Cento modi per uccidere Barbabianca

di Ice_DP
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 Erba assassina ***
Capitolo 2: *** #2 Caffè bollente ***
Capitolo 3: *** #3 Lupara maligna ***
Capitolo 4: *** #4 La spada di Squardo ***
Capitolo 5: *** #5 Pavimento bagnato ***
Capitolo 6: *** #6 Un buco nell'acqua ***
Capitolo 7: *** #7 Intossicazione da fumo ***
Capitolo 8: *** #8 Una strana puzza ***
Capitolo 9: *** #9 Episodio 461 -spettacolo pirotecnico- ***
Capitolo 10: *** #10 Episodio 461 -ascia gigante- ***
Capitolo 11: *** #11 Destriero imbizzarrito ***
Capitolo 12: *** #12 Assalto al porto ***
Capitolo 13: *** #13 Maledizioni a caso ***
Capitolo 14: *** #14 Un dolce amaro ***
Capitolo 15: *** #15 (In)corruttibile Marco ***
Capitolo 16: *** #Gioco di carte ***
Capitolo 17: *** #L'asse della giustizia ***
Capitolo 18: *** #18 Imboscata ***
Capitolo 19: *** #19 Cani assassini ***
Capitolo 20: *** #20 Fingere amicizia ***
Capitolo 21: *** #21 Freddo glaciale ***
Capitolo 22: *** #22 Ghiaccio sul ponte ***
Capitolo 23: *** #23 Gomito in alto ***
Capitolo 24: *** #24 Poker azzardato ***
Capitolo 25: *** #25 Scommessa persa ***
Capitolo 26: *** #26 Nudità improvvisa ***
Capitolo 27: *** #27 Incubi velenosi ***



Capitolo 1
*** #1 Erba assassina ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#1 Erba assassina


Era su quella nave da poco tempo, ma gli sembrava trascorsa già una mezza eternità. Ogni attimo passato su quell'imbarcazione, scappando dagli altri membri della ciurma, sembrava interminabile.

Quando non era intento a rubare da mangiare o urlare a qualcuno di lasciarlo in pace, cercava disperatamente un modo intelligente ed efficace per uccidere Barbabianca.

Non che avesse davvero qualcosa contro quella persona, a parte il fatto che gli aveva chiesto di diventare suo figlio.

Niente era più sbagliato che porre una domanda del genere a Portuguese D. Ace.

Ogni momento trascorso sulla Moby Dick era buono per saltare alla gola del capitano.

Peccato che a ogni tentativo coincidesse sempre una sconfitta; più o meno grave, dipendeva dalle volte. C'erano situazioni in cui ad Ace usciva solo un po' di sangue dal naso, altre invece, se non fosse stato per il potere del suo Rogia, probabilmente avrebbe perso qualche pezzo per strada.

Ma lui non pareva farci molto caso, e imperterrito portava avanti la sua missione.

Quel giorno approfittò della cucina deserta; era quasi ora di pranzo, ma nella stanza non si vedeva un'anima. Ace non stette a chiedersi nemmeno il perché di tanta tranquillità; gli era andata fin troppo bene, e sicuramente non si sarebbe fatto scappare quell'occasione.

In una delle sue tante esplorazioni dell'immensa nave, si era imbattuto nell'infermeria; entrandoci, aveva iniziato a curiosare tra gli scaffali contenenti una quantità davvero ragguardevole di medicinali.

Leggendo di fretta le tante etichette, la sua attenzione era stata catturata da un'erba: l'adonide. La scritta, in caratteri minuscoli e quasi illeggibili, riportava la parola mortale.

Quale chance più ghiotta, se non quella di un erba velenosa, per poter mettere al tappeto una volta per tutte quel vecchio balordo?

Ecco spiegato il motivo per cui era nella cucina, a quell'ora, e con quella boccetta in mano; rubata qualche ora prima.

Cercò l'otre da cui il vecchio beveva sempre, trovandolo vicino alla riserva del liquore. Controllò che dentro ci fosse il saké e vi versò tutto il liquido giallastro dell'erba assassina.

Tanto per essere sicuri” sogghignò tra sé e sé.

Aveva imparato, nel breve tempo che era stato lì, che il capitano adorava il saké, che beveva praticamente tutto il giorno.

Uscì silenziosamente dalla cucina, attento a non far nessun rumore e nascondendo l'arma del delitto.

Si avviò verso il ponte, dove decise di aspettare l'ora del pranzo, declinando ogni invito ad unirsi alla ciurma. Si sedette vicino alla balaustra, in attesa.

Aspettò e aspettò, impaziente, finché il pranzo non finì e il vecchio tornò sul ponte per adagiarsi sulla sua solita poltrona.

Ma come è possibile?!” saltò su Ace, incredulo nel vederlo in piedi e sghignazzante.

Barbabianca lo fissò con i suoi occhi piccoli, iniziando a ridere senza riuscire a contenersi.

Ragazzino, pensi davvero che un po' di veleno possa uccidermi? Guarararara!”

Ace rimase di sale.

Quell'uomo era indistruttibile. O era immune a quel veleno.

Imprecò senza curarsi di essere sentito.

Doveva pensare a qualcosa di più efficace.



ANGOLO DELLA DEMENZA

Buonasera a voi, miei prodi (?) arrivati fino a qui!
Inizio col dire che sì, questa raccolta che ho in mente non ha senso; e no, non mi aspetto nemmeno che qualcuno la legga.
Ma a me faceva ridere.
Oggi, riguardando per la milionesima volta le puntate in cui Ace era ancora vivo (sigh, sono una di quelle piagnone che non è riuscita e non riuscirà mai a superare la sua morte, ahimè!), mi sono imbattuta nell'episodio in cui cerca di ammazzare ad ogni occasione quel povero Barbabianca. Nel flashback, mentre vola in mare, si sente un membro della ciurma che dice che quella volta, era la centesima.
Da qui, nella mia testa si è accesa una lampadina; sperando che non si spenga e che non mi lasci col sedere per terra, magari a metà.
Una precisazione.
La pianta assassina, esiste sul serio! Non sarei capace di inventarmi su due piedi una cosa così complicata, data la mia scarsa conoscenza della botanica.

Adonide gialla


Tipica pianta delle regioni steppiche dell'Europa sud-orientale e dell'Asia occidentale. Alta 20-30cm la più conosciuta è l'adonide gialla che fiorisce in primavera. I grandi fiori hanno reso questa pianta popolare e coltivata per scopo ornamentale soprattutto nei giardini rocciosi.

Veniva utilizzata sotto forma di infuso per il trattamento di leggere debolezze cardiache.

L'adonide gialla e le altre specie perenni congeneri contengono, in tutta la pianta, glicosidi cardioattivi che esplicano un'azione simile a quella della digitale purpurea ma con un effetto più rapido, più debole e meno persistente.

Vomito e diarrea sanguinolenta; convulsioni; arresto cardiocircolatorio.

MORTALE

Fa abbastanza schifo, per non dire altre volgarità, ma mi era simpatica dall'immagine, nonostante fosse gialla. Io odio il giallo.
Detto ciò, chi volesse saperne di più su piante velenose, non chieda a me ma ad Ace, e chi avesse bisogno di un antidoto, chieda a Barbabianca, che tanto è immortale!
Ringrazio di cuore chi è arrivato fin qui!
Peace & Love!

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Capitolo 2
*** #2 Caffè bollente ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#2 Caffè bollente


Era una giornata apparentemente come le altre, calda e tranquilla; l'aria si muoveva appena. Ma se si prestava particolare attenzione rimanendo in silenzio, si poteva percepire chiaramente un muoversi convulso di rotelle cerebrali che giravano ininterrottamente.

Inutile dire che tutto quel lavoro proveniva da una testa calda, molto calda, che la maggior parte delle volte nemmeno ragionava troppo bene; era più solita agire d'impulso, e puntualmente non ne ricavava mai il massimo.

Quel giorno Ace era intento ad escogitare qualcosa che potesse anche solo inizialmente far agonizzare il capitano dai lunghi baffi bianchi, per poi concedergli una lunga, lenta e dolorosa morte. Bruciarlo vivo non sarebbe stato divertente, ed era anche fin troppo prevedibile da parte del ragazzo lentigginoso; aveva sì in mente qualcosa di bollente e ustionante, ma lui ne era la causa indiretta.

Pugno di Fuoco aveva aspettato che tutto fosse placido e silenzioso; cosa c'era di meglio dell'abbiocco pomeridiano?

Barbabianca era solito schiacciare un pisolino sul suo enorme trono, mentre tutta la ciurma si ritirava nella propria cabina, incapace di sopportare il caldo che la faceva da padrone sul ponte della nave.

Ace si era spinto fin vicino a lui quasi volando pur di non far rumore; era appena stato nelle cucine per poter prendere gentilmente in prestito la caffettiera gigante che i cuochi usavano per preparare il caffè a tutta la ciurma in contemporanea. Era stato abbastanza difficile persino per lui riuscire a portare quell'attrezzo da cucina sulle spalle, pieno di caffè bollente, che lui stesso si era premurato di scaldare ancora un po'.

Forse fin troppo, perché la simpatica moka iniziava a dare segni di cedimento e scioglimento del metallo; forse Ace aveva esagerato.

Era ad un soffio dal corpo titanico di Barbabianca, quando con un balzo atletico saltò fin sopra la sua testa, aprendo il coperchio della caffettiera e rovesciando quasi tutto il suo contenuto nell'impeto dell'azione. Lo richiuse velocemente, resosi conto che non aveva preso una mira decente per poter inondare il corpo muscoloso e martoriato del capitano; provò almeno cinque o sei volte prima di riuscire a capire quale fosse la posizione ideale da cui sganciare il liquido non bollente, di più. Non poteva permettersi di sprecarlo così, a caso.

Con un ultimo balzo dall'angolazione perfetta, era pronto per lanciare la bomba, quando una risata proruppe nell'aria in maniera quasi spaventosa.

Guarararararara, ragazzino, cosa credi di fare?”

Nemmeno il tempo di ragionare, che Ace si sentì preso con forza da entrambe le gambe, mentre la caffettiera gli veniva strappata dalle mani. In una frazione di secondo ci si ritrovò dentro a testa in giù, la stessa risata gutturale che accompagnava il tutto.

Guararararara, ragazzino cocciuto, devi escogitare di meglio se vuoi farmi fuori! Questi trucchetti da bambini non possono nulla contro di me!”

Con il coperchio chiuso sulla testa e trattenuto dalla mano del capitano, Ace ribollì di rabbia; non seppe nemmeno lui quanto tempo passò dentro a quella caffettiera.

Fortuna che almeno non pativa il caldo.



ANGOLO DELLA DEMENZA

Ok, lo so. È un'emerita cagata, lo ammetto a me stessa; ma non so perché questa immagine mi faceva ridere come una cretina. So che non è il massimo, ma mi sono accorta che inventare cento modi per far fuori quell'omone sono davvero tanti, e sicuramente mi ripeterò in mille modi, oltre che a fare capitoli insulsi e senza logica, non divertenti che non farebbero ridere nessuno. Per ora la mia ispirazione mi consente questo, perciò sono pronta ai pomodori, peperoni, frutta di vario genere.
Ringrazio comunque chi ha recensito lo scorso capitolo, chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha avuto il coraggio di leggere questa stronzata.
Grazie! :D
Peace & Love!

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Capitolo 3
*** #3 Lupara maligna ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#3 Lupara maligna


Quel pomeriggio sulla Moby Dick c'era qualcosa di strano; una tensione nell'aria e nelle persone che non prometteva davvero nulla di buono. Erano ormai parecchi giorni che Ace Pugno di Fuoco e la sua ciurma erano stati imbarcati sulla grande nave a forma di balena, e da quel momento si era cominciato a respirare qualcosa di diverso dal solito.

Non che la ciurma di Barbabianca avesse paura di quella manciata di pirati da quattro soldi, ma a bordo tutte le bocche e le parole erano sicuramente rivolte a loro.

Il mastodontico capitano dai lunghi baffi bianchi se la rideva di gusto ogni qualvolta fosse preso di mira da quel ragazzino con le lentiggini; lo divertiva la fantasia che aveva per cercare di metterlo fuori gioco. Per non parlare della tenacia.

Ace stava bighellonando per i corridoi interni della nave, senza una meta apparente, e con uno sguardo così carico di odio e risentimento, che sembrava poter oltrepassare le pareti di legno gonfio.

L'interno della Moby Dick era quasi deserto, fatta eccezione per quegli sporadici pirati che barcollavano fino alle loro cabine; ad ogni ora c'era sempre qualcuno di ubriaco lì dentro.

Pugno di Fuoco camminava ritmicamente, con passo cadenzato e le mani dietro la schiena, attento a non dare troppo nell'occhio. Si fermò in un punto preciso della nave, in una nicchia del muro che gli permetteva di nascondersi dai passanti; l'aveva studiato bene: sapeva che quel luogo era abbastanza vicino alla cabina di Barbabianca e che quest'ultimo era obbligato a passarci per potervi entrare.

Tutto calcolato nei dettagli.

Si appostò silenziosamente nel suo nascondiglio, dopo essersi accertato che non ci fosse più nessuno in vista; si accucciò e attese.

Attese a lungo, quasi fino a cena, prima che il capitano si trascinasse, ubriaco o molto vicino all'esserlo, nella sua stanza. La sua risata si trasportava rumorosa per i corridoi della nave, accompagnata da canzoncine stupide che l'uomo canticchiava per tenersi compagnia nel tragitto.

Ace si accovacciò, se possibile, ancora di più nel suo antro oscuro; sfilò la lupara rubata in armeria da dietro la schiena, dove l'aveva pizzicata per far si che non fosse notata se qualcuno lo avesse eventualmente visto. Prese il fucile tra le mani, mirò attentamente davanti a sé, aspettando che quel corpo gigantesco incrociasse la sua traiettoria.

Pochi secondi, e il rumore di uno sparo riempì l'aria.

Ace, premendo il grilletto quasi chiuse gli occhi; poté però chiaramente vedere il vecchio prendere il proiettile con la mano destra e sbriciolarlo con una facilità spiazzante.

Guararararararara, ti andrà meglio la prossima volta, ragazzino!” tuonò allegro il capitano, continuando a camminare tranquillamente.

Questa volta lo sguardo di Ace si sgranò; lanciò il fucile dalla parte opposta a lui, e imprecando tirò un pugno al muro.

Maledizione! Quel vecchiaccio era troppo abile anche da ubriaco!

La prossima volta si sarebbe nascosto meglio; e forse avrebbe anche migliorato la sua mira.


