Era solo il destino

di Becky2000GD
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1- Now your nightmare comes to life ***
Capitolo 3: *** 2- Welcome to Hell ***
Capitolo 4: *** 3- Where do we go? ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Era solo il destino
 
 






 
"Speravo di svegliarmi. Invece era la mia vita"
P. Keller






 


Prologo



 
Una giornata calda e soleggiata. È estate e le strade sono popolate di turisti che si divertono. Girano con buste piene di cose appena comprate... sembrano apprezzare davvero tanto, la California. Molti di loro, probabilmente, non c'erano mai stati prima.  
Sorrido leggermente all'idea. È tardo pomeriggio, eppure potrei ancora fare tante cose. Potrei andare al mare, a qualche festa in spiaggia, potrei fare una passeggiata, potrei... e invece no.  
Mi ritrovo qui, nella BMW nuova della mia migliore amica, ad aspettarla. Lei è così: devi sempre aspettarla, se ha deciso di andar per negozi. In realtà mi aveva chiesto di accompagnarla ma ammetto che non avevo tanta voglia di farlo.  
Intanto, decido di guardarmi intorno, anche se so che non mi piace ciò che noterò. Insomma, è tutto è così squallido, in questo posto: il parcheggio di un centro commerciale, pieno di auto, di gente... corrono tutti, chi a destra e chi a sinistra.  
Sono così affannati, nel loro goffo modo di andare: tutti con le buste in mano, carrelli pieni di cose... cibo, oggetti. Persino cose inutili. Vedo genitori trascinare per mano bambini che altrimenti camminerebbero un po' troppo lenti. È così che vanno le cose, oggi... non c'è più tempo per niente. Quei bambini piccolissimi non se ne rendono conto ma nell'affanno generale di giornate come questa, stanno sprecando tempo. Il tempo della loro infanzia, quello che potrebbero usare per esser spensierati e giocare, quello che non ritorna più.  
Ora vanno tutti più in fretta che possono, sono troppo occupati da ciò che dovranno fare appena tornati a casa, gli adulti. Non si godono il presente, hanno lo sguardo fisso sul futuro, qualunque esso sia. E alla fine non vivono niente, né presente, né futuro.  
Dico io... e i ragazzini? Ai loro figli, chi ci pensa? Perché li trasportano nella loro routine, nello stesso inferno che si sono creati? Dovrebbero dargli tempo, invece che toglierglielo! Dovrebbero giocarci, con i bambini, parlarci, far in modo che osservino le cose, annusino l'aria, tocchino tutto, ascoltino i rumori della vita attorno che li circonda e che prende forma giorno dopo giorno.  
Deglutisco improvvisamente, mentre sento un nodo in gola. Questo avrebbero dovuto farlo anche i miei, di genitori... sì, se solo lo avessero fatto! Mi mancano, adesso.  
Se solo mi avessero dedicato più tempo, avrei tanti bei ricordi in più a cui ripensare, quando mi sento sola e sconfitta. 
È passato tanto, troppo tempo, dalla morte di mio padre a oggi. E ancora ci soffro, nonostante penso di non averlo mai conosciuto per davvero. 
 Era un giudice, molto serio nel suo lavoro: ci teneva tanto a ciò che faceva. Credeva fermamente nella disciplina, nel pentimento sincero. Secondo lui, chiunque poteva redimersi, dopo aver scontato una giusta pena ed essersi reso conto degli sbagli compiuti. Diceva che tutti, nella vita, meritano una seconda possibilità.  
Ma io non ci credo. Non posso più. Ho perso fiducia negli esseri umani, figuriamoci se ne ripongo, di fiducia, negli ex detenuti!  
Non penso qualcuno mi possa biasimare: quando gli scagnozzi dell'ormai ex-capo di una banda messicana entrarono in casa nostra e uccisero mio padre davanti agli occhi increduli miei e di mia madre, il mio mondo mi si frantumò addosso. Quegli uomini erano lì per vendicarsi di mio padre, che aveva mandato in prigione il loro capo. Eppure non risparmiarono neanche me e mia madre... ancora oggi porto addosso le cicatrici di quell'aggressione. Ero piccola, tuttavia loro non ebbero pietà. A mia madre andò peggio... non voglio pensarci. 
Deglutisco, per poi prendere dal sedile posteriore una bottiglietta d'acqua. Ne bevo un sorso, per poi tornare con gli occhi fissi fuori dal finestrino. Riprendo a ricordare... 
 Proprio quando stavano per farci fuori entrambe dopo circa quattro ore che erano lì, arrivò la polizia. Ci fu una sparatoria. Pensai che a quel punto fosse finita. Ricordo che chiusi gli occhi e mi tappai le orecchie con le mani, aspettando la fine. Dalle loro pistole esplodevano un colpo dopo l'altro: le finestre si frantumavano, il muro cadeva a pezzi dove veniva colpito. 
Non mi resi nemmeno conto di come accadde, ma miracolosamente ne uscimmo entrambe vive, io a mia madre. Uno degli uomini che ci avevano rinchiuso e torturate nella nostra stessa casa fu invece ferito. Però riuscirono a fuggire tutti e non vennero mai catturati. Un ghigno compare sul mio viso. Nessuno può nemmeno immaginare quanto mi renderebbe felice vederli dietro le sbarre, a scontare l'ergastolo.  
Quanto a me e a mia madre... da lì in poi entrammo nel nostro inferno personale. Sì, perché lei gradualmente impazzì. La sua mente cadeva a pezzi. Non riusciva più a vivere, la sua mente era sempre ferma a quella sera, a quello che entrambe vedemmo e subimmo. Così, non fu più in grado di uscirne e tre anni dopo fu internata nell'ospedale psichiatrico di Oakland.  
Mi ritrovai allora nei miei panni di 13enne, appena entrata nell'adolescenza e con fin troppi complessi in testa... completamente sola al mondo. Era rimasta solo mia nonna Jennifer per me, la madre di mia madre. Sì, da lì in poi ci pensò lei a me. Decise di non vendere la villa dove avevo vissuto fino ad allora con i miei, ha sempre avuto abbastanza soldi per mantenerla essendo ricca. Ma sa bene che non ho intenzione di tornarci... mi tornerebbero in mente troppe cose e non ho la forza di pensarci. Non adesso, almeno... magari un giorno le cose cambieranno. Non lo so.   
In ogni caso, fino al mese scorso le cose andavano bene. Avevo ricominciato ad avere una vita normale... ho compiuto 19 anni. Ho avuto tempo per riprendermi almeno un po', da quella tragica notte. Peccato mia madre, circa 35 giorni fa, abbia deciso di darmi un nuovo dolore: si è suicidata. Sì, le mie visite continue sembra non le bastassero più... così, ha pensato di salire sulla terrazza dell'ospedale psichiatrico e buttarsi giù. 15 piani... non c'erano speranze. Chi sarebbe sopravvissuto? 
Mi chiedo quindi ora che dovrei fare. Mi appoggio una mano su una delle tempie e comincio a massaggiarla. 
Da quando sono andata a studiare alla rinomata Università di Berkeley, ho affittato un appartamento e vivo sola. Mi spiace per mia nonna, ma è stata lei stessa a spingermi a farlo... dice che mi renderà indipendente. Non ho considerato nemmeno l'ipotesi di stare nel dormitorio, non voglio condividere il mio spazio vitale con qualche sconosciuta. No, proprio no. Sono timida e riservata. Sarebbe stato diverso se Sidney fosse venuta a studiare anche lei a Berkeley ma la mia migliore amica preferisce questo posto, Huntington Beach. Non c'era mai stata prima eppure le è sembrato il posto perfetto per lei ed è venuta a viverci. 
Così, quando mia madre è morta... Sid mi ha spinta a venire a stare qua da lei per un po'. E mia nonna era d'accordo... insomma, posso anche non seguire i corsi all'università, finché studio lo stesso.  
Però qui non mi sento a mio agio... mi sto pian piano abituando al dolore di questa nuova perdita, tuttavia 'sto posto non mi aiuta troppo. La mia città è diversa... ho tanti ricordi brutti a Oakland... ma è pur sempre il posto dove ho passato la mia vita intera.  
 
