Attraverso i secoli

di alga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Attraverso i secoli ***
Capitolo 2: *** L'illusione di un attimo ***
Capitolo 3: *** Ricordi perduti ***



Capitolo 1
*** Attraverso i secoli ***


Andrè era di pessimo umore.
Maledisse Lidia e tutta la serie di assurde circostanze che l'avevano costretto a tornare a Parigi dove, tempo addietro, aveva giurato di non rimette mai più piede.
Era stata una decisione difficile abbandonare la città in cui era vissuto e alla quale erano indissolubilmente legati i ricordi di tutto ciò che era stato ma, dimenticare era l'unica possibilità che aveva per convivere con quello che era diventato e lasciare Parigi e la Francia il primo e indispensabile passo per poterlo fare.
Andar via, era la soluzione più giusta, anzi l'unica che gli permettesse di chiudere nei meandri più profondi del suo cuore ormai morto e della sua anima persa, l'immagine preziosa del viso di Oscar assieme alla manciata di anni vissuti con lei in quei luoghi. Così, in una notte limpida e serena in cui la luna brillava alta in un cielo punteggiato di stelle, una notte tanto simile a quella in cui aveva creduto sarebbe iniziata la loro felicità ma, che in realtá era stata la porta dell'inferno, aveva deposto una rosa bianca su una tomba la cui lapide recava il suo nome scritto affianco a quello del suo unico amore ed era andato via, incontro all'eternità che lo attendeva.
Nei 225 anni passati da quel giorno il mondo aveva subito i cambiamenti più radicali della maggior parte della sua storia. Tutto era cambiato a partire dalle città, che si erano trasformate, inglobando e fondendo le vestigia del loro passato alle nuove architetture e al rumoroso caos del vivere moderno.
Nelle strade affollate, trafficate, illumiate e ridisegnate di quella nuova Parigi, Andrè continuava tuttavia a riconoscere i luoghi che l'avevano visto secoli addietro assieme ad Oscar e i ricordi a lungo sopiti, gli tornavano prepotenti alla mente assieme al rimpianto per quello che sarebbe potuto essere e che non era stato.
Da quando era ritornato non riusciva a fare a meno di sovrapporre le immagini di quel lontano passato al presente finché, stanco di lottare con i ricordi, aveva deciso di non combatterli più ma, di cedergli e si era ritrovato a ripercorrere i luoghi più legati alle sue reminiscenze fino a giungere a Place de la Bastille, dove la sua Oscar aveva trovato la morte credendo di raggiungerlo, mentre lo perdeva per sempre.
Andrè pensò che il destino o Dio o chissa cosa, era stato particolarmente duro con loro, concedendogli un'unica notte di felicitá, un unico momento di unione perfetta per poi seperarli nel modo più crudele, dividendoli per l'eternità e togliendo a lui anche la speranza di poterla ritrovare semmai oltre la morte.
Le risa divertite di un gruppo di ragazzi che entravano in un bar lo distolsero dalle sue elucubrazioni riportandolo alla realtà e ricordandogli che aveva fame.
Era una sera calda, non che la cosa per lui facesse differenza, ma gli portava alle narici l'odore dolce del sangue con maggiore intensità.
Doveva nutrirsi. Li seguí nel bar.
C'era stato un tempo in cui aveva lottato con tutte le sue forze per resistere all'istinto della caccia, per opporsi al richiamo del sangue, a lungo si era nutrito di animali o in casi estremi di uomini malvagi, la cui morte gli appariva tutto sommato come una giusta punizione. Poi Lidia, creatura antica, che da sempre rideva dei suoi sforzi era riuscita a convincerlo che non esisteva nulla per un vampiro che lo rendesse diverso da ciò che era e che qualsiasi sforzo per simulare un'umanità che ormai non aveva più era del tutto inutile, così come era scioccamente presuntuoso scegliere le proprie vittime sulla base dei loro peccati, quando invece avrebbe dovuto agire come il fato.
Si sedette ad un tavolo d'angolo dove aveva una visuale completa della sala e cominciò a studiare le sue potenziali vittime. Aveva accolto da tempo i consigli di Lidia ma, non era riuscito a mettere da parte ogni remora e nello scegliere coloro che avrebbero saziato la sua fame continuava a cercare il male. Si guardò intorno ed individuò un ragazzo dall'aria perbene. Era castano, alto, ben vestito con un viso aperto e cordiale, parlava tranquillamente con una ragazza bruna molto carina e i suoi pensieri in parte alterati dalla droga erano pervasi di pura spietatezza.