ANGOLO DELLA DEMENZA

Hola cari lettori! :3
Sono tornata abbastanza in fretta devo dire; su questo capitolo non ho molto di cui parlare, penso che sia un modo abbastanza banale per attentare alla vita di quel pover'uomo, ma si sa, Ace non sprizza di cotanta intelligenza.
Nemmeno io, se per questo.
Però è lui stesso ad ammettere che non è un ragazzo molto intelligente, quindi il mio non vale come un insulto! Non potrei mai essere cattiva con lui!
*sguardo oltremodo amorevole*
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, e che recensiranno; ringrazio anche coloro che hanno messo questa raccolta tra le seguite/preferite/ricordate. Penso che in un certo senso sia quasi completata perché, incredibile ma vero, tutti i cento modi per uccidere il vecchiaccio mi sono venuti in mente, nonostante molti siano simili ed altri davvero, davvero stupidi. (Io adoro Barbabianca, sia chiaro
).
Vedremo in seguito, se qualcuno sarà ancora così pazzo da seguire questa mia folle impresa!
Grazie a tutti, di nuovo, di cuore!

Peace & Love!


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Capitolo 4
*** #4 La spada di Squardo ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#4 La spada di Squardo


Nella notte il mare si era agitato e la nave era stata assalita da forti rumori di schiamazzi.

Ace si era svegliato di soprassalto, temendo che la nave potesse essere stata attaccata da un branco di pirati assassini.

Poi raccolse quei pochi neuroni per capire che era sulla nave di Barbabianca, e che lui stesso era un pirata. Un pirata un po' idiota, se gli veniva in mente una cosa del genere.

Comunque sia, non era più riuscito a prendere sonno, e naturalmente la sua narcolessia quando serviva, non arrivava mai; così il ragazzo lentigginoso optò per fare un giro di ronda silenzioso, per capire che cosa diavolo fosse successo.

Salì come un felino le scale che conducevano al ponte, scappando da occhi indiscreti e cercando di nascondersi ad ogni passo; non che servisse a molto. Era notte fonda, la luce delle lanterne era fioca e quasi spenta, e tutti i membri dell'equipaggio presenti sopra coperta, erano impegnati ad urlare e girare come delle trottole visibilmente sbronzi.

Ace si accucciò in un angolo, cercando di farsi piccolo piccolo, osservando la scena e cercando di capire chi potessero essere tutte quelle persone che non aveva mai visto. Tra tutti ce n'era uno particolarmente buffo: la testa era praticamente pelata, la fronte tatuata con un ragno di pessimo gusto e una cascata di capelli lunghi e viola.

Inquietante.

Da quello che il ragazzo moro poté sentire dalle conversazioni col vecchiaccio, capì che erano una ciurma di pirati alleati, che si trovava nelle vicinanze della loro nave e che aveva fatto una capatina giusto per fare festa.

E quale occasione migliore per attentare alla vita del vecchio capitano quando c'era una confusione tipica di una festa pirata?

Ace studiò attentamente ciò che aveva intorno; le persone, le armi e le loro disposizioni, quando il suo sguardo incrociò una lunga spada adagiata proprio vicino a quel tizio dai capelli viola.

Il piano gli balenò in testa, e senza nemmeno pensare a tutti i pro e i contro, si lanciò come un leone sulla preda, puntando a quell'arma.

La maggior parte degli uomini presenti, nemmeno si rese conto che una figura era sfrecciata loro di fianco ad una velocità impressionante; d'altronde erano quasi tutti totalmente ubriachi.

Con un gesto rapidissimo, Ace prese la spada poggiata contro il parapetto; con altrettanta maestria la estrasse dal fodero, tenendo l'elsa ben stretta.

Alzò le braccia in aria, avvicinandosi sempre di più a Barbabianca, le due mani a sostenere la pesante arma.

Ormai ce l'aveva quasi fatta, era vicino e nulla sarebbe andato storto; il vecchio poi era ubriaco fradicio, sarebbe stato ancora più semplice.

Quando fu a pochi centimetri dal suo volto, l'uomo alzò la sua mano sinistra, come per scacciare una mosca fastidiosa, colpendo Ace in pieno.

Questa nave è piena di insetti, non trovi anche tu, Squardo? Guararararararara!”

Inutile dire che Ace fu scaraventato in mare; qualche anima pia l'avrebbe poi recuperato.

Battuto e umiliato a morte, di nuovo; maledetto vecchiaccio.



ANGOLO DELLA DEMENZA

Salve a tutti, o coraggiosi arrivati fino a qui!
Dopo una settimana di vacanza, sono tornata, anche se avrei tanto voluto continuare a starmene al mare, nella mia ciambella in mare a bearmi del fresco.
Ma ovviamente le cose belle finiscono sempre troppo in fretta, mentre le cretinate come questa raccolta vanno avanti all'infinito!
Mi dispiace tanto per voi.
Non ho molto da dire effettivamente, se non che anche questo, a mio parere, non è molto bello e originale come modo per far fuori il vecchio. Però pensavo mi venisse fuori un'altra cosa a dire la verità, ma la mia ispirazione ha voluto ciò, e se ogni tanto non la assecondo va a finire che si vendica e se ne va per sempre.
Vi prometto (e spero di riuscire a mantenere la parola) che ci saranno modi più divertenti; uno credo che non sarebbe venuto in mente a nessuno, se non ad un'idiota come me! :D
Spero di riuscire ad aggiornare con più frequenza, da ora in poi, nonostante io debba anche studiare.
Dettagli, sono solo dettagli.
Ringrazio chi ha recensito e chi lo farà di buon cuore, anche per questo capitolo.
Chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
Le anime pie siete voi, non quelle che vanno a ripescare Ace dopo l'ennesima bravata fallita!
Vi ringrazio davvero di cuore, non sapete come mi rendiate felice regalandomi un pochino del vostro tempo; dico sul serio!
Alla prossima, e buone vacanze!


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Capitolo 5
*** #5 Pavimento bagnato ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#5 Pavimento bagnato


Quella mattina Ace era più furioso che mai. Erano giorni che non riusciva a trovare una buona occasione per potersi liberare del vecchio, e questa sua astinenza lo faceva andare letteralmente in bestia.

Odiava doversene stare con le mani in mano, non sapendo cosa combinare per poter arrivare dritto al suo obiettivo; senza contare che quell'adorabile ciurma di scriteriati gli aveva trovato un lavoro.

Non che gliel'avesse chiesto, non lo voleva nemmeno. All'inizio aveva rifiutato quell'impiego, troppo orgoglioso per farsi comandare una qualsiasi cosa, ma alla fine aveva ceduto per la noia, e pur di occupare il tempo si era impegnato nel lavare i pavimenti.

Già, perché non poteva aspirare ad un lavoro migliore; anzi, gli era ancora andata bene che non gli avessero fatto pulire i piatti, la cucina o peggio, i bagni.

Non osava nemmeno immaginare che cosa sarebbe potuto succedere se uno dei water si fosse intasato.

Solo l'idea lo faceva rabbrividire e no, non era assolutamente il caso di provarci.

Con lo spazzolone in una mano e il secchio nell'altra, era intento a salire le scale che portavano al piano sotto il ponte della nave.

Borbottava qualcosa su come non fosse possibile che ad un uomo come lui potesse succedere una cosa tanto umiliante. Come se non fosse stato lui a decidere di fare una cosa del genere.

Gli passarono accanto due personaggi molto ambigui che ridevano sguaiatamente.

Ehi moccioso, stai attento con quella roba, non vorrei mai volare per terra per colpa tua!” disse uno, sfottendolo allegramente.

Chiudi quella fogna, idiota!” ribatté Ace poco gentilmente, quando una lampadina gli si accese sulla testa. Gli sembrò persino che facesse quel rumorino simpatico.

Il ragazzo prese in braccio secchio e spazzolone, non curandosi minimamente di spargere acqua e sapone ovunque, e si fiondò sul ponte della nave.

Accertatosi che non ci fossero occhi indiscreti in giro -era diventato un professionista in quello- e riempito il secchio d'acqua, iniziò a spargerla ovunque sul pavimento. Armato di una saponetta, che profumava deliziosamente di lavanda, si mise in ginocchio e di buona lena cominciò a strofinarla sull'acqua appena gettata a terra, facendo in modo di creare una bella schiuma dall'aspetto molto scivoloso.

Tanto quel vecchiaccio è talmente alto che nemmeno si accorgerà di questa roba per terra!” ghignava tra sé, come se quello che aveva appena detto fosse stata la scoperta del secolo.

Sghignazzando e soffocando delle risate vere e proprie, continuò la sua opera finché la saponetta non si esaurì, e solo allora si appostò nell'angolo più vicino, attendendo.

Ormai era diventata quasi routine.

Non ci volle molto perché il vecchio capitano passasse di lì diretto alla cucina, col suo passo lento e decisamente pesante; si avvicinava pericolosamente al punto schiumoso. Pochi passi e inevitabilmente il piede finì all'aria, trascinandosi il mastodontico corpo dietro.

Ace stava già cantando vittoria, quando Barbabianca, con un atletico colpo di reni fece una capriola all'indietro, riuscendo ad atterrare in piedi.

Guarararararara, ragazzino, inventatene un'altra!”

Ace era rimasto basito.



ANGOLO DELLA DEMENZA

Salve salvino gente! Sono ritornata con un altro capitolo molto normale, mi spiace!
A me fa sempre e comunque ridere Barbabianca che vola per aria (sarebbe stato peggio su una buccia di banana, lì davvero sarebbe stato un cliché da cartone animato!), un uomo così grosso e così dignitoso poi!
Questo capitolo forse è il più breve per quanto riguarda l'azione dell'attentato alla sua vita, ma scrivere tutte flash è davvero complicato; spiegare in così poche parole una storiella del genere non è facile! Sarebbe stato ancora più complicato -e noioso soprattutto- però se si fosse trattato di una raccolta di one shot; non so nemmeno se sarei riuscita a scriverne così tante. Tutta questa pappardella per giustificare la raccolta delle flash. Ecco.
Comunque, ringrazio infinitamente chi ha letto, recensito ed inserito la storia nelle varie categorie!

Vi amo tanto, sappiatelo!

Ma amo un po' di più quelle anime pie che commentano ogni capitolo; non sarei nulla senza di voi, quindi grazie, perché mi motivate per poter andare avanti!

Ci vediamo presto, alla prossima!
Peace & Love!

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Capitolo 6
*** #6 Un buco nell'acqua ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#6 Un buco nell'acqua



Fu una notte tumultuosa, in preda ad una terribile tempesta che sarebbe stata ricordata nelle settimane a venire.

Ace, come tutto il resto della ciurma, era stato sballottato a destra e sinistra, aveva colpito ogni sporgenza ed angolo appuntito possibile, oltre che a bere litri di acqua salata; senza contare che aveva rischiato di volare in mare innumerevoli volte, e di affogare in dieci centimetri d'acqua, in quanto non riusciva più a tirarsi su dalla posizione in cui era caduto.

Insomma, una nottata decisamente da dimenticare.

Ma non tutto il male era venuto per nuocere, come si suol dire; e anche in quel casino abominevole, un'idea era passata come una saetta nella mente del ragazzo lentigginoso, illuminandola.

Una lampante occasione per poter togliersi definitivamente il vecchio dalle palle, tanto per non essere volgari.

Avrebbe agito in pieno giorno, -come se le altre volte non avesse fatto così- indisturbato e senza essere visto, come solo lui era capace di fare in una nave con più di trecento persone a bordo.

Come riuscisse a farlo, era ancora un mistero della fede.

Attraversò mezza Moby per poter arrivare al punto desiderato; sapeva che a quell'ora il vecchio era solito fare un pisolino rumoroso. Il suo russare poteva essere sentito per tutta la nave, ed Ace sospettava anche nelle isole nei pressi della stessa.

Arrivato davanti porta, che si chiedeva come potesse essere di dimensioni normali data la grandezza del capitano, la aprì piano, attento a non fare rumore.

Barbabianca dormiva beato a pancia in su, le braccia aperte che occupavano quasi tutta la larghezza della cabina.

Ace entrò in punta di piedi, tenendo uno strano arnese con una punta di vite simile ad un grosso cavatappi; l'aveva trovato vicino all'armeria, quando gironzolava senza meta e senza vergogna.

Fece pochi passi avvicinandosi al letto senza esserci tuttavia troppo vicino. Si fermò un attimo ad osservare l'uomo enorme che dormiva a pochi centimetri da lui, contemplandolo.

Era davvero un mastodonte; solo la sua testa era quasi grossa quanto tutto il corpo di Ace. Incuteva timore solamente a vederlo dormire, figurarsi trovarselo davanti in battaglia.

Ma non era tempo di quisquilie.

Il ragazzo lentigginoso mise dritto quell'arnese infernale, schiacciando leggermente per poter piantare la punta nel legno gonfio di salsedine. Premette fin quando non sentì un piccolo crack, segno che il pavimento aveva ceduto. Prese le due barre di ferro in cima alla grossa vite e iniziò a girare, creando mano a mano un buco sempre più profondo. Girò per parecchio, finché non sentì più resistenza, ma solo il rumore dell'acqua che sgorgava direttamente dal buchetto appena fatto.

Ghignando ritrasse l'oggetto e sgusciò fuori dalla cabina, ringraziando che si trovasse proprio sopra il livello del mare.

Aspettò che la stanza si allagasse completamente, annegando il maledetto vecchiaccio, riprendendo a gironzolare tranquillamente.

Per poco non ci restò secco quando lo vide seduto per la cena che rideva sguaiatamente, tracannando il suo saké.

Guararararara, l'acqua di mare mi fa un baffo!” la battuta del secolo.



ANGOLO DELLA DEMENZA

Buonsalve cari lettori! Sono tornata abbastanza presto, non come l'ultima volta; credo che se il tempo me lo permetterà, potrei anche aggiornare giornalmente, o a giorni alternati. In questo momento mi sento lanciata in questa mia folle impresa, che spero vivamente di riuscire a portare a termine. Magari si spera prima della fine dell'anno corrente. Ma non spariamola troppo grossa, perché non penso di essere costante quanto adesso; ora dopotutto sono in vacanza!
Passando al capitolo.
Io non ho idea se possa esistere davvero un oggetto che assomigli ad un cavatappi gigante; non so nemmeno come possa chiamarsi, per quello non gli ho dato un nome. Però mi è servito, e se mai non fosse reale, beh, in OP ci sono un sacco di cose strane, ed una in più non fa differenza! Se poi esistesse sul serio, -perdonatemi, ma di queste cose non capisco davvero nulla!- vi prego ditemi come si chiama!
Detto ciò, ringrazio sempre chi mi segue e commenta tutti i capitoli, siete davvero la forza che mi spinge ad andare avanti, pensando che forse questa raccolta possa davvero divertire qualcuno.

Ringrazio anche chi segue la storia, chi la legge soltanto, chi la ricorda e chi la preferisce.
Mi lamenterò sempre del fatto che coloro che la mettono tra una di queste categorie, possano anche spendere cinque minuti del loro tempo, come io spendo mezz'ora per pubblicare una cosa che a loro piace, a quanto pare.
Vi sarei grata se lasciaste un segno del vostro passaggio. Davvero.
Ci vediamo presto, si spera!
Peace & Love!

