Nascosto nel profondo di sé di DoroTeaH (/viewuser.php?uid=931920)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° capitolo ***
Capitolo 2: *** 2° capitolo ***
Capitolo 3: *** 3° capitolo ***
Capitolo 4: *** 4° capitolo ***
Capitolo 5: *** 5° capitolo ***
Capitolo 6: *** 6° capitolo ***
Capitolo 7: *** 7° capitolo ***
Capitolo 8: *** 8° capitolo ***
Capitolo 9: *** 9° capitolo ***
Capitolo 10: *** 10° capitolo ***
Capitolo 11: *** 11° capitolo ***
Capitolo 1 *** 1° capitolo ***
Miami.
16 Giugno. H16:30. Un caldo infernale.
Julie
doveva resistere ancora mezz'ora alle richieste del capo.
Alle
17:00 avrebbe potuto finalmente tirare un calcio alla porta
dell'ufficio e tornare a casa da Joel a preparare le valigie. Il mese
appena passato le aveva portato nuove responsabilità al
lavoro, era
diventata la responsabile marketing alla J&W, un'importante
agenzia pubblicitaria, ma questo l'aveva sommersa di stress e la
vacanza alle isole Keys, programmata come ogni anno con Oliver e
Felicity, le avrebbe fatto staccare finalmente la spina.
H17:30
Arrivata
finalmente a casa si buttò tra le braccia di suo marito
gridando:
“Keys
arriviamo”. Non voleva più pensare al lavoro per
la settimana
successiva. Voleva semplicemente dedicarsi al suo sposo, ai suoi
amici e a se stessa. Ne aveva bisogno.
Da
cinque anni ormai, Julie e Joel affittavano a Giugno una casa sulla
spiaggia alle isole Keys in compagnia dei loro amici.
Julie
e Oliver si conoscevano da una vita. Lei, la ragazza più
invidiata
del Dade college di Miami era la migliore amica di lui, il ragazzo
più desiderato dell'università.
Figlio
di Robert Queen, ricco imprenditore di Miami, Oliver era bello oltre
misura, ricco, atletico: il ragazzo più ambito
dell'università. E
lui certamente non disegnava le attenzioni di tutte quelle ragazze
che gli si buttavano ai piedi.
Tra
i due però non successe mai niente. Forse erano troppo amici
per
pensare di poter rovinare tutto con una storia.
Julie
si accontentò sempre di averlo come amico e non ne fu mai
delusa. Se
agli occhi della gente Oliver sembrava un ricco spocchioso e senza
riguardo per gli altri, a quelli di Julie era semplicemente un
ragazzo giovane che ne sapeva ancora troppo poco della vita. Fino a
quando, un'estate, Oliver visse il naufragio del suo yacht e vide suo
padre morire. Il ragazzino viziato si trasformò in un uomo
sensibile
e coraggioso. Il suo modo di pensare e di comportarsi si
trasformò
completamente. Non volle più vicino a se persone vanitose e
superficiali, anzi si avvicinò a Felicity, una ragazza
conosciuta
alle lezioni di informatica. Bionda e occhialuta era diversa dalle
ragazze che era solito frequentare; brillante ma non piena di
sé,
colpi Oliver con la sua trasparenza e determinazione.
I
due iniziarono a frequentarsi e ben presto Felicity diventò
una cara
amica di Julie. La nuova fidanzata di Oliver non la vide mai come un
pericolo, tanto limpido era il loro rapporto. E l'affetto tra le due
crebbe talmente tanto da potersi reputare amiche.
Vere
amiche.
L'entrata
in scena di Felicity portò con sé inoltre il suo
amico Joel
Edwards, che da subito perse la testa per Julie: i lunghi capelli
scuri e ondulati di lei, i suoi occhi grandi e verdi, il suo
carattere spiritoso e un po' sfacciato, avevano fatto breccia nel
cuore di Joel.
Lui,
aspirante scrittore, era esattamente l'opposto di Oliver.
Julie
se ne innamorò pazzamente. Fu conquistata dalle sue
attenzioni. Da
subito capì di aver trovato un uomo protettivo e maturo, che
a
differenza dei ragazzi incontrati fino a quel momento seppe regalarle
emozioni nuove.
Il
college finì e le strade delle due coppie si divisero,
seppur
continuarono a frequentarsi. Julie e Joel si sposarono a Miami subito
dopo l'università, lei ottenne il lavoro di pubblicitaria
che aveva
sempre desiderato e lui invece iniziò a scrivere il suo
libro. Le
loro vite procedevano come previsto.
Oliver
divenne un architetto e si trasferì subito dopo la laurea ad
Orlando, dove gli fu offerta la direzione di un importante studio di
interior design.
Felicity
ovviamente lo seguì senza indugiare e anche loro in breve
tempo si
sposarono.
E
tralasciando i particolari delle vite e dei matrimoni comuni si
ritrovarono al 16 Giugno. Alle Keys di nuovo. A guardare il tramonto
dalla veranda della villetta sulla spiaggia.
Solita
routine? No, solito paradiso.
Julie
continuava a ricevere conforto da quella casa che negli ultimi cinque
anni li aveva ospitati. Continuava a trarne energie positive.
Oliver
e Felicity arrivarono circa un'ora dopo i coniugi Edwards e la
vacanza ebbe inizio. Era passato più di un mese dall'ultima
volta
che si erano visti e la serata non poté che passare allegra
e
leggera.
Una
buona cena, un buon vino, la brezza marina che soffiava delicata
all'interno della casa dalle grandi finestre lasciate aperte. Il
profumo del mare era intenso.
Le
due coppie erano in perfetta sintonia, ogni volta che si vedevano mai
uno screzio rovinava le loro giornate.
Tre
bottiglie di vino e molte risate più tardi, l'oasi di pace
di Julie
venne però interrotta dalla telefonata del collega Russel
che, con
tono minaccioso, le ricordò l'imminente scadenza di un
lavoro che
non poteva aspettare le vacanze di nessuno.
Si
fece ora di andare a dormire. Julie e Joel andarono a letto. Joel si
addormentò praticamente subito, Julie invece continuava a
girarsi e
rigirarsi nel letto, ansiosa di dover finire il lavoro in scadenza.
Decise allora di alzarsi e provare a lavorare. Il legno del letto
scricchiolò delicatamente, svegliando Joel che le chiese:
”Dove
vai tesoro?”
“A
lavorare un po', non riesco a dormire. Tu dormi tranquillo”
rispose
Julie e uscì dalla camera.
Scendendo
le scale si accorse che le luci della sala da pranzo erano accese,
Oliver infatti non era ancora andato a dormire.
“Che
fai in piedi?” chiese lui.
“Voglio
finire quel lavoro altrimenti non riuscirò a godermi questa
vacanza,
e ne ho bisogno” rispose Julie.
Oliver
la invitò a sedersi vicino a lui per due chiacchiere e Julie
gli
chiese che ci faceva sveglio.
“Avevo
bisogno di stare in silenzio.”
”Perché?”
”Sono
pieno di impegni ultimamente, ho poco tempo per me, avevo realmente
bisogno di non dover pensare a niente per un attimo.”
”Sei
sicuro di stare bene, Oliver?”
Lui
le rispose di stare tranquilla, andava tutto bene. Semplicemente a
volte capitava di accumulare della stanchezza mentale.
Parola
dopo parola, passò quasi un'ora. Un'ora che bastò
a ritrovare la
vecchia confidenza. Era così facile per loro parlare. Lo
avrebbero
potuto fare per ore.
Oliver
guardò Julie e le chiese da quanto tempo non parlavano
più cosi.
”Da
quando sono entrati nelle nostre vite Felicity e Joel!”
”Hai
ragione. Perché?”
”Forse
perché abbiamo trovato in loro nuovi amici. Forse
perché all'inizio
delle nostre storie con loro, pensavamo che la nostra unione li
avrebbe fatti sentire esclusi. Forse perché non volevamo
perderli e
credevamo che l'amicizia tra uomo e donna sarebbe stata guardata con
un po' di malizia...”
”È
successo sicuramente questo” controbatté lui
“ma siamo stati
degli stupidi allora.”
”È
vero. Mi sei mancato, Oliver Queen. È
bello parlare con te.”
… poi
le
parole mancarono. Ci fu un attimo in cui i loro sguardi si
incrociarono e i loro visi si fecero più seri. Oliver
guardava fissa
Julie. Pochi secondi sembrarono interminabili. Nei loro occhi si
leggeva la confusione che sentivano in quel momento. Non riuscivano a
decifrare i loro pensieri.
Poi
Oliver si protese verso di lei. Erano seduti vicini, spalla contro
spalla. E i loro visi si avvicinarono. Oliver fissava le labbra di
Julie, come se le vedesse per la prima volta. Il respiro si fece
leggermente più pesante. Il battere più forte dei
loro cuori quasi
faceva rumore nel silenzio della notte. Era come se i pensieri si
fossero interrotti, come se la coscienza non riuscisse a esprimersi.
Ma d'improvviso Julie trascinò in dietro la sedia,
alzandosi, e gli
gridò sottovoce:
”Che
cazzo fai?”
Oliver
subito si alzò in piedi scusandosi, cercando di avvicinarsi
a lei
per calmarla. Ma di nuovo la ragazza si scostò e senza dire
niente
andò via.
La
notte passò agitata per entrambi, che non riuscivano a
capire come
fossero arrivati a quel gesto. Sembrava tutto surreale.
Stare
accanto ai propri sposi e dover nascondere l'accaduto. Dovevano
nasconderlo?
La
sveglia suonò alle otto, Joel si girò e diede un
bacio a Julie per
svegliarla.
Scendendo
in cucina trovarono Oliver e Felicity già pronti per la
spiaggia.
Felicity, scoppiettante, non vedeva l'ora di stendersi al sole.
Oliver, silenzioso, era intento a preparare il caffè dava le
spalle
alla porta del corridoio da cui entrarono i suoi amici, ma
girò
leggermente la testa per cercare di scorgere il viso di Julie. Poi
abbasso nuovamente la testa verso la macchina del caffè,
imbarazzato, preoccupato.
L'Oliver
Queen dall'ostentata sicurezza non sapeva come comportarsi. E
raramente nella vita gli era capitato.
”Pronti
per la spiaggia?” chiese Felicity, e tutti risposero
affermativamente tranne Julie che, chiedendo perdono, spiegò
avrebbe
avuto bisogno di un'ora o due per terminare il lavoro in scadenza.
”Perfetto,
allora ti aspettiamo in spiaggia” le ribatté
l'amica.
Tutti
uscirono di casa, Julie si sedette al tavolo, prese il pc, ma subito
si ritrovò con la testa che le scoppiava tra le mani. Non
riusciva a
capacitarsi di ciò che era successo la notte prima, diede la
colpa
al vino "sì, è sicuramente colpa del vino,
eravamo un po'
brilli" pensò.
Cercava
una giustificazione, ma non la trovava. Doveva concentrarsi sulle
carte, ma era impossibile spostare i pensieri in un'altra direzione.
Il
senso orrendo di colpa lasciava spazio ai brividi che le percorrevano
lo stomaco ogni qual volta la sua mente visualizzava quel momento.
Dalla
porta finestra della veranda, intanto, vedeva in lontananza Joel e gli
amici distesi sulla spiaggia. Joel sembrava così felice e
sereno e
Julie non poteva credere di potergli far provare un dolore
così
forte. Decise quindi che tacere sarebbe stata la scelta migliore,
sicura del fatto che ciò che era accaduto non avrebbe avuto
un
seguito.
Intanto,
in spiaggia, Oliver e Felicity prendevano il sole, mentre Joel si
spostò per salutare i vicini di casa che ogni anno
incontravano.
Felicity
si accorse di essersi dimenticata la crema solare e Oliver, per avere
la scusa di capire come si sentiva Julie, si propose di andare a
prenderla. Percorse la profonda spiaggia verso la casa ed entrando
per la veranda trovo Julie seduta al tavolo, intenta a fissare una
parete. Accortasi di Oliver, non disse una parola e tornò a
far
finta di concentrarsi sulle carte.
"Julie..."
sospirò Oliver.
"Oliver,
forse è meglio evitare il discorso" interruppe lei brusca.
"Julie,
ascoltami, ti voglio solo chiedere scusa. Non avrei mai dovuto
comportarmi così. Non so cosa mi sia capitato."
"Non
sai cosa ti sia capitato?" intervenne lei con un tono scocciato
e nervoso. "Oliver, le cose si fanno in due"
"Hai
ragione ad essere arrabbiata, senti Julie, ti prego, facciamo come
che non sia mai accaduto, dimentichiamo tutto. Ti Prego..."
Lei
subito reagì con una risatina isterica. Poi il suo viso si
incupì.
Diede un'occhiata alla spiaggia poi si rigirò da Oliver e
secca
aggiunse:
"Sono
arrabbiata? Certo che sono arrabbiata, Oliver. Non riesco a capire,
ci provo e ci riprovo, ma niente. Buio totale. E quello che mi fa
infuriare, Oliver, è che l'unica cosa a cui riesco a pensare
è come
sarebbe stato quel bacio!"
Oliver
sgranò gli occhi dallo stupore capendo che, nonostante il
senso di
colpa, entrambi avevano provato lo stesso strano e inaspettato
sentimento. Le si avvicinò veloce e la baciò.
Come se sfogasse un
desidero nuovo, ma represso. Un bacio a cui mai nessuno dei due aveva
pensato. Eppure dal semplice guardarsi in maniera diversa la sera
prima era scoccato qualcosa. La voglia di assaporare quel proibito,
la curiosità di sapere cosa nascondeva l'intimo di
quell'amico che
fino a poche ore prima era innocente e innocuo. Una voglia difficile
da non assecondare, che aveva sommerso i loro pensieri. E quel bacio
era esattamente come in quelle ultime ore avevano immaginato. Caldo,
sensuale e proibito.
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Capitolo 2 *** 2° capitolo ***
Quel
bacio durò solo qualche secondo. Il tempo di lasciare Oliver
e Julie
sconvolti. In un istante, quella voglia che aveva martoriato i loro
pensieri per tutta la notte, sembrava diventato l'errore più
grande
delle loro vite.
Oliver
guardò serio Julie per un attimo, lei invece rivolse
angosciata lo
sguardo verso il pavimento.
Lui
uscì dalla casa per tornare in spiaggia, poi
rientrò veloce in casa
per prendere la crema che serviva a Felicity e senza guardarla
andò
via.
In
spiaggia, Joel si era posizionato sotto l'ombrellone in compagnia di
un buon libro.
Felicity
accolse Oliver con un sorriso e lui, con sguardo dolce, le diede una
carezza.
“Vado
a nuotare, tesoro” le disse, e lei gli rispose di fare veloce
a
tornare da lei.
Gli
occhi di Felicity erano così dolci e pieni d'amore, e questo
servì
a far sentire Oliver ancora più colpevole.
La
nuotata, però, lo aiutò a pensare. L'acqua
limpida e fresca gli
schiarì le idee e si accorse, nonostante l'errore, che
trattare
Julie con freddezza non sarebbe servito.
Se
era stato un errore allora bisognava porvi rimedio; se era stata
un'azione senza importanza, allora non bisognava dargliene
più di
tanta.
Quindi,
anche se frastornato dall'accaduto, decise di cercare di rilassarsi e
tornare alla sua vacanza senza rovinare le vite di nessuno.
Doveva
avere un atteggiamento tranquillo anche con Julie, d'altronde era sua
amica e le cose si sarebbero sicuramente risolte.
Si
fece mezzogiorno e i tre tornarono alla villetta, dove Julie aveva
già preparato il pranzo.
Era
preoccupata, aveva visto andare via Oliver con uno sguardo che mai in
vita sua aveva visto, ma stranamente al rientro dalla spiaggia le
cose erano cambiate.
Il
suo viso sembrava più sereno e disteso.
Felicity
si avvicinò a Julie e la aiutò con le ultime cose.
Seduti
a tavola, le chiacchiere incessanti di Joel aiutarono
inconsapevolmente a far passare il pranzo; Julie era sconvolta, ma
un'occhiata di Oliver che le accennava un sorriso la calmò
immediatamente. Aveva capito che Oliver non la odiava, le rimaneva
solo non odiarsi da sola.
Dopo
pranzo, Joel chiese a Oliver di accompagnarlo a comprare il carbone
per la grigliata prevista per la sera, lasciando così le
mogli da
sole.
Julie
entrò nel panico, ma cercò di non darlo a notare.
Quando ormai era
sul punto di inventarsi una scusa per lasciare la stanza, Felicity le
chiese di sedersi sul divano per poter finalmente chiacchierare un
po'.
Ma
fu sempre Joel a salvarla, rientrando in casa e scusandosi per non
averle chiesto se volessero unirsi a loro. Julie balzò dal
divano,
diede un'occhiata veloce a Felicity e facendo segno con la testa le
disse “andiamo!”
Utilizzò
quella tattica praticamente per tutta la settimana. Impegnò
le sue
giornate con mille cose da fare, risultando frenetica agli occhi del
marito e della amica. Seppur decisa a passare sopra l'accaduto con
Oliver, ancora non si sentiva a suo agio e cercava un modo per non
darlo a notare.
La
vacanza era arrivata al termine e entrambe le coppie tornarono alle
loro case, allo loro vite apparentemente uguali alla settimana prima,
ma profondamente cambiate.
Orlando.
Ancora giugno.
Felicity
e Oliver vivevano in uno splendido quartiere nella periferia di
Orlando.
Le
loro vite potevano dirsi materialmente appagate. Oliver poteva
provvedere alle necessità di entrambi, ma Felicity non
sarebbe mai
stata felice se avesse dovuto passare le sue giornate a riordinare la
casa, così aveva iniziato a lavorare come tecnico
informatico.
Il
loro matrimonio andava avanti come quello di tutti, tra alti e bassi.
Nonostante il grande amore che li univa, soffrivano come tutti della
disgrazia delle incomprensioni. Felicity amava parlare, dialogare,
aprire il suo cuore a Oliver, lui invece aveva un carattere diverso.
Era convinto di doversi fare sempre carico di tutto. A modo suo
voleva proteggerla, lei invece vedeva la cosa come una mancanza di
fiducia nei suoi confronti. Non capiva evidentemente che lei lo
avrebbe sempre appoggiato.
Più
volte la cosa era stata motivo di discussione e di forti dubbi da
parte di Felicity, che nonostante amasse Oliver, aveva paura certe
cose non sarebbero mai cambiate. Sarebbe stata disposta a passare la
vita pensando che l'uomo che aveva accanto non le avrebbe mai aperto
abbastanza il suo cuore? Si, era disposta a tutto.
Questo
era il matrimonio, fonte di immense gioie e allo stesso tempo di
grandi quesiti.
Oliver
aveva deciso che il bacio con Julie sarebbe stato come mai esistito,
eppure aveva portato degli strascichi. Ogni qual volta guardava
Felicity non poteva non tornargli alla mente che era stato capace di
baciare un'altra donna. Ancora faceva in modo di passarci sopra, ma
ancora si rese conto che in fin dei conti non era semplice per
niente. E comportarsi in modo disinvolto con la moglie non era
facile. Agli occhi di lei sembrava distratto e pensieroso portando
Felicity a chiedersi se ancora una volta non le stesse nascondendo
qualcosa. Un qualcosa che pensava innocente.
Miami.
Giugno ancora.
Joel
e Julie tornati a casa trovarono una sorpresa. Una raccomandata
informava Joel che la casa editrice da lui contattava aveva trovato
interessante la bozza del suo libro. L'emozione era alle stelle.
Finalmente l'opportunità tanto desiderata era arrivata.
Cosi
la loro vita cambiò leggermente, le giornate si fecero piene
per
entrambi e il tempo per vedersi si ridusse notevolmente. Seppur il
vedersi di meno potesse sembrare motivo di tensione, Julie ne
approfittò per riprendere fiato, per ragionare su quel sogno
di una
notte di mezza estate dai risvolti thriller.
A
distanza di più di trecento km i comportamenti erano
esattamente li
stessi. E non poteva che essere così. Chiunque si sarebbe
posto
delle domande.
Il
loro era un matrimonio sereno, i due erano sempre stati molto
complici e mai erano stati tentati da altre persone. All'inizio della
loro storia Joel aveva sofferto di un po' di insicurezza, data dal
fatto di essersi fidanzato con una bella ragazza. Lui invece veniva
visto come il classico secchione, non era atletico, non amava le
feste. Eppure era una persona squisita e Julie non gli diede mai modo
di dubitare di lei.
Tuttavia,
a distanza di cinque anni, qualcosa era capitato.
Julie
si chiedeva se sentisse di amare ancora Joel con la stessa
intensità,
ed era così; si chiedeva se si sentisse trascurata da lui, e
non
pensò di esserlo mai stata; si chiese se mai avesse provato
attrazione fisica per Oliver, e nonostante la prima volta che lo vide
i suoi pensieri non furono certamente casti, mai lo vide in modo
diverso.
