Gente che...

di Lily_LunaPotter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Draco Malfoy ***
Capitolo 2: *** Scorpius Hyperion Malfoy ***
Capitolo 3: *** James Sirius Potter e Teddy Lupin ***
Capitolo 4: *** Ginny Weasley ***
Capitolo 5: *** Dominique Weasley ***
Capitolo 6: *** Harry Potter ***
Capitolo 7: *** Lucy Weasley ***
Capitolo 8: *** Apolline Delacour ***
Capitolo 9: *** Arthur Weasley ***
Capitolo 10: *** Alice Paciock ***
Capitolo 11: *** Albus Silente ***
Capitolo 12: *** Lily Luna Potter ***
Capitolo 13: *** Amos Diggory ***
Capitolo 14: *** Fratelli Potter ***
Capitolo 15: *** Rose Weasley ***
Capitolo 16: *** Alice Paciock Jr ***
Capitolo 17: *** Fred e George Weasley ***
Capitolo 18: *** Victoire Weasley ***
Capitolo 19: *** Sirius Black ***
Capitolo 20: *** Molly Weasley ***
Capitolo 21: *** Katie Bell ***
Capitolo 22: *** Lily Evans ***
Capitolo 23: *** Hermione Granger ***
Capitolo 24: *** Nuovo personaggio. ***



Capitolo 1
*** Draco Malfoy ***


ANGOLO AUTRICE.
DEDICATA a una persona a cui forse voglio davvero bene... Vabbe anche senza il forse..;-) Comunque grazie per la frase e grazie perché sei tra i pochi che una volta su dieci mi capiscono. Grazie ai lettori silenziosi, e grazie a chi la mette tra i seguiti. #Gaia~

Il cielo azzurro come un diamante, velato nuvole chiare color zucchero filato, si rifletteva nel vetro della finestra davanti a me.
Incurante di tutto il resto, osservavo le prime avvisaglie di un temporale primaverile, forte della certezza che io sarei stato al caldo dei Tre Manici di Scopa, sorseggiando una burrobirra, al contrario di chi avrebbe fatto una doccia indesiderata.
Draco Malfoy era sempre temuto per il suo cognome, per il mio cognome, quindi avevo il locale tutto per me. Bevevo a piccoli sorsi, guardandomi intorno, pensando a tutto ciò che mio padre mi aveva insegnato, alle settimane passate come un fantasma di me stesso, a studiare magia nera, facendo incubi. Ma io ero forte. Ero ricco.
Quella sera, a casa, avrei mangiato con i miei genitori, seduto nella mia sala da pranzo, vanto della mia Casa, servito dagli elfi domestici, riverito da chi consideravo inferiore. Avevo una villa tutta per me, vestiti nuovi, e potere. Già. Potere. Chi, sentendo il nome Draco Malfoy, non faceva un passo indietro?
Era ciò che volevo. Avere prestigio. Un nome. O almeno era quello che credevo di volere.
Ad un tratto, una folata di vento gelido e di foglie increspate spalancò la porta del locale, illuminando di una luce sinistra e azzurra I tavoli e il bancone. Alzai lo sguardo per vedere chi fosse entrato, e li incontrai .
Ginny Weasley e Harry Potter, entrambi bagnati, con i capelli scompigliati dal freddi, sorridevano abbracciati dolcemente. Disgustosi, pensai inizialmente. Poi fui pervaso dall'orgoglio, poiché io non mi sarei mai trovato in quella situazione, e li guardai con un ghigno sul volto. Vidi Potter prenderla per mano e condurla accanto al camino, le loro mani intrecciate, le guance rosse, gli occhi lucidi, e la gioia nel cuore.
Fu quello a colpirmi. Nonostante tutto, erano felici. E io? Non credevo di aver mai provato una cosa simile, di aver mai avuto quella espressione. Mi avevano insegnato che l'amore rendeva deboli, che NOI eravamo forti. Per la prima volta, mi chiesi se fosse vero. Poi capii.
Capii che ero quel tipo di persona che crede di avere tutto, ma in realtà non ha nulla.
Questa è la storia di quando io, Draco Malfoy, figlio di Mangiamorte, ho deciso di cambiare. E adesso guardo Astoria, con i capelli scuri bagnati dalla pioggia, le mani gelide nelle mie, e capisco che ne è valsa la pena.
Perché forse, nonostante tutto, Potter qualcosa mi ha insegnato. È anche merito suo se adesso sono felice. Ed è strano dirlo, ma dopo la guerra, prima del mio matrimonio con Astoria, ho sentito il bisogno di dirglielo, di conoscerlo. Ci sono cose che non cambieranno mai, ma a volte un piccolo passo migliora le cose. Perciò mi incammino verso il tavolo vicino al camino, dove Potter e Weasley ci aspettano, seduti vicini, innamorati, e sorrido. Sono Draco Malfoy, e sono cambiato per amore.

