Tutto può succedere

di DarkDevil9700
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capito 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** SONO VIVAH! ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Tutto può succedere

Prologo


  
Ero rannicchiata in un angolo di quella piccola stanza senza finestre seduta sul freddo e liscio pavimento di marmo. Sudavo freddo, tremavo e piangevo in silenzio. Le lacrime scivolavano sul mio viso per poi cadere silenziose sul pavimento. Mi mancava l'aria e i miei polmoni bruciavano alla ricerca di ossigeno. Alzai lo sguardo verso l'unica luce della stanza: era una lampadina che pendeva dal soffitto e illuminava la stanza con una luce fioca e tremolante. Avevo paura, tanta paura. Udii i primi passi e i primi versi raccapriccianti e sentii il mio cuore accelerare il suo battito, così tanto da farmi male al petto.
"È solo un'allucinazione" pensai cercando di calmarmi, ma era del tutto inutile, non riuscivo a ragionare o a riflettere se sentivo quegli orribili suoni. Mi misi le mani sulle orecchie cercando di soffocare quei rumori spaventosi, ma continuavo a sentirli rimbombare nella mia testa. Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo ed iniziai a singhiozzare sperando che facessero terminare l'effetto dell'Alice che stava scatenando la mia paura con quelle allucinazioni spaventose. Cosa volevano da me? Cosa speravano di ottenere con quelle simulazioni? 
Sentii un liquido caldo bagnare i miei vestiti, ma non alzai gli occhi per controllare cosa fosse. Lo sapevo: era sangue o almeno era quello che volevano farmi credere. Io però non riuscivo mai a sfuggire alle allucinazioni.
Sapevo che l'unico modo per sfuggire alla paura era far finta che essa non esistesse. Iniziai a fare dei respiri profondi facendo rallentare il battito del mio cuore, poi avvicinai le ginocchia al petto e le avvolsi con le braccia. Volevo dimenticare quello che stava accadendo.
Sbattei le palpebre più volte e aprii i miei occhi pronta ad affrontare la realtà, ma qualcosa di nuovo ed inaspettato accadde. Quando riuscii ad aprire gli occhi essi vennero feriti da una forte luce azzurra che non avevo mai visto prima di allora. Essa scomparve dopo pochi istanti portando via con se anche tutti i mostri e le paure che fino a pochi attimi prima avevano infestato la stanza. La porta di ferro poco distante da me si aprì con un debole cigolio che mi fece venire i brividi. Sulla soglia apparve Persona che voltò su di me il suo sguardo coperto, come sempre, dalla maschera bianca che indossava. Lui avanzò a passi lenti all'interno della stanza poi si avvicinò a me mentre tamburellava le sue dita cariche di anelli d'argento sui suoi abiti neri.
-Bene- iniziò lui con voce calma, quella voce che con il tempo avevo imparato a temere più delle allucinazioni e dei miei incubi -ci sono voluti quindici anni, ma alla fine ci sei riuscita. Bel lavoro Mikan. Ora che il tuo Alice dell'Annullamento si è sviluppato nel suo stadio più avanzato potrai entrare a far parte dell'Alice Academy. Vai a preparare i bagagli: partiremo domattina. Questa sera stessa ti farò trovare in camera la divisa della scuola-.
Persona uscì dalla stanza e io continuai a fissare inebetita la porta.
Possibile che mi lasciasse andare? Possibile che finalmente potessi dire addio al terrore e agli incubi?
No, era impossibile e nel profondo del mio cuore lo sapevo anch'io.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1
Prigioniera di se stessa


(Mikan)

Camminai per l'ultima volta lungo quegli orribili corridoi fra i quali ero cresciuta. Tenevo lo sguardo basso puntato verso gli stivali neri che indossavo avvolta dalla paura che quel luogo mi aveva iniettato nelle vene. Quella mattina, per la prima volta, avevo indossato una gonna beige a scacchi con una camicia bianca e una giacca nera con le finiture gialle. Mi piacevano i colori ma non riuscivo comunque a scacciare i cattivi pensieri e ad essere libera dalla tristezza che mi affliggeva. 
Attraversai una strada che fino ad allora non avevo mai percorso dato che Persona mi aveva proibito di farlo. Quel corridoio portava verso l'esterno, verso quello che per me era l'ignoto. Mi trovai davanti ad una porta di ferro chiusa e sapevo di dover andare oltre. Avevo paura del l'ignoto, di ciò che non conoscevo. Inspirai ed espirai lentamente poi posai la mano destra sulla fredda maniglia della porta mentre con la sinistra strigevo la manica della giacca cercando di non far tremare le dita. Aprii la porta e una calda brezza mi passò fra i capelli sciolti facendoli muovere leggermente. Guardai verso l'alto e mi stupii quando vidi il cielo azzurro sopra la mia testa invece che un soffitto di cemento. Non ero mai uscita fuori da quel luogo e per me era tutto assolutamente nuovo e stupefacente.
Puntai nuovamente gli occhi davanti a me e vidi un'automobile nera con i finestrini oscurati. Mi avvicinai ad essa e aprii la portiera. Seduto su uno dei sedili posteriori di pelle c'era Persona che stava tamburellando le sue dita sulle gambe probabilmente cercando di ingannare l'attesa. Si voltò verso di me e mi fece cenno di sedermi. Io lasciai fra me e lui un posto di distanza e posai le mie mani sulla gonna cercando di farle smettere di tremare. Con lui avevo vissuto dalla nascita e per quindici anni mi aveva tormentata mandandomi in quella stanza dove vedevo vivere i miei peggiori incubi. Avevo imparato a temerlo, tanto da non voler incrociare neppure il suo sguardo coperto dalla maschera bianca.
-Quando sarai lì- iniziò lui -non dovrai rivelare a nessuno l'identità del tuo Alice fino al mio nuovo ordine. Inoltre non dovrai dire ad anima viva da dove provieni e cosa hai visto. Se tu andassi contro queste regole e io lo venissi a sapere non la passerai liscia. Sappilo- 
Io annuii con poca convinzione ma non alzai lo sguardo che tenevo puntato sulla gonna che indossavo. Avrei dovuto capire che non mi avrebbe lasciato. Io ero la sua preda intrappolata nella rete e lui era il cacciatore che faceva di me quello che voleva. Ero in trappola, lo ero sempre stata.
-Dove siamo?- chiesi con un fil di voce.
-Tokyo. Fino ad ora tu hai vissuto a pochi minuti da questa città- mi rispose lui con il suo solito tono secco e freddo.
Guardai fuori dal finestrino e vidi le auto aggirarsi fra i palazzi della città, dirette chissà dove.
Passammo interi minuti avvolti nel silenzio spezzato solo dal frenetico battito del mio cuore.
 
***
Mi ritrovai davanti ad un alto cancello di ferro sorvegliato da una guardia. "Una nuova prigione" pensai tristemente mentre Persona faceva cenno alla sorveglianza di aprirci il cancello. Un debole venticello mi portò una ciocca di capelli color miele davanti agli occhi coprendomi la visuale mentre sentivo il cancello aprirsi con un cigolio quasi impercettibile. Mi passai la ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio ed entrai a passi lenti dentro l'istituto seguita da Persona. Quando varcai la soglia dissi nuovamente addio alla mia libertà. Avanzavo lentamente alla stessa velocità di Persona mentre osservavo la strada deserta. Con molta probabilità erano già tutti a lezione.
Camminammo per alcuni minuti che mi parvero ore intere. La paura non era passata, ma almeno era diminuita dandomi così la possibilità di stare più tranquilla.
Dopo poco arrivammo davanti ad un edificio. Era alto, intonacato di un pallido color pesca e pieno di finestre che facevano entrare la luce. Persona mi spinse verso l'ingresso di quello che, immaginai, dovesse essere il dipartimento delle superiori. 
Camminai ancora per pochi istanti, poi mi fermai assieme a Persona davanti ad una classe indicata come sezione B. Dall'interno provenivano grida e schiamazzi. Persona aprì la porta senza neppure bussare e subito nell'aula calò un silenzio tombale interrotto solo dai rumori che provenivano dall'esterno.
-Entra- mi disse freddamente senza voltarsi a guardarmi. Io avanzai e ogni mio passo rimbombava nel silenzio che si era creato. Tenevo la testa china e fissavo il pavimento mentre con le dita tenevo le maniche della giacca.
Quando fui accanto a Persona alzai lo sguardo titubante verso i miei compagni che mi guardavano con sguardo interrogativo. Aprii più volte la bocca cercando di parlare ma da essa non usciva alcun suono. Le parole erano bloccate nella mia gola e io non riuscivo a tirarle fuori. Alla fine riuscii in qualche modo a farmi forza.
-Io sono Mikan Sakura, piacere di conoscervi- dissi timidamente mentre puntavo nuovamente gli occhi verso il suolo.
-Vatti a sedere laggiù- disse Persona indicandomi con l'indice sinistro il posto libero all'ultimo banco. Seduto lì un ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi color cremisi lo fissava con gli occhi sbarrati carichi di terrore e disprezzo. Possibile che anche lui conoscesse Persona?
Avanzai lentamente nello spazio libero fra i banchi e mi sedetti al mio posto cercando di ignorare gli sguardi di tutti che erano puntati su di me. 
Fissai la superficie di legno del banco mentre stringevo la stoffa della gonna fra le mani con così tanta forza che le nocche mi erano diventate bianche, poi sentii i passi di Persona allontanarsi il che mi staccò un peso dall'anima.
Voltai il mio sguardo verso il ragazzo che mi stava accanto. Sembrava turbato e vedevo i suoi occhi color rosso rubino fissavano il vuoto.
Mi mancò il respiro quando puntò gli occhi su di me. Erano color fuoco ma erano freddi come il ghiaccio.
-Cosa vuoi?!-
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2
La paura riflessa nei suoi occhi 


(Natsume)

-Cosa vuoi?!- le dissi seccato quando mi accorsi che mi stava fissando.
Lei posò nuovamente lo sguardo sul banco e chinò leggermente il capo facendo coprire il suo viso dai lunghi capelli color miele.
Normalmente non avrei risposto con tutta quella frustrazione nella voce ma vedere Persona mi provocava sempre uno strano effetto che si ripercuoteva sul mio modo di pensare e di agire. Appena lo avevo visto entrare con quella ragazza avevo subito creduto che lei fosse una spia che l'Accademia mi aveva affiancato per sorvegliare le mie mosse. Quando però l'avevo vista fissarmi avevo capito che non poteva assolutamente essere così. I suoi occhi nocciola erano vacui e tristi, sembrava che avessero visto ciò che di più orribile esiste al mondo.
Posai il mio sguardo sulle sue mani che stavano stringendo le maniche della giacca. Non riuscivo a capire come facesse a stare con quella roba addosso considerando il caldo che faceva. Spostò i capelli che le coprivano il viso dietro le orecchie e io notai subito il suo sguardo triste che fissava pensieroso la stoffa che le si attorcigliava fra le dita. Non riuscivo a decifrare i suoi sentimenti, il suo viso era fin troppo assente per capirlo.
-Come hai osato Tu metterti accanto al Mio Natsume!-
Davanti a noi apparve la Shoda con il dito puntato sulla nuova arrivata e lo sguardo furente. Come dovevo spiegare a quella matta che lei non mi piaceva minimamente?
-Oh, perdonami. Io...io non lo sapevo...ti giuro che...non ne avevo idea- rispose la ragazza accanto a me con la sua voce debole, triste e balbettante.
-Allora alzati!- le disse Sumire con tutta la cattiveria che aveva nel cuore.
-Penso che spetti a me decidere chi si deve sedere accanto a me- iniziai io attirando l'attenzione di tutti -e io voglio che questa ragazza resti esattamente dove si trova adesso. Ti è chiaro permanentata?-
Sumire aveva il volto rosso di rabbia ma tornò a sedersi al suo posto senza replicare.
-Grazie per avermi difesa- mi disse la ragazza accanto a me.
-Ma non hai caldo?- le chiesi io indicando la giacca che indossava.
-Un po'...-
-Allora toglitela-
-Non posso...io non posso...- mi disse abbassando nuovamente lo sguardo. I suoi occhi erano dipinti dalla paura.
-Tsz, fa come ti pare- le dissi io freddamente.
-Potrei...potrei sapere come ti chiami?- disse lei titubante mentre i suoi occhi vagavano sul pavimento di bianco marmo.
-Natsume, Natsume Hyuuga. Tu sei Mikan, giusto?-
-Sì- 
Lei si sedette nuovamente sulla sedia ed iniziò a disegnare cerchi immaginari con l'indice sulla superficie del banco. Io non la smettevo di fissarla. I suoi occhi mi distraevano. Erano tristi e spaventati, mai in vita mia avevo visto occhi di quel genere. Pensai anche che probabilmente con un sorriso sarebbe stata anche abbastanza carina.
Mikan si alzò per prendere una penna che giaceva al suolo poco distante da lei. Sumire le si avvicinò con un ghigno malefico stampato sul viso. Capii che le cose stavano per prendere una brutta piega.
-Non hai caldo con la giacca piccola sfigata?- le disse cattivamente sputando veleno puro ad ogni sillaba.
Fu tutto estremamente rapido. Con uno scatto fulmineo la permanentata le sfilò la giacca e la gettò in un angolo della stanza. La vidi rabbrividire.
Mi avvicinai e capii perché Sumire avesse lo sguardo sconvolto. Il braccio sinistro di Mikan era attraversato fino al gomito da una cicatrice profonda. Gli occhi color nocciola che fino a pochi minuti prima erano spenti e tristi ora tremavano dal terrore ed erano lucidi.
Mikan si portò una mano al braccio sfregiato e vidi le lacrime solcarle rapidamente il viso mentre lei indietreggiava.
-Io...io...- balbettò lei, poi scattò verso la porta e uscì dall'aula.
Tutti impietriti fissavano la porta incapaci di muoversi o di parlare.
Io invece sentii la rabbia crescere dentro di me. Sapevo chi le aveva fatto quel segno: era stato Persona.
Scattai fuori dalla classe ed iniziai a cercarla. La paura nei suoi occhi era dovuta a lui, a quel mostro, ormai ne ero più che sicuro.
 

***
Era da alcuni minuti che la stavo cercando e finalmente la vidi. Era rannicchiata sotto ad un ciliegio con il viso fra le mani che singhiozzava. L'albero la copriva con la sua ombra e spegneva la lucentezza dei suoi capelli facendola cadere in una strana esistenza buia. Mi sembrava sola, estremamente sola, proprio come me in un certo senso.
Mi avvicinai facendo meno rumore possibile e mi sedetti accanto a lei.
Mikan alzò lo sguardo. I suoi occhi erano rossi e gonfi dal pianto mentre il suo viso era rigato dalle tracce fresche che aveva da poco lasciato quelle gocce salate. Lei chinò subito il capo verso il basso cercando di non incrociare i miei occhi, segno evidente che non si fidava minimamente di me.
Doveva assolutamente dirmi se la mia teoria era fondata, se lei era davvero sotto la custodia di Persona, ma non sapevo come ottenere la sua fiducia.
I miei occhi si posarono sul suo braccio segnato da quella riga indelebile. Posai la mano sulla cicatrice e sentii il rilievo creato da essa. La ferita doveva essere stata molto profonda, chissà quanto dolore aveva provato.
La sentii irrigidirsi leggermente a quel mio gesto così intimo, d'altronde lei non sapeva nulla di me.
-N-non ti dà f-fastidio?- mi chiese lei con la voce soffocata dai singhiozzi.
Come poteva darmi fastidio? Pensare solo a quanto le avesse dovuto far male mi faceva annebbiare la mente dalla rabbia.
Presi un bel respiro e cercai di calmare i miei bollenti spiriti. Se avessi urlato l'avrei spaventata.
-Ti ha fatto molto male?- le chiesi io mentre seguivo con le dita il segno.
-Sì, tanto...- mi rispose lei mentre guardava la mia mano sul suo braccio.
-Quanti anni avevi quando te l'hanno fatta?- 
-Otto- 
Otto anni. Una bambina di otto anni aveva dovuto sentire quel dolore atroce e aveva dovuto vedere il suo sangue sul braccio mentre urlava disperata in balia delle lacrime. Strinsi la mano libera in un pugno con tanta forza che le dita mi facevano male.
-Mi sembra banale dirti che mi dispiace- le dissi io cercando di mantenere un tono tranquillo.
-Non è banale. Colui che me l'ha fatto non mi ha mai chiesto scusa o ha mai provato rimorso per ciò che mi aveva fatto- disse lei con un tono sereno.
-È stato Persona, vero?-
Sentii i muscoli del suo braccio irrigidirsi nuovamente. Aveva paura e non riusciva a fidarsi di me.
-Ti giuro che non lo dirò ad anima viva-
Lei mi fissò con i suoi occhi color nocciola cercando di capire se potesse riporre fiducia in uno che non aveva mai visto.
Intorno a noi calò il silenzio interrotto solamente dal fruscio delle foglie e dai nostri respiri simultanei.
-Sì, è stato lui...- mi rispose mentre chinava nuovamente il capo verso il basso.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
Black-Out

(Mikan)

Erano le otto di sera e la luce bianca e fioca della luna illuminava debolmente la mia stanza passando dalla finestra. Io guardavo il cielo avvolto da quel colore oscuro e illuminato non solo dalla luna ma anche dalle mille stelle che brillavano allegramente. Ero seduta sul letto con le gambe incrociate e con le mani a sorreggere il mio peso.
La mia stanza sarebbe stata buia se non fosse stato per la luce notturna. Mi ero rifiutata di vedere nuovamente i mobili, le pareti e il pavimento che mi mettevano malinconia essendo di colore nero.
Era da più di sei ore che me ne stavo chiusa in camera mia cercando di dimenticare la mia stupidità. Avevo svelato a Natsume alcune informazioni riservate su di me e sapevo che Persona mi avrebbe fatto pagare amaramente la mia disubbidienza ad un suo ordine. Quando ormai avevo infranto una delle regole ero scappata nella mia stanza. Avevo finito le lacrime da versare ore prima e in quel momento stavo solo cercando di soffocare la paura in un angolo nascosto della mia mente.
Sentii il mio stomaco brontolare e capii che non potevo andare a letto senza cena nonostante sentissi che non sarei riuscita a deglutire neppure un singolo boccone. Mi alzai dal letto ed infilai gli stivali neri che riflettevano la luce della luna, poi presi dalla scrivania una stella da "Special Star" che avevo trovato sul comodino appena ero entrata. "Non capisco" pensai "oggi ho anche saltato le lezioni ed inoltre il mio Alice è inutile, perché mi avrebbero dovuto dare una valutazione così alta?". Rigirai più volte la stella fra le dita poi la appuntai al colletto della camicia. Non avevo recuperato la giacca perché oramai nascondere la cicatrice sarebbe stato inutile e stupido. Presi le chiavi e uscii dalla stanza ritrovandomi in un corridoio illuminato dalle lampade appese ai muri. Incominciai a camminare diretta alla mensa del dipartimento superiore sperando che nessuno mi facesse domande.

