Lezioni di flirt

di _kjam_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ~ I need help… ***
Capitolo 2: *** Contract ***
Capitolo 3: *** What?! ***
Capitolo 4: *** Winks & Relax ***



Capitolo 1
*** Prologo ~ I need help… ***



Lezioni di flirt (Prologo) ~ I need help…



«Quello me lo chiami fare l’occhiolino ad un ragazzo?! Oh dolcezza, hai proprio bisogno di aiuto!»
«Grazie Cana!»
«Dico solo la verità. E poi lo sai meglio di me quanto sei sfigata in queste cose. Ti serve un consiglio…»
«Lascia stare, ci hai già provato. Non ricordi?»
«Ma non sto parlando di me, cara»

Lucy la guardò con la coda dell’occhio, notando quel suo solito sorrisetto pieno di malizia e aspettative. D’altro canto era vero. Lei non era fatta per quel genere di cose… Non lo era mai stata… 
Lucy Heartfilia era una normale ragazza di diciassette anni, alta, bionda e ben formata. Una bella ragazza, insomma. Aveva solo un piccolo problemino…
I ragazzi…
Sì, il relazionarsi con l’altro sesso la mandava in asfissia. Il punto era che nessuno le aveva insegnato a… come dire… flirtare, ecco. Era sempre rimasta sotto una campana di vetro, intraprendeva una seria conversazione solo con la sua badante, che, per la cronaca, era una donna. Non aveva paura degli uomini, per carità, se li vedeva non si nascondeva mica in un cassonetto. Non la spaventava neanche il doverci parlare, okay, aveva qualche difficoltà, ma per questo si poteva anche rimediare. Il problema affiorava quando doveva fare colpo su qualcuno. Ecco, in quei momenti c’era spazio per farsela sotto e scappare via correndo. Era ovvio che non le servivano consigli, se non aveva una cotta per qualcuno. Ma lei aveva una cotta per qualcuno.
Si chiamava Loki. Era un suo amico d’infanzia, ma col tempo si erano allontanati, perdendo i contatti. E questo perché? 
Perché Lucy, il giorno stesso in cui aveva deciso di dichiararsi, aveva versato accidentalmente il caffè del bar sulla camicia del ragazzo. Quest’ultimo, visibilmente imbarazzato, le aveva detto di non preoccuparsi e di aspettare al tavolo, mentre lui si sistemava in bagno. Scelta che non fu affatto seguita. Lei, convinta di non si sa cosa, (forse in quel momento c’erano scimmie nel suo cervellino) aveva deciso arbitrariamente di seguirlo. In bagno. Nel bagno degli uomini. Già. Beh, credo possiate immaginare come siano andate le cose. Lei apre la porta del bagno e, al contrario di come aveva previsto, invece di trovarsi solo “l’amico”, si era ritrovata davanti un’intera schiera di esseri umani di genere maschile. Tutti con pantaloni e boxer calati. Qualcuno aveva addirittura cacciato qualche urlo poco virile, sovrastato, però, dalle grida della bionda che, con uno scatto aveva richiuso velocemente la porta. Ma, troppo concentrata su quel che aveva appena visto, non si era accorta del famoso cartello “ATTENZIONE. PAVIMENTO BAGNATO”, che a quanto pare provoca più incidenti dello stesso pavimento bagnato. Strano, no? Comunque… Lucy quindi non lo nota, e si becca un colpo di plastica (gialla per la precisione) direttamente sul ventre, facendola piegare in due. Ricordiamoci però che quel cartello ha comunque una funzione. Di fatti, la ragazza scivola e cade rovinosamente a terra, trascinando un (povero) cameriere che passava lì con un piatto di pasta in mano. Che si riversa sulla testa di Lucy. 
Oh poveretta, penserete. No, aspettate! Ancora non sapete della parte più bella! Loki aveva assistito a tutta la scena e se la stava ridendo dietro le quinte (senza aiutarla, ovviamente). Che gran uomo! Capirete bene che, dopo quell’incidente, Lucy non si era più fatta vedere dal rosso. Ed era il motivo principale per cui, in quel momento, stava parlando con Cana di consigli su questo campo. Era determinata a conquistarlo, ma la paura di ripetere quel fatto (ovvero di versare accidentalmente del caffè bollente sul ragazzo che le piace, di rivedere i genitali degli ultra-ottantenni a lei sconosciuti, di fare un’altra guerra con un cartello giallo, di scivolare su un pavimento dall’igiene impeccabile e di beccarsi della buona pasta al sugo come shampoo) era sana nella sua mente. Aveva chiesto aiuto a molti, finendo sempre per combinare disastri. Era davvero una frana, ma che ci poteva fare? Non poteva rimanere zitella per tutta la vita, non credete?
«E allora di chi stai parlando?» chiese Lucy, presa improvvisamente dalla curiosità su quale ragazza avrebbe dovuto sopportarla con le sue lagne. Cana sembrò aver letto i suoi pensieri, perché sorrise dolcemente e le prese la mano. 
«Lucy, non sarà facile, sappilo. È molto testardo e pretende tanto dalle sue… ehm …“allieve”. Non si arrabbia facilmente, ma non credo che qualcuno gli abbia mai chiesto tanto…» disse lei parlando con un tono tanto gentile quanto smielato. Ma alla bionda questo non interessava… Perché Cana stava parlando al maschile?!
«Cana… è una ragazza, giusto…?»
«Eh… Era un punto che non volevo toccare…Pensavo che avessi capito che… Beh sì, è un ragazzo…»
«Cosa?!» urlò la bionda, ponendo fine al loro contatto e lasciando la bruna con la mano a penzoloni. Fortuna che nessuno all’interno dell’aula le aveva sentite, a parte qualche universitario poco interessato alla lezione di astro-fisica e troppo interessato ai fatti altrui. «Oh avanti! Non è un dramma! Non ti molesta, tranquilla!» continuò l’altra, cercando un barlume di speranza.
«Non è questo Cana, lo sai! Sono il mio problema principale ed io dovrei farmi aiutare da uno di loro?!»
«Dannazione! Non dovevo dirtelo! Ascolta, ha aiutato anche me, che tu ci creda o no. Secondo te come faccio a sapere tutte queste cose?»
Lucy rimase interdetta per qualche minuto, per poi formulare una sola idea nella sua testa. Se Cana conosceva un uomo tanto bene, potevano esserci solo due motivi…
«Ti prego, dimmi che è gay» disse, creando un orrendo sorriso tirato.
«Veramente è più etero di me»
Cazzo. I gay non le facevano tanta paura, assomigliavano più alle donne, quindi…
C’era solo un’altra opzione…
«Te lo sei portata a letto, vero?»
«Non ci sai fare con i ragazzi ma queste cose le capisci al volo! Diamine, come fai?» rise la bruna, quasi come se si fosse liberata di un peso. 
Doppio cazzo. Perfetto. Se Cana aveva fatto cose sconce con un tizio, voleva dire che era paragonabile contemporaneamente a un dio greco (per quanto riguarda l’aspetto) e a una capra in calore (per quanto riguarda l’intelligenza). Un donnaiolo in poche parole. Bene, ora poteva morire felice! 
«Chi è Cana?» chiese la bionda, assottigliando lo sguardo e fissando seria l’amica. Il sorriso di quest’ultima, sempre presente, era tramutato da uno veritiero a uno finto. Lucy capì subito che c’era qualcosa che non andava, così ripropose la domanda.
«Cana, dimmi chi diavolo è…»
Beh, non proprio riproporre…
Cana, spazientita, sbuffò pesantemente, aprendo però bocca per parlare. Proprio in quel momento la lezione ebbe termine, facendole distrarre dalla discussione. L’aula si svuotò velocemente, costringendole ad alzarsi e a congedarsi col professore (che, stizzito, le aveva salutate con un grugnito e un cenno della mano). Il corridoio del college pullulava di studenti, alcuni conoscenti, altri mai visti prima.  «Ehi guarda! Ci sono Yukino e Sting davanti alla biblioteca!» sbottò Cana, tutta felice mentre si sbracciava per attirare la loro attenzione. Lucy, nonostante fosse molto amica sia dell’albina che del suo fidanzato, constatò che quello non era decisamente il momento adatto per parlarci. Prese di gran fretta il braccio della bruna, trascinandola con forza nella direzione opposta. La sentì protestare, ma lei aveva cose più importanti di cui occuparsi. Quando la ebbe a pochi centimetri dal viso, ripeté quella fatidica domanda che la stava letteralmente tormentando. 
«Cana, mi vuoi dire chi è il tipo che dovrebbe darmi consigli sì o no?!» 
Se dice di no l’ammazzo!
«Uff, speravo te ne fossi dimenticata…» rispose, scostando un ciuffo di capelli castano scuro dietro l’orecchio. Si guardò intorno, come per cercare qualcosa, finché il suo sguardo si posò su un gruppetto della squadra di basket della scuola. Era formata da sole tre ragazze, mentre il resto comprendeva ragazzi altissimi e magri come stuzzicadenti. 
«Lo vedi quello al centro, con la felpa rossa e nera? Ecco lui è il mio “ex-maestro”, quello che dovrebbe aiutarti» disse, puntando il dito sulla massa di persone. 
«Quello che ti sei portata a letto?»
«Ehm… Possiamo non parlarne più, per favore? Comunque sì è lui…»
Lucy si concentrò sul punto che indicava, mettendosi in punta di piedi per avere una visuale migliore. Sgranò gli occhi appena mise a fuoco l’immagine. «No... » disse solo, leggermente sorpresa e spaventata. «Sapevo che avresti avuto questa reazione…» affermò Cana, corrugando la fronte e sospirando in attesa di un urlo da parte della bionda. 
«Non puoi dirmi che è lui quello che dovrebbe aiutarmi! È un tale idiota!» gridò infatti, muovendo convulsivamente le braccia. 
«Questo lo so, ma non deve essere per forza uno scansafatiche senza cervello, solo perché è il capitano della squadra!»
Dice così solo perché ci ha fatto sesso!
Ma Lucy si era ormai distratta, troppo intenta a incenerire con lo sguardo il suo futuro mentore. Era un bel ragazzo, questo era un merito da attribuirgli. Aveva corti capelli rosa che ricadevano a ciuffi sulla fronte, occhi verde petrolio ed una bizzarra sciarpa bianca. S’intravedevano, fra le sue pieghe, i segni di un tatuaggio rosso, difficile però da interpretare perché oscurato dalla maglia. Stava scherzando animatamente coi compagni, aveva un sorriso molto ampio. Da non notare, però, le miliardi di ragazze, (comprese quelle del suo stesso team) appostate intorno a lui, che si stavano sciogliendo sotto i suoi piedi. A causa della sua “bellezza” e della sua “galanteria” era bramato da qualunque essere (vivente e non) presente in quei pochi metri quadrati. Per questo appariva insopportabile agli occhi di Lucy. Se avesse chiesto aiuto a uno come lui… Oh, non voleva neanche immaginare… L’avrebbe presa per il culo, o peggio, avrebbe raccontato tutto in giro… L’unica che sapeva di quella storia era Cana (a Loki aveva inventato la scusa di avere la febbre il giorno dell’incidente, perciò non riusciva a ragionare bene. Che genio!) e non si fidava pienamente neanche di lei, soprattutto quando era ubriaca. Quindi, come poteva essere sicura che lui fosse in grado di mantenere il segreto? Come poteva sapere se era davvero così bravo a insegnare quel genere di cose? No, non uno come lui… Lucy si girò nuovamente verso Cana, che la fissava altrettanto seriamente.
«Stai scherzando, vero?» disse la bionda, inclinando le labbra in una smorfia. Cana scosse la testa. 
«Almeno provaci…»
Lucy la guardò ancora, cercando in quegli occhi rassicuranti un po’ di comprensione. 
«Lucy, fidati di me... » 
Ah! Sembra facile!
«Lui ti aiuterà. E se si rifiuta, mandalo da me. Gli darò testate fino a che la testa non gli diventa un melone!»
Oppure, conoscendola, lo coinvolgerà semplicemente in una notte focosa. Oh beh, almeno non ci saranno feriti!
La bionda, comunque, non poté far altro che ridere a quell’affermazione, Cana ci sarebbe stata sempre per lei. 
«D’accordo, d’accordo, ci proverò… Magari domani, dopo lettere…» disse, coprendosi la fronte, nella speranza di avere almeno qualche linea di febbre per saltare le lezioni dell’indomani. Niente, era addirittura più fredda di quel che si aspettava. Forse stava morendo. 
Meglio!
«Spero che glielo chiederai veramente, altrimenti le testate spetteranno anche a te!» rise ancora la bruna. 
«Sì sì, tranquilla»
Certo, come no! Io invece spero di essere presa di petto da un camion!
Si diressero verso la sala mensa, era ora di pranzo e non se n’erano neanche accorte. Fu in quel momento che a Lucy venne in mente un qualcosa, qualcosa che doveva assolutamente chiedere a Cana…
«Aspetta… Ma almeno è bravo a letto?»
«Lucy!»
«Okay, okay, sto scherzando!»