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Capitolo 2
*** Scorpius Hyperion Malfoy ***


DEDICATA a quella persona così gentile che mi sopporta e ne passa tante con me, che fa cavolate e figuracce solo per amicizia. Grazie a te, perché il modo migliore per dirtelo è questo.


Il sole illuminava dolcemente le nuvole, dipingendo d'oro il loro profilo, tracciando a matita le ombre degli alberi sul soffice prato. L'erba riflessa nell'acqua del lago era increspata dal vento che leggermente sorrideva alla primavera, mentre una strana melodia di urla e risate avvolgeva gli studenti sulle panchine. 
Chi invece sedeva sulla sabbia bianco argentea in cerca di tranquillità, assaporava con calma i raggi sulla propria pelle, già arrossata come per testimoniare l'arrivo della nuova stagione, mentre sul prato c'erano piccoli gruppi che ripassavano o, più semplicemente, si riposavano.
Ma non era il sole a catturare la sua attenzione, né le nuvole e neppure il cielo azzurro, era qualcos'altro. 
Era qualcosa di limpido e trasparente, un sospiro trattenuto, una smorfia lieve. 
Erano quel paio di occhi azzurri, simili al cielo sopra di loro, e quei capelli dorati come i primi raggi, a strapparle un sorriso. Camminava con passo deciso e noncurante, adagiando ogni orma sul prato, immerso nei propri pensieri, ignaro degli sguardi che riceveva.
Scorpius Malfoy era quel tipo di persona che quando passa devi voltarti a guardarla, e Lily Luna Potter lo sapeva bene.


ANGOLO AUTRICE. Questa raccolta è stata scritta di getto, e vi chiedo una recensione o un consiglio per continuarla. Grazie per la lettura da una pazza come l'autrice. Parli in terza persona ora? Sì. Okay... Comunque non so quando potrò pubblicare perché sono tornata da un lungo viaggio e i professori sembrano volere che io muoia di stress... Ciaooo vado a studiare. Purtroppo.

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Capitolo 3
*** James Sirius Potter e Teddy Lupin ***


ANGOLO AUTRICE.
Sono tornata con un nuovo capitoloooo. Già, Gaia. Lo stanno leggendo ora, quindi lo sanno. Vabbe.. Comunque, l'ho scritto ieri sera ma ho avuto problemi con la pubblicazione (orario), così pubblico adesso. Credo che scriverò un capitolo un giorno e che quello dopo lo pubblicherò... recensite perché così miglioro, dite quali coppie o Gente che.. vorreste leggere. Grazie a chi la mette tra i seguiti e grazie alla mia professoressa di matematica che PER LA PRIMA VOLTA SPOSTA LA VERIFICA perché eravamo all'estero. Così, invece di studiare, ora scrivo. Ciaooo e buona lettura. #Gaia~


I metamorphmagus sono maghi o streghe che hanno il potere di cambiare il loro aspetto fisico, ciascuno di loro ha una caratteristica che lo contraddistingue e sono portati in Trasfigurazione. Spesso cambiano aspetto in base all'umore, e ciascun cambiamento è legato ad uno stato d'animo, per esempio...