***

La mensa era una stanza enorme piena di tavoli coperti da una tovaglia bianca e sedie di velluto rosso. Il soffitto era abbastanza alto e coperto da una moltitudine di luci artificiali. Il pavimento era in legno e le pareti erano colorate di rosso con la corona bianca. In fondo alla stanza c'era un banco di legno che esponeva i pasti che variavano in base al numero di stelle ovvero alla valutazione dello studente. Nella mensa si erano già radunati quasi tutti gli studenti che stavano conversando animatamente o stavano ridendo sonoramente. Per mia fortuna nessuno mi aveva ancora notata dato che ero rimasta sulla porta ad esaminare la stanza.
Iniziai ad avanzare con le braccia rigide lungo i fianchi e il viso chinato verso il basso cercando di rendermi più piccola ed insignificante possibile.
Le voci prima allegre e spensierate di trasformarono rapidamente in bisbigli e risatine di scherno mentre sentivo tutti gli occhi puntati su di me.
Camminai silenziosamente verso il bancone ed indicai al robot dietro esso la stella appuntata sulla mia camicia. Lui in risposta mi passò un vassoio pieno di cibo che non avevo mai visto o assaggiato, poi sentii qualcuno toccarmi la spalla. Mi voltai e vidi una ragazza molto carina: era più alta di me di pochi centimetri, aveva i capelli corti di un brillante colore corvino e i suoi occhi erano di un penetrante viola ametista. La sua espressione era fredda e distaccata ma, allo stesso tempo, sembrava stranamente preoccupata. La sua mano afferrò rapidamente la mia.
-Seguimi- disse rapidamente senza guardarmi. Io non feci storie e la seguii mentre con una mano reggevo il vassoio. Poco dopo vidi che mi stava portando ad un tavolo semivuoto. Ad occuparlo c'erano solo un ragazzo con i capelli biondi e gli occhi color azzurro cielo che accarezzava lentamente il pelo bianco di un coniglietto e una persona che avevo già avuto modo di conoscere: Natsume. Sentii un brivido percorrermi la schiena. E se avesse già rivelato a qualcuno quanto gli avevo svelato quella mattina?
-Se te lo stessi chiedendo- iniziò la corvina -non è stato lui ad insistere per farti sedere con noi, anzi, diceva che probabilmente non lo volevi vedere. Sono stata io ad insistere perché tu ti sedessi con noi. Ti reputo una persona interessante. Comunque io sono Hotaru Imai, forse non mi hai notata ma sono in classe con te come lui del resto- disse indicando frettolosamente il biondo. 
Mi avvicinai al tavolo assieme ad Hotaru e mi sedetti rapidamente. Mi sentivo a disagio e non capivo perché.
-Ciao!- mi disse il biondo sorridendomi -Io sono Ruka Nogi e tu sei Mikan, giusto?-
Io annuii distrattamente mentre facevo vagare la forchetta nel piatto pieno. La mia teoria era corretta: avevo lo stomaco chiuso ed ero incapace di mettere in bocca anche solo una briciola. Posai la posata sul vassoio ed iniziai a fissare il vuoto.
-Se non vuoi parlare perché ci sono io me ne vado-
Alzai lo sguardo. Era stato Natsume a parlare e, stranamente, quella cosa mi aveva lasciato di stucco.
-No...non è per te ma...ecco io...- dissi balbettando cercando di tirar fuori le parole giuste da dire.
-Non dire a nessuno ciò che ti ho detto- gli dissi tutto d'un fiato mentre portavo i miei occhi sui suoi.
-Non sono uno spione e ora mangia qualcosa o ti sentirai male- mi rispose lui mentre voltava lo sguardo lontano dai miei occhi come se si sentisse minacciato da essi.
Io presi un pezzo di pane e me lo misi in bocca nonostante non avessi minimamente voglia di mangiare. 
Ad un tratto si spensero tutte le luci ed io avvertii un nodo alla gola che mi fece male.
-Tranquilli ragazzi è solo un black-out- disse probabilmente un robot quando iniziarono a sentirsi i primi strilli tanto acuti da spaccare i timpani.
Io però non sentivo nulla che non fosse il battito accelerato del mio cuore e il mio respiro affannoso. Sudavo freddo e tremavo senza ragione. L'oscurità era la cosa che più temevo, la paura che non potevo sconfiggere.
Urlai, poi l'unica cosa che ricordo è che svenni.
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(Natsume)

Ero in camera mia seduto sul letto che la guardavo. Avevo portato Mikan nella mia stanza dopo che era svenuta nella mensa. Il suo viso era pallido e la fronte era imperlata di sudore. Più volte l'avevo vista contrarre il viso in una smorfia di dolore o di paura mentre si agitava nel sonno. Aveva le mani avvinghiate alle lenzuola come se avesse cercato di scaricare la paura su esse. Paura, ne aveva tanta.
Hotaru e Ruka mi avevano chiesto di tenerla con me per la notte. Non volevano lasciarla sola, non dopo che era svenuta semplicemente a causa del buio. Eppure io sapevo che quella non era semplice paura del buio, era una paura più profonda e nascosta...non era il buio che temeva ma quello che esso portava al suo seguito. L'oscurità. 
Più volte durante il sonno si era portata le mani sulla cicatrice che le segnava il braccio come se si volesse proteggere da qualcosa, da qualcuno...
Avrei dato qualsiasi cosa pur di poter allontanare da lei tutta quella paura che le divorava l'anima e che la portava ai limiti della lucidità. Sapevo da dove veniva quella paura e chi era stato a metterle quel terrore. Il suo nome mi face ribollire il sangue nelle vene e faceva apparire sulle mie mani delle scintille ardenti pronte a trasformarsi in un bel fuoco scoppiettante. Persona. Era sempre colpa sua.
Mikan si agitò nuovamente nel sonno e vidi delle lacrime solcarle il viso lasciando i segni indelebili del loro passaggio. Strinsi le mani in un pugno e chiusi gli occhi per la frustrazione. Non potevo aiutarla o almeno non sapevo come fare. Cercai di pensare a qualcosa che la potesse in qualche modo tranquillizzare. Quando si era fidata di me? Quando, solo per un istante, era riuscita a dimenticare la paura che la affliggeva? La risposta era semplice: quando le avevo toccato la cicatrice senza esitazione.
Imitai quel gesto che solo quella mattina avevo compiuto passando le dita su quel segno che le segnava il braccio. Non mi dava fastidio, stranamente mi faceva sentire vicino ad una persona che, in realtà, conoscevo davvero poco. Vidi lo sguardo di Mikan rilassarsi e le sue dita allentare la presa che avevano sul lenzuolo. Il suo viso riacquistò un po' di colore e la vidi socchiudere la bocca mentre il suo respiro si faceva regolare. Sembrava una bambina piccola che aveva bisogno di essere difesa ed effettivamente era così. Guardandola mi venne in mente la mia sorellina. Aoi era stata l'ultima bambina che avevo visto dormire con tutta quella tranquillità stampata sul viso. Mi mancava la mia sorellina ed ero preoccupato per lei nonostante l'Accademia l'avesse liberata in cambio dei miei servigi come studente delle Abilità Pericolose.
Però in quel momento avevo dimenticato completamente tutte le cose brutte che mi erano capitate, tutte le atrocità che avevo dovuto subire. In quel momento c'era solo Mikan con la sua espressione innocente che dormiva tranquilla come, probabilmente, non faceva da tempo.
Ora che stava finalmente riposando senza più incubi sentivo che un peso si era staccato dal mio corpo. In qualche modo sentivo che ero stato io ad aiutarla, a salvarla almeno per quella notte dalle tenebre che la avvolgevano.
Mi alzai dal letto e buttai a terra un paio di cuscini e una coperta. "Solo per questa volta, solo perché è lei" pensai mentre mi sdraiavo a terra in quel letto di fortuna. In altre occasioni l'avrei riportata nella sua stanza ma una sensazione mi diceva che era meglio lasciarla riposare esattamente lì dove si era addormentata.
Chiusi gli occhi e mi addormentai, senza pensieri nella testa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
Fiducia

(Mikan)

La luce del giorno mi colpì gli occhi ancora chiusi svegliandomi dal mio sonno. Era la prima volta dopo tanto tempo che riuscivo a dormire profondamente senza essere tormentata dai miei incubi. 
Sbattei più volte le palpebre cercando di aprirle e mi stiracchiai pigramente sul letto dove ero sdraiata.
-Sei sveglia?- disse una voce che credevo di conoscere. 
Voltai il viso e capii a chi apparteneva. Era la voce di Natsume che se ne stava seduto sul pavimento e mi guardava con gli occhi ancora assonnati.
Io annuii troppo confusa per parlare. 
Cercai di riassemblare i ricordi che avevo della sera prima e tutti finivano nel buio più totale. Capii che ero svenuta ma non comprendevo per quale motivo fossi nella stanza di Natsume. La cosa mi imbarazzava, d'altronde ero pur sempre nella camera di un ragazzo, ma, stranamente, non riuscivo neppure a formulare un pensiero imbarazzato. Nella mia mente volavano i solo pensieri confusi e sconnessi.
-Senti- iniziò Natsume alzandosi dal pavimento e allacciando i suoi occhi cremisi ai miei nocciola -devi dirmi cos'hai visto. È da quando sei entrata in classe che vedo il tuo sguardo segnato dalla paura e ieri sera sembrava stessi combattendo contro un demone. Cosa ti ha fatto vedere Persona?-
Io abbassai lo sguardo ed iniziai a stropicciare la stoffa del lenzuolo fra le dita cercando di ignorare l'istinto di scappare come avevo fatto il giorno prima. Volevo fidarmi di lui ma il solo pensiero di ciò che avrebbe potuto farmi Persona se avesse scoperto che avevo raccontato a qualcuno quelle cose mi fece raggelare il sangue. "Ti prego" pensai "ti prego Natsume non insistere". Chiusi gli occhi come a voler dimenticare che lui mi stava guardando e che io gli dovevo delle spiegazioni, ma il battito assordante del mio cuore mi impediva di ignorare la realtà.
-Mikan- la sua voce era tranquilla e sembrava chiamare una persona che doveva tornare a casa, al sicuro -non ti chiedo di fidarti del primo che passa ma almeno fidati di me! Io so bene quanto Persona possa far male solo con le parole, non andrei mai a raccontare ad anima viva qualunque cosa lo riguardasse-. La sua voce era calma e tranquilla, mi rassicurava. Volevo fidarmi di lui. Dovevo fidarmi di qualcuno.
-Tutto quello che dirò in questa stanza rimarrà chiuso fra queste quattro mura?- chiesi quasi sussurrando.
-Si, te lo giuro- rispose lui mentre mi guardava dritto negli occhi per farmi capire che non stava mentendo.
Feci un bel respiro e cercai di calmare il battito del mio cuore che martellava incessantemente contro la cassa toracica come se avesse avuto il desiderio di strapparsi dal mio petto.
-Io non ho mai conosciuto i miei genitori. Sono stata cresciuta in un posto senza finestre dove ogni giorno venivo chiusa in una stanza- deglutii a fatica e mi fermai cercando di respirare. Riportare alla mente quei ricordi mi faceva male. Natsume annuì esortandomi a continuare.
-In quella stanza mi venivano mostrate le peggiori paure che abitavano la mia mente grazie ad un Alice capace di creare allucinazioni...- mi fermai incapace di continuare. Le lacrime mi salirono agli occhi ed iniziarono a scendere senza il mio controllo. Mi portai le mani sul viso cercando di fermare quelle gocce salate. Natsume si avvicinò a me e mi tolse le mani dal volto costringendomi ad allacciare il mio sguardo con il suo.
-Non fermare le lacrime Mikan. Non devi dimostrarmi nulla. Se sei stata capace di fidarti di me e raccontarmi il tuo passato significa che sei una ragazza coraggiosa. Le lacrime non significano nulla, sfogati e basta- mi disse lui con voce rassicurante. Io lo guardai per alcuni istanti poi lo abbracciai ed iniziai a piangere senza pensare alle idee che si sarebbe potuto fare di me. Mi sentivo al sicuro accanto a lui come se fossi stata protetta in una roccaforte.
Non so per quanto tempo rimanemmo così, so solamente che ad un certo punto fui io a separarmi da lui sorridendogli.
 
***

Uscii dal bagno della stanza di Natsume lavata e vestita di tutto punto. Lui aveva chiesto una divisa di ricambio ad Hotaru che era stata così gentile da prestarmela senza fare una piega. Natsume mi aveva anche passato la giacca della divisa ma io gli avevo semplicemente detto che non ne potevo più di vestiti a maniche lunghe e lui mi aveva fatto un piccolo sorriso.
I capelli mi ricadevano davanti al viso e me lo incorniciavano. Odiavo tenere i capelli sciolti ma non avevo nulla con cui legarli.
Natsume se ne stava in piedi con la schiena appoggiata alla parete e con le braccia incrociate sul petto. In una delle mani stringeva qualcosa, lo potevo notare dalla stretta della sua mano.
-Uff...voi ragazze quando vi chiudete in bagno non ne uscite più...- disse lui con la sua voce fredda. Io in risposta gli feci la linguaccia.
-Hai visto le chiavi della mia stanza? Non le trovo nessuna parte...- gli chiesi mentre mi guardavo attorno come se esse potessero apparire magicamente dal nulla.
-Dici queste?- mi chiese lui mostrando finalmente cosa teneva fra le mani e sventolando le chiavi della mia stanza.
-Si!- 
-Perché le vuoi?-
-Devo andare a prendere i libri nella mia stanza-
-Ah, allora non te le dò-
-Eh?!- gli chiesi io interdetta. Erano pur sempre le chiavi della Mia stanza.
-Mi hai sentito- disse lui posando la mano sulla maniglia della porta -non te la dò-. Sul suo viso apparve un sorrisetto divertito.
-Ridammele subito!- urlai io.
-Prova a prenderle Mutandine-nere- disse lui trasformando l'espressione sul suo volto in un sorrisetto che era a metà fra il malizioso e di sfida.
-Tu brutto pervertito!- gli dissi sentendo le guance avvampare mentre mi portavo entrambe le mani sulla gonna.
Lui con uno scatto uscì dalla stanza e io lo seguii a ruota. Iniziammo a correre per i corridoi, lui davanti a me e io dietro.
Dopo poco mi resi conto che stavo ridendo sonoramente e la cosa mi piacque moltissimo e mi motivò a continuare la mia corsa.
Dopo poco ci ritrovammo fuori dai dormitori entrambi con il respiro affannoso per la troppa corsa. Io sentivo i polmoni in fiamme, ma volevo vincere quella sfida contro Natsume. Riprese a correre e io con lui. Era da quando avevamo iniziato quel "gioco" che avevo notato quanto stava andando piano rispetto alla velocità che avrebbe potuto avere. Probabilmente voleva darmi una minima possibilità di vincere, d'altronde lui era abbastanza più alto di me.
Corremmo ancora per alcuni minuti fin quando io non riuscii ad affiancarlo e gli sfilai le chiavi dalla mano.
-EVVAI! LE HO RIPRESE!- esultai io a pieni polmoni prima di buttami a terra per la stanchezza. Lui si sedette accanto a me ed entrambi scoppiammo in una fragorosa risata.
-Sai- iniziò lui ancora ridendo -alla fine ho vinto io. Non hai il tempo di tornare a prendere i libri. Mancano due minuti all'inizio delle lezioni-
Guardai l'orologio che aveva al polso e mi accorsi che aveva ragione: erano le sette e cinquantotto.
-Tu piccolo...- gli dissi io saltandogli addosso ancora in preda alle risate. Lui si scansò appena in tempo per evitarmi e mi afferrò per le braccia facendomi appoggiare la schiena contro il suo petto.
-Mi spiace, ma in uno scontro fisico vinco io- mi disse lui con un sorrisetto vittorioso sulle labbra.
-Ma smettila! Secondo me non riesci neppure a sollevarmi!- cercai di provocarlo io.
-Tu dici?- Dopo aver detto quelle parole mi sollevò e mi mise a cavalcioni sulla sua schiena lasciando le mie gambe a penzoloni davanti al suo stomaco mentre mi teneva con presa salda per le gambe.
Una brezza mi mosse i capelli mentre Natsume si alzava ed iniziava a camminare fieramente con me sulla sua schiena.
Io ridevo come non avevo mai fatto prima di allora. Ero felice e spensierata, per una volta mi sentivo libera di sorridere e di avere speranza.
-Vuoi sapere perché ho fatto tutto questo?- disse lui tornando improvvisamente serio. Io annuii e Natsume non tardò a rispondere.
-Volevo vederti sorridere-
Io sorrisi di cuore a quelle parole. 
Mi spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e scrutai rapidamente il cielo che mi sovrastava. Avevo fatto bene ad avere fiducia in lui.
Riflettei a lungo sulla parola "fiducia" come se da essa fosse stato dipeso l'esito della mia intera esistenza. Era una bella parola, oramai lo sapevo.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
Quando tutto sembrava andare bene...

(Natsume)

Camminavo per le strade deserte dell'Accademia inondate dalla calda luce del crepuscolo che colorava tutto con le sue mille sfumature. Io guardavo la mia ombra che si rifletteva sulla strada davanti a me e mi precedeva. 
Quella giornata era stata semplice, semplicemente bella. Dopo le lezioni io Hotaru e Ruka avevamo portato Mikan a fare un giro della scuola e avevo colto l'occasione per osservare il suo sorriso di sorpresa davanti alle cose più semplici come la foresta settentrionale o l'albero grande nella piazza della scuola. Per lei quella giornata era stata speciale, le aveva fatto dimenticare tutte le cose brutte che aveva vissuto e le aveva donato una felicità senza eguali.
Andava tutto per il meglio ed era così che dovevano andare le cose.
Misi le mani in tasca e gettai lo sguardo verso il cielo osservando le nuvole che si univano all'arancione brillante del cielo macchiato da colori come il rosa e il giallo. 
Una debole brezza scosse le foglie degli alberi e fece ondeggiare i ciuffi d'erba più alti che crescevano ai margini della strada.
Era la prima volta da quando ero entrato all'Alice Academy che riuscivo a vedere le cose belle di quella scuola riuscendo ad isolare tutti i suoi tratti negativi. Volevo prendere esempio da Mikan che riusciva a trovare del bello in tutto ciò che c'era di più semplice.
Andai verso un albero di Sakura e mi sedetti ai suoi piedi. Mi ero nascosto più volte sotto quell'albero durante tutto il mio soggiorno all'Accademia spesso con un manga fra le mani. Adoravo stare lì verso la fine di marzo quando i fiori di Sakura fiorivano e portavano quel dolce profumo che mi rilassava sempre. Stare lì era come stare in una seconda casa.
-Persona aveva ragione, ti piace proprio questo posto- disse una voce alle mie spalle.
Mi voltai e vidi un ragazzo alto con gli occhi azzurri e con i capelli biondi con qualche sfumatura arancione. Lo conoscevo: era Rui Amane, un ex membro delle abilità Pericolose che aveva deciso di restare all'Accademia come "scagnozzo" di Persona. Lo odiavo per tutto ciò che era e tutto ciò che diceva. All'inizio, quando era ancora uno studente, lo avevo sopportato ma, quando era diventato un seguace della scuola, il solo vederlo mi faceva venire i conati di vomito e mi faceva salire la rabbia rapidamente.
-Cosa diavolo vuoi Amane?!- chiesi io con una nota di rabbia ben evidente nella voce.
-Natsume-kun ti sembra il modo di rivolgerti ad un tuo superiore? Lasciati dire che dovresti moderare l'intonazione della voce-. Il suo tono era calmo e tranquillo, fin troppo.
-Comunque- riprese lui iniziando ad avvicinarsi a me -sono qui per ordine di Persona. Pare che tu ti sia affezionato ad una sua "allieva speciale" e che abbia ottenuto la sua fiducia.- fece una lunga pausa ad effetto, poi riprese il discorso -Sembra inoltre che la ragazza in questione sia tenuta d'occhio dalla scuola e che sia perennemente sorvegliata...credo si aspettino qualcosa da lei, ma non so proprio cosa...-
Sentii mancarmi il respiro. Se l'Accademia la teneva d'occhio voleva dire solamente che possedeva un Alice "utile". No, non potevano metterla nelle abilità Pericolose.
-Dov'è lei?!- ringhiai io fra i denti.
-Credo nello stesso posto dove si trova Persona. Mi ha detto di fermarti perché voleva fare "due chiacchiere" con lei e non voleva essere interrotto da te- rispose lui mentre si picchiettava l'indice sul mento.
Il suo difetto era uno solo: non aveva mai imparato a tenere la bocca chiusa.
Scattai all'indietro e mi ritrovai nuovamente sulla strada. Sentii l'urlo rabbioso di Amane ed iniziai a correre dritto per dritto lungo la strada. Dovevo trovarla prima che lo facesse lui.
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(Mikan)

