Albero della Vita

di mymanga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 capitolo ***



Capitolo 1
*** 1 capitolo ***


Albero della Vita
1° CAPITOLO



Leggero… indefinito… vago…

La mia mente nel suo stato di torpore non è in grado di stabilire se era stata una percezione astratta o concreta.

Poi brividi, piccolissimi sussulti involontari della pelle ad un movimento così lieve, solo accennato.

Sembra reale.

Era partito dalla punta delle dita del piede, aveva proseguito il suo percorso fino alla caviglia girandole attorno, ed infine era tornato al punto di partenza.
Poi… pausa.

Forse era solo immaginazione, la mia attenzione poteva tornare a rilassarsi.

Invano.

Lo stesso tocco di prima, esile e quasi impercettibile, ricomincia la sua misteriosa missione. Con una lentezza estenuante, riparte dal mignolo e si fa strada lungo tutto il profilo del mio corpo, disteso a terra sul fianco, sfiorandolo appena. Ripassa la caviglia, prosegue sulla gamba e, arrivato al ginocchio, si concede una nuova sosta, pago dei miei nuovi fremiti ottenuti.

Una movenza delicatamente insistente… ed impertinente.
Continua sulla coscia, con accenni di direzione al suo interno, per poi risalire la curva dell’anca e fermarsi nuovamente. Altri piccolissimi tremolii.

La sfida fra la mia resistenza e questa sottile tortura comincia ad essere difficile da gestire ed il mio respiro trattenuto ne dà la conferma. Ormai non ho più dubbi, ho riconosciuto il proprietario del tocco indisponente ed il suo diabolico piano.

Con un ultimo attacco combinato, sleale come non mai, si sdraia accanto a me, alle mie spalle, facendo aderire il suo corpo al mio. Lo sento avvicinare le sue labbra e soffiare lentamente il suo caldo respiro alla base del mio collo, mentre con la sua mano disonesta riprende a sfiorare il mio fianco e salire sempre più su, fino al costato…

Punto debole, troppo debole.
Non ce la faccio più…

Il mio corpo trema vistosamente: sento la pelle d’oca invadermi dalla punta dei piedi alla testa, passando prepotentemente per gambe e schiena, inarcate di riflesso. Sospiro rumorosamente.
Dannato lui e il suo solletico! Ma questa me l'avrebbe pagata, eccome.

“Ma sarai dispettoso!” sussurro accigliata, aprendo finalmente gli occhi.

Mi ero addormentata all'ombra di quella meravigliosa ed imponente quercia secolare, un gigante buono che mi aveva sempre donato protezione, sicurezza e conforto, ma che evidentemente in quel momento aveva pensato bene di tradirmi, diventando il silenzioso complice di quella canaglia del ragazzo accanto a me.

Sorride, con un braccio era impegnato a tenersi stabile accanto a me, la mano a sorreggersi la testa ed il gomito appoggiato a terra, mentre con l'altro ora mi avvolge in un forte e caldo abbraccio.
Già sorride, perché era ampiamente e spudoratamente soddisfatto della perfetta riuscita del suo detestabile piano.

“Ovvio, farti i dispetti è il mio secondo passatempo preferito” risponde malizioso, baciandomi sensualmente la spalla, ora nuda dato che ha oltretutto scostato la spallina del mio leggero vestitino estivo di cotone bianco.
“Ah sì… e il primo?” provo a replicare.
Il signorino non avrebbe condotto il gioco a senso unico.
“Lo sai bene…” dice seducente al mio orecchio, giuntoci dopo aver accarezzato clavicola e collo con la punta del suo naso, innescando indiscutibili fremiti, di piacere questa volta.
Sospiro.

“Altro che dispettoso, sei proprio un delinquente, marcirai all'inferno!” cerco di difendermi di fronte a quel gesto così sensualmente provocatorio: nella mia mente erano già fin troppo evidenti le intenzioni della parte meno nobile di me.
“Può darsi... ma posso stare tranquillo, sono sicuro che verresti a cercarmi fin laggiù, di tua spontanea volontà” risponde divertito.

Sgrano gli occhi, questo è gioco scorretto. Mi volto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo e pronta a rispondere per le rime, ma lui corre in fretta ai ripari sigillandomi le labbra con un bacio deciso, che non ammette repliche, un misto tra il desiderio puro e la volontà di sedare sul nascere la mia reazione di rivalsa. La mano che prima sosteneva il suo stesso capo, ora blocca la mia testa in una salda presa tra i miei lunghi capelli. Con l'altra, forte e troppo veloce, mi afferra entrambi i polsi in una delicata morsa d'acciaio. Forse ha paura che ricorra alle maniere forti, esagerato.

Non potevo muovermi, ma in fondo neanche lo volevo.
Lo amavo anche per questo: era capace di domare il mio lato selvaggio con passionale fermezza.

Si accorge che non sto lottando un granché, così il bacio diventa più morbido, delicato.
“Altro che inferno, mi merito il paradiso, se dormivi ancora un po’ ti saresti persa questo splendido tramonto, so che ci tieni”
Sul suo viso un’espressione dolce, poi mi libera dalla sua stretta, donandomi un casto bacio sulla fronte. Cambia posizione, si siede, appoggia il dorso all'immenso tronco della nostra quercia, allarga le gambe, e mi invita ad avvicinarmi a lui.
Mi accoccolo all'istante: le mie spalle appoggiate al suo petto, le nostre guance vicine l'una all’altra, il suo abbraccio forte e protettivo, le nostre mani intrecciate. Non potevo chiedere di meglio.
Chiudo gli occhi assaporando il momento per attimi infiniti mentre respiro a pieni polmoni il profumo naturale della sua pelle. Lo stesso fa lui.

Li riapro poco dopo e la mia vista si perde lontano…
Per l'ennesima volta, dall’alto della nostra collinetta, ciò che riesco a vedere mi lascia senza parole: uno splendido tramonto di metà settembre sta illuminando tutto il paesaggio, rivelando colori mozzafiato. Il sole basso all'orizzonte brilla d'oro vivo, ma poi il cielo davanti a me passa tutte le tonalità di giallo ed arancio fino ad arrivare al rosso fuoco, sfumando infine verso l’azzurro ed il blu intenso, via via che lo sguardo si allontana.
Allo stesso modo, caldi raggi color pesca stanno irradiando tutt’attorno i vasti campi di grano misto papaveri, intervallati qua e là da rigogliosi prati verdi custoditi da qualche imponente albero solitario. Il tutto impreziosito dagli effetti di incredibili giochi di luci ed ombre. Questo incredibile panorama si estende a perdita d'occhio, donando un impareggiabile senso di leggerezza e pace interiore.

La natura è, e sempre lo sarebbe stata, la miglior artista in assoluto.
Momenti come questi sono un puro piacere per occhi e cuore, soprattutto se si possono ammirare accanto a persone così speciali.
Tutti i ricordi più importanti dei miei ultimi anni, appartengono a questo preciso luogo. Anni in cui quella piccola e indisciplinata ragazzina è cresciuta ed ora appartiene al così detto mondo dei giovani adulti. Nel salutarla per sempre, le avevo fatto una promessa eterna, avrei lottato per preservare la nostra vitalità, la nostra determinazione ed il nostro spirito, da sempre coraggioso, ribelle e discretamente incosciente!

Sorrido. Gill sta svolazzando qua e là inseguito da quel giocherellone di Crash, uno scatenato, instancabile e tremendo dalmata, pronto a combinarne di tutti i colori. D’altronde dovevo immaginarmelo, ce l'aveva regalato un paio d'anni fa Goten.

“Con tutto l'affetto che provo per voi due” recitava il biglietto sulla scatola che ci aveva rifilato, dotata di vita propria visto che il cucciolo si trovava lì dentro.

Stronzo, grandissimo stronzo… ma non ti preoccupare “zietto”, saprò ricambiare anch’io tutto il bene che ti voglio. In realtà fu uno splendido regalo, il migliore che fosse mai riuscito a fare. Quel cane trasmetteva gioia ed allegria, ma ci voleva tanta, tanta pazienza. Ma il detto recita che i veri amici si vedono nei momenti di bisogno, allora grazie di esistere Gill!

Vedere quei due rincorrersi felici, più il dalmata che il mio amico robottino, mi fa ricordare alcune ricorrenti immagini che ultimamente stanno affollando la mia mente in modo disordinato e confuso. Non è da me avere dubbi ed incertezze così evidenti, tali da non riuscire a trovarci un filo logico, ma in quest'ultimo periodo sembrava proprio che la mia vita ne fosse invasa.
Ripenso alle parole di mia madre, pronunciate circa una decina di giorni fa. Secondo lei le strane sensazioni che avevo provato erano un messaggio preciso. Il mio cuore aveva risposto a delle silenziose non-domande che sicuramente la mia mente non era stata in grado di formulare, altrimenti sarebbe stato tutto più chiaro e trasparente. Il responsabile, quindi, andava cercato altrove.
Avevo passato davvero molto tempo a cercare di tradurre questi miei non-pensieri ed aro arrivata alla conclusione che lei ne avesse colto il vero significato fin da subito, ma essendo la mia vita, giustamente, poteva solo guidarmi, non decidere per me. Grazie a lei avevo capito.

Non era stata la mia mente a lanciare quei messaggi criptici, ma lui... il mio istinto, quell'ISTINTO.
Un richiamo forte, potente, naturale e soprattutto... inevitabile.
Quell’istinto aveva bussato forte alla mia porta ed una parte di me evidentemente aveva risposto presente. Mi resi conto che accanto a paure, dubbi ed incertezze, c'erano anche e soprattutto sensazioni di desiderio, speranza e ricerca. Avevo preso la mia decisione.
In assoluto sarebbe stata la più importante della mia intera esistenza.

Se la fortuna decide di sorriderti, capisci che l'immenso amore che provi per il tuo compagno, quell'amore ricambiato che brucia l'anima e arde il cuore di passione, che speri ti accompagnerà per il resto della tua vita, che è così forte e resistente perché costruito sulle solide fondamenta di rispetto, fiducia, e collaborazione, ecco quell’amore non è UN punto d'arrivo, ma IL punto di partenza per nuovi progetti, nuove priorità… nuove VITE.

“Pan… ci sei o ti sei riaddormentata? Sei così silenziosa...”
La voce divertita del mio compagno mi ridesta bruscamente dai miei turbolenti pensieri.
“Eh? Sì… sì, ci sono, ci sono” rispondo un po’ troppo sovrappensiero.
“Mhm… Dimmi la verità, a cosa stavi pensando?”

Ecco lo aveva notato subito, avevo dato una risposta troppo evasiva per i suoi gusti, ormai mi conosceva praticamente come le sue tasche. Accidenti, non avevo preparato nessun discorso sensato al riguardo, era già tanto che fossi arrivata da sola ad avere un minimo di chiarezza. Ma al diavolo i discorsi preparati, quello sarebbe stato il nostro progetto di vita più importante in assoluto, ed eravamo lì, nel nostro rifugio, teatro di tutti i momenti più significativi della nostra storia, non potevo e non VOLEVO più aspettare. Chissà quale sarebbe stata la sua reazione, ma lo avrei scoperto da lì a breve.

Sospiro, mi sento leggermente titubante per la portata dell'argomento, ma rispondo ugualmente, seria:
“A…. NOI. Stavo pensando a noi” guardandolo dritto in quei meravigliosi occhi color cielo.
Sul suo volto un’espressione perplessa, non si aspettava un tono così pensieroso.
“Ti devo parlare, è... importante, io…” sto per continuare e, così lo vedo tardi, decisamente troppo tardi.

Quel teppista del nostro cane mi è saltato addosso in cerca di coccole, con la grazia di un bisonte e la delicatezza di un elefante. Sbuffo e alzo gli occhi al cielo: davvero un tempismo perfetto quel somaro!
Irruento ed affettuoso allo stesso tempo. Infatti adesso, passato l'attimo di euforia giocosa, me lo ritrovo mansueto accucciato vicino, con il muso appoggiato alle mie gambe. Lo osservo teneramente e gli regalo un'altra carezza, mentre mi ritrovo a pensare che in fondo non è l'unico ad avere questi lati caratteriali così marcati. Una certa ragazzina di mia conoscenza ne era stata un esempio lampante. Nella mia giovinezza avevo vissuto mille e più avventure, collezionando sorrisi felici e lacrime amare, ma riflettendoci non mi ero mai trovata così in difficoltà come ORA, di fronte a questo “nuovo noi”, diventato veramente importante da affrontare e da gestire… 




Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Vi ringrazio tanto per aver dedicato il vostro prezioso tempo a leggere questa mia prima storia in assoluto. Se tutto va in porto, dovrebbero esserci più capitoli. Spero sia stata una piacevole lettura e ben venga se vorrete lasciare un vostro parere.
Un gigante, immenso, infinito GRAZIE a NALA per … TUTTO!
Se ci sarà l'occasione, come minimo ti devo pizza e gelato!
Alla prossima... Ciao!

PS: Per la cronaca il dalmata ce l’avevo per davvero, uguale in tutto e per tutto, di nome e di fatto… una sagoma!

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Capitolo 2
*** 2 capitolo ***


Albero della Vita
2° CAPITOLO




Qualche anno prima…
 
Era una mattina di fine estate e la piccola Son si era svegliata di buon umore, carica e determinata: aveva programmato quella giornata nei minimi particolari.
La scuola non era ancora cominciata e si era ripromessa di sfruttare al meglio i suoi ultimi spicchi di vacanza, a cominciare da quello stesso giorno in cui sarebbe andata a recuperare Bra per il piacevolissimo incarico che aveva deliberatamente deciso di svolgere. Al solo pensiero un’espressione entusiasta le illuminò il volto, seguita da un sorriso alquanto divertito… un po’ di sano sport non avrebbe fatto male a nessuno.

Salutò i genitori con un bacio sulla guancia, avvisandoli che sarebbe andata dall'amica e che sarebbe tornata alla sera. Uscì di casa per andare in quella adiacente dei nonni, la sua intenzione era quella di volare in compagna dello zio con destinazione Casa Brief.

Era un po’ in anticipo, così decise di ritagliarsi qualche minuto sedendosi su una roccia lì vicino. 
Aveva piovuto di notte e ora una fresca e frizzante brezza mattutina poteva scorrere liberamente nei polmoni, regalando ad ogni respiro una piacevole sensazione di vitalità e purezza. 

Da una parte poteva  osservare l'ampia radura verdeggiante dove sorgevano le loro abitazioni, costeggiata ai lati e sul retro dai folti boschi dei monti Paoz; con un po’ di silenzio e concentrazione si potevano percepire tutti i piccoli animali della selva, già perfettamente operativi nelle loro faccende quotidiane, come i pettirossi cinguettanti, gli scoiattoli intenti a rincorrersi fra i rami degli alberi, il veloce scatto di una lepre e in lontananza persino una volpe occupata a dare le prime lezioni di caccia ai suoi cuccioli.

Sorrise, poi si voltò: dalla parte opposta si apriva un panorama mozzafiato, così incantevole che tutte le volte in cui vi posava lo sguardo, il suo giovane cuore sussultava. La vista poteva spaziare senza limiti dalle vallate circostanti fino alla pianura e, in giornate incredibilmente limpide come quella, in lontananza si poteva ammirare addirittura il mare blu fondersi con il cielo azzurro. Riuscire a vedere quell'immenso specchio di acqua salata dalla cima dei monti, donava un infinito senso di libertà e indipendenza.
Il suo istinto la spronava a spiccare il volo a perdifiato, ma  si concesse un attimo per ammirare la lucentezza dei colori di quella mattina.

Non c’era neanche una nuvola, così libero da qualsiasi impedimento, il sole poteva riscaldare la giornata con il tepore dei suoi raggi ed esaltare tutte le tonalità della natura, rese ancora più brillanti dallo scintillio di tante piccole goccioline di pioggia, intrappolate qua e là, che ne riflettevano la luce.
Era decisamente una meravigliosa mattina di inizio settembre e Pan si stava pienamente godendo la tranquillità e la pace che quei luoghi incantati sapevano emanare, luoghi che amava profondamente e che prendevano il nome di CASA.

---

Già una splendida mattina di inizio settembre, ma nello specifico era un venerdì e lo zio a differenza della nipotina, non era affatto spumeggiante e radioso all'idea di affrontare quella fastidiosa giornata lavorativa, anzi il solo pensiero lo rendeva decisamente imbronciato e indispettito! 
Doveva sì trovarsi con Trunks, ma poi le loro mete finali sarebbero state gli uffici della Capsule Corporation, dove lavorava già da diversi anni, con ottimi risultati a dire il vero, ma quella mattina lo aspettavano alcuni clienti davvero pignoli. A peggiorare il tutto era il fatto che non erano neanche suoi, ma quella situazione antipatica gliel’aveva rifilata lo stesso glicine, dichiaratosi estremamente impegnato e bisognoso del suo aiuto. Il genio era pure riuscito a fissare questo appuntamento, che sembrava anche essere importante, di certo immensamente seccante, proprio l'ultimo giorno di quella dannata settimana lavorativa già tosta di suo.

Goten giurò a sé stesso che si sarebbe vendicato nel peggiore dei modi, doveva solo aspettare di avere l'idea giusta.

I suoi cupi pensieri vennero bruscamente interrotti dalla porta di casa che si spalancò prepotentemente, lasciando il passaggio ad un'allegra Pan che si precipitò a salutare affettuosamente i nonni con un caloroso abbraccio.

La ragazza poi notò con disappunto che il giovane non aveva ancora finito la colazione.
“Ma come? Non sei ancora pronto? È meglio che ti dai una mossa o faremo tardi entrambi, non vai al lavoro oggi?” disse aspra la moretta allo zio.
Un deciso attacco di rabbia invase il Son, già alterato di suo, e dopo aver grugnito qualcosa di incomprensibile, con gli occhi al cielo dalla frustrazione di doversi trattenere, le rispose per le rime:
“Primo, non sono assolutamente lento come te… a prepararmi ci metto un attimo;
secondo, chissà che grandi impegni potrai mai avere alle otto di mattina, piccola mocciosa; 
terzo e più importante, scusa IO chi sono ? Voglio un saluto più che decente!”
Al primo e secondo punto l’aura di Pan si era pericolosamente incrementata, il terzo non se lo aspettava proprio e, a malincuore, dovette ammettere a sé stessa che un briciolo di ragione, lo zio, poteva anche avercela.

Intervenne Chichi a stroncare sul nascere la discussione tra figlio e nipote e con tono fermo e deciso, ma per nulla scomposto, intimò ad entrambi di sotterrare l'ascia di guerra, immediatamente: 
“Ehi! Cominciamo subito? Buoni voi due! Razza di testoni, sempre dietro a litigare! Peggio di due bambini dell'asilo, ormai siete grandi entrambi! GOTEN, non chiamarla piccola mocciosa, lo sai che non mi piace! PAN saluta tuo zio come si deve e non lo istigare! Sono stata abbastanza chiara?” un respiro profondo e:
“Non. Ho. Intenzione. Di. Ripeterlo!” sguardo e tono glaciali, le parole ben scandite, una ad una, pronunciate lentamente in modo da imprimersi per bene nelle menti dei due contendenti. 
Non erano ammesse repliche.

Goku avrebbe tanto voluto scoppiare a ridere in faccia a tutti e tre, ma sapeva che sarebbe stata una mossa fatale, temeva la reazione della moglie ovviamente, quindi s’impose di rimanere in religioso silenzio, riuscendoci, ma con enorme difficoltà.

“QUINDI? “ domandò la donna, il tono cominciava a farsi più pesante e i due giovani litiganti lo percepiscono immediatamente. Optarono per un forzato armistizio: d’altronde non ubbidire all'istante, equivaleva dire avere la certezza di finire in guai molto più seri.

“Scusa Pan” Goten mentì spudoratamente calpestando il suo orgoglio, ma la questione andava chiusa al più presto o si sarebbe fatto tardi per davvero. 
“Buongiorno zietto, dormito bene?” rispose la bella corvina avvicinandosi al ragazzo, le sue parole chiaramente canzonatorie, ma non ancora pienamente soddisfatta, rincarò la dose con un bacio traditore sulla guancia e la mano posata sulla sua testa ad arruffargli tutti i capelli.
“Guarda, piccola peste, che non sono un cane! Questa me la paghi!” sussurrò minaccioso alla nipotina, che di rimando, non perse tempo a sfoderare un sorrisetto di sfida.
Così il moro decise di ricambiare il discutibile gesto d'affetto ricevuto, bloccandole il viso fra le sue forti mani e stampandole sulla fronte un rumoroso, e fin troppo cinematografico, bacio a schiocco.

Era ufficiale, si sarebbe vendicato anche di lei, di lei e di Trunks, era solo questione di tempo… e di una buona idea.

Corse in camera sua ed effettivamente riuscì a prepararsi in pochi minuti, sotto la finta indifferenza della ragazza, che da una parte era sollevata poiché sarebbero partiti da lì a poco, ma dall’altra riconoscere che lo zio aveva mantenuto la sua parola era piuttosto fastidioso.

Partirono assieme volando veloci in direzione Brief. Per un tempo indefinito i due neanche si guardarono: ognuno doveva infatti sostenere la propria inutile causa, solo per una questione di stupido orgoglio Sayan o Son, che dir si voglia, perché in fin dei conti, per loro questa era solo una sottile differenza di nome, non di fatto.

Ma si sa, il dna dei Son non è programmato per tenere rancore a lungo, specie per dei motivi così futili.
Più passava il tempo e più entrambi si ritrovarono a chiedersi per cosa esattamente stessero recitando, oltre al proprio “onore”. Anzi si resero conto che i rispettivi maldestri gesti d'affetto famigliare ricevuti e scambiati non erano poi tanto male. Incrociarono lo sguardo, notte nella notte, e dopo un profondo sospiro da parte di entrambi equivalente ad un bonario “vai a quel paese”, scoppiano a ridere di gusto.
Si erano riappacificati per davvero.
 
Ad un certo punto Goten si fermò e guardò l'orologio al polso: era tardi ma non voleva lasciare la nipotina da sola, non che temesse chissà cosa per lei, anzi, ma il gesto di per sé non lo tollerata, a maggior ragione con un membro della sua famiglia:
“Senti Pan, è tardi veramente, io...” iniziò il moro
“ Mi spiace…” lo interruppe la ragazza, sguardo e voce bassi, era sinceramente dispiaciuta, lui doveva andare al lavoro, lei invece… come minimo Bra era ancora a letto, non erano certo due impegni da paragonare 
“… di averti fatto perdere tempo… non ti preoccupare vai pure!”
Goten sorrise dolcemente, quella piccola peste sapeva essere così tenera:
“Veramente io pensavo ad un piano alternativo…” detto questo una intensa luce dorata costrinse la più giovane a voltare lo sguardo altrove: il giovane si era trasformato in super saiyan e la stava invitando a fidarsi di lui porgendole la mano...
“Dai bambolina, vieni! Aggrappati alle mie spalle e tieniti forte! Non strozzarmi, però, devo arrivare in ufficio presentabile! Faremo in un baleno, vedrai!” l'ultima frase pronunciata con tono dolce.
Pan accettò l'invito volentieri, prese la sua mano e fece esattamente quello che lo zio le aveva spiegato:
“Grazie” accompagnato da un piccolo bacio sincero sulla guancia del ragazzo dai capelli d'oro.
“Ruffiana… Attaccati bene che partiamo, sia mai che ti perda per strada!” fu la risposta divertita.
La corvina rispose con una delle sue migliori linguacce.
Senza ombra di dubbio erano come cane e gatto, ma li univa un profondo legame affettivo, praticamente fraterno.

Ripartirono e la giovane dovette constatare, per l’ennesima volta, che il livello di un super saiyan era completamente fuori dalla sua portata... e stava semplicemente volando!
Figuriamoci durante un combattimento vero o addirittura a stadi più alti.
Decise che era molto meglio godersi il viaggio a mente libera, così cacciò lontano questi pensieri malinconici.

Il Son volò ad una velocità stratosferica, l'aria movimentata era così tagliente e forte che Pan dovette arrendersi, accettando di tenere gli occhi chiusi e nascondendo il viso fra le sue stesse braccia e le spalle dello zio. La salda presa del ragazzo che la teneva stretta a lui, però, le infondeva sicurezza e protezione.

Arrivarono a destinazione nel giro di pochi minuti ed in perfetto orario.
Goten atterrò nel giardino di casa Brief in modo preciso ed elegante, ma la sua visuale fu bruscamente interrotta dai lunghi e setosi capelli corvini della nipote che gli si erano rovesciati completamente addosso a causa dell’impatto comunque deciso con il terreno. 

---

Ad aspettarli sulla soglia di casa, avendone percepito le aure da notevole distanza, c'era il giovane presidente con un'espressione fin troppo divertita sul volto. La scena davanti ai suoi occhi era davvero ridicola.
Si trovò a pensare che il suo migliore amico, con tutti quei capelli a coprirgli totalmente il viso, fin quasi al collo, sembrava un buffo personaggio losco di qualche strampalato film horror, mentre Pan, che nel frattempo si era almeno raddrizzata con la schiena restituendo la vista allo zio, con la sua chioma spettinata assomigliava molto ad uno spaventapasseri.
 
Smettendo di ridacchiare continuò ad osservarla: era adorabile anche con i capelli arruffati ed i lineamenti del giovane viso incurvati in una smorfia di scherzoso disappunto; le guance e le labbra si erano poi leggermente arrossate per il viaggio movimentato. 
Capì che più che ad uno spaventapasseri, la giovane sembrava una piccola, affascinante strega.

Già “strega”, sospirò serio: nomignolo perfetto!
Pan era sicuramente il rompicapo più complicato della sua vita.
Da sempre, ma soprattutto ora che era cresciuta, diventando una splendida ragazza in così pochi anni.
Ne era ormai certo, il suo cuore era caduto vittima sotto l'effetto di un potente incantesimo lanciato, senza neanche rendersene conto, dalla bella saiyan.

Ma come potevano andare d’accordo ragione e sentimento?
Certo, crescendo, la notevole differenza d’età fra di loro si era fisicamente attenuata, e di molto, ma numeri alla mano rimaneva dannatamente troppo giovane per lui.
Eppure era altrettanto vero che solo con lei stava bene, in pace con sé stesso e con il mondo intero. 
Sarà per via delle loro origini comuni, per i loro caratteri, i loro interessi, le innumerevoli avventure vissute assieme, la maturità di Pan nonostante i suoi 18 anni compiuti da pochi mesi… sarà questo o sarà quello… sarà che era semplicemente così, punto e basta! 
Il risultato non cambiava, il legame che li univa era forte e fin troppo evidente. 
D'altronde come si poteva spiegare il fatto che appena lei appariva davanti ai suoi occhi, tutto il resto passava in secondo piano? Diamine, non era più un ragazzino, era un giovane uomo, ma pur sempre adulto. 
Non poteva permettere che il suo cervello gli tirasse questi scherzi, frutto di quella situazione indefinita: era vittima delle sue stesse curiosità e indecisioni. 
Pan era obbiettivamente pericolosa per la sua salute mentale, allo stesso tempo veleno ed antidoto; anzi peggio, per lui era una CALAMITA: nel bene e nel male ne veniva attratto!
Dopotutto gli stessi pensieri che aveva formulato fino a quel momento ne erano una prova schiacciante…
Sbuffò tra sé, di una cosa era sicuro, nonostante la ragione avesse valutato questa ipotesi, non aveva la minima intenzione di allontanarla dalla sua vita, così giusto per complicarsi ancora un po’ le cose, probabilmente con l’età stava diventando masochista.
Ma ora aveva ospiti, doveva riprendersi dai suoi pensieri autolesionistici.

I due Son si ricomposero, per così dire, ma a differenza di Goten che tutto sommato era presentabile, Pan lo era molto meno, aveva provato a sistemarsi i lunghi capelli in una coda, ma il risultato si rivelò di dubbia riuscita: le ciocche avevano deciso di andare ognuna per i fatti suoi, con notevole rammarico della mora che a tal proposito aveva mandato più di qualche accidente ai suoi stessi geni.

“Buongiorno, fatto buon viaggio?” salutò ironicamente Trunks in direzione della ragazza, trattenendo a stento una risatina.
Le guance della corvina avvamparono all’istante, sia per la consapevolezza che il proprio aspetto fosse tutt’altro che in perfetto ordine, sia per la distraente presenza dello stesso Brief. 
Non era mai stato così semplice mostrarsi forte ed indipendente quando aveva a che fare con lui, ma negli ultimi tempi le riusciva più difficile del solito.
Per sua fortuna il caratterino battagliero e pepato che si ritrovava, in quel preciso momento non la tradì, così strinse le labbra, assottigliò lo sguardo e gli rispose indispettita: 
“Mi prendi in giro? Lo so a cosa stai pensando, con questi capelli sembrerò uno spaventapasseri… Non. Dire. Una. Parola!” regalargli così, su un piatto d'argento, un motivo per prendersi gioco di lei, non era certo la sua massima aspirazione. 
“No dai, uno spaventapasseri, no… piuttosto una piccola strega” replicò sorridendo, chiedendosi perché non gli fosse venuta in mente una qualsiasi altra parola diversa da strega… se le cercava per davvero!
Pan accusò il colpo, ma da abile canaglia quale era, rispose dove sapeva far male:
“Vuoi davvero parlare di capelli? Lo sai bene che a me basta un pettine per… tornare a posto” un ghigno furbetto sul viso, un colpo bassissimo questo, chiaro riferimento all'originale colore che Madre Natura gli aveva gentilmente donato.
“Ah, ah, ah … simpatica scimmietta, davvero simpatica” il lilla non sembrava aver gradito troppo.

Intervenne Goten ad interrompere i due: piuttosto alterato, un po’ per il fatto di essersi sentito escluso per la seconda volta nel giro di mezz’ora scarsa, ma ancora di più nel vedere l’amico ancora in tuta.
Seccato esclamò:
“OH, guarda che ci sono anch’io, non sono invisibile! Buongiorno anche a te, TRUNKS! Ma soprattutto: perché non sei ancora pronto?” il tono era veramente al limite del ringhio. 
“Goten! Ehm… Sì hai ragione, scusami… ora entriamo in casa” salutò il Brief, punzecchiare Pan era uno dei suoi sport preferiti, ma decise di lasciar perdere, doveva dare una “piccola” spiegazione al Son.



Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Capitolo più sbarazzino questo, vero? Tranquilli torneremo di sicuro sotto la nostra quercia…
Mi sembrava giusto riprendere alcuni momenti del passato per sottolineare l’evoluzione dei protagonisti, singolarmente e nel loro rapporto di coppia… e poi volevo dare spazio anche ad altri personaggi! 
Spero sia stata una lettura piacevole e vi ringrazio tanto per averle dedicato la vostra attenzione.
Alla prossima… CIAO  

PS: Quando ho scritto la battuta sul colore dei capelli di Trunks ho pensato a te… NALA! Divertiti a pensare se ce li ha lunghi o corti…. Grazie come sempre!!
 

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Capitolo 3
*** 3 capitolo ***


Albero della Vita
CAPITOLO 3


 
Bulma salutò i ragazzi con affetto, Vegeta si limitò a degnarli di uno sguardo e ad alzare un sopracciglio, mantenendo la sua solita espressione seria e scontrosa, ma in fondo era già qualcosa, sempre meglio di niente. 
“Ciao ragazzi! Pan, cerchi Bra? Temo non sia ancora pronta, sai bisogna avere pazienza con lei…”  disse la turchina, mentre stava riordinando la cucina lasciando apparecchiato per la colazione della figlia.
“Sì, oggi è giorno di allenamento… se così lo vogliamo chiamare… Vado a svegliarla!” rispose leggermente delusa, ma per nulla rassegnata, in fondo se lo aspettava. 
A quelle parole Vegeta sorrise impercettibilmente e si ritrovò a pensare che, dopotutto, quella piccola mocciosa qualcosa di veramente utile per lui lo sapeva fare: convincere la figlia a fare un po’ di attività fisica, perché “allenamento” era decisamente un parolone, era davvero un'impresa degna di nota. 
Se ne andò verso la Gravity Room per continuare i suoi allenamenti, augurandole mentalmente una sorta di buona fortuna: con Bra non c'era da fidarsi, sapeva essere diabolicamente astuta per le questioni che la interessavano davvero.
Pan nel frattempo salì le scale, la strada ormai la conosceva più che bene: per lei quella era diventata una seconda casa a tutti gli effetti. 
Arrivò in camera e la vide beatamente sdraiata sul suo letto; ora bisognava svegliare la principessina e a tal proposito il suo viso s'illuminò, sul volto un sorrisetto di discutibile buona fede.

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“Allora Trunks? Di grazia mi spieghi cosa ci fai ancora praticamente in pigiama? A quest'ora dovremmo essere in ufficio, non devono arrivare i TUOI clienti che mi hai chiesto di seguire?” Goten arrivò subito al punto: cominciava ad arrabbiarsi per davvero e pretendeva una spiegazione più che adeguata. 
“Ecco, vedi… Ieri sera i clienti mi hanno avvisato che avrebbero tardato, così l'appuntamento è stato posticipato di un paio d'ore, arriveranno verso metà mattina” rispose pacatamente il glicine con lo sguardo  basso, certo della sfuriata che avrebbe preso da lì a subito.
“COSA? IERI SERA? MA PORCA PU… zzola” si corresse all'ultimo secondo avendo notato che Bulma li stava ascoltando interessata. Per natura era una brillante scienziata, ma col tempo era riuscita a  diventare anche un’abilissima donna d'affari e di certo non poteva ignorare quella conversazione: i ragazzi stavano discutendo di un cliente piuttosto impegnativo. 
“E COSA ASPETTAVI A DIRMELO? DUE ORE TRUNKS! DUE ORE! Avevo tutto il tempo per organizzarmi con calma, invece di fare tutto di fretta! Per niente poi!” attaccò il moro
“Sì hai ragione, scusami davvero tanto… mi sono… dimenticato” l'ultima parola era stata appena sussurrata, il figlio del Principe in quel momento avrebbe voluto davvero sprofondare nel terreno.
Si era dimenticato! Dimenticato di Goten!
Quella sincera ammissione di colpa pesava come un macigno, ma sapeva bene che le sue sentite scuse non sarebbero state sufficienti a calmarlo.
“NON ME NE FACCIO NIENTE DELLE TUE SCUSE! Si può sapere come hai fatto a DIMENTICARTI? È praticamente impossibile! Hai ereditato da tua madre e tuo padre una mente sfacciatamente ingegnosa, hai sempre tutto sotto controllo, un meccanismo perfetto che non sbaglia quasi mai, raramente perdi colpi, l’ho visto succedere solo con mia…” un Goten ringhioso più che mai si bloccò, trattenendo d’improvviso il respiro: la matematica non era certo un'opinione, e lui stava cominciando a fare da sé il famoso uno più uno.
Con un vero e proprio sforzo fisico, quindi, cercò di calmarsi: sul serio, se le sue supposizioni erano fondate, la questione andava chiarita subito. Un conto erano le scoccianti faccende di lavoro, che nascevano e morivano in ufficio, ben altro era la vita sentimentale del suo migliore amico… se mischiata a quella di sua nipote!
Da qualche mese a quella parte, i momenti passati assieme da soli che i due erano riusciti a collezionare, erano sempre maggiori, volontari o casuali che fossero.
Fatto sta che ormai era un dato di fatto che tra i due ci fosse del tenero e la loro reciproca attrazione era palese a chiunque li conoscesse.  
E nonostante tutto ci giravano attorno senza arrivare ad una conclusione! Nessuno dei due aveva avuto il coraggio di prendere l’iniziativa: eppure era così evidente l’affinità che li legava… Dannati innamorati!
Ne era certo, Trunks e Pan dovevano assolutamente chiarire la loro situazione sentimentale, a suo avviso inutilmente ingarbugliata, una volta per tutte; per loro stessi in primis, ma a quanto pare anche per suo interesse personale. Questo giro ci aveva rimesso solo un paio di preziosissime ore di sonno, ma al prossimo?
Decise di provare ad affrontare l’argomento, così con tono più tranquillo proseguì:
“Trunks… Devi dirmi qualcosa?” in modo comunque serio e deciso. 

Il glicine deglutì il nulla: sapeva perfettamente a cosa si stava riferendo Goten, che attraverso le sue allusioni, ovviamente, aveva centrato in pieno la situazione.
In realtà, ad essere sinceri, non aveva assolutamente voglia di arrampicarsi sugli specchi, anzi: si ritrovò a pensare che forse una spalla d'aiuto gli sarebbe proprio servita.
“Ieri sera eravate a cena da noi, ricordi? Poi io e Pan siamo andati in terrazza… Il cielo era spettacolare, bombardato dai lampi di un silenzioso temporale lontano, in direzione dei vostri monti, meglio dei fuochi d'artificio! Credimi, ne siamo rimasti letteralmente affascinati, tanto che non abbiamo detto nemmeno una parola, non serviva… Poi è arrivato il loro messaggio e mi ero davvero ripromesso di avvisarti, ma…” adesso come glielo spiegava che si era scordato di lui, completamente rapito dalla notte ma soprattutto dalla bella saiyan.
Teneva davvero a lei, per quella ragazzina aveva cambiato completamente il suo stile di vita, ma non avevano mai affrontato l'argomento, c'erano tutto e niente allo stesso tempo.
“Ma hai preferito godere della compagnia di mia nipote e ti sei perso via, vero? Vi siete persino addormentati su uno sdraio, abbracciati come due piccioncini” terminò la frase il moro, con un sorrisino divertito e canzonatorio. 
L'imbarazzo del lilla era evidente, decisamente colpito e affondato.
“Senti Trunks, dei clienti non m’importa proprio niente, m'interessa molto di più quel che c’è tra voi due. Tengo molto ad entrambi e se vuoi il mio modestissimo parere, l'affinità che vi lega è… evidente” si fermò un attimo per guardarlo dritto negli occhi:
“Solo una cosa: amala con tutto te stesso e… non farla mai soffrire! Dico sul serio, Trunks, non mettermi MAI in condizione di dover scegliere tra la tua amicizia e la mia famiglia! Lei è giovane, non per legarsi a te, ma per capire determinate situazioni, giocati bene le tue carte. Se necessario ti aiuterò come posso, ma ricordati che se la farai star male, tu rischi la pelle, non tanto da parte mia, anche se fidati, di certo verrei a cercarti per suonartele di santa ragione, ma Gohan lo conosci bene! Lei è tutta la sua vita”
Quelle parole rimbombarono nella mente di Trunks in modo forte e potente.
Si rese conto che crogiolarsi da solo nei suoi stessi dubbi, era pure peggio che affrontare direttamente la situazione e prendere una decisione. Era la prima volta che ne parlava apertamente con qualcuno e fu davvero felice che questo qualcuno fosse proprio Goten. Gli aveva parlato da amico, migliore amico, e nelle sue parole di assoluta verità ci aveva letto consenso. Non era il preoccuparsi di cosa potessero pensare le altre persone che lo bloccava, ma non poteva negare che l'opinione dei suoi famigliari, visto che i Son li considerava come tali, fosse davvero importante. 
“Tu… tu approvi quindi?” chiese, il battito del suo cuore aveva già cominciato ad accelerare speranzoso.
“Perché non dovrei? Spero di conoscere la persona che ora ho di fronte… Penso che dovreste chiarire per davvero, l'insicurezza è una cattiva consigliera. E poi mia madre direbbe che l'amore non si misura con l’età! A proposito, oltre a Gohan vedi di non fare infuriare proprio lei!” un brivido percorse l’intera spina dorsale del Son al solo pensiero di questa ipotetica catastrofe.
“Non ti deluderò, vedrai! Le parlerò al più presto” Trunks aveva preso la sua decisione, almeno il suo conflitto interiore lo aveva chiarito e per questo si sentiva già molto meglio.
Gli mise un braccio attorno al collo in una specie di presa benevola e gli sussurrò all'orecchio un sincero “GRAZIE AMICO!”
Goten annuì sorridendo.

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La loro attenzione venne catturata proprio dalla poco aggraziata moretta che scese le scale con la principessina Brief in spalla, stile sacco di patate. 
“Lasciami andare Pan! Come osi! Ti sembra il modo di trattarmi? Mettimi subito giù! Sei peggio di uno scaricatore di porto!” la giovane turchina era altamente inviperita per il pessimo risveglio ricevuto.
“Oh, come desidera Madame…” detto questo si fermò e facendo leva sulle graziose gambe dell’ostaggio, la lasciò cadere sul primo comodo divano disponibile. 
Atterraggio perfetto, tanto era sul morbido.
“Ti è andato di volta il cervello? Sono modi questi? Potevo anche farmi male!” le ringhiò contro.
“Oh sì, certo, in effetti potevi anche lasciarci le penne! È risaputo che per un saiyan un volo di ben 40 centimetri da terra può essere fatale!” scoppiò a riderle in faccia la corvina, alludendo all’altezza della seduta del divano sul quale l'aveva appena scaricata, per poi proseguire:
“certo che se vai avanti così, tu rischi davvero… Il divano potrebbe diventare un avversario davvero temibile, e contro di te avrebbe pure buone possibilità di vincere!” continuò divertita la più giovane.
“Cosa intendi dire?” rispose indispettita Bra, che nel frattempo si era seduta a gambe e braccia incrociate con un buffo broncio in viso.
“Dico che devi cominciare ad allenarti seriamente, non come hai fatto quest'estate, un po’ di corsa e qualche esercizio base non possono lontanamente definirsi allenamento… Poi a quest'ora avresti dovuto essere già pronta!” 
“Come sarebbe a dire che non mi alleno seriamente, hai mai misurato le decine di chilometri che percorriamo ogni volta e le ore, non minuti, passati a combattere assieme?” tentò di difendersi, ma sapeva bene che il carico di lavoro che l'amica poteva sostenere era ad anni luce dal suo: quando era particolarmente in forma, la mora riusciva addirittura a mettere alle strette uno qualsiasi degli altri saiyan. 
Non furono necessarie altre parole, Pan l'aveva incenerita con lo sguardo.
Bra sbuffò vistosamente, alzò gli occhi al cielo e scosse la testa in un segno negativo.
Era la sua migliore amica, le voleva davvero un bene dell'anima e per lei avrebbe fatto di tutto, ma era obbiettivamente assodato che avevano interessi diametralmente opposti. 
Sì quel giorno avrebbe dovuto passarlo con lei ad “allenarsi”, ma proprio non poteva: come avrebbe fatto ora a dirglielo senza scatenare un putiferio? Doveva assolutamente prepararsi per il giorno seguente, ci sarebbe stato il matrimonio di un cliente importante. Tutta la famiglia Brief avrebbe dovuto presenziare.
Lo sguardo le cadde sul biglietto appoggiato al tavolino vicino, la relativa partecipazione.

E… Un'illuminazione divina, o diabolica, dipende dai punti di vista, la folgorò! 

Ricordò le parole al suo interno: era un invito per lei ed un accompagnatore a libera scelta.
La sua mente brillò all’istante e le sue labbra si incurvarono in un sorriso soddisfatto: un piano a dir poco geniale nella sua perfezione.
Sfruttò l'occasione al volo! Aveva deciso: Pan sarebbe stata la sua accompagnatrice e quel giorno, anziché allenarsi, l'avrebbe sfruttato per renderla presentabile e soprattutto “signorile”.
Guardò l’amica con quei capelli davvero ribelli… c'era veramente molto lavoro da fare, ma il suo cuore stava già viaggiando a mille, carico di eccitazione e non trascurabile desiderio di rivincita.
Avrebbero passato una giornata intera fra negozi di ogni genere, estetista, parrucchiera e chissà cos'altro ancora! Insomma la sua giornata ideale… e un vero incubo per la piccola Son! 
Bisognava solo convincerla.
Tempo un secondo ed il suo spiccato ingegno aveva già elaborato un piano discretamente affidabile. 
L'amica era un osso duro, ci volevano le maniere decisamente forti, bisognava disorientarla subito.
“Ehm… Pan, a proposito di oggi… C’è un piccolo cambiamento di programma…” cominciò in tono gentile.

Cambiamento di programma?
Una fastidiosa sensazione s'impadronì della mora, uno stato di inquietudine.
“Guai a te… se mi hai fatto venire fin qua… per niente!” la voce era atona, ma pronunciata con quella marcata lentezza risultava estremamente minacciosa; il turbinio di sentimenti che in quel momento si stavano concentrando, era degno di un’onda energetica in caricamento.
Il momento era arrivato, Bra doveva dare il meglio di sé nella sua innata dote di attrice; ma in fondo non avrebbe dovuto mentire completamente, le sue parole sarebbero state fondamentalmente veritiere:
“No infatti! Anzi, sei la mia ancora di salvezza! Vedi domani siamo tutti invitati al matrimonio di un cliente importante e posso portare un… un'amica! Ti prego dimmi di sì, così non me ne starò sola e triste tutto il giorno! La mamma e Trunks saranno impegnati con le loro public relations di lavoro, papà non ne parliamo; almeno tu mi farai compagnia e vedrai che ci divertiremo tanto!” il tono e le parole perfettamente calibrate erano un micidiale mix di supplica, speranza ed entusiasmo, sapientemente convogliati affinché l'amica non potesse rifiutare senza un certo senso di colpa.
Pan sgranò gli occhi, un accenno di groppo alla gola: era a dir poco allibita!
Per un attimo sperò di essersi solo immaginata tutta la scena, ma la vocina e soprattutto quei tremendi occhioni azzurri così languidi e imploranti puntati addosso, le confermarono che era pura realtà.
“Ti prego, ti prego, ti prego…” rincarò la dose l'azzurra, per poi assestare un colpo davvero basso “Fallo per me!”
Dopo infiniti attimi di puro smarrimento, Pan si riprese:
“Se… se questo matrimonio è domani, e non ti assicuro niente, perché dovrebbero cambiare i programmi di oggi?”
A quelle parole la figlia di Bulma si stupì non poco: si chiese infatti come fosse possibile che nell’amica albergassero contemporaneamente ingenuità ed astuzia.
La prima perché era decisamente un maschiaccio mancato intrappolato nel corpo di una bellissima ragazza, se non aveva minimamente valutato l’idea di prepararsi per l'evento mondano. 
La seconda perché, per assurdo, con quella sua domanda si era dimostrata piuttosto brava a ribattere, passando all'argomento più difficile senza aver risposto all'invito iniziale.
“Come perché? Oggi ci dedichiamo a farci belle, è un matrimonio importante! Ti renderò splendida, fidati di me!” era diventata una questione di principio, doveva vincere a tutti i costi!
“Ovviamente poi è tutto spesato, offro io personalmente!” se fosse stato necessario, probabilmente sarebbe persino arrivata a vendere la sua stessa anima al diavolo, pur di riuscire nel suo intento. 
Degna figlia di suo padre.

Una reale goccia di sudore freddo scivolò lungo tutta la spina dorsale della povera moretta.
Ecco, ora ne era certa, si era materializzato il motivo della sua iniziale preoccupazione.
Già l'idea di partecipare ad un matrimonio di perfetti sconosciuti non era affatto allettante, ma il vero problema era un altro: se avesse accettato in nome della loro amicizia, per quell’interminabile giorno lei sarebbe stata la sua cavia personale in quell’infernale laboratorio chiamato shopping e compagnia bella. 

Una tigre in gabbia, ecco come si sentiva.
Simile ad un profondo ruggito, il suo istinto, nel tentativo di liberarsi da quella scomoda situazione, richiamò alla mente le meravigliose immagini di poco prima; poi Pan reagì:
“BRA! Hai visto che splendida giornata c’è oggi, là FUORI? Un sole caldo, un cielo immacolato,  colori splendidi e TU pensi di rinchiudermi in CELLA per chissà quanti e quali negozi? Assolutamente NO! LA LIBERTA’ NON HA PREZZO!” urlò con tutto il fiato a sua disposizione.

---

Nel frattempo la rinomata scienziata e i due mezzi saiyan avevano assistito a questo scontro titanico fra le due ragazze, così diverse da sembrare il giorno e la notte, con reazioni decisamente contrastanti.
Per Bulma era tutto perfettamente nella norma, un classico litigio fra le due; qualcosa però le diceva che quel matrimonio non era l'occasione adatta per far relazionare la piccola Son con il loro mondo lavorativo, d’istinto si girò verso il figlio.
Lo trovò a dir poco sconvolto, letteralmente sbiancato per tutta la scena.
Solo allora Goten si ricordò che anche lui era stato invitato, aveva completamente rimosso questo impegno, così rivolgendosi all'amico gli chiese maggiori informazioni: in fin dei conti per quanto scarsamente entusiasta di partecipare, doveva essere un minimo preparato  
“Trunks, tutto bene? Scusa la domanda, rinfrescami la memoria, ma di preciso chi si sposa domani?”
Il giovane presidente si passò una mano sul volto, davvero turbato. Dopo aver mentalmente imprecato contro una lista personale di personaggi e soprattutto contro sé stesso, rispose sospirando forte:
“Mr. Hamster e consorte” 
“E la consorte ce l’avrà un nome?”
Il glicine annuì a labbra strette “Miss V. Russell”
“A-Aspetta un attimo, quella donna è la futura sposa? Ma non è anche uno degli amministratori della loro Compagnia? È lei che tiene le trattative commerciali con noi! Sono senza parole, ha puntato dritto alla proprietà! E da quanto stanno assieme?”
“Ah non ne ho la più pallida idea, io l'ho scoperto il giorno stesso che mi ha consegnato l'invito a nozze!” rispose aspro ricordando quella donna, i patti erano chiari e lei li aveva deliberatamente infranti, fregandosene altamente. 
Fuori dall'ufficio gli capitava di intrattenersi con le sue clienti, ma questo genere di incontri, fini a se stessi, si basavano comunque su una regola precisa: il rispetto.
Il rispetto per il lavoro reciproco, prima si concludevano gli affari con la dovuta professionalità e poi il rispetto morale fra persone adulte, consenzienti e soprattutto libere da impegni sentimentali.
Quell'arrivista di una donna aveva mentito spudoratamente, con lui e peggio ancora con il suo futuro marito.
“Ma gli inviti risalgono solo a qualche mese fa, quando ha firmato l'ultimo contratto! In effetti è stata l'ultima volta che l'ho vista, se non sbaglio era tarda primavera. Sì, ora ricordo, quella sera poi avevamo festeggiato il compleanno di…” a Goten mancò il respiro, nuovamente, conosceva il gioco e le sue regole:
“Trunks, non dirmi che…” ora anche il viso del Son stava impallidendo a vista d'occhio.
Il presidente annuì un'altra volta, un'espressione mista fra rancore e profondo senso di colpa.
“Dannazione Trunks! Quella donna è una stronza di prima categoria, sarebbe capace di creare enormi casini solo per il gusto di farlo! Immagino non ti abbia mai detto niente, ovvio. E pensare che il futuro sposo è una persona così perbene. Che disastro! Prega tutti i KahioShin dell'universo che Pan non lo venga mai a sapere, questo deve essere un segreto che ti devi portare nella tomba!” il tono di voce gli era uscito più alto di quanto avesse voluto: istintivamente si affrettò a tapparsi la bocca con una mano, nella speranza che nessun’altro lo avesse sentito.
Per sua fortuna le due piccole iene erano ancora molto impegnate a distruggersi i timpani a vicenda; poteva considerarsi salvo o almeno se lo augurava.




Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Per prima cosa ringrazio tutti voi lettori per aver seguito questa terza “puntata” della storia.
Questo capitolo, ancora più che il precedente, ha il compito di inquadrare meglio situazione e personaggi.
Spero che vi abbia fatto un po’ di compagnia e che sia risultato piacevole da leggere.

Un’ultima cosa, per chi se lo stesse chiedendo il nome V. Russell fa riferimento ad uno dei serpenti più pericolosi e velenosi del pianeta: la Vipera di Russell.
Non avrei mai detto di arrivare ad inserire delle piccolissime note divulgative, ma in effetti così rende meglio l’idea… Ringrazio il mio piccolo Grillo Parlante per avermelo fatto notare (tanto lo sai che sto parlando di te!)

Alla prossima
CIAO    

 

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Capitolo 4
*** 4 capitolo ***


Albero della Vita
4 CAPITOLO


 
Era tardo pomeriggio ed una raggiante e soddisfatta Bra varcò la soglia di casa con in viso un’espressione trionfante: quella giornata sarebbe passata alla storia!
Dopo la focosa discussione della mattina era riuscita, con il tono più supplichevole del suo repertorio e puntando molto sul “valore sacro” dell’amicizia, ad ottenere tutto ciò che si era prefissata. 
Dietro di lei Pan: era talmente stanca ed abbattuta che a malapena riusciva a reggersi in piedi.
Quella giornata infernale passata fra mille e più negozi di ogni genere, l'aveva demolita nello spirito e nel corpo.
Era esausta, non ne poteva proprio più, un livello di rabbia repressa così alto non lo aveva mai sostenuto. 
Non aveva neanche la forza di inveire contro l'amica; tutto il fiato di cui disponeva lo aveva sprecato ancora prima di mezzogiorno, ignara del fatto che mancassero ancora parecchie interminabili ore di tortura psico-fisica.
Entrambe le ragazze portavano una notevole quantità di buste e confezioni varie, contenevano tutti gli acquisti decisi dalla bella azzurrina.

In mancanza di una sufficiente lucidità mentale e, soprattutto, di un minimo sindacale di forza per vendicarsi del “tremendo” torto subito, Pan stabilì che in quel momento il suo obbiettivo fosse uno e uno soltanto: un meritatissimo riposo!
E così fece.
Dopo aver fatto cadere sul pavimento tutti i suoi maledetti pacchetti e pacchettini, come un robusto albero che viene tagliato alla base del tronco, si lasciò andare sul primo divano a disposizione.
Si addormentò all'istante!
Era talmente stravolta che non si accorse nemmeno del saluto rivoltole da Bulma, Trunks e Goten rientrati poco prima.
 
---

“Non hai neanche un piccolo rimorso? Sai di aver giocato sporco!” esordì Trunks con un tono di rimprovero verso la sorella, mentre silenziosamente si avvicinava alla bella addormentata per toglierle con gentilezza scarpe e calze.
“Mhm… Direi proprio di no! Ma guarda come sei carino e premuroso con lei! Con me non sei così… delicato” sorrise divertita con un’espressione chiaramente canzonatoria sul volto, accentuata dal leggero morso giocoso dei suoi denti al labbro inferiore della sua bocca, chiaro riferimento a quelle poche ma precise parole allusive che avrebbe dovuto trattenere, ma in realtà spudoratamente lasciate libere di essere ascoltate.
Un’occhiataccia infastidita ed un borbottio irritato ed incomprensibile furono le semplici risposte del fratello.
Ma Bra doveva chiudere in bellezza quella fantastica giornata! Era orgogliosa di se stessa come non mai: era riuscita a gestire con perfetta maestria, sia la fitta scaletta dei numerosi impegni previsti che, soprattutto, quel potenziale pericolo mortale della sua migliore amica, a dir poco inviperita per il “leggero” cambio di programma.
Ecco, la degna conclusione di quella giornata riguardava proprio Pan: doveva assolutamente trovare un modo per tranquillizzarla, altrimenti quando si sarebbe svegliata di sicuro la moretta avrebbe cenato con la sua stessa testa!
Ci pensò un attimo e si rese conto, con sommo compiacimento personale, che la soluzione era proprio davanti al suo naso: suo fratello!
Ormai ne era certa, come sapeva cogliere al volo lei le situazioni era un vero e proprio dono della natura! 
Sorrise furba la turchina, e così, per nulla intimorita dalla reazione scocciata del ragazzo alla sua battutina, si avvicinò a lui e gli propose quello che sembrava essere un ottimo accordo per entrambi… anzi, per tutti e tre.
“Trunks… Sì in effetti forse ho esagerato un pochino oggi! Bisognerebbe trovare un modo per… calmarla! In questo sei d’accordo con me, vero? Puoi pensarci tu quando si sveglia? Sei l’unico di noi che ha reali possibilità di riuscita in questa impresa! Di sicuro il suo primo pensiero, quando riaprirà gli occhi, sarà quello di farmi la pelle… Non glielo permetterai, vero? In fondo ci vogliamo tanto bene! Ti voglio tanto bene!” la voce era sussurrata, per non svegliare la corvina; sembrava dolce all’orecchio, ma tradiva chiaramente la sfumatura calcolatrice della turchina: ruffiana!
Bra si stava pure divertendo perché era chiaro che il fratello avesse capito all’istante la non perfetta purezza della sua richiesta, ma era altrettanto vero che lei gli stava offrendo un’incredibile opportunità di stare da solo con Pan.
In qualche modo lui l’avrebbe tranquillizzata di sicuro e poi chissà, magari sarebbe stata la volta buona che i due riuscivano a trovare il coraggio necessario per definire in maniera chiara la loro non-relazione.
Era evidente il lato positivo per entrambi, e la piccola Brief glielo stava palesemente snocciolando in faccia: ne era certa, lui non poteva rifiutare!
Trunks alzò gli occhi al cielo e sospirò, sempre più seccato ed irritato.
In un’altra situazione avrebbe sicuramente rifiutato e risposto a tono, ma in quel momento non riuscì a fare di meglio che distogliere lo sguardo dai graziosi occhi manipolatori della “sorellina” e posarlo sulla delicata figura della ragazza addormentata: proposta accettata.
“A pensarci bene, dovresti essere tu a dirmi Grazie!” il tono di Bra era lento, malizioso e bassissimo, solo lui poteva sentirlo e solo lui si ritrovò di fronte il suo sorrisetto impertinente, così le rispose più acido che mai:
“Sparisci canaglia!” darla vinta alla sorella in un modo così evidente era un boccone davvero amaro, ma si rese conto che per la piccola Son avrebbe digerito questo e chissà cos’altro ancora.
La principessina si allontanò, era a dir poco felice e soddisfatta: davvero una giornata memorabile!

---

Sparita la sorella, Trunks tornò ad osservare Pan.
Stava dormendo profondamente e così si soffermò a guardarla.
Le sue perfette labbra rosee, così sensuali nella loro naturalezza, senza un filo di trucco, erano leggermente dischiuse per poter respirare meglio; le guance sfumate di un leggerissimo rossore e la frangetta spettinata che le scopriva la fronte, poi, donavano maggior risalto ai delicati lineamenti del suo giovane viso.
La sua espressione sembrava comunque serena nonostante la difficile giornata trascorsa; era così tenera... così pacifica... sembrava quasi... un angelo.

