Fallen in love di happy_me (/viewuser.php?uid=636304)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anxious nights ***
Capitolo 2: *** Shaking legs ***
Capitolo 3: *** Tease ***
Capitolo 4: *** Scary perspective ***
Capitolo 5: *** Little tricks ***
Capitolo 6: *** A little secret ***
Capitolo 7: *** Pleasant news ***
Capitolo 8: *** New beginnings ***
Capitolo 9: *** Funny intuitions ***
Capitolo 10: *** Teasing The Wild Beast ***
Capitolo 11: *** Closeness ***
Capitolo 12: *** Rage ***
Capitolo 13: *** Unexpected truth ***
Capitolo 14: *** Vanilla and raspberries ***
Capitolo 15: *** Bittersweet ***
Capitolo 16: *** Confused feelings ***
Capitolo 17: *** Sudden realizations ***
Capitolo 18: *** Cruel eyes ***
Capitolo 19: *** Beating heart ***
Capitolo 20: *** Illusions ***
Capitolo 21: *** Panic ***
Capitolo 22: *** More than meets the eye ***
Capitolo 23: *** Racing heart ***
Capitolo 24: *** Confusional Choices ***
Capitolo 25: *** Burning Hell ***
Capitolo 1 *** Anxious nights ***
*DISCLAIMER*: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note dell'autore*: è la prima volta che posto una mia storia dopo molti anni, spero di non essere troppo fuori allenamento e di poter avere qualche feedback da parte di qualche lettore. ;) Spero che questo mio piccolo tentativo di scrittura vi piaccia, a presto.
B.
FELICITY
- Ok....ok. E' solo un incubo, uno stupidissimo incubo – sospirai rumorosamente, nel pallido tentativo di recuperare un po' di aria per i miei poveri polmoni, provati da un cuore che batteva a mille e dalla mancanza di ossigeno.
Eccomi qui.
Respiro affannato, mani tra i capelli, sveglia come un grillo alle quattro e mezzo di mattina, pallida come un cencio, e, se devo dirla tutta, schifosamente sudata.
Erano già trascorsi parecchi giorni dalla fine della scuola, ma l'ansia degli ultimi esami mi perseguitava ancora per qualche sconosciuta ragione.
Mi passai una mano sugli occhi stropicciandoli un po', adattando la vista alla poca luce notturna.
Guardandomi nello specchio di fronte al letto, mi resi conto che avrei potuto essere scritturata immediatamente per qualche film horror: i miei capelli, castani e già quotidianamente incasinati, erano diventati un ammasso crespo, metà liberi metà impigliati ancora nella coda che avevo dimenticato di disfare prima di andare a dormire, mentre sotto i miei occhi troneggiavano due occhiaie molto più che evidenti.
Almeno nel mio incubo ero vestita elegante, nulla a che fare con il mio riflesso.
Ero al cospetto della commissione d'esame, e lei, la donna che più odiavo in tutto il mondo, mi aveva posto proprio l'ultima domanda. Immaginai di avere un grosso sorriso, ormai vicina alla fine di quella lunga agonia, per poi rendermi improvvisamente conto che mi aveva incastrato. La risposta non la sapevo!Allora ansia, panico, rosicchiamento di unghie, occhiate lanciate agli altri professori quasi come se sulla loro fronte potesse apparire un led con la risposta. Fino a che LEI, convinta della mia inutilità, mi aveva fatto buttare fuori da due buttafuori in stile discoteca. Alzai gli occhi al cielo ripensandoci.
I buttafuori a scuola. Solo io potevo sognarli.
Mi alzai dal letto incapace di tornare a dormire, così pensai che un bel bicchiere d'acqua mi avrebbe calmato i nervi. Presi dal comodino il mio telefono per farmi luce e aprii la porta della mia camera.
Effettivamente fu una vera impresa cercare di arrivare alla cucina senza uccidere mio cugino Tom, addormentato sul tappeto del salotto (come al solito) incastrato in una strana posizione tra il divano e il tavolo, e qualche altro fagotto, che di mattina sarebbe sicuramente risultato essere James, mezzo svaccato sulla poltrona, mezzo per terra. Ci avrei giurato che fosse lui nonostante il buio, ultimamente scrivevano spesso fino a tarda sera, e la mattina lo ritrovavo in giro per casa, solo con addosso i boxer, come se niente fosse. Ah no beh, a volte boxer e calzini, quando si sentiva di essere una persona più riservata. Quel ragazzo sembrava non avere né una casa propria, né nessun tipo di amore per le sistemazioni comode. Non che Tom fosse diverso.
Attraversato il salotto, arrivai finalmente alla cucina.A tentoni arrivai al frigorifero, lo aprii e lasciai la vista abituarsi alla luce gialla e forte del suo interno. Presi una sorsata d'acqua e riposi la bottiglia nel frigorifero. Feci per richiuderlo e tornare in camera da letto quando la luce che cadeva sul tavolo della cucina illuminò qualcosa: mi avvicinai e vidi un pacchetto, lo presi in mano e lo avvicinai al frigorifero per vedere meglio. Era...un pacchetto di sigarette? Di chi potevano essere? Non era possibile che fosse di Tom e James, non li avevo mai visti fumare.
Feci spallucce e feci per infilarmele in tasca.
Poi una scritta sull'accendino attirò la mia attenzione: era fatta a penna, e con una calligrafia illeggibile. Lo avvicinai agli occhi per metterla meglio a fuoco, quando una voce proveniente dall'entrata della cucina, alle mie spalle, mi fece trasalire.
- Grazie, le stavo cercando -
Il sangue mi si gelò nelle vene.
La voce non era sicuramente di Tom.
E neanche di James. |
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Capitolo 2 *** Shaking legs ***
*DISCLAIMER*: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
NOTE DELL'AUTORE: io ringrazio chi ha avuto voglia di leggere il mio primo capitolo e mi faccio coraggio nel postare il secondo...io spero che qualcuno abbia il coraggio di lasciare una recensione....giuro, non mordo ;D altrimenti mi sembrerebbe di scrivere a vuoto...grazie :D a presto, e buona lettura :)
FELICITY
- Ciao Fliss -
Panico.
Daniel Jones era in piedi appoggiato alla porta, come sempre, dannatamente bello, e come dire. Sexy.
Indossava un paio di jeans, e una camicia stropicciata, come se ci avesse dormito sopra (che stupida! E io che pensavo fosse James), e quel mezzo sorriso così invitante, accattivante, magnetico...
E io ero in pantaloni e canotta, con i capelli arruffati, sudata e struccata.
Vedevo la tragedia arrivare da chilometri di distanza. Nota mentale: truccarsi e sistemarsi prima di andare a letto.
- Ehm...Ciao Dan -
Abbassai lo sguardo imbarazzata, cercando un buco nel pavimento in cui nascondermi.
Con la coda dell'occhio lo vidi avvicinarsi lentamente. Il mio cuore iniziò a battere velocemente e indietreggiai fino a toccare con le gambe il tavolo, che bloccò la mia fuga.
Decise di fermarsi ad una distanza imbarazzante dal mio viso, e illuminato dalla luce del frigorifero potevo vedere tutti i più piccoli dettagli: dalle sue lentiggini, alle sue labbra perfette, i capelli che gli ricadevano leggeri sulla fronte e sugli occhi, lo sguardo profondo.
Trattenni il respiro.
Continuava a fissarmi con uno sguardo serio, mandandomi completamente in confusione. Non potete capire cosa fosse per il mio povero cuore ritrovarmelo a quella pericolosa distanza.
Poi, ancora quel sorriso malizioso. Alzò la mano e la aprì con il palmo verso l'alto.
- Il mio accendino -
Che vergogna. Che cosa imbarazzante!
Arrossi violentemente. Il mio cervello andò completamente in confusione, perso tra il sentimento di vergogna e di autocommiserazione, di panico e autoinsulto.
Cercai di comporre un pensiero sensato, tutto inutile.
- Oh...certo! Scusa...-
Mentre gli rendevo il suo accendino, appoggiandolo sulla mano che ancora aspettava aperta sotto il mio naso, mi sentii un perfetta idiota.
- Buonanotte – scappai via prima che potesse vedermi arrossire a testa bassa, cosa che, credetemi, era lampante.
Attraversai a razzo il salotto, e feci appena in tempo a sentire una risatina divertita prima di spalancare la porta della mia camera, e di chiudermela alle spalle.
- Come puoi essere una persona così imbarazzante?!- lo sussurrai disperatamente a me stessa prima di lasciarmi cadere seduta contro la porta, fino a toccare terra.
Abbandonai la testa contro il legno e sospirai.
Mi odiavo per non essere stata mai in grado di resistergli. Tom ovviamente sapeva della mia “piccola” cotta, che più che essere davvero piccola aveva sfortunatamente dimensioni galattiche, e mi aveva più volte cercato di mettere in guardia.
Inutile dire che erano tutti sforzi inutili: più mi diceva che aveva una fila spropositata di ragazze, e che non si faceva pregare nel riceverle una ad una, più io mi innamoravo perdutamente di lui.
Illusa, speravo di poter essere quella persona che potesse farlo cambiare...tutte stronzate. Tutte.
Non sarebbe mai accaduto. Ma io, come tutte le donne, più mi rendevo conto di non poterlo avere, più lo volevo.
Mi strofinai la faccia cercando di rimuovere l'immagine di quella che doveva essere stata la mia faccia quando si era avvicinato in quel modo, sicuramente una delle più stupide del mio repertorio.
Mi alzai, tentando di farmi coraggio e tornare a letto. Inutile che dica quanto ci misi a riprendere sonno quella notte.
Mi addormentai immaginando di essere una persona diversa, desiderando di poter essere finalmente quella giusta... |
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Capitolo 3 *** Tease ***
*DISCLAIMER*: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note dell'Autore*: Scusandomi per la lunga attesa, ricomincio a postare la storia sperando di confrontarmi con qualche lettore ;)
Buona lettura
B.
DANNY
Mi svegliai quella mattina sentendo un delizioso profumo di pancake e miele. Feci per girarmi e godermi un altro po' di sonno, ma sentii tutti i muscoli doloranti e incriccati: grugnii infastidito e mi portai una mano al collo.
Aprii gli occhi, e mi resi subito conto del perché di tante cose: non ero in camera mia nel mio letto, ma sulla poltrona del salotto di Tom, il che spiegava le ossa rotte e il profumo proveniente dalla cucina.
Dovevo arrivarci subito, quando mai a casa mia ci si sveglia al profumo di pancake?! Al massimo era odore di bruciato, delle frittelle che aveva tentato di preparare mia sorella Vicky e che finivano dirette nel cestino.
Poverina, non era molto dotata in cucina.
Dopo essermi stirato fino a sentire qualche ossa tornare al proprio posto mi alzai e attraversai il salotto, aprii la porta della cucina e fui accolto da un Tom di spalle, fischiettante e con un bel grembiulino giallo che finiva di preparare la colazione ai fornelli.
- Amico mio, se non sapessi che sei fidanzato probabilmente penserei che tu sia decisamente gay- Sorrisi e andai a sedermi al tavolo della cucina.
Tom si voltò e mi fissò con un sopracciglio alzato.
- Sono scioccato. Ha parlato quello che prima di uscire passa due ore in bagno a stirarsi i capelli! -
- Touchè - quando si voltò per portarmi il piatto con i pancake appena cotti dovetti trattenermi per non scoppiare a ridere: già il grembiulino giallo era al limite della decenza, ma le farfalline cucite sul davanti erano improponibili.
- Ti prego, dimmi che almeno è di tua madre e non è tuo - indicai le farfalle e lo guardai divertito, mentre Tom diventava rosso per l'imbarazzo.
- Ma a te cosa... - fu interrotto dalla porta della cucina spalancata di botto, e guardammo entrambi in quella direzione.
Ringraziai il mio autocontrollo, perché altrimenti le sarei scoppiato a ridere in faccia: Felicity, la cugina di Tom, stava in piedi sull'entrata, la mano aggrappata alla maniglia come fosse questione di vita o di morte con un'espressione buffissima.
Le sorrisi sapendo esattamente quello che stavo facendo.
Per tutta risposta si precipitò in apnea a sedersi nella sedia più lontana da me e prese a fissare il tavolo.
La squadrai per un po', divertito. Se devo dirla tutta non la ritenevo per nulla brutta. Anzi. Ci avrei fatto molto più che un pensiero.
Se non fosse che Tom mi stava come un avvoltoio sul collo ogni volta, a ricordarmi quanto mi avrebbe fatto soffrire corporalmente se io avessi osato torcerle un capello.
E dato che sapevo benissimo di non avere nessuna voglia di impegnarmi, abbandonai il pensiero, dedicandomi a tutte quelle bellissime ragazze del pianeta ancora single.
E non solo quelle single.
Sorrisi.
Mi piaceva stuzzicarla però. Era la persona più goffa e imbarazzante che conoscevo e non riuscivo davvero a resistere, sapendo benissimo che le piacevo. Non c'era bisogno che Tom mi dicesse nulla, dal suo viso si poteva capire tutto quello che le passava per la testa.
- Buongiorno! - Tom la salutò felice portandole il suo piatto con la colazione.
Mugugnò qualcosa che avrebbe dovuto essere una risposta mantenendo gli occhi fissi sul tavolo.
- E' così interessante il tavolo? -
La sua testa scattò come una molla e mi restituì per qualche secondo uno sguardo terrorizzato. Cercò subito di ricomporsi.
Oramai conoscevo le sue reazioni come le mie tasche. Erano...carine....
- Oh...ehm....Buongiorno Dan – sfoderai uno dei miei migliori sorrisi.
- Buongiorno piccolina – Oh, lo so....era così divertente però....
Diventò rossa come un pomodoro e stavo per continuare quando ricevetti una gomitata nel fianco: Tom mi fissava accanto a me con uno sguardo eloquentissimo, a cui risposi con un'espressione innocente.
Presi a mangiare i miei pancake con gusto studiando ogni tanto i due cugini che avevano preso a parlare tra loro dei piani per la giornata, quando non ce la feci e mi intromisi di nuovo.
- Sai, io e tua cugina stanotte ci siamo incontrati – non ce la feci neanche ad alzare lo sguardo dalla colazione, perché sapevo che sarei scoppiato a ridere all'istante: mi sentivo addosso due occhi che mi stavano praticamente forando la testa, e non mi ci volle molto a capire di chi erano.
- Ah si? E dove....- Tom, che si era seduto nel frattempo accanto a me, si bloccò a metà frase come se improvvisamente avesse realizzato qualcosa.
Cercai di mantenere il controllo e lo fissai serio, ma la sua faccia nel frattempo era diventata pallida e ci fissava a turno con gli occhi fuori dalle orbite.
Vedevo le rotelline del suo cervello lavorare furiosamente.
E la reazione sarebbe arrivata in tre. Due. Uno.
- Danny Jones! -
Appunto.
- Non avrai osato! - gli scoppiai a ridere in faccia.
- Tom, che hai capito, ci siamo incrociati in cucina... - con la coda dell'occhio vidi che Fliss era di nuovo bordeaux, e un po' mi sentii in colpa.
Ma fu una sensazione che se ne andò così come era venuta.
Tom si rilassò accanto a me.
Continuai rivolgendomi a lei - Comunque stanotte pareva che avessi visto un fantasma -
Sprofondò nella sedia imbarazzata.
- Di solito è James che si ferma a dormire...n-non mi aspettavo di vederti -
- Doveva esserci anche lui, ma deve aver combinato qualche cavolata a casa sua perchè sua madre gli ha vietato di uscire per un po' – Tom fece spallucce e continuò a mangiare incurante dello sguardo che io e sua cugina ci stavamo scambiando.
- Magari Fliss sperava di incontrare lui.....dì la verità: ti piace!-
Sono abbastanza sicuro di averle visto arrossire anche l'attaccatura dei capelli! Scoppiai a ridere e mi guadagnai un'altra gomitata, un po' più forte di quella precedente.
Subito dopo suonò il campanello di casa e lei si alzò di corsa e uscì dalla cucina.
Cercai di fare finta di nulla, ma evidentemente Tom non era della stessa idea visto che mi stava fissando minaccioso.
- Oh Tom, andiamo, che avrò mai fatto?! -
Alzò gli occhi al cielo e si alzò dal tavolo.
- Fallo ancora e fai una brutta fine -
Ridacchiai tra me e finii la colazione in silenzio. |
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Capitolo 4 *** Scary perspective ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
FELICITY
-Ciao zia!- la
salutai con calore. Corsi a
darle un abbraccio, che accettò volentieri. Che donna
meravigliosa!
-Ciao Felicity, tesoro. Come va
oggi? Tom ti ha già rimbambito con la sua musica?-
-HEY!- Un Tom
oltraggiato e offeso uscì dalla cucina con la mani sui
fianchi.
-Non rompere, tanto dovrai sopportarci ancora per poco- Debbie sorrise
al
figlio lasciando però me con un’espressione
confusa.
Sopportarci
ancora per poco?
-Cosa mi sono persa?- Debbie mi sorrise dolcemente e allungò
una
mano per accarezzarmi una guancia in un gesto molto materno.
-Tom
a breve formerà un gruppo musicale, non te lo ha detto? Si
trasferisce questo fine settimana…- La notizia mi
colpì in piena
faccia come uno schiaffo.
Confusa, guardai ripetutamente prima Debbie
poi Tom che abbassò lo sguardo.
Sforzai un sorriso.
-Oh...che notizia!
Io…ecco…vado un attimo in camera mia.
Ho…dimenticato di….-
Mi guardi attorno imbarazzata non riuscendo a trovare lì per
lì uno
straccio di scusa plausibile -….Vado!-
Senza
lasciare tempo a nessuno di fare domande corsi in camera mia e chiusi
la porta velocemente dietro di me. Sospirai profondamente e mi
sedetti sul letto.
Che
mattinata interessante.
In
quel momento ero confusa, scioccata e ce l’avevo a morte con
Tom.
Non avevo bisogno di chiedere ulteriori particolari: mio cugino, con
cui ero cresciuta come se fossimo fratello e sorella, non mi aveva
detto nulla di una cosa così importante.
Sbuffai
frustrata e mi lasciai andare all’indietro sul letto,
guardando il
soffitto bianco, le braccia dietro la testa e le gambe penzoloni dal
letto.
Non
ero 'sola', intendiamoci: la famiglia di Tom era composta da
persone meravigliose, e Carrie, la sorellina piccola di Tom, era una
bambina adorabile, sempre attenta e con una vitalità
contagiosa.
Ma io
ero cresciuta con Tom.
Gli
avevo confidato tutto. Dalle ansie scolastiche, agli amori
passeggeri. Così come avevo condiviso tutto con lui, dal
diploma
alle vacanze in famiglia al diventare grandi insieme.
Mi
avevano accolto quando i miei genitori si erano separati, ed ero
rimasta con loro sentendomi parte della famiglia.
Tom
sapeva tutto dei miei sentimenti riguardo alla questione mamma e
papà, e io sapevo tutto delle sua passioni, dal teatro alla
musica. Quest’ultima soprattutto ci aveva tenuti impegnati
per ore a
discutere su quale fosse il modo migliore di combinarci qualcosa di
serio e
ad ascoltare tutti i testi che scriveva chiusi in
camera sua.
Il
fatto che avesse deciso di non dire nulla proprio a me, mi aveva
ferita.
Sentii
un timido bussare alla porta di camera mia, e alzai gli occhi al cielo
scocciata. Sapevo già chi era.
-Per
l’amor del cielo Tom, cosa vuoi…-
Non
sentii più nulla per qualche secondo, poi con la coda
dell’occhio
vidi la maniglia abbassarsi. La porta si aprì e un ciuffetto
biondo
fece capolino timidamente nella stanza.
Focalizzai
di nuovo il mio sguardo sul soffitto, decisa ad ignorarlo.
-Fliss…-
sentii il letto abbassarsi accanto a me e voltai la testa nella
direzione opposta. Tom fece un sospiro e poi iniziò
cautamente a
parlare.
-Mi
dispiace che tu l’abbia saputo così. Volevo
dirtelo io, sai quanto
ci tengo a questa cosa e volevo darti io la notizia-
-Pensavi di dirmelo giovedì sera?- mi voltai di scatto
guardandolo con rabbia e mi misi a sedere. Distolsi lo sguardo da lui
prendendo a fissare il pavimento. Non potevo sopportare
l’espressione
ferita che aveva ma in quel momento pensavo di avere tutto il diritto
di essere arrabbiata.
Mi
prese la mano e mi costrinse a guardalo con la mano libera.
Sperai
che non vedesse le lacrime che stavo trattenendo.
-Io
ti voglio bene come una sorella, non trattarmi
così…-
Tolsi
la mia mano dalla sua e sbattei i pugni sul letto.
-Ma
Tom, tu mi lascerai sola!-
-Ma
non sei sola-
-LO
SO TOM, NON SONO STUPIDA!- Inspirai a fondo cercando di calmarmi prima
di continuare.
-E’ solo che….tu non ci sarai….-
Abbassai lo sguardo quando le lacrime iniziarono a scorrere senza
più riuscire a fermarle, fino a che sentii due braccia
stringermi.
-Ssshhh….-
Mi accarezzò i capelli dolcemente -..cosa credi, che per me
sarà
facile staccarmi dalle donne della mia vita?- Risi tra le lacrime
e gli tirai un pugno sul petto.
-Sappiamo benissimo che non vedi l'ora!- Ridemmo entrambi e ci sedemmo
sul letto a
gambe incrociate, l’uno di fronte
all’altra.
Non faticavo a
credere che fosse dispiaciuto in realtà. Ora che lo guardavo
bene aveva un’aria sfinita come non ci avesse dormito la
notte.
-Non sapevo come fare a dirtelo…- si guardò le
mani imbarazzato e dispiaciuto insieme e mi
dispiacque improvvisamente di essere stata così
dura.
Decisi di credergli.
-Raccontami-
Sorrise.
-Ti
ricordi che abbiamo fatto quelle audizioni io e Danny per trovare un
bassista e un batterista?-” annuii e continuò.
-Beh….li
abbiamo trovati! Il batterista si chiama Harry e ha la mia
età, è
molto simpatico e ha un buon senso del ritmo…per non parlare
del
bassista! Diciamo che non è proprio un mostro del basso, ma
a quello
rimedieremo. Ha qualcosa di...speciale!Si chiama Douglass, ma gli
dovrò
trovare un soprannome meno serio- sorrisi al suo entusiasmo e mi
asciugai le ultime lacrime che mi restavano sulle guance.
-Dovresti
conoscerli sai? Harry ti piacerebbe tantissimo...E Douglass ha solo un
anno in meno di te ed è un ragazzo
molto…- Ci pensò su un attimo
-…particolare! In ogni caso
c’è questa casa discografica che ci ha aiutato a
fare le selezioni
che ci ha offerto un contratto con loro, a condizione che partissimo
subito per andare a vivere tutti insieme in questa casa che ci
metteranno a disposizione-.
Vedendo
il mio sguardo confuso si affrettò a spiegare.
-E’
per conoscerci meglio, adattare il suono dell’uno
all’altro e
comporre per l’album che uscirà appena saremo
pronti-.
Lo
fissai per qualche secondo prima di parlare.
-Quindi…-
era la domanda che mi faceva più male fare -…se
la cosa della
band prende corpo starai via per sempre?-
Fece
per rispondere ma le parole gli si bloccarono in gola, il che rese
non necessaria una risposta esplicita. Sorrisi, cercando di non far
pesare il mio stato d’animo su di lui.
-Sono
contenta per te Tom
-Sono finalmente felice Fliss. E' l’occasione di una vita, ma
non vorrei doverti lasciare
qui…sei la mia migliore amica, come una sorella per
me…anzi-
storse il naso e fece una faccia schifata -…molto meglio di
una
sorella. Non ti paragonerei mai a quel mostriciattolo di Carrie!-
Scoppiammo a ridere insieme, poi calò un silenzio
imbarazzato per qualche secondo.
-Non
ti posso promettere che potrò venire tutte le settimane,
perché non
dipende solo da me…ma ti prometto che farò il
possibile per venire
appena posso, e ci sentiremo tutti i giorni- mi feci subito intenerire
dalla sua dolcezza e ci scambiammo un
abbraccio veloce. Fece per alzarsi dal letto ma si fermò e
tornò a sedersi.
