How it all started

di Bonboncina
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One ***
Capitolo 2: *** Chapter Two ***
Capitolo 3: *** Chapter Three ***
Capitolo 4: *** Chapter Four ***
Capitolo 5: *** Chapter Five ***
Capitolo 6: *** Chapter Six ***
Capitolo 7: *** Chapter Seven ***
Capitolo 8: *** Chapter Eight ***



Capitolo 1
*** Chapter One ***


Come anticipato nella descrizione io non sono una scrittrice.
Il mio primo tentativo di scrivere un fan fiction è miseramente fallito anni fa, infatti credo andrò a rimuovere qualunque traccia rimasta su EFP.
Questo capitolo è piuttosto scontato e breve, ma credo sia l'introduzione necessaria per aprire poi le danze, quelle vere.
Quello che cercherò di fare è sviluppare quello che in tre anni non ci è stato mostrato. Abbiamo avuto solo degli assaggini.
Io intendo darvi il pasto completo per quanto mi sarà possibile.
Ora vi lascio alla lettura, ma mi raccomando leggete la piccola richiesta alla fine!





Quando ti rendi conto di non essere mai stato amato nella tua vita, inizi a credere di essere tu quello sbagliato, quello che non merita amore. Conoscere il significato di famiglia è inutile se non ne hai mai sentito l’affetto, se quando da piccolo cadevi e ti sbucciavi il ginocchio ma non avevi una madre da cui correre. Eppure sentivo anche io di non aver mai amato qualcuno, di non aver mai tenuto abbastanza ad un essere umano.
Forse era la mia natura di vampiro ad impedirmelo, o forse non avevo ancora trovato la persona giusta.

Negli ultimi anni avevo riposto la mia fiducia nelle persone sbagliate, in quella ritrovata famiglia che credevo mi avrebbe dato tutte le risposte di cui avevo bisogno. Ma tutto quello che ero riuscito a ricavare era il mio vero cognome. Sembra strano a dirsi, ma per tutta la mia vita avevo cambiato cognome a seconda del luogo in cui andavo, come se non volessi lasciare tracce. La verità era che non lo conoscevo, quindi per le strade di Londra ero conosciuto come Enzo Stevens, il mese successivo nelle infinite passeggiate lungo la Senna a Parigi, ero Enzo Dumont e quello dopo ancora ero Enzo Pagliarini sdraiato al sole nelle spiagge d’Italia.

Scossi la testa nel momento in cui avevo ricominciato a ricordare il calore del sole sulla mia pelle. Non potevo perdermi in quei pensieri. Avevo appena scoperto che volevano fare del male ad una persona che, nonostante i suoi modi scontrosi ed irritanti, aveva cercato di aiutarmi ed avrei ricambiato il favore.

Ero seduto nella mia auto a debita distanza da Bonnie Bennett, che con aria malinconica stava portando nella sua auto tutta la robaccia che aveva nel dormitorio. Era probabilmente il settimo giro che faceva e se ne avesse fatto un altro sarei sceso io stesso a darle una mano perché stufo di seguirla con lo sguardo.

Ormai erano giorni che parcheggiavo lì, conoscevo gli orari di ogni singolo studente del campus, sapevo di alcuni ragazzi che si intrufolavano nel dormitorio femminile  verso mezzanotte e sgattaiolavano fuori alle prime ore del mattino, sapevo perfino l’esatto ordine dei ragazzi che ogni mattina andavano a prende il caffè nel locale vicino. Poi quando vedevo Bonnie andare a lezione, accendevo il motore e tornavo all’Armeria alla ricerca di qualche nuova informazione.

Spostai lo sguardo verso l’entrata del dormitorio e vidi cinque degli scagnozzi di Alex avvicinarsi a ciò che io stavo proteggendo. Scesi dall’auto senza pensarci due volte e passando per l’uscita di emergenza arrivai in un battibaleno al secondo piano dove si trovava la stanza di Bonnie. Aveva già capito che qualcosa non andava, stava correndo verso di me, pronta a scappare da chi la stava inseguendo. La presi senza che se ne accorgesse e nascosi entrambi dietro al divano della sala comune facendole segno di restare in silenzio.

Sentivo il suo cuore battere all’impazzata, ma sapevo che li non eravamo al sicuro. Approfittando di un momento in cui la banda bassotti cercava altrove scappammo verso l’uscita ma lì Bonnie mi bloccò con una semplice domanda:
“Cosa succede?”
“Alex ha ordinato all’Armeria di catturarti. Non glielo lascerò fare.”
“Grazie.” Mi disse Bonnie con un fil di voce. Le sorrisi educatamente mentre dalla tasca della giacca prendevo una siringa con un calmante ed una piccola dose di sangue di Rayna. Non si fidava di me ed ero certo che una volta usciti da quell’edificio lei non sarebbe mai venuta con me, non potevo darle torto. Io stesso non l’avrei fatto se fossi stato nei suoi panni. Affondai l’ago nel suo braccio e nel giro di qualche secondo Bonnie si lasciò cadere tra le mie braccia, incosciente.
“Ringraziami quando tutto questo sarà finito tesoro.”

Attesi qualche minuto per accertarmi che la banda di Alex se ne fosse andata e poi portai Bonnie in auto. Il suo cuore era tornato a battere regolarmente, il suo respiro era calmo, ma sapevo che non sarebbe stato così per sempre. Non appena sveglia mi avrebbe urlato contro, già me la immaginavo mentre andava su tutte le furie.


Sì lo so, è breve.
Ma dovete darmi modo si abituarmi alla cosa. Accetto critiche e consigli da tutti, soprattutto da chi di scrittura ne sa più di me.
Il secondo capitolo è già sulla buona strada quindi probabilmente lo pubblicherò domani. Per chi vede TVD sa già come inizierà, ma non mancheranno nuove scene!

A presto,

Angela

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Capitolo 2
*** Chapter Two ***


Eccoci qui con il secondo capitolo.
Volevo ringraziare Luna Nueva, Emi99 ed Annaterra per le recensioni al primo capitolo, mi fa piacere sapere quello che pensate. Non voglio scrivere solo per me stessa, voglio che anche chi legge si rispecchi in quello che scrivo quindi apprezzerò qualsiasi complimento, qualsiasi critica e anche qualsiasi suggerimento vogliate darmi per proseguire al meglio la storia.

Buona lettura!




Aprii gli occhi disorientata. Faticavo nel mettere a fuoco quello che avevo di fronte a me. Un camino? Ma dove mi trovavo? Il collo mi faceva malissimo tanto che chiusi gli occhi per placare il dolore.
Con un lamento mi misi a sedere e mi guardai attorno. Quel posto era nuovo per me, una stanza super riscaldata dal fuoco scoppiettante che avevo davanti, ma l’aria sapeva di pino fresco.
Cercai di rimettere in ordine i ricordi. La lettera di Damon, Mrs Cuddles, le iniziale incise nel telaio della porta. Enzo.

Enzo.

Mi alzai di scatto sentendo dei rumori dietro di me e corsi ad afferrare l’attizza fuoco che avevo davanti. Girandomi cercai di colpirlo più volte ma Enzo ovviamente mi evitò senza fatica. Puntai allora alla porta, ma lui si mise nel mezzo bloccandomi. I primi tentativi per fuggire erano miseramente falliti così utilizzai l’unica arma che mi era rimasta, la magia.

“Motus.”

Mi aspettavo di vedere Enzo volare dall’altra parte della stanza, schiantandosi contro il lavello della cucina, ma non accadde nulla. Lui era lì, fermo davanti a me. La mia magia era svanita nel nulla di nuovo ed era solo colpa sua. Ma che gli avevo fatto? Cosa voleva da me? Più volte finii per scontrarmi contro il suo corpo duro come il marmo nei vani tentativi di fuggire da quel luogo, ma Enzo era ben determinato a non lasciarmi scappare.

“Non sei una prigioniera Bonnie!” mi urlò contro Enzo stringendo forte le mie braccia tra le sue mani.
“Sto cercando di proteggerti.” Continuò con un tono di voce più calmo.
Mi divincolai ribattendo “Hai un modo strano per dimostrarlo. Chiudendomi dentro quattro mura e mettendomi sotto sedativi magici?”
Non mi lasciò finire, aveva la sua versione da spiegare e ben presto attirò la mia attenzione.
“Devo tenerti nascosta dall’Armeria, va bene? Senti, non so perché ti vogliono, ma ti vogliono e per esperienza personale ti dico che quando sono loschi su qualcosa è perché hanno uno scopo losco.”
“Credevo tu lavorassi per loro.” Risposi acida. Non mi fidavo di lui, avevo sbagliato prima al dormitorio. Chi mi diceva che non mi avesse rapita per consegnarmi direttamente a loro e ricevere una ricompensa? Andiamo, Enzo non faceva favori alla gente, perché avrebbe dovuto farne a me?
“Lavoro solo per me stesso. E’ più semplice così.”

Tipica risposta evasiva di chi sta cercando di fregarti. Nemmeno con delle prove schiaccianti mi sarei fidata di lui, né in quel momento, né dopo 50 anni. Iniziò così a blaterare su alcune ricerche che avrei dovuto fare per scoprire la motivazione per la quale Alex mi voleva, che se fossi rimasta lì lui mi avrebbe offerto la sua protezione oltre che vitto ed alloggio. Che faccia tosta aveva. Cosa credeva che io non fossi capace di badare a me stessa? Avevo vissuto da sola per la maggior parte della mia vita con il solo appoggio di mia nonna. Ovvio, in quel momento senza magia ero più vulnerabile quindi sarei rimasta fino al momento in cui non mi fossero tornati i poteri. Ma poi sarei fuggita.

“Fattele da solo le ricerche, o forse Enzo non sa leggere?”

Ha. Colpito e affondato. L’espressione sul suo volto lasciava intendere che avevo colto nel segno.
Mentre ridevo sotto i baffi, soddisfatta di me stessa lui alzò il braccio reggendo in mano un vasetto di medicinali.

“Mentre sarò via dovrai prendere una di queste ogni giorno, nemmeno un incantesimo di localizzazione sarà in grado di trovarti.”

Mentre sarà via? Credevo che fuggire sarebbe stato molto più difficile! Se Enzo se ne stava andando potevo benissimo uscire poco dopo di lui. Ovviamente sarebbe venuto a cercarmi non appena l’avesse scoperto ma almeno avrei avuto la magia con cui proteggermi. Eppure in tutta quella storia qualcosa non mi convinceva. Era come se mancasse un pezzo all’intero puzzle. Insomma, Alex mi cercava per un qualche motivo. Enzo invece mi voleva proteggere. Scossi la testa. Dovevo rimettere in ordine le idee e capire da che parte stare, ma cosa certa era che non mi sarei lasciata catturare da Alex.

“E se non le prendessi?” lo sfidai.
“Sono certo che Alex avrà una cella molto accogliente pronta per te.” Rispose prontamente.
“Perché lo stai facendo?” ribattei sempre più confusa circa quanto stava accadendo.
“Magari perché ti preferisco viva piuttosto che morta, o magari perché sono solamente curioso di scoprire che cos’ha in mente l’Armeria. O magari per dimostrarti che sono una persona perbene.”

Sobbalzai mentre diceva quelle parole. Dovevo ammettere che in passato avevo visto del buono in Enzo, o meglio avevo visto il suo lato umano. Vedere la sua sofferenza per il rifiuto di Lily mi aveva fatto credere che ci fosse oltre a quella facciata dura e diffidente. Io in fondo ero uguale. Non mi stavo fidando ed usavo sarcasmo e sfida come arma di difesa.

“Diciamo che accetterò la tua offerta di protezione, per ora. Ma solo se sarò io a stabilire le regole di base.”
Incrociai le braccia e sul volto di Enzo comparve un sorriso compiaciuto. Ma che diamine? Ero così disorientata. Sospirai ed Enzo ridacchiò. Probabilmente aveva capito quale sorta di conflitto avevo in testa.