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Capitolo 7
*** #7 Intossicazione da fumo ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#7 Intossicazione da fumo


Erano appena approdati in un porticciolo tanto grazioso quanto puzzolente. D'accordo che si trattava di un'isola di pescatori, ma il tanfo insopportabile di pesce non era minimamente giustificato.

Tralasciando i pensieri che si insinuavano nella mente di Ace nel sentire quel deliziosi profumini intasargli il naso, l'intera ciurma si precipitò a terra; erano speranzosi di trovare cose che in una nave con a bordo solo uomini, non c'erano.

Il bel moretto aspettò che passasse la calca per poter scendere in tutta tranquillità; in fondo non aveva fretta, e anche se l'avessero dimenticato a terra, di sicuro non ne avrebbe fatto di certo un dramma.

Superato l'ultimo gradino, si avviò con passo deciso verso il centro del paese; il suo stomaco già cominciava a reclamare del cibo.

Passeggiava tra le bancarelle, fissando ogni sorta di oggetto, vestito o alimento che gli capitasse sotto agli occhi; si concesse anche qualche furtarello, giusto per non morire di fame. I soldi non li aveva, non aveva mai pagato un conto in vita sua, e sicuramente non lo avrebbe fatto adesso.

Mentre si sollazzava la vista con tutti quei colori, e le sue narici si beavano di quei profumi che le stuzzicavano (mica come il puzzo di pesce del porto!), di tanto in tanto lanciava uno sguardo furtivo in cerca di qualche membro dell'equipaggio di Barbabianca, chiedendosi perché l'avessero lasciato libero di gironzolare per l'isola.

D'un tratto, l'attenzione di Ace fu attirata da una bancarella piuttosto strana: vendeva solo ed esclusivamente sigari.

Lui non era mai stato un fumatore, e solo l'odore di quella roba gli dava la nausea; sì, più del pesce del porto. Ma la sua mente partorì un'idea tanto bizzarra quanto allettante.

Mi scusi, quanto costano questi sigari?” chiese gentilmente alla bella ragazza che stava al banco.

Per te, ad un prezzo speciale” rispose lei maliziosa.

Avere una bella faccia come quella di Portuguese D. Ace aveva i suoi vantaggi: si era portato via una cosa come tre chili di sigari, senza pagare nemmeno un centesimo.

Era bastato un bacetto innocuo, e l'affare era stato fatto; quella tecnica funzionava sempre.

Il ragazzo, armato di sigari, era risalito in fretta e furia sulla nave, attento a non dare troppo nell'occhio con quel grosso sacco.

Si era silenziosamente diretto verso la cabina del capitano, che a quanto pare era rimasto a bordo per schiacciare un pisolino.

Ghignando tra sé, Ace entrò furtivo nella camera, attento a non svegliarlo.

Prese a posizionare tutti i sigari ordinatamente, fino all'ultimo; successivamente diede loro fuoco contemporaneamente, mentre usciva sghignazzante dalla cabina.

Pochi minuti, e da sotto la porta iniziò ad uscire un fumo nero e fetente, segno che il suo piano stava andando a buon fine. Intossicazione assicurata.

Già si sfregava le mani.

Ma nemmeno il tempo di saltare di gioia che il vecchio uscì trionfante dalla cabina, tenendo non meno di cinque sigari in bocca. E sorridendo.

Guarararararararara sono buoni questi affari!”

E la cosa peggiore era che se li gustava per davvero.




ANGOLO DELLA DEMENZA

Hola, hola miei prodi e assidui frequentatori! (?)
Sembro quasi una casa chiusa, e non è proprio una bella cosa...
Comunque! Sono tornata con un capitolo che a me, detto sinceramente, piace un sacco. So che come autrice dovrei amare tutte le mie creazioni (ma vi assicuro che non è affatto così), che siano belle o brutte, stupide o profondamente intelligenti; ma mi sono divertita un mondo a scrivere questo capitolo, che non pensavo venisse fuori così. L'idea di base era diversa, ma questa mi soddisfa decisamente di più!
Ah, ispirazione, ogni tanto fai cose belle anche tu!
L'idea è partita da una puntata di Futurama, dove Bender trova un banchetto di sigari in un mercato biologico spaziale.
Questo vi fa capire quanto io sia nerd.
L'odore del sigaro è qualcosa di pestilenziale, e anche quando fumavo non lo potevo sopportare. Ora sono diventata brava e non fumo -quasi- più.
Detto ciò, ringrazio sempre chi ha la pazienza di seguirmi!
Ne approfitto per fare un po' di pubblicità positiva per me! *sguardo angelico*
Se avete tempo, e voglia, date un'occhiata
qui, e siate anche anime pie! D'altronde io sforno per voi queste scemenze! *altro sguardo angelico*
Alla prossima gente!
Peace & Love!

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Capitolo 8
*** #8 Una strana puzza ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#8 Una strana puzza


Era da parecchi minuti che sulla Moby Dick si sentiva una strana puzza; sembrava quasi carne bruciata. Ma non una carne comune; era un odore pungente e quasi nauseabondo, che a tratti sapeva di dolce.

In pratica, faceva abbastanza schifo.

Sulla nave tutti si stavano chiedendo la causa di codesta molestia.

Ma stanno facendo un barbecue?” si chiedeva qualcuno.

Ci sono le braciole!” ululava qualcun altro, annusando l'aria come un cane da tartufo.

Chi è che non si lava da puzzare così?” domandò Satch, tappandosi il naso.

Si aggirava per la nave insieme a Marco, e non riusciva a darsi pace per il tanfo che vi circolava sopra. Essendo poi un uomo d'alta classe, non tollerava di certo cose di questo genere.

Il biondo ananas si limitò a fare spallucce senza proferir parola, continuando a guardarsi intorno con aria interrogativa; per quanto lo si potesse evincere dalla sua espressione.

Ehi Satch...hai visto il ragazzino?” chiese dal nulla, interrompendo il cuoco dalle sue elucubrazioni e attirandone l'attenzione.

No, è da ieri sera che non si vede in giro” constatò.

Rimasero in silenzio, continuando a camminare senza una meta apparente, finché delle grida femminili non squarciarono l'aria.

Era una delle infermiere che si era recata nella stanza di Barbabianca per somministrargli le consuete medicine; si era ritrovata davanti agli occhi una scena orribile.

L'intera cabina stava andando a fuoco, e un fumo denso e nero usciva da sotto la porta.

Immediatamente quasi tutto l'equipaggio si era recato sul posto; chi per prestare soccorso e chi semplicemente per vedere che cosa fosse tutto quel trambusto.

Il chiacchiericcio si fece più intenso, mentre la ciurma pensava al da farsi. Tutti si chiedevano che cosa potesse mai essere accaduto; Marco, dall'alto della sua calma, diede l'unica risposta plausibile a quella situazione.

Il ragazzino.” pronunciò catatonico; in men che non si dica la preoccupazione generale scemò, tra borbottii di dissenso da parte di qualcuno e altri divertiti che intasavano l'aria. La folla si disperse in tempo prima di essere travolta da una sagoma lanciata letteralmente fuori dalla porta della cabina del capitano, ora aperta.

Capitombolò per qualche metro, per poi rimbalzare e finire dritta in mare. Un urlo continuo la accompagnava per il tragitto.

Guararararararararara!” si sentì, mentre il vecchio, con aria troneggiante, si fece vedere sull'uscio. Si stava spegnendo un braccio che sembrava essersi un po' bruciacchiato.

Ecco cos'era quella puzza insopportabile; carne umana alla brace.

Ragazzino, dare fuoco alle mie tende non è stata un'ottima idea!” e rise di nuovo sonoramente, facendo quasi tremare i vetri delle finestre.

Qualcuno lo vada a ripescare” ordinò infine, tornando nelle sue stanze e chiudendosi la porta alle spalle.

Satch rimase allibito da quel tentativo assai stupido per uccidere il capitano; Marco invece rideva sotto i baffi. Anche se i baffi lui non li aveva.





ANGOLO DELLA DEMENZA

Hola gente!
Scusate il ritardo abissale, ma alla fine ce l'ho fatta a tornare!
Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che non mi convince più di tanto. Era nato da un'altra idea in effetti, ma questa che mi è uscita (praticamente da sola, lo ammetto) mi sembrava un po' meno banale e idiota.
Non che questa non lo sia, ovvio.
Ho cambiato per una volta punto di vista, anche perché mi sembrava leggermente più divertente; Ace non può sempre e solo avere l'esclusiva su tutto! :D
Ho fatto anche sì che la ciurma non si preoccupasse per il proprio capitano, perché penso che sappiano, e si siano ormai abituati, ai tentativi inutili di Ace di attentare alla vita del povero vecchio.
Detto ciò, vi ringrazio sempre tutti di gran cuore, davvero!
Spero di avervi almeno fatto sorridere!
Un bacio e alla prossima!
Peace & Love!

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Capitolo 9
*** #9 Episodio 461 -spettacolo pirotecnico- ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#9 Episodio 461

-spettacolo pirotecnico-


Dopo la chiacchierata con Satch, che, puntualizziamolo, non era stato affatto piacevole, Ace si ritrovò a gironzolare per l'immensa nave a forma di balena per l'ennesima volta.

Camminò talmente tanto che la sera sopraggiunse pigra, sostituendosi alla fresca mattinata in cui Ace era uscito sul ponte della nave.

Era ancora di pessimo umore, e in più non sapeva dove diavolo fossero finiti i suoi compagni. Ma in quel momento poco gli importava; quello strambo personaggio dai capelli a banana gli aveva assicurato che erano stati risparmiati tutti quanti e portati a bordo della nave di Barbabianca.

Almeno stavano bene, e anche se Pugno di Fuoco non si fidava affatto di quelle persone, Satch non gli era sembrato un uomo che finge su quel genere di cose.

La luna era alta nel cielo, e per la nave non si vedeva anima viva.

Quale occasione migliore per tentare di uccidere il Capitano?

Ace si diresse sottocoperta, intento più che mai a raggiungere il suo scopo.

Quello con cui non aveva fatto i conti, però, era il labirinto di corridoi sotterranei che portavano alle cabine.

Inutile dire che gli ci vollero si e no altre due ore per riuscire a trovare quella del capitano. Maledetto senso dell'orientamento completamente mancante.

Riconoscerla non era stato affatto difficile: era chiusa da una porta talmente grande, da fare invidia alle più magnifiche cattedrali dell'intero pianeta.

Il ragazzo rimase immobile lì davanti per qualche secondo, per poi controllare che a destra e a sinistra -e anche dietro, che non si sa mai che cosa si può trovare- non ci fosse nessuno.

Appurato ciò, un ghigno malefico si fece strada tra le sue labbra.

Appoggiò cautamente la mano sulla maniglia e la tirò giù con quanta più delicatezza possibile, per evitare di fare rumore.

Entrò nella stanza buia, riempita solamente dal russare regolare del vecchio; aveva anche la bollicina al naso, segno che se la stava dormendo della grossa.

Lo fissò dal fondo del letto, per poi prendere completamente fuoco e scagliarsi velocemente contro di lui, il suo fedele pugnale affilato nella mano destra.

Aveva uno sguardo battagliero di chi sa perfettamente che cosa sta facendo.

Mai cosa fu più sbagliata.

Quando era pronto per colpire, l'arma sguainata, Barbabianca aprì gli occhi per quel poco che bastava per rendersi conto di tutto quello che gli stava accadendo intorno.

Fu un secondo.

Lo prese malamente per il polso in cui impugnava il coltellaccio, scaraventandolo fuori dalla cabina, facendolo passare per lo spesso muro di legno che lo divideva dal ponte.

Due marinai, con tanto di bottiglie di rum aperte, assistettero alla scena, lamentandosi del baccano provocato dal ragazzo a quella tarda ora di notte.

Ace si tenne il naso sanguinante, mentre il vecchiaccio aveva ripreso a dormire come se niente fosse successo, con solo un grosso buco nel muro della sua cabina.

Giammai sarebbe finita così. Giammai!





ANGOLO DELLA DEMENZA

Miei prodi cavalieri, eccomi tornata!
Ammetto che nei cento modi per far fuori il vecchiaccio (
pace all'anima sua ) ho inserito anche quelli che si vedono nell'anime. Mi sarei sentita in colpa e la mia ossessione di non intaccare la storia originale ha preso il sopravvento. Non ce la faccio a non seguire fedelmente quello che è già successo, e poi mi ha tolto d'impiccio due modi così, a random! E non è cosa da poco *sghignazza*
Due perché questo e il prossimo capitolo sono la descrizione di uno spezzone dell'episodio 461, da cui i capitoli prendono il titolo. È colpa di quel tizio che dice che “è già la centesima volta che ci prova!” e l'altro gli risponde “solo cento? Pensavo fossero di più!”, se è nata questa assurda raccolta. Quindi, abbiate pazienza ma questi due capitoli sono, come dire, reali e accaduti per davvero! Nel manga io non so come proceda la storia, purtroppo non lo possiedo *tristezza a palate*. Qualcosa l'ho inventato io, ma di per sé l'attentato è come l'ha decritto Oda. Ci ho pensato solo adesso che questo probabilmente era stato il primo con cui Ace ha agito, avendo parlato con Satch appena risvegliato sulla Moby; ma non mi piaceva iniziare tutto questo con qualcosa che non era propriamente di mia invenzione, sarebbe stato un po' bruttino. Però il colpo di per sé (se fosse slegato dalla prima parte che ho scritto), potrebbe essere messo in qualsiasi posto. Quindi, spero di non aver fatto gaffe di dimensioni titaniche.
Detto ciò, ringrazio sempre di cuore coloro che mi seguono, anche stando in silenzio.
Niente sarebbe possibile se non per voi!

Al prossima capitolo, che arriverà presto presto!
Peace & Love!

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Capitolo 10
*** #10 Episodio 461 -ascia gigante- ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#10 Episodio 461

-ascia gigante-


La Moby Dick era una nave piuttosto grande, e il senso dell'orientamento di Ace gli era inversamente proporzionale.

Era riuscito a perdersi almeno una dozzina di volte, e qualcosa gli diceva che quella non sarebbe stata affatto l'ultima.

Vagava come un'anima in pena, e fondamentalmente lo era; ancora non si dava pace del perché lo facessero gironzolare per la nave senza incatenarlo nella prigione.

Dopotutto aveva espressamente detto che avrebbe ucciso Barbabianca, e non comprendeva la ragione per cui nessuno ne era impaurito.

Forse però, un sospetto iniziava anche ad averlo.

Nel suo bighellonare, trovò un marinaio ubriaco spalmato a terra, con un'ascia gigante accanto a lui.

Certo che per essere ancora giorno, l'equipaggio ci dava dentro col rum come mai aveva visto in vita sua.