-E’
tutto a posto allora? Pace?-
-Certo...
ma ora vattene prima che io cambi idea!” Ci scambiammo un
sorriso e uscì dalla stanza.
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Capitolo 5 *** Little tricks ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
FELICITY
In
realtà, proprio tanto bene, alla fine, non andava.
Avrei voluto
sbattere la testa tante volte al muro quante ne sarebbero servite per
svuotare la testa dalle mie paure.
Alzai gli occhi al cielo
mentre cercavo di fare zapping e trovare un programma decente da
guardare.
Mi presi a schiaffi mentalmente: mi sentivo come se un
pezzo di pavimento mi fosse stato appena tolto da sotto i piedi.
Neanche fossi una melensa fidanzata. Patetica, ero semplicemente
patetica.
Ma Tom si preoccupava di me, di sua sorella, di sua
madre, come se ci comprendesse a pieno e volesse farci sentire al
sicuro nel suo grande abbraccio.
Come avrei fatto senza?
Persa
nei miei pensieri com’ero non mi ero accorta
dell’arrivo di una
piccola figura riccia, che mi fissava alla mia destra con i suoi
occhioni dolci.
-Felicity?-
sobbalzai, poi quando vidi chi era le sorrisi.
-Ciao
Carrie, tutto bene piccoletta?- mi sistemai composta e le feci cenno
di avvicinarsi, per poi prenderla per i fianchi e metterla
seduta accanto a me.
Sulle
prime non rispose.
Poi vidi un grosso lacrimone formarsi su
entrambi i suoi occhi e cadere poco dopo, così come le curve
della
sua bocca. No, no, per favore, no! Non sono brava a consolare i
bambini!
Tirò su con il naso poi si asciugò con la manica
della
maglietta le lacrime che le scendevano velocemente.
-Tom
dove va?- Oh, fantastico.
-Ho
visto delle valigie nella sua stanza- proseguì timidamente.
Maledissi
mentalmente tutta questa storia: dovevo essere proprio io a dover
spiegare a quest’adorabile creaturina che quello
schizzato
di suo fratello stava per trasferirsi?
Le accarezzai la testa e le
asciugai con i pollici le guance non sapendo che altro fare sulle
prime. Poi mi resi conto che mi stava guardando aspettando una mia
risposta e cercai di elaborarne una decente.
-Tom
non ci sta salutando per sempre, tornerà a trovarti tesoro-
le
sorrisi dolcemente e cercai il modo più gentile per
farle
accettare quello che in realtà non faceva piacere neanche a
me.
-Tom
sta andando a fare una cosa bellissima lo sai?-
-Cosa?-
Mi fermai un momento per pensare a cosa dire.
-Vedi
Carrie, lui sta andando a realizzare un suo grande sogno: lui vuole
fare della bella musica...che faccia sorridere le persone!-
sgranò
gli occhi, segno che avevo la sua attenzione e che
l’avevo
interessata, così continuai.
-Ma
la cosa più bella per noi è che, quando
diventerà famoso e tutti
vorranno conoscerlo, ci porterà dovunque vogliamo andare!-
Poi
un'idea mi balenò per la mente. La vendetta è un
piatto che va
servito freddo caro il mio Tom.
-Sai
cosa facciamo?- sgranò gli occhi e mi sorrise entusiasta
nonostante
il viso ancora rigato dalle lacrime.
-Andiamo
a Disneyland?!- Risi di gusto alla sua idea.
-No
tesoro, ancora meglio: ci facciamo portare al concerto dei
BackstreetBoys!- Appena sentì nominare il nome del suo
gruppo
preferito iniziò a saltare e a battere le mani contenta. Un
urletto
di giubilio le scappò dalla bocca senza riuscire a
contenersi.
La
abbracciai e le baciai la testa, soffermandomi qualche minuto in
più
per godere del suo profumo naturale.
-Adesso
vai, e fai una lista di tutte le cose che chiederemo a Tom quando
sarà famoso-
Saltò
fuori dal mio abbraccio e giù dal divano in una frazione di
secondo,
corse verso camera sua e ci si infilò dentro tra un urletto
e
l’altro.
Scossi la testa ridendo.
-Grazie
Fliss, ti girerò il conto di tutti i concerti a cui la
dovrò
portare per colpa tua-
Non
mi ero accorta della presenza di Tom alle nostre spalle e mi girai
disorientata. Appoggiato alla porta della cucina e con le braccia
incrociate mi guadava ironico, con un sopracciglio alzato.
Arrossii.
-Sei
tu che te ne v...- Fui interrotta dalla vibrazione del suo cellulare,
chiaramente udibile dalla tasca dei suoi pantaloni.
Cercò
subito di prendere la chiamata e appena ebbe riposto tornò
in cucina
chiudendo la porta alle sua spalle.
Sbuffai frustrata.
Erano
giorni che passava le giornate al telefono a parlare con questo
fantomatico manager che chiamava ogni due per tre per motivazioni che
a quante pare erano top secret e inspiegabili. Invece che passare gli
ultimi giorni qui a casa con noi lui si faceva i fatti suoi e passava
giornate intere al telefono. Prima con il manager, poi con Danny e
poi non so con chi altro.
Incrociai le braccia e sbuffai di nuovo.
Meraviglioso.
Semplicemente meraviglioso.
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Capitolo 6 *** A little secret ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
FELICITY
Ultimo giorno di Tom a
casa.
E
i miei nervi stavano
saltando.
Sempre
più impegnato
al telefono, sempre più assente, le sue valigie erano
già state
portate stamattina alla nuova casa. E io il ritratto della
felicità
proprio.
Per non parlare poi del
fatto che ero innamorata persa di Danny dal momento in cui l'avevo
visto, e il fatto che anche lui sarebbe sparito nel nulla, senza
più
avere la possibilità di vederlo chissà ancora per
quanto, faceva si
che le mie speranze di passare una fine estate decente dopo il mio
GCSE e di godermi gli ultimi momenti di libertà prima di
cercarmi un
lavoro, svanissero nel nulla.
Sbuffai
appoggiando la
forchetta del pranzo mentre Tom mi passava accanto ancora una volta
al telefono – dai, che novità! -, indaffarato in
una conversazione
serrata.
Alzai gli occhi al
cielo.
Raccolsi i piatti che
erano rimasti sul tavolo ancora da sparecchiare, li portai poco alla
volta nel lavello e aprii il rubinetto.
Il suono dell'acqua
scrosciante mi rilassò subito. Appoggiai il mio telefono
lì accanto
con la musica accesa e cominciai a canticchiare una canzone di
Michael Jackson, The way you make me feel, mentre
lavavo i piatti.
Il mio umore migliorò
all'istante, e dato il testo della canzone, iniziai subito -mannaggia
a me - a pensare a Daniel, e ai suoi occhi meravigliosi....certo, lui
non portava i tacchi alti -e grazie al cielo-ma faceva fare al mio
stomaco i salti mortali ogni volta che mi guardava. Sorrisi al
pensiero.
Subito dopo però mi bloccai con la
mani nel lavello ripensando al fatto che non l'avrei più
rivisto
tanto facilmente. Abbassai
lo sguardo triste: tutti i miei sogni di gloria circa noi due, circa
il fatto che prima o poi avrebbe potuto davvero accorgersi di me e
vedermi in modo differente si infransero di nuovo, riportandomi alla
dura realtà. Sì, va bene Felicity, come se tutto
ciò potesse mai accadere.
Non so per quanto
rimasi lì, l'acqua accesa e le mani tra i piatti, ma ad un
certo
punto sentii una mano sulla spalla e mi risvegliai all'improvviso.
Mi voltai e vidi Tom
che mi fissava con uno sguardo curioso.
-
Oh, Tom...sei tu... -
-
Chi vuoi che sia, gli
altri sono tutti via -
-
Come se tu fossi
stato presente in questi giorni...- lo dissi mugugnando, ma facendo
in modo che capisse. Mi girai e tornai a lavare i piatti.
Mi
abbracciò da dietro
e appoggiò la testa sulla mia spalla.
-
Mi dispiace, ma avevo
un “problemino” da risolvere, non avercela con
me....altrimenti....-
Senza
lasciarmi il
tempo di reagire iniziò a farmi il solletico sulla pancia,
poi sui
fianchi, sotto le braccia, ovunque! Non riuscii più a
trattenermi e
scoppiai a ridere contorcendomi tra le sue braccia, cercando di
tenere le mie disperatamente sollevate sopra il lavello per non
lavare la cucina.
-
Tom!TOM! Ti prego
smettila! Tom!! - Ero ormai piegata in due dal ridere quando decise
di smetterla di torturarmi.
Si
staccò da me mentre
cercavo di asciugarmi gli occhi, e si appoggiò al piano
della cucina
lì accanto guardandomi negli occhi.
-
Finalmente un
sorriso! A cosa stavi pensando prima? - Lo fissai per un attimo e
diventai subito rossa fuoco dalla vergogna.
-
A niente....- sorrisi
imbarazzata e cercai di tornare ai miei piatti, ma con poco successo.
Mi
guardo con occhi
saccenti e incrociò le braccia al petto. Il solito caro,
vecchio e
invadente Tom.
-
Secondo te, me la
bevo? - non lo guardai negli occhi e sbuffai.
-
Impiccione -
- Stronza
- scoppiammo
a ridere entrambi, poi mentre finivo di sciacquare i piatti e li
riponevo nello sgocciolatoio, decisi di raccontargli la
verità.
-
Stavo pensando a come
farò senza di te domani quando sarai partito....e come
farò
senza....Danny - sentii le mie guance infuocarsi e cercai di non
guardare dalla sua parte. Un risolino gli sfuggì dalle
labbra.
-
Lo sai che faresti
meglio a fartela passare questa “cosa” che hai per
lui - mi
sorrise dolcemente e poi continuò - E comunque io non mi
dispererei
più di tanto...-
Mi
voltai di scatto e
lo osservai con attenzione: quello sguardo vispo mi stava sicuramente
nascondendo qualcosa.
-
Cioè? - spensi
l'acqua e mi voltai a guardarlo mentre mi asciugavo le mani bagnate.
-
Lo scoprirai presto!
- sorrise compiaciuto e fece per andarsene dalla stanza, ma io fui
più veloce. Lo presi per la manica della maglietta,
costringendolo a
girarsi nuovamente.
-
Tom. Cosa diavolo hai
in mente? -
-
Chi? Io?! Nulla
nulla! - si divincolò sogghignando dalla mia presa e se ne
andò via
dalla cucina, lasciandomi come un'idiota con un grandissimo punto di
domanda stampato in fronte. Tom che trama qualcosa di nascosto poteva
solo voler dire problemi in arrivo.
-
Tom, ANDIAMO!NON PUOI
FARMI QUESTO, RACCONTAMI! -
-
NON CI PENSO NEPPURE
TESORO! - mi urlò dalla stanza accanto e lo sentii ridere
mentre si
chiudeva la porta di camera sua alle spalle.
Maledetto.
Sbuffai
per la
centesima volta quel giorno, e sbattei l'asciugamano sul tavolo della
cucina.
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Capitolo 7 *** Pleasant news ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
FELICITY
Fu. Un settimana. Di MISERIA.
Dopo la sua partenza, mi sentivo un
fantasma, giravo di
stanza in stanza come un'anima in pena. Mentalmente mi maledissi in
tutte le lingue del mondo per quanto idiota io fossi. Girl power
proprio...se ne va via mio cugino, il mio migliore amico, e io
divento peggio di una di quelle fidanzate protagoniste dei film che
si strappano i capelli uno ad uno per le cazzate.
A proposito di fidanzate, la sua era finalmente riuscita
miracolosamente a strapparmi dal mio isolamento. Con lei sì
che Tom
aveva vinto alla lotteria: dolce, gentile, semplice...una specie di
angelo insomma.
- Fliss, andiamo, non fare quella faccia! -
Guardai
Giovanna incredula, mentre attraversavamo la strada che ci portava al
ritrovo con i nostri amici.
- Ma Gi, a te non manca?!- finimmo di
attraversare e ci
dirigemmo verso il parco, attraversandone poi l'entrata.
Mi sorrise comprensiva.
- Certo che mi manca. Ma sia io che lui
abbiamo sempre
avuto i nostri progetti....- salutammo gli altri da lontano con un
cenno della mano -...come io non vorrei essere bloccata da lui, cerco
di non farlo io -
Mi sentii uno schifo. Giovanna era la
fidanzata
perfetta, mentre io ero qui a borbottare perchè mi mancava
la sua
compagnia. Che persona orribile.
- Guarda un po' chi è uscito
dalla clausura! - feci una
linguaccia a Simon, un amico della nostra compagnia, seduto sotto un
albero a godere della sua ombra.
Hanna, un'altra nostra amica, mi fece
spazio sul telo su
cui era seduta facendomi un sorriso e mi ci sedetti accanto. Aspettai
che la conversazione si perdesse in
qualche argomento a random, cosa che, fortunatamente, successe in
fretta.
Mentre stavo per rispondere ad Hanna circa qualche
personaggio di un film di cui adesso non ricordo neanche il nome,
sentii il cellulare vibrare nella mia tasca.
- Scusate...- tirai fuori con qualche
difficoltà dalla
tasca il telefono e fissai la schermata incredula.
Troneggiava una foto di Tom al centro dello
schermo con
il suo nome sopra. Guardai un attimo Giovanna con gli occhi fuori dalle
orbite e lei
mi restituì uno sguardo curioso.
Mi alzai in fretta.
- Scusate, torno subito...- mi allontanai
dal gruppo e
risposi alla chiamata.
- Thomas Michael Fletcher!! -
- Ciao cugina, sono felice anche io di sentirti! -
- Avrei detto lo stesso se tu ti fossi
fatto sentire UNA
SOLA VOLTA QUESTA SETTIMANA! - sentii ridere dall'altro capo del
telefono.
- Sapevo che avresti detto queste esatte
parole!- era
come se potessi vederlo sorridere esattamente di fronte a me.
- Tom, avevi promesso - ci fu qualche
momento di
silenzio, e mi fermai, perchè inconsciamente aveva preso a
camminare
avanti e indietro nel parco, tesa.
- Hai ragione. Io però se fossi
in te mi concederei la
possibilità di farmi perdonare...- e ancora una volta, la
sua voce
tradiva un sorriso. Alzai gli occhi al cielo.
- E come, sentiamo -
- Vai da Gi, ti spiegherà tutto
lei -
- Da Giovanna? La tua ragazza? -
scoppiò a ridere in
risposta al mio tono perplesso.
- Quante Giovanna conosci?! - mugugnai
qualcosa che
terminò con un va bene, feci per fargli qualche domanda ma
mi
interruppe.
- Non dire poi che non ti penso mai...Ciao
Fliss! -
Terminò la chiamata, lasciandomi perplessa a fissare il
telefono.
Alzai lo sguardo guardando verso il punto
in cui
Giovanna era seduta a chiacchierare con gli altri e riabbassai lo
sguardo verso il telefono almeno per altre tre volte.
Poi mi avviai.
- GIOVANNA! -
Dire che era stata misteriosa è
un eufemismo. Mi aveva
solo sorriso, preso per mano e riportata a casa, rifiutandosi di
rispondere a qualsiasi
mia domanda. Ma che avevano quei due da nascondere?
Sentivo ogni poro della sua pelle fremere per
l'eccitazione, il che mi lasciò ancora più in
preda al panico. Non
che non mi piacessero le sorprese, ma la cosa iniziava ad essere un
po' sospetta.
-
Giovanna, ti prego, dammi un solo indizio! - La supplicai una volta
arrivata davanti alla porta di casa Fletcher,
ma come immaginavo mi fece cenno
di no con la testa e mi fece segno trionfante di aprire la porta.
-
Smettila di rompere e apri la porta! - la guardai incerta per
qualche secondo, poi infilai le chiavi nella toppa e le feci girare
nella serratura: se era così contenta potevo anche pensare
che fosse
una cosa bella...ma trattandosi di Tom, qualche possibilità
che
fosse qualcosa di indescrivibilmente inappropriato, purtroppo c'era.
Levai le chiavi e aprii la porta.
Una volta entrata mi trovai davanti ad uno scenario
quantomai insolito: valigie, valigie e ancora valigie sparse per tutto
il salotto, uno zainetto e...un attimo. La mia borsa da viaggio?
Sentii la porta chiudersi alle mie spalle.
-
Ma cosa diavolo...- mi appoggiò una mano sulla spalla e mi
guidò
verso il tavolo del salotto, dove stava un
biglietto scritto a penna. Lo
raccolsi e riconobbi la scrittura di Tom.
Sgranai gli occhi e girai il biglietto cercando
qualche
altro indizio.
Mi voltai a guardare Gi, che mi fissava
estasiata.
- Che vuol dire?
-
Mi fece cenno di sedermi sul divano e
così feci seguita
subito da lei.
-
Tom ti vuole bene Fliss, e sa quanto questi anni sono stati difficili
per te. Il fatto di averti avuta qui, è servito molto a te
perchè
lui è diventato il tuo punto di riferimento, ma tu sei
diventata il
suo -
-Tu
sei il suo punto di riferimento...-
-
E tu non sei da meno - mi sorrise e continuò - Ora che hai
finito il
GCSE puoi decidere se continuare a studiare o
meno. Ci ha pensato a lungo, ha
vagliato tutte le soluzioni possibili. Alla fine, e tu sai bene che
è
proprio tipico di Tom, si è attaccato al telefono ed
è riuscito a
spuntarla - il suo sorriso si allargò e fece cenno con una
mano a
tutti i bagagli sparsi attorno a noi.
-
Sempre se tu sei d'accordo, domattina parti anche tu. Nella loro
nuova casa di Londra c'è una stanza in più, e Tom
ha strappato al
suo manager l'ok per farti trasferire in casa con loro, a patto che
tu possa aiutare i ragazzi nella gestione della spesa, nella pulizia
della casa, della cucina e di tutto quello di cui ci sarà
bisogno. A
quanto pare il manager è stato persuaso di quanto tu sia una
persona
organizzata, e di quanto tu possa rivelarti 'fondamentale' per il
gruppo da un certo tuo parente...- Mi guardò complice.
Ci fu un attimo di pausa. A quel punto mi
ritrovai il
cuore direttamente in gola: il mio cervello stava ancora processando
quello che aveva appena sentito. Improvvisamente tutto aveva un senso:
le lunghe
telefonate al telefono, il mistero su quale ne fosse l'argomento, e
il fatto che non l'avessi sentito per tutta la settimana...
-
Sempre che, ovviamente, tu abbia voglia di prenderti questa
responsabilità. Avrai anche un piccolo stipendio per il tuo
lavoro.-
Mi fissò aspettando una mia risposta ma, credetemi, ero
talmente
scioccata che in quel momento che stentavo a connettere la bocca al
cervello!
-
Oh mio Dio.......Stai scherzando?! E' uno scherzo?! - mi guardai
attorno incredula.
-
Ahah! Credi che avrei passato la mattinata a cercare di convincerti
ad uscire se non lo fossi? Guarda che non sei piacevole quando hai
quella faccia! -
Improvvisamente
fu come se mi fossi risvegliata da un coma profondo.
-
Ma Gi, se c'è una stanza libera dovresti andarci tu! Tu sei
la sua
ragazza! Ne hai diritto! - mi fece cenno con la mano di smetterla e
sorrise.
-
Non ci sarei andata comunque, ho troppe cose in ballo qui per ora, e
poi ho fatto la patente, potrò venire a trovarvi quando
voglio! -
Mi fissai le mani non avendo più
parole da dire.
-
Allora? Lo chiamiamo e gli diciamo che finalmente qualcuno gli
cucinerà qualcosa di decente? - alzai lo sguardo e sentii un
sorriso
spuntarmi incontrollato sul viso.
Mi resi improvvisamente conto di quanto mio
cugino
tenesse a me e sentii un'ondata di felicità esplodermi in
pancia. L'emozione per quella realizzazione era talmente forte che mi
mancò
il fiato per qualche secondo.
-
Va bene! - ci abbracciammo forte e scoppiammo entrambe a ridere
sonoramente, stavolta sentendomi
incredibilmente più leggera.
La cosa si faceva sempre più
interessante...
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Capitolo 8 *** New beginnings ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
DOUGIE
Appoggiai
le valigie
(fin troppe, fin troppo pesanti) facendomi una nota mentale per
ricordarmi di ringraziare mia madre, per tutto quello che ci aveva
infilato dentro: dai fazzoletti, al latte per la colazione.
Probabilmente non aveva realizzato che i supermercati c'erano anche
in questo lato della periferia di Londra.
-
Non voglio obiezioni Douglass Lee Poynter! Sei sempre il mio bambino,
e sono preoccupata! Quattro ragazzini in casa da soli....se scopro
che non mangi abbastanza vengo a prenderti e ti riporto a casa!
-
Sorrisi ripensando alle parole
di mia madre, apprensiva come tutte,
amorevole come solo mia mamma sapeva essere.
A nulla era servito
spiegarle che Lauren, la mia ragazza, sarebbe venuta spesso a farci
visita, e che non saremmo stati 'soli' ma con un'intera major alle
spalle. Un brivido mi percorse la schiena la solo pensiero.
Guardai la porta di
fronte a me: la porta di una villetta a schiera, confinante con due
villette esattamente identiche, con un bel giardino e un
bell'aspetto, i muri chiari e il sole che al tramonto lasciava
riflessi arancioni sulle finestre.
Trattenni il respiro e
suonai il campanello.
Non so cosa mi rendesse
così agitato e in ansia. Forse il fatto di trasferirmi a 15
anni, senza avere nessuno a
raccogliermi ad ogni mio sbaglio come aveva sempre fatto mia madre,
forse il fatto di non conoscere ancora il batterista e avere avuto
ancora poco a che fare con gli altri due....sta di fatto che i miei
nervi si stavano spezzando dalla tensione.
La porta si spalancò
di fronte a me e vidi il ragazzo biondo che avevo conosciuto alle
audizioni. Mi fissò un
attimo poi sorrise tanto che la sua faccia avrebbe potuto spaccarsi
in due.
-
Dougie!! Posso chiamarti così vero?- gli rivolsi un debole
sorriso
ma non mi diede il tempo di rispondere, già chinato a
raccogliere le
mie mille valigie.
-
Portiamole in camera tua, poi raggiungiamo i ragazzi in veranda! -
-
I ragazzi? - la mia voce suonava debole come se avessi parlato per la
prima volta dopo molto tempo. Arrossii pensando a quanto fossi
incredibilmente timido e stupido.
Si
voltò e mi sorrise.
-
Harry e Danny, siamo qui tutti da una settimana!- si voltò e
mi fece
cenno di entrare con la mano libera.
Che
dire di quello che
mi trovai di fronte. Mia madre avrebbe chiamato un'impresa di
derattizzazione se fosse stata lì in quel momento.
Una settimana e quella
che sembrava dai mobili e dalle stanze una bellissima casa, era
quanto di più simile ad una discarica che io potessi
immaginare.
Cartoni di pizza sul
pavimento, bicchieri incastrati nelle lampade, calzini appoggiati sul
tavolo di vetro del salotto e chitarre lasciate disordinatamente sul
divano.
Sorrisi.
Sarebbe decisamente
stata un'esperienza divertente!
Seguii Tom sulle scale
in fondo alla sala che salivano fino a sparire dietro una parete.
Immaginai portasse alle
camere: un corridoio stretto e lungo mi si aprii davanti e a distanze
diverse tre porte facevano capolino, tutte chiuse.
-
Puoi scegliere se dormire in questo piano o al piano superiore,
c'è
una stanza libera su entrambi i
piani-
Appoggiai un secondo le valigie e mi massaggiai le
braccia. Mi
accorsi che la scala continuava
alle mie spalle portando ad un altro piano, così
istintivamente
decisi.
-
Quella su questo piano andrà benissimo -
Con
entusiasmo Tom mi
precedette, sbattendo le mie valigie contro il muro un numero
incredibile di volte.
Che problema aveva con
l'equilibrio questo ragazzo?
