Fluorescent adolescent

di foodporv
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** (0) ***
Capitolo 2: *** (1) ***
Capitolo 3: *** (2) ***
Capitolo 4: *** (3) ***
Capitolo 5: *** (4) ***
Capitolo 6: *** (5) ***
Capitolo 7: *** (6) ***
Capitolo 8: *** (7) ***



Capitolo 1
*** (0) ***


 



Prologo – Turn the other cheek



Evelyn si passò un leggero strato di burro-cacao sulle labbra leggermente screpolate. Odiava la  secchezza che sentiva ogni volta che le umettava con una veloce passata di lingua.
Sentì un po' di pelle d'oca a causa del venticello che tirava, le guance chiare avevano assunto un colorito rossastro, così come il naso.
Quella mattina il cielo di Manchester era tempestato di nuvole grigie, nemmeno uno sprazzo di luce, e, alzando lo sguardo, Evelyn constatò che di lì a poco sarebbe venuto a piovere.
Accelerò il passo, infatti, maledicendo Nathan, suo fratello, che quella mattina le aveva dato buca non portandola a scuola come era solito fare. Grugnì indispettita e alzò gli occhi azzurri al cielo.
Camminava spedita nella denim jacket rubata spudoratamente al fratello e nei suoi skinny jeans di un nero intenso. Il fatto che la giacca fosse più grande di almeno due taglie la rendeva più minuta di quando già non fosse, infatti le arrivava più o meno fino a metà coscia.
Sistemò meglio la tracolla di pelle che a causa del suo passo veloce continuava ad andare a sbatterle contro la gamba sinistra, rendendole la camminata più difficile e “perché ho un fratello stupido?”, si chiese mentalmente.
Si fermò sospirando quando arrivò davanti all'edificio in cui avrebbe dovuto passare le successive cinque ore. Capì di non essere riuscita ad arrivare in orario perché vide il cortile della scuola deserto, ad eccezione di qualche studente con il fiatone, in ritardo come lei.
Sbuffò frustrata prevedendo già la ramanzina che le avrebbe fatto quella di letteratura, nonostante fosse in ritardo di soli cinque minuti. Entrò nel grande edificio e s'incamminò con passo deciso verso la sua classe. Non bussò nemmeno perché vide che la porta era spalancata, quando mise piede nell'aula trovò i suoi compagni che chiacchieravano indisturbati mentre lei rivolgeva uno sguardo verso la cattedra vuota.
Vide una chioma castana, che riconobbe essere la sua migliore amica, avvicinarsi alla sua figura con un sorriso raggiante: «La Stevens è ammalata, si fa baldoria per due ore!» esclamò entusiasta. Subito dopo abbracciò Evelyn e le stampò un bacio sulla guancia.
«Mi stai dicendo che ho camminato come una stupida maratoneta per nulla?» chiese retorica Evelyn con espressione stizzita stampata in volto.
«A quanto pare sì, ma... Nate?» rispose Gwen, chiedendo a proposito del fratello dell'amica, sapendo fosse abituato a scarrozzarla a scuola.
Intanto erano andate al loro banco, in terzultima fila, ed Evelyn aveva poggiato la tracolla sul suo banco, sentendo subito una sensazione di sollievo all'altezza della spalla.
«Mio fratello è un idiota, oggi ne ho avuto l'ennesima conferma. Per cinque minuti in cui mi stavo allacciando le scarpe, se n'è andato lasciandomi a piedi. Secondo me l'hanno adottato» borbottò con tono serio, sicura dell'ultima frase che aveva pronunciato. Perché, , se suo fratello l'avesse aspettata probabilmente lei in quel momento non avrebbe avuto la sensazione di sembrare una barbona dai capelli spettinati.
«Tappa bar?» propose Gwen, dopo il monologo dell'amica sulle disgrazie col fratello. All'annuire della mora, insieme si diressero verso il piano inferiore della scuola con l'intento di ingozzarsi con le peggiori schifezze che sarebbero potute esserci. Dovevano approfittare dell'assenza di quell'arpia, era un evento più unico che raro!
Scesero due rampe di scale e sentendo delle urla di gente scalmanata provenire dalla loro classe «Se non la piantano di fare i primitivi, ci mandano qualche bidella a rompere le palle» mormorò Gwen, scuotendo la testa di fronte all'immaturità dei loro compagni di classe.
«Già! E dire che ormai hanno diciassette an-» Evelyn non riuscì a concludere la frase, data la scena che gli si era presentata davanti.
Marcus Saunders aveva le mani poggiate sui fianchi di una ragazza con cui stava pomiciando senza alcun ritegno. Niente di strano se non fosse stato per il fatto che erano passate soltanto due settimane da quando lui ed Evelyn avevano messo la parola "fine" alla loro relazione. Non era gelosa, davvero, le sembrava solo poco rispettoso nei suoi confronti.
Evelyn sospirò alzando gli occhi al cielo e cercò di fare finta di niente, reprimendo la voglia di tirare una sberla a quella faccia da schiaffi, cosa che si sarebbe più che meritato. Ancora si chiedeva come diamine avesse fatto a trascorrere del tempo con lui, sentendosi stupida nel rendersi conto che poco tempo prima, al posto di quella ragazza, c'era stata lei.
«È proprio un coglione!» esclamò Gwen, notando che i lineamenti del viso dell'amica si erano fatti più duri.
«Ma dai?» chiese retorica Evelyn, facendo assumere nuovamente al suo volto un'espressione serena.
Era arrivata alla conclusione che se Marcus dopo due sole settimane si era buttato già fra le braccia di un'altra, allora non era sicuramente quello giusto per lei.





«Avanti, non fare la stronza!» esclamò Evelyn dando pugni al vetro della macchinetta delle merendine.
Quella, avrebbe potuto definirla “una mattinata di merda”: suo fratello che rendeva pubblico il suo essere uno stupido di prima categoria, Marcus che faceva la respirazione bocca a bocca alle ragazze nei corridoi ed ora la macchinetta che non voleva saperne di darle gli oreo che aveva pagato anche troppo - una sterlina per sei stupidi biscotti poteva essere considerato furto.
Avrebbe potuto uccidere qualcuno, seriamente.
«Così non risolvi niente, lo sai?» una voce la fece sussultare, si portò una mano all'altezza del cuore e si girò di scatto.
Di fronte a lei c'era un ragazzo abbastanza alto e dai capelli scuri alzati in un ciuffo e rasati ai lati. I suoi vestiti sembravano abbinarsi col colore dei capelli: indossava una felpa nera, stesso colore dei jeans attillati che gli fasciavano le gambe magre - lo si poteva benissimo notare.
Il viso era squadrato, gli zigomi ben marcati e il naso dritto e affilato.
Evelyn lo osservò non riuscendogli a trovare un solo difetto.
«Beh? Rimaniamo qui a guardarci in faccia o vuoi fare qualcosa con quella?» borbottò il ragazzo, indicando con il capo la macchinetta che ancora non le aveva consegnato ciò che voleva.
«Le buone maniere non le conosci proprio o usarle con gli altri è un'esclusiva di cui solo pochi possono godere?» ribatté Evelyn, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia sotto il seno.
Il ragazzo di fronte a lei a quelle parole iniziò a ridere sguaiatamente, trattenendosi lo stomaco e guadagnandosi un'occhiata truce da Evelyn. Il moro si ricompose ma non rispose alla domanda retorica che lei gli aveva posto; frugò nelle tasche dove trovò degli spiccioli e quando fece per metterli nel foro della macchinetta apposito, sentì una debole presa lungo l'avambraccio. Girò il capo verso Evelyn che «Cosa diavolo hai intenzione di fare?» chiese, non capendo l'intento del moro.
«Tu sei strana forte!» - constatò il moro aggrottando le sopracciglia, senza smettere di fissare Evelyn - «Comunque metto i soldi, seleziono il tuo stesso prodotto e, come per magia, darà il tutto ad entrambi» spiegò velocemente alzando le spalle. Mentre parlava aveva già svoltò tutto, un “bip” risuonò e due confezioni di oreo caddero nell'angolo apposito.
Dopo averle recuperate e averne allungata una ad Evelyn, «Zayn» si presentò finalmente facendole un sorriso sornione e porgendole la mano.
La mora, stranita, ricambiò la stretta e stirò le labbra in un sorriso cordiale e sincero.
«Evelyn» si presentò a sua volta. Fu Zayn ad interrompere il contatto tra le loro mani, fece per incamminarsi verso le scale e «Allora? Ti siedi con me?» le chiese, vedendo che Evelyn era rimasta lì, imbambolata. Annuì mostrando un sorriso luminoso e si passò una mano fra i capelli scuri.
“E per fortuna che quella strana sono io!”





«Ma vogliamo parlare di Street? Le sue lezioni sono un sonnifero!» esclamò Evelyn, ridacchiando e portandosi la mani destra davanti alla bocca, sua abitudine.
«Tu scherzi, ma io mi addormento a due terzi delle sue lezioni» raccontò Zayn con un sorriso raggiante che Evelyn seppe più che apprezzare.
Notò infatti che gli occhi del moro si rimpicciolivano, creando delle piccole rughette, il naso si arricciava e la lingua si incastrava in quella fila di denti bianchi.
«Sinceramente pensavo fossi una di quelle tipe snob che girano qui intorno - il moro se ne uscì dal nulla con quell'affermazione ed Evelyn ne rimase sorpresa, felicemente sorpresa - Poi ho pensato che nessuna di loro si metterebbe ad insultare una macchinetta delle merendine e a prenderla a pugni» aggiunse poco dopo, ridacchiando.
«Oh, ma quanto sei simpatico» cantilenò Evelyn, girandosi nella direzione del moto e facendogli una smorfia strana.
«Eve! Credevo che le macchinette ti avessero inghiottita!» ad esclamare quelle parole e ad interrompere la risata del moro fu Gwen.
Era andata alla ricerca dell'amica che era rimasta fuori più del necessario, la vide accanto ad un moro e «Gwen, piacere» si presentò, cosa che Zayn contraccambiò.
Improvvisamente si palesò un'aria di imbarazzo perché tutti e tre non sapevano cosa dire: Gwen, sentendosi di troppo si alzò, comunicando loro che sarebbe tornata in classe, ma l'amica «Sarà meglio che vada anche io» mormorò mettendosi in piedi a fianco a lei, attirando l'attenzione del moro sulla sua figura magra.
«Ci becchiamo in giro, allora» Zayn le salutò, alzando il braccio e facendo un sorriso gentile.
E forse dando un'occhiata al fondo-schiena di Evelyn. Forse.






Il soggiorno di casa Beadle era spazioso: vi erano un ampio tavolo, un divano ad U color khaki e un hi-fi marrone scuro. Le pareti, ricche di foto di famiglia, erano color avorio e nell'estremità di destra si notava facilmente la presenza di un camino.
«Sei amica di Zayn Malik e non mi dici niente?» chiese Gwen con espressione sbalordita e leggermente offesa, andandosi a sedere sul divano, accanto all'amica che aveva in mano una ciotola di pop corn.
«Non siamo amici... Cioè... La macchinetta ha fatto storie, lui mi ha aiutata e siamo finiti a chiacchierare sulle scale, tutto qua» le spiegò Evelyn un po' insicura, arrossendo.
«Beh, dai, eravate carini» la stuzzicò Gwen.
«Sì, certo - l'assecondò - Tanto scommetto che se domani dovesse rivedermi farebbe finta di niente, insomma lo sanno tutto che so avere un carattere di merda» borbottò concludendo con uno sbuffo sonoro.
«Oh, dai, non sei così terribile come credi. Io non ti ho ancora ammazzata!» dopo aver pronunciato queste parole, Gwen fece per scoppiare a ridere ma si tappò la bocca avendo visto l'occhiataccia che l'amica le aveva riservato.
«Tanto lo so che senza di me non puoi vivere, stronza» Evelyn si stampò in viso un'espressione da finta altezzosa e poco dopo scoppiò a ridere serena.
Forse quella giornata non era stata un fiasco totale.








 
life's too short to not go for broooke!
la mia mente malata e contorta ha progettato questa cosa che io stessa non saprei definire, so solo che sono emozionata ed esaltata da far paura! *risata isterica*
bien, i protagonisti sono evelyn, per cui ho da poco una crush pazzesca, gwen che beh, amo con tutto il cuorei ragazzi ci saranno tutti ma, come avete visto, in questo capitolo compare solo zayn che è il mio ragazzo ma ancora non ne è a conoscenza. (sono schifosamente seria, giuro)

mi auguro che questo prologo vi sia piaciuto almeno un po', in ogni caso mi piacerebbe leggere qualche vostro parere :) 
c u soon, 
enrica 


 

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Capitolo 2
*** (1) ***


 



First Chapter – All fucked up



Al suono della sveglia, Evelyn mugugnò qualcosa di incomprensibile ai comuni mortali. Pur essendo una gran dormigliona, era solita alzarsi molto presto, data la sua lentezza mattutina.
Sospirò pesantemente e aprì gli occhi, affondando le mani sotto al cuscino. Rimase sotto le coperte per qualche minuto e poi, con un po' di buona di volontà, fece forza sulle braccia e si alzò con velocità piuttosto ridotta.
Rabbrividì nel sentire il pavimento ghiacciato venire a contatto coi suoi piedi che fino a poco prima erano al caldo, sotto le coperte.
Alzò le tapparelle e si avvicinò al comò per recuperare la biancheria intima pulita, poi si diresse verso il bagno, sapendo che a quell'ora non avrebbe dovuto battibeccare con Nathan per chi dovesse entrare prima di chi.
Si fiondò nel box doccia e girò la manopola dell'acqua calda: oltre che per questioni igieniche, le docce ad Evelyn servivano per svegliarla, altrimenti le sarebbe risultato davvero difficile affrontare un'intera giornata. Un po' come Gwen con il caffè, insomma.
Dopo essersi insaponata, si risciacquò un'ultima volta e cessò il getto d'acqua. Uscì dal box doccia e recuperò l'asciugamano beige, si asciugò i piedi decisamente piccoli per la sua età e infilò le pantofole. Andò davanti allo specchio e osservò la sua figura riflessa, poi impugnò il suo spazzolino e si lavò accuratamente i denti.
Quando ebbe concluso, aprì la porta del bagno e per poco non le venne un colpo alla vista di suo fratello Nathan. Era un diciottenne alto, dalla pelle chiara e con le spalle larghe. I capelli erano spettinati mentre gli occhi castani stanchi, così come il volto che era velato di un leggero strato di barba. Lui ed Evelyn si passavano un anno e qualche mese, ma sembrava che Nathan fosse molto più grande, probabilmente ciò era dovuto al suo aspetto imponente.
«Ciao nana» la salutò così, prendendola in giro per la bassa statura. 
La mora non si offese neanche, abituata alle beffe del fratello, piuttosto lo guardò con un sopracciglio alzato e 
«Ciao stupido», ricambiò.
Nathan alzò il braccio muscoloso e appoggiò sul viso della sorella una mano che Evelyn si scostò di dosso immediatamente, sorpassandolo e dirigendosi in camera. 

Una volta messo l'intimo, la mora scelse i vestiti senza pensarci troppo su: indossò una semplice maglietta bianca infilata dentro a dei jeans neri strappati all'altezza delle ginocchia. Ai piedi un paio di Dr. Martens nere, basse, che le lasciavano le caviglie leggermente scoperte.
Mise a posto il letto e piantò i piedi davanti allo specchio nascosto in un'anta del suo armadio: recuperò la trousse di trucchi da un cassetto del comodino e una volta preso il mascara se lo passò sulle ciglia di entrambi gli occhi, sorridendo poi per il risultato ottenuto senza fare troppi disastri.
Sollevò la tracolla poggiata sulla scrivania, emettendo un mugugno strano nel notare quanto pesasse. Attribuì la causa al libro di letteratura di ben millecentotrentanove pagine 
 ottimo modo per distruggersi le spalle.
Chiuse l'armadio e dopo una spruzzata di profumo, si diresse verso il piano inferiore, da cui sentiva provenire un intenso odore di caffè che non le dispiacque affatto.

Entrò in cucina e vi trovò il resto della famiglia: suo fratello, appoggiato al frigorifero, era alle prese con il suo telefono, sul quale stava digitando dei tasti sin troppo rapidamente. Il padre, Stephen, portava un paio di occhiali da lettura e borbottava a proposito di qualche notizia sul giornale locale; Claire, sua madre, sorseggiava del tea seduta di fianco al marito.
«Bonjour, le monde!» esclamò Evelyn in francese. Era la sua seconda lingua, sua madre era francese ed aveva esteso la conoscenza della sua prima lingua anche presso i suoi due figli. Non si poteva dire che Nathan ed Evelyn parlassero il francese come la madre, ovviamente, erano però in grado di esprimersi in modo più o meno corretto e scorrevole.
Si sedette accanto al padre, ma lo vide prendere la borsa da lavoro e piegare il giornale alle bell'e meglio: «Nate, finiamo di fare quel discorso stasera
» pronunciò queste parole e «Claire, andiamo?», chiese alla moglie. Léa annuì posando la tazza nel lavabo, in seguito baciò la fronte ai figli e, seguita da Stephen che accarezzò il capo ad Evelyn, insieme uscirono di casa.
Stephen Beadle era un uomo di bell'aspetto, alto, capelli scuri e occhi di ghiaccio - Evelyn aveva preso da lui. Insegnava storia della filosofia all'università di Manchester, sede che lui stesso aveva frequentato e dove aveva conosciuto la madre dei suoi figli. Dal canto suo, Claire era una maestra d'asilo che spesso all'interno del suo lavoro s'improvvisava cantante - e, no, non era affatto intonata.
Evelyn sentì la porta d'ingresso riaprirsi e nel vedere sua madre 
«Dimenticato qualcosa?» chiese, aggrottando leggermente le sopracciglia.
«Sì» rispose e «Non marinate!» si raccomandò dopo aver trovato ciò che cercava: il cellulare.
«Ovvio che no! Nous sommes des gens sérieux» urlacchiò Nathan nonostante sua madre fosse già uscita di casa.
Evelyn lo scrutò con un sopracciglio alzato, in segno di disappunto: 
«Tu primo fra tutti, guarda» lo prese in giro dandogli un pizzicotto che non lo scalfì minimamente ma che Nathan ricambiò con uno sul fianco della mora.
«Idiot»





«Cazzo, cazzo, cazzo! Non so niente di chimica!» furono le parole pronunciate da una Gwen più che in ansia, con tanto di viso pallido  il che facilitava la visione delle lentiggini sparse sul viso.
«Sì, certo. Poi prendi otto» borbottò Evelyn scuotendo teatralmente la testa. Gwen aveva una grande dote, le bastava stare attenta in classe, leggere una volta gli appunti e tutto le entrava in testa come se niente fosse.
Dal canto suo, Evelyn poteva affermare di andare diversamente bene: non si ammazzava di studio, arrivava alla sufficienza senza troppo sforzi e questo le andava più che bene. Se si parlava di materie scientifiche però, bisognava aprire un altro capitolo: faceva completamente schifo in fisica e chimica - in matematica si salvava.
Gwen la cantilenò tramite un verso strano e le fece una linguaccia che Evelyn fece finta di non vedere.

«C'è Saunders che ti fissa, Eve» l'avvertì l'amica, mandando un'occhiata truce a Marcus. Lo considerava un emerito coglione: si era lasciato scappare una ragazza come Evelyn e, detto francamente, non ne avrebbe trovata un'altra come lei nemmeno a distanza di cento anni. 
«E lascialo fare, non m'interessa» dichiarò, chiudendo il suo armadietto con un gran tonfo.
Cazzata.
Le interessava eccome, d'altronde erano passate soltanto due settimane dalla loro rottura e dire che l'avesse del tutto rimosso dalla sua testa significava mentire spudoratamente a se stessa. Continuava però ad essere convinta del fatto che, alla fine, quello ad averci perso qualcosa, era stato Marcus.
Il corridoio era gremito di gente che si muoveva da una parte all'altra della scuola e un vociferare animato faceva da sottofondo. 

«Hey, fanciulle!» le due si sentirono chiamare da una voce sin troppo familiare.
«Styles!» esclamò Evelyn, stringendo il ragazzo che l'avvolse tra le sue braccia. Appoggiò la testa sul suo petto e in seguito si alzò sulle punte dei piedi per lasciargli un bacio sulla guancia. 
«Hey, Harry» lo salutò Gwen, restia sul da farsi. Non aveva idea di come salutarlo.
Decise che si sarebbe comportata in modo normale e si tranquillizzò quando vide che fu il riccio a prendere l'iniziativa: Harry si piegò leggermente alla sua altezza e posò un bacio sulla gote di Gwen che cercò di non arrossire, con risultati scarsi.

«Che avete alla prima?» chiese il riccio, passandosi una mano fra i capelli.
«Chimica. E Gwen "non sa un cazzo"» imitò le virgolette con le dita e la cosa fece ridacchiare Harry che «Sì, certo. Anch'io vorrei non sapere mai un cazzo come te» disse, ridacchiando leggermente.
«Va bene ragazze, io vado. Ho una verifica adesso e devo cercare di non farmi rubare il posto tattico» spiegò il riccio, concludendo la frase con un occhiolino. 
«Sì, Styles, va' pure. Ci vediamo all'intervallo» fu Evelyn a parlare per entrambe.
Una volta che vide Harry abbastanza lontano, girò il capo in direzione dell'amica e «Tu fai pure finta di niente, ma non smetterò di tartassarti finché non mi racconti tutto nei minimi dettagli» disse.
«Nei minimi dettagli?» Gwen sottolineò le ultime due parole rendendo acuto il tono di voce, facendo capire alla mora che non avrebbe davvero voluto sapere ogni cosa.
«Okay, forse nei minimi dettagli no. Però voglio sapere tutto» chiarì la mora.
Il breve tragitto fino alla loro classe avvenne in silenzio. Le due misero i piedi in classe al pelo perché subito dopo si sentì il suono stridulo della campanella e una volta cessato, entrò in classe il signor Street. «Speriamo si sia alzato dal lato giusto – borbottò a mezze labbra Gwen, andandosi a sedere di fianco a Evelyn che aveva già preso posto – Pourquoi tu ne meurs pas?» questa volta alzò di più la voce, per farsi sentire dal diretto interessato.
«Thompson, ha detto qualcosa?» domandò il professore non avendo capito nulla.
L'essere bilingue di Evelyn era diventato un punto a favore per entrambe, durante le ore di chimica, e in quasi tutte le situazioni. E poi «Rende meglio gli insulti» la mora aveva svelato a Gwen, la quale non aveva perso occasione di farsene insegnare qualcuno.
«Significa che oggi la trovo meglio del solito, prof» gli rispose mimando un "ok" con le dita e arricciando le labbra.






«Ciao ragazzo con la voce da donna!» Evelyn si sedette sui gradini nel cortile della scuola. Era finalmente l'intervallo e tutta la scuola non aspettava altro che quel quarto d'ora per rilassarsi un po': chi per farsi uno spuntino, chi per prepararsi psicologicamente alle tre ore successive e chi per fumare.
«Guarda che sono in fase di pubertà anch'io, eh» commentò Louis come se fosse abituato a farlo e stampandole un bacio sulla gote. Evelyn lo prendeva spesso in giro per la sua voce acuta e ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Conosceva Louis da circa sei mesi e il loro primo incontro era avvenuto in circostanze abbastanza strane e divertenti: era la festa di compleanno di Harry e lui aveva avuto l'idea di provarci con lei. Evelyn l'aveva rifiutato e lui se n'era uscito con un'alzata di spalle e un ampio sorriso.
«Ma se sei un vecchio!» lo prese in giro lei toccandogli i capelli castani: «Aspetta che guardo se hai i capelli bianchi». Si divertiva un mondo a scherzare con lui, conscia del fatto che lui non si sarebbe offeso ma che, al contrario, avrebbe riso con lei.
Louis Tomlinson poteva apparire il diciottenne più superficiale e frivolo di tutta Manchester, ma al tempo stesso era un tipo consapevole: era capace di prendere per il culo qualcuno facendo credere a questo di star scherzando. Sapeva essere subdolo alle volte.
Poco dopo a loro si aggiunsero Gwen ed Harry. Evelyn riservò all'amica un'occhiata curiosa e Gwen annuì come per dirle che poi le avrebbe spiegato tutto.

«Eve, c'è il tuo amico. Quel moro carino dell'altra volta» Gwen avvertì l'amica.
Quelle parole attirarono l'attenzione di Evelyn che seguì lo sguardo dell'amica: vide Zayn andare nella loro direzione e si ritrovò a sperare con tutta se stessa che l'avesse riconosciuta e che stesse venendo a salutarla.
«Tommo, hai una paglia?» chiese a Louis e la mora osservò la scena curiosa, ignara che i due si conoscessero.
Louis si tastò le tasche anteriori dei jeans e una volta estratto il pacchetto, porse una Camel Black a Zayn che «Grazie amico», mormorò.
«Bella Styles, tutto a posto?» chiese al riccio, dandogli una pacca sulla spalla. Harry gli rispose e presero a conversare.
Evelyn lo scrutò accuratamente, attenta a non perdersi nessun particolare del suo viso. 
Zayn infatti si sentì osservato, cosa che non lo metteva proprio a suo agio, si girò verso sinistra e riconobbe il volto della mora nella "ragazza delle macchinette": 
«Hey, Evelyn!» esclamò, stirando le labbra in un sorriso. 
Aspirò il fumo dalla sigaretta in un gesto che Evelyn trovò maledettamente attraente, poi la mora gli sorrise e «Ciao Zayn» ricambiò il saluto, cercando di non far trapelare dalla voce il troppo entusiasmo che dentro di sé provava. Stava gongolando come una bambina di fronte alla nuova casa di bambole, infatti si ordinò mentalmente di darsi un minimo di contegno.
Evelyn lo guardò con attenzione: a fasciargli il petto c'era una maglietta blu, sopra ad essa aveva una camicia color blu acciaio, gli avambracci scoperti. I jeans erano di un grigio chiaro, ai piedi delle scarpe da ginnastica con cui, qualche minuto dopo, schiacciò la sigaretta ormai finita.
Evelyn iniziò a maledirsi in tutte le lingue che conosceva: lo stava certamente ammirando sin troppo e, no, non poteva prendersi una cotta per lui, avrebbe dovuto almeno conoscerlo!
E poi lo sapeva, coi ragazzi la sfiga sembrava perseguitarla, alla fine sarebbe andata come con Marcus e quella a rimetterci sarebbe stata sempre e solo lei. 