Colse però l'occasione ghiotta e rubò silenziosamente l'arma che gli era di fronte; era piuttosto pesante ed ingombrante a dire la verità, ma a lui non importava.

Sarebbe stato difficile nascondersi con quell'aggeggio in mano, ma a lui piacevano le sfide.

Sapeva che in quel momento Barbabianca e gran parte dell'equipaggio erano riuniti attorno al trono del Capitano.

Sarebbe stato piuttosto difficile assaltarlo, ma Ace avrebbe sfruttato l'effetto sorpresa.

Si nascose dietro ad un muro, osservando un attimo lo scenario: poco distanti da lui, sulla destra, c'erano Marco e Satch in piedi, a braccia incrociate il primo; guardavano il vecchio seduto di spalle sul suo immenso trono alla cui sinistra c'erano le solite due infermiere.

Bene. Non era così affollato come Ace aveva pensato, ed agire sarebbe stato di certo più facile. Prese coraggio con un respiro profondo e si lanciò alla volta dell'uomo baffuto.

Prese la rincorsa e con un colpo deciso e l'espressione guerriera, saltò fino ad arrivare all'altezza della testa dell'uomo. Brandiva l'ascia con maestria, portandola dietro il capo e scagliando il suo fendente micidiale.

O almeno cercando di farlo.

Udì chiaramente gli sghignazzi di Satch e un commento poco carino di Marco, le urla atterrite delle due infermiere indignate e la risata rumorosa del Capitano.

Guarararararara, che prontezza ragazzino!” ululò, girandosi con velocità nonostante i tubi che lo collegavano all'ossigeno. Parò il colpo con una sola mano, e usò il potere del suo Frutto del Diavolo per sbattere Ace lontano da lui. Il ragazzo, urlando, precipitò in mare con un tonfo sordo; l'ascia rimbalzò sulla balaustra ma rimase infilzata sul ponte della nave.

Tre uomini che erano lì accanto, commentarono sarcasticamente la sua caduta in mare, intimando che qualcuno lo andasse a prendere poiché non sapeva nuotare.

Guarararararara, che tenacia però!”

Quella volta fu Satch a fare il lavoro sporco. Ridendo senza ritegno lo andò a ripescare, provocando nel ragazzo lentigginoso un moto di rabbia tremenda, che non riuscì tuttavia a sfogare sul Comandante in quarta. Si beccò piuttosto un sonoro pugno in testa accompagnato da una risata che però faceva più male all'orgoglio che al corpo.





ANGOLO DELLA DEMENZA

Come promesso, in tempo record anche questo capitolo. E con questo, mi sono tolta tutti quelli presenti nell'anime. Un po' mi davano noia, lo ammetto, ma sono riuscita a sbarazzarmene in fretta e senza dolore.
Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che non mi convinca molto; ma il Sommo ha voluto che andasse così, e chi sono io per giudicare il suo lavoro?
A parte l'aver ucciso Ace. Ah, quella non gliela perdonerò proprio mai. MAI.
Miei fedelissimi, vi ringrazio sempre di cuore, davvero.

Alla prossima, si spera presto!

Peace & Love!

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Capitolo 11
*** #11 Destriero imbizzarrito ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#11 Destriero imbizzarrito


Ogni tanto la ciurma di Barbabianca era solita fermarsi in qualche isola per fare rifornimento, contemplando anche qualche gitarella. Serviva loro per spezzare quella lunga monotonia sulla Moby Dick, assai noiosa dopo mesi interi passati a navigare.

Ormai nemmeno più gli attacchi degni di essere definiti pirateschi, attizzavano un briciolo di emozione negli animi dell'equipaggio; serviva un po' d'allegria.

Quel giorno la sorte volle che sbarcassero in un'isola dal clima mite, piacevole e molto rilassante.

Appena approdati, tutti i membri, compreso il capitano, si precipitarono a terra emozionati e felici.

Finalmente posso sgranchirmi le gambe come si deve!” diceva qualcuno.

Oh che bello essere di nuovo a terra!” urlava qualcun altro, stiracchiandosi con poca grazia.

Che aria buona!” espirava ancora un altro, poco dopo aver inspirato una boccata di 'aria di terra'.

Anche Ace era sceso, nonostante preferisse comunque stare in mare aperto; non si sentiva abbastanza libero quando aveva i piedi ancorati alla terraferma. Ma lo strappo alla regola l'avrebbe fatto anche lui quella volta, seppur tenendo il broncio e rimanendo in disparte. Ma nessuno sembrava curarsene.

Il capitano prese le redini della situazione, oltre che nel vero senso della parola. Quel giorno sarebbero andati tutti a cavallo.

Ebbene, erano in pochi eletti a saperlo, ma il grande Barbabianca amava montare a cavallo; e di tanto in tanto si concedeva una scampagnata in mezzo ai boschi.

Faceva ridere, vedere un omone della sua stazza seduto su un cavallo coi piedi che quasi toccavano terra.

Guararararara, forza figlioli, al galoppo!” tuonò, esortando i membri della sua famiglia a salire presto in sella anche loro.

Ace osservava attento, già con qualcosa in mente. Lui non sarebbe andato a cavallo, no; teneva ai suoi gioielli di famiglia, e stare sopra ad un essere che poteva comprometterglieli da un momento all'altro, non faceva per lui.

Si appostò dietro ad un cespuglio basso, proprio dietro al grande destriero di Barbabianca. Ghignava, Ace, convinto che questa volta finalmente ce l'avrebbe fatta.

Tutti sapevano che i cavalli sono animali fifoni, ed era per questo che aveva tutte le intenzioni di spaventarne uno in particolare.

Attese il momento opportuno, quando il capitano era più distratto, e agì. Con una sottile fiammata andò ad incendiare il sedere del povero animale, che dopo un momento iniziò a saltare per aria come impazzito. L'uomo sulla sua schiena sembrava come in preda alle convulsioni, mentre il cavallo sgroppava a destra e sinistra.

Ace sghignazzava, pregustandosi già la vittoria. Ma la cantò troppo presto.

Barbabianca rideva come mai, stando incollato alla sella come se fosse la cosa più normale del mondo. Ci volle un po' prima che l'animale, esausto, si fermasse a riprendere fiato.

Guararararara ragazzino, grazie! Era da tanto che non mi divertivo così!” la sua voce echeggiò fino alle orecchie di uno sdegnato e stupito Ace.

Ma possibile che fosse capace anche a fare quel genere di cose?!

E intanto la coda del cavallo continuava ad andare a fuoco.





ANGOLO DELLA DEMENZA

Salve cari lettori! Sono tornata, con tremendo ritardo, ne sono consapevole. E vi chiedo immensamente scusa.
Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo veramente cretino.
Ma sono di parte, perché io vado a cavalla da praticamente tutta la vita, e pensare a Barbabianca che ci va...beh, mi ha fatto morire dalle risate, credetemi. Ho anche cercato un'immagine che testimoniasse questa mia fantasia, ma purtroppo non l'ho trovata. Non c'è ancora stato nessuno in grado di partorire un'idea così stupida; a parte me ovviamente.
Vi assicuro però, che vivere in prima persona quello che ha vissuto il vecchio, è qualcosa di bellissimo. Ovvio, dopo che sei stata buttata giù almeno dieci o dodici volte, e poi impari come si fa. Ma io stessa rido come un'idiota quando mi succede.
Detto ciò, ringrazio sempre con il mio piccolo cuore coloro che recensiscono sempre tutti i capitoli.
Chi ha messo la raccolta tra le seguite, ricordate e preferite.
E ovviamente coloro che ci sono ma non si vedono: i lettori silenziosi. So che ci siete, perché i numeri non mentono. *sguardo truce*
Ci vediamo presto, ho intenzione di aggiornare in maniera più regolare!
Peace & Love!

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Capitolo 12
*** #12 Assalto al porto ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#12 Assalto al porto


Giornata tranquilla, oggi; come le duecentotrentasette appena passate. Ace e le sue rotelle si possono sentire distintamente nel silenzio che aleggia sulla Moby Dick.

In effetti è abbastanza strano che la nave non sia piena di parole, grida e strani versi emessi dal suo equipaggio, ma essendo ancorati ad un porto di un'isola estiva, quasi tutti i pirati sono scesi per divertirsi sulla terraferma.

Ma non Ace, non questa volta.

Così si era ritrovato a vagare, guarda caso, per la nave deserta, di cui aveva scoperto tutti i segreti. O quasi.

Camminava a passo lento, con le mani incrociate dietro la schiena, proprio come un degno anziano; dopotutto non aveva nulla di che preoccuparsi, dato che non si vedeva in giro anima viva.

Devo agire in fretta se voglio concludere qualcosa...” pensava ad alta voce, tirando un calcio ad una grossa corda accanto a lui che gli intralciava il cammino.

Improvvisamente si bloccò sul posto, osservando con interesse quell'oggetto arrotolato, che pareva quasi un serpente che aveva mangiato un altro serpente.

Forse mi è venuta un'idea...” ghignò, continuando a fissare l'arnese usato per issare le vele.

Si diresse a passo svelto sul ponte della nave dove Barbabianca era solito stare seduto comodamente in poltrona, sperando di trovarlo lì anche in quel momento.

Tombola!” sussurrò tra sé, vedendo il vecchio che beveva beatamente il suo saké, attorniato da pochi membri dell'equipaggio che stavano in silenzio.

Ace prese un gran respiro, gonfiando al massimo i polmoni, per poi rigettare tutta l'aria ingerita in un urlo che per poco non fece prendere un infarto ai presenti.

I briganti assalgono la nave!!”

Le sue parole risuonarono come un tuono fino alle orecchie di chi era nel giro di almeno venti chilometri, facendo scattare in piedi persino il capitano.

Guarararara! Poveri illusi! Pensano di attaccare la mia nave?!”

Perfetto” sibilò Ace tra i denti, facendo molta attenzione a dove si dirigeva il grosso capitano dai lunghi baffi.

Quando capì che direzione voleva prendere, fu più lesto di lui e lo precedette in una manciata di secondi.

Prima che potesse raggiungere la balaustra e assicurarsi che non ci fosse nessuno, o peggio, saltarla direttamente, prese un'estremità della spessa corda e la tirò, in modo da far inciampare il vecchio; contro ogni aspettativa, quello ci finì contro, inciampando rovinosamente. Inutile dire che la sua caduta lo portò dritto in mare, dopo aver fatto un tuffo carpiato con doppio salto mortale.

Il ragazzo lentigginoso esultò, felice come non mai per essere riuscito ad affogare il capitano, invulnerabile a tutto ma non all'acqua.

Ma la sua euforia durò poco.

Guarararararara!” si sentì echeggiare quella risata profonda e troppo divertita, per i gusti del ragazzo, che si affacciò per vedere che cosa potesse essere andato storto. Di nuovo.

Grazie ragazzo, avevo proprio caldo!”

Ace buttò a mare anche la corda, vedendo il vecchio in piedi in cinque centimetri d'acqua che se la rideva della grossa.

Non poteva caderci di faccia?!





ANGOLO DELLA DEMENZA

Io mi faccio un po' schifo, in effetti. Vi chiedo immensamente scusa per questo ritardo a dir poco deplorevole; ho avuto una serie di problemi indecenti e l'università in questo periodo mi sta uccidendo. Vi prego di perdonarmi, e se non ci riuscite, provate pena per me e pregate per la mia anima in cerca di salvataggio.
Sono arrivata alla conclusione che non mi laureerò mai, e se ciò dovesse mai accadere, sarà alla soglia dei trentacinque anni, più o meno.
Detto ciò, spero di riuscire ad aggiornare giornalmente, in quanto mi sono riproposta di scrivere almeno un capitolo al giorno; non dovrebbe essere troppo difficile in fin dei conti. Spero di mantenere la parola data e che le anime pie che mi seguivano mesi fa, continuino a farlo. Spero che questo (stupido) capitolo possa essere piaciuto, me lo auguro con tutto il cuore, e spero come sempre di non avervi deluso.
Anche se la mia idiozia pare non avere mai fine, purtroppo. Oramai è un triste dato di fatto della mia vita. *piange sommessamente*
Ci vediamo presto! Spero domani, dunque.
Peace & Love!
P.s. Ovviamente questa raccolta non riuscirò mai a finirla entro la fine dell'anno, come mi ero immaginata. Le utopie, quali nemiche silenziose. *piange sommessamente di nuovo*

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Capitolo 13
*** #13 Maledizioni a caso ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#13 Maledizioni a caso

 

Che l’enorme ciurma di Barbabianca non fosse completamente sana di mente, lo sapevano in molti; ma che addirittura questo branco di energumeni credesse a fenomeni paranormali era ancora più incredibilmente stupido.

Quando l’omone che era considerato il capitano, aveva dato l’ordine di attraccare nell’isola in cui si trovavano in quel momento, si levarono grida di approvazione e di gioia.

A quanto Ace aveva appreso, quell’isola era una tappa abituale; non appena ne avevano l’occasione, vi sbarcavano senza alcun ripensamento, anche più volte durante l’anno.

Che cosa avesse di speciale, Ace non lo capì finché non sentì farneticare due membri su ciò che avevano intenzione di fare di lì a poco.

“Dai Gin, vieni anche tu alla casa dei fantasmi! Lo sai che ci si diverte sempre!”

“Mi hai convinto! Quelle presenze mi fanno sempre accapponare la pelle!”

-Intelligenti!- pensò Ace ironico. Come cavolo si poteva credere a certe baggianate?

Decise comunque che era il caso di sgranchirsi un po’ le gambe, non sapendo bene quando avrebbe di nuovo avuto l’opportunità di scendere sulla terraferma.

Raggiunse la via principale del paese guardandosi intorno con fare sospettoso; tutti i negozi riportavano insegne e nomi che evocavano fantasmi, zombie, vampiri, sangue e qualsiasi cosa che appartenesse più all’altro mondo che a questo.

Incuriosito, Ace si avvicinò ad una vetrina che esponeva delle strane sfere di cristallo di tutte le forme e colori, accanto ad un gigantesco cartello con la scritta SALDI.

“Io non credo a queste cose…ma tentar non nuoce…” disse a bassa voce e un po’ perplesso, cercando di convincersi che forse quello era davvero l’unico modo per poter far fuori il vecchio.

Lo accolse una donna col naso bitorzoluto, le mani nodose e la gobba nascosta sotto una maglia giallo canarino; non proprio quello che si definisce un bello spettacolo. Lo guardò con una luce sinistra negli occhi; inquietante.

“Siediti caro, so già cosa vuoi chiedermi, ed io ho la soluzione giusta per te!” stridette con una voce metallica.

Ace si sentì sollevato dal non dover raccontare nulla della sua vicenda, pensando che forse non tutte le dicerie su quell’ambiente fossero false.

“Adesso concentrati e visualizza il tuo obiettivo!”

Detto fatto, nulla di più semplice; la faccia enorme di Barbabianca lo accolse non appena chiuse gli occhi.