“Questo è per te.” Mi disse porgendomi un cellulare. “Non puoi più usare il tuo, verrebbe localizzato. Ed è importante che non comunichi la tua posizione, a nessuno. Sentiti libera di chiamare Caroline ed i tuoi amici, ma non dire loro dove sei. Per nessuna ragione al mondo. Mi hai capito?”.
La determinazione nella voce di Enzo mi fece venire la pelle d’oca. Le sue parole risuonavano nella mia testa come suppliche. Allungai la mano annuendo e presi il cellulare, nel farlo sfiorai le dita di Enzo e lui si irrigidì.

“Devo andare adesso, ricorda quello che ti ho detto.”
Annuii frettolosamente abbassando lo sguardo, mentre lui prendeva la giacca dalla sedia e se la infilava con un movimento fluido.

“A presto Bonnie.” Disse poco prima di uscire e chiudere la porta dietro di sé. Non risposi ma respirai a fondo come se avessi urgente bisogno d’aria.



Non so quando aggiornerò nuovamente ma spero di riuscire a farlo entro metà settimana.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Questa vola era dal punto di vista di Bonnie. Stando alla 7x19 dopo questa scena c'è un salto temporale di 6 mesi e sarà divertente raccontare cosa accade nel mezzo.

A presto!
Angela

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Capitolo 3
*** Chapter Three ***


C'ho messo più del previsto, il capitolo era pronto ma non riuscivo a concluderlo come volevo ed ogni volta che cercavo di completarlo puff, zero idee.
Spero di esserci riuscita anche se ancora non mi convince molto. questo nuovo capitolo è dal punto di vista di Enzo, quindi ormai credo sia ufficile che i due punti di vista verranno continuamente alternati.

Buona lettura!




Erano 15 giorni che non tornavo a controllare Bonnie. Le avevo mandato qualche messaggio certo, ma sapevo che si stava attenendo alle mie linee guida. Di sicuro stava prendendo le pillole perché all'Armeria Alex si stava chiedendo dove fosse finita la strega che tanto bramava. Avevo cercato di intavolare il discorso ogni tanto, ma Alex tergiversava sempre e questo mi faceva capire quanto poco lei si fidasse di me. Ed ovviamente io non mi fidavo di lei, altrimenti perché avrei messo a rischio la mia vita per tenere al sicuro Bonnie?
 
"Senti Alex, se non hai bisogno di me io andrei fuori città un paio di giorni a trovare dei vecchi amici".
 
Alzò il braccio e mi fece segno di andare senza nemmeno staccare lo sguardo dall'ipad che teneva in mano. "Sto leggendo le analisi di alcuni test che stanno effettuando i miei scienziati" diceva ogni volta in cui le chiedevo cosa stesse leggendo di interessante. Ed in quel caso sapevo che era la verità. Ero a conoscenza dei prigionieri rinchiusi nell'ala sud dell'Armeria. Sapevo che Nora è MaryLouise erano tra le cavie di Alex, ma non avevo la minima idea di quale fosse il suo scopo.
 
Mano a mano che procedevo verso l'uscita sentivo alleggerirsi il peso che portavo sulle spalle. 
 
"Ah Enzo. Bonnie Bennett."
 
Mi bloccai terrorizzato ed evitai di voltarmi per non darle modo di riconoscere il turbamento sul mio volto.
 
"Crediamo di sapere dove si trova."
 
Avete presente quando il cuore di un vampiro ultracentenario salta un battito? Io no, ma era quello che mi era appena successo.
 
"Damon Salvatore la sta proteggendo." Continuò Alex.
 
Mi dovetti per forza voltare questa volta o avrei destato sospetti in Alex. Non potevano essere più lontani di così dalla verità.
 
"Non vedo Damon da molto tempo, ma visto l'affetto ed il senso di protezione che prova nei confronti di quella ragazza, potrebbe essere così."
 
Sapevo benissimo dove Damon si trovava. È cosa certa, non era minimamente vicino a Bonnie. Per quanto mi riguardava poteva restarsene chiuso in quella bara fino alla fine dei suoi giorni. Avevo visto lo sguardo malinconico di Bonnie mentre teneva tra le mani la sua stupida lettera. Lei guardava fuori dalla finestra come se lui potesse tornare da un momento all'altro, invece c'ero io ad osservarla da lontano. Ero io quello che capiva cosa stava provando in quei momenti, perché decenni prima ero stato abbandonato da Damon quando avevo iniziato a considerarlo il fratello che non avevo mai avuto.
 
"Mandami la posizione ed andrò a controllare." Suggerii per reggere il mio stesso gioco. Dovevo dimostrarmi pronto a tutto agli occhi di Alex o non ci avrebbe messo molto a scoprire il mio bluff. 
 
"Certo. Ma sii discreto. Dobbiamo agire con calma e se ti dovesse vedere scapperebbe altrove. Non abbiamo tempo da sprecare."
 
Alex abbassò nuovamente lo sguardo e si avvicinò alla porta blindata dove appoggiò la mano allo scanner digitale. Di lì a poco sparì ed io tirai un sospiro di sollievo.
 
Parcheggiai più distante del solito. Non mi aveva seguito nessuno, ma dovevo pur sempre essere prudente. Arrivai alla casetta nel giro di qualche secondo. Mi mancava correre veloce, senza pensieri in testa. La porta era aperta e non appena entrai venni investito da un profumo delizioso. Appoggiai al tavolo le buste di carta con delle provviste e con qualche nuovo libro per Bonnie.
 
"Hei Bonnie, sono io." Dissi non vedendola nel soggiorno.
 
Attesi qualche secondo ma non ci fu alcuna risposta. Controllai velocemente in camera ed in bagno ma di Bonnie nessun segno. Eppure doveva essere li, sentivo il suo profumo.
 
Oh. Ecco cos'era.
 
Uscii e feci il giro della casa. Nulla.
 
"Bonnie!" Urlai. Dove diamine si era cacciata? Avevo sbagliato a fidarmi di lei. Se l'era data a gambe non appena ne aveva avuto la possibilità. Dio mio quanto stupido ero stato a pensare che avesse davvero accettato il mio aiuto. Se si era portata via le pillole chissà dove era in quel momento, forse dall'altra parte del mondo e come diamine l'avrei trovata? Nell'aria sentivo soltanto odore di pino e resina. Di lei nessuna traccia.
 
"Bonnie!!" urlai ancora, così forte che gli uccelli che avevano costruito i loro nidi li attorno decisero di fare le valigie seguendo il temporale che aveva appena lasciato Mystic Falls. Non lo so, forse ero convinto che al secondo richiamo lei mi avrebbe risposto. 
 
"Cazzo Bonnie!!" Urlai per la terza volta facendo scontrare il mio pugno contro un albero. Il poveretto cadde spezzato a terra facendo un gran fracasso.
 
"Ma che ti prende! Ti vuoi dare una calmata? Ma soprattutto, ti dispiacerebbe abbassare la voce? Hai appena fatto fuggire i miei vicini di casa!"
 
Mi voltai, Bonnie con i capelli bagnati tremava nella sua giacca zuppa e stava indicando uno stormo di uccelli ormai lontani. Doveva essere stata sorpresa dal temporale di qualche ora prima, ma in ogni caso non mi spiegavo cosa ci facesse fuori. D'istinto mi avvicinai a lei a grandi passi e la abbracciai.
 
"Dove ti eri cacciata?" Sussurrai.
 
"Enzo, che diamine stai facendo?" Chiese Bonnie cercando di divincolarsi dal mio abbraccio. Mi immobilizzai all'istante. Oddio, davvero! Cosa stavo facendo?
 
"Scusa scusa" mi allontanai di qualche metro "temevo te ne fossi andata o che ti avessero catturata. Senti è meglio entrare. Ho portato delle cose."
 
Indicai la porta, la invitai a precedermi e così lei fece senza fiatare. Bonnie si infilò subito in bagno ed io ne approfittai per riporre gli acquisti nella dispensa. Oltre alla solita pasta, frutta a verdura avevo preso anche qualche snack. Sapevo quanto Bonnie amasse mangiare sano, ma ero io ad adorare la cioccolata, i pop corn ed i salatini quando potevo concedermi delle serate di ozio sul divano. Misi dell'acqua sul fuoco a bollire e preparai due tazze con due bustine di tè. Erano quasi le 5 ed io, nonostante i molti anni negli Stati Uniti, non avevo ancora perso le mie abitudini tipicamente inglesi. Una ventina di minuti dopo Bonnie uscì dal bagno. Aveva asciugato i capelli in morbide onde ed indossava un paio di jeans attillati ed una felpa.
 
"Senti, visto che hai ucciso un povero albero, ti dispiacerebbe fare il boscaiolo per un giorno e rifornire la mia scorta di legna? Di notte qui si gela."

Chissà cos'aveva pensato Bonnie del mio gesto, decisamente avventato. Probabilmente ai suoi occhi dovevo apparire come un vampiro disperato in cerca di affetto. Abbassai lo sguardo ridendo. Scacciai quel pensiero, annuii in risposta alla sua richiesta e spinsi la sedia di fronte a me con i piedi invitandola a sedersi. Bonnie lanciò un'occhiata ai libri che avevo messo sopra al tavolo ed incuriosita si avvicinò subito. Mi alzai sentendo fischiare il bollitore e versai subito l'acqua calda nelle due tazze.

"Un paio di libri sono per te, ho visto quanti ne divori in una settimana. Quindi sai, cultura personale. Gli altri sono per le tue ricerche. Alex non ha la minima idea di dove tu ti trovi, quindi immagino che le pillole stiano facendo il loro lavoro. Pensa, crede ti stia proteggendo Damon e mi ha mandato a cercarti..." Le misi davanti una tazza fumante e mi bloccai vedendo un ghigno di dolore sul suo volto.

"Scusami." Mi affrettai a dire e lei in cambio sorrise forzatamente. Damon era una ferita aperta per lei e lo sarebbe stato ancora per molto tempo. Avrei voluto dirle che forse doveva leggere quella dannata lettera, capire perchè Damon avesse compiuto quel gesto ma lei ne aveva troppa paura. Eppure non riusciva nemmeno a gettarla e lasciarsi tutto alle spalle. Dopo qualche minuto imbarazzante fu Bonnie e rompere il silenzio.

"Allora Alex non è poi così intelligente se crede questo visto che a quanto pare a Damon non è mai importato nulla di me." Il suo tono era freddo, così pieno di rabbia. La potevo capire. Stava rigirando il cucchiaio ormai da qualche minuto ed il rumore dell'acciaio sulla ceramica mi stava dando sui nervi. Con uno scatto bloccai la sua mano e lei sobbalzò, ma finalmente il suo sguardò si posò su di me.

"Damon ti adorava, Bonnie. Ma resta e resterà sempre un bastardo egoista. E non ti merita. Non merita il tuo amore Bonnie e nemmeno il tuo dolore."
Lasciai andare il suo braccio che nonostante la pelle scura si era leggermente arrossato.

"Mi dispiace metterti fretta, ma prima scopriamo cosa si nasconde all'interno dell'Armeria prima potrò disfarmi di questo continuo stato d'ansia."
Bonnie mi guardò interrogativa.
"Forse ti sembrerà strano ma i 15 giorni in cui non ero qui, sono stati una tortura. Almeno ora potrò tenerti d'occhio."

"Non mi serve una baby sitter, so benissimo cavarmela da sola!" Ribattè Bonnie offesa. Ma alla fine dei conti lo sapevo. Sapevo quanto fosse autonoma e super deteminata, non avevo alcun dubbio a riguardo. Non volevo starle con il fiato sul collo per tutto il tempo, ma sentire la sua presenza mi rassicurava, mi faceva capire che stavo facendo la cosa giusta, che stavo proteggendo una persona che meritava di essere protetta.

"So che non mi crederai, ma voglio esserti amico Bonnie. Io e te siamo più simili di quanto immagini." Finii di sorseggiare il mio tè e Bonnie sospirò arrendevole.