Angolo del Pand__Icorn:
Salve a tutti! O ehilà! O ciao! Come vi va di più, insomma... :D
Mi sono intrufolata in questo fandom da pochissimo (ma davvero poco), nonostante conoscessi EFP da tanto (ma davvero tanto).
Questa è la mia prima storia in assoluto, e non vi nascondo che sono un po' emozionata...
*caccia via una lacrima col pollice*
...
No, non è vero...
Eppure mi ero ripromessa di sembrare una persona normale almeno qui.
Vabbè, fa lo stesso! :')
Comunque, sono davvero contenta di aver pubblicato il primo capitolo (che in realtà è il prologo) della mia primissima storia!
Spero che vi piaccia almeno un po'! :D
Anche pochissimo, ah! :D
Se vi fa schifo, potete lasciarmi anche una lunga recensione negativa, le critiche sono ben accette!
E alle volte mi divertono.
Forse questo non lo dovevo dire.
Tralasciando, fatemi sapere se ci sono errori grammaticali o se per voi i personaggi sono troppo OOC, in modo che possa mettere l'avvertimento.
(ho un'immensa paura che non si capisca un cappero della mia idea...)
Detto questo, mi dileguo! <3

Ecco, mi stavo dimenticando di dire una cosa importante.
Ci rivedremo molto presto, o almeno credo.
Per sfortuna non sono una persona costante, perciò potrà capitare, in futuro, che non pubblichi per mesi interi.
Perdonatemi in anticipo. 
Mi dileguo nuovamente<3



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Capitolo 2
*** Contract ***


Capitolo uno ~ Contract

Come accidenti ci era finita lì?!
Stava davvero facendo la fila per un ragazzo?!