-Basta, non ce la faccio più! Detesto Trasfigurazione... maledetta McGrannitt ed i suoi compiti delle vacanze!- Sbottò Lily nel silenzio della stanza, chiudendo di colpo il libro.
-Dai Lils... provaci almeno! Il primo anno non è così difficile.. e sei stata tu a pregare mamma e papà per anni affinché ti mandassero ad Hogwarts, non io!- Le rispose Albus, immerso in un tema di Pozioni che Lumacorno gli aveva assegnato, con l'aria di chi preferirebbe mille volte la McGrannitt al vecchio lumacone materialista. -Cosa stai studiando?- Intervenne James, ancora più disperato dei fratelli minori.
-Per te è facile dirlo, sei bravissimo in Trasfigurazione, e la McGrannitt ti adora.- Protestò Lily. -I metamorphmagus.- Aggiunse, rivolgendosi a James che, con un sorriso malandrino in volto, rispose: -Già, Al. Potreste anche sposarvi un giorno...-
-Chi dovrebbe sposare chi?- Teddy Lupin entrò nella stanza con i capelli ~azzurri per l'occasione~ più scompigliati del solito.
-Teddy! Lily, lui può aiutarti a studiare gli stati d'animo e i cambiamenti fisici...- Disse James, ignorando l'occhiata omicida di Albus.
-Ne sarei onorato, signorina.- Intervenne il giovane Lupin, mentre si sedeva accanto alla rossa, i capelli biondo dorato.
"Il giallo è il simbolo dell'allegria e della spensieratezza."
Teddy sorrise, e i capelli divennero verdi.
"Il verde è spesso associato alla speranza, ma è anche il colore della gentilezza."
Lesse Albus ad alta voce. -Teddy è gentile.- Disse James. Nessuno commentò.
"Se i colori sono uguali alle vostre caratteristiche, il mago si sente accettato ed è a proprio agio."
Continuarono così per un po', fino a che non bussarono alla porta. Una chioma argentea fece capolino nella stanza, seguita da una Victoire Weasley piuttosto sorridente: -Teddí, vous potete venir de là? Ho bisogno de aiutó!-
"Il colore rosso è il simbolo di rabbia, passione, e sentimenti forti." Lesse Albus. -Cosa dici, Al? Teddy è rosso, ma in viso...come il maglione di Victoire!-
Sirius Potter: l'intelligenza è il suo punto di forza.

"Gente che per capirla serve il dizionario ~o meglio, il libro di scuola~ ma che, se siete James Sirius Potter, non capirete comunque.
-Ehi!- -Scusa, Jam.-

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Capitolo 4
*** Ginny Weasley ***


ANGOLO AUTRICE
Non sono scomparsa, anche se ho iniziato un'altra fanfiction, una Lily Scorpius, che ovviamente occuperà il mio tempo libero. Non è questa l'ultima Gente che perché credo che ne scriverò un'altra decina, ma volevo ringraziare I lettori e chi la segue. Grazie e buona lettura.
La luce del timido sole primaverile entrava dolcemente dalla finestra, illuminando e pitturando d'oro I riflessi della Sala Comune, mentre piccoli scoppi di luce accarezzavano I capelli della ragazza che preferiva stare sul divano rosso con un libro davanti,che uscire come gli altri.
Ginny Weasley non era la solita ragazza sciocca, che si dispera per qualcuno, che piange per un rifiuto. Lei era forte, ma non era riuscita a vincere la partita anzi, non l'aveva mai iniziata. Con sei fratelli e la fama di unica femmina della famiglia, Ginny non era più sola, come durante il suo primo anno. Aveva tredici anni, e ormai era cresciuta, era cambiata. Certo, la cotta per Harry continuava ad essere presente, ma lei non provava più quell'infatuazione iniziale, che le bloccava il respiro e che la teneva sveglia la notte. A dieci anni, aveva "amato" la fama di Harry, il suo aspetto fisico, chi pensava fosse. Quando, però, aveva avuto l'occasione di conoscerlo davvero, l'imbarazzo aveva dominato la situazione. Adesso, dopo anni, aveva una migliore amica. Era colei che la capiva, e insieme ne combinavano di tutti I colori, finalmente era se stessa. Già. Se stessa. Perché con Harry, lei non riusciva a dimostrare chi fosse realmente. Lei che non aveva peli sulla lingua, tagliava l'aria con le sue battute, che scherzava ed era sincera. Non piangeva, era forte e non le importava il giudizio altrui, ma solo che le persone che amava non fossero escluse. Era così, Ginny. Ma era anche una cara amica di Hermione Granger, la sottuttoio della scuola, l'amica di suo fratello, di Harry. Si erano "trovate" un giorno al lago vicino la Tana, e insieme avevano affrontato le cose con un'amicizia silenziosa. Hermione la conosceva bene, e da tempo le ripeteva di andare avanti. Le aveva aperto gli occhi.
Fu per questo che, quando la strega entrò nella stanza e la vide seduta sul divano, le disse: -Gin, cosa ci fai qui?- Con un tono preoccupato. Un grugnito poco entusiasta fu la risposta.
-Non dirmi che stai così per lui... Cosa ha fatto ora?-
-Nulla. È questo il problema, non fa mai nulla, non mi vede neppure! Soprattutto se nelle vicinanze c'è quella Chang...- Rispose Ginny.
-È arrivato il momento di dimenticarlo Ginny. Devi farlo... a scuola tutti ti guardano, ti conoscono. Sei bella ed intelligente, diversa da certe oche di nostra conoscenza. Sei una forza della natura! Non permettere che ti condizioni cosi.-
-Quindi cosa dovrei fare?-
-Prova ad uscire con uno dei ragazzi carini di Hogwarts.. sei famosa e sono sicura che non avrai problemi. Tu provaci, a dimenticarlo, e lui prima o poi si accorgerà di te. Non può innamorarsi di te, se non conosce una te di cui innamorarsi.- Hermione rispose guardandola negli occhi, mentre la rossa sorrideva malinconica. -Speriamo.. Adesso vado fuori- Salutò l'amica ed uscì. Fuori dalla Torre di Grifondoro, incontrò uno dei Corvonero con cui aveva scambiato qualche parola in precedenza. -Scusa se ti disturbo..Hai visto Michael Corner?-
Ginny Weasley era quel tipo di persona che non si arrende, ma che a volte cambia strategia per vincere la partita.