Sentì la tizia ripetere frasi senza senso alcuno, ma che assomigliavano tremendamente ad una maledizione.

Uscì poco dopo, felice e contento ma soprattutto convinto che la vecchia gli avesse tolto il gravoso compito di uccidere il capitano.

Corse sulla Moby in preda ad una cieca curiosità; voleva vedere come sarebbe stato dilaniato il corpo del vecchiaccio dopo quello sproloquio.

Ma trovò una brutta sorpresa.

“Guarararararara, ma guarda che bella!” tuonò il capitano, sotto lo sguardo incredulo di Ace. Non era possibile, non poteva essere vero, stava certamente sognando! Ma che diavolo aveva combinato quella vecchiaccia?!

Il capitano si guardava compiaciuto il mento, dove era cresciuta una folta barba bianca che si stava lisciando.

“Ora si che posso tenere fede al mio nome, guarararararara!”

 

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA

Miei prodi, sono riuscita a tornare anche qui, finalmente. Porto con me una brutta notizia: ho perso la mia preziosa tabella con tutti gli spunti per i capitoli di questa raccolta *tristità a palate*. Sono riuscita a recuperarli fino al 32 più o meno, ma prometto che mi impegnerò a ricordarmeli tutti. Mannaggia al mio hard disk che si è fritto *altra tristità a palate*

Scusate la mia assenza, ma è davvero un bruttissimo e incasinato periodo, che spero finisca presto.

Spero anche che questo capitolo sia piaciuto, personalmente io mi sono divertita un sacco a scriverlo e anche ad immaginarmelo!

Ringrazio tutti coloro che mi seguono e quelli che mi seguiranno ancora nonostante questa mia lunga assenza. Sappiate che mi fate un piacere immenso con tutti i vostri commenti!

Alla prossima!

Peace & Love!

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Capitolo 14
*** #14 Un dolce amaro ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#14 Un dolce amaro

 

La cucina della Moby Dick era grande all’incirca come una nave pirata normale: ci si poteva seriamente perdere lì dentro, tra scaffali ricolmi di roba da mangiare, fresca o inscatolata che fosse, bibite di ogni colore, e scorte di ogni genere. Un intero esercito sarebbe potuto sopravvivere per anni solamente con tutte le provviste che c’erano.

Ace si aggirava furtivo, in cerca di qualcosa da sgraffignare, come era solito fare dal primo momento in cui aveva messo piede su quella maledettissima nave pirata. Aveva sempre paura che il cibo offertogli fosse avvelenato o con qualche strana sostanza all’interno che potesse farlo stare male.

“Ma certo!” saltò su, avendo avuto un’illuminazione fulminante proprio in quel preciso momento.

Aveva già escogitato una cosa simile, ma si disse che tentare nuovamente con un colpo del genere non fosse poi così una pessima idea.

Aveva imparato che c’era anche un’altra cosa che il vecchiaccio adorava, oltre al saké; e quella cosa era la torta al cioccolato che mangiava a colazione, dopo pranzo, come spuntino a merenda e dopo cena. E qualche volta pure a mezzanotte, tanto per non farsi mancare niente.

Si diede da fare per scovare quel dolce, che aveva visto aver dimensioni davvero enormi; d’altronde, per un uomo della sua stazza corrispondeva sì e no a metà di una torta normale.

Dovette cercare bene, ma alla fine trovò il tanto agognato bocconcino nel gigantesco frigorifero mezzo nascosto da alcune ante aperte.

Si sfregò le mani, pregustandosi come sempre il momento in cui la vittoria sarebbe stata nelle sue mani.

Tirò fuori l’enorme pietanza, appoggiandola sul tavolo più vicino e facendo attenzione a non rovinare niente. Dopodiché prese quante più posate gli fosse possibile in un colpo solo, iniziando a scaldarle col potere del suo Frutto del Diavolo. In pochi minuti tutto quel metallo divenne liquido abbastanza da far sì che il ragazzo riuscisse a farlo filtrare tra gli strati di quel mostro al cioccolato.

Ghignando malignamente, lo rimise al proprio posto, sperando che nessuno notasse quanto potesse pesare; si ritirò dalla cucina, aspettando il mattino seguente. Questo non tardò ad arrivare, e vide un Ace piuttosto compiaciuto seduto al fondo del tavolo della sala da pranzo, con le braccia conserte che guardava attentamente il capitano, ghignando.

Il vecchio non se ne curò minimamente, ingurgitando un pezzo gigante di torta, ignaro di tutto. Ace intanto, se la rideva sotto i baffi.

“Carl, ma cosa ci hai messo nella torta stamattina?” chiese il capitano, toccandosi lo stomaco.

“Sembra decisamente più pesante del solito!”

E Ace rideva come un cretino, attirando su di sé l’attenzione di Barbabianca, che lo guardò di traverso.

“Ragazzo, se è stata opera tua…” disse, ruttando poi in maniera poco educata.

“Ti ringrazio davvero, perché è ancora più buona del solito! Guarararararara!”

Il ghigno scomparve dalla faccia del ragazzo lentigginoso, che non riusciva a capacitarsi di quanto quell’uomo che aveva di fronte, fosse forte. Non era possibile che anche il suo stomaco potesse essere così, capace di digerire persino il metallo!

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA
No, non sono morta. Ma dopo questa mia intollerabile e totalmente ingiustificata assenza, capisco se voi abbiate la voglia di uccidermi; e ne avete tutte le ragioni, credetemi.
Ma datemi retta, se volete un consiglio: NON iscrivetevi MAI all’università. È davvero un consiglio spassionato che vi dò, seriamente.
Detto ciò e terminati i miei deliri, vi chiedo scusa per la schifosità di questo capitolo, ma sinceramente non mi veniva davvero nulla in mente. Di meglio. La mia fantasia in questo periodo è proprio a terra, abbiate pazienza.
Potete lanciarmi pomodori (o qualsiasi altra cosa voi vogliate) addosso finché non sarete stanchi e/o soddisfatti.
Ovviamente Carl non penso che sia il vero nome del cuoco, e se fosse davvero comparso sulla scena un personaggio che si prodiga a far da mangiare questa mandria di bufali, non lo sapevo. Se sapete come si chiama, provvederò a cambiare nome subito. Carl, tra l’altro è poco credibile, ma è il primo nome simpatico che mi sia venuto in mente.
Per quanto riguarda la torta, beh, penso che anche il nostro caro e amato (<3) Barbabianca possa avere dei vizi; si sa, diventando anziani si ritorna un po’ bambini, e i bimbi amano i dolci. Ecco perché ho scelto ciò.
Sperando che non mi abbiate abbandonata (io vi voglio bene, lo sapete vero?), vi ringrazio tutti, in particolar modo chi non perde mai occasione di sostenermi con le sue recensioni, che tanto mi fanno piacere.
Un bacio immenso e alla prossima! 

 

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Capitolo 15
*** #15 (In)corruttibile Marco ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#15 (In)corruttibile Marco

 

Che Marco fosse l’uomo più serio in quella ciurma di pazzi, era chiaro. Che fosse il più difficile da adescare, anche. Il più amichevole? Beh, cercava di esserlo con Ace.

Ace se ne stava a poppa guardando il mare, da un paio d’anni a questa parte il suo più grande nemico; sempre se si toglieva il vecchiaccio dall’elenco. Non sapeva che cosa fare su quella stramaledetta nave, e ogni minuto che passava si annoiava a morte.

Destino volle che da lì passò Marco, il comandante della prima flotta. O almeno Ace aveva capito così.

Il ragazzo lo fissò per un momento, obbligandosi a non posare il suo sguardo sugli addominali scolpiti; non voleva passare di certo messaggi sbagliati, che alla fine poi non lo erano.

Il biondo si accorse di essere osservato e si voltò verso la fonte che gli provocava quel pizzicore alla nuca, trovandovi Ace. Gli accennò un sorriso, che gli fece chiudere ancora di più gli occhi già sottili.

“Ehi ragazzino!” disse, alzando la mano in segno di saluto.

Per tutta risposta Ace gli fece gentilmente vedere il dito medio, girandosi con sdegno dalla parte opposta.

“Gentile da parte tua!” lo canzonò Marco, ridacchiando e avvicinandosi un po’.

“Io non sono gentile” aveva ribattuto il ragazzo lentigginoso, con fare arrogante.

“Lo vedo!”

Ace tirò un lungo respiro, sforzandosi di mantenere la calma.

“Non si può essere gentili con un branco di pazzi come il vostro!” si lamentò, tornando a guardarlo in faccia. Il biondo aveva sempre la sua solita espressione annoiata; Ace si stava chiedendo se i suoi muscoli facciali sapessero come lavorare.

“Non siamo un branco di pazzi, solo una famiglia molto numerosa” ridacchiò Marco, sedendosi sul parapetto poco lontano dal moro.

“Beh, credo che forse tu sia l’unico con un briciolo di cervello…” azzardò Ace, sperando di mettere a segno il suo colpo.

“Io non credo”

“Sì, invece!” esclamò il moro forse con un tono di voce un po’ troppo alto.

“Insomma, guardati! Sei sempre serio e composto, niente ti scalfisce e hai sempre tutto sotto controllo…sei la calma fatta a persona e…” continuò a sputare complimenti su complimenti, complice la vicinanza di quel biondo con la testa d’ananas. Gli faceva davvero un brutto effetto. Nemmeno Ace sapeva esattamente da dove gli uscissero quelle parole.

“…a parte la pettinatura ambigua, sia chiaro!” concluse, non abbandonando mai quel tono rabbioso e non smettendo neanche per un secondo di gesticolare.

Marco lo guardò per un lungo istante, prima di sogghignare apertamente. Aveva capito fin troppo bene dove volesse andare a parare.

“Ragazzino, non è che stai subdolamente cercando di corrompermi per ottenere qualcosa?”.

Ace avvampò. L’aveva smascherato senza nemmeno troppa fatica. Non rispose.

“Ci ho preso a quanto pare” e, con quelle parole, Marco si alzò e sparì dietro l’angolo.

“Maledizione!” tuonò Ace, calciando il nulla.

 Il suo malefico piano di portare Marco dalla sua parte non aveva funzionato. Adesso che ci pensava meglio, si disse che era stato anche un piano piuttosto stupido. Sì, decisamente stupido.

 

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Capitolo 16
*** #Gioco di carte ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#16 Gioco di carte

 

Ci aveva provato con Marco, ma la cosa non era andata affatto a buon fine. Così Ace non si era dato per vinto, e aveva progettato di traviare qualcun altro; qualcuno con lo spirito, forse, meno forte di quello del Primo Comandante. Ed era così che si era ritrovato a giocare a carte nel pieno della notte, sul ponte buio, fatta eccezione per alcune candele che lui stesso si era preso la briga di accendere. Al freddo per colpa di quel caspita di vento che si era alzato da mezz’ora buona. Con Satch.

“Tocca a te fiammifero!” esordì quello, visibilmente brillo.

Quella volta Ace aveva fatto in modo che le difese del suo avversario fossero nettamente più basse della volta precedente. E cosa, meglio del buon vecchio alcol, poteva rendere un uomo più vulnerabile? E, soprattutto, manipolabile?

“Tiè” disse con un velato disprezzo, lanciando la carta sul tavolo con sdegno. Sapeva che non era importante che vincesse, anzi, più l’avrebbe tirata per le lunghe e più possibilità avrebbe avuto di uscirne vittorioso, ma era davvero sfortunato.

Satch proruppe in una grossa risata.

“Oh ho carissimo, mi sa che hai perso!” era tutto gongolante e rosso, e si lanciò in una specie di balletto improvvisato.

Ace colse il momento. Si alzò di fretta, con la scusa di andare a sorreggere il barcollante cuoco, e lo diresse verso la cabina del capitano.

Satch non si oppose e si lasciò trascinare, sentendosi dire parole all’orecchio che però non riusciva a comprendere troppo bene.

“Il capitano…coltello…dorme…notte…” quelle le aveva sentite distintamente, ma non capiva quale senso logico avessero. Non riusciva minimamente a collegarle tra di loro.

E intanto Ace continuava con la sua tiritera, sorridendo perché convinto di avercela fatta, questa volta.

“Eccoci” disse tutto felice, una volta che furono arrivati davanti alla camera di Barbabianca.

“Dove?” chiese il cuoco, guardandosi freneticamente intorno, non riuscendo a mettere bene a fuoco cosa lo circondasse.

“Adesso vai e fai quello che ti ho detto!” lo incitò il moro, spingendolo verso la porta. E fu in quell’attimo che Satch rinsavì, sgranando gli occhi e mettendo tutti i tasselli al loro posto.

“Tu…il capitano…il coltello…” ragionò, per poi scoppiare a ridere fragorosamente.

“Non ci pensare nemmeno!” rise ancora, allontanandosi quasi zoppicando a causa dell’alcol che gli girava in corpo.

“Non ci posso credere, stava cercando di…di…insomma, io uccidere il babbo!” quelle parole accompagnarono il Quarto Comandante finché non si dileguò per il corridoio, lasciando Ace da solo con la sua rabbia per il misero piano appena fallito.

Decisamente, quella ciurma era davvero difficile da corrompere.

L’aria si beccò l’ennesimo calcio frustrato di Ace.

 

 

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA

*Si sentono cespugli rotolare*
Salve bella gente! Ebbene, il mio spazio autore è tornato, almeno per ora. L’altra volta ero stata troppo pigra per aggiungerlo, e ammetto che avevo paura che il capitolo fosse fuori tema e completamente stupido. Beh, non che questo sia da meno, per carità sia mai! Non posso proprio smentirmi su queste cose!
Coooooomunque. Ricomincio la mia tiritera con la solita polemica. Ma prima ringrazio sentitamente tutti quelli che lasciano un segno del loro passaggio quando leggono un mio capitolo.
So che la mia raccolta è qualcosa senza pretese, ma serve (almeno quello era lo scopo principale) per far ridere, o per lo meno strappare un sorriso a chiunque la legga. Non ha implicazioni e complesse trame, anche perché temo che non ne sarei in grado e comunque non era affatto mia intenzione. È per lo più qualcosa di estremamente stupido che solo io potevo tirare fuori.
Ora, non mi aspetto tutta questa affluenza, per carità, io scrivo perché mi piace e perché le mie idee nella mia testa non ci vogliono stare. Ma quando vedo che la storia è preferita da cinque persone, ricordata da due e seguita da diciassette, quando nemmeno un terzo di questi lascia una misera recensione, beh, allora qui forse un po’ la rabbia mi viene. Se l’avete inserita in una di quelle parti, vuol dire che comunque un’occhiata ce la date, e i capitoli non sono mai letti da meno di cento persone. Con questo non voglio esaltare me o la mia storia, ed essere poco modesta, assolutamente; ma i numeri sono quelli e non mentono (a meno che qualcuno non si diverta ad aprire e chiudere la pagina del capitolo innumerevoli volte) e allora perché non potete anche spendere semplicemente due parole? Io lo scrivo anche per voi, e sarebbe carino e simpatico che mi diceste che cosa ne pensate. Anche perché altrimenti la mia storia non sarebbe finita tra quelle che leggete. So che i capitoli sono tanti, ma sono ancora all’inizio, ho un ritmo (purtroppo) molto lento nell’aggiornare e la storia non è per nulla impegnativa.
Detto ciò, vi lascio sperando che anche questo capitolo vi sia piaciuto, e grazie anche per essere giunti fino a qui!
A presto! :*

P.s. vi voglio bene comunque! <3

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Capitolo 17
*** #L'asse della giustizia ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#17 L’asse della giustizia

 

Quella notte sulla Moby Dick si respirava un’aria piuttosto strana.  La sera prima si era tenuta, come una sera sì e l’altra pure, una grande festa in onore di qualcosa inventato di sana pianta e usato clamorosamente come scusa.