Nell'aula 8 gli alunni si alzarono di colpo, nel vedervi entrare il preside Howard. Tutti si chiedevano il perché di quell'irruzione e nel sentire le parole «Open night», nessuno di loro seppe trattenere qualche urletto euforico.
«Speravo che foste così entusiasti!» esclamò sorridente, cosa che quasi fece rabbrividire Evelyn: non aveva mai visto il volto del signor Howard assumere espressioni che andassero al di fuori della solita che esprimeva disappunto perenne, vedergliela mutare poteva considerarsi un evento da festeggiare.
Anche l'entusiasmo di Gwen era alle stelle: un sorriso le caratterizzava il viso, facendo risaltare le lentiggini sparse su di esso. Gli occhi chiari si erano ingranditi leggermente e brillavano di luce propria.

«Bene, i vostri professori mi hanno aiutato ad individuare alcuni di voi che potrebbero come dire... farci fare una bella figura ed attirare nuove prede nella scuola» la classe rise non tanto perché la battuta del signor Howard fosse divertente, ad esserlo era la situazione: era davvero convinto di poter anche solo vagamente sembrar simpatico?
«Avete l'occasione di fare lezione autonomamente e, soprattutto, parlare di qualunque cosa vi piaccia. Detto ciò, in questa classe i nominativi sono: Atkins, Beadle - Evelyn sbiancò nel sentire il suo cognome, non aveva la più pallida idea di cosa inventarsi, aveva sperato di potersi godere l'evento come gli altri mentre sarebbe dovuta essere lei ad organizzarlo - Hawkins e Thompson» nel sentire il cognome di Gwen, la mora fece un sospiro di sollievo, almeno sarebbe stata con qualcuno che conosceva.
«Coloro che ho chiamato dovranno tenermi il più possibile aggiornato. Entro la fine della giornata passeranno le circolari con tutte le informazioni utili e, udite bene, potete decidere di collaborare con persone di altre classi. Insomma, io penso di poterlo dire, fate un po' come vi pare!» concluse infine, accompagnando quelle parole con un gesto della mano che riprendeva la frase.
Il signor Howard uscì dalla classe e gli alunni presero a chiacchierare animatamente, nonostante le suppliche della professoressa di fisica di far silenzio.

«Hey! - Gwen colpì l'amica, chiedendo attenzione - Detto senza troppi giri di parole: noi che cazzo facciamo?» domandò mentre Evelyn fingeva di prendere appunti a proposito dei vettori - in realtà stava scarabocchiando il quaderno con il nome di qualche band semi-sconosciuta che le aveva fatto ascoltare Nathan.
Evelyn inarcò le sopracciglia e alzò le spalle. Si schiarì e «Ci inventeremo qualcosa, al peggio scappiamo dalla città per una settimana e fingiamo che ci abbiano rapite» spiegò all'amica. Nel vederla ridacchiare la fissò negli occhi e «Guarda che non sto scherzando, Thompson, sono terribilmente seria!», precisò.





«Lou, hai proprio rotto le palle con The Rhythm Of The Night!» Evelyn rimbeccò l'amico giocosamente, fingendo un'espressione di disappunto. 
«Beh, dobbiamo pur entrare nel tema, no?» domandò retorico il castano, continuando a muoversi in modo decisamente imbarazzante: muoveva il busto e spostava le braccia verso l'alto a destra e a sinistra mentre dal suo telefono si sentivano le notte della hit simbolo degli anni '90.
Le lezioni erano finite, Evelyn, Louis, come al solito, erano sulle panchine di fronte al cancello: la mora, sdraiata e con la testa appoggiata sulle gambe del castano, aspettava che suo fratello la passasse a prendere in macchina, mentre Louis poco dopo avrebbe avuto i corsi di teatro. Si facevano compagnia a vicenda.
La mora, prima di uscire, era andata dalla professoressa coordinatrice di classe, insegnante di fisica, a chiedere perché avesse scelto proprio lei per l'Open Night. Ad Evelyn aveva risposto con un 
«Vai piuttosto male nella mia materia, perciò questo potrebbe agevolarti durante gli scrutini», subito dopo l'aveva congedata.
«Guarda non ne parliamo! Howard e la Bowden mi hanno praticamente costretta ad inventarmi qualcosa da fare. Ho per caso scritto in faccia "organizzatrice di eventi"? No perché se è così cancellatemela subito!» borbottò Evelyn, alzando gli occhi azzurri al cielo e sbuffando sonoramente.
«Anche io sono stato obbligato, ma alla fine mi aiuterà con la questione dei crediti finali e io non sono così stupido da rifiutare una proposta del genere» spiegò con fare ovvio Louis.
Ad attirare l'attenzione della mora fu Zayn che andava nella loro direzione, con la solita sigaretta fra le labbra. Evelyn a quella visione morse le sue, di labbra. 

«Okay, certamente, ma non possono incastrare le persone in questo modo, senza neanche chiedere il loro parere!» esclamò, tornando a parlare con Tomlinson.
«No! - sentì la voce di Zayn alzarsi - anche tu sei costretta ad organizzare l'Open Night?» chiese alla mora con sorriso sghembo, subito dopo si portò alle labbra la sigaretta.
«Sì, a quanto pare in questo modo mi alzerei la media in fisica. Per quanto possa valere passare da un tre a un quattro» mormorò ilare, alzando di poco le sopracciglia. Tornò in posizione eretta, permettendo a Zayn di sedersi di fianco a lei, cosa che il moro fece, e «Tu invece?» gli chiese poi, curiosa di sapere come avesse fatto lui a trovarsi in quella situazione.
«Beh, io ho lanciato la carta igienica dalla finestra e pur di non espellermi, di nuovo, mi hanno detto di fare questa cosa qua... ma tutto ha una spiegazione, non ho fatto quello che ho fatto intenzionalmente!» spiegò, concludendo con una risata alla quale si unì anche la mora.
Evelyn la udì come una delle migliori risate che avesse mai sentito, piena e particolare.
Louis li salutò, sarebbe dovuto ritornare a scuola, perciò i due rimasero uno di fianco all'altra restando in silenzio, in un primo momento.

«Stavi con Saunders, vero?» le domandò Zayn all'improvviso. Lo guardò infatti leggermente stranita, arrossendo quando i loro occhi si incrociarono.
«Vero. Fortunatamente ho riacquistato il mio buon senso» mormorò, concludendo con un sorriso tirato.
«Meglio tardi che mai, no?» ribatté lui, guardandola insistentemente, cosa che la fece arrossire ancora di più. «E poi, per quel poco che ti conosco, posso dire che tu e lui non c'entrate proprio niente. Meriti di meglio!»
«Grazie Zayn» gli rispose sinceramente, grata che avesse pronunciato quelle parole e felice di avergli fatto una buona impressione. «Dai, raccontami qualche tua altra bravata...» lo incitò, dandogli una gomitata lieve sul braccio e incominciando già a ridacchiare.
Sarebbe rimasta lì ore, ad ascoltarlo parlare nel suo accento marcato e nel suo gesticolare continuo e, diamine, avrebbe dovuto smettere di fare tutte quelle considerazioni su di lui: continuando in quel modo ci sarebbe ricascata e, gira e rigira, sarebbe stata un'altra delusione da aggiungere ad una lunga serie.










 
no trouble!
(nulla di quello che leggerete avrà senso)
sono le 00.27 e ho finalmente concluso questo capitolo. sto tipo sclerando e mi sento una specie di vampiro (wtf)
beh, una parola tira l'altra e i nostri due protagonisti si stanno conoscendo meglio. l'idea dell'open night ha basi concrete, perché a gennaio la mia scuola ha intenzione di organizzare una cosa del genere e quindi booom!

non temete, liam e niall arriveranno tra non molto, devo solo spremermi le meningi ed inventarmi qualcosa.
mi auguro di essere riuscita a descrivere le sensazioni di evelyn al meglio e di non essere stata troppo logorroica (perché mi rendo conto di esserlo!), nel caso rendetemelo noto e cercherò di rimediare.
e zayn, beh, io lo amo a prescindere, ma spero che nel corso dei capitoli riusciate ad apprezzare anche lui. per ora di quello che pensa a proposito di evelyn non sappiamo un granché ma... lo scopriremo solo vivendo!
niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se sinceramente a me non fa impazzire, ma qualunque idea vi siate fatti sulla storia e sul mio modo di scrivere, fatemela sapere che i commenti sono sempre bene accetti!!!
vi lascio con nathanstephenléa (rispettivamente fratello, padre e madre di evelyn) e marcus saunders, il suo ex.
buone vacanze di natale (e sappiate che il 27 it's my b-day) e buon anno!

alla prossima, 
enrica 



 
 

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Capitolo 3
*** (2) ***


 



2nd Chapter – Something like "wax on, wax off"?



ISimon Dunn era il luogo preferito di Evelyn in tutta Manchester. Non era una cioccolateria qualsiasi, era la cioccolateria.
Amava il fatto che per andare a casa di Louis dovesse passarci davanti, le sue narici 
 e talvolta anche il suo stomaco  ne erano più che felici.
Nonostante chiunque la vedesse avrebbe riso all'osservazione, Evelyn era una vera ingorda; aveva però la fortuna di avere un metabolismo molto rapido, perciò quello di prendere troppi chili non era affatto un suo problema 
 “Sei una persona di merda”, le avrebbe detto Gwen.
Posizionò meglio la tracolla sulla spalla sinistra e quando girò a destra immettendosi nella Wilbraham Road, non riuscì proprio a dire di no di fronte alla vetrina del locale ricca di dolci invitanti.
Si fermò vicino alla porta del locale ed estrasse il cellulare dalla tasca dei suoi jeans, digitando il numero di Louis. Lanciò la chiamata e quando egli rispose, «Ciao Lou!» esclamò.

«Dimmi tutto, Beadle» rispose il castano dall'altra parte del telefono.
«Sono davanti a Simon Dunn e volevo chiederti se vuoi qualcosa. Sai, per oggi pomeriggio abbiamo bisogno di zuccheri» mormorò guardandosi le dita della mano sinistra, notando che avrebbe dovuto rifare lo smalto rovinato dall'odioso vizio di mangiarsi le unghie.
«Oh, mon amour!» disse Louis, facendo ridacchiare la mora. «Non lo so, voglio fidarmi di te quindi sbizzarisciti! Ah, non ti dispiace se al nostro gruppo si aggiungono altri amici, vero? Non vengono a far casino, tranquilla» aggiunse il castano, sperando che per Evelyn non fosse un problema.
La mora si morse le labbra rosee e 
«Sì, dai. Più siamo e meglio è!» rispose con impulsività, senza pensarci troppo. E poi se erano amici di Louis ci sarebbe stato sicuramente da divertirsi, quindi perché no?
Si salutarono ed Evelyn chiuse la chiamata rimettendo il telefono in tasca e sistemandosi una ciocca di capelli mossa dal venticello che aleggiava.
Quando spinse la porta del Simon Dunn, si ritrovò immersa in un aroma di cioccolato che le fece spuntare un sorriso estasiato in volto.
Non era particolarmente pieno, alla cassa infatti c'era solo una signora anziana con una bambina 
 presumibilmente la nipote. Quando le due ebbero finito fu il turno di Evelyn e «Salve, quattro pains au chocolat e quattro cannoncini alla crema» ordinò sorridendo cortese alla cassiera di venticinque anni circa.
Preso in mano il sacchetino che le aveva teso la cassiera, ringraziò e uscì dal locale sentendo nuovamente l'aria fresca colpirle il viso tanto che un 
«Brr» fuoriuscì dalle sue labbra.
Si passò una mano fra i capelli, sistemandoli, e sorrise finendo per sospirare. Non l'aspettava un pomeriggio chissà quanto intenso, il fatto che fossero in molti a casa di Louis avrebbe reso il tutto più leggero e spassoso. O almeno ci sperava.






Venti minuti di autobus dopo, Evelyn si ritrovò a suonare il campanello sotto alla targhetta dei Tomlinson. Casa di Louis era una villetta di modeste dimensioni, con una veranda sul davanti e disposta su due piani, un po' come la casa della mora e tutte quelle del viale, d'altronde.
Venne ad aprirle Louis stesso, vestito con una maglietta a maniche corte del Manchester United e i pantaloni grigi di una vecchia tuta. I capelli erano leggermente scompigliati e gli coprivano parte della fronte e degli occhi azzurri.

«Hey, Eve!» la salutò avvolgendola fra le braccia forti e posandole un bacio sulla guancia, al gesto la mora arrossì. Non che a quella reazione ci fosse una spiegazione particolare, ma ricevere anche quel semplice tipo di attenzioni faceva prendere alle sue guance un colorito purpureo.
Si staccò dall'abbraccio e Louis si offrì di prenderle la tracolla e il sacchetto contenente ciò che prima la mora aveva acquistato, Evelyn intanto si tolse la giacca mettendola sull'appendiabiti e avvampò ancora di più nel sentire l'amico esclamare 
«Ragazzi, c'è Evelyn!»  a gran voce a cui rispose con un «Quando urli sembri ancora più donna, Tommo!» detto ovviamente in tono scherzoso. Perché diavolo era amica di un menomato come Louis?
Evelyn entrò nell'ampio soggiorno e fu felice di riconoscere i volti di Harry 
Harry? Che c'entrava lui?  e Gwen. Nel vedere anche l'amica, capì. Li salutò abbracciando entrambi e si sedette sul divano di fianco a Louis.
«Allora? Il resto della combriccola?» chiese rivolgendosi a tutti in generale ma in particolare a Louis, si voltò infatti nella sua direzione.
«Dovrebbero arrivare tra po-» il castano non fece nemmeno in tempo a concludere la frase che il campanello di casa sua suono, facendolo scattare in piedi come una molla e mormorare un «Eccoli!» entusiasta.
Louis era davvero un tipo divertente e disinvolto, riusciva a mettere a proprio agio chiunque e stare in sua compagnia risultava piacevole e spassoso. Non ci si sarebbe potuti annoiare in sua presenza, affatto.
Il castano tornò in soggiorno, dietro di lui c'erano tre ragazzi di cui uno la mora riconobbe essere Zayn. 

Evelyn si era impegnata a non arrossire alle sue attenzioni e a non essere vulnerabile nel modo imbarazzante in cui lo era stata fino a quel momento, da quando l'aveva conosciuto, ma sembrava davvero che tutti quei buoni propositi andassero nel dimenticatoio ogni volta che lo vedeva. E poi se le sorrideva come stava facendo proprio in quel momento, certamente non l'aiutava nel suo intento. Avrebbe dovuto farsi passare quella cotta o qualsiasi altra cosa fosse, non aveva nessuna intenzione di finirci lei nel dimenticatoio del moro.
Zayn fece capolino nel salotto e strinse la mano ad Harry che chiacchierava animatamente con Gwen, salutò anche la castana e infine prestò attenzione ad Evelyn accennando un sorriso. 

«Eve!» mormorò andandosi a sedere di fianco a lei. Evelyn non sapeva quando lo aveva autorizzato a chiamarla in quel modo, sapeva solo che le piaceva il modo in cui Zayn lo pronunciava. Non che lo facesse in chissà quale maniera particolare, le piaceva e basta.
La mora rispose al saluto mostrando poi un ampio sorriso e lo osservò meglio: i capelli erano alzati nella solita cresta, mentre ai lati delle guance, in zona basette, c'era un lieve accenno di peluria. 

«Evelyn, Gwen!  il proprietario della casa catturò l'attenzione delle due  Loro sono Liam e Niall» disse indicando i ragazzi che erano arrivati assieme a Zayn.
Il primo, Liam, era un ragazzo alto e dalle spalle larghe con un insolito taglio sul labbro inferiore, leggermente violaceo e screpolato e che faceva un po' a pugni con i lineamenti dolci del suo viso. Niall invece era biondo 
 si poteva notare lontano un miglio che quella era tinta , più basso rispetto a Liam e con due occhi azzurri che difficilmente potevano passare inosservati.
I due si avvicinarono alle ragazze tendendo loro la mano destra che le due strinsero prontamente, accompagnando il gesto con un sorriso cordiale. 

«Di che classe siete?» domandò Gwen curiosa, arrossendo notando che il riccio di fianco a lei le stava stringendo il fianco. Fece finta di niente e sperò che lui non si fosse accorto che era diventata tesa come una corda di violino. Sospirò non riuscendo però a nascondere un sorriso.
Alla risposta 
«4a E» di Niall annuì, successivamente si girò in direzione di Louis che «Razza di squinternati, iniziamo o no? Non ho intenzione di far notte, io», esclamò chiamando tutti sull'attenti.
Si spostarono tutti sul grande tavolo della sala creando un gran brusio e tutti non poterono fare a meno di ridere al 
«Dovreste rigargli la macchina, ad Howard intendo» di Harry che intanto si stava divertendo a punzecchiare Gwen continuando a muovere le dita sotto il collo di lei, suo punto debole, facendola ridacchiare nervosamente.
Evelyn li osservava con un sopracciglio alzato e un sorrisino sghembo stampato in viso: lei e Gwen avrebbero dovuto assolutamente fare quel discorso, non poteva più rimandare.






«Ma non è possibile una cosa del genere  esclamò Evelyn  disegni benissimo ma scrivi come uno con la mano ingessata!» aggiunse non riuscendo a trattenere le risate, prendendo bellamente in giro Zayn.
Il moro sospirò alzando gli occhi al cielo, prese un pennarello e lo puntò di fronte al viso di Evelyn, facendole capire che sarebbe potuto accidentalmente finirle in faccia: «Ripeti se ne hai il coraggio!».
«Malik, attento a quello che fai!» lo minacciò assottigliando gli occhi.
«Sei tu quella che sfotte» l'accusò lui, borbottando un «Ma sentila!» scuotendo la testa e rimettendo il pennarello nell'astuccio..
«E tu sei suscettibile come una bambina che non ha ottenuto il ruolo da principessa alla recita scolastica» lo prese in giro ancora.
Zayn la osservò con finta espressione bruta e 
«Ti faccio vedere io chi è la bambina» esclamò prima di muovere velocemente le dita sui suoi fianchi, facendola scattare come una molla.
«No, ti prego, i fianchi no!» Evelyn iniziò a ridere sommessamente. Soffriva tanto il solletico: scoppiava a ridere persino quando sentiva le dita di altri muoversi sulle sue ginocchia!
Zayn continuò a torturarla ancora un po', sorridendo soddisfatto e non perché la risata di Evelyn gli piaceva. Non sapeva nemmeno come definirlo, quel modo di ridere: era goliardica, sì, ma per niente sguaiata o fastidiosa.

«Malik, se non la smetti, tempo un secondo ti privo dei tuoi attributi. Ho fatto karate per cinque anni, non mi provocare» tentò nuovamente di distoglierlo dall'intento di farla muovere ancora come un'ossessa e si sorprese nel vedere che Zayn ritrasse le mani, tornando al lavoro. 
«Del tipo “metti la cera, togli la cera”?» chiese il moro stando attento a ciò che stava scrivendo nel suo foglio a righe.
Erano finalmente riusciti ad organizzarsi e a suddividersi il lavoro in modo equo: avevano trovato il modo per rendere quel lavoro noioso un qualcosa di interessante e che potesse mettere in gioco anche loro. Avevano quasi terminato, infatti gli unici in sala rimanevano soltanto Evelyn e Zayn; gli altri si erano concessi una pausa, erano tutti in cucina, e la mora si ritrovò a sperare che non avessero finito tutto il cibo perché a quel punto  che avrebbe messo in atto ciò che aveva imparato durante le lezioni di karate.

«No, del tipo che se ci riprovi sei morto» Evelyn pronunciò quelle parole con tono troppo serio anche per lei, infatti subito dopo scoppiò in una risata fragorosa che contagiò il moro.
«Facciamo che... pausa?» propose Zayn guardandola negli occhi azzurri perdendocisi dentro per un attimo.
«Come se avessimo fatto qualcosa di serio negli ultimi dieci minuti» borbottò lei mettendo il cappuccio alla sua penna blu e sistemandola nell'astuccio.
«Devi avere sempre l'ultima parola, eh?» le chiese. Non che la cosa lo infastidisse, era solo una constatazione che voleva ricevere conferma. 
«Una cosa del genere, sì» 
Zayn si alzò con slancio e tese una mano ad Evelyn ancora seduta, lei alzò di poco il capo e accennò un sorriso. Afferrò la mano e con l'aiuto del moro fu in posizione eretta, rabbrividendo al contatto che il suo braccio aveva avuto con il petto di Zayn, nell'alzarsi. Arrossì di botto e abbassò lo sguardo, il che fece sorridere il moro che però decise di fare finta di niente.





Seduti nel salotto di casa Tomlinson erano rimasti Louis, ovviamente, Zayn ed Harry.
I primi due erano impegnati in una partita Manchester United-Liverpool a FIFA, il moro avrebbe finito la partita e poi sarebbe tornato a casa, mentre Harry poteva prendersela comoda dato che avrebbe passato la notte dal suo migliore amico.

«Allora Malik, in una scala da tanto a un sacco quanto ti piace Evelyn?» domandò Louis con un sorriso sbarazzino stampato in viso, fissando l'amico.
«Lou, ti pare? Devi smetterla di farti le canne, non può piacermi una ragazza che conosco solo da qualche giorno» borbottò alla ricerca di qualche diversivo e arrossendo lievemente.
«E questo chi cazzo lo decide?» si aggiunse Harry, ridacchiando e dando man forte al castano con cui si scambiò un occhiata fugace.
«State rompendo il cazzo a me, quindi l'ho deciso io» s'imbronciò Zayn, incrociando le braccia.
Il fatto che lui ed Evelyn andassero d'accordo non doveva per forza significare che gli piacesse, e poi era probabilmente troppo per uno come lui: era abituato alle ragazze frivole e con cui non avrebbe potuto nemmeno intavolare un qualche tipo di conversazione che fosse sensata, dato il loro quoziente intellettivo fin troppo basso; andava dritto al sodo. Evelyn però lo incuriosiva, e non poco, perciò flirtarci un po', come era successo quando aveva iniziato a farle il solletico e vedere che le sue attenzioni venivano colte, scaturiva in lui una piacevole sensazione di appagamento.

«Si, come vuoi» lo assecondò Louis per niente convinto, così come Harry.
«E comunque parli tanto di me, Styles, ma tu e l'amica di Evelyn?» asserì Zayn con tono provocatorio, alzando le sopracciglia.
Sul volto di Harry scomparve il sorriso bastardo che aveva avuto fino a quel momento, finse un paio di colpi di tosse 
e «Cavoli, ho proprio bisogno d'acqua» annunciò alzandosi e dirigendosi in cucina.
«Sì, scappa, sfigato!» lo schernì Louis, accompagnato dalla risata di Zayn.





«Sono tutta orecchi!» esalò Evelyn rivolgendosi all'amica che camminava di fianco a lei lungo il marciapiede della Longworth Street, capendo all'istante a cosa si stesse riferendo la mora..
Gwen ridacchiò nervosa passandosi una mano tra i capelli castani e guardando verso il basso: 
«Non c'è molto da dire, in realtà. Hai presente la festa della settimana scorsa a casa di lui alla quale tu non sei venuta perché ti sei beccata la febbre?  domandò ad Evelyn la quale annuì  Ecco, là abbiamo scoperto di andare molto d'accordo e, niente, ci siamo baciati» raccontò in imbarazzo torturandosi il labbro inferiore.
«Tutto qui?» chiese Evelyn stupita. Non che apprendere che i suoi amici si stessero frequentando fosse una notizia da poco, ma si aspettava qualcosa di più; Gwen stessa, in conversazioni precedenti, le aveva fatto intendere che ci fosse dell'altro.
Nel sentire quella domanda, la castana arrossì ulteriormente ma cercò di ricomporsi e con tono deciso 
«Un bel fardello di cazzi tuoi?», chiese.
Evelyn notando l'evidente imbarazzo dell'amica non andò oltre con le domande incalzanti, si concesse un 
«Ma sentila, fa la pudica!» borbottato con tono bonario.
Erano davanti a casa della mora, infatti ella incominciò a tastare le tasche anteriori dei suoi jeans alla ricerca delle chiavi; una volta trovate, con un bacio sulla guancia salutò l'amica che però, in cerca di vendetta, 
«Molto carina la scena del sollettico con Malik, comunque» mormorò facendo assumere al suo volto un'espressione maliziosa.










 
alright, alriiight, no church in the wiiiiild!
ieri era il mio compleanno e ew, i 18 si fanno sempre più vicini e io non vogliodiventare una persona normale, adulta e con delle responsabilità sulle spalle. cioè, vado nel panico persino quando devo ordinare da mc donald's!!!
bando alle ciance, come vi è sembrato il capitolo?
come avete notato leggendo, ci sono delle new entry, ovvero niall e liam e badate bene a quest'ultimo perché niente è lasciato al caso (mega spoiler!!!). per ora è stato un tipo di presentazione abbastanza arido e insipido, ma li conoscerete meglio nel corso dei capitoli.
abbiamo il momento “Evelayn” in cui personalmente mi è piaciuto il modo di fare di Evelyn: nonostante lui le piaccia non si nasconde dietro alle guance arrossate, bensì cerca di conoscerlo meglio, di mettersi in gioco e di non sopprimere il suo carattere che, come potete vedere, è piuttosto estroverso.

non poteva mancare la parte in cui Zayn, finalmente direi, facesse capire un po' cosa diamine pensasse di lei e credo anche che sia abbastanza un cretino perché... perché sì, è zayn malik! (dai che lo ano)
ho lasciato per ultimo il momento fra le due amiche in cui Gwen racconta del riccio ad Evelyn. ho avuto modo di leggere che il personaggio di Gwen vi è un po' anonimo e per il momento è bene che sia così perché sì, ho in mente un po' di cosette. ci tengo a chiarire che questo non vuol dire che non Gwen non ha personalità, anzi, ma c'è un perché per tutto e lo vedremo bene con Harry soprattutto (basta, non dico più niente ahahah)
e nada, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia resi un po' più consapevoli a proposito degli avvenimenti, delle circostanze generali e dei personaggi.
non penso che riuscirò ad aggiornare prima, perciò vi auguro un buon 2015!
un abbraccio enorme,
enrica 



 
 

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Capitolo 4
*** (3) ***


 



3rd Chapter – Open Night



La voce di Nathan rieccheggiò in casa Beadle: stava canticchiando il ritornello di Jerk It Out dei Caesars, una delle sue canzoni preferite, mentre si abbassava per aprire la scarpiera da cui prese un paio di Nike nere. Interruppe la sua performance e «Eve, dobbiamo andare!» gridò alla sorella che era al piano superiore.
Il petto muscoloso era fasciato da una felpa grigia, le gambe lunghe coperte da una tuta nera che era solito mettere solo in casa: certamente non si sarebbe cambiato per portare la sorella a scuola e poi tornare indietro!