Uno sparo. Ecco cosa ho appena sentito. Tutto mi riporta a quella tragica notte... no, no, no! Non ora, non adesso!  
L'auto è parcheggiata con il cofano rivolto verso la strada, dunque mi guardo attorno. Tutti corrono, fuggono, c'è il panico. Altri spari... goodness me! 
Spero davvero Sidney stia bene! La cerco con lo sguardo in mezzo alla folla, mentre paralizzata non riesco a far altro che stringere le mani attorno al volante e guardar fuori le persone che fuggono.  
Che dovrei fare? Prendere il cellulare e chiamarla, sì. Ma dov'è finito?! Lo cerco con lo sguardo. Respiro affannosamente, mentre sento il cuore tamburellarmi sempre più forte nelle orecchie. Non riesco neanche più sentirmi pensare, cavolo! La gente fugge dalla strada verso il centro commerciale. Mi tranquillizzo per un attimo: calma. Vuol dire che là dentro tutto è sicuro, il problema è qui fuori. 
Continuo a sentire spari su spari, mentre so bene che dovrei scendere dall'auto e andare anche io verso l'edificio...  
Improvvisamente lo sportello del sedile del passeggero si apre. Mi volto di scatto, mentre un sorriso mi si dipinge sul viso: deve essere Sidney! 
No. All'istante rabbrividisco: davanti ai miei occhi c'è la canna di una pistola. Mi si blocca il respiro, mentre resto letteralmente a bocca aperta. Inizio a sudare freddo. 
 "Vai! Accendi questa maledetta macchina!" mi urla contro l'uomo.  
Io quasi non lo sento, sono troppo spaventata. Non ho ancora avuto nemmeno modo di spostare gli occhi sul viso dell'individuo davanti a me. 
 "Allora, ti vuoi sbrigare?! Muoviti!" grida ancora, spingendo la pistola più vicino al mio viso.  
È in quel momento che, nonostante il terrore puro e una tempesta di pensieri in testa, riesco finalmente a guardarlo: passo gli occhi dalla mano che mi tiene un'arma puntata contro su, lungo tutto il suo braccio e fino al viso. Così, mi ritrovo dinanzi a due occhi grandi color nocciola, coperti da un leggero strato di trucco.  
Nonostante la situazione non sia delle migliori, rimango comunque affascinata da questo spettacolo. Sì, perché questo ragazzo... sembra... un'opera d'arte. Ogni particolare... anche i capelli, il suo fisico... l'ho guardato frettolosamente, eppure me ne sono già resa conto. Però non è il caso di pensarci, non ora. E lo so bene anch’io. 
Tutto questo è successo in pochi secondi, ma il ragazzo ne è comunque infastidito. Sembra il tempo sia prezioso per lui, infatti sbuffando rumorosamente mi infila la canna dell'aggeggio metallico dritta tra le labbra e la spinge fin dentro la mia bocca. Si avvicina di più a me:"O metti in moto quest'affare e alla svelta...oppure..." non termina la frase, ma il suo tono minaccioso è più utile di mille parole per farmi intuire le conseguenze di un mio possibile rifiuto. Ma non intendo rifiutarmi. No, non ora.  
Spinge di più la pistola nella mia bocca, con forza, facendomi male. "Parti!" grida nuovamente.  
E stavolta non faccio altro che eseguire i suoi ordini, senza far storie di alcun genere. Sono spaventata a morte.  
È la fine? Seriamente? Devo morire così? Ci penserà questo ragazzo pieno di tatuaggi e con quei grandi occhi marroni a spedirmi dritta dritta all'inferno?  
No, accidenti, no! Devo fuggire... ma come se sono bloccata qui, sotto minaccia? 
 "Fa' in fretta. Rientra in strada e vai verso il centro...sbrigati!!" urla, dopo aver sfilato l'arma dalla mia bocca e avermela puntata alla testa.  
Per ora devo limitarmi a seguire gli ordini... non posso fare altrimenti. 

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Capitolo 2
*** 1- Now your nightmare comes to life ***


Era solo il destino






 
"Non era la mia giornata. Nè la mia settimana. Nè il mio mese. Nè il mio anno. Nè la mia vita, accidenti."
Charles Bukowski