-
Ottima scelta, è l'ultima in fondo al corridoio ed
è più grande di
quella sopra - Ci fermammo davanti ad una porta di legno.
Si
fece da parte, e mi
fece cenno di entrare.
-
Io dormo nella stanza accanto alla tua, Dan nell'altra mentre Harry
al piano di sopra -
Una
volta dentro non
riuscii a fare a meno di sorridere: la mia nuova stanza era
esattamente il doppio di quella a casa, con un armadio enorme ad
angolo sulla destra, una finestra in mezzo alla parete e un letto ad
una piazza e mezza sulle sinistra. Le pareti erano pitturate di un
viola scuro ma con il soffitto bianco e c'era TONNELLATE di spazio
per appendere tutti i miei poster!
C'era una scrivania
appoggiata alla parete subito alla mia sinistra, con un computer
portatile chiuso al centro del piano di legno, e io iniziavo a
sentirmi in paradiso!
-
Stai scherzando?!-
Sentii
ridere alle mie
spalle mentre io ancora mi guardavo attorno strabiliato.
-
Sarà una fottutissima figata! -
-
Lo so!
Disfa pure le valigie, ti aspettiamo giù in veranda quando
sei
pronto – ci scambiammo un veloce cenno di assenso e
sparì dalla
porta.
Quando
non sentii più
i suoi passi sulle scale mi decisi a muovermi.
-
Rendiamo questa camera una capolavoro...-
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Capitolo 9 *** Funny intuitions ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note
dell'autore*: noto con piacere che qualche lettore c'è, e
ciò mi ha invogliato a riprendere in mano la storia. Vi
ringrazio per esservi fermati qualche minuto a leggere la mia storia,
spero vi sia piaciuta fino adesso e che continui a piacervi.
Recensioni, positive o negative che siano, sono sempre ben accette.
Grazie mille a chi recensisce già ;)
TOM
Tornai
al piano di
sotto, ma invece che raggiungere subito i ragazzi mi fermai un attimo
in cucina, dove avevo lasciato il cellulare.
Ero proprio patetico,
ma quel giorno controllai il telefono almeno una ventina di volte in
attesa di un
messaggio o di una chiamata che mi avvisassero del suo arrivo.
Il fatto che Fliss
avrebbe vissuto qui con noi mi faceva sentire finalmente tranquillo:
dopo una settimana di contrattazioni ero riuscito ad ottenere dal
management quello che volevo, Harry e Danny avevano preso questa
notizia con entusiasmo (non fosse altro perché qualcuno ci
avrebbe
ricordato di essere esseri umani) e io, beh...non vedevo davvero
l'ora.
Mentre tornavo dai
ragazzi sorrisi per via della sensazione di chiusura allo stomaco che
sentivo e a quanto ero emozionato.
Uscii in veranda
attraverso l'entrata sul retro, in salotto.
-
Chi era alla porta? -
mi chiese Harry, seduto su una sedia in giardino e una birra in mano.
-
Dougie, il bassista -
presi dal tavolo una birra e mi sedetti per terra sull'erba fresca.
-
Oh finalmente è
arrivato! E dove si è cacciato? - Danny mi chiese venendosi
a sedere
anche lui accanto a me sull'erba. Si sdraiò e si mise le
mani dietro
la testa.
-
Gli ho detto di
sistemarsi prima, poi ci raggiungerà – presi un
sorso di birra e
appoggiai per terra la bottiglia.
-
Oh bene, ora manca
solo una persona... - Avrei tanto voluto uccidere Danny per tutte le
allusioni che aveva fatto per
l'intera settimana. Non vedeva l'ora di
poter continuare con il suo piccolo divertimento personale e la cosa
iniziava a darmi proprio sui nervi.
-
Dan, finiscila qui
per favore -
-
Chi manca? - Ci
voltammo tutti verso la porta.
Dougie
stava lì in
piedi e in evidente imbarazzo per avere tutti gli occhi su di lui.
-
Hey! Ciao! Vieni a
sederti! - Harry gli fece cenno di sedersi sulla sedia accanto a lui
e Dougie rispose con un sorriso timido, facendo quello che gli era
stato detto.
-
Deve arrivare la
cugina di Tom – Harry gli aprì una birra e lui
l'accettò
volentieri anche se con uno sguardo ora confuso.
Non
aspettai altre
domande e decisi di spiegare tutto.
-
Felicity starà con
noi, ci aiuterà a gestire la casa e tutto quanto... -
-
Come se fosse una
governante, ma molto più carina! - lanciai un'occhiataccia a
Danny
che nel frattempo aveva preso a ridere, e giuro che se avesse
continuato in questo modo gli avrei staccato le sue preziosissime
dita una ad una.
Anche
Harry rideva di
gusto, più per la mia faccia penso, ma notai che Dougie era
stranamente silenzioso.
-
Qualche problema? -
lo strappai dalla bolla in cui si era rinchiuso improvvisamente. Mi
fissò per qualche secondo senza sapere cosa dire.
-
No, è che...pensavo
che saremmo stati solo noi ragazzi, tutto qui -
-
Sarà divertente
avere una ragazza in giro per casa - Harry si stirò e
appoggiò i
piedi sul tavolo.
-
Non vi fate strane
idee! - Ma tutte le mie resistenze sembravano essere del tutto
inutili: Danny e Harry iniziarono a farmi mille domande su com'era,
quanti anni aveva, se aveva mai avuto un ragazzo, se era
simpatica...mi innervosii e sbottai, sbuffando.
-
Basta! - Poi sentii
dei rumori provenire dal salotto. Non feci in tempo ad alzarmi da terra
che dei passi si
avvicinarono veloci fino alla porta del giardino. Sorrisi.
HARRY
-Tom!-
Un
fulmine attraversò
la porta e collise con Tom a metà strada, davanti al tavolo.
-Whoa...
- esclamai e posai i piedi per terra.
Appena riuscii a realizzare
cosa fosse successo capii che il fulmine doveva essere Felicity e mi
presi qualche attimo per contemplare la scena. Certo che vedere il
sorriso sulla faccia di Tom mentre l’abbracciava era
incredibile.
Non l’avevo visto sorridere così in tutta a
settimana.
Entrambi avevano gli
occhi chiusi fermamente, assaporando quella che si vedeva essere una
grandissima felicità ed era come se, mentre si abbracciavano
e Tom
la sollevava da terra, la sentissero talmente forte da sentirla
esplodere più grande di loro.
Sorrisi mentre li
fissavo sbalordito. Oh beh, so essere sentimentale
all’occorrenza.
Finalmente si
staccarono ancora senza fiato per l’emozione, e si fissavano
ancora
felici come se fossero soli. C’era un legame tra
loro che non riuscivo ad afferrare completamente, ma era sicuramente
molto forte.
Danny finse un colpo di
tosse, ed entrambi si risvegliarono improvvisamente. Tom la prese per
mano, mentre lei fu come se si fosse resa conto improvvisamente di
avere degli spettatori.
-Ragazzi,
lei è Felicity- alzò la mano in segno di saluto
guardandosi i
piedi.
Quando alzò gli occhi
tutto si fece molto più
interessante: aveva due begli occhi marroni con delle sfumature
verdi, contornati da un trucco nero e intenso, la carnagione chiara e
i capelli le ricadevano ribelli sulle spalle, castani con dei
riflessi che rilucevano sotto il sole. Indossava una canottiera
bianca che le metteva in risalto il seno e dei jeans corti,
accompagnati da un paio di sneakers bianche.
Non persi certo tempo.
Mi alzai dalla sedia e
in poco tempo avevo fatto il giro del tavolo pronto a presentarmi, ma
non feci in tempo. Danny era
stato più veloce e me lo ritrovai di fronte a sbarrarmi il
passaggio.
La stava abbracciando e,
dalla faccia che lei stava facendo, penso che ne fosse totalmente
scioccata.
-Fliss!
Ti stavamo aspettando, non vedevamo l’ora!-
E
dopo questa sua frase, credo che tutto fosse
improvvisamente 10
volte più interessante. Sorrisi consapevole finalmente di
tutto
quello che avevo di fronte e incrociai le braccia, attendendo che
tutte quelle smancerie finissero.
-Ma
si conoscono già?- non mi ero accorto che Dougie si era
portato
accanto a me e fissava la scena accigliato.
-E’
tutta la settimana che stuzzica Tom su sua cugina. Direi di si.
Dimmi, cosa vedi?- Mi fissò con un sopracciglio alzato.
-Un
pallone gonfiato?- Scoppiai a ridere.
-Già,
un pallone gonfiato che non vuole dividere il suo giocattolino-
Alzò
gli occhi al cielo e fece un passo in avanti. Bussò sulla
spalla di
Danny, che nel frattempo stava per abbracciarla per la centesima
volta.
-Scusa,
se la lasci respirare magari può presentarsi-
Danny
si voltò a fissarci e ci guardò per
qualche secondo
boccheggiando senza sapere cosa dire. Mi lasciai scappare una
risatina divertita che lo fece sprofondare.
-oh...-
fece un passo indietro e Doug fu il primo a tenderle la mano. Lei nel
frattempo cercò di ricomporsi.
-Sono
Douglass, ma puoi chiamarmi Dougie- lei sorrise immediatamente e
scambiò con Tom uno sguardo complice. Allargarò
il suo sorriso per
Dougie e gli strinse la mano.
-Felicity,
piacere-
-Harry-
mi rivolse la stessa espressione e mi prese la mano con stretta
decisa.
-Piacere
di conoscerti!-
Mentre
ancora ci tenevamo la mano notai con la coda dell’occhio
Danny
accigliato. Decisi di divertirmi un po’.
-Il
piacere è mio- le feci l’occhiolino e lei
arrossì leggermente
sulle guance in maniera molto dolce.
Prima
che Danny potesse
dire o fare qualcosa mi mossi e le presi le spalle. Appoggiai la mia
mano aperta sulla sua spalla, accarezzandola impercettibilmente.
-Ti
porto a fare un giro della casa, vuoi?-
-Oh!
Certo!- mi avviai verso la porta portandola con me.
-Harry!-
Feci finta di non sentire Tom e tantomeno Danny che continuava a
ripetere che il giro della casa avrebbe potuto farlo più
tardi.
Era
ormai mezz’ora
che l’avevo rubata al gruppo. Mi piaceva sempre di
più parlarle:
era molto simpatica, alla mano, e con una gran voglia di iniziare
qualunque cosa avrebbe dovuto fare nella nostra casa. Anche se non le
era ben chiaro cosa fosse.
Non avevo intenzione di
provarci con la cugina di Tom, sia chiaro. Mi avrebbe sbranato nel
giro di pochi minuti se lo fosse venuto a sapere, L’idea di
avere
una ragazza in giro per casa, però, mi rendeva euforico.
E anche l’idea di
sgonfiare un po’ Danny, sinceramente. Adorabile ragazzo, ma
con un
ego decisamente spropositato.
La ascoltai mentre
iniziava a sistemare tutte le sue cose negli armadi, seduto sul
letto.
-...Oh,
e poi canto anch’io sai?- Arrossì -Per
hobby,ovviamente non sono
brava come Tom....ma io parlo, parlo, e probabilmente tu ti sarai
rotto di starmi a sentire- un’ondata di simpatia per quella
ragazza
mi travolse. Veniva quasi voglia di abbracciarla quando era
imbarazzata come in quel momento.
-Figurati..Mi
fa piacere parlare con un essere umano!- scoppiò a ridere
per poi
addolcire il suo sorriso guardando la
porta.
-Tom,
ho iniziato a sistemare se non ti dispiace, era l’unica
stanza
libera-
Tom
oltrepassò la soglia e venne a sedersi accanto a me su
quello che
sarebbe stato il letto di Felicity.
-Hai
fatto bene. Allora Harry, hai finito di importunarla?- gli tirai una
pacca sulla spalla fingendo
un’espressione
scioccata.
-TOM!
Sono tremendamente offeso!-
-Ma
finiscila, mi ha fatto compagnia invece!- Mi sorrise e raccolse dal
pavimento una bustina e una trousse.
-Se
mi spieghi dov’è il bagno vado a portarci le mie
cose-
-E’
l’ultima porta del corridoio sulla destra, vai pure-
Trotterellò
fuori contenta, mentre io improvvisamente iniziai a sentirmi
osservato.
-Non-
-Non
ci provare neanche capito?!- Imitai la versione autoritaria di Tom
con un'espressione serissima.
Dopo
esserci osservati per qualche secondo scoppiammo a ridere entrambi.
-Ah,
di te mi posso fidare...- mi diede una pacca sulla spalla. Poi
lanciò
un’occhiata alla porta e mi si avvicinò.
-E’
di Dan che non mi fido. E’ tutta la settimana che mi fa
saltare i
nervi! Dannazione, è il ragazzo più simpatico del
mondo ma quando è
in modalità 'conquista' è insopportabile-
-Non
ci pensare, godiamoci la serata-
Mi
guardò per qualche
secondo, poi una lampadina gli si accese in fronte.
-Birra
pong?!- scoppiai a ridere e mi alzai.
-Solo
se siamo in squadra insieme- si alzò e mi strinse la mano
deciso.
-Non
mi perderei quei due ubriachi per nulla al mondo!-
|
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Capitolo 10 *** Teasing The Wild Beast ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note
dell'autore*: Chiedo scusa se la storia è stata un
pò lenta fino adesso...ma le cose iniziano a farsi un
pò più interessanti con questo capitolo...buona
lettura!
FELICITY
….Due
mesi dopo....
-
Harry, sei bello, non ti preoccupare- mi ero appena guadagnata una
linguaccia e risi mentre si specchiava per la centesima volta.
-
Vorrei che mi trovassero bello anche tutte le altre ragazze, cara
–
si sistemò un ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla
fronte.
Finsi
un'espressione oltraggiata.
-
Cosa vorresti dire? Che la mia opinione non conta?! - alzò
gli occhi
al cielo e finalmente abbandonò lo specchio, venendosi a
sedere
accanto a me.
-
Tu sei innamorata di me, non saresti obiettiva –
cercò di farmi un
sorriso innocente, sbattendo le palpebre.
-
Oh certo, non vedo l'ora di infilarmi nel tuo letto Judd, tengo una
tua foto nel portafogli. Oh, a proposito, non avevi promesso di
regalarmi una foto più grande?!–
-
Lo so, lo so, vedrò di ordinarti quella gigantografia che
volevi
mettere in camera tua -
-
Oh grazie Harry, cercherò di non eccitarmi troppo
guardandola- feci
la forma di un cuore con le dita e me la misi sul petto, poi gli
mandai un bacio con occhi sognanti.
Reggemmo
lo sguardo serio per qualche secondo poi scoppiammo entrambi a
ridere. Sospirai e gli appoggiai una mano sulla spalla.
-Andiamo
rubacuori, ci sono un sacco di ragazze là fuori che ti
aspettano! -
mi
guardò storto squadrandomi da capo a piedi. Poi mi
indicò con un
gesto schifato.
-
E tu avresti intenzione di andare a ballare
vestita......Così?-
Mi
guardai stupita. Ero vestita bene, senza niente di troppo
appariscente né sciatto. Dunque?
-Perchè,
cos'ho?!-
Fece
un cenno di disapprovazione con la testa.
-
Quando mai lo trovi un ragazzo tu così! - ero indecisa se
sentirmi
offesa o terrorizzata.
Mi
irrigidii.
-
Io non esco con l'intento di...-
-
Ma fammi il piacere, non è che puoi....DEVI! - si
alzò di scatto e
mi trascinò in piedi con lui.
-
Forza, andiamo a scegliere qualcosa che sia più....eccitante
–
-HARRY!-
rise e mi trascinò da camera sua fino alla mia.
Mi
fissai sconvolta allo specchio per qualche secondo.
-Harry,
non posso uscire conciata così – mi si
portò alle spalle, un
sorriso orgoglioso dipinto sulle labbra, le mani sui fianchi.
-Oh,
io dico di sì....sapevo che quella gonna prima o poi sarebbe
tornata
utile! – Mi aveva costretto ad indossare l'unica minigonna
che
avevo nell'armadio, che LUI mi aveva forzato a prendere un paio di
settimane prima, ma fosse stata solo quella avrei potuto anche tirare
un sospiro di sollievo.
Aveva
scelto, tra tutte le mie magliette, quella più scollata di
tutte che
ovviamente normalmente portavo con sotto un top, per mascherare la
scollatura.
Tutta rigorosamente vestita in nero. Rigorosamente in
tacchi alti.
-
Ma io cadrò da questi cosi! E sarà la volta buona
che finirò o a
gambe all'aria o con le tette in faccia a qualcuno....Harry, per
favore! -
Mi
voltai e lo supplicai anche con lo sguardo, sentendomi molto
più che
a disagio. La sua espressione si addolcì e mi
accarezzò la guancia
destra fissandomi teneramente.
-
Ma tu sei bella, la vuoi capire? Tirale fuori queste gambe, fatti
notare per una volta -
Avrei
tanto voluto raccontargli di quello che provavo per Danny.
Eravamo
molto amici io e lui, in poco tempo ci fidavamo già l'uno
dell'altro. Avrei potuto sfogare quel peso che mi portavo dietro e
finalmente avere una spalla per condividerlo. Dan in quel periodo non
aveva certo cambiato il suo comportamento...io non dico di essermi
pentita di aver accettato quel lavoro, ma ci stavo davvero male.
Tom
non era utile in questo: so che se gli avessi parlato ancora di Danny
e di tutto quello che provavo per lui mi avrebbe detto sempre le
solite quattro cose, cercando di farmi desistere.
Feci per aprire
bocca e spiattellare tutto. Avrebbe capito il mio poco entusiasmo
nell'uscire con loro in qualche club pieno di ragazze tutte
curve.
Come avrebbe capito che non volevo vedere Danny sbavare
dietro al fondo schiena di ognuna di loro. E non volevo mettermi
più
in imbarazzo di quello che già ero attirando l'attenzione su
di me.
Avrei sicuramente fatto qualche figuraccia.
Ma non riuscii a dire
nulla e gli sorrisi, finta.
-
Farò finta di sentirmi a mio agio – trionfante mi
circondò le
spalle e ci avviammo verso la porta.
-
Così mi piaci!- Beato lui e il suo entusiasmo.
HARRY
La
musica era alta e ti si insinuava dentro, i bassi così
vibranti e le
luci basse e confuse rendevano ancora più eccitante la
nostra prima
serata fuori.
Con una casa nostra e indipendente non avevamo
davvero sentito il bisogno di uscire.
Ora che ci conoscevamo
meglio e avevamo passato molto tempo insieme ci era venuta l'esigenza
di rimettere il naso fuori casa e passare una serata differente.
Feci
un giro per la discoteca, guardando le ragazze in pista.
Flirtai
con un paio di ragazze e riuscii a rimediare un numero di telefono da
una davvero carina, così, soddisfatto, tornai al tavolo che
avevamo
prenotato, dove avevo lasciato gli altri circa un'oretta prima.
FELICITY
Che
imbarazzo.
Mi aveva fatto vestire come una squillo, trascinato
qui, per poi lasciarmi al tavolo da sola. Me l'avrebbe pagata.
Oh
beh, ma non ero sola, c'era quell'essere, Douglass, che dopo
l'apparente gentilezza dei primi giorni, oramai erano settimane che
mi evitava come la peste. E ora, mi sedeva il più lontano
possibile
quasi come se puzzassi. Ma che avevo fatto di male?!
Tom era
andato in bagno circa quindici minuti prima, e chissà dove
si era
perso per non essere ancora tornato indietro.
Mi allungai per
tentare di scorgere Danny in mezzo alla folla di gente in pista.
Ma
ad un certo punto avrei preferito non averlo mai fatto.
HARRY
Ero
quasi arrivato al tavolo e alzai la mano per segnalare a Fliss la mia
presenza. Mi avrebbe ucciso per averla lasciata da sola con Dougie,
quel ragazzo sembrava avercela con lei per qualche strana ragione.
Non che con noi fosse mister estroverso.
Poi però, dal punto
della pista in cui ero, mi resi conto che la sua attenzione era
totalmente assorbita da qualcos'altro.
Seguii il suo sguardo fino
a che non mi resi conto che non si stava posando su qualcosa. Ma su
qualcuno.
Danny stava ballando in maniera abbastanza provocante
con una ragazza visibilmente interessata a non finire la serata in
pista, considerando il suo sedere che oscillava pericolosamente
sull'inguine del mio amico.
Guardai ripetutamente da Danny a
Fliss, studiandoli a fondo: lui ovviamente non si rendeva conto di
nulla, preso com'era dalla ragazza che gli si stava strusciando
addosso. Quello che mi preoccupò davvero, era l'espressione
di
lei.
Era ferita.
Si vedeva lontano un miglio che avrebbe voluto
non vedere quello che aveva di fronte, ma allo stesso tempo non aveva
la forza di distogliere lo sguardo da quello che stava vedendo, come
se non ci credesse.
Avevo ormai capito che le piaceva, dal primo
giorno.
E mi dispiaceva da una parte che non si fidasse ancora
abbastanza di me per dirmelo, ma io, dato che avevo iniziato a
volerle bene, stavo cercando di fare di tutto per far si che uscisse
dal guscio e dirigesse le sue attenzioni altrove.
Danny non la
meritava.
Era un ottimo amico, un ottimo musicista e inquilino, ma
Felicity non meritava di essere trattata in quel modo. Credevo
fermamente che lui fosse pienamente conscio della cotta che aveva nei
suoi confronti e solo questo pensiero mi faceva venire voglia di
prenderlo a sberle.
Sospirai.
Era
ora di ripagare Danny con la sua stessa moneta.
FELICITY
Le
sue mani stavano scivolando sotto la maglietto di
quella...quella.....
E io mi sentivo sempre più stupida.
Quando
poi Danny la voltò e iniziò a baciarla
infilandole la lingua in
bocca, dovetti trattenermi dall'urlare per la frustrazione: che ci
trovava in quella ragazza che io non avevo? Cosa?!
Distolsi lo
sguardo non potendo sopportare oltre.
-
Madame, vuole ballare con me? - Harry era rispuntato dal nulla e mi
tendeva la mano, sorridendomi.
-
Non hai trovato neanche una ragazza che ci stia? - gli risposi un po'
acida, ma in quel momento stavo troppo male per far caso a
trattenermi.
-
In realtà sì, ma la migliore ce l'ho qui davanti-
mi fece
l'occhiolino e prese lui la mia mano visto che io non riuscivo a
muovermi da dov'ero.
Così
mi feci trascinare al centro della pista.
HARRY
Riuscii
a vincere le sue ritrosie e alla fine si lasciò andare. Ad
un certo
punto iniziò davvero a divertirsi a ballare con me, ed ero
contento
di averla distratta.
Ma non era quello il mio unico
obiettivo.
Piano piano mi spostai facendo in modo di trovarci in
un punto della pista dove eravamo chiaramente visibili al nostro
tavolo, dove nel frattempo Dan era tornato.
Dalla faccia tronfia
che aveva probabilmente si stava vantando con Dougie di quella
“cosa”
che aveva rimorchiato.
Un ghigno impercettibile mi raggiunse il
viso quando la musica finalmente cambiò e il pezzo che era
appena
iniziato era molto sensuale. Proprio quello che aspettavo.
Da quel
momento in poi, i riflettori erano puntati su di lei.
Feci di
tutto per far si che tirasse fuori tutto il suo lato più
femminile e
quando mi avvicinai a lei prendendola per la vita, con la coda
dell'occhio vidi che tutta l'attenzione dei nostri amici era su di
noi. Dan compreso.
-
Harry, ma che stai facendo! -
-
Attiro l'attenzione-
La
voltai e la presi per la vita, cercando di non eccitarmi sul serio al
contatto della sua schiena con il mio corpo.
Le volevo bene come
amica, ma ero per sempre un ragazzo in tempesta ormonale, e lei era
bella.
-
Devono tutti vedere cosa perdono...così dopo correranno da
te – le
sussurrai all'orecchio lanciando un'ultima occhiata al tavolo.
Tom
ci fissava contrariato in piedi accanto al tavolo, con la braccia
incrociate, Dougie aveva un sopracciglio alzato e mostrava
un'espressione divertita e Dan...beh, lui stava MO.REN.DO.