Già… Quasi un angelo!
Solo ora che dormiva poteva essere scambiata per una soave creatura celestiale: se fosse stata sveglia, come minimo avrebbe scatenato un pandemonio, proprio com’era successo non più in là di quella stessa mattina.
Decisamente diavolo ed acqua santa: una convivenza a dir poco esplosiva, con il focoso sangue saiyan pronto ad innescarne la miccia in qualsiasi momento! 
Sorrise il giovane presidente: doveva assolutamente trovare un modo per placare l’inevitabile sete di vendetta della ragazza per il terribile “oltraggio” subito.
Gli passarono alla mente alcuni degli innumerevoli battibecchi che da sempre li caratterizzava: nessuno dei due cedeva facilmente, una vera e propria “lotta” a viso scoperto.
Però sapeva bene di essere uno dei pochi in grado di domare il suo animo ribelle.
Certo gli ci voleva un notevole impegno, anche fisico, ed il risultato non era affatto assicurato: ma quando ne usciva vincitore, non poteva nascondere l’enorme soddisfazione personale che riusciva a provare!
Ma in realtà i momenti a cui teneva maggiormente, erano quelli in cui Pan dimostrava di fidarsi di lui: per una piccola grande combattente come lei non era per niente facile lasciarsi andare, mostrare gli aspetti più dolci ed affettuosi della sua natura.
Gesti così puri e genuini come poterla tenere tra le braccia e vederla addormentarsi serenamente, erano riservati a ben pochi fortunati: al di fuori della sua famiglia, probabilmente ne era l’unico... 
Non poteva negarlo, queste situazioni così intime e private gli riempivano il cuore di un profondo calore.
La sua piccola saiyan era decisamente uno spirito libero e selvaggio, un purosangue da imbrigliare!
Non poteva certo mentire a se stesso, questo era uno degli aspetti che più amava di lei.

Amava?
L’insieme dei sentimenti che provava per lei erano dunque… Amore?


Difficile da dire, soprattutto da riconoscere: non aveva mai amato alcuna donna.
Non conosceva il significato di quella parola, ma ne intuiva la profonda importanza e proprio per questo si era sempre ripromesso di non giocare mai con i sentimenti di nessuno: i suoi e quelli delle ragazze che aveva conosciuto.
Le aveva sempre rispettate, basandosi su un concetto molto basilare: la sincerità, verso di loro e soprattutto verso se stesso. 
Non si era mai sforzato nella ricerca dell’anima gemella, per non parlare di inutili tentativi di legami sentimentali.
Ne era certo: se era destino, questo potente sentimento si sarebbe fatto vivo da solo; sarebbe riuscito ad espugnare il suo cuore e di conseguenza ad influire sul resto della sua personalità.
Ma proprio per questa profonda considerazione che nutriva, questa sensazione si sarebbe dovuta manifestare sicuramente in modo sincero… sincero e soprattutto naturale!
Come l’intesa e le emozioni che Pan riusciva a trasmettergli in modo così spontaneo e diretto: mai provate con le altre donne.

Non si rese neanche conto di quanto tempo fosse passato a rimuginare fra sé osservando la sua moretta.
Fatto sta che Goten, dopo aver accettato l’invito di Bulma a rimanere fino all’indomani, visto che comunque il ritrovo sarebbe stato da loro la mattina seguente, richiamò la sua attenzione con un pungente:
“Ehi Romeo! E’ pronta la cena! Se non ti muovi, ci penso io a mangiare la tua parte!”
    
---

Il sonno ristoratore della giovane saiyan proseguì indisturbato.
Trunks dal canto suo passò una serata piuttosto travagliata sotto l’assedio delle irriverenti e provocatorie battutine di Bra, e in misura minore di Goten, circa il suo rapporto sconclusionato con l’amica, nonostante l’evidente attrazione reciproca.
Bulma si limitava ad intercedere in questi accesi battibecchi fra i tre, affinché non degenerassero in parole troppo taglienti, ma in fondo sapeva che per quanto bizzarra ed eccessiva, la via intrapresa dalla figlia per smuovere il fratello avrebbe dato i suoi frutti. L’idea che il suo primogenito potesse finalmente trovare una ragazza a cui donare il suo cuore la rendeva immensamente felice, a maggior ragione se la ragazza in questione era Pan.
Vegeta, invece, se ne stava appoggiato al muro a braccia incrociate con in volto il suo immancabile cipiglio imbronciato e serioso. Nel silenzio più totale e senza dire una sola parola, rimase ad ascoltare quelle “assurde chiacchiere da pollaio”, come era solito definire qualsiasi conversazione altamente culturale intrapresa da moglie e figlia, soprattutto se l’argomento di discussione riguardava la sfera sentimentale: quelle due non riuscivano proprio a farsi gli affaracci loro! 
In realtà, fra le varie occhiatacce ed i numerosi sbuffi che aveva tirato, in qualche rarissima occasione gli sfuggì un impercettibile movimento verso l’alto all’angolo destro della propria bocca: quello doveva essere un primordiale antenato di quel gesto comunemente definito come sorriso.
Si ritrovò a pensare che l’unica mocciosa che si sarebbe divertito a sopportare come eventuale compagna del figlio, era proprio quel piccolo demonio che in quel preciso momento se ne stava beatamente dormendo alla faccia di tutti i presenti: lei sì che stava impegnando il tempo in modo decisamente più utile, anziché doversi sorbire questi noiosi discorsi pronunciati solo per dar aria alla bocca!
Se non altro quella piccola delinquente, la cui colpa principale era quella di essere la discendente di quel dannato Kakaroth, era capace di lottare e, se voleva, era pure in grado di farsi valere.
Doveva solo sperare che quel furbastro del figlio non le insegnasse troppo presto passatempi potenzialmente più interessanti per lei, rispetto ad un allenamento degno di essere chiamato tale: rischiava di perdere due combattenti in un colpo solo e non poteva assolutamente permetterselo!
Ma non sarebbe stato un problema così inaffrontabile: se necessario ci avrebbe pensato personalmente a rinfrescare la memoria sui doveri dei due saiyan!

Con sommo sollievo di Trunks, verso mezzanotte tutti gli altri decisero di ritirarsi nelle rispettive stanze.
“Cerca di parlarle se puoi” gli ricordò Goten prima di congedarsi, appoggiando una mano sulla spalla dell’amico; Il Brief annuì di rimando, leggermente titubante: per loro sembrava così semplice…
 
---

Spense la luce e si avvicinò al divano dove Pan stava ancora tranquillamente riposando: doveva essere veramente stravolta per essere riuscita a dormire tutta la sera in mezzo a quel trambusto.
Sorrise dolcemente, almeno si era girata su un fianco.
Era una notte di luna piena e attraverso la grande vetrata a parete intera, entrava un’intensa luce argentata che si rifletteva sia sulla graziosa figura della giovane saiyan, che tutt’attorno nell’ampia e silenziosa sala.
Preferì di gran lunga continuare ad osservare lei.
Era più forte di lui e non poteva di certo mentire a se stesso: voleva sentirla più vicino, accarezzare la sua morbida pelle, respirarne il profumo naturale, ascoltare il suo respiro regolare ed il battito sicuro del suo cuore.
Era semplicemente… meravigliosa
Meravigliosa e… Viva


Ebbe un sussulto a quella parola.
Erano già passati alcuni anni, ma ne era sicuro: quei maledetti ricordi lo avrebbero tormentato per il resto della sua vita.
Sentì una fitta alla bocca dello stomaco ed il suo cuore cominciò ad agitarsi: doveva assolutamente allontanare dalla mente quelle dannate immagini.
Velocemente si sedette accanto a lei e dolcemente, senza svegliarla, se la tirò vicino a sé.
Fece appoggiare la testolina mora al suo petto e poi sprofondò immediatamente il suo viso tra i sui setosi capelli.
Chiuse gli occhi nervoso e tirò un sospiro, profondo e deciso.
In quel momento averla tra le sue braccia era l’unico modo per ritrovare la serenità: era il suo sollievo, il suo stesso rifugio.
Non riusciva… non riusciva assolutamente a cancellare quello stramaledetto giorno dalla sua memoria: decisamente marchiato a fuoco! Da allora le notti luminose, così simili a quella maledetta di qualche tempo fa, le aveva sempre mal sopportate. 
Contro la sua stessa volontà, i ricordi riaffiorarono inesorabili…




Angolo Autrice:
Ciao a tutti! Sono tornata e… scusate il ritardo!
Come per i precedenti, ringrazio affettuosamente tutti coloro che hanno deciso di leggere questo capitolo e chi vorrà lasciare il proprio gradito parere.
Spero sempre che sia stata almeno una piacevole lettura di compagnia.
Ora vi salut...
Tic Tic … Che c’è piccolo Grillo Parlante? 
Stavo diplomaticamente evitando qualcosa? Ci sto lavorando su, è in lavorazione il prossimo... la pazienza è la virtù dei forti!
Alla prossima
CIAO

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Capitolo 5
*** 5 capitolo ***


Albero della Vita
5 CAPITOLO




Dal capitolo precedente:
"Era… Viva
Ebbe un sussulto a quella parola…
Contro la sua stessa volontà, i ricordi riaffiorarono inesorabili"
....

Il loro viaggio nello spazio era stata un’avventura memorabile, incredibile ed indimenticabile per mille e più motivi, ma quella notte infame... così cinica e beffarda nella sua limpidezza e luminosità.
Di certo una sottile e perfida vendetta riservatagli da quel malefico Destino: assicurarsi che le spietate immagini causate, gli sarebbero rimaste impresse nella mente per il resto della sua esistenza, in modo indelebile e perenne. Letteralmente marchiate a fuoco, a ricordargli che lui aveva OSATO intromettersi e, peggio ancora, era riuscito a mandare in fumo i suoi precisi piani di vita… anzi di morte.
Erano nel bel mezzo della loro ricerca interstellare, avevano già trovato alcune sfere, ma ne mancavano ancora diverse.
Si erano fermati su quel fottutissimo pianeta perché doveva necessariamente fermarsi per riparare la navicella, nel frattempo Goku sarebbe andato alla ricerca di provviste.
Pan doveva sorvegliare la zona limitrofa e con lei si era raccomandato tanto affinché rimanesse nei paraggi ed evitasse di cacciarsi in qualche guaio; per essere più sicuro aveva chiesto a Gill di starle vicino.
Stranamente era stata abbastanza ubbidiente: mentre lui lavorava spedito, lei aveva passato il pomeriggio in compagnia del robottino fra scherzi vari, piccoli litigi e successive riappacificazioni.
Potenziali presenze nemiche non ne erano state rilevate.
Arrivò sera e in un batter d’occhio… la notte.
Di differente dalla Terra c’era solo il numero di satelliti, due, perfettamente tondi e brillanti, ma la sostanza cambiava poco: una visuale meschinamente impeccabile.
Stava eseguendo le ultime riparazioni e in lontananza aveva percepito l’aura di Goku muoversi verso la loro direzione, stava rientrando; improvvisamente, poi, una terribile sensazione mise all’erta tutti suoi sensi.
Non aveva percepito delle vere e proprie presenze, ma d’istinto si voltò preoccupato verso Pan, lontana da lui alcune decine di metri.
Era là, gioiosa e sorridente con le braccia al cielo e Gill stretto affettuosamente fra le sue mani.
Su un’altura vicina scorse una serie di numerose sagome metalliche, simili a quelli che sulla Terra avrebbe chiamato androidi e come tali… privi di aura.
Gli mancò il fiato ed un agghiacciante brivido di paura lo percorse dalla testa ai piedi.
Paura per la direzione in cui stavano puntando, paura per la loro evidente intenzione di imminente AGGUATO.
Accadde tutto così in fretta, dannatamente di fretta.
Uno di loro drizzò l’arto e da quello che doveva essere un dito fece partire un sottile e preciso raggio in direzione della piccola saiyan.
Fu un attimo.
L’attimo più lungo e pietrificante della sua vita.
Lo aveva vissuto come se fosse stato obbligato a vivere con lentezza estenuante il suo incubo peggiore.

Disintegrò Gill e colpì Pan
Secco, fulmineo, diretto.
La ragazza cadde immediatamente a terra di spalle, priva di sensi.


Per una frazione di secondo in cui il tempo sicuramente si era fermato, Trunks non riuscì a provare nulla: la sua mente, il suo cuore, il suo respiro, ogni singola fibra del suo corpo erano letteralmente bloccati dallo shock.
I suoi sensi completamente annientati e disintegrati: era come se quel raggio avesse centrato in pieno anche lui.
In realtà era peggio, molto peggio, infinitamente peggio. 
Un dolore lancinante esplose con tutta la sua forza, dilaniandolo completamente.
Contemporaneamente una rabbia cieca, disumana, MAI provata in tutta la sua vita, lo invase.
La sua mente non ebbe neanche bisogno di pensare a voce alta, il suo istinto ruggì feroce e agì immediatamente.
Si trasformò in super saiyan e con una velocità folgorante, si materializzò davanti agli avversari con un unico obbiettivo: STERMINARLI!
TUTTI e SUBITO!
Non aveva assolutamente tempo da perdere con loro! 
Doveva correre da Pan!
In quel preciso momento il suo incandescente sangue saiyan diede prova della sua terrificante maestria nell’arte di spezzare qualsiasi vita, artificiale o meno che fosse.
Li eliminò praticamente tutti con rapidissimi e potenti attacchi energetici: ne rimase uno, quello che aveva osato colpire i suoi amici.
Lo prese per il collo: la rabbia ed il dolore che provava erano insopportabili, al limite della lucidità mentale.
Strinse così forte da staccargli la testa che cadde al suolo; buttò a terra anche il resto del corpo e con il piede li calciò lontano contro la parete rocciosa.
Non arrivarono a rimbalzare a terra: ultimò il lavoro polverizzandoli con un Big Bang Attack degno della peggior ferocia assassina di suo padre.
I danni provocati dall’esplosione si estesero per chilometri di distanza.   

Poi spiccò il volo e si precipitò da PAN.
Aveva legato molto con lei, da quasi una piccola sorellina era diventata un pilatro portante nella sua esistenza: un’ottima amica, confidente e compagna: di giochi, di avventure, di squadra, di viaggio e il cielo solo sa di cos’altro ancora a cui in quel momento non riusciva a pensare!
Se la ritrovò distesa a terra, in un bagno di sangue: inesorabile si stava allargando a macchia d’olio dalla profonda ferita sul suo petto, i suoi occhi inevitabilmente spenti.
Al dolore e alla rabbia senza fine, si aggiunsero lacrime… lacrime silenziose che solcarono il suo viso tossiche come veleno e taglienti come pugnali.
S’inginocchiò e la prese tra le sue braccia, respiro e battito cardiaco appena accennati.
Erano lontanissimi da casa, nessun drago da evocare, nessun fagiolo magico a disposizione, niente di niente: nessuno straccio di speranza.
Con ulteriore sgomento capì che ad ogni secondo che passava, le flebili pulsazioni del suo cuore perdevano sempre più battiti: la stava perdendo e non avrebbe potuto fare proprio un bel NULLA!
Solo assistere, impotente, alla sua inevitabile scomparsa.

Tum  …  Tum  … 
tum…
tu
….

NO! NO! NO!
Non poteva, Non voleva, Non doveva…
MORIRE così… tra le sue stesse braccia!


“PAAAN! Ti prego resisti, RESISTI! Resta con noi... RESTA CON ME!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola, stringendola a sé ancora più forte. 
Nella sua vita non si era mai sentito così inutile come in quel momento; la tremenda vendetta e l’odio smisurato utilizzati per polverizzare quegli esseri immondi non avevano salvato la vita della sua ragazzina. 

NO! NO! NO!
Lei apparteneva alla sua vita!
Nessuno aveva il diritto di portargliela via!


Ancora una volta fu il suo istinto a muoversi.
In un disperato, struggente, folle e rabbioso tentativo di sfidare quello spietato destino beffardo, la baciò.
Non fu un semplice gesto d’affetto fra amici, famigliari o innamorati.
In quell’atroce BACIO ci aveva messo tutta la sua essenza, tutta la sua natura, tutta la sua speranza, tutta la sua sofferenza, tutte le sue lacrime e la sua inarrestabile collera: insomma tutti i sentimenti che era in grado di provare, TUTTO SE STESSO.

Non si rese affatto conto di come ci riuscì, ma stando a contatto con lei, un flusso di energia vitale incominciò a scorrere dal suo corpo a quello di Pan; inizialmente in misura leggera, ma più il tempo passava più la sua portata aumentava, diventando veramente considerevole.

tu…
tum … 
tum ..

Il miglior suono che si possa mai udire.
Battito e respiro, seppur debolissimi, diedero timidissimi segnali di ripresa: per quanto minima, doveva aggrapparsi a quell’esile speranza con tutto se stesso.
Quel maledetto raggio l’aveva centrata in pieno, ma per fortuna le aveva mancato il cuore di un soffio.
La sua situazione era a dir poco tragica, ma la piccola era stata sufficientemente forte per rimanere in vita: si meritava un miracolo, si meritava assolutamente di VIVERE!
Non gli era mai capitato di utilizzare la sua energia in questo modo e ringraziò infinitamente la loro natura saiyan, così ricca di abilità fisiche e spirituali: si concentrò al massimo, avrebbe dedicato anima e corpo in quel pauroso salto nel vuoto finalizzato a strapparla definitivamente dalle fauci della Nera Signora.

La prese in braccio e si alzò per portarla all’interno della loro navicella, ma quello che vide lo riempì di ulteriore furiosa ira: altri maledetti schifosi esseri metallici pronti ad attaccarli.
Aveva letteralmente le mani legate, per nessuna ragione al mondo poteva lasciare Pan: anche soli pochi istanti avrebbero fatto la differenza fra la sua salvezza o la sua fine. 
Ma dannazione, andavano eliminati! 
Tenendola stretta a sé e continuando ad infonderle la sua forza, liberò un braccio, la cui mano era tristemente macchiata dal caldo sangue della piccola: puntò dritto contro gli alieni.
“FERMO Trunks! Mi occupo IO di loro! TU pensa solo a PAN!” Goku era finalmente arrivato, atterrando al suo fianco.
A giudicare dal suo respiro accelerato, aveva fatto del suo meglio per tornare in fretta da loro. 
Il tono della sua voce, freddo e glaciale, esprimeva chiaramente le sue intenzioni risolutive.
“Trunks, ti prego... Tienila in Vita!” detto questo partì per sbarazzarsi di loro in modo definitivo.

La portò all’interno della navicella nel suo letto e rimase accanto a lei continuando a donarle tutta l’energia che poteva.
Avvertì un tremendo boato e l’aura del Son elevata a livelli mai percepiti prima: Goku aveva compiuto la sua vendetta, senza un minimo di compassione per il nemico.

I giorni che seguirono furono infernali, pieni d’angoscia: fra timidi miglioramenti e rapide ricadute, fu necessaria la sua costante presenza lì accanto, o quella di suo nonno Goku, che per la prima volta nella sua vita aveva perso completamente il suo sorriso spontaneo e solare.
Pan avrebbe riaperto gli occhi solo una decina di giorni più avanti.

Incredibilmente a Gill andò molto meglio: il suo circuito principale era rimasto miracolosamente intatto, così a Trunks non gli ci volle molto per ricostruirgli il suo corpicino e almeno di questo, il ragazzo, ne fu davvero sollevato.


Sovrappensiero per questi terribili ricordi che gli avevano infangato la mente, un impulso naturale di protezione lo portò a stringere forte a sé la sua bella addormentata.
Un po’ troppo forte, accidenti! Alleggerì immediatamente la presa.
Pan mugolò qualcosa di incomprensibile, si mosse leggermente per accoccolarsi meglio, ma per fortuna continuò nel suo riposo, ora però non più così pesante.
Il ragazzo tirò un piccolo sospiro di sollievo: un risveglio stritolatore non era esattamente un buon punto di partenza per la sua missione di pace.
Continuò a guardarla: il tempo era volato, la sua piccola ribelle era cresciuta molto, diventando proprio bella.
Avrebbe tanto voluto riassaporare le sue labbra, ora, in un contesto e con sentimenti completamente diversi.
In realtà era già da un po’ di tempo che questo desiderio si era fatto strada nel suo cuore e avrebbe dovuto capirlo fin da subito: in tutta la sua vita aveva desiderato baciare solo la sua Pan.
Lui non baciava le ragazze.
Era un gesto a cui attribuiva molta importanza e donarlo senza un sentimento forte alla base non lo riteneva sensato; di questo se ne era accorto ben presto, già ai tempi dei suoi primissimi tentativi di quand’era appena un ragazzino.
Ci aveva pensato poi la sua piccola scimmietta a blindare quel gesto in una dimensione… quasi “sacra”
Come poteva baciare una qualsiasi donna sapendo quanto ci aveva messo di suo in quel disastroso bacio ai confini della vita e dell’universo, voluto come non mai e con tutto se stesso.
Nel complesso le loro vite si erano intrecciate in modo così “assurdo” che ora desiderarla sembrava così… naturale… quasi ovvio.

Decise di mettersi più comodo anche lui, seduto non era il massimo.
Aiutandosi con entrambe le braccia, la sollevò quel tanto che bastava per girarsi e far passare la sua gamba destra a lato del suo corpicino; poi tenendola abbracciata a sé, delicatamente si distese sul divano e finalmente riuscì a raggiungere il morbido cuscino.
Per lasciarle maggior spazio, appoggiò la stessa gamba sopra allo schienale del divano: trovata la posizione, ora voleva rilassarsi anche lui ed il dolce peso delle sua bella moretta, che a questo punto gli era completamente sdraiata addosso, gli donava una profonda sensazione di calma, benessere e calore.
I loro visi erano così vicini: chiuse gli occhi perdendosi nel suo profumo e ascoltando quella dolce melodia intonata dal suo cuore con battiti forti, decisi e regolari; sorrise più sereno, quei pessimi ricordi lo avevano agitato non poco.
Istintivamente la strinse ancora un po’: nessuno gliela avrebbe mai portata via. 
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Capitolo 6
*** 6 capitolo ***


Albero della Vita
6 CAPITOLO




Pian piano i sensi cominciarono a risvegliarsi.
Sentì un respiro tiepido sulla frangetta spettinata e il calore e la tonicità di un corpo muscoloso avvolgente, la cui pelle emanava un profumo famigliare, buono, invitante e… virile. 
Aprì gli occhi di scatto, le guance stavano già cominciando ad accaldarsi.
Inconfondibile, lo avrebbe riconosciuto in ogni dove.
Si ritrovò sul divano accoccolata a Trunks. Ultimamente addormentarsi e svegliarsi tra le sue braccia si verificava fin troppo spesso: non le dispiaceva affatto, anzi potendo scegliere non avrebbe desiderato di meglio, ma si chiese fino a quando la sua finta spavalderia avrebbe retto la sua vicinanza.
Aveva un carattere davvero testardo ed infuocato, ma sapeva bene che il suo cuore apparteneva a quel ragazzo, forte e determinato, ma allo stesso tempo dolce e gentile.
Ma la qualità che più amava di lui era la sensazione di PROTEZIONE che riusciva a trasmetterle: un’emozione intima e personale, figlia di un sentimento così profondo chiamato FIDUCIA.
Non poteva essere altrimenti.

Doveva essere sincera con se stessa: amici terrestri ai quali si era affezionata non ne mancavano, persone davvero eccezionali senz’ombra di dubbio, ma nulla di più. Nessuno di loro sarebbe mai stato in grado di infonderle la stessa sicurezza, anzi, realisticamente parlando, era molto più probabile che sarebbe stata lei a dover vestire i panni del partner più forte. Ed era proprio questo il punto.
Per quanto avesse ereditato dalla sua natura capacità straordinarie ed un carattere fin troppo autosufficiente, rimaneva pur sempre una ragazza e accanto a sé si augurava di avere un uomo che fosse a tutti gli effetti in grado di proteggerla, dalle minacce esterne e chissà, magari persino da se stessa.
Non per ultimo poi, decisamente no, quella fin troppo evidente e ingestibile attrazione fisica che provava per lui. La sua totale inesperienza in questo campo la imbarazzava molto, con sommo divertimento mal nascosto del saiyan in questione, ma doveva ammettere che era davvero lusingata e molto felice delle attenzioni che riceveva.
Un enorme dubbio però la tormentava: voleva che si avvicinasse per la persona che era, non perché Trunks si sentisse in qualche modo responsabile di lei, viste le innumerevoli volte che aveva dovuto soccorrerla, procurandogli a volte immani spaventi.

“Sei pericolosa quando pensi così tanto, lo sai? Ci saranno i vortici nella tua testolina” sussurrò il glicine aprendo gli occhi ed incontrando lo sguardo perplesso della giovane, che a quelle parole aveva alzato il capo verso di lui.
“Eh? Ma non stavi dormendo? Tu che ne sai poi?” rispose assonnata, ma senza spostarsi dal suo comodo giaciglio.
“Lo sai, sono molto più bravo di te a percepire le sfumature delle auree e ad azzerare la mia”
“Sei più bravo perché sei più grande, anzi più vecchio, di me!” rispose scocciata la moretta.
“O forse sei tu ad essere ancora troppo piccola”
La risposta gli era uscita un po’ troppo pungente, Pan distolse lo sguardo e rimase in silenzio più del dovuto: la loro differenza d’età non era certo un dettaglio da poco.
Dolcemente con una mano le spostò la frangetta e le baciò la fronte:
“In realtà dovrei dire che ho imparato a conoscerti molto bene, e non mi dispiace affatto riuscire a capire così tante cose di te... E poi dovrò pur sapermi difendere, no? Mi hai appena dato del vecchio” cercò di riparare il danno.
“Capisci tante cose di me? Hai imparato a leggere nel pensiero? Magari stavo pensando a come farti fuori…” rispose imbronciata tornando a fissarlo dritto negli occhi, ma Trunks sorrise di rimando, felice più che altro che la piccola non se la fosse presa troppo:
“Farmi fuori? Addirittura! Ah, mi spiace piccoletta, ma non ti libererai di me tanto facilmente. Anche perché non ne saresti veramente capace” sul viso un’espressione divertita e leggermente provocatoria.
“Chi te lo dice che non ne sono capace?” non che lei avesse queste reali intenzioni, ma per principio doveva ribattere, stava già perdendo uno a zero per quella stupida frecciatina sull’età.
“IO! E lo sai perché? Perché in fondo, molto in fondo, un po’ mi vuoi bene e le mie coccole non ti dispiacciono. Guarda, sei ancora qui tra le mie braccia…”
Sì, adesso si sarebbe arrabbiata sul serio, ma era così divertente punzecchiarla, in fondo era ancora a credito per la sua battutaccia sui capelli di quella mattina!
In un nanosecondo si allontanò da lui, dritta in piedi.
Era pronta a ribattere, decisamente inviperita, ma posò involontariamente lo sguardo verso la vetrata: notte inoltrata e chissà da quanto!
Spalancò la bocca e trattenne il respiro.
Caspita se era tardi, sarebbe dovuta essere a casa da ore!
“Non ti preoccupare, mia madre ha già avvisato i tuoi, per stanotte e per domani” cercò di tranquillizzarla, alzandosi pure lui per portarsi seduto.

Ne fu sollevata ma… ancora?
Aveva imparato davvero a leggerle la mente?
Insopportabile.
Spinta dalla sua sete di rivincita, fece un salto veloce e, senza neanche rendersene conto, si fiondò a cavalcioni sul ragazzo tappandogli la bocca in maniera decisa e poco aggraziata:
“Adesso taci saiyan! Sei capace di tenere chiusa la tua boccaccia?” gli sussurrò accigliata a pochi centimetri dal viso.
Decisamente troppo pochi per passare inosservati, ora erano le guance di Trunks a sfumarsi di rosso, ma per sua fortuna la penombra della notte riusciva a tenere al sicuro il suo “segreto”.
Gli occhi dei due saiyan era puntati gli uni negli altri carichi di ardore: lei in tono di sfida, lui per… tutt'altro.
Sì, perché il ragazzo non se l’aspettava proprio quel gesto, irruento ma allo stesso tempo così sensuale. Attraverso le sue labbra percepiva chiaramente il calore e soprattutto l'irresistibile sapore della sua piccola mano.
Per non parlare poi della sua pelle.
Emanava una fragranza così invitante.
E i suoi capelli... Leggeri e morbidi, con il loro delicato fruscio a solleticargli inevitabilmente sia le guance che le spalle. 
Ma era soprattutto il suo giovane corpo ad essere davvero dannatamente vicino. Troppo vicino. Dovette letteralmente trattenersi per non cedere alla tentazione di stringerla forte a sé e ritrascinarla giù su quell’invitante divano.

Sospirò, cercando di calmarsi.
Lo sguardo gli cadde sul tavolino vicino dove Bra, prima di andarsene a dormire, ci aveva appoggiato l’ultima sua commissione per l’amica.
Da un certo punto di vista fu la sua salvezza, un valido pretesto per attirare la sua attenzione. Con l’indice invitò Pan a guardare in quella direzione e lei incuriosita allentò la presa per poi decidere di alzarsi. Sul tavolino spiccava una scatola di cartone con un biglietto indirizzato a lei:

"Ti ho preparato il necessario per farti la doccia, quando ti sveglierai,
Il tuo pigiama è in lavatrice, spero che ti vada bene quello che ti ho trovato...
Pace per oggi? Ti voglio bene…
Bra”


Pan non sapeva bene cosa pensare, al suo risveglio si era ripromessa di vendicarsi con la testa della principessina, ma quel piccolo gesto premuroso non se lo aspettava. Decise che una doccia poteva permettersela, ci avrebbe pensato l’indomani, a seconda dell’umore mattiniero. Prese la scatola e guardò interrogativa Trunks.
“Che c’è? Cos’ho fatto adesso?” le chiese sincero il ragazzo.
Pan alzò gli occhi al cielo, sbuffò e scosse la testa in segno di negazione: 
“Che indovino scarso che sei! Secondo te dove vado a fare la doccia?” allungando verso di lui il famoso pacco.  
“D-Doccia? Ah sì… Ecco, puoi, puoi… utilizza pure il bagno di camera mia. Io devo fare una cosa… qui giù!”
Pan lo guardò un po’ dubbiosa:
“E cosa devi fare a quest’ora di notte?”
“Una sorpresa! Ora sparisci, via via!”

----

Pan fece la sua bella doccia e ne uscì davvero rilassata.
Dopo averci meditato su a lungo, decise di mettersi quella che, secondo Bra, doveva essere una camicia da notte, poi tornò nella camera di Trunks. Non ai livelli di quella della sorella, ma ci aveva trascorso parecchie notti a guardare film per poi finire addormentata su quell’enorme lettone, ignara del fatto che, a parte il suo legittimo proprietario, avesse gentilmente ospitato solo lei. Aveva dei bellissimi ricordi, il più recente risaliva a sole poche settimane prima quando lei e Bra avevano deciso di svegliare il Brief e Goten saltellando loro addosso. I ragazzi si erano un po’ infastiditi dal turbolento risveglio e si erano vendicati con la più classica delle torture, il solletico.
Sorrise: non era andata esattamente secondo i loro piani, lei e l’amica avrebbero dovuto perfezionare le loro tecniche di attacco.
Poi decise di prendere una boccata d’aria, così uscì nella grande terrazza adiacente la stanza da letto.

A differenza di Trunks, lei rimaneva letteralmente affascinata dalle notti di luna piena.
In realtà conosceva bene il motivo di tanta antipatia da parte del ragazzo e, con un filo di amarezza e autosarcasmo, si ritrovò a ringraziare la dea bendata, che quella volta le aveva almeno risparmiato la consapevolezza di ciò che le stava accadendo, commissionando dei nemici privi di aura e un attacco che le aveva mandando i sensi direttamente in dormitorio... “quanta grazia”!

Diversamente sarebbe stato davvero pesante affrontare tutte quelle notti: i ricordi non si sarebbero mai più cancellati, obbligandola a rivivere quella tremenda esperienza per il resto della sua vita.
Per sua fortuna la mente non aveva immagazzinato alcuna immagine di quell’attacco. Istintivamente si portò una mano al petto: i suoi stessi geni saiyan, poi, erano riusciti a svolgere un incommensurabile lavoro di guarigione. Agli occhi umani non si vedeva alcuna cicatrice e lei stessa, impegnandosi, poteva scorgerci al massimo un lievissimo segno.
Purtroppo, però, era rimasta una zona parecchio sensibile e soprattutto nei giorni di maltempo questo “invisibile tatuaggio” tornava a farsi sentire in modo alquanto fastidioso.
Scosse la testa e decise di cacciare lontano quei dannati pensieri tristi.

Si appoggiò alla ringhiera e una leggera brezza salmastra soffiò sul suo viso scompigliandole i lunghi capelli corvini. Chiuse gli occhi, la respirò a pieni polmoni e ascoltò il rumore lontano del mare, prodotto dall’infrangersi delle onde contro gli scogli. Poi li riaprì.
L’abitazione dei Brief rimaneva ai confini della grande città, in posizione leggermente rialzata, per cui la vista che ora si apriva davanti a lei era davvero stupenda: c’era quella luna così brillante e lucente, una sfera perfettamente tonda. Lassù in alto, il cielo tutt’attorno era di un brillante colore blu chiaro con riflessi quasi d’argento, mentre allontanandosi diventava sempre più scuro e limpido evidenziando quei piccoli ma numerosissimi puntini luminosi delle stelle.
Sulla superficie, invece, la luce lunare illuminava i versanti dei monti circostanti e l’immenso specchio d’acqua salata, quella notte particolarmente pacifico. Riflettendosi nel mare, la luna creava una luccicante scia bianca che dall’orizzonte aperto si dirigeva dritta verso il golfo della grande città, quella sera davvero incantevole con le diverse luci colorate che la caratterizzavano, alcune più scintillanti, altre più sfocate.
La notte di suo era fatta per la calma, il silenzio, ed il riposo, fisico e mentale, se poi c’era un bellissimo paesaggio da contemplare… Beh, allora era automatico che la mente di Pan si lasciasse trasportare lontano, cullata e coccolata da queste immagini così famigliari. Aveva avuto l’immensa opportunità di viaggiare per lo spazio, assistendo a spettacoli di indescrivibile bellezza, ma la Terra con i suoi piccoli e graziosi scorci al confronto, avrebbe sempre occupato un posto speciale nel suo cuore: in tutte le sue sfumature, dai monti Paoz alle pianure, dai mari ai deserti, passando per città o distese selvagge, sarebbe sempre stata la loro CASA.


Il tocco freddo e gelido di un oggetto appoggiato sulla sua schiena la fece sobbalzare di scatto.
“Non dovresti abbassare la guardia così tanto” disse Trunks, gentile ma fermo. Completamente persa nei suoi pensieri, non si era accorta che le era arrivato alle spalle, puntandole contro chissà cosa. Pan alzò gli occhi al cielo, poi si girò verso di lui:
“Sarebbe grave, se non mi sentissi al sicuro qui… qui con te” rispose seria a voce bassa, guardandolo dritto negli occhi, contraccambiata.
Poi abbassò lo sguardo ed un’espressione a dir poco entusiasta si dipinse sul suo delicato viso: due grosse tazze di fragole con tanto, tanto gelato!
Rimase senza parole, felice come una bambina. A pensarci bene era dall’ora di pranzo che non metteva nulla sotto i denti e il suo stomaco ruggì di fame all’istante. Trunks sorrise soddisfatto, conosceva bene la sua piccola mercenaria: per un ingaggio così goloso e con la fame che si ritrovava, chissà cosa sarebbe stata disposta a fare. Rimasero lì, appoggiati alla ringhiera a mangiare ognuno la sua porzione che Pan a dir il vero la finì in un lampo.
Il saiyan non riuscì proprio a trattenere una risata:
“Che grazia! Altro che scimmietta, con l’appetito che ti ritrovi, assomigli più ad un diavoletto della Tasmania!” e le porse quello che restava della sua tazza. Lei rispose con una linguaccia da repertorio e dopo aver fatto spallucce, accettò l’offerta scambiando pure la tazza vuota con la sua che era almeno a metà. Finì in un baleno anche quella e poi l’appoggiò sopra alla prima.
“Ehi! Non sono un cameriere! E mi merito almeno un… Grazie, no? Dove lo trovi un ragazzo gentile come me?” fece il finto offeso. 
“Hai ragione, Grazie! E sì, sei davvero gentile, un ragazzo da… sì, da sposare!” il tono era un misto fra reale gratitudine e impertinente dispetto; prevalse quest’ultimo e con un sorriso malizioso assestò una frecciatina davvero pungente: “Peccato che tu sia già sposato!” e scoppiò veramente a ridere di gusto.
“Non dirlo neanche per scherzo! Quello non era un matrimonio serio! Lo sai bene! Anzi è tutta farina del TUO sacco!” rispose infastidito: meno male che solo lei e Goku l’avevano visto conciato in quella maniera su quel lontano pianeta.
“Ma se eri uno spettacolo! La sposa più bella che abbia mai visto! L’abito, il copricapo con il velo, il trucco e il parrucco… a proposito ti donavano i capelli neri!” rincarò la dose, sapendo che quell’esperienza non era certo fra le sue preferite, infatti Trunks rispose per le rime:
“Ah di certo non si poteva, e non si può tutt’ora, contare su di te: una mocciosa PICCOLA e insolente, direi quasi un MASCHIACCIO!”

Pan accusò il colpo, smise di ridere e guardò storto il lilla, più che sentirsi offesa, si sentiva ferita: l’avrebbe mai vista come ragazza adulta? Sarebbe rimasta sempre piccola per lui? Addirittura un maschiaccio? 
“Buonanotte Trunks, vado a dormire” il tono era diventato serio e freddo, poi s’incamminò a piedi nudi con il serio intento di tornare a dormire sul divano.

Il ragazzo rimase parecchio spiazzato, non pensava di aver detto qualcosa di così grave. Capì di aver esagerato a rimarcare su alcune parole poco gentili, a maggior ragione che ora proprio non le si addicevano affatto. Era una ragazza ormai. Una bellissima ragazza per giunta. E quella dannata “camicia da notte” che le aveva rifilato la sorella, ne era la prova lampante: lì sulla terrazza si era lasciato distrarre molto più del consentito.
Quella candida sottoveste che indossava, di lucido raso bianco, dal taglio pulito senza tanti fronzoli, delicatamente aderente e decisamente troppo corta, definiva tutta la sensualità del suo giovane corpo. Rimase a guardarla, letteralmente rapito: i lunghi capelli profumati e parzialmente raccolti che ondeggiavano nell'aria leggeri ed ipnotici, una schiena e un fondo schiena che avrebbero mandato in frantumi tutte le sue più pure intenzioni, e un paio di lunghe e seducenti gambe scoperte che imperterrite la stavano allontanando da lui passo dopo passo.
Maledizione: altro che piccolo maschiaccio, tutto di lei lo attraeva.

Da non credere, poi, se ne stava andando per davvero, aveva raggiunto la porta della sua camera. D’istinto la seguì. Tempo qualche passo la raggiunse e la prese per il polso, obbligandola a fermarsi e a girarsi verso di lui: la ragazza si ritrovò con le spalle appoggiate alla parete esterna della stanza, a pochissimi centimetri da Trunks che con un movimento deciso ma delicato la tirò poi a sé, abbracciandola forte e posando la sua fronte contro quella della piccola fuggitiva: “Resta con me” le sussurrò con un filo di voce.

Il cuore della giovane cominciò a battere veloce, troppo veloce, e le sue guance avvamparono all’istante: si sentiva così imbarazzata, intimidita ed agitata, ma allo stesso tempo sperava con tutta se stessa che lui continuasse a volerla accanto.
“Hai… hai detto che sono un piccolo maschiaccio… Lo pensi davvero?” rispose timida a sguardo basso.
“NO, ho mentito... non lo penso affatto” per il figlio del Principe pronunciare quelle poche parole fu tanto faticoso, quanto liberatorio.
Pan raccolse quel poco coraggio che le era rimasto e decise di affrontare, una volta per tutte, quel giovane uomo a cui era innegabilmente legata:
“A-allora cosa pensi di me? Chi sono per te?” non sapeva spiegarsi il motivo, ma si sentiva gli occhi fin troppo lucidi ed un fastidioso groppo alla gola; desiderava quella risposta, ne aveva bisogno come fosse ossigeno per respirare, a costo di mandare il suo cuore al patibolo. 

Si staccò da lei, perdendosi in quei meravigliosi occhi neri, brillanti e vivi più che mai. La luna le illuminava il viso con quella stessa luce argentata che da anni, ormai, mal sopportava, ma ora la situazione era così… diversa. Non riusciva bene a spiegarselo ma adesso sapeva di pulito, trasparente, come una nuova pagina da poter finalmente riscrivere a proprio piacimento, ancora una volta assieme.  
Le prese il viso tra le sue forti mani e con i pollici accarezzò entrambe le sue guance.
“Trunks…”
Il ragazzo non rispose, ma prese la sua silenziosa decisione annullando la distanza fra le loro labbra per catturare quel loro bacio a lungo sospirato. Un bacio vero, degno di essere chiamato tale, perché donato alla sua Donna. Sua e solo sua.
Racchiudeva tutta l’intensità dei sentimenti che provava per lei, emozioni uniche e riservate esclusivamente alla sua piccola sayan. Quelle labbra che aveva letteralmente sognato per così tanto tempo, ora erano reali e meravigliose: così morbide, delicate e incredibilmente dolci.
 
Dopo un infinito attimo di puro smarrimento, frutto della paura di star semplicemente sognando, Pan rispose a quel bacio, lasciandosi completamente trasportare da quel nuovo contatto, tanto atteso e tanto sperato. La sua insicurezza rimaneva palpabile, ma la felicità che provava era davvero immensa: Trunks la voleva almeno quanto lei desiderava lui.

La vicinanza dei loro corpi li spinse a prendere più confidenza l’uno dell’altra, esaudendo così il reciproco desiderio di maggior conoscenza delle rispettive forme. Le piccole mani della ragazza, prima posizionale sui pettorali del giovane, cominciarono a muoversi esitanti lungo le sue spalle, salirono ad accarezzare il viso e proseguirono intrecciandosi ai capelli violetti.
Contemporaneamente, le mani esperte del saiyan scesero prima lungo il suo grazioso collo, poi sulle spalle nude e infine lungo i fianchi sinuosi. Il tocco era stato delicato, ma allo stesso tempo così sensuale da farle inarcare di riflesso la schiena, ora percorsa da caldi brividi mai provati prima: strinse maggiormente la presa sui capelli e non riuscì a continuare il bacio, interrotto da un silenzioso soffio di piacere sfuggitole al suo controllo e infrantosi proprio sulle labbra del ragazzo, che con un sorrisetto soddisfatto, si affrettò a ristabilire il contatto iniziale.
Trunks dal canto suo, proseguì la corsa delle sue mani sul bellissimo corpo della compagna, vagando liberamente per tutta la superficie della sua provocante schiena: in alto fino alle scapole e poi sempre più in basso fino a sfiorarle il perfetto fondo schiena. Qui esitò un attimo se continuare o meno: era davvero al limite, se avesse varcato quella sottile linea immaginaria, il suo stesso corpo gli avrebbe rovesciato addosso tutto il desiderio trattenuto da una vita.
Ma Lei era così irresistibile, si sentiva attratto più di una calamita, nell'anima e nel corpo, nei sentimenti e nell'istinto. Decise di lasciarsi andare una volta per tutte. Strinse forte le natiche della ragazza e senza alcuno sforzo l’alzò di peso, invitandola ad allargare le gambe per cingergliele attorno ai suoi stessi fianchi.
Pan era completamente in balia della passione del ragazzo, intrappolata fra il muro di casa ed il fisico muscoloso e ben definito di lui, il cui evidente desiderio, inutilmente contenuto in quei miseri pantaloni della tuta, premeva forte contro la sua femminilità. Non erano più semplici brividi, ma veri e propri impulsi di piacere per entrambi. Pan si arrese nuovamente, allontanandosi dal suo viso e inclinando il capo all’indietro, ma così facendo, il saiyan ne approfittò per spostare le sue attenzioni lungo il collo niveo, la clavicola e infine il profilo della spalla: il sapore e la morbidezza della sua pelle erano così invitanti che avrebbe quasi voluto morderla.
Con una mano la teneva stretta a lui in una presa salda e sicura, con l’altra invece si fece strada sotto la vestaglia, risalendo il fianco fino a fermarsi sul seno, per ora ancora protetto dalla sua biancheria intima. Per Pan erano tutte sensazioni nuove, inebrianti e dannatamente eccitanti: l’ultima cosa che voleva era che lui decidesse di smettere.

Invece fu proprio questa l’inconcepibile scelta del ragazzo: si fermò mantenendo la posizione, tenendola appoggiata alla parete. La guardò negli occhi, entrambi con il battito accelerato ed il respiro affannato: “Pan, io…” 
Questa volta fu lei a sigillare le loro labbra con un bacio di sua iniziativa. Delicato, dolce, quasi timido, ma quando si allontanò per riprendere fiato incontrò lo sguardo sempre più enigmatico del giovane, tanto desideroso di continuare, quanto supplichevole di fermarsi. Si strinse a lui, una mano ad accarezzargli una guancia, l’altra appoggiata al collo e di nuovo le loro fronti unite l’una all’altra:
“Trunks, io… io voglio sentirmi tua, completamente TUA”

Si allontanò quel poco che bastava per incrociare il suo sguardo sincero: come poteva dirle di no, la desiderava con tutto se stesso.
Ma allo stesso tempo poteva davvero dirle di sì? 
“Ne sei davvero sicura?” 
La ragazza annuì, nessun dubbio sui suoi sentimenti, l’espressione incerta del suo viso che tradiva una leggera insicurezza era dovuta solamente alla sua completa inesperienza.
“E tu? T-tu mi vu…” provò a chiedere, ma le parole le si bloccarono in gola, rapite dall’ennesimo bacio, questa volta dal tono persino vagamente di rimprovero per l'assurda domanda posta. Non c'erano parole che rendessero onore al suo desiderio di lei.

Si allontanò dal muro e tenendola in braccio la portò sul suo letto dove si tolse la maglietta liberando il fisico perfettamente scolpito, poi cercò sul suo viso il consenso a proseguire. Delicatamente le prese i lembi della vestaglia lucida, sfilandogliela e lanciandola chissà dove nella stanza. Rimase stregato dalla bellezza del suo corpo, tonico ma allo stesso tempo così femminile e vellutato. Le sue labbra non riuscirono a stare un solo istante di più lontano da lei, qualsiasi parte di lei. Ripartì dal mento e lentamente scese giù fino al suo petto, respirando a pieni polmoni l’aroma naturale della sua pelle: profumava così di buono. Istintivamente, Pan inarcò la schiena, implicita autorizzazione a continuare, permettendo a Trunks di scoprirle definitivamente il seno, sodo e perfettamente proporzionato alla figura aggraziata della sua proprietaria.
Sospirò forte. 
Invitandola a sdraiarsi, con una mano ne afferrò delicatamente uno, mentre con la bocca cominciò a giocare con l’altro, dedicandole baci bollenti e sensuali giochi di lingua. Nonostante l’inesperienza e l’evidente imbarazzo, la ragazza si sentiva protetta e al sicuro, per cui le risultava abbastanza naturale abbandonarsi a lui e godere appieno delle forti sensazioni che riusciva a provare, tanto che le sue gambe si dischiusero naturalmente fino a sfiorargli i fianchi, chiaro invito ad approfondire il contatto dei loro corpi. Sorrise il ragazzo, ma dopo essersi soffermato a lungo su entrambi i seni, concentrò il sensuale percorso delle sue labbra e delle sue mani scivolando lungo il ventre piatto. Arrivò all'inguine, e infine proseguì lungo le sinuose gambe. Qui si fermò un attimo, appoggiandosi con il mento al ginocchio della ragazza, e si concesse alcuni secondi per poterla guardare in tutta la sua naturale bellezza. Con le dita cominciò a disegnare sulla sua pelle linee e figure immaginarie, utilizzando un tocco così lieve e appena accennato da risultare, volutamente, un ambiguo solletico, decisamente troppo provocante. Lente, le stesse dita colpevoli risalirono poi lungo l’interno coscia arrivando a scostare il pizzo dell’unico indumento rimasto, gli slip, per donare questa volta carezze decisamente più sensuali, sicuramente apprezzate dalla sua bella sayan che chiudendo gli occhi, timidamente allungò una mano per sfiorare il polso del ragazzo in una sorta di invito a proseguire.
Contrariamente alle sue aspettative lui tornò a coricarsi sopra di lei regalandole un casto bacio sulla fronte: ora la scelta spettava a Pan.
La giovane tremò tra le sue braccia: un gesto involontario che smascherava un velo di insicurezza di fronte a quello che sarebbe stato il loro gesto più intimo e privato in assoluto.
Negli occhi della sua ragazza Trunks ci lesse una silenziosa richiesta di aiuto in quella che sarebbe stata una delle decisione più importanti della sua vita. Cercò di tranquillizzarla con un tono il più rassicurante possibile:
“Ti fidi di me?”
“Solo di te”

Il giovane le sorrise teneramente, poi si spogliò degli ultimi suoi indumenti e infine le tolse gli slip: "Allora penso tu possa smettere di torturare il mio povero cuscino, lo stai stritolando"
"Così va bene?" replicò lei sbattendoglielo in faccia nel vano tentativo di nascondere il suo evidente imbarazzo; si sentiva le guance a dir poco in fiamme.
Trunks ridacchiò liberandosi immediatamente del morbido impiccio gettato senza troppa cura verso un punto imprecisato della stanza. Colpì in pieno una piccola radiolina che cadendo a terra si accese diffondendo nella stanza un leggerissimo sottofondo musicale ignorato dai due giovani saiyan, ma che in realtà si intonava bene con i destini intrecciati delle loro vite, ancora una volta unite al chiaro di luna*

Visto che la strada romantica non aveva dato i frutti sperati, in quanto lasciava la mente della sua moretta troppo libera di pensare, la baciò d’impeto, annebbiando di passione la sua razionalità.
Passione che senza dubbio facilitò il raggiungimento della loro tanto attesa unione: si erano cercati, desiderati, conquistati, per il cielo solo sa quanto tempo, ma ora finalmente si appartenevano.
Trunks concesse ad entrambi alcuni istanti per raccogliere i propri pensieri e le proprie emozioni: sapere che non si era concessa a nessun altro ragazzo, riservando proprio a lui questo immenso privilegio, gli riempiva il cuore di un potente sentimento, quasi viscerale. L’amava, sì. L'amava senza riserve, questo ormai era un’assoluta certezza.
Pan dal canto suo aveva ancora gli occhi chiusi, a quelle piccole sgradevoli fitte di dolore che l’avevano punta, si sostituì un profondo stato di felicità dovuto alla consapevolezza di essere finalmente riuscita ad affidare anima e corpo al Suo Uomo.

“Ti... ti voglio bene Saiyan… e cerca di capire quello che intendo per davvero” 
Ti voglio bene anch'io. Non scordarlo mai…" le rispose il ragazzo riferendosi alla purezza delle stesse emozioni che provava per la sua compagna: "Ora sei pronta a continuare?” 
“C-continuare?”

Si rituffò sulle sue labbra scarlatte ed assieme scoprirono la massima espressione del fortissimo sentimento che li teneva legati stretti l’uno all’altra: quella notte si amarono per la prima volta, e per la prima volta nella loro vita riuscirono ad Amare.
 
*Sulle note di “Stand by me”
Vers. Florence+The Machine





Angolo Autrice:

Ciao a tutti e ben ritrovati!
Mi scuso se questo capitolo è risultato un po’ lunghetto, in effetti ero tentata di dividerlo, ma il mio lato da “lettrice” mi ha seriamente minacciato di auto-mandarmi a quel paese se avessi interrotto questo… ehm… esperimento. E visto che anche il mio adorato e paziente Piccolo Grillo Parlante era di questo avviso, alla fine l’ho tenuto così.

La canzone che ho indicato è una versione di un brano leggendario già di suo. Nello specifico è stata realizzata per la nuova edizione di Final Fantasy, ma nel mio caso NON fa alcun riferimento ad esso. L’ho inserita per un motivo molto semplice: gusto personale, mi piace molto.
Poi, sì, non l’ho scelta proprio a caso, con un po’ di interpretazione ed immaginazione ci sono alcuni punti della mia storiella che me la ricordano.

Bene, concludo ringraziando tutti coloro che hanno dedicato il loro prezioso tempo a questo capitolo, sperando sia risultato piacevole nella lettura. Ora vi saluto, alla prossima.
Ciao a tutti!

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Capitolo 7
*** 7 capitolo ***


Albero della Vita
7 CAPITOLO



Pian piano la camera da letto cominciò ad illuminarsi già con le prime luci dell’alba.
Le tende rimaste aperte per dimenticanza, infatti, permettevano ai tiepidi raggi solari di vagare liberi per tutta la stanza, arrivando indisturbati a solleticare i due giovani saiyan ancora addormentati l’una nelle braccia dell’altro.
Com’era avvenuto sul divano, il ragazzo la teneva stretta a sé in un abbraccio caldo e protettivo, ma a differenza di prima, ora il contatto fra la loro pelle era libero e diretto: nessun impedimento intralciava la vicinanza dei loro corpi ancora privi di qualsiasi indumento.
Solo un leggero lenzuolo li copriva parzialmente, lasciando scoperte le gambe nude, accavallate le une con le altre.

Nel suo stato di dormiveglia Pan mugugnò qualcosa di incomprensibile, simile ad una imbronciata protesta contro quei tenui, ma insistenti, fasci luminosi che a quanto pare stavano disturbando il suo “meritato” riposo.
Nell’inconscio tentativo di ripararsi da questo chiarore mattiniero troppo invadente, si mosse accoccolandosi meglio, mantenendo in un primo tempo il viso, appoggiato al petto del ragazzo, rivolto in direzione della grande vetrata.  
Poi decise di nasconderlo fra la spalla ed il collo del giovane con tanto di lenzuolo fino sopra ai capelli corvini. 
In quel piccolo ma confortevole rifugio, ora, il tempo poteva tranquillamente fermarsi: le sue braccia erano da sempre un porto sicuro, ma quella mattina potevano finalmente avvolgerla senza più esitazioni.
Si sentiva libera di lasciarsi proteggere, libera di lasciarsi andare e soprattutto libera di sentirsi finalmente sua, senza dover più rendere conto a quelle invisibili regole che il loro confuso rapporto di amicizia imponeva di rispettare. 
Purtroppo per lei, dopo infiniti attimi passati a farsi cullare da quei pensieri felici assaporando il buon profumo della sua pelle calda, dovette constatare che la nuova posizione non aveva ottenuto il risultato sperato: dotato di vita propria, quel bagliore impertinente infatti, era riuscito a sfruttare a proprio vantaggio il colore chiaro del lenzuolo, riflettendosi su di lui e accentuando così il già antipatico effetto iniziale.
Ingegnoso e irritante.
Se non si stesse accorgendo da sola che stava decisamente esagerando con l’andamento di suoi pensieri cospiratori, sarebbe potuta benissimo arrivare alla conclusione che la natura si stava spudoratamente divertendo a prendersi gioco di lei.
Sbuffò indispettita e, a malincuore, ritornò sui suoi passi iniziali, rigirandosi e liberandosi pure di quell’inutile e improvvisata barriera difensiva di leggero cotone. 

A quel punto il proprietario del grande e confortevole letto che li stava gentilmente accogliendo, dopo aver seguito con curioso interesse ogni singolo movimento della sua piccola ospite, non riuscì proprio a trattenere un sorriso silenzioso e, stranamente divertito, prese parola:
“Noto con piacere che ti sei svegliata…” sussurrò dolce ma canzonatorio, poi la strinse maggiormente a sé per bloccarla del tutto:
“Tanto per sapere, pensi di riuscire a trovarla una posizione che ti aggrada o continuerai a rotolarti su di me?” e le diede un piccolo bacio sulla fronte scoperta, dato che la frangetta ribelle si era irrimediabilmente spettinata.
“Mhm… C’è troppa luce qui… Qualcuno si è dimenticato di tirare le tende della sua camera… Stavo solo cercando di riparare il danno” rispose assonnata, ma comunque pungente.
“Ma sentila! E tu ovviamente non c’entri niente con questa dimenticanza?” 
“Mhm… Forse…” e si mosse per l’ennesima volta, sorridendo lei questa volta.
“Forse? Allora facciamo che Forse te la trovo io una posizione più comoda… per entrambi però!” detto questo, spiazzandola non poco, si girò con uno scatto deciso, finendo di proposito sopra di lei.
A sottolineare il ribaltamento della situazione ci aveva pensato poi quell’ingrato lenzuolo, che oltre ad essersi rivelato perfettamente inutile alla sua causa, aveva pensato bene di seguire il suo proprietario attorcigliandoli per bene.
 
Ottenuto il suo obbiettivo, Trunks si concesse alcuni silenziosi istanti per osservarla: era bella come non mai.
Quante volte aveva sognato quel dolce risveglio accanto alla piccola saiyan?
Accanto alla Sua piccola Saiyan!
Tante… Troppe.
Ma adesso finalmente era tutto reale, nessuno scherzo della sua immaginazione.
Sorrise.   
“Ciao… tutto bene?” le sussurrò teneramente, soffermandosi poi sui suoi meravigliosi occhi neri.
Neri come l’oscurità della notte, ma non una qualunque, proprio quella notte appena trascorsa assieme, illuminata da una luce nuova: la consapevolezza di essere riuscito finalmente ad amare e ad amarla.
Senz’ombra di dubbio la migliore della sua vita. 
Pan annuì in risposta alla sua domanda sincera, ma le sue guance arrossirono all’istante: si sentiva tremendamente imbarazzata sia per il nuovo capovolgimento di posizioni, ma soprattutto per quello sguardo così intenso con cui la stava letteralmente incatenando, talmente profondo da volerle quasi leggere persino l’anima.
Immediatamente nella sua testolina cominciarono a vorticare in modo confuso e disordinato gli stessi infuocati ricordi, che con tutta probabilità danzavano invece liberi e sicuri nella mente del ragazzo; distolse lo sguardo mentre il suo cuore cominciava a battere forte.
Dal canto suo Trunks, ripresosi dai suoi contrastanti pensieri, troppo impegnati a rincorrersi fra puro romanticismo e ardente passione, notando il suo evidente disagio cercò di rasserenarla con un leggero bacio sulla guancia, accompagnato però da una frecciatina maliziosa:
“Non mi sembrava di aver fatto una domanda così complicata” 
La moretta si limitò a rispondere con un’occhiataccia agguerrita, salvo poi ricordarsi che ogni minimo movimento intrapreso avrebbe peggiorato la sua già evidente situazione di impaccio.
Con finta nonchalance tornò a guardarlo, spostando le sue piccole mani dalle possenti spalle del ragazzo ai suoi pettorali scolpiti, cercando soprattutto di coprirsi il seno con le braccia.
Trunks sorrise di nuovo: l’insicurezza del suo sguardo e quelle guance accaldate decisamente troppo sincere, smascheravano i suoi intenti in modo fin troppo facile 
“Lo vuoi sapere un segreto? Sei una pessima attrice” le sussurrò suadente all’orecchio per poi scendere a stuzzicarle il collo con la punta del naso, provocandole un ambiguo solletico.
Questo giro però la piccola Son non gliel’avrebbe fatta passare liscia, così rispose per le rime:
“Lo vuoi sapere anche tu un segreto? Sei sulla traiettoria di un’onda energetica con i fiocchi!”
Tornò a guardarla, incuriosito dal suo ritrovato cipiglio battagliero, ma allo stesso tempo motivato ad avere la meglio: se la metteva così, sarebbe passata dalla padella alla brace.                                         
“Mhm… Allora sarà bene direzionare altrove queste piccole manine minacciose… non trovi anche tu?” detto questo, sotto lo sguardo a dir poco stupito della saiyan, le afferrò i polsi sottili e lentamente spostò le sue braccia sul cuscino, ai lati della sua chioma corvina, offrendo ai suoi occhi cristallini una visuale a dir poco invitante. Per un attimo gli mancò il fiato.

