Hummingbird

di BebaTaylor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due. ***
Capitolo 3: *** Tre ***
Capitolo 4: *** Quattro ***
Capitolo 5: *** Cinque ***



Capitolo 1
*** Uno ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.

Salve!
Qualche spiegazione prima di lasciarvi alla storia:
1. Questa storia è di circa un anno fa, mi ero bloccata e non riuscivo più ad andare avanti. Fortunatamente — o forse no, dipende dai punti di vista! — ho ritrovato l'ispirazione.
2. Doveva essere una "breve" oneshot ma come al solito sono stata presa dalla logorrea...
3. Ho messo AU semplicemente perché Nick non è sposato con Lauren e non hanno un figlio (Odin Reign? Ma che nome è?).
4. Io NON ODIO Lauren, sia chiaro. Non sono una di quelle pazze convinta che la gravidanza fosse finta e che la cara Lollo indossasse una pancia finta.
5. Come molte altre mie storie, anche questa nasce da un sogno, che vi racconterò alla fine, altrimenti vi spoilero troppo.
6. Lo so che qui lo slash regna sovrano, ma spero che a qualcuno piaccia.



Hummingbird

❀❀❀ Uno ❀❀❀



«Non voglio!» gridò seguendola fuori dal locale, «Non puoi andartene!»

Lei si girò verso di lui, il viso rosso dalla collera e dal troppo urlare, «Sì che posso!» replicò a voce alta.

«Ho detto no!» urlò lui fermandosi poco oltre la soglia, fissando la ragazza davanti a lui. Ne era certo, se ne sarebbe andata e lui non l'avrebbe più vista.

«Tu dici no?» replicò lei con fare sarcastico incrociando le braccia, mettendo in mostra il colibrì tatuato sopra il seno sinistro, «E di grazia, chi saresti per impedirmi di andare?»

«Te lo proibisco!» urlò lui stringendo i pugni.

«Non puoi!»

«Sì!»

«No.»

«Se te ne vai... non mi vedrai più.» disse lui, gli occhi azzurri socchiusi.

Lei inspirò un paio di volte, «Se è questo che vuoi... allora addio.» esclamò lei e si voltò, dandogli le spalle, «Ma sappi che ti odierò, per sempre.» aggiunse.

«Bhe, se tu te ne vai sono io che ti odio.» disse lui.

Lei inspirò un paio di volte e avanzò piano, sotto lo sguardo di lui, che stava per voltarsi e andare via, quando lo trattenne il rombo di un motore. Fece appena in tempo a girare la testa prima di vedere un furgone piombare contro la ragazza alla massima velocità, investirla e proseguire come se niente fosse. Le si avvicinò, fissando le gambe — la destra piegata in una posizione innaturale — la pancia che sanguinava, come se fosse stata schiacciata, e la testa... la testa. Scoppiò a piangere, fissando la macchia di sangue che si allarga sempre di più, macchiando i capelli biondicci. La sfiorò, chiamandola, gridando il suo nome, implorandole di aprire gli occhi... ma lei non li aprì e non si mosse e non respirò.

L'urlo del ragazzo risuonò nella notte buia e senza stelle.


Nick si mise seduto di scatto, ansimando; si passò una mano sul viso e s'impose di calmarsi. “È solo un incubo.” pensò scostando il lenzuolo. “Lynn sta benone.” si disse alzandosi in piedi.

Erano diverse settimane che faceva quell'incubo che lo faceva svegliare nel cuore della notte, ricoperto da sudore e con le immagine del corpo straziato di Lynn stampate nella mente. Respirò a fondo e andò in bagno, fissò il suo riflesso e si ripeté che Lynn stava bene, che non doveva chiamarla — anche perché erano le tre del mattino e lei lo avrebbe mandato a quel paese.

Si sciacquò il viso e si disse che doveva rilassarsi e smettere di preoccuparsi per ogni cosa, così, forse, avrebbe smesso di avere quegli incubi assurdi.

Incubi che si facevano sempre più dettagliati: questa volta aveva visto bene cos'era successo a Lynn e non riusciva a cancellare quell'immagine dalla mente. Nick cercò di mettere a fuoco ogni singolo dettaglio, per capire se conoscesse quel posto ma né la piccola piazza davanti alla porta dalla quale era uscito — e non sapeva ancora se fosse una casa, un locale pubblico, un ufficio o altro —, né altre cose gli fecero venire in mente un posto che conoscesse.

***

Nick conobbe Lynn quando lui aveva dieci anni e lei otto.

Lui era al parco e si annoiava, ignorato dagli altri bambini, finendo per rimanere seduto su una panchina di legno, sbuffando e muovendo continuamente i piedi fino a quando non vide un pallone verde e blu rotolare piano verso di lui. Si alzò, fermò la palla con un piede e la raccolse per poi voltarsi e andarsene, incurante che qualcuno fosse il proprietario del pallone e che probabilmente la stava cercando.

«Quella è mia.»

Nick si girò fissando la bambina che indossava una salopette di jeans che lo guardava, le mani sui fianchi e i capelli castano chiaro raccolti in due codini alti. «Io l'ho trovata e me la tengo.» replicò.

«Me l'ha regalata il mio papà.» disse le piccola, «È mia! Ridammela!»

Nick guardò il pallone e poi la bambina, «Bhe, adesso è mia.» rise e si girò di nuovo, per poi fare qualche passo e fermarsi. Voleva contare fino a dieci e girarsi di nuovo, sicuro di trovare la bambina in lacrime. Non aveva fatto in tempo ad arrivare al “quattro” che qualcuno gli era saltato addosso.

«Ridammi la mia palla!» strillò la bambina che gli era saltata sulla schiena, «È mia!» esclamò la piccola che con la mano sinistra si teneva alla maglia di Nick e con la destra gli tirava i capelli.

Nick provò a divincolarsi ma l'altra era aggrappata a lui come un koala e non aveva intenzione di mollare la presa, «Mi fai male.» piagnucolò cercando di liberarsi — senza però lasciare il pallone.

«Lascia la mia palla!» esclamò lei e lo colpì sulla fronte con la mano aperta, «Lasciala!» gridò, facendo perdere l'equilibrio a Nick che cadde a terra trascinando l'altra con sé, la palla rotolò lontano e i loro genitori accorsero, richiamati dai loro pianti.

I minuti seguenti furono occupati dalle scuse, dai “È colpa di mio figlio, non doveva prendere la palla.”, dai “Marie Lynn non doveva reagire così.”, dai “Su, chiedi scusa.” e dalle scuse che i due bambini si scambiarono controvoglia. Il pomeriggio finì al baretto del parco, un gelato per entrambi i bambini e dei caffè per i loro genitori.

«Le bambine non devono picchiare i maschi!» esclamò Nick a un certo punto, smettendo di leccare il suo gelato.

«Tu non dovevi prendere la mia palla.» replicò la bambina.

«Sei antipatica, Marie Lynn.» disse Nick ridendo.

La piccola fece una smorfia, «Chiamami Lynn, scemo!» gridò, per poi girarsi sulla panchina e dare le spalle a Nick. E lui pensò che quella bambina fosse mezza matta.

«Tuo papà ti ha chiamato Marie Lynn.» replicò Nick.

«Solo perché era arrabbiato.» Lynn si era girata verso Nick.

«Marie Lynn.» la prese in giro Nick, «Marie Lynn, Marie Lynn!»

La bambina allungò un braccio e pizzicò il braccio del bambino, «Stupido!» strillò per poi rimettersi a mangiare il gelato.

Nick si impose di non piangere e si massaggiò la parte dolorante. «Stupida.» borbottò, «Marie Lynn.»

Lei sbuffò e gli diede di nuovo le spalle.

Nick pensò che fosse strana, troppo violenta per essere una bambina e si disse che quella era la prima e l'ultima volta che voleva avere a che fare con lei.


Nick si rigirò nel letto e sorrise nel ripensare a come aveva conosciuto Lynn, più di venticinque anni prima. Era la persona che conosceva da più tempo, escludendo i suoi familiari e gli altri Backstreet Boys. Non era la sua migliore amica, non si erano mai definiti in quel modo, le voleva bene, certo, ma da lì a definirla “migliore amica” ne passava di acqua sotto ai ponti.

Si girò nel letto, abbracciò Lauren, la sua fidanzata, e le baciò una spalla, le sussurrò che l'amava, chiuse gli occhi e si addormentò.

***

«Se non mi dici che sei fatto di Nutella e meringhe puoi andare al diavolo.»

Nick rise sentendo la voce di Lynn, «Siamo nervose?» domandò.

«Nervosa? Chi, io?» replicò lei, «No.» disse, «Un pochino.» sospirò, «Allora, a quale onore o catastrofe devo la tua chiamata?»

Nick rise di nuovo e si appoggiò al tavolo della cucina, «Nessuna catastrofe,» rispose «volevo solo sentire come va la vita frenetica della mia amica.»

«Oh, taci.» mugugnò lei, «È fin troppo frenetica.» sospirò.

«Quanta gente ha prenotato oggi?» chiese lui, «Cinquanta, cento persone?»

«Ho le sale piene.» borbottò Lynn e Nick la sentì sorseggiare qualcosa — caffè, probabilmente — «Una comitiva venticinque giapponesi, un anniversario di nozze, il quarantesimo... hanno invitato ottanta persone!» sbottò, «Ottanta, ti rendi conto? Ottanta le inviti al matrimonio, non all'anniversario. Bah, poi ci sono due compleanni, altre ottanta persone.» continuò, «Più quelli che verranno senza prenotazione...» gemette, «Come farò ad arrivare a stasera? Ho altre cento persone prenotate.»

«Sono i pregi per essere la direttrice di uno dei più famosi ristoranti della città.» esclamò Nick, «Sei tu che hai detto sì a quel lavoro, Lynn.»

Lei sbuffò e Nick rise ancora, «Oh, taci.» sbottò, «Scommetto che tu sei a casa, che ti sei appena alzato e che giri in mutande.» disse e Nick sobbalzò perché era vero: si era alzato da una mezz'ora e indossava solo dei boxer grigio scuro, «Mente io so qui a controllare le scorte di cibo e a scegliere a quale Santo domandare una grazia per questa sera.» alzò la voce, facendo ridere ancora di più Nick. «Non prendermi in giro, stronzo.» borbottò lei.

«Oh, Lynn.» sorrise Nick, afferrò una mela dal cesto di frutta e l'addentò, «Dai che sei bravissima,» disse «altrimenti non ti avrebbero assunto.»

«Grazie.» borbottò lei, «Ma stai mangiando?» borbottò, «Non parlarmi con la bocca piena, maiale.»

Nick deglutì, «Scusa.» borbottò, «Hai tempo per un caffè, più tardi?» domandò.

«Tempo per un caffè?» strillò Lynn, costringendo Nick ad allontanare il telefono dal viso, «Non ho il tempo per pisciare vuoi che lo abbia per bere un caffè?»

«Non hai neanche una pausa?» domandò lui, dicendosi che forse per Lynn, sarebbe stata più indicata una tisana rilassante invece che un caffè, perché sembrava molto nervosa.

Lynn sospirò, «Sì, è ovvio che ce l'ho.» rispose, «Non sono mica una schiava!» borbottò, «Dalle tre e mezza alle cinque.» disse, «Rimango qui, però.» spiegò, «Ci impiego più di mezz'ora per tornare a casa e non ha senso muovermi per stare seduta sul divano quindici minuti scarsi. Vieni?»

Nick rimase qualche secondo in silenzio, «Ovvio.» rispose.

«Allora portami un cappuccino al caramello.» esclamò lei.

Nick ridacchiò, «Gigante e con doppia panna?» domandò.

«Ovviamente.» rise Lynn e Nick si sentì sollevato nel sentire la sua risata. «Vieni per le quattro meno un quarto.»

«Ai tuoi ordini, Marie Lynn.»

«Non chiamarmi Marie Lynn!» squittì lei, «Vieni in orario.»

«Certo che vengo in orario.» replicò lui, divertito, la sentì sbraitare ordini a qualcuno, «Ti lascio lavorare, allora.» disse, «A dopo.»

«Okay.» sbuffò lei, «A dopo.»

Nick sorrise e sistemò il cordless sulla sua base e addentò la mela.

«Con chi parlavi?» domandò Lauren entrando in cucina.

Nick la guardò e sorrise, felice, «Con Lynn.» rispose mentre lei gli si avvicinava.

«Come sta?» domandò pigramente lei.

«Bene.» rispose Nick, «È stressata per il lavoro.» disse e osservò la fidanzata prendere una barretta ai cereali dal mobile, «Per pranzo il ristorante è pieno.» esclamò e rimase un secondo in silenzio, fissando la ragazza che si muoveva per la cucina. Aveva sperato che lei e Lynn diventassero amiche, ci teneva tanto, ma Lauren era sempre un po' fredda — gentile e cordiale sì, ma manteneva una freddezza, come se fosse un'estranea — con Lynn e lui la cosa dispiaceva molto, ma sembrava che alle due non importasse e comunque andavano d'accordo, e lui era contento di ciò. «Dopo vado da lei.» disse, «Nel pomeriggio.» aggiunse e fissò Lauren, «Va bene?»

Lauren sorrise e annuì, «Vai pure.» disse, «Tanto sono in palestra.» aggiunse, «Era a tanto che non vi sentivate.» mormorò versando del caffè in una tazza bianca.

«Era ora che ci sentissimo.» Nick scrollò le spalle. Non voleva dirle degli incubi e della paura che aveva di perderla, cosa che la sua parte razionale riteneva impossibile, visto che si conosceva da così tanti anni e che erano rimasti lontani per un lungo periodo ed erano ancora amici — ma l'istinto, la parte irrazionale prendeva il sopravvento e gli faceva pensare che, per chissà quale motivo, lui potesse perderla.

Lynn.

Lauren sorrise, «Bene,» disse, «Salutamela.» sorrise, «E dille che una sera magari andiamo a cena da lei al ristorante.»

Nick annuì, «Sarebbe perfetto.» disse e diede un bacio a Lauren.

Lynn.

***

Lynn sorrise quando vide Nick avanzare con in mano un grosso sacchetto. «Spero che ci sia il mio cappuccio, lì dentro.» esclamò aprendo il cancello da dove di solito entrava il camion dei rifornimenti, sul lato sinistro della bassa costruzione dalle pareti rosa salmone.

«Ovviamente.» sorrise lui e si chinò per baciarle le guance, la seguì sul retro del ristorante e si sedettero su delle panche di legno, uno di fronte all'altra, un tavolo in mezzo a loro e un ombrellone che creava una piacevole ombra.

«Sembri rilassata.» commentò lui aprendo il sacchetto e lanciando una breve occhiata a Lynn, che indossava dei pinocchietti di cotone azzurro scuro, ballerine nere e una canotta bianca con le spalline sottili, che metteva in mostra il tatuaggio — uno dei tre.

«Solo perché sono in pausa.» ribatté lei, seduta in posizione scomposta — la gamba destra era piegata, il piede appoggiato alla seduta della panca, mentre l'altro posava sulla traversa del tavolo di legno. «Grazie.» disse e prese il bicchiere che Nick le porgeva, prese anche il cucchiaio di plastica bianca e alzò il coperchio, «Ci voleva.» sospirò.

Nick sorrise, «Come stai?» domandò, rendendosi conto che quella mattina non glielo aveva chiesto e si diede dello stupido per non averlo fatto.

«Bene.» rispose lei prendendo della panna, «Stanca.» ammise.

«Prenditi una vacanza.» sorrise Nick.

Lynn lo fissò, le labbra sporche di panna, «Pensi che non ci abbia pensato?» gracchiò, «È ovvio che vorrei andare in vacanza, ma non posso.» sospirò, «Tu, tutto bene?» domandò.

Nick annuì, «Sì.» rispose, «Va alla grande.»

«Lauren?»

«Sta bene, grazie. Ti saluta.» rispose lui, «Adesso è in palestra.»

«Vorrei avere di nuovo il tempo per andare in palestra.» sbuffò Lynn, «O almeno il tempo per farmi una corsa attorno all'isolato.» gemette in modo teatrale, facendo ridere Nick, «Non ridere.» borbottò, «Stupido.»

«Che peccato...» mormorò lui, divertito, e infilò una mano nel sacchetto di carta, «E pensare che ti ho preso questi...» disse e fece dondolare un sacchetto colorato.

«Marshmallow!» trillò Lynn e afferrò il sacchetto bianco e rosa, strappandolo dalla mano di Nick, che rimase sorpreso dalla velocità di lei e la fissò aprire la confezione, afferrare un paio di dolcetti e ficcarseli in bocca.

«Oh, grazie Nick per esserti ricordato che mi piacciono i marshmallow.» esclamò Nick in falsetto, facendo scoppiare a ridere Lynn, che si coprì la bocca con la mano.

«Scusa...» borbottò lei, «Grazie, Nick.»

«Non parlare con la bocca piena.» esclamò lui e prese un sorso di caffè e fissò Lynn che agitava la mano come se la questione non fosse importate, «Stamattina mi hai dato del maiale.» le ricordò.

Lynn rise, «Oh, piantala.» disse, «Hai la faccia buffa.» ridacchiò e bevve il cappuccino, fece un sospiro rilassato e posò la schiena contro lo schienale di legno della panca, rilassandosi, felice che Nick fosse lì con lei, felice che lui le avesse portato i marshmallow — perché le piacevano e perché Nick si era ricordato che le piacessero.

«Faccia buffa?» commentò lui divertito, «E la tua dolce metà?» domandò. Non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, ma il ragazzo di Lynn non gli piaceva. Non gli piaceva perché non pensava che a Lynn piacessero tipi del genere: sempre in giacca e cravatta, con la costante paura di arrivare in ritardo e sballare gli appuntamenti sull'agenda — era convinto che inserisse pure gli appuntamenti con Lynn su quella stupida agenda — e, sopratutto, noioso. Ecco cos'era Jacob: semplicemente noioso.

«Lavora.» sospirò lei, «Anche troppo, persino più di me.» mormorò, gli occhi bassi, le mani che stringevano il bicchiere, «Credo che ci sia in ballo qualcosa d'importate, ma Jacob è un testone e non vuole dirmi nulla.» disse, inspirò a fondo, sentendosi meglio dopo quelle piccola confessione e guardò Nick, «Non fare quella faccia, eh, che non è mica così grave.»

«Bhe, se non vi vedete...» borbottò lui, trovando inconcepibile che qualcuno mettesse il lavoro davanti a Lynn, perché non lo meritava — e non lo pensava solo perché conosceva Lynn e le voleva bene, non lo meritava e basta. Fine della questione.

«Non è che non ci vediamo, eh.» replicò lei, infilando un altro marshmallow fra le labbra, «Ci vediamo un paio di volte a settimana.»

Nick si limitò a sorridere, «Okay.» disse, «Basta che tu sia felice.»

Lynn lo fissò e piegò la testa di lato prima di bere di nuovo, «Ho visto Aaron.» soffiò.

Nick si bloccò nel sentire il nome di suo fratello, «Ah, sì?» chiese come se la cosa gli fosse del tutto indifferente, «Quando?»

«L'altro giorno.» rispose lei, capendo di aver toccato un tasto dolente, «È venuto a cena, qui.»

«Da solo?» chiese Nick.

«No, con una tipa.» disse lei e scrollò le spalle, «Marianne, Marie-Anne... Una cosa del genere, non ho capito bene.» borbottò, «Sembra una tipa a posto, ma non so quanto possa durare.» continuò, «Non mi sembrava molto preso.» disse, «Non da lei, perlomeno, più che altro dalle sue tette.»

Nick alzò gli occhi al cielo, «Tipico di Aaron.» mugugnò.

Lynn ridacchiò, afferrò un tovagliolino e si pulì le labbra, «Su, dai, prima o poi anche lui troverà la persona giusta.» disse.

«Sarà un giorno da segnare sul calendario e incidere nella pietra, per i posteri.» rise Nick, muovendo le mani davanti a sé, come se stesse scrivendo qualcosa nell'aria.

Lynn scosse la testa, «Passiamo ad altro... Ti ricordi che il mese prossimo è il mio compleanno, vero?»

Nick annuì, «Certo che mi ricordo, Lynn.» rispose, «Per chi mi hai preso?» borbottò, quasi offeso. Certo, si ricordava del compleanno di Lynn — e come poteva dimenticarlo visto che era stato invitato lo stesso pomeriggio che l'aveva conosciuta? —, solo che non aveva la minima idea di cosa regalarle.

«Mi offenderei se non lo ricordassi.» fece lei, «Comunque... Ho invitato AJ e Rochelle a casa mia.» disse, «Ovviamente anche tu e Lauren siete invitati.» aggiunse, senza dire che lo aveva detto anche ad Aaron, dicendogli che, se voleva, poteva portare anche la sua amica.

Nick sorrise, «Ovviamente veniamo.» rispose, «L'hai chiesto prima ad AJ che a me?» borbottò incrociando le braccia al petto, «Grazie, eh!»

Lynn rise, «Solo perché l'ho incontrato per caso.» disse, «Altrimenti lo avrei detto prima a te, giuro.» esclamò, «Croce sul cuore.» aggiunse tracciando velocemente una croce sopra il colibrì — e Nick continuava a chiedersi perché si fosse tatuata quello, quando glielo aveva chiesto, lei aveva semplicemente risposto che le piaceva.

«Okay.» sospirò Nick reclinando la testa e chiudendo gli occhi, lasciando che il sole gli accarezzasse il viso, socchiuse gli occhi e sospirò.

«A che pensi?» domandò Lynn, prendendo un altro marshmallow dal sacchetto e dicendosi che doveva smettere, altrimenti li avrebbe mangiati tutti.

«A cosa regalarti.»

«Un pony.» rise Lynn e Nick socchiuse di nuovo gli occhi, fissandola per un lungo istante, prima di scoppiare a ridere. «Che c'è?» squittì Lynn.

