Kinzoku no Yui

di AlexiaKH
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Rimane una cosa da fare. ***
Capitolo 3: *** Un villaggio fantasma ***
Capitolo 4: *** Evoluzioni inaspettate. ***
Capitolo 5: *** I seguaci di Jashin ***
Capitolo 6: *** L'attesa ***
Capitolo 7: *** Risveglio ***
Capitolo 8: *** Scambio di favori ***
Capitolo 9: *** Sorriso ***
Capitolo 10: *** Decriptato ***
Capitolo 11: *** Sogni e Incubi ***
Capitolo 12: *** Ciò che deve essere fatto. ***
Capitolo 13: *** Amici ***
Capitolo 14: *** Trappole e controtrappole ***
Capitolo 15: *** Verità ***
Capitolo 16: *** Annuncio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
Prologo
 
Il villaggio doveva essere distrutto in una sola notte, erano questi gli ordini che avevano ricevuto. Quelle parole riecheggiavano nelle loro menti, mentre uccidevano senza fare alcuna distinzione: che fossero uomini, giovani, donne o anziani non aveva importanza, dovevano tutti morire. Attraverso il genjustu del Sonno delle Piume, fecero addormentare i pochi abitanti rimasti svegli, assicurandosi che tutti fossero caduti vittime o della tecnica o del sonno. Iniziarono il massacro con calma, senza accorgersi che due giovani shinobi erano riusciti a contrastare la tecnica. Il fratello maggiore, in silenzio, cominciò a studiare l’ambiente circostante della casa, nella speranza di poter elaborare una strategia di combattimento o una via di fuga, ma nessuno dei due erano possibili poiché i nemici erano in troppi. Capì al volo che cosa stava succedendo ed era troppo tardi, ormai la loro casa era tra le poche rimaste ad non essere ancora invase, non ce l’avrebbero mai fatta a contrastarli. Dopo un lungo ma tremante respiro, il giovane prese una decisione e si sbrigò a scrivere una lettera, per poi porgere il rotolo alla sorella minore.
“Yui…” Disse con un filo di voce, quasi da sembrare un soffio di vento. “Ascoltami attentamente, non abbiamo molto tempo.” Lei ascoltò senza fiatare il piano del fratello, tremando e scuotendo la testa. Non voleva farlo.
“Non abbiamo altra scelta.” Insistette il fratello, appoggiando il rotolo sul petto della ragazza, facendole un minimo di pressione. “E’ l’unica cosa che possiamo fare.”
“Non me ne vado senza di te.” Rispose cercando di tenere il tono di voce basso, allontanando il rotolo da sé. “Se la situazione è così critica, non posso lasciarti qui. Insieme ce la possiamo fare.”
“Sorellina ti prego…” Disse mentre le prendeva la mano, dandole di nuovo la pergamena. “Per il nostro villaggio… per me.” Aggiunse, mentre le ultime due parole gli morivano in gola. La ragazza lo guardò negli occhi e s’impose di non piangere, per poi stringere il rotolo e metterlo al sicuro, nel marsupio al lato della sua vita.
“Andrà tutto bene.” Disse il fratello accarezzandole il viso con il dorso della mano.
Bugiardo… Pensò invece lei, che non riusciva a guardarlo negli occhi: era conscia del fatto che sarebbe quella sarebbe stata la loro ultima conversazione, sapeva che lui stava per dare la sua vita per permetterle di scappare, per salvare almeno la sua vita. Si sentiva impotente e debole, l’intero villaggio era sotto attacco e l’unica cosa che poteva fare era scappare, lasciando che il fratello facesse da esca. Come shinobi, si vergognò a morte. I suoi pensieri vennero improvvisamente interrotti, in quel momento si sentirono dei passi provenienti dall’esterno della casa; in quel momenti i corpi dei due ragazzi si irrigidirono, pronti ad agire, e subito il ragazzo tirò fuori le sue armi.
“Perdonami…” Bisbigliò la ragazza, guardando le possenti spalle del fratello.
“Da quando mamma e papà sono morti, mi sono occupato io di te. Ti ho vista crescere e, da fratello maggiore… posso essere solo fiero di te. Sei una donna forte, sono sicuro che farai le scelte giuste.” Poco dopo aver finito di parlare, diede un veloce bacio sulla fronte della sorella, come un ultimo saluto. “Vivi.” Le sussurrò, per poi uscire dalla stanza e combattere gli intrusi, che erano appena entrati. Subito colpì alle spalle il primo nemico, attraverso la sua katana, per poi impregnarla di chakra e ascoltare i rumori intorno a sé. Individuò il secondo nemico, alla sua destra, e con un solo fendente provocò una lama di vento, che tagliò sia il muro sia il nemico. Questa volta il nemico riuscii a urlare prima di inalare l’ultimo respiro, dando l’allarme ai compagni che stavano in zona. Il giovane corse più veloce che poteva fuori dall’abitazione, facendosi vedere dal nemico e attirandoli a sé, lontani dall’abitazione; non fece però molta strada, pochi metri più avanti venne accerchiato dai nurkenin, impedendogli ogni via di fuga. Successe in un attimo, in silenzio: una serie di kunai lo colpirono da ogni direzione ma, in quel momento che aveva avuto a disposizione, si era concentrato nel sentire il chakra della sorella e si rilassò quando lo avvertii lontano da sé, ai confini del villaggio. Usò i suoi ultimi istanti per ricordare la sua vita, piena di dolori e difficoltà, ma era onorato di aver dato la sua vita per permettere alla sorella minore di vivere. Ancora gli sembrava incredibile, sembrava passato così poco tempo dal giorno che tenne quel mostriciattolo in braccio per la prima volta, e invece ora era una donna a tutti gli effetti.
Yui, mi dispiace. Ti avevo promesso che ti avrei fatto vedere il mondo, e invece ti sto per lasciare da sola. Che pessimo fratello… Pensò con un amaro sorriso, e con quel sorriso emise il suo ultimo respiro, pregando per la sopravvivenza e la felicità della sorella.
Nel frattempo, nascosta appena fuori dal villaggio, l’intera scena venne assistita dalla ragazza, che guardava immobile, senza emettere alcun rumore e respirando a malapena. Fu solo quando vide gli uomini allontanarsi dal corpo del fratello, per poi poco dopo bruciare le case, che sentì il suo respiro affannoso, le dita che le tremavano e le calde lacrime che sgorgavano sul suo viso. Non sei stato un pessimo fratello, Ken… Non potevo chiedere di meglio di quello che sei stato. Pensò incoscientemente la ragazza, come se avesse in qualche modo captato i suoi ultimi pensieri. Ti prometto che vendicherò te e il villaggio, a costo della mia stessa vita. Promise, anche se era rivoltò più a sé stessa, un modo disperato per dare senso a quello che sarebbe stata da quel momento la sua vita. Mentre con una mano sfiorava il marsupio contenete il rotolo e quelle quattro cose che riuscì ad arraffare, se ne andò in silenzio addentrandosi nei boschi, cercando di non lasciare tracce per un ipotetico inseguimento. Dopo una lunga ed estenuante corsa, si fermò ai confini che, se superati, portavano al territorio del Paese del Vento e osservò le stelle. Le venne quasi da ridere, pensando che ora era veramente completamente sola, senza riuscire a scacciare quello che lei credeva che fosse la maledizione del suo nome.
Fu così che, in una notte di luna piena, l’intero Villaggio degli Artigiani, del piccolo Paese del Fiume, venne sterminato e raso al suolo da un gruppo di nukenin, senza rendersi conto che si lasciarono sfuggire una sopravvissuta.
 
Il primo ad accorgersi della scomparsa del Villaggio degli Artigiani fu il Kasekage Gaara, del Villaggio della Sabbia, dal momento che commissionò delle armi necessarie per contrastare un conflitto creatasi nelle Terre del Nord. Anche se la Quarta Grande Guerra Ninja si era conclusa da molti mesi, erano rimasti in sospeso dei conflitti, oltre alla minaccia dei predicatori di Jashin. Il giovane mandò in ricognizione la sorella maggiore Temari, assistita da altri due ninja, e ciò che gli venne riportato quasi non gli raggelò il sangue: il villaggio era stato distrutto, ciò che era rimasto furono solo macerie, cadaveri e una scritta incisa a caratteri cubitali sul terreno: Tsukiyo, ovvero Notte di luna.
Il Kasekage mandò l’allarme avvertendo tutti i paesi, scoprendo in seguito, in occasione di un summit, che ci furono incidenti antecedenti, tutti con la stessa identica firma, in tutti gli altri stati ma mai di quella gravità. Venne così deciso di collaborare e passare ogni singola informazione riguardante gli incidenti firmati; successivamente ci furono altri incidenti e si intuì, da varie testimonianze, che Tsukiyo era il nome di un gruppo di nukenin, che lentamente si stava formando dalla fine della guerra, ma era sconosciuto sia il loro obbiettivo, il numero e le identità dei membri. Ciò che avevano erano solo scritte incise sul terreno, testimonianze molto confuse, capaci solo di riconoscere il simbolo dei nukenin provenienti da diversi villaggi, morti da seppellire e un intero villaggio raso al suolo.
Lentamente la notizia e le informazioni divennero di dominio pubblico, raggiungendo anche i clienti di una tavola calda a Suna: una in particolare ne fu molto interessata, rimanendo in disparte in un angolo appartato, ascoltando attentamente ogni singola parola.

















 

Angolo dell'Autrice:


Buonsalve a tutti!
Mi presento: sono Alexia, la pazza che ha deciso di scrivere questa Fan Fiction.
Che dire? Siamo stati in molti a chiederci che cosa può essere successo tra il capitolo 699 e 700 del manga, e che non sono stata l'unica che si è immaginata che cosa può essere successo. Ho notato però che, per ragioni ovvie, la maggiorparte si è molto concentrata sulle relazioni amorose dei nostri protagonisti, lasciando in me in sospeso una domanda: ma allora finisce così? Guerra finita, tutti a casa e andiamo in pace e a figliare? Non credo... So che esiste la serie di novel "Hiden" che spiega che cosa è successo, ma non ho avuto modo di leggerla quindi non ne terrò molto conto, finirei solo per fare confusione se mi basassi solo sui riassunti che ci stanno in giro.

Ritornando al prologo...
Il nome Yui in giapponese può assumere molti significati, in base a con quali kanji viene scritto, ed io ho optato per 唯: significa, per l'appunto, "sola", "da sola", "unica", caratteristiche che rispecchiano a pieno la protagonista.
Ora dovremo solo vedere  che cosa il fratello ha scritto in quel rotolo, come agirà la ragazza (dal momento che sembra che voglia agire per conto suo) come saranno i suoi rapporti con i vari villaggi e i personaggi del manga.
Spero di avervi incuriositi abbastanza.

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Capitolo 2
*** Rimane una cosa da fare. ***


Capitolo 1:  Rimane una cosa da fare.
 
“Questo è tutto, Ino non è riuscita scrutare altro nei ricordi del testimone.” Concluse il suo rapporto Shikamaru Nara, che si era recato al Villaggio della Sabbia appositamente per fare rapporto sull’ultimo incidente, avvenuto pochi giorni prima nei pressi del Villaggio della Foglia.
Il giovane Kazekage rimase in silenzio ad ascoltare il rapporto del suo coetaneo, dopo le sue imprese nella guerra nutriva una forte stima e fiducia nei suoi confronti. Rilesse con calma il rotolo contenente il rapporto, che gli era appena stato esposto verbalmente: un gruppo di mercanti, in viaggio per raggiungere il Villaggio della Foglia, era stato attaccato e saccheggiato. Venne ritrovato un unico sopravvissuto ma, dal momento che il testimone aveva perso ogni capacità motoria e comunicativa, furono costretti ad interrogarlo attraverso la lettura della mente. Il tentativo risultò però inutile, nella mente del sopravvissuto appariva solo la scritta Tsukiyo, mentre tutto il resto era stato cancellato. Secondo la ragazza del clan Yamanaka, che era la responsabile di quel delicato procedimento, probabilmente era stato utilizzato un genjustu proibito ma non era in grado di capire quale fosse, dal momento che non trovò tracce da analizzare.
“Tu cosa ne persi?” Chiese Gaara, mostrandosi calmo ma, in verità, era molto irritato: in quanto Kazekage aveva il dovere di proteggere la sua gente, ma in quel momento né lui, e nemmeno i Kage degli altri paesi erano riusciti a trovare un indizio che potesse avvicinarli a questo gruppo di assassini. Era passato un mese dalla distruzione del Villaggio degli Artigiani, e non avevano ancora in mano nulla di concreto.
“Penso che ci stiano in qualche modo lanciando una sfida, o almeno provocando.” Rispose il giovane Nara. “Dopo lo sterminio dello scorso mese, hanno cominciato ad attaccare con uno schema ben preciso, lasciandoci apposta dei testimoni in fin di vita.”
“Ma è ridicolo!” Commentò Kankuro, che fino in quel momento era rimasto in disparte ad ascoltare. “Così si scavano la fossa da soli!”
Lo shinobi della Foglia sbuffò di fronte all’arroganza del suo collega. Si era già pentito di aver fatto tutto quel viaggio, si era rivelato una vera seccatura, quando poteva benissimo solo spedirgli il rotolo. Si stava chiedendo che cosa lo avesse indotto a fare una cosa del genere.
“E’ quello che penso anch’io.” Rispose invece Gaara, facendo zittire il fratello maggiore con uno sguardo inespressivo ma intenso. “Dopo la distruzione del Villaggio degli Artigiani, hanno continuato a colpire solo persone legate a quel villaggio o mercanti che vendevano armi.”
“Già…” Continuò Shikamaru. “All’inizio pensai che forse stavano cercando qualcosa all’interno di quel villaggio, ma ora questa ipotesi mi sembra improbabile. Penso che vogliano solo colpirci, ostacolando il rifornimento delle armi.”
Gaara chiuse gli occhi, immaginandosi lo schema dei suoi avversari: poteva essere un tentativo per indebolire tutti i grandi stati per impedirli di rifornirsi di armi, colpendo per prima il cuore del settore, il Villaggio degli Artigiani, per poi lanciar loro una provocazione con quella firma. Però, nonostante il ragionamento fosse perfettamente logico e sensato, rimase turbato: il suo sesto senso gli suggeriva che mancava qualcosa, mancava un tassello tanto piccolo quanto importante.
“A questo punto, credo ci rimanga una cosa da fare…” Disse alla fine, riaprendo gli occhi. “Kankuro, avvisa Temari che partiremo per le rovine del Villaggio degli Artigiani.” Disse alla fine al fratello maggiore, per poi dare il permesso a Shikamaru di potersi congedare, in modo da dargli l’occasione di aggiornare i suoi compagni sulla loro missione.
Una vera e propria seccatura. Era quello che stava pensando di nuovo il giovane Nara, mentre usciva dall’ufficio del Kazekage.
 
 
“Uffa!” Sbraitò una ragazza, mentre entrava in negozio. “Ma quanto ci mette Shikamaru a consegnare un rapporto?”
A Yui per poco non venne un colpo, sentendo all’improvviso quelle urla. Dopo essersi ripresa dallo spavento, si voltò curiosa e la osservò bene: era una shinobi del Villaggio della Foglia, con occhi azzurri e lunghi capelli biondi legati in una coda alta, fatta ad eccezione di un ciuffo di capelli che le copriva metà viso. Osservandola, però, storse leggermente il naso a causa della tenuta ninja che indossava: era viola e metteva in risalto il suo generoso seno e le sue curve ma, secondo l’occhio scrutatore dell’artigiana, non sembrava che potesse dare alcun beneficio durante un combattimento. Sembrava di più un abito di una ragazza in cerca di un fidanzato, dotata di un ego smisurato, e non di una shinobi di tutto rispetto. Yui impiegò veramente poco a giudicarla come una ragazza frivola e superficiale, oltre ad apparire esuberante.
“Dai Ino…” Disse il ragazzo affianco a lei. Era di corporatura molto robusta, con una buona percentuale di grasso, emanando una certa aura possente. Possedeva sulle guance dei mulinelli ed aveva lunghi e spinosi capelli castani, tenuti tutti all’indietro con la suo copri-fronte ninja. Indossava una tunica rossa, con sopra dei pezzi di armatura d’acciaio con inciso un kanji che significava “cibo”. Yui riconobbe subito quell’armatura, essendo stata lei stessa a forgiarla: l’armatura era fatta con un metallo molto particolare, un metallo che potesse assorbire chakra e adattarsi a qualsiasi cambiamento.  Era ottima per assorbire i colpi e gli urti subiti, per chi, per esempio, utilizzava la Tecnica di Espansione, cambiando la statura del corpo. Solo il Clan Amikichi chiedeva, quando ordinavano i pezzi, l’incisione di quel kanji sulle loro armature, quindi riconobbe quel ragazzo come un loro membro.
“Te lo dico io che cosa sta facendo! Sarà sicuramente con quella Sabaku no Temari!” Urlò ancora la shinobi della Foglia. Il nome della sorella maggiore del Kazekage attirò l’attenzione di tutti quelli che stavano all’interno del negozio, fissandola male per aver maleducatamente usato il prefisso quella, e la ragazza, accorgendosene, pensò che forse era il caso di stare in silenzio, aspettando il momento del ritorno del suo compagno di squadra. L’Amikichi sospirò, pensando che sarebbe stato il caso di andarsene, avevano dato fin troppo spettacolo, e magari fermarsi in una locanda per mettere qualcosa sotto i denti.
“Deve essere vero che gli shinobi della Foglia possiedono una certa vitalità, se sono tutti come loro.” Disse fra sé e sé la commessa alla cassa, interrompendo i pensieri Yui, che le era davanti. “Sono 2030 Ryo, a posto così?”
La ragazza annuì, dando i soldi per le carte-bomba che aveva appena acquistato. Se le sistemò con calma all’interno dei suoi marsupi, per poi risistemarsi il mantello da viaggio e andandosene, tenendo un profilo basso quando passò affianco ai due ninja della Foglia.
Fatta la sua ultima commissione, la ragazza decise che era il caso di andare, prima che si facessero le ore più calde. Tirò fuori il suo vecchio copri-fronte, dove aveva modificato il simbolo del suo villaggio con quello della Sabbia per non destar sospetti, e se lo legò alla vita. Uscii dall’apertura Sud della città, i controlli erano veramente poco rigidi, le era bastato scrivere una finta lettera di un suo parente, che le pregava di tornare a casa per un funerale di famiglia, per convincere le guardie a farla passare. Il suo alibi poteva anche sembrare credibile, gli Tsukiyo avevano ucciso così tante persone in quel mese, ma fidarsi in quel modo, solo alla vista del suo falso copri-fronte, era una grossa falla nel sistema di sorveglianza.
Il viaggio man mano si faceva sempre più estenuante. Avendo vissuto per tutta la vita nel Villaggio degli Artigiani, senza uscire nemmeno una volta, non era preparata ad affrontare il vento pungente, il caldo torbido, la luce che le provocava miraggi e la difficoltà di movimento sulla sabbia. Nonostante il suo addestramento da shinobi, non stata preparata ad affrontare quel clima, anche se era passato già un mese dalla strage. Preferiva di gran lunga attraversare il deserto quando il sole stava calando, ma le servivano urgentemente quelle carte-bomba e quella mattina non poteva proprio permettersi di sprecare l’intera giornata. Aveva già perso fin troppo tempo.
Arrivò finalmente nella grotta sotterranea, che era diventata da tempo la sua dimora; trovandosi nel mezzo di un’oasi, era perfetta come nascondiglio a lungo termine. Stanca e spossata, lasciò cadere il mantello a terra, pieno di sabbia, per poi sedersi per terra, appoggiando la sua schiena contro la parete rocciosa. Fece un profondo respiro, poteva finalmente rilassarsi. Per lei, non c’era niente di meglio della più totale tranquillità, lontana dallo schiamazzo della gente. Era ancora così dannatamente nuovo e diverso rispetto alla vita che aveva sempre vissuto, e non era ancora riuscita ad abituarsi. Il Villaggio degli Artigiani era composto da gente tranquilla e discreta, e non da persone come quella shinobi della Foglia,  appariscenti, chiassosi ed esuberanti. Proprio lei, che desiderava così tanto di vedere il mondo, aveva scoperto che preferiva di gran lunga la tranquillità solitaria, piuttosto che essere in mezzo ad una folla tra mille schiamazzi; poteva già sentire la voce di suo fratello con il suo irritante “Te l’avevo detto!”
A quel pensiero, Yui si incupì: ogni volta che pensava a lui veniva travolta da una moltitudine di nostalgici ricordi. Si sentiva una stupida: non aveva mai apprezzato quello che aveva, per lei quella quotidianità era così scontata e non le bastava, dicendo sempre che prima o poi se ne sarebbe andata; le venne quasi da ridere, ora che il suo sogno di uscire si era avverato, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di tornare indietro. Ma non aveva più un Villaggio, una casa o una famiglia dove far ritorno. Si massaggiò le tempie per qualche secondo, sospirando, per poi tirar di nuovo fuori il rotolo, l’unica cosa che gli era rimasta di quel passato, riaprendolo per leggere ancora una volta il contenuto:
 
So che, quando leggerai questo, sarai molto arrabbiata e cercherai vendetta.
So che qualsiasi cosa possa provare a scriverti, non riuscirò a farti cambiare idea.
Sei sempre stata e sei, ora più che mai, l’erede del Villaggio degli Artigiani, quindi voglio solo che tu non faccia niente di sconsiderato, nella tua situazione attuale non sei in grado di combattere gli Tsukiyo, e non voglio morire senza averti dato la possibilità di scoprire la verità; quindi permetti almeno di mostrarti il cammino che dovresti percorrere per primo. Poi sarai libera di scegliere che cosa fare.
Ti chiedo solo di ricordati quello che ti ho sempre raccontato e, per il momento, di non chiedere aiuto agli altri Villaggi, in futuro sarai tu a decidere se farlo o meno. Confido nella tua ragione.
 
18 17 18 12 15 10 18 25 8 11 6 8 23 8 , 8 21 4 25 18 21 23 12 23 21 4 9 17 18 17.
4 21 14 6 4 11 6 18 21 18 15 15 12 4 21 12 25 21 8 22 12 23 , 12 21 8 23 18 6 21 8 6 12 4 25 18 21 23.
4 12 15 10 13 16 4 9 12 7 18 21 8 23 12 16 12 6 15 8 17 3 25.
4 21 5 16 10 22 10 16 18 6 8 8 23 17 8 12 17.
 
Ti voglio bene Yui.
 
Aveva imparato a memoria ogni singola lettera e numero contenuti in quella pergamena, eppure quelle ultime quattro parole erano ancora disarmanti. Gli mancava tantissimo. La ragazza, però, non volle perdersi di nuovo in quel vortice di sentimenti, provando a concentrasi di più sulla lettura. Ogni cosa, e non solo i numeri, era stata scritta con uno scopo ben preciso, era un codice e anche molto complesso. Il problema era che, per un mese, lei non riuscì a venirne a capo. In un primo impatto, il messaggio conteneva tutto l’amore e la preoccupazione che il fratello aveva per lei. Aveva ragione: era arrabbiata e avrebbe subito dato la caccia a quel gruppo di assassini, se non fosse stato per il messaggio; quindi si era solo limitata a raccogliere qualche informazione, in modo da sapere con chi in futuro avrebbe avuto a che fare, ma qualcosa l’aveva lasciata perplessa: come faceva a sapere il nome del gruppo? E’ stato solo dopo la strage che si venne a sapere della loro esistenza, con i loro omicidi seriali, quindi come faceva a saperlo suo fratello? Per di più, nella lettera, sembrava che sapesse molto di più di quello che aveva scritto, anzi ne era certa, perché era così ovvio. Inoltre a quali segreti si stava riferendo? Sapeva benissimo che il suo chakra era particolare, per questo il suo ruolo all’interno del villaggio era talmente fondamentale da costringerla a rimanerci sempre, ma arrivare a vietarle nel cercare aiuto nell’immediato?
Anche se avrebbe ubbidito alle volontà del fratello, qualcosa non le tornava. Probabilmente a quelle domande avrebbe trovato risposta non appena avrebbe decriptato quella serie di numeri. Suo fratello amava quel genere di cose, l’aveva sempre obbligata a fargli da cavia quando inventava un nuovo codice, e le aveva provate tutte: dalla serie di complessi codici che negli anni aveva imparato, al semplice tramutare i numeri con le loro corrispondenti lettere dell’alfabeto. Ogni volta, però, otteneva come risultato un ammasso di lettere incomprensibili.
Si era arresa al pensiero che semplicemente lei non aveva la chiave, e che forse aveva bisogno di un ausilio. Le rimaneva solo una cosa da fare: ritornare al suo Villaggio, quel che ne rimaneva, in modo da poter trovare qualcosa tra gli averi del fratello, semmai ne avesse trovati alcuni ancora integri, che potesse aiutarla per decriptare o almeno a trovare un indizio; era una possibilità molto remota e improbabile, ma non aveva altra scelta , aveva saputo che la zona era stata sigillata, e non le avrebbe facilitato l’impresa, per questo era andata al Villaggio della Sabbia quella mattina, doveva fare rifornimento di oggetti che l’avrebbero aiutata ad infiltrasi.
Decise di concedersi qualche ora di riposo, nell’attesa che il Sole abbandonasse il punto più alto del cielo, che provocava il caldo torbido, per poi partire in modo da poter arrivare a destinazione verso sera.
Si guardò il palmo della sua mano, per poi concentrare il suo chakra su essa, facendo fuoriuscire dal palmo un kunai di acciaio. L’Arte del Metallo, era questo il potere che l’aveva resa così speciale e preziosa per il suo villaggio, soprattutto da quando gli abitanti si accorsero che le miniere di ferro e acciaio cominciavano lentamente ad esaurirsi. Probabilmente, senza di lei, l’economia del Villaggio sarebbe crollata, perdendo ogni utilità per il Paese del Fiume e cadendo in povertà. In certo senso, la strage l’aveva liberata dall’obbligo che aveva verso la sua terra natia; questo non significava che avrebbe perdonato i responsabili dello sterminio, ma avvertiva un senso di colpevolezza verso sé stessa quando partoriva quel pensiero, come se quella notte non avesse aspettato altro. Ritrasse subito il kunai nel suo corpo, assieme a tutti quei tormentati pensieri, per poi chiudere gli occhi, nella speranza di non sognare la morte del fratello.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 

Angolo dell'Autrice:

Buonsalve a tutti!
Soddisfatta del riscontro positivo del prologo, ho deciso di continuare a pubblicare questa storia dandovi subito il primo capitolo. E' ancora tutto agli inizi, sotto molte sfumature e, come avrete sicuramente notato, ancora non mi sono degnata di rivelarvi l'aspetto fisico della protagonista. Il motivo? Ho preferito prima evidenziare la sua traccia psicologica, che ha un ruolo fodamentale nella storia... In questo modo assume anche quel non-so-che di mistero, che sicuramente è intrigante (o almeno spero). Ma vi prometto che, nel prossimo capitolo, vi verrà svelato anche il suo aspetto.
Ringrazio coloro che mi hanno dato fiducia tra la recensione e chi ha messo la storia nelle seguite; il feedback che mi lasciate, sopratutto se è positivo, e per me carburante che stimola la mia fantasia e la mia voglia di scrivere. Quindi grazie.
Detto questo, ci vediamo nel prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** Un villaggio fantasma ***


Capitolo 2:  Un villaggio fantasma.
 
Sembrava un villaggio fantasma: tutte le parti costruite in legno erano state distrutte, lasciando in piedi solo i muri in mattone e gli scheletri in acciaio, anneriti dalle fiamme; per di più l’aria si era riempita delle ceneri e, a causa dell’ambiente umido e ferroso provenienti dalle miniere, queste ultime si erano trasformate in un sostanza cementante, che ricopriva e colorava di grigio l’intero ambiente, rendendo l’aria irrespirabile. Nonostante non fosse nulla in confronto a quello che aveva assistito la sorella, lo spettacolo che offriva quel che rimaneva del Villaggio degli Artigiani riusciva ancora a shoccare chiunque lo osservasse, compreso Gaara.
 “Mette i brividi…” Commentò Shikamaru, che osservava con lui il paesaggio. Il giovane Kazekage annuì in silenzio, senza staccare gli occhi da quell’inquietante spettacolo. Era stato molte volte testimone di atrocità, a volte anche causate proprio da sé stesso, ma non aveva mai visto qualcosa del genere. Quello che vedeva non era semplice disseminazione di morte, era uno scenario appositamente pensato da qualcuno, leggendo in quello spettacolo una sorta di messaggio: quello poteva essere il destino riservato a Suna, Konoha e tutti gli altri Villaggi, se non avesse trovato un modo per fermare quel gruppo di nukenin. “Nonostante la sconfitta definitiva di Madara Uchiha e Kaguya, vi sono ancora criminali simile al loro calibro.” Commentò, dopo aver rivalutato l’alta pericolosità dei loro nemici.
“Già, anche in tempi di pace dobbiamo averne a che fare. Che seccatura.” Rispose. Se prima il giovane Nara nutriva dei dubbi, ora ne era certo: stava diventando un duello a scacchi tra lui e quei nurkenin, un duello dove il vinto sarebbe stato distrutto. Loro avevano già fatto la loro mossa da tempo, ora toccava a lui ma aveva bisogno di una loro svista, o errore. I due, notando che si stava facendo sera, ritornarono al campo base, situato a pochi metri di distanza dal Villaggio, dove i loro compagni di viaggio li stavano aspettando.
Contemporaneamente, molto lontano da dove si trovavano i due shinobi, qualcun altro osservava quel tetro paesaggio. Yui, che si trovava nello stesso identico punto dove aveva osservato prima di scappare, senza muovere nemmeno un muscolo: era rimasta pietrificata nel vedere come il suo villaggio avesse perso vitalità, non era così che lo voleva ricordare. Si limitò a guardare con occhi inespressivi il punto dove suo fratello morì, segnato da un disegno di una sagoma bianca, ma dentro ribolliva di una forte collera e di un profondo rimorso per non essere riuscita a fare qualcosa. Scacciò ogni pensiero malinconico che le poteva venire in mente, studiando la zona. L’area era sigillata, ma non come si raccontava: le fiamme dovevano aver attaccato anche le riserve di pirite, che si trovavano davanti all’entrata della miniera principale, liberando le loro ceneri nell’aria e, di conseguenza, con l’umidità e le recenti piogge, formandosi uno strato cementante  in polvere che aveva ricoperto l’intero Villaggio, per poi fare il resto l’umidità. Ciò che le sembrava incredibile era l’enorme quantità ancora presente nell’aria, creando una sottilissima nebbia. Corrugò leggermente la fronte, infastidita. Più o meno a 1 km a Nord notò il fumo di un focolare, probabilmente di una squadra ninja di sorveglianza, e decise che era il caso di nascondersi, essendo troppo spossata a causa del viaggio per combatterli. Optò per una delle miniere secondarie, situata a 350 metri verso sud-est rispetto al villaggio, nascosta tra le montagne e la foresta, sentendosi a casa quando entrò: quel luogo era rimasto invariato, lasciandosi sfuggire un sorriso mentre accarezzava un incisione su uno dei pilastri, che lei stessa aveva fatto quando era piccola. Quel momento sereno, però, venne subito infranto, infatti scendendo più a fondo fu costretta ad accendere le lanterne e, nella prima area di sosta, si accorse che qualcuno aveva frugato tra gli averi dei minatori e gli uccellini in gabbia, addestrati per cinguettare solo in caso di frana, erano stati tutti uccisi. Nessuno poteva sapere dell’ubicazione di quella miniera, gli abitanti erano stati ben attenti a tenerla nascosta per far credere che il filone della miniera principale non fosse in esaurimento… a meno che non fosse qualcuno del Villaggio. Si raggelò il sangue: l’unica possibilità era la presenza di un traditore che aveva rivelato a qualcuno l’ubicazione di quella miniera, e quel qualcuno doveva essere particolarmente sadico e crudele per aver ucciso anche gli animali. Le poteva venire in mente solo un nome: Tsukiyo.
Ricontrollò subito le lanterne per capire quanto olio fosse rimasto, ricordando che erano state riempite il giorno prima della strage: si accorse che erano quasi piene, segno che qualcuno le aveva utilizzate per poche ore. Chiunque avesse fatto quel caos, ci era rimasto per poco tempo. Era restia se riposarsi lì dentro ma, nonostante tutto, dalla polvere sembrava che non entrasse nessuno da tempo. Decise di rimanere: conosceva quel luogo meglio di chiunque altro e l’eco le avrebbe avvertita di passi estranei ai suoi, di conseguenza era più sicuro. Avrebbe dormito sull’attenti, abbastanza per farla riposare fisicamente ma non mentalmente, per poi il giorno dopo andare nella sua vecchia casa e cercare indizi, nella speranza che l’aria fosse abbastanza respirabile con l’ausilio della sciarpa, che le copriva naso e bocca in caso di tempesta, in dotazione con il mantello da viaggio.
 
 “Perché non abbiamo nulla sulle miniere?” Chiese perplesso l’Amikichi mentre mangiava qualche pillola alimentare, il sapore lasciava parecchio a desiderare ma stava morendo di fame e si era accontentato.
“Quelli del Villaggio degli Artigiani erano persone estremamente caute. Nonostante commerciassero con tutti i Paesi, c’era sempre il rischio che diventassero il bersaglio di qualcuno, almeno così si garantivano una via di fuga che solo loro potevano conoscere.” Prima di addentrarsi nella zona, Shikamaru aveva pensato bene di conoscere la zona, consultando le uniche mappe che era riuscito ad ottenere dal damiyo del Paese del Fiume. Le carte però erano molto vaghe, un risultato voluto tramite uno scarso scambio d’informazioni da parte degli abitanti di quel villaggio.
“Ma allora forse qualcuno è sopravissuto, forse qualcuno è riuscito a rifugiarsi!” Commentò la Yamanaka.
“Non credo…” Commentò il moro. “Secondo le informazioni che ci diedero quelli della squadra medica, le ceneri hanno avuto origine presso l’entrata della miniera. Se ci fosse stato qualcuno la dentro, sarebbe morto soffocato.”
“Allora non capisco perché siamo qui allora…” Borbottò la ragazza, rimasta delusa.
“Te l’ho già spiegato: a cercare indizi, poiché non porta nulla interrogare i sopravvissuti. O te ne sei dimenticata?” La rimproverò, sapendo che avrebbe toccato un punto debole della bionda. Per lei era stata un’esperienza orribile guardare le loro menti: le vie erano tutte distrutte e non aveva avvertito nemmeno una straccia di emozioni o di resistenza, come se quel corpo non avesse più avuto l’anima. Aveva sperato che si trattasse di un sigillo, cercando disperatamente un punto di accesso, ma non trovò nessun segno o struttura che potesse aiutarla, era semplicemente stata distrutta. Non aveva mai visto una cosa del genere, e la preoccupava a morte.
“Vogliamo andare?” Chiese spazientita Temari. Il ragazzo le annuì e si divisero in due gruppi, composti rispettivamente dai tre fratelli Sabaku e dalla formazione Ino-Shika-Cho. Dopo aver indossato la sciarpa che copriva naso e bocca, si addentrarono nel Villaggio e i due gruppi si separarono. Temari condusse i fratelli, sotto richiesta di Gaara, al luogo dove avevano trovato il cadavere per strada e la scritta Tsukiyo. Ogni passo alzava una leggera cortina di ceneri e ben presto ne rimasero ricoperti. Gaara osservò bene l’ambiente: chiunque fosse la persona uccisa, non aveva combattuto, a causa della mancanza di segni di combattimento, stava semplicemente scappando. Secondo le informazioni che aveva ottenuto, il cadavere era irriconoscibile ma aveva con sé un copri-fronte del Villaggio. Rimase in dubbio: quegli shinobi erano famosi per la loro pazienza e perseveranza, quindi che cosa lo aveva spinto a scappare senza nemmeno provare a difendersi? Non poteva essere della semplice paura, anzi aveva avuto l’impressione che si fosse lasciato uccidere, data la posizione.
“Gaara.” Disse all’improvviso Kankuro, interrompendo le riflessioni del fratello minore. “Ma avevano richiesto dei rinforzi?” Chiese non appena ebbe tutta l’attenzione di entrambi i presenti.
Il rosso lo guardò perplesso, mentre la bionda subito iniziò a parlare con un tono severo, come se il fratello avesse detto la più grande delle assurdità. “Ma ti sembra? Siamo in missione segreta!”
Gaara all’improvviso capì la ragione di quella domanda: più avanti a loro, vi era una figura che stava uscendo da uno degli edifici, indossando uno dei loro mantelli da viaggio, coprendo bene il volto. Da quella posizione riuscii solo a intravedere che si trattava probabilmente di una donna, data la corporatura minuta. La sorella seguì lo sguardo di Gaara e notò anche lei la figura, spalancando i suoi occhi smeraldini dalla sorpresa. “E quella da dove sbuca?”
“Non credo che sia uno dei nostri.” Commentò Kankuro, mentre si allontanava in direzione dell’intrusa, tenendosi pronto uno dei suoi rotoli di evocazione. “Hey tu!” Avrebbe voluto aggiungere altro, interrogarla, ma la figura scappò senza nemmeno perdere un attimo di esitazione. Subito il ragazzo la inseguì evocando Karasu, una delle marionette che aveva portato con sé nei suoi rotoli e specializzata nell’attacco.
Yui fu costretta a rifugiarsi nella prima casa che trovò facilmente accessibile con un balzo, non appena intravide con la coda dell’occhio la marionetta. Non ne aveva mai vista una dal vivo, ma sapeva bene quanto potessero essere temibili. Salvo le armi che tenevano al loro interno, le marionette venivano fabbricate esclusivamente dai marionettisti, e questo la metteva in forte svantaggio, obbligandola ad optare in un luogo più ristretto, in modo da accorciare le distanze che poteva prendere il marionettista da lei. Arrivò una stanza particolarmente spaziosa, probabilmente usata in passato come palestra, formata da pareti cementate. In quei pochi secondi che aveva a disposizione, si maledì per essere stata incauta: non si sarebbe mai immaginata che ci fossero anche i fratelli Sabaku, con il Kazekage in persona. Affrontarli tutti e tre assieme era un suicidio, mentre provare ad affrontarli uno per volta era fattibile. In quel momento arrivò il suo avversario, accompagnato da una marionetta dotata di tante braccia, troppe per essere contate. Era agitata: sarebbe stato il suo primo combattimento contro qualcuno che non faceva parte del suo villaggio; era sicura delle sue capacità e tecniche, ma sapeva chi aveva di fronte. In passato sarebbe stata onorata nel poterlo affrontare, era pur sempre uno degli eroi della Quarta Grande Guerra Ninja, ma non in quel momento, troppo concentrata a trovare una via di fuga.
“Vedo che ti sei fermata.” Commentò. Non sembrava che la volesse uccidere altrimenti l’avrebbe già attaccata, probabilmente per via del suo abbigliamento. Non aveva la minima idea di quale arsenale fosse equipaggiata la marionetta, ma il numero spropositato di braccia le dava l’impressione che non fosse particolarmente potente, ma equipaggiata per affrontare un numero elevato di avversari contemporaneamente.
“Voglio sapere chi ti ha dato l’ordine di venire qui.” Iniziò a dire, per poi muovere attraverso le dita i fili di chakra, staccando le numerose braccia della marionetta, per circondare la ragazza puntandole le lame intrise di veleno.
Come artigiana, Yui sapeva che il punto debole principale di ogni marionetta erano le articolazioni, ma in quella particolare situazione avrebbe perso solo del tempo, essendo le braccia troppe, quindi optò per il secondo punto debole. Dalla mano della ragazza uscì una kodachi, senza farsi notare dall’avversario grazie al mantello, e si mise in posizione di attacco, senza emettere nemmeno un suono.
“Lo prendo per un no.” Affermò il marionettista. Aveva appena avuto la conferma che non era una dei loro ninja, quindi poteva attaccarla senza alcuna esitazione.
Yui subito impregnò la lama con il chakra del vento e, non appena le braccia le si scagliarono contro, cominciò ad evitare tutti gli attacchi  di striscio , in modo da poter tagliare i fili di chakra. Tutte le marionette rimangono solo delle bambole giganti, senza i fili del marionettista.
Le braccia, però, erano veramente troppe e il tempismo della ragazza non era tra i migliori a causa della inesperienza, costringendola ad usare il suo braccio sinistro come scudo. Il marionettista, nel guardarla, rimase sorpreso studiò i suoi movimenti: sembrava che non conoscesse la sua marionetta nello specifico, ma mostrava segni di un’elevata conoscenza di aerodinamica e delle marionette in generale, riuscendo a tagliare con un solo fendente i fili, impedendogli di creare degli altri a causa della distanza. Era furba, ma non abbastanza. Il ragazzo sorrise: anche se era riuscita a rendere inutilizzabili le braccia di Karasu, intravide sul lungo manicotto nero, che le copriva gran parte del braccio sinistro della ragazza, dei tagli, segno che le lame avvelenate l’avevano colpita. Era sicuro che nel giro di pochi secondi sarebbe crollata, era un veleno che agiva istantaneamente, finché un particolare attirò la sua attenzione: non stava sanguinando.
Impossibile! Pensò sorpreso, cercando di capire dove avesse sbagliato, ma era già troppo tardi. Yui aveva avuto il tempo necessario per riprendere fiato, riuscendo in qualche modo a uscirne illesa, ma era stata costretta a trasformare parte del braccio sinistro, tra la mano e il gomito, in ferro. Prima aveva avvertito uno strano odore proveniente da quelle lame mentre le evitava e, osservando il manicotto danneggiato, aveva notato il liquido viola sulla superficie ferrea del braccio. Veleno. Decise, per sicurezza di mantenere quella parte del suo braccio in forma ferrea, in modo da impedire al veleno di entrare in contatto con la pelle, e approfittò del momento di distrazione del suo avversario. Il braccio ferreo le rallentava i movimenti, ma non fu un problema grave: riuscì ad avvicinarsi al suo avversario, colpendolo all’addome con un pugno, mettendolo fuori gioco.
Si tolse subito il manicotto intriso di veleno, e lo lasciò cadere per terra, permettendole di far ritornare il suo braccio alla normalità, per poi uscire dall’abitazione. Aveva perso troppo tempo e doveva subito andarsene prima che incontrasse sulla sua strada gli altri. Dopo pochi metri avvertii un improvviso spostamento d’aria, le lame di vento prodotte dalla maggiore dei Sabaku. Nel vederla, Yui tirò un sospiro di sollievo: contro il Kazekage avrebbe potuto fare ben poco.
“Dove pensi di andare?” Le disse minacciosa.
Yui evitò con grande destrezza la raffica di lame di vento che le venivano incontro, cercando di allontanarsi ma si accorse che la bionda non era sola. Appoggiando i piedi, fu subito costretta a fare ulteriori salti indietro, non appena vide un ombra avvicinarsi a lei, ritrovandosi circondata da un gruppo di Shinobi della Foglia. Riconobbe al volo due di loro, li aveva notati il giorno precedente a Suna, mentre il terzo era un ragazzo dallo sguardo severo, occhi e capelli spinosi neri, legati in una coda alta, con addosso una classica tuta da combattimento tipico della Foglia. Si morse leggermente il labbro inferiore, sentendosi in trappola, mentre notava che l’ombra, che fino a quel momento l’aveva seguita, stava ritornando ai piedi del moro.
Ma quanto ci mette Shikamaru a consegnare un rapporto? Yui si ricordò le parole della bionda di Konoha. Sperava con tutto il cuore di sbagliarsi, ma le sue supposizioni la portarono a capire che si trovava davanti a Shikamaru Nara, un avversario fin troppo temibile per lei; inoltre aveva al suo fianco un membro del Clan Amikichi e, di conseguenza, suppose che la ragazza, quella che aveva giudicato frivola, apparteneva al Clan Yamanaka. Il team Ino-Shika-Cho aveva nei decenni guadagnato una certa fama, passando generazioni su generazioni.
“Non hai vie di scampo.” Commentò il moro. Aveva ragione: non ne aveva. Ogni via di fuga era bloccata e alle sue spalle si trovava solo la miniera. Non le avrebbero permesso di scappare.
Fece un lungo e profondo respiro, poteva farcela ma doveva capire come. La miniera sembrava la sua unica via di fuga, ma non sapeva per quanti metri l’aria cinerea si era espansa, quindi non era sicura di sopravvivere. In compenso, conosceva ogni singola galleria e le uscite secondarie, create apposta dai suoi conterranei, in caso di attacco, come vie di fuga per i civili. Poteva solo sperare di essere abbastanza veloce.
Subito lanciò ai suoi lati, in direzione della Yamanaka e dell’Amikichi, due kunai con legate delle carte bomba, che esplosero all’impatto, per poi lanciarne un altro. Puntava al Nara, ma la Sabaku lo scansò con il vento prodotto dal ventaglio, senza accorgersi che un secondo kunai era diretto proprio verso di lei, colpendo il chiodo di fissaggio alla base dell’arma. Era come per le articolazioni delle marionette: tutte le stecche rigide dell’ala erano fissate con quel chiodo quindi, se lo avesse danneggiato, l’arma sarebbe diventata inutilizzabile.
“Stai bene?” Chiese il moro, chinandosi verso la compagna sconfitta.
“Si, mi ha solo disarmata.”
Yui approfittò di quella istantanea confusione per rifugiarsi all’interno delle miniere. Lì dentro l’Amikichi non avrebbe potuto espandersi, mentre il Nara non poteva usufruire delle sue tecniche nella più totale oscurità; in questo modo avrebbe ridotto il suo numero di avversari a due, la Yamanaka e il Kazekage. Man mano che si avvicinava, l’aria intorno a sé si faceva sempre più grigia, rendendo la respirazione e la vista ancora più difficili. In qualche modo riuscii a vedere l’entrata e, non appena fu dentro, tirò un sospiro di sollievo. Cominciò ad addentrarsi nella galleria, con la luce dell’entrata che s’indeboliva sempre di più, finché non si sentì bloccata. Guardò verso i suoi piedi e notò che della sabbia le aveva avvolto le caviglie.
“Sapevamo che ti saresti rifugiata qui.” Sentii dire alle sue spalle, era il Kazekage in persona. Solo in quel momento realizzò di essere caduta nella loro trappola, anzi ci era caduta nell’istante in cui sconfisse il secondo dei Sabaku. Le era sembrato strano che si fosse lasciato sconfiggere così facilmente, ma non ci fece particolarmente caso per l’eccessiva sicurezza nelle sue capacità e nella conoscenza dell’ambiente. Doveva però ammetterlo: lo stratega del gruppo ci sapeva fare. Nonostante non si aspettassero di scontrarsi con qualcuno, palese dal primo approccio che aveva ricevuto, era riuscito in pochissimo tempo a prevedere le sue mosse, mettersi in qualche modo in contatto con i compagni e metterla in trappola.
“A quanto pare ne ho ancora di strada da fare…” Commentò fra sé e sé, ma non si volle arrendere facilmente. Aveva già fatto un viaggio a vuoto, non trovando niente tra gli averi di suo fratello nella loro casa, se l’avessero catturata sarebbe stata la sua fine. Pian piano la sabbia cominciava a salire sulle sue gambe, avvolgendola, ma in quel momento si sentì un boato e il soffitto cominciò a tremare sopra le loro teste. I due si guardarono negli occhi, e il ragazzo lesse negli occhi cremisi, l’unica cosa che riusciva a notare in quel volto coperto, il terrore. Decise di liberarla dalla morsa, l’avrebbe immobilizzata una volta usciti da lì, e corsero verso l’uscita. In quel momento ci fu totale oscurità, e i due ragazzi si resero conto di essere stati intrappolati dalla frana.
Il ragazzo rimase immobile per qualche secondo, mentre la ragazza, abituata a quella totale oscurità, cominciò ad avvicinarsi alle pareti, in cerca di una lanterna da accendere. Era rimasta intrappolata con il suo futuro carceriere, in una zona dove l’aria era poco respirabile e, come se non bastasse, era ferita al braccio sinistro, a causa della caduta di un masso. Dovevano uscire da quel posto in fretta, o almeno raggiungere una zona dove l’aria era più respirabile, altrimenti sarebbero morti soffocati.
Non poteva immaginarsi scenario peggiore.
 