 
Now your nightmare comes to life



 
Mi riimmetto nel traffico e, come l'uomo chiede, mi avvio verso il centro di Huntington Beach. Lui ha un ghigno dipinto sul viso, mentre appoggia la canna spessa e fredda dell'arma da fuoco contro la mia testa. Lo guardo con la coda dell'occhio, lo scruto ma so che da questa posizione è difficile vederlo bene. Eppure, spero quasi che non avrò tempo per "esaminarlo" come farei con qualsialsi altro ragazzo carino, perchè magari mi lascerà andare prima.
"Dovresti guardare la strada, invece che interessarti tanto a me..." ridacchia tutto d'un tratto. Sussulto sentendo le sue parole e mi raddrizzo sul sedile, voltandomi completamente verso la strada. Ho ancora tanta paura, ma il tono che ha appena usato...era quasi dolce.
Rabbrividisco quando sento le sue dita accarezzarmi sul collo, giù fino alla spalla e lungo tutto il braccio.
Maledico mentalmente il momento in cui ho deciso di indossare questo misero vestitino verde acqua che mi copre solo da appena sopra il seno fino poco più giù della vita.
"Se proprio mi trovi attraente e vuoi guardarmi meglio, però...possiamo sempre trovare il modo..." sussurra lui lascivamente. Lo trovo disgustoso e subito mi allontano con un repentino movimento verso sinistra. "Togli le tue sporche manacce!" gli grido in faccia senza pensarci due volte. Nel voltarmi verso di lui però sbando con l'auto e quasi finisco contro un negozietto di antiquariato.
Per fortuna, in questa stradina, non c'è mai tanto traffico. In un attimo riesco a recuperare il controllo del veicolo, mentre il ragazzo seduto di fianco a me se la ride di gusto, senza mai allontanarmi la pistola dalla faccia.
"Bel caratterino, ragazzina! Peccato che sei una completa impedita!" borbotta tra una risata e l'altra. Faccio finta di non sentirlo.
Ho ancora bisogno di recuperare fiato. Lui non me lo ha ordinato, ma io me ne frego, accostando poco più in là.
Sono distrutta, devo calmarmi.
Il ragazzo inarca un sopracciglio e 'sta volta non mantiene lo stesso ferreo autocontrollo che ha dimostrato di avere qualche istante prima ed inizia a gesticolare con l'arma in mano:"Che cosa credi di fare, eh?! Muoviti, metti in moto questo catorcio e portami dove ti ho chiesto!" urla adirato.
Ansimando nel tentativo di riprendermi, mi volto verso di lui e lo guardo diritto negli occhi: ora lo vedo bene.
Avevo proprio ragione. Ha gli occhi color nocciola più belli che abbia mai visto. Rivolgo poi la mia attenzione ai particolari, ignorando completamente il fatto che sta ancora sbraitando minacciandomi con la pistola. Ha i capelli lunghi fino alle spalle, sono di un nero corvino, appena mossi.
Ha anche una leggera ombreggiatura di barba proprio sul mento, ciò lo rende anche più attraente.
Sorvolando le sue labbra stupende, noto che ha un pearcing al naso. Si, proprio su quel bel nasino all'insù.
Il tutto coronato da un leggero spruzzo di lentiggini.
I suoi lineamenti da capogiro mi fanno per un attimo desiderare di averlo conosciuto in un altro momento, magari persino in un'altra vita.
Sorrido leggermente, mentre ancora una volta lo vedo muover le labbra rabbiosamente, senza sentire quello che dice.
Ho una faccia da cogliona ora, lo so. Sono sicura che non riesco proprio a smettere di sorridere.
D'improvviso, lui del tutto indispettito, mi afferra per il polso e mi attira verso di lui, portando il mio viso a pochi centimetri dal suo.
Sbarro gli occhi, nuovamente spaventata.
Cosa mi ero messa in testa? È un criminale, questo tizio.
Mi sta minacciando da circa trenta minuti con una pistola e oltretutto la sua entrata in scena è stata preceduta da numerosi spari. Pensandoci bene, credo di aver sentito anche le sirene di qualche auto della polizia quando ero ancora nel parcheggio. Si, dev'esser per questo che ha preteso in fretta che lo portassi lontano da lì! Accidenti, magari è più pericoloso di quanto credo!
Deglutisco. Il filo logico dei miei pensieri viene poi interrotto quando lui mi afferra il collo con la mano libera e mi stringe piuttosto forte.
Non riesco più a respirare. Con le mie mani sulla sua tento in ogni modo di divincolarmi dalla sua stretta.
Il ghigno sul suo viso mi spaventa. Questo ragazzo è fin troppo forte, sto provando con tutte le mie forze a fargli mollare la presa ma sembra che non si stia nemmeno sforzando di resistermi, è totalmente rilassato. Io invece...sto per perdere i sensi.
Improvvisamente lo graffio sul viso. Non faccio in tempo nemmeno io a rendermi conto di che sto facendo.
Lui mi lascia andare e si porta le mani sulla guancia gridando mentre uno spruzzo di sangue gli goccia sulla maglietta bianca.
"Che stronza!" grida, poggiando forte le mani sulla ferita.
Si, l'ho preso proprio sotto l'occhio destro e continua a sanguinare.
Senza perder tempo io apro lo sportello e scendo, mettendomi a correre. Il cuore accelera il battito, così tanto che non sento più nulla di ciò che sta accadendo attorno. Ho la vista completamente annebbiata.
Sarà anche un ragazzo stupendo, però è un pazzo criminale. Di bei tipi ne posso trovare tanti, se resto viva.
Intorno a me so che ci sono solo negozietti e qualche auto qua e là, tuttavia in questo posto nessuno si impiccia degli affari altrui, specie in questi casi. Corro così in fretta che sento le gambe farmi male ma l'adrenalina mi spinge a dar il meglio di me.
Improvvisamente sento un dolore lancinante al polso e qualcosa mi tira da dietro. Cerco di voltarmi e, quando ci riesco, mi ritrovo con il viso a poca distanza dal torace del ragazzo che mi ha praticamente sequestrata.
Lui continua a stringermi il polso, facendomi incredibilmente male e, appena alzo lo sguardo incrocio il suo, terribilmente serio e infuriato. Ho paura.
La fronte corrugata, la mascella contratta...non promettono nulla di buono.
"Dove credevi di andare...eh?!" mi sussurra con tono minaccioso. Vorrei dire qualcosa, qualsialsi cosa... ma la voce mi muore in gola.
Apro le labbra senza riuscir ad emettere alcun suono. Riesco solo a guardarlo, i suoi occhi non mi permettono di voltarmi.
Ho come paura che se lo facessi...sarebbe la fine. Dopo aver passato un minuto(o forse due) in questo modo, quello stupido ghigno nasce nuovamente sul suo volto.
Mi lascia finalmente il polso, che ormai era diventato viola.
Mi fa voltare e, restando dietro di me, mi circonda il fianco con un braccio mentre l'altra mano tiene saldamente la solita pistola puntata contro la mia schiena. Deglutisco. Questo posizione non mi piace... e forse il problema non è la pistola.
La vicinanza del suo corpo al mio...mi mette a disagio, soprattutto dopo ciò che mi ha detto prima in macchina. E il suo braccio attorno al mio fianco, che mi tiene stretta a lui... tutto ciò è disgustoso.
Non puoi provar ad ammazzar una ragazza e poi tenertela così, praticamene addosso.
"Un solo passo falso...e ti scarico addosso tutti i proiettili della pistola...intesi?" dice, dopo aver portato il viso vicino al mio orecchio. Il suo respiro su di me mi dà i brividi. In ogni caso, annuisco con la testa.
"Molto bene. Ora, tu torni alla macchina, camminando lentamente...quando sarai lì davanti, aprirai lo sportello ma non entrerai finchè non te lo dirò. Chiaro il concetto?" continua, mentre il suo tono è tornato ad esser calmo.
Non so come né perchè, ma la sua voce sembra così calda in questo momento... . Annuisco ancora una volta.
"Che c'è...il gatto ti ha mangiato la lingua? Rispondimi. O sarò costretto ad aiutarti a ritrovarla, questa voce...". Detto questo, inizia a ridere in maniera sinistra. Questo tizio mi confonde. La situazione mi confonde.
A tratti rassicurante e ragionevole mentre in altri momenti è semplicemente...malvagio. Un assassino, un rapinatore, un criminale qualunque.
In alcuni momenti si vede che è solo parte di quella feccia da cui il mondo dovrebbe liberarsi.
Mi rendo conto che è solo un volgare animale come gli altri della sua specie. Una bestia.
Non dico niente, analizzando mentalmente ciò che ha detto. Che vorrebbe farmi, se non parlassi?
"Be? Vuoi un assaggio di qualcuno dei miei metodi? Credimi...so essere...molto persuasivo..." sussurra maliziosamente, mentre appoggia le labbra sul mio collo e... mi scosto in un secondo, in fretta.
Questo tizio NON MI DEVE TOCCARE.
Semplice. Semplicissimo.
"Sì...ho capito" rispondo subito io, dopo esser arrossita. Non so se di vergogna, o per la voglia di sputargli addosso quanto lui mi disgusti.
Piano mi avvio verso la BMW, come mi ha detto di fare.
Sono solo poche centinaia di metri, eppure sembrano interminabili. Ho troppa paura di far qualcosa che possa farlo infuriare e convincerlo ad uccidermi. Miracolosamente però tutto fila liscio ed arriviamo alla macchina.
Io poi, sono ancora tutta intera. Soprattutto sollevata, quando apro lo sportello e sento il ragazzo allontanarsi da me, anche se solo di pochi centimetri.
Mi lascia spazio... sto riprendendo fiato, quando lo sento tirarmi le mani dietro la schiena e... ammanettarmi.
Non posso crederci. Goodness me... .
Dopo averlo fatto mi spinge dentro l'auto e chiude con forza lo sportello.
Questo tizio non è di certo un cavalliere.
In fretta sale sul sedile del guidatore e, dopo aver chiuso la vettura, si mette alla guida.
Ci avviamo nuovamente per la strada che porta al centro. È così infastidito in questo momento ed io... sono spaventata.
Rinchiusa qui con lui, con le mani ammanettate strette dietro la schiena. Oh, fanno male questi cosi di metallo attorno ai polsi...sono freddi e quasi taglienti. È una sensazione orrenda, mi sento così impotente.
E poi sono come in gabbia e potrebbe venirmi un attacco di panico da un momento all'altro. Soffro di claustrofobia e questa macchina con le portiere chiuse sistematicamente appare come uno spazio molto più angusto di quanto non è in realtà.
Soprattutto perchè non posso nemmeno tentare di muovermi un poco... questo pazzo starà anche guidando ma si tiene la sua pistola davvero a portata di mano. Chiudo gli occhi, sentendo quasi l'aria mancarmi.
Ecco, sta cominciando... la bocca si riempie di saliva e più cerco di deglutire più non ci riesco.
Ho lo stomaco vuoto eppure mi sento come se stessi per rigettare tutto quello che c'è all'interno del mio corpo. La testa si fa pesante ed è tanto caldo.
Come glielo spiego ora al mio rapitore che ho paura degli spazi chiusi e piccoli? Che gli dico? Che dovrebbe fermarsi? Che dovrebbe almeno abbassare il finestrino? Forse dovrei solo svenire... magari mi lascerebbe andare.
Mi scaricherebbe in mezzo alla strada e sarei finalmente salva.
Mi rallegro solo pensando che, se verrà arrestato, questa è la stessa sensazione che proverà lui, dietro le sbarre fredde di una cella.
"Che hai?" chiede lui improvvisamente, rompendo il silenzio che si era creato da diversi minuti. C'era tensione, nell'aria.
Vorrei mentire, ma non ho la testa per farlo ora come ora.
Riesco solo a schiudere piano le labbra e a comunicargli fievolmente il mio malessere dovuto alla situazione.
"Tsk! E io pensavo fossi diventata così pallida per via della paura che ti ho fatto prendere prima, quando ti ho costretta a risalire in macchina... ah, una volta voi ragazze vi facevate spaventare facilmente. Era più divertente!" scherza lui, mentre, incredibilmente, abbassa un po' il finestrino dal mio lato.
Mi avvicino in fretta al vetro abbassato e respiro velocemente, facendomi accarezzare le guance dall'aria calda di Huntington Beach. C'è odore di mare, come sempre.
Sembro uno di quei cani di piccola taglia che si avvicinano al finestrino per prendere aria quando i loro padroni li lasciano chiusi in auto mentre se ne vanno in giro per negozi. Dopo qualche minuto mi allontano un poco da lì, risistemandomi con la testa ben appoggiata sul sedile. Mi sono un po' ripresa. Bastava davvero poco. "Pensavo avresti tentato di chiedere aiuto. Sarebbe stato davvero esilarante, suppongo" dice lui allora.
Lo guardo storto. Be, almeno sembra più rilassato di prima.
Non è più così ansioso come quando stavo guidando io... forse si sente di avere di più la situazione sotto controllo.
E comunque, visto come sta guidando, direi che anche questo contribuisce a mettermi lo stomaco sottosopra. Va a una velocità spaventosa, mi chiedo davvero come faremo a non essere fermati prima di arrivare al centro della città anche se manca poco.
"Sei noiosa, sai? Non parli e non rispondi alle provocazioni. Le tipe di solito piangono o mi pregano di lasciarle andare... o cose così" borbotta in modo sprezzante, sbuffando. "Spero almeno ci sia qualcosa alla radio..." riprende poi, cliccando sul pulsante e accendendo l'aggeggio.
Improvvisamente il display si illumina di rosso e in bianco appaiono le scritte " Dysentery Gary by Blink-182" .
Una delle mie canzoni preferite. Ho sempre adorato il Punk. Mi aspetto che questo tizio cambi immediatamente stazione radio, eppure non lo fa.
Anzi, sembra contento di sentire questa canzone, che tra l'altro è appena iniziata. Strano, lo avrei inquadrato di più come uno amante del Metal.
" 'Cause I love your little motions You do with your pigtails. What a nice creation! Worth another night in Jail!" .
Cosa? Sogno o son desta? Ho sentito bene? Ha davvero canticchiato parte della canzone?
Lo guardo sbalordita. Chi è questo ragazzo che ho davanti, qualcuno me lo spiega?
Prima è un coglione che agita una pistola contro la mia faccia e poi si presenta come uno qualunque che addirittura conosce a memoria una canzoncina come questa!
Una canzone che parla di un amore non corrisposto da parte di un bravo ragazzo per una tipa che preferisce un tipaccio come tanti. La canzone continua mentre io mi perdo nei miei pensieri.
Va avanti a cantare, come se nulla fosse.
"He's a player, diarrhea giver, tried to grow his hair 'cause he's listening to Slayer. I would like to find him Friday night hanging out with mom and trying on his father's tights" continua seguendo la canzone mentre ride come fosse stupido.
Non ha niente di quel ragazzo con il sorriso beffardo e cafone che fino a poco fa mi minacciava e prendeva in giro. È tutto assurdo, mio Dio!
Ma che cavolo, dev'esser un sogno, tutta 'sta storia!
Mi sono addormentata mentre aspettavo Sidney, ecco tutto! Dev'esser per forza così, andiamo! Prendo a ridere quasi istericamente.
Lui si volta verso di me, interrompendosi proprio mentre stava cantando il pezzo della canzone di Mark Hoppus.
Sta certamente per chiedermi che sto facendo, quando improvvisamente squilla un cellulare. Questa suoneria non è di certo la mia, no.
Abbassa completamente la radio mentre tira fuori il cellulare dalla tasca della giacca.
"Cazzo, quanto ci avete messo! Ero quasi preoccupato!" sbraita. Ed ecco che ricompare il solito sorrisetto sulla sua faccia.
La situazione si fa pericolosa: finiamo su una delle strade principali, visto che siamo quasi arrivati, lui non sembra voler andar più piano e, oltretutto, sta persino parlando al telefono.
Perfetto! Sono incredibilmente preoccupata. Non voglio morire in un incidente stradale ma neanche esser arrestata per concorso in omicidio perchè questo pazzo ha voglia di investire qualche ignaro pedone! Sgrano gli occhi e li fisso sulla strada.
Intanto, continuo ad ascoltarlo mentre parla al telefono.
"Cosa?! Ma dai no! Che brutto figlio di..." si blocca, imprecando però in altri modi.
"Cristo, ma ero appena arrivato! Ho dovuto persino sequestrare una mocciosa per fuggire e arrivare fino a qui e..." si ferma ancora e questa volta ascolta chi gli sta parlando dall'altra parte.
Come mi ha chiamata? "Mocciosa"?! Hey, ma chi si crede di essere?!
"Be, dì a Zacky che quando lo prendo questa me la paga, accidenti! E pure Johnny ci si doveva mettere?! Ah...! Sì. Sì ho capito, sì!! Arrivo, okay!" borbotta indispettito, mentre con una manovra per niente consona e rischiando di investire un ragazzino in skateboard, sale con l'auto sul marciapiede e fa inversione. Torniamo indietro? Cosa?! No, non può essere vero!
Mi stavo finalmente per liberare di lui! No, no!!! Che incubo!
"Sì, dì a Matt che ci sarò... no, James, non lo so come faremo. Probabilmente alla solita maniera, non posso lasciarla in strada o andrà dalla polizia". Sta parlando di me? Non vuole lasciarmi andare!
Mi si riempiono gli occhi di copiose lacrime e sento improvvisamente più caldo di prima.
Quasi sto per piangere per sfogarmi.
"Abbiamo già tutto... non è la prima volta, ce la caveremo. Vedrai, sarà persino divertente magari!... bene. A dopo" le sue ultime parole, prima di buttare giù.
Ha chiuso la telefonata.
Continua a guidare e non so nemmeno verso dove.
"Cara la mia mocciosa... sembra proprio che dovrai venire con me. Insomma, prima pensavo di colpirti con la pistola e lasciarti incosciente nella tua auto ma ora le cose sono leggermente cambiate e... devo portarti in un posticino." il suo tono beffeggiatorio e la risata che ne segue mi fanno rabbrividire.
"Ti farò conoscere i miei amici. Poche ragazze hanno avuto la stessa fortuna, sai? O sfortuna... dipende dai punti di vista".
Deglutisco.
Mentre lascio finalmente le lacrime bagnarmi le guance compaiono delle scie rosse e salate sul mio viso.
Me lo sento.
È la fine. Incomincio a pregare come mai prima. Odio quelli come lui...li odio.