"Hai ragione, forse abbiamo iniziato solamente con il piede sbagliato. Normalmente non mi sarei fidata di qualcuno in questa circostanza quindi non farmi pentire della mia decisione." prese la sua tazza tra le mani e la portò alle labbra per sorseggiare quella deliziosa bevanda ai frutti rossi, si strinse nelle spalle "e poi devo ammettere che iniziavo ad annoiarmi. Avere un po' di compagnia potrebbe farmi bene."

Le sorrisi e mi alzai per mettere le nostre tazze sul lavello. "Che ne dici di dare un'occhiata al materiale che ho portato? Sai, non sapendo leggere non so se ho portato libri per bambini oppure dei veri grimori e diari della famiglia St. John".

Sul volto di Bonnie comparve un'espressione stupita "Enzo non sa leggere?"



Non credo sia il massimo concludere questo capitolo con una battuta di Bonnie, ma almeno finisce con un sorriso no?
Enzo che si prende in giro da solo perchè non sa leggere, ma volevo rivisitare un attimo la reazione di Bonnie che nel telefilm era un po' cattivella diciamocelo.
Volevo ringraziarvi ancora per le recensioni ai capitoli precedenti, spero davvero con il cuore che la storia vi stia piacendo ed ho la sensazione che il prossimo sarà parecchio speciale, insomma questi due dovranno iniziare a conoscersi prima o poi no?

A presto!
Angela

 

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Capitolo 4
*** Chapter Four ***


Cari lettori,
vi chiedo perdono per il ritardo nell'aggiornare la storia, ma come alcuni di voi già sapranno sono stata a Bruxelles per la convention di TVD in cui ho avuto la fortuna di incontrare Kat e Michael, coloro che hanno dato vita alla coppia su cui stiamo fantasticando da mesi. Credo che averli incontrati mi darò parecchi spunti, soprattutto per descriverli. Per il momento, godetevi il quarto capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate. Le poche recensioni mi stanno rallentando la scrittura perchè non so se vi stia piacendo a meno. Vi avviso che non sto minimamente tenendo conto dei fatti passati e del tempo in cui sono avvenuti. Quindi se trovate delle incongruenze, sono volute.




Dalla cucina proveniva un profumo delizioso, mi alzai di buonumore perché sapevo avrei trovato una splendida colazione ad attendermi. Già immaginavo quei favolosi muffin ai mirtilli sicuramente accompagnati da una spremuta fresca. Cos'avevo fatto per meritarmi una persona tanto meravigliosa? Infilai le pantofole e scesi le scale saltellando. Non appena mi affacciai alla porta trovai il sorriso più bello del mondo pronto per me, pronto a regalarmi un'altra giornata. "Buon compleanno tesoro."

Ricambiai con un enorme sorriso e corsi ad abbracciare la mia fonte giornaliera di felicità che tanto mi stava dando nella vita.
"Sei la migliore nonna." Sussurrai al suo orecchio mentre mi stringeva come mai nessuno aveva fatto. Nemmeno i miei genitori erano stati tanto affettuosi. Ma non era il caso di pensare a loro in quel giorno. Non mi avevano mai dedicato del tempo, non mi avevano mai chiamata per farmi gli auguri. Ma puntualmente arrivava una stupida busta con dei soldi. Ed eccola lí, vicino ad un delizioso muffin dove la nonna aveva messo una candelina. Vi soffiai sopra, esprimendo sempre il solito desiderio. Presi la lettera, la rigirai tra le mani notando che non aveva alcun indirizzo, ma solamente il mio nome scritto in modo elegante e, non dandoci troppa importanza, la allontanai da me.
"Comprati qualcosa di bello nonna, non li voglio i loro soldi. Questa sera ti offro la cena. Non si compiono tanto spesso 17 anni."
Lei cercò di ribattere, anzi no. Lo stava proprio facendo ma sentivo la sua voce lontana. Mi voltai verso di lei e mi portai le mani alla bocca per soffocare un grido. Un uomo le stava puntando un coltello alla gola e mi guardava minaccioso. "Bonnie, vieni all'Armeria o tua nonna muore."

Mi svegliai improvvisamente presa da un attacco di panico, trovare aria era la cosa più difficile del mondo, il mio petto si muoveva velocemente e mettere a fuoco era un'impresa. La porta della camera si spalancò ed Enzo si precipitò verso di me e si inginocchiò al mio fianco.
"Che succede Bonnie?" Chiese preoccupato mettendomi una mano sulla schiena.
"Ho sentito il tuo cuore che iniziava a battere forte, calmati per favore. Sei al sicuro."
Mi voltai verso di lui come se fossi alla ricerca di certezze. Ero davvero al sicuro? E mia nonna? Dovevo essere davvero nel panico più assoluto per non realizzare che mia nonna se n'era andata tanti anni prima. Lei non c'era. Non c'era più. Non avevo più nessuno. Le lacrime iniziarono ad affiorare e ben presto rigarono le mie guance. Ancora non riuscivo a parlare e dovevo apparire così debole e vulnerabile agli occhi di Enzo. Chissà cosa stava pensando di me in quel momento. Lui annuì ed in quel momento seppi che non pensava assolutamente nulla, capiva anche se non conosceva ancora il motivo di quel crollo. La sua mano correva lentamente su e giù per la mia schiena donandomi un senso di calma che non provavo da tanto tempo.

Con parecchio sforzo riuscii a dire una semplice parola. "Gra...zie." Respirai profondamente un paio di volte, poi presi il lenzuolo e mi asciugai le lacrime.
"Che ti succede Bonnie?" Ripeté Enzo alla ricerca di una risposta da parte mia. Sospirai. "Solo un incubo. Cose reali, ma che non possono in alcun modo legarsi. Credo che i recenti pensieri abbiano influenzato un po' troppo la mente ed i miei sogni". Mi portai le mani agli occhi come per impedirmi di rivedere quelle immagini.
"Tra il mio compleanno, la lettera di Damon e l'armeria che mi cerca io..." Non sapevo come continuare. Non ero impaurita. Non temevo il futuro. Ero solamente stanca. Stanca di non poter avere una vita normale almeno per un breve periodo. Era come se fossi bloccata, crescevo mentalmente e fisicamente, ma in quanto ad esperienze rimanevo sempre lì, la strega che salvava i suoi amici, che salvava se stessa e che si sacrificava per il bene degli altri. Da piccola quando non ero una strega desideravo avere una famiglia, forse perché io non l'avevo mai avuta. Desideravo un figlio da amare incondizionatamente perché non volevo essere come i miei genitori, volevo accudire mio figlio, volevo amarlo, sgridarlo ed educarlo.

I miei pensieri vennero interrotti da Enzo. "È il tuo compleanno? Perché non me l'hai detto?" Chiese con dolcezza. Ma se anche l'avesse saputo cosa sarebbe cambiato? Dovevo rimanere lì non potevo di certo affittare una limousine ed andare per locali con le mie amiche fingendo di essere delle tipiche ragazze americane. "Non ci do molta importanza devo dire." Mi voltai per guardare la sveglia sul comodino, segnava lei sei di mattina. Solo un anno prima ero sola, intrappolata nel 1994 pronta a morire pur di non rivivere quel dannato giorno in altra volta. La solitudine era troppo per me da sopportare. Un anno dopo anche se ero viva e c'erano tante persone che respiravano la mia stessa aria mi sentivo comunque sola, abbandonata.

"Mi dispiace di averti disturbato, vorrei dormire ancora un po' se ci riesco." Enzo annuí e si alzò in piedi pronto ad uscire dalla stanza. Mi portai le coperte fin sulle spalle ed appoggiando la testa sul cuscino chiusi gli occhi.
Buon compleanno tesoro." Sussurrò Enzo prima di posare le sue labbra sulla mia fronte. Non aprii gli occhi, non dissi nulla. Ripensai solamente alle tre parole che aveva detto, le stesse che aveva detto Grams nel mio sogno. Lo sentii uscire e chiudere la porta alle sue spalle, solo allora mi girai su un fianco stringendomi le ginocchia al petto per scivolare nel sonno qualche minuto dopo.

Qualcosa mi martellava in testa, dei colpi regolari che mi avevano svegliata. Mi passai una mano sugli occhi e tornai a guardare la sveglia. Le due del pomeriggio. Mi alzai di scatto, avevo dormito altre sette ore e sentivo la testa pesante. Cercai di capire cosa mi avesse svegliato ed effettivamente continuavo a sentire quel rumore. Mi alzai, mi avvolsi nella vestaglia e mi avvicinai all'entrata, la porta era aperta e sentii un venticello fresco accarezzarmi i piedi. Per essere il 5 di febbraio il sole era piuttosto caldo e mi crogiolai per qualche attimo assorbendo tutti i raggi solari possibili. Enzo era poco lontano, accanto alla legnaia. Indossava una camicia a quadri rossa, i bottoni sul petto erano slacciati e stava tagliando la legna come se fosse sempre stato il suo lavoro. Si bloccò probabilmente sentendo la mia presenza. Mi rivolse un gran sorriso ed indicò la legna che aveva già tagliato "Eseguo i suoi ordini, Altezza." Appoggiò l'ascia e fece un inchino verso di me. Mi sfuggì una risata e tornai all'interno per accendere il fuoco. Dovevo ammettere che la magia un po' mi mancava per le azioni quotidiane ed accendere il fuoco era una di quelle. Tuttavia in 15 giorni di "prigionia" non potevo negare di essere diventata abbastanza brava ed i fiammiferi erano diventati i miei migliori amici.


Mi ero appena vestita - pantaloni della tuta, felpa e capelli raccolti in uno chingon disordinato - quando Enzo bussò alla porta della mia camera.
"Avanti."
Riposi il pigiama sotto al cuscino e mi voltai. Mi stava squadrando da testa a piedi un po' incredulo. Ma che aveva?
"Potevi mettere qualcosa di più elegante, è il tuo compleanno!"
Gli lanciai un'occhiataccia, ma che diamine si aspettava? Che mi mettessi un vestitino che lasciava poco all'immaginazione per stare rinchiusa in quella baracca?
"A quale scopo?" risposi acida "non credo uscirò a festeggiare con le mie amiche questa sera."

Lui alzò una mano in segno di difesa e solo in quel momento notai che sotto allìaltro braccio teneva una scatola di cartone a me familiare. Lui capì subito che il mio sguardo era finito lì, probabilmente l'aveva capito anche dai battiti del mio cuore che avevano iniziato ad accelerare.

"So quando ti stia pesando stare qui Bonnie. E quando questa mattina ho scoperto che era il tuo compleanno ho pensato di renderti la permanenza un po' più facile. Sono andato a casa tua ed al dormitorio, ho preso alcune cose che credo ti possano far sorridere, che ti possano far sentire a casa." Fece qualche passo avanti e poggiò la scatola sul letto "ti lascio sola ora" disse a bassa voce per poi uscire e chiudere la porta dietro di sè.

Mi sedetti sul bordo del letto, alzai il coperchio della scatola ed iniziai a tirare fuori tutte le cose che aveva preso. Il filo di lucine colorate che avevo sopra al letto nel dormitorio. Mi voltai subito per vedere se potevo in un qualche modo appenderle anche lì. Forse no, ma ne avrei trovato il modo. Miss Cuddles, la mia amata Miss Cuddles. La strinsi a me, la annusai come se mi mancasse il suo odore. La verità era che non sapeva proprio da nulla, ma la adoravo. Il mio diario. Non ero mai stata in grado di scriverne uno con costanza, ma lì forse ne avrei avuto il tempo e mi poteva tornare utile per raccontare ad Elena quello che mi stava accadendo. Elena. Mi scese una lacrima quando vidi una nostra foto sul fondo della scatola. E sotto a quella una con Caroline. Dovevo assolutamente scriverle, dirle che stavo bene. Alla fine dei conti Enzo mi aveva dato un altro telefono, non mi aveva completamente estraniata dal mondo. Nella scatola rimaneva solo una cosa, un piccolo porta gioie. L'avevo già visto, ma Grams non mi aveva mai permesso di aprirlo. Diceva sempre che l'avrei potuto aprire solo quando lei non ci sarebbe stata più. L'avevo cercato a lungo, senza mai riuscirci ed ora eccolo lì. Lo presi in mano, cercai di aprire il piccolo scrigno ma nulla. Mi alzai, andai in soggiorno ed Enzo era seduto sul divano, stava suonando una dolce melodia con la sua chitarra. Mi fermai un attimo ad ascoltarlo ma poco dopo sentii la sua risata e smise di suonare.