 
 
 
 
   
 








 


Angolo dell'autrice:

Ma buonsalve! No aspettate...
Datemi un secondo che mi devo riprendere...
Dal primo capitolo c'è stato un aumento considerevole tra recensioni, lettori che l'hanno messa tra le seguite e quelli che le hanno messe tra le ricordate.
Wow! O.O
Che dire? Grazie di cuore! Mi avete dato ancora più voglia di scrivere, arrivando a posticipare le pubblicazioni dei capitoli delle altre mie Fan Fiction (qualcuno mi ucciderà...), per non lasciarvi troppo tempo sulle spine. Il mistero è solo agli inizi, come anche la storia.
Per me questo era il modo migliore per ringraziarvi.
Spero di non tradire mai le vostre aspettative, ma lo scopriremo solo strada facendo. Come dico sempre: io sono sempre aperta per uno scambio di opinioni, anche critiche, quindi che ben vengano consigli, pareri, critiche, correzioni o teorie. Non sono un essere perfetto, per fortuna, quindi c'è sempre spazio sia per sbagliare ma anche per migliorare. Inoltre, in questo capitolo ho fatto una piccola semicitazione al videogioco horror Silent Hill (uno dei miei preferiti) riportando sul Villaggio degli artigiani un paesaggio simile, vista la similitudine della distruzione di antrambi i luoghi, bruciati tra le fiamme.

Detto questo:
Yui riuscirà in qualche modo ad uscire da questa situazione senza essere catturata?
Lo vedremo nel prossimo capitolo.

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Capitolo 4
*** Evoluzioni inaspettate. ***


Capitolo 3: Evoluzioni inaspettate.
 
“Ma che…” Si lasciò sfuggire Yui dalla sorpresa. Era finalmente riuscita a accendere una lanterna, ma le sue caviglie vennero di nuovo immobilizzate. Voltandosi vide il ragazzo che le puntava il braccio, ma non la stava veramente osservando: lo sguardo dei suoi occhi smeraldini era perso nel vuoto, mostrando qualche segno di nervosismo, tipico di una persona colta da un imprevisto. Alla ragazza venne un’illuminazione, ricordandosi della presenza della ragazza del Clan Yamanaka fuori della miniera; capì come si erano organizzati per tenderle la trappola, usando le abilità di quella ragazza come mezzo di comunicazione.
“Se sta aspettando notizie dal ninja sensitivo del gruppo, sappia che è tutto inutile.” Commentò. “Queste rocce sono particolarmente resistenti ai flussi di chakra, sta perdendo solo del tempo.” La sua non era una frase di cortesia, sapeva che non l’avrebbe liberata, ma voleva almeno convincerlo a spostarsi da lì. La frana aveva chiuso la loro l’uscita più vicina, provocando un forte spostamento delle ceneri. Ciò aveva reso l’aria un po’ più respirabile, ma in parte era anche un male: se prima le ceneri potevano essere concentrate solo nella zona più superficiale, ora si erano sparse più in profondità. “Inoltre è meglio non rimanere qui, se respiriamo troppa cenere di pirite, nei nostri polmoni, si cementificherà e moriremo soffocati.” Aggiunse alla fine, cercando di mantenere la calma in modo da apparire sicura delle sue affermazioni.
“Vedo che sei parecchio informata.” Commentò il Kazekage, impassibile ma spostando il suo sguardo verso di lei. “Sei di questo villaggio?”
“Ha importanza in questo momento?” Rispose seccata, reggendo lo sguardo intenso del suo carceriere. In quello sguardo rubino, Gaara riuscì in qualche modo a cogliere l’essenza di quella misteriosa ragazza: era palesemente una natia del villaggio e, da come l’aveva vista muoversi e parlare, conosceva quelle gallerie. Il dilemma, però, stava nel fidarsi. Non sembrava intenzionata a ucciderlo, anzi non sembrava nemmeno intenzionata a combattere, quindi c’era il rischio che scappasse e lo abbandonasse, tra quelle mura instabili.
Yui in quel momento sentii le sue gambe lentamente liberarsi, ma non si mosse lo stesso. Anche lei era stata in grado di cogliere i suoi pensieri: la stava mettendo alla prova, voleva vedere se sarebbe scappata, per capire se concederle una temporanea tregua. Ora a preoccuparla non era più la sua sopravvivenza, ma la sua libertà una volta usciti da lì.
 “Vorrei fare un patto.” Iniziò a dire, con la voce ovattata dalla sciarpa. “La farò uscire di qui, ma mi deve promettere che mi lascerà andare, quando avrò onorato la mia parte.” I ricatti non erano proprio nel suo stile, li aveva sempre visti come dei metodi infami, ma in quel momento non aveva altra scelta. Notò una leggera sorpresa nello sguardo impassibile del ragazzo, non aspettandosi una mossa del genere. “Lei si è fidato di me, ora vorrei farlo io.” Concluse alla fine. Era risaputo che fosse un kage benevolo, pronto a morire per il suo Villaggio, ma soprattutto tutti sapevano che era uno shinobi d’onore, che non avrebbe tradito la sua parola. Questo Gaara lo sapeva molto bene.
“D’accordo, mostrami la via.” Disse dopo aver meditato per qualche secondo, chiudendo gli occhi.
Yui, udendo quelle parole, staccò la lanterna accesa dal muro per poi iniziare a correre, seguita dal ragazzo. Durante il tragitto si sentivano solo gli echi dei loro passi, un rumore provocato dal contatto con la cenere che stava entrando nella fase di cementificazione a causa dell’umidità, mentre l’atmosfera si faceva sempre più gelida. La ragazza notò, mentre scendevano, che anche lì gli uccellini erano trucidati. Le venne istintivo fermarsi per controllare le lanterne ma, per non perdere tempo, lo avrebbe fatto non appena avrebbe raggiunto una zona con l’aria pulita. Ciò che la preoccupava era la frana: quelle rocce avevano una lega con una consistente percentuale di ferro e carbonio, che le rendevano particolarmente resistenti, e dalla fondazione del Villaggio non erano mai franate. Ripensò al boato che aveva sentito, cominciando a sospettare che forse la frana non era stata accidentale. Bisognava saper rilevare i punti dove la lega era più debole, se si voleva spezzarla, e solo i membri del Villaggio degli Artigiani ne erano in grado. Se prima nutriva qualche dubbio, ora era sicura: forse era più in pericolo di quanto pensasse.
I due ragazzi arrivarono ai portoni della prima zona di sosta, a circa una trentina di metri sottoterra, dove i minatori erano soliti a rinfrescarsi e idratarsi grazie alla sorgente che vi si trovava al centro. Essendo la zona più estesa e collegata alla maggior parte delle uscite segrete, era stata progettata anche sia come rifugio e sia come punto di ritrovo.
Yui ebbe una brutta sensazione non appena si avvicinò e, dopo aver aperto quelle porte, venne sorpresa da un fetore allucinante, che le fece lacrimare gli occhi. Non appena riuscii ad attivare il sistema d’illuminazione del posto, comportava un collegamento a olio che avrebbe acceso tutte le lanterne all’istante, rimase pietrificata: decine di cadaveri in avanzato stato di decomposizione, alcuni impalati, altri inchiodati alle mura o sventrati. Tutti gli oggetti erano sparsi o distrutti, l’acqua della sorgente aveva assunto un colore scuro e notò un triangolo equilatero all’interno di un cerchio, disegnati con il sangue. Yui osservò i pochi volti che riusciva a scorgere, riconoscendoli tutti, per poi cadere sulle sue ginocchia shoccata. Avevano tutti un’espressione agghiacciante, l’essenza della paura e del dolore. Non era abituata a uno spettacolo del genere, rimase con le lacrime agli occhi, colme di tristezza e rabbia. Ciò che aveva davanti a sé erano i corpi di donne a bambini del suo Villaggio, uccisi nel peggiore dei modi. Perché? Si chiedeva ripetutamente nella sua mente.
Gaara, invece, scrutò impassibile con attenzionescovando, oltre al simbolo dei seguaci di Jashin, anche una scritta Tsukiyo incisa ai piedi della sorgente. Ciò non era niente di rassicurante. Osservò la ragazza lasciarsi cadere a terra, probabilmente spaventata nel vedere simili atrocità, tipico di chi non fosse mai sceso su un campo di battaglia. Quel momento di debolezza, però, durò solo pochi secondi: nonostante il suo volto fosse coperto dalla sciarpa e dal cappuccio, lesse nei suoi occhi una notevole forza di volontà, rimanendo sorpreso quando la vide rialzarsi. La ammirò, rivedendo in lei la stessa forza di volontà di Naruto, la stessa incapacità di resa di fronte a qualsiasi situazione. Quella forza di volontà che lo aveva salvato più volte, quella forza di volontà che aveva permesso all’alleanza di vincere la guerra… quella forza di volontà che lo affascinava ogni volta che ne era testimone. La volontà del fuoco.
In quel momento i pensieri di entrambi vennero interrotti da un rumore, che riecheggiava per tutta l’area. Subito entrambi si misero subito sull’attenti, cercando di individuare la sorgente del rumore costante; Yui subito si fiondò verso est, la zona degli spogliatoi, dove venivano tenute le tute per sopportare il gelo nelle gallerie più profonde, e con lo sguardo puntò uno dei armadi. Con la sabbia, Gaara aprì un’anta, trovando un sopravvissuto in fin di vita legato e imbavagliato.
“Rikuto?” Esclamò Yui sorpresa, mentre gli si avvicinava istintivamente per liberarlo. Era un suo coetaneo, avevano frequentato assieme l’accademia ninja, ma a stento lo riconosceva in quelle condizioni: i suoi capelli biondi erano completamente rovinati, la carnagione era eccessivamente pallida e gli abiti rovinati e sporchi.
“Chi…” Chiese, mentre i ragazzi lo facevano uscire da quell’armadio, aiutandolo a sedersi. Una volta appoggiata la schiena, aprii le sue palpebre, mostrando con i suoi occhi scuri in uno sguardo vacuo.
Yui, nell’osservarlo, capì di non essere stata riconosciuta e subito abbassò sciarpa e cappuccio, rivelando il suo volto: occhi color rubino, a taglio felino, messi in risalto dai lunghi capelli, castano scuri leggermente mossi, e dalla carnagione rosata e pallida.
“Rikuto, sono io.” Gli disse alla fine.
“Yui… Che bello vedere un volto amico.” Disse a fatica il sopravvissuto, con il respiro affannato, dopo aver leggermente spalancato gli occhi. Gaara gli si avvicinò per toccargli il polso, sentendo il battito stranamente regolare. C’era qualcosa che non quadrava, i seguaci di Jashin non lasciavano sopravvissuti, mentre gli Tsukiyo li lasciavano solo in condizioni peggiori, distrutti fisicamente e mentalmente. Intuendo che potesse essere una trappola, chiuse gli occhi per cercare di individuare rumori strani, come dei passi o il bruciare di una carta bomba innescata.
Yui notò lo sguardo perplesso del Kazekage, come conferma dei suoi sospetti. Anche il suo sesto senso l’aveva allarmata: aveva l’aria di essere stato imprigionato per tutto quel tempo ma, attraverso il tatto, avvertiva che la corporatura di Rikuto era rimasta invariata.
Non appena Gaara riaprì gli occhi, i due finirono per guardarsi e, attraverso lo sguardo, capirono che dovevano uscire da lì, e alla svelta.
 
“Non ce la faccio… C’è qualcosa che disturba il mio flusso di chakra.” Disse Ino, appena fuori dal perimetro del Villaggio, massaggiandosi le tempie. Le scoppiava la testa per come si era disperatamente sforzata, ma non era riuscita in nessun modo a contattare Gaara. Semplicemente non riusciva a fargli arrivare i suoi pensieri, nonostante i suoi numerosi tentativi.
Shikamaru le appoggiò una mano sulla spalla, facendole segno di fermarsi, per poi guardare i due fratelli Sabaku. Kankuro serrava i denti, frustrato, mentre Temari provava a rimanere calma, ma era evidente che fosse preoccupata a morte per il fratello minore. Qualcosa era andato storto, anzi qualcosa aveva interferito. I suoi calcoli erano stati perfetti, riuscendo a prevedere ogni mossa dell’intrusa.
 “Adesso basta! Ora vado a liberare mio fratello!” Disse esasperata Temari, interrompendo l’analisi che il moro si stava facendo mentalmente. Prima che potesse andarsene, lui la bloccò prendendole per il braccio.
“Fermati. Se facciamo qualcosa di avventato rischiamo solo di peggiorare le cose.” Le disse, mentre la bionda si divincolò dalla sua presa. Non aveva intenzione di ascoltarlo, era troppo preoccupata. “Temari, cerca di rimanere lucida.” Aggiunse. Provare a spostare quei massi era fuori discussione, tutti avevano visto l’esplosione e non era sicuro che quella potesse essere l’unica, se avessero provato a fare qualcosa.
“Se prendo quella ragazza io giuro che…” Commentò cercando di rimanere calma, inutilmente.
“Non credo che sia stata lei.” Rispose il Nara, interrompendo la sua compagna di squadra. “Penso invece che sia opera degli Tsukiyo.”
A quella affermazione tutti rimasero ammutoliti, guardando il loro caposquadra confusi. Non avevano tutti i torti, erano troppo preoccupati per Gaara per potersi accorgere degli indizi e delle incoerenze. Che seccatura… Pensò sospirando, ma non aveva altra scelta se non quella di spiegare, sorbendosi le domande che avrebbero potuto fargli. Si accese una sigaretta e, dopo aver fatto il primo tiro, iniziò a parlare.
“Penso che quella ragazza sia una sopravvissuta, in fuga per di più.” Iniziò a dire, notando gli sguardi ancora più spaesati. “E’ chiaramente un’artigiana o un fabbro, da com’era riuscita a rendere inutilizzabili alcune delle nostre armi, inoltre ha dimostrato di conoscere bene il luogo, dalla sicurezza dei suoi movimenti. Qualcosa però deve averla spinta a non chiedere aiuto, per questo agiva come se non volesse aver a che fare con noi.”
“Non fa una piega…” Intervenne Choiji, mentre gli altri rimasero in silenzio a valutare il ragionamento appena esposto. Lo avevano sospettato anche loro, con Kankuro poteva anche essere stata solo una coincidenza, ma solo un’artigiana poteva sapere come rendere inutilizzabile il ventaglio di Temari in un solo colpo.
“Ma come fai a dire che l’esplosione è stata causata dalla Tsukiyo?” Intervenne Temari, facendo notare che non aveva ancora risposto al loro dubbio più grande.
“Osservate attentamente la montagna.” Commentò il moro, per poi ispirare il fumo della sigaretta. “Non notate qualcosa di strano?” Aggiunse dopo aver espirato.
Fu così che tutti si voltarono, cominciando a osservare il soggetto indicato dal Nara. Il crollo non aveva solo tappato l’entrata della miniera, ma aveva anche distrutto le case circostanti, liberando in aria le ceneri, formando una leggera nebbia. Qualcosa, però, distolse la loro attenzione, attraendo i loro sguardi su qualcos’altro: sul punto dove i massi erano crollati, sopra all’entrata della miniera, si era creata una sorta di scavatura a forma di quarto di luna. A quel punto, non c’era più bisogno di fare domande.
Sarà proprio nella più totale distruzione, che la Luna farà la sua apparizione…” Commentò a bassa voce la Yamanaka. Quella frase la lesse tempo fa nella mente di un testimone, con la mente semi-distrutta, sopravvissuto a uno degli attacchi della Tsukiyo. Quel gruppo cominciava lentamente a spaventarla, anzi cominciava a spaventare tutti: erano sempre un passo davanti a loro e, ovunque andassero, lasciava sempre alle loro spalle morti e distruzione.
“Ci sei arrivata finalmente.” Commentò di nuovo il moro, riattivando a sé gli sguardi dei suoi compagni di squadra. “Ora la nostra priorità e ritrovare Gaara e mettere sotto custodia quella ragazza, potrebbe sapere più di quanto ci immaginiamo.”
“E come pensi di farlo? Tu stesso ci hai spiegato che non abbiamo nulla sulle miniere, e non riusciamo nemmeno ad usare le abilità sensoriali di Ino.” Commentò Choiji. Il ragazzo si fidava ciecamente del suo amico d’infanzia, nonché suo caposquadra, ma doveva ammettere che anche lui non riusciva a capire che cosa gli passasse nella testa in quel momento. Provare ad avvicinarsi all’entrata sigillata era fuori discussione, studiare le mappe avrebbe richiesto fin troppo tempo e, una volta dentro, si correva il rischio di smarrirsi in quelle gallerie.
“Ecco che cosa faremo: Choiji, tu accompagnerai Ino nei pressi della montagna, se ci sono uscite saranno sicuramente in zone dove lei capterà il disturbo di chakra. Temari, tu studierai le mappe della zona, segnandoti su di esse le zone d’interferenza.” Disse per poi rivolgersi all’ultimo membro della sua squadra, buttando la sigaretta. “Kankuro, tu invece verrai con me. Ci sono delle cose che ti vorrei chiedere.”
Dopo aver ricevuto le direttive, ognuno si dedicò ai suoi compiti, mentre i due ragazzi si misero in un luogo appartato tra gli alberi.
“So già che cosa vuoi chiedermi.” Parlò per primo Kankuro, mentre tirava fuori dalle sue tasche un pezzo di stoffa. “Come ti avevo già spiegato prima, ho trovato questo quando mi sono risvegliato.” Il Nara prese l’indumento e lo analizzò con lo sguardo: sembrava un manicotto, sicuramente appartenuto alla ragazza, e odorava di veleno.
“Non vedo tracce di sangue…” Commentò. Gli sembrava strano, i tagli erano troppo profondi ed era impossibile non essersi ferita, a meno che non avesse usato una tecnica di difesa assoluta. “Non l’hai vista fare dei segni o qualcosa d’insolito?”
“No, te l’ho già spiegato. In quel momento stava cercando di tagliare i miei fili chakra, mentre usava il braccio sinistro come scudo. Era impossibile fare dei segni, senza essere infilzati.” Spiegò il secondo dei Sabaku. “Non me ne sono accorto finché non ho notato che non sanguinava.”
Eppure, quando l’ho vista lanciare i kunai, il braccio sinistro non mostrava segni particolari… Valutò il giovane Nara, continuando a scrutare il pezzo di stoffa. Decise di guardare nella parte interna e notò una stranezza: un sottile taglio verticale in una delle due estremità, dove solitamente veniva coperto il palmo della mano, come se avesse avuto una sottilissima lama, anzi un ago, al suo interno. “Kankuro, mi puoi dire che cosa ha usato per tagliare i fili chakra?”
“Una spada a lama corta, simile a una kodachi.”
“Ne sei sicuro?” Chiese dubbioso.
“L’ho vista con i miei occhi.”
Ma che strano… Pensò. Quando si scontrò con la ragazza, l’aveva colta disarmata, senza avere alcun fodero addosso. La risposta ottenuta non gli aveva chiarito le idee, anzi gliele confuse ancora di più.
In quell’esatto momento, i due ragazzi avvertirono alle loro spalle una presenza minacciosa. A Shikamaru salirono i brividi, avvertendo una sensazione gradevole ma familiare.
“Mi stavo proprio chiedendo chi fosse l’idiota caduto nella nostra trappola, ma non pensavo d’incontrarti sulla mia strada, non oggi per lo meno.” Disse una voce maschile, che trasudava un forte desiderio omicida, mentre rideva. “Sai che ti dico? Che rimarrò qui, al diavolo quello là che mi sta aspettando nelle miniere: avevo promesso il tuo sacrificio al Sommo Jashin, semmai ti avessi incontrato.”
Non appena Shikamaru si voltò, sbiancò di colpo, rimanendo senza parole dall’incredulità. “Tu?” Fu solo capace di dire. Non gli sembrava vero, non se lo sarebbe mai aspettato, portandolo a chiedersi come avesse fatto a fuggire dalla sua tomba.
“Non fare quella faccia, ti avevo avvertito che il Sommo Jashin ti avrebbe punito per ciò che mi avevi fatto!” Continuò l’uomo ridendo. Ciò che i due ragazzi avevano davanti era un uomo sulla trentina, con capelli platinati, pettinati all’indietro, occhi color ametista e armato con una falce a tre lame. Ciò che i due ragazzi avevano davanti ai loro occhi era Hidan, nurkenin dell’ex-Villaggio delle Calde Primavere ed ex membro dell’Akastuki indossando, infatti, un nuovo mantello nero, senza le nuvole rosse.
Le cose si sono messe davvero male… Pensò Shikamaru, mentre indietreggiava con Kankuro. Non poteva distrarsi, o tutti sarebbero morti per mano di quel pazzo omicida. Doveva ideare un piano, e in fretta, sperando che i due rimasti intrappolati nelle miniere potessero essere stati più fortunati. Dalle parole del nukenin, Hidan non era da solo.







 


Angolo dell'Autrice:

Buonsalve a tutti!
A grande richiesta, ecco il nuovo capitolo!
Yui e Gaara hanno trovato un punto d'incontro per una tregua, ma le cose non sembrano filar liscio, sopratutto per Shikamaru.
Spero di non aver deluso le aspettattive di nessuno (anche se ne dubito con la bomba che ho appena lanciato, ma non si sa mai... i pareri sono soggettivi), e ci sentiamo presto nel prossimo capitolo!
 

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Capitolo 5
*** I seguaci di Jashin ***


Capitolo 4: I seguaci di Jashin.
 
“A quanto pare abbiamo dei nuovi sacrifici…” Disse all’improvviso una voce roca, in una tonalità simile ad un sussulto, alle spalle dei ragazzi. Gaara e Yui si voltarono subito, ma senza scorgere nessuno. Poco dopo videro una figura incappucciata uscire dalla melmosa ex-sorgente d’acqua, inquinata dai cadaveri circostanti, avvolta in un mantello nero.  Era bastato un solo sguardo per capire quanto potesse essere pericoloso, si avvertiva in lui una forte furia omicida. Una volta fuori dall’acqua, la figura apparì grottesca, con un’evidente gobba, il busto sbilanciato, occhi non vedenti, capelli neri unti e pelle verdastra e viscida. Yui inorridì nel vederlo, non credendo che potesse esistere un essere con un aspetto così ripugnante, mentre Gaara rimase impassibile, avendo visto scenari peggiori durante la guerra. Non ci volle molto a capire che era lui il responsabile di quello spettacolo di cadaveri, il suo aspetto era in perfetta sintonia con l’ambiente circostante. L’essere cominciò ad annusare l’aria, aspirando incurante delle ceneri, per poi puntare le affusolate e viscide dita verso la ragazza.
“Questo odore…” Cominciò a dire, ansimando. “…Finalmente potrò aggradare il desiderio del Sommo Jashin.”
“Proteggilo.” Disse Gaara, indicando Rikuto, mettendosi tra lei e l’avversario. Non avrebbe permesso altre morti, soprattutto non davanti ai suoi occhi, indistintamente se quei ragazzi fossero o no la chiave dei misteri dell’ultimo mese. “A lui ci penso io.”
“No…” Rispose Rikuto, precedendo una qualsiasi protesta da parte di Yui. “Dovete scappare, lui ha…” Non riuscii a finire, cominciando ad urlare di dolore, sputando dalla bocca un liquido giallastro; Yui notò che quel liquido, non appena entrava in contatto, gli bruciava i vestiti e ustionava la pelle, permettendole di notare un segno maledetto in pieno petto. Maledetto, deve averglielo imposto per impedirgli di parlare. Pensò rabbiosa mentre si massaggiava la mano sinistra, leggermente ustionata da quel liquido. Si era fatta proteggere già una volta, portandosi sul cuore il peso di essere l’unica sopravvissuta, ma quella volta avrebbe combattuto. Non per vendetta, anche, ma per vivere e salvare chi era con lei in quel momento. Se solo avesse avuto quella determinazione quella notte…
“Non dire altro Rikuto.” Gli disse per poi voltare il suo sguardo verso Gaara, mettendosi al suo fianco. Aveva preso la sua decisione: era un suo dovere come shinobi artigiana.
Nel frattempo, il nukenin cominciò a dire frasi incomprensibili, posizionandosi sul simbolo di Jashin. “Possiamo iniziare il rituale.” Commentò, mentre la sua pelle diventava nera, lasciando delle zone bianche. “E’ arrivato il momento di mostrare la sincerità della vostra conversione, miei cari.”
In quel momento, tutti i cadaveri cominciarono a muoversi, cercando di liberarsi dalle loro trappole mortali, per poi voltarsi verso i due ragazzi. Non era come durante la guerra, dove i morti erano controllati attraverso la tecnica dell’Edo Tensei, quei cadaveri sembravano a malapena stare in piedi, senza un’anima o una luce al loro interno. Gaara li definì, più che resuscitati, zombieficati. Quell’uomo disponeva di una tecnica che andava contro le leggi della moralità, ma non si sorprese: dati gli ultimi incidenti, il suo modo di agire rispecchiava perfettamente le azioni degli Tsukiyo. Non nutriva il minimo dubbio che fosse uno di loro.
A Yui crebbe una rabbia quasi indomabile, ma non distolse lo sguardo, cominciando a pensare in fretta: non era intenzionata a rivelare la sua abilità innata, a meno che non avesse avuto altra scelta, e non era consigliabile combattere, il rischio di danneggiare una trave portante era elevato. La situazione non andava a loro favore. Se solo fosse in grado di utilizzare l’arte dell’acqua, sarebbe stata in grado di trasformare le ceneri di pirite in cemento senza problemi. In quel momento le venne un’idea, ma non poteva farcela da sola. Era arrivato il momento di mettere alla prova la fiducia riposta in quella tregua, del resto era l’unico modo per farli uscire da lì.
“Ho bisogno del suo aiuto.”Commentò voltando lo sguardo verso Kazekage. “Riesce a coprirmi le spalle?” Il ragazzo la guardò inespressivo, notando ancora una volta la volontà del fuoco, per poi annuire. Le voleva dare fiducia, in nome del suo credo ninja.
In quell’esatto momento i cadaveri si liberarono definitivamente, cominciando a correre verso di loro; Gaara avvolse Rikuto con la sabbia, mentre Yui cominciò a correre cercando di non scontrarsi con i morti. Da sotto il mantello, cominciò a preparare il chakra per dei kunai legati da dei lunghi fili di acciaio, per poi cominciare a lanciarli. I morti, però, possedevano un’agilità disumana, evitando tutti i kunai, proteggendo il nukenin e aggirando i fili. Gaara, mentre proteggeva Yui e Rikuto, notò che, nonostante i lanci fallimentari, la ragazza non mostrava segni di preoccupazione, anzi sfoggiava un leggerissimo sorriso.
“Disonori il tuo sacrificio…” Commentò sibilante il nukenin. “Ti avevo sopravvalutato…”
Si sentii una lievissima e breve risata femminile nell’aria. “Chi ha detto che volevo colpirvi con quell’attacco?” Non appena finì di parlare, fece un salto all’indietro, tirando con i pugni i sottilissimi fili legati ai kunai, ben conficcati tra le mura e il terreno, creando nell’area davanti a sè una ragnatela, impedendo a tutti i suoi avversari di spostarsi, se non volevano essere tagliati. Il rosso, posizionato alle spalle della ragazza, restò quasi sorpreso nella velocità e nella precisione della ragazza, del resto stava combattendo in un territorio a lei familiare.
Velocemente, la mora avvicinò le mani alla bocca per poter trattenere i fili con i denti, per poi fare i segni necessari per la tecnica che aveva in mente di utilizzare.
“Tecnica del drago di fuoco!” Urlò mantenendo i denti serrati. In quel momento i fili cominciarono ad incendiarsi, riscaldando l’intera area. L’acqua melmosa cominciò ad evaporare velocemente, data l’elevata presenza di fili infuocati nelle vicinanze, e cominciò a creare una nebbia nerastra che, mischiandosi con le ceneri nell’aria, cominciava a crearsi una cortina di fumo melmosa e tossica.
Yui ne respirò un po’, cominciando a sentire un bisogno enorme di allontanarsi e tossire, ma rimase lì ancora per qualche secondo per aumentare la temperatura. Non appena cedette, la sabbia di Gaara prelevò la ragazza e la spinse all’interno di una cupola sabbiosa, creatasi prima che l’aria tossica si propagandasse completamente. A terra, Yui tossì cercando di inalare più aria pulita possibile, sentendosi i polmoni bruciare.
“Non so se hai fegato, o sei solo una stolta.” Commentò il rosso.
Lo so… a quanto pare non sono cambiata molto, sotto questo aspetto. Pensò la ragazza, mentre si rimetteva in piedi, guardando Rikuto. Il ragazzo, nonostante fosse ancora dolorante, la guardava con riconoscenza.
“Grazie…” Le disse sforzando le sue corde vocali. Aveva capito le intenzioni della conterranea: la verità era che la ragazza poteva utilizzare quella tecnica per intrappolare tutti i nemici e bruciarli, ma non se la era sentita; non voleva polverizzarli, ma da dar loro una degna sepoltura, quindi aveva optato per bloccarli con il cemento. Sarebbe stato il suo modo per dar loro un ultimo e degno saluto. Che dal metallo ci sia solo morte e distruzione, che dalla natura ci sia solo vita e creazione. Era una delle poche la modalità di pensiero condivisa da tutti gli artigiani.
La pausa non durò a lungo, Gaara cominciò ad avvertire pesantezza sulla sua cupola, facendo segno a Yui. “La prossima mossa?”
“Devo prima solidificare il cemento e rendere l’aria respirabile, dopodiché saremo liberi di attaccare.” Rispose mettendo da parte i sentimentalismi, imponendosi di non perdere la concentrazione. Gaara aprì la cupola, rivelando uno scenario dove i nemici erano stati soprafatti dal cemento liquido.
“Ondata di Vento” Urlò dopo aver composto i segni, incanalando più aria possibile. Non appena soffiò con tutte le sue forze, creò una potente ondata di vento che in pochi secondi asciugò l’intero composto, spazzando l’aria irrespirabile rimasta in stato gassoso, mentre il compagno si fiondò sulla figura incappucciata, anche lui rimasto bloccato, per stritolarlo con una massa concentrata di sabbia. Yui tirò un sospiro di sollievo, anche se le sembrava troppo irreale che quell’essere fosse rimasto lì fermo, facendosi immobilizzare. Eppure stava accadendo davanti ai suoi occhi, mentre veniva inghiottito dalla sabbia; aveva iniziato la strada della vendetta e aveva vinto la prima battaglia, salvando una vita…
Non fu però così, perché all’improvviso sentii il rumore di rottura di alcune ossa e poi un dolore allucinante all’incavo del collo,trovandosi faccia a faccia con il suo avversario, mentre Gaara, disperdendo la sabbia, si rendeva conto di aver stritolato Rikuto.
“Tranquilla, non morirai. Sei richiesta da Jashin.” Le sibilò nell’orecchio, per poi allontanarsi prima che il Kazekage lo colpisse. Yui si lasciò cadere, tremante, senza nemmeno prestare attenzione alle braccia del Kazekage, che l’avevano presa al volo: sentiva qualcosa che stava viaggiando attraverso il suo corpo, risucchiando il suo chakra e mangiando lentamente le sue carni. Ogni suo tentativo di fermarlo era inutile.
“Mi devo ricredere, non hai disonorato il tuo sacrificio.” Commentò il nukenin, mentre si leccava sulle labbra il sangue; si tagliò una vena del braccio per ridisegnare il simbolo di Jashin, dal momento che il precedente era stato ricoperto dal cemento. Yui cominciò a lottare mentalmente, come se qualcosa cercasse di sopprimerla per farle perdere i sensi, mentre sentiva i suoi organi interni bruciare. “Voi del Villaggio degli Artigiani siete proprio combattivi… è inutile contrastare i miei parassiti, soprattutto ora che tutti i preparativi per la cerimonia sono ultimati.” Continuò il nukenin, per poi pronunciare una formula incomprensibile.
Il Kazekage notò che gli occhi rubini della ragazza stavano perdendo vitalità, diventando vuoti, mentre i suoi muscoli cominciavano a rilassarsi. Si allontanò da lei, intuendo che sarebbe successo. Yui, infatti, dopo essersi rimessa in piedi, cominciò di nuovo a muoversi, ma in maniera scoordinata, come se stesse cercando di fermare i suoi stessi movimenti.
In quel momento sentii il rumore di una risata agghiacciante, notando che il nukenin aveva un’espressione in estasi. “Oh Sommo Jashin, spero che questo sacrificio sia di vostro gradimento.” Nel frattempo la mora, controllata dal parassita, scoprii dal suo mantello il braccio destro, con in mano una strana spada: era simile a una katana ma era affilata in entrambi i lati, inoltre vi era troppo spessore. “Uccidi l’eretico.” Udendo quelle parole, il corpo di Yui smise di essere scoordinato, e si fiondò contro il Kazekage. Quest’ultimo schivò il fendente spostandosi all’indietro, ma un attimo dopo si sorprese nel vedere in azione la sua sabbia a fargli da difesa; quando questa si scansò, il ragazzo poté notare che la spada era diventata una sorta di frusta, o scudiscio, dove la lama era divisa in vari pezzi tenuti insieme da una corda di metallo. Yui con un movimento del braccio fece rientrare la corda, ridando l’aspetto originario di spada, e conficcò l’arma nel terreno.
“Prigione dei pilastri di terra.” Disse con un filo di voce per poi, dopo aver fatto i segni necessari, appoggiare le mani sul terreno. Gaara rimase sorpreso, la ragazza sapeva usare l’arte del fuoco, del vento e della terra… in più aveva quell’arma singolare, apparsa dal nulla, capace di allungarsi. Realizzò che quella ragazza aveva innalzato dei muri di pietra, rinchiudendo tutti e tre nel suo ristretto perimetro. Questa volta non gli avrebbe permesso di allontanarsi troppo. Ritornò all’attacco e il rosso fu costretto a schivare, a fatica, l’arma: aveva la difesa assoluta, ma l’avversario aveva aumentato la velocità di attacco sfruttando le mura, riuscendo più di una volta a quasi ferirlo, prima che s’innalzasse la sabbia.
Colpire la ragazza era praticamente impossibile: l’arma, sotto forma di frusta, le faceva da scudo dagli attacchi a distanza e impediva all’avversario sia di avvicinarsi che di allontanarsi eccessivamente, inoltre era particolarmente veloce. A quel punto, il ragazzo continuò ad attirare l’attenzione su di sé, mentre dall’alto preparava una lancia di sabbia che puntava all’uomo. Quest’ultimo lo schivò e, uscendo dal disegno, Yui si fermò cadendo sulle ginocchia, boccheggiando, riacquistando controllo del suo corpo.
“Libera…” Disse con il filo di voce che le era rimasto, anche se era molto irritata. Aveva lottato con tutte le sue forze per non utilizzare l’arte del metallo, ma parte dei suoi sforzi erano stati inutili: aveva tra le mani la Coda del Drago, l’ultimo cimelio del Villaggio rimasto, dopo che i Fenomeni Celesti, i quattro ninja traditori, ne rubarono gli altri pezzi, necessari per il rituale proibito del fondatore del Villaggio, Seimei.
Nel frattempo, Gaara cancellò il simbolo di Jashin con la sabbia, per poi cercare di catturare il nukenin. Fortunatamente, le mura innalzate giocavano a loro favore. Yui conficcò la spada nel terreno e infuse il chackra, facendo prendere vita, per trasformare l’arma in frusta e muoverla nel terreno, arrivando a far spuntare la punta dell’arma sotto i piedi del nukenin, bloccandolo e ferendolo gravemente. La battaglia finì, Gaara lo imprigionò nella sua sabbia, mentre Yui ritirava le mura e facendo rientrare l’arma all’interno del suo corpo, nascosta dal mantello.
“Maledetti! Come avete osato interrompere il rituale?” Chiese l’uomo urlando disumanamente. “Jashin vi punirà per questo!” Concluse, per poi smaterializzarsi in tanti piccoli parassiti, liberandosi dalla prigionia, che si sparsero e scomparirono nel terreno.
La ragazza poté finalmente liberare i suoi muscoli dalla tensione, cadendo sulle sue ginocchia e avvertendo chiaramente che qualcosa ancora la divorava all’interno del suo corpo. Doveva toglierlo, prima che attaccasse un organo vitale o svenire dalla stanchezza per l’assenza di chakra.
“Stai bene?” Chiese il rosso avvicinandosi a lei, scrutandola con lo sguardo. Non aveva visto nemmeno un segno o un movimento nell’apparizione e nella sparizione dell’arma, semplicemente era apparsa e scomparsa dal nulla da sotto il mantello.
“Non proprio, ho qualcosa che lentamente mi sta divorando, sicuramente uno di quei parassiti di quel nukenin.”
“Riesci a camminare?”
A quella domanda Yui provò a rialzarsi ma, dopo pochi passi, sentii le gambe tremare e cedere, sarebbe finita per terra se non fosse per la sabbia del Kazekage che le attutì la caduta. Ora che la scarica di adrenalina le era passata, sentiva quanto era stata indebolita dall'attacco che aveva subito.
“Vorrà dire che useremo questa.” Disse rosso, si posizionandosi sulla nuvola di sabbia, affianco a lei. “Da che parte?”
La ragazza non rispose, ma gli indicò una galleria a Sud-Ovest, che portava all’uscita più vicina, per poi sentirsi sollevata in aria e dirigersi nella direzione che aveva indicato. Per l’intero tragitto sotterraneo, cercò di rimanere cosciente, ma pian piano la vista cominciò ad annebbiarsi. Suo fratello aveva ragione: non aveva le forze per combattere gli Tsukiyo. Era, in quel momento, quasi tentata di chiedere aiuto ai Villaggi… ma si poteva veramente fidarsi ciecamente di tutti i paesi? Del resto il mondo si stava ancora rimettendo in piedi dall’ultima guerra, e lei non voleva essere la causa di una nuova. Ken confidava nel suo giudizio su quell’argomento: doveva assolutamente cercare di decriptare il codice, per capire che cosa fare.
 