ANGOLO 2
Allora? Siete arrivati alla fine sani e salvi? Spero di si per voi.. Questa è la vera Ginny, e la frase finale è vera, credetemi. Mi è capitato, e a volte basta un cambio di strategia per raggiungere la meta. Ovviamente questo non è un testo di psicologia adolescenziale, per quello basta la professoressa di italiano che ci dà solo un'ora e mezzo per un tema di quattro fogli (per me eheh).. Thank you prof. Soprattutto per i POCHI compiti che abbiamo. Pochi. Si. Certo. Quindi devo farli. Byeeee. #Gaia~

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Capitolo 5
*** Dominique Weasley ***


ANGOLO AUTRICE.
Ciaooo. Non sono guarita ma scrivere mi distrae dal processo di disintegrazione che sta avendo la mia gola, quindi faccio ciò che mi piace di più. Ho pensato a questa fanfiction perché mi piace questa coppia e volevo dimostrare che James Sirius non è il tipico rubacuori, ma che riesce a trovare una soluzione a tutto. #Gaia~
Dominique Weasley non era il tipo di ragazza che preferisce I vestiti scintillanti alla divisa da Cacciatrice, non era la tipica brava ragazza che passa I pomeriggi a studiare, lei spettegolava, non amava il cioccolato perché era troppo dolce, preferiva il caffe. Queste cose James Sirius Potter le aveva scoperte osservandola, di nascosto quando la incontrava nei corridoi del castello, senza nascondersi dietro ai suoi occhi quando erano alla Tana. Sapeva che Dominique non era come la sorella, nonostante il sangue Veela, e che non si accorgeva di essere stupenda. Non bella, perché la bellezza è qualcosa di soggettivo, e per lui, Dom era bellissima. Era la ragazza vera che giocava con lui senza paura di sporcarsi, quella che si addormentava sul divano della Sala Comune mentre studiava, colei che rideva alle sue battute, che architettava strani scherzi, la sua cuginetta. Colei che, nonostante tutto, amava. Dominique era l'unica a cui si fosse veramente interessato il rubacuori di Hogwarts e, visto che la buona sorte e I Potter non andavano d'accordo, erano cugini. Era vietata, come un ostacolo, un muro, un divieto. Ma lui era James Sirius, I muri li abbatteva, le regole non erano nella lista delle cose da fare, e non gli importava del resto. Sulla torre più alta, una ragazza osservava le luci delle bacchette, come tante lucciole in un roseto, che nel cortile del castello si rincorrevano, seguendo strani schemi sulla finestra della sua stanza, infuocata dal tramonto. Sembrava un quadro, un dipinto, se non fosse stato per quelle lacrime che cadevano dolcemente, in un debole ticchettio. Dominique pensava a tutto ciò che aveva passato, a chi era, perché lo era. Già. Perché? Erano cugiji. Questo non sarebbe cambiato. Era una di quelle poche certezze della vita. Scese le scale con la sua solita leggiadria, e atterrò in Sala Comune, dove alcuni Grifondoro alzarono lo sguardo. Sentì gli occhi su di lei. Sorrise, poi una coppia entrò nella stanza, e quando alzò lo sguardo, il sorriso si bloccò. James teneva un braccio attorno alla vita di una ragazza che non aveva mai visto. Si alzò e corse via. Sentì dei passi dietro di lei, ma non si voltò. Entrò in un'aula vuota e si sedette su un banco, lacrime amare sul volto.Una mano le accarezzò il volto. -Domi?- James. Si mosse verso di lui. -Come hai potuto? Noi siamo... non lo so neppure io cosa siamo. So che ti amo però.- L'aveva detto. Si alzò e fece per andarsene. Ma lui l'attirò a sé e la baciò contro il muro. Sentiva il suo respiro contro il proprio, le loro labbra che si toccavano, i corpi vicini. Si staccarono per riprendere fiato.
Dominique Weasley era quel tipo di persona che ti fa soffrire e neppure se ne accorge.
Insieme. Insieme ce l'avrebbero fatta.
-In fondo, I Purosangue si sposano tra loro da generazioni, no?-

ANGOLO AUTRICE DUE.
Grazie per la lettura, alla prossima! Ps. Quella frase inerente alla bellezza non è solo mia, ma di una persona che non si crede speciale e che forse contiene un millesimo dell'essere speciale presente al mondo. Ciaoooo. Pps: James trova una soluzione logica, perché I Purosangue si sposano tra loro da secoli. Quindi ho voluto scrivere qualcosa di diverso dalla solita ff strappalacrime.