Gli
leggevo in faccia l'odio che stava provando nei miei confronti, le
vene evidenti sul collo teso, lo sguardo fisso su di noi e
l'espressione che aveva non era certo amichevole. Sorrisi
soddisfatto.
Quando la canzone finì, mi inchinai a lei che rise
di gusto, finalmente un po' più tranquilla, e tornammo al
tavolo
mano nella mano.
Dan, come previsto, non mi parlò più per tutta
la sera.
Obbiettivo
raggiunto.
|
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Capitolo 11 *** Closeness ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note dell'autore*: Io giuro che non vedo l'ora di pubblicare il
prossimo capitolo. E' uno dei miei preferiti! E mi farebbe davvero
piacere sapere cosa ne pensate, quindi se vi va....scrivete una
piiiiiccola recensione ;) buona lettura.
…3
mesi dopo....
DANNY
-DANNY!QUANTE
VOLTE TI HO CHIESTO DI NON LASCIARE LE CALZE IN CUCINA?!-
Porca
miseria. Ero fritto. Non facevo apposta giuro, ma l'ordine non era
esattamente il mio forte.
-SCUSA
FLISS!HAI RAGIONE!- Gli urlai dalla mia camera sperando che fosse
finita lì. Stavo suonando in camera la mia chitarra e non
avevo
proprio voglia di muovermi.
Qualcuno
sbuffò sonoramente dal piano di sotto.
-TE
LE VIENI GIU' A PRENDERE!- Sospirai sconfitto.
Appoggiai
la chitarra per terra accanto al letto e mi alzai di malavoglia, ma
non potevo proprio parlare. Da tre mesi se non avessimo avuto lei in
giro per casa ci saremmo trasformati in animali selvatici coperti da
una montagna di rifiuti. Marci, visto quante volte ci ricordavamo da
soli di portare fuori la spazzatura.
Di
giorno, con discrezione, svolgeva il suo lavoro senza disturbare
nessuno, senza interferire troppo, tant'è che a volte non ci
rendevamo neanche conto di essere in cinque in casa.
Se
aveva del tempo libero si chiudeva in camera sua a leggere uno dei
suoi tanti libri con la musica alta, aveva speso praticamente tutto
il suo stipendio in libreria o al negozio di cd. Oppure la si poteva
trovare in giardino con un bel sorriso rilassato, sia con il freddo
che con il caldo, per lei non faceva differenza.
La
sera si univa a noi, e improvvisamente avevamo il nostro diversivo
fatto di grazia e femminilità, che ci faceva aspettare con
ansia la
sera per poter condividere con lei tutte le cose che avevamo fatto
durante il giorno, tutte le nuove esperienze, che non sarebbero state
altrettanto elettrizzanti se non avessimo avuto anche lei a cui
raccontarle.
Mi
tirai una sberla in fronte. Mi rendevo sempre più conto che
stava
diventando un punto di riferimento non solo per Tom, ma anche per me
e Harry in casa. Dougie stranamente non sembrava darle troppa
confidenza. Sospettavo che fosse rimasto da una parte deluso di avere
una ragazza in casa con noi, in parte che la sua ragazza gli creasse
qualche problemino a riguardo. Gelosa, possessiva e stressante. Non
avevo altri aggettivi per lei.
Felicity
invece non era così.....era solare, bella, attenta....
Ma
io non potevo.
Era
totalmente fuori discussione.
Scesi
le scale e una volta in salotto entrai in cucina, sfoderando uno dei
miei sorrisi migliori.
-
Non pensare di spuntarla con un sorrisino stavolta- mi fissò
imbronciata con una scopa in una mano e l'altra che indicava un paio
di calzini in un angolo, accanto al frigorifero.
-
Sai che assomigli molto a mia madre quando fai così? - mi
nascosi
dietro alle sedie del tavolo della cucina prima che lo straccio della
polvere potesse centrarmi in faccia.
Mi
rialzai vittorioso e la sfidai con gli occhi.
-
Ripetilo e ti lascio la biancheria da lavare per una settimana! - mi
si avvicinò minacciosa puntandomi un dito contro.
Iniziai
ad indietreggiare.
- E' il meglio che sai fare?! - le dissi mentre mi
si avvicinava
sempre più velocemente.
-
Non osare sfidarmi Jones, non sai di cosa sono capace –
sentii la
parete fredda del frigorifero toccarmi la schiena mentre il suo dito
mi si conficcava nel petto, gli occhi dell'uno ancora fissi in quelli
dell'altra.
Il
sole che entrava dalla finestra le illuminava lo sguardo donando ai
suoi occhi marroni bellissime sfumature verdi.
Per
qualche secondo mi dimenticai di cosa stavamo parlando.
Poi
sorrise, e dopo un secondo scoppiammo entrambi a ridere.
-
Sono decisamente troppo buona – appoggiò la scopa
a terra e si
passò una mano tra i capelli.
-
Già – le feci l'occhiolino e notai come le sue
guance arrossirono
per un secondo prima che si voltasse pretendendo di continuare a
pulire. Non potevo fare a meno di farlo, era un istinto più
forte di
me provocare il suo imbarazzo.
Siamo
onesti, sapevo di piacere molto alle ragazze ed ero sempre stato
abituato a sfruttare tutto ciò a mio favore. Con Fliss non
ero mai
andato oltre a qualche battuta e qualche occhiata, ma la tentazione
era forte.
In
quel momento mi ripetei che quella tentazione c'era solo
perché era
l'unica con cui sapevo di non poterci provare.
Così
bypassai le sensazioni che provavo e mi rivolsi di nuovo a lei.
-
Ora basta – alzò la testa confusa, interrompendo
per un momento le
pulizie.
-
Adesso vieni con me – la presi per mano e iniziai a
trascinarla
fuori dalla cucina.
-
Ma devo finire di pulire! - tentò di protestare e di oppormi
resistenza, ma io ero più forte. Iniziai a salire le scale
portandola con me.
-
Chi è il tuo datore di lavoro?- mi bloccai a metà
strada sulle
scale e mi voltai a guardarla. Confusa, ci pensò un attimo,
realizzando proprio quello che le avrei detto.
-
Esatto - ripresi a salire le scale – e il tuo datore di
lavoro, ora
ti sta ordinando di prenderti mezza giornata libera - mi sentii
troppo furbo per quell'idea. Non era un lusso che potevo permettermi
molto spesso non abbondando di solito di idee geniali.
Entrammo
in camera mia, dove finalmente le lasciai la mano, mi sdraiai e le
feci cenno di fare lo stesso.
_______________________
FELICITY
Danny
jones, cioè, proprio Danny Jones, mi aveva appena trascinato
in
camera sua, si era sdraiato sul letto e mi stava facendo segno di
raggiungerlo.
Il
mio cervello aveva appena appeso alla porta d'entrata un cartello con
scritto “SHUT DOWN” a lettere cubitali.
Rimasi
a fissarlo senza avere il coraggio di muovermi.
-
Allora, vuoi venire qui con me o devo usare le maniere forti?!- mi
risvegliai improvvisamente e lottai contro il mio imbarazzo, cercando
di sembrare più rilassata possibile.
Avevo
imparato, dopo qualche tempo, a neutralizzarlo e a stare più
tranquilla in sua presenza, perché mi resi ben presto conto
che la
mia permanenza qui sarebbe stata un incubo altrimenti.
Mi
avvicinai al letto e mi sdraiai tesa accanto a lui: il contatto
fisico, però, non era una di quelle cose a cui avevo fatto
l'abitudine. Decisamente no.
Per
cui rimasi dritta sulla schiena, fissando il soffitto mentre contavo
mentalmente da uno a 10.
-
Ma dai, vieni qui – entrai in apnea totale. Mi aveva appena
afferrato la vita e mi aveva trascinato arrivando in qualche modo ad
essere sdraiati entrambi su un fianco, le schiene rivolte verso il
muro e la sua mano appoggiata alla mia pancia, all'altezza
dell'ombelico.
Premette
il suo petto sulla mia schiena e appoggiò la testa alla mia
spalla.
Ci
mancò poco che il cuore mi schizzasse dal petto e sperai che
in
qualche modo lui non lo sentisse battere così veloce.
-
Devi rilassarti di più...sai che non ci interessa anche se
vieni da
noi durante il giorno, ci fa piacere -
Ci
fa piacere, o MI fa piacere? Scacciai dalla testa il pensiero e
cercai di concentrarmi nel dargli una risposta.
-
Non voglio disturbarvi, avete così tanto da fare....non
voglio che
abbiate problemi a causa mia – deglutii e cercai di
concentrarmi
sui poster che aveva appeso al muro che avevo di fronte: la sua mano
sulla pancia era come se pesasse chili e chili in quel momento tanto
la mia mente ne era rapita.
-
Ti fai troppi problemi – Sentire la sua voce così
vicina al mio
orecchio mi stava facendo impazzire.
-
Lo so -
Rimanemmo
abbracciati e in silenzio per un po'.
E
mentre sentivo il suo respiro farsi sempre più lungo e
pesante, la
mia mente si perse in mille ragionamenti.
Ripensavo
agli ultimi mesi, a quanto mi trovassi bene con i ragazzi e al
rapporto che avevo con ognuno di loro.
Io
e Tom eravamo sempre più legati. Prima di andare a letto
passava
sempre dalla mia stanza per vedere se tutto fosse a posto e per
chiacchierare un po' del più e del meno, come spesso
facevamo anche
a casa. Ma qui, tutto aveva un peso diverso.
Io
contavo su di lui e lui su di me allo stesso modo, e per la prima
volta mi resi conto di quanto potessi essere anche io rassicurante
per lui così come lui lo era stato per me per molti anni.
Era
la grande esperienza, con grandi responsabilità. Che quindi
si
portavano dietro grandi paure.
Io
ed Harry, insieme, eravamo due pazzi. Era la MIA persona. Quella che
faceva per me.
Era
l'amico che ti dava il calcio nel sedere quando la
razionalità
prendeva il sopravvento, e con me, capitava spesso. La domenica,
quando Tom e Dougie uscivano con le proprio ragazze e Danny con
quella di turno (notate forse un po' di acidità? No?) era
lui a
passare la giornata con me, cantando a squarciagola sdraiati per
terra o a fare tutto quello che ci veniva in mente di fare. Sapevo
che tutto sarebbe cambiato se avesse trovato qualcuna, ma lo meritava
più di altri.
Dougie
era strano. Non andavamo molto d'accordo. Nel nostro rapporto uno
tentava di rientrare nelle grazie dell'altro e quest'ultimo lo
ignorava.
Indovinate
che parte ricoprivo io.
E
poi c'era Danny.
Al
solo pensiero di quello che provavo per lui, nel viverlo tutti i
giorni, nel vederlo ogni mattina ed ogni sera, sentii una stretta al
cuore togliermi il respiro.
La
sua stretta si era fatta nel frattempo sempre più molle, e
il
respiro pesante.
Basta.
Non
riuscivo a stare così, in quella posizione, con lui, stavo
male. Avevo
bisogno di aria.
Mi
divincolai dal suo abbraccio facendo molta attenzione a non
svegliarlo, e scesi dal letto.
Non
ce la feci, e prima di uscire dalla stanza mi soffermai a guardarlo
dormire per qualche secondo: le braccia abbandonate sul letto dove
prima c'ero io, la bocca leggermente aperta, il petto che si alzava e
abbassava lento, e un viso che, se non avessi saputo fin troppo bene
com'era fatto, pareva quello di un angelo.
Scossi
la testa, disapprovandomi per la centesima volta e uscii di corsa e
scesi al piano di sotto.
Passai
senza curarmi di chi non stessi salutando in salotto, e inforcai
l'uscita.
Quando
finalmente mi trovai fuori attraversato il giardino e il cancello,
sulla strada, mi resi conto che non avevo più aria.
Mi
premetti le mani sul petto, non comprendendomi più: mi
facevano male
i polmoni, avevo un forte bisogno d'aria e la mia testa sembrava
sempre più leggera più ci pensavo.
Mi
imposi di respirare temendo di essere nel bel mezzo di un attacco di
panico, e mi sedetti a terra lasciandomi andare contro la
staccionata, sul marciapiede.
Ero
finalmente riuscita a calmarmi quando sentii qualcuno urlare.
|
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Capitolo 12 *** Rage ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
*Note
dell'autore*: grazie
mille a MusicHeart che recensisce sempre la mia storia, sei carinissima
;* e ora direi che scoprirari chi stava urlando...non mi dilungo oltre,
buona lettura!
DOUGIE
-Cosa?-
Silenzio.
Da cui mi sentivo ingoiare vivo.
-Doug,
ti prego per-
-Doug,
Doug un cazzo- trovai la forza di alzarmi dal letto e mi sentii come
se stessi fluttuando, in una dimensione parallela.
Faticavo
a realizzare.
Che
puttana.
-Non
era nulla di importante! Io ti amo! -
-NON
CI PROVARE LAUREN!-
Mi
accorsi di aver alzato la voce e frustrato tirai un calcio alla base
del letto per cercare di sfogare il risentimento.
-
ASCOLTAMI!-
-NO!-
avevo il fiato corto, la rabbia mi stava riempiendo i polmoni,
lasciandomi poco di che respirare.
Deglutii
e presi l'unica decisione possibile.
-Non
farti mai più vedere- Attaccai. Quelle parole mi uscirono
dai denti
in un sibilo, le più difficili che io avessi mai detto da
che ero
nato.
Mi
fissai allo specchio che avevo di fronte.
La
mascella si tese, i denti stretti e i pugni serrati. La frangia mi
scendeva davanti agli occhi, ma non mi interessava sistemare nulla.
Avevo solo voglia di ridurre quello specchio in mille pezzi.
Stritolai
il telefono nella mia mano destra, quasi come se rompendo quello
nulla di quello che avevo sentito si sarebbe trasformato in
realtà.
Avevo
bisogno d'aria.
Aprii
la porta di camera mia con un tonfo sordo e percorsi il corridoio
senza davvero vedere quello che mi scorreva di fronte. Scesi le scale
e mi ritrovai come in trance fuori dalla porta d'ingresso, colpito in
volto dall'aria fresca.
Sentii
vibrare il telefonino nella mia mano e, nonostante la stretta allo
stomaco, preso da una rabbia cieca risposi comunque.
-DOUG!
Doug non attaccare! Ti p-
-VAI
A FARTI FOTTERE!- premetti con rabbia la cornetta rossa e attraversai
furioso il giardino.
-
Ti odio, TI ODIO! - non so cosa mi prese. Avevo tanta rabbia in corpo
che sentivo la testa compressa, come se dovesse scoppiare da un
momento con l'altro dalla tensione.
Arrivai
oltre al cancelletto di entrata e la mia mano partì da sola.
FELICITY
Appena
il tempo di girare la testa e me lo ritrovai a pochi metri.
Dougie
aveva appena lanciato nella direzione opposta alla mia quello che
pensavo fosse il suo telefonino, che a contatto con l'asfalto del
marciapiede si aprì in mille pezzi.
Lo
fissai terrorizzata.
Abbassò
lo sguardo, i pugni chiusi lungo i fianchi, e da dove ero seduta
potevo vedere una vena sul suo collo gonfiarsi tesa.
Qualcosa
doveva essere successo. E non sembrava nulla di bello.
Ci
misi qualche secondo a realizzare cosa fosse meglio fare: potevo
appiattirmi il più possibile contro la staccionata e sperare
che non
mi vedesse oppure muovermi di lì e fargli capire che avevo
visto.
Aiutare
una persona che palesemente ti odia anche a costo di rischiare un
insulto oppure farmi i fatti miei e lasciare che sbollisse qualunque
cosa fosse da solo?
Oh,
al diavolo!
-Dougie!-
mi alzai in piedi e avanzai un timido passo nella sua direzione. Mi
bloccai quando il suo sguardo incontrò il mio.
Fuoco.
Meno
male che Tom diceva che saremmo andati d'accordo.
-Lasciami
in pace – si voltò e rientrò in
giardino a passo svelto. Guardai
un attimo il telefonino a terra e lui. Decisi di seguirlo, visto che
per il suo telefono non c'era molto da fare oramai.
-
Dougie! Aspetta, cosa succede? - cercai di riguadagnare il suo passo,
ma mi stava mettendo in difficoltà.
-
Non voglio parlarne – non riuscivo neanche a vedere il suo
viso,
cercava di evitare in tutti i modi un contatto visivo. Lo seguii su
per le scale fino all'entrata di camera sua.
-
E' successo qualcosa con Lauren? - Domanda sbagliata.
Si
girò furente, il suo naso ad un centimetro dal mio, gli
occhi neri
di rabbia piantati nei miei.
-
VATTENE!-
La
porta picchiò sui cardini così violentemente che il rimbombo
si
sentì in tutta la casa.
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Capitolo 13 *** Unexpected truth ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
FELICITY
Un'ora.
Una
maledettissima ora.
La
schiena iniziava a dolermi, per non parlare delle mie chiappe.
Stavano diventando quadrate.
Dopo
qualche minuto di totale scoraggiamento, impietrita di fronte alla
porta della sua stanza, avevo deciso di aspettare.
Soprattutto
dopo aver sentito i primi singhiozzi giungere alla mie orecchie
soffocati dal legno della porta.
Dannata
me e la mia indole da crocerossina.
Quindi
mi ritrovavo seduta da un'ora accanto alla porta, con la schiena
appoggiata al muro e dunque ecco spiegato il sedere quadrato e la
schiena dolente. Tamburellai
le dita sul pavimento pensando a cosa fare, fino a che non mi resi
conto che mi ero rotta di stare lì fuori e mandai tutte le
cautele
all'aria.
Mi
alzai e mi portai di fronte alla porta decisa, la mano già
appoggiata sulla maniglia.
-
ORA ENTRO, NON MI INTERESSA SE MI SBRAITI IN FACCIA, IO ENTRO!
–
attesi un secondo con il cuore in gola.
-Oh
signore, cosa sto facendo...- sussurrai a me stessa prima di spingere
sulla maniglia e spalancare la porta in un unico gesto veloce.
-
Dougie...-
Non
arrivò nessuna risposta.
Era
seduto sul letto, la testa bassa e la schiena curva, i gomiti
appoggiati stancamente sulle ginocchia mentre si osservava le mani in
trance, quasi senza vederle.
Mi
avvicinai lentamente.
Poi,
appena si rese conto che ero nella stanza e che mi stavo avvicinando
a lui voltò la testa nella direzione opposta alla mia,
mentre due
lacrime si staccavano dal suo mento e gli ricadevano sulle braccia.
Mi
si strinse il cuore. Va
bene, mi odiava, va bene, quasi non mi parlava. Ma era pur sempre un
ragazzo in lacrime santiddio!
Lo
raggiunsi e mi sedetti con cautela accanto a lui: sentivo il
materasso sprofondare sotto le mie dita e il mio peso, un piccolo
sbuffo si era sentito chiaramente nel silenzio totale in cui eravamo
immersi.
Cercai
di scrutare i suoi movimenti, ma l'unica cosa che potevo vedere erano
le sue spalle tese che si sollevavano ad ogni respiro.
Non
so per quanto tempo rimasi a fissarlo, ma so che alla fine mi
ritrovai anche io guardare nel vuoto in un silenzio che non sembrava
poter essere diverso da com'era.
-
E' andata con il mio migliore amico -
Sussultai.
Il
troppo tempo immersi nel silenzio mi aveva fatto perdere contatto con
la realtà. Rimasi
d'altronde scioccata da questa confessione spontanea, ma soprattutto
dal suo contenuto.
-
Chi? Lauren?! -
Si
voltò finalmente a guardarmi, con le guance rosse e solcate
da
alcune lacrime e un sorriso amaro.
-
Già -
-
Che gran zoccola- strabuzzai gli occhi. Non potevo averlo detto sul
serio! Mi tappai la bocca con le mani e lo guardai terrorizzata.
Incredulità
penso fosse la parola per descrivere il suo viso, ma mentre io avrei
voluto trovare una pala per scavarmi una profonda fossa, lui mi prese
in contropiede e scoppiò a ridere.
-
Sai che ti dico? Hai ragione. Le cose vanno dette come stanno
– mi
rivolse un ultimo sorriso e tornò a fissare di fronte a
sé.
Sollevata,
mi concessi qualche momento per pensare al fatto che aveva davvero un
bel sorriso e per stupirmi di quanto per il nostro brutto rapporto
non l'avevo mai visto rivolto a me in così tanto tempo. Gli
si
formavano delle pieghe molto carine attorno agli occhi, molto chiari
e che si stringevano in un'espressione felice che coinvolgeva tutto
il suo viso.
-
Come ti senti? -
-
Uno schifo -
-
Non mi è mai piaciuta -
-
Ora che mi ci fai pensare, neanche a me –
-
Le minigonne così corte non sono mai un buon segno
– rise alla mia
battuta e si asciugò le guance con il dorso della mano.
-
E' liberatorio parlare male della propria... – si
bloccò per
qualche secondo, in evidente difficoltà.
-..Ex-
Gli
appoggiai una mano sulla spalla e la strinsi delicatamente.
-
Quando vuoi, io sono sempre disponibile. Conosco una serie infinita
di cattiverie femminili, ti piaceranno – gli feci
l'occhiolino e
tolsi la mano dalla sua spalla, indecisa se fosse un gesto troppo
confidenziale per lui o meno.
Penso
che si rese conto del mio imbarazzo perché inaspettatamente
riprese
la mia mano tra le sue.
-
Sembro una gran checca se ti dico che ho bisogno di un abbraccio
ora?-
Puntò
i suoi occhi, in parte nascosti sotto la frangia, nei miei.
Era
indifeso e vulnerabile. Spalancai
le braccia e gli rivolsi il sorriso più rassicurante che
avevo in
repertorio.
-
Aawww! Lo sapevo che sotto sotto eri un cucciolone! - ridendo si
rifugiò a testa bassa tra le mie braccia.
Quando
sentii le sue
avvolgersi attorno alla mia schiena rimasi stupefatta e contenta
insieme.Gli
massaggiai la schiena con movimenti circolari. Rimanemmo in quella
posizione per un po' fino a che non si staccò da me con fare
imbarazzato.
-
Grazie...-
Gli
accarezzai una guancia, ma ritrassi velocemente la mano quando mi
resi conto di quello che stavo facendo. Probabilmente per lui era un
gesto troppo 'intimo' per una con cui lui a malapena scambiava due
parole...però mi era venuto spontaneo allungare la mano e
cercare di
consolarlo in qualche modo, fargli capire che in realtà non
doveva
ringraziarmi proprio di nulla. Ero contenta di essere lì in
quel
momento e fare qualcosa per lui...chissà cosa speravo,
chissà che
pensavo. Forse che il nostro rapporto potesse improvvisamente
migliorare? Mi diedi subito della stupida. Probabilmente non appena
finito il momento di crisi saremmo tornati a comportarci come se
niente fosse. Non potei fare a meno di provare una stretta al petto a
quel pensiero.
-
Di nulla – fissammo entrambi il pavimento.
Seguirono
minuti di silenzio imbarazzante in cui non sapevo davvero in che
direzione muovermi: sarebbe stato meglio iniziare a buttare
lì
qualche battuta e alleggerire la tensione? Andarmene e lasciarlo
solo?
-
Beh, io vado, dovresti riposarti – Feci per alzarmi ma la sua
mano
sul polso mi ritrascinò giù.
-
Non ho voglia di stare solo -
-
Vuoi che ti chiami i ragazzi? Loro saprebbero sicuramente tirarti su
il morale -
-
No, grazie, ora avrei bisogno di una compagnia un po' più
'discreta'
- mi scappò una risatina capendo subito cosa volesse dire.
Un po'
dell'euforia che avevo provato prima mi tornò al pensiero
che mi
stesse davvero chiedendo di fargli compagnia e che preferisse la mia
presenza a quella dei suoi amici. Tuttavia cercai di nasconderla per
non sembrare una completa idiota.
-
Ok, beh..che vuoi fare? -
Ci
pensò su un attimo.