Con Hidan come avversario, che bastava un taglio superficiale per essere finiti, il gruppo aveva poche possibilità di vittoria: Temari aveva il ventaglio inutilizzabile, Choiji combatteva in prima linea, Ino era troppo vulnerabile quando utilizzava una delle sue tecniche sensoriali; fortunatamente, i tre in quel momento non erano presenti e, in conclusione, gli unici in grado di poter combattere a debita distanza erano Shikamaru e Kankuro.
“Ma quello…” Disse Kankuro al compagno, chiedendogli conferma con lo sguardo. Shikamaru era ancora incredulo, i pezzi di quell’assassino dovrebbero essere seppelliti nella foresta dei Nara. Tra gli shinobi che aveva affrontato, Hidan era stato quello che, più di tutti, gli aveva lasciato una profonda cicatrice nel suo cuore. La morte di Asuma, per mano di quel nukenin, lo aveva profondamente segnato: vedere la vita del suo maestro spegnersi davanti ai suoi occhi, lo aveva profondamente cambiato. Pensò a Mirai, la figlia appena nata di Asuma e Kurenai, ricordandosi che quello non era il momento di pensare al passato. Doveva pensare a futuro, un futuro dove lei potesse vivere serena.
“Si…” Confermò al compagno, per poi rivolgersi al nemico. “Come hai fatto a liberarti?” Chiese minaccioso, mettendosi in posizione di difesa, pronto a tutto. Kankuro seguì il suo esempio, portando le mani sui rotoli per evocare le sue marionette.
“Ma come? Non eri tu che avevi detto che mi avreste tenuto sempre d’occhio? Dovresti saperlo.” Rispose sfoggiando un sorriso sadico, per poi aprire il suo mantello, scoprendo il petto segnato da orribili cicatrici. “Pagherai per quello che mi hai fatto! Non t’immagini nemmeno le fatiche che abbiamo fatto per recuperare i pezzi e ricostruire il mio corpo!”
Abbiamo? Shikamaru corrugò la fronte, campendo il suo errore: durante la Quarta Grande Guerra Ninja, tutte le forze erano state impiegate nella difesa dei civili e nelle forze dell’esercito alleato, di conseguenza quel luogo non era più stato sorvegliato. Che idiota… Si sentiva veramente un idiota ad aver sottovalutato la faccenda, troppo sicuro del fatto che nessuno, salvo poche eccezioni, sapesse la posizione dei pezzi dell’uomo.
“Ma adesso basta con le chiacchiere, mi sono stufato!”
Hidan lanciò la sua falce verso i ragazzi, ma Kankuro evocò Sanshouo, la marionetta simile ad una lucertola e specializzata nella difesa, per bloccare il colpo. Shikamaru ne approfittò per usare la tecnica del controllo dell’ombra, ma fallì.
“Dovresti inventarti dei nuovi trucchi, questi già li conosco.” Urlò Hidan mentre scansava la falce, prima che Shikamaru potesse sopraffarlo attraverso l’ombra dell’arma. Il Nara non demorse e cominciò a studiare la situazione: erano protetti da attacchi frontali grazie alla Sanshouo, e Kankuro disponeva anche di Kuroari, marionetta umanoide specializzata nell’imprigionamento, e Karasu; Hidan era immortale e, a quanto pare, l’unica cosa rimasta da fare, era sigillarlo. Aveva un piano ma un solo problema: come fare? Hidan sembrava molto più attento a quello che gli succedeva intorno, quindi non poteva bloccarlo facilmente con la sua tecnica.
“Kankuro…” Richiamò l’attenzione del Sabaku, che gli rispose con un verso, senza distogliere lo sguardo dal nemico. “Evoca le altre marionette, mi serve il tuo aiuto.” Aggiunse.
“E va bene.” Gli rispose, per poi tirar fuori altri due rotoli, evocando le altre due marionette. “Dimmi che cosa devo fare, lo conosci meglio di me.”
“E’ molto semplice…” Gli rispose il Nara, per poi parlare con un tono di voce impercettibile alle orecchie del nemico, cosa che quest’ultimo non gradì affatto.
“Hey voi due! Si può sapere di che cosa state confabulando?” Gridò per poi ritornare all’attacco, tirando fuori anche uno dei suoi bastoni da rituale. Se lo conficcò dritto nel cuore, facendo uscire un enorme quantità di sangue, per poi disegnare il simbolo di Jashin. Non era un mistero che volesse il moro morto, lo avrebbe ucciso a qualsiasi costo, anche senza il rituale; certo, avrebbe chiesto umilmente perdono a Jashin per essersi comportato in maniera eretica, ma la sete di vendetta era troppo forte.
Tentò di avvicinarsi ai due ma si ritrovò circondato dalle due marionette, che gli girarono in torno, cominciando a colpirlo con una serie di kunai intrisi di veleno, provenienti dalle loro bocche, che però non avevano molto effetto su di lui, salvo un leggero intontimento del corpo.
“Ma dico! Ma sei impazzito? Questi cosi fanno veramente male!” Urlò al secondo dei Sabaku. “Ero qui per il tuo amico ma, ora che mi hai fatto questo, ti sei condannato anche tu!” Aggiunse mentre si toglieva i kunai da tutto il corpo, lasciandoli cadere per terra.
Shikamaru approfittò del momento per lanciargli delle carte bomba, creando una cortina di polvere intorno al nemico, mentre Kankuro staccò le braccia di Karasu. Non appena dalle braccia uscirono le lame, esse si fiondarono contro Hidan, che deviò e schivò attraverso la sua falce, accorgendosi che Kuroari gli si era pericolosamente avvicinata con la pancia aperta, pronta ad imprigionarlo. Fu un colpo di fortuna, per il nukenin, che la corda metallica si scontrò casualmente con la marionetta, dandogli con il rumore informazione necessaria per permettere a Hidan di schivare la marionetta. Uscii dalla cortina di fumo, scagliandosi contro i due avversari, ma venne di nuovo bloccato e trattenuto nel perimetro da Sanshouo. Decise di scansarsi verso destra, per poi lanciare di nuovo la falce, questa volta però per colpire i due ragazzi di lato.
In quell’esatto momento si sentii bloccato e si guardò ai piedi: vi era una ragnatela di ombre, che collegavano tutte le braccia di Karasu e i kunai conficcati nel terreno.
Quando Kankuro gli scagliò addosso tutto il suo arsenale, ogni suo attacco andato a vuoto non era stato casuale: alcune sue armi miravano al nukenin, ma altre servivano per sondare il terreno. Shikamaru aveva notato che Hidan era diventato molto più attento, quindi aveva provveduto a togliergli la vista in modo che non si accorgesse delle preparazioni del marionettista, per poi cercare di costringerlo a rimanere all’interno dell’area, in modo da essere bloccato dalla ragnatela-ombra. Tutti i fili di ragnatela si raggrupparono formando un solo collegamento ombra tra il Nara e il suo avversario, cercando di tenerlo fermo, mentre Kankuro gli avvicinò Kuroari per poterlo imprigionare al suo interno, e bloccarlo con le lame di Karasu. Lentamente, Hidan cominciò a fare dei passi all’indietro verso la marionetta, costretto da Shikamaru.
“Che tu… sia maledetto!” Disse a fatica, sprigionando tutto l’odio che aveva verso di lui. “Non importa quello che farai, sono sotto la protezione di Jashin e i miei confratelli mi troveranno sempre! Siamo solo agli inizi della nostra grande rivoluzione!”
Kankuro, nell’udire quelle parole, gli venne una sorta di dejavù, ricordandosi che aveva sentito o visto spesso quelle parole negli ultimi tempi. “Capisco, quindi ci sei anche tu, oltre ai tuoi confratelli, dietro gli omicidi seriali nelle Terre del Nord.” Commentò con un’espressione impassibile, tradito però dal trucco che gli dava un’espressione rabbiosa. “E’ dalla fine della guerra che vi diamo la caccia.”
Shikamaru capì di che cosa stesse parlando Kankuro: a nord del Paese del Vento iniziarono delle rivolte, accusando Suna di incapacità di difendere i propri territori, a causa di una serie di omicidi. Nei luoghi di delitto vennero ritrovati i simboli di Jashin, quindi si era cominciato a presupporre che fossero loro i responsabili. Col tempo le piccole sommosse si erano aggravate, obbligando il Kazekage a indagare a fondo negli incidenti e di sopprimere le sommosse rivoluzionarie, nate dai nuovi credenti nel Dio maligno, ordinando le armi necessarie per fare rifornimento; ma fu proprio in quell’occasione che si scoprì dello sterminio avvenuto all’interno del Villaggio degli Artigiani. Era quasi incredibile come gli eventi siano tutti concatenati tra di loro.
“Un motivo in più per catturarlo vivo…” Aggiunse il Nara. Hidan era almeno coinvolto negli attacchi, se non membro, degli Tsukiyo, di conseguenza cominciò a sospettare che probabilmente erano responsabili di altre sommosse all’interno degli altri paesi.
“Tecnica del richiamo!” Urlò all’improvviso una voce roca e sibilante. Davanti ai ragazzi apparirono degli insetti, che subito andarono di loro e verso i ragazzi. Sia Shikamaru che Kankuro furono costretti a spostarsi e a rinunciare a rinchiudere il loro avversario, in modo da poter schivare l’attacco.
“Ti devo un favore, Kitanai.” Commentò il platinato stirando i muscoli, voltandosi al suo fianco dove i parassiti cominciarono a raggrupparsi tra di loro, creando una figura incappucciata, grottesca, orripilante e viscida. Subito Shikamaru notò che il nuovo arrivato era ferito gravemente, data la macchia di sangue che aveva verso il basso ventre.
“Oh per Sommo Jashin! Ma che cosa ti è successo?” Esclamò il suo compagno, non appena se ne accorse anche lui. “Certo che devi proprio essertela vista brutta…”
“Vedi di tacere Hidan.” Ringhiò la figura incappucciata. “Di chi pensi che sia la colpa? Gli ordini erano chiari, è così che ripaghi un confratello che ti ha salvato?”
Hidan valutò se tacere o giustificarsi ma, visto la rabbia del suo compagno, scelse la prima opzione. L’aveva combinata grossa, ma il suo desiderio di vendetta era quasi diventata più grande della fede per il suo Dio.
“Andiamocene.” Sibillo Kitanai. “Qui abbiamo finito.”
“Un altro buco nell’acqua?” Chiese il platinato.
“Al contrario, solo che c’è stato un impedimento, come puoi vedere…” Gli ringhiò ancora, indicandogli la ferita profonda. Era ovvio che stesse incolpando Hidan per il suo fallimento, se fosse stato anche lui presente, come da programma, le cose sarebbero andate diversamente. Aveva fallito per la prima volta un rituale ed era stato ferito gravemente, non c’era niente di più umiliante per lui. I due se ne andarono, teletrasportandosi, lasciando i due ninja senza parole: in quei pochi minuti erano successe molte cose ed entrambi avevano bisogno di tempo. Kankuro, mentre ritirava le sue marionette, aspettava gli ordini da parte di Shikamaru, che era immerso nei suoi pensieri.
Con calma i due ritornarono alla loro base. Quel Kitanai era un compagno di Hidan, e sembrava che utilizzasse delle arti magiche simile a quelle del Clan Aburame… Il giovane Nara decise che, non appena sarebbe ritornato a Konoha, avrebbe chiesto delle informazioni a Shino e le sue tecniche, per avere le idee più chiare su chi aveva appena avuto davanti.
Una cosa però gli era chiara: le scocciature non sembravano aver fine… anzi il contrario.
Non appena ritornarono al campo, scorsero il rosso dei capelli di Gaara, che spinsero Kankuro ad affrettare il passo, mentre Shikamaru rimase con lo sguardo puntato su Ino e Choiji, che stavano aiutando qualcuno; era la ragazza che avevano incontrato prima: aveva una ferita sulla spalla, non grave, ma sembrava che dovesse svenire da un momento all’altro, vista la pelle pallidissima, i capelli castani bagnati e l’eccessivo sudore.
Guardò Gaara, circondato dai entrambi i fratelli, che lo fissava senza proferir parola, intuendo al volo quello che stava pensando: dovevano subito ritornare a Suna, altrimenti avrebbero rischiato di perdere la loro unica possibilità per ottenere gli indizi sui Tsukiyo e Hidan.
Appunto. Cominciò a pensare Shikamaru. L’avevo detto che alle seccature non c’era mai fine…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo dell'Autrice:


Buonsalve a tutti!
Eccomi qui con il nuovo capitolo! Scusatemi se ci ho impiegato tanto ma i fatti da narrare erano veramente tanti, quindi ho finito per dividere il capitolo originale (questa è la prima parte).
Non dovrebbero esserci errori, ho controllato come un'ossessionata, ma mi è rimasta la sensazione che qualche errore mi sia sfuggito... spero di sbagliarmi.
Detto questo... devo purtroppo darvi una notizia poco piacevole: dal prossimo capitolo, le date di pubblicazione saranno ritardate.
Mi spiego meglio: mi è stato offerto un lavoro che mi porterà via tutto il mio tempo libero estivo, di conseguenza non riuscirò a scrivere con la stessa frequenza di prima, cercherò durante l'estate di fare una pubblicazione ogni due/tre settimane, ma non so esattamente quanto questo lavoro mi possa occupare mentalmente parlando, quindi i tempi potrebbero prolungarsi. Ci tengo a scrivere capitoli come si deve, e questo mi porta via molto tempo tra rivalutazioni, riscritture e correzioni...
Resta il fatto che non abbandono la Fan Fiction e questa situazione durerà fino a settembre, dopo di chè si ritornerà alla vecchia frequenza di pubblicazione. Si tratta solo di aver un po' più di attesa per i prossimi capitoli. Vi chiedo scusa per il possibile disagio, ma è crisi economica anche a casa mia... Si stava meglio prima...

Fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo, se vi è piaciuto o no, e se vi aspettavate questi sviluppi.
Baci da Alexia!

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Capitolo 6
*** L'attesa ***


Capitolo 5: L’attesa.
 
Yui, nonostante l’estrazione del parassita, riportò dei danni nell’apparato circolatorio, che impedì al sangue a fluire in maniera costante verso il cervello, provocandole uno stato comatoso. Inoltre, la mancanza di una costante attività cerebrale, le aveva indebolito lo spirito, riducendola in uno stato mentale instabile. La tecnica della lettura della mente sforzava sia la mente dell’utilizzatore che quella del ricevitore, di conseguenza Ino ne sconsigliò l’uso, altrimenti si poteva correre il rischio di ucciderla. Era la loro prima vera testimone sopravvissuta, e non lasciata apposta in fin di vita: se ancora sarebbe stato necessario, avrebbero usato la tecnica quando la ragazza sarebbe stata sulla via della guarigione, dopo l’operazione che le avrebbe ricostruito le zone danneggiate.
Nel frattempo, però, i ragazzi non rimasero con le mani in mano, cominciando a studiare gli averi della ragazza: non aveva alcun tipo di arma ninja, ma solo delle bombe fumogene, carte bomba, pillole alimentari, delle piccole lastre di metallo e un rotolo. Si era pensato che la ragazza avesse con sé dei simboli per il teletrasporto teletrasporto, giustificando così l’apparizione e la sparizione delle spade che aveva utilizzato durante i combattimenti, ma a quanto pare si erano sbagliati. Tutte le loro attenzioni, però, si spostarono sul rotolo: il messaggio, in una prima lettura, sembrava che riportasse le ultime volontà di un artigiano, affidando alla ragazza, a quanto pare di nome Yui, una missione; in un’attenta rilettura si accorsero che quel messaggio nascondeva molte cose, a partire dal codice numerico, che solo il destinatario poteva interpretare. Portarono subito il rotolo alla squadra criptografica, nella speranza di poter captare informazioni in più. Per il resto, poterono solo aspettare: Shino Aburame sarebbe partito non appena Konoha avrebbe ricevuto la loro lettera, quindi non prima di qualche giorno.
Si pensava che, facendo una visita di persona ai resti del Villaggio degli Artigiani, avrebbero trovato degli indizi, invece erano tornati con ancora più domande. Il ritorno di Hidan, il massacro degli artigiani, la trappola, gli Tsukiyo e, infine, quella ragazza. Erano tutti collegati tra di loro, ma non riuscivano a trovare la soluzione di quel groviglio.
Questo stressava molto Shikamaru, che per la prima volta in tutta la sua vita non riusciva a risolvere un problema. Era sempre stato molto acuto, con un’elevata capacità di analisi, eppure non riusciva a chiarire un minimo quella situazione. Era sicuramente molto, anzi troppo, teso per ragionare in maniera lucida. L’attesa lo snervava, nemmeno osservare le nuvole lo aiutava. Come poteva garantire un futuro di pace alle generazioni a venire, se gli errori che aveva commesso in passato gli si ritorcevano contro?
“Ti ho trovato, finalmente.” Ruppe i suoi pensieri una voce femminile. Il giovane Nara, con controvoglia, alzò la schiena e, voltandosi, scorse con la coda nell’occhio gli occhi smeraldini di Temari. “Hai la minima idea del tempo che mi hai fatto perdere?” Aggiunse la ragazza mentre si avvicinava. Il ragazzo sbuffò, per poi riappoggiare la schiena sul terreno roccioso. Non aveva proprio voglia di discutere sul suo modo di far passare il tempo di attesa, anzi non aveva proprio voglia di discutere, soprattutto con lei. Temari decise di non commentare sul silenzio del moro, sapeva che era nervoso, come tutti del resto. Nemmeno a lei piaceva aspettare senza far nulla, ma non aveva altra scelta, perfino il suo ventaglio era ancora in riparazione. Dovevano aspettare il risveglio della ragazza, la decriptazione del rotolo e l’arrivo di Shino, e nel frattempo quelli degli Tsukiyo potevano essere in azione, forse alle Terre del Nord. Questo pensiero infastidiva tutti, ma avevano le mani legate. Non potevano buttarsi nel vuoto nell’attuale situazione.
“Dovresti smetterla, sai?” Commentò la bionda, ottenendo come risposta uno sguardo misto tra noia e nervosismo. “Conosco quello sguardo.” Aggiunse mentre si posizionava al suo fianco. Temari aveva avuto occasione di vedere quello sguardo in passato: era stato durante la prima missione del Nara come chunin, nel tentativo di fermare la fuga di Sasuke. Quello era stato il suo primo fallimento, sperimentando sulla sua pelle che non si deveva mai abbassare la guardia, nemmeno quando tutto era stato preparato fin nei minimi dettagli; gli imprevisti potevano essere dietro all’angolo, pronti a prenderlo di contropiede, e Hidan era l’esempio vivente. Ma era proprio attraverso quei rari fallimenti, che il ragazzo imparava qualcosa di nuovo.
“Che vorresti dire?” Le chiese il ragazzo.
“Invece di poltrire, potresti analizzare quello che hai in mano.” Rispose rimproverato ria la ragazza. Non sopportava di vederlo in quello stato, anche se non voleva ammetterlo, e quello era l’unico modo che conosceva nel spronarlo. “Insomma, non siamo tornati da quel Villaggio a mani vuote!”
“Gia… Una sopravvissuta in stato comatoso. A me sembra che non sia molto diverso dai nostri soliti ritrovamenti.” Commentò sarcastico. “Ed è in quello stato a causa di un mio piano, visto che l’ho spinta io verso la miniera, per metterla in trappola.”
Non era da lui essere così, Shikamaru non era mai stato così davanti alla bionda. Era come se stesse buttando fuori tutte le sue frustrazioni del passato, che fino in quel momento aveva tenuto ben nascoste. Il ritorno di Hidan, dovuto a una sua svista, doveva averlo scosso profondamente.
“Piantala!” Gli rimproverò. “Vorrei ricordarti che sei uno shinobi di primo livello, quando decidi d’impegnarti seriamente. Hai degli elementi, le nostre testimonianze e hai potuto constatare degli eventi con i tuoi occhi! Puoi partire da quelli, invece di stare qui a rimuginare sui tuoi errori.”
Shikamaru voleva ribattere, ma si rese conto di non aver argomentazioni. A suo malgrado, Temari aveva ragione: non era il momento di stare lì a lamentarsi. Gli scappò un abbozzo di un sorriso, rendendosi conto che per una volta era lui la seccatura, visto come si era appena fatto riprendere da Temari. Se il maestro Asuma lo avesse visto, sicuramente gli avrebbe detto le stesse parole che aveva pronunciato l’amica, ma in un modo diverso.
“E va bene…” Disse con un tono di resa. “Per questa volta, te la do vinta. Vediamo di capirci qualcosa in più.” Aggiunse chiudendo gli occhi e ricordando ogni singolo dettaglio della visita, alla ricerca di nuovi indizi.
Nel frattempo, Gaara si era chiuso in ufficio: aveva passato gli ultimi giorni a organizzare i funerali degli abitanti ritrovati morti nelle miniere, ad analizzare i nuovi indizi, a risolvere dei problemi burocratici all’interno del Villaggio e a leggere attentamente i rapporti degli shinobi mandati alle Terre del Nord. Proprio come temeva: la situazione stava peggiorando. Gli seguaci di Jashin si facevano man mano sempre più numerosi e, con loro, anche il numero degli omicidi. Non aveva le risorse necessarie per contrastarli, a causa delle morti di tutti, o quasi, degli artigiani. Preferiva non scomodare gli altri grandi Paesi per un problema interno, avevano tutti dei gravi problematiche a causa degli Tsukiyo e soprattutto non poteva trattenere ancora a lungo i ninja della Foglia… però sembrava non aver altra scelta, rendendosi conto che ormai questi problemi non poteva affrontarli da solo come Kazekage, perché la questione stava diventando pian piano un problema mondiale. Forse si era un po’ troppo focalizzato sulla strage, ma del resto la mancanza di approvvigionamento armi gli impediva di ultimare i preparativi per contrastare le rivolte. Più tardi si sarebbe messo in contatto con gli altri Kage, in modo da tenerli informati sugli ultimi avvenimenti e per discutere sul modo di agire.
Più volte Kakuro gli aveva suggerito di riposarsi, inutilmente, e solo in quel momento cominciò a sentire gli effetti della stanchezza. Decise alla fine di alzarsi, non potendo fare altro in quella situazione, e cominciò ad avviarsi verso l’ospedale di Suna. L’attesa snervava anche lui e non si sarebbe mai riposato con tutto quello che c’era in ballo. Per qualche motivo, quella ragazza lo aveva incuriosito, quindi decise di controllare a che punto fosse la sua ripresa. Raggiunse la stanza dove era ricoverata, stesa addormentata sul letto candido, con una flebo attaccata al braccio. La osservò attentamente, notando con sorpresa che ogni tanto scendevano delle lacrime dai suoi occhi, mentre le dita contemporaneamente avevano dei leggerissimi spasmi. A modo suo, in quel momento stava combattendo. I medici gli avevano comunicato che l’intervento era andato a buon fine, ma era ancora in stato comatoso; avevano fatto il possibile per guarirla fisicamente, ma ora stava a lei a trovare le forze per riprendersi spiritualmente e risvegliarsi.
Aveva potuto notare come quella ragazza fosse inesperta e superficiale in combattimento, eppure niente l’aveva fermata a lottare a pieno delle sue capacità, se non oltre, nemmeno quando era sotto il controllo del suo avversario.
Non so se hai fegato, o sei solo una stolta. Pensò, ricordandosi all’improvviso le parole che le disse, durante il combattimento contro Kitanai. Quella ragazza, in un certo verso, gli ricordava Naruto: una pazza, ma di quella tipologia coraggiosa e testarda, incapace di arrendersi. Era questo che gli aveva trasmesso per l’intero combattimento, e perfino in quel momento. Non c’era dubbio che fosse ammirabile, come tutti i compagni che aveva conosciuto tramite l’Uzumaki, ma non bastava per attirare così tanto la sua curiosità.
La studiò attentamente, fino a soffermarsi sul suo viso, nello specifico le sue lacrime. Nonostante il volto rilassato, era evidente che stava combattendo contro i suoi stessi incubi, proprio come lui da piccolo combatteva contro Shukaku durante la sua insonnia, quando suo zio, Yashamaru, era vivo. Con quel paragone non voluto, cominciava a capire la natura della sua curiosità: quella ragazza gli ricordava sé stesso da piccolo. Ripensò al rotolo e, in un certo senso, era una sorta di condanna e speranza per quella ragazza. Il mittente le aveva suggerito una momentanea via solitaria, costringendola a trattenere dentro di sé un forte sentimento di frustrazione e rabbia; l’aveva definita l’erede del Villaggio degli artigiani, trasmettendole una forte responsabilità ma, nonostante ciò, vi era anche amore e preoccupazione per il futuro del destinatario. Aveva percepito questo da quella pergamena, e ora il comportamento della ragazza sembrava che avesse più senso.
Erano tutte solo sue deduzioni, scaturite dal sesto senso e dai ricordi della sua infanzia, eppure non nutriva dubbi a riguardo, anzi ne era certo. Cominciò inconsciamente a sperare che quella ragazza si sarebbe risvegliata presto, e non solo per scoprire tutto quello che sapeva. Proprio come aveva, inutilmente, tentato con Sasuke durante il suo primo summit dei Kage, voleva assicurarsi che l’animo di quella ragazza non sarebbe caduto nel baratro dell’oscurità e dell’odio, perché ci voleva veramente poco a farlo. Non voleva che ci fossero altri individui che dimenticassero il vero significato della parola Amore, come aveva fatto lui in passato, soprattutto da parte di una persona che aveva un nome che significava solitudine.
 
Quello che Yui sognava durante il suo coma, era semplicemente la sua vita e, nello specifico, suo fratello.
Correva più veloce che poteva, essendo appena uscita di nascosto dal villaggio. Quel pomeriggio aveva sentito da dei mercanti viaggiatori che, verso il confine con il Paese del Vento, vi erano i resti una grotta dove era stato eliminato uno dei membri del gruppo criminale Akatsuki. Come artigiana, era curiosa di vedere con i suoi occhi come quel luogo era stato letteralmente distrutto a mani nude dalla shinobi di Konoha, Sakura Haruno. Sarebbe stato solo un viaggio di qualche ora, nessuno se ne sarebbe accorto… o almeno era quello che sperava. Infatti, pochi metri più avanti, scorse la figura del fratello, che la guardava severamente pronto a fermarla.
Yui ormai, dopo i suoi numerosi tentativi di fuga, aveva rinunciato a chiedere come suo fratello riuscisse tutte le volte a passarle davanti, bloccandole la strada. Lui era un ninja sensitivo formidabile, e questo le bastava per aver risposta.
“Dove pensi di andare?” Le chiese mentre lei si fermava a una quindicina di metri da lui. “Sai, la notte vorrei anche dormire una volta ogni tanto, invece di stare a rincorrerti dietro…”
“Se ci tenevi così tanto a dormire, potevi far finta di nulla.” Rispose scocciata, studiando l’ambiente circostante per una possibile via di fuga e far sparire le sue tracce.
“Non ci pensare nemmeno.” Subito le disse Ken, intuendo le intenzioni della ragazza. “Conosci le regole.” Aggiunse, rafforzando che sapeva perfettamente che cosa sarebbe successo da lì a poco. Era così ogni volta: lei cercava di scappare per poter vedere con i suoi occhi ciò che i viaggiatori le raccontavano, mentre lui, futuro capo villaggio e ninja sensitivo, tutte le volte la riportava indietro con la forza; se fosse riuscita per una volta ad avere la meglio, allora l’avrebbe lasciata andare. Ormai era quello il loro silenzioso patto.
Entrambi estrassero le loro armi, Ken la sua katana e Yui la Coda di Drago, e si misero in posizione di attacco, studiando ogni millimetrico movimento dell’avversario. Impaziente, fu Yui a sferrare il primo attacco, dando alla spada la forma di scudiscio, approfittando della media distanza. Ken parò ogni singolo colpo, rafforzando la sua lama con il chakra del vento, senza scomporsi troppo e tenendo sempre gli occhi fissi sul corpo della sorella. La stava provocando, ma lei non voleva cadere nella sua trappola. Lui la stava aspettando in quel luogo, di conseguenza era sicura che aveva avuto il tempo di prepararle una trappola, per questo non osava avvicinarsi.
A quel punto, ritirando la sua arma, cominciò a sfruttare i numerosi nascondigli che gli alberi le offrivano, sparendo dalla visuale del fratello, cominciando a lanciargli kunai e shuriken non appena si spostava da un albero all’altro. Quest’ultimo li schivava tutti, rimanendo fisso nella sua posizione, ma questo non la preoccupava. Il motivo del suo attacco era sia spostarlo da quella zona, in modo da poterlo attaccare da vicino, ma anche scoprire dove fosse la trappola. Alla fine si avverò la seconda opzione, dove un kunai colpì il terreno, scoprendo una profonda buca che si trovava proprio davanti a Ken. Nel vederlo, Yui si sentì leggermente offesa, come se suo fratello la ritenesse così stupida da cadere in una trappola elementare come quella. Sicura di aver svelato il trucco, decise di uscire allo scoperto per un attacco frontale. Non appena atterrò a pochi centimetri da lui, però, si accorse che stava trapassando il terreno, cadendo in un’altra buca profonda. In un primo impatto rimase confusa, guardando verso l’alto e notando che la figura di suo fratello che stava in piedi a mezz’aria, per poi vederlo svanire. L’ennesima illusione, e ci era cascata come una stupida. Cercò subito di rialzarsi, accorgendosi della presenza del fratello alle sue spalle, creando con la mano la prima arma che le era venuta in mente, una kodachi. Ken parò il colpo della sorella sguainando di nuovo la sua katana, e da quel momento ricominciò il loro duello. “Sprechi veramente troppe energie, lo sai?” Le rimproverò, decidendo di passare all’attacco. Sua sorella dimostrava spesso di essere molto testarda, quindi era arrivato il momento di dare la fine dei giochi. Aveva perso in partenza, e questo lei lo sapeva bene, ma non si era minimamente arresa. Preferiva essere a terra esausta, piuttosto che arrendersi all’evidenza.
“Pensa a combattere…” Gli rispose, con un tono di voce sforzato, dal momento che stava iniziando ad avere il fiatone. Aveva passato gli ultimi mesi a lavorare costantemente per preparare le armi per la Guerra, ma il lavoro non era diminuito una volta finita… anzi era aumentato. Si sentiva stanca e non ce la faceva più a stare rinchiusa nel Villaggio. Per lei era diventato troppo stretto dopo aver sognato, attraverso la tecnica della Tsukuyomi Infinito, come poteva essere vario e vasto il mondo. Certo, aveva delle grosse responsabilità nel Villaggio e non lo avrebbe abbandonato, ma dopo quel sogno il suo desiderio di viaggiare era diventato più forte che mai.
Ken, dopo svariati minuti, cominciò a notare che la sorella stava esaurendo le forze, notando come i suoi attacchi si facevano man mano più deboli. “Hai finito?” Le chiese mostrandole un leggero sorriso compassionevole. Lei gli rispose con un altro attacco, che andò a vuoto, per poi cominciare a non sentirsi più le gambe.
“Ti odio…” Riuscì solo a dire, mentre cadeva sulle sue ginocchia. Aveva perso le energie in troppo poco tempo, realizzando che forse aveva nel sangue una sostanza paralizzante o calmante. Non si spiegava però come fosse successo, visto che non era stata ferita. Ken prese la totale assenza di protesta come un silenzioso gesto di resa, provocandogli una leggera risata.
“Si può sapere che hai da ridere?” Chiese infastidita, nonostante fosse esausta.
“Hai sedici anni, ma certe volte ti comporti ancora come se ne avessi sei.” Rispose cercando di non ridere. “E comunque anche questa volta, ho vinto io.”
Yui non rispose, frustrata dell’ennesimo tentativo di fuga fallito. Aveva perso, come sempre, e non aveva le forze per provare un’ultima manovra di fuga. Salì sulla schiena del fratello, lasciandosi trasportare verso casa. “Dove ho sbagliato questa volta?” Si limitò alla fine di chiedere, cercando di tenersi stretta al collo del ragazzo.
“Innanzitutto, sei una pessima attrice. Dal tuo comportamento di oggi, si vedeva che avevi intenzione di fare una delle tue.” Sentendo quelle parole, Yui ebbe la sensazione di aver appena ricevuto un grosso macigno sulla testa. Era incredibile come fosse per lui un libro aperto. “Poi sei stata superficiale, come al solito, e troppo sicura di te stessa, di conseguenza sei facilmente caduta nella mia illusione e nella mia trappola.”
“E il veleno?” Chiese.
“Intendi la polvere paralizzante?” Le chiese voltandosi per un momento verso di lei. “L’hai respirata mentre mi attaccavi sugli alberi. Sapevo che lo avresti fatto.” Ormai i due combattevano da quando avevano memoria, ma Ken nei confronti della sorella aveva sempre avuto quella marcia in più. Se si trattava di forza e velocità, era lei ad avere la meglio, quindi lui si ripiegava sempre sull’astuzia, riuscendo a sopraffarla tutte le volte.
Poco dopo, Yui si rese conto che quella che stavano percorrendo non era la strada per tornare a casa, anzi cominciava a scorgere in lontananza il deserto. Poco più avanti, si ritrovarono davanti ad un fiume e, con sua sorpresa, ad una parete rocciosa completamente distrutta.
“Ma come…” Si limitò a dire, rimanendo senza parole. Faticava a crederci: l’aveva davvero portata in quel luogo?
“Te l’ho detto che sei una pessima attrice.” Le rispose, prendendola di nuovo in giro. Yui non lo sapeva, ma Ken aveva assistito alla chiacchierata che la sorella si era fatta con i mercanti viaggiatori, leggendo nei suoi occhi il forte desiderio di visitarlo. Aveva deciso di accompagnarla in segreto, andando per una volta contro il suo stesso Villaggio, valutando che il posto non poi così lontano; ma poco dopo aveva notato l’intenzione della sorella di andarci di soppiatto, e ne aveva approfittato per metterla alla prova. Sapeva bene che la ragazza aveva bisogno di uscire dal Villaggio, se voleva allargare i suoi orizzonti e migliorare come shinobi, ma l’avrebbe lasciata andare solo quando lei avrebbe cominciato a essere più prudente e meno spericolata. Era un’eccellente combattente, con il suo coraggio e la sua determinazione, ma la sua attuale condizione mentale la rendeva un facile bersaglio per gli utilizzatori del genjutsu. Doveva prima imparare ad essere più attenta a ciò che la circondava, per questo aveva deciso di lasciarla scappare per poi fermarla durante il tragitto. Era il modo migliore per simularle un’imboscata.
Appoggiò la sorella proprio al centro di quelle macerie, accorgendosi che aveva chiuso gli occhi. Nonostante fosse passato più o meno un anno da quel combattimento, riusciva ancora a percepire qualcosa: nell’aria sentiva un leggero odore ferrifero, mentre nelle rocce sotto di sé le tracce del potente chakra che le aveva frantumate. Quanto le sarebbe piaciuto essere presente, anzi quanto avrebbe voluto combattere anche lei una battaglia del genere. Le venne l’ispirazione necessaria per provare a creare una nuova tecnica, combinando la sua parziale trasformazione in metallo con la concentrazione di chakra in un solo punto, in modo da poter simulare una forza sovraumana simile.
“Grazie.” Gli disse alla fine, dandogli segno che potevano tornare a casa. Ken, contento di vedere il sorriso della sorella, la ricaricò sulle spalle, cominciando ad incamminarsi verso il Villaggio, prima che sorgesse l’alba.
“Yui?” La chiamò attirando la sua attenzione. “Ti prometto che, quando riuscirai a tenermi testa, ti farò vedere il mondo.” Sapeva che aveva sbigottito per la seconda volta la sorella, poiché le aveva appena promesso una cosa che andava contro la volontà del Villaggio. Le miniere si stavano esaurendo e lei era l’ultima del quasi estinto clan Kinzoku, con il potere della creazione e manipolazione del metallo. Aveva cercato in tutti i modi, come figlio maggiore del precedente capo villaggio, un modo per non darle troppe responsabilità sulle spalle. Ma la verità era che lui era il suo fratellastro quindi, non possedendo quel codice genetico, non avrebbe mai potuto sostituire completamente la sorella. La sua matrigna, e madre di Yui, era stata uccisa da un ninja scomparso di Konoha, che mirava all’abilità innata del clan Kinzoku, mentre suo padre morì con lei, nel tentativo di proteggerla. Per Ken era stato come perdere per la seconda volta la sua famiglia quindi, più di chiunque altro, era terrorizzato dall’idea di perdere sua sorella, ma sapeva che non poteva tenerla rinchiusa per sempre, come invece volevano i loro conterranei. Quindi si era imposto di metterla sotto duro allenamento, in modo che un giorno potesse essere indipendente e libera di realizzare il suo sogno.
“Quando riuscirò a tenerti testa? La fai facile! Se tu smettessi di usare uno dei tuoi soliti trucchi, ti batterei subito.” Commentò sarcastica la ragazza, felice di aver udito quella sincera promessa. Aveva notato che anche Ken era cambiato dal risveglio dello Tsukuyomi Infinito, quindi forse qualcosa nel suo sogno lo aveva spinto a fare quella decisione.
“Abituatici, in battaglia nessuno combatte lealmente. Quindi cerca di non fossilizzarti sulle classiche lezioni dell’accademia, che non spiegano cos’è realmente un capo di battaglia, e comincia a farti più furba.” Sapeva che in un certo senso le stava chiedendo l’impossibile, dopotutto i suoi coetanei erano già andati in missioni pericolose più volte, o addirittura in guerra sotto come forze del Paese del Ferro, ottenendo quella esperienza e visione che il mondo non era un posto pacifico e sicuro. Era certo, però, che nonostante quell’handicap, Yui ce l’avrebbe fatta a modo suo, la determinazione e la testardaggine non le mancavano, e poi non l’avrebbe lasciata andare da sola, sarebbe venuto con lei.
Ricordando quella scena, inconsciamente la ragazza pianse nel suo stato comatoso. Quel ricordo risaliva a un paio di mesi prima del massacro, e allora nessuno dei due aveva idea di quello che sarebbe successo. Le mancava terribilmente quel periodo, quando la sua unica preoccupazione era trovare la strategia battere il fratello.
















 

L'angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti!
Eccomi con il nuovo capitolo! Forse un po' noioso per alcuni, dopotutto di fatto non succede nulla (si chiama apposta "Attesa"), però era necessario stendere meglio la traccia psicologica di alcuni personaggi. La ragione? Per permettere a voi, cari lettori che vi amo una cifra, di comprendere meglio le azioni che i personaggi faranno nei prossimi capitoli.
Questo capitolo vi servirà un po' come promemoria, dal momento che per il prossimo capitolo dovrete aspettare più del solito, come avevo già annunciato nello scorso capitolo (ahimè il lavoro mi sta sul serio tenendo impegnata).

Spero di aver corretto tutti gli errori, e che il capitolo vi sia piaciuto. Se vi va, mi piacerebbe avere una vostra opinione, in modo da sapere se avete gradito le tracce psicologiche dei personaggi.
Intanto ringrazio chi mi sta sostenendo, e vi mando un fortissimo abbraccio.

Alexia.
 

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Capitolo 7
*** Risveglio ***


Capitolo 6: Risveglio.
 
“Kitanai Aburame?” Chiese perplesso Gaara. Si trovava nel suo ufficio con Shikamaru Nara e Shino Aburame, dove quest’ultimo mostrava le sue conclusioni sugli studi che aveva fatto sul parassita estratto da Yui.
“E’ l’unico shinobi in tutto il nostro clan capace di fare una cosa del genere.” Disse impassibile Shino, nascosto dietro il suo cappuccio e gli occhiali. “Il parassita che mi avete dato da esaminare è un esemplare unico, non ne abbiamo alcuna testimonianza in nessuno dei nostri archivi.” Disse continuando a esporre le sue conclusioni “Ha una struttura biologica completamente diversa da qualsiasi creatura esistente, e nella storia del nostro clan solo una persone era capace di creare nuove specie d’insetti e parassiti.”
Gaara, nell’ascoltare il giovane ninja della foglia, ascoltava attentamente, cercando un indizio nelle parole che stava ascoltando. Era stato recuperato un tassello, ma non era abbastanza per poter cominciare a capirci qualcosa… però era una traccia.
“Se questo shinobi che abbiamo affrontato fosse veramente Kitanai, dovrebbe avere l’aspetto di una persona che ha più di 150 anni.” Concluse Gaara. “Ma visti gli eventi passati, non è un’ipotesi del tutto assurda, soprattutto se si tratta dei seguaci di Jashin.”
“Da come abbiamo potuto vedere, direi che si tiene in vita con una tecnica che però non prevedere la preservazione del corpo, in questo modo si spiegherebbe il suo aspetto da cadavere in decomposizione…” Aggiunse Shikamaru. “Dovremmo cominciare a trovare ogni singola informazione su questo  ninja e provare a ricostruire ogni suo movimento da quando è nato, forse riusciamo a trovare degli indizi sugli Tsukiyo e capire che cosa volevano dagli abitanti del Villaggio degli Artigiani e dalla ragazza.
Sei stata richiesta da Jashin. Queste furono le parole che Gaara sentì, il suo obbiettivo era la ragazza, quella trappola era per lei e non per loro. Il dilemma era, una volta che si sarebbe svegliata, se nasconderla da qualche parte e metterla al sicuro, oppure tenerla sotto osservazione qui… Ma rimaneva il fatto che era in pericolo e sarebbe stato solo una questione di tempo prima che ritornassero in azione.
“Forse è meglio che ritornate a Konoha, avete fatto anche troppo per noi.” Disse alla fine. “Adesso dobbiamo trovare tutte le informazioni riguardanti questo shinobi, qui non potete fare più nulla, a parte aspettare il risveglio della ragazza.” Concluse il rosso, ottenendo il consenso degli altri due. Poco dopo i due uscirono dalla stanza, pronti a comunicare ai propri compagni le novità; Gaara seguì il loro esempio, uscì dal suo ufficio ma scegliendo un’altra destinazione.
 
La prima cosa che vide Yui fu il bianco. Ma non quel bel bianco candido come quello della neve, ma quello sbiadito quasi tendente al caramello. Aveva la vista leggermente sfocata, ma capii subito dove si trovava, quel fastidioso beep beep le rimbombava nella testa. Era in un ospedale.
Era svenuta, quel parassita la stava divorando, e ricordava solo voci di coloro che la soccorrevano, dicendole di resistere. In quel momento cominciò a risentire sensibilità su tutto il suo corpo, avvertendo un fortissimo fastidio sul suo braccio destro. Lentamente alzò il busto, notando la flebo conficcata nel suo braccio, e istintivamente assorbì la parte metallica dell’ago nel suo corpo, lasciando l’apparecchio sprovvisto. Quel liquido che le stava iniettando le dava parecchio fastidio, per lei era quello il corpo estraneo e non l’ago stesso. Quell’azione però le costò un capogiro, si sentiva debole… molto debole. Capii subito che le mancava un sacco di ferro in corpo, per lei essenziale per rimanere in forze vista la sua abilità innata, e si guardò intorno nella speranza di poter trovare altro da assorbire in corpo. Niente: tutto ciò che era in metallo era essenziale, non c’era niente di superfluo che potesse assorbire; ora si che le sarebbero stati utili le lastre di metallo, quelle che teneva sempre con sé.
A quel pensiero Yui sobbalzò, rendendosi conto di non aver addosso i suoi vestiti. Entrò giustamente nel panico. Il suo pensiero fisso divenne il rotolo che le aveva lasciato Ken, che era tutto per lei, il suo passato, presente e futuro. Di sicuro lo avevano letto, sarebbe stato strano il contrario, e temeva che lo avessero anche decriptato. Qualunque messaggio avesse lasciato il fratello, era di vitale importanza e doveva interpretarlo solo lei.
Rimase in sovrappensiero, cercando di capire come agire, senza accorgersi della porta che si stava aprendo. Gaara, quando aprì la porta della stanza, rimase sorpreso nel vederla finalmente sveglia, e non poté fare a meno di a scrutarla: era pallida come un lenzuolo, con lo sguardo spento e perso nel vuoto.
“Yui” Preso alla sprovvista, pronunciò il suo nome, facendola uscire dalla miriade di pensieri che l’avevano assalita. Si voltò di scatto e lo guardò sorpresa con i suoi occhi rubini, senza neanche pronunciare nemmeno una sillaba. I due si guardarono per qualche secondo, creando un atmosfera surreale, per poi distogliere lo sguardo.
“Grazie…” Disse Yui interrompendo quel silenzio imbarazzante. La ragazza si voltò di nuovo, incontrando lo sguardo perplesso del rosso. “… per avermi salvata.” Aggiunse, in modo da essere più chiara. Odiava essere in debito con qualcuno, ma conosceva bene i suoi limiti e la gratitudine, e voleva che fosse chiaro: sapeva benissimo che sarebbe morta se fosse rimasta da sola.
Ti chiedo solo di ricordati quello che ti ho sempre raccontato e, per il momento, di non chiedere aiuto agli altri Villaggi, in futuro sarai tu a decidere se farlo o meno. Confido nella tua ragione.
Ripensò alle parole della pergamena, perché forse era arrivato quel momento. Era passato più di un mese dalla strage e aveva fatto come le era stato detto: aveva agito da sola, nascondendosi utilizzando i trucchi che le era stato insegnato. Nelle tecniche dello spionaggio la reale identità deve diventare un fantasma, e così lei aveva fatto con le sua. Ma ora non le era più possibile, se aveva letto il rotolo, il Kazekage sapeva che lei era Yui del Villaggio degli Artigiani, quindi era indecisa.
Fidarsi? O non fidarsi? Un bel problema…
“Prego” Disse all’improvviso Gaara, in risposta del grazie aveva ricevuto prima. “E’ mio dovere farlo, anche se sei di un altro villaggio.”
“Ex-villaggio.” Corresse la mora. “Ormai è un cimitero cinereo…” Aggiunse, ma era una frase più rivolta verso sé stessa, imponendosi di ricordare in che condizioni era la sua casa. Mentre era in coma aveva sognato tutto ciò che ricordava, illudendosi per un momento che quel luogo esisteva ancora. Ma non era così, la realtà era ben diversa. In cuor suo, ancora non aveva del tutto accettato come fossero andate le cose, era passato più di un mese ormai, ma ancora non o aveva accettato del tutto, e forse mai lo farà.
“Che cosa volete da me?” Chese la ragazza, andando dritta al sodo.
“Sapere che cosa sta succedendo.”
“Allora state chiedendo alla persona sbagliata, lo vorrei tanto sapere anche io.” Rispose secca, ma era la verità alla fine. Gaara chiuse gli occhi e si mise a valutare se interrogarla, chiedendo la collaborazione di Ino Yamanaka,o farle qualche domanda ora. Non voleva trattarla come una prigioniera, per il momento. Gaara sospirò e si avvicinò a lei, sedendosi sulla sedia che si trovava al fianco del letto. Yui guardò sorpresa il ragazzo che la scrutava impassibile, cercando di capire dove volesse arrivare.
“Come ti chiami?” Chiese il rosso alla fine, ache se conosceva già la risposta. Era solo un semplice modo per iniziare una conversazione, inducendola ad aprirsi.
“Non mi avete chiamata per nome poco fa?.” Disse perplessa.
“Intendevo il tuo nome completo.” Specificò.
“… Yui Sasayama.” Rispose dopo qualche secondo di titubanza, non essendo certa di come rispondere, decidendo di farsi chiamare con il cognome del clan del padre adottivo.“Voi invece siete il Quinto Kazekage, Sabaku no Gaara…”
“Puoi anche darmi del tu, in fondo credo che abbiamo la stessa età più o meno.” Le disse interrompendola.
“Va bene…” Disse per poi valutare che cosa dire. “Perché stai perdendo tempo?” Chiese semplicemente. Quattro parole che riassumevano l’intera situazione, Yui al suo posto non si sarebbe mai messa a sedere davanti al suo testimone chiave e chiedergli il nome e di farsi dare del tu… La situazione era critica e lei non capiva il suo atteggiamento. Gaara notò il dubbio negli occhi della ragazza, come notava l’ansia di dover fare subito qualcosa… in quello sguardo capì subito che avrebbe tentato di scappare, non appena ne avrebbe avuto le forze.
“Perché voglio che tu collabori con noi, è anche il modo più facile per metterti al sicuro.” Rispose alla fine.
“Cercano me, e non si fermeranno finché non mi troveranno, non è vero?” Chiese, nella speranza di sentire una risposta diversa da quello che già aveva intuito.
“Danno la caccia a tutti coloro che hanno avuto legami con il Villaggio degli Artigiani, tu sei riuscita a scappare… ma è solo una questione di tempo prima che ti ritrovino.”
Già, era veramente solo una questione di tempo, e questo lo sapeva molto bene anche lei. Ciò però che lei temeva e che la stavano cercando non perché era una sopravvissuta al massacro, ma per via della sua abilità innata. Dopo gli ultimi eventi, aveva capito che il Villaggio era stato tradito da qualcuno, perciò la probabilità che il traditore avesse venduto anche l’informazione sulla sua esistenza non era da escludere.
“Non sono al sicuro…” Disse inconsciamente.
“No, se collaborerai e ci permetterai di proteggerti.”
“Non sono al sicuro da nessuna parte, soprattutto qui.” Contestò, ricordandosi della facilità di come era lei riuscita ad entrare nel Villeggio della Sabbia. Se ci era riuscita lei, una ragazzina inesperta del mondo al di fuori del suo Villaggio, di sicuro ci potevano riuscire senza fatica dei criminali di livello S. “Hai mai pensato di controllare la sicurezza nel portone Est di notte? Lì alcune guardie hanno preso il vizio di bere Sakè.” Rispose alla fine, ottenendo come risposta uno sguardo misto tra perplessità e sorpresa da parte del rosso. “Non sai nemmeno che cosa succede all’interno del tuo stesso Villaggio, come puoi dire che mi proteggerai?” Lei e suo fratello, figli del penultimo capo villaggio e ricoprendo un ruolo di una certa importanza, erano al corrente di ogni singolo particolare che accadeva all’interno dei loro confini: grazie a questo per lei era un gioco da ragazzi riuscire a scappare, anche se suo fratello le era nettamente superiore, riuscendo a sventare ogni suo tentativo di fuga.
Come poteva fidarsi di un capo che non era al corrente delle lacune della sicurezza del suo Villaggio? Come poteva anche solo pensare di lasciarsi proteggere in un luogo dove, chi è incaricato della sicurezza, sottovaluta il suo compito e si lascia andare nei vizzi?
Non poteva restare.
“Al contrario, tu mi sembri ben informata…” Commentò il rosso, non sapendo cos’altro dire. Era stato preso alla sprovvista con quell’accusa, una ragazza di un altro Villaggio era riuscita a zittire e a mettere in difficoltà un Kage, permettendosi anche di accusarlo di incapacità nella gestione del proprio Villaggio. Se il Raikage l’avesse sentita, l’avrebbe già uccisa, ma lui nemmeno reagì, perché nel profondo sapeva che lei aveva ragione; ricordò infatti gli esami Chunin che si erano tenuti a Suna, di come uno dei suoi consiglieri aveva tentato di ucciderlo. Sapeva che come capo aveva molto da imparare e, notando la determinazione nello sguardo cremisi della ragazza, sapeva che da lei poteva imparare molto. Forse lei non era una semplice abitante del Villaggio degli Artigiani.
“Quella pergamena… chi l’ha scritta era informato della situazione.” Esclamò il rosso, risvegliando in Yui un’espressione facciale diversa, ora vi era del chiaro dolore.
“Già” Rispose secca.
“Abbiamo provato a decifrare il codice, ma inutilmente.” Continuò Gaara.
“Non vi posso essere di aiuto, nemmeno io l’ho decifrato.”
“Però era rivolto a te, forse sei l’unica in grado di farlo.”
“Sfortunatamente, quella persona è morta davanti ai miei occhi, prima che potessi chiedergli che tipo di codice ha utilizzato.” Rispose, risvegliando inconsciamente un ricordo che voleva dimenticare a tutti i costi.
“Era una persona a te cara?” Insistette.
“Cambierebbe qualcosa lo dicessi?” Rispose seccata la ragazza. “Rispondo io: no, perché io l’ho… io…” Io l’ho abbandonato scappando. Era questo che voleva dire. S’interruppe all’improvviso. Le faceva male parlare di Ken, le faceva male che era stata incapace di aiutarlo, come le faceva male sentirsi debole. Dalla tragedia non si era mai sfogata, aveva avuto al massimo qualche leggero momento di pianto, ma mai un pianto incessante da spingerla ad urlare. Era la prima volta che qualcuno le chiedeva qualcosa della tragedia, di quello che succedeva, fino a quel momento lei aveva solo focalizzato i suoi ricordi su dettagli utili per trovare indizi, ma mai per ricordare l’evento lì per sé. Aveva sempre evitato ad oltranza il ricordo dell’uccisione del fratello, e non solo per il dolore della perdita: si era resa conto che quella notte poteva veramente fare qualcosa, ma era troppo spaventata e decise di lasciarsi proteggere, sentendosi debole come non mai in vita sua. Ken aveva sempre avuto ragione su di lei, e ora doveva in qualche modo cavarsela da sola… farsi furba. Si coprì il volto con le mani, cercando di soffocare i singhiozzi e le lacrime. Il suo respiro di fece affannoso e iniziò a tremare ma, non appena sentii una mano calda sulla sua spalla,ritornò alla realtà e si calmò un minimo, rendendosi conto che si era appena mostrata ancora più debole.
Perché? Si chiedeva. Perché adesso? Perché qui davanti ad un perfetto sconosciuto? Ma non trovava risposta. Anche Gaara rimase sorpreso dell’improvviso cambiamento di umore della ragazza, voleva fare qualcosa ma non sapeva che fare, e si limitò solo di appoggiarle la mano sulla spalla. Si era quasi sentito in dovere di farlo, anche se non sapeva esattamente il motivo. Lui non era il tipo da fare questo genere di gesti, nemmeno come segno di scusa per aver risvegliato dei ricordi sgradevoli. Semplicemente il suo corpo si era mosso da solo. Quel momento venne interrotto dall’arrivo di un infermiera, che subito andò a chiamare un primario per visitare la ragazza.
Dopo aver ricevuto i risultati delle prime analisi dal primario, Gaara uscì dall’ospedale, scosso dell’incontro. Il loro scambio di battute lo aveva portato al nulla di utile per le indagini, e di certo metterla sotto interrogatorio ora era altrettanto inutile, però in quell’asso di tempo era successo qualcosa tra loro due, una sorta d’intesa… no, quell’intesa era già nata quando si ritrovarono rinchiusi nella miniera, ma allora erano troppo impegnati a capire come salvarsi per rendersene conto. Chissà com’era quella ragazza prima di perdere l’amore e l’affetto della sua casa e della sua famiglia… Voleva aiutarla, voleva salvarla prima che i sentimenti negativi prendessero il sopravvento su di lei. Chiamare dei ninja sensitivi, metterla sotto interrogatorio, trattarla come una prigioniera sarebbe servito a nulla, non avrebbe mai parlato e non si sarebbe mai aperta a loro. Era palese la sua sfiducia nel confronti dei paesi al di fuori del suo, e doveva trovare il modo di farla ricredere.
Passarono i giorni, e             Yui si riprese molto lentamente, a causa delle sua dieta povera di ferro, ma nel frattempo la situazione nelle Terre del Nord nel Paese del Vento si faceva sempre più critica. Arrivarono alle orecchie della ragazza voci riguardanti la base della Tsukiyo che si trovava in quella zona, giustificando così la crisi in crescendo in quella zona. Voleva andarci, vedere con i suoi occhi, ma non poteva da sola o sarebbe stata spacciata. Era un’amara consapevolezza, ma cominciò a valutare se accettare l’aiuto del Kazekage, ovviamente scendendo a patti.
Gaara analizzava la situazione con i membri del consiglio. Aveva poi fatto controlli a sorpresa nei posti di controllo e la ragazza aveva ragione, c’erano delle grosse lacune nella sicurezza del Villaggio. Vide con i suoi occhi come certi shinobi, dopo la fine della Quarta Grande Guerra Ninja, si erano lasciati andare. Per loro il peggio era passato, che le grandi minacce erano state sconfitte… non si rendevano conto che erano sulla soglia di una nuova grande crisi.
“Dobbiamo fare qualcosa.” Disse uno dei consiglieri.
“Si ma non abbiamo indizi, e non possiamo buttarci nella mischia senza avere fonti certe sui rivoluzionari.” Aggiunse un altro.
“Abbiamo la ragazza. Si può sapere che cosa stiamo aspettando a estrale le informazioni?”
“Vi ricordo che la testimone è sotto la mia responsabilità.” Intervenne Gaara, interrompendo il continuo ed inutile scambio di battute tra i consiglieri. “Di conseguenza vi ricordo che non potete prendere iniziative su di lei senza la mia autorizzazione.” Concluse glaciale. Era ben conscio del fatto che alcuni membri del consiglio aspettassero solo la sua fine, o per paura o per prendergli il posto, di conseguenza odiava quelle riunioni, anche se le faceva per il bene del suo Villaggio.
“Kazekage, mi sembra che abbia preso molto a cuore la situazione della ragazza.” Commentò uno dei consiglieri, uno di quelli che non lo appoggiava. Era palese la sua allusione, e subito lesse nello sguardo degli altri consiglieri quello che stavano pensando: era stato messo al potere solo perché era la forza portante del Monocoda e il figlio del quarto Kazekage, ma alla fine era solo un ragazzino immaturo, che prendeva decisioni sbagliate in preda dagli ormoni. Come se lui fosse così superficiale e irresponsabile, ogni sua decisione era per il bene del Villaggio e, nei suoi limiti, per il bene di tutti, soprattutto per evitare che altri facessero la fine che lui avere rischiato, perdendosi nelle ispide strade dell’odio, della solitudine e del rancore.
 