I fumi dell’alcool vagavano ancora in giro per la nave, entrando con prepotenza nelle narici di Ace, dandogli fastidio.

C’era talmente tanta gente ancora sbronza che ciondolava qua e là, che nemmeno facevano caso alla sua persona. Così Ace poteva andarsene in giro per la nave totalmente indisturbato, senza dare particolarmente nell’occhio.

Stava vagando sul ponte principale, quando la sua attenzione fu attirata da una folla molto rumorosa. Istintivamente si nascose dietro all’angolo più vicino, facendo sbucare la testa, attento a non farsi cogliere in flagrante. Cosa piuttosto inutile, dato che capì presto che nessuno di quegli uomini avrebbe potuto prestargli attenzione: dire che erano ubriachi marci era riduttivo.

Vide troneggiare tra loro la figura del capitano, senza i suoi soliti tubi per l’ossigeno. Delle infermiere nemmeno l’ombra; probabilmente avevano desistito nella loro impresa. Quello in compenso, se la rideva fragorosamente, come se non avesse avuto un singolo problema al mondo, facendo tremare quasi tutta quanta la nave. Doveva avere delle corde vocali davvero notevoli, per raggiungere quell’effetto; probabilmente il potere del suo frutto del diavolo intaccava anche quelle.

“Bene” pensò subito il ragazzo lentigginoso “Questo è sicuramente un punto a mio favore”.

Scrutò per un po’ il capannello di pirati, scoprendo che stavano facendo un gioco abbastanza stupido: consisteva nel vedere chi riuscisse ad arrivare più lontano, senza cadere, camminando sull’asse che sporgeva dal parapetto.

Sì, quell’asse che serviva per giustiziare i prigionieri della ciurma, o chiunque non gli fosse andato particolarmente a genio. Stranamente però, non lo aveva mai visto in uso, anche se appena arrivato a bordo della gigantesca nave, aveva temuto che lo usassero per lui; ci sarebbe davvero voluto poco, dato che non era più in grado di nuotare.

In quel momento, un uomo abbastanza grasso era appena volato giù dall’asse che traballava pericolosamente, e fu ripescato repentinamente da un altro coraggioso membro dell’equipaggio.

Ed Ace fu colto da un’ispirazione illuminante.

Attese che Barbabianca fosse abbastanza vicino all’asse da essere a portata di tiro, e scattò in avanti non appena scorse un momento particolarmente ideale. Fu quasi invisibile agli occhi degli altri, ma non per un paio che aveva dolorosamente imparato a riconoscere. Fu questione di pochi secondi. Con le mani protese in avanti, nel chiaro intento di spingere il capitano giù nel mare scuro, non si accorse che quello aveva già intuito le sue intenzioni.

Con una mossa repentina si scostò all’ultimo momento, facendo barcollare Ace, che inciampò nello scalino che ancorava l’asse al ponte; subito dopo incespicò sullo stesso, cercando di mantenersi in equilibrio, ma fu tutto inutile.

Si senti un sonoro spalsh, seguito da uno scroscio di risate, sulle quali sovrastava quella del vecchio.

“Gurararararararara! Qualcuno lo vada a ripescare!”

Un bagno notturno non era esattamente quello che aveva architettato Ace.

 

 

 

 ANGOLO DELLA DEMENZA
Eccomi, mie prodi tortini di frutta! (?)
Ormai il vostro nome è segnato, mi dispiace tanto.
Questa volta sono arrivata un po’ prima rispetto al solito, e ne sono felice *rotola*; spero che anche voi possiate sollazzarvi di questa mia assenza meno pressante *rotola di nuovo*
Non ho molto da dire su questo capitolo, a parte che ho scelto l’immagine dell’asse perché, effettivamente, su ogni nave pirata che si rispetti (o almeno, nei film è sempre così!) lo si vede sempre. So che probabilmente la ciurma del vecchio non lo possiede (ma poi, perché non dovrebbe?), non si è mai visto da nessuna parte; o, meglio, io non l’ho mai visto da nessuna parte. Ma mi piaceva l’idea che lo si potesse trovare anche qui. D’altronde, la Moby Dick è pur sempre una gran nave pirata degna di rispetto, no?
Oggi vi lascio andare via, liberi come pennuti, di svolazzare verso altri lidi meno cretini di questo.
Non starò qui a sbrodolarmi per racimolare recensioni, tanto si sa che chi non vuole sentire è peggio dei sordi, no? Quindi mi limito a dire, peggio per voi! *rotola* *sì, mi piace tanto rotolare*
Spero di avervi strappato un sorriso, almeno.
Alla prossima! E grazie, come sempre, a tutti i miei fedeli tortini che mi seguono sempre! Tanto ammmmmmore!
A presto!

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Capitolo 18
*** #18 Imboscata ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#18 Imboscata

 

Niente di meglio da fare per Ace, se non una delle sue solite passeggiate notturne in preda all’insonnia; la narcolessia poteva talora essere molto fastidiosa, facendoti dormire per tutto il giorno e non la notte. Davvero molto fastidiosa.

Ace camminava lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, anche se sulla nave non scorgeva nemmeno la vedetta notturna.

Poi, improvvisamente, come una manna dal cielo, un’idea di straordinaria bellezza gli balenò in mente; e chi era lui se non un povero pio ragazzo per cacciarla via? D’altronde, non aveva niente di meglio da fare, e tutto quello non poteva che renderlo più vicino al suo obiettivo prefissato ancor prima di mettere piede su quella stupida nave a forma di balena.

Decise di agire con cautela, questa volta, insediando il seme del terrore ma non essendone la causa diretta; si fermò un istante e si calò nella parte in maniera impeccabile.

Scese giù nei dormitori dei marinai, attento a non far chiasso, ed entrò in una stanza a caso. Si avvicinò piano alla prima branda che trovò, svegliando il suo proprietario.

“Non urlare e ascoltami” disse perentorio, quando quel pover uomo spalancò gli occhi e fece per urlare.

Il buio aiutò sicuramente il ragazzo lentigginoso, che non fu riconosciuto da nessuno.

Poco dopo una buona parte della ciurma, eccetto i Comandanti che Ace si era guardato bene dallo svegliare, erano appostati nei cespugli vicino al porto dov’era attraccata la nave quella notte. Erano giunti lì perché una voce di corridoio gli aveva avvertiti che qualcuno si era intrufolato sulla nave per rubare i loro tesori; dovevano solamente aspettare che si palesasse quando stava per fuggire con la refurtiva e assalirlo, per non lasciargli alcuna via di fuga. Naturalmente era stato Ace a spargere quella falsa voce, perché il suo piano era completamente diverso.

La sua pensata gloriosa e geniale, doveva prevedere che il vecchiaccio si svegliasse per mano sua, scendesse dalla nave e quindi venisse assalito dai suoi stessi uomini che avevano, del tutto ignari, teso un’imboscata in piena regola.

Ma quando Ace si era recato nella cabina del capitano e aveva urlato a pieni polmoni che dei banditi si erano appostati sotto il ponte principale per attaccare la nave, l’effetto che aveva sperato non si compì.

Barbabianca, infatti, balzò dal letto non per la preoccupazione che potevano suscitargli quelle parole, ma perché privato del suo sonno.

Con un gesto brusco prese Ace per un piede -chissà perché lo aveva riconosciuto all’istante-, e lo scaraventò giù dalla nave, proprio dove avrebbe dovuto esserci lui.

Inutile dire che gli uomini della Moby, convinti di ciò che Ace aveva detto loro poco prima, si gettarono tutti insieme sulla povera vittima, picchiandolo come se non ci fosse un domani.

Troppo tardi capirono che quello non era altro che uno dei soliti stupidi piani di quel ragazzino; così lo lasciarono tumefatto dove si trovava, mentre si disperava per la sua stupidità.

Un altro piano era fallito miseramente, e si era persino fatto più male del solito.

 

 

 

 

ANGOLO DELLA DEMENZA
La mia stupidità è tornata a fare compagnia a quella di Ace! Mi chiedo quando imparerà a farsi furbo, o a citarmi in giudizio per calunnia…ma fino ad allora, io mi divertirò, ridendo alle sue spalle per tutte queste disgrazie.
Coooooomunque.
Salve miei adorati lettori di frutta (?), sono tornata, ovviamente, in ritardo. Ma non linciatemi, questa volta ho deciso che devo iniziare a studiare almeno un poco prima della prossima sessione d’esame; voglio uscirne non vincitrice, ci mancherebbe, ma quanto meno con decenza, anche se sconfitta. Lo sappiamo tutti che non passerò mezzo esame della sessione estiva. Dovrebbero abolirla con il caldo che arriverà, dove le persone normali vogliono solo starsene a larvare in spiaggia. Indi per cui, se non mi vedete più tanto in giro (sai che novità per una ritardataria cronica! *shhhhh*) è perché sto studiando; o sto facendo finta di farlo. Più la seconda, in effetti.
Detto ciò e chiarito che fingo di studiare solo per non sentirmi troppo in colpa, spero di avervi strappato un sorriso anche questa volta. Il capitolo è un po’ contorto, ma l’idea di per sé mi piaceva, anche se un po’ improbabile, perché l’equipaggio del vecchio molto probabilmente si sarebbe precipitato direttamente nella sua cabina per controllare che stesse bene. Ma concedetemi questa licenza poetica.
Detto ancora questo, ringrazio i miei fedelissimi, che non mancano mai di lasciare un commento e un segno del loro passaggio. Tanto ammmmmore per voi.
Per gli altri, questa volta non vi ringrazio, così imparate a palesarvi una volta tanto!
Tanto ammmmore e alla prossima!
*rotola via*

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Capitolo 19
*** #19 Cani assassini ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#19 Cani assassini

 

Abbaiare, un continuo abbaiare. Si sentivano solo quei fastidiosi latrati ormai da giorni, da quando erano giunti su quell’isola.

Ace non aveva perso occasione per esplorarla, scoprendo che gli abitanti avevano un amore particolare per i cani da caccia; ce n’erano in ogni dove, probabilmente cinque cani per cittadino, e l’isola risultava quasi sovraffollata.

I pirati di Barbabianca non avevano mostrato un grande interesse per quegli animali, dato che con gli estranei erano decisamente aggressivi: ringhiavano, mostravano i denti ed erano pronti a balzare alla gola di chiunque osasse invadere il loro spazio vitale. Più o meno cento metri.

Fu in quel momento che ad Ace venne un’idea geniale. Andò in cucina, attento a non farsi scoprire, prese più carne di quanta riuscisse a mangiarne lui abitualmente –quindi davvero un’enorme quantità-. Sgattaiolò fuori dalla Moby Dick furtivo, e, quando fu al riparo da occhi indiscreti, iniziò a fare a pezzettini quella montagna di cibo. Di tanto in tanto ne abbrustoliva piccole quantità e le ingurgitava senza ritegno; il faticoso lavoro si protrasse fino a notte fonda.

“Perfetto, il momento giusto per agire” disse fra sé e sé il ragazzo, sfregandosi le mani mentre il suo stomaco reclamava cibo; inspiegabilmente riuscì a resistere, perché un attentato al vecchio era sicuramente più soddisfacente di tutta la carne del mondo.

Uscì dal suo nascondiglio aguzzando la vista nella notte, pronto ad agganciare il suo obiettivo. Camminò per pochi minuti, prima di incontrare una casa che, nel giardino, aveva sì e no una ventina di cani rabbiosi. Non appena sentirono i passi lievi di Ace, iniziarono ad abbaiare senza ritegno, ma il ragazzo aveva un asso nella manica: tirò un pezzo di carne abbastanza vicino al limitare del giardino per poter attirare tutte quelle bestie poco simpatiche.

Il piano funzionò alla grande, perché i cani iniziarono a seguire la scia di carne che Ace si lasciava dietro; arrivò fino alla Moby Dick, facendo sempre attenzione affinché nessuno lo vedesse. Quasi volò fino alla cabina del capitano, aprendo poi piano la porta e assicurandosi che stesse dormendo.

Respiri pesanti e un russare regolare gli fecero capire che il momento era propizio; si assicurò che i cani lo stessero seguendo e, una volta che furono abbastanza vicini alla cabina di Barbabianca, gettò dentro ciò che rimaneva della carne.

Era questione di tempo prima che si accorgessero che ci fosse qualcuno con loro, e avrebbero attaccato senza pensarci due volte.

Ace già pregustava il sapore della vittoria.

I venti cani si lanciarono dentro la stanza, come previsto, e in men che non si dica nella notte si levarono ringhi paurosi e rumori che indicavano le unghie che sfregavano contro il legno.

Poi, più niente.

Ace stette in ascolto attentamente, ma prima che potesse anche solo pensare qualsiasi cosa, la porta della cabina del capitano si spalancò, e al ragazzo giunse alle orecchie il suono di una risata profonda.

“Gurararararararara, ma che teneri cagnolini!” tuonò il vecchio, mentre accarezzava una per una, le teste di tutti quegli animali.

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Capitolo 20
*** #20 Fingere amicizia ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#20 Fingere amicizia



Ace era intento a pensare, seduto in mezzo al ponte di prua, con una mano che gli reggeva la testa che pareva troppo pesante per stare su da sola.

Osservava ormai da tanto tempo quella ciurma sconclusionata, e aveva capito che tutti, nessuno escluso, erano grandi amici tra di loro. Non riusciva a capirne il motivo, comunque; persone tanto diverse che andavano d'amore e d'accordo praticamente sempre, fatta eccezione per quelle rare volte in cui si scatenava una rissa senza apparente motivo.

E se...” disse piano, quasi come se volesse parlare al vento.

Improvvisamente la sua espressione fu illuminata da quella che pareva un'idea a dir poco fenomenale.

Si alzò di scatto, più soddisfatto che mai, e si incamminò di gran carriera verso una meta non tanto ben precisata quanto avrebbe voluto.

Si ritrovò a girovagare per la nave con un sorriso da perfetto idiota stampato sulla faccia. Ma quello che lo faceva sembrare ancora più stupido era il suo comportamento.