Stavo guardando il cielo meravigliata. Vedevo il giorno e la notte scontrarsi sopra di me mischiando il colore blu e le prime stelle con i colori del crepuscolo e gli ultimi raggi del sole. Immaginai che quel cielo rappresentasse perfettamente le emozioni che oramai abitavano la mia anima: la paura e la felicità. Proprio come quei colori quei sentimenti si scontravano fra di loro per decidere chi dovesse avere la meglio.
Chiusi gli occhi quando un debole venticello soffiò nella mia direzione spostandomi alcuni ciuffi di capelli. Amavo sentire il vento sulla pelle, ogni volta che lo avvertivo provavo uno strano senso di libertà che non riuscivo a spiegare neppure a me stessa.
Sbattei le palpebre e riaprii gli occhi. La prima cosa che vidi fu la struttura che si ergeva davanti ai miei occhi ovvero i dormitori. Spostai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e continuai a camminare con il sorriso stampato sul viso.
Quella giornata era stata troppo bella e non potevo fare a meno di sorridere.
Ad un tratto sentii dei passi avvicinarsi lentamente nella mia direzione. Il mio cuore sussultò, erano passi troppo calcolati per essere quelli di un comune studente.
-Bene, bene Sakura, ci rivediamo finalmente-
Avvertii un nodo alla gola che mi impediva di avere un respiro regolare. Quella voce...no, non poteva essere lui...non poteva essere ritornato a darmi il tormento...
-Voltati!- disse la voce con rabbia.
Mi voltai e vidi Persona. Era rigido e le sue mani erano serrate in un pugno. Quei gesti non promettevano nulla di buono.
Con uno scatto si lanciò verso di me e mi gettò a terra con un pugno ben assestato nello stomaco. Mi portai le mani verso la parte del corpo che aveva appena colpito e mi piegai in due dal dolore. Lui era stato addestrato come una macchina da guerra, era nato per fare del male alle persone.
Lo vidi gettare la maschera bianca al suolo per poi puntare i suoi occhi verso di me. Erano neri come la pece...come le tenebre. Già, perché il suo cuore era fatto solo di pura oscurità.
-Tu piccola mocciosa sei andata contro i miei ordini. Ti avevo messo sotto sorveglianza da alcuni poliziotti della scuola per vedere se rispettavi le mie regole. Le hai infrante quasi tutte e ora pagherai le conseguenze delle tue azioni- disse maligno mentre avvicinava le sue dita coperte di anelli al mio braccio sano.
La paura scorreva nelle mie vene ad una velocità impressionante.
Non volevo che mi facesse del male ma non sapevo come fermarlo.
-LASCIALA STARE VERME SCHIFOSO!-
Delle fiamme altissime mi accerchiarono puntando le loro lingue rosse e scoppiettanti verso Persona che subito indietreggiò.
Natsume si avvicinò a me e mi aiutò ad alzarmi da terra. Tremavo ma mi sentivo più sicura.
-Gattino questi non sono affari che ti riguardano- disse Persona avvicinandosi al cerchio di fuoco facendosi bruciare parte degli abiti da esso.
-Invece sì! Tu non le farai ancora del male!- ringhiò Natsume mentre puntava su di lui il suo sguardo.
-Piantala di fare l'eroe!- urlò Persona mentre avvicinava la mano verso il petto di Natsume.
"Lui ha l'Alice della corrosione" pensai mentre mi lanciavo verso quel mostro per fermarlo. Non poteva fargli del male.
-NON OSARE METTERGLI LE MANI ADDOSSO!- urlai in balia della rabbia e del rancore che riservavo solo a lui.
Lo spinsi a terra con tutta la forza che avevo ed indietreggiai rapidamente andando a sbattere contro Natsume che subito mi prese per il polso.
Avvertii qualcosa di duro e freddo nella mia mano sinistra. Guardai il mio palmo e vidi una pietra di colore nero che brillava leggermente.
Persona mi guardò stupefatto e con un sorrisetto compiaciuto sul volto che non prometteva nulla di buono.
Io gli tirai la pietra addosso ma, al contatto con la sua pelle, essa svanì esattamente come era apparsa.
Persona si rialzò da terra e raccolse la maschera poco distante da lui per poi rimettersela sul viso.
-A quanto pare sei riuscita a sviluppare quello di cui avevamo bisogno...andrò a fare rapporto a chi di dovere. Per stavolta passi Sakura, ma la prossima volta non posso assicurarti che riuscirai a tenerti in piedi- disse prima di svanire nella penombra.
-Cosa intendeva dire?- mi chiese Natsume posando mi una mano sulla spalla.
-Non lo so- risposi io.
 

***

-Mikan, perché voleva farti del male?- mi chiese Natsume per l'ennesima volta.
Eravamo in camera sua da circa venti minuti e io non avevo ancora aperto bocca. Non ci riuscivo, mi mancavano le parole e la forza per pronunciarle. L'unica cosa che riuscivo a fare era fissare il vuoto come se da esso potessi ricavare le parole che stavo cercando.
Ero stata tenuta sotto sorveglianza fin dall'inizio. Ogni mia mossa, ogni mia parola...Persona aveva sempre saputo ogni cosa.
-Mikan- 
Mi voltai verso Natsume. Teneva gli occhi bassi e il suo volto veniva illuminato solo dalla fioca luce della luna che aveva preso il suo posto nel cielo notturno.
-Non ignorarmi- mi disse lui con un tono arrabbiato ma anche triste. Non avrei mai voluto ignorarlo ma non sapevo cosa dirgli. 
-Io...- mi fermai per prendere fiato. Sembrava assurdo ma anche pronunciare una sola parola mi pesava terribilmente. Avevo di nuovo paura, lo sentivo.
Lui non disse nulla, semplicemente si avvicinò a me e mise le sue mani sulle mie spalle iniziando a guardarmi dritto negli occhi.
-Lui ha saputo che ti ho detto tutto...o quasi...- dissi io gettando lo sguardo verso il basso.
-E solo per questo voleva ammazzarti?!-
-Io n-non s-sono come gli altri- iniziai a balbettare io in preda al panico.
-Loro v-vogliono qualcosa da me. D-dicono che è qualcosa che posso fare solo io...ma non capisco cosa. Il mio Alice è inutile!-
Urlavo e piangevo senza una ragione precisa. Lo facevo e basta perché mi veniva semplicemente spontaneo.
-Ho solo un Alice dell'Annullamento!- gridai io scoppiando in lacrime.
Avrei solo voluto trovare un posto sicuro, un luogo dove le tenebre non riuscissero a raggiungermi. Eppure ogni volta che tentavo di scappare dall'oscurità lei mi imprigionava nuovamente fra le sue braccia togliendo al mio cuore la poca luce che mi era rimasta.
Abbracciai Natsume con tutta la forza che avevo iniziando a piangergli sulla maglietta. Lui ricambiò l'abbraccio e lasciò che mi sfogassi. Era lì che mi sentivo davvero al sicuro: fra le sue braccia.
-Non permetterò che ti facciano ancora del male. Qualunque cosa accada, qualunque cosa loro mi diranno o mi faranno ti prometto che ti proteggerò. Non sarai più sola. Te lo giuro Mikan- disse lui mentre mi accarezzava la testa.
Lui era mio amico e voleva proteggermi. Quello era tutto ciò di cui avevo bisogno...
 

{Nel frattempo...}

(Persona)

L'ufficio del preside delle elementari era quasi totalmente avvolto dall'oscurità eccetto per la debole e tremolante luce di una candela posizionata sulla sua scrivania. Essa illuminava quel suo volto da bambino e mostrava le sue mani incrociate posate sulla superficie di legno del mobile.
Non avevo mai visto per intero quella stanza, sapevo solo che aveva il pavimento di freddo marmo nero e le pareti intonacate di nero. Non sapevo nient'altro.
Vidi Kuonji puntarmi i suoi occhi verdi contro. Stavo ai suoi ordini ma non lo avevo mai apprezzato. Il solo vederlo mi faceva ribrezzo.
-E quindi la piccola figlia di Azumi ha finalmente iniziato a sviluppare l'Alice che tanto ci interessa...- disse lui sfregando lentamente le mani, un gesto che trovavo snervante.
-Perché le interessa così tanto un futile Alice del furto? Inoltre è stato lei a chiedere esplicitamente la morte di Yuka Azumi e quindi anche del suo Alice. Perché usare una mocciosa che non sa neppure usare questo potere quando poteva sfruttare un soggetto adulto in grado di controllarlo già perfettamente?- chiesi io. Non trovavo un filo logico in tutto quel suo piano contorto.
Dopo la morte di Izumi aveva fatto catturare Yuka e aveva preso la figlia di lei per poi dare l'ordine alle abilità Pericolose di ucciderla.
Io mi ero accaparrato il fastidioso compito di crescere la bambina nel centro di Detenzione e Correzione dell'Accademia come aveva ordinato lo stesso preside.
-Be' professor Serio la risposta è molto semplice. Forse lei non sa che la signorina Azumi era già stata adocchiata da una società Anti Alice di grande prestigio. I piani di questa società erano di arruolare Yuka e servirsi del suo Alice del furto per sviluppare un potente siero che potesse eliminare l'Alice dai nostri geni. Il piano sarebbe anche andato a buon termine se non si fosse scoperto che il siero era incompleto. Secondo alcuni studi dei loro scienziati serviva un secondo Alice per lo scopo: l'Alice dell'Annullamento- fece una breve pausa, poi riprese -Dopo poco tempo scoprirono che la signorina Azumi aspettava un bambino e che il padre era il signor Yukihara, noto possessore dell'Alice che stavano disperatamente cercando. Dopo alcuni test capirono che il bambino in questione avrebbe ereditato quegli Alice così importanti per lo sviluppo del loro siero: l'Alice dell'Annullamento e l'Alice del Furto.
Ovviamente noi dell'Accademia non potevamo permettere che i loro piani andassero a buon fine così decidemmo che la cosa migliore da fare era allontanare temporaneamente la figlia di Azumi e Yukihara dalla società degli Alice per evitare che sviluppasse subito i suoi poteri, inoltre venne deciso che, per il bene della segretezza dell'esistenza della bambina, la madre dovesse essere eliminata dai giochi. Come ben sai la bambina in questione era Mikan e, per evitare che la società Anti Alice la trovasse subito, il suo cognome venne cambiato da Yukihara in Sakura-
Elaborai rapidamente tutte le informazioni che avevo appena ricevuto.
Tutti i tasselli del mosaico combaciavano perfettamente. Nonostante questo alcuni dei suoi ordini erano ancora ingiustificati.
-Perché mi ha chiesto di far sviluppare il suo Alice grazie a delle allucinazioni che rappresentavano le sue paure?- 
-Per evitare che in futuro cercasse di arruolarsi, di sua spontanea volontà, nella società Anti Alice. La paura l'avrebbe bloccata e non avrebbe osato agire. Capisce Serio? Ogni mia mossa era calcolata con estrema attenzione. Non ho lasciato nulla al caso-
Iniziai a tamburellare le dita sulla stoffa dei pantaloni mentre continuavo a fissare Kuonji con sguardo impassibile. Avevo reperito da lui informazioni davvero molto utili.
Il sorrisetto compiaciuto che era precedentemente apparso sul suo volto scomparve improvvisamente lasciando al suo posto un'espressione decisamente seria.
-Hyuuga quindi ha molte informazioni su Sakura, giusto?- 
-Si, ma dubito seriamente che voglia divulgarle. Credo comunque che sarebbe opportuno continuare a sorvegliare Mikan-
-Le spie che l'hanno seguita finora sono state avvistate da alcuni insegnanti e temo che sia impossibile continuare ad utilizzarle. La loro presenza finirebbe con il dare nell'occhio- disse lui iniziando a tamburellare le dita sulla superficie della scrivania cercando di riflettere.
-Sarà opportuno farla sorvegliare da una sola delle nostre spie. Non avremmo esattamente tutte le informazioni sui suoi spostamenti e le sue azioni ma credo che sia comunque sufficiente- concluse incrociando le braccia e facendo scorrere il suo sguardo sulla candela alla sua sinistra.
-Concordo con lei signore. Ora se vuole scusarmi avrei alcune faccende piuttosto importanti delle quali dovrei occuparmi- dissi io chinando il capo in segno di saluto per poi dirigermi verso l'uscita della stanza.
Posai la mano sulla fredda maniglia d'ottone della porta e la abbassai lentamente.
-Serio, veda di non deludermi. Dalla sicurezza di quella ragazza dipende il futuro di tutte le persone dotate di Alice- disse Kuonji alle mie spalle.
-Farò il possibile- risposi io senza neppure voltarmi per poi uscire rapidamente dalla stanza.
Non riuscivo a credere che il destino degli Alice fosse nelle mani di una stupida mocciosa.
Iniziai a camminare per i bui corridoi che componevano l'edificio del dipartimento delle elementari totalmente avvolti dal silenzio interrotto solo dal suono dei miei passi.
"E se qualcuno la scoprisse?" pensai.
Non sapevo cosa poteva accadere, in quel momento poteva succedere qualunque cosa...

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6
Scacciare le tenebre 
 
(Mikan)

Quella mattina fu un tuono a svegliarmi dal torpore del mio sonno. Aprii lentamente gli occhi sbattendo più volte le palpebre cercando di mettere a fuoco la visuale. Arrossii vistosamente quando mi accorsi di essere sdraiata su un letto fra le braccia di Natsume che si era addormentato con la testa appoggiata sulla mia. Io avevo la fronte sul suo petto e sentivo il regolare battito del suo cuore.
Le sue braccia mi stringevano debolmente e con fare protettivo.
Un senso di sicurezza mi invase portandomi uno strano calore attorno al cuore. Non avevo mai provato una sensazione del genere, era un sentimento indecifrabile e bellissimo...qualcosa di assolutamente unico e speciale.
Un tuono mi perforò i timpani e mi fece irrigidire tutto il corpo. 
Voltai lo sguardo verso la finestra poco distante e vidi che essa era appannata e coperta da mille goccioline di pioggia che scendevano lentamente sul vetro. Sembravano lacrime...era come se il cielo stesse piangendo...come se esso stesse cercando di soffrire al mio posto...
Mi liberai dall'abbraccio di Natsume, facendo piano per non svegliarlo, ed andai a passi trascinati verso la finestra. Attraverso il vetro vidi il viale che portava ai dormitori: su esso si erano formate tante pozzanghere che riflettevano le nuvole grigie del cielo sovrastante. Sembravano tanti specchi la cui immagine, però, veniva spesso deformata dalle gocce di pioggia che cadevano nelle piccole pozze d'acqua piovana.
Quella mattina la natura aveva deciso di rispecchiare il mio pessimo umore creando quell'atmosfera così cupa e triste. Il giorno prima Persona aveva stravolto la mia mente con le sue rivelazioni facendomi capire che ero stata sotto il suo occhio vigile da quando avevo varcato la soglia di quella scuola. Avevo messo me stessa nei guai e non sapevo se Natsume sarebbe stato graziato dalla malvagità cieca del capo delle abilità Pericolose.
Avevo di nuovo paura ed odiavo quella sensazione. Perché non riuscivo a dominare le mie paure?! Non lo sapevo e non riuscivo a capirlo.
"Sono inutile. Sono solo una stupida ragazza senza uno scopo nella vita in balia del terrore e dall'oscurità. Forse se non esistessi, se sparissi...nessuno si accorgerebbe della mia assenza" pensai mentre quelle maledette gocce salate si accumulavano rapidamente nei miei occhi. 
-Perché piangi adesso?- disse una voce alle mie spalle.
Natsume era seduto sul letto con lo sguardo ancora impastato dal sonno.
Io mi asciugai le lacrime, o almeno ci provai, infatti esse iniziarono a rigarmi nuovamente il viso.
Mi accasciai al suolo e lasciai che i miei capelli mi nascondessero il volto attaccandosi alle guance per colpa dell'acqua che le aveva bagnate. Non cercai di fermare il mio pianto perché sapevo quanto fosse inutile quel gesto così privo di senso.
-Mikan...- disse Natsume mentre si sedeva al mio fianco passandomi un braccio sulle spalle.
Lo guardai nel più tenero dei modi cercando di fargli capire quanto gli fossi riconoscente per tutto l'appoggio che mi dava.
"No" pensai "è inutile illudermi. Lui mi sta accanto perché gli faccio pena, perché mi vede come una ragazza che barcolla nel buio. Natsume non vuole essere amico mio, se sparissi per sempre lui sarebbe felice. Non sa cosa significa stare accanto a Persona, probabilmente lo conosce solo per la sua fama da serial killer...".
-Stammi lontano!- dissi io spingendolo violentemente a terra.
Lui, colto alla sprovvista, cadde gravosamente al suolo e mi fissò con uno sguardo indecifrabile: esso era un incrocio di mille emozioni che erano trapelate dal suo volto sempre freddo e distaccato.
Si alzò lentamente e cercò di mettermi una mano sulla spalla, ma io mi ritrassi con uno sguardo quasi schifato. "Lui mi odia, è questa la verità. Tutta la sua gentilezza è stata una messa in scena, non era reale. Probabilmente ha solo cercato di guadagnare punti con qualche ragazza...ma non è mai stato davvero mio amico" dicevano i miei pensieri facendo crescere in me rabbia e tristezza e facendo fondere queste due emozioni.
-HO DETTO CHE DEVI STARMI LONTANO! HAI CAPITO HYUUGA?! LASCIAMI IN PACE! NON METTERMI LE MANI ADDOSSO!- gli urlai iniziando a piangere più di prima. Avrei voluto che quell'amicizia fra noi fosse stata qualcosa di reale e profondo.
"Forse ti sbagli! Forse lui tiene davvero a te!" diceva una vocina nella mia testa, ma io non riuscivo ad ascoltarla nonostante avessi voluto disperatamente farlo.
-Mikan, si può sapere che ti prende?- mi chiese Natsume con tono tranquillo.
Mi alzai di scatto e corsi a prendere le scarpe per poi indossarle. Mentre facevo il tutto vedevo le lacrime scendere e bagnare la moquette della stanza.
Mi diressi verso la porta e posai la mano sulla maniglia. Era fredda, come il mio cuore spezzato ormai ridotto ad una landa desolata.
-S-sai, p-per un istante ho d-davvero c-creduto che f-fossimo a-amici...- dissi io con la voce spezzata dai singhiozzi mentre spalancavo la porta.
Lo sentii urlare ed imprecare, ma non mi voltai, continuai a correre senza fermarmi. Dovevo scappare da quella maledetta Accademia, se fossi rimasta in quel posto avrei solamente sofferto inutilmente.
Sentii dei passi rapidissimi alle spalle e il mio cuore accelerò il suo battito. Per un secondo mi illusi che Natsume fosse venuto per me, perché mi voleva bene.
Scossi la testa. No, non dovevo cascarci ancora, lui aveva finto per tutto il tempo e le cose non sarebbero cambiate.
Uscii dai dormitori e mi ritrovai sotto quell'acquazzone. L'acqua piovana che cadeva sui miei vestiti era gelida ed attraversava la stoffa dei vestiti e la pelle arrivando a scalfirmi le ossa, ma non mi fermai, continuai a correre senza meta. Scappare era l'unica cosa che fossi in grado di fare, non riuscivo ad affrontare i miei problemi, il mio passato e le mie paure...
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(Natsume)