"So che ti affascina il fatto che io stia suonando la chitarra e so anche che vorresti io continuassi, ma so che vuoi chiedermi qualcosa Bonnie, quindi fallo."
Sorrisi e mi avvicinai a lui mentre riponeva la chitarra sulla piccola ma accogliente poltrona accanto al divano. Mi sedetti vicino a lui e gli mostrai la scatolina.

"Dove l'hai trovata? Come sapevi che era mia? Come si apre?"

Sul suo volto apparve uno dei suoi sorrisi divertiti, dovevo ammettere che mi piacevano, me ne stavo un po' invaghendo.
"Credevo avessi una domanda, non mille. Diciamo che l'ho preso in prestito dall'Armeria. C'è scritto il tuo nome sotto, ma Alex ha detto che nessuno è mai riuscito ad aprirlo. Credo sia stato sigillato da tua nonna solo ed esclusivamente perchè tu un giorno potessi aprirlo. Quindi non posso rispondere alla tua ultima domanda, è una cosa che devi scoprire tu e potrebbe risultare difficile visto che al momento i tuoi poteri sono fuori uso. Ma so che la tua fantastica mente riuscirà a capirci qualcosa in più."

Chi era il ragazzo di fronte a me? Quello non era Enzo. L'Enzo che conoscevo io se ne fregava delle persone eppure di giorno in giorno levava uno strato della sua corazza e si apriva con me senza che io gli chiedessi nulla. Ne ero lusingata certo, ma faticavo ancora a capirne il motivo.

"Io beh... Non so come ringraziarti. Non dovevi fare tutto questo per me. Io sto bene davvero."
Mi guardò dubbioso, stava pensado alle condizioni in cui mi aveva vista quel mattino e la mia ultima affermazione non aveva molto senso. Non potevo dargli torto.

"Mi sto prendendo cura di te Bonnie. Sto cercando di proteggerti perchè non mi fido dell'Armeria, perchè so che nessuno ha mai fatto qualcosa per te. Rinchiuderti qui non è un bel modo per dimostrarlo, ne sono consapevole, ma non ho trovato alternative. Voglio solo renderti le cose più semplici, permettimi di farlo."
Annuii e gli sorrisi.

"E buon compleanno, ancora una volta."




La fine non mi convince, ma mi stavo dilungando troppo e vorrei continuare questa cosa dello scrigno nel prossimo capitolo. Riuscirà Bonnie ad aprirlo?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e spero di vedere qualche recensione in più.
Conto su di voi!

A presto,

Angela
 

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Capitolo 5
*** Chapter Five ***


Buonasera cari lettori!
Le recensioni rispetto al quarto capitolo mi hanno resa davvero felice e vi ringrazio davvero tanto! ma contrariamente a quanto pensavo c'ho messo un sacco di tempo a scrivere il quinto.
Ho passato giornate intere a pensare mentre ero al lavoro ed alla sera scrivevo. Forse non sarà lunghissimo, anzi proprio non lo è, ma come sapete i capitoli alternano il punto di vista di Bonnie e di Enzo e per quanto riguarda le scene successive a questo capitolo vorrei descriverle con gli occhi di Bonnie. Non voglio dilungarmi troppo, quindi buona lettura!




Il telefono nella tasca dei miei pantaloni vibrava ininterrottamente da ormai un minuto ma non volevo rispondere, temevo fosse Bonnie e ad Alex questo non sarebbe affatto piaciuto. In pochi oltre a lei avevano il mio numero, ed il sottoscritto non aveva molti amici dopo gli ultimi avvenimenti. Avevo detto a Bonnie di contattarmi in caso di estrema urgenza, e per urgenza intendevo imminente morte. Alex mi stava parlando ma le mie orecchie non sentivano le sue parole, il mio corpo era completamente rigido, interamente concentrato su quella vibrazione che non accennava a smettere, come se volessi riattaccare con la forza del pensiero.

"Enzo, perché non rispondi? Bonnie ti sta cercando." Disse Alex indicando la mia tasca. Sbarrai gli occhi, che cosa aveva appena detto? Ci aveva scoperti? Un terribile stato d'ansia si impossessò di me, mentre con un movimento lento estraevo il cellulare, guardavo lo schermo e... Bonnie.

Respirai a pieni polmoni come se fossi appena riemerso da un'apnea durata anni. L'ambiente attorno a me era cambiato, ero su un divano scomodissimo, ma dopo mesi aveva preso l'odore della persona che più lo utilizzava. Bonnie. Forse era quel profumo, che tanto mi dava alla testa, ad aver condizionato il mio sogno. Mi ci volle qualche secondo però per realizzare che il telefono stava suonando davvero. Allungai un braccio verso il tavolino e lo presi. Caroline. E questa che diamine voleva ora?

"Hey Barbie? Come va con le poppate?" Le risposi salutandola sarcasticamente.
Se un tempo avevo sperato di avere qualche chance con la bionda, ora credevo saldamente si meritasse gli uomini che aveva nella sua vita. Stefan era chissà dove con Valerie mentre lei era talmente falsa da voler sposare un uomo che nemmeno amava. Sì, mi tenevo aggiornato con i gossip.
"Sei sempre un gentiluomo Enzo ma non ho bisogno delle tue cattiverie gratuite al momento. Sto cercando Bonnie e qualcosa mi dice che tu sappia dove lei sia."

Mi lasciai sfuggire una risata mentre la voce isterica di Caroline mi giungeva all'orecchio. Lei sbuffò ma alla fine mi decisi a darle una risposta.
"È qui con me. Ha appena fatto il miglior sesso vampiresco della sua esistenza. Ma è sfinita, non credo sia disposta a rispondere Caroline."
Riuscii a sentire Caroline che smetteva di respirare, stupita. O meglio, sconvolta.

"Stupido pervertito che non sei altro!"
Era l'esatta risposta che mi aspettavo da lei, peccato non fosse stata la sua voce a pronunciarla, ma quella di Bonnie che, dopo avermi tirato una sberla in testa, era perfino riuscita a prendermi il cellulare senza che me ne accorgessi. Rimasi a bocca aperta mentre mi lanciava un'occhiataccia furiosa e rispondeva alla sua amica.
"Non credere ad una sola parola Care, ti sta prendendo in giro". Disse Bonnie mentre ridevo sotto i baffi e mi sdraiavo nuovamente sul divano passandomi una mano tra i capelli.
"Bonnie! Dove sei? Come stai? Ti ha fatto del male? Perché sei con Enzo? Perché non rispondi al tuo telefono? Sei sparita dalla faccia della terra! Ho bisogno di te!". Mano a mano che Bonnie si allontanava smisi di ascoltare la sua conversazione con Caroline. Dopo tutte quelle domande a Bonnie sarebbe servito un mese per rispondere. Mi fidavo di lei, o meglio, cercavo di continuare a fidarmi. Fino a quel momento non mi aveva mai dato modo di dubitare della sua lealtà, ma avevo sempre la sensazione che una volta stufa, una volta superato un certo limite, se ne sarebbe andata o avrebbe fatto qualcosa di sconsiderato mettendosi - e mettendomi - nei guai.

Guardai l'orologio, erano le 7 di sera, fuori il sole era già tramontato ed io dovevo essermi addormentato qualche ora prima mentre Bonnie guardava uno dei film strappalacrime che le avevo comprato alla stazione di servizio. Chissà se le era piaciuto. Mi alzai a sedere tenendomi la testa tra le mani. Perché diavolo mi doveva interessare se il film era stato di suo gradimento? Era solo uno stupido film! Eppure per ogni cosa che facevo sentivo il dannato bisogno della sua approvazione. Era più forte di me. Se facevo una cosa giusta iniziavo a vedermi come l'Enzo buono, l'Enzo che sa prendersi cura delle persone, l'Enzo degno di avere qualcuno al suo fianco. Se invece sbagliavo ero tornato automaticamente ad essere un mostro.

Mi alzai ed infilai la giacca di pelle. Bonnie era fuori ormai da mezz'ora ed iniziava ad essere davvero buio. In più il mio telefono non aveva abbastanza batteria da sostenere un telefonata tanto lunga. Con mia grande sorpresa trovai Bonnie seduta su una panchina che avevo fatto qualche settimana prima e lei aveva deciso di verniciarla di azzurro. Ero così assorto nei miei pensieri che non l'avevo nemmeno sentita tornare, ma dentro di me tirai un gran sospiro di sollievo.

"Tutto bene?" Le chiesi. Lei si voltò e notai gli occhi arrossati.
"Si, ma il tuo telefono si è spento." Si asciugò una lacrima che le aveva rigato la guancia, mi allungò il cellulare e si alzò.
"Non ho molta fame, credo andrò a dormire." Si era già avviata quando la mia mano si strinse sul suo braccio.
"Aspetta Bonnie. Odio vederti così." Lei si voltò e mi trafisse con lo sguardo. Improvvisamente mi sentii più piccolo di un granello di sabbia.

"Così come? Eh? Credimi vorrei tanto dare la colpa agli ormoni, al ciclo, a qualsiasi cosa. Invece riesco ad incolpare solo me stessa. Perché quel giorno non dovevo nascere. Sarebbe stato molto meglio per me e per tutti quelli che mi hanno incontrata nella loro vita. Sono un problema per la gente. Sono un problema per te che te ne stai qui a farmi da balia quando potresti essere altrove. Sono la ragazza che dovrebbe risolverli questi problemi, non crearli. Invece sono una fottuta strega senza poteri che ad una richiesta di aiuto da parte della sua migliore amica, l'unica amica che le è rimasta, deve rispondere che non può fare nulla. Sai come ci si sente Enzo? Ad essere prigionieri di se stessi oltre che di una dannata casa per mesi? Perché mi stai facendo questo? Perché mi hai rubato quella poca libertà che mi restava? Mi stai uccidendo così!"

Le lacrime erano tornate a rigarle le guance e più volte mentre si sfogava aveva battuto i suoi pugni sul mio petto, fino a quando stanco dei suoi piagnistei le avevo bloccato i polsi a mezz'aria.
"Si Bonnie. So come ci si sente. Io sono stato prigioniero per anni! Anni di torture! Non mesi di torte, bei film e buona musica. Se questo per te è l'inferno io dove cazzo sono stato? Hai 23 anni ma ti comporti come una bambina a volte. E sapevo di questo tuo malessere ma non immaginavo arrivasse a tanto. Credevo si manifestasse solamente durante il sonno. Durante il giorno sei così solare, impegnata nelle tue ricerche. Mi devo ricredere. Insomma, quale cretino accorrerebbe in aiuto di una ragazza che conosce a malapena quando ha incubi di notte? Quale cretino userebbe mai i suoi poteri per modificare il corso dei sogni di una ragazza, non appena nota un repentino aumento dei battiti del suo cuore?"

Non avevo mai smesso di guardarla negli occhi, nemmeno nel momento in cui le confessavo quanto avevo fatto nei mesi passati. E lei rimase a bocca aperta, forse incapace di capire bene come io avessi cercato di aiutarla a dormire sonni tranquilli dopo quell'attacco di panico che lei aveva sottovalutato. Ma io no. Ogni notte accadeva la stessa cosa ed io avevo visto un'unica soluzione. Così mentre dormiva mi sedevo sulla poltrona e vegliavo su di lei.

"Ci sono giorni in cui mi affascini, il tuo modo di affrontare la vita, ostacoli che per una piccoletta come te dovrebbero essere insormontabili. E poi ci sono momenti come questo in cui mi chiedo chi cazzo me l'abbia fatto fare."
Le lasciai i polsi, mi allontanai e mi sistemai la giacca. Bonnie, con mia sorpresa, ridacchiò. Ma non era la sua solita risata, quella contagiosa che metteva allegria. Aveva un qualcosa di cattivo e sapevo che la bomba stava per arrivare.