Buongiorno! Come stai?”

Bella giornata oggi!”

È proprio l'ora giusta per farsi un bel bagno!”

Ma voi non avete fame? Io mi farei volentieri uno spuntino!”

E via discorrendo.

Fermava chiunque sulla sua strada per importunarlo con frasi fatte a dir poco imbarazzanti, che avrebbero insospettito anche il più citrullo degli uomini.

Infatti nessuno, su quella nave, vedeva di buon occhio il comportamento di Ace, troppo abituati a pensare che stesse architettando qualcosa.

Ma fu all'ora di cena che il ragazzo diede il meglio di sé. Si intrufolò in cucina, badando bene di prendere posto abbastanza vicino a Barbabianca per poter scambiare due parole con lui; naturalmente il vecchio ne era entusiasta. Tutti gli altri decisamente no.

Gurararararara qual buon vento di porta qui ragazzino?” tuonò, infilandosi in bocca quello che sembrava un maiale intero.

Il silenzio era calato pesantemente, tutto d'un colpo, e si potevano chiaramente distinguere delle voci che mettevano in allerta il capitano.

Nulla, volevo solo fare due chiacchiere” disse l'altro sornione, mentre un sorrisetto irriverente prendeva posto sulle sue labbra.

Sei il benvenuto allora!” rispose, sempre ridendo, il capitano.

E così, per tutta la sera, quella parve una conversazione piuttosto normale; se si toglie il fatto che Ace poneva strane domande su allergie, parti del corpo umano troppo fragili ed eventuali paranoie che potessero assalire il vecchio.

Fammi capire, tu vuoi sapere se ho un punto debole in modo da farmi fuori, non è vero?” ghignò quello al momento del dolce.

Ace deglutì. Forse chiedere apertamente se la parte molle delle sue tempie potesse essere attraversata dal suo coltello non era stata poi una così ottima idea.

Ehm...no...” tentò di mascherare, ma il vecchio era già mille passi avanti a lui.

Gurararararararara, ragazzo mio, sei un pessimo bugiardo!” rise sguaiatamente, trascinando tutta la ciurma con sé.

Ace, punto nell'orgoglio, si alzò di scatto dalla sedia, maledicendolo fino alla morte, uscendo a passo di marcia dalla sala da pranzo.

Colto in fragrante.





ANGOLO DELLA DEMENZA

No, non sono morta, è solo che il mio computer ha deciso per l'ennesima volta di tirarmi pacco. A quanto pare odia i suoi hard disk.
Ma comunque, miei adorati tortini alla frutta, sono tornata! *lanciano pomodori in quantità*
Non disperate, in teoria dovrei essere più presente, da qui a novembre! Sì, lo so che lo dico sempre, ma questa volta c'è il 60% di possibilità che sia vero! Dovrei anche studiare, ma quella è tutta un'altra storia.
Due parole sul capitolo.
Non è uno dei migliori che mi siano mai riusciti, ma la sacra tabella diceva che al ventesimo capitolo ci doveva essere questo prompt, e chi sono io per dirle di no? *nota bene, l'ho pure inventata io, quella tabella*
Spero che possiate apprezzare il mio ritorno con questo capitolo, anche se fa abbastanza pietà.
Vi amo tutti, lo sapete, e vi ringrazio sempre infinitamente!
A prestissimo! :*

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Capitolo 21
*** #21 Freddo glaciale ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#21 Freddo glaciale



La Moby Dick stava navigando placidamente in un mare piatto e assolutamente noioso; nulla di strano, se non fosse stato per il clima glaciale che c'era in quel tratto di rotta. Tutto l'equipaggio era imbacuccato dalla testa ai piedi, e a stento si potevano vedere gli occhi attraverso gli strati dei vestiti. Persino Ace, che di norma aveva sempre caldo anche quando gli altri morivano per ipotermia, era munito di giacca e cappello. La situazione era piuttosto grave, dunque.

Il ragazzo lentigginoso stava attraversando il ponte con l'intenzione di andare sottocoperta, quando qualcosa di abbastanza pesante gli cadde a pochi metri dal naso.

Presto, presto!” gridò qualcuno, avvicinandosi al malcapitato che si era appena schiantato sul pavimento. Era volato giù dalla vedetta, ghiacciato come uno stoccafisso e privo di sensi. Era forse la settima volta che succedeva in quei giorni infernali.

Io gliel'avevo detto di coprirsi di più!” lamentò un altro membro della ciurma, accorso ad aiutare il suo compagno svenuto e portandolo sottocoperta.

E fu in quel momento che ad Ace si accese una lampadina, mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso malefico.

Come era solito fare, aspettò la notte per agire, in modo che nessuno potesse vederlo; in quel caso il freddo era dalla sua parte, in quanto aveva rimbambito la maggior parte dei neuroni dei presenti sulla nave. Lui era un'eccezione, perché di neuroni ne aveva ben pochi.

Uscì dal suo nascondiglio non appena appurò che nessun rumore molesto si sentisse in lontananza, e si mise all'opera; cosa che gli costò quasi tutta la notte. Era stato più che meticoloso, meglio di quanto non facesse di solito.

Il mattino si svegliò non appena sentì delle urla disumane provenire da tutta la nave.

Fa un freddo cane!” era il lamento più comune.

Ma chi è quell'imbecille che ha nascosto tutti i vestiti?”

Ed Ace sghignazzava, facendosi strada per riuscire ad arrivare in tempo a godersi lo spettacolo sul ponte. Erano tutti letteralmente in mutande, ed anche il vecchio Barbabianca doveva esserlo; ci aveva messo più cura affinché non trovasse nemmeno un suo vestito che si era dimenticato di avere nell'armadio.

Il ragazzo, già compiaciuto, si sfregò le mani non appena capì che il capitano era seduto sul suo solito trono a prua. Affrettò il passo, ma la scena che gli si parò davanti fu tutt'altro rispetto a ciò che si aspettava.

C'era una grossa vasca che fumava, piena di acqua apparentemente bollente e che faceva pure le bolle; delle bolle belle grosse. E il capitano era lì dentro, accerchiato da quasi tutti gli altri comandanti.

Ace sgranò gli occhi stupefatto, e non solo per quella gigantesca vasca. Che poi, da dove diavolo l'aveva tirata fuori?

Gurarararararara ragazzo, ti piace la mia personale vasca termale?” rise il vecchio, non appena si accorse della sua presenza.

Ace lo guardò con tant'occhi, pensando solo ora, mentre il suo sguardo si era posato dove non avrebbe dovuto, che forse, le mutande avrebbe anche potuto lasciargliele.


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Capitolo 22
*** #22 Ghiaccio sul ponte ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#22 Ghiaccio sul ponte



Un clima così freddo, Ace non l'aveva mai sentito prima. Persino lui era stato costretto a vestirsi a strati come una cipolla, e anche il solo camminare era divenuto difficoltoso, col rischio di rotolare ad un passo sì e all'altro pure.

Ovunque sulla nave pendevano stalattiti di ghiaccio, di dimensioni e forme diverse e bizzarre; dal pavimento sbucavano persino stalagmiti, ed Ace, nonostante la sua poca cultura in fatto di quelle formazioni, si stava chiedendo come diavolo fosse possibile.

Mentre ne studiava una da vicino, da sottocoperta sentì un gran fracasso e voci che urlavano qualcosa che a lui giunse incomprensibile. Si alzò, ma non tenne conto del ghiaccio che ricopriva l'intera pavimentazione di legno.

Inutile dire che, nemmeno mezzo passo dopo, il piede scivolò rovinosamente, facendolo ruzzolare per terra con un sonoro tonfo. Ace si ritrovò a faccia in su, col sedere e la schiena doloranti e la bocca che lanciava improperi da tutte le parti e a qualsiasi cosa; niente di nuovo, insomma. Aprendo gli occhi, il ragazzo vide qualcosa che lo fece dapprima sorridere, e poi ghignare malignamente.

Un altro dei suoi piani stava per essere messo in atto.

Un paio d'ore dopo Ace, era appostato sul ponte in attesa di qualcosa, o meglio, qualcuno.

Pochi minuti prima aveva scatenato un putiferio di sotto, facendo urlare e correre tutti in ogni direzione; seminare il panico era una delle sue specialità, e ora attendeva solamente che il vecchiaccio uscisse.

Era sicuro che lui soltanto avrebbe avuto il coraggio di mettere il suo naso fuori, pur di proteggere i suoi adorati figlioli dal pericolo imminente prima, e dal freddo polare poi.

Peccato che il pericolo non esistesse realmente, ma era solo tutta una scusa inventata dal ragazzo di fuoco per far uscire allo scoperto il tanto odiato capitano.

Non dovette aspettare molto, nascosto dietro all'albero maestro, per vedere sbucare una figura imponente e rigorosamente a petto nudo. Aveva un sistema di termoregolazione simile ad un termosifone, non c'era altra spiegazione.

Chi diavolo disturba la mia navigazione?!” tuonò Barbabianca, con tono minaccioso, arrischiandosi a mettere un piede fuori. Nemmeno a dirlo, anche lui, prima che potesse reagire, si ritrovò a slittare sul ghiaccio, cadendo rovinosamente col sedere a terra a pochi metri da Ace, che tirò un pugno degno di nota all'albero maestro.

Si sentirono dei tintinnii sinistri e, un istante dopo, un centinaio di piccole e appuntite stalattiti si precipitarono al suolo rischiando di infilzare il povero vecchio.

Ace già cantava vittoria con un sorriso a trentadue denti che però non durò a lungo. Quell'uomo, con una velocità che pareva non essere umana, li schivò uno ad uno, costringendosi in pose davvero improponibili.

Gurararararara tutti questi bastoncini saranno perfetti per i miei cocktail!” tuonò il capitano, aggrappandosi ad uno di essi e tirandosi su. Dopodiché ne prese quanti più ne poteva e si recò nuovamente sottocoperta come se nulla fosse successo.

Ace era allibito. Cocktail? Ma da quando in qua quel vecchiaccio beveva cocktail?





ANGOLO DELLA DEMENZA

Scusate, scusatemi tanto, davvero! Il ritardo non è giustificabile ma è giustificato...almeno credo.
Sono stata a Parigi una settimana e appena tornata mi sono pure ammalata. Non ho tempo per vivere perché la sessione autunnale si avvicina e i miei libri sono ancora lì, immacolati. Chiedo venia, sul serio!
Non ho molto da dire su questo capitolo, se non che è assolutamente scemo. Davvero. Ma mi faceva ridere questa idea cretina.
Comunque. Una piccola cosa. Io so di non essere costante, e quindi non me lo aspetto nemmeno da chi segue la storia e sta in silenzio. Ma se aveste voglia di esserlo un pochino di più anche voi, i miei sforzi sarebbero doppi e riuscirei a pubblicare un po' più regolarmente. Aiuterebbe tutti quanti *ammicca*
Detto ciò, mi dileguo, sperando di non essere sempre e perennemente in ritardo.
Vi amo tutti, sappiatelo!

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Capitolo 23
*** #23 Gomito in alto ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#23 Gomito in alto



L'intera ciurma di Barbabianca aveva escogitato un modo per poter sopravvivere a quel freddo polare in quel tratto di rotta. L'idea era scaturita dall'ultimo attentato di Ace che, cercando di uccidere il vecchio capitano sfruttando il freddo, quello, per scaldarsi, si era bevuto un bel cocktail. Inutile dire che ormai sulla Moby Dick, più di due terzi dell'equipaggio era ubriaco da giorni interi; il che era piuttosto divertente.

Ovviamente Ace, ancora vestito a strati come una cipolla, se ne stava in un angolino remoto e sconosciuto ai più, meditando vendetta; vendetta che non tardò ad arrivare con un'idea geniale e semplice, a detta sua.

Sgattaiolò in cucina, nemmeno troppo attento a nascondersi, visto il clima di ebrezza e felicità che aleggiava sulla nave. Aprì la credenza dove prese più bottiglie del miglior rum che avessero a bordo. Soddisfatto e un poco barcollante, si avviò sul ponte, dove il vecchiaccio sbandierava il suo fiero petto nudo, incurante del freddo e delle raccomandazioni delle povere infermiere, che venivano puntualmente ignorate.

Si avvicinò al capitano sorridendo in un modo tanto falso, che persino il più stupido del villaggio se ne sarebbe accorto; se fosse stato sobrio, ovviamente. Porse il braccio con in mano una bottiglia dal liquido arancione, sfoderando tutto il suo savoir faire.

In segno di pace!” disse trionfale, mostrando il chiostro di denti bianchissimi e un'espressione furba.

Il capitano lo guardò stranito per mezzo secondo, per poi ridere sguaiatamente come era solito fare, prendendo poi la bottiglia con foga e portandosela alla bocca. La svuotò in tre sorsi netti, mentre un'infermiera piuttosto infervorata, aveva cominciato ad urlare quelli che sembravano insulti.

Un'altra!” ordinò Barbabianca, ed Ace obbediente, gliela porse.

La scena si ripeté per almeno quattro volte, mentre attorno a lui, gli uomini che erano seduti in cerchio intorno al loro capitano, stramazzarono a terra per il troppo alcool in corpo; probabilmente qualcuno era a rischio coma etilico, ma la nave era attrezzata per emergenze simili. Forse.

Ace attese che quel balordo crollasse, ben sapendo che reggeva l'alcool come nessuno al mondo, ma la speranza è l'ultima a morire.

Ancora!” chiese quello, ma a quel punto le bottiglie in possesso di Ace erano terminate. Imprecò tra i denti qualcosa di molto volgare che però il vecchiaccio non sentì.

Indeciso sul da farsi, il ragazzo iniziò a pensare, ma un tonfo lo distolse dalle sue elucubrazioni. Barbabianca era crollato, e lui non ci poteva credere! Adesso aveva via libera per attentare alla sua vita, senza che nessuno potesse intralciargli la strada. Prese una bottiglia vuota da terra, la ruppe poco delicatamente sul pavimento e si scagliò contro il capitano, puntando alla gola.

Ma niente andò come previsto. Il vecchio si svegliò di colpo spalancando gli occhi; prese Ace per un polso e gli strappò la bottiglia dalle mani, tenendo lui con quella libera.

Stupido ragazzino, mi hai finito l'ultima bottiglia!!” si lamentò, per poi crollare nuovamente nel sonno, con un Ace che imprecava ancora intrappolato nella sua morsa.

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Capitolo 24
*** #24 Poker azzardato ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#24 Poker azzardato



Che l'intera ciurma di Barbabianca fosse dedita al gioco d'azzardo era una cosa risaputa. Nessuno era escluso da quel simpatico passatempo; d'altronde in quei giorni in cui l'unica compagnia era il mare aperto, sulla nave non c'era molto di meglio da fare. L'equipaggio passava anche giorni interi tra tornei di carte e annessi, a volte giocandosi persino ciò che non aveva. Soprattutto il poker andava forte, e quasi tutti gli uomini presenti a bordo avevano qualche asso nella manica. Nemmeno il capitano era escluso da questo circolo, anzi, era uno dei giocatori più assidui tra la sua stessa flotta.

