Deal With The Evil.

di S h a d o w h u n t e r _
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Capitolo - All a big accident! ***
Capitolo 2: *** When The Troubles Haunt You.. ***
Capitolo 3: *** The Deal With The Evil. ***
Capitolo 4: *** Lesson number one: Take my Hand. ***
Capitolo 5: *** Lesson Number Two: Win Your Fears. ***
Capitolo 6: *** The Evil In My Heart.. ***
Capitolo 7: *** When Love Makes Us Liar ***
Capitolo 8: *** Heal The Wounds. ***
Capitolo 9: *** Lesson Number Three: Close your eyes. ***
Capitolo 10: *** When The Heart Stops Beating. ***
Capitolo 11: *** I Can't Help, But I Love You. ***
Capitolo 12: *** Aku Cinta Kamu. ***
Capitolo 13: *** The Love That I Have For You. ***



Capitolo 1
*** Primo Capitolo - All a big accident! ***


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Deal With The Evil.



So if you're ever lost and
Find yourself all alone
I'd search forever
Just to bring you home
Here and now ..it's a vow.
Nickel back //






1 Capitolo - All a big accident!


Era in ritardo.
Ecco come era andata a finire la sua brillante idea di restare sveglio fino a notte inoltrata ad aspettare la sorella.
Eppure, la sera prima non si era sentito per nulla stanco quando aveva incominciato a leggere il suo meraviglioso libro alle nove e aveva finito per fare le tre di mattina, orario a cui era rientrata Isabelle.
Anzi, non aveva avvertito nemmeno per un istante la sensazione di sonno che solitamente lo assaliva già dalle dieci.
Il che, l’aveva lasciato abbastanza sorpreso, ma, probabilmente era stato troppo assorbito dalla lettura per farsi sopraffare dalla stanchezza o, per rendersi conto di quanto ciò fosse insolito.
No, quasi sicuramente, era andata così.
Ma la cosa veramente strana di tutta quella faccenda e che ancora ora gli dava da pensare, era che aveva persino lasciato andare Iz nella sua stanza senza rimproverarla per l‘orario indecente a cui aveva fatto ritorno.
Cosa che non accadeva da.. effettivamente mai.
E come se non bastasse, sarebbe arrivato anche in ritardo a scuola.
Lui, che non aveva mai fatto neanche un’assenza negl’ultimi tre anni, stava per intaccare quella sua buona condotta con un misero ritardo.
Roba da matti!
C’era assolutamente qualcosa che non andava in quella giornata: era cominciata in maniera decisamente sbagliata e, Alec temeva potesse finire anche peggio.
« Izzy, muoviti! Stiamo davvero troppo fuori orario! » urlò disperato dalla cucina al piano inferiore, sperando che l’avesse sentito.
Il rumore dei tacchi della sorella riecheggiarono per tutto il corridoio e poi per le scale; infine apparve alla sua vista.
Con uno sbuffo lo superò, aprendo la porta di casa: « Fuori orario eh? Che linguaggio da vecchio. » lo schernì, sorridendo furba.
Alec trattenne una risposta alquanto maleducata e la seguì fuori.
Era meglio risparmiare il fiato per l’imminente corsa.  


Strano ma vero, erano arrivati con un quarto d’ora di ritardo beccandosi entrambi una bella ramanzina dai rispettivi insegnanti ma, a nessuno dei due era stata data una punizione.
Dato che si trattava di Alec non era poi così strano il fatto che il professore avesse deciso di passare sopra ad una cosa di così poco conto, ma Isabelle?
Sospirò, buttando la testa indietro e fissando il soffitto che, aveva veramente bisogno di essere nuovamente imbiancato.
Un pacchetto marroncino gli coprì improvvisamente la visuale, così si girò, giusto in tempo per vedere la faccia del suo migliore amico - che considerava letteralmente un fratello di sangue, visto che aveva preso a vivere da loro all’età di sei anni - sorridergli con malizia.
« Iz mi ha detto che avete fatto entrambi le ore piccole ieri sera - cominciò, poggiando la busta sul banco - se volevate far festa senza di me, ci siete riusciti perfettamente. » continuò, prendendosi una sedia e sedendosi vicino.
Alec sospirò.
Se c’era qualcosa che veramente odiava di Jace, era senz’altro il fatto che ascoltava solo quello che voleva ascoltare.
« Ti sbagli: Izzy, ha fatto festa. Io l‘ho solo aspettata sveglio. »
Il biondo scartò il pacchetto, prendendo in mano le due ciambelle appena comperate, poi ne passò una al moro che l’accettò subito.
« Responsabile da parte tua. » sbuffò in una risata, per poi addentare quella delizia di zucchero.
Alec lo ignorò, mordendo anche lui il suo dolcetto.
Per l’ansia di arrivare in ritardo e beccarsi la sua prima punizione, non aveva neppure fatto colazione. Ed era una cosa terribile.
« Te invece? Com'è andata l'uscita di ieri sera con l'ennesima conquista? A proposito, qual era il suo nome stavolta? » gli chiese, cercando di apparire il più tranquillo possibile, anche se dentro di sé sentiva lo stomaco ritorcersi.
Perché sì, il timido, secchione e burbero Alec era abbastanza convinto che fosse ancora leggermente cotto del suo biondissimo, stupidissimo, migliore amico.
E Jace lo sapeva. Glielo aveva rivelato qualche mese prima, convinto che poi la situazione tra di loro sarebbe inesorabilmente cambiata, ma ciò, per sommo sollievo del moro, non era avvenuto.
Anzi, era rimasto anche piuttosto sorpreso quando non aveva sbattuto ciglio: infatti, Jace era convinto che si sbagliasse. Non sul fatto che fosse gay, quello ai suoi occhi era ovvio - anche se Alec era rimasto alquanto scioccato a riguardo, dato che cercava in tutti i modi di nasconderlo -, ma sul fatto che fosse innamorato di lui.
Secondo il biondo, quello che chiamava amore, non era altro che affetto fraterno, dato che si conoscevano da una vita.
Tuttavia Alec non era stato affatto d’accordo e si era persino arrabbiato con quest'ultimo, accusandolo di sminuire i forti sentimenti che provava per lui da anni.
Alla fine però, aveva dovuto ammettere che forse non era propriamente innamorato, forse infervorato.
E sebbene avesse capito davvero che non si trattava di vero amore, nulla gli impediva di essere un minimo geloso della sua - ribattezzata - ‘prima cotta’. Infondo, sentimenti che lo avevano accompagnato per anni non potevano svanire così nel nulla.
Probabilmente l’avrebbero fatto col tempo, ma quel giorno non era ancora arrivato.
« Diciamo che.. Stava andando bene, poi il suo caro fratello è piombato a casa sua, interrompendoci proprio sul più bello. Mi hanno fatto dormire nella stanza degli ospiti, ti rendi conto? » rispose, socchiudendo gli occhi con aria minacciosa.
Ad Alec venne quasi da ridere.
Rare volte Jace aveva avuto difficoltà a far cadere qualcuna ai suoi piedi e sapere che, una volta tanto, le cose non erano andate come voleva lui lo divertiva profondamente.
Probabilmente, sarebbe passato del tempo prima che la ragazza si facesse di nuovo viva.
‘Le donne amano farsi desiderare.’ aveva detto un giorno il biondo.
Ed Alec non era mai stato così felice di essere omosessuale. Almeno essere dell’altra sponda aveva i suoi lati positivi a volte.
Non che fosse veramente contento di essere quello diverso dagli altri, ma ormai aveva imparato a conviverci. Certo, ancora provava una sorta di vergogna ad ammetterlo ad alta voce - di fatti le uniche persone che lo sapevano erano sua sorella e Jace -, ma non lo disgustava più come prima.
« Oh-oh. Qualcuno sarà nervoso per un bel po‘ allora. »
I loro visi si voltarono contemporaneamente verso la nuova arrivata, che, con la grazia di un piccolo rinoceronte, gli sbatté davanti cinque biglietti dal color giallo evidenziatore.
Alec ne prese uno, leggendone velocemente il contenuto, ma in cuor suo già sapeva di cosa si trattava.
E infatti..
« Ok, beh, divertitevi. » disse rivolto ad entrambi, che lo guardarono accigliati.
« Alec devi venire. Non puoi obbiettare, non questa volta. » proferì laconica.
Il moro sbuffò: ogni volta era la stessa identica storia.
Loro che portavano inviti per le feste più IN della zona e lui che, da secchione quale era, si rifiutava categoricamente di venire.
Odiava quel genere di feste.
Erano la classica dimostrazione di quanto gli adolescenti sprecassero il loro tempo tra alcool, droga e sesso.
Cose che a lui non interessavano minimamente.
« Iz, possibile che dobbiamo discutere ogni volta? Non mi piace e non ho voglia di venire. » esordì serio, convinto di far cessare così la discussione.
Cosa ovviamente impossibile quando di mezzo c’erano loro due.
« Se non sei mai venuto come fai a sapere che non ti piace! Almeno potresti fare una prova! » insistette la mora, arpionandosi al braccio del fratello.
Alec fece ricorso a tutta la calma che aveva in corpo per non urlare e farsi sentire dall’intero edificio.
E solo per quello, dovevano apprezzare i suoi grandi sforzi quegli ingrati.
« Non capisco cosa vi interessi! Tanto voi non avete problemi a trovarvi qualcuno con cui divertirvi, e io? Che dovrei fare eh? Guardarvi tutta la serata mentre limonate con dei perfetti estranei di fronte a me? No, grazie. » scoppiò, alzandosi di colpo e uscendo fuori dall’aula, subito seguito dagli altri due.
Stavano mettendo seriamente a dura prova la sua pazienza, e dire che non era mai stato un tipo così irascibile. Beh, forse un poco lo era.
« Dai Alec non puoi passare il resto della tua vita sui libri! Esci, respira dell‘aria pulita, socializza. Lo dico per te, amico.» s’intromise Jace, puntando sulla strategia ‘dai-non-fare-il-solito-asociale’.
Il moro lo ignorò, continuando ad avanzare veloce, ma Isabelle gli si piazzò davanti, puntandogli il dito indice contro il petto: « Alexander Gideon Lightwood, giuro sull‘Angelo che se stasera non vieni, la mia bocca potrebbe parlare di quella questione a qualcuno. » lo minacciò.
Alec spalancò la bocca, indignato. Ora erano arrivati perfino a minacciarlo di rivelare la sua omosessualità per una stupida festicciola di quartiere, dove l’avrebbero ignorato tutta la serata?!
Roba da non credere!
« Non oseresti. » ringhiò a denti stretti.
Isabelle sorrise, guardandolo con quello sguardo che aveva fatto innamorare milioni e milioni di ragazzi: « Meglio se non mi metti alla prova. »
Cazzo, l’avevano nuovamente fregato.
Lo aveva detto che non sarebbe stata affatto una bella giornata..

                                                                     ***
 
Era chiuso in bagno da circa mezz’ora, cercando di ritardare il più possibile l’imminente tragedia che sarebbe avvenuta di lì a poco.
Si guardò per l’ennesima volta allo specchio, storcendo il naso per quell’abbigliamento decisamente indecente con cui avrebbe fatto ingresso: dei pantaloni neri in pelle andavano a fasciargli a meraviglia le gambe muscolose ed allenate; una t-shirt bianca, in perfetto contrasto con lo scuro del calzone, andava ad aderire come una seconda pelle sul petto e l’addome scolpito.
In poche parole, a suo dire, oscenamente scandaloso.
Aprì il rubinetto del lavandino, gettandosi dell’acqua sul viso come se quel semplice gesto avesse potuto lavare via il disagio che stava man mano crescendo dentro di lui.
Oltre a non sentirsi per niente a suo agio intrappolato in dei vestiti che non beneficiavano sul suo umore rigorosamente nero, era anche infastidito oltremodo dal fatto che probabilmente lui stava per avere una crisi di nervi, per niente.
Perché sapeva benissimo come sarebbe andata a finire tutta quella storia.
E sapeva anche che lui non ne sarebbe stato contento. Nemmeno un po’.
Imprecando a denti stretti, si diede un’ultima occhiata, poi finalmente uscì.
Andò dritto in camera sua sperando che si dimenticassero della sua presenza, ma appena messo piede in stanza, si sentì afferrare per il collo della maglia.
« Devi prendere anche la borsetta oppure hai finito? No perché sai, persino Isabelle è già pronta. » lo schernì Jace, sorridendo quando il moro gli lanciò una delle sue mitiche occhiate minacciose.
Alec lo guardò con sfida, sbuffando di fronte all‘abbigliamento del biondo così simile - se non addirittura uguale - al suo.
Perlomeno adesso aveva capito a chi appartenevano quei gusti orribili. Non che ne capisse poi qualcosa lui, di moda.
Ma almeno stava bene con se stesso che era la cosa più importante.
« Sei così simpatico che mi verrebbe quasi voglia di lanciarti un’anatra addosso. » lo gelò sul posto, per poi superarlo.
Jace rimase immobile per qualche secondo, cercando di tranquillizzarsi: non c’erano anatre lì.
Minaccia senza fondamenti, si disse, poi lo seguì, mantenendo comunque una certa distanza.
Alec trattenne un sorriso: ben gli stava.
Scese le scale molto lentamente, mentre pensava ad un piano per filarsela passando inosservato.
Poteva fingere un malessere improvviso, ma nessuno dei due gli avrebbe dato retta.
Oppure, poteva rompersi una gamba per le scale, ma non gli sembrava affatto il caso.
Sospirò quando scese l’ultimo gradino e Iz l’accolse con un sorriso che la diceva assai lunga: « Sei veramente affascinante, fratellone. »
Alec storse la bocca: peggio di così non poteva andare..



..ovviamente quando l’aveva detto, non stava di certo sfidando Dio, eppure sembrava proprio essersela presa sul personale.
Con la musica che gli rimbombava nelle orecchie e l’odore acre di fumo che si infiltrava prepotentemente nelle sue narici, Alec trangugiò il contenuto del bicchierino alcolico che Jace gli aveva dato.
Aveva un sapore piuttosto forte, ma non gli interessava; l’avrebbe aiutato di certo a distrarsi.
Si guardò intorno e non potè far a meno di notare quanta gente vi fosse lì quella sera. Probabilmente non ne aveva mai vista così tanta.
E no, non centrava assolutamente nulla il fatto che uscisse raramente di casa, si disse.
Con uno sbuffo poggiò il bicchiere sul tavolinetto.
Si sentiva irrimediabilmente stretto e non a suo agio in mezzo a tutta quella folla.
Quello non era il suo ambiente e mai lo sarebbe stato perché lui amava la solitudine, la sensazione di tranquillità che la sua stanza sapeva offrirgli, non tutto quel caos a cui Izzy e Jace lo avevano sottoposto.
Alec sapeva di essere bravissimo a rendersi invisibile e non gli dispiaceva affatto, perché era quello che voleva.
Non era mai stato un tipo vanitoso o uno a cui piaceva sentirsi gli occhi puntati addosso, anzi, era tutto il contrario.
Meno persone lo notavano, più si sentiva bene.
Anche perché non aveva nemmeno la minima idea di come interagire con le persone: non era per niente un ragazzo loquace, gli piaceva il silenzio.
Intraprendere una conversazione era una vera e propria utopia per lui.
« Vado in bagno. » disse, alzandosi.
« Aspetta vengo con t- » provò Jace, facendo cenno alla bionda che aveva conosciuto poco prima di aspettarlo, ma si interruppe all’occhiata minacciosa che gli lanciò il moro: « Oh beh, se volevi la tua privacy bastava dirlo. » esordì stranito, rimettendosi seduto.
Alec lo guardò di traverso, poi si diresse verso il bagno.
Per un attimo pensò di svignarsela, ma poi notò quanto fosse vicina l’uscita dal loro tavolo: sarebbe stato impossibile non farsi vedere.
Sbuffò, mentre andava a passi spediti verso il suo breve attimo di libertà, quando una ragazza gli sbatté contro, rovesciandogli inesorabilmente il suo drink addosso.
Alec fece per riflesso qualche passo indietro, poi si guardò la maglia completamente fradicia.
Alternò lo sguardo dalla sua t-shirt alla ragazza, che si era portata le mani alle labbra in un gesto di sorpresa misto a paura.
Per un attimo il suo viso gli sembrò famigliare, come se l’avesse già visto in precedenza, ma poi scosse la testa, decidendo che non gliene importava nulla di chi fosse.
Non sapeva se essere contento o meno per quell’incidente perché da una parte aveva finalmente trovato una scusa per filarsela, mentre dall’altra, probabilmente si sarebbe dovuto sorbire una lavata di testa da Jace per avergli rovinato una sua maglia.
« Oh sono davvero dispiaciuta! » la sentì esclamare e, Alec giurò che nella sua voce non ci fosse affatto la tipica intonazione da persona colpevole.
Anzi, gli sembrò quasi felice di essergli andata addosso, cosa che lo irritò abbastanza.
« Non ho dubbi. » disse a denti stretti, poi si voltò, deciso a raggiungere il bagno per darsi anche una sistemata.
Si immerse nella folla, spintonato da così tante persone che per un momento pensò di gridare la sua frustrazione, ma si trattenne.


Quando vide il suo riflesso attraverso lo specchio, ad Alec venne voglia di tirare una testata al muro.
Quella fottuta maglietta stretta, era persino più attillata tutta bagnata.
Maledì ancora una volta quei due cretini che lo avevano letteralmente obbligato a quella serata di tortura alternativa.
E maledì ancora di più se stesso per essere stato così idiota da lasciarsi trascinare in quella sottospecie di pub sfavillante ed eccentrico.
Perché sì, non aveva potuto fare a meno di notare quanto quel posto fosse stravagante: luci di ogni genere erano poste sopra tutti i tavolini, creando una confusione di colori che rendeva quasi impossibile distinguere l'ambiente circostante.
Numerose sfere a specchi(*) erano appese ad ogni singolo angolo, proiettando dovunque un caleidoscopio di colori.
Ma quello era niente in confronto alla forma alquanto insensata - Alec avrebbe giurato rappresentasse un gatto - del bancone che prendeva di lunghezza tutta una parete.
Sbuffò, prendendo un respiro profondo, poi uscì.
Di nuovo fu travolto da quella sinfonia di odori che aleggiava nella sala.
Storse il naso, tornando dai suoi fratelli e cercando di apparire il più scocciato possibile.
« Io me ne vado. » dichiarò in loro direzione, senza però fermarsi.
Isabelle si alzò di scatto, correndogli dietro e piazzandoglisi davanti.
« Che c'è che non va adesso?! » gli sbottò lei in risposta, mettendosi le mani sui fianchi.
Quando assumeva quell'espressione così determinata, assomigliava in maniera impressionante alla loro madre.
« Sono stufo. E bagnato. Cioè, la maglietta è bagnata, insomma.. Oh al diavolo! Voglio solo andarmene. » disse, deciso.
Izzy guardò prima lui, poi la maglia, trattenendo a stento la voglia di prenderlo a testate sui denti.
« Fammi capire, tutta questa tragedia per una macchiolina insignificante? No, Alexander Gideon Lightwood, non te la caverai così. »
Lo incenerì con lo sguardo, poi, senza ascoltare oltre le sue patetiche scuse, lo trascinò senza troppe cerimonie al tavolo.
Quando si metteva in testa qualcosa era praticamente impossibile farle cambiare idea quindi oramai non ci provava neppure più.
Alec avrebbe seriamente voluto ucciderla quella sera, tuttavia, l'idea di finire in carcere per un sorellicidio non l'allettava poi tanto.



Ok, poteva anche aver finalmente capito di non provare niente di romantico per Jace, ma passare un intera serata a vederlo flirtare con la sua nuova conquista, non era certo al primo posto sulla lista delle sue priorità.
Così, senza quasi rendersene conto, si ritrovò a mandare giù un drink dietro l'altro, nel tentativo di rendere l'intera faccenda un minimo più sopportabile.
Infatti, sentiva la testa alleggerirsi sempre di più e i problemi che fino a poco prima lo stavano facendo disperare, scemare velocemente.
Tuttavia, doveva aver proprio sottovalutato l'effetto che l'alcool poteva avere su un individuo praticamente astemio come lui: non ricordava neppure più quanti di quei bicchierini gli erano serviti per offuscare la sua percezione della realtà ed iniziare a ridere senza motivo sotto lo sguardo divertito di sua sorella.
« Ehi Iz, lo sai perché un corvo assomiglia ad una scrivania? » le domandò, battendole una mano sulla spalla.
Lei si limitò a guardarlo perplessa, cosa che lo fece sentire in dovere di ripeterle nuovamente la domanda.
«  Eh, eh lo sai? Io scommetto di no! Io lo so e tu no! » la prese in giro, ridendo istericamente.
« Alec, ti rendi conto che quello che dici non ha il benché minimo senso, vero? » gli rispose scioccata Isabelle, che non lo aveva mai visto in quelle condizioni.
Sebbene la divertisse parecchio tutta quella situazione, non poteva evitare di sentirsi anche un po’ in colpa.
Alec evidentemente dovette trovare la risposta di sua sorella particolarmente esilarante, perché scoppiò di nuovo a ridere in maniera isterica.
« Okay, hai vinto tu, torniamo immediatamente a casa. » annunciò Iz, alzandosi di scatto dalla sedia e facendo un cenno di saluto a Jace, che annuì solamente, troppo impegnato per indagare oltre.
« Noooo sorellina, proprio adesso che iniziavo a divertirmi! » esclamò, mettendo su la sua migliore espressione imbronciata.
Izzy lo ignorò e, prendendolo di peso, lo condusse verso l'uscita.
L'impresa tuttavia risultò più difficile del previsto, dato che Alec continuava a barcollare da una direzione all'altra.
Senza contare poi i suoi tentativi di mollarla lì, per aggrapparsi alla palla da discoteca in stile scimmia troppo cresciuta.
Dio solo sapeva che cosa gli stesse passando per la mente.
Ed Isabelle, distratta dai tentativi di fuga del suo più che ubriaco fratello, finì con l'investire un povero sconosciuto innocente, rischiando quasi di far rovinare entrambi a terra.
« Per l'Angelo, scusami! » esclamò, voltandosi di scatto.
Il ragazzo, che doveva avere all'incirca la sua età, sembrava del tutto fuori luogo in un ambiente del genere: un paio di banalissimi jeans e una maglia con il logo di una vecchia band,  ben si abbinavano ai capelli castani tagliati praticamente a casaccio e agli occhiali da nerd.
Quello, pensò Iz, non c'entrava assolutamente niente in mezzo a tutti quei lustrini.
«  No scusami tu.. Cioè voglio dire, tranquilla, puoi venirmi addosso tutte le volte che vuoi.. No maledizione! Insomma, io sono Simon, piacere. » iniziò a balbettare in risposta l'altro, in preda all'imbarazzo.
Isabelle sorrise divertita di fronte la sua goffaggine.
Quello che poteva essere un bel momento, però, fu stroncato dall'entrata in scena di un Alec sempre più sbronzo.
« Ehi tu, Simus, o qualunque sia il tuo nome, ci stai per caso provando con mia sorella? Vuoi fare a botte?» gli gridò, cercando di puntargli un dito contro con aria minacciosa ma fallendo miseramente, dato che non riusciva a smettere di ondeggiare.
Il poveretto se possibile diventò ancora più rosso, balbettando un: « Ma.. Stai parlando con me? Non volevo.. »
« Non voglio sentire scuse Sigmund, mi prendi forse per uno stupido? Credo proprio che il mio pugno e il tuo naso faranno subito amicizia! » sillabò minaccioso, interrompendolo.
Izzy, sconvolta dalla reazione del fratello, corse immediatamente a chiamare Jace, che la seguì incredulo.
La scena che poi gli si presentò davanti fu a dir poco ridicola: Alec saltellava imitando quella che apparentemente doveva essere una posizione di guardia, - incitando Simon a farsi avanti - mentre l’altro lo osservava con un’espressione smarrita stampata in volto.
« Alec ora basta, andiamo. » intervenne Jace, mettendogli una mano sulla spalla.
Il moro si girò verso di lui, guardandolo confuso, ma poi scrollò le spalle.
Gli rivolse un vago cenno che stava ad indicare un ‘vattene’, ma che Jace non colse affatto, anzi.
« Sì, hai caldo, lo so. Andiamo a prendere un po’ di aria, ok? » gli domandò, senza voler realmente sapere la risposta.
Alec sbronzo era un qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di vedere. Insomma, in diciannove anni di vita non l’aveva mai visto trasgredire una sola regola, mentre quella sera oltre ad essere ubriaco fradicio, voleva anche fare a botte.
Non sapeva se ridere o essere fiero di lui, sinceramente.
« Lasciami in pace, devo sistemare questo cretino! » biascicò l'altro in risposta. Prima che Jace potesse rendersene conto o potesse intervenire, Alec si lanciò in avanti, cercando di sferrare un pugno al malcapitato.
Simon, però, sfruttando il fatto che l'altro fosse palesemente ubriaco e fuori di sé, riuscì a scansarsi in tempo, evitando il colpo.
Una ragazza poi irruppe sulla scena all’improvviso, allontanando il suo amico nerd da quello che, ai suoi occhi, appariva chiaramente come un povero pazzo, continuando, tra l'altro, a gridare ogni tipo di insulti verso quest'ultimo.
Jace quasi scoppiò a ridere vedendo un tale scricciolo dai capelli rossi aggredire brutalmente il suo migliore amico, lanciando occhiate di fuoco nella sua direzione.
Per la prima volta in vita sua rimase sinceramente colpito da una ragazza: non per la sua bellezza, ma per la sua forza e la sua determinazione.
Fu brutalmente riportato alla realtà dal fratello che a pochi centimetri da lui, continuava a gridare: « Brutto codardo! Non abbiamo ancora finito io e te! »
Alec cercò di seguire i due ragazzi, ma fu tradito dal suo precario equilibrio: inciampando sui suoi stessi piedi, finì col cadere malamente su un tavolo lì vicino, distruggendo ogni cosa posta nei suoi paraggi.
Isabelle si portò le mani alla bocca, trattenendo un urlo.
In quel momento, Jace si rese conto che un uomo, probabilmente attirato da tutto quel trambusto, si stava dirigendo verso di loro con un’aria decisamente minacciosa.
« Merda, dobbiamo assolutamente filarcela. » esclamò quindi, prendendosi il moro sulle spalle e correndo letteralmente via, seguito da Iz.
Alec giurò di aver sentito qualcuno gridare un: « Aspettate! Dove credete di andare brutti delinquenti! », ma probabilmente, era troppo confuso per capire se fosse vero o meno.
Poi, il buio lo avvolse.




HeLLo! :D
Popolo della Malec, mi inchino di fronte a voi, sperando che questa "introduzione" possa avervi in qualche modo incuriosito(oh beh, almeno lo spero!).
Non ho molto da dire in verità, questa è la prima long che scrivo, ed è nata.. così. Dal nulla.
Un'idea improvvisa, forse pazza, ma che spero possa interessarvi almeno un minimo >.<
In questo primo capitolo ho voluto introdurre i personaggi di Alec, Isabelle e Jace maaa, non temete! Magnus arriverà a breve :D
Beh, spero dunque di avervi incuriosito, se volete esprirmi la vostra opinione, o avete qualche domanda da farmi, le recensioni positive\negative sono ben accette! :D
Grazie innanzitutto a chi è arrivato a leggere fin qui(mi inchino nuovamente!) e ringrazio in anticipo quelle pazze(come me) e meravigliose persone che decideranno di seguire la storia <3
Alla settimana prossima!
Bye <3

(*) sfera a cristalli
Per chi non lo sapesse, è una normalissa sfera da discoteca:
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Capitolo 2
*** When The Troubles Haunt You.. ***


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Deal With The Evil.



Secondo Capitolo - When The Troubles Haunt You..

Un dolore lancinante alla testa costrinse Alec ad aprire gli occhi.   
Tirandosi su a fatica, pervaso da un insolita sensazione di nausea, il ragazzo si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse, riconoscendo poi l'ambiente confortevole della sua stanza.
Non che non fosse felice di essere di nuovo a casa, ma come diavolo aveva fatto ad arrivare fin lì?
L'ultima cosa che riusciva a ricordare era il sapore dell'alcool che gli scivolava giù per la gola e le luci stroboscopiche di quell'assurdo locale, in cui, i suoi fratelli lo avevo costretto a passare la serata.
Per un attimo fu tentato di buttarsi nuovamente sul letto, assecondando quel senso di malessere che si sentiva addosso e lasciando così a un secondo momento quei pensieri.
Il sole che filtrava dalla finestra però, lo riportò alla realtà, facendogli presente che il giorno era già sorto da un pezzo e che per quanto desiderasse solo restare lì rannicchiato al riparo dal resto del mondo, doveva alzarsi immediatamente per non rischiare di arrivare di nuovo in ritardo.
Non se lo poteva permettere, non per ben due giorni di fila.
Appena cercò di alzarsi in piedi, fu assalito da una fitta di dolore ad un fianco.
Confuso, si avviò lentamente di fronte allo specchio nella sala da bagno, per capire quale fosse il problema.
Non ci mise poi molto: un grosso livido violaceo spiccava sulla sua pelle candida, contribuendo a rendere il suo aspetto scarmigliato ancora più pietoso.
Ma questo era nulla di fronte alla certezza che, quel segno, soltanto la sera prima, non era lì.
Come aveva fatto a ridursi così?
Sperò che Isabelle o Jace potessero in qualche modo dissipare la nebbia che sembrava avvolgere i suoi pensieri, anche se non era del tutto sicuro di voler realmente sapere.
Tutto perché per l'ennesima Volta si era lasciato convincere da quei due.
Se fosse rimasto al sicuro in casa, in compagnia del suo amato libro, niente di tutto ciò sarebbe successo.
Difficilmente un libro può fare del male a qualcuno, a meno che non si decida di tirarglielo in testa.
Per un attimo gli passò per la mente il desiderio di prendere l'Ulisse di Joyce e utilizzarlo come clava contro di Jace, per ringraziarlo di quella stupenda serata. Ma per quanto la cosa avrebbe potuto farlo sentire meglio, non gli sarebbe comunque stata di alcun aiuto.
Fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
A quel punto tanto valeva farsi una bella doccia, sperando che l'acqua lavasse via il suo intorpidimento e l'aiutasse a schiarirsi la mente.
Poi, sarebbe andato a cercare sua sorella.




Ce la poteva fare.
Doveva solo spingere la porta ed entrare in cucina, dove, a giudicare dall'odore di caffè e dal chiacchiericcio allegro dei suoi fratelli, i due ragazzi stavano facendo colazione.
Quanto mai poteva essere difficile una cosa del genere?
Eppure, per motivi che neanche lui era in grado di spiegarsi, al momento un così piccolo gesto gli appariva come una montagna insormontabile.
Visto lo stato in cui si era risvegliato quella mattina, era più che evidente che la sera precedente doveva in qualche modo aver tirato fuori il peggio di sé; e non osava immaginare cosa avrebbero potuto dirgli quei due.
Ben consapevole del fatto che non avrebbe potuto evitarli in eterno, alla fine entrò nella stanza, cercando di darsi un tono allegro e sperando disperatamente che lo lasciassero in pace.
« Buongiorno ragazzi! Ma che bravi mi avete preparato la colazione! » esclamò, maledicendosi subito dopo.
Come accidenti se ne era uscito? Allegro.  
Certo, come no, perfino un idiota non ci avrebbe creduto.
E difatti la risposta di Isabelle non tardò ad arrivare: « Wow fratellone, allora sei ancora tra noi! Sembri veramente in forma per uno che fino a poche ore fa vegetava in stato comatoso! Vero Jace? »
« Per l'angelo Iz, hai ragione! Sembra perfino in grado di camminare senza ondeggiare come se si trovasse sul ponte di una nave! Sono sinceramente colpito. » rispose l'altro, facendo diventare Alec, se possibile, ancora più rosso di quanto già non fosse pochi istanti prima.
« Io cioè.. non ero in nessuno stato comatoso! Almeno credo. Non che io me lo ricordi poi così bene.. » cercò di difendersi, balbettando.
« Oh, sì che lo eri! Mi hai perfino sbavato sulla maglia mentre ti trasportavo di peso su per le scale. » gli rispose il biondo, che si stava visibilmente sforzando di trattenere le risate.
« Non ci trovo niente da ridere! Vi dispiacerebbe smetterla di prendermi in giro e dirmi una buona volta che cosa è successo? » sbottò Alec, esasperato da quella situazione.
« Mi dispiace caro Alexander, ma ho tutti i diritti di infierire su di te! Non solo mi hai costretto a portarti in giro come un sacco di patate, cosa di cui la mia povera schiena non è per nulla felice, ma per colpa tua ho anche perso la ragazza dei miei sogni! »
« Quella biondina insipida la ragazza dei tuoi sogni? Scherzi vero? E poi che c'entro io? Che avrei.. » gli rispose l'altro, sempre più perplesso.
« Non mi riferivo a quella, ma alla rossa da urlo che era insieme allo sfigato che hai cercato di picchiare! » fu subito interrotto dal fratello.
« Okay te lo stai inventando, ora ne sono certo. Non ho mai picchiato nessuno in vita mia! Non posso aver fatto una cosa simile! » si rifiutò categoricamente.  
« Oh, sì che lo hai fatto. Anche se sei riuscito solo a fare fuori un tavolo innocente! » detto questo, Jace iniziò a saltellare in quella che Alec presumeva fosse una posizione di guardia, ma che in realtà gli ricordava terribilmente lo zampettare di una papera in agonia.
Isabelle scoppiò a ridere fragorosamente, imitando il tipico gesto del "fatti avanti".  
« Ora ti faccio vedere io! Vieni a.. conoscere il mio pugno.. codardo! » riuscì a malapena a dire, tra una risata e l'altra.
« Avresti dovuto vedere la tua faccia quando sei crollato a terra con le gambe all'aria! Non avevo mai visto niente di più buffo! » oramai anche Jace era in preda ad un riso incontrollabile tanto da avere le lacrime agli occhi.
« Ora basta maledizione! Hai dieci secondi per raccontare ogni cosa, o per l'Angelo giuro che ti metto le anatre nel letto! » gridò il moro, al limite della sopportazione.
All'udire quella minaccia, l'altro ridiventò improvvisamente serio, e dopo avergli scoccato un'occhiata truce, gli si rivolse con un ironia che grondava da ogni singola parola: « Vuoi sapere cosa è successo? Ti sei ubriacato in un modo che, francamente, reputo scandaloso.  E mentre tua sorella cercava di portarti fuori da quel luogo che era riuscito a corrompere la tua pura e casta anima, ti sei avventato contro un disgraziato che ha avuto l'ardire di guardare Isabelle. Inutile dire che eri talmente sbronzo che invece di colpire quel tizio hai finito col distruggere metà del locale. Siamo dovuti scappare prima che il proprietario mettesse fine all'idillio con un evento spiacevole come il non so.. chiamare la polizia. »
A quelle parole Alec arretrò barcollando, mentre una serie di flash della serata lo investirono brutalmente.
Oddio, suo fratello aveva ragione: aveva davvero fatto quelle cose.
Lui, sempre rispettoso delle regole e attento a tenere in riga gli altri.
Alexander Gideon Lightwood, sempre ligio al dovere, trasformato in un alcolizzato senza cervello.
E se lo avessero veramente denunciato? A che sarebbero serviti tutti quegli anni di studi e di fatica?
Probabilmente si sarebbe ritrovato a fare il gelataio in un remoto angoletto di Central Park.
Giurò a se stesso che quella sarebbe stata la prima e ultima volta.
Non avrebbe mai più perso il controllo di sé, né delle sue azioni per nessun motivo.
Chi lo avrebbe mai detto che qualche bicchierino colorato fosse sufficiente a fargli perdere la testa in quel modo?
Beh, almeno adesso sapeva perché si era risvegliato stravolto e dolorante.
Anche se, ancora non riusciva a capacitarsene.
All'improvviso ebbe una fugace visione di una palla da discoteca terribilmente vicina alla sua faccia.
« Ehm.. Non mi sono aggrappato a quelle cose piene di brillantini, vero? » chiese a sua sorella, spaventato a morte dalla risposta.
Jace produsse un suono che assomigliava ad una risatina strozzata, ed iniziò ad osservare il piatto di fronte a lui con estremo interesse, nell'ovvio tentativo di trattenersi.
« Ci hai provato, ma stai tranquillo! Sono riuscita ad impedirtelo. Almeno una piccola parte della tua dignità è ancora intatta. » gli rispose lei, scoccandogli un’occhiata che Alec interpretò come un misto di pietà e divertimento.
Era abbastanza convinto del fatto che quei due avrebbero continuato a prendersi gioco di lui per i prossimi vent'anni.
Non che li potesse biasimare, perché vista da fuori certamente la storia doveva essere esilarante, se non al limite del ridicolo.
Per un secondo quasi valutò la possibilità di indagare oltre, magari chiedendo che ne era stato del nerd che aveva "aggredito"; o ancora meglio, come avevano fatto a sfuggire al proprietario di quella sottospecie di bordello.
Quel barlume di razionalità ancora presente in lui, però, lo invitò a desistere: non voleva affatto ulteriori informazioni.
Decise dunque di affrontare quella situazione nell'unico in modo che conosceva, ovvero calandosi nel ruolo del burbero guastafeste.
« Se voi due avete finito, magari potremmo muoverci. Non ho intenzione di arrivare in ritardo per colpa vostra. » esordì, ancora più acido del previsto.
I fratelli si scambiarono uno sguardo ricco di significati e, a quanto pareva, decisero che l'ultima cosa di cui lui aveva bisogno in quel momento erano ulteriori commenti da parte loro.
Alec gliene fu grato: stava cercando di rimuovere dalla mente quei pensieri o sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta.
« Siamo pronti a partire, giusto Iz? » esclamò il biondo, con finto entusiasmo.
« Ma certo, andiamo! Sapete che odio arrivare tardi a lezione. » rispose lei, avviandosi a grandi passi verso la porta d'ingresso.
Era una bugia e lo sapevano tutti, tuttavia nessuno fiatò.
Alec prese un respiro profondo e li seguì.  
Sarebbe stata una lunga, lunghissima giornata.



Il suono penetrante della campanella rischiò quasi di fargli aprire la testa in due.
Era sempre stata così fastidiosa? Anzi, a dir poco insopportabile?
La sensazione che aveva avuto quella mattina era più che corretta: era in piedi solo da poche ore e sognava già il momento in cui, finalmente, avrebbe potuto distendersi al riparo da tutti quei rumori che al momento apparivano amplificati nelle sue orecchie.
Troppo distratto da quelle riflessioni, non si rese nemmeno conto della presenza del professore a pochi passi da lui.
« Lightwood, ti senti bene? » gli chiese, un' espressione preoccupata delineata sul volto.
« Sì certo. Cioè, in realtà non molto.. ma non si preoccupi, sto bene. » gli rispose Alec, cercando di ignorare il fastidioso pulsare alle tempie.
« Non mi sembra affatto. Magari è meglio se vai in infermeria a farti vedere. Non voglio veder gente svenire durante le mie lezioni. » disse l'altro, in tono perentorio.
« E intendo che devi andarci immediatamente. » aggiunse poi, vedendo che il ragazzo cercava di obbiettare.
Dato che non sembrava avere altra scelta, si alzò lentamente, dirigendosi fuori dall'aula.
Ed infermeria sia, pensò con un sospiro.
Mentre procedeva lungo il corridoio per poi ritrovarsi a salire la rampa di scale che conduceva al terzo piano, fu felice di constatare che, a parte qualche bidello di passaggio, in giro non c'era praticamente nessuno.
Dopotutto era pur sempre un orario di lezione.
"E bravo Alec," si disse tra sé e sé "non solo ti ubriachi e fai a botte, ma salti anche le lezioni. Quale sarà la prossima mossa? Scippare le vecchiette? Prendere a calci i cuccioli?"
Considerando quello che aveva combinato nelle ultime ventiquattro ore, quelle ipotesi non gli apparivano poi così assurde.
Se Jace non lo avesse letteralmente portato via mentre si trovava in quello stato, magari avrebbe finito col fare uno spogliarello per poi mettersi a ballare nudo sul bancone a forma di gatto.
Quello che avrebbe dato spettacolo.
Reprimendo un brivido al pensiero, ormai arrivato a destinazione si costrinse ad entrare nella stanza, interamente arredata di bianco.
« Ehm.. c'è nessuno? » chiese, schiarendosi la voce.
Immediatamente si ritrovò di fronte una ragazza dal volto noto: era quella con cui solo la sera prima si era scontrato al Pandemonium.
« Tu! Che ci fai qui? » le chiese Alec, sbigottito.
La ragazza inarcò le bionde sopracciglia curate, guardandolo perplessa.
« Io e te ci conosciamo? Hai un aria familiare, anche se non credo di ricordarmi di te.. »
« Ci siamo visti ieri sera in quel locale.. Tu mi hai.. rovesciato il drink addosso. » le rispose il ragazzo, imbarazzato.
Il viso di lei si illuminò all'improvviso: « Oh sì, certo! Scusami ancora! Comunque io sono Catarina, l'infermiera della scuola. Tranquillo, non sono così sbadata anche nel mio lavoro. - scherzò - E tu sei? » gli chiese sorridendo.
« Alec Lightwood. Mi hanno mandato qui per prendere qualcosa per il mio mal di testa. » disse il moro.
« Bene Lightwood, seguimi. »



Alec si svegliò di soprassalto quando sentì sbattere forte la porta dell’infermeria.
Si stropicciò gli occhi, mettendo a fuoco la tendina bianca che separava ogni letto, poi si alzò a sedere, tenendosi la testa con una mano.
Gli faceva ancora un po’ male, anche se la pasticca che l’infermiera gli aveva dato stava cominciando a fare i suoi effetti.
« Ma che modi sono questi! » gridò quest’ultima, richiudendo la porta.
« Dobbiamo parlare Catarina, è successo un guaio. » parlò l’ultimo arrivato, con una voce che Alec avrebbe definito vellutata.
Vellutata? La voce di un uomo? Altro che drink, era sempre più convinto di essersi letteralmente drogato, in quel maledetto locale.
« Immagino si tratti di quello che è successo ieri sera, vero? Sei riuscito a capire chi fossero quei tizi? » gli domandò, mettendosi seduta sulla sua sedia e facendo cenno all'altro di fare altrettanto.
Alec spiò dalla fessura della tenda e, vide un uomo di spalle accomodarsi vicino a lei, per poi infilarsi una mano tra i capelli.. glitterati?
Sbatté gli occhi perplesso, cercando di realizzare se quello che vedeva era frutto degli stupefacenti - sì, ormai ne era convinto - che aveva preso, oppure se fosse la realtà dei fatti.
Ebbene no, erano seriamente pieni di brillantini.
« Quei disgraziati, ovvio che no! Ho controllato tutte le persone registrate e quei farabutti non c'erano! Dovevano avere per forza un documento falso! » gridò l’altro, in preda all’ira.
Catarina gli fece cenno di abbassare la voce.
Alec sentì la gola stringersi, mentre un dubbio, alquanto fondato, faceva capolino nella sua mente.
E se stesse parlando di loro?
« Beh, ma hai detto di averli visti in faccia, no? » gli chiese allora, accavallando le gambe.
Ecco, ora sì che era letteralmente fottuto.
« E quindi? Che dovrei fare? Andare a suonare ad ogni campanello di Brooklyn dicendo di star cercando dei buzzurri che hanno letteralmente distrutto il mio locale? Va bene che non ho nulla da fare durante il giorno, ma il mio tempo è assai prezioso. » disse con ironia il glitterato, muovendo le mani in gesti a dir poco ridicoli.
Catarina sbuffò, dandogli un colpetto sulla spalla: « Ovvio che non intendevo questo. - cominciò, trattenendo una risata - anche se l’idea di vederti suonare campanelli come un venditore ambulante, mi alletta tantissimo. » continuò, scoppiando letteralmente a ridere.
Cazzo.
Alec era ormai certo che quei ‘buzzurri’ non erano altro che lui, Jace e Isabelle.
Questo sì, che era un grosso problema.
Sebbene la sua etica morale non gli permettesse di ignorare l’accaduto, incitandolo quindi a prendersi le proprie responsabilità, la parte spaventata del suo cervello - perché ovviamente, non era lui ad essere spaventato, no. -, gli impediva qualsiasi sottospecie di movimento.
« Molto divertente, davvero. » sentì sbuffare l’uomo in risposta.
Ma ora il problema principale era: rivelarsi o non rivelarsi?
Dubbi che avrebbero fatto senz’altro concorrenza con quelli Shakespeariani dell’Amleto.
Ma chi era Shakespeare in quel momento, in confronto a lui?
Si portò una mano all’altezza del cuore, sentendolo battere così forte che temeva che gli altri due nella stanza potessero sentirlo.
« Allora, che intendi fare? » gli domandò la donna, riprendendo un po’ del suo contegno. Se gli alunni l’avessero vista in quello stato, la sua reputazione professionale da infermiera, sarebbe crollata immediatamente.
Alec voleva alzarsi, ma sentiva le gambe molli.
Codardo.
Una vocina fastidiosa si insinuò prepotentemente nella sua mente, facendolo sentire ancora più vigliacco di quanto già non si sentisse.
E dire che mai si era sentito tale, perché mai si era comportato in un modo così vergognoso.
Infatti il problema non era assumersi le proprie responsabilità, quanto ammettere di essersi lasciato andare senza un minimo di ritegno.
Perché era quello che lo infastidiva maggiormente: l’essere stato un irresponsabile.
« Credo che andrò dal parrucchiere. » disse il glitterato, facendo accigliare la donna.
Se la situazione non lo avesse sconvolto così tanto, Alec sarebbe scoppiato sicuramente a ridere, ne era certo.
« E questo come pensi possa esserci utile..? » gli domandò lei, temendo la risposta.
L’uomo si alzò, guardandosi intorno con aria schifata: « Ovviamente sarà utile ai miei capelli, dato che ora hanno preso l'odore del disinfettante. » disse serio, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Catarina si batté una mano sul viso, come a voler dire ‘cosa ho fatto per meritarmi tutto questo?’
Ed Alec non sapeva darle torto, avere un fidanzato così.. eccentrico, non doveva essere il massimo.
Ma ora che ci pensava bene, se il Pandemonium era il suo aveva finalmente capito il perché di quell’arredamento così strano.
Lui stesso lo era.
Il rumore della campanella lo riportò brutalmente alla realtà, facendolo trasalire.
Oh merda.
Alec sapeva rendersi invisibile a volte e gli riusciva anche piuttosto bene, ma in quel momento le sue doti di mago avevano fatto senz’altro cilecca.
« Oh cavolo, mi ero dimenticata di lui: Lightwood, devi andare in classe ora. - gli disse, attraverso la tenda - sai, ieri sera era al nostro locale e io gli ho gettato un drink addosso, per sbaglio. » continuò rivolgendosi all’uomo che la guardò scuotendo appena la testa in un gesto di rassegnazione.
Il moro avrebbe tanto voluto morire in quel preciso momento: non solo di lì a poco sarebbe stato scoperto, ma avrebbe fatto anche una pessima figura per non essere intervenuto di propria volontà.
« Mi domando da chi tu abbia preso questa sbadataggine. - le disse, sorridendole - Beh, in ogni caso credo che sia d’obbligo presentarmi. »
La tenda si aprì con uno scatto e ad Alec mancò improvvisamente la terra sotto i piedi.
I due si studiarono per alcuni secondi e il moro non potè far a meno di pensare a quanto fosse, , strano, ma molto bello.
Gli occhi dal taglio felino erano di un verde acceso e, il mascara e l’eyeliner che vi portava sopra li metteva ancora più in risalto.
La labbra carnose, lucide e brillantinate, permettevano ad Alec di distinguerne perfettamente il contorno.
La pelle, dal colorito bronzeo, era un chiaro segno distintivo delle sue origini asiatiche.
L’uomo lo studiò a sua volta, ammirato, ma durò tutto pochi secondi perché poi sbarrò gli occhi, puntandogli il dito contro: « Tu! Ti ho trovato! Sei quello che mi ha sfasciato metà locale! »
Catarina alternò lo sguardo dall’uno all’altro, visibilmente perplessa.
« Lui? Ma ne sei sicuro? » chiese dunque, rivolta al glitterato.
Quello annuì, riducendo gli occhi in due fessure alquanto minacciose: « Sicurissimo. Anche se non ricordavo fosse così.. » attraente, avrebbe voluto dire, ma non gli sembrava il caso in un momento del genere.
« Io ecco.. credo tu abbia ragione ma non ricordo granché sinceramente, mi dispiace. »  disse, grattandosi la testa imbarazzato.
Sicuramente si sentiva molto più sollevato e in pace con la sua coscienza.
Altrimenti era sicuro che quella notte non avrebbe dormito, in preda ai rimorsi.
L’uomo lo guardò sorpreso, aspettandosi una reazione del tutto diversa: infatti, credeva che non l’avrebbe mai ammesso e che avrebbe negato fino alla morte.
Cose che accadevano praticamente ogni giorno.
Invece, il ragazzo era stato diretto e sincero e, l’aveva lasciato piacevolmente sorpreso come non accadeva da anni.
Persone del genere potevano contarsi sulla punta delle dita.
« Il tuo nome? » gli chiese, sorprendendolo a sua volta.
Lo guardò smarrito, ma poi rispose: « Alexander Lightwood. »
Catarina guardò la scena incuriosita: tutto ciò stava prendendo una piega piuttosto inaspettata e curiosa.
« Io sono Magnus Bane, conosciuto anche come il Sommo Stregone di Brooklyn. » si pavoneggiò, facendo accigliare la donna.
Questa poi.. Sommo Stregone dei suoi stivali, semmai.  
Alec annuì confuso, come se stesse cercando di capire il perché di quella presentazione.. Inappropriata?  Bah, sì, si poteva anche definire tale.
« Dato che sei un alunno di mia sorella - Cominciò, lasciando sbalordito l'altro che pensava fosse il suo fidanzato - non ti chiederò soldi per i danni, né sporgerò denuncia. » disse, guardandolo serio.
Il moro lo osservò, un misto tra gratitudine e sorpresa, poi però quello continuò: « Ma, c'è un ma.. »
« Sono disposto a fare qualsiasi cosa. » lo interruppe Alec, prontamente.
Avrebbe assolutamente accettato qualsiasi cosa gli avrebbe proposto, per ripagarlo della sua gentilezza.
« Dovrai aiutarmi a rimettere tutto in sesto e, in più, dovrai lavorare da me per un mese. Il tempo necessario per ripagarmi i danni. » esordì, molto serio.
Ad Alec sembrò una richiesta piuttosto equa, e poi si trattava di un mese, dunque non ci sarebbero state grandi ripercussioni sullo studio.
« Va bene, accetto. Quando comincio? »
Magnus gli sorrise: « Ci vediamo alle cinque. »
Catarina trattenne un ghigno: conosceva troppo bene suo fratello, per non capire cosa stava architettando..     La situazione stava per farsi molto interessante.

***

Correva ormai da un paio d'ore, cosa affatto insolita per lui.
Jace aveva sempre amato la fatica degli allenamenti, la piacevole sensazione che lo assaliva nel momento in cui, estraniandosi da tutti i suoi problemi, riusciva finalmente a sentirsi in pace con se stesso.
Non esisteva niente di meglio al mondo.
Alec avrebbe dovuto essere insieme a lui, come ogni giorno, ma per qualche motivo, aveva cancellato all'ultimo minuto il loro solito appuntamento.
Considerando lo stato in cui lo aveva visto quella mattina, non ci aveva trovato niente di così strano, e aveva dunque evitato di chiedergli spiegazioni.
Probabilmente, pensò ridacchiando, si stava ancora riprendendo dalla sua notte brava.
Dopotutto, restava pur sempre un bravo ragazzo, per nulla abituato a cose del genere.
Infatti, quando Iz si era precipitata da lui, gridandogli un: « Alec sta per picchiare un tizio, alza il culo da quella poltrona e fermalo! », con la sua solita grazia da scaricatrice di porto, era rimasto a dir poco sconvolto e incredulo.
Per un attimo, aveva persino faticato a credere al fatto che stessero parlando della stessa persona.
Si era alzato immediatamente, ignorando volutamente la ragazza che gli era stata appiccicata per tutta la serata come la colla.
Non che gli fosse dispiaciuta poi così tanto, la sua compagnia, ma solitamente preferiva le donne con carattere a quelle remissive.
Poi, l’aveva visto assumere buffe posizioni per cercare di colpire il povero malcapitato di turno, cosa che, solo sotto effetto dell'alcool avrebbe potuto fare.
Era troppo buono per far male a qualcuno.
Stava per tornare indietro, diretto all'uscita del parco, quando la vide: la ragazza del Pandemonium, quella che, nelle ultime ore, non era riuscito a togliersi dalla testa, malgrado tutti i suoi sforzi.
Se ne stava seduta su una panchina poco distante, fissando con sguardo assorto, l'album da disegno posato sulle sue gambe.
Osservandola, si ritrovò a sorridere piacevolmente sorpreso, considerando che, fino a pochi istanti prima, era convinto di non rivederla più.
O perlomeno non così presto.
In una città grande come quella, era matematicamente impossibile scontrarsi, in modo accidentale, con una persona per più di volta.
Nel giro di due giorni poi.. sembrava quasi un segno del destino. E chi era lui per contraddire il grande disegno?
Con passo sicuro, accorciò la distanza che li separava e, nel giro di pochi istanti, si trovò davanti a lei.
« Ehi bellezza, ci rincontriamo. » esordì il biondo, guardandola con aria ammiccante.
La ragazza lo degnò a malapena di uno sguardo, dopo di che, raccolti i fogli che aveva di fronte, si alzò dalla panchina, decisa ad allontanarsi da lui.
Quel gesto lo lasciò a dir poco esterrefatto: non era mai successo prima che qualcuna lo snobbasse in quel modo.
Insomma, era abbastanza consapevole di non essere per nulla male e, molte ragazze lo avevano confermato con apprezzamenti tutt'altro che velati.
Senza neanche rendersi conto di quel che stava facendo, l'afferrò per un braccio, facendola voltare verso di sé.
« Andiamo, qual è il problema? » le chiese, sinceramente interessato.
Lei alternò lo sguardo dal suo braccio al viso di Jace, mentre un aria scocciata andava a dipingersi sul suo volto.
« Intendi dire, oltre al fatto che uno sconosciuto che potrebbe tranquillamente essere un maniaco, mi sta praticamente braccando? Ah giusto. Tu non sei uno sconosciuto, vero? Sei solo il tipo che stava insieme a quell'ubriacone che ha cercato di pestare il mio migliore amico! » rispose, rivolgendogli un occhiata decisamente truce.
Jace la guardò, momentaneamente smarrito, anche se lei non sembrò accorgersene, dato che, continuava a guardarlo accigliata.
Che caratterino.
« Lui non è un ubriacone! - protestò l'altro - e mi dispiace veramente per il tuo amico nerd. Ti assicuro che, in circostanze normali, Alec non farebbe del male ad una mosca. Ieri era decisamente fuori di sé, cosa che, nel caso in cui te lo stessi chiedendo, capita una volta ogni.. mai. »
La ragazza sbuffò, strattonando il braccio in modo che lui lo lasciasse.
« Ora che abbiamo risolto questo problema, sarà meglio che io mi presenti, tanto perché tu non possa dire che sono un estraneo: sono Jace, piacere di conoscerti piccola. » disse, sorridendole in maniera provocante.
«  Bene. Voglio fare finta di credere alla tua storia, per cui okay, accetto le tue scuse. Ora se vuoi scusarmi.. » iniziò a dire la ragazza, che però fu subito interrotta.
« Non credo di poterlo fare. Non finché non mi avrai detto il tuo nome e, avrai accettato di uscire con me. »
Non lo avrebbe mai detto ad alta voce, ma quel suo comportamento così restio nei suoi confronti, lo stava facendo impazzire.
Lei sembrò studiarlo per qualche istante, poi si decise a rispondere: « Clarissa, ma tutti mi chiamano Clary. Tuttavia mi dispiace caro Jace, ma non vedo perché mai dovrei accettare.»
Calmati Jace, si disse, cederà.
« Oh andiamo, la maggior parte delle ragazze darebbe il braccio destro per un occasione simile. Non che io possa biasimarle.. sono maledettamente affascinante. » disse l'altro, in tono decisamente malizioso.
Per tutta risposta, Clary scoppiò a ridere di gusto.
« E' questo il tuo modo di rimorchiare? Seriamente? » gli chiese, guardandolo palesemente divertita.
« Potrei fare di meglio, se solo tu me ne dessi la possibilità. Quindi devo considerarlo un sì? » le chiese a sua volta.
« Beh in questo caso.. » gli disse, alzando le spalle.
Tuttavia, il sorriso sul volto di Clarissa, fu una risposta più che sufficiente per Jace.






HeLLo! :D
E come promesso settimana scorsa, ecco il secondo capitolo! :D
Finalmente è entrato in gioco Magnus, persona stravagante ma che, Alec, trova bellissima.. ehehe!
E sì, in questa storia abbiamo un altro personaggio fondamentale: Catarina, sorella di Magnus(lol, tranquilli, si spiegherà più avanti questa scelta). Non dimenticatevi di lei eh! hahahaha!
Infine, per non rendere il capitolo pesante ho deciso di inserirci un pezzettino Clace che spero abbiate gradito!
Ah, volevo informarvi che dal prossimo capitolo in poi, parte la vera storia e, quindi, si scoprirà di questo famoso "patto" accennato nel prologo!
Dunque, se ne volete sapere di più, non vi resta che seguirmi ahahaha! :D
Spero comunque che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! E vi invito, ad esprimermi il vostro parere(ovviamente se volete! :D), per dubbi, perplessità, domande, critiche.. tutto quello che volete! :D
Ci si rilegge settimana prossima, ma nel mentre vi lascio un piccolo spoiler del prossimo capitolo:

" « Non riesco proprio a capire come possano permettere di sposarsi a persone del genere - sputò fuori con disprezzo -  il matrimonio è un istituzione sacra, non un divertimento per certi fenomeni da baraccone.» continuò, infatti, in tono altezzoso.
Alec non riusciva a respirare: era di lui, seppur indirettamente, che sua madre stava parlando. "

Bye! <3

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Capitolo 3
*** The Deal With The Evil. ***


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Deal With The Evil.