Allora
cosa era successo?
I
giorni passarono, i pensieri no.
I
sensi di colpa si attenuavano, i brividi no.
L'emozione
si era trasformata. Ogni volta Julie chiudesse gli occhi sentiva le
mani forti di Oliver tenerle il viso, i suoi occhi fissarla, e il suo
bacio surriscaldarla. Non riusciva più a toglierselo dalla
testa
nonostante ci provasse con tutte le sue forze.
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Capitolo 3 *** 3° capitolo ***
Luglio e
Agosto passarono
veloci.
Oliver e
Felicity da una parte,
Julie e Joel dall'altra, avevano trascorso i due mesi estivi senza
rivedersi. Erano sempre state Felicity e Julie a mantenere i
contatti, dato che gli oltre 300 km di distanza e i diversi impegni
lavorativi non aiutavano le riunioni. Ma quei due mesi ovviamente
furono vissuti diversamente dalle due. Ci furono giusto un paio di
chiamate, e la cosa era normale, ma mentre una inconsapevole Felicity
chiamava una amica per sapere come stava, dall'altra parte della
cornetta si trovava chi quelle telefonate le avrebbe volute evitare
come la peste. E non perché Julie non le volesse bene, anzi,
ma
perché non riusciva a sentirsi pulita nei suoi confronti.
Quei pochi
minuti di comunicazione erano come una tortura; cercare di mantenere
una normale apparenza era difficilissimo, soprattutto considerato il
fuoco del peccato che la consumava dall'interno.
E questa era l'immagine riflessa
dei loro matrimoni.
Ad Orlando,
Felicity aveva
notato un po' di distrazione in Oliver. Gli impegni lavorativi di lui
erano sempre stati tanti, e spesso lo portavano fuori città,
ma una
volta tornato a casa era sempre stato molto presente. Negli ultimi
mesi invece era cambiato qualcosa, un qualcosa di quasi
impercettibile, ma che non le era sfuggito. Quando provò a
chiedergli cosa succedesse, lui si giustificò dicendo di
avere un
grosso contratto in ballo a cui teneva molto e a cui stava dedicando
tutte le sue energie. Felicity non aveva motivo di dubitare di quelle
parole. D'altro canto invece Oliver si sentiva quasi impazzire, non
le aveva mai mentito e questo lo faceva diventare matto. Ma realmente
cosa avrebbe dovuto dirle? Confessare di aver baciato la sua amica?
Confessare che non era facile fare tabula rasa dei suoi pensieri?
Pensò più volte a cosa fosse giusto fare, e
concluse decidendo che
la verità avrebbe distrutto due matrimoni e una amicizia. Ma
il
tarlo più insistente continuava a fargli chiedere
perché. Perché
aveva baciato Julie? Dov'era la sua amata in quel momento?
Perché il
suo cuore aveva avuto un cedimento?
Se dapprima aveva pensato che
quel momento sarebbe stato come mai esistito, si ritrovò a
fronteggiare quella realtà che non lo faceva dormire di
notte.
Più
a sud, in Florida, le cose
non erano diverse e anche Joel non poté che notare un
cambiamento in
Julie. Lei si era giustificata ammettendo la sua lontananza, ma
attribuendola al lavoro, alla stanchezza, alla loro routine che stava
cambiando; e Joel, che come Felicity non aveva motivo di dubitare,
aveva preso per buone quelle parole.
La
consapevolezza e l'esperienza
portano a capire che il matrimonio è fatto di alti e bassi,
gli
umori delle persone non possono non avere cali, e avevano entrambi
pensato fosse solo un momento di down. La cosa fu presa talmente alla
leggera che Felicity non raccontò niente neanche alle sue
confidenti, tra cui Julie, ritenendo non ci fosse nessun problema, se
non il solito atteggiamento di Oliver di tenerla a volte fuori dalle
sue decisioni.
24
Settembre. Miami. Compleanno
di Sara
Come ogni
anno, motivo di
ritrovo di amici di vecchia data, era la festa di compleanno di Sara
Lance. Cugina di Julie, aveva avuto un breve flirt con Oliver in
quegli anni in cui Oliver non dava molto spazio alle vere emozioni
tanto quanto ne dava alle cose materiali. La storia tra i due era
durata pochissimo, Sara non si era mai illusa di poter avere da lui
qualcosa di più, e questa disillusione le permise, una volta
finita
la relazione, di poter comunque instaurare una amicizia con Oliver e
successivamente con Felicity, la quale, superata la normale prima
fase di gelosia aveva imparato a conoscerla.
Ormai il college era finito, e
cinque anni erano passati. Ognuno aveva costruito la sua vita.
Lo
splendido attico che ospitava
la festa si affacciava sulla baia e regalava una magnifica vista agli
invitati. Sara amava le cose ben preparate, era una organizzatrice
nata non le sfuggiva niente, e questo suo lato caratteriale si
manifestava in qualsiasi occasione. La sua festa come ogni anno era
perfetta, e non perché la location, il catering o gli
addobbi
fossero di prima scelta, ma perché sapeva ricreare un
ambiente
intimo e gioioso.
Quando Julie e Joel arrivarono
c'erano già una trentina di persone, tra cui Oliver e
Felicity.
Fecero
ovviamente per primi gli
auguri alla festeggiata e salutarono pian piano tutti. Joel
sorridente e con il suo solito fare burlone aveva fatto il giro degli
amici, Julie invece si sentiva morire. Strinse forte Sara e parlarono
per qualche minuto, ma la sua mente non riusciva a concentrarsi.
Appena varcata la soglia d'ingresso si era sentita il cuore stretto
in una morsa, da una parte il terribile fardello di dover salutare
impassibile Felicity, dall'altra la paura di vedere nuovamente
Oliver. Perché? Perché mai questa assurda paura?
Erano
passati tre mesi
dall'ultima volta che si erano visti e non sapeva bene cosa passasse
a lui nella testa. Voleva convincersi che la paura che provava era
frutto dell'odio che Oliver potesse provare per lei; ma la
realtà
dei fatti, quella che non voleva ammettere, era che aveva paura che
Oliver non provasse i suoi stessi dubbi e le sue stesse emozioni.
Vedere
Oliver la fece
sobbalzare, sentiva un rumore in testa che non la faceva concentrare
sul resto, era come se la stanza fosse vuota. Felicity
si accorse di loro e le fece cenno di avvicinarsi, poi la
salutò calorosamente. Julie era ovviamente trattenuta, ma
doveva
cercare di non darlo a vedere, sapeva benissimo che l'amica non era
una stupida, e non sapendo come Oliver si stesse comportando a casa,
non poteva permettere che collegasse le due cose. O forse mai nessuno
le avrebbe potute collegare, ma la colpa le faceva immaginare di
tutto. Si volse poi verso Oliver, quasi in esplorazione, cercando di
capirne i pensieri, e lui le si avvicinò per salutarla
mettendole
una mano sulla schiena. Fu come se Julie sentisse il tocco delle mani
di Oliver per la prima volta nella sua vita. Era successo centinaia
di volte in passato che si abbracciassero, giocassero, che stessero
vicini, eppure non c'era mai stata malizia, e adesso tutto aveva un
sapore nuovo. Un sapore che dava alla testa e che non faceva
ragionare.
E anche per
Oliver era inutile
negare che quel bacio fosse stato niente. Aveva scatenato in lui
qualcosa che cercava di ricacciare in fondo al suo io, ma quel
qualcosa ormai aveva visto la luce ed era troppo affamato di vita per
restare nascosto nel dimenticatoio. Vedere Julie gli aveva fatto
aumentare i battiti cardiaci, ma quella sensazione non l'aveva
associata all'eccitazione, bensì al dubbio. Lottava, Oliver,
con
tutte le sue forze, per giustificare sé stesso, ma
più provava meno
riusciva.
Il saluto durò pochi istanti,
lo scambio veloce di sguardi fu interrotto dal richiamo degli amici
che li invitavano ad unirsi loro e Oliver e Julie parteciparono col
corpo alla festa, ma con la mente tornarono alle Keys.
La serata
passò piacevolmente
per tutti gli invitati e al momento del taglio della torta Sara e il
suo fidanzato Trevor annunciarono che a settembre dell'anno
successivo si sarebbero sposati e insieme elencarono i nomi delle
damigelle e dei testimoni. Felicity, Julie e le amiche intime Thea e
Lyla per la sposa e Oliver, Joel, Roy e Jhon per lo sposo. Il clima
non poté che surriscaldarsi, così come gli animi
aiutati
dall'alcool e la serata finì tra mille risate e gli umori di
Oliver
e Julie risorsero grazie a chi l'attenzione l'aveva spostata da
un'altra parte.
La notte
della festa, Oliver e
Felicity dormirono a casa della madre di lui; il rientro sarebbe
stato troppo lungo da affrontare di notte e ogni qual volta si
trovavano a Miami ne approfittavano per trascorrere del tempo con le
loro famiglie.
Erano le tre di notte quando
rincasarono e mentre Felicity si addormentò subito, Oliver
si
sedette nello studio di suo padre in compagnia di un bicchiere di
scotch.
I pensieri lo tormentavano, non
riusciva a concepire come il suo cuore si fosse leggermente
allontanato da Felicity, colei che poteva definire l'amore della sua
vita. Mai nessuna gli aveva fatto provare cosa significasse essere
amato. In gioventù non era mai stato troppo attento a chi si
portava
a letto perché il suo unico obbiettivo era il divertimento,
ma aveva
sempre notato che le ragazze lo avvicinavano perché attirate
dalla
ricchezza oltre che dalla sua bellezza. Felicity era diversa dalle
altre, Felicity aveva scorto il vero Oliver, aveva accettato i suoi
pregi e i suoi difetti, e insieme avevano provato cosa voleva dire
abbandonarsi totalmente a qualcun altro.
E ancora in
quel momento non
poteva identificare che in lei il suo vero amore. Allora
perché
quella tentazione che si insinuava nella sua mente? Si alzò
dalla
poltrona in pelle e si avvicinò alla finestra per osservare
il buio
della notte; l'agitazione e il nervoso cresceva a tal punto che
d'improvviso tirò un pugno al muro. Iniziava a cedere,
Oliver.
Poi cercò di respirare più
lentamente, cercò una soluzione, e scelse Felicity ancora e
comunque; e decise che avrebbe dovuto dedicarsi a lei anima e cuore,
cercando di non ascoltare quella voce che lo voleva portare lontano.
Non la
stessa cosa succedeva a
casa Edwards.
Joel aveva brindato
eccessivamente, e una volta rincasato crollò sul divano;
Julie
invece non aveva bevuto più di tanto e non aveva sonno.
Andò in
bagno a prepararsi per la notte e mentre si struccava guardava fissa
la sua immagine riflessa allo specchio. Il cotone trascinava via il
mascara sporcandole le guance e rendendo il suo sguardo ancora
più
cupo. Voleva urlare, Julie, voleva spaccare lo specchio e colpire
tutto ciò che aveva intorno, ma non poteva farlo. Allora
rimase in
silenzio, a guardare quella donna che non riconosceva; una donna che
stava rovinando tutto ciò che di meraviglioso la vita le
aveva
regalato. Il suo continuo pensare a Oliver non solo avrebbe distrutto
l'amicizia con Felicity, ma più orrendamente avrebbe ferito
la
persona più deliziosa al mondo, che era suo marito.
Joel era un
uomo stupendo,
comprensivo, appassionato, innamorato, presente e buono;
essenzialmente buono.
Sapeva che ferendolo così
profondamente avrebbe graffiato troppo a fondo la sua anima. E questo
perché negli anni erano stati tutto l'uno per l'altra,
eppure in
quel momento un tarlo si insinuava profondamente nei suoi sentimenti.
Non poteva dirsi innamorata di Oliver, non avrebbe avuto senso, ma il
continuo sussultare ricordando quel bacio la destabilizzava
incredibilmente. Allora pianse, le lacrime le sgorgarono fuori dagli
occhi prepotentemente, incredula di fronte allo scherzo che la sua
mente le stava giocando. Si sentiva su delle montagne russe che la
portavano prima in alto lassù dove la crisi si faceva
più sentire e
poi la riportavano in basso, dove la logica la aiutava a credere che
tutto si potesse superare con la sola forza di volontà.
E
così passarono i giorni, le
settimane, e infine i mesi.
Ottobre
Novembre
Julie e Oliver non si erano
comportati molto diversamente; entrambi andarono semplicemente avanti
con le loro vite, credendo che il tempo avrebbe aiutato, ma
addormentandosi ogni notte con la mente che volava via da casa.
Poi alla
J&W, a Dicembre, si presentò Mr.
Damien
Darhk ricco uomo d'affari titolare di una lussuosa fabbrica di
arredamenti, in cerca di una grossa campagna pubblicitaria che gli
permettesse di arrivare a conquistare il mercato d'élite.
Julie
avrebbe potuto trovare migliaia di possibili esperti del settore con
cui collaborare a Miami, ma sapeva benissimo che la persona di
maggior talento che conosceva non si trovava certo in città.
Fece
quindi fissare un appuntamento con la Chaos Consolidated per il 5
Dicembre.
Oliver,
direttore della nota compagnia di interior design, ricevette con
stupore l'appunto formale della riunione, e arrivata la data
dell'evento accolse il signor Darhk, accompagnato da due soci in
affari, e da Julie che si era prestata in prima persona per gestire
l'ingaggio.
Il
primo incontro durò un'ora, tempo in cui il cliente espresse
la sua
idea decisa di come dovesse essere impostata la campagna
pubblicitaria. Lo studio di Oliver si sarebbe occupato di realizzare
in lussuosissime ville esempi di arredamento da proporre al pubblico.
C'erano in ballo due milioni di dollari e sia per Julie che per
Oliver sarebbe stato un grosso colpo. Durante quell'ora i due avevano
interloquito come perfetti estranei e poi terminato il meeting
avevano salutato il Sig, Darhk, dandogli appuntamento al mese
successivo; nel frattempo pubblicitari e interior designs si
sarebbero rapportati con il team del tycoon.
Lasciati
i clienti, Julie e Oliver tirarono un respiro di sollievo, nonostante
il loro savoir faire la tensione per la prestazione era stata tanta.
Julie
sorrise e gli disse:
“Avevo
una paura terrificante, invece siamo stati bravi! L'ho visto andare
via soddisfatto.”
“Avevi
qualche dubbio?” rispose lui gongolando e poi le chiese:
“È
un caso che tu sia qua?”
“Sono
sicura che a Miami avrei trovato migliaia di alternative, ma mi
è
sembrata una buona scusa per venire a trovarti” rispose lei
con la
voce quasi tremante.
Oliver
chinò un po' la testa sorpreso per la sua risposta, ma
stranamente
concordante con lei e le disse con voce bassa:
“Sono
contento che tu sia qui, avevo voglia di vederti, tanta...”
Julie
deglutì frastornata, avrebbe voluto rispondergli la stessa
cosa, ma
era giusto alimentare la cosa? Poi capì di averlo fatto nel
momento
stesso in cui si era presentata a Orlando.
Oliver
allora la invitò a vedere il suo ufficio, che si trovava al
termine
di una scala di cristallo. La fece entrare per prima e poi si chiuse
la porta alle spalle. Rimasero immobili uno di fronte all'altra e da
quel momento non si dissero una singola parola. Si guardarono per
qualche secondo che sembrò interminabile; Julie non riusciva
a
sostenere il suo sguardo, era troppo difficile. Oliver la fissava e
il respiro si fece affannoso. Voleva baciarlo, solo baciarlo. Ma si
trattenne; fino a quando non lo fece lui. La mise spalle al muro e la
baciò, e poi ancora. Era ciò che Julie
desiderava, e nessuna colpa
in quel momento riusciva a distrarla dalle mani di lui che con fare
così maschio tenevano il suo viso.
Poi
Oliver le sussurrò:
“Non
riesco a resisterti più.”
E
in quel momento Julie si abbandonò completamente. Non
importava dove
si trovassero, l'eccitazione non li faceva ragionare.
Ogni
movimento di lui era così forte e possente, il suo respiro
era ciò
che Julie voleva sentire sfiorarle la pelle.
Nessun
risentimento in quel momento bussava le loro coscienze, avevano solo
bisogno di sentirsi avvolgere completamente.
Oliver
la girò di scatto e la mise faccia al muro, le
spostò i capelli
sulla spalla e baciandole il collo le abbassò lentamente la
lampo
del tubino nero, che cadde sul pavimento.
Julie
riprese il controllo e gli tolse la giacca, poi sbottonò la
camicia
e piano lo spinse verso la scrivania.
I
baci di Oliver erano ciò di più vicino all'estasi
che Julie avesse
mai provato.
Lui
poì la sollevò di peso per farla sedere sul
tavolo, le allargò le
gambe e si avvicinò al suo corpo e fecero l'amore.
Appassionato,
duro, sfacciato. Libero sfogo del desiderio ardente che da troppi
mesi avevano imprigionato e zittito.
Quando
poi si separarono, si salutarono con un abbraccio, che nascondeva
discordanti emozioni: la pace data alle voglie trattenute degli
ultimi mesi, e la tristezza data dalla consapevolezza di aver
oltrepassato un limite.
Julie
fece per andare via e mentre aprì la porta Oliver la
bloccò:
“Passeranno
mesi prima che ci vedremo di nuovo?”
“Perché,
dovremmo?” rispose lei.
“No,
se volessimo fare la cosa giusta” assentì lui.
E
Julie andando via aggiunse a bassa voce:
“E
questa è l'unica risposta possibile.”
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Capitolo 4 *** 4° capitolo ***
Il
vaso di Pandora era stato aperto.
Oliver
quella sera non tornò a cena, chiamò Felicity per
dirle che avrebbe
bevuto una birra con il suo collega Scott, ma rimase seduto alla sua
scrivania per ore. In ufficio non c’era più
nessuno, e l’unico
rumore che sentiva era quel ronzio in testa che non lo abbandonava.
Non
si sentiva di tornare a casa, non sarebbe stato in grado di mentire a
Felicity, ancora, e questa volta peggio. Quello precedente era stato
un errore, si era detto tante volte, un piccolo cedimento tanto
incomprensibile quanto reale; questo invece era il cataclisma. Aveva
superato il limite e non c’era modo di tornare indietro.
Se
ne stava seduto con la testa poggiata allo schienale della poltrona,
gli occhi chiusi, la fronte corrucciata disegnava sul suo viso lo
strazio; non sapeva cosa fare. Oliver aveva sempre una risposta a
tutto, sapeva come agire in qualsiasi situazione, perché
l’istinto
e l’impulsività lo spingevano
all’azione; in quel momento,
invece, non sapeva come comportarsi. Aveva tradito sua moglie, ma
peggio ancora, aveva più volte desiderato di farlo.
Pensò
che raccontare la verità sarebbe stata la cosa giusta, poi
immaginando la scena vide nella sua testa Felicity distrutta dal
dolore e allora cambiò idea.
Sapeva
benissimo che confessare gli avrebbe fatto perdere sua moglie. Era
una donna che non scendeva a compromessi, era una persona integra e
sapeva bene cosa voleva dalla vita. Amava Oliver certamente, ma non
avrebbe mai accettato un suo tradimento. Allora decise di rimandare
la decisione, conscio del fatto che quella notte non sarebbe stato in
grado di prenderne una; ma più ancora convinto di dover in
primis
capire cosa provava.
Julie
invece, sul treno che la riportava a casa, non riusciva che a
rivivere ciò che era appena successo. Chiudeva gli occhi e
vedeva
Oliver, sentiva il suo respiro, il suo eccitamento, il profumo della
sua pelle ancora la inebriava. Voleva sentire il pentimento, Julie,
ma non riusciva a provare rimorso. Era più forte di lei. Poi
le
squillò il telefono, era Joel che si chiedeva a che ora
sarebbe
tornata a casa e non ebbe il coraggio di rispondergli. Volse il suo
sguardo fuori dal finestrino, il paesaggio scorreva veloce quanto la
sua mente. Iniziò a ragionare e concluse impulsivamente di
dover
lasciare suo marito. In quel momento i suoi occhi si gonfiarono di
lacrime, come se la ragione le fosse scoppiata dentro e le avesse
fatte uscire. Pensò che aver desiderato tanto Oliver fino ad
averlo
non potesse che significare una cosa, e cioè che il suo
matrimonio
era finito. Nella sua testa immaginò come confessare, le
gambe le
tremavano senza fermarsi. Julie si accorse che la sua vita aveva
preso una strana direzione, una strada che l’avrebbe portata
lontana da Joel e lontana sicuramente dai suoi amici. Anche se
difficile da credere, voleva davvero bene a Felicity, e non avrebbe
mai voluto rovinarle la vita; quindi non ancora fatti i conti con i
suoi sentimenti, capì che quella con Oliver sarebbe rimasta
una
parentesi da chiudere immediatamente. Se non amava più Joel,
lo
avrebbe lasciato andare; se sentiva qualcosa per Oliver, non sarebbe
importato. Poi di nuovo i brividi nello stomaco. Inspirò
profondamente, e poi spalancò gli occhi come illuminata da
una idea,
una idea malata. Forse non si sarebbe mai messa tra Oliver e Felicity
perché convinta che Oliver non avrebbe mai lasciato la
moglie. Era
questa la verità? Era questo ciò che provava?