-HO DETTO CHE DEVI STARMI LONTANO! HAI CAPITO HYUUGA?! LASCIAMI IN PACE! NON METTERMI LE MANI ADDOSSO!-

Le sue parole mi rimbombavano nella mente mentre correvo sotto quella maledetta pioggia. Non riuscivo a capire cosa le fosse preso ma avevo visto di nuovo la paura sul suo viso e i suoi occhi vacui. No, non era arrabbiata con me, era la paura di ogni cosa che la bloccava dal vivere ogni istante della sua vita.
La cercai con lo sguardo e subito la vidi entrare nella foresta settentrionale. Dovevo fermarla stava facendo una pazzia. Avevo capito che stava disperatamente cercando una via di fuga da tutto e da tutti, ma nascondersi e scappare non era un modo per risolvere i problemi.
Le corsi dietro ed iniziai a cercarla fra gli alberi mentre la pioggia continuava a cadere imperterrita. "Come le sue lacrime..." pensai e in quel momento il rombo di un tuono mi perforò i timpani. Sentii il cuore mancare un battito. I tuoni erano una delle tante cose che la spaventavano orribilmente.
-AIUTO! H-HO P-PAURA!- urlò una voce poco distante da me.
Era la sua voce, l'avrei riconosciuta fra mille. Percorsi il sentiero che il suono delle sue parole aveva creato per me e finalmente la vidi: era rannicchiata su se stessa con le ginocchia incollate al petto e strette fra le sue esili braccia, mentre la sua schiena era appoggiata al tronco dell'albero che la sovrastava. Il mio sguardo si posò sulla cicatrice che le solcava il braccio. "Quella cicatrice" pensai "è la traccia indelebile che la collega al suo passato. Ogni volta che la vede la sua mente la riporta indietro mostrandole tutto ciò che ha visto nel corso della sua vita. Come può voltare pagina se si ostina a dar retta alle sue paure? Come può andare avanti se rimane ancorata ai ricordi del suo passato?".
Lei alzò lo sguardo e, quando mi vide, chinò il capo verso il basso. Non voleva vedermi ma era stufa di scappare.
-Vai via. Lo so che non vuoi essere realmente mio amico- disse Mikan con un filo di voce.
A quelle parole sentii tutti i muscoli del corpo irrigidirsi. "Ma chi le ha messo in testa questa storia?!" pensai mentre assimilavo ciò che mi aveva appena detto.
-Non è vero, io voglio essere tuo amico o non ti sarei venuta a cercare-
-SMETTILA DI MENTIRMI! NESSUNO VUOLE AVERMI VICINO! PORTO SOLO GUAI!-
-Non è vero! NON È VERO!- le urlai stringendo la mano in un pugno con così tanta forza che le nocche erano diventate bianche.
Se la pioggia non me lo avesse impedito avrei ridotto quel bosco in cenere per liberare la rabbia che stava lentamente crescendo nel mio cuore e che bruciava nelle vene come fiamme ardenti.
-Smettila di fare così Mikan! TU NON SEI COSÌ! TU NON ANNEGHI NELLA PAURA MA CERCHI DI LIBERARTENE!-
-MA COSA NE SAI TU DI ME?!-
-IO HO VISTO LA VERA MIKAN SAKURA E LEI È UNA RAGAZZA ALLEGRA, A VOLTE SPAVENTATA MA, SOPRATTUTTO, HA UN BELLISSIMO SORRISO!- 
La vidi irrigidirsi e notai che i suoi occhi brillavano ed erano lucidi. Per una volta non stava piangendo per la paura ma per la commozione.
-Non piangere. Sorridi- le dissi piano.
Finalmente vidi di nuovo un debole sorriso nascere sul suo volto, un sorriso semplice. Quando sorrideva sembrava una persona diversa, il suo aspetto, in qualche modo, cambiava radicalmente.
Mi sedetti accanto a lei ed incespai le mie labbra in un debole sorriso che solo un occhio attento come il suo poteva vedere.
-Sai- le dissi mentre chiudevo gli occhi -mia madre spesso parlava di un antico proverbio giapponese che avrei dovuto ricordare tutta la vita- feci una breve pausa, poi ripresi -Questo proverbio dice: "Egao ga areba jibun ga kaeru
tanin ga kaeru unmei ga kaeru" che significa "Se sorridi puoi cambiare te stesso, gli altri e il futuro"-
-Tu credi sia così?- mi chiese.
-Se devo essere sincero credo che non esista frase più vera- le risposi io mentre riaprivo gli occhi.
Dopo poco il temporale e la pioggia che esso aveva portato cessarono lasciando che i caldi raggi del sole ci inondassero con la loro luce.
Avevamo i vestiti bagnati e i capelli che gocciolavano, eppure io non sentivo freddo, anzi, non ero mai stato meglio perché ero riuscito a scacciare le tenebre che le avevano catturato l'anima.
"Sei sempre stata sola" pensai "Ora non lo sarai più perché io resterò accanto a te".

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7
L'incubo è realtà 

(Mikan)

Solitudine, era quella l'unica cosa che avevo sempre temuto. Essa faceva più paura del buio, del sangue, della morte stessa...perché rimanere da soli equivaleva a morire dentro.
Per quindici anni ero rimasta da sola e la tristezza mi aveva assalita senza lasciarmi via d'uscita dalle tenebre condannandomi a quella tortura che erano i miei incubi.
Dopo aver conosciuto Natsume credevo che non sarei stata più sola e che tutto sarebbe andato come nei mie sogni remoti, quei sogni che mai in vita mia avevo potuto vedere o realizzare. E invece lui era lì davanti a me, con gli occhi spenti e la rabbia unita alla tristezza dipinta sul volto.
-Devo andare in missione. Starò via per due giorni- aveva detto con un tono indecifrabile mentre tirava un pugno al muro della classe.
Due giorni da sola, in quella scuola, con Persona...sarei morta, già lo sapevo...
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{Qualche ora prima...}

(Natsume)

Quella mattina ero riuscito a riportare Mikan alla realtà ricordandole che non era sola, almeno non più.
"Già, ma per quanto riuscirò ad aiutarla" pensai mentre la guardavo prendere appunti su un foglio. Vedevo i suoi lunghi capelli color nocciola legati in quella coda di cavallo che Hotaru le aveva fatto appena era entrata in classe. Mi piaceva vederla con i capelli sciolti ma la coda le donava davvero molto.
Distolsi lo sguardo dalla mia amica ed iniziai a guardare la classe che, quella mattina, era stranamente ordinata. I banchi di legno erano puliti e lucidati, le pareti erano state nuovamente intonacate di quell'orribile colore giallo canarino, la lavagna era stata pulita e la cattedra era stata sistemata al suo legittimo posto.
Voltai lo sguardo verso le finestre, le uniche cose che mi piacevano di quella classe, e osservai la luce che entrava nell'aula e la illuminava. Era quasi impossibile credere che quella mattina avesse piovuto.
Ad un tratto la porta della classe si aprì facendo entrare un ragazzino delle elementari che teneva in mano un foglietto stropicciato. Il professore gli fece cenno di avvicinarsi e il bambino gli consegnò il foglio.
-Hyuuga in presidenza. Sezione elementare- disse il professore facendomi mancare la terra sotto i piedi.
Vidi Mikan spalancare gli occhi spaventata mentre stingeva con forza la penna nella mano.
-Vado- dissi semplicemente alzandomi dalla sedia e pregando che Ruka facesse quello che gli avevo chiesto quella mattina.

-Se mi accadesse qualcosa proteggete Mikan. Non credo si fidi molto di te o di Hotaru ma voi siete le uniche persone alle quali posso chiedere questo favore. Non deve restare da sola...non ce la farebbe...-

I miei compagni non mi guardarono mentre uscivo dall'aula.
Loro credevano fosse una cosa normale andare dal preside, una cosa che chiunque saprebbe fare. Non sapevano quanto sbagliavano...
 

***

Lo studio del preside era uno di quei luoghi che avrei voluto evitare per il resto della mia vita. Ogni volta che vi entravo e che sentivo quel forte odore di cera di candela sapevo che stava per accadere qualcosa, qualcosa che mi avrebbe distrutto.
Avanzai per quell'ufficio buio seguito da Persona che mi aveva atteso fuori da esso, con la sua solita maschera e con il suo volto inespressivo.
"Vorrei uccidervi entrambi" pensai mentre sentivo il sangue ribollirmi nelle vene ricordandomi di ciò che quei due avevano fatto a Mikan.
"Andate all'inferno bastardi!"
-Accomodati Hyuuga- mi disse Kuonji mostrando, grazie alla luce della candela sulla sua scrivania, quel volto sorridente da moccioso che si ritrovava.
Persona mi spinse in malo modo ed io mi sedetti sulla sedia indicata dal preside senza fare storie.
-Beh Natsume- iniziò Kuonji con il suo solito tono gentile ed ingannevole -il professor Serio mi ha riferito di quanto il tuo comportamento sia stato discutibile ieri. Dimmi: sai, vero, che non sei autorizzato ad attaccare Persona essendo lui un insegnante della scuola?- mi chiese lui.
Sentii la rabbia esplodere dentro di me. Se avessi avuto un'arma qualunque fra le mani lo avrei ucciso senza esitazione.
-Ha attaccato senza motivo un'alunna, per di più minorenne- dissi io cercando di parlare nel modo più tranquillo possibile.
-Ciò che hai visto è accaduto per un motivo ben preciso, non è stato un'attacco ingiustificato. La ragazza ha ignorato un'ordine che le era stato dato per cui...-
In quel momento persi la pazienza.
-E PER UN MOTIVO COSÌ STUPIDO LEI VOLEVA UTILIZZARE L'ALICE DELLA CORROSIONE?! MA LO SA CHE UN SOLO UTILIZZO DI QUEL POTERE PUÒ ESSERE LETALE?!- gridai battendo un pugno sulla scrivania.
-RISPONDI UN'ALTRA VOLTA COSÌ E NE PAGHERAI LE CONSEGUENZE!- urlò Persona dietro di me.
-Oh su Serio, non sia così severo. Il ragazzo mi serve vivo per la missione- ghignò il preside facendo calmare il mio "generale".
"Missione?! Ma cos...?" pensai sentendo il panico. No, non una missione, andare in missione equivaleva a lasciarla da sola. No, non poteva essere così.
-Missione?- chiesi con voce strozzata.
-Esatto Hyuuga. Questa sera partirai con un gruppo delle abilità Pericolose per una missione davvero importante. Tornerai fra due giorni. Abbiamo trovato una base di una delle tante Società Anti Alice...-
Credo che, in quel momento, lui iniziò a spiegarmi il piano che era stato progettato ma io non lo stavo minimamente ascoltando. 
Due giorni. Dovevo abbandonarla a scuola per due giorni.
-Ah, quasi dimenticavo, il professor Serio rimarrà qui. Vi accompagnerà Rui Amane. Questo è tutto. Ci vediamo questa notte alle due davanti al cacello- concluse Kuonji e, subito dopo, Persona mi portò fuori dall'ufficio.
Non dissi nulla, non potevo farcela.
Avrei dovuto lasciare Mikan da sola nelle mani di Rei Serio, lo spietato comandante delle abilità Pericolose...avrei potuto farle cosa peggiore? No, ne ero sicuro.
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(Mikan)

A quelle parole sentii il mondo crollarmi addosso.
Gli incubi, il buio, la tristezza, la solitudine...sarebbe tornato tutto. Perché era questo il dolore: una ferita aperta che sembrava rimarginata, ma essa, prima o poi, si riapre e ti ricorda quanto hai sofferto. Avrei mai smesso di soffrire? Avrei mai smesso di annegare nelle tenebre?
-Mi dispiace- disse Natsume ma io non lo sentii chiaramente. La sua voce era stranamente lontana, quasi irraggiungibile.
Ben presto, però, il mio amico dagli occhi color rubino mi riportò alla realtà abbracciandomi e stringendomi a lui.
Non so da quanto tempo le lacrime mi stavano solcando il viso, so solo che, in quel momento, mi accorsi della loro esistenza.
-T-tornerai v-vero?- chiesi con la voce rotta dal pianto.
-Farò il possibile Mikan. Ti giuro su Dio che farò qualunque cosa pur di tornare. Ho giurato a me stesso che non saresti stata più sola e non ho intenzione di infrangere questa promessa- mi disse con il suo tono indecifrabile che, stranamente, mi rassicurava.
"Tornerà" mi dissi iniziando a tranquillizzarmi "so che lo farà. Devo solo essere forte, devo provarci...".
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{Nel frattempo}

(???)

-Sai qual'è il tuo compito?- mi chiese per la milionesima volta Persona con il suo volto inespressivo.
"Fin troppo bene" pensai mentre spostavo una ciocca dei miei capelli neri dietro l'orecchio.
-Certo- gli dissi freddamente mentre osservavo schifata la gonna beige della sezione liceo che mi avevano dato. Non solo aveva un valore orribile ma era anche fin troppo corta. Un disastro insomma...
-Sai perché lo fai?- mi chiese ancora lui.
"Dipende per cosa intendi" pensai ripassando nella mia mente lo schema comportamentale che dovevo applicare con lui.
-Ovviamente- gli risposi.
"Ricorda devi essere inespressiva o scoverà i tuoi punti deboli" mi dissi mentre guardavo la porta della mia stanza con scarso interesse.
-Ottimo. Ti presenterai domani. Ci vediamo Aya Otonashi- mi disse lui prima di sparire nel lungo corridoio

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8
Una nuova alunna

(Aya)

Fino a quel giorno non ero mai stata all'interno di una scuola o di un'aula. Non ero affatto abituata a tutti quei colori stampati sulle pareti, erano fin troppo luminosi per i miei gusti, come non ero abituata alla strana stanza dove avevo dormito quella notte.
La prima emozione che avevo provato entrando nella mia stanza era stata la sorpresa. Mi ero trovata davanti un ambiente di circa sedici metri quadrati con le pareti intonacate di bianco e con un pavimento di legno. Esso era arricchito da molti mobili di ciliegio perfettamente lucidati e senza neppure un graffio. No, non ero affatto a mio agio in tutto quello sfarzo.
"Quella è la strana maschera che indossa l'Accademia: finge di essere un luogo fantastico, dove chiunque vorrebbe vivere, ma in realtà quest'ultima commette azioni deplorevoli che cela nell'ombra" pensai procedendo spedita verso quella classe alla quale, da molto tempo, ero stata assegnata. 
Mentre camminavo la stoffa della mia gonna beige ondeggiava scoprendo, a volte, le gambe coperte dalle calze nere.
Potevo dire con certezza di non apprezzare per nulla la divisa dell'Accademia. La gonna beige a scacchi mi stava malissimo, le scarpe nere erano fin troppo formali, la giacca nera era troppo decorata e avevo sempre odiato le camice.
"C'è qualcosa di decente in questo posto?!" disse una voce nella mia testa con tono rassegnato.
Sospirai. No, all'Alice Academy non c'era nulla che meritasse attenzione o che potesse essere definito "bello" o "positivo". Era una prigione e gli studenti erano i prigionieri, semplice.
Buttai per un secondo solamente lo sguardo verso una delle tante finestre che illuminavano il corridoio e osservai il cielo dipinto di grigio, un grigio scuro quasi color piombo. Distolsi subito gli occhi da quel colore che faceva troppo contrasto con quello delle stesse pareti che mi circondavano e cercai distrattamente l'aula della sezione "B". La trovai subito: era infondo al corridoio e dall'interno della classe provenivano urla e schiamazzi.
"Certo che è assurdo" pensai sospirando "possibile che quella sia un'aula del liceo? A me sembra più quella di una scuola materna...".
Ormai esasperata mi diressi verso quell'inferno e posai la mano sulla maniglia della porta ancora chiusa.
"Sai quello che devi fare. Sai come ti devi comportare. Sai che non devi farti scoprire. Sei pronta" mi dissi fra me e me per poi entrare.

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{Poco tempo prima...}

(Mikan)

Sentivo nelle orecchie il suono degli spari, dei proiettili che perforavano il vetro e lo infrangevano. Era un rumore insopportabile che mi faceva sanguinare le orecchie.
Io ero seduta su un pavimento di freddo metallo nero e non riuscivo a muovermi. Ero come pietrificata e non riuscivo a capirne il motivo.
Ad un tratto provai un forte dolore al braccio, una fitta lancinante dalla quale non potevo sottrarmi in alcun modo. 
Iniziai a piangere e ad urlare, ma era tutto inutile: nonostante stessi gridando con tutto il fiato che avevo in corpo nessuno sarebbe mai riuscito a sentirmi dato che il rumore degli spari era troppo forte e sembrava non avere la minima intenzione di cessare.
Poi accadde ciò che più temevo: sentii un liquido caldo e denso scivolarmi lungo il braccio e riversarsi sul pavimento
creando una sorta di pozzanghera. Cercai di fermare l'emorragia senza alcun risultato riuscendo solamente a sporcarmi le mani di sangue.
-Credevi davvero che saresti stata libera? Ah, povera illusa!- disse una voce fredda dietro di me.
Subito mi voltai e vidi la figura di Persona ergersi davanti ai miei occhi. Quella vista mi fece mancare il respiro.
-Tu non sarai mai libera stupida mocciosa. Tu sei destinata a soffrire per sempre e non c'è nulla che tu possa fare per cambiare le cose- ghignò il generale delle abilità Pericolose allungando le sue dita ingioiellate verso di me.
-No...non è vero...SMETTILA!- urlai portandomi le mani sulla testa.
Dovevo scappare, dovevo allontanarmi il più possibile da lui...Eppure non vi erano vie di fuga...
"Voglio andare via!" pensai serrando gli occhi.
-Non sei sola, Mikan- disse all'improvviso una voce femminile squarciando le tenebre. Era una voce bellissima e mi era stranamente familiare.
-Puoi ancora scappare da qui- disse poi una voce maschile che conoscevo fin troppo bene.
"Natsume"


-NATSUME!- gridai scattando a sedere sul letto.
Avevo la fronte imperlata di sudore e, con molta probabilità, ero impallidita.
Mi guardai attorno impaurita, ma vidi solamente la mia stanza color nero pece illuminata dalla debole luce esterna che filtrava dalla serranda.
Feci qualche respiro profondo e chiusi gli occhi cercando, disperatamente, di calmare i miei nervi tesi.
"Era solo un sogno. È stato semplicemente un incubo" mi dissi tentando di rassicurarmi.
"Ma di chi era quella voce che ho sentito? Quella voce femminile...era così stranamente familiare..." pensai confusa. 
"Forse era solo un'impressione..." mi dissi alzandomi dal letto e andandomi a preparare per affrontare l'inferno.
 