"Esatto Enzo. Chi cazzo te l'ha fatto fare? Potevi benissimo lasciare che l'Armeria mi prendesse, che facesse esperimenti su di me, che mi usasse per i suoi loschi scopi. Almeno ora sarei morta e ci sarebbe un problema in meno. Damon sarebbe qui con Elena ed io non avrei questi sensi di colpa!"
"Non me ne frega nulla di Damon e della sua doppelganger!"
Le urlai contro ad un tono di voce così alto che la feci arretrare di un passo "Lui forse avrebbe Elena, ma io non avrei te!"

Non avrei voluto litigare con Bonnie, ma a volte era così cocciuta che proprio non riuscivo a farne a meno. Ma mai mi ero esposto tanto. Avevo cercato di tenere quei pensieri ben confinati solo nella mia mente, invece avevo iniziato a cantare come una rondine a primavera. Camminavo nervosamente avanti e indietro con le mani tra i capelli, mentre Bonnie fissava la terra umida.

"Vattene."

Cosa? Mi bloccai all'istante.

"Non ho intenzione di innamorarmi di te Enzo. Vattene per favore, voglio restare sola."

Non mi serviva altro. Non avrei continuato a discutere con lei. Era una causa persa.

Una bella scopata. Ecco cosa mi serviva per togliermi dalla testa quella strega. Le dita di quella che per me era una semplice sconosciuta giocherellavano con i peli del mio petto mentre io facevo un tiro con la sigaretta che mi aveva offerto. Quella tipa era strafatta, l'avevo morsa ed il suo sangue era il peggiore che io avessi mai assaggiato. Impuro, malato, tossico. Non appena si fosse addormentata me ne sarei andato dal tugurio in cui viveva. Pareti ammuffite, lenzuola lerce, avanzi di cibo accanto al letto. Finii la sigaretta senza nemmeno accorgermene e ne presi un'altra dal pacchetto.

"Come ti chiami?" Mi chiese la puttana drogata.
"Non ha importanza. Non mi vedrai più."
"Oh invece io spero proprio di sì."
Girai la testa e vidi che si stava mordendo il labbro in modo tutt'altro che sensuale. Quando Bonnie mordicchiava le penne mentre era concentrata sui grimori, quello sì era sensuale. E mi veniva duro. Ogni volta.

"Devo andare." Dissi con ancora la sigaretta tra le labbra. Mi infilai la maglia ed i pantaloni mentre lei mi implorava di restare per un altro round.
Mi veniva da vomitare.
Ero così incazzato che avevo visto in quella bionda dal corpo tutte curve l'unico modo per distrarmi, per togliermi dalla testa Bonnie. Ma avevo sbagliato, ancora una volta. Infilai gli anfibi mentre lei continuava a supplicare tirandomi la maglia. Mi stavo davvero innervosendo.
Mi voltai di scatto e la guardai negli occhi. "Dimenticati di me. E già che ti sto soggiogando, datti una ripulita e trova un vero lavoro."
Lei annuì silenziosamente e mi seguì con lo sguardo mentre mi lasciavo alle spalle quell'orribile monolocale. Solo una volta all'esterno dell'edificio sentii di poter respirare davvero. Salii in auto e presi il cellulare.
Nessuna chiamata, nessun messaggio. Feci scorrere il dito sulla rubrica fino al suo nome.
No Enzo, non lo fare. Probabilmente stava dormendo. Erano le tre di notte.
Scaraventai il telefono sul sedile lato passeggero ed avviai il motore.

Per la prima volta dopo mesi non sapevo dove andare.





Ho preso il vizio di iniziare i capitoli con degli incubi, ma non vi posso promettere che questa sarà l'ultima volta.
Adoro come i pensieri ed i sentimenti repressi da Bonnie ed Enzo si riflettano sia nei loro sogni che nei loro incubi. E personalmente è una cosa che mi capita molto spesso. Spero di riuscire a soddisfare le vostre aspettative con questi capitoli, ma come sempre accetto anche le critiche. Credo che possano solamente aiutare a migliorare. Aspetto con ansia le vostre recensioni.

A presto!
Angela

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Capitolo 6
*** Chapter Six ***


Lo so. Sono in super ritardo con questo nuovo capitolo, ma la vita ed il lavoro non mi hanno lasciata respirare negli ultimi due mesi.
In tutto questo tempo il capitolo era praticamente pronto, ma ero bloccata con il finale. E così la crisi si è protratta fino a ieri. Ma basta chiacchiere, so che alcuni di voi stavano aspettando con ansia questo capitolo quindi vi lascio alla lettura.





Enzo se n'era andato da più di tre mesi ormai, o meglio io l'avevo cacciato. Dopo tutto quello che aveva fatto per me gli avevo chiesto di andarsene.
Eppure, nonostante la mia cattiveria, non aveva smesso di prendersi cura di me.
Ogni settimana trovavo la dispensa piena, un libro e tre film. Ogni 15 giorni trovavo un nuovo barattolo di pillole. E di tanto in tanto trovavo anche qualche vestito più leggero mano a mano che l'estate avanzava. Non mi faceva mancare nulla.
Dal giorno successivo al nostro litigio avevo iniziato a sentire Caroline con più regolarità, era l'unica compagnia che potevo avere. Ma non le avevo raccontato nulla.
Continuavo a mentire dicendole che stavo bene, che avevo tutto ciò che mi serviva. Che ero al sicuro.

Ma non era così.
Gli incubi erano tornati ed ogni notte mi colpivano come un treno in piena corsa. E non c'era più nessuno a proteggermi.
Non c'era più Enzo.

Cercavo sempre di rimanere sveglia il più possibile per non finire in quell'inferno. Le notti peggiori erano quelle in cui sognavo Damon ed ero certa fosse quella lettera, ancora chiusa nella sua busta, a causarmi un continuo malessere. Volevo sapere la verità ma allo stesso tempo sapevo di non essere pronta perché temevo di stare ancora più male. La decisione di Damon mi aveva spezzato l'anima oltre che il cuore. Dall'essere arcinemici eravamo passati alla consapevolezza che nonostante tutto potevamo sempre contare l'uno sull'altra. Lui era la mia spalla destra, il fratello che non avevo mai avuto. E forse anche qualcosa di più. Ne avevamo passate tante assieme.

Accesi la luce del bagno ed allo specchio vidi riflessa un'orribile versione di me. Occhiaie scure, capelli disordinati ed un costante tremore alle mani. Ormai vedevo quella stessa scena da settimane e non avevo trovato alcun rimedio. Più volte avevo sentito Enzo tornare nel pieno della notte, ma il mio stupido orgoglio mi faceva rimanere sotto le lenzuola fino a quando lui non se ne era andato.
Aprii il barattolo delle pillole, ne restavano poche, ma come facevo ormai da un anno prendevo una pillola, aprivo il rubinetto per riempire un bicchiere d'acqua e la mandavo giù come se fosse la mia colazione. Anche mangiare iniziava a diventare difficile, ma se proprio dovevo morire non volevo accadesse per la fame.
Andai in cucina, presi una ciotola, vi misi dei cereali al miele ed aggiunsi il latte. Un improvviso tremore alla mano me ne fece rovesciare una gran quantità sul tavolo. Imprecai per la mia sbadataggine ma al secondo tentativo andò un po' meglio. A fatica mandai giù tutto mentre guardavo l'ultimo dei tre film che avevo per quella settimana. Ormai avevo riempito un intero scaffale e quando mi annoiavo riordinavo tutti i dvd, alcune volte creavo una scala di colori, altre in semplice ordine alfabetico anche se dovevo ammettere di averli riordinati anche in base al grado di gradimento.

Come accadeva spesso nelle ultime settimane saltavo il pranzo e mi dedicavo allo scoprire cosa l'Armeria potesse volere da me. Non c'era nulla di nuovo, tranne qualche strano episodio accaduto alla famiglia di Alex molti anni prima e trovavo difficile che le cose potessero collegarsi a me. Un altro passatempo era quello di capire come aprire lo scrigno di Grams. Stavo leggendo uno dei suoi diari, dopo aver setacciato il suo vecchio grimorio, ma lì lei era troppo giovane, mia madre era appena nata stando ai suoi racconti. Probabilmente non avrei trovato nulla, ma ero attenta ad un qualsiasi indizio perché probabilmente si trattava di un oggetto che veniva tramandato di generazione in generazione.

Lo squillo del telefono mi distolse dalla lettura. Era Caroline. Sorrisi e le risposi.

"Ciao Caroline, sono felice di sentirti almeno ho qualcuno con cui parlare che non sia Enzo".
Lei mi rispose subito, quasi interrompendomi ed il suo tono era severo.
"Smettila di raccontare frottole, sia a me che a te stessa. Ti ho sentita spesso negli ultimi tempi e mi hai sempre detto che c'era Enzo lì con te. Invece non vi parlate né vedete da mesi. Esigo una spiegazione."

Mandai giù la saliva che mi si era accumulata in bocca ed andai alla disperata ricerca di una buona scusa da rifilarle, ma la la verità era che avevo un dannato bisogno di sfogarmi con qualcuno.
"Ho avuto paura e l'ho cacciato."
Caroline sospirò e con tono più comprensivo mi chiese di continuare.
"Lui mi piace Caroline" mi nascosi il volto con una mano "si prende cura di me in un modo che non mi sarei mai immaginata, nemmeno tu ci crederesti se lo vedessi. Insomma, conosci l'Enzo doppiogiochista, stronzo e manipolatore. Ma lui non è così."

"Lo so Bonnie. Sono settimane che mi chiama per avere notizie su di te. Sta uno schifo credimi e da lui non mi sarei mai aspettata una cosa simile. Ci tiene. Ed è sincero."
"Sì ma io non voglio ritrovarmi in una relazione malata. Che futuro potremmo mai avere? Io strega senza poteri e lui vampiro ultracentenario. Ho sempre sperato in una vita normale, ci spero ancora ma non riesco mai a fare un passo avanti. Sono chiusa in questo tugurio da un anno ormai e sto impazzendo."

"Che cosa dovrei dire io Bonnie? Ho partorito due figlie non mie, sono una vampira e sto con un umano. Avevo la vita perfetta con Stefan ma pare che io non possa mai essere completamente felice. Devi solamente lasciarti andare Bonnie. Che male potrà mai farti?"
"Lo so, ma ho paura che la realtà mi cadrà addosso una volta detto ad alta voce quello che sento."
"L'hai già fatto Bonnie. Me l'hai appena detto. Lui ti piace e dalla tua voce capisco che lo desideri. Non c'è nulla di sbagliato in questo. Ora devo scappare, è ora del biberon per le gemelle. Pensaci..."
"Grazie per aver chiamato Caroline. Mandami una foto delle gemelle ogni tanto. Baciale da parte mia."

Quella notte mi addormentai con lo scrigno tra le mani, ma il terrore che i fantasmi del mio passato tornassero a farmi visita nella notte, era costante. Mi svegliai all'improvviso, inconsciamente avevo sentito dei rumori. I passi che provenivano dal soggiorno erano più che familiari. Mi rannicchiai portando le ginocchia al petto e coprendomi le orecchie con le mani. Sentivo il mio cuore che rimbombava e nella mia mente risuonò la voce di Caroline.

"Lasciati andare Bonnie."

Respirai profondamente e scostai le lenzuola. Abbassai l'abbondante maglia che indossavo per dormire ed uscii dalla camera giusto in tempo. Enzo stava per chiudersi la porta d'entrata alle spalle.

"Aspetta."

Sussurrai guardandolo mentre lui si bloccava sull'uscio. Passarono secondi, forse minuti. Ma entrambi restavamo in silenzio. La mano di Enzo era ancora sulla maniglia della porta. Iniziai a torturarmi le dita nervosamente, ormai lo smalto nero che avevo messo sulle unghie era tutto rovinato.

