Cento modi per uccidere Barbabianca di Ice_DP (/viewuser.php?uid=46572)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 Erba assassina ***
Capitolo 2: *** #2 Caffè bollente ***
Capitolo 3: *** #3 Lupara maligna ***
Capitolo 4: *** #4 La spada di Squardo ***
Capitolo 5: *** #5 Pavimento bagnato ***
Capitolo 6: *** #6 Un buco nell'acqua ***
Capitolo 7: *** #7 Intossicazione da fumo ***
Capitolo 8: *** #8 Una strana puzza ***
Capitolo 9: *** #9 Episodio 461 -spettacolo pirotecnico- ***
Capitolo 10: *** #10 Episodio 461 -ascia gigante- ***
Capitolo 11: *** #11 Destriero imbizzarrito ***
Capitolo 12: *** #12 Assalto al porto ***
Capitolo 13: *** #13 Maledizioni a caso ***
Capitolo 14: *** #14 Un dolce amaro ***
Capitolo 15: *** #15 (In)corruttibile Marco ***
Capitolo 16: *** #Gioco di carte ***
Capitolo 17: *** #L'asse della giustizia ***
Capitolo 18: *** #18 Imboscata ***
Capitolo 19: *** #19 Cani assassini ***
Capitolo 20: *** #20 Fingere amicizia ***
Capitolo 21: *** #21 Freddo glaciale ***
Capitolo 22: *** #22 Ghiaccio sul ponte ***
Capitolo 23: *** #23 Gomito in alto ***
Capitolo 24: *** #24 Poker azzardato ***
Capitolo 25: *** #25 Scommessa persa ***
Capitolo 26: *** #26 Nudità improvvisa ***
Capitolo 27: *** #27 Incubi velenosi ***
Capitolo 1 *** #1 Erba assassina ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#1
Erba assassina
Era
su quella nave da poco tempo, ma gli sembrava trascorsa già
una
mezza eternità. Ogni attimo passato su quell'imbarcazione,
scappando
dagli altri membri della ciurma, sembrava interminabile.
Quando
non era intento a rubare da mangiare o urlare a qualcuno di lasciarlo
in pace, cercava disperatamente un modo intelligente ed efficace per
uccidere Barbabianca.
Non
che avesse davvero qualcosa contro quella persona, a parte il fatto
che gli aveva chiesto di diventare suo figlio.
Niente
era più sbagliato che porre una domanda del genere a
Portuguese D.
Ace.
Ogni
momento trascorso sulla Moby Dick era buono per saltare alla gola del
capitano.
Peccato
che a ogni tentativo coincidesse sempre una sconfitta; più o
meno
grave, dipendeva dalle volte. C'erano situazioni in cui ad Ace usciva
solo un po' di sangue dal naso, altre invece, se non fosse stato per
il potere del suo Rogia, probabilmente avrebbe perso qualche pezzo
per strada.
Ma
lui non pareva farci molto caso, e imperterrito portava avanti la sua
missione.
Quel
giorno approfittò della cucina deserta; era quasi ora di
pranzo, ma
nella stanza non si vedeva un'anima. Ace non stette a chiedersi
nemmeno il perché di tanta tranquillità; gli era
andata fin troppo
bene, e sicuramente non si sarebbe fatto scappare quell'occasione.
In
una delle sue tante esplorazioni dell'immensa nave, si era imbattuto
nell'infermeria; entrandoci, aveva iniziato a curiosare tra gli
scaffali contenenti una quantità davvero ragguardevole di
medicinali.
Leggendo
di fretta le tante etichette, la sua attenzione era stata catturata
da un'erba: l'adonide. La scritta, in caratteri minuscoli e quasi
illeggibili, riportava la parola mortale.
Quale
chance più ghiotta, se non quella di un erba velenosa, per
poter
mettere al tappeto una volta per tutte quel vecchio balordo?
Ecco
spiegato il motivo per cui era nella cucina, a quell'ora, e con
quella boccetta in mano; rubata qualche ora prima.
Cercò
l'otre da cui il vecchio beveva sempre, trovandolo vicino alla
riserva del liquore. Controllò che dentro ci fosse il
saké e vi
versò tutto il liquido giallastro dell'erba assassina.
“Tanto
per essere sicuri” sogghignò tra sé e
sé.
Aveva
imparato, nel breve tempo che era stato lì, che il capitano
adorava
il saké, che beveva praticamente tutto il giorno.
Uscì
silenziosamente dalla cucina, attento a non far nessun rumore e
nascondendo l'arma del delitto.
Si
avviò verso il ponte, dove decise di aspettare l'ora del
pranzo,
declinando ogni invito ad unirsi alla ciurma. Si sedette vicino alla
balaustra, in attesa.
Aspettò
e aspettò, impaziente, finché il pranzo non
finì e il vecchio
tornò sul ponte per adagiarsi sulla sua solita poltrona.
“Ma
come è possibile?!” saltò su Ace,
incredulo nel vederlo in piedi
e sghignazzante.
Barbabianca
lo fissò con i suoi occhi piccoli, iniziando a ridere senza
riuscire
a contenersi.
“Ragazzino,
pensi davvero che un po' di veleno possa uccidermi?
Guarararara!”
Ace
rimase di sale.
Quell'uomo
era indistruttibile. O era immune a quel veleno.
Imprecò
senza curarsi di essere sentito.
Doveva
pensare a qualcosa di più efficace.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Buonasera
a voi, miei prodi (?) arrivati fino a qui!
Inizio
col dire che sì, questa raccolta che ho in mente non ha
senso; e no,
non mi aspetto nemmeno che qualcuno la legga.
Ma
a me faceva ridere.
Oggi,
riguardando per la milionesima volta le puntate in cui Ace era ancora
vivo (sigh, sono una di quelle piagnone che non è riuscita e
non
riuscirà mai a superare la sua morte, ahimè!), mi
sono imbattuta
nell'episodio in cui cerca di ammazzare ad ogni occasione quel povero
Barbabianca. Nel flashback, mentre vola in mare, si sente un membro
della ciurma che dice che quella volta, era la centesima.
Da
qui, nella mia testa si è accesa una lampadina; sperando che
non si
spenga e che non mi lasci col sedere per terra, magari a
metà.
Una
precisazione.
La
pianta assassina, esiste sul serio! Non sarei capace di inventarmi su
due piedi una cosa così complicata, data la mia scarsa
conoscenza
della botanica.
Adonide
gialla
Tipica
pianta delle regioni steppiche dell'Europa sud-orientale e dell'Asia
occidentale. Alta 20-30cm la più conosciuta è
l'adonide gialla che fiorisce in primavera. I grandi fiori hanno reso
questa pianta popolare e coltivata per scopo ornamentale soprattutto
nei giardini rocciosi.
|
Veniva
utilizzata sotto forma di infuso per il trattamento di leggere
debolezze cardiache.
|
L'adonide
gialla e le altre specie perenni congeneri contengono, in tutta la
pianta, glicosidi cardioattivi che esplicano un'azione simile a quella
della digitale purpurea ma con un effetto più rapido,
più debole e meno persistente.
|
Vomito
e diarrea sanguinolenta; convulsioni; arresto cardiocircolatorio.
|
MORTALE
|
Fa
abbastanza schifo, per non dire altre volgarità, ma mi era
simpatica
dall'immagine, nonostante fosse gialla. Io odio il giallo.
Detto
ciò, chi volesse saperne di più su piante
velenose, non chieda a me
ma ad Ace, e chi avesse bisogno di un antidoto, chieda a Barbabianca,
che tanto è immortale!
Ringrazio
di cuore chi è arrivato fin qui!
Peace
& Love! |
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** #2 Caffè bollente ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#2
Caffè bollente
Era
una giornata apparentemente come le altre, calda e tranquilla; l'aria
si muoveva appena. Ma se si prestava particolare attenzione rimanendo
in silenzio, si poteva percepire chiaramente un muoversi convulso di
rotelle cerebrali che giravano ininterrottamente.
Inutile
dire che tutto quel lavoro proveniva da una testa calda, molto calda,
che la maggior parte delle volte nemmeno ragionava troppo bene; era
più solita agire d'impulso, e puntualmente non ne ricavava
mai il
massimo.
Quel
giorno Ace era intento ad escogitare qualcosa che potesse anche solo
inizialmente far agonizzare il capitano dai lunghi baffi bianchi, per
poi concedergli una lunga, lenta e dolorosa morte. Bruciarlo vivo non
sarebbe stato divertente, ed era anche fin troppo prevedibile da
parte del ragazzo lentigginoso; aveva sì in mente qualcosa
di
bollente e ustionante, ma lui
ne era la causa indiretta.
Pugno
di Fuoco aveva aspettato che tutto fosse placido e silenzioso; cosa
c'era di meglio dell'abbiocco pomeridiano?
Barbabianca
era solito schiacciare un pisolino sul suo enorme trono, mentre tutta
la ciurma si ritirava nella propria cabina, incapace di sopportare il
caldo che la faceva da padrone sul ponte della nave.
Ace
si era spinto fin vicino a lui quasi volando pur di non far rumore;
era appena stato nelle cucine per poter prendere gentilmente in
prestito la caffettiera gigante che i cuochi usavano per preparare il
caffè a tutta la ciurma in contemporanea. Era stato
abbastanza
difficile persino per lui riuscire a portare quell'attrezzo da cucina
sulle spalle, pieno di caffè bollente, che lui stesso si era
premurato di scaldare ancora un po'.
Forse
fin troppo, perché la simpatica moka iniziava a dare segni
di
cedimento e scioglimento del metallo; forse Ace aveva esagerato.
Era
ad un soffio dal corpo titanico di Barbabianca, quando con un balzo
atletico saltò fin sopra la sua testa, aprendo il coperchio
della
caffettiera e rovesciando quasi tutto il suo contenuto nell'impeto
dell'azione. Lo richiuse velocemente, resosi conto che non aveva
preso una mira decente per poter inondare il corpo muscoloso e
martoriato del capitano; provò almeno cinque o sei volte
prima di
riuscire a capire quale fosse la posizione ideale da cui sganciare il
liquido non bollente, di più. Non poteva permettersi di
sprecarlo
così, a caso.
Con
un ultimo balzo dall'angolazione perfetta, era pronto per lanciare la
bomba, quando una risata proruppe nell'aria in maniera quasi
spaventosa.
“Guarararararara,
ragazzino, cosa credi di fare?”
Nemmeno
il tempo di ragionare, che Ace si sentì preso con forza da
entrambe
le gambe, mentre la caffettiera gli veniva strappata dalle mani. In
una frazione di secondo ci si ritrovò dentro a testa in
giù, la
stessa risata gutturale che accompagnava il tutto.
“Guararararara,
ragazzino cocciuto, devi escogitare di meglio se vuoi farmi fuori!
Questi trucchetti da bambini non possono nulla contro di me!”
Con
il coperchio chiuso sulla testa e trattenuto dalla mano del capitano,
Ace ribollì di rabbia; non seppe nemmeno lui quanto tempo
passò
dentro a quella caffettiera.
Fortuna
che almeno non pativa il caldo.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Ok,
lo so. È un'emerita cagata, lo ammetto a me stessa; ma non
so perché
questa immagine mi faceva ridere come una cretina. So che non
è il
massimo, ma mi sono accorta che inventare cento modi per far fuori
quell'omone sono davvero tanti, e sicuramente mi ripeterò in
mille
modi, oltre che a fare capitoli
insulsi e senza logica, non divertenti che non farebbero ridere
nessuno.
Per ora la mia ispirazione mi consente questo, perciò sono
pronta ai
pomodori, peperoni, frutta di vario genere.
Ringrazio
comunque chi ha recensito lo scorso capitolo, chi ha inserito la
storia tra le preferite/seguite/ricordate e chi ha avuto il coraggio
di leggere questa stronzata.
Grazie!
:D
Peace
& Love!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** #3 Lupara maligna ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#3
Lupara maligna
Quel
pomeriggio sulla Moby Dick c'era qualcosa di strano; una tensione
nell'aria e nelle persone che non prometteva davvero nulla di buono.
Erano ormai parecchi giorni che Ace Pugno di Fuoco e la sua ciurma
erano stati imbarcati sulla grande nave a forma di balena, e da quel
momento si era cominciato a respirare qualcosa di diverso dal solito.
Non
che la ciurma di Barbabianca avesse paura di quella manciata di
pirati da quattro soldi, ma a bordo tutte le bocche e le parole erano
sicuramente rivolte a loro.
Il
mastodontico capitano dai lunghi baffi bianchi se la rideva di gusto
ogni qualvolta fosse preso di mira da quel ragazzino con le
lentiggini; lo divertiva la fantasia che aveva per cercare di
metterlo fuori gioco. Per non parlare della tenacia.
Ace
stava bighellonando per i corridoi interni della nave, senza una meta
apparente, e con uno sguardo così carico di odio e
risentimento, che
sembrava poter oltrepassare le pareti di legno gonfio.
L'interno
della Moby Dick era quasi deserto, fatta eccezione per quegli
sporadici pirati che barcollavano fino alle loro cabine; ad ogni ora
c'era sempre qualcuno di ubriaco lì dentro.
Pugno
di Fuoco camminava ritmicamente, con passo cadenzato e le mani dietro
la schiena, attento a non dare troppo nell'occhio. Si fermò
in un
punto preciso della nave, in una nicchia del muro che gli permetteva
di nascondersi dai passanti; l'aveva studiato bene: sapeva che quel
luogo era abbastanza vicino alla cabina di Barbabianca e che
quest'ultimo era obbligato a passarci per potervi entrare.
Tutto
calcolato nei dettagli.
Si
appostò silenziosamente nel suo nascondiglio, dopo essersi
accertato
che non ci fosse più nessuno in vista; si
accucciò e attese.
Attese
a lungo, quasi fino a cena, prima che il capitano si trascinasse,
ubriaco o molto vicino all'esserlo, nella sua stanza. La sua risata
si trasportava rumorosa per i corridoi della nave, accompagnata da
canzoncine stupide che l'uomo canticchiava per tenersi compagnia nel
tragitto.
Ace
si accovacciò, se possibile, ancora di più nel
suo antro oscuro;
sfilò la lupara rubata in armeria da dietro la schiena, dove
l'aveva
pizzicata per far si che non fosse notata se qualcuno lo avesse
eventualmente visto. Prese il fucile tra le mani, mirò
attentamente
davanti a sé, aspettando che quel corpo gigantesco
incrociasse la
sua traiettoria.
Pochi
secondi, e il rumore di uno sparo riempì l'aria.
Ace,
premendo il grilletto quasi chiuse gli occhi; poté
però chiaramente
vedere il vecchio prendere il proiettile con la mano destra e
sbriciolarlo con una facilità spiazzante.
“Guararararararara,
ti andrà meglio la prossima volta, ragazzino!”
tuonò allegro il
capitano, continuando a camminare tranquillamente.
Questa
volta lo sguardo di Ace si sgranò; lanciò il
fucile dalla parte
opposta a lui, e imprecando tirò un pugno al muro.
Maledizione!
Quel vecchiaccio era troppo abile anche da ubriaco!
La
prossima volta si sarebbe nascosto meglio; e forse avrebbe anche
migliorato la sua mira.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Hola
cari lettori! :3
Sono
tornata abbastanza in fretta devo dire; su questo capitolo non ho
molto di cui parlare, penso che sia un modo abbastanza banale per
attentare alla vita di quel pover'uomo, ma si sa, Ace non sprizza di
cotanta intelligenza.
Nemmeno io, se per
questo.