Allora non riuscendo
più a trattenere il pianto si alzò di scatto e
corse verso la
toilette dove, chiusa la porta alle sue spalle, singhiozzò
rumorosamente.
Arrivata
in stazione prese un taxi; nel tragitto verso casa cercò di
formulare una frase di senso compiuto da dire a Joel, lo stava per
distruggere e non c’era nessuna pillola da indorare.
A
casa trovò però una sorpresa; il marito le aveva
preparato una cena
romantica per festeggiare il grosso lavoro. Il profumo dell'arrosto
era delizioso, le tante candele accese sparse per il salotto creavano
una luce soffusa, era tutto bellissimo. Si sentì morire, di
certo
non avrebbe potuto confessare in quel momento. Joel corse verso di
lei
“Bentornata
amore mio, mi sei mancata” le disse, e Julie si sciolse con
quelle
parole e rivalutò in un'istante la decisione forse troppo
affrettata
presa in treno, avrebbe avuto decisamente bisogno di più
tempo. Poi
si rese conto che Joel voleva che la serata prendesse una certa
direzione, e allora sentì una stretta allo stomaco data dal
senso di
colpa che quasi la faceva vomitare. Come avrebbe potuto fare l'amore
con Joel? Era suo marito, sì, ma aveva appena passato il
pomeriggio
con Oliver. Si mise una mano alla bocca e corse verso il bagno, dove
Joel la seguì preoccupato.
“Che
hai, Julie?” chiese apprensivo, e lei pianse, di nuovo,
facendolo
preoccupare ancora di più.
“Julie,
parlami, cosa succede, stai male?
Lei
si voltò da lui, scusandosi.
“Scusami,
sì, sto male. Forse l'agitazione per l'incontro di oggi mi
ha fatto
venire un po' di nausea” rispose avvilita e
continuò:
“E
tu sei stato così dolce e mi hai preparato la cena, e non ti
merito
Joel, non ti merito, scusami” e nel dirgli quelle parole che
mai
furono più vere, guardò lo sguardo disarmato di
Joel che non
immaginava assolutamente ciò a cui sua moglie si riferiva.
“Non
ti preoccupare, non è successo niente, festeggeremo
domani” le
sussurrò poi dolcemente e la accompagnò a letto
dove le rimboccò
le coperte.
Julie
avrebbe voluto confessare, ma non ci riuscì.
Fu
una notte insonne, che la portò a valutare la situazione da
ogni
prospettiva.
Si
rese conto quanto fosse facile dispensare consigli, ma quanto fosse
difficile metterli in pratica. Sapeva benissimo che la cosa giusta da
fare era dire la verità, ma la cosa giusta risultava avere
conseguenze catastrofiche. Si ricordò di quando sua cugina
Sara le
aveva raccontato di essersi innamorata di un uomo sposato e di quanto
quella storia l'aveva fatta arrabbiare, eppure adesso si trovava
nella stessa situazione. Era diventata quel tipo di donna, si chiese?
E poi di nuovo si domandò che donna fosse quel
“tipo di donna”
che intendeva. Julie non era una sfascia famiglie, e questa era una
cosa certa, non aveva mai provato gusto ad attirare a sé
ragazzi
impegnati, mai si era lasciata abbindolare da loro, e tanto meno da
sposata. Eppure aveva provato qualcosa per un altro uomo e non poteva
farci niente. Si sforzava di sentire rimorso, si sforzava, si
sforzava, si sforzava. E invece ciò che sentiva era la
colpevolezza
di aver ferito Joel volutamente. E poi sfinita riuscì ad
addormentarsi.
L'indomani
mattina arrivata in ufficio contattò immediatamente quello
di Oliver
e se lo fece passare.
“Oliver”
sussurrò cercando di fare uscire la voce.
“Julie,
ehi, come ti senti?” rispose lui dolcemente; non si aspettava
la
sua chiamata.
“Non
lo so, sai per tutta la notte ho provato a pentirmene, e non ci sono
riuscita” il tono della voce rimaneva basso, “ma
ciò non toglie
che il senso di colpa che sento per Joel, e poi per Felicity,
è
quasi ingestibile, mi sembra di impazzire.”
“Lo
so perfettamente” rispose lui con tono pacato e dolce, ma
colpevole, “ho provato, Julie, te lo giuro, ho provato con
tutte le
mie forze a resistere, ma non ci sono riuscito, e adesso non so cosa
fare...” Il fardello che portava era pesante e si sentiva.
“Oliver,
qua non conta ciò che abbiamo provato, non conta che lo
abbiamo
voluto, conta solo che non possiamo farlo, non possiamo
farglielo.”
La sua voce non riusciva a nascondere il pianto che cercava di
trattenere.
“Julie,
ascoltami, calmati non piangere..”
“Oliver,
ascoltami tu, non devi dire niente, ti prego non confessare”
lo
interruppe lei senza lasciarlo parlare, “non possiamo
distruggere
tutto per un attimo di follia”
“Follia?
E' stata follia? Julie...” continuò accennando una
risata nervosa,
“non è stata follia, sono stati mesi di attesa,
mesi di domande
senza risposte, mesi di dubbi, di colpa, quasi di finzione. Ho dovuto
fare i conti con il mio matrimonio, i miei sentimenti che sono
cambiati. Julie, Felicity è sempre stata la persona
più importante
della mia vita, e adesso dovrei giustificare questo con la
follia?”
sbottò lui.
“No,
non dovremmo giustificarlo a priori... ammetto di averlo desiderato e
sognato tante volte; ed è stata dura è vero, ma
Oliver, ti prego,
non peggioriamo la situazione. Ti prego...”
implorò Julie. “Diamo una seconda
possibilità ai nostri matrimoni, facciamolo,
Oliver e vedrai che si sistemerà tutto, per favore, non
distruggiamo
tutto.”
“Non
voglio distruggere tutto” rispose lui quasi avvilito.
“Grazie.
Vedrai che si risolverà tutto, torneremo alla
normalità”
“Va
bene, proviamoci.” Non sapeva bene cosa rispondere, non era
riuscito ancora a ragionarci su.
“Allora
ci sentiamo presto per il contratto Dahrk.”
“Certo.”
“Ok,
allora chiudo” rimase un attimo in silenzio e poi:
“Oliver è
stato bellissimo.”
“Si,
lo è stato” rispose lui disarmato.
Julie
aveva mentito spudoratamente a Oliver, anche a lui. Gli aveva chiesto
di provare a sistemare le cose, ma lei, seppur convinta di volerci
provare, non credeva si sarebbe mai potuto sistemare niente. O
meglio, credeva che Oliver ci sarebbe riuscito, ma aveva perso tutte
le speranze per se stessa, e questo non voleva farglielo sapere
Entrambi
cercarono di mantenere la loro parola; sebbene la coscienza li
spingesse a confessare, l'istinto di conservazione suggerì
loro il
silenzio. Consci del fatto che la verità seppur giusta
avrebbe
creato il caos, si comportarono come concordato. Tornarono ai loro
matrimoni, ma senza dirselo, tutti e due si impegnarono a cercare di
capire se fosse ciò che volevano davvero. Se mai avessero
capito che
l'accaduto era sintomo dell'amore finito non avrebbero certo
costretto Joel e Felicity a vivere nella finzione.
20
Dicembre
Il
secondo appuntamento con il Sig. Dahrk ebbe luogo a Miami presso la
J&W alle 11 di mattina. Oliver, accompagnato da due
collaboratori, portò i primi frutti del lavoro richiesto.
Nel
frattempo i vari reparti pubblicitari avevano lavorato agli slogan e
contrattato per gli spazi pubblicitari nei più importanti
canali
televisivi e nelle migliori riviste di settore.
Mr.
Dahrk si mostrò entusiasta, e consigliò qualche
ultimo ritocco.
Fissarono così il loro terzo e ultimo appuntamento per il 15
Gennaio, quando avrebbero dato finalmente il via alla campagna che
sarebbe partita il 20 Febbraio, in concomitanza con il trentennale
della creazione del marchio Dahrk.
Al
termine dell'incontro e salutato il richiedente, Oliver e i suoi
collaboratori si fermarono negli uffici che li ospitavano per un
brunch di lavoro. L'aria senza il ricco manager era sicuramente
più
leggera, e durante il pranzo abbandonarono anche per qualche istante
i discorsi lavorativi per lasciare spazio a qualche risata. Scott, il
collega di Oliver, non faceva infatti che prendere in giro i capelli
del loro ossigenato cliente.
Oliver
e Julie, che si erano salutati quasi timidamente, si trovarono a
ridere con gli altri e guardandosi si sorrisero con gli occhi, come a
rassicurarsi sul fatto che tra loro andasse tutto bene.
31
Dicembre
Per
la vigilia di capodanno Sara Lance organizzò un cenone
invitando
tutti coloro che avevano partecipato al suo compleanno e
trasformò
il suo attico in una piccola discoteca privata con tanto di dj. La
serata era cominciata a tavola con una buona cena. Julie e Joel si
ritrovarono seduti lontani da Oliver e Felicity, con silenzioso
sollievo della prima. Salutare Felicity un attimo prima era stato
peggio dell'ultima volta. Ma una volta accomodata, Julie non volle
più pensarci. Non aveva trovato nessuna scusa plausibile per
non
presentarsi, e in quel momento doveva tenere fede all'accordo preso
con Oliver; che invece dall'atteggiamento più mantenuto,
sembrava
reggere la pressione.
I
tanti brindisi resero ovviamente tutti più disinibiti; canti
urlati
e stonati accompagnavano la musica, calici svuotati rapidamente
rallegrarono gli animi. Joel alzò il gomito più
del dovuto e mostrò
un lato di sé agli amici che mai avevano visto prima.
Camicia
sbottonata fino a metà del petto, cravatta allacciata alla
fronte,
occhiali storti e capelli spettinati, propose un moon walk degno del
peggior aspirante imitatore di Michael Jackson, che coinvolse tutti
gli uomini in una gara a chi lo faceva meglio.
Anche
Oliver si buttò tra la mischia, stupendo chi lo aveva sempre
visto
tutto d'un pezzo. Allo stesso modo Julie; si lasciò andare,
chiuse
gli occhi, ascoltò la musica e scosse la testa quasi
portandola al
cielo. Non voleva più sentirsi gli occhi di Felicity
giudicarla
spregevole, anche se era solo una sua immaginazione. Quello che
voleva era farsi abbandonare da tutte le preoccupazioni. Oliver e
Felicity avrebbero fatto parte della sua vita per sempre e doveva
imparare a convivere con ciò che aveva fatto. Joel la prese
e la
fece girare e poi la strinse forte a sé.
Oliver,
come vide la scena, ne rimase stranito, era da qualche tempo che per
ovvi motivi non vedeva delle tenerezze da parte dei due e questo lo
destabilizzò e si chiese se Julie avesse preso davvero sul
serio
l'idea di passare oltre. Julie girando distrattamente il volto
incrociò lo sguardo ammonitore di Oliver che immediatamente
le
accese un fuoco dentro.
Lo
guardò perplessa anche lei per una frazione di secondo, fino
a
quando Felicity non lo prese per il braccio e gli mise le mani al
collo per ballare con lui, e in quell'istante provò un
fastidio
indescrivibile. Era gelosa? Non rispose a quella domanda che le
rimbombava in testa, e veloce corse a cercare qualcosa da bere tutto
d'un fiato.
Entrambi
erano lì, entrambi sembravano aver accettato la decisione
presa al
telefono, ma entrambi inesorabilmente si ritrovavano infastiditi a
vedere l'altro avvicinarsi al proprio sposo.
Arrivò
il momento del conto alla rovescia e tutti con i calici in mano
contarono.
Dieci
Nove
Otto
Sette
Sei
Cinque
Quattro
Tre
Due
Uno
“Auguri”
urlarono in coro.
Uno
alla volta si fecero gli auguri. Gli innamorati baciandosi e gli
amici stringendosi. Quando Oliver arrivò a Joel lo
trascinò a sé,
inspirò profondamente e si scusò solo col
pensiero, ma
sinceramente. Anche Julie quando si ritrovò di fronte a
Felicity che
la abbracciò ebbe un balzo al cuore e non la
lasciò andare per
qualche secondo, quasi a godere di quell'affetto che sperava non
avesse i minuti contati. La guerra che la divorava dall'interno
faceva scontrare il sincero bene che provava per lei con ciò
che non
era stata in grado di controllare. E poi si ritrovarono loro due, uno
di fronte all'altro, Oliver fece il primo passo verso di lei e
all'orecchio delicatamente le sussurrò “Buon
anno” stringendole
delicatamente il braccio e innescando in lei il maremoto.
A
modo proprio ognuno salutò l'anno che stava per finire; chi
contento
che fosse finito e chi grato per ciò che gli aveva dato.
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Capitolo 5 *** 5° capitolo ***
Da
quando Joel aveva firmato il contratto con la casa editrice che
avrebbe pubblicato il suo primo libro, capitava passasse alcuni
giorni a New York per lavorare col suo editore. Il suo sogno si stava
finalmente avverando, ma l'impegno e l'immensa frenesia lo avevano
però reso un po' distratto. L'unica cosa a cui riusciva a
pensare
era la data di pubblicazione.
Non
aveva notato gli occhi di Julie brillare meno, non aveva notato il
quasi sollievo di lei ogni qual volta partisse; e questo aveva fatto
sì che Julie non riuscisse in nessun modo ad aggrapparsi a
lui.
Sebbene avesse bisogno di restare sola per digerire l'accaduto e
capire come comportarsi, la mancanza di Joel la aveva abituata a
gestire le sue emozioni in solitudine.
Si era
resa conto che non era facile attuare ciò che la ragione la
obbligava a fare. La sincerità aveva un caro prezzo che
ancora non
era disposta a pagare poiché mancava la certezza. Non era
certa di
non amare più Joel, non era certa di voler vivere senza di
lui e di
volerlo far soffrire, non era certa di niente, se non del fatto che
Oliver significasse qualcosa. Non aveva capito ancora quanto,
né
cosa, ma toglierselo dalla testa non era affatto cosa semplice.
Le
sere, a casa senza Joel, le aveva trascorse più di una volta
in
silenzio, rannicchiata sul divano con le ginocchia strette al petto a
fissare la televisione spenta, in attesa di una risposta.
Ma le
domande che si poneva erano quelle giuste?
Oliver
invece aveva dovuto iniziare a fronteggiare le domande di Felicity,
sempre più sospettosa e scocciata dal suo atteggiamento. In
cuor suo
sapeva di essere dalla parte del torto, ma anche lui si era ritrovato
fortemente in difficoltà sul da farsi. Confessare
significava
perderla e non credeva di volerlo. Avrebbe voluto forse confidarsi
per poter risolvere con lei i suoi dubbi, ma non sarebbe stato
possibile. E allora quel tempo che si era dato per ragionare sulla
questione si stava protraendo più del necessario, non senza
lasciare
strascichi. Non riusciva infatti a trattare Felicity con l'amore di
un tempo, voleva dar retta a Julie e alla sua proposta di impegnarsi
per non distruggere i loro matrimoni, ma come lei, soffriva in
silenzio il dubbio di ciò che voleva realmente.
L'anno
nuovo era iniziato all'insegna dei dissidi.
Più
volte, la mattina, Felicity era uscita di casa sbattendo la porta.
Continuava a chiedergli cosa succedesse e se avesse qualcosa da
dirle, ma non otteneva risposta. Fino a quando un giorno Oliver,
sopraffatto dalle domande insistenti della moglie e dalla
necessità
di confessare, quasi si lasciò sfuggire tutto; gli occhi
confusi ed
angosciati di Felicity però lo fermarono in tempo.
Normalmente lei
avrebbe insistito per capire la verità, ma quella volta la
voce di
Oliver le fece troppa paura. Allora senza dire niente, prima che il
marito si potesse accorgere dei suoi occhi arrossarsi, prese le
chiavi della macchina e uscì di casa.
Il
terrore la sopraffece, era troppo intelligente per non capire che
qualcosa non andava bene per niente. In auto verso l'ufficio pianse
come una bambina; per tutto il giorno si torturò
domandandosi il da
farsi, e si ritrovò indifesa e sconsolata. Terrorizzata
dall'idea di
perderlo non ebbe il coraggio di riprendere in mano la discussione e la
sera a casa andò da lui con il cuore in mano e gli disse:
“C'è
qualcosa che non riesco a controllare, qualcosa che ti sta
allontanando da me. Lo sento, Oliver, il peso che hai addosso. Sento
che ti sta portando via, sento che non riesci a parlarmene”.
Oliver
la guardava in preda al panico, ma non riusciva a dire niente, non le
avrebbe certamente mentito, così la ascoltò
continuare:
“...
e sento che questa cosa mi sta uccidendo. Oggi credo di averle
immaginate tutte, tutte, Oliver” la sua voce era agitata e
ogni
frase era spezzata da un grosso respiro.
“Poi
sono arrivata alla conclusione che qualsiasi cosa ci sia che non va,
non sarò io ad alimentarla. Io sono qui per te, per noi, e
so che mi
devo fidare di te, so che ti impegnerai per farlo funzionare.”
Quella
donna che parlava non sembrava Felicity. Mai avrebbe accettato di
vivere in bilico, mai avrebbe accettato di non sapere seppur forse
immaginando. Ma la paura folle aveva cambiato quella donna, l'aveva
costretta quasi a snaturarsi. E Oliver, scioccato dall'immagine
così
fragile e mai vista prima della moglie, fu ancora più
confuso.
Ma il
15 Gennaio, data dell'ultimo appuntamento con Dahrk, si avvicinava; e
più vicino era Dahrk, più vicina era Julie.
Oliver
non voleva obbligare se stesso a tenersi alla larga da lei, voleva
non desiderarla, era semplicemente quello il fine ultimo, non aveva
senso nient'altro.
La
notte prima dell'incontro sia Oliver che Julie faticarono ad
addormentarsi. Non era l'ansia, ormai passata, di fare bene a lavoro
a tenerli svegli, bensì la consapevolezza di aver fatto
pochi progressi nell'andare avanti con le loro vite.
15
Gennaio.
Quella
mattina, Julie tardò nel preparasi, voleva inconsciamente
essere
bellissima.
Trovò
tutti in sala riunioni ad aspettarla e preoccupata si rivolse a Mr
Dahrk pregandolo di scusarla.
L'uomo,
invece, che non era così severo come il suo algido aspetto
lo
descriveva, rincuorò Julie accogliendola anzi con un poco
formale
complimento.
“Non
si giustifichi Julie. Splendida come sempre”.
Al
suono di quelle parole, Oliver si irrigidì, infastidito e
stranito.
Più
volte durante l'incontro notò Dahrk sorridere malizioso a
Julie,
facendo scaturire in lui una insana gelosia. Non lo accettava, non
voleva che gli occhi di quell'uomo si posassero su di lei. E quando,
al termine dell'infinito meeting conclusivo, l'uomo d'affari salutati
e ringraziati tutti si soffermò con la ragazza, Oliver
intervenne
per separarli facendo gentilmente accompagnare via Dahrk.
“Che
fai, Oliver?” chiese Julie prendendolo in giro.
“Ti
ho salvata, ti stava annoiando. Ringraziami!”
“Che
scemo” ridacchiò lei, “ci stava solo
facendo i complimenti.”
“Ci
o TI stava solo facendo i complimenti?” chiese Oliver
facendosi
vedere divertito, ma in fondo curioso di sapere.
“Oliver,
che fai, sei geloso?” controbatté lei continuando
sul filo delle
battute, ma la risposta di lui fu secca e seria.
“Sì.”
Quella
semplice parola aveva fatto sensibilmente piacere a Julie, che per
smorzare i toni cambiò discorso.
“Partite
subito?” chiese, volgendo lo sguardo da un'altra parte per
evitare
di perdersi negli occhi di Oliver.
“Scott
e Thomas partono subito, sì, io mi fermo per passare qualche
ora con
mia madre.”
Il
discorso fu interrotto da Russel, il collega di Julie, che
salutò i
collaboratori venuti da Orlando prima di allontanarsi per il pranzo.