"Quando smetterai di andartene?" Chiesi in un sussurro convinta che sarebbero bastate quelle poche parole per sistemare tutto, per fargli capire che ero stanca di stare sola.
"Quando mi chiederai di restare" rispose continuando a tenere la mano sulla maniglia ma voltandosi verso di me. Sembrava appena uscito da una rivista di modelli. La giacca nera in pelle, i capelli pettinati perfettamente all'indietro con un filo di gel, la barba appena accennata. Ed il suo sguardo, l'unico capace di stendermi con poco. Se c'era una cosa che non riuscivo a fare era guardarlo negli occhi per più di qualche secondo. Sembrava volerti leggere l'anima.

"Resta" sussurrai abbassando gli occhi.
"Io..." il mio cervello era in panne, impossibilitato a creare un discorso di senso compiuto "io... Sì insomma... Credo di aver scoperto qualcosa grazie ai diari della tua famiglia. Quelli che mi hai portato qualche settimana fa e... Dobbiamo parlarne." Se il mio cuore avesse potuto fare a botte con il mio cervello probabilmente l'avrebbe fatto, senza pensarci due volte. Avrei potuto benissimo dirgli il vero motivo per il quale volevo restasse.
Mi mancava. Ma non l'avevo fatto.

Strinsi i pugni, così forte da conficcarmi le unghie nei palmi delle mani. "Puoi dirmi tutto domani." Disse mentre si richiudeva la porta alle spalle. In un attimo mi rilassai. L'idea, o meglio, il fatto che lui fosse lì mi tranquillizzava anche se il mio stomaco di era improvvisamente ribaltato.
"Posso parlartene anche ora" dissi mentre andavo a sedermi sul divano "non riuscirei in ogni caso a dormire".

Enzo mi raggiunse poco dopo con due tazze in mano. Non mi ero nemmeno resa conto che aveva acceso il bollitore. Si sedette vicino a me e si voltò. Fu in quell'istante che incontrai il suo sguardo severo. Mi stava rimproverando anche se non con le parole. Parole che in realtà non tardarono ad arrivare.
"Quando hai dormito seriamente l'ultima volta?" Istintivamente portai una mano sul volto, era difficile non notare le mie occhiaie ed il mio volto scavato. In fondo sapevo che avrei dovuto rispondere a quella domanda.
"Da quando ti ho detto di andartene" risposi sincera. Mi portai le ginocchia al petto circondandole con le braccia e vi poggiai il mento come se volessi proteggermi.
"Mi dispiace" sussurrai senza guardarlo "non so più cosa mi passa per la testa. Non ho più il controllo della mia vita. Sono dipendente da stupide pillole anti magia. Non sono più io."

"Tieni" disse porgendomi una delle due tazze. Un dolce profumo di frutti rossi iniziò a riempire la stanza. Chiusi gli occhi ed inalai quel profumo che tanto mi piaceva. Il mio tè preferito. L'avevo finito, ma lui si era accertato di rifornire la mia scorta. Enzo si alzò, accese le lampada vicino al divano e spense la luce della stanza poi tornò a sedersi accanto a me poggiando i piedi avvolti da pesanti anfibi sul tavolino di legno.

"Hai mai pensato a come saresti stata senza magia? Avresti avuto una vita migliore o peggiore?"
"Non lo so. È difficile dirlo. Non sarei stata speciale e basta, credo."
"Io credo il contrario invece Bonnie. Saresti speciale in ogni caso. Se motivata hai grinta, passione, chissà quali grandi cose avresti potuto fare."
"Da come parli sembra che io debba morire domani. Spero di avere l'opportunità di farle davvero queste grandi cose nella mia vita, ma se non dovesse essere, mi accontenterei della famiglia che non ho mai avuto veramente." Sbadigliai più volte mettendo la mano davanti alla bocca. Finii l'ultimo sorso di tè e posai la tazza sul tavolino.

"Ti dispiace se accendo la TV fino a che non mi addormento?"
"No certo, aspetta prendo il telecomando. A quest'ora fanno certi filmini hard che credo ti concilieranno il sonno." Mi strappò un sorriso, nemmeno mi ricordavo l'ultima volta che lìavevo fatto. Presi una coperta leggera e mi coprii. Gli feci segno se voleva condividerla ma lui sorrise e rifiutò. Non so quanto rimasi sveglia. Tra televendite, pubblicità e film western fin troppo datati presi sonno velocemente, l'unica cosa che sapevo era che avevo appoggiato la testa sulla sua spalla ed il suo respiro mi aveva cullata come una ninna nanna.



Forse è troppo breve?
La mia idea di alternare i capitoli con i punti di vista dei due protagonisti si sta rivelando un po' traditrice impedendomi di dilungarmi come vorrei. Però per questa volta vi chiedo di accontentarvi. Chissà invece quali saranno i pensieri di Enzo nel settimo capitolo. C'è qualcosa che immaginate di leggere in questa storia? Una situazione particolare, una certa conversazione... Alcuni di voi mi hanno già dato spunti utili, idee che potrebbero essere perfettamente inserite prima o poi, quindi vi ringrazio anticipatamente. Spero di riuscire ad aggiornare la prossima settimana visto che finalmente avrò qualche giorno di ferie anche io.
Un grosso abbraccio a voi lettori e recensori!

Angela

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Capitolo 7
*** Chapter Seven ***


Questa volta aggiorno in tempo record. Le ferie stanno dando i loro frutti e prevedo l'ottavo capitolo entro fine mese. O almeno lo spero.
Vi ringrazio per le recensioni del capitolo 6, come sempre mi stimolano ad andare avanti a scrivere, mi fanno capire se la storia che sto cercando di raccontarvi è in linea con quello che vi piace leggere. Intanto vi auguro buona lettura e ci riaggiorniamo dopo.





Bonnie si era addormentata sulla mia spalla già da mezz'ora ed inconsciamente si era portata la mano al collo già due volte. Forse non era comoda come speravo. Averla così vicina mi dava un senso di pace. E mi aveva chiesto di restare.
Sapevo anche che di lì a poco avrebbe iniziato ad agitarsi nel sonno così mi sfilai gli anfibi, spensi la televisione e la presi in braccio per dirigermi verso la sua camera. Bonnie non doveva pesare più di 45 chili e ripromisi a me stesso, che una volta liberi da quel fardello, l'avrei portata fuori a cena. Sembrava un buon piano, ma non avevo la minima idea di quando sarebbe successo. Magari dopo qualche mese, o forse addirittura un anno. Cosa certa era che non volevo perdesse i suoi anni migliori chiusa in quella casetta, ma al momento non c'era soluzione migliore e più sicura. La deposi sul letto e le rimboccai le coperte. Era incredibile come in quel luogo potesse essere tanto caldo di giorno, ma tremendamente freddo di notte. Le scostai i capelli dal viso e la osservai per qualche istante sotto la luce tenue dell' abat-jour. Dio quanto era bella.

"Non andare" farfugliò nel sonno senza aprire gli occhi.
"Tranquilla non vado da nessuna parte. Ora dormi." Mi accomodai su una delle due poltroncine presenti nella stanza e presi l'unico libro che Bonnie teneva sul comodino. Una volta aperto capii che non era un libro, bensì un diario. Il suo.
Lo sfogliai velocemente. La sua elegante scrittura occupava più dei 3/4 delle pagine ed ogni giorno scriveva qualcosa indirizzandolo ad Elena. La tentazione di leggere era tanta, ma non volevo violare la sua privacy ed in ogni caso non avrei potuto. Bonnie si era girata sull'altro lato ed aveva iniziato a singhiozzare.

"Non andartene" disse nuovamente ma in modo meno chiaro "non mi lasciare così. Damon per favore."
Senza rendermene conto mi ero alzato e mi ero inginocchiato accanto a lei. Stava avendo uno dei suoi incubi ed il fatto che fosse Damon a causarglieli mi rendeva furioso. Mi infilai nel suo sogno senza permesso, facendo ben attenzione a rimanere dietro le quinte. Sapevo cosa Damon stava per dirle, che lui amava Elena e che non poteva vivere senza di lei, che doveva tenere Bonnie al sicuro e bla bla bla. Fottiti Damon. Per il bene della ragazza di cui mi stavo invaghendo le doveva dire le parole che sapevo lei voleva sentire.
"Non ti lascio Bonnie, aspetteremo Elena assieme. Abbiamo una vita davanti." Lei sorrise e corse ad abbracciarlo.
Come se stessi assistendo veramente a quella scena distolsi lo sguardo. Io stavo muovendo solo il personaggio di Damon. Le reazioni di Bonnie erano genuine, io non avevo nulla a che fare con esse, ed il fatto che lui fosse capace di renderla così felice ma allo stesso tempo così triste mi disturbava. E non poco. Dopo essermi assicurato che Bonnie stesse bene tornai in soggiorno. Presi le due tazze che avevamo lasciato sul tavolino e le misi nel lavello, lei dormiva beatamente così sfruttai l'occasione per riposarmi un po'. Il resto della nottata trascorse tranquillo sia per me che per Bonnie. Mi svegliai quando il sole era già alto in cielo, mi stropicciai gli occhi e mi guardai attorno. Il cuore di Bonnie batteva regolare, era calma, stava ancora dormendo. Io mi alzai ed aprii il frigo. Presi le uova ed una padella. Avevo voglia di uova strapazzate. Forse perché erano l'unica cosa che sapevo cucinare. Mi misi all'opera e proprio mentre preparavo due tovagliette, Bonnie uscì dalla sua camera già vestita.

"Buongiorno, hai dormito bene?" Alzai il mestolo che tenevo in mano in segno di saluto. O forse per giustificare il grembiulino tipicamente femminile che indossavo per evitare di sporcare gli unici vestiti che avevo con me. Bonnie sorrise ed annuì, poi si avvicinò per vedere cosa stessi combinando.
"Ne vuoi un po'?" Le chiesi mescolando per l'ultima volta le uova prima di spegnere il gas.
"Si certo, perché no."

Impiattai fingendo di sapere quello che stavo facendo. In realtà non ne avevo la minima idea. Le poche volte che avevo cucinato uova strapazzate, avevo mangiato direttamente dalla padella. Per pigrizia. Bonnie ne portò una forchettata alla bocca ed il suo volto da rilassato passò ad essere completamente inorridito. Mandò giù il boccone a fatica e mi guardò.
"Non ho mai mangiato una cosa così schifosa. Che cosa c'hai messo?"
"Della semplice salsa Worcester." Risposi innocente. Assaggiai anche io ed il piatto era buono, almeno secondo i miei standard.
"Lezione numero uno. A Bonnie non piace la salsa Worcester. Non farlo mai più."
Sorrise passandosi il tovagliolo sulle labbra e mi allungò il suo piatto nella speranza che lo accettassi. Si alzò e probabilmente decise di ripiegare sulla solita tazza di latte con cereali ed un muffin.
"Ai suoi ordini altezza." Risposi versando il contenuto del suo piatto nel mio. Le passai quello vuoto e lo mise nel lavello.

Dopo un piccolo dibattito su chi dovesse lavare le stoviglie gliela diedi vinta ed andai sul divano con la mia chitarra. Era una delle poche cose che avevo preso da casa mia e che avevo lasciato lì. Ah se mi era mancata. Iniziai a strimpellare uno dei primi motivetti che avevo imparato quando ero in Inghilterra, ma ero arrugginito e dovetti ripartire un paio di volte prima di completarlo.

"C'hai messo molto ad imparare?" Mi ero completamente dimenticato della sua presenza, la musica mi trasportava in un altro mondo. Di fianco a me poteva anche esserci Miss Mondo, ma quando avevo in mano una chitarra, nulla poteva distogliere la mia attenzione da essa.
"No. Cioè, non ricordo. Ho imparato molto tempo fa. Vuoi provare?" Le chiesi prendendo la chitarra per il manico e allungandola verso di lei.
"No" disse agitando le mani davanti a lei in segno di negazione "gli strumenti non fanno per me".
Ridacchiai e riappoggiai la chitarra sulla mia coscia. Ripresi con un'altra canzone e la portai a termine senza difficoltà. Bonnie si era seduta sul divano e stava scrivendo sul suo diario. La curiosità mi stava uccidendo, così come lei mi stava uccidendo ogni volta che si portava la penna alle labbra.