Pan rimase allibita, non solo per la sua sfrontatezza così provocante, ma soprattutto per il fatto che il suo stesso corpo la stava clamorosamente tradendo: non rispondeva minimamente alle sue direttive mentali, anzi, gli permetteva di fare ciò che lui più desiderava, mandando completamente all’aria il suo istinto di autocontrollo.
Insopportabile!
Ma al tempo stesso così accattivante: era proprio piacevole farsi tentare da quel diavolo dagli occhi celestiali.         

“Ops… Pericolo scampato… Direi che così va molto meglio, no?” bisbigliò malizioso, per poi arrivare al dunque: “Mi spieghi perché vuoi… coprirti?”
Sebbene non lo credesse possibile, Pan sentì la temperatura del suo viso salire alle stelle: ora non solo le guance erano di un brillante rosso acceso, ma persino le punte delle orecchie sembravano in fiamme, per non parlare poi del suo cuore che cominciava ad essere agitato come il mare in burrasca.
Sospirò forte e voltò il capo: non si era mai sentita così alle strette.
“Non sono abituata a… a farmi vedere… senza vestiti” ammise imbarazzata e indispettita.
Il ragazzo lasciò i polsi e intrecciò le proprie mani a quelle della compagna, donandole un delicato bacio a fior di labbra, intenerito ma soprattutto incredibilmente sollevato:
“Questa è una delle migliori notizie che abbia mai sentito… Posso sperare in un’esclusiva?”
Pan gli sorrise timida.
“Lo prendo per un sì!” e le stampò un altro sonoro bacio prima di alzarsi alla ricerca di qualche straccio di indumento per entrambi: aveva infatti percepito l’aura della sorella stranamente già attiva e voleva evitare qualche sua possibile improvvisata.
Purtroppo per lui, si era lasciato distrarre parecchio, così non era riuscito a localizzarla in modo preciso, ma gli sembrava un po’ troppo nelle vicinanze. 
Fra l’altro si rese conto che lanciarli tutti a casaccio per la stanza non era stata una grande furbata, proprio per niente: chissà adesso dove diavolo erano finiti!
Finalmente avvistò il primo disperso, la sottoveste, appallottolata sotto la scrivania.
La recuperò per lanciarla a Pan, ma capì tardi che il suo sospetto era diventato una scomoda certezza.
A quel punto urgeva un repentino cambio di programma.


Quella mattina infatti la principessina era particolarmente spumeggiante e di buon umore: c’erano un sacco di preparativi da finire ed era fermamente convinta che il fratello, in qualche modo, fosse riuscito a portare a termine il prezioso incarico di pace affidatogli la sera prima.
Se quella notte Pan non aveva dormito con lei, esisteva un solo altro posto dove trovarla, in quella casa e probabilmente in tutto l’universo.
Senza neanche doversi concentrare sulla ricerca della sua aura, alla faccia di chissà quali capacità saiyan da dover impiegare per localizzarla, si diresse dritta verso una meta ben precisa: ovviamente la stanza di Trunks!
Così, sicura di trovare i due amici assieme, come innumerevoli altre volte, ma soprattutto certa che avessero impiegato il loro tempo ad incartarsi a vicenda con il loro snervante amore platonico, spalancò la porta e con voce fin troppo chiassosa per l’ora mattiniera, diede loro un caloroso buongiorno: 
“SVEGLIA DORMIGLIONI!” esordì con sincero entusiasmo, stroncato però sul nascere dalla scena assolutamente inaspettata che le si presentò davanti agli occhi: Amore Platonico un corno!
Tempo una manciata di istanti per riprendersi dalla “sorpresa” e mise immediatamente in funzione il suo brillante cervellino, riordinando le idee e soprattutto le Priorità:
“TRUNKS! CHE-DIAVOLO-STAI-COMBINANDO? Come… COME-OSI-COPRIRE-LE-TUE-GRAZIE con… CON IL-MIO-PIGIAMA!? IO-TI-AMMAZZO!” esplose a dir poco furiosa, scioccata dall’essersi ritrovata di fronte non tanto il fratello praticamente nudo, ma la sua preziosissima vestaglia utilizzata in maniera decisamente inaccettabile!

Il viso del ragazzo si contrasse in una smorfia indecifrabile che passò in rassegna tutte le sensazioni più vive, dallo sconcerto iniziale ad un imbarazzante risentimento, condito da una serie di notevoli imprecazioni mentali contro quell’assurda situazione.
Già: situazione assurda e oltretutto paradossale!
Avvalorata poi dal pensiero, sempre più insistente nella sua mente, che lei, la sua adorata pestifera sorellina,  non fosse proprio completamente estranea a… al risultato della notte appena trascorsa.
Riusciva ad essere pericolosa anche quand’era in buona fede… ammesso che in buona fede lo fosse stata per davvero.

In effetti la bella turchina, dopo aver rapidamente valutato una cospicua lista di atroci vendette per l’utilizzo inopportuno del suo pregiato capo di abbigliamento, si ritrovò a pensare che la sua “innocente” richiesta di aiuto verso il fratello per rabbonire l’amica, aveva regalato dei risvolti davvero notevoli alla situazione dei due “amici”: era un po’ come aver lanciato un sassolino, nascondendo poi la mano, contro un’arcigna parete innevata per vederne il possibile risultato, ed essersi accorta di aver scatenato una valanga.
Mentalmente cominciò a sorridere divertita e soddisfatta.
Ciò contribuì a limare il suo attacco di nervosismo: il coltello dalla parte del manico era ancora nelle sue mani, doveva approfittarne fin che poteva.
“Scommetto che sotto le lenzuola del tuo letto ci trovo un grazioso furetto nero, dico bene?” proseguì tagliente, puntando l’indice in direzione del lettone e interrompendo, così, quello scomodo silenzio creatosi nella stanza a causa dei rispettivi bizzarri pensieri ostili.
Il ragazzo assottigliò lo sguardo e strinse i denti, sempre più irritato e in difficoltà nel mantenere l’autocontrollo, conscio del fatto che quella piccola canaglia si sarebbe divertita un mondo ai loro danni: la sua pazienza era davvero al limite e di certo non aveva una aureola sulla testa, men che meno la scritta “Santo” sulla fronte!
“Pensi di andare avanti ancora per molto? Perché non vai ad infastidire qualcun altro?” rispose velenoso senza tanto girarci attorno.
Un sorrisetto furbo fu la semplice risposta dell’azzurrina, seguito da un sussurro di sfida:
“Ti piacerebbe, vero?” e lentamente si diresse verso il comodo giaciglio con l’intenzione di salutare il misterioso ospite nascosto sotto il lenzuolo. Si mise seduta sull’orlo del materasso e con la mano abbassò il lembo di cotone scoprendo il visetto della giovane:
“Oh… ma tu guarda chi ho trovato!” il tono di Bra seppur canzonatorio si era addolcito parecchio di fronte al musetto imbarazzo dell’amica: finalmente avevano chiarito la loro relazione!
Al di là del fatto che si fossero legati proprio tra di loro, era sinceramente felice che due delle persone a lei più care avessero, probabilmente, trovato quel partner ideale che li avrebbe accompagnati nel corso delle rispettive vite… o almeno era questo ciò che si augurava per loro.
In modo più amichevole continuò il suo interrogatorio, curiosa come non mai:
“Ciao furetto…” sorrise quasi affettuosa, per poi proseguire in modo allusivo e malizioso: “… mi spieghi come mai il mio pigiama, che dovresti indossare TU, sta facendo da pareo estivo a TRUNKS?” poi ricordandosi della sfuriata iniziale, si voltò di scatto verso il fratello, che nel frattempo aveva raggiunto la porta del bagno personale, per lanciargli l’ennesima frecciata minacciosa:
“A proposito! Lo rivoglio pulito, lavato e stirato!”
Trunks si coprì dietro la porta e dopo aver appallottolato per bene quella vestaglia malandrina replicò ironico: 
“Certo! Fidati! Consideralo già fatto!” e riaffacciandosi gliela lanciò contro con un tiro a dir poco perfetto che la centrò in pieno viso, provocando automaticamente le ire funeste della sorella, completamente inutili, però, dato che Trunks le aveva chiuso la porta in faccia, ignorandola alla grande.

Finita la doccia e indossato l’accappatoio, il ragazzo decise di liberarsi a modo suo della sorella, di cui percepiva ancora la presenza nella sua stanza, sia perché voleva ricavare qualche minuto per stare da solo con Pan, ma soprattutto perché voleva evitare che Bra la tormentasse di domande più o meno imbarazzanti, rischiando di farle saltare i nervi: non era mai una buona idea farla arrabbiare per davvero.
L’aura della piccola Son stava infatti oscillando pericolosamente tra picchi di nervosismo, sfumature amichevoli e stati di disagio.
Uscì dal bagno e si avvicinò alle ragazze, rimaste ancora nella stessa identica posizione iniziale.
Con un gesto veloce afferrò la sorella, la prese in braccio e non prendendo minimamente in considerazione le sue lamentele assordanti, con rapide falcate raggiunse l’entrata della sua stanza depositandola finalmente a terra:
“Adesso principessina te ne torni da dove sei venuta! Chiaro?”
“Trunks! Razza di scimmione! Non puoi fare così!”
“Direi proprio di sì! Tu vai, noi arriviamo fra… un po’!”
“Trunks, abbiamo un sacco di preparativi da finire… soprattutto Pan… Hai capito cosa voglio dire, vero?”
Il ragazzo sbuffò e alzò gli occhi al cielo profondamente seccato: ci mancava solo che dovesse rendere conto alla sorella della sua vita privata!
Chiuse la conversazione con un secco:
“Se avete così tante cose da fare, comincia TU e portati avanti con la colazione!” e per la seconda volta le chiuse la porta in faccia.

Nel frattempo Pan, approfittando del battibecco tra i due fratelli, aveva recuperato la sua biancheria intima ed era sgattaiolata dritta in doccia per cercare di rilassarsi: ne aveva davvero bisogno!
Nelle ultime ore trascorse aveva provato emozioni così forti, molte delle quali completamente nuove, che ora il suo giovane cuore la stava supplicando di concedergli un po’ di tregua.
Per quanto la stragrande maggioranza di esse fossero indiscutibilmente piacevoli, o meglio sicuramente quelle riconducibili a Trunks, molto meno quelle legate all’imprevedibile fata turchina, voleva riacquistare lucidità e il controllo di se stessa.
Chiuse gli occhi e cercò di liberare la mente, focalizzando l’attenzione sul piacevole effetto che il getto d’acqua calda donava al suo corpo ancora troppo teso.
Si lasciò coccolare e massaggiare, concentrando il flusso prima sulle spalle e poi, alzando il capo, sulla fronte.
Rimase in quella posizione a lungo: un tempo indefinito durante il quale, pian piano, la tensione finalmente si allentò, lasciando il posto a quella calma tanto sospirata.    
Funzionò.
Ora l‘unico suono che riecheggiava nella sua mente era lo scorrere rigenerante dell’acqua…

“Pan” niente…
“Pan!” ancora niente…
“PAN! Ci sei?” al terzo deciso richiamo di quella voce fin troppo famigliare, la ragazza sobbalzò e si riprese dal suo stato di torpore.
 “Sì, sì… Che c’è adesso? Tua sorella è tornata alla carica?”
“Non proprio… Pensi di uscire da lì o ci starai tutto il giorno?”
“La seconda opzione di sicuro”
Trunks sorrise sotto i baffi, aprì il vetro satinato della doccia e rimanendo sulla soglia per evitare di inzuppare l’accappatoio, l’afferrò delicatamente per un polso tirandola verso di lui.
Le regalò un deciso bacio a stampo sulle labbra:
“Mi spiace Furetto, devi prepararti per oggi! E ti devi pure sbrigare!”
“Tu finisci male andare a sera, se continui con queste improvvisate!” rispose di nuovo imbarazzata, voltandosi di lato e coprendosi il seno “E perché mai, poi? Neanche li conosco!”
La risposta pepata in netta contraddizione con il linguaggio del suo corpo, suscitò un altro sorrisino divertito nel saiyan maggiore: quando ci si metteva era adorabilmente buffa.    
“Si chiama Spirito di Solidarietà! Non vorrai scappare a divertirti, mentre noi ci annoieremo tutto il giorno”
“Era esattamente quello a cui stavo pensando! Anzi il mio programma odierno prevede una dormita in santa pace”
“Tu vuoi ancora dormire? E io cosa dovrei dire che non ho praticamente chiuso occhio!”
Pan rimase piuttosto perplessa da quella risposta, chiuse l’acqua e voltò il visino verso quello del giovane:
“Esagerato! Sul divano e anche prima a… a letto… stavi dormendo di sicuro!” dannazione pensava di aver ripreso una discreta padronanza e invece solo a pronunciare alcune parole, inequivocabilmente legate alla loro intimità, e la sua grinta andava per direttissima a farsi benedire.
“Sei un disastro a riconoscere le auree, basta camuffarle un po’ e ci caschi subito!” rise divertito baciandola dolcemente sulla fronte.
“Sei proprio simpatico! E dimmi! Come mai non sei riuscito a chiudere occhio?” rispose accigliata.
Trunks smise di ridacchiare e la guardò dritta negli occhi, sul volto un’espressione divenuta seria e profonda:
“Pensieri… vari pensieri”
“Legati a noi?” chiese turbata la mora.
Lui rispose con un cenno affermativo, ma notando la ragazza piuttosto allarmata si affrettò a spiegarsi meglio:
“Ho pensato al nostro viaggio nello spazio… quando… quando ho creduto di perderti per sempre” si fermò un istante per cacciare lontano quelle odiose immagini, poi sospirando forte riprese:
“E poi a noi! A Noi, alla notte appena trascorsa, e a tutte quelle che spero seguiranno” le rispose dolcemente.
Pan ricambiò il tenero sorriso, si accoccolò a lui accarezzandogli il viso e infine annullò la distanza fra le loro labbra con un bacio delicato, perfettamente ricambiato, che li isolò dal resto del mondo per attimi infiniti. Dopo essersi scostata quel tanto che bastava per incrociare quello sguardo cristallino che tanto amava, gli sussurrò:  
“Spero che d’ora in poi le notti di luna piena ti regalino nuovi ricordi di noi due assieme… ricordi felici”
Trunks rispose con un impercettibile movimento del capo: se lo augurava con tutto il cuore.
Poi la strinse forte fra le sue braccia, si avvicinò al suo orecchio e sottovoce, con un tono misto fra lo scherzoso ed il malizioso le disse:
“Ora è meglio che vado… Finisci di farti la doccia… in fretta anche!”
“Uffa! Non voglio andare al quel matrim…”
“Del matrimonio non m’interessa proprio niente! Devo… devo togliermi da qui” 
“Perché?” chiese innocente la ragazza, salvo poi pentirsene all’istante avendo intuito la reale motivazione: il tocco sensuale delle sue labbra si era spostato più giù, dall’orecchio, lungo il collo, e infine alla clavicola, provocandole pericolosi brividi incontrollati. 
“Perché altrimenti di questo passo rischi di finire appiccicata alle piastrelle del mosaico… o preferisci la parete della terrazza?” sussurrò malandrino.
“ASINO! Ecco perché vai d’accordo con mio zio: siete due SOMARI patentati! Vattene via allora!” e lo allontanò dal ciglio della doccia con una manata in faccia.
“Tecnicamente non puoi mandarmi via dal MIO bagno!” sogghignò lui, ma Pan decise di terminare la conversazione e dargli il benservito chiudendo l‘anta di vetro e riaprendo il getto di acqua calda.
Trunks sbuffò leggermente contrariato: lo aveva respinto!
Forse tutti quei mesi di auto “ritiro spirituale” avevano intaccato le sue galanti abilità con il gentil sesso?
No… non era possibile!
Era sicuramente Lei! Quell’adorabile canaglia!
Quel diabolico angioletto riusciva a fargli perdere completamente la testa: un attimo prima la creatura più dolce e pura che avesse mai conosciuto e l’istante dopo una graffiante gattina selvatica.
Ma in un modo o nell’altro sarebbe riuscito ad addomesticarla! Sicuro!
“Non penserai di aver vinto, vero? Ti aspetto fuori… in camera” la provocò allusivo.

Terminata la doccia, Pan si asciugò e si vestì.
In realtà mancava un dettaglio non da poco, cosa poteva mettersi addosso?
Non poteva certo gironzolare per casa Brief in accappatoio e men che meno in slip e reggiseno.
Cominciò a guardarsi in giro ottenendo scarsi risultati.
Finalmente, dopo aver cercato disperatamente di farsi venire un’idea decente, notò che Trunks aveva dimenticato sul ripiano in marmo la sua maglia pulita.
Alla luce dell’ultimo scambio di battute avuto, “dimenticato” forse non era esattamente la parola più appropriata, era molto più probabile che non se la fosse messa di proposito, fatto sta che adesso era la sua unica possibilità, affatto male tra l’altro: le ricordava molto quella che aveva “dovuto regalarle” per pigiama durante il loro viaggio nello spazio, dal momento che si era intrufolata nella navicella senza alcuna valigia al seguito. Sorrise a quei ricordi.  
Per un attimo si chiese come aveva fatto a non vederla fin da subito, era sempre stata lì sotto il suo naso.
Indossò la comoda maglia di cotone blu con l’immancabile logo della CC e si precipitò alla finestra che dava sulla terrazza: già il suo brillante piano era un’evasione in piena regola!
Al diavolo quel dannato matrimonio di perfetti sconosciuti.
Stava per spiccare il volo, ma i suoi buoni propositi andarono letteralmente in fumo.
Dannazione! Vide Trunks ancora in accappatoio appoggiato alla ringhiera, nello stesso identico punto dove lei stessa si era fermata ad ammirare il paesaggio: se fosse uscita l’avrebbe inseguita di sicuro, con scarse possibilità di vittoria si ritrovò ad ammettere.
Un sorrisetto furbo inarcò le labbra del saiyan maggiore, soddisfatto per aver mandato all’aria il prevedibile tentativo della piccola fuggitiva, ora alquanto infastidita a giudicare dall’aumento della sua aura.
Bimbetta! Non era certo nato ieri, Lui!
Nemmeno si voltò a guardarla, sicuro di farla innervosire ancora di più: tanto riusciva ad immaginarselo fin troppo bene il suo musetto accigliato, come se ce l’avesse avuto di fronte.
Pan non si arrese, richiuse la finestra e incrociò le braccia.
Meditò mezzo secondo e poi decise di risolvere la questione a modo suo: tanto Bra e Bulma non le considerava neanche lontanamente delle reali minacce e Vegeta di lei non se ne faceva nulla.
Con l’incredibile velocità ereditata dal suo sangue saiyan scattò e in un batter d’occhio raggiunse l’entrata della camera da letto, afferrando la maniglia e aprendo la porta quel tanto che bastava per passare: avrebbe sfruttato quell’enorme casa, che ormai conosceva alla perfezione, per confondere il suo inseguitore e in un modo o nell’altro una scappatoia l’avrebbe trovata di sicuro.
Era a dir poco entusiasta, la sua mente stava già sfrecciando libera pensando a quel cielo immacolato che l’attendeva.  

Fece per partire e … SBAM!
Un deciso impatto contro qualcosa di solido la riportò inesorabilmente alla realtà.
Le sue speranze si erano nuovamente infrante, bruscamente per giunta!
Questa volta contro lo stipite della porta, seguite a ruota dal suo stesso corpo: Trunks era stato molto più veloce di lei, riuscendo a placcarla ed immobilizzarla senza impegnarsi più di tanto.
Dannato scimmione!
“Era questo il tuo brillante piano? Una fuga a gambe… levate?” le sussurrò ironico, riferendosi sia all’evidente naufragio della sua missione, ma soprattutto al fatto che la teneva bloccata, realmente alzata da terra.
Pan alzò gli occhi al cielo e sbuffò rumorosamente: evidentemente non era la giornata giusta per riuscire ad imporre le proprie idee.
D’altronde, però, non poteva certo lamentarsi delle insistenti attenzioni che riusciva ad ottenere, anzi una parte di lei ne era davvero felice.
Si morse il labbro inferiore e un sorrisetto ambiguo tradì l'ammissione di colpa per quel piano improvvisato e decisamente troppo ottimista, ma non gli diede la soddisfazione di pronunciare una sola parola.
Dato l’ostinato e cocciuto silenzio della ragazza, continuò il suo interrogatorio, imperterrito e deciso più che mai a vincere quella sottile sfida mattiniera, cominciata ormai dalle prime luci del giorno.
“Sbaglio o questa è mia?” e prese un lembo della maglietta con la mano libera, dato che l’altra era impegnata a bloccarle i polsi in una presa delicata, ma decisa.
“Complimenti! Siamo davvero perspicaci questa mattina!” rispose ironica.
“Ah.Ah.Ah… Spiritosa! Allora dimmi scimmietta: questa maglia era sul ripiano da ieri sera, me la sono dimenticata…” scaltro, il ragazzo si fermò un attimo per darle la consapevolezza di dove voleva andare a parare, conscio del fatto che le sue guance arrossate la stavano già smascherando, poi continuò arrivando dritto al punto: “Come mai non ne hai approfittato? Ma hai preferito indossare il pigiama di Bra?”
“Non dirmi che preferivi questa maglia?” replicò pungente
“Non provarci! Rispondi alla mia domanda!”
Scacco matto. Per Lui.
Ci provò comunque:
“Bra è stata gentile, mi ha preparato il necessario per la doccia…” penosa, davvero penosa!
L’improvvisazione non era il suo forte, neanche lei avrebbe mai creduto ad una giustificazione del genere, forse persino suo nonno Goku sarebbe riuscito ad inventarsi qualcosa di più decente. 
Sì l’amica era stata premurosa, ma non si sarebbe mai spinta così in là solo per riconoscenza.
Trunks alzò un sopracciglio, la sua espressione era fin troppo chiara: non credeva ad una sola parola pronunciata.   
Dannazione, era davvero una pessima bugiarda!
L’espressione incerta dei suoi occhi e le sue guance in fiamme erano il ritratto vivente della sua incapacità di mentire. E poi non aveva alcun senso continuare ad arrampicarsi sugli specchi, avrebbe collezionato solo imbarazzanti e pietose bugie.
Distolse lo sguardo, che fino a quel momento era riuscita più o meno a sostenere, e poi sospirò.
Aveva deciso di percorrere la strada della verità, anche se questo avrebbe comportato l’abbattimento definitivo di qualunque difesa dei suoi sentimenti, rivelando infatti l’intenzionalità della scelta di quella notte:
“Volevo… volevo vedere se… se mi avresti notato. Considerato… una ragazza adulta, ecco! Non un… un piccolo maschiaccio!” un leggero groppo alla gola s’impadronì della sua voce, incrinandola non poco: naturale dato che quello, negli ultimi anni, era stato davvero il suo dubbio più intimo e personale.
Dubbio che, a modo suo, aveva voluto provare a chiarire.
Trunks sciolse la presa sui suoi polsi e accarezzandole il viso con entrambe le mani la baciò appassionatamente, ricambiato dalla compagna che d’istinto avvolse le proprie gambe affusolate attorno alla vita del ragazzo, stringendolo ancora più forte a sé.

Quella scena fu la goccia che fece traboccare il vaso, anzi peggio, riuscì ad abbattere una vera e propria diga!
Aveva deciso di aspettare i due piccioncini in silenzio nel corridoio con il dorso appoggiato al muro e le braccia incrociate: aveva giusto quelle due o tre questioni da chiarire, ma non riuscì proprio a mantenere l’azzeramento dell’aura.
Liberandola aveva evidenziato un notevole stato di irritazione che non passò di certo inosservato.
Percepito all’istante, i due giovani saiyan si staccarono immediatamente, rimanendo l’uno a fianco dell’altra.
Intuendo il motivo, ma chiedendosi perché mai avesse scelto di presentarsi proprio in quel momento, entrambi si rivolsero a quella figura inaspettata utilizzando le stesse enigmatiche e scarne parole, frutto del riuscitissimo effetto a sorpresa e dell’evidente imbarazzo: “TU… Qui?” 




Angolo Autrice:
Ehilà! Ciao a tutti!
Ehm… Scusate il ritardo, ma si fa quello che si può.
E scusate anche se il capitolo è risultato un po’ lunghetto, e pensare che ad un certo punto l’ho dovuto anche tagliare… 
Come sempre, ringrazio tutti coloro che hanno dedicato il loro prezioso tempo a leggere la mia storiella e chi vorrà lasciare il proprio parere, sempre gradito.
Spero sia risultata piacevole da leggere e che magari vi abbia strappato anche qualche sorriso qua e là.
A presto! (spero, ma per ora è solo un buon proposito)
CIAO

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Capitolo 8
*** 8 capitolo ***


Albero della Vita
8 CAPITOLO

 

“TU… Qui?”

“Già…” la voce del saiyan risuonò lenta e glaciale, poi alzò un angolo delle sue labbra in quello che diventò un sogghigno minaccioso: avrebbe fatto i conti con entrambi!
Ma ora doveva concentrarsi per bene e darsi una calmata.
Poi avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per sfogare adeguatamente il suo nervoso.
Mantenendosi serio e severo, tanto da rendere l’espressione del suo volto quasi sinistra, si staccò dalla parete e, molto lentamente, si avvicinò a lei.
Si fermò ad un palmo dal suo naso, puntandole addosso l’indice della mano destra a sfiorarle il grembo:
“Sai, mi sembra di percepire una piccola aura… come la mettiamo adesso?”
Pan sgranò gli occhi e sbiancò letteralmente.

Poi… vuoto

Per interminabili attimi, la mente della ragazza vagò nel nulla più totale, alla ricerca di un qualsiasi pensiero di senso compiuto.
Era a dir poco sotto shock.
Come se non bastasse, una volta realizzato il significato delle parole appena udite, il suo cervello non riuscì a fare di meglio che elaborare un caotico monologo interiore di pensieri sconnessi e completamente inutili:
  
Era…
Era possibile…?
Era davvero possibile…?
Ovvio che era possibile… se lo ricordava bene come aveva trascorso la notte.
Anzi a dir la verità, in quel preciso momento, quell’assurda situazione le stava offuscando tutti i ricordi più piacevoli e passionali, sostituendoli con sensazioni a dir poco angoscianti, frutto delle evidenti conseguenze dei loro gesti impulsivi e precipitosi…
Ora le era molto più chiaro il concetto di ‘agire senza cervello’.
Questa era senz’altro la giusta punizione divina per aver giocato con il fuoco, credendo di non scottarsi.
In realtà era pure peggio!
Se avesse davvero ‘giocato’ con la sorte, questo implicava almeno una vaga conoscenza di cosa stava sfidando… ma invece…

 

… per tutte le divinità dell’universo che un giorno l’abbiano in gloria…. Lei non ci aveva proprio pensato!


Come diavolo aveva potuto?
Neanche per l’anticamera del cervello le era passato!
Pan sei un’idiota! Idiota! Idiota!

I loro gesti… i suoi di sicuro…
E Trunks?
Trunks… ma nel pacchetto ‘Mi Fido di Te’ non doveva esserci incluso anche questo dettaglio?
Soprattutto questo dettaglio!
E adesso?
Come avrebbe fatto a prendersi cura di un bambino, oltretutto del Suo Bambino, se era evidente come il sole che non sapeva neanche badare a se stessa?
E pretendeva di essere diventata una ragazza adulta!
Doppiamente Idiota!

 

Nel bel mezzo del suo delirio mentale, vide quello stesso malefico dito accusatore iniziare a muoversi lentamente, molto lentamente, prima verso la bocca dello stomaco, ora completamente in subbuglio, poi sempre più in su in direzione della sua gola.
Da lì rapidamente se lo vide arrivare in viso, strofinando delicatamente prima contro le sue labbra e poi sul suo nasino.

“PA-U-RA… Eh?” ghignò sarcastico… Goten!

Si era divertito un mondo a giocarle quello scherzo di pessimo gusto!
D’altronde un’occasione del genere non gli sarebbe capitata mai più: battezzare la prima volta della sua nipotina con una doccia a dir poco gelata!
Il suo musetto sconvolto e disperato non aveva prezzo, sarebbe passato alla storia!
Aveva dovuto letteralmente trattenersi per non scoppiare a riderle in faccia.
Era riuscito talmente bene, poi,  che si stava dando del ‘perfido’ da solo.
A pensarci bene, in effetti, ammise con se stesso di esserci andato giù un po’ troppo pesante e ringraziò tutti i KaioShin dell’Universo che il suo giovane cuoricino fosse guarito alla perfezione dalla tragica sventura dello spazio: sia lodato il sangue saiyan, sempre sia lodato!
Poteva anche rimanerci secca...

Ma in fondo LEI non era stata certo da meno!
Gliene aveva appena tirato uno molto più tosto!
Diamine, era pur sempre la sua nipotina!
E anche se non aveva mai dovuto dimostrarlo, data l’abilità della ragazza ad arrangiarsi nel tenere a distanza il genere maschile indesiderato, era davvero geloso di lei e mal sopportava i vari mosconi che provavano a ronzale attorno.
Sì certo, Trunks era una caso a parte, ma ora LEI aveva pensato bene di arrivare addirittura a concedersi… proprio quella notte! Ma non poteva sceglierne un’altra qualsiasi, dove lui fosse lontano ad anni luce da loro?!

La sua personale arringa difensiva mentale venne bruscamente interrotta da una voce aggressiva che non corrispondeva affatto alla figura femminile sulla quale stava concentrando la propria attenzione.
Una voce, quella appena sentita, chiaramente maschile, chiaramente famigliare e, soprattutto, molto fastidiosa, dato il modo con cui era intervenuta a intralciare i suoi pensieri.
“RAZZA DI CRETINO CHE NON SEI ALTRO! TI SEMBRANO SCHERZI DA FARE!?” gli aveva infatti ringhiato contro Trunks, in quel momento agguerrito come non mai verso quello che doveva essere il suo migliore amico.
“NON - FIATARE! IO e TE FACCIAMO I CONTI DOPO!” lo freddò il moro, secco e astioso.
Come due pericolose onde energetiche puntate l’una addosso all’altra, i due ragazzi si fissarono con uno sguardo carico di nervosismo per lunghi e taglienti attimi.
Attimi in cui non vibrò alcuna parola, ma rimbombò forte l’eco prodotto dalle reciproche silenziose domande accusatorie.

Nel frattempo la fitta nebbia che aveva letteralmente offuscato la mente della ragazza, cominciò a diradarsi:
 

Uno scherzo…
Uno stramaledetto, fottutissimo, stupidissimo,
SCHERZO!

Di quel demente di suo zio!
Quanti anni di vita aveva perso?
…Troppi…

 

Le forze prima evaporate nel nulla, ritornarono a scorrere fluenti nel suo corpo di giovane saiyan, facendo schizzare alle stelle la sua aura, a dir poco rabbiosa per lo spavento appena preso:
“BRUTTO DEFICIENTE CHE NON SEI ALTRO!... GIURO CHE TI FACCIO SALTARE IN ARIA!” gli urlò contro con tutto il fiato che aveva nei polmoni, liberando una forza spirituale che, per quanto trattenuta visto l’ambiente chiuso in cui si trovavano, riuscì a far tremare le mura tutt’attorno, provocando all’altezza delle sue spalle una sottile, ma evidente crepa che si propagò lungo l’intero corridoio alla velocità della luce.
Lo sguardo era furente e il respiro, prima completamente trattenuto, ora, era fin troppo affannato a causa sia della profonda irritazione, ma soprattutto dal notevole sforzo fisico esercitato per tenere a bada l’istinto aggressivo della sua natura che la incitava a sfogarsi contro di lui.
Senza neanche rendersene conto, con i suoi piccoli pugni si ritrovò a stringere forte la maglia del Son all’altezza del collo. Stava per continuare con tutti gli insulti che conosceva, ma si ritrovò la bocca tappata dalla mano di Goten, altrettanto risentito:
“TU HAI IL CORAGGIO DI ARRABBIARTI? PICCOLA INCOSCIENTE che non sei altro!” incominciò a riprenderla con tono severo; ma la nipote era ancora troppo inviperita per stare a sentire le parole dello zio così, dopo aver scostato malamente la sua mano dalle proprie labbra, gli rispose di getto:
“Non sono PICCOLA! Sono abbastanza GRANDE ormai! Posso prendere le MIE decisioni DA SOLA! HAI CAPITO!?”
“AH, ma davvero? Lo hai detto anche quattro anni fa? … SONO GRANDE ORMAI… Risultato: sei sparita nello spazio senza dire niente! Ti pare?!” provò a farla ragionare, scimmiottando le sue stesse parole, senza ottenere troppi risultati, però, a giudicare dalla focosa rimbeccata della ragazza:
“E questo cosa c’entra? Ma poi… FATTI GLI AFFARACCI TUOI!” esplose nuovamente, senza prendere in considerazione la direzione delle parole che le erano state rivolte.
Goten strinse forte i denti e la incenerì con uno sguardo di fuoco: se prima la diga era straripata, ora la sua rabbia lo stava invadendo come avrebbe fatto l’acqua inondando l’intera vallata.
Non riuscì a trattenere una reazione decisamente aggressiva:
“TU . SEI . UN . MIO . AFFARE!” scandì forte e secco, prendendole i polsi in una stretta decisa e puntando i propri occhi carichi di rovente frustrazione dritti nei suoi, poi sospirò forte: ora la questione gliela avrebbe spiegata chiara come ai bambini dell’asilo! Voleva proprio vedere se aveva il coraggio di ribattere! 
“Dopo la genialata di quattro anni fa, dove sei scappata nello spazio aperto senza dire niente, SECONDO TE, perché i TUOI ti lasciano così tanta libertà? PER FIDUCIA? Non solo!” sbottò tutto d’un fiato, per poi continuare andando dritto al succo del discorso:
“Ho vinto un bellissimo lavoro come babysitter a tempo indeterminato! TUO PADRE mi ha chiesto di tenerti d’occhio, quando non può direttamente. Ecco perché TU SEI UN MIO AFFARE! Quando sei con me, IO SONO RESPONSABILE DI TE! Di te e di tutto quello che ruota attorno a te!” si fermò un istante per essere certo che avesse capito il concetto e per guadagnare quella manciata di secondi necessari a calmarsi un pochino:
“Sei la persona più importante per LUI! Ora mi dici cosa gli vado a raccontare, visto che ho SOLO permesso a TRUNKS di prendersi la SUA BAMBINA!? E fidati che lo sa, la sua attenzione è sempre puntata sulla tua aura, saprebbe coglierne ogni minima sfumatura… e le vostre stanotte hanno parlato chiaro!”

Pan rimase in silenzio e abbassò lo sguardo.
Lo aveva ascoltato per davvero, ogni singola parola.
Questa volta non era uno scherzo, era pura realtà.

… Suo Padre…

Di nuovo quella inquietante sensazione di smarrimento e di inerzia…
Non aveva fatto nulla di male, ma anche a questo non aveva minimamente pensato.
Era pure peggio stavolta…
Un conto era non riflettere su qualcosa che riguardava direttamente lei, come una potenziale gravidanza, un altro era non prendere minimamente in considerazione i sentimenti dei suoi famigliari, ad esempio Goten, che non aveva esitato ad aggredire nonostante lui le avesse permesso di vivere le sue scelte o, soprattutto, l’infinto amore di suo Padre…

… Suo Padre…

Chissà adesso con che occhi l’avrebbe guardata…
Figlia sì, ma sarebbe stata ancora la sua Bambina?
Poteva essere, allo stesso tempo, la Bimba di suo Padre e la Donna del suo Uomo?
Difficile a dirsi… probabilmente no, ma infondo al cuore un po’ ci sperava.

Istintivamente cercò di percepire la sua aura.
Ci riuscì fin troppo bene: la sentiva chiara e distinta.
Chiara, distinta e … parecchio attiva
“Papà?” sussurrò a se stessa
“Lo senti, vero? Diciamo che è bello... carico! Chissà come mai?” il tono di voce di Goten si era fatto più pacato, quasi affettuoso, ma l’allusione era evidente:
“Penso che tuo nonno l’abbia convinto ad allenarsi con lui al Palazzo del Supremo…” continuò, restituendo la libertà ai suoi polsi.
“Mer…” scappò detto alla più piccola: che il padre avesse deciso di sfogarsi combattendo non era esattamente un ottimo inizio, e poi la sua aura… la si percepiva nettamente nonostante la notevole distanza, a maggior ragione che pure lei ci riusciva.
“Già l’ho pensato anch’io stanotte… assieme ad una lunga sfilza di altre imprecazioni… Potrei quasi scriverci un libro: il manuale del perfetto bestemmiatore! Capitolo primo: le donne di famiglia!” cercò di ironizzare.
Una smorfia imbarazzata e abbacchiata fu la semplice risposta della ragazza:
“Pensi… pensi che sia tanto… arrabbiato?” chiese timida e mogia.
Goten sospirò forte: aveva notato il drastico cambiamento di umore della nipotina e, dannata piccola peste, proprio non riusciva a sopportare di vederla triste!
Così sperando di ottenere almeno un sorrisino stiracchiato, appoggiò la punta dell’indice sulla sua fronte, parzialmente scoperta dalla frangetta ribelle, e cercò di sdrammatizzare:
“Beh… che faccia i salti di gioia non penso proprio! Però se ti può consolare, sono sicuro che alla sua bambina non torcerà nemmeno un capello… Ma non ti preoccupare! Si divertirà un mondo con noi due…” riferendosi ovviamente a se stesso e a Trunks:
“Ti dirò, sono quasi curioso di vedere chi si terrà come dessert: la sua guardia traditrice o questo ladro di diamanti! Ci avrai sulla coscienza, sappilo!” le sorrise canzonatorio
“Così non mi aiuti, sai?” si riprese un po’ la moretta
“Mhm… e va bene… Allora facciamo così: se butta proprio male chiederemo aiuto a Gotenks! Almeno lui ha qualche possibilità di tenergli testa!” picchiettò il dito un paio di volte sulla fronte e poi lo allontanò.

Sul visino di Pan comparve un’espressione rassegnata e pensierosa: aveva colto il tono scherzoso dello zio, ma troppi dubbi affollavano la sua mente, così non riuscì a regalargli neppure uno straccio di sorriso.
Stava cominciando a preoccuparsi seriamente: non tanto per quel tragicomico scenario prospettato da Goten, ma dalla sensazione sempre più insistente di non riuscire a vedere, o a rendersi conto, di tante situazioni che a conti fatti erano proprio lì davanti al suo naso, chiare e trasparenti come l’acqua di sorgente!

Inquietante…

Se il mondo fosse dipeso dal suo attuale intuito, la Terra sarebbe scomparsa da tempo immemore.
A parte queste battute auto-sarcastiche, si chiese quante e quali altre questioni fondamentali non fosse riuscita a cogliere nella loro evidenza.
Un po’ come le rose: meravigliose a vedersi, ma dovrebbe essere abbastanza risaputo che la natura le ha dotate di affilate spine… dovrebbe, vero Pan?
Spetta poi al buon senso personale riuscire a coglierle, appunto, come si deve.
Il calore di una mano forte e famigliare avvolse dolcemente le sue dita affusolate, facendola voltare verso quella direzione; incontrò uno sguardo affettuoso, silenziosamente impegnato a rassicurarla sull’andamento turbolento dei suoi stessi pensieri.
Pensieri che si alleggerirono all’istante, rapiti come sempre da quegli occhi cristallini in cui letteralmente amava perdersi: la loro tonalità azzurra le ricordava l’immensità di un cielo limpido in cui poter volare libera ed elegante come solo un’aquila sapeva fare.
Per una frazione di secondo, però, nella sua mente pulsarono forte tre immagini distinte ed enigmatiche.
Si sforzò di cacciarle via quanto prima, attribuendo la colpa di quell’insensata associazione di rose-spine-Trunks alle sue deliranti riflessioni appena elaborate.
Poi gli accennò un timido sorrisino.

“Scusa, eh? Cosa sono queste differenze? A lui che combina disastri gli regali i sorrisini ed io che mi faccio in quattro per te, niente? Razza di nipote ingrata!” intervenne Goten con tono da finto offeso, ottenendo quantomeno una simpatica linguaccia da parte della moretta, in risposta alle sue finte lamentele.
“Pan, in realtà non mi interessa cosa hai fatto o non hai fatto…” proseguì, bloccandosi all’istante per essersi reso conto di quanto grossa la stava sparando: altroché se gli interessava! Con lo sguardo fulminò Trunks augurandogli, per la sua incolumità soprattutto fisica, di non averle insegnato troppe tipologie di attenzioni alla loro prima notte assieme. Il Brief sbuffò di rimando, alzando gli occhi al cielo sempre più infastidito.
“Sì forse ho capito cosa intendi… Devo… devo pensare alle conseguenze delle mie… ehm… azioni, in generale, e… aprire gli occhi” finì la frase la giovane, imbarazzata più che altro dal fatto che in quel momento si sentiva molto lontana dall’idea di ragazza adulta e responsabile a cui ambiva.
“Dici sul serio? E’ incredibile! Stai bene? Andare a sera verrà giù il diluvio universale!” ironizzò Goten, parecchio sollevato che alla fine fosse riuscito ad ottenere qualcosa di buono da quella travagliata conversazione:
“Un’ultima cosa, signorinella: evita nel modo più assoluto di fare un altro volo d’angelo come quello di poco fa! Mi sembravi un piccolo colibrì entusiasta di finire i propri giorni dritto nelle fauci del leone!” chiarì per bene il moro, riferendosi alla ‘fantastica’ scoperta della sua evidente intenzionalità di attirare su di lei l’attenzione dell’amico. Per essere sicuro che il concetto passasse, rimarcò la questione:
“Intendo dire: evita soprattutto quando c’è tuo padre in giro! Io non sono riuscito a trattenere l’aura, LUI rischia di rimanerci proprio! Adesso comincio a capire il reale motivo del modo di dire… Auguri e Figli MASCHI… di sicuro con loro non ci sono questi attentati psicologici”
“Hai finito?” lo rimproverò Pan, incenerendolo con lo sguardo.
“Con te, sì! Ora, se non ti spiace, ci puoi lasciare da soli? IO e il tuo Romeo dobbiamo parlare... in privato!” 
per essere sicuro di levarsela dai piedi, poi, scaltro, il moro proseguì puntando su una delle più tipiche caratteristiche saiyan: il vorace appetito.
“Se vuoi la colazione è già pronta… immagino che tu ce l’abbia un po’ di fame?”
Neanche a farlo appostae lo stomaco di Pan attirò l’attenzione di tutti con un sonoro brontolio, regalando allo zio una profonda soddisfazione all’evidente conferma della sua tesi: buon sangue non mente, era bastato solo farne parola.
“L’hai fatto apposta, vero? Sapevi che potevo avere fame!”
Un sorrisino davvero enigmatico si dipinse sulle labbra del giovane: “Diciamo che potevo immaginarmelo… Ciao Ciao!”
Piuttosto seccata, ma, sì, alquanto affamata, la moretta si avviò verso la cucina, congedandosi con un piccante saluto: “Beh allora… Buona chiacchierata!"


I due ragazzi rimasero da soli e per lunghi istanti regnò solo il silenzio assoluto, il tempo necessario ad entrambi per riordinare idee e parole.
Fu Trunks a partire all’attacco: fino a quel momento aveva deciso di non intervenire per dare il giusto spazio al loro confronto famigliare, ma in più di un’occasione, doversi trattenere, gli era risultato davvero difficile.
Poteva capire le motivazioni principali dell’amico che, davvero, non facevano una piega!
Ma quell’improvvisata proprio non riusciva a digerirla!
Non tanto per lo scherzo demenziale già di suo, rendendosi pure conto che data la mente geniale del suo creatore, non poteva proprio andare diversamente, ma soprattutto per la reazione sconvolta che aveva provocato nella sua giovane saiyan: non poteva pretendere di avere Pan sempre e perennemente di buon umore, ma qualsiasi suo cambiamento verso sensazioni sgradevoli, anche minimo, proprio non lo sopportava, soprattutto se riconducibile a lui!
E figurarsi se in mezzo a quel marasma di preoccupazioni, in un modo o nell’altro, non c’era finito pure il suo nome! Sarebbe stato strano il contrario.
Direttamente o indirettamente, non tollerava l’idea di ferirla o… peggio ancora… deluderla.

“TU e il TUO STUPIDO SCHERZO! SI PUO’ SAPERE PER CHI MI HAI PRESO!? PENSI CHE NON SAPPIA QUELLO CHE FACCIO!? CONOSCO PAN! Non approfitterei mai di lei, lasciandola pure in qualche casino! TI PARE!?” ringhiò forte il Brief davvero incollerito: prima Bra e ora ci si metteva pure Goten!

Si era sentito scavalcato…
Scavalcato e discreditato…

proprio su quello che era diventato, ufficialmente, il suo progetto più importante in assoluto: la sua vita privata, ora che finalmente ne aveva una!
In un moto di stizza, poi, rimarcò pure la mancanza di fondamento della sua brillante pensata: 
“Per non parlare del fatto che in realtà non saresti nemmeno in grado di percepire aure così piccole, nate a sole poche ore dal… ” non finì la frase, un po’ per privacy, parecchio per orgoglio e molto per essersi accorto di aver parlato di getto con quell’uscita poco felice, anzi decisamente auto-incriminante.
Fatto sta che l’ovvia conclusione, ‘concepimento’, lo pensò solamente, invano però:
“Dillo Trunks! A poche ore da cosa…?” lo sfidò il moro altrettanto carico e velenoso per poi proseguire arrivando dritto al punto: quella situazione non piaceva neppure a lui, ma voleva una spiegazione.
“… ma soprattutto, dimmi, quale parte della frase – Cerca . Di . Parlarle – non ti era chiara? PARLARLE Trunks! Non portartela a letto! PARLARLE! Posso capire LEI: dall’alto della sua giovane età e soprattutto notevole incoscienza, è capace di passare, in generale, dal compiere chissà quali imprese megagalattiche a perdersi in un bicchiere d’acqua!... Ma TU?... PARLARE o chiarire con Lei, chiamalo come vuoi, prevedeva di avvisare prima la sua famiglia: non dico una richiesta scritta in carta bollata o chissà quali prove da superare, bastava un semplice, che ne so – noi due usciamo assieme – e stai sicuro che GOHAN… Lo conosci vero? Perché è proprio questo il punto: non è un semplice umano, è un saiyan! Forte oltretutto! Percepisce le aure! Vi trova subito! … Ecco, sì, proprio lui… FIDATI CHE E’ POI CAPACE DI FARE UNO PIU’ UNO! Così, invece, ti sei preso direttamente la sua bambina! E io, scemo, a darvi pure corda!” le parole gli erano uscite talmente forti e incalzanti da avere quasi il fiatone, ma era stato necessario, aveva sentito il bisogno di liberarsi, di fargli capire che nonostante lui avesse deciso di schierarsi, seppur forzatamente, dalla loro parte, avrebbero potuto gestire meglio il loro ‘chiarimento’.
Tsk! E meno male che non più in là della mattina precedente gli aveva chiesto di non metterlo mai in condizione di dover scegliere fra la famiglia e l’amicizia!
Certo, come no!
Fece un lungo respiro profondo e poi cercò di calmarsi:
“Non ho altro da aggiungere” terminò con tono più pacato, ma estremamente serio.
Quello che aveva da dire, glielo aveva detto, ora non ne voleva più sapere.
 
Trunks rimase in silenzio cercando le parole più adatte per provare a spiegarsi.
Si sforzò non poco, ma alla fine arrivò alla conclusione che la verità fosse l’unica strada realmente percorribile, anche se quel testardo e cocciuto osso duro del suo stesso ‘orgoglio’ gentilmente ereditato da entrambi i genitori, non era esattamente dello stesso parere.
Sospirò.
Si sentiva indubbiamente imbarazzato e in parte colpevole: chissà, a ruoli invertiti forse avrebbe reagito allo stesso modo.
Distolse lo sguardo e, parecchio tentennante, abbozzò una specie di risposta:
“Mi… mi spiace… In parte hai ragione… Il fatto è che… è successo tutto così… in fretta… non era… programmato…” sapeva di non aver gestito la situazione nel migliore dei modi, anzi se fosse esistita una scaletta ideale da seguire il punto ‘informare a grandi linee la sua famiglia’ era effettivamente uno dei primi da realizzare, ma sui suoi sentimenti verso Pan non aveva alcun dubbio!
E questo Goten lo doveva assolutamente sapere:
“… Ma ti posso assicurare, anzi giurare, che non mi sono… portato a letto Pan! Questo proprio NO!.. Io…” finire quella frase ad alta voce era tremendamente difficile: quel sentimento era così intimo e privato e talmente importante che aveva quasi paura solo a nominarlo.
Paura che andasse tutto in frantumi, proprio ora che finalmente lo poteva vivere in prima persona: sapeva di avere un conto in sospeso a dir poco salato con la sorte, ma sperava con tutto il cuore di non doverlo saldare ad un prezzo incalcolabile.
Rimanere in silenzio gli dava l’illusione di riuscire a proteggere il suo prezioso segreto da quella maledetta: sarebbe stato un giochetto da ragazzi per lei, sfruttare l’occasione e trovare la sua vendetta!

Fu Goten a ridestarlo dai suoi pensieri oscuri in modo sincero e comprensivo: 
“Non ti preoccupare, ho capito cosa intendi… Mi è bastato vederti… baciarla… prima” poi ripensando a quella piccola pestifera saiyan si divertì a punzecchiarlo: si portò le mani dietro la nuca e spostando lo sguardo verso la lunga crepa sul muro continuò in modo allusivo
“Del resto… con Pan non c’è mai nulla di programmato e programmabile! Dovresti saperlo, ormai! Sai… una parte di me sarebbe curiosa di sapere cos’è riuscita a combinare stavolta, un’altra mi intima di lasciar perdere… che in certi casi una sana e beata ignoranza, ti permette di dormire sonni molto più tranquilli”

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Tutto… stava… pericolosamente... tremando.
Sembrava fosse in azione un terremoto di proporzioni catastrofiche e in effetti se il suo creatore si fosse trovato realmente sulla Terra, anziché starsene seduto a mezz’aria a gambe incrociate per ‘meditare’, beh qualche danno molto più che semplicemente ‘rilevante’ lo avrebbe causato di certo.

“Razza di idiota! Si può sapere cosa diavolo stai aspettando? Ce l’hai portato TU qui! Adesso fai quello che devi fare per calmarlo un po'!” esplose isterico il namecciano.
Fece per continuare, ma scivolò su uno dei vari sassi bianchi ornamentali che erano inevitabilmente fuoriusciti dalle raffinate aiuole a causa delle potenti vibrazioni; perse l’equilibrio e finì per cadere in malo modo accanto al suo diretto interlocutore, impegnato principalmente a gustarsi il prelibato banchetto preparato sotto l’imponente portico.
Massaggiandosi il fondoschiena, continuò sempre più irato:
“No dico: le vedi tutte quelle belle lastre di marmo che TUO FIGLIO si sta divertendo a far ballare in un allegro girotondo fluttuante!? E quei bagliori intermittenti colorati non sono lucine di Natale! Sono scariche elettriche! Garda che NON ho intenzione di sacrificare il Palazzo del Supremo per salvare la pellaccia di quel moccioso! Rivoglio la pavimentazione in perfetto ordine e se il Palazzo crolla, dovrai ricostruire pure quello! Sono stato chiaro! M U O V I T I !” urlò sempre più furioso, incollerito ancor di più da un calcinaccio staccatosi dal capitello della colonna lì vicina e cadutogli dritto sulla sua testa!
“Ma come sei tragico, Junior! Dai su, rilassati un po’… E poi, lo sai, non si combatte mai con la pancia vuota! Ne vuoi anche tu?” gli rispose tranquillo il capostipite dei Son con in mano una succulenta coscia di pollo cucinata divinamente e una fragrante pagnotta di pane nell’altra: combattere era l’ultimo dei suoi pensieri in quel momento, anche perché non era scientificamente dimostrato che riuscisse a pensare ad altro, quando c’era di mezzo il cibo.
“Se non ti alzi immediatamente da lì, ti ci spedisco IO a suon di calci! E non è una minaccia, è una certezza!” gli intimò di nuovo.
Goku deglutì l’ennesimo gustoso boccone e poi afferrò uno dei vari sassi bianchi che stavano rotolando lì attorno.
Prese bene la mira e, veloce come un proiettile, lo lanciò in direzione del figlio: ad una decina di metri dall’obbiettivo si frantumò in polvere, fulminato in pieno da uno di quei piccoli ma fedeli raggi energetici che avevano il preciso ordine di non disturbare il delicato momento di concentrazione del loro padrone.
“Urca…” disse più a se stesso, constatando quanto il primogenito fosse ‘pensieroso’, poi si rivolse all’amico:
”Non vorrai mica che mi metta a combattere contro Gohan proprio adesso!? Quello non è mettere alla prova i propri limiti, quello è un suicidio dichiarato!”
“Beh pazienza! Allora vorrà dire che la Terra, d’ora in avanti, dovrà cavarsela con un saiyan in meno!” detto questo lo afferrò per i capelli corvini e utilizzando tutta la forza a sua disposizione, dato che c’era questa potente barriera da superare, lo lanciò di peso in direzione del figlio.
Un ghigno sarcastico si dipinse sulle sue labbra a sottolineare la notevole soddisfazione che lo invase nel constatare il raggiungimento del suo obbiettivo.
Era stato un centro davvero perfetto, accompagnato pure dal colorito sottofondo sonoro del più giovane che ora stava imprecando contro il padre per lo scontro improvviso: ecco come andavano affrontati i conflitti genitori/figli se nessuno aveva il coraggio di iniziare!

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“Trunks… a parte gli scherzi: com’è possibile che tu abbia dato l’assoluta priorità a Pan e non abbia praticamente preso in considerazione… suo padre?” chiese sincero.
Il Brief sospirò pensieroso, la percepiva bene l’aura di Gohan, anche se lontana era senza ombra di dubbio la sua:
“Vedi… hai detto bene, Lei è l’imprevedibilità in persona! E ci può stare: è una caratteristica che mi fa letteralmente perdere la testa, nel bene ma anche… nel male. Pan è la mia priorità perché in mezzo a questo calderone di molteplici e variabili risultati in cui poter pescare, desidero avere da lei una sola certezza: che la sua anima ribelle voglia rimanere accanto a me, a prescindere da tutto il resto… la conosco da sempre, ma riesce ancora a spiazzarmi... non sempre riesco a capire o prevedere la sua reazione” affrontare le incertezze che ruotano attorno alla sua amata, era decisamente più importante che scontrarsi con  il padre, in questo caso non aveva alcun dubbio:
“… Con Gohan è diverso per il semplice motivo che sono sicuro di cosa devo fare, non ho nessun rebus da risolvere: mi prendo le mie responsabilità e non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro! Sono disposto a qualsiasi tipo di confronto… beh certo se posso scegliere non vado a proporre uno scontro fisico… in fondo, dovremmo essere persone adulte, no?”
“Eh Trunks… Persone adulte… E’ proprio questo il punto! Mio fratello sa... di non avere speranze contro di te… e immagino che avere la conferma di questa notizia, non sia stata la scoperta più esaltante della sua vita”

La loro attenzione venne catturata da un paio di vocine fin troppo famigliari: erano lontane, provenivano dalla camera di Bra, ma comunque si udivano abbastanza bene e soprattutto erano parecchio scoppiettanti!
Com’era facilmente prevedibile, l’armistizio fra le due ragazze era già miseramente caduto, lasciando il passo all’ennesima discussione:
“CHE COSA? Ma tu sei fuori di testa! Non metterò mai un vestito del genere! SCORDATELO!” sentirono sbraitare la moretta;
“Non cominciare a lagnarti, EH! Come pensi di andare al matrimonio? In jeans, maglietta e scarpe da ginnastica? O peggio ancora in tuta da combattimento? Ieri IO ho fatto spesa e TU adesso ti adegui! E senza fare tante storie! CAPITO!?” fu la secca risposta della principessina.

Proprio due dolci e amorevoli tesori.
In effetti quello sì che era davvero un problemone esistenziale insormontabile… altro che i loro discorsi seriosi!
Si guardarono in faccia e dopo aver constatato di aver elaborato lo stesso identico ironico pensiero, scoppiarono a ridere di gusto, ritrovando così il loro abituale affiatamento.

 


Angolo Autrice:
Eccoci qua! Ciao a tutti!
Come sempre ringrazio tutti i lettori per aver dedicato il loro prezioso tempo a leggere questo capitolo, calcolando fra l’altro, che pure questo mi è uscito un po’ lunghetto… portate pazienza.
E’ tornato Goten, vero? In effetti mi mancava un po’… era rimasto in panchina per diverso tempo!
Ho scelto lui perché in fondo penso che sia la figura più vicina ad entrambi.
Vicina in modo sincero, interessato e (quasi) obiettivo.
Bene, vi ringrazio nuovamente e… a presto!
Ciao

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Capitolo 9
*** 9 Capitolo ***


Albero della Vita
9 CAPITOLO


 

Per l’ennesima volta dal suo arrivo, si chiese per quale ignoto motivo fosse costretta a trovarsi in quella determinata situazione di cui, fra l’altro, non riusciva ancora a dare un giudizio preciso.
In realtà, il famoso motivo non era nemmeno così tanto ignoto, anzi, aveva pure un nome: la sua amicizia con una certa fata turchina… strega più che altro!

Doveva ammetterlo, era tutto estremamente elegante e raffinato lì.
D’altronde non poteva essere altrimenti visto che si trovavano  nella zona più esclusiva della città: le avevano spiegato che per questo eccezionale evento mondano, era stato addirittura riservato il palazzo storico, d’architettura occidentale, più maestoso e sontuoso, talmente rinomato da essere riconosciuto a livello internazionale.

Sì beh, in effetti… meritava.
La bianca facciata esterna era incastonata da ricche e lavorate decorazioni marmoree di varia natura che incorniciavano la poderosa struttura nella sua totalità, dall’imponente entrata ad arco ai cornicioni del tetto, passando per ogni singola fila di grandi finestre, marcapiani, balconi e tutte le angolature.
Il committente, al tempo, non si era fatto mancare proprio nulla!
Stesso discorso per gli interni: la maestria degli artisti più celebri dell’epoca si era concretizzata attraverso pregiate intarsiature in legno e inestimabili affreschi perfettamente restaurati.
Dal soffitto, poi, svettavano dei pomposissimi lampadari, composti da mille e più pendenti in vetro, in grado di emettere una luce così brillante da illuminare, da soli, l’enorme salone in cui era stato allestito il principesco banchetto nuziale.
La cura e la ricercatezza di ogni singolo particolare evidenziavano un’organizzazione a dir poco meticolosa e certosina: niente era lasciato al caso e niente doveva essere fuori posto! 
Arrivò a chiedersi se a tavola sarebbe stata in grado di utilizzare correttamente tutte quelle posate e i molteplici bicchieri perfettamente apparecchiati per ogni commensale.
Escludendo l’aspetto cerimoniale, le sembrava di visitare un museo o qualcosa di simile: un luogo dove vigeva il rispetto assoluto della forma e del protocollo.
Come se fosse stata in gita scolastica!
Mancava solo che si materializzasse davanti a lei uno dei suoi professori a spiegarle vita morte e miracoli di ogni dettaglio storico presente e sarebbe stata la fine.
Sospirò.