La mora percorse la rampa di scale con una velocità inconsueta, non era da lei, mentre la solita tracolla l'accompagnava. Indossava dei jeans neri a vita alta, un golfino grigio chiaro corto e coperto dall'adorata denim jacket di Nathan; ai piedi un paio di Converse nere alte.
«On y vas!» esclamò Evelyn con tono deciso, imitando con un gesto della mano il saluto militare.
Nathan la scrutò con sguardo perplesso e 
«Prima o poi dovrai pagarmi per tutti i passaggi che ti ho dato e ti continuo a dare» borbottò punzecchiando la guancia della sorella con l'indice sinistro. Evelyn non lo cagò di striscio e si diresse fuori casa e una volta spente le luci, Nathan chiuse il portone a chiave.
Entrarono nella Citroën c3 del moro ed Evelyn prese a trafficare con la radio guadagnandosi delle occhiatacce da parte del fratello, gelosissimo della sua auto e di tutto ciò che ne facesse parte.
«Sei pronta a fare la guida turistica?» la prese in giro Nathan, guardandola con la coda dell'occhio.
«Non me lo ricordare, ti prego! Fortunatamente la mia parte dura solo mezz'ora» bofonchiò la mora, per poi incrociare le braccia sotto il seno. 
Arrivarono davanti alla Chorlton High School  in venti minuti circa, l'esterno dell'edificio era gremito di volti sconosciuti: probabilmente alcuni, come lei, erano cavie di quell'esperimento, tutti gli altri erano genitori che accompagnavano i loro figli a quella visita.
L'idea dell'Open Night in sé era più che originale 
 era stata persino menzionata dal giornale locale  e forse non sarebbe stata tanto male come si credeva, Evelyn decise di voler pensare positivamente: alla fine ci avrebbe guadagnato un voto in più di fianco alla voce “fisica”, perciò non sarebbe stata totalmente una disfatta.
La mora guardò fuori dal finestrino con espressione leggermente intimorita, la cosa non passò inosservata agli occhi di Nathan che scrutava i movimenti della sorella: «Rilassati, spaccherai di brutto!» mormorò abbozzando un sorriso nella sua direzione. Evelyn ricambiò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore e «Sì, dai. Non sarà così tragico» sussurrò più a se stessa, che a Nathan. Fece un respiro profondo e dopo aver ringraziato il moro per il passaggio, scese dalla macchina che non tardò a sfrecciare, diretta verso casa.
Evelyn si guardò un po' intorno non riuscendo a riconoscere nessuno fra tutti quei volti, decise quindi che entrare a scuola sarebbe stata la cosa migliore da fare. Camminò spedita cercando di non guardare in faccia nessuno, una volta entrata si sentì meglio tutta d'un tratto, riconoscendo un ambiente familiare 
 per quanto suonasse strano anche solo pensarlo.
Si diresse verso la segreteria e vi trovò già Gwen e Louis: poteva notare il nervosismo della castana che non faceva altro che torturarsi le labbra e aggiustarsi i capelli, nonostante questi fossero già in ordine, mentre Louis era tranquillo e a suo agio, parlare in pubblico non lo metteva affatto in difficoltà.

«Ciao belli!» la mora li salutò, dando un bacio sulla guancia a Gwen, diede invece un forte abbraccio al castano.
Ridacchiò, data l'elevata ansia della castana accanto a lei e 
«Gwen, rilassati, sono solo marmocchi» le disse, come se anche lei in un primo momento non fosse stata presa dall'agitazione.
Evelyn sentì l'amica darle una gomitata all'altezza delle costole, poi la guardò alla ricerca di qualche spiegazione che Gwen diede con un cenno della testa, indicando la loro destra: Zayn stava camminando a passo svelto, le labbra della mora assunsero la forma di un sorriso. 

Zayn salutò i presenti con un ampio sorriso accompagnato da un gesto della mano e «Hey, non sono in ritardo, vero?» chiese a tutti, senza rivolgersi a qualcuno in particolare. Al «No, tranquillo» di Louis, il moro fece un gran sospiro alzando poi gli occhi al cielo.
«Dite che ce la faccio a prendere una cioccolata? Ne ho proprio bisogno» domandò Evelyn, sperando che la risposta fosse affermativa. Gwen annuì comunicandole che avevano ancora dieci minuti di libertà, perciò Evelyn fece per  incamminarsi verso le macchinette ma notò di essere stata raggiunta da Zayn che, vedendo l'espressione perplessa della mora di fianco a lui, mormorò un «Cappuccino con cioccolata» per poi piegare le labbra in un sorriso.
Evelyn sentendo quelle parole fece una smorfia strana, l'idea del cappuccino e della cioccolata assieme le sembrava assurda e 
non riuscì a trattenere un «Che gusti del cavolo!» che fece ridacchiare il moro di fianco a lei.
«L'hai mai assaggiato?» chiese Zayn, con espressione di chi la sapeva lunga.
Evelyn scosse la testa mormorando 
«Mai e poi mai», arricciando le labbra.
«Allora come fai a dire che non ti piace?» le domandò lui, con espressione compiaciuta stampata in viso.
La mora rispose con un'alzata di spalle e 
«Non ci credo, ho chiuso Evelyn Beadle!» esclamò Zayn, alzando una mano chiusa a pugno verso l'alto. Gli sembrava che riuscire ad avere l'ultima parola in una conversazione con la mora fosse una missione impossibile e pur essendo conscio che quella sarebbe stata probabilmente la prima ed ultima volta, voleva godersi quella piccola vittoria.
«Potrei riscattarmi in qualunque momento, non mi sottovalutare» mormorò lei in tono serio, anche se sul suo viso s'intravedeva un accenno di sorriso.
Fortunatamente non trovarono fila alle macchinette, presero le loro bevande e si appoggiarono al bancone dei bidelli: rimasero in silenzio una manciata di secondi e  «Allora? Sei pronta?» le chiese Zayn, dopo aver preso un sorso dal liquido scuro nel bicchierino di plastica.
«Penso di sì, dai, al massimo li uccido  mormorò lei sorridendo sbarazzina  Tu invece? Quello dell'arte non è un argomento da poco, sicuro di esserne all'altezza?» rigirò la domanda prendendolo un po' in giro, sperando di non aver osato troppo. Effettivamente una battuta del genere avrebbe potuto farla a Louis, con Zayn non aveva ancora quel tipo di confidenza, perciò si augurò di non averlo in qualche modo offeso.
«Vuoi la verità? Credo di non esserlo per niente - disse sincero - però alla fine ho delle convinzioni e vorrei in un certo senso estenderle, quindi niente... che diavolo sto dicendo?» Zayn borbottò quelle parole finendo poi per ridacchiare nervoso. «Ci provo» aggiunse con un'alzata di spalle.
Zayn finì la sua bevanda e notando che anche il bicchiere di Evelyn era ormai vuoto, glielo sfilò dalla mano piccola, notando che questa era incredibilmente morbida, e si diresse verso il cestino per poi buttarli.
Evelyn non poté far altro che ammirare la figura slanciata del moro: indossava una felpa nera con una tasca all'altezza del petto che custodiva un pacchetto di sigarette, di cui Evelyn non riuscì a leggere la marca, e dei pantaloni stretti del medesimo anch'essi neri; ai piedi un paio di Nike bianche basse. Nonostante non fosse vestito in maniera particolare, stava bene e, sebbene non lo conoscesse benissimo, lo stile del moro s'addiceva proprio a come era fatto lui.
Venne colta in flagrante quando Zayn si voltò e la beccò a guardarlo, cosa che lo fece sorridere piacevolmente colpito e che fece avvampare la mora; Evelyn abbassò lo sguardo dandosi dell'idiota e per togliersi da quella situazione imbarazzante, 
«Bene, ci attendono i mostri!», esclamò tirandosi su e facendo intendere al moro che avrebbero dovuto iniziare a prepararsi. In effetti poi si sentiva un vociferare di persone sempre più intenso, perciò dovevano davvero darsi una mossa.
«Non ami molto i ragazzini, vedo» disse Zayn, camminando di fianco ad Evelyn.
«Cosa te lo fa pensare?» chiese retorica lei, alzando di poco lo il capo per guardarlo in faccia e sorridendogli furba.





Il secondo piano della Chorlton High School era pieno di ragazzini di tredici anni circa accompagnati chi dal padre, chi dalla madre e chi da qualche nonno. I loro occhi erano fissi sui tre ragazzi davanti a loro, e la cosa metteva parecchio a disagio Evelyn, Gwen e anche Zayn  nonostante stessero cercando il più possibile di non darlo a vedere. Avrebbero potuto tranquillamente avere un cappellino imbarazzante e una mappa in mano e sarebbero potuti sembrare delle guide turistiche: «Qui siamo nell'aula d'informatica che, sì, non ha niente di diverso dalle altre, ma se vi affacciate alle finestre potete notare un meraviglioso giardino romano di cui questa scuola si può vantare» enunciò Evelyn, causando un brusio entusiasta da parte di quel gruppo di persone.
Lasciò il tempo a tutti di guardarsi intorno, successivamente uscirono dall'aula. Venne affiancata da Zayn e a bassa voce mormorò un 
«Odio avere tutti questi occhi puntati addosso, mi fanno sembrare un esserino strano con quattro teste» liberatorio che fece ridere il moro: «Stai andando alla grande, dai» cercò di darle conforto, ma ricevette in risposta solo un'alzata di occhi e uno «Speriamo» sospirato.
«Cavolo, che figo micidiale è quello? Stai certa che se vengo in questa scuola mi ci metto insieme» sentì esclamare. Si girò in direzione di quella voce acuta e vide una ragazzina sin troppo truccata per la sua età parlare con un'amica e guardare Zayn con gli occhi a cuoricino. Il suo odio per quella situazione aumentò ed subito incenerì con lo sguardo la ragazzina che sembrò aver smesso di respirare, colta in fallo.
“La ucciderai in un altro momento, Eve”, pensò.
Anche il moro aveva sentito quelle parole, infatti arrossì all'istante ma fece finta di niente. 

«Oh, povero me» sussurrò Zayn, cercando di far riprendere alle sue guance un colore che fosse normale mentre Evelyn rideva bellamente, trovando la cosa comica e guadagnandosi un pizzicotto sulla mano da parte del moro.
Erano rimasti dietro nella fila e ben presto furono raggiunti da Gwen che 
«Li ho lasciati nelle grinfie del preside, possiamo finalmente dare il via a questo Open Night!» spiegò, facendo capire ai due che la serata all'insegna dello scambio d'idee avrebbe potuto prendere inizio.
«In bocca al lupo, ragazze» mormorò Zayn, fermandosi in mezzo al corridoio: sarebbe dovuto andare dalla parte opposta.
Come gesto istintivo, passò una mano sul fianco di Evelyn, la quale arrossì vistosamente. Riuscì a pronunciare un 
«Ciao» balbettato, mentre cercava di riacquistare lucidità.
La figura di Zayn fu sempre più lontana e «Ti sei incantata a guardarlo» appurò Gwen sorridente.
«Cosa? No!» si affrettò a chiarire Evelyn con tono che sarebbe dovuto sembrare deciso e convincente.
«Guarda che non era una domanda» affermò la castana con tono saccente.





Evelyn si appoggiò allo stipite della porta dell'aula 39 e vi sbirciò dentro per controllare se ci fosse qualche volto a lei noto. Interruppe la ricerca e prestò attenzione al moro che stava parlando, leggendo di tanto in tanto da un foglio. La sua lezione sulla meritocrazia si era conclusa da una ventina di minuti: i primi dieci li aveva trascorsi alla lezione di Gwen ed Harry a proposito della poesia e della musica, i restanti li aveva passati a fare il giro di mezza scuola alla ricerca della classe in cui era Zayn. Nonostante fosse lì da ormai quattro anni, le risultava difficile muoversi con facilità all'interno di quell'istituto  in prima liceo, le prime due settimane di scuola, aveva evitato in tutti i modi di andare in bagno per paura di perdersi!
«A me sembra davvero fuori dal normale che vogliano togliere lo studio della storia dell'arte!» quelle parole attirarono l'attenzione della mora. Fissò con accuratezza uno Zayn seduto sulla cattedra, il quale proseguì con il suo discorso: «Intendiamoci, chiunque mi conosca almeno un po' sa che io non mi sono mai ammazzato di studio  delle piccole risate risuonarono nella stanza  E so che questo discorso può apparire un bel po' ipocrita, ma credo che eliminare lo studio dell'arte sia la più grande cazzata, passatemi il termine, che si possa fare. Andremmo in giro senza avere la più pallida idea di cosa ci circonda, potremmo avere di fronte uno dei maggiori monumenti del paese ed esserne totalmente ignari e, per quanto mi riguarda, significherebbe uccidere una parte di cultura il che è una cosa... triste!» proseguì il moro.
Evelyn lo osservava completamente rapita dal suo gesticolare, dal suo accento marcato che si palesava e dai suoi occhi che si assottigliavano, come ad accentuare la convinzione con cui pronunciava quelle parole. Era all'oscuro del fatto che Zayn fosse un amante dell'arte, o che comunque l'apprezzasse, e dovette ammettere che il discorso del moro non faceva un piega. Non che lo sottovalutasse, era solo sorpresa. Piacevolmente sorpresa.
Si ritrovò ad annuire, d'accordo col ragionamento di Zayn.

«E poi è l'unica materia in cui non devo arrancare per arrivare ad una sufficienza, se la togliessero sarei nella merda!» aggiunse il moro, causando delle grandi risa da parte dei ragazzi che lo ascoltavano, tra cui quelle di Evelyn, la quale non riusciva proprio a togliergli lo sguardo di dosso.
Zayn tossicchiò leggermente e alzò la manica della sua felpa, controllando l'orario dall'orologio da polso nero: 
«Abbiamo due... un minuto  si corresse  qualcuno ha qualcosa da dire? Qualcosa da aggiungere?» domandò guardandosi intorno.
Sentì solo un «Hai detto tutto tu, sei stato grande!» provenire da un ragazzo seduto in fondo all'aula; lo ringraziò, sorridendo e imbarazzandosi un po'. Quando la campanella suonò, salutò tutti e uscì dalla classe incrociando un paio di occhi azzurri vispi.






«Gwen!» la castana si sentì chiamare da una voce roca che riconobbe all'istante, così come riconobbe la sua mano che le andò a circondare un fianco, sfiorandole il tessuto della gonna nera che indossava.
«Siamo andati alla grande!» appurò Harry, sorridendole entusiasta. Il riccio si riferiva alla lezione che lui e  Gwen avevano tenuto a proposito della poesia e della musica e su come queste andassero spesso di pari passo, sin dai tempi dell'antica Grecia: avevano riscosso grande successo nel loro modesto pubblico, alternando momenti di spiegazione e di colloquio a momenti in cui, eseguendo alcuni brani di Bob Dylan, la castana cantava ed Harry invece l'accompagnava con la chitarra.
Le gote della castana avevano assunto un colorito rossastro, sorrise felice e 
«Ma grazie!», mormorò, stampando un sonoro bacio sulla guancia del riccio, alzandosi in punta di piedi a causa dell'altezza di lui.
Gwen fece per iniziare a camminare, ma Harry la fermò prendendola dal polso, in un gesto delicato ma nel contempo impulsivo. Le grandi mani si poggiarono sul volto chiaro della castana che intanto lo osservava con gli occhi sgranati. Gwen sentì il fiato caldo di Harry sulla sua pelle, il riccio abbassò il capo e poggiò le labbra piene su quelle chiare di lei in un bacio semplice ed innocente. Nonostante si fossero scambiati baci più impegnativi, Harry doveva ammettere che, oltre che piacergli, quei baci così semplici lo spaventavano, in un certo senso: gli sbattevano in faccia il fatto che stava iniziando provare qualcosa di reale per Gwen e la cosa lo mandava nel pallone, certo che per lei non fosse lo stesso e non sapendo bene come gestire il tutto. 
«Ora va meglio» esalò il riccio, ricomponendosi e facendo ridacchiare leggermente Gwen che «Beh, direi di sì», aggiunse. Successivamente si umettò le labbra con una passata di lingua, voleva sentire il sapore dolce delle labbra di Harry ancora una volta, non avendone abbastanza.
«Che programmi hai ora?» le domandò Harry mostrandole il palmo della mano sinistra grande e chiara.
Gwen non rispose alla domanda: unì entrambe le mani del riccio alle sue e si alzò in punta di piedi puntando sulle sue labbra. Questa volta il bacio fu molto più ricco di passione, tanto che Harry dovette staccare le sue mani da quelle della castana e poggiarle sui suoi fianchi, facendo sì che i loro corpi fossero più a contatto. Harry appoggiò le spalle al muro portando con sé anche Gwen, entrambi chiusero gli occhi lasciandosi trasportare da quel momento, noncuranti di essere in mezzo al corridoio di una scuola.

«Eccoli, sono loro!» a quelle parole, il loro bacio s'interruppe. Sui loro volti apparve un'espressione incerta.
Davanti a loro, una donna anziana accompagnava quella che presumibilmente doveva essere la nipote. Entrambe li osservavano quasi ammirati e la donna prese parola: 
«Scusateci, volevamo soltanto farvi i nostri complimenti!» iniziò.
«La ringrazio, signora» Harry le sorrise sincero, facendo sputare le fossette ai lati della bocca.
«Tu canti benissimo  indicò Gwen  e fra voi si notava una bellissima intesa. State insieme?» chiese con espressione dolce del viso, curiosa.
Stavano insieme?
Non se lo erano mai detti esplicitamente, anche se i loro atteggiamento nei confronti dell'altro parlavano chiaro. Gwen infatti scrutò Harry quasi in panico, mentre il riccio ricambiava l'occhiata: 
«Eh? Sì, , stiamo insieme» affermò lui, arrossendo leggermente e davvero indeciso sul da farsi. Spiegare quella lunga storia ad un'estranea sarebbe stata una perdita di fiato, perciò rispondendo in quel modo l'avrebbe messa a tacere.
A quell'affermazione, però, Gwen lo scrutò spalancando gli occhi per la sorpresa e diventando più rossa di quanto già non fosse. Quando la donna e la ragazzina si congedarono, una volta abbastanza lontane da loro, la castana 
«Ah, quindi stiamo insieme?» gli chiese, con espressione compunta in viso che nascondeva un sorriso felice.
«Ti ha dato fastidio?» domando Harry, non capendo dove la castana volesse andare a parare e temendo sul serio che tutte le pare che si era fatto in mente potessero confermarsi anche nella realtà.
«Affatto, anzi» ammise sincera, facendo rilassare il ragazzo di fronte a lei. Il riccio poggiò le spalle al muro senza mai distogliere gli occhi verdi da quelli azzurri di lei. Gwen lo seguì e gli circondò il busto, appoggiando la testa sul petto tonico di lui. Harry se la strinse addosso, accarezzandole i fianchi e posandole un bacio sulla fronte. Seguirono un lieve bacio sulle labbra e uno sul naso che la fecero ridacchiare a causa di tutte quelle attenzioni.
«Beh, se non fosse successo questo te lo avrei chiesto comunque» le confesso borbottando. 
«Battuto sul tempo da un'anziana, Styles perde colpi!» lo prese in giro Gwen, alzando il capo per poterlo guardare meglio.
Harry la scrutò sorridendo e 
«Ma piantala!» esclamò, puntando le labbra carnose di Gwen e mordendole quelle inferiori.





«E quindi io e Gwen sfruttiamo il fatto che io sappia il francese e ci divertiamo ad insultare gli insegnanti, è divertente!» disse Evelyn, subito dopo si portò alla bocca una patatina precedentemente passata nel ketchup.
Lei e Zayn si erano fermati ad un chiosco perché Evelyn aveva iniziato a sentire un certo languorino, dati i brontolii del suo stomaco: lei aveva preso una vaschetta di patatine e ketchup, mentre Zayn aveva detto di non voler niente
. Doveva tornare a casa e il moro si era offerto di accompagnarla, lui abitava alcuni isolati più avanti perciò la strada sarebbe comunque stata quella.
«Tu invece?» chiese a Zayn, il quale camminava vicino a lei con una sigaretta incastrata fra l'indice e il medio della mano destra. Quando vide che lui aveva aggrottato le sopracciglia, non capendo a cosa si stesse riferendo, «Insomma, “Malik” non è un cognome proprio inglese, no?», si spiegò meglio.
«Giusto  il moro aspirò dalla sua Camel Black  I miei nonni paterni sono del Pakistan, quella inglese è mia madre e mio nonno, suo padre, è irlandese» parlò, facendo uscire il fumo un po' dalla bocca e un po' dal naso.
«Cavoli, che tipo internazionale» lo schernì Evelyn, dandogli una lieve gomitata.«E, sentiamo, non è che hai anche qualche altro nome strano?» domandò subito dopo.
«Ovvio che sì, cosa credi? O tutto, o niente» finse di pavoneggiarsi lui, imitando uno sguardo altezzoso. «Scordati di saperlo, però» si affrettò ad aggiungere, certo che lei glielo avrebbe chiesto.
«Beh, non preoccuparti. Al peggio lo chiederei a Louis o ad Harry, ti prenderemmo in giro fino alla fine dei tuoi giorni, niente da temere insomma...» farfugliò lei con sorriso sghembo in viso, l'avrebbe avuto in pugno.
«Okay, è Jawaad» borbottò Zayn arreso, sbuffando sonoramente e alzando gli occhi al cielo.
«Non ho nemmeno il tempo di prenderti per culo come si deve, perché ormai sono arrivata  Evelyn indicò con la testa il portone di casa sua  Però possiamo rimediare, per quello non c'è problema» scherzò la mora, sorridendo a Zayn.
«Non vedo l'ora guarda» bofonchiò Zayn ironico.
«Io vado, dai»
«Okay, buonanotte!»
«Notte, Jawi!» dopo questa parole, il moro sentì una risata e scosse la testa, non riuscendo a reprimere il sorriso che aveva stampato sulle labbra.







ollelè ollalà
tan tan tan, questo è il terzo capitolo della fanfic e... come vi è sembrato? vi comunico che ho preso ispirazione dal vero open night che si è tenuto a gennaio nella mia scuola (una figata unica) e quindi ci ho buttato frasi ed esperienze reali.
continuo a shippare sempre di più gli evelayn, però avrete visto che ho inserito un momento della coppia gwen-harry, vi è piaciuto?
vado a studiare fisica, o almeno ci provo LOL
un bacio grande grande,
enrica 



 
   
 

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Capitolo 5
*** (4) ***


 



4th Chapter – Young Folks



Sdraiata sul letto supina, «Uccidetemi!» borbottò Evelyn, passandosi la mano sinistra sulla fronte in un gesto veloce e sospirando pesantemente. Erano le tre e ventitré del pomeriggio quando la mora lanciò la sua copia della Logica di Aristotele sul letto. Nonostante la filosofia le piacesse, il caro Aristotele la stava esaurendo e si stava facendo odiare.
Si alzò con una mossa veloce e si legò i capelli scuri in una coda alta fatta alla bell'e meglio. Indossò le sue morbide pantofole di un azzurro chiaro e decise che era il momento di mangiare qualcosa: alla fine le mancavano solo una decina di pagine che avrebbe potuto tranquillamente leggere la sera stessa o addirittura il giorno successivo, avendo la verifica alla quarta ora.
Arrivò 
in cucina dove trovò Nathan, il busto piegato e con la testa dentro al frigo: «Nate, copriti, per carità!» esclamò la mora, coprendosi gli occhi alla visione dei boxer di lui lasciati scoperti dai pantaloni messi appositamente a vita bassa.
«Non fare la principessina, ho scoperto che voi ragazze amate i culi almeno quanto noi» rispose Nathan, chiudendo il frigo e puntando il suo sguardo sulla figura esile della sorella.
I due non si somigliavano molto: Nathan aveva preso di più i tratti della madre, così come il colore degli occhi e la carnagione chiara. Evelyn invece assomigliava più al padre, identico era il colore degli occhi.
«Potrebbe anche darsi, ma non amiamo i culi dei nostri fratelli, grazie!» esclamò sconcertata dall'affermazione del fratello, tanto da scrutarlo con aria quasi schifata.
Nathan sbuffò sonoramente e alzò gli occhi al cielo, versandosi del succo all'arancia nel suo bicchiere di vetro - utilizzava solo quello e nessun altro era autorizzato ad usufruirne. Sul bancone della cucina c'erano un piatto d'insalata fin troppo condita e una pagnotta di piccole dimensioni. «Come prosegue con Aristotele?» le chiese, prendendo un tovagliolo e avvicinandolo al suo piatto. Dopodiché iniziò a mangiare.
«Mi fa venire voglia di spegnere il cervello, è troppo logorroico e mi fa fare un sacco di trip mentali» borbottò Evelyn, aprendo la confezione di fette biscottate davanti a sé, iniziando a sgranocchiarne una.
«Fortuna che papà non c'è, ti caccerebbe di casa!» sghignazzò Nathan. 
Stephen era uo degli insegnanti di filosofia più noti in città: aveva spesso redatto articoli per il giornale locale, aveva scritto un libro di argomento filosofico insieme ad un suo amico e qualche volta veniva invitato nei vari licei della città. Era molto attento all'istruzione dei propri figli e la cosa gli stava particolarmente a cuore quando si parlava di filosofia: quando infatti Nathan gli aveva detto di avere una mezza idea di iscriversi alla facoltà di filosofia, per poco Stephen non si era messo a fare i salti di gioia, felice come una pasqua.
Evelyn sbuffò guardando il fratello e si sedette di fronte a lui, osservandolo mangiare. Lo scrutò volutamente con attenzione, o almeno glielo fece credere, infatti Nathan, sentendosi osservato, alzò lo sguardo e posò gli occhi marroni in quelli azzurri della sorella: «Beh? So di essere uno schianto, ma-»
«Dio, sta' zitto Nate!» lo interruppe alzando gli occhi al cielo, un sorriso sornione stampato in viso.
«Antipatica» borbottò il ragazzo facendole una smorfia incattivita, ed Evelyn decise di dargliela vinta, solo per quella volta.
La mora sentì la vibrazione del cellulare nella tasca della tuta grigia che indossava. Estrasse l'oggetto e lesse a mezze labbra il nome sul display illuminato: Gwen.
 