Sì, stava davvero facendo la fila per un ragazzo e sì, ci era andata di sua spontanea volontà. 
Oddio, spontanea…
In realtà era stata Cana a trascinarla in quel casino. Che bello avere amici che ti minacciano di menarti, se non fai quello che dicono! Quanta bellezza! Strinse con forza la borsa da lavoro al petto, digrignando i denti. Quanto ancora doveva aspettare per una chiacchierata di due minuti, al massimo? Il suo sguardo contrariato seguiva con attenzione lo schieramento di ragazze, che la precedevano. Avevano tutte, all’incirca, la sua età, erano belle, formose, alcune un po’ bruttine, altre minute; altre ancora la superavano (e di molto anche) in altezza. Ve ne erano di tutti i tipi, insomma. E tutte, esclusa alcuna, si erano ammassate davanti alla porta della stanza di Natsu… Era incredibile come quel tipo sapesse gestire un numero così abnorme di donne. Ed era incredibile come, quel numero abnorme di donne (compresa lei), fosse entrato nel dormitorio maschile senza che nessuno fiatasse. Forse la gente era troppo intimorita da quell’onda di sociopatiche, provviste di fiori, letterine e persino cioccolato
Ed io ho solo il mio quaderno di fisica da donare, che tristezza… No, non gli do la borsa! Con i soldi che ci sono dentro, ci devo vivere!
Senza nessun preavviso, da un punto impreciso fra la folla, era affiorato il temuto preside, affiancato dal ben conosciuto professor Makao. Quest’ultimo si era prima schiarito la voce, per poi cercare di urlare un “Silenzio!” che non arrivò mai. Demoralizzato, si nascose in un angolo a piangere e deprimersi. “Romeo, perdonami!”, ripeteva, probabilmente, visto che non si riusciva a sentire neanche la propria voce. Si dovrebbe sottolineare che il professore era solito pronunciare quella fatidica frase ad ogni lezione; Romeo doveva essere suo figlio, ma perché mai avrebbe dovuto perdonarlo? Un mistero che non sarà mai svelato… Dal canto suo, il preside Makarov, costretto come sempre a dover assistere a quello spettacolo pietoso, non poté che battere qualche pacca sulla schiena del suo dipendente, offrendosi di ascoltarlo (per l’ennesima volta) davanti ad una fumante tazza di thè. Con la mano sulle spalle dell’uomo ancora in lacrime, il vecchio gonfiò minacciosamente il petto.
«Andate nelle vostre stanze a studiare, caproni! Non m’interessano i vostri ormoni o le problematiche adolescenziali che vi perseguitano durante la notte! Non sono uno psicologo e, in tutta sincerità, non voglio neanche sapere perché siete tutti ammassati nella camera del signor Dragneel! So solo che l’avete fatto piangere di nuovo! Di nuovo!» gridò, indicando ancora una volta il povero Makao, per poi sparire tra gli studenti. In pochi minuti, l’intero corridoio si svuotò, non lasciando il tempo a Lucy per pensare a cosa fare se avesse seguito le altre. Alla fine rimase lì, davanti alla porta, indecisa se bussare o ritornare al suo dormitorio. Se fosse andata via, non ci sarebbero state altre occasioni per parlare. Se fosse rimasta, beh…
Cosa c’era da perdere? Il suo segreto avrebbe fatto il giro del campus? Loki l’avrebbe scoperto? Sarebbe rimasta sola per l’intera vita? Sì, plausibile.
Aspetti positivi? A parte lo stesso parlare con un ragazzo delle sue difficoltà, avrebbe risolto il suo problema. Si sarebbe fidanzata con Loki. Si sarebbero sposati. Avrebbero avuto tre bam-
No, stava correndo troppo. Però doveva ammettere che gli aspetti positivi erano decisamente più allettanti…
Oh, al diavolo!
E così, come avrete intuito, Lucy bussò. Bussò alla porta del ragazzo che le avrebbe cambiato la vita. Bussò al ragazzo che l’avrebbe salvata. E poi bussò ancora. E ancora. E poi bussò con enfasi. Poi con fastidio. Poi con irritazione. Poi bussò come se volesse sfondare il palazzo. Bussò, o meglio, prese a calci il legno. 
Che sta facendo lì dentro di così importante?! Sta insegnando ad un triceratopo a ballare il tiptap?!
Ormai era (quasi) sul punto di evocare un demone per farsi sentire, finché la porta si aprì con un cigolio fastidioso, mostrando la figura atletica del rosato, le cuffie che dondolavano parallele alle braccia. 
Le cuffie!
Il ragazzo la guardò confuso, forse cercando di capire chi fosse la persone che aveva quasi fatto un buco nell’uscio. 
«Ciao, ehm… posso aiutarti?» disse solo, sorridendo calorosamente.
Lucy rimase immobile per qualche minuto, le guance che minacciavano di andare in fiamme, era pur sempre un ragazzo!
«No…» rispose flebilmente la bionda.
Ma no cosa…?
«Cioè sì!»
Non ho idea di cosa sto dicendo…
«Aspetta perché vuoi sapere se…»
Sapere cosa?!
«No, ho capito che vuoi dire, ma…»
In realtà non ho capito…
«Ma tu… Tu avevi le cuffie e…»
Sto borbottando!
«Dammi un minuto di tregua!»
A quella frase, quasi strillata, Natsu sussultò impercettibilmente. La sua faccia era epica. Era un miscuglio fra lo spaventato, lo scioccato, il divertito e il “Non ho capito una mazza di quello che hai detto in questi trenta secondi”. Per tutta la durata della discussione, aveva cercato di fermare la parlantina della ragazza con qualche gesto della mano, e aveva addirittura provato a prendere la parola, senza successo. In conclusione si era arreso a quella specie di macchinetta spara parole che aveva davanti. 
«Sono contento che tu abbia capito quel che ho detto, perché il mio cervello si è fermato a “sì”» sentenziò, ridendo tranquillamente e porgendole la mano. 
Lucy, rossa in viso e quasi tremante, decise di stringerla, convinta che fosse la cosa giusta da fare. 
«Piacere, mi chiamo Natsu Dragneel, ma devi già saperlo, visto che mi hai quasi distrutto la porta»
Perché ride, dicendo queste cose… Io mi sento uno schifo…
«Io sono Lucy Heartfilia, piacere di conoscerti» si presentò, distogliendo lo sguardo e puntandolo a terra. Natsu sciolse la stretta, per appoggiare il gomito al muro e prendere una posizione disinvolta. 
«Allora… Perché sei qui?» disse, non smettendo di sorridere.
«Cosa...?»
«Ti sto chiedendo perché bussavi»
«Oh giusto!»
 Lucy si spazzolò in modo nervoso la gonna di tessuto blu, con scacchi grigi e ricami rosa confetto. Si sistemò con fare regale il fiocchetto che ricadeva dolcemente sulla camicia bianca, per poi alzare la testa, pronta ad affrontare la sua più grande paura…
«Niente, mi andava di bussare» affermò infine.
«Non ci credo, sembrava piuttosto urgente» disse il rosato, incarnando un sopracciglio in segno di sfida.
«Non… Non era urgente…»
«Sì invece»
«N-no…»
«Assolutamente sì!»
Va bene, mi arrendo!
«Okay, sì, era urgente, ma adesso non ha più importanza…» sospirò la bionda, puntando i talloni per apparire indifferente. 
Davvero non ha più importanza?!
«Ehi… Dalla tua faccia afflitta non sembra…» osservò lui, facendo ricadere le braccia lungo i fianchi. 
Okay Lucy, prendi un bel respiro…
«Tu… Conosci Cana Alberona…?» sussurrò sconfitta, con un fil di voce. 
«Sì, perché?» domandò Natsu, corrucciando la fronte.
«Ecco…»
Diamine, un po’ di coraggio, cagasotto! 
«Non è che ne potremmo parlare dentro la tua casa, Natsu?» 
Il rosato sembrò piuttosto spiazzato da tale richiesta, ma, senza ribattere, si spostò di lato lasciando uno spiraglio libero. E fu così che Lucy entrò. Per la prima volta, era letteralmente dentro l’abitazione di un ragazzo…
Un ragazzo…
Doveva ammettere, però, che era notevolmente diversa da quel che si sarebbe immaginata. Era sicura di trovare tappeti sopra i lampadari, divani al contrario, sorretti solo da joystick, scimmie che ballavano sopra le pile di piatti sporchi e nonni ubriachi appena alzati con solo i boxer ed una bottiglia di rum accanto. Invece la stanza, in questo caso la cucina, era più pulita di quanto potesse essere lei in quel momento. Proprio davanti, vi era solo un tavolino rotondo circondato da sedie di plastica bianca, dei fornelli e un piccolo frigorifero, almeno la metà di uno normale. In compenso, tutta la parete era tappezzata da mensole, che probabilmente contenevano cibo per secoli di carestie. A destra della cucina, senza alcuna porta a separarli, c’era un mini soggiorno, compreso solo di un divano ed una televisione anni ’90. Era davvero sconvolgente l’ordine lì dentro, batteva persino le ville Heartfilia! No, okay, quelle no, erano insuperabili. 
«Wow, qui dentro è tutto così…» sospirò, lasciando la frase a metà.
«Non è merito mio, né dei miei compagni di stanza. Se vuoi parlarne con qualcuno, fallo con Levy. È lei che ci costringe a riordinare, dovresti vedere com’è qui dentro il sabato sera!» affermò lui, ridente e sorpassandola a grandi falcate, per raggiungere una delle mensole. Lucy rimase immobile a fissare la sua schiena per qualche minuto, osservando ogni contrazione di ogni muscolo, visibile dall’aderente maglietta bianca. Si accorse solo in seguito che, nell’alzare un braccio per prendere una scatoletta di cartone giallo, Natsu aveva involontariamente mostrato una striscia di pelle scura e liscia. Le si fermò il cuore per qualche secondo. Faceva strano osservare il fondoschiena di un ragazzo, ora capiva il perché delle esagerate reazioni delle sue coetanee. Doveva ammettere che non era per niente una brutta visione, anzi! Se Cana fosse stata lì, lo avrebbe definito come “tremendamente sexy”; peccato, si era persa quello spettacolo.
Ah. Giusto. Mi ero dimenticata che lei l’ha già visto nudo.
Concentrata com’era, non si era neanche accorta che Natsu si era ormai girato, guardandola stranito e improvvisando un mezzo sorriso.
«Posso chiederti perché stavi fissando il mio sedere?»
«Cosa? No io… Emh… Pos-Posso sedermi qui?» balbettò la bionda, cambiando discorso e indicando una delle sedie bianche. 
Il rosato annuì, per poi girarsi nuovamente, diretto verso la macchinetta del caffè. «Allora, ti va del cappuccino, del latte o… non so, una tisana rilassante?» chiese, versando del caffè nero in una tazzina. 
Una tisana rilassante...? Beh, sarebbe perfetta adesso, effettivamente…
«Preferisco la tisana, grazie. Anche tu un appassionato d’infusi?» domandò la ragazza, accomodandosi silenziosamente e incrociando le gambe per non far notare il nervosismo. 
«Ad essere sinceri no, li odio» si voltò verso di lei, sedendole davanti «Ma Gajeel li compra sempre, l’ho visto più volte bere una di queste»
«Suppongo che Gajeel sia il tuo compagno di stanza…» 
Lucy prese la tazza fumante che le aveva porto: era in ceramica blu, con delle scimmiette stilizzate vestite da pagliacci incise sopra.
Allora le scimmie c’entrano alla fine… 
«Sì, è uno dei due. Il fatto è che ha diversi incubi la notte, si sveglia piangendo e gridando “Lily!” tutto il tempo, fino a svegliarmi (e ce ne vuole…). Poi si alza e beve la tisana per riaddormentarsi»
«Quindi le avete sempre comprate»
«Veramente non proprio… La prima volta che è successo, l’ho trovato in cucina a predicare in un angolo del divano, con la faccia sporca di zucchero e cioccolato. Si era mangiato il gelato alla vaniglia di Gray ed i miei donuts. Gliel’ho fatta pagare di brutto quella volta!» ribadì Natsu, con tono trionfante.
Povero ragazzo… chissà che tipo di persona sarà…
Non poté, però, fare a meno di ridere ascoltando quella storia, lei aveva i suoi problemi imbarazzanti, ma si era quasi dimenticata che anche gli altri erano umani. Quando poi si asciugò le lacrime, si rese conto che il rosato la stava osservando, ridendo complice con lei. Non s’immaginava fosse tanto bello ridere con un ragazzo, così liberatorio, quanto divertente. 
«Quindi, Lucy, perché ti premeva tanto il fatto di parlarmi dentro casa invece che fuori?» domandò lui, rompendo l’atmosfera venutasi a creare.
Il sorriso della bionda sparì all’istante, mostrando solo i tratti tipici di tensione. Deglutì gradualmente il boccone amaro che aveva percepito sulle labbra. 
Perché se l’è ricordato?! Non potevamo continuare a parlare delle sventure altrui, invece di tirare in ballo le mie?!
Ma sapeva di doversi fare coraggio. Non poteva più scappare, lo sapeva bene. Alzò la testa, senza fretta, mantenendo sempre lo sguardo rivolto a terra, incapace di incontrare i suoi occhi penetranti. Respirò piano, gonfiò il petto e aprì la bocca per parlare…
«Voglio fare un altro giro di quella cosa rilassante, per favore!» gridò, tirando la tazza verso il ragazzo, letteralmente stupito.
«Sembri ubriaca! Non è che queste cose contengono droga?» mormorò il rosato, versando lo strano liquido verde come ordinato.
«Bene Natsu, prima di parlare devi farmi una promessa…» lo guardò negli occhi, trovandoli sempre più belli. Avevano qualcosa di speciale, intrigante, quel verde chiaro sfumava, fino a fondersi col verde petrolio delle pagliuzze nascoste nell’iride, rendendo ogni sua occhiata intensa. 
«Devi promettermi che… che tu non ti metterai a ridere!» affermò la ragazza, impaurita, sigillando le palpebre.
Natsu sgranò gli occhi, cominciando a ridacchiare «Beh, dipende»
Come dipende? Che vuol dire dipende?!
 «Se mi fai vedere quello strano video in cui il preside lotta in mutande con una spada laser, non posso far altro che vomitare, come l’ultima volta!» disse, sorridente.
Ed io sarei venuta fino a qui per fargli vedere un vecchietto mezzo nudo che gioca a Star Wars?!
«P-Perché mai dovrei fare una cosa del genere?» chiese Lucy, arrossendo di colpo. Il ragazzo scrollò le spalle, passando il pollice fra le venature della tazzina.
«Non ti dovevo far vedere nessun video… Solo che… Ho bisogno del tuo aiuto, Natsu…» sospirò la bionda, confessandosi in un sol fiato.
«Del mio aiuto? E su cosa scusa?» rispose l’altro, sembrando piuttosto confuso.
«Beh, Cana mi ha parlato di te… Mi ha detto che tu sei bravo nei consigli… e-e con le donne… Ecco, io…»
Lucy non riuscì a finire la fatidica frase, che sentì un tonfo e, alzando lo sguardo, vide Natsu sbattere con forza la tazzina sulla credenza, prima di pronunciare qualche vocabolo decisamente non elegante. 
Okay che è imbarazzante, ma reagire in questo modo è davvero esagerato! Neanche gli avessi detto che le sue sopracciglia assomigliano a quelle di Moira Orfei!
«Diamine, chi cavolo le ha dato il permesso di…?!» il rosato continuava a borbottare, camminando avanti e indietro, come un povero pazzo che non ricorda in che direzione è la propria casa. Dopo qualche minuto, passato a maledire tutto l’albero genealogico di Cana, il ragazzo si accasciò sulla sedia, poggiando i gomiti sul tavolino e nascondendo il viso fra le braccia. 
«Perché l’ha fatto?» piagnucolò disperato, lasciando Lucy spiazzata.
Questo tizio ha più sbalzi d’umore di una dodicenne!
«Scusa, ma perché te la prendi tanto?» sussurrò la bionda, avvicinandosi leggermente per ascoltare la risposta. 
Sentiva solo delle parole, sconnesse fra loro, tipo “segreto”, “non avrebbe dovuto” e “ucciderla”, insieme a qualche “uhm” sommesso. Non aveva senso tutto ciò. Si fece ancora più vicina, ripentendo ancora di non aver capito bene. Ci fu qualche secondo di silenzio, prima che Natsu alzasse il capo di scatto, facendo arretrare impaurita la ragazza, schiacciata, ormai, alla sedia. 
«Ho detto che era un segreto, e quando l’ho aiutata, lei non avrebbe dovuto raccontare niente in giro sui consigli che le davo! Invece lei l’ha detto a te, il che è grave, perché se lo scopre qualche ragazzo, sono un uomo finito! Ed ho anche detto che ho tanta voglia di ucciderla!» gridò lui, ancora poggiato sui gomiti, e con i denti bianchi digrignati dal fastidio.
«O-okay, scusa, non volevo farti arrabbiare…» riuscì a dire la bionda, sentendo gli angoli degli occhi bruciare per i sensi di colpa. 
I ragazzi sono fin  troppo rudi per i miei gusti, forse è meglio rinunciare…
«Scusa» pronunciò di nuovo, prendendo la borsa in grembo e muovendo le gambe come per alzarsi. 
«No, scusami tu…» 
Come come?!
Natsu adesso non la guardava più, aveva il viso rivolto al pavimento, mentre sbuffava seccato. Quelle scuse dovevano costargli davvero tanto. Lucy, invece, lo guardava ancora interrogativa, senza neanche respirare, aspettando che fosse lui a prendere parola. 
«Non c’è nessun motivo di andarsene… Quindi, per favore, resta qui»
Lucy sentì l’intero corpo andarle in fiamme. Le stava chiedendo di rimanere? Aveva accettato di aiutarla?! Sul serio?!
Oddio! Tutto questo è così dolce che ci vorrebbe una canzone di Barbra Streisand in sottofondo!
Ma forse era veramente lei a doversi scusare. Insomma, la sua reazione era stata esagerata.
«No, ehm… Scusa tu invece, non dovevo farti arrabbiare né chiederti una cosa del genere, sarai già abbastanza esasperato» disse, riponendo la borsa sul tavolo.
«Dobbiamo continuare a scusarci a vicenda per non aver fatto nulla di concreto?» chiese il rosato, sorridendole dolcemente. Lei sorrise di rimando, trovando estremamente carine le fossette che apparivano sul viso del ragazzo. 
«Di che tipo di aiuto avresti bisogno quindi?»
La bionda mise due dita sotto il mento «Beh, in realtà non so come spiegarlo. Semplicemente vorrei che tu mi insegnassi a parlare coi ragazzi…» sussurrò, con sforzo.
Il rosato, però, incarnò un sopracciglio, confuso.
«Come parlare con un ragazzo? Lo stai già facendo»
«Beh, ma non parlare nel senso di parlare…»
«Continuo a non seguirti» disse Natsu, scuotendo la testa. 
«Hai presente quando hai una cotta per qualcuno?»
«Sì, certo»
«Una di quelle cotte che ti porti per un sacco di tempo?»
«Sì»
«E hai presente quel momento in cui sai di avere una cotta per qualcuno, ma sei sicuro che non potrai mai parlarci perché fai schifo nelle conversazioni con l’altro sesso?»
«Eeeeh… Non credo di volerlo avere presente…» 
Lucy si portò una mano alle tempie, rendendosi conto di parlare come un libro chiuso. Diamine, era così difficile spiegare un concetto così facile?!
«Non riesco a parlare bene con i ragazzi, okay? Quando mi trovo in situazioni imbarazzanti con loro, mi tremano le gambe e mi sento collassare, come se il mio stomaco fosse tutto attorcigliato –gli sentì dire “Magari hai solo fame” ma lo ignorò completamente, proseguendo- e inoltre arrossisco quasi subito. Ed è ancora peggio quando sono con lui, anche se lo vedo solo da lontano già ci sono i sintomi! Il fatto è che vorrei parlarci e stare più in sua compagnia… ma non riesco neanche ad avvicinarmi…»
«In pratica vorresti flirtare con lui in modo da “conquistarlo”, ho capito bene?» la interruppe lui, guardandola divertito.
«Sì… Esatto» rispose lei, sentendosi stranamente felice.
L’aveva capita al volo. Subito. A Cana c’erano volute tre settimane di disegnini sul blocco appunti. Invece lui no. Sapeva bene che, come lo aveva spiegato, non si comprendeva neanche una singola parola, ma lui aveva comunque afferrato il concetto. 
E so benissimo che, vista la sua faccia in questo momento, gli sto sorridendo come un ebete.
«Beh, allora è semplice!» affermò Natsu «Ci vorranno molte lezioni però… Quando sei libera?»
Sembrava quasi un appuntamento.
«Non so» disse la bionda, pensandoci su.
Non c’erano giorni in cui era libera, materialmente. Il corso di teatro e di scrittura la prendevano troppo. Tranne il mercoledì.
Il mercoledì… certo!
«Il mercoledì! È l’unico giorno! Anche perché il mercoledì c’è un corso di recupero di fisica, è una scusa perfetta, e Juvia, avendo nuoto, non dovrebbe neanche chiedere spiegazioni!»
Natsu la guardò spaesato.
«Juvia… Il nome mi dice qualcosa…» sospirò, portando il pollice al mento. «Comunque mercoledì va benissimo, non ho allenamento, quindi» continuò poi, sorridendole.
Sembrava contento di aiutarla. 
«Allora… Dove dovrebbero tenersi queste… lezioni…?» chiese la ragazza.
«Andrebbe anche vederci qui. Gajeel e Gray hanno lezione di matematica, la casa è libera»
«Oh okay…»
Lucy si strinse nelle spalle, vedersi con un ragazzo ogni mercoledì era già un primo passo.
«Quindi… Qui alle quattro?»
«Perfetto!»
Seguì un lungo silenzio imbarazzante, che sembrò durare minuti interminabili. 
Il rosato si alzò dalla sedia, stiracchiandosi e andando a prendere dei pancake surgelati. Aveva proprio fame. 
«Dobbiamo decidere su cosa si baseranno le lezioni» asserì «Ma per farlo ho bisogno di sapere chi è questo misterioso individuo» 
Lucy quasi non si affogò con la sua stessa saliva. 
Perché?! Che bisogno c’è?! Non gli ho chiesto di fare l’agente di Law & Order!
«Perché vuoi saperlo?»
«Perché magari è mio amico, e so che tipo di ragazze gli piacciono» sorrise lui, guardandola stranito. «Non per altro»
La bionda sospirò, indecisa sul da farsi. 
Oh, ma al diavolo questa indecisione!
«Lo-Loki…» sussurrò appena.
«LOKI?!» 
Neanche il tempo di farla proseguire. Natsu sembrava sbalordito quanto lei. Cosa c’era di così strano?
«Loki, il Leone d’Oro?» domandò il rosato, alquanto terrorizzato.
«Sì»
Lucy corrucciò la fronte.
C’è qualcosa di sbagliato?
«P-Perché proprio Loki?!»
«Beh, lo conosco da quando sono nata… Le nostre famiglie sono molto amiche… Perché?»
«A-Ah! Ecco perché! Certo, certo. Beh, sì, lo conosco, è nella mia squadra! Gran bella persona! Solo che, sai, alle volte ci possono essere delle divergenze…» disse, quasi fra sé e sé.
Si passò una mano fra i capelli (una vista molto hot, solo che Lucy, troppo presa dalla discussione, non se ne accorse), per poi rivolgerle un sorriso tirato.
Questo ragazzo è strano…
«Allora!» proferì lui, cambiando discorso e sempre con quello strano tono di voce. «Preparerò le lezioni più tardi… Solo, volevo chiederti…»
La guardò per qualche minuto, e Lucy si sentì come scavare dentro. Quegli occhi così pieni e profondi, le davano l’impressione che non avessero una fine.
«Ti interessano delle lezioni sulle relazioni anche in quel senso? Sai, faccio tipo delle lezioni extra sul… D’altro canto si vede che tu…»
Io cosa, scusa?!
E poi lezioni extra su…?