Così si diresse verso il grande atrio interno nella speranza di prendere una boccata d’aria da quella situazione piuttosto asfissiante, ma ciò che vide la lasciò senza parole: delimitato su tutti e quattro i lati da maestosi portici sorretti da innumerevoli robuste colonne, quel cortile era... completamente lastricato!
Nemmeno uno straccio di filo d’erba!
Altro che gita scolastica, le sembrava di essere rinchiusa in una prigione!
Ecco, sì, aveva trovato l’immagine che più si avvicinava al suo stato d’animo: dorata, signorile, lussuosa, ma sempre una prigione rimaneva!

In vita sua non aveva mai visto così tanto marmo lavorato concentrato tutto assieme: sulle pareti, i pavimenti interni, le lastre del cortile, i pilastri e tante, decisamente troppe, statue!
Proprio come una di quelle che si era ritrovata a fissare.
A pensarci bene quella scultura, raffigurante il busto serioso di chissà quale personaggio famoso, era l’esatta rappresentazione del suo pensiero circa tutta la situazione che la stava circondando: perfettamente scolpita, non si poteva negarlo, ma comunque di pietra.
Completamente priva di qualsiasi emozione vivente.
Ecco, quel luogo era come la statua: oggettivamente impeccabile, ma non le trasmetteva alcuna passione!
O chissà, forse, più che il luogo, era probabilmente la sua vitalità che si stava arenando sempre più, ormai se la sentiva fin sotto ai piedi, o meglio, sotto ai tacchi a spillo dei sandali che le aveva rifilato Bra.
Incantevoli pure quelli, ma dannatamente scomodi!

Scocciata alzò gli occhi al cielo e, neanche a farlo apposta, vide alcuni piccoli uccellini intenti a rincorrersi vispi e allegri.
Scosse la testa demoralizzata, era dunque ufficiale: persino la natura si stava divertendo a prendersi gioco di lei! Loro erano, lassù, liberi di esprimere la loro personalità e lei, invece, inchiodata lì a recitare la parte della brava donnina ‘aristocratica’.
Già, perché le veniva bene, poi, recitare!

Ripensò giusto alle parole pronunciate qualche ora prima da Bulma, mentre le stava passando lo smalto lucido sulle unghie perfettamente limate per l’occasione.
Era stata fin troppo chiara al riguardo; in netto contrasto con il tono affettuoso e materno utilizzato, l’avvenente turchina aveva snocciolato una serie di precise norme comportamentali da rispettare, categoricamente, senza se e senza ma.

Pan… oggi sei con noi, quindi ricordati che sei riconducibile alla C.C.
Pan… porta pazienza e ricordati di essere gentile ed educata con tutti;
Pan… ricordati che nel mondo degli affari non sono ammessi i NO! Eventualmente declini con stile;

Quelle parole l’avevano lasciata a dir poco basita: ad ogni ‘ricordati’ pronunciato si era sentita il guinzaglio al collo sempre più corto e, soprattutto, sempre più stretto!
Quella canaglia di Trunks, invece, si era divertita un mondo, lasciandosi scappare qualche sorrisino decisamente di troppo! Ma poi Bulma si era rivolta ad entrambi:

Trunks, Pan… avete tutto il tempo per poter stare assieme in tranquillità, ma oggi non è il caso di attirare l’attenzione: i giornalisti si fionderebbero all’istante! Tu, Trunks, forse ci sei abituato, ma Pan sicuramente no!

Lui aveva smesso di ridacchiare, dipingendosi sul viso una smorfia alquanto seccata; lei si era seriamente domandata se fosse stata ancora in tempo a scappare da quegli infausti programmi giornalieri. Purtroppo no.

Se non altro, Bra era stata sincera, non aveva affatto mentito o esagerato.
Quel dannato mezzo saiyan dai capelli viola era davvero super impegnato assieme alla madre in ‘public relations’ con personaggi di ogni genere e provenienza, sia uomini che donne.
Un po’ troppe donne a dire il vero e, soprattutto, troppo sdolcinate con lui!
Non voleva ammetterlo a se stessa, ma la boccata d’aria che era venuta a cercare dipendeva anche da questo spinoso dettaglio: sarcasticamente si chiese se dare corda ad ognuna di loro rientrava nel manuale del ‘perfetto uomo d’affari’!

Sbuffò infastidita, poi, senza farci troppo caso, spostò con fare deciso il peso del proprio corpo da un piede all’altro.
Fu un istante: nelle sue orecchie risuonò sottile e sibilino, un inquietante… Crack!
Colta alla sprovvista perse pure l’equilibrio, ma per sua fortuna riuscì ad appoggiarsi alla colonna vicina:
“Stupidissimo tacco buono a nulla! Dovevi spezzarti proprio adesso!?” sussurrò fra sé davvero irritata.
Ora, sì, che le sarebbe servito il massimo del suo autocontrollo per non sbottare o, peggio ancora, lanciare per direttissima quell’odioso sandalo fuori dal palazzo, rischiando di colpire chissà cosa e chissà chi!
La sua attenzione venne catturata da una voce sconosciuta, ma gentile: “Tutto bene, Signorina?”
S’irrigidì... No, che non andava tutto bene!
Sorreggendosi alla colonna, riacquistò la posizione eretta, poi, nervosa, voltò lo sguardo verso questo misterioso interlocutore, rimanendo completamente spiazzata dall’uomo che si ritrovò di fronte:
“Cos… ehm… lo sposo!?” mormorò fra sé dallo stupore.
Maledizione non le veniva in mente il suo nome! Proprio il suo! Che figure.
E soprattutto non era riuscita a tenere la sua boccaccia chiusa!
Dalla vergogna, avrebbe voluto davvero sprofondare nel terreno, ma le sue guance infiammate stavano già parlando per lei.
“In effetti non mi chiamano mai per nome! Sempre con gli appellativi più ricercati di questo mondo: Signore, Dottore, Ingegnere, Presidente, ma  devo ammettere che ‘Coso’… ecco, sì, mi mancava!” le rispose ironico, ma con tono elegante, dipingendosi in viso un’espressione sinceramente divertita.
“M-mi spiace, davvero! Non era assolutamente mia intenzione mancarle di risp…” provò a scusarsi imbarazzatissima
“Non occorre, a modo suo è simpatico! Migliore di tanti altri” le sorrise, poi continuò, mantenendo la sua cordialità: “Però, se ti va, puoi sempre chiamarmi Will: è il mio vero nome, e tu?”
“Io? Mi chiamo Pan” si presentò timidamente
“Pan?... Pan, Pan, Pan” meditò fra sé: “Sì certo, PAN! Ora ricordo!” si fermò un istante, impegnato a far mente locale su alcune immagini del passato, poi le sorrise, di nuovo, questa volta in modo più allusivo:
“Sei davvero incantevole dal vivo! Ora capisco” 
La giovane saiyan era a dir poco perplessa: era sicura di non averlo mai incontrato prima di quel giorno!
Come faceva a conoscerla?
Ma non ebbe bisogno di chiedere spiegazioni ad alta voce, dal momento che i suoi pensieri l’avevano preceduta, stampandosi direttamente in fronte, neanche fosse stata un libro aperto.
Per un secondo si chiese se la sua trasparenza non fosse più un difetto che un pregio, fatto sta che l’uomo proseguì sciogliendo i suoi dubbi; o forse ne creò di nuovi:
“Capisco perché Trunks, un po’ di tempo fa, standosene comodamente seduto sulla sua poltrona d’ufficio,  sorrideva felice e imbambolato ad un bizzarro volantino”
Già pronunciando il nome del lilla, la piccola Son aveva avuto un attimo di smarrimento, ma era soprattutto il rifermento a quel misterioso ‘foglio’ che la stava facendo impensierire non poco.

Volantino?
NO, non era possibile,
non poteva, non doveva,
le aveva assicurato che…

“Sì, quella caricatura non ti rende affatto giustizia! Ma riconosco che avere una cospicua ‘taglia sulla testa’ dia una certa… soddisfazione! E’ sicuramente un bel ricordo: un parco dei divertimenti, immagino?” rise di gusto per poi bloccarsi improvvisamente, mantenendo però il buon umore:
“Ops! Mi aveva fatto promettere di non farne mai parola con nessuno! Specialmente con la diretta interessata! Pazienza, ormai è troppo tardi” ma in fondo, si ritrovò a pensare, così aveva pareggiato i conti: il nomignolo che il Brief e il suo amico Son gli avevano affibbiato era davvero discutibile!
Solo perché aveva affidato parte dei suoi affari ad una donna davvero determinata, diventata, negli ultimi tempi,  molto più che un’ottima collaboratrice professionale, addirittura la sua attuale moglie.

Pan deglutì il nulla non volendo credere all’evidenza dei fatti: quel somaro di Trunks si era tenuto il suo manifesto da ‘piccola ricercata’ come souvenir del Pianeta dei Mercanti!
E un perfetto sconosciuto lo aveva pure visto! Doppiamente somaro!
Oh sì, dopo avrebbe fatto i conti con lui! Poco ma sicuro!

“Ma torniamo a noi, mia graziosa ospite. Devo assolutamente rimediare a questo increscioso incidente: sia mai che un tacco spezzato rovini il proseguimento della tua giornata! Se me lo lasci un secondo, lo faccio riparare al volo dal personale. Penso che con un po’ di colla si possa sistemare tutto, si è staccato giusto alla base del tallone” si offrì in suo aiuto, poi leggerissimamente imbarazzato ammise:
“… e poi diciamocelo: non ci faccio una bella figura se la mia Compagnia immette sul mercato un modello di calzature così delicato, che Alta Moda sarebbe? A dire il vero, tu indossi un paio di esemplari davvero esclusivi, non ancora lanciati ufficialmente: sei del ramo?”
Piacevolmente colpita dalla gentilezza dello sposo, Pan decise di impegnarsi al massimo per non ridergli proprio in faccia, anche se un paio di buon motivi l’avrebbero fatta sorridere di gusto.
Primo, la presunta scarsa resistenza dei sandali.
D’altronde lui non poteva certo sapere che un misero tacco a spillo non era certo in grado di sostenere la sua ‘regale grazia’ da vivace saiyan.
Il secondo, paradossalmente, era ancor più buffo: lei intenditrice di moda?
Sarebbe stato più facile fronteggiare uno dei suoi scimmioni dai capelli d’oro. 
“No, no! E’ stata BRA a conciarmi così, dalla testa ai piedi! E’ esasperante quando ci si mette” rispose con un cipiglio fra il rassegnato e l’imbronciato, porgendogli sandalo e tacco spezzato.
“Beh… Ti posso assicurare che non ti ha ‘conciato’ poi tanto male! Ora vado a portare a termine la mia missione di salvataggio. Aspettami qui!” e si congedò con un sorrisino divertito sulle labbra: sarebbe tornato a trattare personalmente con la Capsule Corporation, gli mancavano le chiacchierate con il Brief!
A giudicare dalle reazioni della ragazza, la sua simpatia per quella ‘piccola delinquente’ si era rafforzata parecchio.
Pan si era limitata ad annuire con le guance nuovamente accaldate dall’indiretto complimento: non c’era proprio abituata, di solito prendeva del ‘piccolo maschiaccio’.

Poi si soffermò a pensare a quella strana coppia di sposi.
L’incontro con l’uomo aveva confermato la sua iniziale sensazione di sole poche ore prima, quando l’aveva visto per la prima volta durante lo svolgimento della cerimonia: era una persona gradevole, gentile e sinceramente emozionato dall’importante giorno che stava vivendo, com’era giusto che fosse.
Era il primo matrimonio terrestre a cui partecipava, ma in lui rivedeva le autentiche sensazioni dei suoi amici alieni conosciuti su quel lontano pianeta. Sorrise.

La sposa, invece…
Senza rendersene conto, pensando a lei, si era ritrovata con il respiro trattenuto.
Non voleva emettere giudizi troppo marcati, ma era molto lontana dalla figura che si era immaginata.
Cercò nei suoi ricordi, ma l’esempio meno restio che le tornava alla mente era esattamente il luogo in cui si trovava: elegante, magistralmente organizzato e ‘perfetto’.
Perfetto, sì, ma nel senso, però, che niente doveva essere fuori posto, tutto così rigido ed intransigente.
Sarcasticamente pensò a quali nefaste conseguenze si sarebbero potute abbattere, nel caso qualcosa fosse sfuggito al suo meticoloso controllo o avesse urtato la sua sensibilità.
Un impercettibile brivido percorse la sua spina dorsale, ma attribuì la colpa al freddo marmo della colonna contro cui si era appoggiata. 
Dal viso e dal portamento di quella donna non trapelava alcuna emozione naturale, o meglio, lecitamente associabile all’evento di quel giorno: ‘evento’ non per la mondanità della festa, ma perché celebrava la scelta di vita di unirsi all’uomo che avrebbe dovuto… amare.

Insomma, dov’erano le sue emozioni?
I sorrisi imbarazzati, i luccichii agli occhi se non addirittura i lacrimoni, il groppo alla gola e la voce traballante nello scambiarsi le proprie promesse, il battito del cuore a mille, le farfalle nello stomaco o le dita delle mani tremanti sotto il peso simbolico di quel macigno in miniatura travestito da fede nuziale e, chissà… chissà cos’altro ancora poteva provare una donna innamorata il giorno del suo matrimonio!

Quel giorno era davvero alla pari di un qualsiasi altro meeting lavorativo, costellato da sorrisi forzati e atteggiamenti secondo il perfetto bon ton d’alta imprenditoria!?
Diamine! Persino Trunks nel recitare la sua parte da finta sposa ci aveva messo più ardore!
Certo il suo scopo era quello di raggirare il lucertolone, ma addirittura lui, nella sua farsa, era riuscito a trasmettere… un po’ più di calore!
Senza volerlo con lo sguardo incrociò ancora la stessa statua di prima. Ecco! Sembrava proprio come quella sposa: bella senz’anima.

I suoi cupi pensieri vennero interrotti dal ritorno del festeggiato con la calzatura perfettamente sistemata.
Dopo averlo ringraziato di cuore l’indossò immediatamente con un certo sollievo: fortuna che il brav’uomo aveva risolto la questione nel massimo riserbo, altrimenti sarebbe stata una seccatura non indifferente doversi sorbire le lagne di Bra.
“Felice di averti conosciuto, Pan! Ora devo andare, ti auguro un buon proseguimento!” si congedò cordialmente con un perfetto baciamano.
Imbarazzata gli rispose con un semplice sorriso, sperando di essere riuscita comunque a trasmettere il messaggio di sincera gratitudine nei suoi confronti. Poi si staccò dalla colonna per guardarlo sparire tra la folla, chiedendosi se davvero fosse felice, glielo augurava di cuore.


Chissà a cosa stava pensando di così importante?
Era talmente concentrata altrove, che lei non si era neanche accorta della sua presenza.
E sì che le era piuttosto vicino, ormai solo pochi passi li dividevano.
Tipico! Quante volte le aveva detto di non abbassare mai completamente la guardia, infinite!
Testarda e testona! Non lo ascoltava mai!
O forse gli tornava comodo pensarla così.
Probabilmente ad irritarlo veramente era il semplice fatto che lei non l’avesse notato al volo.
Così immerso nei suoi stessi pensieri, pure Trunks non si era reso conto dell’avvicinamento di un altro perfetto esemplare femminile appartenente a questa categoria di gran cocciuti.
Giunta silenziosamente al suo fianco, era stata proprio la nuova arrivata ad esordire la conversazione con tono suadente:
“Non mi dirai che sei geloso?” gli sussurrò divertita la piccola turchina, sicura del contrario: “Dimmi la verità: sono stata brava con lei, vero? Guarda che mi sono impegnata un sacco!”
“Ah lo vedo! Anche troppo!” rispose acido.
“Ma come? Non sei contento del risultato?” replicò lei con un sorrisetto davvero malizioso sulle sue labbra:
“Io, molto! Non passa di certo inosservata la tua bella! Ci sono parecchi uomini a cui scappa l’occhio” continuò a punzecchiarlo.
“Ecco, appunto! Diciamo che non mi sarebbe dispiaciuto poterla ammirare… per conto mio!” arrivò diretto al succo della questione, ma tanto la sua amorevole sorellina lo aveva già capito da un pezzo:
“Ma che egoista che sei! Cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: gli altri al massimo possono solo guardarla, tu sei l’unico che può… coccolarsela” e lo salutò con un bacetto sulla guancia di discutibile sincerità, senza farsi mancare un’ultima frecciatina: “Sai, sarebbe stato il mio asso nella manica, perché ti accorgessi di lei, ma a quanto pare, stanotte è bastato il mio bel pigiamino”
“Sparisci Strega!” troncò la conversazione, secco e indispettito.

Accorgersi di Lei? Persino un cieco l’avrebbe notata!
Alta e slanciata già di suo, con quei tacchi a spillo affusolati e fasciata da quel lungo abito da cerimonia bordeaux, elegante e seducente, era da togliere il fiato.
La scollatura per fortuna non era troppo esagerata, ma le spalline finivano per intrecciarsi dietro al collo sorreggendo il vestito in modo tale da lasciare completamente scoperte braccia, spalle e praticamente tutta la schiena, libere di mostrarsi in tutta la loro straripante sensualità, dal momento che i lunghi capelli corvini erano stati raccolti in un’acconciatura, semplice ma ben curata; se non altro, Pan era riuscita ad imporsi nel bandire, categoricamente, qualsiasi tipo di perline, farfalline, fiorellini o brillantini vari.
Come se non bastasse, quella piccola reincarnazione del diavolo di Bra, aveva aggiunto un accessorio davvero inutile, quanto altamente malefico: allacciato al collo scendeva lungo tutta la spina dorsale un sottile, ma diabolico, pendente che ad ogni minimo movimento si divertiva ad oscillare di qua e di là, ipnotizzando lo sguardo di qualsiasi curioso.
Come se andasse meglio quando lei era ferma!? Perfettamente dritta, la minuscola gemma che fungeva da terminale, puntava giusto al suo meraviglioso fondoschiena.         
Ah, giusto! Come ogni signor abito che si rispetti, poi, era dotato di un profondo spacco che ad ogni suo passo evidenziava l’incedere delle sue lunghissime gambe perfette.
Si meravigliò non poco che lei fosse, tutto sommato, in grado di camminare con un certo portamento, anche se era evidente il suo disagio.
Già disagio: almeno fosse stata una terribile femme fatale, in grado di calpestare l’iniziativa di qualsiasi incosciente che osava anche solo avvicinarsi, e invece, no.
Era pure timida e imbarazzata in quel contesto, decisamente fuori dal suo ambiente naturale, ovvio che attirasse ancora di più l’attenzione.   
Già si immaginava le grasse risate che si sarebbe fatto Goten ai suoi danni, rinfacciandogli spudoratamente di essersi dedicato ai suoi affari professionali, mentre altri uomini erano impegnati a mangiarsi con gli occhi la sua bella saiyan! Sicuro che sarebbe andata a finire così! E avrebbe pure dovuto dargli ragione!  
Sbuffò forte, maledicendo tutta quella situazione.
Ora i casi erano due: o coprirla con la propria giaccia per toglierla dalla visuale di qualsiasi altro esemplare maschile, oppure, portarla lontano da lì e... strapparglielo definitivamente di dosso, quell’abito!
Potendo scegliere liberamente non ci avrebbe pensato su due volte: la seconda opzione, sicuramente.
Gli toccò, invece, optare per una terza, sbiadita, soluzione di riserva: avvicinarsi a lei e farsi bastare la sua compagnia! Sperando, tra l’altro, che non fosse troppo seccata dalle, purtroppo scarse, attenzioni che era riuscito a donarle fino a quel momento, a causa di quell’ammasso di gente a cui dover rendere conto. 
Nelle speranza che gradisse il gesto, si armò di un paio di flute di pregiato champagne e le arrivò alle spalle sussurrandole allusivo:
“Non dirmi che d’ora in poi dovrò chiamarti Cenerentola?” e le porse il suo bicchiere, accettato senza esitazioni.
“Forse dovresti, sei il Principe Azzurro più scarso della storia!” provò a fare l’offesa, ma voltandosi verso di lui, i suoi brillanti occhioni tradivano la sua sincera gioia di averlo finalmente vicino.
Trunks sorrise, la sua piccola peste era adorabilmente incapace di mentire.
Poi si concesse alcuni istanti per osservarla meglio, arrivando alla triste conclusione che era una vera tortura non poterla quasi sfiorare: sul suo visino angelico svettavano un paio di meravigliose labbra rosso fuoco, sulle quali si sarebbe bruciato più che volentieri.
Per il resto il trucco era molto naturale, Bra aveva mirato a valorizzare l’espressività dei suoi occhi, oltre ovviamente a mandarlo giù di testa con tutto il resto.
Cosa aveva mai fatto di male, poi, per meritarsi una sorella del genere!? 
“Scusami, faccende di… lavoro” rispose sovra pensiero, spettinandole delicatamente la frangetta e arrotolandosi fra le dita una delle due sottili ciocche escluse dall’acconciatura per essere lasciate libere di ricadere fino alle clavicole.
“Sì certo!” lo freddò decisa, ripensando a quello sciame di vespe che continuava a ruotargli attorno.
“Gelosa?” ironizzò
“E tu? Cenerentola? Sei geloso dello sposo? E’ stato gentile, sai… se aspettavo te!” replicò imbronciata, poi ripercorrendo velocemente la conversazione avuta poco prima, si ricordò della sua colossale frottola:
“A proposito! Lui mi ha detto che sono più carina ‘dal vero’: ti dice niente?”
“Ehm…”
“Ehm… un tubo, Trunks! Sei proprio un bugiardo! Mi avevi promesso che quei tre volantini non avrebbero mai messo piede sulla Terra! E TU fai pure vedere il MIO, ad un perfetto sconosciuto?”
“Tecnicamente, c’è colpa ma non dolo, questo vale?” ripensando a quanto fosse stato ingenuo a farsi beccare, nel suo ufficio, con in mano proprio il suo volantino.
“Trunks!” la ragazza si stava un po’ innervosendo, ma in realtà aveva sfruttato il primo valido motivo che le era venuto in mente, per poter sfogare contro di lui tutta la frustrazione accumulata fino a quel momento.
Conscio di essere tremendamente in torto con lei per più di un motivo, primo fra tutti aver permesso che quel giorno si annoiasse a morte a quel dannato matrimonio, il ragazzo cambiò tattica: intrecciò le proprie mani alle sue, stringendole forte, e si avvicinò al suo orecchio sussurrandole la sua proposta di pace
“Hai ragione, scusami… Posso cercare di rimediare, invitandoti fuori a cena? Stasera, solo tu ed io! Te lo prometto” e le diede un leggerissimo bacio sulla guancia, fregandosene altamente se nei paraggi ci fossero stati o meno dei giornalisti inopportuni.
“Vuol dire che te ne devi già andare?” domandò lei, mogia, ottenendo come risposta un semplice cenno di capo affermativo.
Seguì un sospiro deciso e prolungato, probabilmente il più seccato di tutta la sua vita, poi rispose:
“Eh va bene! Ma guai a te se diventa una promessa da marinaio!”
“Grazie infinite per l’immensa comprensione! Il tuo buon cuore non ha davvero limiti!” rispose scherzoso a quelle pepate parole che sapevano più di bizzarra minaccia, anziché gentile accoglimento del suo invito; poi continuò:
“Comunque guarda che ci vediamo ancora: siamo tutti qui!”
“Vai via!” sbottò la moretta, lasciando le sue mani per incrociarle al petto: quel somaro aveva pure il coraggio di fare dello spirito!
Il visino alterato di Pan era davvero buffo, così Trunks decise di proseguire sempre più divertito:
“Farai la brava?”
“Assolutamente NO”
“Ottimo! Non avevo dubbi! Ora però devo andare… Ciao Amore Mio!” la canzonò all’inverosimile, ottenendo di rimando un borbottio incomprensibile che mal celava una colorata imprecazione.
“Ah, dimenticavo… Sei bellissima!” si congedò sulla stessa falsariga, anche se in realtà, sebbene stesse scherzando, quelle parole le pensava veramente.
“Vai all’inferno!”   

Da quel saluto fugace capì che le era mancato parecchio, forse troppo, in proporzione al reale tempo passato, e, a dire il vero, questa sensazione di ‘dipendenza’ da lui un po’ la spaventava.
La Pan del giorno prima, avrebbe riempito le ore con gli argomenti più disparati, non si sarebbe fossilizzata pensando in buona parte a lui; ma è vero anche, che nemmeno nelle sue più rosee aspettative, la Pan del giorno prima, poteva immaginarselo così vicino, le sarebbe sembrato di chiedere l’impossibile.
E invece, lei, la Pan del presente, quel giorno si era ritrovata a ricordare tutto quello che avevano vissuto realmente, molto più di quell’astratto ‘impossibile’ su cui aveva fantasticato, trovando quelle irritanti scocciature del suo lavoro, tremendamente pesanti da sopportare.
Sospirò ancora, sempre più frustrata.
Di una cosa era certa: sebbene quei ragionamenti ingarbugliati le togliessero la spensieratezza, non avrebbe mai barattato il vecchio ruolo di ‘amica’ con… questo nuovo... qualsiasi nome avesse di preciso.


In qualche modo il tempo stava passando.
In compagnia di Bra o Goten poteva rilassarsi, quando invece rimaneva da sola e doveva recitare la sua parte, viveva sempre una certa tensione che, tutto sommato, più o meno riusciva a gestire.
Però era davvero faticoso comportarsi secondo gli standard richiesti in nome del profondo legame che, in quel momento più che unire, l’INCATENAVA, nel vero senso della parola, ai vari esponenti riconducibili alla C.C.      
D’altronde se persino Vegeta si era scomodato a presenziare, un minimo di sforzo era costretta a farlo pure lei. A essere pignoli, però, non trovava propriamente corretto che lei fosse lì a impegnarsi all’inverosimile, mentre, Mr. Principe dei Saiyan, fosse libero di agire a proprio piacimento! Tradotto:
‘essere lasciato in pace da chiunque o, la Pace Eterna, al disturbatore gliel’avrebbe trovata fuori lui!’

Sorrise con una certa ammirazione, forse innocente invidia, dal momento che avrebbe tanto voluto liberarsi pure lei dall’ennesimo pinguino che stava cercando di socializzare con lei, chiedendosi, fra l’altro, se argomenti di alta finanza o politica internazionale fossero proprio gli esempi migliori per sostenere un’amabile conversazione: aveva fortissimi dubbi in merito.
Neanche a farlo apposta avendo parlato del diavolo, erano giusto spuntate le corna: Vegeta si era materializzato al suo fianco.
Poi con un’energica pacca sulla spalla, accompagnata da un’inquietante sadica espressione sul volto, invitò l’individuo a levarsi di torno, subito.
“Oh sì certo! M-mi scusi Signore! Ha una figlia davvero affascinante… Non volevo disturbare” disse parecchio turbato quel tizio, cercando istintivamente di ‘salvarsi’ la pelle: era talmente scosso da aver, clamorosamente, frainteso i loro comuni tratti distintivi da tipici saiyan!
Divertita Pan ipotizzò che, probabilmente, per quell’uomo in quel momento il loro colore di occhi e capelli, si era fatto più nero delle tenebre: se ne era andato immediatamente.
Per un attimo Vegeta aveva sgranato gli occhi e trattenuto il respiro; squadrò Pan e dopo aver pensato chissà cosa, scosse il capo in segno di negazione: decisamente no!
“Che hai da ridacchiare, mocciosa?” esordì scontroso come sempre, ma la ragazza faticava a tornare seria.
“Oh niente di che! Sai, sei stato il mio ‘salvatore’! Stavo solo ammirando la tua… ‘regale grazia’ nell’arte di convincere le persone!” mordendosi le labbra per cercare, inutilmente, di trattenere l’ennesimo sorrisino.
“Regale grazia? Ma senti chi parla! Se tutta questa gente ti conoscesse per davvero!” rispedì al mittente il discutibile complimento, ma in fondo non gli dispiaceva affatto la compagnia della mora: una gattina graffiante in mezzo a quell’esercito di galline starnazzanti che inchiodavano al muro quell’asino di suo figlio!
“EHI! Guarda che oggi sto ottenendo un discreto successo! Quindi la mia ‘grazia’ non dev’essere tanto male!” poi in modo ironico estrasse dalla piccola pochette alcuni biglietti da visita ricevuti, sfogliandoli come carte da gioco:
“Guarda qua! Abbiamo un certo Responsabile Marketing, o un Direttore Commerciale, o un Ingegnere Capo di chissà cosa! Come se dovessi inviare il mio curriculum proprio oggi!? Visto la mia ‘grazia’?” gli rispose allegra mantenendo il tono scherzoso.
“Voglio ben sperare che tu non abbia un intero mazzo di carte lì dentro?” poi si soffermò un attimo, incerto se continuare o meno, incuriosendo non poco la giovane Son: “A cosa stai pensando?” chiese lei.
“A niente! Beh se proprio vuoi saperlo, anche sul mio pianeta di origine… avresti riscosso un certo ‘successo’!” ghignò malizioso
“Davvero? Tipo una dama di corte?” chiese lusingata
“Non proprio, ma a corte ci saresti arrivata sicuramente. Non posso aggiungere altro” rispose misterioso
“Dai, su, dimmelo! In questa zona della Terra sei libero di esprimere il tuo parere, sai!”
“Beh, sarò pure libero di tenere per me, i miei pensieri privati, no?”
Pan sbuffò rumorosamente incuriosendo il Saiyan maggiore: se questa era la sua reazione, chissà come avrebbe reagito scoprendo la verità sui suoi lontani ricordi.
In fondo era lei che voleva saperlo, no?
“Avresti bazzicato per la corte della Famiglia Reale, questo sì” incominciò rimanendo sul vago.
“Addirittura! Una nobile!? Tipo una principessa?” azzardò la corvina, sapendo di esagerare.
Un ghigno diabolicamente divertito illuminò il viso del Principe, poi guardandola dritta negli occhi sentenziò:
“NO! Saresti stata una ricercatissima… Schiava personale! E in fondo, vedi, alla mia corte ci sei arrivata lo stesso... alla fine” ecco perché la figura di figlia, proprio, non le si addiceva.
Pan sentì ribollire il sangue nelle sue vene con un indescrivibile desiderio di massacrarlo di botte, ma per lo stesso stramaledettissimo motivo che la teneva soffocata da tutto il santo giorno, con uno sforzo immane, cercò di contenere e infine reprimere la sua bruciante rabbia: non si era mai sentita così offesa!
“Sta buona, mocciosa! Non penserai mica che i reali si abbassino a delle semplici sgualdrine! Diventavano ‘schiave’ le prigioniere di guerra particolarmente intelligenti e belle che anziché essere date in pasto all’esercito venivano dirottate alla corte reale per… un reciproco scambio di favori!” cercò di rabbonirla, a quanto pare la fantasia della ragazzina stava galoppando più del dovuto, poi proseguì:
“Infatti abbiamo ottenuto molte informazioni utili dalle ‘culture conquistate’ e che tu ci creda o no, quelle donne venivano in un certo modo rispettate, se collaboravano. Diciamo che in caso di ipotetica conquista della Terra, avresti fatto compagnia a quella pazza scatenata di Bulma! Lo stesso discorso valeva anche per le donne delle classi inferiori: sbaglio o sei la nipote di quell’odioso terza classe di tuo nonno? Vedi… terrestre e terza classe! Ma a quanto pare sul tuo pianeta hai fatto carriera: non sei la donna del figlio del principe?”
“Beh, se è per questo, allora anche Bulma ha fatto carriera! Evidentemente la mela non cade mai lontano dall’albero!” rispose asciutta e ancora piuttosto risentita, ma decisamente più tranquilla, poi continuò:
“Comunque a cosa devo l’onore della tua ‘regale’ presenza? Qui, proprio da me!”
“Bulma mi ha mandato a chiamarti! E conoscendo la mia ‘regale grazia’ ha pensato bene che nessuno avesse avuto da ridire, nel caso fossi stata… impegnata”
 

- - - -

Erano già diverse ore che i due saiyan si stavano affrontando senza esclusioni di colpi: calci, pugni, ginocchiate, gomitate e prese di ogni genere.
Aveva proibito i colpi energetici, altrimenti era sicuro che del Palazzo non sarebbe rimasta in piedi nemmeno una pietra.
Ciò nonostante, ad ogni loro scontro veniva sprigionata un’energia paurosa con un eco a dir poco assordante, sia che l’impatto finisse vincente contro il possente fisico dell’avversario o a vuoto contro le lastre di marmo della pavimentazione, ridotta ormai ad un ammaccato colabrodo per le ampie e numerose voragini createsi.
Tantissimi attacchi andati a segno, ma altrettanti prontamente parati o agilmente schivati dalle perfette tecniche di combattimento di entrambi.
Lo spettacolo a cui stava assistendo era l’eccellenza nel campo della lotta e quella in corso, poi… corpo a corpo… era da sempre avvolta da un fascino particolare: un’arte millenaria che univa la forza distruttrice della potenza fisica alla raffinatezza dell’abilità intellettuale, forgiando combattenti di altissimo livello.
Per il suo spirito guerriero, tra l’altro, era come se li stesse affrontando personalmente; poteva notare ogni singolo dettaglio: i muscoli tesi, la pelle madida di sudore, il rimbombante battito cardiaco nelle orecchie, ma soprattutto la determinazione nel loro sguardo.

Erano anni che quei due non si allenavano così intensamente, si ritrovò a pensare Junior, soprattutto Gohan.
Lassù in aria, dopo aver stordito il padre con una ginocchiata ben assestata allo stomaco, lo aveva fatto precipitare al suolo con un colpo da manuale: incrociate le mani e caricate le braccia fin sopra la testa, lo aveva colpito sul dorso, secco e potente, spedendolo alla velocità della luce contro il pavimento, dopo un volo di almeno una cinquantina di metri.
Il risultato di quello schianto fragoroso era stata l’ennesima colossale spaccatura di quello che, solo poche ore prima, era un maestoso cortile perfettamente lastricato.

Poi… assoluto silenzio.
I due guerrieri si erano concessi alcuni attimi di pausa per riprendersi.
Sul viso trafelato del più giovane si rincorrevano emozioni contrastanti, una sorta di agitata fermezza; quello del padre, invece, smaltita la botta, si era illuminato di un’impagabile soddisfazione: il piacere della sfida mescolato a tanto, tanto orgoglio.
Orgoglio per il proprio Figlio, diventato ormai uomo.

Lo vide sorridere e ripartire all’attacco.

Non c’era che dire: in quel momento gli teneva perfettamente testa ed era, effettivamente, da tempo immemore che non lo si vedeva così carico.
D’altronde, per curiosità, si era sempre chiesto, lui che era il suo maestro, fin dove sarebbe potuto arrivare il suo pacifico allievo con la sua incalcolabile forza se si fosse ‘applicato’ a dovere, ma alla faccia di suo padre e di tutti gli amanti del puro combattimento fine a se stesso, a Gohan era sempre servito un motivo, assolutamente personale, per… ‘lasciarsi andare’.
Fortuna che i ‘motivi personali’ la maggior parte delle volte erano di riconosciuta importanza universale.
Sorrise fra sé.  
Per Goku, invece, ogni occasione era buona per esercitarsi e in questo, doveva ammetterlo, ci metteva sempre il massimo impegno.
Ma quella volta era diversa dalle altre, c’era un’attenzione speciale: sapeva che il figlio, a modo suo, aveva bisogno di lui e di conseguenza ci stava davvero mettendo anima e corpo, oltre ad un notevole entusiasmo, nel fargli scaricare per bene la tensione accumulata nelle ultime ore e, chissà, forse in tutta la sua vita, visto che pure il padre non era esente da qualche tiro mancino.
 
Veramente strano a dirsi, quasi bonariamente ‘inquietante’, ma in quel momento lui e Goku la pensavano allo stesso modo: una volta sfogatosi dal punto di vista fisico, Gohan sarebbe stato in grado di ragionare in maniera più lucida e saggia, o almeno era questo il loro buon proposito.
Al saiyan maggiore, quindi, l’arduo compito di doversi sacrificare per questa nobile causa.
Che poi ‘sacrificarsi’ era un parolone: lo sapevano anche le pietre che in realtà, per lui, non era affatto un dovere, ma anzi, un vero e proprio piacere.

Alla luce di tutti questi pensieri ma, soprattutto, a causa del notevole polverone che in misura sempre maggiore rimaneva intrappolato sotto al portico, Junior, decise finalmente di spostarsi da lì per prendere una boccata d’aria fresca.
Continuò a godersi lo scontro dal limitare del grande piazzale circolare, all’ombra di una palma rimasta miracolosamente in piedi.
Dopo aver dato un’accurata occhiata tutt’attorno, inesorabilmente avvilito per l’immane lavoro di risistemazione che sarebbe seguito dopo, borbottò fra sé una colorata frecciata ai danni dei due diretti colpevoli: “Tsk! Saiyan!... Raffinatezza intellettuale, un corno! Solo un branco di scimmioni senza cervello!”

Detto questo si sedette in malo modo a terra con gambe e braccia incrociate, poi chiuse gli occhi: almeno lì sarebbe stato più libero di concentrarsi sui fatti della Terra.
 

- - - -

Dicono che la stretta di mano di una persona non sia solo un semplice gesto di convenzione sociale utilizzato in fase di presentazione, può indicare qualcosa di molto più profondo, persino alcuni lati nascosti del carattere della persona che sia ha di fronte, una sorta di biglietto da visita.

Allora Pan come avrebbe dovuto interpretare quel misero contatto fra la sua mano, offerta istintivamente in modo verticale in segno di amichevole parità e rispetto, e quella della Sposa che si era limitata a porgerle le punta delle dita in una stretta davvero debole, troppo debole, desiderosa di liberarsi di lei al più presto: non le era piaciuta per niente.
Se prima nutriva solo discutibili considerazioni su di lei, ora quella sgradevole presa fredda e molliccia, abbinata allo sguardo inquisitore dei suoi occhi, puntati contro di lei in cerca di chissà quali risposte, le avevano dato sufficiente convinzione per emettere il suo personale giudizio mentale: altezzosa e opportunista, avrebbe quasi detto ‘pericolosa’.

“Piacere di averti conosciuto, PAN” asettiche e false, quelle parole erano risuonate secche e pungenti come lo sparo di un proiettile, soprattutto il suo nome.

 


Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Scusate se anche questo capitolo mi è risultato un po’ lunghetto, ma volevo rendere subito l’idea di situazione e personaggi senza far passare troppe ‘puntate’.
Ringrazio come sempre tutti i lettori che decideranno di leggere e in particolare chi vorrà lasciarmi il suo parere.
Sperando di avervi tenuto un po’ di compagnia, vi saluto e alla prossima!
CIAO!

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Capitolo 10
*** 10 capitolo ***


Albero della Vita
10 CAPITOLO


 

Dal capitolo precedente:
…. altezzosa e opportunista, avrebbe quasi detto ‘pericolosa’.
“Piacere di averti conosciuto, PAN” asettiche e false, quelle parole erano risuonate secche e pungenti come lo sparo di un proiettile, soprattutto il suo nome.

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E pensare che era stata così entusiasta e gioiosa al pensiero di raggiungere il tavolo a loro assegnato, quando Vegeta, incaricato da Bulma, era venuto a chiamarla.
Finalmente avrebbe goduto della compagnia dei propri cari al gran completo, oltre al non trascurabile dettaglio che le prime portate erano in procinto di essere servite.
Ma poi, ancora in lontananza, l’aveva vista.
Lei… la sposa

Nella consueta prassi di salutare i propri ospiti, l’aveva notata proprio ai posti a loro riservati e nello specifico stava conversando giusto con la madre dell’amica.
Quella vista le aveva raggelato l’entusiasmo.
Già, ancora prima di sentire la sua voce, non nutriva particolari simpatie per la festeggiata, poi la presenza di Bulma aveva reso tutto ancora più difficile: prepotenti, le erano tornati alla mente tutti i vari ‘ricordati’ da rispettare.
Ma ci aveva provato per davvero a reagire.
Diamine, dopotutto non era più una bambina!
Doveva dimostrare, soprattutto a se stessa, di avere un briciolo di maturità, e quella era una ottima occasione per testarla.
Oltretutto non poteva permettere che tutte quelle stupidissime scocciature, rischiassero di rovinarle seriamente la giornata: con un po’ di pazienza, educazione e autocontrollo, sarebbe stata in grado di gestire al meglio l’imminente incontro ravvicinato.
Le aveva persino concesso il beneficio del dubbio: magari era una brava persona e le sue cupe impressioni iniziali erano solo il frutto di quella temporanea odiosa vita da prigioniera che era costretta a vivere. 
Con questa ritrovata determinazione e, soprattutto, una buona dose di speranza che tutto andasse per il meglio, si era ripromessa di accantonare mentalmente tutte le perplessità macinate nei suoi confronti e lasciare che la realtà dei fatti parlasse al posto loro.

Il risultato? Da dimenticare…

Versò dell’acqua nel raffinato bicchiere di cristallo e si bagnò le labbra scarlatte con un piccolo sorso: non riusciva proprio a smettere di pensarci.
Si erano seduti a tavola già da un buon quarto d’ora e da allora non aveva ancora pronunciato una sola parola.
Estraniatasi completamente dal chiacchiericcio degli altri commensali, la sua mente si era concentrata su un unico pensiero: quella donna.
Continuava a ripercorrere ogni singolo istante e sottile sfumatura legati a quella disastrosa presentazione appena terminata, chiedendosi soprattutto il Perché di tanta Ostilità nei suoi confronti.
Uno sguardo velenoso e inquisitore, un contatto ritroso e parole false, cariche di astio: non sarebbe potuto andare peggio.
Se non altro, una parte di lei era soddisfatta per essere riuscita a gestire la situazione senza dar di matto, anche se non era da escludere il fatto che, probabilmente, era rimasta talmente spiazzata da non essere stata in grado di elaborare alcuna risposta adeguata.
Forse agli occhi umani la sua mancata reazione poteva essere scambiata per apparente calma, ma di certo non poteva ingannare se stessa.
E sì che lei aveva davvero sperato di ricredersi, di approcciarsi con una persona affabile quanto il marito, ma invece aveva ottenuto solo la bruciante conferma dei sui pensieri iniziali.  
In realtà l’inizio era stato abbastanza promettente con Bulma che l’aveva annunciata come una carissima amica di famiglia, suscitando nella sposa una certa forma di… considerazione.
Tutto era poi silenziosamente degenerato quando la Sig.ra Russell, questo era il nome all’anagrafe, aveva scoperto il suo di nome: Pan.
Si era rabbuiata all’istante.
Per quale diavolo di motivo, poi?
Non le piaceva?

Chiuse gli occhi e sospirò: quella giornata la stava davvero logorando, e ora ci si era pure messo un fastidioso mal di testa a tormentarla, forse avrebbe fatto bene a prendersi una boccata d’aria fresca.
“Ehi, Pan, va tutto bene?” si sentì chiamare da una voce incredibilmente dolce, mentre il dorso di una mano le lasciava una delicata carezza sulla guancia.
Stupita non poco per il sincero e affettuoso interesse ricevuto, la piccola Son si voltò immediatamente: di solito Bra, con lei, non era esattamente il ritratto della gentilezza.
La risposta della mora si limitò ad un cenno del capo e un sorrisino appena accennato.
“Dai su, vedrai che anche Trunks fra poco ci raggiungerà” continuò mantenendo lo stesso tono amichevole.

Già Trunks!
Dannato lui e il suo schifoso lavoro! Dov’era finito adesso?
Sì! Aveva decisamente bisogno di starsene un pochino da sola, giusto il tempo di fare due passi, poi sarebbe tornata: “Arrivo subito, vado un attimo… in bagno”
“Ti accompagno?” si offrì la principessina
“No grazie, ce la posso fare anche da sola!” sorrise più convinta e perfino divertita: a differenza dell’amica non le serviva l’aiuto psicologico per raggiungere la toilette; anche perché sarebbe stato davvero preoccupante dover temere di percorrere in solitudine il ‘tortuoso’ tragitto tavolo-bagno-tavolo.

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Posizionò le proprie mani sotto il rubinetto all’altezza del sensore e l’acqua cominciò a scorrere.
Rimase lì, sotto il getto rinfrescante, fermo e immobile.
Non gli sembrava di chiedere molto... cinque minuti.
Cinque minuti di sospirata tregua dal suo ruolo, che mai come quel giorno lo stava soffocando, appiccicato addosso come un maglione di lana in piena estate.
Operativamente parlando non era molto diverso da tutti gli altri, vissuti e stravissuti da una vita ormai, ma c’era una piccola, unica, immensa differenza: Pan
Doveva ammetterlo, era stato troppo precipitoso.
Ammaliato dall’idea che avrebbe avuto la possibilità di vederla in qualsiasi momento della giornata, non aveva assolutamente ostacolato il piano titanico della sorella, anzi probabilmente lo aveva pure implicitamente favorito.

Ora la voleva così tanto…
Voleva semplicemente averla vicino e, per assurdo, quei pochi passi di distanza l’uno dall’altra sui quali aveva fatto così tanto affidamento, li tenevano separati più che mai.

Idiota! Idiota! Idiota!
Idiota per una serie infinita di ragioni legate fra loro da un comune denominatore, la sua piccola saiyan.
Conoscendola, come minimo non avrebbe mai più voluto saperne di partecipare a un qualsiasi altro evento, neanche se le avesse giurato che sarebbe stato a scopo di beneficenza: già immaginava le parolacce da fuoco che avrebbe preso alla prima occasione utile o addirittura una seduta di allenamento straordinaria per sbollirsi un po’… fortuna che rimaneva pur sempre per tre/quarti umana!
Sorrise
   
Ma non aveva assolutamente preso in considerazione il fatto che fosse lui, invece, a perdere l’impeccabile controllo e lucidità di pensiero che tipicamente lo contraddistinguevano: di tutte le conversazioni avute fino a quel momento non ricordava una sola parola!
Ironia della sorte, poi, più si era impegnato a concluderle in tempi brevi e più, paradossalmente, quelle chiacchiere inutili si erano protratte all’infinito… che nervi!
E la sua mente?
Simpatica, molto simpatica.
Già parecchio combattuto nel dover forzatamente ascoltare l’interlocutore di turno, lei, si divertiva a riproporgli i ricordi più svariati della sua piccola scimmietta, oppure, si ingegnava proprio a creare nuove situazioni, immaginandola lì accanto a lui a commentare gli argomenti discussi o, meglio ancora, a suggerirgli di mandare tutto al diavolo e seguirla in allettanti alternative.
Visioni dolci, ironiche, buffe, sensuali…. di tutti i tipi.
Aveva persino smesso di contare il numero di volte in cui aveva dovuto riprendere l’andamento dei suoi pensieri, tanto era diventata una causa persa in partenza.
Sicuro che andare a sera, sarebbe stato lui a sclerare, alla faccia di tutte le raccomandazioni di sua madre rivolte a Pan.
 
Quella ragazzina era sempre stata in grado di esercitare un potere incredibile su di lui, riusciva a sfruttare il più piccolo spiraglio concesso, per insinuarsi nel suo cervello forte e potente.
Devastante come un tornado, era addirittura capace di arrivare a spazzare via qualsiasi altro suo ragionamento in corso.
Un conto, però, era gestire i pacifici e innocenti pensieri rivolti ad una bimbetta pestifera, ben altro accorgersi che il tempo passa. Pan era cresciuta e con lei i suoi stessi sentimenti.
Aveva rischiato il punto del non ritorno: non poteva assolutamente permettersi di mischiare l’impeto generato dalla crescente simpatia che la sua mentre nutriva per lei, con… con gli incontri di altre donne.    
Da evitare nel modo più assoluto!
Così quando, mesi prima, la situazione si era fatta davvero ingestibile, rendendosi conto di camminare su un terreno estremamente instabile, tendente alle sabbie mobili, il suo buonsenso lo aveva costretto a prendere una drastica decisione.
In rispetto di tutto e di tutte, aveva deciso di togliersi dai giochi, nella speranza che la strada della ‘meditazione’ intrapresa lo portasse all’ambito traguardo finale: ottenere pace e chiarezza nel suo animo agitato.
E ora quasi non credeva di essere davvero arrivato a destinazione proprio con la sua Pan!
Temeva che in qualsiasi momento il sogno che stava vivendo andasse in frantumi o peggio ancora si trasformasse nel suo peggior incubo; ma avrebbe estirpato sul nascere qualsiasi minaccia, piccola o grande, lontana o vicina, per proteggere la loro storia.
Meglio allora cominciare da quelle molto vicine: la sua rinomata collega d’affari, nonché attuale sposa in corso di festeggiamenti. 
Impegnato nell’ennesima chiacchiera perditempo, aveva assistito solo da lontano al velenoso incontro della fredda sposa con la sua piccola saiyan; era già piuttosto risentito con quella donna e quella sua inutile dimostrazione di superiorità verso la sua amata, gli aveva dato immensamente fastidio.
Poteva senza dubbio ingannare un qualsiasi umano, ma non lui.
A causa sua, ora, l’aura di Pan era lontana anni luce dalla tranquillità.
L’unico suo dubbio era capire come muoversi, dal momento che eliminarla fisicamente non rientrava nella lista di opzioni autorizzate: magari avesse potuto pestarla come una piccola biscia!

Finalmente si riprese dalle sue lunghe considerazioni, chiedendosi, tra l’altro, per quanto tempo fosse rimasto a fissare a vuoto il rubinetto pregiato, completamente ipnotizzato dal piacevole effetto dell’acqua fresca su mani e polsi; ma ne aveva avuto proprio bisogno, gli aveva liberato la mente.

Si asciugò e uscì dal bagno con l’unico obbiettivo di raggiungere Pan.
Percorse qualche metro, poi si fermò un istante, indeciso se passare lungo i solenni corridoi interni o attraversare il cortile lastricato: scelse quest’ultima soluzione, sicuramente era la più breve ed arieggiata.
Fece per ripartire, ma una voce inaspettata lo richiamò, cogliendolo leggermente di sorpresa; non si aspettava di incontrarla così vicino, aveva stimato una distanza maggiore:
“Buongiorno, Mr. Brief” esordì ambigua
“Buongiorno, Mrs. Russell” rispose educato, ma serio: la sua sola vista lo irritava.
“Oh, andiamo Trunks… Come sei formale?” proseguì, raggiungendolo nel giro di qualche passo e fermandosi giusto difronte: “In fondo noi ci conosciamo bene, no?” sorrise allusiva.
Istintivamente si ritrovò a pensare che l’immagine della piccola biscia non era il paragone più appropriato, le  si addiceva molto meglio quella di una pericolosa vipera portatrice di possibili minacce.
Ma non aveva alcuna intenzione di recitare la parte della preda indifesa:
“Temo di non conoscerti affatto. Come non conoscevo il tuo essere felicemente Impegnata. Avrei gradito saperlo… per tempo” replicò tagliente, rinfacciandole di avergli mentito su una questione tanto importante: quella era stata in assoluto la cazzata più grossa della sua vita e potendo tornare indietro nel tempo, avrebbe evitato volentieri.
Non si considerava certo una vittima, ci mancherebbe, ma un po’ di rispetto sarebbe stato d’obbligo: averlo saputo, non si sarebbe mai sognato di tradire l’amico e collega.
Per cosa poi?
Sesso... Stupido, dannato sesso.
Anzi, no… Lui era lo stupito!
Stupido, stupido, stupido!
Farsi beffare peggio di un ragazzino alle prime armi.

Il solo ricordo gli fece ribollire il sangue nelle vene: istintivamente strinse le mani a pugno, dato che prudevano dalla malsana voglia di appenderla al muro per il collo.  
Se non altro, la malafede di quella donna era stata determinante nella concreta realizzazione del suo buon proposito: da allora non era più uscito con nessun altra.

La sua interlocutrice non aveva risposto, ma le sue labbra si erano incurvate in un ghigno vittorioso, a rimarcare l’ovvietà del motivo per cui aveva, volutamente, omesso un’informazione così essenziale.
Non c’era molto da capire: in quel modo lei aveva vinto e lui era stato l’ambito premio in palio… o forse il giocattolino di turno.
“Davvero saperlo avrebbe fatto tanta differenza? Sai, a breve dovremo chiudere altre commesse… Potrei venire io a… gestire la trattativa” lo provocò maliziosa.
Trunks non voleva credere alle sue orecchie: sicuramente era molto abile e, doveva ammetterlo, perfino competente nel suo lavoro, ma l’arrivismo e l’opportunismo di cui era dotata erano insopportabili… chissà quante volte era arrivata a sfruttare l’aspetto attraente che Madre Natura le aveva gentilmente concesso per ottenere i suoi scopi professionali o privati.
Ma soprattutto, con che faccia tosta aveva il coraggio di parlare così? Dove stava la morale di quella donna?
Gli ci volle un notevole sforzo fisico per cercare di contenere il picco di rabbia che lo aveva investito, ma per sua fortuna il briciolo di lucidità mentale rimasto attivo arrivò in suo aiuto, ricordandogli che quella donna così meschina non meritava la sua minima attenzione:
“Non disturbarti... Immagino che una brava Moglie abbia questioni più importanti a cui dedicarsi”
“Tranquillo, per te ritaglio volentieri un po’ di tempo” propose sottovoce, sfiorando il braccio del giovane presidente con le dita della mano; quasi con ribrezzo il saiyan si ritrasse immediatamente dal quel contatto, come se avesse percepito sulla pelle la punta dei denti veleniferi di quella serpe, pronte a morderlo.  
“Il tuo tempo? Non mi serve! Tratterò volentieri con tuo Marito” cercò di chiudere la conversazione.
Il viso della donna si fece pensieroso e parecchio cupo; poi, mostrando il profondo risentimento per le deduzioni a cui era arrivata, rispose acida toccando un argomento particolarmente delicato:
“E’ per Lei, vero? Quella ragazzina al vostro tavolo! Andiamo, Trunks, che intenzioni hai? E’ solo una bambina, cosa vuoi che sappia di come funziona il mondo? Devi cercare una donn...”
“TACI! Non dire un’altra sola parola!” le ringhiò freddo e gelido, in netto contrasto con la furia che imperversava nel suo animo; quel discorso era ad un soffio dal fargli perdere completamente la razionalità, e questo, proprio, non poteva permetterselo, andava troncato immediatamente. Proseguì quasi minaccioso: “Occhio! Occhio a quello che dici! Quando parli dovresti pensare bene alle parole che pronunci! Tu nemmeno la cono…” stava per continuare, ma venne bruscamente interrotto da una stilettata che si sarebbe ricordato a vita:
“Bravo! Hai ragione: pensare prima di parlare! Allora comincia TU, Trunks! Immagino tu sia molto impegnato in questo senso… ma quando sei a letto… con una qualsiasi delle tue tante donne... non è elegante chiamarla con il nome di un’altra! Non. mi. chiamo. PAN!” sibilò a denti stretti, velenosa quanto la vipera più mortale del Pianeta.
Sul viso della donna ora campeggiava uno sguardo carico di rancore, abbinato però ad un sorrisetto malvagio che mal celava la sua profonda, cinica soddisfazione: alle spalle del ragazzo, nel grande specchio appeso alla parete del muro, aveva visto riflessa proprio l’immagine di quella odiosa ragazzina; nascondersi dietro a quella colonna non l’aveva protetta dal morso letale delle sue parole!
In un modo o nell’altro, doveva essere lei la vincitrice e in quel momento, calibrando bene determinati vocaboli, aveva perfettamente raggiunto il suo obbiettivo finale: vendetta.
Una sottile e perfida vendetta verso quel ragazzo che aveva osato offenderla come non mai e, ancora meglio, verso quella insignificante bimbetta che l’aveva soppiantata nelle classifica delle priorità, proprio durante il suo passatempo preferito!


Trunks sgranò gli occhi e giurò a se stesso di aver perso un battito del suo cuore.
All’epoca si era accorto della sua crescente difficoltà nel saper gestire testa, cuore e corpo, ma in mezzo a tanto marasma, aveva sempre pensato di essere riuscito, in qualche modo, a non combinare disastri, e invece…

Più violenta di un colpo energetico, quella donna gli aveva sbattuto in faccia quell’inquietante verità che aveva sempre temuto e rinnegato, confinandola a forza nei meandri più lontani della sua mente: non pensava proprio di essere caduto tanto… in basso.
Come aveva potuto lasciarsi sfuggire il nome dell’unica creatura vivente per la quale valeva la pena di vivere, proprio in un frangente del genere: avrebbe voluto disintegrarsi da solo, con le sue stesse mani.
Provava una rabbia immensa, soprattutto verso se stesso, e in parte verso quel velenoso serpente tentatore di fronte a lui; ma allo stesso tempo si sentiva tremendamente in colpa verso la sua Pan.

Già Pan…
Il pensiero di lei rimbombava, assordante, nella sua mente vuota.
Troppo vuota e lei troppo presente... troppo vicina… troppo…
Si girò di scatto e la vide appoggiata alla colonna in marmo: Pan!
Sul suo viso inespressivo, due silenziose e solitarie lacrime le rigavano le candide guance.
Poi la vide sparire.

Si sentì morire
Avvertì un brivido, un gelido brivido di paura
Paura di… perderla… di nuovo

 
Una paura tanto diversa, ma allo stesso tempo così simile a quella provata solo qualche anno prima su quello sperduto pianeta.

Possibile che a rimetterci, fosse ancora lei?
Se la Sorte aveva un conto in sospeso con lui, perché doveva coinvolgere proprio lei?
Che domanda stupida….

E’ molto più facile difendersi direttamente, che vada bene o male, lo scontro coinvolge solo la propria persona; infinitamente peggio quando a pagarne le conseguenze sono le persone più importanti della propria esistenza, persone che si vorrebbe proteggere persino da una bolla di sapone, figurarsi da tanto odio.
E quella schifosa, spregevole Sorte lo sapeva bene, arrivando a confezionare una rivincita memorabile: nel suo caso, non c’era attacco più devastante che vedere colpire Pan… questa volta addirittura a causa sua!

Rivincita, una sporca rivincita
No... nessuna rivincita...
Avrebbe giocato, per vincere di nuovo!