Però è lui stesso ad
ammettere che non è un ragazzo molto intelligente, quindi il
mio non
vale come un insulto! Non potrei mai essere cattiva con lui!
*sguardo oltremodo
amorevole*
Ringrazio
tutti coloro che hanno recensito, e che recensiranno; ringrazio anche
coloro che hanno messo questa raccolta tra le
seguite/preferite/ricordate. Penso che in un certo senso sia quasi
completata perché, incredibile ma vero, tutti i cento modi
per
uccidere il vecchiaccio mi sono venuti in mente, nonostante molti
siano simili ed altri davvero, davvero stupidi. (Io adoro
Barbabianca, sia chiaro ♥).
Vedremo in seguito, se
qualcuno sarà ancora così pazzo da seguire questa
mia folle
impresa!
Grazie
a tutti, di nuovo, di cuore! ♥
Peace
& Love! ♥
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** #4 La spada di Squardo ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#4
La spada di Squardo
Nella
notte il mare si era agitato e la nave era stata assalita da forti
rumori di schiamazzi.
Ace
si era svegliato di soprassalto, temendo che la nave potesse essere
stata attaccata da un branco di pirati assassini.
Poi
raccolse quei pochi neuroni per capire che era sulla nave di
Barbabianca, e che lui stesso era un pirata. Un pirata un po' idiota,
se gli veniva in mente una cosa del genere.
Comunque
sia, non era più riuscito a prendere sonno, e naturalmente
la sua
narcolessia quando serviva, non arrivava mai; così il
ragazzo
lentigginoso optò per fare un giro di ronda silenzioso, per
capire
che cosa diavolo fosse successo.
Salì
come un felino le scale che conducevano al ponte, scappando da occhi
indiscreti e cercando di nascondersi ad ogni passo; non che servisse
a molto. Era notte fonda, la luce delle lanterne era fioca e quasi
spenta, e tutti i membri dell'equipaggio presenti sopra coperta,
erano impegnati ad urlare e girare come delle trottole visibilmente
sbronzi.
Ace
si accucciò in un angolo, cercando di farsi piccolo piccolo,
osservando la scena e cercando di capire chi potessero essere tutte
quelle persone che non aveva mai visto. Tra tutti ce n'era uno
particolarmente buffo: la testa era praticamente pelata, la fronte
tatuata con un ragno di pessimo gusto e una cascata di capelli lunghi
e viola.
Inquietante.
Da
quello che il ragazzo moro poté sentire dalle conversazioni
col
vecchiaccio, capì che erano una ciurma di pirati alleati,
che si
trovava nelle vicinanze della loro nave e che aveva fatto una
capatina giusto per fare festa.
E
quale occasione migliore per attentare alla vita del vecchio capitano
quando c'era una confusione tipica di una festa pirata?
Ace
studiò attentamente ciò che aveva intorno; le
persone, le armi e le
loro disposizioni, quando il suo sguardo incrociò una lunga
spada
adagiata proprio vicino a quel tizio dai capelli viola.
Il
piano gli balenò in testa, e senza nemmeno pensare a tutti i
pro e i
contro, si lanciò come un leone sulla preda, puntando a
quell'arma.
La
maggior parte degli uomini presenti, nemmeno si rese conto che una
figura era sfrecciata loro di fianco ad una velocità
impressionante;
d'altronde erano quasi tutti totalmente ubriachi.
Con
un gesto rapidissimo, Ace prese la spada poggiata contro il
parapetto; con altrettanta maestria la estrasse dal fodero, tenendo
l'elsa ben stretta.
Alzò
le braccia in aria, avvicinandosi sempre di più a
Barbabianca, le
due mani a sostenere la pesante arma.
Ormai
ce l'aveva quasi fatta, era vicino e nulla sarebbe andato storto; il
vecchio poi era ubriaco fradicio, sarebbe stato ancora più
semplice.
Quando
fu a pochi centimetri dal suo volto, l'uomo alzò la sua mano
sinistra, come per scacciare una mosca fastidiosa, colpendo Ace in
pieno.
“Questa
nave è piena di insetti, non trovi anche tu, Squardo?
Guararararararara!”
Inutile
dire che Ace fu scaraventato in mare; qualche anima pia l'avrebbe poi
recuperato.
Battuto
e umiliato a morte, di nuovo; maledetto vecchiaccio.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Salve
a tutti, o coraggiosi arrivati fino a qui!
Dopo
una settimana di vacanza, sono tornata, anche se avrei tanto voluto
continuare a starmene al mare, nella mia ciambella in mare a bearmi
del fresco.
Ma
ovviamente le cose belle finiscono sempre troppo in fretta, mentre le
cretinate come questa raccolta vanno avanti all'infinito!
Mi
dispiace tanto per voi.
Non ho molto da dire
effettivamente, se non che anche questo, a mio parere, non è
molto
bello e originale come modo per far fuori il vecchio. Però
pensavo
mi venisse fuori un'altra cosa a dire la verità, ma la mia
ispirazione ha voluto ciò, e se ogni tanto non la assecondo
va a
finire che si vendica e se ne va per sempre.
Vi prometto (e spero di
riuscire a mantenere la parola) che ci saranno modi più
divertenti;
uno credo che non sarebbe venuto in mente a nessuno, se non ad
un'idiota come me! :D
Spero di riuscire ad
aggiornare con più frequenza, da ora in poi, nonostante io
debba
anche studiare.
Dettagli,
sono solo dettagli.
Ringrazio chi ha
recensito e chi lo farà di buon cuore, anche per questo
capitolo.
Chi ha messo la storia
tra le preferite/seguite/ricordate.
Le
anime pie siete voi, non quelle che vanno a ripescare Ace dopo
l'ennesima bravata fallita! ❤
Vi
ringrazio davvero di cuore, non sapete come mi rendiate felice
regalandomi un pochino del vostro tempo; dico sul serio!
Alla
prossima, e buone vacanze! ❤
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** #5 Pavimento bagnato ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#5
Pavimento bagnato
Quella
mattina Ace era più furioso che mai. Erano giorni che non
riusciva a
trovare una buona occasione per potersi liberare del vecchio, e
questa sua astinenza lo faceva andare letteralmente in bestia.
Odiava
doversene stare con le mani in mano, non sapendo cosa combinare per
poter arrivare dritto al suo obiettivo; senza contare che
quell'adorabile ciurma di scriteriati gli aveva trovato un lavoro.
Non
che gliel'avesse chiesto, non lo voleva nemmeno. All'inizio aveva
rifiutato quell'impiego, troppo orgoglioso per farsi comandare una
qualsiasi cosa, ma alla fine aveva ceduto per la noia, e pur di
occupare il tempo si era impegnato nel lavare i pavimenti.
Già,
perché non poteva aspirare ad un lavoro migliore; anzi, gli
era
ancora andata bene che non gli avessero fatto pulire i piatti, la
cucina o peggio, i bagni.
Non
osava nemmeno immaginare che cosa sarebbe potuto succedere se uno dei
water si fosse intasato.
Solo
l'idea lo faceva rabbrividire e no, non era assolutamente il caso di
provarci.
Con
lo spazzolone in una mano e il secchio nell'altra, era intento a
salire le scale che portavano al piano sotto il ponte della nave.
Borbottava
qualcosa su come non fosse possibile che ad un uomo come lui potesse
succedere una cosa tanto umiliante. Come se non fosse stato lui a
decidere di fare una cosa del genere.
Gli
passarono accanto due personaggi molto ambigui che ridevano
sguaiatamente.
“Ehi
moccioso, stai attento con quella roba, non vorrei mai volare per
terra per colpa tua!” disse uno, sfottendolo allegramente.
“Chiudi
quella fogna, idiota!” ribatté Ace poco
gentilmente, quando una
lampadina gli si accese sulla testa. Gli sembrò persino che
facesse
quel rumorino simpatico.
Il
ragazzo prese in braccio secchio e spazzolone, non curandosi
minimamente di spargere acqua e sapone ovunque, e si fiondò
sul
ponte della nave.
Accertatosi
che non ci fossero occhi indiscreti in giro -era diventato un
professionista in quello- e riempito il secchio d'acqua,
iniziò a
spargerla ovunque sul pavimento. Armato di una saponetta, che
profumava deliziosamente di lavanda, si mise in ginocchio e di buona
lena cominciò a strofinarla sull'acqua appena gettata a
terra,
facendo in modo di creare una bella schiuma dall'aspetto molto
scivoloso.
“Tanto
quel vecchiaccio è talmente alto che nemmeno si
accorgerà di questa
roba per terra!” ghignava tra sé, come se quello
che aveva appena
detto fosse stata la scoperta del secolo.
Sghignazzando
e soffocando delle risate vere e proprie, continuò la sua
opera
finché la saponetta non si esaurì, e solo allora
si appostò
nell'angolo più vicino, attendendo.
Ormai
era diventata quasi routine.
Non
ci volle molto perché il vecchio capitano passasse di
lì diretto
alla cucina, col suo passo lento e decisamente pesante; si avvicinava
pericolosamente al punto schiumoso. Pochi passi e inevitabilmente il
piede finì all'aria, trascinandosi il mastodontico corpo
dietro.
Ace
stava già cantando vittoria, quando Barbabianca, con un
atletico
colpo di reni fece una capriola all'indietro, riuscendo ad atterrare
in piedi.
“Guarararararara,
ragazzino, inventatene un'altra!”
Ace
era rimasto basito.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Salve
salvino gente! Sono ritornata con un altro capitolo molto normale, mi
spiace!
A
me fa sempre e comunque ridere Barbabianca che vola per aria (sarebbe
stato peggio su una buccia di banana, lì davvero sarebbe
stato un
cliché da cartone animato!), un uomo così grosso
e così dignitoso
poi!
Questo
capitolo forse è il più breve per quanto riguarda
l'azione
dell'attentato alla sua vita, ma scrivere tutte flash è
davvero
complicato; spiegare in così poche parole una storiella del
genere
non è facile! Sarebbe stato ancora più complicato
-e noioso
soprattutto- però se si fosse trattato di una raccolta di
one shot;
non so nemmeno se sarei riuscita a scriverne così tante.
Tutta
questa pappardella per giustificare la raccolta delle flash. Ecco.
Comunque,
ringrazio infinitamente chi ha letto, recensito ed inserito la storia
nelle varie categorie! ❤
Vi
amo tanto, sappiatelo! ❤
Ma
amo un po' di più quelle anime pie che commentano ogni
capitolo; non
sarei nulla senza di voi, quindi grazie, perché mi motivate
per
poter andare avanti! ❤
Ci
vediamo presto, alla prossima!
Peace
& Love! ❤
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** #6 Un buco nell'acqua ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#6
Un buco nell'acqua
Fu
una notte tumultuosa, in preda ad una terribile tempesta che sarebbe
stata ricordata nelle settimane a venire.
Ace,
come tutto il resto della ciurma, era stato sballottato a destra e
sinistra, aveva colpito ogni sporgenza ed angolo appuntito possibile,
oltre che a bere litri di acqua salata; senza contare che aveva
rischiato di volare in mare innumerevoli volte, e di affogare in
dieci centimetri d'acqua, in quanto non riusciva più a
tirarsi su
dalla posizione in cui era caduto.
Insomma,
una nottata decisamente da dimenticare.
Ma
non tutto il male era venuto per nuocere, come si suol dire; e anche
in quel casino abominevole, un'idea era passata come una saetta nella
mente del ragazzo lentigginoso, illuminandola.
Una
lampante occasione per poter togliersi definitivamente il vecchio
dalle palle, tanto per non essere volgari.
Avrebbe
agito in pieno giorno, -come se le altre volte non avesse fatto
così-
indisturbato e senza essere visto, come solo lui era capace di fare
in una nave con più di trecento persone a bordo.
Come
riuscisse a farlo, era ancora un mistero della fede.
Attraversò
mezza Moby per poter arrivare al punto desiderato; sapeva che a
quell'ora il vecchio era solito fare un pisolino rumoroso. Il suo
russare poteva essere sentito per tutta la nave, ed Ace sospettava
anche nelle isole nei pressi della stessa.
Arrivato
davanti porta, che si chiedeva come potesse essere di dimensioni
normali data la grandezza del capitano, la aprì piano,
attento a non
fare rumore.
Barbabianca
dormiva beato a pancia in su, le braccia aperte che occupavano quasi
tutta la larghezza della cabina.
Ace
entrò in punta di piedi, tenendo uno strano arnese con una
punta di
vite simile ad un grosso cavatappi; l'aveva trovato vicino
all'armeria, quando gironzolava senza meta e senza vergogna.
Fece
pochi passi avvicinandosi al letto senza esserci tuttavia troppo
vicino. Si fermò un attimo ad osservare l'uomo enorme che
dormiva a
pochi centimetri da lui, contemplandolo.
Era
davvero un mastodonte; solo la sua testa era quasi grossa quanto
tutto il corpo di Ace. Incuteva timore solamente a vederlo dormire,
figurarsi trovarselo davanti in battaglia.
Ma
non era tempo di quisquilie.
Il
ragazzo lentigginoso mise dritto quell'arnese infernale, schiacciando
leggermente per poter piantare la punta nel legno gonfio di
salsedine. Premette fin quando non sentì un piccolo crack,
segno che il pavimento aveva ceduto. Prese le due barre di ferro in
cima alla grossa vite e iniziò a girare, creando mano a mano
un buco
sempre più profondo. Girò per parecchio,
finché non sentì più
resistenza, ma solo il rumore dell'acqua che sgorgava direttamente
dal buchetto appena fatto.
Ghignando
ritrasse l'oggetto e sgusciò fuori dalla cabina,
ringraziando che si
trovasse proprio sopra il livello del mare.
Aspettò
che la stanza si allagasse completamente, annegando il maledetto
vecchiaccio, riprendendo a gironzolare tranquillamente.
Per
poco non ci restò secco quando lo vide seduto per la cena
che
rideva sguaiatamente, tracannando il suo saké.
“Guararararara,
l'acqua di mare mi fa un baffo!” la battuta del secolo.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Buonsalve
cari lettori! Sono tornata abbastanza presto, non come l'ultima
volta; credo che se il tempo me lo permetterà, potrei anche
aggiornare giornalmente, o a giorni alternati. In questo momento mi
sento lanciata in questa mia folle impresa, che spero vivamente di
riuscire a portare a termine. Magari si spera prima della fine
dell'anno corrente. Ma non spariamola troppo grossa, perché
non
penso di essere costante quanto adesso; ora dopotutto sono in
vacanza!
Passando
al capitolo.
Io
non ho idea se possa esistere davvero un oggetto che assomigli ad un
cavatappi gigante; non so nemmeno come possa chiamarsi, per quello
non gli ho dato un nome. Però mi è servito, e se
mai non fosse
reale, beh, in OP ci sono un sacco di cose strane, ed una in
più non
fa differenza! Se poi esistesse sul serio, -perdonatemi, ma di queste
cose non capisco davvero nulla!- vi prego ditemi come si chiama!
Detto
ciò, ringrazio sempre chi mi segue e commenta tutti i
capitoli,
siete davvero la forza che mi spinge ad andare avanti, pensando che
forse questa raccolta possa davvero divertire qualcuno. ❤
Ringrazio
anche chi segue la storia, chi la legge soltanto, chi la ricorda e
chi la preferisce. ❤
Mi
lamenterò sempre del fatto che coloro che la mettono tra una
di
queste categorie, possano anche spendere cinque minuti del loro
tempo, come io spendo mezz'ora per pubblicare una cosa che a loro
piace, a quanto pare.
Vi
sarei grata se lasciaste un segno del vostro passaggio. Davvero.