«Ci provi sempre.» rise lui, «Con il pony.» specificò, «Cos'è, l'hai chiesto anche ad AJ?» domandò.

Lynn incrociò le braccia, fece una smorfia offesa e, con uno sbuffo rumoroso, voltò il viso a destra, il mento verso l'alto. «Non prendermi in giro.» esclamò.

«Lynn, dai, cosa vuoi per regalo?» sospirò Nick, incurante della faccia offesa dell'amica, «Non farmi scervellare, per favore.» aggiunse.

Lei girò appena il viso e aprì un occhio, «Scegli tu.» disse, «Un regalo è un regalo e deve essere una sorpresa.» esclamò, «Quindi, mio caro Nick, regalami quello che vuoi.» aggiunse e lo guardò, sciolse le braccia e piegò le labbra in un sorriso.

Nick sospirò e posò le mani sul tavolo, «Okay.» borbottò e sorrise, «Allora... come va il lavoro?» chiese, «Sempre stressante?»

Lynn sorseggiò il cappuccino, sorprendendosi che l'avesse quasi finito, «Sì.» rispose, «Tantissimo.» aggiunse sporgendosi sul tavolo e aggiungendo qualche "o" alla parola, «Ma lo adoro, sul serio.» disse, «Non potrei fare altro.»

Nick sorrise, «Lo so.» esclamò, «Sei perfetta, per questo.»

Lynn sorrise e prese il piccolo astuccio rosa, lo aprì e iniziò a rollarsi una sigaretta.

«Fumi ancora?» domandò Nick, «Guarda che fa mal, eh!»

Lynn leccò la parte gommata della cartina e chiuse la sigaretta, «Senti chi parla.» commentò, fissandolo con gli occhi socchiusi.

Nick rise, incassando il colpo, «Hai ragione.» concordò, si allungò sul tavolo e trascinò il posacenere di plastica gialla davanti a Lynn.

«Grazie.» esclamò lei, soffiando una nuvola di fumo, «Come va con Lauren?»

Nick annuì, «Bene.» rispose, «Tutto okay.» aggiunse e si chiese perché Lynn e Jacob non vivessero ancora insieme, poi si disse che non erano affari suoi.

Rimasero per qualche minuto in silenzio mentre Lynn fumava e Nick la guardò, fissando il colibrì che sembrava prendere vita ogni volta che lei muoveva il braccio. «Hai fatto qualcosa ai capelli?» chiese mentre Lynn spegnava la sigaretta, «Sembrano diversi...»

Lynn aprì la bocca, sorpresa, «Te ne sei accorto!» esclamò e li toccò, passando le dita fra le morbide onde, «Ho cambiato colore.» disse, «Caramello.»

«Dalla tua reazione direi che Jacob non ci ha fatto caso.» ridacchiò Nick per bloccarsi quasi subito quando colse l'occhiataccia di Lynn.

«Esatto.» sospirò lei, «Dice che a queste cose lui non ci fa caso.» scrollò le spalle, «Con quello che ho speso è da criminali non farci caso.» sbuffò.

«Uomini.» rise Nick.

«Lo sei anche tu, fino a prova contraria.» rise Lynn, «Laggiù è tutto okay?»

Nick rise ancora, «Tutto okay, ho controllato prima di uscire.» disse, «E poi io me ne sono accorto, che avevi fatto qualcosa ai capelli.» sorrise sporgendosi verso di lei, sorrise e scostò il posacenere, «Stai benissimo, Lynn.» disse, fermandosi appena in tempo dall'aggiungere un "Sei bellissima" che minacciava di uscire prepotentemente dalla sua gola.

Lynn sorrise, mettendo in mostra i denti e le fossette, stiracchiò le braccia e sbadigliò, poi afferrò il bicchiere e si alzò per andarlo a buttare, mentre era voltata Nick la guardò, fissando la scritta tatuata sulla schiena, sotto il collo: "If you can dream, you can do it." scritto in un'elegante corsivo. Quello era il primo tatuaggio che aveva fatto, quasi dodici anni prima.

Lynn gettò il bicchiere nella spazzatura, «Vuoi qualcosa?» domandò voltandosi, «Acqua, bibita...»

«Acqua.» rispose lui, «Grazie.» 

Lei sorrise ed entrò nel retro del locale e lui la osservò rimanendo ad osservare la porta che si chiudeva dietro di lei.

Lynn.

Nick scosse la testa, come se volesse scacciare quel pensiero. Era da Lynn, perché doveva pensarla mentre si allontanava per una manciata di minuti?

E poi gli venne in mente l'incubo di quella notte e quasi gli si mozzò il respiro in gola nel ricordare il corpo di Lynn a terra, la testa che sanguinava, lui che la chiamava e lei che non rispondeva. Scosse di nuovo la testa, dicendosi che non ci doveva pensare, che era solo un incubo, niente di più.

Lynn.


Nick osservò il locale, la grossa insegna che sormontava la costruzione: "Sea Star", sospirò e posò lo sguardo sul sedile accanto al suo, fissando la carta stagnola che copriva le due fette di crostata alla crema di limone. Sorrise nel pensare che Lynn gliele aveva date per lui e Lauren, invece di tenersele per sé — e tutti sapevano che Lynn adorava la crostata alla crema di limone.

Lynn.

Nick chiuse gli occhi e sospirò, infilò le chiavi nell'accensione e girò la chiave, aprì gli occhi e partì.

Lynn.

***

Nick fermò l'auto nel parcheggiò davanti alla casa dove viveva Lynn, scese, chiuse la portiera e premette il pulsante della chiusura centralizzata. Attraversò il parcheggio e si fermò sul marciapiedi davanti alle strisce pedonali, in attesa che scattasse il verde dell'attraversamento pedonale.

Fissò la casa davanti a lui dalle pareti bianche, il piccolo terrazzino sulla sinistra, e una pianta che spuntava dal muretto.

Attraversò la strada, percorse il breve vialetto, lanciando sguardi alle viole ai lati e suonò il campanello, rimase in attesa qualche secondo ma non successe nulla, sbuffò e riprovò, ottenendo lo stesso risultato.

Sopirò, di nuovo, e si voltò, chiedendosi come mai Lynn non fosse in casa nel suo giorno libero, poi si disse che era per quello che non era in casa, che magari era fuori per qualche commissione. Afferrò il cellulare, compose il numero della giovane e lo portò all'orecchio, lo sentì squillare un paio di volte prima che scattasse la segreteria. Imprecò sotto voce e infilò il telefono in tasca, si voltò e percorse quei quattro metri di vialetto e si guardò attorno.

Lynn.

Scrollò la testa, scacciando quel pensiero. Sospirò, di nuovo, e guardò alla sua destra, fissando la figura che si avvicinava velocemente e sorrise.

«Ehi, Lynn» esclamò quando l'altra gli si avvicinò, «Sei andata a correre?» domandò.

Lynn posò le mani sulle ginocchia e respirò profondamente, «Secondo te?» borbottò e passò una mano sul viso sudato, portando dietro l'orecchio una ciocca ribelle sfuggita dall'elastico, «Sì.» rispose piano e respirò a fondo, «Sei qui da molto?» domandò e portò le mani ai fianchi, sollevando un lembo della canotta arancione con le spalline larghe e rivelando l'ultimo tatuaggio: un piccolo draghetto che sputava zucchero filato invece che fuoco.

«No.» rispose lui scuotendo la testa, «Sono appena arrivato.» disse e le sorrise dolcemente, fissandola mentre strappava la striscia di velcro dal bicipite sinistro e arrotolò il filo degli auricolari attorno al lettore mp3. «Dai, vieni.» disse con un sorriso, afferrò la chiave dalla piccola tasca dei pantaloncini e si avvicinò al portoncino. «Cosa ti porta dalle mie parti?» domandò aprendolo e spingendolo.

«Non posso venire a trovare la mia amica Lynn?» replicò lui e la seguì lungo le scale di marmo bianco, attese che Lynn aprisse la porta d'ingresso ed entrò in casa, per poi chiudere la porta dietro di lui.

Lynn rise, «Uh, certo che puoi.» disse, «Anzi, devi.» aggiunse, «Io vado a farmi una doccia tu fai come se fossi a casa tua.» esclamò e sparì dietro la porta del bagno.

Nick si guardò attorno, scoprendo che l'appartamento era come lo ricordava: l'ampio salotto con il grande divano ad angolo, posto davanti a un enorme tv LCD da sessanta pollici, la piccola cucina a vista, dai mobili bianchi e azzurri, il grande tavolo da pranzo rettangolare, circondato da sedie dall'alto schienale, la porta che conduceva al bagno e quella del ripostiglio, e le scale di legno che portavano al soppalco, dove c'era la camera da letto.

Non era cambiato niente ed era tutto in perfetto ordine, tranne per le carte sparse sul tavolo. Si avvicinò e le fissò, sobbalzò quando riconobbe una di quelle pubblicità di annunci immobiliari e si chiese come mai Lynn stesse cercando casa, visto che quell'appartamento le piaceva moltissimo. Il pensiero che, magari, stesse cercando casa per andarci a vivere con Jacob lo sfiorò appena e si affrettò a relegarlo in un angolo remoto della sua mente; prese in mano il fascicoletto e si accorse che erano annunci di attività commerciali e non di case. Sospirò, sollevato: Lynn non se ne sarebbe andata.

Lynn.

Ma allora... perché aveva cerchiato alcune pubblicità di locali in vendita? Stava per prendere un altro foglio quando sentì la porta del bagno aprirsi, così si allontanò velocemente e si posizionò davanti alla porta finestra.

«Vado a vestirmi e ho fatto.»

«Okay.» disse lui girandosi appena, attese qualche secondo e si voltò del tutto, andò in cucina, prese un bicchiere dalla credenza, dell'acqua dal frigorifero e lo riempì, per poi svuotarlo in un sorso. Per un momento, per un lungo e singolo istante, aveva desiderato vedere di più, vedere quello che quell'asciugamani copriva.

Lynn.

Fissò il bicchiere e lo strinse, chiedendosi cosa stesse succedendo, perché tutti quei pensieri. Perché pensasse sempre a Lynn e in un modo diverso da come aveva sempre fatto fino a quel momento. Fino a qualche settimana prima, quando erano iniziati gli incubi. Si disse che forse era per quello che pensava a Lynn in modo diverso.

«Sono le stesse piastrelle.»

Nick sobbalzò e si voltò, trovando Lynn davanti a lui che lo guardava sorridendo, indossando una canottiera verde — sembrava che, oltre alle camicie che indossava quando lavorava, Lynn usasse solo canottiere — e un paio di jeans azzurro chiaro, che le avvolgevano le gambe. I capelli erano avvolti in un asciugamani rosa pallido. «Cosa?» mormorò sbattendo piano le palpebre.

«Ti eri incantato a guardarle.» disse Lynn e si avvicinò ancora di più.

Nick scosse la testa, «Stavo pensando.» disse e le sorrise.

Lynn ridacchiò,«Alle mie piastrelle?» commentò con un sorriso, «Lo vuoi un po' di tiramisù?» domandò aprendo il frigo, «È di ieri, è buono.»

Nick annuì e sorrise, «Certo.» rispose pensando che Lynn fosse bellissima, «Prendo i piatti?» chiese e lei annuì, così afferrò due piattini dallo scolapiatti sopra il lavello.

E mentre Lynn posava due fette del dolce nei piattini e riempiva due bicchieri con del latte e prendeva due forchettine dal cassetto, Nick pensò che doveva sempre essere così, immaginò che dovesse essere così, desiderò che andasse sempre così: loro due che ridevano e scherzavano e basta.

Lynn. Lynn. Lynn.



Okay, ed eccoci alla fine del primo capitolo... un po' lungo — secondo Open Office sono più di 4000 parole, quasi cinquemila! — di questa nuova fanfiction.
Okay... niente, avrei tante cose da dire, ma non so da dove cominciare. Questa storia mi ha preso molto, benché sia corta — anche se dipende dai punti di vista, in totale sono più di 25k parole.
Spero che vi piaccia, insomma... alla fine non so nemmeno io da dove sia uscita sta cosa, sopratutto perchè sembra piena di seghe mentali. Non che mi dispiaccia, sia chiaro!
La storia non dura tantissimo, sono quattro capitoli più l'epilogo e ho già scritto tutto quanto. Ne posterò uno a settimana.
Ah... prima che me ne dimentichi: il titolo, "Hummingbird" è una canzone di Ben Montague.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** Due. ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Hummingbird

❀❀❀ Due ❀❀❀



«Sei in ritardo di venti minuti!» abbaiò Lynn appena Nick le rispose.

«Lo so, scusami.» rispose lui, «Mi dispiace.» disse.

«Lo spero bene.» sospirò lei, «Guarda che AJ è già qui.» disse, «Mancate solo voi.» aggiunse fermandosi e correggendosi appena in tempo, giusto un attimo prima di dire "Manchi solo tu."

Nick.

«Muoviti!» strillò, ritrovando il controllo di se stessa.

«Scusaci, Lynn.» disse Lauren e Lynn capì che Nick aveva messo il vivavoce — cosa probabile, oltre che giusta, visto che erano in auto e guidava lui —, «Dieci minuti e arriviamo.»

«Oh,» fece Lynn, sorpresa dal tono dolce di Lauren, «Va bene.» disse e riattaccò. «Arrivano.» disse agli altri e guardò Ava, seduta sul pavimento che giocava con dei blocchi colorati che AJ e Rochelle avevano portato per farla distrarre — insieme a un seggiolone, già sistemato vicino al tavolo —, il suo sguardo si posò su Aaron che alla fine era venuto da solo e si chiese se avesse fatto bene ad invitarlo e a non dire nulla a Nick.

Nick.

«Chissà quale scusa inventerà, questa volta.»

AJ interruppe i pensieri di Lynn e lei gliene fu quasi grata, voleva smettere di pensare a Nick, visto che poteva pensare ad altro, tipo Jacob, il suo ragazzo da due anni e mezzo. «Fra poco lo sapremo.» sorrise guardando l'amico.

Quindici minuti dopo il campanello suonò, Lynn si alzò dal divano, andò alla porta e fissò lo schermo del video citofono e ridacchiò quando vide Nick agitare una mano. «Ehi, Lynn!» esclamò allegro, «Siamo arrivati!»

«Salite.» sorrise lei e spinse il pulsante che apriva il portone, rimanendo accanto alla porta e l'aprì dopo qualche secondo.

«Scusami.» esclamò Nick e le baciò le guance.

«Colpa sua.» sorrise Lauren indicando il ragazzo.

«Lo sospettavamo.» esclamò AJ, apparendo nell'ingresso con un sorriso luminoso sul volto, «Ehi, Nick.» fece, «Tutto okay?» domandò perché non gli era sfuggita l'occhiata che Nick aveva rivolto a Lynn mentre salutava Lauren — e guardando la moglie e Aaron capì che anche loro l'avevano notata.

«Sì.» rispose Nick e seguì gli altri in salotto, per fermasi di botto quando vide suo fratello. «Aaron.» mormorò, «Come va?» chiese.

L'altro scrollò le spalle, «Tutto bene.» rispose e guardò Lynn andare in cucina e piegarsi davanti al forno.

«Le lasagne sono quasi pronte.» disse lei, «Cinque minuti.»

«Tu hai cucinato le lasagne?» esclamò Nick, «Ti sei data da fare.» rise.

Lynn fece una smorfia, «Le ho prese al ristorante.» replicò, le mani sui fianchi, «Non ne avrei avuto il tempo, visto che ho lavorato tutto il giorno.» disse, «Sessanta tedeschi che sapevano dieci parole in croce della nostra lingua.» sospirò, «Fra tutti quanti.»

Nick ridacchiò e fece una linguaccia all'amica e Aaron lo fissò, trattenendosi dallo scuotere la testa, trovando il comportamento del fratello maggiore molto strano. Gli bastò guardare AJ per capire che anche lui trovava tutto ciò molto strano: era il modo in cui Nick guardava Lynn, era il modo in cui l'aveva abbracciata quando l'aveva salutata, o il modo in cui la stava fissando mentre tirava fuori la teglia dal forno e l'appoggiava sul bancone.

«Jacob?» domandò Nick mentre si alzava dal divano, «Non lo aspettiamo?»

«Non c'è.» sospirò Lynn e si affrettò a sorridere, «Impegni di lavoro.» disse portando un paio di piatti con le lasagne al tavolo, «Ma mi ha promesso che domani sera usciamo a cena.»

Nick si bloccò mentre spostava la sedia e pensò che Jacob dovesse essere un vero idiota, per non festeggiare il compleanno di Lynn. «Ah, capisco.» disse e guardò Lauren, che gli stava sorridendo dolcemente, posò lo sguardo su suo fratello e lo vide accennare un sorriso, alzò gli occhi, vide Lynn arrivare con altri piatti, seguita da Rochelle — anche lei aveva dei piatti in mano — e la vide sorridere e dimenticò tutto quanto.


Lynn aveva già scartato il regalo di Aaron — una borsetta e una cintura coordinate, entrambe bianche con degli strass — e quello di AJ e Rochelle — un buono per un negozio di vestiti e una collanina con un ciondolo a forma di stella — e stava aprendo quello di Nick e Lauren. Tolse la coccardina rossa, la posò sul divano e Ava si affrettò a prenderla — come aveva fatto con le altre — e aprì il sacchetto di carta lucida. «Grazie!» trillò, allegra, prendendo la piccola pochette nera, decorata da una catenina argento, l'aprì, rivelando una scatoletta di una gioielleria, «Oh, sono bellissimi!» commentò fissando i due orecchini a forma di rosa, «Grazie.» disse sorridendo a Nick e Lauren — più a Nick che a Lauren, in effetti — e si accorse che c'era ancora una cosa, nella pochette. Afferrò la busta e l'aprì, «Un buono per dieci massaggi?»

«Dici di lavorare troppo.» rise Nick, «Magari dei massaggi potrebbero rilassarti.» disse, «Si spera.» le sorrise, pensando che fosse bellissima — e si disse che non poteva pensare una cosa del genere, non con Lauren seduta accanto a lui.

«Grazie.» ripeté Lynn e si alzò, abbracciò i due e tornò al suo posto, fissando Ava che giocava con il sacchetto, piegandolo, spiegandolo e lanciandolo in aria con un risolino. La fissò e sorrise, afferrò il calice e finì di bere il vino bianco, «Qualcuno vuole altra torta?» domandò, «Altrimenti rischio di mangiarla tutta io!» ridacchiò.

«E allora addio alla dieta.»

Lynn si girò verso Aaron e gli lanciò un'occhiataccia che lo fece smettere immediatamente di ridere, «Idiota.» borbottò.

«Scusa.» rise Aaron.

Lynn alzò gli occhi al cielo, «Nessuno la vuole?» chiese, «Bhe... vorrà dire che farò lo sforzo di finirla da sola...» sospirò.

«Dai, ti aiuto in questa impresa eroica.» rise Nick, «Dammene una fetta.»

«Anche a me, grazie.» fece AJ, Lynn sorrise e annuì mentre si alzava.

Mentre posava le fette di torta — una grossa Saint Honoré — nei piattini, Lynn si sentì felice: c'erano i suoi amici, lì a pochi metri da lei, suo fratello e i suoi genitori le avevano detto che sarebbero arrivati la settimana successiva e si sarebbero fermati qualche giorno e la sera dopo sarebbe uscita con Jacob.

Alzò il viso e incrociò lo sguardo di Nick, sorrise ancora di più, sentendosi ancora più felice.

Nick.

***

Nick si sarebbe aspettato di tutto, tranne di vedere Lynn prendere a calci la sua auto. Primo perché Lynn la trattava con i guanti e non l'avrebbe mai presa a calci, secondo perché a quell'ora — erano le otto e un quarto — doveva essere a cena con Jacob. Fermò l'auto e scese, fissando Lynn che sbraitava prima di sedersi a terra con uno sbuffo rumoroso, le si avvicinò e si accucciò accanto a lei. «Che succede?» domandò.

Lynn si voltò verso di lui e quasi sobbalzò nel trovarselo davanti e così... vicino. «Niente.» rispose, «Ho bucato.» sospirò e indicò la ruota.

Nick si accorse della gomma a terra, «Chiama l'assistenza.» suggerì.

«So farlo da sola!» replicò lei alzando la voce, «Solo che questo stupido crick non vuole saperne di funzionare.» sbottò, afferrò la chiave per stringere i bulloni e colpì il crick, «Non si muove, l'idiota.» esclamò colpendo un'altra volta il crick, «È incastrato, lo stronzo.» lo colpì ancora, «Non mi ascolta, il cretino.» un altro colpo.

Nick le afferrò i polsi, fermandola e la guardò, intuendo che non era solo colpa della ruota a terra o del crick che Lynn era così arrabbiata, «Lascia, provo io.» disse, armeggiò con il crick, riuscendo a disincastrarlo, spinse il crick sotto l'auto e la sollevò, domandandosi perché Jacob non fosse lì. Svitò i bulloni e li posò per terra, vicino alle ginocchia e alzò il viso, fissando Lynn che spingeva la ruota di scorta verso di lui.

«Immagino che Jacob ti abbia tirato il bidone.» sospirò mentre sostituiva la ruota.

«Già.» commentò lei, «Ha una riunione.» sbuffò, «E cazzo, ce l'ha veramente.»

Nick si fermò, bloccandosi dallo stringere il bullone, «Eh?» fece, «L'hai seguito?» chiese, dicendosi che se Lynn aveva seguito Jacob la cosa doveva essere più grave di quello che voleva far credere.

«Sì.» disse lei, «Mi ha avvertito alle sei meno cinque, venti minuti prima di venirmi a prendere.» spiegò, «Così ho preso la macchina e l'ho seguito. È uscito dall'ufficio con dei colleghi e dei tizi o cinesi o giapponesi e sono andati in quel ristorante che c'è al centro.»

«La concorrenza?» domandò Nick e si assicurò che i bulloni fossero ben stretti.