3 Capitolo - The Deal With The Evil.

La scritta “Fashion Hair” si illuminava ad intermittenza davanti ai suoi occhi elegantemente truccati.
La porta d’ingresso vetrata permetteva di vedere all'interno i parrucchieri che, freneticamente, correvano da una parte all’altra per prendere gli strumenti giusti.
Un sorriso gli illuminò il volto appena ebbe varcato la soglia.
L’odore di shampoo gli arrivò dritto alle narici e Magnus non potè fare a meno di inspirarlo avidamente, come se fosse stata una droga.
« Ehi Magnus! Fammi indovinare, vuoi cambiare di nuovo look. » lo accolse una ragazza, mentre con aria divertita fissava il giovane portarsi una mano sotto il mento in una tipica espressione di riflessione.
Era piuttosto alta, forse pochi centimetri in meno di Magnus; i capelli bruni erano raccolti in due treccine che portava in avanti, sui lati; gli occhi a mandorla, dal color nocciola che ben si intonavano con la pelle ambrata, ricordavano vagamente quelli affilati di un lupo.
« Maia, tu sì che mi capisci al volo. » gli sorrise l’altro in risposta, mentre quest’ultima lo faceva accomodare su una sedia girevole davanti ad un grande specchio.
Voleva essere al massimo della sua bellezza quel giorno, il che non era poi così difficile visto che lo era sempre e in qualunque momento.
« Allora? Vuoi cambiare taglio o solo il colore? » gli chiese, spingendolo con la sedia verso il lavandino dove gli avrebbe lavato via tutto quel gel.
Magnus ci pensò su, mentre poggiava la testa e l’acqua cominciava a bagnargli le punte.
Il taglio che aveva ultimamente gli piaceva molto a dire il vero, gli dava un’aria piuttosto giovanile; inoltre, aveva giurato a Catarina di non tagliarseli per un bel po’.
L’odore dello shampoo al cocco lo rilassò, così socchiuse gli occhi.
Maia gli massaggiava bene la nuca, cercando di rimuovere completamente tutto quel glitter che sembrava non volersene andare via, troppo affezionato al suo padrone.
« Solo il colore, biscottino. » gli disse, dopo una lunga riflessione.
Ora il problema principale era: quale?
Al momento erano sfumati tendenti al blu, l’ultima volta invece erano tendenti al viola.
Doveva assolutamente trovare un colore che esprimesse a pieno l’eccitazione della giornata: avrebbe rivisto presto quel tale, Alexander.
Avrebbe dovuto essere adirato col giovane, visto il modo in cui gli aveva stravolto il locale, tuttavia gli era risultato praticamente impossibile quando era stato risucchiato all’interno di un mare tempestoso.
Mai aveva visto degli occhi blu così intensi, così.. espressivi.
Ne era rimasto completamente soggiogato - e no, non c'entrava nulla il fatto che adorasse quel colore -, perchè un turbine di pensieri e parole vi si poteva leggere dentro.
Qualcosa di più grande gravava sulle sue spalle e Magnus era estremamente interessato a scoprire di cosa si trattasse.
« Li voglio sfumati sul rosso. »
Maia sorrise, mentre lo riportava davanti allo specchio.
Magnus la osservò mentre preparava la tinta e, ancora una volta, il volto di quel ragazzo comparve di fronte ai suoi occhi.
Ah Alexander, pensò, così mi metti in difficoltà.
« Avanti dimmi: di chi si tratta questa volta? » lo riportò con i piedi per terra la bruna, mentre con il pennellino cominciava a tingergli le prime ciocche.
Il ragazzo sorrise ammiccante, accavallando le gambe: « Da cosa l'hai capito stavolta? » le chiese.
Maia sbuffò, tirandogli scherzosamente un buffetto sulla nuca.
Ormai conosceva Magnus da anni e sapeva che ogni volta che questo apportasse a se stesso un nuovo cambiamento esteriore, c’era qualcuno di mezzo.
« Rosso eh? Da quanto non li dipingevi di questo colore? Dai su, dimmi il nome della fortunata. » scherzò, mentre sciacquava il pennello sporco di tinta rossa.
Magnus si passò un dito sulla palpebra: l’ombretto si stava pian piano sbiadendo.
Ma tanto poco importava dato che sarebbe andato dritto a casa per prepararsi adeguatamente.
« Vorrai dire il fortunato, biscottino. Si chiama Alexander ed è super sexy. » le disse, facendola scoppiare a ridere.
Magnus la guardò dallo specchio, fintamente offeso per quelle risate insensate.
« Oh beh, stai attento allora! Non vorrai farti rubare il cuore. » gli disse, facendogli l’occhiolino.
Il ragazzo mosse la mano in un gesto stravagante: « Ho già dato tesoro, ma grazie per l‘interessamento. »
Certo, come se si potessero controllare certe cose, pensò la bruna.
Sapeva che Magnus era rimasto scottato una volta e che per questo si rifiutava di affezionarsi ad una persona in quel modo.
Ma al cuore non si comanda.
Maia lo squadrò, l’espressione di chi la sapeva lunga dipinta sul viso.
« Vedremo, mi ci gioco casa. » gli disse, mentre andava ad accogliere un’altra cliente.
Magnus agitò nuovamente la mano, ma non ribatté.



17.00

Erano già venti minuti che Alec si trovava di fronte all'entrata del Pandemonium, cercando il coraggio di entrare.
L'ansia e la paura di arrivare in ritardo - aggiungendo un'altra pessima figura a quella già fatta in precedenza - l'avevano portato ad uscire di casa di gran lunga prima del necessario.
Alla luce del giorno, con l'insegna al neon spenta e nessuna folla brulicante in attesa di entrare, quel luogo aveva un aspetto del tutto diverso.
Jace si sarebbe divertito da matti se avesse saputo che il suo caro e timido fratellino, - che si rifiutava di mettere piede in un locale perfino sotto tortura- avrebbe trascorso un mese intero lì dentro.
Peccato che lui non glielo avesse detto.
Non per vergogna, né tantomeno perché non aveva voglia di farglielo sapere, semplicemente.. non lo sapeva neanche lui.
Fatto sta che si era ritrovato a cancellare la solita sessione di allenamenti, senza però dirgli nulla di ciò che doveva fare.
Si era sentito stranamente sollevato nel momento in cui Jace aveva evitato di porgli domande: probabilmente, credeva che fosse la stanchezza il motivo che lo aveva portato a dargli buca.
Okay, adesso basta rimandare, si disse, sii uomo.
Prima di cambiare idea, spinse la porta ed entrò.
Si guardò intorno, riconoscendo lo stesso lungo bancone della sera prima, i tavoli disposti allineati, le sfere stroboscopiche con cui ormai aveva stretto amicizia e, notò infine, un ammasso di legno e vetri disposto in un angolo.
Per l'angelo.
Non c'era da stupirsi se l'uomo quella mattina gli era sembrato così adirato: aveva combinato davvero un bel disastro.
Non ebbe il tempo di farsi assalire nuovamente dai sensi di colpa poiché una porta, con su affisso un cartello che diceva "Vietato l'ingresso", si aprì, rivelando l’elegante figura di Magnus Bane.
Inutile dire che il suo abbigliamento, a confronto, rendeva l'ambiente circostante estremamente banale.
Indossava dei pantaloni di pelle talmente stretti che Alec si ritrovò a chiedersi come accidenti avesse fatto ad infilarcisi dentro; una camicia rosa shocking aderente aperta fino a metà, dava bella mostra del suo fisico tonico; i capelli scuri, ancora coperti di glitter, erano tirati su in una cresta tinta di diverse sfumature di rosso.           
Gli occhi, resi ancora più brillanti da una linea di eye-liner dorato che ne esaltava il colore, si posarono sul ragazzo, praticamente imbambolato di fronte a lui.
« Alexander Lightwood. Sei venuto in perfetto orario, vedo. » le labbra gli si incurvarono in un sorriso malizioso.
« Già, era il minimo che potessi fare dopo.. beh sai, sono veramente dispiaciuto. » si ritrovò a balbettare l'altro, arrossendo.
« Oh andiamo non c'è problema, dopotutto sei qui ad assumerti le tue responsabilità, che è più di quello che molti farebbero. E poi, succede a tutti di perdere il controllo una volta tanto. » rispose Magnus, in un palese tentativo di metterlo a suo agio.
Alec, nonostante la gentilezza dell'altro, continuava a sentirsi tremendamente colpevole, per non parlare poi della voglia matta che aveva di trovarsi ovunque, tranne che lì.
« Non a me, io non faccio mai queste cose. Sono stati quei due scapestrati dei miei fratelli a costringermi: solitamente me ne sto a casa per conto mio ad aspettare che ritornino. Non pensare che mi dispiaccia, io sto bene da solo, cioè ci sono abituato. - si affrettò a chiarire, a disagio - Non avevo mai bevuto neanche una goccia di alcool, per questo ho finito per combinare quel disastro, non sono certo uno che viene invitato alle feste, io.. » si interruppe bruscamente, rendendosi pienamente conto dell'impressione da totale sfigato che aveva appena dato all'altro.
Maledizione.
Se c'era una cosa che fin da quando era piccolo non era mai cambiata, era la sua tendenza a straparlare a ruota libera quando si sentiva in imbarazzo.
E considerando quanto quella situazione si sarebbe dimostrata imbarazzante, non voleva nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto uscirgli dalla bocca.  
Magnus era rimasto ad ascoltare quella sua tirata, sempre più sorpreso ed intenerito.
Non era mai stato un sentimentale, avendo capito fin da giovane - sperimentandolo sulla sua pelle - quanto la gente potesse essere meschina.
Dopo quello che gli era successo aveva imparato la lezione: non permetteva mai a se stesso di farsi coinvolgere, da niente e da nessuno.
Eppure, c'era qualcosa in quel ragazzo così sincero ed insicuro che gli faceva venire voglia di abbracciarlo e rassicurarlo.
Mosso dall'istinto si avvicinò a lui e, quasi contro la sua volontà, si ritrovò a sfiorargli una guancia con estrema delicatezza.
« Alexander tranquillo, non c'è problema. » gli disse nuovamente, ad un passo dal suo viso.
L'altro trattenne bruscamente il respiro, spalancando gli occhi per lo stupore e per.. qualcos'altro.
Cercando di allentare la tensione che si era improvvisamente creata, dopo avergli rivolto un sorriso allegro, Magnus si diresse verso il bancone del bar ed iniziò a preparare due drink per loro.
« Non startene lì impalato, siediti pure. » disse al ragazzo, facendo un ampio gesto con la mano, come per invitarlo a scegliere il posto che più preferiva.
Dopo un attimo di esitazione, Alec si sedette al tavolo più vicino, mentre guardava l'altro avanzare verso di lui con i due bicchieri nelle mani.
Mandò giù un sorso di quella roba che bruciava come l'inferno, cercando di cancellare il nodo che improvvisamente gli si era formato all'altezza dello stomaco.
Quando poco prima si erano ritrovati faccia a faccia, Alec era rimasto senza fiato: gli occhi di Magnus, visti da così vicino, non erano di un semplice verde, ma ricchi di pagliuzze dorate.
Non aveva potuto fare a meno di notare quanto fossero belli e particolari.
Quando poi l'aveva sfiorato, aveva sentito la sua pelle formicolare, mentre una sensazione mai provata prima lo aveva lasciato completamente spiazzato.
Sperò con tutto il cuore che Magnus non se ne fosse accorto: dubitava  che la cosa gli avrebbe fatto piacere.
« ..Alexander. Sei d'accordo? »
Fu riportato bruscamente alla realtà dalla voce del ragazzo.
« Certo, certo. Concordo su ogni cosa. » gli ripose, cercando di darsi un tono e di non far trasparire i suoi pensieri.
« Fantastico! Allora possiamo cominciare a montare il palo in quell'angolo della stanza. Preferisci esibirti all'inizio della serata o vuoi aspettare che la festa entri nel vivo? » gli chiese l'altro battendo le mani e saltando in piedi dalla sedia.
« Il palo? Perché mai vuoi montare un palo? » gli chiese confuso, passandosi le dita tra i capelli.
Era un gesto che faceva spesso quando si sentiva a disagio o in imbarazzo.
Ma perché non era stato ad ascoltare ciò che gli diceva?
« Ma sciocchino! Dove vorresti ballare la lap dance, altrimenti?» gli rispose l’altro, visibilmente divertito.
Alec sbiancò completamente, in preda all'orrore.
Dall'espressione sul suo volto sembrava fosse davvero sul punto di svenire.
« Ripensandoci.. io magari non sono poi così d'accordo.. ti prego, c'è altro che potrei.. » iniziò a balbettare, in preda al panico.
Magnus lo fisso per alcuni istanti con gli angoli della bocca che tremavano, alla fine scoppiò a ridere a crepapelle.
« Per Lilith, la tua faccia! Rilassati, non dovrai farlo davvero. Non ho potuto resistere dal prenderti in giro! - gli disse, tra una risata e l’altra - Così impari a non ascoltarmi! » riuscì a concludere, dopo essersi un minimo calmato.
« Non è affatto divertente! » esclamò Alec in tono indignato, stringendo le labbra in una linea sottile per impedirsi di sghignazzare a sua volta.
La risata dell'altro era veramente contagiosa.
« Oh sì che lo è, solo che tu sei un musone! Anche se, ripensandoci, non sarebbe poi una cattiva idea: i miei affari schizzerebbero alle stelle. » dalla sua faccia sembrava veramente che ne stesse valutando la possibilità.
« E' più probabile che ti ritroveresti a chiudere nel giro di una settimana, piuttosto. Non sono esattamente un bel vedere, dubito che alla gente piacerebbe uno "spettacolo" del genere. » ribadì il moro, ormai convinto di essere l'unica persona razionale nella sala.
« Aspetta un secondo: vuoi dirmi che tu seriamente ti reputi brutto? Ma ci sono gli specchi a casa tua? » chiese Magnus a dir poco allibito.
Sembrava un bambino a cui era stato appena rivelato che Babbo Natale non esiste.
« Certo che ci sono, per questo posso dirlo. E' sempre stato Jace il bello della famiglia, io sono.. solo io. E non sono proprio niente di speciale. » non si stava auto commiserando, nient'affatto, enunciava solo quella che per lui era una cosa ovvia.
Sempre più scioccato, Magnus osservò l'altro con attenzione: lui, credeva davvero a quel che stava dicendo.
Okay, magari i suoi vestiti avevano visto giorni migliori, ma sebbene informi e consumati non riuscivano del tutto a nascondere il suo fisico pressoché perfetto.
Per non parlare poi di quel volto diafano dai lineamenti marcati, incorniciato da quei capelli ribelli e scuri come la notte e di quegli occhi blu spettacolari.
Come poteva un ragazzo del genere avere così poca stima di sé?
Possibile che mai nessuno gli avesse rivolto la sua attenzione o lo avesse fatto sentire speciale? Il pensiero gli mise addosso una strana tristezza e un insolita volontà di essere lui stesso a rimediare.
« Il fatto che tu la pensi così, è un ulteriore prova di quanto il mondo sia pieno di idioti. In caso contrario, sapresti già da tempo quanto sei bello, perché sei bello. Che tu ci creda o meno. » gli disse con tutta la sincerità di cui era capace.
Alec, che non si sarebbe mai aspettato di sentire simili parole, alzò lo sguardo stupito.
Magnus vi lesse dentro lo sconcerto, la riconoscenza e un qualcosa che assomigliava vagamente al desiderio.
Prima di fare qualcosa di cui probabilmente in seguito si sarebbe pentito, decise di riportare la conversazione su un terreno più neutro.
« Tornando a noi e al fatto che dovrai lavorare per me, che ne dici del ruolo di inserviente? Dovrai venire qui tutti i giorni alla stessa ora, ad aiutarmi a preparare e sistemare il locale. E poi, se ne dovessi avere bisogno, farai qualche turno notturno come barista. » gli propose, cercando di assumere un aria professionale.
« Mi sembra perfetto, iniziamo. » rispose Alec, con il cuore che ancora batteva a mille per quello che l'altro gli aveva detto, soltanto un minuto prima.


***

Stupida macchia.
Da quasi cinque minuti, Alec continuava a strofinare con tutta la forza che aveva, il bancone di fronte a lui.
Era ben consapevole di star sfogando tutta la sua frustrazione su di una cosa così insignificante, ma non riusciva a smettere.
Quella, poteva facilmente definirsi come una delle giornate più orrende di tutta la sua vita.
Come un disco rotto, la sua mente non poteva fare a meno di tornare ripetutamente sugli eventi di quella mattina.

Come al solito, si era svegliato ben prima del suonare della sveglia, iniziando poi a prepararsi per l'ennesima giornata di lezione e di.. lavoro.
Erano infatti ormai ben due settimane che, ogni giorno, tenendo fede alla parola data si recava al Pandemonium.
All'inizio la cosa gli era parsa insolitamente bizzarra, circondato da quell'arredamento stravagante e in compagnia di un proprietario ancora più sfavillante, ma poi aveva inaspettatamente iniziato a sentirsi a casa.
Tutto grazie a lui.
Con i suoi strani vestiti, gli eccentrici modi di fare e quegl'occhi stupendi, Magnus Bane era riuscito pian piano a conquistarsi sempre più un posto nei suoi pensieri.
Se prima era assalito dalla nausea al pensiero di mettere piede in un locale, ora non riusciva a non sentirsi un minimo emozionato ogni volta che varcava la soglia di quel luogo.Tutti i pomeriggi avevano lavorato fianco a fianco, con Magnus che rallegrava l'ambiente con le sue battute improbabili e la risata cristallina.
Capitava spesso che Alec, intento nelle sue occupazioni, si ritirasse nei suoi pensieri; quando poi tornando in sé si ricordava della presenza di Magnus, lo trovava a fissarlo intenerito, con un sorriso che gli illuminava il volto e che lo faceva sentire sull'orlo di un precipizio.
Non aveva mai provato niente del genere prima, neanche con Jace.
Cercava con tutto l'impegno possibile di impedire a se stesso di sentirsi in quel modo: l'ultima cosa di cui aveva bisogno era fare strani pensieri su quel ragazzo che difficilmente avrebbe mai potuto considerarlo.
Poi però, si ritrovava a pensare al bellissimo viso di Magnus e la determinazione svaniva.
Per l'angelo.
Prima il suo fratellastro, ora il suo datore di lavoro? Che accidenti aveva che non andava?
Magari c'era qualcosa di sbagliato in lui.
Anche se non era così che si sentiva, non quando era con Magnus; imbarazzato, timido, insicuro, ma mai sbagliato.
Le sue riflessioni erano state interrotte improvvisamente da Isabelle, che si era catapultata come un mini uragano nella sua stanza.
« Iz! Ma che modi sono questi? Non si bussa più? » le chiese, visibilmente scocciato.
La mora aveva l'irritante vizio di piombare in camera sua senza neanche premurarsi di bussare, cosa che lo irritava oltremodo.
« Piantala di fare la lagna! Mamma e papà sono tornati a casa!» gli rispose lei, fastidiosamente raggiante.
« Come sarebbe a dire che sono a casa? - domandò Alec stupito - Dovevano essere in viaggio ancora per settimane! » continuò, andando verso sua sorella.
« Sì, e infatti partiranno a breve. Ma hanno deciso di fare un salto a casa per salutarci e vedere come stiamo. Sbrigati, aspettiamo tutti te! » gli disse, sbattendo immediatamente dopo la porta alle sue spalle.
Alec sospirò, ormai rassegnato al comportamento impetuoso di Isabelle, e si diresse verso la rampa di scale che conduceva al piano di sotto.
Sentiva la voce inconfondibile di sua madre mentre parlava con Jace.
Quest'ultimo, nei giorni scorsi, era stato costantemente e disgustosamente di buon umore.
A quanto pareva, era riuscito a rincontrare la rossa di quella notte - si, ormai la chiamava così - e l'aveva convinta ad uscire insieme a lui.
Fin qui nulla di strano, suo fratello era sempre stato piuttosto popolare.
La cosa che davvero aveva sconvolto Alec, era che il biondo tenesse veramente a quella ragazza.
Se all'inizio non aveva potuto fare a meno di sentirsi un minimo infastidito dalla cosa - era pur sempre stato convinto per anni di provare qualcosa per lui - ora ne era veramente felice.
Alec entrò in cucina, dove trovò la sua famiglia seduta intorno al tavolo, intenta a fare colazione.
Erano mesi che non succedeva più: i suoi genitori, costantemente in viaggio per lavoro, lasciavano spesso - e per un lungo periodo - i ragazzi da soli, contando sul senso di responsabilità di Alec per tenere in riga gli altri due.
« Mamma, papà, siete tornati! Come state? Come è andata? » chiese loro il ragazzo, contento di rivederli.
Maryse Lightwood guardò con affetto il suo figlio maggiore, prima di rispondergli: « Buongiorno Alexander. Come stavo dicendo a tuo fratello, l'affare è andato per il meglio, ma tu avanti, siediti. »
Alec prese posto tra Iz e Jace, mentre suo padre alzava il volume del televisore, per ascoltare il notiziario.
Era sempre stata una sua mania quella di tenersi informato su ciò che accadeva nel mondo, motivo per cui nessuno se ne sorprese più di tanto.
Ad un tratto, passarono un servizio in cui un intervistatore chiedeva ad una serie di invitati ad un matrimonio omosessuale, di dare il loro parere sulle nozze appena avvenute.
« Io trovo incredibile anche solo il fatto che qualcuno abbia il coraggio di presentarsi ad una pagliacciata del genere. » esclamò all'improvviso Maryse, in tono di scherno.
Alec, all'udire simili parole, restò raggelato.
Ma quello non era niente in confronto a ciò che disse immediatamente dopo.
« Non riesco proprio a capire come possano permettere di sposarsi a persone del genere - sputò fuori con disprezzo -  il matrimonio è un istituzione sacra, non un divertimento per certi fenomeni da baraccone. » continuò infatti, in tono altezzoso.
Alec non riusciva a respirare: era di lui - seppur indirettamente - che sua madre stava parlando.
Si era sempre chiesto come lei, nel caso in cui si fosse deciso ad uscire allo scoperto, avrebbe potuto prendere la cosa.
Ora lo sapeva.
« Io invece trovo incredibile il solo fatto che esistano. Sono disgustosi. » rincarò la dose Robert Lightwood, completamente ignaro dell'effetto che quella affermazione, aveva appena avuto sul figlio.
Disgustosi.
Per Alec fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Avrebbe voluto gridare, sbattere in faccia ai suoi genitori la realtà, avere il coraggio di difendersi, ma non riusciva a riemergere dallo stato di shock in cui era precipitato.
Fu Isabelle a parlare al posto suo.
« Come osate dire una cosa del genere? Come potete essere così crudeli e meschini? Parlate di loro quasi come se non fossero degli esseri umani! » esclamò, balzando in piedi dalla sedia.
Lei che non si lasciava mai sconvolgere da niente, che non perdeva mai il controllo, stava praticamente gridando loro in faccia, con gli occhi fiammeggianti d'ira.
« Isabelle Lightwood! E' questo il modo di rivolgerti ai tuoi genitori? Sei per caso impazzita?! » chiese Maryse, completamente basita dalla reazione della ragazza.
« Avete iniziato voi parlando in modo così retrogrado! » ribatté Iz immediatamente.
« Insisti ancora? Ti avverto signorina, sarà meglio per te che tu ti scusi e la faccia finita. » si intromise Robert furibondo, rivolgendosi alla figlia.
Alec sapeva, grazie a quel minimo di razionalità di cui era ancora in possesso, che in quel momento sarebbe dovuto intervenire, o che perlomeno avrebbe dovuto sentirsi in colpa.
Dopotutto era per lui che sua sorella si stava esponendo in quel modo.
Ma  non era così: si sentiva solo vuoto dentro.
Tutta la sua fatica, tutti gli sforzi fatti per smettere di considerarsi diverso, erano crollati in un istante.
« Perché, altrimenti? - chiese Iz, sbattendo con violenza la mano sul tavolo - Che avete intenzione di fare? Mettermi in punizione? Per farlo dovreste essere presenti, cosa che non accade quasi mai! » continuò lei imperterrita.
Prima che Isabelle finisse col mettersi seriamente nei guai, Jace intervenne nella discussione.
« Basta Izzy, lascia perdere. » esordì, alzandosi a sua volta.
La ragazza lo guardò stupita e tradita, con la chiara intenzione di mettersi a gridare anche contro suo fratello.
Quest'ultimo però, la interruppe.
« Non ha senso discutere con gente che ha l'apertura mentale di una nocciolina. E' solo fiato sprecato. » continuò il biondo, assumendo il suo tipico atteggiamento non curante.
Maryse boccheggiò offesa: non si aspettava certo che anche Jace l'attaccasse in quel modo.
Per un attimo Alec fu quasi tentato di mettersi a ridere, vedendo l'espressione della madre, ma poi si ricordò dell'argomento della disputa e ogni traccia di ilarità scomparve.
« Sai cosa ti dico fratellino? Hai ragione, sarà meglio che andiamo. Vieni Alec, muoviti. » rispose Izzy, rivolgendo un sorriso di superiorità agli altri due.
Alec non ebbe neanche il tempo di dire "bah", che già i suoi fratelli lo stavano trascinando fuori di casa.
Per tutto il resto della giornata, Isabelle e Jace lo avevano osservato con un espressione preoccupata stampata in volto, quasi temessero di vedergli dare i numeri da un momento all'altro.
In realtà, aveva una gran voglia di mettersi a urlare, di distruggere qualcosa, ma si rifiutava di cedere, per di più poi davanti a loro.
Alec adorava i suoi fratelli e li amava ancora di più per il modo in cui lo avevano difeso, ma non vedeva l'ora di liberarsi di loro.
Vederli osservarlo circospetti lo faceva impazzire, mettendo a dura prova il suo già scarso autocontrollo.
Proprio per quel motivo al termine delle lezioni li aveva lasciati senza dire una parola, recandosi al Pandemonium ancora prima del solito.

Ed ora eccolo lì nel locale ad eliminare ogni granello di polvere e ogni traccia di sporco, come se ne andasse della sua vita.
« Alexander, hai per caso deciso di consumare il mio povero bancone? » fu riportato bruscamente alla realtà dalla voce divertita di Magnus.
« Non è colpa mia se questa maledetta macchia non vuole saperne di togliersi. » gli rispose, lanciando brutalmente lo straccio a terra.
Poi, praticamente pestando i piedi, si andò a stravaccare su una sedia poco distante, sotto lo sguardo sbigottito di Magnus.
« Se tu fossi una donna adesso probabilmente ti chiederei se soffri di sindrome premestruale, ma dato che così non è, qual è il problema? » gli chiese, portandosi di fronte a lui.
« Niente! Ti sembra che io abbia qualcosa? No. » gli rispose stizzito.
Poi, vedendo l’espressione offesa sul volto di Magnus, si sentì in colpa.
Non voleva assolutamente prendersela con lui, ma il peso della conversazione avvenuta quella mattina lo stava lentamente distruggendo.
Sospirò affranto, guardandolo appena.
« Mi dispiace.. è che non è stata una bella giornata. » esordì, pentito.
No, era stata una pessima giornata infatti, si corresse mentalmente.
« Alexander, magari non sarò il tuo migliore amico o un tuo parente, ma so ascoltare. »  gli disse, sedendosi affianco a lui e poggiandogli una mano sulla gamba, nel tentativo di rassicurarlo.
La mano di Magnus era grande e calda al contatto, sebbene ci fosse un largo jeans a dividere le due pelli; le dita erano impreziosite da una moltitudine di anelli e, le unghie smaltate di nero, erano ben curate.
Di certo, era uno a cui non dispiaceva apparire.
Alec spostò lo sguardo sul pavimento, ed improvvisamente sentì il bisogno di liberarsi di quel macigno che gli rendeva quasi difficile respirare.
Forse avrebbe dovuto avere paura al pensiero di confidarsi con uno sconosciuto - non che lo fosse davvero, alla fine -,  ma c’era qualcosa in lui che lo spingeva a fidarsi.
« Stamattina c’è stata una discussione con i miei. Vedi, loro sono molto all'antica, considerano il modello di famiglia classico l’unico possibile. - cominciò, in tono amareggiato - Al telegiornale hanno dato un intervista su una coppia omosessuale che stava per sposarsi, ed hanno subito espresso il loro disappunto sulla questione. » continuò, massaggiandosi le tempie con una mano.
Magnus lo studiava attento, in totale silenzio.
« Persone del genere sono disgustose a loro dire. Non riescono a capire che stanno pur sempre parlando di essere umani e che alla fine non c’è niente di male ad essere diversi. » disse con tono basso, e Magnus giurò di aver sentito la sua voce incrinarsi per un istante.
L’espressione triste e spenta che Alec gli rivolse, gli fece sentire una stretta al cuore: lui la conosceva benissimo quella faccia.
Lui capiva cosa stava cercando di dirgli.
« Io ho sempre pensato che quel tipo di persone fossero le più speciali, a dire il vero. » gli sorrise in risposta, lasciando il moro sorpreso.
L’aveva detto con una semplicità ed un’ingenuità tale da averlo lasciato completamente sbalordito.
Lo guardò grato, cosa che diede a Magnus il coraggio di porgli la domanda che aveva in mente.
« Per quale motivo la cosa ti turba così tanto Alexander? » gli chiese, pur conoscendone già la risposta.
Alec sussultò a quell'interrogativo.
Doveva aspettarsi che parlando di una questione del genere, Magnus avrebbe intuito che c’era qualcosa che non andava.
Perché altrimenti non aveva senso prendersela così a cuore.
Poteva mentire come aveva sempre fatto, tuttavia sentiva di poter essere per una volta se stesso, con lui. Sentiva che non lo avrebbe giudicato.
« Perché.. Io sono gay. » sputò fuori Alec, tutto d'un fiato.
Sgranò gli occhi, quasi avesse realizzato solo in quel momento ciò che le sue labbra avevano appena proferito: non riusciva a credere di averlo detto davvero.
Il momento di silenzio che ne seguì fece pensare ad Alec che probabilmente l’altro lo avrebbe guardato con disapprovazione, con disgusto.
Quello stesso disgusto che era trapelato da ogni singola parola fuoriuscita dalle bocche dei genitori, quella mattina.
Invece, quando lo guardò, il sorriso che Magnus gli rivolse gli scaldò il cuore.
« Allora sei speciale fiorellino. » gli disse, facendolo arrossire.
Magnus non potè fare a meno di sorridere ancora, intenerito di fronte a quelle guanciotte tinte del color dei ciliegi.
« Non credevo che avresti capito. A parte Jace ed Izzy, non lo avevo mai detto a nessuno. » si ritrovò a rispondergli, piacevolmente stupito dalla reazione dell'altro.
« Non è stato poi così difficile. Sai, qualche anno fa mi trovavo nella tua stessa situazione - gli disse, mentre Alec sgranava gli occhi - Motivo per cui ho troncato i rapporti con la mia famiglia. »
Il moro lo studiò, prendendo pian piano consapevolezza di quello che gli aveva appena rivelato.
D’un tratto sentì la necessità di volerne sapere di più su quello strano ragazzo tutto glitter, perché solo a guardarlo dava l’impressione di una persona che portava un grosso fardello sulle proprie spalle.
Ed Alec voleva aiutarlo ad alleggerirlo.
Scosse la testa, come a voler allontanare quel pensiero.. assurdo.
« Come hai fatto ad andare avanti? Io per quanto ci provi non riesco a venire a patti con me stesso. » gli chiese poi, tornando ad osservare la mano che era ancora poggiata lì, sulla sua gamba.
Magnus ci pensò un po’ su, quasi stesse soppesando la domanda, poi parlò: « Mi sono semplicemente reso conto che il giudizio degli altri non è poi così importante. Non c'è niente di male ad essere quelli che si è. » gli rispose, con un tono solenne che non gli aveva mai sentito usare.
Alec restò colpito da quella sua affermazione.
Per quanto ci avesse provato, non era mai riuscito a vederla in quel modo: aveva sempre lasciato che fosse il giudizio altrui a guidarlo, sempre timoroso di quello che avrebbero potuto pensare o dire su di lui.
Perfino con i suoi genitori, la sua famiglia, si era sempre sforzato di dimostrarsi perfetto, impeccabile, nel terrore che gli altri sarebbero stati delusi da lui.
Troppo occupato a pensare all'apparenza, alla finzione, aveva finito col perdere di vista la cosa più importante: se stesso.
Forse era giunta l'ora di iniziare a cambiare prospettiva.
Era però abbastanza intelligente da sapere che non sarebbe stato in grado di farcela; non da solo.
Si ritrovò dunque a guardare gli splendidi occhi dorati di fronte a lui, pieni di comprensione e in parte, persino di affetto.
« Aiutami. » esordì ad un tratto, sotto lo sguardo confuso dell'altro.
Magnus lo fissava, senza avere la minima idea di dove volesse andare a parare.
« Tu hai detto che non c'è niente di male ad essere se stessi. Beh, io non ci sono mai riuscito, ma tu sì. Da quanto ho capito ti sei trovato nella mia stessa situazione e sei riuscito a farcela. Guidami. Dimmi che cosa devo fare. » riprese a parlare Alec, rivolgendogli uno sguardo supplicante.
Quella richiesta lasciò Magnus completamente spiazzato: non si sarebbe mai aspettato che quel ragazzo così timido prendesse in mano le redini della questione in quel modo.
All'inizio fu tentato di rifiutare, non avendo la minima intenzione di farsi coinvolgere negli affari altrui.
Non un’altra volta.
Poi però, gli tornò in mente il viso di suo padre che lo accusava di essere un disonore, il dolore e la paura; pensò che in parte quei dubbi che lui aveva avuto allora, erano gli stessi che attanagliavano il ragazzo di fronte a lui.
Per qualche motivo, Alexander Lightwood lo aveva colpito come nessuno faceva ormai da tempo, e se poteva voleva aiutarlo ad evitare che soffrisse come aveva sofferto lui.
Si rese conto in quel momento di aver preso una decisione.
« Okay. se è questo che vuoi, ti aiuterò. Ma il mio aiuto, ha un prezzo. - gli disse, l'espressione seria - In cambio dovrai fare tutto quello che ti dirò. » gli rispose infine Magnus, pregando con tutto il cuore che quella storia non si trasformasse in una catastrofe.
L'altro lo guardò da prima sorpreso - evidentemente non si aspettava che accettasse -, poi stranamente determinato.
« Farò tutto quello che vorrai. » disse in tono deciso.
Magnus sorrise in modo felino, avvicinandosi poi ad Alec, tanto che i loro nasi quasi si sfiorarono.
« A quanto pare, io e te abbiamo appena stretto un patto. » gli sussurrò suadente. « Bene fiorellino, da adesso sei mio. »






HeLLo! :D
Ed ecco qui anche il terzo capitolo >.<
Beh, che dire, la storia ha preso una piega piuttosto stravagante: di fatti, la vera storia inizia da questo capitolo in poi :D
Finalmente siamo arrivati al punto di questo benedetto patto e, fidatevi, ne vedrete di tutti i colori ahaha!
Dunque, all'inizio ho voluto inserire una breve scenetta Magnussosa, in modo da farlo conoscere un pochino meglio. Spero abbiate gradito questo piccolo stacco prima del vero capitolo!
Poi, l'incontro al locale che sembra aver segnato entrambi :D Alec è curioso, perchè Magnus lo attrae e beh, anche quest'ultimo non sembra affatto indifferente alla questione.
Motivo per cui, accetta questo 'patto' particolare, sebbene abbia tremendamente paura di lasciarsi andare col suo fiorellino :D
E ora? hahahaha se volete saperne di più, non vi resta che continuare a seguire la mia storia :D
In ogni caso, spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, mi farebbbe molto piacere sentire i vostri pareri a riguardo, quindi, se volete, ve ne sarei grata! :D
Prima di lasciarvi finalmente in pace (>_<), vorrei dirvi che ho creato un gruppo su facebook! Dunque, se volete seguire meglio la storia o, avere spoiler e quant'altro siete i benvenuti! :D
Il link è questo:------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/





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Capitolo 4
*** Lesson number one: Take my Hand. ***


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Deal With The Evil.



4 Capitolo - Lesson number one: Take my Hand.

Non che Alec avesse chissà quale vasta scelta di fronte ai suoi occhi ma.. cosa diamine poteva mettersi?
Una moltitudine di maglioni neri erano accatastati uno sopra l’altro su di una sedia, ma erano stati scartati a priori perché definiti anonimi.
Alec, li aveva definiti anonimi.
Sbuffò sonoramente, sedendosi senza troppe cerimonie sul letto sfatto della sua camera e prendendo nuovamente il suo cellulare.
Aveva letto quel messaggio un numero indescrivibile di volte, ma ancora non riusciva a capacitarsene.

Central Park, alle tre in punto.
Non farmi aspettare fiorellino, mi raccomando.
Magnus.

E dire che era stato proprio lui a chiedergli di fare una cosa simile.
Gli aveva chiesto, anzi, lo aveva pregato di insegnargli a come essere in armonia con se stesso e ad essere più sicuro; di aiutarlo a capire che non c’era nulla di sbagliato in lui.
A dire il vero ancora non riusciva a credere di averlo realmente fatto: probabilmente con Magnus che lo guardava con quei suoi bellissimi occhi, la situazione confortevole che si era andata a creare e la mano sulla sua gamba che lo stava letteralmente facendo impazzire, Alec era stato solo preso dal momento.
È una bugia, lo sai benissimo.
Arricciò il naso, infastidito: quella vocina seccante, nata dal giorno in cui l’aveva incontrato per la prima volta, da quel momento non aveva fatto altro che ricomparire, mettendolo enormemente a disagio.
Perché sai che è la verità.
Scosse la testa energeticamente, per poi portarsi le mani a coprirsi gli occhi.
Sicuramente Magnus sarebbe stato bellissimo come sempre, mentre lui ancora una volta sarebbe risultato banale.
Sbuffò ancora, buttandosi di peso sul letto; non gli era mai interessato nulla di tutto ciò, mai si era fermato a riflettere su quale maglione fosse più adatto per un’uscita.
Da quando allora, aveva cominciato a farlo?
Da quando vuoi farti notare da Magnus.
« Basta! » gridò, frustrato.
Si alzò in piedi di scatto, deciso prima di tutto a farsi una doccia, in modo tale da schiarirsi le idee, ma si fermò quando vide Iz appoggiata allo stipite della porta sorridergli maliziosa.
« Izzy, ti serve qualcosa? » le domandò, a disagio.
Da quanto tempo esattamente era lì? Non se ne era minimamente accorto e tutto perché non faceva altro che pensare a cose stupide!
« Oh dimmelo tu, Alec. - gli disse, avvicinandosi - Non che mi dispiaccia il fatto che tu abbia finalmente capito di quali obbrobri il tuo armadio sia munito ma.. perché? » gli chiese, incrociando le braccia sotto il seno.
Il moro la guardò cereo: cosa avrebbe dovuto rispondere ora? Che nel pomeriggio sarebbe dovuto uscire con il proprietario del locale che aveva praticamente distrutto? Oppure con un ragazzo stravagante a cui aveva rivelato di essere gay? O ancora meglio, con un tizio a cui aveva chiesto di fare praticamente l‘impossibile?
« Non so proprio di cosa parli, io.. stavo facendo il cambio di stagione. » s’inventò sul momento, sperando di essere perlomeno un minimo credibile.
Isabelle incurvò un sopracciglio verso l’alto, mentre un sorrisino divertito andava a delinearsi sulle labbra tinte di rosso.
« A gennaio? » gli chiese, trattenendosi a stento dal ridere.
Alec diventò paonazzo, guardando da un’altra parte.
Ok, non se l’era bevuta.
Non che la cosa fosse poi così scioccante, dato la banalissima uscita. Tuttavia fece finta di niente e alzò le spalle.
« Almeno mi avvantaggio. - le disse, mentre prendeva un jeans slavato e una canottiera bianca dall’armadio - ora, se permetti vado a farmi una doccia. »
Non gli diede modo di replicare, poiché sgusciando velocemente fuori dalla stanza, andò a chiudersi in bagno.
Iz non era affatto stupida e sicuramente aveva capito che c’era qualcosa che non andava, ma Alec non voleva parlarne.
Non al momento almeno.
Anche perché, non avrebbe saputo proprio che dirle: come avrebbe potuto spiegare la situazione che si era andata a creare con Magnus? O la loro ‘relazione’? Non sapeva nemmeno lui come definirla.
Sospirando entrò nel  box-doccia, sperando di riuscire a riordinare i suoi pensieri.


***

Non sapeva come era finito a comprarsi una nuova camicia, fatto stava che si trovava di fronte all’entrata di Central Park, fasciato nel suo nuovo acquisto e con una voglia irrefrenabile di scappare via.
Dato che non faceva così freddo aveva deciso di mettersi un semplice giacchetto di pelle, in modo tale da non doverlo portare in mano nel caso fossero andati da qualche parte.
Alla fine, anche se aveva cercato di non esserlo, era risultato banale.
Accidenti.
Si passò una mano tra i capelli corvini, scompigliandoseli appena in un gesto nervoso.
Era arrivato con dieci minuti di anticipo, cosa normale per lui che odiava davvero essere in ritardo.
Ma in quel momento si sentiva davvero a disagio a starsene lì in piedi in abiti inusuali per lui, ad aspettare un ragazzo.
Se glielo avessero detto una settimana prima, non ci avrebbe mai creduto.
Ed invece..
Scosse la testa, mentre pensieri assurdi cominciavano a formarsi nella sua testolina.
Era stato talmente in ansia per tutta la mattina che non aveva nemmeno minimamente pensato a come si sarebbe dovuto comportare.
Anzi, non aveva proprio la più pallida idea di cosa fare, a dirla tutta.
Magnus era una persona elegante, sempre con la battuta pronta e di un’allegria coinvolgente. Ma era anche incertezza, pericolo e trasgressioni.
Mentre lui vestiva male, era scontroso e anche piuttosto musone. Ma soprattutto odiava non rispettare le regole, odiava quando la situazione era fuori dal suo controllo e odiava non essere certo di qualcosa.
Due esatti opposti, due perfette metà che incastonate tra di loro avrebbero potuto generare qualcosa di decisamente interessante.
Alec era in pieno conflitto con se stesso, perché se da una parte voleva lasciarsi andare, volendo provare quelle sensazioni a lui sconosciute, dall’altra sentiva di star sbagliando tutto.
« Alexander, come sempre non ti fai affatto desiderare. » la voce familiare di Magnus lo riportò alla realtà, così si girò verso di lui.
Per un attimo gli mancò il respiro, mentre sgranava gli occhi, visibilmente sorpreso.
Magnus era.. wow. Non c’erano molte parole per descriverlo a dire il vero.
Un pantalone bianco gli fasciava le gambe toniche e muscolose, mentre una camicia verde scuro aperta sul davanti lasciava intravedere il petto solido, sebbene molte collane avvolte attorno al suo collo, ne impedivano la piena visuale.
Alec si chiese se non avesse freddo vestito così, ma accantonò subito il pensiero: gli avrebbe dato volentieri la giacca in quel caso.
Spostò poi lo sguardo sul suo viso, trovandolo deliziosamente affascinante con quel poco trucco sulle palpebre.
Infatti, aveva optato per una semplice linea di eye-liner verde, ma aveva compensato il tutto con un lucidalabbra davvero brillantinato.
I capelli invece erano tirati indietro dal gel nella solita cresta che tanto gli piaceva portare, e alcuni accenni di glitter erano sparsi qua e là sulle punte rosse.
Magnus sorrise deliziato da quelle attenzioni, ma si prese anche lui il suo tempo per studiare la figura dell’altro, trovandolo.. diverso.
I soliti maglioni scoloriti e a volte bucati, erano stati sostituiti da una camicetta bianca a scacchi, che gli metteva in risalto gli occhi blu in una maniera incredibile.
La giacca di pelle nera era un vero tocco di classe, abbinata a quel pantalone largo e agli stivali neri.
Ebbene, si era dato piuttosto da fare per.. metterlo in difficoltà.
« Come mai così sobrio? » gli chiese Alec, indicando il suo viso.
Magnus sorrise in maniera provocante, facendogli l’occhiolino: « Ho pensato ti sentissi più a tuo agio a girare con una persona un po' più normale. » gli disse, facendolo arrossire.
L’aveva fatto per lui, perché sapeva che non si era ancora sbloccato del tutto. Non poté fare a meno di sorridere in maniera piuttosto timida per quell’accorgimento più che gradito.
Tuttavia, Alec pensava che se anche si fosse presentato come al suo solito non ne sarebbe stato per niente infastidito.
Gli piaceva lo stile di Magnus.  
« Vogliamo andare? » gli chiese poi Quest’ultimo, facendo un cenno verso l’entrata del parco.
Alec annuì, affiancandolo.


Il vento gli scompigliava appena i capelli, mentre la risata cristallina di Magnus riempiva l’aria di una piacevole aura magnetica.
Era circa un’ora che passeggiavano per quell’immenso parco e Alec non aveva fatto altro che straparlare a vanvera in preda all’imbarazzo, sotto lo sguardo divertito di Magnus.
Quest’ultimo invece, non aveva potuto fare a meno di sfoggiare le sue solite battutine maliziose che riuscivano sempre nell'intento di farlo arrossire.
« E quindi hai capito di essere gay quando una ragazza ha provato a baciarti? » gli domandò confuso, portandosi una mano sotto il mento.
Alec scosse la testa, sorridendo leggermente: « Non è stato per quello. È solo che quando si è avvicinata per farlo, mi sono sentito a disagio, sentivo di star facendo qualcosa di sbagliato.  Così sono scappato via. » ammise, grattandosi la testa imbarazzato.
Magnus lo squadrò per una manciata di secondi, poi parve illuminarsi improvvisamente: « Dunque mi stai dicendo che non hai mai baciato nessuno, interessante. » esordì, un sorriso malizioso ad abbellirgli le labbra.
Alec arrossì vistosamente, inciampando sui suoi stessi passi.
Troppo diretto, dannazione.
Magnus lo guardò divertito e intenerito allo stesso tempo: quel ragazzo era una sorpresa continua.
Credeva di averle viste tutte ormai in vita sua, ma Alec continuava a stupirlo: con lui era tutto totalmente diverso, nuovo.
Con i suoi occhi blu che brillavano sotto la luce del sole; col suo sorriso perfetto capace di sciogliere anche il più insormontabile dei ghiacciai; col suo parlare da perfetto secchione; con le sue guancie sempre tinte di quell’adorabile rossore; con quello sguardo liquido che a volte gli rivolgeva quando si fermava a guardarlo.
Tutto di lui, era una vera e propria boccata di aria fresca.
Il moro borbottò qualcosa che Magnus interpretò come una conferma all’affermazione appena fatta.
Soddisfatto si girò verso di lui, inchiodando il suo sguardo a quello del giovane.
Verde e blu si fusero assieme in una particolare alternanza di colori che ricordavano vagamente una giornata estiva al chiaro di luna.
« Non devi vergognarti di nulla, Alexander. » gli disse, sfiorandogli la guancia in un gesto dolce e premuroso.
Alec trattenne il respiro, mentre un turbinio di emozioni andavano ad espandersi all’interno del suo corpo.
Come dotata di volontà propria, la sua mano raggiunse quella dell'altro, toccandola in maniera delicata, quasi avesse avuto paura di fargli del male semplicemente sfiorandola.
Magnus invece lo guardò sorpreso.
Non si sarebbe mai aspettato un gesto così.. piacevole, non da parte sua per lo meno.
Gli sorrise di rimando, mentre i suoi occhi si coloravano di una strana sfumatura che Alec non sapeva proprio come identificare.
« Bene fiorellino, prima lezione: prendimi per mano. » gli disse, mentre Alec si riscuoteva appena da quella specie di trance.
Non sapeva né come né perché, ma ogni volta che si trovava a fissarlo finiva per scordarsi persino di chi fosse.
Gli lanciò un’occhiata confusa, mentre l’altro spostava la mano dal suo viso. Il moro avvertì subito la mancanza di quel tiepido tocco, ma non disse nulla a riguardo.
« Dovrei.. prenderti per mano? Qui? Cioè.. non è che non voglia ma.. » cominciò a balbettare, ma Magnus lo interruppe prontamente.
« Abbiamo fatto un patto Alexander. E se ricordi bene, hai accettato di fare qualsiasi cosa io ti chieda. Perciò andiamo a bere qualcosa, ma andiamoci mano nella mano. » gli disse, provocandolo.
Alec deglutì a disagio.
Non si sentiva ancora pronto per mostrarsi così disinvolto in pubblico.
Tuttavia Magnus aveva ragione: aveva accettato di farlo e ora non poteva di certo tirarsi indietro.
E poi, voleva davvero toccarlo di nuovo.
Lo guardò negli occhi, incrociando con delicatezza le dita con le sue; poi gli sorrise imbarazzato, cosa che fece sorridere a sua volta Magnus.
Si fissarono ancora per qualche secondo, poi si incamminarono verso un bar.

 

Il sapore del caffèlatte gli si espanse in bocca alla prima sorsata, facendolo sorridere compiaciuto.
Erano arrivati lì da pochi minuti e appena varcata la soglia, tutti gli sguardi dei presenti si erano posati sulle loro figure e sulle.. loro mani.
Alec era arrossito vistosamente, mentre Magnus aveva sogghignato di fronte la sua reazione.
« Suvvia, è stato divertente. » gli sorrise quest’ultimo, finendo la sua bevanda.
Alec, che aveva preso un bicchiere d’acqua, ne buttò giù il contenuto, fissandolo truce.
« Non credo di avere il tuo stesso concetto di divertimento allora. » sbuffò l’altro in risposta, socchiudendo gli occhi.
Magnus lo guardava estremamente divertito: adorava vederlo in imbarazzo.
« Io dubito proprio che tu lo abbia, fiorellino. » lo schernì sorridendo.
Alec lo guardò indignato, ma poi anche la sua bocca andò ad incurvarsi verso l’alto.
Prese a tracciare il contorno del bicchiere, mentre l'altro lo osservava affascinato.
Il moro era così semplice da riuscire ad incentrare, inconsapevolmente, tutta l’attenzione di Magnus su di sé.   
« Sai.. mi sono divertito molto oggi. Ti ringrazio. » gli disse Alec, balbettando appena.
Magnus si inumidì le labbra: « Anche io, Alexander. Infatti stavo pensando di.. » s’interruppe all’improvviso, mentre un volto a lui noto si stava facendo largo tra i tavoli.
« Ma guarda un po' chi abbiamo qui.. »
Catarina.  
Questa non ci voleva proprio, sua sorella era proprio l’ultima persona che sperava di incontrare con Alexander al suo fianco.
Non osava neanche immaginare quello che stava per succedere.
« Ma quanto siete carini! Ti sei dato da fare, vero fratellone? Sei riuscito subito a conquistarlo!  Beh, wow Lightwood, ti sei messo davvero in tiro: deve essere una cosa seria! » esclamò, giunta di fronte a loro.
E difatti, non si era sbagliato.
Aveva parlato con un tono talmente alto che quasi tutte le teste nel locale si erano girate nella loro direzione.
Alec invece era diventato così rosso che l'altro per un attimo temette che avrebbe finito col prendere fuoco.
Magnus sentì uno strano senso di risentimento verso sua sorella: non voleva che il suo fiorellino si sentisse a disagio, non per essere visto con lui.
« Catarina smettila, è solo un uscita in amicizia. Possibile che tu debba sempre pensare male? » le rispose, guardandola truce.
L'altra non sembrò minimamente scalfita dalla cosa, anzi.
« Sei crudele, mi hai appena spezzato il cuore. Sognavo già l'abito da indossare come damigella alle vostre nozze! » gli rispose, portandosi melodrammaticamente una mano sul petto.
Magnus sbirciò Alec di  sfuggita e dovette fare uno sforzo disumano per non ridere: non solo il suo colorito già prima rossastro iniziava a sfociare nel viola, ma stava anche boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.
Poveretto.
Conoscendo prima lui ed adesso sua sorella, doveva sicuramente pensare di trovarsi in presenza di una famiglia di pazzi ricercati.
« Oh andiamo Lightwood, non fare quella faccia. Mio fratello non è poi così male come donnina di casa. Sarebbe una moglie perfetta! » disse, dando al malcapitato una pacca sulle spalle.
Se la stava godendo da matti quella disgraziata.
Gli occhi azzurri le brillavano di divertimento e stava palesemente cercando di trattenere le risate.
Alec dal canto suo, che si trovava ancora in quella condizione, sembrava completamente incapace di spiccicare parola.
Magnus decise di portarlo via, prima che sua sorella finesse col farlo fuggire a gambe levate.
« Vieni Alec, ti accompagno. - gli disse con dolcezza, cercando di tranquillizzarlo. -  E con te sorellina, ci vediamo tra poco. » concluse, scoccandole un’occhiata più che eloquente.
Avrebbe dato al suo fiorellino appuntamento per l'indomani, poi avrebbe raggiunto quella streghetta e ci avrebbe fatto una bella chiacchierata.


Subito dopo che Alec se ne fu andato, Magnus iniziò a cercare una testa bionda tra la folla: sapeva che sua sorella sarebbe rimasta nei paraggi.
La trovò quasi subito, seduta su una panchina nel piccolo parco dall'altra parte della strada.
Quando la raggiunse notò che stava trafficando animatamente col suo cellulare.
Starà informando tutti i nostri amici della mia 'nuova fiamma', pensò, alzando gli occhi al cielo.
« Quello che hai fatto poco fa non è stato affatto carino! Nessuno ti ha insegnato, che non si arriva alle spalle della gente in quel modo? » esordì, lasciandosi cadere pesantemente accanto a lei.
Catarina alzò lo sguardo divertita.
« E da quando il Sommo Stregone di Brooklyn - disse, prendendolo palesemente in giro - si lascia sconvolgere da una simile sciocchezza? » chiese sardonica, incrociando le braccia al petto.
« Da mai. Lo sai che sono troppo fantastico per lasciarmi sconvolgere da qualcosa. » le rispose, utilizzando lo stesso tono e facendo un gesto con la mano il cui significato era qualcosa come "smettila di dire certe assurdità".
« Se la pensi così, dov'è il problema? » domandò Catarina, pur immaginando la risposta.
Voleva vedere se l'altro l'avrebbe ammesso.
« Il problema è che Alec non è dello stesso avviso! - esclamò Magnus di getto - Lui è così timido, non voglio che tu lo metta in imbarazzo! E.. ora che hai da ridere? » chiese infastidito, vedendola sghignazzare.
Con un attimo di ritardo, Magnus si rese conto dell'errore madornale che aveva appena commesso: si era fatto incastrare.
Ora, sua sorella non avrebbe più smesso di fare allusioni.
« Alla faccia dell'uscita in amicizia! Ne ero certa, sapevo fin dal primo giorno in cui vi siete visti che sarebbe finita così. » disse, facendo uno strano balletto.
Magnus ipotizzò che si trattasse di una qualche danza della vittoria.
O almeno lo sperava, perché l’unica alternativa che gli veniva in mente era una qualche sorta di maledizione voodoo.
« Non è finita in nessun modo, lo sto solo aiutando! » ribatté, cercando di essere il più convincente possibile.
Catarina sapeva leggergli dentro come fosse un libro aperto, ma l'ultima cosa che voleva era che qualcuno gli facesse notare che iniziava a sentire qualcosa per quel ragazzo.
Non quando stava facendo di tutto, per cancellare quel pensiero dalla sua mente.
« Aiutando? Adesso è così che si dice? Andiamo fratellone, è la scusa più ridicola che abbia mai sentito! » rispose quest'ultima, scoppiando di nuovo a ridere.
Beata lei che si diverte tanto, pensò.
« Catarina, sono serio. Lui si trova nella stessa situazione in cui sono passato anche io: i suoi genitori non sono esattamente di mente aperta. » iniziò a dire Magnus, leggendo sul volto di sua sorella una scintilla di comprensione.
« Oh no, - sussurrò quest'ultima - povero ragazzo. Mi dispiace non lo sapevo, ma cosa intendi di preciso per aiutare? » domandò, tornata improvvisamente seria.
Era più forte di lei, quando vedeva qualcuno soffrire non poteva fare a meno di lasciarsi coinvolgere.
L'aveva sempre adorata per questo.
« Vuole che lo aiuti a superare la cosa, ad accettare se stesso. Come vedi niente di romantico, non gli interesso affatto. Mi vede solo come un mentore superstiloso. » le rispose, cercando di mantenere un tono neutro.
Non poteva lasciare che lei capisse quanto si sentiva coinvolto in quella situazione.
Evidentemente, però, non ci stava riuscendo: Catarina lo guardava come se fosse impazzito di colpo.
« Un mentore? Non gli interessi affatto? Sei per caso diventato cieco?! Tu gli piaci eccome! » esclamò quest'ultima, mettendosi quasi a gridare.
Non avrebbe dovuto fargli piacere il fatto che Catarina la vedesse così, ma non riusciva a fare altrimenti.
Aveva passato anni a tagliare fuori tutti, e adesso come per magia un ragazzo tenero ed insicuro stava mandando tutto a monte.
Magnus però non aveva nessuno intenzione di permetterglielo.
O almeno ci stava provando.
« E tu lo sai, perché..? Non dirmi che mi sono perso la parte in cui siete diventati amiconi per la pelle e vi siete confidati tutti i segreti! » esclamò, falsamente scioccato.
« No brutto idiota, mi è bastato vedere il modo in cui ti guarda. - rispose lei, immediatamente. - Lo stesso in cui tu guardi lui. » aggiunse poi, con dolcezza.
Era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui l'aveva visto affezionarsi a qualcuno che non facesse già parte della sua vita.
Per quanto lui spesso e volentieri potesse essere un gran rompiscatole egocentrico, restava pur sempre suo fratello e avrebbe dato qualsiasi cosa per vederlo felice.
Forse quella volta sarebbe finalmente successo; doveva solo sperare che Alec riuscisse a convincerlo a lasciarsi andare.
« Cat, ti prego. So che cosa stai per dirmi ma non.. io non so cosa fare, okay? Alexander è diverso da chiunque altro abbia mai conosciuto, mi colpisce come mai nessuno aveva fatto. - sputò fuori Magnus, senza quasi rendersene conto - Ma ho giurato a me stesso che non avrei dato più a nessuno quel potere su di me. » continuò poi, guardando negli occhi sua sorella.
Lei sapeva meglio di chiunque altro che cosa intendesse dire.
Da quando Magnus lo aveva incontrato si trovava costantemente in lotta con se stesso: una parte di lui gli chiedeva di lasciarsi andare, convinta che Alec era diverso e che non lo avrebbe ferito; l'altra parte, quella più razionale, continuava a ripetergli di fare un passo indietro.
Strano a dirsi, ma aveva davvero bisogno del consiglio di Catarina.
« Magnus, sono tua sorella, c'ero. E posso assicurarti che nessuno potrebbe mai giudicarti per il fatto che, dopo quello che è successo, tu abbia messo un lucchetto al tuo cuore per poi buttare via la chiave. » iniziò a dire Catarina in tono cauto, quasi temesse la reazione dell'altro.
Quest'ultimo la guardò, alzando un sopracciglio.
« Ma? » le chiese infatti, scettico.
« Ma c'è una cosa che devi riuscire a capire: l'amore, quando è vero, quando è puro, riesce ad infrangere qualsiasi barriera. E non importa quanto impegno tu ci abbia messo per costruirla, non potrai fare niente per impedirlo. » gli rispose la ragazza, per poi andarsene immediatamente dopo, lasciando Magnus a riflettere sulle sue parole.
Magari, pensò Catarina, Alexander Lightwood sarebbe stato capace di fargli imparare quella lezione.