Andando
via, Oliver chiese a Julie di accompagnarlo all'uscita. Ma arrivati
alla hall del grattacielo che ospitava la J&W non si
sentì di
lasciarla andare via così.
“Senti,
perché non vieni a pranzo con me, Moira sarebbe felice di
vederti...”
Julie
fu presa in contropiede tanto da non riuscire ad inventarsi una scusa
che nascondesse la forte voglia di seguirlo.
“Oliver,
non posso...” disse semplicemente.
“Certo
che puoi, dovrai pur pranzare. Ho visto Russel lasciare l'ufficio. Tu
non puoi?”
“Sì
che posso.”
“Allora
vieni con me. Vieni...”
E non
passò molto prima che Julie si facesse convincere a salire
in
macchina con lui.
Arrivati
alla villa dei Queen, la ragazza sentì una strana nostalgia,
erano
passati tanti anni dall'ultima volta che ci aveva messo piede.
L'accoglienza
di Moira fu per lei quasi commovente. Da tanto tempo ormai la madre
di Oliver aveva perso di vista quella ragazza a cui doveva tanto, che
sempre avrebbe ringraziato per essere stata vicina al figlio nel
momento più brutto della sua vita. Quando suo marito era
morto,
infatti, aveva visto quella giovane ragazza stare vicino al suo amico
più caro in silenzio. Aveva lasciato ad Oliver i giusti
spazi, mai
era stata invadente, ma mai era mancata.
E
adesso era lì di fronte a lei, divenuta donna, ma ancora
presente
nella vita di Oliver. Sebbene non sapesse fino a che punto.
“Julie,
tesoro, fatti abbracciare. Sei splendida.”
“Grazie
Moira, sono contenta di vederti.”
L'abbraccio
tra le due fu caloroso e sincero; e durante il pranzo si raccontarono
le loro vite come due vecchie amiche. Oliver, a capotavola, guardava
la scena quasi escluso, ma il quadro che aveva davanti agli occhi
sembrava perfetto.
Terminato
il pranzo, Moira salutò i suoi ospiti per recarsi ad un
appuntamento
di lavoro, chiese al figlio di non farla aspettare tanto per la
prossima visita e uscì.
Oliver
e Julie si ritrovarono soli.
“Forse
è meglio che vada anche io” mentì
Julie. Non voleva andarsene.
Voleva poter stare ancora con lui, ma non glielo avrebbe mai detto.
Oliver
scosse solo la testa lentamente per dirle no. Poi la prese per mano e
la portò con sé verso le scale.
“Oliver,
devo andare” sussurrò Julie, lasciandogli la mano.
Ma lui
gliela riprese e di nuovo dolcemente le chiese di seguirlo.
“Vieni
con me, ti prego...”
Julie
allora non lasciò più la sua mano e si fece far
strada fino a
camera sua.
Oliver
la fece entrare per prima, chiuse la porta e ci spinse piano Julie
contro. Ci si poggiò con entrambe le mani intrappolandola e
senza
mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi le domandò:
“Vuoi
davvero andare via?”
“No,
non voglio!”
“E
allora cosa vuoi, Julie?”
“Voglio
te.”
Quelle
parole sussurrate non erano più dettate dall'imbarazzo. Il
desiderio
puro e proibito non era riuscito a far dire a Julie la bugia che
avrebbe evitato quel momento.
Oliver
voleva essere lì quanto lei, ma in cuor suo sperava che
Julie
andasse via, così da decidere al posto del suo corpo. Invece
Julie
non aveva mentito, e lui doveva farci i conti.
E in
quel momento, nonostante ricordasse gli occhi disperati di Felicity,
non riusciva ad allontanarsi da quella ragazza che stava diventando,
contro ogni logica, il suo ossigeno.
Julie
allora, continuando a guardarlo senza mai distogliere gli occhi dai
suoi, iniziò ad allentargli la cravatta e sbottonargli la
camicia. E
lui era plastilina sotto le sue mani, non avrebbe opposto nessuna
resistenza.
“Oliver,
devi fermarmi tu, perché io potrei continuare per
sempre.”
E lui
senza dire niente la prese con tutta la voglia che aveva, la
alzò
portando le sue gambe alla vita e la baciò violento, come se
non
riuscisse a tenere a freno quell'impulso.
Le
alzò la gonna e con la bocca toccò ogni angolo
del suo corpo
facendola impazzire. E Julie senza tirarsi indietro fece provare ad
Oliver lo stesso.
C'erano
solo loro due in quella camera e i loro corpi stretti e sudati che
non avevano intenzione di staccarsi troppo velocemente.
Se la
prima volta si erano ritrovati confusi e imbarazzati, in camera di
Oliver
le cose erano cambiate. Erano più consapevoli e disinibiti,
e
soprattutto non stavano fronteggiando un errore, quello lo avevano
fatto per mesi; in quell'istante stavano prendendo coscienza della
propria volontà.
Si
rivestirono e Julie si avvicinò allo specchio per sistemarsi
i
capelli. Le sue labbra ancora bruciavano, e ancora non erano sazie.
Oliver le si avvicinò da dietro e le stinse le braccia.
“A
cosa pensi, dimmi cosa pensi quando succede questo?” chiese
cercando il conforto di chi viveva la sua stessa situazione.
“Non
avrei mai pensato saresti stato tu a farmi sentire
così” rispose
Julie, calma, ma spaventata di dover aprire il suo cuore, e poi
continuò sinceramente
“Vorrei
dirti che la paura che sento è quella di perdere Joel, e
anche
Felicity, ma ho solo paura che desiderarti mi stia piacendo troppo.
Non voglio portarti via da lei, Oliver.”
“E
cosa vorresti allora?”
“Vorrei
riuscire a dirti che non succederà
più.” E lo voleva davvero,
voleva poter essere più forte.
“Cazzo,
Julie, non ci riesco. Non ci riesco” Oliver si
allontanò da lei e
il suo tono di voce si fece più nervoso.
“Anche
io voglio riuscire a dirti che deve finire qua, ma non ci credo. Non
posso crederci se quando ti guardo voglio tornare in quel
letto.”
“Dove
sei stato fino ad ora?”
E
Oliver, che non seppe cosa rispondere, semplicemente la strinse e la
baciò sulla fronte. Non era una donna appena conosciuta con
cui
aveva passato qualche notte, era una delle persone a cui teneva di
più al mondo, una persona che fino a pochi mesi prima aveva
forse
guardato troppo distrattamente.
Tornata
a casa, Julie si trovò sola nel grande appartamento.
Entrando non
accese neanche le luci, si poggiò esausta al muro del
corridoio e
scivolò seduta per terra. In quel momento capiva cosa
significasse
giudicare senza sapere.
Quando
Sara le aveva raccontato di essersi innamorata di un uomo sposato, si
era imbestialita immedesimandosi nella povera moglie tradita. Aveva
additato la cugina di sconvolgere la vita di quelle persone per un
capriccio dettato dalla noia. Le aveva intimato di lasciar perdere
quell'uomo, di farsi da parte, di dimenticarlo il prima possibile; e
invece, riportando quegli aspri giudizi su se stessa si rese conto
che il mondo non poteva essere bianco o nero. C'era una via di mezzo,
un limbo in cui lei ormai viveva da mesi. Non riusciva a chiudere gli
occhi senza pensare ad Oliver, ma credeva fosse solo un momento. Non
riusciva a lasciare andare Joel, eppure non era più il
centro del
suo mondo. Non riusciva a dire no ad Oliver nonostante tenesse tanto
a Felicity. Voleva e non voleva. E nel frattempo restava nel limbo,
troppo vicino al calore dell'inferno, ma ad un piccolo salto dal
paradiso.
La
mattina dopo, andando a lavoro, ricevette la chiamata di Felicity che
in un attimo la fece sprofondare nel panico più totale. Non
rispose
paralizzata dalla paura, ma poi il telefono riprese a squillare e
agitata rispose. In lacrime, l'amica le chiedeva di potersi sfogare;
cercando di ragionare velocemente su cosa potesse essere successo
immaginò la confessione di Oliver, ma Felicity non la
accusava di
niente, cercava solo il suo conforto.
Tra le
lacrime e il singhiozzo le sue parole erano poco chiare e quando
Julie le chiese di calmarsi e parlare più lentamente Feliciy
le
spiegò:
“Non
mi ama più, non mi ama più, me lo sento”
“Calmati,
ti prego, dimmi cosa è successo”
Julie fingeva di non sapere, ma
sentire il pianto strozzato dell'amica la atterrò
completamente.
Qualsiasi cosa Felicity sapesse o immaginasse era frutto delle sue
colpe. Era lei ad averla portata alla disperazione più
totale, lei
unica artefice della sofferenza che affliggeva l'amica. I sentimenti
non si possono controllare, e ciò di ancora indistinto che
provava
per Oliver non poteva essere fermato. Ma avrebbe potuto non baciarlo,
avrebbe potuto non farci l'amore, avrebbe potuto...
“Julie
c'è qualcosa che non va. Non è più lo
stesso, è distante,
silenzioso, pensieroso. Ho provato a chiedergli spiegazioni
perché
non ne potevo più, ma poi come una stupida ho avuto paura di
sapere
la risposta. Ieri notte poi ne ho avuto la conferma. Lo aspettavo per
cena e invece è tornato alle due di notte. Senza avvisarmi,
senza
rispondere al telefono, facendomi quasi impazzire. E poi, si
è
giustificato dicendomi di essere rimasto a Miami più del
necessario,
ma di non aver avuto il tempo per chiamarmi. Cosa succede, Julie
aiutami, aiutami a capire...”.
Afflitta
e angosciata la risposta si fece attendere, poi dopo qualche secondo
Julie prese fiato, chiuse gli occhi e le domandò con voce
tremante:
“Tu
cosa pensi che stia succedendo?”
“Non
voglio dirlo a voce alta, ti prego non farmi dire quello che penso,
non lo potrei mai accettare, non lo potrei mai superare.”
Quelle
parole furono il colpo di grazia. Julie le chiese di smettere di
piangere. Le consigliò di parlare con Oliver e la
rincuorò
dicendole che sarebbe andato tutto bene e ipotizzando che qualsiasi
cosa fosse successa, non sarebbe stata mai così grave da
dividerli.
Dopo
una lunga chiacchierata riuscì a calmare Felicity, la
salutò e le
chiese di stare tranquilla.
Chiuse
la chiamata e decise che con Oliver sarebbe finita. Capì di
aver
fatto soffrire abbastanza Felicity, capì di essere arrivata
al
limite con Joel, capì che quel desiderio che si impadroniva
di lei
ogni quel volta pensava ad Oliver non poteva più essere
alimentato.
Racimolò tutte le sue forze e contro voglia gli scrisse un
SMS:
“Felicity non è stupida, ha capito che
qualcosa non va e sta
soffrendo. Non posso pensare di aver creato io tutto questo. Sei
stato un sogno ad occhi aperti e nonostante tutto credo che non me ne
pentirò mai. Ma finisce qui, Oliver.”
Una
lacrima rigò il suo viso. Sarebbe stato difficile
dimenticarlo, ma
doveva tornare alla sua vita.
Oliver
subito la chiamò, ma lei non rispose al telefono; quella
volta e
tutte quelle a venire.
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Capitolo 6 *** 6° capitolo ***
Oliver
tentò più volte di contattare Julie, invano,
voleva parlare con
lei, voleva poterne discutere, voleva che quella decisione fosse
presa di comune accordo, ma lei non gli rispose mai; e lui
capì di
dover smettere.
I
giorni dopo l'sms passarono molto lentamente.
Come
già anticipato da Julie, trovò ad attenderlo una
Felicity scura in
volto e consapevole dei problemi con suo marito, ancora molto
spaventata dalla verità, ma esasperata dalla situazione.
La
notte prima non era tornato presto a casa, di nuovo. Rientrato da
Miami si era fermato in ufficio, cercando un luogo, ormai per l'ora
isolato, che gli desse modo di poter riflettere. Non era riuscito a
resistere a Julie per l'ennesima volta. Ancora non riusciva a
pentirsene, ma non poteva continuare a prendere in giro sua moglie.
L'indomani
mattina, appresa la scelta senza diritto di replica di Julie, si
chiese che fare. Ma ancora, nonostante tutto, non riusciva a
ragionare lucidamente. Si sentiva egoista, il più grande
egoista del
mondo, perché sebbene avesse desiderato e bramato l'amica,
non
sentiva indifferenza nei confronti di Felicity. Si domandò
se, forse
senza essersene mai reso conto, il suo matrimonio soffrisse di
qualche mancanza; si domandò se Julie fosse stata un
diversivo in
una vita di coppia ormai monotona; si chiese se entrambi fossero
colpevoli di non aver coltivato il loro rapporto. Si chiese che nome
dare al sentimento che gli aveva rapito la mente per mesi.
Tutte
le sue domande cercavano una giustificazione. Ma riusciva solamente a
capire di non essere giustificabile. Semmai ci fossero stati dei
problemi, avrebbe potuto parlarne con la moglie. Invece qualsiasi
cosa l'avesse fatto distrarre era passata addirittura inosservata.
La
sera Felicity lo aspettò seduta in salotto. La cena non era
pronta,
la televisione era spenta e lei, terrorizzata ma più calma
rispetto
al mattino, lo accolse fredda.
“Hey”
la salutò lui serio sapendo già cosa stava per
fronteggiare.
“Oliver,
siediti.”
Lui
eseguì l'ordine, si allentò la cravatta che quasi
lo soffocava,
inspirò profondamente e la ascoltò.
“Non
so se essere più avvilita per essere qua ad implorarti
sincerità o
perché ancora mi illudo di qualcosa.”
Oliver
non diceva una parola, stava là a guadarla con lo sguardo
serio.
“Per
quanto io sia innamorata di te, non posso più ignorare i
tuoi
comportamenti. Non sei più tu, ti comporti stranamente, non
ti
avvicini più a me, sei distante, distratto.”
La
sua voce era immensamente triste.
“L'ultima
volta che ho cercato di chiederti mi sono spaventata tantissimo; e
non posso sentirmi così, Oliver, non è giusto.
Merito la tua
sincerità, anche se so che potrà
distruggermi.”
Lui
vedendola così, si sentì stringere il cuore. Gli
venne da piangere,
ma trattenne le lacrime con tutte le sue forze. Realizzò di
non
sopportare l'idea di averla fatta soffrire e di non essere pronto a
lasciarla andare. Ma come poteva essere sincero e non guardarla
fuggire via? Allora le parlò con il cuore in mano, iniziando
da
lontano:
“Meriti
la mia sincerità, sì, la meriti certamente.
Meriti di sentirmi
ammettere le mie colpe. Non sono stato lo stesso ultimamente, ho
tanti dubbi, ho tutta la responsabilità di ciò
che accade. E forse
avrei dovuto parlartene prima. Ma non è facile
capire.”
“Capire
cosa?” chiese Felicity, cercando di dare un senso a quelle
parole.
“Capire
se il nostro matrimonio sia finito, capire se ti amo come il primo
giorno.”
Nonostante
Felicity volesse con tutte le sue forze comprendere il comportamento
del marito, non resse al suono di quelle parole e scappò via
da lui.
Oliver
la seguì su per le scale fino alla camera, dove lei, rivolta
verso
la finestra per non farsi vedere in quelle condizioni, cercava di
piangere in silenzio.
“Felicity,
mi odio per questo, ma mi hai chiesto sincerità”
continuò lui con
la voce tremante.
“Posso
andare avanti e spiegarti tutti i miei dubbi, o puoi darmi ancora un
po' di tempo, quello che mi stavo prendendo, per cercare di capire
cosa sento.”
Lei,
quasi sconvolta per la richiesta, non riuscì a formulare una
frase
di senso compiuto.
“Vattene,
Oliver” disse allora.
“Felicity,
io...”
“Oliver,
vattene, lasciami sola, sparisci” gridò allora lei
isterica.
Quella
notte Oliver dormì nella camera degli ospiti. Si sentiva uno
schifo,
ma aveva cercato di essere sincero. Non erano bugie le sue, i suoi
dubbi da mesi erano reali. Aveva vissuto due vite che non riuscivano
a scindersi.
Felicity
invece, senza chiudere occhio, ripensò per tutta la notte a
quelle
dure parole.
L'istinto
primario era quello di prenderlo a calci e sbatterlo fuori di casa,
ma poi cercò di ricordare chi aveva affianco.
L'Oliver
che aveva sposato non era un insensibile. L'Oliver che aveva sposato
era una persona degna di lode, una persona da ammirare, un uomo da
sognare. E allora si chiese come avesse fatto ad arrivare a quel
punto. Si chiese se potesse esserne in parte responsabile e si chiese
se dar retta al suo cuore, che mai avrebbe sopportato di perderlo, o
alla sua razionalità, che le intimava durezza.
L'indomani
mattina allora raggiunse Oliver in bagno che si preparava per il
lavoro e con voce ferma gli disse:
“Ieri
poi non ti ho fatto finire di parlare. Vorrei sentire tutta la
storia, ma poi presumo non riuscirei a tornare indietro.”
Lui
la guardava disarmato senza capire dove volesse arrivare. E la
ascoltò continuare:
“In
nome di ciò che siamo stati, in nome dell'uomo sono convinta
tu sia,
in nome della verità che dici di raccontarmi e che ti vede
in preda
al dubbio, scelgo di non voler sapere altro. Scelgo di darti il tempo
di cui hai bisogno. Forse sono una pazza, ma questo lo
scoprirò
molto presto immagino.
Voglio
credere che un matrimonio prima o poi ti porti ad un bivio e la sfida
è quella di riuscire a percorrere la stessa strada.
Quindi,
Oliver, io non mi tiro indietro. Non voglio sapere altro, ma non mi
tiro indietro. Perché so chi sei. Ma basta bugie. L'unica
cosa che
ti chiedo è il rispetto e la sincerità. So di
meritarla.”
Oliver
rimase letteralmente scioccato da quelle parole, che vide come un
segnale. Forse non era arrivato il momento di rinunciare a lei, forse
quell'amore che sentiva affievolito era ancora là da qualche
parte.
“Te
lo prometto, Felicity, non farò più l'errore di
mancarti di
rispetto.”
E
dopo quella discussione il loro matrimonio continuò lento,
con
l'animo di lei ancora scottato per lasciarsi andare del tutto e
quello di lui ancora frastornato dagli ultimi mesi.
Come
prevedibile, infatti, fu impossibile tornare alla vita di una volta,
soprattutto dopo la richiesta di Oliver di avere del tempo per
pensare.
A
Miami invece, Julie decise per una scelta drastica.
Aveva
un bisogno disperato di confidarsi con qualcuno, aveva bisogno di
sentirsi dire che fare, di sentirsi ammonita dal rimprovero severo di
chi l'avrebbe giudicata. Ma era rimasta sola a fronteggiare tutto.
Non aveva trovato il coraggio di chiedere aiuto. Dopotutto il
rapporto più sincero di amicizia lo aveva avuto con chi ora
era la
causa dei suoi drammi. Oliver la avrebbe ascoltata, le avrebbe detto
quella frase che sarebbe servita a calmarla e avrebbe dato
sicuramente un aiuto.
Ma
da quando il college era finito, non si era più confidata
con lui e
mai era riuscita a sostituirlo.
La
sua decisione solitaria fu quella di pensare alla storia con Oliver
come fosse stata un sogno. Avendo sofferto come lui atroci dubbi che
non le permettevano di lasciare Joel, si impose di cancellare Oliver
e cercò un modo per innamorarsi di nuovo di suo marito.
Cercò
di stargli più vicina, cercò di lasciarsi andare
tra le sue
braccia; il sesso che viveva in modo colpevole iniziava a riprendere
gusto; le serate in sua compagnia erano più rilassate. E una
volta
lo seguì persino a New York per cercare di tornare
nuovamente in
sintonia con lui.
Poi
una sera a cena Joel la stupì chiedendole:
“Stai
tornando da me, Julie?”
Lei,
presa in contropiede, quasi si fece andare di traverso il boccone.
“Come?”
rispose con un filo di voce.
“Tesoro,
sto attraversando uno dei momenti più belli della mia vita,
tutti i
miei sforzi stanno venendo ripagati, l'editore è entusiasta,
io sono
gasatissimo. Ancora qualche sforzo e il libro sarà pronto.
Sono
stato molto distratto, me ne assumo la responsabilità, ma tu
non eri
qui con me.”
Julie
ascoltava quelle parole a cui non era possibile controbattere, per
niente stupita dell'acutezza del marito che nel frattempo continuava:
“Ho
iniziato ad accorgermene da poco e il mio primo impulso è
stato
quello di chiederti cosa avessi, ma poi ti ho osservata in silenzio,
convinto che forse avevi bisogno di staccare la spina. E adesso stai
tornando ad essere tu. Adesso ti sento nuovamente avvicinarti a me. È
così?”