Sgranò gli occhi.
 Ora era tutto più chiaro. Ecco come Cana era finita a letto con lui. Con una lezione del cavolo! 
«Cos’è che si vede?! Che sono vergine?! Sì, perché ti crea problemi?!» urlò, alzandosi e facendo cadere la borsa con un tonfo. Il rosato sgranò gli occhi, consapevole di averla ferita.
«No, no, non volevo…» cercò di dire, interrotto subito dalla ragazza.
«Cos’è che non volevi?! Sei come tutti gli altri! Ora capisco perché non riesco a parlare con voi, perché ho paura di trovare qualcuno come te! Un idiota che cerca di adescare delle povere ragazze in cerca di aiuto, con la scusa di “lezioni gratuite”! Non dovevo credere alla balla del “Re dell’amore”; ma per favore! Lezioni sul sesso! Scommetto che prima ti prendi la verginità delle ragazze che dici di aiutare, e poi gli dai qualche consiglio preso su Internet! Ma non con me! Di questo puoi stare tranquillo! Puoi disdire tutto!»
Ormai non le rimaneva più niente da dire. Batté con forza i piedi al suolo, raccolse la borsa, pronta ad andarsene, prima di sentire qualcosa di bollente sul polso. 
«Aspetta un minuto» sussurrò Natsu, stringendo la presa ma senza farle male.
«Lasciami!» lo strattonò Lucy, voltandosi e ritrovandolo a pochi centimetri dal suo viso.
Dannazione ai suoi stupidissimi occhi verdi!
«Ricominciamo da capo» dichiarò il ragazzo.
«Non ricominciamo niente noi due!»
«Dai, avanti! Si chiude una porta e si apre un portone!»
«Io non mai aperto neanche uno spiraglio con te!»
«Okay, comincio io» la fermò lui, ridente. Le porse una mano con fare regale, rendendosi assolutamente ridicolo. 
«Qui presente al suo cospetto, Sir. Natsu Dragneel, che con grande piacere fa la sua conoscenza» disse, inginocchiandosi.
Lucy, contro il suo volere, rise divertita. Era davvero un ragazzo strano. 
«Non mi sono mai piaciute queste cose» rispose solo, nascondendo il sorriso.
«Oh, certo madame, perdoni la mia svista» si scusò il rosato, ricomponendosi in posizione eretta e schiarendo la voce.
«Ciao» affermò, allungando la mano verso di lei. «Mi chiamo Natsu Dragneel»
«E io Lucy Heartfilia» ribadì lei, roteando gli occhi e sorridendo, non potendo farne a meno.
«Aspetta, fammi finire» disse Natsu, sorridendo a trentadue denti «Prendi la mano»
Lucy lo guardò. Era curiosa di sapere cosa avrebbe detto. Ed era strano come si fosse pentita di quel che aveva detto poco prima. Almeno, su alcune cose sì. Fu così che strinse le dita alle sue. Calde, come si era immaginata. 
«Mi chiamo Natsu Dragneel» ripeté lui «E sono vergine»




«Eh…?»







Angolo della neo-autrice:
Ehi!:)
*coff coff*
Inizio scusandomi per la mia assenza. Non aggiorno da secoli, e lo so…
Ma sapete, la mia vita non è facile… Io, in realtà, sono un uomo, e non è semplice farsi accettare dalla comunità…
No, non è vero, sono solo super attiva e faccio diecimila cose al minuto! :D
Oppure, ci sono giorni in cui la pigrizia ricopre la mia gioia di vivere, e mi ritrovo a sbavare in uno stato comatoso! :D
(piccole perle sulla mia vita)
Comunque, questo è il primo vero capitolo! Per i miei standard da “scrittrice” è un po’ lunghetto, per questo il secondo capitolo (già pronto!) l’ho accorciato leggermente.
In ogni caso, spero sia di vostro gradimento, come al solito! :D
E mi raccomando, lasciate recensioni di ogni tipo: positive, negative, gialle, viola, blu, non importa! 
Spero (e non prometto niente…) di aggiornare presto.
Grazie in anticipo<3
Pand__Icorn<3

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Capitolo 3
*** What?! ***


Capitolo due ~ What?!
 