Alec aveva trascorso l'ultima ora girando senza meta per la città: dopo il suo 'appuntamento' con Magnus era troppo confuso e nervoso per starsene senza fare niente.
La maggior parte del tempo lo aveva impiegato a maledire mentalmente se stesso.
Stava permettendo a quel ragazzo di dissolvere tutta la sua razionalità.
Si era sempre vantato del suo distacco e del suo autocontrollo, ma ogni volta che si trovava insieme a Magnus finiva col trasformarsi in un idiota balbuziente.
Per quanto si sforzasse di fare in modo che non accadesse, quando l'altro era nei paraggi il suo cervello decideva di andarsene in vacanza, lasciandolo lì a fare la figura dell'allocco.
Per non parlare poi dell'incontro a dir poco imbarazzante con sua sorella: nessuno dei due si sarebbe aspettato di vedersi piombare addosso Catarina in quel modo.
Ma soprattutto, non si sarebbero mai aspettati di vederla reagire in quel modo.
Non poteva negare però che tutto sommato quello era stato uno dei pomeriggi più belli della sua vita.
Magnus lo mandava in confusione ma, paradossalmente, lo rendeva più felice di quanto fosse per la maggior parte del tempo.
Stava iniziando a conoscerlo abbastanza per capire che dietro gli infiniti strati di glitter e lustrini, si nascondeva una persona con un gran cuore: il modo in cui aveva ascoltato le sue preoccupazioni senza farlo mai sentire giudicato, il chiaro affetto verso sua sorella, il fatto stesso che avesse accettato di aiutarlo; tutte quelle cose non facevano che renderlo ancora più affascinante ai suoi occhi.
Come se ce ne fosse bisogno.
Già così faticava a mantenere il controllo.
Ed era inutile dire che quella non era affatto una cosa da lui.
C'erano stati momenti, come quando gli si era avvicinato per sfiorargli delicatamente il viso, in cui l'unica cosa che lo aveva trattenuto dal fare qualcosa di veramente stupido era stata la sua forza di volontà.
Alec sospirò, ripensando alle parole e agli sguardi che l'altro gli aveva rivolto.
Se fosse stato più simile a Jace o almeno un po' più sicuro di se stesso, avrebbe potuto pensare che Magnus fosse in qualche modo interessato a lui.
Ma sapeva che era completamente impossibile: sebbene la sua presunta eterosessualità era stata ormai smentita, quel ragazzo restava comunque di gran lunga al di sopra delle sue possibilità.
Quella consapevolezza però non lo aiutava affatto a rinsavire; sembrava che al momento niente potesse riuscire in quell'intento.
Tutta colpa di quegli occhi che lo facevano letteralmente impazzire.
Alec scosse lentamente la testa, esasperato.
Tanto valeva ammettere la realtà: si stava prendendo una cotta madornale per Magnus.
Perfetto, si disse, ci mancava solo questa.
Doveva assolutamente smettere di pensarci o avrebbe finito col diventare pazzo.
Finalmente ritornato in casa, chiuse piano la porta d'ingresso e si guardò intorno con circospezione, volendo evitare di imbattersi in sua sorella.
L'ultima cosa di cui aveva bisogno dopo essere stato colto con le mani nel sacco da Iz solo quella mattina, era ricevere ulteriori domande.
Attraversò quasi correndo il grande salone, per poi salire a due a due le scale che conducevano al piano superiore.
Finalmente di fronte alla sua stanza si tranquillizzò, aprì la porta e.. restò a bocca aperta.
Izzy e Jace erano lì, seduti sul suo letto con un espressione decisamente minacciosa stampata in volto.
Per l'angelo, adesso , che era veramente nei guai.
Alec, dopo un attimo di esitazione, si decise ad entrare, sotto lo sguardo truce degli altri due.
Iniziò a guardarsi intorno cercando una via di fuga: se le cose si fossero messe male poteva sempre buttarsi dalla finestra; infondo erano solo al secondo piano.
Dato che nessuno dei due proferiva parola, Alec decise di sbloccare quella situazione ridicola.
« Ehi ragazzi che succede? Avete litigato per l'ultimo biscotto al cioccolato e avete bisogno di un paciere? » domandò il moro, cercando di apparire più tranquillo di quanto invece si sentisse.
L'unica risposta che ricevette fu una severa occhiataccia da parte di entrambi.
Okay.
« Beh allora.. Iz, non dirmi che hai fatto inseguire Jace da un’anatra! » esclamò quindi, falsamente preoccupato.
Quasi sperò che fosse davvero quello il motivo della visita, peccato che fosse una cosa alquanto improbabile: non che Isabelle non ne fosse davvero capace, ma in quel caso il biondo sarebbe stato in preda ad una crisi isterica da record.
« Ma che bel senso dell'umorismo! Non ricordavo ne avessi uno. Lo hai comprato insieme a quella camicia? » domandò quest'ultimo, in tono canzonatorio.
«Oh sì; sai, c'era un paghi uno prendi due. Un'offerta imperdibile. » rispose il moro, alla stessa maniera.
« Molto divertente, Alexander. » ribatté Jace, che sembrava tutt'altro che divertito.
Alec non si preoccupò di nascondere una smorfia all'udire quel nome.
« Non chiamarmi in quel modo, sai che lo detesto! » esclamò infatti, immediatamente dopo.
Ma se è Magnus a farlo non ti da fastidio vero? Ti fa sentire speciale.
Scacciò ancora una volta la fastidiosa vocina nella sua Mente, cercando di concentrarsi sul problema più urgente.
« Insomma vi decidete a dirmi cosa succede di preciso o volete starvene lì tutto il giorno a guardarmi con quella faccia? » chiese, avvicinandosi ulteriormente.
Isabelle si alzò in piedi, mettendosi le mani sui fianchi; era abbastanza alta da riuscire tranquillamente a guardare suo fratello negli occhi.
« In realtà, sei tu che dovresti dirlo a noi. Fai il misterioso, sparisci, ci eviti. Si può sapere che cosa ti sta succedendo? » gli domandò lei andando dritta al punto, dato che non le era mai piaciuto girare intorno alle cose.
Jace dietro di lei annuiva solennemente, come a far capire che era pienamente d'accordo.
« Izzy ha ragione, Alec. - disse infatti il biondo, subito dopo - Sei nostro fratello, il che significa che riusciamo a capire quando c'è qualcosa che non va. La domanda è: che cosa? » chiese poi, incrociando le braccia sul petto e rivolgendogli un occhiata penetrante.
Perfetto, ed ora cosa poteva dire?
Tutta quella situazione era talmente complicata che non aveva la minima idea di dove iniziare.
Certo, per tutto quel tempo l'avevano sempre sostenuto, ma cosa avrebbero pensato sapendo dello strano patto con Magnus?
Forse ne sarebbero stati divertiti, o magari lo avrebbero preso per un pazzo completo.
E la cosa peggiore era che non avrebbe neanche potuto contraddirli, non dopo i guai in cui si stava cacciando stando così tanto tempo con quel ragazzo.
Sinceramente non voleva sapere affatto quale delle due reazioni avrebbero avuto, non in quel momento.
« Niente. Apprezzo il vostro interessamento, ma non c'è nulla che non vada. E adesso.. » indicò loro la porta, invitandoli ad uscire.
« Non ci provare neanche! Non ti permetterò di liquidarmi di nuovo in questo modo. Alec, per favore, sai che puoi fidarti di noi. » gli disse Iz, guardandolo con quei suoi grandi occhi neri.
In quel momento si rese conto di quanto sua sorella fosse realmente preoccupata per lui, e si sentì terribilmente in colpa.
C'era pur qualcosa che poteva dirle, una mezza verità era sempre meglio di  niente.
« Scusami, non volevo tenerti all'oscuro, nessuno di voi in realtà. E' che è tutto così confuso. » iniziò il moro, con un sospiro.
« Vai avanti, uomo del mistero, siamo tutti orecchie. » se ne uscì Jace, con un sorrisino ironico.
Alec sbuffò.
Quel comportamento era tipico di lui: sarebbe stato capace di fare lo sbruffone perfino al suo funerale.
Isabelle gli diede uno schiaffo sulla nuca, spronando poi suo fratello a continuare, con un gesto.
« C'è una persona per cui io.. beh, diciamo che ci stiamo vedendo. Però, ecco.. » continuò a parlare Alec.
O meglio, cercò di continuare, perché al "ci stiamo vedendo" sua sorella si era messa a gridare.
« Lo sapevo! Il mio fratellone si è innamorato! Ecco il perché dell'espressione da triglia perenne! » esclamò, battendo le mani.
Alec arrossì violentemente - ormai iniziava quasi a farci l'abitudine -, mettendosi a balbettare.
« Perché dici questo? Io.. non.. quale espressione da triglia?! » cercò di mostrarsi indignato.
Questa poi.. ci mancava solo che iniziassero a prenderlo in giro in quel modo.
« Lasciamo stare la tua espressione e parliamo di cose importanti: lui quanto è figo in una scala da uno a dieci? » gli chiese sua sorella, con un sorriso biricchino.
Almeno un undici, pensò Alec.
Ma non avrebbe mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
A quanto pareva però, non ce ne fu bisogno.
« Ooooh guarda che faccia! Deve essere molto figo! » riprese infatti Isabelle.
« Magnus è.. particolare. - disse alla fine il moro. - Credo che ti piacerebbe, avete qualcosa in comune. » aggiunse con un sorrisino.
Con tutti gli smalti, lustrini e i glitter che il ragazzo si metteva addosso, poteva tranquillamente farle concorrenza.
« Entrambi pensiamo che tu abbia un disperato bisogno di rifarti il guardaroba? » chiese lei, ridendo.
Okay, magari le cose in comune erano due.
Magnus non glielo aveva mai detto direttamente, ma Alec era abbastanza sicuro che se avesse potuto avrebbe dato fuoco ai suoi vestiti.
« Forse. » rispose a sua sorella, ignorando lo sguardo divertito di Jace di fronte a quella conversazione.
« Quando potremmo conoscere questa meraviglia di ragazzo? » chiese quest'ultimo, con ironia.
All'udire quella domanda, Alec restò impietrito, cercando di immaginare Magnus nella stessa stanza con i suoi fratelli.
La sola idea lo mandava nel panico.
« Non potete, non adesso. Le cose sono complicate ed io.. ecco non credo di piacergli. - sputò fuori, a disagio. - Ora, per favore, vi dispiacerebbe uscire dalla mia stanza? » chiese in maniera del tutto retorica, visto che li stava già spingendo entrambi fuori.
« Ma come?! Aspetta.. » cercò di protestare Isabelle, ma non gliene diede modo.
« Grazie, siete molto gentili. Ci vediamo a cena. » la interruppe, sbattendo praticamente la porta in faccia a Jace.
Poi, buttandosi sul letto, prese finalmente un sospiro di sollievo.
Che giornata.





HeLLo! :D
Ed ecco finalmente anche il quarto capitolo >.<
Dunque, a dire il vero non ho molto da dire, dato che si tratta più che altro di un semplice capitolo di passaggio per far intendere, almeno un pochino, i pensieri dei personaggi.
Entrambi sono spaventati e, sopratutto Magnus, cerca di non farsi trascinare dalla situazione visto le sue esperienze passate ma.. beh, chi resisterebbe al fascino di Alec? ahahaha :D
Ah, volevo assolutamente ringraziare tutte quelle persone che, capitolo dopo capitolo, mi strappano un sorriso con le loro più che apprezzate recensioni :D sono onorata, davvero! <3
Naturalmente, ringrazio anche tutti coloro che stanno seguendo la storia, siete davvero tantissimi e, quando ho cominciato a scrivere, non mi sarei mai aspettata di avere così tanti lettori. Quindi grazie! <3
Spero che questo capitolo dia stato di vostro gradimento, aspetto i vostri pareri :D
Vi rinnovo anche la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potremmo discutere sì della storia(dubbi, perplessità, spoiler ecc.), ma anche della saga in generale :D
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Capitolo 5
*** Lesson Number Two: Win Your Fears. ***


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Deal With The Evil.



5 Capitolo - Lesson Number Two: Win Your Fears.

« Ora provati questo, avanti! »
Alec sbuffò per l’ottocentesima volta nell’arco di dieci minuti, afferrando la felpa e lanciando un’occhiata truce in direzione di Magnus.
Quest’ultimo nemmeno lo notò, troppo impegnato a prendere quanti più accessori possibili.
Gli occhi gli brillavano di gioia, mentre con mani esperte, passava le dita sulle stoffe delle camicie, delle magliette e dei jeans.
Alec non poté fare a meno di notare quanto gli piacesse vederlo sorridere così rilassato.
Ovviamente non era di certo la prima volta che vedeva le sue labbra incurvarsi verso l‘alto, tuttavia, essere in qualche modo la causa di ciò, lo faceva sentire davvero bene.
Gli lanciò un ultima occhiata, poi entrò dentro al camerino con una quantità incredibile di vestiti.
Era felice che dopo la figuraccia del giorno prima con Catarina, Magnus lo avesse invitato ad uscire di nuovo insieme ma, se c’era qualcosa che Alec odiava davvero, quella cosa era lo shopping.
Ricordava infatti tutte le volte che aveva avuto l’ardire di andare a far compere con i suoi fratelli: un vero scempio.
L’ultima volta che aveva deciso di accompagnarli, Isabelle aveva svuotato tutto il reparto trucchi, comprando una quantità assurda di creme per la pelle.
Tutta roba inutile dato che Izzy aveva veramente un viso etereo.
Jace invece, aveva comprato per lo più jeans stretti e magliette monocolore. Non aveva impiegato chissà quanto tempo a scegliere cosa prendere ma, aveva sprecato un paio d’ore solo per specchiarsi e ammirarsi.
Si chiese come mai entrambi avessero questa folle passione per la moda e per l’apparire.
Lui non aveva mai avuto il desiderio di farsi notare dalla gente, come non aveva mai avuto il bisogno di comprarsi più di due maglie l’anno.
Proprio per questo, chiunque lo guardasse, non avrebbe mai saputo dire con certezza l’annata dei suoi ormai sbiaditi maglioni.
Arricciò il naso, infilandosi uno dei tanti attillati jeans che Magnus gli aveva beatamente mollato.
Non gli dispiaceva a volte far compere, ma di solito, preferiva osservare piuttosto che comprare.
Si guardò allo specchio, sbuffando sonoramente quando vide il suo riflesso.
Quei cosi, non facevano affatto per lui, si disse.
Stava per toglierseli quando Magnus aprì la tendina del camerino di scatto.
Alec lanciò un urletto grave, guardando l’altro con occhi terrorizzati.
« Potevi avvertirmi! » lo sgridò, cercando di riacquistare la calma.
Magnus lo ignorò, troppo preso ad osservare quel ben di Dio che si trovava davanti.
« Per Lilith che fondoschiena.. » si lasciò sfuggire, guardandolo malizioso.
Alec, in una frazione di secondo divenne di tutte le tonalità di rosso possibile, balbettando parole sconnesse che l’altro non recepì.
« Cosa? » gli chiese Magnus, perplesso.
Alec si coprì il viso con le mani, la voglia matta di sprofondare sotto terra senza più riemergere.
Come cavolo gli era venuto in mente di fare un apprezzamento tutt’altro che velato, sul suo sedere? Per di più in un diavolo di stanzino stretto?
Sospirò, cercando di far svanire il rossore che gli imporporava graziosamente le guancie, guardandolo poi negli occhi.
« Tu non.. non puoi fare irruzione nel camerino mentre.. mi sto cambiando. - gli disse - Potevo essere nudo! » continuò, balbettando.
Magnus mimò una ’O’ con la bocca, portandosi le mani alle labbra, in una finta espressione sconvolta.
« Oh, non volevo proprio, lo giuro! » gli disse, trattenendosi a stento dallo scoppiargli a ridere in faccia.
Alec lo guardò sconvolto gridandogli un « Magnus! » decisamente scioccato.
« Giuro che non avrei mai voluto invadere la tua privacy. Però non mi sarebbe dispiaciuto vederti nudo, quello sì. » gli disse, sorridendo in maniera provocante.
Il moro era senza parole, mentre le guancie erano diventate così calde che non si sarebbe sorpreso se lì sopra, qualcuno, avrebbe potuto cuocerci un uovo.
Stava per caso flirtando con lui? In un camerino?
La scena era a dir poco surreale.
Ci mancava solo tirasse fuori una rosa rossa e gliela porgesse, stile Milord il Conquistatore di Cuori.     
« Io.. » balbettò in seria difficoltà.
E ora? Cosa avrebbe dovuto rispondere?
Che anche lui avrebbe tanto voluto vederlo come ’mamma l’ha fatto’? Beh non gli pareva proprio il caso.
Anche perché non l’avrebbe fatto a prescindere: sebbene l’idea lo provocasse, non aveva mai pensato ad una cosa del genere. Non così presto.
Magnus, vedendolo a disagio, non riuscì più a trattenersi e scoppiò a ridere fragorosamente, sotto lo sguardo altamente sbigottito di Alec.
« Scherzavo fiorellino! Beh, non proprio. Ma comunque, questi jeans ti stanno benissimo, dobbiamo solo trovare una maglia ed una giacca da abbinarci sopra, poi sarai perfetto per stasera. » gli disse, guardandolo soddisfatto.
« Stasera? Perché, cosa succede stasera? » gli chiese, a disagio.
Magnus fece un vago cenno con la mano, guardandolo estremamente divertito.
Ovviamente non l’avrebbe mai avvisato con anticipo di ciò che la sua malvagia mente, aveva deciso di fargli fare.
Sarebbe stata una bellissima sorpresa.  
« Niente di cui tu debba preoccuparti adesso. - gli disse, carezzandogli una guancia - vado a cercarti una maglia! »
Sparì oltre la tendina, lasciandolo completamente spiazzato e senza parole.
Magnus non poteva fargli quel dannato effetto tutte le volte, ne andava della sua salute mentale!
Sospirando, si guardò ancora una volta allo specchio.
Mi arrendo Magnus, pensò, poi se li tolse in fretta.
 




« Izzy! »
Al suono della voce di quell'idiota di suo fratello la ragazza trasalì e, per poco, non saltò tanto da toccare il soffitto con la testa per lo spavento.
Si era appostata in una posizione più che strategica: all'angolo del muro che separava la scala, dalla stanza di Alec, per essere certa di vederlo uscire.
Non che lo stesse spiando, casomai controllando.                           
Qualsiasi brava sorella al posto suo avrebbe fatto lo stesso, no?             
Certo, non negava che magari i suoi metodi erano un tantino eccessivi, ma considerando la rinomata riservatezza di Alec, non aveva davvero altro modo per capire cosa stesse succedendo.
Il giorno prima era riuscita finalmente a farlo confessare, anche se, c'era qualcosa in tutta quella faccenda che non le tornava: perché tanto mistero per un ragazzo?
Era come se, al di là di quella storia, ci fosse qualcosa che voleva tenerle nascosto a tutti i costi.
E a maggior ragione, Isabelle aveva tutte le intenzioni di scoprirlo.
Ovviamente non era per saziare la sua curiosità, Izzy era piuttosto matura.
Certo.
« Brutto pezzo di cretino! - sibilò la ragazza, guardando Jace in maniera truce - vuoi per caso farmi beccare? O, meglio ancora, stai cercando di farmi venire un infarto? » esclamò minacciosa, dandogli un pugno sulla spalla.
L'altro ridacchiò, per nulla toccato dallo sguardo assassino che lei gli stava rivolgendo; dopo tutti quegli anni si era abituato ai modi da maschiaccio di sua sorella, non si faceva più impressionare.
« Sarebbe troppo scontato se ti chiedessi che diavolo stai facendo nascosta lì dietro? » le chiese il biondino, sfoggiando un sorriso sornione.
Sapeva benissimo cosa aveva intenzione di fare, ma vederla sbuffare con aria scocciata, lo divertiva da morire.
Non la biasimava affatto per aver deciso di sorvegliare Alec, anzi, a dirla tutta Iz lo aveva battuto sul tempo: aveva intenzione di fare la stessa identica cosa.
Non che lo avrebbe mai ammesso, ovvio.
« Oh niente, do la caccia alle ragnatele. Cosa credi che stia facendo, testa di rapa? » gli rispose lei, riuscendo a sembrare ironica e scocciata allo stesso tempo.
Jace nascose un sorriso, mentre si scompigliava i capelli dorati.
« Ad occhio e croce, direi che hai visto qualche film di spionaggio di troppo. Anche se, la mancanza della tutina nera in pelle è una caduta di stile! Non puoi deludermi così! » esclamò il ragazzo teatralmente.
Izzy pestò i piedi, arrivando a pochi centimetri dal suo volto, in modo da guardarlo dritto negl‘occhi.
Era solita fare così quando voleva attirare tutta l’attenzione su di sé.
Non che gli servisse poi chissà quale strategia: Isabelle era così bella che era praticamente impossibile per lei, passare inosservata.
Bastava vedere tutti quelli che, a scuola, le sbavavano dietro con il solo desiderio di farsi notare.
Pessima strategia a suo dire, ma chi era lui per giudicare?
« Oh, ma piantala! Come se non stessi morendo anche tu dalla voglia di sapere che combina quello lì. » rispose Iz, alzando un sopracciglio ed indicando con una mano la direzione in cui si trovava la stanza del fratello.
«Okay, okay. Mi hai beccato. » le rispose Jace con una risatina, alzando le mani in segno di resa.
Era meglio non tirare troppo la corda, quando si trattava di Isabelle: riusciva sempre a trovare i modi più strampalati per vendicarsi, ogni qual volta commetteva l'errore di farla arrabbiare.
E sinceramente, non gli andava affatto di farsi rincorrere da un’anatra per una stupidaggine.
« Cosa proponi di fare, James Bond? Lo leghiamo da qualche parte e lo costringiamo a parlare? » esordì il biondino in tono cospiratore, guardandosi intorno con finta circospezione.
La ragazza si limitò a guardarlo impassibile; Jace detestava quell'espressione supponente, riusciva sempre a farlo sentire stupido.
« Cosa vuoi fare, allora? » le chiese subito dopo, con un sospiro.
Isabelle sorrise in modo furbo, esprimendo ad alta voce quello che lui stesso stava già pensando.
« Facile fratellino, tieniti pronto.  Questa volta, appena Alexander Gideon Lightwood metterà piede fuori di casa, noi lo seguiremo. »
Beh, oramai era in ballo, quindi meglio scatenarsi e basta, no?




« No, non se ne parla nemmeno! »
Magnus socchiuse gli occhi, cercando di calmarsi per non prenderlo seriamente a parole.
Erano circa dieci minuti che si trovavano in quella buffa quanto irritante situazione e, Alec stava cominciando davvero ad innervosirsi.
Non gli importava cosa sarebbe accaduto poi, non avrebbe mai fatto ciò che Magnus gli stava chiedendo.
Si  passò una mano tra i capelli corvini, scompigliandoseli appena e facendo avanti e indietro per la stanza.
« Non capisco dove sia questo grande problema, Alexander. » gli ribadì per l’ennesima volta il glitterato, guardandolo passeggiare con un giustificato cipiglio.
Lui, davvero non capiva perché ci stesse rimuginando così tanto sopra.
Non gli stava chiedendo niente di così scioccante: erano cose che moltissime persone erano abituate a vedere.
Dunque che male c‘era?
« Non capisci dove sia il problema? Ma ti rendi conto di quello che dici? » gli chiese l’altro, fermandosi a fissarlo con un’ espressione scioccata dipinta in volto.
Forse, Magnus era abituato a vedere o a fare certe cose, ma lui no di certo!
Era già tanto il fatto che a volte riuscisse a non balbettare quando gli parlava, figurarsi se poteva davvero fare una cosa del genere.
« Ti devo ricordare ancora del nostro patto? No perché sai, è noioso ribadirlo ogni volta. » gli rispose, alzando gli occhi al cielo.
Alec trasalì appena, mentre i suoi battiti acceleravano.
Cazzo, era vero.
Per quanto fosse disperato, non avrebbe mai rotto quell’accordo. Non ora che stava imparando a conoscerlo meglio.
« Sai che non voglio venir meno alla parola data, però.. non posso farlo Magnus, io.. io non credo di essere pronto. » gli disse, lasciandosi cadere su una sedia.
Magnus lo scrutò intenerito, uno strano peso sul cuore.
Non voleva assolutamente forzare Alec a fare qualcosa che non volesse, tuttavia, era stato lui stesso a chiedergli di essere a suo agio con il suo corpo e, di certo non si sarebbe tirato indietro solo perché lui ne era spaventato.
Sapeva benissimo che era in grado di farcela, serviva solamente che qualcuno gli desse quella piccola spinta per agire.
Si avvicinò, per poi accovacciarsi a terra di fronte a lui e poggiargli una mano sulla spalla; i loro visi erano così vicini che entrambi potevano percepire il respiro dell’altro sulla propria pelle.
« Devi solo volerlo Alexander. » gli disse, rafforzando appena la stretta.
Il moro era completamente perso nella contemplazione di quegl’occhi capaci di fargli perdere la testa, ma mantenne la sua lucidità.
« Ma.. io non voglio fare uno spogliarello, Magnus! » gli ricordò, incrociando le braccia al petto e facendo sorridere appena il glitterato.
« Ti ho già detto che non si tratta di questo, ma di un semplice spettacolo che ti farà acquistare sicurezza. » gli disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Sorrise ancora di più quando lo vide sospirare amareggiato.
« Sicurezza dici? La mia sicurezza è in pericolo! Sono assolutamente certo del fatto che, semmai dovessi farlo, sverrei per il nervosismo o l’imbarazzo! Mi vuoi morto per caso? » gli chiese, l’espressione più seria di quanto avesse voluto.
Oh, tutt’altro, pensò l‘altro, mordendosi un labbro.
Avrebbe voluto vederlo timido, sicuro, impacciato, orgoglioso, seducente, sudato, nudo, ma morto no di certo.
Alec fu attirato dall’improvviso movimento delle labbra di Magnus e, per una folle frazione di secondo, gli passò per la mente il desiderio di morderle lui stesso: sembravano così morbide che gli venne voglia di constatarlo di persona, quasi ne andasse della sua vita.
E quasi di riflesso, si immaginò poi come sarebbe stato baciare realmente Magnus.
Pensò alla prima volta in cui si era ritrovato in quella situazione piuttosto imbarazzante con una ragazza: si era esposto per baciarla, ma poi, si era scansato all’ultimo momento perché temeva ci fosse qualcosa di sbagliato.
Non in lei, ma in lui.
Sentiva che qualcosa non andava, perché sebbene provasse una certa attrazione verso quella ragazza così minuta, la sua mente continuava ad urlargli di fermarsi.
Allora, non conosceva il motivo per il quale l’aveva fatto.
Lo capì solo poco tempo più tardi, di avere un orientamento sessuale diverso da quello che si era aspettato e, quasi inconsciamente, finì con l’ammettere a se stesso di essere gay.
Però, ammetterlo era stata la parte più facile: era stato accettarlo il vero problema.
Cresciuto nella convinzione che fosse naturale amare una persona del sesso opposto, riteneva se stesso come una persona immonda ed indegna.
Era nato inesorabilmente sbagliato e, aveva paura di ciò che avrebbe detto la sua famiglia. Cosa avrebbero pensato di lui, se lo avessero saputo?
Quei pensieri lo avevano perseguitato per mesi, tormentandolo ed inducendolo sempre di più a chiudersi in se stesso.
Non che prima fosse molto più loquace, ma sicuramente non aveva mai balbettato con qualcuno per il nervosismo.
Era stato davvero male, tant’è che persino Jace ed Isabelle se ne erano accorti ed avevano fatto di tutto per capire dove fosse il problema.
E proprio quell’avvicinamento da parte loro, aveva fatto scattare qualcosa nella sua mente, nei confronti di Jace.
Era in quel periodo che aveva capito di provare qualcosa per il biondino, sebbene avesse tentato più volte di cancellare la sua immagine dalla testa.
Tutta fatica sprecata, perché credeva di esserne davvero innamorato.
Innamorato dello stesso ragazzo che aveva condiviso con lui tutta la sua vita, tutti i momenti più difficili e quelli più belli.
Non poteva crederci.
Poi, alla fine, aveva deciso di sfogarsi almeno con Iz, dato che quella situazione era diventata davvero insopportabile per lui.
E lei lo aveva capito subito: poteva percepire benissimo il dolore provato dal fratello.
Gli era rimasta vicina, rassicurandolo sul fatto che non ci fosse niente di male ad amare qualcuno dello stesso sesso.
Le persone non possono scegliere chi amare, gli aveva detto e, grazie a lei, era riuscito in parte a superarla.
Tornò con i piedi per terra quando vide Magnus passarsi la lingua sulle labbra, inumidendole appena.
Calma gli ormoni imbecille, si disse.
« In quel caso, sarei più che felice di farti da infermiera personale. Ora cambiati Alexander. Fra un’ora esatta, entri in scena. » gli rispose, irremovibile.
Era fottuto, maledizione.


***

« Sei nervoso fiorellino? » gli sussurrò suadente all’orecchio, passandogli un dito smaltato su tutta la lunghezza della schiena.
Alec non era affatto nervoso, nel modo più assoluto. Semmai, cosa ben diversa, era terrorizzato.
Cosa diamine gli era passato per la mente quando aveva deciso di accettare una proposta così.. fuori dal comune?
Non che avesse realmente accettato, diciamo che si era ritrovato più che altro praticamente costretto a farlo.
« Sprizzo gioia da tutti i pori, non vedi? » gli disse l’altro in risposta, agitandosi sul posto.
Magnus rise, portandosi di fronte a lui in modo tale da guardarlo dritto negli occhi.
Quegl’occhi che avevano un vero e proprio mare in tempesta all’interno. E per un momento pensò, che non gli sarebbe affatto dispiaciuto affogarci dentro in maniera lenta e dolce.
« Calmati Alexander. Non c‘è niente di cui ti debba preoccupare, respira profondamente e buttati. Lezione numero due: affronta le tue paure. » gli disse, sorridendogli con dolcezza.
Alec inghiottì pesantemente, portandosi una mano all’altezza del cuore; il battito era accelerato e, il moro non sapeva spiegarsi se era per via della vicinanza dell’altro, oppure per l’ansia dovuta a quello che stava per fare.
Si convinse che fosse la seconda.
Prese un respiro profondo ed uscì dall’ufficio di Magnus, seguito immediatamente da quest’ultimo.
Subito il panico lo colse, vedendo tutte quelle persone che, tra drink e superalcolici si scatenavano in pista.
Non posso farlo, pensò, mentre si voltava a guardare Magnus con un'espressione supplicante.
Il glitterato lo liquidò con un gesto della mano, ma i suoi occhi sembravano volessero incoraggiarlo.
Tuttavia nulla in quel momento lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio.
Sentiva una morsa dolorosa alla bocca dello stomaco e, un senso di vertigine che gli annebbiava la mente.
Si voltò verso i tavoli, assimilandone ogni dettaglio.
Probabilmente prima lo avrebbe fatto, prima avrebbe finito.
La musica di sottofondo cambiò improvvisamente da una canzone techno ad una molto più.. audace.
Alec pensò fosse stato sicuramente Magnus, ma non si voltò per accertarsene.
Era sicuro del fatto che, se solo ci avesse provato, sarebbe scappato senza tornare indietro.
Affronta le tue paure, si ripeté come un mantra, mentre, con passi spediti andava verso il centro della sala.
Si fermò proprio lì, non sapendo esattamente cosa o come fare.
Numerosi ragazzi avevano preso a muoversi in maniera piuttosto seducente, strusciandosi addosso a vicenda.
Alec pensò bene di imitarli, iniziando a muovere lentamente il bacino.
Si stava vergognando da morire, neanche fosse stato un ladro ma, era determinato a finire ciò che aveva iniziato.
Perché per una volta, aveva la necessità di farsi notare da qualcuno. E quel qualcuno era Magnus.
I movimenti si fecero presto più sicuri e, Alec decise di passare oltre.
Probabilmente il giorno dopo si sarebbe barricato in camera con l’intenzione di non uscire più per il resto della sua vita, ma a quello ci avrebbe pensato dopo.
Portò le mani a tirare su i lembi della maglia, mostrando leggermente l'addome scolpito.
Un coro di approvazione si levò in aria, ma, il moro non avrebbe saputo dire con certezza se fosse vero o frutto della sua fantasia.
Poi, mostrò i pettorali solidi; infine, lasciò che la stoffa cadesse a terra.
Stavolta si girò volontariamente in direzione di Magnus, che, lo stava letteralmente divorando con gli occhi.
Arrossì vistosamente, facendo qualche passo nella sua direzione ma poi si fermò.
No, non era ancora il momento.
Tornò a raccogliere la maglia, sbattendosela in spalla come aveva visto fare a dei modelli più di una volta.
Poi, la lanciò con precisione su un tavolo accerchiato esclusivamente da ragazze che, fischiarono con entusiasmo.
Era letteralmente impazzito, se ne rendeva perfettamente conto.
Stava per sbottonarsi i pantaloni - non se li sarebbe tolti davvero, voleva vedere solo fino a che punto sarebbe stato in grado di spingersi -, quando rimase agghiacciato.
Oh merda, questa sì che non ci voleva, pensò, mentre il panico lo assaliva.
Infatti, a pochi passi da lui, con le bocche spalancate in una tipica espressione di shock e gli occhi sgranati, stavano loro.
Jace e Isabelle.
 

 
 
Alec si fece largo tra la folla sgomitando, cercando disperatamente di uscire da lì, prima che Isabelle e Jace lo raggiungessero.
Come se non fosse già abbastanza in imbarazzo per quello che Magnus lo aveva costretto a fare, doveva anche trovarsi davanti i suoi fratelli con gli occhi fuori dalle orbite?
Per l'Angelo, chissà cosa stavano pensando in quel momento; probabilmente, si stavano chiedendo il nome del suo nuovo spacciatore.
Ma proprio quella sera, dovevano decidere di andare al locale?
Maledizione.
Finalmente fuori da quell'ammasso di gente, accelerò il passo diretto alla porta di servizio alla fine del corridoio.
Ce l'aveva quasi fatta, quando sentì due paia di mani afferrarlo poco delicatamente, strattonandolo indietro.
« Dove credevi di andare, dopo quella scenetta? » sentì gridare da un'inconfondibile voce femminile, decisamente alterata.
Alec si voltò terrorizzato, trovandosi di fronte Jace e Izzy, con le espressioni più furiose che avesse mai visto loro in volto.
Adesso, che era completamente spacciato.
« Ehi sorellina! Anche voi da queste parti? Chi lo avrebbe mai detto. Beh a questo punto io.. » iniziò a balbettare in preda al panico, cercando, nel mentre, di dirigersi verso l'uscita.
Forse poteva ancora salvarsi.
« Stai scherzando, vero? » ribatté immediatamente Isabelle, con un occhiata che lo congelò sul posto.
Okay, come non detto.
Quando voleva, sua sorella riusciva seriamente a fare paura.
Alec aprì la bocca intenzionato a rispondere qualcosa, qualsiasi cosa, ma improvvisamente si rese conto che forse sarebbe stato meglio tacere.
Jace, rimasto in silenzio fino a quel momento, fece un passo verso di lui guardandolo dalla testa ai piedi, quasi lo stesse studiando.
« Dimmi Alexander, da quando in qua hai smesso di essere un imbranato e ti sei trasformato in uno spogliarellista? » gli chiese, con un sorrisino sfacciato.
Il ragazzo avvampò di botto, iniziando ad incespicare frasi sconnesse e senza senso.
«Aspetta.. io ti.. vi posso spiegare. Non volevo.. se voi.. quello non era uno spogliarello! » esclamò, cercando di mantenere un minimo di controllo, ma fallendo miseramente.
All'udire quelle parole, Jace sorrise ancora di più, accarezzandosi la mascella con aria pensierosa.
« Non era uno spogliarello eh? Vediamo. - iniziò a dire lentamente - Ti sei tolto metà dei vestiti davanti un mucchio di gente, ballando a tempo di musica. Come la chiameresti tu, una cosa del genere? » chiese poi, voltandosi verso Isabelle.
Lei sembrò rifletterci su, portandosi una mano sotto il mento.
« Non saprei.. Magari.. balletto con sorpresa? - disse la ragazza, alternando lo sguardo dall'uno all'altro - Aspettate, non ditemelo, ci sono: spogliarello! » esclamò infine, rivolgendo ad Alec un espressione divertita.
Quest'ultimo boccheggiò; qualunque cosa, che non fosse mugugnare e arrossire penosamente, gli appariva come un impresa impossibile.
« Oh andiamo, adesso fai il timido? Poteva andarti peggio: se ti fossi completamente spogliato di fronte al grande pubblico, allora sì che ti avremmo preso in giro a vita! » ridacchiò il biondino, vedendo l'espressione sconvolta dell'altro.
Isabelle scosse la testa energeticamente.
« Jace, non mentire anche tu come questo qui. - incominciò Izzy, indicando Alec con la mano - Sai benissimo che lo tormenteremo comunque con questa storia, per il resto dei suoi giorni. » continuò la ragazza, con espressione altezzosa.
Alec in quel momento, si rese conto di quanto sua sorella fosse ferita: probabilmente credeva che le avesse mentito su Magnus, che si fosse inventato quella storia per andarsene in giro a fare chissà cosa.
Sospirò profondamente, cercando di tornare in sé.
« Iz, non ti ho mentito. Quello che hai visto.. è complicato. Ho dovuto farlo, non avevo scelta. » disse, sperando veramente che lei capisse.
Era ben consapevole di non avere più alcuna alternativa; avrebbe dovuto dire loro tutta la verità, anche se non sapeva proprio da dove iniziare.
« Hai dovuto? Che diavolo significa? Adesso farai meglio a spiegarti, basta sotterfugi! » esclamò Jace in risposta, puntandogli minacciosamente un dito contro. Ormai stava praticamente gridando, il sorriso era sparito dal suo volto.
Alec indietreggiò istintivamente, trovandosi con le spalle al muro.
« Io.. » balbettò il ragazzo, interrompendosi subito dopo.
Una figura alta, brillantinata e decisamente infastidita, si stava dirigendo a grandi passi verso di loro: Magnus.
« Che cosa sta succedendo qui? - esordì l'ultimo arrivato, guardando Jace con gli occhi ridotti ad una stretta fessura - Stai bene? » chiese poi ad Alec, con preoccupazione.
Era rimasto scioccato quando aveva visto il suo fiorellino, scappare via dalla sala.
Per un momento aveva pensato che, forse, aveva esagerato a chiedergli una cosa del genere, ma poi aveva visto due ragazzi seguirlo e aveva capito che c’era qualcosa che non andava.
Dei bulli? Dei maniaci? L’idea che lo fossero davvero aveva fatto capolino nella sua mente, così, si era ritrovato a seguirli in tutta fretta.
Ed ora, eccoli tutti lì.
Il ragazzo annuì appena, con lo sguardo fisso sui suoi stessi piedi.
Magnus sentì una stretta al petto, accompagnata da un impeto di rabbia nei confronti di quel biondino così pieno di sé.
Conosceva Alexander abbastanza da capire quando era in qualche modo ferito, o a disagio; proprio come in quel momento.
Spostò poco delicatamente quello scocciatore, mettendosi accanto ad Alec con fare protettivo.
Jace, che era ammutolito alla comparsa dello strano ragazzo ricoperto di glitter, vedendo la scena che gli si parava davanti, ritrovò l'uso della parola.
« Qualunque cosa stia succedendo, di certo non è affare tuo. - iniziò bruscamente  - Anzi, sai cosa? Ti consiglio di toglierti dai piedi se non vuoi che io.. » continuò in tono intimidatorio, ma fu subito interrotto da Alec.
« Non ti azzardare! A me puoi dire quello che vuoi, me lo merito, ma non osare mai più rivolgerti a lui in quel modo! » esclamò infatti quest'ultimo, guardando il fratello con rabbia.
Magnus trasalì sorpreso: rare volte qualcuno si era preso la briga di difenderlo e, il fatto che fosse proprio il timido ragazzo dagli occhi blu a farlo.. lo mandavi fuori di testa.
Izzy, rimasta a dir poco sconvolta da quella reazione - difficilmente, aveva visto suo fratello perdere le staffe - tornò a studiare con rinnovato interesse il ragazzo dalla pelle ambrata, nel tentativo di capire chi fosse.
Jace, d'altro canto, sembrava ugualmente scioccato.
« Alec.. Ma cosa.. » disse lentamente il biondino, costernato.
« No Jace, chiedigli scusa, adesso. » ribatté subito l'altro, con determinazione.
Magnus, che era rimasto ad assistere a quello scambio di battute con circospezione, all'udire quel nome, scoppiò a ridere fragorosamente, sotto lo sguardo sbalordito degli altri tre.
Per un attimo aveva temuto che qualche pazzo, un po' troppo esaltato dall' "esibizione" del suo fiorellino, lo avesse messo all'angolo per infastidirlo; e invece si trattava di suo fratello.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma l'ipotesi lo aveva davvero innervosito: c'era una minima possibilità che si trattasse di gelosia, ma non aveva nessuna intenzione di analizzare quel pensiero.
« E così tu sei Jace, il bello e dannato della famiglia. Ora mi ricordo di te, sei quello che ha letteralmente trascinato via questo ubriacone. » disse, cercando di tornare serio e dando una pacca sulla spalla ad Alec, che sbuffò sonoramente.
Izzy trattenne una risatina, mal camuffata da un colpo di tosse, attirando l'attenzione di Magnus su si sé.
« E tu.. Tu devi essere Isabelle! Non vedevo l'ora di conoscerti per farti personalmente i complimenti, visto il modo in cui hai mandato al diavolo i vostri genitori. » continuò quest'ultimo, rivolgendo un sorriso smagliante alla ragazza, ed esibendosi in una specie di buffo inchino.
Infatti, Alec si era premurato di raccontargli il modo in cui sia lei, che Jace, lo avevano difeso di fronte i suoi genitori.
Isabelle alzò le sopracciglia, sbalordita da quella sua affermazione: evidentemente non si aspettava che lui fosse a conoscenza dell'accaduto.
« Beh grazie, almeno credo. Ma tu come fai a saperlo? » gli chiese Iz, guardandolo con palese curiosità.
Magnus sventolò la mano inanellata, con gli occhi felini che brillavano di divertimento.
« Io so ogni cosa, biscottino. Ho i miei metodi per far parlare tuo fratello. » le rispose subito dopo, facendo arrossire il suo bel occhi blu.
Possibile, si chiese Alec, che riuscisse a farlo sentire incredibilmente in imbarazzo ma, allo stesso tempo, assurdamente vivo in ogni singola situazione?
Jace, intanto, in seguito a quella risposta, continuava a guardare dall'uno all'altro con espressione confusa.
« Mi dispiace amico. Non avevo capito che voi due vi conosceste. » dichiarò subito dopo, rendendosi conto dell'errore commesso.
Alec sospirò, consapevole del putiferio che stava per scatenarsi, ma, continuare a divagare a quel punto era impensabile.
« Ormai, tanto vale che vi presenti. Ragazzi, lui è.. Magnus Bane. » annunciò infatti.
Bene, che si scateni l'inferno.
Jace squadrò il ragazzo, in piedi di fronte a lui, con gli occhi sgranati.
« Lui è.. per l'angelo! » esclamò, continuando a guardarlo sorpreso.
Adesso capiva tutto; non c'era da sorprendersi se suo fratello si era infuriato in quel modo.
Magnus guardò Alec di sottecchi, sorridendo tra sé e sé: dalla reazione del  biondino, era più che evidente che il suo fiorellino gli aveva parlato di lui.
Inspiegabilmente, la cosa gli diede una scossa di felicità.
Izzy, nel mentre, si era portata di fronte al ragazzo glitterato, continuando a guardarlo stupita.
« Tu sei Magnus? O santo Raziel, allora esisti per davvero! Non sei un invenzione di mio fratello! » esclamò la ragazza, guardando quest'ultimo al colmo della felicità.
Magnus scoppiò a ridere divertito.
Di certo, quella non se l'aspettava proprio.   
« Certo pasticcino, in carne ed ossa. Oltre che unico ed inimitabile, aggiungerei. » tubò, continuando a guardare Alec che, nel frattempo aveva assunto nuovamente una sfumatura rossastra.  
Chissà cosa le aveva raccontato su di lui.
Magnus stava letteralmente morendo di curiosità, ma non avrebbe fatto una sola domanda alla ragazza, non volendolo mettere ulteriormente in difficoltà.
Alla fine, però, non ve ne fu bisogno.
« Beh.. wow. Sei veramente bellissimo. » esclamò infatti Izzy, continuando a fissarlo mentre batteva le mani per l'entusiasmo.
« Isabelle Lightwood! Vuoi stare zitta, maledizione?! » sibilò Alec, ormai sull'orlo di una crisi di nervi. Possibile che i suoi fratelli fossero così idioti?
Magnus rivolse al ragazzo un sorrisetto decisamente malizioso, facendolo arrossire ancora di più.
« Uhm, quindi io sarei bellissimo, eh? » ghignò poi, nella sua direzione.
« No, non è vero! Voglio dire, non l'ho mai detto.. Non che tu non lo sia, insomma guardati! » balbettò il moro, indicando con un cenno la sua figura.
Subito dopo, però, vedendo l'espressione soddisfatta dell'altro se ne pentì: aveva appena peggiorato le cose.
Per l'Angelo.
Ma dato che al peggio non c'è mai fine, Isabelle decise di intervenire, dandogli il colpo di grazia.
« Oh andiamo, non che fosse necessario! - iniziò, ignorando le occhiate truci del fratello. - Sono settimane che è costantemente con la testa tra le nuvole. Non so cosa tu gli abbia fatto, ma ti assicuro che è completamente cotto! » disse, chinandosi verso Magnus con fare cospiratore.
Quest'ultimo gioì internamente a quella rivelazione, lusingato dalla consapevolezza di essere, anche minimamente, parte dei pensieri di quel bellissimo ragazzo dagli occhi più blu che avesse mai visto.
Lui stesso non poteva negare di aver riflettuto costantemente sul loro rapporto, in particolare poi, dopo il discorso fatto con Catarina il giorno prima.
Magari sua sorella aveva ragione: per quanto il suo lato razionale opponesse resistenza, forse doveva imparare ad accettare quello che provava per Alexander.
Cosa tutt'altro che semplice.

Fu riportato alla realtà da un verso a metà tra un urletto strozzato e un mugugno indistinto.
Si voltò verso la fonte di quel suono, trovandosi di fronte ad un Alec sconvolto e apparentemente in preda ad un attacco di panico.
Vista la sua natura riservata ed i problemi a scendere a patti con se stesso, Magnus poteva solo immaginare cosa gli stava passando per la testa.
Poco importava il motivo, non riusciva a vederlo in quello stato senza provare l'impulso di stargli accanto.
Dimenticandosi totalmente Isabelle e Jace, si avvicinò ad Alec sfiorandogli il volto con estrema dolcezza.
« Alexander, respira. Va tutto bene. Non voglio che tu ti senta a disagio con me, mai. » gli sussurrò.
Alexander, respira.
Certo, come se fosse facile con quel viso spettacolare a così poca distanza dal suo.
Seguendo l'istinto, poggiò la sua mano su quella di Magnus, con lo sguardo fisso in quegli occhi che tanto amava.
Non appena si sfiorarono, Alec si sentì mancare la terra da sotto i piedi, mentre i suoi fratelli svanivano insieme al resto del mondo.
Si avvicinò ancora di più al ragazzo, come sotto l'effetto di un incantesimo e vide l'altro trattenere il fiato, quasi stesse combattendo una qualche battaglia interiore.
Ma prima che Magnus fosse in grado di decidere  se mandare o meno al diavolo la sua prudenza baciandolo, il momento fu interrotto da un sospiro alle loro spalle.
« Oh per l'Angelo, i miei poveri sentimenti.. » bisbigliò Izzy, con tono sognante.
Alec trasalì e si allontanò dal ragazzo con un salto, girandosi poi verso sua sorella che li guardava estasiata, con gli occhi a forma di cuore.
Probabilmente, a quel punto avrebbe dovuto dire qualcosa di sensato, ma come ogni qualvolta che l'altro era nei paraggi, il suo cervello non riuscì ad elaborare niente di coerente.
Di conseguenza, si ritrovò ad arrossire fino alla punta delle orecchie, passandosi ripetutamente una mano tra i capelli.
Fortunatamente Magnus, che sembrava aver riacquistato il controllo di sé, lo tirò fuori da quella situazione.
« Bene cari ragazzi, è stato un piacere. - iniziò con la sua solita sicurezza, ignorando palesemente le espressioni ancora scioccate degli altri due - Ora che so che non siete due maniaci e che non devo buttarvi fuori per aver infastidito il mio fiorellino, vi lascio alla vostra discussione. » aggiunse poi, col suo tipico sorrisino.
All'udire quel soprannome, Jace fece un espressione buffissima - quasi certamente un misto di sorpresa e ilarità - ma, per l'immensa gioia di Alec, decise di tenere per se qualsiasi commento stesse per fare.
« Ah, quasi dimenticavo. Se volete potete accomodarvi nel mio ufficio, avrete più privacy. Alexander, quando hai finito vieni a cercarmi: dobbiamo parlare. » concluse, poi, agitando una mano in cenno di saluto, si avviò subito dopo nella parte interna del locale, mentre i tre ragazzi lo seguivano con lo sguardo.
« Alexander? FIORELLINO? » esordì Jace, non appena l'altro non fu più nella loro visuale.
Alec sospirò, consapevole che quello era solo l'inizio e che, avrebbe fatto bene a prepararsi alle prese in giro che sarebbero seguite a breve.
« L'ufficio di Magnus è da questa parte, seguitemi. » annunciò senza tanti preamboli, dirigendosi verso una delle porte che si trovava nell'angolo sinistro del corridoio.
Fece cenno agli altri due di entrare, richiudendo poi la porta alle loro spalle mentre Iz, alla vista dell'arredamento della stanza, si guardava intorno estasiata.
Alec non seppe dire cosa tra il divano in pelle viola, le pareti coperte ciascuna da un diverso colore sgargiante, o i lustrini - sparsi praticamente dovunque -, avesse attirato maggiormente la sua attenzione.
In ogni caso, si lasciò cadere pesantemente su una sedia, cercando di mettere ordine ai suoi pensieri.
« Jace, Iz, smettetela di curiosare in giro. Sarà meglio che vi sediate, ci vorrà un po' per spiegarvi ogni cosa. » disse alla fine, facendosi coraggio.
I due ragazzi, dopo appena un attimo di esitazione, si accomodarono sull'appariscente divano, chiaramente in attesa.
Alec prese un respiro profondo e, tenendo lo sguardo fisso sulla parete dietro di loro - non ce l'avrebbe mai fatta altrimenti - iniziò il suo racconto.
Disse loro di come, la mattina dopo la "fatidica notte", fosse stato spedito in infermeria dove aveva conosciuto niente di meno che Magnus, scoprendo poi che questo era il proprietario del locale che aveva distrutto solo la sera prima.
Descrisse i suoi primi giorni di lavoro, e come quell'impegno si fosse trasformato da un accordo preso per evitare una denuncia, a un modo per conoscere sempre di più quello sfavillante ragazzo.
Parlò delle ore trascorse insieme a Magnus, della sua personalità e della sua allegria che avevano finito con l'entrargli nel cuore, e del modo in cui riuscisse sempre a farlo sentire bene.
Gli raccontò della confessione fatta a Magnus subito dopo la discussione coi suoi genitori e, di come lui lo avesse capito e confortato, mostrando che c'era molto altro in lui, oltre ai modi eccentrici e al mare di glitter.
Con una certa riluttanza, poi, disse loro del patto che avevano stretto e delle prove - incluso lo spettacolino di quella sera - a cui aveva accettato di sottoporsi; tutto per riuscire ad essere più sicuro, più a suo agio con se stesso.
Ora che aveva iniziato a parlare, Alec non riusciva più a fermarsi e finì col confessare i suoi sentimenti e di quanto fosse effettivamente interessato a quel ragazzo; così come la paura di non essere corrisposto, di non essere abbastanza bello o, tantomeno, neanche lontanamente all'altezza di una persona unica e meravigliosa come Magnus.
Quando finalmente ebbe finito, si sentì stranamente sollevato, come se parlare di quelle cose con qualcuno, gli avesse tolto un gran peso dal petto.
Guardò i suoi fratelli per la prima volta dopo aver iniziato quel discorso, trovando Jace a guardarlo con affetto e Izzy con le lacrime agli occhi.
Alec ne rimase sconvolto: non aveva mai visto Isabelle così.
« Sorellina, mi dispiace tanto. Ti prego, scusa, ti giuro che non volevo.. » iniziò immediatamente alzandosi in piedi, sentendosi malissimo e tremendamente in colpa.
Mai avrebbe creduto che lei l'avrebbe presa tanto male.
Con sua sorpresa però, la ragazza si alzò di slancio, attraversò in un attimo la distanza che li separava e gli buttò le braccia al collo.
« Finalmente.. » esordì Iz, non appena si staccò da lui, mentre il suo volto si apriva in un ampio sorriso.
Alec rimase a guardarla confuso: non ci stava capendo più niente.
« Quindi non sei arrabbiata? Non mi odi? Io credevo che tu.. E poi che vuol dire "finalmente"? » le chiese, sinceramente perplesso.
Isabelle lo guardò scuotendo la testa, quasi chiedendosi se fosse impazzito.
« Credevi davvero che potessi avercela con te per questo?! Alec, tu sei mio fratello, qualsiasi cosa tu decida di fare io sarò sempre con te. Non potrei mai smettere di volerti bene, stupido zuccone! E sì, ho detto "finalmente": è tutta la vita che aspettavo di vedere quell'espressione sul tuo viso. Sono così felice.. » gli rispose con dolcezza, lasciandolo letteralmente a bocca aperta.
Certo, aveva sperato che lei lo sostenesse, ma non si sarebbe mai aspettato di sentirle dire simili parole.
« Grazie Iz.. » le disse commosso.
Lei sventolò una mano con superiorità.
« Puoi ringraziarmi quanto vuoi, continuerò comunque a prenderti in giro a vita per quello che hai fatto poco fa. » aggiunse la ragazza, con un sorriso furbetto.
Alec scoppiò a ridere, scompigliandole i capelli con affetto.
Quella era la sua Isabelle.
« Perdonatemi se interrompo questo bel momento - se ne uscì Jace alle loro spalle - Ma io ho una domanda seria da fare. Perché io, che sono tuo fratello non posso usare neanche il tuo nome di battesimo, mentre Magnus può addirittura chiamarti fiorellino? Avrei capito tesoruccio, luce dei miei occhi, trottolino amoroso.. ma FIORELLINO! » sottolineò di proposito quel nomignolo, quasi fosse un insulto indicibile.
Ad Alec venne quasi da ridere a vederlo così oltraggiato.
Anche lui all'inizio l'aveva trovato decisamente strano, ma adesso, adorava sentirselo dire, lo faceva sentire speciale.
 « Trottolino amoroso? Sei serio? Non vorrei essere al posto della tua rossa neanche per tutte le scarpe del mondo! » esclamò Iz, guardando il biondino decisamente schifata.
« Questo perché tu non capisci niente. Clary è una ragazza fortunata, io sono fantastico. » replicò Jace col suo solito tono sprezzante.
« Fortunata, se lo dici tu. Andiamo, usciamo da qui. » gli rispose lei alzando gli occhi al cielo e spalancando la porta dell'ufficio.
« Ah, tanto per la cronaca tu sei un gradissimo idiota. - esclamò rivolgendosi ad Alec - Tutte le tue paranoie sul non piacere a Magnus sono senza senso, basta vedere come si comporta con te. Ed a tal proposito, ho tutte le intenzioni di chiedergli una cosa. » se ne uscì Izzy all'improvviso, scoccando un occhiata a suo fratello da sopra la spalla, per poi uscire velocemente dalla stanza subito seguita da Jace.
Alec restò fermo per alcuni istanti, cercando di registrare quelle parole.               
Lei credeva davvero che Magnus potesse provare qualcosa per lui? E in tal caso, cosa avrebbe potuto fare?
Non era di certo un esperto nel gestire le situazioni, bastava vedere la loro prima uscita.
Solo dopo si rese conto dell'ultima parte della frase: ho tutte le intenzioni di chiedergli una cosa.
Merda.
Conoscendo la sua leggendaria faccia tosta, non voleva neanche immaginare a cosa si riferiva.
Chiudendo la porta dietro di sé, andò subito a cercare quei due pazzi, sperando che, nel frattempo, non gli avessero fatto fare una figuraccia epocale.
Li trovò quasi subito, appoggiati al bancone a parlare animatamente con Magnus.
Okay Alec sta calmo, non sarà niente di così tremendo.
« Perfetto. Domani da noi, alle otto. » stava dicendo Isabelle in quel momento.
Il moro si immobilizzò perplesso, cercando di capire l'argomento del discorso.
Magnus fu il primo a notarlo e gli rivolse uno di quei sorrisi che riuscivano sempre a fargli tremare le gambe.
« Fiorellino! Eccoti finalmente. I tuoi fratelli mi hanno detto che volete invitarmi a cena da voi domani. Sei sicuro che ti vada bene? » gli chiese, cercando evidentemente di nascondere l'entusiasmo.
Alec si voltò verso sua sorella, che in quel momento stava praticamente ghignando. Beh, almeno ora sapeva a cosa si riferiva.
Per un attimo fu tentato di dire la verità, poi però vide il lampo di speranza negli occhi di Magnus e si rese conto che non avrebbe mai potuto deluderlo.
« Certo che ne sono convinto. Non vedo l'ora. » gli rispose con tutta la convinzione di cui disponeva, ripagato da un altro di quei fantastici sorrisi.
Al pensiero di dover passare un intera serata con Magnus che lo mandava costantemente fuori di testa e, i suoi fratelli che non avrebbero perso occasione per fargliene passare di tutti i colori, il povero ragazzo fu quasi sul punto di svenire.
Sarà un disastro, pensò Alec sconsolato.