«Già.» sibilò lei. «Quando mi ha avvertito mi ha detto che è una cosa importante e che si farà perdonare.» soffiò.

Nick infilò il crick nella sua custodia e pensò che Jacob dovesse essere proprio scemo, per annullare un appuntamento con Lynn. Non poteva spostare la cena di lavoro al giorno dopo? Magari a pranzo? Magari al Sea Star?

«Grazie.» esclamò Lynn mentre sistemavano gli attrezzi e la ruota bucata nel bagagliaio.

«Di niente.» sorrise Nick, «Domani mattina vai subito dal meccanico, che non puoi girare troppo con la ruota di scorta.» disse e chiuse il bagagliaio, stava per salutarla quando cambiò idea, "Perché no?" pensò. «Lynn...» soffiò e quasi arrossì quando lei lo fissò, «Perché non vai a casa, io ti seguo e poi ce ne andiamo a mangiare una pizza?» propose, «Offro io.» sorrise.

Le labbra di Lynn si piegarono in un sorriso, «Va bene.» disse, «Ma non importa chi paga, sul serio.» disse ed era vero. Non le importava chi pagasse, quando usciva, non le era mai importato, sopratutto con Nick. Per un periodo, quando erano piccoli, la sua famiglia era stata più ricca di quella di Nick: tutto ciò grazie all'azienda di suo padre; anche ora non aveva di che lamentarsi, guadagnava abbastanza per potersi togliersi molti sfizi — molti di più della gente che la circondava — era ricca ma non le piaceva mostrarlo. «Andiamo?» domandò, riscuotendosi dai suoi pensieri che, si rese conto, erano fuori luogo.

«Sì.» disse Nick.

Meno di quindici minuti dopo, Lynn posteggiò nel suo posto riservato davanti all'edificio, afferrò la borsa e scese, aprì il bagagliaio e Nick si chiese perché lo facesse, cambiò le scarpe, sostituendo i sandali dai tacchi alti con delle più comode ballerine, tolse la giacca e indossò una felpa nera e Nick quasi sobbalzò, quando si accorse che indossava una camicia a maniche corte — e si diede dello stupido per non averlo notato prima. «Ti sei cambiata?» domandò quando Lynn salì in auto.

«I sandali sono nuovo e iniziavano a farmi male i piedi.» scrollò le spalle lei e posò la borsetta sul pavimento dell'auto, «Niente di che.» disse voltandosi e sorridendo a Nick, «Io ero fuori per un motivo, tu cosa ci facevi in giro per la Boulevard?» domandò.

«Mi annoiavo.» rispose lui, «Lauren è fuori con amiche.»

Lynn annuì e abbassò l'aletta parasole, portò le mani ai capelli e tolse il fermaglio, passò le mani fra i capelli e scrollò piano la testa, senza smettersi di guardarsi nel piccolo specchio.

E Nick dovette costringersi a non inchiodare in mezzo alla strada e guardarla mentre passava le mani fra i capelli; così deglutì e si costrinse a guardare la strada, «Dove andiamo?» domandò.

«Da Mario?» propose Lynn, girandosi verso di lui e posando il braccio sinistro sul bracciolo del sedile.

Nick annuì, «Direi che è perfetto.» esclamò lui e mise la freccia per svoltare  a sinistra. «Spero che tu ti sia incazzata, con Jacob, per il bidone.» disse dopo qualche attimo di silenzio.

Lynn sbuffò e guardò fuori dal finestrino, «Certo che mi sono incazzata.» esclamò tornando a guardare Nick e fissandone il profilo, «Gli ho detto che lo perdono solo se mi regala un bracciale di diamanti e smeraldi.» disse.

«Diamanti e smeraldi?» commentò Nick, «E lui cosa ti ha detto?»

Lynn scrollò le spalle, «Che me lo regala e che andremo a sceglierlo insieme.» sospirò, «Dovrò dirgli che scherzavo e che preferirei delle Jimmy Choo.»

Nick rise, «Già, le Jimmy Choo sono più adatte, per te.» esclamò e si trattenne dal dire che Jacob era davvero un cretino se si comportava così, oltre che stronzo, «Glielo hai detto che sei delusa sia per ieri sera che per oggi?» domandò, fermandosi a un semaforo rosso e voltandosi per guardarla.

Lynn, «Sì.» rispose, «Mi ha detto che da settimana prossima andrà meglio, che il lavoro tornerà nella norma.»

«Speriamo.» mormorò lui, «È un idiota.»

«Jacob mi ama, Nick» disse Lynn, «E io amo lui.» aggiunse, «Siamo solo presi dal lavoro, tutto qui.» sorrise.

Nick sospirò, «Lo so, scusami.» disse e andò avanti, superò l'incrocio e girò a destra, fermandosi nell'ampio parcheggio della pizzeria.

«Non preoccuparti.» disse lei, «Jacob, al momento, è un idiota.» ridacchiò e poi sospirò e a Nick non sfuggì una nota di rassegnazione nella sua voce.

Si girò verso di lei e la fissò per qualche istante mentre lei fissava il parcheggio, «Andiamo?» domandò, fissandola e chiedendosi da dove venisse quella cosa, quella voce che gli diceva: "Dille tutto. Dille tutto!"

Dille tutto... cosa? L'unica cosa che voleva dire era che Jacob era un cretino e uno stronzo se la trattava così, ma sapeva che poi avrebbero litigato — era già successo in passato e non voleva ripetere l'esperienza — e che avrebbe meritato di meglio.

«Nick?» chiamò Lynn fissandolo, la fronte corrugata, «Ti sei incantato?»

«Uh?» fece lui e la guardò, «Scusa.» disse, tolse le chiavi dall'accensione e aprì la portiera, domandandosi cosa gli stesse accadendo da quasi due mesi.

Lynn.


«Dobbiamo andare, Lynn.» esclamò Nick, posò la mano sulla schiena di lei e la spinse con gentilezza verso la porta.

«No.» replicò lei, «Un'altra birra, okay?» fece alzando il viso e fissando Nick.

«Lynn...» sospirò lui, come se si trovasse davanti a una ragazzina e non a una donna, «Domani lavori, te lo ricordi?» le sorrise mentre apriva la porta, «È meglio se andiamo.»

Lynn sbuffò rumorosamente, «Uffa.» si lamentò, «Hai ragione.»

Nick ridacchiò e la condusse all'auto, le aprì la portiera e la osservò sedersi, stringere il pupazzo — un elefante rosa — che Lynn aveva vinto in sala giochi. Chiuse la portiera e fece il giro dell'auto, pensando che avrebbe voluto vincerlo lui, il pupazzo, e regalarlo a Lynn. Voleva fare lui, qualcosa per lei, come consolarla perché Jacob le aveva dato buca.

Rimasero in silenzio, durante il viaggio di ritorno, con Nick che fissava la strada, tranne qualche breve occhiata a Lynn, che se ne stava seduta comoda accanto a lui, il pupazzo fra le braccia e lo sguardo puntato fuori dal finestrino, gli occhi socchiusi, come se si stesse addormentare da un memento all'altro.

Nick frenò dolcemente, «Hai bisogno di una mano?» domandò fissando Lynn che slacciava la cintura di sicurezza.

«No, grazie.» sbadigliò lei, «Mi sono divertita.» disse, «Grazie.» aggiunse, prese le chiavi dalla borsa e aprì la portiera, «Ci vediamo, Nick.» mormorò trattenendo uno sbadiglio.

«Certo.» sorrise lui, sentendosi quasi deluso — deluso? — perché Lynn non aveva bisogno di aiuto, «Buona notte, Marie Lynn.» sorrise.

Lei sbuffò, «Buona notte.» mormorò, si sporse e baciò la guancia dell'amico, «Ciao.» aggiunse con un sorriso e Nick la fissò scendere dall'auto, andare verso casa e aprire il portone.

Nick rimase lì, a guardare la porta chiusa, da cui filtrava la luce delle scale, che si spense quando si accesero quelle dell'appartamento, e lui alzò il viso, fissando le finestre del primo piano.

Lynn.

Le luci si spensero e Nick ripartì, con quel pensiero in testa.

Lynn. Lynn. Lynn.


Lynn sospirò e rimise a posto la tenda dopo che la macchina di Nick si era allontanata. Era stato un bisogno quasi impulsivo, quello di mettersi alla finestra e fissare l'auto di Nick.

Era da tanto che non uscivano loro due da soli — di solito c'erano anche Jacob e Lauren — ed era stata bene, in quelle ore. Aveva dimenticato Jacob e il suo bidone, il lavoro, tutto quanto.

Tutto quanto.

Nick.

Lynn sospirò, si allontanò dalla finestra e si disse che doveva andare a letto, che non doveva più pensarci.

Nick.

***

Nick rimase sorpreso quando ricevette il messaggio di Lynn — erano passate quasi tre settimane da quando l'aveva aiutata a cambiare la ruota — , che gli chiedeva — anzi, gli ordinava, perché sembrava più un'ordine che una richiesta — di presentarsi un paio di sere dopo, a un indirizzo che non conosceva. E gli chiedeva quale pizza volesse.

Ci pensò per qualche istante, al perché Lynn gli avesse mandato un messaggio su Whatsapp, invece che chiamarlo, visto che Lynn se ne stava alla larga dall'app di messaggistica e preferiva prendere il telefono, comporre il numero, e chiamare.

Fissò quei caratteri per un paio di minuti prima di rispondere, continuando a chiedersi il perché di quell'appuntamento. Alla fine le inviò un messaggio chiedendole il perché di quell'incontro.

"È una sorpresa!" rispose lei, aggiungendoci un emoticon sorridente, lasciando Nick ancora più confuso — e curioso — di prima.

***

Nick arrivò puntuale, fissando il grande portone di legno davanti a lui e lo spazio vuoto lasciato da un'insegna mancante e si chiese perché Lynn volesse incontrarlo lì, in quella minuscola piazza, davanti a quello che una volta doveva essere un locale di qualche tipo.

«Ehi, Nick.»

Nick si voltò  fissò suo fratello avanzare, «Aaron.» disse facendo un cenno con la testa, «Come mai qui?»

«Me lo ha chiesto Lynn.» rispose l'altro scrollando le spalle, «Che posto è?» domandò.

«Ah... non ne ho idea.» sospirò Nick, «Sembra una vecchia attività.» esclamò, «Lynn è in ritardo.» disse fissando l'orologio.

«Non sono in ritardo.»

Nick rise e si voltò, «Mi sembrava strano.» esclamò fissando l'amica e domandandosi come mai avesse anche uno zainetto oltre alla borsa.

«Infatti sei tu quello che arriva in ritardo.» replicò lei e lo abbracciò, per poi scostarsi e salutare Aaron.

«Come mai ci hai fatto venire qui?» chiese il più piccolo.

Lynn sorrise e prese un grosso mazzo di chiavi dalla borsa, «È una sorpresa.» rispose, afferrò la chiave più grossa nella serratura e la girò un paio di volte, «Siete i primi a saperlo.» continuò e aprì un'altra serratura, «Bhe, a parte Jacob.» scrollò le spalle e aprì l'ultima serratura.

Nick la fissò spingere la pesante porta di legno e si domandò come mai Jacob non ci fosse, se fosse perché non volesse venire o perché impegnato con il lavoro, fece passare Aaron e chiuse dietro di sé la porta, mentre Lynn ne apriva un'altra, di vetro e acciaio nero.

«Benvenuti nel mio ristorante!» trillò Lynn accendendo le luci.

«Ristorante?» esclamò Aaron e Nick si guardò attorno, fissando il lungo bancone di mogano, mentre sulla destra, aldilà di un basso muretto, erano sistemati diversi tavoli quadrati, circondati da sedie. Davanti a lui si apriva una piccola zona rialzata, con tavolini più piccoli.

«Il tuo ristorante?» domandò, «Hai comprato questo posto?» domandò.

Lynn continuò a sorridere e annuì, «Sì, ho firmato tre giorni fa.» esclamò, «Vi avrei invitati prima ma ho voluto dare una pulita.» aggiunse e posò borsa e zainetto su un tavolino.

Nick la fissò e sorrise. Lynn era felice, come Nick non l'aveva mai vista, sembrava che sprizzasse felicità da ogni singola cellula.

«Come mai?» domandò Aaron scostando una sedia.

«Volevo qualcosa che fosse solo mio.» rispose Lynn aprendo la cerniera dello zaino e tirò fuori una tovaglia a scacchi bianchi e blu, «Ci pensavo da tanto.» continuò, spostò borsa e zaino sulla sedia e stese la tovaglia sul tavolo, aiutata da Aaron.

«Che lavori devi fare?» domandò Nick, le mani appoggiate allo schienale della sedia.

«Bhe, cambiare gli elettrodomestici, dare una lucidata al parquet, sistemare i bagni, il bancone, il mio ufficio,scegliere tovaglie, divise e robe simili.» rispose Lynn prendendo delle birre dallo zainetto e un contenitore con delle posate, «Oltre a scegliere il personale.»

Nick annuì e si sedette, «Un bel lavoro.» commentò, «E il nome?» chiese.

Lynn lo fissò, guardando gli occhi chiari e le si fermò il respiro.

Nick.

«È un segreto.» rispose.

«E non ce lo dirai fino a che non aprirai il locale.» le sorrise Nick, pensando che fosse bellissima.

«Esatto.» ridacchiò lei e sistemò le posate sul tavolo, «Abbiamo ancora una ventina di minuti prima che arrivino le pizze.» aggiunse, «Vi faccio fare un giro.»

«Sicura di riuscire a fare tutto?» domandò Nick quando ritornarono al tavolino, «Sono tanti i lavori che devi fare.»

«Lo sai che se hai bisogno puoi chiedere a noi.» esclamò Aaron sedendosi al posto di prima.

Lynn sorrise, «Lo so, grazie.» disse, «E sono sicura di fare tutto.» aggiunse, «Ho fatto un sacco di preventivi prima di comprare.»

«Lynn, se mai dovessi aver bisogno di una mano... basta che lo dici.» esclamò Nick, «Non farti problemi.»

«Lo so, Nick.» ripeté lei, «Grazie.» disse e si sentì bussare, «Le pizze sono arrivate.» esclamò, allegra, prese il portafogli dalla borsa e andò alla porta.

Aaron scosse la testa alla vista del fratello che osservava Lynn, perché il suo sguardo non era puntato né sulla testa, né sulle spalle o sulla schiena, ma più in basso, «Nick,» lo chiamò e trattenne un risolino quando lui si girò, la bocca semi aperta, «cosa ne pensi?»

Nick sospirò, «Non lo so.» rispose, «Mi sembra una cosa... troppo grande.»

«Lynn ce la farà.» sorrise Aaron.

«Non ho detto il contrario.» replicò Nick, «È solo che...» sospirò e si sedette, «Ci sono tante cose da fare e dovrà stare a dietro a tante cose e non avrà un minuto libero...» mormorò fissando la tovaglia, «Mi preoccupo.»

Aaron non replicò e sorrise a Lynn quando tornò al tavolo, e fissò Nick che non staccava gli occhi di dosso dalla ragazza e si disse che era ora che succedesse, dopo tutti quegli anni. A lui Lynn piaceva, era come una sorella maggiore — e come tale lo sgridava spesso, sia quando era piccolo che ora.

Diede un piccolo calcio a Nick, che si girò verso di lui, fissandolo e chiedendosi perché lo avesse preso a calci. «Mi hai dato un calcio.» disse.

Aaron rise, «Scusa, non l'ho fatto apposta.» disse e ringraziò Lynn che gli porgeva la scatola di cartone con la pizza.


«Non ce lo vuoi proprio dire come lo chiamerai, vero?» domandò Nick quando finirono di mangiare.

«No.» rispose Lynn, «È un segreto.» disse, «E comunque, se volessi potresti arrivarci.»

Nick la fissò e inarcò un sopracciglio, fissandola e rimanendo per qualche istante immobile, come se il sorriso di lei lo avesse congelato. Inspirò piano, «Uffa,» sospirò, «Okay.» disse pensando che non ci sarebbe mai arrivato.

«E quando faresti l'inaugurazione?» domandò Aaron.

Lynn sospirò e sfiorò la tovaglia, «Fra circa quattro mesi.» rispose, «Dipende da quanto tempo prendono i lavori di ristrutturazione.»

«Ci inviterai, vero?» continuò Aaron.

Lynn rise, «Mi pare ovvio che vi inviterò.» disse fissando prima Aaron e poi Nick.

Nick.


Eccoci qui con il secondo capitolo! Ormai manca poco alla fine, giusto due capitoli e l'epilogo.
Grazie a chi legge/mette la storia in una lista/commenta e commenterà (perché lo farete, vero? ç_ç)/chi mi mette negli autori preferiti!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Tre ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Hummingbird

❀❀❀ Tre ❀❀❀



Nick balzò a sedere sul letto ansimando. Ancora quell'incubo: Lynn che veniva investita. Si trattenne dall'urlare quando riconobbe il posto da cui erano usciti. Era il locale che Lynn aveva comprato e che lui aveva visitato un paio di settimane prima.

Scostò le lenzuola e andò in bagno, imponendosi di calmarsi, ripetendosi che non sarebbe successo nulla a Lynn, che era solo un periodo un po' così e che non doveva preoccuparsi di nulla.

Bevve un po' d'acqua, si passò le mani sul viso e fece un respiro profondo. 

Lynn.

Mentre tornava a letto si disse che avrebbe chiesto a Lynn se quel pomeriggio fosse libera per un caffè; forse rivederla e parlare con lei lo avrebbe tranquillizzato.

Lynn.

***

Lynn posò la cornetta del telefono sulla base e fece un respiro profondo. Centosettanta persone a cena, per l'anniversario di una coppia che festeggiava quarant'anni di matrimonio. Pensò ancora una volta che fosse folle invitare tutta quella gente. I suoi genitori, quando avevano festeggiato lo stesso anniversario — l'anno prima — non avevano invitato tutta quella gente: erano solo loro due, Lynn, suo fratello Richard con Kathy, la sua ex fidanzata e Jacob. E basta.

Lynn posò gli occhi sul cellulare, fissando la bustina che lampeggiava. Era un messaggio da parte di Nick, che le chiedeva se avesse tempo per un caffè quel pomeriggio.

Lynn sorseggiò un po' d'acqua, dicendosi che vedere Nick era quello che ci voleva, prima di quella serata.

"Ci sono, vieni qui al ristorante per le tre e mezza." gli rispose. Bevve ancora, sistemò il cellulare sullo scaffale sotto alla cassa, vide che stava arrivando il furgone con le materie prime e le bevande che avevano ordinato e si preparò a ricevere il fornitore e a controllare che fosse tutto pronto.

Si sentiva triste, svuotata, dopo quello che Jacob le aveva detto un paio di sere prima. In quel momento lo odiava, lo odiava per quello che le aveva detto, per come lo aveva detto e per il fatto che avesse dato per scontata la sua risposta affermativa. Si era dimenticato che Lynn aveva dei progetti, un lavoro, degli amici, la famiglia. Jacob aveva dato per scontato che lei dicesse di sì senza ribattere a nulla. 

Invece avevano iniziato a litigare e alla fine — Lynn non sapeva neppure lei come avesse fatto — aveva detto sì. E ora doveva informare tutti quanti.

Nick.

Lynn deglutì, dirlo a Nick sarebbe stata la cosa più complicata e si domandò come avrebbe fatto.

Nick.

***

Nick raggiunse Lynn fischiettando, i cappuccini in una mano e il sacchetto con le brioche — aveva trovato i saccottini di sfoglia ripieni di crema alla gianduia — nell'altra, e gli bastò un secondo per capire che c'era qualcosa che non andava.

«Lynn... tutto bene?» domandò dopo averla salutata.

Lei sbuffò, «Niente di che.» sospirò e andò a sedersi, «Io e Jacob abbiamo litigato.»

«Mi dispiace.» mormorò lui posando quello che aveva in mano sul tavolo, «Come mai?» domandò.

Lynn prese il suo cappuccino e sorrise quando vide le brioche, «Grazie.» sorrise a Nick, «È una lunga storia.» esclamò dopo aver preso un sorso di cappuccino e alcuni istanti di silenzio.

Nick la fissò, chiedendosi perché fosse così triste. Di solito Lynn era allegra, sorridente e lui l'aveva vista poche volte — le poteva contare sulle dita di una mano — così triste, «Lynn, raccontami.» disse, «Poi ti sentirai meglio.» le sorrise.

Lynn sospirò un'altra volta, «L'altra sera Jacob è venuto a casa mia con due ore di ritardo dicendomi che si trasferisce in Cina.» sputò.

«Ah.» commentò Nick, «Sul serio?» disse, «E non ti aveva detto nulla prima?»

Lynn sorseggiò ancora il cappuccino e prese un pezzo di brioche, «Non mi aveva detto nulla.» rispose, «Adesso capisco il perché di tutte quelle cene di lavoro.» mormorò.

Nick si limitò ad annuire e intuì che c'era dell'altro e voleva sapere cosa fosse ma rimase in attesa che Lynn continuasse.

«Io gli ho detto che il lavoro veniva sempre prima di tutto, anche di me.» Lynn riprese a parlare, «E che saremmo stati lontani, che già ci vediamo poco anche se siamo a nemmeno dieci isolati di distanza e lui...» sospirò e alzò gli occhi su Nick, che la fissava, in silenzio, temendo quello che stava per dirgli. «E lui...» mormorò Lynn abbassando di nuovo lo sguardo e stringendo il bicchiere, bevve un lungo sorso e alzò gli occhi su Nick, che non aveva smesso di fissarla per un solo istante, «E lui ha detto che dovevo andare con lui.» soffiò.

«Cosa?» gracchiò Nick, «Pretendeva che andassi con lui?»

Lynn annuì, «Sì.» disse, «Quando gli ho detto che doveva avvertirmi e che non mi sarei mai trasferita in un altro continente lui mi ha detto che aveva già preparato tutti i documenti, anche per me.» mormorò.

