò lo sguardo sui suoi avambracci e sosprirò. No, non erano quelli i modi e lo sapeva. Doveva essere quanto meno grato a quelle persone. Aveva tentato di ucciderli in tutti modi e quelli avevano risparmiato loro la vita. Era in debito e lo odiava! L'umiliazione prese a stringergli nuovamente la gola.

« Torna... qui. Puoi controllare le mie ferite.», sputò fuori Bankotsu non guardandola neanche e stringendo i pugni.

Kagome si arrestò e si volse verso di lui.

«É per caso una concessione che vuoi farmi? Perché sei tu ad aver bisogno. Non io.», rispose Kagome con tono volutamente tagliente. Forse un po' troppo e dopo poco quasi se ne pentì. Quasi, però.

Bankotsu si voltò di scatto rivolgendo a Kagome un'occhiata piena d'astio e di amarezza. “Sei tu ad aver bisogno”. Quelle parole gli rimbombarono nel cervello; odiava che quella lì avesse ragione, lo odiava.
Kagome sospirò e si sentì un po' in colpa nei confronti di quel ragazzo ma mantenne comunque il suo cipiglio stizzito.
E fu con quello stresso cipiglio che tornò da Bankotsu e prese a sciogliere le bende intorno ai suoi avambracci. E quello la fece fare, zitto e astioso.

« Ma perché lo fai? », sbottò Bankotsu e quando lei sollevò lo sguardo, lui, con un cenno del capo, indicò le bende.

Kagome inspirò mentre constatava che la pelle di Bankotsu non aveva più alcuna lesione né cicatrice. I frammenti, se pur con ritardo, avevano reagito, curando Bankotsu. Sospirò di sollievo al pensiero che forse anche per Jakotsu sarebbe stato così; non doveva più stare così a contatto con lui. Poi ricordò che Jakotsu aveva solo un frammento in sé e si morse un labbro. Alzò lo sguardo per osservare Bankotsu che attendeva una riposta.

«Parlo con te, ragazzina.», disse lui, ancora.

«Io mi chiamo Kagome. Ka – go – me.», sillabò come se stesse parlando con un menomato. Lui rimase interdetto e lei sospirò, di nuovo.
«I frammenti ti hanno aiutato, come ti dicevo. Non hai più nulla. Non serve che io ti bendi ancora.», aggiunse poi.

Bankotsu si tastò l'avambraccio destro e poi quello sinistro. Sì, stava bene, almeno esteriormente. Un altro tipo di ferite, però, lo lacerava dall'interno.

«Comunque, lo faccio perché, adesso, condividiamo il viaggio, il gruppo, un obiettivo. Dobbiamo andare tutti d'accordo. Anche se tuo fratello... è così irritante.», disse Kagome ad un certo punto, tutto d'un fiato, facendo spallucce.

Bankotsu, che ormai si era rassegnato a non ricevere una risposta, rimase stupito, per l'ennesima volta. Non perché Kagome avesse risposto, ma per quello che aveva detto. Era strano pensare che, nonostante tutto, l'obiettivo comune facesse da colla per l'unione di quel gruppo assurdo. Che cancellasse ogni cosa, anche ciò che era successo. Astio, tentati omicidi, trame nell'ombra. E poi un'idea che lo fece sentire peggio si fece spazio nella sua mente.

«Non fatelo... non farlo per compassione. Non ne abbiamo bisogno.», sbottò lui, senza motivo apparente.

Non voglio essere in debito, non voglio essere compatito. Non volevo essere ingannato.

Kagome intrecciò le mani dietro la schiena e prese a guardare il cielo, un punto indefinito. Le nuvole correvano, si rincorrevano. Così soffici, così eteree.

«Deve costarti molto... ricevere aiuto, non è così?», disse.

Somigliava ad Inuyasha più di quanto immaginasse, così orgoglioso.

«Nessuno vi sta aiutando per compassione, Bankotsu. Io per prima ho acconsentito a farvi viaggiare con noi perché, nonostante tutto, questa possibilità ve la meritavate. Siete stati ingannati, abbiamo la stessa voglia di riscatto. E l'unione, fino a prova contraria, fa la forza.»

Bankotsu rimase in silenzio, osservando l'orizzonte. Lui si sentiva solo più debole.

«Anche Sango ha tentato di tradirci, una volta. Per Kohaku. Sai, è suo fratello.», continuò ancora Kagome, distrattamente.

«Lo sapevo. Naraku mi ha spiegato un po' la... situazione. Per colpirvi meglio, eventualmente.»

«Immaginavo. Beh, è molto organizzato. Questo posso concederglielo.»

Kagome si volse verso Bankotsu e lo osservò a lungo.

«Probabilmente ti senti come se avessi perso tutto ed è una condizione che accomuna molti di noi. Io in realtà... non l'ho provata direttamente, ma credo di poter provare a capire. Ognuno di loro ha perso qualcosa, come te e come Jakotsu. Sai anche tu che lavorare insieme è la soluzione. E non c'è bisogno che tu ti senta in colpa; qui non esistono i debiti.»

Bankotsu la osservò di sottecchi e lei fece un sorrisetto.

«Rimuginare su ciò che avresti potuto fare in più... fallo, se preferisci. Ma almeno arriva alla conclusione che ormai è andata così. Se sei vivo, beh, insomma... hai capito... se sei qui, c'è un motivo. Porta a termine la missione.»

Bankotsu strinse i pugni e chiuse gli occhi; la sacerdotessa aveva ragione e lo sapeva. Avrebbe trovato Naraku, l'avrebbe sconfitto, la voglia di riscatto non lo aveva abbandonato. Non poteva continuare a piangersi addosso. Quella possibilità non era una seconda sconfitta, un'onta, qualcosa di cui doveva pentirsi, pagare; qualcosa che doveva farlo sentire in debito. Quella possibilità era soltanto una possibilità.
E doveva sfruttarla.
Sarebbe stato difficile ma poteva capirlo, poteva cominciare ad accettare quell'idea, a conviverci. Oltre alle ferite superficiali, anche quelle più profonde, quelle della sua anima, si sarebbero rimarginate.
Riaprì gli occhi e osservò la giovane sacerdotessa.

«Parli troppo.», disse con un sorrisetto provocatorio. In realtà, era il suo modo di ringraziare.

Kagome sbuffò e calciò un sassolino, rispondendo con un mezzo sorriso.

«E dico cose giuste.», disse semplicemente. Bankotsu annuì impercettibilmente.

«Possiamo andare d'accordo fino alla fine di questa storia.»

«Possiamo, sì.», si lasciò sfuggire Bankotsu distrattamente, continuando a guardarla.

«Fino a che Naraku non sarà morto. Poi... le nostre strade potrebbero comprensibilmente dividersi. E tu porterai via quell'antipatico di tuo fratello.», Kagome terminò la frase arricciando il naso.

Bankotsu scoppiò a ridere, non potendolo evitare. Rise fragorosamente, senza riuscire a fermarsi, ed era la prima volta che provava ilarità di nuovo. Si sentiva più leggero, più motivato. Ancora una volta si sentì più vivo di quando era in vita sul serio.
Kagome sorrise, in cuor suo era contenta di aver aiutato quel ragazzo. Alla fine, non era così antipatico, così scorbutico come pensava che fosse. Stava solo soffrendo ed era comprensibile. Sperava sul serio che potesse legare con il gruppo, che si potesse sviluppare quel legame di lealtà e cameratismo che si era instaurato fra lei, Inuyasha, Miroku, Sango e Shippo. Questo li avrebbe soltanto resi ancor più coesi e li avrebbe aiutati a sconfiggere Naraku ancor più velocemente. Poteva andar bene.

«Quindi lo prometti, Banko?», chiese con tono scherzoso, usando quel nomignolo stupido. «Porterai via tuo fratello?»

Bankotsu la osservò interdetto a quell'abbreviazione così confidenziale. Poi notò il tono di scherno della ragazza e sorrise di rimando. Quella ragazzina, dopo tutto, era in gamba. E lui che aveva sempre sottovalutato le donne, sempre abituato a tutti quei maschi con cui aver a che fare.

«Affare fatto, ragazzina.», disse prendendola in giro, calcando bene sul termine ragazzina, non chiamandola appositamente per nome.

Kagome annuì ridendo, recuperò le sue cose e si fece strada verso il villaggio, lasciando lì Bankotsu. Non si era accorta che, per tutto il tempo, degli occhi dorati non l'avevano mai abbandonata. 


Angolo autrice.
Ciao a tutti! Sono riuscita finalmente ad aggiornare. Devo dire che sto prendendo gusto ad avere a che fare con questa Kagome peperina.Quanto a Bankotsu, sì, mi sono divertita anche con lui. Mi piace dare vita a personaggi che ne avevano poca; mi piace credere che Bankotsu avesse molto da dare come personaggio, ricordiamoci che mostra un lato quasi dolce (anche se lo riserva solo a Jakotsu). Credo che fosse normale per lui essere un po' in pena e in confusione, dopo tutto ciò che gli è successo. E poi Bankotsu sembra leggermente simile ad Inuyasha, potrebbero essere buoni amici! 
Inoltre, amo i parallelismi e quello fra Kagome e Bankotsu mi è sembrato tanto inusuale quanto interessante. Ho sempre pensato che Kagome e Bankotsu potessero essere buoni amici e giuro che per me sono solo questo! Ma forse, non per qualcun altro... :p Ps. La canzone che canticchia Kagome è "shiny happy people" - rem. E l'ho inserita perché... per adesso non posso smettere di ascoltarla! :p
Sono sempre troppo logorroica... fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, sarebbere graditissima! 
A presto. :)
RodenJaymes.

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Capitolo 3
*** Regali e conseguenze ***




 

Regali e conseguenze 


I didn't mean to hurt you
I'm sorry that I made you cry
Oh, no, I didn't want to hurt you
I'm just a jealous boy

I was feeling insicure
You might not love me anymore
I was shivering inside
I was shivering inside.

- John Lennon, Jealous Boy

 

 

Non appena Kirara poggiò le zampe sul terreno del villaggio di Kaede, Kagome e Sango scesero velocemente, sorridendosi a vicenda.
Kagome aveva scelto lei per affrontare quel breve viaggio perché le piaceva la sua compagnia, più di quanto non le fosse mai piaciuta quella delle sue amiche del presente. Sango l'aveva appoggiata nella sua follia, era stata d'accordo ad accompagnarla e si fidava di lei. Camminavano, adesso, fianco a fianco, Sango era stranamente in silenzio e Kagome capì che avrebbe ricominciato con il discorso.

«Inuyasha non sarà contento.», disse distrattamente Sango mentre Hiraikotsu ondeggiava lentamente alle sue spalle, seguendo il ritmo del suo cammino.

Kagome strinse ancora di più quel fardello che si portava in braccio mentre guardava l'altro involto, il più pesante, posto sulla schiena di Kirara. Era davvero difficile da trasportare, tanto che Sango lo reggeva con una mano, in modo che il fardello non pesasse tutto sulla schiena di Kirara. Non sapeva neanche come avessero resistito per quel breve viaggio.
Sospirò. I lenzuoli vecchi che aveva portato per creare quei due fagotti non riuscivano a coprire quasi per niente quei due oggetti.
Si volse verso Sango e la guardò, tra l'afflitto e lo stizzito.

«Beh, cosa posso farci? Mi ha risposto con un “fhé”. Dalle mie parti, chi tace acconsente.», disse, tornando a guardare dritto davanti a sé.

Sango sbuffò rumorosamente, guardandola bieco. Era da tre giorni che quei due non facevano altro che punzecchiarsi a vicenda, Inuyasha, poi, aveva un comportamento così strano. Perché non riuscivano a trovare un compromesso, perché non si facevano avanti? Semplicemente... poi trasalì e si bloccò. Lei era la persona meno adatta per occuparsi o dare consigli su queste cose. Lei che era persa per quella specie di bonzo da strapazzo!

«Non era propriamente il tono di uno che tace, quello.», le fece notare comunque, gettando occhiate fugaci a destra e sinistra.

Oh, non ce la faceva. Era più forte di lei.

«Si comporta in modo strano, Sango, non fa che darmi fastidio. Quella è stata la sua unica risposta e io posso fare di testa mia!», sbottò la sacerdotessa stringendo i pugni e socchiudendo gli occhi.

Sango sbuffò ancora, spazientita. É possibile essere così ciechi? Era circondata da ciechi. Quei due e quell'idiota di Miroku.

«Oh, Kami. É geloso, Kagome! Praticamente tu e Banko non fate altro che chiacchierare come due vecchi compagni!»

Kagome si bloccò e prese a guardare l'amica. Gonfiò le guance per poi lasciare andare l'aria in uno sbuffo stizzito. Il fardello stretto al petto.
Sango si arrestò e si lasciò andare ad un sorriso accondiscendente, grattandosi la testa con un dito.

«Dai, Kagome, non fare così...», disse continuando a sorridere.

Com'è che dice sempre Miroku? Divina Kagome arrabbiata, giornata funesta e sfortunata.

«Lo sai, quello che penso.», esordì poi Kagome tranquillamente, tornando a camminare.

Sango l'affiancò nuovamente, con Kirara accanto. Kagome si volse verso di lei, le diede una pacca sulla spalla e le dedicò un sorriso sincero, una sorta di “grazie sempre, per tutto” che l'amica seppe ben interpretare. Sango annuì e ricambiò il sorriso mentre si dirigevano sempre più velocemente alla capanna di Kaede.

* * *

Appollaiato sul ramo dell'albero più alto, Inuyasha venne destato da un odore alquanto familiare, l'odore di Kagome. Velocemente, balzò giù e di corsa si diresse alla capanna di Kaede. Lì fuori vi erano già Miroku, Bankotsu e Jakotsu, seduti in terra, che giocavano con un gioco strano che Kagome aveva loro lasciato, per non annoiarsi.

«Ho cinque 2, bel monaco. Ho vinto.», disse Jakotsu muovendo davanti il naso del povero Miroku quelle strane miniature, le carte, ecco, mentre Bankotsu lo guardava perplesso.

«Io non credo che fossero queste le regole...», provò a dire il bonzo grattandosi la testa con un'espressione desolata.

«Monaco, è inutile. Non ti ascolterà.», disse Bankotsu, mentre lasciava andare le carte. Si alzò, osservando divertito Jakotsu che si ostinava ripetere “ho vintoo” in una cantilena infinita.

Inuyasha distolse lo sguardo da loro e osservò dritto davanti a sé, in attesa, le orecchie che si muovevano ritmicamente.
Come potevano essere così tranquilli e rilassati, lasciarsi andare a quei futili giochi?

Non l'ho seguita, non me lo ha chiesto.

Finalmente, intravide Kagome, Sango e Kirara che, man mano, si facevano sempre più vicine. Notò gli involti che le due ragazze portavano con loro e si ritrovò a stringere i pugni. Si voltò repentinamente dall'altra parte ed incrociò le braccia.

Maledizione! L'ha fatto sul serio!

«Sango, Divina Kagome. Bentornate.», disse Miroku alzandosi in piedi e lisciandosi la veste. Recuperò anche il suo bastone sacro e i cerchietti tintinnarono. Le due sorrisero in segno di saluto.

Bankotsu si volse verso di loro e fece un sorriso sornione mentre Jakotsu rimaneva seduto, continuando a contare le carte.

«Ce l'hai fatta, a tornare, ragazzina. Hai fatto fare tutto a Sango?», disse Bankotsu provocatorio.

Kagome sorrise e sfoderò la sua migliore aria di sfida.
Inuyasha si voltò nuovamente ed incenerì Bankotsu con lo sguardo anche se lui non si accorse di niente. Troppa confidenza.

«Non ti conviene parlarmi così, mercenario. O tu e quell'esaltato non avrete quello che vi spetta.», disse tranquilla, incrociando le braccia. Poi fece l'occhiolino a Sango. Perfino Miroku sorrise sotto i baffi. Jakotsu, sentendosi chiamato in causa, sollevò lo sguardo dalle sue carte, si alzò e si posizionò accanto al fratello.

«Sei già tornata? Così presto?», chiese retoricamente, imbronciato.

«Se non la smetti, ti pianto una freccia sacra proprio...», fu interrotta dal solito bastone di Miroku sulla spalla. «Umpf. Giusto perché sono una persona cordiale....»

A quel “cordiale” quasi tutti i compagni, Inuyasha per primo, aggrottarono le sopracciglia ma fu per una frazione di secondo.
Kagome posizionò accuratamente a terra l'involto che portava ed aiutò poi Sango a far lo stesso con quello più grosso. Quanto era pesante, maledizione!
Il lenzuolo lasciava il secondo involto molto scoperto e mostrava quasi palesemente cosa celasse.
Inuyasha drizzò le orecchie velocemente, osservando Bankotsu che, con espressione incredula, si gettava in ginocchio davanti l'involto più grosso, il suo viso totalmente sorpreso.

«Banryu...», sussurrò scostando delicatamente un lembo del lenzuolo. «É Banryu...»

Bankotsu accarezzò l'arma a lungo, incredulo. La impugnò, senza fatica la sollevò, la soppesò. Non poteva crederci.
Jakotsu rimase a bocca aperta e si buttò sul secondo fagotto, decisamente più piccolo. Proruppe in un gridolino estasiato quando tirò fuori la sua spada a più lame.

«Jakotsuto! Fratello, guarda!», disse cominciando a guardare l'arma con orgoglio, quanto gli era mancata. «Ahh, Inuyasha, sei stato tu, non è vero? Non mi hai detto niente!», disse poi avvicinandosi ad Inuyasha con fare languido. Tutti si voltarono verso di lui e l'espressione di Kagome era quella che lo infastidiva di più: sfida.

«Tsk. Io non ho neanche dato il mio consenso.», disse Inuyasha sgarbatamente, volgendosi dalla parte opposta. «Non lo avrei mai dato. Sono stati gli altri a dire sì e quella stupida di Kagome ha fatto tutto da sola!», aggiunse e le parole corsero veloci, senza che se ne resendesse conto, con tono più tagliente di quanto avrebbe voluto.

«Inuyasha! Va' a cuccia!», esordì lei stringendo i pugni, infuriata.

Perché doveva darle della stupida? Doveva smetterla di parlarle in quel modo! Lei era libera di comportarsi come voleva, di proporre e prendere decisioni, anche cose alle quali lui non avrebbe mai acconsentito.
Inuyasha rimpianse di aver parlato e si schiantò a terra con un rumore sordo. Questo accrebbe ancor di più la sua rabbia e gelosia nei confronti di Bankotsu.

Dannato..., fu l'unico pensiero coerente che riuscì a formulare.

«Mi piace, è come la ricordavo. Cioè... insomma... grazie.», disse infine Bankotsu guardando altrove.

«L'idea è stata della Divina Kagome, lei ci ha chiesto se poteva andare da Totosai il fabbro. Noi abbiamo acconsentito.», spiegò Miroku sorridendo.

Inuyasha riuscì a sollevarsi e fece mostra del suo grugno migliore.

«Parla per te, bonzo!», sputò con astio, i pugni stretti.

Kagome lo ignorò volutamente per evitare di farsi rovinare la giornata già in parte compromessa e mandarlo nuovamente a cuccia. Non sapeva neanche quale Kami esattamente la stesse trattenendo.

«Allora grazie, ragazzina. Non sei poi così scarsa.», disse Bankotsu serio poi pose una mano sul capo di Jakotsu e lo costrinse ad abbassare la testa. «Avanti, fratello.»

Jakotsu s'imbronciò e sbuffò sonoramente, lo sguardo fisso sulla spada.

«....'azie», biascicò senza troppa convinzione.

Kagome sorrise e si poté giudicare abbastanza soddisfatta.

* * *

«Kagome, dannata, fermati!», disse Inuyasha standole a fianco mentre lei continuava a camminare, furibonda, i pugni stretti, l'espressione contrita.

Si arrestò di colpo, parandosi davanti a lui, quasi faccia a faccia. Inuyasha indietreggiò leggermente. Assunse anche lui il solito broncio marcato e si portò le mani ai fianchi.

«Inuyasha, smettila di comportarti da bambino!», proruppe lei, colpendolo ripetutamente al petto con l'indice.

«Fhé! Non è colpa mia se fai sempre favori a quei due. Prima le spade poi il cibo ninja. Hai dato a quello lì le mie patate secche!»

Kagome si portò una mano alla testa, il cipiglio stizzito che sembrava non volerla abbandonare. Doveva per forza comportarsi in quel modo?
Proprio lui che non ne aveva il diritto?

«Ce n'erano altri tre pacchi uguali, Inuyasha. Identici. Se avessi dato a Bankotsu quello o l'altro non avrebbe fatto differenza!»

«Quello era il mio!», sbottò lui incrociando le braccia al petto, come un bambino in vena di capricci.
Odiava che Kagome fosse gentile con quel tipo. Lo era anche con Miroku ma con quello, proprio con quello, non riusciva a digerirlo. Peggio di quel lupastro di Koga! «Quelle spade, non avevo detto che potevi!»

«Da quando ho bisogno del tuo permesso, Inuyasha?!», urlò dandogli ancora più addosso.

Inuyasha divenne paonazzo e la sovrastò con la sua altezza.

«Tu, dannata, hai detto che dobbiamo essere tutti d'accordo nel prendere una decisione che riguardi quei due!»

«Brutto idiota, non mi hai neanche risposto! Hai solo detto “fhé”!», disse esasperata, mettendosi le mani fra i capelli.
Che nervi, che nervi, che nervi.

Datemi la forza, pensò. Sono sempre una sacerdotessa...

«Sei una stupida! Quello era un no!», sbraitò Inuyasha sollevando i pugni al cielo.

Kagome si lasciò sfuggire un gridolino soffocato che non prometteva niente di buono tanto che Inuyasha si trovò ad indietreggiare di due passi.
Non lo capiva che la faceva innervosire, che la faceva stare male con quel suo comportamento idiota?

«Ahhh, tu, impara a parlare invece di fare quei versi! Va' a cuccia! Mi hai stancato, me ne torno a casa!», urlò, correndo direttamente verso il pozzo.

«Dannata, tu! Torna... qui.», biascicò Inuyasha mentre tentava di sollevarsi a fatica. Maledizione, ma perché? Non voleva farla scappare, farla arrabbiare in quel modo! Voleva solo che... non fosse così in confidenza con quel tipo. Perché....

Tsk, io non sono geloso..., pensò poco convinto. Forse non è più come prima... forse lei e io... non mi vuole più bene?

Inuyasha strinse i pugni a quel pensiero dicendo più volte a se stesso che non poteva essere e che, anche se fosse, non poteva farci niente, che sarebbe andato bene comunque, perché lui non sapeva cosa dirle. Non sapeva mai cosa dirle. Abbassò il capo, sentendosi un po' colpevole, e, spiccando un balzo, si diresse dalla parte opposta rispetto a dov'era andata Kagome. 

«Bene, Sango, mi sa che abbiamo vinto la scommessa», disse Miroku da dietro un cespuglio.

Sango sospirò, rassegnata, insieme a Shippo posizionato sulla sua spalla.

«Potevamo davvero sperare che andasse diversamente?»

 

 

Angolo autrice.
Questa mi sembra proprio una one-shot di passaggio, ad essere sincera. É lecito definirla così? Beh, sì dal momento che dovranno succedere altre cose. Inutile dire che mi sono divertita, come al solito. Kagome mi trascina nei meandri della sua esuberanza ed io non posso che starle dietro...
Inuyasha mi ucciderà, sicuramente si trova più in difficoltà. Credo.
Era necessario il dono delle armi;

  1. Perché mi piaceva l'idea che i due venissero accettati nel gruppo interamente, il dono dell'arma è un atto di fiducia.

  2. Per far stizzire ulteriormente Inuyasha perché... perché sì.

Bene, io mi ritiro. Sappiate che la prossima è già quasi finita.
Sono grata a coloro che hanno aggiunto la storia alle seguite! Grazie. ^^ 
Ed anche a coloro che mi lasciano qualche commento, io leggo sempre volentieri.
A presto! :)

RodenJaymes.

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Capitolo 4
*** Patto e scommessa ***




 

Patto e scommessa.


Do I attract you?
Do I repulse you with my queasy smile?
Am I too dirty?
Am I too flirty?
Do I like what you like?

I could be wholesome
I could be loathsome
I guess I'm a little bit shy
Why don't you like me?
Why don't you like me without making me try?

I try to be like Grace Kelly
But all her looks were too sad

So I try a little Freddie
I've gone identity mad!

 – Mika, Grace Kelly

 

 

Divini Kami, ma perché mi metto sempre in questi guai?

Sango era partita all'inseguimento e correva, correva con quanto fiato aveva in corpo. Accidenti, quanto era veloce! Stava mettendo a dura prova anche lei!

Maledetta io quando ho detto “ci penso da sola, ce la faccio”, si lamentò mentalmente.

La presenza di Hiraikotsu sulle spalle era notevole, non per il peso in sé ma perché la stava un tantino intralciando nella corsa. Non si aspettava che fosse così veloce, non se lo aspettava proprio quando si era gettata al suo inseguimento, con un solo slancio. Un verso distinto e roco, che conosceva bene, le arrivò alle spalle.

«Kirara!», urlò. La nekomata la affiancò velocemente, con un solo balzo, e Sango le saltò subito in groppa.

Sango sospirò di sollievo mentre Kirara cominciava a correre, con lei a guidarla. Menomale! Era stata fortunata, adesso che Kirara l'aveva raggiunta non c'era più scampo! Era molto più veloce. La ragazza si lasciò andare ad un sorrisetto soddisfatto.

«Ah, mi salvi sempre! Non so cosa farei senza di te!», esclamò dandole una pacca sulla testa. L'animale proruppe nel suo solito verso, aumentando ancor di più l'andamento della sua corsa.

Sango notò velocemente l'oggetto della sua ricerca che si muoveva ancora fra il fitto del bosco, velocemente.

Ci siamo quasi, pensò. Con Kirara era stato facile, facilissimo.

«Fermati!», urlò, ormai arrivata nella radura alquanto familiare. Scese da Kirara con un balzo e atterrò morbidamente sulle punte dei piedi. Cominciò a camminare lentamente ma un'occhiata di fuoco la fece bloccare; Sango deglutì, la mano destra ben stretta sul nastro con cui teneva Hiraikotsu.

Ma perché mi sono offerta? Oh, basta, Sango.

«Lasciami stare, Sango! Ho detto che voglio tornare a casa!»

Kagome era seduta proprio sul bordo del pozzo, una gamba già al suo interno. Si volse verso di lei quel tanto per rivolgerle un'occhiataccia, spostando leggermente il busto. Sango sospirò e fece per avvicinarsi ancora, i palmi delle mani aperti e rivolti verso di lei, l'espressione conciliante. Sembrava si stesse per rapportare con una fiera feroce e selvaggia.

Divina Kagome arrabbiata, giornata funesta e sfortunata**. Sii cauta, Sango, si era raccomandato Miroku, prima di assestarle una pacca sul sedere. Scosse la testa e continuò ad avanzare, non era quello il momento per pensare alle profferte idiote di quel bonzo!

«Kagome, non fare così, avanti. Torna indietro! Vuoi... vuoi davvero dargli una simile soddisfazione?», disse di punto in bianco. Si arrestò a pochi passi da lei ed incrociò le braccia. Fare leva sull'orgoglio di Kagome era da sempre una buona strategia.

«Mi spieghi perché ti stavi avvicinando a me come se fossi un demone?», chiese Kagome di rimando, stringendo gli occhi a due fessure. Si voltò completamente verso di lei, estraendo la gamba dal pozzo, lo zainetto giallo e consumato ai suoi piedi.

Sango rimase interdetta poi prese a grattarsi la testa con un dito, distrattamente.

«Eheheheh, ma che dici, Kagome....», disse ridacchiando nervosamente.

Kagome abbassò il capo ed assunse un'espressione triste. Sango strinse le labbra in costernazione. Lasciò Hiraikotsu vicino Kirara, le si avvicinò e si sedette accanto a lei, sul bordo del pozzo. Le posò una mano sulla spalla, delicatamente, e Kagome si volse verso di lei.

«So che può essere difficile...», cominciò e si trovò quasi a corto di parole. Cosa poteva veramente dirle? Quale conforto da una come lei?

Kagome poggiò la testa sulla spalla di Sango e quest'ultima la sentì sospirare.

«Abbiamo litigato per una sciocchezza, Sango. Io lo so. Non sono una bambina... io sono solo... io sono stanca.», disse e Sango sentì la sua voce pian piano affievolirsi mentre pronunciava le ultime parole.

Si morse un labbro. In fondo poteva capirla, poteva capirla bene, probabilmente si trovava in una situazione peggiore della sua. Miroku aveva la testa a molte donne ma nessuna gli aveva in nessun modo permeato il cuore. Faceva il cascamorto quasi per passatempo, era diventata un'abitudine. Non diceva che non le desse fastidio, le dava molto, molto fastidio. Ma Kagome...
Inuyasha aveva amato Kikyo, l'aveva amata profondamente, lo sapevano tutti. Era stato un sentimento che lo aveva sconvolto e aveva lasciato il segno, perché era l'unico che Inuyasha avesse mai provato; e l'amava ancora, con uno struggimento che a Sango faceva paura. Ma Inuyasha teneva anche a Kagome, lo animava per lei qualcosa di molto simile all'amore; Sango rifletté che era proprio amore.
Lei ne era convinta, lo sapeva, lo vedeva. Nei suoi gesti impacciati e burberi, nel suo modo di porsi. Nel suo modo tanto strano quanto infantile di odiare Bankotsu o, ancor prima, Koga. C'era amore per Kagome. Lei lo sapeva, ma anche Kagome ne era consapevole ed il problema era proprio quello.

«Sango, come posso... come posso fare? Dovevo essere proprio io?»

La voce vuota e spenta con cui Kagome pronunciò quelle parole le lasciò un profondo senso di tristezza e le fece quasi terrore.

«Kagome, sai che se io fossi in te...», cominciò, stava per pronunciare quella solita frase che Kagome adorava. La faceva ridere, le sollevava il morale. Ma forse, quella volta, non avrebbe funzionato.

«...gli avresti già spezzato l'osso del collo? Già. A volte non so quale dio mi trattenga. Quantomeno, posso sempre mandarlo a cuccia.», disse semplicemente, ancora quella voce vuota.
Sango rabbrividì ma non disse nulla. Una rabbia cieca cominciò ad aggredirla, la solita quando si affrontava quel discorso, quando vedeva la sua amica in quello stato.

«Lei è viva, me lo sento. E lui continuerà a cercarla. Sono stanca, profondamente stanca. Perché lui non può, Sango... lui non può...»

Vide Kagome alzarsi e stringere i pugni. Le dava le spalle, tremava leggermente, ma sapeva che non stava piangendo. Non se lo era mai permessa, non lo aveva mai fatto. Capiva quello che voleva dire, lo aveva sempre detto.

«....lui non può essere geloso, non ne ha il diritto.», completò Sango con tono duro e tagliente.

Sì, Kagome aveva ragione.
In tutto quel tempo, sia lei che Miroku, avevano tentato di fare da pacieri, di mettere una buona parola, di aiutarli ad esternare quello che era chiaro a tutti ma che loro non volevano affrontare. Non era mai riuscita a nascondere moltissimo il suo disappunto nei confronti del comportamento di Inuyasha, ma Sango ci provava sempre, voleva davvero che le cose si risolvessero, ci teneva; ma davanti ad una Kagome ridotta in quel modo non poteva far altro che arrabbiarsi e mandare tutti i buoni propositi a farsi benedire.
Perché, sì, era più forte di lei.
Sango raggiunse Kagome, le si parò davanti, le posizionò le mani sulle spalle e la scrollò con delicatezza.

«Basta, Kagome.», disse risoluta, guardandola fisso negli occhi.

Kagome sbatté più volte le palpebre e poi scoppiò a ridere davanti la reazione di Sango. Quest'ultima inarcò le sopracciglia, confusa.

«Certo, basta, basta. Come sempre, Sango. É il solito quarto d'ora che mi prende ogni tanto. Sto bene, ti pare!», esclamò lei. «Non gli permetto certo di prendersi più di un quarto d'ora. Se lo scorda!»

Sango sospirò di rassegnazione. Ogni volta Kagome si concedeva un tempo stabilito per la tristezza per poi tornare perfettamente in sé, giusto quando lei provava a riscuoterla, pur sapendo che proprio Kagome non ne aveva bisogno.
Kagome aveva una forza, una costanza, una determinazione, che lei avrebbe faticato a trovare in quella situazione. Aveva un caratterino parecchio complicato ed esuberante; la situazione con Kikyo non le andava a genio per niente, ci stava male, si arrabbiava, eppure si ostinava lì, perché doveva portare a termine la missione, perché aveva rotto lei la Sfera. Ma, Sango lo sapeva, era anche per Inuyasha. Lei aveva promesso ad Inuyasha che sarebbe rimasta.

Io mantengo le promesse, Sango, diceva.

Era la persona più caparbia, testarda, assurda che avesse mai conosciuto. E anche per quello le voleva così bene.

«Ah, Kagome, sei sempre la solita! Ogni tanto piangere ti farebbe bene.», le disse portandosi una mano alla tempia. Certo che quella cosa detta proprio da lei suonava così... strana. Eppure, credeva davvero che se Kagome si fosse sfogata con le lacrime, sarebbe stata sicuramente molto meglio.

Kagome sbuffò ed incrociò le braccia. Recuperò lo zainetto consunto e se lo caricò in spalla con fin troppa enfasi.

«Io non ho proprio bisogno di piangere, sarebbe una perdita di tempo! Ed io, Sango, non ho proprio tempo da perdere.», disse e Sango giurò che quello fosse un tono noncurante.

Kami, ma dove trova tutta questa determinazione? Non la vedremo per molto tempo...

Mentre pensava ciò, con angoscia al pensiero di non essere riuscita nel suo intento, vide Kagome dirigersi verso Kirara, allontanandosi progressivamente dal pozzo.

«Ka-chan, dove stai andando?», disse stupita, usando quel vezzeggiativo volutamente. L'avrebbe fatta ammattire, prima o poi.
Kagome si volse verso di lei, una mano già sulla collottola di Kirara, e le mostrò il suo sorriso migliore.

«Torniamo al villaggio, Sango-chan, mi sembra ovvio. Insomma, voglio davvero dargli questa soddisfazione?», disse lei facendole il verso, con un'aria serafica che Sango riconobbe. Era di nuovo Kagome e, adesso, Sango aveva paura. Però sorrise, non potendone fare a meno.

«Kagome, cosa hai intenzione di fare? Inuyasha è totalmente...», cominciò scuotendo la testa mentre continuava a sorridere.

Kagome si posizionò su Kirara e sbuffò.

«Andiamo o no?»

* * *
Sto tornando. Lo sto facendo sul serio. Sono sicura? Lo sono... no. Sì. Lo sono, sto bene. Va tutto bene.

Era la prima volta che Kagome ritornava veramente sui suoi passi, rimangiandosi il suo canonico “me ne torno a casa!”. Non sapeva realmente cosa aspettarsi.
Miroku tentava di mandare Sango a convincerla ogni santa volta; scambiavano qualche parola, si concedeva “il tempo della tristezza”, come lo aveva denominato, poi tornava furiosa ed attraversava il pozzo, non facendosi vedere per giorni.

E poi... Inuyasha torna a prendermi.

Era vero. Inuyasha tornava sempre a prenderla, se si tratteneva più di quanto lui giudicasse opportuno. Sango le diceva sempre che stava lì, a fissare il pozzo come un idiota, e poi si decideva ad attraversarlo soltanto quando il suo animo era tormentato abbastanza.
Kagome sospirò e strinse delicatamente il pelo di Kirara fra i pugni già chiusi. Chissà se quella volta sarebbe tornato a prenderla ancora, accampando delle scuse, dicendo come al solito “dannata, è tardi! Quanto pensavi ancora di restare?”
Era una consuetudine o qualcosa di voluto?
No, lei lo sapeva, anche se lui non lo diceva apertamente. Inuyasha voleva vederla, era interessato a lei, alla sua salute, alla sua incolumità. E alle sue relazioni.
La solita espressione stizzita fece capolino sul suo viso e lì rimase. Odiava questa cosa, la odiava da morire. Sarebbe stato più facile per lei sapere che Inuyasha la disprezzava, che non provava niente per lei, che erano a malapena amici, che era soltanto Kikyo ad accendergli il cuore.
Ma il fatto che fosse interessato anche a lei... era una tortura. Quello stupido anche che non si trasformava mai in soltanto... la infastidiva oltremodo.
Beh, non poteva far niente più di quello che stava già facendo.
Sarebbe rimasta, era una promessa che aveva fatto ad Inuyasha; soprattutto per il ruolo che ricopriva. Era una miko, la Sfera era nel suo corpo, lei l'aveva rotta. Suo il danno, suo il riparo. La missione andava portata a termine, non sarebbe scappata per problemi cuore... beh, non permanentemente almeno.
Il villaggio di Kaede tornò ad occupare l'intera visuale e Kagome respirò profondamente. Doveva sforzarsi di comportarsi normalmente, come se non fosse successo nulla. Ne era capace? Ovviamente no, però avrebbe provato. Non sarebbe più tornata indietro per colpa di Inuyasha. C'erano anche gli altri, poteva benissimo restare per loro.

«Ehi, tu! Stavi scappando, per caso?»

Bankotsu affiancò Kirara senza difficoltà, cominciando a camminare con loro. Kagome notò con piacere che portava già Banryu sulla spalla con disinvoltura e ne fu contenta. Sango si lasciò scappare una risatina e Kagome le diede una leggera botta sulla schiena.

«Scappare? Io? Hai sbagliato persona, mercenario!», disse Kagome incrociando le braccia.

Bankotsu rise ed inarcò le sopracciglia, sempre quasi colto di sorpresa dal temperamento di Kagome.

«Devi sapere che ogni tanto a Kagome tocca... tornare indietro.», disse Sango e sia Bankotsu che Kagome notarono la risata che la sterminatrice aveva represso a stento.

Kagome strinse le labbra e diede un'altra botta a Sango, senza farsi vedere. Bankotsu corrugò le sopracciglia.

«Tornare dove?», chiese curioso, la treccia di capelli corvini che ondeggiava al passo.

«Nel mondo del futuro.», rispose lei, semplicemente, con un sorriso tirato.

Bankotsu si illuminò e batté un pugno sul palmo dell'altra mano, estasiato.

«Ecco da dove vengono quelle strane cose che ti porti sempre dietro!»

Non appena giunsero davanti la capanna di Kaede, gli occhi di Inuyasha si posarono sul viso di Kagome. Aveva sicuramente sentito il suo odore molto prima che arrivasse ma non si era mosso di lì. Meglio così. Vide stupore nell'espressione di Inuyasha, non si aspettava che tornasse.

«Divina Kagome?»

Miroku aveva la stessa espressione stupita di Inuyasha, se non peggio. Poi sorrise a Sango, contento che per una volta il suo piano avesse funzionato. Sango, a sua volta, ricambiò con un'occhiata che esprimeva disappunto.

«Ho cambiato idea.», disse semplicemente Kagome smontando da Kirara. E nessuno ebbe l'ardire di chiedere nulla, nessuna spiegazione.

Jakotsu si limitò a sbuffare, sollevando gli occhi dalle carte che aveva in mano e sillabando un «Che fortuna!» privo di entusiasmo.

«Inuyasha.», chiamò Kagome mentre rovistava nello zaino giallo, senza guardarlo negli occhi.

Il mezzo demone si stupì di essere chiamato per nome, con un tono tanto neutro poi. Che ne era stato di quella furia che si era precipitata verso il pozzo?

«Mmh?», disse semplicemente, senza alzarsi, seduto a gambe incrociate proprio davanti la capanna.

«Andiamo. É ora di ripartire.»

* * *
«Possiamo benissimo accamparci qui.», disse Inuyasha con tono perentorio, portandosi le mani sui fianchi. Guardò i suoi compagni, aspettando di vederli annuire o dissentire.

Dopo che Kagome aveva suggerito di riprendere il cammino, tutti si erano trovati molto d'accordo, Inuyasha e Bankotsu particolarmente. Appena due giorni di viaggio ed erano appena giunti in una radura spaziosa, circondata da grandi alberi secolari. Poco lontano si sentiva l'incessante scorrere di un ruscello di montagna. Il tramonto era ormai passato da un pezzo ed avevano bisogno di fermarsi. Non vi erano villaggi nelle vicinanze, così accamparsi lì era l'unica soluzione che si presentava per loro.

«Se ci spostiamo leggermente più a nord, si tratta di mezz'ora di cammino, incontreremo un luogo più accogliente, con delle sorgenti d'acqua calda.»

Inuyasha si voltò verso Bankotsu, era stato lui a parlare. Aggrottò le sopracciglia ed incrociò le braccia; cominciava a pentirsi di quella decisione, di aver accettato quei due. Bankotsu era fin troppo zelante. Sperava per caso di poterlo scavalcare?

«Io penso sia una buona idea. Le sorgenti sono vicine, no? Un'altra mezz'ora di cammino non vedo che cosa possa farci.», azzardò Kagome.

Un bagno in una di quelle belle sorgenti, ci voleva proprio.
Bankotsu aveva proprio avuto una buona idea, sperava che anche gli altri fossero d'accordo. Inuyasha le rivolse un'occhiataccia e lei la ignorò.

Sono calma, calmissima.

Da quella seria chiacchierata lei e Bankotsu avevano instaurato un rapporto quasi vicino all'amicizia, così come il mercenario ed il fratello avevano più o meno provato a fare con il resto del gruppo, con buoni risultati.
Bankotsu aveva delle idee interessanti che spesso erano accolte dagli altri con approvazione. Questa cosa indispettiva Inuyasha non poco e lei aveva deciso di godersi lo spettacolo, semplicemente. Ogni tanto si divertiva a vederlo imbronciato per così poco, al pari di quando Shippo gli soffiava sotto il naso il suo cibo ninja preferito. Inuyasha probabilmente non vedeva di buon occhio quel rapporto instaurato con Bankotsu, Sango aveva ragione; era un po' più freddo con lei, le lanciava occhiate intense, faceva degli strani commenti ed era quasi sempre imbronciato. Anche se la sera, quando lo vedeva ritirarsi sul ramo dell'albero più alto, sapeva che i suoi pensieri non erano più dedicati a lei. Si rabbuiò per un minuto, chinando leggermente il capo.

«Non farebbe per niente male un bel bagno caldo», commentò Sango portandosi l'indice alle labbra, con fare pensieroso.

Quella frase riscosse Kagome ed incontrò immediatamente il consenso di Miroku, che annuì contento, mostrando il suo giudizio positivo nei confronti dell'iniziativa di Bankotsu. Pregustava già il momento in cui avrebbe potuto spiare le ragazze troppo occupate a detergere i loro corpi...

«Tsk. Fate un po' come vi pare», esordì il mezzo demone stizzito, riprendendo a camminare.

Ecco, i suoi compagni di viaggio avevano di nuovo accettato la proposta di quel Bankotsu. Che seccatura! Sembrava che ogni volta gli voltassero le spalle di proposito e anche Kagome, poi... quei due erano entrati troppo in confidenza in quelle giornate, era arrivata addirittura ad offrire ancora al mercenario e al suo compagno quelle patate secche delle quali lui era ghiotto! 
Era cominciato tutto quel giorno, li aveva visti parlare, dopo che Kagome aveva tirato con l'arco. Era riuscito a sentire sommariamente quello che si erano detti e il fatto che Kagome fosse qualcosa che si può avvicinare alla definizione di “gentile” con quel tipo, lo mandava non poco in bestia.
E poi era ritornata... pensava quasi fosse tornata per lui... e se invece fosse tornata per quel tizio? Strinse i pugni e trattenne a stento uno sbuffo, mentre una sensazione sgradevole si faceva sentire alla bocca dello stomaco.

«Inuyasha, avanti! Non imbronciarti, potremo fare il bagno insieme!», esordì Jakotsu affiancando Inuyasha, l'aria sognante e le mani intrecciate dietro la schiena.

Inuyasha fu percorso da un brivido freddo e rivolse a Jakotsu un'occhiata assassina, allontanandosi sistematicamente.

«Ti ho già detto di finirla con queste tue chiacchiere, dannato pervertito!», esordì infuriato.

Le profferte lascive di quello strano individuo cominciavano ad indispettirlo sempre di più. E sì, a tratti lo inquietavano anche.
I suoi compagni, leggermente più indietro rispetto ai due, cominciarono a ridere mentre Jakotsu lo guardava ad occhi sgranati. Kagome rise di gusto, non potendone farne a meno, di nuovo sollevata. Da quando i due mercenari si erano uniti al gruppo, quei teatrini erano all'ordine del giorno. Nonostante lei non avesse un buonissimo rapporto con Jakotsu – diciamo che urtava bastantemente i suoi nervi – grazie a lui aveva riso a crepapelle per giorni. Ed era riuscita ad accantonare, tranne per alcuni lunghi momenti, quella malinconia che ogni tanto la pizzicava ricordandole che sarebbe sempre rimasta una seconda scelta.

«Oh, beh, pazienza. C'è sempre quel bel monaco», disse Jakotsu, per niente turbato dalla reazione di Inuyasha. Si arrestò di colpo e si voltò indietro, verso i suoi compagni. Guardò Miroku e gli dedicò un occhiolino.

Miroku smise immediatamente di ridere e si bloccò di colpo, un brivido freddo che gli attraversava lentamente la spina dorsale lo fece scuotere. Gli altri, invece, continuarono a ridere ed Inuyasha, finalmente, si lasciò andare ad un sorrisetto compiaciuto.

«Fhé!», commentò semplicemente il mezzo demone mentre, indifferente, continuava a camminare ora con le braccia dietro la nuca.

« Grandi conquiste, Miroku! », esclamò Sango mentre in allegria si dirigevano verso le sorgenti.

* * *
«Come sarebbe a dire che non posso rimanere?»
Il viso di Jakotsu si crucciò profondamente e strinse le braccia al petto. Miroku si grattò la testa e sorrise, desolato. Si chiese perché toccava sempre a lui sbrigare quelle situazioni così imbarazzanti.

«Non siamo propriamente a nostro agio a spogliarci...», cercò di spiegare mentre gesticolava in difficoltà.
Jakotsu sbuffò sonoramente e il suo sguardo passò da Miroku davanti a lui ad Inuyasha, seduto su un masso poco distante. In fine, si voltò verso il fratello, già a mollo nell'acqua calda. Quel volpino che nuotava beato, poco distante da lui.

«Fratello! Di' qualcosa!», disse esasperato, appellandosi a Bankotsu.

Quello si scostò leggermente i capelli dal viso e sollevò le braccia gocciolanti, in segno di resa.

«Non posso convincerli, fratello.», disse.

Jakotsu sbuffò ancora, profondamente infastidito. Oh, ma che crudeltà! Voleva soltanto fare un bel bagno con Inuyasha! Magari si sarebbe lasciato anche un po' andare, l'acqua calda, la luna, l'atmosfera tranquilla... e invece niente! Piani completamente rovinati.

«Non... non crucciarti... puoi andare a fare il bagno con le ragazze.», azzardò Miroku e solo i Kami sapevano quanto potesse invidiarlo e quanto gli costasse quella proposta. Vide Jakotsu inorridire e cercare di attirare l'attenzione di Inuyasha.

«Inuyasha, ma sei proprio sicuro di non voler fare il bagno insieme?», chiese Jakotsu sconsolato.

Il mezzo demone rimase per un attimo interdetto poi si volse dall'altro lato, con l'intero corpo.

«Tsk. Non ci penso neanche!»

Jakotsu si avvicinò a Miroku, che rimase immobile e imprecò mentalmente. Posizionò una mano sotto il suo mento ed avvicinò i loro visi. Miroku mantenne il sorriso desolato, mentre rimaneva spiazzato.

«Bel monaco, non mi arrendo. Prima o poi avrò quel che voglio.», disse a pochi passi dalle sue labbra e poi lo lasciò andare.

Detto ciò, il mercenario recuperò la sua spada e fra lo stizzito e l'affranto fece per raggiungere le ragazze, poste poco distanti da quel luogo, in un'altra sorgente. Quando Bankotsu vide il fratello con l'arma in spalla, si sollevò di scatto dall'acqua.

«Fratello, non serve che porti con te la spada!»

Jakotsu continuò a camminare, senza voltarsi.

«Invece mi servirà!», urlò.

Quelle donne mi daranno noia, lo so.

Si inoltrò nel breve tragitto ricco di fogliame che portava alla sorgente delle ragazze e non smise un attimo di sbuffare. Era così triste. Non capiva perché Inuyasha fosse così freddo con lui. Era sempre così burbero!
Che il mezzo demone avesse un cuore tutto da sciogliere Jakotsu lo aveva ben capito, ma perché non poteva essere proprio lui a scioglierlo?
Sapeva che in parte era tutta colpa di quella peste con le frecce che si ostinava a stare sempre in mezzo ai piedi. E sapeva che dipendeva pure da quella sacerdotessa che lo aveva quasi ucciso con una freccia sacra; sì, aveva ascoltato abbastanza discorsi fra il monaco e la sterminatrice per esserne sicuro.

Forse è per questo che quella ragazzina è così isterica, ipotizzò pensieroso mentre continuava la sua marcia silenziosa.

Beh, effettivamente pensò che non sarebbe piaciuto neanche a lui dividere il cuore di Inuyasha con qualcuno. Già faceva tutta quella fatica per conquistarlo.
Si portò un dito alle labbra, meditabondo, mentre guardava la distesa di stelle proprio sopra la sua testa.

Oh, Inuyasha, ma perché non ti piaccio?, pensò tristemente e sbuffò per l'ennesima volta. É così ostinato.

Doveva somigliare a quelle due femmine per interessargli? Sciocchezze, lui andava benissimo così! Non voleva per nulla arrendersi, non avrebbe lasciato Inuyasha a nessuno. Perso com'era nelle sue elucubrazioni, non si accorse di essere arrivato alla sorgente dove si trovavano quelle due. Decise di rimanere ad osservarle per un po', studiandole da dietro dei cespugli poco distanti.

* * *
«Hai visto, Sango? Ti sta benissimo!», disse Kagome soddisfatta, ammirando l'amica.
La sterminatrice se ne stava lì, ritta in piedi, con indosso il costume di sua madre, intero e nero, monocolore.
Era molto bella, Kagome si chiedeva spesso come si sarebbe trovata a vivere nella sua epoca. Con quel fisico avrebbe potuto indossare dei vestiti fantastici!

«Kagome, non so... mi sento un tantino esposta... voi andate in giro così, da quelle parti?», chiese la ragazza, in imbarazzo.

Kagome rise mentre guardava l'amica così in difficoltà, non faceva che lanciare occhiate perplesse prima al suo costume e poi al proprio.
Quella Sango era così lontana dalla sterminatrice di demoni che Miroku ammirava sul campo di battaglia!

«Solo in spiaggia... o comunque, in prossimità di luoghi in cui poter fare un bagno anche in presenza d'altra gente!», disse sorridendole dolcemente. «É necessario, Sango. Se Miroku oserà venire qui, ci troverà vestite... okay, non proprio vestite... coperte.»

«Potrei comunque prenderlo a schiaffi.», disse Sango storcendo il naso ed entrando lentamente in acqua. Un sospriro soddisfatto le uscì dalle labbra.

Kagome rise allegra, seguendo l'amica ed entrando in acqua. Si beò di quella sensazione calda ed intensa che le arrossò le guance immediatamente. Rimasero alcuni minuti in silenzio, godendosi il tepore, soltanto il rumore del vento che increspava l'acqua.

«Sicura che per tua madre non sia un problema?», chiese ancora Sango mentre affondava ancor di più nell'acqua calda.

«No, Sango. Mi duole ripetertelo, ma il mio ti starebbe stretto dal seno.», disse Kagome con un sospiro, segno che quella mancanza nel proprio corpo non le andasse molto a genio.

Sango affondò nell'acqua fino alla bocca, vergognosa, e Kagome rise di nuovo. Ad un tratto la sua attenzione venne attirata da qualcosa. Un frammento della Sfera proprio...

«Jakotsu! Che fai qui?», disse rivolta apparentemente al nulla.
Sango sobbalzò, colta di sorpresa.

Le due videro uscire dai cespugli Jakotsu con l'espressione più affranta ed annoiata che avesse mai sfoderato. Conficcò la spada nel terreno e si gettò seduto accanto a quella.

«Me ne dimentico sempre.», disse indicando Kagome blandamente, parlando probabilmente della sua abilità di individuare i frammenti. «Comunque, non sono qui per mia scelta. Mi hanno cacciato!», disse con uno strillo strozzato ed accompagnato da un sincero disappunto.

«Ti hanno cacciato?», chiese Sango, scettica, nascosta dietro Kagome.

«Quel monaco! Ha detto che non erano a proprio agio...»

«Da quando Miroku è così pudico?», disse Sango, calcando volutamente sull'ultima parola e suscitando la risata di Kagome.

Jakotsu si gettò disteso con fare teatrale e un verso graffiante gli uscì dalla gola.

«Inuyasha non vuole mostrarsi. Che sia perché vuole preservami la visione del suo corpo in un momento solitario?», cominciò a riflettere il mercenario con il viso perso sulla distesa di stelle.

Sango e Kagome si lanciarono un'occhiata perplessa e trattennero a stento una risata. Kagome uscì dall'acqua, recuperò un asciugamano e dopo averlo steso in terra, si sedette proprio accanto a Jakotsu. Lui si sollevò di scatto ed i due si osservarono in cagnesco per qualche minuto.

«Di' un po'... ti ha mai sfiorato l'idea che forse Inuyasha non sia interessato?», azzardò Kagome, lo sguardo adesso fisso sulla sorgente d'acqua.

Jakotsu incrociò le braccia al petto, strinse le labbra in un sorrisetto e le si avvicinò pericolosamente. Kagome si voltò di scatto e se lo trovò a pochi centimetri dal viso.

«E tu, di' un po'... hai mai pensato che forse non sia poi così interessato neanche a te?», disse con tono dolce, melenso, e al contempo crudele.

Kagome sospirò ma non s'intristì minimamente. Insomma, non ne aveva motivo. Sapeva che Inuyasha era interessato a lei, sicuramente più di quanto fosse interessato a Jakotsu! Ma anche meno di quanto fosse interessato a Kikyo....

Inuyasha, ma perché non ti piaccio abbastanza?

Non era Kikyo, non lo sarebbe diventata per piacergli di più. Lei era diversa e così doveva rimanere. Non avrebbe più desiderato di essere qualcun altro solo per un ragazzo.

«Voi due siete di una crudeltà reciproca spiazzante...», commentò Sango mentre si detergeva le braccia, delicatamente.

Sperò ardentemente che il discorso non si trasportasse su di lei perché si sarebbe immersa in acqua a vita. Miroku era un capitolo che non doveva essere aperto perché le portava troppo scompiglio in testa e lei aveva sicuramente altro a cui pensare. Cosa poteva pretendere da lui? Probabilmente, se fosse stata un po' come quelle principesse dei villaggi, così delicata, così femminile, forse gli sarebbe piaciuta di più e non avrebbe mai chiesto ad altre donne il permesso di ingravidarle.

Ma perché io a Miroku non piaccio mai troppo?, pensò mentre tratteneva il respiro ed affondava in acqua interamente.
Meglio evitare.

Kagome e Jakotsu risero e poi tornarono a guardarsi storto, come se si fossero improvvisamente ricordati che non avevano il permesso di ridere insieme.

«Oh, io so che Inuyasha è interessato a me, però non totalmente. A lui piace Kikyo.», disse Kagome distrattamente, guardando Jakotsu di traverso. E sì, si ostinava a trattare Kikyo come una persona viva perché per lei lo era ancora, e non era l'unica ad esserne convinta.
Comunque, non sapeva perché lo stesse facendo, ma quei discorsi la facevano sentire nel presente, in qualche modo, e così non le pesavano più di tanto. Cinquecento anni più, cinquecento anni meno, i problemi con i ragazzi non avevano epoca. Jakotsu annuì tristemente e fece spallucce.

«Quel ragazzo è così strano.», disse Jakotsu, quasi più rivolto a se stesso che non a Kagome.

«Un idiota, ecco cosa è! Sono tutti così!», proruppe Sango mentre respirava affannosamente per via della precedente immersione.

Kagome e Jakotsu si trovarono a ridere ancora insieme e questa volta non si fermarono. Kagome gli rivolse un sorriso e volse leggermente il busto verso di lui, guardandolo fisso.

«Sai cosa mi ha sempre affascinato di te, Jakotsu? Certo, togliendo il fatto che sei un grandissimo rompiscatole...», cominciò Kagome.

«Di me? Dimmi, donna, ti ascolto!», disse lui, portandosi un dito al mento, curioso.