«Eh?»
Lucy sbattè le palpebre più volte.
Co- Come? Cosa vuol dire?
Era assolutamente impossibile! Cana aveva detto che loro due… Impossibile!
C’era qualcosa che non andava… Decisamente…
«Ehm, puoi anche lasciarmi la mano. Se vuoi…»
Era vero. Teneva ancora ben stretta la mano di Natsu. Ma non l’avrebbe lasciata. Era ancora troppo turbata.
Che razza di droga si è preso per dire di essere vergine?!
«Ehi, mi senti?»
Natsu continuava a strattonarla, eppure lei non accennava a muoversi. Aveva la bocca mezza aperta; sembrava in uno stato comatoso.
«Scusa, ma- ma cosa intendi?» riuscì a dire, stropicciandosi gli occhi con la mano libera.
Il rosato alzò un sopracciglio. «Sono vergine, cosa c’è di tanto strano? Mi hai appena detto lo stesso di te!»
«Ma Cana. E le lezioni sul sesso e… E Cana!»
«Cosa c’entra Cana?» chiese il rosato, scuotendo la testa, confuso.
E te lo dovrei spiegare io?!
«Cana mi ha detto che siete andati a letto insieme!» disse la bionda, alzando la voce.
Natsu sgranò gli occhi. «Cosa?!»
E Lucy avrebbe anche detto che non ci stava capendo davvero niente di come fossero andate le cose, se non fosse che qualcuno d’inaspettato decise di bussare sonoramente alla porta proprio in quel momento.
«Fiammifero, apri questa porta! Io e il ghiacciolo qui ci siamo dimenticati le chiavi!»
«Come mi hai chiamato ferraglia?!»
«Cazzo.» ringhiò il rosato, notevolmente preso dal panico, mentre spostava lo sguardo dalla porta a Lucy e viceversa.
«Che succede?» chiese Lucy, ancora scioccata.
«Non puoi stare qui!» sussurrò il rosato, attento a non farsi sentire e afferrandola per le spalle «C’è una porticina nella mia stanza, nasconditi lì!»
«Fiammella! Muovi il culo e apri questa porta!»
Lucy rimase bloccata.
Quale porticina?
Quale stanza?!
«Vai!»
Natsu le fece segno di proseguire, agitando freneticamente le mani.
Dove diamine devo andare?!
La ragazza girò su se stessa, senza sapere bene cosa fare. Poi, con le braccia al vento, corse verso un corridoio, prima di sentire la porta schiudersi.
«Era ora! Perché ci hai messo tanto ad aprire?»
«Avevo le cuffie alle orecchie, ghiacciolo! La prossima volta ricordati le chiavi!»
Merda, merda, merda!
Si guardò intorno, cercando disperatamente un qualcosa che assomigliasse a una stanza da letto.
Si rese conto di essere alla fine del corridoio e, presa dall’ansia, s’infilò nella prima porta socchiusa che trovò.
«Perché hai preso le mie tisane, fiammifero?!»
Merda!
Grazie alla sua immensa fortuna (forse) la stanza in cui era entrata era proprio una stanza da letto. Tutto regolare. C’erano tre letti, vestiti sparsi qua e là, un bagno e cose da stanza da letto. C’era solo un piccolo problema…
Dove cavolo è la porticina?!
Avrebbe certamente cercato meglio, ma quando sentì dire: “Mi scappa, devo andare in bagno”, da qualcuno che non era Natsu, realizzò che il bagno era proprio nella stanza.
La stanza dov’era lei.
Ah, dannazione! Odio questa vita!
Decise, allora, di usufruire dell’unica porticina presente nella camera. Quella dell’armadio. Sì, avete capito bene, entrò dentro l’armadio, neanche stesse cercando Narnia.
Appena chiuse le ante, si ritrovò sommersa da vestiti (maschili, ovviamente) e da un’indecifrabile puzza di sudore e muffa. Più sudore, in realtà.
Trattenne il fiato (incredibile!) quando udì che qualcuno era entrato, sbattendo con forza la porta del bagno.
«Finalmente!», gli sentì dire, probabilmente quello doveva essere Gray. O forse Gajeel?
Capì che qualcun altro era nella camera, e a quel punto si rese conto che tutti e tre i coinquilini erano lì dentro.
«Muoviti Gray, scappa anche a me!»
Sì, quello nel bagno era sicuramente Gray. E quello che aveva parlato doveva essere Gajeel.
Certo che ha davvero un gran vocione per uno che piange la notte!
I suoi pensieri, però, furono interrotti quando, con suo terrore, l’armadio venne spalancato proprio da Gajeel, con una maglietta arrotolata nella mano.
All’inizio rimase interdetta: aveva piercing dappertutto, capelli lunghi fino ai fianchi e degli occhi rossi facilmente attribuibili ad uno stupratore seriale.
E questo qui dovrebbe essere un fanatico delle tisane rilassanti?! Non è che gliel’ha prescritto la polizia per paura che compisse altri omicidi?!
Ma quando comprese di essere in bella vista, cercò con lo sguardo Natsu, in una chiara richiesta di aiuto.
Quest’ultimo, già nervoso, stava fissando il pavimento con aria pensierosa. Fu solo un caso, ma quando vide la biondina nell’armadio, con Gajeel davanti che, chinato, non si era accorto di nulla, si raddrizzò sul posto, gli occhi diventati due palloni. Ma non le aveva detto di nascondersi nello sgabuzzino?!
La povera Lucy serrò le palpebre. Solo pochi secondi e quell’energumeno l’avrebbe trovata avvolta negli abiti appesi. I suoi abiti.
Ma per fortuna, Natsu lo precedette.
Lucy lo vide solo afferrare una felpa, usarla per coprire la faccia del compagno, per poi farle cenno di scappare.
«Che cosa fai, idiota?!» urlò il corvino, cercando di liberarsi.
Fu un attimo.
La ragazza sgusciò repentina dal suo nascondiglio, scavalcò i due giocatori riaversi sul pavimento e corse via. Superò il corridoio, arrivò alla cucina, dove c’era ancora la sua borsa, buttata sotto una sedia, nel tentativo di renderla invisibile. La raccolse con un gesto veloce, prese fra le dita la maniglia fredda e spinse con forza.
Senza rendersene conto, si ritrovò in ginocchio, con la porta dietro le spalle e il fiatone che le faceva bruciare i polmoni.
Era appena accaduto un miracolo.
Ma gliene sarebbe servito un altro, visto quello che stava per fare.
 
*
 
Cercò di salire le scale senza avere un collasso.
Era corsa fino al suo dormitorio, nella speranza di poter fare una bella doccia fresca e di schiarirsi le idee.
Tentò di ritrovare la chiave magnetica della sua camera nella tasca, ma lì non c’era niente, a parte gli innumerevoli fazzoletti usati. Era appena uscita da un brutto raffreddore.
Magari era nella borsa.
Dannata chiave magnetica, come fa a sparire sempre?
La sua stanza e quella della sua coinquilina Juvia, era l’unica ad avere una chiave magnetica invece che una normalissima chiave. Questo perché, visto che erano molto fortunate, due anni prima, furono le ultime ad arrivare. I posti erano limitati, e non c’era luogo in cui lasciarle dormire. Tranne uno, in realtà. La vecchia camera dell’inserviente, all’ultimo piano del dormitorio femminile. Per fortuna, poteva occupare un limite di due persone, e così Lucy e Juvia finirono insieme.
Non che la loro convivenza fosse proprio nella pace degli angeli, ma non lo sarebbe per nessuno, poiché avevano la camera davanti a quella di Erza Scarlet, reginetta di scherma.
Nonché addetta alle prove di emergenza.
In pratica, doveva anche stabilire la tranquillità all’interno del dormitorio.
Un incubo.
Alla fine, la chiave era nella parte esterna del giubbotto.
Stupida.
Passò la carta sulla serratura e spinse. Niente. Come al solito la porta era bloccata.
Juvia aveva fatto presente più volte al preside che avere una porta che si chiudeva o si apriva a piacimento non era molto sicuro. Ma, nonostante la serratura rotta, nessuno si era mai degnato di aggiustarla.
Poggiò la fronte sul legno.
«Juvia! La porta è bloccata!» gridò, esausta.
Non rispondeva. Magari anche lei stava facendo una doccia. Juvia ci metteva anche ore sotto il flusso d’acqua. L’adorava.
«JUVIA!»
Ma lei aveva bisogno di Juvia, in quel momento. Al diavolo la doccia!
«Juvia arriva fra un minuto!» le sentì dire.
Per fortuna niente doccia, o poteva pure morire sulla moquette.
Ancora non capiva perché parlasse in terza persona. Che avesse una doppia personalità?
Possibile.
La blu camminò fino alla porta, la forzò per qualche minuto, ma senza risultati.
«Juvia non riesce»
«Oh dannazione!» disse la bionda, fra i denti.
«Juvia si chiede perché proprio a noi questa tortura!»
Me lo chiedo anch’io.
«Lucy, la maniglia qui è proprio bloccata!»
Lucy sbuffò pesantemente. Era proprio destino.
«Ehm, senti Juvia, torno dopo, tanto dovevo fare delle commissioni» affermò.
«Okay, Juvia è sempre qui»
La bionda sorrise, prima di ritornare alle scale. Juvia era buona quando voleva.
Quando vuole…
Diciamo che non era proprio quel tipo di persona… calma, ecco.
Era esattamente il contrario.
Ad esempio, se trovava anche solo uno straccio fuori dal suo posto, Lucy rischiava seriamente di essere strangolata dalla sua coinquilina.
Seriamente.
Non che la fissa di Juvia per l’ordine fosse solo un male, d’altro canto buona parte della stanza era sempre sistemata.
Tranne la parte di Lucy. Lei era un caso perso.
Insomma, Juvia non era proprio sana di mente. Ogni tanto, anzi, molto spesso, la blu tornava di sera tardi, sostenendo di andar a trovare un suo vecchio amico agli allenamenti di basket. Ma Lucy sapeva che c’era qualcosa sotto. Juvia non amava le persone, tendeva più ad essere indifferente. E poi, se avesse avuto un amico così “intimo”, gliene avrebbe parlato. Le avrebbe accennato almeno il nome. Invece niente. Proprio nulla. E poi, che motivo aveva di portarsi sempre dietro quell’ingombrante macchina fotografica dell’87? E perché, ogni santa mattinata, la trovava seduta sul letto, a sfogliare ammaliata un libretto, che teneva ben riposto in un cassetto? E perché quel cassetto era sempre chiuso a chiave?
Ma probabilmente la bionda si faceva solo troppi problemi al riguardo.
Respirò a pieni polmoni (non con poca ansia), quando si ritrovò davanti alla porta di Cana.
Forse, quello sarebbe stato il suo primo litigio con lei. Forse, sarebbe finita male. Avrebbe rovinato un’amicizia.
Ma cazzo! Io voglio sapere la verità!
Spalancò la porta, sapendo benissimo, date le abitudini, che la ragazza la teneva sempre aperta.
«Dove diamine sei? Vieni fuori Cana!» gridò, togliendo la giacca e buttandola sopra il divanetto di pelle nera.
«Chi accidenti è?!» la sentì urlare.
La figura della bruna spuntò da dietro una colonnetta, una gamba tesa e dello smalto rosso in mano.
«Ah, sei solo tu!» sospirò, rivolgendole un sorriso. «Sono contenta che tu sia qui! Com’è andata con il tuo “nuovo maestro”?»
«Sei contenta che io sia qui? Davvero?» domandò Lucy, chiaramente sarcastica. «O stai mentendo anche su questo?»
Cana assottigliò lo sguardo «Che intendi dire?»
«Perché mi hai detto che sei andata a letto con Natsu?»
«Perché è così» disse l’altra scuotendo le spalle.
«No che non è così, Cana! Sappiamo benissimo tutte e due che non è così!» ringhiò la bionda, stringendo i pugni.
Odiava quando la gente le mentiva. Le ricordavano troppo suo padre.
«Dovresti saperlo tu? Non ricordavo fossi con noi!» affermò la bruna, cominciando a irrigidirsi.
«No, non ero con voi, e neanche ci tengo! Ma la prossima volta, invece di ingigantire tutto, prova ad essere sincera, almeno con me! E smettila con queste tue manie di protagonismo!»
Cana stette in silenzio per qualche secondo.
La bionda aveva capito benissimo che era irritata.
Eppure non si sarebbe fermata.
Oh no che non l’avrebbe fatto!
Prima avrebbe dovuto sfogarsi di brutto.
«E sentiamo…» sussurrò l’amica, sedendosi sul bordo del letto «… quale sarebbe la verità che io non mi sono degnata di farti presente?»
Lucy deglutì.
«Natsu mi ha detto che è vergine. Non ha idea di essere andato a letto con te» disse.
«Mmh… E tu hai pensato bene di credere ad una persona che hai appena conosciuto, invece che a me?»
…Cazzo…
Non le era proprio passato per la mente. Natsu sembrava così sincero, che non avrebbe mai e poi mai affermato che stesse mentendo. Eppure lei lo aveva visto una decina di volte. E ci aveva parlato solo una. Mentre Cana, beh, non ricordava neanche quando l’aveva conosciuta, tanto la data era lontana. Ma non poteva mica ammettere la sconfitta…
«Allora dammi la prova! Descrivi nei dettagli quel che è successo, e io ti chiederò scusa!» asserì.
Avrebbe immaginato Cana, in un momento di determinazione, che si alzava trionfante e sicura di sé e che faceva disegnini sconci sui muri, nel tentativo di raccontarle la notte più passionale di tutta la sua esistenza. Ma non accadde.
Cana sembrò vacillare, invece. Per la prima volta, era stata messa in difficoltà.
E Lucy capì subito, dai suoi occhi, che neppure lei sapeva bene cos’era successo in quella notte focosa.
«Non lo so» dichiarò «Ricordo solo che mi sono spogliata davanti a lui. La mattina dopo mi sono svegliata sul mio letto, completamente nuda. Sopra il comò c’era un biglietto con su scritto: “Mi dispiace solo che ieri non sia andata come credevi! Alla prossima!”»
«E non gli hai chiesto spiegazioni?»
La bruna alzò la testa, stizzita.
«Perché avrei dovuto farlo?! Per aggredirlo proprio come hai fatto tu con me?!»
E fu lì che la bionda si rese conto del suo sbaglio.
Aveva dato per scontato che Cana avesse mentito spudoratamente.
Era un chiaro segno di mancanza di fiducia.
L’aveva ferita.
«Cana, io…»
«Ti prego, va fuori»
Non se lo fece ripetere due volte.
Prese le sue cose e chiuse la porta delicatamente, lasciandosi alle spalle la ragazza avvolta nel piumone.
 