Era già riuscito una volta a vanificare i suoi progetti, ci avrebbe provato anche questa volta.
Aveva l’aria di essere un’impresa disperata, ma avrebbe fatto l’impossibile per recuperare la fiducia di Pan.
Si voltò un secondo, giusto il tempo di incenerire con un’occhiataccia assassina, quella che a tutti gli effetti sembrava essere la rappresentazione simbolica della sua reale avversaria: quel giorno in abito bianco, l’altra volta nei panni di alieni metallici.
Mentalmente sorrise amaro al ricordo di quest’ultimi: magari quella donna potesse sapere quanto fosse facile, per lui, concretizzare l’espressione di ‘occhiata assassina’, soprattutto assassina, ma per sua fortuna, le priorità in quel momento erano altre, l’aura di Pan era sempre più instabile.

Poi si allontanò di qualche passo raggiungendo, senza un motivo preciso, proprio quella colonna ora inesorabilmente sola.
Qui si fermò per cercare di riordinare le idee, più che altro per trovarne almeno una: localizzarla non era un problema, il suo ki parlava da solo, ma quando l’avrebbe raggiunta si sarebbe dovuto confrontare con lei.
Cosa le avrebbe detto?
La sua mente e il suo stato d’animo erano in preda a sensazioni così caotiche e confusionarie che lo stavano letteralmente mandando in tilt, lasciandolo in balia del nulla, proprio ora che ne aveva più bisogno.
Chiuse gli occhi nella speranza di un’illuminazione, ma l’unico segnale che percepiva forte era l’agitazione del suo cuore: i suoi frenetici battiti cardiaci stavano martellando, insistenti, timpani e tempie, annullando la sua concentrazione e aizzando il nervosismo.

A un certo punto si sentì afferrare al braccio: una stretta forte, sicura, che non ammetteva repliche, ma allo stesso tempo capace di infondergli coraggio, buonsenso e un po’ di equilibrio.
Si voltò verso il proprietario di quell’energica mano e incrociò lo sguardo intenso di un paio di occhi famigliari, neri più della notte.
Con voce seria, ma calma si sentì chiedere un diretto: “Ami davvero quella ragazzina?”
Il ragazzo rispose semplicemente con un misero, quanto disperato, cenno di assenso con il capo.
“Allora smetti di pensare, vai e basta! Ti guiderà il tuo istinto” poi stringendo maggiormente la presa proseguì:
“Trunks, Lei è un osso duro: cocciuta e testona! Quindi non osare a limitarti per rispettare qualche stupida morale terrestre! Non importa cosa farai… se necessario giocati il tutto per tutto! Ma non voglio rimpianti, hai capito!? Questo è uno dei pochi validi motivi per cui vale la pena arrivare a scomodare persino il tuo sangue reale da Saiyan! Ricordatelo” concluse liberando il braccio e cercando di mantenere un tono severo, che però mal celava un certo imbarazzo per la sua evidente intromissione nel ruolo di genitore.
In quelle parole il giovane ci lesse una rara dimostrazione di profondo affetto che rianimò non poco il suo disastrato entusiasmo, gliene fu veramente grato: “Lo farò! Grazie, papà”
“Non me ne faccio niente dei tuoi ringraziamenti: sparisci e recupera quella piccola canaglia! E non osare tornare a casa senza la tua Donna” concluse leggermente acido, solo per recuperare la sua apparente impassibile fermezza.
Trunks abbozzò un sorriso incerto, poi partì alla ricerca di Pan.


“Tsk… Mocciosi terrestri!” sussurrò a se stesso Vegeta, alzando gli occhi al cielo e sbuffando: uno l’aveva appena sistemato, ora ci si metteva quell’altro arrivato di corsa a fare chissà che!
“Fermo Goten! Cosa pensi di fare? Stanne fuori! Guai a te se ti intrometti! Mi sono spiegato?” non era un avvertimento, ma un vero e proprio ordine, tendente alla minaccia.
“Che cosa? Ma la senti l’aura di Pan? Pensi che io possa rimanere qui, come se niente fosse? Non posso e non voglio!” obbiettò il Son convinto.
“Oh, invece lo farai eccome! Tuo fratello sta già dormendo pacifico, vedi di non fare la stessa fine! Ci metto mezzo secondo!” rispose il Principe sarcastico e allusivo: l’aura di Gohan si era bruscamente ed improvvisamente ammansita, qualcosa gli diceva che il padre lo avesse temporaneamente messo fuori gioco.
Dannato Kakaroth, lui e il suo teletrasporto!
Per fermare il figlio, quel giorno, era l’unica spiegazione plausibile.
Goten rimase momentaneamente senza parole, poi si riprese:
“Ma.. ma Vegeta, ti rendi conto, vero? Non conosco il motivo, ma Pan adesso è tutto fuorché affidabile, sai cosa intendo?” riprese la parola il ragazzo, piuttosto preoccupato. 
“Lo sai, il motivo è relativo, può avere torto o ragione, non ha alcuna importanza” replicò apparentemente atono.
“Che cosa? Perché Vegeta? Perché?” chiese quasi sconvolto, avendo intuito il vero motivo per cui non voleva intrusioni.
“Tua nipote deve capire… Deve capire quali sono i suoi limiti in base alle sue capacità! Nelle sue vene scorre sangue potente, forse troppo… Questo lo capisci, vero? E poi c’è Trunks con lei, non dovrebbe succedere niente di apocalittico…”
“Appunto che c’è Trunks con lei! Sai che Pan sarà fuori di sé, si sfogherà proprio contro di lui, sicuro! E’ questo quello che vuoi? A lui non hai pensato? Capisco che Pan debba conoscere i suoi limiti, ma c’è una storia da salvare! La loro”
“Lo so…”
“E Trunks, lo sa?”
“Sei fastidioso, moccioso”
“Non mi hai risposto!”
“Uff… Se è destino, staranno assieme, sempre e comunque… altro non so dirti” poi si allontanò da solo, lasciando Goten alquanto basito.

Certo la Terra non rischiava nulla e non stavano neppure affrontando nemici universali, erano lontani anni luce da queste ipotetiche catastrofi,  ma la relazione fra il figlio e Pan poteva rivelarsi un’arma a doppio taglio: come un potente carburante, il loro sangue saiyan poteva alimentare la passione del loro amore o innescare reazioni dalle conseguenze distruttive.
Si augurò che Trunks, oltre a saper guidare una meravigliosa auto sportiva, sapesse gestire una possibile accecante esplosione d’ira.

Percorse qualche passo lungo il corridoio e poi la vide.
Quella donna pericolosamente insignificante, materiale artefice del pandemonio creatosi, era impegnata a dare disposizioni ad una cameriera; quest’ultima una volta ricevute tutte le direttive, si allontanò per riprendere servizio, lasciandola sola.
Un ghigno sarcastico incurvò le labbra del saiyan: se al posto di quel misero corpo umano, avesse animato quello di un potente guerriero, quella femmina cinica e bastarda sarebbe stata meritevole di una certa considerazione… Almeno un saluto glielo doveva, no?

Tenendo inchiodato il freddo sguardo dei propri occhi color tenebra, in quello altezzoso e compiaciuto della sposa, con andatura sicura e determinata la raggiunse con studiata calma, molta calma, giusto il tempo di fossilizzare l’attenzione della donna su di sé.
Giuntole di fronte, con voce bassa e volutamente sensuale, le rivolse la parola:
“Le sue abilità in campo imprenditoriale sono davvero ammirevoli, Mrs. Russell” suscitando nella donna un sorrisetto carico di orgoglio e sottile soddisfazione, accentuata ancor di più dal fatto che conosceva perfettamente il grado di parentela del suo nuovo interlocutore con il Brief.
Il saiyan se ne accorse, anzi in un certo senso ambiva ad ottenere questa reazione.
Pericolosamente si avvicinò a soli pochi millimetri dal suo orecchio, dove rimase fermo e in silenzio per qualche attimo più del dovuto, affinché l’ambiguo soffio del proprio respiro solleticasse per bene la sua pelle… fortunatamente per lei, troppo delicata e soprattutto inadeguata alle sue reali intenzioni.
Infine con precisa e calcolata lentezza proseguì in un sussurro maliziosamente allusivo:
“Ora mi chiedo... con la sua proficua gestione e i numerosi clienti… quanto riesce a guadagnare… all’ora?”
Intelligente com’era, quella donna aveva senz’altro colto il ricercato eufemismo.

Sorrise soddisfatto: se fosse stata presente, la mocciosetta di suo figlio si sarebbe dovuta ricredere circa la sua ‘regale grazia’…
Infondo, quando voleva, sapeva esserlo un Principe, no?

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Capitolo 11
*** 11 capitolo ***


Albero della Vita
11 CAPITOLO

 


“Ti accompagno?”
“No grazie, ce la posso fare anche da sola” sorrise più convinta e persino divertita… sarebbe stato davvero preoccupante dover temere di percorrere in solitudine il ‘tortuoso’ tragitto tavolo-bagno-tavolo.

---

Salutata l’amica, Pan si diresse verso la grande vetrata che dava sul cortile interno.
Oltrepassò la soglia lasciata volutamente aperta per il libero passaggio di chiunque, fra ospiti e personale di servizio, e poi si fermò un istante alla prima colonna vicina: ci si appoggiò e chiuse un attimo le palpebre.
Stavano diventando sempre più insistenti quei rintocchi petulanti che battevano dritti alle tempie; il loro seccante effetto, poi, si propagava come cerchi nell’acqua per tutto il resto del capo arrivando ad infastidire persino gli occhi, ora incredibilmente lucidi e indeboliti.
Perfetto, davvero perfetto!
Un seccante mal di testa a completare l’opera era proprio quello che le mancava: la classica ciliegina sulla torta!
Tirò un lungo sospiro, poi li riaprì, alzando malinconicamente lo sguardo verso il cielo limpido: se avesse potuto farlo, avrebbe spiccato il volo all’istante.
Ma non poteva…

Si sentiva stanca, tremendamente stanca, di recitare quel ruolo di raffinata signorina che la situazione imponeva: la stava logorando nel profondo, nello spirito, e di conseguenza anche il fisico stesso cominciava a risentirne.
Era davvero difficile limitarsi così tanto, andava decisamente contro la sua natura vivace, ribelle e impulsiva.
Ma aveva deciso di mettersi alla prova affrontando questa velata sfida, nonché reale occasione di maturità.
A maggior ragione per il fatto che a proporgliela, indirettamente, erano state persone a cui era molto legata: passi per Bra il cui vero intento, forse, non era esattamente questo, ma se tutti gli altri avevano in qualche modo acconsentito, significava un’unica cosa: si fidavano di lei.
Era questo il vero motivo che solo poche ore prima, quella stessa mattina, l’aveva spinta ad accettare quell’assurda proposta di partecipazione a quel dannatissimo matrimonio: dimostrare a tutti loro di essere all’altezza delle loro aspettative! Ci teneva davvero tanto a ricambiare la loro fiducia.

Già ricambiare
Ri-cambiare…

Un qualsiasi legame sociale costruito su questo preciso fondamento, che sia poi amicizia, amore, affetto famigliare, lavoro o altro ancora, si basa sul concetto di Dare/Avere: in proporzione a ciò che si riesce a dare, si spera di avere qualcosa in cambio... magari con la preziosa e cortese collaborazione di una certa ‘Signorina Fortuna’ la cui simpatia era una caratteristica sicuramente apprezzata da chiunque. 
Ecco! Non pretendeva chissà che, ma di fronte a tutto l’impegno che ci stava mettendo, aveva sperato di ottenere qualche gratificazione in più dagli eventi di quella giornata, non imbattersi in situazioni sempre più… frustranti… arrivate al loro apice con quell’acido incontro con la fredda festeggiata e la constatazione che di Trunks, tanto per cambiare, non c’era neppure l’ombra. Sbuffò.

Sì, Trunks... Chissà dove diavolo era adesso?
Impegnato a parlare con Chi, questa volta?
Invece di essere lì con lei... a farle compagnia.

Improvvisamente percepì un netto cambiamento proprio nell’aura del ragazzo in questione, un picco deciso e… nervoso?
Strano, non era da lui.
Si mosse subito verso quella direzione, provando, doveva ammetterlo, una leggera agitazione, forse addirittura preoccupazione: dopotutto era un Saiyan, cosa poteva mai turbarlo?
Nonostante gli scomodissimi tacchi a spillo e quella palla al piede di un abito che, per quanto elegante e seducente fosse, le limitava qualsiasi movimento, con passi spediti percorse l’intera ala del portico arrivando all’angolo: sarebbe stato sufficiente svoltarlo e lo avrebbe raggiunto nell’ampio corridoio.

Ma non lo fece.
Anzi, rimase pietrificata, come il suo stesso respiro, immobilizzato da una sottile e pungente fitta al cuore, riecheggiata in ogni singola cellula del suo stesso corpo, amara come fiele: con lui c’era quella donna, la Russell!

Ma proprio Lei, Trunks?
Con tutta la gente radunata in quel palazzo, proprio con Lei doveva intrattenersi?
D’accordo era la sposa del giorno, ma quella donna non le piaceva affatto.
E pensare che Lei lo stava aspettando in grazia divina

 

Era davvero tentata di andarsene, quella vista non riusciva proprio a sopportarla, ma qualcosa di indefinito la fece desistere dal suo intento.
Si portò dietro l’ennesima di quelle infinite colonne, anche se non era affatto sicura che l’unico motivo fosse della semplice curiosità; lentamente si sentiva le forze scivolare via e nell’immediato, quel marmo lavorato, se non altro le offriva un certo appoggio fisico.
Per assurdo, invece, il ritmo del suo cuore, anziché seguire lo stesso andamento calante, aveva cominciato a scandire battiti d’intensità sempre più veloce e crescente: nel giro di pochi secondi, l’eco delle pulsazioni prodotte stava rimbombando forte ovunque, nel proprio petto, lungo la gola, e soprattutto all’altezza delle tempie sovrapponendosi al già irritante mal di testa.
Persino ogni singolo polpastrello delle sue dita vibrava, automaticamente le chiuse a pugno.

Era gelosa? Così tanto gelosa?
Evidentemente…

Ma ora, però, la questione più importante era un’altra!
Il malessere che sentiva stava diventando sempre più reale, affatto figurato, e per assurdo anziché poter sfogare i propri sentimenti per alleggerire il carico di tensione, avrebbe dovuto ulteriormente limitarsi: la solida e robusta Casa Brief, dopo lo scherzo allucinante di Goten, ci aveva rimesso solo un muro discretamente crepato; in quel luogo, invece, sicuro che il palazzo storico non avrebbe retto! Sarebbe crollato! E lì dentro c’erano davvero tante persone, non era il caso di rischiare.

Sarebbe stata realmente in grado di gestire la sua natura?
Saperla domare? O almeno imbrigliare….
Forse sarebbe stata già un’impresa colossale riuscire, semplicemente, a difendere la propria razionalità.
Doveva assolutamente calmarsi!

Concentrandosi su questo nuovo obbiettivo, divenuto necessariamente prioritario, richiuse gli occhi e lentamente, molto lentamente, inspirò ed espirò l’aria, più volte.
Qualcosa migliorò, non tanto dal punto di vista fisico, ma almeno le sembrava di riuscire a tenere a bada la sua aura: aspetto non indifferente dal momento che, mantenerla azzerata, le costava uno sforzo al limite delle sue capacità.
Titubante, poi, li riaprì e prese la sua decisione.
Pericolosamente attratta da quella che sembrava essere a tutti gli effetti una pessima idea, ma proprio per questo impossibile da ignorare, decise di mandare al diavolo le buone maniere: avrebbe ascoltato la loro conversazione!
D’altronde sfogare la sua curiosità le avrebbe perlomeno alleggerito quella pressione a dir poco opprimente…

“E’ per Lei, vero? Quella ragazzina al vostro tavolo! Andiamo, Trunks, che intenzioni hai? E’ solo una bambina, cosa vuoi che sappia di come funziona il mondo? Devi cercare una donn...”
“TACI! Non dire un’altra sola parola! Occhio! Occhio a quello che dici! Quando parli dovresti pensare bene alle parole che pronunci! Tu nemmeno la cono…”
“Bravo! Hai ragione: pensare prima di parlare! Allora comincia TU, Trunks! Immagino tu sia molto impegnato in questo senso… ma quando sei a letto… con una qualsiasi delle tue tante donne... non è elegante chiamarla con il nome di un’altra! Non. mi. chiamo. PAN!”

Decisamente la peggior scelta della sua vita… 
Quanto potevano essere distruttive delle semplici parole?
Quanto? Se avevano il potere di raggelare e dissolvere nel nulla qualsiasi emozione e sensazione.
Capaci di mettere a tacere il chiassoso palpitare del suo cuore agitato, in un misero istante, lasciandolo poi precipitare in uno stato di desolante inerzia; un attimo prima la sua testa stava quasi esplodendo, ora la sua mente stava naufragando nel vuoto assoluto.

Colpita in pieno, come un potentissimo raggio... secco, fulmineo, diretto: ora aveva un’idea molto più definita riguardo la dinamica di quel micidiale attacco che l’aveva quasi uccisa. 
Colpita in pieno, come il lancio di un sasso che s’infrange contro lo specchio della propria vita, mandando in frantumi quella che riteneva essere una delle poche certezze della sua intera esistenza.
Colpita in pieno, come un piccolo uccellino in volo che, lassù in alto nel cielo, viene abbattuto dal proiettile di uno sparo e precipita al suolo: ma non avrebbe mai, e poi mai, pensato che il cacciatore ad imbracciare il fucile per premere il grilletto, potesse essere proprio lui.

Come aveva potuto?
Come aveva potuto mettere sullo stesso piano d’importanza, il loro profondo legame da una parte, e, quella serpe velenosa dall’altra? Come!?
Erano completamente diverse!
Diverse come il giorno e la notte, anzi… come… come un candido giglio e una belladonna, la pianta, però!
Velenosa pure quella!

 
Si era sempre Fidata di lui! Sempre!
La notte appena trascorsa, poi, come non avrebbe Mai fatto con nessun altro.
E ora lui come l’aveva ricambiata?
Non bastava essere ‘una ragazzina’ o ‘solo una bambina’ anzi ‘un piccolo maschiaccio’?!
‘Fra le tante donne’? Era addirittura un semplice numero? Chissà quale poi…
Come aveva potuto? Come?

Lo vide voltarsi verso di lei, fu terribile non riconoscere in lui, la stessa persona di sempre: Trunks, chi sei veramente?
Non riuscì a trattenere due silenziose lacrime solitarie, le più amare di tutta la sua vita.
Erano il primo segnale che la sua mente, a dir poco sconvolta, stava per cedere.
Quell’involontaria barriera protettiva, improvvisata dal suo istinto per bloccare e imprigionare qualsiasi reazione, sarebbe crollata da un momento all’altro e lei, per la prima volta nella sua vita, ne aveva… paura!
Paura di se stessa, paura di non riuscire a controllarsi.
Doveva andarsene da lì, subito!

Con poche rapide falcate raggiunse l’uscita.
Varcata la soglia, incurante se ci fosse o meno qualcuno ad osservarla, spiccò quel volo tanto sospirato.
Nemmeno si accorse di sfrecciare nel cielo finalmente libera, velocissima, senza vincoli o regole da rispettare, con la sola compagnia del caldo tepore del sole e il frizzante soffio dell’aria ad accarezzarle il viso e i capelli ora sciolti: queste sarebbero state le meravigliose sensazioni da assaporare e, invece, niente… niente di tutto questo…

Non si era mai sentita così tormentata.
Letteralmente schiacciata dal peso insostenibile di forze così potenti e contrapposte, mai provate in vita sua.
La sua mente razionale era disperatamente impegnata a fronteggiare l’aggressività della sua stessa natura che, feroce come non mai, la stava assalendo su entrambi i fronti: sentimenti e integrità fisica.
Si sentiva braccata dall’impeto furioso del suo stesso sangue saiyan che, assordante, le ruggiva contro l’infinito desiderio di sfogarsi e liberarsi da tutti gli spaventi, le limitazioni, le delusioni, e soprattutto, le Ferite che, quello schifosissimo giorno, aveva pensato bene di rovesciarle addosso tutte assieme.
E non si risparmiava di certo! Con ricordi che colpivano duri, la sua ingombrante eredità aliena bombardava diretta proprio i punti più fragili, le sue debolezze umane, ottenendo squarci sempre più profondi nella precaria difesa della sua ragionevolezza. 
 

Restrizioni e vincoli:
“Cambiamento di programma…. matrimonio….”
“Pensi di rinchiudermi in cella?… La libertà non ha prezzo!”
“Non fare tante storie… adesso tu ti adegui”

“Ricordati… sei riconducibile alla C.C.”
“Ricordati… pazienza ed educazione”
“Ricordati… non sono ammessi i No!”

 

Accuse e tiri mancini:
“P.a.u.r.a, eh?”
Fottutissimo scherzo…
“Hai il coraggio di arrabbiarti? Piccola incosciente!
Sei scappata nello spazio…. Sono responsabile di te…
Ho vinto un lavoro da babysitter a tempo indeterminato…
Ho permesso a Trunks di prendersi la sua bambina”


 

Già Trunks! Soprattutto, Lui!
Lui, le sue frecciate…

“Non si poteva e non si può tutt’ora contare su di te:
una mocciosa piccola e insolente, direi un maschiaccio”

E tutte quelle parole dolci, allora?
Altro che sincere ammissioni, solo cocenti illusioni!
Le sue invece erano state le rivelazioni più intime e private.

“Resta con me…”
Lo aveva fatto, offrendogli il suo cuore su un piatto d’argento:

“Cosa sono per te?”
“Voglio essere tua… completamente tua”
“Ti voglio bene Saiyan”

Stupida, stupida, stupida!

“Ti voglio bene anch’io! Non scordarlo mai…”
“Ho pensato a noi, alla notte appena trascorsa,
e a quelle che spero seguiranno”

Bugiardo!

“Non sono abituata a… farmi vedere… senza vestiti”
“Posso sperare in un’esclusiva?”

A lui tutto era dovuto, vero?
 

Nuove lacrime inondarono la notte tempestosa nei suoi occhi, offuscandone la visuale.
Com’era successo solo poco prima, lo scorrere di quei piccoli rivoli lucenti lungo le sue guance arrossate,  scandì nuove fratture nella tenuta a stagno della sua volontà: alcuni fasci elettrici sfuggirono al suo controllo, materializzandosi potenti attorno a lei.

Decise di raggiungere il suolo più vicino.
Completamente ignara di come ci fosse arrivata e, soprattutto, di quanta distanza fosse riuscita a percorrere, si ritrovò in una desolata e sperduta zona rocciosa, per fortuna desertica.
Atterrò maldestramente su un altipiano, polverizzando quegli inutili sandali rimasti ai piedi.
Le gambe cedettero di colpo, facendola inginocchiare a terra, ma si mantenne sorretta sulle braccia.

Non ce la faceva.
La sua razionalità, non ce la faceva proprio a contrastare la sua natura.
Ogni secondo che passava, perdeva resistenza e tenacia: un avversario fuori dalla sua portata, data l’immensa abilità di infiammare e aizzarle contro sia i suoi stessi Sentimenti di inarrestabile rabbia e bruciante dolore, che il suo giovane e potente Fisico, desideroso come non mai di sprigionare quell’enorme energia che sentiva crescere, istante dopo istante.
Istintivamente strinse forte le mani a pugno, riducendo in briciole il duro terreno sottostante con una facilità disarmante, come se stesse raccogliendo dei semplici granelli di sabbia.

Tanta energia... troppa.
Nemmeno negli allenamenti più intensi o nelle battaglie più impegnative, era mai riuscita ad arrivare a tanto, ed ora, invece, nonostante lei cercasse disperatamente di porre un freno, continuava a crescere in modo esponenziale.
La sua aura aveva raggiunto un livello di potenza mai lontanamente immaginato, tale da indurre il duro suolo roccioso a tremare vistosamente.
Dal punto in cui si trovava inginocchiata, incominciarono a diramarsi tutt’attorno profonde crepe e spaccature; i frammenti generati finivano per lievitare in aria, vorticare, e infine frantumarsi, fulminati da quelle che, ormai, erano divenute a tutti gli effetti, delle vere e proprie scariche elettriche.

Stava male, fisicamente e sentimentalmente!
Non sapeva se era più sofferenza o, probabilmente, collera, ma il risultato non cambiava.
I muscoli tesi all’inverosimile nell’estremo tentativo di imporsi sul suo stesso vibrante corpo in spasmodica ricerca di rabbioso sfogo, il respiro affannato dallo sforzo che le pugnalava la gola, e lo sfrenato battito cardiaco che metteva a dura prova il suo giovane cuore, bersagliato sempre più spesso dagli affondi di continue fitte più o meno sopportabili: era dai tempi della riabilitazione sull’astronave che quella ferita non sanguinava così tanto.
Certo sanguinava metaforicamente, ma in quel momento le stilettate provate, invece, erano reali e concrete: automaticamente si portò una mano al petto nella speranza di infondergli un po’ di tregua… speranza vana.

Si sentiva… si sentiva come una stella instabile in procinto di infrangere definitivamente la sua già precaria integrità: chissà quale sarebbe stato il fattore determinante a farla saltare del tutto!
Nell’astro celeste questo avveniva quando all’interno del suo nucleo, rimaneva da fondere solo il ferro.
La sua fusione, a differenza di quella di tutti gli altri elementi già arsi e consumati in precedenza, non genera nuova energia, la assorbe, interrompendo, così, il delicato processo di equilibrio e sostentamento.
Ne conseguono reazioni tali che porteranno all’inevitabile collasso e definitivo cedimento: una supernova, l’esplosione di una stella!
Avrebbe fatto anche lei la stessa fine?
La sua natura umana avrebbe retto?
Poteva fidarsi del suo cuore? 
 

Fidarsi..
“Non dovresti abbassare la guardia così tanto…”
“Sarebbe grave se non mi sentissi al sicuro qui…
qui con te!”

“Ti fidi di me?”
“Solo di te”

“Ho mentito…”
“sei molto impegnato…. a letto…
con le tue tante donne…
chiamarla con il nome di un’altra
...Non mi chiamo PAN!”

Non lo riconosceva più
L’aveva sempre protetta, difesa, salvata
Ora invece si sentiva Tradita, Delusa e Ferita
Non si Fidava più

 

Fiducia infranta: la peggiore conclusione a cui era mai arrivata con le proprie considerazioni.
Una terribile fitta al petto la lasciò letteralmente senza fiato: trafisse il suo cuore tormentato e infranse definitivamente l’esile barriera protettiva innalzata dalla sua razionalità umana..
Equivaleva a dire che in una stella instabile, il suo nucleo era diventato ferroso.      
E se persino il cuore di una stella cedeva, figurarsi il suo.
Non aveva alternative: o crollava o reagiva!

 

“REAGISCI PAN!
E’ la tua natura, un tuo diritto!
Non devi temerla”



Un’inaspettata voce fuori campo.
Determinata e famigliare.
Un segno?
Un'ancora di salvezza a cui aggrapparsi per non affogare?
Forse... E allora così sia


Al diavolo tutto e tutti!
Si affidò a lei e lasciò campo libero al suo furente sangue Sayan: con tutta la forza di cui disponeva, sprigionò l’enorme energia accumulata, provando un'indescrivibile sensazione di Liberazione.
Tanta energia, IMMENSA e SMISURATA: produsse un boato tremendo, con un’onda d’urto tale da radere al suolo l’intero altipiano e tutti i complessi rocciosi limitrofi, esplosi e disintegrati in una gigantesca nuvola di polvere visibile a chilometri di distanza.

Una volta dissoltasi, rimase Lei, a mezz’aria, avvolta da un’accecante luce dorata: abito strappato e lucenti capelli biondi a volteggiarle attorno.
Con spietata lentezza, poi, alzò lo sguardo verso una precisa direzione… la Sua.
Gelidi occhi di mare e un cuore di lava infuocata: Trunks era arrivato troppo tardi.

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Capitolo 12
*** 12 capitolo ***


Albero della Vita
12 CAPITOLO

 

“REAGISCI PAN!
E’ la tua natura, un tuo diritto!
Non devi temerla”


Incredibile…
Lo aveva fatto per davvero. Di nuovo.
“Hai un bel tempismo, sai? Come pensi reagirà Gohan quando verrà a sapere che hai contribuito, non poco, a far scatenare Pan? Oh sì, giusto, oltre al piccolissimo particolare che l’hai mandato a dormire anzi tempo, escludendolo completamente dai giochi! Sai, fossi in lui, sarei un tantino risentito, per non dire altro: in fondo stiamo sempre parlando di Sua Figlia” domandò Junior sarcastico e parecchio seccato nel constatare che del  suo perfetto e impeccabile piazzale, ridotto ad un disastrato colabrodo, era rimasta in piedi solo una misera palma malconcia, all’ombra della quale stava appunto ‘riposando’ l'amico. Si soffermò ad osservarlo per qualche istante provando un’istintiva sensazione di protezione verso di lui: il suo piccolo allievo era diventato un guerriero potentissimo, ma soprattutto un uomo adulto e responsabile. Il buon senso non gli mancava di certo, ma ora, da padre, come avrebbe reagito sentendosi escluso da una questione tanto personale e privata che riguardava la Sua Pan.
 
La scena non sfuggì a Goku, le cui labbra si incurvarono in un sorrisetto allusivo: nonostante l’atteggiamento scontroso del namecciano, era fin troppo evidente la manifestazione di affetto appena dimostrata, poi in un sussurro enigmatico sospirò: “Ah… i figli”
Si sedette a gambe incrociate e posando uno sguardo affettuoso sul viso del primogenito proseguì: “Sai Junior, non pensare che sia facile per me…. Ma devono avere l’opportunità di vivere appieno le loro vite, di affrontare direttamente le difficoltà, solo così possono capire veramente. Questo vale sia per Pan, che per Gohan. Lui avrebbe troncato la questione sul nascere, sicuro! Certo, lo avrebbe fatto per proteggerla, ma di fatto avrebbe vanificato un’importante occasione di crescita per…” sorrise “… per la nostra piccola teppista” rendendosi conto che l’ultima parola gli suonava stranamente famigliare.
“Già, Goku, mi congratulo con te! I teppisti a Casa Son crescono come i funghi… Ne sarai contento, vero?” ironizzò Junior divertito: a questo punto diventava particolarmente interessante conoscere la reazione di qualcun altro, tipo… tipo sua moglie!  
 
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… un’indescrivibile sensazione
di Liberazione

 

Un boato tremendo, un’onda d’urto tale da radere al suolo l’intero altipiano e tutti i complessi rocciosi limitrofi, esplosi e disintegrati in una gigantesca nuvola di polvere visibile a chilometri di distanza. Una volta dissoltasi, rimase Lei, a mezz’aria, avvolta da un’accecante luce dorata: abito strappato e lucenti capelli biondi a volteggiarle attorno.
Con spietata lentezza, poi, alzò lo sguardo verso una precisa direzione, la sua. Gelidi occhi di mare e un cuore di lava infuocata: Trunks era arrivato troppo tardi.

Decisamente troppo tardi, si era trasformata.
Trasformata in Super Saiyan!
Lei, la Sua Pan

Ironia della sorte, poi, il fatto che molto probabilmente era stato proprio Lui, senza volerlo, a rappresentare il principale motivo di questo sconvolgente cambiamento.
Farla soffrire o infuriare davvero, erano due concetti che non meritavano nemmeno l’ombra della considerazione e, invece, per assurdo si era ritrovato, suo malgrado, ad esserne addirittura l’artefice.

Cosa poteva esserci di peggio?
Sicuramente il fatto che, da lì a poco, si sarebbe scatenato un caos tale da rappresentare la sua personalissima versione dell’Inferno.

Cinica, Crudele, e infame: davvero una vendetta perfetta.
Se non fosse stato il diretto interessato, si sarebbe quasi complimentato per la pazienza e la meschina ingegnosità  dimostrate. Tsk! 
Solo pochi anni prima con uno sforzo e uno spavento inimmaginabili era riuscito miracolosamente a strappargliela di mano, e ora, dopo averla resa la sua Donna, sua e solo sua, aveva pensato bene di servirsi proprio di lei per ricambiare il favore…

Già, Trunks…
Come ci si sente
quando a saltare, sul più bello,
sono i Tuoi di piani?

 

Queste sarebbero state le velenose parole che si sarebbe sentito rinfacciare se quella mente diabolica avesse avuto una voce. Sicuro.
Oltretutto incredibilmente Bastarda nel sfruttare motivazioni così stupide…. stupidamente interpretabili… per il giovane cuore di Pan.

Pan… Poteva andare peggio di così?
Evidentemente Sì

Sì, perché ora di fronte a lui non c’era la sua piccola terrestre a dir poco furiosa, non sarebbe stato un problema così inaffrontabile cercare di farla ragionare, forse.
Di fronte a lui c’era una pericolosa guerriera, guidata dal puro e grezzo istinto Saiyan, troppo feroce e insensibile alla sua prima apparizione: era stato capace di sgretolare la natura umana servendosi dei più svariati sentimenti, utilizzati solo come semplici pretesti per ottenere la propria Libertà.
C’era già passato, sapeva come poteva funzionare: un’eredità pesante la loro, che andava domata quanto prima, ma ora, il suo sguardo glaciale, parlava chiaro… scontro.
“Pan” la chiamò tentando un primo approccio amichevole.

Con studiata lentezza, la saiyan raccolse le lunghe code bordeaux del vestito lacerato e le raggruppò da un lato ad altezza della sua coscia: con un gesto secco e veloce, le squarciò tutte.
Poi mantenendo il proprio sguardo glaciale inchiodato nelle iridi celesti del ragazzo, le lasciò andare al vento. Il gesto di sfida era evidente, adesso nessun intralcio nei movimenti l’avrebbe ostacolata.
“La tua Pan non so dove sia… Ora ci sono IO” rispose impassibile.
Poi sparì alla velocità della luce per ricomparire d’improvviso al fianco di Trunks sussurrandogli all’orecchio un poco rassicurante: “Vuoi giocare con me, Saiyan?”
Un brivido lo percorse, lasciandolo incredulo nel constatare come la vicinanza della piccola Son gli avesse lasciato una sensazione di reale disagio, mai provata in tutta la sua vita.
Mai fino a quel momento…
Rapida e potente arrivò una ginocchiata dritta alla bocca dello stomaco: gli tolse il respiro e lo fece piegare su se stesso dal dolore. Seguì un colpo caricato a piene braccia dritto sulla schiena che lo fece precipitare rovinosamente sulle macerie sottostanti.

A causa dell’impatto si era sollevato un notevole polverone, così, nell’attesa che questo si diradasse, la giovane tigre decise di appostarsi su un masso roccioso limitrofo.
Già… una giovane tigre a caccia: si sentiva addosso una determinazione mai provata, le era bastato posare lo sguardo su di lui e la sua fredda mente calcolatrice, dopo aver abilmente localizzato i vari punti deboli e meglio attaccabili, le aveva servito su un piatto d’argento più di una soluzione per stenderlo.
Aveva optato per un inizio soft, non puntava necessariamente a farlo fuori, altrimenti il gioco sarebbe finito troppo presto.

Sì, giocare.
Aveva molta, ma molta, voglia di Giocare con Lui!

Ma come solo due guerrieri saiyan possono permettersi: il suo obbiettivo era il totale sfruttamento della smisurata abilità combattiva che si era ritrovata ad avere, in quel momento desiderosa come non mai di mettersi all’opera.
Lei avrebbe giocato, senza riserve!
Spettava a Trunks decidere della sua sorte, a suo rischio e pericolo: lui era in gamba, si sarebbe divertita comunque, ma gli avrebbe caldamente consigliato di seguirla nella trasformazione.
“Avanti Saiyan, non si fanno aspettare le donne! Questo lo dovresti sapere bene… ne conosci così tante” lo sollecitò velenosa, chissà che provocandolo un po’ non avrebbe guadagnato tempo prezioso nell’ottenere un rivale veramente competitivo.

La risposta non tardò ad arrivare: accompagnato da alcuni fasci luminosi, con un colpo d’aura il ragazzo si liberò da tutti quei blocchi di roccia che lo avevano letteralmente sommerso.
L’abito da cerimonia si era inevitabilmente sgualcito, ma fisicamente si era più o meno ripreso da quel micidiale colpo a sorpresa.
Si tolse quello che rimaneva della sua giacca e la lanciò lontano, poi si allentò il nodo della cravatta: meglio non rischiare oltre, d’ora in avanti avrebbe dovuto prestare la massima attenzione ai suoi movimenti.
Non era affatto sicuro di riuscire a contrastarla, ma di oltrepassare il limite non ne aveva alcuna intenzione.
Provò la strada del dialogo puntando su un argomento a lei caro, ma era piuttosto sicuro che si sarebbe rivelato un perfetto buco nell’acqua:
“Smettila Pan! Vuoi essere considerata una ragazza adulta, no? Allora facciamo le persone civili e parliamone!” perse un battito vedendola di nuovo sparire dalla sua visuale, ma stavolta non avrebbe commesso lo stesso errore: all’ultimo secondo riuscì a schivare un tremendo pugno diretto al volto, che s’infranse contro la dura pietra alle sue spalle, frantumandola in più punti.
Approfittando del colpo andato a vuoto, altrettanto rapidamente le afferrò i piccoli polsi chiudendoli in una morsa d’acciaio, poi con un movimento deciso la bloccò alla parete più vicina: l’uno di fronte all’altra, lo sguardo severo di lui in quello strafottente di lei.
“Interessante… a riflessi, allora, non sei messo tanto male!” gli sorrise insolente e, soprattutto, incurante della ferita appena procuratasi; questo atteggiamento irritò non poco la pazienza del ragazzo, ma il sottile rivolo di sangue che dal dorso della piccola mano che stringeva, andava a rigare le sue stesse dita, lo fece concentrare su questioni decisamente più importanti.

Dannazione a Lei, a se stesso, e al loro stupido sangue saiyan!
Non poteva neanche evitare i suoi attacchi!

L’incoscienza aliena che governava la sua mente se ne infischiava alla grande che Pan rimanesse per tre-quarti umana: ora no, ma tornata nella sua forma normale li avrebbe accusati tutti i colpi ricevuti, per assurdo, proprio da se stessa.
Non gli rimaneva che incassare e parare tutti gli attacchi che la sua, fin troppo brillante, ingegnosità avrebbe elaborato.
“Per l’amor del cielo, Pan! Torna in te! Guarda come hai ridotto la tua mano! Calmati, così poi possiamo ragionare assieme” le propose a soli pochi centimetri di distanza; il tono era stato deciso, ma tradiva una certa dose di agitazione. 
“Risparmia il fiato per la tua mezzosangue, Saiyan! IO non ho alcuna intenzione di perdermi in chiacchiere!” gli ringhiò contro acida.
“E io non ho alcuna intenzione di battermi contro di te!” sentenziò autoritario
Lei assottigliò lo sguardo e alzò le labbra scarlatte in un ghigno vittorioso, pregustando il risultato del suo imminente affondo: “Peggio per te, Saiyan!”
Una tremenda testata colse nuovamente alla sprovvista il figlio del Principe costringendolo a liberarla dalla ferrea presa; infine un notevole gancio destro dritto alla mandibola lo spedì lontano un centinaio di metri.
 
Tsk, testaccia dura, in tutti i sensi…
Si ritrovò a pensare la giovane osservando le punta delle proprie dita brillare di un rosso vermiglio dopo essersi massaggiata la fronte.
Bene, il riscaldamento poteva considerarsi chiuso, ora si poteva cominciare a fare sul serio.
Il battito del suo cuore accelerò in una pericolosa miscela esplosiva di sete combattiva e desiderio di predominanza: scattò verso la sua direzione con l’adrenalina a mille.

Seguì un agguerrito scontro corpo a corpo.
A terra o in aria, i veloci e potenti colpi assestati continuarono l’opera di distruzione del desertico paesaggio roccioso circostante: secondo dopo secondo, il loro perimetro di gioco aveva macinato chilometri su chilometri, arrivando a coprire una notevole distanza dal punto iniziale.
 
Accesa impulsività abbinata a cinico raziocinio combattivo.
Ecco perché Pan in questa sua nuova versione era particolarmente pericolosa: nelle sue vene, ormai, scorrevano solo i primordiali desideri, fini a se stessi, di lotta, superiorità, e pura vittoria.
Non si era risparmiata in alcun modo, esibendo perfette tecniche di combattimento e precisi attacchi con cui aveva sapientemente alternato, calci e pugni, a, gomitate e ginocchiate.

E Trunks?
Si era semplicemente limitato a difendersi da quella furiosa tempesta in cui era finito, con risultati, purtroppo per lui, davvero altalenanti: parecchi colpi parati e schivati, ma molti altri andati a segno e dolorosamente subiti.
Proprio come l’occhio nero che in quel momento si era ritrovato ad avere, lassù nel cielo.
Si concesse mezzo secondo per riprendersi dall’impatto... mossa azzardata.
Un lusso pagato a caro prezzo: materializzatasi sopra di lui, Pan lo aveva colpito sulla spalla con una rapidissima rovesciata, spedendolo per l’ennesima volta dritto al suolo su un piccolo altipiano rimasto inspiegabilmente ancora in piedi.

Non si poteva certo dire che Trunks avesse la situazione sotto controllo, anzi.
Restando a terra, con notevole sforzo si girò lentamente di schiena, cercando preziosi istanti di recupero: non c’era un solo muscolo che non gli dolesse, il respiro affannato e la visuale decisamente appesantita da stanchezza, sudore, e ferite sanguinanti.
Nel suo campo visivo entrò la temibile figura di quella che solo poche ore prima era stata la ragazza dei suoi sogni, ora la concretizzazione dei suoi peggiori incubi.
Chissà dov’era…
Chissà se in qualche modo poteva riaffiorare…

“Allora? Ti arrendi, Saiyan? E’ evidente che non puoi continuare così! Si può sapere cosa stai aspettando!?”
Già la parola Arrendersi non faceva parte del suo personale repertorio, ma era stato il pensiero di far Riaffiorare la sua parte umana, a motivarlo in quello che sembrava essere un labile tentativo di risveglio dei suoi sentimenti.
Determinato come non mai, raccolse le poche forze rimaste e cercò di realizzare l’unica idea che gli era passata per la mente.
Gli era bastato un istante e un repentino sgambetto ai piedi della ragazza: perso l’equilibrio, l’aveva inchiodata a terra sotto il peso del suo stesso corpo.
Perfezionò la sua salda presa, bloccandole con una mano i polsi sopra la testa e infilando l’altra fra i suoi lucenti capelli dorati.
Afferrata per la nuca l’avvicinò a sé, a pochi millimetri dalle proprie labbra, e con tutto il fiato che aveva in gola rimarcò, secco, deciso, e persino rabbioso, la sua ferma intenzione:
“MALEDIZIONE! Lo vuoi capire o no? Di TE, non mi importa niente, NIENTE! IO RIVOGLIO SOLO LA MIA PAN! CAPITO!? E costi quel che costi, TI GIURO CHE LA RIAVRO’!” detto questo la baciò, passionale e impetuoso, quasi aggressivo, come se fra loro ci fosse una fune invisibile a legarli, lui da un capo e la sua amata dall’altro: avrebbe tirato con tutte le forze per riaverla… per risvegliarla.
Poco, ma sicuro.

Quell’inaspettato capovolgimento di fronte l’aveva decisamente colta di sorpresa.
Battito cardiaco alle stelle, respiro trattenuto, e una sensazione tipicamente umana a invaderle lentamente il corpo, come un tiepido formicolio, partito dalle proprie labbra e diramatosi in tutte le direzioni: sceso a riscaldarle gola, cuore, stomaco e la sua stessa intimità, così pericolosamente aderente alla sua.
In modo altrettanto profondo, il flusso di quell’indefinito tepore le aveva addolcito i lineamenti tirati del viso, arrivando a pizzicarne gli occhi: chiuse le palpebre, lasciando che minuscole lacrime di sincero sentimento umano, le rigassero le guance arrossate dallo scontro.

Chissà se quelle piccole gocce di rugiada salata, sarebbero state in grado di scalfire il duro ghiaccio invernale della sua impassibile mente.
Trunks ci sperava davvero.

 

NO e poi NO!
Non glielo avrebbe mai permesso! MAI
Una minaccia!

 

Una terribile minaccia all’inviolabile integrità del suo istinto di puro Saiyan.
Spalancò gli occhi e si sentì ribollire il sangue di feroce ira: doveva assolutamente liberarsi!
Non importava come, anche utilizzando le mossa più sleali, se necessario.
E se lui non si decideva a interrompere quel fottutissimo bacio incantatore, lo avrebbe terminato lei, a modo suo.

Con sommo dispiacere, il ragazzo capì che il suo era stato solo un valido tentativo, nulla di più.
Avrebbe davvero venduto l’anima al diavolo pur di riaverla… Lei, la Sua Pan.

Neanche a farlo apposta, approfittando dell’attimo di smarrimento in cui era caduto, la Son riuscì a liberarsi, disarcionandolo con un’abile leva del bacino.
Con un balzo, poi, si allontanò parecchio, aveva bisogno di spazio per sentirsi libera da quella odiosa sensazione di prigionia e tempo per riorganizzare le idee, una in particolare: cosa farne di quell’inconcludente mezzo saiyan!
C’era andato maledettamente vicino, troppo, per aver semplicemente abbassato un po’ la guardia!
La sua voce determinata, le mani d’acciaio, la sua pelle sudata e sanguinante che nonostante tutto sapeva disgustosamente di buono e le sue labbra infuocate sulle quali, senza rendersene conto, si stava letteralmente bruciando.
Immobilizzata dal peso del suo corpo muscoloso e distratta da quell’infimo desiderio di assecondarlo, ne era stata attratta!
Attratta da LUI! Dannato!
Lo sapeva, eccome se lo sapeva.
Al diavolo Lui e quella stupida ragazzina che aveva quasi risvegliato: ora basta! 


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Una domanda cinicamente accattivante le sorse spontanea: come se la sarebbe cavata il suo bel Principino con i colpi energetici? Lo avrebbe verificato subito!
 
Sotto lo sguardo sconvolto di Trunks, dalla posizione di difesa iniziale, la nipote di Goku cambiò completamente approccio, portandosi le braccia all’altezza del proprio fianco sinistro e creando nelle sue mani una discreta sfera luminosa: nei suoi occhi un bagliore che non prometteva nulla di buono.
Partito come un sussurro appena accennato, sulle sue labbra cominciò a delinearsi un grido di battaglia inconfondibile, tipico della famiglia Son al gran completo, culminato con un impetuoso: “KAME - HAME - HA”
Dai suoi palmi era partita una potente onda energetica dalle sfumature celesti con il preciso obbiettivo di colpirlo in pieno: se ci teneva alla sua pellaccia, ora, sì, che si sarebbe dovuto trasformare!

Non ebbe neanche il tempo di pensare, ma di rispondere utilizzando la stessa tecnica non se ne parlava proprio, troppo pericoloso.
Ma ammesso e non concesso di riuscire ad evitarla, sarebbero state altrettanto inquietanti le conseguenze provocate dal passaggio di tutta quella dirompente energia: chissà quanti chilometri di distanza avrebbe potuto coprire, facendo piazza pulita di qualsiasi cosa avesse trovato lungo la sua traiettoria, incluso potenziali centri abitati.  
Non c’erano alternative, andava affrontata: tese le braccia e spalancò le mani.
Si difese allo stremo, attingendo a tutte le risorse di cui disponeva per sostenere quella invisibile barriera volta a contrastare quel micidiale attacco.
Ma era davvero potente, probabilmente troppo per la sua forma normale, stava diventando completamente ingestibile, rischiava di soccombere.
Eppure non voleva passare il limite, rimaneva troppa la differenza fra loro.
Altrettanto vero, però, che da morto non sarebbe servito proprio a nessuno, anzi, peggio ancora, non poteva certo lasciare che Pan si tormentasse l’anima per il resto dei suoi giorni, lasciandosi eliminare proprio da Lei!

Diamine, doveva reagire!
Per se stesso e per Lei!
Lo aveva pure promesso a suo padre: niente limiti, niente rimpianti!

Perdonami Pan…

Si trasformò in Super Saiyan e finalmente riuscì a disperdere in alto, verso il cielo e probabilmente lo spazio, il pericoloso attacco energetico.
Purtroppo la portata dell’impresa non gli permise di proteggere Pan dalla fortissima onda d’urto creatasi: la colpì in pieno, facendola precipitare lungo il frastagliato pendio roccioso dell’iniziale altipiano su cui si trovavano.
Iniziale, sì, perché ora stava crollato in frantumi a sua volta.
Fortunatamente per lei, la traiettoria molto obliqua del suo rovinoso volo, le permise di non finire sotto le macerie, ma venne scagliata molto più lontano, a diversi chilometri di distanza.

Finì la sua corsa imbizzarrita andando a sbattere dorso e capo contro una superfice robusta, solida, ruvida, e… quasi squamata.
Vibrò prepotentemente per l’irruento impatto ricevuto, come se fosse stata risvegliata d’improvviso e in malo modo dal suo lungo e pacifico riposo senza tempo.
Una superfice che nonostante tutto, aveva avuto la forza di resistere, rimanendo miracolosamente in piedi: rimproverò il maldestro arrivo di questo strano scoiattolo con una pioggia di… foglie e ghiande.
La superfice di un tronco d’albero.
Una maestosa Quercia secolare.

Un ultimo scintillio e la chioma dorata di Pan smise di risplendere, permettendo il ritorno del suo naturale colore corvino.
Scivolando lungo la corteccia, cadde sulle proprie ginocchia, poi, esausta, decise di lasciarsi completamente andare: incontrò il caldo abbraccio di Trunks, fiondatosi da lei appena ne aveva avuto la possibilità, ad evitare che crollasse a terra.
La strinse forte a sé, incrociando il debole sguardo di un paio di gemme finalmente nere… nere come la notte che ben presto arrivò ad oscurarle la visuale: sfinita dalla stanchezza, perse i sensi abbandonandosi a lui.   
Il tempo avrebbe guarito le ferite e i suoi meravigliosi occhi sarebbero tornati inestimabili diamanti neri, ma la vera domanda che attanagliava il cuore del giovane era un’altra: sarebbe stato ancora lui a farglieli brillare?

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Un leggero soffio d’aria scompigliò i capelli, solleticandogli la pelle e ridestandolo lentamente da quel forzato riposo.
Si mosse leggermente, accusando fastidiose fitte dolenti in tutto il corpo che lo fecero mugugnare di silenziosi gemiti, poi riapri gli occhi trovandosi il padre seduto accanto:
“Ciao, campione!” lo salutò affettuoso
“Papà..?” rispose titubante, in un misto di sonnolenza, stanchezza, e disagio: pian piano il ricordo di tutti gli avvenimenti della giornata stava riaffiorando nella mente, soprattutto l’ultimo, dove il padre l’aveva volutamente messo fuori dai giochi, impedendogli di correre da Lei.
“Pan… Perché papà? Perché?” chiese quasi incredulo: si sarebbe aspettato di tutto, tranne che suo padre lo intralciasse in modo così spudorato.

Suo padre, oltretutto!
Non uno sconosciuto qualsiasi.
Perché era arrivato a tanto?
Per quale motivo aveva deciso di intervenire in modo così deciso e … addirittura contro di lui?

 
“E-ecco vedi…” il Son stava per provare a rispondere, ma venne zittito da un’occhiataccia a dir poco assassina: l’aura della figlia! L’ultima volta che l’aveva sentita era spaventosamente alta per i suoi standard, ora la percepiva debolissima.

Gohan, no… Lei sta bene, fidati, sta solo ripos…” cercò di mediare il padre, ma venne bruscamente interrotto:
“Riposare? Lo chiami riposare questo? E’ ferita, lo sento!” detto questo si alzò indolenzito e sempre più nervoso, ma fermamente deciso ad andare da lei.
“Ti prego Gohan, lasciali sol…” stavolta Goku si rese conto da sé che, alludere alla presenza di Trunks, non era stata un’ottima uscita, il figlio neppure sapeva di com’era andato lo scontro.
“Ma si può sapere da che parte stai, papà? Ancora? Perché mi remi contro? Perché?” alzò la voce aggressivo, ma in realtà il tono utilizzato tradiva un profondo stato di tristezza, delusione, e risentimento.
Poi si bloccò un attimo per riprendere il controllo, avendo notato che senza rendersene conto,  aveva chiuso la propria mano in un minaccioso pugno che rilasciò all’istante.
“Voglio solo stare con Pan… non escludermi proprio da Lei” continuò abbassando il tono al limite di un sussurro.
Goku avrebbe voluto spiegargli le sue motivazioni, oltre ad evitare possibili inutili sfuriate contro il figlio di Vegeta, ma gli occhi lucidi di rabbia mista a frustrazione del suo primogenito lo fecero desistere dal suo buon proposito: in quel momento non avrebbe capito e, in fondo, non aveva neppure il diritto di scavalcarlo.
“Va bene, Gohan, dimmi cosa posso fare per te? Qualsiasi cosa!” si propose dolce nel tentativo di rassicurarlo: era disposto a tutto pur di veder riaffiorare un sorriso sincero sulle sue labbra.
Gohan alzò le spalle quasi sconsolato: “Ho bisogno di Lei, solo di Lei… Riportami Pan… Riportami la mia Bambina”

Goku sgranò gli occhi e deglutì il nulla: quella era senz’ombra di dubbio la giusta punizione per non essere rimasto al proprio posto ed essersi intromesso nelle decisioni altrui.
Ora doveva rimediare con Gohan riportandogli la Figlia e presentarsi da Trunks per separarlo dalla sua Amata: una situazione davvero invidiabile.
“D-davvero?” chiese incerto, poi nel pieno della sua buona fede, prosegui alla ricerca di un compromesso: “Promettimi, però, che sarai ragionevole” ingenua frase che ovviamente insospettì non poco il più giovane.

Dopo aver notato con la coda dell’occhio un’espressione fin troppo divertita da parte di Junior, gran bell’amico in quel momento, considerato tutto l’impegno che ci stava mettendo nel trattenere le sarcastiche risate sotto i baffi, decise di allontanarsi di qualche passo.
Sospirò e infine si concentrò, portandosi indice e medio alla fronte: localizzata Pan, sparì.

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Si materializzò sotto l’imponente quercia, rimanendo ammaliato dal fascino quasi fiabesco di quel luogo.
Trovò Trunks seduto a terra, appoggiato al tronco, e Pan stretta tra le sue braccia con una sbrindellata giacca maschile a coprirle spalle e schiena.

Non ci voleva molto per capire il motivo della sua presenza e intuendolo al volo, il giovane Brief provò a spiegarsi: “Goku, io…”
“Ssh.. Non devi dirmi niente, non serve” poi avvicinandosi a lui, con due dita gli alzò delicatamente il mento permettendogli di osservarne meglio il viso:
“Mhm, vedo che la mia piccola teppista si è data da fare: un occhio nero, labbro tagliato, e segnacci vari un po’ dappertutto” sorrise affettuoso, poi lasciando il contatto gli arruffò i capelli.
“Sei in gamba, ragazzo mio, non dimenticarlo” poi spostò la sua attenzione sulla nipote: numerosi graffi di vario genere e un paio di ferite ben visibili alla mano e sulla fronte: “Testa dura, vero?”

Sapeva di aver fatto il possibile per evitarlo, ma Trunks si sentiva tremendamente in colpa.
Niente di catastrofico, si sarebbe ripresa perfettamente, ma i fatti parlavano chiaro e lei, ora, era ferita e dietro al più piccolo graffietto, figurarsi quelli più profondi, ci leggeva il suo nome:
“E’ pure finita contro quest’albero, sbattendo testa e schiena” sottolineò amareggiato, mostrandogli la mano sporcatasi di sangue, mentre era stato impegnato a tamponare il taglio con un’improvvisata garza ricavata dalla stoffa dei pantaloni.
Goku alzò gli occhi al cielo e scosse la testa in segno di negazione, più sul divertito che altro: 
“Allora dobbiamo ringraziarlo! Altrimenti a quest’ora sareste ancora in fase di… ehm… discussione” cercò di sdrammatizzare il Son, ottenendo solo un sorrisino striminzito come reazione.
“Vedrai che adesso se ne starà buona per un pochino” poi sospirò: “Adesso devo… devo andare, Trunks”
Istintivamente il giovane la strinse ancora più forte: dipendesse da lui, non si sarebbe mosso di un solo millimetro, avrebbe passato il resto dei suoi giorni in quella precisa posizione a cullarla e proteggerla.
“Ti prego, Trunks, non rendermi la cosa ancora più difficile” gli spiaceva da morire portargliela via, ma era altrettanto vero che anche Gohan aveva bisogno di averla accanto.
 
Allentò la presa, permettendo a Goku di prendersi sua nipote… la Sua Pan
Provò una sensazione di privazione e vuoto che neppure al suo peggior nemico avrebbe mai augurato di provare.
Ma era la sua famiglia a richiederla, suo Padre addirittura: non poteva essere così egoista da negargliela.

“Stammi bene, figliolo” lo salutò Goku, ma prima di congedarsi definitivamente gli lasciò una piccola speranza: “Pan è giovane… dalle il tempo di riflettere e vedrai che capirà! Può darsi che ce l’abbia più con se stessa che con te” poi tornò dal figlio, lasciando Trunks in compagnia dei suoi soli pensieri.

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Gohan rimase senza parole, un turbinio di sentimenti a dir poco rabbiosi, animò il suo sangue furioso: nelle braccia di suo nonno, giaceva svenuta e ferita la sua meravigliosa bambina.
Dovette concentrarsi seriamente per abbattere un reale istinto omicida nei confronti di quel dannatissimo mezzo Saiyan.
“Non è affatto come credi” lo riprese serio Goku
“Credo a quello che vedo, papà” rispose secco Gohan, ma nel momento in cui riuscì a stringerla a sé, provando un’immensa gioia e un’indescrivibile sensazione di completezza, capì che l’unica cosa che davvero importava, che dava un senso alla sua esistenza, era che Lei fosse finalmente tra le sue braccia e che tutto sommato stesse bene.

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Capitolo 13
*** 13 capitolo ***


Albero della Vita
13 CAPITOLO

(A Modo Tuo – Ligabue)



Lei, Sua Figlia
Svenuta tra le proprie braccia e ancor peggio, ferita.
Chissà come poi, ce ne voleva per arrivare a tanto.
Per Osare ad arrivare a tanto! 
Osare a toccargli il Bene più prezioso che la vita gli avesse mai donato.
Diamine, ma come aveva potuto? Come aveva… Osato!?
Nessun essere anche solo vagamente capace di pensare si sarebbe mai azzardato.
Ricordava le loro aure sempre così dannatamente vicine: in un sol giorno si era permesso il lusso di prendersi la Sua Bambina e restituirgliela poi così malconcia?
NO, non esisteva proprio! Non aveva alcuna importanza chi fosse, poteva benissimo essere l’entità più potente dell’intero universo, ma sicuro che avrebbe pagato!
Pagato a caro prezzo questo terribile affronto!

E Lui? Lui dov’era stato durante tutto questo tempo?
Tempo che avrebbe voluto impiegare con tutto se stesso per proteggerla e difenderla?
Escluso, Tagliato fuori…
Contro il suo stesso volere
Da chi, poi? Da suo padre!
Assurdo
Talmente assurdo che persino le parole si rifiutavano di collaborare: nemmeno una misera frase di senso compiuto riusciva ad elaborare, figurarsi riflessioni più evolute.