Ci
vediamo presto, si spera!
Peace
& Love! ❤
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** #7 Intossicazione da fumo ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#7 Intossicazione
da fumo
Erano
appena approdati in un porticciolo tanto grazioso quanto puzzolente.
D'accordo che si trattava di un'isola di pescatori, ma il tanfo
insopportabile di pesce non era minimamente giustificato.
Tralasciando
i pensieri che si insinuavano nella mente di Ace nel sentire quel
deliziosi profumini intasargli il naso, l'intera ciurma si
precipitò
a terra; erano speranzosi di trovare cose che in una nave con a bordo
solo uomini, non c'erano.
Il
bel moretto aspettò che passasse la calca per poter scendere
in
tutta tranquillità; in fondo non aveva fretta, e anche se
l'avessero
dimenticato a terra, di sicuro non ne avrebbe fatto di certo un
dramma.
Superato
l'ultimo gradino, si avviò con passo deciso verso il centro
del
paese; il suo stomaco già cominciava a reclamare del cibo.
Passeggiava
tra le bancarelle, fissando ogni sorta di oggetto, vestito o alimento
che gli capitasse sotto agli occhi; si concesse anche qualche
furtarello, giusto per non morire di fame. I soldi non li aveva, non
aveva mai pagato un conto in vita sua, e sicuramente non lo avrebbe
fatto adesso.
Mentre
si sollazzava la vista con tutti quei colori, e le sue narici si
beavano di quei profumi che le stuzzicavano (mica come il puzzo di
pesce del porto!), di tanto in tanto lanciava uno sguardo furtivo in
cerca di qualche membro dell'equipaggio di Barbabianca, chiedendosi
perché l'avessero lasciato libero di gironzolare per l'isola.
D'un
tratto, l'attenzione di Ace fu attirata da una bancarella piuttosto
strana: vendeva solo ed esclusivamente sigari.
Lui
non era mai stato un fumatore, e solo l'odore di quella roba gli dava
la nausea; sì, più del pesce del porto. Ma la sua
mente partorì
un'idea tanto bizzarra quanto allettante.
“Mi
scusi, quanto costano questi sigari?” chiese gentilmente alla
bella
ragazza che stava al banco.
“Per
te, ad un prezzo speciale” rispose lei maliziosa.
Avere
una bella faccia come quella di Portuguese D. Ace aveva i suoi
vantaggi: si era portato via una cosa come tre chili di sigari, senza
pagare nemmeno un centesimo.
Era
bastato un bacetto innocuo, e l'affare era stato fatto; quella
tecnica funzionava sempre.
Il
ragazzo, armato di sigari, era risalito in fretta e furia sulla nave,
attento a non dare troppo nell'occhio con quel grosso sacco.
Si
era silenziosamente diretto verso la cabina del capitano, che a
quanto pare era rimasto a bordo per schiacciare un pisolino.
Ghignando
tra sé, Ace entrò furtivo nella camera, attento a
non svegliarlo.
Prese
a posizionare tutti i sigari ordinatamente, fino all'ultimo;
successivamente diede loro fuoco contemporaneamente, mentre usciva
sghignazzante dalla cabina.
Pochi
minuti, e da sotto la porta iniziò ad uscire un fumo nero e
fetente,
segno che il suo piano stava andando a buon fine. Intossicazione
assicurata.
Già
si sfregava le mani.
Ma
nemmeno il tempo di saltare di gioia che il vecchio uscì
trionfante
dalla cabina, tenendo non meno di cinque sigari in bocca. E
sorridendo.
“Guarararararararara
sono buoni questi affari!”
E
la cosa peggiore era che se li gustava per davvero.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Hola,
hola miei prodi e assidui frequentatori! (?)
Sembro
quasi una casa chiusa, e non è proprio una bella cosa...
Comunque!
Sono tornata con un capitolo che a me, detto sinceramente, piace un
sacco. So che come autrice dovrei amare tutte le mie creazioni (ma vi
assicuro che non è affatto così), che siano belle
o brutte, stupide
o profondamente intelligenti; ma mi sono divertita un mondo a
scrivere questo capitolo, che non pensavo venisse fuori
così. L'idea
di base era diversa, ma questa mi soddisfa decisamente di
più!
Ah,
ispirazione, ogni tanto fai cose belle anche tu! ❤
L'idea
è partita da una puntata di Futurama, dove Bender trova un
banchetto
di sigari in un mercato biologico spaziale.
Questo
vi fa capire quanto io sia nerd.
L'odore
del sigaro è qualcosa di pestilenziale, e anche quando
fumavo non lo
potevo sopportare. Ora sono diventata brava e non fumo -quasi-
più.
Detto
ciò, ringrazio sempre chi ha la pazienza di seguirmi! ❤
Ne
approfitto per fare un po' di pubblicità positiva per me!
*sguardo
angelico*
Se
avete tempo, e voglia, date un'occhiata qui,
e siate anche anime pie! D'altronde io sforno per voi queste
scemenze! *altro sguardo angelico* ❤
Alla
prossima gente!
Peace
& Love! ❤
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** #8 Una strana puzza ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#8 Una
strana puzza
Era
da parecchi minuti che sulla Moby Dick si sentiva una strana puzza;
sembrava quasi carne bruciata. Ma non una carne comune; era un odore
pungente e quasi nauseabondo, che a tratti sapeva di dolce.
In
pratica, faceva abbastanza schifo.
Sulla
nave tutti si stavano chiedendo la causa di codesta molestia.
“Ma
stanno facendo un barbecue?” si chiedeva qualcuno.
“Ci
sono le braciole!” ululava qualcun altro, annusando l'aria
come un
cane da tartufo.
“Chi
è che non si lava da puzzare così?”
domandò Satch, tappandosi il
naso.
Si
aggirava per la nave insieme a Marco, e non riusciva a darsi pace per
il tanfo che vi circolava sopra. Essendo poi un uomo d'alta classe,
non tollerava di certo cose di questo genere.
Il
biondo ananas si limitò a fare spallucce senza proferir
parola,
continuando a guardarsi intorno con aria interrogativa; per quanto lo
si potesse evincere dalla sua espressione.
“Ehi
Satch...hai visto il ragazzino?” chiese dal nulla,
interrompendo il
cuoco dalle sue elucubrazioni e attirandone l'attenzione.
“No,
è da ieri sera che non si vede in giro”
constatò.
Rimasero
in silenzio, continuando a camminare senza una meta apparente,
finché
delle grida femminili non squarciarono l'aria.
Era
una delle infermiere che si era recata nella stanza di Barbabianca
per somministrargli le consuete medicine; si era ritrovata davanti
agli occhi una scena orribile.
L'intera
cabina stava andando a fuoco, e un fumo denso e nero usciva da sotto
la porta.
Immediatamente
quasi tutto l'equipaggio si era recato sul posto; chi per prestare
soccorso e chi semplicemente per vedere che cosa fosse tutto quel
trambusto.
Il
chiacchiericcio si fece più intenso, mentre la ciurma
pensava al da
farsi. Tutti si chiedevano che cosa potesse mai essere accaduto;
Marco, dall'alto della sua calma, diede l'unica risposta plausibile a
quella situazione.
“Il
ragazzino.” pronunciò catatonico; in men che non
si dica la
preoccupazione generale scemò, tra borbottii di dissenso da
parte di
qualcuno e altri divertiti che intasavano l'aria. La folla si
disperse in tempo prima di essere travolta da una sagoma lanciata
letteralmente fuori dalla porta della cabina del capitano, ora
aperta.
Capitombolò
per qualche metro, per poi rimbalzare e finire dritta in mare. Un
urlo continuo la accompagnava per il tragitto.
“Guararararararararara!”
si sentì, mentre il vecchio, con aria troneggiante, si fece
vedere
sull'uscio. Si stava spegnendo un braccio che sembrava essersi un po'
bruciacchiato.
Ecco
cos'era quella puzza insopportabile; carne umana alla brace.
“Ragazzino,
dare fuoco alle mie tende non è stata un'ottima
idea!” e rise di
nuovo sonoramente, facendo quasi tremare i vetri delle finestre.
“Qualcuno
lo vada a ripescare” ordinò infine, tornando nelle
sue stanze e
chiudendosi la porta alle spalle.
Satch
rimase allibito da quel tentativo assai stupido per uccidere il
capitano; Marco invece rideva sotto i baffi. Anche se i baffi lui non
li aveva.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Hola
gente!
Scusate
il ritardo abissale, ma alla fine ce l'ho fatta a tornare!
Non
ho molto da dire su questo capitolo, se non che non mi convince
più
di tanto. Era nato da un'altra idea in effetti, ma questa che mi
è
uscita (praticamente da sola, lo ammetto) mi sembrava un po' meno
banale e idiota.
Non
che questa non lo sia, ovvio.
Ho
cambiato per una volta punto di vista, anche perché mi
sembrava
leggermente più divertente; Ace non può sempre e
solo avere
l'esclusiva su tutto! :D
Ho
fatto anche sì che la ciurma non si preoccupasse per il
proprio
capitano, perché penso che sappiano, e si siano ormai
abituati, ai
tentativi inutili di Ace di attentare alla vita del povero vecchio.
Detto
ciò, vi ringrazio sempre tutti di gran cuore, davvero!
Spero
di avervi almeno fatto sorridere!
Un
bacio e alla prossima!
Peace
& Love!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** #9 Episodio 461 -spettacolo pirotecnico- ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#9
Episodio 461
-spettacolo
pirotecnico-
Dopo
la chiacchierata con Satch, che, puntualizziamolo, non era stato
affatto piacevole, Ace si ritrovò a gironzolare per
l'immensa nave a
forma di balena per l'ennesima volta.
Camminò
talmente tanto che la sera sopraggiunse pigra, sostituendosi alla
fresca mattinata in cui Ace era uscito sul ponte della nave.
Era
ancora di pessimo umore, e in più non sapeva dove diavolo
fossero
finiti i suoi compagni. Ma in quel momento poco gli importava; quello
strambo personaggio dai capelli a banana gli aveva assicurato che
erano stati risparmiati tutti quanti e portati a bordo della nave di
Barbabianca.
Almeno
stavano bene, e anche se Pugno di Fuoco non si fidava affatto di
quelle persone, Satch non gli era sembrato un uomo che finge su quel
genere di cose.
La
luna era alta nel cielo, e per la nave non si vedeva anima viva.
Quale
occasione migliore per tentare di uccidere il Capitano?
Ace
si diresse sottocoperta, intento più che mai a raggiungere
il suo
scopo.
Quello
con cui non aveva fatto i conti, però, era il labirinto di
corridoi
sotterranei che portavano alle cabine.
Inutile
dire che gli ci vollero si e no altre due ore per riuscire a trovare
quella del capitano. Maledetto senso dell'orientamento completamente
mancante.
Riconoscerla
non era stato affatto difficile: era chiusa da una porta talmente
grande, da fare invidia alle più magnifiche cattedrali
dell'intero
pianeta.
Il
ragazzo rimase immobile lì davanti per qualche secondo, per
poi
controllare che a destra e a sinistra -e anche dietro, che non si sa
mai che cosa si può trovare- non ci fosse nessuno.
Appurato
ciò, un ghigno malefico si fece strada tra le sue labbra.
Appoggiò
cautamente la mano sulla maniglia e la tirò giù
con quanta più
delicatezza possibile, per evitare di fare rumore.
Entrò
nella stanza buia, riempita solamente dal russare regolare del
vecchio; aveva anche la bollicina al naso, segno che se la stava
dormendo della grossa.
Lo
fissò dal fondo del letto, per poi prendere completamente
fuoco e
scagliarsi velocemente contro di lui, il suo fedele pugnale affilato
nella mano destra.
Aveva
uno sguardo battagliero di chi sa perfettamente che cosa sta facendo.
Mai
cosa fu più sbagliata.
Quando
era pronto per colpire, l'arma sguainata, Barbabianca aprì
gli occhi
per quel poco che bastava per rendersi conto di tutto quello che gli
stava accadendo intorno.
Fu
un secondo.
Lo
prese malamente per il polso in cui impugnava il coltellaccio,
scaraventandolo fuori dalla cabina, facendolo passare per lo spesso
muro di legno che lo divideva dal ponte.
Due
marinai, con tanto di bottiglie di rum aperte, assistettero alla
scena, lamentandosi del baccano provocato dal ragazzo a quella tarda
ora di notte.
Ace
si tenne il naso sanguinante, mentre il vecchiaccio aveva ripreso a
dormire come se niente fosse successo, con solo un grosso buco nel
muro della sua cabina.
Giammai
sarebbe finita così. Giammai!
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Miei
prodi cavalieri, eccomi tornata!
Ammetto
che nei cento modi per far fuori il vecchiaccio (pace
all'anima sua ❤)
ho inserito anche quelli che si vedono nell'anime. Mi sarei sentita
in colpa e la mia ossessione di non intaccare la storia originale ha
preso il sopravvento. Non ce la faccio a non seguire fedelmente
quello che è già successo, e poi mi ha tolto
d'impiccio due modi
così, a random! E non è cosa da poco *sghignazza*
Due
perché questo e il prossimo capitolo sono la descrizione di
uno
spezzone dell'episodio 461, da cui i capitoli prendono il titolo.
È
colpa di quel tizio che dice che “è già
la centesima volta che ci
prova!” e l'altro gli risponde “solo cento? Pensavo
fossero di
più!”, se è nata questa assurda
raccolta. Quindi, abbiate
pazienza ma questi due capitoli sono, come dire, reali e accaduti per
davvero! Nel manga io non so come proceda la storia, purtroppo non lo
possiedo *tristezza a palate*. Qualcosa l'ho inventato io, ma di per
sé l'attentato è come l'ha decritto Oda. Ci ho
pensato solo adesso
che questo probabilmente era stato il primo con cui Ace ha agito,
avendo parlato con Satch appena risvegliato sulla Moby; ma non mi
piaceva iniziare tutto questo con qualcosa che non era propriamente
di mia invenzione, sarebbe stato un po' bruttino. Però il
colpo di
per sé (se fosse slegato dalla prima parte che ho scritto),
potrebbe
essere messo in qualsiasi posto. Quindi, spero di non aver fatto
gaffe di dimensioni titaniche.
Detto
ciò, ringrazio sempre di cuore coloro che mi seguono, anche
stando
in silenzio.
Niente
sarebbe possibile se non per voi! ❤
Al
prossima capitolo, che arriverà presto presto!
Peace
& Love! ❤
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** #10 Episodio 461 -ascia gigante- ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#10
Episodio 461
-ascia
gigante-
La
Moby Dick era una nave piuttosto grande, e il senso dell'orientamento
di Ace gli era inversamente proporzionale.
Era
riuscito a perdersi almeno una dozzina di volte, e qualcosa gli
diceva che quella non sarebbe stata affatto l'ultima.
Vagava
come un'anima in pena, e fondamentalmente lo era; ancora non si dava
pace del perché lo facessero gironzolare per la nave senza
incatenarlo nella prigione.
Dopotutto
aveva espressamente detto che avrebbe ucciso Barbabianca, e non
comprendeva la ragione per cui nessuno ne era impaurito.
Forse
però, un sospetto iniziava anche ad averlo.
Nel
suo bighellonare, trovò un marinaio ubriaco spalmato a
terra, con
un'ascia gigante accanto a lui.
Certo
che per essere ancora giorno, l'equipaggio ci dava dentro col rum
come mai aveva visto in vita sua.
Colse
però l'occasione ghiotta e rubò silenziosamente
l'arma che gli era
di fronte; era piuttosto pesante ed ingombrante a dire la
verità, ma
a lui non importava.