Nick deglutì un lungo sorso di cappuccino e l'incubo apparve così nitido nella sua mente che quasi gli girò la testa mentre lo stomaco gli si stringeva in una morsa dolorosa. «Vai?» pigolò e sperò che lei dicesse di no, invece tutte le sue speranze s'infransero quando Lynn rispose.

«Sì.»

Nick chiuse per un'istante gli occhi, desiderando che anche quello fosse un incubo, «E il ristorante?» chiese, «I tuoi amici? La tua famiglia?» domandò.

E io?

Lynn sospirò, «Resteremo là per sei mesi.» disse, «Non è tanto, no?» scrollò le spalle mentre Nick pensava che fosse tanto, troppo tempo. «Sei uno dei primi che lo sa.» soffiò guardandolo.

Nick annuì, «Okay.» mormorò, imponendosi di non urlare, di non gridare, di non spaccare qualcosa, anche se avrebbe voluto urlare e gridare fino a essere rauco, avrebbe voluto rompere il tavolo fino a farsi male alle mani, avrebbe voluto andare da Jacob e urlargli che era uno stronzo e che non l'aveva mai sopportato.

Lynn. Lynn. Lynn.

Invece rimase lì seduto e allungò una mano verso quella di Lynn e la strinse, «Mi mancherai.» disse e cercò di sorridere, anche se avrebbe voluto solo piangere.

«Anche tu.» disse lei e fissò la mano di Nick che stringeva la sua.

«Jacob è egoista.» sbottò Nick, «Avrebbe dovuto chiederti se volevi andare in Cina con lui, invece di dirti tutto a cose fatte.» disse, «Non doveva fare così perché sa che hai comprato il ristorante. È egoista.»

Lynn sospirò e scostò la mano per prendere un altro pezzo di brioche, «Io lo amo, Nick.» disse, «E lui ama me.» aggiunse, «Pensava di farmi una sorpresa.» mormorò, gli occhi bassi. "Lo amo?" pensò, "Lo amo sul serio?"

«Scusa.» mormorò Nick ricordandosi della litigata del sogno, del furgone che investiva Lynn, «Mi dispiace che tu vada via.» disse e fece un sorriso triste, «Mi mancherai.» ripeté e sperò che Lynn gli dicesse che era uno scherzo. «Fra quanto partite?» domandò, perché, secondo lui, "partire" era meglio di "trasferite". Partire voleva dire che sarebbe ritornata, trasferire voleva dire che sarebbe rimasta là per sempre. E Nick non riusciva a immaginarsi Lynn in Cina. Non riusciva a immaginarla lontano da lui.

Lynn. Lynn. Lynn.

«Tre settimane.» rispose Lynn scostandosi i capelli dal viso e fissò Nick, dicendosi che non voleva andare via.

Nick sospirò, «Mi mancherai.» ripeté e continuò a ripetersi che Jacob era uno stronzo, perché si vedeva lontano un miglio che Lynn non voleva partire.

Lynn sorrise, «Lo spero bene.» disse, «Sono solo sei mesi.» continuò e bevve ancora, «E tornerò qui ogni tanto.» aggiunse, «Devo vedere cosa diavolo combini!» ridacchiò e a Nick parve un po' isterica, quella risata.

«Già.» commentò lui, sentendosi ogni secondo più triste, sospirò e deglutì. «E là cosa farai?» chiese, «Cercherai lavoro come direttrice di ristorante?»

Lynn sospirò, «Spero di sì.» disse, «Bisogna vedere se serve una persona con il mio curriculum ma che non sa mezza parola di cinese.» esclamò, «Dio, dovrò imparare il cinese.» ansimò portandosi le mani al volto e Nick scoppiò a ridere, «Non ridere!» squittì lei, «È una cosa seria.»

Nick smise di ridere, rendendosi conto che era veramente* una cosa seria: Lynn sarebbe partita per un altro continente. «Te la caverai.» disse.

Lei lo guardò, triste, «Lo spero.» soffiò, «Perché non so se sono pronta a un cambiamento del genere.» mormorò guardando il tavolo, «Un altro continente, un'altra città, abitudini e lingua differente...» disse e fissò Nick, «Sarà complicato.» sospirò e si strinse le mani, anche se avrebbe voluto urlare, dire che non era veramente sicura, che non voleva andarsene dalla sua città, dalla sua casa, dal suo lavoro, andare ancora più lontano dalla sua famiglia, che non voleva lasciare i suoi amici... non voleva abbandonare Nick.

Nick.

«Sono sei mesi, Jacob potrebbe andarci da solo.» esclamò Nick, «Lynn...» sospirò.

«Devo andarci.» mormorò lei. «Devo farlo.» disse e guardò Nick e quasi sperò che lui dicesse qualcosa, qualsiasi cosa — ma cosa? — per farla restare. Aprì la bocca, come se volesse dire — o chiedere qualcosa — ma la richiuse subito con un sospiro. "Chiedimi di restare." pensò, "Come fece Pacey" pensò ancora e scosse la testa, dicendosi che era una cosa stupida da pensare.

«Lynn...» la chiamò Nick, «Stai bene?»

Lei abbozzò un sorriso, «Sì.» rispose, «Scusa, stavo solo pensando.» scrollò le spalle.

Nick annuì, «Okay.» disse e abbozzò un sorriso. "Non voglio che vada." pensò, "Non è giusto," si disse "voglio che resti qui, con me."

***

«E allora diglielo.» disse AJ.

Nick lo guardò, «Io non voglio obbligarla a restare.» mormorò, «Mi odierà.» disse, «E io non voglio che mi odi.» mormorò abbassando di nuovo la testa, «Io vorrei che rimanesse qui.» disse, «La Cina è troppo lontana.»

AJ sospirò, «Devi dirglielo.» disse, «Basta che le dici che ti dispiace che lei vada così lontano, ma che sai che lo fa per un buon motivo.»

Nick annuì piano. «È solo che...» sospirò e alzò la testa, fissando il paesaggio fuori dalla finestra, «Io non so...» mormorò, «È così difficile.»

AJ gli diede una pacca sulla schiena. «Sei confuso, amico.» disse e sorrise, «E anche molto.»

Nick lo fissò, «Cosa?» chiese, «Che vorresti dire?» domandò.

AJ fece un sorriso, «Niente.» rispose, «Solo che sei confuso.» disse.

Nick rimase qualche secondo in silenzio, domandandosi cosa volesse dire AJ. «Jacob è uno stronzo.» sputò, «L'ha praticamente costretta a dire di sì.» esclamò fissando l'amico, «Se ne è fregato dei suoi progetti!» sbottò, «Sa che Lynn ha appena comprato il ristorante e che ci teneva tanto, che lo voleva da tanto... eppure non gliene è fregato nulla.» continuò, mentre l'altro lo fissava senza parlare — però pensava che avesse ragione.

«Io non voglio che vada via.» sospirò Nick, «Già ci vediamo poco e abitiamo nella stessa città, figuriamoci ora che andrà a stare a Shanghai...» mormorò e portò le mani sulla testa, stringendosi i capelli. «Io non voglio che se ne vada.» pigolò sentendo che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all'altro. «Voglio che resti qui.»

AJ gli batté una mano sulla schiena, «Devi dirglielo, Nick.» disse, «Dille tutto.»

Nick lo fissò, «Cosa dovrei dirle?» mormorò, «Io...» sospirò e scosse la testa.

«Che ti mancherà.» rispose AJ, «Che ti mancherà tanto.» disse, «Moltissimo.» sorrise e quando Nick lo fissò, sorpreso e confuso, si domandò se non fosse stupido.

Nick scrollò la testa, «Lo farò.» mormorò, «No, non posso.» disse. «Non posso.»

Lynn. Lynn. Lynn.

"Lynn." pensò lui e si chiese come avrebbe fatto senza di lei. Perché c'era qualcosa dentro di lui che gli urlava che non sarebbe stato più lo stesso, senza di lei. Senza Lynn.

Lynn. Lynn. Lynn.

"Cosa mi succede?" pensò, anche se forse lo sapeva benissimo, ed era il motivo per cui non voleva che Lynn se ne andasse ed era lo stesso motivo per cui non trovava il coraggio di dirle di restare.

Lynn. Lynn. Lynn.

***

La porta si spalancò e Lynn sobbalzò, lasciando cadere la piccola cornice a giorno, raffigurante Trish —il barboncino che aveva quando era adolescente — che rimbalzò sul divano. «Marlene.» ansimò fissando la padrona di casa, «Mi hai spaventato.» disse e raccolse la cornice, infilandola nella scatola di cartone. Avrebbe portato con sé poche cose, perché all'inizio avrebbero vissuto in un bilocale; quando lei e Jacob si sarebbero spostati in un appartamento più grande, Marlene le avrebbe spedito tutte le sue cose che nel frattempo sarebbero rimaste in un box che aveva affittato qualche giorno prima.

«Sei sicura?» domandò Marlene avvicinandosi a Lynn. Aveva sessant'anni e i capelli rossi, che portava in un caschetto. «È un bel cambiamento.»

Lynn scrollò le spalle, «Perché mi chiedete tutti la stessa cosa?» brontolò, «Certo che sono sicura.» sospirò sistemando un piccolo cuscino a forma di cuore nella scatola, per poi chiudere le alette. Mentre afferrava la macchinetta con il nastro adesivo si domandò perché tutti le chiedessero la stessa cosa.

«È un bel cambiamento.» osservò Marlene, «Non hai la faccia di una che è felice di trasferirsi dall'altra parte del mondo.»

Lynn scrollò le spalle, «Sono solo stanca.» disse, «È impegnativo fare un trasloco del genere.» sospirò chiudendo la scatola con il nastro adesivo, «Ho tipo il quadruplo della roba di quando mi sono trasferita dalla Florida.» disse, «Dio, non credevo di aver preso così tanta roba.» gemette, afferrò una fodera in cui aveva inserito le tende gialle e arancioni di tulle della sua stanza, insieme a quelle azzurrine del bagno e la sistemò in un'altra scatola, sopra degli asciugamani colorati.

«Lynn... sei sicura?»

Lei si girò e fissò Marlene, deglutì e rispose: «Certo.»

Si voltò, afferrando delle lenzuola blu notte che aveva lavato e stirato il giorno prima — cosa insolita per lei, che di solito si limitava a piegare bene la roba e ficcarla nell'armadio, e le camice che usava al lavoro le portava in lavanderia — e le mise nella scatola. "Sono sicura?" si domandò e inspirò lentamente e chiuse per un'istante gli occhi. «Non preoccuparti.» disse guardando la donna, «Andrà tutto bene.» disse, «Mi dispiace darti così poco preavviso...»

Marlene scosse la testa, i capelli rossi che seguivano i movimenti del volto, «Non preoccuparti.» disse, «Troverò un altro inquilino.» scrollò le spalle, «Anche se non sarà come te.»

Lynn sorrise, «Grazie.» mormorò, «Ti ho dato l'assegno per il corriere, vero?» domandò.

«Certo.» annuì Marlene, «Ho tutto.»

Lynn abbozzò un sorriso, sentendosi sempre più stanca. Non era pronta per trasferirsi, sopratutto così lontano da tutto e tutti. Non era pronta a lasciarsi alle spalle la sua vita. 

«Io vado.»

Lynn guardò Marlene e annuì, «Va bene.» disse, «Ci vediamo dopo.» disse.

Marlene la osservò un'ultima volta, sospirò e uscì dall'appartamento, lasciando sola Lynn, che continuò a sistemare le sue cose in modo meccanico, guardandole appena, temendo che, se si fosse soffermata un secondo di più su quello che aveva in mano, sarebbe scoppiata a piangere.

Non voleva andare via.

Non voleva lasciare quella casa, il suo lavoro, i suoi colleghi, il suo ristorante, i suoi amici, il signore che le vendeva sempre un hot dog dopo che aveva corso, che cuoceva il wusterl come piaceva a lei — né troppo crudo né troppo cotto — non voleva allontanarsi ancora di più dalla sua famiglia. Non voleva allontanarsi da Nick.

***

«Devi proprio andare?»

Lynn sospirò e fissò Nick, che la guardava, appoggiato al bancone della cucina. «Sì.» rispose senza guardarlo, «Sì, Nick.» disse, «Devo.»

Nick sospirò e incrociò le braccia al petto, «Devo è diverso da voglio.» le fece notare, «Lynn... vuoi andare o devi andare?» chiese, trattenendosi dall'urlare, del gridarle di restare, di rimanere, di non andare... ma tacque, fissandola arrotolare il filo del caricabatterie del portatile. "Parlare e non fare il coglione." pensò, "Parlarle!" sospirò, non sapendo cosa dire: la conversazione con AJ lo aveva lasciato più confuso di prima.

«Nick...» mormorò lei girandosi, «Io voglio andare con lui.» disse, «Voglio andare con Jacob.» continuò, «Lo amo.»

Nick la guardò e annuì piano. «È che mi mancherai, lo sai.» disse avvicinandosi, «Mi mancherai tanto.»

Lynn abbozzò un sorriso, «Anche tu.» disse infilando il caricabatterie in borsa, «Mi mancherete tutti, lo sai.» sorrise e si voltò di scatto, chiudendo la borsa che avrebbe usato come bagaglio a mano. «Arrivo subito.» si scusò e andò in bagno, chiudendosi dietro di sé la porta. Sentiva che sarebbe scoppiata a piangere da un momento all'altro. Inspirò a fondo, imponendosi di calmarsi. Sarebbe stata via solo pochi mesi, poi sarebbe tornata a casa, lì nella città degli angeli.

Nick fissò Lynn uscire dal bagno, «Tutto bene?» domandò, «Lynn...» soffiò quando lei non rispose.

«Tutto bene.» mormorò, «È solo... l'ansia, suppongo.» sospirò e si sedette sul divano, accanto alla borsa.

Sarebbe partita il giorno dopo e a Nick sembrava così irreale e così vero che faticava a crederci. Ma era vero. Era tutto vero: Lynn sarebbe partita e lui non l'avrebbe più rivista, per un attimo, un singolo istante si domandò se il suo sogno, quell'incubo che lo tormentava da mesi, non fosse un sogno premonitore. Inspirò a fondo, imponendosi di calmarsi: non sarebbe successo nulla, Lynn non avrebbe fatto nessun incidente. Sarebbe stata bene. Sarebbe andato tutto bene... a parte che lei sarebbe partita per un altro continente. Deglutì e sospirò, «Andrà tutto bene, vedrai.» disse, più rivolto a se stesso che a Lynn.

Lei gli sorrise, «Lo so.» disse, «Ordiniamo la pizza?» domandò. Era l'ultima sera che passava negli Stati Uniti e l'avrebbe passata con Nick, mentre Jacob era con i suoi amici, fuori chissà dove a fare chissà cosa.

Nick annuì e si domandò cosa dovesse fare, cosa dovesse dire... così si limitò a sedersi accanto a lei e a guardarla mentre ordinava la pizza, continuando a pensare che non voleva che andasse via, che non voleva che partisse, che la voleva lì. Per un momento pensò di dirglielo, poi cambiò idea: non sarebbe servito a nulla, se non a farli litigare e lui non voleva. Aveva troppa paura di perderla. "La perderai," pensò "perderai Lynn."

«Nick?» chiamò Lynn, «Nick?»

«Uhm?» fece lui, «Scusa, ero soprappensiero...» scrollò le spalle e sorrise, «Dicevi?»

Lynn sorrise e ridacchiò, «Vuoi mangiare in cucina o in salotto o sul tavolo?» chiese.

«In salotto.» rispose lui, «Se va bene.»

Lynn sbuffò, «Se to l'ho chiesto è perché mi va bene.» borbottò, si alzò in piedi e andò in cucina, afferrò dei tovaglioli di carta, una rotella taglia pizza, dei bicchieri di plastica e un paio di bottiglie di birra.

«Ma la pizza?» domandò Nick afferrando le bottiglie, «L'hai già ordinata?»

Lynn rise, «Certo.» rispose e rise ancora quando vide l'espressione di Nick, «Non è colpa mia se tu eri su un altro mondo!»

Nick sbuffò e posò le bottiglie sul tavolino, «Uhm, okay.» disse e sorrise mentre si sedeva e desiderò che quella serata non finisse mai, avrebbe voluto che Lynn cambiasse idea, che rimanesse lì, "Con me." pensò, "Con me."

Pensò che fosse troppo tardi per chiederle di restare, che fosse troppo tardi per qualunque cosa se non godersi quelle ultime ore insieme. "Sta andando in Cina, non in guerra." si disse, "Tornerà." pensò, "Tornerà... fra sei mesi." E pensò che fosse troppo tempo, troppi mesi, troppi giorni, passati lontano da lei. E non voleva, non voleva stare lontano da lei. Avrebbe voluto dirle qualcosa, fare qualcosa, di tutto pur di non farla partire... ma sapeva che non sarebbe servito a niente. Lynn sarebbe partita e lui sarebbe rimasto solo.


«Sonno?» domandò Nick fissando Lynn sbadigliare per la terza volta nel giro di dieci minuti.

«Un po'.» ammise lei.

«A che ora parti?» domandò Nick fissandosi le mani. Lo sapeva già, ma gli era sembrato giusto chiederlo. Lo sapeva e avrebbe voluto non saperlo.

«Jacob passa a prendermi alle sei e mezzo.» sbadigliò lei e reclinò la testa, posandola sullo schienale del divano.

Nick annuì, «Forse è meglio che vada, allora.» esclamò, anche se non avrebbe voluto andarsene, «Così vai a dormire.» sorrise.

Lynn allungò le braccia sopra la testa, «Forse è meglio.» disse, girò il viso e fissò Nick, pensò che gli sarebbe mancato più di chiunque altro. Inspirò a fondo e sorrise, dicendosi che quei mesi sarebbero volati in fretta, che presto sarebbe tornata lì a Los Angels. "Passeranno presto," pensò "sono solo sei mesi." 

«Allora...» esclamò Lynn alzandosi in piedi guardò Nick, ancora seduto sul divano, e non seppe cosa dire: "Ci vediamo presto? Arrivederci?", sospirò e prese la bottiglia di birra, bevve l'ultimo sorso.

«Chiamami quando arrivi, okay?» domandò Nick alzandosi in piedi, dicendosi che il momento era arrivato.

Lynn annuì, «Certo.» sorrise, «È ovvio che lo farò.» disse e spostò il peso del corpo da un piede all'altro, sentendosi nervosa. Inspirò a fondo, imponendosi di calmarsi. "Non succederà nulla." si disse, «Ti accompagno alla macchina.»

«Non è necessario.» replicò lui.

Lynn scrollò le spalle, «Ma voglio farlo.» disse.

Nick sorrise e alzò una mano, rimanendo per un secondo immobile, poi l'abbracciò, stringendola forte, inspirando il suo profumo, come se volesse imprigionarlo dentro di sé, per non dimenticarlo, per averla sempre vicino. Le sfiorò la schiena, trattenendo i singhiozzi e le lacrime, respingendoli indietro, ignorando il groppo che gli stringeva la gola.

«Ehm... Nick? Mi stai stritolando.» ridacchiò Lynn dando delle pacche sulle spalle dell'amico.

«Scusa.» mormorò lui staccandosi e la guardò, «Ti ho fatto male?» domandò.

«No.» sorrise Lynn, «Ehi, Nick... andrà tutto bene.» disse, "Lo spero." pensò.

Nick la osservò per un istante, deglutì e sorrise, «Allora... io vado.» disse.

Lynn annuì, «Andiamo.» disse e andò alla porta, sentendo un qualcosa che cresceva da un momento all'altro — non sapeva cosa fosse ma sapeva che, di qualunque cosa si trattasse, non voleva che uscisse.

Scesero in silenzio le scale, Nick aprì il portone, fece passare Lynn e lo accostò. «Ci vediamo presto.» mormorò una volta davanti all'auto. "Non sarà presto." si disse, "Sei mesi sono centottanta giorni." pensò, "Centottanta lunghissimi giorni."

Lynn annuì, «Sì.» soffiò e passò le mani sulle braccia: improvvisamente sentì freddo, anche se faceva caldo. «Ti chiamo quando arrivo, allora.»

«Sì.» disse Nick, non sapendo cosa dire. «Mi mancherai.» esclamò e l'abbracciò di nuovo, le baciò la testa e pensò che non potesse finire così, che Lynn non doveva partire, che doveva restare lì e aprire il suo ristorante. «Mi mancherai.» ripeté e le afferrò una ciocca di capelli, la sfiorò e la sistemò dietro la palla di Lynn e così facendo sfiorò con il dorso della mano la testa del colibrì. «Scusa.» mormorò.

Lynn lo fissò, «Di cosa?» mormorò scrollò le spalle e sorrise, anche se avrebbe voluto piangere. «Mi mancherai anche tu.» disse e guardò Nick, fissò i suoi occhi e pensò che fossero bellissimi — anche se un po' tristi e si domandò se fosse colpa sua. Era tutto così strano: lei che partiva, Nick che la guardava, quei silenzi...

«Vado.» mormorò Nick e la fissò cercando di sorridere. «Ciao, Lynn.» disse e l'abbracciò di nuovo, «Fai buon viaggio e divertiti.» esclamò e le baciò le guance, sentendo la pelle liscia e morbida sotto le labbra.

«Grazie.» disse Lynn, sentendosi sempre più triste ogni secondo che passava. «Fai il bravo, eh.» disse toccandogli una spalla, «Non voglio leggere di qualche tua cazzata.»

Nick fece il broncio, «Io sono un bravo bambino.» 

Lynn rise, «Lo so.» disse. Fece un respiro profondo, «Buona notte, Nick.» soffiò.

Nick sorrise, «Buona notte, Marie Lynn.» disse, «Ricordati di chiamarmi.»

Lei annuì, «Certo.» disse, «Buona notte.»

Nick la strinse in un breve abbraccio, salì in auto e osservò Lynn rientrare in casa, fermarsi sulla soglia e agitare la mano in segno di saluto.