Perfetto.
Andrè si alzò e si avvió lentamente verso di lui quando il suo sguardo si posò su una donna bionda che seduta su uno sgabello al bancone del bar parlava con un'amica, mentre con le dita della mano destra seguiva il contorno della bottiglia di birra che aveva davanti. La donna come accorgendosi di essere osservata, si giró verso di lui incrociandone lo sguardo e pietrificandolo come una testa di medusa.
L'intero mondo sparì mentre, lentamente, si affacciava in lui la consapevolezza che Oscar lo stava guardando.
 

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Capitolo 2
*** L'illusione di un attimo ***


Era fermo innanzi a lei.
Un uomo alto bruno, con splendenti occhi verdi, in jeans e t-shirt con un blazer scuro.
Se il cuore di Oscar fosse stato vivo, in quel momento, avrebbe battuto all'impazzata.
André... era stata la prima cosa che aveva pensato vedendolo, per poi dirsi un attimo dopo che non era possibile, perché se fosse stato lui, ne avrebbe certamente avvertito la presenza.
Continuò a fissarlo per un lungo momento, senza riuscire a staccare lo sguardo dal suo volto e dai suoi occhi increduli che la scrutavano incerti, come se si stesse interrogando sulla natura della donna che aveva innanzi.
"Vi conoscete?"domandò l'amica con cui Oscar chiacchierava fino a poco prima, spostando lo sguardo dall'una all'altro con aria interrogativa.
André si avvicinò di un passo "Forse... " disse continando a fissarla.
Era la sua voce, l'avrebbe riconosciuta tra mille, il tono basso, il timbro profondo e quella vena di tenerezza che sempre aveva quando le parlava, era lui non c'erano dubbi.
Un'improvvisa paura l'afferrò, pensò di dover andare via subito, ma non riuscì a muoversi e continuò a fissarlo.
Si ritrovò a pensare che il dono oscuro lo aveva reso ancora più bello e che quell'abbigliamento gli donava molto.
Quante volte in quegli ultimi anni, pensando a lui si era domandata come sarebbe stato in abiti moderni, quante volte aveva lottato contro la tentazione di vederlo, magari solo per un momento, da lontano, ma aveva sempre resistito perché sapeva che, nonostante i secoli, se lo avesse rivisto le sarebbe stato impossibile stargli lontano, perché il tempo, al di là dei suoi sforzi, non era riuscito a toglierglielo dal cuore e i sentimenti che nutriva per lui continuavano a covare in un angolo sepolto del suo essere, come braci ardenti sotto la cenere della sua anima immortale.
"Credo si sbagli" disse infine trovando la forza di parlare "non mi pare di averla mai incontrata prima" aggiunse con la fredda cortesia di chi non vuole essere seccato e alzandosi dallo sgabello si rivolse all'amica "Scusami Claire, ma devo andare. Si è fatto tardi e domani mattina dovrò svegliarmi presto, ho ancora un sacco di cose da sistemare."
L'amica annuì e Oscar infilatasi la giacca afferrò la sua Retiro e si avviò verso l'uscita dell'affollatissimo bar.[1] .
Per un attimo, mentre lo superava, si sfiorarono e non riuscì a impedirsi di guardarlo negli occhi. 
Tanto bastò ad Andrè per capire di non essersi sbagliato, quella donna era la sua Oscar che per qualche inimmagginabile motivo aveva oltrepassato gli oceani del tempo per approdare in quel bar, viva e perfetta come la ricordava.
Non sapeva come fosse possibile, il calore, il profumo, le sfumature rosate della sua pelle, gli dicevano che era mortale, eppure era certo che l'avesse riconosciuto.
La guardò uscire frettolosamente, facendosi largo tra la gente che chiacchierava allegra e sparire tra la rumorosa folla che s’intratteneva al di fuori dei tanti locali che animavano le vivaci serate di Bastille. Oscar attraversò velocemente alcune affollate stradine, giunse alla sua auto e stava aprendo la portiera, quando si sentì afferrare per un braccio; ancor prima di voltarsi sapeva chi si sarebbe trovata innanzi.
Lo sguardo di Andrè la trafisse, i suoi occhi brillavano come smeraldi mentre la fissava come se non riuscisse a credere a ciò che vedeva e cercasse in lei qualcosa che desse conferma ai suoi dubbi.