 
Contemporaneamente, in una grotta non ben definita, delle oscure figure si erano radunate per osannare il nuovo sacrificio che avevano appena compiuto in nome di Jashin. La figura al loro centro, una giovane donna, era stata squartata in sei parti, ognuna posizionate su una punta della loro stella disegnata col sangue. Le figure incappucciate ne erano intorno, pregando in una lingua solo a loro conosciuta e, una volta finito, una di loro, l’unica coperta da un mantello nero decorato da simboli dorati, parlò.
“Cari confratelli, dobbiamo agire, questa volta senza fallire.” Disse in preda all’estasi, alludendo al fallimento di Kitanai e Hidan di qualche giorno prima. Il primo dei due ringhiò, mentre il secondo sospirò esasperato.
“La ragazza si trova a Suna, dovremmo essere cauti.” Commentò una figura incappucciata.
“Ma che cosa dite? Ma se dei miei vecchi compagni si infiltrarono molto facilmente.” Intervenne Hidan, ricordando il rapimento di Gaara da parte di Sasori e Deidara. “E’ un gioco da ragazzi, basta solo usare tutto quello che abbiamo.” Concluse.
“Sta zitto Hidan, quella volta fu possibile grazie alle informazioni che era in possesso Sasori.” Commentò un’altra figura incappucciata.
“Ma come ti…”
“Silenzio” Disse la figura incappucciata con il mantello decorato, interrompendo l’imprecazione di Hidan. “Kitanai, notizie dai tuoi parassiti?” Chiese alla fine dopo qualche secondo di silenzio.
“Non era ancora morta quando glielo avevano estratto, che cosa sia successo dopo non posso saperlo, dal momento che lo hanno ucciso.” Rispose facendo molta fatica a parlare.
“Se la caverà, quella ragazza ha sempre avuto la pelle dura.” Commentò un’altra figura. “Ormai è nostra, non ci può più scappare, ora che sappiamo dove si nasconde.”
“Certo che ne hai avuto di fegato per tradire e uccidere i membri del tuo stesso villaggio, eh? Mi hai sorpreso in positivo!” Eslamò Hidan.
“Se è in nome di Jashin, anche il tradimento è giustificabile.” Rispose subito. “E poi ci servivano dei sacrifici per le nuove cerimonie.”
“Ci serve la Kinzuku, se vogliamo arrivare al nostro obbiettivo.” Intervenne un’altra figura.
“Allora credo che sappiamo tutti che cosa fare, andate.”
Dopo quell’ordine tutti esclamarono Lode al Sommo Jashin e se ne andarono. Hidan camminò silenziosamente per i corridoi, seguito da Kitanai. Dovevano compiere una missione per raccogliere nuove vittime per i loro sacrifici, ma Hidan in quel momento non ne aveva proprio voglia, o meglio: non aveva voglia di sentire i continui rimproveri e lamentele di Kitanai.
“Vedi di non fare come l’altra volta.” Disse quest’ultimo sibilante.
Ecco! Pensò subito Hidan. A volte questo vecchio mi fa proprio rimpiangere Kakuzu. Se non fosse stato per il rispetto che deve dare a causa del grado di anzianità all’interno del culto, lo avrebbe già ucciso da un pezzo. Aveva la sua stessa devozione per Jashin, e questo era ammirevole, ma era decisamente troppo fastidioso per i suoi gusti.
 




 

Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti!
Prima che mi ammazziate: vi chiedo scusa per essere sparita, ma il lavoro mi ha proprio tolto il tempo per scrivere, non ho avuto momenti liberi per rilassarmi e pensare come continuare la storia... Ora sono più libera e quindi riesco a scrivere con una certa frequenza. E' molto probabile però che in questo capitolo abbia perso un po' del mio... smalto, ovvero che può non essere figo come i precenti. Ho fatto del mio meglio per farlo il più figo e interessante possibile, vista anche la lunga attesa, però se ci sono cose che non vi piacciono, non vi convincono o semplicemente ERRORI, vi prego di dirmelo.

Vi ringrazio per essere rimasti e vi chiedo ancora scusa.
Alexia.

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Capitolo 8
*** Scambio di favori ***


Capitolo 7: Scambio di favori.
 
Il sole le stava accecando la vista. Tutto quel tempo in ospedale non le aveva di certo fatto bene, si sentiva debole per la mancanza di ferro, aveva perso la sopportazione per le alte temperature e non riusciva a sopportare l’eccessiva luminosità del sole, tipica delle ore più calde. Quella mattina tutto si sarebbe aspettata tranne il prelievo da parte di due ninja, che annunciavano che era appena stata dimessa, sotto ordini del Kazekage stesso.
Venne portata in una zona isolata all’interno del Villaggio, dove vi erano passaggi sotterranei per entrare all’interno della parete rocciosa che delineava il confine. Un luogo ben sorvegliato, almeno lì, notando l’alto numero di ninja di guardia nella zona. Una volta entrata, venne accompagnata in una stanza e fatta accomodare, dicendole che quella sarebbe stata la sua stanza, per poi chiudere la porta. Yui, che per tutto il tempo era rimasta in silenzio, lasciò andare un sospiro e si guardò intorno, era chiaramente agli arresti domiciliari, avvertendo la presenza dei due ninja in corridoio, e la stanza non aveva alcuna finestra. Una sorta di bilocale, con una stanza che faceva sia da sala/camera da letto e cucina e l’altra faceva da bagno. Niente di lussuoso, ma abbastanza per vivere in maniera decisamente più comoda, rispetto alla grotta dove si era stabilita nello scorso mese. Le nozioni di sopravvivenza di suo fratello le erano stati utili, ma un divano letto era decisamente più confortevole di un freddo pavimento roccioso. Si accomodò proprio su quest’ultimo, cominciando a frugare tra le tasche dei vestiti che i ninja, prima di lasciare l’ospedale, le avevano restituito: c’erano solo il suo portafoglio, senza segni che mancasse qualcosa, e le lastre di ferro. Il resto l’era stato sequestrato, dalle carte bomba fino al rotolo di suo fratello… ovviamente, le sarebbe stato strano il contrario. Cercò di guardare il lato positivo: aveva ancora le lastre di ferro, che subito assorbì all’interno del suo corpo, per recuperare le forze necessarie per non sentirsi debole. Probabilmente avevano pensato che fosse del semplice materiale di riserva in caso di danneggiamento arma, quindi niente di pericoloso senza gli attrezzi del mestiere e una fonte di riscaldamento. Peccato che a lei non servisse niente di tutto ciò. Un’altra leggerezza sulla sicurezza.
Il suo sguardo all’improvviso venne catturato da un rotolo sul tavolino di fronte al divano, e non esitò a prenderlo ed aprirlo. Per prima cosa lesse la firma del mittente: il Kazekage.
 
Poiché sei un testimone chiave, non potevo lasciare che te andassi in giro per il Villaggio liberamente senza adeguate misure di sicurezza. Per quanto necessaria, sono comunque mortificato nell’obbligarti in questa reclusione. Per quanto tu sia determinata a lasciare il Villaggio, ti chiedo… ti obbligo ad accettare il posto dove ti trovi ora come casa tua, un luogo dove potrai sempre fare ritorno finché non perderai la via dei ninja.
Dal tuo atteggiamento, sono consapevole della tua forma di pensiero riluttante nei confronti del mio Villaggio e, probabilmente, anche nei confronti di tutti gli altri Villaggi, ma ti consiglio di non sottovalutare il credo ninja che accomuna tutti i grandi paesi.
 
Sabaku no Gaara, Quinto Kazekage.
 
Una lettera breve ma diretta: non le avrebbe permesso di fuggire.
Non basta una lettera con sopra delle belle parole per ottenere la sua fiducia, il Kazekage era davvero convinto di poterla tenere all’interno del suo Villaggio senza contrastare gli Tsukiyo? Ammettendo anche la possibilità che riesca in qualche modo a respingerli, il Villaggio non ne uscirebbe illeso… ci sarebbero state delle vittime e i sopravvissuti come minimo farebbero una rivolta se sapessero la reale ragione della perdita dei loro cari. Potrebbe essere anche la causa di un colpo di stato, poiché il Kazekage perderebbe la fiducia degli abitanti. La lettera parla di credo ninja, ma sottovaluta la volontà e il potere dei civili, oltre al rancore umano… quindi non esiterebbero a rivoltarsi contro il Kazekage e volere la testa di Yui. La paura e la vendetta in massa può essere molto più temibile della tecnica ninja più letale. No, si rifiutava di stare con le mani in mano. La ragazza sospirò, chiudendo gli occhi e immaginando possibili scenari per poter fuggire, per poi far perdere le sue tracce. Non aveva nessuna intenzione di portare sulle spalle il peso di un’altra catastrofe.
In quel momento qualcuno bussò alla porta, per poi entrare senza aspettare risposta. Yui si ritrovò davanti Temari, che la fissava con uno sguardo impassibile.
“Accomodati pure…” Disse sottovoce la ragazza, cercando di non scomporsi troppo per l’inaspettata e prepotente visita della bionda. Le era sfuggito il suo atteggiamento diretto, e di certo poco educato, ma se dall’altra parte non ci sarebbe stata il rispetto allora avrebbe continuato con il suo vero atteggiamento.
Al contrario, Temari udì quelle parole e la cosa la fece sorridere, non sopportava quelle persone che usavano continui convenevoli a causa della sua posizione, per lei era segno di falsità e le ricordava che tra quei falsi atteggiamenti poteva nascondersi l’intento omicida di assassinare lei o uno dei suoi fratelli, come era successo in passato. Gaara poteva aver guadagnato l’ammirazione del popolo, ma la sua presenza dava fastidio a molti consiglieri.
“Vieni con me.” Disse semplicemente la bionda, ottenendo come risposta uno sguardo perplesso. “Preferisci rimanere rinchiusa qui dentro?” Aggiunse.
Yui non disse nulla, limitandosi ad alzarsi dal divano e seguire la ragazza. Preferiva non averci nulla a che fare, ma ebbe la meglio il suo lato da spirito libero. Inoltre uscendo avrebbe avuto la possibilità di guardarsi intorno e studiare un modo per poter fuggire.
“Non chiedi nemmeno dove ti sto portando?” La chiese la bionda non appena uscirono dalla galleria.
“In verità mi sto chiedendo come tu possa camminare davanti a me tranquillamente.”
Nell’udire quella affermazione, Temari scoppiò a ridere, un comportamento che Yui tradusse come scappa pure, se ci riesci. Era una provocazione ma Yui preferì mantenere il profilo basso, non le andava di lasciarsi sfuggire il minimo indizio sulla sua abilità innata. Doveva essere cauta.
Poco dopo le ragazze raggiunsero la bottega di un fabbro, dove Yui rimase inorridita nel vedere come certe armi erano state forgiate con un’estrema superficialità e poca cura sulle potenzialità di prestazioni di combattimento. Solo guardando da una media distanza un’alabarda, poteva notare come fosse sbilanciata, la lama troppo spessa, e l’asta storta di un millimetro. Se qualcuno l’avesse comprata, l’arma si sarebbe spezzata nel giro di pochi anni a causa dell’asta che non avrebbe sorretto il peso della lama, aggravata con i contraccolpi che avrebbe subito a causa della scarsa capacità di taglio di fronte ad un’una ossatura… ciò obbligherebbe il proprietario a tornare dal fabbro per una riparazione: praticamente una truffa.
“Vedo che la vostra amica ha buon occhio, non voglio vantarmi ma quell’alabarda è uno dei miei migliori lavori.” Disse il fabbro interrompendo l’analisi di Yui. Se questo è uno dei suoi migliori lavori… ora capisco perché in villaggio ci facevamo pagare molto bene per i nostri, e soprattutto per i miei, lavori. Almeno noi avevano il rapporto qualità-prezzo. Pensò guardando con disprezzo l’uomo, che ai suoi occhi era la vergogna di tutti gli artigiani/fabbri.
“Posso sapere che cosa ci facciamo qui?” Disse la mora alla fine.
“Puoi considerarlo uno scambio di favori.” Iniziò a dire a bionda. “Quest’uomo dice che il mio ventaglio è irreparabile.” Quello che tu mi hai rotto con un semplice kunai. Ebbe la sensazione di sentire dalla bionda, attraverso il suo sguardo severo.
Quella volta fu Yui a lasciarsi scappare una risata. “E, fammi indovinare: te ne ha subito mostrato un altro?” Aggiunse cercando di riacquistare la sua compostezza. “Se me lo concedete, ve lo riparo io nel giro di poche ore.”
“Era proprio quello che volevo sentire…” Rispose la maggiore dei Sabaku.
“Ma come ti permetti ragazzina?” Esclamò platealmente il fabbro, rimasto sconcertato dalla scena che aveva appena assistito. “Non è un’arma qualsiasi, proviene dal Villaggio degli artigiani e i loro meccanismi sono estremamente complica…” Non fece in tempo a finire la frase, rimasto ammutolito dallo sguardo tagliente della ragazza.
“Non sono io quella che dovrebbe tacere…” Commentò la ragazza, irritata per la mancanza di compostezza dell’uomo. “Sono perfettamente conscia della precisa meticolosità che adottiamo quando forgiamo un’arma… posso dire con certezza che solo un nostro artigiano potrebbe rompere una delle nostre armi.” E infatti fu proprio quello che era successo con il ventaglio di Temari. “Ma…” Aggiunse per poi spostare lo sguardo sulla bionda. “… non lo farò gratis, del resto non avevi detto che era uno scambio di favori?”
“E’ bello vedere che capisci subito le cose al volo.” Le rispose con uno sguardo soddisfatto, mentre si guardava intorno. “Scommetto che non ti dispiacerebbe avere un motivo che ti permetta di uscire dall’alloggio che ti abbiamo assegnato.”
Yui lesse tra le righe la frase appena udita, era una prova: se era veramente abile come sosteneva, allora avrebbe avuto la possibilità di lavorare… Un lavoro socialmente utile di un carcerato mascherato da favore, di conseguenza non poteva accettare. Avrebbe corso sempre più rischi e avrebbe creato, anche se in minima quantità, uno squilibrio delle risorse belliche tra il Paese del Vento e tutti gli altri Paesi. No.
“Forse non ci siamo capite… Se porto al termine il lavoro, voglio avere udienza con il Kazekage.” Disse alla fine, dopo aver analizzato ogni singola possibilità. Era certa che avrebbe potuto arrivare a un qualche accordo con lui, per poi trovare un modo per sparire e far perdere le sue tracce. Non appena finì la frase, scorse dei leggeri segnali di sorpresa da parte della donna ma, dopo qualche secondo di riflessione, acconsentì. Per Temari era di vitale importanza che il ventaglio venisse riparato.
Dopo uno scambio di battute tra la bionda e il fabbro, alla quale Yui non prestò la minima attenzione, venne condotta nel retro, dove si trovava il ventaglio. Doveva solo fabbricare un altro chiodo per fissare di nuovo tutte le stecche rigide dell’ala del ventaglio. Il fabbro, contrariato, le diede tutto il materiale necessario per la forgiatura e la costruzione dell’oggetto. Temari, ne approfittò per uscire un momento dalla stanza, non sopportando il caldo all’interno del laboratorio. La sua era una mossa presuntuosa, sicura del fatto che la ragazza non sarebbe scappata e ne avrebbe potuto farlo per molto, visto che l’intera zona era strettamente sorvegliata, Gaara le aveva raccomandato di metterla alla prova e ciò ne faceva parte. Yui intuì questa prova di fiducia e decise di stare al gioco, ma faticava nell’ammettere che era rimasta incuriosita dalle intenzioni del Kazekage. Quel ragazzo per lei era indecifrabile e agiva nel nome di principi che Yui né comprendeva e né intuiva, altrimenti avrebbe capito perché tutti questi riguardi nei suoi confronti, ben lontani dal sembrare solo perché era una testimone chiave… da quando si era risvegliata non era mai stata interrogata o torturata nemmeno una volta, solo dei semplici colloqui.
Immersa nei suoi pensieri e dubbi, mise subito a dormire il fabbro assestandogli un colpo dietro alla nuca per poi guardarsi intorno: il metallo che gli aveva dato era scadente, gli attrezzi erano usurati e la fornace era lurida e piena di polvere ferrifera, come il resto della stanza. Si rifiutava di lavorare in simili condizioni, oltre ad esserle impossibile creare un chiodo di qualità che sopportasse il peso delle stecche. Congiunse le mani e fece dei segni, per poi chiudere gli occhi e portare le mani sul pavimento.
“Tecnica della vista ultrasensoriale” Disse alla fine a bassa voce, lanciando dalle mani delle piccole onde chackra che riecheggiassero per tutto il pavimento. Era una tecnica del controllo di chackra inventata da suo fratello, e aveva lo stesso principio degli ultrasuoni che emanavano i pipistrelli per capire l’ambiente circostante. Le onde di chackra andavano avanti finché non si scontravano con un chackra altrui, a quel punto sarebbero ritornate indietro, facendole capire la posizione dell’avversario. Non era ancora in grado di farlo in aria, ci voleva un altissimo livello di controllo, ma grazie alle proprietà del terreno, era più facile farlo via terra. A parte Temari, e tutti i normali cittadini al di fuori della bottega, Yui si sorprese di non rilevare nessun’altra presenza che le costituisse una minaccia.
Era in dubbio se usare lo stesso la sua abilità innata, nonostante l’apparente sicurezza di non essere sotto osservazione diretta in quel momento, e la sua disperata necessità di agire la convinse di farlo. Cominciò a pulire la stanza, raccogliendo tutta polvere ferrifera per poi assorbirla tutta, in modo da poter avere più riserve di ferro possibile nel suo corpo, finendo per rendere il laboratorio immacolato. Successivamente prese il metallo che il fabbro le aveva procurato e, concentrando il suo chacka su di esso, ne cambiò la lega, trasformandolo in un acciaio mille volte migliore della lega originale. Avrebbe potuto assorbirlo e creare il chiodo in pochi secondi, ma era già stato abbastanza rischioso agire in quel modo, per quanto anonimo, quindi si rassegnò ad utilizzare l’attrezzatura di pessima qualità. Iniziò a prendere le misure del foro, e lì notò un dettaglio dell’arma che la sorprese, e rimase a rimuginarci sopra anche mentre cominciò a riscaldare il materiale, per poi lavorarci a mano, come faceva a volte in passato per non perdere l’allenamento nella manualità del lavoro. Temari rientrò più o meno dopo un’ora e rimase sorpresa nel vedere la situazione mutata drasticamente.
“Se te lo stai chiedendo, non l’ho ucciso.” Iniziò a dire Yui, presa nel suo lavoro d’incisione. “Ma comprendimi, non posso mostrare ad uno sconosciuto le tecniche segrete di lavorazione, custoditi da generazioni all’interno del mio Villaggio.”
“Eppure non ti stai azzardando e far dormire anche me” Commentò la bionda, dopo essersi assicurata che l’uomo non aveva ferite e non era pericolo di vita. “Vedo che ti sei data da fare.” Aggiunse toccando la superficie del tavolo, ora completamente pulito.
“Certi cose, se non sei del mestiere, non puoi comprenderle; per questo sono sicura che tu non stia capendo assolutamente nulla di quello che sto facendo. E poi a me piace lavorare in un ambiente decentemente pulito e ordinato.”
“Non hai tutti i torti…”
“Sai, prima mentre prendevo le misure per poter fissare il chiodo nel ventaglio, non ho potuto fare a meno di notare il numero di serie e di come tu l’abbia sempre ben mantenuta, non ho trovato nemmeno un filo di ruggine o di sporco.” Continuò Yui, che subito si lasciò sfuggire un leggero sorriso soddisfatto, come se avesse appena scoperto qualcosa d’interessante.
“E allora?” Rispose seccata.
“Non sono stata io a forgiarla, ma me la ricordo molto bene. Era una commissione che mio padre ricevette dal Quarto Kazekage di persona.” Iniziò a raccontare. “Lui forgiò l’intera struttura, mentre mia madre creò la stoffa rivestita di acciaio da applicare sulle stecche.”
“Non capisco dove tu voglia arrivare.”
“Perché hai voluto che quest’arma venisse riparata a tutti i costi, fino a scendere a compromessi con me? Potevi recarti al paese del Ferro, di sicuro là avrebbero potuto vendertene una di buona qualità, anche se non ai livelli eccellenti come noi artigiani.” La bionda, nell’udire quelle frasi, rimase in silenzio, avendo paura di dire qualcosa di troppo. Aveva ragione, anche se gli artigiani si stavano estinguendo, comunque al Paese del Ferro potevano contare sui loro fabbri e, in un certo senso, la distruzione del villaggio della mora portò molto profitto economico al Paese, che stava approfittando della situazione di difficoltà dell’approvvigionamento delle armi.
“Ricordo che mio padre mi promise che un giorno lui avrebbe messo la stessa passione nel forgiarmi la mia prima arma, come se il lavoro che il Quarto Kazekage che gli aveva commissionato fosse diventato un lavoro personale, in nome della gioia di vedere un figlio seguire le proprie orme.” Disse per poi fermarsi nel suo lavoro d’incisione, dal momento che aveva terminato quella fase. “Ti devo chiedere scusa, ti avevo mal giudicata.” Disse alla fine, ottenendo uno sguardo perplesso da parte della Sabaku. Yui nel vederla fece un profondo sospiro e capì di non essersi sbagliata: quel ventaglio era davvero un regalo che suo padre le fece nella sua infanzia.
“Sabaku no Temari, la maggiore dei figli del Quarto Kazekage, Jonin di alto livello, maestra delle arti del vento, eroina della Quarta Grande Guerra Ninja, eccetera eccetera… si sentono molte storie su di te, sai?”
“Del tipo?” Chiese infastidita, odiava che si facesse cortile sul suo conto, anche se era inevitabile data la sua posizione. Ma quello che veramente la stava facendo innervosire, era l’atteggiamento della mora.
“Che i piani segreti di vostro padre sui suoi figli vi aveva resi dei combattenti formidabili ma anche… presuntuosi e distaccati. Anche se poi tutto è cambiato con l’ascesa del Quinto Kazekage, c’era chi sosteneva che i due fratelli maggiori avessero mantenuto un po’ di quell’atteggiamento e, a prima impressione quando vi ho visti, l’ho pensato anche io.” Continuò a dire Yui. “Ma mi rendo conto di essermi sbagliata… Un’arma rispecchia il suo proprietario, ma in questo caso la tua rispecchia anche il ricordo di un genitore che amavi.” Concluse, mantenendo lo sguardo fisso sulla bionda. Una volta finito di parlare, riabbassò lo sguardo sul chiodo e cominciò a pulirli dalla polvere ferrea, creatasi a causa delle incisioni. Temari rimase di stucco nel sentirla parlare in quel modo, aveva colto nel segno: quel ventaglio è stato uno dei pochi segnali di affetto che suo padre le aveva dimostrato nella sua infanzia, dal momento che era un uomo severo che si aspettava molto dai loro figli, quindi per lei aveva un’enorme valore affettivo. Osservando meglio la mora, l’attenzione e la precisione dei suoi movimenti, capì che anche lei si era sbagliata nel giudicarla. All’ospedale, le aveva ricordato molto Sasuke e temeva che prendesse la sua stessa strada, ma ora aveva davanti una persona completamente diversa… più umana. La sofferenza porta a due vie: una era la via dell’odio, quella che Gaara intraprese quando era giovane, l’altra era quella della compassione e dell’umanità, quella che Naruto mostrò e contagiò tutti… lei compresa. La mora non aveva ancora intrapreso nessuna delle due vie, era intenzionata a vendicarsi ma ancora non aveva perso la sua umanità. Cominciò a capire perché il fratello tenesse così tanto riserbo per lei.
“Direi che siamo pari…” Commentò a bassa voce, senza farsi sentire dall’artigiana, troppo impegnata nel suo lavoro.
 
L’indomani, Yui venne accompagnata nella residenza del Kazekage, direttamente nel suo ufficio. Il lavoro col ventaglio era finito e aveva dettato alla ragazza le sue condizioni: voleva parlare con il fratello, da soli, e rivoleva indietro il rotolo. Sull’ultima condizione si era spinta farlo, visto che aveva smosso la ragazza con il ricordo del regalo che suo padre le aveva fatto. Non si credeva così subdola, ma non esisteva prezzo che non avrebbe pagato per riavere indietro l’unico memento di Ken.
Fu così che si ritrovò da sola con Gaara, ma la sua presenza non le faceva più soggezione, o per via di quello che era successo alla grotta o per via di quello che era successo all’ospedale… o entrambe. Una stanza piena di documenti, messi ordine da alte pile all’interno degli scaffali, delle fotografie dei precedenti Kazekage, dove la sua attenzione si soffermò in particolare sul terzo Kazekage, colui che possedeva l’abilità innata del magnetismo, abilità che si è estinta con lui, ucciso proprio a causa di quel potere e reso una marionetta. Era la foto di un uomo che le ricordava che rischiava di fare la sua stessa fine, ragione per la quale venne tenuta rinchiusa nel suo villaggio.
“Temari mi ha detto che volevi parlarmi.” Disse Gaara all’improvviso, seduto dietro la sua scrivania, svegliando la ragazza dai suoi pensieri. Yui rimise insieme i suoi pensieri, e inchiodò il suo sguardo nei suoi occhi smeraldini, doveva essere determinata se voleva raggiungere il suo scopo.
“Ciò che si dice sulle Terre del Nord, è vero?” Chiese semplicemente. A quella domanda il ragazzo chiuse gli occhi, come un segno di assenso. “Perché non fai niente?”
“Ho già mandato dei ninja per perlustrare il luogo e, se il caso lo richiedesse, eliminare tutti i soggetti pericolosi.” Rispose il rosso, riaprendo gli occhi e inchiodando lo sguardo sugli occhi rubini della ragazza, che possedevano una luce ardente di determinazione. La situazione in quei territori era grave, ma il consiglio aveva deciso di scegliere dei ninja d’elite, e lui non poté fare nulla.
“Non si conclude nulla in queste situazioni, se si sta dietro ad una scrivania a dare ordini e missioni.” Ribatté la mora. “Non intendo stare qui a far nulla, aspettando il giorno che vengano a darmi la caccia, e lo faranno… c’eri anche tu in quella grotta.”
Gaara ricordava molto bene gli avvenimenti della grotta, ed era conscio del fatto che prima o poi i membri degli Tsukiyo avrebbero attaccato il Villaggio, ma non accettava l’idea di dover sacrificare una persona che aveva ancora la possibilità di essere salvata. Non accettava vittime innocenti che potevano ancora salvarsi. “Sei qui per chiedermi di lasciarti andare? Così percorreresti la via della vendetta, andando incontro alla tua fine…”
“Non credo che quello che mi capiterà sia una cosa che ti riguardi…”
“Lo è.” Disse il rosso interrompendo la ragazza, lasciandola sorpresa a causa del suo tono di voce determinato. “Nell’istante in cui abbiamo stretto quell’accordo alla grotta, lo è.”
La farò uscire di qui, ma mi deve promettere che mi lascerà andare, quando avrò onorato la mia parte… Lei si è fidato di me, vorrei fare io lo stesso. Quelle furono le sue stesse parole, se le ricordava molto bene, ma non capiva che cosa c’entrassero in quel momento.
“Non hai ancora onorato la tua parte.” Aggiunse il ragazzo.
“Con tutto il rispetto, Quinto Kazekage, siamo entrambi usciti vivi da quella grotta.” Rispose irritata.
“Ma non ti fidi ancora di me. E’ stata l’unica cosa che ti ho chiesto di fare da quando ti ho portata qui, e faceva parte del nostro patto.” Nell’udire quelle parole, Yui scoppiò a ridere. Aveva veramente un modo contorto nel rigirare le proprie parole, e il potere di persuasione non gli mancava affatto. Ora capiva come avesse fatto a diventare il capo villaggio.
“E’ veramente contorto e subdolo il suo ragionamento, rigirare in quel modo delle parole dette in una situazione disperata…” Disse senza nemmeno pensare se era il caso di esprimere in maniera così diretta quel pensiero.
“Non credo che ci siano molte differenze con quello che hai fatto ieri con mia sorella, intendo andare alla ricerca di crepe o debolezze per poter raggiungere i propri scopi.” Le rispose per poi mostrarle il rotolo del fratello. “E tutto solo per riavere questo. Yui Sasayama, figlia di Yuichiro e Kin Sasayama.” Se c’era una cosa che aveva capito, era che per scendere a compromessi con lei doveva usare il suo stesso linguaggio. A quella affermazione, Yui smise di sorridere… rimanendo sconvolta che avesse scoperto così tanto su di lei. Sudava freddo e temeva che forse avesse scoperto di più. Gaara, che non distolse lo sguardo nemmeno per un secondo, studiò i segnali del suo corpo: era agitata, anche se cercava di nasconderlo annullando ogni possibile movimento del suo corpo, ma non era stata in grado di impedire agli occhi di spalancarsi ancora di più.
“Sei la figlia del penultimo capo villaggio, per questo eri così ben istruita su come governare un villaggio, a osservare ogni possibile difetto di gestione, a tal punto di criticarmi. Yuichiro Sasayama è stato famoso per aver istituito una politica di assoluta segretezza e una sicurezza eccellente per impedire ogni fuga d’informazioni, senza però chiudere le porte del villaggio, per mantenere i rapporti commerciali con gli altri paesi.” Spiegò Gaara. “Mio padre commissionò a Temari la sua prima arma direttamente al capo villaggio e, da ciò che ti sei lasciata sfuggire e dal tuo modo di agire, deduco che tu sia la figlia, o almeno sei stata educata da lui.”
“Così imparo ad essere superficiale…” Già sentiva i rimproveri che gli avrebbe fatto Ken, se fosse stato ancora in vita. Quante volte lui le aveva raccomandato di stare attenta a quello che diceva e, soprattutto, di scegliere con cautela le parole che pronunciava. Involontariamente, Yui con quella affermazione aveva dato conferma a Gaara delle sue supposizioni. Ora aveva un quadro definito su di lei, capendo più o meno che tipo di persona fosse, anche se mancavano alcuni tasselli. L’importante era che non fosse un pericolo o che potesse esserlo un giorno, e ora non aveva più il minimo dubbio.
“Avevi un villaggio, degli amici, una madre, un padre e un fratello; gli Tsukiyo ti hanno privata di tutto, ma non della tua vita e della tua libertà. Posso capire il tuo desiderio di vendicare i tuoi cari, ma non otterrai nulla se t’incammini in una strada suicida. Dovresti pensare prima al tuo futuro, quello che avverrà dopo la distruzione di quel gruppo di assassini.” Disse per poi riprendere il rotolo, alzarsi e mettersi di fronte a lei, senza abbandonare il contatto visivo. La sta sfidando, anzi incoraggiando a prendere la decisione giusta. Da lei non era più necessario più nulla, al massimo solo una lettura della mente ma in quel modo avrebbe perso ogni possibilità di fiducia della ragazza, spingendola alla via della vendetta. Voleva vedere se quella volontà del fuoco, che le aveva visto negli occhi nelle miniere, fosse stata solo una coincidenza o se davvero la possedesse.
Yui, nel vederlo agire in quel modo, rimase ancora una volta sorpresa ma, costretta ad aver alzato leggermente la testa per mantenere il contatto visivo, in qualche modo colse il segnale di sfida, anche se non sapeva decifrare la ragione, e fece anche lei un ulteriore passo verso di lui, finendo per essere così vicini da avere la sensazione di sentire a vicenda i loro respiri.
“E che cosa vuoi che faccia?” Chiese semplicemente, a pochi centimetri di distanza.
Gaara rimase per un momento in silenzio, mantenendo lo sguardo sugli occhi della ragazza: non era stata una coincidenza, lei aveva veramente la volontà del fuoco, quella volontà di caricarsi sulle spalle le speranze e i sogni della gente del suo villaggio. “Voglio che tu inizi a non pensare più in solitaria, allenandoti personalmente.” Rispose per poi allungarle la mano, perché era sicuro che quella che aveva davanti era una ninja con un sacco di potenziale. Forse il suo era un atto di superbia, ma voleva allenarla e portarla sulla via giusta. Quello dei ninja.
Yui finì per accettare. Non seppe bene il motivo, lo aveva fatto quasi inconsciamente: era come se per un attimo tutte le sue intenzioni di fuga fossero sparite, come se, da quello sguardo e da quelle parole, le fosse appena stato trasmesso qualcosa, qualcosa che l’aveva spinta nell’accettare la mano che le stava offrendo, letteralmente. Forse era per via della possibilità di uscire dagli arresti domiciliari, forse era la possibilità di allenamento e recuperare le sue capacità di combattimento corpo a corpo.
Una cosa era certa: quella sfida aveva alimentato ancora di più la sua curiosità nei confronti del ragazzo, perché non capiva che cosa gli stesse passando per la mente con quello sguardo privo di ogni emozione.
Gaara, soddisfatto della risposta, riprese il rotolo dalla sua tasca e glielo porse nella stessa mano che, fino a qualche minuto prima, stava stringendo.







Angolo dell'autrice:

Buonsalve!
Ormai i ritardi sono di routinne, ma cerco almeno di ripagarvi con un buon capitolo. Il mio ritardo è stato causato perchè ho scritto e cancellato molte c+volte il capitolo, non usciva mai come volevo. E' un capitolo che parla molto di Yui, sopratutto nel suo modo di approcciarsi, dopo aver fatto un mese di eremita e un tempo lungo in ospedale. In particolare ho cercato di dare il via a quello che sarà il suo legame con Gaara, che fin dal prologo mi ero sempre immaginata come quelle scene dei film dove si parla di "incontri che ti cambiano la vita", e non intendo nel senso romantico. Questa è una storia di una ragazza che ha perso tutto ed è molto confusa, ha un obbiettivo ma non sa come portarlo avanti, ha chiaramente bisogno di una mano ma allo stesso tempo le è stato insegnato di non fidarsi degli altri villaggi, visto che le persone con abilità innate venivano sempre predate e uccise.  Ha paura, non si fida ma per fare determinate cose non vede altre scelte. In tutto questo c'è anche il suo lato umano e determinato, accompagnato dalla sua curiosità e desiderio di libertà, maturato negli anni di reclusione nel villaggio. E' una situazione contorta a mio parere, per questo ci ho impiegato veramente tanto a scrivere.
Non so voi, ma mi entusiasma molto questo tipo di personaggio, perchè mi chiedo sempre fin dove potrebbe e fin dove arriverà.

Detto questo vi saluto, e chiedo scusa a tutti coloro che non hanno ricevuto risposte nelle recensioni, a breve mi farò perdonare anche per quello!
Alexia

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Capitolo 9
*** Sorriso ***


Capitolo 8: Sorriso.
 