*
 
Alla fine Juvia era riuscita ad aprire la stanza.
Si spogliò velocemente e cadde con un tonfo sul duro materasso.
In una sola giornata, la sua vita si era trasformata da appassita a una puntata di Beautiful.
Com’era possibile che tante cose fossero successe contemporaneamente?
Sospirò. Meno male che era a casa. Si sdraiò su un lato; magari si sarebbe fatta una dormita, alla cena ci avrebbe pensato la sua coinquilina.
Chiuse gli occhi.
Non aveva messo a posto la borsa.
Riaprì gli occhi.
Se avesse lasciato la borsa lì, le grida di Juvia si sarebbero sentite fino alla cima del K2. Si alzò di mala voglia e afferrò la tracolla, riponendola accanto alla sua scrivania.
Fu quando cercò di coprirsi col lenzuolo, che notò un pezzetto di carta per terra.
Mannaggia a me e a quando ho deciso di dormire!
Lo raccolse accuratamente, pronta a buttarlo via, ma si accorse che vi era scritto qualcosa sopra. E quell’obbrobrio non era certo la sua scrittura. Lo aprì, decisamente poco interessata.
Quando vide la scritta “Natsu”, si strozzò.
Letteralmente.
Non riusciva più a respirare.
Stette mezz’ora in posizione prona, cercando di recuperare aria.
I suoi colpi di tosse li sentì anche Juvia che, terrorizzata, era convinta fossero entrati i ladri. Come potevano entrare i ladri alle sette di sera, in un college, è ancora da spiegare.
Entrò nella stanza di entrambe con in mano una padella.
Una…
Padella?!
«Dove sono i ladri?!» le urlò la blu.
«N-non c’è nessun ladro, sto bene!»
«Uff, meno male, Juvia era così preoccupata!»
Ci fu un minuto di silenzio.
«Scusa, che volevi fare con quella padella?»
Juvia si guardò le mani.
«Ah, Juvia non lo sa» le rispose. Cominciò ad annusare l’aria.
«Juvia crede che ci sia puzza di bruciato»
«Dici? Io invece…»
«Lo sformato!» disse solo, per poi scappar via verso la cucina. Certo che ci voleva tanto per capirla.
Lucy affondò la testa nel cuscino, rileggendo il biglietto.
Aveva il numero di Natsu.
Se lo rigirò fra le dita.
Era la prima volta che un ragazzo le dava il suo numero, almeno di sua spontanea volontà.
Perché mai glielo aveva dato? Tanto si sarebbero visti ogni mercoledì!
Forse era solo una precauzione.
Così, se la lezione non si poteva fare, bastava chiamare e sospenderla.
Geniale.
Eppure, per quanto geniale potesse essere, Natsu non sembrava tanto sveglio…
Boh, forse era solo un’impressione.
Decise quindi che avrebbe riposto il biglietto con cura, in un posto sicuro.
Però…
Però c’era qualcosa che poteva fare…
Effettivamente, solo grazie a quel numero, avrebbe messo fine alla metà dei suoi dubbi.
Così fece qualcosa che la vecchia Lucy si sarebbe solo sognata.
E per “vecchia Lucy”, intendo quella che non si sarebbe mai nascosta dentro l’armadio di un giocatore di basket.
Afferrò determinata il suo cellulare, un modello preistorico ancora con i tasti (il suo era andato a finire all’assistenza per essere caduto dentro una coppa gelato San Montana), e compose il numero, con le mani tremanti.
Neanche tre squilli dopo, avvertì un rumore in sottofondo, e poi una voce calda dire: “Pronto?”
Era Natsu. Era al telefono con Natsu!
Riattaccò.
Si passò una mano fra i capelli, sbuffando in cerca di relax. Per fortuna che aveva chiuso…
Aspetta… Cosa ho fatto?!
Sbarrò gli occhi, rendendosi conto di avergli appena chiuso il telefono in faccia. Aveva ignorato il ragazzo più desiderato della scuola…
Eeeh?!
Ripreso possesso delle sue facoltà, provò a ricomporre il numero, cercando anche qualche scusa plausibile.
«Lucy?»
Deglutì. Forse era meglio se dava qualche segno di vita.
«Emh, ciao Natsu! Mi stavo proprio chiedendo perché mi avessi chiamata!» borbottò, ridendo come una disperata.
Ma cosa stai dicendo, stupida?! Sei tu ad averlo chiamato!
«Io… Non ricordo di averti chiamata…» gli sentì dire, dopo un breve silenzio imbarazzante.
Ecco appunto.
«No? Allora deve essermi scivolato il dito, scusa» tagliò corto lei.
«Ah, capisco. Ma allora hai visto il mio numero?»
«S-sì, certo…»
«Mh.»
«Già…»
La conversazione stava morendo, l’esatto contrario di quel che avrebbe voluto. Insomma, lei lo aveva chiamato per sapere qualcosa d’importante!
«Senti Natsu, volevo chiederti una cosa, se posso…»
Natsu sembrò riscuotersi da una specie di sonno.
«Dimmi tutto» la rassicurò «Sono qui per te.»
E a quell’affermazione, il cuore di Lucy perse un battito, nonostante non ci fece tanto caso. Non quanto avrebbe dovuto, almeno.
«Volevo sapere…» prese un bel respiro «… quel che è successo veramente con Cana… Se ti va…»
Avvertì il respiro del rosato farsi improvvisamente pesante, come se di quei malintesi gliene fossero capitati a bizzeffe.
«Beh, tu sai che Cana mi ha chiesto aiuto proprio come te, no? Ecco, lei mi ha chiesto anche delle “lezioni extra”, ed è partita con lei questa idea delle lezioni sul sesso.»
Sapeva che Natsu era un adulto grande e vaccinato, poteva fare quello che voleva, ma…
Non riusciva a immaginarselo mezzo nudo, con dieci ragazze intorno a viziarlo.
«Vedi, all’inizio pensai che fosse una buona idea. Insegnare alle ragazze come comportarsi anche in quel contesto, intendo. Ovviamente non facevo mica cose strane con loro, ma al contrario, gli davo solo direttive o consigli. Niente di pratico, ecco» continuò «Con Cana andò tutto bene, almeno fino all’ultima delle “lezioni extra”. È arrivata da me completamente ubriaca, e senza neanche farmi parlare, si è spogliata, rimanendo in intimo. Ha cominciato a piangere come una povera pazza, così l’ho riportata nella sua stanza e le ho lasciato un biglietto di scuse. Da quel momento, mi sono ripromesso di chiudere con questo tipo di lezioni.»
Come chiudere con quelle lezioni…? Ma a me…
Lucy rimase interdetta.
«Allora perché a me le hai proposte?» chiese, senza mezzi termini.
Lo sentì trattenere il respiro.
«In realtà non lo so» disse solo.
Un altro battito perso, anche se questa volta Lucy se ne rese conto. Eccome.
«Credevo che essendo amica di Cana, lei te ne avesse parlato» si riprese alla fine.
Lucy sospirò.
«Allora mi sa che per domani avrò molto da fare» ricordò, più a se stessa che lui.
«Mi sa di sì! Spero di esserti stato utile» rise.
«Sì, più di quanto credi… »
Era sicura che stesse sorridendo, avrebbe scommesso la testa.
«Quindi… buonanotte Lucy, ci vediamo mercoledì!»
«Notte Natsu, e… Grazie…» sussurrò.
«Di nulla, puoi sempre chiedere!»
E la chiamata finì lì.
La bionda si alzò dal letto, si stiracchiò leggermente, e decise di andare ad aiutare Juvia in cucina, con la consapevolezza che l’indomani avrebbe dovuto scusarsi con Cana.
Magari comprandole qualche donuts…
 