{Tempo presente}


Ero seduta al mio posto e stavo ripensando all'incubo che avevo avuto quella sera. Non avevo smesso di pensare a quella voce, era diventata il mio chiodo fisso.
"Almeno mi aiuta a distrarmi dalle preoccupazioni" pensai mentre osservavo la mia classe confusionaria.
Il povero supplente era nascosto sotto la cattedra mentre gli alunni erano diventati i nuovi padroni della sezione "B". Hotaru era seduta al primo banco e stava armeggiando con un cacciavite, Ruka, invece, era seduto accanto a me che accarezzava il suo coniglietto bianco.
Quella mattina non avevo rivolto la parola a nessuno dei due nonostante entrambi puntassero insistentemente a quell'obbiettivo.
"Perché vogliono parlarmi?" mi chiesi sorpresa. Li conoscevo davvero troppo poco, non potevo considerarmi loro amica, eppure era come se avessero voluto starmi vicino, proprio come fra amici.
Io, nonostante tutto, non ero riuscita ad aprire bocca. Mi sentivo a disagio quella mattina, sia per il mio incubo che mi aveva lasciato un orribile senso di terrore sia per il loro strano interesse nei miei confronti.
Improvvisamente la porta dell'aula si aprì sbattendo contro il muro e facendo ammutolire la classe. Una ragazza entrò lasciando tutti a bocca aperta: aveva la carnagione pallida che faceva spiccare il colore corvino dei suoi lunghi capelli. Aveva un viso ovale dove brillavano due occhi bellissimi uno verde smeraldo e l'altro azzurro cielo. Era un poco più alta di me e la sua espressione era fredda, proprio come se fosse stata fatta di ghiaccio.
Il silenzio che aveva avvolto la stanza venne interrotto dal suono dei passi della corvina che si diresse verso la cattedra. Voltò il suo sguardo verso di noi e spostò una ciocca ribelle dietro l'orecchio mostrando un orecchino nero per il controllo dell'Alice.
-Io sono Aya Otonashi. Da oggi starò in classe con voi. Se non volete problemi parlatemi solo quando vi interpello- disse Aya freddamente dirigendosi a passi lenti verso l'unico posto libero: quello accanto a me.
Fra i miei pensieri si fecero strada la tranquillità e la preoccupazione, due emozioni contrastanti che, però, stavo provando nel medesimo istante. 
Appena si sedette la classe iniziò nuovamente a fare la sua dose di esagerata confusione. Eppure io non sentivo quei rumori, essi mi apparivano come suoni distanti. Alle mie orecchie giungeva solamente il silenzio che regnava sovrano fra me, Ruka e la nuova alunna.
-Tu sei Mikan Sakura, giusto?- mi chiese lei con un tono e un volto inespressivi, senza neppure guardarmi negli occhi.
-Sì...- le risposi io con un fil di voce non capendo il senso di quella domanda. Perché le interessava chi ero?
-Capisco...- disse lei voltando il capo verso di me ed iniziando a scrutarmi il viso.
-Avevano ragione sul tuo conto- iniziò lei -i tuoi occhi sono vacui, quasi spiritati- mi disse voltando lo sguardo verso la lavagna.
"Cosa...?!" mi chiesi nervosamente sentendo un brivido percorrermi la schiena. Cosa intendeva dire con "avevano"? Di chi stava parlando?
Non lo sapevo affatto e, in tutta franchezza, non avevo la minima voglia di scoprire il significato delle sue parole

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


 
Capitolo 9
La ragazza della Luna



{La notte dell'arrivo di Aya...}

(Natsume)

Durante la notte attaccare una base nemica era molto semplice. Le ombre notturne nascondevano ogni mossa senza rivelare nulla al nemico, lasciando che solo la luna fosse la testimone delle azioni celate nel buio.
Io, seduto con la schiena contro un albero, ignoravo gli inutili discorsi di Amane e concentravo il mio sguardo sul profondo cielo che mi sovrastava. Esso era di un colore davvero scuro, una sorta di unione fra il blu e il nero, ma, allo stesso tempo, era molto luminoso grazie alle migliaia di stelle che erano dipinte su esso. Il loro debole bagliore biancastro lo irradiava assieme  ai bagliori della grande luna.
"Avrà gli incubi stanotte?" mi chiesi abbassando gli occhi sul prato dove ero seduto. I ciuffi d'erba mossi dal vento sfioravano la maschera da gatto nero che avevo appoggiato al suolo. "È colpa di questa se sei qui" sembrava volermi dire, ma era solo una sciocca impressione.
Ad un tratto dei nuvoloni grigi, trasportati dal vento notturno, andarono a coprire la luna, lasciando che il mondo fosse avvolto da un'oscurità quasi totale, sembrava il mondo nel quale sia io che Mikan eravamo precipitati per anni. 
-Puoi ancora scappare- sussurrai come se lei potesse sentirmi anche a quella distanza. Era impossibile, lo sapevo bene, ma avevo la strana sensazione che lei potesse sempre sentire la mia voce, come se essa fosse la sua ancora di salvezza.
"Forse è vero" mi disse una voce nella mia testa.
"Però, in fin dei conti, è stata lei la mia ancora di salvezza, prima che lei arrivasse volevo abbandonarmi alle tenebre e alla forza di contraccolpo del mio Alice" pensai facendo comparire sul mio volto un sorriso appena accennato.
Le nuvole che coprivano la luna non davano segno di volersene andare e Amane non accennava a voler diminuire le sue stupide chiacchiere.
In teoria, quella notte, non avremmo dovuto agire, saremo dovuti rimanere nascosti per raccogliere informazioni.
"Tsz...una stupida tattica per farci tornare tardi in Accademia" pensai guardando Rui con astio.
-Amane, so bene che il tuo cervello bacato non capisce mai nulla, ma questa notte ci sono le condizioni ideali per agire- dissi io con tono freddo attirando l'attenzione sia del mio "nuovo capo" sia degli altri cinque ragazzi che ci avevano accompagnato.
-Ma Natsume caro...- iniziò Amane.
-Hyuuga ha ragione idiota. Diamoci una mossa- disse un ragazzo castano alzandosi da terra ed iniziando a setacciare con sguardo attento il territorio circostante.
Subito dopo tutti i presenti furono costretti a darmi ascolto e, dopo aver preso la mia maschera da gatto e dopo averla indossata, iniziammo a camminare.
"Tornerò presto" pensai chiudendo gli occhi per qualche secondo.
 

***

Quella base della Società Anti Alice era fin troppo semplice per essere pericolosa per l'Accademia. Era un bunker fin troppo scoperto è facile da trovare e che, all'apparenza, all'interno doveva avere uno spazio decisamente ridotto rispetto alla norma. 
Perché allora attaccarla?
All'Accademia non interessava se c'erano delle vittime durante le sue azioni, ma non avevano mai amato spargere sangue in casi inutili come quello. Solitamente si aspettava un segno di progresso da parte dell'organizzazione prima di attaccare, invece in quel caso l'attacco era ingiustificato.
"Non devo pensarci" pensai "Non mi piace uccidere ma se l'Accademia vuole fare tutto ciò non mi deve spiegazioni, io sono un soldato e, nonostante odi fare queste cose, devo eseguire gli ordini che mi vengono impartiti".
-Ricordate ragazzi: devono morire TUTTI nessuno escluso. Il vostro compito è quello di farli fuori, io recupererò i dati delle ricerche che hanno fatto- disse Amane facendomi rabbrividire. Sarebbe stato una sorta di omicidio di massa, l'idea mi faceva sentire sporco, sporco di sangue.
Avanzammo lentamente e a piccoli passi, facendo attenzione a non fare il minimo rumore. "Se si accorgono della nostra presenza saremo noi a morire" pensai mentre, assieme agli altri, aprivamo il portellone del bunker.
Da lì all'arrivo della signora con la falce sarebbero passati, con un po' di fortuna, pochi minuti.
 
***

Gente che correva, urla, sangue, morte...vedevo avvenire tutto ciò davanti ai miei occhi ad una velocità sorprendente, decisamente spaventosa. Osservavo con rabbia quelle povere persone che venivano torturate dai giovani soldati delle abilità Pericolose che osservavano le loro vittime con gli occhi accesi da una fiamma, era inquietante vedere quanto amassero vedere la sofferenza dipinta negli occhi di quelle persone, quanto fosse forte il loro desiderio di vederle perire sotto il loro sguardo sadico.
Spostai gli occhi altrove. Quella scena era troppo anche per me.
Ma io come potevo criticare loro? Forse non torturavo le mie vittime ma ero pur sempre un assassino, in fin dei conti eravamo uguali.
"No" pensai "Fra me e loro c'è un abisso: a loro piace uccidere e vedere il sangue bagnare il pavimento con il suo colore rosso scarlatto, a me questa scena fa ribrezzo, odio dover fare quello che faccio loro no".
Ad un tratto sentii qualcosa di freddo premermi sulla tempia. Sapevo cos'era ma non ebbi paura, non era la prima volta che mi capitava una cosa simile, per me era normale avere la canna di una pistola pronta a sparare il suo colpo per ammazzarmi.
-Perché fai questo "Gatto Nero"?- mi chiese il proprietario della pistola con una voce delusa.
-Cosa te ne importa?!- gli chiesi io con voce fredda ma, allo stesso tempo, carica di rabbia.
-Mi importa perchè volevo vedere se una persona di mia conoscenza aveva ragione, ma credo si sbagliasse: un ragazzo come te non può proteggere Mikan- disse lui allontanando l'arma da fuoco dalla mia testa che, in quel momento, venne assalita da migliaia di pensieri.
-C-cosa ne sai tu di lei?!- chiesi con voce strozzata girandomi di scatto verso quell'uomo. Era abbastanza giovane, si poteva notare dal volto senza rughe che tradiva una leggera barbetta, era alto con i capelli rossi tendenti all'arancione e gli occhi viola ametista.
-Più di quanto pensi...- mi disse stringendo, probabilmente per istinto, la presa sul manico della sua pistola.
-Cosa vuoi da lei?!- ringhiai facendo apparire una fiamma di notevoli dimensioni sul palmo della mia mano. 
-Tranquillo, ragazzo, sono dalla tua parte- mi fece ma io non abbassai la guardia.
"È un nemico. Ricordalo" mi disse una voce nella mia testa.
-Io, Reo Mouri, voglio solo proteggere quella ragazza. L'ho promesso ad una mia cara amica...- mi disse con voce spezzata.
Un urlo di dolore si diffuse nell'aria, ma io ero troppo concentrato sul mio interlocutore per prestarvi attenzione.
Voleva davvero proteggere Mikan?
-Comunque puoi stare tranquillo: abbiamo saputo di questa missione con un mese di anticipo. Mikan in questo momento è al sicuro- mi disse.
-Come fai a saperlo?- gli chiesi io.
-La ragazza della Luna, lei la proteggerà a costo della vita...-
"Ma cos...?" pensai. Stavo per chiedergli di cosa parlasse quando, improvvisamente, un proiettile gli attraversò il petto, dritto al cuore.
-Prenditi cura di lei...- mi sussurrò prima di cadere al suolo, prima di esalare il suo ultimo respiro.
"Morto" pensai mentre stringevo la mano in un pugno, con così tanta forza che le nocche erano diventate bianche e sentivo il dolore delle unghie che si conficcavano nella pelle.
-Cosa avrà voluto dire?- mi chiesi allontanandomi dal corpo inerte di Reo.
Il luogo circostante era diventato assolutamente silenzioso, si sentiva a malapena il suono del mio respiro. Vedevo corpi morti distesi a terra, alcuni immersi in un bagno di sangue, altri ridotti in maniera raccapricciante.
Mi allontanai da quel "terreno di guerra" e uscii dal bunker.
 

***

-Dagli fuoco Natsume, non deve rimanere nemmeno una traccia di loro- mi disse Amane dopo poco guardandomi freddamente.
Io non feci minimamente caso alle mie azioni, ricordo solo che, come mi aveva chiesto Rui, appiccai un'incendio alla struttura poi mi voltai verso di lui.
-Questa non era la sede di una Società Anti Alice, vero? VERO?!- chiesi io con la voce carica di rabbia.
Tutti puntarono i loro occhi prima su di me e poi su Amane. Il loro sguardo aveva un'aria interrogativa, volevano una spiegazione.
-Sei perspicace Natsume...- iniziò Rui facendomi ribollire il sangue nelle vene -questa era un'organizzazione che stava cercando di attaccare, da tempo, i centri di Detenzione e Correzione delle abilità Pericolose, inoltre, uno dei loro secondi fini, era probabilmente quello di attaccare l'Alice Academy-
I respiri di tutti si smorzarono, compreso il mio. Loro volevano...salvarci dalle ombre dell'Accademia?
Nessuno riuscì a dire una sola parola.
Mentre ci dirigevamo, nuovamente, verso l'Accademia i miei pensieri erano tutti concentrati sulle parole di Reo Mouri: La ragazza della Luna...
 

{In quel momento all'Accademia...}

(???)

-Quindi avevano ragione sull'attacco..Beh, in questo momento queste informazioni non sono la mia priorità. Prima che me ne andassi mi era stato detto che la mia missione qui aveva la precedenza su qualsiasi cosa sarebbe accaduta a me o a loro. Comunque grazie e arrivederci- dissi per poi attaccare.
Gettai quel telefono usa e getta in un cestino poco distante mentre voltavo il mio sguardo verso il cielo notturno.
-Potevi scappare Reo, ma non lo hai fatto...volevi tornare dalla tua amica, vero?- chiesi posando il mio sguardo sulla luna che, in quel preciso istante, riuscì di nuovo a rischiarare la notte con il suo bianco bagliore dato che le nuvole di erano definitivamente allontanate.
-Sei proprio un idiota- dissi poco prima di allontanarmi da quella finestra che mi mostrava il mondo esterno...

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Capitolo 11
*** Capito 10 ***


Capitolo 10
Chi sei realmente?

(Aya)

Uno schema comportamentale, era su quello che si era basata tutta la mia vita. Esso mi diceva come dovevo approcciarmi con determinate persone e il carattere che dovevo mostrare con queste ultime, indicava la persona che sarei dovuta essere per un dato tempo.
Avevo sempre avuto uno schema da seguire poiché, grazie ad esso, le missioni che ero incaricata di svolgere andavano sempre a buon fine, portando moltissimi risultati. Eppure nel caso di Mikan mi era stata data carta bianca, con lei mi sarei potuta comportare come preferivo.
"Ma perché? Perché farsi in quattro per proteggere una persona che, oramai, sta annegando nella paura?" mi chiesi mentre voltavo il mio sguardo verso di lei.
Stava picchiettando le dita sul banco e si mordeva nervosamente il labbro inferiore, mentre fissava ansiosa le lancette dell'orologio appeso infondo all'aula. Infine mi soffermai sui suoi occhi: le sue iridi nocciola erano di un colore spento e triste, era come se la luce non potesse farsi spazio in quello sguardo così perso nel vuoto.
"Forse perché il potere che si cela dentro di lei può diventare una sorta di arma nelle mani sbagliate..." pensai.
Ad un tratto avvertii un dolore lancinante attraversarmi tutto il corpo, quasi come se fosse stato una scarica elettrica. Sentii i polmoni bruciare e il cuore accelerare il suo battito.
"No" mi dissi "non ora..."
Mi portai una mano davanti alla bocca ed iniziai a tossire. All'inizio sembrava una tosse normalissima, poi però sentii un sapore amaro in bocca e un liquido denso andò a bagnarmi la mano, inoltre non riuscivo a smettere e il dolore stava diventando insopportabile.
Sentivo la testa girarmi e mi si stava appannando la vista.
"Non credevo che tenere attivo il mio Alice potesse arrecarmi danni così gravi..." pensai mentre allontanavo la mano dal viso.
La appoggiai sul banco e subito ai miei occhi giunse il contrasto fra la mia pelle diafana e il rosso scuro del sangue.
_____________________________________________________

(Mikan)

Stavo osservando le lancette dell'orologio muoversi ritmicamente seguendo lo scorrere del tempo che, quel giorno, sembrava non volesse passare.
Volevo andarmene dalla classe, volevo allontanarmi da tutto e da tutti restando sola con le mie paure, paure che dovevo sconfiggere.
Ad un tratto sentii Aya tossire di fianco a me. All'inizio non mi voltai nemmeno poi però capii che in quella tosse non c'era nulla di normale.
Guardai la nuova arrivata e subito un brivido di paura mi trapassò: aveva appoggiato la mano sul banco ed essa era tinta di rosso. I suoi occhi sembrava stessero fissando il vuoto...
Volevo urlare ma ero paralizzata e avevo la gola secca, l'unica cosa che riuscivo a fare era restare lì ferma a guardare.
Poi, improvvisamente, la corvina si voltò verso di me e mi fissò con sguardo disperato. Fu allora che vidi una cosa che, in quel momento, mi risultò agghiacciante: i suoi occhi non avevano più i loro colori, ovvero il verde e l'azzurro, ma erano diventati grigi.
-M-Mikan...- disse Aya con un fil di voce per poi svenire sul banco.
Non ricordo di preciso cosa successe, ricordo solo gli sguardi terrorizzati dei miei compagni di classe e il mio shock mentre, assieme a Ruka, portavo Aya nell'ospedale dell'Accademia.
 