La prima cosa che Gaara notò negli allenamenti fu che la sua nuova “allieva” era disarmata, o forse era meglio dire che aveva preferito apparire come tale, nascondendo le armi che lui e i suoi fratelli avevano visto alle rovine del Villaggio degli Artigiani, ostinandosi a nascondergli delle sue abilità. La seconda cosa fu il suo enorme orgoglio personale ma anche il profondo rispetto nei confronti di chi le era superiore, deducendolo dalla frustrazione quando subiva un attacco, senza però imprecare contro di lui nemmeno una volta. La terza cosa che notò fu la sua determinazione e devozione nel suo credo di ninja e artigiana, dando tutta sé stessa nei suoi attacchi; per quanto fosse un dono raro e ammirabile, vi era il pericolo che potesse esserci ossessione, se si superava il confine della ragione umana. Gaara più l’allenava e più temeva che lei potesse superare quel delicatissimo confine: a volte vedeva come lei fosse fortemente lucida e saggia nel suo modo di pensare e di agire, ma non appena combatteva vedeva emergere una determinazione che poteva diventare saggia come quella di Naruto, o folle come quella di Sasuke.
Era rinchiuso nel suo ufficio, sistemando alcune cose burocratiche e analizzando i rapporti dalla squadra di ninja che si era infiltrata nelle Terre del Nord, ma gran parte dei suoi pensieri erano rivolti a lei, chiedendosi perché si stesse preoccupando così tanto. Lui stesso si rendeva conto che renderla una sua allieva era stato un gesto eccessivo e avventato, ma non poteva fare a meno di quel desiderio di volerla osservare il più vicino possibile. Doveva smetterla di vederla come una sorta di rappresentazione del sé stesso: già constatato che lei era diversa, che i demoni che la tormentavano erano diversi da quello che tormentava lui, che era cresciuta in maniera diversa da lui, che lei stava reagendo in una maniera diversa… ma non riusciva a togliersi quella sensazione, anzi curiosità, di doverla osservare e salvarla.
Il suono del bussare della porta lo svegliò dalla sua catena di pensieri e dubbi, e poco dopo vide entrare un suo vecchio amico: Shira, ancora vestito con la tuta verde, di dubbio gusto, che gli era stata donata da un ninja della foglia, Rock Lee. Lo aveva chiamato per un motivo ben preciso: addestrare Yui nelle arti marziali. Era convinto che l’amico sarebbe stato un insegnante migliore di quanto poteva esserlo lui in quel campo.
“Ti chiedo scusa per il disturbo.” Disse il rosso.
“Non ti preoccupare, deve essere una cosa importante per chiamarmi personalmente.” Rispose cordiale l’amico, da sempre grato per l’opportunità che gli aveva concesso per diventare ninja. Quel ragazzo per lui era stato sia un amico, un fedele ninja ma anche il suo maestro, era grazie a lui se era riuscito a diventare fisicamente più forte. Aveva anche avuto modo di notare la sua saggezza quando, dopo essere diventato Chunin, era partito per potersi migliorare e imparare nuove tecniche. Di lui poteva fidarsi.
“Non esattamente, è più una richiesta personale.” Rispose, provocando all’amico uno sguardo interrogativo, ben conscio del fatto che il suo modo di agire era diverso dal solito. “Sto allenando una ragazza.” Concluse senza aggiungere altro, sapendo che non ce ne era bisogno.
“Vorresti che l’allenassi nel taijustu?” Chiese, per poi ottenere come risposta uno sguardo che lo interpretava come un assenso. “Per quanto io sappia quanta stima hai nei miei confronti, rimane sempre un onore per me.”
“Sei stato per me un ottimo maestro, mi sembra il minimo.” Rispose mentre scriveva su un foglio. “La ragazza è un genio nel suo campo di specialistica, combattimento con le armi, ma ha bisogno di essere sufficientemente allenata anche negli altri campi.” Concluse porgendogli il foglio.
“Un permesso per accedere alla zona d’isolamento?” Lesse Shira non appena prese il foglio, non nascondendo la sua sorpresa. Era la prima volta che lo vedeva agire in quel modo, anche se era perfettamente conscio della sua politica di dare seconde opportunità a chi se lo meritava. Leggendo quel foglio, e sentendo l’elogio che aveva appena sentito, divenne molto curioso di conoscere questa misteriosa e speciale allieva; perché solo una persona speciale o qualcuno con un altissimo potenziale poteva suscitare così tanto interesse nel Kazekage.
“Se non ci sono problemi, vorrei che tu iniziassi il più presto possibile.”
“Allora non vedo motivi che m’impediscano di iniziare oggi stesso.” Commentò l’amico con un sorriso. “Ho bisogno di sapere qualche dettaglio?”
Yui, nel frattempo, continuava a rimanere stesa sul divano riposandosi. Gaara negli allenamenti non ci andava leggero, anche se era convinta che quello che le stava mostrando era solo una parte del suo vero potere. La frustava il fatto che non poteva usare la sua abilità innata e le tecniche segrete che aveva imparato unendo i segreti del suo quasi estinto clan e quelli del suo villaggio, ma non poteva fare altrimenti. Del resto Ken aveva sempre combattuto contro i suoi genitori per convincerli che lei dovesse avere un addestramento ninja completo, e di non essere focalizzata solo sulle sue tecniche di famiglia. Grazie a lui imparò delle tecniche con l’arte del vento, fuoco e terra, ma lui era specializzato nelle arti illusorie, campo dove lei era completamente negata.
Era inutile piangere sul latte versato, doveva approfittare di questa fissazione del Kazekage nei suoi confronti per colmare le sue lacune. Il Kazekage non era stupido, lo sapeva benissimo che lei si ostinava a nascondergli le sue tecniche, ma aveva deciso lo stesso di addestrarla… spingendola ai limiti della stanchezza e di esaurimento chakra nel farle imparare nuove tecniche.
Avvertii fuori la sua porta una presenza a lei sconosciuta, e subito si mise sull’attenti, anche quando sentii bussare cordialmente. Lo sconosciuto entrò senza attendere una sua risposta, accompagnato dal ninja che era di guardia alla sua porta. Yui lo osservò bene: era un bel ragazzo, con capelli argentati, molto muscoloso con delle cicatrici, dove riusciva a vederle. Sarebbe rimasta affascinata se non fosse per l’orribile tuta verde aderente che indossava, che le ricordava le storie che aveva sentito di due maestri di arti marziali, allievo e maestro, eroi della Quarta Guerra Ninja distinguibili anche per il loro aspetto singolare ed esuberante, oltre per le straordinarie abilità fisiche.
“Ti manda il Kazekage?” Chiese alzando la schiena dal divano, tenendo uno sguardo impassibile.
Shira non rimase del tutto sorpreso dell’atteggiamento distante della ragazza, ma era sorpreso che avesse chiamato l’amico il Kazekage, senza usare alcun convenevole come Maestro Gaara. Non sembrava né irrispettosa ma non mostrava nemmeno alcun segnale di ammirazione o di gratitudine, a dire la verità il suo volto non trapelava nulla.
“Si, mi occuperò del tuo allenamento nel taijustu.” Rispose sorprendendo la ragazza.
“Avete per caso a che fare con dei ninja del Villaggio della Foglia?” Si limitò a chiedere, non riuscendo a trattenere la curiosità. Un maestro di arti marziali vestito in maniera singolare, doveva avere per forza a che fare con quei ninja. Il ragazzo, alla sua domanda sorrise, capendo che la ragazza non era per niente pericolosa, ma solo prudente.
“E’ una lunga storia, te le racconterei volentieri, ma dopo averti allenata Yui.” Rispose. “Il mio nome è Shira, e puoi benissimo togliere i convenevoli, in fondo abbiamo la stessa età.”
Dopo quella affermazione Yui lo seguì fuori dalla sua stanza, in silenzio e osservandolo attentamente e senza chiedergli come facesse a sapere il suo nome. Purtroppo, o fortunatamente, la sua curiosità e la voglia di conoscere storie di viaggi ed eroi non le era mai svanita, nemmeno dopo lo sterminio del suo Villaggio. Questa curiosità alimentava la sua volontà nel battersi con lui, nella speranza di poter essere testimone di una delle tecniche che permisero, a chi non aveva talento nelle arti magiche, di diventare un ninja di un certo livello.
Non appena raggiunsero un campo all’aria aperta, Shira notò con piacere che, a pochi metri dietro di lui, Yui aveva già qualche base, data la sua posizione corporale di guardia. Rendeva le cose più semplici, perché significava che almeno le cose più basilari le sapeva. Bastava guardarla negli occhi cremisi, che lei era già pronta e che non voleva perdere tempo. Gli ricordava Gaara che, seppur in una maniera completamente diversa, ebbe un comportamento simile la priva volta che lo allenò: entrambi avevano lo sguardo determinato di chi voleva assolutamente eliminare le proprie lacune.
Yui vide il ragazzo tirare fuori due bracciali metallici, a sua impressione di ferro, e porgerglieli. Non appena lì toccò si rese subito conto di che cosa fossero: bracciali per bloccare il flusso chackra, per di più provenienti dal suo villaggio.
“Come artigiana li avrai di sicuro riconosciuti.” Commento Shira. Gaara glieli aveva dati per aiutare la ragazza nel liberarsi del senso di abitudine di utilizzare in combattimento qualunque tecnica segreta che lei stesse nascondendo, nella speranza che fosse un’arte magica. Aveva spiegato a Shira che il problema principale era la mancanza di concentrazione, dal momento che si sforzava continuamente di auto fermarsi ad utilizzare determinate tecniche; i bracciali erano perfetti per aiutarla in quel tipo di allenamento, dal momento che nella pura arte marziale non implicava l’uso del chakra. Se riusciva a superare quell’ostacolo, allora era anche possibile allenarla nelle arti magiche.
Non lo fece vedere, ma Yui dentro sorrise nel vederli, del resto erano bracciali ideati apposta dopo la nuova riforma di educazione, dove prevedeva un puro allenamento del taijustu per gli alunni delle accademie ninja. Facevano al caso suo: le avrebbero bloccato ogni flusso chackra e di conseguenza anche la sua abilità innata. Non se lo fece dire due volte e li indossò, avvertendo subito un senso di oppressione. Si sentiva strana ma fece finta di nulla, dopotutto la sua era una reazione più che normale.
“Direi che possiamo iniziare.” Rispose Yui, in posizione di guardia. I due iniziarono subito a combattere e vi era una differenza abissale: Shira possedeva una forza e una velocità disumana, ben più mostruose di quelle di Yui. Non le dava il tempo di controbattere e il tutto finiva che lei si doveva difendere avvertendo un inusuale dolore quando si parava, essendo stata abituata a far diventare parti del suo corpo in metallo per evitare di essere ferita. I bracciali le sopprimevano ogni possibile flusso di chackra ma lei continuava ad agire istintivamente come se il suo corpo fosse ancora di metallo. Per colpa di questa abitudine, finì a terra dolorante.
“Dovresti curare molto di più la tua difesa, e imparare e schivare gli attacchi. Sei molto resistente, ma rimani sempre una persona in carne e ossa e non puoi subito spingere il tuo corpo verso il limite, per quello ci vogliono anni e durissimi allenamenti.” Commentò Shira, vedendo con piacere che la ragazza si stava rimettendo in piedi senza perdere la sua determinazione. Ora che l’aveva valutata, sapeva come allenarla. “Hai tutte le carte in regola per potermi dare del filo da torcere, ma devi prima imparare a focalizzare la situazione, a partire da te stessa.”
Quelle parole, quella sensazione dolorante, quella stanchezza… la riportavano ai tempi che si allenava con suo fratello, e le dava una profonda nostalgia ma allo stesso tempo si sentii rilassata in quel pezzo di quotidianità, cosa che non le era mai successo dalla strage. “Va bene, continuiamo?” Chiese lei. Potrei quasi abituarmici a questa nuova quotidianità. Non lo voleva ammettere, ma quella situazione non le dispiaceva e nemmeno la frustava.
I giorni passarono, e i miglioramenti si vedevano a vista d’occhio. Gaara ne faceva da spettatore fin dal loro primo incontro, attraverso il suo terzo occhio, e poté notare come la ragazza avesse adottato dei tratti visivi più rilassati e meno diffidenti. Era il risultato che sperava di ottenere, quindi quel giorno, fortunatamente i suoi impegni come Kazekage erano conclusi, decise di uscire dal suo ufficio e di essere testimone dell’allenamento di persona. Il Sole era sul punto di tramontare e, infatti, quando arrivò i due avevano appena finito di allenarsi. Yui era a terra sfinita, respirando con affanno per lo sforzo fisico, ma si sorprese nel vedere Shira leggermente sudato e affannato, come se la ragazza fosse riuscita a metterlo in leggera difficoltà. Quest’ultimo notò la presenza dell’amico, e lo accolse con un cordiale sorriso.
“E’ raro vederti fuori dal tuo ufficio o dalle tue stanze.” Commentò l’amico senza nascondere la sorpresa, provocando a Yui uno scatto con la schiena per vedere con chi stesse parlando il suo maestro. Anche lei rimase confusa dell’improvvisa visita, del resto non lo vedeva dal loro ultimo allenamento e in quei giorni aveva pensato che lui si fosse stufato di allenarla. E invece eccolo lì, che la osservava impassibile. Non lo avrebbe mai capito quel ragazzo, e nemmeno che cosa gli passasse per la testa; per lei continuava a prendere decisioni e azioni per lei inconcepibili o imprevedibili.
“Ancora una volta, non ti sei sbagliato: è una tua degna allieva, che tiene alto il nome del proprio maestro.” Continuò Shira, interpretando lo sguardo impassibile di Gaara che si posava su entrambi.
Yui si sentì leggermente in imbarazzo a sentire quegli elogi, non era abituata a quel genere di complimenti. Ma dopo l’iniziale imbarazzo, si sentì bene e sollevata, finendo inconsciamente per sorridere. Quel sorriso non sfuggì al rosso, che continuava a osservarla: era la prima volta che la vedeva fare un sorriso sincero, e ne rimase colpito. Non era un sorriso a trentadue denti di Naruto, ma era ugualmente contagioso. Forse era dovuto al fatto che l’aveva sempre vista con un’espressione malinconica, determinata o inespressiva, ma non gli importava: quel sincero sorriso divenne la cosa più bella che avesse mai visto.
Si rese subito conto di ciò che aveva pensato, e rimase per un momento in dubbio. Non era da lui, perché forse stava davvero agendo al di fuori della sua quotidianità, come già da tempo i fratelli maggiori gli avevano fatto notare.
Shira chiese il permesso di andarsene, lasciando soli i due ragazzi. Era sicuro che l’incontro tra quei due li avrebbero aiutati a diventare ninja e persone migliori, proprio come era successo a lui con il legame di amicizia che aveva con Rock Lee della Foglia; del resto già si poteva vedere: fin dal primo giorno era rimasto sorpreso dell’interesse che aveva l’amico su questa ragazza. Quei due erano quasi due facce della stessa medaglia, a modo loro erano identici ma allo stesso tempo agli antipodi. Era questa la causa che spingeva Gaara a tutto quell’interesse a suo parere.
Yui e Gaara rimasero a fissarsi in silenzio per qualche secondo, finché la ragazza non ruppe il ghiaccio. “Se non è un problema…” Iniziò a dire mentre si alzava da terra. “… vorrei ritornare nel mio alloggio, tra poco si farà buio e mi sta salendo la fame…”
Gaara chiuse gli occhi per qualche secondo, finendo per dire inconsciamente una cosa che non si sarebbe mai aspettato. “Io invece credo che sia arrivato il momento di premiarti per i tuoi miglioramenti.” Disse scatenando sia la sua sorpresa che quella della ragazza, ma ormai lo aveva detto. “C’è qualcosa che desidereresti mangiare in particolare?” Aggiunse. Yui rimase composta, limitandosi a guardarlo sorpresa, ma la domanda le provocò una serie di emozioni e di agitazione che non riuscii a capire. “Non credo che ci sia nulla di male invitare a cena un proprio allievo, anzi aiuta a instaurare un rapporto di fiducia.” Ma non appena sentii quelle parole si calmò. La cosa era ovvia ma era anche  contenta, perché rientrava in quel genere di quotidianità che le era veramente mancato molto.
“Allora vada per la carne.” Rispose rilassata.
In poco tempo si ritrovarono in una rosticceria, e sorprendentemente i due passarono pure un bel momento. Gaara, nonostante rimase con un’espressione impassibile, si sentiva felice e finalmente non vedeva più la ragazza con lo sguardo perso in ospedale, ma una persona con una propria luce. Ovviamente questo non aveva rimosso i suoi fantasmi e i suoi tormenti, ma sembrava che si stesse godendo un minimo il presente. Era una cosa importante, perché lei non doveva focalizzarsi esclusivamente sulla vendetta, ma imparare a vivere e a sopravvivere.
Non appena uscirono, Yui poté notare con dispiacere che le mura che confinavano il Villaggio le impedivano una visione decente del cielo stellato, era strano che se ne stava accorgendo solo ora e le mancava quella visione spettacolare delle stelle quando stava in mezzo al deserto. Era come se stesse osservando il villaggio con occhi diversi, notando cose che prima non avrebbe mai potuto notare e ne rimaneva affascinata, rendendosi conto che una parte di quelle cose che aveva sognato di vedere per una vita, ora le aveva davanti a sé. Viaggiare, esplorare, conoscere altre tradizioni.
“Che peccato…” Commentò, attirando verso di sé lo sguardo del rosso. “Quando vivevo nel deserto, potevo vedere un cielo sconfinato e pieno di stelle. Qui invece la vista è limitata e le luci rovinano l’atmosfera.”
“Hai vissuto nel deserto?” Chiese Gaara.
“Perfino una grotta in mezzo al deserto diventa accogliente quando non si ha un posto dove rifugiarsi.” Commentò sarcastica. “Del resto dovevo sia nascondermi che tenermi da parte degli Yen per cibo e rifornimento.”
Gaara rimase d’accordo sulla forma di pensiero, aveva agito come una vera ninja. Ma rimase comunque colpito di come una ragazza sia riuscita da sola a sopravvivere nel deserto con risorse limitate. Del resto non si sta parlando di una sua conterranea, e quindi abituata e cresciuta nel deserto, ma di una straniera cresciuta in un luogo completamente diverso.
Fu allora che il pianto di un bambino attirò l’attenzione dei due. Una coppia di fratelli che camminavano mano nella mano, con il più piccolo che teneva il broncio mentre il maggiore rideva. “Dai non te la prendere, è normale che vinca: ho più esperienza di te.” Disse il maggiore, ottenendo però lo sguardo frustato di del permaloso fratello minore. “E poi non devi imitarmi, se vuoi fregarmi devi creare uno stile tutto tuo.”
“E allora la prossima volta farò del mio meglio! Stanne certo: non ti sarà facile sfuggire alla mia prossima trappola!” Rispose con sfida il minore.
Yui rimase ferma ad osservare quella scena, con Gaara che la osservava incuriosito. Nel vederli le ritornava in mente il periodo che se ne inventava una più del diavolo per battere Ken, inutilmente. Era sempre stato più bravo di lei in tutto, perfino quando lei inventava dei nuovi codici di criptografia lui riusciva sempre a esserle superiore e a risorveglieli tutti. Ti conosco troppo bene, sei troppo prevedibile sorellina. Le diceva sempre ridendo. Però è originale il fatto che usi più codici contemporaneamente, se non fossi tuo fratello sarei in difficoltà!
Spalancò gli occhi, perché il ricordo che era appena riaffiorato dall’oblio le aveva ricordato una cosa molto importante: lei aveva usato ogni singolo codice di decriptazione del fratello, ma se lui ne avesse usato il suo? Un codice che solo loro due potevano conoscere. Un codice che solo lei poteva interpretare. Il suo!
Doveva tornare nel suo alloggio e riprendere in mano la pergamena, e subito!
 
 
 
 

Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti! Eccomi di ritorno viva e vegeta.
Chiedo ancora scusa per il ritardo, ma la ragione è sempre la solita: ho scritto e riscritto il capitolo, non convinta della traccia psicologica dei personaggi, sopratutto Gaara, che a modo suo è abbastanza complicato se lo dovessi descrivere in maniera profonda.
Oggi ho introdotto un personaggio conosciuto solo nei filler di Naruto: Shira. Un personaggio che mi aveva molto colpita e il filler ambientato nell'esame di chunin, tenutasi durante i due anni di assenza di naruto, era molto interessante perchè sviluppava, anche se solo in parte, alcuni personaggi rimasti nell'oblio (mi dispiace solo che Shino è, ancora una volta, in una posizione quasi nel dimenticatoio... avrei preferito un suo maggiore sviluppo, a differenza di quello enorme che era stato fatto su Ten Ten). Per chi non lo conoscesse, consiglierei di vederli... mentre devo chiedere scusa a chi li conoscesse: forse avete notato che ho cambiato la traccia psicologica di Shira, rendendolo più alla mano. Avevo pensato che potesse essere una cosa possibile, dopo il suo incontro con Rock Lee, e mi serviva un personaggio simile. Mi serviva un personaggio che avesse avuto modo di osservare, senza alcun pregiudizio o vincolo familiare, sia Gaara che Yui. Lui era già molto vicino al primo, ma allenando la seconda aveva colto molte cose.
Per il resto, vi lascio immaginare, mi rendo conto di aver lanciato una grossa bomba perchè, era dal primo capitolo che volevate saperlo, forse si sta svelando il primo enigma: la pergamena. Essendo un pezzo di trama cruciale, ho già in mente in maniera chiara come andranno avanti le cose, e quindi la scrittura del prossimo capitolo non avverrà in tempi eccessivamente lunghi.
Ci sentiamo presto, miraccomando fatemi sempre sapere che cosa ne pensate!
Alexia

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Capitolo 10
*** Decriptato ***


Capitolo 9: Decriptato
 
“Sono a casa.” Disse una voce, rompendo il silenzio che albergava la casa.
“Ben tornato Ken.” Rispose una donna, seduta in soggiorno a guardare delle fotografie. Notò subito che il ragazzo cercava con lo sguardo qualcuno, mentre varcava la soglia della stanza. “Tuo padre è partito l’altro giorno per recarsi al mausoleo.”
“E Yui?”
“Ha provato rimanere sveglia fin quando saresti tornato, ma è crollata.” Rispose trattenendo a stento una leggera risata, nel guardare l’espressione esasperata del ragazzo.
“Domani sarà dura svegliarla…” Commentò il ragazzo.
“Lo sai comè fatta, moriva troppo dalla voglia di sentire com’era fatta Konoha…” Rispose, ma s’interruppe quando il figlio adottivo si tolse il mantello, rivelando una tuta da combattimento danneggiata e dei violacei lividi. “Oh Kami! Ma che ti è successo?”
“Tranquilla Kin, sto bene. Non saranno questi graffi a uccidermi.”
“Ma non doveva essere solo una missione di scorta?” Disse la donna severa, avvicinandosi al figlio adottivo, per poi prendere subito degli unguenti e bende dal bagno. “Tra te e tuo padre non so chi mi faccia preoccupare di più; sei appena uscito dall’accademia, non dovresti fare certe missioni pericolose.”
“Siamo pur sempre ninja, non possiamo vivere per sempre in una campana di vetro.” Commentò freddamente, scatenando alla donna uno sguardo malinconico. Le porse il braccio, non appena lei si sedette al suo fianco, in modo che potesse essere curato curarlo.
“Ti prego Ken, non ricominciare.” Gli disse mentre gli spalmava la medicina. “E’ difficile anche per me accettare tutto questo e lo sai. Non abbiamo altra scelta per ora.”
“Non potete tenerla nascosta per sempre, ha bisogno di muoversi e di fare almeno qualche missione. La state soffocando!”
“Non possiamo rischiare che qualcuno di esterno la identifichi della nostra… della mia discendenza. L’adestramento che le stiamo dando io e tuo padre è più che sufficiente per tenerla allenata.” Rispose rassegnata. Era ben conscia del fatto che l’attuale situazione era tutt’altro che saggia, ma non avrebbe mai sopportato l’idea di mettere in pericolo sua figlia. Aveva già perso il padre di Yui, e non sarebbe sopravvissuta al dolore della perdita della sua bambina, un bersaglio molto più facile per chi era a caccia di abilità innate. Nasconderla dagli chi era fuori dal Villaggio le sembrava l’unica soluzione, voleva vedere sua figlia felice e spensierata e non spaventata con una taglia sulla sua testa, che la rendeva appetitosa per i mercenari.
“Tu e papà nemmeno vi rendete conto che la state soffocando.”
“Un giorno capirai, nessuno è invincibile in questo mondo.”
“Non credo, visto che non capisco come fate a essere sicuri che nessuno ci tradirà vendendo le informazioni su di voi.”
“Perché l’estinzione dei Kinzuku significherebbe la distruzione del Villaggio.”
Quella fu una delle ultime sere trascorse nella normalità: nei giorni a venire un ninja traditore del Villaggio della Foglia avrebbe dato la caccia a Kin, rubandole la sua abilità innata, uccidendo anche Yuichiro che aveva tentato di proteggerla. Ken quella notte portò la sorella minore in un luogo sicuro, ma quando tornò indietro non riuscii a fare nulla. Era stato messo a tappeto con una sola mossa del nemico e potè solo osservare impotente l’uccisione dei suoi genitori.
Dopo quel tragico evento suo zio, divenuto il nuovo capo villaggio, cambiò le leggi in una maniera più drastica: chiunque dovesse lasciare il Villaggio, anche solo temporaneamente, doveva essere sottoposto ad una tecnica di manipolazizoe della mente, ricordandondo Yui come membro della famiglia Sasayama, e solo al rietro la tecnica sarebbe stata sciolta e vennero, inoltre, aumentate in maniera rigorosa le procedure di sorveglianza ai confini. Ciò era per impedire una qualsiasi fuga d’informazioni su Yui da parte d’interni e da parte d’infiltrati. La morte di Kin causò una grave perdita dell’economia del Villaggio, e ora potevano ricadere solo sul giovane e grezzo potere della bambina. A parte ciò, venne adottata una politica meno segreta nei confronti degli altri paesi, per facilitare gli scambi commerciali e per eliminare futuri sospetti che potessero nascondere qualche altro segreto oltre a Kin.
Questi cambiamenti, però, non erano pabbastanza per Ken: doveva diventare molto più forte, se voleva proteggere la sorella, e far diventare forte lei. Non avrebbe mai seguito la decisione dei suoi genitori di impedirle di essere ninja, ma capii il loro desiderio tenerla lontana da ogni pericolo.
 
 



18 17 18 12 15 10 18 25 8 11 6 8 23 8 , 8 21 4 25 18 21 23 12 23 21 4 9 17 18 17.
4 21 14 6 4 11 6 18 21 18 15 15 12 4 21 12 25 21 8 22 12 23 , 12 21 8 23 18 6 21 8 6 12 4 25 18 21 23.
4 12 15 10 13 16 4 9 12 7 18 21 8 23 12 16 12 6 15 8 17 3 25.
4 21 5 16 10 22 10 16 18 6 8 8 23 17 8 12 17.
 
Una volta assicuratasi di essere completamente sola, Yui prese il rotolo e tirò un profondo respiro. Il cuore le batteva ad una velocità assurda, all’idea che forse avrebbe decriptato quei numeri. Non aveva mai pensato all’idea che Ken si sarebbe ricordato del suo codice, vista la velocità nella decriptazione. Aveva sempre pensato che fosse inefficace, eppure per tutto questo tempo era stata messa in difficoltà… suo fratello era di certo un genio della strategia, ma questo confermò solo la sua tesi.
Per prima cosa aveva trasformato ogni numero nella corrispondente lettera dell’alfabeto, dandole come risultato una serie di lettere che componevano una serie senza senso. Successivamente usò il codice di Cesare, spostando all’indietro di tre le lettere dell’alfabeto. Trasformò le D in A, le H in E, portandole via un sacco di tempo. Il risultato però non aveva trasformato quella serie di lettere in parole o in qualcosa di sensato, ma notò che alcune potevano avere un senso se invertite, notando NON, AV, E, LEN e LI. Quandò finì con l’ultima decripatazione, il suo sangue raggelò nel esserci riuscita e nel leggere il contenuto.
 
Non farti trovare, è te che vogliono.
Trova i cercoteri, ti servirà il loro chackra.
Va nel cimitero di famiglia.
Niente è come sembra.
 
Già lo sospettava, ma ora aveva la prova schiacciante: gli Tsukiyo erano venuti per lei, lo sterminio del Villaggio era stata solo una conseguenza piacevole per quei pazzi fatanici. Lo aveva capito nella trappola che le aveva fatto alla miniera, ma non voleva ammetterlo senza una prova schiacciante. Era dura accettare tutto ciò.
Come se non le bastasse, un terribile pensiero albergò nella sua mente: per scriverle quelle cose, Ken era sicuramente al corrente di tutto. Possibile che non avesse trovato alcun modo per poter evitare quella tragedia? Se lo sapeva perché non aveva dato l’allarme, permettendo a tutti di fuggire, invece di sacrificare sé stesso e il Villaggio per far fuggire solo lei? Non voleva nemmeno pensare alla probabilità che forse lui era in combutta con loro, che forse lui era il traditore.
Niente è come sembra. Era come se quelle parole le volessero dare conforto. Rilesse la frase e cercò di mantenere quella lucidità. Era come se Ken sapesse che lei avrebbe dubitato, scrivendole quella frase. Perfino da morto riusciva a lasciarla di stucco con la sua capacità di previsione e percezione. Non doveva andare a conclusioni affrettate, per quanto ci siano i dubbi, lei conosceva il fratello e non avrebbe mai fatto niente che andasse contro di lei e contro il Villaggio. Ci doveva essere qualcos’altro sotto, doveva essere per forza così.
Cercò di concentrarsi di nuovo sulle frasi decriptate: ciò che le chiedeva di fare era a dir poco impossibile. I cercoteri non erano creature facili da trovare, e nemmeno benevoli nel aiutare perfetti sconosciuti prestando gratuitamente il loro chackra. E poi per quale motivo avrebbe dovuto farlo? Forse la risposta era nella tomba di famiglia, ma dubitava che si stesse riferendo a quella degli Sasayama, all’interno delle rovine del suo Villaggio. Forse si riferiva al tomba dei Kinzoku, opzione più probabile perché, situata nella capitale del Paese del Ferro, dove era nato il capostipite del clan.
Ovviamente avrebbe seguito le istruzioni del messaggio decriptato, ma era comunque turbata. Quella stessa sera, per pochi secondi, aveva accarezzato l’idea di potersi stabilire a Suna, una volta finito tutto, ma ora aveva il timore che un altro villaggio venisse distrutto, a causa della sua presenza, o che qualcun altro si sarebbe sacrificato per salvarla. Una volta le era bastato, e non avrebbe mai permesso che una simile tragedia sarebbe ripetuta. Doveva rassegnarsi all’idea di essere braccata fino alla fine dei suoi giorni, fine che toccò a tutti gli altri, sua madre compresa. Si sentii una stupida a renderesene pienamente conto solo in quel momento, quando quella era un’amara verità che l’aveva accompagnata per tutta una vita. Se solo se ne fosse resa conto prima, invece di pensare solamente a uscire dal Villaggio… Quella notte non prese sonno facilmente, tormentata dalla miriade di pensieri e dubbi che le occupavano la mente. Alla fine, decise di alzarsi, e fare un gesto liberatorio… o forse più una richiesta di aiuto.
L’indomani Shira venne di consuetudine a prelevarla, ma fu sorpreso di trovarla crollata ai piedi del divano, con in mano un rotolo che teneva stretto al petto. Era sul punto di svegliarla, quando uno dei fogli catturò la sua attenzione: su di esso vi erano un sacco di parole inerenti alla morte.
Anche se era il suo maestro, gli sembrò più appropriato e importante portare quel foglio a Gaara, visto che alla fine era lui responsabile su di lei. Il rosso, rinchiuso nel suo ufficio, lesse shoccato con l’amico il contenuto del foglio, essendo una sorta di diario/testamento:
 
Ormai è sicuro che io non abbia più il diritto di vivere, perché ovunque andrò loro mi daranno la caccia e uccideranno chi entreranno o è entrato in contatto con me… come del resto è già successo e non vedo motivi che la tragedia non si possa ripetere. Non voglio che altra gente muoia perché hanno condiviso con me lo stesso cielo, non voglio che altra gente muoia per avermi intravista o conosciuta.
Vendicherò il mio Villaggio e la mia famiglia, fosse l’ultima cosa che faccia… e se dovesse andare male, almeno porrei fine alla mia vita prima che loro mettano le mani su di me. Almeno mi rimarrebbe la scelta di continuare a vivere o di togliermi la vita. Qualunque sia il mio destino, qualunque sia l’esito della mia vendetta, la mia fine sarà una sola: la morte. Sia che venga uccisa o che mi uccida con le mie stesse mani. Oggi sono gli Tsukiyo, ma in futuro saranno altre persone… io sono l’ultima, e quindi ci sarà sempre qualcuno che mi darà la caccia. Spero che in una prossima vita sia più fortunata, ma in questa ho preso la mia decisione. E’ per il bene di tutti, sono già morte troppe persone a causa mia.
Che gli allenamenti siano di aiuto per il mio fine ultimo, che siano di aiuto fino al momento che si realizzerà il mio desiderio di morte.
 
“Deve esserle successo qualcosa…” Commentò Shira. Era rammaricato nel aver letto quei tristi pensieri, i pensieri di una ragazza che aveva perso definitivamente la voglia di vivere per davvero, focalizzandosi solo sulla vendetta.
“Hai detto che aveva in mano il rotolo, vero?” Chiese impassibile Gaara. “Deve essere riuscita a decriptarlo…” Suppose, ricordando il comportamento strano della sera precedente, dove probabilmente ad un certo punto si era ricordata qualcosa… e quel qualcosa è stata la chiave del codice.
“Non credo che sia nella tua etica lasciarla in quelle condizioni, aveva iniziato da poco ad aprirsi ed a migliorare…” Commentò ancora l’amico, lasciando il Kazekage pensieroso. Aveva davvero molto lavoro da fare, e inoltre c’era una questione urgente da occuparsi… Fece segno a Shira di attenderlo, per riflettere, ma dopo pochi secondi i pensieri vennero infranti dallo bussare della porta e dalla voce della sorella. Nel vederla al rosso venne un’idea, cosa che non sfuggì alla bionda.
“Scusa il disturbo Gaara, ma volevo sapere se andasse tutto bene.” Commentò la sorella. “Non dovresti passare la notte in ufficio, dovresti fare almeno una pausa…” Commentò, ignara del fatto che il fratello minore era uscito per un breve periodo nel tardo pomeriggio.
“Sto bene.” Rispose impassibile il rosso, notando un sorriso sollevato di Shira.
“Lo so, ma non ti fa bene lo stesso.” Rispose testarda.
“Comunque sei capitata nel momento migliore, stavo decidendo a chi affidare questa missione di rango S…” Rispose il rosso, cambiando argomento. Negli ultimi giorni si era occupato di leggere informazioni riguardati a un villaggio vicino alle Terre del Nord, dove gli abitanti chiedevano aiuto a causa di sparizioni di giovani donne. Le richieste erano iniziate da qualche settimana e gli episodi parevano isolati, visto il lungo lasso di tempo da una sparizione e un’altra. Ma il suo occhio attento era riuscito a notare che quelle sparizioni erano troppo anomale e non casuali.
Consegnò i documenti in suo possesso alla sorella, in modo che lei capisse. Non le ci volle molto e subito fece un espressione seria. “Vuoi che vada a investigare?” Chiese.
“Preferirei che non andassi da sola, ma ti lascio la libertà di scegliere i compagni di squadra.”
“Pensi che possano rapirmi? Ma per chi mi hai presa?” Rispose sentendosi leggermente offesa.
“No Temari, ma se tu partissi subito arriveresti nel periodo dove le percentuali di sparizione di un’altra donna saranno più alte. Quindi è meglio essere prudenti e preparasi ad una operazione di salvataggio.”
Udendo quelle ultime parole, la ragazza alzò gli occhi al cielo, accettando la missione. Prima di andarsene, però, fece promettere al fratello che doveva fare qualche pausa. Era conscia delle immense responsabilità di un Kage, ma da quando era arrivata quella ragazza del Villaggio degli artigiani, aveva cominciato a comportarsi in maniera strana e a passare parecchie ore in ufficio.
Gaara sapeva che quello che stava per fare rischiava di sfociare in una situazione che andava lontano dalla figura del Kazekage, ma ormai aveva deciso di indossare con lei la figura del maestro, perché era quello che aveva bisogno. Non aveva del lavoro in arretrato, fortunatamente, ma sapeva che non poteva perdere molto tempo e doveva rispettare i suoi doveri. Avrebbe fatto il possibile. Chiese a Shira di andarsene, che di Yui se ne sarebbe occupato lui. Il ragazzo non protestò, perché sapeva che sarebbe andata finire così: aveva sempre notato che l’amico teneva a quella ragazza, come era certo che era la persona più indicata a salvarla.
Non appena il rosso raggiunse l’alloggio di Yui, la trovò sveglia ma con uno sguardo spento. Le sembrò la stessa ragazza che aveva visto in ospedale, quando si era risvegliata. La ragazza nemmeno si sorprese nel vedere il Kazekage, avendo notato la mancanza del suo foglio che aveva scritto in preda ad un bisogno di sfogo la notte precedente.
“Yui…” Cominciò a dire il rosso, mostrandole il foglio. Non c’erano bisogno di altre parole, la ragazza aveva intuito ogni singolo pensiero del ragazzo. Voleva sapere il perché di quei pensieri suicidi.
“Mi rendo conto che con quelle parole non sto onorando la mia promessa…” Commentò la ragazza. “Non mi fraintenda, le sono veramente grata per le premure che ha nei miei confronti. Ma sta mettendo a rischio il suo Villaggio per una straniera.”
“Nell’istante che ti ho soccorso e ti abbiamo portata qui, sei diventata parte del Villaggio.” Rispose subito il rosso con convinzione. Era come se tutti i miglioramenti fossero andati in fumo in una sola sera. “E, in quanto tuo Kasekage e maestro, voglio aiutarti.”
“Se mi vuole veramente aiutare, una volta sterminati gli Tsukiyo, distrugga il mio corpo. Non voglio che ne rimangano tracce utili a qualche mercenario.” Rispose fredda, senza alcun tipo di emozione né dalla voce e né dal viso. Sembrava una bambola senza anima in grado di muoversi e pensare da sola.
“E’ nelle mie intenzioni giustiziare quel gruppo di nurkenin, ma non ho nessuna intenzione di lasciarti morire.” Rispose avvicinandosi alla ragazza. “Solo perché sei la sopravvissuta e l’ultima degli Artigiani, non sono motivazioni valide per rinunciare a vivere.”
“Ha letto la mia lettera: il mio timore, anzi la mia certezza, è che finchè esisterò ci sarà sempre qualcuno che vorrà le mie abilità!” Rispose, perfettamente conscia del fatto che il ragazzo non poteva cogliere il vero senso delle sue parole, ovvero che il suo timore era legato alla sua abilità innata e non a quella di artigiana. Si avvicinò a lui, mantenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi smeraldini. Non capiva e forse non avrebbe mai capito. Perché si disturbava così tanto per lei? Senza nemmeno rendersene conto, la sicurezza e la convinzione di prima cominciava a sgretolarsi. “… Che cosa vuole da me?” Chiese incosciamente, a bassa voce, senza rendersi conto di aver dato voce al suo pensiero.
Gaara osservò ancora una volta il suo viso, trovando negli angoli dei suoi occhi spenti tracce di paura e solitudine. Quella ragazza era troppo giovane per poter sopportare un peso simile, come lui era stato troppo giovane per sopportare la responsabilità di essere una forza portante, quindi la poteva capire. Ma lei stava ancora reagendo nella maniera peggiore.
Voleva salvarla, darle quella stessa possibilità che Naruto gli aveva dato, eppure sentiva che c’era qualcosa in più, un legame che anche Yui aveva percepito, altrimenti non si sarebbe comportata in quel modo. Per un momento quella situazione pareva simile a quella di Naruto che voleva salvare a tutti i costi Sasuke, aiuto che quest’ultimo non voleva ma, per qualche motivo, non riusciva a receidere il legame con il biondo. Che cosa avrebbe fatto Naruto al suo posto ora?
Istintivamente, e con sua enorme sorpresa, allungò la sua mano per appoggiarla sulla spalla della ragazza, sentendola tremare al suo contatto, ma incapace di scrollarsela di dosso. Yui guardò quella mano, che le stava trasmettendo calore e rassicurazione. Una parte di lei, che credeva di non avere più, le implorò di chiedere aiuto, mentre la sua ragione le imponeva il silenzio. “Se sta facendo tutto questo per scoprire…” Cominciò a dire titubante, insicura su quello che le stava succedendo e aggrappandosi all’unica spiegazione logica che le era venuto in mente. Ma si era interrotta nell’istnate che tornò a guardare il volto del ragazzo, capendo che non erano le sue intenzioni in quel momento.
Gaara si avvicinò ancora di più, appoggiando la sua fronte contro quella della ragazza, senza muovere la mano dalla spalla. Quei due gesti erano stati salvifici per lui: il primo era in memoria alla testata che Naruto gli diede durante l’invasione di Konoha agli esami chunin, mentre il secondo era un gesto di “ben tornato” quando venne resuscitato dalla vecchia Chiyo. Erano gli unici gesti che conosceva, e sperava che potessero trasmettere le stesse emozioni che aveva avventito allora: sicurezza, fine della solitudine, affetto, fiducia. Chiuse gli occhi, nel tentativo di concentrarsi di più su quello che voleva trasmettere, sorprendendosi nel sentire dalla sua nuca un odore ferrifero, ma non spiacevole. Yui rimase con gli occhi spalancati in quel secondo gesto, avvertendo in lei un calore ancora più forte, provocandole la pelle d’oca e una fitta al petto. Nemmeno quel momento si scansò, ma si limitò solo a chiudere gli occhi, lasciandosi per qualche secondo cullare da quel rassicurante calore. Le provocava nostalgia, nostalgia della sua famiglia, delle persone che amava, di una vita che non avrebbe mai riavuto più indietro.
Dopo pochi secondi, i due si staccarono, finendo per distogliere lo sgaurdo a cuasa di una sensazione di disagio. Entrambi erano a dir poco shoccati di quello che era successo: Gaara non si credeva capace di simili gesti, mentre Yui non credeva di essersi lasciata andare fino a quel punto. I due, per quanto si erano avvicinati, avevano sempre tenuto una certa distanza, ma quel momento aveva annullato anche quella. Entrambi avevano troppe domande, soprattutto rivolte a sé stessi, ma non avevano risposte. Era successo e basta.
Yui sospirò e, confusa più che mai, cercò di capire che cosa volesse veramente fare.  La sua decisione di morire, una volta compiuta la sua vendetta, sarebbe rimasta tale, ma come agire per rispettare le istruzioni della pergamena? “Ho decriptato la pergamena…” Disse alla fine, andando a prendere l’oggetto e porge glielo con dentro un foglio contenente la decriptazione. “Questo è quello che ho scoperto.” Sarebbe stato inutile nasconderglielo perché, per quanto fosse benevolo con lei, rimaneva pur sempre un Kage e come tale avrebbe agito, era già un miracolo che ancora non avesse deciso di sottoporla a un vero interrogatorio.
Gaara lesse in silenzio la decriptazione, rimanendo confuso. “Perché vogliono te?” Chiese per prima cosa, intuendo che c’era qualcosa di più della sua semplice abilità di artigiana.
“Dovrebbe già sapere che mio padre era sposato con Kin Kinzoku, l’ultima del clan che era in grado di controllare l’arte del metallo.”
“Pensi che ti stiano dando la caccia perché ti credono sua figlia legittima?” Cominciò a dire, ma non sicuro della sua deduzione, perché era molto più giustificabile che lei lo fosse veramente.
“Già, quando era in vita mi ha insegnato molte tecniche d’incisione e di forgiatura, oltre ad avere un talento naturale eccezionale, secondo i miei ex compaesanei…” Iniziò a spiegare, mentendo leggermente. “A quanto pare un talento simile era stato scambiato come abilità innata, se vogliamo inoltre considerare la politica di assoluta segretezza sugli abitanti di mio padre. Qualcuno avrà sicuramente pensato che fossi veramente sua figlia, e non quella adottiva, ma in ogni caso rimango l’ultima degli artigiani, e non è cosa da poco. L’ha visto anche lei, ho una conoscenza profonda delle armi, conoscendo tutti i punti di forza e quelli deboli; sono informazioni che chiunque pagarebbe ingenti somme, perché rappresentano un enorme vantaggio in uno scontro.” Concluse, ricordandosi attentamente ciò che lei e suo fratello avevano lasciato per iscritto. Se c’era una cosa che il loro padre aveva insegnato a loro, era quello di non lasciare niente di chiaro per iscritto, i loro segreti dovevano rimanere sepolte nelle loro menti. Fortunatamente questo insegnamento le era tornato utile. Doveva pur dare una valida motivazione per suggerire al Kazekage che era meglio che lei lasciasse il Villaggio.
Gaara riflettè su quelle parole. Aveva ragione: anche se lei non era una Kinzuku, rimaneva il fatto che era una fonte importaissima d’informazioni belliche, ricordandosi come aveva danneggiato il ventagli di Temari. Non era così tanto insensato il pensiero di togliersi la vita, portandosi quelle informazioni nella tomba, ma una parte di lui era sicuro che mancasse qualcosa, ma per il momento decise di adottare una linea di osservazione, per poter capire meglio.
“Per quanto riguarda i cercoteri, non è una cosa impossibile… ma non capisco il motivo…” Commentò.
“Vorrei saperlo anche io, ma forse la risposta è celata nella tomba di famiglia…” Rispose la ragazza. “E non credo che si riferisca alla tomba situata nei detriti del Villaggio, ma al mausoleo del Paese del Ferro.” Commentò, notando uno sguardo perplesso da parte del rosso. “Tutte le famiglie del mio villaggio discendono dalle famiglie nel Paese del Ferro, là sono presenti tutti i mausolei di tutti i capostipiti, compresi quelli delle nostre famiglie. A volte i capifamiglia o futuri erano soliti a fare visita in quei luoghi, come rispetto a chi aveva dato vita al loro liniaggio, quindi è molto più probabile che mio padre, o mio zio… o forse mio fratello avessero lasciato qualcosa lì.” Ricordava bene quelle assenze che suo padre faceva, portandosi a volte anche Ken, come ricordava bene la sua profonda invidia per il fatto che il padre non si portava dietro anche lei. Era un’altra mezza verità, perché il suo obbiettivo era la tomba dei Kinzoku e il mausoleo era solo una mera scusa, finchè poteva nascondere la sua vera natura. Inoltre non sarebbe stato sbagliato nemmeno visitare quel mausoleo, visto che per davvero Ken, dopo la morte dei loro genitori, faceva visita e forse aveva lasciato veramente indizi là.
“Seguimi.” Disse Gaara alla fine. “Fin quando non ti sarà assegnato un nuovo alloggio, dovrai rimanere nel mio campo visivo.” Yui se ne era resa conto, finendo per decidere di porre fine la sua vita una volta vendicatasi, e ora anche lui aveva finalemente capito la gravità della situazione: se Yui cadeva in mani sbagliate, poteva scatenarsi una tragedia, proprio come al Villaggio degli Artigiani. Lei non era più una semplice sopravvissuta, ma era la chiave di tutta quella situazione, e solo la sua protezione non era più sufficiente. Doveva richiedere un altro Summit, e confrontarsi con gli altri Kage.
 
“Che nervi! Perché tocca a me a prendere la prossima vittima sacrificale?” Imbracò ad alta voce Hidan. Non aveva nessuna voglia di catturare VIVO un sacrificio necessario per il rituale di gruppo, per di più si doveva limitare solamente a catturare la vittima designata senza fare altri spargimenti di sangue. Un po’ gli mancava pregare e amare Jashin in tutta libertà, come faceva in passato, ma doveva una profonda riconoscenza ai suoi confratelli che l’hanno salvato prima che Jashin decidesse di punirlo per non avergli più offerto sacrifici, vista la sua situazione d’impossibilità causata da quel moccioso della Foglia: Shikamaru Nara. Ancora gli prudevano le cicatrici nel pensare a quel moccioso. Lo avrebbe ucciso, nel peggiore dei modi, ma solo dopo aver sacrificato a Jashin tutte le persone care a quel ragazzo. Fremeva dalla voglia di farlo, e la prossima niente glielo avrebbe impedito, leccandosi le labbra di poter vedere l’espessione di disperazione su suo volto.
Sentii dietro di lui una risata femminile, che lo distrasse dai suoi macrabi pensieri. Si voltò e vide una sua consorella, Yume, avvolta dal suo soprabito, che però aveva lasciato evidente una scollatura di un seno molto generoso.
“Oh Hidan, suvvia: poteva capitarti di peggio...” Comiciò a dire avvicinandosi all’uomo in maniera sensuale. “Visto che ti accompagnerò, credo proprio che a questo giro ci sarà da divertirsi.” Aggiunse prendendo un lungo bocchino violaceo, fumando in faccia all’uomo. Una volte inalato il fumo, in Hidan scattò qualcosa, ma non si sorprese. Sapeva bene quali fossero le capacità della donna, e non gli dispiaceva. Yume era infatti uno dei motivi che permetteva a Hidan di sopportare Kitanai, una notte con lei era quasi appagante quanto un sacrificio in nome di Jashin.
“Allora ti devo dare proprio ragione.” Rispose prendendo per la vita la donna. “Però… che cosa ti ha spinto a questa inaspettata collaborazione?” Aggiunse spostando la mano dalla vita al fondoschiena.
“Ti ricordi quando me la spassavo a lasciare tracce sul nostro culto sulle vittime alle quali risucchiavo la loro anima?” L’uomo annuì. “Beh, in quel periodo ho scoperto molte cose…” Continuò per poi dare un appassionato e sensuale bacio. “Anche su quel ragazzo che tanto odi…” Ogni pausa che faceva era voluta, per spingere l’uomo ad una situazione erotica mista tra la curiosità e l’eccitazione. “E il Gran Maestro mi aveva dato ordine di poter creare una linea di spionaggio, in modo da poter capire dove il Kazekage avesse nascosto la ragazzina, dopo che Kitanai ne aveva perso le tracce. Purtroppo ora ho intrappolato nelle mie tecniche solo un pesce piccolo, che non sa nemmeno che quella Yui esiste, ma…” E in quel momento si interruppe ancora, lasciando uscire dalla sua bocca un leggero gemito. “… Ma sai bene che le mie informazioni sono tutt’altro che gratis… Il resto te lo devi guadagnare…”
“Sei la solita strega…” Commentò sospirando l’uomo giocando con il collo della donna, e togliendole in cappuccio che le celava il volto. “… ma so come accontentarti.”
“Ne ero certa…”









 

Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutte!
Sono contenta di non aver impiegato troppo tempo per questo capitolo, perchè avevo le idee chiare su quello che sarebbe successo. Inutile dire che la mia crisi era causata ancora una volta dalla psiche di Gaara, perchè prima o poi dovevo un minimo osare (altrimenti la trama perderebbe un po' il suo significato che vorrei dare). Spero però di non essere andata fuori personaggio, perchè non era mia intenzione, e di aver dato senso a quegli atteggiamenti che nell'opera originale dubito avrebbe fatto (visto che non ha mai avuto una controparte femminile). Diciamo che volevo evitare quello che era successo in nel film The Last, ovvero che mi hanno mandato a quel paese una buona parte dell'opera per far mettere insieme Naruto e Hinata. Per carità: a me piace quella coppia e ho sempre fatto il tifo per Hinata, però non ho proprio condiviso la scena che nel giro di qualche visione Naruto si innamori di punto in bianco di lei, quando nell'opera aveva sempre dichiarato di avere dei sentimenti per Sakura.
Ritornando al capitolo: per chi ha avuto un occhio più attento, il capitolo ha dei riferimenti. Due sono semplici, visto che sono stati anche direttamente spiegati, ma il terzo è nel Flashback. Nel film "La voltà del fuoco" vi è un ninja, non che antagonista, di nome Hiruko. Non mi perdo in molte chiacchere su chi sia, lascio a voi questa curiosità, ma dovete sapere che Hiruko era riuscito a sviluppare una tecnica in grado di "rubare" (fatemi passare questo termine non del tutto esatto) Le abilità innate di altri shinobi. Hiruko nel film, infatti, aveva usato l'arte del metallo, l'arte della velocità, della tempesta tempesta e dell'oscurità... dettaglio nel film che mi ispirò a voler scrivere di un ipotetico clan sull'arte del metallo, visto che lo consideravo un abilità interessante. E' nata anche così la storia, sviluppando quella ispirazione.
Detto questo, al prossimo capitolo e spero di non deludere le vostre aspettative.
Alexia.