HeLLo! :D
Ed ecco qui anche il quinto capitolo!
Bene allora, probabilmente molte di voi staranno pensando all'assurdità di tutta l'intera faccenda, ma seriamente, non è colpa mia. Le mie mani vanno da sole a discapito della mente! hahaha :D
Spero comunque che in qualche modo il capitolo vi sia piaciuto, ci stiamo avvicinando sempre di più al momento in cui, entrambi, capiranno i loro veri sentimenti.
O meglio, li accetteranno. :D
Bene, spero mi fare sapere cosa ne pensate, mi farebbe molto, ma molto piacere!
Ringrazio tutte quelle persone che mi stanno seguendo, capitolo dopo capitolo, con un entusiasmo che non mi sarei mai aspettata! Vi ringrazio, ne sono davvero felice! <3
Vi rinnovo anche la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potremmo discutere sì della storia(dubbi, perplessità, spoiler ecc.), ma anche della saga in generale :D
Il link è questo------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 6
*** The Evil In My Heart.. ***


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Deal With The Evil.



6 Capitolo - The Evil In My Heart..

Panico.
Era in pieno panico.
Lui, il ragazzo dalla notevole calma e dai capelli costantemente brillantinati, era assurdamente e insensatamente preda di una crisi isterica.
E poco gli interessava se il motivo non era poi così importante, non riusciva a calmarsi.
Aveva già chiamato Ragnor e Raphael per chiedere loro aiuto - interrompendoli in qualcosa di veramente osceno, dato le imprecazioni decisamente colorite di quest’ultimo - e, l’avevano rassicurato sul fatto che sarebbero giunti da lui il prima possibile. Beh, in realtà Ragnor l’aveva fatto, l’altro continuava solo a ripetergli di riagganciare.
Prima possibile un corno però, erano già passati venti minuti!
Si portò una mano tra i capelli, scompigliandoseli e impasticciandosi le dita di glitter, ma, al momento quello era davvero l’ultimo dei suoi problemi.
Cosa avrebbe fatto se avesse dovuto presentarsi da Alec in quelle condizioni per colpa loro?
Non ci voleva nemmeno pensare, era troppo bello e fantastico per essere messo in manette in qualche squallida prigione per tentato omicidio.
E poi, privare il mondo della sua ineguagliabile figura, sarebbe stato un vero affronto oltre che un totale spreco.
Perciò no, non sarebbe assolutamente accaduto, ne andava della sua sanità mentale.
Era sicuro che il moro sarebbe stato perfetto come sempre e, lui non doveva essere di certo da meno.
Un dolce sorriso gli si dipinse sulle labbra quando ripensò all’espressione di Alec mentre, dopo essersi tolto la maglietta, avanzava verso di lui.
Per un attimo, si era perso a fissare il suo viso estremamente serio, le labbra tese in una smorfia che aveva catalogato come seducente; poi, il suo sguardo si era posato su quei bicipiti, sul petto solido e sull’addome decisamente scolpito.
Per Lilith.
In pochi secondi Magnus si era ritrovato completamente sudato e accaldato.
Soggiogato dalle movenze di Alec, incatenato alla sua figura, dipendente da quel corpo e desideroso di far scorrere le sue dita sulla sua schiena, sulle braccia, sul suo viso, assaporando attimo dopo attimo.
Aveva fatto uno sforzo sovrumano per non commettere azioni di cui poi si sarebbe sicuramente pentito.
Perché lui non poteva, non doveva.
Scosse la testa, ripensando al modo in cui i fratelli del moro si erano parati davanti quest'ultimo, mettendolo spalle al muro.
Sebbene in un primo momento si fosse preoccupato per lui, ora, a mente lucida ed essendo a conoscenza dell’identità dei due, gli veniva solo da ridere.
Non si sarebbe mai aspettato di ritrovarseli lì a quel modo, e di certo, non avrebbe mai pensato di finire a parlargli lui stesso, come se fossero vecchi amici.
E, nel momento in cui Izzy gli aveva rivelato divertita quanto Alec fosse cotto di lui, non aveva potuto evitare di sentire le farfalle nello stomaco per un breve attimo.
O per un lungo momento, dipendeva tutto dai punti di vista ovviamente.
Tuttavia, aveva deciso di lasciarli parlare da soli in modo tale da evitare al moro altre brutte figure che avrebbero solo finito con l'aumentare il senso di protezione che provava nei suoi confronti.
Cosa che non andava affatto bene.
E, nonostante la curiosità lo stesse divorando vivo, aveva deciso di non ascoltare nemmeno una parola di quello che si sarebbero detti, dando loro un po’ di privacy.
A fine serata, quando Alec stava pulendo dal pavimento una chiazza bluastra e Magnus contava gli incassi, aveva deciso di parlargli.
« Sei sicuro che ti vada realmente bene? Infondo è casa tua, i tuoi genitori non.. » si era interrotto non sapendo bene come continuare.
Alec si era voltato a fissarlo con i suoi bellissimi occhi blu e, con un sorriso dolce, l’aveva rassicurato: « I miei non ci sono, se tutto va bene li rivedrò a fine mese. Non che mi senta poi così pronto per riaffrontarli, s'intende. »
Magnus aveva avvertito un’ennesima stretta al cuore, percependo il dolore nella voce di Alec.
Gli dispiaceva da morire vederlo in quelle condizioni, perché sapeva benissimo cosa provava.
Capiva, cosa voleva dire essere rifiutato dalla propria famiglia.
Aveva richiuso la cassa con un leggero scatto, poi l’aveva raggiunto in poche falcate aggraziate.
Come a voler scacciare via quell’ombra che gli aveva scurito gli occhi, gli aveva rivolto uno dei sorrisi più rassicuranti che fosse in grado di fare: « Non devi preoccupartene ora, Alexander. »
Il tono era così comprensivo, che Alec si sentì in dovere di cambiare discorso.
Magnus aveva detto che aveva avuto un’esperienza simile alla sua e, di certo non avrebbe voluto rattristarlo in quel momento con i suoi problemi.
« Come ti sono sembrati quei due? » gli aveva chiesto dunque, nascondendo un sussulto quando gli angoli della bocca di Magnus si era nuovamente piegati verso l’alto.
« Due pazzi a dire il vero. Ma sono simpatici, tua sorella la adoro di già. »
Alec l’aveva guardato con malcelato orgoglio.
Sua sorella faceva quell’effetto a molti e non se ne stupiva praticamente più.
« Ti ricrederai, so già che ne faranno di tutti i colori domani. » l’aveva avvertito, amareggiato.
« Non vedo l'ora, allora. »
Il rumore del campanello lo riscosse improvvisamente.
Per un attimo cercò di far mente locale, scacciando la figura di Alexander dai suoi pensieri, poi si ricordò.
Guardò verso l’orologio, spalancando la bocca scioccato.
Mezz’ora.
Avevano impiegato mezz’ora solo per venire lì!
Nervoso, raggiunse velocemente la porta, preparandosi mentalmente una sfuriata degna della sua persona, cercando di trovare le parole adeguate per esprimergli la propria ira.
Appena l’ebbe spalancata, aprì la bocca per riversargli addosso il proprio disappunto ma, venne prontamente interrotto da un trafelato Ragnor che si catapultò letteralmente nella casa, seguito da un alquanto scocciato Raphael.
Non che fosse una novità, comunque.
« Allora?! Dove stava l'ultima volta che l'hai visto? Se non mi dai informazioni non posso aiutarti! » cominciò a sbraitare, accucciandosi a terra per guardare sotto il divano del salone.
Magnus lo guardò stralunato, inarcando un sopracciglio folto ma curato.
« Parli del tuo cervello? Pensavo l'avessi gettato in mare anni fa. » gli rispose ironico, incrociando le braccia al petto e guardandolo saccente.
Ragnor scosse la testa, come a voler scacciare l’eventuale litigio che si sarebbe potuto creare.
« Strano che tu sia così calmo, di solito dai di matto! » continuò a gridare, nemmeno fosse a chissà quanta distanza da lui.
Di fatti gli fece cenno di ridurre il volume, guardandolo sempre più scocciato.
« Mi spieghi cosa stai cercando esattamente? » gli chiese allora, al limite della sopportazione.
L’amico lo guardò come se fosse completamente pazzo o avesse sbattuto da qualche parte la testa, perdendo la memoria.
« Chairman Meow, e chi sennò! » gli rispose come se fosse ovvio, scostando le tende dalla finestra per vedere se fosse nascosto lì.
Il glitterato sbatté le palpebre perplesso: « Cosa vuoi da Presidente, scusa? »
Raphael, che se ne era stato immobile e in silenzio da quando era entrato, gli rivolse un occhiata indecifrabile: « Ovviamente sta cercando il micio scomparso. Ho sempre preferito lui a te, sai? »
Magnus fece una smorfia più che evidente: ne sarebbe uscito pazzo da quella situazione, ne era certo.
Prese un grosso respiro, poi gli parlò come si era soliti rivolgersi a dei bambini piccoli per insegnargli qualcosa: « Non so cosa vi siate messi in testa, ma Presidente sta benissimo e sta dormendo. Sono io che ho un problema. » 
Ragnor sembrò rilassarsi notevolmente, mentre l’altro prese a camminare verso di lui con aria piuttosto minacciosa.
« Vuoi dirmi che tu, mi hai fatto venire qui solo per i tuoi egoistici problemi? Per colpa tua, ho dovuto rimandare una delle più belle scopate della mia vita. » gli sibilò contro.
Magnus alzò un sopracciglio, sorridendo malizioso: « Avrai altre occasioni suvvia. » gli disse, sventolandogli una mano di fronte al viso.
Ragnor scosse la testa, osservandoli con un misto tra divertimento e rassegnazione.
Quei due, sebbene a primo impatto sembrassero accomunati solo da un malcelato disprezzo per l’altro, si volevano davvero bene.
« Allora, siamo tutti orecchi, qual è il problema? » gli chiese Ragnor, sedendosi senza troppe cerimonie su di una poltrona poco distante.
Il glitterato lo guardò come se fosse estremamente ovvio, tuttavia, notando lo sguardo altamente sbigottito degli altri due, si indicò, come se quel semplice gesto avesse potuto dissipare ogni dubbio.
Raphael stava seriamente perdendo la pazienza e, Magnus non si sarebbe affatto stupito se l’avesse preso a sberle da un momento all'altro.
Non che potesse permettergli di rovinargli il suo bel faccino, ovviamente avrebbe utilizzato Ragnor come scudo, in quel caso.
« Oh ma dai Magnus, non sei proprio da buttare. Non è ancora arrivato il momento di rifarsi la faccia, magari tra qualche anno ne possiamo riparlare. » disse quest’ultimo, assolutamente serio.
Magnus spalancò la bocca completamente indignato: non era proprio da buttare?!
« Ho fatto male, molto male a chiamarvi. » sputò acido, rivolgendo un’occhiata truce ad entrambi.
Lui si fidava, avrebbe dato persino la vita per loro.
Ma sapevano essere così ottusi e poco accomodanti che non riusciva a credere a volte che fossero migliori amici da praticamente una vita.   
Si girò offeso, dirigendosi verso la porta d’ingresso che aprì, per poi fare un cenno con la mano che stava ad indicare “bene, siete inutili quindi riprendete da dove vi ho interrotto, fuori di qui.”
« Madre de Dios, dame paciencia, que si me das la fuerza lo mato. » cominciò Raphael, cercando di calmarsi per non commettere un omicidio.
Magnus lo guardò confuso: « Smettila di parlarmi francese, lo sai che non lo capisco. » gli sbuffò contro, incrociando le braccia al petto.
« Veramente non capisci niente a prescindere. È spagnolo razza di pony multicolore. » ribatté l’altro, con un ghigno.
Magnus pestò i piedi, indicando di nuovo l’uscio.
« Fuori. Chiamerò Catarina, voi siete praticamente inutili. Anzi, a pensarci bene era quello che dovevo fare fin dal principio. Ha sicuramente più gusto di voi. »  disse, mentre Raphael veniva trattenuto per le braccia da Ragnor, sul punto di prenderlo a pugni.
« Vuoi dire che ci hai fatto venire fin qui, per nulla? » sbatté perplesso le palpebre, quest’ultimo.
Il glitterato alzò le spalle, come a voler scrollarsi l’intera questione di dosso.
« Lasciami, yo quiero matarlo! » cercò di divincolarsi lo spagnolo, con la chiara intenzione di strozzarlo.
Ragnor lo condusse fuori prima che la situazione diventasse insostenibile, ma non prima di essersi rivolto a Magnus con un: « Ha ragione, sei un coglione. »



Si guardò allo specchio un'ultima volta, cercando di lisciare la maglia spiegazzata che aveva indosso.
Non che pensasse veramente di rendersi più presentabile, semplicemente aveva bisogno di qualcosa da fare per tenere sotto controllo i nervi che minacciavano di sopraffarlo da un momento all'altro.
Aveva passato le ultime ore a pentirsi di quella sua decisione; perché non aveva annullato tutto?
Facile, sua sorella non glielo avrebbe mai permesso, non quando era così presa nel ruolo di cupido.
Come evocata dai suoi pensieri, Isabelle si catapultò nella sua stanza come una furia, restando poi immobile a guardarlo completamente inorridita.
« Lo sapevo, ho fatto bene a venirti a controllare. Ma che accidenti ti sei messo addosso?! » gli chiese sconvolta, squadrandolo da capo a piedi.
Alec si guardò confuso la t-shirt grigia e i jeans sbiaditi.
Certo, non era propriamente un modello, ma quelli erano da sempre i suoi soliti abiti.                 
Quindi che problema c'era?
« Iz che c'è che non va? » le chiese, lasciandola a bocca aperta.
« Alec, che diamine! Il ragazzo che ti piace viene a cena a casa tua e tu ti vesti come uno straccione? Come speri di fare colpo in quelle condizioni? » ribatté subito Izzy esasperata, alzando gli occhi al cielo.
Senza neanche dargli il tempo di rispondere, si avviò verso il suo armadio quasi tuffandocisi dentro, cercando chissà cosa.
« Iz, che fai? E' tutto inutile, non c'è niente di decente lì dentro. » le disse sconsolato.
Lei riemerse subito dopo, con in mano una camicia blu che gli aveva regalato l'anno prima per Natale.
« Ah no, eh? Mettiti questa, ti starà un incanto e ti metterà in risalto gli occhi. » esclamò, lanciandogliela
praticamente contro.
Alec aprì la bocca, con l'intenzione di protestare, ma alla fine ci rinunciò; conoscendola, sarebbe stata capace di infilargliela a forza, se solo l'avesse contraddetta.
« Va bene, esci: almeno posso cambiarmi. » le disse, sbuffando sonoramente per manifestare il suo dissenso.
Iz lo guardò soddisfatta.
« Scelta molto saggia. Ci vediamo giù. » gli rispose, prima di uscire sbattendosi la porta alle spalle.
Come se potessi veramente fare colpo su qualcuno, pensò, mentre indossava quello che sua sorella aveva scelto per lui.
Avrebbe potuto presentarsi anche nudo, in ogni caso a Magnus la cosa non avrebbe fatto nessun effetto. Figuriamoci.
Una volta vestito, decise di scendere a cercare Iz, sperando di distrarsi.
La trovò in cucina, intenta a trafficare ai fornelli.
Oh per l'angelo, questa davvero non ci voleva.
Isabelle era fantastica in tutto, ma le sue doti culinarie rasentavano lo zero; avrebbe potuto tranquillamente avvelenarli tutti, senza rendersene minimamente conto.
« Ti prego, dimmi che quella non è la cena di stasera. » iniziò in tono supplicante, sperando che si trattasse di uno scherzo.
La ragazza gli scoccò un occhiataccia da sopra la spalla.
« Possibile che tutte le volte che voglio cucinare per voi, tu e Jace dobbiate fare queste scene? Non sono poi così male. » replicò stizzita.
Alec la guardò aggrottando le sopracciglia, chiedendosi se avesse mai assaggiato uno dei suoi piatti.
« Hai ragione Iz, non sei tanto male. Sei orripilante. » le rispose al massimo della serietà.
Isabelle lo ignorò, continuando a buttare ingredienti, non meglio identificati, nella pentola; sembrava quasi una qualche pozione magica mal riuscita.
« Se la metti così, non mi lasci altra scelta. Sono costretto a chiamare i rinforzi. » le disse, affacciandosi subito dopo alla porta.
Chiese gli occhi, prendendendo un bel respiro profondo.
« JACE, CORRI! VIENI QUI IMMEDIATAMENTE, AIUTAMI! » si mise a gridare a pieni polmoni.
Isabelle lo fissò costernata, spalancando la bocca per lo shock.
Che fratelli disgraziati.
« Che bisogno c'era di mettersi ad urlare in quel modo? Non sto mica cercando di ucciderti con.. » iniziò Iz seccata, ma venne interrotta dall'apparizione di Jace.
Il ragazzo, completamente scarmigliato, aveva i capelli biondi sparati in tutte le direzioni e, la faccia di chi è stato appena buttato giù dal letto con violenza.
Ma la cosa che più lasciò Alec perplesso, era il fatto che avesse in mano i suoi nunchaku.
 « STA INDIETRO FRATELLO, TI SALVO IO! DOV'E' LA SCHIFOSA BESTIACCIA? » si mise ad urlare anche lui, totalmente fuori di sé e guardandosi intorno allarmato, con gli occhi spalancati.
Dopo alcuni istanti, però, dovette rendersi conto che non c'era nessuna minaccia imminente; guardò alternativamente i due ragazzi con aria scocciata, cercando di darsi un tono.
« Alec, si può sapere perché diavolo ti sei messo ad urlare in quel modo, quando non c'è nessuna anatra che ti sta attaccando? » gli chiese, con un occhiata assassina.
In circostanza normali, il moro avrebbe riso fino alle lacrime dell'insensata fobia dell'altro ma, immaginando Magnus che assaggiava il cibo preparato da sua sorella, riuscì a restare serio.
« Jace, abbiamo problemi più grandi. Isabelle vuole cucinare. » gli rispose, dando più enfasi possibile alle ultime parole, in modo tale che l'altro si rendesse conto dell'entità del problema.
Iz sbuffò indignata, mentre Jace si voltava a guardarla preoccupato.
« Oh, no. Che cosa ti avremmo mai fatto di tanto brutto? Posso capire noi due, ma risparmia almeno il povero ospite. » le disse, portandosi una mano al petto.
Izzy per qualche secondo sembrò sul punto di prenderli entrambi a schiaffi.
Poi si voltò e, togliendo la pentola dal fuoco, svuotò il suo contenuto - una zuppa verdognola che, alla sola vista, fece venire la nausea ai due ragazzi - nel lavandino.
« Siete soddisfatti, adesso? » chiese loro ironicamente, portandosi le mani sui fianchi.
« Enormemente. » le risposero in coro, scoppiando a ridere subito dopo.
Isabelle li guardò scuotendo la testa, rassegnata al fatto che il suo talento non sarebbe mai stato apprezzato.
« Che ne dite, di ordinare qualcosa al ristorante giapponese qui accanto? »


***

Ma chi glielo aveva fatto fare.
Solo negli ultimi minuti se l'era ripetuto un infinità di volte, desiderando di fuggire il più lontano possibile da lì.
Quando la sera prima a sua sorella era venuta quell'idea strampalata, sapeva che la cosa si sarebbe trasformata in un assoluto disastro, solo non immaginava fino a che punto.
Fin dal momento in cui Magnus aveva messo piede in casa, non c'era stata una sola cosa che fosse andata per il verso giusto.
Alec era andato ad aprire, terribilmente imbarazzato da tutta quella faccenda e, senza smettere di farfugliare, lo aveva condotto in sala da pranzo.
In quel momento Isabelle era entrata quasi correndo, con in mano un vassoio di onigiri(*) e, inciampando nella soglia che separava le due stanze, si era fermata a pochi centimetri dalla camicia di Magnus.
Probabilmente, senza l'intervento provvidenziale di Jace che l'aveva afferrata all'ultimo secondo, il poveretto sarebbe stato ricoperto da capo a piedi di polpette di riso.
E se non fosse stato lui stesso sconvolto dalla situazione, avrebbe senz'altro immortalato l'espressione allibita di Magnus con una foto.
Izzy, con assoluta nonchalance, aveva cercato poi di rimediare alla figuraccia appena commessa, salutando allegramente il povero ospite sventurato con un: « Ehi Magnus, ti trovo ancora più scintillante del solito! »
Peccato che si trovasse  con il vassoio ad un palmo dal suo naso, cosa che rese solo più ridicola la scena.
Dopo lo shock iniziale, Alec aveva deciso che fosse meglio condurlo a tavola, onde evitare ulteriori incidenti di percorso.
Tuttavia, anche quell'operazione risultò essere alquanto pericolosa: nel momento in cui Magnus fece per sedersi, la sedia iniziò a scricchiolare in maniera inquietante.
Il moro aveva ignorato la cosa ma, non aveva avuto neanche il tempo di formulare un qualsivoglia pensiero che, in pochi secondi, il ragazzo era sparito dalla sua visuale.
Per alcuni istanti era rimasto a guardare la scena perplesso, chiedendosi se per caso Magnus fosse stato improvvisamente risucchiato dalla terra.
Poi, rendendosi conto dell'idiozia di quel pensiero e della gravità della situazione, si era immediatamente alzato a soccorrerlo.
Con un espressione ancora più scioccata della sua, Magnus era steso sul pavimento con le gambe all'aria.
Quest'ultimo, una volta ripresosi e rimesso in piedi, aveva cominciato ad indietreggiare, guardando alternativamente i tre fratelli allarmato.
 « Adesso capisco.. Voi! Mi avete invitato qui per farmi fuori non è vero? Era tutto organizzato! » esclamò, puntandogli un dito contro.
Alec si sentì sprofondare: non era certo quella l'impressione che voleva l'altro avesse sulla serata.
« Magnus sono mortificato. Ti giuro che non.. » iniziò a balbettare, assumendo impensabili tonalità di rosso.
« Non provarci nemmeno Alexander. Non dopo questi chiari attentati alla mia vita. Non sono certo finito steso come un salame, perché morivo dalla voglia di abbracciare il pavimento. L'avete fatto apposta. » rispose immediatamente Magnus, guardandolo truce.
Non poteva certo biasimarlo se la pensava in quel modo; non dopo che, nel giro di cinque minuti, sua sorella lo aveva quasi investito in pieno e, aveva rischiato di rompersi l'osso del collo.
Alec era certo che vista da fuori la situazione doveva apparire alquanto esilarante, il che spiegava perché Iz e Jace erano diventati paonazzi nel tentativo di soffocare le risate.
Peccato che lui non si stesse divertendo affatto.
« Non attenterei mai alla tua vita! Sono stati solo degli incidenti.. » iniziò a dire, avvicinandosi lentamente al ragazzo.
« Fermo lì, non avvicinarti. Me ne vado, estremamente deluso da te. Non avrei mai pensato che potessi farmi questo. » annunciò l'altro con aria melodrammatica.
Alec restò impietrito per alcuni istanti, iniziando, subito dopo, ad incespicare frasi di scuse senza senso.
Troppo occupato a chiedere perdono, ci mise un po' per notare la reazione di Magnus: quel disgraziato se la stava ridacchiando beatamente, mentre lui era quasi sull'orlo di un collasso.
« Magnus! Ti sembrano scherzi da fare?!» gli gridò contro indignato.
L'altro, vedendolo così sconvolto, non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una fragorosa risata, subito imitato da quei due traditori dei suoi fratelli.
« Oh santo cielo.. Avresti dovuto vedere la tua faccia! Scusami tanto fiorellino, non ho saputo resistere. » riuscì a rispondergli, una volta che si fu un minimo calmato.
Alec avrebbe tanto voluto avercela con lui per lo spavento che gli aveva fatto prendere, ma il sorriso che l'altro gli rivolse sciolse immediatamente qualsiasi risentimento.
« Non sei stato affatto carino, potrei anche ritenermi offeso. » gli rispose, mentre il suo volto si apriva in un sorriso, contraddicendo le sue parole.
Magnus gli andò davanti, ancora palesemente divertito.
« Oh fiorellino, è sempre così facile prenderti in giro! Comunque mi fa piacere sapere che non attenteresti mai alla mia vita. » esordì, facendo chiaro riferimento a quello che Alec aveva detto poco prima, cosa che finì col fare arrossire nuovamente quest'ultimo.
« Continua così e potrei sempre ripensarci. » borbottò il moro, dirigendosi nuovamente verso la tavola.
Magnus lo seguì recuperando un'altra sedia e, dopo essersi assicurato che questa volta non sarebbe finito con la schiena a terra nel giro di un secondo scarso, si sedette accanto a lui.
Da quel momento le cose erano sembrate girare per il verso giusto, tanto che Alec si illuse che il resto della cena si sarebbe concluso senza intoppi, con Magnus e i suoi fratelli che chiacchieravano allegramente del più e del meno tra una portata e l'altra.
Speranze vane.
Tutti i suoi sogni vennero infranti da Jace, che decise di aprire bocca, ponendo la domanda che più aveva temuto di sentirgli fare.
« Allora, si può sapere che cosa c'è esattamente tra voi due? » chiese, scrutando i due ragazzi, quasi a voler carpire la verità dalle loro facce.
Alec arrossì di botto e, si mise a guardare il piatto di fronte a lui con un intensità tale che Magnus temette potesse aprirci una voragine con lo sguardo.
Izzy diede uno schiaffo sulla nuca al biondino, scoccandogli un occhiataccia.
« Oh andiamo, ti sembra una domanda da fare questa? » esclamò subito dopo, lasciando il ragazzo perplesso.
Non era certo da lei tirarsi indietro, non quando si trattava di stuzzicare Alec.
E infatti..
« Quanto in là vi siete spinti? Prima uscita? Primo bacio? » iniziò a domandare a raffica, quasi senza mai riprendere fiato.
Alec sobbalzò, facendo cadere metà del vino contenuto nel suo bicchiere sulla tovaglia bianca.
Vedendo la reazione di suo fratello, Isabelle iniziò a gridare, saltellando su e giù come un ossessa.
« Per l'angelo! Siete già andati oltre?! Non posso crederci, voglio tutti i dettagli! »
Alec fece del suo meglio per scomparire mentre l'altro, che non sembrava minimamente toccato da tutta quella faccenda, faceva cenno ad Iz con la mano di calmarsi.
« Mi dispiace deluderti biscottino, ma non è successo proprio niente di niente. Non vedo, dunque, che dettagli potrei fornirti. E, detto tra noi, in ogni caso avremmo dovuto parlarne in privato, onde evitare che ad Alexander venisse un infarto. » le rispose, studiandosi con estremo interesse le unghie smaltate.
Izzy sbuffò delusa, ma non si arrese di certo di fronte a quell'affermazione.
« Cosa intendi con niente di niente? - disse scimmiottando la voce dell'altro - qualcosa deve essere successo per forza! » tornò alla carica la ragazza, immediatamente dopo.
« Isabelle adesso smettila! » le sibilò Alec, ancora rosso in viso.
Lei lo ignorò, tornando a rivolgere la sua attenzione a Magnus, in chiara attesa della sua risposta.
Quest'ultimo la guardò inarcando un sopracciglio, cosa che - almeno per il moro -, lo rese ancora più affascinante.
« Cosa vuoi che ti dica, di grazia? Non c'è nulla da dire, non c'è quel tipo di rapporto tra di noi. » le rispose, guardandola scettico.
Jace aprì la bocca sorpreso, spostando lo sguardo da lui a sua sorella, quasi cercando di capire se aveva sentito bene.
« Tu stai dicendo, seriamente, che tra voi due non c'è niente? » chiese conferma subito dopo, il biondino.
Magnus annuì convinto.
« Certo, io e tuo fratello siamo solo ed esclusivamente buoni amici. » ribadì, dando mostra di essere il più tranquillo e disinvolto possibile.
Solo buoni amici.
A quelle parole Alec abbassò lo sguardo, incapace di nascondere la delusione.
La parte più razionale di lui, sapeva benissimo che non avrebbe mai potuto esserci niente, ma sentire Magnus mentre lo diceva con tanta tranquillità lo ferì ugualmente.
Beh, sempre meglio saperlo adesso, in modo tale da non farsi illusioni.
Direi che è un po' troppo tardi per quello,  gli ricordò una fastidiosa vocina nella sua mente.
Scosse la testa, cercando di scacciare quel pensiero: doveva solo sopravvivere alla serata, poi avrebbe potuto pensare ai suoi sentimenti non corrisposti.
Sospirò, cercando poi di concentrarsi nuovamente sulla conversazione.
In quel momento si accorse dell'occhiata penetrante che Isabelle gli stava rivolgendo.
Qualsiasi cosa si stesse chiedendo, alla fine dovette trovare una soluzione; Alec vide un sorrisetto perfido delinearsi sul suo viso.
« Sai Magnus, sono veramente felice che mio fratello abbia qualcuno con cui parlare, al di fuori della famiglia. Sarebbe stato bello se vi foste conosciuti quando aveva ancora la sua cotta per Jace! » esclamò infatti Iz, poggiando una mano sul braccio del ragazzo.
Quest'ultimo si immobilizzò, col bicchiere a pochi centimetri dalla bocca.
« La sua che cosa?! » chiese spalancando gli occhi dallo shock.
Jace guardò sua sorella confuso, ma si riprese in fretta.
« Oh già. Modestamente parlando sono davvero irresistibile. » gongolò il biondino.
Magnus li guardava sconvolto.
Si voltò verso Alec, sperando di vederlo smentire, ma il ragazzo stava farfugliando chissà cosa completamente rosso in viso; non avrebbe potuto esserci una conferma migliore di quella.
« Quindi ti piaceva davvero. Nessuno ti hai mai detto che i biondi sono decisamente sopravvalutati? » gli chiese laconico.
Alec arrossì ancora di più, tentando di controbattere ma, nonostante i suoi tentativi, non sembrava in grado di spiccicare parola.
Avevano per caso deciso di farlo morire d'imbarazzo?
Non riusciva a capire perché, quei due, stessero tirando fuori quel discorso.
Erano mesi che nessuno di loro faceva più riferimento a quella storia ed ora, davanti a Magnus, sentivano la necessità di parlarne?
Si allungò per dare un calcio negli stinchi a Jace sotto il tavolo, sperando che l'altro capisse l'antifona.
Non aveva tenuto conto però di sua sorella : mentre il biondino squittiva un "Ahia!", massaggiandosi la parte lesa, la ragazza era tornata nuovamente all'attacco.
« Oh, eccome se gli piaceva. Avresti dovuto vedere come sbavava sui suoi addominali quando si allenavano insieme! » continuò Izzy con fare cospiratore.
Magnus fece la faccia di uno a cui hanno appena dato un pugno nello stomaco.
« Ah sì, è.. molto interessante. » replicò seccamente, dopo alcuni istanti.
Isabelle gongolò, soddisfatta da quella sua reazione, tuttavia.. si poteva sempre fare di meglio.
« Strano che non te ne abbia mai parlato, dato che siete buoni amici. Ad ogni modo, può darsi che prima o poi ti capiterà di dover fare il confidente. Sai, tutta quella storia per cui il primo amore non si scorda mai. E per di più, vivendo sotto lo stesso tetto.. chi lo sa! » esclamò infatti con una risata, guardando maliziosamente Alec.
Quest'ultimo riuscì finalmente a reagire.
« Oh no, questo mai! Smettila Iz. » esordì infatti, guardandola furioso.
Jace sorrise sardonico, guardandolo in un modo che al moro non piacque affatto: era la sua espressione tipica prima di combinare qualche guaio.
« Mai dire mai, Alexander. Vuoi dire che non ti piacerebbe avermi tutto per te?» gli chiese infatti, sfiorandogli il braccio.
Alec si ritrasse, guardandolo inorridito. Era per caso impazzito?
Smise di interrogarsi sulla sanità mentale di suo fratello, riportato alla realtà dal rumore di una sedia portata indietro con violenza.
Magnus si era alzato, buttando stizzito un tovagliolo sul tavolo.
« Se volete scusarmi, a questo punto dovrei fare una telefonata. » dichiarò secco, avviandosi subito dopo verso la porta.
« Aspetta, se vuoi io.. » iniziò Alec, anche lui sul punto di mettersi in piedi.
« Credo di poter tranquillamente trovare l'uscita e tornare senza bisogno di alcun aiuto, grazie. » replicò l'altro in un tono brusco che il ragazzo non gli aveva mai sentito usare.
Pochi secondi dopo, sentirono sbattere la porta d'ingresso.
In quel preciso istante Iz e Jace si diedero il cinque, ridendo soddisfatti sotto lo sguardo allibito di Alec.
« Ma io dico, avete completamente perso il senno per caso? Come accidenti vi è venuto in mente di comportarvi così di fronte a lui? L'avete infastidito! » gridò quest'ultimo in direzione dei suoi fratelli.
I due lo guardarono, per poi scoppiare a ridere fragorosamente.
Era incredibile quanto Alec potesse essere ingenuo a volte.
« L'abbiamo fatto per te idiota! Ora, hai avuto la tua risposta. Fatti avanti fratello! » esclamò Jace ancora sogghignando.
Il moro continuò a guardare dall'uno all'altro, incapace di mettere insieme i pezzi.
Sua sorella dovette ben interpretare la sua espressione, considerando che decise di spiegargli le cose in modo tale che gli fossero chiare.
« Ascoltami bene: tu sei innamorato di Magnus e no, non negarlo. - disse subito, vedendo che suo fratello aveva intenzione di replicare. - Lui però, si ostinava a dire di vederti solo come un amico, e io avevo bisogno di capire se fosse davvero così o se, come invece credevo, in realtà provasse qualcosa per te. Per questo motivo ho tirato fuori la storia di Jace, per vedere come avrebbe reagito. » continuò la ragazza, lasciandolo letteralmente a bocca aperta.
« E a giudicare dal modo in cui è uscito sbattendo la porta, direi che è maledettamente geloso di te. Alias, prova quello che provi tu! » concluse Jace, con un gran sorriso.
Alec ci mise un po' a recepire fino in fondo quello che gli stavano dicendo.
Magnus geloso di lui? No, non era possibile.
L'eventualità  che lui potesse ricambiarlo, era decisamente troppo bella per essere vera.
Anche se, doveva ammettere, di non aver mai visto Magnus comportarsi in quel modo e, stranamente, aveva iniziato ad innervosirsi solo quando avevano parlato della sua cotta per Jace.
Ad uno che si considerava suo amico, almeno in teoria, non gliene sarebbe dovuto importare niente, giusto?
Quasi contro la sua volontà iniziò a sorridere, felice come non era da tempo.
Forse, dopotutto, i suoi fratelli avevano ragione.
Quando poco dopo Magnus rientrò, lo trovò ancora sorridente e assorto nei suoi pensieri.
Starà ancora esultando per la proposta di Jace, pensò acidamente.
Tuttavia, questa volta, diede mostra di un contegno perfetto.
Aveva avuto bisogno di alcuni minuti per riacquistare completamente il controllo, e non aveva intenzione di perderlo nuovamente.
Sapere che Alec, in passato, aveva provato qualcosa per Jace lo aveva fatto infuriare.
C'era qualcosa di profondamente sbagliato nell'immagine del suo bellissimo occhi blu, che andava dietro a quel biondino insipido.
Sbavava sui suoi addominali? Oh per favore, come se non ci fosse niente di più importante in una persona; lui poteva senz'altro avere di meglio rispetto a quello lì.
Per non parlare del modo in cui quest'ultimo gli si era rivolto, sfiorandogli il braccio.
A Magnus era venuta voglia di spaccargli il piatto in testa e di gridargli che Alexander era il suo fiorellino, e che lui non doveva permettersi di toccarlo in quel modo.
Grazie al cielo, era riuscito a trattenersi e ad uscire fuori da lì, prima di fare qualcosa di veramente stupido.
Sapeva perfettamente che c'era una sola parola, in grado di giustificare quei pensieri e quel suo atteggiamento completamente irrazionale: gelosia.
Tuttavia, respinse quella considerazione il più lontano possibile; accettare la cosa significava prendere consapevolezza dei suoi sentimenti, cosa che non aveva nessuna intenzione di fare.
Facendo sfoggio di tutta la sua superiorità, si appoggiò allo schienale della sedia, rivolgendosi ai tre con un sorriso smagliante.
« Allora ragazzi, cosa mi sono perso? »



Alec sbatté la porta di ingresso alle sue spalle mentre ancora si sentivano le voci dei suoi fratelli che salutavano Magnus e, finalmente tirò un respiro di sollievo.
Quella serata infernale, alla fine si era conclusa.
Non che non fosse contento di aver trascorso un po' di tempo insieme al ragazzo, ma Jace ed Iz lo avevo quasi fatto impazzire con le loro uscite improbabili.
Di conseguenza, quando Magnus aveva annunciato che per lui era ora di andare, era stato ben felice di accompagnarlo fuori, allontanandosi da quei due.
Magari, sarebbe riuscito a rimanere qualche minuto da solo con lui.
Ed ora eccolo lì, a fissare rapito il fantastico ragazzo di fronte a lui, reso ancora più bello dalla luce della luna che illuminava i suoi lineamenti perfetti.
Alec, più volte, si era ritrovato a chiedersi come fosse possibile per qualcuno essere così maledettamente perfetto, con quegli occhi dorati e quelle labbra..
Si riscosse, rendendosi conto del fatto che Magnus lo stava guardando divertito e, per una buona ragione; da bravo idiota, si era appena fatto beccare a fissarlo sul punto di sbavare.
« Non che mi dispiacciano tutte queste attenzioni, ma c'è forse qualcosa che vorresti dirmi? » gli chiese, sfoggiando uno dei suoi soliti sorrisi.
Alec avrebbe voluto rispondergli che quando il suo viso si illuminava in quel modo, riusciva a malapena a respirare, figurarsi se poteva mettere insieme una frase degna di questo nome.
Dopo un po', si rese conto che, probabilmente, a quel punto avrebbe dovuto dire qualcosa.
« Beh è stata una bella serata, no? Voglio dire, non ti sei divertito? » si ritrovò a farfugliare, nel tentativo di uscire dalla bolla di silenzio imbarazzato che si era creata.
Magnus aggrottò le sopracciglia, in un espressione confusa.
Probabilmente si stava chiedendo perché era ancora lì, a perdere tempo con un simile imbranato.
« Direi che si potrebbe anche dire così. I tuoi fratelli sono.. esuberanti. Sei sicuro di avere il loro stesso sangue? » gli chiese, cercando di restare serio, ma fallendo miseramente.
Alec sbuffò, pur rendendosi perfettamente conto del perché l'altro gli avesse posto quella domanda: in confronto agli altri due, sembrava lui quello adottato, non Jace.
Quando era più piccolo, si era ritrovato spesso  ad invidiare l'incoscienza di Jace e la faccia tosta si Isabelle, desiderando essere un po' più simile a loro, o perlomeno, in grado di tenere una conversazione con un estraneo senza farsi venire la tachicardia.
Tuttavia, aveva abbandonato quel pensiero tanto tempo fa; era felice di lasciare a loro tutta la gloria, restando nel suo comodo angolino al riparo dal mondo.
« Incredibile a dirsi ma sì, beh almeno con Iz; anche se Jace vive con noi da talmente tanti anni, che siamo abituati a non pensare più a cose come il legame di sangue. » gli rispose, chiedendosi quante volte ancora qualcuno avrebbe finito col fargli quella domanda.
Magnus, inaspettatamente, si rabbuiò come se gli fosse improvvisamente tornato in mente qualcosa che lo infastidiva.
Alec lo guardò confuso, cercando di capire cosa c'era nella sua risposta che aveva potuto sortire quell'effetto, quando Magnus decise di dar voce ai suoi pensieri.
« E così, avevi un debole per Jace eh? Non me lo avevi mai detto. Forse perché è per lui, che stai cercando di lavorare su te stesso? » gli chiese usando un tono di voce strano, che l'altro non seppe interpretare.
Non che ci stesse provando più di tanto: alla domanda era saltato indietro inorridito, guardandolo come se gli fosse spuntata una seconda testa.
« Stai scherzando? Non è affatto così. E comunque, Iz prima ha esagerato: credevo di provare qualcosa per lui, ma poi ho capito, grazie all' aiuto di qualcuno, che non si trattava altro se non di affetto fraterno.. » iniziò a spiegare, rendendosi conto solo dopo di essersi messo in un situazione scomoda.
Se gli avesse chiesto a chi stava facendo riferimento con quell'affermazione, non sapeva se avrebbe avuto il coraggio di dirgli la verità.
Magnus sembrò rilassarsi, mentre un minuscolo sorriso faceva capolino sul suo viso.
Aveva creduto che Alec potesse provare ancora qualcosa per quel biondino, motivo per cui, sentirlo smentire la cosa, l'aveva in un certo senso sollevato.
Anche se..
« E chi sarebbe questo qualcuno? » gli chiese, cercando di apparire il più disinvolto e calmo possibile.
L'ultima cosa che voleva, era far capire all'altro quanto si stesse mangiando il fegato in quel momento, tuttavia era troppo curioso per trattenersi.
Alec trasalì socchiudendo gli occhi; doveva aspettarsi una domanda del genere, era naturale dopo quello che aveva detto.
Il problema era: doveva rispondere sinceramente?
« E' di te che stavo parlando, e non mi riferisco certo alle "lezioni". Da quando ti ho conosciuto, tutto è cambiato. » sputò fuori velocemente, temendo che se avesse aspettato anche solo un altro istante, avrebbe finito col perdere il coraggio.
Magnus lo guardò a bocca aperta. Tutto si sarebbe aspettato tranne una cosa del genere.
Che cosa avrebbe dovuto rispondergli a quel punto?   
Una parte di lui voleva solo stringerlo tra le sue braccia e dirgli che la pensava allo stesso modo su di lui, mentre l'altra, continuava a fargli presente quanto fosse rischiosa quella situazione.
Alec, che subito dopo la sua confessione si stava arrovellando il cervello con tutto ciò che Iz e Jace gli avevano detto, vedendo l'espressione fragile e indecisa dell'altro, trovò la forza di continuare.
« La verità è che prima di conoscere te, non avevo idea di cosa significasse tenere veramente a qualcuno in quel modo. Quando ho capito di essere gay sono andato completamente in crisi e ho finito con l'aggrapparmi a Jace e a quello che credevo di provare per lui. - iniziò con un sospiro, preparandosi mentalmente per la seconda parte del discorso. -  Ma con te.. Ho capito cosa si prova a sentirsi costantemente sull'orlo di un precipizio per una parola o un sorriso. Tu riesci a farmi stare bene, a farmi sentire vivo. Quando sono con te, dimentico le paranoie sull'essere sbagliato, sul non essere all'altezza; dimentico di essere quello che gli altri si aspettano che io sia, e provo solo ad essere quello che tu vedi, quando mi guardi. »
Magnus era sul punto di mettersi a piangere.
Quella era, quasi senza ombra di dubbio, la cosa più bella, più dolce e più vera che qualcuno gli avesse mai detto.
Aveva avuto una sola relazione importante, il resto erano state solo tutte conquiste che, per un periodo di tempo l’avevano fatto sentire meno solo.
Alec lo guardava speranzoso, mentre con un’ansia che gli si poteva leggere chiaramente negl’occhi, si mordeva il labbro inferiore.
Tuttavia, non aveva intenzione di cambiare idea.
Non poteva.
Era quasi sicuro che la vocina nella sua mente lo stesse ricoprendo del maggior numero di improperi mai visto, ma non voleva certo soffermarsi a pensarci.
Se lo avesse fatto, avrebbe finito col cedere.
« Oh mio dolcissimo Alexander.. non hai idea di quanto mi senta onorato per quello che mi hai appena detto. Tu sei una delle persone migliori che abbia mai conosciuto in vita mia e, davvero, devi credermi, non c'è assolutamente niente che non vada in te. Ma io.. non ho intenzione di aver quel genere di rapporto con nessuno, non potrò mai darti altro che amicizia. Ti prego, facciamo conto che questa conversazione non sia mai avvenuta e lasciamo le cose come sono. » gli rispose, cercando di usare tutta la gentilezza e l'affetto di cui disponeva.
L'ultima cosa che voleva era ferirlo ancora più di quanto stesse già facendo.
Alec abbassò lo sguardo, per impedire a Magnus di cogliere a pieno la sua espressione.
« Oh va bene, capisco. Non preoccuparti non c'è problema. » esordì con un tono che sembrò debole e distante alle sue stesse orecchie.
Era impossibile che l'altro ci avesse creduto veramente, tuttavia non commentò in alcun modo, né, cosa di cui gli fu grato, cercò di farlo sentire meglio.
L'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento, era essere compatito.
« Beh, in questo caso.. Buonanotte Alexander. » gli rispose Magnus, per poi allontanarsi a grandi passi, sparendo nella notte.
Alec restò a lungo a guardare il punto in cui l'altro era stato poco prima, cercando di capacitarsi di ciò che era appena successo.
Era stato rifiutato.
Per la prima volta nella sua vita, si era fidato abbastanza di qualcuno da aprirgli il suo cuore, ed ecco il bel risultato.
"Passerà, andrà tutto bene, non è niente", continuava a ripetersi in continuazione, sperando che quelle parole potessero veramente cambiare la realtà, annullando il dolore che sentiva dentro.
Se è davvero così però, perché fa così male?





#
« Madre de Dios, dame paciencia, que si me das la fuerza lo mato. », significa semplicemente "Madre di Dio, dammi la pazienza, che se mi dai la forza lo ammazzo!"
(*) onigiri, per chi non lo sapesse, sono una pietanza-spuntino giapponese piuttosto famosa, composte da polpette di riso e da un'alga commestibile di nome Alga Nori :D

Ehm.. HeLLo! :D
Sto pregando tutti i santi possibili per evitare che non possiate uccidermi dopo questa uscita e.. spero mi ascoltino!
No seriamente, ecco a voi anche il sesto capitolo! :D
Lo so che molte di voi al momento vorrebbero ammazzarmi(se non tutte), ma c'è una spiegazione più che logica a tutto questo che, per adesso non posso spiegarvi.. abbiate pietà ahahah >_<
Dunque, ora cosa succederà? Io credo mi rifuggerò in qualche paese sconosciuto mentre, attenderò con ansia(e paura hahah) le vostre opinioni!
Non ho nient'altro da aggiungere sinceramente, penso che il capitolo parli da solo ahhaha :D
Come al solito ringrazio tutte quelle persone che sono arrivate fin qui e, tutte quelle che sprecano anche solo pochi minuti del loro tempo per farmi sapere cosa ne pensano! Grazie! <3
Vi rinnovo anche la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potremmo discutere sì della storia(dubbi, perplessità, spoiler ecc.), ma anche della saga in generale :D
Il link è questo------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 7
*** When Love Makes Us Liar ***


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Deal With The Evil.



7 Capitolo - When Love Makes Us Liars..

« Alexander Gideon Lightwood, apri immediatamente questa porta o giuro sull'Angelo che la butto giù! »
Alec sobbalzò, svegliato dalle urla di Isabelle.
A quanto pareva, sua sorella se ne stava davanti alla porta della sua stanza a minacciarlo.
Di nuovo.
Sapeva che Iz era preoccupata per lui e che voleva sapere cosa fosse successo, ma non aveva davvero la forza di parlare, né tantomeno di fare nient'altro.
Motivo per cui aveva passato gli ultimi tre giorni sdraiato immobile sul letto, a fissare il soffitto.
Stranamente, aveva trovato il mettersi a contare le venature nell'intonaco bianco sulla sua testa fino a memorizzarle tutte, un attività estremamente rilassante.
Certo, non era la cosa più divertente che avesse mai fatto in vita sua, ma almeno gli impediva di pensare.
Ogni volta che si concedeva di mettere insieme un ragionamento coerente, la sua mente finiva inevitabilmente col tornare a lui.
Tra l'essere dilaniato dal dolore e il trasformarsi in un vegetale, preferiva nettamente la seconda possibilità.
« E' da quando Magnus se ne è andato dopo la cena che ti sei rinchiuso lì dentro, non puoi restare segregato per sempre! » tornò alla carica Izzy, inconsapevole di aver appena tirato una stilettata al cuore del fratello.
Magnus. Il nome che non avrebbe voluto mai più sentire.
Fu sopraffatto da un ondata di nausea e di umiliazione, al ricordo di quanto era successo.
Che cosa si era messo in testa? Credeva davvero che qualcuno come Magnus, potesse interessarsi ad uno come lui?
Ma per favore.
Non era stato altro che un povero illuso.
Poteva ritenersi fortunato che il ragazzo fosse stato abbastanza carino da sforzarsi di non metterlo ancora più in imbarazzo, cercando di mostrarsi lusingato.
Come se Alec non avesse capito che lo aveva fatto soltanto per gentilezza.
Chiunque altro, al posto suo, gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia senza pensarci due volte.
Dio, era davvero patetico.
« Adesso basta, ho esaurito la pazienza! Non dirmi che non ti avevo avvisato. » urlò Isabelle, che ancora piantonava la porta in attesa che l'altro si decidesse a farla entrare.
Alec la ignorò, continuando a fissare il vuoto con sguardo vitreo, sforzandosi di tenere a bada il dolore.
Poco importava quanto quella situazione lo facesse soffrire, si rifiutava di trasformarsi in una ragazzina piagnucolante.
Doveva solo farsi forza ed accettare che quegli stupendi occhi verdi-dorati, non lo avrebbero mai guardato nel modo in cui lui desiderava.
Eppure, per quanto ci provasse, non riusciva a capacitarsene e, non solo perché voleva più di qualsiasi altra cosa che l'altro lo ricambiasse.
Alec non si reputava certo un esperto nel capire i sentimenti altrui, ma c'erano stati dei momenti in cui avrebbe giurato che Magnus tenesse veramente a lui, e non solo come amico.
Amico.
Solo pensare a quella parola gli faceva venire voglia di gridare, ma, a quel punto, tanto valeva ammettere che non era mai stato nient'altro.
Magnus era una persona fantastica, con la sua costante allegria, la sua dolcezza e la sua propensione ad aiutare gli altri e, si era comportato come avrebbe fatto con chiunque.
I sorrisi, l'altruismo e i gesti affettuosi, non erano dovuti al fatto che Alec fosse speciale per lui, ma erano una naturale conseguenza della stupenda personalità di Magnus stesso.
« Oh per l'Angelo.. »
Alec fu distolto dai suoi pensieri da un bisbiglio a pochi passi da lui.
Considerando che quella era la voce di sua sorella, che in teoria avrebbe dovuto essere ancora fuori dalla stanza, per un attimo credé di essere vittima di un allucinazione.
D'altronde, trascorrere giorni interi senza toccare cibo poteva fare quell'effetto, no?
Subito dopo, però, un penetrante profumo alla vaniglia giunse alle sue narici, mentre sentiva qualcuno distendersi al suo fianco; non se lo era immaginato.
Izzy in qualche modo era riuscita ad entrare.
Probabilmente, conoscendola, aveva usato una forcina come nei vecchi film per scassinare la sua porta.
Anzi, doveva essere per forza così, visto che l'unica alternativa che gli veniva in mente, era che l'avesse davvero sfondata a calci; in quel caso lo avrebbe decisamente notato.
Concentrato sulle sue riflessioni, non si accorse dell'espressione di Isabelle.
Non era mai stata una particolarmente sentimentale, ma vedere suo fratello in quelle condizioni le faceva male al cuore.
Quando la sera della cena lo aveva visto correre in camera sua come se avesse il diavolo alle calcagna, per poi barricarsi dentro, la ragazza aveva capito subito che tra i due doveva essere successo qualcosa.
All'inizio lo aveva lasciato stare, aspettando che fosse Alec ad andare da lei, ma vedendo che non aveva accennato minimamente ad uscire, aveva iniziato a preoccuparsi davvero.
Aveva contemplato più volte l'idea di andare al Pandemonium per far parlare Magnus, anche usando la forza se fosse stato necessario, ma poi, aveva deciso che fosse meglio ascoltare prima la storia di suo fratello.
Mai si sarebbe aspettata di trovarlo ridotto così: il suo bellissimo viso sembrava sciupato ed esausto, delle profonde ombre nere sotto gli occhi gli incupivano lo sguardo, senza contare, poi, che sembrava a malapena consapevole della sua presenza.
« Cosa è successo? » gli chiese, usando tutta la dolcezza di cui disponeva.
Alec la ignorò, continuando a fissare chissà cosa, con un espressione distaccata che la fece sentire ancora più male.
« Alec guardami! Sono qui con te, parlami ti prego. » esclamò disperata, facendo si che l'altro si voltasse di scatto a guardarla sorpreso.
Iz non chiedeva mai "per favore", e il fatto che quella volta fosse arrivata a tanto, fece capire al ragazzo di trovarsi davvero in condizione pietose.
Per un attimo fu tentato di continuare a far finta di niente, ma poi, vedendo quanto fosse preoccupata, qualcosa dentro di lui si ruppe.
« Ti sbagliavi Iz, non gliene importa niente di me. » sussurrò affranto.
La ragazza lo guardò basita, sperando ardentemente di aver capito male.
« Che intendi dire? Cosa ti ha detto? » gli chiese, sforzandosi di mantenere la calma.
L'altro sembrava stare già abbastanza male, non aveva certo bisogno di assistere ad una delle sue epiche sfuriate.
Alec fissò gli occhi in quelli di sua sorella, parlando con la massima chiarezza possibile.
« L'ho fatto Iz, gli ho detto cosa provo per lui. La sua risposta è stata: "sono onorato, ma non mi interessa avere quel tipo di rapporto con te". Io non significo niente per lui. »
La ragazza, da prima scioccata, finì col diventare furiosa nel giro di pochi istanti.
Come aveva osato quel lurido vermiciattolo a rifiutare suo fratello?
Se credeva di poterlo trattare in quel modo e cavarsela senza conseguenze, sbagliava di grosso.
Ben presto l'avrebbe scoperto: ci avrebbe pensato lei.
« Isabelle.. dici che.. dici che passerà? » le chiese Alec con le lacrime agli occhi, mentre la voce gli si spezzava su quell'ultima parola.
Izzy lo abbracciò di slancio, tenendolo stretto e continuando a sussurrargli ogni genere di rassicurazione, cercando di farlo stare meglio.
Alla fine, confortato dalla presenza di sua sorella, Alec finì con l'addormentarsi.
« Sta tranquillo fratellone, me ne occupo io. Andrà tutto bene, te lo prometto. » gli sussurrò Iz, accarezzandogli i capelli con dolcezza.
Poi, cercando di non svegliarlo, si districò lentamente dall'abbraccio e uscì dalla stanza chiudendo piano la porta dietro di sé.
Senza neanche darsi il tempo di pensare, compose il numero di Jace; era certa che sarebbe voluto venire con lei.
« Lascia stare qualsiasi cosa tu stia facendo e torna qui. - esordì bruscamente non appena l'altro rispose - Ho scoperto cosa è successo ad Alec. Io e te dobbiamo dare una bella lezione a qualcuno. »




Magnus trangugiò il contenuto del suo decimo bicchierino, per poi posarlo stancamente sul bancone accanto.
Guardò per un momento la bottiglia completamente vuota che era poggiata lì vicino e, il suo riflesso gli fece storcere appena la bocca.
I capelli erano sparati in tutte le direzioni, cosa che non accadeva da.. effettivamente mai; le borse appena accennate sotto gli occhi, sapientemente coperte da un po’ di fondotinta, erano un chiaro segno dell’ultima notte che aveva passato insonne.
Per non parlare poi del fatto che, oltre ad avere quel minimo di trucco che gli permettesse di non apparire completamente devastato, fosse semplicemente sé stesso.
In quel momento, avrebbe tanto voluto gettare a terra quel contenitore, per vederlo infrangersi al suolo.
In mille pezzi, come il suo cuore.
Sospirò, portandosi una mano alla tasca per poi tirarne fuori il suo cellulare, dalla cover decisamente appariscente.
Gliel’aveva regalata Ragnor qualche mese prima, di ritorno dal suo ultimo viaggio con Raphael.
Per un secondo provò una punta di invidia nel pensare che, quei due erano dannatamente felici insieme. Mai aveva visto persone così diverse, eppure, Magnus sapeva che quei due riuscivano a completarsi a vicenda.
Come due tasselli di un puzzle, riuscivano ad incastrarsi perfettamente.
Perché mi nego la possibilità di essere felice anche io?
Con stizza, prese a scorrere tra i suoi numeri in rubrica, soffermandosi sul contatto ‘Alexander’.
Una scossa al cuore gli fece chiudere di scatto gli occhi, pensando a quanto fosse stato demolente per lui, fare una cosa del genere.
Alec gli piaceva, gli piaceva davvero, nel giro di poco tempo era riuscito a farsi strada nella sua mente e nel suo cuore, imprimendo l’immagine di se stesso in ogni singola particella del suo corpo.
Tuttavia, niente poteva essere così sbagliato in quel momento, come i suoi sentimenti.
Tutte le persone che gli stavano accanto alla fine, finivano col soffrire. E si sa, la sofferenza porta ad altra sofferenza.
Lui stesso aveva capito appieno il significato di quella parola così meschina,  tanto da aver desiderato persino di non provare più nulla.
Da voler diventare un piccolo involucro di vetro capace di astenersi dal provare qualsiasi cosa.
E negl’ultimi dieci anni, c’era riuscito davvero.
Aveva avuto parecchi amanti in quel lungo lasso di tempo, qualcuno aveva finito perfino con l'innamorarsi di lui ma, inesorabilmente, erano stati rifiutati uno dopo l’altro.
Non c’era mai stato segno di pentimento nella sua espressione mentre li lasciava, eppure più volte si era soffermato a pensare di star buttando la sua vita e che magari, avrebbe dovuto voltare le spalle una volta per tutte al suo passato ed iniziare finalmente a vivere di nuovo.
Tuttavia, Magnus non aveva mai trovato qualcuno di così importante da permettergli di fare una cosa del genere.
Allora cosa c’è di diverso questa volta?
La domanda gli era sorta spontanea, ma, sapeva benissimo che non c’era nemmeno il bisogno di rispondere.
Quella volta, era Alexander il problema.
Quel timido ragazzo che, dal primo momento in cui l'aveva visto, aveva trovato davvero affascinante con quella zazzera corvina arruffata, con quella pelle candida come la neve e con quegl’occhi blu come il mare.
Un mare in tempesta.
Stupido ed incosciente da parte sua, perdersi nella contemplazione di quel blu meraviglioso che, l’aveva inesorabilmente risucchiato senza possibilità di scelta.
Si era convinto fin dal principio che la sua fosse semplice e normale curiosità, come accadeva sempre.
E così, piantandosi in faccia la sua solita maschera di indifferenza, si era avvicinato a lui in maniera lenta, imparando ad apprezzare ogni suo modo di fare, ogni suo gesto od espressione, tutto ciò che distingueva Alexander e lo rendeva unico.
L’aveva visto cambiare a poco a poco, ma, non sapeva affermare con certezza se in parte fosse anche merito suo. Il pensiero che lo avesse anche solo per un minimo aiutato a crescere interiormente, riuscì a farlo sentire meglio.
La schermata di un messaggio si aprì improvvisamente sotto i suoi occhi, sorprendendolo non poco, perché il mittente non era niente di meno che Alec.