Anche Ace, che non era proprio quello che si definisce un acuto osservatore, aveva inquadrato questa abitudine della ciurma più forte al mondo. E, ovviamente, aveva deciso di giocarsi quest'occasione a suo favore.

In uno di quei famosi giorni di noia e navigazione, dove l'avvistamento di un gabbiano era la cosa più interessante che potesse capitare, si decise a scendere sotto coperta per partecipare ad una di quelle famose partite di poker.

Entrato nella mensa, fu accolto da un silenzio quasi innaturale; i tavoli erano per lo più occupati da piccoli gruppetti di uomini intenti a scrutarsi a vicenda e lanciare fugaci occhiate al tavolo sotto di loro.

Ace si guardò per un attimo intorno, sperando di trovarvi anche il capitano; lo individuò verso il fondo della sala e, con passo sicuro, si avviò al tavolo che presiedeva quello, sedendosi proprio davanti a lui, ignorando anche solo di chiedere se avesse potuto.

Il vecchio, dal canto suo, rise profondamente, accompagnando il tutto con un gesto della mano che significava che il ragazzo poteva accomodarsi, non senza qualche protesta dagli altri giocatori.

Ti sfido” disse Ace con aria tronfia e un sorriso sghembo di chi la sa lunga. O almeno, crede di saperla lunga.

Un altro scroscio di risate arrivò alle sue orecchie, e stavolta il capitano era stato spalleggiato anche dai presenti al tavolo, cosa che irritò non poco il ragazzo.

Iniziamo allora. Carte!” ordinò Barbabianca, e subito fu accontentato.

Ace se la cavava abbastanza col gioco, e cercò in tutti i modi di non dare nell'occhio per le prime mani, intento com'era a trafficare sotto il tavolo. Nessuno parve accorgersi dei suoi movimenti delle gambe, finché non si sentì un tonfo sordo seguito da sguardi perplessi ed un'altra risata del vecchio capitano.

Gurarararara ragazzo mio, cosa credevi di fare?” tuonò, sinceramente divertito.

Ace divenne paonazzo, strisciando sotto il tavolo per recuperare il suo fidato coltello e fuggire subito via non appena l'ebbe tra le mani, senza nemmeno le scarpe.

Inutile dire che aveva provato, non senza difficoltà, a pugnalare il vecchiaccio da sotto il tavolo, cercando ausilio nelle sue gambe e nelle dita prensili dei suoi piedi.

Si diede dell'idiota da solo; questa volta era stata veramente un'idea stupida. E aveva pure perso le scarpe.





ANGOLO DELLA DEMENZA

Io mi vergogno, mi vergogno profondamente. Davvero. Manco da un sacco di tempo...per questa FF forse da meno di un anno, ma comunque è una cosa riprovevole. Non so nemmeno io giustificarmi, non saprei proprio dire il perché io abbia abbandonato così di punto in bianco tutto quanto. So solo che porto a termine sempre tutto quello che faccio, e quindi riuscirò a terminare anche questa benedetta raccolta. Anche perché mi diverto immensamente nello scrivere questi stupidi capitoli!
Dubito che ci sia ancora qualcuno disposto a seguire questa cosa, ma non posso assolutamente darvi torto. Sappiate solo, che se avete la santa pazienza che a me manca, prima o poi si arriverà al capitolo 100. Per me sarebbe davvero un traguardo enorme e una grande soddisfazione.
Vi chiedo ancora scusa, e spero che non ce l'abbiate tremendamente con me. Prima o poi sarei tornata, non potevo lasciar tutto così, campato per aria.
Grazie a chi è arrivato fin qui e deciderà di seguirmi ancora!
Peace & Love, e sappiate che io vi amo sempre!
E, ovviamente, buon Natale!


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Capitolo 25
*** #25 Scommessa persa ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#25 Scommessa persa



Ace era un bravo ragazzo, questo lui lo sapeva, e chiunque lo conoscesse non poteva che essere d'accordo con quest'affermazione. Era buono e solare, ma era anche tremendamente stupido ed incosciente. E, forse, di questi piccoli dettagli, lui non ne era al corrente. Pensava di essere sulla cima del mondo, sempre un passo davanti al nemico, ma purtroppo la maggior parte delle volte si trovava cento passi indietro, se non addirittura sottoterra. E quest'ultimo caso era sicuramente quello adatto se si parlava di Barbabianca.

Ora, una qualsiasi persona con un po' di sale in zucca, avrebbe palesemente evitato di scommettere una qualsivoglia cosa con il sopracitato vecchio, ma Ace no. Ovviamente Ace no. Pareva essere seriamente masochista, anche solo a pensarla, una cosa del genere.

Il suo geniale piano questa volta consisteva proprio in una scommessa che, ovviamente lo avrebbe portato dritto al suo scopo. Ed era sicuro di riuscire a vincere questa volta.

La scommessa era semplice: appena sarebbero sbarcati a terra, si sarebbero rintanati in una qualsiasi bettola per vedere chi riusciva ad ingurgitare più ravioli di carne. Tutto questo per non andare ad intaccare le scorte alimentari della nave, dati i due soggetti.

Era risaputo che Ace avesse un appetito fuori dal comune, e che sarebbe riuscito a mangiare l'equivalente di dieci volte il suo peso in meno di mezz'ora; ma non aveva assolutamente fatto i conti con la stazza e con l'esperienza del vecchio capitano.

Se avesse vinto Ace, ovviamente avrebbe potuto uccidere senza sforzo Barbabianca, se invece avesse vinto il capitano...beh, non sarebbe successo proprio un bel niente. E già questo particolare avrebbe dovuto insospettire Ace, che però, convinto com'era di essergli superiore, nemmeno ci aveva badato.

Così il fatidico giorno era arrivato. Si erano seduti l'uno di fronte all'altro, aspettando pazientemente che il cameriere portasse loro quelli che parevano, minimo, cinquanta chili di ravioli di carne al vapore.

Pronto?” chiese il ragazzo beffardo, deridendo il vecchiaccio e sicuro di sé più che mai.

Sono nato pronto ragazzino” tuonò quello in risposta, iniziando a prendere con calma il primo raviolo.

Ace, come prevedibile, si lanciò a capofitto sul cibo come se quello dovesse scappare da un momento all'altro. Intanto Barbabianca continuava a mangiare con estrema calma.

Due ore, quattro pentole e otto attacchi narcolettici di Ace dopo, il ragazzo era stremato. Mai era capitata una cosa del genere in vita sua, mai. Solo a guardare i ravioli gli veniva la nausea. Alzò lo sguardo sfinito verso il vecchiaccio costatando con orrore che quello aveva mangiato una pentola in più rispetto a lui. Strabuzzò gli occhi e, come se non bastasse, l'uomo prese gli ultimi ravioli rimasti nel piatto di Ace, assaporandoli con gusto. Senza contare lo sguardo di trionfo che gli si leggeva negli occhi.

Gurarararara ragazzino dilettante!” e si alzò dalla sedia tenendosi la pancia piena.

I giorni seguenti Ace li passò sul parapetto della nave a testa in giù, giurando che mai più avrebbe toccato un raviolo in vita sua.

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Capitolo 26
*** #26 Nudità improvvisa ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#26 Nudità improvvisa



Quando si vive a stretto contatto con molti uomini, è normale vivere delle situazioni quotidiane, anche quelle che solitamente non si condividono molto volentieri con gli estranei. È questo il caso della doccia, uno dei momenti più intimi che una persona possa avere.

Ora, il problema principale su una nave è lo spazio, e la Moby Dick non fa di certo eccezione, nonostante sia una nave dalle dimensioni gigantesche. Ma altrettanto gigantesco è anche l'equipaggio al suo interno, quindi è abbastanza difficile gestire una massa di uomini puzzolenti.

I più fortunati sono sicuramente i comandanti e chiunque possa avere un grado superiore a quello di normale marinaio. Loro hanno la cabina privata, con bagno privato, sapone privato e vita privata. Non sono costretti a condividere nulla.

Gli altri malcapitati, purtroppo, hanno in comune non solo il pessimo alloggio, ma anche di una pessima, e soprattutto comune, doccia. E Ace questa cosa proprio non può accettarla; è più forte di lui.

Abituato com'era ad essere il capitano della sua nave e dei suoi uomini, aveva il diritto a tutte le comodità del mondo, e non era di certo costretto a mostrare le sue grazie a chicchessia. Non che fosse un brutto spettacolo, intendiamoci. Ora, suo malgrado, si vedeva costretto a farsi la doccia in compagnia che non gradiva affatto.

Ogni volta che doveva lavarsi, viaggiava col terrore che gli potesse scivolare la saponetta per terra, sempre se avesse avuto la fortuna di trovarne una in condizioni quantomeno decenti.

Stufo, dopo l'ennesimo tentativo di un altro membro dell'equipaggio con tendenze molto simili all'altra sponda, aveva passato il limite.

Coperto solo da un asciugamano, si era precipitato fuori dalle docce, inveendo contro quello che pareva chiamarsi Freddy, e si era diretto a passo di marcia sul ponte della nave, con manie omicide che sfioravano un limite mai raggiunto prima.

Il suo obiettivo era sempre lo stesso: Barbabianca. Aveva deciso di canalizzare tutta la sua furia omicida, ancora una volta, verso quel vecchiaccio da strapazzo. O almeno ci avrebbe provato.

Lo trovò seduto sulla sua poltrona che fissava pensoso il mare, accerchiato, come sempre, da una nidiata di suoi fedeli sottoposti.

Li dribblò tutti, uno per uno, scagliandosi senza apparente motivo contro il capitano che sembrava ignaro di ciò che gli stava accadendo intorno. Quello si vide solo la visuale annebbiata da una mano chiusa a pugno che si schiantò contro la sua sedia di legno. Ovviamente l'aveva evitato, non c'era nemmeno da domandarselo.

Un grugnito di disappunto da parte di entrambi e, subito dopo, un fruscio. Seguì qualche istante di silenzio prima che la piccola folla scoppiasse a ridere fragorosamente un attimo dopo, lasciando un Ace imbarazzato e completamente paonazzo.

Figliolo, direi che dopotutto non sei così pessimo! Gurarararara!” sghignazzò il capitano, ridendosela con gusto. Il ragazzo non sapeva se essere più arrabbiato per quel nomignolo o per l'umiliazione appena subita.

Intanto, l'asciugamano di Ace svolazzava per la nave, lasciando il suo proprietario a sperare di sparire almeno dieci metri sotto terra.

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Capitolo 27
*** #27 Incubi velenosi ***


100 modi per uccidere Barbabianca


#27 Incubi velenosi



La notte era uno dei momenti peggiori da passare soli, ed Ace questo lo sapeva bene. Si rigirava nel letto improvvisato, che di comodo non aveva niente, senza riuscire a prendere sonno. Poco male, appena si abbandonava nelle braccia di Morfeo, veniva assalito dagli incubi più terribili.

Dopo diversi rotolamenti che non portarono ad una posizione almeno lontanamente comoda, ebbe un'illuminazione. Si tirò su a sedere grattandosi il mento compiaciuto.

Sì, l'indomani mattina sarebbe entrato furtivamente in infermeria e avrebbe attutato il suo piano. Così pensando, si lasciò nuovamente cadere a letto, addormentandosi immediatamente, complice un attacco di narcolessia. Probabilmente era troppo eccitato all'idea e il suo fisico non aveva retto.

La mattina seguente era riuscito ad intrufolarsi in infermeria e a prendere una strana boccetta viola; sull'etichetta era riportato un nome lungo quasi quanto la nave e, in caratteri scritti talmente piccoli da essere quasi illeggibili, si poteva scorgere la parola anti-psicotico.

Ora, non che Ace fosse un genio della medicina, ma aveva abbastanza conoscenze mediche da sapere che se veniva somministrato quel tipo di medicinale ad una persona che non ne aveva affatto bisogno, gli effetti collaterali potevano essere abbastanza gravi e, se era fortunato, anche irreversibili.

Ghignando sadicamente, corse a nascondersi in un angolo buio, aspettando che il capitano si ritirasse nella sua cabina.

Quando lo sentì arrivare, si destò dal pisolino in cui era caduto e si appostò, pronto a colpire. Stappò la piccola fialetta e attese che il vecchiaccio gli passasse abbastanza vicino da essere a portata di tiro. Quello, passando ignaro vicino a lui, proprio in quel momento sbadigliò sonoramente e senza mettere la mano davanti alla bocca. Che razza di maleducato.

Ace colse la ghiotta occasione e lanciò direttamente la fialetta nella gola di Barbabianca, che sembrò non accorgersi minimamente del corpo estraneo che si faceva strada verso il suo stomaco.

Entrò nella sua cabina e chiuse la porta.

Ace aspettò.

Passò un'ora e finalmente qualcosa accadde. Il ragazzo iniziò a sentire degli strani rumori provenire dalla stanza del capitano che mano a mano si facevano sempre più forti. In pochi minuti il corridoio fu invaso dall'equipaggio, preoccupato per tutto quel baccano.

Ace già si sfregava le mani, convinto che il vecchio fosse assalito da tremendi incubi e stesse, di conseguenza, impazzendo.

Nulla di più sbagliato.

Non appena Marco aprì la porta, lo spettacolo che si ritrovò davanti, lasciò Ace senza parole.

Barbabianca stava ballando freneticamente a ritmo di una musica che solo lui sentiva, e invitava il suoi sottoposti a fare altrettanto. Inutile dire che in poco tempo, tutta la nave accorse a quella festa improvvisata, e la musica magicamente apparve davvero, insieme ad una palla luminosa da discoteca.

Gurararararara grazie ragazzino!” urlò il capitano ad Ace, prima che la porta si chiudesse.

Come facesse a sapere che fosse sempre colpa sua, Ace proprio non lo capiva. Sbattè ripetutamente la testa contro il muro di legno, sperando di rimanerci secco.



ANGOLO DELLA DEMENZA


Eccomi di nuovo qui con un capitolo ancora più stupido del precedente.
Vorrei solo fare una precisazione. Non ho idea se quel che ho scritto sull'anti psicotico sia vero, non studio medicina e ho preso la prima informazione che ho trovato a caso, scrivendo su Google. Aspiranti medici (e soprattutto Law) non me ne vogliate, sono ignorante in materia, forse più di Ace. Probabilmente questo effetto collaterale nemmeno esiste, ma concedetemi questa licenza poetica. Tanto ormai in questa raccolta me ne sono prese a gogò.
Vorrei inoltre ringraziare chi ha scelto di seguire ancora questa storia nonostante la mia assenza. Vi adoro, davvero, e senza di voi non avrei nemmeno l'ispirazione ad andare avanti!
Ci vediamo presto! Peace & Love!

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