Nuovo messaggio
Ore: 15.33 - Da: GGGwen
“Ti passo a prendere tra mezz'ora perché sto esaurendo, ci sarà anche il resto della plebaglia. Fatti trovare pronta.
#AristoteleUomoDiMerda”

Evelyn rise apertamente, mormorando poi un «La amo!».
«Nate, io vado a prepararmi. Esco con Gwen» avvisò il fratello, intento a posare i piatti sporchi nella lavastoviglie, dopo averli sciacquati velocemente. Il moro si girò in direzione della sorella e si appoggio al piano cottura: «Ma quando?» domandò.
«Viene a prendermi fra mezz'ora» gli comunicò la mora, la quale nel frattempo aveva liberato i capelli dall'elastico azzurro facendoli ricadere sulle spalle.
«No, quando te l'ho chiesto» specificò Nathan, trattenendo un sorriso bastardo, sul volto un'espressione vittoriosa.
A quell'affermazione, Evelyn constatò di star perdendo colpi, si stava facendo prendere per il culo da un essere che aveva imparato ad allacciarsi le scarpe a dodici anni, diamine!
Non ebbe neanche la forza mentale per rispondere, si fermò sull'uscio della porta e alzò un dito medio in direzione del fratello.







Seduta sul divano in soggiorno, Evelyn era piegata in avanti ad allacciarsi le scarpe, un paio di dr. Martens basse. Le gambe magre erano fasciate da un paio di blue jeans a vita alta, indossava una felpa corta nera e sopra ad essa, del medesimo colore, una giacca in jeans col colletto in sherpa.
La mora saltò in piedi come una molla quando sentì il campanello suonare, si diresse a passo svelto verso la porta d'ingresso ma, quando l'aprì, inclinò leggermente la testa, convinta del fatto che Gwen non si fosse fatta una tinta scura di punto in bianco. Di fronte a lei c'era una ragazza dalla carnagione scura, gli occhi verdi e grandi erano impossibili da ignorare. Era poco più alta di Evelyn, la quale non fece in tempo a guardarla per bene che questa parlò con voce dolce:
«Ciao, tu devi essere Evelyn! Bonnie, piacere» aveva pronunciato quelle parole con un intenso accento americano, tendendo la mano destra verso Evelyn che prontamente l'afferrò stringendola un poco.
Bonnie, che strano nome.

«Sono un'amica di tuo fratello - le spiegò con un sorriso di circostanza - È in casa vero?» chiese, sbirciando gli interni di casa Beadle.
«Sì, scusami, entra pure» mormorò Evelyn imbarazzata, spostandosi per fare entrare la ragazza in casa. Dopodiché si chiuse il portone alle spalle.
«Siediti pure sul divano, vado a chiamarlo».
Evelyn percorse la rampa di scale, girò a destra e bussò due colpi sulla porta della camera di Nathan. Su di essa era affisso un cartello con la scritta "Don't come knocking", ripresa dal film del regista tedesco Wim Wenders - uno dei suoi preferiti.
Il ragazzo non ci mise molto ad aprirle e
«C'è una certa Bonnie che dice di essere tua amica giù di sotto» l'avvisò lei, scrutandolo attentamente.
Sul volto del moro c'era un accenno di sorriso che stava cercando in tutti i modi di reprimere, Nathan si limitò a mormorare un
«Okay, grazie» e tornare al piano di sotto assieme alla sorella.
Evelyn gli afferrò il gomito, fermando il passo pesante di lui, il quale si fermò in mezzo alle scale:
«Se non ti salta in mente di provarci, inizia a pensare di essere gay» pronunciò queste parole con voce bassa ed espressione sbarazzina in volto, espressione di chi ci aveva già visto lungo su quei due. Nathan scoppiò in una risata leggera e «Ma smettila!» le disse, dandole un pizzicotto sul fianco che la fece scostare bruscamente.
«Sta' fermo o ti faccio fare una di quelle figure di merda che te le ricordi anche il giorno del tuo funerale» l'avvisò Evelyn, puntandogli l'indice destro all'altezza del viso.
Avevano ripreso a scendere le scale; la mora avrebbe tanto voluto gustarsi la scena del fratello alle prese con la ragazza seduta sul loro divano, ma il campanello suonò nuovamente, l'immagine di Gwen le balzò alla mente.

«Bene, io vado ragazzi - attirò l'attenzione dei due nel soggiorno - È stato un piacere conoscerti, Bonnie. Divertitevi!» esclamò con sincerità, attenta a non fare trasparire nessun cenno di malizia all'invito che aveva fatto loro.
Aprì la porta d'ingresso per la seconda volta in quella giornata e se la richiuse alle spalle velocemente;
«Tempismo perfetto, Thompson» mormorò, strizzando l'occhio sinistro in un occhiolino.
Di fronte a lei, Gwen se ne stava in piedi con una mano fra i capelli biondi e osservava l'amica non capendo a cosa si stesse riferendo: 
«Eh?» chiese infatti.
«Lascia perdere, ho appena conosciuto un'amica di mio fratello e sto desiderando che facciano tanti piccoli pargoli» le confessò, sgranando lei stessa gli occhi azzurri per quelle parole.
Gwen non commentò, si limitò a ridacchiare e a scuotere la testa all'affermazione dell'amica e «Dai, muoviamoci che ci aspettano» l'avvisò, prendendola per il gomito con l'intento di trascinarla.
«Chi ci aspetta?» domandò Evelyn, stringendosi maggiormente nel cappotto caldo. Quel pomeriggio aleggiava un'arietta fresca che le entrò fin dentro ai jeans, solleticandole le caviglie chiare lasciate scoperte dai pantaloni con il risvolto finale.
«Lou ed Harry - Gwen si mordicchiò il labbro inferiore, sentendo il sapore del burro-cacao alla fragola che si era precedentemente passata sulle labbra - Niall, Liam e Zayn dovremmo incontrarli direttamente al Theme Park» le spiegò.
Evelyn fece roteare gli occhi azzurri e sbuffò, nel sentire le ultime due parole. Non che li detestasse completamente, ma non era di certo un fan sfegatata dei parchi divertimento. «Se provate a farmi salire su qualche giostra strana, taglio la testa a tutti» borbottò Evelyn all'amica, accompagnando quella parole con un gesto deciso della mano sinistra.
Finito di percorrere il breve vialetto che attraversava il cortile di casa sua, trovarono di fronte a loro i due ragazzi: Harry si era tolto il beanie di lana per sistemarsi i capelli che probabilmente gli erano finiti davanti agli occhi, Louis invece aveva una sigaretta incastrata fra le labbra, nella mano destra un accendino e quella sinistra era messa a coppa a causa del vento che altrimenti non gli avrebbe permesso l'accensione della cicca.
«Ciao belli!», li salutò con un ampio sorriso in volto, piantando i piedi di fronte a loro. 
Harry aprì le braccia, aspettandosi di essere stretto dalla mora. Evelyn, infatti, gli circondò il busto con le braccia magre e il riccio ricambiò la stretta, posandole un bacio fugace sulla tempia. Fu il turno di salutare Louis:
«Ciao Boo!» lo chiamò con quell'appellativo detestato tanto dal castano, che lo considerava alquanto imbarazzante. Louis se la strinse addosso, cingendole la vita stretta e passandole la mano su e giù lungo la schiena.
«Tommo, stai andando troppo in basso per i miei gusti. Se mi tocchi il culo ti trancio le dita e te le infilo nel naso» lo avvisò Evelyn con tono di voce pacato, quasi stesse dicendo cose totalmente normali. Il castano rise apertamente e «Ho recepito il messaggio, è un peccato però» commentò, ricevendo in risposta un pugno ben assestato sulla spalla.  






«Malik!» esclamò Niall Horan, dando una pacca sulla spalla dell'amico, il quale sobbalzò nel sentire urlare il suo nome, nonostante quella voce gli fosse più che nota. Zayn si girò in direzione del biondo, stirando le labbra in un sorriso. Il biondo tese il braccio verso Zayn, si salutarono con una stretta di mano e un pugno, come erano soliti fare. «Non sei puntuale, ma addirittura in anticipo! - appurò Niall, conoscendo le pessime abilità di arrivare in orario del moro - Potrei commuovermi» mormorò con tono scherzoso, scrollando le spalle minute. «Come mai già qui?» aggiunse con tono più serio, infilando la mano destra nella tasca dei pantaloni della tuta color grigio chiaro che indossava. Sopra ad essi, una felpa nera, caratterizzata dalla scritta hype bianca messa in risalto per le sue dimensioni.
Niall si sedette vicino all'amico, su una panchina un po' malandata situata all'entrata del Burwell Park, a pochi metri dall'effettivo parco divertimenti.

«Dovevo accompagnare Safaa da un'amica e ho preferito stare in giro» gli spiegò, tastandosi le tasche posteriori dei jeans neri, andando alla ricerca del suo pacchetto di Camel Black. Finalmente lo trovò e si portò alla bocca una sigaretta, spostò il pacchetto in direzione di Niall che «No, tra», gli disse, permettendo a Zayn di riporre il pacchetto dov'era in precedenza.
«Sto smettendo» borbottò Niall, osservando l'amico che  si muoveva compiendo gesti lenti ma del tutto naturali. «Questa volta sul serio» si affrettò ad aggiungere, ridacchiando e mostrando il suo apparecchio per i denti bianco che luccicava alla luce del sole. Umettò le labbra con una veloce passata di lingua e le sigillò immediatamente, come gesto incondizionato. Provava imbarazzo nel  mostrare il suo sorriso con l'apparecchio, perciò faceva di tutto pur di non farlo vedere. Niall controllò il cellulare come se lo avesse sentito vibrare - ci sperava, più che altro -, ma si diede mentalmente dell'idiota quando appurò di essersi sbagliato. Sospirò pesantemente.
Questo gesto non sfuggì agli occhi scuri di Zayn, il quale aveva scrutato e seguito ogni movimento dell'amico.
«Adelaide? Insomma, come vanno le cose?» si azzardò a chiedere Zayn, continuando a fissare il biondo vicino a lui, il quale scosse le spalle in modo veloce: «È una stronza patentata, hai presente Louis quando è fatto? - chiese Niall e quando vide Zayn annuire e ridacchiare leggermente, proseguì - Ecco, sono acidi nella stessa maniera. Più che stare con me, credo che a volte voglia farmi del male fisico. Non scherzo. Però a me lei piace, lei lo sa perfettamente ma non ne abbiamo mai parlato in modo serio. E a me, per ora, va benissimo così» concluse il biondo con un lieve gesto della testa e uno strano luccichio negli occhi chiari. Anche Zayn sorrise, di riflesso, e diede una pacca sulla spalla all'amico, sinceramente felice per lui.
L'attenzione di Niall venne catturata dalla suoneria del suo cellulare, Take It Easy degli Eagles: «Dimmi» rispose, dopo aver letto velocemente il nome "Tommo" sullo schermo.
Louis, dall'altra parte del telefono, lo avvisò che lui, Harry e le ragazze sarebbero arrivati in poco meno di una decina di minuti; Niall riattaccò subito. Nel vedere la fronte aggrottata di Zayn, il quale aveva intuito che quella voce squillante appartenesse all'amico Louis,
«Tommo dice che stanno arrivando» gli comunicò, subito dopo ripose il cellulare in tasca.
Zayn schiacciò la cicca ormai consumata sotto la suola delle sue Vans Old Skool nere e annuì con lentezza, arricciando di poco le labbra.

«A proposito di ragazze, Malik - parlò Niall. Zayn iniziò a domandarsi quando il biondo avrebbe incominciato a chiamarlo per nome ma sorvolò sulla questione - Un uccellino mi ha detto che t'interessa la Beadle» disse, facendo comparire sul suo volto latteo un'espressione che sarebbe dovuta sembrare maliziosa.
«È più forte di te chiamare le persone per nome?» chiese retorico il moro. «Non cambiare discorso - lo ammonì Niall - Allora, ti piace?»
«Perché siete tutti fissati con questa storia? È così strano il fatto che io sia amico di una ragazza?» domandò Zayn, alzando gli occhi al cielo, stufo di tutte quelle insinuazioni, ripensando alla conversazione avuta qualche giorno prima con Harry e Louis.
«Sinceramente? Sì.» disse Niall, alludendo al fatto che Zayn non fosse proprio un santo e che non fosse molto abile nell'instaurare un rapporto di sola amicizia con una ragazza. Poteva essere studiato come un fattore matematico-scientifico.
«Quando ci vai?» chiese Zayn al biondo, il quale prese a fissarlo con espressione confusa: «Dove?»
«A fare in culo con Louis e Harry, brutte facce da cazzo!» esclamò Zayn, guardandolo truce e depositandogli uno schiaffetto all'altezza della nuca, facendo muover Niall in un movimento secco ma agitato.
Niall fu sul punto di rispondergli per le rime - con un pugno, s'intende -, ma si trattenne alla vista di un beanie verde scuro, di lana, che riconobbe essere quello di Harry. Gwen camminava di fianco a lui, la mano destra intrecciata con quella sinistra, e molto più grande, del riccio.
Zayn si accorse che l'irlandese aveva distolto l'attenzione da lui, seguì la direzione di quegli occhi chiari e si ritrovò a guardare le quattro figure dei suoi amici. Una in particolare, quella di Evelyn, catturò la sua attenzione. Era di fianco a Louis e la smorfia che lei stava regalando al castano fece ridacchiare Zayn: probabilmente lui l'aveva presa in giro per qualcosa ed Evelyn gli aveva risposto in quel modo. La trovò adorabile, quando notò che il giubbino che indossava le andava largo di almeno una taglia; si ritrovò ad avere un sorriso idiota sul volto. Salutò Harry e Louis con una stretta di mano, mentre si limitò a fare un sorriso cortese a Gwen - non per altro, ma non la conosceva poi tanto bene. Louis comunicò a Zayn che Liam lo aveva avvisato del fatto che quel pomeriggio non ci sarebbe strano e, sebbene al moro parve piuttosto strano, decise che al momento non voleva pensarci. Successivamente, Zayn guardò Evelyn in modo insistente, sperando che lei prima o poi reagisse in qualche modo.
La ragazza si stava dondolando sui piedi, lievemente imbarazzata. Quando si sentì osservata, alzò lo sguardo e incontrò un paio di occhi scuri da cerbiatto che la scrutavano e che, al momento, la fecero arrossire e sorridere un poco, felice di quella piccola, impercettibile attenzione.
«Ciao Jawy!» lo salutò Evelyn con tono di voce entusiasta e che avrebbe dovuto nascondere il suo precedente imbarazzo. Zayn, che si stava avvicinando alla figura minuta di Evelyn, alzò gli occhi al cielo e «Se la smetti con quel nomignolo giuro che ti pago» borbottò ma sempre con un accenno di sorriso sul volto. Circondò un fianco della mora, che a quella mossa cercò di non andare nel pallone, e le diede un bacio sulla guancia lattea che ben presto assunse un colorito rossastro. Zayn lo notò e ne fu compiaciuto e «Tutto bene?» le chiese, guardandola in quei grandi occhi azzurri che lo facevano sentire a casa. 
Nel frattempo avevano preso a camminare verso il Theme Park: Niall e Louis stavano facendo gli imbecilli - niente di nuovo, quindi - e intonavano Livin' on a prayer di Bon Jovi, il tutto muovendosi in modo imbarazzante. Harry si stava accendendo una sigaretta e aveva un'espressione concentrata in viso, Gwen si era fermata a guardarlo, incantata dalla bellezza del riccio. Evelyn era convinta che l'amica avrebbe trovato favoloso anche il modo di respirare di Harry.

«Bene, grazie - accompagnò le parole ad un cenno della testa, un cenno d'assenso - tu?» domandò a sua volta.
«A posto» il moro strizzò l'occhio.
«Ti prego, Malik! Con quell'occhiolino sembri un playboy fallito».
«Sto iniziando a pensare che il nome "Zayn" vi faccia schifo».






«Ricordatemi perché sono qui» borbottò Evelyn, vedendo di fronte a sé una sfilza di attrazioni alte venticinque volte lei e che i suoi amici non vedevano l'ora di provare.
«Perché questo è decisamente meglio della Logica di Aristotele, che domande!» rispose in modo ovvio Gwen, che aveva sgranato gli occhi nel sentire le parole dell'amica. Era a conoscenza del motivo per cui Evelyn odiasse tutto quello, chiunque l'avrebbe fatto se, a sei anni, avesse provato una giostra decisamente poco - affatto - adatta alla sua età. In qualche modo, ne era rimasta traumatizzata. Decise che Evelyn avrebbe potuto continuare a lamentarsi, sì, ma da sola.
La castana, infatti,  si girò in direzione del suo ragazzo, chiedendosi come diavolo facesse ad essere bello in qualunque situazione. Harry aveva lo sguardo fisso davanti a sé, i lineamenti rilassati e le labbra carnose caratterizzate da un sorriso sereno. Sulla fronte ricadeva qualche riccio sfuggito al beanie. Sentendosi osservato, Harry si girò in direzione della ragazza che, colta in flagrante, arrossì di botto ma sorrise disinvolta. Il riccio l'avvicinò a sé prendendola per un fianco e
«Su che giostra andiamo?» le chiese, stando a pochi centimetri dalle labbra di lei. I loro nasi si sfioravano, i respiri s'infrangevano, gli occhi inscindibili.
«Sul Maxxx, anche se so che poi me ne pentirò» rispose lei, ridacchiando poi. Harry rise a sua volta, subito dopo le lasciò un lieve bacio sul naso e le sfiorò lievemente i capelli, smuovendoli e facendo sì che le sue narici venissero inebriate da un odore dolce e ormai familiare.
«Ragazzi! - Harry attirò l'attenzione del resto del gruppo e prese ad accarezzare la mano di Gwen - Noi siamo temerari e andiamo ad ammazzarci sul Maxxx, se sopravviviamo vi scrivo un messaggio e vi chiedo dove siete» li avvisò.
Louis fece comparire sul suo volto un'espressione maliziosa che, però, venne subito intercettata da Evelyn: la mora lo guardò truce, come ad intimargli di non fare battute stupide e sporche. Il castano, colto in fallo, si limitò a sbuffare e ad alzare gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto, come un bambino. Ormai Evelyn lo conosceva fin troppo bene.

Si riprese poco dopo e «Noi che facciamo?» chiese e nel frattempo la coppietta si era già allontanata da loro. «Autoscontri!» a prendere parola fu un Niall entusiasta, Zayn era intento ad accendersi una sigaretta ed Evelyn lo fissava con la coda dell'occhio, attenta a non destare sospetti. Lo trovava maledettamente attraente: aveva l'abitudine di mettere il piede sinistro davanti a quello destro, quasi come se farlo gli facilitasse l'accensione della sigaretta, le labbra ben sigillate circondavano il filtro e la fronte era corrucciata, facendo sì che sul suo volto ci fosse una sorta di broncio.
Iniziarono a camminare verso il luogo dedicato agli autoscontri, Evelyn si sentì prendere sottobraccio, era Louis: «Se lo fissi così si sciupa» mormorò a bassa voce, in modo tale che potessero sentire soltanto loro due, e col sorriso beffardo tipico di Louis Tomlinson.
«Che?» domandò Evelyn, con aria da finta ingenua, pur sapendo che con Louis non avrebbe attaccato. Mai e poi mai avrebbe mollato l'osso.
E, infatti,
«Zayn», le suggerì il castano, spostando gli occhi azzurri verso il diretto interessato che intanto parlava con Niall e si passava una mano tra i capelli scuri - era una sorta di tic. Anche lo sguardo di Evelyn finì sulla figura del moro e «Qual è il punto?» gli chiese, non capendo veramente dove volesse andare a parare, intuendolo soltanto.
«Ti piace?» Louis la fissò, mentre le faceva quella domanda. La vide trattenere il respiro per un attimo, subito dopo la mora si rilassò. «È un bel ragazzo, tutto qua» rispose Evelyn, fingendo un'aria disinvolta e affatto turbata. Perché, sì, il fatto che qualcuno si fosse accorto del suo comportamento valeva a dire che doveva agire con maggior prudenza e, cazzo,  si sentiva una maledetta ninja alle prese con un furto in casa di qualche riccone disonesto!
«E poi non sono decisamente alla sua portata» aggiunse a mezze labbra, tant'è che non fu sicura che Louis l'avesse sentita.
Louis non aggiunse altre parole, alzò le spalle e la prese per il polso allungando il passo, in modo che tutti e quattro fossero vicini. I modi maldestri del castano fecero scontrare la sua spalla con quella di Zayn, il quale girò il capo nella sua direzione e le sorrise, incastrando la lingua fra i denti in un modo che Evelyn trovò così adorabile, che anche lei non poté fare a meno di ricambiare quel sorriso.
«Pronta?».
«A farmela sotto? , ma in realtà no!» rispose la mora, ridacchiando nervosa e simulando - neanche tanto - un'espressione impaurita. Ne avrebbe viste di ogni, quel giorno, ne era certa.





Holiday dei Green Day arrivava ovattata alle orecchie di Evelyn e Zayn, data la loro lontananza. Se l'erano bellamente svignata alla proposta - imposizione - di Niall di salire sul tappeto volante. Zayn era terrorizzato dalle altezze ed era certo che quella giostra non avrebbe fatto altro che aumentare quella sua paura; Evelyn, invece, li aveva convinti con un «Vi brucio i capelli, brutti scemi» detto in modo fin troppo serio e a cui non erano seguitate altre parole.
I due stavano passeggiando sull'erba ben tagliata del Burwell Park, alla ricerca di una panchina che non fosse troppo malandata, col fine di sedercisi per un po' e rilassare le gambe ormai stanche.
Erano sei meno un quarto circa e il sole che qualche ora prima era alto stava pian piano tramontando e sebbene attorno ci fossero parecchie nuvole - quella notte avrebbe sicuramente piovuto -, il cielo era caratterizzato dalla sfumatura arancione tipica dei tramonti.