Parlare con quelle donne non era così male come pensava, forse le aveva un tantino sottovalutate. Quella ragazzina non era poi così isterica, avrebbe potuto evitare di volerla morta, se non fosse stato per Inuyasha. Kagome rise fino alle lacrime, sotto gli occhi sbalorditi dei due compagni, probabilmente già gustando ciò che stava per dire.

«Mi piaceva molto quella tua strana ambivalenza: amavi Inuyasha ma al contempo volevi squartarlo e tenerti le sue orecchie. Questa cosa ci accomuna. Tanto inquietante quanto interessante.», disse continuando a ridere. Quella cosa di Jakotsu l'aveva sempre divertita moltissimo e non poteva fare a meno di immedesimarsi. Quella relazione di amore – odio con Inuyasha, per via del suo comportamento a tratti irrecuperabile, faceva sì che a volte anche lei desiderasse picchiarlo, pur volendogli bene. E si ripeteva sempre che le orecchie sarebbero state l'unica cosa che avrebbe tenuto di lui.
Certo, le intenzioni di Jakotsu, a quei tempi, erano totalmente diverse... ma non poteva far a meno di sentirsi vicina a quella strana dualità.
Jakotsu rise e si grattò la testa, fingendosi in imbarazzo.

«Beh, ma chi non farebbe passi falsi per quelle orecchie? Così... soffici...»

«...graziose...», continuò Kagome con aria sognante.

«Carinissime! Lo sono veramente!», disse Jakotsu giungendo le mani e guardando Kagome con aria languida.

«Oh, sì che lo sono!», disse Kagome di rimando lasciandosi sfuggire una strana risatina.

Sango guardava la scena con un sopracciglio inarcato. Non poteva credere a ciò che i suoi occhi stavano mettendo a fuoco: quei due in tregua a parlare di Inuyasha. Jakotsu e Kagome risero insieme. Tornarono poi seri per un attimo, si fissarono straniti e poi scoppiarono nuovamente a ridere, sotto lo sguardo allibito di Sango.

«Senti, io non ho intenzione di rinunciare ad Inuyasha.», disse ad un tratto Jakotsu indicandosi, serio.

Kagome annuì e fece spallucce. Insomma, che voleva da lei?

«Per cui...», disse, invitandolo a continuare con un gesto della mano. Sango li guardava sempre più curiosa e si avvicinò, incurante di essere fuori dall'acqua fino al busto.

Jakotsu proruppe in una risatina e si sciolse i capelli con un fulmineo gesto della mano.

«Non c'è nessun “per cui”. Facciamo una scommessa, donna. Io e te.», disse perentorio, mentre si passava una mano fra i capelli corvini, per ravvivarli. Kagome trasalì e così anche Sango. La faccenda cominciava a farsi scottante.

«Che tipo di scommessa, Jakotsu?», chiese Kagome curiosa, con un sorriso di sfida, a pochi centimetri dal suo viso. Jakotsu non si spostò né inorridì, ma mantenne il contatto visivo e la vicinanza.

«É così semplice! Vediamo chi dei due la spunterà nella conquista di Inuyasha.», disse Jakotsu con aria mortalmente seria. Gli sembrava una proposta valida, un buon modo per essere corretti, almeno in questa nuova e strana esistenza. Kagome sorrise ma non guardò Jakotsu in viso quando rispose.

«É una battaglia persa. Per te in principio... per me, quasi prima del traguardo!», rispose semplicemente.

Jakotsu la osservò e sapeva bene che per sé aveva ragione. Anche se lui era perdutamente innamorato di Inuyasha e non voleva darsi per vinto, capiva che comunque non avrebbe avuto molte possibilità. Anche se non lo dava a vedere, la cosa lo faceva un po' soffrire e cercava di non farsi abbattere perorando la sua causa. Quella ragazzina, invece, ne aveva moltissime ma erano rese vane dal ricordo – o dalla presenza – dell'altra sacerdotessa. Arrivò alla conclusione che era quella sacerdotessa, quella Kikyo, l'obiettivo comune.

«Facciamo una tregua. Potrei supportarti nella faccenda di Kikyo... ma la guerra fra me e te è sempre aperta.», snocciolò senza guardare Kagome in viso. Sango scoppiò in una risata squillante mentre Kagome sgranava gli occhi per la sorpresa.

«É così strano... ma accetto. Vorrei proprio capire cosa intendi per supporto...», disse e quasi realizzò che forse non voleva saperlo.
Jakotsu sorrise sibillino e le tese una mano che Kagome prontamente strinse.

«E comunque... anche se tu sei donna... io ho qualcosa che ad Inuyasha potrebbe piacere...», esordì Jakotsu cominciando a spogliarsi.
Kagome e Sango si guardarono per un minuto, poi si volsero nuovamente verso Jakotsu, con fare eloquente, per spingerlo a proseguire.

«Beh, anche io sono morto!», disse tutto d'un fiato, serissimo, portandosi le mani ai fianchi.
Kagome scoppiò a ridere cominciando nuovamente a lacrimare, senza ritegno, mentre Sango si portava una mano alla tempia, esasperata.

«Ka-chan, dai... che pessimo gusto... è una battutaccia terribile...», disse cercando di riportarla in sé.

Sango osservò bonariamente Kagome mentre cercava di calmarsi e si asciugava le lacrime con il dorso della mano. Effettivamente, preferiva vederla piangere in quel modo che non in un altro.

 

Note:
**Miroku è famoso per l'invenzione del “non disturbare l'Inuyasha che dorme”, quindi ho pensato di attribuirgli anche questo. ^^'

 

Angolo autrice.
Questa non è una one-shot, è un papiro. Ne sono consapevole ma non ne ho potuto fare a meno. Anzi, è stato anche tagliato... Venia e perdono...
É stranissimo questo scritto, ha una vena buffa e l'ho trovato leggero. Ma per adesso era questo il programma...
Ho cominciato con un bel Sango - Kagome... amo la loro amicizia!

E poi, ci sono cascata nuovamente e questa volta parallelismo a tre, Kagome/Jakotsu/Sango, giusto per non farci mancare niente.
La canzone lì su non è un capriccio... cioè, per me ha un senso compiuto... quel “perché non ti piaccio?”
Grace Kelly” rappresenta per Kagome Kikyo (i suoi sorrisi tristi per sempre la ricordano anche a me), per Jakotsu le donne in sé, per Sango le principesse dei vari villaggi, o, in sé, la donna più femminile di quanto lei non sia. Qualcuno che volevano imitare capendo poi che non ne valeva proprio la pena!
Il mio cervello partorisce collegamenti strani, ne sono consapevole.
Spendo due parole su Jakotsu: per me è sul serio innamorato di Inuyasha, è un emblema d'amore non corrisposto. :( 
Ma non si perde d'animo, anzi si offre di “aiutare” Kagome... che aiuto poi... non si può capire.
Inuyasha... vi giuro che si farà sentire, per adesso lo sto emotivamente strapazzando.
Beh, grazie alle persone che hanno aggiunto la storia alle seguite, alle preferite e grazie alle persone che recensiscono e mi danno dei consigli. Vi leggo sempre molto volentieri, per me è un piacere. ^^
A presto!

RodenJaymes. 

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Capitolo 5
*** Saltare ***




 

*AVVISO: dovevo pubblicare di lunedì, come mi sono ripromessa di fare. Anticipo perché a partire da domani, fino al fatidico lunedì (ed anche dopo), sarò totalmente impossibilitata e non avrei potuto né revisionare né pubblicare. Grazie della pazienza. ^^

Saltare

Tough girl
In the fast lane
No time for love
No time for hate
No drama, no time
For games
Tough girl
Whose soul aches
[...]
I may cry, ruining my makeup
Wash away all the things you’ve taken
I don’t care if I don’t look pretty
Big girls cry when their hearts are breaking.

-Sia, Big girls cry.


«Cosa stai cercando di fare?», disse ad un tratto Sango, osservando Jakotsu con una strana espressione.

Il mercenario stava tentando di togliersi il suo nuovo kimono. Voleva fare quel dannato bagno! Era stato cacciato da quei due bellimbusti, ma non avrebbe rinunciato a quell'acqua calda per niente al mondo.
Beh, anche se il prezzo da pagare era fare il bagno con quelle due donne.
Si volse verso Sango lentamente, con espressione noncurante, mentre armeggiava ancora con quella stoffa colorata. Quando si trovavano ancora al villaggio, Kagome, aiutata dalla vecchia Kaede, aveva anche provveduto a cercare per lui ed il fratello nuovo vestiario. Anche di quello doveva esser grato, insieme ad altre tre o quattro cose, fra le quali essere ancora in vita, per esempio.

«Mi sto spogliando, non credi? Voglio fare il bagno!», disse con voce lamentosa e finalmente il kimono venne giù.

Sango sgranò gli occhi e si volse immediatamente dalla parte opposta, dando la schiena a Jakotsu.

«Copriti subito, copriti!», urlò la sterminatrice, rossa come un peperone, chiudendo gli occhi e portandosi le mani al viso; anche se, di schiena, non poteva più vedere nulla.

Kagome, che ancora era scossa da leggerissimi tremori per via di quella lunga risata terapeutica, si volse verso di lui lentamente, richiamata dall'urlo isterico di Sango.
Scoppiò di nuovo a ridere, l'espressione seria di Jakotsu che continuava a balenarle davanti al viso e il suo “anche io sono morto!”. Attenta a non guardare in punti critici, afferrò un altro asciugamano lì accanto, ai piedi dello zaino giallo, e lo tirò addosso al malcapitato.

«Jakotsu, copriti!», disse Kagome, ridendo ancora. Trasse poi un respiro profondo e sorrise semplicemente, allegra. Poi, prese subito a rovistare nello zaino, con fare assorto e sicuro.

Il povero Jakotsu rimase con l'asciugamano fra le mani, impietrito. Sbuffò e se lo annodò intorno alla vita, il busto ancora coperto da quello strano corpetto rinforzato che indossava sotto il kimono. Sempre a dar noia, quelle due!

Queste donne pudiche! Proprio a me dovevano capitare?

«Che noiose che siete! Una volta in acqua, il problema è risolto!», disse e sbuffò, notando che nessuna delle due stava prestando ascolto alle sue parole.

Jakotsu osservò che la sterminatrice si era addirittura dileguata, probabilmente persa in un'altra immersione. Ad un tratto la visuale gli fu offuscata da qualcosa e tutto divenne nero. Si vide piombare sul viso un pezzo di stoffa con uno schiaffo sordo. Fece per togliesi quella cosa dalla faccia e... non riusciva proprio a capire cosa avesse in mano. Uno straccio?

«Tieni!», urlò Kagome allegramente, proprio mentre vedeva schiantarsi il paio di pantaloncini sul viso di Jakotsu.

Lo vide togliersi l'indumento dalla faccia e guardarlo, perplesso.

«Cosa dovrei farci con questo piccolo fazzoletto, donna?», chieste Jakotsu mentre si rigirava i pantaloncini sportivi fra le mani. Infilò il braccio in un'apertura per la gamba e poi nell'altra. Prese a grattarsi la testa, confuso, senza capire il senso di quell'oggetto.

Kagome lo raggiunse in due passi e gli tolse i pantaloncini neri dalle mani. Li aveva regalati suo nonno a Sota circa un anno fa, ma aveva proprio sbagliato misura ed
erano risultati troppo grandi per il ragazzino, quasi tre taglie in più. Così, li indossava lei, di tanto in tanto, anche se erano maschili e le stavano un po' grandi. Se li era portati dietro in caso le fosse passata per la mente la malsana idea di farsi una corsa; li avrebbe ceduti volentieri.
A Jakotsu sarebbero calzati perfettamente; con il fisico asciutto, scolpito e privo di grasso che si ritrovava, non avrebbe avuto nessun tipo di problema a farseli andare bene. Così avrebbe potuto fare il bagno con loro, senza che lei e Sango, in particolare, si sentissero troppo in imbarazzo.

«Si chiamano pantaloncini, Jakotsu. Sono come …. come gli hakama** di Inuyasha. Solo più corti. E stretti. E corti.», disse tentando di spiegarsi come meglio poteva, grattandosi la testa con un dito.

Era sempre una grandissima fatica cercare di mettere a proprio agio i suoi compagni dell'era feudale con le “strane robe del presente”, come le chiamavano loro.

«Okay, donna, sono corti e stretti, credo di aver compreso.», disse Jakotsu e prese ad osservare i pantaloncini con una certa diffidenza. Li prese dalle mani di Kagome, li soppesò per un po' e poi sorrise, interessato. 
«Li metterò!», risolse poi, trionfante, come se avesse appena battuto un demone. Lasciò scivolare lentamente l'asciugamano e Kagome si volse repentinamente.

«Accidentaccio a te! Ti avevo detto di coprirti!», strillò Sango, appena uscita dall'acqua, tornando immersa nuovamente. Si era sorbita quello spettacolo per ben due volte!

Kagome si portò una mano alla bocca e soffocò una risata. Jakotsu, invece, non si curò minimamente di Sango, troppo occupato a cercare di indossare quel pezzo di stoffa infernale. Posizionò le mani alle estremità dei pantaloncini e li allargò, come a saggiare la resistenza dell'elastico. Quando li lasciò andare, gli sfuggirono con un rumore preoccupante, cadendo rovinosamente poco distante da lui.

«Donna, che razza di strumento malefico mi hai dato?», disse mentre si avvicinava all'indumento per raccoglierlo.

«Jakotsu, indossali come degli hakama normali! Metti una gamba in un'apertura ed una in un'altra. Se non ci fosse qualcosa di imbarazzante ad impedirmelo, credimi, ti aiuterei!», spiegò Kagome. Fu costretta a mordersi le nocche della mano che aveva portato alla bocca, per non scoppiare ridere convulsamente.

«Kagome, fallo vestire! Non ho più intenzione di... oh, insomma!», disse Sango con voce minacciosa. Era riversa su una pietra, di spalle, il respiro affannoso.

«Ti sembro uno che ha mai indossato dei calzoni nella sua vita?!», chiese Jakotsu retoricamente, cercando di seguire le istruzioni di Kagome. Altri minuti senza riuscire ad indossare quella roba e, potevano starne certe, avrebbe fatto il bagno nudo come un verme. Poi, finalmente, il miracolo. Le istruzioni della ragazzina avevano funzionato! Che stupido che era stato, proprio uno stupido. Era stato facile e veloce. Infilò prima una gamba, poi l'altra e li sollevò. Oh. Era una sensazione strana, erano corti e stretti, beh, questo lo sapeva già. Alzò prima una gamba e poi l'altra. Si sentiva abbastanza libero di muoversi lo stesso, come se avesse ancora il kimono, anzi meglio. Erano comodi. Fece un breve giro su se stesso, cercando di guardarsi il sedere, stranito e contento contemporaneamente.

«Mi piace un sacco questo fazzoletto con i buchi per le gambe!», disse estasiato mentre sollevava prima una gamba e poi l'altra, ancora. «Sono leggeri e sono libero di muovermi!»

Kagome capì che probabilmente aveva il via libera per voltarsi, l'operazione “vesti Jakotsu prima che Sango esaurisca” poteva giudicarsi completa. Quello che si parò davanti ai suoi occhi, però,fu uno spettacolo che non avrebbe dimenticato probabilmente mai più. Passato e presente si incontravano nella visione di Jakotsu in pantaloncini sportivi e Kagome giurò che quei cosi sembrava fossero nati per lui. Stavano meglio a lui più di quanto non fossero mai stati bene a lei; non sapeva se sentirsi contenta o scoraggiata, nel dubbio provò entrambe le sensazioni, giusto per non farsi mancare niente.

«Sango, avanti! Puoi voltarti adesso!», urlò all'amica che stava ancora poggiata a quell'enorme masso, tamburellando le dita su quello, impaziente.

Sango finalmente si volse e pregò che questa volta i suoi occhi fossero risparmiati. Trovò Jakotsu estasiato che ammirava come gli calzasse bene il prodigioso strumento del presente di Kagome. Si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo e si avvicinò alla fila di piccoli massi che costeggiavano il perimetro della sorgente, lì dove c'erano anche i suoi due compagni.
Jakotsu tolse anche il corpetto rinforzato che portava e, vedendolo cadere, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Finalmente, poteva fare quel tanto agognato bagno. Si avvicinò a Kagome, a due passi da lui, lentamente, e le posò una mano sulla spalla. Le diede una pacca, come se fosse una vecchia compagna d'armi, e le sorrise, sornione. Kagome lo osservò a lungo, aspettando che parlasse, perplessa.

«Credo di doverti ringraziare... per aver coperto le mie fantastiche vergogne, intendo. Ma come posso, sapendo che vi sto privando di uno spettacolo meraviglioso?», disse e fece spallucce prima di gettarsi letteralmente in acqua.

Kagome non riuscì a soffocare l'ennesima risata quando vide Sango, lì vicino, che veniva completamente investita dall'onda di schizzi procurata dall'entrata in acqua di Jakotsu. Sango rimase lì, come una stupida, la frangetta completamente appiccicata alla fronte; goccioloni d'acqua calda che le scendevano lentamente sulle guance e sul collo. Fece per scostarsi l'acqua dal viso, con eccessiva enfasi, come se potesse essere utile avendo le mani già bagnate.

«Ma ti sembra il caso di entrare in acqua in un modo così villano?», chiese la sterminatrice, l'espressione oltremodo inviperita.

Jakotsu uscì dall'acqua proprio accanto a lei e si portò all'indietro i capelli bagnati, in un movimento fluido e grazioso. Kagome notò che aveva il viso impiastricciato di indaco scolorito; quelle due strisce colorate che portava sotto gli occhi si erano rovinate a causa dell'acqua. Jakotsu osservò Sango per un attimo e poi fece spallucce, ridacchiando.

«Eri già bagnata!», fu la sua semplice giustificazione.

Sango chiuse gli occhi a due fessure e gli si avvicinò ancor di più, pericolosamente. Kagome restò lì, fuori dall'acqua, a braccia incrociate. Voleva godersi la scena, quello sguardo non portava mai nulla di buono.

«Dato che sei già bagnato, allora non ti dispiacerà se ti affogo!», disse ridacchiando e, a sorpresa, dopo aver posto entrambe le mani sul capo di Jakotsu, lo mandò giù, nel poco spazio presente. Lo mollò dopo poco, allontanandosi, mentre ridacchiava senza sosta.

«Ahh, come hai osato, donna? Se ti prendo!», minacciò il mercenario con voce graffiante, una volta riemerso dall'acqua.

«Ehi! Non senza di me!», protestò Kagome entrando in acqua.

Se veramente stavano giocando in una sorgente con Jakotsu e lui non le stava tagliuzzando dentro le spire della sua spada serpente, allora il mondo stava prendendo sul serio una piega diversa. Ed inquietante.

* * *
Inuyasha non riusciva a godersi bene quel tepore, non riusciva a rilassarsi. Non faceva altro che guardare di sottecchi quel Bankotsu. Quello se ne stava tranquillamente lì, a detergersi il viso, e a sospirare, di tanto in tanto. Ogni tanto Miroku scambiava qualche parola con lui, gli rivolgeva domande sul suo passato, e Shippo gli nuotava attorno con fare adorante.

Tsk. Cos'è? La nuova attrazione del gruppo?

Cominciò a muovere le orecchie ritmicamente, indispettito. Cosa aveva quel Bankotsu di interessante? Poteva veramente piacere a Kagome? Era un banalissimo essere umano, morto per giunta!

Sì, però... a Kagome piacciono gli umani!, pensò e per un attimo si ritrovò a sgranare gli occhi, prima di riprendere il solito contegno.

Volse il viso dall'altra parte e sbuffò, stizzito. Ma chi se ne importava! Non erano di certo problemi suoi. Incrociò le braccia bagnate e affondò nell'acqua della sorgente fino alla bocca, sotto lo sguardo perplesso di Miroku.

«... allora, dove hai imparato a combattere in quel modo considerevole, Bankotsu?», chiese di nuovo il monaco, cercando di stemperare quell'atmosfera pesante e silenziosa che, però, sembrava pesare soltanto a lui. Sentì l'occhiata di Inuyasha perforargli la schiena, come un colpo di spada, ma evitò di volgersi e guardarlo.

Bankotsu sollevò gli occhi al cielo e prese a grattarsi una guancia, con fare meditabondo. Poi si illuminò e si scostò i capelli bagnati dal viso, in un gesto che sembrava puramente abitudinario.

«Credo di dover tutto all'allenamento affrontato nel corso degli anni con Jakotsu. Mio padre, comunque, ci ha fornito delle buone basi.», disse il mercenario e tacque, godendosi la sensazione di calore che gli donava l'acqua della sorgente. 
Era così bello, non provava pace da troppo tempo. Adesso non doveva guardarsi continuamente alle spalle, non doveva lavarsi del sangue di avversari scomodi ma innocenti... pace. Neanche i ricordi riuscivano più ad attanagliarlo nell'inquietudine che aveva preso ad accompagnarlo nelle ultime settimane. Si poteva giudicare rinato, ancora una volta. Sapeva di dover essere indubbiamente grato a tutti loro, ma l'unica persona verso la quale sentiva di avere un debito inestinguibile era Kagome. E sorrise impercettibilmente ricordando il suo nome.

Inuyasha osservò bieco Bankotsu e lo vide curvare le labbra in un piccolo sorriso. Cos'aveva da sorridere, quello stupido? Miroku non si era neanche accorto del suo disappunto; perché doveva riempire quel pallone gonfiato di domande? Vide Shippo arrampicarsi sulla spalla di Bankotsu e si sentì privato anche di quella stupida attenzione che, normalmente, lo infastidiva.

«Sei molto forte! A volte sembri anche più bravo di Inuyasha!», disse Shippo allegramente, con un sorriso gigante. Un pugno gli arrivò dritto sulla testa, facendolo ricadere in acqua e procurandogli un bernoccolo di grandezza considerevole.

«Ahiaaa! Inuyasha!», si lagnò il bambino, tenendosi la testa con le piccole braccia.

«Di' un po', moccioso, hai voglia di botte?», chiese laconico Inuyasha, tenendo il volpino per la coda a pochi centimetri dal suo viso. Quello cominciò a dimenarsi, urlando “lasciami, lasciami!” in una cantilena infinita.

Ad un tratto, qualcosa attirò la sua attenzione. Drizzò le orecchie immediatamente e lasciò cadere in acqua lo sventurato Shippo che continuò ad inveire contro il mezzo demone con improperi vari. Tuttavia, Inuyasha non sembrava l'unico ad aver notato qualcosa di strano. Anche Miroku e Bankotsu erano intenti ad ascoltare.

«La sorgente delle ragazze...», sussurrò Miroku aggrottando le sopracciglia, spiazzato.

Risate. Si distinguevano chiaramente, vi erano due risate squillanti, ma diverse, ed una leggermente più bassa. Provenivano proprio da dove si trovavano le ragazze, insieme a rumore di schizzi d'acqua e gridolini vari ed eventuali. I tre ragazzi si guardarono fra loro, le espressioni stranite e sospettose.

«Sembra si stiano divertendo abbastanza.», commentò Bankotsu con un sorrisetto, mentre creava strani cerchi sulla superficie dell'acqua con l'indice. Poi si bloccò e sollevò lo sguardo sugli altri due, adesso allarmato.

«Voi credete che Jakotsu... insomma...», tentò di continuare, gesticolando in maniera vaga. Poi si bloccò nuovamente e rise, scrollando le spalle. «No, possiamo stare tranquilli. Ridono divertite, non credo stia usando la spada.»

I pensieri di Miroku viaggiarono irresponsabilmente ad un altro tipo di spada e sgranò gli occhi. Sia lui che Inuyasha furono percorsi dallo stesso brivido freddo lungo la spina dorsale, brivido che era diventato sempre più presente e comune quando si parlava di Jakotsu. Miroku uscì immediatamente dall'acqua, neanche avesse visto un demone; si asciugò con dei panni speciali e spugnosi che la Divina Kagome aveva lasciato per loro e si rivestì in fretta.

«Ehi, dannato bonzo! Si può sapere dove stai andando?»

Miroku si volse e trovò Inuyasha che già stava infilando i suoi hakama rossi, saltellando su un piede per la fretta. Bankotsu rimase ad osservare la scena allibito mentre quel volpino si arrampicava nuovamente sulla sua spalla, per vedere meglio. Il suo sguardo confuso si spostava da Inuyasha a Miroku, e viceversa, ritmicamente.

«Dobbiamo andare a controllare che le fanciulle stiano bene...», iniziò Miroku con ostentata disinvoltura, recuperando anche il suo bastone sacro. Inuyasha e Bankotsu inarcarono un sopracciglio all'unisono. Il primo assestò un pugno sulla testa del monaco.

«Perché non dici la verità, razza di pervertito!», disse mentre chiudeva la sua hitoe** rossa, finendo di vestirsi.

Miroku sospirò e chinò la testa, colpevole, per poi rialzarla quasi immediatamente, con un gesto fulmineo. Fissò Inuyasha negli occhi con un'espressione talmente seria che per un attimo il mezzo demone si bloccò, non sapendo più cosa dire o fare. Che avesse sul serio frainteso le sue intenzioni?

«Inuyasha. Credi davvero che io lasci quel Jakotsu, con Sango e Kagome, a godersi tutto lo spettacolo da solo? Sei forse matto?», disse e cominciò a scuotere la testa desolato, come ad esprimere disappunto. Miroku si beccò un altro pungo in testa da parte di Inuyasha, ma la cosa non lo turbò più di tanto. Era deciso a portare a termine la sua missione.

«Sei sempre il solito depravato!», sbraitò Inuyasha. Dall'altra sorgente provenivano ancora gli schiamazzi divertiti delle ragazze e di Jakotsu e il mezzo demone si ritrovò ancora una volta a drizzare le orecchie.

«Inuyasha, perché nascondersi dietro futili convenzioni? Sei curioso anche tu!», disse Miroku trasportando via l'attenzione da sé ed indicando il mezzo demone con il bastone sacro. Inuyasha si trovò per un attimo spiazzato poi sollevò i pugni a mezz'aria e assunse un'espressione irata.

«Ahh, non confondermi con te, dannato Miroku! Se mi sono vestito è soltanto per difendere Kagome da te e da quel dannato pervertito!»

«Mio fratello non ha alcun interesse per le donne, credo si sia capito.», disse Bankotsu con tono noncurante e rivolse un sorrisetto ad Inuyasha. «...ma io sì. Dunque, se si va in spedizione a guardare le bellezze al bagno, io partecipo.»

Bankotsu si sollevò dall'acqua e si avvolse quello strano ed ampio fazzoletto spugnoso intorno alla vita.

«Dove pensi di andare tu?!», sbraitò Inuyasha sovrastando Bankotsu appena uscito dalla sorgente. Se quello lì pensava di osservare anche soltanto un centimetro delle pelle nuda di Kagome, poteva anche giudicarsi un uomo morto. Beh, insomma, morto di nuovo.
Quello, per tutta risposta, sorrise e gli diede una sonora pacca sulla spalla, come se fossero amiconi.

«Suvvia, ormai faccio parte del gruppo. Le donne, fra compagni, si dividono! Non fare il pudico, Inuyasha, è solo una sbirciata!», disse e gli fece l'occhiolino. L'idea di poter vedere Kagome lo allettava alquanto.

Dannato bastardo! Vuole per caso morire?!, pensò il mezzo demone profondamente irato.

Inuyasha strinse i pugni, e stava per urlare quanti più improperi conoscesse, ma il bastone di Miroku sulla spalla lo bloccò. L'espressione dell'amico era oltremodo seria e crucciata.

«Sono spiacente, Bankotsu, ma questo è fuori discussione...», disse il monaco con voce tagliente.

Bankotsu si stupì ed aggrottò le sopracciglia, quasi dispiaciuto. Inuyasha, dal canto suo, assunse un'espressione tronfia e soddisfatta ed incrociò le braccia al petto. Ben gli stava, a quell'idiota!

Tsk. Ogni tanto quel monaco fa qualcosa di giusto.

«A-ah! Ecco. E adesso torna a mollo, se non vuoi che io ti....»

«...hai i frammenti della Sfera in corpo, la Divina Kagome si accorgerebbe di te! A quel punto, nessuno potrebbe più guardare ed io non posso permetterlo.», continuò Miroku con lo stesso tono duro di prima.

Bankotsu sbuffò infastidito, quei frammenti non facevano che dargli noia, accidenti! 
Inuyasha si voltò verso Miroku lentamente e gli assestò un altro pugno sulla testa.

«Sapevo di non potermi fidare di te, disgraziato che non sei altro!», urlò iroso. Comunque sia, Bankotsu non poteva seguirlo e quello era già un progresso.

«Mi dispiace, Inuyasha, amico mio. Tu non mi fermerai.», disse il monaco con tono grave e si gettò nel folto, di corsa.

Inuyasha rimase spiazzato, quel dannato era sparito proprio davanti i suoi occhi!

«Torna qui, dannato Miroku!», ringhiò mentre lo seguiva.

* * *
Kagome si abbandonò sull'ampio asciugamano posizionato in terra. Sango e Jakotsu fecero lo stesso mentre ridacchiavano, schizzandosi ancora. Era stato così divertente! Si era sentita completamente senza pensieri, una sensazione che non provava spesso. Le era sembrato di essere con i suoi amici del presente, in una semplice piscina comunale o alle terme. Era stato rilassante, perfetto, avrebbe voluto che durasse per sempre. Scoprì che Jakotsu era simpatico, se si riusciva a tirar fuori questo lato di lui. Il ragazzo e Sango non avevano fatto altro che schizzarsi acqua mentre lei patteggiava un po' per l'uno e poi per l'altra.
Jakotsu si mise seduto e scosse la testa velocemente; numerosi schizzi colpirono sia Kagome che Sango e le due ridacchiarono. Il mercenario raccolse nuovamente i capelli bagnati nella sua solita acconciatura e si sistemò meglio su quello strano telo. Non si divertiva così tanto da quando aveva squartato i signorini del palazzo est, dieci anni prima! Quelle donne erano simpatiche, alla fine non era stato poi così noioso avere a che fare con loro. Certo, nulla avrebbe potuto ripagare la visione del corpo nudo di Inuyasha... ma in mancanza d'altro, insomma, meglio di niente. Almeno si era divertito e aveva guadagnato quell'indumento del futuro. Osservò la stoffa nera pregna d'acqua dei pantaloncini e rifletté che erano molto più comodi prima. Kagome gli aveva spiegato che la stoffa di quei “costumi da bagno” - così li aveva chiamati – era diversa da quella dei suoi “pantaloncini”, e quindi si sarebbero asciugati prima. Si lasciò scappare uno sbuffo.

«Indovina a chi somigliavi, scrollandoti in quel modo!», disse Kagome ridendo, mentre si districava i capelli con cura.

Sango si unì alla risata dell'amica mentre rovistava nello zaino, cercando probabilmente qualcosa da sgranocchiare. Jakotsu si portò un dito alle labbra e finse di pensare a lungo. Poi sorrise e fece loro l'occhiolino.

«INUYASHA!», dissero tutti e tre in coro e scoppiarono a ridere di gusto.

«Ma lui ha un modo particolare di scrollarsi. Riesce ad eliminare ogni traccia di acqua dal corpo. Rimango basita ogni volta!», snocciolò Kagome distrattamente, come se fosse una cosa normalissima di cui parlare.

«Perfino il modo di scrollarsi di Inuyasha sembra interessante!», commentò Jakotsu.

Sango estrasse finalmente quel che cercava dallo zaino di Kagome e si lasciò andare ad un sorrisetto soddisfatto.

«Possiamo evitare di riportare la discussione sulle doti canine di Inuyasha? Ho trovato quei sassolini zuccherati.», disse mentre mostrava un tubetto di plastica con aria trionfante.

Kagome rise mentre le toglieva il tubetto dalle mani, guardandolo meglio. Jakotsu si avvicinò, curioso.

«Sango, si chiamano caramelle!», la corresse Kagome ed aprì il tubetto. Versò qualche caramella sulle mani di Sango e qualcuna nella propria. Poi si volse verso Jakotsu. «Queste non le hai ancora provate. Ti piaceranno.»

Davanti all'espressione incoraggiante di Kagome, Jakotsu si trovò costretto a cedere. Tese la mano a palmo in su, se pur con riluttanza, e prese tre di quegli strani bottoncini. Se ne cacciò subito uno in bocca, per togliersi il pensiero. La consistenza era dura ma quel sassolino era anche molto dolce. Man mano che lo gustava, lo sentiva sciogliersi. Per poco non proruppe in un verso stupito quando sentì sulla lingua sapore di mela.

«C'è un frutto dentro!», disse stupito mentre tentava di masticare quel cibo stranissimo.

Kagome sospirò divertita; facevano tutto così dannatamente semplice i ragazzi dell'epoca Sengoku.

«Diciamo che è un po' più complicato di così, ma sì, sono fatte di frutta.»

Si ritrovarono per un po' così, in silenzio, a masticare caramelle con lo sguardo fisso verso la sorgente davanti a loro. Jakotsu aveva ormai il viso completamente pulito e sia Kagome che Sango non poterono fare a meno di pensare che fosse molto bello. Quasi leggendo loro nel pensiero, il mercenario recuperò una conchiglia al cui interno vi era una strana sostanza indaco, dalla consistenza polverosa e al contempo cremosa. Doveva essere con quella che Jakotsu creava quegli strani disegni sulle sue guance. Kagome e Sango lo guardarono intingere l'indice in quella cosa e poi avvicinarsi a Kagome.

«Che cos...»

«Dai, facciamo un gioco! Vieni qua!»

Kagome, seduta di fianco a lui, non fece in tempo ad indietreggiare, perché dietro di lei Sango la stava tenendo per le spalle. Capendo che ribellarsi sarebbe stato inutile, la giovane sacerdotessa si arrese semplicemente, rimanendo totalmente alla mercé di Jakotsu.

«Vediamo se così piacerai di più ad Inuyasha!», disse Jakotsu ridacchiando mentre cominciava a tracciare con l'indice segni colorati sulle guance di Kagome.

«Non ridacchiare troppo, Sango. Dopo toccherà anche a te.», la avvertì Kagome mentre l'amica se la rideva, beata.

* * *
Inuyasha si era gettato all'inseguimento di Miroku ma la situazione era diventata più difficile di quanto pensasse. Quando si trattava di donne, quel dannato bonzo diventava sempre più veloce ed attivo. Ma non era stata la velocità del monaco il problema quanto la poca voglia che Inuyasha aveva di farsi scoprire. Non voleva che quelle due pensassero che fosse lui il guardone, quella storia era già capitata, non intendeva proprio farne lui le spese. Tuttavia, doveva seguirlo. Non voleva che quel depravato si mettesse ad osservare Kagome in quel modo lascivo! Che lo facesse con Sango, piuttosto! E poi, aveva sentito il suo nome, l'aveva sentito chiaramente! Si era sentito chiamare e dopo aveva sentito altri schiamazzi e risate. Che si stessero prendendo gioco di lui? La cosa non gli piaceva per niente!
Aveva deciso di muoversi furtivamente, come solo lui era capace di fare. Ed eccolo là, quell'idiota di un bonzo. Era arrivato da poco, appoggiato ai cespugli come se da quelli dipendesse la sua intera esistenza.
Appena arrivò, l'odore di Kagome lo colpì al naso con una violenza che lo lasciò interdetto, si bloccò un attimo. Il suo profumo era amplificato dall'acqua, reso più dolce ed intenso. Scosse la testa, come a togliersi quella sensazione di dosso, e si appostò alle spalle del bonzo, pronto a colpirlo sulla testa.

«Non ti sei perso molto. Stavano parlando di te, del tuo modo canino di scrollarti l'acqua di dosso.», lo informò Miroku senza neanche voltarsi, lo sguardo assorto, interessato.

Era lì da poco tempo ma abbastanza da vedere uscire le fanciulle dall'acqua, insieme a Jakotsu. Le due avevano delle strane tenute che dovevano essere state gentilmente fornite dalla Divina Kagome. Il monaco si era intristito, quegli strani vestiti coprivano i punti salienti delle due fanciulle, ma aveva comunque potuto avere una panoramica sulle loro gambe. Quelle di Sango, poi...
Inuyasha si bloccò con il pugno a mezz'aria ed arrossì violentemente. Allora aveva ragione, stavano proprio parlando di lui! Il suo udito non lo tradiva mai. Cosa portava quei tre a parlare di lui, si poteva sapere?!
Vide Miroku voltarsi verso di lui con un sorriso sornione che la diceva lunga.

«Ti ho incuriosito, amico mio?», gli chiese, la voce volutamente bassa ed ammiccante.

Inuyasha scaricò il pugno sulla testa dell'amico, in silenzio. Poi, si accovacciò di fianco a lui, con il suo solito grugno stizzito, e non proferì parola. Miroku sospirò ma continuò comunque nella sua attività illecita.

«Questa volta me lo sono proprio meritato, però...», cominciò mentre si massaggiava la testa con una mano.

«Vediamo se così piacerai di più ad Inuyasha!»

La voce graffiante di Jakotsu arrivò nitidamente alle loro orecchie ed entrambi si volsero di scatto verso i tre.
Jakotsu era intento a spalmare sul viso di Kagome della polvere da trucco. Lui e Sango ridevano beatamente mentre Kagome aveva un'espressione tutt'altro che accondiscendente, anche se stava ferma. La sacerdotessa minacciò apertamente Sango, sarebbe toccato anche a lei.
Inuyasha rimase interdetto e una mescolanza di emozioni diverse lo attanagliarono. Quindi a Kagome interessava piacergli? Non sapeva se sentirsi lusingato, imbarazzato o preso in giro. Beh, a lui Kagome piaceva anche senza colori spiaccicati sulla faccia... prese a scuotere la testa violentemente, ancora, per cacciare quei pensieri. Era rosso fino alla punta dei capelli.
Miroku si trovò a soffocare velocemente una risata, sia per non farsi scoprire da quei tre, sia per non beccarsi un altro pugno da parte di Inuyasha. Quando si sarebbe svegliato, quel benedetto ragazzo? Quando si sarebbe fatto avanti con la Divina Kagome archiviando per sempre il ricordo della Somma Kikyo?

Inuyasha, amico mio, ma devo insegnarti proprio tutto?

A lavoro ultimato, Jakotsu sospirò soddisfatto e fece segno a Kagome di specchiarsi sulla superficie dell'acqua. Kagome negò e tirò fuori dallo zaino lo specchio. Jakotsu le strappò l'oggetto dalle mani, preso dall'entusiasmo. Voleva provarlo! Disse che sì, si vedeva tutto ancor meglio di come si sarebbe visto sulla superficie dell'acqua. Kagome gli tolse lo specchio dalle mani e si osservò per poi scoppiare a ridere. Aveva sulle guance le stesse strisce che Jakotsu portava sempre e sembrava proprio una... beh, sembrava Jakotsu.
Inuyasha e Miroku si guardarono e rabbrividirono.

«Ma sembro te!», disse Kagome ridendo mentre Sango curvava le labbra in un piccolo sorriso.
Jakotsu incrociò le braccia e proruppe in un'espressione soddisfatta e superba.

«Certo e adesso sei bellissima. E Inuyasha si innamorerà di te! Anche se ti manca l'ingrediente principale...», disse Jakotsu con complicità e poi scoppiò a ridere.

Capendo che Jakotsu alludesse ancora una volta alla sua condizione di non-morto, Kagome prese nuovamente a ridere senza alcun contegno mentre Sango borbottava un “ci risiamo” scocciato.
Inuyasha e Miroku fissavano la scena basiti, senza trovare nessuna risposta.

«Ehi, bonzo, cosa dovrebbe essere questo ingrediente?», chiese sgarbatamente a Miroku. Che diavolo blateravano Kagome e quel pervertito? Quei due dannati!

«Non vogliamo saperlo, Inuyasha, fidati di me.», disse Miroku in tono grave mentre scuoteva la testa, come per scacciare un'idea dalla sua mente.

«Se mai, sono proprio pronta per una nuova Squadra dei Sette. Insomma, se dopo tutta questa storia vi venisse in mente di arruolare gente... eccomi!», scherzò Kagome divertita, alzando le braccia al cielo. Jakotsu fece una strana espressione e la guardò bieco.

«Sicuramente mio fratello non avrebbe nulla in contrario.», disse e le diede di gomito mentre Sango le dava una pacca sulla spalla.

Le orecchie di Inuyasha si drizzarono nuovamente e corrugò le sopracciglia. Miroku trasalì e pregò che non cominciassero a parlare proprio di quello.
Kagome arricciò il naso e sbuffò. Per favore, per favore, no. Quel discorso no. Lei e Bankotsu erano buoni compagni di uno stesso gruppo, condividevano l'esperienza del viaggio. Allo stesso modo la condivideva con Miroku o con lo stesso Jakotsu.

«Non osate...»

«Nessuno sta dicendo nulla. Però, insomma... “Bankotsu, tieni, ho riportato in vita la tua Banryu”...», la imitò Jakotsu portandosi le mani al viso.

«“Tieni, Bankotsu, prendi questo cibo, questi vestiti, questa accondiscendenza mista a gentilezza...”», gli fece il verso Sango, ma stava soltanto scherzando.
Kagome scattò in piedi e strinse i pugni. Sango trasalì mentre Jakotsu ridacchiava noncurante. La sterminatrice cercò di richiamarlo all'ordine, senza risultato.

«Sango, anche tu!», la additò infuriata.

Inuyasha si trovò con i pugni serrati e la bocca dello stomaco stretta in una morsa dolorosa, in fiamme. Anche Sango lo pensava, dunque? Anche Sango pensava che a Kagome potesse piacere quell'idiota, quel pallone gonfiato?
Mentre Sango rideva conciliante e cercava di calmare Kagome dicendole che stava soltanto scherzando, Inuyasha si sentiva sempre peggio, come se in realtà quella fosse soltanto la conferma che contribuiva a mandare a monte le sue certezze.
Miroku si accorse che Inuyasha tremava leggermente e pregò i Kami di risparmiarlo dall'ira del mezzo demone, finché un'idea non si fece largo fra i suoi pensieri disperati.

Forse Sango non ha fatto uno sbaglio così grande...

«Inuyasha, cosa hai intenzione di fare? Vuoi davvero che Kagome possa anche solo prendere in considerazione l'idea?», lo punzecchiò, a suo rischio e pericolo, ne era consapevole.
Inuyasha si voltò verso di lui e gli lanciò un'occhiata assassina. No, aveva ragione il monaco, la cosa non gli piaceva, non voleva. Ma come poteva risolvere la questione?

«Parlale, Inuyasha.», disse Miroku con fare autoritario.

Inuyasha distolse lo sguardo e fece per andarsene. Se Kagome voleva star dietro a quel borioso, benissimo! Lui non aveva proprio nulla da farci.

«Fhé! Io non ho proprio cosa dirle!», disse tutto tronfio.

Ad un tratto, rumori di passi attirarono la sua attenzione, qualcuno si stava muovendo nel folto velocemente e...

«Quanto mi sono perso?», disse Bankotsu uscendo fuori dalle foglie, furtivamente, e posizionandosi accanto a Miroku, come se niente fosse. Aveva ancora l'asciugamano avvolto intorno alla vita e stava sgranocchiando rumorosamente le patate secche di Kagome. Shippo stava tranquillamente sulla sua spalla.

Si stava annoiando tantissimo e il pensiero che invece i suoi compagni si stessero divertendo in quel modo lo faceva innervosire! Anche lui aveva diritto ad una sbirciata, non gli importava che poi fossero scoperti! O tutti o nessuno, così si fa nelle squadre. Inuyasha strinse i pugni, furioso, ed il suo sguardo si posizionò dapprima sul viso contento di Bankotsu e poi sul pacchetto di plastica che aveva in mano.

«Tu, dannato! Dove hai preso quelle? E soprattutto, chi ti ha detto che potevi venire!?»

Bankotsu lo guardò e gli lanciò un sorrisetto.

«Me le ha lasciate Kagome insieme ai teli spugnosi.», disse mettendosi in bocca un'altra patatina ed eludendo di proposito la seconda domanda.

«Io ti ammazzo!», urlò il mezzo demone mentre si avventava su Bankotsu e lo afferrava per le spalle.

* * *
Kagome si bloccò di colpo e trasalì. Due frammenti della Sfera dei Quattro Spiriti in avvicinamento. Sempre più vicini...

«Io ti ammazzo!»

Kagome, Sango e Jakotsu scattarono in piedi. Era la voce di Inuyasha!Videro il mezzo demone in piedi, dietro i folti cespugli dove poco prima Kagome aveva scoperto Jakotsu. Inuyasha stringeva per le spalle un noncurante Bankotsu che stava lì, ritto in piedi, con in mano un sacchetto di patatine e l'espressione annoiata.

«Inuyasha, a cuccia!», disse Kagome immediatamente, spaesata, notando la brutta piega che sembravano aver preso le cose. Inuyasha si schiantò a terra con un ringhio di protesta.

Sango si avvolse l'asciugamano intorno alla vita, a mo' di gonna lunga, e si avvicinò ai cespugli quel tanto per notare un monaco depravato che tentava di farsi piccolo piccolo, con il desiderio di non essere visto.

«Sango! Che sorpresa!», disse Miroku ostinandosi a guardare da tutt'altra parte. Sango si chinò, lo afferrò per un orecchio e lo costrinse ad alzarsi.

«Miroku, c'entri qualcosa, tu?», chiese lei con tono calmo, tirando il bonzo per l'orecchio e conducendolo completamente fuori dai cespugli.

Nel frattempo, Bankotsu vide Inuyasha schiantarsi a terra ma non se ne curò. Ora era perfettamente libero di muoversi e... Kagome. Rise non appena le vide dipinte in faccia le stesse strisce che era solito portare il fratello.

«Pronta per entrare in Squadra, ragazzina?», le disse sorridendo.

Kagome rimase lì, bloccata alla vista degli addominali di Bankotsu. Sango la affiancò immediatamente, mollando Miroku nel bel mezzo della ramanzina. Entrambe rimasero lì a fissare, per poi riscuotersi, assestandosi gomitate a vicenda.

«Kagome! Io e te ora andiamo a parlare.», disse Inuyasha quando riuscì finalmente a sollevarsi.

«Inuyasha... »

Il mezzo demone le si piazzò davanti e i due rimasero a guardarsi per un attimo. Quando si accorse di come era vestita Kagome, Inuyasha arrossì, si tolse la sua hitoe e gliela lanciò sulla testa.

«... e copriti...», borbottò prima di inoltrarsi nel folto, trascinandola con sé, sotto gli occhi stupiti di tutti gli altri.

* * *
Inuyasha trascinò Kagome in mezzo al folto, lontano dalla sorgente delle ragazze e anche da quella dove poco prima si trovavano i ragazzi. Lì, vicino ad un albero secolare, si fermò e le lasciò la mano. Inuyasha rimase di spalle, non si volse a guardarla. Teneva lo sguardo dritto davanti a sé, osservava le varie zigrinature del vecchio tronco e si maledì. Cosa poteva dirle, adesso? L'aveva portata via da lì, da quel Bankotsu seminudo, da quell'atmosfera che era diventata decisamente troppo pesante. Per dir cosa, per far cosa?
Kagome si portò al viso la mano che Inuyasha aveva stretto e la sentì innaturalmente calda. Che sensazione strana che era stata, provata poche volte nella sua giovane vita, solo nelle volte in cui la mano di Inuyasha aveva sfiorato la sua. Si strinse la giacca rossa del mezzo demone addosso, cominciava a fare fresco e lei cominciava a sentirsi in imbarazzo. Era accaduto tutto troppo in fretta, non aveva neanche avuto il tempo di arrabbiarsi, di porsi delle domande, di rivestirsi. L'hitoe di Inuyasha rilasciava il suo profumo**, quell'odore solo suo di muschio e bucato che non lo abbandonava mai. Cosa voleva dirle adesso, di cosa potevano parlare? O meglio, le cose di cui parlare erano moltissime, lei lo sapeva bene; ma nessuna di quelle poteva essere affrontata, lei ne era sicura. Inspirò ed un'altra ondata del profumo di Inuyasha le invase le narici. Scosse la testa e decise di smetterla. Lucida, doveva rimanere lucida. Inuyasha non si era ancora voltato, le dava le spalle e fu su quelle che lei puntò il suo sguardo. Aveva ancora il trucco di Jakotsu sulle guance, rifletté che doveva proprio sembrare un'idiota.
Inuyasha strinse i pugni e, per la prima volta nella sua vita, si sentì quasi senza coraggio. Rimase voltato.

«É... vero, quindi, Kagome? Sei interessata a quello lì?», disse in tono piatto ma si sentiva dietro l'angolo la rabbia pronta a straripare. Non era bravo a far finta di mantenere la calma, non era una cosa che gli apparteneva. Sputò le ultime due parole con un astio palpabile e si impegnò per non pronunciare il suo nome.

Kagome rimase per un attimo bloccata, per la prima volta in vita sua sentì di non avere parole. Ma fu una sensazione non durevole. Il suo posto fu preso prima dalla vergogna, senza capire perché, e poi dalla rabbia che cominciò ad assalirla e neanche il profumo di Inuyasha riuscì a placarla.

«Inuyasha, tu hai origliato.», disse lentamente, con un tono astioso che dava i brividi.

E dire che lei e Sango parlavano sempre piano, anche se lui era lontano, avevano sempre paura che riuscisse a sentire con quell'udito che si ritrovava. In quell'occasione non le sembrava che avessero parlato ad alta voce, si erano raccomandate anche con Jakotsu. E anche se lo avessero fatto? Lui non era lontano, non era stato un errore. Lui era lì, lo aveva visto.
E finalmente Inuyasha si volse a guardarla. Si voltò giusto per vedere la rabbia indurirle i tratti del viso, così bello, così suo. Una parte del cervello di Inuyasha, non riusciva a capire quale, lo aveva sempre pensato, che lei fosse bella anche quando era arrabbiata, forse ancora di più.

«Tutti abbiamo origliato.», rispose semplicemente lui con tono impaziente. Il solito dolore alla bocca dello stomaco non voleva ancora abbandonarlo.

«Quanto hai sentito, Inuyasha?», chiese ancora lei, furiosa. Era davvero questo il problema? Era questo che le dava fastidio?

Inuyasha non rispose e rimase ad osservarla. Sempre la stessa parte del suo cervello, quella sconosciuta e non ben localizzata, si beò del modo in cui la voce astiosa di Kagome aveva scandito il suo nome per bene, mettendo in ogni sillaba una calibrata dose di rabbia.
Soltanto una volta Kikyo aveva scandito il suo nome in quello stesso modo.

«MUORI, INUYASHA!»
Una freccia mi colpisce, la Sfera mi scivola dalle mani. Lei si accascia morente e con lei sparisce la luce.

«STO PARLANDO CON TE, INUYASHA!», urlò Kagome, riportandolo alla realtà.
Inuyasha si toccò la testa, l'immagine di Kikyo si sovrappose a quella della ragazza che aveva davanti in quel momento. Fu solo un attimo, poi tutto tornò come prima; Kagome era lì, lui era lì... lei chissà...

«Non ho sentito... Miroku ha sentito e...», abbozzò confuso, la visione che lo aveva lasciato sconvolto, la testa che gli girava, la bocca dello stomaco che gli doleva senza lasciarlo in pace. Strinse i pugni, irato di aver pensato all'altra proprio in un momento simile.

«Non cercare di nasconderti dietro Miroku, Inuyasha, tu...»

«Non è di questo che stavamo parlando, Kagome! Non ti ho chiesto questo!», sbottò Inuyasha avvicinandosi a lei.

Il profumo fruttato emanato dalla pelle di Kagome gli colpì il naso con ancor più forza e potenza di prima. Il mezzo demone si bloccò, impotente, la rabbia che perdeva consistenza e poi rimontava al pensiero che quell'altro avrebbe potuto sentire quello stesso profumo, al pensiero che l'altra non aveva mai avuto quello stesso profumo...
Kagome digrignò i denti e sentì la rabbia farsi ancora più presente, invaderla completamente, governare ogni fibra del suo piccolo e giovane corpo. Per quale motivo doveva comportarsi in quel modo? Perché le faceva questo?

«Vuoi parlare di Bankotsu, Inuyasha?», chiese con voce tagliente, crudele.

Inuyasha trasalì e digrignò i denti sentendo quel nome, lui aveva accuratamente evitato di pronunciarlo.
Kagome gli si avvicinò, pochi passi da lui, occhi negli occhi. Il mezzo demone osservò quasi con apprensione quelle iridi grigie** che sembravano così distanti da lui in quel momento. Quegli occhi così simili e contemporaneamente così diversi da quelli di un'altra... da quelli dell'altra.

«Inuyasha, dimmi, come ti sembro? Io ti sembro un essere umano?**»
Me lo chiede così, mentre siamo seduti su questo prato. Le rispondo che è una domanda stupida ma in realtà vorrei dirle dell'altro; con quegli occhi così grigi non mi sembra niente d'umano. Soltanto una creatura eterea che questo mondo è fortunato a possedere.

Inuyasha scosse di nuovo la testa violentemente e arretrò di due passi. Gli occhi di Kagome erano ricchi di rabbia, di sentimenti contrastanti, di frustrazione. Ma non c'era debolezza in quegli occhi, non c'era smarrimento.

Lei non è Kikyo, stupido, si ripeté mentalmente, non capendo cosa gli stesse succedendo.

Kagome vide Inuyasha scuotere la testa e si chiese se lui stesse pensando a Kikyo perfino in quel momento. Quell'aria spaesata, quasi assente. Gli si accostò e fece qualcosa che nella sua vita non pensava che mai e poi mai avrebbe fatto. Lo spinse. Leggermente ma con decisione. Inuyasha fu colto di sorpresa e fece un passo indietro.

«Stai parlando con me, adesso, Inuyasha! Con me! Lei non c'è!», urlò e si pentì di quelle parole subito dopo averle pronunciate. Doveva sembrare così stupida, così immatura, a ricondurre tutto a Kikyo.

Inuyasha rimase pietrificato e si vergognò di sé. Era veramente così facile da leggere, così semplice da capire? Rimase immobile, l'espressione seria ed imperturbabile. Non parlò. Kagome fu irritata da quel mutismo e s'arrabbiò ancora di più.

«Vuoi parlare, Inuyasha, però non parli. Il tuo è tutto un “non fare”. Volevi parlare di Bankotsu? Sì? Ed io ti dico... non ne hai il diritto! Tu non ce l'hai! Non puoi chiedermi niente!», urlò Kagome.

Aveva sempre voluto pronunciare quelle parole, dirle ad Inuyasha, ma non aveva mai potuto, non aveva mai osato. In quel momento era ora di dire basta. In quel momento, sarebbe stata libera.
Inuyasha trasalì, quelle parole lo avevano colpito come un colpo di frusta. Non ne aveva il diritto. Quelle parole gli rimbombarono nel cervello con un'intensità ed una forza che gli diedero quasi la nausea.

«Non ne ho il diritto?», biascicò lui. Si diede dell'idiota mille volte e si maledì.

«No, non ce l'hai. Non hai il diritto di... di essere geloso di me, Inuyasha. Non hai il diritto di preoccuparti se do del cibo a Bankotsu o se chiedo a Koga come sta. Non puoi farlo se poi tu pensi ancora a Kikyo.», disse Kagome e nel nome di Kikyo l'astio era palpabile, percepibile.

Inuyasha non poté far a meno di darle mentalmente ragione, ma non poteva farci nulla. Kikyo, la prima persona che lui avesse mai amato, che gli aveva dato una possibilità ed un'idea di futuro come uomo, accanto a sé. Non poteva smettere di cercarla, di capire se stesse bene, di intristirsi per le sue sorti, per la sua lontananza. Aveva dato la vita per lui, non poteva ignorarlo. L'avrebbe protetta.
Ma c'era anche Kagome.
Kagome che lo aveva portato a versare delle lacrime, Kagome che lo aveva iniziato alla compagnia dell'altro, Kagome che era sempre lì, in ogni modo, era sempre rimasta. Kagome che lui non poteva vedere soffrire, che voleva salvare ad ogni costo, alla quale avrebbe fatto scudo con il suo stesso corpo.
Non poteva pensare di vederla protetta da un altro, di vederla salvata da un altro. Di vederla... vederla... amata da un altro.
Quella sensazione, la morsa alla bocca dello stomaco, si strinse ancor di più e dovette stringere i denti.
Non poteva lasciare andare Kikyo, non poteva. Kikyo aveva dato la sua vita...
E non poteva salvare Kagome da se stesso, non poteva. Voleva averla accanto, lei aveva promesso...

«Kagome, io... io non ci riesco... tu, per me...»

Kagome si volse dall'altro lato, non voleva più guardarlo. Aveva un groppo in gola che quasi le impediva di parlare ma no, non avrebbe smesso. Doveva portare a termine quel confronto, doveva riuscire a dire quello che le pesava sul cuore da tempo. Voleva essere libera.