  {Qualche ora dopo}

(Mikan)

"Perché sono rimasta qui con lei?" mi chiesi mentre osservavo Aya dormire nel letto della stanza d'ospedale. Il suo sonno era tutt'altro che tranquillo: la vedevo agitarsi nel sonno e, ogni tanto, la sentivo gemere dal dolore.
"Forse perché ti ricorda te stessa quando hai i tuoi incubi..." mi disse una voce nella mia testa alla quale dovetti dare ragione.
Ad un tratto sentii la porta della stanza aprirsi con un cigolio quasi impercettibile che mi fece sussultare.
-Sai ero quasi sicuro che ti avrei trovata qui...Sakura- disse una voce fredda e impassibile alle mie spalle.
D'istinto strinsi la stoffa del bianco lenzuolo per poi voltarsi verso il mio interlocutore. Persona era sulla soglia della porta con la maschera bianca nella mano destra. I suoi occhi neri come l'oscurità più profonda mi fissavano inespressivi mentre sul suo volto era apparso un ghigno malefico che, già più di una volta, gli avevo visto fare in mia presenza.
-Una gattina dall'animo puro come il tuo non avrebbe mai abbandonato una povera ragazza sofferente- mi fece lui avanzando pericolosamente nella mia direzione e voltando lo sguardo verso Aya.
-Comunque non capisco proprio- iniziò lui -se non stava usando il suo Alice per quale ragione ha avuto questo attacco?-
"È un 'Alice Illimitato'?!" pensai più che sorpresa. Sapevo bene quanto fosse difficile appartenere alla quarta categoria di Alice per questo motivo fui a dir poco impressionata da quella scoperta.
-Comunque...- disse Persona voltando i suoi occhi neri su di me -sono venuto qui per ordine del preside. Sai, non dovresti fare amicizia con altri micetti, Sakura, Natsume incluso-
Sentii la paura invadermi completamente per poi assalire tutti i miei pensieri. Avevo di nuovo quell'orribile presentimento, la sensazione che, nel giro di pochissimi istanti, avrei potuto perdere tutto ciò che stavo conquistando con immensa fatica. La nuova vite che volevo intraprendere, la mia lotta contro la paura, la mia amicizia con Natsume...stava davvero andando tutto in frantumi?
Doveva essere quella la mia esistenza? Uno specchio che continuava a rompersi perdendo, di volta in volta, un piccolo pezzo?
-Aya, se ancora non lo avessi capito, è una spia dell'Accademia. Il suo compito è sorvegliarti negli ambienti "pubblici" per così dire. Deve semplicemente assicurarsi che tu non abbia desiderio di ribellarti a tutti noi, capisci?- mi disse avvicinandosi sempre più a me.
Lo vidi togliere dalla tasca del cappotto nero la mano sinistra e allungare le sue lunghe dita ingioiellate verso il mio viso.
"È questa la punizione che devo ricevere? La punizione che devo ricevere per la mia ingenuità? Devo davvero soffrire solo perché ho sperato di poter vivere? È così sbagliato cercare una luce?" mi chiesi mentre serravo gli occhi.
Il mio cuore aveva un battito veloce, ma il suo suono era impercettibile da un orecchio umano. La mia mente era affollata da migliaia di punti interrogativi, piena di tutte quelle domande che necessitavano una risposta, mentre i miei muscoli si irrigidivano dalla paura.
Ad un tratto, però, avvertii l'aria essere squarciata da un oggetto che andò a colpire qualcosa...anzi, qualcuno...
Sentii Persona lanciare un gemito di dolore ed imprecare e, quando aprii gli occhi, vidi quello che mai mi sarei aspettata...
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(Aya)

Sentivo un dolore allucinante attraversarmi tutto il corpo, ma, nonostante tutto, trovai la forza di aprire gli occhi. Le luci a led della stanza mi accecarono e la mia visuale era decisamente sfocata, non riuscivo a mettere a fuoco nulla. Mi misi a sedere sul letto lentamente, senza emettere il minimo suono, e la vista iniziò, pian piano, a tornarmi.
Quando riuscii a distinguere con chiarezza ogni corpo attorno a me, vidi una sola cosa al centro del mio campo visivo: la mano di Persona avvicinarsi pericolosamente al viso di Mikan. Lei, dal canto suo, era immobile, pietrificata dalla paura, con dei ciuffi che sfuggivano alla presa dell'elastico ad accarezzarle il viso.
"CAZZO, NO!" pensai e subito, senza ragionare neppure un secondo, afferrai un posacenere di vetro appoggiato sul comodino accanto a me e lo tirai sulla mano di Persona. L'oggetto, probabilmente molto fragile, si ruppe sulla mano del generale delle abilità Pericolose conficcando i suoi frammenti nella pelle diafana di lui. Vidi il sangue scivolare lentamente per poi andare a bagnare il lenzuolo bianco dal quale ero coperta.
Persona strinse i denti e gemette a causa del dolore, mentre gettava la sua maschera bianca a terra e afferrava con la mano libera quella che gli avevo appena ferito.
-COSA DIAVOLO FAI?!- mi gridò lui lanciandomi uno sguardo carico di rabbia e di odio.
"Devo stare calma e devo ragionare. Se mi faccio assalire dall'agitazione non otterrò nulla di buono..." mi dissi per poi fare un bel respiro.
-Cosa fai tu piuttosto- gli dissi con un tono inespressivo mentre  cercavo di ignorare il dolore che ancora non era passato.
-Non capisci che così non otterrai nulla, Serio?- continuai io con assoluta  disinvoltura -Se tu avessi usato il tuo Alice su di lei, mandandola in ospedale magari, avresti fatto capire a tutti gli studenti dell'Accademia, che fanno parte delle abilità a Pericolose si intende, che questa ragazza è tenuta "sott'occhio" dall'Accademia. Successivamente avrebbero iniziato a girare delle voci sul suo conto e, infine, la segretezza riguardo alla sua esistenza sarebbe andata in fumo. Non volevate forse "proteggere" il suo potere?-
Vidi Mikan fissarmi, evidentemente sorpresa, mentre Persona cercava di calmarsi. Aveva capito anche lui che avevo ragione io.
-Forse hai ragione- mi fece lui alzandosi -Però questa me la paghi piccola bastarda- disse infine mostrandomi la mano dalla quale gocciolava quel sangue.
Quando uscì, sbattendo la porta, mi alzai dal letto e mi sistemai alla meglio i capelli. 
"Speriamo solamente che durante la crisi il mio Alice non si sia annullato temporaneamente. Ho bisogno che resti attivo se voglio la riuscita della missione" mi dissi mentre volta o lo sguardo verso Mikan.
-Andiamo Sakura, sono stufa di stare qui- le dissi e subito mi diressi verso la porta della stanza seguita da lei.
 

***

(Mikan)

Mi trovavo con Aya nel cortile dell'Accademia, tinto d'arancione a causa del sole che stava lentamente calando all'orizzonte. 
Eravamo rimaste in silenzio per tutto il tragitto, non ci eravamo rivolte neppure un cenno.
Arrivammo poco distanti dal cancello dell'Alice Academy e Aya mi rivolse il suo sguardo freddo ed inespressivo che, però, non mi incuteva più alcuna paura o timore, anzi, mi rassicurava.
"Ma perché mi ha aiutata? Non lo capisco...le spie dell'Accademia vengono addestrate affinché non provino compassione per niente e per nessuno, perché allora mi ha difesa rischiando di subire gravi punizioni da parte dell'istituto?" mi chiesi.
-Chi sei realmente, Aya?- le domandai e lei subito voltò lo sguardo verso il cancello di ferro.
Vidi esso aprirsi e, sulla sua soglia, comparvero un gruppo di ragazzi che, compresi, essere quelli delle abilità Pericolose.
"S-sono tornati?!" pensai mentre un sorriso mi si formava sul volto.
-Tsz...sono in anticipo...- commentò Aya mentre si avvicinava al mio orecchio.
-Per il momento non importa chi sono io, Mikan, l'unica cosa che voglio dirti è questa: tieniti stretta gli amici, Sakura- mi disse per poi superarmi e dirigersi verso una meta che non mi era concesso conoscere.
"Che intendeva?" mi dissi mentre una debole brezza mi scansava dal viso alcuni ciuffi di capelli color nocciola.
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(Natsume)

Dire che ero stanco era un eufemismo. Se non avessi avuto un minimo di autocontrollo sarei svenuto lì, sulla soglia di quel maledetto cancello.
-Bene ragazzi io vado a fare rapporto al preside, voi potete andare nelle vostre stanze per riposarvi. Arrivederci- disse Amane per poi dileguarsi lasciandoci da soli.
Uno per uno iniziammo ad avviarci verso i dormitori quando, ad un tratto, mi accorsi della figura di una ragazza che se ne stava in piedi poco distante da noi.
-Mikan? Cosa ci fai qui?- le chiesi avvicinandomi a lei.
Il suo sguardo fissava il vuoto ed era davvero pensieroso.
-È una lunga storia te la spiegherò, ma non qui- mi disse tenendo gli occhi puntati verso il basso. -Comunque- riprese -Bentornato!- mi fece alzando lo sguardo e facendomi un piccolo sorriso.
"Che stupida!" pensai mentre le mettevo una mano sulla testa.



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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11
Proteggerla a costo della vita 

(Natsume)

Guardare Mikan dormire in tutta tranquillità era uno spettacolo decisamente raro e che, quando potevo assistervi, mi faceva sentire speciale in un certo senso. Sembrava una bimba piccola con la divisa spiegazzata e i capelli che, disordinatamente, si sparpagliavano sul materasso creando una cascata di colore castano chiaro, mentre la bocca socchiusa le dava un'aria totalmente innocente.
"Dovresti essere così anche da sveglia" pensai scostandole i ciuffi color nocciola dal viso. "Dovresti smetterla di pensare a tutto quello che ti fa paura e, soprattutto, non dovresti cercare di capire persone come quella Aya... Se è una spia non c'è da fidarsi".
Presi una coperta dall'armadio della sua stanza e la coprì alla meglio cercando, comunque, di non svegliarla da quel sonno così bello e tranquillo, uno di quelli che raramente le veniva concesso, poi puntai il mio sguardo sulle lancette della sveglia posizionata sul suo comodino. Essa segnava le nove e mezza di sera.
"Se mi beccano fuori dalla mia stanza a quest'ora sono cavoli... Mai farsi scoprire mentre si viola il coprifuoco..." mi dissi sospirando, mentre mi dirigevo verso la porta.
Quando la mia mano fu sulla maniglia, però, sentii una brezza fredda entrare nella stanza, facendomi percorrere la schiena da un brivido di freddo causato dall'improvvisa entrata d'aria.
-Certo che solo una come lei si sarebbe potuta fidare di uno come te...- disse una voce femminile alle mie spalle facendomi sussultare.
"Ma cosa...?" mi chiesi e subito mi voltai.
Davanti ai miei occhi vidi una ragazza della mia età alta quanto me all'incirca. La sua pelle diafana faceva spiccare l'azzurro dei suoi capelli, lunghi fino alle spalle, e il colore metallizzato dei suoi occhi grigi che brillavano debolmente, quasi come se quelle iridi fossero state una coltre di nubi grigie attraversate da qualche debole raggio di sole. Indossava la divisa dell'Accademia che, stranamente, sembrava starle piccola, infatti la gonna era ancora più corta del normale e la camicia era leggermente stretta.
La strana ragazza voltò il suo sguardo verso di me ed iniziò a squadrarmi da capo a piedi soffermandosi ogni tanto sulle poche ferite che avevo.
-Davvero non capisco perché si fidi di te... Il ragazzo ritardato che ancora gioca a travestirsi da Gatto Nero...- disse l'azzurra facendo apparire sul suo volto un piccolo ghigno beffardo e leggermente divertito.
Sentii la rabbia attraversarmi tutto il sistema nervoso e una cascata di rosse scintille scivolò dalle mie mani andando sul pavimento.
-Chi sei tu?!- ringhiai io, mentre lei posava nuovamente i suoi occhi metallici sul viso dormiente di Mikan che, ignara di tutto, continuava a riposare silenziosamente.
-Davvero ti interessa Hyuuga? Credevo che non fosse tuo desiderio conoscere l'identità delle persone che vuoi far fuori... Per non avere il senso di colpa forse?- mi chiese lei facendomi rabbrividire.
-Tu come...?- 
-Come lo so?- chiese l'azzurra mentre rigirava fra il pollice e l'indice la pietra del suo orecchio per il controllo dell'Alice.
-Beh- riprese -So molte cose sia su di te che su di lei...probabilmente anche più del necessario...-
-Ma cosa stai dicendo?! E poi si può sapere chi diavolo sei?!- dissi io stringendo la mano in un pugno cercando, inutilmente, di frenare le scintille infuocate prodotte dal mio Alice.
-Dico solo la verità Natsume- mi fece lei allontanandosi dal letto di Mikan senza però smettere di fissarla.
Stavo per perdere il controllo.
-Ti ho chiesto chi sei?!- dissi cercando di moderare l'altezza della voce per non svegliare quella povera ragazza dai capelli color nocciola.
-Calmati. Io sono Hoshi Shingetsu, contento?- disse lei con una nota di seccatura nella voce.
"Dovrei essere io quello seccato!" pensai con una certa rabbia.
-Ma che razza di nome hai?!- le chiesi con amarezza senza un motivo preciso, forse perché volevo semplicemente darle fastidio o forse perché quella ragazza mi aveva davvero portato ai limiti della sopportazione con i suoi inutili discorsi privi di senso.
-Ma come non lo sai?- mi chiese lei con un sorriso decisamente falso dipinto sul volto -Hoshi significa stella, mentre Shingetsu significa luna nuova- disse.
La vidi posare il suo sguardo sui mobili neri della stanza di Mikan che facevano contrasto con la brillante ondata di luce prodotta dal lampadario ancora attivo.
-Non dirmi che il mio nome non ti dice niente? Eppure sapevo che avevi parlato con Reo...- disse lei sogghignando.
In quel momento non capii, probabilmente a causa di quella rabbia che stavo reprimendo o a causa di quei suoi sorrisi finti e schietti che mi facevano drizzare i capelli sulla testa...sta di fatto che all'inizio non compresi affatto chi fosse la persona davanti a me.
-Diciamo che il mio nome d'arte è "La Ragazza della Luna", ti dice nulla moccioso ritardato?- mi fece lei con un certo astio nella voce, evidentemente offesa dalla mia "mancanza" d'intuito.
Subito il mio corpo venne attraverso da una strana sensazione simile ad una debole scossa elettrica.
"Devo aver sentito male... Lei non può essere colei che è stata incaricata per proteggere Mikan..." pensai, mentre la cascata di scintille, che fino a poco prima la mia mano aveva prodotto, si spegneva definitivamente, come se non fosse mai esistita.
-Tu dovresti essere quella che deve proteggerla?- le chiesi con un tono più basso e tranquillo rispetto a quello che avevo usato fino ad allora.
-Questo è ciò che mi è stato detto di fare ed è quello che sto facendo con ogni mezzo di cui dispongo- mi disse lei gentilmente, mentre voltava il capo verso la finestra che, fino a quel momento, era rimasta aperta.
-Beh stai facendo un pessimo lavoro- iniziai io -Non ti sei accorta che una spia della scuola la sorveglia?-
-Tsz...dai tempo al tempo Hyuuga. Io so esattamente ciò che sto facendo a differenza di te...-
-Che intendi?!- 
-Beh, non ti capisco proprio. Perché tu vuoi proteggerla? Per quale ragione? Io lo faccio per una ragione che riguarda tutti noi, ma tu...tu non hai motivo di proteggerla o di salvarla dalle tenebre che la circondano. Quindi perché lo fai?- mi chiese lei, mentre si sedeva sulla sedia davanti alla scrivania.
"Già, perché?" mi chiesi.
Non mi ero mai fatto quelle domande perché non ne avevo mai avuto motivo, però, in quel preciso istante, compresi quanto effettivamente potesse sembrare strano il fatto che io desiderassi così ardentemente proteggerla. Non era per pietà nei suoi confronti o perché in lei rivedevo me stesso...no, niente di tutto ciò... La risposta era ben diversa e io, allora, ne conoscevo solo metà.
-Perché da quando la conosco tutto mi sembra possibile, sento che potrebbe succedere qualsiasi cosa se sto accanto a lei e se la aiuto a sorridere liberandola dall'oscurità e donandole nuovamente la luce che ha perso- dissi prontamente facendo sorridere Hoshi, davvero questa volta, infatti il suo era un sorriso sincero.
-Ecco allora perché è così affezionata a te...- disse lei guardando nuovamente Mikan -Perché anche lei sente che con te tutto può cambiare e tutto può succedere...-
La vidi alzarsi e dirigersi verso la finestra dalla quale, quella stessa sera, era entrata con passi lenti e felpati.
-Promettimi una cosa Hyuuga- mi fece lei mentre si preparava a saltare giù dal davanzale -Promettimi che anche tu, come me, la proteggerai a costo della vita-
"Credo di non dover ne che pensare alla risposta" pensai.
-Promesso- dissi freddamente.
-Idiota- disse lei sogghignando per poi sparire nel buio della notte e lasciando di tiro di se solamente il lento movimento delle tende soffiate dal vento.
"Non so se fidarmi di lei, ma se vuole proteggere Mikan allora la aiuterò indipendentemente da che tipo di persona sia..." mi dissi per poi chiudere le ante della finestra e dirigermi verso la mia stanza.
 

***

(Hoshi)

Il vento fresco della notte mi passava fra i capelli facendomi provare delle emozioni uniche ed irripetibili accompagnate da uno strano senso di libertà.
Seduta su una panchina osservavo la finestra chiusa della stanza di Mikan dalla quale usciva un caldo bagliore causato dalla luce che era stata lasciata accesa.
Ad un tratto sentii un liquido scendermi dalle narici e andarmi a macchiare la gonna.
"Maledizione!" pensai mentre cercavo di asciugare il sangue che mi colava dal naso.
"Non oso immaginare cosa succederà quando riutilizzerò il mio Alice..." mi dissi per poi alzarmi e dirigermi verso la mia stanza nel dormitorio cercando di non pensare alla punizione che, sicuramente, Rei Serio mi avrebbe dato il giorno dopo...

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12
Quando crolla ogni difesa
 
(Aya)

Il silenzio, l'autocontrollo, lo sguardo, l'atteggiamento... C'era davvero un elenco infinito di "elementi", per così dire, che dovevo controllare scrupolosamente, come se da essi fosse stato dipeso il destino della mia stessa esistenza, le mie possibilità di sopravvivere insomma. Probabilmente, però, nascondere la paura e il dolore era stata la cosa più difficile da fare in assoluto.

"Resta calma, respira e, soprattutto, rifletti prima di parlare. Non essere un libro aperto nè per il tuo nemico nè per chiunque sia il tuo interlocutore. Per farla semplice devi nascondere le tue emozioni che sono l'unico accesso alla vera te stessa.
Fissa nella tua mente queste parole e seguile come una legge, perché grazie ad esse potrai usare il tuo Alice al
meglio."
Queste testuali parole mi erano state dette da bambina quando, ancora inesperta, tentavo di imparare ad essere una spia eccellente, una di quelle che si vedevano nei cinema in quei film ricchi di azione. Io le avevo seguite ogni giorno, in ogni momento...

"E ora colui che ti ha dato questa lezione di vita è morto a causa di una di queste emozioni... A volte il destino si comporta in modo malato e contorto, non credi?" mi disse una voce nella mia testa facendomi roteare gli occhi, come in segno d'approvazione.
"Nonostante ciò quel consiglio mi serve ancora" mi dissi mentre avanzavo tranquilla per i bui corridoi dei dormitori. Il cielo, fuori dalle finestre, appariva ancora spento e poco rischiarato dalla luce dell'alba, appena percettibile sotto la fitta cortina di nuvole grigie che la copriva. Alle cinque del mattino era comune assistere ad uno spettacolo simile e, anzi, sarebbe sembrato strano se l'esterno fosse parso già allegro e spensierato o se il dormitorio fosse già stato invaso dagli studenti che uscivano rapidamente dalle loro stanze.
"L'ora giusta, insomma, per convocare una studentessa "normale". Ma quanto sono originali Persona e il preside? Hanno la stessa mentalità di un bambino piccolo: estremamente prevedibile" pensai.
Ad un tratto mi fermai davanti alla finestra, con una certa rabbia a dire il vero, notando il colore grigio metallizzato dei miei occhi. Quel colore che, devo ammetterlo, odiavo particolarmente si stava riflettendo sulla superficie cristallina del vetro mostrando la sua luce spenta e opaca, la sua luce naturale, quella che esso emanava a priori e che non veniva influenzata dal corso degli eventi. Esso faceva contrasto con la mia pelle diafana e si abbinava abbastanza a quei capelli neri che mi incorniciavano il volto perfettamente.
"Questa perfezione non mi si addice, rende ancora più orribile e disgustoso il colore di questi occhi..." pensai e, nel frattempo, il mio sguardo aveva riacquistato i suoi colori chiari e brillanti: il verde e l'azzurro.
In quel momento, o almeno così ricordo, maledissi il mio Alice per il suo pessimo funzionamento e pregai in silenzio affinché non decidesse di tradirmi davanti ai miei "supervisori" delle abilità Pericolose.
Avevo paura che ciò accadesse? Paura della reazione di Serio? O di quella del preside Kuonji?
No, non era paura, era la consapevolezza che un'operazione controllata da tempo, e con una certa attenzione, potesse andare in fumo, come un castello di carte che crolla miseramente a causa di una brezza troppo forte.
"Non ho paura e non devo averne".