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Capitolo 11
*** Sogni e Incubi ***


Capitolo 10: Sogni e incubi.
 
Quando Temari arrivò con la sua squadra non si aspettava di certo un comitato di ben venuto, ma tutti gli abitanti, pressoché maschile, evitarono il gruppo come la peste e lei, unica donna, in particolar modo. Aveva passato gli ultimi due giorni ad avere informazioni, inutilmente, e pensava a un modo per riuscire a guadagnarsi la fiducia di qualcuno… finchè non incotrò una donna adulta, molto provata e con lo sguardo pieno di dolore, in difficoltà a trasportare delle borse. La bionda subito se offri il suo aiuto e, forse perché la donna non aveva altre alternative, con molta titubanza la donna glielo consentì facendola accomodare dentro la sua casa. “Appoggiale pure sul tavolo… ehm…”
“Temari.”
“Ti ringrazio Temari, per il tuo aiuto.” Disse con un po’ più di confidenza la donna. La prima frase non borbottata, di senso compiuto da quando si erano incontrate. La bionda le fece un cenno di sorriso, per poi guardarsi intorno e notando una fotografia: raffigurava la donna, molto più giovane e fresca, assieme a una ragazza che sembrava essere una sua coetanea.
“Aveva il tuo stesso spirito determinato…” Commentò la donna alle sue spalle, mentre sistemava il contenuto delle borse. “Mia figlia…” Aggiunse con molta fatica, come se fossero delle parole proibite. Non bisognava essere particolarmente perspicaci per capire che le fosse successo qualcosa.
“Cosa le è successo?”
“Loro… Jashin… hanno preso lei come hanno preso le altre…” Disse con molta paura, per poi rendersi conto solo in un secondo momento di quello che stava confessando. “Dovresti andartene, o prenderanno anche te!” Disse alla fine prendendola per il braccio.
“Sono stati gli Tsukiyo?” Chiese determinata, invece di ascoltare l’appello disperato della donna.
“Vattene!” Le urlò, cercando di spingerla verso la porta, con quelle poche forze che aveva, inutilmente. All’improvviso però vide il sangue uscire dalle orbite e dalla bocca della donna. Uno spettacolo orribile ma un dettaglio macabro che la bionda conosceva molto bene, perché era una delle caratteristiche che accomunavano tutti i “sopravvissuti” con le menti svuotate, ridotti come dei vegetali. Un dettaglio tenuto segreto, nel caso in cui ci fosse stato qualche emulatore, per identificare le vittime del nurkenin che commetteva quel specifico omicidio.
“Accidenti… quella donna era molto più forte di quello che mi aspettavo.” Disse una voce femminile alle sue spalle. Temari subito si voltò, prendendo dalla schiena il ventaglio, ritrovandosi davanti una figura incappucciata femminile, con un seno generoso e lunghi e lisci capelli neri.
“Oh ti prego, non amo combattere.” Disse mentre faceva un lieve gesto con la mano, e di colpo Temari si ritrovò inchiodata a una sedia con la donna che si accomodava di fronte a lei. “Vorrei parlare con te, sai prima di metterti fuori gioco…” S’interruppe sentendo il chackra della ragazza che provava a rompere l’illusione. “Ammiro lo spirito combattivo, ma è inutile. Le mie tecniche illusorie sono equiparabili per efficacia a quelli dello Sharingan, se fossi in te conserverei le forze per sopravvivere alle torture di Hidan, almeno arriveresti al rituale…”
“Che cosa vuoi?” Le urlò nervosa e frustata. Si era lasciata fregare, aveva abbassato la guardia e questo non poteva perdonarselo. “Sei tu quella che ha ridotto in quel modo tutti quelli che avevano legami con gli artigiani?”
“Ma che brava… sono stata io!” Rispose con un sorriso sadico. “Non mi divertivo in quel modo da molto tempo, il Sommo Jashin mi ha davvero fatto un meraviglioso regalo.” La donna tirò fuori un lungo bocchino e cominciò produrre molto fumo, che avvolse l’ambiente e Temari; quest’ultima cominciò a sentirsi assonnata e crollò in un lungo sonno dopo aver tentato in tutti i modi di resistere. “Ma non è il caso che parli di queste cose con te, non sei stata richiesta da Jashin.” Iniziò a dire alzandosi e prendendo il volto della ragazza. “ Adesso mostrami tutto ciò che sai sulla Kinzuku, e parlami del tuo rapporto con Shikamaru Nara.”
 
Yui rimase sorpresa delle decisioni di Gaara, non credeva che la costrinse a vivere, in quei giorni di attesa per il summit dei cinque Kage, nel suo alloggio e quello dei suoi fratelli. Ovviamente non sarebbero stati solo loro due in quella abitazione, ma sentiva lo stesso una situazione di disagio: il rosso non poteva effettivamente sorvegliarla ventiquattro ore su ventiquattro, ma si era assicurato che lei non fosse mai effettivamente sola. Continuava gli allenamenti con Shira, che rimasero sempre momenti di sfogo e di lezione su sé stessa, ma poi veniva spedita nella casa del Kazekage, con una rigorosa sorveglianza di ninja fidati dei fratelli.
Aveva avuto modo di poter osservare meglio i ninja d’elitè della sabbia, accorgendosi di quanto stimassero il loro Kazekage ma, allo stesso tempo, erano tutti dubbiosi sulla loro missione di sorveglianza. Avvertiva sulla sua pelle i loro sguardi preoccupati e interrogatori, e si sentiva come non mai una straniera, una persona che non appartiene a quel luogo. Cercava di non lasciarsi influenzare da quel clima, buttandosi nella lettura nella biblioteca, che si trovava nella casa, studiandosi i libri sulla storia dei ninja, sui clan e i Villaggi e sulle varie tecniche. Si era messa in testa di incrementare le sue capacità sensitive, in modo da poter avere più possibilità di fuga, quando sarebbe stato il moemnto, e per rintracciare gli Tsukiyo.
Col tempo si era abituata ma, quel giorno, lo sguardo di una giovane ninja, le distoglieva l’attenzione dal libro. Le dava una sensazione gradevole, come se la odiasse dalle occhiate scrutatrici che le rivolgeva, nonostante lei non le avesse nemmeno rivolto la parola o fatto qualcosa che l’avesse offesa. La cosa ancora più singolare era che, non appeva Yui si voltava incorciando il suo sguardo, lei subito si voltava dall’altra parte, come se l’avesse colta in flagrante.
Sospirò, e riprovò a ritornare a leggere ma inutilmente. Quando si trovava nella zona d’isolamento o quando era da sola non se ne era accorta, ma con quel clima teso, da “non sei la benvenuta” la sua nostalgia di casa aumentò in maniera esponenziale. Aveva aveva conosciuto l’amore della sua famiglia, l’affetto dei suoi amici, l’adorazione da ogni singolo memebro del suo Villaggio, la generosità di Gaara, la mente aperta di Shira e un minimo di complicità con Temari, ma in tutta la sua vita era la prima volta che avvertiva quel clima sulla sua pelle. La cosa ironica era che Yui lo aveva previsto, ma un conto era ipotizzarlo e un altro era vederlo realizzarsi.
Gaara rintrò a casa molto tardi, a causa degli aggiornamenti di Temari che Kankuro aveva recuperato e alle risposte degli altri Kage al summit. Si sarebbe tenuta a Suna, per via della presenza di Yui, e cominciare a organizzare il tutto gli aveva portato via più tempo del dovuto.
Rientrò a casa sentendosi molto stanco, non vedendo l’ora di svuotare la sua mente anche per pochissimi secondi, ma venne subito accolto dalla sua ex allieva Masturi, molto contenta di vederlo. Non era insolito che la ragazza si emozionasse ogni volta che lo vedeva, ma ciò che gli risultava insolito erano i segni di sollievo e di dubbio.
“Ben tornato Quinto Kazekage.”
“Ti ringrazio Masturi.” Si limitò a dire, per poi rimanere in silenzio per qualche secondo, studiando la ragazza. “E’ successo qualcosa?” Chiese notando un segno di sorpresa.
“No no! Durante la sorveglianza non è successo niente d’insolito.” Rispose pronta.
Osservò ancora la ragazza, forse il suo singolare comportamento era dovuto a qualcosa di personale, e quindi la congedò subito. “Bene. Puoi avvisare gli altri che potete andare per oggi, avete fatto un ottimo lavoro.” Concluse per poi incominciare a incamminarsi all’interno della abitazione.
“Maestro Gaara!” Lo richiamò pochi secondi la ragazza, istintivamente come si era abituata quando lui l’allenava. Il rosso si voltò silenziosamente e continuò a parlare. “Volevo chiederle, perché ci ha chiesto di sorvegliare quella ragazza?” Chiese titubante, c’era nel suo tono una sensazione di gelosia, del resto era nota la sua infatuazione, ma il dubbio che aveva era tale da proferir parola e chiedergli spiegazioni.
“La ragazza deve sempre rimanere nella mia diretta o indiretta sorveglianza.” Rispose.
“Si ma ci sarebbero altri posti… Perché proprio a casa sua…” Commentò a bassa voce, per poi riacquistare la sicurezza, ritornando a parlare con un tono chiaro. “Sicuramente questa sua decisione supera la mia comprensione, ma mi fido ciecamente del suo giudizio. Mi perdoni per averle fatto perdere tempo.” Disse congedandosi e andando a recuperare i suoi compagni di squadra.
“Masturi.” Quel richiamo fermò la ragazza, che timidamente si girò di nuovo verso di lui. “Caspisco i tuoi dubbi, data la segretezza di molti dettagli della miassione che ti ho affidato, ma a ogni cosa ha il suo tempo. Confido nella tua lealtà.” La ragazza annuì, mostrando anche un certo rossore e imbarazzo, per poi andarsene.
Rimase pensieroso dalla conversazione, non credendo che i dubbi sulle sue decisioni si stessero espandendo al di fuori dei membri del consiglio, forse doveva veramente ridimensionare qualcosa. Mentre pensava ciò, Gaara notò la luce della biblioteca ancora accesa e decise di controllare. Era insolito che qualcuno, al di fuori di lui, entrasse in quel luogo dal momento che Kankuro e Temari preferivano trascorrere il loro tempo libero in altri modi. Fu una sorpresa nel trovare Yui, crollata sul divano, e intorno a sé molti libri fuori posto. Era strano vederla in quel modo, si era abituato a vederla sempre in allerta e rigida, con uno sguardo pensieroso; ma in quel momento rivide la stessa ragazza che aveva visto quando l’aveva portata al villaggio comatosa, completamente indifesa e inerme, ovvero solamente e semplicemente una ragazza poco più giovane di lui.
Ebbe la strana sensazione di non volerla svegliare da quel pacifico sonno, quindi decise semplicemente di toglierle il libro che aveva tra le mani, un manuale sulle strategie di combattimento, e di portarla in braccio fino alla camera degli ospiti. Nel prenderla, venne inebriato di nuovo dall’odore ferrifero della ragazza, spingendolo istintivamente a osservarla meglio. Pelle diafana senza alcun tipo d’imperfezione, naso piccolo, lunghe e folte ciglia, la bocca leggermente socchiusa… tutte cose che prima non aveva mai notato, anzi, ripensandoci, erano dettagli che non aveva mai notato in nessuno in vita sua. Sentii una fitta al cuore quando la ragazza, ancora dormiente, durante il tragitto si era accoccolata tra le sue braccia affondando il volto sul suo petto. Aveva un’espressione così serena come se, in quelche modo, quel contatto la faceva sentire protetta, portardo istintivamente il ragazzo a stringerla delicatamente più a sé.
Quando finalmente raggiunse la stanza, fu molto faticoso per lui appoggiarla sul letto e separarsene; quasi gli era venuto un infarto quando sentii una leggera presa sulla sua mano. Un infantile gesto, da parte del subconscio della ragazza, di non lasciarla. Gli salì ancora di più l’indecisione sul da farsi, perché in vita sua non gli era mai capitato una situazione simile: nella sua infanzia non aveva mai avuto o fatto queste manifestazioni di bisogno. Il proprio istinto quasi gli imponeva di rimanere con lei, e si sedette su letto stringendole la mano, riavvertendo il suo tiepido tempore. Restò in quella posizione diversi minuti, nella più totale confusione emotiva, per poi quasi fuggire da quella camaera non appena avverti la stretta della ragazza mancare. Una volta in camera sua, si accorse di avere un fortissimo mal di testa e il petto che gli scoppiava. Si sentiva ancora più stanco di quando era rientrato a casa la mezz’ora prima, e non ne capiva il motivo, anzi non capiva nemmeno che cosa era appena successo e le reazioni che stava avendo.
Come aveva previsto, quella notte non dormì serenamente, arrivando nel suo ufficio molto più stanco della sera precedente. Cercò di non sforzarsi troppo, dando a sé stesso dei momenti di pausa per alleggerire la mente fin troppo tormentata. Aveva decisamente troppe preoccupazioni e dubbi perché stavano capitando eventi aldilà della sua comprensione, il che era frustante. Che cosa gli stava succedendo? Perché aveva agito in quel modo? Bastava pochissimo per ricordare il calore che gli aveva trasmesso la ragazza, quando l’aveva tra le sue braccia, il suo odore e i dettagli del suo viso, provocandogli di nuovo il mal di testa e una fitta al petto; ma, nonostante i dolori fisici, dentro di sé sentiva una sorta di desiderio di volerlo fare ancora, incurante delle conseguenze. Forse i membri del consiglio avevano ragione: si stava lasciando coinvolgere troppo da lei.
In quel momento sentii la porta bussare, vedendo entrare Kakashi, il sesto Hokage, accompagnato da Naruto e Shikamaru. Subito il biondo lo salutò con una caldo sorriso, per poi osservare la sua risposta e cambiare espressione. Che Gaara fosse una persona da poche manifestazioni emotive era noto in tutte le cinque terre, ma in quel momento era parso ai tre di Konoha che lo fosse eccessivamente, oltre ad avere un airia decisamente stanca.
“E’ un piacere vedervi.” Disse Gaara alzandosi dalla scrivania e andare incontro ai tre.
“Non ti scomodare, almeno con noi risparmia qualche energia.” Subito rispose Kakashi, facendogli segno di sedersi. Gaara osservò meglio i tre ospiti, e arrivò alla conclusione che, se persino Naruto era preoccupato non appena lo aveva visto, allora si era veramente spinto oltre le sue capacità di resistenza psico-fisica.
“E’ così evidente?” Chiese con quasi una nota di sarcasmo.
“Senza offesa, ma sembri un morto che cammina.” Rispose Shikamaru. “Dovresti riposarti.”
“Si! Vai pure a casa a riposarti, se possiamo fare qualcosa lo faremo al posto tuo!” Esclamò subito Naruto.
“Conoscendoti Naruto, dubito che tu sia in grado di occuparti di situazioni burocratiche e di gestione.” Commentò Shikamaru, ricevendo un segno di assenso da parte dell’Hokage e un verso di offesa da parte dell’amico. Nel vedere quella scena, a Gaara sfuggi un accenno di sorriso e si sentii più leggero e sollevato. Era l’effetto che gli faceva Naruto: non lo faceva sentire, e questo lo rendeva più forte. Era una cosa che voleva trasmettere fin dall’inizio con Yui, da quando l’aveva vista nelle miniere, ma lei su questo appariva impenetrabile, anche ve aveva scorto qualche crepa; forse è per via di ciò che si sentiva così mentalmente stanco.
“Non vi dovete preoccupare, dopotutto sono cose che posso fare io, in quanto Kazekage.” Rispose, anche se, in fondo al suo cuore, era rasserenato nel vedere l’Uzumaki. Se lui non poteva fare niente per Yui, poteva di certo farlo Naruto.
 
“Scommetto che deve essere bello dormire in così tanta beatitudine... sognare in pace…” Disse una voce che svegliò all’improvviso Yui. Colta dalla sorpresa e dallo spavento, istintivamente creò dalle sue mani un kunai, che subito puntò alla gola della presenza sinistra che sentiva sopra di sé.
“Trovata.” Commentò ancora la figura, ma la stanza era buia e non riusciva a distinguere bene i tratti fisici. Capiva solo che era una presenza femminile, più o meno una sua coetanea. “Il nobile Jashin mi ha proprio nelle sue grazie ultimamente, visto i meravigliori doni che mi porge.” Continuò a dire, allontanandosi da Yui. “Ti conviene non farlo, sto utilizzando questa ragazza per poter parlare con te, faresti del male solo a lei.” Aggiunse per poi accendere la luce nella stanza. “Anche se mi eccita la sete di sangue e vendetta che stai emanando, il nobile Jashin ne sarà deliziato quando lo incontrerai.”
Yui rimase shoccata nel vedere la figura davanti a sé. Era chiaramente uan dei ninja incaricata a sorvegliarla, quella castana che il giorno precedente le aveva rivolto occhiatacce di odio, ma aveva nei suoi occhi un riflesso violaceo e un espressione corrucciata, come se stesse sofffrendo le pene dell’inferno. Era una degli Tsukiyo a controllarla e, se non avesse subito fatto qualcosa, temeva per la vita di quella ragazza. Aveva sentito parlare di un membro di quel gruppo in grado di svuotare l’animo delle persone, che in quelche modo le divorasse, e temeva di averla di fronte in quel momento.
“Oh per il Nobile Jashin, rilassati. Sono venuta qui in pace!” Cominciò a dire quasi esasperata, o infastidita dallo sguardo minaccioso che le dava la ragazza, e tentò di avvicinarsi mostrandosi il più cordiale e assicurativa possibile. “Presto saremo compagne, non ti farei mai del male… oddio non più del necessario per il rito di conversione… “
“Vuoi predermi in giro? Pensi veramente che io possa, anche solo per un momento, considerarti una compagna?” Disse rabbiosa. “Invece di fare la codarda, nascondendoti nel corpo di una innocente, fatti viva!” Chiese provocatoria, pronta a evocare la Coda di Drago.
“Non abusare della mia benevolenza, ragazzina.” Cominciò a dire seria. “Altrimenti dovrai portare sulla tua coscienza anche il peso della morte della tua amichetta bionda. Mi piacerebbe proprio vedere con che faccia reagirebbero i fratelli minori.”
Yui impallidì nel sentire quelle parole, ricordandosi che in quei giorni Temari era stata mandata in missione, anche se non sapeva esattamente dove. In quel momento, le tornò in mente il suo peggiore incubo, la ragione per il quale voleva porre fine della sua vita una volta avuta vendetta. Non voleva che altri morissero a causa sua. La sua abilità innata, in quel momento più che mai, le sembrava una maledizione e una sentenza di morte. Non poteva attaccare, altrimenti avrebbe fatto del male a Masturi, ma non era nemmeno in grado di sciogliere la tecnica, non avendo nessuna abilità in arti illusorie e avendone molto scarse in sensitive. Lo capita dalla presenza di chackra che emanava, che in quel campo non c’era paragone. L’unica cosa che poteva fare era ascoltarla e persuaderla a non versare altro sangue.
“Stai tranquilla, è viva… per ora.” Disse sorridendole. “ E lo sarà se farai quello che ti dico: ovviamente voglio che tu mi raggiunga, ti puoi anche far accompagnare, dopotutto siamo a corto di sacrifici, ma devi assolutamente portare con te anche Shikamaru Nara della Foglia.” Sentendo quelle parole Yui si sentì confusa, perché l’unico membro che poteva avere dei rancori nei confronti di quel ninja era Hidan, secondo quello che si raccontava. “Se mi dai la tua parola, ti prometto che non ucciderò questa ragazza e che Temari starà in vita finchè non arriverete… il resto sta a voi, ma dubito che Hidan sia misericordioso.”
“Perché?” Chiese semplicemente Yui, ottenendo come risposta uno sguardo perplesso da parte della ragazza posseduta. “Credo che questa sarà l’unica conversazione civile che avrò con uno di voi fanatici quindi, dal momento che non posso ucciderti, perché tutto questo sangue? E’ per la mia abilità?”
“Perché sei stata richiesta da Jashin, e tutti gli eretici che gli vanno contro meritano la morte. Niente di più e niente di meno, seguiamo le sue volontà ciecamente.” Rispose come se stesse dicendo la cosa più scontata e ovvia del mondo. “E, per quanto riguarda la tua abilità, di certo ci sarà molto utile nella nostra confraternità, ma non è la ragione per la quale Jashin ti vuole.” Concluse. Yui rimase inorridita da quello che stava sentendo. Come si faceva ad essere così malati mentalmente? Non sapeva se erano peggio coloro che uccidevano per il gusto di uccidere o loro, che uccidevano seguendo gli ordini di qualche finta divinità.
Vide il volto di Masturi rilassarsi e poco dopo la vita cadere a terra, svenuta. Yui si avvicinò cautamente all’inizio, per poi soccorrere non appena non avvertiva più il minaccioso chackra di prima.
Non appena prese la ragazza, cercando di misurarle i ponso, la vide di nuovo aprire gli occhi notando di nuovo il riflesso violaceo. “Prima che me ne scordi…” Le di sse dandole una carezza sulla guancia, e portando il suo volto all’orecchio di Yui. “Mi chiamo Yume, è stato un piacere parlare con te…” Le disse per poi darle un leggero soffio all’interdo dell’orecchio. “… Yui.” Concluse per poi ricadere svenuta tra le braccia della ragazza. Quel suo soffio le aveva praticamente raggelato la schiena e per un momento paralizzata. Quella fanatica era terrificante, e si era appena presa gioco di lei. Pensò che per quella misteriosa avversaria femminile, il nome Yume fosse quello meno appropriato, perché era più un incubo che un sogno.














 

Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti!
Sempre più in ritardo! Ma chi mi conosce e legge tutti i miei angoli, ha già capito il motivo: Gaara e la sua traccia psicologica.
Alcune volte mi maledico per aver scelto lui, è abbastanza complicato come personaggio ed è difficile cambiarlo in maniera naturale. In questo capitolo ho dovuto osare di più, perchè in tutte le storie o legami (amorosi e non) hanno sempre quell'evento scatentante che ti porta in confusione. Ho sempre avuto come obbiettivo il fatto che l'incontro con Yui lo avrebbe profodamente cambiato, e non parlo del suo taglio di capelli, quindi prima  o poi quel momento doveva arrivare. Spero solo di non averlo reso troppo innaturale.
Quindi ho scritto e riscritto il capitolo più volte, anche per via di Yume. Di lei avevo una traccia spicologica ben precisa perchè volevo che fosse un personaggio devota a Jashin, carismatico, malizioso e spietato... in breve un antagonista di primo ordine, un incubo travestito da sogno. Con Kitanai ho dato il via alle presentazioni dei nuovi antagonisti, ma di per sè lui non aveva molto: era ottimo come prima figura antagonista, ma era un pesce piccolo. A Yume invece, già dal precedente capitolo, volevo darle l'idea che lei non fosse una seguace qualunque, ma che avesse da raccontare molto di sè.
Quindi con tutte queste mie intenzioni, ho finito per essere molto meticolosa anche con lei, per darle la giusta entrata in scena.

Spero che vi sia piaciuto e al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** Ciò che deve essere fatto. ***


Capitolo 11: Ciò che deve essere fatto.
 
La situazione si rivelò molto più grave del previsto. Nessuno aveva mai sospetatto, e nemmeno temuto, che gli Tsukiyo fossero arrivati a mettere radici così profonde fino a mettere mani a Suna, e probabilmente anche negli altri villaggi. Vi era lo stato di emergenza, non potevano aspettare l’arrivo degli altri Kage. Così in segreto Gaara, Kankuro, Kakashi, Naruto e Shikamaru si riunirono subito, dal momento che la questione era diventata anche personale, portandosi con loro Yui.
La ragazza però rimase inizialmente in disparte, non aveva ragione di parlare dopo aver riferito il messaggio di quella Yume, e guardare quelle persone, definite eroi, discutere le provocò un senso di apatia. Eroi che negli anni hanno fatto sapere delle loro imprese, salvato i Villaggi e il mondo… avrebbe fatto i salti mortali in passato per conoscere Naruto, per esempio, ma ora non ne voleva proprio sapere. Si sentiva un’estranea, ma non solo nei confronti degli altri presenti, che condividevano un profondo legame tra di loro, ma nei confronti del resto del mondo: tutto ciò che le era più caro si trovava all’altro mondo e, a parte il suo senso di dovere e la sete di vendetta, non aveva niente… anzi frose era il caso di dire che si rifiutava di avere nuovi motivi, o legami.
“Io penso che dovremmo sentire la signorina…” Disse Kakashi, riportando Yui nella realtà. Alzò lo sguardo e notò che l’Hokage le faceva uno sguardo che la invitava ad avvicinarsi. “… del resto è lei al centro di tutta questa situazione, dobbiamo sapere anche la sua opinione.” Aggiunse. Notò Gaara molto contrariato, ma tutti gli altri sostennero la proposta di Kakashi e, per una volta, persino Naruto rimase composto, studiando la ragazza.
“La mia opinione?” Chiese la ragazza avvicinandosi. Sospirò e rimase per qualche secondo in silezio, perfettamente conscia che non poteva avvalersi del diritto di non rispondere. Era così scossa, così pensierosa, che risentii il senso di smarrimento che aveva avuto le ore successive dallo sterminio del suo Villaggio. Desiderava solo sparire come fece allora, e chiudersi nel suo silenzioso mondo per riflettere in pace. “Credo che sia abbastanza scontato.” Disse rivolgendo lo sguardo verso il Kazekage, che quest’ultimo capii subito a cosa lei si stesse riferendo.
“Sono contrario.” Le rispose severamente. “Non pensarci nemmeno.”
Yui sapeva che ciò avrebbe acceso una discussione da lei indesiderata, ma cos’altro poteva dire? Gli Tsukiyo stavano dimostrando di esserle molto più vicino di quello che credeva, lei non era pronta per affrontarli e di certo loro non le avrebbero concesso tempo per allenarsi… preferiva morire che cadere nelle loro mani, preferiva morire che causare morti di altre persone.
“Non c’è in gioco solo la vita di una persona: oggi c’è Temari ma domani potrebbe esserci qualcun altro…” Disse razionalmente. “… O peggio, un intero Villaggio. La mia rimane ancora l’unica soluzione.” A Gaara quelle parole provocarono una certa rabbia perché intuì, da prima ancora che la ragazza venisse interpellata da Kakashi, che Yui stava di nuovo riflettendo sul suicidio. Gli altri guardarono i due dubbiosi, come se stessero parlando in codice, ma fu la ragazza a chiarire. “Dovreste salvare Temari, e dopo uccidermi. Vogliono me e sono disposti a tutto, la mia morte rovinerebbe il loro piano, qualunque esso sia.” Le ultime parole pronunciate, vennero dette con una tale facilità, con una tale freddezza, che pareva disumana nonostante stesse dimostrando di possedere lucidità nei suoi pensieri. “Sono più utile da morta che da viva.”
“Che cosa?” Urlò subito Naruto shoccato, puntando il dito contro la ragazza. “Non puoi dire sul serio!”
“No, ha perfettamente senso. Se è come ci ha aveva già comunicato Gaara, pur di non farla cadere nelle mani del nemico, dobbiamo sempre tener presente l’opzione di ucciderla. Rientra nei dogma ninja.” Commentò invece Kakashi, tenendo lo sguardo fisso sulla ragazza. Certo, stava ragionando da ninja, ma non potè far a meno di pensare quanto potesse essere inquietante il modo come l’aveva detto: una voce fredda e sguardo perso nel vuoto, come quella di una persona che si era persa nell’oscurità, entrando in uno stato depressivo e di apatia. “Però questa sarà l’ultima delle opzioni a nostra disposizione, e solo nel caso venissi catturata.” Nell’udire quelle parole, Yui guardò leggermente sorpresa l’uomo, perché per un momento aveva sperato che l’appoggiasse. “Vorrei che fosse chiaro il concetto che una morte onorevole, per un ninja, è solo quando esso ha lottato fino alla fine facendo il possibile. Per quanto possa sembrare nobile il tuo pensiero, la verità è che sei mossa da pensieri egoistici, anche se comprensibili. Ma il tuo tempo di pace è finito, accettalo e lotta.” Concluse Kakashi, con severità e tenendo fisso lo sguardo sulla ragazza. L’aveva ben inquadrata, del resto aveva un atteggiamento tipico degli orfani da guerra che Sakura stava iniziando a curare, nella sua clinica. La differenza però stava nel fatto che lei non era una bambina e nemmeno una persona qualunque, e a causa di ciò portava sulle sue spalle un peso troppo grande per una che non aveva mai veramente intrapreso una carriera ninja. Aveva le nozioni, sicuramente era stata allenata ma probabilmente non era mai stata messa alla prova in una missione, il suo modo di pensare al suicidio ne era la prova, perchè non aveva mai o quasi combattuto mettendo a repentaglio la sua vita prima della tragedia.
Nell’udire quelle parole, Yui si sentii quasi pugnalata al petto, portandola a un respiro affannoso e per un solo istante ad avere la vista appannata. Gaara lo notò e fu sollevato nel vedere finalmente una reazione, perché Yui fino a quel momento si era comportata come un fantasma. Fu lieto di sapere che le parole dell’Hokage la colpirono in pieno, ma allo stesso tempo si sentii frustato perché poteva farlo anche lui tempo addietro, ma per qualche motivo quel rimprovero e quelle parole non emersero mai nella sua mente.
“Shikamaru…” Cominciò invece a parlare Kakuro, un po’ per portare avanti la riunione e un po’ per riportare tutti alla realtà. Se c’era una cosa che non comprendeva, erano tutte quelle cure che venivano riposte in quella ragazza. In qualche modo lei era una calamita umana, una persona che per quanto avesse rifiutato ogni legame, aveva attirato a sé le attenzioni di tutti i presenti; sarà per il suo ruolo in quella situazione, sarà perché sembra una possibile seconda Sasuke Uchiha... ma era comunque una cosa che non gli piaceva. “… sei in silenzio da troppo tempo, stai archittettando qualcosa?” Aggiunse, scacciando i suoi pensieri, la presenza di quella ragazza in quel momento era essenziale per salvare la sorella maggiore.
“Su come agire…” Rispose. “Per ora rimane solo una cosa da fare: anche se è una trappola, io e la ragazza dobbiamo andare. Sto solo pensando alla strategia da adottare e alla squadra.”
“Non credo che abbiamo tempo di aspettare eventuali riforzi…” Commentò Yui, riprendendosi e ritornando ad avere un atteggiamento inespressivo. “Anche se non ci hanno dato un limite di tempo, quella persona mi ha velatamente suggerito di fare il più presto possibile. A quanto pare questo Hidan gode di poca pazienza…”
“Lo so, che seccattura!” Rispose cercando di apparire annoiato, ma dentro di sé bruciava il petto dalla rabbia. Come aveva potuto sfuggirgli? Come aveva potuto lasciare che qualcuno lo liberasse e lo ricomponesse? Per di più nella foresta dei Nara… Era anche sua la responsabilità di quello che stava succedendo, e non se lo sarebbe mai perdonato se fosse successo qualcosa a Temari
“Credo che sia il caso di dividerci, qualcuno dovrà pur accogliere i Kage in arrivo nei prossimi giorni.” Commentò Gaara, come quasi fare di resa. Non voleva mandare Yui in pasto a quei criminali, ma era altrettanto importante salvare la sorella e catturare quei nurkenin. Per quanto fosse una trappola, era anche un’occasione per poter ottenere più informazioni.
“Gaara, avrei solo una domanda: quali sono le caratteristiche delle Terre del Nord?” Chiese Shikamaru.
“E’ una zona desolata, dove il villaggio è stato costruito all’interno di un oasi vicino alle montagne. Vi è una parte esterna, con le abitazioni e i negozi, mentre nella parte interna si trova nella motagna vicina, dove sono costruite delle vere e proprie serre per poter contivare il cibo e allevare il bestiame, in modo da non patire la carestia in caso di tempesta di sabbia.” Rispose, descrivendo in breve tutto quello che sapeva. Una zona desolata ma allo stesso tempo abbastanza autosufficente, un luogo perfetto per poter complottare qualcosa, per quel motivo suo padre lo aveva sempre tenuto d’occhio.
“All’interno della montagna?” Commentò Yui.
“Qualcosa non và?” Chiese Kakashi.
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo, ragionando con molta perplessitudine. “Gli Tsukiyo sono arrivati al nostro villaggio grazie ad un traditore, su questo ne sono sicura.” Rispose.
“Che cosa vorresti dire?” Le chiese Shikamaru.
“Hanno utilizzato la miniera come una trappola, bruciando specifici minerali, muovendosi troppo facilmente. Quel modo di agire così perfetto, potevano farlo solo grazie a una persona all’interno del mio Villaggio.” Commentò. “Mi stanno attirando sfruttando i punti deboli del mio modo di agire, era già successo alla miniera con un mio compaesaneo, e anche poco fa con quella ragazza posseduta; non mi sorprenderebbe se anche qui avessero qualche alleato del posto, o peggio del mio Villaggio.”
“Potrebbero usare le gallerie delle serre come luogo di combattimento…” Pensò Shikamaru ad alta voce.
Il suo ragionamento non faceva una piega, era stata estremamente cauta delle sue parole, scegliendole con attenzione e portando alla luce possibili scenari. Yui ormai era più che certa che chiunque fosse il traditore, la conoscesse bene, perché non poteva essere una coincidenza il fatto che la stessero attirando moralmente, o giocando nel caso di Yume, sfruttando chi è tra la vita e la morte a causa sua. Nutriva dei dubbi anche sull’agire di Ken, quando era ancora in vita. Non le sembrava strano che qualcuno avesse trapelato qualche informazione, dopotutto lei riusciva ad abbandonare di soppiatto il villaggio, anche se poi veniva riportata con la forza dal fratello… proprio per quel motivo lui, più di chiunque altro, sapeva che le misure di sicurezza potevano essere aggirate. Come mai non si era intervenuti sulla sicurezza in tempo?
“Semplicemente sto suggerendo di prepararci a quasiasi possibile scenario di combattimento, gallerie comprese...” Disse Yui alla fine.
“E dobbiamo anche tener presente della presenza di Hidan, ma non sappiamo nulla del suo compagno… o compagni.” Aggiunse Shikamaru. “Gli unici tra i presenti adatto ad accompagnarci sarebbero Kankuro e Kakashi.”
“Ehi, perché io no?” Chiese Naruto.
“Perché in questa missione abbiamo bisogno di discrezione, e tu con il tuo chakra rischieresti di radere tutto al suolo, è meglio che rimani qui con Gaara per il summ…”
“Non sono d’accordo.” Intervenne Gaara. “Dovrei andare io.”
Tutti per un momento rimasero in silenzio di quella improvvisa presa di posizione, soprattutto da parte di una persona come Gaara che era sempre stato riflessivo e molto meticoloso nella strategia di battaglia. “Non dobbiamo annullare l’evenienza di poterci ritrovare a combattere all’aria aperta, oltre a poter essere in svantaggio numerico.” Aggiunse.
“O che io possa fare qualcosa di stupido.” Commentò Yui, ben conscia degli occhi smeraldini che non l’avevano abbandonata nemmeno per un secondo. “Però non ha tutti i torti, per noi sarebbe più conveniente combattere fuori dalla montagna, quindi è meglio avere più possibilità a disposizione.”
“Shikamaru?” Lo interrogò Kakashi. “Del resto sei tu lo stratega.”
“Gaara con la sua difesa assoluta può proteggersi dagli attacchi di Hidan e volendo ha più controllo del terreno se combattessimo fuori dalle gallerie, ma mi pare di aver intuito della vostra politica che ci deve essere sempre un membro della famiglia Sabaku all’interno del Villaggio, da quando sei il Kazekage.”
“E’ per evitare che il consiglio faccia quello che voglia a nostra insaputa.” Rispose Kakuro. “Odio mettermi da parte, ma se mio fratello ritiene opportuno che lui vada, rimmarò qui io.”
“E non è nemmeno il caso che l’Hokage rischi la vita per una questione che è al momento ancora all’interno di Suna.” Continuò Gaara, e su quello tutti lo capirono. Qualcuno doveva pur rimanere ad accogliere gli altri Kage, e se Gaara non poteva, era Kakashi il miglior candidato.
“Che seccatura…” Commentò Shikamaru. “Praticamente il contrario di quello che avevo detto.” Alludendo che la squadra formatasi sarebbe stato lui, Yui, Gaara e Naruto.
 
La riunione finì solo quando si cominciò a decidere l’organizzazione della missione, con i dovuti approvigionamenti. La partenza doveva essere immediata quindi fu deciso di partire l’indomani a calar del sole, sfruttando il favore della notte. Yui silenziosamente si trascinò al terrazzo della villa dei Sabaku, per poter prendere aria e sentirsi meno oppressa. Appena rientrata aveva rimurginato a lungo sul da farsi, su come agire, ma nel farlo si sentii mentalmente stanca, del resto anche lei aveva dei limiti. Quando arrivò si sorprese nel vedere, avvolto dai caldi colori del tramonto, il Kazekage appoggiato alla ringhiera del terrazzo. Istintivamente pensò di andarsene e cercare un altro luogo per la sua meditazione, ma la voce del ragazzo la fermò.
“Non mi aspettavo la tua presenza.” Le disse senza nemmeno voltarsi, nascondendo la sua sorpresa. Eppure la sentiva, era proprio dietro di lui che, silenziosamente e senza alcuna fretta, si avvicinò appoggiandosi alla ringhiera a pochi centrimetri di distanza da lui.
“Deduco che abbia voglia di compagnia.” Commentò la ragazza, osservando quasi stregata il cielo quasi scarlatto. “Altrimenti mi avresti ingnorata.”
La guardò, solo i suoi abiti neri erano immuni ai colori del sole, mentre il resto era addornato dall’arancione e dal rosso, in particolare i suoi occhi rubini risplensero più che mai in quella luce. “E’ stata una giornata intensa, non biasimo chi cerca di allegerire la mente.” Aggiunse la ragazza.
“Perspicace.” Commentò. Anche se, analizzando l’attuale situazione, la cosa si rivelò abbastanza scontata. Chi più di lei, che era al centro delle vicende, aveva bisogno di meditare? Volse il suo sguardo verso il ragazzo, accorgendosi che in verità stava guardando un punto fisso dell’orizzonte dove si estende quel deserto infinito, con l’aria preoccupata, anche se era difficile dirlo dalla sua poca espressività.
“La riporteremo a casa.” Disse rompendo il silenzio, notando lo sguardo sorpreso del ragazzo, di chi era appena stata letta la mente. Dopotutto quello sguardo preoccupato lo conosceva bene, sua madre era costantemente preoccupata per lei quando andava in accademia e per Ken quando andava in missioni. A quei nostalgici pensieri, si accompagnò una fortissima fitta al cuore, un’altra, e quasi riportandola ad avere le lacrime agli occhi. “E’ una donna tosta, da quel poco l’ho visto credo che ci vorrà di molto più per farla soccombere, deve solo attendere qualche ora.” Aggiunse, mantenendo comunque un tono di voce freddo e distaccato.
Gaara abbozzò un un sorriso nel sentire il suo tentativo di consolazione, anche se concordava con quanto Yui aveva detto. “Ti ringrazio.” Le disse semplicemente.
“Dico solo la verità, non voglio che qualcun altro perda qualcuno d’importante. Hanno già sofferto troppe persone.” Commento quasi incosciamente.
“Per questo, per quanto tu fossi scossa, ti sei impegnata nell’operazione di salvataggio?” Le chiese con quasi fare curioso.
“Si tratta di fare quel che è giusto… anche la vendetta rientra in ciò, le loro vittime… la mia famiglia ha diritto di riposare in pace.” Rispose, semplicemente. Cercando di mantenersi il più distaccata possibile, cercando di congelare le sue emozioni ogni volta che solo pensava alla sua famiglia.
“Dovresti anche tu raggiungere la pace.” Commento il ragazzo.
“Lo farò quando morirò, con la cosapevolezza che la mia esistenza non nuocerà più a nessuno.” Rispose freddamente, convinta, forse troppo, di essere lei stessa una sorta di uccello del malaguirio. Del resto le era sempre stato detto che chi aveva abilità innate molto rare erano spesso persiguitati, e gli Tsukiyo, e ancora prima chi aveva ucciso sua madre, ne erano la prova.
“Le parole di Kakashi quindi sono state a vuoto?.” Commentò, infastidito, colpendo duramente la ragazza. Quelle parole le avevano rudemente tirato fuori la realtà, quello che il suo subconscio veramente pensava: la morte come liberazione da tutte le sofferenze, un modo come un altro di fuggire.
“Preferisco morire umanamente, che diventare una macchina da guerra o diventare la causa della morte di molte persone innocenti.” Disse rimanendo apatica, scatenando però qualcosa in Gaara, perché infatti il ragazzo prese per il braccio obbligandola a gaurdarlo dritto negli occhi. In quei occhi smeraldini ci vide molto dolore, e non ne capiva molto il motivo.
“Ti consiglio di stare attenta a quello che affermi.” Le disse istintivamente, dandole un leggero senso di minaccia ma allo stesso tempo di dolore. E finalmente capii, capii il motivo di tutte quelle premmure che aveva avuto per lei, capii che lui aveva subito quel destino, il destino che lei voleva tanto evitare, e probabilmente con quei pensieri lo aveva in qualche modo offeso o riportato alla luce vecchi ricordi. Gaara notò lo sguardo sorpreso e shoccato della ragazza, di chi non aveva la minima idea di quanto le sue parole avvero colpito il suo punto debole, una cosa del suo passato che voleva che rimanesse lì. Si, gli era stato da insegnamento quel periodo buio, ma di certo non ne andava fiero. Capii comunque i pensieri della ragazza alla perfezione, del resto non era la prima volte che gli fosse rivolto quello sguardo.
“Non era mia intenzione, non ne avevo idea.” Disse la ragazza, ricomponendosi e ritornando a essere quasi del tutto apatica. Sapeva che lui in passato fosse stato la forza portante del monocoda, ma non aveva mai pensato che avesse avuto una tale esperienza, dopotutto era tra i personaggi più rispettati e amati di Suna.
“E’ stato molto tempo fa…” Disse non appena si rese conto di aver esagerato con la sua reazione, lasciandola andare ma senza spezzare il contatto visivo. “… posso comprendere la tua paura, anche io preferirei la morte piuttosto che ritornare a quei giorni, ma questa non è una ragione per arrendersi e lottare.”
“Vi fa veramente onore se siete riuscito ad evitare quella condanna e a diventare l’uomo che siete ora, ma io non sono voi.” Gli rispose semplicemente, capendo che cosa stesse pensando. Per Gaara, la sua intenzione di morire era una via di fuga codarda, quando lei lo vedeva un atto di liberazione e di salvezza.
“Vero, ma analizzando il tuo punto di vista, la tua situazione non è molto diversa dalla mia del passato.” Commentò.
“Già, solo e semplicemente esistendo vengo presa di mira e degli innocenti muoiono.” Commentò la ragazza. “Immagino che essere una forza portante ti avesse messo addosso un bersaglio.”
“Non successe solo quello.” Le rispose, per poi fare un profondo respiro. In qualche modo i due si erano emotivamente avvicinati, capendosi, e voleva una volta per tutte farle capire l’erroneità dei suoi pensieri. “Mio padre mi fece diventare un vero e proprio mostro, negandomi ogni possibile legame. Un’arma che non nutre emozioni è più efficace, oltre più produttiva.” Aggiunse, ricordando sua madre, suo zio, l’isolamento forzato che gli era toccato nell’infanzia, i crudeli allenamenti e molti altri dolorosi ricordi.
“Mi state forse suggerendo di avere legami?” Disse sarcastica la ragazza. “Così posso essere testimone della morte di altre persone a me care? E tutto questo perché vede in me sé stesso?” Disse alla fine, con un tono di voce un po’ più alto del solito, segno di nervosismo. Non appena finì di parlare guardò il ragazzo. Aveva finalmente fatto centro: la voleva salvare a tutti i costi perché nessuno salvò lui quando stava per diventare un mostro. “Non pensi che sia un po’ egoistico? Voler a tutti i costi far cambiare sentiero a una persona, solo in nome di un ricordo?” Aggiunse, per poi osservarlo per qualche secondo e cominciare ad andarsene.
Per tutto quel tempo, Gaara rimase senza parole, lei era stata molto diretta ed in parte aveva ragione, ma in parte aveva torto. Era vero che avrebbe voluto qualcuno, ben prima di Naruto, che lo avesse salvato, ma era anche vero che lui era stato portato alla solitudine fin dalla tenera età, senza conoscere il calore di una famiglia. “Non pensi che sia anche tu egoista?” Le chiese rivolgendole lo sguardo mentre lei se ne andava. Si fermò di scatto, e si voltò perplessa verso di lui. “A differenza mia, tu non sei cresciuta nel terrore e nell’odio, ma nell’amore della tua famiglia e del tuo Villaggio; tuo fratello è morto per te, per permetterti di continuare a vivere. Vuoi veramente onorare il suo sacrificio ponendo fine alla tua vita volontariamente? Senza nemmeno aver lottato per il tuo futuro?”
E per la prima volta le parole uscite dalla bocca di Gaara, così dure e severe ma vere, finalmente raggiunsero il cuore di Yui. Per la prima volta ci era veramente riuscito, instaurandole il dubbio nelle sue intenzioni, che l’avrebbe tormentata per sempre. Yui udendo quelle parole, non potè fare a meno di pensare a tutto ciò che i suoi genitori avevano fatto per tenerla al sicuro, nonostante la soffocassero, e di come Ken l’avesse in tutti i modi protetta ma allo stesso tempo allenata, a modo suo. Tutti quei sacrifici, e solo per la sua felicità… era veramente un buon modo ringraziare e render loro memoria negandosi il futuro che loro desideravano per lei? Negandosi quel futuro per i quali loro erano morti? Non lo sapeva più… si era così convinta che morendo avrebbe evitato ogni altra sofferenza a sé stessa e a chiunque incrociasse il suo cammino, che ormai oltre alla vendetta non aveva pensato a nient’altro. Dove andare, che cosa fare dopo, con chi, come… Al suo futuro non ci aveva mai veramente pensato, nemmeno una volta. Era confusa, perché non sapeva più cos’era giusto fare. Abbassò lo sguardo quando ebbe quei pensieri, come segno di resa mentale.
“A volte mi chiedo se tu sia folle o semplicemente testarda, perché non so più come comunicarti che non sei più sola. Suna, se lo vorrai, può essere casa tua, basta solo non arrendersi e lottare.” Aggiunse Gaara, un discorso che si era fatto quando Naruto lo convinse a voltare pagina, un discorso che si era fatto per rendere quel Villaggio estraneo casa sua, ottenera la fiducia e l’amore di chi lo temeva, e di riscattarsi come essere umano. Lui era stato obbligato a quel cammino, ma Yui se lo stava scegliendo ed era un gravissimo errore. Forse lei aveva ragione a definirlo egoista, se è egoistico salvare qualcuno da un cammino oscuro che lui conosceva bene.
Nell’udire quelle parole, Yui rimase titubante, perché occasionalmente aveva accarezzato l’idea di rimanere a Suna, per poi gettarla via man mano che si evolveva la situazione. Ritornare a sperare la spaventava, perché era molto più doloroso rivedere quelle speranze svanire. Una cosa era certa: doveva prendere delle decisioni, una volta per tutte e senza più esitare. Il tempo del pianto, della nostalgia del passato e dei ricordi era finito. Non doveva più pianificare, ormai sapeva benissimo cosa poteva o non poteva fare, ma doveva decidersi di agire a passo deciso una volta per tutte, qualunque via giusta o sbagliata che avrebbe scelto di percorrere.
 