Partì, sentendo un macigno che gli schiacciava lo stomaco, al pensiero che lei sarebbe partita dopo una manciata di ore.

Una volta a casa si sedette sul divano, fissando le foto posate sul tavolino accanto ad esso, afferrò la cornice d'argento e fissò la foto scattata all'ottavo compleanno di Lynn. Sorrise nel ricordare che, quando l'aveva conosciuta, Lynn gli era stata subito antipatica — forse perché gli aveva dato uno schiaffo e un pizzicotto — e aveva deciso di non vederla più, perché era strana, violenta e strillava sempre. Invece... invece era una delle persone a cui voleva più bene in assoluto. E gli mancava di già, anche se in quel momento, probabilmente, era a letto a dormire, a nemmeno mezz'ora d'auto da lui. Sfiorò il vetro che proteggeva la foto, fissando il viso sorridente di una Lynn bambina, con i capelli legati un due trecce che scendevano ai lati del viso, i fiocchetti verde scuro alle loro estremità, lo striscione dietro di loro, quello con lo sfondo bianco e la scritta colorata "Buon Compleanno". Nick fece un sorriso triste, rimise la cornice al suo posto e si alzò in piedi, deciso a farsi un'altra birra. O forse due. O anche tre.

O tutte quelle che gli sarebbero servite per fargli dimenticare la partenza di Lynn.

Lynn. Lynn. Lynn.


Lynn indossò la canottiera a strisce bianche e rosa, con una grossa ranocchia verde — con tanto di corna - che se ne stava appollaiata su una foglia di ninfa proprio al centro dell'indumento. Si sedette sul divano, il sacco a pelo fra le mani. Ormai era l'una e mezza passata e lei non aveva sonno. Non voleva dormire, non voleva svegliarsi e partire. "Devo partire." si disse, "Io amo Jacob e vado via con lui."

Sciolse i lacci che legavano il sacco a pelo e lo scrollò, indecisa se andare a letto o dormire sul divano. Reclinò la testa con uno sbuffo e chiuse gli occhi. Se si concentrava poteva ancora sentire il profumo di Nick. Lynn aprì il sacco a pelo, facendo correre la cerniera lungo i tre lati, si sdraiò sul divano e si coprì, imponendosi di chiudere gli occhi e addormentarsi: la sveglia sarebbe suonata troppo presto.

E troppo presto quell'aereo sarebbe partito, portandola via da lì, da casa sua.

E da Nick.

Nick.


Scusate il ritardo ma mi sono completamente dimentica di postare il capitolo -.-
Manca solo l'ultimo capitolo e l'epigolo.
Spero che qualcuno che legga ci sia e che non stia sproloquiando da sola xD
Grazie a chi legge!

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Hummingbird

❀❀❀ Quattro ❀❀❀



Nick fissò lo schermo del cellulare. Lynn era a Shanghai da dieci giorni, otto ore e diciotto minuti; gli sembrò folle contare persino le ore e i minuti dal momento in cui Lynn gli aveva mandato un messaggio per avvertirlo che era arrivata sana e salva in Cina, ma non poteva farne a meno, semplicemente non ci riusciva.

Non ci riusciva perché Lynn gli mancava e in certi momenti gli mancava così tanto che era sicuro che avrebbe smesso di respirare.

Lynn aveva postato veramente poco da quando era in Cina: giusto un paio di foto, un selfie e un paio di tweet. Nick sospirò e pensò che non fosse giusto, tutto ciò. Lei era sua amica e adesso non avrebbe più potuto vederla quando voleva. Okay, in passato erano riusciti a non sentirsi e vedersi anche per un paio di mesi, ma la colpa era del lavoro: lui in tour e lei presa con la gestione degli ospiti al Sea Star.

«Il ristorante.» mormorò, pensando a quel locale che lei gli aveva fatto vedere qualche settimana prima. Si domandò che fine avrebbe fatto, se Lynn, una volta tornata — perché sarebbe tornata, vero? — lo avrebbe aperto. Si disse che l'avrebbe aiutata, avrebbe pubblicizzato il suo locale su twitter così tante volte da farsi dire di smetterla.

Sospirò — di nuovo — e si chiese perché continuasse a pensare a Lynn quando accanto a lui c'era Lauren.

Lauren era la sua fidanzata, convivevano... che bisogno c'era di pensare a un'altra ragazza?

"Lynn è mia amica." pensò.

Lynn. Lynn. Lynn.

Ripensò a quello che gli aveva detto AJ: "Sei confuso.", e si rese conto che lo era. Lasciò perdere il cellulare e strinse la testa fra le mani.

Lynn. Lynn. Lynn.

«Lynn...» soffiò e si rese conto — così all'improvviso che quasi cadde in avanti, di quello che intendeva il suo amico — di quello che aveva sempre cercato di negare, persino a se stesso: quello che provava per Lynn andava oltre a un'amicizia, seppur profonda.

E, con un gemito strozzato, si rese conto che era troppo tardi.

Aveva perso Lynn.

***

Lynn sospirò e fissò fuori dalla finestra, saltando da un grattacielo all'altro, guardando il cielo grigio per lo smog. Da qualche parte, oltre quel cemento, c'era l'oceano. Ormai era quasi un mese che era lì. Ventotto lunghi giorni.

La California le mancava terribilmente, un dolore sordo che le stringeva il cuore in una morsa. Odiava quel posto, lo odiava con tutto se stessa. Odiava lo smog, odiava tutto quel grigio, detestava quelle spiagge, non sopportava le abitudini cinesi e odiava dover ricorrere al dizionario per qualsiasi cosa. Voleva tornare a Los Angels, nel suo appartamento, sul piccolo terrazzino da cui poteva ammirare il parco pubblico poco lontano. Voleva uscire e correre senza dover fermarsi ogni tre metri per tossire a causa dell'inquinamento. Voleva inspirare l'odore di salsedine che tanto amava, voleva uscire e bersi un succo di frutta e mangiare un toast, seduta all'aperto ma non poteva.

Si sentiva sola lì a Shanghai. E Jacob non la capiva, non voleva capirla. Aveva lasciato tutto quanto, per lui: il suo appartamento, i suoi amici, il suo lavoro, il suo locale. Nick.

Il pensiero dell'amico la colpì in pieno, come se avesse preso un pugno in piena pancia. Si piegò in avanti, stringendo i pugni con forza fino a sbiancarsi le nocche, morsicandosi le labbra per impedire a quella cosa di uscire. Ma non ci riuscì: la bocca si spalancò e iniziò ad urlare, piegandosi in avanti con il busto, anche le gambe si piegarono, e Lynn finì in ginocchio sul pavimento, senza smettere di urlare. Urlò e pianse, sentendosi stanca e vuota, non capita, non amata, non voluta in quel paese straniero per lei.

Nick. Nick. Nick.

Quel nome le vorticava nel cervello, girando e rigirando, come se volesse farle esplodere la testa. Lynn portò le mani al capo, infilando le dita fra i capelli e posò la fronte sul pavimento mentre un lamento rauco usciva dalle sue labbra. Non aveva più voce.

Si raggomitolò sul pavimento.

Voleva sentire il sole — quello vero, quello caldo e accecante della California — sulla pelle, voleva camminare a piedi nudi sul bagnasciuga e sentire le onde che le lambivano le caviglie, voleva ritornare al ristorante, sorridere e accogliere gli ospiti, voleva scambiare quattro chiacchiere con Marlene.

Invece era lì, in quella minuscola casa, al quindicesimo piano, circondata da cemento e da persone che non la capivano, a partire da Jacob.

Nick. Nick. Nick.

Lynn emise un verso rauco e inghiottì bocconi d'aria; ogni volta che pensava a lui le mancava il respiro. Sapeva che le sarebbe mancato, ma non così tanto.

Voleva tornare a casa e voleva farlo subito.

Nick. Nick. Nick.

Velocemente si alzò, sentendo la testa girare e lo stomaco che si contraeva. Gattonò per un paio di metri, si alzò in piedi, tremando e ondeggiando; si appoggiò a qualsiasi cosa, rischiando di far cadere una sedia, raggiunse il bagno, cadde in ginocchio davanti al water e vomitò, stringendo con forza il bordo in ceramica della tazza. Ansimò e si alzò in piedi, andò al lavandino e aprì l'acqua; alzò il viso, passò il dorso della mano destra sul mento e si fissò, rimanendo quasi sconvolta dal suo riflesso. "Sono io?" si domandò guardando il viso pallido — dov'era finita la sua abbronzatura? —, le labbra secche e screpolate, il piccolo bozzo in un angolo, che minacciava di esplodere in un herpes da un momento all'altro, guardò le occhiaie violacee attorno agli occhi.

Se avesse avuto qualcos'altro nelle stomaco lo avrebbe sicuramente vomitato alla vista di quello che era diventata. Lynn chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e li riaprì. Aveva bisogno di Jacob, ne aveva un disperato bisogno. Andò nel minuscolo salottino, afferrò il telefono e il foglio su cui era scritto il numero dell'ufficio di Jacob, lo compose e rimase in attesa, ascoltando l'orribile musichetta. Le rispose una voce femminile, molto squillante e a tratti stridula.

«Salve, sono Lynn Sidle.» si presentò, «Vorrei parlare con Jacob James.»

Dall'altra parte solo parole incomprensibili e Lynn sbuffò, «Sono Lynn Sidle, posso parlare con Jacob James?» ripeté, parlando con lentezza e scandendo bene le parole.

Altre parole incomprensibili, tranne un "Okay, okay". Altre parole incomprensibile, altra musichetta e il telefono suonò libero. Al terzo squillo le rispose Jacob.

«Lynn, a meno che non sia un'emergenza lo sai che non voglio essere disturbato.»

Lynn trattenne un singhiozzo e strinse il telefono, «Vieni a casa per cena?» pigolò, «Per favore.» mormorò, «Andiamo fuori?»

Jacob sospirò, «E va bene.» acconsentì, «Ci vediamo alle sette.» disse e riagganciò.

Lynn fissò l'orologio e vide che erano le cinque del pomeriggio, aveva tutto il tempo per farsi una doccia.

***

Le sette, quindici minuti e trenta secondi. Trentuno, trentadue...

Lynn sbuffò. Jacob era in ritardo. Un'altra volta. Lei veniva sempre dopo.

Afferrò il telefono e compose il numero di cellulare del ragazzo, dicendosi che magari era bloccato nel traffico.

«Stavo per chiamarti.» esclamò lui quando rispose, «Scusami, ma c'è una riunione.»

Lynn gemette, «Ma me l'avevi promesso.» esclamò, arrabbiata.

«Vai da sola.»

«Io volevo andarci con te!» strillò lei, la voce ancora rauca.

«Lynn... non fare così.» la rabbonì lui, «Andiamo un'altra volta.» aggiunse.

«Lo hai detto anche l'altra sera.» gli ricordò Lynn, «Me lo dici sempre ma ci fosse stata una volta in cui sei tornato in orario!» sbottò. «Prometti sempre che tornerai per cena, che andremo al ristorante e poi ti rimangi tutto!» gridò.

«Su, Lynn, non fare la bambina.» disse lui, «Ci vediamo più tardi.» aggiunse e riattaccò.

Lynn fissò il telefono e desiderò buttarlo dalla finestra — peccato che non si potesse aprire.

Frugò nella borsa, estrasse il porta tabacco e si rollò una sigaretta, fregandosene se in quel palazzo ci fosse divieto di fumare in casa.

Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Erano lì da tre settimane e Jacob aveva passato più tempo in ufficio che a casa, senza capire che Lynn aveva bisogno di lui. Ripensò a quel giorno, quando Nick le disse che Jacob era un idiota. Era vero, Jacob era un idiota. E anche stronzo menefreghista.

Mentre aspirava la seconda boccata, si alzò in piedi, andò nella stanza da letto e aprì l'armadio, fissando le sue due valigie e il borsone riposti ordinatamente.

Le prese e portò tutto sul letto, le aprì e si bloccò, chiedendosi se fosse la cosa giusta da fare, quella di fuggire. Tanto a Jacob non importava nulla di lei, altrimenti a quell'ora sarebbe stato a casa.

Tornò in salotto. Prima di tutto doveva trovare un aereo. Aprì il portatile, già connesso al wifi e fissò la schermata di Twitter.

Nick. Nick. Nick.

Chiuse la pagina e aprì quella della compagnia aerea. Non c'era un aereo diretto per Los Angeles ma alla fine Lynn trovò una soluzione, anche se avrebbe dovuto girare un po': prima tappa Tokyo, poi scalo in Messico, poi Jacksonville. Florida.

Nick, Nick, Nick.

Lynn scrollò la testa, dopo la tappa in Florida c'era quella a San Antonio e, finalmente, San Diego. Da lì avrebbe affittato un auto. Ma prima, ma prima c'era una persona da chiamare. Prese di nuovo il telefono e compose il numero, ricordandosi all'ultimo di aggiungere il prefisso internazionale e dovette cercalo con Google perché non se lo ricordava.

***

Lynn fissò l'appartamento. Era tutto in ordine. Guardò l'orologio, che le diceva che mancavano venti minuti alle undici di sera. E Jacob non era ancora tornato. Con un sospirò guardò la lettera che aveva lasciato sul tavolo, chiuse la porta e s'infilò nell'ascensore. Una volta a piano terra gettò le chiavi nella casella della posta e andò verso il taxi che l'attendeva davanti al portone — si era quasi messa a piangere quando chiamando il servizio taxi aveva sentito una voce che parlava in inglese.

«Pronta, signorina?» domandò il tassista e Lynn quasi svenne: parlava inglese anche lui!

«Sì, grazie.» disse e sorrise mentre l'uomo infilava i bagagli nell'auto.

Fissò con un sorriso il paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, felice di tornare a casa.

Casa.

Nick. Nick. Nick.

Scosse la testa e si concentrò sul viaggio, sarebbe rimasta in giro per quasi ventiquattr'ore ma non le importava, avrebbe fatto una sosta anche al Polo Nord se fosse servito per tornare a casa.

Quando entrò nel terminal sorrise ancora di più, quando posò le valigie sul nastro trasportatore e pagò il sovrapprezzo e fissò i bagagli venire inghiottiti si sentì quasi a casa.

Salutò allegramente gli addetti ai controlli, comprò qualcosina al duity-free e prese un cappuccino al bar.

Si trattenne dall'urlare di gioia, quando prese posto sull'aereo, accanto al finestrino, infilò la rivista che aveva comprato nella tasca del sedile di fronte a lei e si sistemò meglio, allacciò le cinture mentre un solo e unico pensiero girava nella sua mente: "Casa."

***

Lynn si accasciò su una delle scomode seggiole e sospirò stropicciandosi gli occhi, sentendo tutta la stanchezza accumulata cascarle addosso come un masso pesantissimo.

Non aveva la forza neppure per mettersi composta, figuriamoci se l'avesse trovata per andare al banco e affittare un auto e poi guidare per due ore e passa fino a Los Angeles.

Magari avrebbe potuto fermarsi nell'albergo dell'aeroporto. Aprì gli occhi e sbadigliò, fissò il bar di fronte a lei, si alzò in piedi e spinse il carrello fino allo sgabello più vicino. Ordinò un cappuccino e posò le braccia sul tavolo e sperò di non cadere, perché sarebbe stato imbarazzante e doloroso.

Udì una voce familiare ma non ci badò più di tanto e alzò solo la testa e biascicò un grazie quando la cameriera le mise davanti la tazza con il cappuccino. Pagò e la guardò andare via, sentendo ancora quella voce familiare.

«Lynn?!»

Lei si voltò, trovandosi davanti Aaron, che la fissava, sorpreso. «Eh, già.» commentò e infilò in bocca il cucchiaino pieno di schiuma di latte.

«Sei tornata?» domandò lui.

«Già.» ripeté lei, «Sì.» disse e fissò Aaron ordinare un caffè e sedersi davanti a lei.

«Nick sarà felice.» sorrise Aaron, «Anche se non mi ha detto nulla...»

«Non lo sa.»

«Non lo sa?!» fece lui, «C0sa... perché?»

«È stata una decisione impulsiva.» replicò lei scrollando le spalle, «Ho avvertito solo la padrona di casa... il mio appartamento è ancora libero.» sorrise.

Aaron annuì, «Sì... ma perché?» domandò.

Lynn deglutì un sorso di cappuccino, «Non mi trovavo bene.» disse. «È meglio che mi cerchi un albergo.» sbadigliò.

«Posso accompagnarti io a casa.» disse Aaron e lei lo fissò, guardò il suo sorriso e sorrise anche lei, «Se vuoi.» aggiunse, «Terence è andato a prendere un auto in affitto, e dobbiamo andare a Los Angeles... non è un problema accompagnarti.»

Lynn sorrise, «Oh, grazie.» disse, «Accetto volentieri il passaggio.»


«Jacob mi aveva promesso che per le sette sarebbe stato a casa,» raccontò Lynn una volta dentro la berlina «ma alle sette e un quarto mi ha detto che aveva una riunione...» sospirò, «Così ho deciso di andarmene.» scrollò le spalle evitando di dire che c'era un'altra ragione per cui era scappata.

Nick. Nick. Nick.

«E lui non ha detto nulla?» domandò Aaron girandosi sul sedile e guardandola, Lynn distolse lo sguardo, puntandolo fuori dal finestrino.

«Abbiamo litigato. Ci siamo insultati e l'ho lasciato.» rispose, «Fine del discorso.» tornò a guardare Aaron e gli sorrise per poi sbadigliare.

«Okay.» replicò lui e si voltò di nuovo, capendo che non Lynn non gli avrebbe voluto dire più nulla. Quando si girò, una manciata di secondi dopo, Lynn si era addormentata.


Lynn si risvegliò quando l'auto imboccò la via di casa sua. "Casa mia." pensò con uno sbadiglio e stirò le braccia, toccando il soffitto dell'auto.

Nick. Nick. Nick.

«Quanto ho dormito?» chiese.

«Un paio d'ore.» rispose Aaron e la guardò con un sorriso.

«Okay.» borbottò lei e sorrise quando Terence si fermò. Saltò giù dall'auto portando con sé la borsa che aveva usato come bagaglio a mano, si avvicinò al portoncino d'ingresso e si chinò, toccò la grata e afferrò il mazzo di chiavi che Marlene aveva messo lì per lei.

Scosse le chiavi e prese quella del portoncino, la infilò nella serratura e girò, sorridendo nel sentire quel "click" tanto familiare. «Primo piano.» disse girandosi verso i due ragazzi, «Non c'è l'ascensore, mi dispiace.»

«Non importa, Lynn.» esclamò Aaron.

Lei si voltò e salì i gradini quasi di corsa, aprì la porta dell'appartamento e accese la luce, inspirando il profumo di fiori - fiori?

Guardò il tavolo e vide una grande ciotola di cristallo piena di pout-purri e sorrise, si accorse che non c'erano più i teli che aveva usato per ricoprire i mobili.

«Dove le mettiamo?»

Lynn si voltò verso Terence, «Lasciatele pure vicino al divano.» rispose. «Grazie.» esclamò abbracciandoli entrambi, anche se Terence lo conosceva appena - lo aveva visto due o tre volte - «Se domani... bhe, se oggi pomeriggio siete ancora in città vi offro l'aperitivo.»

«Non è necessario.» esclamò Aaron.

«Oh, non fare il guastafeste.» borbottò lei, «Ti chiamo verso le quattro, okay?»

Aaron si limitò ad annuire, sapendo che sarebbe stata una causa persa in partenza, «Va bene.» disse, «Ci vediamo.» aggiunse tornando alla porta.

Lynn li fissò oltrepassare la soglia e afferrò il braccio di Aaron, sentendo sotto le dita la stoffa liscia e fresca della maglia a maniche lunghe. «Aaron,» soffiò «non dirlo a Nick.»

Nick. Nick. Nick.

«Per favore.»

Aaron la fissò e annuì, non capiva perché non dovesse dire a suo fratello che Lynn era tornata ma sei lei non voleva non avrebbe detto nulla — poi capì, lo intuì, perché non dovesse dire nulla — e sorrise, «Va bene.» disse.

«Grazie.» soffiò lei, «Ci sentiamo.» aggiunse, fissò i due scendere le scale e chiuse la porta, si appoggiò con la fronte e sospirò. Si staccò da essa e si girò, avanzò di un paio di metri e fece capolino in cucina e si bloccò alla vista di un pacco di pane a fette e una confezione di cereali con pezzetti di cioccolato — i suoi preferiti — accanto alla macchina del caffè. Si accorse che c'era anche un pacco di caffè.

Sorrise. Era stata Marlene.

Aprì il frigo, fissò i limoni, i pomodori e il cespo di insalata già pulita, i barattoli di maionese e salsa rosa, la confezione di cordon bleu, la bottiglia di latte e quella del succo d'arancia. Chiuse lo sportello e andò in bagno, lo usò e scoprì che Marlene aveva pensato proprio a tutto: il rotolo di carta igienica era al suo posto e su lavandino faceva bella mostra di sé la confezione di sapone liquido.

Marlene era come una seconda mamma. A quel pensiero le vennero in mente sua madre e suo padre, che vivevano ancora in Florida, avrebbe dovuto chiamarli e avvertirli, prima che lo facesse Jacob.

Uscita dal bagno salì velocemente i gradini che portavano al soppalco e fissò il letto con le lenzuola pulite.

Lo stomaco le brontolò, così tornò di sotto, aprì il mobile sopra il lavandino e prese una piccola teglia, ci mise dentro i due cordon bleu, infilò il tutto in microonde e lo avviò. Si preparò una piccola insalata, aprì il barattolo di salsa rosa e portò il tutto in salotto, insieme alle posate; accese la tv.

Mtv.

Nick. Nick. Nick.

Lui era come un tarlo che si divertiva a torturarla, entrandole dentro e costringendola a pensare a lui. Sospirò e scosse la testa, imponendosi di toglierselo dalla testa. Ma non ci riuscì, neppure quando suonò l'allarme del microonde.