«Io per te, cosa? Io voglio vederti felice Inuyasha, perché io tengo a te. Non posso e non voglio dimenticarti ma io sono... io sono stanca.», disse e puntò lo sguardo sul folto davanti a lei. «Ho compreso il tuo dissidio fino a farlo quasi mio, ho custodito il mio dolore ed ho protetto il tuo. Ma io non posso più farlo, Inuyasha, perché io... mi sembra di impazzire.»

Kagome prese aria. Cominciava a sentire un certo affanno, come se l'aria non fosse più abbastanza, come se non entrasse più bene nei polmoni. E ad un tratto, la vista le si offuscò.

Ho sette anni, sono sull'altalena, il nonno mi ha dato troppe spinte, non so più come fare. Vado troppo in alto, non riesco a fermarmi; mi manca l'aria, mi sembra di impazzire, voglio staccarmi dall'altalena, voglio scendere. Ma non posso. Ho paura, stringo le corde dell'altalena fino a fare male e l'aria mi manca sempre di più. Non voglio scendere, ho paura, non voglio saltare giù. Però, o salto o non respiro, o salto o impazzisco.
E così, salto giù. Cado nella sabbiolina del parco giochi, mi sbuccio il ginocchio ma riempio i polmoni. Comincio a piangere; i danni sono minimi, respiro.

Una lacrima le rigò la guancia e trasalì, quasi non si aspettasse di sentirla. Credeva di non essere più capace di piangere, credeva di non esserne più in grado. Si toccò la guancia e le sue dita erano bagnate, macchiate di quel colore che Jakotsu le aveva messo sul viso. Asciugò velocemente le altre due lacrime che le sfuggirono e si impose di resistere ancora un po', solo un altro po'. Stava per saltare, stava per scendere dall'altalena. Mancava poco. Raccolse il coraggio, strinse un'altra volta le redini, fino a farsi male.

«Inuyasha. Tu ami Kikyo.», disse.

Inuyasha trasalì quando un chiarissimo odore di lacrime lo colpì. Raggiunse Kagome che gli dava le spalle, allungò una mano per toccarla ma la ritirò. Come poteva farle questo?

«Sì.», disse semplicemente, serio ed affranto al contempo.

Kagome trattenne il respiro, niente che non sapesse già. Sempre più fatica a respirare, faceva sempre più fatica. Ansimò, cercando di mantenere un minimo di contegno. Ancora per poco, si ripeteva.

«Ed ami anche me.»

«Tu... lo sai...», rispose Inuyasha impacciato, colto alla sprovvista. Poteva davvero pronunciarlo ad alta voce senza che le cose cambiassero?

Neanche un sì, solo un “lo sai”, come se lei non avesse mai bisogno di conferme, come se lei non avesse mai bisogno di risposte. Trasse un altro respiro profondo, non riusciva a prendere aria, non ci riusciva.

Salta, Kagome.

«Inuyasha, ti ho detto che sarei rimasta con te comunque, perché ti voglio bene e perché pensavo che questo bastasse. Ma non posso più... non posso più mettere la tua felicità davanti alla mia. Ho bisogno di tempo.»

Il vuoto. Kagome incontrò il vuoto e l'aria era ancor più rarefatta. Si portò una mano alla gola, la strinse, inspirò, espirò. Ripeté.
Inuyasha fu spiazzato da quelle parole. Allungò la mano e finalmente riuscì a toccarla, una mano su una spalla, poi l'altra. Odore di lacrime, un fortissimo odore di lacrime.
Kagome trasalì a quel contatto. Desiderava girarsi, abbracciarlo, baciarlo. Ma no. Dai salti non si torna indietro, Kagome lo sapeva bene. Posò la mano libera, quella che non stringeva la gola, sulla mano di Inuyasha e rimase così, senza dire nulla.

«Te ne andrai?», domandò il mezzo demone con voce spenta, senza tono.

«Ho sempre fatto un grande errore, Inuyasha. Per allontanarmi da te, fuggivo, allontanandomi anche dagli altri. Ho bisogno di tempo ma non voglio e non posso tornare sempre a casa. La missione è anche mia, non si torna indietro.», disse compita.

Inuyasha inspirò e strinse la presa sulle spalle di Kagome, le si avvicinò in una sorta di abbraccio, senza però stringerla a sé. Kagome sentiva il calore del corpo di Inuyasha e sentì altre lacrime premere per uscire.

Non si torna indietro dai salti, Kagome.

«Non avrei mai voluto farti soffrire.», disse soltanto Inuyasha con voce roca. Poi tolse le mani dalle sue spalle e fece due passi indietro.
Dunque, avrebbe potuto ancora vederla, avrebbe avuto il suo viso davanti agli occhi ancora, fino alla fine della missione, fino alla fine di tutta quella strana storia che li aveva uniti. Da creatura profondamente egoista quale era e si sentiva, pensava a quanto fosse fortunato ad avere ancora quel po' di tempo che gli rimaneva, ancora quel po' di tempo per imprimere ancora di più il viso di lei nella sua mente, senza che nessun'altra visione si sovrapponesse.

Kagome si volse, le guance sporche di indaco, il trucco completamente rovinato dal pianto. Fece il sorriso migliore che poté ma sapeva che era soltanto un sorriso triste e non volle pensare a quanto somigliasse a Kikyo in quel momento.

«Non sentirti abbandonato, Inuyasha. Anche se fossi lontana da te fisicamente, il mio pensiero troverebbe comunque il modo di raggiungerti.»

Si tolse la parte superiore della veste di Inuyasha e gliela diede. Si volse e prese a camminare. Non si mise a correre, non perse il contegno, non doveva mettere metri di distanza. La distanza era già stata opportunamente scavata, recintata, inserita.
Dove poteva andare, scalza, in costume, com'era?
Quando fu all'interno del fogliame, coperta dagli alberi, e fu sicura che Inuyasha non potesse più vederla, allora sì che prese a correre. Ed inciampò, cadde in ginocchio, si vergognò profondamente.
E lì dov'era, pianse. Finalmente pianse. Lacrime calde cominciarono a rigarle le guance portandole via anche gli ultimi residui di quel trucco assurdo. E dire che neanche mezz'ora prima si stava divertendo così tanto, così tanto.
Si strinse il petto con le braccia e pianse a lungo, senza rumore, accompagnata soltanto dai singhiozzi muti che smuovevano il suo corpo ritmicamente.
Pianse per Inuyasha, per quel fantasma che non lo voleva abbandonare, che lo teneva legato a sé in un abbraccio letale, senza permettergli di scordare, di camminare da solo.
Pianse per Kikyo, per la tristezza della sua vita, per il modo in cui aveva trovato la morte e per il modo in cui conduceva ancora quell'esistenza vuota, ovunque si trovasse; pianse per Kikyo e per quell'amore maledetto che le aveva donato, senza saperlo.
E poi pianse per lei e furono le lacrime più amare, le più brutte che si ritrovò a versare.
Pianse perché pensava di non esserne più in grado, perché non avrebbe mai voluto chiedere del tempo, perché non sapeva come comportarsi con lui, perché le faceva così male!
Ed era lontana da casa, ed aveva solo quindici anni, nessuna madre l'avrebbe raggiunta, nessuna madre l'avrebbe abbracciata.
Mentre lei era lì, a soffrire per un secondo posto nel cuore di un mezzo demone che amava una non-morta, le sue amiche studiavano, conducevano una vita normale, amavano ragazzi normali.
Kagome prese a piangere senza sosta e tutto le venne addosso in un attimo, perché quando cedi alle lacrime trovi poi mille ragioni per continuare a versarle.

«Kagome...», sussurrò una voce alle sue spalle e due braccia la raccolsero delicatamente.

Sango le avvolse un asciugamano intorno alle spalle e l'attirò a sé, abbracciandola stretta.

«Mia nonna diceva sempre che le lacrime sono tutto ciò che non abbiamo saputo o voluto dire... lascia che corrano via da te...», disse mentre le accarezzava dolcemente i capelli.

Kagome tirò su col naso e si strinse al petto di Sango, nascondendo il viso sui suoi seni, come se fosse una bambina. Riprese a respirare normalmente e sentì l'aria fluire liberamente nei polmoni.

Ho di nuovo sette anni, sono saltata giù. Mi sono sbucciata il cuore, ho pianto. Respiro.

 

Note:

**Hakama sono i pantaloni di Inuyasha, hitoe è la sua giacca.
**Sì, anche se siamo in un'epoca in cui gli uomini e l'igiene non sembrano andare d'accordo, mi piace pensare che Inuyasha profumi, così come tutti i nostri bellissimi protagonisti. E sì, è tristissimo fare una nota riguardo ciò. ^^'
**Nel manga Kagome (e sì, anche Kikyo) ha gli occhi grigi e mi è sembrato bello mantenere questa cosa.
**Questa domanda viene veramente posta da Kikyo ad Inuyasha negli episodi dell'anime “La canzone del destino”, 147-148. Così come è vero quel “Muori, Inuyasha!” che tutti conosciamo benissimo.

Angolo autrice.
Si usa propriamente il detto “il bastone e la carota” per chi alterna le cattive maniere alle buone ed è proprio ciò che ho fatto io in questo capitolo. Di fatto, è anche quello che succede normalmente in “Inuyasha”, ma fingiamo che qui la cattiva sia solo io.
Io sono partita con la carota: magari ci facciamo due risate, Jakotsu che non sa cosa siano i pantaloncini, gli addominali del Primo Fratello (un regalo per me e per voi, su) e poi... la batosta.
Kagome ed Inuyasha che arrivano ad una sorta di confronto.
Per Inuyasha... mi scuso. Spero di aver trattato il suo dolore con rispetto, di aver descritto bene il dissidio, di essere IC. Vi giuro, non è facile farlo pensare e fargli esprimere per bene ciò che pensa... non è facile per niente.
Il fatto di far ricordare ad entrambi qualcosa di proprio... mi andava di renderli vicini anche se lontani...
Non so cos'altro dire, non sono convinta di questo lavoro. Progetto questa litigata da tantissimo tempo ma non sono sicura sia riuscita come avevo in mente. Non volevo Kagome apparisse troppo melodrammatica ma la componente psicologica secondo me fa tanto... è sempre un'adolescente che uccide demoni, seppellisce cadaveri ed ama un mezzo demone. Credo che questo amplifichi le emozioni, ma è sempre un parere personale.
Ma bando ai piagnistei!
Un grazie a chi ha aggiunto la storia alle seguite, alle preferite, alle ricordate, ai lettori silenziosi e a chi lascia sempre una recensione.
Vi leggo sempre volentieri e mi fa piacere trasmettervi emozioni.
Ps. il capitolo è lunghetto, ma ho scoperto che vi piace lo stesso, anche se sono one-shot. Quindi, viva i papiri!
A presto! :)

RodenJaymes.

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Capitolo 6
*** Tu hai mai pianto? ***




Tu hai mai pianto?

I got a brand new attitude
And I'm gonna wear it tonight
I wanna get in trouble
I wanna start a fight!
[…]
So so what?
I'm still a rock star
I got my rock moves
And I don't need you
And guess what
I'm having more fun
And now that we're done
I'm gonna show you tonight
I'm alright, I'm just fine
And you're a tool!

Pink, So what.


Sango avrebbe cullato Kagome in quell'abbraccio materno fintanto che l'amica glielo avesse permesso. Era la prima volta che vedeva Kagome piangere e non sapeva quanto sarebbe durata quella debolezza che la ragazza si era inspiegabilmente concessa.
Le aveva sempre detto che sarebbe stato positivo se avesse pianto, che le avrebbe fatto bene; lo pensava ancora. Pensava realmente che Kagome sarebbe stata meglio ma non poteva far a meno di intristirsi. Le si stringeva il cuore in una morsa dolorosa a vedere l'amica in quello stato, scossa dai singhiozzi, e si sentiva quasi impotente.
Abituata ad una Kagome reattiva, di ferro, praticamente una combattente sia sul campo di battaglia che nel personale, Sango non pensava che un giorno l'avrebbe vista crollare così, come la ragazzina che era, come un soffione che viene sconquassato dalla brezza.
Rifletté che doveva mancarle tanto la sua famiglia in quel momento e, completamente catturata ed angosciata da quel pensiero, la strinse ancora più forte e le lasciò un bacio tra i capelli.
Continuò ad accarezzarle il capo per un tempo che le parve infinito mentre le sussurrava dolcemente un'antica nenia del suo villaggio.
La cantava sempre anche a Kohaku, si pensava che quelle semplici parole intonate in un canto avessero un potere calmante immediato. Non poté far a meno di pensare a quanto avrebbe voluto abbracciare il fratellino in quello stesso modo e sentì gli occhi pungere. Ignorò quella sensazione e si concentrò nuovamente su Kagome, scusandosi mentalmente per quella consueta deviazione che avevano preso i suoi pensieri.
Mentre continuava a cantare debolmente, strinse i denti pensando a quanto Inuyasha fosse idiota. Lei e Miroku avevano assistito all'intera discussione, opportunamente nascosti, quindi sì, parlava a ragion veduta. Si sentiva in colpa per aver visto tutto, ma Miroku aveva insistito così tanto...

Se non vuoi venire, andrò da solo Sango, aveva dichiarato con espressione seria.

Quindi, lo aveva seguito con un sonoro sospiro, più che altro per evitare che combinasse qualche guaio dei suoi. Quell'idiota di un bonzo.
Scosse la testa per allontanare la rabbia nei confronti di Inuyasha e il disappunto nei confronti di Miroku, però non servì. 
In compenso, notò che Kagome aveva smesso di singhiozzare e stava lì, apparentemente tranquilla fra le sue braccia. Si avvicinò lentamente al suo viso e vide che si era addormentata. L'espressione crucciata che la ragazza aveva mantenuto nel sonno le faceva quasi tenerezza.

Sarà mentalmente sfinita, poverina, pensò mentre le lasciava un'ultima carezza sul viso.

«Domani ne parleremo per bene, Ka-chan.», dichiarò Sango a bassa voce, risoluta.

Inclinò il collo, prima a sinistra e poi a destra, e le ossa scricchiolarono, piano. Si sentiva così stanca, era stata una giornata particolarmente lunga, caratterizzata da un viaggio sfiancante. Ed adesso, grazie a quel tonto di Inuyasha, la tranquillità recuperata con il bagno alle sorgenti era svanita!

Sì, ti spezzerei proprio l'osso del collo, pensò Sango, adirata.

Risolse che era meglio recuperare Kagome, posizionarla in quel coso, il sacco a pelo, ed andare a dormire. Stava per sollevarla quando un rumore di foglie sospetto la fece voltare di scatto.

«Kirara.», si limitò a sibilare semplicemente, con il solito tono deciso.

La nekomata accanto a lei miagolò in segno d'assenso, prima di trasformarsi definitivamente. Sango ricordò di non avere nessuna arma con sé ed imprecò. Come poteva essere stata così sbadata? Non aveva pensato a portare neanche un coltello! Era anche vero che era andata via di corsa, non appena aveva visto Kagome dirigersi velocemente nel folto.
Strinse la sacerdotessa ancor di più a sé e rimase lì, in attesa.
Ad interrompere l'atmosfera tesa che si era lì creata fu una figura che Sango, da un po' di tempo, conosceva abbastanza bene.
Bankotsu, ormai vestito, si avvicinò lentamente, un passo dopo l'altro. Sembrava quasi impacciato, c'era qualcosa di diverso il lui. I lunghi capelli corvini erano ancora sciolti e gli ricadevano morbidamente sulle spalle.
Sango inarcò un sopracciglio, senza capire. La sterminatrice ed il monaco avevano lasciato il mercenario ed il suo esuberante fratello con Shippo, mentre loro si apprestavano a spiare la litigata fra Kagome ed Inuyasha.

«Bankotsu.», sussurrò Sango, sorpresa. Lui si arrestò per un attimo e la osservò; poi il suo sguardo cadde sul viso addormentato di Kagome. La sterminatrice lo vide aggrottare le sopracciglia.

«Sango.», rispose lui, rispettoso, composto. Non c'era ironia nella sua voce.

Bankotsu si avvicinò lentamente, come se avesse paura di fare qualcosa di sbagliato, un passo falso. Si inginocchiò di fronte Sango e Kagome con un movimento tanto aggraziato quanto rapido e fluido. Restò lì per un po', senza parlare, sotto lo sguardo perplesso di Sango. Ella lo vide sollevare e tendere una mano verso il viso di Kagome, come se volesse sfiorarla, ma ci ripensò; chiuse la mano in un pugno ed il braccio tornò al suo posto. 

«Ti manda Miroku?», chiese Sango stranita, sempre sussurrando. Non voleva rischiare che Kagome si svegliasse.

Bankotsu strinse le labbra e si sistemò a gambe incrociate sul terreno. Si lasciò sfuggire un sospiro prima di guardare Sango nuovamente negli occhi.

«No. Sono venuto di mia spontanea volontà.», disse a voce bassa ed i suoi occhi si piantarono nuovamente sul viso di Kagome.

Sango si stupì abbastanza ma cercò comunque di non darlo a vedere. Annuì soltanto e non rispose, non sapendo bene cosa dire. Ma perché Bankotsu era lì?

«Come hai fatto a sapere dove...», cominciò a chiedere poi, vinta dalla curiosità. Lei e Miroku avevano stabilito di tenere almeno i nuovi arrivati all'oscuro di quella brutta litigata. Anche se entrambi, pur essendo in squadra da poco, avevano imparato benissimo le dinamiche di quel gruppo, sia perché ne erano già a conoscenza, a causa di Naraku, sia per il tempo passato insieme.

Bankotsu fece un sorrisetto sprezzante ed ironico insieme e Sango, finalmente, lo riconobbe. Il giovane posò lo sguardo su un alto albero vicino a loro e parlò con il suo solito tono noncurante.

«Jakotsu è stato molto bravo ad estorcere l'informazione a quel monaco... è stato... semplice.», disse Bankotsu e Sango sentì chiaramente che stava soffocando a stento una risata.

La sterminatrice si portò una mano alla tempia e fu percorsa da un brivido freddo. Miroku era un tale idiota, ma chissà cosa aveva fatto Jakotsu. Il solo pensiero la inquietava e decise che non si sarebbe posta altre domande. L'espressione di Sango fece sì che Bankotsu scoppiasse definitivamente a ridere, sempre però facendo attenzione a tenere un suono basso e innaturalmente calmo. Ad un tratto, il giovane mercenario si avvicinò a Kagome e protese le braccia verso di lei. Sango lo osservò scettica e ritirò di più l'amica verso di sé. Kagome dormiva come un sasso, la solita espressione crucciata anche nel sonno. Bankotsu, alla reazione di Sango, si bloccò con le braccia ancora tese e la guardò.

«La porto io.», disse semplicemente, perentorio. Con un movimento veloce e per niente insicuro sottrasse Kagome alle braccia di Sango, per tenerla al sicuro fra le proprie. Fatto questo, il mercenario si alzò lentamente, attento a non sballottare troppo la ragazza. Ne osservò a lungo i tratti e notò il cipiglio stizzito che manteneva nel sonno; le sue guance sembravano bagnate.

Sango osservò il viso di Kagome completamente spiaccicato contro il petto di Bankotsu e sospirò di rassegnazione. Se la sacerdotessa si fosse svegliata in quel momento si sarebbe molto arrabbiata e la sua furia sarebbe stata pari a quella del demone più forte, ne era sicura.

Sango! Come hai osato permettere che mi prendesse in braccio? Come hai potuto permettere che mi vedesse in questo stato?!

Se la immaginava già la voce irata di Kagome, così orgogliosa, così decisa. Furiosa. Sango si alzò di scatto e deglutì a fatica, improvvisamente nervosa. Decise che Kagome non avrebbe mai dovuto sapere.

«Andiamo, sterminatrice? O hai deciso di dormire qui?», chiese Bankotsu con Kagome stretta al petto, il solito tono noncurante.

Sango gli rivolse un'occhiataccia e lo affiancò immediatamente, Kirara la seguì, tornando al suo aspetto di sempre. La sterminatrice si chinò e le rivolse un sorriso, prima di prenderla fra le sue braccia.

«Bada bene che Kagome non venga a...»

«Ha per caso pianto, sterminatrice?», chiese Bankotsu di punto in bianco, interrompendola. Il volto duro e impassibile del mercenario era rivolto ad osservare la strada davanti a sé.

Sango rimase spiazzata e strinse ancor di più Kirara al suo petto. Ma perché le poneva quella domanda? A lui cosa importava? Non poteva parlarne. Sapeva quanto Kagome avesse in odio il fatto che qualcuno sapesse dei suoi momenti di debolezza. Miroku ne sapeva qualcosa, dopo quella sera poteva aver intuito. Beh, Inuyasha, invece, dopo quella notte...

«Non credo possa riguardarti, mercenario.», rispose lei piccata, leggermente stizzita.

«Il suo viso, di solito pallido, è arrossato e le sue guance sono bagnate.», rispose lui, minimamente scalfito dal tono duro della ragazza. Di nuovo quel tono composto.

Sango si stupì ancora una volta; aprì la bocca per ribattere ma non seppe cosa rispondere. Decise di rimanere zitta, di ignorarlo semplicemente. Avrebbe capito.

«É stato il mezzo demone?», chiese di nuovo Bankotsu. Kagome si mosse leggermente fra le sue braccia e lo sguardo del ragazzo guizzò un attimo sul suo viso, prima di tornare ad osservare la strada.

Sango lo guardò bieco e poi sospirò.

Come pensavo, non è stupido. Ed è tenace, accidenti.

«É complicato, Bankotsu.», rispose la sterminatrice semplicemente, in un sussurro.

Bankotsu annuì e non chiese più nulla, in realtà pensava di aver già capito.
Arrivati al luogo di accampamento, il giovane mercenario aiutò Sango ad adagiare Kagome all'interno del sacco a pelo, sotto gli occhi di Jakotsu, Miroku e Shippo. Di Inuyasha, neanche l'ombra.

* * *
Mi scoppia la testa, accidentaccio.

Non appena Kagome aprì gli occhi, fu quello il primo pensiero di senso compiuto che la sua mente formulò. Si sollevò piano, poggiandosi su un gomito, mentre con l'altra mano si reggeva la testa. Che male! Le pulsavano le tempie con insistenza. Un dolore sordo sembrava averla conquistata interamente e si chiese se qualcuno non le avesse dato una sonora bastonata. Aprì un po' il sacco a pelo, si mise seduta e si guardò intorno. Si trovava in un luogo fresco, riparato dagli alberi. Il sole permeava attraverso le foglie, creando strani giochi di luce sul terreno, sulla sua pelle, in ogni luogo. Notò poco distanti da sé Shippo, Kirara e Jakotsu ancora profondamente addormentati. Gli altri non erano presenti, neanche...
Sentì una fitta al cuore e tutti i ricordi della sera precedente le tornarono alla mente. Si coprì il viso con le mani e prese a stropicciarsi gli occhi con movimenti circolari e quasi troppo enfatici. Aveva chiesto del tempo. Tempo. Alla fine, aveva ceduto, non ce l'aveva più fatta. Mettere il bene di Inuyasha davanti al proprio, ancora, avrebbe significato continuare con quella spirale di angoscia, rabbia, frustrazione, a cuccia...
A cuccia.
Avrebbe potuto dirlo, ne aveva una gran voglia, voleva gridarlo così forte da raggiungerlo, ovunque lui fosse. E si ritrovò a sperare che si trovasse direttamente sulla cima dell'albero più alto, in modo che cadesse proprio da lì.

Tanto non si farebbe male, pensò subdolamente ed arricciò il naso mentre una rabbia sorda la invadeva senza lasciarle scampo.

Si scoprì arrabbiata, arrabbiatissima, come mai lo era stata. Notò il suo zaino giallo, proprio accanto a lei, insieme all'arco e alla faretra con le frecce di hama. Rovistò per un po' in quello zainetto consumato fino a trovare la sveglietta che si portava sempre dietro. Ecco! Non erano ancora le nove ed era già furiosa.

Dannato Inuyasha, accidenti!, si ritrovò a pensare, stizzita.

Fece per alzarsi e si accorse di essere ancora in costume, con un asciugamano addosso; sia l'uno che l'altro erano ancora inspiegabilmente umidicci e Kagome provò una sensazione di disagio e sporcizia che volle subito togliersi di dosso. Sango doveva averla portata lì e messa a dormire, così come doveva aver preso le sue cose e le aveva portate lì. Le fu grata e risolse che doveva, ovviamente, ringraziarla. Lo avrebbe fatto più tardi, quando la sterminatrice fosse tornata.
Recuperò uno degli asciugamani più grandi, ormai asciutti, che erano stati “stesi” su un ramo basso. Prese dallo zaino biancheria, vestiti puliti, la sua saponetta, spazzolino, afferrò le scarpe e fece per dirigersi verso quel rumore insistente che aveva accompagnato il suo risveglio: lo scorrere di un ruscello di montagna.

«Sei sveglia...», biascicò Jakotsu con una mano sul viso a coprirgli gli occhi. Nell'altro braccio teneva la sua spada coperta da un fodero, dormiva con quella accanto come se fosse un orsacchiotto.

Kagome si volse leggermente verso di lui ed annuì poi gli andò vicino e si inginocchiò al suo fianco. Lui rimase immobile e riprese poi a respirare pesantemente. Kagome sbuffò, si era addormentato di nuovo! Staccò un filo d'erba poco distante da lei e prese a solleticargli il naso con fare quasi annoiato. Jakotsu balzò a sedere, senza abbandonare la spada, e starnutì due volte; prese a guardarsi intorno, spaesato, con la faccia da tonto. Quando il suo viso incontrò quello di Kagome, si crucciò in un'espressione irata e poco rassicurante. Per poco Kagome non scoppiò a ridergli in faccia, ma non lo fece. La rabbia superava l'ilarità che Jakotsu poteva procurarle in quel momento.

«TU! Ragazzina impertinente! Stavo dormendo! Razza di...», tuonò il mercenario.

Kagome gli tappò la bocca con una mano ed inarcò entrambe le sopracciglia.

«Sto andando a darmi una rinfrescata. Mi raccomando.», disse semplicemente. Poi si alzò, recuperò le cose che aveva lasciato accanto a sé e fece per andar via. Si chinò anche a raccogliere la faretra e l'arco, per ogni evenienza.

Jakotsu rimase lì, interdetto ed arrabbiato. Il suo sonno ristoratore era andato a farsi benedire! Maledetta ragazzina!

«La prossima volta che proverai a svegliarmi in questo modo, ti tirerò il collo!», disse Jakotsu incrociando le braccia.

Kagome volse il capo verso di lui e gli lanciò un'occhiata assassina. Jakotsu rimase immobile, un brivido freddo che gli attraversava lentamente la spina dorsale**. Che inquietudine che metteva quell'espressione, non trovò neanche la volontà di replicare in qualche modo e dire che da parte sua era qualcosa di raro!
Kagome si volse nuovamente e riprese a camminare, dritta alla meta. Che nessuno osasse darle fastidio!
Sentiva una rabbia pungente bruciarle ogni fibra del corpo. Quello lì l'aveva fatta piangere, lei che non piangeva mai! E aveva pianto davanti a lui, accidenti! Se n'era certamente accorto, non era così tonto. Aveva sicuramente sentito l'odore delle lacrime e poi l'aveva vista... tutto quel trucco spalmato sulle guance, ormai completamente sciolto. Probabilmente, per quante lacrime aveva versato, non c'era più traccia di quel colore sul suo viso. Meglio così. Avrebbe voluto mettersi ad urlare, di quanto era arrabbiata. Aveva chiesto una specie di pausa, poteva veramente definirla così? E come si sarebbe comportata? Lo avrebbe ignorato?

Ignorarlo? Io vorrei soltanto colpirlo con qualcosa, quel maledetto!, imprecò mentalmente e il suo viso, crucciato in un'espressione stizzita al massimo, esprimeva perfettamente quel che pensava.

Trovò finalmente il ruscello che cercava e si fermò. Fu piacevolmente sorpresa quando notò che non era un ruscello, bensì un vero e proprio fiume. Avrebbe potuto immergersi completamente! Legò i capelli, ancora puliti, tolse il costume dopo essersi ben guardata intorno, e si gettò in acqua, senza pensare più a nulla. La sensazione di freddo data dall'acqua la prese subito e cominciò a pungerle le membra con forza.
Non se ne curò.
Sapeva che a due passi da dove si erano accampati si trovava la sorgente dove aveva fatto il bagno fino al giorno prima ma... non aveva bisogno di calore. Aveva bisogno di freddo per svegliarsi, per temprare le membra e, soprattutto, lo spirito. Sperava anche che quell'acqua fredda potesse spegnere almeno un po' la sua rabbia, ma quel tentativo non andò a buon fine. Si sentiva ancora furiosa e lo sarebbe stata ancora, chissà per quanto. Sospirò, recuperò la saponetta e cominciò a lavarsi con cura. Prese a strofinare le braccia, il ventre, il viso, le gambe, ogni parte del corpo. Mentre strofinava e sciacquava in un ritmo infinito, pensava di lavar via chissà cosa, di liberarsi da chissà cosa. Tutti i tocchi di Inuyasha, le volte che le aveva sfiorato la mano, le volte che lei aveva preso le sue mani, le volte che lo aveva abbracciato, stretto... le lacrime che aveva versato. Strofinava il suo corpo, la sua pelle già pulita e sperava che tutto andasse via da lei, che corresse via.

Mia nonna diceva sempre che le lacrime sono tutto ciò che non abbiamo saputo o voluto dire... lascia che corrano via da te...

Ricordò la frase che Sango le aveva sussurrato la sera prima e decise che doveva essere così: quelle lacrime, le prime e le ultime promise a se stessa, avevano portato via tutto ciò che lei aveva detto, provato e sentito. Il dolore, la rabbia. Si arrestò e la saponetta rimase stretta in una morsa di ferro, torturata dalle sue dita. Sciocchezze. Non era così facile! La rabbia la possedeva ancora, la rabbia di aver pianto, la rabbia del secondo posto. Quella rabbia. 
Abbandonò la saponetta e recuperò lo spazzolino. Prese a strofinare i denti con energia, le sopracciglia perennemente aggrottate. I pensieri continuavano a rincorrersi nella sua mente, frenetici, quel mal di testa che non voleva abbandonarla.
Pensò alle amiche della sua epoca, loro avrebbero sicuramente reso tutto molto semplice, avrebbero detto che lei e il teppista avevano semplicemente “rotto”. Kagome rifletté che la sua non era una vera e propria rottura: lei ed Inuyasha non erano mai stati insieme. Risolse che era meglio così, le sarebbe passata prima. Ma... poteva veramente passarle? Si bloccò per un attimo prima di ricominciare a strofinare i denti.

Certo che ti passerà, Kagome, non fare la stupida.

Si liberò dell'acqua che aveva in bocca e sospirò sonoramente. Che seccatura. Che adolescenza travagliata. Se fosse stato uno qualunque, tipo... tipo Hojo, era sicura che sarebbe andata diversamente. Inuyasha complicava tutto, perché era un idiota. Uscì dall'acqua e si avvolse l'asciugamano addosso con una velocità impressionante. I tempi con Miroku le avevano insegnato ad essere rapida, attenta e a guardarsi sempre intorno. Si asciugò in fretta e cominciò realmente a sentire freddo soltanto in quel momento. Infilò rapidamente la biancheria, i jeans e la felpa**. Si sedette sulla riva del fiume ed infilo i calzini per poi indossare le sue All Star consumate. Si inginocchiò e prese a lavare sia l'asciugamano che il costume, strofinando entrambi con fin troppa energia.
Avrebbe fatto la persona matura; sarebbe stata algida, inattaccabile, contenuta e, soprattutto, avrebbe trattato Inuyasha con sufficienza. Un compagno di viaggio, nulla di più. Tanto era questo che erano no?

Inuyasha tiene a te, le disse una vocina dislocata chissà dove, nella sua testa.

«Lo so, ma non dire sciocchezze, accidenti! In tutti questi mesi... mi hai illuso abbastanza! Ora basta.», si rimproverò.

Aveva finito di prendersi in giro, concluso con quelle storie. Se voleva ancora bene ad Inuyasha? Certo che gliene voleva, quel grandissimo stupido...
Ma aveva smesso di essere “la seconda”, sarebbe stata soltanto Kagome. E, per esserlo, doveva essere libera. Si era resa libera dal sentimento che la legava ad Inuyasha, pur provandolo ancora. Lo avrebbe contenuto, come faceva prima, ma in maniera diversa. Prima lo conteneva per Inuyasha, adesso lo avrebbe contenuto per se stessa. Non si sarebbe tradita ancora, non più.

«Andrà bene.», si disse soltanto, come a darsi coraggio da sola.

Prese la faretra e l'arco e recuperò l'asciugamano ed il costume bagnati, pronta a tornare dov'erano anche gli altri.

* * *
Disagio.
Probabilmente avrebbe potuto riassumere in quel modo la miriade di emozioni che provava e che pungevano il suo animo.
Provava un grandissimo senso di disagio.
Con lo sguardo fisso sulle nuvole davanti ai suoi occhi, Inuyasha strinse i denti ed imprecò. La bocca dello stomaco gli doleva oltremodo, un fastidio al quale non era abituato e, risolse, al quale non si sarebbe abituato mai. Stava su quel ramo da … non sapeva neanche lui da quanto. Con la schiena poggiata al tronco, una gamba penzoloni nel vuoto e le braccia poste con noncuranza dietro la nuca, stava lì, apparentemente tranquillo.
In realtà non era tranquillo per niente. La litigata con Kagome continuava a ripetersi nella sua testa, ogni frase, ogni parola, sembrava essere stata scolpita permanentemente nella sua memoria. La ripeteva mentalmente, la ripassava, e non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. E non poteva fare a meno di pensare che non avrebbe potuto comportarsi in maniera diversa. Non aveva mai pianto, Kagome, non l'aveva mai vista così. Anche nelle situazioni più dure, più difficoltose. Gridava e si stizziva, quello lo faceva sempre. Ma piangere... sapere che era stato lui a provocare quelle lacrime lo faceva arrabbiare. Aveva protetto Kagome per mesi da ogni sorta di infima creatura, ma non aveva saputo salvarla da se stesso e non avrebbe potuto farlo mai. Kagome si era salvata da sola, ancora una volta lo aveva stupito. Una guerriera, sempre. Glielo doveva, doveva permetterle di prendere le distanze che voleva, doveva permetterle di salvarsi. In compenso, poteva ancora guardarla in viso, sentirne il profumo. Imprecò nuovamente e volse lo sguardo da tutt'altra parte, quasi le nuvole stessero intuendo i suoi più oscuri pensieri.
Non era comunque sicuro di riuscire a resistere, di riuscire a sopportare quella situazione. Se pensava a quel mercenario...
Cominciò a muovere le orecchie a ripetizione, stizzito. L'aveva visto. Oh, se l'aveva visto. Aveva maledetto i suoi occhi in quel momento.

Si era ritirato su quell'albero la sera prima, dopo la discussione con Kagome; era proprio sopra il luogo in cui Miroku aveva deciso di fermarsi e dove il monaco, Jakotsu e Bankotsu avevano trasportato tutta la loro roba. Si era rifugiato sul ramo più alto, fra le fronde, in modo da essere nascosto ai loro occhi. Inuyasha, però, riusciva benissimo a vederli. Non scorgeva Kagome, era via da troppo tempo, cominciava a preoccuparsi. Sapeva che Sango era con lei ma continuava ad essere convinto che soltanto lui sapesse proteggerla bene. Sango aveva lasciato Hiraikotsu, Kagome non aveva le sue frecce...
Stava lì, combattuto, a decidere il da farsi, quando il mercenario parlò e lui si ritrovò a drizzare le orecchie, attento.

«Monaco, dov'è la ragazzina? La sterminatrice? Il mezzo demone?», chiese Bankotsu guardandosi intorno ed elencandoli uno dopo l'altro, con noncuranza.

Inuyasha vide Miroku sedersi contro il tronco di un albero, le gambe incrociate e l'espressione impassibile. Posò il bastone accanto a sé ed emise un lungo sospiro.

«Kagome è con Sango, non c'è niente di cui preoccuparsi.», disse Miroku. Inuyasha notò che l'amico aveva accuratamente omesso di dire dove lui si trovasse.

Vide Bankotsu avvicinarsi al monaco, lentamente. Inuyasha si accovacciò sul ramo; si aggrappò con un braccio ad un ramo posto sopra la sua testa e si sporse in avanti. Se quei due avessero osato anche solo sfiorare Miroku...

«Monaco, non credi che sia pericoloso lasciarle andare lì da sole? Non hanno le armi, il mezzo demone non c'è. Dimmi dove sono andate.», disse Bankotsu con un tono che non ammetteva repliche.

Quel dannato! Perché voleva sapere dove si trovassero le due ragazze? Inuyasha strinse i denti.
Vide Miroku sollevare il capo, in modo da poter guardare Bankotsu in viso. Assunse la sua solita espressione desolata di rito, quella che utilizzava per uscir fuori da qualche situazione imbarazzante o difficile.

«Non posso dirti dove si trovano, la questione è delicata, Bankotsu. Le donne a volte hanno bisogno di … di tempo...»

Tempo. Inuyasha fu colpito da quelle parole. Miroku non le aveva usate a caso. Avevano origliato, quei due dannati, lui e Sango. Ne aveva sentito gli odori portati dal vento leggero ma non se n'era curato. Stava vivendo qualcosa di più importante. Miroku sollevò per un attimo lo sguardo verso l'albero dove lui si trovava; gli sembrò quasi che potesse vederlo. Sapeva che era lì, in ascolto?
Bankotsu sollevò un dito e lo zittì. Si volse verso il fratello, seduto accanto al fuoco.

«Jakotsu?», chiamò, annoiato. Quello sollevò lo sguardo, con altrettanta noia, e fece un cenno con il capo, segno che il fratello aveva la sua attenzione. «Perché non mostri al nostro monaco come sai essere convincente?», disse e sorrise, sornione.

Inuyasha fu percorso dal solito brivido ghiacciato, lo stesso che prese Miroku, nello stesso momento. Jakotsu si alzò, il volto un po' crucciato. Si sedette accanto al monaco, che si scostò. Ma non servì, perché Jakotsu gli si avvicinò ancora.
«Oh, andiamo, bel monaco! Hai intenzione di fuggire da me ancora per molto?», disse Jakotsu con voce graffiante e seducente, affiancandolo ancora.

«Credo che queste soluzioni poco ortodosse siano oltremodo ingiuste...», provò a dire Miroku, cercando di mantenere la calma. Bankotsu non rispose, stava lì, seduto a godersi la scena.

Mentre Miroku era distratto a cercare di attirare l'attenzione di Bankotsu, per farlo ragionare, Jakostu gli afferrò il mento con la mano destra e lo fece voltare verso di sé, avvicinandolo al suo viso. Inuyasha vide Miroku completamente paralizzato, un sasso. Il mezzo demone fece un sorrisetto. Quel monaco pervertito! Così imparava ad andar d'accordo con quel Bankotsu!

«Bel monaco, non essere così freddo. Allora, mi dici dove sono quelle donne? Ti darò un bacio.», disse Jakotsu avvicinandosi di più. Miroku scattò in piedi, evidentemente neanche i Kami o la grande pace interiore del Buddha lo avevano aiutato.

«Sono nel bosco, poco lontane da quel piccolo spiazzo verde, vicino la sorgente delle ragazze. Sei contento, Bankostu? E tu! Non toccarmi mai più, ci siamo capiti?», disse rivolto poi verso Jakotsu. Inuyasha notò che Miroku cominciò a respirare profondamente, come se si fosse ripreso da un grandissimo spavento.

Bankotsu andò verso di lui e gli diede una pacca sulla spalla. «Grazie, bel monaco.», gli disse e gli fece l'occhiolino. Miroku rispose con un'occhiata seria.
«Jakotsu, fai il bravo mentre non sono qui.»

«Mercenario! Non puoi lasciarmi con lui!», sbottò Miroku rivolto a Bankotsu. Ma il ragazzo era già sparito nel folto. Si volse verso Jakotsu, che lo guardava sorridente. «Non toccarmi.»

«Uffa.», proruppe quello, sconsolato, portandosi le ginocchia al petto.

Inuyasha strinse i pugni. Così aveva poi visto i suoi compagni fare ritorno. Sango con Kirara e Kagome... fra le braccia di quel Bankotsu. Lo aveva visto guardarla in un modo che gli aveva provocato il voltastomaco ed al contempo la voglia di scendere lì e spaccargli la faccia. Fu preso dalla forte voglia di scendere da quell'albero, di strappargliela dalle braccia, di prenderlo a pugni. Ma poi...

TU NON NE HAI IL DIRITTO!

Quelle parole gli riecheggiarono in testa e si era ritrovato lì, impotente, furioso. Non era sceso, l'aveva lasciata lì, in balia di quello che aiutava Sango a metterla nel sacco a pelo.
Inuyasha si volse su un fianco, il ramo scricchiolò leggermente. Quei ricordi lo ferivano e lo facevano arrabbiare ma non poteva far nulla per cambiare le cose, non poteva far niente. La bocca dello stomaco prese a dolere ancora di più. Si sistemò meglio e la furia ebbe il sopravvento.
Voleva del tempo? Lo avrebbe avuto. Voleva essere lasciata in pace? Benissimo. Ma quello lì... a quello lì non l'avrebbe lasciata. Inuyasha non ne aveva il diritto, sì, lo sapeva, ne era consapevole, ma al contempo quel diritto, invece, lo sentiva, gli sembrava solo suo. Il diritto di stringerla, di proteggerla, di sfiorarla. Era lì, quel diritto, a premere contro la bocca dello stomaco.
Arrabbiato e di pessimo umore, diede una sbirciata di sotto e vide quel pervertito di Jakotsu seduto a rimirare la sua spada, mentre Shippo e Kirara ancora dormivano. Miroku, Sango e quel mercenario erano andati in perlustrazione, dato che avevano scelto di non mettersi in viaggio per quel giorno; ma li sentiva, erano già di ritorno.
Avevano lasciato Kagome nelle mani di Jakotsu, ma quello lì si era riaddormentato. Kagome si era diretta verso il fiume e, considerando l'intensità del suo odore, amplificato grazie all'acqua, stava tornando anche lei. Poteva quasi sentire i suoi passi. Rimase fermo e continuò a guardare, in attesa.

* * *
Kagome fece ritorno nel piccolo luogo dove si erano momentaneamente stabiliti, con falcate grandi e decise. Trovò Jakotsu che osservava il luccichio della sua spada sotto il sole e Shippo e Kirara quasi svegli. Doveva essere festa per il piccolo Shippo, non aveva mai dormito così tanto! Kagome fece cadere malamente arco e faretra e si diresse verso il ramo dove erano adagiati gli asciugamani. Li trovò asciutti, li prese e se li pose sulla spalla. Appese l'asciugamano che aveva usato al fiume ed il costume. Si volse verso Jakotsu e lo trovò ancora lì, che la osservava di sottecchi.

«Mi aiuti a piegare gli asciugamani?», chiese a Jakotsu con tono annoiato. Non era dell'umore per fare proprio niente ma voleva tenersi impegnata. Jakotsu sollevò lo sguardo e smise di armeggiare con la sua Jakotsuto. Inarcò teatralmente un sopracciglio.

«Dovrei?», chiese, stizzito. Kagome realizzò che doveva essere ancora arrabbiato per la sveglia poco carina che gli aveva riservato. La ragazza sbuffò e fece spallucce, lasciandolo perdere. Non voleva azzuffarsi con quell'esaltato, lui non c'entrava niente.

«Lascia perdere!», disse con tono arrabbiato, più di quanto avrebbe voluto.

Jakotsu sbuffò e prese a guardare le foglie poco sopra la sua testa. Quella ragazzina era tornata ad essere l'isterica che ricordava. Benissimo! Mentre si autocommiserava per esser lì, solo con lei, con il volpino e quella gatta, un pensiero malsano gli attraversò la mente. Le era sicuramente successo qualcosa e la colpa non poteva che essere di Inuyasha, lo avrebbero capito anche i sassi. Ieri avevano sicuramente discusso e quei due soliti spioni erano andati lì a curiosare. Beh, era chiarissimo a tutti che quei due fossero in una specie di relazione contrastata e la ragazzina, la sera prima, gliene aveva anche data la conferma. Niente da fare, c'era indubbiamente bisogno di lui. Si alzò, abbandonando la sua spada in terra, sopra il fodero, e si avvicinò a Kagome che cercava di piegare un asciugamano più alto di lei. Jakotsu glielo sottrasse e lei lo fece fare, il solito cipiglio stizzito sul viso.

«Di' un po', donna. Cos'è successo ieri sera?», chiese con finto tono annoiato, mentre le consegnava un'estremità dell'asciugamano, tenendo l'altra per sé.

Kagome allargò le narici ed un sonoro sbuffo irritato le uscì dal naso. Forse, se fosse stata di umore diverso, avrebbe anche potuto parlare con Jakotsu come se fossero due comari. Ma no, non quel giorno.

«Niente.», si costrinse a dire con un tono fintamente pacato.

L'asciugamano fu presto piegato e posto nel fagotto che Sango portava sempre sulle spalle. Kagome prese l'altro e fece ciò che poco prima aveva fatto Jakotsu: un'estremità per lei ed una per lui.
Jakotsu decise di non darsi per vinto, non conscio di quanto Kagome potesse diventare irritabile.

«Guarda che il nostro patto è ancora valido, voglio solo aiutarti.», disse lui innocentemente, continuando.

Si trovarono viso a viso nell'atto di piegare l'asciugamano; quello di Jakotsu era ornato da un sorriso rassicurante e rilassato, quello di Kagome... era stizzito ed insofferente. Ma perché doveva essere così palese? Non voleva parlare.

«Non voglio parlarne, Jakotsu!», disse quasi istericamente e strinse al petto l'asciugamano, ormai piegato.

Jakotsu sbuffò e si portò le mani ai fianchi.

«Lo so che hai litigato con Inuyasha! Sei rimasta con Sango e poi mio fratello ti ha riportato qui in braccio... non mi ha neanche permesso di seguirlo, io...», borbottò ma si interruppe. Davanti a lui c'era una Kagome dall'espressione tutto tranne che rassicurante, sembrava quasi avvolta da un'aura rossa. Anni di battaglie, di sangue, di risse, di demoni uccisi... solo in quel momento Jakotsu provò qualcosa che si avvicinava alla paura. «Ragazzina...?»

«TUO FRATELLO HA FATTO COSA?», urlò, l'asciugamano che sembrava poter essere inglobata dal suo petto di quanto la stava stringendo.

Jakotsu si stizzì, cos'era quel tono? Stava per cantargliele, quando vide dietro la ragazzina, la sterminatrice che faceva strani segni, sembrava in allarme?

«Già, cosa avrei fatto?», chiese Bankotsu con un sorriso, irrompendo nella piccola radura e conficcando Banryu nel terreno.

Sango si coprì la fronte con uno schiaffo, completamente abbattuta. Accidenti e meno male che Kagome non doveva venire a sapere nulla. Non aveva fatto i conti con Jakotsu. Kagome si volse in direzione della voce che aveva appena parlato. Non appena si voltò, Sango rimase pietrificata e Bankotsu perplesso.

«Ma cosa...»

Jakotsu affiancò il fratello e si avvicinò al suo orecchio, senza guardare Kagome. «Primo Fratello, deve essere nel pieno del suo periodo lunare**. Fuggi.», sussurrò pianissimo, con tono concitato.

Poveri idioti. E povera me, pensò Sango. Era stata una giornata pesante, quella di ieri. Oggi lo sarebbe stata ancor di più. Kagome non era tipo da lacrime, era propriamente il tipo da rabbia. Sango aveva supposto che, finite le lacrime, caso eccezionale, la rabbia si sarebbe scatenata e sarebbe stata terribile. Si era raccomandata di trattare bene Kagome, di non indisporla...
Kagome fissò quei due e sentì la rabbia montare ancor di più. Quindi Bankotsu l'aveva vista in quello stato pietoso? L'aveva vista piangere? Quanto si era persa? Accidenti!

«Ahhh! Tu!», disse indicando Bankotsu. «Non credere che avrai ancora una possibilità del genere, sappilo!», tuonò, del tutto fuori controllo. «E tu, Sango, accidenti! Lo sai che non voglio che mi si veda mentre...!», tentò di spiegare senza pronunciare parole riconducibili al campo semantico del dolore come “tristezza”, “pianto”, “piangere” ed altro. Ah, che vergogna.

Sango le si avvicinò lentamente.

«Dai, Ka-chan... è successo, non puoi fare così, so che sei arrabbiata, quell'idiota...», disse in tono conciliante, le solite mani a palmo in su, tese verso di lei. Bankotsu si grattò la testa, confuso.

«Sango! Smettila di trattarmi come se fossi un demone, maledizione!», sbottò, rossa in viso come non mai.

Miroku arrivò in quel momento nella piccola radura, trafelato e con il fiatone. Sorrise rassicurante e levò le braccia al cielo.

«Buongiorno, Divina Kagome! Ben svegliata! Oggi la vostra bellezza è...»

«Buongiorno un corno. Tieni.», disse scorbutica e gli diede in mano l'asciugamano prima di dirigersi da dove il monaco era venuto.

«Ma... non dovevi...», disse Miroku ironico, con tono desolato. Lanciò un'occhiata a Sango e sospirò.

Kagome raccolse l'arco e la faretra. Svuotò dentro lo zaino un sacco di iuta nel quale teneva la biancheria sporca e lo portò con sé. Prese il lettore cd portatile**. Si allontanò a pugni stretti, il sacco in mano senza dire nulla, sotto gli occhi sbigottiti dei presenti. Che razza di giornataccia. 
Non si accorse che qualcuno, saltando di albero in albero, senza essere notato, prese a seguirla.

* * *
Era da poco passata l'ora di pranzo e di Kagome neanche l'ombra.

«Jakotsu, perché lo hai fatto!? Poteva procedere bene...», si lamentò Sango, seccata. Stava lucidando Hiraikotsu con fin troppa energia. La verità era che si sentiva tremendamente in colpa. Il mercenario calciò un sassolino e sbuffò. Non voleva di certo far arrabbiare quella donna!

«Sango, non ha fatto nulla di male. É stato solo un po' insistente... i nostri amici non sono ancora ben a conoscenza del carattere particolarmente esuberante della Divina Kagome.», disse Miroku, rassicurante e pacato. Le poggiò una mano sulla spalla e Sango smise di lucidare la sua arma. Sospirò.

«Kagome non è sempre così! Insomma, non spesso. Sapevo che oggi sarebbe stata particolarmente dura per lei. Quell'idiota di Inuyasha... si può sapere dov'è finito?», sbottò, arrabbiata. Miroku indicò con un cenno del capo l'albero dove Inuyasha si era rintanato. Tutti si voltarono ma nessuno riuscì a scorgerlo.

«La Divina Kagome è molto arrabbiata per via di Inuyasha, anche se è vero che tende molto ad esagerare quando c'è qualcosa che la punge particolarmente... le passerà, questa giornata sarà molto lunga per lei. Conviene lasciarle la sua pace.», disse Miroku semplicemente e si zittì.

«Ho permesso che Bankotsu la vedesse in quello stato... lei è così orgogliosa, accidenti!»

«Passerà.», disse ancora Miroku e le sorrise rassicurante.

Bankotsu era rimasto in silenzio, seduto, lo sguardo assorto. Così era come pensava, era stato quel mezzo demone a farla piangere. Che razza di torto doveva averle fatto? Naraku gli aveva accennato che Inuyasha teneva molto a quella miko defunta che si nutriva di anime, quella Kikyo. Gli aveva detto di ucciderla, se ci fossero riusciti e se li avesse intralciati. Allo stesso modo, gli aveva spiegato che era importante uccidere Kagome, poiché rappresentava una minaccia molto grande, in quanto reincarnazione di Kikyo. Naraku aveva riso subdolamente, dicendo che Inuyasha avrebbe sofferto ancora una volta. Aveva spiegato loro, infatti, che Inuyasha aveva un interesse anche nei confronti della giovane miko. Insomma, quel lurido aveva dato loro tutti i possibili spunti per torturarli, sia psicologicamente che fisicamente, per fargli del male.
Si accorse che il filo dei suoi pensieri era completamente deviato dal suo percorso originario. Bankotsu, dunque, dedusse che Inuyasha teneva a due donne ma nessuna delle due gli apparteneva sul serio. Sì, il mezzo demone e Kagome dovevano aver litigato per quell'altra. Tanto da farla ridurre in quel modo? Bankotsu ricordò l'aspetto di Kagome e sospirò; sembrava così fragile, diversa da quella giovane donna battagliera e sempre con la risposta pronta. Aveva capito bene la personalità di Kagome, Sango aveva confermato le sue supposizioni con le poche cose che aveva detto: Kagome non era il tipo che piangeva, era un'orgogliosa testarda. Ecco perché doveva bruciarle così tanto che qualcun altro sapesse che poteva anche piangere, la capiva bene lui che non aveva mai versato una lacrima, se non nell'infanzia. Oltre la discussione con il mezzo demone, si era aggiunta anche quella sorta di orgogliosa vergogna. Si ricordò tutte le emozioni negative che lo avevano accompagnato i primi tempi che si era unito al gruppo di Inuyasha, come l'orgoglio e la vergogna lo stessero consumando. Prima che lei gli parlasse.
Si alzò di scatto e tutti i presenti, intenti in altre attività, rivolsero lo sguardo verso di lui.

«Fratello...?», si lasciò sfuggire Jakotsu osservandolo, l'aria interrogativa.

«Vado a cercare la ragazzina.», disse semplicemente, il solito tono noncurante.

«Bankotsu, cosa...», proruppe Sango, il suo volto contratto in disappunto.

«Tranquilli, porto anche Banryu.», disse estraendo l'arma dal terreno e si incamminò.

«Gli estrarrà i frammenti dalla gola.», disse il piccolo Shippo succhiando il suo lecca-lecca.

* * *
«It's the eye of the tiger, it's the thrill of the fight, rising up to the challenge of our rival...»

Più che canticchiare, quello di Kagome era un pronunciare parole arrabbiate con sottofondo musicale. Ed ogni tre colpi che assestava, era una frase della canzone che andava.
Si bloccò un attimo, ansimante. Era andata in perlustrazione nel bosco alla ricerca di terra, sottili rametti e foglie. Una volta recuperato tutto ciò che le serviva, aveva versato tutto quel contenuto nel sacco di iuta che poi aveva chiuso con la cordicella apposita ed aveva appeso ad un albero.
E poi aveva cominciato a colpirlo. Colpiva ripetutamente, senza sosta, con le cuffiette ben piantate in testa e il lettore cd, appeso con un gancio al passante dei suoi jeans, che oscillava pericolosamente ad ogni colpo. Voleva colpire qualcosa, ne aveva bisogno. Aveva bisogno di sfogo. Più tardi avrebbe rivisto i suoi amici, avrebbe chiesto loro scusa se necessario – sì, era necessario – ma in quel momento, non c'era niente che potesse tenerla. Voleva sfogarsi, si era creata un diversivo senza dover colpire Inuyasha. Pensava di meritare un premio soltanto per quello.
Riprese a picchiare il sacco di iuta riempito di qualsivoglia materiale naturale, mentre “Eye of the tiger” continuava a martellarle le orecchie. Non aveva mai veramente ascoltato quella canzone fino in fondo, sapeva che era legata a quel film occidentale che suo padre guardava spesso. Dava comunque una strana carica, non sapeva spiegarlo; come se la spronasse a colpire. E infatti, continuò. A tratti si bloccava, sentendosi un'idiota, poi però pensava a quello che le era successo e riprendeva a picchiare il sacco; sapeva di averne bisogno. Non pensava che le rotture – anche se nel suo caso non si poteva definire tale – potessero essere così deleterie. O, forse, era proprio lei ad essere sbagliata.
Una volta le piaceva un ragazzino, aveva dodici anni. Non era andata bene, si era arrabbiata ma... non così tanto. Rifletté, comunque, che tutti quei mesi senza esplodere per bene avevano fatto sì che reagisse in quel modo. Ma sì, doveva essere sicuramente per quello. Un altro pugno, un altro ancora.
Inuyasha osservava Kagome dall'alto, senza essere visto. La guardava basito e al contempo rapito, mentre quella percuoteva ripetutamente quel sacco con una grinta che, sì, era proprio quella di Kagome. Era molto arrabbiata, non c'era più traccia di tristezza sul suo viso, solo rabbia. Quello era il tipo di reazione che si aspettava da Kagome, anche se non gli piaceva comunque quando era lui a provocarla. In nessun modo, in nessuna maniera voleva che Kagome stesse male. Ed egli sapeva quanto anche la rabbia le costasse. Sapeva anche che la rabbia le era comunque più affine ed Inuyasha vi era anche abituato... era sicuramente meglio che vederla piangere.
Deglutì a fatica quando la vide assestare un pugno ancora più forte; non gli sarebbe proprio piaciuto essere al posto di quel sacco. Aveva costruito quel sacco ripieno da sola. L'aveva seguita per tutto il tragitto, l'aveva vista raccogliere terra e foglie... ne aveva seguito l'odore. L'aveva seguita perché... non aveva dato una giustificazione a se stesso. Lo aveva fatto e basta, l'istinto lo aveva guidato nella sua decisione. Voleva proteggerla.
Inuyasha continuava a fissare Kagome ed era rapito dal suo modo di picchiare quel sacco, dai suoi tratti così belli e così crucciati. I capelli raccolti vibravano ad ogni colpo e gli sembrava quasi una guerriera di eterea bellezza.