 
 
 


Angolo dell'autrice:

Buonsalve a tutti e buona Pasqua in ritardo!
Eccomi qui, ingrassata di non so quanti kili. Degli eventi del capitolo non ho molto da dire: parla da solo, essendo prettamente psicologico, ma voglio portare l'attenzione sulla protagonista.
Yume ha dato il via a una serie di eventi che arriveranno che Yui sia pronta o meno. Una volta una persona mi ha detto, senza critica distruttiva, di vedere Yui molto... confusa e timorosa, approfittanto della gentilezza di Gaara per prendere tempo perchè alla fine nemmeno lei sa cosa vuole, altrimenti avrebbe agito da tempo. Non ha tutti i torti, anzi fa parte della psicologia che avevo ideato della ragazza.
Ho sempre voluto renderla il più umana possibile, anche per permettere ai lettori di immedesimarsi in lei, e credo che siamo tutti d'accordo che chi ha sempre vissuto in una campana di vetro, quasi sempre estranea della vera vita dei ninja, ora si ritrova terrorrizzata davanti a qualunque scelta. Un mese di totale solitudine, dopo la tragedia, l'aveva portata a soffrire da sola e a prendere decisioni da sola... ma al primo confronto col Kazekage ma anche con lo stesso Kitanai, abbiamo potuto notare che lei aveva ancora molta strada da fare, nonostante la volontà che la guida. Una sorta di incapacità di un vero e proprio confronto, tipico di chi ha vissuto senza troppe problematiche. 
In sostanza: lei doveva maturare e crescere di più, rendersi conto di come alcuni suoi pensieri fossero sbagliati o addirittura infantili. E mi sto riferendo alle esperienze di vita, perchè lei ha già avuto un'ottima educazione, volontà e ora anche un buon allenamento. Ha tutte le carte in regola.
Ci è voluto una persona che di esperienze di vita ne ha veramente tantissime, ovvero Kakashi, per smuoverla per poi avere il colpo di grazia da parte di Gaara, che alla fine lui aveva sempre agito per il suo bene. Può essere l'inizio di una profonda amicizia o di un amore, chi lo sa... ma rimane il fatto che, per quanto Yui abbia cercato di evitare come la peste, si è indissolubilmente legata a Gaara. Yui ha di certo un grande potenziale, e non per la sua abilità innata.
Detto questo, sottolineo un punto: mi rendo perfettamente conto che qui Naruto è stato molto in disparte, il problema è sempre il solito, ovvero la sua caratterizzazione. Avrò modo di approfondirla meglio nei prossimi capitoli, visto che andrà in missione con Yui e Gaara.
A me incuriosisce parecchio che cosa verrà fuori da loro tre.
Detto questo, al prossimo capitolo!

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Capitolo 13
*** Amici ***


Capitolo 12: Amici
 
Il viaggio era estenuante, per via della tempesta di sappia che li aveva sorpresi durante la mattinata, ma il gruppo aveva avanzato senza perdere la velocità di marcia. Solo quando intravvidero un’oasi, a calar del sole, Gaara consigliò di fermarsi e riposarsi. Le terre del nord erano a mezza giornata di cammino, e tutti dovevano essere riposati e in forma per un possibile combattimento. La prima a crollare fu Yui, stanca e non abituata a quello sforzo fisico che aveva sottoposto il corpo durante la tempesta; non era la prima che ne veniva sorpresa ovviamente, ma si era sempre riguardata a cercarsi un riparo, piuttosto che attraversare la tempesta. Notando il sonno morfeico della ragazza, a voce molto bassa e in disparte, i due ninja di Konoha si avvicinarono a Gaara, pronti a parlargli.
Il rosso, non appena notò i due gli si avvicinarsi, alzò la testa ma rimase al suo posto. “Ho già idea di quello che state per dirmi.” Commentò non appena i due furono abbastanza vicini, accomodandosi.
“Io vorrei solo farti una domanda, non so perché Naruto si sia unito a me…” Commentò Shikamaru sbuffando. Non era il tipo da immischiarsi negli affari degli altri, ma quel dubbio lo tormentava ed era essenziale per la missione.
“Vorresti dire che non sei preoccupato per lui?” Rispose Naruto, quasi indispettito, ben conscio con il Nara aveva a cuore quanto lui l’amico.
“No, però devo dare priorità alla riuscita della missione.” Rispose, anche se era vero che certi movimenti da parte del rosso avevano catturato la sua attenzione.
“Va bene così Naruto.” Interruppe Gaara. “In questo momento sto affidando la vita di Temari nelle mani di Shikamaru e nelle sue strategie, deve conportarsi in questo modo. Cosa vuoi sapere?” La salvezza di Temari era massima priorità, quindi avrebbe aiutato in tutti i modi la squadra per la riuscita della missione. Questo Naruto lo sapeva bene, ma lui era un ragazzo dal cuore grande e quindi per lui erano tutti i suoi amici la priorità, senza lasciarsi nessuno alle spalle.
“Hai un qualche legame con la ragazza?” Chiese Shikamaru, in maniera diretta e senza perdere molto tempo. Gaara si sentì spiazziato, in parte per la domanda ma soprattutto per aver notato che entrambi i ninja se ne fossero accorti. “Non sono affari che mi riguardano, ma il tuo atteggimanto non passa inosservato e circolano delle voci, ti consiglio di stare attento, ne va della tua posizione.” Era un consiglio da amico, pacato ma allo stesso tempo diretto e molto chiaro. Shikamaru in particolare era ben accorto di come certe persone, soprattutto i consiglieri, sparlassero e agissero alle spalle dei loro Kage, come l’attentato che aveva subito Gaara durante la seconda prova della selezione dei Chunin, ma anche nei confronti di chi era vicino al Kage, come Temari quando iniziarono a circolare voci sulla eccessiva frequenza di visite formali e non tra lui e la Sabaku. Quegli uomini avevano ancora la metalità del vecchio regime del quarto Kazekage, un regime interno ed estremamente nazionalista.
Gaara annuì, ben conscio anche lui della situazione, ma qualunque sviluppo avrebbe avuto il loro legame, la cosa non sarebbe stata di buon occhio. “Farò più attenzione, ma devo comunque tenerla d’occhio. Tutti siamo stati testimoni di quello che può succedere se sottovalutiamo determinate situazioni.” Rispose riferendosi a Sasuke. “Quindi ho intenzione di tenerla comunque sotto un attento sguardo.”
“Pericolo che possa scappare, o che la situazione prenda una brutta piega?” Chiese Shikamaru, risposta per lui essenziale per buttar giù una strategia.
“Entrambe e non solo.” Rispose ancora Gaara. “Per quanto la tenga d’occhio, c’è qualcosa che mi sfugge. In queste situazioni, per quanto siano più rischiose, si tende a lasciarsi sfuggire dei segnali, e ho intenzione di coglierli.” Commentò, del resto era la verità, seppur in parte. Per quanto Shikamaru fosse diventato un buon amico, era pur sempre lo stratega di un villaggio alleato, di conseguenza si riguardava sempre e tenere un atteggiamento da Kage, tenendo fuori le questioni personali.
“Su questo non ti do tutti i torti...” Rispose il Nara, ricordandosi bene come la ragazza si era ben difesa dagli attacchi del suo team alle rovine, un talento troppo elevato per una qualsiasi ninja, figuriamoci per una semplice artigiana… per quanto abile fosse. “La terrò d’occhio anche io, potrei capirci qualcosa su quelle cose che non abbiamo colto del Villaggio degli artigiani…” Commentò sospirando, allontanandosi. “… Per il resto non sono affari che mi riguardano.” Concluse. Shikamaru, man mano che ci ripensava, vedeva sempre di più Yui come fonte di problemi, non che la ragazza lo facesse apposta, ma lei non aiutava le indagini, ed era quello il problema. Sapeva che Gaara era contrario, ma se fosse stato in lui, avrebbe fatto la lettura della mente fin dal primo istante, e la sua protettività nei confronti della ragazza era un altro problema.
“E’ davvero solo questo?” Chiese Naruto, rompendo il momentaneo silenzio. Gaara lo guardò perplesso, ottenendo come risposta dal buondo un leggero sorriso. “E’ la prima volta che ti vedo agire così, hai sempre tenuto un certo distacco anche nelle cose dove eri direttamente o emotivamente coinvolto...”
“Non nego di essermi forse esposto troppo nei confronti di quella ragazza... viste le voci che corrono...” Rispose apatico.
“Lo avrei fatto anche io, senza pensarci due volte... anzi l’ho già fatto!” Commentò Naruto, interrompendo Gaara. “Ho impiegato tre anni a riportare Sasuke a casa, e voglio che nessun’altro percorra la sua strada. Sappiamo benissimo cosa vuol dire essere soli.” L’eroe sapeva bene i sentimenti che spingevano l’amico ad essere così accorto nei confronti della straniera: la guerra finalmente era finita, le influenze causate dallo Zetsu Nero erano cessate, quindi doveva iniziare un periodo di pace… che però non stava avvenendo per colpa di quei fanatici di Jashin, e come se non bastasse stavano creando nuove vittime, altre persone che potevano prendere le stesse decisioni di un Sasuke tredicenne. Scegliere la vendetta, l’odio e la solitudine. Era come se la storia si stesse ripetendo, nonostante lui avesse dato il via a un nuovo capitolo. Lo faceva infuriare, ed era fiero che Gaara, accorgendosene, stava facendo il possibile per evitarlo, almeno da evitare nuove anime tormentate dall’oscurità della psiche umana, partendo da Yui.
“Ti ringrazio Naruto.” Disse riconoscente il rosso, fiero di aver preso la mano dell’amico quando questo gliela pose nel momento di maggiore aiuto, durante l’esame dei Chunin anni prima. Un gesto che continua ricordare come un qualcosa che lo aveva salvato.
L’Uzumaki, nel sentire quelle parole, fece un grande sorriso. “E comunque c’è da dire che è davvero carina…” Disse scherzando e punzecchiando l’amico. “Attento che le tue ammiratrici possono diventare gelose.”
Gaara non disse nulla, ma lo sguardò stupito, non accorgendosi di avere un lieve rossore sulle gote, dovuto anche al senso di imbarazzo che lui stesso non comprendeva. Naruto, nel vedere per la prima volta quel tipo di reazione, era rimasto sorpreso non sapendo se ridere ancora di più, felice come non mai di vedere come l’amico man mano diventava sempre meno rigido e più spontaneo, almeno con gli amici.
 
Alle prime luci dell’alba Yui si svegliò, notando che Naruto era sveglio e impegnato in una discussione con una rana. Sapeva che alcuni ninja potevano usufruire dell’aiuto di questi famigli, ma era la prima volta che ne era testimone diretta e la cosa la lasciò shoccata. Quando Naruto finì, si voltò e si accorse che la ragazza era sveglia e le rivolse un caldo sorriso.
“Buongiorno!” Le disse con un tono di voce troppo alto, perché svegliò gli altri due.
“E che cavolo Naruto!” Subito imprecò Shikamaru esasperato, mentre Gaara si limitò ad alzarsi silenziosamente, ma comunque leggermente frastornato. L’Uzumaki si portò la mano sulla bocca dicendo un “Ops” imbarazzato, ma mantenendo la sua felicità. Il rosso nel vederlo scosse la testa accennando un sorriso, mentre il Nara lanciò all’amico la sua giacca ninja militare, che dall’urlo di dolore del biondo doveva avere le tasche piene di armi. Una scena dove alla ragazza scappò una risata, contagiata da quella situazione apparentemente spensierata, allegerendo gli animi dei presenti di quello che stavano per affrontare.
Yui non poteva saperlo, ma quello era uno dei tanti doni di Naruto. Usarono comunque la mattina per buttar giù una strategia, grazie alle informazioni dei rospi che Naruto aveva fatto madare in perlustazione. Purtroppo la situazione era tanto critica quanto complessa: dalla perlustrazione il numero delle donne in quel villaggio era estremamente basso, e le rimanenti erano tutte anziane, e tutta la popolazione aveva un’espressione di puro terrore negli occhi. Sfortunatamente non riuscirono a trovare una possibile ubicazione di Temari nella parte abitata del villaggio, lasciando come unica teoria che gli Tsukiyo, ancora una volta, si erano nascosti all’interno della montagna. Shikamaru optò di individuare Temari attraverso la modalità eremitica di Naruto, una volta avvicinati al villaggio, dandogli il compito di portare in salvo lei ed altri eventuali ostaggi. Lui si sarebbe occupato, di nuovo di Hidan, mentre a Gaara venne affidato il compito di proteggere Yui, in modo da impedire all’eventuale complice di Hidan di sfuttare la confusione per prendere la ragazza. La Kinzoku non fu molto contenta della strategia del Nara ma tacque il suo orgoglio, scoprendo a suo malgrado per la prima volta che aveva un certo orrore che le percorreva la pelle al ricordo di Kitanai, provocandole un timore. Non era il momento di fare la ninja solitaria, aveva capito a sue spese che agire d’impulso non sempre le salvava la vita, come aveva intuito che quasi sicuramente il tempo di tenere nascosta la sua abilità innata sarebbe finito presto. Gli Tsukiyo sapevano benissimo chi lei era, e di certo le avevano preparato una trappola e lei doveva essere pronta a tutto.
Fu così che il gruppo, coperti dai mantelli, raggiunsero il posto trovandosi in un villaggio in malora. Case vecchie e malandate, dove la vegetazione dell’oasi aveva mostrato i primi stadi di dominazione arrapincandosi in quelle tristi mura che circondavano il lago e coprendo le strade. Le poche persone, anzi uomini, che vedevano in giro apparivano vuote, come se si fossero già arresi alla fine, e dando la sensazione di camminare verso il nulla. L’unico segnale autentico vitale era quando notavano il gruppo, in particolare Yui. Più volte i ragazzi provarono a parlare con uno dei passanti, ma si rifiutarono categoricamente di rispondere. Quasi esasperati, raggiunsero quello che sembrava una locanda, venendo accolti bruscamente dalla padrona di casa, sull’ottantina, ma diede lo stesso ai ragazzi due camere, probabilmente a causa di un disperato bisogno di soldi. Teoricamente una stanza era per Yui, ma divenne ovvio il fatto che lei non poteva stare nella stanza da sola, quindi fu costretta a dividerla con Gaara, dal momento che aveva in compito di tenerla d’occhio. Per il momento i quattro si riunirono in una delle due stanze, permettendo a Naruto di attivare la modalità eremitica. Quelli furono attimi di silenzio frustanti, soprattutto per i due ragazzi. Quando finalmente Naruto aprì gli occhi, assunse un’espressione cupa e seria.
“E’ viva…” Si limitò all’inizio a dire, sentendo un sospiro di sollievo sia da parte del Nara e sia da parte del Sabaku. “Però non credo che abbiamo molto tempo, il suo chakra è debole… La tengono all’interno delle montagne, come già sapevamo, e quel posto è un labirinto…” Disse sconsolato.
“Almeno abbiamo la certezza che hanno mantenuto fede alla loro parte del ricatto.” Commentò Shikamaru. “E il nemico?” Aggiunse.
“Ne sento solo due veramente potenti, e non erano molto lontani da Temari…” Rispose rimanendo però perplesso, perché c’era qualcosa che lo turbava profondamente.
“Naruto?” Lo richiamò Gaara.
“… ho anche avvertito che uno dei due sta in qualche modo assorbendo il chakra di ogni abitante di questo posto.” Aggiunse dopo un attimo di turbamento. “E’ come se fossimo all’interno di una tela di un ragno, e siamo gli unici a non esserne collegati.”
“Anche Temari?” Chiese il Nara, ma Naruto non rispose, e quel silenzio venne preso come segno di assendo. “Merda… anche se la liberassimo sarebbe comunque un loro ostaggio.”
“A questo punto i due nemici sono Yume e Hidan, proprio come avevano promesso.” Aggiunse Yui ripensando a quando era stata assalita da Masturi posseduta da Yume.
In quel momento Shikamaru fece cenno a tutti di stare in silenzio, e poco dopo tutti avvertirono una presenza al di fuori della stanza e il suo di qualcuno che stava bussando alla porta. Tutti e quattro si misero in allerta e pronti ad affrontare un eventuale attacco. Gaara, dal momento che possedeva la difesa assoluta, si avvicinò alla porta e, al sentire di nuovo bussare la porte, aprì. Tutti e quattro si ritrovarono all’uscio con un giovane ragazzo, di aspetto non del tutto deteriorato come gli altri abitanti ma, soprattutto con vitalità negli occhi.
Tutti rimasero sorpresi, ma lo erano di più il nuovo arrivato e Yui. I due si scrutarono senza parole per una manciata di secondi, reazione che non passò inosservata agli altri presenti, finchè Yui sibillò “Non ci posso credere” fra sé e sé.
“Yui…” Disse il ragazzo non appena si rese conto di non osservare un miraggio. “… Yui, oddio...” Aggiunse con un tono misto di sollievo e felicità, per poi mortificarsi. “… non dovevi venire…”
La ragazza nel frattempo, ancroa incredula, si era avvicinata, mettendosi affianco a Gaara e osservando il ragazzo. “Tu ti ricordi?” Gli chiese perplessa, non capendoci più niente. Oramai era convinta di essere rimasta da sola, ma ecco un altro suo amico d’infanzia che risbucava dall’oblio del passato in una situazione di serio pericolo. La ragazza però rimase cauta, e poco dopo si ricordò le parole di Naruto. E’ come se fossimo all’interno di una tela di un ragno, siamo gli unici a non esserne collegati. Fece un passo indietro, tirando fuori da una delle sue tasche uno dei kunai che Gaara le aveva concesso di tenere per precauzione. “E no! Non ci casco un’altra volta.” Disse in memoria a quello che era successo con Rikuto.
“Ma che diavolo sta succedendo?” Chiese Naruto rivolgendo il suo sguardo verso il Nara, ma era confuso quanto lui. Gaara invece si incupidì e si teneva pronto ad attaccare all prima mossa falsa.
“… se vuoi uccidermi, ti prego non esitare.” Disse invece il ragazzo, sorridendole dolcemente.
Yui abbassò l’arma ma comunque rimase sull’attenti, studiando il ragazzo. “Non dovresti ricordare, e nemmeno riconoscermi…” Commentò, sottolineando il suo iniziale dubbio.
“E’ perché non sai che un sigillo si scioglie da solo, se il suo creatore muore.” Rispose con un’abbozzata di risata, non appena vide l’espressione leggermente corrucciata della ragazza. “Ma è bello vedere che nel profondo non sei veramente cambiata, mi hai spaventato con quell’espressione seria mentre mi puntavi il kunai.”
“Piantala Kaito!” Rispose prontamente la ragazza, sentendo il suo rogoglio colpito dalla provocazione.
“A quanto pare vi conoscete…” Commentò Shikamaru, per poi tacere facendo capire alla ragazza di dover dare spiegazioni. Lei sospirò, facendo entrare il ragazzo e chiudendo la porta, una volta fatto ciò Gaara si mise in mezzo ai due e Naruto, ancora in modalità eremitica si assicurò che loro fossero effettivamente da soli. Una volta assicurati tutti però rimasero in allerta, ben consci del fatto che poteva essere controllato dal nemico, come era successo con Masturi.
“Se vi ricordate di Rikuto…” Iniziò a parlare Yui, rivolgendosi direttamente a Gaara, per poi rivolgersi agli altri. “Lui è Kaito, suo fratello maggiore e mio ex compagno di classe dell’accademia ninja.” Spegò brevemente, rimanendo comunque a debita distanza dal compaesaneo, pronta a difendersi di un attacco a sorpresa.
“Rikuto sta bene?” Chiese con un barlume di speranza il ragazzo, ma ottenne come risposta un’espressione triste e un silezio frustante. Non aveva bisogno di sapere altro, si incupidì ma rimase comunque calmo diventando impassibile.
“Mi dispiace…” Commentò la ragazza.
“Non è colpa tua.” Rispose interrompendo la ragazza. “Conoscendolo avrà lottato con tutte le sue forze fino alla fine.”
“Su questo puoi starne certo.” Rispose pronta la ragazza, immersa nei ricordi di quando lo aveva ritrovato nelle miniere. Il ragazzo le sorrise, per poi rivolgere uno sguardo serio verso gli altri ninja. “Mi chiamo Kaito Noburo, ex ninja del Villaggio degli artigiani, e in questo momento ho un segno maledetto imposto da Yume, una pazza che si autoproclama una delle mogli volute da Yashin.” Disse deciso. “Mi ha mandato non appena vi ha visto attraverso gli occhi degli abitanti, per darvi un messaggio.” Aggiunse mostrando segni di rabbia.
“Per quale motivo ci dovremmo fidare di te?” Chiese Shikamaru, studiando attentamente ogni possibile micro movimento muscolare da parte del ragazzo.
“Non credo che abbiate altra scelta, ne vale della vita della donna in ostaggio, i suoi compagni invece sono già morti.” Rispose freddamente, riferendosi a Temari, ottenendo come risposta dagli altri uno sguardo frustato. Purtroppo aveva ragione, e loro erano ben consci che sarebbero stati in balia di quei pazzi, finchè non avrebbero liberato la ragazza. Di conseguenza dovevano almeno ascoltarlo. “Loro già sanno che voi andrete a perlustrare le gallerie, mi mandano per guidarvi al posto dove farete lo scambio…” Si fermò per poi guardare Shikamaru. “… e per la resa dei conti.”
“E’ una follia…” Commentò Gaara.
“Lo è, ma quello che mi preoccupa ora è altro…” Commentò Shikamaru. “Ed è il tuo legame con Yui. Non lasciano sopravvissuti per niente.” Parlò, per poi ragionare un attimo su cosa era appena successo, guardando Yui. “Perché prima hai detto, per ben due volte, che lui non dovrebbe ricordare?”
La ragazza si sentii in parte una stupida, chiudendosi nel silenzio per cercare di spiegare senza rivelare la sua abilità, ma lo fece Kaito al suo posto.
“Credo che ora i fattori di segretezza del nostro Villaggio non siano la priorità, data la situazione.” Rispose Kaito.
I tre si guardarono, purtroppo il ragazzo aveva ragione. Yui sospirò, guandando con riconoscenza Kaito per aver mantenuto il segreto. “Che facciamo allora?” Chiese portando l’attenzione dei ragazzi sulla situazione attuale. “E’ palesemente una trappola, e stanno utilizzando lo stesso trucco con Rikuto e Masturi… Non mi vogliono soltanto, altrimenti sarebbero venuti di persona e non avrebbero utilizzato un mio amico.”
“Per ora atteniamoci alla strategia…” Disse Shikamaru, ottenendo il consenso degli altri. “Per il resto giudaci nel posto che ti hanno detto portarci.”
Ormai era arrivata la resa dei conti, per Shikamaru e Hidan… ma anche per Yui. Una cosa però era certa per tutti e quattro: non potevano fidarsi totalmente di Kaito, dal momento che saepvano che era legato alla tela di Yume.




 


Angolo dell'Autrice:


Buonsalve a tutte!
Oggi utilizzo questo angolo per un altro motivo. Devo purtroppo informarvi che, come l'anno scorso, anche quest'anno farò un lavoro estivo che mi terrà impegnata al 100%, quindi già vi avverto che per tutta l'estate non usciranno nuovi capitoli (forse uno con tanti ma tanti miracoli...).
Vi chiedo scusa per il disagio e speri di ritrovarvi tutte quando il mio contratto scadrà.
Vi auguro comunque una meravigliosa estate e vacanze!
Alexia.

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Capitolo 14
*** Trappole e controtrappole ***


Capitolo 13: Trappole e controtrappole
 
C’era un silenzio tombale tra i ragazzi. Erano tutti perfettamente consci di quello che sarebbe successo da lì a poco, oltre al fatto che volevano evitare di dare informazioni al nemico, essendo in un terreno che controllava Yume. Decisero comunque di stare al gioco, di seguire Kaito e di andare dritti nella tana del nemico, del resto a distanza potevano fare ben poco di produttivo. Lo scontro diretto era la loro unica possibilità di sopraffare il nemico, dal momento che nel gruppo non vi era un ninja sensitivo.
Loro lo sanno chi sei veramente? Chiese la voce di Kaito direttamente nella mente di Yui. La ragazza rimase per un primo momento sorpresa, non era più abituata a quella tipologia di comunicazione. Per quanto il ragazzo fosse sotto il controllo di Yume, pareva che avesse ancora intatto il suo Io.
Certo che no. Rispose Yui, sentendo il ragazzo alla sua risposta sospirare. Fai male, ormai loro li hanno presi di mira… dovresti dire perché una loro compagna sta rischiando di rimanere uccisa o per che cosa stanno rischiando la vita. Loro sanno chi sei, lo hanno sempre saputo. Disse pacatamente il ragazzo, e Yui si chiuse un'altra volta nel suo mutismo, ragionando su cosa rispondere. Proprio tu, che non vedevi l’ora di uscire dal Villaggio, violando le regole, ora ne sei così attaccata nonostante la sua distruzione? Chiese con amarezza, tirando fuori l’ovvietà che la ragazza si rifiutava di vedere: aveva paura. Aveva vissuto per anni in una gabbia emotiva e, per quanto avesse desiderato la sua libertà, era palese che con la mente era rimasta in quella prigione, costruita su menzogne e ossessioni degli abitanti. Kaito aveva cercato in tutti i modi di cambiare il gli abitanti, perché la loro politica di sfruttamento di un singolo clan si era rivelato fallimentare, soprattutto nello sfruttare fino all’inverosimile una giovane ragazza e farle credere che fosse una cosa necessaria ma soprattutto giusta. All’inizio lo faceva per un mero senso di giustizia, nonostante tutto voleva solo trovare una soluzione a una situazione che andava sempre più a peggiorare, ma finì per guardare Yui non solo come una compagna di accademia, una compaesanea, un’amica… lei per lui divenne qualcosa di più, e quando se ne rese conto era già troppo tardi. Per la sua lotta di cambiare il villaggio, considerato da molti come atto di possibile tradimento, Kaito venne condannato all’esilio dal Villaggio, con la rimozione di ogni informazione sui loro segreti, compresa l’esistenza di Yui… del resto non vi era condanna peggiore di quella a detta sua: la consapevolezza di aver dimenticato una cosa importante, una persona importante, cercarla incosciamente in ogni ragazza bruna, pur di colmare il vuoto creatosi nel suo essere. Ma in quel momento il suo animo era un misto di gioia e dolore, nell’aver ritrovato la ragazza in quella situazione, e si meravigliava di come quel sentimento sia ancora così vivo nel suo animo.
Non voglio coinvolegere nessun altro, è già morta fin troppa gente. Disse alla fine Yui, interrompendo il flusso di ricordi di Kaito. Ormai è irrilevante che loro sappiano o non sappiano la tua vera identità per gli Tsukiyo. Rispose il giovane prendendosi una pausa, stando ben accorto a quello che stava per dire. Dovresti essertene resa conto, useranno qualunque mezzo per farti perdere la ragione. Ormai le loro prime fasi del loro piano, avere informazioni su di te e trovarti, sono complete. Non ho la minima idea di quale sia il loro scopo finale, ma vogliono te, consenziente, all’interno della loro setta.
Fu una vera e propria doccia fredda per la ragazza, che per un istante si paralizzò, fermandosi nel mezzo del loro cammino. Bastò quella semplice frase di Kaito per collegare molti tasselli che non le tornavano, e finalmente molte cose abbero senso. Ma quale persona così mentalmente malata ma allo stesso tempo geniale poteva aver previsto tutto quello che sarebbe successo o tutto quello che fino a quel momento lei aveva fatto? Era come se fino in quel momento lei non avesse fatto il minimo passo in avanti.
Gaara subito si avvicinò alla ragazza, nell’istante che si era fermata, e ne aveva visto il volto shoccato. Il resto del gruppo si fermò e istintivamente il rosso guardò Kaito, che aveva un’espressione addolorata puntando gli occhi sulla ragazza, che per qualche motivo disprezzava fortemente, era una sensazione a pelle che gli trasmetteva un senso di minaccia. Yui dopo pochi istanti si riprese e guardò dritta negli occhi il ragazzo, ma il suo sguardo era incomprensibile come lo era anche quella silenziosa conversazione tra i due shinobi artigiani. Perchè mi stai dicendo queste cose? Per quanto mi riguarda, potrebbe essere una montatura per distruggermi psicologicamente. Commentò Yui, aggrappandosi agli insegnamenti di suo fratello, raccomandazioni di non perdere la lucidità in una situazione di pericolo, e di conseguenza preferì non credere sulla parola del ragazzo, essendoci la possibilità che siano macchinazioni di Yume. Del resto, più quella conversazione andava avanti e più le pareva strana. Il modo migliore di distruggere uno shinobi è torturalrlo sui suoi punti deboli. Commentò tristemente Kaito, per poi volgere lo sguardo prima verso Gaara e poi verso gli altri shinobi. Non sei d’accordo, Yui? Continuò, ma in quel momento la sua voce divenne diversa e meno profonda, come se si fosse mischiata con un altra. Fu in quel momento che Yui si rese conto del grave errore che aveva appena commesso.
“Posso sapere che sta succedendo?” Chiese Naruto leggermente confuso, guardando gli altri quattro ragazzi. Subito La ragazza si mise sulla difensiva, prendendo dei kunai pronti per essere lanciati. “E’ una trappola!” Gridò, appena in tempo per far evitare a Shikamaru una raffica di vento tagliente, seguito da il colpo di una falce.
“Accidenti a te Yume!” Imprecò subito un uomo dai capelli argentati, in direzione di Kaito. Le bastò uno sguardo per capire che si trattasse di Hidan, nonostante fosse la prima volta che lo incontra, grazie alle numerose descrizioni che aveva sentito. Ma nessuna descrizione era degna della enorme sete di sangue che avvertiva in lui.
“Suvvia non ti arrabbiare, ucciderlo in un solo e veloce colpo non sarebbe stato divertente.” Disse Kaito, ridendo e comportandosi in maniera effeminata. Gli occhi del ragazzo si fecero violacei, e poi dopo volse lo sguardo alla propria destra, mantenendo un diabolico sorriso. Yui seguì lo sguardo, notando che si stavano radunando intorno a loro tutti gli abitanti rimasti nel villaggio, con lo sguardo spento ma violaceo. Però, ciò che shoccò di più il gruppo, soprattutto Shikamaru, fu che alla direzione dove osservava Kaito, anzi Yume, era la presenza di Temari ma anche lei senza alcuna luce nei suoi occhi.
“Siete in una posizione di svantaggio, ma questo già lo sapete.” Continuò Kaito. “Yui cara, hai visto? Sono stata di parola.”
“Non hai proprio un briciolo di umanità.” Rispose invece la ragazza, guardando gli ostaggi che aveva intorno a sé. “Ma non mi aspettavo qualcosa di leale da voi, avete giocato sporco fino ad adesso.” Concluse guardando Kaito, o il suo corpo, temendo che per lui non c’era iù niente da fare. Lui, a differenza degli altri ostaggi, non aveva lo sguardo spento o il viso sofferente, era come se dentro il suo corpo ci fosse solo Yume, quindi un altro tipo di possessione.
 “Maledetti.” Imprecò Naruto. “Usare degli innocenti come scudo, e peggio ancora una nostra amica.” Continuò. Gli unici che non proferirono parola furono Shikamaru e Gaara, entrambi rimasti fermi a guardare Temari. Uno schiocco di dita diede inizio alla battaglia, e da lì ci fu soltanto un mare di dolore, più psicologico che fisico. Tutti gli ostaggi posseduti si buttarono, chi malamente e chi con chiaramente delle abilità da combattimento, verso il gruppo. Shikamaru fu costretto a stare sulla difensiva, per evitare gli attacchi di Temari combinati a quelli di Hidan, con l’aiuto di Naruto; Gaara, usava parte della sua sabbia per immobilizzare gli ostaggi e metterli fuori gioco. Infine, Yui fu costretta a battersi contro Kaito, che cercava di imprigionarla in una gabbia di terra. Erano si in svantaggio perchè, fatta ad esclusione di Hidan, i ragazzi non potevano colpire nessuno. Naruto entrò in modalità eremitica, in cerca di Yume, in modo da capovolgere la situazione ma fu inutile. Non vi era nessuno in disparte, fuori dalla battaglia, segno che la donna si nascondeva tra gli ostaggi… il problema però era che non riusciva a distinguerne il chakra, come se tutti gli ostaggi nel suo controllo avessero lo stesso... Anzi tutti i presenti, lui compreso, fatta ad esclusione di Yui.
Temari, assieme degli altri ostaggi, approfittò di quella situazione per lanciarsi contro Naruto armata del suo ventaglio, costrigendo il ragazzo a ritornare all’attacco; non fu difficile per lui schivare la ragazza, ma era impossibilitato di contrattaccare, per paura di ferire la ragazza, quindi aveva le difese scoperte. Fortunatamente intervenne Shikamaru, con il controllo dell’ombra, che fermò la bionda prima che potesse attaccare, mentre Naruto si moltiplicò per battere gli uomini che gli erano venuti addosso. Nel frattempo, Yui, grazie alla protezione che Gaara le dava con la sabbia, fu in grado di buttare a terra Kaito con il solo uso delle arti mariziali, immobilizzandolo sotto di lei.
“Ancora una volta ti avvali della protezione di un uomo.” Commentò Yume, usando Kaito. “Non sei troppo diversa da me, che ironia.” Continuò ridendo.
“Io non ho niente a che vedere con te.” Rispose Yui, prendendo il kunai e puntandolo alla gola del ragazzo. Il suo fu un atto istintivo, ma qualcosa dentro di lei la spingeva a farlo.
Yume scoppiò a ridere. “Questo si che è inaspettato, pur di uccidermi, gli faresti del male?” Ma, contrariamente a quello che l’avversaria si aspettava, Yui portò il kunai sul collo della maglia, tagliandola scoprendone il petto. Non era felice nel vederne sopra il segno maledetto, ma almeno le confermava le sue teorie. La cosa strana è che era lo stesso segno che aveva avuto anche Rikuto, seppur con sintomi diversi, quando Kitanai lo usò come esca per avvicinarsi e colpirla. Non poteva essere una coincidenza che entrambi i fratelli avessero sul loro corpo lo stesso segno maledetto. Poco dopo, la sabbia di Gaara avvolse gli arti del giovane, in modo da immobilizzarlo.
“Si può sapere che stai facendo? Non possiamo perdere tempo con gli ostaggi” Gridò Gaara, venerdole incontro. La ragazza lo studiò: non aveva un graffio e nemmeno un granello di sporco sui suoi abiti, era come se tutto quello che stava succedendo per lui fosse solo una passeggiata. Come diavolo faceva? Si chiedeva mentre guardava tutte quelle persone immobilizzate con la sabbia, lei a differenza sua era stanca e si era occupata solo di una persona. Se solo potesse usare la sua abilità innata…
“Si Yui, se perdi tempo con me loro moriranno.” Commentò Yume, ancora ferma. Fu in quel istante che la ragazza notò che Hidan si stava preparando per il rituale, disegnado con il suo sangue il simbolo di Jashin, mentre i due ninja della foglia erano impegnati a fermare gli attacchi di Temari e degli ostaggi. Il suo fu un gesto istintivo, prima che l’uomo potesse iniziare ad attaccare, a preparativi ormai completati assieme alla trasformazione, la ragazza estrasse dal proprio corpo la Coda di Drago, conficcandola nel terreno, per poi usare il proprio chakra per allungare e controllare la lama, facendola arrivare fino ai piedi di Hidan. L’uomo schivò tranquillamente l’attacco, ma grugnì di rabbia nel vedere il simbolo distrutto.
Ormai non si torna più indietro. Pensò tristemente, ma allo stesso tempo si sentii più leggera e libera. Era incredula di aver buttato all’aria, senza battito di ciglio, quella raccomandazione che anni le era stata fatta.
“Yui attenta!” Urlò Kaito, questa volta con la sua vera voce e con l’aria di chi stava soffrendo le pene dell’inferno. Fu un attimo, ma poco dopo il suo sguardo ritornò viscido e divertito della scena. “Ma tu guarda, sei finalemente uscita dalla tua gabbia.” Disse prima che tutto, intorno alla ragazza, divenne nebbioso.
“Ma che diavolo…” Commentò Gaara. La scena che aveva assistito era stata troppo veloce: prima Yui che estrae dal suo corpo una spada, poi il suo attacco verso Hidan… per poi svenire sotto le risate di Kaito, ancora sotto possessione, non appena la ragazza si voltò alle sue spalle.
“E’ fortunata quella mocciosa, se non fosse chiesta dal nobile Jashin l’avrei uccisa per aver interrotto il rituale.” Commentò Hidan. “Ma non posso lamentarmi troppo, finchè abbiamo questa donna ti ho in pugno.” Aggiunse avvicinandosi a Temari. Ridisegnò il simbolo, trasformandosi ma in quel momento puntò l’arma verso la ragazza, mentre lei non batteva ciglio. Un chiaro segno che bastava un passo falso ai presenti e lei sarebbe morta. In quel momento Gaara si accorse che tutti gli ostaggi smisero di lottare contro la sua sabbia per liberarsi, come se avessero perso le forze, e la stessa cosa successe anche a Kaito che svenne. Poco dopo Yui si alzò, ma il suo atteggiamento era completamente diverso, era di dir poco disgustata.
“Che schifo, avverto delle tracce della possessione di Kitanai. E meno male che lui diceva che non riusciva più ad avvertirla, che dilettante. Con una sola goccia del mio chackra io avverto i miei schiavi a qualsiasi distanza.” Aggiunse mentre si tastava il corpo, con un attenzione quasi manicale. “Un fiore in procinto di sbocciare, ma lameno il suo chakra è potente.” Disse alla fine, con fare di chi si doveva accontare,
Gaara subito le si avvicinò, ma la ragazza fece uscire dalla sua mano un kunai e se lo puntò in gola. “Oh non ci provare, sta volta non potrai salvare la tua bella.”
“Muoviti ad imporle il sigillo, così possiamo finire questa buffonata.” Imprecò ancora Hidan interrompedola, guardando divertito l’espressione crucciata di Shikamaru. “Cos’è? Non hai preparato buche a questo giro?”
“Guarda che ci vuole tempo, anche perché è più difficile quando sono dentro la persona che deve subire la maledizione…” Rispose la donna, per poi guardare attentamente la situazione. “… ma ora che ho fatto quello che dovevo, divertiti. Se ci riesci.” Commentò Yui, mentre guardava scocciata il compagno di squadra.
Hidan rise e subito puntò alzò la falce verso la ragazza, pronto a ucciderla. Non vedeva l’ora di torturare il ragazzo uccidendo ciò che gli era più caro, come il suo caro maestro. Ma prima che la lama potesse ferire, il suo corpò si fermò. L’uomo guardò i suoi piedi, vedendo che la sua ombra era collegata a quella del Nara. “La sete di vendetta ti ha reso ancora più stupido.” Comentò il ragazzo.
“Concordo…” Aggiunse Yui sbuffando delusa. “Potete smembrarlo in fretta per favore? Ah, già che ci siete potete tagliargli la lingua? Inutile dire che è piuttosto chiassoso.” Continuò, continuando a fare segno agli avversari di non avvicinarsi a lei.
“Maledetta, tu te ne eri accorta e sei rimasta lì impalata?” Imprecò Hidan, sotto lo sguardo shoccato degli avversari. Era come se tutto quello che era successo era solo una macchinazione della donna. “Farti fregare in quel modo, hai bruciato la tua ultima possibilità di perdono, Hidan.” In effetti Yume stava adempiendo a tutti gli ordini che aveva ricevuto: organizzare un enorme rituale con un gran numero di vittime, prendere la Kinzoku e liberarsi di Hidan, definito eretico dal Sommo per essersi allontanato dagli insegnamenti del Sommo Yashin per seguire la via della vendetta. Se smetti di amare Yashin, Yashin ti condanna a morte. Aveva architettato tutto fin nei minimi particolari, anche abbindolare Hidan con il sesso… gli uomini per lei erano tutti uguali, per questo si era unita al Dio che tanto amava, sposandolo.  “Ormai sei solo un peso per noi.” Comentò alla fine la donna. “Che i tuoi peccati vengano assolti con il rituale.” Concluse mentre in un istante fece dei segni, illumnando l’intera area e rivelando un sibolo di Yashin che era stato occultato con una tecnica illusoria, assieme a dei fili di chakra che univano ogni essere vivente al terreno maledetto.
“Prima che mi facciate domande: la stavate tirando troppo per le lunghe e si, siete stati tutti quanti delle mie marionette. Credevate di agire secondo la vostra volontà ma, come aveva detto il vostro eroe biondo, eravate nella mia ragnatela avete fatto esattamente quello che volevo io, ma non vi eravate resi conto di non combattere al massivo delle vostre possibilità?” Chiese, dando ai presenti degli idioti.
I fili tirarono tutti i presenti, ad eccezione di Yui, legati al terreno, mentre la ragazza si mise davanti a Gaara. “Tu in particolare mi hai fatto tenerezza: desideravi questa ragazza così tanto, e morirai senza nemmeno sfiorarla.” Commentò ridendo, per poi afferrargli il volto e baciarlo. “Ti dovrai accontentare di questo, di un falso.” Aggiunse per poi allontanarsi e fare dei segni che fecero apparire una sorta di altare. Dopo di chè, sfruttò i fili che legavano i presenti per prosciugarli lentamente del loro chakra.
Ci furono attimi di silenzio, come se la donna si stesse concentrando all’interno del corpo della Kizoku. “Ti devo ringraziare Yui, avevo sempre voluto farlo.” Disse alla fine, soddisfatta, per poi creare con il uo corpo una moltitudine di lame che, una volta create, fluttuavano puntavano a tutti i presenti. Una tecnica di creazione e controllo delle armi, che Yui conosceva bene e che usava per controllare la coda del Drago, ma non aveva abbastanza chakra per fare un armamentario di quella portata. “Questo sarà il tuo rito di iniziazione, con questo sacrificio Jashin ti accoglierà nelle sue grazie.” Ma in quel momento avvertii un forte dolore nella sua testa, urlando di dolore. “Maledetto, questo non me l’aspettavo…” Disse a fatica, con il respiro affannato. “Anche tu avevi previsto gli eventi fino a questo punto.”
Subito Naruto, Gaara e Shikamaru avvertirono che la presa dei fili di chakra si faceva molto più debole. “E bravo il mio Ken, mi hai fatto scacco anche da morto.” Commentò alla fine Yume, prima di perdere il controllo del corpo di Yui.
 