«E com'è avere entrambi i genitori insegnanti?» chiese Zayn, scrutando la mora di fianco a lui con sguardo interessato. Lei gli stava raccontando della sua famiglia, aveva appena detto del lavoro dei suoi genitori.
«Dal fuori può sembrare che siano dei pezzi di merda anche a casa, però siamo una famiglia normale. Certo, mio padre a volte se ne esce con certi trip mentali filosofici da diventare matti, ma tutto sommato è normale anche lui. A modo suo, diciamo» rispose Evelyn con un sorriso sulle labbra. «Poi c'è mio fratello Nathan, che secondo me è stato adottato, e niente lui è tutto strano. È la versione più svampita di Louis, ecco - aggiunse sospirando per accentuare quanto Nate fosse un caso perso - I tuoi invece?» pose a sua volta la domanda.
«Mia madre è casalinga, sai, siamo quattro figli. Mio padre invece è vigile del fuoco» spiegò, indicando col capo una panchina sulla quale si sarebbero potuti sedere.
Alle ultime tre parole del moro, «Cacchio!» disse Evelyn, rimanendo con le labbra socchiuse»
«Già», le diede corda il Zayn.
«Insomma, non dev'essere facile vivere col pensiero che tuo padre rischia la vita tutti i giorni» la mora mormorò quelle parole senza pensarci nemmeno e «Dio, non volevo essere così brutale però... Scusa» si affrettò ad aggiungere, sentendosi in colpa per il suo essere stata troppo diretta ed indelicata.
Zayn la trovò buffa e la scrutò con un sincero sorriso bonario: «Non ti preoccupare. E comunque no, non è facile, infatti cerco di pensarci il meno possibile» concluse, stirando le labbra in un sorriso.
Il moro fece per aprire bocca e cambiare argomento, ma la voce di Drake in Hold on we're going home risuonò: una chiamata, Louis. Quest'ultimo gli disse di mettere il viva-voce e così Zayn fece.
«Dovete sentire questa! Assolu-» il castano, dall'altra parte, non riuscì a concludere la frase perché scoppiò a ridere, scaturendo le espressioni divertite sul volto di Zayn ed Evelyn. «Lou, se continui a ridere come un idiota non possiamo capire», disse quest'ultima.
Louis cercò di ricomporsi e
«Niall voleva fare il duro ed è salito sul disco volante, era su e credevo volesse svenire ma non è questo il punto! Appena è sceso ha rubato un cappello ad un bambino e ci ha sboccato dentro» raccontò l'accaduto, successivamente riprese a ridere in modo sguaiato. Zayn scoppiò a ridere, tanto da doversi stringere la stomaco, Evelyn lo trovò disgustoso, e «Povero!» esclamò, ma non poté fare a meno di farsi qualche risata anche lei. Dall'altra parte del telefono, il castano raccomandò ai due ragazzi di raggiungerli, così come stavano già facendo Harry e Gwen.
Zayn si alzò per primo dalla panchina e tese la mano verso Evelyn, la quale, tirandosi sù, l'afferrò prontamente con un ampio sorriso stampato in viso e gli occhi azzurri che brillavano.
Non ci misero molto a raggiungere gli altri: trovarono Niall più pallido di quanto già non fosse che si guardava intorno con occhi spaesati, Harry prestava la felpa alla sua ragazza, la quale aveva iniziato a sentire freddo e si stava pentendo di aver indossato abiti leggeri; Zayn intanto si accendeva l'ennesima sigaretta di quella giornata, non sapendo di avere un paio di occhi azzurri (non quelli di Louis né di Niall) puntati addosso, il tutto con molta prudenza.
Louis saltò in aria come una mina quando sentì la voce di Luke Pritchard, cantante dei The Kooks, cantare sulle note di Young Folks, sebbene la musica arrivasse in modo ovattato. Anche Evelyn sembrò riprendere coscienza di se stessa e, con sorriso complice, guardò il maggiore del gruppo; quest'ultimo si chinò, facendo intendere alla mora che avrebbe dovuto aggrapparsi alla sua schiena, cosa che Evelyn fece subito.

«And we don't care about the young folks, talking 'bout the young style» iniziò a cantare - urlare - Louis, muovendosi in modo troppo goffo.
Subito Evelyn si unì, stupendo però il castano:
«Tommo se mi fai cadere, io ti spacco la faccia!» canticchiò queste parole, senza scostarsi dalla base della canzone e facendo ridere il resto del gruppo. Si girò in direzione degli amici e la prima cosa - persona - che notò fu Zayn che rideva guardandola: Evelyn sorrise, felice di aver scatenato il riso del moro. Constatò che quella risata non era nient'altro che musica per le sue orecchie.









 



 
 
 

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Capitolo 6
*** (5) ***


 



5th Chapter – Messed Up Kids



Sbuffando sommessamente, Evelyn si sedette su una delle sedie che circondavano il tavolo della cucina e appoggiò la tracolla allo schienale. Si grattò un occhio con il palmo della mano destra senza avere la preoccupazione di potersi rovinare il trucco, dato che quella mattina sul suo volto c'era soltanto un po' di crema idratante. Si era alzata di malavoglia, quel giorno: aveva dormito davvero troppo poco rispetto ai suoi soliti standard e sentiva le tempie pulsarle, come se qualcuno si stesse divertendo a prenderle a martellate seguendo un ritmo fin troppo veloce e regolare. Gli occhi azzurri, più spenti e meno pimpanti del solito, erano circondati da due occhiaie, non eccessivamente evidenti, ma in ogni caso presenti. Li chiuse per un attimo, nel tentativo di poter diminuire il dolore alla testa, tentativo che fu vano; fece perciò una piccola smorfia. L'immagine non passò inosservata agli occhi chiari di Stephen, il padre, il quale la stava osservando da dietro la montatura leggera dei suoi occhiali da lettura, tra le mani il solito ed immancabile giornale locale. «Che succede?» le chiese, chiuse il giornale e lo posò su un ripiano posizionato di fianco a lui, dedicando la totale attenzione a sua figlia. «Mal di testa», rispose quest'ultima e «Sì, ho già preso qualcosa» aggiunse, aspettandosi una domanda del genere e scrutando il padre con aria furba. Stephen ricambiò l'occhiata, facendole un sorriso complice.
«Hai qualche verifica o interrogazione?» le domandò ancora, togliendosi definitivamente gli occhiali e ponendoli nel loro contenitore apposito.
Evelyn ci pensò su, assottigliando gli occhi, poi annuì:
«Interrogazione di chimica» rispose con tono di voce che avrebbe dovuto mostrare la sua svogliatezza e il poco interesse nei confronti di quella materia. «Non ti aspettare nulla» mise già le mani avanti nel caso fosse tornata a casa con un'insufficienza. Aveva studiato, sarebbe stato una sorta di suicidio non farlo, ma era già sicura che formule e diferenze tra ossidi e idruri l'avrebbero mandata in confusione. Stephen la guardò insistentemente e «Lo sai qual era il patto, Eve, è la tua ultima occasione», le ricordò. Avevano deciso che all'ennesimo brutto voto nella materia, Evelyn sarebbe dovuta andare a fare ripetizioni e la cosa scocciava parecchio alla ragazza, ritenendo di non averne bisogno ma sapendo, in cuor suo, il contrario.
All'affermazione del padre, la ragazza alzò gli occhi al cielo; Stephen, provando a consolarla,
«Eh, lo so - sospirò - io ero stato rimandato in chimica» le svelò, stupendola.
Entrò in cucina Nathan con lo zaino su una sola spalla e il cellulare fra le mani, i pollici che scorrevano sullo schermo in modo veloce. Quella mattina si era fatto la barba e sembrava aver curato il suo aspetto più del solito: indossava una camincia azzurra - Nathan non indossava mai camicie - e dei pantaloni neri ben portati, nessun accenno di vita bassa o di stoffa strappata all'altezza delle ginocchia.
Notandolo,
«Come mai così in tiro?», gli chiese la sorella. Sussultò appena, troppo occupato a maneggiare il suo cellulare e rispose alla domanda: «Vengono quelli della Warwick - si riferiva ad un'università - non voglio fare il solito barbone» ridacchiò nervoso, grattandosi la nuca. Era agitato: che scegliesse o meno quell'ateneo, si trattava comunque del suo futuro. Evelyn annuì e si guardò intorno. «La mamma?», chiese a Stephen, non vedendo la madre in cucina con loro, cosa che invece di solito accadeva.
«È andata con una collega a preparare l'aula, a quanto pare è il compleanno di una certa Christine» spiegò il padre, non che lui stesso ci avesse capito molto. Stephen quella mattina poteva prendersela con calma, sarebbe dovuto essere al lavoro tre ore dopo. Avrebbe benissimo potuto stare un po' di più a letto, ma dormire non era il suo hobby preferito, cinque ore di sonno a lui bastavano e avanzavano.
«Eve, t'es prȇte*?» domandò Nathan alla sorella, facendole intendere che era ora di andare. Evelyn annuì e si alzò svogliata: il dolore alla testa non accennava a diminuire e la pastiglia che aveva preso quella mattina sembrava non fare effetto, sapeva però di non poterla scampare. «Ci vediamo, pà», salutò così il padre e si abbassò alla sua altezza - era ancora seduto -, lasciandogli un bacio sulla guancia ruvida. «Fosse per me rimarresti a casa, ma tua madre incazzata fa paura» le bisbigliò Stephen all'orecchio, in modo tale che solo lei potesse sentire. La mora scoppiò a ridere e «Ma pà!», esclamò divertita dal commento di lui.
Stephen le accarezzò leggermente il capo e
la lasciò libera, subito dopo si girò in direzione del figlio maggiore, il quale era ancora alle prese con il suo telefono: «Nate, mi raccomando. Quelli della Warwick sono gente seria» lo avvisò, alludendo al fatto che il ragazzo avrebbe dovuto comportarsi di conseguenza. Il signor Beadle era sempre stato un po' più severo con Nathan, convinto che il ragazzo avesse un gran potenziale ma che non lo sfruttasse a pieno, troppo pigro per farlo. Si assicurava che il figlio fosse consapevole di come agiva e delle conseguenze, buone o cattive, che avrebbero potuto attenderlo.
Il diretto interessato annuì, mormorando un
«Sì, certo» forse un po' infastidito che cercò di non dare troppo a vedere, e «Dai, Eve, andiamo», aggiunse, riferendosi alla sorella. Neanche due minuti ed erano già di fronte alla Citroën C3 di Nathan.  Quest'ultimo fece per far partire l'auto, non prima di essersi assicurato che Evelyn avesse messo la cintura di sicurezza, ma venne distolto da quest'intento poiché ricevette un messaggio. Evelyn lo scrutò senza dare troppo nell'occhio e notò un sorriso farsi spazio sul volto del fratello, il quale fissava lo schermo del telefono quasi imbabolato. La mora non ci mise molto a capire. «Romeo, muoviti, non voglio arrivare in ritardo» lo stuzzicò, facendogli alzare gli occhi al cielo. Nathan accese l'auto e ripose il cellulare nel cruscotto.
Come ormai d'abitudine, Evelyn prese a trafficare con la radio dell'automobile, cosa che, al solito, infastidì il ragazzo:
«Ti mozzo le dita, prima o poi, Eve».






Al trillo della quarta campanella di quella giornata, Evelyn si sentì libera di mormorare un «Finalmente!» sollevato. Chiuse il libro di letteratura provocando un leggero tonfo e si alzò, stiracchiandosi un poco. Aveva trovato la lezione più noiosa del solito e, in generale, pensava che quella supplente riuscisse a rendere qualunque cosa troppo pesante, persino fare l'appello.
Di fianco a lei, Gwen era accovacciata all'altezza del suo zaino alla ricerca del telefono e, una volta preso, 
«Okay, come sto?», chiese all'amica, indicandosi da capo a piedi. I blue jeans non troppo attillati le fasciavano le gambe e sopra ad essi aveva scelto di indossare un golfino corto di un verde petrolio chiaro che aveva acquistato durante l'ultima sessione di shopping sfrenato fatta con l'amica; ai piedi un paio di Converse basse color bianco sporco. «Alla grande», rispose Evelyn alla castana che sorrise di rimando. 
«Dai, andiamo» intimò Gwen all'amica e in poco tempo furono fuori dalla classe per raggiungere il loro gruppo in cortile. Il tragitto fu più lungo del previsto, dato il numero elevato di persone in corridoio che non ne voleva sapere di farle passare, ma alla fine riuscirono nel loro intento.
Gwen si irrigidì leggermente e arrestò la sua camminata, nel sentire che qualcuno la stava afferrando per la vita. Quando però riconobbe un certo profumo, si rilassò completamente e si lasciò andare. 
Harry l'abbracciò da dietro e le diede un bacio sulla guancia, stringendola maggiormente a sé. Inspirò pienamente l'odore dolce che proveniva dai capelli di Gwen che venivano scopigliati da un leggero venticello.
«Va bene, vi lascio soli - borbottò Evelyn, iniziando a sentirsi in imbarazzo - Ciao Haz» salutò il ragazzo, passandogli una mano fra i ricci folti. Non aveva la benché minima intenzione di fare da terzo incomodo, era una cosa che detestava a che la faceva sentire a disagio. Harry le sorrise e tornò a prestare la sua attenzione a Gwen, che nel frattempo ridacchiava per la reazione dell'amica.
«Tutto bene?» domandò il riccio con fare premuroso. Si staccò dall'abbraccio e la prese per mano, facendo intrecciare le loro dita. La guardò negli occhi e si perse nelle iridi scure di Gwen, così vispe, accese e che sapevano trasmettergli dolcezza. «Sì, anche se la Parker diventa sempre più insopportabile» borbottò, riferendosi all'insegnante di letteratura e alzando gli occhi al cielo, sospirando. «Immagino», fu il commento del riccio, seguito da una lieve risata. Non potendo più resistere, avvicinò a sé il viso della castana con un gesto delicato. Mise le grandi mani a coppa attorno al volto di Gwen e fece in modo che le labbra entrassero in contatto, causando un mugolio di approvazione da parte della ragazza, la quale ricambiò totalmente a suo agio. I ricci di Harry le solleticavano un poco la fronte ma la cosa al momento non le importava. 
«Harry, limonate dopo, venite qua con noi!» fu la voce squillante di Louis ad interrompere il loro bacio. Quell'affermazione urlata aveva attirato e poi distolto su di loro l'attenzione di gran parte degli studenti, cosa che fece arrossire Gwen, la quale nascose il viso nell'incavo del collo del suo ragazzo. «Cazzo urli? Coglione!» ribatté Harry, urlando a sua volta, noncurante di essere in una scuola. Scosse la testa divertito insieme e, seguito da Gwen, insieme si diressero verso i loro amici
«Ciao cuoricino!» esclamò Louis, strattonando in malo modo Harry e saltandogli letteralmente addosso. Il riccio rise di cuore e assecondò l'amico, prendendo ad abbracciarlo con la stessa foga. «Ma quanto sono gay?» domandò retorica Gwen, rivolgendosi ad Evelyn, seduta sul muretto lì accanto, e osservando il suo ragazzo continuare a stare attaccato a Louis. «Ti sentiamo!», le fece presente quest'ultimo, ma lei scosse la testa e lo liquidò con un gesto della mano.
Evelyn ridacchiò al commento dell'amica ma non disse nulla: quel giorno era di poche parole e la cosa era piuttosto strana, dato il suo essere una gran chiacchierona. La sua attenzione fu catturata dall'arrivo di Niall, il volto chino sul suo cellulare faceva intendere che fosse all'attesa di qualcosa, probabilmente un messaggio. Dietro all'irlandese, Zayn, che rivolse un «Ciao ragazzi» generale e andò a sedersi proprio accanto ad Evelyn. Dopo essersi acceso la sigaretta che si era precedentemente portato alla bocca, «Hey, pugilessa!», salutò così la ragazza, alludendo al loro primo incontro, rivolgendole un sorriso che la mora ricambiò prontamente, sebbene fosse certa che il suo potesse essere paragonato più ad una smorfia, poiché non era molto in forma. Ne ebbe conferma al «Cos'hai?» che Zayn le chiese e lei replicò comunicandogli di non stare troppo bene. «Ah. Mi spiace», rispose il moro e subito dopo le mise un braccio attorno alle spalle, avvicinandola un po' più a sé, e le diede un bacio sulla guancia, dopodiché le fece un sorriso, questa volta di conforto.  Evelyn arrossì, il cuore prese a tamburellarle velocemente in petto: non riusciva a sostenere quell'insistente scambio di occhiate, fortemente voluto dal Zayn. Non voleva che il moro l'avesse vinta ancora una volta: era conscia del fatto che lui sapesse come metterla in soggezione, perciò gli sorrise disinvolta.
«Si avvicina Sullivan, Zayn, attento» l'avvisò Harry, consapevole che se il professore lo avesse visto fumare, si sarebbe beccato una multa. Nella loro scuola - e forse anche in tutte quelle di Manchester -, infatti, fumare era vietato, perciò tutti lo facevano di nascosto, non riuscendo sempre a sfuggire agli occhi attenti degli insegnanti di guardia - nemmeno si trattasse di un carcere, santo cielo! Avevano cercato di convincere il signor Howard, il preside, ad eliminare quella regola, tramite i rappresentanti d'istituto, ma l'uomo si era limitato a dire loro che la cosa non dipendeva da lui, ma che era un ordine che proveniva dai piani alti.
Quando il professor Sullivan si avvicinò al loro gruppetto, avendo scorto una scia di fumo, Zayn spense la sigaretta all'istante e fece finta di niente, nascondendola in una mano e bruciandosi un poco. L'uomo, dall'aspetto imponente e con uno sguardo sprezzante, caratteristico del suo viso, lo osservò e
«Malik, ti sei salvato in corner. Sono distratto ma non rincoglionito» mormorò, rimproverandolo. Chiunque avesse ascoltato quelle parole, dette da un professore, si sarebbe scandalizzato, ma ormai agli alunni di quella scuola era noto il linguaggio scurrile e poco consono ad un luogo del genere utilizzato da quell'uomo. Era un tipo piuttosto volgare e, addirittura, giravano voci che avesse provato ad avere rapporti con due  studentesse, cosa che, se vera, lo rendeva ancora più squallido di quando già non fosse di per sé. Evelyn era convinta che assomigliasse ad un mafioso.
Il moro, in risposta, sfoggiò uno dei sorrisi più smaglianti che potesse fare:
«Mai pensato il contrario, prof - si discolpò - e poi non stavo facendo niente» aggiunse, prendendosi gioco dell'uomo, sorridendo soddisfatto. Il sinor Sullivan lo scrutò ancora dall'alto verso il basso, poi finalmente se ne andò.
«Te le fa passare tutte» disse Louis, avendo notato che ogni volta Zayn la scampava liscia.
«Certo, finché non mi becca con la paglia accesa in bocca non mi può fare niente» rispose convinto Zayn. Si assicurò che l'uomo non fosse più nei paraggi, e si riportò la sigaretta alla bocca, proseguendo nel godersela da dove aveva interrotto.
Evelyn lo guardava, meglio dire ammirava, continuando a pensare che fosse maledettamente attraente con la sigaretta incastrata in quelle labbra. Lo osservò meglio e lo constatò impeccabile anche nel modo di vestire: portava dei jeans neri stretti, col cavallo basso visibile anche se lui era seduto, una maglietta bianca semplice, priva di stampi o disegni, e sopra ad essa una camicia a quadri rossi e neri sbottonata che fece pensare alla mora che, al ragazzo, il rosso stesse particolarmente bene. Notò un paio di Clarks nere, quando Zayn spense il mozzicone ormai consumato schiacciandolo con i piedi.

Bruscamente, l'attenzione di Evelyn, dei suoi amici e quella di quasi tutti gli studenti in cortile, fu catturata da un vociferare fin troppo alto, non molto lontano da loro. Si girarono tutti in direzione di quel baccano e Zayn, sebbene non avesse gli occhiali e non riuscisse a vedere benissimo da lontano, poté distinguere la figura di Liam esserne parte attiva: pareva stesse discutendo in modo acceso con un ragazzo, più alto e robusto di lui, probabilmente dell'ultimo anno.
Il moro si alzò prontamente, cosa che fecero anche i suoi amici, e si avvicinò con passo deciso ai due nel tentativo di capire perché si stessero prendendo a parole in quel modo. La situazione, però, si surriscaldò maggiormente quando il ragazzo di fronte a Liam, un certo Thomas Derwin, se non errava, lo afferò per il colletto della maglietta grigia che indossava, facendolo indietreggiare un poco. Accanto a loro, fin troppo vicina, una ragazza minuta e con dei grandi occhi marroni, fu vedendola che Zayn capì il perché di quell'attrito.
Una spinta forte che fece mollare la presa sulla sua maglietta, fu la reazione di Liam, il quale aveva un'espressione furibonda in viso. Questo bastò a far scattare Zayn, che
«Louis», chiamò il castano, facendogli intendere che sarebbero dovuti intervenire insieme.
Camminando a grandi falcate, il moro raggiunse Liam, interponendosi tra lui e Thomas:
«Che succede qui?» domandò con tono duro e  che voleva essere intimidatorio.
Liam richiamò l'amico, fece per proseguire ma venne interrotto da Thomas, il quale superò Zayn e si mise faccia a faccia con il castano: «Non ci devi più parlare, hai capito Payne?» chiese a denti stretti, ringhiando quasi. Liam non gli rispose, si limitò a guardarlo negli occhi sfacciato, il viso altero, nessun accenno di timore. Questo atteggiamento aumentò la collera del ragazzo e «Hai capito o no, Payne? Se le rivolgi ancora la parola ti spacco la faccia» domandò nuovamente, afferrando il colletto della maglietta di Liam per la seconda volta, strattonandolo.  A quel gesto, decise di intromettersi anche Louis: «Derwin, dacci un taglio» borbottò infastidito, mettendo una mano sul petto tonico di Thomas e allontanandolo definitivamente da Liam. Sorprendentemente, l'intervento di Louis servì a placare le acque: Thomas rivolse un'ultima occhiataccia al suo rivale ma poi si voltò, andando verso la parte opposta del cortile, mentre Liam tornò all'interno della scuola, seguito dai suoi amici, nessuno dei quali proferì parola.
I volti sbigottiti di coloro che avevano assistito a quell'inconveniente ricominciarono ad essere più rilassati e ben presto tutti tornarono alle loro precedenti occupazioni. Di certo, però, ciò che era successo sarebbe stato sulle bocche di tutti per almeno due settimane, era risaputo.







L'aula 65 della Chorlton High School era un'infermeria inutilizzata, un luogo freddo, un po' troppo sporco di polvere e in cui si introducevano pochi, considerato il fatto che l'accesso fosse vietato ai non autorizzati. In quel momento, a pochi minuti dal suono della campanella di fine intervallo, vi aleggiava un'aria tesa: Liam era seduto sul tipico lettino di ogni infermeria, che però era malandato e sgualcito, di fianco a lui Louis lo fissava in attesa che dicesse qualcosa, poiché l'amico quasi non dava segni di vita. Fissava un punto di fronte a sé, come se non si fosse reso conto che in quella stanza, assieme a lui, ci fossero altre sei persone. Era incazzato come una bestia.
«Liam» iniziò Harry, ma le parole gli morirono in gola nel vedere lo sguardo del castano immettersi nel suo. Non l'aveva mai visto così infuriato, lo aveva preso alla sprovvista. «Non voglio parlarne, potete andare se volete» proferì Liam, il tono di voce era rauco e severo. Quella proposta non voleva essere realmente tale, tuttavia un ordine: desiderava solo essere lasciato in pace, e avere sei paia di occhi puntati addosso non lo aiutava.
«Ragazzi...» iniziò Zayn, rivolgendosi agli altri e facendo intendere loro con un gesto della testa che avrebbe preferito se li avessero lasciati soli. Gli sembrava quasi che i ruoli tra lui e Liam si fossero invertiti: di solito, era Zayn ad essere la testa calda ed era proprio il castano, quello che, dopo qualche strigliata, lo faceva calmare e ragionare. Lo coglieva impreparato, infatti.
I ragazzi uscirono, Niall diede una pacca sulla spalla di Liam, che però non alzò lo sguardo sull'amico, continuava a guardarsi davanti e a torturarsi la punta della lingua con i canini, cosa che faceva quando era arrabbiato.

Dopo essersi accertato che fossero soli, «Cosa diavolo credevi di fare?» fu la domanda di Zayn all'amico fatta con una punta di acidità nella voce. Finalmente Liam lo guardò, ma la sua espressione impassibile non accennava a cambiare.
«No, dico, hai visto quanto cazzo è grosso quello?» chiese retorico, sperando in una suo reazione che, però, non arrivò. Liam si stava semplicemente incazzando di più, poiché sembrava che il moro gli stesse parlando come ad un bambino che non capiva. «Avrebbe pestato di brutto prima te e poi me, per fortuna è arrivato Louis» aggiunse, facendogli capire quando fosse stato sfrontato e, perché no?, anche un po' incosciente. 
Il castano si decise a parlare, finalmente:
«Non vi ho chiesto nulla, Zayn. Non ti ho chiesto nulla. Non erano cazzi tuoi» mormorò alzando un po' la voce, infastidito da quella paternale; lo stava facendo sentire più in colpa di quanto già non fosse. «E poi neanche tu mi hai chiesto nulla, Zayn - con un colpo secco, si alzò e si posizionò davanti al moro - non ti è nemmeno passato per la mente di chiedermi come siano andate le cose, vieni qui e mi fai una ramanzina del cazzo credendo che possa servire a qualcosa!», esclamò con la rabbia che gli ribolliva dentro.
Le loro voci si erano alzate parecchio e i loro amici, che erano rimasti in due - Evelyn e Louis - e li aspettavano seduti a terra in corridoio, avevano inziato a sentire quella conversazione - era un origliare non intenzionale. E, in ogni caso, avrebbero sentito comunque, dato il silenzio che vi era intorno: quella parte di corridoio era deserta, come in generale tutta quell'area della scuola.

«Idiota, ti vuoi far picchiare per una ragazza a cui,  Liam... A lei non frega un cazzo di quello che fai per lei! Apri gli occhi!» ribatté scontroso Zayn, parlando chiaro. Quelle parole fecero male a Liam, e si sentì anche offeso perché stava denigrando in quel modo Noelle, la ragazza per cui aveva perso la testa - non gli importava che fosse fidanzata - e il loro rapporto. Decise che lo avrebbe ferito allo stesso modo: puntò gli occhi colmi di collera in quelli di Zayn, impassibili in quel momento. «Non siamo te e Laurel, Zayn.  Noelle non è Laurel, quindi non intrometterti» sputò quelle parole con una cattiveria tale che il moro quasi non lo riconobbe.
Nel sentire il nome di quella ragazza, Evelyn inclinò leggermente il capo e sgranò leggermente gli occhi senza rendersene conto davvero: quel nome aveva aumentato la sua curiosità e forse era anche un po' infastidita, ma non lo avrebbe ammesso, neanche a se stessa. Il gesto non sfuggì agli occhi chiari di Louis, che sorrise compiaciuto, senza che lei lo vedesse, ma non disse nulla.
Zayn si morse l'interno del labbro, visibilmente infastidito, inspirò in modo profondo e per un attimo chiuse gli occhi: mai avrebbe pensato che Liam gli sbattesse in faccia una cosa del genere, decise comunque di non reagire perché si conosceva bene. Stava placando il suo essere impulsivo (e manesco).
Avrebbe agito per vie più diplomatiche:
«Senti, Liam... Fa' quel che ti pare. Vuoi starci sotto come è successo a me? Bene. Come hai detto tu, non sono cazzi miei» concluse, rivolgendogli un'ultima sprezzante occhiata e lasciandolo lì a rimuginare.
Come a segnare la fine di quella discussione, la campanella che stabiliva il termine della ricreazione suonò stridula, tanto che Evelyn, lì fuori, dovette tapparsi le orecchie poggiandoci le mani.
Liam non rispose al moro, quest'ultimo aprì la porta e si diresse verso la sua aula camminando veloce e passandosi una mano fra i capelli, non degnò nessuno di uno sguardo.