Guida per tre ore buone e finalmente poi si ferma.
È quasi il crepuscolo. Siamo davanti una casa quasi diroccata, in mezzo a un campo.
L'aria profuma di grano e si sentono solo degli uccellini cinguettare ancora e delle cicale cantare.
Se non fossi spaventata a morte da quello che mi attende dietro quella porta lignea... be.
Sarebbe tutto fantastico. Nonostante tutto la casa è bella e il cielo che con i suoi colori arancioni e rossastri la incornicia è qualcosa di stupendo.
Sembra quasi un quadro. È tutto mozzafiato.
Io mi godo ogni particolare, sentendomi come se fosse l'ultima volta che posso trovarmi davanti qualcosa del genere.
"Siamo arrivati... vedrai, ci divertiremo davero tanto. E sono sicuro che nonostante tutto anche tu apprezzerai...te lo ricorderai per sempre, promesso." dice accarezzandomi il braccio. È serio. Per fortuna, la sua attenzione viene attirata dalla porta che si apre.
"Comincia la festa!" .
Sorride e scende dalla macchina, avvicinandosi a quattro figure di ragazzi alti e muscolosi che sono appena usciti dalla casa.
Che ne sarà di me? Non sembrano dei tipi affidabili.
Be, certo, se sono amici suoi, non possono esserlo.
Durante questo breve ma assai intenso viaggio lui ha dato effettivamente prova di essere uno sbandato maniaco e probabilmente anche assassino. Quindi devono essere della sua stessa pasta, si.
Io ho paura, perchè doveva succedere proprio a me?
Perchè Sid non mi sta facendo cercare? Perchè a nessuno frega mai niente di me?! Mi dimeno sul sedile, gridando e piangendo.
Mi lascio prendere dal nervosismo.
Loro si voltano di scatto e sento il mio rapitore ridere contento e dire:"Sapevo che anche lei sarebbe morta di paura! E se già ora fa così, figuriamoci dopo...".
Ridono tutti di gusto, sembra quasi un film horror.
Il più basso del gruppo porge una birra al pazzo che mi ha portata fin qui.
Un ragazzo alto, con i capelli corti e castani e le braccia completamente tatuate gli dà una pacca sulla spalla:"Bel colpo, Synyster! Ci hai portato proprio una bella ragazza, più bella del solito!" .
Synyster? È davvero questo il suo nome?
SYNYSTER? Dico io, stiamo scherzando?
Io questo nome l'ho già sentito. Cazzo, ho sentito qualcosa al riguardo, seriamente.
Al telegiornale, sì, sì.
Mi tornano in mente in un attimo delle immagini e la voce della giornalista.
Deglutisco mentre con gli occhi fissi su di lui, spalanco la bocca spaventata.
È la fine.
È semplicemente giunta la fine.
Me lo sento.

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Capitolo 3
*** 2- Welcome to Hell ***


Era solo il destino











 

“Non serve parlare... e forse non serve nemmeno capire. 
La vita ha la stessa logica di un sogno, a volte di un incubo.” 

Dylan Dog, albo n. 100  




 




Welcome to Hell

 

“Synyster”, come lo chiamano, è poi tornato da me. Dopo aver aperto lo sportello, mi ha prima chiesto cortesemente di scendere.  
È stato incredibile, non era mai stato così carino prima... calmo, tranquillo. 
Però è stata anche una scena assai ridicola: è come chieder a un condannato a morte di prepararsi l'iniezione letale, chi sarebbe così stupido?  
Così, ancora del tutto presa dal nervosismo e in preda ad un pianto isterico, ho preso a scalciare e dimenarmi anche di più. Synyster, dopo essersi chinato su di me, ha tentato di afferrarmi per i fianchi e tirarmi su, ma senza successo.  
L'ho colpito con un calcio proprio in mezzo allo stomaco. Appena mi sono resa conto di cosa avevo fatto, ho capito che l'avrei pagata cara.  
Bella cogliona sono stata, colpire così forte un pazzo assassino e forse anche stupratore e Dio solo sa che altro... e oltretutto qui a supportarlo c'erano anche i suoi amici.  
Lui, in seguito al colpo, è rimasto come di pietra.  
Non ha nemmeno portato le mani sullo stomaco, si è solo fermato sgranando gli occhi ed ha deglutito.  
Un piccolo gemito strozzato è fuoriuscito per un attimo dalle sue labbra rosee e sottili. Sono rimasta a fissarlo ma, se solo non avessi avuto le mani ammanettate dietro la schiena, mi sarei coperta il viso.  
Ero immensamente spaventata.  
Entrambi abbiamo smesso di respirare per un attimo: lui per il dolore, probabilmente, io per il terrore puro.  
Dopo pochi istanti, la rabbia è diventata visibile, si leggeva sul suo viso. La mascella contratta in una smorfia di vera e propria ira, la fronte corrugata.  
«Questo... non avresti dovuto farlo» ha ringhiato a denti stretti. Avrei quasi voluto implorarlo di perdonarmi, ma non ne ho avuto tempo.  
Mi ha afferrato per i capelli e mi ha trascinato con forza fuori dalla vettura. Ho gridato fortissimo per il dolore, mentre le mie gambe nude e le mie braccia strisciavano sulla stradina piena di breccia che conduceva alla veranda della casa.  
Il mio vestito verde acqua si è sporcato di terra e sangue, in quegli istanti.  
I suoi amici, sadici bastardi, per tutto il tempo non hanno fatto altro che tifare a gran voce per lui. Un ragazzo con i capelli mori e un lungo ciuffo che gli ricadeva sugli occhi azzurri ha persino gridato qualcosa tipo: «Falle vedere come funziona qui da noi, a quella piccola sgualdrina!».  
Synyster mi ha trascinato persino sui tre scalini che conducevano alla porta della casa.  
Non penso di aver mai urlato tanto. Lui mi ha sbattuto forte da una parte e dall'altra, per suo puro divertimento. Voleva solo farmela pagare per quel calcio.  
Dopo ciò, sempre trascinandomi, mi ha portata in salotto e, alzandomi per i capelli, mi ha gettata sul divano.  
 