I suoi ragionamenti furiosi gli stavano offuscando completamente la mente, tanto che in quella tempesta di sentimenti rancorosi, come fulmini abbaglianti, il colore di alcune sottili ciocce di capelli stava cominciando a sfumare verso tonalità sempre più chiare, scintillanti… dorate.
“Calmati, ragazzo” parlò una voce profonda e rassicurante, accompagnata dal tocco affettuosamente saldo di una mano sulla spalla e dal fruscio di un lungo mantello bianco: riuscì a catturare l’attenzione di Gohan, spezzando l’influsso negativo dei suoi tormentati pensieri.
Vedendo gli occhi del ragazzo tornare al loro colore naturale, la voce amichevole proseguì:
“Ora, devi pensare a Lei, non a quel che è stato”
“Junior…” 
“Quando si sveglierà, Pan avrà bisogno di Te! E se sei così agitato, non le sarai certo d’aiuto! Dico bene?”
Il giovane annuì in silenzio, stringendo la figlia maggiormente a sé.
L’amico abbozzò un sorriso e si allontanò.

Riacquistare lucidità era fondamentale.
Gohan chiuse gli occhi e fece un lungo e profondissimo respiro; dopo infiniti attimi li riaprì e si posizionò meglio contro il tronco della palma, ai piedi della quale era tornato a sedersi dopo il ritorno del padre.
Trovata una posizione accogliente, si concentrò sulla meravigliosa sensazione di averla tra le proprie braccia: difficile da spiegare, come se tutto fosse finalmente al proprio posto, una sensazione di completezza che tutto sommato trasmetteva serenità, nonostante i sentimenti di rabbia e spavento appena provati e non ancora del tutto assopiti.
Era tutto il giorno che aspettava questo momento, il pensiero di lei e il saperla lontana lo avevano letteralmente disarmato, anzi logorato. 
Junior aveva proprio ragione, doveva tranquillizzarsi: la sua stupidità nell’inseguire le più improbabili teorie vendicative, rischiava di fargli perdere l’opportunità di assaporare l’essenza più profonda di quella situazione tanto attesa.
Si lasciò cullare dalla dolce visione del suo piccolo terremoto, che a dirla tutta, ora che stava riposando gli concedeva l’immensa possibilità di starle accanto senza protestare, evento raro per un caratterino così dirompente come il suo. Sorrise.
Si sentì invadere da una meravigliosa sensazione di pace interiore, come una delicata carezza al cuore e allo spirito in grado di allontanare tutte le preoccupazioni: avvolto e rapito da una magia assoluta, gli sembrava di essere trasportato in una dimensione parallela, isolata dal resto del mondo e dedicata esclusivamente a loro due, lui e la sua Pan.
Nessun’altro.

Il suo piccolo terremoto…
Quanto era cresciuta? Tanto, troppo
Gli sembrava solo ieri ricordarla un batuffolo nella sua culla, barcollante sui suoi primi passi incerti, oppure impegnata a gorgogliare tenerissimi incomprensibili versolini rivolti a chissà quale peluches di turno.
E invece, senza quasi rendersene conto, il tempo era a dir poco volato, scivolato via dalle proprie mani come sottile sabbia al vento. Lei aveva sempre avuto così tanta fretta di crescere, di diventare grande.
Le scostò delicatamente la frangetta per ammirare meglio la bellezza dei suoi lineamenti, graziosi e delicati ma indubbiamente più adulti.
In più doveva far respirare quella insopportabile ferita che si era procurata alla fronte: Dio solo sa come, poi!
Non dovette aspettare a lungo, il tempo di elaborare il pensiero e la ragazza stava già cominciando a dare i primi segni di risveglio con leggerissimi movimenti naturali.

Lentamente Pan aprì gli occhi, constatando uno stato di completo disorientamento e confusione totale.
Obbligando la propria mente a riconnettere tutte le abilità psico-fisiche, i ricordi annebbiati pian piano ripresero una forma: quella dannata cerimonia, gli altri, Trunks, uno scontro furioso e soprattutto... se stessa, quella se stessa. Si sentì stringere il cuore e gli occhi riempirsi di lacrime.
“Pan?” la chiamò una voce amorevole ed inconfondibile, verso la quale si girò automaticamente; trovò suo padre, rendendosi finalmente conto di essere tra le sue confortevoli braccia. 
Ne fu immensamente felice: il porto più sicuro al mondo per non affondare in quel mare di disperazione in cui sentiva di annegare, secondo dopo secondo.
Fregandosene delle fitte di dolore che avrebbe sicuramente accusato, con un rapido movimento si gettò al suo collo; lo strinse forte, con tutte le energie che aveva in corpo, lasciando sfogare tutto il suo sconforto in un pianto liberatorio.

Gohan l’abbracciò di rimando, appoggiando le proprie labbra sul capo della figlia:  voleva offrirle consolazione e rifugio, ma allo stesso tempo doveva concentrarsi a sua volta, prima di esplodere sul serio; vederla così disperata lo mandava letteralmente in bestia, quel mezzo sayian aveva davvero le ore contate.
S’impose di restare un attimo in silenzio per riprendere lucidità, poi cercando un tono che sarebbe dovuto risultare quantomeno neutrale, trovò il coraggio di andare dritto al punto:
“Cosa.. cosa ti ha fatto?” uscì in realtà asciutto e seriamente minaccioso nei confronti del reale interessato.
Pan scosse il capo in segno di decisa negazione, singhiozzando ancora di più.

Addirittura? Non voleva neanche dirglielo?
Sempre più impaziente e nervoso, ma soprattutto deciso più che mai ad ottenere una risposta celere, ci riprovò immediatamente: “Pan! Dimmi cosa diavolo ti ha fatto quel mal…”
Ma venne bruscamente interrotto dallo sguardo affranto di lei, staccatasi quel tanto che bastava per guardarlo dritto in viso; senz’ombra di dubbio sarebbe stato più facile incassare un vero pugno allo stomaco.
Sentì crescere dentro di sé una disarmante preoccupazione, tendente al panico, ma riuscì a mantenere la calma.
Le asciugò le guance arrossate dalle lacrime e, incorniciandole il viso con entrambe le mani in una tenera carezza, si ripropose con una dolcezza infinita, sperando che la sua evidente supplica venisse premiata:
“Pan, ti prego, parlami… mi fai star male così”
La ragazza abbassò lo sguardo in cerca di parole e convinzione; poi accompagnata da nuovi silenziosi lacrimoni, si rigettò al suo collo liberandosi da quel tremendo peso: “Sono un mostro, papà! Un mostro! Una persona orribile!”

S-Sono? IO sono? Ma come? 
Sua…  sua figlia stava parlando di… se stessa?


Ok, tutta quella situazione stava diventando inquietantemente ingarbugliata, si sarebbe aspettato di tutto, tranne un auto-accusa: “Ma tesoro, cosa dici? E’… è impossibile” 
Il suo amore paterno era scattato alla velocità della luce, ma in modo altrettanto rapido, Gohan si rese conto di non essere affatto sicuro delle ultime parole appena pronunciate; anzi doveva ammetterlo, quando c’era di mezzo Pan, la parola ‘impossibile’ perdeva tutta la certezza del suo significato logico-razionale.
Il fortissimo sospetto di aver ragionato, fino a quel momento, secondo un punto di vista non esattamente ‘appropriato’ lo portò a chiedersi cosa avesse mai combinato di tanto grave per turbarla così tanto: 
“Pan? Che ne dici se adesso mi spieghi bene cosa è successo? Ti va? Altrimenti davvero non riesco a capire”
Per una frazione di secondo gli sembrò di essere davvero tornato indietro nel tempo, quando lei era realmente solo una bimba e lui intento a scoprire quale fosse stata la marachella di turno.
Sorrise impercettibilmente.

Fra un singhiozzo e l’altro, la ragazza sussurrò sulla spalla del padre la sua desolante verità:
“M-mi sono trasformata in Super Sayian” 

“COSA?”
Trasformata in Super Sayian!? Alla faccia della marachella!
All’incredibile stupore iniziale di Gohan, seguì una terrificante associazione di pensiero; con il cuore in gola istintivamente si affrettò a chiedere informazioni su quella che per lui poteva essere la causa scatenante:
“Un nemico? Hai dovuto affrontare un nemico che ti ha attaccato?” ma pensandoci meglio, si rese conto da solo che la sua ipotesi mal si sposava con la scelta di lasciarla sola, soprattutto in un frangente di vero pericolo.

Aggrappandosi maggiormente al collo del padre, Pan scosse nuovamente il capo in una energica negazione, poi tornando a guardarlo dritto negli occhi, si decise finalmente a parlare sommergendolo di frenetiche parole: “NO papà, NO! Ma è anche per questo che mi sento orribile! TU, il nonno, vi siete trasformati per un motivo serio, giusto, nobile: un nemico da battere che minacciava le vostre vite! IO NO! Per dei motivi stupidissimi in confronto!”
Si fermò un attimo per cacciare indietro alcune nuove lacrime che minacciavano di uscire, poi riprese nella sua disperata auto-denuncia: “E ancora peggio, poi, io non riuscivo a contrastarla! Mi sentivo in ostaggio di quella belva senza cuore! Avresti dovuto vederla: non le interessava chi aveva davanti, era cinica e spietata! Voleva solo sfruttare le sue abilità per combattere, vincere, e predominare! Ed era forte, papà, troppo… troppo forte, per me”
Chiuse gli occhi un secondo, ora doveva affrontare l’aspetto peggiore; demoralizzata come non mai, proseguì a dir poco sconsolata: “Ti rendi conto? Lo prendeva per un gioco… e a farne le spese è stato Trunks, una delle persone a cui voglio più bene in assoluto…. Ma t’immagini, papà? E se ci fosse stata la mamma al suo posto? O la nonna? Cosa sarebbe potuto succedere?”
Un tremendo groppo alla gola tagliente come filo spinato la costrinse a interrompersi, ma riuscì a proseguire, terminando il proprio discorso con parole che non avrebbe mai pensato di arrivare a pronunciare, le più amare di tutta la sua vita: “Le avrei uccise, papà, sicuro”
Infine, riaccoccolandosi di nuovo tra le forti braccia protettive del padre, singhiozzò la sua triste conclusione: “Sono un disastro, un completo fallimento…”

Solo ora Gohan cominciava a capire per davvero.
Capire quelle parole che non aveva lasciato spiegare al padre perché troppo preso dai suoi, di sentimenti.
Una piccola, grande, lezione di vita che ribadiva, forte e chiaro, il concetto che nel rapporto genitori-figli non sarebbe mai esistita una data di scadenza, non si sarebbe mai finito di imparare abbastanza, men che meno da adulti.
Non era evitandoli, che si impara a risolvere i problemi, come invece avrebbe probabilmente fatto lui, intervenendo nella diatriba in essere. A Pan non serviva una guardia del corpo che combattesse per lei o conoscere nuove tecniche di combattimento; a Pan serviva acquisire consapevolezza.
E lo stesso discorso valeva per lui: come avrebbe fatto a rendersi davvero utile, se rimaneva fissato ai propri schemi mentali?
Certo non avrebbe mai immaginato che rispondere alla figlia sarebbe stato tanto difficile: in un solo istante si era ritrovato ad affrontare argomenti così spinosi, uno più delicato dell’altro. Tutti degni del miglior attacco energetico mai lanciato, peccato che fosse molto più semplice respingerne uno reale.
Consapevolezza: la parola-chiave dell’imminente confronto che lo attendeva con la figlia.
Un confronto affatto facile...

Sarà difficile diventar grandi
prima che lo diventi anche tu
tu che farai tutte quelle domande
io fingerò di saperne di più

sarà difficile
ma sarà come deve essere
metterò via i giochi
proverò a crescere


Era arrivato uno di quei momenti in cui andavano prese le proprie responsabilità, come uomo e come padre: ora il suo compito era quello di aiutare la figlia a rialzarsi. 
Accarezzandola delicatamente, con tono affettuoso incominciò quella lunga chiacchierata che entrambi avrebbero portato nel proprio cuore per il resto dei loro giorni: “Pan... sai cos’è un Super Saiyan?”

Seguì qualche secondo di silenzio, il tempo necessario per essere sicuro di aver catturato l’attenzione della figlia, come se quella domanda ancestrale di suo, non fosse già abbastanza appetibile: “Che tu ci creda o no, nasce come una Reazione di Difesa… E’ la forma più estrema con cui un Saiyan protegge la propria incolumità da una minaccia che altrimenti avrebbe la meglio su di lui… Ma per minaccia non devi pensare per forza ad un nemico esterno, esistono anche gli scontri interiori, contro la propria personalità…. Concordi anche tu sul fatto che spesso noi stessi siamo gli avversari più pericolosi da combattere? Deduco che tu appartenga a questo tipo di casistica…”
Le diede un attimo di tempo per assimilare le parole appena pronunciate, poi continuò:
“Vedi, tesoro, il fatto è che siamo tutti diversi, ognuno con la propria individualità che risponde solo alle proprie emozioni, di conseguenza i fattori che spingono un saiyan a trasformarsi sono estremamente personali e assolutamente diversi gli uni dagli altri. Ma in ogni caso il principio è uguale per tutti: si tratta di una reazione di protezione ad una situazione che ha causato una rabbia e un dolore tali da rischiare di essere sopraffatti…. E si sa, il nostro sangue saiyan, non ama proprio essere sottomesso, che siano avversari reali o limiti personali”
Con un bacio sulla frangetta spettinata cercò di archiviare la prima fonte di delusione della sua piccola:
“Ripeto: i motivi sono assolutamente personali, bambina mia, e stai tranquilla che nessuno mai, io in primis, avrà la pretesa di dare giudizi o emettere sentenze. Non avercela con te stessa se non ti soddisfano, non puoi più farci niente… Ma guarda il lato positivo: da questa esperienza sono sicuro che d’ora in avanti saprai controllarti meglio, nel caso dovessi trovarti ancora in una situazione simile”
“Lo pensi davvero, papà? Non lo dici perché sono io?” chiese lei mogia, ma speranzosa, alzando lo sguardo verso il viso del padre che, ricambiando, con un tenero sorriso sulle labbra annuì convinto: la più affrontabile delle questione era andata, ora sì che bisognava ingegnarsi…

Sarà difficile chiederti scusa
per un mondo che è quel che è
io nel mio piccolo tento qualcosa
ma cambiarlo è difficile

sarà difficile
dire tanti auguri a te,
a ogni compleanno
vai un po’ più via da me.


“Mi spiace Pan di non aver affrontato prima l’argomento con te. Forse l’avresti vissuto diversamente e, chissà, magari a quest’ora non saresti così affranta e soprattutto Spaventata… Perché è questo che ti senti, vero?” proseguì ottenendo una silenziosa conferma nel suo ulteriore rannicchiarsi fra le proprie braccia.
“Vedi, il Super Saiyan nasce per proteggere un Saiyan, non la nostra parte umana, e l’aspetto che fa veramente la differenza rispetto alle altre categorie di combattenti, è la sua capacità di evolversi perché riesce a liberarsi dai vincoli che in quel momento lo limitano. Il problema è che in questa liberazione, la natura saiyan si manifesta nella sua forma più pura e grezza: troppo feroce, aggressiva, e persino insensibile, come hai visto... Spetta poi ad ognuno di noi intraprendere un percorso tale che ci permetterà di domarla a nostro piacimento, arrivando a gestirla come lo vedi fare a noi… Perdonami, volevo solo proteggerti dal lato più sanguinario della nostra eredità saiyan, non me la sono mai sentita di buttarti davvero in questo mondo… E’ il difetto di noi mezzo-sangue, la natura umana non sempre ragiona secondo quella degli scimmioni” sorrise all’idea di auto definirsi tale, poi non poco imbarazzato ammise: “Buffo, vero? Tuo… tuo nonno me lo ricorda spesso che ormai sei… grande… ma è più forte di me, e pur accorgendomi da solo che cresci, è come se il mio cuore preferisse mettersi i paraocchi e continuasse a vederti com’eri da… piccola”

Così, a forza di rimandare, bisogna proprio sbatterci la testa, prima di capire, vero Gohan?
I pensieri del giovane Son vennero interrotti da un guizzo rianimato della figlia, da sempre particolarmente sensibile su quest’ultimo punto trattato: “Ma papà! E’ vero, non sono più una bambina! Sono cresciuta… ormai” 
“Ah sì? L’ho notato in effetti! Hai per caso qualcosa da dirmi sulla notte appena trascorsa?” la riprese bonariamente, ritrovandosi ad osservare le delicate guance del visetto della figlia accendersi di un rossore evidente, ma, soprattutto, ben differente, da quello che le aveva colorate fino a quel momento; ma c’erano argomenti più importanti da chiarire: “Poi magari ne riparliamo… vero ‘signorina’?” 
Abbassando lo sguardo, Pan si limitò ad annuire, chiedendosi se la strada con Trunks fosse davvero percorribile: si sentì stringere il cuore.
A Gohan non sfuggì questo repentino crollo di umore: “A cosa stai pensando?”
“Vedi papà, sforzandomi e buttando l’orgoglio alle ortiche, posso accettare la spiegazione sui motivi o mal digerire di aver scoperto quanto è cinico e spietato il mio lato più ‘bestiale’… Ma non riesco proprio a sopportare il fatto di essere un pericolo, potenzialmente mortale. Per la mia stessa famiglia, oltretutto! Proprio non riesco, il solo pensiero mi manda fuori di testa” le ennesime lacrime inondarono i suoi profondi occhioni scuri, duramente colpiti dalla pessima deduzione a cui era arrivata.
“E Trunks? Come posso pensare di costruire qualcosa di solido con lui, se poi ho il terrore di distruggere tutto e dar di matto... Per cosa, poi? Delle stupidate! OK, forse quelle di questo giro saranno archiviate, ma chi mi dice che non ne esitano altre, magari ancora più idiote! Capisci, papà? Non mi sembra proprio giusto, continuerei solo a fargli del male, peggio di quel che è successo oggi! La vedi la ferita alla mano? Ha evitato un mio pugno e ho disintegrato una roccia! La fronte? Gli ho dato una testata tremenda! Abbiamo combattuto senza mezze misure, o meglio, io l’ho fatto: lui si è limitato a difendersi come poteva, non mi ha mai attaccato una sola volta. E sai qual è stata la ciliegina sulla torta? Gli ho lanciato addosso un’onda energetica! Ti rendi conto!? Come posso anche solo pensare di guardarlo dritto negli occhi?” i suoi li chiuse, bruciavano di dolore: il rimedio sembrava essere solo la rinuncia.

Questa volta era Gohan ad essere rimasto senza parole, più per i propri ragionamenti contrastanti a dire il vero: cercava di ignorarla, ma la parte più sincera e obbiettiva della sua coscienza gli stava gentilmente facendo notare di aver ragionato decisamente in malafede nei confronti del primogenito di Bulma.
Immaginandosi il racconto di Pan, poi, istintivamente si ritrovò a concentrarsi sull’aura del giovane: sì, era ancora al mondo, niente di irrimediabile in fondo, ma non lo invidiava affatto.
Evidentemente era destino: quel ragazzo, quel giorno, in un modo o nell’altro avrebbe dovuto prenderle… alla fine ci aveva pensato la figlia.
S’impose di trattenere un sorrisetto che gli sembrava davvero poco cortese.
In realtà, ad essere sinceri, lentamente sentiva crescere dentro di sé una sorta di lontano cameratismo verso quello stesso ragazzo sul quale lui stesso, solo poco tempo prima, avrebbe volentieri messo le mani addosso.
Anzi, per quanto gli scocciasse ammetterlo, la verità era fin troppo chiara e i suoi meriti gli andavano riconosciuti: Trunks non si era certo tirato indietro ed era rimasto con Pan ben sapendo a cosa sarebbe andato in contro.
Doveva amarla proprio tanto, un sentimento forte e sincero.
Ad essere onesti, poi, chi meglio di lui poteva augurarsi di vedere accanto alla sua meravigliosa bambina?
Sospirò, non che avesse mai avuto reali dubbi sulla sua persona, ma forse era stato proprio questo presentimento ad renderlo così agitato e nervoso: sapeva che gliela avrebbe portata via.
E lui? Poteva essere così egoista da impedirglielo, magari sfruttando questo momento di debolezza della figlia? No, certo che no.
Non poteva assolutamente vedere Pan rinunciare alla sua felicità.
“Tesoro mio, guardami… Per te questa sarà stata un’esperienza disastrosa, ma ti posso assicurare che qualcosa di buono o da salvare c’è, mi stai dimostrando di avere consapevolezza: riconoscere i propri limiti o rendersi conto degli effetti delle proprie azioni, sono esempi di grande maturità… non è poco, credimi” mentalmente sorrise constatando che senza rendersene conto, lei stessa aveva già trovato una risposta alle sue preoccupazioni, andava solo rielaborato il concetto. Le prese delicatamente il viso tra le mani e continuò:
“E proprio perché sei una persona matura, d’ora in poi, ne sono sicuro, non dovrai più temere alcuna sfuriata insensata: sai quali potrebbero essere le conseguenze e cercherai di evitarle per tempo. Quindi non posso accettare di vederti rinunciare a qualcosa o qualcuno che so riuscirebbe a renderti felice. In amore le persone interessate sono due: assieme si creano i momenti felici e assieme si affrontano le difficoltà! Trunks oggi è rimasto con te, ben sapendo a cosa andava incontro. Ricordatelo”
Non poteva credere alle proprie orecchie: impegnato com’era nel suo profondo discorso, si era lasciato sfuggire parole molto poco interpretabili, proprio a sua figlia per giunta.
Cercò di arrivare in fretta al succo del discorso, senza approfondire ulteriormente: “Me lo prometti? Niente rinunce, in generale dico.”
Sebbene le parole del padre l’avessero rincuorata non poco, il viso di Pan si rabbuiò:
“Ti deludo, se ti dico che non me la sento di affrontarla di nuovo, quella belva furiosa? Hai ragione: mi sono spaventata a morte. Tutti quei ricordi e i dispiaceri collegati, fra tutti l’idea di mettere in pericolo le persone a me care: non mi sento abbastanza forte, papà, verrei sopraffatta di nuovo… Mi spiace, sono davvero un fallimento in questo”
Gohan le sorrise affettuoso: “Riuscire a domare la natura saiyan richiede una grande determinazione, su questo non si discute. Sarebbe assurdo e inutilmente deleterio affrontare questo percorso senza la giusta convinzione. Il nonno e Vegeta sono saiyan puri, per loro forse è stato più facile imparare a controllare questo immenso potere, ma ti posso assicurare che per nessuno di noi mezzo sangue è stato facile, non ci siamo certo riusciti al primo colpo! E calcola che al tempo io avevo pure seguito un allenamento speciale nella stanza dello Spirito e del Tempo! Vedi tesoro mio, il lato saiyan non si lascia guidare tanto facilmente da quello umano, lo porta all’esasperazione con il rischio di far nascere contrasti veramente difficili da gestire… anche quando ti sembra di aver raggiunto l’obbiettivo prefissato” le ultime parole, dette quasi in un sussurro, sembravano essere rivolte più a se stesso che non a lei: il ricordo dello scontro contro Cell gli bruciava ancora e, a distanza di anni, non riusciva ancora a perdonarsi per aver peccato di una cinica superiorità che aveva pagato a caro prezzo.
Si fermò un secondo, indeciso se continuare o meno, poi decise di scherzarci su, ridacchiando imbarazzato: “Beh sai, sono abbastanza famoso per i miei cambi di umore quando combatto, no? Ma anche Gotenks non scherzava mica, sai? Da piccolo era davvero ingestibile, chiedilo a Junior!”
Poi tornando serio, cercò di rassicurarla riafferrando le sue morbide guance: “Tempo al tempo, Pan! Ora sei ancora giovane, ma troverai una motivazione personale che ti permetterà di imporre la tua volontà su qualsiasi altra questione, ne sono sicuro” lo pensava veramente, ma allo stesso tempo si augurava che non accadesse troppo velocemente, ma a tempo debito.
Pan non era sicura di aver compreso appieno le ultimissime parole del padre, ma decise ugualmente di lasciarsi cullare dal messaggio di fiducia che portavano. Abbozzò un sorriso più sereno. 

“Ma… tanto per sapere, posso chiederti… quale è stato il motivo?” azzardò a chiederle, ritrovandosi la figlia con in viso un’espressione indecifrabile che andava dal disgusto ad un profondo senso di avvilimento, passando per un evidente senso di colpa, ma anche accesa rabbia, soprattutto verso se stessa.
Seguì un rumorosissimo sospiro, tendente ad un seccato sbuffo, poi rispose: “Fondamentalmente un’odiosissima e opprimente sensazione di prigionia combinata a… delusioni di vario genere… E pensare che mi stavo impegnando così tanto per dimostrare di essere cresciuta e saper controllare gesti ed emozioni. Invece alla fine, a forza di accumulare tensione e frustrazione, ho ceduto di schianto… Boom” 

“Oh, sì, Gohan! Avresti dovuto vederla! Un’esplosione spettacolare: buon sangue non mente!” commentò da lontano Goku parecchio entusiasta, anche troppo per i gusti del primogenito che si girò di scatto verso di lui, fulminandolo con un’occhiataccia a dir poco assassina. Accortosi della discreta gaffe, cercò di rimediare:
“Ehm, magari adesso vado da Balzar a recuperare qualche fagiolo magico, eh?” poi sparì nella sua missione, lasciando i presenti non poco straniti.
Junior alzò gli occhi al cielo senza speranze: almeno i bambini, in quanto tali, erano giustificabili, ma lui? 

“Pan? Ma in tutto questo, Trunks che ruolo ha?” era ovvio che c’entrasse, perché mai avrebbe dovuto affrontarla da solo, sotto l’assurda supervisione di quel ‘punto interrogativo vivente’  di suo padre.
“Ecco... io mi sono un po’ arrabbiata con lui” sussurrò abbassando lo sguardo, poi rialzandolo incrociò quello perplesso di suo padre che la invitava a proseguire: “M-mi ha dato fastidio sapere di qualche sua… ehm… conoscenza passata” ammise a denti stretti in una smorfia di tremendo imbarazzato e fastidio: poteva esserci un motivo tanto idiota? Stupida bimbetta, era saltata peggio di una miccia!
“Donne?” domandò Gohan trattenendo a fatica un risolino: in effetti il figlio di Vegeta aveva ‘solo’ avuto la brillante idea di innamorarsi della donna potenzialmente più pericolosa al mondo, non male come partenza. 
“Ma tesoro! Hai detto che si tratta di una conoscenza passata, te lo avrà detto pure lui, no? Dove sta il problema?” cercò di farla ragionare, ottenendo come risposta solo un assordante silenzio che lo lasciò a dir poco basito: “Pan? No, non dirmelo! Non gli hai neanche lasciato la possibilità di spiegarsi, vero!?”
Abbracciandola teneramente, rise in modo sconsolatamente divertito: tipico, molto tipico di lei, quando era davvero furiosa! Beh tipico di lei, della moglie, della madre, insomma di parecchie donne di sua conoscenza.
Le diede un bacio sul capo, poi riprese la parola con tono sereno:
“Pan, ascoltami: l’amore non è una gara a chi si aggiudica più titoli! Ma sai una cosa? Se lo fosse sarebbe l’unica competizione dove il vincitore è l’atleta che arriva per ultimo. Lui avrà conosciuto altre ragazze, non discuto, ma quella con cui vuole impegnarsi per davvero e costruirsi una vita, sei tu! Ci siete solo voi due ora, il passato non ti deve importare, tu hai vinto il suo cuore… Vai da lui, ora, e cercate di risolvere”
Dio Santo! Di nuovo si era lasciato trasportare dal momento, lasciandosi sfuggire molto più del dovuto: da non credere, le aveva addirittura proposto di andare da lui! Poteva andare ‘peggio’ di così?
Certo che il destino sapeva essere davvero ironico, chissà in quel momento, quante grasse risate si stava facendo alle sue spalle.
“Ma papà? Come faccio? Ho distrutto tutto, non sarà mai più come prima” provò a replicare sconsolata, ma venne interrotta prima di degenerare nell’ennesimo discoro catastrofico della giornata:
“Ssssh…. Come faccio? Farai come hai sempre fatto! Farai… A modo Tuo” e sfiorandole la punta del naso:
“E’ vero, non sarà mai più come prima, ma chi l’ha detto che debba andare peggio? Non può andare meglio?”

Riapparve Goku sorridente: in una mano stringeva un sacchetto ben riconoscibile, l’altra la porse alla nipote  “Ciao mia piccola adorabile teppista, serve un passaggio?”
Parecchio titubante, Pan accettò l’invito, poi decise di alzarsi in piedi: pessima scelta! Non c’era un solo muscolo che non le dolesse, ma da cocciuta e orgogliosa testona quale era, si sigillò le labbra per trattenere qualsiasi tipo di lamento.
I cuori dei due giovani mezzo-sangue cominciarono a battere in modo diametralmente opposto: quello di Pan prese a galoppare fin troppo velocemente di fronte all’idea di rivedere Trunks senza sapere come affrontarlo; quello di Gohan invece perse qualche colpo.

Sarà difficile vederti da dietro
sulla strada che imboccherai
tutti i semafori
tutti i divieti
e le code che eviterai

sarà difficile 
mentre piano ti allontanerai
a cercar da sola
quella che sarai


Alzandosi in piedi, i pensieri agrodolci di Gohan vennero interrotti dall’abbraccio stritolatore della figlia:
“Grazie di tutto, papà! Ti voglio bene” accompagnato da un deciso bacio di Pan sulla guancia del padre che, lì per lì, non riuscì a far altro che sorriderle incerto, talmente colpito da quelle poche ma potentissime parole, che ormai sentiva pronunciare sempre più di rado.

Sarà difficile
lasciarti al mondo
e tenere un pezzetto per me
e nel bel mezzo del
tuo girotondo
non poterti proteggere


sarà difficile
ma sarà fin troppo semplice
mentre tu ti giri
e continui a ridere


Soffocando un fastidioso groppo alla gola ricambiò quell’abbraccio che, avendo potuto, non avrebbe mai più sciolto, per nessuna ragione al mondo: “Anch’io tesoro mio… tantissimo”
Poi incrociò il viso più sereno della figlia: risplendeva di un sorriso sincero che lo aiutò ad allentare quella amorevole stretta.
Cercando una drastica via d’uscita a quella situazione che lo stava sempre più impantanando nei suoi stessi sentimenti umani, la salutò con la prima raccomandazione passatagli per la testa:
“Ma vedi di non fare tardi, Capito? Altrimenti… la mamma si arrabbia”
Junior sorrise fra sé: il talento dei Son nell’arte della recitazione era davvero impareggiabile.
Vedendola sparire assieme a suo nonno, Gohan le rivolse un ultimo pensiero: Pan..

A modo tuo
andrai
a modo tuo
camminerai e cadrai, ti alzerai
sempre a modo tuo

A modo tuo
vedrai 
a modo tuo
dondolerai, salterai, cambierai
sempre a modo tuo


Il tempo di un lungo sospiro e Gohan si ritrovò difronte il padre tutto soddisfatto: Goku era davvero orgoglioso di lui.
“Papà… Grazie di tutto” ammise il primogenito, ricevendo in cambio un sorrisone felice; poi ricordando quanto fosse pieno il sacchetto, chiese leggermente preoccupato: “Ma quanti fagioli magici serviranno?” 
“FAGIOLI!? Ehm… In realtà al momento non ce n’erano di disponibili… Sono andato con il metodo tradizionale: disinfettante, cotone e garze” ridacchiò nervoso il Son maggiore, grattandosi la nuca.
“CHE COSA?? E pensi che io non sarei stato capace di usarli!?” lo aggredì Gohan seriamente tentato di prenderlo per il collo.
“Dai, su, Gohan! Non fare tutte queste storie! Guarda che Trunks è capace di medicare le ferite! E’ bravo, sai”
“MA VA!? Appunto per questo mi dà fastidio, NO!? Non ho dubbi che riesca a… prendersi cura di Pan!!” ringhiò acido il più giovane, sicuro di come sarebbe proseguito l’incontro chiaritore con questo piccolo dettaglio a disposizione.
“Guarda che anche Trunks è ferito” 
“Non mi importa un accidente di Trunks!!”

Peggio di due bambini dell’asilo, Gohan si era messo a rincorrere Goku tra una maceria e l’altra, sotto lo sguardo esasperato di Junior che tra uno sbuffo e un’imprecazione sentenziò mentalmente un sarcastico: Viva il rapporto genitori-figli! Tsk! Certo, come no…
Quel giorno ne aveva proprio abbastanza dei componenti della famiglia Son, e per fortuna che all’appello mancava Goten! 

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Capitolo 14
*** 14 capitolo ***


Albero della Vita
 14 CAPITOLO


 

Perché la natura quel giorno doveva essere tanto bella? Perché?
Cosa se ne faceva di tanta meraviglia se non poteva condividerla?
Anzi, la sua incantevole presenza sottolineava proprio il fatto che lui era lì ad ammirarla da solo. Senza di lei.   
Sembrava lo facesse apposta a risplendere come non mai, quando lui avrebbe desiderato tutt’altro.
Ma non poteva piovere!?
Era tanto chiedere un bel temporale da manuale con acqua e vento, tuoni e fulmini, e una grandinata da record come ciliegina sulla torta!?
Magari pure un bell’uragano di passaggio a disperdere le macerie in lungo e in largo!
Sarebbe stato tutto molto più consono al suo stato d’animo: i suoi sentimenti, i suoi progetti…
Tutto in frantumi!
Tutto alla deriva…

E invece, NO!
Difronte a lui doveva ritrovarsi un tramonto spettacolare da contemplare, seduto in prima fila, sotto l'ombra di una maestosa quercia secolare che trasudava magia e saggezza da ogni singola fogliolina.
Chissà come aveva fatto, poi? Sembrava essere uscita fuori dalle illustrazioni delle fiabe.
Peccato che, paradossalmente, in quell’idilliaca oasi di pace e tranquillità, nella sua mente riecheggiassero assordanti tutti i suoi tormentati pensieri: ma dove diavolo erano finiti gli scoiattoli e gli uccellini?
Tsk! Una volta che voleva essere disturbato di proposito, si nascondevano fra i rami senza emettere un suono.
Almeno così avrebbe potuto scaricare su di loro un po’ della sua infinita frustrazione, no? Invece niente.
Razza di piccoli mostriciattoli ingrati..

E quel sole?
Quella perfetta sfera di fuoco? Almeno si fosse degnata di centralo per davvero, ponendo fine alle sue pene d’amore, anziché essersene rimasta lì a bearsi della sua sfolgorante magnificenza per un tempo indefinito che non aveva osato quantificare. Lo aveva sbeffeggiato per bene, inondando il paesaggio tutt’attorno con i suoi raggi, lucenti ed instancabili. Risultato?
Indecenti colori di indescrivibile bellezza, abbinati a sottili giochi di luci ed ombre, avevano quasi accecato la sua vista. Brillava tutto: l’oro dei campi di grano, il verde smeraldo dei prati, l’acqua cristallina dei ruscelli, e ora persino il cielo... quel dannatissimo cielo!

Ma si può? Limpido e immacolato.
Neanche l’ombra di una misera nuvola a rovinarne la perfezione, così, giusto per avere un pretesto a cui attaccarsi, visto che il mutismo di quegli inutili animaletti non gli aveva regalato alcuna soddisfazione.
Come se non bastasse, poi, dispettoso quanto un bambino capriccioso non ancora sufficientemente pago dopo un'intera giornata di gioco, ora, il sole si era messo a protestare a gran voce, infuocando la volta celeste di ardenti sfumature arancio-vermiglie, nella speranza di riuscire ad averla vinta sul lento avvicinarsi della sera, che con le sue tonalità più profonde, tra il violaceo e il ceruleo, portava con sé l’inevitabile ordine di andare a letto.

Andare a letto…
Chissà, forse in realtà, più che ad uno scontro famigliare, stava assistendo, suo malgrado, al malizioso gioco di seduzione che vedeva impegnate queste due dirompenti forze della natura, tanto opposte tra loro, quanto complementari.
Chi poteva dirlo? Magari laggiù, lontano dagli sguardi indiscreti dei curiosi, a cui veniva lasciata solo la possibilità di immaginare come avrebbero impegnato il resto del loro tempo, la luce del sole andava a spegnersi all’orizzonte per riaccendersi di nuovo sotto le infuocate coperte della notte tenebrosa.
Sospirò, probabilmente era davvero questa l’ipotesi più gettonata, o per lo meno, quella che sicuramente riempiva i sogni e l’immaginazione degli innamorati di tutte le generazioni e razze.
Inclusa la loro di dannatissimi Sayan!

Un ghigno amaro incurvò le sue labbra: ottimo, di bene in meglio!
Sicuro che d'ora in avanti alle maledizioni sui chiari di luna, avrebbe aggiunto anche quelle per i tramonti: uno sfacciato trionfo di colori a cui era impossibile resistere.
Bella la natura, davvero bella. Anche troppo!
Vergognosamente e fastidiosamente bella.
Faceva persino male osservarla.

Esattamente come lei, Pan, bella da far male.
Davvero una grande idea innamorarsi di quella piccola canaglia irascibile.
Maledetto quel giorno indefinito che era entrata nella sua vita per poi non uscirne mai più!
Tremenda e insopporta-… ah..

Il suo cuore perse un battito ritrovandosela improvvisamente di fronte ad una decina di metri di distanza, assieme a suo nonno. Non se lo aspettava proprio.
Dopo interminabili secondi di puro smarrimento in cui si chiese ripetutamente dove fosse andato a finire il proprio respiro, cercò di riprendersi da questa improvvisata perfettamente riuscita.
Decise di alzarsi, impresa affatto facile calcolando il corpo tutto indolenzito, ma soffocando qualche gemito ribelle, riuscì a rimettersi in piedi rimanendo appoggiato al tronco della quercia.

L’espressione dolorante nascosta dal ragazzo non sfuggì al Son, che si affrettò ad appoggiare in terra il sacchetto. Donate un paio di attenzioni ad entrambi - un saluto veloce verso Trunks e una lieve carezza al polso di Pan – scomparve, lasciandoli soli.

Soli… L’uno di fronte all’altra.
E ora? Da dove cominciare? Quando? Come? Chi?
Cosa dire e cosa fare, se il loro attuale stato d’animo era paragonabile ad un allucinante viaggio sulle montagne russe?
Li aveva visti salire così in alto, fino a raggiungere le stelle del paradiso, per poi precipitare talmente in basso da schiantarsi dritti nelle peggiori stalle dell’inferno.
Oppure come due semplici calzini: presi, rivoltati, centrifugati a mille giri, ed ora tutti stropicciati appesi da qualche parte ad asciugarsi. Non importava dove, distesi sul filo in lavanderia, appoggiati sul termosifone in sala, o lasciati a penzolare sulla sedia in cucina, per tornare utilizzabili servivano principalmente due sole preziose risorse: tempo e calore, soprattutto calore.
Il tempo avrebbe parlato per loro, ma il tipo di rapporto che ne sarebbe uscito, dipendeva unicamente dal ‘calore’ che ognuno di loro avrebbe trasmesso ed investito. Il resto erano solo dettagli.
Dettagli che in quel momento era assolutamente inutile ricordare o ribadire, se a monte c’era la sincera volontà di costruire un futuro comune.

Per Trunks questa era l’unica cosa che davvero importava: aveva già giocato abbastanza nella sua vita, non era più un bambino, ora doveva pretendere di avere le idee chiare, da se stesso e pure da lei.
Non importa quanta fatica gli sarebbe costata, andava presa una decisione.

Spezzò la tensione del loro disarmante silenzio con un tono apparentemente serio, deciso, quasi impassibile.
“Pan! Non ci sono tante parole da dire fra di noi: una sola, la più importate...” e dopo aver deglutito a vuoto: “si chiama Fiducia… Sta alla base di tutto, di qualsiasi relazione”
Infine, con il cuore a pulsargli forte in gola, decise di misurare il famoso ‘calore’ a disposizione, con quella che a tutti gli effetti sarebbe stata una scelta definitiva, quasi un ultimatum:
“Ti fidi davvero di me? Pensaci bene. Perché se così non fosse… non ci sarebbe ragione per continuare… Le nostre strade si dovrebbero dividere”

Si sentì morire.
Questa volta fu il cuore di Pan a perdere più di un battito, seguito da una profonda fitta di dolore riecheggiata in ogni singola cellula del suo corpo: si conoscevano da una vita intera e mai le si era rivolto in modo così freddo, quasi glaciale, e soprattutto per presentarle un’opzione tanto estrema.
Rimase ferma e immobile per alcuni sconfinati istanti di agghiacciante silenzio ad annegare, volutamente, nella sua stessa angoscia.
Il motivo? Molto semplice: marchiare a fuoco nella propria mente ogni singolo dettaglio generato dalla spaventosa reazione provata all’idea di separarsi da lui. Come un monito o un avvertimento, una sorta di pro-memoria da imprimere, se non addirittura cementare, nella propria anima per il resto dei suoi giorni.
A rincarare la dose, chiuse gli occhi soffermandosi a valutare l’ipotesi di ritrovarsi sola per davvero: impossibile, insopportabile... faceva troppo male.
Li riaprì dopo mezzo secondo inondati da brucianti lacrime silenziose; poi scattò decisa verso di lui tuffandosi, letteralmente, tra le sue braccia.

Nato della tremenda paura di aver rischiato di perderlo per davvero, quell’abbraccio riconciliatore, forte ed irruento, in realtà era risultato molto più simile ad un vero e proprio scontro: Trunks accusò non poco l’impatto, ma riuscì comunque a tenerla stretta a sé nel maldestro scivolone a terra che ne era seguito.
Fregandosene altamente delle fitte dolenti da parte di entrambi, Pan stampò le proprie labbra scarlatte su quelle ancora leggermente ferite del ragazzo, in quello che definire ‘bacio’ era veramente un azzardo proibitivo: impetuoso e per nulla raffinato… ma senza ombra di dubbio carico di Amore e di quel famoso Calore chiamato Fiducia.

Aveva risposto come solo lei sapeva fare: impulsiva e imprevedibile.
O più semplicemente, a modo suo.

D’altronde non sarebbe potuta andare diversamente: quelle emozioni erano troppo forti per lei, troppo.
Rischiava di esplodere.
Da tanto che erano agitati, i battiti del suo cuore sembravano i rintocchi impazziti di una pallina da flipper, per non parlare del suo fisico in generale, precorso da brividi incontrollabili e singhiozzi soffocati.
Afferrando con le proprie mani strette a pugno, quello straccio di camicia sgualcita che Trunks si ritrovava ad indossare, dopo un tempo infinito passato a torturare le labbra del suo sayan, riprese fiato e parola:
“STRONZO! Sei proprio un grandissimo stronzo! Ti sembrano domande da fare?”
“AHH! IO?” reagì lui, quasi scioccato da tanta pretesa
“SI, TU! Mi hai fatto quasi morire!” replicò in un ringhio agitato
“QUASI MORIRE!? MA SENTI CHI PARLA! E TU, ALLORA!? Mi hai lanciato addosso un’onda energetica! Per non parlare di tutto il resto!” rispose acido in una sorta di istintiva difesa, mandando a quel paese il buon proposito riguardante i dettagli da archiviare.

Quella ragazza era proprio impossibile! Non finiva mai di sorprenderlo!
Solo un attimo prima, il suo silenzio gli aveva fatto perdere chissà quanti decenni di vita, e ora se la ritrovava catapultata tra le proprie braccia... E che caspita!
Un giorno o l’altro ci sarebbe rimasto secco!

Percepì la sua aura rabbuiarsi.
Evidentemente il riferimento al loro scontro infuocato era stato troppo esplicito, diretto, e lei non era ancora pronta ad affrontare l'argomento con lui. Ma di sicuro non voleva metterle fretta, infondo, in parte poteva capirla: accettare la scomoda verità sulla natura aggressiva del loro sangue sayan, richiedeva Tempo, lo stesso che in passato era servito pure a lui, sebbene all’epoca fosse stato solo un bambino.
Sbuffò forte, poi si liberò agilmente dalla sua presa e se la tirò a sé, stringendola forte al proprio petto:
“Vieni qui delinquente! Sei proprio insopportabile, lo sai!? Un’insopportabile e dannata strega!”
Sembrava quasi volesse stritolarla, in realtà voleva solo scaricare quel profondo malessere che lo aveva invaso nelle ultime ore: una miscela velenosa di dolore, rabbia, frustrazione e fottutissima paura.
E Lei, paradossalmente, al tempo stesso ne era sia la causa che il rimedio.

Rimasero abbracciati a lungo.
Ciò permise ad entrambi di calmarsi un po’ e liberare le proprie menti. Trunks alleggerì la stretta su di lei e con un tono tornato affettuoso, richiamò la sua attenzione: “Pan, guardami”
La giovane alzò il viso verso di lui e stavolta fu il ragazzo a catturarle le labbra con un bacio delicato, molto dolce, al termine del quale, chiese la conferma ufficiale alla sua domanda iniziale:
“Quindi? Lo prendo per un SI?”
“Diciamo per un… Forse” rispose dispettosa con un timido sorriso sulle labbra.
Trunks scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: “E poi sarei io lo stronzo, vero?”
Pan fece spallucce, riaccoccolandosi di nuovo al suo petto.

Avvolti da un silenzio sereno e confortevole, i due ragazzi si abbandonarono al piacere di quella insperata riappacificazione in modo diametralmente opposto: Trunks aveva chiuso gli occhi in una sorta di meritato riposo, Pan si era lasciata cullare dalla bellezza di Madre Natura.

“Trunks? Guarda, non è meraviglioso qui?”
La voce finalmente tranquilla e rilassata della sua piccola sayan lo riportò alla realtà, interrompendo lo stato di dormiveglia in cui era caduto.
Ripensando a tutte le lamentele e le imprecazioni lanciate durante quell’odioso pomeriggio, di malavoglia aprì un solo occhio, poi si limitò a rispondere con un semplice e conciso: “Mhm… carino”

Solo ora che c’era lei, quel luogo poteva definirsi davvero bello.

Il sole era ormai calato e da lì a breve sarebbe arrivata la sera.
A testimoniare questo imminente passaggio di consegne, in lontananza, si potevano già intravedere i primi puntini luminosi delle stelle.
Per quanto l’idea di rimanere accoccolati sotto la loro grande quercia, fosse estremamente romantica e ipoteticamente fattibile, i loro corpi particolarmente indolenziti li spinsero a fare i conti con la dura realtà: passare la nottata lì avrebbe significato un netto e sicuro peggioramento.
Salvo ricordarsi dei prodigiosi effetti curativi dei fagioli magici di Balzar: sarebbero tornati quasi nuovi!
Animato da questo preciso obbiettivo, Trunks si alzò in piedi, soffocando in gola più di una qualche maledizione contro il loro psicopatico sangue mezzo-sayan.
Anche perché se suo padre lo avesse visto conciato in quel modo, si sarebbe quasi complimentato con Pan, riconoscendole il pregio di essere riuscita a coinvolgerlo in quello che lui avrebbe semplicemente etichettato come un ‘allenamento finalmente degno di nota’.
Sì… degno di nota, la famosa ‘nota dolente’, però, nel vero senso della parola in questo caso: a parità di potenza sprigionata, combattere per Allenarsi comportava un coinvolgimento emotivo completamente differente rispetto ad uno Scontro vero e proprio.
Non erano neanche lontanamente paragonabili.
Ecco quindi, un altro buon motivo per raggiungere al più presto quel sospirato sacchetto lasciato in terra da Goku: oltre a tornare entrambi in discreta forma, si sarebbe risparmiato la seccatura non indifferente di confrontarsi con il padre in quello stato; figurarsi se l’amorevole genitore non ne avrebbe approfittato per rinfacciargli di eseguire allenamenti sempre meno decenti. Tsk!

Raccolse il sacchetto e un moto di rabbia sfiorò il suo proverbiale autocontrollo, messo già a dura prova dagli eventi della giornata: “Disinfettante e cotone?? Ma vai a ca…”
La sua sussurrata imprecazione venne interrotta dallo sguardo innocente e soprattutto curioso di Pan, pronta a chiedergli maggiori informazioni.
“Ca-sa, casa! Direi che è tempo di… tornare verso Casa… per medicare le… ehm… ferite” si affrettò a spiegare mostrandole il contenuto del sacchetto: sul viso della bella corvina si dipinse una smorfia perplessa, mentre nella mente del ragazzo cominciava farsi strada un piano di riserva dai risvolti tutto sommato interessanti.
Armato di forza e coraggio, strinse i denti, la prese in braccio, e si alzò in cielo in quel volo tragicomico che li avrebbe condotti fino all’abitazione dei Brief.

 ***  *  ***

Arrivarono che ormai era sera avviata.
Affaticato dal viaggio, Trunks atterrò in malo modo, finendo per appoggiarsi di peso allo stipite dell’entrata con Pan intrappolata nel mezzo.
La Son rimediò un discreto zuccone in testa, ma riuscì a trattenere in gola il grosso delle lamentele, limitandosi a rimproverarlo bonariamente: “Ahi! Che modi! Sei un principe azzurro un po’ scarsino, lo sai!?”
“Ringrazia che tu sia arrivata, fin qui, nelle stesse condizioni di partenza! Sai, durante il tragitto ero parecchio tentato di ricambiare i tuoi delicati favori! Ad esempio: scaraventarti a terra dall’alto dei cieli!” rispose acido.
Sul volto della ragazza si dipinse una smorfia silenziosa: difronte all’evidenza dei fatti non è che avesse molte possibilità di replica.
Divertito per averla lasciata una volta tanto senza parole, le stampò un sonoro bacio a schiocco sulle labbra, seguito da un sussurro malizioso volto a rimarcare l’assoluta intenzione di avere un’adeguata ricompensa: “Mi devi un grosso favore… Ricordatelo!” poi compose il codice per aprire la porta d’ingresso.

L’abitazione era vuota, probabilmente tutti gli altri erano ancora a quel discutibile matrimonio.
A pensarci bene, quella assurda giornata uno straccio di lato positivo ce l’aveva: se non altro Trunks si era liberato anzi tempo dal suo noiosissimo impegno mondano.
E chissà… magari con un po’ di fortuna sarebbe persino riuscito ad aggraziarsi le simpatie della dea bendata per ottenere un paio di preziosissimi obbiettivi: una bella doccia rigenerante e un lungo e sospirato riposo accanto alla sua piccola peste.

Con un ultimo sforzo arrivò alla propria camera da letto, anzi, per la precisione direttamente all’entrata della doccia del suo bagno privato. Lasciò il sacchetto sul pianale del lavandino e, con grande sollievo del suo fisico indolenzito, finalmente i piedi di Pan toccarono delicatamente il pavimento.
Finalmente, sì! Perché lo Scricciolo, quel giorno, sembrava pesare tanto quanto un blocco di marmo rapportato alle forze di un semplice umano.
In realtà lei aveva tentato più volte di convincerlo a lasciarla volare da sola, ribadendo di essere... ‘perfettamente in grado di badare a se stessa’
Mhm! Sì, certo, come no.
Aveva perso il conto delle volte in cui l’aveva vista, con la coda dell’occhio, stringere silenziosamente i denti, ma aveva sempre fatto finta di non accorgersene per non urtare il suo ostinato orgoglio sayan.
Così ignorandola bellamente, se l’era dovuta portare in braccio per tutta la durata del tragitto, stupendosi non poco per essere finiti così lontano.

Sorrise ripensando al viaggio, ma non poteva mentire a se stesso: la sua scimmietta testarda era adorabilmente buffa nella sua cocciutaggine.
Oddio, una lieve smussatura qua e là agli angoli vivi del suo carattere non le avrebbe certo fatto male. 
Incrociò il suo sguardo titubante e le accarezzò le guance accaldate, poi scese lungo il collo e con naturale disinvoltura le tolse di dosso la giacca sgualcita, lasciandola cadere sulle mattonelle fredde, che Pan percepì diventare gelide, rapportate alla temperatura del proprio viso in fiamme.

Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
A ‘peggiorare’ la situazione il fatto di sentirsi stremata, sia a livello fisico che mentale: il suo spirito ribelle e combattivo aveva completamente esaurito ogni riserva di energia, al contrario di quella giornata interminabile che, invece, sembrava non finire mai di riservarle nuove sorprese e forti emozioni.
Intime in questo caso.
Una scomoda sensazione, la mancanza di un minimo sindacale di auto-difesa.
O forse avrebbe dovuto dire di totale Dipendenza da lui.
Era completamente nelle sue mani, senza un briciolo di forza per imporre la propria volontà… o meglio, per protestare almeno un po’… In fondo era solo questo il suo obbiettivo: non dargliela vinta all’istante.
Immersa nei suoi pensieri, non si accorse di avere le labbra del ragazzo a fior di pelle, impegnate in un leggerissimo bacio sulla clavicola: sussultò, accompagnata da un fremito naturale che la fece rabbrividire non poco.

Trunks invece sorrise, non era voluta questa reazione di sorpresa, ma l’aveva divertito parecchio.
Decise di continuare dirigendo la sua lenta scia di piccoli baci verso la punta della spalla.
Ma non solo.

Se già si sentiva il viso in fiamme, la temperatura di Pan divenne rovente quando capì che le attenzioni del sayan, oltre ai baci, si erano concentrate in regioni molto più lontane, sull’esterno delle proprie cosce.
Dopo avergliele sfiorate con tocchi appena accennati, Trunks afferrò i lati di quello che una volta era il suo elegante vestito, alzandolo lentamente fino ai suoi fianchi. Infilò le dita nell’elastico degli slip e un improvviso, quanto sottilissimo, strappo ne causò la caduta a terra.
Pan rimase senza parole: erano bastati pochi minuti e quello che di solito doveva essere l’ultimo indumento da togliere era stato il primo a sparire. 

Canaglia di un Sayan!
Meraviglioso, certo, ma aveva bisogno di riprendersi, l’aveva colta troppo alla sprovvista.
Nella speranza di calmare i battiti accelerati del proprio cuore e le iniziative del suo dannato scimmione partito in quinta senza preavviso, immerse le proprie mani nella sua chioma violetta, bloccando su di sé sia il suo viso, che le meticolose cure prestate dalle sue labbra da spalla a spalla.
Forse quel gesto sortì l’effetto desiderato: le mani del ragazzo si allontanarono e lei, speranzosa, allentò la presa sui suoi capelli.

Beata innocenza…
Il giovane elaborò immediatamente un nuovo piano d’azione: ripartì sfiorandole il collo con la punta del naso, mentre con le dita percorse per intero entrambi i profili laterali del suo sensualissimo corpo, ben sapendo che da sempre rappresentavano il suo punto debole.
Invasa da inevitabili fremiti, la ragazza, tornata a stringerlo più forte di prima, inarcò la schiena di riflesso, facendo aderire maggiormente il proprio corpo a quello del compagno.
Tremendo e maledettamente eccitante: un lungo sospiro di rassegnato piacere si infranse all’orecchio del sayan, particolarmente soddisfatto dalla riuscita del suo fin troppo scontato intento.
Sorrise: quella ragazzina riusciva a rendere interessante persino un gioco dove lui sapeva di vincere a priori. 
Il tocco malizioso dei sui polpastrelli continuò insolente sulle spalle, per poi terminare la corsa dietro al collo dove rimase a giocare per qualche secondo, prima di vederla allontanarsi leggermente in quello che doveva essere un timido tentativo di riprendere un minimo di auto-controllo.
Tentativo, infatti, miseramente fallito: si udì un altro sottilissimo strappo, quello dei laccetti che tenevano annodato il vestito e quel diabolico pendente che aveva stregato lui e lo sguardo di chissà quanti occhi non autorizzati.
Raggiunto il suo scopo, Trunks si staccò velocemente da lei con un sorrisetto a dir poco vittorioso: il vestito aveva fatto la stessa fine della giacca e degli slip... tutto precipitato a terra!
Beh, in mancanza di altro, vendicarsi con i suoi abiti era pur sempre meglio di niente.

Pan era allibita.
“GIURO CHE TE LE TAGLIO QUELLE DITA!!” gli ringhiò contro con le guance di un rosso violaceo, cercando di coprirsi in qualche modo.
“Che c’è!? Ti ho solo aiutato a toglierti i vestiti, no?” si limitò a rispondere con aria da finto innocente, mantenendo il suo sguardo soddisfatto, fisso in quello furente della bella corvina; poi la spostò delicatamente al centro della pedana, congedandosi con un ironico benservito: “Ora la doccia è tutta tua!”

Le avrebbe concesso qualche minuto di solitudine per sbollirsi sotto il getto rigenerante dell’acqua.
Si spogliò a sua volta degli stracci che indossava ammucchiandoli a quelli già in terra e poi si allontanò recuperando dal pianale il sacchetto ricevuto per depositarlo sul comodino affianco al proprio letto.
Una sbirciatina ai danni riportati era d’obbligo; stimò di rendersi presentabile con un buon sonno ristoratore e almeno una giornata di assoluto riposo. Certo che sapeva picchiare forte quel piccolo demone in gonnella!

Dopo alcuni interminabili attimi di vuoto mentale passati a capire come quel diavolo di sayan fosse riuscito a prendersi gioco di lei in così poco tempo, Pan decise di accantonare la questione e dedicarsi a se stessa.
Bella impresa questa.
Già il semplice rimanere in piedi comportava un impegno non indifferente, figurarsi tutta la serie di movimenti necessari per lavarsi decentemente! Ma chiedere il suo aiuto era fuori discussione.
Non c’era un muscolo che non le dolesse e la sua pelle riportava numerose ferite superficiali incredibilmente fastidiose. Regolò la leva tenendo un getto moderato ed una temperatura tiepida, poi con titubanza ci si infilò sotto trattenendo qualsiasi tipo di lamento: sì bruciavano, eccome.
Probabilmente lo scorrere dell’acqua liberava i tagli parzialmente cicatrizzati, riaprendo le ferite stesse.
Per sua fortuna il fastidio iniziale dei primi minuti, nell’arco di un tempo tutto sommato accettabile, si affievolì molto, permettendo alla ragazza di rilassarsi nel vero senso della parola.
Chiuse gli occhi abbandonandosi al piacere dello scorrere dell’acqua sul proprio corpo: quanto sarebbe stato liberatorio e purificante, per la sua anima, se nello scarico della doccia - oltre a sudore, polvere, e lievi rivoli di sangue - ci fossero finite tutte le delusioni e le amarezze provate in quella lunga ed estenuante giornata.
Sospirò, purtroppo non si poteva più tonare indietro.
Poi si mise all’opera e contro ogni aspettativa, fra una silenziosa imprecazione e l’altra, riuscì a lavarsi a puntino, trovando il modo di ritagliarsi gli ultimi preziosi istanti di calda beatitudine prima di lasciare il posto a quel somaro di Trunks.