-
Avrei bisogno di riposare gli occhi – se li
strofinò per darsi un
po' di sollievo, immagino senza tanti risultati.
-
Dormirei un po' ma non voglio davvero stare solo ora. Ti dispiace? -
Mi sentii entusiasta di poter finalmente poter fare qualcosa per lui
che non fosse rifiutata e rispedita al mittente. E forse accettai un
po' troppo velocemente.
-
Agli ordini – E con un sorriso mi infilai sotto le coperte.
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Capitolo 14 *** Vanilla and raspberries ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
*Note
dell'Autore*:
Grazie MusicHeart per le tue recensioni sempre gentili :D sono felice
che la storia continui a piacerti. Ecco un altro capitolo che spero
piacerà sia a te che ai miei lettori silenziosi....;) buona
lettura!
DOUGIE
Felicity.
Per
la prima volta la guardavo davvero.
Mi
ero svegliato dopo un paio di ore e voltandomi l'avevo vista
lì. Mi
era tornato tutto in mente dopo i primi momenti di confusione.
Si
era addormentata insieme a me sotto le coperte e dormiva ancora, con
la bocca spalancata e la guancia schiacciata contro il cuscino.
Soffocai una risatina divertita, ma avrei davvero voluto farle una
foto.
Come
dicevo, per la prima volta la guardavo davvero: Lauren aveva sempre
fatto scenate immense ogni qualvolta accennavo alla sua presenza in
casa, per cui mi era venuto naturale assecondare la mia ragazza, che
amavo moltissimo, e semplicemente ignorarla.
Più
lo facevo e meno risultava difficile farlo, meno desideravo la sua
presenza.
Che
idiota.
Avevo
trattato molto male una ragazza molto gentile, per stare dietro ad
una ragazza che mi aveva poi fatto del male in questo modo. Con
il senno di poi, quella che meritava di essere ignorata era Lauren.
Mi
resi conto solo in quel momento, nella penombra della mia stanza, di
quanto i tratti del suo viso fossero gradevoli.Amichevoli.
Allungai
una mano e delicatamente le spostai una ciocca di capelli dal viso
fino ad adagiarla dietro al suo orecchio.
Aprì
gli occhi.
-
Ciao – le sorrisi.
-
Ciao -
-
Potevi svegliarmi – si stropicciò gli occhi e io
alzai le spalle.
-
E perché? -
Fece
un grosso sbadiglio e poi si rannicchiò sotto la coperta,
stringendosi le braccia attorno al petto. Le uscirono dalla bocca dei
mugugni assonnati davvero incredibilmente carini.
-
Come siamo carini e coccolosi appena svegli-
-
Non mi prendere in giro...- mi disse con gli occhi ancora chiusi.
Sorrisi.
-
Vieni qui – scivolai vicino a lei nel letto e l'avvolsi in un
abbraccio gentile, iniziando a massaggiarle la schiena con le mani.
Dopo
qualche attimo la sentii rilassarsi e la sua testa accucciarsi
nell'incavo del mio collo.
-Grazie
per prima. E scusa per averti trattato male-
-Mmm-mm....va
bene sei perdonato per la porta in faccia e tutto il resto...-
Le
sue labbra che mi sfregavano sul collo mi fecero ridere per il
solletico. Le accarezzai i capelli dopo un attimo di tirubanza.
-Io
intendo per come ti ho trattato sin dall'inizio-
-Oh...-
Seguirono
attimi di silenzio ma non arrivò nessuna risposta. Continuai
ad
accarezzarle i capelli e la testa come per trovare un gesto per farmi
perdonare di tutto, sperando che non mi cacciasse via.
-Lauren
era gelosa, e io...come un idiota ho fatto quello che la rendeva
felice -
Si
staccò da me quel tanto che bastava per salire al mio
livello e
guardarmi negli occhi.
-
Un po' idiota sei-
Mi
morsi il labbro non sapendo cosa dire. Aveva ragione, ero stato solo
un cretino, ma sperai dal profondo del mio cuore di poter sistemare
le cose.
-
Ma se l'hai fatto per amore, allora ti capisco -
Mi
sentii incredibilmente sollevato.
Chiusi
gli occhi, trovando finalmente un po' di relax vero e inspirai portando
aria nei miei polmoni.
Fliss
sapeva di vaniglia e lamponi. Inalai
il suo profumo scoprendo una sensazione nuova: mi sentivo accolto.
Era il profumo di casa, di quando si sta davanti al caminetto
d'inverno con una tazza di te in mano, sotto la propria coperta
preferita. Mi persi per un attimo in quella sensazione di benessere
concentrandomi solo sul mio respiro che si faceva sempre più
regolare.
-
Lo sapevo! - riaprii gli occhi di scatto ma quando lo feci vidi
Felicity che fissava un punto dall'altra parte della stanza,
preoccupata.
Seguii
il suo sguardo fino ad incrociare con il mio
l'ultima persona che avrei voluto vedere in quel momento. Lauren
stava in piedi sulla soglia, uno sguardo infuriato in viso mentre i
suoi occhi saettavano da me a Felicity senza controllo.
Mi
alzai e mi levai le coperte stizzito. Con la coda dell'occhio vidi
Felicity fare lo stesso.
-
Sapevi cosa? - le risposi fissandola con odio mentre mi alzavo in
piedi per fronteggiarla senza tuttavia averne la minima voglia. Stavo
finalmente riuscendo a rilassarmi e doveva arrivare di nuovo quella
stronza a farmi saltare i nervi. Quale parte del 'Non ti voglio
più
vedere' le era sfuggita?
-
Che te la facevi questa sciacquetta!-
-
Ohi! A chi stai dicendo scusa?! - Stava lì, in piedi sulla
porta,
arrabbiata.
Ma
come poteva permettersi di arrabbiarsi? Lei?! Sentii
la frustrazione risalirmi la bocca dello stomaco fino a bruciarmi nel
petto. Avrei voluto farla sparire dalla faccia della terra anche solo
per quello sguardo strafottente e sicuro che ci stava rivolgendo. Lei
era andata con il mio migliore amico e pretendeva anche di avere
ragione. Gliel'avrei fatta pagare, ad entrambi. Felicity le aveva
risposto irritata e si era portata in piedi accanto a me.
-
Cosa vuoi? -mi venne fuori più come un ringhio che come una
domanda.
-
Voglio il mio ragazzo, ecco cosa voglio!-
-
DOVEVI PENSARCI PRIMA!- strinsi i pungi incapace di contenere la mia
rabbia in risposta alla sua arroganza.
Sentii
un'altra mano avvolgersi attorno al mio pugno chiuso e mi girai a
guardare Felicity.
-
Stai calmo, non ne vale la pena – i suoi occhi mi chiedevano
silenziosamente di non perdere il controllo ma io ero talmente fuori
di me da non riuscire a concentrarmi, così rimasi con il
respiro
affannato a fissarla sperando che ignorando Lauren mi sarei
dimenticato di quella faccia da cazzo che si ritrovava e aveva avuto
anche il coraggio di portare in casa mia dopo quello che era
successo.
-
Adesso ti fai dire anche cosa devi fare? Ho fatto proprio bene ad
andare con Matt, tu non hai le palle – In quel momento persi
le
staffe.
Feci
un passo in avanti verso di lei con gli occhi iniettati di odio. Non
so di preciso cosa volessi fare ma non stavo ragionando lucidamente,
era evidente. Non avrei mai voluto picchiare una donna ma la rabbia
che provavo era così tanta che i miei piedi si erano mossi
da soli.
Non la volevo picchiare, non lo avrei mai fatto, ma avevo bisogno di
urlargli in faccia, spingerla via, o qualcunque altra cosa che mi
avesse aiutato a sfogare l'odio che sentivo dentro.
Poi
vidi qualcuno pararmisi davanti e mi bloccai di colpo.
-Ora
vattene – Fliss troneggiava di fronte a me, le mani sui
fianchi e
il suo tono era diventato molto più che infastidito.
-
Tu non puoi cacciarmi! - Lauren si spostò la frangia scura
con
superiorità e fece per fare un passo in avanti ma Felicity
le si
fece incontro.
-Certo
che posso. Ora mi fai il favore di girarti –
indicò la porta
puntando il dito verso l'uscita – imboccare la porta e
andartene
immediatamente – Sottolineò l'ultima parola per
dare enfasi al
fatto che era serissima e sperai per qualche secondo che Lauren le
desse retta.
-
Doug, mi devi ascoltare! - cercò di farsi strada verso di me
ma
Fliss continuava a bloccarle la strada.
Distolsi
lo sguardo per
evitare di farmi impietosire quando sentii un groppo alla gola. Fui
mentalmente grato a Fliss di trovarsi tra me e Lauren in quel
momento. Stavo talmente male che avrei potuto scoppiare a piangere
dal nervoso da un momento con l'altro e l'ultima cosa che volevo era
farmi vedere da Lauren in quello stato. Non volevo darle la
soddisfazione di vedere quanto ferito io fossi da quello che aveva
fatto. Io l'amavo. Ero convinto che fosse l'amore della mia vita. E
lei aveva fatto la cosa peggiore che potesse fare senza neanche
rendersi conto di quanto il mio cuore si doveva essere spezzato.
-
Vai a dire le tue cattiverie altrove – aveva un tono fermo,
deciso,
e che non ammetteva repliche.
-E
levati!- Lauren le tirò uno spintone fino a farla collidere
con la
spalliera del letto.
Silenzio.
Mi voltai con gli occhi spalancati per vedere che Felicity si
guardava incredula il petto, dove le mani di Lauren l'avevano spinta
indietro. Se le avesse fatto male non me lo sarei mai perdonato. Mi
agitai subito pensando al peggio.
Mi
avvicinai velocemente e le presi un braccio per attirare la sua
attenzione.
-Tutto
ok? Ti ha fatto male? -
Alzò
finalmente lo sguardo e quello che ci vidi dentro non prometteva
nulla di buono. Cercai il suo sguardo con il mio mentre i suoi occhi
si incupivano e la sua bocca si serrava sempre di più.
-
Fliss? -
Non
mi diede neanche il tempo di finire di pronunciare il suo nome.
Si
alzò in fretta e, un passo davanti all'altro, in un secondo
collise
con Lauren, spingendola talmente forte da farla finire per terra.Il
panico si stava diffondendo nei suoi occhi ed io ero impietrito da
quel gesto improvviso.
-
MA SEI IMPAZZITA?! -
-
SPARISCI! - le ruggì Felicity sovrastandola.
-
E NON FARTI PIU' VEDERE!- Lauren cercò incespicandosi di
rimettersi
in piedi, infilando le scale il prima possibile.
Ero
indeciso se avere paura o essere estremamente compiaciuto. Delle due,
prevalse la seconda quando un peso enorme lasciò il mio
petto per
lasciare posto ad una piacevole morsa di emozione alla bocca dello
stomaco.
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Capitolo 15 *** Bittersweet ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
*Note
dell'Autore*:
Buonaseeeeeera. Grazie a tutti quelli che si fermano per qualche minuto
a leggere la mia storia. Io vi lascio con un bel punto di vista di
Danieluccio nostro che getterà un pò di chiarezza
sulla situazione...Lasciate un commentino! Ps. a breve credo che
cambierò il rating della storia...qualcuno - cioè
io- potrebbe aver scritto - non è che potrebbe, ha scritto -
dei capitoli un pò più...ehm...dettagliati per il
futuro. Vi lascio con questa nuova consapevolezza (dehehiho) e buona
lettura;)
DANNY
L'ironia
è quando credi di aver bisogno di qualcosa, la ottieni, e
poi ti
rendi conto che non sei neanche lontanamente vicino a quello che
volevi davvero.
Mi
accasciai sul tavolo del pub vicino a casa, e sospirai passandomi una
mano sui capelli.
-
Che idiota..-
E
avevo ragione a ritenermi tale.
Ero
uscito da solo, la stupida idea in testa di aver bisogno di una
ragazza per distrarmi, da cosa poi, non l'avevo capito neppure io.
Era
qualche giorno che avevo addosso una strana sensazione di ansia
generalizzata che non voleva andarsene via, e mi stava preoccupando:
mi si stringeva il cuore e i polmoni in un attacco di ansia
incontrollato di tanto in tanto, come se tutto mi stesse sfuggendo di
mano come acqua tra le dita.
In
realtà, niente poteva andare meglio di così.
Con
la band tutto procedeva secondo i piani: stavamo ultimando le
canzoni, facendo provare i pezzi ad Harry e Dougie, e la casa
discografica stava predisponendo tutto per registrare nei prossimi
mesi. L'uscita del primo singolo era vista da tutti noi come un
traguardo che si faceva via via sempre più possibile, ed un
sogno
che andava realizzandosi.
Fliss era sempre la nostra salvezza
sia con la sua compagnia sia con il suo lavoro, mentre economicamente
e affettivamente non mi mancava proprio nulla.
Vita
stupenda. Amici stupendi.
E
allora cosa mancava?
Mi
tirai a sedere composto, e dopo aver sorseggiato distrattamente un
po' della mia birra iniziai a guardarmi in giro, determinato a
raggiungere il mio obiettivo.
Così
la vidi appoggiata alla colonna accanto al bancone, con un gruppo di
amiche sorseggiava un cocktail lentamente, chiacchierando e
spostandosi di tanto in tanto quei bellissimi capelli biondi dietro
le orecchie.
Ma
quello che dal preludio sembra essere un buon inizio,
terminò in
tragedia.
Sì,
mi alzai dal tavolo.
Sì,
mi feci avanti, mi presentai in un momento di distrazione delle sue
amiche.
Sì,
ci parlai per qualche minuto, compiaciuto di vederla sorridere ad
ogni mia battuta, ottimo segno.
Ma
ad un certo punto mi venne a mancare la motivazione.
Più
parlava, e meno mi trovavo interessato a quello che aveva da dirmi.
Più
si spostava i capelli dal viso meno mi trovavo interessato ad
osservarla.
Smisi
addirittura di fissarle le labbra, di fissarle il viso,
perché
l'idea di baciarla e combinarci qualcosa, improvvisamente non era
più
quello di cui avevo bisogno.
Chi
era la persona che avevo di fronte? Una di quelle ragazze che conosco
per una sera e non rivedo più?
Dov'era
la sua storia? Dove i suoi guai e le sue gioie?
Non
sapevo nulla di questa bellissima ragazza, e se prima questo era un
elemento altamente attraente per me, ora improvvisamente non lo era
più.
Con
una scusa la salutai, e non mi girai per non vedere la sua
espressione ferita mentre mi allontanavo veloce, recuperavo la mia
giacca al tavolo e uscivo fuori dal pub senza voltarmi.
Camminai
con le mani nelle tasche fino al cancelletto di casa.
Pensavo
a cosa mi stava accadendo, e non riuscivo proprio a capire
esattamente che cosa fosse cambiato in me.
Poi
il pensiero mi colpì come un proiettile.
Io
avevo bisogno di casa. Avevo bisogno di sentire calore, di un
abbraccio che fosse pieno d'amore. Volevo qualcosa di familiare, un
volto a cui potermi rivolgere nei momenti di sconforto, e che avesse
una storia dietro da poter ricordare.
Volevo
quel brivido che tutti dicono che si prova quando si incrocia lo
sguardo della persona che si ama, quella stretta allo stomaco quando
si aspetta di vederla, e quella tristezza quando la si lascia.
Improvvisamente
non avevo più davvero bisogno di tenere occupata la testa e
divertirmi con una ragazza a caso, una equivalente all'altra, ma mi
rendevo conto che avrei davvero avuto bisogno di stringere qualcuno
tra le braccia e fermarmi a godere del profumo dei suoi capelli, solo
per il gusto di farlo. E volevo ritrovare quel profumo ogni giorno,
riconoscerlo in pochi secondi, renderlo per me inconfondibile e non
sentirlo diverso ogni volta, così come la pelle sotto le mie
mani.
Volevo
una relazione con una ragazza che mi amasse davvero per quello che
ero e per quello che potevo dargli. Questa realizzazione mi fece
fermare in piedi davanti alla porta di casa come se qualcuno mi
avesse appena tirato uno schiaffo. Fino ad allora non ero stata in
grado di ammetterlo neanche a me stesso e il fatto che il mio
cervello avesse finalmente formulato quel pensiero a chiare lettere
mi lasciò senza parole. Probabilmente ero arrivato ad un
punto di
rottura per avere avuto il coraggio quantomeno di ammetterlo con me
stesso.
Alzai
una mano per aprire la porta ma la ritrassi quando un pensiero, o
almeno, un'immagine mi attraversò la testa. In un secondo mi
si parò
davanti agli occhi l'immagine dei suoi capelli ricadere in morbide
onde sulla spalle o della sua mano che con naturalezza ne raccoglieva
una ciocca e la sistemava dietro un orecchio. Rividi le sue labbra
incurvarsi in un timido sorriso ogni volta che incrociavo il suo
sguardo imbarazzato e i suoi occhi assumere quelle bellissime
sfumature di verde ogni volta che il sole le illuminava il viso.
Riuscii quasi a sentire il suono della sua risata cristallina quando
qualcosa la faceva ridere e a percepire il tocco delle sue dita
sottili sulle mie mani in quelle rare volte in cui le avevano
sfiorate.
Spalancai
gli occhi incredulo. Non poteva essere che il mio cervello mi stesse
tirando quel brutto tiro, non ero pronto a sopportarlo. Serrai gli
occhi e scossi la testa cercando di mandare via quelle immagini
insistenti dalla mia mente. Non ero pronto ad ammettere che l'unica
che volevo fosse anche l'unica che mi ero ripetuto alla nausea di non
poter avere. Non ero pronto ad ammettere di volere Felicity.
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Capitolo 16 *** Confused feelings ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo.
FELICITY
Iniziai
a chiudermi al mondo. Dentro di me si stava svolgendo una battaglia
che mi stava sfinendo e non avevo la forza di affrontare lo sguardo
di nessuno in quel periodo.
Non
riuscivo più a concentrarmi in nulla, il lavoro con i
ragazzi stava
iniziando a risentirne, e sentivo lo sguardo di Tom che indagava su
di me sempre più spesso.
Mi
chiusi nella lettura sempre di più, bloccando fuori
inconsciamente
le mie ansie.
Non
volevo più avere a che fare con il mondo reale,
perchè il mondo
reale non rispettava le mie aspettative. Era questa la
verità.
Immagino
fosse solo un momento di rottura.
Improvvisamente
la mancanza di una famiglia stabile, di una situazione famigliare
tranquilla, di un papà e una mamma che mi accogliessero a
braccia
aperte e da poter chiamare nel momento del bisogno mi sembravano
determinanti per ogni mio fallimento.
Daniel
compreso.
Facevo
fatica a gestire la convivenza con lui, la sua vicinanza mi mandava
in bestia un giorno e il giorno dopo mi mandava in paradiso, e avrei
dato oro per poter avere una mamma che mi prendesse per mano al
momento e mi dicesse cosa dovevo fare.
Quindi,
semplicemente, mi chiudevo, lasciando che tutto scorresse, vedendo il
tempo scorrermi tra le mani senza riuscire o avere la forza di
fermarlo.
-
Fliss? -
Tom
si affacciò alla porta della mia camera, rimandandomi uno
sguardo
incerto.
-
Posso entrare? - Capii che non c'era verso questa volta di trovare
una scusa per evitarlo come avevo cercato di fare fino a quel
momento. Così annuii e gli feci spazio sul mio letto,
invitandolo
con una mano a sedersi.
Mi
raggiunse e una volta seduto rimasi a fissarlo mentre nell'imbarazzo
più totale si torturava le mani non sapendo evidentemente
come
cominciare un discorso che sapevo benissimo dove sarebbe andato a
parare.
-
Tom, spara -
Mi
fissò qualche secondo, poi lasciò andare un
grosso sospiro.
-
Vorrei solo sapere cos'hai -
-
Nulla -
-
Sono giorni che sei chiusa qua dentro ed esci solo per
l'indispensabile-
-
Non ho voglia di vedere nessuno -
-
Ma perchè?! Sono preoccupato Fliss...- si passò
le mani tra i
capelli in un gesto di disperazione.
-
Se qui non sei felice, se non trovi che questa sia la tua strada, ti
prego, dimmelo! Io posso capire che...-
-
Sei fuori strada-
-
E allora cos'è? - mi presi qualche secondo per studiare il
suo viso.
La preoccupazione era preponderante in ogni sua linea. Gli dovevo una
spiegazione, almeno a lui, perchè mi rendevo conto di quanto
io
fossi stata egoista a lasciare che si preoccupasse in quel modo senza
fornirgli una spiegazione ben sapendo quanto tenesse a me.
-
Avrei solo bisogno di un punto fermo Tom...- e prima che potesse
aprire bocca continuai il discorso, immaginando già dove
volesse
puntare. - Tu lo sei, ma avrei bisogno di qualcosa...di materno ecco
-
La
sua espressione di addolcì all'istante. Avevo sperato che
almeno lui
mi avrebbe capito. Lui sapeva quello che mi portavo dentro e che la
mia faccia sorridente non sempre nascondeva la felicità che
facevo
di tutto per dimostrare. Mi sentii sollevata quando capii che aveva
già intuito cosa intendessi dire: avrei potuto evitare un
sacco di
spiegazioni che non avrebbero fatto altro che farmi sentire peggio e
a farmi piangere. Prese le mie mani nelle sue e le accarezzò
teneramente.
-
Ascoltami, so quanto l'assenza di una figura portante influenzi la
tua vita...ma tu devi essere sicura di te. Sei una ragazza forte,
molto più forte di quel che credi. Tu puoi essere il tuo
punto di
riferimento- Un'espressione scettica mi uscì in volto senza
che io
potessi fermarla. Mi sentivo talmente debole e inconcludente in quel
momento...La
sua prese sulle mie mani si fece più forte.
-
Tu non hai avuto nulla di quello che ho avuto io, credi che non lo
sappia? Ma nonostante questo sei qui, bella, forte, indipendente e
capace di fare tutto quello che vuoi- con una mano mi prese il mento
e mi costrinse a guardarlo. I suoi occhi marroni luccicavano
emozionati. Sentii un nodo stringermi la gola ma cercai di ignorarlo
e deglutii per cercare di liberarmene e di non scoppiare in un pianto
imbarazzante.
-
Devi soltanto crederci tu. Quando crederai in te stessa a sufficienza
ti renderai conto che nulla ti potrà fermare. Io lo so
– mi
sorrise e si alzò dal letto.
-
E ti aiuterò a ricordarlo, sempre – mi
accarezzò con il dorso
della sua mano la mia guancia destra e uscì dalla stanza,
lasciandomi con le sue parole gentili che mi frullavano per la testa.
-
Vuoi davvero farmi credere che sei tornato da solo? -
Eravamo
tutti in salotto a guardare un film sul grande divano ad angolo. Io
avevo deciso di abbandonare la reclusione, mi ero resa conto che
avevo fatto preoccupare tutti inutilmente e dopo le parole di Tom mi
sentivo decisamente meglio e un pochino più sicura di me.
Persino
Dougie mi aveva guardato impensierito appena mi aveva visto uscire
dalla stanza, ma sembrò tranquillizzarsi quando gli rivolsi
un
sorriso e proposi io stessa di guardare un film tutti insieme.
Ciò
non gli impedì di lanciarmi qualche occhiata di nascosto una
volta
iniziato il film, seduto accanto a me sul divano.
Danny
era appena rientrato, e Harry lo fissava incredulo dal divano dopo
aver rivolto a lui quella domanda.
-
Non capisco cosa ci trovi di strano – Danny si
levò la giacca
visibilmente irritato e la appese accanto all'entrata, un'espressione
corrucciata in volto.
-
Dai Danny, tu, che non rimorchi nessuna? - Harry rincarò la
dose e
un campanello di allarme mi risuonò in testa.
-
Non è come dici tu – fece per entrare in cucina ma
Dougie lo
bloccò.