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Capitolo 6
*** Harry Potter ***


ANGOLO AUTRICE DISAGIATA. Non so come dove e perché sia nata questa fanficion, fatto sta che pensavo alla mia adolescenza (già perché insomma, chi non è un po depresso ogni tanto..?) e volevo far sorridere una persona importante così le ho scritto questa. Non è nulla di che rispetto alle altre, ma mi sento giù per la distanza da 2 persone speciali, quindi è un modo per non pensarci.


-Papà, ma tu ami la mamma?- Harry guardò negli occhi la sua principessina, che lo osservava dall'alto del suo metro e una piuma, sorridendo. La vista degli occhi scuri della piccola, I capelli rossi e la bocca socchiusa, le lentiggini sul naso chiarissimo e le manine paffute, erano tutto ciò che lo rendeva felice.
Tutti dicevano che Lily somigliava al padre, ma in quel momento sua figlia sembrava Ginny da piccola, quando desiderava qualcosa come andare ad Hogwarts. Brutto segno.
-Perché me lo chiedi tesoro? Certo che si.- Rispose Harry , scompigliandosi I capelli neri come l'inchiostro fresco, gli occhi verdi illuminati dal sole che abbracciava il cortile della Tana.
Lily sorrise ed arrossì. Brutto segno. Pessimo. -Perché, papà, James mi ha detto che quando volevi che nascessi io, mamma ha sofferto..ha detto qualcosa riguardo la..-James Sirius Potter! Cosa hai raccontato a tua sorella?!- I toni soavi di Ginny Weasley in Potter erano conosciuti da tutto il vicinato. Il primogenito del Salvatore del Mondo Magico corse via ridendo, lasciando una Lily di nove anni alquanto perplessa.
-Allora?-Harry si voltò, in cerca di una risposta possibile. Per quanto fosse possibile trovarne una per una bambina in piena infanzia, come diceva lui. Si guardò intorno, e vide Ron ridere sotto I baffi. L'illuminazione. Lampo di genio.
-Perché non lo chiedi a zio Ron?- Lily corse dal suo zietto che stranamente non rideva più. Stranamente.
-Lily, perché vuoi saperlo?
-Perché se papà ama la mamma, e la fa soffrire, io non voglio che il mio fidanzato mi faccia soffrire.
-Hai un fidanzato?-
Harry quasi si strozzò. -Due, in realtà zietto. Uno è Hugo, -E Ron sorrise, mentre il suo migliore amico si calmava- l'altro è il compagno di giochi di Al, Scorpius.- Un tonfo. Harry a terra. Con qualche urlo da Ginny, papino si riprese giusto il tempo per dire -Un Malfoy no!- Che svenne di nuovo.
Harry Potter era quel tipo di genitore che ti vuole vergine al matrimonio.


ANGOLO NUMERO DUE.
Mi scuso perché è un po pervertita e non fa molto ridere, ma un sorriso... Comunque ringrazio le mie amiche, e la DEDICO A VOI. VOI CHE SIETE TUTTI AMICI FANTASTICI, che avete attimi di depressione e attimi di euforia (Come il mio adesso. Se magari il mio "boy" mi scrivesse sarebbe meglio.). A voi, #Gaia~

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Capitolo 7
*** Lucy Weasley ***