Sarebbe
stato difficile nascondersi con quell'aggeggio in mano, ma a lui
piacevano le sfide.
Sapeva
che in quel momento Barbabianca e gran parte dell'equipaggio erano
riuniti attorno al trono del Capitano.
Sarebbe
stato piuttosto difficile assaltarlo, ma Ace avrebbe sfruttato
l'effetto sorpresa.
Si
nascose dietro ad un muro, osservando un attimo lo scenario: poco
distanti da lui, sulla destra, c'erano Marco e Satch in piedi, a
braccia incrociate il primo; guardavano il vecchio seduto di spalle
sul suo immenso trono alla cui sinistra c'erano le solite due
infermiere.
Bene.
Non era così affollato come Ace aveva pensato, ed agire
sarebbe
stato di certo più facile. Prese coraggio con un respiro
profondo e
si lanciò alla volta dell'uomo baffuto.
Prese
la rincorsa e con un colpo deciso e l'espressione guerriera,
saltò
fino ad arrivare all'altezza della testa dell'uomo. Brandiva l'ascia
con maestria, portandola dietro il capo e scagliando il suo fendente
micidiale.
O
almeno cercando di farlo.
Udì
chiaramente gli sghignazzi di Satch e un commento poco carino di
Marco, le urla atterrite delle due infermiere indignate e la risata
rumorosa del Capitano.
“Guarararararara,
che prontezza ragazzino!” ululò, girandosi con
velocità
nonostante i tubi che lo collegavano all'ossigeno. Parò il
colpo con
una sola mano, e usò il potere del suo Frutto del Diavolo
per
sbattere Ace lontano da lui. Il ragazzo, urlando, precipitò
in mare
con un tonfo sordo; l'ascia rimbalzò sulla balaustra ma
rimase
infilzata sul ponte della nave.
Tre
uomini che erano lì accanto, commentarono sarcasticamente la
sua
caduta in mare, intimando che qualcuno lo andasse a prendere
poiché
non sapeva nuotare.
“Guarararararara,
che tenacia però!”
Quella
volta fu Satch a fare il lavoro sporco. Ridendo senza ritegno lo
andò
a ripescare, provocando nel ragazzo lentigginoso un moto di rabbia
tremenda, che non riuscì tuttavia a sfogare sul Comandante
in
quarta. Si beccò piuttosto un sonoro pugno in testa
accompagnato da
una risata che però faceva più male all'orgoglio
che al corpo.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Come
promesso, in tempo record anche questo capitolo. E con questo, mi
sono tolta tutti quelli presenti nell'anime. Un po' mi davano noia,
lo ammetto, ma sono riuscita a sbarazzarmene in fretta e senza
dolore.
Non
ho molto da dire su questo capitolo, se non che non mi convinca
molto; ma il Sommo ha voluto che andasse così, e chi sono io
per
giudicare il suo lavoro?
A
parte l'aver ucciso Ace. Ah, quella non gliela perdonerò
proprio
mai. MAI.
Miei
fedelissimi, vi ringrazio sempre di cuore, davvero. ❤
Alla
prossima, si spera presto! ❤
Peace
& Love!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** #11 Destriero imbizzarrito ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#11
Destriero imbizzarrito
Ogni
tanto la ciurma di Barbabianca era solita fermarsi in qualche isola
per fare rifornimento, contemplando anche qualche gitarella. Serviva
loro per spezzare quella lunga monotonia sulla Moby Dick, assai
noiosa dopo mesi interi passati a navigare.
Ormai
nemmeno più gli attacchi degni di essere definiti
pirateschi,
attizzavano un briciolo di emozione negli animi dell'equipaggio;
serviva un po' d'allegria.
Quel
giorno la sorte volle che sbarcassero in un'isola dal clima mite,
piacevole e molto rilassante.
Appena
approdati, tutti i membri, compreso il capitano, si precipitarono a
terra emozionati e felici.
“Finalmente
posso sgranchirmi le gambe come si deve!” diceva qualcuno.
“Oh
che bello essere di nuovo a terra!” urlava qualcun altro,
stiracchiandosi con poca grazia.
“Che
aria buona!” espirava ancora un altro, poco dopo aver
inspirato una
boccata di 'aria di terra'.
Anche
Ace era sceso, nonostante preferisse comunque stare in mare aperto;
non si sentiva abbastanza libero quando aveva i piedi ancorati alla
terraferma. Ma lo strappo alla regola l'avrebbe fatto anche lui
quella volta, seppur tenendo il broncio e rimanendo in disparte. Ma
nessuno sembrava curarsene.
Il
capitano prese le redini della situazione, oltre che nel vero senso
della parola. Quel giorno sarebbero andati tutti a cavallo.
Ebbene,
erano in pochi eletti a saperlo, ma il grande Barbabianca amava
montare a cavallo; e di tanto in tanto si concedeva una scampagnata
in mezzo ai boschi.
Faceva
ridere, vedere un omone della sua stazza seduto su un cavallo coi
piedi che quasi toccavano terra.
“Guararararara,
forza figlioli, al galoppo!” tuonò, esortando i
membri della sua
famiglia a salire presto in sella anche loro.
Ace
osservava attento, già con qualcosa in mente. Lui non
sarebbe andato
a cavallo, no; teneva ai suoi gioielli di famiglia, e stare sopra ad
un essere che poteva comprometterglieli da un momento all'altro, non
faceva per lui.
Si
appostò dietro ad un cespuglio basso, proprio dietro al
grande
destriero di Barbabianca. Ghignava, Ace, convinto che questa volta
finalmente ce l'avrebbe fatta.
Tutti
sapevano che i cavalli sono animali fifoni, ed era per questo che
aveva tutte le intenzioni di spaventarne uno in particolare.
Attese
il momento opportuno, quando il capitano era più distratto,
e agì.
Con una sottile fiammata andò ad incendiare il sedere del
povero
animale, che dopo un momento iniziò a saltare per aria come
impazzito. L'uomo sulla sua schiena sembrava come in preda alle
convulsioni, mentre il cavallo sgroppava a destra e sinistra.
Ace
sghignazzava, pregustandosi già la vittoria. Ma la
cantò troppo
presto.
Barbabianca
rideva come mai, stando incollato alla sella come se fosse la cosa
più normale del mondo. Ci volle un po' prima che l'animale,
esausto,
si fermasse a riprendere fiato.
“Guararararara
ragazzino, grazie! Era da tanto che non mi divertivo
così!” la sua
voce echeggiò fino alle orecchie di uno sdegnato e stupito
Ace.
Ma
possibile che fosse capace anche a fare quel genere di cose?!
E
intanto la coda del cavallo continuava ad andare a fuoco.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Salve
cari lettori! Sono tornata, con tremendo ritardo, ne sono
consapevole. E vi chiedo immensamente scusa.
Spero
di essermi fatta perdonare con questo capitolo veramente cretino.
Ma
sono di parte, perché io vado a cavalla da praticamente
tutta la
vita, e pensare a Barbabianca che ci va...beh, mi ha fatto morire
dalle risate, credetemi. Ho anche cercato un'immagine che
testimoniasse questa mia fantasia, ma purtroppo non l'ho trovata. Non
c'è ancora stato nessuno in grado di partorire un'idea
così
stupida; a parte me ovviamente.
Vi
assicuro però, che vivere in prima persona quello che ha
vissuto il
vecchio, è qualcosa di bellissimo. Ovvio, dopo che sei stata
buttata
giù almeno dieci o dodici volte, e poi impari come si fa. Ma
io
stessa rido come un'idiota quando mi succede.
Detto
ciò, ringrazio sempre con il mio piccolo cuore coloro che
recensiscono sempre tutti i capitoli.
Chi
ha messo la raccolta tra le seguite, ricordate e preferite.
E
ovviamente coloro che ci sono ma non si vedono: i lettori silenziosi.
So che ci siete, perché i numeri non mentono. *sguardo truce*
Ci
vediamo presto, ho intenzione di aggiornare in maniera più
regolare!
Peace
& Love!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 12 *** #12 Assalto al porto ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#12
Assalto al porto
Giornata
tranquilla, oggi; come le duecentotrentasette appena passate. Ace e
le sue rotelle si possono sentire distintamente nel silenzio che
aleggia sulla Moby Dick.
In
effetti è abbastanza strano che la nave non sia piena di
parole,
grida e strani versi emessi dal suo equipaggio, ma essendo ancorati
ad un porto di un'isola estiva, quasi tutti i pirati sono scesi per
divertirsi sulla terraferma.
Ma
non Ace, non questa volta.
Così
si era ritrovato a vagare, guarda caso, per la nave deserta, di cui
aveva scoperto tutti i segreti. O quasi.
Camminava
a passo lento, con le mani incrociate dietro la schiena, proprio come
un degno anziano; dopotutto non aveva nulla di che preoccuparsi, dato
che non si vedeva in giro anima viva.
“Devo
agire in fretta se voglio concludere qualcosa...” pensava ad
alta
voce, tirando un calcio ad una grossa corda accanto a lui che gli
intralciava il cammino.
Improvvisamente
si bloccò sul posto, osservando con interesse quell'oggetto
arrotolato, che pareva quasi un serpente che aveva mangiato un altro
serpente.
“Forse
mi è venuta un'idea...” ghignò,
continuando a fissare l'arnese
usato per issare le vele.
Si
diresse a passo svelto sul ponte della nave dove Barbabianca era
solito stare seduto comodamente in poltrona, sperando di trovarlo
lì
anche in quel momento.
“Tombola!”
sussurrò tra sé, vedendo il vecchio che beveva
beatamente il suo
saké, attorniato da pochi membri dell'equipaggio che stavano
in
silenzio.
Ace
prese un gran respiro, gonfiando al massimo i polmoni, per poi
rigettare tutta l'aria ingerita in un urlo che per poco non fece
prendere un infarto ai presenti.
“I
briganti assalgono la nave!!”
Le
sue parole risuonarono come un tuono fino alle orecchie di chi era
nel giro di almeno venti chilometri, facendo scattare in piedi
persino il capitano.
“Guarararara!
Poveri illusi! Pensano di attaccare la mia nave?!”
“Perfetto”
sibilò Ace tra i denti, facendo molta attenzione a dove si
dirigeva
il grosso capitano dai lunghi baffi.
Quando
capì che direzione voleva prendere, fu più lesto
di lui e lo
precedette in una manciata di secondi.
Prima
che potesse raggiungere la balaustra e assicurarsi che non ci fosse
nessuno, o peggio, saltarla direttamente, prese un'estremità
della
spessa corda e la tirò, in modo da far inciampare il
vecchio; contro
ogni aspettativa, quello ci finì contro, inciampando
rovinosamente.
Inutile dire che la sua caduta lo portò dritto in mare, dopo
aver
fatto un tuffo carpiato con doppio salto mortale.
Il
ragazzo lentigginoso esultò, felice come non mai per essere
riuscito
ad affogare il capitano, invulnerabile a tutto ma non all'acqua.
Ma
la sua euforia durò poco.
“Guarararararara!”
si sentì echeggiare quella risata profonda e troppo
divertita, per i
gusti del ragazzo, che si affacciò per vedere che cosa
potesse
essere andato storto. Di nuovo.
“Grazie
ragazzo, avevo proprio caldo!”
Ace
buttò a mare anche la corda, vedendo il vecchio in piedi in
cinque
centimetri d'acqua che se la rideva della grossa.
Non
poteva caderci di faccia?!
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Io
mi faccio un po' schifo, in effetti. Vi chiedo immensamente scusa per
questo ritardo a dir poco deplorevole; ho avuto una serie di problemi
indecenti e l'università in questo periodo mi sta uccidendo.
Vi
prego di perdonarmi, e se non ci riuscite, provate pena per me e
pregate per la mia anima in cerca di salvataggio.
Sono
arrivata alla conclusione che non mi laureerò mai, e se
ciò dovesse
mai accadere, sarà alla soglia dei trentacinque anni,
più o meno.
Detto
ciò, spero di riuscire ad aggiornare giornalmente, in quanto
mi sono
riproposta di scrivere almeno un capitolo al giorno; non dovrebbe
essere troppo difficile in fin dei conti. Spero di mantenere la
parola data e che le anime pie che mi seguivano mesi fa, continuino a
farlo. Spero che questo (stupido) capitolo possa essere piaciuto, me
lo auguro con tutto il cuore, e spero come sempre di non avervi
deluso.
Anche
se la mia idiozia pare non avere mai fine, purtroppo. Oramai
è un
triste dato di fatto della mia vita. *piange sommessamente*
Ci
vediamo presto! Spero domani, dunque.
Peace
& Love!
P.s.
Ovviamente questa raccolta non riuscirò mai a finirla entro
la fine
dell'anno, come mi ero immaginata. Le utopie, quali nemiche
silenziose. *piange sommessamente di nuovo*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 13 *** #13 Maledizioni a caso ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#13 Maledizioni a caso
Che
l’enorme
ciurma di Barbabianca non fosse completamente sana di mente, lo
sapevano in
molti; ma che addirittura questo branco di energumeni credesse a
fenomeni
paranormali era ancora più incredibilmente stupido.
Quando
l’omone
che era considerato il capitano, aveva dato l’ordine di
attraccare nell’isola
in cui si trovavano in quel momento, si levarono grida di approvazione
e di
gioia.
A quanto Ace
aveva appreso, quell’isola era una tappa abituale; non appena
ne avevano
l’occasione, vi sbarcavano senza alcun ripensamento, anche
più volte durante
l’anno.
Che cosa
avesse di speciale, Ace non lo capì finché non
sentì farneticare due membri su
ciò che avevano intenzione di fare di lì a poco.
“Dai Gin,
vieni anche tu alla casa dei fantasmi! Lo sai che ci si diverte
sempre!”
“Mi hai
convinto! Quelle presenze mi fanno sempre accapponare la
pelle!”
-Intelligenti!-
pensò Ace ironico. Come cavolo si poteva credere a certe
baggianate?
Decise
comunque che era il caso di sgranchirsi un po’ le gambe, non
sapendo bene quando
avrebbe di nuovo avuto l’opportunità di scendere
sulla terraferma.
Raggiunse la
via principale del paese guardandosi intorno con fare sospettoso; tutti
i
negozi riportavano insegne e nomi che evocavano fantasmi, zombie,
vampiri,
sangue e qualsiasi cosa che appartenesse più
all’altro mondo che a questo.
Incuriosito,
Ace si avvicinò ad una vetrina che esponeva delle strane
sfere di cristallo di
tutte le forme e colori, accanto ad un gigantesco cartello con la
scritta SALDI.
“Io non
credo
a queste cose…ma tentar non nuoce…”
disse a bassa voce e un po’ perplesso,
cercando di convincersi che forse quello era davvero l’unico
modo per poter far
fuori il vecchio.
Lo accolse una
donna col naso bitorzoluto, le mani nodose e la gobba nascosta sotto
una maglia
giallo canarino; non proprio quello che si definisce un bello
spettacolo. Lo
guardò con una luce sinistra negli occhi; inquietante.
“Siediti
caro,
so già cosa vuoi chiedermi, ed io ho la soluzione giusta per
te!” stridette con
una voce metallica.
Ace si
sentì sollevato
dal non dover raccontare nulla della sua vicenda, pensando che forse
non tutte
le dicerie su quell’ambiente fossero false.
“Adesso
concentrati e visualizza il tuo obiettivo!”
Detto fatto,
nulla di più semplice; la faccia enorme di Barbabianca lo
accolse non appena
chiuse gli occhi.
Sentì la
tizia
ripetere frasi senza senso alcuno, ma che assomigliavano tremendamente
ad una
maledizione.