E neppure mentre si faceva la doccia o quando si infilò fra le lenzuola pulite o quando chiuse gli occhi e si addormentò.

E nemmeno quando sognò.

Nick. Nick. Nick.

***

Lynn attraversò il parcheggio, stringendo al petto il sacchetto della spesa. Si bloccò quando vide le tre figure avanzare verso di lei; si domandò se l'avessero vista, se l'avessero riconosciuta e se avrebbe fatto in tempo a girarsi e allontanarsi.

«Lynn!» si sentì chiamare. «Lynn.»

«AJ... ciao.» mormorò lei girandosi.

«Sei tornata.» disse Rochelle.

«Eh, già.» commentò Lynn.

«È successo qualcosa?» domandò AJ e Lynn notò una nota di preoccupazione nella voce.

Lynn scrollò le spalle, «Niente di che.» disse, «Io e Jacob non andavamo più d'accordo.»

Gli altri due annuirono. «E Nick?» chiese Rochelle, «Sarà contento.» disse.

Lynn deglutì, «Ecco... Nick non sa ancora nulla.» rispose distogliendo lo sguardo.

«Non lo sa?» fece AJ, «E perché?»

Lynn scrollò le spalle, «È che... che... niente, non ho ancora trovato un minuto di tempo per avvertirlo.» si giustificò. Parlò con loro per un paio di minuti, poi Ava iniziò a piagnucolare e così Rochelle la prese in braccio e iniziò ad andare verso l'auto.

«Stammi bene, Lynn.» disse AJ dandole una pacca sulla spalla.

«Anche tu.» sorrise lei, «Ascolta... puoi non dirlo a Nick, se lo vedi?»

Lui la fissò per un'istante, non capendo il perché di quella richiesta, annuì, «Come vuoi.»

«Grazie.» disse Lynn, «Devo andare, ci vediamo.» borbottò e si allontanò velocemente.

Non voleva che Nick sapesse perché voleva far chiarezza dentro di lei prima di incontrarlo.

Aveva paura che lui l'avesse dimentica, che non la volesse più come amica, che fosse arrabbiato con lei.

Nick. Nick. Nick.

***

Nick fissò Lynn, guardandola entrare in casa, il giornale arrotolato sotto al braccio e si sentì deluso: non gli aveva detto di essere tornata e si domandò il perché di ciò. Voleva evitarlo? Non lo voleva più vedere? Non lo voleva più come amico? Non gli voleva più bene?

Gemette e sospirò, dicendosi che sarebbe stato terrificante. Lynn gli era mancata, gli era mancata così tanto da non farlo dormire, da farlo andare ogni mezz'ora sul profilo Twitter della ragazza, per controllare se avesse scritto qualcosa, solo per sentirla più vicina.

Ma adesso... Lynn era tornata e non gli aveva detto nulla, aveva dovuto scoprirlo da Ava. Da Ava! Neppure AJ e Rochelle glielo avevano detto e ciò lo aveva deluso molto. Anche Aaron lo sapeva e anche lui aveva taciuto.

Nick strinse le labbra, indeciso su cosa fare: andare da Lynn e dirle che sapeva tutto e che era deluso — arrabbiato — perché non gli aveva detto nulla o tacere e rimanere con i dubbi?

Non si accorse di essersi avvicinato all'abitazione e di aver premuto il dito sul campanello finché non sentì la voce di Lynn: «Nick!»

«Sei tornata.» disse lui.

«Sali.» mormorò lei e Nick udì il bip del portone che si apriva, così entrò e dopo pochi secondi fu davanti alla porta di Lynn.

«Sei tornata.» disse lui entrando, fissò gli scatoloni che ingombravano il salotto e poi fissò Lynn.

«Già.» commentò lei, «Mi sei mancato.» sorrise.

Nick sospirò, «Non mi hai detto nulla.» esclamò.

Lynn scrollò le spalle, dicendosi che, prima o poi, quella conversazione sarebbe dovuta accadere. «Sono appena arrivata...» si giustificò, «Vuoi del caffè?» domandò, sperando di cambiare argomento.

«Però a AJ lo hai detto...»

Lynn si girò lentamente, «Cosa?» pigolò e fissò Nick, desiderando che non si arrabbiasse. «Cioè?»

«Ho incontrato AJ, prima.» rispose lui, «E Ava mi ha detto che la zia Lynn era tornata...» spiegò, «Quando pensavi di dirmelo?» sbottò.

«Ah.» commentò Lynn sollevando la caraffa del caffè che aveva preparato una mezz'ora prima, «Io...» pigolò accorgendosi che la mano le tremava. Inspirò a fondo, strinse la tazza e la riempì di caffè, sperando di non far cadere nulla. Sperò che Nick non si arrabbiasse.

«Tu cosa?» chiese Nick stringendo i pugni, «Sei tornata da una settimana!» gridò, facendo sobbalzare Lynn che si girò di scatto per fissarlo. «Quando pensavi di dirmelo, eh? Fra un mese?»

«Nick...» pigolò Lynn, «Non urlare, per favore.» mormorò, «Te lo avrei detto, giuro.»

Lui le si avvicinò e Lynn indietreggiò, sentendo la maniglia del mobile premerle contro il sedere, «Quando?» chiese, «Quando, Lynn?»

«Presto.» rispose lei e inspirò, «Nick... ho avuto cose a cui pensare.»

Nick strinse le labbra e fissò Lynn, tremante dalla paura, «Non volevo urlare.» si scusò, «Ma dovevi dirmelo.» disse, «Perché?» chiese, «Perché AJ sì e io no?» domandò cercando di mandare giù il groppo di delusione che gli stringeva la gola.

«L'ho incontrato per strada!» sbottò Lynn agitando le braccia, afferrò la tazza e bevve un sorso. «Non l'ho mica invitato a prendere un tè!» si giustificò. «Nick...» sospirò, «Scusa.»

«Potevi chiamarmi!» esclamò lui, «Mandarmi un messaggio, passare da casa... e invece niente.»

«Mi dispiace...» mormorò Lynn, sentendo le ciglia bagnarsi di lacrime. «Anche Aaron... l'ho incontrato in aeroporto.»

«Aaron?» Nick socchiuse gli occhi, «Anche lui lo sa?»

Lynn aprì la bocca, «Ci siamo incontrati a San Diego e mi ha offerto un passaggio a casa.» spiegò.

«Potevi chiamarmi.» sospirò Nick, «Potevi dirmelo e sarei venuto a prenderti.»

«Non ci ho pensato.» si giustificò lei. «E comunque... non ti sei chiesto perché sono tornata a casa?» domandò, «No, tu sei venuto qui solo per il tuo stupido orgoglio ferito!» gridò.

Nick. Nick. Nick.

Nick spalancò la bocca. «Io...» disse e si accorse che Lynn aveva ragione: non si era chiesto perché Lynn fosse tornata, si era solo arrabbiato perché lei non gli aveva detto nulla. «Scusa.» sospirò passandosi la mano destra sul viso. «Perché sei tornata?» domandò.

«Perché Jacob è un coglione.» rispose lei.

"Questo lo sapevo già." pensò Nick ma non lo disse, «Capisco.» esclamò, «Perché avete litigato?»

Lynn sorseggiò il caffè, accorgendosi solo allora di non averlo zuccherato. Rimediò subito, aggiungendo anche un po' di latte. «Perché era sempre al lavoro e io sempre a casa, da sola.» rispose, «Me ne sono andata perché mi aveva promesso di essere a casa per cena e che saremmo andati al ristorante, invece ha preferito rimanere in ufficio. Quando mi sono lamentata mi ha detto di non fare la bambina.» spiegò, «Così ho fatto le valigie, gli ho lasciato una lettera in cui gli dicevo che se mi lasciava sempre sola tanto valeva che tornassi qui.»

Nick annuì, «Hai ragione.» disse, «Aspetta... lo hai lasciato?» domandò.

Lei annuì. «Sì.»

«Chi altro sa?» domandò Nick, felice che Lynn avesse lasciato Jacob ma ancora offeso perché lei non gli aveva detto nulla. Pensò che avrebbe dato una strigliata ad Aaron appena lo avesse sentito.

«I miei.» rispose Lynn sorseggiando il caffè.

«Potevi dirmelo, però.»

«Nick... non ricominciare.» sospirò Lynn.

«Dovevi dirmelo!» esclamò Nick. «Non lo hai fatto.» mormorò, «Credevo che fossi mia amica.»

«Lo sono!» replicò lei posando la tazza sul tavolo, «Noi siamo amici, Nick.» sospirò, «È solo che...»

«Che hai preferito ignorarmi.» finì Nick per lei.

«No!» esclamò Lynn, «Non te l'ho detto perché.. perché..» si fermò, non riuscendo a trovare le parole per dire quello che provava. "Perché sei importante per me, idiota." pensò.

«Ho capito, Lynn.» Nick scosse la testa. «Non hai voluto dirmelo e basta. Credevo che fossi mia amica.» disse. «Ciao, Lynn.» salutò e si avviò alla porta, sentendosi sempre più triste ogni passo che faceva.

«No, Nick!» gridò Lynn, «Aspetta, non andare via.» esclamò seguendolo, «Nick, aspetta, per favore.» disse seguendo fuori di casa.

Una volta fuori dall'abitazione Nick corse verso la sua auto, ignorando Lynn che lo chiamava piangendo. Gli aveva mentito, anche se non si poteva definire una bugia, quella di Lynn. Aveva omesso. Aveva taciuto su una cosa così importate. AJ e suo fratello lo sapevano e non gli avevano detto nulla. Si sentì tradito anche da loro.

Inspirò a fondo, ignorando il cellulare che squillava e il nome di Lynn che lampeggiava sullo schermo.

Si sentì tradito dall'unica persona da cui sperava di non essere mai tradito, dall'unica persona in cui aveva riposto totale fiducia, quella persona a cui avrebbe affidato la sua vita a occhi chiusi e senza pensarci due volte.

Lynn. Lynn. Lynn.

"Sono innamorato di Lynn."

***

«Nick... per favore, non arrabbiarti con me.» singhiozzò Lynn alla segreteria telefonica, «Io avrei dovuto dirtelo, lo so ma non... io... mi dispiace tanto.» piagnucolò, «Ti prego, scusami.» mormorò, «Nick, siamo amici da così tanto... perdonami, ti prego. Nick, per favore...»

Lynn chiuse la chiamata e singhiozzò, dicendosi che era tutta colpa sua, che aveva deluso Nick, che avrebbe dovuto dirglielo subito, immediatamente, appena era rientrata in casa.

Invece aveva taciuto, costringendo a fare la stessa cosa ad Aaron e AJ. Ed ora Nick non le parlava più. Era passata una settimana e Nick non rispondeva né alle chiamate né ai messaggi.

«È colpa mia.» mormorò stringendo le ginocchia al petto. «Sono una scema.» sussurrò sentendo la mancanza di Nick.

Pianse fino ad addormentarsi sul divano, mormorando il nome di Nick nel sonno.

***

Nick ascoltò per l'ennesima volta il messaggio — uno dei tanti — che Lynn aveva lasciato in segreteria. Una parte di lui gli urlava, lo implorava di perdonarla, di dimenticare che non gli avesse detto nulla. Ma non ci riusciva, era più forte di lui. Non riusciva a dimenticare che lei lo avesse ignorato, non dicendogli una cosa così importate come aver lasciato Jacob ed essere tornata a casa.

Voleva perdonarla, solo non ci riusciva. Inspirò a fondo e gettò il telefono dall'altra parte del divano. Quella mattina aveva litigato con Lauren, tutto perché non aveva voluto dirgli il motivo del suo malumore. E in più era offeso perché Lauren aveva commentato con un "Ah, davvero?" quando lui le aveva detto che Lynn era tornata.

Era arrabbiato con tutti e tutto, in particolare con se stesso.

Lynn. Lynn. Lynn.

***

Passò quasi un'ora prima che Nick sganciasse la bomba, durante una breve pausa e solo perché Brian gli chiese come stesse Lauren, altrimenti lui non avrebbe aperto bocca. Continuava a sentire i singhiozzi di Lynn, giravano nella sua testa continuamente, facendolo sentire male per quelle due settimane e mezzo di silenzio.

«L'ho lasciata.» rispose guardandosi attorno, senza soffermarsi su nessuno in particolare, «È tornata dai suoi.» disse.

«Hai lasciato Lauren e lei è tornata dai suoi?» chiese Brian come se non avesse sentito bene .

Nick sospirò e annuì. «Sì.» soffiò.

«Cosa vuol dire che hai lasciato Lauren e l'hai cacciata da casa?» strillò Brian fissando Nick come se volesse dargli un cazzotto — e in quel momento lo avrebbe fatto volentieri.

«Non l'amo più.» si giustificò Nick scrollando le spalle, «Cosa devo fare, stare con lei anche se non ne sono più innamorato?»

Brian sospirò, «Parlare con lei!» sibilò, «Stai insieme da tanto, devi fare tutto per salvare il rapporto!» esclamò, il viso paonazzo, «Non volevi sposarla?» domandò, «Quando Lynn ti ha detto che sarebbe partita tu mi hai detto che volevi sposare Lauren.» esclamò, avvicinandosi all'altro, mentre Kevin, Howie e AJ osservavano la scena, «E poi...» Brian sbiancò, «E poi... poi quando Lynn è tornata tu hai lasciato Lauren.» mormorò, iniziando forse a capirci qualcosa. Nick lo aveva fatto solo perché Lynn gli era mancata. Sarebbe tornato tutto a posto.

«Credo di essere innamorato di Lynn.» soffiò Nick e alzò lo sguardo, puntandolo su Brian.

«Credi di essere innamorato di Lynn?» ripeté Brian più incredulo che sconvolto, «Credi?» gracchiò, «Ma tu ami Lauren!» esclamò, sempre più arrabbiato.

«No, se è innamorato di Lynn.»

Brian si voltò verso Kevin, «Cosa?» domandò, «Tu... tu sapevi?»

«Sapevi cosa?» domandò Howie, che non capiva più nulla. Nick era innamorato di Lynn? «Ti piace Lynn?» quasi strillò.

«Alla buon'ora.» commentò AJ incrociando le braccia e appoggiandosi al muro dietro di lui.

«Tu lo sapevi?» domandò Howie fissandolo, «Sono l'unico pirla che non si è accorto di nulla?» chiese, più rivolto a se stesso che all'amico.

«No.» rispose Kevin, «Anche Brian non lo aveva capito.» disse, «E neppure Nick.»

Il ragazzo sobbalzò nel sentire il suo nome e nell'accorgersi che quasi tutti lo sapevano.

Brian fissò il cugino come se volesse incenerirlo, «E non hai niente da dire?» domandò, «Non ti pare assurdo, tutto ciò?»

Kevin sospirò, «No.» rispose, «Doveva succedere, prima o poi.» disse e scrollò le spalle.

Brian inspirò lentamente e fissò i presenti: Kevin lo guardava, supplicandolo con gli occhi di fare un respiro profondo e di calmarsi, AJ se ne stava appoggiato al muro, lo sguardo di chi si aspettava una cosa del genere da tempo, Howie e la sua aria stupita e quasi stupida. Infine Nick, che continuava a guardarsi le scarpe, le mani affondate nella tasca della felpa blu. «Doveva succedere?» mormorò guardandolo, «Quello che doveva succedere era che tu non buttassi via anni di relazione.»

Nick inspirò a fondo, iniziando a pentirsi di aver voluto raccontare tutta la verità, «Ho fatto quello che ritenevo giusto.» esclamò, «Non posso mentirle.»

«Ma puoi ancora salvare la tua relazione!» gridò Brian, agitando i pugni, fissando Nick che non reagiva e la cosa lo faceva infuriare ancora di più. «E Jacob?» esclamò, «Non pensi a lui? Anche lui soffre, come Lauren.» disse, «Voleva sposare Lynn e tu hai rovinato tutto.» esclamò agitando l'indice destro davanti al viso di Nick che rimase in silenzio. Jacob voleva sposare Lynn? Era la prima volta che lo sentiva!

«Jacob e Lynn sposati?» gracchiò Howie e scoppiò a ridere.

«Che c'è di divertente?» domandò Brian, «Lui l'ama!»

«È che...» Howie smise di ridere, «Non ce la vedo Lynn sposata con quel damerino con un manico di scopa nel sedere.» ammise, «Insomma, lui è troppo serio, troppo... troppo Sheldon.»

«Sheldon?» fece Kevin, senza staccare gli occhi dal cugino, aveva paura che potesse mettere le mani addosso a Nick.

«Sheldon Cooper, The Bing Bang Theory.» rispose Howie e Kevin annuì, «Dai, Lynn è il tipo da surfista, giocatore di football o basket... non da contabile!»

Nick lo fissò e si concesse il primo sorriso da quando era entrato in quella stanza, almeno non era l'unico che pensava una cosa del genere — e si sentì sollevato da tutto ciò.

«Già.» commentò AJ, ancora appoggiato alla parete, come se avesse paura che il muro potesse crollare se lui non avesse continuato a starsene lì, «Jacob è un bravo ragazzo, su questo non c'è dubbio, ma è troppo... ingessato.»

«State parlando di una persona.» esclamò Brian, esasperato da tutta quella situazione, chiedendosi perché nessuno fosse dalla sua parte. «Non è come dite voi.»

«Sì che lo è.» esclamò Kevin, gli occhi fissi sul cugino, «È troppo serio, anche per me.» disse, «E se lo dico io... fidati che è così.» disse muovendo le mani davanti a sé, come se quel discorso per lui fosse chiuso, «Dai, lo hai visto anche tu! Non ride mai, mai!» esclamò, quasi annoiato da dover spiegare l'ovvio al cugino, «Mi chiedo cosa ci abbia trovato Lynn in lui.»

Brian sbuffò e scosse la testa come se volesse scacciare tutti quei pensieri e chiedendosi perché fossero tutti contro di lui. Okay, conosceva anche lui Lynn da quando la conoscevano gli altri e ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista: uno scricciolo di undici anni, magrissima, una vocetta squillante — quasi petulante, a volte — e un sorriso dolce. Ma era Lynn, un'amica di Nick, non poteva credere che lui fosse innamorato di lei e lei di lui. Chissà, magari piangeva perché le mancava Jacob... scosse di nuovo la testa, infastidito da tutti quei pensieri.

«Smettetela.» sbottò, «Nick, non puoi lasciare una persona solo perché credi di essere innamorato di un'altra.» esclamò fissando il piccolo del gruppo — anche se ormai aveva trentasei anni e non era più così piccolo! — «Abbi un po' di fiducia e fede.» disse dopo un respiro profondo.

«Non sono più innamorato di Lauren.» sospirò l'altro e fece mezzo giro su se stesso, «Non posso stare con lei se non la amo.» disse voltando il viso e guardando Brian, chiedendosi perché non lo capisse, perché non volesse capirlo.

«Tu pensi solo a te stesso.» sbottò Brian, «A Lauren e Jacob non pensi?» domandò.

«Jacob può pure fottersi.» replicò Nick e a Brian non sfuggì il tono acido dell'amico. «Ha strappato Lynn da casa sua, dai suoi amici, dai suoi parenti e se ne è fregato se lei a Shanghai non conosceva nessuno, se stava male, se aveva dovuto abbandonare tutto quanto.» esclamò, «Sapeva che voleva aprire il ristorante e non le ha dato il suo appoggio, anzi, ci mancava poco e la prendeva in giro!» quasi gridò, nel ricordare l'espressione felice di quel tardo pomeriggio quando Lynn aveva mostrato a lui e ad Aaron quel locale, la gioia che traspariva da ogni singolo movimento.

«Aprire un ristorante da zero non dev'essere facile.»

Nick si girò verso Brian, «Cosa vuoi dire?»

Brian incrociò le braccia e sorrise, quasi vittorioso, sapendo di stare per dire qualcosa che non sarebbe piaciuto a Nick. «Che Lynn sperava che tu l'aiutassi. Sperava che, visto che siete amici, tu l'aiutassi ad avviare il ristorante. È per questo che è tua amica: solo per opportunismo.»

AJ sollevò lo sguardo dal pavimento quando sentì lo schiaffo, fissò Brian massaggiarsi la guancia offesa e Nick che lo guardava come se avesse voluto prenderlo a pugni. E mentre lui li osservava, la bocca spalancata, e Kevin che non sapeva cosa fare — le sue mani erano ferme, vicino alla testa, come se si fosse bloccato a metà del gesto di portarsele ai capelli — fu Howie a riscuotersi. Si mosse e si avvicinò a Nick e Brian, s'infilò fra loro due e posò le mani sulle spalle del più giovane, spingendolo indietro. «Calmati, Nick.» esclamò, la voce ferma e lo sguardo puntato in quello dell'altro, «Brian non intendeva quello.»

«Sì che lo intendeva.» replicò Nick degnando Howie di una breve occhiata, per poi spostarsi su Brian, «Intendeva proprio quello.» ringhiò.

«No.» esclamò Howie, «Non voleva dire quello, vero?» chiese e girò il viso, fissando Brian, «Vero?»

«No.» rispose l'altro. «Intendevo proprio quello.» disse, ignorando AJ che li guarda a bocca aperta e Kevin che scuoteva la testa.

Howie fissò Brian, «Non è vero.» disse, chiedendosi come si potesse pensare una cosa del genere di Lynn. Avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa a Nick — e lui l'avrebbe fatta senza chiederle spiegazioni — ma non lo aveva mai fatto. «Lo sai anche tu che Lynn è testarda e orgogliosa e non chiederebbe mai una cosa del genere a nessuno.»

«Lynn...»

«Non offendere Lynn!» abbaiò Nick fissando Brian, cercò di avanzare ma Howie aveva le mani sulle sue spalle e non aveva intenzione di togliersi di mezzo.