*Angolino*
Dedicata ad Alexi_Core, alla mia fra che è accanto a me, alla mia parabatai. Per dire grazie. Perché sei la migliore Lucy del mondo, nonostante tutto.
Lucy Weasley non era il tipo di persona che tutti si aspettavano. Lei non passava il tempo a studiare, nonostante gli ottimi voti. Lei non preferiva un libro o una lezione al campo di Quidditch. Lei non era suo padre. Era finita in punizione così spesso, che non c'era un professore che non l'avesse mai vista nel suo ufficio.
Lucy Weasley tifava Grifondoro, faceva pigiama party con le sue migliori amiche, odiava Pozioni. Ad undici anni, tutti avevano capito che lei non era nè Molly Jr, nè Percy.
Lucy aveva un segreto, nulla di che, solo una cotta per il migliore amico di sua sorella. Tra le poche persone a saperlo, c'era sua cugina Rose. Lei c'era stata, ad ascoltare i racconti su Michael, con gli occhi illuminati e si, anche la voglia di riviverli, c'era stata con la pioggia e con il sole, c'era anche quando si erano baciati. Rose lo sapeva, che Lucy era felice. La conosceva bene. Sapeva che a volte piangeva o aveva gli occhi lucidi, che amava le canzoni babbane e che la sua cotta durava anni. Rose c'era con lei, quando nei corridoi del castello si incrociavano, quando inventavano strani soprannomi, quando ad ogni uscita sperava in invito. E la sera in cui Lucy aveva finalmente realizzato il suo sogno, la sua migliore amica era stata felice per lei. Semplicemente, la vedeva sorridente. Certo, i problemi c'erano, ma alla loro età, era normale no? Poi si erano lasciati. Rose aveva osservato Lucy andare avanti, stupita dalla sua indifferenza, che però accompagnava le lacrime negli occhi verdi. Qualche settimana dopo, anche Rose aveva trovato l'amore. Era felice. Qualcuno che la capisse, che la abbracciasse forte, che la facesse sentire meno sola. Era felice si. E quando tutto era finito, Lucy c'era. Era accanto a Rose. Con lei. Insieme, ce l'avrebbero fatta. Nonostante tutto. Nonostante le lacrime che non riuscivano a trattenere, i ricordi che tornavano prepotenti, la primavera così colorata nel loro mondo grigio, nonostante il dolore legato alla mancanza.
Lucy e Rose. Due nomi. Un'amicizia. Insieme ce l'avrebbero fatta. Con il tempo, le risate, le uscite, gli abbracci. Sarebbero andate avanti, una accanto all'altra. Perché si, insieme siamo più forti che da soli. E Rose apprezzava quando Lucy si sedeva con lei ed ascoltava i suoi discorsi, quando stava in silenzio per non parlare, quando la obbligava a fare qualcosa. Magari Lucy non era Percy, e neppure Molly, ma Lucy era la migliore amica che Rose avesse mai potuto desiderare.

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Capitolo 8
*** Apolline Delacour ***


ANGOLO AUTRICE
Mi scuso per il ritardo, e anche per il cambio di stile, poiché ho deciso di scrivere un capitolo per ogni personaggio importante della saga, quindi d'ora in poi i titoli saranno il nome del protagonista. Mi scuso, ma ho preferito fare così. Vi chiedo gentilmente una recensione, poiché vorrei sapere cosa ne pensate del cambio di stile. NONOSTANTE NON ABBIA NULLA A CHE FARE con il tuo compleanno, lo dedico a te fratellino. Auguriiiii. #Gaia~
Era una calda mattina d'estate, una di quelle giornate in cui un leggero venticello accarezza le foglie degli alberi con la delicatezza di una carezza, e il cielo è così azzurro da sembrare infinito. Erano calma ed agitazione, quei sorrisi dell'aria, fatti dalle nuvole chiarissime, abbracciate ad un celeste perlaceo, unico. Tutto, quella mattina, riportava ad un'atmosfera imperfetta, ma speciale. Apolline lo sapeva bene, che la perfezione non esiste, poiché essa non è umana, e noi siamo esseri umani che sbagliano; lei che si sentiva dire ogni giorno di essere perfetta, sapeva di essere imperfetta, come gli altri, e ne era felice.
La felicità è un sentimento, non un fatto, e questo le sue figlie lo sapevano bene, soprattutto Fleur, la sua Fleur. Sua ancora per poco si disse, poiché quel giorno si sarebbe sposata con Bill Weasley. La Tana, così la chiamavano i futuri suoceri, si stagliava nell'estate come una regina, bella perché un po' insicura, con le torrette che si arrampicavano l'una sull'altra, i vasi di fiori pronti per una gara di pittura. Il verde giardino e l'acqua di un piccolo laghetto in lontananza in cui essa si specchiava, conferivano alla Tana un che di selvaggio, diverso, curato eppure vissuto. Un enorme ed ingombrante tendone bianco brillava, ergendosi maestoso accanto all'abitazione, mentre il silenzio veniva rotto come un vetro che cade a terra, dalle risate di due ragazzi. Quando i gemelli le passarono accanto, si tolsero il cappello e la salutarono. Le piacevano. Apolline si voltò e,camminando lentamente-sembrava quasi che volasse-raggiunse la Tana.
Non sapeva cosa sarebbe successo, ed inizialmente neppure lei era entusiasta del matrimonio di sua figlia, in quel momento di paura e morte. Ma Apolline era quel tipo di persona che crede nella bellezza del mondo, e nella felicità della sua famiglia.
Ed in quel momento, mentre Bill e Fleur si scambiavano le promesse, lei pensava al fatto che ce l'avevano fatta, ad essere insieme.
E sorrise.