Limitati a controllare che non le succeda qualcosa, scemo, si disse e volse il viso dall'altro lato, accompagnato dal rumore dei colpi e contandoli mentalmente.

Kagome diede l'ultimo colpo, più forte degli altri. Il sacco oscillò e per poco non le venne addosso. Ella lo accolse e lo abbracciò; appoggiò il viso sulla superficie ruvida mentre aspettava che il respiro tornasse regolare. Per un attimo pensò che sarebbe stato meglio abbracciare qualcun altro al posto del sacco. Sgranò gli occhi e si riscosse. Scosse la testa violentemente e lasciò il sacco, spingendolo indietro.

Non ho bisogno di lui, non più, si convinse. Ed io sto benissimo, perfettamente. Sarò di nuovo felice e mi divertirò. Mi divertirò un sacco.

Batté il povero sacco altre tre, quattro volte. E poi... due frammenti. Sempre più vicini, sempre più vicini...
Kagome si voltò di scatto, pronta a colpire. Il pugno venne preso da Bankotsu che lo bloccò perfettamente, con la mano corrispondente. Kagome sottrasse subito il pugno dalla sua stretta, ansimante. Tolse le cuffiette con un movimento rapido, abbassandole sul collo. Incrociò le braccia al petto, sulla difensiva.

«Ti serve qualcosa?», chiese subito.

Bankotsu le dedicò uno dei suoi soliti sorrisetti e fece spallucce.

«Sei brava. Quel sacco dovrebbe rappresentare qualcuno in particolare?», chiese avvicinandosi un po'.

Kagome si voltò. Non aveva voglia di interagire con nessuno al momento, specie con Bankotsu. Provava ancora quella specie di vergogna mista ad orgoglio ferito. Riprese a colpire il sacco, noncurante.

«Dipende... potresti anche essere tu.», rispose e le scappò un mezzo sorriso che nessuno poté vedere. O almeno, così lei pensava.

Inuyasha, dall'alto del suo ramo, per poco non era saltato giù quando aveva sentito l'odore di Bankotsu solleticargli il naso. Quel mercenario era spuntato fuori dal folto e si era posizionato alle spalle di Kagome, come se niente fosse. Quel dannato bastardo, sembrava fosse sempre dove Kagome andava. E sembrava più di un semplice caso, più di un cameratismo da compagni di viaggio. Rimase accovacciato sul ramo, la mano artigliata ferma sul tronco secolare, nascosto ed in ascolto. La bocca dello stomaco che sembrava aver preso fuoco. Strinse i denti.
Bankotsu si accostò a Kagome e le bloccò il braccio, piegato ad angolo, che stava per scagliare un altro pugno. Kagome trasalì. Non era abituata ad essere toccata da qualcuno in quel modo così deciso ma delicato al contempo; soltanto una persona la sfiorava in quel modo, ed era Inuyasha. Kagome, tuttavia, rimase immobile, non reagì, non si ritrasse. Neanche lei sapeva perché. Forse perché Bankotsu l'aveva colta di sorpresa, forse perché quel tocco le ricordava qualcosa. O forse, non si mosse semplicemente perché, in realtà, non ne aveva voglia.
Bankotsu le sollevò leggermente il gomito più in alto, poi le prese il pugno chiuso e lo accompagnò fino a colpire piano il sacco.

«Se alzi il gomito, il colpo sarà ben centrato.», spiegò e poi la lasciò andare.

Inuyasha vide Bankotsu toccare Kagome e sentì il sangue salirgli al cervello. La salivazione era azzerata, si sentiva pietrificato. Voleva scendere, voleva spaccare la faccia a quel tipo, l'aveva sfiorata, le aveva preso la mano. Lo aveva fatto davvero, quel bastardo! Stava per saltare e poi...

Kagome mi fissa, nei suoi occhi scorgo il risentimento, la rabbia. Deve aver visto tutto, deve aver visto me e Kikyo. Ha ancora lo zaino fra le mani, deve essere appena tornata. La guardo, incapace di dire nulla. E cosa potrei dirle? Sta un po' lì, come pietrificata. E poi, corre, va via, lontano da me. Ed io non oso seguirla, perché non posso cambiare le cose.

Inuyasha strinse i pugni e chinò il capo. La frangia argentea gli coprì gli occhi. Si volse dalla parte opposta con l'intero corpo, dando così le spalle a Kagome e Bankotsu.

Ti sei sentita così, Kagome? Quando hai visto me e Kikyo?, pensò. Spiccò un balzo ed, albero dopo albero, si allontanò. Non voleva più vedere.

Kagome volse il viso verso l'alto, un fruscio di foglie l'aveva incuriosita ma risolse che probabilmente si trattava solo di un volatile. Si volse nuovamente verso Bankotsu, in attesa, quasi volesse che le dicesse qualcosa. Nulla. Il mercenario la fissava e nulla di più.

«Se sei qui per darmi lezioni di lotta, guarda che...»

«Forse sono qui per scusarmi. Chi lo sa?», disse con noncuranza Bankotsu. Aggirò Kagome e si sedette per terra, a gambe incrociate, proprio accanto al sacco. «E sai, sarebbe la prima volta.»

Kagome prese a fissarlo con un sopracciglio inarcato e si bloccò. Bankotsu era la penultima persona con la quale volesse avere a che fare quel giorno; all'ultimo posto, ovviamente, il simpaticissimo Inuyasha. Bankotsu le fece segno di sedersi accanto a lui; diffidente, Kagome si sedette, ma un po' discosta. Bankotsu fece un sorrisetto poi sospirò.

«Di cosa dovresti scusarti, sentiamo?», chiese ed incrociò le braccia. Lo guardò di sottecchi. Sì, cominciava a sentirsi un po' curiosa.

«Piano, ragazzina. Non ho detto che mi sarei scusato sicuramente. Comunque, se mai lo facessi, sarebbe perché credo di aver urtato l'orgoglio di qualcuno.», disse e si voltò a guardarla. Kagome trasalì; Bankotsu tornò a guardare dritto davanti a sé, consapevole di aver colto nel segno. «Mi scuserei perché so che a questo qualcuno non piace essere debole o esser visto così, perché non se lo permette quasi mai.»

Kagome strinse le ginocchia al petto e si sentì scavata dentro. D'altronde, ricordò che anche lei aveva fatto lo stesso con lui, un po' di tempo fa. Non conosceva benissimo quel tipo, lui non conosceva bene lei. Eppure, davvero era bastato così poco per leggersi a vicenda?

«Sei sicuro che questo qualcuno sia realmente così?», chiese ad un tratto. Rivolse il capo verso il mercenario e lo poggiò sulle ginocchia.

«Non lo conosco da tanto, ma penso proprio che sia così. Credo che in qualche modo mi somigli. Anche per questo credo di capire questo qualcuno, quindi per questo potrei scusarmi.», spiegò e la osservò dritto negli occhi.

Kagome pensò che in un certo senso aveva ragione. Si ricordò del senso di disagio che Bankotsu provava quando si era appena unito al gruppo. Quell'orgoglio di capo che ancora lo tormentava, quel sentirsi un fallito per aver ricevuto una mano. Kagome rifletté che lei aiutava spesso gli altri ma era restia a farsi aiutare. In fondo, la animava lo stesso orgoglio di Bankotsu, in qualche modo. Chiuse gli occhi e si sentì un po' più libera, non sapeva come.

«Sai, credo che anche quel qualcuno ti chiederebbe scusa. Insomma, è parecchio isterico.», disse sollevando il capo e sorridendo.

Banktsu rise e fece spallucce. «Oh, quel qualcuno è sicuramente molto isterico! Ma credo che abbia avuto le sue buone ragioni.»

Kagome si avvicinò e diede a Bankotsu uno schiaffo sul braccio. Quello rise e finse di massaggiare la parte lesa. I due risero insieme, poi si guardarono.

«Tu hai mai pianto?», chiese Kagome improvvisamente. Bankotsu strinse le labbra e prese a guardare nuovamente dritto davanti a sé. La memoria riportò alla mente qualcosa, i ricordi cominciarono a succedersi. Vide il padre e la madre trucidati dai briganti, vide i suoi compagni giustiziati sotto i suoi occhi, vide Jakotsu che gli lanciava un bacio prima di essere decapitato, vide gli occhi vitrei e ormai spenti del fratello che aveva più amato osservarlo, mentre ormai stava per perdere la testa anche lui. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.

«No, non l'ho mai fatto. E forse, in alcune occasioni, avrei dovuto.», disse soltanto, con voce vuota. Se ne stava realmente rendendo conto soltanto adesso? Il pianto era da sempre una perdita di tempo per lui; o forse, lo giudicava così perché avrebbe dovuto passare a piangere la maggior parte della vita.

Kagome gli posò una mano sulla spalla e rimasero così, per un po'.

«Sappi che io ti sono debitore. Tutto quello che hai fatto tu per noi... per te è come se fossimo stati fin da subito membri della squadra...», cominciò, con un po' di fatica.

«Lo siete...», disse Kagome non capendo, corrugando le sopracciglia.

Bankotsu scosse la testa e alzò una mano, bloccandola.

«Taci, ragazzina. Quello che sto cercando di dire è che per me saresti stata un membro della Squadra. Se io e Jakotsu avessimo ancora quella Squadra, io...»

«Bankotsu, cosa...?»

«Dopo tutto quello che hai fatto per me e mio fratello, sei come una sorella per me.»

Kagome rimase un attimo a bocca aperta, poi aggrottò le sopracciglia. Le stava dicendo che, se i tempi fossero stati diversi, l'avrebbe presa in Squadra. Risolse che poteva considerarlo un gesto amichevole, sorvolando un attimo sul fatto che la Squadra dei Sette fosse stata un'oganizzazione di mercenari sanguinari, pluriomicidi, che aveva più volte tentato di ucciderla. Prese a grattarsi la testa con un dito e sorrise, desolata, mood Miroku. 

«Per te il termine “sorella” equivale ad “amica”, no?», chiese Kagome, un tantino confusa. Bankotsu fece spallucce ed annuì con un sorrisetto. Beh, sì, amica. Compagna di Squadra. Vicina nelle avversità. Persona su cui contare, persona da proteggere. Qualcosa di simile.

Kagome ricambiò il sorriso e si alzò. Si stiracchiò e respirò quanta più aria poteva. Si sentiva meglio, la rabbia c'era ancora ma poteva tenerla a bada, era ora di tornare indietro e comportarsi normalmente. O almeno, ci avrebbe provato. Avrebbe visto ancora Inuyasha, ma poteva farcela.
Anche Bankotsu si alzò e recuperò Banryu.
Kagome sciolse il sacco e lo mise nelle mani di Bankotsu, che si era offerto di portarlo. Prese arco e faretra e i due cominciarono a dirigersi verso la piccola radura verde dove si trovavano tutti gli altri. Ormai era pomeriggio inoltrato.

«Ipoteticamente, quel qualcuno accetta le tue scuse, comunque.», disse Kagome con noncuranza, mentre camminavano.

«Scuse?», chiese Bankotsu con espressione stupita, voltandosi verso di lei. «Non so di cosa tu stia parlando, ragazzina.»

 

Note:
Benvenuti ad un'altra puntata delle mie note testuali inutili, perché sì.
**Finalmente, anche Jakotsu prova il famigerato “brivido freddo” che più o meno tutti provano pensando soltanto alle sue profferte amorose. E naturalmente, chi poteva farglielo provare? Solo una Kagome totalmente impazzita.
**Obiettivamente, ditemi se la pensate come me. La divisa scolastica di Kagome mi è sempre stata sullo stomaco. Dico, avrai sicuramente altri capi di vestiario che saranno più comodi e se si sporcano... amen. Perché non li usi? Zia Rumiko, perché non la fai partire con un paio di pantaloni?! Quella povera divisa! Ha visto l'apocalisse! In una puntata ha perfino perso il fiocco. :c Io supporto il #salvaladivisadiKagome, la mia versione va in jeans, Converse e felpa. Almeno, si spera che nessuno le guardi le mutande quando cade da grandi altezze o saltella. Miroku è sempre in agguato. SEMPRE.
**Jakotsu, con periodo lunare, intende il nostro magico e fantastico periodo del mese, dove siamo tutte un po' più irritabili. ^^'
**Allora. Scrivendo questa fanfiction sto facendo un salto nel passato... Kagome ha 15 anni nel 1996, io nel 1996 ci sono nata. Quindi, sto andando avanti con ricerche in internet e consigli paterni. Dalle mie ricerche, in Giappone in quell'anno era già in commercio il lettore cd portatile, anche se altri comuni mortali avevano ancora il walkman. Mi spiace se alcuni riferimenti saranno un tantino fuori tempo o non molto azzeccati... faccio del mio meglio! Comunque, fino ad ora le canzoni citate proprio all'interno dei capitoli sono di anni precedenti al 1996, eh. Almeno quelle! ^^

 

Angolino autrice.
Sono riuscita a pubblicare ad una settimana esatta di distanza, le bozze aiutano sempre. Vorrei riuscire sempre ad aggiornare fra venerdì e lunedì, togliendo impegni vari. Speriamo di essere sempre così puntuali, va.
Comunque... si vede? Si vede, vero?! Non è fantastico?! E no, non mi sto riferendo al capitolo (non lo farei mai)! Sto parlando di quell'immagine bruttina lì su, con il nome della storia ed il mio nome. Ecco. Ci ho messo una serata per riuscire ad adattare quel collage. Una serata a rimpicciolirlo... per poi scoprire che potevo svolgere questa mansione su efp stesso. Beh, io e la tecnologia siamo due mondi a parte, quindi ringrazio di esserci riuscita. ^^'
Ho scelto appositamente immagini del manga perché è l'origine! E perché volevo fare in modo che tutti i personaggi potessero stare insieme, sembrando parte della stessa foto (è molto poetica così, un'altra verità è che mi piacciono le cose semplici e non so usare photoshop).
So che tante persone lo hanno già fatto e non è una grandissima novità... ma sono contenta e mi andava di condividerlo! xD
Ma bando ai miei discorsi inutili, andiamo al capitolo.
Ovviamente, non ne sono convinta. Più vado avanti e più mi areno. Questione di indecisione.
Kagome arrabbiata è terribile, me ne rendo conto.Beh, chi dopo una rottura è sereno? Dopo il pianto, viene la rabbia (ho conosciuto persone comportarsi peggio di Kagome e posso assicurare che picchiare un sacco aiuta). Inoltre, spero si sia capito ogni suo meccanismo mentale, la causa di ogni punta di rabbia...
Si nota che ho particolare attenzione nel far notare che i personaggi si lavano e sono puliti? Scherzo, il bagno ha il suo significato. La saponetta no, ma non penso che il fiume sarà inquinato da così poco... o sì?
Bene, Kagome non rispetta l'ambiente.
Inuyasha forse comincia a svegliarsi e pare avere un futuro come “Barone Rampante”. State forse pensando che io lo stia torturando? Vi giuro che mi piace Inuyasha, il nostro rapporto di odi et amo è bellissimo, chi mi conosce lo sa. Quindi, se lo faccio “soffrire” è a fin di bene....? Ma certo che sì, eh. (Perdonami Inuyasha, non uccidermi nel sonno. Ti ho sempre amato.)
Vabbé, in compenso abbiamo scoperto qualcosa sul passato di Bankotsu... pian piano, andiamo. Essendoci poche notizie sia su di lui che su Jakotsu, sto facendo di testa mia, chissà cosa accadrà.
Bene, mi eclisso. Togliendo il tono ironico che ho usato per tutto questo spazio, vi ringrazio seriamente di cuore, veramente tanto.
Grazie a tutti coloro che hanno aggiunto la storia a seguite, ricordate, preferite, chi legge in silenzio e chi commenta. Siete carinissimi e mi fa piacere suscitarvi emozioni, non mi stancherò mai di ripeterlo. Vi leggo sempre con affetto. :)
A presto!

RodenJaymes.

 

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Capitolo 7
*** Non volevi farlo ***




Non volevi farlo


Baby, I'm preying on you tonight
Hunt you down eat you alive
Just like animals
Animals
Like animals

Maybe you think that you can hide
I can smell your scent for miles
Just like animals
Animals
Like animals
[…]
Yeah, you can start over you can run free
You can find other fish in the sea
You can pretend it's meant to be
But you can't stay away from me.

Maroon 5, Animals

«Mmm, bene. Io sono la signorina Higurashi, benvenuti a questa prima lezione di scrittura per ignoranti...», cominciò a recitare Kagome, tutta compassata.

«Se mi dai dell'ignorante non è che mi venga tantissima voglia di frequentare, sai donna?», cominciò Jakotsu con espressione annoiata e le sopracciglia inarcate.

Kagome sospirò e si scompigliò i capelli. Bankotsu, Jakotsu ed il piccolo Shippo erano seduti davanti a lei, sul prato, sotto l'ombra di un grande albero, e la guardavano fisso, in attesa. Non sapeva perché avesse deciso di fare una cosa del genere, non lo sapeva proprio. Aveva pensato che fosse utile insegnar loro a leggere e scrivere. Bastavano le basi, i kanji essenziali, tutti quelli che sarebbero riusciti a memorizzare. Pensava di sottoporgli i primi, quelli che si studiavano al primo anno di elementari. Aveva appurato che almeno i due mercenari avevano qualche nozione blanda, quindi pensava sarebbe stato... semplice, in qualche modo. Shippo, invece, non sapeva proprio niente, ma era ancora troppo piccolo, comunque. Avrebbe soltanto assistito.

«Allora sarà “per principianti”.», tossicchiò con fare professionale e giunse le mani in grembo.

Bankotsu soffocò una risata e Jakotsu inarcò un sopracciglio, decisamente scettico. Già era stato trascinato dal fratello in quella farsa ed era a dir poco stupito ed irritato che quella femmina sapesse più cose di lui; figurarsi se poi continuava a comportarsi in quel modo strano.

«Di' un po', donna, perché ti comporti in modo così composto? Sarai forse malata?», chiese perplesso e strinse le labbra.

Kagome strinse i pugni e fece un respiro profondo. La calma dei Kami, la pace del Buddha, che ogni cosa discendesse su di lei. Voleva far finta di essere una vera professoressa e le professoresse, di solito, hanno pazienza. Non voleva diventare la copia della sua insegnante di matematica, una donna scorbutica e sempre incline all'ira. Rifletté che forse era già come lei, ma non intendeva comunque esserlo in quel fittizio contesto scolastico.

Il sole splende ed il cuculo canta, Kagome si calma e conta fino a quaranta.

Aveva elaborato quella litania per imparare a gestire la rabbia, dato che si era ripromessa di comportarsi da algida impassibile. Kagome aveva scritto una lista e riteneva che ci fossero precisi livelli di irritazione:

primo: Jakotsu e qualsivoglia battuta acida;
secondo: Bankotsu che guardava storto Inuyasha dandole di gomito;
terzo: Sango che si ostinava a farle il discorso, come se dovesse elaborare un lutto;
quarto: Inuyasha che si azzuffava con Shippo;
quinto: Inuyasha che rispondeva “tzé”, “fhé” e “fate come volete” ad ogni sorta di domanda esistente per lo scibile umano (e non);
sesto: Inuyasha che andava in giro a cercare Kikyo;
settimo: Inuyasha che si rapportava con Kikyo (baci, abbracci, contatti extra).

Sperava vivamente di non dover arrivare al settimo livello di irritazione ma, comunque sia, si era ripromessa di non esplodere almeno fino al quinto.
Okay, facciamo quarto. Terzo.
Insomma, ci stava lavorando.
Jakotsu rientrava nell'irritazione di tipo I e non si cede al primo livello.

Cedere al primo livello è da algida principiante, Kagome.

Rivolse a Jakotsu un sorriso tirato e lo guardò dritto negli occhi. Quello provò un brivido ghiacciato e si costrinse, non sapeva neanche lui perché, a star zitto. Bankotsu spalancò un po' la bocca, stranito, ed il filo d'erba che aveva fra le labbra gli cadde sulla coscia.

«Voglio solo essere professionale.», rispose in fine al mercenario e con fare aggraziato si portò una ciocca ribelle dietro l'orecchio. Poi prese a rovistare nello zaino giallo e tirò fuori dei fogli di carta e delle penne.

Prese un altro respiro profondo, guardò verso i rami dell'albero sotto il quale si trovavano e...

«Ehi, Inuyasha! Noi stiamo cominciando, non vuoi unirti?», chiese, quasi tutto d'un fiato.

Erano passati esattamente dieci giorni dalla loro litigata. Al settimo avevano ripreso a parlare. Dapprima, intervenivano entrambi in discussioni di gruppo che riguardavano il viaggio, Naraku, teorie sul possibile ricongiungimento della Sfera. Poi, erano arrivati a dialoghi singoli, in cui Inuyasha le chiedeva di passarle qualcosa e lei lo faceva, in cui lei poneva una domanda e lui rispondeva.
Un qualunque esterno avrebbe detto che la situazione era stata perfettamente ristabilita, che tutto era normale. Ma non era così. Dietro quella parvenza amicale c'era lo sforzo ed il sacrificio di entrambi, chi li conosceva bene poteva ben interpretarlo. Molte piccole cose erano cambiate, facendo intuire anche il cambio del rapporto fra i due, una fra queste era la presenza costante dell'aiutante di Miroku, Hachiemon. Togliendo il fatto che adesso fossero ben sette e coprire lunghe distanza soltanto con l'ausilio di Kirara sembrava impossibile... la ragione principale della presenza di Hachiemon era che Kagome aveva completamente smesso di viaggiare sulle spalle di Inuyasha. E non sarebbe stato per un giorno o due; non sarebbe più salita lì. Non poteva più stringerlo, non poteva più abbracciarlo in quel modo, permettere che la toccasse, annusare il suo profumo e stringerlo ancora di più, con la scusa di non voler cadere. Solo compagni di viaggio, nulla di più. Al contempo, in volo, Inuyasha si rifiutava di viaggiare con Bankotsu; o almeno, non lo esprimeva, ma la sua mimica facciale era chiarissima.
Dunque, su Kirara viaggiavano Sango, Kagome, Bankotsu e Shippo sulla spalla del mercenario e i restanti sul dorso di Hachiemon. Inuyasha mal tollerava anche quella divisione, ma non poteva opporsi, non poteva far più nulla.
Entrambi avevano preso a costringere le loro pulsioni, ad interiorizzarle, a nasconderle fino a farle quasi sparire. Nessuna gelosia, nessun commento. Qualche occhiata di tanto in tanto sfuggiva, ma si distoglieva lo sguardo, si dissimulava. Kagome, essendo abituata a smussare le proprie tristezze fino a farsi del male, riusciva a tollerare quel nuovo tipo di costrizione che aveva come unico scopo quello di salvare se stessa; andava avanti. Inuyasha, invece, non era abituato a nascondere né tanto meno a dissimulare; ogni volta che vedeva Kagome scherzare con quel Bankotsu o la osservava soltanto e la percepiva così lontana... era uno strazio, a volte gli sembrava di scoppiare, credeva di impazzire. Tuttavia, stringeva i denti e si costringeva a darsi una calmata. Perché Kagome doveva essere protetta, doveva proteggerla da se stesso.
Per quel motivo Inuyasha osservava dall'alto Kagome impartire lezioni di scrittura a quei due, senza parlare, senza intervenire. Le stava vicino se pur lontano, solo in quel modo riusciva a trovare un minimo sollievo. Anche se la presenza di Bankotsu lo torturava più di quanto non ammettesse a sé stesso.
Quando lei chiamò il suo nome, si sollevò leggermente e guardò di sotto, incontrando i suoi occhi grigi. Lei gli sorrise leggermente, lui strinse le labbra in quello che voleva essere una sorta di... sorriso dispiaciuto? Non era per niente bravo in quelle cose.

«No, Kagome. Credo proprio che rimarrò qui**.», disse con un tono meno burbero del solito. Poi si volse velocemente dall'altro lato e tornò a perdersi nei suoi pensieri e nelle sue afflizioni, osservando il cielo.

Kagome accolse il “no” di Inuyasha, aspettava quel rifiuto quasi fosse un vecchio amico. Non si augurava di certo che accettasse, ma voleva essere cordiale perché erano amici, erano compagni. Come amico ed individuo facente parte di un gruppo, come persona, Inuyasha non si sarebbe mai sentito né abbandonato, né escluso; quella era una promessa.

«Uffa, ma perché Inuyasha non partecipa? Non possiamo stare mai un po' insieme! É colpa tua, Primo Fratello!», disse Jakotsu imbronciato. Poggiò i gomiti sulle ginocchia incrociate e appoggiò il mento sulle mani. Kagome provò tenerezza guardandolo, sembrava proprio un bambino. Il piccolo Shippo scosse la testa con espressione fin troppo saggia, tanto da sembrare quasi il più grande dei tre.

«Quell'idiota... », sussurrò Bankotsu rauco con una smorfia di disgusto. Da quella chiacchierata nel bosco, il mercenario e Kagome erano diventati praticamente amici; giocavano a carte, andavano a cercare la legna con Shippo quando c'era da accendere il fuoco, scherzavano e si stuzzicavano a vicenda. Quella serie di attività portò Bankotsu a maturare ed elaborare un senso di protezione ancor più forte nei confronti della ragazza, tanto che quando vedeva, di tanto in tanto, gli occhi di lei velarsi di tristezza, avendo già in mente il nome del colpevole, desiderava soltanto prenderlo a pugni. Bankotsu non sapeva esattamente cosa gli stesse succedendo, si era ritrovato a mal sopportare Inuyasha perché causava sofferenza a Kagome; e Kagome era così pura, così generosa... non meritava che qualcuno la facesse soffrire. Bankotsu strinse leggermente i pugni e si morse il labbro, seccato. Jakotsu osservò bieco il fratello ed aggrottò le sopracciglia. Bankotsu gliela contava sempre meno giusta...

Kagome si inginocchiò e si sistemò a forza, facendosi posto nel poco spazio fra i due mercenari. Diede una spallata incoraggiante a Jakotsu ed un pizzicotto ammonitore sulla guancia di Bankotsu. I due sbuffarono contemporaneamente e Kagome rise. Poi, prese a distribuire i fogli e diede loro le penne. I due ragazzi cominciarono a rigirarsi fra le mani quegli oggetti di plastica, confusi e completamente rapiti.

«Questa è una penna. Sostituisce il pennello e l'inchiostro. Togliete quel cappuccio nero che vi è sopra: si chiama tappo. Ecco, bravi. Vedete questa striscia nera all'interno di questo tubo trasparente? Questo è l'inchiostro...», cominciò a spiegare, smontando la penna davanti i loro occhi, mentre i due ragazzi assimilavano quelle informazioni. Shippo prese i suoi colori a cera e iniziò a disegnare, poco interessato. Lui sapeva già tutte quelle cose!

«L'inchiostro è tutto qua dentro? Non devo intingere...», prese a dire Bankotsu guardando la penna, confuso.

«No! Guarda.»

Kagome avvicinò la punta della penna ad un foglio bianco e cominciò a tracciare alcuni segni a caso. Bankotsu e Jakotsu la guardarono allibiti e poi estasiati. Kagome chiuse la penna con espressione tronfia e soddisfatta: si sentiva sempre un genio quando i ragazzi del Sengoku la osservavano in quel modo, come se avesse mostrato l'invenzione della vita. Kagome si alzò e corse velocemente allo zaino; infilò quasi la testa dentro, alla ricerca di qualcosa. Quando trovò ciò che cercava, dopo alcuni minuti, si voltò con un sorriso, prima di vedere ciò che l'aspettava. Bankotsu e Jakotsu avevano segni di penna sul viso e sulle braccia. Ridevano come due perfetti idioti mentre cercavano di macchiarsi ancora vicendevolmente. Kagome strinse i fogli che teneva in mano, indecisa se inserire quello spettacolo fra i livelli di irritazione, poi sospirò. Si ritrovò a soffocare una risata quando si accorse che sulla guancia di Bankotsu il fratello aveva disegnato una brutta copia di Inuyasha con Tessaiga sguainata. Si schiarì la voce e si costrinse a tornare seria.

«Non vi ho detto che dovevate macchiarvi a vicenda... lasciamo perdere, eh. Comunque, ho preparato delle cose per voi.», disse e diede loro due fogli l'uno. «Ho scritto alcuni kanji e accanto ho fatto un disegno di cosa rappresentano, così potete ricopiarli e memorizzarli e...», iniziò a spiegare indicando con un dito le varie scritte sul foglio.

«Questa è una patata?», chiese Jakotsu avvicinando il foglio al viso, l'espressione totalmente confusa. Kagome si avvicinò a lui e si chinò fino a sfiorare i capelli di Jakotsu con il mento, per guardare meglio. Lui prese ad indicarle insistentemente con un dito la figurina accanto ad un kanji. Kagome assunse un'espressione crucciata.

«É una persona, Jakotsu...», sussurrò Kagome in risposta.

«No, donna, è una patata.», insisté quello, indicando ancora il disegnino. Bankotsu si avvicinò ed osservò meglio, poi rise.

«Ehi, è vero! Sembra proprio una patata!», disse fra le risate.

I due giovani cominciarono a battersi pacche sulle spalle e a ridere come due idioti mentre Kagome li osservava stizzita. Shippo si allontanò lievemente con il suo disegno, convinto che potesse succedere qualcosa di poco piacevole.

«Oh, insomma! Non è una patata, è un uomo! Non siamo qui per discutere delle mie abilità artistiche, mettetevi a copiare quei dannati kanji!», sbottò incollerita, poi fece un sorrisone tirato e palesemente costruito. «Ora, io mi metterò qui e studierò un po'. Tra un po' vedrò cosa avete fatto. E passatevi questo in faccia. Siete tutti sporchi.», disse poi, tirandogli dei fazzoletti umidi.

Bankotsu e Jakotsu, fra mugugni e lamenti vari, si pulirono e cominciarono a lavorare. Kagome annuì soddisfatta. Si posizionò sotto il grande albero e poggiò la schiena contro il tronco robusto; prese il libro di matematica e cominciò a fare qualche esercizio. L'atmosfera era tranquilla, tutto procedeva perfettamente. I due continuavano il loro lavoro di copiatura, ogni tanto si infastidivano a vicenda, dandosi pacche o piccoli buffetti, Inuyasha era sull'albero, Shippo colorava. Miroku e Sango erano poco distanti, una a lucidare Hiraikotsu, l'altro a dormicchiare.
Kagome continuava a svolgere i suoi compiti, con impegno. Odiava la matematica, ma era sempre stata brava a scuola e non aveva mai permesso a quella perfida materia di intaccare la sua media. Da quando si ritrovava sospesa tra due epoche, costretta molto spesso ad assentarsi, aveva avuto un po' più di difficoltà. Ma con una dose di impegno, organizzazione ed appunti altrui era riuscita a barcamenarsi con buoni risultati. I voti erano leggermente più bassi, ma mai insufficienti, ed i professori ritenevano che quel piccolo calo nel rendimento fosse semplicemente dovuto ai “lunghi e spossanti periodi di malattia”. Kagome sorrise mentre finiva l'ultimo esercizio della pagina; andò a quella successiva, sistemando gli appunti di Eri. Erano utilissimi, avrebbe fotocopiato soltanto i suoi da quel momento in poi. Si sistemò meglio contro il tronco dell'albero e tenne il libro ben aperto sulle ginocchia. Stava per scrivere il primo esercizio della pagina successiva, pronta a svolgerlo, quando cominciò a sentire le palpebre farsi pesanti. Lottò per tenere gli occhi aperti ma notò che più ci provava, più non riusciva; c'era qualcosa di più forte, qualcosa che non poteva controllare che la stava costringendo ad abbassare le palpebre, lentamente. Eppure, non aveva sonno, non si sentiva stanca. Sbatté un paio di volte le palpebre finché non fu tutto inutile. Chiuse gli occhi e si addormentò. Il suo corpo si rilassò, come un sacco vuoto, e scivolò leggermente contro il tronco.

* * *
Kagome aprì gli occhi e piombò in un nero plumbeo, non sapeva dove si trovasse. Si guardò intorno ma vedeva soltanto nero e nient'altro. Si stropicciò gli occhi e cominciò a sentire un certo senso di disagio. Avvertiva qualcosa di malsano in quel luogo, sapeva che non doveva essere lì. Una sensazione di pesantezza prese ad invaderle il petto, aveva difficoltà a respirare. Prese a camminare con le braccia incrociate e strette al ventre. Più si addentrava più nero c'era; non vedeva nulla. Poi, in tutto quel nero, finalmente una luce; proveniva dal suo costato, sul lato sinistro. Lì dov'era la Sfera dei Quattro Spiriti poco tempo prima, all'interno del suo corpo.
Una luce violetta, che conosceva fin troppo bene, prese a brillare potentemente, rischiarando ovunque intorno a lei. Ma tutto rimase nero com'era, nero spruzzato di viola. Guardando meglio, Kagome notò che un filo luminoso, del medesimo colore della luce, partiva da dove quella si irradiava; l'altra estremità del filo non poteva essere vista. La giovane miko tentò di toccare il filo violaceo ma non appena il suo dito lo sfiorò, passò attraverso, come se non lo avesse realmente toccato.
Era inconsistente.
Kagome corrugò le sopracciglia ed una curiosità stana la pervase.
Chi o cosa vi era all'altra estremità del filo? Si guardò intorno un'altra volta, la luce che brillava intensamente sul suo fianco. Non aveva le sue frecce, non aveva nessuna arma con sé.
Poi, prese a muoversi. Un passo dopo l'altro, nel nero, alla ricerca dell'altra estremità del filo. Doveva sapere. Determinata ed ansiosa al contempo, il filo che si accorciava, sparendo fra le sue costole.
L'aria era sempre più densa, rarefatta. La difficoltà ad introdurre aria all'interno dei polmoni si fece sempre più intensa. Kagome prese a correre disperatamente, doveva arrivare all'altra estremità del filo, prima che non potesse più respirare, prima che potesse succedere qualcosa.
Si bloccò di colpo, sgomenta. La difficoltà a respirare che sentiva era provocata da un miasma nero e spesso che probabilmente dava colore a quel posto. Deglutì rumorosamente ed a fatica.
Avvolta da rivoli di quel miasma infernale vi era Kikyo, nuda, i capelli corvini sciolti che sembravano tutt'uno con quella nube nera. Kagome notò con disgusto che il miasma era generato da lei, da uno squarcio profondo che si protraeva dalla clavicola destra fin quasi al seno. Kagome si volse a guardare il filo e vide che l'altra estremità si trovava proprio all'interno del fianco sinistro di Kikyo.
Kikyo la guardò con espressione impassibile ed anche lei restituì lo sguardo, mantenendo la stessa ed identica espressione.
In realtà, provava una grandissima angoscia. Un palpabile e consistente senso di angoscia. Ansimava, il respiro le si mozzava ogni volta che tentava di inspirare.

«Scegli se salvare o distruggere.», disse Kikyo freddamente ma con educazione.

Kagome non capì. Sentì le gambe cederle, sentiva i polmoni bruciare insistentemente, il miasma le stava facendo male. Tuttavia rimase dritta, il respiro affannoso. Lo sguardo grigio e fiero fisso in quello grigio e spento di Kikyo.

«Sei ancora in vita, dunque. Dove ti trovi, sacerdotessa?», chiese, composta e glaciale. Non si chiese neanche come poteva parlarle, come era giunta lì, perché. Non vi era tempo per pensare, solo per agire.

«Sono sospesa, sono vicina. Giungerai quando il sole è a metà del suo corso, scortata da Somma figura.»

Kagome voleva parlare, chiedere, ma cominciò a tossire. Le gambe cedettero e si ritrovò in ginocchio. Si strinse le braccia al petto, la tosse non voleva fermarsi. I suoi occhi iniziarono a vedere sfocato e nebbioso. Le palpebre le si fecero pesanti.

«Atte... volatili … fuoco.»

Le parole le arrivarono ovattate, provò a tenere gli occhi aperti ma non vi riuscì. E cadde come corpo morto**.

* * *
Bankotsu si stava impegnando moltissimo. Non sapeva esattamente perché, ma voleva fare una buona figura; voleva che quei kanji fossero copiati perfettamente e, mentre li scriveva, provava anche a memorizzarli. Sbirciò verso Jakotsu e lo vide inattivo; l'espressione imbronciata e la testa sorretta dal gomito poggiato sulla coscia.

«Che fai lì, inattivo? La ragazzina ci ha detto di copiare tutti i kanji.», disse Bankotsu mentre tornava a fare il suo lavoro.

Jakotsu lo guardò con la coda dell'occhio e sospirò. Che noia che era! Tutto affaccendato, per quale ragione poi? Smise di guardarlo. Se non stava attento, sarebbe scoppiato a ridere ed il Primo Fratello si sarebbe accorto cosa aveva disegnato sulla sua guancia! Il disegno era sbiadito ma il solo pensiero gli faceva venire una gran voglia di ridere. Se solo avesse saputo... meglio evitare.

«Questo gruppo ti sta rendendo noioso, Primo Fratello. Io ho già terminato il mio lavoro.», disse chiudendo un occhio, assonnato e senza nessun entusiasmo. Avrebbe schiacciato un pisolino volentieri, proprio come stava facendo quella donna!

Bankotsu strabuzzò gli occhi e afferrò i fogli che il fratello aveva fra le gambe incrociate. Eh, sì. Aveva proprio ricopiato tutto. Ed anche con una grafia più pulita ed ordinata della sua; i kanji erano così perfetti. Fece una smorfia e per un attimo lo assalì lo sconforto. Perché non era in grado di scrivere i segni in maniera così ordinata?! Sospirò rumorosamente, sentendosi senza speranza. Jakotsu si volse a guardarlo e gli dedicò un'occhiata perplessa.

«Primo Fratello...?»

«Dannazione! Guarda qui! Perché i tuoi segni sono così ordinati ed i miei sono bruttissimi?! Sono peggio di una miniatura disegnata da quella ragazzina! Accidenti!», sbottò con fervore. Jakotsu sbatté le palpebre più volte, totalmente confuso. Sembrava quasi che il Primo Fratello si stesse... lagnando? Sgranò gli occhi e poi scoppiò a ridere sguaiatamente.

«Senti, se vuoi posso ricopiare io i kanji che ti rimangono. Ad una condizione.», disse Jakotsu con voce graffiante e persuasiva, sollevando l'indice sotto il naso di Bankotsu, come a sottolineare l'esistenza di quell'unica clausola. «Mi darai la tua razione di patate secche per venti giorni.»

Bankotsu strinse le labbra e gonfiò le guance. Incrociò le braccia e si volse dall'altro lato con l'intero corpo, dando le spalle al fratello.

«Non ci penso neanche. In fondo, non mi interessa proprio per niente, questa stupida cosa della scrittura.», disse con gli occhi socchiusi ed un tono superbo. Jakotsu fece un sorriso sinistro e si sfregò le mani, con aria maligna, conscio che nessuno potesse vederlo. Beh, una razione di patate secche in più non era cosa da niente: l'avrebbe ottenuta. Si avvicinò a Bankotsu, che gli dava le spalle, lo circondò con le braccia e poggiò il mento languidamente sulla sua spalla. Bankotsu guardava da tutt'altra parte, impassibile ed indifferente.

«Bankotsu-samaaa...», cominciò Jakotsu con voce leziosa.

«Non ci provare.», disse Bankotsu grattandosi una tempia con espressione perplessa.

«...dunque preferisci che quella ragazzina sappia che non sei capace di scrivere dei segni decenti.», disse e sbatté le palpebre più volte con fare innocente, come se fosse un bambino. Bankotsu s'irrigidì e Jakotsu sorrise. Orgoglio: con Bankotsu funzionava quasi sempre. «Già che lei sappia più cose di noi... ed è una donna... non è mica Renkotsu...»

Bankotsu si voltò di scatto e si mise di fronte il fratello. I due si guardarono fisso per un attimo.

«Quindici giorni.»

«Ahh, Primo Fratello sei così prevedibile!», disse Jakotsu strappandogli i fogli incompleti e cominciando a lavorare. Bankotsu fece una smorfia e sbatté con forza le mani sulle ginocchia.

«Falla finita! Jakotsu, sei proprio un disgraziato, da quand'è che hai cominciato a ricattarmi? Razza d'ingrato!»

«Se credi che questo sia un ricatto, sei proprio un bel tipo! E meno male che sono l'unico di cui ti fidi.», disse Jakotsu con finta aria offesa ed imbronciata.

«Già... proprio quello che dico io...», disse Bankotsu con aria incollerita mentre continuava a punzecchiare la testa di Jakotsu con un dito, a ripetizione.

«Di', Bankotsu... guarda un po' come se la dorme quella donna! E noi qui, a fare queste cosette sceme...», disse Jakotsu distrattamente, osservando Kagome.

Bankotsu smise di punzecchiare il fratello e si voltò ad osservare Kagome. Prima era seduta, adesso il suo corpo si ritrovava quasi ai piedi dell'albero, scomposto, come un sacco vuoto. Era mollemente adagiata sul prato, la testa che poggiava malamente su di una radice fuoriuscita dal terreno. Era scivolata lentamente, fino a toccare terra. Eppure, non si era svegliata, sembrava preda di un sonno molto profondo. Prima ancora che la sua mente riuscisse a formulare un pensiero, si alzò e andò verso di lei. Jakotsu sollevò lo sguardo dai fogli e lo piantò sul fratello. Ma che cosa stava facendo? Perché si stava avvicinando a quella donna?
Bankotsu si inginocchiò accanto alla sacerdotessa e fece per scostarle una ciocca di capelli dal viso, per poi ritirare la mano prima ancora di averlo fatto. Si soffermò ad osservare i tratti del suo viso, rapito. Notò che respirava in maniera affannosa, il suo petto si alzava e si abbassava molto velocemente; decise che probabilmente era la brutta posizione nella quale la giovane si trovava. Aggrottò le sopracciglia, confuso da quello che stava facendo. Non sopportava di vederle quell'espressione crucciata anche nel sonno. Le infilò una mano dietro la schiena e la sollevò leggermente, per posizionarla meglio. La depose accuratamente sul prato. Il volto manteneva quella smorfia, sembrava... dolorante? Bankotsu le sollevò la schiena, quasi a metterla seduta, tenendola fra le sue braccia; le gambe erano distese sul prato.
Kagome continuava a respirare affannosamente ed aveva cominciato a stringere i pugni convulsamente. Bankotsu assunse un'espressione seria; Kagome stava male.

«Cosa sta succedendo qui?», chiese una voce sprezzante e maschile, alle sue spalle. Inuyasha si inginocchiò di fronte a lui, il corpo di Kagome a dividerli. Rimase un attimo perplesso osservando quel Bankotsu: sembrava quasi che quello scarabocchio sbiadito sulla sua guancia gli somigliasse. Scosse la testa, come ad eliminare quel pensiero.

I due si guardarono in cagnesco per millisecondi, poi l'attenzione del mezzo demone fu completamente assorbita da Kagome. Aveva un aspetto pessimo. Inuyasha impallidì e strinse in una mano uno dei pugni che Kagome apriva e chiudeva ripetutamente, senza pace.

«Jakotsu, chiama quei due.», ordinò Bankotsu, riferendosi a Sango e Miroku. Ignorò completamente Inuyasha e continuò a guardare Kagome. Jakotsu si alzò e si mosse, obbedendo al Primo Fratello; non gli sfuggì quella sfumatura di apprensione che aveva scorto nello sguardo del suo compagno.

«Kagome? Kagome, svegliati! Accidenti!», urlò Inuyasha stringendo ancor di più il pugno chiuso della ragazza. Era tremendamente angosciato.

Bankotsu avvicinò una mano al viso di Kagome e le scostò finalmente quella ciocca dal viso. Aveva la fronte imperlata di sudore e fremiti la prendevano in continuazione. Il respiro era sempre più grosso e affaticato. Inuyasha gli lanciò un'occhiataccia e strinse i denti.

«Ragazzina, avanti. Apri gli occhi.», le sussurrò perentorio, come se le stesse dando un ordine.

«Ehi, tu. Toglile le mani di dosso. Dammela.», disse Inuyasha con rabbia mal trattenuta. Bankotsu notò che stringeva una mano di Kagome nella sua, con agitazione. Bankotsu assunse il suo miglior cipiglio di sfida e fece un sorrisetto provocatorio. Strinse Kagome leggermente più a sé ed Inuyasha scattò in avanti.

«Puoi scordartelo.», soffiò con arroganza.

«Quando si sveglierà, non le piacerà sapere che l'hai toccata ancora in quel modo.», ringhiò Inuyasha quasi faccia a faccia con Bankotsu, la mano stretta in quella di Kagome, soltanto il suo corpo fra i due.

A Bankotsu non sfuggì quell' “ancora”. Così il mezzo demone, quella notte, aveva visto. Lui era lì. Un nuovo sorriso di scherno gli macchiò il viso.

«Credo che non sarebbe molto felice di farsi toccare neanche da te, adesso. Dico bene, Inuyasha?»

Inuyasha contrasse il viso in un'espressione furiosa, i denti stretti, la mascella contratta. Il mezzo demone fece scricchiolare minacciosamente le dita artigliate della mano libera e si sporse in avanti. Il suo viso era nuovamente vicino a quello del mercenario.

«Dannato bastardo. Ringrazia soltanto che Kagome sia qui, in mezzo. Perché...»

«Fratello. Ora basta.»

Una mano sulla spalla fece sobbalzare Bankotsu. Sollevò il viso e scorse Jakotsu accanto a sé. La sua espressione seria ed ammonitrice, così diversa dal suo solito, lo stupì e lo turbò. Si zittì e non rispose. 
Il monaco, la sterminatrice e quello strambo di Hachiemon erano accorsi immediatamente, insieme al volpino che si era allontanato con loro, alcuni minuti prima. Kagome venne scossa debolmente ma non reagiva minimamente a nessun richiamo e stimolo. Tremava e respirava affannosamente, il volto contratto. Poi, tutto cessò. Il suo corpo si rilassò progressivamente. Lentamente, dopo aver sbattuto le palpebre molte volte, due occhi grigi si spalancarono di scatto.

* * *
Kagome fece fatica a riemergere dal sonno. Quando il nero iniziò a diradarsi, ricominciò a sentire nuovamente il controllo sul suo corpo. Le faceva un gran male il collo e sentiva le membra parecchio indolenzite. Non riusciva ancora ad aprire gli occhi; cominciò a sbattere le palpebre continuamente, ad un ritmo incalzante, fino a che, finalmente, non riuscì ad aprirli. Li aprì di scatto, li spalancò più che poté. Voleva godere nuovamente della visione della luce, aveva bisogno di chiarore.
Fu grande la sua delusione quando le sue pupille prostrate misero a fuoco soltanto della penombra. Con la vista offuscata, non riuscì subito a mettere a fuoco il perché della luce mitigata.
E poi, vide.
Le teste di Inuyasha e Bankotsu erano tanto vicine da toccarsi e, cosa ancor più imbarazzante, erano chine sul suo viso, quasi a volerne saggiare il respiro. Vide la fronte aggrottata di Inuyasha spianarsi, come preso da sollievo, e Bankotsu increspare le labbra in un sorrisetto. La parte destra del suo corpo aderiva totalmente a Bankotsu e la sua mano sinistra era stretta in quella di Inuyasha. Il suo cervello ci mise almeno tre minuti a realizzare bene il tutto.
Sgranò gli occhi per quanto le era possibile e le guance le si imporporarono velocemente. Al suo cambio d'espressione, anche Inuyasha e Bankotsu si incupirono.
Kagome si alzò di scatto, spingendo indietro i due ragazzi con una forza che non credeva di avere. Scattò in piedi velocemente, tanto che la testa prese a girarle e rischiò di inciampare. Vide un barlume rosso svolazzarle davanti agli occhi e si ritrovò il braccio di Inuyasha che l'aveva afferrata circondandole il busto, per evitare che cadesse lunga distesa in avanti. Rimase per un attimo così, poi si liberò subito.

«Kagome!», urlò Sango. Lasciò finalmente il braccio di Miroku che aveva artigliato finché Kagome non si era ripresa.

«Volete smetterla di toccarmi? Si vince per caso qualcosa?!», sbottò sotto gli occhi perplessi ed a tratti preoccupati di tutti. Cos'erano quelle facce? Aveva forse dato mostra del suo disagio onirico anche nel mondo reale?

OH. NO. Ovviamente, per questo mi erano tutti addosso. Ora vorranno delle spiegazioni. Che stupida che sono.

Kagome cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore e si sentì in ansia, senza capire perché. O forse, semplicemente, non voleva ammetterlo.

«Se può farti star tranquilla, io non ti toccherei mai.», la informò Jakotsu con un sorrisone compiaciuto. Bankotsu scoppiò a ridere, ma suonò alle orecchie del fratello come una risata nervosa, come se servisse a liberarsi della tensione accumulata.

«Confortante.», borbottò Kagome cominciando a muovere un piede avanti ed indietro.

Inuyasha le si avvicinò con un'espressione seria piantata sul viso. Si fermò soltanto quando le fu completamente di fronte.

«Si può sapere che cosa ti è successo?! Hai idea del colpo che mi sono preso?», le urlò.

«...che ci siamo presi.», lo corresse Miroku, muovendo leggermente il bastone sacro.

Kagome strinse i pugni e s'irritò. Sapeva che si era preoccupato per lei, che quello era il suo modo di esprimere l'apprensione, ma porca miseria! Poteva smettere di urlarle in quel modo? …quella Kikyo, accidenti!

Come se ne avessi colpa! Dillo alla tua ragazza morta!

«Non ne ho colpa, smettila di urlare in questo modo villano.», disse con un tono tanto ghiacciato quanto incollerito. Inuyasha si bloccò, poi annuì semplicemente. Prima il bastone di Miroku, poi lui stesso, si posero fra loro, dividendoli.

«Cosa mi è successo?», chiese poi e si volse verso Bankotsu, ancora inginocchiato sull'erba.

«Ti sei addormentata molto tempo fa. Poi hai preso a respirare affannosamente, a tremare e stringere i pugni. Il tuo volto era contratto ed esprimeva dolore.», spiegò in tono piatto, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Jakotsu notò che il fratello aveva appositamente omesso il fatto che inizialmente si fosse avvicinato alla ragazza solo con l'intento di spostarla.

Kagome annuì, seria. Prese un respiro profondo e poi puntò i suoi occhi grigi in quelli di Inuyasha. Il mezzo demone si sentì inchiodato da quello sguardo così intenso. Cosa stava per dirgli? Aveva avuto così paura che le fosse successo qualcosa che si beò più del consentito di quel contatto visivo. Si rese conto di come aveva sentito la mancanza di quelle iridi grigie, delle sue. Non lo guardava in quel modo da quelli che gli sembravano secoli. Avrebbe potuto coprire facilmente quel mezzo passo che li separava, scartare Miroku, ed abbracciarla; non lo fece. Si era permesso di stringerle la mano, di sentire quel calore mentre pensava che stesse sfuggendo via. Adesso poteva tornare a fingere di far finta di nulla.
Kagome fissava Inuyasha negli occhi e quelle pozze dorate le tolsero la forza di far uscire le parole che stava per pronunciare. Come avrebbe potuto? Sarebbe scappato via da lei un'altra volta, lo avrebbe visto sgusciare via ancora. Ma doveva. Ormai, non c'era più niente che potesse evitarlo e lei si era ripromessa di non farsi intaccare, di essere distaccata... e poi Inuyasha doveva sapere, doveva poterla salvare. Non poteva nasconderglielo, non sarebbe stato giusto. Inoltre, vi era di mezzo la vita della sacerdotessa, ne era sicura. Quella visione del miasma non le faceva presagire, ovviamente, nulla di positivo.

«Ho fatto un sogno. Mi trovavo in un posto buio e... poi è apparsa lei. Eravamo collegate da una sorta di filo.», parlò lentamente e con cautela. Lasciò che Inuyasha assimilasse quel “lei”, che la sua mente lo scandisse; lasciò che tutti annuissero, poiché era impossibile non capire a chi si stesse riferendo. Poi, continuò. «Aveva uno squarcio nel petto, da lì usciva del miasma, non riuscivo... non riuscivo a respirare. Parlava in modo enigmatico. So solo che è vicina e sospesa probabilmente fra vita e morte. Ha detto che giungerò scortata da Somma figura quando il sole sarà a metà del suo corso. Non so dove, non so quando.»

Inuyasha annuì, pietrificato. Non erano solo vane speranze, illusioni. Kikyo era viva, lo era sul serio. Kikyo era vicina. Doveva salvarle la vita, chissà in che condizioni pietose verteva. Kagome l'aveva vista circondata dal miasma, quella cosa lo preoccupava oltremodo. Quel bastardo di Naraku. Non aveva smesso di tormentarla neanche un minuto, nemmeno un attimo.

«Miroku, tu che ne pensi?», chiese Sango guardandolo con ansia.

«Credo che la Somma Kikyo abbia usato una parte del potere spirituale che ancora possiede per instaurare un contatto con la Divina Kagome. Kagome è la sua reincarnazione ed inoltre Kikyo ha in corpo una piccola parte della sua anima; non dev'essere stato difficile per lei. Quello che mi chiedo è cosa intendesse con l'ultima frase.», disse Miroku con aria assorta, carezzandosi il mento.

Kagome incrociò le braccia al petto e lo guardò, distogliendo lo sguardo da Inuyasha. Vederlo così assorto, così interessato, faceva male. Ma era così che sarebbe andata ed era giusto, in qualche modo. Lo sapeva.

«Non capisco chi dovrebbe essere la Somma figura e non capisco perché non le è stato possibile essere più chiara. Mi ha detto qualcos'altro, ma non riuscivo più a sentirla. Ho sentito soltanto “fuoco” ed una parola che forse si avvicinava a “volatili”.», disse e poi tacque.

«Ecco, io...»

Inuyasha parlò e tutti si voltarono verso di lui. Si sentì in colpa anche solo per aver detto qualcosa, per aver innescato quello che sarebbe stato, probabilmente, l'ennesimo dolore di Kagome. Ma non poteva far nulla, non poteva impedirsi di cercare Kikyo, di bramare la sua salvezza, il suo volerla al sicuro. Non avrebbe fallito un'altra volta, non ancora...
Tutti avevano intuito ciò che Inuyasha stava per dire, nessuno escluso. L'intenzione era dipinta sul suo volto tormentato, ancor prima che si esprimesse a parole, ancor prima che desse colore alle sue emozioni. Kagome lo osservò a lungo.

«Sei ancora qui? Va', Inuyasha. Vedi se riesci a trovarla prima tu.», disse tranquillamente, nessuna emozione nella voce. E forse, quel tono atono, fece male ad Inuyasha più di qualsiasi altra lacrima. Ma non poteva far altro e preferiva soffrire lui al posto suo.

Jakotsu fulminò Kagome con lo sguardo. Che ne era stato del patto? Cosa stava facendo? Si affossava da sola? Corrugò la fronte alta e si fece avanti. Dopo quella litigata, quella donna doveva provare a recuperare. Non poteva precludersi tutte quelle possibilità che aveva. Che razza di stupida!

«No! Sarebbe opportuno andare tutti insieme. Non trovate? La sacerdotessa ha detto che deve essere la donna a trovarla... ci sarà un motivo, no?», disse tutto d'un fiato Jakotsu, sperando d'essere convincente. Quella donna avrebbe mandato tutto il suo piano a farsi benedire.

Kagome si volse leggermente verso di lui e sorrise con un sopracciglio inarcato. Apprezzava il fatto che Jakotsu pensasse ancora al suo strambo piano; ma non era più il tempo di giocare a fare i maghi del complotto.

«Ma no, va bene. Vai Inuyasha. Sta benissimo a tutti noi.», calcò su quel benissimo e poi si volse come se niente fosse. Prese a raccattare i suoi libri per rimetterli nello zaino. «Dovremmo recuperare qualche pesce per cena. Ci pensate voi?», aggiunse, indaffarata.