Scusami Magnus, non credo di riuscire a venire nemmeno oggi, temo di avere ancora qualche linea di febbre.
Alec.

Magnus sospirò amareggiato, buttando malamente il cellulare sul bancone.
È il terzo giorno consecutivo questo, pensò, mentre i sensi di colpa lo assalivano prepotentemente.
L’ultima cosa che avrebbe mai voluto fare, era ferirlo.
Era rimasto a dir poco sbalordito quando il suo timido fiorellino, gli aveva fatto una delle dichiarazioni più belle a cui avesse mai assistito.
E, stava quasi per convincerlo a cedere ed a lasciarsi andare, quando una fastidiosa voce nella sua mente, gli aveva ordinato di ricordare.
Così, afflitto dalla paura e speranzoso del fatto che sarebbero stati davvero in grado di superarla entrambi, aveva preferito rispondergli di restare solo amici.
Solo amici, come se fosse veramente possibile quando di mezzo ci sono dei sentimenti.
« Magnus, mi stai seriamente preoccupando, mi vuoi dire perché sei così depresso? »
Catarina irruppe improvvisamente nella sala, facendolo sobbalzare più del dovuto.
Preso ad arrovellarsi nei suoi problemi, non si era minimamente accorto che sua sorella era entrata.
Di questo passo, sarebbero potuti arrivare anche a denudarlo senza che lui se ne accorgesse in qualche modo.
Patetico.
Si schiarì la voce, voltandosi a fissarla con la sua solita aria di indifferenza.
Peccato che la bionda lo conoscesse meglio delle sue stesse tasche e, era davvero un problema a volte per lui.
« Depresso io? Andiamo, non sia mai. » scosse la mano in senso di diniego, facendole alzare un sopracciglio.
Ecco, quello era un chiaro segno che non presagiva nulla di buono.
« Magnus avanti, sono tua sorella. - gli disse, poggiandogli una mano sopra la spalla - So benissimo che c’è qualcosa che non va e no, non ti azzardare a negare ancora che ti scoccio la bottiglia in testa. » proferì, lanciandogli uno sguardo determinato.
Di certo, il glitterato non era così stupido da contraddirla; non quando era perfettamente consapevole del fatto che lei avesse ragione.
Con uno sbuffo si alzò dalla sedia, in modo tale da sottrarsi al suo sguardo indagatore.
Voleva davvero bene a Catarina, ma in momenti come quello, preferiva averla lontana.
« Sei proprio una rompiscatole. Non ho niente, sul serio. » le ribadì, cercando di essere il più convincente possibile.
Come se fosse facile con lei.
Di fatti, la bionda gli si avvicinò, portandosi davanti a lui in modo tale da guardarlo dritto negl’occhi.
Il suo sguardo sembrava comunicare ‘continua a mentirmi se ci riesci’.
Magnus sospirò, poi fece cenno alla sorella di sedersi, insieme a lui.
Catarina non se lo fece ripetere due volte, accomodandosi senza troppe cerimonie su un divanetto di pelle fucsia, seguita dal fratello.
« Alexander ha la febbre. » disse, in tono vago.
La bionda lo guardò interrogativa: « Tu sei depresso perché Alec ha la febbre? Ti rendi conto dell‘assurdità di quello che dici? » gli chiese, visibilmente perplessa.
Però, si disse tra sé, quando l’avevo pensata non sembrava affatto così ridicola come motivazione. 
Sapendo che non avrebbe potuto aggirare la questione in eterno, si decise a dirle la verità, speranzoso del fatto che l’avrebbe capito e rassicurato.
« Ok, Alexander si è dichiarato. » sputò di getto, lasciando Catarina sbigottita.
Ci volle una frazione di secondo prima che capisse pienamente cosa l’altro gli aveva appena detto.
« Oh Mio Dio, è fantastico Magnus! Dobbiamo assolutamente festeggiare, potremmo fare una piccola festicciola tra di noi! » cominciò ad urlare battendosi le mani davanti al viso.
Magnus fece per parlare, ma venne prontamente interrotto da Catarina che si alzò all’improvviso per prendere una bottiglia di champagne dal mobile bar.
Tornò da lui con poche falcate,  buttandosi mollemente sul divanetto, pronta a stappare la bottiglia.
« Ancora stento a crederci, finalmente hai deciso di lasciarti andare, sono così fiera di te! » continuò a sbraitare, mentre l’altro cominciava a sentirsi seriamente in colpa anche verso di lei.
« Cat, veramente io.. » cominciò, ma l’altra gli fece cenno di fermarsi.
Lo guardò per un momento, poi diede libero sfogo a tutti i suoi pensieri.
« No, non c‘è bisogno che mi ringrazi per l'altra volta. Ma adesso voglio tutti i dettagli! Allora, come bacia? Ci mette la lingua? Eh? »
« Basta! » gridò Magnus all’improvviso, per poi nascondersi la testa tra le mani, stanco.     
Catarina ammutolì, inarcando un sopracciglio.
« Magnus..? » lo chiamò, poggiandogli una mano sulla schiena con fare fraterno.
Probabilmente, accecata dal fatto che potesse essere una cosa assolutamente positiva, non aveva minimamente badato alla reazione del fratello.
Quest’ultimo sospirò, alzando lo sguardo verso di lei.
« Mi dispiace, ma sai, non seguo i tuoi consigli da anni ormai. » le disse, mentre le sue labbra si incurvavano verso l’alto in un sorriso amareggiato.
Catarina socchiuse gli occhi; doveva aspettarselo da Magnus, ma, ormai era veramente stanca di vederlo così e di dovergli ripetere le stesse cose.
Con un movimento fulmineo, gli lasciò un’impronta rossastra stampata su una guancia.
Il glitterato si allontanò da lei, scioccato.
« Che cavolo ti è saltato in mente?! » gli gridò, mentre sbarrava gli occhi per lo shock.
La bionda sorrise, facendogli l’ok con una mano: « Esatto, questo è il Magnus che conosco! Smettila di fare il depressone e raccontami che è successo! »
Magnus gli fece una linguaccia, ma dentro di sé, sentiva di dover ringraziare Catarina per quello schiaffo.
Doveva seriamente darsi una svegliata.
Gli raccontò tutto: della famosa cena, di aver quasi rischiato di morire cadendo da una sedia, della piacevole sensazione che aveva avvertito stando insieme alla famiglia Lightwood, del rossore che imporporava le guancie di Alec ogni volta che lo trovava a fissarlo, della scoperta della sua cotta per Jace e infine.. Del rifiuto verso il suo fiorellino.
Raccontarlo lo aveva fatto sentire leggermente meglio, ma non abbastanza da farlo rinsavire.
« Sei proprio un idiota Mags. » gli disse, alzando gli occhi al cielo.
Magnus la guardò inorridito: « Come mi hai chiamato, scusa? » le chiese.
Catarina mosse la mano come a voler scacciare un moscerino.
« Seriamente Magnus, non puoi continuare così. Passi per tutte le volte che sei uscito con qualcuno in passato per divertimento, ma, quel ragazzo, ti piace davvero. Io ti vedo come ne parli. Io vedo come lo guardi. » cominciò, cercando di fargli capire dove volesse arrivare.
Non che non lo avrebbe capito comunque: perfino un idiota ci sarebbe arrivato.
« Sciocchezze. Non saranno un paio di occhi blu a farmi vacillare. » controbatté l’altro, osservandola in maniera seria.
« Oh no, infatti. È solo l'udire il suo nome che ti fa perdere coscienza, effettivamente. »
Magnus stava seriamente perdendo la pazienza; non si sarebbe stupito se improvvisamente, si sarebbe alzato per prendere a testate il muro.
Si aspettava che almeno lei lo capisse.
« Oh andiamo, non fare quella faccia da cane bastonato. Io ti voglio bene Magnus e, se non vuoi capire che sto cercando solamente di aiutarti, sei un totale idiota. » proferì, guardandolo con rassegnazione.
Magnus sapeva quanto affetto provasse nei suoi confronti e, sapeva anche che voleva il meglio per lui.
Ma qual era realmente il meglio?
Fece per rispondere ma, si fermò con la bocca spalancata quando si vide piombare addosso due tizi dal volto estremamente familiare.
Oh merda.        



Clary riagganciò, sospirando appena.
« Credo che tutto sommato verrò al cinema con te. » gli disse, sorridendogli in maniera furba.
Simon la guardò di sottecchi, scuotendo la testa: « Fammi indovinare, il tuo biondino non verrà. »
Clary annuì appena, poi si alzò dalla panchina sulla quale era seduta da circa mezz’ora a Central Park.
Simon la seguì con lo sguardo mentre andava a sedersi a terra, l’album da disegno poggiato sul grembo.
Prese una matita e cominciò a tracciare sul foglio linee sottili, sfumando di tanto in tanto in modo da dargli volume.
« Ma vanno bene le cose tra di voi? » gli chiese, affiancandola.
La rossa si girò verso di lui, mostrandogli un dolce sorriso: « Vanno benissimo, mi tratta come se fossi una principessa. »
« Beh, lo sei. »
Clary rise, dandogli un leggero pugno sul braccio.
Gli piaceva il lato dolce di Simon, la metteva sempre di buon umore, anche quando magari non lo era.
« Ti ha detto perché non si presenterà? » le chiese di nuovo, spostandole una ciocca dietro l’orecchio.
« Oh sì, l'ha chiamato Isabelle e.. »
« Hai detto Isabelle?! » la interruppe il suo migliore amico, mentre un largo sorriso andava a disegnarsi sul suo viso.
Quella ragazza, dalla prima volta che l’aveva vista, non era più riuscito a togliersela dalla testa.
Il suo profumo vanigliato, quei bellissimi capelli color della pece, quella bocca maledettamente invitante, quello sguardo seducente..
Tutto di lei era pura perfezione.
Erano già usciti una volta, insieme a Jace e Clary e, era rimasto letteralmente estasiato dalla sua presenza.
Trovava fantastico il fatto che avesse sempre il sorriso sulle labbra, la battuta pronta e nessuna inibizione nell’esprimere il proprio parere.
Era una ragazza sicura, sensuale.. Sapeva come far vacillare un uomo con una semplice occhiata.
« Proprio lei. » confermò Clary, con un sorriso biricchino.
Simon le diede una spintarella giocosa, scuotendo la testa.
« Smettila di farti filmini mentali Clary. Nemmeno mi nota, sono invisibile per lei. » le disse, sdraiandosi sull’erba.
La rossa era abbastanza sicura del fatto che Simon non lo pensasse realmente; lei aveva visto quello scambio di sguardi che c’era stato tra di loro.
In cuor suo, sperò che fosse abbastanza intelligente da non farsi sfuggire una ragazza meravigliosa come lei, per la sua insicurezza.
Ma d’altronde, poteva sempre aiutarlo, no?
« Oh, vedremo. » rispose, poi riprese a disegnare, in assoluto silenzio.         
 


Magnus, completamente scioccato, non riusciva a fare altro che fissarli senza parole.
Sembravano quasi due angeli vendicatori e non aveva certo difficoltà ad immaginare con chi avevano intenzione di prendersela, non con quelle facce furiose.
« Bene, bene. Guarda un po' chi abbiamo qui. » esordì Jace, avanzando verso di loro mentre si scrocchiava le nocche con fare decisamente minaccioso.
Magnus non era mai stato intimorito da qualcuno, ma doveva ammettere che abbinare quello sguardo truce alla stazza muscolosa del ragazzo, faceva un certo effetto.
Catarina, ovviamente, non sembrò dello stesso avviso.
Si alzò dal divanetto su cui era stata appollaiata fino a poco prima, sostenendo lo sguardo dell'altro senza alcun timore.
« Nel caso in cui non lo aveste notato, il locale è chiuso. Fuori di qui. » disse perentoria, rivolgendo ai due ragazzi la sua tipica occhiata da maestrina.
Jace le rivolse un sorrisetto scaltro, accarezzandosi la mascella con noncuranza.
« Oh, certo che lo abbiamo notato. So che è difficile da credere, ma, oltre ad essere assolutamente bellissimi, siamo anche maledettamente intelligenti. E' per lui - aggiunse, indicando Magnus -, che siamo qui. Tu sei..? » chiese poi, osservando attentamente la ragazza.
Catarina intanto spostava lo sguardo dallo strano ragazzo a suo fratello, quasi chiedendogli se quell'esemplare di simpatia fosse amico suo.
« Lei è Catarina, mia sorella. » rispose Magnus al posto suo, prima che quel  gran pezzo d'asino iniziasse ad immaginare chissà cosa, complicando ulteriormente la situazione.
Jace sorrise in modo diabolico.
« Se tu sei sua sorella, allora non ti dispiacerà ricomporre i pezzi. » replicò l'altro immediatamente, continuando a guardare Magnus come se stesse veramente progettando un omicidio.
Isabelle scoppiò a ridere, attirando su di sé l'attenzione degli altri.
Catarina la studiò attentamente: era veramente fantastica.
Con quei capelli corvini che le scendevano in morbide onde fino ai fianchi, il fisico alto e slanciato e il viso etereo, incarnava tutto quello per cui la maggior parte delle ragazze sarebbero disposte ad uccidere.
Anche se, in quel momento, mentre si piazzava di fronte a Magnus con espressione a dir poco furibonda, assomigliava terribilmente a una bambola assassina.
« Andiamo fratellino, credi davvero che di questo qui resterà qualcosa da rimettere insieme, quando avrò finito con lui? » esordì, senza mai staccare gli occhi dal malcapitato.
Catarina era scioccata.
Non solo quei due si presentavano nel loro locale in quel modo villano, ma si mettevano anche a minacciare suo fratello?
Magnus aprì la bocca per risponderle, - probabilmente qualche idiozia sul fatto che sarebbe stato favoloso anche a brandelli - ma lei lo anticipò, prendendo la parola.
« Ma chi accidenti siete voi due? Chi vi da il diritto di.. » iniziò a dire, estremamente infastidita, ma venne subito interrotta.
« Io sono Jace Lightwood e lei è Isabelle. Probabilmente conosci nostro fratello. » disse il biondino, inarcando un sopracciglio con aria divertita.
Catarina restò a bocca aperta: quelli erano i fratelli di Alexander?
Beh, non c'era da stupirsi se lui era così timido ed insicuro, la faccia tosta era stata distribuita tutta tra quei due.
« E visto il modo in cui quest'ebete glitterato ha trattato Alec, ho tutto il diritto di presentarmi qui, come più mi aggrada. » aggiunse Izzy altezzosa, quasi la stesse sfidando a contraddirla.
Catarina, almeno in un certo senso, non poté fare a meno di ammirarla: difficilmente ragazze come lei, potevano vantare un simile carattere.
Per non parlare poi del fatto che, al posto suo, sarebbe stata anche lei furiosa e pronta a far cadere qualche testa.
« Suppongo che siate venuti qui per fargli una bella ramanzina, dico bene? » chiese alla ragazza, profondamente divertita all'idea.
Quella testa vuota di sua fratello se l'era veramente cercata, e non vedeva l'ora di vederlo sulle spine.
Magari quella era la volta buona, per fargli mettere un po' di sale in zucca.
« Oh no, non voglio fargli nessuna ramanzina. Ho solo intenzione di prenderlo a calci finché non si metterà a piagnucolare in ginocchio, chiedendo pietà. » le rispose Iz, senza la minima esitazione.
Magnus la guardò piuttosto preoccupato: per essere una ragazza, faceva davvero paura.
Iniziava seriamente a temere che lo avrebbe appeso per gli alluci, per poi usarlo come sacco da boxe.
« Beh, in questo caso, ho solo una cosa da dirti.. » iniziò Catarina, portandosi a pochi centimetri da Isabelle.
Vai così sorellina, proteggimi! Falle vedere come..
«.. buon divertimento! E se dovesse servirti una mano, sarò qui pronta ad aiutarti. » continuò la ragazza, mentre un ampio sorriso si apriva sul suo volto.
... aspetta, cosa?!
« Brutta traditrice! Mi lasci in pasto ai leoni, senza muovere un dito?! » saltò su indignato.
Non credeva certo che sua sorella gli avrebbe fatto scudo col suo corpo, ma poteva almeno evitare di autorizzarli offrendosi per di più volontaria per picchiarlo, no?
Infondo, aveva già dato con lo schiaffo di poco prima.
Catarina tornò a sedersi tranquillamente, rivolgendo al fratello un’occhiata in tralice.
« Te lo meriti! Ascolta, so che cosa ti blocca, ma quel ragazzo è la cosa migliore che ti sia mai capitata e tu, come un allocco, te lo stai facendo scappare. Se io non sono stata in grado di convincerti, magari le maniere forti funzioneranno. » gli rispose, indicando con una mano i due ragazzi che la guardavano sorpresi.
« Diglielo, sorella! » esclamò Jace, profondamente divertito dalla faccia allibita dell'altro.
Magnus sospirò affranto; si trovava da solo contro tre pazzi squinternati.
Che qualcuno mi aiuti.
Rassegnato alla sua sorte, tutt'altro che benevola, fece un cenno ai due di proseguire.
Prima avessero iniziato ad insultarlo, prima sarebbe finito tutto.
« Mi spieghi come accidenti ti è venuto in mente di rifiutare mio fratello? Hai sputato in faccia alla leggendaria bellezza dei Lightwood! Noi siamo da sempre delle bombe sexy! Esistono degli oculisti, dalle tue parti? » gli gridò contro Iz, alzando le braccia al cielo esasperata.
Izzy si rendeva perfettamente conto che forse quella era un po' frivola come prima domanda, ma non riusciva a capacitarsi della cosa.
Suo fratello, nonostante i vestiti pietosi, era a dir poco bellissimo; non essere attratti da qualcuno così era davvero contro natura.
Catarina, di fronte a quella tirata, scoppiò a ridere fragorosamente, sbattendo le mani sulle sue stesse ginocchia.
« Tanto per cominciare complimenti per la tua sana autoconsapevolezza, bomba sexy! - iniziò divertita, rivolgendole un sorrisetto ironico - E poi non credo che il suo sia un problema di vista. Il poveretto è caduto da piccolo e deve aver sbattuto la testa, visto i risultati! » ridacchiò poi, prendendosi palesemente gioco del ragazzo.
Magnus la fissò infastidito.
Come se non fosse abbastanza avere a che fare con Isabelle in modalità mamma orsa, ci si metteva anche lei?
Rendendosi conto che, in tutto ciò, Iz continuava a fissarlo in attesa di una risposta, ignorò sua sorella e tornò a concentrarsi sul problema più urgente.
« Non ho alcun problema, né di vista, né tanto meno mentale. Anzi, se proprio vuoi saperlo, sono fermamente convinto del fatto che Alexander sia il ragazzo più incredibile che abbia mai visto in vita mia. » rispose ironicamente, rivolgendosi ad entrambe.
Jace sollevò le sopracciglia, evidentemente sorpreso.
« Beh, wow, è stato molto più facile di quanto credessi. E pensare che stavo già facendo un ripasso delle mie torture cinesi preferite, per scegliere quella più adeguata al caso. » esclamò, strofinandosi le mani soddisfatto.
Magnus prese a studiarsi le unghie, ostentando la sua solita superiorità.
« Felice di sapere che ti dedichi a queste pratiche così istruttive, ma non so proprio a cosa ti riferisci. Ho solo detto quello che, obbiettivamente, chiunque potrebbe confermarvi. » gli rispose poi, scrollando le spalle.
Izzy, all'udire quell'affermazione, strinse le labbra in una linea sottile.
« Quindi è per questo che l'hai trattato così? Per te non è altro che un bel ragazzo come tanti altri? Non ti sei accorto, nel tempo che avete passato insieme, di quanto incredibile, dolce, leale e straordinario possa essere Alec dietro quel faccino tanto carino? Oh magari, non ti importava farci caso? » gli chiese Iz, investita da una rabbia cieca.
Suo fratello dipingeva Magnus come una persona meravigliosa e si struggeva per lui, mentre quel cretino se ne stava lì con quella faccia da schiaffi a fare finta di niente?
Per un attimo immaginò di prendere la testa di Magnus e sbatterla con violenza contro il bancone; non sarebbe stato di alcun aiuto, ma di certo si sarebbe sentita meglio.
Il ragazzo sobbalzò, rendendosi conto solo in quel momento dell'impressione che aveva dato.
Si stava impegnando tanto per mantenere la sua solita facciata, da non accorgersi che si stava auto dipingendo come un idiota a cui non importava niente del suo fiorellino.
« Non è quello che intendevo. Certo che mi sono reso conto di quanto lui sia speciale, cosa credi? Semplicemente non vedo che importanza abbia. » disse cautamente, cercando di rimediare al danno commesso poco prima.
Indipendentemente dal modo in cui erano andate le cose, non voleva certo passare per un bastardo senza cuore.
Evidentemente, però, non stava funzionando.
Jace lo guardò con malcelata ostilità, rivolgendosi poi a sua sorella.
« Lascia perdere Iz, cosa vuoi che gliene importi? Di certo non gli fa alcun effetto, sapere che, da ormai tre giorni Alec si è chiuso in camera sua a fissare il soffitto, rifiutandosi di aprire bocca. Né tanto meno, si sarà dato pena di considerare che, timido com'è, ha dovuto compiere uno sforzo immane per aprirgli il suo cuore. Poco importa, se Alec in questo momento, sta soffrendo. » disse in tono rude, calcando volutamente ogni singola parola.
A Magnus si mozzò il fiato il gola; si sentiva come se fosse stato investito da tanti piccoli e micidiali pugni nello stomaco.
Fino a poco prima, aveva sperato con tutto il cuore che Alec l'avesse presa il meglio possibile.
Contrariamente a quanto lasciava trasparire, teneva talmente tanto a quel ragazzo, da sentirsi morire al pensiero di essere stato lui stesso a fargli del male.
Assorto nei suoi sensi di colpa, Magnus non si era reso conto dell'espressione compassionevole apparsa sul viso di Catarina.
Quest'ultima, conosceva suo fratello meglio di chiunque altro e sapeva perfettamente quello che doveva provare.
Tuttavia, sebbene avrebbe voluto rassicurarlo, si sforzò di restare impassibile; capiva perfettamente quello che il biondino stava cercando di fare e, forse, alimentare il senso di colpa di Magnus avrebbe davvero funzionato.
« Importa a me. - replicò Iz - Tu lo hai illuso, gli hai fatto credere con i tuoi sorrisini e le tue paroline dolci che per te fosse speciale, per poi distruggerlo. » continuò rabbiosamente, puntando un dito contro Magnus.
Quest'ultimo la guardò costernato: non era certo quella la sua intenzione.
« Non ho fatto niente di tutto ciò. E poi andiamo, sono sicuro che tu stia esagerando un po'. Lui non tiene certo così tanto a me. » le rispose, cercando di mantenere il suo solito autocontrollo.
Isabelle sembrò seriamente sul punto di saltargli alla gola.
Jace dovette pensare la stessa cosa, visto che le mise una mano sul braccio, quasi stesse cercando di trattenerla.
« Non sto esagerando affatto. Non avevo mai visto quella luce negli occhi di mio fratello, finché non ti ha incontrato. Lui è innamorato di te Magnus, e tu gli hai spezzato il cuore. » disse Iz in un tono mortalmente serio, che era difficile fraintendere.
Per Magnus fu come ricevere una coltellata.
Ricordava perfettamente quanto lui stesso avesse sofferto in una simile situazione e pensare che il suo fiorellino fosse in quelle condizioni per colpa sua, fu più di quanto potesse sopportare.
Un conto era pensare che stesse male, un conto era sapere che fosse davvero così.
Catarina, che fino a quel momento si era sforzata di rimanere in silenzio, vedendo l'espressione affranta del fratello, non seppe più trattenersi.
« Isabelle, non è così. Magnus potrà essere un idiota, ma non è affatto cattivo. E cosa più importante, per quanto orgoglioso com'è, continui a negarlo, tiene ad Alec più di quanto tu possa immaginare. » disse cautamente, poggiando una mano sulla spalla di suo fratello, cercando di confortarlo.
Isabelle la guardò sorpresa.
Catarina poté individuare l'esatto momento in cui l'altra recepì appieno le sue parole: abbandonò la posa minacciosa, guardando Magnus con benevolenza per la prima volta da quando aveva messo piede lì dentro.
« Allora perché gli hai risposto che non ti interessava stare con lui? » gli chiese, sinceramente interessata e molto più calma di prima.
Magnus sospirò, portandosi le mani sugli occhi.
Avrebbe dovuto aspettarsela una domanda del genere, prima o poi.
Peccato che non avesse alcuna intenzione di rispondere: se c'era qualcuno che meritava di sapere, quello era Alexander, nessun'altro.
« Perché non posso, okay? Non ha nulla a che vedere con lui, ma col mio passato. Non posso e basta. » rispose, ormai completamente esasperato.
Quei due lo stavano facendo uscire matto; di quel passo, sarebbe stato lui a commettere un omicidio.
« Ah, quindi stai negando ad entrambi la possibilità di essere felici, per qualcosa o qualcuno che non ha nulla a che fare con Alec, e di cui lui non ha colpa? » gli chiese Jace costernato, guardandolo come se fosse il più grande imbecille mai esistito sulla faccia della terra.
Messa in quel modo sembrava davvero un idiozia, ma Magnus non si sarebbe fatto abbindolare: nella sua mente quella strategia aveva perfettamente senso, e non sarebbe stato certo mister perfezione a mandarlo in crisi.
Catarina ridacchiò, squadrando il ragazzo dall'alto in basso.
« Questa sì, che è una giusta osservazione! Non male, per un biondo ossigenato. » disse subito dopo, guadagnandosi un’occhiataccia dal fratello.
Jace ridacchiò compiaciuto.
« Che dire, c'è chi come me nasce con la fortuna di essere assolutamente perfetto in tutto. » gongolò, estremamente soddisfatto di se stesso.
Iz ignorò il fratello e si avvicinò a Magnus, fino ad essere faccia a faccia con lui.
« Ho intenzione di dirti una cosa e voglio che tu mi ascolti con molta attenzione, chiaro? »
Il ragazzo la guardò sorpreso, annuendo cautamente, mentre anche Catarina e Jace ritornavano seri, riportando l'attenzione sugli altri due.
« Magnus, tu mi piaci davvero. Sono fermamente convinta che tu sia tutto ciò di cui Alec ha bisogno e che potresti davvero renderlo felice. » iniziò la ragazza, prendendo nota mentalmente del fatto che dopo, avrebbe dovuto torturare tutti i presenti per ridurli al silenzio; aveva una reputazione da difendere.
Magnus inspirò sorpreso, sentendo oltre alla soddisfazione che quelle parole gli avevano provocato, anche uno strano senso di inquietudine.
« Ma? Avanti, continua. Scommetto sulla mia giacca di Armani che c'è un ma. » le disse, cercando di rimanere calmo.
« Ma io lo amo più di qualsiasi cosa al mondo e non resterò ferma a vederlo star male perché tu non riesci ad affrontare i tuoi demoni. Motivo per cui dovrai fare una scelta. Puoi superare le tue paure - qualunque esse siano - e promettere qui e ora che saprai farti perdonare e che, sarai la persona che si merita di avere. O altrimenti, giuro sull'Angelo che dal momento in cui varcherò quella porta, farò in modo che tu non ti possa più avvicinare ad Alec per nessun motivo. Non lo rivedrai mai più. Ora sta a te, prendere una decisione. » concluse infine, con espressione fiera.
Nessuno avrebbe mai dubitato, neanche per un istante, che avrebbe davvero fatto quel che diceva.
Dopo quel discorso, un silenzio tombale era caduto nella sala: Jace la guardava orgoglioso, mentre Catarina stava seriamente valutando la possibilità di mettersi in piedi su una sedia ed applaudirla.
Magnus era semplicemente scioccato.                                                                           
Altro che decisione, quello era un maledettissimo ricatto!
Capiva perché Iz gli aveva detto quelle cose, ma, così facendo, lo aveva mandato nel panico più totale.
L'idea di non vedere più Alexander gli provocava un dolore quasi fisico, ma allo stesso tempo non sapeva se sarebbe riuscito a fare ciò che gli chiedeva.
Era sul punto di fuggire via gridando, quando, Catarina corse in suo soccorso.
« Magnus, devi smettere di vivere nel passato.  Ricordi quello che ti ho detto, il giorno della vostra prima uscita? Per una volta in vita tua, dammi ascolto. » gli disse, con affetto.
Magnus la guardò tra lo scocciato e l'allibito: certo che se lo ricordava.                
Quella sua frase non gli era più uscita dalla testa da allora, aveva perso il sonno rimuginandoci sopra.
"L'amore quando è vero, quando è puro, riesce ad infrangere qualsiasi barriera, non importa quanto impegno sia servito per costruirla. E tu, non potrai fare niente per impedirlo."
Ma poteva davvero dire che per lui, Alexander era l'amore? Che poteva essere in grado di infrangere tutte le sue barriere?
Suo malgrado gli apparve davanti agli occhi l'immagine del viso del suo fiorellino, i suoi occhi sinceri che lo guardavano con affetto e dolcezza, il modo in cui sorrideva ogni volta che lui entrava nella stanza.
Pensò a quanto si fosse sentito felice nel tempo trascorso insieme, al costante senso di protezione, alla sua volontà di frapporsi tra Alec e qualsiasi cosa potesse fargli del male.
Un ragazzo meraviglioso come quello, poteva davvero ferirlo in qualche modo?
No, non era possibile. Si rifiutava di crederlo.
Forse quella volta le cose sarebbero andate come Magnus desiderava.
Forse Alexander Lightwood non gli avrebbe spezzato il cuore. (*)
La consapevolezza di quello che aveva fatto, in quel momento, lo investì in pieno: era stato così imbecille, da rifiutare il ragazzo di cui era innamorato.                                  
Finalmente era riuscito ad ammetterlo a sé stesso: era innamorato di lui.
« Per Lilith, sono un fottuto deficiente! Che cosa ho fatto?! » gridò all'improvviso, praticamente balzando in piedi dal divanetto.
Come era facile immaginare, la reazione degli altri tre non tardò ad arrivare.
Jace si avvicinò a lui, dandogli una sonora pacca sulla spalla accompagnata da un: « Grande, amico! Questa è la prima cosa giusta che ti sento dire oggi. ».
Ma Magnus quasi non lo notò, troppo occupato a guardare Iz e Catarina sotto shock: quelle due pazze di erano messe a ballare in cerchio - o almeno credeva che stessero ballando, sembrava più che le avesse punte qualcosa  - gridando cose senza senso su una "ship" che stava salpando.
« Vi sembra questo il momento di darvi ai riti voodoo? Io sono in crisi per aver rifiutato il ragazzo dei miei sogni e voi decidete di farvi un giro nel paese dei matti? » gridò loro contro, sconvolto.
Le due ragazze si fermarono di botto, guardandolo con gli occhi a cuore e un sorriso sornione stampato sul volto.
« E così, ora è il ragazzo dei tuoi sogni? Lo sapevo, LO SAPEVO. » esclamò Iz entusiasta, guardando prima lui, poi Catarina.
Magnus sospirò profondamente, cercando di calmarsi.
Se prese singolarmente quelle due avrebbero mandato fuori di testa il più temprato degli uomini, insieme erano un incubo.
« Possiamo concentrarci sul mio problema, per favore? E su come posso fare per rimediare al disastro che ho combinato? » chiese, una volta che ebbe recuperato il controllo.
Iz fu la prima a riaversi, guardandolo divertita.
« Sta tranquillo Magnus, mio fratello è particolarmente incline al perdono. Ha anni di esperienza alle spalle, con me e Jace. Sei praticamente dei nostri, cognatino! » esclamò la ragazza, scatenando la risata di Catarina.
Ecco, appunto.
« A questo punto, io ho qualcosa da dire. Tieni presente che questa è la tua ultima possibilità. Se spezzerai di nuovo il cuore a mio fratello, io spezzerò te. » intervenne Jace a quel punto, piazzandosi davanti a lui a braccia incrociate.
Magnus lo guardò sorridendo, per nulla intimorito; difficilmente avrebbe potuto commettere di nuovo un errore del genere, per cui, le parole del biondino non lo sfiorarono minimamente.
« Giuro su tutti i miei glitter che sarò un angelo. » replicò ironicamente, facendo ghignare l'altro.
« Bene, ora che è tutto chiarito devi tornare immediatamente a casa con noi. Almeno potrete chiarire e vivere per sempre felici e contenti. » esclamò Izzy, entusiasta.
Magnus la guardò, scuotendo la testa divertito.
Se credeva davvero che fosse così prevedibile, sbagliava di grosso: aveva in mente ben altro.
« Oh niente affatto biscottino. Non sono certo così banale, per non parlare poi del fatto che il mio fiorellino si merita il meglio che possa offrirgli. Motivo per cui, ho intenzione di mettere in scena delle scuse in grande stile, con una sorpresa degna di questo nome. E voi, mi aiuterete. »





(*)Forse quella volta le cose sarebbero andate come Magnus desiderava.
Forse Alexander Lightwood non gli avrebbe spezzato il cuore., questa frase è tratta dall'ultimo testo delle Cronache di Magnus Bane, intitolata "Il corso di un amor cortese(e dei primi appuntamenti)", dunque non è una mia citazione :D


HeLLo! :D
Ed eccomi tornata con il settimo capitolo!
Okay care ragazze, come avete visto finalmente siamo arrivate ad una svolta!
Cosa avrà intenzione di fare quella subdola mente di Magnus per riprendersi il suo fiorellino? Qualcosa mi dice che ne vedremo delle belle ahaha! :D
Nel frattempo, ringrazio tutte voi per aver speso il vostro tempo a leggere questo, capitolo sperando che via sia piaciuto. :D
E, ovviamente, ringrazio tutte quelle persone che continuano a recensire questa storia, siete davvero fantastiche <3
Ora vi lascio, sperando che mi farete sapere il vostro parere.. a martedì prossimo!
Vi rinnovo anche la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potremmo discutere sì della storia(dubbi, perplessità, spoiler ecc.), ma anche della saga in generale :D
Il link è questo------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 8
*** Heal The Wounds. ***


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Deal With The Evil.



8 Capitolo - Heal The Wounds.

Jace se ne stava in piedi davanti alla porta della stanza di Alec da circa dieci minuti, indeciso se bussare o meno.
Doveva assolutamente trovare una scusa adeguata che gli permettesse di uscire con lui, senza dare troppo nell’occhio, in modo tale da attenersi al piano di quel folle di un glitterato.
Ovviamente si sentiva decisamente sollevato nel sapere che, quell’idiota di Magnus aveva infine capito che non poteva sottrarsi a ciò che provava per suo fratello.
Altrimenti l’avrebbe seriamente preso a pedate, dato che era impossibile non capire quanto forti potessero essere i loro sentimenti.
Perché sì, Jace conosceva talmente tanto bene Alec, da sapere con certezza che la sua, non era semplicemente una cotta passeggera.
E lo stesso poteva dire del glitterato, nonostante non avesse avuto modo di trascorrere chissà quanto tempo insieme a lui: aveva ben dimostrato, con ogni suo gesto, quanto ci tenesse.
E poi, sembrava spogliarlo con gli occhi ogni dannatissima volta.
Tuttavia, il vero problema in quel momento era aggirare Alec, cosa tutt’altro che semplice.
Di fatti, il fratello riusciva sempre a capire quando c’era qualcosa che non andava, anche se non sapeva spiegarsi cosa.
Sospirando, decise di entrare senza prendersi la briga di bussare, storcendo la bocca quando lo vide sotterrato sotto le lenzuola.
Farai meglio a farti perdonare per bene Magnus, pensò, mentre con passi spediti si avvicinava al letto del moro.
Vederlo ridotto in quello stato gli faceva decisamente male al cuore e, non si sarebbe affatto stupito se, in caso di fallimento, sarebbe andato lui stesso dal glitterato a fargli una sorpresa. Col botto, magari.
Almeno Alec avrebbe pianto la sua morte e prima o poi gli sarebbe passata.
« Alexander, svegliati. » lo chiamò, scuotendolo appena.
Il moro mugugnò qualcosa in una sorta di lingua sconosciuta al biondino, poi sprofondò la testa sotto il cuscino.
« Alec, andiamo, devi alzarti! » provò più forte, ma quello lo ignorò ancora una volta.
Jace respirò profondamente, l’irritazione che cresceva a vista d’occhio.
Vuoi costringermi alle maniere forti principino? E sia.
Con decisione, prese i due lembi di lenzuolo alla base del letto, poi lo tirò via con uno strattone.
Si aspettava che, a quel punto, Alec saltasse in piedi per inveirgli contro, invece non si mosse minimamente.
Ah, è così?
Jace, ormai al limite della sua pazienza, infilò le mani sotto il materasso; poi, prendendo un respiro profondo, lo alzò di scatto, facendo rotolare giù dal letto il povero malcapitato.
« Ma che accidenti fai?! » gli urlò contro Alec, con ancora un occhio chiuso per il sonno interrotto.
Il biondino sorrise soddisfatto, sedendosi con nonchalance sulla sedia della sua scrivania.
« Mi sembrava fosse ovvio. - gli disse, con un sopracciglio inarcato - Ti stavo svegliando. »
Il moro si rialzò dolorante, massaggiandosi la schiena, mentre lo guardava con aria minacciosa: « E non potevi svegliarmi come un qualsiasi essere umano? » gli domandò scettico, riacquistando sempre più lucidità.
Nonostante l’espressione arrabbiata, il biondo poteva distinguere chiaramente i segni della stanchezza sul suo viso, ovvio avviso che non se la fosse passata bene in quei giorni.
Motivo in più per farlo rinsavire.
Jace scosse la testa, indicandosi con aria innocente: « Ho provato a svegliarti con dolcezza, ma tu mi stavi deliberatamente ignorando. » rispose.
Alec socchiuse gli occhi, cercando di calmarsi.
Possibile che quell’idiota di suo fratello usasse il cervello solo come optional?
« Non hai pensato che, magari, stessi ancora dormendo e che quindi, non ti avessi proprio sentito? » gli chiese, sedendosi mollemente sul letto a gambe incrociate.
Il biondo gli lanciò un’occhiata severa, poi sospirò.
« Mi farò un appunto per la prossima volta allora: buttarti un secchio d‘acqua gelata in faccia. Veloce e indolore. » lo schernì, sorridendo.
Il moro sbuffò sonoramente, sopprimendo l’istinto di prenderlo a calci nel didietro.
Non sarebbe servito a farlo sentire meglio, ma almeno si sarebbe vendicato.
« Farò finta di non aver sentito. Allora? Cosa c'è, perché mi hai svegliato? »
Jace si batté le mani davanti al viso, come se si fosse ricordato improvvisamente di qualcosa di importante.
« Oh caspiterina! Me ne stavo dimenticando! » disse, alzandosi di scatto dalla seduta.
Occhi blu aggrottò le sopracciglia, totalmente sbigottito: « Da quando dici caspiterina tu? » gli domandò, sinceramente confuso.
Jace fece un cenno con la mano, come a voler scacciare eventuali domande a riguardo.
« Sta‘ zitto e preparati. Dobbiamo uscire. » sorrise, guardandolo convinto.
Alec storse la bocca, scuotendo la testa energeticamente.
Non si sentiva ancora affatto pronto per mettere piede fuori dalla sua stanza, figurarsi fuori casa.
Sapeva benissimo che comportarsi in quella maniera era assolutamente inconcludente e che, stava solo facendo preoccupare i suoi fratelli sempre di più, ma non riusciva a proprio a tirarsi su.
Era davvero sconfortante pensare che per la prima volta in vita sua, aveva deciso di aprirsi con qualcuno, mettendosi completamente a nudo, per poi essere piantato in asso.
E sebbene i primi giorni avesse avuto l’incontrollabile desiderio di rivederlo e di parlargli, ora come ora, voleva semplicemente che non fosse mai entrato nella sua vita.
Come si può volere così tanto una persona, al punto di annientare se stessi?
Tutto ciò non era assolutamente da lui e la cosa lo irritava oltremodo.
« Cos‘è quella faccia? Ti ho detto che devi prepararti. Non costringermi a infilarti una maglia con lo forza. » lo minacciò, puntandogli un dito contro con fare intimidatorio.  
Alec deglutì pesantemente; non avrebbe dubitato nemmeno per un secondo che l’avrebbe fatto senz’altro, se solo avesse proferito parola.
Tuttavia, la cosa non lo smosse più di tanto: lui davvero, non voleva muoversi da lì.
« No Jace, non mi sento bene, facciamo un altro giorno, okay? » provò, sperando con tutto il cuore che il fratello lo capisse.
Sciocco.
« Okay nulla Alec. Mi sono scocciato di vederti così, con quell'espressione da povero cucciolo bastonato stampata in viso! Tu non sei così, tu sei forte. E hai bisogno di distrarti, perciò alza quel tuo bel culetto e vatti a lavare. Se entro dieci minuti non sei pronto, ti giuro che ti trascino per le orecchie in strada con il pigiama. » gli inveì contro, senza dargli possibilità di controbattere.
Poi, soddisfatto, uscì, lasciandolo basito.
Stasera ti farò trovare un’anatra viva nel letto, pensò, mentre andava a prepararsi.
Forse, uscire un po’, non gli avrebbe fatto così male.  



« Quando hai detto che volevi uscire, pensavo parlassi solo di te. »
Alec lanciò un’occhiata rassegnata in direzione del biondo, posando la tazzina da caffè vuota, sopra il tavolino.
Iz mise il broncio, incrociando le braccia sotto al seno, palesemente offesa.
« E questo cosa vorrebbe dire? Che non vuoi passare anche un po‘ di tempo con me? » gli chiese, fintamente scioccata.
Alec si portò una mano sotto al mento, quasi a voler soppesare la domanda.
« Beh, l‘ultima volta che sono uscito con entrambi, mi sono ubriacato e ho quasi pestato un tizio. » le ricordò.
Tuttavia si pentì subito dopo del pensiero appena fatto.
Inconsciamente, aveva finito per riportare la sua mente al Pandemonium e così, a tutto quello che ne conseguiva.
Mannaggia a lui e alla sua debolezza.   
« E come dimenticarselo. Simon ne parla ancora. » rise, battendogli una mano sulla spalla.
Alec si fece improvvisamente attento e, scacciando via ogni sorta di pensiero che lo riconducesse a lui, la guardò con un sorriso malizioso.  
« E così, Simon ne parla ancora, eh. E tu come fai a saperlo? » le chiese, ammiccando in sua direzione.
Isabelle gli rivolse un’ occhiata sorpresa: « Chi sei tu? E cosa ne hai fatto del mio timido fratellone che si faceva sempre gli affari suoi? »
Alec ammutolì per un istante.
Effettivamente, anche se stava solo scherzando, era vero.
Solitamente non si impicciava mai degli affari dei suoi fratelli, perché erano sempre loro che venivano a parlargli di propria volontà.
« Oh andiamo Iz, Alec merita di sapere. » intervenne Jace, facendole l’occhiolino.
« Non credo che ci sai nulla da dire a dire il vero, ci sono uscita solo una volta con Jace. Non mi piace.» disse, scuotendo la mano a mezz’aria.
Alec trattenne un sorrisino: probabilmente, se negava ancor prima di spiegargli la questione, gli piaceva.
Isabelle era fatta così, completamente al contrario.
« Oh va bene, spero solo ti tratti bene. » le arruffò i capelli in modo dolce, sorridendo appena quando la sentì sbuffare spazientita.
« Non devi preoccuparti per me. Piuttosto, abbiamo intenzione di portarti in un posto bellissimo dopo, ma prima.. shopping! » gridò, entusiasta.
Alec trasalì, impallidendo visibilmente.
Non lo avrebbero mai portato in giro per negozi, mai, piuttosto si sarebbe incollato alla sedia di quel bar per tutta la vita.
« Non ne vedo proprio il motivo, non se ne parla. » proferì laconico, guadagnandosi un’occhiataccia da entrambi.
Sapeva benissimo che le sue proteste non sarebbero state affatto ascoltate e, infatti, dopo averlo letteralmente trascinato, lo avevano condotto in uno dei negozi preferiti di Jace.
Ecco dove prendeva tutti quegli obbrobri; per carità, addosso al biondo stavano benissimo, ma per lui erano davvero osceni.
Tuttavia Iz sembrava non pensarla così, dato che gli fece provare quasi ogni singolo indumento presente nella sala.
Non sapeva esattamente cosa stava cercando di fare, ma sicuramente saperlo non gli sarebbe piaciuto.
Affatto.

Aveva perciò cercato di rimandare la fatidica domanda il più a lungo possibile, ma, al limite della sopportazione, alla fine era completamente esploso.
« Insomma Iz! Che io sappia non dobbiamo andare da nessuna parte, mi spieghi perché stiamo perdendo tempo in qualcosa che mi fa stare ancora peggio? »
Già prima non aveva mai avuto un particolare interesse nel fare compere, se poi si ricordava della splendida giornata che aveva passato con Magnus in quel modo, non poteva non arrivare alla conclusione di non voler più mettere piede in un negozio in vita sua.
E loro, non stavano facendo altro che incrementare la sua nostalgia, anche se inconsciamente.
« Ti stiamo preparando per l’occasione. » rispose Jace al posto della sorella,  decisamente divertito da tutta quella situazione.
Alec lo guardò preoccupato, incrociando le braccia al petto.
« Che occasione? Mi sono perso qualcosa? » domandò.
Jace fece per rispondere, ma venne interrotto da Iz che, con una velocità disarmante, era entrata nel camerino di Alec, porgendogli un jeans scuro e una maglia nera.
« Penso che questi siano perfetti. Avanti, provali. » gli disse, poi uscì.
Il moro sospirò, pregando tutte le divinità possibili ed immaginabili di far finire in fretta quella giornataccia.
Deciso a sbrigarsi per potersi definitivamente defilare con una qualsivoglia scusa, fece come gli aveva chiesto sua sorella e si provò i vestiti.
Per una volta dovette ammettere che quegli indumenti, addosso, gli stavano veramente bene: il pantalone, dal colore blu scuro, si intonava perfettamente con i suoi occhi e, oltretutto, non era così attillato da infastidirlo; la maglia nera invece, era aderente sul petto ma, andava ad aprirsi a campana verso l’addome.
Tutto sommato non erano affatto male.
Si mostrò ai suoi fratelli con disinteresse che, si batterono il cinque soddisfatti, ignorando volutamente lo sguardo attonito di Alec.
Sospirando, fece per rientrare e cambiarsi, ma Iz lo fermò.
« No tienili addosso, siamo già in ritardo! » gli disse, facendo cenno a Jace di pagare alla cassa.
La commessa gli tolse velocemente i cartellini, poi li ringraziò per gli acquisti, non senza aver lanciato un’occhiata maliziosa al biondino, che gli aveva sorriso di risposta.
« Dove stiamo andando? » chiese il moro, mentre veniva infilato a forza in un taxi, – ma quando diamine l’avevano chiamato? – senza aver possibilità di reagire.
« In un bordello. » rispose tranquillamente Jace.
Il moro annuì: « Ah oka- aspetta, cosa?! » urlò, aggrappandosi al sedile davanti.
Isabelle rise, scuotendo la testa.
« Ma su, tranquillo, non ti portiamo mica in pasto ai leoni. Piuttosto, a questo punto ti devo coprire gli occhi. » gli disse, tirando fuori dalla sua borsa una benda nera.
Alec deglutì, sempre più a disagio.
« Perché ho la sensazione che la cosa non mi piacerà per niente? » domandò, mentre la sua visuale veniva completamente oscurata.
« Perché sei un malfidato. »