«Brian non vuole offenderla.» esclamò AJ avvicinandosi di qualche passo, «Adesso chiedi scusa per prima.» disse e pensò che se non lo avesse fatto, sarebbero stati nella merda. L'ultima cosa che ci voleva era un litigio. «Perché conosciamo tutti quanti Lynn e sappiamo com'è.» esclamò, «Testarda e orgogliosa.» disse, «Non chiederebbe nulla del genere a Nick, lo sappiamo bene, tutti quanti.» aggiunse, «E le vogliamo bene, tutti quanti.»

«Io...»

«Le vuoi bene anche tu.» sbottò Howie girandosi verso Brian, ma rimanendo fra lui e Nick. «Guarda che me lo ricordo ancora, come ti sei comportato quel giorno.»

Brian sobbalzò, punto sul vivo. Aveva capito a cosa si riferisse Howie, «Non ho idea di cosa intendi.» mentì.

Howie sorrise, «Sì che ce l'hai.»

«No.»

«Di cosa state parlando?» sbottò Kevin, riscuotendosi dal suo torpore.

«Quel giorno. Quando Lynn è venuta da noi, incazzata nera, con la voglia di spaccare qualcosa e ci ha urlato che era stata mollata a un mese dal ballo del diploma.» spiegò Howie e vide Brian sobbalzare, «E tu,» lo fissò «ti sei comportato come un fratello maggiore.» aggiunse, «E tu,» continuò «ci hai detto che avresti voluto dare un cazzotto a quel ragazzo che aveva spezzato il cuore alla piccola Lynn.» disse, «Quindi non fare quello a cui di Lynn non gliene è mai fregato un cazzo, perché lo sappiamo tutti che è una palla.»

«Io...» mormorò Brian.

«Ma piantala.» sbottò Kevin avvicinandosi al cugino, «Lo sappiamo che sei sconvolto, ma Nick sa quello che fa.» disse, "Speriamo." pensò, «Chiedi scusa.» disse, anche se sembrò più un'ordine che una richiesta. E fu solo AJ ad accorgersi che Kevin stringeva il polso di Brian, come se temesse che facesse qualche sciocchezza, tipo dare un pugno a Nick — o forse lo faceva perché voleva solo calmarlo.

Brian sospirò e si passò le mani fra i capelli, chiedendosi cosa dovesse fare.

«Dai,» proseguì Kevin, «Guardalo, guarda Nick.» disse e Brian lo fece, «Non lo vedi? Ha la faccia di un cucciolo bastonato!» esclamò, «Potrà avere pure trentasei anni, ma adesso è come un ragazzino.» continuò, «Ha bisogno di qualcuno che lo consigli, non che gli abbai contro e che offenda Lynn.» sospirò, «Quindi...» riprese a parlare dopo un attimo di silenzio, «Apri quella cazzo di bocca e chiedi scusa!» gridò, facendo spaventare persino AJ, che fece un balzo all'indietro, osservandolo e chiedendosi se non stesse diventando matto.

«Io...» sospirò Brian, «Scusami.» disse, diede uno spintone a Howie — che barcollò e quasi cadde per terra se non ci fosse stato AJ a sostenerlo — abbracciò Nick, «Mi dispiace.» disse.

«Oh... grazie.» mormorò l'altro, sorpreso. Davvero gli stava chiedendo scusa?

Brian fece un passo indietro, «Lynn come l'ha presa?» domandò.

Nick avvampò e si guardò attorno, fermando lo sguardo sul grande tavolo rotondo, «Non lo sa.» soffiò.

«Non lo sa?!» esclamò Brian, «Come non lo sa?» ansimò.

«Abbiamo litigato.» mormorò Nick.

«Litigato?» fece Brian, «E perché?»

Nick sospirò, «Perché lei non mi aveva detto di essere tornata e ho dovuto scoprirlo da Ava.» sbottò e guardò AJ.

«Eh?» mormorò Brian, fissandolo a sua volta.

«Io e Rochelle avevamo promesso di non dire nulla.» spiegò AJ, «È anche mia amica, non solo tua.» si giustificò, «Ma non ho contato mia figlia, che ha spiattellato tutto» sospirò e sorrise pensando alla piccola.

«Non importa.» Brian scrollò la testa, «Chiedi scusa a Lynn!» strillò, «Stupido.»

«Io... io ero furioso, con lei.» sbottò Nick, «Perché quando era a San Diego invece di chiamarmi ha chiesto un passaggio a mio fratello.»

«Perché anche lui era appena arrivato e doveva venire qui.» spiegò AJ. «Ed è stato lui a offrire il passaggio.»

«E poi perché non mi ha detto nulla.» continuò Nick lanciando un'occhiataccia a d AJ che continuava ad interromperlo, «E niente, abbiamo litigato e basta.»

Brian sospirò, «Quando?» chiese, «Quando avete litigato?»

«Quattro giorni fa.» mormorò Nick evitando di guardarlo.

«Tu sei idiota.» borbottò Brian, «E poi dite che non devo arrabbiarmi?» esclamò fissando gli altri, «Io mi arrabbio eccome!» strillò, afferrò il braccio di Nick e lo strattonò, «Tu adesso vai da lei e le chiedi scusa, okay?» esclamò, fissandolo,«E le dici che ti piace, che sei innamorato di lei, che provi qualcosa per lei...» continuò, «Diglielo come vuoi, basta che glielo dici!»

«E se lei mi dice di no?» pigolò Nick, «E se lei non prova quello che provo io?» mormorò, gli occhi bassi.

AJ scoppiò a ridere, attirando l'attenzione su di sé, «Oh, Nick...» gemette, «Sei... sei... stupido, lo sai?» sbottò e Nick lo fissò sorpreso, «Dai, ha chiesto a me e a tuo fratello di non dirti nulla, è scappata da Shanghai... andiamo, se non è confusa anche lei non so chi possa esserlo!» esclamò e fissò Nick che lo fissava, la faccia a metà fra la sorpresa e il dubbio, «Nick, sveglia!» continuò, «Non voleva che tu lo sapessi perché sei tu il motivo per cui è scappata, decidendo il tutto in meno di dieci minuti, e non perché Jacob non è tornato per cena!» esclamò e di ciò ne era sicuro, era bastata l'espressione di Lynn alla sua domanda se Nick lo sapesse per fargli capire tutto quanto, anche se lo sapeva già, lo aveva già intuito che fra i due ci fosse qualcosa di più di un'amicizia, per quanto forte potesse essere.

Nick spalancò la bocca, «Sei sicuro?» chiese.

«Sì che è sicuro.» disse Howie, «Nick, se non ti butti non lo saprai mai!»

«Vai da lei.» disse dolcemente Brian, «Adesso!» gridò, «Prima che m'incazzi sul serio e ti prenda a calci.»

Nick sobbalzò, «Io...»

«Adesso!» urlò Brian.

«Sì, vado.» Nick si riscosse, «Vado.» esclamò, prese le sue cose e corse via, con un solo pensiero in mente.

Lynn. Lynn. Lynn.

***

Nick la vide. Finalmente.

Lynn era appollaiata su un grosso masso, le ginocchia piegate e le braccia su di esse. Fissava l'acqua e le onde che si infrangevano sulla riva, il sole che tramontava, lasciando dietro di sé scie rossastre.

Nick la raggiunse e si sedette accanto a lei, in silenzio. Ne osservò il profilo, le lunghe ciglia e le labbra e gli sembrò che tremassero. «Lynn...» soffiò e la fissò mentre si voltava verso di lui.

«Nick.» bisbigliò lei.

«Scusami.» disse lui guardandola e accorgendosi delle occhiaie e dell'aria stanca, «Non volevo dirti quelle cose.» mormorò, «Mi dispiace.» disse e deglutì, non sapendo come andare avanti. Tutto il discorso che si era preparato era volatilizzato, svanito appena l'aveva vista.

«Anche a me.» mormorò lei e tornò a guardare l'oceano. «Scusa.» disse e tolse le mani dalle ginocchia e le abbassò, si sfiorò i piedi e strinse le caviglie con forza, come se volesse impedirsi di scappare — cosa che le era passata per la mente appena aveva visto Nick arrivare.

Nick fissò la mano destra, le dita che artigliavano la stoffa blu scuro dei jeans, allungò la mano, distese le dita e le sfiorò il dorso della mano, senza dire una parola. «Lynn.» soffiò e sorrise quando lei si girò a guardarlo, «Cosa...» mormorò, «Cosa succederà?» domandò e per un attimo ebbe paura di un'eventuale risposta negativa, un "Niente." che avrebbe distrutto tutte le sue speranze.

Lei inspirò a fondo, gonfiando le guance, espirò e abbassò gli occhi, per rialzarli subito dopo, «Non lo so.» rispose, «Io... non... io...» mormorò e fissò Nick, socchiuse le labbra e posò la fronte sulla spalla di lui che per un'istante rimase fermo, immobile, come se fosse sorpreso — e in effetti un po' lo era —, si riscosse e l'abbracciò, stringendola forte e le baciò la testa prima di sfiorarle la schiena con la mano aperta.

Nick le diede un altro bacio, «Vediamo come va, okay?» disse e la fissò, accorgendosi delle guance bagnate di lacrime e degli occhi rossi. Gli si strinse il cuore e l'abbracciò più forte, cercando di trasmetterle un po' di sicurezza, anche se quella mancava anche a lui. «Ho lasciato Lauren.» disse.

Lynn deglutì, «Ah, davvero?» commentò e lo fissò, perdendosi nei suoi occhi, le labbra si piegarono in un mezzo sorriso. Avrebbe voluto aggiungere altro, chiedere come, dove, quando e perché e, sopratutto, se l'avesse fatto per lei ma tacque, limitandosi ad appoggiarsi a lui.

«Non potevo più stare con lei.» disse Nick, «Non posso perché.. perché..» balbettò e sentì il viso avvampare, come se avesse avuto quindici anni e non trentasei.

Lynn alzò il viso e lo guardò accennando un mezzo sorriso, «Non puoi perché?» domandò.

Nick distolse lo sguardo, «Non posso perché io... perché io...» borbottò, inspirò a fondo e guardò Lynn, «Perché io ti...» si fermò di nuovo, la paura che gli bloccava le parole — quella parola — in gola.

Lynn sorrise e avvicinò il viso a quello di lui. «Perché?» domandò.

«Perché ti amo.» sputò e quasi cadde quando Lynn si avvinghiò a lui e lo baciò, si accorse di quello che stava facendo e la strinse, inspirando il profumo di lei, passando le mani fra i capelli. «Lynn.» soffiò quando si staccò da lei, anche se non avrebbe voluto staccarsi, ma aveva bisogno d'aria, «Lynn tu...»

«Ti amo, scemo.» mormorò lei e lo baciò di nuovo. Non sapeva come sarebbe finito tutto quanto — non voleva che finisse —, non sapeva come sarebbero andate le cose ma era felice. Felice perché era di nuovo a casa.

«Il ristorante?» domandò Nick continuando a tenere stretta Lynn a lui.

«Fra sei settimane apro.» rispose lei. «Il tempo che arrivino le cose che ho ordinato e che sistemino tutto quanto.» disse.

«Come lo chiamerai?» domandò lui sfiorandole con l'indice il colibrì.

Lynn rise, «Lo saprai.» disse e Nick sorrise, «Quando ci sarà l'inaugurazione.» ridacchiò e Nick fece il broncio, causando altre risate da parte di Lynn.

«Neppure un aiutino per aiutarmi a indovinare?» chiese e strinse la mano di Lynn, intrecciando le dita con quelle di lei.

«Se ci pensi potresti arrivarci.» replicò lei.

Nick sbuffò, «Non vuoi dirmelo, eh?» borbottò.

Lynn gli diede un bacio sulla guancia, «No!» ridacchiò e si accoccolò contro di lui, sentendo il suo profumo, il suo calore e... il suo amore.



Ed ecco qui il quarto capitolo. Il prossimo sarà l'epilogo che sto scrivendo.
È un capitolo molto lungo, sono quasi settemila parole, scusate. Ma non mi andava di dividerlo.
Grazie a chi legge!

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Capitolo 5
*** Cinque ***


Niente di quanto narrato in questa fanfiction è¨ reale o ha la pretesa di esserlo. È frutto della mia fantasia e non vuole assolutamente offendere la persona in questione. I personaggi originali appartengono alla sottoscritta.


Hummingbird

❀❀❀ Cinque ❀❀❀



 Nick entrò nel locale, fissando gli enormi teli di plastica trasparente che coprivano il pavimento e il bancone. I tavoli e le sedie erano accatastati in un angolo, coperti anche loro. I lampadari e le applique appese alle pareti, insiemi ai vari quadri e stampe erano stati tolti qualche giorno prima; aveva aiutato lui Lynn a toglierli e a sistemarli in vari scatoloni. Guardando meglio le pareti, Nick si accorse che i rettangoli più chiari erano spariti, sotto alcuni strati di vernice di un rosa pesca chiaro. 

«Lynn.» esclamò e sorrise quando lei si girò.

«Nick!» trillò lei, felice, andandogli incontro. Lo abbracciò e gli baciò velocemente le labbra.

«Come vanno le cose?» domandò Nick e le sfiorò i capelli, ancora incredulo di stare insieme a lei, che lei lo amasse come lui amava lei.

«Bene.» rispose Lynn, «Fra poco danno la seconda mano.» indicò i muri, dipinti con una tinta color pesca. «Poi mancano i bagni, lo spogliatoio e il mio ufficio ed è finito.» sospirò dal sollievo.

«Manca l'insegna.» notò lui e porse a Lynn il sacchetto che aveva portato. Lei glielo strappò dalle mani e lo aprì, afferrò il bicchiere con il cappuccino gigante e sorrise.

«Quella arriverà un paio di giorni prima dell'apertura.» disse togliendo il coperchio di plastica.

«Non mi dirai come si chiama, vero?» rise Nick e prese il bicchiere con il caffè macchiato, lasciando il sacchetto di carta sul bancone.

«Esatto.» rispose Lynn, le labbra sporche di schiuma di latte, «Lo scoprirai il giorno dell'apertura.» 

«Sai cattiva, sai?» soffiò lui prima di baciarla.

Lynn rise, «Oh, lo so.» disse, «Ma è una sorpresa.» esclamò. «E comunque, se volessi, potresti arrivarci.» disse.

Nick la osservò per un'istante, aveva pensato e ripensato a tutte le cose che piacevano a Lynn ma non riusciva a immaginarsi quale nome avesse dato al ristorante. «Uffa.» borbottò.

Lynn rise, «Dai, ormai mancano pochi giorni.» disse, «Poi la tua curiosità sarà soddisfatta.» esclamò appoggiandosi al bancone

«Ma io voglio saperlo.» protestò lui, le labbra piegate in un finto broncio.

Lynn rise, «Aspetti, aspetti.» cantilenò, felice. Afferrò la mani di Nick e intrecciando le dita con quelle di lui. Andava tutto bene: il suo locale stava per essere inaugurato, stava insieme a Nick... era felice.

Nick sbuffò, «Antipatica.» mormorò.

Lynn rise ancora, «Impaziente.» soffiò prima di baciarlo. «Sei terribilmente curioso.» mormorò con gli occhi socchiusi, fissando il viso di Nick da sotto le ciglia ricoperte di mascara nero.

«Tu non mi dici nulla.» protestò lui. «Io voglio sapere.» sbuffò, trattenendosi dal pestare il piede sul pavimento e fare i capricci come un bambino di tre anni, «Uffa.»

Lynn rise, «Dio, Nick!» sghignazzò, «Sei peggio di un bambino che fa i capricci!» lo prese in giro, «Sei infantile, ogni tanto.» aggiunse e piegò di lato la testa, continuando a guardarlo con il sorriso sulle labbra.

Nick la fissò e sfoderò il suo miglior sorriso, «Ma mi ami proprio per questo.» disse.

Lynn sbuffò e alzò gli occhi al cielo prima di bere un altro sorso di cappuccino, «Pare proprio di sì.» replicò e sorrise.

Nick posò il bicchiere sul bancone, «Ah, sì?» fece mentre un lampo passava negli occhi azzurri, «Pare proprio di sì?» ripeté e afferrò il bicchiere di Lynn per poi posarlo accanto al suo, «Sai cosa vuol dire questo?»

Lynn rise, «Nick!» squittì quando le dita di lui le sfiorarono i fianchi coperti dai jeans blu scuro.

«Vuol dire guerra.» esclamò Nick.

Lynn indietreggiò, «No, Nick.» disse, capendo cosa volesse farle, «Ti prego no.»

Lui rise e le si avvicinò, «Oh sì, invece.» rise, «Solletico.» disse e iniziò a inseguire Lynn, che scappava da lui ridendo. Lynn si ritrovò bloccata nell'angolo fra il muro e il basso muretto che divideva la sala dall'ingresso. «Sei mia.» soffiò Nick sul suo collo senza smettere di solleticarle la pancia e i fianchi, mentre Lynn non smetteva di ridere.

«Nick, smettila.» squittì lei, cercando di divincolarsi. Si aggrappò all ripiano del muretto e cercò di issarsi, «Nick!» strillò quando lui le alzò la canotta, «Smettila.»

«Oh, no.» rise lui mentre lei riusciva a salire sul muretto ricoperto dal telo di plastica, la fissò mentre si sdraiava, ansimante e sorrise.

Lynn lo fissò sorridendo, «Dai, Nick.» soffiò allungando le gambe, «Mi pare abbastanza.»

Nick rise e si chinò, «Forse sì...» mormorò, «Forse no.» soffiò e sfiorò con la punta delle dita la pancia di lei, toccando il draghetto tatuato. Abbassò ancora di più la schiena, senza smettere di fissarla, chiuse gli occhi e la baciò, stringendole il fianco, sentendo la pelle liscia sotto le dita; Lynn gli circondò il collo con le braccia. «Ti amo.» mormorò aprendo gli occhi e trovandola bellissima, con le guance rosse, le labbra socchiuse e i capelli arruffati. Le spalline sinistra della canotta e del reggiseno erano scese sul braccio, mostrando il colibrì.

«Hummingbird.» mormorò alzandosi di scattato e lasciando la presa sul fianco di Lynn che, presa alla sprovvista, quasi rotolò dall'altra parte.

«Nick!» strillò lei aggrappandosi ai mattoni rossi sporgenti, «Ma sei scemo?» gracchiò, «Mi stavi facendo cadere.» sbottò.

«Hummingbird.» ripeté Nick, mentre Lynn si metteva seduta. «Lo chiamerai così, vero?»

Lei lo osservò. «Cosa?» domandò.

«Il ristorante.» rispose Nick. «Hummingbird.» ripeté per la terza volta. «Colibrì.» disse indicando il tatuaggio di lei. «Ho ragione.»

Lei alzò le spalle. «Hummingbird?» domandò. «Non mi pare un nome adatto a un locale dove mangiare.» disse e saltò giù dal muretto, per poi andare a recuperare il cappuccino.

«Ah.» commentò Nick raggiungendo, «Mi avevi detto di pensarci, che potevo arrivarci da solo...» sospirò prendendo il caffè, «E io ci ho pensato.» disse, «Pensavo che potesse essere quello.» mormorò, deluso. Per momento aveva davvero creduto che potesse essere quello il nume del ristorate. "In fondo Lynn si era tatuata il colibrì solo perché le piaceva il disegno, poteva dare lo stesso nome anche al ristorante." pensò.

«Ritenta.» rise Lynn, «Andrà meglio la prossima volta.» disse.

«Signorina?»

Nick e Lynn si girarono verso i due uomini, «Sì?» disse lei.

«Abbiamo finito il bagno.» disse il più alto, «Venga a vedere.»

Lynn annuì, bevve un altro sorso e posò il bicchiere sul bancone, per poi raggiungere i due imbianchini, Nick dietro di lei.

La porta era stata tolta e Lynn si affacciò nell'anti bagno, fissando le piastrelle del pavimento bianco sporco, con venature giallo chiaro, ricoperte dal telo di plastica, quelle del muro, con lo stesso motivo, il triplo lavandino e il marmo scuro che lo circondava, anch'esso ricoperto dal telo. L'ultimo quarto dei muri e il soffitto erano stati dipinti di un giallo paglierino. Le porte che conducevano ai bagni degli uomini, delle donne e dei disabili erano state tolte, rivelando le stesse piastrelle e lo stesso arredamento dell'antibagno; anche, le porte dei cubicoli dei gabinetti erano state tolte, i sanitari ricoperti dal telo. Anche lì i muri avevano lo stesso colore. «Va benissimo.» esclamò, «È perfetto.» sospirò, felice che la ristrutturazione fosse a buon punto. Mancava la seconda mano di vernice e pulire tutto quanto, ma il grosso era stato fatto.

«Dobbiamo dare la seconda mano.» disse uno dei due imbianchini, «Lo facciamo domani.» continuò, «Adesso manca solo di finire lo spogliatoio, i bagni del personale e il suo ufficio, signorina.»

Lynn annuì, «Che ore sono?» domandò.

«Cinque minuti a mezzogiorno.» rispose Nick, fermo dietro di lei.

Lynn annuì ancora, «Bene... andate pure a pranzare.» disse, «Ci vediamo qui alle due, okay?» esclamò e gli altri due annuirono, prima di sistemare quello che avevano usato. Lynn tornò al suo cappuccino, ormai freddo.

«Andiamo a mangiare, allora?» le chiese Nick, sfiorandole una spalla, toccandole la spallina della canotta.

«Ovvio.» rispose lei, finì il cappuccino e infilò il bicchiere vuoto nel sacchetto di carta. Aspettarono che gli altri due uscissero e lo fecero anche loro. Lynn chiuse le due porte del locale, infilò le chiavi nella borsa e fissò Nick. «Dove andiamo?»

Lui scrollò le spalle, «Scegli tu, cara.» rispose.

Lei lo fissò, gli occhi socchiusi, «Non chiamarmi cara.» disse e inspirò a fondo. «Pizza?» propose e Nick annuì, le prese la mano e la portò verso la sua auto.