"Io devo tornare in città per un paio di settimane. Dovresti avere tutto quello che ti serve fino al mio ritorno. So che non abbiamo parlato di quello che hai scoperto, ma se non vado all'Armeria Alex ed i suoi scagnozzi potrebbero insospettirsi e non voglio dargli modo di dubitare della mia fiducia. Comunque ti ho portato dell'altro materiale. È tutto in quella scatola." Gliela indicai, l'avevo lasciata sopra il tavolino d'entrata.
"Ci sono alcuni diari della famiglia St Johns. Non appena avrai finito dovrò riportarli per evitare problemi." Mentre parlavo mi ero infilato e legato gli anfibi. Poi alzai lo sguardo e l'espressione di Bonnie mi stava dicendo "devi andartene proprio ora?". Sospirai e mi alzai, mi chinai su di lei per darle un bacio sulla guancia.
"Stai sempre attenta. Per qualsiasi problema, chiamami."




Avevo ritardato il mio ritorno di una settimana, avevo scoperto che mi stavano seguendo ed avevo dovuto fare una deviazione per depistarli. Guidavo da tre giorni ormai e non ne potevo più. Mi fermai in un supermercato per comprare la lista di cose che mi aveva mandato Bonnie per messaggio. Cercai di fare il più veloce possibile, ormai ottobre era finito ed il freddo si faceva sentire, soprattutto alla sera. Nella lista c'erano sia fiammiferi che un accendino e Bonnie senza magia non poteva accendere il fuoco del camino. Caricai le borse nel bagagliaio e notai un volantino sul cristallo anteriore dell'auto. Ragazzini che pubblicizzavano una stupida festa di Halloween per quella sera. Gettai il foglio sul sedile del lato passeggero e misi in moto.

Il sole era calato e nelle vie vedevo bambini accompagnati dai genitori che facevano dolcetto o scherzetto. Erano simpatici nei loro costumi originali con il tipico secchiello a forma di zucca dove riponevano ogni sorta di dolciume. All'improvviso frenai ed entrai in un parcheggio. Il negozio stava chiudendo ma avrei soggiogato il proprietario se fosse stato necessario. Un uomo basso e cicciottello stava girando il cartello su "chiuso" e mi guardò male quando mi presentai alla porta con l'intenzione di entrare.
"È chiuso" mi disse infastidito indicandomi il cartello.
"Non le ruberò più di due minuti." Questo si girò e sbuffò, poi girò la chiave e mi aprí.
"Due minuti ragazzo. Non di più." Si avviò dietro la cassa, probabilmente per chiudere le vendite della giornata.
"Senta, non voglio farle perdere tempo e io vado di fretta. Mi dia due costumi abbinati, va bene qualsiasi cosa. Uno da donna taglia piccola e uno da uomo taglia media." Se solo avesse avuto qualche chance contro di me, quell'uomo mi avrebbe ucciso senza pensarci due volte.




"Scusa lo so, ho fatto tardi" dissi irrompendo in casa mentre Bonnie seduta sul divano mi fissava con gli occhi sbarrati ed un cucchiaio di gelato in bocca.
"Mi hai spaventato a morte! Ti pare il modo di entrare?" Agitò in aria il cucchiaio con fare minaccioso e le lanciai il sacchetto contenente il tuo costume.
"Indossa questo, stasera si esce. È Halloween." La sua espressione non cambiò, era senza parole. Ed era la prima volta che usciva da quella casa dopo mesi. Chiuse il barattolo di gelato e lo ripose nel freezer, poi afferrò il sacchetto e senza fare domande corse a cambiarsi.

"Io conciata così non esco!" Stavo sistemando la spesa nella dispensa quando la sua voce giunse dalla camera. Nella fretta non avevo nemmeno guardato cosa mi avesse venduto il signore del negozio. Corsi a vedere cosa ci fosse nel mio sacchetto e notai il vestito da Batman. Cosa mai poteva aver dato di tanto orribile a Bonnie? Mi voltai e quasi mi cadde la mascella. Una tutina nera copriva aderente il corpo minuto di Bonnie. Il suo volto era parzialmente coperto da una maschera che culminava con due grandi orecchie da gatto.
"A mia discolpa posso dire che non l'ho scelto io, ma dannazione quel vecchio si merita la mancia!"
"Dio mio, sei sempre stato così simpatico? Sembro una di quelle pornostar che guardi tu in televisione alle tre di notte." Fece la faccia schifata più adorabile che avessi mai visto. Incrociò le braccia all'altezza del seno come se volesse nascondersi. Voleva fare la ragazza innocente, ma sapevo che in fondo le piaceva essere sensuale e quindi apprezzata.
"Non hai molte alternative Bonnie. Vuoi andare ad una festa di Halloween sì o no? Prometto che ti proteggerò dai maniaci. Ma non so se riuscirò a non metterti le mani addosso." Ovviamente non le dissi l'ultima parte della frase, ma risuonava ancora forte e chiaro nella mia mente. Due secondi con lei e già stavo dando di matto.
"Forza, mettiti le scarpe così mi cambio anche io."




Fortunatamente durante il tragitto Bonnie smise di lamentarsi del suo costume, soprattutto dopo aver visto che io ero a disagio tanto quanto lei con quel tessuto da quattro soldi addosso.
"Dove hai detto che è quella festa?" Chiese afferrando il volantino stropicciato dal cruscotto. Lesse velocemente le indicazioni e poi si portò una mano al volto
"davvero. Una festa in una confraternita? Ti facevo più originale."
"Hey bel culetto, qui Batman non ha molte opzioni. Tu sei una ricercata ed io devo tenere un profilo basso." Sbuffai continuando a guidare, tenendo sempre alta la guardia. Volevo che Bonnie di divertisse un po' anche se questo per me voleva dire restare in allerta fino al nostro rientro.
"Se preferisci puoi scendere qui e fare dolcetto o scherzetto. Ma la vedo dura fare scherzi senza magia."
Bonnie si rabbuiò all'istante. Mi aspettavo se ne stesse zitta tenendomi il broncio per il resto della serata invece no.
"Non serve ricordarmi ogni mezzo secondo quanto io sia inutile senza magia. Lo so benissimo da sola. Ora accosta per favore. Voglio fare dolcetto o scherzetto senza magia." Feci come mi disse lei, accostai e scese dall'auto. Neanche 10 secondi ed era già bersaglio di un gruppo di ragazzini.

"Ehi gattina, che ne dici di fare le fusa con noi?"
"Ehi marmocchi. Girate al largo se non volete finire in un altro pianeta stanotte."
Probabilmente non erano nemmeno ragazzini, avevano l'età di Bonnie. Il più alto aveva cercato di affrontarmi in un primo momento, ma i suoi amici l'avevano subito tirato indietro, facendomi un grosso favore.

"Dolcetto o scher..."
"Bonnie?"
"No, credo abbia sbagliato persona..."
Mi voltai di scatto e vidi che Bonnie aveva bussato ad una casa poco più distante. Era nel panico più assoluto, potevo percepirlo.
"No, non è vero. Hai gli stessi occhi di tuo padre!" La signora che parlava era parecchio brilla. Faticava a restare ferma e teneva un bicchiere in mano. Eppure era stata in grado di riconoscere Bonnie attraverso quella maschera. Come darle torto, i suoi occhi erano difficili da dimenticare.
Bonnie cercava di indietreggiare, si stava per voltare quando si immobilizzò.
"Oh aspetta! E come sta quel figo di Damon?" Strinse forte i pugni lungo i suoi fianchi e chiuse gli occhi. Era come se il suo corpo fosse stato colpito in pieno da una freccia, o almeno era quello che riuscivo a percepire.
"Non. Conosco. Nessun. Damon." Disse a denti stretti scandendo bene quelle quattro parole.
"Oh andiamo, non fare come quella figa di legno di Elena Gilbert. Quando stava con Matt era tanto santarellina, con Damon invece..."

Bonnie si scagliò su di lei come una furia e fu in quel momento che decisi di intervenire. Il bicchiere che aveva in mano la signora finí a terra rompendosi in mille pezzi, il vino formò una chiazza rossa e lei cadde all'indietro fortunatamente senza farsi del male. Riuscii a bloccare Bonnie prima che cadesse a terra anche lei.

"Hey calmati. Chi è?"
"Chi è?? Una cagna Cristo santo."
Alzai gli occhi al cielo, la rabbia di Bonnie era salita alle stelle ma era divertente. In una sola frase quella donna aveva toccato due delle persone a lei più care e non c'avevo visto più.
"Bonnie dico sul serio" quando pronunciai il suo nome la donna a me ancora sconosciuta iniziò a borbottare qualcosa e la fulminai con lo sguardo "ti ha riconosciuta e non è un bene al momento."
"Kelly, Kelly Donovan. La madre di Matt. Non sapevo abitasse qui, quando se n'è andata era una sbandata e lo è ancora a quanto vedo ma deve aver trovato qualche ricco scemo disposto a raccoglierla dalla strada."
Dio mio, doveva averne combinate ti tutti i colori questa Kelly per meritarsi tanto odio. Lasciai Bonnie e mi avvicinai alla donna guardandola negli occhi.
"Salve io sono Batman, ma di certo mi avrà riconosciuto. Lei non ha mai visto quella ragazza, non sa il suo nome e beh, tutto questo non è mai successo. È stato un piacere."
Mi voltai, presi Bonnie per mano e ci allontanammo il più in fretta possibile.

Dopo aver superato qualche casa sentii Bonnie che mi tirava la mano senza parlare.
"Che c'è?" Mi indicò le nostre mani.
"Si insomma, non è che potresti..."
"Oh sì scusa! L'ho presa senza pensarci."
"Non fa niente"
Rimanemmo in un silenzio abbastanza imbarazzante, rotto solo da un bambino vestito come me che mi guardava a bocca aperta e tirava la manica della madre, troppo impegnata a chiacchierare con le sue amiche mentre i figli correvano di qua e di là.
"Ciao piccolino, vi va di fare una foto assieme?" Chiese Bonnie al bambino che annuí con entusiasmo.
Mi inginocchiai di fianco a lui mentre Bonnie prendeva il cellulare dalla tasca posteriore della tutina.
"Come ti chiami piccolo?"
"Jonathan."
"Bel nome. Quando la foto sarà pronta te la lascerò nella cassetta della posta."
"Ma non sai dove abito."
"Certo che lo so, sono Batman"
"Fico."
"Grazie Jonathan è stato un piacere."
Mi rialzai e raggiunsi Bonnie che mi aspettava con un sorriso appena accennato sulle labbra.
"È stato carino da parte tua".
"È stata una tua idea."
"Senti, non credo sia il caso di andare alla festa, Kelly mi ha riconosciuta, potrebbe esserci qualche vecchio studente di Mystic Falls."
"Soggiogherò ogni singola persona presente alla festa se necessario, Bonnie. Voglio che tu ti diverta per quel poco che ti è concesso."
"Okay."
"Okay."




Non avevo mai visto Bonnie così felice e spensierata. Ed era una gioia guardarla. Ogni tanto mi allontanavo per controllare che tutto fosse sotto controllo, che nessuno l'avesse riconosciuta. Ascoltavo anche commenti di apprezzamento verso la ragazza che mi ero ripromesso sarebbe stata mia. Un giorno. Facevo il giro del vicinato nell'ombra, proprio come avrebbe fatto Batman, e poi ritornavo da lei che senza pensieri, chiacchierava sorseggiando un drink e ballava in mezzo alla gente come se tutto fosse normale, come se quella fosse la vita senza pensieri che tanto meritava ma che in realtà non aveva.