Neanche a farlo apposta, il ragazzo si materializzò alle sue spalle accompagnato dal classico soffio d’aria generato dall’apertura e richiusura dell’anta di vetro. Per quanto fosse stato delicato o appena accennato, quel minimo spostamento d’aria, però, era risultato impertinente quanto una piccola folata di vento polare in una meravigliosa oasi di pace semi-tropicale: istintivamente Pan si girò di schiena rabbrividendo leggermente.

Trunks sorrise dolcemente, quasi dispiaciuto; si avvicinò a lei e cercò di rimediare abbracciandola da dietro:
“Scusami, non volevo farti prendere freddo” le sussurrò gentile per poi appoggiarsi con il mento sulla sua spalla.
Rimasero a lungo così: immobili, bagnati, pelle contro pelle. Il loro piccolo angolo di Paradiso sulla Terra.
Il caldo piacere dello scorrere dell’acqua sulle loro mani intrecciate e i loro corpi accoccolati, generava un tepore che entrava nel profondo, oltrepassava i muscoli, le ossa, per arrivare dritto al cuore e all’anima.
Trunks era completamente rapito da lei: la sua pelle era così morbida, profumata, pulita... in una parola, perfetta. Lasciò le mani di Pan raccolte sul suo grembo e lentamente iniziò a vagare con le proprie.
Con una arrivò a circondarle delicatamente il seno, con l’altra si fermò sul fianco opposto, praticamente all’altezza dell’anca. Poi la strinse maggiormente a sé, facendo aderire ancora di più i loro corpi nudi.
Questa volta ai sospiri della bella corvina si aggiunsero anche quelli del giovane sayan: aveva desiderato quel momento come non mai, dalla notte appena trascorsa, o chissà, forse da una vita intera, temendo pure di perderla per sempre. Ora la voleva così tanto: l’avrebbe amata con tutto se stesso, in quel preciso istante e per il resto della sua vita.

Pan chiuse gli occhi assaporando ogni singolo istante di quella indescrivibile sensazione: l’aveva imprigionata in una delicata morsa d’acciaio, dolce e sensuale allo stesso tempo, a cui era impossibile resistere.
Secondo dopo secondo alimentava il suo crescente desiderio di sentirsi Sua, di appartenere a Lui.
Si girò lentamente, sostenendo il suo sguardo, profondo e passionale, poi raccolse i suoi capelli bagnati in una improvvisata coda alta, liberando il suo bel viso che, inutile dirlo, rimaneva affascinante nonostante portasse i segni di qualche graffio e ferita di troppo.
Sistemò meglio la presa della sua chioma violetta in una sola mano e liberò l’altra per sfiorargli teneramente uno zigomo ferito, poi scese fino al suo petto muscoloso.

E’ vero, doveva farsi perdonare…
Si avvicinò alla base del suo robusto collo e ricambiò la lenta scia di piccoli baci.
Partiti lenti, appena accennati, quasi insicuri, questi lievi tocchi persero la loro iniziale timidezza salendo, centimetro dopo centimetro, fino al suo mento dove rivelarono le reali intenzioni.
Trunks cercò di ricambiare il contatto, ma un leggero strattone alla sua coda lo ammonì di restare fermo. 
Qualche altro delicato bacio lungo la mandibola e poi arrivò alle sue labbra, delineandone pericolosamente i contorni con la punta della lingua: partita da un angolo della bocca, molto lentamente e con una sensualità che non pensava le appartenesse, percorse tutto il profilo inferiore fino a raggiungere l’estremità opposta, dove invertì la direzione per ritornare, nello stesso identico modo, al punto di partenza.
Poi salì, riservando le stesse maliziose attenzioni al labbro superiore.
Li percepiva bene i respiri irregolari del suo compagno e soprattutto gli evidenti segni di cedimento del suo proverbiale auto-controllo, che mise veramente a dura prova quando decise di staccarsi da lui dopo avergli delicatamente succhiato il labbro inferiore:
“Grazie Saiyan, adesso non ho più freddo” miagolò sensuale a pochi millimetri di distanza, per poi rigirargli addosso le stesse parole che si era sentita rivolgere poco prima: “Io ho finito, qui… Ora la doccia è tutta tua!”
Sciolse la coda e stavolta fu lei ad uscire dalla doccia particolarmente divertita.

Trunks s’impose di rimanere immobile per mantenere un minimo di dignità da vero gentiluomo, un solo movimento, anche minimo, e si sarebbe lasciato trasportare dalla fin troppo accattivante idea di incollarla alle piastrelle del mosaico con finalità, altro che caste e pure, direttamente da girone dei dannati.
Giurò vendetta sicura.

‘Fortuna’ che la piccola peste in fin dei conti era più malconcia di lui: ad asciugarsi ci mise molto più tempo del previsto, anche perché di solito le bastava innalzare leggermente la propria aura per asciugarsi i capelli, mentre ora, invece, si era dovuta adeguare agli standard tradizionali, utilizzando ad esempio un bel phon.
Trunks riuscì a finire prima di lei, si allacciò in vita l’asciugamano e la oltrepassò con in viso un sorrisetto a dir poco malandrino: “A meno che tu non abbia intenzione di passare la notte qui in bagno, ti aspetto di là…” poi avvicinandosi al suo orecchio le sussurrò poco velato: ”sul mio letto, per la precisione… dove ho messo un pigiama pulito per te”
Pan deglutì a vuoto, limitandosi a brontolargli dietro qualcosa di incomprensibile, conscia di non avere molte possibilità di vittoria.

Quando uscì dal bagno con l’asciugamano annodato addosso, lo trovò disteso sul letto a petto nudo, illuminato solo dalla luce argentata della luna. Sembrava rilassato, con le braccia dietro alla nuca e lo sguardo rivolto alla finestra a scrutare lo stesso cielo limpido e luminoso della notte precedente.
Sul cuscino accanto, c’era il famoso pigiama pulito: più lo guardava e più le sembrava pericoloso, quasi minaccioso. In realtà non era tanto quell’innocente pezzo di stoffa a impensierirla, quanto il messaggio implicito che nascondeva: sicuro che il suo bel principino aveva già in mente qualche sottile piano vendicativo.
D’altronde, oltre al momento romantico sotto la doccia, gli aveva rovinato l’intera giornata e lui era, sì, la Santa Pazienza in persona, ma di Santo, poi, non aveva altro…. e meno male.... si ritrovò alla fine a pensare, ammettendo a se stessa quanto in fondo le piacessero le sue attenzioni, sebbene non finissero mai di coglierla di sorpresa. Sorrise impercettibilmente, poi percorrendo gli ultimi passi con finta nonchalance, arrivò al bordo del suo letto.

“Te l’ho già detto che sei una pessima attrice, vero? Dai, su, sdraiati e mettiti comoda” la invitò a distendersi affianco a sé, consapevole del fatto che, fra le varie, la botta contro quell’albero probabilmente era quella che più la infastidiva.
Trattenendo a fatica l’ennesima silenziosa smorfia, strinse i denti, e finalmente riuscì a raggiungere quel sospirato traguardo: un bel materasso soffice sul quale coricarsi, a pancia in giù, per sprofondare in un beato riposo.
Trunks le diede il benvenuto catturando immediatamente le sue labbra in un lungo bacio.

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Completamente rapita dalla dolce passione del momento, a malapena si accorse che la mano del giovane le aveva slacciato l’asciugamano scoprendola completamente:
“Ehi! Non ci provare! Che intenzioni pensi di avere!?” provò inutilmente a fermarlo, staccandosi dalle sue labbra per lanciargli un’occhiataccia severa.
“Secondo te? Le tue ferite vanno medicate… E niente storie!” rispose deciso, sollevandosi dalla sua posizione. 
“NO! Non mi serve, io sto ben…” stavolta non riuscì a finire la frase: Trunks le si era messo a cavalcioni, senza gravarle addosso di peso, ma ad una distanza sufficientemente ravvicinata da poterle sfiorare il meraviglioso fondoschiena, libero da qualsiasi impedimento considerando che pure il suo di asciugamano era sparito, lanciato chissà dove.
Poi si piegò in avanti, appoggiandosi con entrambe le mani ai lati delle spalle di Pan, inevitabilmente a disagio:
“Che c’è? Temi qualcosa?” chiese allusivo dall’alto della sua nuova posizione di indiscutibile vantaggio.
“Senti! Io forse potrei avere un po’ di Colpa, ma TU, ora, sei sicuramente in Dolo! Lo stai facendo apposta!” rispose agguerrita la giovane Son, sperando che nel compagno ci fosse rimasta almeno una briciola di quella famosa Santa Pazienza.
“Sì, lo sto facendo proprio apposta! Ma dovresti essere contenta, no? Una volta tanto, ti sto dando ragione” poi  allungò un braccio per afferrare il sacchetto sul comodino e tornò a sedersi sulle proprie gambe, restandole a cavalcioni.
Ignorando qualsiasi tipo di lamentela della sua piccola scimmietta dispettosa bloccata sotto di lui, raccolse accuratamente i suoi setosi capelli corvini, spostandoli di lato sul cuscino, e iniziò a preparare i batuffoli di cotone imbevendoli di disinfettante. Dopodiché arretrò, facendole divaricare leggermente le gambe per posizionarsi in mezzo: “Secondo me, è meglio che risparmi il fiato, un pochino potrebbe bruciare”
“Truuunks…” provò a supplicarlo: cominciava ad agitarsi non poco, sapeva che non le sarebbe accaduto niente di che, ma lasciarlo libero di agire alle sue spalle senza neanche poterlo vedere in faccia, non la rassicurava affatto, a maggior ragione che non era assolutamente nelle condizioni fisiche per contrastarlo.

Oh sì… Il primogenito di Casa Brief, si stava proprio togliendo qualche meritata soddisfazione!
Il suo sguardo era trionfale, la stava mettendo davvero sulla graticola... e pensare che la parte più interessante doveva ancora iniziare:
“Pronta?”
“NO!!”
“IO dico di Sì…”
“Stron…”
Non la fece neanche finire: appoggiò il batuffolo sulle ferite, che fortunatamente avevano solo bisogno di una veloce disinfettata, incominciando da quelle più alte, in corrispondenza delle scapole.
Pan reagì di riflesso: inarcò la schiena e strinse forte i lembi del cuscino, soffocandoci sopra un urlo liberatorio, non tanto per il puro bruciore, che comunque la infastidiva non poco, ma soprattutto per scaricare tutta la tensione che il mezzo-delinquente, altro che mezzo sangue, le aveva fatto accumulare negli ultimi minuti, o forse ore.
Trunks trattenne a stento un sorrisino che sarebbe stato davvero poco cortese mostrare apertamente: le buone maniere le aveva di sicuro ereditate dalla madre, ma in fondo non poteva farci niente, rimaneva pur sempre anche figlio di suo padre, no?
Addolcì la pillola donandole un bacio sulla spalla, poi continuò la medicazione spostando il batuffolo appena più in basso: purtroppo per lei la aspettava un lungo tragitto di graffioni di vario genere lungo tutta la spina dorsale. In effetti scontrarsi a dorso nudo contro il tronco di quella immensa quercia, non era stata la conclusione più delicata possibile, a maggior ragione che Madre Natura le aveva donato, sì, una meravigliosa pelle, dalla quale ormai era completamente dipendente, abbastanza resistente pure, ma assolutamente non quanto la sua sayan.

Già, un tragitto lungo, troppo lungo, da sopportare.
Soprattutto quando Pan capì che le intenzioni del ragazzo erano mirate a farla letteralmente impazzire in quella che più che una medicazione, sarebbe diventata una lenta e insopportabile Tortura, mirata a mescolare l’inevitabile seccatura delle ferite pungenti con le bollenti attenzioni ricevute, il tutto sotto l’aspetto affatto secondario dell’imprevedibilità: prima un bacio, una carezza, un soffio?
O quel malefico batuffolo imbevuto di disinfettante che si divertiva a scivolare sempre più in basso!
‘Dolore e piacere’ o ‘piacere e dolore’?
Beh… ‘dolore’ per modo di dire, ovvio, ma di sicuro due sensazioni che la stavano mandando fuori di testa, sempre più difficili da gestire e controllare: il suo immancabile orgoglio stava facendo gli straordinari nel vietarle di lamentarsi spudoratamente, o supplicarlo di fermarsi, ma non gli avrebbe dato quella soddisfazione neanche a pagarla a peso d’oro! Certo che quel povero cuscino stritolato, invece, ne aveva sentiti di gemiti strozzati...
Se non altro, difronte all’imprevedibilità sul tipo di contatto che di volta in volta la coinvolgevano, c’era lo schema regolare di quello che a tutti gli effetti era diventato il giochino preferito di quella canaglia di Trunks.
Le sue attenzioni scendevano imprevedibili, sì, ma di pari passo, così se quell’odioso batuffolo si trovava a metà schiena, sicuro che lui si sarebbe concentrato sulla stessa fascia del corpo, magari le sue labbra da una parte e la mano libera sul fianco opposto ad aggiungere la variante del solletico. Tsk, quasi banale!

Oppure genialmente bastardo: la stava spudoratamente e sfacciatamente provocando sui suoi punti deboli, senza neanche ingegnarsi a cercare chissà cosa.
Detestava il solletico, detestava essere ferita, detestava non avere forze per reagire, detestava non poterlo fulminare con lo sguardo, ma non poteva negarlo: era dannatamente eccitata.

Ed era proprio questo l’obbiettivo di Trunks, uno schema imprevedibilmente regolare che dall’alto delle spalle era sceso lungo quel corpo straripante di sensualità.
Ora mancava giusto un leggerissimo graffietto appena sotto le sue natiche che si direzionava proprio verso l’interno coscia: non aveva certo bisogno di essere medicato, ma Trunks non poteva rischiare che la sua bella paziente si beccasse qualche infezione per aver trascurato una piccola ferita, no?
Seppur invisibile andava curata e lui, si sa, da sempre ci metteva il massimo impegno per svolgere gli incarichi che gli venivano affidati: Goku l’aveva cacciato con lei nel viaggio nello spazio quattro anni prima, e ora, Goku, l’aveva lasciata alle sue cure. E lui avrebbe eseguito, con la massima dedizione.

Pan trattenne il respiro con i sensi completamente all’erta, nel suo petto il cuore pulsava con battiti potenti: sentì le mani del ragazzo appoggiarsi sulle proprie cosce e divaricargliele leggermente.
Una rimase immobile, anche troppo forse, il calore che generava sembrava ustionarle la pelle; l’altra si staccò per utilizzare l’ennesimo batuffolo di cotone, che dopo aver svolto il prezioso lavoro di medicazione con una cura certosina, venne gettato assieme al resto dei suoi piccoli compagni, in un angolo che Trunks aveva pensato bene far rientrare nel suo campo visivo.
Sentì la presa sulle proprie cosce intensificarsi, accompagnata dalla presenza troppo ravvicinata del suo viso a questo taglietto praticamente inesistente: percepì le sue labbra sfiorarle la pelle con un soffio proibito che andò volutamente a solleticare le altre sue, molto più intime.
Pan chiuse gli occhi lasciandosi sfuggire un sospiro di puro piacere, pregustandosi di godere quello veramente intenso e indescrivibile che aveva imparato a conoscere solo la notte precedente, grazie a lui.

E invece Trunks, pensò bene, anzi malissimo, di allontanarsi e raddrizzarsi sulle proprie ginocchia.
“Non… non prosegui?” chiese lei con un filo di voce rammaricato: ora capiva alla perfezione la delusione che probabilmente gli aveva arrecato sotto la doccia.
“Mi spiace, non posso, sono a corto di energie: una certa signorina mi ha messo... fuori gioco”
Poi tornando a cavalcioni su di lei, in un sussurro malizioso aggiunse: “Ma lo avrei fatto molto volentieri”
“Ah, sì? Beh, allora tolgo il disturbo! Immagino tu abbia bisogno di riposare per... tornare in forma decente!” 
“Sei proprio una piccola canaglia”
“Vai all’inferno! Lo so che lo stai facendo apposta! Avrei dovuto davvero farti… fuo-oh..”
“Dicevi? Farmi Fuori? Noo… io penso che tu preferisca tenermi… dentro”
Dentro alla sua vita, al suo cuore, alla sua anima, e finalmente al suo meraviglioso corpo:

“Ti amo, strega”

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Capitolo 15
*** 15 capitolo ***


Albero della Vita
15 CAPITOLO

 

 

Dormiveglia…
Un pacifico e sereno stato di dormiveglia accanto a Lei, sotto le lenzuola profumate.
Il contatto dei loro corpi nudi, entrambi sdraiati sul fianco, permetteva ai suoi sensi di lasciarsi cullare dalla calda e soffice pelle del suo piccolo angelo, in quel momento ancora profondamente addormentato.
Trunks la teneva stretta a sé: un braccio sotto al cuscino a sorreggersi il capo e l’altro ad avvolgerla completamente, con la propria mano bloccata fra la morbidezza del suo seno e il tocco soave delle sue sottili dita, rimaste intrecciate alle proprie per tutto il tempo del loro riposo.
Un’altra splendida notte assieme, seguita da un graduale e dolce risveglio l’uno accanto all’altra.
A proteggere quella situazione paradisiaca, un soave silenzio, intervallato dai respiri regolari e calmissimi della sua piccola sayan, adorabile per davvero quando era immersa nel mondo dei sogni.

Tutto incredibilmente perfetto: poteva quasi valutare l’ipotesi di innalzare questa sensazione di reale Pace dei Sensi, al primo posto nella classifica dei piaceri personali…. salvo rendersi conto che i desideri del proprio corpo, accoccolandosi maggiormente a lei, cominciavano a non essere altrettanto candidi e puri.
Sorrise impercettibilmente: ormai era sveglio, ma prima di richiamare l’attenzione della sua ‘Bella Addormentata’, avrebbe assaporato qualche altro prezioso istante di quel beato silenzio, in cui nemmeno un minimo rumore sembrava infastidirlo.

Eccetto un leggerissimo, ma altamente stonante, schiarimento di voce che, inquietantemente famigliare, lo obbligò di malavoglia ad aprire gli occhi per ritrovarsi di fronte l’ultima persona che avrebbe voluto vedere:
“Tsk! Alla buon’ora! Pensi di schiodarti da lì? O hai intenzione di passare il resto dei tuoi giorni a scaldarti il naso tra le cosce della tua mocciosa?”
Poi avvicinandosi pericolosamente a lui, con un ghigno divertito sulle labbra, continuò ironico e per nulla rassicurante: “Io dico che è ora di alzarsi! Ce la fai da solo? O ti serve una mano?”
Trunks deglutì a vuoto senza spiaccicare una sola parola: i suoi progetti goderecci, andati irrimediabilmente in frantumi, erano appena stati sostituiti con l’unica alternativa che avrebbe volentieri evitato come la peste.
Sì, era migliorato parecchio dalla sera precedente, ma non poteva certo dire di essere in ottima forma.
Fortunatamente per lui, la sua buona stella non era poi così morente: brillò di un guizzo di luce insperato, riuscendo ad intercedere per lui.
Così dopo l’amorevole buongiorno ricevuto, riuscì ad evitare una catastrofe annunciata, sentendosi spiegare il motivo di quella odiosa improvvisata: “Muoviti, su! Tua madre ha bisogno di te! Dice che si tratta di un impegno… imprevisto… Ti sta aspettando in laboratorio” poi si congedò per lasciare al ragazzo il tempo di vestirsi, piuttosto limitato a quanto pare, data la precisazione finale lasciata sulla soglia della porta: “Trunks, lo sai vero? Non fartelo ripetere due volte!”

Con l’entusiasmo di un condannato a morte diretto al patibolo, il giovane si vide costretto ad ubbidire; si preparò in fretta e dopo aver lasciato un biglietto chiarificatore sul comodino per Pan, la salutò con un dolce bacio sulla guancia.
Raggiunse il laboratorio come indicato - anzi ordinato per la precisione - imprecando mentalmente sia contro questo maledetto ‘impegno imprevisto’, che le pessime abitudini dei suoi famigliari al gran completo.
A quanto pare, sembravano essere tutti particolarmente propensi a rovinargli le atmosfere romantiche: sua sorella la mattina precedente, e ora il padre in evidente associazione a delinquere con la madre.
Arrivò a destinazione e di malavoglia concentrò l’attenzione sul progetto che vedeva impresso sul monitor del computer: sgranò gli occhi.

Beh.. in effetti la parola ‘imprevisto’, non era poi un’esagerazione.


***

Purtroppo per Pan, il suo risveglio non rispecchiò esattamente le aspettative auspicate.
Innanzitutto allungando il braccio per cercare Trunks, aveva trovato solo il letto vuoto: aprì gli occhi indispettita, ma soprattutto rammaricata per non averlo accanto a sé.
Poi vide il biglietto sul comodino indirizzato a lei e decise di leggerlo.
Pessima idea.
Nel tentativo di afferrarlo sentì una tremenda stilettata invaderle il corpo: partita dalla spalla, era riecheggiata ovunque, figurarsi sulla ferita alla mano che lasciò inevitabilmente cadere a terra il cartoncino.
Nulla di meno promettente, considerato che da quel letto doveva pur alzarsi.
Ecco, lo sapeva: ora, il suo fisico per trequarti umani, gliela stava facendo pagare cara, la sua esuberanza da incosciente super sayan! Altro che semplice acido lattico da smaltire.
Con un gesto di stizza sprofondò il viso nel cuscino, valutando seriamente l’idea di rimanere incollata al soffice materasso per il resto della giornata, immobile ovviamente.
Ma poi decise di riprovarci: stringendo i denti si levò il lenzuolo di dosso e riuscì a mettersi seduta sul bordo del letto con i piedi appoggiati al pavimento.
Terminò senza fiato.
Ma c’era del positivo in questo: se non altro, averlo trattenuto in gola durante lo sforzo, l’aveva aiutata a zittire il vasto repertorio di notevoli imprecazioni a cui avrebbe molto volentieri dato libero sfogo…. probabilmente avrebbe fatto concorrenza al peggior bestemmiatore della storia.
Ma il più sembrava fatto, no?
In fondo i momenti peggiori erano sempre i primi movimenti, poi pian piano il corpo si sarebbe abituato, per tornare ad ubbidirle del tutto nel giro di breve; c’era pure il buon auspicio del suo asciugamano a portata di mano, a valorizzare il suo pensiero ottimistico: se lo avvolse per coprirsi e con un gesto convinto si alzò in piedi. Risultato?
L’intero corpo fulminato da una scarica così potente da farle completamente perdere l’equilibrio: chiuse gli occhi con la certezza di schiantarsi, frontalmente, contro il duro e freddo pavimento.

Qualcosa di robusto in effetti aveva fermato la sua inevitabile caduta, ma fortunatamente, riaprendo gli occhi, scoprì essere il caldo corpo del suo sayan, finito ancora una volta a terra sotto di lei per il maldestro impatto che ne era seguito.
Il tempo di riprendersi e poi alzò lo sguardo verso di lui: doveva ammetterlo, era proprio felice di rivederlo e particolarmente sollevata nel notare come la sua pelle, a differenza della propria, si fosse già completamente ristabilita. Nemmeno un graffio o l’ombra di un livido segnavano quel bel viso che non avrebbe mai smesso di amare, con l’incantevole azzurro dei suoi occhi a ricordarle il cielo limpido e l’acqua cristallina.
Gli sorrise timidamente, poi ignorando l’espressione stranamente imbarazzata del compagno, con una mano gli sfiorò teneramente una guancia, bloccando di fatto il suo tentativo di prendere parola: “S-sei... sei già guarito… Mi fa davvero piacere” gli sussurrò dolce e soave quanto la delicata carezza di una piuma sulla pelle.
Il ricordo del loro tremendo scontro bruciava forte, come altrettanto profondo era l’evidente senso di colpa che ne era scaturito: “Mi dispiace Trunks! Mi dispiace tantissimo” farfugliò di getto gettandosi al suo collo per stringendolo più forte che poteva; ma non gli diede neanche il tempo di realizzare le parole appena pronunciate, catturò immediatamente le labbra del ragazzo con un bacio pieno di sentimento.

Il sayan rimase a dir poco spiazzato e stordito da quella situazione.
Non si aspettava il rimorso della giovane e nemmeno le sue scuse ufficiali.
Anzi, a dir la verità non si aspettava proprio Lei.
Le sue labbra così morbide e dolci, i setosi capelli corvini a solleticargli il viso e soprattutto, questo proprio non poteva ignorarlo, sotto al misero asciugamano, quel sensualissimo corpo nudo che richiamava la sua anima dal profondo, in quel momento e, chissà, forse dalla notte dei tempi.
Era stato istintivo proteggerla nella sua caduta, come pericolosamente naturale perdersi nel suo profumo e nel suo caldo contatto.

Era Lei…
Così… così magnetica…

Contro l’austerità della sua iniziale rigidità mentale, le sue mani si lasciarono sedurre dalla sua angelica presenza, posandosi lungo i fianchi della ragazza; scesero a raggiungere i bordi inferiori dell’asciugamano e infine le sfiorarono l’interno coscia um… u-umido!?
Trunks!?


Mettendo a tacere il suo stupido orgoglio, Pan era riuscita a liberare la propria coscienza, adesso era tempo di aprire il cuore. Raccogliendo tutto il coraggio a disposizione, gli sussurrò a fior di labbra la sua dichiarazione più intima e privata in assoluto: “Ti amo, Trunks”


Lui sgranò gli occhi, tornando finalmente in sé: “No Pan! No! Non è come pensi! Non… non devi dirlo a me!”
Agitato come poche altre volte in vita sua, l’afferrò per le braccia e la spostò da sé facendola tornare seduta sul bordo del letto, sotto lo sguardo a dir poco allibito della giovane mora.
Pan replicò confusa, irritata, e purtroppo ferita nel vedersi respingere proprio da lui:
“C-Che? Che diavolo stai dicendo!? Mi dici a chi avrei dovuto dirlo, secondo te!?”
Un brivido la percorse ritrovandosi sulla soglia della porta una copia identica a lui, leggermente più acciaccata: rimase senza parole e senza fiato.
“P-penso… a lui” sussurrò il Mirai, deglutendo a vuoto e maledicendosi per essersi lasciato coinvolgere così tanto da lei, senza riuscire a fermarla in tempo… Razza di idiota, idiota, idiota! Grandissimo idiota!
 

“TRUUNKS! Tutti e dueeee! Venite! Penso di aver trovato una soluzione!” si sentirono chiamare dalla voce fin troppo squillante della madre dal piano terra, spezzando quel silenzio mostruosamente imbarazzante
creatosi fra i tre.

Il più giovane si staccò dallo stipite e si incamminò per raggiungerla con la testa invasa da mille pensieri, indefiniti e caotici; uno in particolare però si imponeva prepotente su tutti gli altri: quel maledetto ‘impegno imprevisto’ doveva tornarsene all’istante da dov’era venuto!
Sarà stato involontario, non lo metteva in dubbio, ma i fatti parlavano da soli: per colpa sua, prima, era stato disarcionato dal paradiso del proprio letto e, ora, aveva assistito suo malgrado a questo ‘incontro troppo ravvicinato’ con la Sua Sayan, perdendosi tra l’altro una parte della… ‘calorosa presentazione’
Cosa, la Sua Pan, non avrebbe dovuto dire a lui!?
Esatto, la Sua Pan!
Strinse i pugni e arricciò le labbra in una smorfia altamente infastidita: non importa se erano la stessa persona in epoche differenti, Pan era Sua! Punto e basta.


Sapeva che i viaggi nel tempo erano sempre pericolosi perché rischiavano di cambiare il corso degli eventi, figurarsi poi uno imprevisto come questo in cui era incappato, ma quella situazione aveva del surreale, oltre al paradossale.
Titubante, alzò lo sguardo verso di lei, ancora intenta a realizzare cosa fosse appena accaduto: si ritrovò ad osservare più del dovuto i delicati lineamenti del suo giovane viso turbato, chiedendosi, fra l’altro, l’origine della ferita in via di guarigione sulla fronte, ora parzialmente scoperta dalla frangetta spettinata.
Era tentato di arruffargliela del tutto, ma si impose di rimanere immobile avendo già combinato troppi danni in soli pochi minuti di vicinanza: sperò con tutto se stesso di non aver rovinato il loro… futuro.


Tsk! Non poteva crederci!
Certe scene pensava appartenessero solo al mondo dei film o delle barzellette e invece, no!
Le si era stretto il cuore ripensando alla scena poco interpretabile che Trunks si era visto sbattere in faccia, per poi vederlo allontanarsi con un’espressione indecifrabile sul viso.
E ora affianco a lei, CHI si ritrovava di preciso!? Chi?
La sua copia? Versione? Alter ego? Lui? ... del futuro!?
Eh certo, perché succede tutti i giorni di svegliarsi ancora mezzi addormentati, peggio ancora tutti indolenziti, e trovarsene di fronte una!
Magari proprio quella della persona a cui si ha deciso di aprire il proprio cuore in via definitiva e ufficiale!
Peccato che di fatto sia comunque un altro!!
Aveva sprecato le sue parole, dichiarando i propri sentimenti…
Alla persona sbagliata!!
Cosa poteva esserci di peggio!? Cosa!?

 

Chiuse gli occhi sentendoli pizzicare da quella stessa rabbia che le stava facendo ribollire il sangue nelle vene; li riaprì per fulminarlo con lo sguardo e riempirlo di parolacce, ma trovò solo il vuoto della stanza, anche lui era sparito dalla visuale.
Ringhiò qualcosa di incomprensibile, innervosendosi ancora di più, ma sfruttò l’inaspettata determinazione del momento, trasformando la grinta che circolava nel suo corpo in energia utile a svolgere i movimenti desiderati. Evidentemente imprecare mentalmente contro quel dannato sayan, fungeva da ottimo anestetizzante o antidolorifico: si alzò dritta in piedi, raccolse gli abiti ripuliti con cui era arrivata al venerdì, e finì di lavarsi e prepararsi. Dopo un tempo indefinito, ma tutto sommato accettabile, scese al piano terra.

Lo trovò insolitamente silenzioso: a giudicare dall’aura pacifica, Bra stava ancora dormendo, mentre quelle di Bulma e Trunks le percepiva più lontane, probabilmente si trovavano in laboratorio.Decise di raggiungerli, ma la sua attenzione venne drasticamente catturata da un invitante profumino proveniente dalla cucina: il suo stomaco ruggì all’istante, nel vero senso della parola.
D’altronde non poteva neanche dargli torto, era dalla mattina precedente che non toccava più cibo.
A malincuore abbandonò la metà stabilita per dirigersi silenziosamente in cucina: ci trovò proprio il suo ricercato, intento ad apparecchiare per due.
Esordì furente con tanto di indice puntato contro oa suo bel faccino: “TUU! Razza di ….”

“Latte e caffè! Già zuccherato! Qui ci sono i biscotti e le brioches calde… Perché non fai prima colazione?” si difese l’ospite venuto dal futuro, notando con successo la ragazza zittirsi, pur mantenendo il viso imbronciato: “Fallo almeno per mia mad… cioè Bulma: mi ha mandato lei a prepararvela, per te e… Trunks… anche lui dovrebbe arrivare fra poco”
“Quanto zucchero c’hai messo?” domandò asciutta e diretta, ma molto curiosa di conoscere la risposta: la colazione era praticamente sacra per lei, ci mancava solo che lui le rovinasse anche quella!
“Poco, giusto la punta di un cucchiaio… poi ci sono i biscotti da inzuppare che addolciscono il lat…” si fermò con il tremendo sospetto di essersi fregato da solo.
Sospetto divenuto certezza notando l’espressione tagliente della moretta di fronte a lui a braccia incrociate e sopracciglio alzato: “Come fai a saperlo?” lo gelò.

Caspita, doveva mettersi in testa di stare attento a quello che diceva o faceva quando se la ritrovava di fronte!Improvvisò una scontata, quanto teoricamente credibile risposta: “Trunks! Me lo ha accennato lui” salvo constatare che difficilmente la ragazza avrebbe creduto ad una conversazione così serena e innocente fra loro due, dopo l’ingrata scena di poco prima.
Difatti Pan alzò gli occhi al cielo, sospirando rumorosamente: non la convinceva affatto quella risposta, ma decise di passargliela per una ragione molto più importante, la fame!
Si mise a sedere godendosi la colazione che le era stata preparata.
A conferma dei suoi dubbi, constatò che per aver semplicemente seguito il ‘suggerimento’ ricevuto, questo suo primo e unico esperimento mai preparato prima, gli era riuscito in modo fin troppo perfetto: al suo Trunks era servito almeno un intero anno di forzata convivenza nello spazio, per imparare le quantità precise di caffè e zucchero da mescolare assieme.
Beh, lo stesso discorso era toccato pure a lei: si erano scherzosamente beccati tante di quelle volte, rinfacciandosi a vicenda di aver creato una bevanda dolce da diabete o letteralmente imbevibile per i motivi più disparati… tipo stramaledire suo nonno per aver erroneamente riempito la zuccheriera di sale fino, senza ovviamente avvisarli. Sorrise impercettibilmente a quei ricordi.

Il suo giovane visino era adorabilmente buffo nei suoi piccoli bronci, ma vederla sorridere non aveva prezzo: per lei aveva riscaldato le brioches fresche, ma senza pensarci tanto, allungò le dita nella scatola di quelle confezionate per estrarre il simpatico adesivo in regalo a forma di animaletto: pescò un cucciolo di pantera nera. Le donava pure.
Poi glielo offrì.
Le guance di Pan arrossirono all’istante: suo zio la prendeva sempre in giro per questa sua ‘simpatia da bimbetta’… ma quegli adesivi erano… carini.
A lei piacevano.
Istintivamente l’afferrò con la mano libera, dato che l’altra era impegnata a tenere a mezz’aria un biscotto imbevuto di latte.
Notando l’animaletto raffigurato di suo gradimento, non riuscì a trattenere un timido sorrisino, che però scomparve nel giro di un paio di secondi ripensando a come fosse possibile che lui avesse di nuovo indovinato.
Era decisa a chiederglielo seriamente, ma quel dannato biscotto rovinò i suoi piani cadendo giusto nella tazza di latte: nooo, mezzo disastro!
Lei odiava quando succedevano queste piccole, fastidiosissime, seccature: adesso quella poltiglia se ne sarebbe stata lì a galleggiare, rivoltandole lo stomaco.
Prese il cucchiaio e con una smorfia disgustata lo raccolse depositandola quasi schifata sul tovagliolo di carta.

“Ops… scusami” ridacchiò divertito il sayan, ricevendo in cambio un’occhiataccia di fuoco da Pan
“Trunks! Ma insomma! Che storia è questa!? Come fai a conoscere tanti dettagli se è la prima volta che ti vedo!?” chiese inacidita puntandogli addosso l’adesivo.
“Che c’è insomma!? Non si può essere gentili? Ho fatto un tentativo! In fondo avevo il cinquanta per cento delle probabilità di indovinare se ti sarebbe piaciuto o no! Non mi sembra di aver fatto nulla di male” improvvisò cercando di rimanere sorridente, sebbene lei gli stesse rendendo la vita sempre più complicata.
“Ah sì? Un Tentativo? E dimmi: lo hai fatto anche prima!? Hai tentato di essere gentile’ rispondendo al mio bacio? Ma poi… hai una vaga idea di quanto fossero importanti per me quelle parole!?” lo accusò risentita.

Lui smise di ridacchiare di fronte all’evidenza dei fatti: quella ragazzina era insopportabile, ma dannazione, non riusciva proprio a liberarsene!
Dieci minuti con lei e aveva già combinato più danni che non in tutto il resto della sua vita!
Nel bene e nel male, lo attirava peggio di una calamita.

Sospirò forte e strinse i pugni, poi in un sussurro appena accennato, si decise a dare una vaga spiegazione:
“Tu… Tu mi ricordi tanto una persona del mio tempo… Scusami, non era assolutamente mia intenzione ferirvi”
Stava per andarsene dalla porta-finestra che dava sul giardino, ma si fermò allo stipite voltandosi verso di lei con una raccomandazione sincera: “Pan, quello che hai detto a me… diglielo davvero, non aspettare... Poi il tempo passa e lo si dà per scontato… ma sono sicuro che gli farebbe piacere sentirselo dire”

Tornò a guardare dritto a sé, convinto di fondere il proprio sguardo con il cielo limpido di quella tarda mattinata e invece si scontrò con un paio d’occhi color tenebra, inviolabili e imperturbabili.“Non così in fretta, Trunks! Non vorrai togliermi la soddisfazione di decidere chi, fra voi due, mi terrà compagnia nell’allenamento di oggi, vero?” chiarì Vegeta con un tono lento e per nulla rassicurante, indicando con lo sguardo il figlio appena arrivato in cucina con la madre.
“Posso anche accettare un volontario! In fin dei conti, mi sembri più in forma tu di lui! E io, oggi, voglio proprio divertirmi!”

Allenarsi con suo padre? Quel giorno?
E minimo il seguente da passare a riposo?
Dannazione! Chissà se aveva tutto quel tempo a disposizione…

“M-mi spiace, non posso! Devo… devo tornare a casa appena possibile... Già che sono qui per… sbaglio”
“Come sarebbe a dire moccioso? Non vuoi batterti? Non dirmi che mi ritrovo un altro scansafatiche tra i piedi!? Cos’è? Ti spaventa qualche graffietto sul tuo bel faccino? Non è certo un problema, sai? Anzi, tanto meglio! Così se ‘qualcuno’ si confonde ancora, almeno stavolta sappiamo il motivo, no!?” replicò cinico e tagliente, affondando in un colpo solo, la bellezza di ben tre mezzo-sangue su tre.
Poi assottigliando lo sguardo pretese maggiori spiegazioni: “E poi come sarebbe a dire: per sbaglio? Spiegati!”
Ma la sua richiesta venne sovrastata e soppiantata da un acuto apprensivo della moglie rivolto al figlio del futuro: “Trunks! Ma come? Non stai un po’ qui con noi? Perché sei così di fretta?”

Pan cercò di gestire alla belle meglio le contrastanti emozioni del momento: l’irritazione per la frecciata di Vegeta, la crescente curiosità verso l‘ospite del futuro e la presenza del suo sayan sedutosi affianco a lei. Quest’ultimo pensò bene di concentrarsi sulla meritata colazione: se non altro, la prospettiva dell’imminente partenza del suo alter ego, era la prima notizia veramente positiva di quella seccante mattinata.
Afferrò il cucchiaio e silenziosamente incominciò a mescolare i propri biscotti dentro alla tazza di latte.

“Mi spiace, mamma, non posso trattenermi! Devo assolutamente presenziare a…. un impegno inderogabile” farfugliò incerto per poi lasciarsi scappare fra sé: “Se manco, me lo rinfacceranno per il resto dei mei giorni”
“EH? A chi ti riferisci, Trunks?” si affrettò a chiedere perplessa Bulma, ricevendo in cambio una risatina nervosa da parte del ragazzo:
“Non ti preoccupare, mamma! Va tutto bene! Nessun nemico da combattere! Solo la possibile furia omicida di… una piccola strega di mia conoscenza… e… probabilmente anche la tua, intendo quella di mia madre del futuro”
Quella assurda spiegazione aumentò ulteriormente la curiosità della donna, per non parlare dell’ambigua espressione dipinta sul viso del ragazzo: dietro all’evidente nervosismo e un filo di agitazione per questo ‘impegno inderogabile’ ci vedeva comunque entusiasmo e impazienza, i suoi occhi si erano illuminati.
Decise di affrontarlo da solo per conoscere la verità: “Torno in laboratorio! Se hai così fretta, raggiungimi là!”


... Strega
Quella singola parola era riecheggiata nella mente di Pan peggio di un uragano.
Anche il suo Trunks la chiamava con quel nomignolo poco affettuoso a cui in realtà era molto affezionata.
Erano davvero la stessa persona in due epoche diverse? C’erano così tanti dettagli simili, per non dire uguali.
Eppure da quel che sapeva, i loro percorsi di vita erano stati completamente differenti: li aveva visti crescere forgiando personalità ben distinte, e invece lei non si era accorta di alcuna differenza.

Già... non accorgersi
Tanto per cambiare… Sai che novità! Vero, Pan!?

I suoi pensieri vennero interrotti in malo modo dal brusco stridio sul pavimento della sedia sulla quale era seduta: un inconfondibile stivaletto bianco appuntito si era infilato tra i pioli e di forza l’aveva allontanata dal tavolo di un metro abbondante, facendola sussultare.
“Ehi mocciosa! Mi stai dando sui nervi! La tua aura sta ribollendo a fuoco lento peggio di un minestrone! La pianti di avercela con te stessa!? Nessuno nasce ‘imparato’ ma fammelo un benedetto favore una buona volta! Armati di un po’ di sana malizia e soprattutto… Apri gli occhi!” approfittando dell’assenza della moglie, Vegeta aveva pensato bene di aiutare a chiarire i dubbi di Pan con la sua proverbiale e principesca finezza.

A dir poco disarmante.
Una goccia di sudore freddo percorse la schiena di entrambi i suoi figli, certi della direzione che avrebbe preso il proseguimento del discorso: “Papà..”
Niente, ignorati completamente

“Prontooo!? Ma come hai fatto a non pensarci? Era ovvio che mio figlio avesse già avuto altre donne, no!? Basta fare due conti: quanti anni avete di differenza? Come minimo quando tu portavi ancora il pannolino, lui stava già cominciando a farsi le sue prime scop… erte adolescenziali!” aggiustò in extremis il tenore delle sue stesse parole, giusto per non essere accusato dalla ragazzina di... inesistente ‘grazia regale’.
Tsk! Tanto era inutile girarci attorno, tutto tempo sprecato: molto meglio essere diretti e andare dritti al punto!

Trunks quasi affogò nella sua stessa colazione, in un miscuglio di emozioni che andavano dal volersi seppellire da solo, al fortissimo desiderio di disintegrare suo padre per davvero.

Mantenendo il piede fra i pioli della sedia, Vegeta si avvicinò maggiormente a lei appoggiandosi con le braccia al ginocchio piegato; a pochi centimetri dal suo naso annusò il profumo della sua pelle: “Tsk! Mocciosa”
“Che diavolo stai facendo, razza di babbuino troglodita che non sei altro!? Guarda che mi sono appena lavata!” rispose offesa la moretta, già tremendamente risentita ed imbarazzata per l’allucinante chiarimento ricevuto.
“Ahh… Questo l’ho notato, sai!? Quante docce hai già fatto in meno di due giorni!?” la canzonò allusivo con un sorrisetto strafottente sulle labbra, poi tornando serio continuò sulla stessa lunghezza d’onda: “Sentimi bene: non me ne frega niente del tuo odore, si arrangerà Trunks a sopportarti! Di te, mi interessa un’altra questione! D’ora in avanti, quando tutti i mesi avrai… la luna storta… vedi di non distruggere un pezzo del pianeta alla minima stronzata che combinerà mio figlio! Siamo iintesi!?” poi si raddrizzò lentamente con la schiena e incrociò le braccia al petto come al suo solito.

M… mesi?
Istintivamente le dita affusolate della bella corvina iniziarono a muoversi impercettibilmente in una sorta di conta mentale, interrotta ad un certo punto da uno sbuffo seccato di Vegeta tra l’esasperato e il silenziosamente divertito: “Uff… Che strazio che sei! Siete tutte uguali! Ti procuro un pallottoliere? Secondo me… hai tempo fino a domattina” e liberò la sedia dopo averla maldestramente ricollocata al punto di partenza.
Pan ringhiò qualcosa di incomprensibile, poi rispose per le rime: “Grazie tante per il suggerimento, eh! In effetti, visto il tuo olfatto così ben sviluppato, mi può sempre servire un buon cane da tartufo!”
Il sayan non gradì molto l’accostamento, anzi, ma dovette ammettere a se stesso che la sua indole ribelle in fondo non era affatto male: apprezzava il suo tenergli testa, gli dava lo spunto per controbattere e, come in quel caso, accennare a questioni che immaginava essere delicate.
“Fa poco la spiritosa, mocciosa! Se la tua capacità di controllare la tua forza è scarsa quanto il tuo fiuto, stiamo freschi! Dovrai trovare il modo per imporre la tua volontà su tutto il resto, se non vuoi disperdere la tua energia inutilmente, finendo per utilizzarne soltanto una minima parte! Vuoi un esempio?” con un cenno del capo indicò sarcastico il figlio: “Se a quel somaro di Trunks - che per un motivo così noioso come l’amore si è lasciato conciare in quella maniera - è bastato semplicemente trasformarsi per metterti al tappeto, figuriamoci un nemico vero! Non dureresti cinque minuti! Ma sai com’è, in questo momento siamo un po’ a corto di guerrieri sayan! Che ne dici di contribuire anche tu alla ‘nobile causa’ di proteggere questo sasso di Casa chiamato Terra?”

Pan abbassò lo sguardo: argomento delicato e dolente questo.
Si era ripromessa di evitarlo come la peste, ma doveva riconoscere che a modo suo, Vegeta aveva detto la pura verità ed il fatto che lui sembrasse credere in lei la lusingava molto. Tentennante, provò a rispondergli: “I-io… ”
“Non dico ora, ma… pensaci sul serio! Hai un buon potenziale visto la famiglia che ti ritrovi”

Se ne andò verso il giardino invitando il Mirai a seguirlo: “Adesso ‘carino’… Tu ed io facciamo una bella chiacchierata tra padre e figlio! Ti va?”
Il ragazzo deglutì a vuoto, conscio di non aver molte possibilità di scelta di fronte a quella richiesta, molto più simile ad un ordine imposto, che ad una sincera domanda a cui poter liberamente rispondere: aveva il forte sospetto che non sarebbe stata esattamente un’amabile conversazione.

Spariti tutti, Pan e Trunks rimasero soli in cucina: la testa della ragazza stava quasi esplodendo dopo gli incontri ravvicinati avuti con i vari esemplari maschili di Casa Brief, presenti e futuri.
Mille domande, mille curiosità, mille dubbi affollavano la sua mente, ma una questione in particolare voleva chiarire, la più importante: “Trunks, mi credi se ti dico che davvero pensavo fossi tu? Mi spia…”
“Sssh..” l’indice del ragazzo accarezzò delicatamente le sue labbra invitandola a non proseguire oltre, non ce n’era bisogno.
Fra loro c’era invece da sistemare un altro aspetto non indifferente e dato l’assurdo assist al cardiopalma lanciato dal padre – tendente più ad un missile terra-aria in effetti – tanto valeva sfruttare l’occasione e chiarirlo ora, in quella mattinata già di per sé paradossale.
“Ti credo ad una sola condizione: che tu accetta il fatto che ora siamo pari!” le sorrise gentile
“P-pari? Ma non mi sembra la stessa cosa, però! Tu… tu ci sei andato a letto con… quella là! E l’hai chiamata pure con il mio nome! Non sei uno scimmione, sei un asino!!” brontolò contrariata ripensando a quella vipera velenosa di una sposa: le faceva male parlarne, ma si accorse di riuscire ad affrontare l’argomento senza eccessivi isterismi o sbalzi di umore. Lo considerò un notevole miglioramento.
“Alla pari nel senso che, per entrambi, il destinatario dei nostri veri sentimenti, non era la persona fisica che ci stava accanto: io… ero con quella donna… ma evidentemente pensavo a te, con tanto di dichiarazione del tuo nome. Tu… eri con lui… e hai detto qualcosa che evidentemente doveva essere indirizzata a me” cercò di precisare il ragazzo, senza indagare troppo: quelle parole voleva sentirsele dire, non ripetere.

Poi le propose la sua ‘offerta di pace’:
“Pan, posso capire che ti abbia dato fastidio il fatto che io fossi… con un’altra… ma ammetto che averti vista tra le sue braccia, non è stata neanche per me l’esperienza più esaltante della mia vita. Non pretendo che tu capisca per conoscenza diretta, ma è come se mettessimo a confronto un rapporto di.. solo sesso... con un piccolo ma purissimo gesto di autentico amore come il tuo bacio… Non so dirti da che parte penderebbe l’ago della bilancia e sinceramente adesso non lo voglio neanche sapere: facciamo pari e chiudiamo del tutto la questione? Ci siamo solo noi due. Punto e basta.”

Pan alzò un sopracciglio perplessa, poi replicò a modo suo:
“Mhm… Capire per conoscenza diretta? Vuol dire che allora non posso ricambiare il favore e…conoscere’ nessun’altro? Intendi questo? Però riuscirei finalmente a capirei quello che mi stai dicendo ora, la differenza fra amore e ‘solo sesso’… Ma sarebbe, appunto ‘solo sesso’! Non ti dovresti preoccupare, no?” lo provocò dispettosa con il sorriso sulle labbra.
“Ma sentila! Da quando in qua, sei diventata così disponibile con i favori!? E meno male che non vai d’accordo con mio padre, perché a quanto vedo, quello che lui ti ha appena chiesto – armarsi di sana malizia – hai fatto presto a metterlo in pratica!”
Stavolta fu lui ad afferrare la sua sedia per strattonarla a sé con un movimento deciso: le mordicchiò il collo e si arrotolò una ciocca di capelli corvini al dito, tirandogliela verso il basso leggermente indispettito.
Infine marcò bene il proprio territorio sussurrandole all’orecchio la sua colorita risposta: “No grazie, non disturbarti! Preferisco tu rimanga… ignorante in materia!”

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Capitolo 16
*** 16 capitolo ***


Albero della Vita
16 CAPITOLO

 


I due sayan percorsero il giardino fino a raggiungere la macchina del tempo a qualche decina di metri di distanza dall’abitazione.
Incrociando le braccia al petto, Vegeta diede una rapida occhiata alle condizioni del suo stato d’uso: a giudicare dai notevoli strati di polvere che la ricoprivano, sembrava fosse rimasta inutilizzata per anni.
“Quindi?” esordì asciutto
Poi spostò lo sguardo verso il figlio del futuro, trovandolo con un’espressione piuttosto tentennante.
Alzò gli occhi al cielo e decise di specificare meglio la propria richiesta per evitarsi un possibile, quanto pietoso, tentativo di divagazione da parte sua: “Non che la tua presenza mi dia fastidio… ma ora me lo dici il perché, Tu, sei qui? Un altro nemico da affrontare?”
In realtà lo vedeva molto calmo da questo punto di vista e già di suo aveva scartato l’ipotesi proposta, ma pretendeva una spiegazione adeguata.
Mirai Trunks ridacchiò nervoso, cercando di prendere tempo: “Mi spiace, papà, niente minacce o nemici da combattere! Per mia fortuna, stavolta non porto brutte notizie! Quindi niente ‘nuove avventure’!” poi abbassando lo sguardo accennò vagamente ad una sorta di mezza verità: “È stato davvero un… caso fortuito”

Sicuro della sua discrezione, probabilmente a lui avrebbe potuto raccontare persino ogni minimo dettaglio di questo viaggio imprevisto, ma, stando al caratteraccio da orso che si ritrovava, temeva di annoiarlo o addirittura scocciarlo. Chissà, allora, come avrebbe reagito difronte ad una innocua, quanto semplice, verità?
Considerando che a lui i costumi terrestri erano sempre andati stretti poi...
Eppure da figlio ci sperava davvero in una conversazione genuina e amichevole, senza alcuna pretesa o sforzo di comunicazione. In una parola, naturale.
A conferma di questo desiderio inespresso, poi, la sua attenzione era rimasta letteralmente imbrigliata alla mezza frase di apertura discorso – Non che la tua presenza mi dia fastidio – che, detta da lui, era già molto.
Molto più di niente.

“Ah sì? Quindi, TU – casualmente – ti sei infilato da solo dentro a questo aggeggio ammuffito, creato da tua madre, e hai deciso di venirci a trovare? Cos’è? Sentivi nostalgia?” lo riportò alla realtà la voce tagliente del padre che cominciava ad innervosirsi sul serio: di fatto il ragazzo aveva solo tergiversato e sviato la sua precisa domanda.
“ANDIAMO TRUNKS! O ti decidi a parlare o ti assicuro che da qui partirai come minimo fra un mese... di riposo per la precisione!” concluse sbattendo la mano contro la navicella a pochi centimetri dal viso del figlio, per poi avvicinarsi al suo naso con un sorrisetto sarcastico e allusivo: “Ma visto che sei così di frett…”

Non terminò la frase, però, attirato da alcuni segni emersi dalla polvere nel sfrigolare il guanto bianco sulla superfice metallica del macchinario; aggrottò impercettibilmente le sopracciglia, poi li scoprì maggiormente, rimanendo molto colpito dall’immagine rivelata.
Sotto all’indimenticabile scritta Hope c’erano alcune figure che, durante i suoi ormai lunghi anni passati sulla Terra, aveva imparato a riconoscere, appiccicate spesso alle auto dei terrestri.
Un’abitudine umana che aveva sempre etichettato come insulsa e patetica, eppure in quel momento lui stesso non riuscì ad ignorare un lieve e insignificante sollettichio alla bocca dello stomaco.
Aveva osato infrangere il suo ferreo autocontrollo in modo fastidioso, pungente, e pretenzioso di attenzioni, ma non poteva negarlo, era così… piacevolmente caldo.
“Trunks?” chiese interrogativo.

L’aura del padre si era incredibilmente tranquillizzata.
Non era certo un dettaglio da poco, anzi, forse addirittura un buon segno.
Si ritrovò a pensare che, in fin dei conti, quell’assurdo ritorno nella loro epoca, era stato, sì, completamente imprevisto, ma allo stesso tempo, gli stava donando l’immensa opportunità di passare del tempo con suo padre e raccontargli di come le loro vite, sua e della madre, fossero finalmente felici.
Animato da questa nuova prospettiva, decise di essere sincero con lui:
“È stato un piccolo.. incidente domestico”
“Domestico? Spiegati meglio”  
Il ragazzo ridacchiò fra sé, tra il divertito e il rassegnato: “Sai, la mamma non cambierà mai! Su questo mettiti il cuore in pace! Ormai nel mio tempo ha una certa età, ma ancora si prende la briga di tenere revisionate e controllate tutte le sue invenzioni... Con i suoi tempi, certo, ma non gliene scappa una, inclusa questa... E guai se la contraddici, poi!”
Vegeta alzò di nuovo gli occhi al cielo, scuotendo il capo in segno di negazione, ma lasciò continuare il figlio:
“Più che altro voleva accertarsi che, dopo anni di inattività, potesse funzionare ancora in caso di emergenza! Così l’aveva riesumata per verificare che tutti i circuiti fossero ben collegati e i comandi rispondessero a dovere…”
“E, TU, di grazia, cosa stavi facendo nel frattempo? Appiccicando adesivi a destra e manca!?” lo silurò con un ironico riferimento a questa sua nuova, quanto inusuale, abitudine, anche se non era del tutto sicuro che fosse tutta farina del suo sacco, ma piuttosto qualcosa di ‘acquisito’.

Le guance del Mirai si arrossarono non poco per l’allusione fin troppo evidente del padre:
“No! Ero in giardino pure io! La stavo tenendo d’occhio perché non si facesse male!... Ma intanto, per passare il tempo, stavo… facendo alcuni lanci”
Vegeta alzò un sopracciglio e guardò in direzione della scritta, poi tornò ad osservarlo, ricevendo un cenno affermativo con il capo, in risposta alla sua silenziosa domanda.
“Beh, la dinamica dei fatti è molto semplice! Ho dovuto evitare che un lancio malriuscito colpisse la macchina del tempo mentre la mamma la stava diagnosticando. Ho evitato il peggio, ma sono finito di forza nell’abitacolo aperto contro tutti i comandi rimasti impostati sulle vostre coordinate… la macchina si è accesa e… niente… io sono finito qua! Fine della storia” spiattellò la verità, nuda e cruda.
Vegeta lo guardò con un’espressione imperturbabile sul viso, nessuna emozione sembrava scalfirla.
“Sì, lo so! Ti aspettavi chissà quale spettacolare motivazione e invece…”
“Sssh.. NO! Non mi interessano le spettacolari motivazioni! Mi interessa invece quel lancio che hai dovuto fermare… Dev’essere stato davvero un buon tiro, se ti ha spedito, di forza, dentro a quest’aggeggio infernale”
“Direi di sì” gli sorrise enigmatico: “È un buon lanciatore, papà”
Poi si alzò in aria, sparì un paio di secondi all’interno della macchina del tempo, e tornò dal padre:
“Tieni, vorrei che lo conservassi Tu, consideralo… un piccolo regalo dal futuro”

Un guantone da baseball.
Portava i segni di roventi impatti con palline lanciate a chissà quale velocità: un impercettibile sorriso carico di orgoglio e sincero affetto, si delineò sulle labbra del Principe, accompagnato di nuovo da quel piccolo formicolio ribelle, che proprio non ne voleva sapere di starsene al suo posto.
Sospirò forte, leggermente imbarazzato, ma accettò molto volentieri il gradito dono; poi spostò nuovamente l’attenzione sul ragazzo per uscire da quella situazione che lo stava mettendo sempre più a disagio:
“Allora, sei di fretta?”
“Sì, decisamente... Sai, devo… appiccicare un altro adesivo”
“Impegno inderogabile, in effetti…”

L’intuito del padre era da sempre particolarmente spiccato e sebbene gli avesse risposto solo vagamente, riprendendo il tono scherzoso della sua precedente frecciatina, era sicuro che lui avrebbe colto al volo, se avesse voluto capire. Difatti la risposta particolarmente deduttiva di Vegeta non tardò ad arrivare:
“Adesso ho capito! Tempi di vacche magre a casa tua, vero? Immagino non sia stato facile, respingere una mocciosetta che assomiglia così tanto a ‘Chi’ condivide il letto con te, sbaglio?” piazzò sarcastico e pungente ai danni del figlio. Quest’ultimo, sempre più affitto dal dilemma se maledire o benedire quella giornata allucinante; decise di limitarsi a non rispondere e voltare lo sguardo altrove.

“Tieni! E… porta i miei saluti a Casa tua” sussurrò a denti stretti: Vegeta aveva ricambiato il prezioso dono ricevuto, offrendogli i propri guanti bianchi ripuliti dalla polvere.
Incredulo dalla gioia, il figlio li accettò immediatamente, rimanendo ad osservarli per lunghissimi istanti in cui non si accorse neppure dell’allontanamento del padre. Tornando in sé, tentò di richiamarlo: “Papà”
“Non ti preoccupare, non dirò niente” rispose Vegeta già ad una decina di metri di distanza.
Ma il giovane, in realtà, avrebbe tanto voluto dirgli qualcos’altro.
Lo sussurrò tra sé, sperando che l’udito del padre fosse eccellente quanto l’intuito: “Ti voglio bene…”
“Adesso hai visite” si sentì rispondere da lontano.


Difatti, grazie al teletrasporto di Goku, percepì alcune aure famigliari materializzarsi alle sue spalle a qualche decina di metri di distanza.
Una in particolare attirò la sua attenzione, rievocando sentimenti e ricordi contrastanti, che l’avrebbero accompagnato per il resto della vita: senza pensarci due volte, scattò verso quella direzione più veloce di un fulmine, lasciando ai nuovi arrivati appena il tempo di toccare il terreno.
Lo abbracciò senza preavviso, stringendolo con tutte le forze a sua disposizione: poter nuovamente sentire il suo corpo caldo e in ottima forma, risplendere di energica vita, non aveva prezzo.
“Gohan!” farfugliò con un filo di voce.