Alec non sapeva quanto tempo fosse passato quando l’auto inchiodò avvertendoli di essere arrivati, ma, supponeva non molto.
Scese dalla macchina, sorretto da Jace che, lo stava conducendo molto lentamente in un edificio.
« Mi spiegate il perché della benda? »
Cominciava seriamente a dubitare che l’avessero portato in un posto che fosse di suo gradimento ma, la speranza era davvero l’ultima a morire.
Ovviamente, la sua domanda venne ignorata.
« Beh, io ti aspetto fuori, Iz. »
Alec sentì le braccia del fratello allontanarsi dal suo corpo, sostituite da quelle minute della sorella che, lo condusse un po’ più avanti di dove si trovavano in quel momento.
Il moro non capiva proprio che cosa stesse succedendo, ma del resto, non era una novità quando di mezzo c’erano quei due.
Izzy si alzò sulle punte, portando la bocca vicino all’orecchio di Alec: « Lo so che non se lo merita, ma fidati di me e fallo parlare. Capirai. » gli sussurrò, poi, come con Jace, avvertì la mancanza dell’esile figura di Isabelle contro il suo corpo.
«Iz? » la chiamò, ma non rispose.
Confuso e allo stesso tempo sconcertato, Alec portò le mani dietro la testa, sciogliendo il nodo che teneva fissa la benda.
Quando questa raggiunse il pavimento, il moro non poté far a meno di sgranare gli occhi, sentendo quello stupido organo nel suo petto, cominciare a battere sempre più velocemente.
Lì, in piedi, ad un passo da lui, c’era Magnus.
Vederlo dopo giorni, fu come ricevere un colpo al cuore.
Fino a quel momento, aveva fatto tutto ciò che era umanamente possibile per togliersi l'immagine del suo viso dalla testa, per evitare di pensare a lui e a quello che era successo tra loro.
Sapeva che presto o tardi, avrebbe dovuto prendere coraggio e trovarsi di nuovo faccia a faccia con Magnus - possibilmente, senza morire per la vergogna - ma non si aspettava certo quell'imboscata.
Maledetti.
Non aveva mai avuto così tanta voglia di strozzare Jace ed Izzy come in quel momento.
Che diavolo avevano in mente?
"Lo so che non se lo merita, ma fidati di me e fallo parlare. Capirai." gli aveva detto sua sorella, mollandolo lì a cercare di capire di che accidenti stava parlando, dal momento che, la benda nera che fino a pochi istanti prima aveva sugli occhi, gli rendeva assai difficile rendersi conto della situazione.
Ma cosa, esattamente, avrebbe dovuto capire ? Quanto era patetico? Quello lo aveva già capito, grazie tante.
Alec prese un respiro profondo, cercando di calmarsi: Iz, per quanto folle ed esuberante, non avrebbe mai fatto nulla per ferirlo.
Doveva solo darle fiducia.
« Alexander.. » sussurrò in quel momento Magnus, che non era riuscito a staccare gli occhi dal ragazzo da quando aveva messo piede nella sala.
Una parte di lui, nei giorni scorsi, aveva temuto di non vederlo più varcare quella porta e che avrebbe continuato ad evitarlo in eterno.
Non che potesse biasimarlo.
Studiò con attenzione i capelli corvini completamente arruffati che incorniciavano un viso pallido e sconvolto, le unghie mangiucchiate fino alla pelle e le ombre scure che incupivano i suoi bellissimi occhi blu.
« Alec.. fiorellino ti prego, dì qualcosa. » esordì di nuovo, vedendo che l'altro non accennava minimamente a spiccicare parola.
Magnus temette che Alec fosse sul punto di svenire: continuava a guardarlo scioccato, come se si fosse improvvisamente trovato davanti ad un fantasma o al suo peggior incubo in assoluto.
Vederlo così ferito, così diffidente nei suoi confronti, lo fece quasi crollare ma, non poteva permetterselo; non se voleva portare a termine il suo piano.
Alec, all'udire il modo in cui il ragazzo si era appena rivolto a lui, riuscì finalmente ad uscire dallo stato di trance in cui era caduto dal momento stesso in cui aveva capito dove lo avevano portato quei due scellerati.                                                  
« Mi dispiace, io non so cosa.. Jace ed Iz.. Io non ho idea del perché si siano comportati così. » iniziò ad incespicare, guardandosi la punta dei piedi nel timore di incrociare lo sguardo dell'altro.
Magnus sorrise intenerito: con quell'espressione confusa e gli zigomi arrossati, Alec era la cosa più adorabile che avesse mai visto.
Si avvicinò a lui di qualche passo, muovendosi con la sua solita grazia.
« Oh lo so che tu sei completamente all'oscuro di tutto, ma io no. Ho chiesto ai tuoi fratelli di portarti qui. Avevo bisogno di parlati. » iniziò cautamente, attento alla reazione dell'altro.
Lo vide corrugare le sopracciglia perplesso; evidentemente non si aspettava certo quella risposta.
« Okay.. cioè, se è per quello che è successo l'altra sera sta tranquillo, va tutto bene. Non sono venuto a lavoro perché stavo male, non cercavo certo di evitarti od altro.. non devi credere che io.. » balbettò Alec, desiderando ardentemente che la terra si aprisse sotto i suoi piedi, facendolo sprofondare.
Avrebbe mai smesso di farfugliare come uno stupido, ogni qual volta si trovava in situazioni simili? Di quel passo, non ne sarebbe uscito vivo, ne era sicuro.
Magnus scosse la testa, posandogli delicatamente un dito sulle labbra.
« No, non va affatto bene. E vuoi sapere perché? - gli chiese, a pochi centimetri dal suo viso - Perché io ti ho mentito. » aggiunse in un sussurro.
Alec sgranò gli occhi sorpreso, cercando di elaborare quello che aveva sentito; non senza una certa difficoltà, data la vicinanza dell'altro.
Che voleva dire? L'aveva davvero portato fin lì solo per dirgli che non gli interessava neanche averlo come amico, o che, in realtà non gliene importava niente di quello che gli aveva confessato?
No non era possibile, Magnus era troppo buono per fare una cosa del genere; doveva per forza esserci un'altra spiegazione.
Il problema era uno solo: quale?
Magnus, che dovette leggere la confusione nel suo sguardo, gli sorrise dolcemente e, prendendolo per mano, iniziò a condurlo verso il divanetto all'angolo della stanza.
« Vieni fiorellino, sediamoci. Abbiamo molto di cui parlare. » disse, tirandosi dietro il poveretto che, lo seguì, per poi accomodarsi senza fiatare.
Alec non poteva fare a meno di guardarlo allibito: per quanto ci provasse, il suo cervello non riusciva a partorire nessuna spiegazione plausibile.
« So a cosa stai pensando, ma ti sbagli. Non sono stato sincero con te e tu meriti di sapere la verità. C'è un motivo per cui ti ho risposto in quel modo e mi piacerebbe parlartene, se avrai la pazienza di ascoltarmi. » esordì Magnus, esaminandosi le unghie come se fossero la cosa più interessante che avesse mai visto.
Alec lo studiò preoccupato, mentre l'agitazione e la curiosità passavano in secondo piano: la posa ingobbita delle sue spalle e lo sguardo rivolto verso il basso, facevano ben intendere quanto quello che aveva intenzione di dirgli lo turbasse.
E, era inutile dire, che solitamente niente riusciva ad incrinare la facciata di perfezione e di controllo che Magnus si portava dietro.
Prima di rendersene conto, gli aveva poggiato con delicatezza una mano sulla schiena, nel tentativo di tranquillizzarlo ed incoraggiarlo.
Forse più a che a calmare l'altro, quel gesto serviva ad impedire a sé stesso di andare nel panico; non aveva idea di dove quella conversazione li avrebbe condotti, ma temeva che non sarebbe stato nulla di buono.
« Quando avevo all'incirca la tua età, mi imbattei in quello che credevo sarebbe stato l'amore della mia vita. Il suo nome era Devis. Finii per innamorarmi di lui quasi immediatamente, troppo rapito da suoi modi da duro e dallo sguardo da tenebroso; per me nessuno poteva essere considerato più bello di lui. » iniziò a parlare Magnus, continuando accuratamente ad evitare di incrociare lo sguardo di Alec.
Quest'ultimo trasalì, sentendosi come se l'altro gli avesse appena tirato uno schiaffo in pieno viso. Non era abbastanza l'avergli spezzato il cuore? Ora si metteva anche a decantare anche le lodi di qualcuno con cui lui non sarebbe mai stato minimamente in grado di reggere in confronto?
«  Sono felice per te. Non per sembrarti sgarbato, ma non vedo come il tuo bell'adone possa avere qualcosa a che fare con me. » replicò, in un tono secco che non sapeva neanche di avere.
Quel ragazzo era in grado di tirare fuori lati di lui, che non credeva avrebbe mai visto.  
Peccato che si diverta a schiacciarti come un moscerino.
« Per favore, lasciami finire. Ti prometto che questo ti spiegherà tutto. » gli rispose Magnus mordendosi un labbro, chiaramente nervoso e in attesa della risposta dell'altro.
Alec avrebbe voluto alzarsi ed andarsene, stufo di quella storia e di soffrire sempre di più ogni secondo che passava, ma qualcosa nella sua espressione lo convinse a rimanere.
« Okay, ti ascolto. » replicò, cercando di mostrarsi il più imperturbabile possibile.
Magnus sospirò e, dopo un attimo di esitazione, riprese a parlare.
« Devis è stato il primo in grado di farmi battere il cuore, il primo a cui abbia donato tutto me stesso senza la benché minima esitazione. Ero convinto che per lui fosse lo stesso, credevo davvero che mi amasse. Non avrei potuto sbagliarmi più di così. » continuò con espressione assorta; tutta la sua sicurezza, la sua superiorità, sembrava essere svanita nel nulla.
Alec iniziò a percepire uno strano senso d'inquietudine, immaginando già la fine di quella storia.
Tuttavia rimase in silenzio, temendo che se lo avesse distratto, Magnus avrebbe finito col ripensarci e, per quanto egoista potesse essere quel pensiero, lui voleva sapere.
« Un giorno, tutto andò in pezzi. Avevo appena avuto una litigata furiosa con i miei e non mi ero mai sentito così avvilito, così sbagliato. Avevo un disperato bisogno di qualcuno che mi capisse, che mi dicesse che nonostante tutto, anche io meritavo di essere amato. Mi catapultai a casa sua senza preavviso, usando le chiavi che lui stesso mi aveva dato per entrare. Troppo sconvolto per fermarmi a pensare, aprii la porta della stanza da letto.. E fu allora che li vidi. » continuò  Magnus, mentre la voce gli si incrinava leggermente su quelle ultime parole.
Alec trattenne il fiato, mentre veniva investito dalla stessa angoscia che riusciva a leggere a chiare lettere sul viso dell'altro: poco importava quanto nei giorni scorsi fosse stato male per causa sua, non riusciva a vederlo così.
« Magnus basta, non importa. Non sei tenuto a raccontarmi niente, va tutto bene. » esclamò in tono rassicurante, sperando di alleggerire la tensione che permeava in tutta quella situazione.
Il ragazzo abbozzò un sorriso triste, scuotendo leggermente la testa; evidentemente non aveva intenzione di fermarsi proprio a quel punto.
« Ti risparmierò i dettagli tutt'altro che piacevoli. Ti basti solo sapere che mentre credevo di significare qualcosa per Devis, lui non perdeva mai occasione per divertirsi con chiunque gli rivolgesse le sue attenzioni. Non mi sono mai sentito così deluso, ferito ed umiliato in tutta la mia vita. Come aveva potuto una persona che diceva di amarmi, trattarmi in quel modo? -  riprese, sforzandosi visibilmente di non crollare. - Ci misi moltissimo tempo prima di riuscire a riprendermi del tutto e, senza l'aiuto di Catarina che, ha lottato al mio fianco senza abbandonarmi mai, non so davvero che cosa avrei fatto. Da quel momento non ho più permesso a nessuno di avvicinarsi a me. Sono uscito con diversi ragazzi certo, ma senza che me ne importasse realmente qualcosa di loro. » concluse alla fine, guardando per la prima volta Alec, da quando aveva iniziato il suo racconto.
Si aspettava di vedere disprezzo, derisione o noncuranza sul suo viso, ma si ritrovò di fronte a tutt'altro.
Alexander, visibilmente sconvolto, lo stava fissando con un’espressione sofferente, come se il dolore dell'altro fosse un po' anche suo.
Magnus si diede mentalmente dello stupido più e più volte.                                      
Come aveva potuto pensare che un ragazzo meraviglioso e altruista come quello, avrebbe potuto ferirlo?
Se ancora aveva qualche minimo dubbio su quello che stava facendo, evaporò in quell' istante.
« Sembrerebbe una storia triste, vero? Ma ha un lieto fine. - gli disse, rivolgendogli un sorriso. - Ho finito per incontrare un ragazzo stupendo, un certo Alexander Lightwood, che ha saputo infrangere il vetro dietro cui ho vissuto gli ultimi anni della mia vita, riuscendo a farmi provare di nuovo delle emozioni. » aggiunse, mentre l'altro sgranava gli occhi sbigottito.
Alec non riusciva a fare altro che non fosse boccheggiare, in stato di shock totale.
Si stava davvero riferendo a lui?
Beh, non che ci siano molti altri Alexander Lightwood presenti, razza di idiota, gli fece presente la vocina nella sua testa.
« Io non capisco.. Credevo di essere solo un amico per te. Perché ora mi dici certe cose? » gli chiese, senza preoccuparsi minimamente di mascherare la sorpresa e il dubbio nella sua voce.
« Te l'ho detto fiorellino, ti ho mentito: non potrei vederti come un amico neanche volendo. Quando ci siamo conosciuti, ho capito subito che c'era qualcosa di diverso in te. Nonostante ciò, continuavo a ripetermi che non mi sarei lasciato abbindolare, e che avrei continuato tranquillamente per la mia strada come tutte le altre volte. Ma poi tu con la tua dolcezza, la tua timidezza, il tuo essere assolutamente unico e perfetto in ogni minimo dettaglio, mi sei entrato nel cuore senza che me ne rendessi conto. Mi sono sforzato di tenere sotto controllo quello che sentivo, rifiutandomi di accettare la realtà e cercando di restare fedele alla promessa fatta a me stesso, dopo tutto quello che era successo con Devis. La tua dichiarazione - che, per inciso, è stata la cosa più bella che qualcuno mi abbia mai detto  - mi ha mandato nel panico. Avevo paura che la storia potesse ripetersi e che potessi di nuovo restare ferito; così ti ho mentito, facendoti credere di non ricambiarti, anche se in realtà, sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Puoi perdonarmi? » gli chiese, fissando i suoi occhi in quelli blu del ragazzo.
Alec non sapeva cosa dire, mentre una gioia incontenibile e la rabbia più assoluta facevano a pugni nella sua testa: da un lato, il fatto che Magnus provasse veramente qualcosa per lui lo faceva sentire al settimo cielo; dall'altro, ripensando a quanto quella menzogna lo aveva fatto soffrire, aveva una voglia matta di prenderlo a sberle.
« No, non posso. » esclamò d'un tratto, alzandosi in piedi e guardando l'altro con palese risentimento.
Teneva a Magnus più di quanto avrebbe mai creduto possibile e, in un certo senso, poteva capire il perché delle sue azioni, ma c'era una cosa che non riusciva davvero a sopportare: l'aveva paragonato a quell'infame traditore del suo ex senza pensarci due volte, quasi come se non lo conoscesse affatto e, questo dopo che lui gli aveva concesso di vedere ogni angolino della sua anima.
« Alexander, hai tutti i diritti di essere arrabbiato con me, ho sbagliato a mentirti ma ti assicuro che io.. » iniziò a rispondergli Magnus, alzandosi a sua volta in piedi con espressione contrita, ma fu subito interrotto da un Alec sempre più furioso.
« Hai sbagliato a mentirmi? Possibile che tu non te ne renda conto? Non è quello il problema principale, non per me! Oramai dovresti conoscermi, dovresti sapere che tipo di persona sono e nonostante ciò, non hai impiegato più di dieci secondi a decidere che ti avrei fatto soffrire anche io come quell'altro individuo, come se tra noi due non ci fosse nessuna differenza. Come hai potuto pensare questo di me? » esordì infatti il ragazzo, praticamente gridando.                        
Lui, che non aveva mai perso le staffe in vita sua, stava facendo una scenata di cui Isabelle sarebbe stata orgogliosa.                                                                                          
E la cosa peggiore era che non riusciva a smettere, non quella volta.
Magnus lo guardò costernato, mentre prendeva pian piano consapevolezza delle parole dell'altro.
« Ma sei completamente impazzito?! Alexander, io non potrei mai pensare questo di te! Sono stato stupido, mi sono fatto condizionare dalla paura. Ma ti giuro, non ho mai pensato che tu potessi davvero farmi una cosa del genere, che potessi farmi volutamente del male. » esclamò sconvolto, sperando con tutto il cuore che capisse cosa voleva dire; non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere da Alec.
Non lo aveva minimamente sfiorato il pensiero che potesse vederla in quel modo, questo perché lui per primo riteneva quell'accostamento impensabile.
« Intendi dire come hai fatto tu con me? Perché mi hai fatto male Magnus, più di quanto tu possa immaginare. » rispose Alec con voce grave, mordendosi le labbra a sangue per impedirsi di mettersi a piangere.
Non avrebbe voluto tirare fuori quel discorso, ma era stato più forte di lui; voleva che l'altro si rendesse conto di quello che gli aveva fatto passare, che capisse davvero in cosa aveva sbagliato, prima di poter pensare di perdonarlo.
Magnus fu improvvisamente sommerso da una vagonata di senso di colpa, che rischiò di spiaccicarlo lì sul posto.
Certo, Isabelle gli aveva detto che suo fratello era stato male per il modo in cui lui si era comportato, anzi, a dirla tutta aveva quasi cercato di ucciderlo a mani nude per quello, ma sentire Alec rinfacciarglielo, fu atroce.
« Fiorellino.. mi dispiace da morire. Non mi sono mai sentito più terribilmente in colpa di come mi senta adesso. L'ultima cosa che avrei mai voluto fare era farti del male. Posso capirlo se non vorrai più vedermi, ma ti scongiuro, almeno su questo devi credermi. » sussurrò, completamente affranto.
Non appena vide l'espressione dell'altro, la rabbia abbandonò Alec di colpo.
Sì, magari Magnus non si era comportato nel migliore dei modi, ma la disperazione e lo sconforto sul suo volto erano tali, che non esitò a credergli nemmeno per un istante.
« Lo so.. Ma mi hai veramente spezzato il cuore. E prima di prendere una qualsiasi decisione voglio sapere che cosa ti ha fatto cambiare idea; non voglio rischiare che tu ci ripensi ancora, lasciandoti bloccare dalla paura. » esclamò in tono deciso, alzando il mento di Magnus con una mano per far sì che lo guardasse negli occhi mentre gli parlava.
Inaspettatamente, il ragazzo iniziò a ridacchiare divertito, non potendo fare a meno di immaginare che faccia avrebbe fatto l'altro una volta saputa la risposta.
« In realtà è stata tua sorella, il motivo. Lei e Jace si sono catapultati qui come due furie, sul punto di farmi a pezzi per aver rifiutato il loro caro fratellone. Ad ogni modo, Izzy nel giro di pochi minuti è riuscita a farmi sentire piccolo come un microbo, facendomi rendere pienamente conto di quello che avevo combinato. E quando ha iniziato a minacciarmi, dicendo che avrebbe fatto in modo che non potessi più rivederti se non fossi rinsavito.. beh, qualcosa in me è scattato. » gli rispose subito dopo, con il massimo della sincerità possibile.
Alec restò completamente immobile per alcuni istanti, mentre il suo cervello registrava ciò che aveva appena sentito; poi, contro ogni possibile previsione, scoppiò a ridere fragorosamente.
Quei due pazzi, come doveva fare con loro?
Sapeva che avrebbe dovuto essere furioso per il modo in cui si erano intromessi, ma avere al suo fianco qualcuno pronto a scagliarsi senza esitare verso chiunque osasse fargli del male, era molto più di quanto potesse desiderare.
Non poteva non essere profondamente grato per questo.
« E così Iz ti ha fatto una delle sue celeberrime sfuriate, eh? Mi sorprende che tu sia ancora tutto intero. L'ultimo che l'ha fatta arrabbiare così tanto è finito all'ospedale, con un braccio rotto e due costole incrinate. Si allena nelle arti marziali con me e Jace fin da quando eravamo bambini: è tanto letale quanto bella. » disse ancora ridacchiando, estremamente divertito dalla faccia sconvolta dell'altro di fronte a quelle informazioni.
Per Lilith!
Magnus era ben consapevole di essersela vista brutta, ma non immaginava certo fino a quel punto.
« In tutta sincerità, posso affermare con orgoglio di non aver mai avuto paura di nessuno. Ma devo ammettere che quella ragazza mi terrorizza. » rispose Magnus, mettendosi a ridere a sua volta, grato che la tensione prima presente tra loro, si stesse pian piano sciogliendo.
« Già, probabilmente hai ragione. Ma questo è solo uno dei tanti motivi che la rende assolutamente fantastica. » esclamò Alec con un gran sorriso; l'affetto che provava per sua sorella ben evidente da ogni parola.
Magnus scosse la testa rassegnato: se voleva stare con il suo adorato fiorellino, doveva per forza avere a che fare con quei due squinternati.
Che il cielo mi assista, pensò tra il divertito e lo sconsolato.
« Magnus tu.. sei sicuro? » gli domandò in quel momento Alec, tornato improvvisamente serio.
Magnus si avvicinò a lui, tanto da ritrovarsi ad appena un centimetro dal suo viso.
« Certo che sì, non commetterò lo stesso errore due volte. Questi ultimi giorni sono stati tremendi, ma mi hanno aiutato a rendermi conto di una cosa: potrei affrontare i miei demoni mille volte, ma non potrei mai stare senza di te. » gli sussurrò con dolcezza, in modo tale che per l'altro fosse impossibile fraintendere.
Alec restò senza parole: era molto più di quello che si aspettava di sentirsi dire.
Possibile che quel ragazzo, riuscisse sempre a trovare il modo di spiazzarlo?
« Oh Magnus.. io non.. » iniziò a balbettare, cercando disperatamente di mantenere il controllo delle sue azioni.
Difatti, buttargli le braccia al collo come in quel momento moriva dalla voglia di fare, di certo non avrebbe minimamente risolto la situazione, anzi, semmai gli avrebbe fatto fare una delle sue solite figuracce.
Magnus si avvicinò allo stereo poggiato su un tavolo poco distante da loro, inserendo un cd al suo interno.
« Prima che tu decida qualsiasi cosa, voglia che ascolti quello che ho da dire. Beh, in realtà non sarò proprio io a parlare, ma in ogni caso il senso è quello. Presta attenzione ad ogni parola, è tutto quello che io provo per te. » annunciò, in apparenza insolitamente nervoso.
Subito dopo si diresse verso Alec, che ne stava lì a guardarlo inibito, porgendogli una mano.
« Balla con me, Alexander. » gli disse, afferrandolo poi gentilmente per tirarlo verso di sé.
Alec sospirò confuso, ormai rassegnato ai bizzarri modi di fare dell'altro, lasciando che la musica lo trasportasse.

“Yes, I do, I believe
That one day I will be where I was
Right there, right next to you
And it's hard, the days just seem so dark
The moon, the stars are nothing without you”

La canzone si aprì in modo dolce, sottolineando il timbro particolare e delicato del cantante.
Il cuore di Alec accelerava di attimo in attimo, mentre Magnus gli portava le  braccia sulle proprie spalle, facendogli sfiorare appena la pelle ambrata del viso.

"Your touch, your skin
Where do I begin?
No words can explain the way
I'm missing you.. "

Quelle parole giunsero alle orecchie di Alec, togliendogli il fiato.
"E' tutto quello che io provo per te.", gli aveva detto l'altro, pochi istanti prima.
Non riusciva a crederci: era decisamente troppo bello per essere vero.
Magnus lo osservava, attento a tutte le sue reazioni.
Quando lo vide sgranare gli occhi con un espressione adorabilmente confusa, non seppe più trattenersi: lo abbracciò di slancio, come aveva desiderato fare innumerevoli volte da quando lo aveva conosciuto.
Alec, da prima sorpreso da quel gesto, dopo alcuni attimi di esitazione si strinse forte a Magnus, affondando il viso nel suo collo e lasciandosi avvolgere dal suo profumo.
Dio, quanto gli era mancato.
Come se stesse cercando di mettere a dura prova il suo povero cuore, Magnus iniziò a sussurrargli tra i capelli il ritornello della canzone, facendolo sentire sul punto di svenire.

“Can I lay by your side,
next to you,
And make sure you’re alright?
I’ll take care of you
And I don’t wanna be here if I can’t be with you tonight.”

Non era mai stato così felice in vita sua: gli sembrava di vivere un sogno.
Certo, Magnus lo aveva fatto soffrire, ma era anche l'unico in grado di farlo sentire come se camminasse ad un metro da terra e, non aveva intenzione di rinunciare a quello che stava provando in quel momento; alla felicità che l'altro sapeva donargli, solo per paura od orgoglio.

“I’m reaching out to you
Can you hear my call?
This hurt that I’ve been through
I’m missing you, missing you like crazy”

Magnus prese a passare le dita sulla schiena di Alec in modo lento e dolce, assaporando quel momento come se fosse l’ultimo della sua vita.
Quando la canzone finì, intonando l’ultimo ritornello, Magnus lo allontanò delicatamente da sé, in modo da poterlo guardare in faccia.
« Alexander.. ti giuro che questa volta farò tutto per bene. Farò ogni cosa in mio potere per renderti felice e, cercherò di essere la persona che meriti di avere accanto. Vuoi concedermi un'altra possibilità? » gli chiese, asciugandogli teneramente le lacrime che avevano preso a solcargli il suo bel viso.
Alec non avrebbe potuto dirgli di no neanche volendo.                                          
Aveva preso la sue decisione.
« Io.. credo di sì. » gli rispose alla fine, mentre un gran sorriso andava delineandosi sul suo volto.
Probabilmente, avrebbe dovuto riacquistare pian piano la sua fiducia, ma non chiedeva di meglio.
Magnus guardò gli occhi pieni di amore e di felicità del suo fiorellino, ringraziando il cielo per il dono che gli aveva fatto, facendo sì che si incontrassero.
Dopo tantissimi anni, era di nuovo a casa.




Se vi dovesse interessare, il titolo della canzone è "Lay me down" di Sam Smith :D

Saaaalve ragazze! <3
Ed ecco a voi anche l'ottavo capitolo di questa storia, che sta quasi per giungere al termine.. mi mancherà! ;-;
Ma beh, non voglio perdermi in chiacchiere superflue, perchè ne sarei seriamente capace ahhaha :D
Allora, finalmente Magnus si è fatto "perdonare", anche se la strada per riconquistare la fiducia di Alec non è così spianata :D uhuhuhu :D
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! E spero anche che mi farete sapere cosa ne pensate! <3
Ovviamente, ringrazio come sempre tutte quelle ragazze che ci stanno seguendo di capitolo in capitolo e che, spendono anche solo pochi minuti del loro tempo per leggere gli aggiornamenti!
E ringrazio anche tutte quelle che mi fanno sapere sempre, anche con una piccola recensione, il loro parere! Siete davvero fantastiche, grazie! <3
Vi rinnovo anche la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potremmo discutere sì della storia(dubbi, perplessità, spoiler ecc.), ma anche della saga in generale :D
Il link è questo------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 9
*** Lesson Number Three: Close your eyes. ***


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Deal With The Evil.



9 Capitolo - Lesson Number Three: Close your eyes.

Alec era in piedi davanti alla soglia dell’appartamento di Magnus da circa mezz’ora e, in quel lasso di tempo, non aveva fatto altro che portare la mano al campanello, - pronto a suonare - per poi tirarsi indietro all’ultimo secondo.
Era decisamente nervoso, non sapendo proprio come comportarsi in una circostanza del genere: insomma, si trattava pur sempre del loro primo incontro dopo la famosa riappacificazione, era più che normale sentirsi agitati.
Per quanto era disperato, era finito persino col chiedere aiuto a Jace, speranzoso del fatto che avrebbe saputo illuminarlo e rassicurarlo al tempo stesso.
Tuttavia, le cose non erano andate affatto come aveva immaginato e, al solo ripensarci, gli veniva voglia di infilare la testa sotto la sabbia, tanta era la vergogna provata.
Infatti, quel giorno, suo fratello aveva dato sfoggio di tutta la sua intelligenza.
Dopo avergli fatto una lunga ramanzina sul fatto che dovesse comportarsi da tenebroso, - cosa che a parere suo, era decisamente sexy - cercando di non arrossire per anche il più banale dei complimenti, era passato ad insegnarli tecniche sul come flirtare.
All’inizio non gli era parsa poi una così cattiva idea: Magnus riusciva a farlo andare in palla anche con il più semplice dei gesti e lui voleva cercare di fare altrettanto, almeno per una volta.
Mai decisione fu più sciocca di quella.
Infatti, dopo avergli chiarito alcuni argomenti di approccio - quali i gesti, gli sguardi e il modo di parlare -, era passato alle dimostrazioni.
Il primo punto era quello di non distogliere mai lo sguardo dall’altro, se non quando, creata l’atmosfera giusta, fosse stato pronto per baciarlo.
Perché naturalmente, Jace aveva dato per scontato il fatto che Alec sapesse effettivamente baciare; come no.
Quando poi gli aveva detto di non saper proprio da dove cominciare - sprofondando nella vergogna più assoluta -, il biondo era scoppiato a ridere, chiedendogli se volesse fare una prova per esercitarsi.
Al che, Alec, inorridito, l’aveva spinto il più lontano possibile da lui, guardandolo con un’espressione talmente scioccata da far piegare in due dalle risate l’altro.
Che ci trovava da ridere, solo lui poteva saperlo.
Ma la cosa non era affatto finita lì, ci mancherebbe.
Infatti, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, rassicurandolo sul fatto che sicuramente Magnus, avrebbe saputo guidarlo, aveva tirato fuori dalla tasca posteriore dei jeans, un preservativo.
A quel punto il moro era scoppiato e, tirandogli quanti più oggetti possibili era riuscito ad agguantare in quel momento, gli aveva sbraitato contro sul come fosse uno stupido idiota senza cervello.
Non che avesse torto dopotutto.
« Guarda che è importante fare del sesso protetto. » gli aveva detto risentito il fratello, guardandolo imbronciato.
Alec in pochi secondi era passato dal tipico rossore col fragola, a quello bordeaux di una melanzana.
Poi, sempre più scioccato, gli aveva gridato in faccia un "brutto idiota" andandosene subito dopo, sbattendo la porta dietro di sé; tuttavia la risposta del fratello gli era arrivata assolutamente chiara alle orecchie: « E io che volevo solo consigliargli di usare quelli al lampone.. Roba da matti! »
Aveva dovuto fare uno sforzo sovrumano per non rientrare e tirargli la lampada millenaria del salone in testa; non che ne avrebbe ricavato chissà quale soddisfazione, ma magari quell’unico neurone ancora presente nella testa di suo fratello, avrebbe ricominciato a funzionare.
Sospirò, portando nuovamente la mano al campanello.
Doveva semplicemente farsi coraggio e suonare, nulla di più semplice.
Certo.
Poi, chiuse gli occhi e lo fece; il suono fastidioso penetrò nelle sue orecchie, facendogli battere il cuore all’impazzata.
Si stava davvero comportando da idiota, considerando che, era stato a penare per giorni, struggendosi nel suo amore non corrisposto e versando frustrazione e lacrime sul cuscino, mentre ora che invece poteva essere felice, si faceva tutti questi problemi.
Stupido.
I suoi pensieri vennero interrotti nel momento stesso in cui Magnus aprì la porta, completamente fradicio e con solo un asciugamano intorno alla vita.
OH. PER. L’ANGELO.
I capelli erano incollati al viso per via dell’acqua, dandogli un’aria piuttosto selvaggia e, varie goccioline scendevano dalle tempie, percorrendo il collo, il petto ampio e solido e l’addome decisamente scolpito, fino a sparire nell’asciugamano.
Alec arrossì, rendendosi conto di avere quasi la bava alla bocca.
« Oh fiorellino sei in anticipo, entra pure. » l’accolse l’altro, rivolgendogli un sorrisino malizioso.
Poi, come se non si trovasse effettivamente mezzo nudo, l’aveva invitato ad accomodarsi sul divano, chiedendogli se volesse del caffè.
Alec aveva rifiutato cortesemente, cercando di non guardarlo direttamente, onde evitare altre brutte figure.
Magnus lo notò: « Vado a mettermi qualcosa, fai come se fossi a casa tua tesoro. »
L’appartamento di Magnus sembrava piuttosto grande e, già dal soggiorno, poteva osservare il tipico tocco eccentrico del ragazzo.
Le pareti erano pitturate di due tonalità di verde e, al centro della sala, c’era un lussuoso tavolinetto in vetro, ricamato sui bordi, con sopra un grosso vaso antico.
Il divanetto su cui era seduto era di un nero petrolio e, le coperte leopardate poggiate sopra, fecero storcere la bocca ad Alec in segno di dissenso.
Di lato invece, c’era una grande libreria in legno scuro, munita di quanti più libri il moro avesse mai visto.
Non lo faceva per niente un tipo da lettura.
Ma la cosa che catturò maggiormente l’attenzione di Alec, fu un dipinto che prendeva più o meno metà della muro, che raffigurava un gatto.
Scosse la testa, sorridendo appena; non si stupiva praticamente più di nulla.
« Eccomi fiorellino, scusami se ti ho fatto aspettare. »
Magnus rientrò nella sua visuale, fasciato in degli skinny jeans neri strappati,  e una camicetta giallo canarino aperta sul davanti.
Poteva essere più bello di così?
« No scusami tu, se ho interrotto la tua doccia. Probabilmente non sarei dovuto venire così presto. » si scusò, passandosi una mano tra i capelli, visibilmente imbarazzato.
Magnus sorrise, prendendo posto affianco a lui.
« Oh Alexander, puoi disturbarmi tutte le volte che vuoi quando sono in doccia. - lo provocò, in tono malizioso - Anzi, semmai volessi partecipare in futuro, non ne farei per nulla un dramma. » continuò, cercando di trattenersi dallo scoppiare a ridere, quando Alec arrossì vistosamente.
Quest’ultimo farfugliò parole senza senso, mandando completamente in fumo tutte le raccomandazioni fatte da Jace sul non arrossire e il non andare in palla.
Prese un respiro profondo, cercando di darsi un minimo di contegno.
Cos’è che aveva detto Jace? Seducilo con i gesti.  
Come se fosse facile, non sapeva nemmeno da che parte cominciare.
Magnus, vedendolo così a disagio, sorrise intenerito, poggiandogli una mano sulla gamba: « Alec rilassati, non ho intenzione di mangiarti. Non letteralmente almeno. » sorrise, facendolo sorridere a sua volta.
Il moro poggiò una mano sulla sua, mantenendo fisso il contatto visivo.
« Sono felice. » disse tutto ad un tratto, sorprendendo il glitterato.
Lo guardò incuriosito, invitandolo con lo sguardo a continuare, mentre inconsciamente, osservava i movimenti del viso di Alec.
« Sono felice.. Cioè, non mi sarei mai aspettato di poter provare tutto questo insieme a te, Magnus. » gli chiarì, accennando ad un tenero sorriso.
Magnus si sciolse nel suo sguardo, scrutando le sue guancie tingersi di un lieve rossore, percependo il modo in cui sbatté rapido le ciglia, catturando la dolcezza in cui la sua bocca andò ad incurvarsi verso l’alto dopo aver accarezzato con tono grave il suo nome.
I battiti del suo cuore accelerarono, mentre rapito, registrava ciò che l’altro gli aveva appena detto.
« Lo sono anche io, Alexander. »
Magnus pronunciò il suo nome con una tale urgenza che fece accigliare appena Alec.
Ma tutto durò pochi secondi, dato che si perse a fissare il viso estremamente concentrato dell’altro.
Si morse un labbro e, forse per riflesso, Magnus sentì il bisogno di fare lo stesso.
Quasi senza accorgersi di ciò che faceva, il suo viso si mosse lentamente verso quello di Alec, alternando lo sguardo da quelle amate gemme blu, alle labbra.
Il moro sembrava ipnotizzato e, quasi senza rendersene conto, si ritrovò a chiudere gli occhi.
Erano così vicini da sentire il respiro dell’altro sul proprio viso e, proprio mentre le loro bocche stavano per sfiorarsi, qualcosa cadde sulle gambe di Alec, facendogli sbarrare gli occhi di scatto per lo spavento.
« Ma che diamine?! » urlò, riportando alla realtà anche Magnus.
Quest’ultimo si guardò intorno smarrito e col cuore a mille, in cerca del problema, poi notò la palla di pelo accoccolata sulle cosce del ragazzo.
Non potè far a meno di scoppiare a ridere, notando la faccia sconvolta di Alec che, continuava a guardare il suo gatto come se fosse il diavolo in persona.
« Presidente! Un minimo di rispetto! » lo sgridò bonario, una volta calmatosi un minimo.
« Presidente? » gli chiese Alec accigliato.
Magnus annuì: « Presidente Miao. È il suo nome. » lo informò.
La palla di pelo, sentendosi chiamata in causa, si alzò, puntando le iridi feline in quelle di Alec, poi gli strusciò addosso.
« Piaci a Presidente. » sentenziò, solenne.
Il moro inarcò un sopracciglio, facendogli dei leggeri grattini dietro l’orecchio: « È un bene? » gli chiese.
Magnus annuì, sorridendo: « Non esco con le persone che non piacciono al mio gatto. »
Alec rise, dandogli una giocosa pacca sulla spalla: « Che bello, ho anche la benedizione di un gatto ora. »
Magnus si stravaccò sul divano, incrociando le gambe, mentre osservava il moro fare le coccole all'animaletto.
Poi, sentendo la necessità di confermare un dubbio sul quale si era arrovellato, prese parola: « Alexander, ma noi.. Stiamo insieme? »
Alec alzò la testa sorpreso, guardandolo come se fosse una domanda idiota.
« Beh, suppongo di sì.  A meno che tu non ci abbia ripensato.. » cominciò, ma venne subito interrotto dal glitterato.
« Non sia mai! » esclamò serio, facendo sorridere l’altro.
Il moro posò a terra il gatto che, risentito, andò a rifugiarsi in quella che Alec pensò fosse la camera da letto di Magnus.
« Che dici, pranziamo? » domandò poi quest’ultimo, alzandosi, mentre Alec lo seguiva in silenzio ma con un sorrisino che gli abbelliva il volto.
     
       

La mattinata era poi trascorsa piuttosto bene, tra le battutine maliziose di Magnus, pezzi di pasta volanti e di un Alec che non faceva altro che balbettare imbarazzato.
Tutto sommato erano stati davvero bene e, quando il moro fece per andarsene, notando che si era fatta una certa ora, Magnus l’aveva fermato, pregandolo di venire con lui in un posto.
Ed ora ecco lì, a lamentarsi come se non ci fosse un domani, terribilmente a disagio dalla situazione che sapeva si sarebbe andata a creare.
« Dobbiamo proprio? Non potremmo, che so.. tornarcene a casa? » chiese Alec in tono lagnoso per l'ennesima volta da quando erano usciti.
Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che cercare ogni possibile scusa per defilarsi, sempre più in ansia per quell'incontro.
Magnus scosse la testa, e con infinita pazienza tentò di nuovo di tranquillizzarlo.
« Fiorellino, ti ho già detto che ti adoreranno tutti. Ci divertiremo vedrai, non ti devi preoccupare. » gli disse sorridendo.
Alec sospirò, cercando di darsi un contegno: se voleva almeno sperare di fingere di essere all'altezza del suo ragazzo, non poteva certo presentasi dai suoi amici come un povero cucciolo spaurito.
« Okay, hai ragione, scusami. Sono solo un po' nervoso, tutto qui. » gli rispose, passandosi ripetutamente una mano tra i capelli.
Magnus trattenne una risatina, guardandolo di sottecchi.
« Fidati Alexander, me ne ero accorto. E con me, i tre quarti di New York che ci sono passati vicino, strada facendo. Dai vieni, siamo già in ritardo. » esordì l'altro, spingendo la porta d'ingresso del locale.
Alec gli rivolse un’occhiataccia.
Se erano arrivati tardi non era certo colpa sua: Magnus aveva impiegato più di un’ora e mezza per prepararsi, perché non sosteneva di non poter assolutamente venire come già era vestito, no.
Quel ragazzo dava al termine "diva" un significato completamente nuovo.
Alzò gli occhi al cielo esasperato, seguendolo all'interno.
Si guardò intorno cercando gli altri e, allo stesso tempo, studiando quel posto.
Stava appunto riflettendo sul fatto che, essendo abituato ad un locale eccentrico e particolare come il Pandemonium, tutto lì gli appariva estremamente banale, quando un mini tornado biondo gli saltò letteralmente addosso.
« Eccolo qui il mio adorato cognatino! Te l'ho mai detto quanto ti adoro? No? In tal caso sappi che sei la mia persona preferita al mondo! » gli gridò Catarina in un orecchio, mentre lo teneva ancora stretto, quasi come se stesse cercando di soffocarlo.
Alec la scostò con tutta la delicatezza possibile; non voleva certo offenderla, ma iniziava veramente a mancargli l'aria.
« Sorellina.. Che diavolo stai facendo? » intervenne Magnus, guardandola con le sopracciglia aggrottate.
Lei spostò lo sguardo da suo fratello all'espressione imbarazzata di Alec, rendendosi conto solo in quel momento della reazione dell'altro.
« Scusami Alec, non volevo aggredirti. - iniziò con un sorrisino, cercando di sdrammatizzare - E' che sono così felice per voi.. » esclamò subito dopo, battendo le mani entusiasta.
Alec ridacchiò divertito da tutta quella gioia, trovandosi a pensare che, era così che dovevano sentirsi i poveretti che avevano a che fare con Isabelle, senza conoscerla.
Quelle due erano un vero concentrato di energia pronto ad esplodere.
« Catarina, non monopolizzare il nostro eroe! - esordì un ragazzo di cui Alec non aveva notato neanche la presenza fino a quel momento - Piacere, io sono Ragnor. » disse poi, porgendogli la mano con un gran sorriso.
Alec gliela strinse, guardandolo confuso.
« Eroe? C'è forse qualcosa che dovrei sapere? » gli chiese, inarcando un sopracciglio con aria interrogativa.
Magnus fulminò il suo amico con lo sguardo, invitandolo a tacere.
Peccato, però, che l'altro non sembrò recepire il messaggio.
« Oh sì. Sei l'unico che, a quanto pare, riesce a rendere Magnus meno idiota. Stiamo seriamente valutando la possibilità di farti un monumento. » continuò infatti imperterrito, ignorando le occhiate truci dell'altro.
Catarina annuì con vigore, cosa che preoccupò Alec non poco.
Da quel poco che sapeva di lei, gli sembrava più che capace di far erigere una statua a sua immagine per aver fatto mettere la testa a posto a suo fratello.
« Farò finta di non averti sentito. - replicò Magnus, poggiando una mano alla base della schiena di Alec - Fiorellino, il tizio che ci sta guardando tutto imbronciato è Raphael, il fidanzato di quel gran pettegolo di Ragnor. » continuò, indicando il ragazzo un cenno.
Alec si sentì improvvisamente a disagio; l'espressione sul suo viso non era certo delle più rassicuranti.
Tuttavia, si sforzò di mostrarsi cortese.
« Piacere di conoscerti Raphael. » gli si rivolse, infatti, sorridendogli.
L'altro non mutò minimamente atteggiamento, anzi, iniziò a guardarlo in modo strano, quasi come se gli avesse detto che nel suo tempo libero si divertiva a torturare i cuccioli di panda.
« Tu sei bello. » esclamò d'un tratto, lasciando Alec a bocca aperta.
Di certo non si aspettava un' uscita del genere, sopratutto poi, dopo che aveva passato quasi cinque minuti a fissarlo come se avesse un terzo occhio in fronte.
Stava per rispondere non sapeva nemmeno lui bene cosa, quando Magnus si intromise.
« Beh, grazie mille per aver dichiarato l'ovvio Raphael. Devo dire che il tuo spirito di osservazione è impressionante, anche se credo che perfino i muri se ne fossero resi conto. »
Raphael lo trucidò con lo sguardo, facendogli bruscamente cenno con una mano di stare zitto.
« Taci pony multicolore, non mi interessa quello che pensi tu. La situazione è maledettamente grave. » esordì subito dopo, in tono laconico.
Ragnor si avvicinò al suo ragazzo, preoccupato da quella sua affermazione.
« Di cosa stai parlando? Cosa c'è che non va? » gli chiese, posandogli delicatamente una mano sul braccio.
Raphael lo guardò come se fosse uscito improvvisamente pazzo, o meglio ancora, come se fosse diventato talmente stupido da non riuscire a capire una cosa più che ovvia.
« Rag, lui è bello, capisci? Quando mi hai detto che Magnus si era trovato un ragazzo, pensavo si trattasse di qualche povero demente; un mingherlino pelle ed ossa con gli occhialetti da nerd, non di certo questo. Come fa uno del genere, a stare con un tipo a malapena mediocre come lui? » chiese difatti, puntando un dito in direzione di Magnus, che lo guardava con un’espressione che era un mix tra il costernato e l'allibito.
Alec era, se possibile, ancora più scioccato di lui.
Come si poteva dare del mediocre al suo ragazzo? Risplendeva - letteralmente, con tutti i brillantini che aveva in dosso - di luce propria.
Senza contare poi, che era molto più bello di quanto Alec avrebbe mai potuto sperare di diventare.
Che Raphael si stesse divertendo a prenderlo in giro?
Eppure, non sembrava affatto fosse così, anzi, continuava a guardare da Ragnor a Magnus, quasi si aspettasse che uno dei due gli spiegasse, seriamente, quella che ai suoi occhi appariva come un assurdità.
« Non ti permettere sai! Tipo mediocre a chi?! Io sono MERAVIGLIOSO. » si mise a gridare quest'ultimo, evidentemente ripresosi dallo shock iniziale.
Raphael ghignò, per niente colpito da quell'uscita.
« Oh ma per favore, se tu sei meraviglioso, Ragnor è un bravo ballerino. Smettila con le tue manie di protagonismo. » gli rispose, estremamente soddisfatto nel vedere l'espressione offesa sul viso dell'altro.
« La tua è tutta invidia! Mi dispiace caro mio, ma essere cattivo non ti renderà più figo, né farà sparire quel tuo orribile accento! E comunque, il mio essere favoloso è riconosciuto da TUTTI! » esclamò Magnus immediatamente dopo, facendo girare metà locale nella loro direzione.
Troppo occupato ad assistere a quella scena completamente sconvolto,  Alec non si rese conto della presenza di Catarina accanto a sé, almeno non finché questa lo prese per un braccio, trascinandolo verso quello che doveva essere il tavolo che si erano fatti riservare.
« Lasciali stare, fanno sempre così. Prima o poi si calmeranno. » gli disse la ragazza non appena furono giunti a destinazione, lasciandosi pesantemente cadere su una sedia.
Alec la imitò, continuando però a guardare preoccupato i due che sembravano ancora alle prese con un'accesa discussione.
Ragnor, notando il suo sguardo, richiamò l'attenzione su di sé, tentando di tranquillizzarlo.
« Sai, quei due sono migliori amici da tutta una vita. Essendo entrambi molto orgogliosi, però, si sforzano in tutti i modi di far credere al mondo che si detestino, quando in realtà si vogliono un gran bene. Quella che vedi è tutta scena: per quanto ti possa sembrare il contrario, nessuno ucciderà nessuno. » ridacchiò, guardando rassegnato i due che continuavano a gesticolare animatamente.
« Proprio così. E poi, in ogni caso, Magnus non farebbe mai del male a nessuno. Avrebbe troppa paura di spezzarsi un unghia o di rovinarsi lo smalto. » aggiunse Catarina, con un sorriso sornione.
Alec scoppiò a ridere, decisamente più rilassato: stavano evidentemente cercando di metterlo a suo agio e non poté non essere loro grato per questo.
Tutto sommato, quella serata non sarebbe stata poi così male; certo, visto i precedenti, molto probabilmente la cosa sarebbe potuta diventare imbarazzante, ma di certo sarebbe sopravvissuto.
In quel momento, vide Magnus guardarsi intorno, come se si fosse improvvisamente reso conto che mancava qualcosa, o meglio, qualcuno.
Non appena avvistò Alec al tavolo con Ragnor e sua sorella, sembrò tirare un sospiro di sollievo, avviandosi subito dopo nella loro direzione seguito da un Raphael che non la smetteva di sbuffare.
« Fiorellino, non ti vedevo più! Tutto ok? » esordì Magnus, sedendosi accanto a lui.
Quest'ultimo gli rifilò un'occhiataccia: ovvio che non lo vedesse più, si era messo a litigare senza motivo con Raphael - lasciandolo lì come uno scemo -, senza nemmeno essersi dato pena di avvisarlo, preventivamente, del tipo di rapporto burrascoso che aveva col ragazzo.
« E glielo chiedi anche? Sei sempre il solito cretino. » rispose Catarina al posto suo, facendo l'occhiolino ad Alec senza farsi vedere da suo fratello.
Evidentemente, aveva tutte le intenzioni di prendersi gioco di lui ed Alec non poteva che essere più d'accordo: aveva un bel po' di brutti scherzi arretrati da fargli scontare.
« Lasciami stare Magnus. Non ti voglio parlare, non dopo che ti sei comportato così. » esordì, con una sicurezza che sorprese perfino lui.
Solitamente, era del tutto incapace di mentire senza iniziare a farfugliare, figurasi se sarebbe stato in grado di prendersi gioco di qualcuno con tanta disinvoltura.
Stare con Magnus, evidentemente, gli stava davvero facendo bene.
Quest'ultimo lo guardò a bocca aperta, chiaramente sorpreso da quella reazione.
« Alec mi dispiace di essermi messo a discutere con Raphael, ma è lui che mi ha provocato. Andiamo, non puoi tenermi il muso per questo! » esclamò contrito, cercando di guardare l'altro negli occhi.
Alec puntò lo sguardo sul tavolo, convinto che altrimenti gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia.
Si sforzò di rimanere impassibile, cercando di non pensare a quanto fosse adorabile con quell'espressione pentita stampata in volto.
Magnus prese quel gesto come un segno del fatto che il ragazzo fosse ancora più arrabbiato di quanto avesse pensato in un primo momento e, preso dal panico, iniziò a sproloquiare.
« Alexander! Ti prego, non fare quella faccia. Farò quello che vuoi per farmi perdonare. Anzi sai cosa? Per dimostrarti che sono serio, non appena torno a casa, butto tutti i miei glitter! »
A quel punto Alec e Catarina non ce la fecero più e scoppiarono a ridere fragorosamente, sotto lo sguardo allibito del poveretto.
« Alec sei stato grande, ci è caduto in pieno! » esclamò la ragazza tra le risate, facendo cenno all'altro di battere il cinque.
Vedere suo fratello annaspare, senza avere la minima idea di ciò che stava succedendo, era un vero e proprio spettacolo.
« Voi, brutti mascalzoni, mi avete imbrogliato! » li accusò Magnus, cercando di mostrarsi alterato, ma fallendo miseramente.
Era troppo felice di vedere il suo fiorellino riuscire finalmente ad essere più sicuro di se stesso; rilassato anche in mezzo a persone che non conosceva.
Per quello, si sarebbe fatto prendere in giro altre mille volte.
« Scusami, ma te lo meritavi per tutti gli spaventi che mi hai fatto prendere! » gli rispose Alec, guardandolo con quei suoi occhioni blu.
Ecco, in quel modo non avrebbe potuto restare arrabbiato neanche se lo avesse voluto.
« Tranquillo, mi basta sapere che i miei glitter sono al sicuro! » gli disse ridendo.
« Maledizione! Questa era la volta buona per far sparire quegli obbrobri scintillanti! Un occasione sfumata. » borbottò Raphael, prendendosi una gomitata nelle costole dal suo ragazzo.
Magnus aprì la bocca, probabilmente per rispondere con un insulto che avrebbe dato il via ad una nuova discussione, ma fu interrotto dall'arrivo della cameriera al loro tavolo.
Dopo che la ragazza se ne fu andata con le ordinazioni di tutti, eccetto quella di Alec - che aveva tutte le intenzioni di non toccare più una goccia di alcool in pubblico per il resto della sua vita -, Catarina si girò verso quest'ultimo con espressione interrogativa.
« Lightwood, sei proprio sicuro di non volere niente? Magari potremmo farti portare un.. » iniziò a domandargli cortesemente, ma non riuscì mai a finire la frase.
« No! Tenete quella roba lontana da me! » si mise, difatti, a gridare Alec, attirando su di sé gli sguardi sconvolti ed incuriositi non solo di quanti erano seduti al suo tavolo, ma di circa metà dei clienti.
Subito dopo, ripreso il controllo di sé e rendendosi conto della figuraccia appena fatta, si affrettò a balbettare delle scuse, completamente viola in viso.
Stava ancora incespicando frasi senza senso, rendendo Catarina sempre più confusa, quando Magnus si decise a giungere in suo aiuto.
« Alec non ha propriamente un buon rapporto con gli alcolici. L'ultima volta.. non è finita benissimo. » esordì, cercando di chiarire la situazione agli altri e, sforzandosi visibilmente di non scoppiare a ridere.
Alec lo guardò in modo truce; quel brutto traditore avrebbe dovuto aiutarlo, non finire di metterlo in imbarazzo.
« Oh non guardarmi così Alexander, sai meglio di me che è la verità. E poi, guarda il lato positivo: senza il tuo show non ci saremmo mai incontrati. » riprese Magnus con un sorriso, cercando di addolcire l'altro e di evitare così che lo strozzasse nel sonno.
A quelle parole Catarina si illuminò, ricordandosi come, di preciso, Alec e suo fratello si erano incontrati.
« Per la miseria, hai ragione! Fa conto che non abbia detto niente! L'ultima cosa che voglio è liberare la bestia! » intervenne la ragazza ridacchiando, facendo diventare Alec ancora più rosso di prima.
Il poveretto poggiò la fronte sul tavolo con un gemito, sottraendosi agli sguardi curiosi di Raphael e Ragnor.
« Ehi, fermi tutti. Di che bestia state parlando precisamente? Non mi sembra uno pericoloso. Lo è? » chiese quest'ultimo a qualcuno di non meglio identificato.
La domanda diede vita ad un dibattito su cosa sarebbe potuto succedere se lo avessero fatto ubriacare, facendo saltare fuori ipotesi come avance verso chiunque e il volersi vestire da donna.
Nel mentre, Alec, in preda allo sconforto, continuava a sbattere ripetutamente la testa sulla superficie di legno, sperando di svegliarsi da quell'incubo ad occhi aperti.
Una mano gli scostò delicatamente i capelli, alzandogli poi il viso: Magnus.
« Fiorellino, stai cercando di aprire un buco nel tavolo per fuggire da lì? » gli chiese ironicamente il ragazzo, continuando a sfiorargli il volto.
Alec sbuffò sonoramente, reprimendo l'impulso di mettersi a ridere: tutta quella situazione era allucinante.
« In realtà, non nego di averlo pensato. Cioè, voglio dire, mi ci vedresti con una minigonna? » gli rispose, sinceramente inorridito.
Magnus si avvicinò ancora di più, in modo tale da non farsi sentire dagli altri, poi gli sussurrò in un orecchio: « Non credo sia il tuo pezzo forte, Alec. E comunque, tranquillo, non dirò loro né il perché un corvo assomiglia ad una scrivania, né il desiderio nascosto da scimmia cresciuta per le sfere a specchio, né del tentativo di rissa mal riuscito. »
Alec sobbalzò sorpreso, guardandolo completamente inorridito.
Certo, Magnus lo aveva visto ubriaco, ma non avrebbe mai e poi mai dovuto sapere quelle cose.
Solo due persone al mondo erano a conoscenza di quei dettagli e, moriva dalla voglia di sapere chi dei due avrebbe dovuto trucidare per averlo umiliato a morte col suo ragazzo.
Magnus ridacchiò della sua espressione, dandogli una giocosa spinta sulla spalla.
« Tranquillo fiorellino, niente mi farebbe mai cambiare opinione su di te. Evidentemente, doveva pensarla allo stesso modo anche il biondino, visto che non si è fatto scrupoli a parlare. » aggiunse subito dopo, chiarendo, senza saperlo, il dubbio di Alec.
Quest'ultimo, dopo un attimo di esitazione, iniziò a gridare le peggiori imprecazioni in preda ad un puro e semplice istinto omicida.
« Brutto traditore schifoso! Quando lo prendo lo uso come bersaglio per tirare le frecce! E nel mentre, lo farò prendere a frustate da Izzy. Anche se non è ancora abbastanza, mi serve di più.. vediamo cosa.. »
Catarina, Ragnor e Raphael, completamente ignari della conversazione che i due ragazzi avevano avuto solo pochi minuti prima, all'udire quelle affermazioni, smisero di parlare, guardando Alec completamente allibiti.
« Alexander, ti senti bene? Con chi ce l'hai di preciso? » gli chiese Catarina, usando la massima cautela.
Alec la guardò per alcuni istanti, assorto in chissà quale pensiero.
« ANATRA ASSASINA! » gridò poi, facendola sobbalzare.
« Come hai detto? » esclamò Cat in risposta, ancora indecisa tra l'infuriarsi e l'essere sconvolta.
Alec scosse la testa, facendole segno con una mano di tacere.
« Non ce l'ho certo con te. Ho bisogno di un’anatra cattiva, molto cattiva. Ah se imparerai questa volta, Jace! » continuò il ragazzo, alzando un pugno al cielo in segno di vittoria.
Catarina, sempre più scioccata, cercò con lo sguardo suo fratello, sperando che Magnus potesse illuminarli sul comportamento del suo ragazzo.
Quest'ultimo, però, era letteralmente stravaccato sulla sedia in preda ad una risata isterica.
Bene. Andiamo proprio bene.  
Si voltò verso Raphael e Ragnor, facendo loro segno e, invitando uno dei due ad intervenire.
Ragnor si schiarì la voce.
« A che cosa ti serve un’anatra malvagia? » domandò poi, parlandogli come si è soliti fare con gli squilibrati mentali.
Alec lo fissò sconcertato, quasi chiedendosi il perché di quella domanda idiota.
« Tu che dici? Per farle dare la caccia a mio fratello, ovvio. » gli rispose con la massima naturalezza.
Poi, immaginandosi l'espressione di Jace di fronte a quell'attacco, scoppiò a ridere fragorosamente, unendosi a Magnus che, oramai, era letteralmente piegato in due con le lacrime agli occhi.
Passarono diversi minuti, prima che i due si decidessero a calmarsi.
Quando ripresero fiato, si trovarono di fronte tre poveretti che li fissavano a bocca aperta.
Inaspettatamente fu Raphael a rompere il silenzio.
« Madre de Dios, ritiro tutto. Sei davvero il ragazzo perfetto per questo svitato glitterato. »




« Tutto sommato non è andata poi così male, no? » chiese Magnus, decisamente troppo entusiasta.
Alec alzò gli occhi al cielo, rassegnato dall'innata positività dell'altro.
Dopo quel suo imbarazzante sproloquio sulle anatre, la serata si era conclusa nel migliore dei modi, anche se di tanto in tanto Ragnor continuava a guardarlo di traverso, quasi come a volersi assicurare della sanità mentale del ragazzo del suo migliore amico.
Che figuraccia.
Ad ogni modo, subito dopo aver salutato gli altri, Magnus aveva proposto una passeggiata al parco al chiaro di luna e, quando Alec gli aveva fatto notare l'assurdità di quella idea, l'altro gli aveva semplicemente risposto: “Vedrai, sarà romantico. E in caso di aggressioni, so che tu mi difenderesti, mio prode cavaliere."
Alec, alla fine, non aveva avuto altra scelta che seguirlo; ed ora eccoli lì, seduti su una panchina a ridere degli avvenimenti della serata.
« Se escludiamo la parte in cui tua sorella e i tuoi amici mi hanno preso per un pazzo.. no, non è andata tanto male. » gli rispose alla fine, facendolo scoppiare a ridere.
« Sono felice che tu ti sia divertito fiorellino, te l'avevo detto! » commentò poi Magnus, allegramente.
Alec non poté fare a meno di sorridere: quel ragazzo riusciva a metterlo sempre e comunque di buon umore.
« Magnus, grazie. E non mi riferisco solo a stasera. Grazie di riuscire a sopportare la mia insicurezza, dandomi il coraggio necessario per essere ciò che voglio. » esordì, mentre le guance gli si coloravano dell'immancabile color ciliegia.
Magnus lo guardò con dolcezza, avvicinandosi a lui.
I riflessi della luna, davano ai suoi capelli una tenue sfumatura argentea e, rendeva, se possibile, ancora più evidenti i suoi magnifici occhi blu.
« Sono io che dovrei ringraziarti Alec. Tu sei riuscito in dove molti altri hanno fallito, dandomi nuovamente quella gioia di vivere che mi mancava da un bel po'. » gli sussurrò a sua volta, scansandogli una ciocca corvina dietro l’orecchio.
Alec gli prese la mano, baciandone dolcemente il palmo, dotato improvvisamente di una sicurezza che non sapeva nemmeno gli appartenesse.
Magnus sgranò gli occhi sorpreso, ma poi gli sorrise.
« Possiamo finalmente passare alla lezione numero tre, allora. - gli disse, prendendogli delicatamente il viso con entrambe le mani - Chiudi gli occhi, Alexander. » gli sussurrò, a qualche centimetro di distanza.
Alec sbatté le ciglia un paio di volte, poi si fermò, percependo il respiro leggermente accelerato dell’altro sulla pelle.  
Magnus avvicinò lentamente il proprio volto al suo, poi, le sue labbra si poggiarono finalmente su quelle del ragazzo.
Baciare Magnus era come dissetarsi dopo giorni e giorni di camminata in un deserto, senza acqua.
Il moro portò una mano dietro la nuca dell’altro, spingendolo ancor di più contro di sé, mentre l’altra era ferma sull’addome.
Magnus avvertì il bisogno di approfondire quel semplice contatto, sentendosi affamato e voglioso della sua bocca.
Leccò il contorno delle sue labbra, facendole schiudere immediatamente e, il moro, accolse la sua lingua con un gemito.
Un mix di emozioni si espanse dentro di Alec, che non aveva bisogno di altro se non della vicinanza del suo ragazzo in quel momento.
Il sapore dell’alcolico che Magnus aveva ingerito si mischiò a quello del dentifricio di Alec, creando un gusto tutto nuovo.
Il loro.
Si separarono dopo pochi minuti, entrambi con la necessità di prendere aria.
Magnus poggiò la fronte contro quella del moro, accennando ad un sorriso.
« Quando l'allievo supera il maestro, giusto? » scherzò, mentre Alec arrossiva leggermente.
« Credo di non aver chiaro un punto però. »
Magnus rise, alzando lo sguardo, in modo tale da guardarlo negli occhi.
« Allora, devo proprio rispiegartelo da capo; non sia mai che dovessi passare per una pessimo insegnante. » gli sorrise malizioso, poi, avvicinò nuovamente le loro labbra.
E dopo tanto, entrambi potevano affermare di essere davvero felici.




HeeeLLo! :D
Ed ecco qui anche il nono capitolo che, spero sia stato di vostro gradimento!
Ordunque, prima di tutto ci tenevo a chiarirvi che sì, la storia sta giungendo al termine, ma mancano ancora un po' di capitoli, quindi state tranquilli! :D
Mentre un altro punto da chiarire è questo: sebbene le cose stiano andando bene per il momento, non significa che presto non succederà qualcosa. :D
Ma passiamo al capitolo ahahah xD Allora, diciamo che, dopo tutto quello che hanno passato entrambi, meritavano un capitolo dedicato completamente a loro ed ai chiarimenti della loro relazione, così eccolo qui.
Spero che il risultato vi sia piaciuto e che, mi farete sapere il vostro parere per qualsiasi cosa! <3
Ringrazio ancora una volta tutte quelle persone che spendono un po' del proprio tempo per leggere questa storia e, tutte coloro che mi mettono al corrente, anche con poche righe, cosa ne pensano. Vi adoro! <3
Come al solito, vi rinnovo la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potrete sì, seguire meglio la storia(con aggiornamenti e spoiler), ma anche fare conoscenza con tutte noi fan dei Malec e della saga in generale! Siamo un gruppo di pazze che spera di far conoscenza con altre persone e, perchè no, anche con altre autrici :D
Il link è questo ------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 10
*** When The Heart Stops Beating. ***


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Deal With The Evil.