Oscar avvertiva distintamente il contatto della sua mano sul braccio, come se in quel punto la sua pelle fosse nuda, la stretta di André era decisa, ma non forte come si sarebbe aspettata da un immortale, era evidente che aveva paura di farle del male, ma al contempo non voleva che gli sfuggisse.
Si fissarono negli occhi per un lungo momento, e lei ebbe l'impressione che tutto attorno a loro sparisse e il tempo si dissolvesse riportandola indietro alla riva di un fiume, a un bosco punteggiato di lucciole.
In qualche punto in fondo a se stessa sentì qualcosa che si lacerava con un grido soffocato.
Smise di lottare, dimenticò ogni prudenza, cancellò ogni paura per quel che sarebbe potuto accadere e si arrese.
Lasciò che alle labbra riaffiorassero quelle sillabe che tanto a lungo aveva custodito nel silenzio dei suoi pensieri, nascoste nell'angolo più inaccessibile della sua anima.
"André" disse quasi in un soffio.
Pronunciare quel nome dopo tanto tempo le provocò un'emozione indicibile, le sembrò che quel suono avesse qualcosa di unico, infinitamente dolce, rassicurante.
André si sentì improvvisamente smarrito, ebbe la sensazione di fluttuare al di fuori della realtà in una dimensione onirica. Senza rendersene conto, allentò la stretta trasformandola in una carezza che salì lenta lungo il braccio di Oscar fino alla spalla scoperta che si offriva al suo tocco, tra il drappeggio del foulard di seta e lo scollo scivolato della maglia.
"Sei tu... " le disse con voce spezzata dall'emozione.
Oscar gli sorrise annuendo piano e a lui sembrò di tornare alla vita.
"Sei tu... " ripeté ancora, incredulo, come se volesse convincersi che non fosse un sogno. 
Oscar allungò una mano verso il suo viso e lo accarezzò dolcemente, sfiorando leggera la sua pelle fredda ed André ebbe l'impressione che il suo cuore ritornasse a battere.
Una lacrima gli scese lungo il viso lasciando sullo zigomo una scia rossastra.
Oscar l'asciugò tremante.
Ritrasse lentamente la mano strofinando tra le dita il liquido viscoso e aperto il palmo lo fissò per un momento, mentre la mente tornava agli ultimi momenti che avevano passato insieme, al sangue che allora le aveva imbrattato le mani e gli abiti, quando morente, lo aveva stretto tra le braccia.
Tornò a guardarlo e l'immagine dei suoi occhi sbarrati che fissavano il vuoto si dissolse quando incrociò quegli stessi occhi che ora la fissavano esitanti.
André vacillava.
C'era stato un tempo in cui aveva potuto dire di conoscerla meglio di se stessa, ma quel tempo era passato, sepolto da secoli di assenza e ora non sapeva cosa pensare nè come comportarsi.
Si rendeva vagamente conto che lei sapesse ciò che lui era. Non gli era parsa sorpresa nel vederlo, non quanto lui almeno, ma Oscar era per lui un mistero.
Pur sapendo che non poteva essere una comune mortale, la percepiva come tale e di conseguenza temeva di averle fatto orrore con le sue lacrime di sangue.
Avrebbe voluto prenderla tra le braccia.
Tanto era il desiderio di stringerla a se che quasi sentiva dolore, ma aveva paura; paura che lei non volesse che un mostro la toccasse e così rimaneva immobile, senza saper che fare, guardandola semplicemente. Strinse i pugni e chiuse gli occhi in un ultimo tentativo di non cedere a quella pulsione e fu in quel momento che sentì le labbra di lei posarsi sulle sue.
Oscar lo stava baciando.
La sua bocca sfiorava morbida le sue labbra, schiudendole dolcemente in cerca della sua lingua, mentre le dita s’insinuavano leggere tra i suoi capelli.
Lentamente André le avvolse le braccia intorno al corpo, sfiorandole delicatamente la schiena, incerto, come se avesse paura che, come tante volte era accaduto nei suoi sogni, potesse svanire.
Il bisogno che aveva di lei era enorme e ben presto perse ogni esitazione e si ritrovò a stringerla con passione.
Oscar non sapeva quante volte aveva desiderato di poter essere ancora tra le sue braccia, ritornando infinite volte col pensiero a quell'unica notte che avevano avuto, a quei baci e a quelle carezze cui troppo presto aveva dovuto rinunciare.
Voleva tornare a essere sua, voleva che i loro corpi e le loro anime si fondessero, per sempre, totalmente.