Evelyn riuscì velocemente a guardarlo in volto: i tratti del suo viso si erano induriti, diventando più marcati. Le dispiaceva che alla fine si fosse arrabbiato anche lui, si morse il labbro inferiore cercando in quel gesto una specie di consolazione.
«Dai, andiamo, piccola Beadle malaticcia» le disse Louis, cercando di alleggerire l'aria, stampandosi un sorriso di circostanza in viso.
Presero a camminare e in poco tempo arrivarono davanti alla classe di Evelyn, fortunatamente il professore di francese non era ancora arrivato: 
«Ci vediamo all'uscita, Eve - le posò un lieve bacio sulla fronte che constatò essere un po' calda - in bocca al lupo per la verifica di chimica» aggiunse, concludendo con un occhiolino che avrebbe dovuto incoraggiarla.
Entrò in classe e vedendo il banco vicino al suo essere vuoto, si ricordò che Gwen non seguiva la lezione di francese, che era facoltativa.
Decise che avrebbe usato quell'ora per memorizzare quante più formule di chimica potesse, per quanto il dolore alla testa, che non voleva saperne nulla di cessare, glielo permettesse; il professore di francese avrebbe interrogato, lei era già a posto con i voti e quindi doveva pur ammazzare il tempo in qualche modo.
Si sedette al suo posto e prese il libro di chimica dalla borsa, non ci impiegò molto a trovare la pagina desiderata: «Allora, okay... Ossigeno più metallo mi dà l'ossido»  iniziò a sussurrare a mezza labbra, proseguendo poi nella lettura.






Evelyn aprì la porta di casa, dopo aver fatto due giri di chiavi nella toppa e «Sono tornata», urlò non molto sicura che ci fosse qualcuno.
«Ciao piccolina», Stephen salutò la figlia e le sfiorò il capo con una mano. Evelyn sorrise, le piaceva quando la chiamava in quel modo, la faceva ritornare un po' bambina, quando quello era quasi sempre l'unico nome utilizzato per chiamarla.
Mise il cappotto sull'appendiabiti e poggiò la tracolla su una sedia in soggiorno, successivamente si passò le mani sul viso, spostando alcune ciocche di capelli, e sospirò in modo pesante. Sentiva gli arti intorpiditi e le palbebre pesanti, era stanchissima: voleva soltanto mettere qualcosa sotto i denti e poi fiondare in camera per farsi una dormita e recupare le ore perse della notte precedente.

«Nate mangia fuori con amici, la mamma è al lavoro e noi ce la spassiamo da soli!» esclamò con tono entusiasta Stephen, ormai in cucina. Oltre che per la filosofia, l'uomo aveva una passione per l'arte culinaria: capitava spesso che si chiudesse in cucina e ne uscisse con qualche trovata geniale e prelibata, trovando parecchia approvazione soprattutto in Evelyn.
Stephen tornò in soggiorno con un vassoio in mano, sopra ad esso due piatti: il primo contenente due semplici hamburgers ancora caldi, e l'altro colmo di patatine fritte e salse varie. L'uomo posò il vassoio sul tavolino adiacente al divano e «Stand by me - fece, indicando con un cenno del capo il televisore (il film era tra i preferiti di Evelyn) - hamburgers e patatine», le sorrise complice facendole un occhiolino. «Se sporchiamo il divano... caput!» aggiunse, sedendosi poi. Fece poi partire il film cliccando sul tasto play del telecomando e dopo aver passato il piatto alla figlia, entrambi iniziarono a mangiare.
«Chimica? Com'è andata la verifica?» chiese Stephen alla figlia, la vide alzare gli occhi al cielo.
«Chiederò in giro se c'è qualcuno che dà ripetizioni» esalò, dopo aver sospirato pesantemente. Era più che convinta che la verifica le fosse andata non male, ma una merda colossale! Il panico aveva avuto la meglio su di lei, causandole un vuoto di memoria improvviso, come se mai avesse aperto il maledetto libro di chimica. Da matti!
Si sentiva frustrata: tutti i suoi sforzi erano stati vani, così come l'averci messo un po' di buona volontà, accantonando l'odio per quella materia. Era offesa, in qualche modo.
«E' un modo soft per dirmi che prenderai un'insufficienza?» domandò retorico Stephen, subito dopo prese un sorso dalla sua bevanda al ginger. Evelyn lo guardò con un'espressione disgustata in volto, chiedendosi come facesse ad ingerire quella schifezza e «È buona!» esclamò il padre.
Il film stava proseguendo, ma entrambi lo avevano visto e rivisto più volte perciò non importava molto che ci stessero parlando sopra, non prestandogli molta attenzione.
«
E comunque sì. Credo ci siano buone probabilità» disse Evelyn, tornando all'argomento precedente e alzando gli occhi azzurri al cielo.
«Ti fa proprio schifo quella materia, eh?»
«Sinceramente » rispose la mora con un sorriso beffardo.
«Anche a me», alle parole del padre, Evelyn scoppiò a ridere.






«Hai risposto alle domande di storia? Mi serve una mano con la 5» la voce di Gwen arrivò leggermente ovattata alle orecchie di Evelyn, dato che stavano parlando al telefono.
La mora sbadigliò per l'ennesima volta e
«Accidenti a te, Gwen, mi sono svegliata poco fa, non mi ricordo nemmeno quando faccio il compleanno», replicò, stiracchiandosi il braccio sinistro libero e decidendo finalmente che fosse ora di mettersi in piedi. «Le ho fatte ieri, appena mi ripiglio ti dico» aggiunse, mettendosi seduta sul letto e cercando con i piedi ancora un po' intorpiditi le pantofole. Finalmente le trovò e si alzò in piedi, il telefono di casa sempre all'orecchio.
«Comunque - iniziò Gwen - cosa cazzo è successo oggi coi ragazzi? Quando me ne sono andata, intendo» chiese all'amica, sperando potesse fornirle qualche informazione in più rispetto a ciò che lei già sapeva. Era irrimedibilemente curiosa e forse anche un po' pettegola. Ma era una ragazza, non avrebbe potuto essere altrimenti.
Evelyn andò di fronte allo specchio grande, quello interno all'anta dell'armadio, e osservò il suo viso ancora assonnato, spostando qualche capello dietro l'orecchio.
«Liam e Zayn hanno discusso, hanno messo in mezzo dei nomi di ragazze e poi Malik se n'è andato piuttosto incazzato... Noelle e Lauren, mi pare fossero i nomi, non lo so» la mora assottigliò leggermente gli occhi, come se farlò l'aiutasse a ricordare.
«Noelle non so chi sia, chiederò ad Harry... - farfugliò Gwen - e Lauren la ex di Zayn, se non sbaglio» concluse.
Evelyn fece una smorfia e alzò gli occhi al cielo, questa volta consapevolmente. La infastidiva sentire quel nome, sebbene non sapesse nemmeno chi diavolo fosse quella ragazza:
«Ah» fu il suo commento.
«Ah? Tutto qui? A proposito, fra te e Zayn?» a quelle parole, Evelyn aggrottò le sopracciglia, non avendo afferrato.
«Io e Zayn cosa? Parla come mangi, Gwen». Si allontanò dallo specchio e cercò un codino sul suo comò. Incastrò il telefono fra l'orecchio e la spalla e si legò i capelli un po' arruffati al meglio che poteva.
«Non lo so, dimmelo tu! C'è qualcosa tra voi due?» domandò Gwen curiosa, mentre un piccolo sorriso si fece spazio sul volto di Evelyn. 
«Ehm, amicizia? - il tono retorico della voce della mora arrivò alle orecchie dell'amica - No, perché non c'è nient'altro, non so cosa vai pensando!» mise in chiaro, sperando però di sbagliarsi.
«E invece secondo me gli interessi, Beadle! Ti sta sempre intorno, tipo oggi all'intervallo» afferò Gwen, sicura di quel che diceva. Aveva notato che fra i due ci fosse del tenero: non sapeva molto di Zayn, quello sì, ma conosceva abbastanza bene Evelyn da sapere che non era solita dare un certo tipo di confidenza a chiunque, era timida e faticava a fidarsi, perciò se il moro era entrato nelle sue grazie, per così dire, un minimo di interesse doveva pur esserci.
«È venuto per salutare tutti, non solo me, Gwen» ribatté la mora, avvicinandosi alla scrivania e cercando il libro - mattone - di storia.
«Ho capito, smonterai qualunque cosa io dica, come sempre. Mi arrendo», Gwen ridacchiò, «Mi conosci bene», fu il commento che seguì.
Evelyn aprì il libro, trovando la pagina desiderata, dentro alla quale c'era un foglio su cui aveva risposto alle domande:
«Hai detto che ti manca la 5, giusto?» chiese all'amica. Quando Gwen le diede conferma, «Okay, leggo: “Il fatto che Jan Hus voglia tradurre la Bibbia in lingua nazionale mette in discussione l'istituzione della Chiesa, la cui mediazione, che è anche un controllo a tutti gli effetti, non è più indispensabile per la popolazione. Inoltre, questo significa che il popolo debba essere istruito, cosa che sia la Chiesa che l'impero temono”» Evelyn lesse ciò che aveva scritto sul foglio, sistemando i bordi delle pagine del libro leggermente piegati, cosa che la mora detestava con tutto il cuore.
«Ah! Grazie, tesoro», la ringraziò Gwen, che nel frattempo elaborava velocemente una sua risposta.
«Figurati - mormorò Evelyn - con Harry?» domandò poi, controllandosi le dita delle mani e notando che avrebbe dovuto togliersi lo smalto.
«Tutto a posto. Non stiamo insieme da molto, okay, ma io con lui sto bene. Sono più spensierata, ho la testa più leggera e, insomma, è una bella sensazione!» raccontò entusiasta Gwen. Evelyn la immaginava pronunciare quelle parole con un sorriso stupido e gli occhi sognanti; sorrise di rimando anche lei, sinceramente lieta che l'amica fosse così serena.
«Beata te, Gwen» le sussurrò, non fu nemmeno sicura che lei l'avesse sentita. Un sorriso amaro si fece spazio sul suo viso: anche lei avrebbe voluto tanto sentirsi come l'amica in quel momento, ma sembrava che nelle relazioni la fortuna stesse ovunque, tranne che dalla sua parte. Accumulava una delusione dopo un'altra, quasi ne facesse una collezione. Non riusciva ad essere più di un'amica per i ragazzi e quando si presentava l'eccezione alla regola, quella a rimanere con la bocca asciutta era lei, che si mettesse in gioco e desse tutta se stessa o meno.
Decise di smettere di pensarci, dato che stava iniziando ad accumulare una serie di sensazioni negative. Si schiarì la gola e sospirò:
«Comunque... A quando la prossima sessione di shopping sfrenato?»












*Sei pronta?

Sono ancora viva, eh già!
Mi scuso con tutte le persone che seguono la storia e che hanno aspettato invano un mio aggiornamento ma, HEY, spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo.
Allora, cosa ne pensate? Alcune di voi ci avevano preso con la questione "Liam" e spero di avervi schiarito le idee. Mi sono anche resa conto di averlo "snobbato" un po' nei capitoli precedenti, perciò credo che con questo capitolo io l'abbia reso parte integrante della storia - incrocio le dita pregando di esserci riuscita.
Dalla discussione con Zayn emergono due nomi, i quali verranno approfonditi più in là: ne vedremo delle belle! (Sperem ahah)
Harry e Gwen li amo sempre di più, sono così coccolosi - almeno nella mia testa - che li shippo abbestia ahaha
Non mi sono concentrata molto su Evelyn e Zayn, di cui ho fatto solo qualche accenno - hope che vi sia piaciuto lo stesso -, e non saprei nemmeno dirvi la motivazione. Forse perché volevo rendere il tutto un po' più dinamico, una sorta di "HEEY, CI SONO ANCHE GLI ALTRI!" o qualcosa del genere.
E beh, non so che altro dirvi, mi sono presa un sacco bene a scrivere questo capitolo (lo potete capire dalla lunghezza) e mi scuso se vi è sembrato troppo lungo e pesante... Spero in ogni caso che sia stato di vostro gradimento: che si così o meno, mi piacerebbe me lo faceste sapere con una recensione, positiva o negativa che sia.
Un abbraccio grande grande,
Enrica :)

 
 

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Capitolo 7
*** (6) ***





6th Chapter – All the right moves


Zayn finì di allacciarsi le scarpe, le sue amatissime e nerissime Clarks, e fece un lieve sospiro.
Fu sul punto di alzarsi in piedi ma sentì una presenza insinuarsi tra le sue gambe: abbassò lo sguardo incontrando quello adorabile di Zeus, il siberian husky bianco e nero che mamma Trisha e papà Yaser avevano portato in casa circa quattordici anni prima e con il quale era cresciuto. «Bestia!» lo salutò con un sorriso, accarezzandogli la testa, mentre l'animale, felice, muoveva la coda.
Facendo attenzione a non calpestare le zampe a Zeus, il quale non lo aiutava affatto, dato che continuava a girargli intorno, si diresse in cucina per recuperare lo zaino che aveva gettato a terra in malo modo quando era sceso a fare colazione. Trovò sua madre intenta ad infilare un succo di frutta nello zainetto di Safaa, la piccola di casa, che proprio quell'anno aveva iniziato le scuole elementari. La donna osservò il figlio sollevare lo zaino da terra e guardarsi intorno alla ricerca delle chiavi del suo motorino. Trisha le vide prima del moro, poste sul piano della cucina per qualche astruso motivo, e gliele consegnò: «Stai attento» gli raccomandò, facendo annuire passivamente il figlio, il quale alzò gli occhi al cielo senza nascondersi troppo.
«Papà?» chiese Zayn. Il moro e Yaser si vedevano sporadicamente: gli orari di lavoro del secondo variavano molto facilmente, quasi sempre ampliandosi, perciò succedeva spesso che non riuscissero a vedersi per giorni interi - e lo stesso accadeva con gli altri figli.
«È tornato poco fa, sta dormendo», comunicò Trisha al figlio, aspettandosi una qualche reazione. Zayn arricciò leggermente le labbra e annuì soltanto, non proferì parola.
«Bene, donne, io vado», annunciò, stampandosi sul volto un piccolo sorriso. Si abbassò all'altezza della sorella e le posò un bacio sulla fronte, scompigliandole leggermente i capelli. La bambina, con grande sorpresa del moro, «Fai il bravo, Zaynie» mormorò, facendo ridacchiare Zayn: «Promesso», assicurò beffardo, sfiorandole il mento.
«Ciao mamma» la salutò con un cenno della mano che venne ricambiato con una leggera pacca sul sedere e una piccola risata proveniente dalle labbra di Safaa.
Zayn uscì dalla cucina e, ancora una volta, incontrò uno Zeus alla ricerca di qualche coccola e sebbene l'idea allettasse non poco il moro, doveva andare o avrebbe fatto ritardo, tanto per cambiare. Zeus mise le zampe sulle ginocchia del ragazzo, facendolo sussultare, «Dai, bello, ci vediamo dopo», gli accarezzò il muso Zayn e subito dopo lo congedò definitivamente. Aprì la porta d'ingresso per poi chiudersela velocemente alla spalle, onde evitare che il cane lo seguisse, si diresse a passo svelto verso il garage; dopo averlo aperto con un gesto secco, vide la sua moto, una Honda grigia e nera lucente e più bella che mai. Ne era completamente innamorato.
Dopo essersi messo lo zaino in spalla, prese il casco messo su un tavolo lì vicino e lo indossò con gesti delle mani rapidi, tolse il cavalletto alla moto per farla uscire dal garage e successivamente la appoggiò in equilibrio più o meno precario al muro. Controllò quante sigarette fossero rimaste superstiti nel pacchetto e in seguito chiuse il garage con un gesto secco; una volta spostato il mezzo, vi montò sopra con una mossa slanciata. Sorrise nell'udire il rombo del motore e una volta accomodato, uscì dal vialetto e mise in moto. Avrebbe fatto un salto dal tabacchino.

«Loueh!» esclamò Evelyn non appena vide la chioma castana dell'amico. Si fiondò fra le sue braccia muscolose, che aveva sempre amato perché così possenti, e gli circondò il busto, poggiando il capo sul suo petto. Louis le ricordava tanto il fratello, sebbene Nathan fosse più alto e robusto; stare vicino a lui però le infondeva una sensazione di sicurezza e protezione.
«A cosa devo tutto questo affetto?» le chiese il ragazzo, una volta che Evelyn si staccò dal suo corpo. Cercò il pacchetto di Camel Black e l'accendino rosso nella tasca della tuta nera che indossava, e dopo averne estratto una sigaretta se la portò alle labbra, riportando il pacchetto dov'era precedentemente.
Evelyn osservò attentamente il gesto e il viso dell'amico, pensando che fosse veramente un bel ragazzo, si ritrovò a sorridere. Le tornò alla mente il loro primo incontro, le immagini di quando quella sera, alla festa di compleanno di Harry, Louis le aveva poggiato un braccio attorno alle spalle, flirtando con lei in modo spudorato, fecero incurvare le sue labbra verso l'alto. «Sono disperata, Tomlinson, ho la verifica di goniometria oggi, prenderò 2 se va bene!» rispose alla domanda, mentre l'amico si portava la sigaretta ormai accesa alle labbra, aspirandone la nicotina e sentendo il fumo raschiargli leggermente la gola.
«Ho bisogno di una cioccolata!» si lamentò, e Louis rise perché le sembrava una bambina. Decise di infastidirla e le buttò il fumo in faccia: una volta che quella nube grigiognola svanì, si ritrovò una Evelyn con un'espressione di disappunto in viso e la fronte leggermente corrucciata, le labbra serrate. «Non sei simpatico, sai? Per farti perdonare mi offrirai tu la cioccolata»
«Neanche tu sei simpatica di mattino, questo è poco ma sicuro!» cantilenò lui con espressione tranquilla. La reazione della mora fu un colpo sul braccio di Louis, il quale finse che questo lo avesse scalfito, cosa che fece alzare gli occhi azzurri di Evelyn al cielo e la fece sbuffare.
«Abbracciami, razza di stupido» borbottò e senza che il castano potesse reagire, Evelyn si era già fiondata tra la sue braccia. «Quante volte sei caduta dall'altalena da piccola per essere così?» le chiese retorico Louis, sospirando leggermente. Evelyn serrò le labbra e grugnì: «Attento a quello che dici, Lou, sono piccola ma pericolosa» lo minacciò, credendo di spaventarlo, ma la risposta non importò più di tanto al castano, il quale alzò gli occhi al cielo, «Sì, sì, come vuoi».
La mora era ancora tra le braccia dell'amico quando la sua attenzione venne catturata dal rombo di una moto che vide arrivare in direzione delle spalle di Louis, su cui lei aveva appoggiato il capo per vedere meglio, alzandosi in punta di piedi. Vide il mezzo fermarsi, il proprietario scendere da questo per mantenerlo in equilibrio con il cavalletto e finalmente togliersi il casco. Era Zayn.
Evelyn ebbe un quasi impercettibile sussulto al cuore nel vederlo, per un attimo le si mozzò il respiro: il moro si stava sistemando i capelli, che il casco aveva un po' devastato. Si guardò nello specchietto della moto e si assicurò che questa fosse a posto, una volta avervi estratto le chiavi che ripose al sicuro in una tasca interna del suo zaino.
Sentì la voce squillante di Louis continuare a blaterare qualcosa a cui però non stava prestando la minima attenzione, con la testa - e gli occhi - del tutto da un'altra parte. «Che bello quando la gente ascolta quello che stai dicendo» commentò il castano, fintamente offeso. Osservò in direzione dell'amica e sorrise furbo, notando Evelyn con la coda dell'occhio e mordendosi la punta della lingua. «Non guardarlo troppo: ce lo consumi, così» la prese in giro, beccandosi un'occhiata truce da parte di lei: «Quando hai trovato la tua simpatia fammi sapere» mormorò, incrociando le braccia sotto il seno.
«Comunque, dicevo... Quando parlerai di me a tua cugina?»
«Mai?» disse retorica, sorridendo beffarda.
«Dai, sei stronza, perché non vuoi?» le chiese Louis con voce lagnosa, come quella di un bambino capriccioso.
«Perché io so cosa vuoi fare con mia cugina e te lo puoi scordare completamente! E poi è già fidanzata» disse seria, con espressione di chi la sa lunga. «Ma è solo per fare conoscenza, diventare amici!» aggiunse Louis in modo poco convincente, non rendendosi conto di star solamente peggiorando la situazione. Probabilmente se avesse continuato a parlare non l'avrebbe vista nemmeno col binocolo, la cugina di Evelyn.
«Diventare amici di chi?» s'intromise nel discorso Zayn, il quale teneva saldamente il suo casco nero. Evelyn lo osservò bagnarsi le labbra con la lingua e subito dopo mordersele, dovette distoglierle lo sguardo per non essere colta in fallo e ritrovarsi in una situazione imbarazzante.
«Bella! - lo salutò Louis, stringendogli la mano - Comunque, di sua cugina, guarda qua!» sbloccò il telefono e andò nell'account twitter della ragazza, pigiando sull'immagine del profilo, subito dopo mostrò la foto a Zayn: «E tu vuoi esserle solo amico?» ridacchiò il moro, osservando Louis con un sopracciglio alzato e non credendogli minimamente. «Hey, tu dovresti appoggiarmi!» borbottò il castano, fingendo un'espressione afflitta. Zayn si limitò ad alzare le spalle e a prendere una sigaretta dal suo pacchetto nuovo e portarsela alle labbra, accendendola l'attimo seguente.
«In ogni caso non avresti speranze e Sebastian ti spaccherebbe le gambe» commentò Evelyn con tono di voce tranquillo e sorriso beffardo. «Ma ti sta sul cazzo Sebastian!» ribatté Louis, non trovando la logicità del discorso della mora. «Questo è un altro discorso, Tomlinson. L'argomento è chiuso.» concluse, successivamente si girò nella direzione di Zayn e, diamine, non l'avesse fatto: i suoi occhi grandi e azzurri s'incrociarono con lo sguardo più scuro del moro. Sentì di star arrossendo e dovette abbassare il capo, troppo imbarazzata da quel contatto visivo. Si sentì stupida perché non riusciva a guardarlo in faccia per più di cinque secondi: gli occhi di Zayn avevano la capacità di metterla in soggezione con una facilità inconsueta e non sapeva ancora se quella sensazione le facesse piacere o meno.
«Devo fare uno stronzo immenso, ci becchiamo poi in giro!» se ne uscì Tomlinson, senza aspettare una risposta da parte dei due amici e dirigendosi a passa svelto verso l'edificio scolastico.
«Poteva ometterlo, sì, poteva, ew» commentò velocemente Evelyn, borbottando e chiedendosi per l'ennesima volta perché l'amico fosse così cerebroleso. Sentì la risata di Zayn, subito dopo il braccio del moro si posò attorno alle spalle della ragazza e «Comunque, ciao» disse, pizzicandole un fianco, mossa che la fece sobbalzare e allontanare da lui. Evelyn si limitò a sorridergli e fargli poi una linguaccia, non sapendo lei stessa di essere così in confidenza con lui, ma non si oppose perché il gesto le faceva più che piacere. «Ciao anche a te!» rispose al saluto.
Zayn si sistemò meglio lo zaino in spalle e con un gesto della mano, quella con cui teneva la sigaretta arrivata ormai a metà, intimò ad Evelyn di andare a sedersi sui muretti dove erano soliti stare durante gli intervalli. La fece andare per prima e ne approfittò per dare un'occhiata fugace al suo fondoschiena - d'altronde era sempre un maschio -, ringraziando il fatto che la ragazza usasse una tracolla e non uno zaino che coprisse quello che aveva mentalmente definito un "ben di dio".
Una volta seduti, Evelyn decise che non avrebbe permesso che tra di loro s'insinuasse un silenzio pesante ed imbarazzante, i suoi occhi incontrarono il casco del moro: «Non sapevo avessi una moto - commentò - cioè, è la prima volta che ti ci vedo sopra» aggiunse. «Ci sono tante cose che non sai di me, Beadle» disse Zayn con voce ammiccante, muovendo le sopracciglia in un gesto che avrebbe dovuto essere sensuale, tentativo mandando all'aria dal sorrisino idiota che aveva stampato in viso.
«Ora capisco perché sei amico di Louis» borbottò lei, alzando gli occhi al cielo, sebbene le sue labbra fossero curvate in accenno di sorriso. «A proposito! - alzò di poco la voce, attirando l'attenzione di Zayn su di lei - quell'idiota doveva offrirmi una cioccolata!» esclamò, mettendo poi su una faccina imbronciata.
Zayn gettò a terra il mozzicone con un gesto secco - se lo avesse visto il professor Sullivan gliel'avrebbe fatto raccogliere con la lingua - e «Avanti, andiamo, te la offro io», disse, poi si alzò con un gesto veloce. «Ma non devi, ce li ho i soldi!» ribatté lei. Non era di certo costretto a pagare per lei!
«Infatti non era una proposta o qualcosa del genere, sai?» le domandò retorico, strizzandole leggermente una guancia come se stesse parlando con una bambina che non capiva. Evelyn diede uno schiaffetto secco e veloce sulla mano del moro, «Te la taglio a fettine quella mano, Malik» lo avvisò. In risposta, Zayn le pizzicò nuovamente un fianco, come era accaduto quando l'aveva salutata quella mattina, e prese a camminare verso l'ingresso della scuola.
Evelyn osservò la figura del ragazzo: indossava un maglione grigio scuro lasciato in vista dalla giacca di pelle nera lasciata aperta. Le gambe erano fasciate da un paio di jeans neri messi, ovviamente, a vita bassa. Zayn si girò, notando che la ragazza non lo stava seguendo: «Allora? Che ci fai ancora lì?» chiese fremente, mentre con la mano con la quale teneva il casco esortava la mora a seguirlo. Evelyn in risposta abbassò lo sguardo, sorridendo e percependo del calore nella zona delle guance. Si portò una ribelle ciocca di capelli dietro le orecchie, in seguito raggiunse Zayn.
«Allora, cappuccino e cioccolata?» le chiese Zayn provocandola, ricordandosi di una conversazione che lui e la mora avevano avuto tempo prima, poco prima che avesse luogo l'Open Night. La mora fece una faccia disgustata, «Ew, no, neanche sotto tortura, Malik!»