Uscì poco
dopo, felice e contento ma soprattutto convinto che la vecchia gli
avesse tolto
il gravoso compito di uccidere il capitano.
Corse sulla
Moby in preda ad una cieca curiosità; voleva vedere come
sarebbe stato
dilaniato il corpo del vecchiaccio dopo quello sproloquio.
Ma trovò
una
brutta sorpresa.
“Guarararararara,
ma guarda che bella!” tuonò il capitano, sotto lo
sguardo incredulo di Ace. Non
era possibile, non poteva essere vero, stava certamente sognando! Ma
che
diavolo aveva combinato quella vecchiaccia?!
Il capitano si
guardava compiaciuto il mento, dove era cresciuta una folta barba
bianca che si
stava lisciando.
“Ora
si che
posso tenere fede al mio nome, guarararararara!”
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Miei prodi, sono riuscita a
tornare anche qui, finalmente.
Porto con me una brutta notizia: ho perso la mia preziosa tabella con
tutti gli
spunti per i capitoli di questa raccolta *tristità a
palate*. Sono riuscita a
recuperarli fino al 32 più o meno, ma prometto che mi
impegnerò a ricordarmeli
tutti. Mannaggia al mio hard disk che si è fritto *altra
tristità a palate*
Scusate
la mia assenza, ma è davvero un bruttissimo e incasinato
periodo, che spero
finisca presto.
Spero anche che
questo capitolo sia piaciuto, personalmente io mi
sono divertita un sacco a scriverlo e anche ad immaginarmelo!
Ringrazio tutti
coloro che mi seguono e quelli che mi seguiranno
ancora nonostante questa mia lunga assenza. Sappiate che mi fate un
piacere
immenso con tutti i vostri commenti!
Alla prossima!
Peace
& Love!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 14 *** #14 Un dolce amaro ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#14
Un dolce amaro
La cucina della Moby
Dick era grande all’incirca come una nave pirata normale: ci
si poteva
seriamente perdere lì dentro, tra scaffali ricolmi di roba
da mangiare, fresca
o inscatolata che fosse, bibite di ogni colore, e scorte di ogni
genere. Un
intero esercito sarebbe potuto sopravvivere per anni solamente con
tutte le
provviste che c’erano.
Ace si aggirava
furtivo,
in cerca di qualcosa da sgraffignare, come era solito fare dal primo
momento in
cui aveva messo piede su quella maledettissima nave pirata. Aveva
sempre paura
che il cibo offertogli fosse avvelenato o con qualche strana sostanza
all’interno
che potesse farlo stare male.
“Ma
certo!” saltò su,
avendo avuto un’illuminazione fulminante proprio in quel
preciso momento.
Aveva già
escogitato una
cosa simile, ma si disse che tentare nuovamente con un colpo del genere
non
fosse poi così una pessima idea.
Aveva imparato che
c’era
anche un’altra cosa che il vecchiaccio adorava, oltre al
saké; e quella cosa
era la torta al cioccolato che mangiava a colazione, dopo pranzo, come
spuntino
a merenda e dopo cena. E qualche volta pure a mezzanotte, tanto per non
farsi
mancare niente.
Si diede da fare per
scovare quel dolce, che aveva visto aver dimensioni davvero enormi;
d’altronde,
per un uomo della sua stazza corrispondeva sì e no a
metà di una torta normale.
Dovette cercare bene,
ma
alla fine trovò il tanto agognato bocconcino nel gigantesco
frigorifero mezzo
nascosto da alcune ante aperte.
Si sfregò
le mani,
pregustandosi come sempre il momento in cui la vittoria sarebbe stata
nelle sue
mani.
Tirò fuori
l’enorme
pietanza, appoggiandola sul tavolo più vicino e facendo
attenzione a non
rovinare niente. Dopodiché prese quante più
posate gli fosse possibile in un
colpo solo, iniziando a scaldarle col potere del suo Frutto del
Diavolo. In
pochi minuti tutto quel metallo divenne liquido abbastanza da far
sì che il
ragazzo riuscisse a farlo filtrare tra gli strati di quel mostro al
cioccolato.
Ghignando
malignamente,
lo rimise al proprio posto, sperando che nessuno notasse quanto potesse
pesare;
si ritirò dalla cucina, aspettando il mattino seguente.
Questo non tardò ad
arrivare, e vide un Ace piuttosto compiaciuto seduto al fondo del
tavolo della
sala da pranzo, con le braccia conserte che guardava attentamente il
capitano,
ghignando.
Il vecchio non se ne
curò minimamente, ingurgitando un pezzo gigante di torta,
ignaro di tutto. Ace
intanto, se la rideva sotto i baffi.
“Carl, ma
cosa ci hai
messo nella torta stamattina?” chiese il capitano, toccandosi
lo stomaco.
“Sembra
decisamente più pesante del
solito!”
E Ace rideva come un
cretino, attirando su di sé l’attenzione di
Barbabianca, che lo guardò di
traverso.
“Ragazzo,
se è stata
opera tua…” disse, ruttando poi in maniera poco
educata.
“Ti
ringrazio davvero,
perché è ancora più buona del solito!
Guarararararara!”
Il ghigno scomparve
dalla faccia del ragazzo lentigginoso, che non riusciva a capacitarsi
di quanto
quell’uomo che aveva di fronte, fosse forte. Non era
possibile che anche il suo
stomaco potesse essere così, capace di digerire persino il
metallo!
ANGOLO
DELLA DEMENZA
No, non sono morta. Ma
dopo questa mia intollerabile e
totalmente ingiustificata assenza, capisco se voi abbiate la voglia di
uccidermi; e ne avete tutte le ragioni, credetemi.
Ma datemi retta, se
volete un consiglio: NON iscrivetevi MAI
all’università. È
davvero un consiglio spassionato che vi dò, seriamente.
Detto ciò e
terminati i miei deliri, vi chiedo scusa per la schifosità
di
questo capitolo, ma sinceramente non mi veniva davvero nulla in mente.
Di
meglio. La mia fantasia in questo periodo è proprio a terra,
abbiate pazienza.
Potete lanciarmi
pomodori (o qualsiasi altra cosa voi vogliate) addosso
finché
non sarete stanchi e/o soddisfatti.
Ovviamente Carl non
penso che sia il vero nome del cuoco, e se fosse davvero
comparso sulla scena un personaggio che si prodiga a far da mangiare
questa
mandria di bufali, non lo sapevo. Se sapete come si chiama,
provvederò a
cambiare nome subito. Carl, tra l’altro è poco
credibile, ma è il primo nome
simpatico che mi sia venuto in mente.
Per quanto riguarda la
torta, beh, penso che anche il nostro caro e amato
(<3) Barbabianca possa avere dei vizi; si sa, diventando anziani
si ritorna
un po’ bambini, e i bimbi amano i dolci. Ecco
perché ho scelto ciò.
Sperando che non mi
abbiate abbandonata (io vi voglio bene, lo sapete vero?),
vi ringrazio tutti, in particolar modo chi non perde mai occasione di
sostenermi con le sue recensioni, che tanto mi fanno piacere.
Un bacio immenso e
alla prossima!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 15 *** #15 (In)corruttibile Marco ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#15
(In)corruttibile Marco
Che
Marco fosse l’uomo più serio in quella ciurma di
pazzi, era chiaro.
Che fosse il più difficile da adescare, anche. Il
più amichevole? Beh, cercava
di esserlo con Ace.
Ace
se ne stava a poppa guardando il mare, da un paio d’anni a
questa
parte il suo più grande nemico; sempre se si toglieva il
vecchiaccio
dall’elenco. Non sapeva che cosa fare su quella stramaledetta
nave, e ogni
minuto che passava si annoiava a morte.
Destino
volle che da lì passò Marco, il comandante della
prima flotta. O
almeno Ace aveva capito così.
Il
ragazzo lo fissò per un momento, obbligandosi a non posare
il suo
sguardo sugli addominali scolpiti; non voleva passare di certo messaggi
sbagliati, che alla fine poi non lo erano.
Il
biondo si accorse di essere osservato e si voltò verso la
fonte che
gli provocava quel pizzicore alla nuca, trovandovi Ace. Gli
accennò un sorriso,
che gli fece chiudere ancora di più gli occhi già
sottili.
“Ehi
ragazzino!” disse, alzando la mano in segno di saluto.
Per
tutta risposta Ace gli fece gentilmente vedere il dito medio,
girandosi con sdegno dalla parte opposta.
“Gentile
da parte tua!” lo canzonò Marco, ridacchiando e
avvicinandosi un
po’.
“Io
non sono gentile” aveva ribattuto il ragazzo lentigginoso,
con fare
arrogante.
“Lo
vedo!”
Ace
tirò un lungo respiro, sforzandosi di mantenere la calma.
“Non
si può essere gentili con un branco di pazzi come il
vostro!” si
lamentò, tornando a guardarlo in faccia. Il biondo aveva
sempre la sua solita
espressione annoiata; Ace si stava chiedendo se i suoi muscoli facciali
sapessero come lavorare.
“Non
siamo un branco di pazzi, solo una famiglia molto numerosa”
ridacchiò Marco, sedendosi sul parapetto poco lontano dal
moro.
“Beh,
credo che forse tu sia l’unico con un briciolo di
cervello…”
azzardò Ace, sperando di mettere a segno il suo colpo.
“Io
non credo”
“Sì,
invece!” esclamò il moro forse con un tono di voce
un po’ troppo
alto.
“Insomma,
guardati! Sei sempre serio e composto, niente ti scalfisce e
hai sempre tutto sotto controllo…sei la calma fatta a
persona e…” continuò a
sputare complimenti su complimenti, complice la vicinanza di quel
biondo con la
testa d’ananas. Gli faceva davvero un brutto effetto. Nemmeno
Ace sapeva
esattamente da dove gli uscissero quelle parole.
“…a
parte la pettinatura ambigua, sia chiaro!” concluse, non
abbandonando
mai quel tono rabbioso e non smettendo neanche per un secondo di
gesticolare.
Marco
lo guardò per un lungo istante, prima di sogghignare
apertamente. Aveva
capito fin troppo bene dove volesse andare a parare.
“Ragazzino,
non è che stai subdolamente cercando di corrompermi per
ottenere qualcosa?”.
Ace
avvampò. L’aveva smascherato senza nemmeno troppa
fatica. Non rispose.
“Ci
ho preso a quanto pare” e, con quelle parole, Marco si
alzò e sparì
dietro l’angolo.
“Maledizione!”
tuonò Ace, calciando il nulla.
Il
suo malefico piano di portare
Marco dalla sua parte non aveva funzionato. Adesso che ci pensava
meglio, si
disse che era stato anche un piano piuttosto stupido. Sì,
decisamente stupido.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 16 *** #Gioco di carte ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#16
Gioco di carte
Ci
aveva provato con Marco, ma la cosa non era andata affatto a buon
fine. Così Ace non si era dato per vinto, e aveva progettato
di traviare
qualcun altro; qualcuno con lo spirito, forse, meno forte di quello del
Primo
Comandante. Ed era così che si era ritrovato a giocare a
carte nel pieno della
notte, sul ponte buio, fatta eccezione per alcune candele che lui
stesso si era
preso la briga di accendere. Al freddo per colpa di quel caspita di
vento che
si era alzato da mezz’ora buona. Con Satch.
“Tocca
a te fiammifero!” esordì quello, visibilmente
brillo.
Quella
volta Ace aveva fatto in modo che le difese del suo avversario
fossero nettamente più basse della volta precedente. E cosa,
meglio del buon
vecchio alcol, poteva rendere un uomo più vulnerabile? E,
soprattutto,
manipolabile?
“Tiè”
disse con un velato disprezzo, lanciando la carta sul tavolo con
sdegno. Sapeva che non era importante che vincesse, anzi,
più l’avrebbe tirata
per le lunghe e più possibilità avrebbe avuto di
uscirne vittorioso, ma era
davvero sfortunato.
Satch
proruppe in una grossa risata.
“Oh
ho carissimo, mi sa che hai perso!” era tutto gongolante e
rosso, e
si lanciò in una specie di balletto improvvisato.
Ace
colse il momento. Si alzò di fretta, con la scusa di andare
a
sorreggere il barcollante cuoco, e lo diresse verso la cabina del
capitano.
Satch
non si oppose e si lasciò trascinare, sentendosi dire parole
all’orecchio che però non riusciva a comprendere
troppo bene.
“Il
capitano…coltello…dorme…notte…”
quelle le aveva sentite
distintamente, ma non capiva quale senso logico avessero. Non riusciva
minimamente a collegarle tra di loro.
E
intanto Ace continuava con la sua tiritera, sorridendo
perché convinto
di avercela fatta, questa volta.
“Eccoci”
disse tutto felice, una volta che furono arrivati davanti alla
camera di Barbabianca.
“Dove?”
chiese il cuoco, guardandosi freneticamente intorno, non
riuscendo a mettere bene a fuoco cosa lo circondasse.
“Adesso
vai e fai quello che ti ho detto!” lo incitò il
moro, spingendolo
verso la porta. E fu in quell’attimo che Satch
rinsavì, sgranando gli occhi e
mettendo tutti i tasselli al loro posto.
“Tu…il
capitano…il coltello…”
ragionò, per poi scoppiare a ridere
fragorosamente.
“Non
ci pensare nemmeno!” rise ancora, allontanandosi quasi
zoppicando a
causa dell’alcol che gli girava in corpo.
“Non
ci posso credere, stava cercando di…di…insomma,
io uccidere il
babbo!” quelle parole accompagnarono il Quarto Comandante
finché non si dileguò
per il corridoio, lasciando Ace da solo con la sua rabbia per il misero
piano
appena fallito.
Decisamente,
quella ciurma era davvero difficile da corrompere.
L’aria
si beccò l’ennesimo calcio frustrato di Ace.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
*Si
sentono cespugli rotolare*
Salve bella gente! Ebbene, il mio spazio
autore è tornato, almeno per ora. L’altra volta
ero stata troppo pigra per
aggiungerlo, e ammetto che avevo paura che il capitolo fosse fuori tema
e completamente
stupido. Beh, non che questo sia da meno, per carità sia
mai! Non posso proprio
smentirmi su queste cose!
Coooooomunque. Ricomincio la mia
tiritera con la solita polemica. Ma prima ringrazio sentitamente tutti
quelli
che lasciano un segno del loro passaggio quando leggono un mio capitolo.
So che la mia raccolta è qualcosa senza
pretese, ma serve (almeno quello era lo scopo principale) per far
ridere, o per
lo meno strappare un sorriso a chiunque la legga. Non ha implicazioni e
complesse trame, anche perché temo che non ne sarei in grado
e comunque non era
affatto mia intenzione. È per lo più qualcosa di
estremamente stupido che solo
io potevo tirare fuori.
Ora, non mi aspetto tutta questa
affluenza, per carità, io scrivo perché mi piace
e perché le mie idee nella mia
testa non ci vogliono stare. Ma quando vedo che la storia è
preferita da cinque
persone, ricordata da due e seguita da diciassette, quando nemmeno un
terzo di
questi lascia una misera recensione, beh, allora qui forse un
po’ la rabbia mi
viene. Se l’avete inserita in una di quelle parti, vuol dire
che comunque un’occhiata
ce la date, e i capitoli non sono mai letti da meno di cento persone.