Lasciò le sue labbra e cercò il suo sguardo, si sciolse dal suo abbraccio e senza perdere il contatto visivo con i suoi occhi, sollevò il polso, lo portò alla bocca e lo morse fino a farne sgorgare un rivolo di sangue.
André la guardò come ipnotizzato mentre gli porgeva il braccio.
Arretrò di un passo spaventato dall’effetto che gli faceva la vista del suo sangue, sentiva che se ne avesse assaporato anche solo una goccia non sarebbe più riuscito a fermarsi e avrebbe continuato a bere fino a lasciarla a terra come un fiore reciso.
"No Oscar, non posso…"
"Si che puoi André" ribattè lei con voce sicura. “Non temere, non mi farai alcun male”.
Gli si fece nuovamente vicina e gli sorrise dolcemente “anzi potrebbe accadere il contrario, ma sarà per un momento, poi ti sentirai più forte, il tuo corpo tornerà caldo, la tua sete si placherà per giorni.”
André la guardò incredulo e scosse la testa.
“Fidati” lo rassicurò Oscar fissandolo con i suoi limpidi occhi di zaffiro che tanto gli erano mancati “ poi ti spiegherò André, ma ora fallo, non abbiamo tempo, sento che sta arrivando” insistè con un’improvvisa urgenza nella voce.
Andrè la guardò sempre più confuso.
“Ti prego, non voglio perderti ancora” lo incalzò.
Ora la voce di Oscar aveva perso del tutto la calma e lei appariva agitata, quasi spaventata.
André non riusciva a capire il senso delle sue parole, avrebbe voluto domandarle il perchè di quell'urgenza, di cosa aveva paura, ma il richiamo del suo sangue lo incantava, annebbiando ogni altro pensiero. Le passò un braccio attorno ai fianchi e la attirò a se, mentre con l'altra mano le prese il polso e lo portò lentamente alle labbra e guardandola negli occhi affondò piano i denti nella sua carne.
Oscar fremette reclinando leggermente la testa all’indietro quando sentì la puntura dei canini sulla pelle e il suo sangue che iniziava a fluire nella bocca di André mentre la sua lingua le lambiva la pelle con tocchi di fuoco.
André non ricordava di aver mai assaporato nulla di simile, il sangue di Oscar aveva un sapore intenso e dolce che lo inebriava, e mentre gli scendeva in gola, sentiva una sensazione di benessere diffondersi in tutto il corpo. La strinse di più, tenendola avvinta, ne sentiva il respiro, i gemiti e il corpo che si lasciava andare al sostegno delle sue braccia. Un fremito estatico si diffuse in tutto il suo essere, un torpore che ingigantiva le sensazioni, rendendole più piene e intense lo invase lentamente, quasi stordendolo. Avrebbe voluto dirle che l'amava, ma non riusciva a staccarsi da lei, il sapore del suo sangue, denso, dolce, ricco offuscava la sua coscienza riversandosi in lui come un fuoco, cancellando ogni suo pensiero mentre saziava ogni suo desiderio.
Eppure in quell'oblio riuscì ad avvertire la sua sofferenza.
La sentì cedere, reclinare il capo in avanti e poggiare la testa sulla sua spalla; con uno sforzo allentò il suo morso e si staccò da lei ma Oscar scosse la testa.
"Non fermarti" gli sussurrò aggrappandosi alle sue spalle "Non ancora... " e lasciando andare la testa all'indietro gli offrì la gola.
La vena del suo collo lo incantò, fissò quella sottile linea azzurrognola che si offriva ai suoi occhi come un sentiero di delizia nel candore perlaceo della sua pelle, rapito, chiuse gli occhi e tornò a serrare le labbra.
La sentì gemere mentre il suo sangue tornava a invaderlo portando con sé un turbinio d’immagini. Volti, luoghi, voci e tutta la sua vita si riversò in lui avvolgendolo, vide attraverso i suoi occhi i loro anni assieme, conobbe i suoi sogni, i desideri, le paure e vide un uomo che si chinava su di lei.
Ne vide la pelle bianchissima e gli occhi scuri che la fissavano con bramosia, la vide colpirlo e sentì la sua risata e il terrore di Oscar, poi vide se stesso disteso in una chiesa e Oscar che lo fissava e quello stesso uomo alle sue spalle che le sussurrava qualcosa all'orecchio, scostandole i capelli e sfiorandole il collo con le sue dita bianche.