“È
così!” furono le uniche parole che
risposero al lungo
monologo. Ma furono accompagnate da un sorriso. Aveva deciso di
impegnarsi e accanto a sé aveva una persona a cui
difficilmente non
si voleva bene.
“Quindi
è tutto a posto, tesoro?” chiese ancora lui a
conferma, ma mai
sospettando addirittura di un tradimento.
“Tutto
a posto!”
E
Julie voleva realmente che tutto tornasse a posto. Lo voleva, ci
stava ancora lavorando, ma lo voleva.
Miami.12
Aprile. H10:00
Sara
aveva dato appuntamento alle sue damigelle per la scelta dei loro
abiti.
La
sposa aveva scelto il color corallo, e una dopo l'altra le ragazze
avevano sfilato divertite ed emozionate per lei. Era una occasione
gioiosa e divertente. E tra mille risate e insulti agli abiti che
mostravano troppo accentuatamente la buccia d'arancia, scelsero di
comune accordo un vestito lungo che fasciava bene il seno, ma
scendeva poi morbido senza segnare troppo i fianchi.
Pranzarono
insieme per discutere dei preparativi, brindarono al giorno del
matrimonio e passarono alcune ore spensierate che troppo poco spesso
si concedevano.
Al
momento di separarsi però, Felicity chiese a Julie di
trattenersi
per poterla aggiornare sugli ultimi mesi. Fecero una passeggiata sul
lungo mare e trovata una panchina si accomodarono.
Julie
un po' rigida iniziò la conversazione.
“Allora,
come vanno le cose?”
Felicity
fece spallucce, alzò lo sguardo verso il cielo e accennando
un
sorriso malinconico le spiegò:
“Vanno.
Piano, a rilento. Come ti ho raccontato ho deciso di concedergli quel
tempo di cui diceva di aver bisogno. Ma mi sento una codarda. Non ho
voluto approfondire la cosa. Com'è possibile? Come posso
essermi
comportata così?”
“Semplicemente
perché hai avuto paura di perderlo...”
“Da
morire. Ho messo la testa sotto la sabbia. Ci credi? Io che fuggo?
L'ho sempre perseguitato, anche per cose più stupide. E cosa
faccio?
Faccio finta di niente...”
“Penso
sia umano aver paura, non devi essere troppo dura con te stessa.
D'altronde questo tempo vi aiuterà a rimettere le cose in
piedi.”
Una
affermazione che suonava come una domanda di conferma.
Poi
Felicity continuò:
“Sai,
a mente fredda ho ragionato su alcune cose.”
Julie
si allarmò immediatamente non capendo dove andasse a parare
quella
frase.
“Per
esempio, la sera prima che ti chiamassi, quando ti ho raccontato che
è rientrato tardi a casa, ricordi?”
“Sì,
sì, mi ricordo” rispose preoccupata Julie.
“Ecco,
lui il giorno prima era a Miami per quel grosso lavoro a cui avete
collaborato, giusto? Sarebbe dovuto tornare nel pomeriggio e invece
è
rientrato tardissimo.”
Julie
la guardava confusa, intimandole con lo sguardo di continuare le
frasi che quasi Felicity lasciava a metà.
“Hai
per caso notato qualcosa di strano in lui?”
“Qualcosa
di strano?”
“Sì,
che so, un comportamento, una telefonata...”
“No,
mi dispiace” rispose Julie mentendo, ma non potendo fare
diversamente.
“Magari
li ha accompagnati a Miami una collega di cui non conosco
l'esistenza, qualcosa, un dettaglio, Julie.”
“Felicity,
davvero, non ho notato niente di strano.”
“Beh
in effetti non avrebbe fatto mai niente in tua presenza.”
Julie
si sentì come trafitta da una spada nel petto e poi seria le
domando
se pensasse che il motivo di questa crisi fosse un'altra donna.
Felicity
la guardò rassegnata e le rispose:
“Vorrei
sperare in qualcos'altro. Vorrei credere semplicemente in un amore
esaurito, ma è difficile. Tanto difficile.”
“Allora
perché lo hai perdonato?”
“Perché
mi sono data parte della colpa.”
E
Julie senza farle finire la frase la interruppe brusca:
“Ti
sei data parte della colpa? Scherzi? Se mai fosse come pensi, tu non
avresti nessuna colpa, nessuna. Non ti azzardare a pensarlo.”
“Julie,
l'ho lasciato allontanarsi da me. É vero forse non ne ho
colpa, o
forse sì. Ma ho deciso di provare a ricostruire il mio
matrimonio. E
magari è tutta una mia fantasia e non esiste nessun'altra
donna.”
E disse quella frase aspettandosi che l'amica le desse ragione per
potersi fare forza.
“È
sicuramente così, Felicity, vedrai”
mentì spudoratamente Julie,
che parlando di Oliver faceva passi indietro.
Ascoltava
la storia tristemente colpevole, ma in fondo curiosa di sapere come
lui si stesse comportando. E quando lo domandò all'amica,
apprese,
quasi senza stupore, che le cose non sembravano migliorare. Oliver
era più presente, era evidente il suo tentativo. Ma era
anche
evidente la necessità di quel tempo richiesto, dopotutto non
esistevano degli interruttori per le emozioni.
Nel
frattempo, Oliver aveva aspettato la moglie a casa della madre.
Quando
Moira rincasò dopo pranzo, lo trovò nello studio
del padre, seduto
sulla poltrona della scrivania a lavorare al computer.
“Ciao,
tesoro” lo salutò lei andandolo ad abbracciare.
“Ciao,
mamma.”
“Ma
che ci fai rinchiuso a casa con questa bella giornata?”
“Ho
del lavoro da sbrigare” si giustificò lui, ma a
Moira non sfuggì
lo schermo del computer vuoto.
“Tesoro...”
“Sì,
mamma.”
“Raccontami
su! Problemi a lavoro?” Le era bastato guardarlo per qualche
secondo per capire che suo figlio non era sereno.
Oliver
con un sorriso sbilenco la guardò senza risponderle, allora
lei
insistette:
“Sto
aspettando una risposta!” fingendosi seria.
Spesso
aveva discusso con sua madre, ma forse non era mai capitato di
raccontarle cose così intime. Poi si rese conto che non
poteva che
fidarsi di lei e allora inizialmente criptico si lasciò
andare:
“Problemi
sì, capita sai, a volte, un momento un po'
così...” Non sapeva
bene da dove cominciare, e Moira per buttarla sul ridere
ribatté:
“Ho
pagato le migliori scuole e questo è il risultato? Non sai
formulare
una frase di senso compiuto?”
Oliver
sorrise alle sue parole, ma poi si fece serio destando in lei
preoccupazione.
“Ho
fatto un casino, mamma:”
Moira,
che gli era rimasta in piedi accanto, lo alzò per il braccio
e si
sedettero vicini sul divano.
“Che
succede, racconta” lo intimò tenendogli la mano.
“Ho
tradito Felicity.”
Con
lei non cercò giri di parole, sputò fuori quella
verità che non
riusciva più a trattenere.
Sua
madre chiuse gli occhi, fece una smorfia per trattenere parole che
forse sarebbero uscite dalla sua bocca troppo velocemente, gli
strinse più forte la mano e gli chiese:
“Hai
un'altra donna?”
“Non
è così facile, mamma”
“Si
che lo è, o ce l'hai o è stata l'avventura di una
notte. Qual è il
caso?”
Oliver
si poggiò allo schienale del divano, si sfregò la
testa con
entrambe le mani e dopo alcuni secondi di riflessione rispose:
“Non
ho un'altra, mamma, ma non è stata neanche l'avventura di
una
notte...”
“Allora
cosa è stato?”
“E
quello che cerco di capire... e mamma, mi aspetto che tu sia
imparziale e super partes. Devi dirmi quello che pensi, senza
sconti.”
“Oliver,
raccontami e io ti prometto che cercherò di essere
imparziale,
cercherò di essere giusta, ma tesoro, tu sarai sempre il mio
bambino, e non riuscirò mai ad essere crudele con
te” le sue
parole colme d'amore cercavano di dare sollievo all'evidente
malessere del figlio.
“So
che Felicity non è mai stata la tua preferita” la
rimproverò.
“Ma
quel che conta è che tu l'hai scelta con il cuore, e l'unica
cosa
che ha sempre contato per me è la tua
felicità” disse sua madre
dolce dandogli una carezza e poi continuò:
“Quindi
cosa è successo?”
Inspirò
forte, Oliver, guardò verso la finestra e accennando un
sorriso le
spiegò:
“È
successo che una sera, improvvisamente, ho desiderato un'altra donna.
E poi mi sono odiato, e poi l'ho desiderata ancora, più
forte. Fino
a cedere senza pentimento. È questo che odio”
disse sollevando il
tono della voce e alzandosi di scatto dal divano.
“Ho
tradito Felicity, dopo averla amata da morire, l'ho fatto senza
pentirmene. E mi sento un verme, sono un verme, mamma,
perché la sto
facendo soffrire, perché non se lo merita.”
Le
sue parole erano agitate e Moira, che lo guardava con sguardo
compassionevole, non riusciva ad additarlo di crudeltà.
“Oliver,
cosa provi per quest'altra donna? Chi è questa
ragazza?”
“Mamma,
non la conosci” sospirò lui evitando di cadere
nella trappola
della madre curiosa.
“Va
bene, allora dimmi cosa provi per lei.”
“Non
lo so, è questo che mi tormenta. Non capisco più
cosa provo, non so
più cosa voglio. Ho pensato di dover lasciare Felicity, ma
poi la
paura di perderla mi ha fermato e sono entrato in confusione, ancora
di più.
Sono
sposato, ho delle responsabilità...” disse
accigliato e con tono
scuro.
Moira
capì come stavano le cose, capì che lamentare
così tanti dubbi non
potesse che significare che suo figlio avesse già tutti gli
elementi
per comprendere i suoi sentimenti.
Ma
questo non glielo disse. Oliver aveva ragione quando affermava che
sua madre non aveva mai accettato del tutto sua moglie, e andarle
contro sarebbe stato crudele.
Davanti
ai suoi occhi aveva suo figlio, triste e combattuto. E non
riuscì ad
essere oggettiva come lui le aveva chiesto.
Allora
l'unica cosa che gli consigliò fu quella di non perdere
altro tempo.
“Oliver,
ti sembrerò senza cuore, lo so, ma ho bisogno che in questo
momento
tu pensi solo a te stesso. Se capirai cosa vuoi davvero allora
smetterai di soffrire e soprattutto di far soffrire Felicity. O
capirai di amarla o capirai di doverla lasciare andare.”
“Sai,
mamma, pensavo mi avresti detto che non si fugge dalle proprie
responsabilità, pensavo mi avresti consigliato di mettere da
parte i
miei dubbi per fare la cosa giusta.”
Ma
Moira, che nella vita aveva sempre badato molto all'apparenza, non
ebbe il cuore di imporre delle stupide regole di falso perbenismo al
figlio, e quasi sfidandolo a buttare fuori ciò che provava
gli
sussurrò:
“Forse
la strada per la felicità è un'altra.”
La
strada per la felicità poteva davvero essere un'altra?
Quando
Felicity arrivò a casa Queen, trovò ancora i due
discutere.
Moira
non li invitò per la cena credendo di costringere il figlio
ad una
situazione poco carina. Quindi i due sposi si misero in macchina e
tornarono a casa.
Un
viaggio lungo e a tratti silenzioso, come i mesi che li attendevano.
Era
maggio appena cominciato quando Julie sentì Joel parlare al
telefono
con l'agenzia immobiliare che ogni anno affittava la villa alle Keys.
Quasi
sobbalzò per lo stupore rendendosi conto che mancava poco
tempo
all'appuntamento fisso con la prima vacanza dell'anno, con quella
vacanza che l'ultima volta aveva cambiato la sua vita e
conseguentemente quella degli altri suoi compagni.
Pensando
alla casa sulla spiaggia ebbe un tuffo al cuore quando la sua mente
le ripropose il bacio con Oliver, la salivazione aumentò di
colpo e
le venne un crampo allo stomaco. Dov'erano i suoi progressi?
Capì
quindi che quell'anno la vacanza sarebbe dovuta saltare;
raccontò
così a suo marito di essere a conoscenza di presunti
problemi di
coppia dei loro amici chiedendogli di cancellare la prenotazione. Ma
Joel le rispose che l'agente al telefono gli aveva comunicato di aver
già sentito la signora Queen che aveva dato conferma.
Julie
ne rimase molto stranita, neanche un mese prima una sconsolata
Felicity le aveva raccontato il suo malessere, poi confermato in
qualche fugace sms, eppure la vacanza era confermata? Aveva superato
in così poco tempo i suoi problemi? Credeva che le Keys
avrebbero
aiutato il suo matrimonio?
Sì,
Felicity lo credeva davvero. Tanto che chiese a un Oliver dubbioso di
non rinunciare a quell'appuntamento che negli anni avevano aspettato
con desiderio per provare a ricreare un piccolo legame con il loro
passato.
Ma
Julie no, non voleva, non poteva permettersi di rivedere Oliver
così
presto, aveva bisogno di qualche attimo ancora. Aveva una paura
immensa di sussultare avendolo di fronte. Aveva paura ti mandare allo
sfascio tutti i progressi fatti fino a quel momento.
Ma
le labili opposizioni alla vacanza non trovavano appiglio alle mille
soluzioni che Joel proponeva, quindi per evitare di risultare strana
e fuori luogo, accettò.
Keys.
5 Giugno.
Ancora
una volta Joel e Julie arrivarono per primi. Lui frenetico scaricava
la macchina, lei agitata sentiva il suo cuore accelerare ogni rumore
di auto sentisse. Non voleva essere li, non credeva di essere
così
forte, non voleva perdere la sua lotta segreta.
Appena
arrivati Oliver e Felicity, Joel si accorse tristemente degli animi
spenti dei suoi amici.
Nonostante
gli sforzi di Felicity di farsi vedere tranquilla e il sincero
tentativo da parte di Oliver di essere presente fisicamente e
mentalmente, la prima serata fu diversa dal solito. Julie li
salutò
agitata e avvicinandosi ad Oliver scoprì le sue paure essere
fondate. Era difficile averlo a pochi centimetri e dimenticare
ciò
che era stato.
Ma
il tramonto da quelle parti era stupendo e seduti tutti in veranda ad
osservarlo con un calice di vino bianco in mano, si lasciarono andare
alle chiacchiere.
Quando
poi il sole sembrò sciogliersi a contatto col mare, Joel
incantato
disse:
“Che
meraviglia! E tu, Julie, che non volevi venire! Ti saresti persa
questo tramonto per non affrontare Russel?” lasciando
intendere che
la moglie avesse delle scaramucce a lavoro.
Felicity
pensò che Julie aveva avuto paura di sentirsi a disagio con
una
coppia in crisi e non ci badò più di tanto non
potendole dare
torto. Oliver invece si stizzì, deducendone la posizione
irremovibile presa dalla ragazza.
Più
tardi, Julie accompagnò Joel a letto, ma una volta
addormentato
scese in veranda e si sedette sul dondolo sotto il portico coperta da
un plaid.
L'aria
della notte era frizzante, il rumore soave delle onde la cullava
dolcemente. Era la sua oasi di pace, nonostante tutto.
Ma
poi si accorse con stupore di Oliver, che la raggiunse. Si
fermò in
piedi di fronte a lei e la rimproverò:
“Non
dovresti stare sola di notte.”
“Non
sono sola, siete a due passi da me” lo rassicurò
lei.
“Quindi
non saresti voluta venire?” le chiese senza girarci intorno.
“Avrei
preferito di no” rispose lei volgendo lo sguardo verso
l'oscurità
oltre la veranda.
E
lui, che non si aspettava quella risposta, sbottò:
“Quindi
come al solito decidi tu, decidi sempre tutto tu.
Hai
deciso che non ci saremmo più sentiti. E hai deciso che non
ci
saremmo più visti, giusto? Semplicemente cancellare
tutto?”
Julie
continuava a non risponde e lui inveì adirato:
“Sono
contento che per te sia così facile.”
E
se ne andò via lasciandola sola, in un portico di notte,
proprio
come le aveva sconsigliato pochi secondi prima, con il cuore pieno di
rabbia ma più consapevole.
Julie
avrebbe voluto dirgli che non era così come pensava, avrebbe
voluto
confessargli che era stato difficile e doloroso lasciarlo andare.
Avrebbe voluto spiegargli tante cose, ma non avrebbe voluto
alimentare di più la cosa. Quindi triste, ma determinata
restò ad
ascoltare il mare.
La
settimana che avrebbe dovuto farli rilassare si concluse con un
agonizzante desiderio di tornare a casa.
Ancora
una volta le Keys avevano distrutto gli equilibri.
Julie
aveva vissuto triste e impotente il litigio con Oliver, rendendosi
conto di non averla ancora superata.
Oliver,
grazie a quel litigio, aveva preso finalmente consapevolezza.
Orlando.
Ancora Giugno.
Aveva
capito. Aveva finalmente capito.
Non
poteva sempre cercare una giustificazione, non poteva più
farlo.
Oliver doveva accettare la realtà, doveva accettare che la
reazione
al comportamento di Julie non potesse che significare che non aveva
fatto nessun passo avanti.
Doveva
accettare che il suo matrimonio era finito, doveva accettare di dover
essere l'artefice della sofferenza di Felicity. Doveva lasciarla
andare.
Cosi
fece il passo che cambiò la sua vita: la lasciò
andare.
Felicity
aveva ormai capito che suo marito non sarebbe tornato quello di un
tempo, ma aveva deciso di non spianargli la strada come l'ultima
volta. Se era davvero un uomo si sarebbe dovuto comportare come tale.
Oliver
le raccontò tutto, le raccontò di averla tradita,
le raccontò di
aver provato degli inspiegabili e ancora indistinti sentimenti per
un'altra donna.
Le
spiegò di essere stato davvero in difficoltà non
riuscendo ad
accettare il suo amore per lei affievolirsi.
Le
disse che quella donna non c'era più, ma che non poteva
continuare a
stare con lei.
E lei ascoltò le sue parole fingendosi
fredda e distaccata.
Non
si fece vedere triste e avvilita.
Moriva
dentro, ma non si sarebbe mai mostrata sgretolarsi inconsolabile.
Aspettò
che Oliver, racimolato qualche vestito da portare via, se ne andasse,
e crollò.
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Capitolo 7 *** 7° capitolo ***
Oliver
prese le sue cose e si preparò a lasciare casa sua.
Disperato
per aver spezzato il cuore a Felicity, ma non potendo più
prendersi
gioco di lei, si chiuse la porta alle spalle.
Lei,
inerme, lo guardò andare via. Rimase in piedi a fissare il
vuoto per
qualche minuto, incredula che stesse succedendo davvero; Oliver
l'aveva lasciata, era riuscito a scegliere un'altra vita. E
scoppiò
a piangere inconsolabile cadendo sulle ginocchia.
Oliver
salì in macchina e rimase col motore spento per un po'.
Aveva gli
occhi gonfi e arrabbiato tirò forti colpi al volante per
sfogarsi.
Detestava
averlo fatto, detestava averla fatta soffrire; il suo istinto era
quello di rientrare in casa per abbracciarla, per cercare di
consolarla, per farle capire quanto teneva a lei nonostante tutto. Ma
tenere a lei non era più abbastanza.
Compresa
l'amara verità di non potersi convincere che niente fosse
cambiato,
aveva fatto il passo più doloroso e decisivo della sua vita.
Sentiva
di aver fallito non portando a termine la promessa fatta sull'altare,
sentiva il peso delle sue colpe. Una valanga di emozioni si
impadronirono di lui. Reo di aver distrutto il suo matrimonio,
sentiva addosso frustrazione e tristezza. Frustrazione, tristezza e
libertà.
In
mezzo a quel vortice di brutte sensazioni, ne aleggiava una positiva.
Era libero di provare le emozioni che lo avevano destabilizzato.
Libero di farsele scoppiare nel cuore e di capirle. Di accettarle.
Aveva
voglia di chiamare Julie per raccontarle tutto, per
dichiararsi finalmente pronto di vivere quei sentimenti; prese il
telefono per comporre il suo numero, ma si rese conto che forse Julie
non ci sarebbe più stata.
Glielo
aveva fatto capire chiaramente alle Keys.
Felicity
non disse niente a nessuno per qualche giorno. Si dette malata a
lavoro e rimase chiusa a casa, cercando di metabolizzare quello che
era successo.
Il
suo incubo era divenuto realtà, Oliver era arrivato a fare a
meno di
lei.
Il
dolore che provava, misto alla rabbia per aver saputo di un'altra
donna, era straziante.