Inuyasha socchiuse gli occhi poi, impaziente, con un balzo, sparì fra la vegetazione, seguendo chissà quale pista.
Miroku e Sango annuirono, consapevoli che quella fosse una richiesta di solitudine; Shippo ed Hachiemon li seguirono ed anche Jakotsu si allontanò con una smorfia.
Bankotsu era ancora seduto sul prato ed osservava Kagome riporre le sue cose. Quando la ragazza arrivò a raccogliere i loro fogli scritti, alzò lo sguardo su di lui. Gli sorrise e gli diede un buffetto sulla guancia macchiata.

«Ehi, avete fatto un buon lavoro. Mi complimenterò anche con Jakotsu più tardi.», disse. Si alzò e si stiracchiò, volgendo lo sguardo verso il cielo che, pian piano, si tingeva di rosso.

«Non soffrire.», disse Bankotsu, senza pensarci.

Kagome si volse di scatto verso di lui, presa alla sprovvista; il suo volto si crucciò improvvisamente, come se stesse per scoppiare. Prese a stropicciarsi gli occhi.

Livello irritazione tipo VI, accidenti. Resisti Kagome!, pensò soltanto.

Si stava impedendo di piangere, si capiva. Poteva capirlo. Bankotsu distolse lo sguardo, in una sorta di rispetto misto a comprensione.

Non le piace che io la veda, non le piace.

E poi la vide accovacciarsi di fronte a lui. Gli sorrise triste e gli lasciò una carezza sulla guancia, prima di alzarsi. Bankotsu fu tentato di toccare quella mano che si era soffermata forse più del dovuto sul suo volto; ma aveva pensato troppo. Quando stava per farlo, quel calore momentaneo era già svanito.

«Passerà.», rispose lei. Gli sorrise ancora, come riconoscente, e poi si alzò.

Kagome si sentiva forte e rifletté che lo era sempre stata; però, adesso lo era ancora di più perché sarebbe stato facile voltarsi indietro, ma lei voleva continuare a camminare per la sua strada. Non sarebbe più stata la seconda, non si voleva tradire ancora. Prese a camminare velocemente per raggiungere gli altri e chiedere se volessero una mano. Stava bene, poteva farcela.

«Non merita che tu soffra, ragazzina.», disse Bankotsu, lo sguardo puntato sulla schiena di lei, sui suoi capelli corvini che ondeggiavano al passo ad un ritmo incantatore. Kagome si volse ed il mercenario vide sul suo viso un'espressione arrogante che lo spiazzò. Come poteva riprendersi così repentinamente?

«Lo so.»

Bankotsu sospirò e strinse i pugni. Si lasciò cadere sull'erba, deciso a non pensare, mentre Kagome si allontanava, via da lui. Ma un'idea, senza il suo consenso, stava già prendendo forma nella sua mente.

* * *

Era appena tornato ed era furioso. La ricerca non aveva portato a nulla e non faceva altro che tormentarsi. Si era allontanato da tutti; aveva dato soltanto notizia del suo ritorno, non voleva che Kagome si preoccupasse. Rise sprezzante, si schernì. Come se quella piccola premura potesse alleviare il dolore di Kagome in qualche modo. Era così ipocrita da parte sua anche soltanto pensarle, certe cose. Conficcò gli artigli nel ramo sul quale era seduto. Il suo sguardo si perse nella miriade di stelle sopra la sua testa, fra le fronde dell'albero dove si trovava.

Dove sei, Kikyo?

Un solo pensiero, disperato, prese possesso della sua mente. Cinquant'anni prima, seduto su un ramo come quello, in una notte piovosa, l'aveva vista per la prima volta. Era un umano, non voleva farsi vedere, le aveva parlato riparato dal grosso tronco scuro. Kikyo era provata, i suoi indumenti erano sporchi ed era ferita; aveva appena ucciso un demone di grande stazza che voleva appropriarsi della Sfera. Quella notte aveva appreso dell'esistenza di quel gioiello malefico, quella notte l'aveva conosciuta. Quella notte era cambiato tutto.
La sua vita, quella di Kikyo. La vita di Kagome...
Inuyasha ricordò che quando, quella notte, vide Kikyo accasciarsi sul suolo bagnato, qualcosa lo spinse a balzare giù dal ramo. Non sapeva cosa fare, si chinò a guardarla. Pensò che fosse di una bellezza disarmante, una donna di simile beltà non l'aveva mai vista. Meditò per pochi secondi, era spinto dall'inspiegabile desiderio di sfiorarle il viso... poi, le voci degli abitanti del villaggio. Uomini allarmati con torce chiamavano a gran voce il nome di Kikyo. Inuyasha era fuggito velocemente, quel nome che premeva ancora sulle labbra mentre correva via, per non essere incolpato delle ferite della sacerdotessa.
Era cominciata così. E poi il non potersi uccidere a vicendevolmente... nessuno dei due era in grado di distruggere l'altro, di infliggere il colpo di grazia, quello decisivo.
La discussione su quel prato...

«Inuyasha, dimmi, come ti sembro? Io ti sembro un essere umano?**»

Quanto sembrava indifesa in quel momento, quanto erano limpidi i suoi occhi. Poi le aveva fatto quel regalo, quella polvere da trucco appartenente alla madre; Kikyo si mostrava gentile e lui voleva che avesse qualcosa che potesse ricordarglielo. Sarebbe stata ancora più bella con quel colore sul viso.
Ricordava ancora la felicità di lei e poi il suo sguardo triste, stava per piangere quando le aveva detto che la veste del Cane del Fuoco era un ricordo della madre... si era rammaricata di averla colpita con le frecce così tante volte. Le labbra di Inuyasha si curvarono in un piccolo sorriso triste. Quei ricordi erano così vividi che gli sembrava quasi di poter scorgere la figura di Kikyo, il suo arco, la sua espressione fiera. Ma non vi era il suo odore, non vi era traccia di lei.
Inuyasha si strinse nelle spalle e sospirò.
E quel pomeriggio, al tramonto. Era triste per aver compromesso la vista della sorella e poi, quella proposta...

«Che ne dici di smettere di combattere, Inuyasha? Smettere di combattere e diventare un essere umano.»

Quelle parole avevano dato libero sfogo ad emozioni che fino ad allora non aveva mai provato. Si sentì pervaso da un piacevole calore, si sentiva accettato, per la prima volta dalla morte di sua madre. Un altro essere umano stava mostrando amore per lui. E si scoprì bisognoso di quel calore, ne voleva ancora, voleva provarne ancora. Così, al fiume, quando Kikyo rischiò di cadere, la afferrò e la strinse a sé. L'abbracciò forte, desideroso di sentirsi amato, capito, accettato. Per lei lo avrebbe fatto, un milione di volte. Sarebbe diventato l'uomo di cui aveva bisogno, sarebbe diventato l'uomo che avrebbe amato e non avrebbe più conosciuto il disprezzo del prossimo. Non era più importante il potere... il potere non compra l'amore, non compra l'accettazione...

«Kikyo... io voglio diventare un essere umano. Non lo dico tanto per dire, diventerò un essere umano. E tu, diventa una donna. La mia donna.»

Lo aveva sussurrato contro i suoi capelli come se fosse un segreto, beandosi del suo profumo; qualcosa che solo loro due avrebbero condiviso e nessun altro. La gioia negli occhi di Kikyo in quel momento...
E poi lo aveva baciato. Fu una stilettata al cuore ricordare, una lunga ma dolce stilettata al cuore. E più cercava di estrarre il pugnale, più quello entrava nella carne. É il succulento sapore di quella sofferenza racchiusa nei ricordi più dolci che ormai non sono più nostri.
Chiuse gli occhi e si lasciò cullare da quella sofferenza, da quel dolce rimpianto che non lo abbandonava. Pensare com'era andata a finire, come tutto quel calore si fosse dissolto, lasciando solo odio, amarezza, tristezza, negazione. E poi, Kagome. Riaprì gli occhi. Gli era lecito pensarla? Lei che per lui aveva fatto così tanto.

«Kagome, prima di incontrare te, io non avevo fiducia in nessuno al mondo. Ma tu ti sei saputa preoccupare per me e mi sei stata vicina. Insieme a te io mi sento sereno ed il mio spirito si placa... tuttavia... io non posso permettermi di essere felice e sorridente...**»

No. Come avrebbe potuto? Come? Kikyo era morta per lui, aveva donato la sua stessa vita. E lui avrebbe ripagato quel gesto con la sua, di vita. Un'esistenza per un'altra. Quel senso di colpa l'avrebbe abbandonato, l'avrebbe protetta. Ma Kagome... Kagome... erano veramente soltanto quelle le uniche parole ch'era in grado di spendere per lei?
Ad un tratto, un rumore attirò la sua attenzione. Drizzò le orecchie e si alzò in piedi sul ramo. Quell'odore...

Bankotsu uscì dal folto, Banryu stretta nel pugno destro. Era rigido, quasi impettito, aveva un'espressione crucciata, sembrava incollerita. Inuyasha sgranò gli occhi, poi si abbandonò al solito grugno. Che fosse successo qualcosa a Kagome? Spiccò un semplice salto ed atterrò tranquillamente sul manto erboso sottostante. Bankotsu era a pochi passi da lui.

«Cosa vuoi, mercenario? É successo qualcosa a Kagome?», chiese quasi urlando, strinse i pugni.

Bankotsu, sentendo il nome di Kagome, sollevò il labbro superiore scoprendo i denti, in una sorta di smorfia che non riuscì a trattenere. Cos'è? Faceva finta di preoccuparsi?

«Perché non me lo dici tu, eh?», chiese provocatorio mentre faceva volteggiare Banryu senza nessun problema.

Inuyasha strinse i pugni fino a conficcare gli artigli nella carne. I palmi cominciarono e sanguinare ed il liquido rossastro prese a gocciolare. Non se ne curò minimamente e, furioso, scattò in avanti, fino ad essere viso a viso con Bankotsu. Quello mantenne perfettamente la calma e l'arroganza nel volto.

«Cos'è? Hai deciso di corteggiare anche me?», chiese Bankotsu arrogantemente. Poi con un gesto repentino, sollevò Banryu e saltò all'indietro, ponendo l'arma come scudo, fra sé e l'avversario.

Inuyasha ringhiò e sfoderò Tessaiga, furioso fino alle punte dei capelli.

«Dannato bastardo. Ti tolgo dal collo la vita che ti resta.», disse Inuyasha digrignando i denti in un suono sinistro.

Inuyasha non era più in grado di ragionare adeguatamente. Impulsivo com'era, in quel momento desiderava soltanto scagliarsi su Bankotsu e fu quello che fece. Bankotsu, dal canto suo, non era di certo venuto lì aspettandosi di star fermo. Ma aveva qualcosa che Inuyasha non possedeva se stuzzicato: la lucidità.
Quando il mezzo demone si scagliò su Bankotsu con Tessaiga, il mercenario scartò indietro, per poi attaccare a sua volta. Le due armi grandiose cozzarono, creando un rumore sordo. Le due spade continuavano a scontrarsi tra loro creando stridii metallici e incessanti, mentre i due giovani cercavano di prevalere l'uno sull'altro; quasi fronte contro fronte, separati solo dalle due enormi armi.

«Bravo ragazzino, proprio come ai vecchi tempi.», disse Bankotsu astioso, mentre spingeva indietro Inuyasha.

Inuyasha riprese terreno e balzò in aria, pronto a scagliarsi nuovamente contro il mercenario. Quello alzò Banryu e parò il colpo. Inuyasha si passò una mano sulle labbra, un gesto che era più abitudine che altro. Strinse l'elsa di Tessaiga fino a che le nocche non diventarono bianche.

«Cosa vuoi, dannato? Vuoi morire? Hai deciso di porre fine a quest'esistenza inutile? Posso accontentarti.», sputò con astio mentre lo guardava fisso.

Bankotsu fece il suo solito sorrisetto provocatorio ed arrogante e conficcò la sua Banryu nel terreno. Ondeggiò il capo e la treccia corvina si mosse insieme a lui.

«Ascolta bene, Inuyasha, perché la prossima volta non sarò così gentile. Smettila di far soffrire in quel modo la ragazzina.», disse e per la prima volta la sua calma vacillò.

Inuyasha trasalì e rimase un attimo lì, perplesso. Poi il suo voltò si crucciò nuovamente e la rabbia prese a montare. Maledizione, chi si credeva di essere quello lì?

«Non devi impicciarti in cose che non ti riguardano, maledetto. Non sono affari tuoi!», disse brandendo l'arma.

Quella di Bankotsu rimase conficcata nel terreno ma la mano del mercenario era ancora ben ferma e salda sull'impugnatura.

«Finché piange davanti ai miei occhi, è un mio affare. Più di quanto immagini.», urlò, perdendo per la prima volta la calma.

Sentendo la sua stessa voce e non riconoscendola, Bankotsu si bloccò e rimase fermo. Era andato a cercare quel tonto senza pensarci; poteva essere lucido in battaglia quanto voleva ma, adesso, qualcosa lo accomunava ad Inuyasha: non rispondeva di sé se si trattava di Kagome. Aveva agito di impulso, dopo che l'aveva vista così provata e così distrutta. Non era sopportabile, non lo era. Era una sorella, una della Squadra. I membri della Squadra si difendono, sempre.
Inuyasha strinse i denti ancora di più ed un ringhio gutturale fuoriuscì dal suo petto. Quel maledetto, come poteva rinfacciargli qualcosa del genere? Non sapeva quanto male facesse? Divorato dal senso di colpa e dalla rabbia, stava lì, con la sola voglia di polverizzare quello che era un suo compagno di squadra.

«Lascia quella spada, fammi vedere quello che sai fare.», disse Bankotsu.

Inuyasha conficcò la spada nel terreno. I due si scontrarono, assestandosi un pugno a vicenda. Barcollarono all'indietro, ansanti, per poi scontrarsi ancora, come due ragazzini intenti in una rissa.

«Non ti permetterò di avere Kagome.», ringhiò Inuyasha ansante, le spalle che si sollevavano e si abbassavano ritmicamente. Si asciugò un rivolo di sangue uscente dal labbro inferiore.

«Lei non ti appartiene e se continui così, non ti apparterrà mai.», disse Bankotsu andandogli nuovamente addosso. Un pugno, un altro ancora. Inuyasha scartava, parava. «Io non la voglio. Ma smettila di trattarla in quel modo, smettila! Non ti consentirò mai più di toccarla, se solo starà ancora così male.» gli urlò di rimando il mercenario, non riconoscendosi ancora una volta. Sentiva ci fosse qualcosa di sbagliato nelle sue parole, ma non avrebbe saputo dire cosa. Gli ronzavano le orecchie ed i muscoli erano tesi ed allerta.

Inuyasha ringhiò e cominciò a sentirsi strano. Sentiva il suo corpo pulsare, i muscoli ingrossarsi; qualcosa stava cambiando, qualcosa lo stava dominando. Con un urlo, si scagliò nuovamente contro Bankotsu, colpendolo all'altezza del petto.

«Non sai quel che dici. Kagome non ha bisogno che tu le faccia da protettore. Sei inutile.», ringhiò.

Togli un frammento, sottraiglielo. Uccidilo.

Inuyasha si tastò la testa, sentiva un calore malsano diffondersi, c'era qualcosa, c'era qualcosa...

Bankotsu lo colpì forte al viso, con un solo scatto.

«Tu sei inutile. Riesci solo a farle del male, maledetto!», urlò, fuori di sé dalla rabbia. Come poteva, quell'essere? Bankotsu si osservò per un attimo le mani, le vide leggermente macchiate del sangue di Inuyasha.

Cosa sto facendo?, pensò il mercenario, ma durò soltanto per poco.

Inuyasha arretrò, senza cadere. Strinse i pugni ed iniziò a prendere aria convulsamente, in un modo che aveva qualcosa di nocivo. Sentiva un rimescolio nelle viscere che gli dava la nausea, quella voglia, quella voglia di affondare gli artigli nella carne di Bankotsu, di bagnarsi del suo sangue...

Sangue, vuoi il sangue... prendilo... uccidilo. Uccidilo.

«.», sussurrò.

Bankotsu si bloccò e fece un passo indietro. Gli occhi di Inuyasha erano completamente rossi, come iniettati di sangue, e due strisce violacee gli segnavano le guance. Inuyasha si era trasformato in un demone. Bankotsu corse a prendere Banryu, mentre Inuyasha si scagliava su di lui con un verso agghiacciante. Riuscì a ripararsi dietro la grossa alabarda appena in tempo, prima che quegli artigli orrendi potessero raggiungere la sua gola. Inuyasha scagliò altri fendenti, Bankotsu indietreggiava riparandosi dietro Banryu.

«Guarda la bestia che sei diventato! Non ti accetterebbe mai in questo modo. Non la toccherai mai più.», disse Bankotsu pieno d'astio, disgustato al solo pensiero che Kagome potesse essere ferita da quella bestia. Cercò di attaccare ma Inuyasha prese ad assestare una serie di colpi serrati ed il mercenario poté pensare solo a difendersi.

Sangue, il sangue, Inuyasha. No, non voglio. Non voglio il sangue, lasciami andare. Sì, Inuyasha, vogliamo il sangue. Avremo il sangue, Inuyasha. Il suo sangue sulle nostre mani. Sulle nostre mani.

E poi, il demone si bloccò di scatto, come rapito da qualcosa.
Dei passi, un odore. La preda.
Inuyasha si leccò le labbra quando vide Kagome uscire dal folto, trafelata, arco e faretra con lei.
Bankotsu sgranò gli occhi e per la prima volta nella sua vita sentì il panico assalirlo sul serio.

«Kagome, dannazione!», urlò Bankotsu.

Inuyasha scattò in avanti, pronto ad avventarsi sulla sua preda.

Mia. É mia. Sangue. Corpo. Odore. Mia. Nostra.

Bankotsu assestò un fendente di Banryu ma colpì l'aria. Inuyasha era già avanti, un balzo ed era già lontano. Kagome ebbe poco tempo per rendersi conto della situazione che si era venuta a creare.

«Bankotsu, devi allontanarti! A cuc-», urlò.

Inuyasha la inchiodò contro il troncò di un albero, la schiacciò con il suo corpo e le mise una mano artigliata sulla bocca. Kagome rimase ferma, immobile, come se fosse preda di una bestia feroce, ed effettivamente lo era.

«Dannata bestia!», disse Bankotsu scagliandosi contro Inuyasha.

La giovane si lasciò sfuggire un urlò che non poté uscire, quando vide gli artigli di Inuyasha perforare il braccio del giovane, mentre la teneva tranquillamente ferma.
La parte superiore della veste di Bankotsu cominciò a diventare cremisi, un secondo dopo l'altro, sempre di più. Il ragazzo cadde a terra, reggendosi il braccio. Stava perdendo molto sangue.
Kagome fece per muoversi, ma la mano di Inuyasha premeva sulla sua bocca, tenendole la testa dolorosamente premuta contro il tronco dell'albero. L'altra mano salì su per il collo, sentì gli artigli freddi graffiarla leggermente, senza però farle troppo male. Inuyasha avvicinò il viso al suo collo ed inspirò a fondo. Accostò la bocca al suo orecchio.

«Scappa pure quanto vuoi, fai di quel ragazzino il tuo nuovo protettore, se preferisci. Ma non puoi starmi lontana, mi appartieni. Mi appartieni.», disse con una voce roca e animale che non era mai stata sua.

Kagome era disgustata ed al contempo affascinata da quella figura che la stava sovrastando, un Inuyasha così diverso, un demone spietato che non aspettava altro che ucciderla, farla a pezzi.

Kagome, cosa ti sto facendo? Fammi smettere, lasciami andare, fammi smettere. É nostra, nostra.

Un ghigno apparve sul viso macchiato di Inuyasha mentre con un artiglio, lentamente, scorreva sulla maglietta della sacerdotessa, squarciando la stoffa rossa, fino al seno. Kagome sentiva la gola secca, il cuore le batteva ad un ritmo troppo veloce, lo sentiva pulsare nelle orecchie pesantemente. Schiacciata com'era, le mancava il respiro. Sembrava un incubo, non poteva muoversi, non poteva parlare.
Fu un attimo.
Bankotsu riuscì ad alzarsi e lanciò Banryu, scagliandola proprio su Inuyasha. Quello si spostò, schivandola, ma fu distratto da qualcos'altro.

«Hiraikotsu!»

La grossa Banryu si conficcò nel terreno, accanto il piede di Inuyasha. Il demone saltò all'indietro per evitare l'arma della sterminatrice, lasciando Kagome. La giovane, si gettò di lato appena in tempo, evitando anche lei Hiraikotsu. Il boomerang tagliò l'albero a metà, per poi tornare dalla sua padrona.

«A CUCCIA, INUYASHA!», urlò Kagome con quanto fiato aveva in corpo.

Kagome, perdonami.

Mentre l'albero cadeva, Kagome ed Inuyasha riuscirono a guardarsi negli occhi, fu un secondo, prima che il mezzo demone fosse schiantato a terra con un rumore sordo e la metà dell'albero cadesse, dividendoli.

«Fratello, accidenti! Stupido di un fratello!», disse Jakotsu precipitandosi su Bankotsu. Quello era in piedi e si reggeva il braccio, probabilmente il processo di guarigione dato dalla Sfera era già iniziato, ma aveva bisogno di essere medicato.

Kagome guardava dall'altra parte dell'albero aspettando di veder spuntare qualcuno che conosceva, ma non succedeva niente. Era tutto così ovattato, era confusa, la testa... le faceva male la testa...

«Kagome!», urlò Sango venendole addosso.

«No, sto bene...»

Kagome era frastornata. Si volse indietro e vide Bankotsu, scortato dal fratello, che estraeva Banryu dal terreno. Le mise il braccio ferito sulla spalla e lei toccò la sua mano. Niente, non capiva niente. Solo...

«Ragazzina, sto bene. Non è così grave. Non guardarmi in quel modo. Va'...», le disse. Erano rammarico e rassegnazione, quelle che scorgeva sul suo viso?

«Divina Ka-»

«Bankotsu, ti devo la vita.. io... grazie. Miroku, ti prego, occupati delle sue ferite.», disse debolmente.

Prese a muoversi come un automa, meccanicamente, un passo dopo l'altro. Sapeva che il senso di colpa l'avrebbe assalita, doveva ringraziare meglio Bankotsu, l'avrebbe aiutato personalmente, lo avrebbe medicato ogni giorno, ogni singolo giorno. Ma lui non doveva essere lì, non doveva andare... che ci faceva lì? Che avevano fatto?
Si fece strada fra le fronde ancora attaccate, si issò con le mani su quel tronco scuro, sbucciandosi la pelle, passando dalla parte opposta, la parte della bestia.
Inuyasha era disteso su un fianco, gli occhi dorati erano aperti, il suo aspetto era quello di sempre.
Kagome si inginocchiò e chinò il capo, la frangia scura le andò sugli occhi. Allungò una mano, Inuyasha si ritrasse prontamente, di scatto. La sua espressione era collerica e piena di dolore.

«Non toccarmi.»

Kagome recuperò la mano di Inuyasha e la strinse fortissimo, con quanta forza era capace. Inuyasha vide lo squarcio sulla maglietta della giovane e rabbrividì. Strinse gli occhi, non voleva vedere, sentire, capire.
Kagome si distese su un fianco, accanto ad Inuyasha, proprio di fronte a lui. Strinse ancor di più la mano del mezzo demone mentre con l'altro braccio lo circondava. Inuyasha si irrigidì, restio, poi si bloccò.

Piacevole calore...

Inuyasha si abbandonò, smise di opporre resistenza. Kagome avvicinò e strinse la testa di Inuyasha al suo petto; non sapeva ciò che stava facendo, nessuno dei due lo sapeva. Nessuno dei due era se stesso. O forse, erano più loro stessi in quel momento di quanto non lo fossero stati per tutta la vita. Kagome prese ad accarezzare i capelli di Inuyasha fra le orecchie, come Sango, una vita fa, aveva fatto con lei. Ma lui era immobile, non si muoveva; respirava appena.

«Io lo so. Non volevi farlo. Non importa. Va bene.», sussurrò con un tono così dolce e conciliante che non l'era mai appartenuto, non pensava di possederlo. «Non sei un mostro Inuyasha, non lo sarai mai.»

Inuyasha chiuse gli occhi nuovamente, mentre quella sensazione di calore si faceva più intensa.

Calore. Accettazione. Amore.

 

Note:
**Sorpresa. Inuyasha non sa dire solo “fhé” e “dannato”. Diamogli un po' di autonomia linguistica. Si tratta di una fanfiction, posso farlo, no? Che comunque, questa cosa è stata troppo enfatizzata. Quel poveraccio sa parlare, accidenti. Non è così lontano dalla realtà.
**Se questa frase vi sembra familiare, è perché appartiene ad un certo signore di nome Dante Alighieri, V canto dell'Inferno, alla fine. “E caddi come corpo morto cade”. Mi sembrava appropriata... la dimensione onirica di Kagome, il buio opprimente quasi infernale, mi ha dato l'impressione che stesse bene. Il mio caro Dante mi perdoni.
**Tutti i ricordi qui citati ed raffiguranti Kikyo sono tratti dagli episodi dell'anime “La canzone del destino” 147-148.
**La frase viene realmente pronunciata da Inuyasha in un episodio della seconda stagione, famoso, del quale però non riesco a ricordare il numero. E' quello dove c'è la bellissima scena del pozzo e poi Kagome prende Inuyasha per mano, accollandosi, con una grande dose di pazienza e gran cuore, il posto di seconda forever.


Angolo autrice.
Mi sono messa a revisionare per scoprire poi che oggi è soltanto giovedì. Ed io pubblico lo stesso, per principio, il lavoro non sarà sprecato, non lo è mai. ^^
Scherzi a parte, ho degli appunti da fare.
Per quanto riguarda Kagome... c'è una bellissima frase del Gattopardo che dice “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ecco, secondo me, riassume perfettamente il suo comportamento nei confronti di Inuyasha, almeno nell'ultima parte, perché poi è stata fedele a sé stessa. Chissà che farà poi, chissà... di certo, non farà la mollacciona. Ricordiamoci che la nostra miko punta a diventare la nuova Elsa di Frozen, dunque da parte di questa Kagome, ce lo possiamo tutti dimenticare. Mollacciona mai.
Il discorso del sogno... nell'anime, l'idea che Kikyo sia viva, viene espressa apertamente da un vecchio che in realtà si scopre poi essere governato da Kagura. Comunque sia, Inuyasha si scapicolla a cercarla, manco a dirlo, esortato da Kagome.
Qui mi sono permessa di cambiare le cose e di inserire il discorso del sogno; per me è possibile che le due entrino in contatto, come dice Miroku, Kagome è la reincarnazione di Kikyo e quest'ultima possiede parte della sua anima. Non mi sembra una cosa tanto impossibile... (magari è anche successo, quando c'è stato il discorso di Tsubaki, Kikyo non si è intrufolata in quella specie di visione di Kagome? Beh, comunque...).
Inuyasha demone: personale interpretazione. Quando è demone non parla, agisce per istinto, il lui di sempre non esiste, non ricorda niente. A me piace pensare che invece, la parte buona dentro di lui, sia pienamente cosciente, o quasi. Preso da qualcosa che non può controllare, che lo trascina via, alla deriva. E quando torna in sé, il tormento è maggiore. Quanto mi piace Inuyasha! Proprio poliedrico! * mood Jakotsu *
Volevo farvi notare, inoltre, che Bankotsu ha preso a fare, letteralmente, il gran cavolo che gli pare. Si alza, va, viene, si sposta. Attacca persone, crea disastri nucleari. Mi sa che non ha capito bene che è un sottoposto e deve fare quello che gli dico io.
A questo proposito vi dico che lo scontro non era previsto per niente. Era previsto un confronto, gentile e grazioso, non una rissa stile pub irlandese che finisce “nel sangue”.
Certo, sperare in un confronto grazioso da parte di quei due era pura utopia... ma comunque... tutto questo per dire che mi sono sfuggiti di mano, ma è di nuovo tutto sotto controllo. A volte li vedo letteralmente prendere vita propria e non ce la faccio a dire di no.
Sproloqui a parte, spero che il capitolo sia di vostro gradimento comunque.
Lasciando il mio scritto ai vostri commenti, vorrei parlare di voi.
Leggendo le vostre recensioni, man mano che questa storia ha preso forma, mi sono veramente accorta di quanto queste siano importanti per chi scrive.
Le recensioni – quelle giuste, coerenti ed educate – possono far capire all'autore cosa c'è che non va, correggerlo, aiutarlo a comprendere senza scoraggiarlo. Possono anche spronarlo, portarlo a credere in se stesso ed a pensare di avere delle capacità che prima stentava ad ammettere e sfruttare. Allora, vi dico che chi recensisce ha un grande potere, come io e come voi. E quindi vi ringrazio di utilizzare il potere della critica costruttiva in maniera così adeguata.
Grazie per avermi spronato, è sempre apprezzato e sempre lo sarà.
Dal canto mio, vedrò di recensire più spesso, se qualcosa mi colpisce particolarmente, perché è sempre una buona cosa.
Detto questo, ringrazio coloro che hanno aggiunto la storia a preferite, ricordate, seguite ed anche chi legge silenziosamente. Anche voi, per chi scrive (o ci prova), siete fonte di grande soddisfazione.
A presto!

RodenJaymes

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Capitolo 8
*** Siamo amici ***




Siamo amici

Out on the streets 
Our colors bleed 
Nobody speaks to me 

Here I am, give me something I could follow 
So I can find my way out from the shadows 
Raise your voice cause the time is now or never 
And if we have to fall, we’ll fall together

Shattered dreams will tell me everything 
I’ve been listening, but all I heard you 
[...]

And you’ll do anything to keep me hearing your every word.

- Temper Trap, Fall Together 



«Ah, sei qui.», disse Kagome guardando il placido scorrere dell'acqua di fronte a sé.

Quella mattina, Kagome si era alzata molto presto.
Dopo aver visto Inuyasha in quello stato, Bankotsu ferito... non era stata in grado di prender sonno, aveva dormito poco e male.
In seguito a quegli spiacevoli eventi, quando recuperò i sensi – a notte inoltrata – Kagome aveva trovato Sango, accanto a lei, che accarezzava Kirara e guardava le stelle. Forse neanche lei riusciva a prender sonno. Le due avevano iniziato a chiacchierare e la sterminatrice le aveva detto che avevano trovato lei ed Inuyasha vicini, coperti dal cadavere di quell'albero ormai caduto. Erano entrambi svenuti.
Miroku si era occupato di portar via Inuyasha mentre lei era stata adagiata sul dorso di Kirara e tutti insieme erano ritornati in quel loro strano accampamento provvisorio. Kagome si volse di scatto, in ogni dove, ma non c'era nulla da fare: Inuyasha non si trovava più lì.
E così era cominciata la sua notte insonne, fra un pisolino ed la veglia, chiedendosi dove fosse, cosa stesse facendo. Odiava il fatto che fosse probabilmente sulla cima di qualche albero a biasimarsi, senza alcuna pietà. Non doveva importarle niente di lui, lo sapeva. Ma quella era una situazione particolare. Sarebbe stato crudele da parte sua non curarsene completamente. Erano ancora amici.
In compenso, Bankotsu riposava lì, poco distante da lei, e la cosa – in un modo a lei sconosciuto – la placava un po'.
Il suo respiro era regolare e la medicazione di Miroku era ben fatta. I frammenti della Sfera avrebbero fatto il resto.
Così era riuscita ad assopirsi, con la testa piena di pensieri che avrebbe soltanto voluto dimenticare.
Una volta in piedi, quella mattina – dopo essersi lavata e sistemata – aveva deciso di raggiungere la sponda del fiume vicino al loro accampamento; voleva sedersi lì e contemplare il nulla, in pace.
Aveva bisogno di stare da sola, di pensare. La notte precedente, tutte quelle emozioni, l'avevano abbastanza scombussolata; più di quanto non giudicasse necessario. In fondo, non era la prima volta, no?
Fu sorpresa quando trovò Bankotsu seduto su quella stessa riva, spinto probabilmente da quel suo stesso desiderio.
Bankotsu si volse leggermente verso di lei, la lunga treccia corvina che accompagnava ogni suo movimento. Strinse le labbra appena la vide ed annuì.

«Sì.», rispose poi, semplicemente, la voce leggermente più roca e bassa del normale.

Kagome si sedette accanto a lui e gli occhi le caddero sulla fasciatura macchiata che ricopriva il braccio del mercenario.
Accidenti, si sentiva così in colpa! Non avrebbe dovuto lasciare che Bankotsu fosse colpito, avrebbe...
Cosa? Cosa avrebbe potuto fare più di quello che aveva fatto?
Vi era, comunque, qualcos'altro a tormentarla. Cos'era successo in quella radura, la sera scorsa?
Dopo la partenza di Inuyasha e la chiacchierata con il mercenario e Kagome aveva raggiunto gli altri al fiume per cercare del pesce mentre Bankotsu era rimasto lì, vicino l'albero secolare. Poi si era allontanato, da solo.
Quando ormai era giunta l'ora di cena, non era ancora rientrato. Kagome aveva raccolto arco e faretra decisa ad andarlo a cercare, seguendo il richiamo del frammento.
Grande era stato il suo stupore quando aveva sentito quei versi animaleschi che conosceva benissimo, quando aveva visto Inuyasha in quel modo e Bankotsu quasi preda di ciò che il mezzo demone era diventato.
Doveva sapere.
Si sistemò meglio sull'erba e notò che Bankotsu aveva dei fogli e la penna che lei gli aveva dato il pomeriggio prima.

«Ehi, che fai?», chiese, cercando di attirare la sua attenzione, indicando appena il piccolo plico di fogli scritti.

Bankotsu sollevò lo sguardo su di lei e poi seguì la direzione del suo indice. Vide che stava indicando i suoi fogli e si affrettò ad aggiustarli e ripiegarli, con fare leggermente imbarazzato.

«Niente.», rispose poi con tono neutro e ritornò a fissare il fiume davanti a lui.

Kagome strinse le labbra e tornò a guardare l'acqua trasparente del fiume. Alcuni pesci nuotavano appena sotto la superficie, tranquilli ed indisturbati. Lo sguardo di Kagome, senza che lei lo volesse, cadde nuovamente sulla fasciatura di Bankotsu. Sospirò e si mise in ginocchio, le mani già sul braccio del mercenario.
Bankotsu si volse leggermente sentendo la presenza di Kagome più vicina, vide che stava sciogliendo le sue bende e la lasciò fare. E pensare che fino a poco tempo prima, davanti alle attenzioni di quella ragazzina che voleva medicarlo, si era ritratto, scontroso. Quel ricordo fece increspare le sue labbra in un sorrisetto divertito, senza che potesse controllarlo.

«Il monaco ha detto che è meno grave di quel che sembrava.», la informò Bankotsu, gli occhi fissi sul suo viso. Lei annuì appena e continuò a sciogliere le bende, una dopo l'altra. Miroku ne aveva messe proprio tante, un lavoro eccellente.

«Oh, è vero, Ban. Per fortuna! Sono stata... in pensiero.», borbottò Kagome a mezza voce, sollevata, scoprendo completamente il braccio di Bankotsu.

Il mercenario fu colpito da quel lungo borbottio, più che altro per le parole che conteneva quello che aveva l'aria d'esser stato un semplice mugugno prolungato.
Lo aveva chiamato con una sorta di vezzeggiativo, aveva accorciato il suo nome in un modo che gli fece aggrottare le sopracciglia; ma rifletté che gli fece anche piacere.
Sembrava uno stupido. Lui, Bankotsu, il Capo dei Sette, il Primo Fratello... che, a detta di quella ragazzina, era solo “Ban”.
Ricordò quando, sempre tempo addietro, Kagome gli si era rivolta usando un altro nomignolo. Notò però che in quel momento, nella voce di Kagome, non v'era traccia di scherno.
Tuttavia, un'altra sensazione più forte lo colse e fu provocata dalla fine della frase.
“Sono stata in pensiero”, aveva detto. Dunque, la ragazzina si preoccupava per lui?

«In pensiero, eh? Che fai, ragazzina? Ti preoccupi per me?», chiese Bankotsu con un sorrisetto provocatorio mentre la vedeva armeggiare con le bende che gli aveva tolto.

Kagome sollevò lo sguardo su di lui, poi sbuffò. Si volse rapidamente e prese il suo fedele zaino giallo e consunto. Cominciò a rovistare dentro, alla ricerca di nuove bende per Bankotsu.

«Sarebbe così strano? Siamo una squadra e siamo amici. L'hai detto tu, no?», chiese lei con un sopracciglio inarcato ed il tono ironico, voltandosi verso di lui.

Bankotsu fu stranito ed ancora quella strana sensazione lo pervase.
Strano, era strano. Nessuno si era mai veramente preoccupato per lui, a parte Jakotsu e sua madre, quando era ancora molto, molto piccolo.
Era una percezione nuova sapere che qualcuno che non fosse Jakotsu avesse pensiero per lui, per le sue sorti, per le sue ferite.
Kagome si avvicinò con le nuove bende, quello zaino giallo che portava sempre ovunque poco distante da lei. Prese il braccio di Bankotsu fra le mani e lo esaminò accuratamente, con l'espressione assorta e il volto crucciato.
L'artigliata di Inuyasha non era stata molto profonda, Miroku aveva ragione. Quando aveva visto la veste di Bankotsu riempirsi di sangue, Kagome aveva seriamente temuto il peggio. Era contenta che tutti loro si fossero sbagliati.
I frammenti della Sfera avevano indubbiamente aiutato molto il processo di guarigione del mercenario. Al posto dello squarcio del giorno prima, vi era già una linea rossastra, consistente ed in parte rimarginata, che partiva da metà braccio fino al gomito. Kagome si ritrovò a percorrere quella linea con la punta dell'indice, accarezzando lievemente la pelle ferita.

Bankotsu, perché ti ha fatto questo? Cosa è successo?, pensò ancora.

Il mercenario si stupì di quel tocco così inaspettato e sentì una sorta di calore irradiarsi da dove Kagome passava il suo dito.
Senza potersi controllare, fu percorso da un fremito e Kagome si bloccò e lo guardò, un sopracciglio inarcato.

«Cosa c'è? Ti fa male?», chiese lei, guardinga.

Bankotsu si volse dalla parte opposta e prese un lungo respiro. Si sentiva oltremodo strano.

«N-no.», le rispose; la voce uscì incerta e si ritrovò a balbettare. Cos'era quell'esitazione inutile?

Kagome annuì lievemente e prese la bottiglietta con il disinfettante dallo zaino. Bankotsu si voltò appena, per vedere cosa stesse facendo quella ragazzina. Lei gli fece un sorrisetto mentre versava un po' di quel liquido su un pezzo di benda.

«La ferita è praticamente guarita ed è un po' inutile... ma ti metterò lo stesso del disinfettante, dato che ieri non ne abbiamo avuto il tempo. Non si sa mai.», spiegò, poi gli rivolse un sorrisetto di sfida. «Tieniti, potrebbe bruciare ancora un po'.», lo avvisò.

Bankotsu ricambiò lo sguardo di sfida e poi rise, sprezzante.

«Ragazzina, quale elemento dell'espressione “mercenario sanguinario” non ti è chiaro? Credi che possa saltare in aria per un po' della tua acqua strana?», chiese retoricamente, superbo.

Kagome inarcò le sopracciglia in un'espressione oltremodo ironica e, con un movimento fulmineo, sbatté il pezzo di stoffa bagnato sulla ferita di Bankotsu. Quello, colto di sorpresa da un acuto ed inaspettato bruciore, sobbalzò e stinse i denti. Kagome scoppiò a ridere, mentre passava velocemente la stoffa sulla ferita, e Bankotsu sbuffò.

«”Sono un mercenario sanguinario” gne gne gne.», lo prese in giro facendo la voce grossa mentre ricominciava a bendarlo.

Bankotsu sospirò poi sorrise, divertito. Si sentiva così in pace quando lei gli era vicino. Così in pace...

«Sei una pessima imitatrice, ragazzina.», la canzonò e le dedicò un altro dei suoi sorrisetti derisori.

«Sono una sacerdotessa, non una commediante**.», obiettò lei facendogli una linguaccia.

Una volta terminata la fasciatura, Kagome chiuse la bottiglietta contenente il disinfettante e ripose tutto nello zaino.
Stettero un po' così, seduti ed in silenzio, ad osservare lo scorrere del fiume. Kagome voleva lasciare a Bankotsu la sua pace; in fondo, supponeva fosse lì per starsene tranquillo e non per essere medicato o riempito di chiacchiere.
Ma lei doveva sapere e lui sembrava, comunque, quasi apprezzare la sua presenza. Dunque, decise di parlare, doveva sapere.

Prima le cose che contano davvero, pensò, risoluta.

«Senti, Ban. Volevo ringraziarti di essere intervenuto... per me. E mi... dispiace per quella ferita.», disse Kagome, tutto d'un fiato. Gli veniva facile chiamarlo in quel modo, come un compagno di squadra. Erano amici, giusto? Aveva rischiato la vita per lei.

Bankotsu si volse a guardarla ed annuì poi sorrise.

«Mi ringrazi, ragazzina? Siamo una squadra, no? Non avrei mai lasciato che una sorella fosse uccisa in quel modo.», disse, i tratti induriti e la mascella contratta al ricordo di quel che stava per succederle.

Non avrebbe mai, mai più permesso che quella bestia la toccasse. Aveva finito di farle del male; finché lui sarebbe stato lì, quella ragazzina avrebbe potuto godere della sua protezione assoluta.
Beh, come Jakotsu d'altronde. Perché quella ragazzina era come Jakotsu per lui. Assolutamente sì.
Kagome annuì e fece un sorriso bieco, poi gli diede una spintarella. Si morse un labbro e continuò.

«Bankotsu. Volev-»

«Non chiederlo, ragazzina. Non farlo.», la bloccò Bankotsu intuendo al volo la sua domanda.

Credeva fosse stupido? Non lo era, ovviamente. Bankotsu sapeva perfettamente che Kagome avrebbe posto quella domanda, prima o poi. Più prima che poi. E non poteva darle di certo torto. Anche lui, al suo posto, si sarebbe chiesto perché.
Perché si trovassero lì entrambi, perché le spade fossero conficcate nel terreno, perché il mezzo demone si fosse ridotto in quel modo.
Beh, era colpa sua, interamente colpa sua.
Bankotsu lo aveva aizzato, provocato, lo aveva fatto infuriare. Eppure, non riusciva a pentirsi di averlo fatto. Lui che sapeva quanto fosse importante tenere una squadra coesa, lui che sapeva quanto fosse vitale l'armonia in un gruppo di guerrieri, lui che cercava di tenere a bada i suoi ogni volta che scoppiavano piccole scaramucce... lui aveva attaccato un compagno; a volte non basta una causa comune per generare pace ed unione, Bankotsu lo aveva capito. Lo aveva capito nel momento in cui aveva visto Kagome con il viso crucciato e sofferente, quando il mezzo demone era andato via.
Nella sua maschera di dolore e poi nel suo viso dormiente, quella notte, aveva trovato finalmente la risposta al suo gesto. E non poteva pentirsene, neanche volendo.
Kagome rimase un attimo immobile poi corrugò le sopracciglia e strinse i pugni. Perché l'aveva bloccata?
Non era contemplabile che lei non sapesse. Non era un'opzione che intendeva lasciargli. Si alzò per poi posizionarsi seduta sul prato, a gambe incrociate, proprio davanti ai suoi occhi. Le mani poggiate sulle cosce, la faccia crucciata.
Bankotsu rise e lei gli lanciò un'occhiata di fuoco.

«Bankotsu, dimmi cosa è successo ieri sera! Perché eravate lì entrambi, le spade... avete litigato?!», chiese con tono concitato ed incalzante, una domanda dopo l'altra, senza sosta.

Bankotsu assunse un'espressione seria e non parlò. Si guardarono storto per minuti interminabili.

«Perché non lo chiedi al mezzo demone?», chiese Bankotsu di rimando, cinico e sprezzante.

In quella domanda di Bankotsu, apparentemente derisoria ed insignificante, Kagome trovò una mezza risposta ai suoi dubbi. Incrociò le braccia al petto e si crucciò ancor di più. Sì, dovevano aver litigato.

«Perché lui non me lo direbbe mai!», sbottò Kagome, stizzita.

Bankotsu assunse un'espressione irata e soffiò dal naso.

«Ah e perché dovrei farlo io, allora?!», rispose il mercenario quasi urlando.

Kagome si sporse in avanti e gli posò una mano sul braccio, mortalmente seria. «Perché tu sei più simile a me ed io lo farei, io te lo direi. Siamo una squadra.»

Bankotsu trasalì poi si riprese, tornò impassibile, serio.
Erano simili? Rifletté che sì, in qualche modo lo erano. Lo aveva fatto per lei, per tutto quello che lei aveva fatto per lui. Lo aveva fatto in nome della squadra che erano, lui, lei e Jakotsu; anche se Jakotsu non sarebbe stato molto felice di avere una donna in squadra.

Fratello, perché la tieni in vita?! Chi se ne importa del sake, versatelo da solo!

Bankotsu guardò Kagome che era lì, in attesa, la mano ancora sul suo braccio. Quando si accorse dello sguardo del mercenario sulla sua mano, Kagome la ritrasse, lentamente, aspettando ancora una risposta.
Non se ne sarebbe andata senza una risposta. Bankotsu sospirò, rassegnato.

«L'ho cercato per un po' prima di trovarlo. Abbiamo avuto un diverbio.», disse riferendosi ad Inuyasha, il tono noncurante.

Kagome incrociò le braccia e sbuffò, contrariata.

Dimmi qualcosa che non ho già capito, Ban, pensò.

«Bankotsu, il motivo. Voglio sapere il motivo del diver-.»

«Tu! Tu sei stata il motivo della lite! Va bene, ragazzina?», inveì Bankotsu, incollerito. Si calmò immediatamente ed assunse l'espressione noncurante di sempre.

Kagome sgranò gli occhi e spalancò la bocca, colta di sorpresa.
Lei? Lei il motivo della lite fra Inuyasha e Bankotsu? Quei due idioti! E perché mai?!

«Hai provocato Inuyasha!? Bankotsu, perché?!», urlò.

Bankotsu sbuffò ancora dal naso e strinse i pugni, l'effetto del disinfettante che ancora, impercettibilmente, gli pizzicava la pelle.

«Perché sì, dannata ragazzina! Perché non può permettersi di trattarti a quel modo e fare i suoi comodi mentre tu soffri inutilmente!», sbraitò, stupendosi di se stesso, di come le parole fossero partite di getto, veloci, taglienti.

Kagome ebbe il tempo di assimilare le parole di Bankotsu e di prendere un lungo e possente respiro.
La nozione di squadra stava letteralmente sfuggendo dalle mani di Bankotsu. Era andato a provocare Inuyasha per dirgli di non farla soffrire?
Lo aveva fatto trasformare in demone! Poteva succedere l'impossibile!
Strinse i pugni, fortemente irata, e contrasse la mascella.

«TU! Chi ti ha dato il benestare per fare una cosa del genere? Hai idea del disastro che poteva succedere? Lo hai provocato! Cosa gli hai detto?! Poteva ammazzarti, poteva ferirti ancor più gravemente di così!», sbottò lei alzandosi in piedi, furibonda.

Bankotsu si alzò in piedi, sovrastandola. L'espressione dura, i tratti del viso contratti in un'espressione rabbiosa.

«Non m'importa, non me ne pento. Poteva ammazzare te, piuttosto.», disse a denti stretti, cercando di controllarsi. Lui non avrebbe ceduto all'ira così facilmente. Lui non era quella bestia di mezzo demone.

«Inuyasha non mi avrebbe mai uccisa. Mai.», disse Kagome, calcando su quel “mai” più di quanto avrebbe voluto.

Bankotsu rise, una risata sprezzante, cinica, incollerita.

«Non dire sciocchezze, ragazzina! Avrebbe potuto farlo eccome! Lo sai anche tu.», disse e la guardò fisso negli occhi.

Kagome si portò una mano al petto, come colpita, ma non arretrò e mantenne il contatto visivo, senza paura e senza abbassare lo sguardo.
Inuyasha in forma demoniaca era qualcosa di spietato ed imprevedibile. Lo sapeva bene, lo aveva vissuto più volte, quella era precisamente la terza occasione in cui lo vedeva in quel modo.
Le piaceva pensare che Inuyasha non le avrebbe mai causato alcun male, neanche in quella forma, che non lo avrebbe fatto, che qualcosa lo avrebbe sempre frenato, tenuto.
Ma Bankotsu... Bankotsu poteva anche aver ragione.
Se Kirara non avesse sentito tutto quel trambusto, se Sango non fosse arrivata, se Hiraikotsu non fosse partito distraendo Inuyasha, cosa sarebbe successo? Se Bankotsu fosse crollato, se non si fosse più mosso, cosa le sarebbe accaduto?
Ricordò quegli occhi rossi, quell'espressione roca, quell'artiglio che le tranciava la maglietta che adesso giaceva dimenticata da qualche parte nello zaino, testimone di quella follia. Sentì un tremito che non riuscì a nascondere, che non riuscì ad evitare, provando per la prima volta la vera paura, da quando era partita per quello strano viaggio.
Bankotsu riconobbe in quello sguardo il muto beneficio del dubbio che Kagome gli stava offrendo. Notò che fu scossa da un brivido e le si avvicinò, lentamente, mangiando in quei due passi la poca distanza che li separava.

«Bankotsu, non farlo più.», disse soltanto lei, il tono rigido, perentorio. «Inuyasha dopo sta molto male ed io non voglio. E tu, potevi farti ammazzare.»

«Ho detto che non m'importa. E non è detto che io non lo rifaccia, se mi va.», disse ancora, a denti stretti, il solito tono cinico.

Non lo avrebbe fermato, quella ragazzina. Avrebbe fatto ciò che riteneva opportuno, senza “se” né “ma. Perché Inuyasha non l'avrebbe più toccata, perché non l'avrebbe più sfiorata, perché non le avrebbe più fatto del male. In nessun modo.
Kagome s'incollerì ancora di più e puntò i piedi. Gonfiò le guance e sbuffò sonoramente.

«Non pensare che io non ti sia grata per esserti quasi fatto maciullare un braccio. Ma non voglio che mi proteggi, basta! Io me la cavo da sola, smettila di litigare con Inuyasha. Io non soffro, non mi frega!», gridò forse con troppa enfasi.

Bankotsu non si mosse, non arretrò, rimase lì e poi sorrise, sprezzante.

«Non ti crede nessuno, ragazzina. Proprio a me lo dici?! Vuoi prendermi in giro? Ti ho riportato indietro con queste stesse braccia! Eri accasciata su te stessa come un sacco vuoto! Non-»

Kagome spinse Bankotsu con tutta la forza che aveva in corpo. Le guance appena striate di rosso, il respiro pesante. «Smettila.»

Bankotsu si pentì di quel che aveva detto e si morse la lingua. L'orgoglio. Aveva ferito quell'orgoglio che li rendeva così simili, così vicini. E dire che poco tempo prima si era anche quasi scusato per averla anche solo vista in lacrime, nel sonno.
Voleva solo farla ragionare, voleva farle capire il suo punto di vista, non voleva ferirla. Adesso non era tanto diverso da Inuyasha.

«Smettila con questa stupida storia della squadra e della protezione. Non serve.», disse con astio e Bankotsu sgranò gli occhi, colpito. Sapeva quanto il concetto di squadra fosse importante per lui.

Kagome chinò appena il capo e la frangia corvina le coprì gli occhi.
Odiava il fatto che Bankotsu avesse ragione, lo odiava profondamente. Perché dovevano scavarsi nell'anima, perché dovevano ferirsi lì dove il punto debole era scoperto, visibile, vulnerabile?
Perché dovevano capirsi così bene e lo usavano per attaccarsi?

«M-mi... mi dispiace, ragazzina.», disse a fatica, guardando un punto imprecisato al di là della sponda del fiume. Era andato al di là dei suoi limiti e lo sapeva. Non sapeva cosa gli stesse succedendo, cosa stesse facendo, ma andava bene così.

Il Primo dei Sette non si scusa, il Primo dei Sette non ritratta, il Primo dei Sette non perdona, ricordò. Dov'era finito il Primo dei Sette?

Kagome sollevò la testa di scatto, sbalordita. Lo aveva detto davvero?
Bankotsu aveva fatto qualcosa che, pur conoscendolo poco, era sicura che non avrebbe mai fatto. Mai.
Kagome strinse i pugni e sospirò.

«Anche a me. Dispiace anche a me.», disse e le parole sgusciarono via, veloci, quasi avessero paura di essere prese, acchiappate, ripetute. E seppe di aver superato se stessa, di essere andata oltre. E le andava bene così. «Va bene che mi consideri un'amica ma-»

«Allora non chiedermi di non proteggerti. Perché lo farei comunque.», disse lui schiettamente, senza troppe cerimonie.

«Non litigare con Inuyasha. Vuoi proteggermi da ciò che non mi fa star bene, Bankotsu? Bene. Questa cosa non mi piace.», rispose Kagome a denti stretti, guardandolo negli occhi blu.

«Bene.», disse anche lui, la mascella contratta, i pugni stretti. Avrebbe fatto quel che voleva ma a lei non l'avrebbe detto. Si fissarono negli occhi per un po', come a dover ancora decidere chi dei due avesse ragione.

Improvvisamente, una delicata brezza li colse, increspò il pelo dell'acqua e sferzò i loro visi. Una ciocca di capelli, leggera, le fini davanti al viso, sulle labbra. In un gesto istintivo, con quella voglia provata mille volte, Bankotsu prese quella ciocca e la spostò, lentamente. Inavvertitamente, sfiorò le labbra della ragazza con l'indice.
Kagome rimase un attimo attonita, le guance che le si imporporavano inesorabilmente. Poi, un frammento della Sfera. Da quanto era lì? Si era distratta...

«Donna.»

La voce graffiante di Jakotsu ruppe quel silenzio.
Bankotsu e Kagome si allontanarono in maniera repentina, aggiungendo altri centimetri a quei pochi che già li separavano.

«Ho bisogno di parlare con mio fratello. E la sterminatrice ti stava cercando.», disse Jakotsu, un chiaro invito a lasciarli lì e ad allontanarsi.

Tuttavia il tono di Jakotsu non era aggressivo, scortese o tremendamente irritante. Era... normale.
Kagome approfittò della situazione ed annuì soltanto, troppo stordita per parlare. Prese lo zaino e se lo portò in spalla, prima di allontanarsi da quei due definitivamente, quasi correndo.
Non sapeva cos'era accaduto, non voleva saperlo. Sapeva soltanto che non lo aveva impedito, perché non le andava.
Strizzò gli occhi un attimo, poi li spalancò riprendendo il contegno di sempre.
Doveva trovare Inuyasha.

* * *
Bankotsu si lasciò cadere mollemente sull'erba, seduto a gambe incrociate, aspettando che il fratello parlasse.
Non aveva bisogno di guardarlo in viso per capire che fosse una cosa seria; era bastato il tono che aveva utilizzato con la ragazzina. Non era il solito.
Bankotsu prese a guardare la mano che aveva sfiorato le labbra di Kagome, con insistenza, quasi potesse trovarvi una qualche traccia di qualcosa. Perché lo aveva fatto? Come al solito, la mano si era mossa ancor prima che il pensiero fosse ben formulato all'interno del suo cervello. Strinse la mano in un pugno e tornò a guardare dritto davanti a sé, confuso.
Jakotsu stette a guardare la figura del fratello lì, per un po', senza dir niente. Aveva deciso che dovevano parlare, perché era da tanto che non lo facevano per bene, più o meno da quando erano vivi, vivi sul serio.
Jakotsu aveva notato in Bankotsu dei cambiamenti che non gli piacevano, che lo stordivano, che gli facevano storcere il naso.
Gli andò vicino e lo affiancò, rimanendo però in piedi, lo sguardo poggiato stancamente sull'acqua trasparente del fiume.

«Cosa è successo al mio Primo Fratello, Bankotsu?», chiese Jakotsu, così, di getto.

Bankotsu trasalì poi si strinse nelle spalle e fece una risatina divertita.

«Cosa intendi dire, Jakotsu?», chiese, sollevando lo sguardo verso di lui.

Jakotsu, a quel punto, si sedette accanto al fratello e sospirò sonoramente. Se pensava di eludere l'argomento, si sbagliava di grosso. Ma proprio tanto. Jakotsu posò una mano sulla spalla di Bankotsu, costringendolo a voltarsi verso di lui. I loro occhi si incontrarono ed entrambi mantennero quello sguardo, serio ed attento.

«Tu sai benissimo cosa intendo dire, fratello. Lo sai. Cos'è questa storia? Cosa sono tutte queste occhiate languide, questo scostare ciocche dal viso, tutta questa attenzione per quella femmina? Volevi farti ammazzare, Primo fratello? Perché, anche se non hai detto nulla, io so cosa hai fatto. Posso immaginarlo. E non mi piace!», sproloquiò Jakotsu con voce stridula, gesticolando animatamente.