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Capitolo 9
*** Arthur Weasley ***


ANGOLO AUTRICE.
Scusate, scusate, scusateeee. Solitamente sono puntuale e non sopporto i ritardi, ma questa settimana è stata talmente piena che solo oggi ho trovato il tempo di scrivere... Onde evitare altri disagi (la mia stessa vita lo è) oggi ho scritto tre fanfiction, così dovrò solo pubblicarle. Grazie a chi la mette tra i seguiti. Ps.Non dico il nome del marito, così potete scegliere.#Gaia~
Era il primo aprile.
Ginny scendeva le scale avvolta in un abito da sposa color panna, con piccoli ricami che le accarezzavano le forme, indossando il suo sorriso più bello. Le lentiggini, marchio Weasley, mettevano in risalto il leggero trucco sugli occhi castani, colmi di gioia ed impazienza, ed i capelli rossi erano raccolti sopra la testa, delicatamente acconciati in modo da far cadere alcune ciocche di ricci ribelli ai lati del volto.
In quel momento, somigliava a Molly, la sua mogliettina che aveva impiegato settimane, mesi, per quel matrimonio. In giardino, file e file di sedie erano state disposte ordinatamente, ciascuna immersa in minuscoli petali di rosa, ed al centro c'era un sentiero lungo il quale avrebbe sfilato la sposa, per raggiungere il piccolo arco dove si sarebbe svolta la cerimonia.
Arthur vide Percy e Audrey, la sua ragazza, uscire ridendo dalla cucina, e Ron ed Hermione che discutevano in un angolo della stanza riguardo qualcosa che suo figlio aveva combinato con la torta.
George invece, era accanto a Ginny.
Era stata lei a decidere la data del matrimonio, per ricordare Fred ed il loro legame, poichè loro tre insieme erano dei tornadi, e George l'aveva apprezzato. Sedevano in cucina, uno accanto all'altra, in un silenzio fatto di parole ed emozioni, in attesa dell'arrivo degli invitati, tra cui le compagne di squadra di sua figlia, e si guardavano sorridendo. Alle undici, George si alzò per andare a sedersi con gli altri, ed Arthur porse il braccio a Ginny.
"Sei pronta?" le chiese. Il sorriso raggiante eppure agitato di sua figlia gli colmò il cuore.
Perchè lui era quel tipo di persona che ama i suoi figli più di tutto il resto. E, guardando la sedia vuota vicino a George, Arthur sorrise.
"Ti voglio bene Fred, auguri."

*Lacrimuccia dell'autrice che non perdonerà mai a zia Row la morte di Fred*

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Capitolo 10
*** Alice Paciock ***


ANGOLO AUTRICE.
Allora...che dire, non mi sarei aspettata tutte queste visite, ed è strano alzarsi e pensare che alla gente piace ciò che tu fai. Sono un pó insicura, anche se il mio sogno non si tocca. Amo scrivere. Capire la gente. Quindi grazie perché anche se non parlate ci siete. Sembra quasi un addio, in realtà è solo un ringraziamento. Comunque io dovrei e vorrei aggiornare ogni due giorni, ma domani è Pasqua e devo festeggiá (ehm. Toscano sorry.) Quindi pubblico oggi, e scusate per I vecchi ritardi. Non credo che domani riuscirò a scrivere, quindi a lunedì. (Cioccolato arrivo. La dieta.) Ciaooo. #Gaia~ Bianco.
Come le pareti della sua stanza, della sua cameretta. Come le coperte del suo letto, dove la mamma la obbligava a giocare. Come I vestiti di quelle persone che spesso le si avvicinavano, mormorando parole senza significato.
Lei si guardava intorno, spaventata dalle loro voci, dai loro enormi sorrisi, dalle bacchette magiche che tenevano in mano, alternate ad esplosioni di colore sotto le palpebre.
Quando si alzava in piedi in cerca della sua bambola, senza la quale non riusciva ad addormentarsi, spesso arrivava una signora altissima, con una smorfia comprensiva in volto. Non somigliava a sua madre, poiché non indossava strani cappelli e vestiti simili a quelli delle fiabe babbane, perciò lei la chiamava zia. Suo padre, non l'aveva mai visto. Non che le importasse. A lei piacevano gli unicorni, i colori pastello ed i giochi per bambine della sua età, le piaceva il sole perché dipingeva d'oro il bianco, le piacevano i suoi fratelli. Non sapeva quanti anni avessero, né il loro nome, ma uno dei due, il più piccolo, dormiva con lei la notte.
Aveva i capelli scuri e gli occhi grandi, come i principi delle storie che le leggevano tutte le sere, ed un giorno le aveva dato una caramella. Era un gesto gentile, per un bambino di sei anni, uno più di lei. A volte, sognava un futuro in cui loro vivevano insieme, erano felici, poi un enorme lampo rosso l'accecava, e lei si svegliava di soprassalto da quell'incubo.
L'altro fratello invece, era più grande. Ogni tanto le parlava, le mostrava un rospo, (non un principe, un rospo vero) e prendeva i suoi regali per custodirli. Aveva un nome strano, non credeva di ricordarlo, eppure le era familiare. A lei poi, piaceva uscire, ma non aveva mai potuto farlo, poiché un signore dal camice bianco la seguiva ovunque. Aveva cinque anni, si chiamava Alice.
Se c'era qualcosa che non sapeva però, era il fatto di essere quel tipo di persona che vive nei ricordi e non se ne accorge.
*Zia Row, sai quante volte mi sono arrabbiata per le morti o le brutte notizie? Ecco. Fred. Tra poco è il primo d'aprile.*