Quando
Julie venne a saperlo, si sentì mancare la terra sotto ai
piedi. Non
credeva Oliver l'avrebbe mai fatto.
Nonostante
il loro avvicinamento non fosse
stato
intenzionale, la colpa per non essersi tirata indietro era reale.
Non
si era mai pentita di aver baciato Oliver, di averlo desiderato, di
averci fatto l'amore, perché quegli attimi con lui erano
stati
magici. Trovandosi vicina a lui non era riuscita che a volerlo ancora
più fortemente. Ma era stata conscia del fatto che volere
Oliver non
poteva che portare alla distruzione e non aveva mai risposto alla
domanda della sua coscienza che le chiedeva cosa provasse per lui,
perché terrorizzata di dover scoprire i suoi sentimenti.
Non
solo era stata scorretta nei confronti dell'amica, il profondo bene
che provava per Joel l'aveva sempre bloccata. Era talmente
affezionata al marito, che pur di non essere l'artefice della sua
sofferenza, si era convinta di amarlo ancora.
Ma
saputa la decisione di Oliver, le emozioni spinte nel dimenticatoio
riaffiorarono prepotenti. Il panico si impadronì di lei,
facendola
sentire in dovere di rivedere tutte scelte prese fino a quel momento.
Avrebbe
voluto parlare con lui, chiedergli come stesse, aiutarlo a superare
quel momento. Ma lui avrebbe voluto lo stesso?
Era
passata una settimana da quando Felicity le aveva raccontato tutto,
eppure Oliver non l'aveva mai chiamata. Si sentì talmente
egoista.
Felicity
affrontava sofferenza pura. Oliver affrontava le conseguenze delle
sue scelte. Julie affrontava la sua lotta interiore, ancora.
Vedendo
l'amica triste e sciupata in volto, capì però di
aver fatto
abbastanza; decise allora che non avrebbe aggiunto altre sofferenze.
E ogni qual volta sentì il bisogno di parlare con Oliver, lo
scacciò
via.
Entrambi
convinti di sapere cosa pensasse l'altro, lasciarono passare il
tempo.
Joel
sembrò soffrire parecchio della cosa. Vide sgretolarsi un
amore che
sembrava di granito, ed essendo stato dai tempi del college un grande
amico di Felicity, fu colui che maggiormente se ne
preoccupò: le
telefonò, la rassicurò, la invitò a
passare qualche giorno da
loro.
Lei
non accettò l'invito, ma fu grata di tanta attenzione.
Affrontò
un primo momento di crisi che la portò a provare odio e
rancore
verso suo marito, passato il quale, sentì la
necessità di dover
parlare con lui.
Lo
aveva visto andare via senza indecisione.
Lo
aveva lasciato andare via senza batter ciglio.
Lo
aveva detestato, insultato, rimpianto. Detestato, insultato, amato
come prima.
Passato
il momento peggiore, si era ritrovata a sentirne la mancanza.
Oliver
affrontava invece la necessità di poter stringere a
sé Julie. Aveva
bisogno di lei più che mai. Aveva bisogno di quella ragazza
che gli
aveva sconvolto la vita, di quella ragazza che gli aveva fatto
mettere tutto in discussione.
Eppure
passava le sue notti solo, nella sua camera d'albergo, ad aspettare
che le cose trovassero un ordine naturale; forse impaurito di
sentirsi rifiutato ancora.
Così
passò l'estate più lenta delle loro vite. I
giorni sembravano non
finire mai e gli umori faticavano a migliorare.
I
“se” e i “ma” cacciavano il
loro artigli profondamente nelle
loro teste, portando ognuno di loro a chiedersi come sarebbe andata
se solo si fossero comportanti differentemente.
Settembre.
4 giorni al matrimonio.
Sara
e Trevor organizzarono una lunga festa per le loro nozze.
Per
cinque giorni avrebbero intrattenuto gli amici più cari
nella villa
immersa nel verde che avrebbe ospitato le nozze.
“I
cinque giorni di fuoco” li avevano chiamati, in cui si
sarebbero
festeggiati gli addii al celibato e nubilato dei futuri sposi,
avrebbero tenuto la cena di prova e si sarebbero preparati insieme al
grande evento.
Giovedì.
Felicity
arrivò per ultima. Indecisa se presenziare ai cinque giorni,
aveva
trascorso il viaggio d'andata in preda all'ansia; non voleva sentirsi
compatita, non voleva sentirsi eccessivamente viziata dalle amiche.
Aveva avuto tanta paura di rivedere Oliver e nel contempo una voglia
immensa di ritrovarselo davanti. Sentiva fosse
il momento di parlare con lui, ma arrivata alla villa scoprì
che
Oliver non era lì.
Allo
stesso modo, Julie passò le ore in attesa di quello stesso
uomo.
Cercava di distrarsi, ma troppo facilmente i suoi occhi tornavano a
cercarlo. I brividi le invadevano la schiena, le mani sudavano.
Felicity era a pochi passi e lei non sentiva altro che la
necessità
di vederlo arrivare.
Sara
riunì tutti nel salone per comunicare che in serata la villa
sarebbe
stata adibita a discoteca privata in cui dj e barmen gli avrebbero
intrattenuti per tutta la notte.
A
sua cugina, nonché damigella d'onore, prima sarebbe toccata
però
una breve chiacchierata con il prete per la scelta dei testi da
leggere durante il sermone; Julie fece una smorfia di disappunto, ma
fu felice di potersi distrarre per qualche ora.
In
quel momento stesso arrivò Oliver, accolto dagli amici che
se lo
trovarono di fronte ancora con gli abiti da lavoro. Scusandosi per il
ritardo, si ritrovò improvvisamente serio e buttandosi le
mani al
viso si rese conto di non essere passato a ritirare la camicia per la
cerimonia in sartoria.
Preso
in giro da tutti, fu indirizzato verso la vicina cittadina dove
avrebbe potuto comprarne una nuova.
Sara
allora, conoscendo Julie e il suo proverbiale senso di
“disorientamento”, chiese ad Oliver di
accompagnarla dal prete
per passarla a riprendere finita la compera, mentre loro avrebbero
iniziato a sistemare le camere.
Julie
si sentì morire, ma non poté che accettare, lui
ne fu invece
felice.
Salita
in macchina quasi imbarazzata, il suo sguardo, come attirato da una
calamita, si posò su Oliver, che lo accolse con un sorriso e
le
chiese perdono:
“Scusami
per come mi sono comportato alle Keys.”
Lei
inclinò solo la testa per fargli capire che non se l'era
presa e lo
ascoltò andare avanti:
“Quando
ho sentito che non saresti voluta venire e che avresti preferito non
vedermi, non ci ho visto più. È là che
ho capito.”
“Hai
capito cosa?” domandò piano lei, già
conoscendo la risposa, ma
ansiosa di sentirla uscire dalla sua bocca.
“Ho
capito che non era più Felicity a muovere i miei
sentimenti.”
Julie
rimase in silenzio per l'ennesima volta, ma i suoi occhi, devoti e
incantati, confermarono ad Oliver gli stessi pensieri. Nonostante si
rendesse conto di essere la causa segreta della sofferenza
dell'amica, non poté che sentirsi riscaldare il cuore.
Poi
lui le strinse forte la mano e dolce continuò:
“So
di non essere un visionario, e so per certo che anche tu provi le
stesse cose; ma mi sono accorto di quanto ancora tu sia bloccata.
Qualsiasi
decisione deve nascere da te e non dalla mia fretta di averti, quindi
ti do il tempo di metabolizzare ciò che sta accadendo, sappi
però
che io sono pronto.”
La
sua voce era calma e calda. Sembrava finalmente aver terminato il
difficile percorso iniziato un anno prima.
Julie
allora si posò il dorso della mano che stringeva la sua sul
cuore e
senza dire niente tornò a guardare la strada.
Arrivati
alla chiesa, Oliver la fece scendere salutandola semplicemente con un
“ciao” che aveva un suono totalmente diverso,
rassicurante,
dolce, pieno di attese, e proseguì per la ricerca della
camicia.
Julie
entrata in parrocchia, venne indirizzata nella piccola biblioteca
dove ad attenderla trovò Padre Cristopher, che le
consegnò
immediatamente le letture. Parlarono per qualche minuto e poi il
prete, alquanto sbrigativo, le indicò i vari momenti della
cerimonia
e si congedò velocemente invitandola ad attendere
tranquillamente lì
il suo accompagnatore.
Julie,
stranita dalla fretta dell'uomo, rimase nella stanza seduta sul
divano quasi immobile. Subito sopraffatta dal silenzio della
parrocchia ripensò alle parole ascoltate in macchina e un
brivido le
percorse tutta la schiena nel ricordane il calore.
Quando
mezz'ora dopo Oliver arrivò alla chiesa, Julie gli chiese di
raggiungerla all'interno.
La
trovò seduta sul divano da sola.
“Che
fine ha fatto il prete?” le chiese.
“Padre
Cristopher? Il prete più frettoloso dell'universo?
È andato via più
di venti minuti fa.
Mi
aspettavo un discorso sui doveri della damigella, sul matrimonio. Che
so, una predica. Invece mi ha spiegato due cosette ed è
andato via.
È stato più facile del previsto.”
Oliver
sorrise a quelle parole, chiedendole come mai non lo avesse avvisato.
“Ho
approfittato del silenzio per pensare un po'.”
Oliver
si sedette nella poltrona di fronte a lei protraendosi in avanti per
prenderle entrambe le mani, i suoi occhi profondi non si staccavano
un attimo dai suoi.
Avrebbe
voluto baciarla, ma era conscio di non poter continuare a comportarsi
cosi; e lei, che nelle ultime ore non aveva desiderato altro che
averlo così vicino, iniziò a parlare con voce
sincera:
“Hai
ragione, tutto quello che mi hai detto è vero. Sono
bloccata,
Oliver, e non so cosa fare.
Come
ci si può sentire quando si vuole ciò che non si
può avere, quando
si vuole ciò che distruggerebbe le persone a cui si vuole
bene?”
“Julie,
neanche per me è stato facile. Far del male a Felicity
è stata la
cosa più difficile della mia vita. Ma non potevo
più prendermi
gioco di lei. E tu non devi più mentire a te stessa.
Ignorarlo
non lo fa essere meno vero.”
“Oliver,
capisci che la cosa più giusta è lasciarli andare
e non assecondare
ciò che ci avvicina?” sbottò lei
lasciandogli le mani e continuò:
“Non
posso neanche immaginare di ferire Joel, e Felicity, mio Dio, ma mi
rendo conto che non ho altra soluzione.” Poi la sua voce si
fece
più rassegnata:
“Ho
provato a riavvicinarmi a lui, ci ho provato sai? E ho pensato che
stesse funzionando. Ma poi di nuovo le Keys e ancora tu qui adesso. E
l'unica cosa a cui riesco a pensare e che non vorrei più
lasciarti
andare via.
Ma
questo li ucciderebbe. Non potrebbero mai perdonarcelo”
I
suoi grandi occhi tristi imploravano Oliver di trovare una soluzione
e lui le riprese le mani e piano salì ad accarezzarle le
braccia, le
spalle, l'incavo del collo e le guance. Le teneva il viso tra le
mani, ancora guardandola intensamente negli occhi e piano le disse:
“Non
è mia intenzione fare del male a nessuno, ma non voglio
più dover
fare a meno di te.”
Poi
si alzò, andò a chiudere la porta a chiave e
tornò da lei.
L'istinto
gli intimava di avventarsi sulle sue labbra, ma si trattenne, deciso
a vivere quel momento in modo diverso dagli ultimi, allora la
accarezzò dolce, sentendo sotto le sue dita il suo viso
surriscaldarsi.
Julie,
che non aveva nessuna
intenzione di
fermarlo, prese la mano di Oliver e la accompagnò lungo il
suo corpo
fino ad arrivare alle cosce, dove infilatasi sotto il vestito leggero
le sfilò gli slip.
Poi
lui si sedette sul divano portandola a sedersi su di lui. La
baciò
lentamente, le abbassò il vestito e si fece spogliare calmo.
Guardandola eccitarsi ad ogni movimento del suo bacino che le
spingeva contro.
Nei
momenti in cui si stringevano, le preoccupazioni sparivano
immediatamente. Joel e Felicity scomparivano dalle loro menti e il
bisogno di aversi veniva assecondato senza remore.
Julie
si muoveva sensuale su di lui tenendo sempre gli occhi chiusi, fino a
quando Oliver la fermò tenendola per i fianchi e
sussurrò:
“Guardami.”
Lei
strinse di più gli occhi come a trattenere una lacrima e lui
ancora
le ripeté “Julie, guardami.”
E
quando lei aprì gli occhi, le disse dolce “ti
voglio solo mia”
ed entrò ancora più forte in lei facendole
sentire il suo piacere.
Stavano
facendo l'amore e ne erano consapevoli.
Il
viaggio di ritorno fu a tratti silenzioso. Non perché le
parole
mancassero, ma perché erano felici e completi; e non c'era
altro da
aggiungere. Era stato bellissimo e constatare ancora gli stessi
problemi non avrebbe portato a niente.
Oliver
fermò la macchina all'ingresso del lungo vialetto per
concedersi un
bacio egoista prima di lasciarla scendere verso Joel.
Arrivati
alla villa dopo due ore di mancanza, trovarono già tutto
pronto per
la cena e da quel momento non ebbero più modo di stare
vicini. Ma i
loro occhi, attenti a non farsi notare, non potevano che cercarsi
costantemente.
Venerdì.
Quella
notte Julie si addormentò con il profumo, ancora nelle
narici,
dell'uomo che le aveva messo in subbuglio il cuore. Il pensiero delle
possenti mosse di lui, il ricordare i suoi occhi fissarla pieni di
aspettative, la esaltavano.
Durante
la giornata dedita al festeggiamento dell'addio alla vita da single,
uomini e donne si erano separati.
Stare
lontana da Joel era meglio che dover fingere in sua presenza.
Stare
lontana da Oliver era peggio di quanto potesse immaginare.
Stare
a contatto con Felicity era troppo da poter sopportare.
La
giornata, passata alla SPA dalle ragazze e al country club dai
ragazzi, si concluse in due locali notturni animati da musica e fiumi
di bollicine.
Al
contrario di quanto accadeva
di solito, Felicity non si mise limiti, e
cercando
forse un modo per non pensare alla sua vita andata allo sfascio,
esagerò con l'alcool.
Tornando
in camera sorretta dalle amiche non faceva che parlare e parlare fino
a lasciarle rattristate al suono di “Lo amo ancora, non mi
interessa niente, non mi interessa di quella puttana sfascia
famiglie, lo voglio per me.”
Sara
e Thea provarono un enorme senso di pena per l'amica che soffriva,
evidentemente; la aiutarono a spogliarsi e le rimboccarono le
coperte, mentre Julie, colpita dal commento duro e forse fin troppo
vero, rimase immobile in corridoio non sapendo cosa fare, e senza
aspettare le amiche scappò in camera sua.
Julie
si aspettava quei commenti, sapeva che un giorno avrebbe potuto
sentirli e non si biasimò sapendo di esserne del tutto
responsabile.
Sabato.
Un giorno al matrimonio.
La
villa si animò piuttosto tardi in mattinata e la maggior
parte degli
ospiti dovette prendere una aspirina per colazione. Con il cerchio
alla testa, ma tutti soddisfatti per la serata, passarono la giornata
in completo relax a bordo piscina.
Sara
iniziava a dare segni di nervosismo, ma alle sue damigelle,
impeccabili, non sfuggiva mai di mano la situazione.
Felicity
approfittò di un attimo in cui trovò tutte
riunite in camera di
Sara per scusarsi dello spettacolo dato la sera precedente.
Sentendosi incredibilmente in imbarazzo, confidò alle amiche
di
essere ovviamente ancora innamorata di quello che, a tutti gli
effetti di legge, era ancora suo marito e pregò loro di
evitare di
compatirla.
La
sera poi, alla cena di prova, decise di avvicinarsi ad Oliver. C'era
stato solo un labile saluto tra i due, più volte lui le si
era
avvicinato per chiederle come stesse, ma era stato cacciato via in
malo modo.
“Felicity,
ehi” disse lui stranito di vederla arrivare.
“Pensi
che più tardi potremmo parlare un po'?” gli chiese
lei con voce indecisa.
“Certo,
sì” acconsentì lui, sapendo di essere
in debito.
E
così fu. Finita la cena infatti, Julie vide Oliver e
Felicity
allontanarsi insieme dal salone.
Provò
uno strano morso allo stomaco, forse preoccupata che tra i due non
fosse realmente finita e aspettò invano di vederli tornare.
“Facciamo
una passeggiata in giardino?” chiese Oliver alla moglie,
cercando
un luogo più riservato, ma Felicity gli chiese di seguirla
in
camera, non vergognandosi dei suoi repentini cambi di umore e
preoccupandosi di non farsi vedere dagli ospiti troppo a terra.
Quando
furono soli si sentirono come estranei, non trovando modo di iniziare
la conversazione, allora lui fece il passo falso di chiederle come
stesse.
“Beh
una favola, cosa ti aspetti?” rispose lei sarcastica,
accennando
una risata.
“Non
intendevo...” si scusò lui sinceramente
dispiaciuto e ascoltò
Felicity sfogarsi.
Aveva
sempre ammirato la sua forza, eppure davanti si trovava una donna
logorata dal dolore e ne era responsabile.
“Ti
odio, lo sai? Ti odio. Ti sei innamorato di un'altra donna e mi hai
spezzato il cuore. È in frantumi e non penso si
riaggiusterà mai” disse rassegnata.
“Non
pensare che non mi odi anche io per questo, ma certe cose non si
scelgono. Avresti preferito che continuassi a stare con te nonostante
tutto?”
“Avrei
preferito tu lottassi per noi.”
Quando
allora lei, dopo avergli aperto il suo cuore e confessato quanto
fosse difficile superare quel momento, gli chiese in lacrime
“Non
lasciarmi sola stanotte, ti prego. Ho bisogno di te”, lui la
aiutò
ad addormentarsi tenendole la mano e si sedette nella poltrona vicino
al letto per restare come le aveva promesso.
Non
era più innamorato di lei, si era comportato in modo
spregevole, ma
le voleva bene davvero.
L'indomani
mattina si svegliò disturbato dal vociare nel corridoio.
Lasciò
Felicity ancora addormentata e uscendo piano dalla camera si
trovò
di fronte Julie che, non capendo cosa ci facesse in camera della
moglie, si bloccò con lo sguardo confuso e ferito. Oliver
avrebbe
voluto giustificarsi immediatamente, ma a seguirla c'erano Thea e
Roy, così la lasciò proseguire preoccupato di
ciò che avrebbe
potuto pensare.
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Capitolo 8 *** 8° capitolo ***
Domenica.
Il matrimonio.
La
notte prima, Julie non aveva visto Oliver tornare al salone e la
mattina lo aveva visto uscire dalla camera di Felicity. Non riusciva
a credere che avessero passato la notte insieme e non poteva
immaginare che tra i due fosse successo qualcosa.
Un
attacco di panico la colse improvvisamente, facendole capire quanto
ormai dipendesse da lui, ma avendo accanto gli amici, che nel
frattempo facevano supposizioni riguardo la scena appena vista, non
poté fermarlo per chiedergli spiegazioni.
Scendendo
ancora sconvolta le scale, incontrò i primi ospiti del
matrimonio,
tra cui i suoi genitori che si erano fermati a parlare con Joel.
“Che
faccia, tesoro, stai poco bene?” le chiese sua madre
vedendola
pallida.
“Ciao,
mamma. No, tranquilla, è tutto a posto, sono solo
emozionata” le
rispose abbracciandoli entrambi e lasciandoli subito con la scusa di
doversi ancora vestire.
Era
scesa per andare a fare colazione, ma la fame le era passata,
così
raggiunse la camera di Sara per aiutarla a prepararsi.
Trovò
davanti a sé una sposa radiosa e meravigliosa. I lunghi
capelli
biondi erano raccolti in una treccia laterale mantenuta da una
piccola coroncina di fiori bianchi, il vestito di tulle sembrava una
nuvola leggera e i suoi occhi erano sorridenti ed emozionati.
Vederla
così splendente le fece ricordare il giorno del suo
matrimonio.
Inspirò allora profondamente per ricacciare quella immagine
nella
sua memoria e si dedicò a sua cugina.
Le
nozze sarebbero state celebrate nel giardino della villa.
Sedie
bianche, un lungo tappeto dello stesso colore contornato da bouquet
di rose corallo, un arco di fiori a fare da cornice alla postazione
degli sposi; candele e lanterne sparse per il giardino a rendere
ancora più suggestiva la location.
La
sposa sarebbe entrata dopo le damigelle con i testimoni, che nel
frattempo avevano silenziosamente deciso di non seguire le coppie per
evitare di far sentire in imbarazzo Felicity e Oliver.