Bankotsu sbuffò e si volse dall'altro lato, non degnandolo di un'attenzione. Com'era noioso, uffa! Di che cosa stava parlando, cosa? Quali occhiate languide? Chi? Lui?
Bankotsu si stizzì e si volse verso il fratello, guardandolo con collera.

«Di cosa stai blaterando, fratello? Come osi attribuirmi simili azioni che sono soltanto tue? Io non lancio occhiate dolci a nessuno.», disse Bankotsu con il volto crucciato.

Jakotsu proruppe in un suono stridulo che probabilmente denotava diniego e disappunto. Alzò gli occhi al cielo e poi rivolse al fratello il suo solito broncio stizzito.

«Non fare l'idiota, Primo Fratello! Non prendermi in giro! Poco fa, vi ho sentito, ti sei scusat-»

«Da quando origli come quel bonzo e quella sterminatrice? Questo gruppo ti sta passando delle cattive abitudini!», urlò Bankotsu, le guance leggermente imporporate.

Jakotsu incrociò le braccia strette al petto e s'imbronciò ancor di più.
Fratello stupido, come poteva non rendersi conto di quello che stava facendo, di quanto a poco a poco fosse mutato in un altro?

«Solo a me ha passato cattive abitudini? Tu sei diventato il protettore di quella ragazzina! Ti stavi facendo accoppare dal mio Inuyasha! Ed è stata colpa tua. Entrambi sappiamo quanto sai essere odioso, quando ti ci metti.», urlò Jakotsu con fervore.

Bankotsu gli rivolse un'occhiataccia poi tornò alla solita espressione indifferente. Non voleva parlare con Jakotsu, non voleva mettersi a riflettere su ciò che voleva velatamente comunicargli.
Aveva forse paura che avesse ragione?

«Jakotsu, smettila con questi discorsi stupidi. La proteggo perché le sono riconoscente. Con tutto ciò che lei ha fatto per noi, per me è quasi al pari della tua persona. Una sorella.», spiegò Bankotsu con contegno, tranquillamente. Quella spiegazione lo avrebbe di certo pacato, era la pura e semplice verità.

Jakotsu, invece, roteò gli occhi e poi inarcò le sopracciglia. Stava proprio cercando di dargliela a bere in quel modo?

«Oh, ovviamente! Soltanto che a me non scosti i capelli dal viso in quel modo!», disse Jakotsu facendo schioccare la lingua.

Bankotsu si volse verso di lui e gli rivolse un sorrisetto provocatorio.

«Ma certo che posso, guarda!», disse Bankotsu e gli scostò un ciuffo ribelle dalla fronte alta. Jakotsu si arrabbiò ancor di più, sentendosi preso in giro, ed allontanò la mano di Bankotsu con uno schiaffo.

«Bankotsu, lascia stare quella donna e pensa a ciò che dobbiamo fare, al nostro obiettivo. Non posso credere che tu abbia fatto questo per lei, che tu le abbia chiesto scusa, poc'anzi... ma non ricordi? Il Primo dei Sette non si scusa, il Primo dei Sette non-»

«...ritratta. Il Primo dei Sette non perdona.», finì di recitare Bankotsu con una punta di astio. Strinse i pugni e contrasse la mascella. «Ma non ci sono più dei Sette, Jakotsu. Ed io non sono più il primo. Adesso è questa la nuova squadra. Ed io faccio quel che voglio.»

Jakotsu sospirò e strinse le labbra in costernazione. Quanto gli faceva male il cuore a vederlo così combattuto, così strano, così poco se stesso. Lo faceva per lui, non voleva che ne avesse male, non voleva che soffrisse. Pose una mano sulla sua spalla, ancora, delicatamente.

«Rimani sempre il mio Primo Fratello, Bankotsu, ed io sono ancora qui.», disse Jakotsu dolcemente, poi prese a guardare il fiume. «Bankotsu, hai vissuto due vite e la prima è stata... quella che è stata. Almeno in questa seconda... è inevitabile che finirà al ricongiungimento della Sfera, chissà quando. Ma almeno in questa vita... non voglio che tu soffra per quel poco tempo che ci resta.»

Bankotsu sgranò gli occhi. Si volse con l'intero corpo verso il fratello e lo prese per le spalle.

«Jakotsu, cosa stai dicendo? Cosa dici?», chiese Bankotsu, scuotendolo leggermente.

Jakotsu sorrise tristemente e mise a sua volta le sue mani sulle spalle del fratello, creando uno strano incastro che, in un'altra situazione, avrebbe potuto farli ridere insieme.

«Non affezionarti a quella donna, Bankotsu. Lei non è per te, il suo cuore è rapito. Ti scotterai.», disse Jakotsu serio, una nota grave nella voce. «Lei è innamorata di Inuyasha. Non importa cosa dica, lo sappiamo sia io che tu. Non fare come me, Bankotsu.»

Bankotsu si divincolò dalla presa del fratello e balzò in piedi con un movimento fulmineo. I due si guardarono a lungo, in silenzio, il volto di Jakotsu rilassato e rassegnato, quello di Bankotsu contrito e stupito.
Perché si ostinava a dirgli quelle cose? Perché? A lui non importava nulla delle decisioni sentimentali di quei due, nulla!
Gli importava soltanto che Kagome non soffrisse.
Jakotsu avrebbe dovuto smettere di tormentarlo, di fare discorsi che lui non avrebbe mai compreso; non poteva capirli, non era quel genere di persona. Non lo era mai stato.

«Cosa vuoi che me ne importi del suo cuore, Jakotsu? Ti sembro uno dedito a queste inutilità? Non mi importa! L'unica cosa che importa è che lei-»

«Che lei sia al sicuro. Che non soffra. Che un altro uomo non la faccia stare male. Bankotsu, non mi darai mai ragione ma sai che ne ho molta. Come sempre, del resto.», disse Jakotsu severo poi fece spallucce.

Bankotsu prese a scuotere la testa velocemente con rifiuto e crescente disappunto. «M'importa anche di te, è la stessa cosa. É uguale.»

«É diverso! Sei uno stupido. Non mi ascolterai mai... quando te ne renderai conto, sarà troppo tardi.», sbottò Jakotsu esasperato, i pugni in aria, l'espressione seccata.

Bankotsu strinse i pugni e si sedette nuovamente, molto discosto dal fratello. Si passò le mani fra i capelli, la treccia leggermente scarmigliata.
Si sentiva scombussolato, confuso, amareggiato. E non voleva capirne il motivo, non voleva andare a fondo, non voleva analizzare.

Io non la voglio!

Così aveva detto ad Inuyasha. Che fosse quello l'elemento inopportuno, quel qualcosa che suonava sbagliato alle sue orecchie? Erano quelle le parole che gli avevano lasciato l'amaro in bocca, quel qualcosa che stonava, che non stava bene?
E perché si sentiva così rassegnato quando, dopo l'attacco, le aveva detto di andare, di non curarsi di lui, di andare dall'altro?
Bankotsu sgranò gli occhi. Da quando quel mezzo demone era diventato “l'altro”?

«Jakotsu, tu sai di non avere possibilità.», biascicò Bankotsu di punto in bianco guardando i fili d'erba intorno a lui.

Jakotsu soffiò dal naso e s'imbronciò. Sapeva perfettamente a cosa il fratello si stesse riferendo.

«Sì che lo so, lui non sarà mai mio. Tuttavia, si continua a sperare, Bankotsu, si continua a sperare sempre. É il tempo, solitamente, che pone quiete a questo tipo di problemi... ma noi non abbiamo tempo, Bankotsu! Non sei avvezzo a queste cose, lascia stare, tu...», prese a blaterare Jakotsu senza sosta.

«É questa la differenza, Jakotsu. Tu sai di non avere possibilità. Se mai tu avessi ragione... su di me, intendo... io non sarei a corto di possibilità... io potrei...»

«Bankotsu...»

«Basta. Fa' finta che io non abbia parlato. Era un'ipotesi.», ordinò Bankotsu e Jakotsu non poté far a meno di tacere, non dopo aver emesso un sonoro e stizzito sbuffo. Era pressoché inutile continuare a parlare con Bankotsu, era testardo, orgoglioso ed irremovibile. Si sarebbe reso conto da solo dello sbaglio che stava facendo. E se ne sarebbe pentito.

* * *
Kagome aveva lasciato Sango e Miroku a svolgere ognuno mansioni diverse, con la scusa di voler fare una passeggiata rilassante.
Era abbastanza sicura, comunque, che quei due sapessero bene dove in realtà era diretta. Sperava che, almeno quella volta, evitassero di seguirla e di mettersi a spiare le sue chiacchierate, litigate o quel che fossero.
E così era lì, a vagare nel folto, arco e frecce sempre con lei. Cercare Inuyasha non sarebbe stato molto complicato, bastava provar ad utilizzare il suo intuito e cercare l'albero più alto e robusto. Poteva riuscirci.
Kagome aveva imparato a distinguere le varie aure, quantomeno quelle collegate alle persone a lei più vicine. Si stava esercitando molto ed era a buon punto. Ci credeva, in quella cosa dell'essere miko, si stava impegnando.
Certo, prima di quel viaggio temporale, non era molto interessata a quel tipo di vita e di esperienza, a tutte le cose che suo nonno cercava ogni giorno di inculcarle. Ma, da quando faceva avanti ed indietro dall'epoca Sengoku, da quando aveva scoperto di essere la reincarnazione di Kikyo e tutto il resto... si era impegnata ed, ovviamente, vedeva i risultati di quell'impegno. Kagome era molto caparbia e riusciva ad ottenere quasi sempre ciò che voleva.
Così, dopo un quantitativo neanche troppo consistente di minuti, Kagome scorse una figura imbronciata e vestita di rosso completamente spaparanzata su un ramo; guardava dritto di fronte a sé in contemplazione mistica di... qualcosa.
Kagome sospirò. Si appoggiò al tronco di un albero poco lontano, braccia incrociate e sopracciglia inarcate. Aveva sentito il suo odore, il rumore dei suoi passi, lei lo sapeva. Eppure, si ostinava lì.
Prese a camminare verso l'albero dove Inuyasha era appollaiato. Quella sua mania di arrampicarsi e rimanere lì, sui rami, lo faceva somigliare più ad un gatto selvatico che ad un cane.

«Inuyasha.», chiamò sollevando il viso verso l'alto. Arricciò il naso e strinse gli occhi a causa del sole che le colpiva il viso.

Inuyasha non aveva bisogno di sporgersi e guardare di sotto per capire chi lo stesse chiamando. Aveva sentito il suo odore fruttato, aveva riconosciuto i suoi passi; l'incedere di Kagome ch'era soltanto suo, l'avrebbe riconosciuto fra mille. E poi, come non avrebbe potuto riconoscere la sua voce? Quella che, la sera prima, lo aveva cullato dolcemente, lo aveva rassicurato e guidato verso una beata, se pur momentanea, incoscienza. Quel tono così soave e conciliante che non le aveva mai sentito usare...
Mosse le orecchie ma non le rispose. Non perché non ne avesse voglia ma non ci riusciva. Non riusciva a parlarle.
Kagome si morse il labbro inferiore e posò una mano sul tronco dell'albero, la sua pelle così pallida a confronto con il legno scuro.
In un'altra occasione si sarebbe di certo stizzita per non essere stata minimamente calcolata ma in quel caso sapeva di non potere. Fece appello a tutta la sua buona volontà ed a quel briciolo di calma che serbava per le situazioni che riteneva veramente disperate.
Scivolò seduta ai piedi del tronco e sospirò per l'ennesima volta staccando qualche filo d'erba e rigirandoselo fra le dita. Per un attimo, le tornò alla mente ciò ch'era successo prima, alla sponda del fiume.
Strizzò gli occhi, sperando di veder svanire quell'immagine che si ritrovava ad esser più vivida del normale.
Non in quel momento, aveva altro a cui pensare.

«Inuyasha, perché non scendi?», chiese Kagome ancora, lanciando i fili d'erba spezzettati come se fossero coriandoli.

Inuyasha strinse le labbra e rimase ancora in contemplazione, per un po'. Ma perché era così ostinata? Sarebbe sceso, sì, e per dirle cosa?
L'aveva quasi ammazzata, aveva messo a repentaglio la vita di una delle persone a lui più care... e non che lui ne avesse molte, di persone speciali a cui tenere.
Sottolineando anche il fatto che una buona parte delle persone a cui teneva di più non aveva fatto una così bella fine. Cominciava a pensare di essere proprio lui il problema, anzi, forse lo aveva sempre pensato.
Fece un sorriso amaro, in linea con il filone dei suoi pensieri. Si portò le mani dietro la nuca e sospirò, un piede penzoloni che faceva avanti ed indietro, nervoso.

«Non voglio scendere, lasciami in pace.», gracchiò, il tono fin troppo duro. Non voleva essere scontroso ma sperava che in quel modo se ne sarebbe andata. Una parte di lui gli comunicava che si stava sbagliando; conosceva Kagome abbastanza bene da sapere che un tono aggressivo non la faceva desistere, la faceva arrabbiare ed insistere, urlante.

«Inuyasha, non costringermi a dire quelle due parole. Perché sai che lo farei, non importa quanto tu sia in “fase refrattaria”.», gli comunicò Kagome alzando gli occhi al cielo, il tono leggermente pedante. Accompagnò le ultime due parole mimando delle virgolette con le mani, anche se Inuyasha non poteva vederla.

Al sentire la minaccia di Kagome, Inuyasha saltò sul ramo, preso alla sprovvista. Sbuffò, incollerito, e spiccò un balzo che lo portò dritto accanto a Kagome. Dannata, in un modo o nell'altro lo avrebbe fatto scendere comunque! Maledetta vecchiaccia di una Kaede e maledetto rosario!
Rimase in piedi, le diede immediatamente le spalle ed incrociò le braccia. Il solito grugno arrabbiato che prendeva totalmente possesso del suo viso.
Kagome si adagiò ancor di più contro il tronco facendovi aderire mollemente la schiena. Distese le gambe e le incrociò l'una sull'altra.
Stava bene, era lì, davanti a lei. Almeno esteriormente era tutto okay, Inuyasha stava bene.
La sacerdotessa non sapeva effettivamente perché si trovasse lì, perché lo avesse cercato con tanta testardaggine, perché volesse vederlo. Però sentiva che doveva, doveva vedere come se la stesse passando.
Togliendo l'amore, togliendo il rifiuto, togliendo l'angoscia; erano amici. Sarebbe stato crudele non curarsi di lui, non era nella sua indole.

«Si può sapere cosa vuoi? Che ci sei venuta a fare qui?», chiese Inuyasha, arcigno, volgendosi finalmente verso di lei. La naturalezza e la disinvoltura con cui era seduta contro quel tronco, quella tranquillità, lo spiazzarono. Diversa. Una Kagome diversa da quella che gli aveva chiesto tempo, da quella che prendeva a pugni il sacco, da quella che lo aveva accarezzato la sera prima.

Kagome allargò leggermente le narici ed inarcò le sopracciglia ed Inuyasha quasi la riconobbe. Tuttavia, la vide sospirare e socchiudere gli occhi.

«Sono venuta a vedere come stavi. Sei via da ieri notte, non ti sembra di esserti biasimato abbastanza?», chiese lei e poi storse le labbra.

Inuyasha inarcò un sopracciglio poi strinse i denti.
Abbastanza? Non sarebbe mai stato abbastanza. Come avrebbe potuto non biasimarsi, non odiarsi? Era una bestia, un'inutile ed insaziabile bestia. La cosa che lo infastidiva maggiormente, quella che lo faceva imbestialire, oltre ad aver quasi ferito Kagome, era che quel Bankotsu... quel bastardo di Bankotsu aveva ragione.
Forse sarebbe stato un bene che lui e Kagome stessero il più distante possibile e che lui non la sfiorasse più.
Non che di recente i loro contatti fossero floridi... lei li aveva quasi azzerati e poi ripresi, ma con parsimonia. Ed ad entrambi era andato più che bene in quel modo. Sarebbe bastato continuare, continuare fino alla fine. Ma lei era lì, così... perché? Sapere come stava... gli importava ancora di lui, dunque.

«Fhé! Che bel tipo che sei! Come potrei non biasimarmi, stupida! Ti ho quasi ammazzata!», sbraitò scompostamente, stizzito.

«É stata colpa di Bankotsu, idiota!», sbottò Kagome poi fece per tornare a quella totale calma che non l'aveva mai rappresentata. «Non c'è motivo che tu ti senta in colpa... non è colpa tua.», aggiunse e si alzò, raggiungendolo. Quello si ritrasse, andando indietro di due passi. Kagome strinse le labbra ed avanzò. Lui regredì ancora. «Oh, ma insomma, vuoi giocare?!», sbottò quella, spazientita.

Inuyasha soffiò dal naso ed incrociò nuovamente le braccia. Quindi lei sapeva qualcosa. Che quel mercenario avesse cantato e riferito l'intera faccenda? Non lo faceva proprio così stupido. Chissà cosa le aveva raccontato, quel dannato bastardo!
Kagome alzò gli occhi al cielo e si costrinse a star calma. Quell'incontro era partito con il piede sbagliato.

«Anche se è stata colpa di quel bastardo, sono stato io a non sapermi controllare. Io. Proprio come un animale, quello che sono.», sputò a denti stretti le parole che faticavano ad uscire ed al contempo bramavano per farlo. «Quindi è venuto da te a piagnucolare ed a raccontare la faccenda?», chiese poi con tono sprezzante.

«Sono stata io a chiedere. Volevo sapere.», comunicò Kagome mordendosi un labbro.

Inuyasha calciò un sassolino, innervosito. Il fatto che lei e quello avessero parlato lo faceva impazzire. Sicuramente gli aveva anche cambiato le bende. E pensare ch'era stato lui a creare quell'intera situazione. Se non avesse mai colpito quel bastardo!

«Tzé! Bene! Adesso che sai, sei contenta?», grugnì calciando qualcos'altro.

«Oh, sì. Abbastanza.», disse Kagome avvicinandosi, le mani intrecciate dietro la schiena. «Almeno so che non sei stato tu ad attaccar briga.»

Kagome gli si posizionò davanti, finalmente senza che lui arretrasse; si guardarono in silenzio per un bel po' di tempo, senza sentire l'esigenza, il bisogno di dir qualcosa.
Ad Inuyasha sembrò di tornare a respirare. Guardare quegli occhi così da vicino, dopo tanto tempo. Qualcosa di molto vicino al sollievo lo sfiorò.
Kagome sbatté le palpebre e cercò di respingere quella sensazione che le scaldava il cuore. E, per come era arrivato, quel calore se ne andò.
Aveva promesso a se stessa, nulla avrebbe cambiato quella situazione. Coraggio, doveva avere coraggio.

«Smettila, Kagome! Non devi starmi vicino per forza, non sei obbligata. Non dopo tutto quello ch-»

«Inuyasha, non ricordi cosa ti ho detto? Cosa ho detto quel... quel giorno? Nonostante questa situazione, non dovrai mai sentirti abbandonato. Il mio pensiero ti raggiungerà sempre. Come ieri, come oggi.», disse Kagome tranquillamente. «Prima ancora di tutto quello che c'è stato...», usò il passato appositamente ed Inuyasha ebbe un tremito impercettibile nel sentirlo. «... noi eravamo amici, Inuyasha. E lo siamo ancora, dopo tutto. Compagni di viaggio.»

Inuyasha strinse i denti alla parola “amici” e poi curvò le labbra in un sorriso aspro. Quella parola sapeva di fiele, lo colpiva e lo stordiva. Gli faceva quasi più male di averla vista inerme mentre lui avrebbe potuto ucciderla.
Inuyasha lo sapeva, non erano mai stati amici. Era passato dall'odiarla, per quell'aspetto così simile a quello di Kikyo, all'amarla, animatamente ed inesorabilmente. Probabilmente, non vi era mai stata quell'amicizia, quella transizione, quel passaggio. Forse non c'era mai stato.
Ingoiò il boccone amaro e rimase immobile, in fondo era meglio così. La prospettiva dell'essere amico era migliore di quella di non poterle più nemmeno parlare decentemente.
C'era qualcosa di sbagliato in tutto quello, lo sentiva sotto pelle, lo sentiva nel cuore. Ma cosa poteva pretendere, proprio lui? Cosa?
Sarebbe andato bene, se lo sarebbe fatto bastare.

«Questo non potrà mai cambiare Inuyasha. Possiamo essere amici. Lo siamo sempre stati, in fondo.», continuò Kagome, seria.

Lo siamo sempre stati, prima che io combinassi un casino. Prima che tu mi seguissi in questo casino. Prima di ridurci così, aggiunse mentalmente ma non lo disse. Non aveva intenzione di litigare né di complicare la situazione. Era l'ultima cosa di cui Inuyasha avesse bisogno ed era l'ultima cosa di cui avesse bisogno lei.

«Anche quel bastardo è tuo amico, no?», inveì Inuyasha di punto in bianco, la mascella contratta, i tendini del collo in rilievo.

«Tu e lui non litigherete più.», lo ammonì Kagome e lo guardò bieco. Basta complicazioni, basta imprevisti, basta lotte. Almeno fra loro, almeno nel gruppo. Che regnasse la pace, almeno lì. Era stanca.

«Fhé! E chi l'ha deciso, eh?», disse lui borioso, incrociando le braccia al petto, ancora.

«Io! Ho deciso io. Se entrambi avete a cuore che io non soffra... non litigate.», disse lei con fervore poi fece spallucce.

«Che stupidaggini! L'unico modo in cui io non potrei farti del male sarebbe quello di viaggiare in due luoghi differenti... o che so! Al di là di Kikyo, io sono una bestia, lo hai visto, no? Perch-»

Kagome scattò in avanti e lo afferrò per le spalle, l'espressione contratta. Inuyasha rimase immobile, le parole che gli morivano in gola. Arrossì leggermente, quel contatto insolito dopo la sera prima. Pensava che non avrebbe più sentito quelle mani sulla sua pelle.

«Basta accusarsi! Non mi avresti mai fatto del male!», disse e per un attimo le parole di Bankotsu le tornarono in mente, s'insinuarono fra i suoi pensieri, la carpirono cogliendola di sorpresa. Le allontanò scuotendo lievemente la testa.

Inuyasha volse lo sguardo altrove. Avrebbe voluto abbracciarla e stringerla, non lasciarla mai andare. Gli dispiaceva così tanto. Così tanto. Si limitò a stringere debolmente una delle mani della ragazza che si trovava sulla sua spalla. Lei sorrise lievemente, un angolo della bocca appena curvato all'insù. Stava per togliere le mani, per sottrarsi, e qualcosa in Inuyasha si ruppe. L'afferrò per una mano e la tirò indietro facendola morbidamente aderire al suo petto. La strinse delicatamente e posò il mento sulla sua testa.
Kagome, confusa e sorpresa, rimase lì, immobile fra le sue braccia. Si beò di quel contatto, non poté prendersi in giro. Le faceva piacere. Lentamente, senza che potesse evitarlo, le sue braccia si sollevarono e corsero a circondare la vita di Inuyasha.
Gli amici si abbracciano, poteva farlo, in fondo.

Tu non puoi, si ordinò immediatamente, infuriata.

E poi, sentiva qualcosa premerle alla base della bocca dello stomaco. Sentiva le labbra bruciare ed il ricordo di ciò ch'era successo prima, con il mercenario, acuì quel bruciore. Somigliava al rimorso, quella sensazione?
Strinse Inuyasha più forte, per qualche secondo, per poi staccarsene definitivamente.

«Okay.», disse stringendo le labbra ed annuendo, imbarazzata, mentre giungeva le mani e le sfregava lentamente, senza alcun motivo.

Ad un tratto, il volto di Inuyasha cambiò. Cominciò a muovere le orecchie freneticamente, il volto irato. Kagome si protese in avanti, i muscoli tesi, l'espressione seria. Una mano che già aveva recuperato l'arco poco distante da lei.
Non era buon segno, conosceva Inuyasha troppo bene.

«Dannazione! Salta su! Avanti!», disse mostrandole la schiena.

Kagome non se lo fece ripetere due volte. Non era il momento di pensare a quella presa di posizione dell'ultimo periodo, stava succedendo qualcosa ai suoi amici! Arco in mano e faretra in spalla, Kagome saltò sulla schiena di Inuyasha ed insieme partirono diretti alla radura del loro accampamento, veloci come il vento se non di più.
La situazione che si parò loro davanti lasciò Kagome senza fiato. Degli uccelli dall'aspetto orribile – somigliavano curiosamente a degli pterodattili – stavano attaccando i suoi compagni.
Jakotsu, Bankotsu, Sango, Kirara e Miroku cercavano di tener loro testa mentre Shippo ed Hachiemon cercavano di dare una mano come più potevano.
Qualcosa scattò nel suo cervello e sgranò gli occhi. Mentre Inuyasha si gettava all'attacco, scagliò alcune frecce uccidendo un paio di quelle orribili creature.

«Ma certo! I volatili di cui parlava Kikyo!», disse Kagome e scoccò altre frecce, prendendo quei brutti demoni in pieno. Ora capiva, quella parola che le era parso di carpire: era proprio “volatili” che la sacerdotessa voleva dire.

Kagome si gettò nella mischia, al centro della radura, dove il combattimento era più consistente. Inuyasha non voleva che si esponesse così tanto ma a lei non importava; era lì per far il suo dovere, mica per star immobile a guardare gli altri. E poi, i combattimenti le mettevano sempre un'adrenalina in circolo che non riusciva a spiegare. Bankotsu, nonostante il braccio ancora ferito, si destreggiava con la sua alabarda perfettamente. Inflisse un colpo preciso e letale che diede la morte a quattro demoni contemporaneamente.
Kagome se ne vide arrivare uno di fronte, il suo brutto muso che puntava dritto al suo viso. Pioveva dall'alto come una scheggia impazzita.

«Kagome!», si trovarono ad urlare all'unisono Inuyasha e Bankotsu scattando in avanti, verso di lei.

Nello stesso momento, Kagome scoccò una freccia dritta davanti a sé, l'espressione concentrata ed un occhio chiuso, per prendere meglio la mira. Questione di frazioni di secondo ed il demone era dissolto davanti ai suoi occhi. Kagome si volse verso i due e fece spallucce con un sorriso ironico.
Inuyasha e Bankotsu si guardarono in cagnesco, prima che qualcuno potesse colpirli. Furono costretti a volgersi immediatamente verso gli avversari, ritrovandosi schiena contro schiena.

«Io la proteggerò sempre, fattene una ragione mercenario. », disse Inuyasha a denti stretti mentre colpiva qualche altro volatile. «Cicatrice del vento!»

«Anche io. Fattene tu una ragione, mezzo demone.», rispose Bankotsu a denti stretti mentre con un colpo polverizzava altri volatili. Poco mancò che uno di quelli gli mordesse un braccio.

«Bene.», disse a sua volta Inuyasha, a denti stretti.

«Bene.», disse di nuovo Bankotsu. Poi, scattarono entrambi in avanti, senza più rivolgersi la parola.

«Si può sapere quanti sono questi cosi? Comincio ad annoiarmi!», urlò Jakotsu con voce graffiante ed un broncio perenne sul viso.

Kagome si trovò vicino al mercenario che aveva imprigionato cinque volatili fra le spire della sua spada. Con un gesto aggraziato e deciso del polso, Jakotsu tirò l'arma indietro squarciando completamente i demoni al suo interno.

«Complimentoni! Sei ancora in forma!», disse Kagome mentre polverizzava tre demoni con una freccia di Hama.

Jakotsu le lanciò un'occhiataccia mentre un demone si lanciava su di lui. Scartò di lato e lo colpi con la spada tagliandolo in mille pezzettini.

«Io sono sempre in forma! E Jakotsuto è perfetta.», si lagnò.

«Adesso basta! Poniamo fine a questa storia!», disse Miroku e fece per scoprire il vortice del vento. Puntuali come sempre, gli insetti di Naraku riempirono il cielo.

«Hiraikotsu!», urlò Sango abbattendo alcuni insetti ed alcuni volatili demoniaci. «Sta' fermo Miroku, non puoi usare il vortice!»

«Quel bastardo di Naraku! Allora sono suoi questi uccellacci!», sbottò Bankotsu mentre assestava un nuovo fendente di Banryu.

«Guarda, guarda chi c'è qui! Chi non muore si rivede! O forse questa non è l'espressione più adatta!», proruppe una voce femminile a loro familiare.

«Sono questi? Sono loro i mercenari con i frammenti? Naraku sarà contento di sapere che li abbiamo trovati.»

«Kagura! Hakudoshi!», urlò Inuyasha brandendo Tessaiga, già pronto all'attacco. La battaglia cessò ad un gesto del ragazzino dai capelli lilla seduto su un grande cavallo demoniaco.

Alla vista di Kagura, sia Bankotsu che Jakotsu strinsero i denti, pronti a scattare.

«Di' pure a Naraku di farsi vedere, se è noi che cerca. Gli darò una lezione che non dimenticherà, puoi starne certo.», disse Bankotsu sprezzante.

«Dannati, vi faccio vedere io! Tessaiga!», sbraitò Inuyasha e la lama della spada leggendaria brillò e divenne rossa. Lanciò il suo attacco contro Hakudoshi ma quello sviluppò la solita barriera intorno a sé, proteggendo anche Kagura. L'attacco di Inuyasha tornò indietro scagliandosi nuovamente su di loro.

Kagome e Bankotsu scartarono a destra. Bankotsu si parò davanti Kagome, in ginocchio sul terreno, la grossa alabarda davanti al corpo mentre Inuyasha si gettava sulla ragazza facendole scudo e scartando di lato. Il resto del gruppo si gettò a sinistra, Miroku che afferrava Sango per attutire con il suo corpo l'atterraggio.

«Non temere, Inuyasha! Ci rivedremo presto! Dobbiamo riprenderci quei frammenti!», minacciò Hakudoshi e prese a ridere mentre lui, Kagura, gli insetti ed i pochi volatili rimasti si allontanavano sempre di più.

Tutti i componenti del gruppo si alzarono in piedi.

«Cosa è successo?», chiese subito Kagome protendendosi verso Sango. Quella scosse la testa, le labbra strette e l'espressione seria.

«Sono sbucati fuori dal nulla. Non eravamo preparati ma ce la siamo cavata.», rispose la sterminatrice ed inspirò a lungo, ansimante.

«Divina Kagome.», esordì Miroku ad un tratto e guardò fisso la giovane miko. Kagome annuì lentamente capendo la muta domanda del monaco.

«Sì, sono i volatili di cui Kikyo parlava.», disse Kagome risoluta e il pronunciare il suo nome ad alta voce le parve quasi qualcosa d'impossibile. Inuyasha drizzò le orecchie e Bankotsu incrociò le braccia.

«Presumo che presto incontreremo anche il fuoco, allora.», continuò Miroku, l'espressione seria e concentrata, la mano sul mento.

«Ed anche lei. Lei è vicina.», disse Kagome incrociando le braccia.

Note:
**Scambio di battute che avviene realmente in un episodio dell'anime fra Inuyasha e la vecchia Kaede.

Kaede: “Hai bisogno di Kagome per trovare i frammenti della Sfera.”
Inuyasha: “Lei ha detto 'me ne vado a casa'.”
Kaede: “Quell'imitazione è pessima.”
Inuyasha: “Sono un demone, non un commediante!”

 

Angolo autrice.
Oh-oh, ce l'abbiamo fatta! Siamo qui.
Ad un orario improponibile, certo, ma si fa quel che si può.
Ho faticato tantissimo a non far abbracciare Kagome e Jakotsu come due fratellini coccolosi (sono reduce da Mr. Right, abbiate pazienza ç.ç)
Calarsi di nuovo nell'ottica del Sengoku è stato difficile ma noi che pretendiamo d'essere autori siamo così, anche un po' “attori”. Si prova, ci si cala nella parte e si scrive. Il fatto che poi sia venuta fuori una schifezzuola non è colpa mia, è colpa di Bankotsu. Sempre.
Scherzoni a parte – mi trovate divertente? Io no, per nulla – non ho commenti da fare, li lascio a voi, come sempre, se vi andrà.
Vi leggo con gioia.
Vorrei ringraziare chi segue, chi preferisce e chi ricorda la storia. Siete aumentati anche qui, grazie tante!
Alla prossima. :*

RJ. (il mio nickname è troppo lungo, regà, dovevo pensarci prima.)

 

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Capitolo 9
*** La guerriera e la salvatrice ***




 

La guerriera e la salvatrice

Take me down to the river bend
Take me down to the fighting end
Wash the poison from off my skin
Show me how to be whole again
[…]
Bring me home in a blinding dream,

Through the secrets that I have seen
Wash the sorrow from off my skin
And show me how to be whole again
Cause I’m only a crack in this castle of glass
Hardly anything left for you to see
For you to see

Linkin Park, Castle of Glass

Portami fino all’ansa del fiume
Portami fino alla fine della lotta
Lava via il veleno dalla mia pelle
Mostrami come essere di nuovo completo

[…]
Portami a casa in un sogno abbagliante
Attraverso i segreti che ho visto
Lava via il dolore dalla mia pelle

E mostrami come essere di nuovo completo
Perché sono soltanto una crepa in questo castello di vetro
Non è rimasto quasi niente da vedere per te

Da vedere per te.


«Dobbiamo solo avere fiducia. Il Grande Monaco ci salverà.», disse un uomo anziano che camminava con loro, fiducioso.

Kagome si morse un labbro, seria, l'espressione assorta e pensierosa.
Si trovavano a percorrere un sentiero di montagna con alcune persone, superstiti di un villaggio vicino attaccato da quegli uccellacci malefici.
Erano trascorsi due giorni da quell'assalto che avevano subito nel bosco ed avevano imparato e scoperto dei dettagli importanti.
Innanzi tutto, gli uccelli si nutrivano di sangue e non erano proprietà di Naraku. Appartenevano a una demone che veniva chiamata Principessa Abi. Con lei, era arrivato anche il fuoco e l'ulteriore scoperta: gli uccelli potevano infuocarsi.
Il gruppo si era ritrovato a combattere per andare in soccorso del villaggio nel quale stavano cercando notizie di Kikyo; quella donna, Abi, li aveva attaccati così, dal nulla. Si era arrabbiata moltissimo poiché, a suo dire, la stavano ostacolando nella raccolta del sangue e – neanche a dirlo – aveva cominciato ad azzuffarsi con Inuyasha mentre quelle sue creature creavano panico ovunque.
Intorno a lei vi erano gli insetti di Naraku ma non si diceva interessata agli screzi fra lui ed il loro gruppo; a quel punto, la faccenda appariva confusa.
Kagome rifletté che doveva esserci per forza un tacito accordo perché Kagura e Hakudoshi avevano usufruito delle sue orribili creature alate.
Togliendo ciò, la scoperta che al momento premeva di più era quello che avevano appena appreso da quelle persone con le quali stavano viaggiando: l'esistenza di un certo Grande Monaco.
Voci dicevano che esisteva un villaggio, oltre il valico, dove risiedeva da un po' di tempo un monaco di straordinaria potenza che però non mostrava mai il suo viso e non parlava mai di fronte agli estranei.
Possedeva due servitrici ed erano loro ad intrattenere i rapporti per suo conto con la popolazione del villaggio.
Nessuna informazione su di lui, sul suo aspetto. Poteva essere giovane o anziano, uomo o donna.
Tutti i superstiti dei villaggi, attaccati da quella pazza furiosa e dalle sue bestie, si stavano dirigendo in massa verso il villaggio del Grande Monaco poiché solo lui poteva salvarli da quelle creature demoniache.
Kagome camminava in silenzio, mordendosi una nocca.
C'era un pensiero che la tormentava e non poteva fare a meno di chiedersi se fosse verosimile oppure no. Sapeva per certo che Kikyo non era morta, sapeva per certo ch'era vicina... e se fosse stata Kikyo quel Grande Monaco?
Teoricamente appariva come una cosa assurda dal momento che, con una ferita da miasma, la miko avrebbe dovuto riscontrare non poche difficoltà anche solo nel tentativo di reggersi in piedi. Tuttavia, il fatto che non parlasse e non mostrasse il volto era indicativo; il miasma doveva comunque averle causato gravi danni e si nascondeva in modo che Naraku non potesse ritrovarla, almeno per il momento. E comunque, niente di tutto ciò le impediva di aiutare il prossimo.

Complimenti per la caparbietà, pensò Kagome, presa da un sentimento a metà fra la vera ammirazione e l'ironia pungente.

Non aveva ancora espresso quella teoria ad alta voce, voleva prima esserne sicura. In fondo, non avevano tempo da perdere per rincorrere falsi allarmi. O si trattava di Kikyo o niente da fare. C'era in ballo una vita.
Si chiedeva in che modo potesse essere utile, come lei potesse salvare Kikyo. Era la sua reincarnazione, e va bene, ma non capiva come avrebbe dovuto fare e lei non glielo aveva comunicato. La cosa la stressava.
Intanto, comunque, si erano ritrovati invischiati in quella faccenda degli uccelli. Chissà che aveva in mente quel verme di Naraku. A cosa doveva servirgli quella Abi e la sua raccolta di sangue? Perché?
E ancora... nel profondo, Kagome sentiva un'altra cosa a preoccuparla.
Hakudoshi e Kagura avevano minacciato di volersi riprendere i frammenti dei mercenari, ovviamente per conto di Naraku. Storse la bocca mentre stringeva forte il laccio grazie al quale portava in spalla la faretra.
Non avrebbe permesso a quei due leccapiedi di Naraku di recuperare quei frammenti; Bankotsu e Jakotsu non dovevano morire. Non si erano salvati per nulla. Tuttavia... al ricongiungimento della Sfera...
Scosse la testa e strinse le labbra. Non doveva pensarci. Si sarebbe trovato un modo, così come si sarebbe trovato per Kohaku.

«Ti vedo pensierosa, ragazzina.», le bisbigliò Bankotsu a un tratto. Camminava lì, al suo fianco, il fratello poco dietro.

Inuyasha, che era poco più avanti con una vecchietta sulle spalle, drizzò le orecchie e si mise in ascolto; si sentiva alla stregua di Sango e Miroku ma... era più forte di lui. Quel tipo le doveva per forza rivolgere la parola?
Kagome sollevò lo sguardo verso di lui e gli riservò un sorriso ironico.
Dopo l'attacco alla radura, c'era stato poco tempo per riflettere su quello ch'era successo sulla sponda del fiume. Così, semplicemente, Kagome e Bankotsu avevano ripreso a comportarsi normalmente. E il tutto fra loro si svolgeva in maniera così naturale da sconvolgere tacitamente entrambi.

«Vedi?», gli rispose lei bisbigliando a sua volta. «Ogni tanto capita anche a me, di pensare.», scherzò con ironia e fece spallucce. Poi sospirò.

Bankotsu, a sua volta, si lasciò macchiare il viso da un sorrisetto arrogante e poi sospirò scuotendo la testa. Quella ragazzina non avrebbe mai smesso di sorprenderlo con quella sua lingua lunga.
Inuyasha si lasciò sfuggire un mugugno basso e incomprensibile; dannati, ma bisbigliavano di proposito? Fhé, che grandissimi tonti! Tanto lui poteva sentirli benissimo lo stesso e Kagome lo sapeva. Tsk.

«Senti... non sarà che ti preoccupa l'operazione di salvataggio per quella sacerdotessa?», chiese ancora a bassa voce Bankotsu guardando dritto davanti a sé. Kagome aveva quell'espressione assorta da quella mattina presto, quando si era svegliata. Non gli piaceva vederla in quel modo e non gli piaceva quello che doveva andare a fare.

Inuyasha resisté all'impulso di voltarsi e osservare il viso di Kagome, i suoi tratti, i suoi occhi, per scorgervi una qualsiasi traccia di paura, angoscia tormento. Anche soltanto per scorgere un'emozione qualsiasi.
Kagome sgranò gli occhi e strinse un braccio del mercenario, con concitazione, come ad intimargli di fare silenzio. Quello la fissò per un attimo e poi gli occhi corsero dritti alla mano di lei. Si guardarono negli occhi per un attimo, continuando a camminare. Poi Kagome, lentamente, lasciò cadere la mano.
Inuyasha poteva sentire, Kagome ne era consapevole, anche se stavano bisbigliando. Ma pazienza, ormai Bankotsu aveva introdotto l'argomento. Avrebbe solo dovuto fare attenzione a non parlare del Grande Monaco... e a non toccarlo più in quel modo.

«Non sono preoccupata, Ban. Solo... insofferente.», confessò sempre a bassa voce. Quantomeno, che non sentissero gli altri. Parlare con Bankotsu era una cosa talmente facile e quella facilità d'espressione, quando era con lui, la straniva sempre di più. «Spero che finisca il prima possibile. Voglio solo trovarla e salvarla e... basta. Non voglio arrivare quando sarà... troppo tardi.», disse ancora mordendosi un labbro. «Il fatto, poi, che non so cosa dovrò fare è un altro discorso.»

Inuyasha nell'udire quel “troppo tardi” sentì un rimescolio delle viscere e fu combattuto fra il desiderio di correre a cercare Kikyo e quello di avvicinarsi ancora di più per sentire ancora cosa Kagome e quel tizio si stessero dicendo. Per poco non si lasciò sfuggire un ringhio e la signora sulle sue spalle lo osservava con tanto d'occhi, un po' perplessa.
Alla risposta di Kagome, Bankotsu sollevò gli occhi al cielo e si sistemò meglio Banryu sulla spalla.

«Queste, dalle mie parti, si chiamano preoccupazioni, ragazzina. Sei preoccupata.», le fece notare il mercenario ma non c'era derisione nella sua voce. «Forse dovresti-», cominciò, il tono che mostrava un'insolita nota d'incertezza.

Non gli andava che Kagome fosse esposta ad un pericolo del quale non poteva calcolare l'intensità. Il miasma di Naraku era velenoso, un qualcosa di tossico, d'ingestibile, di logorante. Non gli andava che Kagome venisse a contatto con quella cosa, per di più per salvare quella lì, quella per la quale veniva rifiutata, quella per la quale soffriva. E non gli andava che facesse così un favore al mezzo demone. Proprio non gli andava.

«No. Lo farò. Punto.», disse Kagome, risoluta, e Bankotsu si trovò ad annuire soltanto dopo aver sbuffato.

Inuyasha abbassò le orecchie e strinse le labbra. Quanto gli sarebbe costata quella scelta? A cosa sarebbe andata in contro?
Voleva che Kikyo si salvasse, voleva che Kagome la salvasse se lei era l'unica a poterlo fare. Però, al contempo, temeva per la sua vita, temeva moltissimo. E si sentiva un verme, e si sentiva spezzato, perché la salvezza di un amore poteva compromettere l'altro e lui rimaneva solo lì, a guardare. Non poteva dirle di non andare e lei non sarebbe comunque rimasta con le mani in mano. Neanche se ad avere bisogno di lei era proprio Kikyo.
Sentiva la bocca dello stomaco stretta in una morsa, il cuore imprigionato in una trappola dolorosa. E si sentiva inutile. Ed era una sensazione orribile.
Ma non ci fu più tempo per struggersi con quei pensieri futili; un nuovo stormo di quegli uccelli demoniaci, con versi stridenti e minacciosi, si dirigeva in picchiata su un altro gruppo di persone che si muovevano su un altro sentiero, poco sopra di loro.
Maledizione!

«Hachiemon! Porta via queste persone!», ordinò Miroku al suo servitore che, immediatamente, si trasformò e recuperò i pochi individui che viaggiavano con loro per trasportarli via, al sicuro, insieme al piccolo Shippo.

Inuyasha, libero dalla donna che portava in spalla, sguainò gli artigli ed attaccò alcune bestie demoniache senza pensarci troppo, scattando con un solo balzo.
Kagome cominciò a scoccare le prime frecce e ad uccidere alcuni dei mostri che si gettavano su quei poveri innocenti.
Sango la recuperò per un braccio, facendola salire su Kirara, mentre Bankotsu, Jakotsu e Miroku percorrevano a gran velocità quella porzione di sentiero che li divideva da quelle persone in pericolo.
Inuyasha aveva già sterminato buona parte degli uccelli demoniaci, tuttavia, ben presto, ne accorsero altri ed altri ancora, in un meccanismo che sembrava senza fine.
Le armi che possedevano erano forti e i demoni soccombevano velocemente; Inuyasha stesso riusciva a neutralizzarli anche solo con gli artigli. Era la quantità il problema vero e proprio.
Un altro stormo tentò di attaccare quei poveri uomini che, in preda al panico, si sparpagliavano qui e lì.

«Dovete rimanere in un unico punto e stare tutti uniti!», li ammonì Sango mentre recuperava Hiraikotsu con il quale aveva sterminato un cospicuo quantitativo di volatili demoniaci.

Kagome lanciò qualche altra freccia ma si sentiva sempre più irrequieta. Per quale assurdo motivo continuavano ad utilizzare quelle bestie? Qual era il piano di Naraku? Che piega stava prendendo?
In un momento di disattenzione, per poco non venne colpita da una delle lame di vento di Kagura. Fece in tempo a saltare indietro, goffamente e colta di sorpresa.

«Kagura.», biascicò la sacerdotessa a denti stretti mentre sollevava lo sguardo al cielo. I suoi compagni la imitarono. Kagura era lì con Hakudoshi, che era in groppa al suo enorme cavallo, e un altro stormo di quegli orribili volatili.

«Hakudoshi, maledetto! Ancora voi!», urlò Inuyasha e sguainò nuovamente Tessaiga nel solito tentativo di poter ferire e colpire quell'odioso ragazzino, senza nessun risultato.

Hakudoshi si abbandonò ad un sorrisetto sprezzante e si mostrò ancor più impettito su quel suo cavallo. «Ci incontriamo di nuovo, Inuyasha.», disse, poi il suo sguardo corse velocemente ai due mercenari, fermi e poco distanti da Miroku.

Kagome seguì lo sguardo di Hakudoshi e non le piacque per niente. Jakotsu e Bankotsu erano in serio pericolo, il primo più del secondo.
Se i loro nemici fossero riusciti ad estrarre l'unico frammento che possedeva, si sarebbe dissolto immediatamente e non avrebbe avuto seconde possibilità.
Inuyasha era stanco e irritato da quel balletto che andava avanti da ben due giorni. Ne aveva abbastanza, quei maledetti gliel'avrebbero pagata!
Sferrò la sua solita cicatrice del vento che riuscì a far soccombere una buona porzione di uccelli ma non scalfì per nulla né Kagura e tanto meno Hakudoshi. Un nuovo quantitativo di uccelli tornò a pararsi davanti i due servitori di Naraku, quasi fosse una barriera, ripristinando nuovamente il loro numero. Inuyasha si lasciò sfuggire un ringhio ricco di frustrazione e rabbia e a quel suono Hakudoshi sorrise sadicamente.

«Kagura, prendiamoci quel che è nostro. Sto cominciando ad annoiarmi.», comunicò Hakudoshi con fare scocciato alla demone accanto a lui.

Kagura gli rivolse uno sguardo di puro fastidio, tuttavia eseguì il suo ordine. Con un lento ma deciso movimento del polso, mosse il suo ventaglio lanciando una pioggia di lame di vento sui due mercenari.
Quel gesto sembrò dar via alla battaglia. Gli uccelli demoniaci ricominciarono a gettarsi in picchiata sugli altri presenti ed Hakudoshi fu completamente catturato dal suo duello con Inuyasha.
Jakotsu e Bankotsu scattarono indietro, evitando l'attacco di Kagura. Quella scese dalla sua piuma e atterrò graziosamente sulle punte dei piedi.

«Vedrò di far in fretta, con voi.», disse ed un piccolo ghigno si dipinse sul suo viso.

Kagome, impegnata nello sterminio di quegli odiosi demoni, affiancava Sango. La ragazza aveva perso l'aiuto di Miroku; il monaco era occupato nel mantenere una barriera con la quale proteggeva gli umani che ancora si trovavano lì e che erano stati precedentemente attaccati.
Bankotsu si fece avanti e cercò di colpire Kagura con Banryu. Quella scartò ed evitò velocemente anche le lame della spada di Jakotsu che però le tagliarono il kimono sulla spalla.
Kagura storse la bocca, irritata, e scaricò sui due mercenari una nuova ondata di lame di vento.
Bankotsu e Jakotsu scartarono in due direzioni differenti, il primo a destra, il secondo a sinistra. Tuttavia, Jakotsu si mosse con qualche secondo di ritardo ed una lama lo ferì al polpaccio sinistro causandogli una ferita piuttosto profonda. Il mercenario proruppe in un urlo di dolore che attirò l'attenzione del gruppo e, soprattutto, del Primo Fratello.
Quando Kagura cercò nuovamente di accanirsi su Jakotsu, seduto per terra che si reggeva il polpaccio, Bankotsu l'assalì cercando di coprire il fratello in ogni modo. Doveva tenere duro, quella lì non sarebbe riuscita più a ferirlo!
Inuyasha sentì odore di sangue e l'urlo di Jakotsu; si volse di scatto e per poco non rischiò di essere colpito da Hakudoshi. Strinse i denti e si spostò di lato mentre il ragazzino gli veniva addosso e cercava di colpirlo con i suoi stessi attacchi. Scagliò la sua cicatrice del vento e nuovamente non ottenne nulla; la barriera di quell'odioso era completamente infrangibile.
All'urlo di Jakotsu, Kagome strinse i denti mentre lanciava una nuova freccia. Accidenti, Kagura stava facendo in modo di riprendersi i frammenti e sembrava piuttosto agguerrita. Se pur Jakotsu e Bankotsu fossero due guerrieri provetti e molto forti, potenziati dai frammenti, Kagura sembrava comunque in vantaggio. Jakotsu era stato addirittura ferito... Inuyasha era impegnato con Hakudoshi e non poteva aiutarli.
E lei doveva affiancare Sango, i volatili erano decisamente troppi e Miroku aveva bisogno di protezione!
Subito dopo il colpo ricevuto, Jakotsu prese a trascinarsi, lasciando una scia di sangue dietro di sé, mentre davanti a lui Bankotsu combatteva coprendolo in ogni modo. Maledetta donna, le avrebbe fatto vedere lui. L'avrebbe pagata cara! Riuscì a rimettersi in piedi issandosi grazie ad uno spuntone di roccia e strinse i denti quando la ferita prese a bruciare ulteriormente.

«Stupida donna, togliti dai piedi! Ti faccio vedere io!», urlò Jakotsu ormai in piedi dietro le spalle del Primo Fratello.

Con un movimento fulmineo, lanciò la sua spada dalle innumerevoli lame contro Kagura che riuscì ancora ad evitarla per un soffio. Venne lievemente ferita ad un braccio, ma non riportò nessun altro danno.
Kagura si lasciò andare ad un sorrisetto provocatorio. Hakudoshi l'aveva istruita, il ragazzo con la treccia aveva due frammenti, l'altro soltanto uno. Entrambi avevano i frammenti collocati nei pressi del collo. Doveva soltanto squarciargli la gola ed avrebbe ottenuto quel che voleva. Decise di partire da quello che aveva osato attaccarla, quello che l'aveva ferita e che aveva ferito. Il possessore di un unico frammento.
Era il più facile da uccidere.
Kagura si scagliò contro Bankotsu che riparò se stesso ed il fratello dietro la grossa alabarda, per difendersi dalle nuove lame di vento.
Kagura sbuffò ed intensificò l'attacco; cominciava a perdere la pazienza.
Kagome si volse repentinamente e lanciò un'unica freccia in direzione di Kagura, sperando di distrarla. Rischiò di essere colpita da un uccello demoniaco ma Sango riuscì ad aiutarla.

«Accidenti a quella ragazzina!», biascicò Kagura stringendo i denti mentre schivava la freccia per un soffio. Lanciò delle lame di vento nella sua direzione, ricambiando il suo attacco, e Kagome riuscì a spostarsi per miracolo venendo però ferita al braccio.

Bankotsu approfittò per avventarsi su Kagura ma il fendente della sua alabarda tagliò l'aria a pochi centimetri dal viso della demone.
Kagura si portò indietro, ansimante e leggermente scossa. Per poco quello lì non le aveva tagliuzzato la faccia!
Il fatto che Kagura cominciasse ad accusare mancanza di coordinazione non sfuggì ad Hakudoshi che intanto veniva pressato da Inuyasha con numerosi attacchi che non avevano alcun risultato. Nulla poteva scalfirlo, a nulla sarebbero serviti i tentativi di quell'illuso. Si stava proprio annoiando!

«Kagome!», si ritrovò ad urlare Inuyasha sentendo nell'aria l'odore del sangue della sacerdotessa.

Kagome lasciò che il sangue macchiasse la felpa e continuò a scagliare frecce come se nulla fosse. Era una ferita superficiale, poteva resistere.

«Va tutto bene!», urlò in risposta sia al mezzo demone che a Sango, la quale continuava a lanciarle occhiate apprensive, fra un lancio e l'altro di Hiraikotsu.

«Devo sempre venire in tuo soccorso, eh Kagura?», disse in quello stesso momento Hakudoshi e ordinò ad alcuni volatili demoniaci di attaccare i due mercenari. Inuyasha si volse di scatto e lanciò un'altra cicatrice del vento, quantomeno per riacquistare l'attenzione di Hakudoshi.

«Sono io il tuo avversario, bastardo! È con me che devi combattere!», sbraitò il mezzo demone ansimante e brandì nuovamente la spada contro il ragazzino.

Hakudoshi proruppe in una risata sprezzante e sospirò. «Ma io non ho nessuna intenzione di mollarti, Inuyasha.», lo informò in tono canzonatorio.

Bankotsu cominciava ad accusare la stanchezza, nonostante i frammenti della Sfera. Sapeva che Kagura fosse forte, ma non immaginava così tanto. L'aveva sottovalutata. Jakotsu, dietro di lui, cercava di aiutarlo come poteva ma lui cercava di impedirgli di muoversi. La ferita che aveva al polpaccio sembrava abbastanza seria. Quando vide Hakudoshi mandare in aiuto della demone quegli orribili uccelli, per poco non si strozzò con la sua stessa saliva.
Ma accidentaccio! E adesso?
La sterminatrice e Kagome erano a difendere il monaco che stava lì, con la sua barriera, a proteggere quelle persone. Il mezzo demone era impegnato in quella battaglia inutile con il tipo dai capelli colorati di lilla.
Bene. In anni di battaglie, non era stato quasi mai in difficoltà – tranne casi particolari – ma non era niente di preoccupante.
Avrebbe fatto affidamento su se stesso, poteva farlo. Non era veramente stanco, ce la faceva. Era stato solo lievemente ferito alla caviglia, ma nulla di serio. Un graffietto. Si scontrò nuovamente con Kagura che cercava in ogni modo di aggirarlo per raggiungere Jakotsu.
Jakotsu, in contemporanea, allontanava dal fratello i volatili demoniaci che minacciavano di volerlo attaccare. Il polpaccio gli doleva oltremodo, anche se cercava di non pensarci, e si sentiva malfermo, come se le sue stesse gambe stessero per abbandonarlo. Tuttavia, non smetteva di incatenare quei brutti demoni fra le spire della sua spada.
E poi, fu un attimo.
Jakotsu perse totalmente stabilità sulla gamba ferita, che lo abbandonò; perse l'equilibrio e cadde seduto, facendosi sfuggire un lamento. Un uccello demoniaco, che il ragazzo non era riuscito ad abbattere per tempo, lo puntò, minacciando di raggiungerlo in breve.
Bankotsu si volse al lamento del fratello ed una lama di vento lo ferì al braccio. Si gettò, cercando di interporsi fra Jakotsu e la creatura alata che minacciava di colpirlo. Tirò a sé la pesante alabarda ma il braccio ferito – appena guarito dallo scontro con Inuyasha e nuovamente compromesso – non lo aiutò; l'affilato becco dell'orribile creatura lo colpì alla gola, prima di essere vaporizzato all'istante da una freccia di Hama.
Tuttavia, uno dei frammenti della Sfera che il mercenario aveva nel collo saltò fuori e un insetto di Naraku fu veloce nel recuperarlo al volo, come se sapesse.
Dopo aver scagliato la freccia, senza riflettere, Kagome si lanciò di corsa verso il punto in cui i mercenari erano in terra, Kagura che li sovrastava e minacciava di colpirli ancora.
Maledizione! Rischiavano grosso, rischiavano tutto!
Si fermò, scagliò una freccia e un'altra ancora, tentando di colpire quell'insetto maledetto e recuperare il frammento; non ci riuscì. Lanciò una nuova freccia in direzione di Kagura, quella la schivò, stizzita, e rispose con una nuova schiera di lame di vento.