Ed eccomi qui. Sono passati circa quindici minuti e sto piangendo ancora come una bambina. Mi fa male tutto.  
Oh, lui era così adirato... ho lividi ovunque e la pelle graffiata, rovinata sulle braccia e sulle gambe e, in alcuni punti, è ormai inesistente tanto che si vede la carne viva. Brucia così tanto... questo uomo è un animale.  
Per calmarsi è andato in cucina e si è seduto, prendendo un'altra birra.  
«Però... era da tanto che qualcuno non riusciva a farlo arrabbiare così», sghignazza il più basso del gruppo, un ragazzo con un'altissima cresta in puro stile punk.  
Mi rendo conto che lui non sarebbe poi così male come ragazzo, come del resto tutti gli altri. Ma ora come ora sono troppo infuriata e nervosa per pensarci.  
Sto ancora cercando di ricordare che dicevano al telegiornale riguardo questo Synyster e quegli altri suoi amichetti, tuttavia proprio non rammento. Ho solo davanti agli occhi qualche foto sfuocata del servizio che avevo visto su di loro... ma nulla di più. 
Un tizio alto e con un piercing sotto il labbro inferiore, mi si avvicina guardandomi con i suoi occhi azzurro cielo da dietro una ciocca di capelli piuttosto lunga rispetto alle altre. Già, ha proprio uno strano taglio di capelli. Ma ciò che mi preoccupa ora è la sua espressione indecifrabile.  
Lo fisso negli occhi, mentre vedo il suo sguardo passar lungo tutto il mio corpo.  
Schiude appena le labbra e passa lascivamente la lingua su esse, per poi sorridere appena inarcando un sopracciglio.
«Non avresti dovuto ridurla così, Syn» dice con la sua voce calda e tranquilla, voltandosi verso il suo amico.  
Poi, riporta l'attenzione su di me. Si avvicina e tenta di sfiorarmi una coscia, proprio su una ferita. Scalcio improvvisamente, un riflesso incondizionato. Dovrei smettere di agire così o sarà peggio per me. 
Lui si allontana in fretta, senza una parola.  
«È una cagna, non vedi come fa?! Ha cercato di colpirti come ha fatto con me. Come puoi dirmi che non avrei dovuto farle male? Anzi. Sembra non abbia ancora imparato la lezione...» borbotta Synyster ancora infuriato. 
Si alza con uno slancio dal tavolo e si avvia verso di me con fare minaccioso.  
Il ragazzo che prima si era avvicinato al mio rapitore dandogli una pacca sulla spalla, ora se la ride mostrando due grandi fossette. Anche gli altri ridono, mentre io sto tremando e piangendo. Godono della mia paura.  
«Dai, amico, sii buono... è solo spaventata» il ragazzo che ha appena provato a sfiorarmi scrolla le spalle. Dopodiché, si concede un sorso di birra sorridendo.  
«Eh no, Jimmy. Questa mi ha stancato!» risponde lui gridando. Mi afferra per i fianchi per poi prendermi in spalla. Così, mi allontana dal lurido e vecchio divano di stoffa verde scuro.
«No, no!» urlo io disperata.
«Sta' zitta!». La voce di Synyster supera le mie grida, mentre tutto ciò che riempie davvero il silenzio della casa sono le risate dei suoi amici maniaci.  
 
Mi porta lungo una rampa di scale, per poi percorrere un corridoio. Si ferma davanti ad una porta malconcia, come tutto il resto qua dentro.  
Da fuori, la casa sembrava meglio nonostante l'evidente età. Apre la porta con un calcio. I cardini cigolano in maniera sinistra e orribile. 
Io ho già paura di quello che mi attende là dietro il rettangolo di legno. Be, ho paura di tutto qui.  
Vorrei solo non essermene mai andata da Oakland, odio Huntington Beach, la odio eccome.  
Voglio tornar a casa mia, da mia nonna, lontano da tutto questo inferno.  
Perché devo esser sempre costretta a far io i conti con la feccia della società? Non è normale, chi può subire situazioni come questa due volte nella vita? È statisticamente una cosa quasi impossibile!  
Questa è sfortuna. Sfortuna pura e semplice ed io sono troppo intelligente per non rendermene conto. 
Vorrei solo chiuder gli occhi, ma non ci riesco perché il mio istinto dice di restare vigile.  
In pochi secondi, Synyster entra nella stanza e mi butta su un logoro letto.  
Le lenzuola non sanno di certo di bucato, sono troppo sporche e consumate... mi viene istintivamente da tossire, annusando l'aria qui dentro.  
Tutto sa di polvere e di chiuso, c'è puzza di muffa.  
Mi viene il voltastomaco.  
Tuttavia, nulla è orribile come quello che sto vedendo ora: ci sono catene ovunque... il muro è coperto di schizzi di sangue e anche il parquet.  
Capisco così che probabilmente anche le macchie sbiadite sulla coperta e sulla federa del cuscino, sono di sangue.  
Con gli occhi sbarrati e senza un filo di voce, mi guardo meglio attorno e... ci sono... delle unghie! Unghie conficcate nel muro!  
Improvvisamente riprendo a gridare, inorridita.  
I ragazzi, che nel frattempo ci avevano seguito e si erano affacciati alla porta, non riescono a far a meno di divertirsi.
«Non ti piace questo posto, dolcezza?» mi chiede, sfregandosi le mani, un ragazzo che a quanto ho sentito dovrebbe chiamarsi Zacky o qualcosa del genere.  
Devo imparar i loro nomi a memoria, se voglio poi denunciarli alla polizia!  Certo... sempre se ne uscirò viva.  
«Per favore... per... favore» li imploro singhiozzando.  
Ho gli occhi gonfi e sento un nodo in gola, mi fa male a respirare.  
Sono stanca di piangere e gridare. Sono stanca di tutto oggi.
«Per favore? Per favore cosa? Avresti dovuto pensarci prima di graffiarmi sul viso e anche prima di darmi un calcio, razza di mocciosa!» mi ringhia contro il mio rapitore, che nel frattempo si era fermato a guardar la scena senza una sola parola.  
Con un gesto veloce, lui mi fa voltare. Finisco con il viso contro la disgustosa e sporca federa del cuscino.  
L'odore penetrante che mi entra nelle narici mi fa quasi sentire male.  
Dopodiché, lo sento salire sul letto.  
Si mette su di me, in ginocchio, le mie gambe in mezzo alle sue.  
Vorrei colpirlo ancora una volta, tuttavia ora so che se lo facessi... sarebbe la mia fine. Mi afferra i polsi. Non capisco cosa stia cercando di fare, fin quando non mi sento finalmente libera dalle manette.  
«Il tuo peggior incubo deve ancora cominciare» mi sussurra piano all'orecchio dopo essersi chinato su di me, in modo che solo io possa sentirlo.  
Rabbrividisco all'istante. Poi, si allontana dal mio corpo, alzandosi.  
I suoi amici, tutti e quattro assieme, mi si avvicinano.  
Mi fanno voltare nuovamente. Li ringrazio mentalmente, era disgustoso avere il viso schiacciato contro quel cuscino.  
E poi da così posso quasi tenere sottocontrollo la situazione. O almeno credo. Voglio illudermi di poterlo fare. 
Si limitano a sghignazzare e a lanciarsi sguardi tra loro. Due mi afferrano i polsi e altri due le caviglie.  
Mi sfilano le scarpe e i braccialetti che porto ai polsi.  
«Uuuh... guardate qui!» urla con entusiasmo il ragazzo con le grandi fossette.  
Passa leggermente un dito sulle evidenti cicatrici sul mio polso sinistro.  
Cerco di sottrarre il braccio a quell'imbarazzante situazione... ma non ci riesco. Il tizio è forte e non mi molla.  
«Ma tu guarda… Abbiamo una piccola autolesionista» mormora sbigottito il ragazzo che dovrebbe chiamarsi Jimmy.  
Poi, mi rivolge uno sguardo strano accompagnato da un sorriso... ma questa volta non sembra volermi prendere in giro. Il suo sorriso era triste, amareggiato.  
«Beh... vorrà dire che non se la prenderà troppo quando Syn tornerà. Lui le farà molto male... e se ama il dolore, buon per lei. Avrà da divertirsi» sghignazza il più basso del gruppo, mentre Zacky annuisce e l'altro gli dà una pacca sulla spalla. 
È un discorso tremendamente idiota. E che ne sanno loro di quelle cicatrici, della storia che c'è dietro?  
Jimmy sembra l'unico a non trovarci nulla di divertente. Scuotendo forte la testa per la paura, mi aggrappo al suo sguardo compassionevole. Lo fisso negli occhi.  
Mi sembra quasi di implorarlo: se lui ha ancora un briciolo di cuore sotto tutto l'inchiostro che gli colora la pelle, devo appellarmi a lui.  
Schiude appena le labbra quando si rende conto che lo sto fissando e so che ha capito cosa voglio dirgli.  
Si volta di scatto, tornando a quello che stava facendo.
Afferrano le catene che sono a terra e mi legano saldamente i polsi e le caviglie. Non posso più muovermi. Strattono le catene... senza alcun risultato.
 
I ragazzi si fanno tutti da parte, mentre vedo Synyster tornare in stanza.  
Si è levato la maglietta bianca e stretta.  
Resto a bocca aperta quando lo vedo... è... spettacolare.  
Per un momento, mi dimentico della situazione e mi perdo nella visione davanti a me. È una cosa stupenda. Ha un fisico incredibile. Ha meno tatuaggi di come pensavo... ne è completamente ricoperto dai polsi alle spalle.  
Ha persino delle lettere tatuate sulle dita. Sul petto invece ha un solo tatuaggio... una piccola scritta, che non riesco bene a decifrare.  
I suoi muscoli guizzano mentre mi si avvicina.  
Il solito sorriso beffardo è dipinto sul suo volto. Sembra essersi un po' calmato, è più rilassato.  
«Bene bene...eccoti qui, cara mocciosa. Ti chiami... Destiny, giusto?» mi domanda, stringendo nella mano destra la mia patente.  
Tiene ancora l'altra mano dietro la schiena e questo mi spaventa molto. Che cosa avrà là?  
«Che nome stupido! Non hanno tanta fantasia i tuoi, vero?» chiede poi il ragazzo con le grandi fossette.  
Vorrei solo voltarmi e guardarlo storto. 
«Già, Matt ha ragione,», risponde Synyster, «ma sta tranquilla. Vedrò di trovarti un bel soprannome, okay?».  
Non rispondo all'evidente provocazione, cercando di capire le sue intenzioni.  
In un secondo lo ritrovo su di me. Scopro con orrore che nell'altra mano stringe un coltello da cucina, con una lunga lama affilata e il manico nero in acciaio.  
«Oh mio Dio...» mormoro con gli occhi sgranati.
«Questa frase la ripeterai spesso oggi. Ed anche con più enfasi rispetto a come l'hai appena detta» dice Synyster con tranquillità, mentre afferra il mio vestitino a balze e inizia a tagliarlo con facilità grazie all'arma che tiene saldamente in mano.  
 