10 Capitolo - When The Heart Stops Beating.

« No Magnus, non mi metterò mai quella roba, è inutile che insisti! »
Magnus mise il broncio, palesemente offeso.
Non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che, nonostante Alec gli avesse chiesto consiglio su come vestirsi per l’occasione, non aveva voluto minimamente ascoltarlo.
Che diamine glielo aveva chiesto a fare, se non aveva nessuna intenzione di dargli retta?
Che poi, non capiva davvero lo sguardo sconvolto che il moro stava rivolgendo allo smoking fucsia, dato l’originalità e la bellezza dell’indumento.
L’armadio di Alec era pressoché fornito di abiti rigorosamente neri, un tocco di colore non gli avrebbe fatto per nulla male.
« Ma perché? Si abbina benissimo alla mia camicia! » rispose risentito, guardandolo con uno sguardo da cucciolo bastonato.
Alec prese un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Erano circa quattro mesi che il moro gli ribadiva quanto per lui fosse importante il diploma, dato che, finalmente, avrebbe avuto modo di fare quello che più gli piaceva; nonostante ciò, Magnus non sembrava proprio riuscire a capire che vestirsi in maniera così eccentrica, lo avrebbe solamente fatto sprofondare dalla vergogna.
Lui voleva apparire perfetto, come l’alunno che era stato in quegli anni di liceo.
« Alla tua camicia? Sul serio Magnus, ho bisogno di qualcosa di un po' più sobrio.. » cominciò, mordendosi un labbro.
Il ragazzo sbuffò, ma annuì comunque.
Capiva benissimo che, nonostante in quei mesi passati con lui fosse inesorabilmente cambiato in meglio, non voleva attirare troppo l’attenzione.
Come se già così non lo facesse.
Si prese un momento per studiare la figura del moro, mentre era intento a cercare qualcosa di scuro.
I capelli neri, che avevano decisamente bisogno di essere spuntati, gli ricadevano dolcemente sulla nuca in morbidi ricci; i muscoli, che aveva avuto modo di tastare qualche volta, - anche se non nel modo in cui avrebbe voluto - guizzavano ad ogni movimento; lo sguardo era assai concentrato e, Magnus poteva vedere chiaramente quel blu tanto amato che gli infondeva tranquillità, farsi più intenso, mentre scrutava con attenzione una camicia bianca.
Sorrise inconsciamente, pensando a quanto stesse effettivamente bene con lui e a quanto lo amasse ogni giorno di più.
Certo, ricordava ancora quante ne aveva passate dopo la loro riappacificazione, ma tutto sommato, ripensarci lo rendeva felice.
Beh, ovviamente c'erano state delle eccezioni.
Come, ad esempio, il giorno in cui avevano incontrato l’ex di Alexander, quella del suo quasi primo bacio: aveva fatto di tutto per mantenere la calma e non accusarla di aver quasi compromesso la purezza delle labbra del suo fiorellino.
Alec li aveva presentati con uno strano imbarazzo che aveva fatto alquanto insospettire il glitterato, facendogli temere che potesse di nuovo scoccare la scintilla - sempre che ci fosse mai stata - tra di loro.
Ma con sua somma sorpresa - e felicità - , la ragazza aveva detto di essere felicemente fidanzata da più di tre anni e, era convinta che fosse l’amore della sua vita.
Meglio così, in ogni caso.
Ma quella non era stata di certo la cosa peggiore che gli fosse capitata.
Infatti, ricordava perfettamente quando, per il compleanno di Jace, si erano riuniti tutti - nerd occhialuto che aveva iniziato ad uscire seriamente con Isabelle compreso  - a casa Lightwood, organizzando un festino che avrebbe fatto invidia ad una delle famose serate al Pandemonium.
Di per sé, sembrava una sera tranquilla passata tra risate, patatine e bibite, ma, poi, il biondino aveva avuto la brillante idea di stappare una bottiglia di champagne e, ignorando le proteste del moro, aveva costretto a bere anche lui.
Quello che ne era conseguito poi, doveva essere assolutamente da dimenticare, almeno per la sua sanità mentale.
Di fatti, Alec era entrato in modalità intraprendente dopo due bicchierini, cercando di convincerlo ad andare in camera sua per.. Insomma, le sue intenzioni erano più che inequivocabili ma, Magnus sapeva che se fosse stato sobrio non gli avrebbe mai fatto una avance del genere, così l’aveva gentilmente rifiutato.
Non che gli avesse dato fastidio vederlo provarci con lui così spudoratamente, anzi, dato che 'in vino veritas', era stato più che felice di sapere che il suo fiorellino lo desiderava.
La cosa scioccante infatti non era stata assolutamente quella, ma, il fatto che, dopo essere stato “rifiutato”, si era letteralmente buttato addosso a Jace, borbottandogli chissà cosa all’orecchio; tuttavia, la faccia scandalizzata del biondino faceva ben intendere l'argomento della discussione.
Al che, Magnus si era diretto indispettito verso Alec, tirandogli un sonoro ceffone sulla spalla:  « Non osare minimamente Alexander o, giuro su tutti i miei glitter che ti farò andare in giro per strada come una barbie per un mese. » lo aveva rimproverato, assottigliando gli occhi con aria minacciosa.
Alec aveva aperto bocca per ribattere ma, forse per via dell’alcool che gli scorreva nelle vene o, forse per l’ora tarda, era crollato in avanti, sbattendo la faccia contro le sue ginocchia.
Ridacchiò, pensando a quando la mattina dopo poi, si era scusato con lui in circa trenta modi differenti, facendolo infine cedere.
Tuttavia, avevano passato anche momenti belli ed indimenticabili.
Come la passeggiata notturna sulla spiaggia dove, come al solito, Magnus si era presentato vestito in maniera troppo leggera per quel periodo e, Alec gli aveva dato la sua giacca come un galantuomo.
O come quando si erano messi ad osservare le stelle dal giardino gigantesco dei Lightwood, insieme ai suoi fratelli ed ai rispettivi fidanzati.
O ancora, quando Alec gli aveva fatto una bellissima sorpresa per i loro tre mesi insieme, facendogli trovare una splendida rosa rossa sul suo letto.
Dio, se lo amava; e per poco non se l’era quasi fatto sfuggire.
Scosse la testa, tornando con i piedi per terra giusto in tempo per vedere il moro sbucare dal camerino con una camicia bianca ed un pantalone blu scuro che gli evidenziava in maniera quasi indecente, il fisico muscoloso. Per non parlare del modo in cui i suoi occhi spiccavano.
« Direi che stai divinamente fiorellino. » Magnus gli strizzò l'occhio, sorridendo in maniera maliziosa.
Il moro sbuffò, scuotendo la testa, ma era estremamente divertito dal modo di fare dell'altro.
Ormai ci aveva fatto così l’abitudine che era sicuro non sarebbe stato in grado di vivere senza.
« Allora prendo questo. Mi spoglio e arrivo. » sentenziò, felice di aver finalmente finito quello strazio.
Da quando aveva conosciuto il suo fidanzato si era ritrovato spesso immischiato nello shopping ma, il pensiero era sempre lo stesso: orribilmente seccante.
Magnus sgranò gli occhi, portandosi le mani alla bocca in una tipica espressione sconvolta.
« Alexander! Nudo non andrai da nessuna parte! Ancora non ho avuto modo di vederti io, figurati se possono farlo gli altri! » gridò, portandosi una mano sul cuore con aria melodrammatica.
Alec arrossì, non tanto per ciò che l'altro aveva detto, ma per via della moltitudine di occhi che, in pochi secondi, si erano posati su di loro.
Era scioccato: come aveva potuto dire una cosa del genere così ad alta voce?
Si chiuse velocemente nel camerino, dove vi restò per circa quindici minuti, sperando che nessuno lo riconoscesse una volta uscito allo scoperto.
Sembrava proprio che il vociare iniziale si fosse calmato, - con suo sommo sollievo - ma, Magnus pensò bene di metterlo in imbarazzo ancora di più di quanto avesse fatto fino a quel momento.
Infatti, quando alla cassa la commessa gli rivolse un semplice sorriso, il glitterato le lanciò un'occhiata indignata.
« So cosa stai pensando biscottino e, temo di doverti dare ragione. – cominciò, facendo accigliare la donna – Alec è senza ombra di dubbio il ragazzo più affascinante dell'intero pianeta, ma è off limits. Sta con me. » finì, guardandola gongolante.
La commessa fece un’espressione strana, e Alec non seppe dire con certezza se fosse solo sbigottita o immensamente sconvolta.
Nel dubbio, optò per entrambe.
Non poté non provare l’irresistibile desiderio di strozzarlo lì sul posto per poi andarsene.
Certi commenti doveva tenerseli per sé, per l’Angelo.
« O..okay. » ribatté la donna, porgendo ad Alec lo scontrino, che, ficcò in tasca velocemente, per poi trascinare dietro di sé il glitterato.
« “Lui è off limits”, davvero? Non potevi semplicemente startene buono? » lo rimproverò una volta usciti dal negozio, rivolgendogli un’occhiata truce.
Magnus storse la bocca, guardandolo con un malcelato divertimento negli occhi.
« Beh, è vero fiorellino. Tu sei mio e non ho intenzione di dividerti con nessuno. Dunque era mio dovere avvertirla prima che si creasse filmini mentali ed a luci rosse che sicuramente non avrei gradito. » disse, prendendolo per  mano e conducendolo dall'altra parte della strada.
Alec lo guardò stranito, ma non replicò.
Sapeva già di perdere in partenza quando si trattava di Magnus, per cui tanto valeva far finta di nulla.
Il glitterato sorrise, stampandogli un bacio sulla guancia e ignorando palesemente il commento imbarazzato di Alec sul fatto di trovarsi in pubblico.
Come se gliene importasse qualcosa di essere visto con il suo fiorellino; anzi, in realtà voleva che tutti invidiassero il loro amore puro e sincero.
A volte,  non riusciva nemmeno a capacitarsi di essere diventato così sentimentalista.
« Dove andiamo ora? » gli chiese Alec, sciogliendo la presa dalla sua mano per sedersi su una panchina, affiancato subito dall’altro.
Magnus ci pensò su, ma poi scosse la testa.
« Non ne ho idea fiorellino. Fra poche ore sarai un diplomato, c'è qualcosa che vorresti fare prima di diventare un vero adulto? » domandò a sua volta, poggiandogli una mano sulla gamba.
Alec buttò la testa indietro, chiudendo gli occhi.
L’unica cosa che voleva era stare con Magnus tutta la vita, non c’era nient’altro che gli interessasse.
Sorrise con ancora le palpebre abbassate, poggiando con un movimento fluido la testa sulla spalla del suo ragazzo.
« Mi basta stare con te. » rispose, facendo sorridere l’altro.
Magnus gli accarezzò una guancia con dolcezza, posandogli un bacio tra i capelli.
« Anche a me Alec, anche a me. »

***

« Fratellone eri bellissimo! Hai fatto bene a farti consigliare dal tuo ragazzo. »  lo abbracciò Isabelle, mentre si dirigevano verso la macchina di Magnus.
Alec rise, circondandole le spalle minute con un braccio e scompigliandole giocosamente i capelli.
Jace gli diede una pacca sulla spalla, ammiccando in sua direzione.
« Secondo me, in realtà, doveva prendere lo smoking fucsia. Ma non ne ha voluto sapere nulla. » ribatté Magnus imbronciato, aprendo l’auto e facendo cenno agli altri tre di salire.
Alec prese posto affianco al guidatore, mentre i suoi fratelli si sedevano dietro, allacciando la cintura.
« Uno smoking fucsia? » domandò sbalordito il biondo, scambiandosi uno sguardo sconcertato con la sorella.
Magnus sistemò lo specchietto retrovisore, poi annuì vigorosamente, come a voler dare più enfasi a quello che aveva appena detto.
Il moro si batté una mano sulla fronte, esasperato.
Era sicuro che non gli fosse andata giù la cosa e che, prima o poi, se lo sarebbe ritrovato addosso davvero.
Con Magnus non si scherza, pensò, accennando ad un sorriso divertito.
« Beh? Secondo me l'avrebbe fatto apparire ancora più virile. » dichiarò, mettendo in moto l’auto, non prima di aver lanciato un’occhiata ai presenti dietro di lui.
Izzy alzò le spalle divertita, facendo cenno al fratello di tacere, altrimenti era certa avrebbero avuto una disputa so cosa fosse virile e cosa no.
E l’ultima cosa che voleva era proprio quella, perché alla fine sarebbe dovuta intervenire con uno dei suoi micidiali ceffoni per mettere pace.
Non che si sarebbe sentita poi così in colpa, ma non voleva di certo rovinare la festa dedicata ad Alec.
Sorrise inconsciamente, pensando a quanto fosse contenta di vedere suo fratello finalmente felice.
Erano anni che desiderava con tutto il cuore di vederlo così preso, così innamorato di qualcuno che lo ricambiasse con lo stesso ardore.
E non poteva che essere più che grata a Magnus per avergli regalato questa gioia, questa tanto attesa felicità che rare volte prima di incontrarlo, gli aveva visto sul viso.
Ricordava ancora quando Alec gli aveva rivelato di essere gay, la sua paura di essere definito diverso, sbagliato.
Ricordava tutte le lacrime che gli aveva asciugato, cercando di fargli capire che non c’era cosa più bella che distinguersi dalla monotonia delle persone.
E ricordava la promessa che aveva fatto a se stessa: non permettere più che soffrisse a quel modo.
Presa nei suoi pensieri stile mamma Chioccia protettiva, non si accorse che erano già arrivati a casa.
« Bene, vi scarico qui. Prima devo parlare col mio fiorellino in privato. » sentenziò Magnus, lanciando uno sguardo ad Izzy e Jace, che capirono al volo l’antifona: prendere tempo per preparare il tutto.
« Mi raccomando, fate i bravi che se sentiamo rumori sospetti vi veniamo a controllare. » li avvisò Jace, beccandosi un’occhiataccia dal moro, che era subito arrossito come un pomodoro maturo.
Magnus ridacchiò, rassicurando entrambi che almeno per oggi non avrebbero fatto nessun tipo di “sconcerie”. O almeno, non quelle che intendeva il biondo.
Appena i due si dileguarono, il glitterato si lanciò letteralmente contro le labbra del fidanzato, circondandogli il collo con entrambe le mani.
Alec sussultò sorpreso, ma non si lasciò di certo intimorire e ricambiò con la stessa intensità.
« E questo per cos‘era? » gli chiese Alec affannato, accennando ad un sorriso.
Magnus si passò un dito sulle labbra umide, sorridendo in maniera maliziosa.
« Perché eri, e sei, bellissimo vestito elegante. Non ti dico la fatica fatta per rimanere ancorato alla sedia e non salire sul palco per incollarti al muro davanti a tutta la scuola. » gli disse serio, socchiudendo gli occhi.
Alec non dubitò nemmeno per un secondo che dicesse sul serio e, ringraziò il cielo per il fatto che avesse avuto la premura di non farlo.
Insomma, non solo sarebbe stato decisamente imbarazzante ma, soprattutto, avrebbe fatto crollare l'immagine del perfetto ragazzo che aveva creato in quegl’anni.
« Puoi farlo ora se vuoi. » ribatté, arrossendo subito dopo per quello che aveva appena detto.
Cosa diamine gli era venuto in mente?
Si meravigliò lui stesso di aver pronunciato quello che, sia alle orecchie di Magnus, che alle sue, appariva come un chiaro tentativo di flirt.
Di fatti, il glitterato sbatté le palpebre sorpreso, chiedendosi se quello di fronte a lui fosse ancora il timido fiorellino che aveva conosciuto mesi prima.
Probabilmente no, si rispose, lanciandogli un’occhiata maliziosa.
« Ah sì? » gli chiese, sorridendo.
Poi, senza dire niente, scese dalla macchina, andando verso lo sportello di Alec, che aprì velocemente.
Il moro deglutì pesantemente, mentre Magnus si metteva a cavalcioni su di lui, poggiandogli entrambe le mani sul petto.
Con uno scatto richiuse la portiera.
« Quindi, se io adesso ti saltassi addosso, andrebbe bene? » continuò sussurrandogli roco all’orecchio, per poi morderne delicatamente il lobo.
Il moro sospirò, circondando con le braccia la schiena dell’altro, avvertendo forti brividi in tutto il corpo.
Magnus gli baciò il collo, soffermandovisi più del dovuto, poi percorse dolcemente tutto il contorno della mascella, fino a tornare alle sue labbra, dove lasciò un tenero e veloce bacio.
Alec aveva perso ogni senso cognitivo, e agiva come se il suo cervello fosse stato staccato dalla spina.
Insinuò le mani sotto la camicia rosa del fidanzato, percorrendo ogni centimetro di pelle della schiena con le dita, mentre l’altro si aggrappava alle sue spalle.
« Alexander. Credo che se non ci fermiamo adesso, potrei prenderti qui, sul sedile anteriore della mia macchina. » nella sua voce c’era ilarità, ma era davvero serio.
Sapeva che, se fosse andato avanti, non avrebbe resistito all’istinto e alla tentazione che quel ragazzo sapeva provocargli.
Alec assentì col capo, ancora scosso, poi scese dalla macchina subito dopo Magnus, cercando di darsi una sistemata alla meglio.
Quando entrambi si furono calmati, decisero di entrare.
Stava già pensando a quante più scuse possibili per spiegare il fatto che si fossero trattenuti fuori così tanto, quando..
« Sorpresa! » Alec sobbalzò, investito appieno da una moltitudine indefinita di coriandoli colorati, sgranando gli occhi.
Di fronte a lui si trovavano niente di meno che Izzy, Jace, Clary e Simon, con ancora in mano quei cosi spara robaccia.
Guardò in direzione dei suoi fratelli, interrogandoli silenziosamente sul perché quei due fossero lì, a festeggiare il suo diploma, con loro.
Jace scrollò le spalle con nonchalance, mentre Izzy depositava un casto bacio sulle labbra del fidanzato, ignorandolo bellamente.
La famiglia, niente di più bello, pensò ironicamente.
« Beh, non so voi ma sto morendo di fame e, a meno che non abbiate intenzione di assistere ad un puro atto di cannibalismo, vorrei entrare. » intervenne Magnus, spintonando gli altri – Alec compreso – per passare.
Sparì velocemente in cucina, sotto lo sguardo allibito del moro, per poi riapparire pochi minuti dopo con un grande vassoio coperto fra le mani.
Alec alzò un sopracciglio, confuso, ma quando il glitterato fece cenno a tutti loro di sedersi sul divano, non obbiettò.
Lanciò uno sguardo disgustato a Clary e Jace che non facevano altro che amoreggiare come due cretini di fronte a lui, poi tornò ad osservare Magnus che, aprì il coperchio, rivelando il contenuto del vassoio.
Tortine, pizzette, pastarelle, bruschettine.. Sembrava esserci più cibo di quanto avesse inizialmente pensato.
« Li hai fatti tu? » chiese Alec, guardandolo con un misto tra lo shock e la dolcezza.
« Con le mie manine. » assentì Magnus, battendosi una mano in petto con orgoglio.
Alec rise, facendogli cenno di sedersi accanto a lui, mentre Isabelle metteva su il broncio.
« Iz..? » chiese Simon, confuso da quel cambio repentino di umore.
La ragazza lanciò un veloce sguardo al fidanzato, poi lo fissò sul glitterato.
« Avevo dato una mano anch’io. Ma Magnus li ha buttati dopo averli definiti orribili. » sbottò offesa, guardando in tralice il ragazzo.
Quest’ultimo si portò una mano al cuore con aria melodrammatica, facendo sorridere il moro.
« Giuro che la mia era una constatazione brutale per una nobile causa. » dichiarò, cercando di  rimanere serio ma, si leggeva chiarissimo negli occhi che si stava  divertendo.
Jace annuì vigorosamente, come a voler incentivare ancora di più, la più che apprezzata premura di aver salvato loro la vita.
Alec non poteva che essere pienamente d’accordo con i due, così sorrise in segno di scuse a Izzy, che lo guardava speranzosa di un suo intervento.
« Siete dei disgraziati irriconoscenti, me la pagherete. » disse, sottolineando bene ogni singola parola.
Entrambi i suoi fratelli inghiottirono pesantemente: Iz in modalità vendetta, era dieci volte più spaventosa del normale.
Poi, decisi a divorare tutto il buon cibo preparato, si fiondarono su di esso, facendolo sparire dopo poco tempo.
« Era tutto delizioso, grazie Magnus. » Alec sorrise in direzione del fidanzato, che, intenerito, lo baciò a fior di labbra.
« Di niente fiorellino. » gli rispose, ghignando quando l'altro arrossì imbarazzato.
« Tutte queste smancerie mi fanno vomitare. » gli fece il verso Jace, beccandosi una gomitata in pieno stomaco da Clary.
Isabelle sorrise, alzandosi senza farsi vedere mentre Alec e Jace cominciavano a battibeccare sulla questione.
Tornò giusto in tempo, con un pacco tra le mani, per sentire la minaccia del fratello per il biondo: « Hai capito benissimo. E se continui così, lascerò che questa anatra schiamazzi per tutta casa, reclamando il tuo sangue. »
Tutti scoppiarono a ridere mentre Jace si faceva estremamente serio e spaventato.
A quel punto, Izzy si schiarì la voce, facendosi avanti verso Alec.
« Bene, bene, direi che potete anche smetterla. - intervenne, attirando tutta l‘attenzione dei presenti su di sé - questo è per te Alec, da parte di tutti noi. » Isabelle porse il pacco regalo ad un Alec decisamente sorpreso e commosso.
« Oh ma.. Non dovevate. » ringraziò, afferrandolo e poggiandoselo sulle gambe.
Lo guardò incuriosito e sconcertato, non tanto per quello che poteva esserci dentro, quanto alla strana carta colorata che lo ricopriva.
C’erano tutte scritte di diverse dimensioni, forme e colori che dicevano “I love you!”
Si voltò a fissare tutti i componenti della stanza accigliato, chiedendogli di chi fosse stata l’idea.
« Ovviamente mia, fiorellino, che domande. Infondo, noi tutti ti amiamo qui. » Alec arrossì vistosamente, borbottando un qualcosa di indefinito.
Poi, senza troppe cerimonie, scartò la carta.
Una bellissima valigetta in pelle con quante più tasche Alec avesse mai visto, troneggiava al centro del pacco e, non poté far a meno di ammirarla estasiato.
« È bellissima.. Grazie. »  
Tutti gli sorrisero, poi il glitterato prese nuovamente parola.
« Un brindisi al mio bellissimo Alexander! » gridò Magnus, alzando il bicchiere che aveva poggiato in precedenza sul tavolo, in direzione dell'interessato.
Izzy lo imitò immediatamente, dando una gomitata nelle costole a Simon per invitarlo a fare lo stesso.
Quest'ultimo obbedì, guardando Alec con un misto tra il turbato e il divertito.
Sebbene avessero avuto modo di chiarirsi sulla questione dell’aggressione involontaria del moro, Simon si teneva sempre e comunque ad una certa distanza.
« Magnus! Ti sembra il caso? » replicò Alec, ignorando palesemente sua sorella e il piccolo nerd che lei definiva il suo ragazzo.
Si rendeva conto che quella era una protesta abbastanza infondata, considerando che quella era la sua festa di diploma, ma avrebbe davvero preferito che l'altro evitasse simili uscite.
Magnus ridacchiò, per nulla toccato da quella domanda.
Oramai conosceva abbastanza il suo piccolo brontolone da sapere che si trattava solo di imbarazzo; in realtà, era più che felice delle attenzioni che gli dedicava.
« Fiorellino, vuoi dirmi che non posso vantarmi del mio intelligentissimo e fantastico fidanzato? Neanche un pochino? » gli chiese avvicinando il pollice all'indice con espressione birichina.
Alec, suo malgrado, non poté fare a meno di arrossire di fronte a quei complimenti. Dubitava di riuscire ad abituarsi a sentire certe cose che, uscivano senza inibizioni, dalla bocca di quello scintillante esemplare di essere umano.
« Certo che puoi.. cioè, non che mi ritenga davvero così, però tu puoi dire e fare tutto quello che vuoi. » rispose sospirando e, ritrovandosi a notare con la coda dell'occhio, lo sguardo estasiato che Isabelle e Clary si stavano scambiando.
Si era quasi rassegnato al fatto che, quelle due, non smettessero mai di definirli "adorabili" e li trattassero come due cuccioli troppo cresciuti. Quasi.
Magnus gli sorrise malizioso, portandosi a pochi centimetri dal suo volto.
« Quindi non ti dispiacerà se faccio questo.. »
Alec non ebbe il tempo di rispondere.
Le labbra di Magnus sfiorarono delicatamente le sue, facendogli dimenticare qualsiasi pensiero coerente, così come la presenza degli altri che in quel momento li stavano certamente guardando.
Aveva perso il conto di tutte le volte in cui si erano baciati in quegli ultimi mesi, eppure non era ancora riuscito ad abituarsi all'effetto che, anche un semplice contatto come quello, sembrava avere su di lui.
« Alexander.. Ma che cosa.. »                                                                              
L'incantesimo fu rotto da un sibilo alle loro spalle.                                                          
Alec avrebbe riconosciuto quella voce dovunque, ma, nonostante ciò, si ritrovò a pregare tutti i santi esistenti di essersi sbagliato.
Non poteva succedere una cosa del genere, non doveva.
Con estrema lentezza si allontanò da Magnus - che sembrava altrettanto scioccato -, girandosi verso la fonte di quel suono.
In tutta la sua vita, mai come in quel momento aveva desiderato di poter sparire dalla faccia della terra.
In piedi, di fronte a lui, apparentemente stravolti dallo shock, c'erano i suoi genitori.
Alec era letteralmente pietrificato e, a giudicare dai volti dei presenti, non era neanche il solo: tutti loro stavano fissando Robert e Maryse, senza dubbio chiedendosi da dove accidenti fossero saltati fuori.
L'unica a riaversi ritrovando un minimo di autocontrollo, fu Isabelle, che schizzò immediatamente di fronte ai nuovi arrivati, nel palese tentativo di attirare l'attenzione su di sé.
« Mamma, papà! Che bello vedervi! Quando siete tornati? Andiamo in cucina, voglio sapere come è andato il vostro affare questa volta. Sapete, ci sono un sacco di cose che io.. » esclamò infatti allegramente, cercando di allontanarli da quella stanza.
Peccato che tutti i suoi sforzi risultarono essere inutili: nessuno dei due l'aveva minimamente notata, essendo entrambi troppo impegnati a guardare il maggiore dei loro figli come se non l'avessero mai visto.
Quest'ultimo sobbalzò, mentre una sensazione di gelo indicibile lo attanagliava.
Erano quelle, le espressioni che aveva sempre visto nei suoi peggiori incubi ogni qual volta pensava di dire un giorno la verità ai suoi genitori.
L'averlo immaginato, però, non servì a rendere il tutto meno doloroso.
« Alexander, ti dispiacerebbe spiegarci cosa abbiamo appena visto? » gli chiese Maryse, senza staccargli gli occhi di dosso, con un tono imperioso e impassibile che il ragazzo non gli aveva mai sentito usare.
Alec cercò di ricacciare indietro il panico che minacciava di sopraffarlo da un secondo all'altro.
Sotto quello sguardo accusatore, era assai difficile non sentirsi uno scherzo della natura, il che era tutto dire, considerando che aveva superato da tempo quel suo pensiero.
« Non è come.. io non volevo che voi.. pensavo che.. » iniziò a balbettare, mentre il suo viso tendeva a diventare ancora più pallido del solito.
Magnus, a dir poco costernato da quella situazione, continuava a spostare lo sguardo dalla glaciale donna, al suo fiorellino, sempre più preoccupato.
Era palese il fatto che Alec non fosse minimamente pronto a svelare il suo piccolo segreto: bastava vedere come si stava torcendo le mani in quel momento, o più semplicemente, notare il suo respiro affannoso.
Non che potesse biasimarlo.
Era stato anche lui al suo posto, per cui poteva tranquillamente capire la paura, il dubbio e la sua sofferenza.
E Magnus non voleva che il suo bel occhi blu soffrisse, non quando poteva fare qualcosa per evitarlo.
« Credo che voi abbiate assistito in diretta al mio ultimo disperato tentativo di conquista. Alec mi ha detto più volte che sono del sesso sbagliato per potergli interessare, ma insomma, guardatelo! Non potevo non insistere un minimo. » esordì in quel momento, facendo appello a tutta la sua studiata noncuranza, per rendere credibile quella messa inscena.
Colse solo vagamente lo scatto di Jace nella sua direzione - a quanto pareva non si era ancora infilato nella zucca quanto fosse importante suo suo fratello -, troppo impegnato a sostenere lo sguardo di quei due retrogradi bigotti.
« Tu chi saresti? » chiese Robert Lightwood, fino a quel momento rimasto in silenzio, avanzando minacciosamente verso il ragazzo.
Magnus per nulla intimorito, puntò i suoi occhi verdi in quelli dell'uomo.
« Il mio nome è Magnus Bane. » rispose a testa alta, senza la minima esitazione.
Robert sogghignò in modo inquietante, guardando l'altro da capo a piedi con malcelato disgusto.
« E perché mai uno come te, Magnus Bane, pensa di poter avere speranze con mio figlio? » riprese, sottolineando ogni parola con scherno e derisione.
Alec guardò suo padre completamente sconvolto; non occorreva certo un genio per capire cosa volesse dire con quel "uno come te".
Stava trattando il ragazzo, il suo ragazzo, come una povera nullità, per il semplice fatto di essere gay.
Ma quello di cui non riusciva davvero a capacitarsi, era che Magnus, solitamente campione di orgoglio e autostima, se ne stesse lì a farsi insultare come se nulla fosse, inventando quella storia senza senso.
Lo sta facendo per te, pezzo di cretino.
Quella consapevolezza lo colpì all'improvviso, lasciandolo senza fiato.
Stava addossando su di sé ogni responsabilità, facendo sì che i suoi genitori se la prendessero con lui.
Tutto per evitare che potesse stare male, o che dovesse essere costretto ad affrontarli.
« No, in realtà non.. » cercò debolmente di protestare, attirando lo sguardo scioccato di Isabelle su di sé.
Prima che potesse formulare un pensiero coerente, però, Magnus lo interruppe, rispondendo di nuovo lui stesso a Robert.
« La speranza è l'ultima a morire, no? Ero passato a fargli le mie congratulazioni ed Alec, molto gentilmente, mi ha invitato a restare. E beh.. non c'è niente di male a provarci. » esclamò, infatti, col suo solito sorriso sardonico, facendo un gesto secco con la mano inanellata, quasi stesse scacciando via qualcosa.
Maryse, a quelle parole, iniziò a guardare il ragazzo con ancora più malevolenza, schedandolo certamente come un mascalzone che voleva imbrogliare suo figlio; oltre che un'esponente di quelli che, secondo lei, erano da considerarsi "ridicoli".
« Come ti permetti? Non solo lo infastidisci, ma cerchi anche di approfittarti della sua educazione? » chiese la donna, fulminandolo con gli occhi.
Alec trasalì, sempre più angosciato dalla piega che quella conversazione stava prendendo.
Sapeva che il suo ragazzo voleva proteggerlo, e che, se voleva facilitargli il compito, avrebbe dovuto starsene zitto, ma non sopportava che sua madre potesse vederlo in quel modo.
Non quando non era affatto così.
« Mamma no, tu non capisci. Non è come credi, c'è qualcosa che tu.. » le rispose, cercando di mantenere ferma la voce.
Tuttavia si bloccò subito, vedendo l'espressione sul volto di Magnus.
Il ragazzo lo stava guardando con aria ammonitrice, scuotendo leggermente la testa, cercando di fargli capire che non voleva che lui intervenisse.
« Approfittarsi.. che brutta parola. Preferisco più essere definito come un fantastico individuo pronto ad infrangere qualche piccola regola per ottenere quello che vuole. » proseguì difatti, facendo l'occhiolino a Maryse, che boccheggiò sconvolta.
Magnus poteva solo immaginare cosa stesse pensando in quel momento o che tipo di idea si fosse fatta su di lui, ma non gliene importava nulla.
Certo, non poteva dire che fosse gratificante starsene lì a farsi insultare, permettendo loro di trattarlo come se non valesse niente, ma almeno avrebbe fatto qualcosa di buono per Alec.
A maggior ragione poi, se si notavano le somiglianze con il discorso che i suoi stessi genitori gli avevano fatto anni fa, pochi istanti prima di sbatterlo fuori di casa.
Preferiva di gran lunga prendersi il disprezzo dei due Lightwood, piuttosto che vedere l'espressione affranta sul viso di Alexander se tutto quell'odio si fosse riversato su di lui.
« Adesso basta così! Fuori da casa mia frocetto. E in futuro, sta alla larga da mio figlio. » tuonò Robert, indicandogli imperiosamente la porta con un braccio.
Isabelle guardò con risentimento suo padre, sconvolta dal fatto che avesse osato utilizzare quella parola, come se niente fosse.
Magnus, al contrario, non perdendo minimamente la sua innata nonchalanche, rivolse all'uomo un sorrisetto di scherno - tanto per fargli capire quanto poco gliene potesse importare della sua opinione -, dirigendosi all'uscita con studiata lentezza.
Una volta che ebbe oltrepassato Simon e Clary - che dalle facce sembravano star desiderando di trovarsi ovunque tranne che lì -, facendo in modo che Robert e Maryse non potesse vederlo, rivolse ad Alec il suo migliore sorriso, cercando di tranquillizzarlo e di diminuire un minimo i sensi di colpa che certamente in quel momento, lo stavano divorando.
Poi, con altrettanta superiorità, richiuse lentamente la porta alle sue spalle.
Alec sentì suo padre che gli dava una pacca sulla spalla, esclamando che "quello lì non gli avrebbe dato più fastidio", ed ebbe la vaga consapevolezza del fatto che Clary si stava timidamente presentando a sua madre come la ragazza di Jace, con somma felicità della donna.
In tutto ciò, però, per quanto ci provasse, non riusciva a staccare gli occhi dalla porta, cercando disperatamente di trattenere le lacrime.
Sapeva che con quel sorriso, Magnus, voleva fargli capire che per lui non c'era problema, che non ne faceva un dramma e che lo aveva superato, ma Alec non riusciva proprio a fare lo stesso.
Avrebbe dovuto essere sollevato per averla scampata anche quella volta, ma non era così: si sentiva come se un pezzo del suo cuore gli fosse stato strappato via dal petto con violenza.




HeLLo(?) :D
Ecco a voi anche il decimo capitolo di questa storia!
Ahem, in mia discolpa potrei dire di avervi avvisato del fatto che ci sarebbero stati dei problemi, tuttavia ho la vaga sensazione che questo non mi scagionerà affatto >_<
Ma in ogni caso prendete ciò che è buono e shipposo(?) e tenete a bada i coltelli! xD
Ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a qui, sprecando anche solo pochi minuti del loro prezioso tempo! 
E ovviamente un grazie a chi segue la storia ed a chi, anche con una breve recensione, mi fa sapere il proprio parere. Apprezzo ogni singola cosa che fate, vi adoro! <3
Al solito, vi rinnovo la proposta ad iscrivervi al mio gruppo facebook, dove potrete seguire meglio la storia( con gli aggiornamenti, spoiler ecc.) e fare conoscenza con delle fantastiche persone legate dalla stessa passione per la lettura in generale e per Shadowhunter! :D
Vi aspetto! <3
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Bye! <3

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Capitolo 11
*** I Can't Help, But I Love You. ***


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Deal With The Evil.



11 Capitolo - I Can’t Help, But I Love You.

Magnus stava fissando assorto la televisione, le immagini che gli scorrevano velocemente davanti agli occhi, senza che lui le vedesse realmente.
Si rannicchiò su se stesso, portandosi le ginocchia al petto e poggiandovi sopra il mento.
Chairman Meow era profondamente addormentato affianco a lui e arricciava il nasino ogni qualvolta il suo padrone cambiava posizione sul letto.
Con gli occhi spenti e la mente assorta, non sapeva effettivamente che nome a dare a quel macigno che sentiva sul cuore; sapeva solo che faceva male, davvero male.
Vedere le reazioni dei Lightwood e il viso di Alec contratto dalla paura del giudizio, avevano fatto riaffiorare in lui spiacevoli ricordi che avrebbe senza ombra di dubbio voluto dimenticare.
In tutti quegl’anni, non aveva fatto nient’altro che rinchiuderli in una piccola parte della sua mente, seppellendoli sotto strati e strati di apatia.
Sebbene più volte avessero cercato di rivenire a galla, ricordandogli quanto fosse orribile, mai aveva permesso che riemergessero completamente, né che potessero sopraffarlo in quella maniera.
« Sono innamorato. Sono perdutamente innamorato di un ragazzo. »
Quelle parole riecheggiarono sorde nella sua testa, provocandogli un brivido lungo la schiena che non seppe fermare.
I volti dei suoi genitori apparvero chiari di fronte ai suoi occhi chiusi, le espressioni sconvolte a ferirgli nuovamente quel cuore che aveva creduto di ghiaccio per molto tempo.
E lo rivisse ancora, brutale come era stata la prima volta: sua madre che portava le mani alla bocca sconvolta, suo padre che gli indirizzava una delle più inespressive occhiate che gli avesse mai visto fare.
Poi, il dolore di uno schiaffo che gli aveva fatto voltare la testa da una parte all'altra, le lacrime che gli pizzicavano gli occhi pronte ad uscire, lo shock che lo aveva paralizzato lasciandolo a terra, dove suo padre lo aveva fatto cadere picchiandolo.
I suoi tentativi inutili di spiegarsi, di scusarsi per essere nato così, il dolore, il sangue.
E ancora una volta, una morsa attorno alla gola lo fece annaspare, desideroso di mettere fine a quella vita che suo padre gli ricordava di non meritare, mentre lo stringeva fino a fargli perdere i sensi.
Aprì gli occhi di scatto affannato, portandosi una mano alla gola, quasi per accertarsi che fosse ancora vivo e che respirasse.
Quella volta, se non fosse stato per Catarina che, di ritorno a casa, aveva assistito all’accanimento di quell’uomo che per anni con affetto aveva chiamato padre, probabilmente non sarebbe stato in grado di raccontarlo.
Tuttavia, sebbene ripensarci lo facesse sprofondare letteralmente in un abisso, non era stato quello l'unico motivo per cui aveva deciso di chiudere il suo cuore in una scatola.
Ad averci messo definitivamente un lucchetto, era stata la grande delusione che aveva provato quando aveva visto il suo grande amore con un altro.
Quelle stesse mani che sapevano dargli sicurezza e appoggio, stavano toccando un altro uomo e, quella stessa bocca che gli aveva detto più volte di amarlo, stava poggiando su quella di qualcuno che non era lui.
Gli era precipitato il mondo addosso in un battito di ciglia, tutto quello in cui credeva era crollato come un castello di carte scosso dal vento.
Così, era finito col cadere in una depressione che non aveva via d’uscita, chiuso in un mutismo che non vedeva luce.
Per questo amava Catarina: aveva mollato tutto anche lei, rinnegando la loro famiglia e l’aveva accolto sotto sua ala protettrice, portandolo via da quel luogo che gli faceva così male.
La vibrazione del suo cellulare lo riscosse improvvisamente dai suoi pensieri e, con un movimento lento della mano, lesse il nome che vi rifletteva sullo schermo.
Alexander.
Represse l’istinto di rispondere per essere rassicurato sul fatto che lui non lo avrebbe mai abbandonato, e buttò via il telefono malamente.
Sapeva che Alec non l’avrebbe ferito, che non lo avrebbe mai lasciato, e Magnus non voleva metterlo nella condizione di dover scegliere tra la loro relazione e la sua famiglia.
Così, aveva scelto lui per entrambi.
Probabilmente non glielo avrebbe
mai perdonato e, questa volta non avrebbe potuto più fare nulla per fargli cambiare idea.
Ma gli andava bene così, perché sarebbe stato felice e avrebbe avuto l’appoggio della sua famiglia.
E se la felicità di Alec, non comprendeva la sua presenza, l’avrebbe accettato.
Perché lo amava più di quanto amasse se stesso.
« Alexander.. » sospirò, sprofondando la testa nelle ginocchia.
« Che scena pietosa, Dios. »
Magnus alzò velocemente lo sguardo, sorpreso e spaventato allo stesso tempo da quell’entrata di scena inaspettata.
« Raphael..? » si accertò, credendo di star sognando.
Lo spagnolo lo guardò in tralice, buttandosi sul divano senza troppe cerimonie.
Il glitterato lo seguì con gli occhi, ancora chiedendosi se tutto ciò non fosse frutto della sua immaginazione.
Insomma, di certo poteva aspettarsi di vedere apparire chiunque, perfino l’intera famiglia Lightwood, ma Raphael no di certo.    
« E chiudi quella bocca razza di pony multicolore, mi dai la nausea. » lo rimbeccò, arricciando il naso disgustato.
In quel momento Magnus si riscosse: ebbene sì, era davvero lui.
Ma perché?
« Come hai fatto ad entrare? » gli chiese dunque, incrociando le gambe e osservandolo tra lo stranito e l’incuriosito.
Raphael alzò gli occhi al cielo, come se la risposta fosse ovvia.
« Ragnor mi ha dato la sua copia della chiave dell'appartamento e mi ha chiesto di venire qui. » gli spiegò, tirando fuori dalla tasca l’oggetto incriminato.
Il glitterato continuava comunque a non capire.
Perché mai non era venuto Ragnor stesso da lui?  
« E l'avrebbe fatto perché..? » continuò, cercando di rimettere il tutto in ordine, come i tasselli di un puzzle sfatto.
Lo spagnolo si alzò di scatto sbuffando, dirigendosi - come se fosse stato a casa sua - verso il frigorifero, che aprì, senza chiedere il permesso.
Ne tirò fuori una bottiglia di vino, che stappò rudemente con i denti.
Poi tornò a sedersi accanto a Magnus che lo stava fissando stralunato, un sopracciglio incurvato verso l’alto.
« Perché lui non poteva venire. Non so cosa diamine stava pensando quando mi ha chiesto di fare una cosa del genere, ma ormai sono qui. » gli spiegò poi, tracannando qualche sorso di quel liquido rossiccio.
« Che idea pessima. » sentenziò il glitterato, buttando la testa indietro.
« Per una volta sono d'accordo con te. » asserì l’altro, poggiando poi la bottiglia sul tavolino di fronte.
Magnus sbuffò sonoramente, coprendosi gli occhi con una mano.
Conosceva Raphael da una vita e, sebbene tra loro non ci fosse mai stato quel tipo di rapporto affettuoso che invece aveva con Catarina e Ragnor, era ugualmente importante per lui.
Non che lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, aveva una reputazione da difendere.
Ma sì, poteva definirsi un rapporto di amore-odio che andava benissimo ad entrambi. Infondo Magnus sapeva che ogni qualvolta si ritrovavano ad avere un battibecco, Raphael si divertiva enormemente, come faceva lui.
Era solo complicato da spiegare agli altri.
« Allora, i genitori del ragazzo-troppo-bello-per-te, hanno fatto il loro ingresso eh.. » infilò il dito nella piaga, rompendo il silenzio che si era andato a creare.
Il glitterato gli lanciò un cuscino addosso, rimettendosi seduto.
« Potresti far almeno finta di essere dispiaciuto, clandestino dei miei stivali. » lo sbeffeggiò, sentendosi un pochino sollevato nel poter sfogarsi in quel modo.
Raphael glielo ributtò addosso, ghignando: « Scusami tanto, però no puedo mentir. »  
Magnus borbottò qualcosa che comprendeva uno “stronzo” e un “senso del tatto mancato”, ma lo spagnolo lo ignorò bellamente, prendendo nuovamente un sorso di vino.
« Quindi cosa vuoi fare? » continuò, scuotendo appena la bottiglia.
Il glitterato sospirò, scrollando la testa.
« Cosa vuoi che faccia? Non voglio che passi la mia stessa terribile esperienza, non è ancora pronto. E di certo non posso costringerlo a restarmi affian- »
« Dios, che stronzate tutte insieme. » lo interruppe Raphael, mettendo un freno a quell’insensato discorso che stava per intraprendere l’altro.
Magnus lo guardò sorpreso, poi gli lanciò un’un occhiataccia: « Come hai detto scusa? »
Raphael stava seriamente esaurendo la sua già scarsa pazienza e, non si sarebbe affatto stupito se per sbaglio, gli avesse tirato in testa la bottiglia.   
Certo, del buon vino rosso sarebbe andato sprecato, ma almeno non sarebbe stato più costretto ad ascoltare quelle assurdità senza capo né coda.
« Non pensi che dovresti lasciarlo scegliere, Mags? » rispose, facendo un cenno ampio con la mano.
Magnus storse il naso a quel soprannome.
Ogni qualvolta che uno dei suoi tre amici voleva rimproverarlo, lo chiamava in quell’assurdo modo perché  sapevano che non lo sopportava minimamente.
« Tu hai sofferto proprio perché non hai saputo affrontare i tuoi demoni e, questa cosa ancora ti pesa tutt'oggi. Vorresti che il ragazzo facesse la tua stessa fine? Devi dargli modo di fare le sue scelte, ragionate con la sua testa. Non intrometterti solo perché pensi di fare la cosa giusta, razza di imbecille dalla cresta da gallo. »  
Magnus aprì la bocca per ribattere, ma non ne uscì alcun suono degno di questo nome.
Così la richiuse di scatto, cercando di dar un senso alle parole dell’altro.
Da una parte, sapeva di star sbagliando tutto e che Alec meritava di fare le proprie esperienze come ogni persona; dall’altra però, sentiva di non poter semplicemente ignorare la cosa: soprattutto se in ballo c’erano i sentimenti della persona che amava.
Anche se, alla fine, cosa ci aveva guadagnato nel mettere su quel teatrino? Alec era gay e lo sarebbe stato per sempre, non avrebbe certo cambiato orientamento sessuale come se niente fosse.
Dunque, non aveva fatto altro che ritardare di poco il momento della verità che sarebbe comunque prima o poi uscita fuori.
Si rese conto solo in quel momento di aver complicato ancora di più le cose per Alec che, con la sua messa in scena, aveva acquistato una certa fiducia da parte dei suoi genitori; nel momento in cui avrebbe vuotato il sacco, sarebbe stato ancora peggio.
Si diede mentalmente dello stupido per aver fatto una cosa tanto idiota anche se in buona fede.
Lui voleva proteggerlo e questo Alec l’aveva capito, ma avrebbe dovuto almeno sentire cosa voleva dire l’altro.
Così, non aveva fatto altro che lasciarlo da solo nel momento del bisogno.
« Cazzo. - esclamò a denti stretti, facendo sogghignare l’altro - Cosa faccio ora? » gli domandò, sperando potesse illuminarlo o, quantomeno, consigliarlo.
Raphael gli porse la bottiglia: « Ora aspetti. » proferì laconico.
Magnus lo guardò torvo, alzandosi di scatto e passeggiando su e giù per la stanza, biascicando frasi sconnesse.
« Non posso credere che prima mi fai riflettere e poi dici di non fare niente! Questa cosa non ha il benché minimo senso, ballerino squinternato. » gli inveì contro, alzando le braccia al cielo in segno di esasperazione, mentre l’altro scuoteva la testa.
« Non ti ho detto che non devi fare nulla gorilla mesciato. Ti ho detto che devi aspettare. »
Poi gli porse nuovamente il vino.
Magnus sospirò, sperando con tutto il cuore che Raphael sapesse cosa stesse dicendo.
Poi, buttandosi nuovamente sul divano, gli prese la bottiglia dalle mani.
Che il vino possa schiarirmi la mente, pensò, prima di tracannarne il contenuto.




« Clarissa è davvero una bella ragazza. Mi dispiace che non si sia potuta venire a cena da noi. » esclamò Maryse allegramente, rivolgendosi a Jace.
Il biondo la degnò a malapena di un occhiata borbottando un "aveva da fare", per poi tornare a puntare gli occhi su suo fratello.
Oramai era quasi un’ora che andavano avanti così: Robert e Maryse cercavano di essere carini con i loro figli, tentando di coinvolgerli in una qualsivoglia conversazione, mentre i tre ragazzi davano a malapena segno di accorgersi della loro presenza.
Subito dopo la scena a dir poco imbarazzante con Magnus, Clary e Simon si erano eclissati, non vedendo l'ora di allontanarsi da quella casa e da quel clima soffocante.
Alec, dal canto suo, si era rinchiuso in sé stesso, continuando a rivivere in continuazione nella sua mente la più atroce conversazione a cui avesse mai assistito.
Ogni volta che ripensava al modo in cui sua madre aveva guardato Magnus, o la parola che Robert aveva utilizzato nei confronti del ragazzo, era assalito dapprima dalla nausea e poi dall'incontrollabile urgenza di prendere violentemente a pugni qualcosa.
Aveva provato più volte a chiamare il suo ragazzo, sperando di trovare conforto nella sua voce, ma ogni volta finiva col scattare la segreteria telefonica.
Ad ogni chiamata persa, Alec sentiva crescere sempre di più la paura e un profondo senso d'inquietudine: e se Magnus si fosse sentito ferito? Se avesse deciso che non valeva la pena di affrontare tutto quello solo per stare con lui?
Non voleva neanche prendere in considerazione quest'ultima possibilità, solo a pensarci si sentiva sul punto di svenire.
Percepiva su di sé gli sguardi preoccupati di Izzy e Jace che continuavano a tenerlo costantemente sotto controllo, quasi temessero che avrebbe finito col dare di matto da un momento all'altro.
Ed era proprio quello il punto: più i minuti si trascinavano gli uni sugli altri, costretto a sentire i suoi genitori chiacchierare tranquillamente come se non avessero sbattuto fuori di casa un povero ragazzo in modo ignobile solo la sera precedente, più gli veniva voglia di mettersi ad urlare.
Nel corso degli anni, aveva provato più volte l'impulso di dire finalmente la verità, liberandosi del peso che, in momenti come quello, gli gravava addosso come un macigno.
Tuttavia, aveva sempre finito con il trattenersi, timoroso del fatto che, poi, i suoi genitori non lo avrebbero più amato nello stesso modo.
Adesso però, quel timore era svanito, lasciando il posto ad una nuova consapevolezza.
Si può parlare di amore, se vi sono delle condizioni?
Alec in quei mesi era cambiato ed aveva finito col capire che, l'affetto guadagnato con la menzogna, non si può comunque considerare tale.
Che senso aveva fingere di essere qualcuno che non era per mantenere intatto l'amore dei suoi genitori, quando loro non sapevano nemmeno chi lui fosse in realtà?
Nessuno.
« Ragazzi, cosa vi prende stasera? Siete forse stanchi? Io e vostro padre capiamo che.. » riprese Maryse, cercando di ravvivare la situazione, ma fu brutalmente interrotta.
« Adesso BASTA! » gridò Alec, ormai al limite della sopportazione, sbattendo una mano sul tavolo con una violenza tale da far sobbalzare tutti i presenti.
Sua madre lo guardò a bocca aperta, completamente sconvolta da quell'assurdo scoppio d'ira.
Alexander era sempre stato il più calmo, il più razionale, e di certo non si aspettava che proprio lui, tra tutti, perdesse le staffe in quel modo senza alcun motivo apparente.
« Figliolo, non cosa tu creda di fare ma.. » iniziò Robert in tono imperioso, ma anche lui non ebbe modo di terminare la sua frase.
« Taci. Non azzardarti a dire niente, non dopo il modo in cui lo hai trattato. Anzi, se solo uno di voi due dirà ancora un altra parola, me ne andrò da questa casa per sempre! » esclamò Alec, alzandosi di scatto dalla sedia.
Sapeva che probabilmente lo stavano prendendo per pazzo o per drogato, ma non gliene importava niente.
Non sarebbe riuscito a restare in silenzio neanche un minuto di più.
Maryse, sempre più scioccata, si rivolse al figlio parlando con estrema lentezza, quasi temesse di vederlo davvero mettere in atto quella minaccia.
« Tesoro.. Che cosa ti prende? »
Alec le rivolse uno sguardo duro; non sembrava minimamente toccato dal tentativo della donna di tranquillizzarlo.
« Mi prende che sono stanco di mentire. Sono stufo marcio di sopprimere ogni mio pensiero, di far finta che ascoltare i vostri discorsi non mi diano il voltastomaco. Non vi rendete conto di che effetto abbia quello che dite su chi vi è vicino, vero? Potevo sopportarlo finché era solo di me che si trattava; finché ero io il solo a star male. Ma ora, tutto questo ha finito col ripercuotersi su chi amo, e non posso più stare zitto. » esordì poi in modo risoluto, lasciando entrambi i Lightwood completamente ammutoliti.
Quel discorso, però, non li scioccò tanto quanto il gesto di Iz e Jace: i due ragazzi si erano alzati, piazzandosi accanto ad Alec con fare protettivo e guardando i genitori con un lampo di sfida negli occhi.
Maryse fece scorrere lo sguardo sui suoi figli, studiando le loro espressioni rabbiose,e, continuando a chiedersi per quale diavolo di motivo si stessero comportando tutti e tre in quel modo.
« I nostri discorsi ti danno il voltastomaco? Come ti permetti di rivolgerti a noi in questo modo? » tuonò Robert, puntando un dito in direzione del suo primogenito e scoccando agli altri due un'occhiata ugualmente significativa.
Se così sperava di intimorirli, fallì miseramente.
« I tuoi discorsi danno la nausea a tutti noi, non soltanto ad Alec. E non mi sorprende che tu non ti renda conto di quello che ti circonda. Ti ci vorrebbe un minimo di umanità per quello, ma dato ciò che è successo solo la sera prima, è più che evidente che non sai neanche cosa sia. » replicò Isabelle, assumendo la sua tipica posa altezzosa, quella che era solita utilizzare prima che iniziasse a rotolare qualche testa.
L'uomo si alzò tanto violentemente da far cadere a terra la sedia, dirigendosi subito dopo verso la ragazza, con un'espressione a dir poco furiosa.
Qualsiasi cosa volesse fare, però, fu fermato da Alec e Jace che si misero di fronte alla sorella, chiaramente intenzionati a difenderla.
Maryse si avvicinò velocemente al marito, piazzandogli una mano sul braccio.
« Robert, non mi sembra davvero il caso. Lascia che me ne occupi io, ok? » esordì la donna con la massima calma, invitandolo silenziosamente ad uscire di lì per sbollire la rabbia, prima che la situazione degenerasse.
Quest'ultimo annuì, sbattendo subito dopo la porta della stanza dietro di sé.
I due ragazzi abbandonarono la posizione difensiva, rilassandosi visibilmente.
« Ora, vi dispiacerebbe spiegarmi con calma che vi è saltato in testa? Siete per caso impazziti tutti e tre di botto? » chiese esasperata la donna, una volta che furono rimasti da soli.
« Mi dispiace mamma, ma è la verità. Ed è con me che devi parlare non con loro. Iz e Jace stanno solo cercando di aiutarmi. » replicò immediatamente Alec, guardando sua madre con espressione risoluta.
La donna sospirò, consapevole di non essere minimamente nel suo elemento.
Aveva perso il conto di quante volte, nel corso degli anni, si era ritrovata a discutere furiosamente con Isabelle e Jace per via del loro caratteraccio.
Ma Alexander..
Non le era mai capitato neanche di dover alzare la voce con lui, tanto si era sempre comportato in maniera perfetta ed impeccabile.
Per cui, adesso, non sapeva davvero che pesci pigliare.
« Okay, allora parliamo. Tanto per cominciare, quale sarebbero questi discorsi che non riesci proprio a sopportare? » gli chiese, cercando di capire dalle espressioni degli altri due ragazzi, un qualsivoglia dettaglio che potesse esserle utile.
« Quelli in cui affermate beatamente che chi non è come voi, o che, non corrisponde al vostro canone di società, non è nemmeno degno di essere considerato una persona. » replicò seccamente Alec, guardandola come se a quel punto dovesse essere più che chiaro cosa volesse dire.
Peccato che Maryse continuasse a brancolare nel buio più totale.
Stava ancora cercando il modo più delicato per dar voce alle sue perplessità quando, Alec, notando la sua espressione confusa, riprese a parlare.
« Davvero non capisci? Sei stata tu a definire assolutamente ridicole queste persone, per non parlare di come papà non abbia mancato di far sapere quanto li reputi disgustosi. Come se il solo fatto di essere diversi non li rendesse degli esseri umani al pari di tutti gli altri, come se non potessero sentirsi umiliati o feriti quando si dice loro che non dovrebbero nemmeno esistere. » continuò infatti il ragazzo, mentre la sua voce si incrinava leggermente sulle ultime parole.
Maryse, dapprima confusa, iniziò pian piano a farsi un quadro della situazione.
Si rese conto solo in quel momento che quell'atteggiamento ostile, era iniziato quando Robert aveva cacciato quel tipo fuori di casa.
E considerando il discorso di suo figlio, in cui li accusava di non pensare ai sentimenti dei "diversi", probabilmente era stato proprio quel gesto il fattore scatenante.
« Se è per quello che è successo con quel ragazzo che sei tanto arrabbiato, devi sapere che non è certo perché ha.. certi gusti che l'ho trattato così. Capisco che ti dispiaccia per lui, ma non devi: quello non è altro che un manipolatore, un poco di buono. » gli rispose con la massima serietà possibile, cercando di fargli capire la sua visione della cosa.
Quello che aveva appena detto era vero: magari non era mai riuscita a farsi andare troppo a genio quel tipo di rapporto, ma non per questo avrebbe umiliato qualcuno apertamente per quel motivo.
Tuttavia, quella risposta non sembrò sortire l'effetto desiderato, anzi.
Se prima suo figlio sembrava arrabbiato, ora era decisamente fuori di sé.
« Tu non sai niente di lui, quindi non ti permettere di parlare come se lo conoscessi! E comunque, il suo nome è Magnus, non "quello", ed è la persona più altruista, dolce e premurosa che esista. Per cui, se vuoi che continui a rivolgerti la parola, non parlare mai più così di lui o a lui! » le gridò contro Alec, furente.
Manipolatore? Poco di buono? Ma per favore.
Come si poteva pensare una cosa del genere di quel ragazzo meraviglioso?
Era più forte di lui, non riusciva proprio a sopportarlo.
« Alexander, andiamo. Lo hai sentito anche tu, con le tue stesse orecchie. E in ogni caso si può sapere perché te la prendi tanto? » esclamò Maryse, sempre più irritata.
Stava cercando di prenderlo con le buone, considerando che era la prima volta che lo vedeva seriamente alterato.
Ma la sua pazienza stava iniziando ad esaurirsi.
« No, tu non capisci. Magnus non è affatto così, era una messa in scena. Stava mentendo. » rispose il ragazzo, questa volta sforzandosi di mantenere la calma.
Sua madre aggrottò le sopracciglia, chiaramente perplessa, rivolgendo lo sguardo verso Jace.
Quest'ultimo annuì, guardandola con espressione risoluta.
« E' vero. Magnus a volte potrà anche essere un idiota, ma non è un cattivo ragazzo. Non sarebbe capace di approfittarsi di nessuno, meno che mai di Alec. » aggiunse subito dopo il biondo, guadagnandosi un sorriso riconoscente da parte del fratello.
Se Maryse aveva creduto anche solo per un attimo di averci capito qualcosa, dovette ricredersi immediatamente: la situazione diventava sempre più confusa.
« Bene, quindi se non è davvero un poco di buono, perché ha lasciato che lo trattassi come tale? Che senso aveva mettersi a fare la recita? » domandò, guardando Alec negli occhi e, aspettandosi che quest'ultimo si decidesse a parlare una volta per tutte.
Il ragazzo prese un respiro profondo, richiamando alla mente lo splendido viso dai tratti orientali che tanto adorava e quei due stupendi occhi verdi che lo guardavano con amore.
Quello era tutto ciò di cui aveva bisogno, per trovare il coraggio.
« Si è comportato in quel modo per me. Sapeva che non ero pronto ad affrontarvi, non ancora, per cui ha inventato quella storia assurda e ha lasciato che lo insultaste. Tutto questo perché voleva proteggermi. » rispose poi Alec, senza staccare gli occhi da sua madre.
Per quanto potesse essere cresciuto e cambiato, tanto da trovare il coraggio di dire la verità, continuava a fremere dalla voglia di sapere in che modo lei l'avrebbe presa.
« Ha mentito per proteggerti? Che cosa.. » iniziò a dire la donna, ma nel bel mezzo della frase la sua voce si affievolì tanto da diventare quasi un sussurro.
Adesso tutto aveva un senso: la rabbia di Alec, in modo in cui i suoi fratelli lo avevano difeso, tutto il suo parlare del sentirsi ferito dai loro discorsi, il modo in cui lo avevano trovato con quel ragazzo appena rientrati..
Alec riuscì a vedere l'esatto momento in cui sua madre si rese
pienamente conto di ciò che stava cercando di dirle, notando la sua espressione sorpresa e sconvolta al tempo stesso.
Nonostante ciò, voleva essere lui stesso a dirglielo, voleva finalmente confessarlo ad alta voce.
« Mamma, Magnus è il mio fidanzato. E io.. sono gay. » sputò fuori tutto d'un fiato, sentendosi, subito dopo, immensamente sollevato.
Era felice di non dover più mentire; qualsiasi cosa lei gli avesse risposto, sarebbe stato in grado di affrontarla.
Maryse, d'altro canto, non si era mai sentita così male in tutta la sua vita. Non certo perché suo figlio era gay, ma per non essere stata capace di rendersene conto prima.
Ripensò a tutte le frasi, tutti i commenti fatti, sentendosi sempre di più una madre terribile.
Lei stava - almeno dal suo punto di vista - esprimendo un parere, non credendo di certo che questo avrebbe potuto far del male a qualcuno; invece, con ogni sua parola, aveva ferito irrimediabilmente il suo stesso figlio.
« Perché non me lo hai detto prima? » chiese la donna, cercando di mantenere i nervi e i sensi di colpa sotto controllo.
Alec lo guardò con un'espressione mortalmente seria, prima di risponderle.
« Perché avevo paura. Temevo che se vi avessi detto la verità, tu e papà non aveste più voluto avere niente a che fare con me. Ho sempre creduto di dovermi guadagnare l'affetto degli altri, soprattutto il vostro. Per questo motivo, ho sempre cercato di essere il figlio perfetto, sperando che, nel momento in cui vi avessi confessato tutto, avreste continuato a volermi ancora un po' di bene. »
Per Maryse fu come ricevere uno schiaffo.
Lei si era sempre vantata del suo impeccabile figlio, era sempre stata fiera della sua maturità e della sua diligenza mentre invece Alec si comportava in quel modo per timore che loro, altrimenti, non lo avrebbero amato.
Come gli era venuta in mente un'idea così stupida?
A quel punto, non poté non pensare che fosse una sua responsabilità: se Alec aveva avuto una simile impressione, forse non era mai stata in grado di dimostrargli il suo affetto, come invece aveva creduto.
« Tesoro, davvero eri convinto che non avremmo più voluto vederti? Come hai potuto pensarlo? » gli domandò, palesemente esterrefatta.
Alec studiò l'espressione della madre, piacevolmente sorpreso dalla sua reazione.
Fino a quel momento non sembrava averla presa troppo male, cosa che, riuscì un minimo a tranquillizzarlo.
Nonostante ciò, sentiva ancora il discorso fatto mesi prima riverberargli dentro, ed era più che intenzionato a chiarire quel punto.
« Magari per quello che avete detto?! Sai, ad un certo punto avevo iniziato a pensare di parlarvene. Ero riuscito a scendere a patti con la cosa - perché non credere che per me sia stato facile, rendermi conto di essere diverso - e credevo che, forse, anche voi sareste riusciti ad accettarmi.  Poi però, ti ho sentita dire come reputassi un matrimonio gay una pagliacciata, e come, secondo te, quelle persone fossero dei fenomeni da baraccone. Come credi che mi sia sentito? » rispose Alec, tornando di nuovo ad alzare la voce.
Si era ripromesso di mantenere la calma, ma aveva mentito a sé stesso; non poteva restare impassibile, non ricordando quanto sua madre lo avesse ferito quel giorno.
Maryse trasalì, facendo un passo indietro.
Era tutto vero, aveva seriamente detto quelle cose.
Non si era mai sentita così in colpa. Non tanto per il pensiero in sé, quanto per il fatto di aver inconsapevolmente spinto suo figlio a mentire per paura di essere scacciato via.
« Alec, mi dispiace tanto. Ma cerca di capire, non avevo idea che tu.. » cercò di giustificarsi, guardando contrita il ragazzo.
Quest'ultimo scosse la testa, con un'espressione ancora più dura stampata sul volto.
 « Il fatto che tu non sapessi di riferirti a me, non cancella quello che hai detto. Se la pensi in quel modo, non potrai mai cambiare idea solo perché si parla di me. » affermò poi, con tono risoluto.
Avrebbe tanto voluto sbagliarsi, ma purtroppo sapeva che era così.
Non voleva che sua madre accettasse di averlo tra i piedi solo per pietà o senso di colpa.
Voleva che lei prendesse pienamente consapevolezza della cosa e, nonostante tutto, gli dicesse che tutto quello non poteva cambiare il loro rapporto.
« Alexander, non ho intenzione di rimangiarmi quello che ho detto. Non sono mai stata in grado di capire come si possa amare qualcuno dello stesso sesso, è vero.  Ma ciò non significa che non possa sforzarmi di provarci. » riprese la donna, nel tentativo di chiarire quella situazione.
Non avrebbe voltato le spalle a suo figlio solo perché non approvava le sue scelte di vita, anzi, avrebbe fatto il possibile per abituarsi alla cosa.
« Non capisci come si possa amare qualcuno dello stesso sesso? E' davvero questo il punto?! Che cosa potrà mai esserci di così diverso? E' l'anima a definire una persona, non il suo genere. » rispose immediatamente Alec, mentre Iz si avvicinava a lui, cercando di tranquillizzarlo con la sua presenza.
Maryse aprì la bocca per rispondergli, ma fu bloccata da un cenno della mano del ragazzo che, evidentemente, non aveva ancora finito.
« E' davvero così importante che Magnus sia un ragazzo in confronto al fatto che, per la prima volta in vita mia, insieme a lui io sia felice e mi senta amato e apprezzato? Ho la fortuna che non tutti hanno di avere qualcuno che conosce ogni mia mancanza, ogni mia debolezza, eppure continua a restare al mio fianco, dandomi la forza per superare i miei stessi limiti. Lui mi ha accettato con tutta la mia insicurezza e i miei dubbi e, mi ha aiutato a crescere, ad essere una persona migliore. Ha creduto in me quando io stesso non ero in grado di farlo. Senza contare che è stato pronto a lasciare che i miei genitori lo trattassero come una nullità, pur di non farmi soffrire.Che importanza potrà mai avere il suo essere del mio stesso sesso in confronto a tutto questo? » riprese Alec, alzando le braccia al cielo, quasi volesse sottolineare il concetto giunto più che chiaramente alle orecchie di tutti i presenti.
Si guardò intorno, notando il sorriso d'incoraggiamento di Jace così come l'espressione incredula di Izzy.
Non poteva certo darle torto, considerando che, lui stesso era un po' scioccato da quanto aveva detto.
Probabilmente quello era il discorso più appassionato che avesse mai fatto in 19 anni; per uno taciturno e riservato come lui, era una specie di record.
Riportò lo sguardo su sua madre, che in quel momento lo stava fissando con le lacrime agli occhi.
« Oh, Alexander.. » sussurrò la donna, coprendosi la bocca con una mano.
Alec prese un respiro profondo, preparandosi per la parte più difficile di tutta quella storia.
« Io voglio che tu lo conosca, che continui a far parte della mia vita. Ma se non puoi amarmi per quello che sono, è un problema tuo, non mio. »
Non ebbe neanche il tempo di sentirsi sollevato per essersi tolto quel peso dal cuore, che Maryse, percorsa la poca distanza che li separava, gli gettò le braccia al collo.
Dapprima sorpreso, ben presto si lasciò andare nell'abbraccio, affondando il viso nei capelli della madre, come era solito fare da piccolo.
« Sono così orgogliosa di te e di quello che sei diventato. E mi dispiace tanto, per tutto. Tu sei mio figlio, non potrei mai smettere di amarti, per nessun motivo. » gli sussurrò con dolcezza.
Alec la strinse ancora più forte, commosso da quelle parole.
Certo, sapeva che senz'altro lei avrebbe riferito il tutto a suo padre - anche perché Alec non ce l'avrebbe fatta a ripetere quell'esperienza di nuovo - e che sicuramente lui sarebbe stato tutt'altro che felice, ma non gliene importava nulla; aveva già abbastanza persone dalla sua parte.
Non appena di separarono, Maryse scoccò una finta occhiata di rimprovero a Jace ed Isabelle, che si erano messi a fischiare ed applaudire in una perfetta imitazione di un coro da stadio.
« Beh, che ci fai ancora qui? » chiese poi ad Alec, indicandogli la porta con un cenno della mano.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, confuso da quel repentino cambio di argomento.
« In che senso? » le chiese infatti, mettendo su la sua migliore espressione dubbiosa.
La donna alzò gli occhi al cielo, guardandolo come se le avesse rivolto la domanda più idiota in assoluto.
« Cosa aspetti ad andare da Magnus? Sbrigati, corri da lui e chiarite tutto quello che è successo. » esclamò Maryse, lasciando suo figlio di sasso.
Alec era stato così impegnato a confessare e a preoccuparsi subito dopo della possibile reazione della madre, che aveva completamente rimosso il fatto che il suo ragazzo non rispondesse più alle sue telefonate.
Si rese conto di trovarsi già con un piede fuori dalla stanza, solo quando Maryse lo richiamò.
« Alexander? Chiedigli scusa da parte mia. E digli che, quando vuole, mi piacerebbe conoscerlo e ricominciare tutto da zero. »
Alec annuì, sorridendole grato.
Poi, nel giro di pochi istanti, si catapultò all'ingresso.
Mentre chiudeva la porta alle sue spalle, sentì sua madre chiedere qualcosa che suonava come "ma il fidanzato di vostro fratello si veste sempre in maniera così appariscente?"
Tuttavia, non vi prestò molta attenzione.
Era troppo impegnato a correre.