«Primo Fratello, perché l'hai fatto? Ce la facevo!», sbottò Jakotsu e sembrava sull'orlo di una crisi di nervi, in apprensione, mentre stringeva il fratello ch'era riverso sulle sue ginocchia, la gola insanguinata e tagliata.

«N-non dire a... assurd... assurdità...», rantolò Bankotsu mentre cercava di rimettersi seduto. Aveva già subito l'estrazione dei frammenti, sapeva come funzionava. Ci si sentiva immediatamente più deboli e spossati ma poi ci si riprendeva. Eppure, si sentiva così strano... come se stesse per perdere conoscenza...

Kagome si spostò sullo stretto sentiero, più in fondo, allontanandosi sapientemente dai mercenari. Più portava Kagura lontana da loro, meglio sarebbe stato. In caso degli uccellacci si fossero avvicinati, avrebbe comunque potuto aiutarli con le frecce, se Jakotsu non fosse riuscito a giostrare ancora la spada. Dovevano solo resistere.
Persino Inuyasha era in difficoltà; Hakudoshi non gli lasciava prendere fiato e gli stava dando parecchio filo da torcere.
Kagura capì il gioco di Kagome e decise di assecondarla. La pedanteria di Hakudoshi cominciava a darle ai nervi e se le cose non fossero andate secondo i piani di quell'antipatico, non le sarebbe di certo dispiaciuto.
Sarebbe stato soltanto... un puro caso. Intanto, poteva divertirsi un po' con quella giovane miko che sembrava molto più interessante di quei non morti che l'avevano già annoiata.

«Non tieni alla tua vita, ragazzina?», chiese Kagura con ironia, scagliando un nuovo attacco contro di lei.

Kagome schivò di lato, ancora, cercando di mettere in atto quei rudimenti di mosse da combattimento che Sango le aveva insegnato. Tuttavia, una lama la prese di striscio allo stinco. Anche i jeans cominciarono ad essere sporcati da una macchia scura in espansione. Kagome sentì un bruciore istantaneo e divoratore; quella ferita doveva essere leggermente più aggressiva della precedente ma poteva ancora andar bene, poteva muoversi. Non era grave. Si alzò in piedi e puntò una freccia pronta ad essere scoccata proprio contro il viso di Kagura.

«E tu non tieni alla tua?», chiese, scoccando la freccia. Quella si spostò e il tiro andò a vuoto.

«Più di quanto immagini.», rispose Kagura, sprezzante.

Una nuova raffica di lame di vento costrinse Kagome a spostarsi nuovamente. Una lama recise il laccio con il quale teneva la faretra sulla spalla. La faretra cadde mentre lei saltava di lato, le rimase in mano solo l'arco. In quel salto, inconsapevolmente, si spinse al ciglio del sentiero, rischiando di cadere nel vuoto. Rimase in bilico, in piedi, dando le spalle al baratro, Kagura di fronte a lei, molto più vicina di quanto volesse.
Kagome strinse l'arco, non aveva più le frecce con sé. Poteva prenderla a colpi d'arco sacro, in caso di bisogno? Ne dubitava. Kagura fece un passo avanti e lei ne mosse uno indietro, ma sentì d'essere arrivata veramente al limite; la terra si sbriciolò un po' sotto il suo passo.
Kagura rimase ferma di proposito. Vide una figura ergersi su uno spuntone di roccia poco distante da loro ma non disse nulla, semplicemente.
Prese tempo.

«Dannazione! Kagome!», urlò Inuyasha nello stesso momento in cui la ragazza perse la faretra e fu messa alle strette dalla demone.

Inuyasha fece per raggiungerla ma Hakudoshi glielo impedì. Il mezzo demone ringhiò, cercando di farsi strada, ma il cavallo demoniaco glielo impediva, lanciandogli contro globi infuocati che lui si trovava costretto a schivare.

«Non ero io il tuo avversario, Inuyasha?», chiese Hakudoshi con ironia. «Chissà che rumore fa una sacerdotessa che si schianta al suolo cadendo nel vuoto... Tu dovresti saperlo...», disse Hakudoshi con un ghigno malsano e maligno sul volto.

Inuyasha stava per rispondere, un ringhio gutturale scosse il suo petto mentre cercava di farsi strada, ancora una volta.
Poi, una freccia di Hama. Un tiro preciso, attento, perfetto.
La freccia colpì la barriera di Hakudoshi e, con grande sorpresa di tutti i presenti, quella si disintegrò. Inuyasha sgranò gli occhi; quella freccia...
Hakudoshi, in seguito all'urto, fu sbalzato via dal cavallo; aveva il volto crucciato, l'espressione perplessa. Cosa stava accadendo?

«Inuyasha, adesso!», urlò Kagome spingendo in avanti Kagura, che si era distratta, e riuscendo a scattare per riprendere la sua faretra.

«Cicatrice del vento!», urlò immediatamente il mezzo demone, riscuotendosi. L'attacco raggiunse Hakudoshi ed Entei. Il ragazzino fu sbrindellato in mille pezzi mentre il cavallo fu distrutto immediatamente.

Kagura osservò stupita e sconcertata: Hakudoshi era comunque ancora vivo, sembrava non ci fosse proprio nulla che potesse distruggerlo. Prontamente e con una certa stizza, Kagura liberò una delle sue piume raggiungendo Hakudoshi, del quale recuperò la testa.

«Kagura, ritiriamoci!», urlò il ragazzino e immediatamente sia Kagura che gli uccelli demoniaci rimanenti cominciarono ad allontanarsi a gran velocità dalla parte opposta.

Kagome si voltò dalla parte in cui supponeva la freccia fosse partita; non c'era più nessuno. Ma la freccia era lì, conficcata nella parete rocciosa ed era una freccia di Hama. Lei non l'aveva scoccata. Soltanto una persona poteva avere una mira così precisa e – immaginava – un potere tanto grande da riuscire a rompere quella barriera infrangibile.

«L'ho visto! Il Grande Monaco ci ha salvati!», urlò un uomo tutto esaltato e un leggero coro di brusii cominciò a sollevarsi dalla piccola folla di umani.

Kagome si volse di scatto verso quell'uomo, intontita; aveva appena dato voce ai suoi sospetti. Era sempre più sicura che quel Grande Monaco fosse lei. Ma... vi era anche altro a cui pensare. Kagome raggiunse i mercenari in due passi e s'inginocchiò accanto a loro.

«Ha perso conoscenza.», la informò Jakotsu preoccupato mentre aiutava Kagome a rigirare Bankotsu per metterlo meglio.

Kagome corrugò le sopracciglia alla vista di Bankotsu; il suo volto era sofferente e aveva davvero perso i sensi. Adesso vedeva un solo frammento brillargli addosso. Sospirò.

«Il tuo polpaccio?», chiese la ragazza rivolgendosi poi a Jakotsu, stremata.

«Sto bene, donna. Non sono mica così fragile! Pensa a Bankotsu, piuttosto! Non si sveglia...», disse Jakotsu corrugando le sopracciglia e stringendo il viso del fratello fra le mani.

«Kagome!», fu quello che urlarono in contemporanea sia Inuyasha che Sango mentre scattavano verso di lei insieme a Miroku, ormai libero dalla barriera che aveva eretto.

«Tutto bene?», le chiese Inuyasha chinandosi e Kagome sapeva che quella domanda era rivolta soltanto a lei.

Inuyasha scrutava Kagome con apprensione mentre l'oggetto che stringeva nella sua mano destra cominciava a sembrare come incandescente: aveva recuperato la freccia di Hama che aveva infranto la barriera di Hakudoshi.
Kagome notò la freccia fra le mani di Inuyasha e si sentì gelare. Tuttavia, gli rivolse un tiepido sorriso prima di riportare nuovamente il suo sguardo prima su Bankotsu e poi su Jakotsu.

«Io sto bene. Loro, però, hanno bisogno urgente di cure. Dobbiamo dirigerci al più presto al villaggio del Grande Monaco.», disse Kagome e sentiva già il cuore pesante come un macigno.

* * *
«Ahhh! Mi stai uccidendo, levati! Mi fai male!», piagnucolava Jakotsu scalciando.

«Devi stare fermo! Ti sto medicando, idiota!», sbottò Kagome mentre cercava di pulire la ferita con l'acqua ossigenata.

Inuyasha, accovacciato accanto a quei due, sbuffò, spazientito.
Si era prestato a quella follia, aveva acconsentito a tenere ferma e ben piantata al pavimento la gamba di quel pazzo mentre Kagome si dava da fare. Ma le urla di quel tipo gli stavano perforando le orecchie!

«Inuyasha, perché mi fai questo? Posso capire la perfidia di questa donna, ma perché anche tu mi fai del male? Perché mi condanni ad atroci soffAHI! Mi bruciaaaa!», continuò Jakotsu lamentandosi come mai aveva fatto prima d'allora. Si era ferito parecchie volte nella sua vita ma qualche impacco alle erbe e via, tutto guariva! Ma quell'acqua... quell'acqua era un supplizio!

«Vuoi stare zitto, dannato?! Smettila di urlare, accidenti a te!», sbraitò Inuyasha a sua volta, esasperato. Che seccatura, quel tipo! Non riusciva neanche a sentire i suoi stessi pensieri.

Kagome si lasciò andare ad un sospirò carico di frustrazione mentre si accingeva finalmente a fasciare il polpaccio di Jakotsu.
Il suo sguardo cadde su Bankotsu, addormentato e già medicato, e Inuyasha se ne accorse.
Erano riusciti ad arrivare al villaggio del Grande Monaco senza intoppi, Hachiemon e Shippo erano tornati a riprenderli. Gli abitanti erano stati gentili, erano ospiti nella capanna di una coppia di anziani graziosi e cordiali e ne avevano approfittato per ristorarsi e medicare le ferite.
Miroku si era subito occupato di Bankotsu mentre Kagome esaminava il polpaccio di Jakotsu. Kagome aveva preferito che fosse Miroku ad occuparsi del Primo dei Sette perché, per una volta, sentiva che non ce l'avrebbe fatta. Non sapeva perché, ma aveva paura ad occuparsene lei.
Quella ferita le sembrava più delicata delle altre... voleva che se ne occupasse l'amico, lui era più competente. Voleva che Bankotsu fosse in buone mani.
Lei e gli altri membri del gruppo non avevano ancora parlato fra loro, lei non aveva espresso ad alta voce la teoria sul Grande Monaco; erano stremati, scossi e confusi. Avevano pensato soltanto a riprendersi.
La presunta freccia di Kikyo giaceva abbandonata in un angolo della capanna, poco distante da loro, e Kagome sentiva come se quell'oggetto la stesse osservando. Cominciava a sentirsi paranoica ma era nervosa, tesa. Alla storia di Kikyo si era aggiunta anche la faccenda dei due mercenari; era preoccupata, lo era molto. Se fosse andata diversamente, quel giorno, se Bankotsu avesse avuto un solo frammento... si sarebbe dissolto davanti ai loro occhi senza troppe cerimonie.
Sussultò impercettibilmente al pensiero e Inuyasha si volse verso di lei scrutandola con attenzione.

Kagome, cosa ti turba? Hai paura?, si chiese il mezzo demone e corrugò le sopracciglia. Sentiva uno strano bisogno di parlarle...

«Kagome, dovresti farti medicare anche tu. Sei ferita.», le fece notare, apprensivo. Questa cosa che doveva esporsi, mettere sempre gli altri davanti a sé... lo lasciava orgoglioso di lei e al contempo furioso. Avrebbe voluto evitare di esporla a qualsivoglia pericolo. Pensò per un attimo a Kikyo e si rabbuiò sentendo lo stomaco contorcersi. Non poteva salvare Kagome da quello... sempre la solita storia, il solito pensiero... non avrebbe mai trovato pace.

Kagome annuì appena e sospirò, tornando alla medicazione di Jakotsu. Strinse forte il bendaggio un'ultima volta prima di chiuderlo e si beccò un altro “che cavolo fai, donna?!” al quale rispose con un'occhiata torva.
Inuyasha abbandonò la gamba di Jakotsu che si spostò per raggiungere Bankotsu.

«Divina Kagome, Inuyasha ha ragione. Posso medicarvi io.», propose Miroku abbandonando il suo pasto e facendosi avanti.

Sango sollevò lo sguardo dalla sua zuppa e Inuyasha lo guardò, diffidente.
Kagome curvò le labbra in un piccolo sorriso e annuì. Ah, riuscivano ad essere mal pensanti anche in quella situazione? La ragazza si tolse la felpa azzurra che portava, macchiata di rosso all'altezza del braccio destro, e rimase con una semplice canottiera aderente e Inuyasha distolse lo sguardo, improvvisamente imbarazzato. 
Kagome offrì il braccio a Miroku che, senza batter ciglio, cominciò a detergere la ferita con l'acqua ossigenata. La giovane strinse i denti e chiuse gli occhi, combattendo contro il bruciore.

«Stai attento a quello che fai, tu.», disse Inuyasha al monaco, con finta noncuranza. Miroku gli rivolse un'occhiata seccata e Sango rise.

«Siete dei malfidati.», snocciolò il monaco mentre bendava la ferita di Kagome. «Avevi ipotizzato bene, è una ferita superficiale.», le comunicò poi e lei annuì.

Quando Miroku stava stringendo le bende anche intorno alla lieve ferita intorno allo stinco, i due anziani signori che li avevano ospitati entrarono nella capanna.

«Come vi sentite?», chiese la donna, premurosa, mentre Sango l'aiutava a recuperare le ciotole vuote e sporche di Shippo, Hachiemon e Miroku.

«Molto meglio. Vi ringraziamo della vostra ospitalità.», disse Kagome con un sorriso sincero.

«Quegli uccelli malefici!», sbottò l'uomo sollevando un pugno al cielo. «Hanno attaccato il villaggio molto prima che arrivaste! Erano portati da un demone dalle fattezze di donna!», raccontò l'uomo ancora, infervorato.

«Abi.», sussurrò Inuyasha con astio. Cosa aveva a che fare quella dannata con Naraku? Vi erano troppi particolari irrisolti.

«Abbiamo rischiato molto ma, fortunatamente, il Grande Monaco era qui. Ci ha salvati. Non avremmo saputo come fare senza di lui.», continuò l'anziana donna con un sorriso bonario sul volto mentre versava del tè. «Ha eliminato tutti i demoni e messo in fuga la donna con due sole frecce!»

Kagome per poco non lasciò cadere la ciotola di zuppa che l'anziana le aveva offerto poco prima. Era ora di parlare, chiarire, chiedere informazioni in merito. Anche se... sembrava non ci fossero più dubbi, ormai ne era quasi del tutto sicura: il misterioso monaco era Kikyo.
E dalle facce di Miroku, Sango e Jakotsu, capì che anche loro dovevano pensare lo stesso. Si volse brevemente verso Inuyasha e vide che lui la stava già osservando. Si fissarono intensamente per qualche attimo poi lei distolse lo sguardo.

«Non è di Kikyo.», disse Inuyasha di punto in bianco. Sentiva un peso allo stomaco, doveva parlare. Quando tutti si volsero verso di lui, assunse un'espressione ancora più cupa. «La freccia, dico. Non è di Kikyo. Non ha il suo odore.», quando vide che tutti, tranne Kagome, lo guardavano con fare interrogativo, si strinse nelle spalle. «So che lo pensate, anche se non avete detto nulla.»

«In effetti, se devo essere sincero, neanche io ho percepito un'entità spirituale paragonabile a quella della Somma Kikyo.», fece Miroku portandosi una mano al mento, pensieroso, accorto.

Kagome scosse la testa e sollevò gli occhi al cielo. Sapevano che Kikyo era viva, il sogno lo aveva detto. Non importava che non vi fossero quei dettagli, ormai era deciso: erano sulla strada giusta.

«A volte non vale la pena fidarsi solo del naso.», disse Kagome guardando Inuyasha. «O delle aure.», disse poi osservando Miroku. Infine, si volse verso gli anziani, che li avevano lasciati conversare pazientemente, e sorrise loro con cordialità. «Ascoltate, sareste così gentili da dirci dove possiamo trovare il Grande Monaco, qui al villaggio? Abbiamo urgenza d'incontrarlo.»

«Mia cara, temo proprio che non sia possibile. Subito dopo la battaglia, il Grande Monaco è partito in cerca del nido degli uccelli demoniaci. Vuole sterminarli.», rispose la donna con rammarico portandosi una mano alle labbra.

Kagome non ebbe tempo di replicare ed esprimere l'idea che aveva preso a balenarle nel cervello, che la voce di Jakotsu riempì la modesta capanna.

«Primo Fratello! Sei sveglio! Come ti senti?», chiese immediatamente Jakotsu con concitazione, preoccupato. Si sentiva in colpa, Bankotsu aveva rischiato grosso e soltanto per proteggere lui! Aveva temuto così tanto!

Sango, Miroku e Kagome si avvicinarono al ragazzo disteso. Inuyasha rimase seduto contro il muro in legno della capanna, poco distante da Jakotsu.
Bankotsu spalancò gli occhi e prese a sbattere le palpebre, lentamente. Jakotsu occupò ben presto la sua intera visuale Si portò istintivamente una mano alla gola e la scoprì fasciata. Poco prima di chiudere gli occhi, per un secondo, era passata nella sua mente l'idea malsana che non li avrebbe più riaperti. Sapeva che non era possibile ma quel pensiero irrazionale l'aveva preso per un attimo. Tuttavia, si sentiva già meglio, quasi in forze; il frammento che gli era rimasto doveva aver fatto, in parte, il suo lavoro. Si mise seduto e vide Kagome, il monaco e la sterminatrice vicini a lui. Si stropicciò gli occhi, si passò una mano sul viso e poi stette per un attimo fermo, in silenzio.
Kagome guardava Bankotsu con una leggera e velata apprensione. Aspettava che parlasse, che dicesse qualcosa. Vide Jakotsu buttargli le braccia al collo e sorrise davanti a quel gesto ricco d'irruenza che venne accolto dal Primo Fratello con un sorriso divertito.

«Sono stato in pena, Primo Fratello!», mormorò Jakotsu contro la spalla del fratello.

Bankotsu si divincolò lentamente dalla stretta ferrea e soffocante del fratello e proruppe in una risatina ironica. «Sono ancora qui. Nessuna pena.», disse poi si voltò verso Kagome che gli rivolse un debole sorriso. «Cosa mi sono perso?», chiese gettando una breve occhiata anche a Sango e Miroku.

«Nulla di che, Kikyo è il Grande Monaco.», disse Jakotsu con tono annoiato, come se non fosse una grande novità.

Bankotsu si volse immediatamente verso Kagome che si morse un labbro ed annuì. Ah, fantastico. Proprio un bel risveglio!

«Oh, bene. E suppongo che andiamo a riprenderla, no?», chiese ironico e lanciò un'occhiatina ad Inuyasha. Il mezzo demone strinse i denti e gli rivolse un'occhiata incollerita.

«Sì.», disse Kagome e tutti si volsero verso di lei. Inuyasha sgranò gli occhi e Kagome annuì nella sua direzione.

«E perché mai?», chiese di punto in bianco il mezzo demone. Non poteva convincersi che quel Monaco fosse davvero Kikyo... quell'odore...

Kagome gli rivolse un'occhiata incredula. Aveva ancora il coraggio di dubitare? «Maledizione, Inuyasha! La Somma figura del sogno... tutto combacia. È lei e lo sai anche tu! Tutti lo sappiamo. Io devo salvarla.», disse alzandosi in piedi e cominciando a gettare il kit di pronto soccorso nello zainetto giallo. «Quando Bankotsu e Jakotsu si saranno ripresi...»

«Stiamo già meglio.», disse Bankotsu e Jakotsu gli rivolse un'occhiataccia. «Tu, piuttos-»

«E allora partiamo.», lo interruppe Kagome, risoluta, indossando nuovamente la grande felpa vecchia e macchiata di sangue.

Molti in quella stanza avrebbero voluto muovere obiezione, ma nessuno ebbe l'ardire di replicare.

* * *
Divisi come al solito fra Hachiemon e Kirara, il gruppo correva alla ricerca del Grande Monaco. Pur non sapendo da che parte andare, era stato Naraku a dissipare i loro dubbi. Avevano cominciato a seguire un suo gruppo di demoni che sembravano ricercare proprio il Grande Monaco.
Una freccia di Hama li aveva sterminati tutti in un sol colpo e il gruppo si era diretto dove ritenevano fosse partita la freccia.
A quel punto, un altro dubbio aveva cominciato a corrodere la mente di Kagome: che Naraku avesse intuito che dietro il Grande Monaco si celava in realtà Kikyo? Dovevano trovarla, doveva salvarla. Prima che quel verme la trovasse, prima che fosse troppo tardi. Arrivati a percorrere un sentiero, ai cui lati si snodava una fitta foresta, i demoni di Naraku avevano cominciato a divenire moltissimi, fino a riempire il cielo. Quella moltitudine, invece di ignorare il gruppo come aveva precedentemente fatto, prese a dirigersi verso di loro, in picchiata, pronta ad attaccarli.
Erano demoni molto deboli, non ci avrebbero messo molto. Ma che Naraku volesse fargli perdere tempo? Non potevano rischiare.

«Io non posso rimanere qui! Devo andare!», disse Kagome con angoscia crescente.

Inuyasha si volse verso di lei ed incrociò il suo sguardo. Angoscia, ansia. Questo lesse nei suoi occhi e non gli piacque per niente.

«Resto io qui, voi andate. Basterà un colpo di Tessaiga e li ucciderò in un lampo.», disse Inuyasha e tutti acconsentirono a quell'idea se pur con un po' di perplessità. «Trovate il Grande Monaco.», aggiunse mentre già si scagliava contro quei demoni.

Dopo un po', con una sola cicatrice del vento, Inuyasha riuscì a sterminare tutte le orribili creature che gli si pararono davanti. Quando si volse, vide che non c'era più traccia dei suoi compagni; si erano spostati molto velocemente.
Prese a correre, per raggiungerli, completamente conquistato dal senso di angoscia e al contempo dalla curiosità di sapere cosa sarebbe successo.
Se quel Monaco fosse stata Kikyo, come avrebbe dovuto comportarsi? Cosa le avrebbe detto? E Kagome... lei... lei come avrebbe reagito?
Ma, soprattutto, come l'avrebbe salvata? Non poteva smettere di pensarci. All'improvviso, un odore nuovo ma non sconosciuto.
Inuyasha si bloccò. Davanti ai suoi occhi vi era una piccola salita e proprio lì in cima si stagliava una figura imbacuccata in una veste bianca.
Era a cavallo, due servitrici bambine stavano lì accanto. Il volto era coperto da una spessa rete insondabile e alle mani portava dei guanti. Inuyasha rimase immobile, quasi paralizzato. Era Kikyo? Era lei? L'odore, quell'odore non era il suo, non era il suo...

«Il viso, fammi vedere il viso!», urlò alla figura davanti a sé, perentorio. La figura non rispose. Inuyasha continuò a fissare quella sagoma, impaziente, il cuore che batteva forte. «Tu sei Kikyo, non è vero?», disse ancora, impaziente.

«La nostra padrona sta combattendo duramente contro il veleno. Ha perso l'uso della voce ma sta lottando.», dissero le due servitrici bambine. «Tuttavia, presto sarà troppo tardi

Inuyasha sgranò gli occhi, colpito ancora da quella parola, “tardi”. Non voleva sentirla, non voleva pensare ancora che... fece due passi avanti e tese una mano, ancora incredulo, stranito. «Kikyo...», sussurrò.

«La giovane miko, lei sceglierà. Lei sceglierà se salvare o distruggere.», dissero ancora le due ragazzine. Kikyo stava lì, immobile, non si muoveva.

Inuyasha fremette. Come poteva Kagome salvarla se lei stava lì, così? Dovevano trovarla, dovevano andare insieme, raggiungere il resto del gruppo. «Kikyo, mostrati... mostrati per me! Dobbiamo raggiungere Kagome e gli altri!», le urlò ma quella non si mosse, neanche un cenno d'assenso. Inuyasha avanzò ancora, nuove parole che premevano contro le sue labbra. Ma questa volta non erano tutte per lei. «Kikyo, dobbiamo andare... Kagome... lei... lei cosa dovrà fare per salvarti?», chiese. Aveva capito che non poteva parlare ma almeno un segnale, qualcosa... che almeno le sue servitrici parlassero ancora, maledizione!

All'improvviso, un colpo improvviso, e la figura davanti a sé venne brutalmente recisa in due, senza pietà. Il cuore di Inuyasha perse un battito e, per un attimo, pensò quasi che si fosse fermato.

«Kikyo!», urlò. Intravide il suo viso, era proprio lei, prima che tutto svanisse in piccole bolle di luce che a malapena riuscì ad afferrare. Atterrito e completamente sconvolto, toccò gli indumenti stracciati che giacevano a terra. Strinse un lembo di quella veste e sentì la rabbia montare. L'avevano uccisa, ancora una volta, davanti ai suoi occhi? Poi, lo trovò. Un piccolo fantoccio di carta. Ma allora...

«Che donna furba, quella Kikyo. Ci ha ingannati entrambi.», dichiarò una voce femminile. Quell'odore nauseabondo...

Inuyasha sollevò gli occhi al cielo e trovò Kagura, dall'alto della sua piuma, che lo osservava quasi con pietà.

«Dannata! Dimmi dove si trova!», le urlò il mezzo demone, la rabbia che sembrava invaderlo ormai completamente.

Kagura sbuffò, seccata. Dalle parole delle servitrici e del mezzo demone, poteva avere conferma ai loro sospetti: la sacerdotessa era viva. Dunque, la più grande nemica di Naraku era realmente ancora in circolazione. Le sarebbe bastato cercare quella Kagome e farla fuori, in modo che Kikyo non ricevesse mai il suo aiuto. Sorrise. Avrebbe fatto finta di non aver sentito.

«Credi che se lo sapessi, sarei qui? Anche Naraku la sta cercando, a quanto pare. Sulla punta della freccia che ha distrutto la barriera di Hakudoshi doveva esserci la terra della grotta di Onigumo. Solo così avrebbe potuto riuscire nel suo intento.», disse Kagura, conscia di star dando delle informazioni importanti. «In quella terra vi è l'attaccamento di Onigumo nei confronti di Kikyo. Questo la protegge da Naraku. Solo lei può usare la terra di quella grotta.», disse ancora Kagura con tono duro mentre Inuyasha la guardava stupito, riconducendo quell'odore che sentiva alla terra di Onigumo. Detto questo, per come era arrivata, Kagura se ne andò, veloce come il suo vento.

* * *
«Se la starà cavando, ragazzina. Non crucciarti più di tanto.», le sussurrò Bankotsu, seduto su Kirara, dietro di lei.

Kagome sapeva che si riferiva ad Inuyasha e sospirò, stizzita. «Lo so bene.», disse soltanto poi strinse le labbra.

Era preoccupata per Inuyasha, sì. Lo era sempre quando non era lì davanti a lei, quando non poteva vedere con i suoi occhi la sua figura combattere e uscire illesa dallo scontro. Ma si ripeteva ch'erano demoni di poco conto, sarebbe riuscito ad abbatterli. Vi era soprattutto ben altro a preoccuparla, quei pensieri erano come tarli, le divoravano la mente e...

«Dei demoni ci hanno seguiti!», disse Miroku improvvisamente, saltando giù dal dorso del suo aiutante.

Hachiemon riprese presto la sua forma originaria, depositando delicatamente Jakotsu che, avendo riacquistato in parte il suo zelo, sguainò immediatamente la sua temibile spada.
Kirara, su ordine di Sango, depositò Kagome vicino un albero possente, in modo che potesse scagliare frecce indisturbata, senza essere vista e scovata immediatamente. Le sue frecce erano per il gruppo un grande vantaggio. Bankotsu si parò davanti a lei, affiancato da Shippo, la grande alabarda stretta nel braccio medicato.
Kagome non ebbe il tempo di scoccare una sola freccia, poiché vide qualcosa che attirò completamente la sua attenzione. Gli spiriti di Kikyo, gli shinidamachu, si muovevano sinuosi ed eterei fra gli alberi della foresta. Kagome strinse i denti e, senza pensarci due volte, con la freccia ancora incoccata, prese a correre per seguire quegli spiriti. L'avrebbero condotta da lei, il momento era arrivato. Sapeva che Kikyo era in vita, lo sapeva da quando l'aveva sognata; tuttavia, solo vedendo quegli spiriti davanti ai suoi occhi Kagome sembrò prenderne vera consapevolezza.

«Kagome, aspetta!», urlò Shippo seguendola di qualche passo prima di girarsi verso Bankotsu. Il mercenario si volse all'instante e crucciò immediatamente il viso.

«Dove stai andando, ragazzina?!», urlò ma quella non si fermò.

Kagome non si curò di nessun richiamo, di nessuna voce. Tutti i suoni le arrivavano alle orecchie in un miscuglio ovattato e sconnesso e non voleva curarsene. Sentiva solo il battito del suo stesso cuore che le rimbombava nelle orecchie mentre correva, seguendo quelle strane creature.
Bankotsu vide Kagome sparire, dissolversi. La foresta era vuota, come se lei non vi fosse mai entrata. Rimase a bocca spalancata.

«Una barriera!», esclamò Shippo guardando Bankotsu. «Ha seguito gli spiriti di Kikyo...», disse ancora il bambino e rivolse al mercenario uno sguardo che sembrava inverosimilmente adulto.

Bankotsu, alabarda in spalla e tanta convinzione, lasciò lì il bambino e scattò nella stessa direzione in cui Kagome era sparita. Doveva capire cosa doveva affrontare per salvare quella sacerdotessa; Kagome non si sarebbe rifiutata, anche se fosse stato qualcosa di disumano, ne era sicuro. Per questo ci voleva qualcuno che la portasse via in caso di necessità. Lo avrebbe fatto, l'avrebbe trascinata via a forza, se fosse stato qualcosa di troppo pericoloso. Non si sarebbe fatto nessuno scrupolo. In fondo, in vita, non ne aveva mai avuti.
Shippo urlò qualcosa alle sue spalle ma lui non lo ascoltò. All'improvviso, si sentì attraversare da qualcosa di ghiacciato, sentì le membra intorpidite, come se qualcuno gli avesse gettato addosso un secchio d'acqua gelata. Quella sensazione lo pervase per qualche secondo, mentre continuava a correre, prima di sparire definitivamente. 
Allora era così che ci si sentiva ad oltrepassare una barriera? Quella... cosa non lo aveva rifiutato. Bene, meglio così. Bankotsu assottigliò lo sguardo e la vide; Kagome era davanti a lui, abbastanza discosta, ma era lì. Era dannatamente veloce per essere una piccola e fragile ragazzina! In realtà, lo aveva capito: era meno fragile di quanto pensasse.

«Ehi! Kagome! Fermati!», urlò Bankotsu ma quella non si volse, non accennò neanche a fermarsi.

Kagome fu distratta, per poco non cadde inciampando in una radice. Tuttavia, si riprese in fretta e diede nuovamente ritmo alla corsa. Le era sembrato di sentire la voce di Bankotsu, ma non era possibile. Come poteva oltrepassare la barriera? Non le andava di volgersi indietro, lo sentiva, era quasi arrivata. Si trovò davanti un piccolo rialzo fatto di grossi massi e cominciò a scalarlo finché non lo superò, sbucciandosi le mani.
Finalmente, arrivò in un luogo spazioso. Vi era una grossa cascata che si riversava in un lago circolare. Kagome si avvicinò, passo dopo passo, mentre sentiva il cuore battere forte. Non aveva motivo di sentirsi nervosa... no, non era vero. Ne aveva più di uno ma non poteva pensarci in quel momento, non ne aveva il tempo. Giunta alla riva del lago, si portò una mano alla bocca, sorpresa. Appena sotto la superficie dell'acqua, vi era Kikyo. I capelli erano sciolti, era pallida ed il viso esprimeva sofferenza.
S'inginocchiò e prese a scrutarla meglio, scervellandosi. Come poteva salvarla? Cosa doveva fare?

«La sua vita sta per terminare, il veleno sta esaurendo tutto il suo spirito. La nostra padrona è riuscita a mettersi in contatto con te; quel gesto le è costato molta fatica.»

Kagome si volse di scatto e vide due bambine fissarla con uno sguardo severo e gelido. Erano state loro a parlare.

«Adesso scegli, giovane miko. Scegli. Salvi o distruggi?», chiese una delle due bambine.

Kagome riconobbe le parole del sogno, “scegli se salvare o distruggere” aveva chiesto Kikyo. La giovane sacerdotessa strinse gli occhi a due fessure e stava per rispondere.

«Kagome, eccoti! Maledizione, corri più veloce di una lepre! Cos-», disse Bankotsu sopraggiungendo e si bloccò di colpo quando vide Kagome inginocchiata sulla riva del lago e due strane bambine a parlare con lei.

Alla vista del mercenario, Kagome sgranò gli occhi. Allora non l'aveva immaginato, Bankotsu la stava davvero seguendo! Ma come aveva fatto ad oltrepassare la barriera di Kikyo?

«Come hai fatto a passare, Bankotsu?», chiese Kagome, incredula. Il mercenario si grattò la testa e la sua espressione esprimeva tutto il suo dubbio.

«Il frammento della Sfera. La barriera ha riconosciuto il frammento della Sfera purificato e ha permesso a questo giovane di passare. Il frammento voleva riunirsi alla sua custode.», disse una delle due bambine con aria solenne poi si volse verso Kagome. «Salvi o distruggi? Devi scegliere, giovane miko. Solo tu puoi farlo, la sua vita è nelle tue mani.»

«Si può sapere per chi mi avete presa? Certo che la salvo!», sbottò Kagome incollerita, balzando in piedi. «Ditemi cosa devo fare.», disse poi in tono risoluto.

«Lei sembra intatta.», si lasciò sfuggire Bankotsu, il volto crucciato, mentre osservava Kikyo. Si era avvicinato alla riva del lago ed era rimasto lì, incredulo. Il fiume corrosivo sembrava non averla neanche sfiorata.

«Sul monte Hakurei, la nostra padrona è stata colpita da un tentacolo di Naraku ed è caduta nel fiume velenoso. Le sue ossa sono spirituali e la terra della sua tomba non ha dato al corpo la possibilità di decomporsi. Il miasma sta corrodendo il suo corpo dall'interno, non può più resistere.», rispose una servitrice guardando Bankotsu.

«Toccala.», disse l'altra bambina rispondendo a Kagome. «Ti basterà toccarla, lì dove il suo petto è squarciato. Lo hai visto, no? Hai visto quella ferita nel tuo sogno.»

«Mi basterà far questo?», chiese Kagome togliendosi le scarpe.

«Certamente. Sei dotata di un potere spirituale molto grande, giovane miko, puoi fare più di quanto immagini. Ti basterà toccarla e la purificherai.»

Kagome annuì e tolse anche la felpa, il braccio ferito che le pizzicava leggermente. Doveva solo immergersi e toccarla. Solo lei poteva farlo e doveva farlo. Entrò in acqua e sentì come una scarica elettrica percorrerla. Sussultò. Quell'acqua bruciava, pizzicava la pelle in modo fastidioso ma sopportabile. Era il miasma; poteva vederlo, nero e denso che fuoriusciva dal petto di Kikyo.
Bankotsu guardava Kagome ad occhi sgranati. Come poteva esporsi ad un pericolo del genere, come poteva farlo? Per la donna che le sottraeva l'affetto dell'uomo che amava. Così pura, così corretta. Non sarebbe mai potuto essere come lei. Neanche passando mille vite. La vide sussultare e si sporse afferrandola per una spalla. Quella si volse e Bankotsu credette di scorgere angoscia nei suoi occhi e un pizzico di paura.

«Non dovresti.», le disse serio, i tratti del volto induriti, contratti.

«Devo. E voglio.», disse lei candidamente, decisa. «Fammi andare, c'è poco tempo.»

«Prima del tramonto, giovane miko. O la sua anima andrà via. Per sempre.», disse una delle due servitrici bambine, confermando le parole di Kagome.

Kagome si volse nuovamente e si immerse ancor di più, fino all'altezza delle anche.
Bankotsu strinse i pugni e guardò la ragazza immergersi ancora di più, una strana morsa mai provata prima che gli stringeva la gola. Era così... ingiusto.

«Se riterrò che tu sia in pericolo o che sia troppo per te... ti tirerò fuori. Hai capito? Non mi importa niente se lei morirà. Non me ne importa niente.», la informò Bankotsu con il solito tono tagliente e deciso.

Kagome rimase di spalle e non si girò. Chiuse gli occhi e li strinse forse. Non poteva immaginare che fosse qualcun altro a dire quelle parole; perché erano spregevoli, disinteressate o forse troppo interessate. Non le avrebbe avute da chi voleva averle perché quelle labbra non avrebbero mai potuto pronunciarle. E lei lo sapeva bene.
Riaprì gli occhi e tese una mano verso la figura di Kikyo, verso il suo petto. Riuscì a sfiorarlo e poi fu come inghiottita dall'acqua. Kagome fu travolta ed improvvisamente si trovò vicina alla sacerdotessa, sembravano essere molto in profondità. Vide il miasma nero e velenoso che lentamente cercava di circondare e lambire le loro figure; non perse tempo. Doveva fare in fretta, doveva salvarla. Voleva finire. Aprì la parte superiore della sua veste e trovò la ferita. Vi pose sopra entrambe le mani e chiuse gli occhi, prendendo concentrazione. Si sentiva un po' stupida, andava bene in quel modo? Non aveva mai sperimentato prima. Aprì un occhio e poi l'altro. Niente. Non stava succedendo assolutamente niente.

«Kagome, la terra della tomba di quella tipa! Prendila e tappale il buco sul petto!»

Kagome volse lo sguardo verso l'alto sentendo la voce di Bankotsu e lo vide inginocchiato sulla riva, dove lo aveva lasciato, insieme alle due servitrici che si erano fatte avanti. Kagome raccolse quella polvere che venne immediatamente purificata dalle sue mani. Poi, in un gesto fulmineo, porto nuovamente le mani sul petto di Kikyo. Il miasma prese a respingere le sue mani e Kagome applicò ancor più pressione e chiuse nuovamente gli occhi alla ricerca di una concentrazione che non sapeva che effetto avrebbe sortito. Soffocare. Si sentiva soffocare. Era tutto nero e buio intorno a lei, avrebbe voluto soltanto scappare ma non poteva. Non doveva. E improvvisamente... non era più lei. La vista le si offuscò e poi divenne chiara in un paesaggio a lei poco familiare.
Correva, correva per un sentiero alberato, sentiva affanno, preoccupazione. Era... era in ritardo? La Sfera. Aveva in mano la Sfera...

Entri nei miei ricordi, giovane miko, senza che io te ne abbia dato il permesso e senza che tu voglia.
Guarda come la vita mi ha voltato le spalle, come l'amore mi ha tradito. Osserva e vivi come, con odio, ho chiuso gli occhi per sempre
.
Senti il pizzicore della ferita che quello che ritieni il tuo amore ti ha provocato. Ti calpesta una mano, ti dà della stupida, porta via quella piccola Sfera ch'era promessa di un futuro insieme. Ch'era promessa di una vita diversa.
Lo senti questo bruciore, giovane miko? Lo senti questo dolore? Non è la ferita a farti male, non è lo squarcio che hai alla spalla a dolere.
Quel dolore che senti è il dolore del tradimento. Ti manca l'aria, è così? Cominci a strisciare sull'erba mentre vedi tutto ciò che hai, quel poco che possiedi, che si sgretola sotto i tuoi occhi atterriti.
Perché lui non voleva diventare un essere umano, lui non voleva condividere il suo futuro con te, una fragile miko che odora di sangue di demone.
Sei sgomenta, sei distrutta e continui a strisciare. E qualcosa comincia a macchiare il tuo animo puro, qualcosa s'insinua nel tuo cuore: vuoi vendetta. Provi amore e vuoi vendetta.

Kagome viveva quei ricordi non suoi in prima persona, sentiva su di sé l'odio, il rancore, l'angoscia, la distruzione. Il cuore spezzato.
Si sentiva fuori di sé, trasportata in un mondo lontano, indesiderata in una dimensione nella quale non aveva scelto lei d'entrare. Stava recitando lei stessa nella storia degli sventurati amanti e aveva il ruolo di primo piano. Quello della salvatrice che divenne guerriera per vendetta, per amore ferito. Per distruggere il male che aveva portato l'amore al tradimento: la Sfera.

Barcolli malferma sulle tue stesse gambe, ti reggi le ferite e sai già che stai per andare via, che non ce la farai.
“Maledetto, maledetto! Che tu sia maledetto, Inuyasha!”, è l'unica cosa che riesci a pensare e il rancore, la vergogna, il rifiuto stanno già riempiendo il tuo cuore rotto.
Ti porti avanti, nella mente l'ultimo desiderio, l'ultimo pensiero.
Lo vedi, è lì.
I suoi occhi...

I suoi occhi...

Ti guarda, brandisci l'arco. Stai piangendo, giovane miko? Le lacrime salgono e sbatti le palpebre. Vedi sfocato e non sai se è per la morte che ti reclama o per le lacrime che ti rigano le guance.
E lo guardi un'ultima volta...

Soltanto un'ultima volta...

...ti bei della bellezza dei suoi tratti, per l'ultima volta godi del suo viso immortale che ti ha condotta alla fine.
“Io ti credevo, io mi fidavo di te...”, lo pensi e piangi. Perché sai cosa stai per fare e le tue mani non accennano a tremare.
“MUORI, INUYASHA!”, è un urlo soltanto, riempi i polmoni per l'ultimo urlo. Lo avverti e lui ti guarda.

Inuyasha...

E scocchi la freccia. La freccia che non lo uccide, la freccia che non lo corroderà, come il tradimento sta facendo con la tua anima.
Non riesci ad ucciderlo, non ce la fai. Perché lo ami, con tutta te stessa.
Lo sigilli. Dormirà. Dormirà per sempre.
Lui ti chiede “perché”. Giovane miko, perché?
Mi ha chiesto “perché”, Kagome. Ho letto nei suoi occhi lo stupore ch'era mio. E il cuore mi ha fatto ancora più male, prima di fermarsi.
Ecco come la vita mi ha voltato le spalle, come l'amore mi ha tradito.
Ecco come me ne sono andata.

Kagome aprì gli occhi di scatto. Sentiva la pelle pizzicare a causa del miasma e le membra stanche, pesanti, intorpidite. Non sapeva cosa fosse successo, come avesse fatto ad avere accesso a quei ricordi così personali ma non v'era tempo. Notò che la ferita si stava richiudendo, che il miasma si diradava. Spinse ancor di più le mani contro il petto di Kikyo, fece ancor più pressione, sempre di più. Strinse i denti e avrebbe impresso ancor più forza, se fosse stato possibile.

Per Inuyasha, Kikyo. La tua ragione per svegliarti, la mia ragione per continuare. Inuyasha, pensò con fervore. Se lei poteva aver accesso ai pensieri, ai ricordi di Kikyo, che lei potesse avere accesso ai suoi?

La sacerdotessa aprì gli occhi e le due si guardarono per attimi che sembrarono interminabili. Kagome scrutò con stanchezza quel volto così simile al suo e le venne quasi da piangere. Tutte quelle emozioni la stavano travolgendo, le sentiva piombare sulla sua persona con un tonfo sordo. Ma doveva resistere. Non ancora.
Il miasma prese a diradarsi velocemente L'acqua era tornata pulita, il veleno era completamente sparito. C'era riuscita, ce l'aveva fatta. Sentì che poteva lasciarsi andare, sentì che poteva perdere il controllo.
Chiuse gli occhi e si abbandonò all'incoscienza, poggiandosi contro quel petto che era stato porto sicuro di un amore che le sembrava non le fosse mai appartenuto.

* * *

«Ci sta mettendo troppo. Dite addio alla vostra sacerdotessa.», disse Bankotsu facendo per immergersi nel lago.

Kagome era lì sotto da troppo tempo per i suoi gusti. Dopo che le aveva urlato quella faccenda della terra – su suggerimento di quelle marmocchie – l'aveva osservata stando lì e non gli era sembrata in pena. Poi, qualche secondo prima, l'acqua era diventata totalmente nera. L'aveva chiamata e non aveva risposto, aveva provato ad immergersi e aveva riportato un'ustione. Tuttavia, basta, non avrebbe tollerato oltre. A costo di bruciarsi.

«La giovane miko non è stata via molto, ragazzo. Il suo potere spirituale è grande, le loro anime sono entrate in comunione. Ha fatto presto. Saranno fuori a breve, la nostra padrona è stata guarita quasi del tutto. Non compromettere la fine del processo.», spiegò una delle due servitrici con tono freddo e composto.

«Non me ne frega proprio niente, mocciosette. Io entro e basta.»

Bankotsu sbuffò dal naso, irato e fece per immergersi. Con sua sorpresa, notò che l'acqua era tornata pulita e che non bruciava più. Le ragazzine non provarono più a fermarlo. Ad un tratto, vide Kikyo riemergere; aveva Kagome fra le braccia. La ragazza era completamente abbandonata contro il corpo della sacerdotessa, doveva aver perso i sensi. Bankotsu si fece avanti immediatamente e prese Kagome fra le braccia guardando bieco quella donna che cedette la giovane senza batter ciglio, senza dir nulla.
Uscirono tutti e tre dall'acqua. Bankotsu adagiò Kagome sulle rocce piatte che costeggiavano la riva del lago. Quella Kikyo venne affiancata dalle sue servitrici ma rimase lì, come in attesa. Non la sopportava, l'avrebbe lasciata lì a marcire volentieri. E non c'entrava nulla il fatto che fosse un mercenario privo di misericordia e che quella fosse la donna dell'uomo che Kagome amava; Bankotsu era convinto che l'avrebbe mal sopportata comunque.
Il sole era appena tramontato e le stelle cominciavano a comparire, cospargendo il cielo di piccoli punti luce.
Ben presto, Kagome aprì gli occhi. La prima cosa che vide, fu il viso di Bankotsu. Si mise a sedere di scatto, velocissima, tanto che la testa prese a girarle per un po'. Vide Kikyo, di spalle, di fronte a sé.

«Kagome.», disse Bankotsu ponendole una mano sulla spalla, rispettoso.

Kagome sentì quei ricordi non suoi vorticarle nel cervello e si portò una mano alla testa, turbata. Si alzò in piedi velocemente e Bankotsu fece lo stesso rimanendo in disparte, le labbra strette, l'espressione seriosa.

«Kikyo.», disse Kagome e non suonava né come un saluto, né come un richiamo. Non sapeva neanche lei cosa fosse. Quella non si volse. Rimase di spalle, gocciolante ed eterea, come se non fosse vera.

«Perché mi hai salvato? Io ti ho richiamata ma perché tu hai scelto di farlo? Potevi lasciarmi morire.», disse Kikyo con voce gelida, incolore, composta.

Kagome strinse i pugni e continuò ad osservare ostinatamente la schiena di Kikyo sperando che quella avesse il coraggio di voltarsi, di guardarla almeno in viso. «Non so quali siano le tue norme etiche e comportamentali, ma se c'è una persona che ha bisogno di me e deve essere salvata, io non esiterò a farlo. Anche se quel qualcuno sei proprio tu.», rispose Kagome e calcò su quel “tu” forse più del consentito.

Kikyo si volse appena e Kagome riuscì a sbirciare il suo bel viso oltre la sua spalla. La sua espressione era neutra, controllata. «Se è stato solo il senso del dovere a spingerti, allora non devo ringraziarti.», disse con flemma.

Kagome sentì la poca calma che aveva in corpo andare a farsi benedire; strinse i pugni ed era pronta a scattare per dirgliene una delle sue ma non aveva fatto i conti con chi era rimasto zitto e in disparte al suo fianco.

«Senti, donna. Come ti permetti? Ti ha praticamente salvato la pelle. Qualsiasi sentimento l'abbia spinta, a te non deve importare. Lei ti ha salvato e tu la ringrazi. Hai capito?», disse Bankotsu alterato, facendosi avanti.

Kagome si volse di scatto verso il ragazzo, senza proferire parola; la lingua sembrava intorpidita e dire che per lei era qualcosa di inusuale. E la quindicenne frivola che ancora albergava in lei pensò che si sentiva lusingata da quella difesa e che avrebbe desiderato fosse qualcun altro a pronunciarla. Si sentì stupida anche solo per averlo pensato.
Kikyo rivolse a Bankotsu uno sguardo contrariato. Poi si volse e, senza aggiungere nulla, prese ad incamminarsi.
Kagome rimase a bocca aperta, interdetta. Ma faceva sul serio? Stava andando via? Sentì la rabbia montare e non poté far a meno di incollerirsi ancor di più. Questa volta fu lei a bloccare Bankotsu che stava per parlare.

«Kikyo! Dove credi di fuggire? Inuyasha sarà sicuramente qui a breve! Non vuoi incontrarlo?», chiese immediatamente, le guance rosse per la rabbia. Come poteva mostrarsi così, come poteva trattarlo in questo modo? Dopo tutta la sofferenza, dopo tutta la malinconia, dopo che Kagome lo aveva visto così turbato, abbattuto. Come poteva andarsene così? Senza neanche un saluto? Glielo doveva.

Bankotsu e Kikyo trasalirono nello stesso momento. Entrambi non potevano concepire, capire, quella richiesta.
Bankotsu rimase zitto, serio, così stupito da aver perso ogni parola. Come poteva, come poteva pensare a quell'idiota anche in quel momento? Come poteva sempre anteporre il bene di lui al suo? Gli vennero in mente le parole di Jakotsu e non poté far a meno di stringere i pugni. L'amore. Era innamorata così tanto da offrire così il suo bene, se pur aveva promesso di non rifarlo. Bankotsu si ritrovò a porsi una domanda insolita. E lui? Lui avrebbe sacrificato il suo bene? L'avrebbe fatto... per lei?
Kikyo si sentì turbata, quasi sconvolta. Quella ragazzina aveva l'animo così puro. Provava nei suoi confronti del risentimento, poteva sentirlo, tuttavia cercava con tutte le sue forze di tenere quel sentimento negativo lontano da decisioni che considerava logiche, giuste. Per Inuyasha, Kagome era disposta a tanto. Doveva amarlo quasi quanto lei e questo le fece male in un modo che non pensava più di poter provare. Al contempo, era serena. Serena che Inuyasha, in sua assenza, avesse accanto una persona che avesse così a cuore il suo bene.

«Non ti senti un po' sciocca a farmi questa domanda?», chiese Kikyo in un sussurro, la voce che tradiva emozioni inespresse.

Kagome socchiuse gli occhi e rimase impassibile. «È ovviamente per lui che ti chiedo di farlo. A me non importa, davvero. Lui ha penato tanto, Kikyo. Salutalo, almeno. Per lui... per lui significherebbe tanto. Lo sappiamo entrambe.», disse Kagome e dovette faticare per far in modo che la sua voce non si rompesse.

A lei stava bene, aveva promesso che sarebbe rimasta fredda. Gli amici aiutano gli amici a incontrare i propri affetti, il proprio... amore. Eppure, quelle immagini le vorticavano ancora nella mente e la rabbia ricominciava a salire... ma non la rabbia di Kikyo... la sua rabbia. E capì di dover riempire il silenzio di Kikyo con tutte quelle parole che aveva sempre voluto dirle, dirle perché ce l'aveva tanto con lei. Aveva vuotato il sacco con Inuyasha, che lo facesse anche con lei. Non aveva nulla da perdere.

«Rimarresti. Se lo amassi davvero, tu rimarresti.»

Kikyo si sentì schiaffeggiata da quelle parole che portarono a galla l'angoscia sopita che l'aveva schiacciata, il dubbio di non averlo mai amato quanto lui realmente meritasse. Si volse di scatto e piantò i suoi occhi grigi in quelli di Kagome, i suoi stessi occhi. «Hai bevuto il mio dolore, hai vissuto i miei ricordi, hai vissuto il mio tormento. Come puoi dirmi questo? Non te lo permetto.», le disse con tono tagliente.

Kagome trasse un profondo respiro prima di parlare di nuovo. Sentì il risentimento per un tradimento mai vissuto bruciarle il cuore ma si fermò a respirare ancora. Quel tradimento non era il suo, doveva separarsene.

«Io... adesso ti capisco ancora meglio ma non posso giustificarti. Inuyasha non ti avrebbe mai, mai, mai, fatto del male. Come hai potuto pensare che potesse essere veramente lui? Come hai potuto non capirlo? Hai ragione, Kikyo, hai letto lo stupore nei suoi occhi prima di sigillarlo. Quegli occhi ti hanno assicurato, un attimo prima del trapasso, che non fosse stato lui. Tu non ti sei fidata comunque.», disse Kagome e man mano che le parole prendevano il volo, si sentiva quasi più leggera. «Io non ho il diritto di dirti queste cose, scusami, ma lo faccio comunque, perché non so se avrò altra occasione per farlo e non posso più tenerle per me. Tu hai fatto molto per lui, lo hai amato ed io lo so. E ti ringrazio di questo, perché sei stata probabilmente la prima persona che lo abbia fatto sentire amato. E lo ami ancora e lui ama te, di un amore profondo che io potrei sognare per cento vite e non avere mai. Ma nessuno può convincermi diversamente; per quanto tu lo abbia amato, Kikyo... lo hai amato in maniera... non completa. Perché l'amore non ti ha convinto che non fosse stato lui a ferirti, a tradirti. E io, di questo, non ti perdono.»

Kikyo accolse quelle parole come innumerevoli coltelli che le laceravano la carne. Quella ragazza stava mettendo in piazza i suoi più grandi dubbi e rammarichi, le sue più grandi angosce. Stava dando voce a tutto ciò su cui lei aveva rimuginato quando il sentimento d'odio aveva dato spazio ad altro, in quella sua nuova e vuota esistenza. Chiuse gli occhi e si portò una mano al cuore, cercando di mantenere il contegno. Quando riaprì gli occhi, vide ancora quel viso troppo simile al suo che la guardava. Rimase in silenzio, convincendosi che non meritasse neanche di ricevere una risposta.

«Ti prego. Rimani.», bisbigliò ancora Kagome vedendola muovere qualche passo, le sue servitrici sempre accanto a lei.

«Non posso.», rispose quella e la voce le tremò. Non poteva rimanere, anche se avrebbe voluto. Avrebbe rischiato di cedere, di cadere. Non poteva permetterselo. E, anche se non avrebbe capito, Inuyasha avrebbe sofferto meno non vedendola. Ne era convinta. «Sparirò per un po'. Ho necessità di recuperare le mie energie.»

Kagome non si sentì più in grado di replicare; vi era già abbastanza dolore. Per entrambe. La vide allontanarsi e sparire nella nebbia che cominciava a circondare il luogo, finché non rimase più traccia né di lei né delle sue servitrici. Rimase ferma, inchiodata, lo sguardo dritto di fronte a sé; poi crollò in ginocchio, senza rendersene conto.
Bankotsu le scivolò più vicino senza parlare, l'espressione preoccupata, quell'apprensione fastidiosa che non era mai stata parte di lui. Cosa avrebbe potuto dirle, cosa... si diceva in quei casi? Si sentiva impacciato, completamente fuori luogo.
Kagome sentiva la testa pesante; tutte quelle visioni nitide di un periodo passato le ritornarono alla mente e cominciarono a gravare sempre di più. Si portò le mani alla testa, spossata, arrabbiata, risentita. Artigliò i capelli, li strinse, le mani che tappavano le orecchie, come se non volesse sentire.

Non è mio, non è mio. Questo dolore non è mio, cercava di ripetersi ma, in realtà, probabilmente era più suo di quanto pensasse.

«Ehi. E-ehi?», chiamo Bankotsu. La aggirò per poterla avere di fronte. Sgranò gli occhi quando si accorse che aveva sul viso l'espressione più infelice che avesse mai visto. E... oh, diamine! Non stava mica per piangere, vero? «Ragazzina...», provò ancora. A quel termine, Kagome si riscosse e sembrò vederlo davvero.

«Mi gira la testa.», si lamentò Kagome con un mugugno esasperato. «Sono stanca, sono stanca. Casa. Voglio andare a casa, voglio andare a casa...», disse e Bankotsu rifletté che non sembrava più lei. Cosa doveva fare? Accidenti, come ci si comporta con le donne che piangono? Di solito, Jakotsu le uccideva tutte e risolveva il problema. Quella era una cosa seria, una cosa diversa. Si sentiva strano a vederla in quello stato, come se fosse lui stesso a sentirsi in quel modo.