Con questo
non voglio esaltare me o la mia storia, ed essere poco modesta,
assolutamente;
ma i numeri sono quelli e non mentono (a meno che qualcuno non si
diverta ad
aprire e chiudere la pagina del capitolo innumerevoli volte) e allora
perché
non potete anche spendere semplicemente due parole? Io lo scrivo anche
per voi,
e sarebbe carino e simpatico che mi diceste che cosa ne pensate. Anche
perché
altrimenti la mia storia non sarebbe finita tra quelle che leggete. So
che i
capitoli sono tanti, ma sono ancora all’inizio, ho un ritmo
(purtroppo) molto
lento nell’aggiornare e la storia non è per nulla
impegnativa.
Detto ciò, vi lascio sperando che anche
questo capitolo vi sia piaciuto, e grazie anche per essere giunti fino
a qui!
A presto! :*
P.s. vi voglio bene
comunque! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 17 *** #L'asse della giustizia ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#17
L’asse della giustizia
Quella
notte sulla Moby Dick si respirava un’aria
piuttosto strana. La
sera prima si era
tenuta, come una sera sì e l’altra pure, una
grande festa in onore di qualcosa inventato
di sana pianta e usato clamorosamente come scusa.
I
fumi dell’alcool vagavano ancora in giro per la
nave, entrando con prepotenza nelle narici di Ace, dandogli fastidio.
C’era
talmente tanta gente ancora sbronza che
ciondolava qua e là, che nemmeno facevano caso alla sua
persona. Così Ace
poteva andarsene in giro per la nave totalmente indisturbato, senza
dare
particolarmente nell’occhio.
Stava
vagando sul ponte principale, quando la sua
attenzione fu attirata da una folla molto rumorosa. Istintivamente si
nascose
dietro all’angolo più vicino, facendo sbucare la
testa, attento a non farsi
cogliere in flagrante. Cosa piuttosto inutile, dato che capì
presto che nessuno
di quegli uomini avrebbe potuto prestargli attenzione: dire che erano
ubriachi
marci era riduttivo.
Vide
troneggiare tra loro la figura del capitano,
senza i suoi soliti tubi per l’ossigeno. Delle infermiere
nemmeno l’ombra;
probabilmente avevano desistito nella loro impresa. Quello in compenso,
se la
rideva fragorosamente, come se non avesse avuto un singolo problema al
mondo,
facendo tremare quasi tutta quanta la nave. Doveva avere delle corde
vocali
davvero notevoli, per raggiungere quell’effetto;
probabilmente il potere del
suo frutto del diavolo intaccava anche quelle.
“Bene”
pensò subito il ragazzo lentigginoso “Questo
è sicuramente un punto a mio favore”.
Scrutò
per un po’ il capannello di pirati, scoprendo
che stavano facendo un gioco abbastanza stupido: consisteva nel vedere
chi
riuscisse ad arrivare più lontano, senza cadere, camminando
sull’asse che
sporgeva dal parapetto.
Sì,
quell’asse che serviva per giustiziare i
prigionieri della ciurma, o chiunque non gli fosse andato
particolarmente a
genio. Stranamente però, non lo aveva mai visto in uso,
anche se appena
arrivato a bordo della gigantesca nave, aveva temuto che lo usassero
per lui;
ci sarebbe davvero voluto poco, dato che non era più in
grado di nuotare.
In
quel momento, un uomo abbastanza grasso era
appena volato giù dall’asse che traballava
pericolosamente, e fu ripescato
repentinamente da un altro coraggioso membro dell’equipaggio.
Ed
Ace fu colto da un’ispirazione illuminante.
Attese
che Barbabianca fosse abbastanza vicino all’asse
da essere a portata di tiro, e scattò in avanti non appena
scorse un momento
particolarmente ideale. Fu quasi invisibile agli occhi degli altri, ma
non per
un paio che aveva dolorosamente imparato a riconoscere. Fu questione di
pochi
secondi. Con le mani protese in avanti, nel chiaro intento di spingere
il
capitano giù nel mare scuro, non si accorse che quello aveva
già intuito le sue
intenzioni.
Con
una mossa repentina si scostò all’ultimo
momento, facendo barcollare Ace, che inciampò nello scalino
che ancorava l’asse
al ponte; subito dopo incespicò sullo stesso, cercando di
mantenersi in
equilibrio, ma fu tutto inutile.
Si
senti un sonoro spalsh, seguito da
uno scroscio di risate, sulle quali sovrastava
quella del vecchio.
“Gurararararararara!
Qualcuno lo vada a ripescare!”
Un bagno
notturno non era esattamente quello che
aveva architettato Ace.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Eccomi, mie
prodi tortini di frutta! (?)
Ormai il
vostro nome è segnato, mi dispiace tanto.
Questa volta
sono arrivata un po’ prima rispetto al solito, e ne sono
felice *rotola*; spero
che anche voi possiate sollazzarvi di questa mia assenza meno pressante
*rotola
di nuovo*
Non ho
molto da dire su questo capitolo, a parte che ho scelto
l’immagine dell’asse
perché, effettivamente, su ogni nave pirata che si rispetti
(o almeno, nei film
è sempre così!) lo si vede sempre. So che
probabilmente la ciurma del vecchio
non lo possiede (ma poi, perché non dovrebbe?), non si
è mai visto da nessuna
parte; o, meglio, io non l’ho mai
visto da nessuna parte. Ma mi piaceva l’idea che lo si
potesse trovare anche
qui. D’altronde, la Moby Dick è pur sempre una
gran nave pirata degna di
rispetto, no?
Oggi vi
lascio andare via, liberi come pennuti, di svolazzare verso altri lidi
meno
cretini di questo.
Non starò
qui a sbrodolarmi per racimolare recensioni, tanto si sa che chi non
vuole
sentire è peggio dei sordi, no? Quindi mi limito a dire,
peggio per voi!
*rotola* *sì, mi piace tanto rotolare*
Spero di
avervi strappato un sorriso, almeno.
Alla prossima!
E grazie, come sempre, a tutti i miei fedeli tortini che mi seguono
sempre! Tanto
ammmmmmore!
A presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 18 *** #18 Imboscata ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#18 Imboscata
Niente
di meglio da fare per Ace, se non una delle
sue solite passeggiate notturne in preda all’insonnia; la
narcolessia poteva talora
essere molto fastidiosa, facendoti dormire per tutto il giorno e non la
notte. Davvero
molto fastidiosa.
Ace
camminava lentamente, cercando di fare meno
rumore possibile, anche se sulla nave non scorgeva nemmeno la vedetta
notturna.
Poi,
improvvisamente, come una manna dal cielo, un’idea
di straordinaria bellezza gli balenò in mente; e chi era lui
se non un povero
pio ragazzo per cacciarla via? D’altronde, non aveva niente
di meglio da fare,
e tutto quello non poteva che renderlo più vicino al suo
obiettivo prefissato
ancor prima di mettere piede su quella stupida nave a forma di balena.
Decise
di agire con cautela, questa volta,
insediando il seme del terrore ma non essendone la causa diretta; si
fermò un
istante e si calò nella parte in maniera impeccabile.
Scese
giù nei dormitori dei marinai, attento a non
far chiasso, ed entrò in una stanza a caso. Si
avvicinò piano alla prima branda
che trovò, svegliando il suo proprietario.
“Non
urlare e ascoltami” disse perentorio, quando
quel pover uomo spalancò gli occhi e fece per urlare.
Il
buio aiutò sicuramente il ragazzo lentigginoso,
che non fu riconosciuto da nessuno.
Poco
dopo una buona parte della ciurma, eccetto i
Comandanti che Ace si era guardato bene dallo svegliare, erano
appostati nei
cespugli vicino al porto dov’era attraccata la nave quella
notte. Erano giunti
lì perché una voce di corridoio gli aveva
avvertiti che qualcuno si era
intrufolato sulla nave per rubare i loro tesori; dovevano solamente
aspettare
che si palesasse quando stava per fuggire con la refurtiva e assalirlo,
per non
lasciargli alcuna via di fuga. Naturalmente era stato Ace a spargere
quella
falsa voce, perché il suo piano era completamente diverso.
La
sua pensata gloriosa e geniale, doveva prevedere
che il vecchiaccio si svegliasse per mano sua, scendesse dalla nave e
quindi
venisse assalito dai suoi stessi uomini che avevano, del tutto ignari,
teso un’imboscata
in piena regola.
Ma
quando Ace si era recato nella cabina del
capitano e aveva urlato a pieni polmoni che dei banditi si erano
appostati
sotto il ponte principale per attaccare la nave, l’effetto
che aveva sperato
non si compì.
Barbabianca,
infatti, balzò dal letto non per la
preoccupazione che potevano suscitargli quelle parole, ma
perché privato del
suo sonno.
Con
un gesto brusco prese Ace per un piede -chissà
perché
lo aveva riconosciuto all’istante-, e lo
scaraventò giù dalla nave, proprio
dove avrebbe dovuto esserci lui.
Inutile
dire che gli uomini della Moby, convinti di
ciò che Ace aveva detto loro poco prima, si gettarono tutti
insieme sulla
povera vittima, picchiandolo come se non ci fosse un domani.
Troppo
tardi capirono che quello non era altro che
uno dei soliti stupidi piani di quel ragazzino; così lo
lasciarono tumefatto
dove si trovava, mentre si disperava per la sua stupidità.
Un
altro piano era fallito miseramente, e si era
persino fatto più male del solito.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
La mia
stupidità è tornata a fare compagnia a quella di
Ace! Mi chiedo quando imparerà
a farsi furbo, o a citarmi in giudizio per calunnia…ma fino
ad allora, io mi
divertirò, ridendo alle sue spalle per tutte queste
disgrazie.
Coooooomunque.
Salve miei
adorati lettori di frutta (?), sono tornata, ovviamente, in ritardo. Ma
non
linciatemi, questa volta ho deciso che devo iniziare a studiare almeno
un poco
prima della prossima sessione d’esame; voglio uscirne non
vincitrice, ci
mancherebbe, ma quanto meno con decenza, anche se sconfitta. Lo
sappiamo tutti
che non passerò mezzo esame della sessione estiva.
Dovrebbero abolirla con il
caldo che arriverà, dove le persone normali vogliono solo
starsene a larvare in
spiaggia. Indi per cui, se non mi vedete più tanto in giro
(sai che novità per
una ritardataria cronica! *shhhhh*) è perché sto
studiando; o sto facendo finta
di farlo. Più la seconda, in effetti.
Detto ciò e
chiarito che fingo di studiare solo per non sentirmi troppo in colpa,
spero di
avervi strappato un sorriso anche questa volta. Il capitolo
è un po’ contorto,
ma l’idea di per sé mi piaceva, anche se un
po’ improbabile, perché l’equipaggio
del vecchio molto probabilmente si sarebbe precipitato direttamente
nella sua
cabina per controllare che stesse bene. Ma concedetemi questa licenza
poetica.
Detto ancora
questo, ringrazio i miei fedelissimi, che non mancano mai di lasciare
un
commento e un segno del loro passaggio. Tanto ammmmmore per voi.
Per gli
altri, questa volta non vi ringrazio, così imparate a
palesarvi una volta
tanto!
Tanto
ammmmore e alla prossima!
*rotola
via*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 19 *** #19 Cani assassini ***
100 modi per uccidere
Barbabianca
#19
Cani assassini
Abbaiare,
un continuo abbaiare. Si sentivano solo
quei fastidiosi latrati ormai da giorni, da quando erano giunti su
quell’isola.
Ace
non aveva perso occasione per esplorarla,
scoprendo che gli abitanti avevano un amore particolare per i cani da
caccia;
ce n’erano in ogni dove, probabilmente cinque cani per
cittadino, e l’isola
risultava quasi sovraffollata.
I
pirati di Barbabianca non avevano mostrato un
grande interesse per quegli animali, dato che con gli estranei erano
decisamente aggressivi: ringhiavano, mostravano i denti ed erano pronti
a
balzare alla gola di chiunque osasse invadere il loro spazio vitale.
Più o meno
cento metri.
Fu
in quel momento che ad Ace venne un’idea geniale.
Andò in cucina, attento a non farsi scoprire, prese
più carne di quanta
riuscisse a mangiarne lui abitualmente –quindi davvero
un’enorme quantità-. Sgattaiolò
fuori dalla Moby Dick furtivo, e, quando fu al riparo da occhi
indiscreti,
iniziò a fare a pezzettini quella montagna di cibo. Di tanto
in tanto ne
abbrustoliva piccole quantità e le ingurgitava senza
ritegno; il faticoso lavoro
si protrasse fino a notte fonda.
“Perfetto,
il momento giusto per agire” disse fra sé
e sé il ragazzo, sfregandosi le mani mentre il suo stomaco
reclamava cibo;
inspiegabilmente riuscì a resistere, perché un
attentato al vecchio era
sicuramente più soddisfacente di tutta la carne del mondo.
Uscì
dal suo nascondiglio aguzzando la vista nella
notte, pronto ad agganciare il suo obiettivo. Camminò per
pochi minuti, prima
di incontrare una casa che, nel giardino, aveva sì e no una
ventina di cani
rabbiosi. Non appena sentirono i passi lievi di Ace, iniziarono ad
abbaiare
senza ritegno, ma il ragazzo aveva un asso nella manica:
tirò un pezzo di carne
abbastanza vicino al limitare del giardino per poter attirare tutte
quelle
bestie poco simpatiche.
Il
piano funzionò alla grande, perché i cani
iniziarono a seguire la scia di carne che Ace si lasciava dietro;
arrivò fino
alla Moby Dick, facendo sempre attenzione affinché nessuno
lo vedesse. Quasi volò
fino alla cabina del capitano, aprendo poi piano la porta e
assicurandosi che
stesse dormendo.
Respiri
pesanti e un russare regolare gli fecero
capire che il momento era propizio; si assicurò che i cani
lo stessero seguendo
e, una volta che furono abbastanza vicini alla cabina di Barbabianca,
gettò
dentro ciò che rimaneva della carne.
Era
questione di tempo prima che si accorgessero che
ci fosse qualcuno con loro, e avrebbero attaccato senza pensarci due
volte.
Ace
già pregustava il sapore della vittoria.
I
venti cani si lanciarono dentro la stanza, come
previsto, e in men che non si dica nella notte si levarono ringhi
paurosi e
rumori che indicavano le unghie che sfregavano contro il legno.
Poi,
più niente.
Ace
stette in ascolto attentamente, ma prima che
potesse anche solo pensare qualsiasi cosa, la porta della cabina del
capitano
si spalancò, e al ragazzo giunse alle orecchie il suono di
una risata profonda.
“Gurararararararara,
ma che teneri cagnolini!” tuonò
il vecchio, mentre accarezzava una per una, le teste di tutti quegli
animali.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 20 *** #20 Fingere amicizia ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#20
Fingere amicizia
Ace
era intento a pensare, seduto in mezzo al ponte di prua, con una mano
che gli reggeva la testa che pareva troppo pesante per stare su da
sola.
Osservava
ormai da tanto tempo quella ciurma sconclusionata, e aveva capito che
tutti, nessuno escluso, erano grandi amici tra di loro. Non riusciva
a capirne il motivo, comunque; persone tanto diverse che andavano
d'amore e d'accordo praticamente sempre, fatta eccezione per quelle
rare volte in cui si scatenava una rissa senza apparente motivo.
“E
se...” disse piano, quasi come se volesse parlare al vento.
Improvvisamente
la sua espressione fu illuminata da quella che pareva un'idea a dir
poco fenomenale.
Si
alzò di scatto, più soddisfatto che mai, e si
incamminò di gran
carriera verso una meta non tanto ben precisata quanto avrebbe
voluto.
Si
ritrovò a girovagare per la nave con un sorriso da perfetto
idiota
stampato sulla faccia. Ma quello che lo faceva sembrare ancora
più
stupido era il suo comportamento.