***

Nick fissò Lynn, sdraiata accanto a lui. Era bellissima, con i capelli sparsi sul cuscino e l'espressione rilassata. Ogni volta che la fissava, Nick si chiedeva come avesse fatto a non capirlo prima. Come avesse fatto a non accorgersi di quanto l'amasse. Si ripeté che era stato fortunato a conoscerla, tanti anni prima, quando le aveva rubato la palla e lei aveva reagito con violenza, prima saltandogli sulla schiena e poi prendendolo a schiaffi.

Quasi rise quando si ricordò che aveva pensato che non avrebbe più voluto vederla... invece aveva continuato a frequentarla, a volerle sempre più bene, ad amarla.

«Sei un maniaco?»

Nick si trattenne dall'urlare nel vedere Lynn spalancare gli occhi e fissarlo. «Lynn.» gracchiò, «Sei sveglia?» pigolò

Lei accennò un sorriso e sbadigliò, portando le braccia oltre la testa e inarcando la schiena, stiracchiandosi i muscoli mentre il lenzuolo scivolava via dal suo corpo, mostrando il seno, «Già.» disse, «E tu mi guardavi fisso.» aggiunse, «A cosa pensavi?» chiese.

«A quanto ti amo.» rispose lui e si chinò per baciarla.

Lynn rise, «Ti amo.» soffiò sfiorandogli il viso. «Che ne dici di fare colazione?» propose dopo uno sbadiglio.

«Pronta per l'inaugurazione?» 

Lynn si fermò, seduta sul letto, i piedi immersi nel morbido tappeto celeste. Sentì le spalle contrarsi a quelle parole mentre lo stomaco si stringeva in una morsa. Non voleva pensarci, non voleva entrare in uno stato di agitazione, altrimenti —  ne era sicura —  sarebbe fuggita.

«Lynn?» chiamò Nick, «È stasera.»

«Oh, lo so.» borbottò lei. «Sono pronta.» disse.

«Guardami, Lynn.»

Lei girò il viso e Nick rise. «Tu non sei pronta.» disse, «Hai la faccia di una che scapperebbe al Polo.»

Lei fece una smorfia, recuperò una maglia da terra e la indossò, «È una cosa grande, Nick.» soffiò spaventata e si chiese che idea assurda le fosse venuta in mente e se fosse ubriaca quando aveva firmato il contratto dell'acquisto dell'immobile. «Dio... cos'ho fatto?» pigolò voltandosi sul letto, mettendosi in ginocchio sul letto, le mani posate accanto alle gambe ripiegate e il bordo della maglia che le sfiorava le cosce.

Nick rise, «Dai, Lynn.» disse e le sfiorò i capelli, «Andrà tutto bene.» mormorò, «Sei bravissima, lo sai?» soffiò e le baciò i capelli.

Lei annuì, accoccolandosi contro di lui. «Davvero?» pigolò mentre lui le accarezzava la schiena.

«Davvero.» confermò lui e le baciò di nuovo la testa. «Andiamo in cucina.» mormorò.

Lynn si staccò a malavoglia da lui, perché avrebbe voluto rimanere lì per sempre — o almeno fino al giorno dopo, così avrebbe saltato l'inaugurazione — e andò in bagno.

Qualche minuto dopo raggiunse la cucina, dove c'era già Nick. «Bacon?» propose lui.

Lynn sentì lo stomaco stringersi in una morsa, «No, grazie.» rispose sedendosi su uno degli sgabelli della cucina di Nick.

«Uova?»

«No.»

«Cappuccino e basta?»

«Sì, grazie.» rispose lei, «Mi si chiude lo stomaco.» confessò con una smorfia.

Nick versò il caffè in una tazza, prese un pentolino d'acciaio, lo riempì di latte e con il monta latte creò la schiuma — era stata Lynn a spiegargli come fare —, «Dovresti mangiare, piccola.» 

«Non ho fame.» sbadigliò lei posando i gomiti sul ripiano.

«Devi mangiare, Lynn.»

«Non ho fame.» ripeté lei, «Magari più tardi, va bene?» propose, era sicura che non avrebbe mandato giù nulla di solido senza rischiare di vomitare.

Nick annuì, versò la schiuma di latte nella tazza e la sistemò davanti a Lynn, per poi allungarle la zuccheriera e un cucchiaino.

«Andrà tutto bene, Lynn.» esclamò Nick sedendosi di fronte a lei, «Stai tranquilla.» le sorrise.

***

«Avrei dovuto restare a casa.» si lamentò Lynn mentre Nick la trascinava in giro per il quartiere, «Così non mi rilasserò mai.» borbottò, «Nick!» esclamò, «Mi stai ascoltando?» domandò fermandosi improvvisamente.

«No.» ammise lui, «È da mezz'ora che vai avanti a ripetere le stesse cose.» ridacchiò. «E sì, ti rilasserai.» aggiunse annuendo, «Guarda.» le mise le mani sulle spalle e la fece voltare: dall'altra parte della strada si trovava un centro massaggi. Nick non diede il tempo a Lynn di ribattere, le prese la mano e, approfittando del verde pedonale, attraversò la strada. «Ho prenotato a nome di Lynn Sidle.» esclamò alla reception, una volta entrati. Continuava a stringere la mano di Lynn, le dita intrecciate con quelle di lei.

«Massaggio completo.» esclamò la ragazza dall'altra parte del bancone.

«Sì.» sorrise Nick, «Ci vediamo dopo.» aggiunse, scoccò un bacio sulla guancia di Lynn e se ne andò, lasciando la giovane impalata nell'atrio del centro, che non sapeva cosa dire.


Nick trascorse i seguenti novanta minuti gironzolando per il quartiere, le mani affondate nelle tasche, sentendosi felice.  

Certo, sarebbe stato ancora più felice se Lynn avesse abitato con lui, ma gli andava bene ugualmente, anche perché Lynn passava molto tempo a casa sua, lasciando spazzolini, spazzole, la piastra per capelli, vestiti, doccia-schiuma alla frutta... Nick sorrise e si infilò in un bar, afferrò uno dei giornali sportivi e si sedette, ordinò una bibita e decise di rimanere lì fino a quando Lynn non avrebbe finito il trattamento, poi sarebbe andato da lei, avrebbe pagato il conto. Una volta a casa avrebbe fatto di tutto, pur di distrarla e non farla sentire in ansia per quella serata così importante.

Nel tirare fuori il cellulare dalla tasca dei jeans, Nick afferrò lo scontrino della pasticceria francese dove si erano fermati prima, dove lui aveva convinto Lynn a mangiare qualcosa.

Rimise lo scontrino in tasca e aprì il giornale, deciso a godersi quella giornata.


Quando ormai mancavano pochi minuti — sette, per la precisione — allo scadere dell'ora e mezzo, Nick fece il suo ingresso nel centro massaggi, salutò la ragazza alla reception e si sedette su una delle poltroncine, controllando Twitter. Fissò il tweet di Brian, dove diceva che lui, sua moglie e suo figlio avevano appena fatto il check-in in uno degli hotel di Los Angels.

"Bene." pensò Nick, "Ci siamo tutti." si disse. "E Aaron?" si chiese. Così pensò di inviargli un messaggio: "Aaron sai che giorno è oggi? Se non ti presenti Lynn ci resterà male e io ti darà un cazzotto." scrisse, "È alle 18:30. Cerca di essere puntuale." continuò a scrivere e inviò il messaggio.

Alzò il viso e sorrise nel vedere Lynn, le spalle rilassate e l'aria serena. Balzò in piedi e la raggiunse. «Tutto bene?»

Lei annuì, «Sì, grazie.» rispose.

«Rilassata e tranquilla?» domandò lui.

«Sì.» soffiò Lynn, «Va molto meglio.» ammise. Si sentiva tranquilla dopo che quelle ragazze le avevano fatto un massaggio, le avevano applicato una maschera alla pelle del viso e fatto una manicure e pedicure.

Nick sorrise e pagò il conto poi, mano nella mano con Lynn, uscì da quel posto.

***

«Lynn, tesoro... stai bene?» domandò Rochelle fissando Lynn che, seduta sul divanetto rosso del suo ufficio, fissava il muro davanti a sé.

«Certo.» rispose Lynn e ridacchiò, «Sono una favola.» annuì e guardò l'altra, «Tutto bene.»

«E allora andiamo di là.» disse Rochelle.

Lynn scosse la testa, la coda che sbatteva sulla sua schiena, lasciata scoperta dall'abito che aveva indossato per l'occasione, «Oh, no.» rise ancora e a Rochelle non sfuggì un pizzico di isteria nella voce dell'altra, «Io resto qui.» continuò, «Sto bene, qui.» annuì, «Ho il mio divanetto, la mia bottiglia d'acqua...» la indicò, posata sopra la scrivania poco lontana. «Io resto qui, sì.»

«Ah.» fece Rochelle, «Okay.» sospirò, «Sicura?»

Lynn annuì, «Sì, sì.» cantilenò.

Rochelle annuì a sua volta e uscì dall'ufficio, per ritrovarsi nel disimpiego che portava da una parte alle cucine, dall'altra allo spogliatoio e al bagno del personale. «Scusami.» fermò una delle cameriere, dai capelli castani legati in uno chignon, «Potresti... Lynn vuole parlare con Nick, potresti chiamarlo, per favore?» domandò.

«Subito.» sorrise la cameriera e oltrepassò la porta che portava alla sala del ristorante. Rochelle sospirò: era da un quarto d'ora che cercava di convincere Lynn ad uscire dal suo ufficio ma lei non voleva saperne. Aveva paura che potesse avere una crisi isterica da un momento all'altro.

Nick arrivò dopo mezzo minuto e non da solo: con lui c'erano anche gli altri Backstreet Boys.

«Avevo detto solo Nick.» si lamentò Rochelle.

«Lynn sta bene?» domandò Nick ignorando la moglie dell'amico.

«Non vuole uscire.» mormorò Rochelle, «Dice che sta bene lì.» distolse lo sguardo.

«Co-cosa?» balbettò Nick per poi spalancare la porta. «Lynn!» esclamò avvicinandosi a lei, «Vieni di là, aspettano solo te.»

Lei voltò il viso verso di lui, «Che aspettino pure.» disse, «Io resto qui.» borbottò. «Non oltrepasserò quella porta.»

Nick sospirò, «Tesoro...» mormorò sfiorandole il viso, «Calmati, okay?» soffiò.

«Calmarmi?» rise Lynn coprendosi la bocca con la mano, «Come posso calmarmi se là fuori è pieno di gente che non aspetta altro che io cada per terra?» sbottò, «No, io resto qui.»

«Forse è meglio darle un po' d'acqua.» propose Howie.

«L'acqua te la ficco nel culo.» replicò Lynn, «Meglio una vodka.» borbottò, «Nick, mi fai portare un vodka con ghiaccio, per favore?» domandò sbattendo le ciglia.

«Vai a prendertela.» rispose lui. «Lynn.»

«Per favore?» chiese lei, «Nick? Per favore?» pigolò.

«È meglio dell'acqua.» esclamò AJ.

«Oh, taci.» sbottò Lynn.

«Prendi dell'acqua tesoro.» sospirò Nick porgendole un bicchiere di plastica pieno d'acqua.

Lynn bevve in un paio di sorsi, «Bene. Adesso posso andare a casa?» domandò.

«No.»

«Cattivo.» mormorò lei spostando lo sguardo da Nick alla finestra che dava sul giardino del cortile interno. «Ho bisogno d'aria.» disse e si alzò, andò alla finestra e fece scattare le due levette, alzò il sali-scendi e fece un respiro profondo. Andare di là, in mezzo a quella gente la terrorizzava.

«È arrivato Aaron.» esclamò Kevin, «Lynn, vieni a salutarlo.»

«Arrivo.» disse lei, «Arrivo.»

Gli altri si voltarono e iniziarono ad uscire dall'ufficio, Nick fu l'ultimo ad oltrepassare la soglia, «Lynn?» chiamò, «Lynn?» si girò, «Lynn!» esclamò quando la vide nell'atto di scavalcare la finestra. La raggiunse e l'afferrò, sollevando e allontanandola da lì. «Cosa pensavi di fare?»

«Scappare.» ammise lei, «Mi lasci?»

«No.» replicò lui mentre gli altri li osservavano, quasi divertiti. «E voi,» Nick li guardò «non ridete.» gracchiò, poi posò Lynn a terra ma, prima che lei potesse scappare, le mise una mano dietro la schiena e una sotto le ginocchia e la sollevò, ignorando le proteste di lei. Avanzò e una volta nella sala, lasciò andare Lynn, rimanendo comunque dietro di lei.

«Ehi, Lynn!» esclamò Aaron avvicinandosi, «Dove ti eri di nascosta?» domandò.

«Di là.» rispose lei.

«Sei bellissima e questo posto è una figata.» disse Aaron, l'abbracciò e le baciò le guance, «Quand'è che si mangia?» domandò.

Lynn fissò le persone già sedute, i camerieri che andavano avanti e indietro, deglutì mentre la voglia di fuggire si faceva strada in lei, inspirò a fondo, rendendosi conto che non poteva continuare così, che doveva accogliere gli ospiti, che non poteva nascondersi. Quel ristorante era suo. Era lei che lo dirigeva e che doveva assicurarsi che tutto fosse perfetto. «Il vostro tavolo è là.» disse. «Io vado.»

«Dove?» domandò Nick, pronto a seguirla, a non lasciarla scappare.

«A fare il mio lavoro.» rispose Lynn con un sorriso.

Nick seguì gli altri e andò a sedersi, continuando a girare la testa per guardare Lynn. Era così orgoglioso di lei che sarebbe andato lì, l'avrebbe stretta fra le braccia e baciata, davanti a tutta quella gente.

E poi Lynn gli avrebbe dato un pugno. Non amava le smancerie in pubblico e la cosa a Nick andava benissimo.

Nick si sedette, pensando che Lynn aveva organizzato tutto quanto così bene che niente avrebbe potuto andare male.

Per chi aveva prenotato la cena c'erano i tavoli nella sala più grande, gli altri sarebbero entrati, avrebbero pagato quindici dollari e avrebbero avuto una cena a buffet, per poi andare a sedersi ai tavolini della saletta più piccola o a quella del piccolo giardino interno, oppure nella sala al piano superiore, che Lynn si era dimenticata di mostrargli la prima volta che l'aveva portato lì.

Fissò Lynn dietro la postazione da dove accoglieva gli ospiti, la vide sorridere e accogliere i clienti, ringraziandoli di essere lì.

E lui l'amava sempre di più.

***

Erano ormai le due di notte quando Lynn chiuse la porta del ristorante. La serata era andata benissimo, aveva ricevuto tanti complimenti —  sul cibo, sul locale, su tutto quanto —  e si era sentita stupida per quella crisi di panico, dove si era comportata come una sciocca, anche se gli altri le avevano detto che poteva capitare, l'avevano rassicurata dicendole che loro avrebbero la stessa cosa, se non peggio.

Nick osservò Lynn chiudere la pesante porta di legno e alzò lo sguardo, fissando la grande insegna che sormontava la porta e sorrise infilando le mani in tasca. «Hummingbird non mi pare un nome adatto a un ristorante.» esclamò in falsetto quando Lynn si girò. «Un cavolo.» borbottò.

Lei sorrise, «Lo avevo detto che sarebbe stata una sorpresa.» ridacchiò.

«Ma io avevo indovinato.» replicò Nick toccandosi il torace, «Io avevo indovinato» ripeté, «E tu mi hai detto che non l'avresti chiamato così.» le ricordò.

«Ma io non ti ho mica detto che non era giusto, eh.» rise avvicinandosi a lui «Ti ho solo detto che non mi sembrava un nome adatto a un ristorante.» disse afferrandogli la mano.

Nick spalancò la bocca, «Lo sapevo. Lo sapevo che avevo ragione.» disse, «Perché non mi hai detto che avevo indovinato?» borbottò.

Lynn scrollò le spalle mentre si avviava verso l'auto al braccio di Nick, «Perché volevo che fosse una sorpresa.» sorrise e girò il viso, incontrando gli occhi dell'uomo che amava, «E lo è stata.»

Nick ricambiò il sorriso, «Sei terribile, lo sai?» ridacchiò e si fermò per baciarle la testa.

«E mi ami per questo.» annuì lei.

«Sì.» confermò lui e aprì la portiera dal lato del passeggero. «Ovvio che ti amo, anche se indovino le cose e tu neghi.» disse, «Anche se quando ci siamo conosciuti mi hai preso a sberle.»

«Mi avevi rubato la palla!» esclamò lei sedendosi.

«Era rotolata da me, mi stava chiamando, mia cara Marie Lynn.» disse Nick quando si sedette.

Lynn scosse la testa, «Non chiamarmi così, Nick.» borbottò e nascose uno sbadiglio dietro la mano.

«Altrimenti che fai, mi dai un pizzicotto?» rise lui infilando la chiave nel blocco dell'accensione.

«Può darsi.» rispose Lynn, «Andiamo a casa?» soffiò guardandolo, «Ho sonno.»

«Sì.» Nick le baciò la testa. «Andiamo a casa.» mormorò. Prima o poi glielo avrebbe chiesto. Più prima che poi.

Gli avrebbe fatto quella domanda, le avrebbe chiesto se voleva andare a vivere con lui.

E Nick era certo che Lynn avrebbe risposto di sì.

***

Nick entrò nel ristorante, fissò Lynn che parlava con alcuni clienti e attese che si liberasse prima di avvicinarsi a lei. «Ciao.» mormorò.

«Nick.» sorrise lei, «Sei qui.»

«Bhe, ovviamente.» disse lui scrollando le spalle, «È ora di pranzo, dopotutto.»

Lynn incrociò le braccia al petto, «Tu vieni qui solo perché è ora di pranzo?» sibilò, gli occhi ridotti a due fessure, «Lo sai che ci sono tanti ristoranti, in città?»

Nick rise, «Oh, lo so.» annuì, «Lo so. Ma qui c'è la mia ragazza preferita.»

Lynn sciolse le braccia, «Dai, vatti a sedere.» sospirò, «Arrivo subito.» disse. Nick si allontanò e Lynn chiese a una delle dipendenti di sostituirla per una mezz'ora, mentre lei pranzava. Aveva deciso di chiudere l'Hummingbird dalle tre del pomeriggio alle sei, così aveva tre ore di pausa, in cui di solito andava a casa a riposare un'oretta.

Raggiunse Nick e si sedette davanti a lui, felice come non lo era mai stata. Andava tutto bene, fra di loro. Il ristorante aveva la sua clientela e le recensioni positive erano all'ordine del giorno: non poteva chiedere di meglio.

O forse... c'era solo quel piccolo particolare, quella piccola cosa: il fatto che vivessero in due case diverse. A lei non importava molto —  anche se non era del tutto vero,  —  le bastava stare con Nick —  e in ogni caso passava più tempo da lui, anche perché il ristorante non era molto lontana dalla casa del cantante.

Pensò che ci sarebbe stato tempo, per quello. Anche se...

Se Nick le avesse chiesto, in quel preciso istante, di andare a vivere con lui, lei sarebbe schizzata in piedi, avrebbe preso le chiavi di casa e dell'auto e sarebbe andata a casa a fare i bagagli.

«Ti amo.» soffiò Lynn prendendo la mano di Nick, «Tanto.»

Nick le strinse la mano e sorrise. «Anche io.»

***

Lynn spalancò la porta della casa di Nick ed entrò, lasciandosi andare a un lungo respiro, sentendo i muscoli della schiena contrarsi. Mosse piano le spalle e chiuse la porta, «Nick?» chiamò avanzando verso il salotto, «Nick?» chiamò ancora, stupendosi di non trovarlo sul divano, davanti alla tv accesa.

«Sono di sopra!» esclamò lui, «Vieni.»

Lynn salì le scale, sentendo le gambe sempre più stanche a ogni gradino fatto. Sbadigliò ed entrò in camera da letto.

«Stanca?» chiese Nick avvicinandosi, le posò le mani sul viso e le baciò la fronte.

«Sì,» pigolò lei «tanto.» alzò gli occhi e lo fissò prima di appoggiare la fronte contro la spalla di Nick. «Sono distrutta.»

Nick le carezzò la schiena, «Ti ho preparato un bagno caldo.» soffiò nel suo orecchio, «Ti rilasserà.»

Lynn annuì e abbandonò la borsa sul comò con uno sbadiglio. «Sarebbe perfetto.» disse. «Grazie.» sorrise e entrò in bagno, fissando la vasca che si riempiva sempre di più. Velocemente si spoglio, si avvicinò alla vasca a piedi nudi, sentendo le piastrelle fredde e poi la morbidezza del tappeto sotto i piedi.

Entrò in acqua con un gemito, posò la testa sul bordo della vasca e chiuse gli occhi.

«Come va?»

Lynn aprì un occhio e fissò Nick, «Molto meglio.» sospirò, «Grazie.»

Nick sorrise e si accucciò accanto alla vasca, «Mi fa piacere.» sorrise.


Lynn allungò le gambe sul letto e sbadigliò, si coprì con il lenzuolo e affondò la testa nel cuscino.

«Dormi?»

«Quasi.» rispose lei sentendo la voce di Nick.

Lui ridacchiò e le baciò la fronte. «Dormi.» sussurrò sdraiandosi accanto a lei e prendendole la mano. La fissò per qualche istante, dicendosi un momento prima che era il momento sbagliato, quello dopo si ripeteva che era il momento giusto.

Qualsiasi momento poteva essere quello giusto e lui non voleva più aspettare. «Lynn...» soffiò e la guardò aprire piano gli occhi. «Vieni a vivere con me?»

Lynn lo guardò e sorrise. «Sì.» rispose, causando un sorriso a Nick. «Però adesso ho veramente sonno.» sbadigliò accoccolandosi contro il petto di lui.

Nick la strinse a sé e le baciò il viso, sentendo il cuore scoppiare di felicità.


Fine.



E anche questa storia è finita! *esulta*
E niente, ringrazio tutte le personcine che leggono i miei deliri, siete dei pasticcini <3
Leggete le altre mie storie, se vi va!

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