Mi sto vergognando tantissimo.  
Presto sarò quasi nuda davanti questi pazzi. E da come mi guardano, sembrano solo lupi famelici. 
Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto ciò? Cosa, dico io? Nella mia vita non ho mai dato fastidio a nessuno, ho sempre e solo tentato di raccogliere i pezzi e mi sono sempre rialzata in piedi meglio che potevo.  
Ho fatto di tutto per non deludere mai le poche persone che mi erano rimaste, anche quando soffrivo troppo.  
Mi sono cucita all'anima nomi, volti e parole e così ho sempre ottenuto la forza di cui necessitavo.  
Sempre. Sempre. SEMPRE.  
Cos'è ora tutto ciò? Una punizione?  
L'unica cosa che forse potrebbe non esser giusta è che mi rifiuto di fidarmi davvero delle persone. Mi apro a poche. Ma del resto come potrei fidarmi?  
Quelli che hanno distrutto la mia vita, quella tragica notte, fuggirono sulla loro stramaledetta auto e non furono mai beccati.  
Erano tornati in Messico, a quanto sembra.  
Loro se ne vivono felici sguazzando nei soldi sporchi, probabilmente. E magari l'idiota che era stato ferito non è neanche morto!  
Mentre io ho dovuto tirar avanti facendo giorno dopo giorno i conti con il passato e con tutto il male che lasciava addosso. Dimentichiamo quello che vorremmo ricordare e ricordiamo quello che vorremmo dimenticare.  
Così va la vita.  
È tutto schifosamente ingiusto ed io lo so bene.  
Ma nonostante tutto...sapete cosa? Uscirò anche da questa situazione, se mi lasceranno vivere abbastanza.  
Non mi arrenderò mai al dolore, MAI. Le cose possono sempre andare meglio, ci devo credere, ci devo credere...
 
L'uomo ha tagliato il vestito fino al mio ombelico. 
Poggia il coltello sulla mia pancia nuda, con la punta affilata rivolta verso l'alto.  
«Perché mi state facendo tutto questo? Perché ce l'avete con me? Neanche mi conoscete, maledizione! Avresti potuto prenderti l'auto e andartene, perché cavolo ti sei ostinato a portarmi con te?» gli urlo tutto d'un tratto.  
Lui è impassibile e, con le mani, strappa quello che resta del mio minuscolo abito nuovo.  
La stoffa fa un rumore orrendo.  
«Sai... sembra proprio che io ti abbia lasciato dei lividi piuttosto evidenti... ricordi il motivo, no? Prima... in auto... quando ti ho afferrata ed ho stretto forte le mani attorno al tuo collo» mormora, per poi accarezzarmi.  
Sembra che ricordare quegli istanti gli piaccia molto.  
Cerco solo di non piangere più.  
Lo fisso negli occhi e con orrore leggo in essi un malsano, sempre più accentuato ed evidente divertimento.  
«Wow!» sento il ragazzo basso gridare non appena Synyster si sposta appena per mostrarmi meglio ai suoi amici.  
Mi sta trattando come il suo giocattolo nuovo. O forse sono solo il trofeo della giornata?  
Zacky fischietta.  
«Sei un sadico della peggior specie, Synyster! Ci tieni qui davanti a te solo per mostrarci la tua nuova preda e non ci dai neanche la possibilità di giocarci un po'!» gli dice quello che dovrebbe chiamarsi Matt, mettendo il broncio.  
Preda... mi ha chiamato preda. Mi si chiude lo stomaco solo a sentirla, questa parola.  
«Ma dai, amico! Lo sai bene che arriverà anche il vostro turno! Beh, come sempre del resto!» risponde con assoluta soddisfazione la bestia che mi ritrovo addosso.  
Jimmy se ne sta zitto con le braccia incrociate e la schiena poggiata al muro. Si limita a sorridere, molto interessato a quello che vede.  
Come può starsene lì in quel modo? E poi che significa che arriverà anche il loro turno? Io non voglio farci nulla con questa gang di ragazzacci depravati. Che si credono, i protagonisti di un filmetto? 
Questa è realtà, vita vera! Non possono comportarsi così. Sembra solo un gioco per loro! 
Eppure mi sto rendendo conto che, forse, non ho molte possibilità perché faranno di me ciò che preferiscono.  
Il mio pensiero fisso è Sid, lei è l'unica speranza.  
Avrà per forza denunciato la scomparsa della sua auto, si starà chiedendo perché sono sparita e deve aver saputo cosa è successo mentre era nel centro commerciale.  
Insomma, è una tipa sveglia! Non può non aver fatto due più due!  
Lo so che è una situazione davvero bizzarra e senza senso e che nessuno si aspetterebbe mai una cosa del genere.  
Ciò tuttavia non toglie che io, ai suoi occhi, sono scomparsa. Quindi ha sicuramente chiamato la polizia!  
Io devo solo farmi forza e resistere più a lungo che posso. Il mio rapitore mi afferra dal mento e, stringendolo con una dolcezza che non gli appartiene tra l'indice e il pollice, mi costringe a voltarmi verso di lui.  
«Perché guardi loro? Ti piacciono i miei amici? Beh, per ora mi dispiace ma dovrai accontentarti di me, anche se poi avrai modo di giocare anche con loro. Se fai la brava ti permetterò di scegliere con chi divertirti per prima, okay?» dice ridendo e gli altri fanno lo stesso.  
«Ti prego, no...» lo imploro ancora una volta, pur sapendo bene quanto questo gesto sia inutile.  
Synyster riafferra il coltello, sollevandolo piano, per poi appoggiarlo nel comodino qui di fianco.  
Riprendo a respirare, sentendomi finalmente bene. Almeno l'arma ora è lontana da me.  
Mi sfiora delicatamente con la punta delle dita mentre i suoi occhi quasi cambiano colore, diventando come incandescenti. Si china su di me, poggiando le sue labbra sulle mie e infilando con prepotenza la lingua nella mia bocca.  
 
Porta una mano sul mio polso destro, stringendolo con forza tra le sue dita.  
Non capisco perché... sono incatenata al letto, non ho comunque modo si muovermi.  
Deve essere proprio un maniaco del controllo. E questa non è una buona notizia. Infila l'altra mano sotto il mio reggiseno. Per tutto il tempo, io non faccio altro che tentare di farlo smettere, provo a sottrarre le mie labbra ai suoi baci insistenti spingendomi sempre più affondo nello scomodo cuscino sporco, ma la sua lingua esigente non ha intenzione di allontanarsi neanche per un attimo dalla mia.  
Se lui non fosse solo un criminale... tutto questo mi piacerebbe, in realtà.  
Le sue labbra sanno di birra e sigarette... ho sempre pensato che l'odore del fumo fosse qualcosa di disgustoso. E detesto la birra.  
Tuttavia, ora che sono costretta ad assaggiare letteralmente questo mix... lo trovo inebriante. È sexy... proprio come il ragazzo che si sta stringendo a me.  
Il suo modo di toccarmi, invece... è imbarazzante e frustrante. Mi vergogno e mi sento in colpa.  
Vorrei potermi sottrarre a questa tortura, salvarmi da lui e dalle sue intenzioni come mi sono sempre salvata da tutto il male che avevo attorno.  
Sid, d'altronde, me lo ripete sempre: “Alla fine dei giochi, nessuno si salva da solo. La vita ci fotte tutti. Però, se siamo abbastanza coraggiosi da lasciarci aiutare, forse possiamo ancora uscirne vivi e con un po' di esperienza in più. E probabilmente con un pezzo di cuore in meno...”.  
Sagge parole. La mia amica è eccezionale... io, invece, dovrei imparare ad ascoltare.  
 
Improvvisamente, mordo con forza le labbra del ragazzo che, con grande energia, continua a spostare le mani su di me senza però mai smettere di baciarmi.  
Era la cosa più naturale che potessi fare a questo punto.  
Il mio istinto mi costringe a fargli male quando osa poggiare le dita sul bordo della mia biancheria intima.  
Si allontana in un secondo da me mugolando.  
Porta l'indice e il medio della mano destra sulle labbra, mentre i suoi amici si avvicinano subito capendo che qualcosa non va.  
La linfa scarlatta gli macchia i polpastrelli. Osserva fumando di rabbia il rosso appiccicoso sulla pelle, mentre passa la lingua sul labbro inferiore per leccare via in fretta il sangue.
«Allora... proprio non vuoi capirlo, vero? Tu... non devi fare cose come questa. Mai!» ringhia il ragazzo.  
I suoi amici sembrano un po' spaventati e non sanno che fare.
«Quanto puoi essere cogliona?» mi domanda Zacky.  
Gli altri si limitano a fissarmi con uno sguardo di rimprovero. Synyster si fionda sul primo cassetto del comodino.  
Oddio, ma che vuole fare?  
Subito ne estrae una pistola, molto più grande di quella che minacciava di utilizzare prima in macchina.  
Sbianco all'istante.  
Ora mi ammazza... ora mi ammazza... l'unica cosa che mi ripeto.  
Un solo altro pensiero mi tormenta: perché vuole usare la pistola, se è infuriato e il coltello è persino più a portata di mano? Troppo tardi, non è più il momento di capire questo.
«Oh - oh... dì le tue preghiere Destiny!»
«Questa volta non penso che la passerai liscia, a giudicare dal suo sguardo» mormora il ragazzo basso.  
«È stato divertente, cara» borbotta con un sorriso appena accennato Matt.  
«Ora la ammazza» dice a bassa voce James.  
Lui sembra davvero terrorizzato all'idea, qualcosa mi dice che non vorrebbe ritrovarsi qui il mio cadavere. 
E neanche io vorrei morire così... . 
Sento un rumore forte e sordo.  
La testa mi fa così male, ora... e ho bisogno di riposarmi. Sì, lo sento... poi, il vuoto più totale. 
 