Poi d'improvviso ogni immagine si perse mentre una forza incalcolabile lo staccò dal corpo di Oscar scaraventandolo contro un albero dall'altra parte della strada.
L'impatto fu violentissimo, ma Andrè quasi non l'avvertì.
Si rialzò lentamente più per la sorpresa che per l'urto. Guardò l'uomo che gli stava davanti e riconobbe colui che aveva visto nei ricordi di Oscar. Lo vide rivolgergli un sorriso beffardo e poi voltargli le spalle e avvicinarsi a Oscar che, sfinita, faticava a reggersi in piedi e colpirla con uno schiaffo violento facendola crollare.
Sentì una collera spropositata esplodergli dentro, pensare di volerlo annientare ed essergli addosso fu un tutt'uno. In un istante lo afferrò lo spinse a terra e iniziò a colpirlo.
Il sangue di Oscar aveva operato in lui un cambiamento straordinario, amplificando la sua forza, centuplicandola. Sentiva un'energia e un vigore sconosciuti fluirgli nelle vene e i suoi colpi si abbattevano come magli di ferro sul corpo e il viso dell'uomo, che sobbalzava ricevendoli, urtando violentemente contro il suolo.
  Eppure non si dibatteva, non cercava di difendersi e non una goccia di sangue macchiava il suo viso.
Poi inaspettata, Andrè sentì una mano stringersi attorno al suo collo e una forza inimmaginabile spingerlo a terra inchiodandolo al suolo.
La situazione si era invertita ed ora era l'uomo a sovrastarlo.
"Stai per morire" gli disse con calma "tra poco staccherò la tua testa dal collo e ne farò dono alla tua amata, cosicché non dimentichi che un patto non va mai tradito."
André spalancò gli occhi e arrancò incapace di parlare, sentendo la presa serrarsi e il suo collo gonfiarsi.
L'uomo rise.
"Supplicami e forse ti risparmierò" disse ancora divertito.
Esasperato, André raccolse le ultime energie rimastegli, gli afferrò i polsi e li strinse con tutte le sue forze nel tentativo di liberarsi, ma le mani del demone erano artigli di pietra irremovibili.
Sentì il sangue che iniziava uscirgli dalla bocca, la vista gli si annebbiò le energie lo abbandonarono.
"Sono io a supplicarti Seamus, ti prego lascialo andare, non deve pagare per una mia debolezza." esclamò Oscar con voce spezzata avvicinandosi alle sue spalle.
L'uomo non si voltò neanche a guardarla .
"Cosa dici mia cara, lui è il prezzo della tua debolezza. Lo sai bene" le rispose con pacata indifferenza continuando a stringere.
Oscar scosse la testa senza riuscire a dir nulla e guardò André roteare gli occhi all'indietro, si sentiva morire e giurò a se stessa che se lui si fosse dissolto si sarebbe calata nella più fredda e oscura delle tombe e non ne sarebbe più emersa.
"No" disse infine scuotendo ancora la testa, ansimando "lui è il prezzo della tua... " stava per dire felicità, ma si rese conto che quella non era una parola che gli si addiceva, la felicità non era qualcosa che atteneva a Seamus, capriccio sarebbe stato più adatto o meglio ancora "soddisfazione" sibilò.
Seamus si voltò a guardarla.
Oscar lo fissava con occhi carchi d'odio, uno sguardo che non vedeva da tempo, uno sguardo che una volta l'aveva divertito, ma che aveva finito col desiderare di non vedere più nei suoi occhi quando lo guardava. 
Con un moto di fastidio lasciò la presa "Forse avresti dovuto dire ciò che avevi pensato" disse alzandosi e voltandosi a fissarla.
Oscar non riuscì ad impedirsi di avvampare, non sopportava che le leggesse i pensieri la faceva sentire nuda, ma era troppo esausta, troppo spaventata per riuscire a velarli.
"Non gli darò un'altra possibilità"
"Lo so" disse ingoiando un sospiro di sollievo. Le girava la testa.
Seamus la fissò per un lungo momento e Oscar resse il suo sguardo radunando tutte le sue forze perché lui trovasse nei suoi pensieri ciò che voleva vi fosse.
"Bene" disse infine soddisfatto e voltandosi si avviò verso l'auto di Oscar. "Non capirò mai cosa ci trovi di divertente in queste scatolette" osservò con tranquilla indifferenza mentre apriva la portiera del lato passeggeri e si accomodava in attesa che lei lo raggiungesse.