Quando Yui riaprii gli occhi, si accorse di essere a casa sua, nel suo letto. “Yui dai muoviti, la colazione è pronta!” Subito urlò Ken, dal piano di sotto. Ma che cosa stava succedendo… un sogno… no, era più un incubo… ma non se lo ricordava bene. Si alzò con fatica, come se avesse dormito per secoli, per poi scendere in cucina. Trovò Ken, e quasi istintivamente non le venne da piangere. Era strano, era come se avesse desiderato con tutto il suo cuore di rivederlo un’altima volta. Corpuratura muscolosa e alta, pelle diafana, i capelli castano scuri e arruffati, segno di essersi alnche lui alzato da poco e i suoi occhi color cenere, che ora in quel momento la stavano scrutando. “Ma stai dormendo in piedi?” Le chiese scherzoso, avvicinandosi a lei. “Sveglia!” Le disse con un tono più alto, dandole un pugno sulla sua testa.
“Hey!” Protestò subito la ragazza. “Fai male!” Aggiunse massaggiandosi la parte lesa del cranio, causando la risata del fratello. Non le sembrava vero, non riusciva a capire questa sensazione di incredulità che sentiva nel suo cuore. I due si sedettero a tavola, bisticciando come al loro solito mentre consumavano la colazione. “Ah già, per il cibo di oggi e di domani ti devi arrangiare.” Commentò Ken. “Vedi di non far esplodere la casa.”
“Un’altra missione?” Chiese Yui pensierosa. “Certo che ultimamente te ne stanno dando tante…” Aggiunse un pizzico d’invidia, desiderosa di accompagnarlo e di vedere il mondo al di fuori del Villaggio.
“E’ perché sono il migliore, no? Dopotutto è grazie ai geni di famiglia.” Rispose con orgoglio, facendo scoppiare una leggera risata alla sorella. Il ragazzo guardò Yui con un malinconico sorriso, per poi distogliere lo sguardo.
“La mamma si sarebbe già preoccupata a morte per te.” Disse Yui, togliendo le parole di bocca a Ken. Era consapevole chefosse la versione più giovane di sua madre, e che Ken a volte la osservava come se stesse osservando un fantasma. Sapeva che quella somiglianza a volte lo feriva, tormentato dal senso di colpa di non aver salvato i loro genitori, dimenticandosi di averla salvata.
“Mi hai proprio letto nel pensiero.” Commentò tristemente Ken, mentre metteva via i piatti nel lavandino. “Comunque non dovresti andare a lavoro? Hai un mucchio di armi da riparare, e lo avresti dovuto fare ieri!”
Da quella frase Yui scattò come un grillo in camera sua, a per potersi cambiare e prendere il necessario per il negozio. Le era proprio passato di mente tutto quel lavoro arretrato. Si vestì più velocemente che poteva, raccogliendo anche il metallo di riserva per poterlo assorbire, nel caso esaurisse le sue forze prima del dovuto, ma si accorse di non trovare più il rotolo contenente la lista delle armi da riparare.
“Accidenti…” Istintivamente le venne da chiamare il fratello, nel caso lui lo avesse spostato, ma qualcosa la spinse a non pronunciar suono, come se le stessero suggerendo di andare da sola. Entrò nella camera del fratello, dopotutto non era la prima volta che i due confodessero le loro cose e cominciò a cercare il rotolo. Fu lì che, aprendo un cassetto, ne trovò un cassetto pieno. Istintivamente si fermò per qualche istante, rapita con lo sguardo da uno in particolare.
“Yui tutto bene?” Sentii leggermente udire, ma ormai era come se fosse all’interno di una bolla d’acqua e quindi il suono pareva lontano e distorto. La ragazza prese il rotolo e lo esaminò: era vuoto, uno di quelli che Ken teneva quando doveva scrivere messaggi o per annotare qualcosa; ma non staccò gli occhi da quella carta bianca che aveva tra le sue mani, come se stesse cercando qualcosa. Le sembrava inspiegabilmente anormale che proprio quel rotolo fosse bianco.
Yui non dovresti stare qui. Sentii all’improvviso nella sua testa. Si voltò di scatto, pensando di trovare Ken alle sue spalle, ma niente. Svegliati. Continuò a riecheggiare.
“Yui che stai facendo qui?” Commentò Ken non appena entrò nella stanza, perplesso.
“Oh!” disse come se fosse appena ritornata alla realtà. “Scusami, cercavo la lista delle armi da riparare, l’hai per caso vista?” Le girava leggermente la testa, come se il mondo intorno a lei avesse un contorno… sfumato.
“E lo stavi cercando in un rotolo bianco?” Le disse scherzoso.
“Lo so… è solo che…” Rispose confusa, come se ci fosse qualcosa di storto. “… non ci avevi scritto qualcosa? Tipo un codice?” Chiese senza quasi rendersene conto del’importanza della sua domanda.
“Qualcuno sta ancora dormendo, dai mettilo via e va a lavorare, pigrona.” Commentò Ken, avvicinandosi per toglierle il rotolo. “Altrimenti poi chi lo sente il Kazekage, se non ripari il ventaglio della sorella”
Nell’udire quelle parole, subito Yui si allontanò di scatto, mettendosi le mani in testa, come se stesse per impazzire. “Cosa hai detto?” Chiese flebilmente. Non ricordava di aver nessun ventaglio in riparazione, e nemmeno di avere affari con suna o col Kazekage in persona… e allora perché la sua mente visualizzava il suo volto chiaramente? Perché ricordava alla perfezione tutti i suoi sguardi smeraldini, il suo volto impassibile e i suoi capelli cremisi?
“Non è reale…” Commentò fra sé e sé, per poi guardare addolorata il fratello. “Non sei reale…”
“Ho detto qualcosa che non dovevo dire, mi sa” Rispose il ragazzo, a con una voce distorta.
E’ molto più forte di quello che sembra, Yume. Parlò di nuovo la voce nella sua testa. Stà alla larga da lei. Continuò, finchè non divenne tutto bianco, accecando la ragazza.
Quando riaprii gli occhi, Yui si ritrovò in un mondo dorato, caldo e confortante, e davanti a sé Ken, ma questa volta quello vero… ne avvertiva il forte legame di chacra che aveva dentro di sé. “Yui…” Disse il ragazzo sollevato, stringendo forte tra le sue braccia la sorella, ricambiato, causandole la caduta di qualche silenziosa lacrima nate da un sentimento misto di gioia e di dolore. “Non hai nemmeno idea di quanto tu mi sia mancato…” Riuscì solo a dire la ragazza.
“Posso immaginarlo…” Le rispose dolcemente, per poi allontanarla leggermente, per poterle vedere il viso. “Sono fiero di te, sappilo.” Disse senza alcun dubbio. Finalmente l’aveva rivista e sembrava molto più maturata, anche se era visibilmente segnata dagli ultimi eventi che le erano capitati, del resto era quella la via del ninja.
“Come fai ad essere qui?” Chiese la ragazza.
“E’ una lunga storia, ma non abbiamo il tempo, il mio chakra si sta per esaurire e tu ancora non sei completamente libera.” Rispose determinato, mettendo una mano sul petto della ragazza.
“Aspetta!” Disse la ragazza implorante, allontanandosi dalla mano. “Non ho nessuna intenzione di lasciarti fare senza una spiegazione. Niente più misteri, niente più enigmi da risolvere, dimmi la verità.” Il ragazzo sospirò ma non la biasimò, del resto aveva tutto il diritto di sapere. Rimase per qualche istante ad osservarla, studiando la situazione e il da farsi… non voleva farlo ma per la prima volta non riuscii a desistere dallo sguardo determianto della ragazza. “Fino a che punto sai?” Chiese alla fine, arrendendosi alla nuova forza di volontà che la sorella aveva maturato.
“Abbastanza da aver capito che abbiamo un traditore che ha rivelato le informazioni segrete del nostro Villaggio, e comincio a sospettare che tu sappia molto di più di quello che vuoi far pensare.” Rispose, riportando alla mente quello che era sucesso nel mondo fasullo, dove Ken ha chiamato Yume per nome.
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche istante, per poi sospirare. Fu così che allora mise la sua mano sulla testa della ragazza, accarezzandola, per poi fermala in una presa salda. “Sappi che non ti piacerà.” Disse all’inizio, per poi guardarla malinconico. “Te la racconterei volentieri ma, come ti ho già detto: non abbiamo tempo. Mi dispiace solo che dovrai subire questo shock.”
“Lo hai detto tu: sono più forte di quello che sembro.” Rispose pronta la ragazza, con un tono d’inquietudine nel vedere il fratello così serio.
“Una volta averti dato i miei ricordi, userò tutto il chakra che mi rimane per aiutarti a liberarti dalla possessione, ma devi fare tu il grosso del lavoro.” Rispose il ragazzo. “Il mio chackra più che altro serviva ad aiutarti a riprendere coscienza nel caso fossi finita in questo genere di situazione.”
“E’ tutto chiaro.” Rispose pronta la ragazza. “Anche se non voglio perderti di nuovo…” Aggiunse avvicinadosi al fratello, abbracciandolo di nuovo. Il ragazzo non molò la presa sulla sua testa, ma spostò la mano dietro la nuca e poi ricambiare l’abbraccio. “Non mi perderai, sarò sempre nell’unico posto dove tu puoi raggiungermi, nel tuo cuore.”
“Vorrei farti così tante domande…” Continuò la ragazza.
“Mi dispiace, se avessi potuto avrei messo molto più chakra nel rotolo che ti ho lasciato.” Rispose. “Miraccomando non cacciarti nei guai.” Disse alla fine, per poi usare tutto il suo chakra sia per impiantare i suoi ricordi in Yui e sia per spingerla a liberarsi dalla possessione totale. “Non te lo posso garanti…” Rispose ma si paralizzò, con sè una moltitudine d’immagini stessero cercando di entrare con prepotenza nella sua mente. Poi, l’unica cosa che le venne istintivo fare fù ribellarsi, con tutte le sue forze, avvertendo un chakra che cercava di contenerla dal mondo esterno.
Non appena riprese conoscenza, si accorse di essere in piedi e circondata da persone che avevano perso i sensi, o quasi tutte. Alla prima occhiata vide i suoi compagni di squadra a terra, ma vivi, coscienti e soprattutto illesi. Erano solo privi di forze. Subito la sua attenzione si spostò subito sulla marea di fili di chakra che uscivano dal terreno tenendo tutti legati. Solo una persona, al di fuori di lei, non era legata. Una donna priva di coscienza, bella e prosperosa, con lunghi capelli violacei, pelle perfetta che sembrava di porcellana e con addosso dei umili vestiti. La ragazza si fiondò subito, facendo uscire dalle sue mani delle lame, conficcò nelle braccia della donna, immobilizzandola. Ironicamente, era la prima volta che avvertva che le sue lame avessero trafitto anche le ossa, e questo la fece deglutire e tenere un respiro leggermente affannato.
Il dolore fu tale da destare in un istante la donna dal riposo, urlando di dolore e spalancando i suoi occhi neri. “Maledizione…” Commentò alla fine, dolorante ma allo stesso tempo estasiata. A Yui non parve strana quella reazione, dopotutto i seguaci di Jashin erano tutti dei sadici ma anche masochisti, visto che svolgevano i rituali provocando ferite mortali alle vittime su sé stessi, avvalendosi della loro condizione di apparente immortalità. “Mi hai trovata.” Aggiunse alla fine, per poi osservare il volto della ragazza rimanendone sorpresa.
“Fammi indovinare…” Cominciò a dire Yui mentre creava un’altra lama. “… stai pensando che sono cambiata.” Continuò per poi avvicinare la lama sulla gola, creando un lievissimo taglio sulla pelle, dimostrazione che era molto affilata.
“Non tanto in verità, ma hai finalmente lo stesso sguardo di tuo fratello, quello sguardo di chi ha compreso appieno la realtà dei fatti ma ancora non si vuole arrendere.” Rispose la donna.
“Ci avete fruttato senza pietà per troppo tempo, e pure da morti non date pace alla gente del mio Villaggio.” Rispose determinata Yui, senza nascondere la sua sete di sangue e vendetta, abbandonando per sempre quella ragazza timorosa di agire completamente e solamente secondo il suo libero arbitrio. “Ma prima le cose importanti, del resto vai pazza per i patti, no?” Concluse premendo ancora più la lama nel collo, che man mano trafiggeva lentamente la carne della donna.
“Non posso morire, dovresti saperlo bene.” Rispose sicura la donna, mostrando un’espressione maligna. Questo però non mosse di un millimetro la ragazza, cosa che fece preoccupare Yume perché, al contrario, la Kinzoku abbozzò un sorriso, un sorriso di una persona che la stava giudicando patetica.
“Hai davvero un aspetto maglifico sai…” Cominciò Yui a dire, minacciosa, osservando il corpo della donna. “Una pelle piacevole al tatto, morbida ma, soprattutto, senza alcuna imperfezione.” All’ultima affermazione Yume, per la prima volta dopo molti anni, avvertii dei brividi in tutto il suo corpo, in preda alla paura. “Chissà che razza di cicatrici verrebbero fuori se ti facessi letteralmente a pezzi.”
Istintivamente a Yume vennero in mente le cicatrici mostruose che aveva Hidan. Solitamente lo guariscono completamente da ogni ferita, senza lasciare alcun segno, ma non si poteva dire la stessa cosa se un arto, la testa o un pezzo del loro corpo veniva completamente separato… “No…” Fu solo capace di dire.
“Allora libera tutti gli ostaggi e i miei compagni, e parlo anche del segno maledetto.” Disse alla fine Yui. “Se lo farai, non ti farò a pezzi…” Aggiunse per poi prendere le due lame infinzate nelle braccia e conficcarle alle spalle, mentre la terza dritto al cuore. “Questo è giusto per dirti di non fare mosse strane.”
Yume non battè ciglio, e subito prese fece con le mani, incapace di fermare il tremolio, dei segni che liberò tutti dai fili di chakra. “Contenta ora?” Le chiese alla fine.
“No, perché è stato troppo facile.” Rispose per poi creare un’altra lama e infilzarla sulla sua fronte. La lama era talmente fine e affilata che non provocò rotture, ma solo il teglio che trapassò la testa, facendo urlare di dolore la donna che avvertiva il corpo estrsneo nel suo cervello. Era lancinante. “Devo prima assicurarmi che tu abbia davvero liberato tutti.” Aggiunse per poi evocare un’altra lama, puntandola sulla gola della donna.
“Ferma! Così vieni meno all’accordo, ho fatto quello che mi hai chiesto, lo giuro!” Le urlò pregandola.
“Ti sbagli, ti ho solo promesso che non ti avrei fatto a pezzi, ma questo non mi impedisce di decapitarti per renderti inoffensiva.” Rispose rancorosa e dura, cercando di mantenere la sua recita. Non le piaceva quello che stava facendo, ma il suo nuovo odio e rancore nei confronti di quella donna e di ciò che rappresentava era tale da rendere sopportabile quella situazione. In quel istante, Hidan colpì Yui alle spalle con la sua falce, facendo uscire le lame dal suo addome. L’uomo fece un sorriso vittorioso, per quanto fosse sfinito, e premeditava di eliminare anche Yume, che lo aveva tradito. C’era da dire che la ragazzina gli aveva suggerito un’idea niente male, ovvero fare a pezzi Yume. Già assaporava il momento che la sua falce avrebbe tagliato le carni della donna, ma si accorse che qualcosa non andava. La falce non usciva dal corpo della ragazza, anzi il metallo si stava scioiendo in lei, come se venisse prima liquefatto e poi assorbito. Fu così che l’uomo di ritrovò con la falca praticamente inutilizzabile e la sua avversaria illesa, fatta ad esclusione dei suoi vestiti tagliati e sporchi di sangue. Le sue ferite si erano rimarginate.
“Dovevi colpirmi in un punto vitale.” Rispose freddamente la ragazza, mentre faceva uscire dal suo corpo la coda di drago, alzandosi, per poi puntarla verso l’uomo. Hidan comunque non si perse di animo, la vendetta ormai era il suo unico obbiettivo, aveva deciso: prima di far fuori il Nara, doveva prima far fuori Yume e quella ragazza che si stava prenendo gioco di lui, al diavolo gli ordini. Basta così.
In quell’istante Gaara, con quel poco di chakra che gli era rimasto, avvolse Hidan in un bozzolo di sabbia, per poi sigillarlo, mentre Shikamaru e Naruto si misero davanti a Yui, in cerca di chi aveva appena parlato. Saltò subito all’occhio dei ninja una figura incappucciata, che lentamente si stava avvicinando verso Yume. In un istante fece dei segni e dalla terra sbucarono delle creature che circondarono il gruppo di ninja.
Bastò un attimo di urla da parte della donna, e sia la figura ce Yume sparirono, lasciando solo le lame e una pozza di sangue. Poco dopo la figura, con in braccio Yume, riapparve alle spalle di Yui. “Per questa volta ti lascio andare, consideralo un premio per la freddezza e sete di sangue che sei riuscita a dimostrare, ma hai ancora molta strada da fare… sei troppo umana.” Disse la figura per poi svnire prima che Yui si voltasse.
Il senso di minaccia sparì dall’area, e la Kinzoku avvertii solo un forte senso di stanchezza, il suo e quello dei suoi compagni. Avevano ancora molto lavoro da fare, come prestare soccorso ai feriti e controllare che nessuno avesse adosso segni maledetti o qualsiasi altra cosa, ma voleva ritornare a Suna il più presto possibile, doveva parlare con tutti i kage e mettere finalemente il mondo dei ninja al corrente della situazione che si stava andando a creare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Angolo dell'autrice:

Buonsalve a tutti.
Se qualcuno ancora sta leggendo questa storia apparentemente abbandonata, sappiate che avete tutta la mia gratitudine. In questi mesi sono stata a rileggermi la storia e a capire dove andare a parare. A distanza di un anno, da quando ho iniziato a scrivere questa storia, mi sono resa conto che sono andata ritmi troppo lenti in alcuni punti, peccavo di dinamicità degli eventi. Quindi sono state a riscrivere gli eventi futuri che avevo in mente, in modo che la lettura fosse sempre e costantemente dinamica e interessante sia nelle scene ma anche nei personaggi.
Quindi ho inserito, anzi anticipato, un evento che avrebbe cambiato Yui, in modo da farla agire di più e tergiversare di meno. Questo causerà un effetto a catena che portare l'intero contesto a essere più movimentato e meno statico, a differenza dei precedenti capitoli. Voglio scrivere una bella storia, ma non voglio che il lettore sia appesantito da eccessivi drammi psicologici di persone che alla fine in un tot di capitoli non hanno combinato nulla. Non perderò il tocco di traccia e studio psicologico dei personaggi, come anche le loro emozioni, ma nei precedenti capitoli mi sembrava che a volte mi fossi troppo soffermata su quello e non sugli eventi che portavano la trama avanti.

Detto questo io vi ringrazio di cuore, spero di non avervi deluso con questo lungo (davvero lungo) capitolo.
Alexia.

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Capitolo 15
*** Verità ***


Capitolo 14: Verità
 
Correva, correva disperatamente allo scopo di allontanare i nemici. Ma da che cosa? Non ne aveva la minima idea ma doveva correre. Per qualche motivo, nonostante la situazione di pericolo, Yui non ebbe paura nemmeno per un secondo, sicura di star facendo la cosa giusta. Venne circondata ma non si sorprese, nonostante non capisse in che situazione si trovasse, e poco dopo venne uccisa dai nemici incappucciati… un attimo prima di morire fu in grado di fare due cose: riconoscere gli assalitori, che in momento di sadicità si rivelarono a lei, per poi chiedere mentalmente perdono mentre si assicurava che qualcuno fosse al sicuro.
Avvertendo un dolore allucinante, Yui si svegliò di soprassalto, sudata e con le lacrime pronte a scendere dai suoi occhi cremisi. Sentiva ancora dolore, soprattutto nel suo animo e nella sua testa, ma non aveva ferite. Dopotutto quello era solo un sogno, anzi un’immersione nei ricordi di Ken, per essere più precisa. Avere i ricordi della vita di Ken era una sfida che avrebbe reso chiunque poco sano di mente, tutti quei ricordi che si mescolavano ai suoi, le scene che venivano in mente come miraggi davanti ai suoi occhi, vedere delle scene ma viste in due punti di vista completamente diversi… tutte cose che avrebbero fatto perdere il senso della realtà, ma non a Yui. Per troppo tempo aveva avuto domande, e tutti quei ricordi confusi erano i tasselli che non aveva mai avuto per anni, per quanto non rispondessero a tutte le sue domande e dubbi.
Era passata una settimana dalla cattura di Hidan e la liberazione di Temari e, dopo essere stata visitata con estrema minoziosità, non aveva tracce di segni maledetti o di un chakra estraneo al suo, venne riportata alla villa del Kazekage, sotto ordine di quest’ultimo. Per quanto riguardava gli altri, da quello che sapeva, sia Kaito che Temari erano ancora in ospedale, dal momento che i loro corpi avevano manifestato segni di anemia, mentre Gaara, Naruto e Shikamaru si occuparono di neutralizzare Hidan e di informare gli altri Kage presenti. Yui da quel giorno non volle proferire parola, inizialmente voleva avvertire tutti della situazione ma, una volta calmata dallo scontro con Yume, si rese conto che il peso dei ricordi l’avevano messa in uno stato emotivo confusionario e le ci volle un po’ prima di cominciare a riordinare le idee. Non si aspettava ulteriore comprensione ma sorprendentemente Gaara, nel sentire la richiesta della ragazza di confessare tutto quello che sapeva in presenza di tutti i Kage, acconsentì permettendole di distinguere i ricordi e i fatti importanti vissuti sia da lei che da Ken.
Non riuscendo più a dormire, si alzò e andò in biglioteca, dove nel tragitto avvertiva su di sé occhi di ninja pronti ad ucciderla al primo passo falso, ma ciò che la mise in una situazione di disagio fu nel trovare Gaara in bliblioteca. Per qualche motivo la nuova prospettiva che aveva degli eventi le avevano dato nei confronti del ragazzo un senso di disagio, ma fece lo stesso un lieve inchino in segno di saluto, mentre il rosso la guardava senza proferir parola. Non lo vedeva da un paio di giorni ma era chiaro che fosse stanco e che non dormisse da giorni, ma anche lei del resto era in condizioni simili. “Vedo che non sono l’unica a non dormire.” Disse a bassa voce la ragazza.
“Vedo che anche questa notte hai ancora avuto gli incubi.” Disse invece Gaara, mettendo ancora più a disagio la ragazza. Ma era vero, da quando erano ritornati l’aveva tenuta costantemente d’occhio, e lo faceva ogni volta che lei si addormentava. “Dovresti provare a riposare, domani c’è il summit.”
“E’ proprio per questo che sono qui, è una storia difficile da raccontare, quindi volevo mettere tutto quello che sapevo per iscritto, in modo da non dimenticare particolari importanti.” Affermò la ragazza, ottenendo il silenzioso consenso del ragazzo, che con lo sguardo le indicò la scrivania, per poi sedersi sul divano. Yui subito si mise all’opera ma incontrò le prime difficoltà, le stesse che aveva da una settimana: tutti quei ricordi entravano in conflitto con i suoi.
“Tutto bene?” Chiese Gaara, ignorando il libro che aveva tra le mani, guardandola.
“E’ complicato” Rispose Yui sfrustata. Ci fu un attimo di silenzio ma poi il ragazzo decise di farsi avanti e parlare.
“Se qualcosa ti turba, sei libera di parlarmene. Non siamo estranei.” Commentò freddamente. Quella frase provocò un senso di dejavù a Yui, ricordandosi quando lei lo rimproverava quando aveva la testa fra le nuvole. Sono tua sorella, non un’estranea, quindi sputa il rospo! A quel ricordo le provocò un triste sorriso, rendendosi conto che le sembrava di rivivere un ricordo ma dal punto di vista di Ken, e quindi ascoltò il suo istinto e si lasciò andare.
“Che sono turbata è dire poco, è che solo adesso mi rendo pienamente conto che io fino ad oggi ero sia cieca che sorda. Se mi fossi resa conto prima, probabilmente tutto questo non sarebbe accaduto.”
“Ti stai incolpando?” Chiese cautamente Gaara.
“In parte, ma del resto quando il tutto era iniziato ero una bambina, quindi ho solo fatto quello che altri avevano progettato per me.” Rispose, mentre cominciava a scrivere gli eventi delle condizioni del suo villaggio da quando sua madre era morta.
“Abbiamo sempre avuto una talpa e mio fratello per anni aveva silenziosamente dato la caccia, inutilmente perché chi vendeva le informazioni era anche esso una vittima.” Continuò Yui, continuando a scrivere, come se parlare del suo rammarico ad alta voce l’aiutasse a focalizzarsi su scrivere le cose importanti.
“Stai parlando di Yume?” Continuò Gaara, ricordandosi con quale atteggiamento pieno d’odio l’aveva attaccata.
“Una come lei era perfettamente capace di sciogliere qualsiasi arte che comportasse la cancellazione dei ricordi, oltre a creare dei suoi schiavi, che nemmeno si rendevano conto di quello che stava facendo.” Continuò Yui. “Si era perfettamente infiltrata negli ultimi anni, e solo mio fratello se ne era reso conto.” Le apparve vivido come non mai il primo incontro tra Yume e Ken, dove la donna provava a sedurlo per poterlo far diventare suo, un tentativo fallito ma che diede inizio una sorta di guerra strategica tra i due… il problema era che la donna aveva tra le mani troppe pedine per permettere al ragazzo di agire apertamente. Continuò a scrivere, lasciandosi trasportare dal fiume di ricordi che si facevano sempre più chiari, per poi sentire una mano calda sulla sua spalla che subito la risvegliò dal quello stato di trance. Non si era minimamente accorta che Gaara l’aveva più volte chiamata e che si era avvicinato a lei, era troppo presa dalla rabbia. Si guardarono negli occhi in silenzio, dando alla ragazza di nuovo la calma, per poi spostare lo sguardo nel foglio, rendendosi conto si di aver scritto qualcosa, ma in una calligrafia e in un rodine che più si leggeva e più era difficilmente comprensibile. Yui sospirò, accorgendosi che aveva ancora la mano del ragazzo sulla spalla.
“Ancora mi chiedo perché mi tratti con così tanti riguardi. Dopotutto ho mentito per molto tempo.” Continuò la ragazza, liberandosi del contatto.
“Penso che tu sia un ninja fedele al suo credo, oltre ad avermi insegnato molte cose su come esser un miglior Kage.” Commentò il ragazzo, decidendo di lasciare la ragazza da sola, ora che vedeva che il suo sguardo finalmente non era vuoto, come quando era entrata in biblioteca.
“Ovvero di leggere subito le informazioni dai sospettati?” Chiese la ragazza.
“Non sei mai stata una minaccia per Suna.” Le rispose prima di uscire dalla stanza. Lui non aveva mai avvertito un senso di minaccia da parte della ragazza, a differenza di Kaito, ma se c’era una cosa che Yui gli aveva fatto capire era che era ancora ben lontano nel raggiungere Naruto per quanto riguardava ispirare fiducia alla gente, persone come lei che erano sull’orlo delle disperazione. Stranamente non ne rimase male, del resto era sempre alla ricerca di migliorarsi come ninja, capo ma soprattutto come uomo.
 
La mattina seguente i cinque Kage, assieme a Mifune come rappresentante delle nazioni minori, erano tutti seduti in cerchio, assieme alle loro guardie del corpo, intorno a Yui. La ragazza stava in piedi, in attesa di essere interpellata, per poi essere raggiunta e affiancata da Kaito, con sua sorpresa. Non ti preoccupare, sto abbastanza bene da sopportare un noioso interrogatorio. Comunicò mentalmente il ragazzo. Credevo che ti avesse estratto i ricordi. Rispose la ragazza. Lo hanno fatto. Mi hanno portato qui solo per studiarmi ancora un poco.
“Voi due avrete il tempo di parlarvi fuori da questa sede, se vi riterrereno innnocenti.” Intervenne subito quello che doveva essere lo Raikage, con fare molto infastidito. “Ancora non ci credo che dobbiamo stare qui a discutere di questa faccenda, quando si poteva benissimo evitare.”
“A, credevo che tutti avessimo imparato la lezione che ci ha dato la guerra ninja.” Intervenne l’Hokage, Kakashi.
“Se mi posso intromettere, non lo biasimo per il suo modo di pensare. Ma potete forse condannarmi di aver mantenuto il mio dovere di ninja per aver protetto fino all’ultimo i segreti del mio Villaggio?” Commentò Yui, avvertendò sempre di più su di sé l’ira del Raikage.
“Certo che questa fanciulla è tanto graziosa quanto coraggiosa nel non essere intomorita dal tuo chakra.” Commentò la Mizukage, sorridendo ma con uno sguardo scrutatore sia verso Yui che verso A. L’uomo era sul punto di rispondere ma venne subito zittito da Mifune.
“Non credo che siamo qui per giudicare la morale ninja dei presenti. Kinzoku no Yui, sei stata convocata, assieme a Kaito Noburo, per fornirci prove sulla tua innocenza di fronte all’accusa di tradimento nei confronti dell’Alleanza Ninja.” Parole fredde e dirette, che determinavano la situazione attuale dei due ragazzi, che potevano portarli alla condanna a morte se avessero giocato male le loro carte. Inoltre, chiaamndola per con il suo nome completo, le aveva risparmiato il supplizio di spiegare su come fosse l’ultima del suo clan… de resto la manifestazione della sua bilità era una chiara confessione. La ragazza rimase calma e sicura di sé, tirando fuori la sua lettera, che durante la notte aveva ripetutamente scritto, e porgendolo proprio a Mifune, in quanto rapresentasse anche il Villaggio degli artigiani, per quanto fosse distrutto.
“Questa è una mia dichiarazione scritta degli eventi, nel caso in cui durante l’interrogatorio venissero sottovalutati informazioni importanti.” Commentò la ragazza rimettendosi al suo posto.
“Allora possiamo iniziare.” Rispose mifune mentre esaminava la busta contente i fogli, pronto a trovare dei punti poco chiari e contradittori nella testimonianza vocale della ragazza. “Sembra parecchio dettagliato” Commentò. “Come hai avuto queste informazioni?”
“Sono frutto di ricerche che fece mio fratello, che poi mi passò i suoi ricordi durante l’ultima battaglia con il rimasuglio di chakra che avevo con me.”
“E come mai avresti queste informazioni solo adesso?” Chiese Onoki, rimasto in silenzio fin troppo a lungo.
“Perché non ero pronta a sopportare la verità quando il Villaggio venne distrutto.” Rispose dopo un attimo di esitazione, ricordando quanto senso di colpa avesse avuto suo fratello quando stava preparando quel rotolo, la notte dello sterminio.
“E quale sarebbe questa verità?” Chiese ancora l’uomo, studiando il senso di difficoltà che aveva la ragazza. Lei guardò per un attimo Kaito, insicura che anche lui lo sapesse o meno, per poi parlare. “Che per anni siamo stati in totale dipendenza dagli Tsukiyo…” Disse semplicemente. Non ti devi preoccupare per me. Le disse Kaito mentalmente, convincedola a dire le cose in maneira diretta. “… e che il Villaggio era stato distrutto da sé stesso, o forse è meglio dire che molti nostri compaesanei, sotto il controllo della nurkenin Yume, avevano sterminato le loro stesse famiglie per poi essere informatori e vittime sacrificali… provocando la catena di morti dove siamo tutti al corrente.”
A quella affermazione tutti rimasero inorriditi, alla notizia di un massacro simile a quello degli Uchiha, perfino Gaara non si aspettava una cosa del genere, nonostante Yui gli avesse dato qualche sospetto la sera precedente.
“Ne sei sicura?” Chiese Kakashi.
“Sto vivendo ogni notte la morte di mio fratello, che ha visto ciò che vi ho appena detto con i suoi occhi.” Rispose amareggiata Yui. In quel momento si fece avanti Kaito.
“So che avete già catalogato tutti i miei ricordi, ma vorrei ricordarvi lo scopo del gruppo nel compiere delle simili atrocità.”
Gaara, che al momento era l’unico che aveva letto il rapporto della lettura della mente, capì subito a cosa si stava riferendo. “In base ai dati che abbiamo raccolto da lui, durante il suo tempo di prigionia lo scopo degli Tsukiyo era quello di portare la ragazza, dalla loro parte, le avevano dato la caccia con il solo scopo di torturarla psicologicamente in modo da farle perdere la ragione e portarla dalla loro parte…” Venne però interrotto dal Raikage.
“Chi ci assicura che non siano menzogne per una futura trappola?” Chiese rabbioso.
“Secondo il rapporto dell’ultimo scontro…” Commentò Kakashi. “Non credo che siano menzogne, se non credete sui ricordi del ragazzo potete credere su Naruto, lui, senza sapere quasi nulla di tutto quello che stiamo discutendo adesso, era già arrivato a questa conclusione.”
“Concordo con Kakashi.” Intervenne Mei. “Nell’ultimo scontro il terzo membro era perfettamente in grado di prendere la ragazza, l’hanno lasciata libera di proposito.”
“Dobbiamo anche tener conto che stanno utilizzando come ostaggi persone legate a Yui.” Aggiunse Gaara. “E tutto questo solo perché vogliono il potere del clan Kinzoku dalla loro parte.”
Ci fu ancora silenzio per qualche istante, tutti a rimurginare su ciò che era accaduto da dopo lo sterminio. “Nel tuo resontonto hai sottolienato un sacco di eventi antecedenti allo sterminio vissuti da tuo fratello.” Commentò Mifune, decicedndo di aprire la questione antecendete agli eventi appena discussi.
La ragazza sospirò. “Purtroppo era una situazione dove non mi rendevo conto, ma sia Kaito che mio fratello avevano capito che c’era qualcosa che non andava nel sistema governativo del Villaggio. A portare allo sfruttamento della mia abilità altro non erano altri che gli Tsukiyo, attraverso le tecniche di controllo di Yume. Mio fratello scoprì che molte delle armi che vedevamo li prendevano gli Tsukiyo a prezzi bassissimi, in modo da portarmi a stancarmi di più e a mettere in ulteriore difficoltà economica il Villaggio, dal momento che avevano già allora un problema di rifornimento di metallo dalle miniere… Non so poi cosa hanno fatto con quelle armi, ma deduco che alcune le avranno tenute per loro mentre altre le avranno rivendute… vista la quantità di armi comuni che ho fabbricato, rispetto a quelle con caratteristiche speciali.”
“Non penso però che tutto questo fosse unicamente per far impazzire Yui, visto che poi hanno distutto il Villaggio…” Commentò Kaito, sempre facendo cautela a quello che dice.
“Effettivamente…” Rispose Onoki. “… per quanto quei tipi fossero ossessionati a fare atrocità, inginocchiare un intero villaggio economicamente solo per portare allo sfruttamento una ragazza, mi sembra insensato.”
“Forse volevano anche mettere mani sul mercato delle armi.” Ipotizzò A. “Ammesso che sia la verità”
“Se avete ancora dubbi potete leggermi la mente, a questo punto non fa più differenza.” Rispose Yui.
“Mi piace questa ragazza.” Commentò ancora la Mizukage, sottolineando come lei non si lasciasse intimorire e stesse tenendo testa all’intera faccenda. “Io penso invece che tra i loro obbiettivi ci fosse anche quello di distruggere il Villaggio, dopo averlo sfruttato assieme la ragazza. L’unica cosa che non comprendo è perché la vogliano conseziente nel loro culto, visti i loro metodi nei confronti delle altre vittime” Continuò, riferendosi in particolar modo alle tecniche di controllo che avevano subito entrambi i ragazzi.
“Nella lettera ci sono tutti gli avvenimenti dei quali oggi sia a conoscenza su questo punto.” Commentò la ragazza.
Dopo altri pochi minuti di discussione, i due vennero congedati a accompagnati in una sala di attesa sorvegliata. “Certo che non pensavo che saresti stata così razionale.” Comentò Kaito.
“Fortunatamente ho avuto tempo per immagazinnare il tutto” E qualcuno che mi ha guidata emotivamente pensò fra sé e sé… ancora non ci credeva che era bastato quel piccolo colloquio col Kazekage per superare il suo ostacolo emotivo e finalmente agire. Forse le serviva solo qualcuno che le ispirasse calma.
“E’ la prima volta che ti vedo così tanto risoluta.” Continuò il ragazzo, ottenendo come risposta uno sguardo perplesso. “Non pensare male, non è una cosa negativa. Ma fa comunque strano, di solito eri così istintiva, ma ora sei…”
“… L’esatta copia di mio fratello?” Lo interruppe, sapendo bene a che cosa si riferisse, del resto quei ricordi l’avevano influenzata anche come persona.
“Se prendi il vizio di interrompermi a metà, sì, diventerai la sua copia esatta.” Rispose dandole un colpo sul braccio. Non le fece male, anzi quel gesto portò i due a ridere.
“Sei sempre così permaloso.” Commentò la ragazza. “Ti ricordi quando sia io che Rikuto ti avevamo lasciato solo con quella ragazza al festival di fine anno?”
“Io mi ricordo che tu e Rikuto avevate in mente di accasarmi senza nemmeno consultarmi” Rispose permaloso, per poi guardare malinconico la ragazza.
“Non ci parlasti per tre giorni!” Rise Yui davanti a quel ricordo.
“Vi avrei voluto uccidere, anche se adesso mi pento di non aver dato abbastanza importanza a quei tempi.”
“Anche io… avevo perso troppo tempo a viaggiare con la mente.”
Kaito tentennò per qualche secondo, raccogliendo tutto il suo coraggio che aveva, diventando all’improvviso serio. “E io invece ho perso troppo tempo a tergiversare, finendo di non dichiararmi mai alla ragazza che amavo.” Commentò Kaito, guardando Yui con un forte desiderio di dirglielo in maniera più diretta, ma il leggero rossore sulle guance della ragazza gli avevano fatto capire che il messaggio le era arrivato.
“Che idiota…” Disse la ragazza evitando il suo sguardo.
“Il romanticismo non è mai stato il mio forte.” Commentò ironicamente il ragazzo. “Ma dopo il rimpianto di non avertelo mai detto quando sono stato esiliato, giurai a me stesso che lo avrei fatto alla prima occasione… quando me ne sono ricordato ovviamente.”
La ragazza comunque non rispose per qualche secondo. “Sei comunque un sadico, faccio già fatica a immagazzinare quello che ho appena detto al summit, mi vuoi mandare K.O.?”
“Credo che in fondo, Ken se ne fosse accorto, infatti non mi sembri molto sorpresa.” Continuò Kaito. “Almeno adesso ti ho tolto il dubbio, anche se so che per ora non ricambi.” A quella frase Yui guardò ancora una volta il ragazzo, che le sorrideva dolcemente, consapevole di tutto quello che aveva detto. “So bene che tu non dai spazio ad altro non appena metti tutta te stessa in una cosa, e la faccenda degli Tsukiyo è abbastanza grave che sono d’accordo che ora non abbiamo tempo per pensare a ipotetiche situazioni amorose.”
“Non ti credevo così arrendevole, però… in un certo senso sei cambiato. Fai quasi paura.” Commentò la ragazza.
“No… sono solo diventato più risoluto, se lo fossi stato ai tempi non sarei mai stato esiliato. E poi prima ho delle faccende dove devo fare prima chiarezza prima di fare delle ipotetiche avances.”
 
Ci vollero un paio d’ore di attesa, prima che i due ragazzi, che avevano trscorso il resto del tempo in silenzio o in occasionali scambi di parole, che entrambi erano stati dichiarati innocenti e che potevano ritornare nelle loro stanze assegnate, o nel caso di Yui nella villa del Kazekage.
La ragazza si mise sul balcone a guardare il cielo, a contemplare quello che le aspettava sia nell’imminente che nel lontano futuro. Rimase lì a lungo, per qualche motivo quel panorama la rilassava, per poi venir interrotta dalla presenza di Gaara.
“Mi aspettavo di trovarti qui.” Commentò il rosso.
“Sapevo che mi avresti subito cercata, mi sono solo fatta trovare nel posto più ovvio.” Commentò la ragazza.
“Noto che comunque l’influenza di tuo fratello ti sta portando ad una ulteriore maturità” Commentò il ragazzo, mettendosi al suo fianco a guardare il panorama. Non era la prima volta che si ritrovavano in quella situazione, e per loro era così familiare in quel momento… un pezzo di quotidianità che aiutasse loro ad allegerire la mente. Erano tutti e due alla ricerca di un po’ di pace, dopo il pesante susseguirsi di eventi del giorno stesso.
“E’ stato deciso che sarà Mifune ad occuparsi della questione dei masuolei, dove la pergamena di tuo fratello ti diceva di andare, del resto si trovano nel Paese del Ferro.”
“Perché voi pensate veramente che non abbiamo preso delle contromisure in quei luoghi?” Rispose Yui, provocandolo.
“Per questo tu e Kaito verrete con me in segreto.” Disse il ragazzo rimanendo impassibile, ma sorprendendo la ragazza.
“Questa poi… ero quasi sicura che mi avreste rinchiusa da qualche parte.” Commentò la ragazza. “Già pensavo a dei modi per scappare dal Villaggio.”
“Non ce ne sarà bisogno, ti sei forse dimenticata che già avevo provato a metterti al sicuro?” Le ripsose ricordandole del periodo dove l’aveva allenata, prima che Yume prendesse il controllo di Masturi e rapisse Temari. “Non siamo sicuri di chi ci possiamo fidare, inoltre sei la chiave per portarci a loro. Rinchiuderti da qualche parte era la decisione meno saggia.”
“Per quanto riguarda Hidan?” Chiese la ragazza.
“Ci vorrà tempo nel leggere i suoi ricordi, il rapporto ci comunica che sono annebbiati da qualche tecnica di sigillo… e nel frattempo non sappiamo se questa sua immortalità durerà in eterno, visto che lo abbiamo fatto a pezzi e bruciato il suo corpo fatta eccezione della testa.”
“Quindi farò da esca in modo da poter catturare qualche altro membro?” Commentò sarcastica, anche se sapeva che la sua deduzione era corretta, ma non la infastidiva… anzi era perfetta per la sua vendetta.
“Finchè sarai sotto la mia protezione, non ti cattureranno.” Commentò il ragazzo.
“Non c’è bisogno che me lo assicuri, l’ho visto con i miei occhi.” Rispose la ragazza, dimostrando per la prima volta al ragazzo una totale fiducia nei suoi confronti. Gaara si chiese quale fosse il motivo di un tale cambiamento di atteggiamento, rimanendo sorpreso. Lui non se lo ricordava, ma Yui, attraverso i ricordi di Ken, sapeva che i due si erano incontrati, proprio durante la consegna e l’acquisto del ventaglio di Temari e di altre armi, e che il fratello aveva sempre avuto rispetto verso di lui, sia come Kage che come persona attenta ai bisogni del suio villaggio… tutte cose che la ragazza ha ritenuto vere quando ha collegato quei ricordi con la gentilezza che il rosso le aveva mostrato nei suoi confronti.
Per alcune persone quel pensiero di Yui poteva apparire incauto, ma suo fratello non si era mai sbagliato a giudicare le persone e poi era anche il suo personale istinto a drile di fidarsi già da molto tempo prima di avere quei ricordi.
La cosa le alleggeriva l’animo, perché finalmente si sentiva meno sola.
 


 


Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti!
Oddio non ci credo che sono riuscita a togliermi questo macigno... finalmente ho svelato cosa bolliva in pentola da troppo tempo. L'unica cosa non mi andava molto di raccontare tutta la faccenda del passato di Ken... magari in futuro ci farò uno spin off... sempre se prima finisco questa Fan Fiction. Detto questo passiamo al capitolo: come già avevo comunicato nello scorso capitolo, sarei diventata molto più diretta... così ho fatto, chiarendo dei fattori che da quasi 15 capitoli avevo lasciato l'alone di mistero. Spero di averlo fatto nel modo giusto, senza rovinare la storia... ma era una cosa che doveva essere fatta, perchè Yui doveva avere le idee più chiare ed essere risoluta su quello che avrebbe fatto. Una trasformazione quasi improvvisa, ma è difficile rimanere sè stessi davanti a certe rivelazioni direttamente nella tua testa, senza contare come sia stata influenzata drasticamente dal fratello. Qualcuno in passato mi aveva detto che tra Yui e Ken forse non c'era solo un rapporto puramente fraterno... beh lascio a voi questa ship, ma ho voluto fare questo rapporto di totale fiducia e amore fraterno... ci sono fratelli e fratelli, ma ne esistono così uniti, ve lo giuro!
Prima che qualcuno me lo chieda: no, non ci sarà un vero e proprio triangolo amoroso, lo potete vedere da come Kaito, in maniera matura, si relaziona con Yui, a differenza di molti ragazzi che proclamano la friendzone al primo amore non corrisposto (ci sono casi e casi, ma esistono entrambi gli estremi). Kaito inizialmente doveva avere un ruolo nicchia, come Rikuto che muore subito, ma credo che ne avrà uno secondario... sopratutto negli eventi molto più avanti.
Il resto lo lascio a voi.
Io spero come sempre che il capitolo vi sia piaciuto, e vorrei tanto sapere una vostra opinione con una recensione. Mi manca avere un po' di sano confronto :-(
Ma a parte questo, sono comunque felice che sia seguita e piaciuta da molti.
Un saluto.
Alexia!

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Capitolo 16
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Buon Salve a tutti...

... se ancora esiste qualcuno che legge. Sono parecchio coscente del fatto che non pubblico da mesi, troppi mesi, e di questo mi scuso. Purtroppo in questo periodo sono sopraggiunti vari problemi, ma questi ultimi non sono stati l'unica causa della mancanza di pubblicazione.
Sarò sincera: rileggendo i capitoli mi sono accorta che erano emersi alcuni aspetti di Yui che non coerenti all'idea iniziale che avevo di lei, mi riferisco in particolar modo ai capitoli dove la ragazza meditava anche una sorta di suicidio, e adesso questi e altri aspetti mi tengono bloccata. Quindi mi sono chiesta: "Che cosa potrei fare per risolvere questo blocco?" La risposta purtroppo era solo una.
Quindi ho deciso di mettere la storia in "revisione" e riscrivere... più o meno quasi tutti i capitoli. Non cancellerò la storia, anche perchè appena potrò aggiornerò tutti i capitoli modificati. L'unica cosa è che ci vorrà dal tempo, avendo vari impegni universitari...

Chiedo ancora scusa per il disturbo.
Alexia
 
 

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