HeLLo! :D
Ecco a voi anche l'undicesimo capitolo!
Che dire, finalmente Alec si è liberato di quell'assurdo peso che l'ha accompagnato per anni e, Maryse ha compreso di aver sbagliato tutto con lui.
Ora, Alec si sta recando da Magnus maaa, andrà tutto bene? Vi basta scoprirlo nel prossimo capitolo! xD
Ringrazio tutte le persone che sono arrivate fin qui e che seguono la storia! E grazie anche a chi, con anche poche righe, mi fa sapere cosa ne pensa, ve ne sono grata! <3
Come al solito vi rinnovo la proposta ad iscrivervi al gruppo facebook, che, sta diventando pian piano una piccola grande famiglia! <3
Il link è questo ------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3
   

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Capitolo 12
*** Aku Cinta Kamu. ***


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Deal With The Evil.



12 Capitolo - Aku Cinta Kamu.

Alec si fermò con il fiatone davanti la porta dell’appartamento di Magnus, i riccioli mori incollati alle tempie e la maglietta grigia diventata aderente per via del sudore.
Prese qualche respiro profondo, cercando di calmare il battito accelerato del cuore e l’affanno che gli stringeva i polmoni.
Certo, probabilmente non aveva il miglior aspetto di sempre, ma poco gli importava in quel momento.
L’unica cosa che gli passava per la testa, era rivedere Magnus ed i suoi occhi verdi, nient’altro poteva scalfirlo.
Una volta calmato almeno un minimo, prese a bussare forte, così forte che pensò che se non gli avesse aperto subito, l’avrebbe sfondata a suon di pugni.
Il ragazzo che si presentò davanti a lui, tuttavia, non era affatto Magnus, ma Raphael.
E questo?
« Dios, finalmente sei venuto. Non lo sopporto più, io me ne vado. » gli batté una mano sulla spalla, poi si volatilizzò velocemente, così com’era apparso.
Alec osservò il punto in cui sparì nell’ascensore, poi si infilò velocemente nell’appartamento, guardando da una parte all’altra, alla ricerca del glitterato.
« Allora chi era alla porta Raph-, Alexander..? » esclamò Magnus, alzandosi dal divano con uno scatto e sbarrando gli occhi, visibilmente sorpreso.
Sebbene sembrasse a malapena cosciente di ciò che gli accadeva intorno, il moro non poté fare a meno di pensare a quanto fosse bello, vestito con una semplice tuta azzurro pastello e i capelli sparati in tutte le direzioni.
Ipotizzò avesse bevuto un pochino, dato il rossore insolito che gli imporporava le guancie caramello e l’instabilità con cui si era alzato.
Anche se avrebbe potuto attribuire l’ultima cosa ad una forma di shock momentanea.
Il moro si portò di fronte a lui con poche falcate, l’espressione più seria e arrabbiata che fosse in grado di fare: « Non mi hai risposto al telefono. » proferì, lasciando l’altro di stucco.
Magnus lo stava guardando con la bocca spalancata e, dopo l’ultima uscita, c’erano alte probabilità che questa potesse finire a toccare improvvisamente terra.
Prima di tutto, perché era lì? Cos’era successo con i suoi genitori? L’avevano cacciato di casa? Oppure, era venuto lì per mollarlo definitivamente?
« Come prego? » chiese, guardandolo confuso.  
Alec lo prese per le spalle, immergendo i suoi occhi blu in quelli verdi del fidanzato.
Notò che la matita era leggermente sbavata sotto l’occhio, ma non se ne curò minimamente.
« Io ti ho chiamato un sacco di volte e tu non mi hai mai richiamato. » ribadì il moro, assottigliando lo sguardo in una linea sottile.
Magnus era sempre più scioccato; sebbene in un primo momento avesse pensato che fosse sotto effetto di chissà quale alcolico - o droga -, notò, con suo sommo stupore, quanto Alec fosse serio.
« Aspetta, credo di non capire: i tuoi sono apparsi all'improvviso etichettandomi come un poco di buono, tu eri sconvolto e triste, sembrava che ti fosse caduto il mondo addosso e.. mi chiedi perché non ti ho richiamato? »  gli chiese allora, scrutandolo con un’espressione a dir poco sconvolta.
Alec era una delle menti più contorte con cui avesse mai avuto a che fare, era praticamente impossibile prevedere come se ne sarebbe uscito.
« Io voglio sapere perché non mi hai richiamato. » confermò.
Magnus si allontanò leggermente, battendosi una mano sulla fronte con fare melodrammatico.
Stava seriamente prendendo in considerazione l’idea che ne fosse uscito pazzo da tutta quella situazione.
Non che potesse biasimarlo, in ogni caso.
« Alec, tu.. Aspetta, perché sei tutto sudato?! » gli chiese allora, notando solo in quel momento lo stato affannoso del moro.
Il viso era decisamente troppo rosso e, goccioline di sudore gli imperlavano le tempie e i capelli.
Per non parlare poi di quella - eccelsa, per Lilith - maglia che gli si era appiccicata addosso come una seconda pelle. Lasciava davvero poco all’immaginazione.
« Ho corso. » rispose semplicemente, accennando ad un sorriso mortificato.
Probabilmente non era il massimo, doveva ammetterlo.
« Tu hai corso per mezza città, per arrivare fin qui? » gli domandò con un tono di voce decisamente sconvolto.
Tuttavia, dentro di lui, stava esplodendo di felicità: se Alec si era preso la briga di correre per raggiungerlo, le sue intenzioni dovevano essere tutt’altro che cattive.
Il moro annuì con vigore, cercando di dar enfasi a quello che aveva appena detto.
« Ho corso fino a qui perché aspettare un taxi mi avrebbe fatto perdere solo del prezioso tempo che avrei potuto impiegare in un'altra maniera. »
Non gli diede nemmeno il tempo di pensare ad una qualsivoglia risposta che, prendendolo per la giacca della tuta, lo attirò a sé, baciandolo come se ne andasse della sua intera esistenza.
Magnus sapeva di vino rosso e un qualcosa di vagamente dolciastro che non seppe bene identificare, ma quello era l’ultimo dei suoi problemi.
Il glitterato infilò le dita tra i passanti dei pantaloni, facendo scontrare i loro i bacini.
« Oh beh, se la metti così, dovresti essere in collera e correre qui più spesso. - gli sorrise malizioso, poi, dando voce ai suoi pensieri, gli domandò: - fiorellino.. I tuoi genitori? »
Il moro lasciò la presa, andandosi a sedere sul divano e sorridendo all’occhiata preoccupata del suo fidanzato.
« È tutto ok ora, credo. Mia madre vorrebbe conoscerti e scusarsi per il modo in cui ti ha trattato. »      
Il glitterato non poté trattenere un gemito sorpreso, portandosi velocemente di fronte al fidanzato.
« Quindi possiamo continuare a frequentarci? » gli chiese agitato, ma felice.
Alec lo guardò confuso, poi gli scoccò un’occhiataccia.
« Credevi che nel caso in cui non fossero stati d'accordo, avrei permesso loro di separarci? » gli domandò allora, il tono più tagliente di quanto avesse voluto.
Non sapeva perché, ma quella domanda lo aveva infastidito.
Era come se non fosse sicuro del loro rapporto e di ciò che li univa e, questo era decisamente fastidioso dato che Alec gli aveva ribadito più volte quanto ci tenesse.
« Non ti avrei mai permesso di separarti dalla tua famiglia, Alec. » gli rispose, poggiandogli una mano sulla spalla.
Alec capiva benissimo i pensieri che probabilmente avevano avvolto la mente di Magnus fino a quel momento, tuttavia, non poteva non pensare a quanto sarebbe stato egoista da parte sua, decidere per entrambi.
« Io non avrei mai permesso loro di decidere della mia vita, Magnus. Voglio stare con te e lo voglio perché me lo dice il cuore. » proferì sicuro, mentre la l’altro accennava ad un sorriso.
Magnus gli baciò teneramente le labbra, per poi annuire.
« Anche io voglio stare con te, Alexander. »
Si guardarono negl’occhi per alcuni istanti, in silenzio, poi il glitterato prese nuovamente parola: « Vado a preparare qualcosa di caldo, tu intanto vai a fare una doccia, ti sentirai meglio. »
Alec annuì, poi fece come detto.      




« Robert.. » Maryse poggiò delicatamente una mano sulla spalla del marito, sentendolo irrigidirsi sotto il suo lieve tocco.
Gli occhi scuri dell’uomo erano nascosti dietro le palpebre chiuse, troppo pesanti per essere aperte in quel momento.
Tuttavia, vincendo contro ogni forma di stanchezza, si girò verso la moglie, l’espressione preoccupata di chi aveva appena ricevuto una notizia inaspettata.
Sapeva perché era lì, lo sapeva bene.
Non era mai stato il tipo di persona che origliava alle conversazioni altrui, ma, il non sapere cosa accadeva all’interno della sua famiglia, lo aveva condotto a fare una cosa del genere.
E se ne era pentito come poche cosa in vita sua.
« No Maryse, non accetterò mai una cosa simile. » le disse, il tono piuttosto mite rispetto a quanto si sarebbe immaginato.
Voleva cercare di mantenere la calma, facendole capire pian piano che tutto ciò, era sbagliato.
Sono gay.
Quelle semplici parole erano bastate per fargli girare i tacchi e andarsene velocemente, in modo tale che potesse riflettervi su e darsi una calmata prima di commettere atti di cui si sarebbe sicuramente pentito.
« Una cosa simile? » ripeté la donna, osservandolo indignata.
Era ben consapevole del fatto che in quel momento si stava comportando in maniera piuttosto incoerente dato che, fino a qualche ora prima, era pienamente d’accordo con tutte le parole dette dal marito rivolte a quel ragazzo.
Così come era d’accordo sul suo modo di pensarla e di vederla.
Ma Alec, il suo piccolo bambino, le aveva fatto aprire gli occhi su un qualcosa di davvero fondamentale, dove non esistono pregiudizi e distinzioni: l’amore.
Ed era intenzionata a far capire questo concetto anche a Robert, con le buone o con le cattive.
« Forse non ti rendi conto della gravità della situazione, Maryse - cominciò, alzandosi in piedi per fronteggiarla - il nostro primogenito è gay. Un disgustoso gay, lo capisci? »
Maryse in quel momento, avrebbe seriamente voluto prenderlo a calci fino a farlo svenire dal dolore.
Dov’era finito quell’uomo che, un tempo aveva dei sani principi morali e che metteva al primo posto la famiglia? Quello che aveva condotto Alec il primo giorno di Asilo mano nella mano, con la promessa che al ritorno l’avrebbe portato al parco giochi? O ancora, quello che aveva permesso ad Isabelle di salirgli sulle spalle, sebbene fosse appena tornato stanco morto da una dura giornata di lavoro? Quello stesso uomo che aveva accolto il figlio di un amico come se fosse il proprio e che l’aveva accudito senza mai fargli mancare niente?
Dov’era finito quell’uomo che tanto amava per la sua comprensione e la sua dolcezza?
Con gli anni, si era resa perfettamente conto del fatto che fosse lentamente cambiato, anche se ancora non ne comprendeva il motivo, sebbene avesse provato a chiederglielo più volte.
Non ricordava quando aveva cominciato a comportarsi così, ma riteneva che comunque, in ogni caso, i suoi problemi non dovevano ripercuotersi sui loro figli.
« L'unica persona disgustosa qui, sei tu, Robert. » il tono tagliente come una lama, fece agghiacciare l’altro sul posto.
Mai sua moglie aveva osato rivolgersi a lui in quella maniera.
« Sei impazzita anche te adesso?! » urlò, mandando a benedire tutti i discorsi sulla calma che si era prefissato.
Maryse lo fronteggiò seria, rendendosi conto solo in quel momento che fino a poco fa, molto probabilmente anche lei avrebbe reagito a quel modo.
« Stiamo parlando di nostro figlio, Robert. » proseguì imperterrita, ignorando volutamente le parole appena rivoltale.
Assottigliò gli occhi in una linea sottile, puntandogli l’indice contro: « Lui è felice così. E tu dovresti esserlo per lui. »
Robert boccheggiò impreparato di fronte quell’irruenza e quel tono severo, ma non si fece affatto zittire.
« Non potrà mai farsi una famiglia Maryse, non potrà mai avere figli. Mi dici cosa c’è da esserne felici? » ribatté allora, sedendosi mollemente sulla sedia lì vicino.
La donna sembrò rifletterci un attimo come smarrita, valutando davvero anche quella possibilità.
Aveva ragione, probabilmente non avrebbe avuto figli consanguinei, ma di certo non era un loro problema. Se Alec sarebbe stato bene anche così, non se ne sarebbe minimamente preoccupata.
« Non sono cose che ci riguardano, questa è una sua scelta e, che tu lo voglia o meno, dovrai accettarla. Ma non hai notato il modo in cui si è battuto? Non avevo mai visto Alec così e sono più che sicura che quindi tenga davvero a quel ragazzo. Lo vedo cambiato, più maturo di quanto già non fosse prima. È migliore, con quel Magnus. Pensaci su. » proferì, poi, senza aggiungere null’altro, lo lasciò a rimuginare sulla questione.
Pensaci su, aveva detto.
E forse, dopo quelle parole, l'avrebbe fatto davvero.



Alec, appena uscito dalla doccia, profumato e con indosso i vestiti di Magnus, stava raccontando per filo e per segno tutta la conversazione avvenuta, sentendosi decisamente sollevato nel vederlo più sereno.
« Sono davvero felice che tua madre l'abbia presa così bene. A quanto pare, non tutti i genitori sono meschini quanto i miei. » esclamò Magnus sforzandosi di sorridere ma, lasciando comunque trasparire l'amarezza nella sua voce.
« Cosa è successo tra di voi? Cioè, mi piacerebbe che me ne parlassi, ma non sei obbligato se non vuoi. » domandò Alec di getto, sentendosi imbarazzato subito dopo.
Fin dall'inizio infatti, Magnus aveva fatto più volte riferimento ad una rottura dei rapporti con la sua famiglia dovuta al fatto che loro non erano stati in grado di accettarlo.
Alec aveva sempre evitato di fare domande al riguardo, convinto che se mai fosse stato pronto a parlarne, lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà.
A quel punto, però, la curiosità ebbe la meglio e, il ragazzo si ritrovò a chiedere prima ancora di rendersene conto.
Magnus lo guardò titubante per alcuni istanti, poi, prendendo un respiro profondo, iniziò a raccontare.
« Non sono mai riuscito ad avere un particolare rapporto con i miei, in particolare con mio padre. E' sempre stata Catarina la preferita, con la sua intelligenza e la sua propensione ad aiutare gli altri. Io, invece, sono sempre stato considerato uno scansafatiche, un buono a nulla. Nonostante nessuno dei due abbia mai perso occasione di farmi presente quanto poco apprezzassero il mio carattere, così come il mio modo di pormi, ho sempre continuato a sperare che mi volessero bene. » esordì, fissandosi la punta delle scarpe, incapace di reggere lo sguardo dell'altro.
Alec osservò la sua espressione spenta, la posa sconfitta e lo sguardo rivolto verso il basso e, improvvisamente, si pentì di avergli posto quella domanda.
Era più che evidente che, anche dopo tutti quegli anni, il ricordo lo faceva soffrire.
Si sporse dal divano - a dir poco eccentrico - su cui era stato stravaccato fino a quel momento, poggiando con delicatezza una mano sula coscia del suo ragazzo, seduto di fronte a lui.
« Mags, lascia stare. La mia era solo una curiosità, non fa niente. » disse con la massima gentilezza possibile, cercando di cancellare la tristezza dal suo volto.
Il suo tentativo, però, risultò essere completamente inutile.
Magnus sorrise mesto, per poi continuare subito dopo col racconto.
« Per tanto tempo, dopo aver capito di essere gay, ho tenuto nascosta la cosa ai miei genitori, temendo che quell'informazione avrebbe dato loro solo un ulteriore pretesto per rinfacciarmi quanto avessi tradito le loro aspettative. Poi, però, conobbi Davis ed improvvisamente trovai il coraggio di affrontarli. Come ti ho già raccontato tempo fa, ero davvero convito che quella tra di noi fosse una storia seria, che avessimo un futuro insieme. Motivo per cui, decisi che non volevo più mantenere segreta la nostra relazione per paura di essere scoperto; a parer mio, lui non se lo meritava e, nemmeno io. »
Alec fu investito da un ondata di rabbia.
Ogni volta che si nominava quel viscido individuo, non riusciva a non provare l'irrefrenabile impulso di andare a casa sua, - ovunque si trovasse - e prenderlo a calci con tutta la violenza possibile.
L'idea che quel tipo avesse spezzato il cuore a Magnus lo mandava in bestia.
Respirò a fondo, cercando di calmarsi e di tenere a bada gli istinti omicidi.
« Mi sembra quasi sciocco chiederti come è andata.. »
Magnus soffocò una risatina, dovuta più al nervosismo che al patetico tentativo dell'altro di alleggerire l'atmosfera.
Non era per niente facile per lui parlare di quel giorno; perfino Ragnor e Raphael, suoi cari amici da una vita, erano all'oscuro dei dettagli, essendo a conoscenza solo dello stretto indispensabile.
Quella, era una folle e completa prova di fiducia: stava per mostrare ad Alec la sua più grande debolezza.
« Probabilmente, col senno di poi, avrei dovuto aspettare che Catarina tornasse a casa, in modo da avere qualcuno ad appoggiarmi. Anche se, dubito che sarebbe cambiato qualcosa. Avresti dovuto vedere le loro facce, non appena finii di parlare. Era impossibile fraintendere il disgusto sui loro volti. Stavo ancora cercando di rendermi conto che evidentemente non l'avevano presa come avevo sperato, quando.. » riprese lentamente, quasi stesse cercando la forza di tirare fuori ogni parola.
Alec in quel momento stava pregando con tutto il cuore di aver frainteso, di essere uscito completamente fuori strada con i suoi pensieri e le sue impressioni; non poteva davvero essere successo quello che temeva.
« Quando? » chiese in un sussurro.
Magnus chiuse gli occhi, sopraffatto dal dolore che quei ricordi gli provocavano.
Una parte di lui gli gridava di tirarsi indietro, di lasciare quell'orrore nel luogo in cui era stato negli ultimi anni; un'altra parte però, quella che ancora sperava che qualcuno lo capisse e lo amasse, lo implorava di andare avanti, di affidarsi ad Alec.
« Quando.. mio padre mi colpì. Non avevamo mai avuto un rapporto da film, certo, ma non mi sarei mai aspettato che arrivasse a tanto. Ero ancora a terra - stordito dal ceffone appena ricevuto in pieno volto - a chiedermi il perché di quel suo gesto, quando dovette decidere che per lui non era sufficiente. Lo pregavo di smettere, imploravo perdono per il modo in cui ero nato, ma senza alcun risultato. Continuò a picchiarmi ancora e ancora, ripetendomi come un obbrobrio come me, non potesse essere considerato suo figlio. » riprese a parlare, senza avere il coraggio di riaprire gli occhi per vedere l'espressione dell'altro.
Non voleva sapere come la stesse prendendo, almeno non prima di aver finito di raccontare ogni cosa.
Alec, nel mentre, fissava il suo ragazzo completamente sconvolto, mordendosi le labbra a sangue per impedirsi di scoppiare in singhiozzi.
Il suo bellissimo Magnus...
Come avevano osato fargli del male?                                                                                  
Come può un uomo trattare il proprio stesso figlio in modo così ignobile?
Si sforzò disperatamente di trovare qualcosa da dire, una frase, un gesto; qualsiasi cosa potesse farlo stare meglio o potesse cancellare l'angoscia che deformava i suoi lineamenti.
Ma niente riusciva ad apparirgli adeguato.
Magnus, ancora assorto nel passato, non sembrò rendersi conto di quel prolungato silenzio, riprendendo a parlare.
« Quel giorno fu mia sorella a salvarmi. Entrò a casa poco prima che.. Diciamo che senza di lei non sarei qui a dirti tutto questo. Ricordo ancora le grida, gli improperi furibondi rivolti a quell'uomo che consideravamo "padre", e a nostra madre che se ne stava lì senza dire o fare niente. Mi trascinò fuori di casa, portandomi dall'unico che in quel momento volessi vedere, il solo che potesse farmi stare meglio. Quello fu il secondo gravissimo errore della giornata: appena rifiutato da chi mi aveva messo al mondo, finii per scoprire che la persona che amavo e per cui mi ero ridotto in quello stato, in realtà mi considerava solo un gioco. »
Se prima Alec odiava quel verme, adesso era pienamente convinto del fatto che avrebbe potuto tranquillamente ucciderlo senza sentirsi minimamente in colpa; sarebbe stato comunque niente in confronto a quello che si meritava.
Per non parlare poi del padre.
Era certo che ci fosse un girone dell'inferno fatto apposta per quelli come lui.
« Per l'Angelo Magnus, mi dispiace così tanto. Non avrei mai dovuto chiederti certe cose, io.. non avevo idea. Non riesco nemmeno a dire quanto io li trovi spregevoli, abominevoli e completamente.. » esordì con decisione, incapace di trattenersi.
Con sua somma sorpresa, però, il ragazzo scosse la testa in segno di diniego, stringendo i pugni tanto da farsi diventare le nocche bianche.
« Non è colpa loro, è colpa mia. Se mi hanno trattato così, è perché io evidentemente non sono stato capace di farmi amare. Ho cercato di rimuovere quanto accaduto, ma a volte non riesco a fare a meno di pensare che forse mio padre aveva ragione: sono un delusione, una nullità. » esclamò con veemenza, dando sfogo ai dubbi che da sempre continuavano ad attanagliarlo.
Per quanto facesse mostra di essere forte e sicuro di sé, era difficile mandare giù il fatto che le persone che più di chiunque altro avrebbero dovuto proteggerlo, lo avevano abbandonato, considerandolo indegno del loro amore.
« Smettila immediatamente. » Il tono glaciale di Alec lo fece sobbalzare.
Non lo aveva mai sentito parlare in quel modo a nessuno.
Alla fine ha capito che avevano ragione loro. L'ho perso.
Non aveva ancora finito di formulare quel pensiero, che Alexander lo afferrò con ben poca delicatezza, trascinandolo letteralmente sopra di sé, facendo sdraiare entrambi.
Magnus affondò il volto nel petto del ragazzo, che continuava a stringerlo quasi ne andasse della sua vita.
Poi, dopo alcuni istanti, si scostò, in modo tale da poter studiare il suo volto.
Quello che vide lo fece vacillare: i suoi occhi sembravano un vero e proprio mare in tempesta, e, lo fissavano con un intensità, un affetto e una comprensione tale da lasciarlo ammutolito.
« Come puoi credere delle simili assurdità? Non c'è nulla che non vada in te. Sei solare, altruista ed affettuoso, più di qualsiasi altra persona abbia mai conosciuto. Per non parlare poi della tua forza: chiunque altro, con alle spalle un passato come il tuo, sarebbe crollato in mille pezzi, o, nel migliore dei casi, si sarebbe trasformato in uno psicopatico insensibile. Tu, invece, sei riuscito a rialzarti, ricominciando tutto da capo, nonostante il dolore e la delusione. » affermò Alec con decisione, senza staccare di occhi dal suo ragazzo.
Magnus era scioccato dalla piega che quella conversazione stava prendendo. Neanche facendo uso della sua più fervida immaginazione, avrebbe mai potuto pensare di sentirgli dire certe parole.
Non ebbe il tempo di formulare una qualsivoglia risposta, che l'altro riprese il suo discorso.
« Magnus, non posso neanche immaginare cosa si provi a dover vivere una cosa del genere, per cui non fingerò certo il contrario; ma c'è una cosa di cui sono fermamente convinto: tu sei una persona meravigliosa e, qualsiasi genitore degno di questo nome, sarebbe fiero di avere un figlio come te. Non lasciare mai che tutto ciò che è successo ti condizioni, perché non c'è, nel modo più assoluto, neanche una sola parola di tutto quello che ha detto tuo padre, che corrisponda alla verità. »
Magnus lo guardò commosso, cercando con tutte le sue forze di credergli.
« Lo pensi davvero? » chiese, in un tono di voce talmente basso che, se l'altro non gli fosse stato praticamente appiccicato, non lo avrebbe neanche sentito.
Odiava essere così vulnerabile, ma in quel momento non riusciva a fare altrimenti.
« Te lo giuro. Ogni volta che sono insieme a te, che mi fai ridere con le tue uscite strampalate, che mi baci, che mi sorridi, che mi dai il tuo sostegno quando ne ho più bisogno... Ogni volta non posso fare a meno di pensare a quanto io sia fortunato ad averti accanto. Per cui, non azzardarti più a dire che non vali niente. Perché per me, Magnus Bane, tu sei tutto. » esclamò Alec con decisione, sfiorandogli delicatamente il volto.
Magnus, all'udire quelle parole, riuscì a percepire lo sciogliersi di quel nodo che lo aveva da sempre attanagliato, anche quando si sforzava di ignorarlo.
All'improvviso, qualcosa dentro di lui si ruppe: il muro che aveva innalzato per proteggersi, dietro cui aveva nascosto tutte le sue insicurezze e la sua sofferenza, alla fine si era sgretolato.
Si ritrovò a piangere tra le braccia del suo fiorellino, aggrappandosi a lui con tutta la forza che aveva, quasi temesse di vederlo andare via.
L'idea di farsi vedere in quelle condizioni avrebbe dovuto terrorizzarlo, ma non era affatto così.
Si sentiva al sicuro, protetto, amato.
Era valsa la pena aspettare tutto quel tempo per trovare qualcuno capace di dargli tutto ciò che aveva sempre desiderato.
Alec continuava a tenerlo stretto, accarezzandogli dolcemente la schiena, nel tentativo di tranquillizzarlo.
Passarono diversi minuti prima che Magnus smettesse di tremare, staccandosi da lui e alzando il viso per poterlo guardare negli occhi.
Alec asciugò con infinita delicatezza le ultime tracce di lacrime che ancora solcavano il viso del ragazzo, sorridendogli subito dopo.
« Sei così bello.. » aggiunse poi, riuscendo, per la prima volta dopo mesi, a farlo arrossire.
Magnus alzò gli occhi al cielo, cercando di mostrarsi infastidito da quel commento, senza però riuscirci minimamente.
« Oh sì, con gli occhi rossi e gonfi, e i capelli in disordine, devo essere veramente il massimo. » ironizzò, cercando di sdrammatizzare tutta quella situazione.
Alec ridacchiò, scostandosi una ciocca di capelli corvini dal viso.
« Non volevo dire questo. Mi riferivo al fatto che tu abbia deciso di fidarti di me, lasciando cadere ogni maschera e mostrandomi tutta la tua fragilità. E, ai miei occhi, non sei mai stato più bello di così. » rispose subito dopo.
Magnus lo guardò completamente scioccato.
Lo aveva affermato con una sincerità e una semplicità tale, da lasciarlo del tutto senza parole.
Era di nuovo riuscito a sorprenderlo, dicendogli quello che più aveva bisogno di sentire, nel momento in cui meno se lo sarebbe aspettato.
Chiunque altro al posto suo, lo avrebbe deriso o, nel migliore dei casi, si sarebbe limitato a guardarlo con compassione.
Ma non Alexander.
Non poteva non amarlo ancora di più per questo.
« Fiorellino, io.. Aku cinta kamu. » gli disse con estrema dolcezza, cercando di far trasparire da ogni singola parola tutto quello che provava per lui.
Era già da un po' che lottava contro l'impulso di far uscire quelle parole, ma ora, dopo il modo in cui Alec era stato capace di capirlo ed accettarlo, leggendogli dentro, non poteva più trattenersi.
« Che cosa significa? Aspetta, non mi hai appena dato dell'idiota in un’altra lingua, vero? » gli domandò subito l'altro, sgranando gli occhi in una finta espressione sconvolta.
Magnus scosse la testa, sorridendo appena e, continuando a chiedersi quale sarebbe stata la sua reazione una volta saputo il vero significato di quanto aveva appena detto.
Prese un respiro profondo, per poi rispondergli.
« Significa "ti amo". Io ti amo, Alexander Gideon Lightwood. Più di quanto tu possa immaginare. Perfino più di quanto io stesso credessi possibile. »
Alec, in tutta risposta, rimase immobile per alcuni istanti; poi, lo baciò con un intensità tale da lasciarlo completamente senza fiato.
Quella era la prima volta, dopo mesi, che il suo fiorellino prendeva l'iniziativa in quel modo; non poteva non considerare la cosa come un buon segno.
Smise di pensare e di interrogarsi, lasciando che le labbra del suo ragazzo cancellassero tutto il dolore e la solitudine.
Io ti amo.
Quella frase continuava a risuonare nella mente di Alec, mentre stringeva con forza Magnus a sé, affondando la mani nei suoi capelli.
Una piccola parte della sua mente, era ben consapevole del fatto che avrebbe dovuto dare all'altro una risposta, ma non poteva.
Le parole non erano abbastanza per descrivere quello che stava provando in quel momento.
Era cresciuto con la convinzione che difficilmente qualcuno lo avrebbe accettato per quello che era e, anche quando aveva incontrato Magnus, a volte non poteva fare a meno di pensare di non essere all'altezza del ragazzo.
Sapere che lo amava, nonostante tutto, lo faceva sentire finalmente in pace con sé stesso.
Magnus, sopra di lui, lo attirò a sé, facendolo sedere contro il divano.
Le mani vagavano per quella chioma corvina - che tanto amava - scompigliandogliela, mentre lasciava le sue labbra per dare attenzione alla pelle chiara del collo.
Un mix di emozioni si stava espandendo nei corpi di entrambi, sempre più attratti l’uno dall’altro, come i poli opposti di due magneti.
Mosso esclusivamente dall'istinto, Alec si alzò, trascinandosi in braccio il fidanzato e, senza staccarsi da lui nemmeno un istante, lo condusse verso la sua camera.
Nella sua testa,  i pensieri negativi erano completamente spariti e, tutto il disagio, l’angoscia, la tristezza e la solitudine che per anni lo avevano accompagnato, si erano sciolti come neve al sole grazie alla sola presenza di Magnus.
Si sedette sul letto, lasciando che il glitterato gli togliesse la maglietta, per poi socchiudere gli occhi quando quest’ultimo prese a tracciare le linee dei muscoli con i suoi polpastrelli.
Alec insinuò le sue mani sotto la maglia, aggrappandosi alla schiena dell’altro come se fosse stato la sua unica ancora di salvezza.
Era a malapena consapevole di quello che stava facendo; ormai aveva completamente staccato la spina al suo cervello, lasciandosi guidare dalle emozioni.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare, era che fin dal primo istante in cui aveva visto Magnus, gli era appartenuto completamente.
Ed era ancora così. Lo sarebbe stato per sempre.
Con quella consapevolezza, era intenzionato ad eliminare tutte le barriere tra di loro: voleva dargli tutto se stesso.
Gli sfilò la maglia con un movimento fluido, guardandolo intensamente negli occhi quando questa raggiunse un qualche angolo del pavimento.
La stanza era completamente silenziosa, se non per i loro respiri che, in sincrono, creavano una melodia di cui, entrambi, non potevano fare a meno.
Con un movimento di bacino, Alec ribaltò dolcemente le posizioni, facendo stendere il suo ragazzo sul letto.
« A-Alec, aspetta. Fermati un attimo. » balbettò Magnus a quel punto, a pochi centimetri dalla sua bocca e col respiro spezzato.
Il verde dei suoi occhi, già solitamente spettacolare, risaltava in maniera innaturale sotto la tenue luce che filtrava attraverso la tenda che copriva la finestra posta al lato, dandogli una sfumatura tutta nuova.
« Mi dispiace, io credevo che tu.. Se non vuoi posso capirlo. » replicò l'altro affannato, improvvisamente in imbarazzo.
Si rese conto solo in quel momento della maniera spudorata in cui gli era saltato letteralmente addosso. Come gli era venuto in mente?
Magnus lo guardò con gli occhi liquidi di desiderio, per poi accarezzargli teneramente una guancia graziosamente arrossata.
« Tu credi che io non voglia? Alexander, tu non sai minimamente quanto io ti desideri. Ma per te sarebbe la prima volta e devi essere sicuro di quello che fai. Non vorrei mai che, in un secondo momento, ti pentissi per aver agito in preda all'istinto. » rispose poi, rivolgendogli uno sguardo carico d'amore.
Alec sorrise, meravigliandosi ancora una volta delle premure che l'altro gli rivolgeva.
Gli baciò la punta del naso, facendo sciogliere di dolcezza Magnus.
« Ti amo, Magnus. E voglio che tu faccia l’amore con me. » gli sussurrò sorridendogli, come se quella semplice frase potesse essere una valida risposta o motivazione per tutto.
E, forse, era proprio così.
Magnus lo baciò ancora e ancora, rincuorato come non mai da ciò che il suo fiorellino gli aveva appena detto.
Ad ogni strato di vestiti che finiva sul pavimento, i due si legavano sempre di più l'uno all'altro, marchiandosi a vicenda di quello che non era nient’altro che il vero amore.
E mentre le loro anime si univano e i loro cuori battevano all'unisono, non smisero neanche per un solo istante, di guardarsi negli occhi.



HeLLo! <3
Ed ecco qui anche il dodicesimo capitolo, ad alto contenuto diabetico!
Ci tengo ad informarvi che probabilmente, il prossimo capitolo sarà anche l'ultimo e che quindi, questa storia ormai è giunta al termine.. e mi mancherà, sì.
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento e che mi farete sapere la vostra opinione :D
Ringrazio tutti coloro che sono giunti fino a qui, chi la segue dal principio e chi, con anche poche righe mi fa conoscere il proprio parere! <3
Vi invito ancora una volta ad iscrivervi al gruppo facebook, che pian piano sta diventando una piccola grande famiglia <3
Il link è questo------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
Bye! <3

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Capitolo 13
*** The Love That I Have For You. ***


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Deal With The Evil.



Epilogo - The Love That I Have For You.

Okay, respira. Quanto potrà mai essere difficile?
Alec aveva ormai perso il conto delle volte che aveva ripetuto quelle parole nella sua mente ancora ed ancora, tentando inutilmente di calmarsi.
Ma per quanto continuasse a provarci fino alla sfinimento, la cosa non sembrava essergli di nessun aiuto.
In verità, non era mai stato più nervoso e terrorizzato in tutta la sua vita.
E se mi dice di no? Non lo farebbe mai, vero?
Con un sospiro si lasciò cadere pesantemente su di uno sgabello, arruffandosi con le mani i capelli corvini, cosa che, contribuì ancora di più a dargli l'aspetto di un allucinato sull'orlo di un attacco.
Non che ciò fosse poi così lontano dalla realtà.
Il cuore gli batteva furiosamente nel petto, un nodo gli stringeva lo stomaco e i suoi poveri nervi stavano per raggiungere il limite massimo di sopportazione.
Magari era ancora in tempo per ripensarci, per fare finta di nulla.
In quel caso però, sua sorella avrebbe senz'altro richiesto la sua testa - visto e considerato che stava già sognando il gran giorno ad occhi aperti -, tuttavia, in quel momento l'essere decapitato gli appariva un idea assai migliore.
E pensare che solo fino a poche ora prima era pienamente convinto ed orgoglioso della sua decisione: aveva fatto il possibile per scegliere l'abbigliamento perfetto, si era preparato mentalmente alla cosa, aveva studiato il discorso fin nei minimi dettagli.
Ma adesso, a pochi minuti dal momento della verità, sentiva le gambe di gelatina e desiderava solo di scappare da lì il più in fretta possibile.
Fece appello a tutte le tecniche di yoga, rilassamento o respirazione mai inventate o conosciute dall'uomo, sforzandosi di richiamare alla mente tutti i motivi che lo avevano spinto a quella scelta.
Perché era così che doveva essere, perché non c'era nulla di più giusto.
Sorridendo appena, si soffermò a pensare a quale sarebbe stata l'espressione del ragazzo; riusciva già a vedere quei meravigliosi occhi verdi brillare di gioia.
O, perlomeno, sperava che fosse così.
Se avesse reagito mostrando anche solo un decimo dell'entusiasmo di Catarina alla notizia, avrebbe potuto ritenersi più che soddisfatto.
Di fatti, quando Alec aveva manifestato alla ragazza le sue intenzioni, questa era andata avanti per un'ora buona a gridare, esultare e saltare per casa come una pazza, completamente fuori di sé dalla gioia.
Il poveretto non aveva potuto fare altro che stare lì a guardarla mentre si esibiva nei suoi improponibili balletti di festeggiamento, che agli occhi di chiunque altro, sarebbero stati una ragione più che valida per richiedere un biglietto di sola andata per una clinica psichiatrica.
Ma Alec non era "chiunque altro", e sapeva perfettamente quanto lei amasse suo fratello; quello scoppio di entusiasmo non era altro che un modo per manifestare tutto il suo affetto.                
Quando alla fine Cat era tornata in sé, gli era saltata letteralmente addosso, abbracciandolo e facendogli presente che sarebbe stata lei ad accompagnarlo nel consueto giro per negozi.
Per non parlare poi delle minacce rivoltegli, con la spiegazione più che dettagliata di tutto quello che gli avrebbe fatto se non le avesse permesso di far loro da damigella.
Il ragazzo aveva annuito alzando gli occhi al cielo, ormai rassegnatosi da tempo al carattere esuberante di Cat, che nel corso degli anni era diventata per lui quasi una seconda sorella.
Quando a volte si soffermava a pensarci, gli sembrava quasi impossibile che fossero già trascorsi cinque anni da quella fatidica sera che aveva finito col cambiargli completamente la vita.
E pensare che stava per mandare Izzy e Jace da soli al Pandemonium; il destino aveva davvero degli strani modi di agire.
Tra alti e bassi, momenti bellissimi e difficoltà, lui e Magnus erano sempre riusciti a restare insieme, amandosi ogni giorno di più.
Soprattutto grazie all'aiuto del ragazzo, Alec aveva trovato la forza di continuare dritto per la sua strada senza farsi condizionare e senza cedere di fronte alle difficoltà.
Prima tra tutte, l'ostinazione di suo padre nel rifiutarsi di accettare quella che era la "nuova" vita di suo figlio.
Alec aveva incora impressa a fuoco nella mente l'espressione che l'uomo gli aveva rivolto quando, il giorno dopo la confessione fatta a sua madre, tornato a casa lo aveva trovato ad aspettarlo seduto al tavolo del salone.
Alec aveva impiegato solo pochi istanti a capire che, in qualche modo, anche lui doveva aver saputo la verità.
Il suo volto presentava un misto tra l'orrore ed il rimpianto; a questi si era poi aggiunto il disgusto, quando si era reso conto che, i vestiti che il figlio indossava, non erano certo i suoi.
Ci erano voluti mesi e una quantità indefinita di discussioni e grida da parte di sua madre e dei suoi fratelli, prima che Robert si degnasse di nuovo di rivolgergli la parola come un tempo.
Anche quando aveva smesso di guardare il sangue del suo sangue come un cane a tre teste, però, aveva continuato a rifiutarsi di intrattenere un qualsiasi rapporto con Magnus.
E la cosa non era mai cambiata.
Alec aveva smesso di fargliene una colpa tanto tempo fa: era accecato dai pregiudizi, e lo sarebbe sempre stato.
Maryse, al contrario, aveva tenuto fede alla sua parola, ed era stata ben felice di accogliere lo stravagante ragazzo a braccia aperte nella sua famiglia.
La donna, sebbene tentasse di nasconderlo, aveva finito con l'affezionarsi davvero a Magnus; cosa per cui Alec non aveva potuto non amarla ancora di più.
Dio, la sua reazione quando dopo circa un anno e mezzo di fidanzamento con il suo amato glitterato, si era presentato a casa con la maglia chiazzata di sangue e un ghigno di diabolica soddisfazione stampato in faccia.
Difatti, di ritorno a casa, questi si era imbattuto in quel fantomatico e lurido essere che rispondeva al nome di Devis.
Grazie alle foto che Cat gli aveva mostrato, aveva impiegato meno di trenta secondi per compiere il tutto: lo aveva riconosciuto, si era catapultato nella sua direzione e gli aveva sferrato un pugno in faccia, rompendogli il naso.
Subito dopo se ne era andato tutto gongolante, lasciando quell'imbecille a piagnucolare e a chiedersi chi accidenti era il pazzo che lo aveva appena picchiato senza motivo apparente.
Inizialmente sull'orlo di un attacco di nervi, sua madre, aveva completamente cambiato atteggiamento man mano che ascoltava la storia del figlio, arrivando alla fine a congratularsi con lui per aver agito in quel modo per vendicare Magnus.
Jace ed Izzy erano scoppiati a ridere abbracciandola e prendendola in giro sul quanto fosse diventata tenera nei confronti del "genero".
Ma nessuno dei due poté aggiungere nient'altro, visto e considerato il modo affettuoso con cui Maryse era solita rivolgersi anche ai loro fidanzati.
Era innegabile, infatti, che Simon e Clary si fossero oramai piantati stabilmente in casa loro, con sommo stupore di Alec che non avrebbe mai creduto i suoi fratelli capaci di portare avanti delle relazioni così durature, considerata l' indole da rubacuori.
Tuttavia, non poteva certo dirsi dispiaciuto di essersi sbagliato; entrambi sembravano molto felici e, per Alec non c'era cosa più importante di quella.
Aveva da poco saputo, con sua somma gioia, che a breve il piccolo nerd e la sua sorellina sarebbero andati a vivere insieme.
Sperava per lui che la trattasse nel migliore dei modi o, probabilmente, Izzy lo avrebbe preso a calci per mezza New York, risparmiando ai suoi fratelli la fatica.
Jace, d'altro lato, considerando la rigida mentalità di Jocelyn, la madre di Clary, aveva deciso di tenersi più sul "tradizionale".
Non aveva ancora parlato apertamente di matrimonio, ma quell'ipotesi era più che evidente agli occhi di chiunque vedesse il modo adorante in cui quei due si guardavano.
Se suo fratello, però, voleva pensarci due volte prima di mettersi nella condizione di fare una proposta del genere alla sua ragazza, Alec non poteva di certo biasimarlo.
Si stava rendendo perfettamente conto di quanto difficile potesse essere trovarsi in una simile situazione.
« Fiorellino, cos'è quell'espressione assorta? »
La voce di Magnus a pochi centimetri da lui lo riportò bruscamente alla realtà, rischiando di farlo schizzare in aria come una molla dallo spavento.
Troppo perso nei suoi pensieri, non si era minimamente accorto del suo ingresso nel locale.
Si voltò di scatto, trovandosi faccia a faccia con il suo ragazzo e, restando subito dopo senza fiato.
Era più forte di lui.
Nonostante il tempo trascorso, non riusciva ad evitare di farsi venire il batticuore ogni volta che lo vedeva o che gli sorrideva.
Aveva capito già da un bel po' che, quello che Magnus gli faceva provare con la sua sola presenza, non sarebbe mai svanito.
Ed era stato questo fatto, più di ogni altro, a dargli la sicurezza di voler trascorrere tutta la vita insieme a lui.
Quella riflessione lo riportò con i piedi per terra, ricordandogli cosa stava per fare.
Dimenticando ogni tentativo di controllarsi, sbiancò di colpo, assalito da un ondata di nausea mista a panico.
« Alexander ti senti bene? Sei pallido come un morto. » gli domandò Magnus, sfiorandogli una spalla, chiaramente preoccupato per lui.
Alec si schiarì la voce, cercando nel mentre qualcosa da dire e che non lo facesse sembrare ancora più patetico. Ma il suo cervello sembrava essersi svuotato di colpo.
Ogni capacità logica era sparita nel nulla, insieme al suo bellissimo discorso.
Merda, come aveva potuto dimenticarselo?
«Okay, mi stai davvero spaventando, sembri sul punto di svenire! Fermo qui, non muoverti! Io corro a chiamare aiuto! » riprese Magnus dopo alcuni istanti, sempre più agitato dall'espressione sconvolta e spaurita dell'altro.
Tuttavia, riuscì a muovere solo un passo prima che il ragazzo lo fermasse strattonandogli una mano.
Alec prese un respiro profondo poi, cercando di farsi coraggio, con ancora la mano di Magnus tra le sue si inginocchiò davanti a lui.
« Sai, avevo preparato un discorso. Tutta una serie più o meno complessa di frasi con le quali cercavo di convincerti ad accettare ma, purtroppo, temo di essermelo appena dimenticato. Motivo per cui mi toccherà improvvisare. » esordì poi, con la voce che gli tremava leggermente.
Spostò lo sguardo sul suo ragazzo, trovandogli un'espressione di pura meraviglia e di assoluta speranza dipinta in volto.
Fin qui sembra averla presa bene, per cui coraggio.
« Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata. Lo so, non te lo dico spesso, ma è la pura e semplice verità. Prima di conoscere te, ho passato anni sforzandomi di essere perfetto, cercando con tutte le mie forze di dare al mondo un immagine di me che, in realtà, non mi somigliava affatto. Ero debole ed insicuro, costantemente in lotta con me stesso per trovare la mia strada. Quando poi per la prima volta, ti ho visto lì, in infermeria, e i tuoi occhi hanno incrociato i miei, ho finalmente trovato la parte mancante di me. Quella di cui ho sempre avuto un disperato bisogno, sebbene non fossi io stesso consapevole di cercarla. All'improvviso tutti i dubbi e le paure si sono dissolte, oscurate dalla sensazione di essere amato davvero per quello che sono. Sono cresciuto e cambiato, riuscendo a superare ostacoli che prima avrei reputato impossibili. Tutto perché sapevo che tu saresti stato pronto ad afferrarmi, se mai avessi avuto bisogno di te. E questo non potrà mai cambiare: posso farcela solo se tu sei al mio fianco. Ti amo più qualsiasi altra cosa al mondo, e non c'è niente che io desideri di più del trascorrere ogni attimo della mia vita con te. » continuò Alec con decisione, cercando di scacciare l'emozione che rischiava di fargli mancare il fiato.
Puntò gli occhi in quelli del suo ragazzo, ormai velati di lacrime, cercando di fargli capire tutto il suo amore con un semplice sguardo.
« Magnus Bane, mi vuoi sposare? » gli chiese poi, con tutta la sincerità di cui era capace.
Fece appena in tempo a registrare un lieve singhiozzo commosso di Magnus, prima che quest'ultimo gli si lanciasse letteralmente addosso, facendolo finire disteso sul pavimento.
« Sì, sì, sì e ancora sì. » continuava a ripetergli tra le lacrime, tenendolo stretto e schiacciandolo con tutto il peso del suo corpo.
Alec ridacchiò divertito e sollevato come non mai, passandogli delicatamente una mano tra i capelli.
« E io che temevo che mi dicessi di no! » esclamò scherzosamente, dandogli un bacio sul naso.
Magnus si tirò indietro di colpo, guardandolo come se fosse impazzito. Poi, quasi cercando di capacitarsi dell'assurdità di quanto aveva sentito, scosse lentamente la testa.
« Per te, Alec, è sempre sì. (*) » dichiarò con assoluta serietà, senza accennare a staccare gli occhi dai suoi.
Il ragazzo attirò Magnus a sé, unendo le loro labbra in uno dei baci più dolci che si fossero mai dati.
« Quindi, a quanto pare ti sei appena fregato con le tue mani Lightwood. Dopo questa non ti lascerò di certo andare: sarai costretto a sopportarmi per il resto dei tuoi giorni. » bisbigliò d'un tratto Magnus a pochi centimetri dalla bocca dell'altro.
Alec sorrise, ringraziando ancora una volta il destino, il cielo, la fortuna o chiunque altro fosse stato a fargli incontrare il suo personale miracolo.
« Non vedo l'ora. »



(*) "Per te, Alec, è sempre sì" è la citazione che si trova nelle Cronache dell'Accademia, "Nascono alcuni ad infinita notte" :D


E' finita.
Mi piange davvero il cuore a dirlo, ma è finita.
E non posso fare a meno che ringraziare tutti voi, è merito vostro se la storia ha continuato ad andare avanti fino a quest'ultimo capitolo. Davvero, grazie infinite. <3
In particolar modo vorrei ringraziare tutte quelle persone che, mi hanno fatto sapere, il loro pensiero riguardo ogni singolo capitolo, siete magnifiche <3
Grazie di cuore anche tutti coloro che hanno messo la storia tra le preferite(47), tra le ricordate(12) e tra le seguite(90). E' davvero un grandissimo traguardo! <3
Grazie ancora a tutti! <3
In ogni caso, ci tenevo ad informarvi che probabilmente usciranno presto degli Extra, approfondendo tutte le parti che sono state a malapena accenate :D
E vi invito ancora una volta ad iscrivervi al gruppo facebook, composto da persone meravigliose accomunate dalla stessa passione per la lettura e la scrittura!
Il link è questo ------> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
E niente, alla prossima!
Bye! <3



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