Kagome si lasciò cadere in avanti, come un sacco vuoto, si afflosciò senza pensarci, senza riflettere troppo; non riusciva.
Bankotsu l'afferrò quando se la vide cadere addosso e la strinse delicatamente, in un gesto istintivo che non aveva mai avuto occasione di sperimentare sul serio. La sentiva aderire contro il suo corpo. La stava abbracciando. Stava abbracciando qualcuno che non fosse Jakotsu.
Stava abbracciando lei. Sentiva i suoi capelli solleticargli il mento, sentiva il suo profumo, sentiva uno strano calore mai provato prima. Sentiva la pace.
Kagome si fece stringere e, quando riuscì a sollevare le braccia, strinse a sua volta quel corpo così diverso, per profumo e per consistenza, da quello che aveva sempre abbracciato, dall'unico che aveva sempre voluto abbracciare. Tuttavia, anche la stretta di Bankotsu era salda e si sentì al sicuro comunque, ne aveva bisogno. Seppellì il viso nella sua spalla, senza parlare, consapevole di non dover dividere quelle braccia con nessun'altra, perché un'altra non c'era. Quella certezza le fece del bene in un modo che le era sconosciuto.
Bankotsu non proferì parola; sia perché non ci riusciva, sia perché qualsiasi parola da pronunciare gli sembrò superflua.
Qualcun altro pensò a rompere il silenzio che si era creato nel luogo, a sovrastare lo scorrere placido della cascata.

«Kagome...», sussurrò Inuyasha.

Kagome e Bankotsu erano stretti in un abbraccio e sentì il cuore perdere un battito.

 

Angolo autrice.
Finalmente ce l'ho fatta, scusate l'attesa!
La guerriera e la salvatrice... entrambi i termini possono riferirsi sia a Kikyo che a Kagome... così come la canzone citata.
Tengo particolarmente a questo capitolo... ho impiegato un sacco di tempo per scriverlo ed aggiustarlo qui e lì ma ecco fatto! Spero sia di vostro gradimento. Ci sono, ovviamente, aspri cambiamenti rispetto all'anime e al manga. La cosa che mi preme maggiormente è rendere per bene i meccanismi psicologici... chissà se anche questa volta l'ho spuntata... mi saprete dire!
Vi è una Kagome che tira fuori le unghie ma ne esce psicologicamente vessata; la comunione dell'anima è un qualcosa di molto intenso e forte e lei se ne sente completamente in balia, anche se tenta di arginarla. Vi sono anche una Kikyo della quale ho amato scrivere, un Bankotsu leggermente fluff e un Inuyasha che è tormentato abbastanza.
Vi è anche una Kagura non particolarmente fedele... ma questa non è una novità.
Grazie a chi ha aggiunto la storia a preferiti, ricordate e seguite! Se vi va di lasciarmi un commento, vi leggo sempre con gioia, le vostre recensioni mi aiutano a migliorarmi! :)
Alla prossima.
RJ.

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Capitolo 10
*** Confessioni ***




Confessioni

One man come in the name of love
One man come and go
One man come he to justify
One man to overthrow

In the name of love
What more in the name of love
In the name of love
What more in the name of love

One man caught on a barbed wire fence
One man he resist
One man washed up on an empty beach
One man betrayed with a kiss.


– U2, In the name of love


«Kagome...»

Fu un sussurro, tre sillabe appena pronunciate.
Perché Bankotsu stava abbracciando Kagome? Perché lei gli era così vicina, perché il suo viso era nascosto nell'incavo del collo del mercenario?
Un gesto così confidenziale, un gesto ch'era arrivato a ritenere solo suo.
Si sentiva bloccato, non riusciva quasi a pensare, come se il suo cervello si rifiutasse di formulare qualcosa di coerente. Annusando l'aria, percepì l'ombra dell'odore di Kikyo. Già, Kikyo... era andata via? Lei dov'era?

«Inuyasha...», cominciò Miroku avanzando, cauto, posando una mano sulla spalla del mezzo demone. Un gesto che lo invitava alla pazienza, all'attesa. Alla calma.

Al sentire la voce di Inuyasha, Kagome si staccò da Bankotsu e lui non fece nulla per impedirglielo. Si volse lentamente verso il mezzo demone, la testa che le pulsava oltremodo. Non riuscì a metterlo a fuoco, non aveva una visione nitida del mondo intorno a lei. Abbassò lo sguardo; cadde seduta e prese a reggersi la testa. Si sentiva confusa, molto confusa.

«Non alzarti, se non riesci.», le ordinò Bankotsu con apprensione e, sentendo quella raccomandazione e il tono usato nel farla, Jakotsu sgranò gli occhi e inarcò le sopracciglia. Kagome guardava insistentemente terra, come in trance. Non rispose.

«Non toccarla.», berciò Inuyasha con rabbia crescente, a denti stretti. Avanzò e scrollò le spalle, intimando a Miroku di liberarlo dal suo tocco. «Kagome, stai male?», chiese avanzando ancora e ancora.

«Direi.», s'intromise Bankotsu, il tono ironico. «Ma, ovviamente, tu non eri qui e non puoi saperlo.»

Kagome sollevò lo sguardo e piantò i suoi occhi in quelli di Inuyasha, riuscendo finalmente a non vedere sfocato. Stralci di ricordi non suoi le passarono ancora davanti agli occhi e sentì la rabbia montare.

Gli occhi del tradimento.

In quelle pozze dorate, Kagome non scorse l'apprensione, la preoccupazione, l'angoscia. L'affetto. Kagome vide quello che l'istinto, quello che i ricordi di qualcun altro le stavano comunicando. Vide la rabbia, vide l'inganno, la frode, l'astio. La voglia di uccidere. Strinse i pugni e contrasse la mascella, prigioniera di una dimensione diversa. Percepì l'odio montare e non si sentiva più se stessa. In un gesto fulmineo dettato da un istinto estraneo, Kagome recuperò l'arco, afferrò una freccia. Si alzò in piedi e barcollò sulle sue stesse gambe. Quando incoccò quella freccia e la puntò contro Inuyasha, a pochi passi da lei, persino Bankotsu sgranò gli occhi, quasi atterrito.

«Kagome?», biascicò Inuyasha ad occhi sbarrati, incredulo, e fece altri due passi avanti. Gli sembrava quasi di rivivere un incubo. L'odio negli occhi di lei, così acceso, così crudo. E fu un attimo prima che si trovasse nuovamente catapultato a cinquant'anni prima.

«Non pronunciare il mio nome, non ne sei degno.», disse la giovane tendendo ancor di più l'arco. «Corri, Inuyasha, corri. Prova a correre più veloce di questa freccia! Non corromperai la mia anima, tu non mi ucciderai.»

«Kagome, no!», urlò Bankotsu ma era già troppo tardi.

Kagome scagliò la freccia, veloce come veloci erano i ricordi che il suo cervello stava setacciando e accuratamente ripetendo in quel momento. Delle fitte alla testa la fecero vacillare ma fu per poco.
Inuyasha scartò di lato all'ultimo secondo, sbigottito, amareggiato; i suoi movimenti erano compassati, era totalmente atterrito. Non stava succedendo sul serio...
Anche gli altri si spostarono, sgomenti e increduli, colti di sorpresa. La freccia si perse nel folto, conficcandosi in un albero poco distante.
Bankotsu rimase pietrificato. Non si aspettava che Kagome lanciasse davvero quella freccia! Prima che la giovane potesse recuperarne un'altra, il mercenario l'afferrò da dietro e quella oppose blanda resistenza. L'arco le cadde dalle mani e il ragazzo le bloccò le braccia dietro la schiena per poi stringerla in una morsa di ferro, impedendole di muoversi.

«Ragazzina, cosa fai?! Non sei in te, te ne pentirai! Starai male, se lo ferirai.», le sussurrò all'orecchio in tono fermo. «Guardalo. È Inuyasha.»

«Inuyasha.», ripeté Kagome e spalancò gli occhi, come se fosse momentaneamente di nuovo lei; incontrò gli occhi di Inuyasha, fermo in un angolo, distrutto. Poi, le sue iridi grigie si velarono nuovamente di quell'insensato odio e strinse i denti tentando di divincolarsi. «Io lo odio, Inuyasha. Lo odio! TI ODIO, INUYASHA!», urlò, astiosa. Poi sussultò e un'altra fitta alla testa la colpì. Cominciò a vedere nuovamente sfocato e le iridi di Inuyasha furono l'ultima cosa che vide.

Inuyasha rimase immobile, una statua senza più sentimenti né emozioni. Non sentiva più niente, non provava più nulla. Vuoto. Sentiva solo il vuoto. Kagome non poteva averlo detto davvero, non poteva. Non poteva odiarlo, no... E arrivò, impetuoso, un dolore sordo a circondargli il cuore. Gli sembrò che si accartocciasse, lentamente, inesorabilmente.

«È ammattita! Totalmente ammattita!», urlò Jakotsu, stupefatto, avanzando con impudenza.

«Kagome, cosa dici...», sussurrò Bankotsu prima di vedersela letteralmente crollare fra le braccia. La strinse e cadde in ginocchio con lei che si afflosciò, insensibile. La volse per guardarla in viso; era svenuta.

* * *
«Capisco. So di cosa si tratta.», disse Miroku con aria mortalmente seria e assorta osservando fisso Bankotsu.

Dopo quella spiacevole faccenda, avevano deciso di accamparsi in quella stessa radura, poco discosti dal lago. Erano raccolti intorno al fuoco; tutti avevano premuto Bankotsu affinché raccontasse cos'era successo durante il salvataggio dal momento che Kagome, persa in un sonno profondo, non ne era in grado.

«È stata colpa della comunione dell'anima.», rivelò Miroku giungendo le mani e socchiudendo gli occhi.

Tutti i presenti cominciarono a guardarlo con aria curiosa, tranne Bankotsu. Il mercenario sbuffò e sollevò gli occhi al cielo, stizzito.

«Questa cosa te l'ho già detta io. Ne parlavano le due mocciose di Kikyo.», disse rimbrottando Miroku. «Le loro anime sono entrate in comunione, hanno detto.», ripeté con tono seccato.

Quei tonti lo stavano trattenendo per niente! Bankotsu odiava essere costretto lì, ad ascoltare le elucubrazioni di quei tipi, mentre Inuyasha stava attaccato alla ragazzina. Kagome dormiva come un sasso dentro il suo sacco a pelo e lui stava lì vicino, seduto, immobile. Non si era spostato neanche di un millimetro da quando era là. Anche lui doveva essere accanto a lei, non voleva che quello le stesse così vicino. E invece no! Lui doveva parlare. Quale immensa seccatura!

«Sì, Bankotsu, ho capito.», acconsentì Miroku con un sorriso desolato. «Ma stavo tentando d'essere un tantino più preciso e meno criptico, di dare una spiegazione adeguata...»

«Sbrigati, monaco, qui c'è chi ha sonno. Le ragioni per cui la ragazzina è totalmente impazzita non sono più importanti del mio riposo.», disse Jakotsu con tono annoiato e Sango gli lanciò un'occhiataccia.

Miroku sospirò sonoramente, poi riprese il suo discorso.

«Non ricordo se voi due siete a conoscenza di questa cosa...», disse osservando prima Jakotsu e poi Bankotsu. «... ma tempo addietro, la strega che voleva riportare Kikyo alla vita, per rianimarla unì le ceneri della sua tomba ad una piccola parte dell'anima di Kagome. In teoria, Kagome doveva essere uccisa totalmente, in modo che l'anima tornasse completa nel nuovo corpo di Kikyo...»

«Questo non accadde.», completò Sango con un sospiro. Kagome aveva raccontato loro quella vicenda così tante volte che, ormai, credeva di saperla a menadito.

«No, non accadde. Poiché Kagome riuscì a recuperare la sua anima, tranne, per l'appunto, quella piccola parte che, adesso, è in Kikyo.»

«Dove vuoi arrivare, monaco?», disse Bankotsu improvvisamente interessato. Tuttavia, di tanto in tanto, non poteva evitare di lanciare occhiate lì dove Kagome dormiva, poco distante da loro. Il mezzo demone stava sicuramente ascoltando tutto, poteva capirlo. Era tutto concentrato, sguardo assorto ed orecchie tese. Bankotsu sospirò e si volse nuovamente verso Miroku. «Voglio dire... noi sappiamo che Kagome è la reincarnazione di Kikyo ma non sapevamo la sacerdotessa avesse in sé parte di Kagome...»

«Volevo arrivare proprio qui. L'anima di Kagome e di Kikyo è la medesima. Una parte dell'anima è tornata in Kikyo.», disse Miroku facendo il punto della situazione e disegnando con un dito, sulla terra, un pratico schema riassuntivo. Jakotsu si grattò la testa, confuso. «Questo vuol dire che, entrando in contatto dal punto di vista spirituale, la divina Kagome ha subito la comunione dell'anima in maniera ancor più intensa poiché l'incontro con quel brandello d'anima di Kikyo, nutrito del suo iniziale rancore più profondo, ha portato alla vita i ricordi sopiti dell'anima che ora alberga in Kagome.», completò Miroku tutto soddisfatto.

«Credo di essermi confuso.», disse Jakotsu reggendosi il capo, affranto.

«L'anima di Kagome – che è di Kikyo – ha ricordato ciò che è successo a Kikyo cinquant'anni fa. Per questo, appena ha visto Inuyasha, è scattata. Era ancora... reduce.», disse Sango e a quel punto Jakotsu sgranò gli occhi poi annuì.

«Capacità di sintesi.», disse Bankotsu con un sorrisetto d'apprezzamento e Sango sorrise a sua volta.

«Sì, tutto molto interessante. Ma il vero quesito è: la donna tornerà come prima o domani, al suo risveglio, vorrà ancora accoppare Inuyasha in allegria?», chiese Jakotsu con noncuranza, guardandosi le unghie.

Tutti si volsero verso di lui, persino Inuyasha. Con una sola domanda, Jakotsu aveva dato voce ai loro pensieri.
Il mezzo demone sussultò e i suoi occhi si posarono nuovamente sul viso dormiente di Kagome. Se lei avesse continuato ad odiarlo... non lo avrebbe sopportato.

«I ricordi sono stati risvegliati, è vero.», cominciò Miroku in tutta calma. «Ma non vi è motivo di allarmarsi. La divina Kagome tornerà a prendere possesso di se stessa già da domani. È stata dura per lei, uno sforzo spirituale non indifferente, ma l'anima è pur sempre sua. Si è reincarnata in lei. I ricordi ormai sono stati rievocati e rimarranno nella sua memoria come se le appartenessero. Ma non offuscheranno più il suo giudizio.»

Inuyasha si rilassò ma non del tutto. Quindi, Kagome avrebbe comunque ricordato, avrebbe conservato i ricordi di cinquant'anni prima...
Miroku aveva comunque detto che sarebbe tornata in sé... quindi non lo avrebbe più odiato? Temeva e al contempo bramava che Kagome si svegliasse. Aveva bisogno di guardarla negli occhi, di sapere...

«È per questo che quella tipa ha continuamente bisogno di rubare anime altrui? Perché possiede solo un brandello d'anima di Kagome e per lei non è abbastanza?», chiese Jakotsu, ora accigliato e sbadigliò sonoramente.

Bankotsu si volse verso il mercenario e lo incenerì con lo sguardo. Jakotsu non era interessato a quel discorso, perché cominciava ad esserlo proprio adesso?! Se alimentava la discussione, lui sarebbe stato trattenuto ancora lì e non si sarebbe potuto defilare tanto facilmente. Non poteva semplicemente spostarsi e sedersi accanto alla ragazzina, come se nulla fosse! Maledetto Jakotsu! Quando vide il monaco scuotere la testa e cominciare a formulare una risposta, il ragazzo dalla treccia corvina sbuffò, spazientito. Rivolse un'altra breve occhiata ad Inuyasha e Kagome e... niente. Lui era sempre lì e lei anche. Fantastico.

«No, Jakotsu, non è così. La somma Kikyo avrebbe avuto bisogno di anime anche se l'anima della divina Kagome fosse stata interamente ricevuta dal suo corpo.», spiegò Miroku con un pizzico di saccenza che fece sorridere Sango. «È il metodo utilizzato dalla strega Urasue ad essere, come dire... incompleto. Il corpo non viene ristabilito perfettamente.»

Vi fu un attimo di silenzio in cui tutti presero ad osservare il fuoco, ognuno perso in pensieri diversi. Bankotsu sollevò leggermente lo sguardo e squadrò uno per uno i compagni accanto a lui. Jakotsu era addirittura quasi dormiente, la testa ciondolante...
Perfetto, sembrava che la discussione si fosse esaurita. Poteva tranquillamente stiracchiarsi, sbadigliare, far finta di voler andare a dormire e poi, casualmente, avrebbe trovato posto proprio accanto a...

«...tuttavia, dovete sapere che non è stato sempre così.», esordì Miroku all'improvviso.

«Ma cosa?», chiese Jakotsu con voce impastata, ridestandosi improvvisamente.

Miroku sorrise, per niente spazientito, e riprese la sua spiegazione sotto gli occhi assassini di Bankotsu, quelli assonnati di Jakotsu e quelli totalmente interessati di Sango. Shippo e Hachiemon, invece, dormivano già, beati.

«Il metodo della strega Urasue... non è sempre stato incompleto. O meglio, non è sempre stato l'unico metodo per riportare qualcuno alla vita.», disse Miroku in tono solenne. «Si dice che vi sia un vecchio metodo praticabile soltanto da chi possiede grandissima forza spirituale. Si tratta della divisione dell'anima

«Divisione?», chiese Sango e scosse lievemente la testa. «Quello di Kagome è stato un caso, Urasue non pensava che l'anima di Kikyo fosse già reincarnata. Dividere e poi condividere l'anima senza che l'altra persona sia già morta è impossibile.»

«La peculiarità di questo metodo è questa, Sango.», ribatté Miroku. «Il rendente, ovvero colui che rende parte della propria anima, ha talmente tanta forza spirituale da esser capace di scindere e cedere un pezzo di anima alla persona deceduta. Il metodo è diverso poiché Urasue tendeva a ricreare anche un corpo, qui il corpo deve già esserci. È anche questo a rendere la pratica completa, il ricevente d'anima non ha bisogno degli shinidamachu. Comunque sia, le informazioni a mia disposizione sono abbastanza scarne. Ci vuole indubbiamente molta potenza, poiché il rendente deve anche far in modo che il corpo del ricevente accetti quella parte d'anima. Deve... come posso dire... attecchire.»

«Attecchire?», chiese Bankotsu storcendo il naso. Ma che razza di assurdità andava blaterando, quel monaco? Era una cosa assolutamente senza senso. Impossibile.

«Sì. La parte d'anima ceduta deve far presa all'interno del suo nuovo corpo, essere accettata. Da lì, il ricevente potrà poi tornare alla vita. Tutto ciò è a opera del rendente e della sua grande forza spirituale. Ma ciò che vi ho raccontato è, probabilmente, soltanto una gran bella leggenda.»

«Sicuramente è così, bel monaco. Non sembra qualcosa di possibile, in nessun modo.», affermò Jakotsu in tono sbrigativo. «Adesso, però, voglio andare a dormire. Dunque, basta con queste storielle e basta parlare di anima. È indelicato nei confronti di chi non ne ha più una.», scherzò Jakotsu prima di lasciarsi andare ad un nuovo e improvviso sbadiglio.

Miroku ridacchiò seguito da Sango.
Bankotsu si sollevò repentinamente, forse con troppa irruenza, e gli occhi dei presenti si puntarono su di lui. Finse uno sbadiglio e si stiracchiò a lungo prima di osservare a sua volta i compagni, ancora seduti intorno al fuoco.

«Bene.», disse portandosi le mani ai fianchi, con noncuranza. «Jakotsu ha ragione, è decisamente ora di dormire. È tardi.»

Detto questo, fece per portarsi dove Kagome era distesa. Si accomodò un po' discosto da lei, sempre ostentando indifferenza, sotto lo sguardo bieco di Inuyasha. Jakotsu inarcò vistosamente le sopracciglia, così come fecero Sango e Miroku.

«Temo proprio che lo abbia fatto di proposito.», snocciolò il monaco con aria desolata.

«Ma dai?», disse Jakotsu con ironia mentre Sango si portava una mano alla tempia, stancamente.

* * *
Kagome stava ad occhi chiusi e cercava di apparire dormiente il più possibile. Si sforzava di respirare pesantemente, proprio come se fosse preda di un sonno profondo. Più che altro, sperava di ingannare Inuyasha; o meglio, d'ingannare il suo udito. Aveva ripreso conoscenza un po' dopo l'incidente, ma non aveva avuto né la forza né la voglia di aprire gli occhi. Aveva finto di dormire, sveglissima, ed aveva ascoltato tutte le spiegazioni di Miroku sull'anima. Inuyasha era sempre rimasto al suo fianco, vigile. Ne aveva percepito la presenza, il calore del corpo. E, se pur non potesse vederlo, se lo immaginava già. Seduto, a braccia e gambe incrociate, immobile, l'espressione del viso crucciata. Chissà come stava, cosa stava pensando. Kagome si sentiva in colpa, non voleva trattarlo in quel modo; non era in lei e non capiva bene cosa le stesse succedendo – ora, grazie a Miroku, lo sapeva.
E poi... Inuyasha non si era davvero mai mosso durante la sua incoscienza? Una parte di lei si chiedeva prepotentemente se, in realtà, fosse andato in cerca di Kikyo, dopo quella brutta faccenda. Si era chiesto perché lei non era lì? Ci era rimasto male? Kagome pensò di sì, che ne soffrisse, e le dispiaceva quasi aver aggiunto dolore ad altro dolore. Prima o poi, si sarebbe dovuta scusare con lui, necessariamente.
Altra ragione che le impediva di aprire gli occhi era la consapevolezza di trovarsi fra due fuochi. Sì, perché se alla sua sinistra era seduto Inuyasha, alla sua destra, un po' discosto, era disteso Bankotsu. E non aveva voglia di sentirli dibattere, di vederseli piombare entrambi a coprire la sua visuale una volta sveglia. Voleva prendere la faccenda con calma. Bankotsu si era posizionato da poco e Kagome aspettava soltanto di sentir Inuyasha cominciare il battibecco. Sarebbe stata una lunga nottata.

«Si può sapere perché ti stai sistemando qui? C'è un sacco di spazio!», disse Inuyasha, il tono carico di fastidio. Sembrava che quel dannato facesse di tutto per farlo innervosire. Era anche peggio di Koga!

Bankotsu si volse lentamente verso Inuyasha. Chiunque avrebbe potuto definirlo la personificazione del relax; disteso supino, le braccia dietro la nuca e l'espressione sorniona e tranquilla. Si era disteso da neanche dieci minuti e già Inuyasha gli dava il tormento. Sango e Kirara erano di fronte loro, vicino al fuoco, così come Miroku e Jakotsu.

«Mi piace qui. E poi, non vedo altri posti confortevoli.», disse Bankotsu volgendosi nuovamente e fissando gli occhi blu sul cielo stellato.

«Il lago è confortevole.», obiettò Inuyasha sempre più arrabbiato, stringendo ancor di più le braccia al petto.

«Lo hai provato?», chiese il mercenario di rimando e Inuyasha quasi ringhiò.

Kagome strinse lievemente le labbra per evitare di sorridere e faticò per rimanere del tutto immobile. Ma guarda in che razza di situazione la stavano coinvolgendo!

«Ringrazia che Kagome è qui e sta dormendo, perché altrimenti... non hai neanche idea di cosa ti farei!», minacciò il mezzo demone e strinse i pugni, irato. Quanto era difficile mantenere la calma quando quell'idiota era sempre lì, sempre attaccato a Kagome!

«È una minaccia o un'offerta?», chiese Bankotsu con arroganza. «Mi dispiace, Inuyasha, ma non sei il mio tipo. Mio fratello, però, è sempre disponibile.»

Inuyasha proruppe in un nuovo ringhio soffocato e Kagome strinse ancor di più le labbra e tentò di mantenere il respiro regolare. Quanto le veniva da ridere, Kami-sama! Certo che Bankotsu era proprio un provocatore per natura!

«Dannato, ma che discorsi fai?! Sei proprio alla stregua di quel pervertito!», si lamentò Inuyasha lanciandogli un'occhiataccia. «Continua così e non arriverai vivo alla fine di questa missione.»

«Ah, sì?», chiese Bankotsu con noncuranza.

«Sì.», ringhiò Inuyasha cercando di mantenere un tono basso, per via di Kagome.

Se avesse potuto, Kagome avrebbe alzato gli occhi al cielo. Non potevano semplicemente star zitti, godere del silenzio? No! Bankotsu doveva punzecchiare Inuyasha e quello doveva minacciarlo di morte...

Dov'è Koga che tenta di rapirmi, in questi momenti?, si chiese Kagome, ironica.

«Mi annoi. Parliamo di qualcosa di più interessante.», disse Bankotsu, lo sguardo sempre fisso sulla volta celeste.

«Fhé! Ma certo! Tipo in quanti modi diversi potrei porre fine alla tua vita?», chiese Inuyasha. «Parlare con te è l'ultima cosa che voglio.»

«Inuyasha, ti prego. Sappiamo entrambi che non riusciresti ad uccidermi neanche se fossi legato e con un bersaglio disegnato sulla fronte.», continuò Bankotsu, sempre con quel tono arrogante che dava letteralmente ai nervi. Punzecchiare Inuyasha era divertente e non vedeva perché avrebbe dovuto smettere. Certo, giorni addietro era praticamente quasi morto dopo averlo fatto arrabbiare ma... non aveva mai promesso che avrebbe smesso di infastidirlo. O sì?

Inuyasha sbuffò sonoramente. Quanto lo odiava, quel dannato bastardo! Lo faceva di proposito, continuava a seccarlo, ancora ed ancora! Lo avrebbe volentieri disintegrato. All'istante. Però, Kagome...

«Ti ho ammazzato già una volta.», disse Inuyasha con arroganza ponendo le mani sulle ginocchia e arricciando il naso.

Bankotsu rise amaramente. «No, una scure mi ha ammazzato. Tu mi hai inferto un colpo di grazia poco efficace. Certo, eri tutto intento a fare il grande eroe del Monte Hakurei.»

«Dannato, era un colpo di grazia a regola d'arte! Se non fosse stato per quell'impiccione di Jakotsu, saresti sicuramente crepato a causa del mio colpo!»

«...che poi, teoricamente, io sono già morto.», disse ancora Bankotsu con fare meditabondo, portandosi la mano al mento, ignorando completamente Inuyasha. «Jakotsu è arrivato dopo, non giustificarti.», aggiunse poi inarcando le sopracciglia.

Inuyasha si lasciò scappare uno dei suoi soliti lamenti ma non rispose. Era stanco di dar retta a quell'idiota. Stava proprio per perdere la calma e non era cosa indicata. Kagome era lì in mezzo... e poi, aveva promesso di non litigare più con quell'impiastro. Beh, quasi.

«Kagome mi ha detto che non vuole più che ci scontriamo.», disse Bankotsu di punto in bianco, dopo qualche minuto di silenzio.

Kagome, che si era beata di quel silenzio sperando avessero finito di battibeccare, fu presa alla sprovvista da quella rivelazione. Strinse i pugni, nascosti nel sacco a pelo, e rimase in ascolto.
Inuyasha si volse di scatto verso Bankotsu e si accigliò. Dove voleva andare a parare, quell'idiota? Voleva forse fargli notare che Kagome parlava con lui, ch'erano in confidenza?

«Lo ha detto anche a me.», disse Inuyasha, sulla difensiva. «Cosa vuoi, quindi?», chiese, non trattenendo per nulla la stizza nel tono.

Bankotsu si mise seduto e prese a fissare Inuyasha con insistenza. Quello ricambiò l'occhiata senza mai abbassare lo sguardo. Il mercenario continuò a star zitto; cercava le parole adatte per cominciare quella conversazione assurda nella quale aveva deciso di impelagarsi.
Kagome, stretta nel suo sacco a pelo, aspettava con impazienza. Quel silenzio, adesso, le era molesto e la tentazione di aprire gli occhi era molto forte. Ma non poteva.

«Le avevo fatto intendere che l'avrei accontentata. In realtà, in parte ho mentito.», disse il mercenario mortalmente serio. «Se lei avrà bisogno di me, se lo riterrò necessario, se lei starà male e se la causa di tutto questo sarai tu, io interverrò. A costo di ucciderti.»

Inuyasha strinse i denti sentendo la rabbia esplodere. Quanto aveva in odio il fatto che Bankotsu dovesse sottolineare che lui potesse essere un potenziale pericolo per Kagome!? Si odiava abbastanza per quello, si odiava da morire. Doveva smettere di rimarcarlo ogni volta, di parlare di lei quasi come se si potesse permettere di eleggersi suo protettore. Doveva smetterla di parlare come se fosse lui.

«Io, invece, non le ho fatto intendere un bel niente. Perché se farai qualcosa che non mi piace, ti ammazzerò.», mentì Inuyasha con astio crescente e si stupì quando vide Bankotsu ridacchiare. «Che razza di-»

«No, non lo farai. E non lo farai proprio perché lei ti ha chiesto così.», disse Bankotsu, sicuro, e un pizzico di malinconia si fece strada nel suo sguardo. Inuyasha contrasse la mascella ma non rispose. «Ti ho detto che ho mentito in parte. E sai perché?»

«Tzé! E chi se ne frega!?», sbottò Inuyasha livido in volto, collerico. Quella situazione cominciava a pesargli più del consentito.

Bankotsu sospirò e ignorò completamente quella sua risposta.

«Beh, te lo dico. Ho mentito in parte perché, a meno che tu non sia causa del suo malessere, anche io cercherò di non litigare mortalmente con te. Lo farò per lei. E sarà difficile.», disse Bankotsu con apparente tranquillità. In realtà, sapeva di aver detto qualcosa di potenzialmente molto importante.

Kagome ebbe l'irrefrenabile istinto di sgranare gli occhi ma non le era possibile e la cosa la irritò. Bankotsu aveva appena detto che avrebbe fatto qualcosa per lei, che avrebbe evitato di giungere a liti pericolose con Inuyasha... solo per lei. Ma sì, di cosa si stupiva? Erano amici e compagni di squadra. Era ovvio, dannatamente ovvio che Bankotsu si comportasse così!
Inuyasha dilatò le narici e strinse i pugni. Cosa stava tentando di fargli capire, quell'idiota? V'era un messaggio di un certo tipo fra quelle righe, anche uno come lui, non particolarmente perspicace in quelle faccende, poteva benissimo rendersene conto. La cosa non gli piaceva e sentì la bocca dello stomaco pizzicare con un fastidio sordo. Rimase in silenzio, lasciò che il suo grugno arrabbiato parlasse per lui.
Bankotsu guardò per un attimo dritto di fronte a sé e cadde il silenzio; l'atmosfera tesa era spezzata soltanto dallo scoppiettare del fuoco, poco distante da loro, e dai respiri pesanti dei compagni addormentati.

«Sai, Inuyasha, c'è una cosa che non ho detto quando ho raccontato l'intero accaduto di questo pomeriggio.», disse ancora Bankotsu, lentamente.

Kagome cominciava ad odiare quelle pause. Voleva che Bankotsu parlasse, accidenti! Lei si era risvegliata dopo, mentre Miroku parlava e spiegava. Non sapeva cosa Bankotsu avesse raccontato, cosa avesse detto agli altri. Non sapeva cosa avesse sentito Inuyasha.

«Kagome ha chiesto a quella sacerdotessa di rimanere. L'ha fatto per te, ha detto che ne saresti stato felice.», ricominciò Bankotsu serio e si volse verso Inuyasha. «Lei, però, se n'è andata comunque. E Kagome le ha detto che non ti ama abbastanza. Le ha detto che se ti amasse sul serio, sarebbe rimasta. E che se ti avesse amato sul serio, si sarebbe fidata di te.»

Inuyasha rimase impietrito, completamente colto di sorpresa. Kagome aveva detto quelle cose a Kikyo? Ma... perché lo aveva fatto? E Kikyo... Kikyo non era rimasta per dimostrarle il contrario. Kikyo era andata via lo stesso. Certo, sicuramente era ancora debole... fiera com'era, non voleva farsi vedere in quello stato. Sicuramente era quello il motivo per il quale se n'era andata. Era chiaro...
Ma Kagome... aveva, comunque, chiesto a Kikyo di rimanere per lui. L'aveva spronata, aveva cercato di convincerla. Aveva messo il suo bene davanti al proprio. E Inuyasha sapeva quanto le sarebbe costato vederli insieme, se Kikyo avesse scelto di rimanere. Il mezzo demone distolse lo sguardo da quello del mercenario e prese a guardare il fuoco, l'espressione impassibile, insondabile.

«Perché mi stai dicendo questo?», chiese con tono duro.

Voleva forse fargli notare ancora le sue mancanze? Quanto lui non meritasse Kagome? Il che, comunque, era vero. Ma non riusciva a rinunciare a lei. E non lo avrebbe fatto.

«Te lo dico perché... sono sicuro che lei vorrebbe sapessi.», rispose Bankotsu. «Ma non te lo avrebbe mai detto. Perché è troppo... pura e corretta per cercare di ottenerti in questo modo. Lo vedrebbe come un metodo per portarti dalla sua parte.»

Bankotsu scoprì che quelle parole gli erano costate immane fatica. Si sentiva strano, scombussolato. Una voce nella sua testa gli suggeriva che – probabilmente – l'aggettivo adatto era “triste”. Si sentiva triste. Se non fosse stato completamente tonto, quel mezzo demone avrebbe capito facilmente che Kagome lo amava in una maniera smisurata, più di quanto lo amasse quella Kikyo. E avrebbe capito che voleva stare con lei. E lei sarebbe stata felice. E lui... lui sarebbe rimasto in disparte. Disparte... perché l'idea gli dava fastidio? E soprattutto, perché continuava a chiederselo s'era consapevole di sapere la risposta?
Inuyasha non sapeva cosa replicare, ogni parola con senso sembrava aver abbandonato il suo cervello. Bankotsu sembrava conoscere Kagome in un modo che lo lasciò sgomento. Quel mercenario... il mezzo demone seppe di aver ragione, aveva sempre avuto ragione. La maniera in cui parlava di Kagome... lui la voleva. Bankotsu voleva Kagome.
Kagome si sentiva confusa, percepiva una strana tensione attanagliarla. Perché Bankotsu aveva detto quelle cose ad Inuyasha? Aveva faticato per non farsi prendere dall'agitazione, per rimanere lì, apparentemente calma e tranquilla. Il modo in cui l'aveva definita, pura e corretta... il modo in cui aveva perfettamente dato voce ai suoi pensieri... la stava aiutando con Inuyasha? Nonostante gli avesse detto di non intromettersi più... poteva far squadra con Sango e Miroku!

«C'è dell'altro.»

La voce di Bankotsu riscosse sia Inuyasha che Kagome dai propri pensieri. Il mezzo demone gli rivolse un'occhiata astiosa e strinse i denti con forza.

«Mi sono stancato delle tue chiacchiere, mercenario. Non voglio più sentirti.», ringhiò, furioso. Ne aveva abbastanza di lui, delle sue intromissioni, del suo parlare di Kagome, delle sue manifestazioni di interesse. Basta.

«E invece, mi sentirai.», disse Bankotsu, serio, deciso. Sì, avrebbe parlato, lo avrebbe detto. E Inuyasha avrebbe saputo perché doveva sapere. «C'è un'altra cosa sulla quale ho mentito.»

«Ho detto che non voglio sentirti.»

«Ricordi quando ci siamo scontrati e ti ho detto di non aver nessun interesse per Kagome? Ti ho detto che non la volevo.»

«Smettila di parlare.», gl'intimò ancora Inuyasha.

Finché non lo dice, non è reale.

«Ho mentito.», disse Bankotsu, ignorando Inuyasha. «La voglio. Io voglio Kagome, la voglio per me. E anche se sono interessato al suo bene, non dimentico il mio. Non dimentico di volerla.»

Bankotsu fece un profondo respiro e si sentì come libero da un peso. Era come se avesse parlato a sé stesso, come se avesse ammesso ciò che non aveva mai voluto dire ad alta voce. Adesso, adesso era reale.
Il cuore di Kagome prese a battere all'impazzata, velocissimo. Pregò che Inuyasha non se ne accorgesse, che non ci facesse caso. Sperò che la pensasse in balia di un sogno, di un incubo. Bankotsu... provava qualcosa per lei? Involontariamente, le tornò in mente quel momento sulla sponda del fiume, le dita di Bankotsu che sfioravano le sue labbra... i suoi occhi così profondi. Ricordò l'abbraccio di quel pomeriggio, il suo modo di stringerla, quella presa salda, protettiva. Calda. Kagome sentì lo stomaco contorcersi e un brivido la percorse, senza che se ne rendesse davvero conto. Avvampò e tentò di rimanere immobile, ancora. Cosa stava succedendo?
Inuyasha strinse i pugni; si sentiva completamente conquistato dalla rabbia, da un senso di protezione, di gelosia, di appartenenza. Si sentiva violato, sul piede di guerra, come se gli stessero sottraendo qualcosa sotto il suo naso, senza che lui potesse muoversi o far nulla. La confessione di Bankotsu lo aveva destabilizzato. Sapere che quel tipo voleva Kagome... era stato peggio, peggio di quando aveva appreso dell'interesse di Koga per la ragazza. Quel senso di proprietà violata, di sottrazione... non era mai stato così forte. Perché... per Koga, Kagome sembrava non provare nulla. Ma per Bankotsu... sembrava che lei... che lei ci tenesse. Molto. Troppo. Inuyasha sentiva delle parole premere contro le labbra e aveva bisogno di dirle, sentiva il bisogno di dar voce a quella gelosia che lo aveva completamente conquistato. Osservò per un lungo attimo il viso di Kagome e prese un lungo respiro prima di parlare.

«Stammi bene a sentire. Io e Kagome abbiamo un legame... particolare, speciale.», disse Inuyasha, la rabbia che straripava dal tono di voce. «Lei è... molto importante per me, più di quanto tutti voi possiate capire o anche solo immaginare. Lei per me è... è... casa, è sicurezza. Mi è vicina e se lei è con me, io sto bene. È stato un bene che tu sia stato con lei quando io non c'ero, che lei non fosse sola in quella... situazione. Ma non capiterà ancora. Lei è mia. La proteggerò, avrò cura di lei. E non te la lascerò mai.»

Inuyasha completò il discorso a fatica ma non distolse mai lo sguardo da quello di Bankotsu, nonostante fosse leggermente arrossito. Doveva capirlo, quel mercenario lo doveva capire. Non poteva perdere Kagome e non lo avrebbe permesso.
Kagome sentiva quasi di scoppiare. Inuyasha aveva detto quelle cose... le aveva dette per lei e non lo aveva mai fatto... cioè, solo una volta... ma non era stato così esplicito! E... Kami, che situazione complicata! Era felice, sì, ma Kikyo... che ne era di Kikyo? E poi, Bankotsu! Oh, ma no! E adesso, perché pensava a Bankotsu?! Quanto si sentiva confusa! Diventò ancor più rossa e si sentiva smaniosa di muoversi. Voleva scappare, voleva aprire quel dannato sacco a pelo e trovarsi magicamente da qualche altra parte.

Kami-sama, troppe emozioni, troppe, pensò cercando di regolarizzare il respiro. Doveva o quella copertura sarebbe saltata. Meno male che Inuyasha era abbastanza... impegnato.

Bankotsu strinse i pugni ma non si scompose a quella strana confessione. Inclinò leggermente la testa di lato e inarcò le sopracciglia.

«Lei potrà benissimo scegliere, Inuyasha.», disse ancora Bankotsu. «E sono sicuro che sarà più propensa a preferire qualcuno che non deve condividere.», aggiunse il mercenario con un che di maligno e sia Inuyasha che Kagome capirono quella frecciatina. «Non sono vivo, è vero, ma sarei suo. Interamente.»

Inuyasha digrignò i denti ma non poté replicare. Bankotsu lo aveva colpito nel debole e non poteva far altro che star zitto. Saltargli al collo non era fra le opzioni contemplabili.
Kagome sperò che Inuyasha replicasse, che dicesse qualcosa, ma non accadde. E la delusione arrivò puntuale a pungerle il cuore. Cosa si aspettava?
Bankotsu si lasciò andare ad un sorrisetto compiaciuto e si distese nuovamente, mettendosi su un fianco, dando le spalle sia ad Inuyasha che a Kagome.
Tutto tacque.

* * *
«Non è possibile. Non posso crederci!»

«Sango... ti prego, dai...», bofonchiò Kagome, spazientita.

Aveva sbagliato a raccontare a Sango tutto quello ch'era successo la notte precedente, adesso ne era sicura! Aveva condiviso ciò che sapeva con lei perché era sua amica, si fidava di lei e aveva bisogno di parlare con qualcuno. Ma accidentaccio, erano almeno dieci minuti buoni che continuava a guardarla ad occhi sgranati e a dirle “non è possibile”, “non posso crederci”.

«Va bene, la smetto. Comunque sia, ti ripeto: devi parlare con Inuyasha. Almeno, per il trambusto dopo il salvataggio di Kikyo. Era visibilmente scosso.», disse Sango storcendo il naso. Uscì dal lago e prese a guardarsi furtivamente intorno prima di avvolgersi un grande asciugamano intorno al corpo.

Kagome sospirò pesantemente e smise per un attimo di spazzolarsi i capelli. Quando si era svegliata, quella mattina, aveva ritrovato Bankotsu, ancora addormentato, e Inuyasha, invece, sveglio e seduto nella posizione nella quale lo aveva immaginato. Si erano guardati per un attimo negli occhi ed entrambi erano arrossiti visibilmente. Poi, sembrava lui stesse cercando di formulare qualcosa da dire ma lei si era alzata e si era dileguata. Letteralmente. Non ce l'aveva fatta, non ce la faceva! Non si era mai sentita così codarda nella sua vita. In quel momento, guardando Inuyasha in viso, rifletté che avrebbe preferito mille volte affrontare Hakudoshi, Kagura e Naraku tutti insieme piuttosto che parlare con lui. Ma sapeva di doverlo fare; non era un problema scusarsi con lui per averlo quasi ucciso: doveva e, soprattutto, voleva farlo! Il problema era guardarlo, parlare con lui, scusarsi, facendo finta di non saper niente di quella sua sorta di dichiarazione. E avrebbe dovuto fingere anche di non saper nulla di quello che aveva detto Bankotsu!
Bankotsu... Kagome arrossì e scosse la testa velocemente. Che grandissimo casino, accidenti! Basta, doveva smetterla di sentirsi in quel modo, doveva parlare con Inuyasha. Si sarebbe scusata e avrebbe fatto finta di non averlo mai sentito dire quelle cose... oh, dannazione, come avrebbe potuto?! No, lo avrebbe fatto. Calma. Doveva stare calma. Si alzò di scatto e abbandonò la spazzola; Sango, intenta a rivestirsi, la osservò e inarcò le sopracciglia, perplessa.

«Dov-»

«Niente domande, solo auguri propizi ed efficaci.»

«Ehm... che gli Dei ti assistano?»

* * *
Kagome si diresse verso il luogo dove si erano accampati. Ovviamente, per far il bagno si erano spostate drasticamente lontano e Sango continuava comunque a guardarsi intorno, con il sospetto di scorgere Miroku.
Tornata finalmente all'accampamento, la ragazza notò che non vi era nessuno. Erano sicuramente tutti impegnati a cercare cibo, legna o, semplicemente, erano ad ispezionare la zona per decidere il da farsi. Prese a guardarsi intorno, consapevole di dover far appello ai suoi poteri spirituali per ricercare Inuyasha nel bosco. Però... si sentiva ancora un po' debole per farlo. Sospirò e strinse le labbra. Beh, prima o poi doveva riprendersi. Alla fine, si sentiva già meglio. Si armò di buona volontà e cominciò ad addentrarsi nel folto, facendo appello alle sue forze per cercare di individuare Inuyasha. Tuttavia, dopo aver percorso appena qualche passo, il mezzo demone le atterrò letteralmente davanti, scendendo da uno degli alberi vicini all'accampamento. Si scrutarono per un po', in silenzio, come se entrambi cercassero di percepire e capire lo stato d'animo dell'altro. Kagome fece qualche passo in avanti mentre Inuyasha rimaneva immobile, in attesa.

«Ti stavo cercando.», esordì banalmente Kagome e si diede della stupida. Quello non era proprio un buon inizio per rompere il ghiaccio. Beh, meglio di nulla, doveva smetterla di complessarsi in quel modo, non era solita!

«Sono qui.», rispose Inuyasha e deglutì. Gli era mancata la sua voce e gli erano mancati quegli occhi limpidi privi di odio.

«Sai che non sono una che gira troppo intorno alle questioni...»

«Beh, credo mi stupirei se lo facessi.», rispose Inuyasha in tono noncurante, un tono che in realtà celava moltissime emozioni.

«... ragion per cui andrò direttamente al dunque.», completò Kagome e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, lentamente. Poi sollevò nuovamente lo sguardo e notò che gli occhi di Inuyasha non l'avevano mai abbandonata. «Mi dispiace, Inuyasha. Non avrei mai detto quelle cose se fossi stata in me, lo sai. Scusami, non so cosa mi sia successo... sai, quando ho toccato Kikyo, i suoi ricordi...», tentò di spiegare senza far capire che aveva ascoltato ogni momento del discorso di Miroku.

«Lo so, Miroku lo ha spiegato mentre dormivi. Non è stata colpa tua...», disse Inuyasha a bassa voce e chinò leggermente il capo. «Però... però dillo.», aggiunse poi. Alzò il viso di scatto e piazzò i suoi occhi dorati in quelli grigi di Kagome.

«Cosa? Cosa vuoi che ti dica?», chiese Kagome avanzando un altro po', trovandosi quasi faccia a faccia con il mezzo demone.

«Di' che non mi odi, Kagome. Voglio sentirtelo dire.», disse Inuyasha, il tono serio e negli occhi una luce diversa che Kagome credeva di non aver mai scorto.

La ragazza prese una mano artigliata di Inuyasha fra le sue e il mezzo demone socchiuse gli occhi, quasi bramasse quel tocco più di ogni altra cosa al mondo. Kagome s'inumidì le labbra e sospirò prima di parlare.

«Inuyasha, io non ti odio. E non potrei mai farlo e non lo farò mai. Qualsiasi cosa mi facessi... non riuscirei ad odiarti.», disse lei, sicura, e strinse ancor di più la sua mano. Si stava forse lasciando troppo andare? Aveva promesso a se stessa di... e come poteva mantenere quella promessa, dopo quello che aveva sentito la notte precedente?

Inuyasha si sentì risollevato, rinfrancato quasi, da quelle parole. Gli sembrava di riuscire finalmente a respirare di nuovo. Ed era una bella sensazione. Annuì lievemente; strinse la mano di Kagome e l'attirò velocemente a sé per poi circondarla con le sue braccia. La strinse e si sentì completo.
Kagome si lasciò trascinare, abbracciò Inuyasha seppellendo il viso nel suo petto e non pensò a ritrarsi. Non poteva, non ce la faceva. In quel momento, non riusciva. L'indomani, probabilmente, avrebbe ripreso possesso di sé ma adesso anche lei voleva abbracciare Inuyasha. E non pensare a niente.

«Kagome, tu... tu mi sei mancata.», disse Inuyasha a fatica, diventando improvvisamente paonazzo e ringraziò che Kagome non potesse vederlo.

Kagome socchiuse gli occhi e capì cosa Inuyasha stesse cercando di dirle con quella frase. Le era mancata perché non era più stata lei, la sera prima. In realtà, erano cambiate molte cose nel loro rapporto e la ragazza sapeva che Inuyasha si riferiva anche a quella frattura che l'aveva resa un po' più fredda e distaccata nei suoi confronti. Era da un po' che, fra loro, non era più lo stesso.

«Anche tu.», rispose semplicemente, senza aggiungere altro.

«Mi manchi ancora.»

«E ti mancherò ancora.», disse Kagome con un nodo alla gola. Sentì le lacrime pungerle gli occhi ma, come al solito, cercò di ricacciarle indietro.

Si staccarono e rimasero ad osservarsi; le mani di lui ancora posate sulle spalle di lei, quell'unico contatto che nessuno dei due voleva ancora rompere, infrangere.
Inuyasha contrasse la mascella, incerto, quel dolore alla bocca dello stomaco che ormai era diventato qualcosa di normale, di familiare. Esitò un attimo, poi decise di parlare.

«I-io... io lo penso davvero.», disse soltanto. Kagome si accigliò e lui prese aria, avvampando. «Quello che ho detto stanotte. Lo penso davvero.»

Kagome sentì le guance imporporarsi velocemente e fece un passo indietro. Le braccia di Inuyasha ricaddero mollemente lungo i fianchi.

«Stanotte? Stanotte cosa? Io non so di cosa tu stia parlando.», disse Kagome sfoderando la sua migliore aria stupita. Avrebbe funzionato sicuramente. E allora, perché si sentiva nei guai?

Inuyasha assottigliò lo sguardo ed incrociò le braccia.

«E invece sì che lo sai, perché eri sveglia!», disse Inuyasha, irritato. Ma credeva davvero di poterlo fare fesso in quel modo?! Tsk!

Kagome rimase a bocca aperta, senza saper effettivamente come ribattere. Si era impegnata, aveva fatto di tutto pur di non destare sospetto! E invece... Inuyasha se n'era accorto... dunque, anche Bankotsu se n'era accorto?! Kagome si portò le mani alla testa e sgranò gli occhi.

«Come facevi a saperlo?!», chiese, stupidamente, rassegnata. Non poteva mentire ostentando palesemente il falso. Non poteva competere con i sensi di Inuyasha.

«Fhé! Puoi sicuramente far fesso quell'idiota di un mercenario ma non me. Il tuo cuore andava veloce e poi, il suono del tuo respiro... tutto di te mi parla... anche se non sei tu a farlo.», disse Inuyasha serissimo, il viso rivolto verso un punto imprecisato, nella foresta.

Kagome era interdetta. Poi, un pensiero la colpì come un colpo d'accetta. Si avvicinò nuovamente ad Inuyasha, veloce, e quello sussultò nel trovarsela di nuovo così vicina. Prese a guardarlo negli occhi, insistentemente, e lui arrossì, ancora.

«Ma cos-»

«Tu hai detto quelle cose sapendo che io potevo sentirti.», disse Kagome e un piccolo sorriso si fece strada sul suo viso. Beh, non poteva far a meno di esserne felice. Era contenta.

Inuyasha sgranò gli occhi e si discostò un po'. Prese a guardare in un'altra direzione, con ostentata noncuranza.

«... a-a-anche.», balbettò grattandosi la testa con un dito, con aria distratta. Poi si volse di nuovo verso Kagome e sospirò. «Tu sai che io per te... ecco... però, Kagome, sai anche che Kikyo...»

Kagome gli tappò la bocca con una mano e lui si zittì immediatamente, colto di sorpresa.

«Non parlarmi di lei. Non oggi.», disse Kagome con aria mesta e stizzita al contempo, poi tolse lentamente la mano e giunse le sue. «Non voglio pensare a lei oggi, voglio solo pensare a quello che tu hai detto e sentirmi in pace. Facciamo quello che siamo più bravi a fare, Inuyasha, fingiamo. Domani sarà tutto come prima.»

«No, Kagome, ascolta... Io sono... sono... sono innamorato di te.», disse Inuyasha chinando il capo. «E lo sono anche di Kikyo e non posso, non posso fare a meno di avere a cuore entrambe. Lo sai...»

Kagome trattenne il respiro. Lei lo sapeva, lo sapeva da tempo che Inuyasha l'amava ma non l'aveva mai detto così esplicitamente, chissà quanto gli era costato. In fondo, lo aveva sempre biasimato per non essere riuscito a dirle quello che lei voleva sentirsi dire. Quella confessione la spiazzò, la rese felice e triste allo stesso tempo. La rese triste perché conteneva anche il nome dell'altra in quella che sembrava una tacita richiesta di perdono. Perdono perché il suo cuore era diviso in due e non poteva essere altrimenti.

«Inuyasha... io... io posso capirlo ma non mi piace. E tu questo lo sai.», disse Kagome trattenendo a stento l'emozione nella voce che, comunque, tremò. Strinse i pugni poi sospirò.

«Anche lui è innamorato di te. Lo hai sentito.», disse poi Inuyasha e l'ira cominciò a farsi sentire nel suo tono di voce. Doveva dirlo, non poteva trattenere quelle parole. Cosa pensava Kagome? Scorgere anche solo un segno d'interesse in lei...

Kagome si morse un labbro; il cuore accelerò i suoi battiti e Inuyasha se ne accorse. Lei arrossì e l'immagine di Bankotsu le balenò nuovamente fra i pensieri, i suoi occhi, la sua stretta salda, il suo profumo. Quel che aveva detto, le sue parole cariche di sicurezza...
Kagome scosse la testa e cercò di riprendere padronanza di sé. Si avvicinò ad Inuyasha e gli carezzò debolmente una guancia prima di lasciar cadere il braccio lungo il fianco.

«Inuyasha, basta discutere. Possiamo tornare dagli altri e riprendere normalmente la missione, concentrarci sul resto? Non mi va di...», Kagome annaspò. Si sentiva improvvisamente confusa, provava sensazioni contrastanti. Era felice, malinconica, scombussolata. Pensava ad Inuyasha, pensava a Kikyo... pensava a Bankotsu. E non capiva perché.

Inuyasha annuì soltanto, senza dire una parola. Quando si volsero e presero a camminare per fare quei pochi passi che li separavano dall'accampamento, entrambi capirono che quelle confessioni avevano nuovamente cambiato loro, il loro rapporto. Non seppero capire fin da subito se il mutamento fosse in bene o in male; ma una cosa era certa: non era più lo stesso.

* * *
«Primo Fratello.», disse Jakotsu posando delicatamente la mano sulla spalla di Bankotsu.

Il mercenario era ritto in piedi, rigido, i muscoli in tensione, i pugni stretti. Osservava da lontano Inuyasha e Kagome. Parlavano, assorti, e chissà di cosa. Lui non poteva sentirli. Poteva solo osservarli e si sentiva dannatamente male. Quando vide Inuyasha attirare Kagome a sé ed abbracciarla, sentì la gola stretta in una morsa. Ricordò che il giorno prima era stato lui a stringerla fra le braccia. Deglutì e sentì quasi la mancanza di quel corpo minuto a contatto con il suo. Al tocco di Jakotsu, Bankotsu si riscosse e si volse di scatto, come se fosse stato colto in flagrante, nel bel mezzo di un qualsiasi reato.

«Qualcosa ti turba?», chiese Jakotsu ritirando la mano, gli occhi posati su Inuyasha e Kagome. Quella visione gli provocò un immenso e pungente fastidio ma non lo diede a vedere.

Bankotsu non rispose, semplicemente prese a camminare, allontanandosi. Jakotsu si volse verso di lui, l'espressione mesta e visibilmente malinconica.

«Sei davvero innamorato di lei.», disse Jakotsu con un sorriso triste. Avrebbe tanto voluto che Bankotsu provasse l'ebbrezza dell'amore prima di andarsene via, di morire di nuovo e per sempre. Ma non così, non con lei. Lei che lo avrebbe fatto soffrire, rendendo quella nuova possibilità di vita una condanna.

Bankotsu si arrestò ma non si volse e continuò a dare le spalle al fratello.

«Io non so cosa sia l'amore, non lo conosco, non è un sentimento che mi appartiene.», disse con tono duro, tagliente. «Ma conosco lei e questo mi basta. Voglio che sia felice, Jakotsu.», disse e riprese a camminare lasciandosi dietro il fratello, Kagome, Inuyasha e tutto quello che non voleva vedere. Lasciandosi dietro un nuovo dolore.

 

Angolo autrice.
Sono tornata! Dal punto di vista della trama sta diventando tutto più complicato e leggermente più difficile da rendere ma non mi arrendo.
Ho curato moltissimo questo capitolo, corretto più volte. Tenete a mente ogni avvenimento, perché è importante. Mi saprete dire.
Inuyasha potrebbe sembrarvi un po' più consapevole, forse si è sbottonato troppo... voi dite? Non saprei. Sono del parere che l'ho calato in un contesto diverso e posso solo immaginare come potrebbe reagire. Qui si trova pressato dalla presenza di un altro individuo che mostra interesse per Kagome in maniera esplicita; si sarà fatto due conti e avrà deciso di tirare fuori gli artigli (non letteralmente, stavolta). Dite che nella storia originale c'è Koga? Per me non è lo stesso. Koga era una “minaccia” con la m proprio minuscola. Kagome non ha mai mostrato interesse per il nostro lupacchiotto; ma qui Inuyasha sembra proprio convinto che a Kagome, Bankotsu, non sia del tutto indifferente. Voi che dite? Ha ragione? A voi il toto scommesse. :p
L'ombra di Kikyo è comunque sempre presente e non può essere altrimenti. Lui la giustifica anche... l'amore è anche questo. 

Io ringrazio chi segue, preferisce e ricorda. Le vostre recensioni sono graditissime, mi piace sempre sapere cosa ne pensate! Vi leggo con gioia.
Vi saluto e vi auguro un buon fine settimana.
Alla prossima!

RJ

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