 
 
 
 
 
Angoletto<3:
Salve!
So bene che vi ho sconvolti tutti nello scorso capitolo, e mi sentivo in dovere di far capire qualcosa:)
Perciò… Natsu è vergine, eh? XD
Ed ora avete capito perché Cana aveva detto il contrario…
Il momento in cui Lucy litiga con lei, per me è essenziale, semplicemente perché volevo far capire il suo sbaglio ad essersi fidata di qualcuno che conosce appena, anche se comunque Natsu non c’entra proprio niente! XD
Mi piace molto come ho realizzato il personaggio di Juvia (che amo profondamente), ne vado abbastanza fiera!
E… sul suo conto si scopriranno diverse cose, dico solo questo! XD
Alla prossima,
Pand__Icorn<3
(lo so, non sono di molte parole, ma accontentatevi! XD)

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Capitolo 4
*** Winks & Relax ***


Alla mia Lady_di_inchiostro (vai sorella!),
perché senza di lei il capitolo sarebbe rimasto una merda.
 
 
Capitolo tre ~ Lezione uno: “Winks & Relax”
 

Lunedì, molto tardi (per Juvia), dormitorio femminile
 
Quel pomeriggio, Juvia decise che poteva anche smettere di studiare.
Si alzò dalla sedia girevole, si stiracchiò, avvertendo un fastidioso formicolio alla schiena, e aprì la finestra. L’aria fredda di Novembre le diede vigore, e la risvegliò da una certa sonnolenza. Alla fine, però, fin troppo intorpidita, corse verso l’armadio e s’infilò un maglione celeste, uno di quelli con i ricami natalizi, i suoi preferiti.
Controllò l’orario.
Le 17:49.
Trasalì.
L’allenamento di basket iniziava alle diciassette in punto, e lei era in netto ritardo. Se non si sbrigava, avrebbe rischiato di non arrivare in tempo. E quindi, non l’avrebbe visto.
Con una velocità che quasi non le apparteneva, allacciò le scarpe e si diresse verso la porta, ovviamente non prima di afferrare la sua preziosa macchina fotografica e il suo diario. Richiuse accuratamente il cassetto, per poi fiondarsi fuori dall’abitazione.
Ma, forse a causa della sua impazienza, qualcosa scivolò via dalle pagine della sua agenda, atterrando sulla moquette, proprio davanti all’uscio.
Qualcosa cui lei teneva molto.
Qualcosa che nessuno avrebbe dovuto vedere.
 
*
 
Mercoledì, ore 16:00, dormitorio maschile
 
La stanza di Natsu sembrava più pulita dell’ultima volta in cui ci era stata. Forse l’avvenimento dell’armadio non le aveva dato tempo per poterla analizzare a dovere.
E mentre il rosato parlava, lei si concentrava sui poster e i ritagli di giornale appesi al muro. Ce n’era uno, in particolare, che attirò la sua attenzione: un ragazzino dai capelli blu, evidentemente Gray, stringeva sorridente un trofeo luccicante. “Per il più veloce”, vi era scritto. Era affiancato da un uomo alto e massiccio, molto simile a lui. Doveva essere suo padre. Chissà se era stato fiero di suo figlio.
Lucy puntò lo sguardo per terra, improvvisamente malinconica. Una chiamata a suo padre non avrebbe guastato… no?
Natsu smise di parlare, e lei si costrinse a guardarlo negli occhi. Era più preoccupato di quanto pensasse.
«Lucy, stai bene?» le chiese, sporgendosi in avanti.
Nonostante lui fosse comodamente seduto su uno sgabello e lei sul letto, e quindi la lontananza fosse non ignorabile, in quel momento, il ragazzo sembrava pericolosamente vicino.
Troppo vicino.
Diventata ormai rossa come un pomodoro, chiuse le palpebre con forza, spingendo le braccia in avanti, cercando disperatamente di distanziarlo. Poi, avvertì il morbido contatto delle labbra sul palmo, e una mano ruvida, che non era la sua, poggiarsi delicatamente sulla sua fronte.
Quando si permise di guardare, non poté far a meno di ammettere che la scena era imbarazzante quanto comica. Natsu aveva la bocca tappata, e intanto cercava di controllare che non avesse la febbre.
Sembra più l’inizio di una colluttazione degna di una puntata di Shamless.
«No Lucy, non mi sembri calda.» affermò, ritornando al suo posto e sorridendo a trentadue denti, come sempre.
Lucy cercò di nascondere la sua vergogna. «Scusa, non stavo ascoltando, che stavi dicendo?» domandò.
«Beh, prima mi hai chiesto chi fossero queste ragazze fuori dalla mia stanza…»
«Mmh.»
«…e io ti ho appena detto che sono tutte mie ex-“allieve”…»
Lucy sgranò gli occhi.
Allieve?
Aspetta, ma che…?
«Cosa? Allieve?! Pensavo che in pochissime conoscessero il segreto!» sussurrò, come se qualcuno potesse sentirli.
Natsu corrucciò la fronte. «Ne ho aiutate più di quante pensi, ma, al contrario di te, sono stato io a decidere di aiutarle, quando le ho viste in difficoltà. E hanno promesso sulla loro tomba di non dirlo a nessuno.»
A differenza di Cana…
Nonostante, qualche giorno prima, avesse fatto pace con lei, era ancora convinta, in una parte di sé, che la bruna stesse mentendo sull’ordine dei fatti. Ed era ancora più convinta che la stessa Cana riserbasse ancora un bel bagaglio di rancore nei suoi confronti.
La bionda annuì, e il rosato allargò le braccia, visibilmente stanco.
«Ho preparato qualcosa per te.» disse poi, afferrando una lavagnetta da sopra la sua scrivania.
Il gessetto colorato veniva messo in risalto dall’ardesia nera. “Ammicca e rilassati”, ecco cosa c’era scritto.
Lucy inclinò la testa di lato. «Che vuoi dire con “rilassati”?»
«Voglio dire che, se te lo ritrovi a dieci centimetri di distanza, non devi andare in iperventilazione.» rispose il ragazzo.
E come cavolo faccio a non andare in iperventilazione, con quel sorriso da dio greco?!
«Cosa?»
Lucy lo scrutò. Sembrava confuso quanto lei.
«Cosa?» ripeté Lucy.
«Hai sospirato qualcosa che c’entrava con la Grecia, ma non sono riuscito a sentire.» spiegò il rosato.
La ragazza trattenne il respiro, per poi sistemare una ciocca di capelli biondo grano dietro l’orecchio.
«Oh no, nulla.» negò.
Aveva pensato ad alta voce?!
Oddio, sarà meglio non fare più pensieri in slow motion su Loki, allora!
Natsu scollò le spalle, riprendendo il discorso. «Quindi, dove eravamo?»
«Eravamo alla me che ti chiede in quale diavolo di situazione dovrei trovarmi a dieci centimetri da Loki.»  lo sollecitò la bionda.
«Okay, okay.» fece, alzandosi in piedi «Facciamo finta che tu stia facendo la fila per entrare ad un concerto. Hai presente quanta fila c’è, giusto?» domandò, mimando la quantità, in modo da enfatizzare il concetto.
Lucy assentì, e lui continuò.
«Ecco, la gente è tanta in un piccolissimo spazio. Facciamo finta che, proprio accanto a te si piazza Loki.»
La ragazza deglutì. Sentiva la pelle del rosso sfregare contro quella del suo braccio. Forse la sua fantasia non era proprio utile in quel momento…
«Immagina che figura faresti, se gli sorridessi come una psicopatica e se cominciassi a parlare a vanvera.»
Niente di che, mi scambierebbe solo per una ricercata. E probabilmente non ci sarebbe più tanta fila, a quel concerto.
«Non sarebbe una bella figura.» ammise, sconvolta dalle sue stesse visioni.
«Esatto!» confermò Natsu «Ai ragazzi non piacciono le ragazze insicure. Quando sei in presenza di qualcuno per cui hai una cotta, devi mostrarti sciolta, a tuo agio, rilassata. Altrimenti sembrerai ansiosa.»
«Ma io sono ansiosa!» ribatté la bionda.
«Sì, ma questo lui non deve saperlo.» aggiunse lui «E qui si passa alla seconda parte.»
Lucy guardò meglio la lavagnetta. “Ammicca”.
«Devi mostrarti rilassata, sicura, ma non disinteressata.» spiegò il rosato «Perché sennò gli farai credere di non aver possibilità nemmeno sul nascere.»
La ragazza acconsentì, decisa.
Rilassata, ma non disinteressata.
«Quindi, entra in scena un vero e proprio contatto.»
Per poco, Lucy non ebbe un infarto.
C-che tipo di contatto?!
«Se lo becchi a guardarti, allora mettiti in gioco. Sorridigli, lanciagli delle occhiate amichevoli, gioca coi capelli, morditi il labbro. A noi piacciono quelle che non hanno paura di fare il primo passo.» finì il ragazzo, sghignazzando come se avesse appena sorpassato un vecchietto in autostrada.
La bionda ricambiò il sorriso. «Riassumendo, devo solo rilassarmi ed essere un po’ più spavalda. Sembra semplice!» confessò, alzandosi anche lei e dirigendosi in cucina.
«Lo è.» la rassicurò Natsu, raggiungendola subito.
«Diamine, ho una fame!»
Al ragazzo s’illuminarono gli occhi. «Idem!» urlò.
«Natsu, tu hai sempre fame.»
«Infatti ho una torta intera in frigo, ma posso offrirtene solo una fetta. Sai, noi sportivi abbiamo bisogno di energie!»
«Ehi, sei sleale!»
«Ma se ti ho aiutato fino ad un attimo fa!»
«Uff, d’accordo “pattumiera umana”.»
«Ah-Ah! Bel nomignolo Luce.»
«Luce?»
«Sì, Luce, ti chiamerò così.»
E poi furono solo cioccolata e risate.
 