“Buongiorno!
Come stai?”
“Bella
giornata oggi!”
“È
proprio l'ora giusta per farsi un bel bagno!”
“Ma
voi non avete fame? Io mi farei volentieri uno spuntino!”
E
via discorrendo.
Fermava
chiunque sulla sua strada per importunarlo con frasi fatte a dir poco
imbarazzanti, che avrebbero insospettito anche il più
citrullo degli
uomini.
Infatti
nessuno, su quella nave, vedeva di buon occhio il comportamento di
Ace, troppo abituati a pensare che stesse architettando qualcosa.
Ma
fu all'ora di cena che il ragazzo diede il meglio di sé. Si
intrufolò in cucina, badando bene di prendere posto
abbastanza
vicino a Barbabianca per poter scambiare due parole con lui;
naturalmente il vecchio ne era entusiasta. Tutti gli altri
decisamente no.
“Gurararararara
qual buon vento di porta qui ragazzino?” tuonò,
infilandosi in
bocca quello che sembrava un maiale intero.
Il
silenzio era calato pesantemente, tutto d'un colpo, e si potevano
chiaramente distinguere delle voci che mettevano in allerta il
capitano.
“Nulla,
volevo solo fare due chiacchiere” disse l'altro sornione,
mentre un
sorrisetto irriverente prendeva posto sulle sue labbra.
“Sei
il benvenuto allora!” rispose, sempre ridendo, il capitano.
E
così, per tutta la sera, quella parve una conversazione
piuttosto
normale; se si toglie il fatto che Ace poneva strane domande su
allergie, parti del corpo umano troppo fragili ed eventuali paranoie
che potessero assalire il vecchio.
“Fammi
capire, tu vuoi sapere se ho un punto debole in modo da farmi fuori,
non è vero?” ghignò quello al momento
del dolce.
Ace
deglutì. Forse chiedere apertamente se la parte molle delle
sue
tempie potesse essere attraversata dal suo coltello non era stata poi
una così ottima idea.
“Ehm...no...”
tentò di mascherare, ma il vecchio era già mille
passi avanti a
lui.
“Gurararararararara,
ragazzo mio, sei un pessimo bugiardo!” rise sguaiatamente,
trascinando tutta la ciurma con sé.
Ace,
punto nell'orgoglio, si alzò di scatto dalla sedia,
maledicendolo
fino alla morte, uscendo a passo di marcia dalla sala da pranzo.
Colto
in fragrante.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
No,
non sono morta, è solo che il mio computer ha deciso per
l'ennesima
volta di tirarmi pacco. A quanto pare odia i suoi hard disk.
Ma
comunque, miei adorati tortini alla frutta, sono tornata! *lanciano
pomodori in quantità*
Non
disperate, in teoria dovrei essere più presente, da qui a
novembre!
Sì, lo so che lo dico sempre, ma questa volta c'è
il 60% di
possibilità che sia vero! Dovrei anche studiare, ma quella
è tutta
un'altra storia.
Due
parole sul capitolo.
Non
è uno dei migliori che mi siano mai riusciti, ma la sacra
tabella
diceva che al ventesimo capitolo ci doveva essere questo prompt, e
chi sono io per dirle di no? *nota bene, l'ho pure inventata io,
quella tabella*
Spero
che possiate apprezzare il mio ritorno con questo capitolo, anche se
fa abbastanza pietà.
Vi
amo tutti, lo sapete, e vi ringrazio sempre infinitamente!
A
prestissimo! :*
|
Ritorna all'indice
Capitolo 21 *** #21 Freddo glaciale ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#21
Freddo glaciale
La
Moby Dick stava navigando placidamente in un mare piatto e
assolutamente noioso; nulla di strano, se non fosse stato per il
clima glaciale che c'era in quel tratto di rotta. Tutto l'equipaggio
era imbacuccato dalla testa ai piedi, e a stento si potevano vedere
gli occhi attraverso gli strati dei vestiti. Persino Ace, che di
norma aveva sempre caldo anche quando gli altri morivano per
ipotermia, era munito di giacca e cappello. La situazione era
piuttosto grave, dunque.
Il
ragazzo lentigginoso stava attraversando il ponte con l'intenzione di
andare sottocoperta, quando qualcosa di abbastanza pesante gli cadde
a pochi metri dal naso.
“Presto,
presto!” gridò qualcuno, avvicinandosi al
malcapitato che si era
appena schiantato sul pavimento. Era volato giù dalla
vedetta,
ghiacciato come uno stoccafisso e privo di sensi. Era forse la
settima volta che succedeva in quei giorni infernali.
“Io
gliel'avevo detto di coprirsi di più!”
lamentò un altro membro
della ciurma, accorso ad aiutare il suo compagno svenuto e portandolo
sottocoperta.
E
fu in quel momento che ad Ace si accese una lampadina, mentre sulle
sue labbra si dipingeva un sorriso malefico.
Come
era solito fare, aspettò la notte per agire, in modo che
nessuno
potesse vederlo; in quel caso il freddo era dalla sua parte, in
quanto aveva rimbambito la maggior parte dei neuroni dei presenti
sulla nave. Lui era un'eccezione, perché di neuroni ne aveva
ben
pochi.
Uscì
dal suo nascondiglio non appena appurò che nessun rumore
molesto si
sentisse in lontananza, e si mise all'opera; cosa che gli
costò
quasi tutta la notte. Era stato più che meticoloso, meglio
di quanto
non facesse di solito.
Il
mattino si svegliò non appena sentì delle urla
disumane provenire
da tutta la nave.
“Fa
un freddo cane!” era il lamento più comune.
“Ma
chi è quell'imbecille che ha nascosto tutti i
vestiti?”
Ed
Ace sghignazzava, facendosi strada per riuscire ad arrivare in tempo
a godersi lo spettacolo sul ponte. Erano tutti letteralmente in
mutande, ed anche il vecchio Barbabianca doveva esserlo; ci aveva
messo più cura affinché non trovasse nemmeno un
suo vestito che si
era dimenticato di avere nell'armadio.
Il
ragazzo, già compiaciuto, si sfregò le mani non
appena capì che il
capitano era seduto sul suo solito trono a prua. Affrettò il
passo,
ma la scena che gli si parò davanti fu tutt'altro rispetto a
ciò
che si aspettava.
C'era
una grossa vasca che fumava, piena di acqua apparentemente bollente e
che faceva pure le bolle; delle bolle belle grosse. E il capitano era
lì dentro, accerchiato da quasi tutti gli altri comandanti.
Ace
sgranò gli occhi stupefatto, e non solo per quella
gigantesca vasca.
Che poi, da dove diavolo l'aveva tirata fuori?
“Gurarararararara
ragazzo, ti piace la mia personale vasca termale?” rise il
vecchio,
non appena si accorse della sua presenza.
Ace
lo guardò con tant'occhi, pensando solo ora, mentre il suo
sguardo
si era posato dove non avrebbe dovuto, che forse, le mutande avrebbe
anche potuto lasciargliele.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 22 *** #22 Ghiaccio sul ponte ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#22
Ghiaccio sul ponte
Un
clima così freddo, Ace non l'aveva mai sentito prima.
Persino lui
era stato costretto a vestirsi a strati come una cipolla, e anche il
solo camminare era divenuto difficoltoso, col rischio di rotolare ad
un passo sì e all'altro pure.
Ovunque
sulla nave pendevano stalattiti di ghiaccio, di dimensioni e forme
diverse e bizzarre; dal pavimento sbucavano persino stalagmiti, ed
Ace, nonostante la sua poca cultura in fatto di quelle formazioni, si
stava chiedendo come diavolo fosse possibile.
Mentre
ne studiava una da vicino, da sottocoperta sentì un gran
fracasso e
voci che urlavano qualcosa che a lui giunse incomprensibile. Si
alzò,
ma non tenne conto del ghiaccio che ricopriva l'intera pavimentazione
di legno.
Inutile
dire che, nemmeno mezzo passo dopo, il piede scivolò
rovinosamente,
facendolo ruzzolare per terra con un sonoro tonfo. Ace si
ritrovò a
faccia in su, col sedere e la schiena doloranti e la bocca che
lanciava improperi da tutte le parti e a qualsiasi cosa; niente di
nuovo, insomma. Aprendo gli occhi, il ragazzo vide qualcosa che lo
fece dapprima sorridere, e poi ghignare malignamente.
Un
altro dei suoi piani stava per essere messo in atto.
Un
paio d'ore dopo Ace, era appostato sul ponte in attesa di qualcosa, o
meglio, qualcuno.
Pochi
minuti prima aveva scatenato un putiferio di sotto, facendo urlare e
correre tutti in ogni direzione; seminare il panico era una delle sue
specialità, e ora attendeva solamente che il vecchiaccio
uscisse.
Era
sicuro che lui soltanto avrebbe avuto il coraggio di mettere il suo
naso fuori, pur di proteggere i suoi adorati figlioli dal pericolo
imminente prima, e dal freddo polare poi.
Peccato
che il pericolo non esistesse realmente, ma era solo tutta una scusa
inventata dal ragazzo di fuoco per far uscire allo scoperto il tanto
odiato capitano.
Non
dovette aspettare molto, nascosto dietro all'albero maestro, per
vedere sbucare una figura imponente e rigorosamente a petto nudo.
Aveva un sistema di termoregolazione simile ad un termosifone, non
c'era altra spiegazione.
“Chi
diavolo disturba la mia navigazione?!” tuonò
Barbabianca, con tono
minaccioso, arrischiandosi a mettere un piede fuori. Nemmeno a dirlo,
anche lui, prima che potesse reagire, si ritrovò a slittare
sul
ghiaccio, cadendo rovinosamente col sedere a terra a pochi metri da
Ace, che tirò un pugno degno di nota all'albero maestro.
Si
sentirono dei tintinnii sinistri e, un istante dopo, un centinaio di
piccole e appuntite stalattiti si precipitarono al suolo rischiando
di infilzare il povero vecchio.
Ace
già cantava vittoria con un sorriso a trentadue denti che
però non
durò a lungo. Quell'uomo, con una velocità che
pareva non essere
umana, li schivò uno ad uno, costringendosi in pose davvero
improponibili.
“Gurararararara
tutti questi bastoncini saranno perfetti per i miei
cocktail!”
tuonò il capitano, aggrappandosi ad uno di essi e tirandosi
su.
Dopodiché ne prese quanti più ne poteva e si
recò nuovamente
sottocoperta come se nulla fosse successo.
Ace
era allibito. Cocktail? Ma da quando in qua quel vecchiaccio beveva
cocktail?
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Scusate,
scusatemi tanto, davvero! Il ritardo non è giustificabile ma
è
giustificato...almeno credo.
Sono
stata a Parigi una settimana e appena tornata mi sono pure ammalata.
Non ho tempo per vivere perché la sessione autunnale si
avvicina e i
miei libri sono ancora lì, immacolati. Chiedo venia, sul
serio!
Non
ho molto da dire su questo capitolo, se non che è
assolutamente
scemo. Davvero. Ma mi faceva ridere questa idea cretina.
Comunque.
Una piccola cosa. Io so di non essere costante, e quindi non me lo
aspetto nemmeno da chi segue la storia e sta in silenzio. Ma se
aveste voglia di esserlo un pochino di più anche voi, i miei
sforzi
sarebbero doppi e riuscirei a pubblicare un po' più
regolarmente.
Aiuterebbe tutti quanti *ammicca*
Detto
ciò, mi dileguo, sperando di non essere sempre e
perennemente in
ritardo.
Vi
amo tutti, sappiatelo!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 23 *** #23 Gomito in alto ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#23
Gomito in alto
L'intera
ciurma di Barbabianca aveva escogitato un modo per poter sopravvivere
a quel freddo polare in quel tratto di rotta. L'idea era scaturita
dall'ultimo attentato di Ace che, cercando di uccidere il vecchio
capitano sfruttando il freddo, quello, per scaldarsi, si era bevuto
un bel cocktail. Inutile dire che ormai sulla Moby Dick, più
di due
terzi dell'equipaggio era ubriaco da giorni interi; il che era
piuttosto divertente.
Ovviamente
Ace, ancora vestito a strati come una cipolla, se ne stava in un
angolino remoto e sconosciuto ai più, meditando vendetta;
vendetta
che non tardò ad arrivare con un'idea geniale e semplice, a
detta
sua.
Sgattaiolò
in cucina, nemmeno troppo attento a nascondersi, visto il clima di
ebrezza e felicità che aleggiava sulla nave. Aprì
la credenza dove
prese più bottiglie del miglior rum che avessero a bordo.
Soddisfatto e un poco barcollante, si avviò sul ponte, dove
il
vecchiaccio sbandierava il suo fiero petto nudo, incurante del freddo
e delle raccomandazioni delle povere infermiere, che venivano
puntualmente ignorate.
Si
avvicinò al capitano sorridendo in un modo tanto falso, che
persino
il più stupido del villaggio se ne sarebbe accorto; se fosse
stato
sobrio, ovviamente. Porse il braccio con in mano una bottiglia dal
liquido arancione, sfoderando tutto il suo savoir faire.
“In
segno di pace!” disse trionfale, mostrando il chiostro di
denti
bianchissimi e un'espressione furba.
Il
capitano lo guardò stranito per mezzo secondo, per poi
ridere
sguaiatamente come era solito fare, prendendo poi la bottiglia con
foga e portandosela alla bocca. La svuotò in tre sorsi
netti, mentre
un'infermiera piuttosto infervorata, aveva cominciato ad urlare
quelli che sembravano insulti.
“Un'altra!”
ordinò Barbabianca, ed Ace obbediente, gliela porse.
La
scena si ripeté per almeno quattro volte, mentre attorno a
lui, gli
uomini che erano seduti in cerchio intorno al loro capitano,
stramazzarono a terra per il troppo alcool in corpo; probabilmente
qualcuno era a rischio coma etilico, ma la nave era attrezzata per
emergenze simili. Forse.
Ace
attese che quel balordo crollasse, ben sapendo che reggeva l'alcool
come nessuno al mondo, ma la speranza è l'ultima a morire.
“Ancora!”
chiese quello, ma a quel punto le bottiglie in possesso di Ace erano
terminate. Imprecò tra i denti qualcosa di molto volgare che
però
il vecchiaccio non sentì.
Indeciso
sul da farsi, il ragazzo iniziò a pensare, ma un tonfo lo
distolse
dalle sue elucubrazioni. Barbabianca era crollato, e lui non ci
poteva credere! Adesso aveva via libera per attentare alla sua vita,
senza che nessuno potesse intralciargli la strada. Prese una
bottiglia vuota da terra, la ruppe poco delicatamente sul pavimento e
si scagliò contro il capitano, puntando alla gola.
Ma
niente andò come previsto. Il vecchio si svegliò
di colpo
spalancando gli occhi; prese Ace per un polso e gli strappò
la
bottiglia dalle mani, tenendo lui con quella libera.
“Stupido
ragazzino, mi hai finito l'ultima bottiglia!!” si
lamentò, per poi
crollare nuovamente nel sonno, con un Ace che imprecava ancora
intrappolato nella sua morsa.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 24 *** #24 Poker azzardato ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#24
Poker azzardato
Che
l'intera ciurma di Barbabianca fosse dedita al gioco d'azzardo era
una cosa risaputa. Nessuno era escluso da quel simpatico passatempo;
d'altronde in quei giorni in cui l'unica compagnia era il mare
aperto, sulla nave non c'era molto di meglio da fare. L'equipaggio
passava anche giorni interi tra tornei di carte e annessi, a volte
giocandosi persino ciò che non aveva. Soprattutto il poker
andava
forte, e quasi tutti gli uomini presenti a bordo avevano qualche asso
nella manica. Nemmeno il capitano era escluso da questo circolo,
anzi, era uno dei giocatori più assidui tra la sua stessa
flotta.