Oscar volse un ultimo sguardo ad André che, ancora stordito, aveva provato a risollevarsi per poi ricadere sulle ginocchia sputando un fiotto di sangue rosso e splendente come un rubino. Pensò che se non avesse bevuto il suo sangue, le dita di Seamus gli avrebbero staccato la testa in un attimo, spezzandolo come un fuscello.
Il pensiero che lui potesse smettere di esistere la atterrì, procurandole una sofferenza ancora più atroce di quella che le dava l'idea di averlo portato a un passo dalla distruzione.
In quel momento André sollevò la testa, i loro sguardi tornarono ad incrociarsi e lui capì che stava per perderla ancora una volta.
Sbarrò gli occhi e tese una mano verso di lei.
Oscar si sentì morire ancora una volta.
"È stato un sogno. Dimentica."
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] Oscar con una discreta ed elegante tracolla Louis Vuitton la vedo bene ! ;-)

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Capitolo 3
*** Ricordi perduti ***


André infilò la testa sotto il getto della fontana, sperando che il flusso d'acqua fredda scacciasse il dolore infame con cui si era svegliato quella sera.
Non ricordava di aver mai sofferto, né da vivo né da morto, di un dolore alla testa più lancinante di quello, un dolore pulsante che gli rendeva intollerabile la più flebile delle luci e insopportabile anche il ticchettio dell'orologio.
Rimase fermo così alcuni minuti, quando infine gli parve che il dolore si fosse calmato, chiuse il rubinetto e sollevando il busto restò poggiato al lavandino con le braccia tese e il capo abbassato, ad ascoltare il silenzioso colpo delle gocce che scivolando lente dalla punta dei suoi capelli, cadevano nel lavabo infrangendosi in una miriade di minuscoli rivoli; domandandosi, per quale strano motivo, l'immortalità, liberando il corpo dai tanti fastidi della vita, non lo avesse liberato anche dal dolore e sopratutto dall'emicrania.
Con un sospiro stanco raddrizzò il collo e si guardò allo specchio scrutando il proprio volto, chiaro ai suoi occhi anche nella tenebra, notò che aveva un incarnato stranamente colorito. Si sfiorò il viso con le dita, e con suo grande stupore si accorse che la pelle era calda e morbida, cosa che accadeva solo quando il suo corpo era pieno del sangue di una preda, e che non durava che poche ore, e lui neanche ricordava quando avesse preso la sua ultima vita...
Perplesso afferrò l'asciugamano e massaggiandosi la testa pensoso, uscì dal bagno. Attraversò con indifferenza l'appartamento buio, si avvicinò alla porta-finestra e dopo aver scostato le pesanti tende che la nascondevano, aprì gli scuri lasciando che le luci della città rompessero le tenebre e lo restituissero al mondo. Si affacciò al piccolo balcone dalla ringhiera di ferro, simile a tanti altri balconi di Parigi, e guardò di sotto la strada lucida di pioggia che rispecchiava le luci dei lampioni e i fari delle automobili che sfrecciavano sul Quai de la Tournelle, e poi, oltre il bordo fronzuto degli alberi mossi dal vento, il nastro di velluto scuro della Senna e le luci dell'île de la cité.
Il temporale estivo era finito e aveva piacevolmente rinfrescato l'aria che gli accarezzava leggera i capelli bagnati, il cielo sgombro di nuvole era puntellato di stelle luminose come gemme; l'altezza della luna gli disse che era ormai notte inoltrata. Si era svegliato tardi, lui che, tra i suoi simili poteva considerarsi un "mattiniero" e in genere tornava alla vita quando ancora il sole non era del tutto calato dietro all'orizzonte. Strano... come il suo colorito e il calore della sua pelle, come quell'insolito mal di testa, e come la sua totale assenza di sete. Strano... come il senso di stordimento, e soprattutto la vaga infelicità che avvertiva in fondo al cuore.
D'improvviso si rese conto di non ricordare di essere rientrato a casa, anzi di non ricordare quasi nulla della notte precedente. Si portò una mano alla testa e si massaggiò la fronte, quindi voltando le spalle alla città, rientrò e si adagiò su una sinuosa Le Corbusier nera, chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi e ricordare cosa fosse successo. L'ultima cosa che gli veniva alla mente era la sete che lo aveva spinto a seguire un gruppo di ragazzi che entrava in un bar in Place de la Bastille. Ricordava il vociare allegro che c'era nel locale, la musica, la folla, l'odore del sangue e della vita che gli stuzzicavano le narici e gli accendevano i sensi. Ricordava di essersi guardato attorno ed avere ascoltando frammenti di pensieri dei mortali, finché non aveva individuato la sua vittima e poi... più niente, buio totale, vuoto, come quella lontana notte in cui per la prima volta aveva aperto gli occhi in un sepolcro.