-
Un momento....non mi dirai che....- scoppiò a ridere
sonoramente. -
Danny, ti hanno mandato in bianco!-
Osservavo
la situazione sul divano seduta accanto a Dougie (con cui per altro i
rapporti erano totalmente cambiati da quel famoso giorno in cui avevo
avuto il dispiacere di conoscere la sua ex ragazza) e da dov'ero,
potevo vedere le vene sul collo di Danny ingrossarsi, i pugni
stringersi e la faccia diventare rossa dalla rabbia. Iniziai a
sentirmi sempre più a disagio. Possibile che quegli altri
tre idioti
non si rendessero conto che stavano decisamente oltrepassando il
limite?
Strinsi
tesa il cuscino che avevo tra le mani, vedendo arrivare il peggio.
-
Non è così! -
-
Signore e signori, anche Danny Jones ha ricevuto un due di picche! -
Dougie si appoggiò alla mia spalla con una mano ancora
ridendo.
-
Non ho ricevuto nessun due di picche!!-
-
Oh Danny, non te ne devi vergognare, sei uno di noi adesso!- anche
Tom si era unito al gruppo e oramai tutti erano presi da una risata
contagiosa e incontrollata.
-
NON NE AVEVO VOGLIA OK? - Piombò di botto il silenzio nella
stanza e
il cuore mi saltò in gola.
Nessuno
lo aveva mai visto così, e la rabbia con cui aveva urlato
aveva
gelato il sangue a tutti i quanti. Prese un profondo respiro
fissandoci uno ad uno con gli occhi neri di rabbia e
continuò.
-
E ora, se avete finito, vado a dormire -
Senza
aggiungere altro si avviò di corsa alle scale e le salii
pesantemente, evidentemente fuori di sé dalla rabbia.
I
ragazzi si fissarono tutti con un grosso punto interrogativo in
faccia, mentre a me, che continuavo a fissare le scale ormai vuote,
batteva forte il cuore.
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Capitolo 17 *** Sudden realizations ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo.
*Note
dell'Autore*: Cari
i miei lettori, spero non mi uccidiate per aver, forse,
inavvertitamente (!), rimescolato un pò le carte in tavola
con questo capitolo. Buona lettura e spero vi piaccia!
TOM
La
mia ragazza stava proprio tornando.
Vederla
in quelle condizioni, così triste, così delusa da
sé stessa per
quei pochi giorni, mi aveva davvero preoccupato. Ma qualcosa era
cambiato.
Avevamo
appena finito di provare al piano di sotto con i ragazzi, dove la
casa discografica ci aveva allestito una specie di sala prove per
fare pratica con le nuove canzoni, e ora eravamo affamati in cucina
ad attendere che qualcosa atterrasse nei nostri piatti.
-
Fliss, io ti amo, lo sai vero? - Harry guardava nel suo piatto con
occhi sognanti.
Pannocchie
abbrustolite, salsiccia e patate arrosto.
-
Credo che in questo momenti mi amiate un po' tutti – mi fece
l'occhiolino e mi riportò il piatto pieno di quelle
prelibatezze.
Le
sorrisi e iniziai a sgranocchiare la mia pannocchia pensieroso.
Ero
davvero molto sollevato dal miglioramento del suo umore: da qualche
giorno era felice, cucinava molto, era molto premurosa e attenta e
soprattutto sorrideva in continuazione.
Ma
mi sfuggiva il motivo di questo improvviso cambiamento. Ed io,
essendo Tom Fletcher, sentivo l'assoluto bisogno di avere tutto sotto
controllo.
Danny
venne servito subito dopo di me, e le rivolse un grosso sorriso.
-
Ecco la mia cuoca preferita! -
Danny,
che aveva appena aperto bocca
per dire qualcosa fu costretto a zittirsi da Dougie, che era appena
entrato in cucina con un'euforia insolita e a quanto pare una voglia
smisurata di abbracciare mia cugina.
Appoggiai
la forchetta al piatto nel momento in cui una lampadina mi si accese
in testa.
Mi
diedi il tempo di osservare la scena.
-
Doug! Sono anche l'unica che non ti fa morire di fame! -
Felicity
si
fece abbracciare poi si voltò verso di noi, le mani di
Dougie ancora
attorno ai suoi fianchi mentre appoggiava la testa sulla sua spalla.
Poi
lui le si avvicinò all'orecchio e inaspettatamente le
sussurrò
qualcosa che non riuscii a cogliere.
Felicity
arrossii subito e iniziò a ridere imbarazzata.
Ok.
Questo era decisamente interessante.
Lei
lo spinse via e prese due piatti dal piano della cucina e li mise sul
tavolo davanti ai due posti vuoti.
Ma.
Ero solo io ad accorgermi della stranezza di tutto ciò?
Non
si erano mai parlati, ma guardati, mai riso insieme, e
improvvisamente da qualche giorno erano tutti risatine, battutine,
discorsi a due. Era quella la lampadina che si era accesa, avevo
finalmente ricollegato il buon umore di Felicity con il nuovo
rapporto che, a quanto pare, si era creato tra i due.
Mi
guardai attorno: tutti avevano iniziato a mangiare e a parlottare tra
un boccone e l'altro senza fare caso al mio sguardo.
Harry
però, come me poco prima, fissava i due nuovi amici con un
sorriso
sorpreso di tanto in tanto, segno che non ero l'unico a vedere che
qualcosa di strano stava improvvisamente succedendo.
Quando
mi voltai verso Danny seduto subito accanto a me, rimasi di stucco.
-
Dan? - Non mi sentì neanche.
Aveva
in mano la forchetta con un pezzo di salsiccia sospesa a mezz'aria,
lo sguardo fisso e serio su Dougie, quasi non riuscivo a vedere se
stava ancora respirando o meno.
Una
fragorosa risata mi distrasse da quello che avevo di fronte: Fliss
era ormai piegata in due, impossibile per lei continuare a mangiare
per qualcosa di evidentemente divertentissimo detto da Dougie che la
fissava anche lui ridendo.
Ma
quello che vedevo nei suoi occhi era qualcosa di simile
all'adorazione.
Feci
due più due e mi si gelò il sangue nelle vene.
Mi
voltai di scatto tornando a guardare Dan: le nocche gli erano
diventate bianche da quanto stava stringendo la forchetta con forza,
e il suo sguardo era sempre fisso su loro due.
-
Dan, tutto ok? - finalmente si risvegliò dalla sua trance.
Mi guardò
per qualche secondo senza dire nulla, poi abbassò la
forchetta e la
appoggiò al piatto.
-
No, effettivamente no. -
Le
risate si smorzarono mentre si alzava improvvisamente dal tavolo
strisciando indietro la sedia.
-
Dove vai? - mi rivolse un debole sorriso che però non
arrivò agli
occhi e poi fece lo stesso con tutti.
-
Scusatemi, non ho molta fame, vado a sdraiarmi un attimo – e
così
non ci lasciò il tempo di parlare che era già
sparito oltre la
porta.
Rimanemmo
in silenzio fino a che si sentirono i suoi passi sulle scale.
-
Ma cos'ha ultimamente? - Felicity interruppe il silenzio che era
piombato in cucina rivolgendo quella domanda a tutti noi.
Facemmo
spallucce tutti quanti, ma in una frazione di secondo il mio sguardo
e quello di Harry si incrociarono.
Capii che sapevamo esattamente entrambi quello che stava succedendo. E
non sapevo come fare per far sì che non ci esplodesse tutto
in
faccia.
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Capitolo 18 *** Cruel eyes ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo.
FELICITY
Quel
pomeriggio finii presto tutte le mie faccende e mi buttai sul divano,
visto che nessuno era in giro. Dopo un po' che guardavo la
televisione, cercando invano tra i canali qualcosa di interessante,
ricominciai a pensare a Danny.
Non
era più sceso dal pranzo e non era più uscito
dalla sua camera: la
mia preoccupazione per lui stava rasentando l'ossessione, nessuno e
niente era riuscito a lasciarmi due minuti di pace quel giorno, il
mio cervello perennemente in funzione e concentrato su di lui.
Perché
si era alzato così e se n'era andato? Forse non stava
davvero bene?
Passò
un'altra mezz'ora prima di accorgermi che la tv stava trasmettendo a
vuoto perché, effettivamente, nessuno la stava guardando.
Irritata
la spensi e gettai il telecomando poco più in là
sul divano,
massaggiandomi le tempie per cercare di darmi un po' di sollievo.
Basta.
Era
arrivato il momento di agire.
Mi
alzai determinata e salii i gradini delle scale due alla volta, ma
quando mi trovai finalmente davanti alla sua stanza tutto il coraggio
che avevo sentito fino a quel momento era improvvisamente sparito.
Rimasi qualche secondo a fissare la porta, indecisa su cosa fosse
giusto fare, ma quando feci per bussare questa si aprì di
botto.
Sollevai
lo sguardo, e incontrai quello di Danny, sorpreso.
-
Ohi -
-
Ciao -
-
Cosa ci fai qui fuori? - cercai di non arrossire e lo guardai
brevemente prima di distogliere lo sguardo imbarazzata.
-
Sono....sono venuta a vedere come stai -
Alzai
gli occhi e dopo qualche secondo il suo sguardo si addolcì,
e mi
fece un bel sorriso.
-
Entra... - mi fece spazio e timidamente entrai nella sua stanza.
-
Scusami, stavi andando da qualche parte? Ti ho disturbato?-
-
Tranquilla, non era niente di importante... - Gli sorrisi e ci
sedemmo entrambi sul suo letto.
-
Come ti senti? -
-
Bene, bene...ora mi sento molto meglio grazie -
-
Bene – feci per alzarmi ma mi interruppi quando lo sentii
parlare.
-
Vorrei chiederti una cosa – Lo guardai incuriosita e aspettai
che
andasse avanti.
-
Non voglio impicciarmi dei fatti tuoi, ma... - esitò qualche
secondo
prima di continuare, poi finalmente mi guardò negli occhi.
-
...tra te e Dougie c'è qualcosa?- Rimasi impietrita, senza
respiro.
Cosa?
-
Cosa?! No...cioè...io....- Sentii che mi stavo perdendo in
un
vortice di confusione e mi imposi la calma – Ma
perchè questa
domanda?-
-
Nulla, è che vi ho visto particolarmente vicini nell'ultimo
periodo
ed è strano, sai...non vi parlavate neanche -
Arrossii
visibilmente. Io e Dougie?
-
Non c'è nulla. Abbiamo avuto solo un chiarimento tra noi,
per cui
ora siamo diventati amici. Sì,credo di poterci definire
amici
adesso.-
-
Scusami, non devi giustificarti -
-
Non è per giustificarmi. Volevo solo rispondere alla tua
domanda...ecco... -
Per
una frazione di secondo i nostri occhi si incrociarono e il mio cuore
iniziò a battere veloce, i suoi occhi così belli
mi bucavano dentro
ogni volta che mi fissavano, e sentivo quel vuoto come una ferita.
Una ferita che mi ricordava sempre quanto io fossi stupida.
Fissò
di fronte a sé per qualche istante.
-
Che cos'hai ultimamente? Sei strano, anche l'altra sera eri furioso
–
Si
alzò in piedi di scatto e si avvicinò alla
scrivania. Capii di
aver fatto un passo sbagliato nel momento in cui vi si
appoggiò e le
sue nocche diventarono bianche tanto le sue dita la stringevano sul
bordo.
-
Nulla -
Mi
alzai anche io e mi portai con cautela alle sue spalle.
-
Hai ragione scusami, sono sempre un po' indelicata -
-
Ti dico che non ho nulla!-
Si
voltò e vidi nei suoi occhi la stessa
rabbia e frustrazione che aveva quella sera. Era così
evidente che
qualcosa non andava. In quel momento capii che non avrei potuto
aiutarlo come avrei voluto. Ero stata stupida a pensare che ne
avrebbe parlato con me, in fondo se non aveva detto nulla neanche
agli altri io non ero certo la prima persona con cui si sarebbe
sfogato. Deglutii per cercare di eliminare il groppo che mi stava
ostruendo la gola e sentii i miei occhi inumidirsi. Sbattei le
palpebre e cercai di ignorare le lacrime che spingevano per uscire a
quella sua reazione così forte nei miei confronti.
-
Scusa –
Abbassai
lo sguardo senza sapere cosa dire. Non osavo muovere un muscolo, un
passo falso l'avevo già fatto ed ero terrorizzata dal
compiere
quello successivo.
-
Vuoi aiutarmi? - rise sarcastico.
-
Io...si, vorrei -
Sapevo
che non avrei dovuto dire nulla. Ma le mie reali intenzioni mi erano
sfuggite dalla bocca prima che io riuscissi a trattenerle e a evitare
di creare ulteriori casini.
-
E allora VATTENE! -
Mi
impietrii all'istante. Non gli avevo mai fatto nulla per meritare
quella cattiveria. Potevo essere stata indelicata, è vero,
ma mi
stava trattando come se fossi io la fonte dei suoi problemi, e per
quello che ne sapevo io non gli avevo fatto proprio nulla. Sentii il
mio cuore iniziare a battere veloce contro il mio petto e l'unica
cosa che riuscii a fare fu quella di rimanere a fissarlo con
un'espressione ferita sul volto.
-Perchè?
-
Dopo
qualche secondo di silenzio quel perchè mi uscì
con un filo di
voce, bloccato da quel groppo in gola che sentivo ingrandirsi sempre
di più. Improvvisamente
sentii dei passi alle mie spalle e qualcuno entrò in camera,
ma ero
troppo sconvolta per voltarmi.
-
Hey, cos'avete da urlare voi due? -
Feci
un passo indietro, gli occhi di Danny sempre piantati nei miei. Erano
neri di rabbia e mi guardavano con un disprezzo tale che non so come
avessi fatto a sostenere il suo sguardo mentre il mio cuore si
spezzava in mille pezzi ogni secondo di più.
-
Fatti i fatti tuoi Harry – era così strano vedere
nei suoi occhi
tutta quella rabbia, che li trasformava in qualcosa di scuro e
diverso da quello a cui ero abituata.
-
Se stai diventando un grandissimo idiota con tutti, beh, sono anche
fatti miei! -
Si
voltò verso di me e con la coda dell'occhio vidi che
studiava la mia
espressione per capire cosa fosse successo.
-
Cosa le hai fatto? - .
Dopo
un istante distolsi finalmente lo sguardo da Danny e guardai Harry
cercando di abbozzare un'espressione più serena.
-
Nulla -
-
Ma come nulla?! -
-
Io vado giù –
Senza
guardare più nessuno mi voltai, uscii dalla stanza e corsi
per il
corridoio facendo poi la prima rampa di scale, decisa a rifugiarmi in
qualche angolo del giardino dove non mi avrebbero più
trovato per il
prossimo millennio.
Sentivo
Harry chiamarmi dalla porta della camera e subito dopo urla, parole
grosse iniziarono a volare e tutto quello che riuscii a fare in quel
momento, invece che finire quegli stupidi 10 scalini e fare quello
che mi ero proposta di fare, fu farmi trascinare a fondo dai mattoni
che mi sentivo nelle gambe, nei polmoni e accasciarmi contro il muro
del corridoio del primo piano, incapace di andare avanti.
Rimasi
a guardare lo stesso punto di fronte a me almeno per una mezz'ora,
nelle orecchie le urla provenienti dal piano di sopra e la musica che
proveniva dalla stanza in fondo al corridoio.
Cercavo
di pescare nella mia testa un ricordo, un evento che mi rendesse
colpevole di qualcosa, che potesse spiegarmi cosa potevo aver fatto.
Per quanto ci pensassi sopra, non riuscii a trovare una risposta, e
di risposte ne avevo bisogno.
Poi
finalmente mi alzai.
E
mi diressi verso la sua stanza.
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Capitolo 19 *** Beating heart ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
FELICITY
Entrai
in camera sua e non si accorse neanche della mia presenza, preso
com'era dal suo basso in quel momento, fino a che non mi sedetti
accanto a lui.
Smise
di suonare e mi squadrò per qualche secondo.
-
Ciao splendore, a cosa devo la visita? -
-
Al fatto che ti voglio tanto bene? -
Sperai
che la bevesse.
-
Speravo in una risposta del genere! -
Sorrise
e appoggiò il basso ai
piedi del letto.
-
Ascoltiamo un po' di musica? Ho ritrovato il mio cd dei blink 182,
Enema of the States, lo devi assolutamente sentire!- n
Non
mi lasciò
tempo di rispondere che stava già armeggiando con lo stereo
di
camera sua. Alla
fine era proprio quello che volevo, quello di cui avevo bisogno:
distrazione. Niente rompimenti di coglioni, niente persone che mi
accusano di cose strambe o che mi guardano male per le mie vicende
amorose. Solo Dougie. Un mezzo pazzo che si ricordava di usare la
testa solo quando estremamente necessario.Era intelligentissimo. Ma
non lo ricordava tanto spesso agli altri. Tendeva a stare in silenzio
o a dire qualcosa di molto strano. Proprio quello di cui avevo
bisogno.
-Ti
immagini se riuscissi a incontrarli? -
Improvvisamente
si bloccò e
si voltò a guardarmi.
-Oddio.
E se capitasse?! Farei sicuramente qualche figura di merda
–
Scoppiai
a ridere.
-
Ne sono sicura! Probabilmente gli vomiteresti sui piedi in preda
all'emozione –
Storse
il naso.
-
Non è carino a parte tua ricordarmi certi episodi...-
Si
sedette per terra di fronte al letto, gambe incrociate e occhi persi
nel vuoto.
-
Oh, il povero Dougie ha l'animo sensibile –
Alzò
gli occhi e li
piantò nei miei.
Ne
rimasi profondamente colpita. Aveva sempre quell'espressione
così
indecifrabile...era come se fosse concentrato a studiare quello che
aveva di fronte, gli occhi seri, quasi vuoti, come se il pensiero che
gli attraversava la mente prendesse tutta la sua attenzione, le
mascelle serrate, le labbra leggermente appoggiate l'una all'altra,
senza pressione. Senza rispondere nulla iniziò a mugugnare
il ritmo
della canzone ondeggiando la testa a ritmo, i nostri occhi sempre in
contatto.
-
Cosa ne dici? -
Mi
trascinai fino a trovare il margine del letto e mi sedetti accanto a
lui sul pavimento aiutandomi con le mani. Incrociai le gambe e ci
ritrovammo entrambi a fissare lo stereo.
-
Mi piace -
Restammo
in silenzio fino alla metà della terza canzone circa,
entrambi muti,
tenendo il ritmo della canzone con la testa, persi ognuno nei propri
pensieri.
-
Lo sai che sembriamo due idioti probabilmente? -
Annuì
con la testa
e fece spallucce. Seguirono
altri momenti di silenzio in cui continuammo semplicemente ad ascoltare
la musica.
-
Dovrei comprarmi delle lucertole –
Mi
voltai di scatto a fissarlo.Lucertole?! Ok....Lucertole.
Non
gli chiesi neanche il motivo, e continuammo per un po' ad ascoltare
il cd. Stare lì, seduta sul pavimento della sua camera con
lui, mi
rendeva calma. Improvvisamente le urla si sentivano ancora ma era
come se non mi riguardassero più, vivevo un momento di
astrazione
dove il tempo sembrava fermo e lo spazio solo per noi. In pochi
giorni avevo imparato ad apprezzarlo, a ricercare la sua compagnia e
alla fine a volergli bene, ed era la prima persona che mi era venuta
in mente quando avevo pensato alla soluzione più ovvia per
stare
meglio. Non Tom stavolta, proprio lui.
Delle
lucertole...ghignai sotto i baffi pensando alla faccia di mio cugino.
-
Sai che Tom ti ucciderà?-
-
Sì...è proprio quello il bello –
Ci
scambiammo un sorriso complice e ci riperdemmo ancora per un po' nei
nostri pensieri.
-
Perchè stanno urlando? -
Deglutii
a fatica. Ottima domanda.
-
Pensavo non te ne fossi accorto –
Sogghignò.
-
Bisognerebbe essere sordi per non sentirli -
Mentii
spudoratamente.
-
Non so come mai. Fatti loro -
Si
sdraiò per terra, le mani dietro la nuca e lo sguardo sul
soffitto.
Dopo poco lo imitai, il tessuto ruvido del tappeto contro la mia
pelle creava una strana sensazione. Se mai esistesse un silenzio
confortevole, un silenzio come un abbraccio, era proprio quello.
Chiusi gli occhi e rimasi in ascolto del mio cuore che rallentava i
battiti, sempre più piano fino ad arrivare ad un ritmo
normale, e
sospirai contenta. Improvvisamente sentii il contatto con la pelle
calda, la mano che mi spostava i capelli dagli occhi e che mi
accarezzava teneramente una guancia. Aprii gli occhi e mi rispecchiai
in quelli di Dougie.
-
Quando hai quell'espressione rilassata in viso, sei proprio bella
–
Come
se nulla fosse allontanò la mano dal mio viso e
tornò a sdraiarsi
accanto a me. Ma il mio cuore, oramai, aveva di nuovo iniziato a
battere veloce.
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Capitolo 20 *** Illusions ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo
*Nota dell'Autore*:
grazie MusicHeart per le tue recensioni ;) mi spingono a continuare a
scrivere e a inventare per questa storia! Grazie a chi continua a
leggere! Nel frattempo, un capitolo un pò più
lungo del solito per compensare i precedenti che erano un cicinino
più corti...spero vi piaccia! Se avete voglia, ditemi cosa
ne pensate....buona lettura!
FELICITY
….due
mesi dopo…..
- Ok, ok. Al
mio segnale…-
Si
sistemò
il fucile in modo da avere la mano saldamente attorno
all’impugnatura. Ci guardammo tutti senza riuscire a
contenere
l’eccitazione.
-….scatenate….-
Tutti noi
impugnammo il fucile e iniziammo a indietreggiare misurando i passi
degli altri, pronti a scattare.
-….L’INFERNOOOO!
–
Nel giro di
pochi istanti il salotto di casa McFly, era diventato un campo di
battaglia: il rumore dello scatto del proiettile aveva iniziato a
ripetersi all’impazzata, macchie di colore scoppiate su ogni
parete
e su tutti i divani, che avevamo ribaltato per costruire delle
trincee dove nasconderci. Riaffiorai dal divano approfittando del
fatto che si stavano facendo guerra a vicenda senza curarsi di me in
quel momento impegnati nel loro vortice di competizione maschile e
appoggiai il fucile al divano per prendere la mira con precisione.
Mi muovevo
con studiata lentezza, attenta a non dare nell’occhio con
movimenti
bruschi. Harry accanto a me era impegnato in un combattimento a due
con Doug, e non oserei mi ripetere la quantità di improperi
che
stavano uscendo dalla bocca di entrambi.
Pensai
qualche secondo a chi mirare prima di scegliere, sorrisi soddisfatta
e aggiustai la mira nella sua direzione: anni di sofferenze,
frustrazioni, ansie…avevo diritto di sfogarle. Almeno
giocando a
paintball!
Quando
premetti il grilletto, una palla di colore blu colpì Danny
in piena
faccia. Chiuse gli occhi sull’impatto spaventato dalla
velocità
del proiettile, per poi ritrovarsi il viso completamente blu, unica
distinzione il bianco dei suoi denti e dei suoi occhi quando riuscii
a riaprirli. Si guardò intorno sconvolto cercando
l’origine del
colpo.
Proprio
mentre era arrivato a posare lo sguardo su di me e vedevo la
realizzazione dipingersi nei suoi occhi, pronto a reagire, mi sentii
trascinare a terra, dietro al divano.
-DOVRETE
USCIRE DA Lì! CODARDI! –
Soffocai una
risata e poi mi appoggiai
alla spalliera del divano, voltandomi verso Harry.
-Capitano,
mio capitano! Quali sono le istruzioni? –
Harry con il
fiatone si
guardò a destra e a sinistra per prevenire agguati e si
riconcentrò
di nuovo su di me. Ci eravamo entrambi dipinti le guance con due
strisce nere, ci sentivamo aggressivi e agguerriti, NOI eravamo i
vincitori. Ma a guardarlo così, schizzi di colore in faccia,
capelli
in aria, fucile in mano e trucco nero faceva più ridere che
tutto il
resto.
- Soldato,
hai combattuto con onore-
-Grazie
capitano!-
-Hai
assestato un bel colpo, ma abbiamo innervosito il nemico. Sei pronto
a dare la tua vita per la causa?- Trattenemmo entrambi una risata
mentre ci guardavamo fieri.