Anche
Ace, che non era proprio quello che si definisce un acuto
osservatore, aveva inquadrato questa abitudine della ciurma
più
forte al mondo. E, ovviamente, aveva deciso di giocarsi
quest'occasione a suo favore.
In
uno di quei famosi giorni di noia e navigazione, dove l'avvistamento
di un gabbiano era la cosa più interessante che potesse
capitare, si
decise a scendere sotto coperta per partecipare ad una di quelle
famose partite di poker.
Entrato
nella mensa, fu accolto da un silenzio quasi innaturale; i tavoli
erano per lo più occupati da piccoli gruppetti di uomini
intenti a
scrutarsi a vicenda e lanciare fugaci occhiate al tavolo sotto di
loro.
Ace
si guardò per un attimo intorno, sperando di trovarvi anche
il
capitano; lo individuò verso il fondo della sala e, con
passo
sicuro, si avviò al tavolo che presiedeva quello, sedendosi
proprio
davanti a lui, ignorando anche solo di chiedere se avesse potuto.
Il
vecchio, dal canto suo, rise profondamente, accompagnando il tutto
con un gesto della mano che significava che il ragazzo poteva
accomodarsi, non senza qualche protesta dagli altri giocatori.
“Ti
sfido” disse Ace con aria tronfia e un sorriso sghembo di chi
la sa
lunga. O almeno, crede di saperla lunga.
Un
altro scroscio di risate arrivò alle sue orecchie, e
stavolta il
capitano era stato spalleggiato anche dai presenti al tavolo, cosa
che irritò non poco il ragazzo.
“Iniziamo
allora. Carte!” ordinò Barbabianca, e subito fu
accontentato.
Ace
se la cavava abbastanza col gioco, e cercò in tutti i modi
di non
dare nell'occhio per le prime mani, intento com'era a trafficare
sotto il tavolo. Nessuno parve accorgersi dei suoi movimenti delle
gambe, finché non si sentì un tonfo sordo seguito
da sguardi
perplessi ed un'altra risata del vecchio capitano.
“Gurarararara
ragazzo mio, cosa credevi di fare?” tuonò,
sinceramente divertito.
Ace
divenne paonazzo, strisciando sotto il tavolo per recuperare il suo
fidato coltello e fuggire subito via non appena l'ebbe tra le mani,
senza nemmeno le scarpe.
Inutile
dire che aveva provato, non senza difficoltà, a pugnalare il
vecchiaccio da sotto il tavolo, cercando ausilio nelle sue gambe e
nelle dita prensili dei suoi piedi.
Si
diede dell'idiota da solo; questa volta era stata veramente un'idea
stupida. E aveva pure perso le scarpe.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Io
mi vergogno, mi vergogno profondamente. Davvero. Manco da un sacco di
tempo...per questa FF forse da meno di un anno, ma comunque
è una
cosa riprovevole. Non so nemmeno io giustificarmi, non saprei proprio
dire il perché io abbia abbandonato così di punto
in bianco tutto
quanto. So solo che porto a termine sempre tutto quello che faccio, e
quindi riuscirò a terminare anche questa benedetta raccolta.
Anche
perché mi diverto immensamente nello scrivere questi stupidi
capitoli!
Dubito
che ci sia ancora qualcuno disposto a seguire questa cosa, ma non
posso assolutamente darvi torto. Sappiate solo, che se avete la santa
pazienza che a me manca, prima o poi si arriverà al capitolo
100.
Per me sarebbe davvero un traguardo enorme e una grande
soddisfazione.
Vi
chiedo ancora scusa, e spero che non ce l'abbiate tremendamente con
me. Prima o poi sarei tornata, non potevo lasciar tutto
così,
campato per aria.
Grazie
a chi è arrivato fin qui e deciderà di seguirmi
ancora!
Peace
& Love, e sappiate che io vi amo sempre!
E,
ovviamente, buon Natale!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 25 *** #25 Scommessa persa ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#25
Scommessa persa
Ace
era un bravo ragazzo, questo lui lo sapeva, e chiunque lo conoscesse
non poteva che essere d'accordo con quest'affermazione. Era buono e
solare, ma era anche tremendamente stupido ed incosciente. E, forse,
di questi piccoli dettagli, lui non ne era al corrente. Pensava di
essere sulla cima del mondo, sempre un passo davanti al nemico, ma
purtroppo la maggior parte delle volte si trovava cento passi
indietro, se non addirittura sottoterra. E quest'ultimo caso era
sicuramente quello adatto se si parlava di Barbabianca.
Ora,
una qualsiasi persona con un po' di sale in zucca, avrebbe
palesemente evitato di scommettere una qualsivoglia cosa con il
sopracitato vecchio, ma Ace no. Ovviamente Ace no. Pareva essere
seriamente masochista, anche solo a pensarla, una cosa del genere.
Il
suo geniale piano questa volta consisteva proprio in una scommessa
che, ovviamente lo avrebbe portato dritto al suo scopo. Ed era sicuro
di riuscire a vincere questa volta.
La
scommessa era semplice: appena sarebbero sbarcati a terra, si
sarebbero rintanati in una qualsiasi bettola per vedere chi riusciva
ad ingurgitare più ravioli di carne. Tutto questo per non
andare ad
intaccare le scorte alimentari della nave, dati i due soggetti.
Era
risaputo che Ace avesse un appetito fuori dal comune, e che sarebbe
riuscito a mangiare l'equivalente di dieci volte il suo peso in meno
di mezz'ora; ma non aveva assolutamente fatto i conti con la stazza e
con l'esperienza del vecchio capitano.
Se
avesse vinto Ace, ovviamente avrebbe potuto uccidere senza sforzo
Barbabianca, se invece avesse vinto il capitano...beh, non sarebbe
successo proprio un bel niente. E già questo particolare
avrebbe
dovuto insospettire Ace, che però, convinto com'era di
essergli
superiore, nemmeno ci aveva badato.
Così
il fatidico giorno era arrivato. Si erano seduti l'uno di fronte
all'altro, aspettando pazientemente che il cameriere portasse loro
quelli che parevano, minimo, cinquanta chili di ravioli di carne al
vapore.
“Pronto?”
chiese il ragazzo beffardo, deridendo il vecchiaccio e sicuro di
sé
più che mai.
“Sono
nato pronto ragazzino” tuonò quello in risposta,
iniziando a
prendere con calma il primo raviolo.
Ace,
come prevedibile, si lanciò a capofitto sul cibo come se
quello
dovesse scappare da un momento all'altro. Intanto Barbabianca
continuava a mangiare con estrema calma.
Due
ore, quattro pentole e otto attacchi narcolettici di Ace dopo, il
ragazzo era stremato. Mai era capitata una cosa del genere in vita
sua, mai. Solo a guardare i ravioli gli veniva la nausea.
Alzò lo
sguardo sfinito verso il vecchiaccio costatando con orrore che quello
aveva mangiato una pentola in più rispetto a lui.
Strabuzzò gli
occhi e, come se non bastasse, l'uomo prese gli ultimi ravioli
rimasti nel piatto di Ace, assaporandoli con gusto. Senza contare lo
sguardo di trionfo che gli si leggeva negli occhi.
“Gurarararara
ragazzino dilettante!” e si alzò dalla sedia
tenendosi la pancia
piena.
I
giorni seguenti Ace li passò sul parapetto della nave a
testa in
giù, giurando che mai più avrebbe toccato un
raviolo in vita sua.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 26 *** #26 Nudità improvvisa ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#26
Nudità improvvisa
Quando
si vive a stretto contatto con molti uomini, è normale
vivere delle
situazioni quotidiane, anche quelle che solitamente non si
condividono molto volentieri con gli estranei. È questo il
caso
della doccia, uno dei momenti più intimi che una persona
possa
avere.
Ora,
il problema principale su una nave è lo spazio, e la Moby
Dick non
fa di certo eccezione, nonostante sia una nave dalle dimensioni
gigantesche. Ma altrettanto gigantesco è anche l'equipaggio
al suo
interno, quindi è abbastanza difficile gestire una massa di
uomini
puzzolenti.
I
più fortunati sono sicuramente i comandanti e chiunque possa
avere
un grado superiore a quello di normale marinaio. Loro hanno la cabina
privata, con bagno privato, sapone privato e vita privata. Non sono
costretti a condividere nulla.
Gli
altri malcapitati, purtroppo, hanno in comune non solo il pessimo
alloggio, ma anche di una pessima, e soprattutto comune, doccia. E
Ace questa cosa proprio non può accettarla; è
più forte di lui.
Abituato
com'era ad essere il capitano della sua nave e dei suoi uomini, aveva
il diritto a tutte le comodità del mondo, e non era di certo
costretto a mostrare le sue grazie a chicchessia. Non che fosse un
brutto spettacolo, intendiamoci. Ora, suo malgrado, si vedeva
costretto a farsi la doccia in compagnia che non gradiva affatto.
Ogni
volta che doveva lavarsi, viaggiava col terrore che gli potesse
scivolare la saponetta per terra, sempre se avesse avuto la fortuna
di trovarne una in condizioni quantomeno decenti.
Stufo,
dopo l'ennesimo tentativo di un altro membro dell'equipaggio con
tendenze molto simili all'altra sponda, aveva passato il limite.
Coperto
solo da un asciugamano, si era precipitato fuori dalle docce,
inveendo contro quello che pareva chiamarsi Freddy, e si era diretto
a passo di marcia sul ponte della nave, con manie omicide che
sfioravano un limite mai raggiunto prima.
Il
suo obiettivo era sempre lo stesso: Barbabianca. Aveva deciso di
canalizzare tutta la sua furia omicida, ancora una volta, verso quel
vecchiaccio da strapazzo. O almeno ci avrebbe provato.
Lo
trovò seduto sulla sua poltrona che fissava pensoso il mare,
accerchiato, come sempre, da una nidiata di suoi fedeli sottoposti.
Li
dribblò tutti, uno per uno, scagliandosi senza apparente
motivo
contro il capitano che sembrava ignaro di ciò che gli stava
accadendo intorno. Quello si vide solo la visuale annebbiata da una
mano chiusa a pugno che si schiantò contro la sua sedia di
legno.
Ovviamente l'aveva evitato, non c'era nemmeno da domandarselo.
Un
grugnito di disappunto da parte di entrambi e, subito dopo, un
fruscio. Seguì qualche istante di silenzio prima che la
piccola
folla scoppiasse a ridere fragorosamente un attimo dopo, lasciando un
Ace imbarazzato e completamente paonazzo.
“Figliolo,
direi che dopotutto non sei così pessimo!
Gurarararara!”
sghignazzò il capitano, ridendosela con gusto. Il ragazzo
non sapeva
se essere più arrabbiato per quel nomignolo o per
l'umiliazione
appena subita.
Intanto,
l'asciugamano di Ace svolazzava per la nave, lasciando il suo
proprietario a sperare di sparire almeno dieci metri sotto terra.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 27 *** #27 Incubi velenosi ***
100
modi per uccidere Barbabianca
#27
Incubi velenosi
La
notte era uno dei momenti peggiori da passare soli, ed Ace questo lo
sapeva bene. Si rigirava nel letto improvvisato, che di comodo non
aveva niente, senza riuscire a prendere sonno. Poco male, appena si
abbandonava nelle braccia di Morfeo, veniva assalito dagli incubi
più
terribili.
Dopo
diversi rotolamenti che non portarono ad una posizione almeno
lontanamente comoda, ebbe un'illuminazione. Si tirò su a
sedere
grattandosi il mento compiaciuto.
Sì,
l'indomani mattina sarebbe entrato furtivamente in infermeria e
avrebbe attutato il suo piano. Così pensando, si
lasciò nuovamente
cadere a letto, addormentandosi immediatamente, complice un attacco
di narcolessia. Probabilmente era troppo eccitato all'idea e il suo
fisico non aveva retto.
La
mattina seguente era riuscito ad intrufolarsi in infermeria e a
prendere una strana boccetta viola; sull'etichetta era riportato un
nome lungo quasi quanto la nave e, in caratteri scritti talmente
piccoli da essere quasi illeggibili, si poteva scorgere la parola
anti-psicotico.
Ora,
non che Ace fosse un genio della medicina, ma aveva abbastanza
conoscenze mediche da sapere che se veniva somministrato quel tipo di
medicinale ad una persona che non ne aveva affatto bisogno, gli
effetti collaterali potevano essere abbastanza gravi e, se era
fortunato, anche irreversibili.
Ghignando
sadicamente, corse a nascondersi in un angolo buio, aspettando che il
capitano si ritirasse nella sua cabina.
Quando
lo sentì arrivare, si destò dal pisolino in cui
era caduto e si
appostò, pronto a colpire. Stappò la piccola
fialetta e attese che
il vecchiaccio gli passasse abbastanza vicino da essere a portata di
tiro. Quello, passando ignaro vicino a lui, proprio in quel momento
sbadigliò sonoramente e senza mettere la mano davanti alla
bocca.
Che razza di maleducato.
Ace
colse la ghiotta occasione e lanciò direttamente la fialetta
nella
gola di Barbabianca, che sembrò non accorgersi minimamente
del corpo
estraneo che si faceva strada verso il suo stomaco.
Entrò
nella sua cabina e chiuse la porta.
Ace
aspettò.
Passò
un'ora e finalmente qualcosa accadde. Il ragazzo iniziò a
sentire
degli strani rumori provenire dalla stanza del capitano che mano a
mano si facevano sempre più forti. In pochi minuti il
corridoio fu
invaso dall'equipaggio, preoccupato per tutto quel baccano.
Ace
già si sfregava le mani, convinto che il vecchio fosse
assalito da
tremendi incubi e stesse, di conseguenza, impazzendo.
Nulla
di più sbagliato.
Non
appena Marco aprì la porta, lo spettacolo che si
ritrovò davanti,
lasciò Ace senza parole.
Barbabianca
stava ballando freneticamente a ritmo di una musica che solo lui
sentiva, e invitava il suoi sottoposti a fare altrettanto. Inutile
dire che in poco tempo, tutta la nave accorse a quella festa
improvvisata, e la musica magicamente apparve davvero, insieme ad una
palla luminosa da discoteca.
“Gurararararara
grazie ragazzino!” urlò il capitano ad Ace, prima
che la porta si
chiudesse.
Come
facesse a sapere che fosse sempre colpa sua, Ace proprio non lo
capiva. Sbattè ripetutamente la testa contro il muro di
legno,
sperando di rimanerci secco.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Eccomi
di nuovo qui con un capitolo ancora più stupido del
precedente.
Vorrei
solo fare una precisazione. Non ho idea se quel che ho scritto
sull'anti psicotico sia vero, non studio medicina e ho preso la prima
informazione che ho trovato a caso, scrivendo su Google. Aspiranti
medici (e soprattutto Law) non me ne vogliate, sono ignorante in
materia, forse più di Ace. Probabilmente questo effetto
collaterale
nemmeno esiste, ma concedetemi questa licenza poetica. Tanto ormai in
questa raccolta me ne sono prese a gogò.
Vorrei
inoltre ringraziare chi ha scelto di seguire ancora questa storia
nonostante la mia assenza. Vi adoro, davvero, e senza di voi non
avrei nemmeno l'ispirazione ad andare avanti!
Ci
vediamo presto! Peace & Love!
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3178813
|