Apro gli occhi. Non c'è più un filo di luce. La stanza è dannatamente buia.  
Sento un forte dolore alla testa, seguito da un grande senso di nausea e da un dolore generale diffuso in tutto il corpo.  
Ho ancora la vista appannata ma, piegando leggermente il collo in avanti, riesco a vedere fin fuori dalla finestra con gli infissi d'ebano.  
Il cielo è blu scuro, pieno di stelle. Sento grilli e cicale frinire.  
Dal vetro rotto, entra una piacevole brezza fresca. Almeno il venticello si porta via la puzza che regnava sovrana qua dentro quando sono arrivata. Porta nella stanza l'odore del grano e il profumo tipico dell'estate.  
Mi fa sentire un po' meglio.  
«Ti sei svegliata, finalmente» una voce mormora.  
Lancio un grido. Oh mio Dio! Sono così tesa!  
Io... credevo di essere sola! Urlo così forte che la mia stessa testa dolorante ne risente.  
Mi pento subito di averlo fatto, soprattutto dopo essermi resa conto che, la persona che si trova qui con me, è solo James. Il migliore tra tutti questi schifosi.  
Beh, sempre meglio che svegliarsi e ritrovarsi Synyster seduto vicino al letto!  
Il ragazzo balza in piedi, poggiandomi una mano sulle labbra e premendola su esse.  
«Accidenti, ma perché sei così imprevedibile?» si lamenta lui, guardandosi attorno non appena sente dei passi salire le scale velocemente. Fissa lo sguardo sulla porta, probabilmente aspettando di veder emergere i suoi amici dal buio del corridoio.  
«Che succede?» domanda Matt curioso, aprendo la porta e accendendo la luce. 
«Nulla. Si è... solo svegliata ed era spaventata» risponde James scrollando energicamente le spalle. Come se non ci fosse molto senso a tutto questo. 
«Del resto... non poteva esser altrimenti. Si è svegliata nuda, ancora incatenata e con un tipo pericoloso a fianco» scherza Zacky. James sorride avvicinando la mano al mio collo e sfiorandomi con i polpastrelli.  
Il suo tocco leggero e delicato mi fa rabbrividire, tuttavia mi rendo conto dal suo sguardo che non devo aver paura. No, non di lui.  
È una sensazione strana, semplicemente però la sento forte e chiara... l'intuito mi dice che questo ragazzo non è poi così marcio come si potrebbe credere.  
Ehi, aspetta... che ha detto Zacky? Sono... nuda? Alzo lo sguardo e lo noto: sì, accidenti, sono completamente nuda! Gli occhi mi si riempiono di lacrime che pungono terribilmente.  
Che cavolo può essere successo? Ricordo solo di... di... di aver morso Synyster! Poi ho il vuoto più totale.  
Lui si voleva vendicare... pensavo mi avrebbe uccisa!  
E invece no! Sono ancora qui! E sono viva!  
Ma ho un blackout TOTALE delle ultime ore. Che è... successo? Deglutisco, immaginando le peggiori cose.  
Sento qualcuno ridere tra i singhiozzi.  
L'inquietudine si fa ancora più strada in me quando mi volto e vedo Synyster farsi strada in mezzo ai suoi amici ed entrar in stanza.  
Puzza incredibilmente di alcol, ma non sembra del tutto andato. Non sembra sbronzo, seppur immagino bene che avrà tempo per completare l'opera durante la notte.  
«Allora? Ti ci sei divertito come abbiamo fatto tutti noi?» chiede con enfasi dopo essersi buttato addosso al suo amico abbracciandolo. Gli fa l'occhiolino e gli porge la sua birra. Jimmy la prende e la porta alle labbra, bevendone un sorso con soddisfazione.  
«Uhm... sì! È stato... divertente. Giusto?» domanda voltandosi verso di me ammiccando.  
Divento rossa di vergogna. James sbianca.  
I ragazzi battono a turno il cinque al loro amico.  
«Grande! Sei sempre il migliore!» gli dice il ragazzo con la cresta punk.  
«Beh, grazie Johnny...» risponde lui imbarazzato.  
«Divertiti ancora! Tanto... lei deve restare qua! Sei sempre troppo gentile con le ragazze. Dovresti smettere!» gli consiglia il mio rapitore.  
Se ne tornano tutti di sotto, senza aggiungere altro. Scendono le scale urlando divertiti.  
Io non riesco neanche più a capirli. È un incubo tremendo.
«Non... non è come credi tu» mormora James stringendo i pugni.  
Non riesce a guardarmi negli occhi, sembra che il mio piangere lo stia facendo star male.  
«Cosa mi avete fatto...? COSA MI AVETE FATTO?» grido più forte, mordendomi leggermente il labbro inferiore. Mi manca il respiro.  
«Io non...»si blocca a metà frase. Alzo appena lo sguardo su di lui, aspettando che finisca di esprimersi.  
Eppure sembra non abbia intenzione di farlo. Inizio a strattonare con forza le catene.  
Il nervoso si impossessa di me e la rabbia è molto forte. Essere così... ferita e immobilizzata davanti ad un essere tanto infimo da approfittare di me mentre non sono nemmeno cosciente, mi fa sentire male.  
Senza bisogno di altre parole, egli s’inginocchia sul pavimento.  
Tira fuori da sotto il letto delle corde robuste. Non faccio in tempo a chiedermi cosa voglia farci: lui porta le mani sulle manette di ferro sui miei polsi e, con la chiave, le apre una alla volta.  
È un po' ridicolo che siano ancora usate per qualcosa catene così al giorno d'oggi, sembra solo roba da film. Tento di distrarmi con l'aiuto di tali stupidi pensieri ma non serve troppo. 
Vorrei poter tirare un pugno a Jimmy ma ovviamente non ne ho la forza per via dei muscoli intorpiditi.  
L'uomo mi massaggia piano i polsi. Questa cosa mi stupisce tanto. 
Perché lo fa? 
Le sue mani grandi sono tremendamente morbide e attente. Sta solo cercando di farmi passare un po' il dolore. 
È molto preso da ciò che sta facendo.  
Dopo ciò, si sfila la maglietta e me la fa indossare senza neanche chiedermi il consenso.  
Mi sento come una bambola nelle sue mani. Eppure... non è neanche una cosa così malvagia. 
Mi lega nuovamente i polsi con una delle corde, senza fare un nodo troppo stretto. 
Mi libera anche le caviglie dalla fredda e dura morsa delle catene.  
Sono tra le sue braccia... non riesco a smettere di fissarlo. Questo ragazzo... ha che non va?  
Perché passa tempo con quegli squilibrati? Sembra essere... migliore di loro! Be, insomma. Dipende dai momenti, ecco. 
Tuttavia ho capito che forse prima... aveva detto quelle cose solo per far contenti gli amici. Lui non mi ha toccata. 
I suoi occhi... sono profondi. Mi ispirano fiducia.  
È come il fratello maggiore che avrei sempre voluto. Arrossisce non appena si rende conto che lo sto osservando.
«Buona notte» mormora, dopo avermi infilata sotto le coperte del letto.  
Si avvicina piano alla porta, lentamente. Non ho modo di dire nulla.  
Tutto è sempre assurdo da quando oggi ho conosciuto, mio malgrado, questi ragazzi.  
Che hanno? Sono psicopatici? Bipolari? O sono solo dei lunatici del cazzo che non si rendono conto che torturare, stuprare e ammazzare gente non è normale?  
E non lo è nemmeno confondere qualcuno in questo modo!  
Lo vedo voltarsi appena e sorridermi.  
Non ho modo di ricambiare, sconvolta come sono.  
Vorrei solo capire che cavolo mi hanno fatto in questo tempo in cui non ero cosciente... o chi l'ha fatto.  
James... non sembra c’entri nulla. Sì, non c’entra nulla. Me lo ripeto ancora una volta. 
Eppure sto così male...che non ho la forza di pensarci adesso. La maglia di quel ragazzo è larga e calda e mi copre fin sulle cosce.  
Affogo le lacrime nel cuscino, cercando di addormentarmi nonostante questo doloroso nodo in gola.  
Domani non sarà sicuramente una giornata migliore di questa. 

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Capitolo 4
*** 3- Where do we go? ***


Era solo il Destino.



"Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita."
-Jack Kerouac

 

Where do we go?

 

"Alzati. Coraggio, è ora di andare." James è nuovamente al mio fianco. Con ben poca gentilezza mi afferra dai fianchi e mi prende in spalla, esattamente come aveva fatto il mio rapitore. Non ho idea di che ore siano, ma a giudicare dalla luce che entra dalla finestra deve essere l'alba.

"Dove mi stai portando?" domando con la voce assonnata e ancora impastata dal sonno. Mi hanno colta alla sprovvista. Ora come ora non ho modo di difendermi in nessun modo, sono ancora poco cosciente.