Julie
con John, Thea con Oliver, Felicity con Joel e Lyla con Roy aprirono
la strada a Sara, che emozionata arrivò dal suo Trevor.
La
cerimonia fu molto sentita e al momento delle splendide promesse,
Oliver, Julie e Felicity non poterono che ricordarsi di quelle che
loro avevano scambiato con i loro sposi e che al momento risultavano
infrante.
Julie
aveva tenuto lo sguardo commosso tutto il tempo sugli sposi per
evitare di incrociare quello di Oliver o Joel, mentre Felicity il suo
lo aveva perso nel vuoto, tormentata dal rimorso di essersi mostrata,
la notte prima, eccessivamente fragile ad un marito che, a suo
avviso, non si preoccupava più per lei. Oliver, invece, di
fronte a
sè aveva la donna a cui aveva promesso amore eterno, per poi
spezzarle il cuore, e quella che le era entrata dentro senza che se
ne rendesse neanche conto; e nonostante sinceramente addolorato per
aver fatto soffrire la moglie, non aspettava altro che spiegarsi con
Julie.
La
disposizione a sedere degli invitati era stata decisa mesi addietro e
l'improvvisa separazione dei Queen aveva preoccupato gli sposi, che
non volevano creare malumori.
Ma
Felicity, che non aveva avuto mai nessuna intenzione di mostrarsi
spaventata in presenza di Oliver, aveva tranquillizzato Sara
facendole lasciare tutto come previsto.
Seduti
quindi allo stesso tavolo, ma separati da Roy e Thea, avevano
partecipato civilmente al pranzo.
Era
Julie, più degli altri, a vivere insofferente il matrimonio.
Capito
ormai di dover lasciare Joel, che si era ovviamente accorto del suo
malessere, frainteso il comportamento di Oliver e sentendosi
tremendamente in colpa nei confronti di Felicity, non riusciva
più a
mantenere la calma. Soprattutto quando arrivati alla seconda portata,
Felicity si accorse di un invitato che non aveva notato fino a quel
momento e vide lo sguardo di Oliver cambiare leggermente:
“Ma
quello è Ray Palmer? Scusatemi un attimo” disse
Felicity alzandosi
per raggiungerlo.
Oliver
fece una strana faccia, chiedendosi chi fosse l'uomo che non aveva
mai sentito nominare alla moglie e preso dalla curiosità, ma
cercando di non darlo a vedere, scrutò chi fosse.
I
suoi amici al tavolo, approfittando della sconfinata confidenza, si
lasciarono andare a dei commenti.
“Chi
è quello, tu lo conosci?” chiese John a Oliver
più infastidito di
lui.
“John”
intervenne Lyla facendogli segno con gli occhi di stare zitto.
“No,
non lo conosco” fu la risposta.
Thea
allora si intromise, spalleggiando per Felicity, lanciando una
provocazione:
“Oh
oh, fossi in te starei attenta, Oliver, prima che qualcuno faccia sul
serio e decida di portartela via davvero.”
Lui,
cercando la diplomazia per evitare di ferire Julie, mise a tacere il
discorso reputandolo troppo delicato, ma lei ormai era stata colpita
dall'interesse di lui di seguire la vicenda da lontano.
Ad
Oliver non sfuggirono infatti le risate che sua moglie scambiava con
lo sconosciuto.
Lo
aveva conosciuto mentre stavano insieme?
Felicity
e Ray avevano partecipato allo stesso corso di aggiornamento del
software utilizzato a lavoro un anno prima, durante il quale avevano
trovato vari argomenti in comune. Chiacchiere che mai erano state
maliziose. Ma questo Oliver non lo sapeva e Felicity cercò
di trarre
la cosa a suo vantaggio.
Sapeva
non sarebbe servito a far tornare indietro suo marito, ma se la cosa
gli avesse procurato almeno un po' di fastidio, sarebbe stata utile.
Per
lo più, scambiare due parole con Ray, non sarebbe stato
affatto
sgradevole e le avrebbe permesso di lasciare il tavolo che per ovvie
ragioni le stava un po' stretto.
Si
riavvicinò quindi dai suoi amici per prendere la borsetta e
comunicò
loro che avrebbe cambiato momentaneamente posto a sedere:
“Ragazzi,
scusatemi, ho incontrato un amico che non vedo da un po' e approfitto
di un posto libero lasciato da un bambino per farci due chiacchiere. A
dopo” disse andandosi a sedere al tavolo di Ray.
Thea
e Lyla si scambiarono un'occhiata interrogativa, così come
tutti. A
Joel invece scappò una risatina che soffocò
immediatamente,
destando la domanda di un Roy stranito che chiese:
“Che
c'è da ridere?”
“Niente.
Il Karma” rispose Joel facendo spallette ad Oliver,
accusandolo
silenziosamente di aver ferito l'amica, ma ignorando tristemente di
far parte dell'equazione.
Julie,
afflitta e presa da mille domande, rimase in silenzio impaurita ed
evitò di incrociare lo sguardo con quello del suo amante.
Al
termine del pranzo, tutti si alzarono per ballare e la vera festa
entrò nel vivo.
Joel
si avvicinò chiamato dai suoceri e Julie, che non aveva
nessuna
voglia di parlare, si divincolò per arrivare all'angolo bar.
Oliver,
con la scusa di portare agli amici da bere, si avvicino a lei, che
era poggiata al bancone, si mise al suo lato approfittando del primo
attimo in cui poterono stare da soli.
“Hey,
tutto ok?”
“No,
non è ok. Non è ok per niente. Non ce la faccio
più. Ora vado a
parlare con Joel” sbottò lei, andandosene
lasciandolo basito. Ma
dopo alcuni passi, si voltò verso di lui, capendo di essersi
fatta
prendere dall'esasperazione e vide lui fare “no”
con la testa,
lentamente e con lo sguardo serio.
A
quel punto le passarono in testa tantissimi pensieri.
Le
aveva detto di non farlo. Perché, pensò.
Forse
perché non era il momento? Forse perché aveva
passato la notte con
Felicity e qualcosa era cambiato? Forse perché vedere
Felicity con
un altro uomo lo aveva scosso. Aveva fatto marcia indietro? Si era
accorto fosse un capriccio?
Umani
dubbi si impadronirono di lei.
Ma,
potendoli facilmente sciogliere domandando lui cosa provasse e cosa
fosse successo la sera prima, scappò incapace di gestire
quelle
emozioni. E Oliver, nervoso e arrabbiato, non poté che
lasciarla
andare via per evitare che qualcuno notasse.
Tornando
verso gli amici si imbatte nella moglie e Ray che nel frattempo si
dirigevano al bar.
“Oliver”
esclamò Felicity, quasi sbattendogli contro.
Lui
senza dirle niente si volse all'uomo che le faceva compagnia per
presentarsi.
“Oliver
Queen.”
“Ray
Palmer.”
Uno
strano sguardo sembrò esserci tra i due, poi Oliver
accennò un
sorriso e si rivolse a lei:
“Non
ci hai mai presentati?”
“Non
c'è mai stata occasione” rispose lei, quasi
sfidandolo a chiederle
di più. Non aveva nessuna intenzione di flirtare con l'uomo,
ma
l'idea che il marito lo credesse la vendicava miseramente.
Ma
Ray interruppe il veloce dialogo per invitare Felicity ad avvicinarsi
al bancone, lasciando, anche loro, Oliver solo, che ritornò
dagli
amici in compagnia di quel drink che sarebbe stato il suo unico
accompagnatore.
La
serata passò splendida e Sara e Trevor, innamoratissimi, ne
furono
soddisfatti.
L'indomani
mattina però, uno scuro in volto Joel, ricevette
comunicazione di
dover partire subito a New York per delle firme mancanti al
contratto.
Prese
Julie per la mano e la trascinò in un angolo del giardino
dove la
interrogò sul suo umore.
“Che
hai, Julie?”
“Niente”
rispose lei cercando di rimandare a casa la discussione per evitare
il dramma al matrimonio della cugina.
“Niente?
Adesso basta” gridò lui.
“Basta.
Ti stai prendendo gioco della mia intelligenza. Basta, Julie.
Finiscila di prendermi in giro. Continui a rispondere niente. Niente.
Questo
non è niente, e io adesso mi sto veramente stancando di
questo
atteggiamento. Ti conviene trovare le parole, perché al mio
ritorno
da New York è meglio che tu abbia qualcosa da dire”
inveì,
lasciandola sull'orlo delle lacrime.
Joel
era intelligente, sì, ma non era necessario avere un buon QI
per
riconoscere un comportamento anomalo come quello di Julie. E lei,
distrutta nel vedere il marito iniziare a capire e presa dai sensi di
colpa per non aver confessato prima, e ansiosa di potersi confrontare
con Oliver, rimase di spalle alla casa cercando di riprendere
contegno.
Ma
dalla finestra della cucina, la neo sposa aveva assistito alla scena,
e nonostante non avesse sentito le parole, il gesticolare di Joel era
stato molto eloquente.
Prese
allora la tazza di caffè destinata a Trevor e si
incamminò verso la
cugina.
Le
arrivò alle spalle silenziosa e dolce le chiese:
“Cuginetta,
che succede?”
Julie
si passò velocemente le mani sul viso per asciugare le
lacrime e
minimizzò raccontandole di un semplice litigio.
Sara
allora la prese per un fianco e la portò verso una panchina
in
pietra. La fece sedere, le si mise a fianco e accarezzandole la testa
iniziò un lungo discorso:
“Sai,
tesoro, dovresti conoscermi bene. Dovresti sapere che non mi
accontento di una labile risposta, per lo più se parliamo di
una
bugia.”
Julie
si girò di scatto e la ascoltò continuare.
“Lo
sai che non mi sfugge mai niente, vero? Questa volta le mie
attenzioni erano tutte dedicate al mio grande giorno, ma certe cose
le ho notate comunque.
Ho
notato che la persona che maggiormente avrebbe dovuto festeggiarmi,
ha passato le giornate come un fantasma.
Ho
notato che sei stata l'unica a scappare dalle confidenze di Felicity.
Ho
notato che sei tornata dopo due ore dall'incontro con padre
Cristopher. Padre Cristopher?
Due
ore con lui? Tutti gli altri non sanno di chi parlo e magari non
hanno pensato a niente di strano. Ma io sì, tesoro. Io
conosco quel
prete.
Ma
sai, ero ovviamente presa dal matrimonio, non vedevo l'ora di sposare
Trevor, non riuscivo a pensare ad altro che a percorrere la navata e
non ho associato le cose. Poi
poco fa ho visto Joel darti contro. E mi è venuto in mente
di tutte
quelle volte in questi giorni che ti ho trovata con lo sguardo perso
nel vuoto.”
Julie
si era portata le mani al viso per non farsi vedere piangere e Sara
continuò con la sua teoria:
“Potrei
pensare che il tuo matrimonio sia in crisi, anche il
tuo”
disse cambiando tono di voce all'ultima frase facendo sobbalzare la
cugina.
“Ma
sai, aggiungi che alla
cena del giovedì ho sorpreso Oliver guardare più
di una volta verso
di te...”
“Cosa?
No... no... no” la
interruppe Julie scuotendo la testa in preda al panico, “stai
fraintendendo.”
“Ok,
metti caso che abbia frainteso”
disse, enfatizzando la parola e continuò:
“Senti,
tesoro, se così
fosse...”
“Sara,
stai sbagliando”
intervenne Julie, continuando a guardare fissa in terra e con la voce
bassa, conscia di non essere credibile, ma di non poterlo ammettere.
“Julie,
ascoltami, lasciami
parlare. Vi conosco tutti troppo bene e vi voglio un bene dell'anima,
ma tu sei mia cugina, sei come una sorella per me, e se anche tu
avessi fatto qualcosa di sbagliato, io sarò sempre dalla tua
parte.
Sarò sempre la spalla su cui potrai piangere.
Sarò la persona che
ti rimarrà accanto nonostante tutto.”
Julie non riusciva più ad
emettere una parola, colpita e affondata dalla teoria della cugina
che nel frattempo non smetteva di parlare:
“Poco
fa ho fatto due più
due, forse ho riconosciuto la cosa perché l'ho vissuta in
prima
persona. E so benissimo che è sbagliato e che devo
rimproverarti,
Julie, ma sono sicura tu ti stia rimproverando abbondantemente da
sola.”
“Sara,
no...” ripeteva
ancora Julie, sapendo benissimo che il tono della sua voce ammetteva
il fatto. Sua cugina allora le prese la mano, con l'altra le
asciugò
una lacrima e le consigliò di non tirarla troppo per le
lunghe.
Anche lei profondamente
addolorata per Joel e Felicity, e preannunciandole che dopo la
confessione tutto il dolore che provava sarebbe raddoppiato, le
chiese di farsi forza e di dare una svolta alla cosa. Qualsiasi cosa
volesse dire.
Stare
con Oliver o senza Oliver, ma lasciando la possibilità a
Joel di
riprendere in mano la propria vita.
Julie
sollevò lo sguardo e lo
fissò in quello di Sara, e nei suoi occhi c'era la muta
ammissione
della sua colpa.
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Capitolo 9 *** 9° capitolo ***
Rientrata
a casa, Julie non riuscì a trattenersi. Doveva parlare con
Oliver,
doveva sentire la sua voce, farsi spiegare tante cose. Il mal di
stomaco che sentiva era il sintomo lampante dell'ansia che la
divorava dall'interno. Perché era arrivato il tempo delle
ammissioni, il tempo di prendersi le proprie responsabilità,
quello
di stravolgere la propria vita e non solo.
Corse
in camera per prendere il telefono dalla borsa e ci trovò un
SMS di
Felicity che le chiedeva di richiamarla appena possibile.
Alla
vista del messaggio, Julie scoppiò a piangere.
“Scusami,
scusami, ti prego” sussurrò tra le lacrime, e
così dicendo buttò
il telefono sul letto e uscì dalla camera, ma fatti pochi
passi il
richiamo di Oliver fu troppo forte e non poté che
assecondarlo. Si
girò di scatto e ritornò a prendere l'apparecchio
per chiamarlo.
Oliver
rispose subito al telefono e con voce calma e rassicurante non
aspettò neanche che lei parlasse:
“Hey,
tesoro.”
Colpe
e frustrazioni non potevano nulla di fronte al potere della sua voce.
Non servì altro per ricaricare Julie, che si
schiarì la voce e gli
chiese di raggiungerla.
Mezz'ora
dopo Oliver era da lei. Non era tornato ad Orlando perché
sapeva di
dover dare un senso finalmente alla cosa.
Julie
aprì la porta inspirando profondamente e lui immediatamente
la
abbracciò forte senza dirle niente, rispondendo con un gesto
a tutti
i dubbi che si erano impadroniti di lei. Le sue braccia forti la
avvolgevano completamente e i loro cuori all'unisono cominciarono a
battere più velocemente.
Poi
Julie lo prese per mano e lo condusse fino al divano per poterci
parlare.
“Hai
passato la notte con lei” affermò solamente e
ascoltò ciò che
lui aveva da dire.
“Julie,
Felicity aveva bisogno di me. Sai bene com'è, è
sempre stata forte
e risoluta, eppure quella sera le sue difese sono cadute
completamente. Non avrebbe mai voluto mostrarsi così, ma
è passato
troppo poco tempo e soffre ancora. Ed è scoppiata, e mi ha
chiesto
di restare con lei.
Non
potevo andare via Julie, non pretendere questo da me. Sai quanto
nonostante tutto io le voglia bene. Sai quanto io sia in
debito”
rispose lui stringendole la gamba e guardandola fisso negli occhi.
Julie
non poteva controbattere, non si sarebbe mai permessa, ma la paura si
era impadronita di lei. Aveva passato mesi a scacciarlo dai suoi
pensieri, ma improvvisamente l'idea di perderlo diventava
insopportabile. E capì in un istante Felicity.
Capì che anche lei
non si sarebbe mai tirata indietro dall'aiutare Joel. Capì.
“Eri geloso. Di lei.
Con quel Ray” gli chiese scandendo poche parole.
Allora
Oliver si protese verse di lei, le prese le mani e preoccupato che
lei fraintendesse cercò di essere più sincero
possibile:
“Felicity
è stata il mio primo amore. È stata la persona
che mi ha insegnato
cosa volesse dire essere amato e amare. Ho imparato con lei a
condividere la mia vita. È stata il mio primo amore.
È stata, Julie
” ripeté.
“Però
vederla con un altro uomo mi ha stranito. Mi ha sempre raccontato
tutto eppure non avevo mai sentito nominarlo. E vedere la confidenza
che avevano mi ha un po' infastidito, lo ammetto, perché ho
pensato
che quando lo ha conosciuto era ancora mia moglie. Ma una cosa
più
di tutte mi ha infastidito: pensare che tu fraintendessi” le
disse
dolce, sorridendole con gli occhi.
“Perché
sai, una sera di inizio estate, in un momento di quella che credevo
tanta stanchezza, sei arrivata tu a sconvolgere il mio mondo. Non so
come sia potuto succedere, me lo sono chiesto per tanto tempo, ma ho
deciso di smettere di lottarci contro. Perché vinceva sempre
il
desiderio di te, inspiegabile e improvviso.”
La
sua voce calda inebriava l'aria. Julie stava ascoltando parole che la
incantavano, che la distraevano dal resto del mondo. Stava ascoltando
i suoi stessi sentimenti, che erano stati colti d'improvviso dalla
necessità di lui.
“È
stata la prima persona che io abbia mai amato”
continuò Oliver
dolce, “ma il primo amore non sempre dura in eterno. Si
cresce, si
cambia e quel sentimento, a volte, muta con noi. Avrà sempre
un
posto speciale nel mio cuore, come so per certo che Joel
avrà il suo
per te. E questo non lo potremo mai cambiare.”
Julie
lo aveva ascoltato fino a sentirsi, per un momento, sopraffatta dal
sentir parlare di Felicity, ma Oliver aveva ragione. E quando
nominò
Joel, capì in un istante di cosa parlasse.
I
loro sposi avevano accompagnato le loro vite per tanto tempo, e il
bene indiscusso non si sarebbe mai affievolito. Ma l'amore, quello,
era passato.
“Julie,
cosa provi per me? Lo hai mai ammesso a te stessa?”
Julie
scosse solo la testa e poi disse:
“Avevo
troppa paura di ammetterlo.”
Ma
Oliver la implorò:
“Ho
bisogno di sentirtelo dire, ne ho bisogno.”
E
lei, che non riusciva più a trattenere quel sentimento che
aveva
nascosto nel profondo di sé e che quasi le faceva scoppiare
il
cuore, si lasciò andare.
“Ti
amo, ecco cosa provo. Ti amo.”
Oliver
chiuse per un istante gli occhi, come grato di quelle parole che non
credeva avrebbe sentito mai, le sorrise irradiato dalla
verità e la
baciò. Di nuovo. Finalmente.
Entrambi
avrebbero voluto fare l'amore, ma si trattennero, per aspettarsi una
volta liberate le loro coscienze.
L'indomani
non tardò ad arrivare e Julie aspettò agitata in
ritorno del marito
che entrò in casa parlando al telefono con Felicity:
“Certo,
glielo riferisco, ti faccio richiamare appena possibile” le
rispose
Joel senza passarle Julie al telefono, frettoloso di continuare il
discorso iniziato al matrimonio di Sara.
Serio
e spazientito, disse semplicemente “Eccomi”, come
esortandola a
parlare senza perdere altro tempo.
“Sediamoci”
sussurrò lei, affidandosi a tutte le sue forze per riuscire
finalmente a dirgli la verità.
Joel
chiuse gli occhi per un lungo istante, inspirò come per
caricarsi e
conscio di non andare incontro a niente di buono, acconsentì.
Si
sedette sull'angolo del divano, poggiato sul bracciolo e con le gambe
incrociate, come a mettersi comodo in attesa di uno spettacolo.
Restò
in silenzio, ma senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi della
moglie, aspettando che fosse lei a parlare.
Julie,
che agitata si passava la mano sul viso, faticava a guardarlo e
faticava a pronunciare le parole che lo avrebbero ferito; fino a
quando, con voce tremante, iniziò:
“Sono
stata una codarda. E sono stata ingiusta.
Avrei
dovuto dirti la verità da tanto tempo, ma non sopportavo
l'idea di
farti male.”
“Arriva
al dunque” intervenne secco Joel.
E
allora Julie, senza più girarci intorno, decisa
continuò:
“Joel,
ascoltami, non ho intenzione di indorare la pillola, ma voglio solo
farti capire...”
“Julie,
arriva al dunque” ribadì però lui
interrompendola.
E
così non poté che fare:
“Mi
sono innamorata di un altro uomo” sputò secca e
non aggiungendo
altro in attesa di capire lo sguardo del marito.