«Avanti!» esclamò con voce pimpante la professoressa Todd, insegnante di letteratura, interrompendo la sua lezione su Jane Eyre, romanzo di Charlotte Brontë.
«Scusate il disturbo, siamo qui per distribuire il giornalino della scuola, se qualcuno lo volesse. Potete alzare le mani, per favore?» parlò una ragazza con in mano una busta contenente dei soldi, seguita da un ragazzo più alto di lei, il quale teneva in mono salto un'ingente pila di giornalini da dover distribuire.
La maggior parte della classe, Evelyn e Gwen comprese, alzò la mano, non perché tutti volessero leggerlo integralmente, ma il motivo principale stava nelle ultime pagine: alcune erano dedicate allo sfottò nei confronti degli insegnanti che ogni tanto si concedevano a qualche battuta o facevano gaffes che per forza dovevano essere tenute vive nella memoria, altre invece offrivano uno spazio in cui solitamente venivano fatte confessioni o domande, dedicate poesie o canzoni, il tutto rigorosamente in anonimo (anche se, in realtà, il nome della classe del mittente compariva).
Una volta tra le mani, Gwen, da brava pettegola, si affrettò a guardare le ultime pagine, come faceva ogni volta.
«Eve, vai a pagina 13, terza dedica» borbottò Gwen all'amica, ridacchiando fra sé e sé.
«"A: Harry Styles, 4°C. Da: 1°B. Harry sei bellissimo, i tuoi ricci sono la cosa più bella del mondo. Lascia la tua ragazza e mettiti con me"» lesse sconcertata Evelyn, posando successivamente lo sguardo su Gwen, la quale stava trattenendo una risata sguaiata.
Gwen era consapevole del fatto che il suo ragazzo fosse tra i più ammirati della scuola, e infatti si considerava più che fortunata ad averlo tutto per sé, le sembrava quasi un privilegio: la classe della mittente, soprattutto, le aveva fatto ridere. Non poteva certamente evitare che le ragazze guardassero Harry, era un tipo che difficilmente passava inosservato e se lei fosse stata al posto loro avrebbe di sicuro fatto lo stesso; non riusciva, però, a credere che quella ragazza si fosse spinta così tanto oltre con le parole. La trovava una situazione quasi assurda, divertente: probabilmente quelle parole le aveva scritte una tredicenne con gli ormoni impazziti, troppo ingenua per dare peso alle parole scritte e, se ci pensava su, Gwen si sentiva troppo cattiva a ridere di lei.
La ragazza estrasse il cellulare dalla tasca inferiore dello zaino e senza farsi vedere dall'insegnante, che nel frattempo aveva ripreso la spiegazione, lo sbloccò, pigiando poi sull'icona dei messaggi:


Nuovo messaggio
Ore: 09.27 / A:
Haz
Hai letto cosa c'è in fondo al giornalino?
Se becco chi è le strappo i capelli, e li strappo anche a te!!! Dopo facciamo i conti”

Scrisse quelle parole per divertirsi un po', avrebbe pagato per vedere la reazione istantanea di Harry, se la stava già pregustando col pensiero. Fece leggere il messaggio ad Evelyn che «Ma dai, povero!» commentò, ridendo anche lei. La risposta di Harry non tardò ad arrivare, scrisse subito che lui non c'entrava niente e che non sapeva nemmeno chi fosse quella ragazza. L'ora di letteratura passò così, con Evelyn che tentava di sorridere innocente alle occhiatacce della Todd, che sentiva arrivarle alle orecchie le risatine di Gwen, e con quest'ultima che si sorprendeva di quanto Harry potesse essere ingenuo e credulone, trovandolo però tremendamente adorabile. La ragazza, però, sapeva già come si sarebbe fatta perdonare.

«E vedi di badare al linguaggio, Beadle» mormorò con tono severo la professoressa Goodman, insegnante di matematica, dopo che Evelyn le aveva chiesto cosa cazzo volesse da lei, credendo di non farsi sentire dalla donna.
«Eh, sì, va bene, tanto ha ragione lei» borbottò in risposta Evelyn, con gli occhi lucidi. La Goodman non mandò avanti la conversazione, la guardò truce e si diresse fuori dall'aula facendo risuonare i tacchi troppo alti per una donna della sua età.
Evelyn odiava profondamente il fatto che quando era nervosa o arrabbiata o entrambe le cose, come in quel momento, le venisse anche da piangere. Non sopportava di sentire quel groppo in gola che addirittura le impediva di respirare normalmente.
Non era dispiaciuta per come le fosse andata la verifica di matematica in sé, la cosa passava in secondo piano, le dava fastidio che ogni fottuta volta la professoressa Goodman dovesse umiliarla davanti a tutti perché, secondo lei, Gwen le suggeriva tutto da cima a fondo. E se fosse stato vero i commenti della donna l'avrebbero solo irritata, niente di che, ma così sputava sulle sue ore passate a cercare di capirci qualcosa di seno, coseno, tangente e altre stronzate di cui non le importava nulla e sulla sua intelligenza: era questa la cosa che non tollerava. Aveva provato a ribattere, ma i suoi sforzi erano stati vani perché in fin dei conti quello che pensava lei non contava, era solo un'alunna.
Gwen aveva provato ad intervenire in favore dell'amica, ma, come lei, non era stata ascoltata.
La mora si alzò velocemente e si diresse fuori dalla classe, senza guardare in faccia nessuno, come se davvero fosse nel torto. Gwen non la seguì, sapeva che altrimenti la situazione sarebbe solamente peggiorata e non era proprio il caso.
Nel frattempo una lacrima le era scesa sulla guancia involontariamente, andandosi ad insinuare nel solco delle sue labbra. Si passò velocemente una mano sul viso per eliminarne la traccia e si diresse verso il bar della scuola, da dove poi sarebbe arrivata in cortile.
Non impiegò troppo tempo ad arrivare fuori, si accovacciò, diventando più minuta di quanto già non fosse. Espirò profondamente, mentre ancora la rabbia le ribolliva dentro; si passò una mano tra i capelli scuri, sentendo ancora le lacrime agli occhi. Probabilmente il naso e le guance le erano diventati rossi e sembrava reduce della sbronza del secolo, sentiva infatti di essere inguardabile. Udì la porta aprirsi e chiudersi velocemente e «Eve?», si sentì chiamare.
Sarebbe riuscita a riconoscere quella voce tra migliaia, onde evitare che però Zayn la vedesse in quello stato, fece finta di non sentirlo.
«Hey» il moro si mise all'altezza della ragazza, sventolandole la mano davanti al viso. La sentì tirare su con il naso e lentamente alzare lo sguardo nel suo.
Il moro la scrutava attentamente, indeciso sul da farsi. La trovò estremamente carina, nonostante lo sguardo afflitto: la ragazza indossava un cappotto nero di lana, un maglioncino color crema e dei denim jeans a vita alta le fasciavano le gambe perfettamente, esaltando le sue forme. Ai piedi un paio di Adidas che Zayn si chiese come facesse a tenere così pulite.
Evelyn lo fissò negli occhi, questa volta - una delle poche - senza abbassare lo sguardo. Lo fece per così tanto tempo che, sentendosi una completa idiota, si mise a ridere, scuotendo poi la testa: «Scusami, sto diventando una psicopatica come quella donna» si scusò, causando una smorfia incerta da parte del moro che non sapeva ancora a quale donna si stesse riferendo. Evelyn lo notò e «La Goodman», gli chiarì il dubbio. A quelle due sue stesse parole, la sua espressione mutò in arrabbiata, mise su un broncio e iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, ignorando che quel gesto stesse mandando completamente il tilt il cervello del ragazzo di fianco a lei.
«Hai una sigaretta?» gli chiese dopo un po' la mora, anche se probabilmente la risposta sarebbe stata affermativa. Non aveva il vizio del fumo, Evelyn, ma certe situazioni, secondo lei, richiedevano di essere alleggerite e in quel momento, quella del fumo, le sembrava la soluzione più immediata. Zayn la scrutò accigliato, inarcò le sopracciglia e «Fai sul serio?» le domandò, incredulo.
Evelyn annuì, come una bambina, sentendosi piccola di fronte agli occhi penetranti di lui, sembravano trapassarla. «Ne ho proprio bisogno» si giustificò, sedendosi completamente a terra, non curante che i jeans nuovi che indossava potessero sporcarsi. Il moro imitò il suo gesto, in seguito estrasse due sigarette dal pacchetto che aveva acquistato quella stessa mattina: «Sono forti», l'avvisò, riferendosi al fatto che fossero Marlboro Rosse, non proprio delle sigarette leggerissime.
Zayn le passò l'accendino nero, facendo accendere prima a lei, la quale si sentiva quasi inesperta, dato che era passato un sacco di tempo dalla sua ultima sigaretta. Si sentì osservata dagli occhi scuri del moro ma decise di ignorarli, anche se sentiva le guance calde. Non sarebbe stato un problema nascondere il loro rossore, siccome quella sorta di pianto che si era fatta gliel'aveva fatte già diventare di un colore purpureo. L'accendino passò nella mano destra del ragazzo, che non ci mise molto ad accenderlo, poi il suo sguardo si posò nuovamente sulla figura della mora. Poteva essere inquietante, fastidioso forse, se ne rendeva conto, ma non poteva fare a meno di osservarla, era più forte di lui.
«Che ha combinato la Goodman?» decise di chiederle, giusto per non rimanere in totale silenzio e perché un po' era curioso di sapere perché Evelyn fosse in quello stato.
«"Beadle, smettiamola di copiare, poi è ovvio che vai magicamente bene... E non usare quel linguaggio con me!" e bla bla bla - cercò di imitare il tono di voce della donna - povero suo marito, con che coraggio ci fa sesso? No, non fanno sesso, ecco perché è così frustrata! Vecchia megera bastarda!» blaterò, mentre Zayn la guardava incredulo, scoppiando poi a ridere e tossendo un po' per via del fumo. Evelyn si compiacque di essere riuscita a farlo ridere e si unì al moro, il quale si avvicinò un po' di più al corpo della ragazza.
Dopo essersi ripreso, «E questa vecchia megera bastarda ti ha addirittura fatta piangere?» le domandò. «Sì, quando sono arrabbiata e non so come gestire la rabbia mi metto a piangere. Stupido, lo so, ma non ci posso fare nulla» borbottò, portandosi alle labbra la sigaretta arrivata ormai al filtro, spegnendola poi per terra.
«Non è stupido, se poi ti fa stare meglio. Ognuno si sfoga a modo proprio» le disse Zayn, guardandola negli occhi in modo serio. La mora non gli rispose, si limitò a sorridergli grata che non l'avesse giudicata come una bambina immatura che al primo ostacolo si metteva a piangere. Il ragazzo le si avvicinò maggiormente, facendo sfiorare le loro braccia e, sebbene ci fossero alcuni strati di vestiti a coprirla, Evelyn sentì come se Zayn le stesse toccando il braccio spoglio, per quanti brividi sentiva.
Non seppe né come e né perché, ma, data quella vicinanza, Evelyn appoggiò il capo sulla spalla di Zayn, il quale fece passare la sigaretta tra l'indice e il medio della sua mano sinistra e con il braccio destro circondò il busto della mora, che sorrise a quel gesto. «Comunque forte è riduttivo, mi ha devastata tutta quella sigaretta», ridacchiò, scuotendo la testa.


La villetta degli Styles si trovava nella periferia di Manchester, però in un quarto d'ora, venti minuti al massimo, il centro della città era facilmente raggiungibile. Era posta su due piani, più una taverna. Sul retro c'era un ampio giardino, che quando Harry e sua sorella Gemma erano piccoli ospitava un'altalena e un paio di scivoli, i quali erano stati sostituiti da un'ampia veranda in legno.
Gwen stava percorrendo il vialetto della casa di Harry, quel pomeriggio avrebbe dovuto aiutarlo a prepararsi per un'interrogazione di storia: indossava un paio di skinny jeans neri, sopra ad essi una maglietta con le maniche a tre quarti a righe bianche e nere. La giacca era di pelle, molto simile a quelle alla Malik, gliel'aveva regalata Evelyn il giorno del suo compleanno.
Una volta arrivata davanti alla porta d'ingresso, percorsa una breve rampa di scale in legno, fece per pigiare sul campanello ma la porta, con sua sorpresa, si aprì di colpo. Ne uscì una Gemma Styles, sorella maggiore di Harry, tutta trafelata, che non aspettandosi di trovare qualcuno davanti alla porta di casa, «Oh, ciao!» esclamò. «Io vado all'uni, il tonto è su di sopra a fare non so cosa, voi non fate le vostre cose strane nelle stanze comuni» parlò velocemente la ragazza, facendo diventare rossa come un peperone Gwen. Vedendo la reazione di quest'ultima, Gemma ridacchiò leggermente: «Sto scherzando - le poggiò una mano sulla spalla - ma neanche troppo, onestamente» aggiunse poi. Le lasciò la porta d'ingresso aperta ed estrasse le chiavi della macchina dalla borsa, poi «Ci vediamo», salutò Gwen, la quale rispose muovendo le labbra quasi impercettibilmente.
La ragazza seguì le indicazioni di Gemma, indirizzandosi subito verso il piano superiore, dove c'erano le stanze da letto. Vide il cartello, che doveva rimandare al segnale stradale di divieto d'accesso, con la scritta "get outta here" appeso sulla porta della stanza del suo ragazzo, lasciata socchiusa. Sbirciò all'interno della stanza, notando che Harry era sdraiato con ancora tutti i vestiti addosso; vi entrò dentro e senza fare troppo rumore spostò una sedia per poggiarvi sopra lo zaino e poi anche la giacca. Si tolse anche le scarpe, un paio di Vans senza lacci, con gesti veloci.
Salì sul letto e si mosse a gattoni fino a raggiungere il corpo di Harry: si sedette a cavalcioni sulla sua schiena, successivamente piegò il busto e incominciò a lasciare una scia di piccoli baci sul collo del riccio. Egli, in un primo momento non si accorse di nulla, poi iniziò ad emettere dei mugolii di piacere e a muoversi un poco. Gwen sorrise nel vederlo con quell'espressione che era un misto fra l'addormentato e lo sperduto e quando lo vide ruotare di poco il capo e aprire gli occhi, «Hey» lo salutò sorridente, passandogli una mano fra i folti ricci.
Una volta riacquisita coscienza di se stesso, per quanto fosse possibile per Harry Styles, si mosse abbastanza da far capire a Gwen che sarebbe dovuta entrare sotto le coperte con lui. Il messaggio arrivò chiaro alla ragazza, che in una mossa veloce scese dalla schiena del ragazzo, entrando poi nel luogo caldo che Harry aveva scaldato col suo corpo possente.
Il riccio se la strinse addosso, affondando la testa tra i capelli di Gwen, più scuri dei suoi, che profumavano di miele. Le baciò la spalla, lasciata scoperta dalla maglietta che si era leggermente spostata: «Come stai?», le chiese, poi si spostò quel tanto che bastava per poterla guardare in viso. Non riusciva ancora a credere che Gwen fosse finalmente sua: gli era piaciuta fin da quando l'aveva vista per la prima volta in quarta elementare, ma non aveva mai avuto il coraggio di rivolgerle la parola, bloccato dal fatto che lei potesse snobbarlo. Era poi intervenuta Evelyn, che cinque anni dopo li aveva presentati, e da lì erano diventati un trio inseparabile. E dopo tre anni da quando si erano rivolti la parola, Harry aveva finalmente tirato fuori gli attributi e, senza proferire parola, l'aveva baciata come, in realtà, avrebbe voluto fare in tutto quel tempo (anche a nove anni, sì). Osservò ogni centimetro del viso di Gwen, soffermandosi poi sulle sue labbra rosse e carnose. Si avvicinò lentamente ad esse per poi farle combaciare con le proprie, unendolo in un piccolo bacio casto. La sentì sorridere contro le sue labbra e quando si separarono, «Harry sei bellissimo... Lascia la tua ragazza per me - iniziò a scimmiottare quella che doveva essere la voce di una bambina spocchiosa - ma per favore, mi baciasse il sedere!» aggiunse, assumendo poi un'espressione che avrebbe dovuto incutere timore. Questo non funzionò per niente, dato che a quelle parole Harry era scoppiato a ridere come un idiota: «Sono irresistibile, mi vogliono tutte» si pavoneggiò, con l'unico obiettivo di provocarla. «Sì, sì, vacci, mi raccomando» borbottò lei, togliendosi le mani di lui di dosso e incrociando le braccia sotto il seno. Il tutto era, ovviamente, una finta; Gwen voleva vedere se davvero Harry fosse così deficiente.
«Sto scherzando!» cercò infatti di riparare subito lui, prendendole le mani e incrociando le dita con le sue. Gwen gli rise in faccia: «Lo so, idiota - lo guardò come per chiedergli se ci avesse creduto davvero, al fatto che lei si fosse arrabbiata sul serio - Non la trovi un'altra che ti sopporta come faccio io!» si diede delle arie, sbattendo ripetutamente le palpebre come a dare più enfasi alle sue parole.
«Sì, infatti» l'assecondò piuttosto serio Harry, stringendola in un abbraccio e baciandola. Picchiettò la lingua sul labbro inferiore di Gwen, segno che avrebbe voluto approfondire il bacio, richiesta alla quale la ragazza non si tirò indietro.
Harry la portò sopra il suo corpo e prese ad accarezzarle in fianchi, mentre lei si portò una ciocca di capelli di troppo dietro l'orecchio. Le mani di Harry salirono lentamente, alzandole di poco la maglietta, lasciandole così la pancia scoperta. Gwen sospirò sentendo le mani grandi e calde di Harry sfiorarle il corpo così delicatamente, scese un poco e mise a contatto le sue labbra con il collo di lui, lasciandovi piccoli baci umidi e focosi. Anche le sue mani incominciarono ad accarezzare il corpo di Harry, il quale indossava una tuta verde e una maglietta bianca a maniche corte, sotto la quale, ben presto, si insinuò una mano di Gwen, muovendosi timida. Harry poteva affermare di star impazzando ed ogni cellula del suo corpo avrebbe potuto confermarlo. Per la stanza risuonavano i loro sospiri e il suono dei loro baci, nel cuore di Gwen un afflusso di sensazioni le avevano tolto quel poco di lucidità rimasta, mentre il cervello di Harry era andato in stand-by già da quando l'aveva vista quel pomeriggio.
Il ragazzo tenne saldo il corpo di Gwen mantenendola per i fianchi con il braccio sinistro, con l'altro braccio, invece, stava salendo sempre di più, fino a sfiorarle il seno, tocco che fece rabbrividire e sussultare un poco la mora, appagata da quel gesto. Quest'ultima tornò a concentrarsi sulle labbra del riccio, continuando a baciarlo con desiderio. Senza che se ne rendesse conto, la mano che era ormai a contatto con il petto di Harry, seguendo un ritmo che andava avanti e indietro, scese troppo indietro, tanto da sfiorare la patta ormai gonfia dei pantaloni del ragazzo, che subito spalancò gli occhi verdi, ansimando leggermente. Gwen finalmente si accorse di dove fosse finita la sua mano e subito tornò sui suoi passi, staccando le labbra da quelle del suo ragazzo: «Ehm, noi... Noi dovevamo studiare storia, o sbaglio?» chiese palesemente imbarazzata. Si abbassò infatti la maglietta e alzò il busto, trovandosi a cavalcioni su Harry, accorgendosi che anch'essa poteva essere una posizione compromettente. Scese dalle gambe di lui e si sedette sul bordo del letto, trovando occupazione nel sistemarsi i capelli, che sicuramente erano scombinati, evitando a tutti i costi gli occhi verdi di Harry.
Che i due si fossero trovati in una situazione così intima, questa era la prima volta, e se ci pensava, la cosa faceva in un certo senso piacere a Gwen, dall'altro però la imbarazzava da morire. Non che fosse una cosa sbagliata, non lo pensava affatto, piuttosto era anche normale, ma semplicemente le pareva tutto piacevolmente strano e nuovo.
Harry, anche lui imbarazzato, forse per il fatto che lei si fosse accorta di quanto quelle attenzioni l'avessero mandato fuori di testa, si schiarì la gola e «Mh, sì, giusto, storia», mormorò ancora un po' intontito. Si passò una mano fra i ricci e con un gesto veloce scese dal letto, stiracchiandosi un po'. Vide che Gwen si stava passando freneticamente le mani fra i capelli, gesto che faceva quando era agitata, e la trovò adorabile, perché, davvero, tra i due quella in preda alla vergogna non sarebbe dovuta essere lei. Fermò i movimenti affannati della mora e incrociò le dita con le sue, movendole un poco, intimandola ad alzarsi. Una volta in piedi, le diede un piccolo bacio sulla fronte e poi sul collo, conducendola poi verso la scrivania: l'aspettava un pomeriggio intenso passato a capirci qualcosa, almeno quello, sulla Guerra dei Trent'anni, anche se dopo ciò che era successo, ormai, la sua testa era completamente altrove. E non era l'unico in quelle condizioni, in quella stanza.













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Capitolo 8
*** (7) ***


 


7th Chapter – Junk of The Heart (Happy)



Il cellulare di Evelyn prese a squillare insistentemente, la voce soave di Justin Timberlake in Señorita riecheggiò nel soggiorno di casa Beadle, ed insieme alla voce dell'artista anche un grugnito di dissenso da parte di Nathan, per la scelta della suoneria. Il ragazzo in risposta si beccò un dito medio da parte della sorella, che subito dopo aver pigiato sul tasto verde, si portò l'apparecchio all'orecchio destro.
«Hey, amico! - esclamò, entusiasta Evelyn di sentire la voce di Louis - dimmi tutto» continuò in seguito, mettendo il tappo alla sua penna blu e riponendola poi nell'astuccio. Era stato un intenso pomeriggio di full immersion negli androni più sconosciuti e remoti della trigonometria: dire che fosse stanca era poco. Fortunatamente e sorprendentemente Nathan l'aveva aiutata con disponibilità - le avrebbe sicuramente chiesto qualcosa in cambio, lo conosceva bene -, altrimenti sarebbe rimasta lì a studiare per almeno altre due ore, come minimo!
«Domani pomeriggio hai da fare?» le chiese Louis, che dall'altra parte della cornetta aveva il telefono incastrato tra la spalla e l'orecchio e stava preparando la sua borsa da calcio, infilandoci dentro le scarpe e i parastinchi.
«A parte stare stravaccata sul divano a guardare Grey's Anatomy, dici? Niente di importante. Non che il Seattle Grace Hospital non lo sia, intendiamoci!» mormorò con tono ilare, anche se in realtà era seria. «Perché?»
«Ti ricordi di quando i rappresentanti parlavano de La Stanza? Ecco, domani dovremmo iniziare a dipingerla e c'è bisogno di gente che dia una mano - spiegò Louis - beh, in realtà due mani» specificò ridacchiando, e facendo borbottare parole poco carine ad Evelyn, rimasta sconvolta dalla battuta finale squallida: «Era davvero una battuta, Lou? No, perché puoi fare di meglio», aggiunse infatti.
La Stanza - Evelyn pensava che il nome fosse parecchio inquietante, probabilmente era il titolo di qualche film horror che lei non avrebbe mai guardato - era semplicemente una classe in disuso che i rappresentanti d'istituto avevano deciso di fare diventare una sorta di aula studio: il progetto era quello di personalizzarla, partendo dalle pareti, in seguito l'avrebbero arredata con accessori vari che ogni alunno avrebbe spontaneamente portato da casa.
«Comunque sì, sembra carino!» accettò Evelyn. Avrebbe rimandato gli scleri per Derek Shepherd ad un'altra occasione.
«Perfetto! È subito dopo scuola, quindi pranziamo tutti insieme?» le domandò il castano, ponendo il portafogli nella tasca della tuta nera che indossava, abbinata cromaticamente ad una felpa col cappuccio.
«Me, te e...?»
«Gwen, forse Harry, Niall e Zayn» le comunicò, stando attendo a menzionare il nome del moro alla fine. Era subdolo, sì, ma Evelyn, dal canto suo, non era stupida.
E infatti, a sentire quel nome, sul viso della mora comparve un sorriso, non si applicò nemmeno a tentare di reprimerlo:
«Lou, non sono scema» borbottò leggermente in imbarazzo, mordendosi il labbro inferiore. Quel piccolo sorriso era ancora lì presente, non accennava a volersene andare.
«Lo so - rispose sinceramente il castano - Avanti, ti piace?» chiese infine in modo schietto, non potendone più di rimanere sulle spine.
A quella domanda, la mora si scrutò intorno, giusto per accertarsi che Nathan non fosse da qualche parte ad origliare - non sarebbe stato poi tanto strano, in fin dei conti. Passata questa preoccupazione, 
«È carino» squittì timida, sentendo le guance andarle a fuoco nell'aver fatto quella confessione  a Louis.
«Beh, in realtà un bel po' più che solo carino, ad essere sinceri.» aggiunse, pensando che ormai aveva già sputato il rospo.
Louis prese la sua borsa da calcetto e l'appoggiò sulla spalla destra, mentre la mano sinistra teneva il cellulare. Ridacchiò all'ultima affermazione dell'amica, trovandola adorabile, immaginando il colore latteo del suo viso avvicinarsi sempre più al rosso.
«Dai, Lou, non prendermi in giro» ribatté Evelyn, sentendo la risatina del castano, mettendo su un piccolo broncio.
Nel frattempo, la mora vide il fratello tornare in soggiorno col pc portatile tenuto saldamente, sulle spalle larghe lo zaino grigio scuro.