 
***

Quella figura che mi osservava era diversa dal solito. Il suo sguardo, perennemente coperto da quell'assurda maschera per il controllo, era ancora più freddo e duro rispetto alle altre volte in cui lo avevo potuto scorgere. I suoi occhi dal colore delle tenebre sembrava volessero inghiottirmi per sempre in un'oscurità senza fine, una sorta di pozzo senza fondo...
Persona si avvicinò a me con passo felpato, tipico delle persone che vogliono evitare di dare nell'occhio, e mi prese per le spalle con forza.
Mentre mi spingeva dentro una stanza, mai vista prima di allora, sentivo le sue unghie conficcarsi nella mia pelle e l'argento degli anelli trasmettermi il freddo che emanavano attraverso quella camicetta che indossavo.
Mi ritrovai in un ambiente piccolo e freddo, decisamente spoglio per giunta. Le pareti erano intonacate di un rosso scuro simile al colore del sangue mentre il pavimento era di legno e piuttosto rovinato, inoltre la stanza era priva di finestre ed era illuminata da una fastidiosa luce a led mezza fulminata. Essa era quasi totalmente priva di mobili, eccezion fatta per la poltrona sgualcita messa in un angolo.
Sentii la porta chiudersi alle mie spalle silenziosamente e il suono della chiave che girava nella serratura.
-Non mi è piaciuto il modo in cui ti sei comportata Otonashi...per niente- mi disse Persona con un disprezzo e una rabbia evidenti nel tono della sua voce.
-Ciò che pensi di me, Serio, non è una mia priorità. Io devo solo seguire gli ordini che mi sono stati impartiti per garantire la riuscita della missione- dissi impassibile cercando di controllare sia la mia agitazione sia il mio Alice.
-ZITTA!- gridò il mio interlocutore spingendomi con forza e facendomi sbattere la faccia contro la parete. Sentii un dolore allucinante propagarsi sul mio viso mentre del sangue fresco colava dal mio naso e dal mio labbro inferiore che, a causa della botta, avevo tagliato con i denti.
-Senti mocciosetta schifosa- mi fece Serio facendomi voltare e sollevandomi da terra prendendomi per il colletto della camicia -Non so perché tu ieri abbia avuto una crisi così forte e non ho intenzione di scoprirlo, ma non sentirti importante perché il tuo Alice è rarissimo. Sei solo una pedina della scuola e io posso distruggerti quando preferisco, Alice delle Metamorfosi o no.-
Sentii un brivido percorrermi la schiena al suono delle sue parole così fredde... Ormai sapevo cosa sarebbe successo...

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***

(Mikan)

Aya, quella mattina, non era venuta in classe e Natsume era decisamente pensieroso, anche piuttosto silenzioso. Non mi era mai capitato di vedere i suoi occhi cremisi persi fra migliaia di pensieri, cercando una soluzione in una sorta di indistricabile groviglio di nodi.
Io, invece, stavo passando la mattinata a fissare il cielo, perdendomi fra le nuvole e cercando una via di fuga fra quella cortina grigia. Ogni tanto vedevo un debole raggio di sole farsi strada in quella coperta color piombo, ma poi, inevitabilmente, esso veniva oscurato nuovamente.
"Io sono così" pensai "Rinasco con fatica ma sono destinata ad annegare nuovamente".
-Signorina Sakura mi sa dare la risposta a questo problema?!- mi chiese il professore indicando, con rabbia e nervosismo, la lavagna e mostrandomi un problema di matematica.
-La risposta è 556,3- dissi io con disinvolutura dopo aver osservato la superficie nera segnata dal gesso, scatenando uno stupore generale.
Proprio in quel momento, mentre tutti erano in silenzio, la porta dell'aula si aprì sbattendo contro la parete con una forza inaudita, come se avessero usato un'ariete per sfondarla. Sulla soglia apparve L'esile figura di Aya che, però, lasciò sul volto di tutti un'espressione a metà fra l'inorridito e lo spaventato. Aveva graffi su tutto il viso, il labbro inferiore tagliato trasversalmente dal quale gocciolava del sangue, si potevano vedere delle tracce di rosso sotto le sue narici e le braccia, scoperte dalla camicetta a maniche corte, erano piene di lividi violacei quelli che, solitamente, vengono alle persone dopo una rissa finita male.
-Scusi per il ritardo professore. Ho avuto un "contrattempo"- disse la corvina sottolineando l'ultima parola con una nota evidente di sarcasmo.
-Dove è stata fino ad ora Otonashi?!- chiese il professore nervoso tamburellando le dita sulla cattedra.
-Se desidera può chiederlo al professor Rei Serio- fece lei in risposta andandosi a sedere ai primi banchi.
Il prof deglutì e finse che nulla fosse successo continuando a fare lezione normalmente.
-Quindi lei è Aya Otonashi?- mi chiese Natsume sussurrando.
Io annuii, troppo sconvolta per parlare. Avevo la gola secca e lo stomaco chiuso, era come se avessi l'influenza nonostante stessi benissimo.
"Le è successo questo perché mi ha difesa?" mi chiesi mentre le mie emozioni si mescolavano in maniera imprecisa, creando una specie di tornado il cui unico scopo era quello di portare un'infinita confusione.
-La sua voce...- disse Natsume buttando il suo sguardo color rubino su Aya -è familiare... L'ho già sentita...-.
Io non feci domande, non mi sembrava giornata, per così dire. Se volevo essere una "buona amica", per quanto mi fosse possibile, dovevo lasciargli i suoi spazi e non impicciarmi degli "affari suoi".
E così rimasi zitta, con lo sguardo sul quaderno, il cuore altrove e la mente che pensava...pensava a Natsume, ad Aya, a tutto...

***

Quando la campanella suonò i ragazzi si alzarono frettolosamente raccogliendo rapidamente il materiale scolastico e gettandolo alla rinfusa nello zaino, mentre una calca si ammassava davanti alla porta dell'aula.
Io, invece, sistemai con estrema tranquillità la mia cartella cercando di non dimenticare nulla e assicurandomi di aver copiato tutti i compiti dalla lavagna. Natsume, dal canto suo, era già pronto da un pezzo e stava "armeggiando" con un MP3 rosso che, dopo poco, mise nella tasca dei pantaloni.
Lo vidi gettare uno sguardo attento verso l'esterno, come a voler "valutare" se fosse il caso di uscire nonostante le nubi, ignorando con disinvoltura il rischio della pioggia e accettando la possibilità di potersi bagnare a causa di un'acquazzone improvviso. Lo vidi scuotere la testa, un segno che non capii, per poi mettersi le mani in tasca.
-Hyuuga- qualcuno chiamò Natsume. La voce di quel qualcuno era stanca, ma conservava la sua inconfondibile freddezza ed inespressività che, in un certo senso, la caratterizzava.
Aya, con lo zaino in spalla, si avvicinò lentamente puntando i suoi due occhi di quei colori brillanti su Natsume. Le sue condizioni fisiche facevano a pugni con la grazia del suo fisico e, a mio parere, rovinavano la sua bellezza perché, mi costava ammetterlo, era davvero carina.
-Lui vuole parlarci. Non mi ha detto perché- disse lei indicandomi con un cenno del capo, come se fosse stato un segno che solo loro due capivano e, sicuramente, era proprio così che stavano le cose.
Vidi il mio amico annuire e sul suo volto comparve la sua espressione distaccata, quella dalla quale non trapelava mai alcuna emozione o sentimento.
-Capito- fece solamente e, subito dopo, mi prese delicatamente per il polso e mi trascinò fuori dall'aula ormai vuota.
-Vai da Hotaru. Il suo laboratorio è accanto ai dormitori. Va da lei e resta lì, dopo ti vengo a prendere- mi fece Natsume mettendomi le mani sulle spalle, proprio come se fossi stata una bambina piccola ed indifesa.
"Non negare l'evidenza: lo sei e basta" disse una voce nella mia testa che, prontamente, ignorai.
-Ma perché?- gli chiesi cercando, scioccamente, di ottenere una risposta.
Lui scosse la testa.
-Mikan, per favore, fai come ti ho detto, lo dico per te- mi disse.
Io feci cenno di sì con la testa e lo salutai con un cenno della mano, facendo buon viso a cattivo gioco.

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***
(Natsume)

-Non mi fido di te- dissi ad Aya mentre ci dirigevamo verso l'ufficio del preside Kuonji.
-Non sei il primo- mi fece lei in risposta gesticolando con la mano, facendo il tipico gesto da "lo so, lo so, non rompere".
-E non ti fai due domande?-
-Tsz... Sono una spia, no? Tu pensi che "quelle come me" non provino sentimenti, giusto? Cosa te ne importa?- mi rispose lei con un certo astio nella voce.
-Che c'è?- la provocai io -Hai le tue cose?-.
-'Fanculo stronzo- mi fece lei con tono calmo fermandosi davanti all'ufficio del preside e posando la sua mano sulla maniglia.
La porta il legno si aprì lentamente mentre Aya mi lanciava un'occhiata agghiacciante.
Come al solito il preside delle elementari se ne stava seduto in tutta tranquillità dietro la sua scrivania con le mani incrociate, ma, stavolta, i suoi occhi erano puntati sulla parete davanti a lui.
Io, incuriosito, voltai il mio sguardo nel medesimo punto: appese al muro c'erano una trentina difotografie, cartine segnate scrupolosamente da puntine colorate, piccoli postit attaccati un po' dovunque e alcuni pezzi di spago che collegavano fra loro le varie puntine, come a voler creare un percorso tracciato con un filo logico sconosciuto a tutti.
-Sono davvero allietato dalla vostra presenza, ragazzi- fece Kuonji senza smettere di fissare quella mappa degna dei migliori gialli polizieschi.
Vidi anche Aya analizzare con attenzione la parete soffermandosi, solo per pochi secondi,su ogni dettaglio che la componeva. Poco dopo la ragazza annuì frettolosamente come per "incoraggiare" quel bimbo-preside a continuare.
-Vi ho chiamati- iniziò lui -perché la scuola desidera il vostro aiuto dato che...- 
-Io non aiuto proprio nessuno- dissi interrompendo il discorso di Kuonji -Non vi devo nulla-.
-Questo è vero, Natsume, ma credo che ti interesseranno queste notizie che sto per comunicarti...- per la prima volta lo vidi alzarsi dalla sua sedia e rimasi in silenzio, ormai incuriosito dalle sue parole. Lo vidi avvicinarsi verso la mappa e subito vi puntò il dito contro.
-In questo periodo ci sono state varie sparizioni ingiustificate di ragazze non-Alice. Queste, in comune, hanno varie cose oltre al sesso: tutte hanno fra i sedici e i diciasette anni, tutte sono castane e tutte hanno gli occhi color nocciola. Per di più tutte queste ragazze sono orfane e, per la maggior parte, sono depresse. Drogate, autolesioniste...e chi più ne ha più ne metta. Non vi ricorda qualcuno?-.
Alle sue parole sentii il mio stomaco chiudersi e vidi gli occhi di Aya spaventarsi.
-Sono pressoché identiche a Mikan...- dissi sotto voce e il suono che uscì parve solo un debole soffio.
-Esattamente. Tutte le ragazze, dopo pochi giorni dalle loro scomparse sono state ritrovate, morte, nell'esatto luogo dove erano state rapite- disse Kuonji per poi allontanare il dito dalla parete.
-Hanno scoperto di lei?- chiese Aya con voce smorzata.
Perché sembrava così preoccupata per Mikan?
-Non ne siamo sicuri ed è per questo che desideriamo la vostra collaborazione. Due aiuti in più ci farebbero comodo- fece lui.
-Ok- dissi io mentre la corvina accanto a me annuiva con convinzione.
-Bene- continuò il preside andandosi a sedere dietro la sua fidata scrivania -In caso avessimo bisogno sarete contattati e, se lo riterremo necessario, verrete anche informati sui progressi delle indagini-.
Dopo poco sia io che Aya uscimmo dalla stanza.
-Ma perché?! Perché vogliono tutti farle del male?!- ringhiai io battendo un pugno contro la parete.
-La verità è dura da accettare, Hyuuga- mi fece Aya socchiudendo gli occhi -Per questo non la conosci ancora-.
La vidi allontanarsi lentamente ed io non la seguii.
Oramai tutte le pareti difensive che avevamo innalzato io e Mikan erano crollate miseramente e tutto stava di nuovo precipitando senza motivo, solo perché quel Dio che tutte le popolazioni pregavano aveva un "conto in sospeso" con noi. Sapevo cosa significasse quella sensazione di confusione: era quella che sentivi quando avevi paura di perdere qualcosa...quando crollava ogni difesa.

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13
La verità che conosci troppo tardi


(Mikan)

Hotaru era una ragazza estremamente silenziosa e, a mio parere, era una delle studentesse con più tatto e sicurezza di tutta l'Accademia. Mentre la osservavo nel suo laboratorio, presa a creare chissà quale invenzione, notavo la sua maestria con ogni attrezzo e l'attenzione che metteva in ogni più piccola mossa.
Eppure tutti quei gesti, nella mia mente, apparivano troppo perfetti e troppo studiati...erano semplicemente qualcosa di irreale e che non amavo vedere, per questo motivo cercavo di voltare il mio sguardo lontano da lei e dai suoi taglienti occhi viola.
"Tanto è inutile" pensai "in questo posto nulla mi può distrarre". 
Ed era vero. Tutto il suo laboratorio era ordinato e la posizione di ogni oggetto in quei pochi metri quadrati era studiata alla perfezione, tutto mi ricordava quanto la mia presenza fosse di troppo...non ero fatta per quel posto.
Ad un tratto sentii Hotaru ridere leggermente.
-Ti senti fuori posto, eh?- mi chiese.
-Come fai a...?-
-Non sembra, ma ti sto osservando da tempo. Ho notato il tuo sguardo...mi sembravi spaesata- mi disse semplicemente appoggiando la chiave inglese sul banco da lavoro e voltandosi verso di me.
-Non riesco a credere che tu sia riuscita a cambiare i suoi occhi- mi fece assumendo un volto serio, ma, al contempo, comprensivo e gentile.
-Di chi?- le chiesi curiosa.
-Di Natsume- rispose -Forse tu non te ne sei accorta, però...da quando sei arrivata...il suo sguardo è meno freddo rispetto al solito...sembra quasi... Cambiato-
Dopo aver detto quelle parole la "scienziata" dai capelli neri ritornò al suo lavoro e, fra di noi, calò nuovamente il silenzio.
"Chissà..." mi dissi riflettendo sulle parole di Hotaru e sorridendo leggermente.

-Non dirmi che ci credi davvero, Mikan-

La voce di un uomo, chiara e decisa, risuonò nella mia testa facendomi percorrere la schiena da un brivido. Chi era? Non riuscivo a capirlo...non conoscevo quella voce, quel timbro vocale così marcato.
Improvvisamente tutto intorno a me divenne un vortice confuso di immagini e colori che si sovrapponevano in una sorta di caos senza fine. 
Ogni cosa che i miei occhi avevano visto fino a quel momento scomparve lasciando spazio ad una stanza buia che mi opprimeva il respiro.
Udii dei passi, erano pesanti e rimbombavano in quell'ambiente vuoto nel quale ero "rinchiusa", se così si poteva dire.
-C-chi sei?!- chiesi con voce tremante, mentre una figura, celata dall'ombra, si avvicinava a me.
-Diciamo che sono un amico, Mikan- mi fece quello che, compresi, essere un uomo -Voglio solo aprirti gli occhi-.
"No" mi disse una voce nella mia testa "Non fidarti di lui, non ascoltarlo".
Eppure la curiosità che avevo dentro era più forte della ragione, così ignorai il mio "sesto senso" e rimasi in ascolto.
-Che intendi?- chiesi.
Lo sentii ridere e, in quella risata grassa e sguaiata, vedevo tutti i lati negativi di quell'essere, tratti che nemmeno Persona e il preside avevano mai mostrato.
-Sei curiosa, vero? Forse sei anche impaziente, eh?- mi fece lui cessando, in un modo che avrei definito inquietante, la sua risata malata.
-Beh, quello che intendo è che sei caduta troppo facilmente in un tranello-
Le sue parole mi pietrificarono.
"Un...tranello?" mi chiesi abbandonato in un angolo remoto della mia mente la voce della mia coscienza, quella voce che continuava a dirmi "Ignoralo, smettila di ascoltarlo, probabilmente sta mentendo".
-No, no...- negai io cercando di convincere più me stessa che il mio interlocutore. Non potevo accettare di essere finita, nuovamente, nella "tela del ragno", non volevo neanche lontanamente immaginare che qualcuno mi stesse controllando di nuovo.
-E invece si, Sakura. Ti sei fidata della persona sbagliata- mi disse mentre batteva ritmicamente il piede a terra.

-Fidarsi del gatto nero? Nessuno farebbe una scelta tanto sbagliata...-

Ed eccole lì, quelle catene, quelle che avevano oppresso il mio cuore per anni, le sentii nuovamente tirarmi verso il basso, con una forza così potente da farmi male.
-N-no... Natsume è...mio amico...- gli feci e lo sentii ghignare.
"Lui mi vuole bene. Me lo ha già dimostrato tante volte. Non mi farebbe mai del male. Giusto?" pensai.
-Un amico fa sempre il misterioso e ti nasconde cose importanti? E ti mente dicendoti "È per il tuo bene"? Io non credo- disse l'uomo.
"NON CREDERGLI!" mi disse la coscienza che sembrava essersi risvegliata dal suo sonno.
Scossi la testa. Stava mentendo e io non dovevo cascarci.
-LUI NON MI FAREBBE MAI NULLA! QUINDI SMETTILA DI MENTIRMI!- gridai con disprezzo.
Una nuova risata invase la stanza.
Probabilmente, se ne avessi avuto il coraggio, lo avrei ammazzato in quel preciso istante con qualunque mezzo a mia disposizione.
-Se vuoi puoi non credermi, ma, in caso ci ripensassi, sarò io stesso a contattarti di nuovo, Sakura. O forse dovrei dire Yukihara?- mi fece lui.
"Yukihara?" pensai mentre attorno a me la stanza spariva lasciando posto al laboratorio di Hotaru.
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(Natsume)

La vidi spaesata, come se fino a quel momento non fosse rimasta in quella stanza assieme ad Hotaru. Mikan era maledettamente pallida e stava tremando leggermente, come se un vento freddo l'avesse trapassata rapidamente, senza lasciarle il tempo di abituarsi alla sua presenza.
-Mikan? Stai bene?- le chiesi mettendole una mano sulla spalla.
Lei alzò lo sguardo verso di me e mi fissò con i suoi occhi color nocciola dove si rifletteva una confusione indescrivibile.
"Ma cosa...?" mi chiesi.
Fu allora che la sentii pronunciare quelle parole che mi lasciarono di sasso, quelle alle quali sbagliai a dare una risposta...

-Cosa mi stai nascondendo, Natsume?-

La sua voce, come il suo sguardo, era confusa ma anche lievemente arrabbiata e frustrata... Semplicemente non sembrava più se stessa.
-Niente...- mentii.
Mai in vita mia dissi qualcosa di più stupido...
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(Mikan)

Gli tirai uno schiaffo in pieno volto, non so nemmeno io con quale coraggio.

Mi aveva mentito, lo avevo visto perfettamente.
Quella sua risposta troppo vaga, quel suo sguardo tenuto basso, quel suo respiro che, alla mia domanda, si era affievolito drasticamente, quasi come se stesse cercando di svanire.
-BUGIARDO!- gridai alzandomi da terra.
Lo osservai: era arrabbiato, forse, e si massaggiava la guancia che gli avevo appena colpito senza alcuna esitazione.
-Mikan ma...- balbettò Hotaru che, purtroppo per lei, si trovava in una sorta di fuoco incrociato fra me e Natsume.
-Stanne fuori Imai- disse lui alzandosi e lanciandole un'occhiataccia che non ammetteva repliche.
-CREDI CHE MENTENDOMI MIGLIORERAI LE COSE?! CREDI CHE SIA UNA COSA GIUSTA, NEI MIEI CONFRONTI, RACCONTARMI CAZZATE?!- gridai sorprendendomi, sempre più, di quel carattere da "furia divina" che sembrava stessi sprigionando improvvisamente, senza un motivo.
-Raccontandoti "cazzate", come dici tu, cerco solo di proteggerti- mi fece lui in tono tranquillo, troppo tranquillo.
-CERCARE DI PROTEGGERMI?!- urlai fissandolo con disprezzo -NON SONO UNA BAMBOLA DI PORCELLANA, HYUUGA, SE È QUESTO QUELLO CHE PENSI!-.
-Comunque- ripresi calmandomi -io e te non abbiamo più nulla da dirci-.
-Ma che stai dicendo?!- disse lui.
Sembrava...triste? 
"Sì certo, come no..." mi dissi sbuffando.
-Quello che hai sentito. In parole povere? Vaffanculo- risposi secca e fredda per poi uscire dal laboratorio sbattendo la porta.
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(Natsume)

La porta si chiuse con un tonfo immergendo la stanza in un silenzio carico di tensione.
Faceva male, in modo surreale. Era come se mi fosse scivolato tutto fra le dita, una sorta di goccia di pioggia che mi era sfuggita lasciandomi senza più nulla.
"Ma perché?" pensai cercando di recuperare quello che, un tempo, era il mio cervello e che era diventato solo una sorta di display spento.
L'avevo persa, avevo perso la mia amica...