Joel
in un primo momento non disse niente, ma i suoi occhi delusi e feriti
non potevano nascondere il suo stato d'animo.
Poi,
come a cercare le parole tra mille pensieri confusi, le chiese da
quanto la cosa andasse avanti.
“Non
è stato facile per me accettarlo, e non sto cercando nessuna
giustificazione credimi, ma capire di provare dei sentimenti per un
uomo che non fossi tu è stato difficile da
metabolizzare” rispose
lei arrancando parole che sapeva non sarebbero servite a niente.
Poi
Joel si alzò di scatto come per andare a cercare qualcosa da
colpire
per sfogare la rabbia e rigirandosi da lei furioso di nuovo
gridò:
“Dimmi
da quanto va avanti, basta cazzate. Da quanto mi prendi in
giro?”
Julie
non riuscì a trattenere le lacrime e con la testa china per
la
vergogna e i sensi di colpa, piano ammise:
“Da
poco più di un anno.”
Ma
prima che potesse anche svelare chi l'altro uomo fosse, Joel
abbozzò
una risata nervosa, poi si girò verso il tavolo e con una
manata
buttò in terra il vaso con i fiori. Rendendosi subito conto
del
gesto, si portò le mani tra i capelli per ritrovare il
contegno e
girandosi distrutto dalla moglie, con la voce tremante, si
lasciò
andare:
“Non
lo meritavo, Julie, non lo meritavo. Ci sono sempre stato per te, ti
ho dato tutto me stesso e sebbene non si possa comandare il cuore,
meritavo la tua sincerità. Mi hai preso in giro, per tutto
questo
tempo.”
Julie
affranta, ma colpevole si avvicinò a lui per cercare un
contatto che
venne ovviamente rifiutato e cercò di spiegargli che l'unico
motivo
per cui aveva aspettato tutto quel tempo era il non volerlo ferire,
perché nonostante tutto teneva chiaramente tantissimo a lui.
Poi
sapendo di non poterlo più nascondere, piena di paura
continuò:
“È
Oliver.”
Joel,
incapace di comprendere l'ultima frase, la fissò sbigottito,
poi la
furia prese il sopravvento e con parole che raramente erano uscite
dalla sua bocca urlò:
“Che
cazzo dici? Che cazzo dici?”
Julie
si portò le mani alla bocca per trattenere il pianto e lui
con gli
occhi colmi di ira senza aggiungere una parola si girò di
scatto,
prese le chiavi della macchina e uscì sbattendo la porta.
Lei,
che ci mise un attimo per capire cosa stesse succedendo, corse in
camera per cercare le chiavi nella borsa e si affrettò a
seguirlo.
La
prima intenzione di Joel fu quella di correre da Felicity, che gli
aveva appena detto di essersi fermata a casa dei genitori a Miami,
per passare la settimana che il suo datore di lavoro le aveva
gentilmente concesso per affrontare quel periodo difficile.
Durante
il tragitto, Julie provò più volte a telefonare
Oliver per
avvisarlo di ciò che stava accadendo senza riuscire a
parlarci, che
nel frattempo aveva pensato, sapendo del confronto tra Joel e Julie,
fosse arrivato anche per lui il momento di confidare alla moglie
l'ultimo pezzo del puzzle.
Felicity,
che in un primo momento si era rifiutata di parlarci, non
poté che
arrendersi all'insistenza dell'ancora marito, così i suoi
genitori,
infuriati con Oliver ma consci di non doversi intromettere, li
lasciarono soli con una scusa.
Ma
passati giusto un paio di minuti, senza aver avuto il tempo di
iniziare il discorso, suonò il campanello di casa
interrompendoli.
“Felicity,
non aprire ti prego, dobbiamo parlare” la supplicò
Oliver, ma il
suono si fece più insistente e lui stesso si diresse seccato
verso
la porta.
Aprendola,
si trovò di fronte Joel, che andato lì in cerca
di Felicity, ma
trovandosi di fronte l'infedele amico, reagì tirandogli un
pugno;
gli arrivò dritto in faccia, facendolo barcollare per
qualche
istante, prima che avesse il tempo di comprendere.
Felicity
gridò impaurita chiedendo a Joel il perché del
suo gesto, mentre
Oliver fermò un altro pugno dicendo:
“Non
me ne faccio tirare un altro, Joel, calmati.”
“Calmati?”
urlò interrogativo il marito tradito, ma in quel momento
sopraggiunse Julie che si bloccò sulla porta, con lo sguardo
scioccato di Felicity che in un attimo capì tutto.
Spalancò
la bocca, inorridita, lo sguardo sconvolto che scivolava dal marito
alla sua sedicente amica.
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Capitolo 10 *** 10° capitolo ***
BUONGIORNO!!
ECCOMI FINALMENTE TORNATA. È DA QUASI UN ANNO CHE NON
AGGIORNO LA
STORIA, MA TRASPORTATA DA EVENTI, HO DOVUTO ABBANDONARE
MOMENTANEAMENTE CIò CHE AVEVO INIZIATO. RINGRAZIO DI CUORE CHI MI HA
SCRITTO PER SAPERE COME ANDAVA, MI HA FATTO VERAMENTE TANTO PIACERE.
E SPERANDO CHE SIA RIMASTO QUALCUNO INTERESSATO A LEGGERE IL FINALE DI
QUESTA STORIA, PROVO A PUBBLICARE.
RILEGGENDO I CAPITOLI MI SONO
RESA CONTO DI DOVER IMPARARE ANCORA TANTO. SE MAI NE AVRÒ IL
TEMPO,
MI PIACEREBBE APPORTARE DELLE PICCOLE MODIFICHE CHE NON ANDREBBERO
COMUNQUE A CAMBIARE IL RACCONTO.
QUINDI,
FINALMENTE PRONTA A RIPRENDERLA IN MANO, CERCHERÒ DI ANDARE
AVANTI
VELOCEMENTE, PER ARRIVARE FINALMENTE ALLA FINE (SCRITTA NELLA MIA
TESTA SIN DALL’INIZIO E CHE IL TEMPO NON MI HA CONVINTO A
MODIFICARE).
GRAZIE
A CHI VORRÀ CONTINUARE CON ME E ANCHE CHI FIN QUI HA LETTO
MA NON HA
VOGLIA DI PROSEGUIRE.
UN
BACIO
Felicity
rimase immobile e incredula di fronte a ciò che finalmente
aveva
capito. La sua amica era la donna che le aveva portato via il marito.
Per lunghi attimi non riuscì a dire una parola.
La sua mente
cercava di ripercorrere tutte le tappe dando finalmente un volto alla
causa della sua sofferenza. Joel non disse nient'altro e
voltandosi di scatto fece per andarsene, inseguito da Julie che
istintivamente gli corse dietro. Quando lo raggiunse cercò
di spiegargli qualcosa, cercò di giustificarsi, ma lui la
fulminò
semplicemente con lo sguardo e salì in macchina per scappare
da
quell'incubo.
Intanto
a casa, Felicity chiese ad Oliver perché.
"Dimmelo,
dimmelo, da quanto va avanti questa storia? Voglio saperlo. Voglio
sapere da quanto vi prendete gioco di me".
Oliver,
colpevole ma pronto a dirle la verità, non si
tirò indietro alle
domande della moglie.
Julie prese coraggio, e consapevole che mai
avrebbe avuto un'altra occasione per parlare con l'amica,
tornò
in casa e fece cenno ad Oliver di lasciarle sole.
Felicity,
schifata, avrebbe voluto vederla sparire, ma non poteva lasciar
perdere.
Con gli occhi sbarrati e la voce tremante dalla rabbia le
inveí contro:
"Tu? Tu? Come hai potuto? Come hai potuto
ascoltarmi piangere, vedermi disperare e continuare a mentire?
Come hai potuto comportarti così?"
Conscia
del fatto di non potersi giustificare, Julie rispose solo con la
verità.
Con
una fatica immensa arrancò parole che servissero
semplicemente a
raccontare quello che era stato: la scoperta dell'infatuazione, la
paura della distruzione, i dubbi sul da farsi, i dubbi su
ciò che
provava, il continuo rimandare per evitare di spezzare il suo cuore e
quello di Joel e infine la presa coscienza di ciò che non si
poteva
più nascondere.
Ma
i tentativi fatti da Oliver e Julie a tratti per non alimentare la
cosa, e il provare a tagliare,
non avevano di certo aiutato
Felicity a capire, né tantomeno avevano intenerito il suo
cuore, che
al contrario, si era indurito ascoltando quella che era la storia
della sua rovina.
"Esci
da questa casa e sparisci dalla mia vita" furono le ultime
parole che probabilmente julie avrebbe sentito rivolgersi dall'amica.
Socchiuse
gli occhi, ispirò profondamente, chiese un tanto sincero
quanto
inutile "scusa" a Felicity, diede uno sguardo veloce a
Oliver e li lasciò soli.
I
due coniugi si ritrovarono uno di fronte all'altra e per la prima
volta con tutti i fatti ormai scoperti.
Lo guardò per un
attimo imbestialita, poi in un secondo la rabbia lasciò
posto alla
delusione.
Amara, cruda.
Inclinò
leggermente la testa e con una smorfia cercò di trattenere
il
pianto.
Felicity aveva già affrontato il tradimento, ma scoprire
finalmente il volto dell'altra donna era stato un colpo al cuore.
"Non
c'è niente che io possa aggiungere. Non servirà a
giustificarmi, ma
questo è il motivo per cui é stato difficile dire
la verità"
sussurrò Oliver, e "mi fate schifo" fu l'unica risposta
che ebbe.
Colpevole
del dolore immenso causato, girò le spalle e andò
via da lei. Per
sempre.
Joel invece aveva
vagato in macchina per ore con gli occhi
gonfi di lacrime. Non voleva crederci, non poteva farlo. Capire di
aver vissuto un anno nella menzogna lo logorava.
Mandò un sms a
Julie avvisando che sarebbe passato a prendere dei vestiti e
intimandole di non azzardarsi a farsi trovare là. E lei, che
in
un primo momento aveva deciso di non ascoltare la richiesta del
marito per cercare di parlargli, capì di non dover
insistere, considerato che in nessun modo avrebbe potuto farlo
stare meglio.
Allora
restò seduta in macchina a fissare il vuoto infinitamente
triste per
il dolore causato, ma finalmente più leggera, fino a
ricevere la
chiamata di Oliver che le chiese di raggiungerlo a villa Queen.
Quando
lo vide si buttò tra le sue braccia a cercare conforto e
lui, che
aveva bisogno dello stesso, la strinse forte accarezzandole i
capelli.
Poi,
senza aspettare che le cose si calmassero, la condusse all'interno
verso una inconsapevole Moira, che quando li vide arrivare mano
nella mano ma con il viso segnato da un confronto difficile,
capì di
non dover dire niente e li accolse avvicinandosi a loro
e stringendoli entrambi.
Non
era il momento delle domande e il tempo per un confronto non sarebbe
mancato, così senza dover aggiungere altro a ciò
che i loro sguardi
esaustivi
spiegavano, si allontanarono verso la camera da letto.
Poi
chiusa la porta dietro le loro spalle, iniziarono la vita che, avevano
finalmente capito, fosse quella desiderata.
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Capitolo 11 *** 11° capitolo ***
Joel
partì la mattina seguente, incredulo e frastornato. Decise
di
dedicare ogni sua attenzione al suo progetto, che mai sarebbe dovuto
diventare anch'esso vittima della situazione.
Speranzoso
che la tanto desiderata pubblicazione, e le seguenti presentazioni,
avrebbero impegnato la sua testa abbastanza da accantonare il
pensiero del naufragio del suo matrimonio, aveva una paura infinita
che una volta tornata la calma tutta la disperazione gli sarebbe
ricaduta addosso. Ma così non successe. Il suo romanzo ebbe
un
successo inaspettato e nonostante si addormentasse ogni notte con una
diminuente tristezza, si caricava ogni mattina della
felicità data
dai suoi sforzi ripagati.
Felicity,
contro ogni logica, aveva deciso di ripartire per Orlando. Aveva
sentito la necessità di stare da sola per un po'. Non poteva
immaginare di passare le giornate ascoltando i suoi genitori
commentare increduli e arrabbiati l'accaduto. Non poteva sopportare
gli abbracci consolatori delle amiche che le sarebbero sembrati
erroneamente colmi di pietà. Il dover svelare il volto di
Julie
avrebbe scatenato un chiacchiericcio doloroso e al momento inutile.
Così
stette da sola per qualche giorno. Rinchiusa in quella casa che fino
a poco tempo prima era la sua tana d'amore, intenta a capire dove
avesse sbagliato.
Sola,
triste, infuriata, delusa e schifata. Ma soprattutto rassegnata.
Erano
arrivati a confessare. Allora erano innamorati realmente? Tanto da
non aver paura di creare il finimondo?
La
prima persona che inaspettatamente le telefonò fu Sara,
colei che
aveva da tempo capito, ma era troppo coinvolta personalmente per
potersi schierare. Colei che al momento era l'unica persona vicina
che sapeva cosa stesse succedendo e che sapeva quanto dolore lei
stesse provando.
Ma
non c'erano parole che potessero alleviare quel peso nel petto di
Felicity.
Così
passarono dei lunghissimi giorni, che le diedero il tempo di
riorganizzarsi.
Lasciò
il lavoro. Riprese i primi contatti a Miami. Decise di non tornare
più a Orlando e quindi di vendere la casa.
Oliver
e Julie si trovarono a dover vivere la loro relazione accerchiati
dalle critiche e dai malumori.
Ma
erano convinti e sicuri di ciò che provavano l'uno per
l'altra e mai
per un secondo dubitarono dei loro sentimenti.
Cercarono
una casa nuova in cui cominciare la loro storia e nonostante le
accuse e la conseguente tristezza, bastava che si stringessero forte
per caricarsi.
Julie
adorava i suoi abbracci. Le davano un senso di protezione infinito.
Accanto ad Oliver sapeva di poter affrontare qualsiasi cosa. Sempre
più stupita dell'amore sbocciato, ne era infinitamente grata
ogni
giorno che passava. E Oliver allo stesso modo, non fu deluso della
vicinanza di Julie.
Era
difficile ogni giorno far fronte a tutto ciò che la loro
relazione
aveva generato, ma avevano imparato ad affrontare un giorno alla
volta. Sicuri che prima o poi le cose sarebbero state più
facili.
Furono
sempre però cauti e riservati, mantenendo momentaneamente un
profilo
basso per evitare ulteriori sofferenze a Joel e Felicity, che
rimanevano sempre parte integrante dei loro pensieri. Vivevano
sentendosi ingiustamente felici, ma ora che sapevano quanto fosse
forte l'inaspettato sentimento, potevano affrontare qualsiasi cosa.
Novembre
Oliver
e Felicity si ritrovarono ad Orlando per la vendita della casa.
Felicity
si fece trovare seria e distaccata, anche se il cominciare
burocratico della separazione la distruggeva dentro. Rivedere Oliver
fu difficile perché l'unica cosa che riusciva a pensare era
a quanto
ancora lo amasse. Nonostante la rabbia, nonostante la delusione.
Lui
cercò di essere delicato quanto più possibile, ma
vedeva i suoi
occhi tristi e ne era la causa.
Firmate
le carte per la vendita dell'immobile Felicity si fece coraggio e si
rivolse a lui.
"Adesso
manca un'ultima firma."
"Chiamerò
domani mattina il mio avvocato per fargli preparare le carte."
"Chiamalo
ora" gli intimò secca, "che senso ha perdere ancora
tempo".
Oliver
acconsentì con lo sguardo e mentre fece per prendere il
telefono,
Felicity continuò con tono duro:
"Non
hai mai avuto un solo ripensamento?"
Oliver
la guardò solamente, che senso aveva rispondere, che senso
aveva
essere così crudi? E allora lei, pentita di averlo chiesto,
ma che
non era riuscita a trattenersi, di nuovo lo
incitò:
"Chiamalo."
Felicity
tornò a casa con un enorme senso di vuoto. Avrebbe voluto
essere più
dura, ma sputargli in faccia tutto il suo odio non avrebbe cambiato
la situazione.
In
pochi giorni furono depositate le carte per il divorzio. Il
matrimonio era finito. Per davvero.
Al
contrario, quello di Julie non sembrava dovesse aver fine
nell'immediato. Joel girava gli Stati Uniti per la promozione del
libro e il divorzio non era in cima alle sue priorità.
Nonostante
non volesse avere più niente a che fare con Julie, non
voleva
togliere tempo alla sua carriera. Quando mai si fosse ritrovato a
Miami avrebbe affrontato l'argomento.
E
a Miami ci si ritrovò per Natale.
Julie
fu sorpresa nel ricevere la sua chiamata e l'invito a vedersi nella
loro vecchia casa.
Aveva
immaginato Joel arrabbiato e rancoroso, invece la voce che aveva
sentito al telefono era calma e rilassata. Questo fatto fece
preoccupare Oliver che si sentì stranamente minacciato.
Quando Julie
si recò all'appuntamento, lui passò il pomeriggio
agitato e
nervoso, convinto chissà per quale motivo, che Joel potesse
provare
in qualche modo a riconquistare la moglie.
Julie
raggiunse il suo vecchio appartamento con lo stomaco in subbuglio.
Non vedeva Joel da mesi, da quando era andato via da casa di Felicity
dopo aver innescato la bomba.
Suonò
il campanello e durante gli attimi in cui aspettò che le
aprisse la
porta quasi si sentì svenire.
Joel
la salutò accennandole un sorriso.
Perché
era così calmo? Julie non riusciva a capire e le parole
facevano
fatica ad uscire dalla bocca.
"Siediti,
parliamo un po'" le disse gentile.
"Joel,
mi fa strano vederti così."
"Come
pensavi di trovarmi? Furioso e rancoroso?"
Julie
non poteva credere alla reazione del marito che nel frattempo
continuò:
"Lo
sono stato, lo sono ancora. Ma non ha senso, Julie. Non te lo
meriti...non meriti che io soffra cosi per te."
Quest'ultima
frase le si conficcò nel petto come un coltello.
"Non
puoi nemmeno immaginare come mi sono sentito, non puoi. Mi stavo
logorando dentro. Sono scappato perché non credevo di
farcela. Ma il
mio libro mi ha salvato. Ce la sto facendo. Ad andare avanti, e ad
avere successo. E ho capito che non potevo vivere consumandomi per
te..."
"Joel,
tu non sai..."
"Quanto
ti dispiace" finì subito la frase di lei e
continuò.
"Sì,
Julie, mi immagino".
Poi
gli occhi gli si velarono malinconici e sorridendo sconfitto ammise:
"Quando mi hanno chiamato per dirmi che il libro stava vendendo,
sai qual è stato il mio primo pensiero?
Chiamarti
per gioire insieme..."
Julie
non aveva davanti un uomo strafottente. Aveva davanti Joel. E lui non
si smentiva. Lui non faceva giochetti. Non cercava di sminuirla per
sentirsi meglio. Poi si alzò e prese dalla valigia dei
documenti. Le
comunicò che si sarebbe trasferito definitivamente a New
York e le
dette i documenti del divorzio già firmati. Julie si
alzò e lo
strinse forte per chiedergli scusa per il male che gli aveva fatto.
Joel non contraccambiò l'abbraccio ma neanche si sottrasse.
E le
loro strade si divisero.
Oliver
aveva passato il pomeriggio ad aspettarla e quando finalmente Julie
tornò a casa la accolse stringendola a se per non lasciarla
più
andare via.
Le
prese la cartella dei documenti dalle mani per buttarla sul divano e
la baciò.
Era
tutto ciò che riusciva a volere. Tutto ciò che
sembrava avere un
senso. Lei era ciò per cui avrebbe affrontato di nuovo tutto
da
capo. Non sapeva perché, non sapeva come fosse successo, ma
la
amava.
"Ora
siamo solo noi?" le chiese dolce Oliver.
"Quasi"
rispose Julie prendendo i documenti. Scorse le pagine fino a trovare
la firma di Joel e senza rimpianti mise la sua:
Julia
Laurel Lance.
Note:
Permettetemi
due ultime righe.
Questa
è la mia storia. Non importa che non sia piaciuta, non ho
virato per
ottenere approvazione.
Questa sono io. Io che ero per Dawson e
Joey. Io che sono Stelena e lo sarò sempre. Io che ho
preferito
Laurel, ma non per questo ho disprezzato Felicity.
Grazie
quindi a chi ha seguito e chi ha lasciato la lettura. Grazie a chi mi
ha consigliato e a chi mi ha criticato.
Grazie
a Stephen Amell che rende così facile immaginare la passione.
E
prima di tutti grazie alla mia amica Claudia che mi ha spronato a
scrivere ciò che semplicemente immaginavo.
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