"Il grande capo vuole parlarti." il ragazzo ride alle sue stesse parole.

Cosa c'è di tanto divertente? Chi diamine è, "il grande capo" ?

Un brivido mi corre lungo la schiena.

"Sei ancora in tempo per fermarti. Il sole non è alto nel cielo, nessuno se ne accorgerà se mi farai fuggire. Potrai darmi la colpa di tutto e potrete venire a cercarmi ... ma a quel punto nessuno mi troverà, sarò già lontana! Per favore, lo so che sei buono. L'ho capito, l'ho letto nei tuoi occhi ieri sera! Lasciami andare, te ne prego!" sottovoce, tento di dissuaderlo mentre stiamo percorrendo il corridoio che conduce al salotto di ieri sera.

"Mi spiace, Dolcezza. Non funziona così." è quanto riesce a dirmi. Però lo sento nella sua voce ... me ne rendo conto. Vorrebbe tanto potermi accontentare. Cos'è che lo spinge a tenermi prigioniera? È davvero così importante per lui non deludere quei pazzi psicopatici che chiama amici?

Arriviamo fino alla porta e varchiamo la soglia. Arrivati in veranda, James mi mette giù, facendomi sedere sul pavimento. Frastornata scuoto la testa, mentre inizio a sentire freddo. Ho ancora addosso solo la maglietta del ragazzo. Chi lo avrebbe mai detto che al mondo esistono rapitori generosi? Vorrei strofinarmi gli occhi, ma è impossibile dato che ho ancora le mani legate.

"Buongiorno Signorina. Che ne dice, le andrebbe una tazza di caffè?" chiede Matt con fare ironico. "Mi spiace, ma abbiamo solo alcolici qui." borbotta poi, senza avermi neanche lasciato il tempo di controbattere alla sua stupida provocazione. E così, un attimo dopo, sta avvicinando una bottiglia di birra alla mia bocca. Cerco di sottrarmi in ogni modo, ma qualcuno mi afferra dalle spalle, tenendomi ferma.

"Dai Piccola, non essere spaventata. È solo un po' d'alcol." in queste parole riconosco la voce di Zacky.

Ridono tutti, anche Jimmy.

"Lasciatemi! Smettetela!" provo ancora ad opporre resistenza, ma senza successo. Sento il vetro toccarmi le labbra, mentre il pazzo dietro di me mi tira i capelli. Credo il suo obiettivo sia quello di farmi così male da costringermi a gridare, perché è esattamente ciò che succede. Matt ha quindi la possibilità di farmi bere quella roba: inclina la bottiglia, facendo cadere il liquido amaro nella mia bocca.

"Non è così male, no? Puoi finirla, se vuoi." mi prende in giro Zacky. Con la testa inclinata all'indietro riesco a vedere la sua espressione. Si sta proprio godendo la scena. Cosa c'è di divertente nel ridurre una persona innocente ad un burattino nelle proprie mani? Mi sento un giocattolo.

Provo ancora a divincolarmi, non voglio lasciargli credere che possano fare di me tutto ciò che desiderano.

"Combattiva. Mi piace ... " sussurra James, mentre continua a restare solo uno spettatore del giochetto sadico dei suoi compagni. Se ne sta di fianco alla porta, con la schiena spalmata contro il muro della casa.

Riesco ad allontanarmi quel tanto che basta e sputo in faccia a Matt tutta la birra. Non si aspettava di certo una svolta simile alla faccenda, fa a malapena in tempo a chiudere gli occhi.

"T'ha proprio fregato, la puttanella!" Zacky non può fare a meno di ridere più forte di prima.

Il ragazzo dalle grandi fossette si asciuga il viso usando la maglietta. Proprio quando penso che stia per alzare le mani su di me per vendicarsi, arrivano il tizio con la cresta Punk e Synyster.

"Credo potremmo benissimo andare verso San Diego. Da lì passeremo la frontiera, andando in Messico. Con l'aiuto di Roy non dovrebbe esserci nulla di difficile." sento dire dal più basso, che penso di aver ormai capito si chiami Johnny.

Sgrano gli occhi e sorrido istintivamente mentre intravedo un barlume di speranza. Intendono lasciarmi libera! Se se ne andranno, non credo proprio avranno voglia di portarmi con loro. O sbaglio?

"Non lo so. Abbiamo ancora da fare qui. Non possiamo lasciare gli Stati Uniti." replica in modo sbrigativo Synyster.

"Hey Boss!" lo saluta James con fare scherzoso, abbracciandolo.

"Quindi, prima intendi finire ciò che abbiamo iniziato qui?" Zacky si avvicina al mio rapitore, ponendogli questa domanda. Non sembra troppo entusiasta della notizia.

Io, nel frattempo, non posso far altro che chiedermi incessantemente che cosa sia questa cosa cui devono mettere la parola fine con tanta fretta. Sicuramente non si tratta di niente di legale! Un'altra cosa che mi ha lasciata terribilmente perplessa è come Jimmy abbia chiamato quel coglione dal fisico perfetto che mi ha trascinata dentro questo incubo. È lui "il grande capo" che voleva parlare con me? Deglutisco.

Synyster ricambia il saluto di Jimmy, per poi voltarsi verso Zacky. "Hai un'idea migliore, forse?" chiede con arroganza, inarcando un sopracciglio. Wow, riesce ad essere maleducato anche con chi lo accompagna nelle sue "avventure". "Davvero, se hai qualcosa da dire spara, sono tutto orecchi." continua a trattarlo in modo altezzoso. Gli si mette davanti, incrociando le braccia al petto.

"No. Non ho idee migliori. Fa' come ti pare." la risposta del ragazzo arriva qualche istante più tardi. Sembra che abbia molte cose da dire, ma si limita a queste parole. È piuttosto arrendevole, in verità. Sembra che tutti rispettino molto Synyster. Non capisco. Non mi sembra proprio che ne sia degno.

"Allora potevi semplicemente stare zitto dall'inizio." dopo quest'ultima frase, nessuno osa più aprire bocca.

Mi sento terribilmente a disagio. Non dovrei essere qui, sul serio. Non c'entro nulla con loro, né con il loro mondo! Ho paura anche solo a stare vicina a questi mostri. E il nervosismo di certo non migliora il mio mal di testa. Dopo la botta di ieri sera sento un dolore lancinante.

A questo punto, Synyster sembra accorgersi della mia presenza. Con un sorrisetto poco raccomandabile sul volto, egli si china su di me.

"Ciao Tesoro. Dormito bene?" mi domanda, sfiorandomi la guancia. I suoi occhi sono ipnotici, e carichi di oscure promesse. Vorrei davvero distogliere lo sguardo, ma non ce la faccio.

"Ci siamo divertiti ieri sera. È un vero peccato che tu fossi svenuta! Ma sta' pure tranquilla, avremo presto modo di rifarlo." mi sussurra in modo lascivo. Un attimo dopo le sue labbra sono sulle mie. Questa volta ricambio immediatamente il suo bacio. Non so perché, non ne ho idea. Sento che farei meglio ad assecondarlo.

"Le avete dato da bere?" domanda agli altri, non appena si allontana da me. Sembra aver sentito il sapore della birra.

Comunque, non lascia tempo a nessuno il tempo di spiegare nulla di ciò che è avvenuto prima che lui e Johnny arrivassero.

"Siccome stamattina sembri abbastanza tranquilla, credo sia carino da parte mia informarti che stiamo per andarcene da qui. E, ovviamente, tu verrai con noi."

L'aria viene quasi a mancarmi, il mio cuore inizia a battere più forte.

"Non voglio. Lasciatemi andare ..." provo ad implorarlo, ma Synyster scoppia a ridere. "Hai fatto la brava fino adesso, non ricominciare a piagnucolare, Destiny. Sii realista, pensi veramente che potremmo rinunciare a uno zuccherino come te?" afferra il mio mento e mi costringe a guardarlo diritto negli occhi, ancora una volta. "Scordatelo. Non ti darò la possibilità di andartene, né adesso né mai. Spera che gli sbirri ci becchino presto, altrimenti non tonerai più a casa." conclude, con ben poco tatto. La cattiveria nella sua voce ... come può un uomo essere tanto crudele?

Ancora una volta gli altri quattro ragazzi sembrano divertiti. Che mi aspettavo? Provano godimento solo nel fare del male agli altri, l'ho capito ormai.

James mi aiuta a tirarmi su, e ci dirigiamo verso un furgoncino parcheggiato sul retro. Così sarebbe questo il loro mezzo di trasporto? Patetici. Neppure nei film in TV ho mai visto una banda di criminali più squallida.

Intanto, l'auto di Sid sembra essere sparita. Abbasso la testa, decisamente delusa. Che ne avranno fatto? Ho totalmente perso ogni speranza di tornare alla mia vita. Le parole di Synyster sono state come un pugno nello stomaco.

Gridando per cercare aiuto, incomincio a correre in mezzo al campo circostante, in un ultimo disperato tentativo di fuggire. Come era prevedibile, Jimmy mi riafferra in un attimo. Per la prima volta anche lui mi punta un'arma addosso.

"Sarò più buono degli altri magari, ma vedi di non approfittarne. Non sono un coglione."

Nel suo sguardo non c'è un minimo di pietà. Mi rendo conto che sarebbe davvero pronto a farmi fuori a questo punto. Senza tentare ulteriormente di ribellarmi, seguo James, che mi fa salire nella parte posteriore del furgoncino.

Non so dove andremo, né cosa ne sarà di me. So solo che, da qui in avanti, tutto sarà completamente diverso.

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