-Certo
capitano!-
-Bene….-
Ci
risistemammo cercando di non fare rumore in ginocchio, pronti a
scattare. Nel frattempo era calato un silenzio di tomba in sala. Tre
contro due. Che barbari.
-Uno-
Mi alzai
impercettibilmente.
-Due-
Caricai il
colpo e alzai il fucile a livello della spalla.
-TRE!-
Ci alzammo
di scatto pronti a suonargliela di santa ragione con
l’adrenalina a
mille, il colpo pronto, le braccia tese.
-
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHH!-
Una sagoma
schizzò fuori dal divano di fronte a me e corse
convulsamente
attraversando il campo di battaglia verso la porta, in mezzo ai due
fuochi. Io, Harry, Tom e Danny in piedi con i fucili a
mezz’aria
basiti e bloccati guardavamo quello che avevamo appena riconosciuto
come Dougie spalancare la porta di entrata del giardino, infilarcisi
e chiuderla di botto. Calò il silenzio.
-HO VINTOOO! –
Ci guardammo
increduli per qualche secondo. E poi facemmo l’unica cosa che
si
poteva fare: scoppiammo in una sonora risata e deponemmo le armi.
----------
Sorseggiavo
una birra fresca in giardino, ero sola ma andava bene così:
i
ragazzi sapevano quanto mi piacesse prendermi ogni tanto uno dei miei
“momenti” così mi avevano lasciato
tranquilla immersa nella pace
del giardino nel retro.
-Il tramonto
stasera è davvero bellissimo-
Sussultai e
mi voltai, giusto in tempo per vedere Danny sedersi accanto a me
sull’erba.
-Già-
tornai a
guardare di fronte a me dove il cielo era ormai diventato di
una splendida sfumatura arancione, i colori della sera che stavano
iniziando a prendere il sopravvento sull’azzurro.
-E’
stato
divertente oggi, Dougie che esce dal divano e corre urlando poi,
è
una scena che non dimenticherò mai-
Rise
ricordando l’episodio del pomeriggio, il che portò
un sorriso
anche a me nonostante l'atmosfera tesa.
-E’
proprio da lui. Dici che Fletch mi ucciderà per tutto quello
che
abbiamo fatto oggi? Sarebbe mio compito tenere pulita la casa, non
contribuire a devastarla-
Sospirai
passandomi una mano tra i capelli ancora pieni di colore, cercando di
non pensare a quali danni ulteriori stavo facendo spiaccicandolo.
- Gli diremo
che tu non c’eri, semplice –
- Sicuro di
non rischiare la morte in questo modo? –
Lo guardai e
mi ricambiò sorridendomi dolcemente.
- Oramai ci
siamo abituati! –
Ci
sorridemmo per qualche secondo, ma sentii presto l’imbarazzo
che si
insinuava tra di noi.
Dopo quella
famosa litigata io e Danny non avevamo più parlato da soli.
Non so
se fosse l’imbarazzo a tenerci lontani, come adesso, o se
fosse la
paura di aprire un discorso che non so dove ci avrebbe portati, ma la
cosa era scivolata via sotto i nostri occhi. Avevamo tutti fatto
finta di nulla e osservato mentre i cocci si sistemavano da soli, con
fatica, ma il rapporto tra noi, almeno in gruppo era tornato quello
di prima. Ma si sa che quando i pezzi si ricompongono senza una
consapevolezza piena dietro, rimane sempre qualche crepa. La mia era
non sapere cosa gli avessi fatto, e il senso di irrisolto mi aveva
ormai imprigionato. E nonostante per lui questi erano dettagli che
non potevano avere rilevanza, sapevo che Danny non aveva etichettato
quella discussione come una semplice litigata tra amici, uno scoppio
d’ira senza apparenti ripercussioni a lungo termine. La
diceva
lunga la perizia con cui cercava di evitare di rimanere solo con me.
E il fatto di trovarci lì dopo così tanto tempo
mi aveva
immediatamente messo in tensione, come se vedessi qualcosa arrivare.
Abbassai lo sguardo, ma le sue dita lo riaccompagnarono fino a che
non ci trovammo a guardarci di nuovo.
-Non so se
ne ho il diritto, ma vorrei chiederti finalmente scusa-
Sentii il
cuore accelerare i battiti. Dunque era giunto davvero il momento.
Mi lasciò
il mento, e in evidente imbarazzo iniziò a giocherellare con
l’orlo
della sua polo.
-Sai che
sono un idiota, giusto? -
-Oh,
beh....sei tu a dirlo-
-Non so cosa
mi sia preso -
-Ah beh,
questo spiega tutto -
-Fliss, per
favore....-
Distolsi lo
sguardo ferita. Possibile che non mi si tollerasse neanche un po' di
cattiveria? Non ero io ad aver sbagliato.
-Puoi non
infierire?-
Quando lo
guardai e lessi quello sguardo così affranto nei suoi occhi,
mi resi
conto che, forse, c'era ancora una speranza.
-Avanti,
spara. Mi sforzerò di non abbaiare-
Sorrise e
scosse la testa divertito.
-Non me la
perdonerai tanto in fretta vero?-
-Non fino a
che starai qui a girarci intorno –
Gli lanciai
un'occhiata severa. I nostri sguardi si incrociarono e comunicarono
tra loro, senza che ci fosse bisogno di parole.
Sapeva
quanto quello che aveva fatto mi aveva ferita. Non poteva
più far
finta di nulla perchè era chiaro tra noi chi avesse
sbagliato e chi
ne aveva subito le conseguenze.
-Niente
più
bugie?-
-Niente
più
bugie-
Ci guardammo
ancora per qualche secondo, dove stranamente iniziavo a sentirmi
sempre più sicura di me. Il momento della resa dei conti era
arrivato, era arrivato il momento per me di affrontare il fantasma di
quella discussione e di togliermi un gran peso dal cuore.
Sospirò e
abbassò la testa. Potevo vedere da lì le
rotelline nella sua testa
muoversi, pensare a qualcosa che in realtà, si vedeva, aveva
una
grande difficoltà a dire. Quando rialzò la testa
e guardò davanti
a sé, non potei fare a meno di avere un momento di
tentennamento. Lo
sforzo che gli si dipingeva in voltò, mi confermava che
c'era
qualcosa, qualcosa di grosso, e che faticava davvero a venire fuori:
tristezza e difficoltà, dispiacere e pentimento. Tutto
ciò mi
ammorbidì all'istante.
Prima che mi
potessi fermare, gli avevo già appoggiato una mano sulla
spalla, e
gliela strinsi piano.
-Ohi, Jones,
mi fai preoccupare-
Sorrise e
prese un respirone, pronto a parlare.
-Ragazzi,
cosa diavolo state facendo qui fuori?! Alzate il culo, la cena
è
pronta! -
Harry ci fu
alle spalle in poco tempo e non feci in tempo a voltarmi che Danny
era già sparito. Si era alzato e, a testa bassa, aveva
camminato
frettolosamente verso la porta, mani nelle tasche, tutta l'aria di
aver preso l'occasione per rimandare un discorso. Come si dice?
L'occasione fa l'uomo ladro, sì. Mai detto più
vero. Harry, mi
guardò incuriosito dalla mia faccia, che ovviamente in quel
momento
doveva essere un dipinto dettagliato di tutto lo sconcerto che
provavo.
Mi passai le
mani sugli occhi e ne riemersi con una faccia diversa. Mi alzai in
piedi.
-Chi ha
cucinato?
-Io-
Orgoglioso
si poggiò una mano sul petto.
-Oh,
ehm....Harry, penso di avere un impegno per cena –
Iniziai
a
ridere, mentre lui cercava di tirarmi una sberla sul braccio. Io
ridevo, ma in realtà la delusione era davvero troppa per
essere
felice davvero.
|
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Capitolo 21 *** Panic ***
*DISCLAIMER*: Con
questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo
dare rappresentazione veritiera del carattere dei protagonisti,che non
mi appartengono, nè offenderli in alcun modo'
*Note
dell'Autore*: Grazie ai nuovi lettori (vi vedo! ;)) e grazie a
MusicHeart per le sue recensioni sempre bellissime. Io direi che questo
capitolo potrebbe creare un pò di scompiglio....buona
lettura!
FELICITY
-Giovanna!
-
Le
corsi incontro felice e la abbracciai forte. Non la vedevo da mesi, e
le sue guanciotte piene e il suo viso radioso iniziavano a mancarmi.
-Come
stai?- ci staccammo l'una dall'altra giusto per quello che bastava a
guardarci negli occhi, entrambe felici di esserci riviste.
-Oh
bene, a parte questi quattro idioti che mi rovinano le giornate!- si
mise a ridere, guardando Tom con sguardo complice.
-Non
sembra neanche che nella stessa stanza ci sia il suo fidanzato! Sei
sicura che non sei venuta fin qui per Fliss e basta?- Tom le si
avvicinò e subito si strinsero in un abbraccio davvero molto
dolce.
Più
li guardavo e più mi scioglievo in tante piccole goccioline
di
zucchero e dolcezza: come non farlo guardando l'amore che c'era in
quella scena?
-Awww,
qualcuno ha gli occhi a cuoricino!- spinsi via Dougie e non riuscendo
a nascondere un sorriso ci scambiammo una breve occhiata consapevole.
Proprio qualche sera prima avevamo parlato insieme di quanto ci
mancasse una persona per noi, qualcuno da avere accanto non come
amico, ma qualcuno da abbracciare e baciare, da aspettare di poter
vedere. Ed era divertente scherzare su come avremmo potuto tra 10
anni, se non avessimo trovato nessuno, comprare una casa e sposarci.
Poi fare un'inseminazione artificiale e avere 8 figli. Di cui 4
adottati perché 4 parti per me sarebbero stati fin troppi.
Morivo
dal ridere a ripensarci.
Dougie
aveva sofferto molto per Lauren.
Non
lo voleva dare a vedere, ma ogni tanto lo trovavo da solo a guardare
qualche foto, e solo quando si rendeva conto di essere osservato
sorrideva e semplicemente riponeva la foto al suo posto.
Si
era creata davvero una certa connessione e io vedevo letteralmente la
sua sofferenza. La sentivo. Si era creato questo strano rapporto dove
non c'era bisogno di parole, non c'era bisogno di spiegarsi, tutto
era chiaro solo con uno sguardo; mi piaceva molto l'idea di poter
avere un amico così.
E
ricercavo la sua compagnia sempre più spesso.
-
Forza ragazzi, siamo pronti? - Dan e Harry scesero le scale di corsa,
Danny in testa mentre si sfregava le mani agitato ed eccitato
insieme.
Salutarono
Giovanna e salimmo tutti nel pulmino che la casa discografica aveva
preparato per noi.
Era
una giornata speciale: la prima esibizione della band era arrivata,
così come l'uscita del loro primo singolo, “Five
colours in her
hair”, e i ragazzi erano alle stelle!
Io
e Giovanna ci sedemmo dietro, lasciando ai ragazzi quell'atmosfera di
cameratismo che era giusto che avessero, e ci aggiornammo sul corso
che la nostra vita aveva preso negli ultimi mesi.
Gi
stava preparando degli importanti provini per alcuni spettacoli nel
West End, e io gli raccontai della routine in casa con i ragazzi.
-Ma
possibile che non hai ancora avuto una cotta per nessuno di loro?!
Ovviamente non per Tom!- si mise a ridere sonoramente mentre le mie
guance diventavano rosso fuoco dall'imbarazzo.
-Gi!
Abbassa la voce!- ridacchiò e mi si avvicinò
furba.
-Sono
tutti molto belli devo dire....sarebbe impossibile non caderci-
diventai ancora più rossa e farfugliai qualche risposta
negativa, in
evidente disagio, dopo aver controllato con la coda dell'occhio che i
ragazzi fossero impegnati a parlare tra loro e non avessero sentito.
Fortunatamente
arrivammo poco dopo agli studi di Top of the Pops e scendemmo dalla
macchina.
DOUGIE
Tutto
quello che riuscivo a pensare era “Oh mio Dio”
ripetuto ad una
velocità nauseante nel mio cervello per un numero ridicolo
di volte.
Eravamo
finalmente arrivati al grande momento, e continuavo a camminare
avanti e indietro per il camerino in preda ad una crisi di panico.
Sicuramente avrei vomitato sul palco.
Mi
coprii gli occhi al solo pensiero per cercare di levarmi
quell'immagine dalla testa, non sarei riuscito ad esibirmi se avessi
continuato ad agitarmi in quel modo. Giovanna e Felicity erano andate
a bere un caffè, gli altri, nonostante fossero visibilmente
agitati,
cercavano di dirmi di stare calmo, ma nulla stava funzionando.
Io
ero il fottuto bassista! Se io o Harry avessimo sbagliato una nota
era la fine!
Presi
una boccata d'aria quanto più profonda possibile e cercai di
concentrarmi nel ricordare le note, ma mi fu impossibile. Quando poi
sentii la canzone dei Busted in sottofondo e capii che era quasi
giunto il momento di salire sul palco mi feci prendere dal panico:
non so cosa mi passò per la testa ma decisi che non potevo
farlo.
Senza dire nulla a nessuno mi fiondai verso la porta deciso ad
andarmene, ma nella mia fretta non mi accorsi che stavo finendo
addosso a qualcuno che stava entrando. Alzai la testa e quando mi
trovai a guardare Fliss negli occhi e improvvisamente mi venne voglia
di piangere. Bloccato davanti alla porta, i polmoni pieni d'aria e
gli occhi terrorizzati, continuai a fissarla negli occhi.
Improvvisamente fu come se avesse capito tutto quello che mi stava
passando per la testa e, senza dire nulla, nel suo sguardo lessi
tutta la comprensione di cui avevo bisogno. Ci abbracciamo
avvicinandoci l'una l'altra nello stesso momento e quello che sentii
quando il suo corpo fu a contatto con il mio, quando il suo calore mi
avvolse e mi confortò con tutto l'amore che aveva, fu
un'esplosione.
Chiusi gli occhi per non essere sopraffatto dai sentimenti che stavo
sentendo dritti alla bocca dello stomaco e che stavano diventando
sempre più ingestibili.
Mi
sentii capito, compreso, aiutato....completo.
La
strinsi ancora più forte e affondai il viso tra i suoi
capelli che
sapevano di buono. Quando iniziò a parlare, soffiando
quantità
impercettibili di aria contro il mio orecchio e il collo,
sentì un
brivido corrermi per tutta la schiena, le gambe, fino a terra.
-Stai
tranquillo, io credo in te –
Me
lo sussurrò talmente piano che solo io sentii quelle parole
dolci e
il fatto che fossero solo per me mi riempì di orgoglio.
-Non
voglio farlo –
Nascosi
il viso nell'incavo del suo collo, cullandomi nel suo profumo buono.
-Si
che vuoi farlo-
Un
altro brivido mi partì dal collo per irradiarsi in tutto il
corpo.
-Come
faccio, potrei sbagliare tutto...-
Mi
accarezzò la testa con una dolcezza infinita, le sue dita
leggere e
soffici contro la mia testa. Mi sentii avvolto dalla sicurezza. La
sicurezza che potevo stare così, in quella posizione per ore
e nulla
di male sarebbe successo.
-Io
sarò in prima fila. Se ti agiti guardami-
Si
staccò da me piano, mi lasciai andare ad un sospiro
sofferente come
se improvvisamente mi fosse stata tolta l'aria per respirare. Mi
guardò intensamente negli occhi prima di continuare a
parlare.
-Io
sono lì per te –
Fu
come se il mio cuore avesse ricevuto una scossa elettrica.
Cominciò
a battere fuori controllo mentre il mio sguardo vagava sul suo viso.
Era bellissima. I capelli sciolti che le ricadevano mossi lungo il
viso, in piccole onde che incorniciavano quel naso così
carino, gli
occhi meravigliosi e pieni, la bocca perfetta e rossa. Per la prima
volta sentii il bisogno di avvicinarmi a lei.
E
sentire le sue labbra contro le mie.
|
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Capitolo 22 *** More than meets the eye ***
*Note
dell'autore*: Buonasera! Scusate per l'attesa...arrivo con il nuovo
capitolo anche se sinceramente non ne sono molto soddisfatta...il
prossimo mi piace decisamente di più ;) vi lascio alla
lettura! Un abbraccio
FELICITY
Le
prime note partirono e fu come un esplosione di colori e di sorrisi:
le ragazze erano in visibilio, e sinceramente mi chiesi quanto ci
fosse dietro la casa discografica. Non potevo credere che tutte
fossero già così pazze di loro...O forse ero solo
un po' gelosa.
Alla fine non erano più solo “miei”. I
McFly si stavano
presentando al mondo, e il mondo sembrava gradirli davvero molto.
Soprattutto quello femminile. Gi non poteva distogliere lo sguardo da
Tom, carichissimo come l'avevo visto poche volte, ed era evidente
l'orgoglio che provava in quel momento. Io cercai di passarli in
rassegna tutti quanti, e mi vergognai un po' di sentirmi molto mamma
in quel momento: volevo vedere che tutto fosse in ordine, che tutti
fossero sul pezzo, felici e pronti a portare a termine la
performance. Mi sentivo un po' come una mamma che porta i suoi bimbi
al primo giorno di scuola. Patetico. Tom sembrava totalmente a sua
agio, dopo le prime note dove si erano divertiti un po' a girare per
il palco sembrava in paradiso. Sorrisi e passai ad Harry. Era
talmente preso dalla sua batteria, che quasi non guardava il
pubblico. Era un tutt'uno, un unico corpo con lo strumento e,
conoscendolo, la sua smania di primeggiare in ogni cosa lo stava
portando a concentrarsi anche più nel necessario. Guardai
Dougie, e
sorrisi nel vederlo con la sua maglietta arancione, tenerissimo con
quel ciuffo biondo che gli aveva fatto la hair stylist nel
pomeriggio, e molto molto serio in viso. Poi la mia attenzione fu
rapita da una voce roca e profonda. Danny aveva iniziato a cantare la
prima strofa del ritornello, e non potei fare a meno di sentire le
rane fare le acrobazie nel mio stomaco. Per quanto immaturo, per
quanto io avessi sofferto nel non vedere ricambiati i miei
sentimenti, solo a sentirlo cantare mi mandava su un altro pianeta. E
poi l'espressione sicura che portava mentre per la prima volta si
esibiva in pubblico, era....incredibile. Mi incantai per qualche
secondo rapita da lui, mi dimenticai per un attimo degli ultimi mesi
con la sola voglia di salire sul palco e baciarlo senza un motivo, ma
ad un certo punto mi resi conto che in un punto dove doveva esserci
un coro, il coloro non c'era. Collegai in un nanosecondo, e mi sentii
subito in ansia. Mi diedi immediatamente della stupida, avevo
promesso a Dougie aiuto, e mi perdevo via a guardare quell'altro
stronzo che a me ultimamente non aveva dato nulla se non un gran
calcio nel sedere. Come mi voltai a guardarlo mi resi conto che lui
stava già cercando il mio sguardo, e quando ci fissammo,
mentre
suonava il basso, e gli sorrisi, la sua espressione da crucciata si
distese, e una luce diversa gli brillò negli occhi. Niente
di
avveniristico o magico come nei film, ma una luce di sicurezza e
felicità che fino a quel momento non c'era. Sentii il cuore
pieno,
felice come mai ero stata prima. Iniziai a ballare come tutte le
altre ragazze, a scatenarmi con Giovanna come due pazze, mentre
continuavo a guardare Dougie, e lui pian piano scioglieva quella
patina di serietà e iniziava ad andare più a
ritmo, a giocare con
Danny, a muoversi, fino a che non iniziò a divertirsi sul
serio a
giudicare dal sorriso sulla sua bocca. Risi, perchè ad un
certo
punto quasi si stava dimenticando di fare un coro, ma stavolta era
perchè se ne stava letteralmente sbattendo le balle. Mi
guardò e mi
fece l'occhiolino e lì, io, non so cosa mi prese. Rallentai
all'istante, come se mi avesse appena colpito un proiettile.
Realizzai che la canzone era quasi finita, e io non stavo
più
pensando a Danny.Rimasi impietrita a guardarlo mentre finiva la
performance, a chiedermi cosa mi si fosse smosso dentro che non c'era
mai stato prima. Presa dalla confusione inizia a guardarmi in giro.
Ragazzine urlanti, Giovanna urlante mentre applaudiva felice, la
musica si fermò ma il mio cuore stava continuando a battere
forte,
lo sentivo rimbombare dentro il petto, assordante. Tornai a guardarlo
mentre ignaro ascoltava Danny parlare con Fearne Cotton e io iniziai
a sentirmi davvero in difficoltà. Non riuscivo a fare a meno
di
continuare a spostare la mia attenzione da uno all'altro accrescendo
sempre di più la mia confusione. I ragazzi scesero dal palco
e mi
sentii prendere la mano alla mia sinistra.
-Felicity?!
Andiamo!-
Annuii
ancora persa nei miei pensieri e seguii Giovanna verso l'uscita con i
maniglioni antipanico in fondo alla sala. Non feci in tempo a
richiudermi la porta alle spalle che un abbraccio mi travolse. Non
c'era neanche bisogno di capire chi fosse, riconobbi subito il
profumo. Sentii ancora quella strana sensazione. Quando ero entrata
nel camerino, prima della performance, e l'avevo guardato negli occhi
avevo sentito questo bisogno fortissimo e nuovo di aiutarlo, di
abbracciarlo e fargli sentire che niente era fuori posto, aiutarlo a
farcela. Era come se ne andasse della mia vita che lui salisse su
quel palco e portasse a termine l'esibizione. E quando l'avevo
stretto forte a me e avevo sentito il suo respiro tra i miei capelli,
una strana sensazione si era fatta strada all'altezza del mio
ombelico. Si allontanò a sufficienza per guardarmi negli
occhi. Era
felice, realizzato, come non era mai stato, e mi venne voglia di
nascondere questa espressione in un vaso e riguardarla tutte le volte
che avrei avuto bisogno di star bene. Gli sorrisi.
-Ce
l'hai fatta!-
-Ce
l'ho fatta!-
Mi
riabbracciò di nuovo, un abbraccio come un grazie infinito.
Poi due
braccia mi presero all'altezza delle spalle. Mi voltai e mi trovai
faccia a faccia con gli occhi blu di Danny. Non feci in tempo a dire
nulla che i miei piedi si staccarono da terra e mi ritrovai tra le
sue braccia, abbracciata al suo collo per non cadere. Mi
appoggiò a
terra e mi prese il viso tra le mani. C'era qualcosa che non riuscivo
ad afferrare. Non si mosse per qualche secondo ed io iniziai a
respirare più velocemente, non reggendo il suo sguardo
così
intenso. C'era qualcosa, qualcosa che cercava di dirmi. Ma io non
avevo idea di cosa fosse.
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Capitolo 23 *** Racing heart ***
*Note
dell'Autore*: Eeeeeee....BOOOOOM! Bomba sganciata ahahah! Fatemi sapere
cosa ne pensate di questo prossimo capitolo, perchè lo so
che lo stavate aspettando da tempo ;D Buona lettura! Un abbraccio
DANNY
Preso
dal momento non pensai neanche a quello che stavo facendo. Ero
felice, e desideravo fare quello che avevo voglia di fare da tanto di
quel tempo che non mi ricordavo più cosa volesse dire non
avere un
pensiero fisso in testa. Avevo tentennato anche troppo.
Con
le mani tenevo il suo viso, la avvicinai a me con un gesto improvviso
e in battito di ciglia le sue labbra e le mie furono premute insieme
con una forza e un'intensità che mi lasciarono stordito per
qualche
secondo.
Non
lo nego, era una sensazione incredibile.
Aveva
le labbra talmente soffici che non sembravano neanche vere. Averla
così vicina, mi faceva sentire il suo profumo talmente forte
che i
miei sensi andarono in tilt e la mia testa era leggera come un
palloncino. Fu un bacio strano, senza muovermi sfogai tutta la gioia
che avevo nel tenere le mie labbra con forza contro le sue, fino a
che naturalmente mi allontanai. Sorrisi davanti al suo sguardo
confuso. Le labbra rosse, e il petto che si alzava e si abbassava
agitato. Quasi in imbarazzo, tolsi le mani dal suo volto e le
abbassai lungo i fianchi, aspettando una reazione di qualche tipo.