Un senso di oppressione gli strinse il petto al ricordo di quei primi interminabili angoscianti istanti della sua vita immortale, del panico che lo aveva attanagliato quando aveva capito di essere chiuso in una bara.
 
 
Sull'orlo della follia, aveva iniziato a gridare e battere con tutta la sua forza, i pugni contro quelle strette pareti fino a sentirle cedere, per ritrovarsi ricoperto di terra umida e molle dalla quale era riemerso annaspando in cerca d'aria come un naufrago che emerge dai flutti che vorrebbero trascinarlo a fondo.
Era stata un'armoniosa voce femminile, la prima che aveva udito nella sua nuova vita.
"Ben svegliato" gli aveva detto in tono divertito mentre tossiva affannato, piegato su se stesso, tra la terra smossa e i resti della bara spezzata.
Lui aveva alzato il capo e, ancora sconvolto, l'aveva guardata quasi senza vederla .
"Calmatevi, è tutta un'impressione” aveva continuato la donna avvicinandosi e parlando con voce tranquilla e vagamente divertita “non è l'aria che vi manca, in realtà non avete per niente bisogno di respirare, ma al più di liberarvi del fastidio della terra e... " un guizzo di luce l’era brillato negli occhi rendendoli simili a finestre spalancate sui fuochi dell'inferno[1]  "bere... "
Solo allora, Andrè l'aveva guardata davvero e visto ciò che era: un'elegante e bellissima dama, avvolta in un raffinato abito da sera di satin vinaccia intessuto di ricami d’argento, che lo fissava con tutta l'intensa sfrontatezza dei suoi splendenti occhi neri, standosene tranquillamente appoggiata ad una lapide; sola, indifferente alla notte, al luogo e al fatto di star conversando con uomo appena venuto fuori da una tomba.
Aveva chiuso gli occhi stringendoli forte e scosso la testa pensando di aver perduto il senno. Si sentiva debole, stanco, il corpo intorpidito e pesante come la mente e aveva freddo e sete... Una sete acuta, che gli bruciava la gola come una fiamma e gli bucava il cervello moltiplicandone l'angoscia.
Con uno sforzo di volontà aveva cercato di non pensare a quel tormento assillante, ma di concentrarsi e ragionare, capire cosa stava succedendo, dove si trovasse e com’era possibile che si fosse svegliato sotto due metri di terra e... e ne fosse venuto fuori, e chi era quella creatura che sembrava concentrare su di se tutto il chiarore della luna, se fosse reale o un sogno, ma l'unica cosa che riusciva a pensare era la sete che gli bruciava l'intero corpo e, che, per qualche incomprensibile motivo, stava impazzendo, preda delle allucinazioni.
Poi d'improvviso il battito d'ali di una civetta che si alzava in volo da un albero poco distante era echeggiato nella notte con un colpo secco riportandogli il ricordo di uno sparo, subito seguito da quello del viso di Oscar che con gli occhi sbarrati lo guardava crollare a terra, e poi ancora, rigato di lacrime, mentre gli stringeva la mano in un tramonto infuocato.
Gli avevano sparato! Sì... Certo! Ora ricordava e capiva... Era ferito e di sicuro quello che stava vivendo doveva essere un delirio indotto della febbre, un sogno... anzi un incubo, una materializzazione delle sue paure ed anche quella sete che lo affliggeva doveva essere causata dalla febbre. Sì... Sì! Era così!  Si era detto, e con tutte le sue forze si era aggrappato a quell’idea sforzandosi di convincersene.
Aveva vacillato, quando riaprendogli occhi, la prima cosa che aveva visto erano state le sue mani, sporche e con le unghie spezzate, per essersi fatto strada nella terra che lo aveva ingoiato, ed aveva capito senza più ombra di dubbio che quella era la realtà, che era chino su se stesso, uscito da una tomba e avvolto dall'odioso lezzo dei cimiteri di Parigi. Un’angoscia violenta e indicibile gli pugnalò il cuore mentre una risata cristallina si prendeva gioco della sua sofferenza.