-No- fece Hotaru come se mi avesse letto nel pensiero -Hai perso molto di più, Natsume-.
Ed era vero.
Avevo perso lei, la sua luce, il suo sorriso, la sua innocenza... Tutto.
Il bisogno che avevo di impedire al mondo di crollarle addosso non faceva che confermare quella teoria che, oramai, stavo valutando da tempo: mi ero innamorato di Mikan e, per una stupida bugia, l'avevo persa per sempre.
-Sono uno stronzo- dissi sbattendo un pugno contro la parete.
-Sono d'accordo con te- mi rispose freddamente Hotaru.
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(Aya)

La testa mi faceva male, anzi, mi stava letteralmente scoppiando.
Continuavo a pensare, a ricostruire con la mente e i ricordi tutte quelle cartine che, per anni, avevo studiato cercando di scovarli. Avevo sempre saputo che avrebbero potuto passare all'azione, ma non credevo che avrebbero usato metodi così drastici e mai in vita mia avrei immaginato che quelle piantine di Tokyo, così schematiche e poco dettagliate, un giorno mi sarebbero servite e anche con la massima urgenza per giunta.
Sbattei un pugno sul letto arrabbiata e mi buttai a sedere su esso, mentre riassemblare lentamente ogni tassello del puzzle.
Quando il mio sguardo cadde su uno specchio poco distante per poco non mi venne da vomitare. Vidi i miei occhi grigi fissare freddamente il mio riflesso mentre i miei ciuffi azzurri si sparpagliavano sul materasso creando una sorta di cascata. 
"Il mio aspetto orribile doveva farsi vivo proprio ora?!" pensai frustrata mentre, con una rabbia che avevo represso per troppo tempo, tiravo la spazzola contro lo specchio. Questo si ruppe con un suono assordante e tutte le schegge si sparpagliarono sul pavimento.

-Non credi di star esagerando, mocciosa?- mi chiese una voce maschile.
Capii subito chi fosse.
-Esci dalla mia testa, stronzo, questo gioco non è divertente- dissi freddamente.
Lo sentii ridere di gusto.
-Allora è vero quello che dicono su di te, Shingetsu, riesci a restare fredda ed impassibile anche nelle situazioni dove sei in netto svantaggio-
-Cosa vuoi da me? Come fai a sapere che sono qui?- chiesi con rabbia.
-Ma quante domande- disse ridendo -Non ti dirò nulla, stupida, sappi solo che la tua "protetta" ha detto addio alla sua coscienza. Aveva una mente troppo debole la ragazza, è stato facile ingannarla-.
Rabbrividii e sgranai gli occhi involontariamente, come se un senso di paura mi avesse avvolta totalmente.
-Cosa hai fatto?!- gridai.
-Trai le tue conclusioni, Aya. O dovrei dire Hoshi?- 
Sentii la sua voce e la sua risata affievolirsi fino a sparire completamente, lasciandomi lì, ferma e...spaventata?
"Hanno tutti giocato dalla sua parte. Eravamo come pedine, ci osservava e ci controllava in silenzio. Sapeva di lei, sapeva che la stavano indebolendo psicologicamente... Sapeva tutto, questa è la verità..."
Quella che, purtroppo, conosci quando è troppo tardi per porvi rimedio...

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14
Svegliati!

(Mikan)

Non credo esista un modo preciso o corretto per descrivere quell'emozione, quella sensazione perché era tremendamente confusa, orribilmente strana e contorta. Quel senso di vuoto che mi affliggeva, quello strano bisogno di essere completa...in pratica ero completamente spenta, mi sentivo priva di vita.
Continuavo a fare azioni senza senso, era come se la mia mente non avesse più il controllo sul mio corpo...esso, anzi, sembrava agire per conto proprio. Non capivo cosa mi stesse accadendo era tutto troppo confuso, mi sembrava di essere risucchiata da un vortice... Era quella classica sensazione di annegamento, quando ti senti affondare e l'acqua ti entra violentemente nei polmoni smorzandoti il respiro.

-Sembri proprio una stupida bambolina di pezza. Sei alla nostra mercè, Mikan-

La sentii di nuovo, quella voce, quell'orribile timbro vocale... Era quella l'unica cosa che sentivo. Non riuscivo ad udire altri suoni.
-Ti stai chiedendo perché, vero? Perché non rispondi più delle tue azioni... Beh la risposta è molto semplice ragazzina, ora tu sei nelle nostre mani. Ti stiamo controllando grazie ad un particolare tipo di Alice. È stato facile farti "possedere", per così dire, da questo potere... La tua mente così fragile non era un grande ostacolo d'altronde- mi disse mentre continuava a ridere sguaiatamente.
"Già" mi dissi "sono debole, lo sono sempre stata. È ovvio che sia facile utilizzarmi come un giocattolo..."
Lo sentii parlare con qualcuno, ma, per qualche motivo a me ignoto, i suoni giungevano al mio orecchio come onde sonore sconnesse che non formavano nessuna parola. Erano solo degli strani versi acutissimi la cui intensità mi stava facendo sanguinare le orecchie, letteralmente. Dopo non molto quei rumori orribili cessarono improvvisamente lasciando posto solo ad un macabro silenzio.
I miei occhi smisero di vedere, le mie orecchie di sentire e il mio corpo sembrava non esistere più...

"Sono ancora viva?" mi chiesi, perché quella sensazione, a mio parere, sembrava liberatoria...come la morte. Morendo mi sarei liberata di ogni cosa. Il dolore, la paura, quella felicità apparente il cui destino era solo quello di svanire...tutto sarebbe scomparso per sempre.
Ma, quello che non sapevo, era che ciò che stavo per fare era orribile...
Non sapevo cosa fossi diventata, quello in cui ero stata trasformata...
Senza saperlo ero diventata una bambola speciale: una bambola creata per uccidere...
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(Hoshi)

Stavo correndo, correvo senza sosta mentre il sangue mi usciva dal naso senza un apparente motivo e il suo colore scuro mi macchiava la camicia bianca. 
Mi faceva male sostenere quell'illusione, simulare l'aspetto di Aya era uno sforzo eccessivo per il mio fisico già debole a causa dell'attacco alla mia mente da parte di quel fottuto coglione.
"Non posso fermarmi ora" mi dissi, mentre pensavo rapidamente a quale delle circa venti cartine delle singole sezioni di Tokyo.
Dovevo prendere quella giusta, quella che mi avrebbe portata da loro...ma dovevo ricordarmi quale fosse, quale delle tante sezioni di Tokyo aveva registrato il maggior numero di eventi sospetti.
"Su ogniuno di esse avevamo disposto un certo numero puntine e avevamo evidenziato con accuratezza ogni singola cosa. Ricordo che su una delle tante cartine eravamo ad un passo dalla soluzione, mancava solamente un attacco e saremmo riusciti ad identificare la loro zona d'azione, il loro quartiere generale... Se solo riuscissi a ricordarmi quale fosse!" pensai esasperata, mentre, con un calcio assestato alla porta, entravo nell'ufficio del preside.

-Cosa diavolo stai facendo Otonashi?!- mi chiese Persona con uno sguardo che definire arrabbiato sarebbe stato un eufemismo.
Mi appoggiai con le mani sulle ginocchia cercando di riprendere il fiato trattenuto durante tutta la corsa dai dormitori fino alla stanza dove mi trovavo in quel momento.
-Mikan...- dissi attirando l'attenzione dei due adulti lì presenti -è nelle loro mani...-
Loro mi fissarono con gli occhi fuori dalle orbite mentre io cercavo, inutilmente, di asciugarmi il sangue.
Vidi Persona aprire la finestra e accovacciarsi sul davanzale, un gioco da ragazzi per l'essere che doveva addestrare una massa di ragazzi ad essere delle spie e degli assassini.
-Abbiamo bisogno di Hyuuga- disse freddamente.
-STA SCHERZANDO SPERO!- gridai io -VUOLE DAVVERO COINVOLGERLO IN QUESTA STORIA?! SI RENDE CONTO CHE SE VEDRÀ MIKAN NELLO STATO NEL QUALE POTREBBE TROVARSI RISCHIEREBBE SOLO DI AMMAZZARSI?!-
Serio voltò il suo sguardo coperto dalla maschera su di me, mentre si teneva in equilibrio sul davanzale della finestra.
-Otonashi lui è, in ogni caso, l'unico di cui lei si fida. Se è nella situazione fisico-psicologica nella quale crediamo che sia c'è ben poco da fare. Se vogliamo riportarla alla realtà avremmo bisogno di qualcuno che abbia già instaurato un rapporto con lei e, l'unico che lo ha fatto, è stato Natsume- mi disse.
Io serrai i pugni. Sapevo che aveva assolutamente ragione, sapevo bene che quella era l'unica soluzione che poteva essere presa, ma sapevo anche che quel disperato tentativo di salvarci avrebbe potuto portare ad una carneficina.

Vidi Persona saltare giù e non mi preoccupai minimamente per la sua salute, si poteva saltare da ogni tipo di altezza il segreto era piegare le gambe il più possibile per non farsi male. Lo avevo imparato a mie spese tutte le volte che ero dovuta restare a letto per settimane quando mi allenavo a saltare da grandi altezze.
Mi voltai verso il preside.
-Avete già cercato di scovarli?- chiesi.
Lo vidi annuire.
-Purtroppo però le nostre ricerche non sono servite a nulla. Sta di fatto che qui abbiamo ancora le rappresentazioni in scala di tutte le aree dove  sono stati registrati i maggiori numeri di eventi che solo un Alice potrebbe causare- rispose lui tirando fuori dal cassetto quattro cartine raffiguranti le zone A51 di Tokyo nord, C66 di Tokyo Est, G09 di Tokyo Sud e la R28 di Tokyo sud, o almeno così le avevo chiamate io sin dalla mia infanzia.
-Sono queste quelle che registrano i numeri più elevati di possibili interventi da parte di persone dotate di Alice?- chiesi avvicinandomi ed esaminando quelle cartine decisamente schematiche.
-Esattamente. Quella che, però, ha attirato maggiormente la mia attenzione a seguito dei rapimenti è stata questa zona qui- mi disse indicando con il dito la zona appartenente a Tokyo nord -Qui infatti, ogni volta che spariva una ragazza, venivano registrati delle sorte di "modifiche delle onde sonore". L'ampiezza e la frequenza di esse, infatti, aumentava drasticamente creando un qualcosa, però, di ben diverso da un ultrasuono. Infatti era come se le onde  andassero incontro ad un corpo preciso, era come se dovessero essere trasmesse ad un solo elemento-
-Ovvio- dissi -controllavano i soggetti attraverso gli Alice e grazie a qualche tipo di macchina per disperdere nell'aria le onde sonore per poi "lanciarle" contro il soggetto che volevano controllare. Grazie a questo sistema possono controllare chiunque anche ad enormi distanze...è pazzesco-
Afferrai la cartina corrispondente alla zona A51 e osservai le tracce che erano state fatte per indicare la dispersione nell'aria delle onde sonore.
-Se mi viene dato il tempo sufficiente sarò in grado di capire la posizione della sorgente sonora dalla quale provengono queste onde- dissi.
-Fai quello che devi- mi fece il preside -ma cerca comunque di sbrigarti-.
Non me lo sarei fatta ripetere due volte.
 

***

(Natsume)

Non avrei mai creduto che un giorno avrei seguito Persona, l'essere che più odiavo, di mia spontanea volontà e senza fare storie, anzi, con una certa urgenza.
Appena mi aveva trovato, appena fuori dal laboratorio di Hotaru, mi aveva detto solo una cosa: "Mikan è in pericolo".
Non mi aveva detto una parola di più, ma io lo avevo seguito senza nessun indugio.
In quel momento eravamo nel corridoio che portava nell'ufficio del preside Kuonji, luogo che, in stato normale, avrei evitato come la peste e che, in quel singolo istante, mi sembrava l'unico posto dove poter trovare le risposte di cui avevo bisogno.
Appena entrato vidi subito Aya tracciare con un compasso su una cartina  quelle che, dedussi, essere una sorta di traiettorie. Vidi il suo sguardo concentrato fare attenzione ad ogni minimo dettaglio, sapeva che non doveva sbagliare nessuna di quelle tracce per nessuna ragione.
-Eccoti qua Hyuuga...- iniziò il preside, ma la mia voglia di starlo ad ascoltare era inesistente -SENTI TUTTI LE TUE MINCHIATE TE LE TIENI PER DOPO, OK? ESIGO DELLE RISPOSTE E SARÀ MEGLIO CHE ME LE DIATE!- ringhiai arrabbiato. 
In casi normali una frase come questa mi sarebbe costata tre mesi di missioni ogni giorno, ma quello era tutt'altro che un caso normale.
-Calmati Natsume con le tue urla da gatto isterico l'unica cosa che fai è deconcentrarmi, quindi vedi di smetterla o ti faccio cambiar sesso a forza di calci nelle parti basse- mi disse freddamente Aya senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro.
Sentii il preside schiarirsi la gola, stava sicuramente per parlare, ne ero più che sicuro.
-Devi sapere che...- iniziò, ma, improvvisamente, accadde una cosa che mai, e dico mai, nella mia vita avrei creduto anche lontanamente possibile: vidi Mikan entrare nella stanza dopo aver sfondato la porta con un calcio. Il suo viso era totalmente privo di espressione e i suoi occhi erano diventati totalmente neri, così tanto che le pupille non si distinguevano più dalle iridi. Era impallidita in maniera evidente, ma la cosa più spaventosa era il sangue che le usciva dal naso, dalla bocca e dalle orecchie. Non era tanto ma sembrava che il suo fisico fosse spinto al suo limite da una forza spaventosa, una forza che, lentamente, l'avrebbe uccisa.
Aya nascose la cartina nella tasca della giacca, mentre tutto noi altri scattavamo sull'attenti. Quella non era Mikan, quella era una specie di mostro.

Ad un tratto scoppiò il disastro.
Mikan scattò verso di me e mi assestò un pugno nello stomaco con una forza nettamente superiore rispetto a quella che aveva normalmente. Barcollai e serrai le mani in due pugni.
In ogni caso non mi sarei difeso, non volevo farle del male.
-Sakura svegliati- disse Aya avvicinandosi a lei con passi veloci.
Lei, in risposta, si voltò di scatto e iniziò a colpirla a raffica aumentando la sua velocità ad ogni singolo colpo...poi una specie di luce le avvolse. Quando essa sparì vidi Mikan stringere nella mano una pietra Alice che aveva lo stesso colore del cielo, forse leggermente più freddo, è una ragazza distesa a terra. La ragazza aveva i capelli azzurri e due occhi di un colore paragonabile a quello del piombo e dell'argento messi insieme, essi sembravano affilati e freddi come la lama di una spada.
La ragazza della Luna si alzò barcollante, mentre i primi segni, che successivamente sarebbero diventati lividi, le comparivano sulla pelle.
-Vuoi uccidermi? E secondo te cosa risolverai?- le chiese.
Dietro di me sentii Persona muoversi e subito mi voltai verso di lui.
-Tu e il preside avete già fatto abbastanza danni, no? Lascia fare a noi, finiresti solo con l'ucciderla!- gli dissi e lui, senza dire una parola, si ritrasse.
Sentii poi la mano di Mikan stringermi il polso con violenza; sentivo le sue unghie conficcarmisi nella pelle con forza, come se ci fosse il secondo fine di farmi uscire sangue fino alla morte.
-NATSUME NON FARTI RUBARE L'ALICE!- gridarono tutti gli altri, mentre una luce si formava attorno al mio polso.
Non capivo cosa stessero dicendo, in quel momento non stavo capendo proprio nulla, era tutto estremamente strano...tutto stava accadendo senza un perché...

-MIKAN SMETTILA!- gridai e la vidi sussultare.
"Mi ha...sentito?" pensai.
-MIKAN SONO NATSUME! NATSUME HYUUGA!- dissi ancora e la luce lentamente svanì.
Mikan si portò le mani sulla testa ed iniziò a gridare disperata mentre una cascata di lacrime le scivolava dagli occhi. Il sangue smise di uscire.
Se qualcuno la stava possedendo il controllo sul suo corpo stava svanendo.
-Mikan- le dissi avvicinandomi -è solo un brutto sogno. Ora però devi svegliarti-
La abbracciai e la sentii irrigidirsi per poi calmarsi. Smise dopo non molto di gridare e di piangere, smise di agitarsi e di dimenarsi...
-Na....Natsu....Natsume?-
La sua voce, la dolcezza di quella voce, la chiarezza delle sue parole, quel piccolo timore che si celava dietro ogni suono che emetteva...era lei, era davvero Mikan.
-E chi vuoi che sia?- le chiesi.
Mi staccai da lei e la vidi accennare un sorriso per poi svenire, probabilmente a causa dell'eccessivo sforzo che aveva dovuto fare. La presi al volo e me la caricai sulla schiena.
-Chiunque sia stato a farle questo- dissi con freddezza e rabbia -si consideri già morto e sepolto-.

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Capitolo 16
*** SONO VIVAH! ***


Okay, lo ammetto, non entro su questo account da un secolo praticamente.
L'appunto "Storia temporaneamente sospesa" decisamente non corrisponde alla realtà dei fatti, in quanto ho proprio abbandonato questa storia, ma non perché non mi piaccia più l'idea in sé, ma perché, rileggendola, mi sono accorta che è scritta davvero male ed è decisamente banale come l'ho sviluppata. Suvvia, la frase del secondo capitolo "L'albero la copriva con la sua ombra e spegneva la lucentezza dei suoi capelli facendola cadere in una strana esistenza buia" non ha il benché minimo senso!
Ma oggi non sono qui solo per darvi brutte notizie, a tutti quelli che seguivano la storia ovviamente, ma anche per proporvi un qualcosa di particolare: di recente ho aperto un nuovo account (LaRagazzaCheNonEsiste) e pensavo di prendere questa storia, modificarla abbastanza per renderla più credibile, completa e corretta, per poi ripubblicarla lì (chiedo venia se le frasi mancano di senso compiuto ma è un post informativo e la mia voglia di rileggerlo è morta). Ovviamente la storia potrebbe essere decisamente diversa da come è ora, quindi non aspettatevi un remake, anzi, alcune cose potrebbero NON ESISTERE (il personaggio di Hoshi è tremendo ad esempio).
Detto ciò spero che a qualcuno possa interessare un'azione del genere (in tale caso comunicatemelo nello spazio recensioni) e che qualcuno voglia ancora sapere qualcosa sulla mia bella storiella. Mi scuso per essere "morta" per mesi e di non aver detto nulla a nessuno comunque, come da titolo, SONO VIVAH!

DarkDevil9700~

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