Purtroppo per il Mirai, qualcosa o meglio qualcuno, ultimamente aveva ‘leggermente incrinato’ la spensieratezza dei tranquilli e pacifici pensieri abitanti la mente del primogenito Son, che preso completamente alla sprovvista dall’insolito gesto di quel mezzo Sayan in particolare, sul momento non rispose in modo altrettanto entusiasta:
“TU! Ascoltami bene, perché te lo dico una volta sola! OSA trattarla male, e giuro che ti faccio rimpiangere di essere venuto al mondo! Chiaro?” scandì gelido e minaccioso, con i muscoli delle braccia tesi e le mani chiuse a pugno per imprigionare il proprio autocontrollo: approvava, certo, ma un bell’avvertimento in partenza era d’obbligo! In fondo gli stava affidando il suo bene più prezioso al mondo, era naturale un po’ di apprensione.

“Ah… Giusto” si limitò a rispondergli atono, staccandosi lentamente da lui: certo che quando voleva, Gohan sapeva essere molto persuasivo, avrebbe tenuto testa al padre nella sua versione più inquietante.
Maledisse l’impulsività del momento che l’aveva portato a gettarsi letteralmente tra le sue braccia senza pensare, ma allo stesso tempo gli aveva permesso di elaborare una rapidissima considerazione sull’uomo che ora si ritrovava di fronte.
Gohan, per lui, era stato un inestimabile amico, suo grandissimo maestro di vita e di combattimenti, e dopo la scomparsa del padre, pure la persona più vicina in assoluto alla figura paterna: sul momento non aveva associato il dettaglio, non trascurabile, che nella loro epoca, lui, fosse proprio… il papà di Pan.
Questo pensiero, unito ad altre veloci riflessioni correlate, gli avevano fatto un effetto stranissimo.
Curioso il destino alle volte, davvero curioso.

Intento a scrutare gli occhi cristallini che si ritrovava di fronte, quasi a volerne leggere addirittura l’anima, l’attenzione di Gohan venne richiamata da un colpetto di tosse a schiarirsi la voce da parte di Junior.
Ciò gli permise di notare un’ombra sfuocata alle spalle del ragazzo; messa a fuoco l’immagine, questa si rivelò essere la macchina del tempo: “TRUNKS! Ma sei tu, allora! Vieni qua e fatti abbracciare!”
Lo riacciuffò e lo strinse forte a sé in un gesto di profondo affetto: “Scusami! Ti avevo scambiato per... ehm… la tua versione del presente – poi magari passo a ‘salutare’ pure lui – Ma ora dimmi, come va?”
Alla sua calorosa ri-accoglienza, seguirono quelle altrettanto gioviali di Goku e Goten, ed una più contenuta, ma comunque autentica, da parte di Junior.
Per lui, il guerriero namecciano aveva sempre nutrito un silenzioso sentimento che andava ben oltre alla grande stima e profondo rispetto che meritavano il suo grande cuore: negli sguardi che riservava a Gohan, ci vedeva lo stesso legame e la stessa gratitudine che, tutt’ora, aveva ancora il piacere di ricevere proprio dal figlio di Goku.

---

“Tsk, che branco di inutili casinisti” commentò fra sé il Principe, tenutosi in disparte ad osservare la scena.
“Sei il solito musone, lo sai? Ma tanto lo so che sei felice di rivederlo” si sentì sussurrare all’orecchio dalla voce sensuale della moglie, particolarmente soddisfatta per essere riuscita ad abbracciargli la schiena senza che lui se ne fosse accorto, perché troppo impegnato a concentrare la sua attenzione sugli altri.
Gli baciò una spalla e con le dita sottili scivolò delicatamente lungo le sue braccia muscolose, incrociate al petto come al suo solito: “Di cosa avete parlato?” miagolò al suo orecchio.

Un sorrisetto malizioso si aprì sul viso di Vegeta, particolarmente divertito nel constatare che, a quanto pare, il figlio aveva proprio ragione: “Del fatto che tu non cambierai mai!”
Poi si girò verso di lei con un ghigno insolente sulle labbra: “Ma è divertente vederti all’opera nei tuoi vari tentativi… Tu continua a provarci! Però ricordati: c’è un motivo se si chiamano… tentativi”
Aveva dato la sua parola: non avrebbe detto niente a nessuno, tanto meno a lei!
Soprattutto a Lei.

“Sei proprio uno scimmione insopportabile!” la sentì sbottare irritata, staccandosi bruscamente da lui.
“AH, guarda! Mettiti pure l’anima in pace, perché da me non saprai altro” troncò immediatamente il discorso sul nascere, prima che iniziasse ad inventarsi chissà quale altro stratagemma per raggiungere il suo scopo.
Perché, sì, lei lo avrebbe raggiunto, sicuramente.
Ma non ad opera sua!
Se ne andò lasciando campo libero alla brillante ingegnosità della sua mente.

---

In effetti la bella scienziata, organizzando un banchetto con i fiocchi, era riuscita a convincere tutti i presenti a rimanere da loro fino a pomeriggio inoltrato, permettendo al figlio del futuro di passare una gradevole giornata fra risate felici e frecciatine di vario genere. L’esuberanza e l’allegria di Goku e Goten poi, avevano fatto miracoli nell’alleggerire alcune piccole tensioni famigliari o smorzare la furia omicida che la regale finezza del marito riusciva a scatenare ogni volta che apriva bocca.
Il pranzo si concluse dopo aver gustato innumerevoli prelibatezze: portate su portate tra i primi e secondi, e una squisita torta guarnita di fragole e panna come dessert finale a deliziare i loro palati voraci.
Sazi e rifocillati, gli uomini decisero di rilassarsi bisticciando tra loro sulle varie tecniche di combattimento, mentre per la padrona di casa era giunto il momento di riordinare.

“Non devi disturbarti, Pan, sei mia ospite”
“Figurati, Bulma! Sparecchiare la tavola e aiutarti in cucina mi sembra il minino”
Il sorriso affettuoso della donna si trasformò in uno sbuffo infastidito quando il timer dell’orologio al polso decise di squillare: ”Uffa, di già? Scusami Pan, devo verificare i valori della macchina del tempo… Torno subito”
La giovane Son la vide sparire dalla porta, così proseguì da sola: il tavolo della cucina era completamente ricoperto di piatti, bicchieri, posate, pentole, contenitori vari, tutti raccolti dal giardino dove era stato allestito il pranzo. Ci voleva almeno una risciacquata prima di essere infilati nella lavastoviglie, e per non appesantire troppo il lavoro dell’elettrodomestico, si era addirittura munita di spugna e detersivo, da usare dove le sembrava più opportuno.

La luce del sole le illuminava i lineamenti delicati del viso, che di tanto in tanto veniva solleticato da alcune sottili ciocche di capelli sfuggite alla coda alta ed improvvisata che si era acconciata.
Puntualmente se le scostava dalle guance o dalle labbra con le mani insaponate, che raramente si ricordava di asciugare nel grembiule legato attorno alla vita.
La sua espressione era serena e concentrata su quello che stava facendo, anzi, lo si vedeva bene, era decisamente soddisfatta del suo operato per essere riuscita a sfruttare, con cura certosina, tutto lo spazio disponibile della lavastoviglie. Una sorta di piccola sfida personale fra lei e l’elettrodomestico, dalla quale sembrava esserne uscita abbastanza vittoriosa, visto che dopo una precisa sistemazione, era riuscita ad infilare l’unico piatto che le era rimasto in mano.

Lui sorrise: in effetti, forse, era ancora un pochino inesperta, se per raggiungere il suo obbiettivo aveva lasciato tracce di goccioline d’acqua ovunque, dal lavello al tavolo, e viceversa, passando per il pavimento…
Ma non importava, lei sapeva di casa
Una piccola donnina di casa
Ed era bellissima.

“Ti serve una mano? Altrimenti qua, rischi di allagare la cucina” si propose Mirai Trunks, affiancandosi a lei, mentre era impegnata ad impostare il ciclo di lavaggio.
“Sei arrivato, Mr. Pignolino? Potevi startene dov’eri, sai?”
“Vedo che oggi continuiamo ad essere di ottimo umore”
Pan sbuffò scocciata, ma voltandosi verso di lui si risentì maggiormente vedendolo trattenere a stento un sorrisetto divertito, mentre oltretutto depositava sul pianale della cucina gli ennesimi piatti raccolti, vanificando la sua fresca vittoria. Poi il sayan si mise a trafficare con la radio lì accanto.
Assottigliò lo sguardo, rimanendo in silenzio per meditare una risposta adeguata, ma i suoi fallimentari tentativi di ricerca di una stazione decente, abbinati al pessimo vizio di cambiare canzone dopo solo un paio di note, la irritarono ancora di più: era seriamente tentata di cacciare via quella mano inconcludente per arrangiarsi da sola, visto che almeno gli riconosceva mentalmente il merito di aver avuto un’idea interessante nell’ascoltare un po’ di musica.
“Pensi di farcela a trovarne almeno una?”
“Ehi! Non è colpa mia se nella vostra epoca le frequenze sono ancora così disturbate”
“Ma sentilo! Se non le lasci neanche parti…” si bloccò all’istante avendo finalmente riconosciuto le note di una canzone di suo gradimento, iniziali oltretutto.
 

Quello che potremmo fare io e te
Senza dar retta a nessuno
Senza pensare a qualcuno
Quello che potremmo fare io e te
Non lo puoi neanche crede-re


Quell’artista era inconfondibile e quella canzone sapeva trasmetterle calore e spensieratezza.
Sorrise inevitabilmente, archiviando l’intento bellicoso di pochi istanti prima: “Lasciala andare, per favore” Sebbene avesse intuito che lui si sarebbe fermato comunque: “La conosci anche tu?”
Il ragazzo si mordicchiò il labbro inferiore, sul suo viso un’espressione tentennate:
“Un po’ datata, ma, sì, la conosco… molto bene anche”
“Come un po’ datata? Avrà solo qualche mese, mica vent’an…” non finì neanche la frase difronte all’ovvietà.
“Già, vengo dal futuro, ricordi?... Ti piace?”
“Sì… La prima strofa, fra l’altro, riesce a rasserenarmi, mi mette di buon umore: si sente quel suo tratto distintivo, unico direi… Poi mi piace perché sembra un ritorno alle sue origini, quelle che preferisco”
Le guance della giovane si arrossarono impercettibilmente, incuriosendo il Sayan: “A cosa stai pensando?”
“Niente di importante, una stupidata… Stavo solo pensando che, in generale, le canzoni che mi piacciono tanto, arrivo ad ascoltare infinite volte, di seguito proprio, e Trunks esausto mi supplica di cambiare” gli occhi di Pan si erano illuminati, assieme al suo sorriso: “Anche tu sei così?”
“Beh, ecco, diciamo che la radio, secondo me, ha un fascino intramontabile… Rende le canzoni ancora più accattivanti perché ti invita a prestare la massima attenzione nel momento esatto in cui le stai ascoltando. Se ti distrai è finita, la perdi: magari anche solo per un attimo, ma perdi comunque la continuità, perché non si può ne tornare indietro e nemmeno chiedere di farcela riascoltare, soprattutto quando ripropongono pezzi d’autore, inediti, o successi del passato”
“Questo concetto mi ricorda un suo capolavoro … canzoni, fiori, sogni…”
Le sorrise impercettibilmente: “Quella è una delle mie preferite”
“E questa? A te piace?” gli chiese, mentre lo scorrere naturale delle note musicali aveva fatto da piacevole sottofondo alle loro parole.
 

Quello che potremmo fare io e te
Non l’ho mai detto a nessuno
Però ne sono sicuro
Quello che potremmo fare io e te
Non si può neanche immaginare


Ma di tutte le canzoni che esistevano, proprio una così doveva trovare?
Ora quella semplice ed innocente domanda, detta da lei, diventava più spinosa di un algoritmo quantistico.
Beh, in fondo non era poi così difficile, bastava solo rispondere valutando la canzone nel senso stretto del termine…
 

Sdraiati su un divano
Parlar del più e del meno
Io e te, io e te
...
A crescere bambini, avere dei vicini
Io e te
Come nelle favole


Sospirò: un’impresa non così scontata, calcolando che le canzoni non fanno da colonna sonora solo ai film.
Ma non aveva altra scelta: “Come hai detto tu, anche a me sembra un piacevole ritorno alle sue origini… E poi parla di speranza e buoni propositi, mia madre aveva costruito la macchina del tempo proprio per questo”
Provò sentimenti contrastanti difronte a quella spiegazione che lui stesso aveva fornito: una miriade di ricordi vorticavano nella sua mente, ma voltandosi verso la soglia della porta-finestra, trovò un’ottima motivazione per scacciare almeno i pensieri più nostalgici, Gohan.

“Papà..”
“Eccoti! Sentivo la tua aura stranamente silenziosa e mi domandavo cosa stessi escogitando, invece stai facendo addirittura una nobile azione” si avvicinò sorridente alla figlia, scompigliandole delicatamente la frangetta, sotto alla quale per fortuna la ferita era in via di guarigione.
“Questa si chiama malafede” replicò lei imbronciata
“Malafede? Sei imprevedibile, tu”
“Esagerato”
“Ah, sì? Allora essersi imbucati nel viaggio nello spazio a soli quattordici anni, come lo chiami?” la riprese bonariamente sfiorandole la punta del naso con l’indice, poi voltandosi verso il Mirai decise di riassumergli in breve quella rocambolesca partenza:
“È tremenda, una piccola peste! Forse non lo sai, ma stavamo allestendo la navicella per una delicata missione di recupero delle sfere, quella volta sparpagliate addirittura per l’universo intero; dovevano partire mio padre, Goten, e Trunks… Il tempo a nostra disposizione era veramente esiguo e dovevamo procedere spediti, quindi le avevamo detto di andare a giocare da qualche altra parte. E lei, secondo te, cosa si è inventata? Ha pensato bene di intrufolarsi nella navicella stessa, lasciando a casa mio fratello! Ho preso un colpo quando ho realizzato il tutto!”
“Ma papà! Non volevo giocare, volevo solo aiutarvi!”
“Certo, certo… Bisogna tenerti sotto controllo, altroché! Cambiando discorso, signorinella, pensi di tornare a casa stasera? Così tanto per chiedere” ironizzò facendole capire che non era affatto una vera domanda, ma una diplomatica affermazione.
Pan annuì con un cenno di capo, voltando lo sguardo di lato leggermente imbarazzata: sapeva di aver infranto le regole non rientrando a casa.

Anche il Sayan del futuro percepì un aumento di temperatura del proprio viso: non solo perché si sentiva a disagio in mezzo a quell’argomento solo vagamente accennato – di cui tra l’altro aveva avuto un’involontaria conferma indiretta – ma soprattutto perché di fronte a quella piccola, affettuosa, scenetta tra padre e figlia, sentiva uno struggente calore famigliare invadergli il cuore.
Nella sua epoca, purtroppo, Gohan non era stato altrettanto fortunato.

Finito il suo controllo, Bulma tornò in cucina: “Pan, tesoro, che carina sei stata, ti grazio tantissimo! Ora lascia che finisca io! Mi aiuterà Trunks” rivolgendosi poi al ragazzo: “Ti va?”
“Non è un problema, posso continuare!” si offrì la ragazza, desiderosa di ricambiare in qualche modo l’ospitalità ricevuta in quel week-end.
Gohan lesse sul viso della donna un’espressione incerta e intuendo che volesse rimanere da sola con il figlio, richiamò l’attenzione della sua piccola mezzo-sangue: “Vieni Pan, ero venuto a chiamarti perché Bra ti stava cercando”
 

In cucina rimasero, così, Bulma e Mirai Trunks.
“Mamma? Posso avere carta e penna?”
“Certo, tesoro! Sono nel cassetto proprio affianco a te”
Il sayan lo aprì e dopo aver estratto un foglio ed una busta bianchi, incominciò a scrivere, sotto lo sguardo incuriosito della madre, che solo ad opera finita gli si avvicinò con l’intenzione di parlargli seriamente.
Ormai i valori della macchina erano praticamente a regime, non aveva più molto tempo a disposizione:
“Trunks, tesoro…”
“Me lo faresti un piacere?”
“Certo! Tutto quello che vuoi!”
“Puoi dare questo biglietto… a Gohan? Non ora, e non ti so neanche dire quando, ma comunque solo se vedrai che i fatti del vostro tempo saranno in linea con quanto ci troverai scritto” poi glielo affidò.
“I-io? Davvero? P-posso leggerlo, quindi?” non sapeva spiegarsi il motivo, ma il suo cuore aveva cominciato a battere veloce, pieno di agitazione, impazienza, e una certa titubanza: quel fragile pezzo di carta le sembrava essere diventato pesante quanto un macigno di marmo.
“Certo, ora ne sei la custode” la rassicurò

Bulma aprì la busta e la lesse con attenzione.
Rimase immobile per un istante, invasa da mille sentimenti, poi si gettò al suo collo, stringendolo fortissimo.
Gli occhi lucidi dall’emozione e un leggero groppo alla gola a pizzicarle le corde vocali, la obbligarono a restare qualche attimo in silenzio, prima di riuscire a spiaccicare parola:
“Trunks, tesoro mio! Sono sicura che a Gohan farà molto piacere leggerlo… Vuoi davvero aspettare?” poi non riuscì a trattenere un paio di calde lacrime in mezzo ad un sorriso sincero, pieno d’amore.
“Preferisco così” si limitò a rispondere, ricambiando immediatamente l’abbraccio e donandole un bacio sul capo!. Si chiese se l’avrebbe mai più rivista, ma sperò con tutto il cuore di essere almeno riuscito a riservarle un saluto speciale… “Mamma, fra poco devo andare”

Bulma si sentì mancare il fiato.
Per quanto fosse possibile, lei intensificò ancora di più la stretta attorno al suo collo: “NO, aspetta, rimani!... Rimani ancora un po’ Trunks” lo supplicò composta, tornando ad incrociare l’azzurro dei suoi occhi.
Sapeva di dover stare al proprio posto, ma non era riuscita a starsene zitta.
Il suo istinto materno aveva ruggito forte, ricordandole che a prescindere dall’epoca di appartenenza, lui era, e sarebbe sempre stato, suo Figlio, al pari di Trunks e Bra: non era affatto pronta a dirgli addio. 
“Devo andare, mamma… Lei... mi sta aspettando! Non posso proprio mancare, non me lo perdonerebbe mai”
“Lei? Intendi tua madre? O quella Piccola Strega che hai nominato?” chiese distendendo le labbra in un sorriso agrodolce: era difficile da accettare, ma doveva farsene una ragione e lasciarlo andare.
“Loro di sicuro” annui incerto, poi si lasciò scappare un enigmatico: “Spero solo che non abbia troppa fretta di... reclamare le attenzioni che merita” ridacchiò nervoso.
Bulma sgranò gli occhi: sul suo viso aveva appena rivisto le stesse emozioni della mattina, un filo di agitazione, abbinato a sincero entusiasmo e forse addirittura impazienza.
Interpretando quelle poche e vaghe parole, diede voce ai suoi pensieri: “Trunks! Ma tu stai per…”
“Sssh… Non farti sentire!” la fermò sul nascere con tono divertito e, doveva ammetterlo, pure sollevato, che lei avesse capito le sue motivazioni: “Calmati adesso!”
“Calmati un corno, Trunks! Cosa ci fai ancora qui!? Torna subito a casa tua e vedi di rimanerci! Altrimenti alle ire delle tue donne, aggiungerò anche le mie!” scherzò raggiante di gioia, riempiendolo di baci affettuosi.

Per liberarsi dalle sue piacevoli attenzioni, il mezzo sayan fu costretto a bloccarla teneramente per le spalle; la guardò dritta nei suoi occhi, trovandoli più luminosi del cielo, e infine le affidò un ultimo incarico:
“Mamma, ascoltami! Promettimi che non interferirai MAI nel corso degli eventi! MAI! Dovrai custodire in silenzio questo piccolo segreto! E’ importante!... Ricordi? Persino Goku era riuscito a mantenerne uno la prima volta che sono arrivato da voi!”
Leggermente scocciata per la raccomandazione ricevuta, e per l’ingrato paragone con cui si sarebbe dovuta scontrare, la donna non riuscì a trattenere un’espressione corrucciata, ma poi annuì serena: “E va bene! Ti dò la mia parola”
Poi si liberò dalla presa del figlio e gli accarezzò amorevolmente il viso, circondandolo con entrambe le mani:
“Tesoro mio, ricordati che sarai sempre il benvenuto da noi, sempre!” poi gli donò un bacio a fior di labbra
“Porta i miei saluti a Casa Tua”
“Anche papà me lo ha detto, sai? Lo farò con immenso piacere!” rispose entusiasta e riconoscente.
“Davvero? Tuo padre? Incredibile! Allora quel cavernicolo, se vuole, è capace di dire qualcosa di gentile”
Risero di cuore, abbracciandosi forte un’ultima volta: “Grazie di tutto, mamma”

----

Il sole stava tramontando regalando ai presenti l’ennesimo trionfo di luci e colori.
Dopo aver salutato tutti scambiando un’ultima parola con ognuno di loro, per il sayan del futuro era davvero giunto il momento di ripartire.
Si soffermò in particolare con la sua versione del presente, premurandosi di scusarsi più volte per l’increscioso equivoco avvenuto alla mattina, ma il più giovane sembrava essere molto più sereno e disponibile: in fondo, con un po’ di interpretazione, gli aveva dato l’opportunità di sistemare una certa questione personale.
“E’ un bel peperino la tua moretta! Penso che dovrai armarti di santa pazienza!”
“Dici? In effetti me ne sono accorto, strada facendo! Vedrò cosa riesco a fare, ma in fondo, dai, ‘sopportarla’ non è poi tanto male…. Fai buon viaggio!”

“Ehi! Razza di somari! Vi ho sentito! Fate poco gli spiritosi voi due!” li rimbeccò Pan, imbronciata, a qualche metro di distanza: odiava gli adii in generale, suo nonno poi era un maestro nel farle prendere questo genere di spaventi.
Eppure c’era qualcosa in quella partenza che la riempiva di tremenda malinconia; probabilmente perché lui era identico al suo Trunks e all’idea di vederselo sparire per sempre, le si stringeva comunque il cuore.
E poi c’erano così tante domande che avrebbe voluto fargli…
Fra tutte, di una in particolare le sarebbe piaciuto conoscere la risposta: se era vero che loro due erano la stessa persona in due epoche diverse, chi era la sua compagna? La ragazza che il destino gli aveva riservato?
Non perché volesse scuriosare nella sua vita privata, ma perché si domandava se quest’altra ipotetica persona potesse esistere anche nel loro tempo per prendere il suo posto e allontanarla da lui.
Doveva assolutamente chiederglielo ora che se lo ritrovava difronte per l’ultimissimo giro di saluti: “Trunks..”
“Addio, piccola Strega... Ricordati quello che ti ho detto, non farlo aspettare vent’anni”

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Quelle parole riecheggiarono forti nella mente della ragazza, tanto semplici, quanto efficaci.
A controbilanciare il colpo basso dell’imminente separazione, c’era l’invito a mantenere una determinata promessa, sulla piacevole prospettiva di un tempo futuro da trascorrere assieme.
Decise che quella era la risposta che stava cercando, anche perché, ad essere onesta, non sarebbe riuscita a reggerne una diversa.

“Non mi piacciono gli adii! Lo faccio solo se questo sarà un… Arrivederci!”
Si concesse alcuni istanti per fissare nella memoria i lineamenti delicati del suo buffo visino imbronciato: erano così giovani. Poi continuò gentile: “Sai, i viaggi nel tempo rischiano sempre di alterare il corso degli eventi… Non posso prometterti di tornare, ma se ti fa piacere, vista la giornata imprevedibile di oggi, non lo escluderò a priori” poi le donò un casto bacio sulla fronte: “Ciao, Pan... Va bene se ti saluto così?”
“Mhm… già meglio” farfugliò la piccola Son
“Allora siamo d’accordo? Ho la tua parola, adesso! E già che ci siamo: trattami bene e fai la brava”
“EHI! Ma si può sapere per chi mi hai preso!? Non sono una bambina!” protestò vivacemente
Il sayan ridacchiò: “Sì, Lo so…” poi le arruffò i capelli: “Allora Ciao, piccola strega!”

---

La macchina del tempo si alzò lentamente in cielo.
Nel salutarli definitivamente dall’interno dell’abitacolo, Mirai Trunks cercò di imprimersi nella memoria quella meravigliosa immagine di gruppo, serena ed unita.

All’estremità del gruppetto rimase molto colpito nel trovare gli adorati genitori incredibilmente vicini.
Certo, la madre, ignorando completamente l’espressione seccata del padre, era riuscita ad obbligarlo a restarle accanto, infilando una mano sotto al suo braccio; ma questo, dopotutto, era solo un dettaglio.
In fondo se era vero che il fine giustifica i mezzi, il ‘come’ lei ci fosse riuscita, era assolutamente irrilevante… l’importante era poterli vedere assieme.
Accanto a loro il gruppetto centrale.
Fra tutti, la sua attenzione era stata catturata ancora una volta da Gohan, affiancato, da un lato, dal silenzioso Junior e, dall’altro, dall’allegra compagnia di Goku, Goten, e Bra, la sua vivace sorellina di quell’epoca; tutti impegnati a ‘rallegrare’ a modo loro, il suo stato d’animo leggermente scocciato per la troppa vicinanza del suo se stesso alla figlia.
Difatti notò con piacere che a qualche metro di distanza da loro, la piccola Pan si era accoccolata fra le braccia di Trunks, perfettamente ricambiata nell’affettuosa stretta.
Sorrise: ora le loro mani erano intrecciate le une alle altre, ma era sicuro che una tenera e innocente scenetta romantica come quella, non minacciasse poi la reale pace interiore di Gohan, almeno non più di tanto.

Già di Gohan… e la sua, invece, di pace interiore?
Sospirò rumorosamente, poi ringraziò di cuore l’imprevedibilità della vita: gli aveva regalato una giornata che avrebbe ricordato in eterno.
Tante piccole, grandi, emozioni vissute assieme a quelle care persone con cui, purtroppo, non poteva condividere il proprio mondo, ma per le quali avrebbe sempre riservato un posto speciale nel proprio cuore.

Adesso, però, era davvero tempo di tornare a Casa.
 

 


Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Innanzitutto vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo e spero tanto che la lettura sia stata una piacevole compagnia. Volevo solo dirvi che questo capitolo lascia in eredità un biglietto che troverete nel prossimo, il conclusivo di tutta la storia.
Ebbene, sì, siamo in dirittura di arrivo…
Gli estratti della canzone si riferiscono a ‘Come nelle favole’ di Vasco Rossi con un vago accenno al suo capolavoro ‘Una canzone per te’.
Penso di aver detto tutto quello che mi premeva farvi sapere, quindi ora vi saluto con un bel… CIAO!
Alla prossima, spero presto.

PS.1: Oggi è la Festa della mamma… Auguri a tutte le mamme, in primis alla mia.
PS.2: La torta con le fragole e la panna la dedico a Nala (è un po’ presto, ma fa lo stesso…) 
 

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Capitolo 17
*** 17 capitolo ***


Albero della Vita

17 CAPITOLO

 


 

Presente

Questo capitolo riparte esattamente dal primo
(per chi volesse, consiglio di rileggerselo…)

 

Gill si avvicina lentamente verso di noi.
Vola piano per evitare di attirare su di sé l’attenzione del nostro immprevedibile dalmata, ancora accucciato sulle mie gambe a godersi le carezze. Speranza vana, ovviamente, dal momento che lui si accorge del suo arrivo e in attimo lo raggiunge percorrendo i pochi metri di distanza che ancora ci dividono.
Cerca subito di acciuffarlo, ma i suoi tentativi sono altrettanto fallimentari, visto che il furbo robottino, prima si mantiene in aria ad una distanza sufficientemente alta da non farsi prendere, poi lo distrae definitivamente lanciando una pallina colorata. Invito troppo ghiotto per il cagnolone che scatta immediatamente a recuperarla, ma, anziché riportargliela, quel birbante trotterella verso di me, desideroso di ricevere altre coccole.
Sorrido: è il suo modo per chiarire le sottili gerarchie familiari che intercorrono fra di loro, soprattutto quando in palio ci sono le mie attenzioni, che evidentemente non ama troppo condividere.
Ma anche a Gill non dispiace la mia compagnia, così fra loro scatta spesso una specie di poco velata, affettuosa, competizione: sono così buffi a volte, peggio di due bambini intenti a bisticciare o farsi i dispetti!
Proprio come quelle due piccole, adorabili, pesti che avevo avuto il piacere di conoscere una decina di giorni fa al parco, delle quali una in particolare aveva attirato la mia attenzione.
E’ davvero incredibile, con loro non bisogna mai dare nulla per scontato: riescono a rendere imprevedibili le più tranquille e spensierate attività quotidiane…


Io e mia madre ci stavamo godendo quel rilassante pomeriggio di sole, stando comodamente sedute sul soffice prato a gustarci un ottimo gelato; ad un certo punto, una piccola pallina colorata, sbucata da chissà dove, aveva deciso di rotolare verso i noi, fermandosi giusto sui miei piedi.

L’avevo raccolta, aspettando l’arrivo della sua legittima proprietaria: una piccola trappolina dai lunghi ricci dorati e due vispi occhietti chiari, che si stava dirigendo spedita verso di noi.
Accortasi della nostra presenza, però, aveva rallentato l’andatura leggermente intimidita; naturale in fondo, considerando che per lei eravamo comunque due perfette sconosciute.
Ma a quanto pare il recupero della sua preziosa pallina aveva l’assoluta priorità!
Animata dal proprio coraggio, e una discreta dose di incoscienza, aveva compiuto gli ultimi passi che ci dividevano, fermandosi a un paio di metri di distanza.
Avrei potuto semplicemente restituirgliela senza farla aspettare, ma era stato più forte di me, mi ero incantata a guardarla: sui lineamenti dolci del suo visetto si notava un’espressione chiaramente titubante, incerta sul da farsi, con i dentini bianchi intenti a mordicchiarsi le labbra, e lo sguardo basso fisso sul suo giocattolo. In realtà il mio gelato appoggiato a terra era riuscito a riscuotere un discreto successo in quanto ad attenzioni, ma non mi era sembrato il caso di farglielo notare.
Era infatti curiosamente interessante vederla all’opera senza interferire: i suoi piedini paffuti racchiusi nei sandalini blu, continuavano a muoversi impercettibilmente, dondolandosi su se stessi; mentre le piccole manine erano letteralmente impegnate a torturare l’orlo della gonnellina.
Indossava una salopette in jeans e una maglietta azzurro cielo... era bellissima.
Bellissima e decisamente impaziente!

“HOPE”

La voce lontana di un altro bambino l’aveva richiamata. Si era affacciato dal castello dello scivolo da cui lei stessa era arrivata, e sembrava essere più grande di qualche anno, ma a giudicare dalla reazione della bimba, evidentemente si conoscevano piuttosto bene. Voltatasi verso di lui, gli aveva risposto con un piccato: “ARRIVO!”

“Hai proprio un bel nome, sai?”
Da non credere, mi era scappato di bocca, senza pensarci su!
Ma a quanto pare lei aveva apprezzato parecchio l’involontario complimento ricevuto: era tornata a guardarmi con un musetto raggiante di soddisfazione, sul quale risplendeva un sorrisone trionfale.
“Tieni la tua pallina, vedo che il tuo amico ti sta aspettando” le avevo proposto gentile.
Prontamente se l’era ripresa, sfiorandomi le dita con le sue piccole e morbide manine: più che un tocco, quel delicato contatto era stato come… una carezza al cuore… una sensazione inspiegabile.
“Non è mio amico! È mio fratello! L’ha tirata lui la MIA pallina!” aveva sbottato seccata, riportandomi bruscamente alla realtà; volevo quasi ridere, ma non mi sembrava molto cortese nei suoi confronti.
“Ma non l’avrà fatto apposta, no?” cerco di intercedere, chissà perché poi.
“Sì, sì! Lui è molto birichino!” aveva replicato convinta, divertendomi ancora di più con il suo buffo linguaggio fanciullesco, prima di spiazzarmi con la sua offerta: “Vieni a giocare con noi?”
“I-io?.. M-mi spiace, piccolina, non posso, fra poco devo andare...”
“Non sono piccola! Ho tanti anni così!” e mi aveva spalancato la sua manina aperta ad un palmo dal naso.
“Cinque anni! Perbacco, hai ragione! Sei già una signorina!” le avevo risposto con un tenero sorriso sulle labbra, regalandole l’ennesima soddisfazione personale, prima che lei invece mi abbattesse definitivamente con la sua innocente, e perfettamente logica, mentalità: “Dove sono i tuoi bambini? Posso almeno giocare con loro?” accennando al folto gruppetto di piccoli folletti intenti a giocare attorno alle varie giostrine:
“E il loro papà? Dov’è? C’è anche lui da qualche parte?”
Ero rimasta senza parole: colpita e affondata da un frugoletto la cui età si contava sulle dita di una sola mano.
“I-io veramente….”

“HOPE! VIENI!?”
Santo ragazzino! Mi ero ritrovata a pensare, ringraziando di cuore il fratello per averla nuovamente richiamata.
“Beh, io devo andare adesso! Ciao! Ma la prossima volta giochi con me, vero?”
Non avevo neanche fatto in tempo a risponderle: se ne era andata zampettando tutta allegra per aver recuperato la sua preziosa pallina, mentre io, invece, ero ancora a dir poco allibita.

A peggiorare la situazione, la risata cristallina di mia madre: “Giusto, Pan! Che fine ha fatto Trunks?”
“Quel somaro è partito per inaugurare la milionesima filiale della Capsule Corporation, sparsa in giro per il mondo! Quindi per almeno quindici giorni sarà dato per disperso” avevo risposto acida ripensando a quel pelandrone di un sayan.
“Davvero? E dove questa volta?”
“Boh… Forse in Antartide per quel che mi riguarda! Starà discutendo d’affari con i pinguini!”
Mia madre era scoppiata letteralmente a ridere: “Tesoro mio! Di sicuro non saresti andata d’accordo con un compagno come tuo nonno Goku o Vegeta! Nel corso delle loro vite sono spariti per molto più tempo di un paio di settimane, no?”
“Infatti non mi chiamo nonna Chichi! E nemmeno Bulma! Con i rimasugli di sangue sayan che mi ritrovo, avrei rischiato l’estinzione definitiva degli scimmioni purosangue!”
“Quindi, questa volta, torna fra quindici giorni? Beh dai, passano velocemente, non penso tu abbia paura a dormire da sola” mi aveva chiesto trattenendo a stento l’ennesimo sorrisino.
“Veramente è già partito da cinque..”

Mi ero fermata ripensando alla sua allusione: in realtà il nostro letto, senza di lui, era dannatamente e inutilmente spazioso. Decisamente troppo vuoto.
Il suo viaggio di lavoro, poi, era stata la ciliegina sulla torta di un periodo già caotico e frustrante di suo, dove scenette simili a quella appena conclusasi con la bimba dai riccioli d'oro non erano affatto rare.
Certo, non erano così spudorate! Ma rimanevano comunque a vorticarmi nella mente senza uno straccio di ragione, quando una volta mi sarei limitata a liquidarle, ridendoci su di gusto.

“Tesoro, qualcosa non va? È da un po’ di tempo che ti vedo… distratta e pensierosa”
Avrei voluto chiarire da sola i miei dubbi, ma la strada che stavo percorrendo da autodidatta non sembrava essere molto efficace, forse un confronto con lei poteva essermi d’aiuto: “No mamma, tutto bene… Solo che ultimamente, senza di lui, non riesco a dormire poi tanto serenamente… C’è anche uno strano sogno che continua a svegliarmi”
“Sogno? Addirittura?”
“Già, un bell’indovinello quello! E visto che li abbiamo nominati…. In questo sogno vedo le immagini serie di Bulma e Vegeta, alternarsi l’una all’altra in un gioco ad intermittenza via via sempre più veloce, al termine del quale… appare Trunks… stile fermo-immagine, serio pure lui”
Un respiro profondo e poi le avevo raccontato la mia interpretazione: “Ecco, vedi, al termine di quel sogno, mi sono spesso svegliata agitata... Non so spiegarti il motivo, ma sentivo un bisogno di Protezione, un misto fra il desiderio di Essere protetti e il Voler proteggere qualcuno… Così, nel mio inconscio, mi domandavo se Trunks assomigliasse di più a sua madre, più presente, o… a suo padre” le ultime parole gliele avevo appena sussurrate.

Mi aveva guardato per alcuni lunghissimi istanti di silenzio, prima di regalarmi un sorriso incredibilmente dolce e un delicato bacio sulla fronte:
“E se tu cambiassi prospettiva? Provassi a rielaborare il sogno? Non vederlo come loro Figlio – fra l’altro, in quanto tale, lui avrà preso da entrambi i suoi genitori, ma poi lo sai, è semplicemente il ragazzo che conosci – Chiediti, invece, in che ruolo sta rispetto a te che stai vivendo il sogno! Sbaglio o finisce soffermandosi proprio sulla sua immagine? Allora vuol dire che lui è il tuo Punto di Riferimento... Prova a vederlo nel ruolo che ricopre Vegeta, mentre tu corrispondi a Bulma” poi, sorprendendomi non poco, aveva proseguito di slancio aprendo il suo zainetto: “Tieni! Credo che questo potrebbe aiutarti a chiarire i tuoi dubbi! Per tutti questi anni lo ha custodito sua madre; poi qualche mese fa lo ha dato al papà dicendo semplicemente che per lei ‘Era Tempo’… Quando tuo padre me lo ha fatto leggere, ho pensato che in realtà dovreste tenerlo voi, diciamo… Un piccolo porta fortuna per un nuovo inizio
“Un nuovo inizio?”
“Sì, tesoro mio, un nuovo inizio! E guarda che l’ha capito persino la bimba di poco fa! Vuoi il mio parere?”
Me lo aveva sussurrato all’orecchio…


Un fruscio fra le spighe dorate mi riporta alla realtà e allo stesso tempo cattura l’attenzione di Crash, allontanandolo dalle mie nuove carezze. Forse una piccola lepre si è avvicinata più del dovuto e lui è riuscito a fiutarla; molla per terra la pallina che stava tenendo tra i denti, e parte convinto alla sua ricerca.

Sorrido immediatamente: già, parte convinto perché il suo naso funziona bene, ma di seria intenzione di impegnarsi a prenderla per davvero, però, nemmeno l’ombra. Innanzitutto, a differenza dell’agile animaletto che sa muoversi con grazia e destrezza, lui del suo passaggio lascia tracce a dir poco irruente; ma soprattutto, anziché correre spedito verso una traiettoria ben precisa, dettata dalla scia di quella che dovrebbe essere la sua preda, lo si intravede appena a saltellare allegramente qua e là, sommerso dalle spighe stesse.
Scuoto la testa divertita: il nostro dalmata alla fine era scattato solo per sfruttare l’ennesima occasione di gioco spensierato!

“Complimenti! Proprio un bel cane da caccia, il tuo! A quest’ora la lepre sarà già arrivata ai prati” mi sento prenderle in giro dalla voce sorridente di Trunks.
“Ehi! Guarda che non è solo mio! E’ anche tuo!” gli rispondo fintamente imbronciata, voltandomi verso di lui.
“Giusto, il regalo del secolo di tuo zio al nostro primo anno di convivenza.. Che fortuna, proprio!” ironizza.
“Dai, su, non lamentarti, che in realtà è un tesoro! Ammettilo…” poi gli stampo un veloce bacio a fior di labbra.
“Mhm… Però sette anni fa, non la pensavi così: sbaglio o avevi detto che ti poteva tornare utile un altro tipo di cane? Un cane da tartufo, per la precisione… e invece Goten ci ha rifilato questo salta-fossi scatenato!”

“Sette anni fa?” chiedo con un filo di voce, accoccolandomi meglio al suo petto: “Sai che ho pensato anche a quel week-end? Il nostro primo week-end assieme…” rispondo in una sorta di mugugno.
Sento Trunks trattenere per un attimo il respiro, prima di stringermi maggiormente a sé.
Come dargli torto, poi? Per entrambi era stato tanto il Paradiso, quanto l’Inferno.
Eppure in quei giorni, difronte ad ogni situazione che mi si era presentata, ero riuscita a trovare agilmente una risposta in qualche modo chiara: che fosse stato il Sì di un’approvazione, il No di un rifiuto, o una scelta da posticipare, mente e cuore erano di comune accordo.

Allora perché negli ultimi tempi, invece, era stato così difficile… capire cosa volevo?
E ancora adesso, nonostante io sia riuscita a prendere la mia decisione, ci sono sentimenti così contrastanti?
Accanto al sincero entusiasmo, una costante circospezione.

Semplice, perché non riguarda più solo me stessa.
E’ una scelta che comporta responsabilità verso altre vite.
Vite molto più importanti della mia.

“Quel week-end? Pan, ti ho vista seria, e hai detto che dovevi dirmi qualcosa di importante: vuoi imparare a gestire la trasformazione in super sayan? Da allora non ci hai più provato seriamente e mi piacerebbe riuscire ad aiutarti in questo”
La sua espressione è determinata, ma sporcata da un velo di tristezza: quasi non ci credo che dopo tutto quello che gli ho fatto passare quel giorno, lui sia qui ad offrirsi di aiutarmi in prima persona.
Gli sorrido dolcemente, infinitamente grata per la sua immensa pazienza, ma ora voglio vedere il suo bel viso illuminarsi di gioia, perché è proprio con Lui che cerco il mio futuro:
“Dovrò farlo per davvero, prima o poi, ma adesso pensavo a qualcosa di diverso, di.. nostro! Intendo dire come persone, non come guerrieri sayan: un progetto di… vita di coppia, mio e tuo... Qualcosa in più rispetto ad ora” gli accenno voltandomi verso di lui e incrociando timidamente il suo sguardo mutevole. Nei suoi occhi cristallini vedo completamente sparire le ombre, sostituite da un meraviglioso luccichio di autentico sollievo.
I battiti del suo cuore emozionato accelerano, seguiti a ruota dai miei, poi mi prende il viso con entrambe le mani e di getto mi dona un bacio così impetuoso da farmi letteralmente perdere la testa.
“Pan! Non ci speravo più! Dimmelo, ti prego! Dimmelo adesso, subito! Voglio finalmente sentirti dire quelle tre benedette parole!” mi sussurra sulle labbra, quasi rabbioso di passione.

T-Tre parole?
Nella mia testa comincia a farsi strada il forte sospetto che, io e lui, non stiamo pensando allo stesso progetto.
Si… si riferisce a ‘quelle’ tre parole? Ovvio che sia così, Pan.

Sì, lo voglio.

Quanti anni sono che le aspetta in grazia divina?
Abbasso lo sguardo… tanti in effetti.

“Pan? Ancora? No… non dirmelo”
Lo vedo chiudere gli occhi e appoggiare sconsolatamente il capo all’indietro contro il tronco della nostra immensa quercia secolare, ai piedi della quale siamo ormai seduti da un po’ di tempo.
La delusione che leggo sul suo viso è davvero forte, anzi probabilmente, senza volerlo, una delle più intense che gli abbia mai visto dipinta addosso.

Sospiro: non era affatto mia intenzione questo fraintendimento.
Mi giro lentamente verso di lui e unisco l’una all’altra le sue gambe, rimaste fino a quel momento leggermente divaricate per potermi circondare meglio.
Riapre gli occhi celesti solo quando, con la massima delicatezza, mi siedo a cavalcioni su di lui: la sua espressione è seria e indecifrabile, ma per fortuna non mi respinge.
Nella speranza di trovare le parole più adatte per proseguire, volto il mio sguardo verso il paesaggio che ci circonda. Il sole è tramontato all’orizzonte, ma riesce ancora ad illuminarci grazie ai suoi ultimi spiragli di luce… una luce rossastra che per effetto del contrasto con l’imbrunire serale, sta diventando sempre più profonda e intensa, quasi violacea.

“Trunks, sai che la mia vita è solo con te… Ti sposerò, un giorno, ma ora.. volevo proporti un altro progetto”
“Un altro progetto, Pan!? Parliamoci chiaro! Stiamo assieme da sette anni, SETTE, di cui tre conviviamo! Cosa ci può essere di più import…. ?”
Per fortuna riesco ad interromperlo in extremis, appoggiandogli due dita sulle labbra: non voglio che emetta sentenze, senza prima aver ascoltato tutto quello che ho da dirgli.
La sua espressione indispettita si ammorbidisce quando, con l’altra mano, afferro la sua e la porto sul mio cuore, sul quale ci sarà sempre scritto, indelebile, il suo nome.

Batte forte, batte d’amore.
Batte perché è ancora miracolosamente vivo.
E tutto questo lo devo solo a Lui.

Con tutta la calma e la delicatezza di cui dispongo, cerco di dargli una spiegazione adeguata:
“Ti sposerò Trunks, ma non chiedermi quando, perché non lo so nemmeno io… Non dipende da te, e se rimando è solo perché voglio che, per entrambi, quel giorno sia davvero speciale! Non cerco un matrimonio perfetto nell’organizzazione – i centrotavola, i fiori, le posate, o chissà quale altra diavoleria che ci ruota attorno – La perfezione che cerco, la esigo da me stessa! Devo riuscire ad avere la mente serena e determinata per non rischiare di presentarmi all’altare e rovinare un progetto così importante, sporcandolo con i ricordi del passato… Non pretendo che tu capisca fino in fondo, ma è solo questo che mi frena: ti meriti che quel giorno, la mia testa e il mio cuore, siano solo per te! Non voglio nemmeno una misera ombra… Quando riuscirò davvero a riderci e scherzarci su, allora vorrà dire che sarò veramente pronta”

Quell’unico matrimonio a cui avevo partecipato era stato snervante e straziante, ma peggio ancora aveva innescato tutta una serie di conseguenze letteralmente catastrofiche, che ancora adesso sapevo di dover sistemare per poter vivere nel migliore dei modi quel giorno tanto atteso dal mio uomo.
Non mi riferisco a motivi superficiali come la gelosia, o la prospettiva di tutte quelle assurde regole comportamentali da rispettare; a parlare è solo il desiderio di riuscire a gestirmi, senza aver paura di scontrarmi con dubbi, fastidi, o insicurezze varie… purtroppo, non mi sento ancora abbastanza sicura.
Sicura di me stessa, e io non posso proprio permettermi di rovinare il nostro matrimonio.

Ricordo che al Palazzo del Supremo, papà mi aveva detto che un giorno avrei trovato una motivazione personale che mi avrebbe permesso di imporre la mia volontà su qualsiasi altra questione.
Chissà se lui, come mia madre al parco, si riferiva alla stessa che anima ora la mia vita: così intensa da richiamare al suo cospetto tutte le mie energie, e perfettamente in grado di annullare il resto delle priorità.
Ne sono quasi sicura, potrebbe essere la stessa che un giorno mi permetterà di spianare gli ultimi due scogli rimasti: affrontare la trasformazione in super sayan e indossare quell’abito bianco che lui tanto desidera.

Me lo auguro di cuore, ma per riuscirci, ho bisogno di te, Trunks!
Scruto l’azzurro dei suoi occhi nel profondo, quasi a volergli leggere l’anima, poi, lentamente, faccio scorrere verso il basso la sua mano ancora appoggiata al mio cuore. Scivola fra l’incavo del mio seno, lungo la bocca dello stomaco, e più giù ancora, fino ad arrivare sul mio ventre, dove la fermo e stringo delicatamente le sue dita. Lui sgrana gli occhi, iniziando ad intuire l’argomento.
Sposto anche le dita con le quali lo avevo zittito, e gli accarezzo una guancia: “Trunks, non ho la pretesa di stabilire se il mio progetto sia più o meno importante del tuo – di un matrimonio – assolutamente… Io volevo solo proporti di allargare la nostra famiglia! Che ne dici se... iniziamo a cercare un bimbo? Iniziamo a cercare nostro Figlio?”

I suoi occhi si fanno lucidi, brillano come non li ho mai visti prima d’ora.
In un lampo i nostri corpi aderiscono completamente l’uno all’altro, con le mie gambe che in automatico gli circondano la vita, nel tentativo di aggrapparsi forte per l’improvviso cambio di posizione: mi ritrovo sdraiata sulla coperta sottostante con Trunks sopra di me, poi riappoggio i piedi per terra.
Mi libera il viso scostando la frangetta, e appoggia le sue labbra sulla mia fronte in un contatto appena accennato, quasi timoroso di vivere un altro sogno destinato ad infrangersi da un momento all’altro:
“Non osavo chiedere tanto, visto che a quanto pare.. sposarmi.. non è nemmeno nella lista delle tue priorità”
Il frastuono dei nostri battiti cardiaci è assordante e, per quanto possibile, ancora più potente di poco prima.
Il mio sta rimbombando ovunque, destabilizzando il controllo delle mie emozioni: gesti e parole non seguono più la stessa direzione, così mi ritrovo a lasciargli un piccolo tremolante bacio a fior di labbra, accanto ad un’involontaria dichiarazione eterna: “Magari più avanti, scambiando le nostre promesse davanti a un piccolo sayan”
“L’hai detto! Ora non puoi più ritrattare!”
Ecco, lo sapevo, mai abbassare la guardia con lui: “Vedremo..” gli sussurro dispettosa sul collo, stringendolo con tutte le mie forze, mentre sulle mie labbra si dipinge uno dei sorrisi più felici che abbia mai provato, e gli occhi cominciano a pizzicarmi dalla gioia.

Questo abbraccio sigilla per sempre la mia volontà, e la calda stretta che sta energicamente ricambiando, mi regala l’unica sicurezza di cui ho bisogno: la sua presenza.
Lui desidera creare e condividere il nostro futuro.
Lui proteggerà me e la nostra famiglia.
Lui semplicemente… ci sarà.

Dopo infiniti attimi trascorsi ad assaporare questo meraviglioso e indimenticabile momento, così intimo e personale da imprimersi e fondersi con ogni singola cellula del mio corpo, lui interrompe i miei pensieri staccandosi quel tanto che basta per incrociare i nostri sguardi: “Pan, quando... quando l’hai capito?”

Bella domanda…
Faccio un respiro profondo e provo a rispondergli: “Non saprei datarti un periodo. In mezzo alle tante domande senza risposte che mi hanno tenuto compagnia negli ultimi tempi, c’erano anche loro: questi frugoletti di bimbi! Non riuscivo a capire perché, tutto ad un tratto, mi attirassero così tanto, come se riuscissero ad emanare una sensazione di Calore; al contrario, invece, mi lasciavano un enigmatico vuoto quando uscivano dalla mia visuale… Una decina di giorni fa, poi, mentre eri in viaggio per lavoro, al parco ho avuto una sorta di incontro chiarificatore, o forse dovrei dire più uno scontro: una scenetta buffa con una piccola bimba, che penso rappresenti l’apice dei tentativi inviati dal mio istinto per farsi notare!”
“Bimba? Te lo ha spiegato lei?” mi domanda tra il perplesso e il divertito.
Arrossisco leggermente imbarazzata: “Beh, non esattamente… A dire il vero, ci ha pensato poi mia madre ad ‘illuminarmi d’immenso’ con una bella chiacchierata e… un biglietto”
“Biglietto? Lo ha scritto lei?”
“No.. In un certo senso lo hai scritto tu, qualche anno fa”
“Io? Qualche anno fa... Mirai!?”
“Già… Prendilo! È nella tasca dello zaino”

Trunks si raddrizza mettendosi in ginocchio e una volta afferrato, allungando semplicemente il braccio, si mette a leggerlo con attenzione: la sua espressione è imperturbabile, ma deduco sia arrivato alla fine quando, sul suo viso, lo sguardo diventa lucido e le labbra si ammorbidiscono in un microscopico dolce sorriso.
“Prima di consegnarlo ai miei, lo ha sempre tenuto tua madre, Bulma… È indirizzato a mio padre, ma mia mamma pensa che dovremmo tenerlo noi, l’ha chiamato… Un piccolo porta fortuna per un nuovo inizio”
Mi alzo da terra sedendomi accanto a lui e prendendo il suo viso tra le mani gli sussurro sulle labbra: “Sai cos’ha aggiunto? Trunks, sarà un ottimo padre

Trascorrono alcuni istanti di silenzio, poi sospira rumorosamente e scuote la testa quasi rassegnato: “Strega..”
“Perché?” quel nomignolo non era esattamente la risposta che mi spettavo adesso.
Appoggia a terra il biglietto, e in un guizzo mi ritrovo nella stessa posizione di poco prima, sotto di lui.
Intreccia le nostre mani e con tono fintamente scocciato si decide a parlare:
“E’ incredibile come tu riesca sempre a raggirarmi, mandando all’aria la mia personale scaletta delle priorità! Ti ho chiesto più volte di diventare mia moglie, accettando divertito i tuoi mille modi diversi di svicolare la questione, ma in due occasioni in particolare, volevo con tutto il cuore ricevere il tuo Sì…”
“D-due..?”
“Sì due, la prima volta e poco fa… e invece... Sposami: NO, andiamo a convivere! Sposami: NO, prima cerchiamo un figlio!.. Lo vedi? Puntualmente abbatti i miei progetti, ma riesci sempre a rilanciarli con proposte impossibili da rifiutare! Adesso me lo dici come faccio, IO, a replicare? Mi colpisci con le pistole e pure con le rose – rose con le spine – mi tocca dire, Streghetta, visto che alla fine riesci sempre ad incastrarmi!”

Non mi lascia neanche il tempo di aprire bocca: sigilla le mie labbra con un bacio deciso, profondo, e passionale, che unito alle movenze sensuali del suo corpo adagiato perfettamente al mio, dissolve nel nulla le mie timide proteste.
Libera una mano con la quale prima, accarezzandomi una coscia, mi invita a circondargli la vita; poi, intrufolandosi sotto l’elastico degli slip, cattura il mio fianco in una stretta salda ed energica.
La risposta del mio corpo alle sue ubriacanti attenzioni non si fa attendere: sfuggono al mio controllo alcuni silenziosi gemiti di piacere, catturati direttamente dalle sue labbra maliziose e consapevoli.
Sorride, poi interrompe il bacio, incatenandomi con uno dei suoi sguardi più magnetici, mentre il lento scivolare delle sue dita verso il mio interno coscia, dà voce a quella che a tutti gli effetti rappresenta la sua replica: “Allora sai cosa ti dico, Pan? Chiediamolo subito questo dono dal cielobussando alle porte del Paradiso”

Il mio cuore sta letteralmente impazzendo, rimbomba ovunque, così cerco di alleggerire la tensione alludendo alla musicalità della sua proposta: “Come la canzone?” ma sembra tutto perfettamente inutile vista la sua dolce precisazione: “Facciamo il nostro, di Paradiso, ti va?”

Abbozzo un sorriso incerto per i sentimenti contrastanti che provo: per quanto il suo richiamo sia inevitabile e potente, si tratta pur sempre di un percorso di vita completamente nuovo e sconosciuto, dove l’entusiasmo puro si scontra con la prudenza, forse addirittura la paura, ma un’unica certezza guida tutte le mie emozioni nel mio cenno affermativo: “Ti amo, Trunks”
Lo vedo trattenere il respiro, sa bene che sono parole preziose, pronunciate raramente solo per occasioni veramente speciali: “Quanta abbondanza, oggi, adesso mi manca solo riuscire infilarti quel benedetto anello”
“Questo, veramente, non c’è scritto da nessuna parte” gli sorrido, sventolandogli sul naso il biglietto recuperato da terra.

Prontamente me lo sfila dalle dita per lanciarlo delicatamente in aria, in mezzo ai tanti piccoli bagliori luminosi delle lucciole, intente a volteggiare leggiadre qua e là: accanto a noi, sui pistilli dei papaveri, tra le spighe di grano, e via via sempre più in alto, fino a confondersi con i primi scintillii delle stelle in cielo.
Sorrido: cullato dal soffice respiro della brezza serale, quel biglietto è finito fra gli alti rami della nostra immensa quercia secolare, disturbando involontariamente il meritato riposo di Gill.
Ma, ora, qualcosa di molto più vicino a noi, cattura di nuovo la mia attenzione: un sottile filo d’erba arrotolato all’anulare della mia mano sinistra, seguito da un adorabile sorrisetto malandrino di Trunks.
“Lo vedremo..” sussurra sensuale.
Scuoto la testa divertita e alzo gli occhi al cielo, poi infilando le mie mani tra i suoi capelli, gli rispondo con un semplice: “Basta parlare, Sayan”

Era Tempo
Tempo di dare inizio alla nostra ricerca attraverso una nuova notte d’amore.
La prima illuminata da questa nuova consapevolezza.


Per una frazione di secondo, intravedo Gill alle prese con il piccolo messaggio dal futuro.
Chissà se riuscirà a leggerlo, magari glielo chiederò...
(non ora)

 

 

Ciao Gohan,
volevo che almeno tu sapessi…

Non ho abbastanza parole per dirti
quanto Lui mi manca e quanto mi dispiace
non essere riuscito ad aiutarlo come avrei voluto.

Ma Ti prometto che ce la metterò tutta
per continuare a proteggere la Sua Pan:
la mia Compagna di Vita e
la Madre dei miei Figli

Un abbraccio forte!
Trunks
(Future)”

 

F i n e

 

 

Angolo autrice:

Ciao a tutti! Ebbene, sì, mi fa un po’ effetto dirlo, ma siamo arrivati al capitolo conclusivo.
Come sempre, spero che la lettura sia stata di vostro gradimento e vi abbia offerto una piacevole compagnia.
Vi ho invitato a rileggere il primo capitolo (per chi lo volesse) perché in effetti si riparte esattamente da quello, ma ci tengo anche a ricordare che Mirai Trunks ha deciso di scrivere il suo messaggio dopo aver assistito alla tenera scenetta familiare di Gohan con Pan nel capitolo precedente. Il biglietto è indirizzato a lui perché in pratica rappresenta la sua personale promessa di proteggergli la figlia del futuro (di mia invenzione), oltre ad essere un indiretto augurio per il loro presente, come ha voluto interpretare Videl.
E a proposito di interpretazioni, la canzone a cui si riferisce Pan è “Knockin’ on Heaven’s door” versione dei Guns n’ Roses. Mi piace molto e a dirla tutta non ne voleva proprio sapere di andarsene dalla mia testa!
Ma visto che il testo originale non mi lascia molto spazio per agganciarlo alla mia trama, ho deciso di giocare con la simbologia del gruppo e re-interpretare completamente il significato del titolo stesso.
Detto questo, ringrazio veramente di cuore tutti coloro che sono passati a leggere, e in particolar modo chi mi ha regalato (o vorrà regalarmi) il suo parere personale, perché è sempre interessante confrontarsi con altri punti di vista.
Un ringraziamento speciale va a Nala e alla sua pazienza, per avermi accompagnato in questa piccola grande avventura che, sì, ricorderò davvero con un bel sorriso.

Ora vi saluto! Ciao!
Un abbraccio forte

Mymanga

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