*
 
Giovedì, ore 09.30, ala nord
 
Evidentemente, quel giorno la biblioteca non era proprio il posto adatto a studiare. Lucy l’aveva capito quando aveva notato un gruppo di ragazzi lanciarsi popcorn, senza che nessuno si lamentasse. Tra questi riconobbe Orga, un amico di Yukino, che lei non aveva mai conosciuto approfonditamente. Si sedette il più lontano possibile, coprendo addirittura il viso col monitor del computer, sperando che nessuno la riconoscesse. D’altro canto, non era proprio presentabile, e inoltre già la giornata non era andata a gonfie vele.
Quella mattina, infatti, glie n’erano capitate di tutti i colori: si era svegliata tardi, aveva squagliato una pentola dimenticandola sul fuoco, era andata a sbattere contro un lampione procurandosi un bernoccolo, e adesso stava saltando la lezione di filosofia, dato che era arrivata in ritardo.
In più, Juvia era diventata inspiegabilmente depressa, e non solo: erano tre giorni che non puliva la camera. Vista l’ossessione che la blu aveva da tempo, Lucy stava cominciando a preoccuparsi seriamente. Ma la bionda aveva anche un po’ di paura a parlarle. Magari avrebbe scoperto cose che non le avrebbero fatto piacere.
Con la coda dell’occhio, diede una veloce occhiata al ragazzo. Chissà come mai non era in compagnia di Sting o Rouge. Da quel poco che sapeva, erano davvero inseparabili.
Scacciò via quel pensiero e, con la testa pesante, cominciò a studiare.
 
Ore 10.48
 
Una mano calda -e forse leggermente umida- si poggiò sulla sua spalla. Si risvegliò improvvisamente, quasi spaventata, e notò con disgusto di stare praticamente sbavando. Con la manica della felpa logora, si ripulì alla meno peggio. Non che le interessasse chi le stesse rompendo le scatole in pieno pisolino, ma doveva almeno sembrare una studentessa, e non un barbone.
Alzò il capo e…
OH CAZZO!
Sì. Quella era proprio una giornata di merda.
Una sta sbavando tranquillamente, e chi si ritrova davanti?! Un modello di Dolce & Gabbana! Ma certo!
Loki le sorrise sghembo, per poi accomodarsi davanti a lei, alzando anche lui il monitor del suo computer. Il tutto senza fiatare.
Lucy lo fissò a bocca aperta. Lo vide concentrarsi particolarmente per qualche operazione che stava svolgendo.
Non l’aveva neanche salutata. Un po’ imbarazzante. Che non l’avesse riconosciuta?
No, impossibile.
Sentì le guance diventare improvvisamente calde. Ora sì che era a dieci centimetri di distanza da lui. Anzi, forse venti, ma poco importava.
Il fatto era: perché aveva proprio deciso di sedersi accanto a lei? C’erano un sacco di posti lì, in biblioteca! Non poteva lasciarla dormire?!
Magari avrei continuato a sognare un ipotetico incontro con lui, ma vestita decentemente!
Eppure, ahimè, il destino non era della sua stessa opinione.
Accavallò le gambe, serrò le labbra e finse anche lei di concentrarsi sulla tastiera.
Ricordò le parole di Natsu.
Rilassati, rilassati, rilassati, rilassati…
Diamine, troppo difficile!
Cominciò a sentire i brividi e il sudore freddo percorrere la spina dorsale. Le veniva da piangere.
Aveva un bernoccolo in fronte, era struccata e le occhiaie dovevano arrivarle fino ai piedi.
Com’è che aveva detto Natsu? Ah sì. “Lui non deve sapere che sei ansiosa”.
No, non lo deve sapere.
Espirò, rendendosi conto di aver trattenuto il respiro per tutto quel tempo. Doveva sentirsi a suo agio, ma come?
D’istinto, afferrò il telefono e mandò un messaggio.
-Natsu! Allarme! È qui accanto a me!
E la risposta non tardò ad arrivare.
-E che devo fare io?!
-Come che devi fare? Devi aiutarmi!
-Ti ho già detto come devi comportarti!
-Sì, ma non riesco a concentrarmi!
-A concentrarti su che?
-Su qualcos’altro!
-Perché? Hai paura di saltagli addosso?
-Aspetta, non so se voglio leggere la risposta.
Lucy storse il naso, infastidita.
-Avanti, non è divertente!
-Sì che lo è.
-Oddio, non dirmi che gli vuoi davvero saltare addosso!
-Tranquillo, frenerò i miei impulsi.
-Sul serio, fammi distrarre.
-Vuoi sapere come mi sono svegliato stamattina?
-Spara.
-Gray ha infilato un piede nel water.
Fortuna che Lucy seppe trattenere quella risata, altrimenti Loki sarebbe scappato in Congo senza farselo ripetere due volte.
Poggiò il telefono alla sua destra. Finalmente, la sua mente era popolata solo da piedi nel water, e niente baci appassionati in biblioteca. 
Digitò qualcosa a caso, e quando sollevò lo sguardo, vide Loki guardarla di sfuggita.
Si sentì avvampare, ma fece finta di niente.
Doveva sembrare a suo agio.
«Con chi stavi parlando?»
La voce di Loki rimbombò per tutto il corridoio, mentre il cuore di Lucy rischiò di collassare.
Lo guardò.
Sii audace, cavolo!
«Perché t’interessa?», chiese, poggiando il mento sul palmo della mano.
Forse un po’ troppo audace.
Loki ghignò, per poi scrollare le spalle. «Così, per sapere.»
«Parlavo con un’amica.» disse, ritornando al suo lavoro.
Sentiva il suo sguardo scrutarla intensamente.
Sorrise.
Incredibile come, esteriormente, sembrasse la persona più rilassata sul pianeta, mentre interiormente avvertiva le urla di migliaia di fangilr esaltate.
Insomma, Loki la stava guardando.
I consigli di Natsu riecheggiarono nella sua testa: “Morditi il labbro, sorridi, fai il primo passo”.
Ma ebbero l’effetto contrario.
La sua voce fu come uno schiaffo in piena faccia.
Un ritorno alla realtà.
E si rese conto di essere realmente molto vicina a Loki.
Si rese conto di aver parlato con lui.
Si rese conto di stare respirando la sua stessa aria.
E il panico l’assalì. Forse non era poi così pronta.
Si alzò, chiudendo di fretta il portatile e raccogliendo tutti gli appunti stropicciati e sparpagliati sul tavolo lucido. Il rosso la guardò accigliato, e forse si chiese addirittura che intenzioni avesse la bionda. Lei non gli rivolse neanche un cenno, si voltò, e cercò di nascondere tutta quell’ansia che le faceva tremare le gambe.
Ma quando fu davanti all’ascensore, pronta ad andarsene, un “Lucy!” la costrinse a bloccarsi.
Si voltò. Loki era ancora seduto, quasi troppo sorridente. Puntò la penna che aveva in mano proprio verso di lei e annunciò: «Questo sabato ho organizzato una festa, nella mia stanza. 12C. Ti va di venire?»
L’ascensore era arrivato, e non aveva molto tempo. Annuì, portando una ciocca di capelli fuori dal suo campo visivo.
«Porta anche qualche tua amica!», sentì, prima che le porte si chiudessero e lei sprofondasse in un mare di gioia e umiliazione.
 
*
 
Quando arrivò al dormitorio, pensò subito a Natsu.
A come le sue parole l’avessero sbloccata. Era così immersa nei suoi ragionamenti, che non notò neanche l’inserviente, Elfman, che cercava di attirare le sue attenzioni, sventolando il suo amato straccio e urlando “UOMO!” a destra e a manca.
Arrivata davanti alla porta, ebbe subito la sensazione che qualcosa non andasse. Erza smaniava in cerca delle chiavi e litigava animatamente con Mirajane, la sua compagna di stanza.
Che novità! Queste due la notte fanno gli incontri di wrestling!
Preferì non salutarle.
Entrata, notò quasi subito l’assenza di Juvia, ma non ci fece molto caso. Era troppo felice.
Piroettando e ridendo come se fosse rinchiusa in un ospedale psichiatrico, lanciò via il giubbotto e la sciarpa, atterrando sulla poltrona.
Sospirò e si coprì il volto con le mani.
Non la smetteva proprio di sorridere, eh!
Un tonfo la fece risvegliare.
Il suo telefono modello anni ’90 si era sfracellato sul pavimento.
Perfetto! Nuovo smartphone in arrivo!
Raccogliendo i pezzi, però, vide un’ombra sotto la poltrona. Si chinò e afferrò il cartoncino con fatica.
Quando lo portò alla luce, lesse in fretta le sbavature in penna. “Per la donna della pioggia”.
Era una cartolina, o forse una foto. La girò.
E tutto ebbe un senso.
Le scappate di Juvia la mattina presto.
Il suo diario.
Il cassetto segreto.
Gli allenamenti di basket.
Il perché tornasse tardi.
Quel famoso “amico”.
Lucy tenne la fronte ben stretta, prima di formulare una conclusione.
Perché accanto a Juvia, in quella foto, c’era Gajeel.
 
 
 
 
 
 
Nota d’autrice:
Mmh.
Inizio scusandomi enormemente per la mia enorme assenza.
Non ci sono giustificazioni. La scuola, i compiti, i problemi di una liceale. Niente di questo ha mai potuto impedirmi di trovare dieci secondi per buttare giù qualche parola. Infatti non è questa la spiegazione che vi darò, Ecco, vedete, questo capitolo era già bello che pronto. Ero praticamente arrivata a metà, quando sono stata colta di sprovvista da quello che viene chiamato: “il blocco dello scrittore”. Non sapevo come andare avanti e, sinceramente, era già iniziato in maniera piuttosto scialba. Così ho fatto quello che la mia sorellona mi ha consigliato di fare (a tal proposito, vi consiglio di dare un’occhiata alla sua pagina. Si chiama Lady_di_inchiostro, e sì, il trattino basso è una cosa di famiglia).
Riscriverlo da capo.
È stato un po’ un parto, effettivamente, ma alla fine è risultato meglio di quanto pensassi.
Parliamo più nello specifico, adesso.
Oh mio Dio! Loki ha invitato Lucy ad una festa?!
Ehm, non proprio.
Quindi Juvia ama Gajeel?! (scommetto che nelle vostre teste c’è scritto un grandissimo WTF?!)
Ehm, non esattamente.
Gray ha infilato un piede nel water…?
Mi escono queste sparate al momento, sono impulsiva, non giudicatemi.
Eh sì, questo capitolo è un altro troll. Ma non potevo non farlo! XD
In ogni caso, non posso in alcun modo dare indizi sul prossimo capitolo, perché altrimenti vi spoilelerei metà della serie, quindi NO!
Alla prossima, e spero presto,
Pand__Icorn <3
 
 

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