Improvvisamente mi resi conto che era calato il silenzio, e tutti ci
stavano guardando, ma non importava: io ero concentrato su di lei.
Cercai di leggerle negli occhi, sgranati e totalmente confusi.
Continuava a fissarmi con la bocca leggermente aperta e
un'espressione scioccata cucita in viso.
Il
silenzio sembrò durare anni. Fino a che chiuse gli occhi
strizzandoli e scuotendo la testa più volte, si
voltò nella
direzione opposta alla mia e corse via da me. Quando sparì
dietro
l'angolo del corridoio e mi guardai intorno incrociai lo sguardo di
Dougie ed ebbi la conferma di quello che avevo sospettato per tanto
tempo: gli occhi erano diventati più scuri, la mascella
tesa, i
pugni stretti. Tutto quello che passava da quella faccia, portava in
una sola direzione: era innamorato di lei.
FELICITY
Cosa?
Cosa?!
Non
so perchè ero scappata, so solo che ad un certo punto tutto
era
diventato davvero troppo, dovevo nascondermi da qualche parte per non
avere un attacco di panico. Entrai nel loro camerino di corsa, poi
una volta dentro mi bloccai di colpo. Alzai la mano e mi toccai le
labbra, come in trance. Mi aveva...baciato?
Avevo
ancora il cuore e lo stomaco sottosopra, quando mi guardai allo
specchio. Avevo una faccia decisamente stravolta, come se avessi
visto un fantasma, e volete biasimarmi? Danny. Lui, proprio lui. Mi
aveva baciata. Oh porca...dovevo sedermi. Trovai la prima poltrona e
mi ci sedetti sopra tenendomi ai braccioli come se rischiasse di
sparirmi da sotto al culo da un momento con l'altro.
Ok.
Facciamo
il punto della situazione.
Io
ero innamorata persa di Danny. Danny parte per formare una band
insieme a mio cugino. Io vado a vivere con loro. Io impazzisco
perchè
non riesco a stargli vicino e a vedere quanto si diverta con il
genere femminile. Io litigo con Dan. Io rimango in ansia per
settimane, perchè non ne so il motivo. IO sono stata baciata
da
Danny! Mi coprii la bocca con le mani, stavo per urlare dalla gioia,
o dalla frustrazione, o dall'ansia, è uguale. Continuiamo ad
analizzare la situazione.
Sempre
io, mi sono accorta di una cosa. E la cosa in questione, è
che da
quando io e Doug siamo diventati amici, io, mi sento diversa. Quando
lo guardo mi sento strana, in quell'occasione soprattutto mi ero
sentita strana. Mi sentivo capita, tranquilla, a mio agio. Mi passai
una mano tra i capelli, non si metteva per nulla bene. Oggi quando si
era girato e mi aveva fatto l'occhiolino, mi aveva scatenato una
tempesta dentro di cui sicuramente lui non si rendeva neanche conto.
Mi faceva stare bene, come quella volta che mi aveva detto che ero
bella rilassata. Il mio cuore reagiva d'istinto e iniziava a fare i
salti mortali. La verità è che ero talmente
confusa che non sapevo
più se era diventato questo per me solo perchè
cercavo una via di
fuga ai miei sentimenti per Danny o se provavo un interesse per lui
che forse volevo negare. Perchè adesso che mi aveva baciato,
era
stato un colpo al cuore, non potevo negarlo a me stessa. Non potevo
provare la stessa cosa per due persone diverse. In preda alla
frustrazione mi coprii il viso con le mani, per non vedere nulla, per
dare riposo al cervello.
-Wow.
Giornata piena di eventi direi –
La
voce di Giovanna proveniva dalle mie spalle, tirai via le mani dalla
faccia e la fissai riflessa nello specchio mentre si muoveva per
sedersi accanto a me, sulla poltrona accanto alla mia.
-Non
dirlo a me -
-E
dire che pensavo che Danny non ti interessasse più-
Mi
voltai a guardarla incredula.
-E
per quale motivo?-
-Perchè
bisognerebbe essere ciechi per non vedere quanto un'altra persona
attiri le tue attenzioni- il suo sguardo la sapeva lunga, e io non
sapevo più dietro quale maschera nascondermi.
-Non
so di cosa tu stia parlando -
-Lo
sai bene-
Ci
guardammo negli occhi per qualche secondo, i suoi occhi cioccolato
erano convinti di quello che stavano dicendo, molto più di
me.
E
alla fine, ho ceduto.
-Gi,
non so più cosa pensare...-
-Lo
vedo-
-Potrebbe
essere solo una cotta passeggera, ho tanto cercato di togliermi dalla
testa Danny che potrei averlo usato per farlo, senza volerlo...-
-Improbabile-
-Gi,
io ho visto le stelle quando Danny mi ha baciato poco fa!-
Mi
sporsi verso di lei visibilmente frustrata.
-Mai
come quelle che avresti visto se a baciarti fosse stato Dougie-
Quelle
parole mi centrarono come un pugno in faccia.
-Cosa?-
Sbattei
le palpebre un paio di volte, non volevo credere a quello che
Giovanna aveva appena detto. Mi sorrise,inclinando la testa
leggermente, come per rassicurarmi. Prese le mie mani nelle sue
mentre ancora le sue parole mi risuonavano in testa.
-Fliss,
lui ti guarda come se al mondo esistessi solo tu!-
-Non
dire stupidaggini!-
-Se
entrasse Jessica Alba dalla porta e tu sei con lui, lui non se ne
accorgerebbe neanche-
Negai
con la testa più volte.
-Fliss,
non puoi dirmi che oggi tutte le tue attenzioni non erano per lui,
non gli staccavi gli occhi di dosso-
-Era
solo perchè mi aveva chiesto aiuto! E poi te l'ho detto,
potrei aver
preso un'amicizia molto forte per qualcosa d'altro, io...-
Mi
guardai attorno frastornata. Ma cosa diavolo stava succedendo tutto
d'un tratto?
-Gi,
non mi aveva mai fatto capire di piacergli, cosa è successo
là
fuori?! Mi sta prendendo in giro un'altra volta?-
Sull'orlo
di una crisi di nervi sentii le lacrime spingere per uscire,
bagnandomi gli occhi. Mi accarezzò la mano con il pollice
delicatamente, cercò di confortarmi in ogni modo, ma io non
riuscii
a non iniziare a piangere come una bambina.
-Io
non so Danny cos'abbia per la testa, però ti dico solo una
cosa
Felicity: sfogati, butta tutto fuori,però poi guardati
dentro e
capisci cosa vuoi davvero. Perchè secondo me, ancora non lo
sai-
Lasciai
sfuggire un singhiozzo, mentre continuavo a piangere, sempre
più
confusa in un suo abbraccio.
|
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Capitolo 24 *** Confusional Choices ***
*Note
dell'Autore*: Ho notato il 'leggero scompiglio' che ha creato il
capitolo precedente...sono proprio curiosa di sapere cosa direte di
questo ahahah! ;) un abbraccio e grazie mille come sempre <3 vi
adoro
FELICITY
-Fliss,
ti prego, parlami-
Fissai
di fronte a me, incapace di guardare altrove, e così era da
circa 20
minuti.
-Capisco
che quello che è successo deve averti scombussolata
parecchio, ma
non puoi esserti trasformata in un vegetale, così, di punto
in
bianco!-
Finalmente
mi risvegliai appena il necessario per guardare Harry, senza trovare
le parole giuste da dire. Eravamo seduti in cucina uno di fronte
all'altro, separati dal tavolo tondo, e io non sapevo più
come
evitare le sue domande. Ma più che altro non avevo
più parole per
rispondergli! L'imbarazzo nel parlare con lui di quello che era
successo al concerto era troppo grande per me e lui proprio non
voleva capirlo. Ed era decisamente molto preoccupato.
-Oh,
andiamo!-
Feci
per aprir bocca ma la porta si spalancò.
-Grazie
Tom! Ero quasi riuscito a farla parlare-
-Felicity!
Stai bene?-
In
due nanosecondi Tom mi era addosso e mi scrollava le spalle. Manco
avessi appena rischiato di morire in qualche tragico frangente.
-Tom
lasciala stare-
-Ma
senti chi ha parlato, io sono suo parente!-
-Tom,
non dire stupidaggini che sei suo cugino-
-E
non è un parente il cugino?! Razzista-
-Ma
vuoi stare zitto?!-
-Oh,mi
stai facendo perdere la pazienza!-
-State
un po' zitti-
Entrambi
si zittirono all'istante e mi fissarono attoniti mentre mi
massaggiavo le tempie.
–Mi
state facendo venire il mal di testa -
Tom
non perse tempo e si sedette di corsa nella sedia accanto ad Harry.
Due contro uno. Ottimo. La scena che segui fu insieme una delle
più
assurde, comiche e imbarazzanti della mia vita: nel silenzio
più
totale entrambi continuarono a fissarmi negli occhi, protesi sul
tavolo verso di me, la fronte corrucciata nella stessa identica
espressione preoccupata per esattamente 20 MINUTI. Lo so. L'orologio
era nella parete subito dietro di loro. E io non sapevo più
dove
guardare.
Persi
la pazienza.
-Si
può sapere cosa volete?-
Sbuffai
scocciata.
-Come
stai?-
Guardai
Tom incredula.
-Ma
come volete che stia?! Bene! -
-So
che non stai bene-
-Ma
tu cosa ne vuoi sapere Harry?-
-So
che ti piace Danny-
Mi
bloccai senza sapere cosa dire. Brancai velocemente il bicchiere
d'acqua che avevo di fronte e ne presi una lunga sorsata, sentendo
improvvisamente la bocca asciutta. Mise una mano sopra la mia.
-Tesoro,
oramai ti conosco come le mie tasche, e da subito si vedeva che
qualcosa tra voi c'era. Almeno, da parte tua sicuramente-
Rimasi
sempre più senza parole. Era davvero così ovvio?
Abbassai lo
sguardo imbarazzata. Cercai subito dopo lo sguardo di Tom. Con lui
era decisamente inutile mentire ancora più che con Harry, e
quando
trovai i suoi occhi ci vidi dentro tutto quello di cui non avevo
bisogno: ansia. Mi coprii gli occhi con le mani e buttai la testa sul
tavolo, sbattendola più volte contro il legno.
-Ok,
ok, ok. Manteniamo la calma-
-Oh,
Tom, mantienila tu la calma!-
Mi
vergognavo come una ladra, tutti sapevano della mia cotta mondiale
per Danny e chissà quanto devo essere stata ridicola per
mesi. MESI!
La frustrazione era alle stelle. Ma come si fa porca vacca ad essere
sempre così idioti...
-Qua
bisogna capire cosa fare –
Improvvisamente
mi rialzai e strabuzzai gli occhi.
-Cosa
scusa?-
-Bisogna
capire come risolvere la situazione!-
-Ma
quale situazione Tom, direi che dovrei essere io a decidere cosa fare
no?-
-E
quindi cosa vuoi fare con Dougie?-
Cosa?!
-Dougie?!
Ma voi siete tutti fissati!-
-Tutti
chi?!-
-Fliss,
calmati per favore-
Harry
cercò di portare un po' di calma ma senza troppi risultati,
ero
troppo arrabbiata per sentire ragioni.
-Ma
calmati che cosa, ora sono stufa!-
-Vogliamo
solo aiutarti-
-Me
la cavo da sola-
Mi
alzai spingendo indietro la sedia rumorosamente, decisa a levarmi da
tutta quella confusione.
–Grazie
del bell'aiuto ragazzi, davvero!-
Uscii
inviperita, sbattendomi la porta alle spalle.
Ma
era mai possibile che in questa casa nessuno si facesse i fatti suoi?
Di
corsa salii le scale e infilai la porta della mia camera come una
furia, stufa di tutte queste illazioni che non facevano altro che
mettermi confusione in testa. La porta sbattè sui cardini e
io mi
buttai sul letto arrabbiata, a faccia in giù, cercando di
bloccare
fuori il mondo. Il tempo passava e pian piano che la rabbia lasciava
il posto alla stanchezza, stavo iniziando ad addormentarmi; questo
fino a che non sentii un peso accanto a me sul letto. Mi irrigidii
subito.
-Felicity?Dormi?-
Un
brivido mi percorse la schiena.
-No...-
Mi
girai fino ad incontrare i suoi occhi, ed erano una cosa davvero
meravigliosa.
-Dimmi-
Sapevo
che era il momento della resa dei conti. L'agitazione mi stava
mangiando viva ma io cercavo di fare in modo che lui non lo vedesse.
Mi sorrise, e imbarazzata mi misi a sedere.
-Come
stai?-
Alzai
gli occhi al cielo pensando a quante volte mi era stato chiesto quel
giorno, ma lui ovviamente non poteva saperlo.
-Vuoi
dire come sto dopo che mi hai baciato davanti a tutti dal nulla?-
Sorrise
imbarazzato e annuì, e quando vidi il suo sorriso dolce mi
sciolsi.
Era troppo meravigliosamente meraviglioso. Non potevo resistere. No,
proprio no.
-Bene-
Mi
fissò intensamente per qualche secondo. I suoi occhi blu
erano
piantati nei miei con una tale forza che iniziavo a non reggere
più
il confronto, ma non li avevo mai visti neanche così chiari,
così
sinceri. Alzò la mano e me la posò sulla guancia.
Poi scivolò fino
a sfiorarmi il collo e la appoggiò sulla nuca, senza mai
perdere il
contatto. In pochi secondi mi sentii trascinare verso di lui fino ad
essere entrambi ad una distanza di qualche centimetro l'uno
dall'altra. Trattenni il respiro.
-Muoio
dalla voglia di rifarlo-
Il
cuore impazzì e la mente si perse per qualche secondo nel
ricordo di
qualche ora prima. Deglutii e abbassai lo sguardo sulle sue labbra:
si muovevano sincronizzate con il suo respiro, lucide e umide,
corpose. Lo riguardai mentre il desiderio risaliva per la bocca dello
stomaco e mi esplodeva nel petto, in testa, rendendomi incapace di
ragionare.
-Fallo-
Qualcosa
passò nei suoi occhi, un lampo veloce. Neanche il tempo di
realizzare cosa avevo detto che mi avvicinò quel tanto che
bastava
ad accorciare le distanze e le sue labbra collisero con le mie,
stavolta più piano della prima volta, i nostri occhi subito
si
chiusero insieme. Nello stomaco è come se avessi avuto un
terremoto
in corso, sensazioni contrastanti che si accavallavano tra loro senza
lasciarmi il tempo di pensare, nella testa un unico pensiero: le sue
labbra. Oh donne mie, le labbra più carnosamente morsicabili
del
mondo. Erano così piene e morbide che non resistetti alla
tentazione, con i denti le mordicchiai delicatamente e fu la cosa
più
eccitante del secolo. Non fui l'unica a trovare quel mio gesto
eccitante: un mugolio gli scappò dalla bocca, e mi ritrovai
schiacciata contro il suo petto, le sue braccia ancorate alla mia
schiena e le sue mani che la percorrevano come impazzite. Inutile
dire che stavo andando totalmente fuori di testa.
Un'immagine
mi passò per la testa ma cercai di scacciarla subito;
assaporai
un'altra volta le sue labbra e cercai di imprimere quel momento nella
mia testa perché ci restasse per sempre...tutto sommato era
una vita
che aspettavo quel momento. E finalmente c'ero, lo stavo vivendo e
non potevo credere ai miei occhi. Ci staccammo lentamente, e le sue
mani scivolarono dalla mia schiena fino a prendere le mie appoggiate
sulle mie gambe. C'era però sempre quella sensazione che
stessi
vivendo una bolla che prima o poi sarebbe scoppiata, e anche a
rischio di rovinare il momento esitando presi coraggio e gli feci una
domanda che mi premeva fare.
-Cos'è?
E' solo attrazione?-
Serio
fece no con la testa.
-E
allora cos'è? Perchè mi sei sempre piaciuto
Danny, non posso
farcela ad essere presa in giro un'altra volta, io..-
Mi
arrestai quando le sue mani strinsero forte le mie.
-Penso
di essermi innamorato di te-
Quel
blu intenso non mentiva. Ed io mi sentii in paradiso.
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Capitolo 25 *** Burning Hell ***
*Note dell'Autore*: chiedo
venia per la lunghissima assenza, faccio un pò fatica a
scrivere in questo periodo. Come qualcuno mi ricorda, i McFly sono
tornati e quindi è giusto celebrare il ritorno con un nuovo
capitolo ;) tuttavia, credo che sarete un pò contrariate
alla fine....fatemi sapere cosa ne pensate!! un abbraccio
buona lettura
DOUGIE
Corsi
subito in camera, e mi chiusi la porta alle spalle.
Silenzio.
Ma
il mio cervello continuava a darmi martellate sulle tempie...era come
se mille persone stessero camminando nel mio cranio, tutte parlando
allo stesso momento.
Scrollai
la testa e mi andai a sedere sul letto, dopo aver girato la chiave
nella serratura.
Non
so per quanto tempo rimasi a fissare il vuoto, ma mi riscossi solo
quando mi sentii come se qualcuno mi stesse afferrando per la gola.
Mi
coprii gli occhi con le mani, mi massaggiai le gambe e strinsi la
coperta sotto di me, ma nulla sembrava essere sufficiente.
Che
sfigato che sei. Sei solo uno sfigato.
Rendersi
conto che ti piace, che la sensazione che senti alla bocca dello
stomaco ogni volta che la vedi è un sentimento profondo, e
poi?
E
poi arriva quello stronzo di Danny.
Istintivamente
afferrai il cuscino e lo lanciai contro la parete con tutta la forza
che avevo.
Se
fosse stata la sua faccia, giuro che l'avrei ridotta in mille pezzi.
Sbuffai
e tornai a stritolare la coperta sotto le mie mani.
Lei
era corsa via, certo, era confusa, ma io lo sapevo che le era sempre
piaciuto...sapevo che sarebbe bastato un cenno da parte di Danny che
lei sarebbe capitolata, era troppo evidente da come lo guardava, da
come si irrigidiva quando entrava nella stanza...anche se...
Mi
era sembrato che si fosse creato qualcosa, qualcosa che andava oltre
ad un semplice rapporto di amicizia, qualcosa tra di noi che fosse
solo nostro, ed ero arrivato a crederci così tanto che alla
fine mi
ero innamorato di lei.
Se
pensavo al suo viso, mi si dipingeva immediatamente in testa, in ogni
minimo particolare: le fossette sulle guance, i capelli sottili e
morbidi, gli occhi sfumati di verde....Non dovevo neanche sforzarmi.
Mentre il ricordo di Lauren era ormai un ricordo sfumato...
Sentii
la rabbia risalire e stringermi lo stomaco, e tirai un pugno contro
il materasso.
Ero
così arrabbiato, così frustrato...
E'
un'esplosione. Quando ti svegli e capisci di aver bisogno di lei, e
che lei è la ragione per cui tutto questo brutto periodo se
n'è
andato senza lasciare troppe ferite. C'era lei! C'era lei a rendere
le mie giornate colorate, piene di sole, con quel suo sorriso
imbarazzato e le scarpe da tennis sempre slacciate!
Sorrisi
al pensiero.
Come
avevo potuto non accorgermene prima?
Come
avevo potuto lasciare che lui me la portasse via sotto il naso?
Strinsi
gli occhi cercando di dimenticare la sua faccia. L'avrei volentieri
preso a schiaffi.
Non
la meritava, non la meritava affatto!
IO
ero la persona che le era stata accanto per mesi, IO ero quello che
la faceva ridere la mattina a colazione, che faceva di tutto per
rendersi ridicolo solo per sentire di averla resa felice, ero sempre
io quello che l'aveva accolta senza chiedere nulla quando Danny
l'aveva fatta soffrire facendo finta di non sapere...lui, LUI non
meritava una briciola dell'amore che Felicity era capace di provare!
L'aveva
tenuta a distanza per anni, messa in imbarazzo, si era preso gioco di
lei, e proprio mentre io mi stavo rendendo conto d averne bisogno
come l'aria che respiro, lui osava baciarla, davanti a tutti!
Mi
alzai di scatto e iniziai a camminare nervoso per la stanza.
Dovevo
fare qualcosa. Lei magari era già persa per lui, magari
già anche
nel suo letto,ma io non potevo lasciare le cose come stavano senza
nemmeno provare a capire Felicity cosa provasse.
Solo
il pensiero di lei con lui, nello stesso letto, mi stava facendo
venir voglia di vomitare.
Ero
convinto che ci fosse qualcosa tra noi.
Non
potevo aver sognato lo sguardo che ci eravamo scambiati quando stavo
fuggendo dalla sala prove, avevo visto qualcosa nei suoi occhi! Come
l'avevo visto durante la canzone, quando la guardavo le sue
attenzioni erano solo per me, ne ero sicuro!
Dovevo
accertarmi che lei stesse bene, e che quello che mi ero convinto di
aver visto, fosse lì davvero.
Ero
la classica persona da “se lei è felice, sono
felice anche io”,
e avrei lasciato perdere tutto, per il gruppo, per lei, se Felicity
voleva stare con Danny io non ero nessuno per rovinarle la
“storia
della sua vita”.
Ma
prima dovevo capire.
Camminai
a passo spedito verso la porta, e appena fuori neanche a farlo
apposta la incrociai mentre usciva dal bagno.
Non
si era accorta di me, così mi schiarii la gola e presi
coraggio.
-Fliss...-
Alzò
lo sguardo e trattenni il respiro.
Non
avevo dubbi.
Non
era una cotta passeggera, non era un pensiero di un momento che mi
aveva semplicemente messo in crisi, un pensiero che avrei potuto
superare standole lontano.
Da
quando mi ero reso conto di volerla baciare mi sembrava ancora
più
bella.
Mi
sorrise.
-Doug!
Tutto ok?-
Rimasi qualche secondo in silenzio. Nota mentale: prima di
suicidarsi, preparare un valido piano per farlo.
-Ehm.
Si...ecco...io vorrei...-
Si avvicinò a me di qualche passo
aggrottando la fronte.
-...volevo
chiederti se ti andava di vedere un film con me, in camera mia. Per
festeggiare la giornata-
Sono un codardo....
La
sua faccia cambiò nel giro di un secondo. Panico.
-Oh..-
-Se
non ti va non fa nulla, possiamo ascoltare un po' di musica o stare
un po' con gli altri- abbassai lo sguardo, poi mi feci coraggio e la
guardai negli occhi.
-Non
è quello Doug, io verrei volentieri, ma...ho promesso a
Danny che
avremmo passato la serata...insieme- sentii il cuore accartocciarsi
su sé stesso.
-Ah...beh
ecco, non...non fa nulla – imbarazzato mi voltai e feci per
rientrare in camera mia. Non avrei retto il suo sguardo dispiaciuto
ancora per un millisecondo.
-
Posso dire a Dan che possiamo stare insieme domani, non sarà
un
problema per lui!- strinsi i denti.
Quando
mi voltai cercai di tenere la faccia più serena del mio
repertorio e
le sorrisi.
-
Tranquilla Fliss, non c'è problema. A domani ok? E grazie
per oggi –
ci fissammo per qualche secondo.
Sì,
qualcosa c'era.
Ed
era la scritta perdente che stava spuntando sulla mia fronte.
Mentalmente
la supplicai di non guardarmi in quel modo, come se davvero le
dispiacesse di non passare la serata con me, come se non sapesse cosa
fare.
Le
sorrisi un ultima volta e rientrai in stanza, chiudendomi la porta
alle spalle.
Io
ero quello del “se lei è felice, sono felice anche
io”, sì. Ma
questa volta era dannatamente difficile riuscire anche solo a
pensarlo...
Sentii
una lacrima scendermi lungo il viso senza che io potessi fermarla.
Ero
lì, in piedi da solo in mezzo alla mia stanza, senza sapere
più che
fare.
Esplosioni,
colori, farfalle nella pancia, amore e voglia di stringerla, di
baciarla...per poi rendersi conto di averla solo persa...
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