Okay, lo so cosa state pensando e non chiedetemi come mi è venuto in mente di far tornare Kelly Donovan, non saprei darvi una spiegazione. Avevo bisogno di un personaggio che conoscesse Bonnie, Elena e Damon e lei è stata l'unica a venirmi in mente. Questo capitolo è un po' diverso dagli altri, Bonnie è finalmente uscita da quelle quattro mura, Enzo è sempre più convinto dei suoi sentimenti per Bonnie, lei invece non si espone ancora troppo e tutto sommato è comprensibile. Nel prossimo capitolo inserirò sicuramente due scene che si sono viste nel telefilm così da tornare un po' sui binari che in questo capitolo avevamo lasciato perdere. Avete già qualche idea? Sono aperte le scommesse. Io so solo che non vedo l'ora di scrivere dal punto di vista di Bonnie perchè avendo partecipato a GDR per tanti anni con questo personaggio mi ci identifico un po' di più ripetto ad Enzo, ma spero di non aver abbassato troppo le vostre aspettative!

Se vi va, lasciate una recensione, sapete che mi fa sempre piacere leggere quello che pensate.
A presto
,
Angela

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Capitolo 8
*** Chapter Eight ***


Della serie "a volte ritornano".
Lo ammetto, la scarsità di visualizzazioni e le poche recensioni all'ultimo capitolo mi avevano parecchio demoralizzata, ma nelle ultime settimane mi è stato chiesto spesso e volentieri che fine avessero fatto gli aggiornamenti, così mi sono data una seconda possibilità. E siccome so benissimo come questa storia finirà spero che qualcuno rimanga a darmi il sostegno di cui ho bisogno. In questo capitolo c'è una scena che tutti conosciamo. Io cerco di raccontare quello sappiamo della storia di Bonnie ed Enzo, ma alcune volte ho la necessità di ricollegarmi a quello che abbiamo visto nella serie per farvi capire meglio a che punto siamo. E' l'ottavo capitolo, ma siamo ancora distanti dalla realtà che abbiamo iniziato a vedere nei flashback della nuova stagione. Certo, ci sono i presupposti, ma non mi piace correre troppo, quindi spero possiate avere pazienza. Se invece dopo aver letto questo capitolo, capite di voler vedere un ritmo diverso, lasciate una recensione e datemi il vostro parere.

Vi lascio alla lettura!




La festa della sera precedente era stata divertente. Dopo il piccolo problema chiamato Kelly Donovan tutto era andato liscio e forse per il solo merito di Enzo, che di tanto in tanto si allontanava per tenere la situazione sotto controllo. Chissà quante persone aveva soggiogato perché non raccontassero in giro che mi avevano vista travestita da Cat Woman. Era stato liberatorio però, dovevo ammetterlo. Passare del tempo fuori, respirare l’aria di città, incontrare gente, spegnere la mente, il tutto mi aveva regalato una spinta, un incoraggiamento ad andare avanti con le ricerche, a scoprire cosa ci fosse di tanto importante nell’Armeria.

Quel mattino ero uscita per la mia solita passeggiata, cappotto pesante, macchina fotografica in spalla. Ero riuscita a fotografare una volpe che andava ad abbeverarsi al lago, ma appena premuto il pulsante di scatto si era girata verso di me e poi vidi solamente la sua coda fiammante che si allontanava sempre di più.
 
“Ciao” alzai lo sguardo una volta entrata in casa e vidi Enzo che si versava una tazza di te. Non mi aspettavo di trovarlo già sveglio.
“Ciao” dissi ricambiando il saluto con un sorriso. Guardai il mio cellulare, avevo appena ricevuto un messaggio da Caroline.
“Guarda, le bambine crescono in fretta” Enzo osservò la foto e poi rise “sembrano due pallette mascherate da zucca”.
 
La sua osservazione mi fece ridere, aveva ragione, già erano piccole, con quei costumi rotondi ed arancioni sembravano delle palline decorative. Mi tolsi il cappotto e lo misi con cura sullo schienale della sedia. Aprii uno degli ultimi documenti che mi ero messa ad analizzare e subito Enzo si sedette per darmi una mano. Finalmente avevamo del tempo per ricapitolare quello che avevamo scoperto durante quei mesi di segregazione.

“Quello cos’è?” mi chiese curioso.
“Sono le planimetrie dei sotterranei dell’Armeria, ci sei mai andato?” osservare delle mappe non era poi così utile, non se qualcuno non ci era mai stato e non aveva la più pallida idea di cosa tutte quelle stanze potessero contenere.
“No, ad essere sincero no. Alex mi ha recentemente detto che sono stati chiusi. Ma non ne conosco il motivo”. Sorseggiò il suo thè, ma vedevo che i suoi pensieri erano rivolti a dei piccoli dettagli ai quali magari non aveva dato troppa importanza.
“Mi chiedo cosa ci sia. Collezionano oggetti e sappiamo che in tutti i musei c’è un archivio in cui tengono la roba più pregiata”. Cercai un approccio diverso per estrapolare delle informazioni da quelle planimetrie. L’Armeria non era un edificio aperto al pubblico, ma tecnicamente esponendo diversi oggetti provenienti da culture e parti del mondo completamente  diverse doveva funzionare come un tipico museo.
“Che tipo di roba pregiata?” mi chiese non capendo dove volevo andare a parare.
“Non lo so, cose preziose, uniche nel loro genere, le fuoriclasse delle collezioni” ipotizzai.
“Fuoriclasse”, ripeté come se quella parola potesse essere una delle prime chiavi che avrebbero aperto tante porte misteriose.
“Magari è per questo che volevano Elena…”
“Una doppelganger” completò lui, convinto dalla mia teoria.
“E Rayna Cruz…”
“Una cacciatrice sciamanica con molteplici vite”
“E me…” conclusi.
“Una pessima chitarrista” disse serio. Certo come se l’Armeria potesse essere interessata ad una musicista. Scossi la testa divertita e lui rise, ancora una volta. Era di umore allegro negli ultimi tempi. Ogni volta che ritornava dalle sue missioni sembrava essere sinceramente felice di tornare in quella catapecchia. Forse, e dico forse, ero io il motivo di quella felicità, ma in tutta sincerità non mi ero mai permessa di chiedergli niente ed io onde evitare delusioni avevo sempre evitato di darci troppo peso.

 
“Non hai ancora bruciato questa maledetta lettera?” ecco, avevo abbassato un attimo lo sguardo e… Fine del buonumore. Avevo scordato di aver lasciato la lettera sul tavolo. Mi ero svegliata e senza sapere perché avevo preso la lettera dal cassetto del comodino e me l’ero portata in cucina. Non avevo idea di cosa ne avrei fatto.
Mi strinsi nelle spalle alla ricerca di una scusa “Ogni giorno sto per farlo e ogni giorno cambio idea” ecco, breve ed efficace. Ma Enzo sospirò, forse non capiva come io dopo mesi potessi ancora non aver letto quella lettera. Se volevo farlo, l’avrei fatto no?

“Ha abbandonato anche me, Damon. Eravamo molto amici, fianco a fianco nelle celle dell’Augustine per cinque anni, ci aiutavamo a vicenda, ci davamo conforto, ed un giorno in vece di mettete in atto il piano di evasione che avevamo ideato assieme, Damon mi ha lasciato in una gabbia in fiamme. Quindi ti prego di credermi se ti dico che so come ti senti. E permettimi di risparmiarti cinquant’anni di inutili angosce. Non sei tu, è lui. Damon è così. Perciò smettila di cercare di capire se è per qualcosa che hai fatto. Una persona come te, sincera, leale, positiva e generosa merita molto, molto di più di questo”.

Io ero senza parole, Enzo non mi aveva mai parlato apertamente in quel modo. Sapevo del loro passato, ma non sapevo che un ragazzo come lui, forte e determinato, potesse sentire quello che stavo provando io, una ragazza senza poteri alla quale mancavano terribilmente i suoi migliori amici.
“Se un giorno dovessi leggerla, o bruciarla vorrei che tu fossi con me. Ma fino ad allora vorrei tenerla al sicuro.” Allungai una mano verso la lettera ed Enzo serrò la mascella prima di darmela, forse non era d’accordo, forse sperava che chiudessi definitivamente con quella parte del mio passato. Ma semplicemente non ero ancora pronta. Non ero pronta a leggere parole che con molta probabilità mi avrebbero ferito più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma nemmeno a gettare nel fuoco una lettera che con certezza avrei rimpianto per tutta la mia vita.
 
“Qualsiasi cosa tu voglia farne Bonnie, non sarà una mia decisione, ma voglio che tu la smetta di torturarti così. Damon non merita un secondo dei tuoi pensieri. Credi che lui in questo momento stia pensando a te? Non voglio ferirti Bonnie, ma non lo sta facendo. E’ stato egoista e non riesco proprio a perdonarlo per questo. Dopo tutto quello che avete passato, dopo tutto quello che avete affrontato. Se fossi stato in lui, non me ne sarei mai andato. Né quando noi due eravamo rinchiusi in quelle dannate celle, né ora”.
 
La determinazione di Enzo mi colpiva sempre di più. Forse non era un male averlo come alleato e mi chiedevo come avessi fatto a non capirlo prima. Era leale con chi meritava lealtà ma io in realtà non avevo fatto nulla per meritarmi la sua protezione.
 
“Farò del mio meglio, te lo prometto. Ma ho un favore da chiederti. Quando ritornerai all’Armeria, potresti cercare un oggetto simile a quello che mi ha lasciato mia nonna? Una piccola scatola, con un nome scritto sul fondo, un oggetto che non vuole saperne di aprirsi. Purtroppo dai diari di Grams non sono riuscita a scoprire nulla. Da domani farò un tentativo con quelli di mia madre ma non credo mi saranno d’aiuto”.
 
“Certo, cercherò di non dare nell’occhio. Nel frattempo potresti dare un’occhiata anche a questo. E’ uno dei diari di Virginia, una delle sorelle di Alex. Avevo pensato di leggerlo io, ma temevo di lasciarmi sfuggire qualche dettaglio in presenza di Alex quindi mi sono fermato subito.”
 
“Dai qui, sai che non mi tiro mai indietro quando posso leggere del sano gossip” sorrisi e gli strappai il diario dalle mani. Mi alzai ed andai ad accomodarmi sulla poltrona, tolsi le scarpe e mi immersi nella lettura. Ogni tanto Enzo mi interrompeva porgendomi una tazza di thè caldo, ogni tanto mi distraeva mentre suonava un motivetto con la sua chitarra. Le sue dita lunghe, perfette, con le unghie sempre curate mi piacevano un sacco. E giorno dopo giorno scoprivo qualcosa di bello in Enzo, un lato del suo carattere, un suo modo di fare, un aspetto del suo fisico. Gli avevo detto che non avevo intenzione di innamorarmi di lui, ma stavo facendo esattamente il contrario. L’avevo cacciato e lui si era allontanato, ma per quanto poco ci conoscessimo ancora, l’idea di non rivederlo mi stringeva lo stomaco fino a strozzarlo.





Eccoci qui. Stando ai salti temporali della serie, fino ad ora sono passati sei mesi da quando Enzo ha portato Bonnie nella casuccia, ma vi prometto che non ci vorranno altri otto capitoli per concludere un anno. Facciamo una mezza via, quattro? Mi sembra un buon compromesso. O comunque perdonatemi se non rispetterò completamente le tempistiche del telefilm. Ora pregate per me che ci sia l'ispirazione per arrivare al punto che ho già in mente, altrimenti sono aperta a consigli che prometto di tenere in considerazione. Il prossimo capitolo sarà dal punto di vista di Enzo e probabilmente lo ambienterò parzialmente all'esterno, ma è ancora tutto da vedere. Passando alla parte cruciale: vi è piaciuto? Io non ne sono pienamente convinta e soddisfatta, ma trattandosi di una scena già vista potevo solo aggiungere e non modificare, anche perchè non avrei potuto cambiare una scena già perfetta. Quando Enzo parla a Bonnie mi fa sempre venire i brividi!

Sprero di vedere presto le vostre recensioni e di leggere i vostri pareri, positivi o negativi che siano. Sono sempre ben accetti!
A presto,

Angela

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