 "Davvero avete creduto potesse trattarsi un sogno?” gli aveva chiesto divertita la donna "Com’è possibile che non sappiate ciò che vi è successo? Mi domando cosa abbiate potuto fare per meritarvi una tale crudeltà” aveva aggiunto infine sinceramente sorpresa.
“Chi siete?””aveva domandato allora Andrè, alzandosi con i pugni chiusi, esasperato, sull'orlo della follia, mentre realizzava con sempre maggior consapevolezza che quel viso perlaceo, che quasi splendeva nel buio della notte e quegli occhi scuri, profondi, accesi di mille riflessi che imprigionavano lo sguardo di chi li osservava, non potevano essere umani.
“Una passante” gli aveva risposto semplicemente la creatura avanzando verso di lui, leggera come un soffio di vento “Attirata qui... dalle invocazioni di aiuto di un suo simile” e sorridendo aveva dischiuso le labbra rosa su una fila di denti bianchi e perfetti, e due piccoli aguzzi canini da belva.
Rifiutando il nome che gli veniva alla mente, André aveva cercato con tutte le forze di aggrapparsi ai suoi ultimi residui di razionalità.
"No... non è possibile!” Aveva mormorato con la voce rauca indietreggiando di un passo, inorridito.
“Oh sì invece, mio sprovveduto amico" aveva detto la donna allungando una mano a prendere la sua e portandogliela sul petto.
"Non credete che con tutta questa emozione il cuore dovrebbe quasi uscirvi al petto?" aveva insinuato inclinando il capo su un lato osservandolo divertita, in attesa di una reazione che non aveva tardato.
André ricordava di aver spalancato gli occhi, basito, ed abbassato il capo a guardare quella mano di statua, bianca e levigata poggiata sulla sua al centro del petto.
"Dio!" aveva esclamato sconvolto realizzando il senso delle sue parole.
“Dio? Dite?” aveva chiesto la donna con aria pensosa “credo sinceramente che Dio entri davvero poco in tutto questo, forse il demonio, ma a dire il vero non ne sono certa.”
 
 
Lidia...
Cosa ne sarebbe stato di lui se non l'avesse incontrata, sarebbe di certo impazzito e spinto dalla sete e dall'istinto, senza neanche capire cosa facesse, avrebbe ucciso le prime persone che avesse incontrato, prosciugandole fino all'ultima goccia di sangue per poi morire inconsapevole, arso dal sorgere del sole.
Chissà forse sarebbe stato meglio, forse così avrebbe raggiunto Oscar, che nelle stesse ore in cui lui dormiva il suo primo sonno immortale abbracciava l'eternità destinata agli uomini.
O forse no... Forse sarebbe diventato solo cenere al vento, come lei era diventata carne per vermi.
Quando si abbracciata la morte, non si può averne orrore.
Quando per sfuggire al sole, ci si è rifugiati in nidi d'ossa sotto pesanti lastre di marmo, e si è giaciuto accanto a bocche spalancate in muti gridi di sgomento eterno, non si può girare il capo inorridito, per non guardare. Non si può aver orrore dello sfacelo, quando si cammina al passo dell'oscura signora; eppure quell'immagine che per un attimo aveva attraversato la sua mente fu per André quanto di più aberrante si potesse immaginare. Balzò in piedi stringendo i pugni per non gridare tutto il suo sdegno davanti a quell'inesprimibile scempio. Cercando di cancellare quell'immagine assurda che gli schiantava il cuore, chiamò alla memoria il viso di Oscar così come lo ricordava l'ultima volta che l'aveva visto: bellissimo e perfetto, come lo erano stati la sua anima e il suo cuore. Rivide i suoi capelli d'oro appena mossi dal vento, i suoi occhi azzurri limpidi come il cielo d'estate, pieni d'amore e di tristezza. Ma c'era qualcosa di strano in quel ricordo, d'improvviso ebbe la sensazione che ci fosse un dettaglio che gli sfuggiva, qualcosa d’importante di cui si era dimenticato, ma che martellava in un angolo della sua mente in cerca della sua attenzione. Si sforzò di focalizzare quella discrepanza tra ciò che ricordava e ciò che avrebbe dovuto ricordare, ma un'improvvisa lacerante fitta alla testa spazzò via ogni sensazione che non fosse il dolore.
André barcollò e cadde e mentre un improvviso senso di disperazione lo avvolgeva, avvertì appena la presenza di Lidia che si chinava affianco a lui.
"Se volevi convincermi a tornare, ci sei riuscito”.
 
[1] Anne Rice, Scelti dalle tenebre.
 

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