«Ma mi fai tenerezza!» si difese il castano, il quale si stava chiudendo la porta d'ingresso alle spalle. «È stato divertente prenderti per il culo, ma se non mi muovo perdo l'autobus e il mister mi lascia in panchina alla prossima partita. Ci vediamo domani, mon amour», la salutò ricevendo in risposta un «Ciao Lou» da Evelyn, la quale dopo aver chiuso la chiamata sospirò.
«Chi era?» le chiese curioso Nathan, sedendosi nella postazione di fronte a lei, estraendo dal suo zaino il libro di fisica. Evelyn lo scrutò con un sopracciglio inarcato, come a voler essere sicura che fosse serio: «Che c'è? - domandò stupito - devo saperlo, se c'è qualche maniaco che ci sta provando con te! Almeno gli spacco la faccia per bene» si discolpò lui, alzando le spalle.
«L'unica mania di Louis è il Manchester United, Nate... E a parte lui non ci sono pericoli in generale» gli fece presente: il suo amico era totalmente innocuo.
«I pericoli ci sono eccome, fidati...» ribatté convinto Nathan, cliccando sul tasto di accensione del pc. La mora lo guardò stranita, non capendo, intimandogli di spiegarsi meglio: «Ho scoperto che molti dei miei compagni di classe ti venerano» le disse, cosa che non fece che aumentare l'espressione stranita sul volto di Evelyn. «Devo dire che molti di loro hanno più droga che sangue in corpo, eh. Trai le tue conclusioni» fu il commento che aggiunse Nathan, col chiaro intento di prendere in giro la sorella. In risposta, Evelyn gli diede un calcio sullo stinco che fece sobbalzare il ragazzo: «Ahi! Sei una stronza!» esclamò, stringendo i denti, mentre la mora se la sghignazzava bellamente. «Ne vuoi un altro?» gli chiese retorica, stampandosi un'espressione fintamente minacciosa che velava il divertimento che stava gustando in quel momento. Nathan non le rispose, troppo occupato a controllare che non gli fosse comparso un livido sulla gamba - sì, gli aveva fatto così male -, ed Evelyn ne approfittò per infierire ulteriormente: «E comunque Justin Timberlake è centosettordicimila volte meglio delle band sfigate che ascolti tu» borbottò sicura, dando un pizzicotto sul braccio al fratello e scappando al piano superiore, quando vide che Nathan era lì lì sul punto di reagire.
«Espèce d'idiot!» esclamò infine, chiudendosi ben presto nella sua stanza.






Evelyn aveva l'impressione che la cioccolata delle macchinette del primo piano, quella mattina, scottasse più del solito. O forse era stata lei ad aspettare meno tempo dell'usuale prima di portarsela alle labbra. 
Non avrebbe dovuto berla in fretta e furia, giusto in tempo perché la professoressa non le segnasse il ritardo, poiché per grazie divina - o semplicemente culo - per tutto il resto della giornata i suoi insegnanti avrebbero scioperato. Ovviamente la professoressa Goodman era troppo d'un pezzo per fare la rivoluzionaria e rimanere a casa, perciò Evelyn se l'era dovuta subire per tutta la prima ora.  Dato il movimento e l'affluenza di studenti che si poteva facilmente notare nei corridoi, aveva constatato che la situazione non fosse quella solo per la sua classe.

«Eve!» si sentì chiamare. Non dovette nemmeno girarsi per riconoscere la voce di Gwen.
«Stronza, ti sei balzata la prima, eh!» la salutò così, facendole un sorriso complice di chi, se avesse potuto, avrebbe certamente fatto lo stesso. «Non ti sei persa niente, tanto - borbottò, stampandole poi un bacio sulla guancia che venne ricambiato subito - Andiamo giù al bar?» le chiese, l'amica annuì.
«Lascia perdere, guarda. Avrei preferito mille volte stare qui e fissare le rughe della Goodman, te lo posso assicurare» bofonchiò e quando vide lo sguardo incerto di Evelyn, che non capiva a cosa l'amica si stesse riferendo «Mia madre mi ha fatto il discorso» sbottò ancora sconcertata.
Evelyn la guardò incredula, subito dopo le scoppiò a ridere in faccia perché anche solo immaginare la situazione era qualcosa di comico.
«Davvero? Non ci credo! Amavo già Suzanne, ma dopo questa è il mio idolo, lo giuro» detto ciò, prese il suo ultimo sorso dal bicchierino, oggetto che poi buttò nel primo cestino che le si presentò davanti.
«Purtroppo sì!» confermò Gwen, passandosi una mano fra i capelli scuri ancora un po' umidi dalla doccia che si era fatta quella mattina.
«Ma tu... Insomma, con Harry niente, vero?» le domandò Evelyn maliziosa, svoltando verso destra ed entrando per prima nel bar, che stranamente era deserto - mancava addirittura la commessa.
Si diressero verso il cortile e ringraziarono il cielo che fuori avessero rimesso i tavolini, perché di sedersi ancora una volta per terra non se ne parlava proprio. Presero posto ed Evelyn fece una smorfia nel constatare quando la superficie della sedia fosse gelida, maledicendosi per non essersi portata dietro il cappotto.
Gwen a quella domanda sorrise sorniona, sentendo le guance diventarle calde, ricordandosi di ciò che era successo in casa Styles quattro giorni prima:
«Dobbiamo proprio parlarne, Eve? Direi che una così grande mole d'imbarazzo basta e avanza per un solo giorno» le rispose, ma si accorse prontamente che, dal modo in cui Evelyn aveva spalancato i grandi occhi azzurri, poteva aver fatto intendere qualcos'altro, perciò «Oddio Eve, sono ancora vergine, sì!» si affrettò a specificare.
Notando l'espressione insoddisfatta di Evelyn, che stava arricciando le labbra per tenerle impegnate e non iniziare a fare domande a raffica,
«Mh, va bene! - esalò, facendo comparire sul volto dell'amica un sorriso compiaciuto - Stava per succedere qualcosa ma dovevo aiutarlo a studiare storia e quindi niente!» riassunse brevemente, cercando di guardare ovunque tranne che negli occhi della mora seduta di fronte a lei.
«Qualcosa o qualcosa qualcosa
«Ma sei scema?! - le domandò retorica, con tono di voce leggermente stizzito - Comunque in realtà è stato involontario: ci stavamo baciando e beh... La mia mano è andata a finire dove non doveva. Non ti dirò nient'altro, ma ripeto: non è successo nulla» le spiegò, ribadendo ancora una volta il concetto. Per tutto il tempo in cui aveva parlato, Gwen aveva evitato in qualsiasi modo di incontrare lo sguardo dell'amica. Parlare di certi argomenti la metteva a disagio di per sé, se poi questi la riguardavano in prima persona era anche peggio. Gwen non era mai stata una ragazza troppo estroversa o espansiva, preferiva tenersi certe cose per sé; Evelyn invece era molto più curiosa e a volte il suo lato pettegolo veniva a galla senza che nemmeno lei se ne rendesse conto e potesse controllarlo. Non lo faceva con malizia, comunque.
«Tu, piuttosto! - Gwen cercò di spostare l'attenzione sull'amica - Che intenzioni hai con Zayn?» le chiese senza fare troppi giri di parole. Era meglio arrivare al nocciolo della questione.
Non parlava troppo, Gwen, però era una brava osservatrice e aveva scrutato bene gli atteggiamenti dell'amica tanto da capire che un interesse, seppur minimo, nei confronti del ragazzo c'era. Che Evelyn le confermasse il fatto o meno, questo era ciò che i suoi occhi marroni avevano captato.

«Mi sembri Louis, sai? Ne stavamo parlando ieri» alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano fra i capelli scuri che quel giorno erano più mossi del solito. Accavallò una gamba all'altra, poggiando la destra su quella sinistra, e notò che l'amica la stava scrutando con un sorriso dolce che forse avrebbe dovuto farle intendere qualche cosa. «Okay, Gwen, mettiamo caso che possa piacermi e io dovessi ammetterlo» iniziò, ma venne interrotta dalla mora di fronte a lei che, «Ed è così...», borbottò annuendo, ricevendo un'occhiataccia da Evelyn che voleva concludere quel concetto e, in generale, odiava essere interrotta mentre parlava. «Mettiamo caso, okay. Ad ogni modo a lui  non sembro proprio interessare, o almeno non in quel senso, perciò è inutile farsi tanti film mentali se poi deve rimanere tutto nella mia testa» disse spigliata, concentrandosi sulle maniche della felpa grigia firmata Nike che indossava, la cui cerniera era alzata fino a metà.  «Va bene così alla fine. Siamo amici!» aggiunse, alzando le spalle e stampandosi un sorriso di circostanza, per niente vero o sentito, in viso.
«Ma io vi vedrei un sacco bene insieme, davvero!» ribatté convinta Gwen. Non le andava giù il fatto che l'amica si abbattesse in quel modo e non provasse nemmeno un po' a mettersi in gioco, anche perché secondo lei ne valeva la pena.
«Non sono il suo tipo, Gwen» concluse, alzando le spalle e probabilmente con tale affermazione si era tradita da sola, ammettendo il fatto di provare dell'interesse nei confronti di Zayn, ma alla fine si trattava della sua migliore amica, se non le avesse dette a lei certe cose, con chi l'avrebbe fatto?






Zayn si passò una mano fra i capelli, gesto che ormai era diventato un'abitudine. Sbuffò, creando una piccola nuvola di condensa nell'aria e, tastandosi le tasche del giacchetto di pelle che indossava, si assicurò che il suo cellulare fosse a portata di mano.
La sua camminata era normale, a vederla non si sarebbe potuto dire se fosse di fretta o meno. Era diretto verso Fuddrockers, un fast food dall'ambientazione anni '60, dove avrebbe pranzato insieme ai suoi amici.
Non ci mise molto ad arrivare, dato che il posto distava dieci minuti a piedi dalla scuola - e infatti non aveva preso la moto perché sarebbe stato soltanto uno spreco di benzina. Svoltò a destra, immettendosi nella Faulkner Street, e subito i suoi occhi scorsero l'insegna del fast food, luogo che raggiunse in poche falcate. Vi entrò dentro, sentendo la pelle del volto scaldarsi improvvisamente a causa del tepore interno. Notò che, stranamente, dato l'orario in cui tutti uscivano da scuola o staccavano dal lavoro per la pausa pranzo, non c'era molta fila alla cassa, e infatti non dovette aspettare molto prima di ricevere il vassoio con sopra la porzione di patatine small che aveva ordinato. Non aveva molta fame.
Si diresse al piano superiore: Louis gli aveva inviato un messaggio per comunicargli che, appunto, si trovavano di sopra. Percorse una rampa di scale, facendole a due a due, e una volta arrivato non fece nemmeno in tempo a guardarsi intorno per bene che sentì la risata inconfondibile di Niall, il quale si stava letteralmente dimenando sulla sua sedia, sbattendo di tanto in tanto la mano sul tavolo. Anche se in modo quasi impercettibile, sorrise a quella visione: era impossibile non farsi contagiare dal buon umore dell'irlandese. 
Fece pochi passi e raggiunse il tavolo dove il biondo, Gwen ed Evelyn erano seduti e stavano consumando i loro pasti; Louis faceva l'idiota come sempre, causando le risate degli altri.
«Ciao gente» li salutò, poggiando il vassoio sul tavolo. I ragazzi ricambiarono il saluto, in seguito ripreso ad ascoltare una delle tante storie stupide prese dal repertorio di Louis.
Si tolse lo zaino dalle spalle lasciandolo a terra e mise la giacca sulla spalliera, poi sospirò. Quando alzò lo sguardo, si accorse che Evelyn stava osservando attentamente ogni suo movimento e, una volta che i loro occhi s'incontrarono, le guance della ragazza assunsero un colorito tendente al rosso. Notò anche che quello vicino alla mora era l'unico posto libero, perciò si sedette accanto a lei:
«Hey» la salutò con tono di voce basso, facendole un piccolo sorriso.
Evelyn rispose al saluto, le guance ancora un po' rosse, la felicità per il fatto che lui fosse lì le si poteva leggere negli occhi azzurri. Lo guardò arrolarsi le maniche della maglia fino ai gomiti, dopodiché Zayn prese a mangiare con lentezza.
Evelyn non poté fare a meno di constatare quanto fosse bello anche quel giorno: indossava una semplice maglietta a maniche lunghe grigia e dei jeans neri stretti con degli strappi all'altezza delle ginocchia, ai piedi degli scarponcini neri.

Poiché il moro non si decideva a spiccicare parola, «Tutto bene?» gli chiese lei con cortesia. Lo vide guardarla e poi annuire lentamente, ma quando lei, per nulla convinta, inarcò un sopracciglio, insoddisfatta, lui «Ho solo un sonno tremendo, non ho chiuso occhio stanotte» continuò.
«Aw, povero Jawi!» esclamò lei con voce da bambina ma che al contempo lo stava sfottendo. Zayn prese una patatina e l'affondò nella vaschetta di maionese che era sul vassoio di Niall, in seguitò l'avvicinò al volto di Evelyn, che non fece in tempo ad accorgersene, e si ritrovò con la punta del naso sporca di quella salsa giallognola. La mora sgranò gli occhi azzurri e socchiuse le labbra: «Malik hai un millesimo di secondo per scappare» lo minacciò, e intanto Zayn se la rideva alla grande perché era troppo buffa. Notando infatti che il ragazzo aveva totalmente ignorato le sue parole, dopo essersi pulita accuratamente, prese a dare dei pugni sul braccio destro di Zayn, il quale però non sembrò per nulla scalfito e comunque continuava a ridacchiare sornione.
«Ti donava particolarmente quella maionese sul naso»
«Malik, questo è bullismo, non so se te ne rendi conto» borbottò lei, scrutandolo con quegli occhi che tanto piacevano al moro. Erano di un azzurro chiaro, diversi da quelli di Louis o Niall. Sembravano scurirsi nella parte intorno alla pupilla, ma se non si osservava con attenzione non lo si sarebbe potuto notare.
«Tu mi hai preso a pugni sul braccio e io non sono un sacco da boxe, direi che siamo pari» ribatté lui, con finta espressione compunta. Evelyn gli fece una linguaccia a cui lui rispose allungando il braccio per riuscire a pizzicarla, gesto che la fece sobbalzare sulla sedia. Gli diede uno schiaffetto sulla mano, Zayn lo incassò e non ricambiò, limitandosi solo a sorridere beffardo.
«Ah, mannaggia!» esclamò, grattandosi le guance, sulle quali stava crescendo un accenno di barba che in quel momento lo infastidiva da morire, dal momento che lo stava irritando. «È il karma, mio caro» borbottò Evelyn, facendo uno sguardo furbo. «Credi nel karma?» le chiese il moro incuriosito, ma vide la ragazza vicino a sé fare una smorfia incerta: «Non proprio, è qualcosa che si avvicina più al concetto fisico secondo cui ad ogni azione corrisponde una reazione, più che altro» gli spiegò, rubandogli una patatina, cosa che lui notò e che lo fece sorridere. 
«Le vuoi finire? Non ho molta fame» le propose, riferendosi alle patatine, che poi mise sul vassoio della mora. Evelyn gli fece un sorriso ampio, felice come una pasqua perché "una persona che ti offre del cibo è solo da amare!", questa era la frase che spesso ripeteva. 
All'improvviso Evelyn sentì il proprio cellulare suonare, sul display il nome del fratello. Zayn non aveva fatto caso alla conversazione, d'altronde non erano affari suoi, ma quanto udì la ragazza menzionare il nome "Nate", improvvisamente iniziò ad essere incuriosito. Di botto serrò la mascella, iniziando a torturarsi l'interno del labbro inferiore. L'idea che potesse corrispondere a un ragazzo con cui Evelyn avesse qualche sorta di storia, o qualcosa del genere, poteva considerarsi valida, ad ogni modo un po' la cosa lo infastidiva: il piccolo interesse che provava per lei si stava dimostrando non essere poi così piccolo. Che fosse gelosia?
Il moro prese a muovere la gamba sinistra in modo frenetico, su e giù, e nel frattempo stava ammirando la bellezza della ragazza. Se c'era una cosa che amava del viso di Evelyn, oltre agli occhi grandi e azzurri nei quali era facile che si perdesse, erano le sue labbra, spesso tinte di un rossetto color rosa antico. Erano piccole ma carnose e negli ultimi tempi si era spesso ritrovato a pensare alla mora, pensando anche a come sarebbe stato assaporarle, quelle labbra. Stava diventando una delle sue fisse.

«Oh, mon dieu! Che ho fatto di male nella mia vita precedente per meritarmi un fratello così stupido?» domandò retorica, alzando gli occhi al cielo esasperata.
Ah. Era suo fratello. 
Zayn si maledisse mentalmente, dato che sarebbe dovuto arrivarci da solo, poiché Evelyn gli aveva già detto di avere un fratello di nome Nathan. Fece un sospiro di sollievo e decise che, sì, avrebbe voluto provarci: la mora non passava di certo inosservata e se non si fosse dato una mossa, tempo zero, e qualcuno gliel'avrebbe portata via.







«Mi chiedo ancora perché ci sia la turca se questo è un bagno per ragazze, perché la gente è stupida?» chiese retorica Gwen, sebbene fosse nella cabina solamente perché si stava cambiando.
«Tu muoviti e basta!» l'apostrofò in risposa Evelyn, alzando gli occhia azzurri al cielo per l'ennesima volta perché l'amica era troppo, troppo lenta a cambiarsi.
Dal canto suo, Evelyn era già pronta: aveva sostituito i vestiti di quella mattina con una canotta nera e un paio di leggins del medesimo colore. I piedi scalzi e i capelli legati in una coda alta, onde evitare che si sporcassero di vernice.
Finalmente Gwen uscì dalla cabina, causando una reazione teatrale da parte di Evelyn, la quale alzò le braccia al cielo come a ringraziarlo del fatto che l'amica fosse finalmente fuori di lì.
«Stupida» borbottò Gwen, che mise i suoi vestiti nella borsa che aveva portato con sé.
Uscirono dai bagni e si fermarono prima nella loro classe, luogo in cui avevano raccolto le loro cose, in seguito ripresero a camminare in direzione de La Stanza. «Oggi c'era un certo bel moro che ti stava mangiando con gli occhi da Fuddrockers» borbottò Gwen, in un mero tentativo di fare la vaga. Evelyn decise di non dargliela vinta troppo facilmente, nonostante avesse capito a chi l'amica si stesse riferendo: «Chi, Louis?» chiese con finta ingenuità.
«Eve, Lou è castano, razza di daltonica!» ribatté Gwen. «Scherzi a parte, non ti toglieva lo sguardo di dosso» ribadì.
Evelyn si concesse un sorriso lusingato e felice, ma, non sapendo bene come rispondere all'amica, si limitò ad alzare le spalle.

«Gli piaci, fidati della tua amica» Gwen le fece un occhiolino, annuendo vivacemente. Il suo intuito non falliva, anche se, più che intuito, quella era evidenza - o almeno per lei era così. Quando entrarono nell'aula tanto chiacchierata, decise di zittirsi immediatamente, onde evitare di fare qualche gaffe per conto di Evelyn.
«Hey!» la voce roca di Harry arrivò chiara alle orecchie di Gwen. Il riccio le avvolse un braccio attorno ai fianchi, facendo voltare il viso della ragazza verso di lui. Si salutarono con un bacio a stampo, seguito da uno sulla fronte di lei da parte di Harry, che le accarezzò leggermente i capelli.
«Ciao Haz» lo salutò Evelyn, colpendolo con un pugno giocoso. Il ragazzo ricambiò dandole un bacio sulla guancia.
«Allora ragazzi - Harry alzò maggiormente la voce per farsi sentire dai presenti nell'aula - siamo più o meno tutti, perciò facciamo in questo modo: abbiamo già messo i giornali a terra e qua sul tavolo abbiamo carta igienica e alcool. Si fa una cosa veloce e puliamo il muro dalla polvere e poi si dipinge. Per motivarvi vi dico che mia madre ha fatto i brownies, quindi poi faremo una pausa e potrete abbuffarvi» spiegò chiaro con gli occhi dei presenti - una ventina di persone di varie età e classi - puntati addosso. «Prego Niall ed Evelyn di darsi un contegno in quest'ultima fase» concluse, coinvolgendo tutti in una risata di gruppo e guadagnandosi un coppino mal assestato da parte dell'amica.
L'attenzione di quest'ultima fu catturata dall'arrivo di Zayn e Louis, i quali stavano ridacchiando probabilmente per una cazzata detta dal castano. Il moro aveva in mano il cellulare, mentre Louis delle casse:
«Abbiamo la musica, gente!» esclamò quest'ultimo con entusiasmo. Zayn prese le casse dalla mani di Louis e, dopo aver trovato una spina che non intralciasse il movimento all'interno dell'aula, le collegò al suo telefono tramite bluetooth.
La stanza - di nome e di fatto - si riempì con la voce di Eminem, in quello che era l'inizio di Without Me. Dopo aver pulito il muro con l'alcool e aver miscelato vernice ed acqua, si armarono tutti di pennelli e rulli e presero a dipingere con grande entusiasmo e una buona dose di spensieratezza e buon umore. 

«Questa è una piccola vendetta per prima», detto ciò, Evelyn passò una pennellata sulla guancia di Zayn, il quale al gesto spalancò occhi e bocca in un'espressione che avrebbe voluto immortalare e custodire per sempre. «Ah, quindi la mettiamo così? Bene!» il moro si vendicò intrappolando Evelyn contro una porzione di muro ancora intatta, sul volto un'aria pseudo-minacciosa. Ben presto quei tratti cambiarono, proprio quando i suoi occhi scuri incontrarono quelli azzurri di lei. Ci si perse dentro per un tempo che nemmeno lui avrebbe saputo quantificare, si rendeva conto però di non poterne fare a meno. Quelle iridi lo ammaliavano ogni santa volta.
Dal canto suo, Evelyn era ovviamente arrossita: si sentiva piccola di fronte alla figura di Zayn e quella sensazione le piaceva, la faceva sentire protetta e al sicuro. Quando tentò di scappare, il moro avvolse un braccio attorno alla sua vita, mentre Evelyn si dimenava nell'intento di sfuggire a quella presa possente. Scoppiò a ridere quando Zayn iniziò a muovere le sue dita in modo frenetico facendole il solletico e le sue forze l'abbandonarono, lasciandola andare completamente contro il corpo del moro che l'avvolse in un abbraccio:
«Sei più bella quando ridi» le sussurrò all'orecchio, subito dopo le diede un bacio sulla guancia.
Poteva essere la frase più scontata e sentita di tutti i tempi, ma Evelyn la percepì come la cosa più bella (e dolce) che le avessero mai detto. Dentro di sé gongolava come un'idiota, sorrideva contro la spalla di Zayn sulla quale aveva appoggiato il capo, inspirando l'odore inconfondibile della sua pelle: sapeva di bagnoschiuma al muschio bianco - lo aveva riconosciuto perché era quello che utilizzava anche Nathan - e fumo, ma non era fastidioso.
Zayn interruppe quel loro contatto e le fece un sorriso. Evelyn ne approfittò per allontanarsi con le guance ancora in fiamme e il cuore che le batteva forte nel petto: era proprio cotta.








Whatsapp: Lou ti ha aggiunto @ "Weekend a casa Tomlinson"
Lou: Venerdì venite a casa mia, andiamo al Deep e dormite da me, sabato vediamo cosa fare e domenica ve ne andate via perché siete degli animali.. Ci state?

 
Tu sei un animale, razza di idiota
 
8579253376: concorso!
8579253376: concordo*
 
Tu sei?
 
8579253376: Zayn
Aaah, ciao Jawy!
 
Jawy: quanto vuoi per smettere di chiamarmi così ?
 
Dovresti riuscire a farmi sposare con Derek Shepherd, perifrasi per dire M A I
 
Lou: Piccioncini, esistono le chat private..
 
Lou, evita
 
Lou: Vi ho fatto una domanda all'inizio, mi cagate
Jawy: plof
 
Umorismo scadente, Malik, mi deludi
 
Jawy: bla bla bla
Lou: prendetevi una stanza!!
Jawy: da quanto non fai sesso lou..??
Lou: vaffanculo, malik... io vi odio, sappiatelo
Allora non ci sono! Così impari
Scherzi a parte, io chiedo ai coniugi Beadle il permesso e ti dico in questi giorni

 
Jawy: dire genitori era difficile.. mi sembra giusto
 
Taci un po', Jawy! dire genitori è per la plebaglia come te
 
Jawy: bla bla blaaaaaa
Jawy: comunque io ci sono, Tommo
Harreh: io pure
 
E tu da dove sei uscito?
 
Lou: da quella milfona di Anne, ecco da dove è uscito
Jawy: styles hai la mamma figa, ci farò un hashtag #gimmethatpussy
Harreh: bastaaa, siete fissati con mia mamma!!
Jawy: è difficile non esserlo, amico..
GGGwen: Il più figo di tutti è il papà di Evelyn
GGGwen: e anche Nathn è figo, taaaaanto figo
Harreh: tu stai attenta a quello che dici

Woaaaaah, vado a prendere i popcorn (e comunque la Beadle più bella rimarrò sempre io)
 
Lou: e tua cugina dove la metti ?!
 
Vai a cagare, Lou
 
Jawy: mmh rude.. mi piace
 

 
 

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