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Capitolo 11
*** Albus Silente ***


ANGOLO AUTRICE.
Mentre gran parte dell'Italia va in giro, qui piove ed io resto in casa ad immaginare un Natale ad Hogwarts. È il giorno dopo Pasqua ed io penso al Natale, lo sapevo di avere seri problemi causati dalla lettura di libri. Lo sapevo. Comunque. ..ho cercato di immaginare il ricongiungimento di Albus e Aberforth in seguito ad un regalo da parte di quest'ultimo. Spero che vi piaccia.. adesso vado a leggere per la milionesima volta Signora della Mezzanotte. (Chi mi conosce sa che in due giorni l'ho letto due volte.) cercando di non cadere in tentazione con le uova di cioccolato. #Gaia~
Il Natale ad Hogwarts lo aveva sempre affascinato.
Chi, tra gli studenti, non si era mai fermato in Sala Grande a guardare gli addobbi a bocca aperta?
Chi non sorrideva alla vista del cielo incantato sul soffitto?
Chi non amava l'atmosfera festiva del castello?
Ogni anno, Hagrid trasportava canticchiando gli abeti, infangando i corridoi puliti da Gazza, spaventando i ragazzi del primo anno con la sua voce "soave". Anche quell'anno era stato così. Erano una tradizione, gli scherzi disseminati nelle aule vuote, le uscite nel parco con i guanti dimenticati chissà dove, i baci sotto il vischio incantato che costringevano gli sconosciuti a compiere scenette esilaranti ed imbarazzanti. E tutti erano stati testimoni delle urla di Pansy, costretta a baciare un Tassorosso del terzo anno, più grande e spaventato di lei. Nessuno poi, avrebbe dimenticato i cori per I corridoi, gli enormi cespugli vicino alle armature, le coppiette più sdolcinate del solito, i gufi molto indaffarati e la cena della Vigilia.
A Natale, Hogwarts mostrava la sua vera magia.
Albus Silente non credeva alle coincidenze, credeva agli equivoci, alle cose accadute per caso, agli incontri casuali, alla magia del Natale. E quell'anno, nulla era cambiato nella routine natalizia del castello.
Eppure quella mattina, tra I regali sotto il suo albero nell'ufficio del Preside, aveva trovato un paio di calzini. Non erano né belli, né nuovi, né uguali. No. Ma gli si erano illuminati e bagnati gli occhi al pensiero di sua madre e sua sorella, come quei calzini, un semplice capo di vestiario, entrambe un ricordo nel tempo, un qualcosa di speciale per qualcuno. Per lui, i suoi calzini erano Kendra ed Ariana.
Per gli elfi domestici nelle cucine, un paio di calzini erano sinonimo di libertà. Albus Silente non era quel tipo di persona che crede nelle coincidenze, ma credeva nel destino. Ed era stato il destino a fargli cadere lo sguardo sulla minuscola dedica che si nascondeva nel regalo "Da Ab. Per Albus" Non era mai tardi per ricominciare, si disse il Preside, mentre indossava i calzini ed entrava nel camino.
Ad Hogwarts, era Natale.

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Capitolo 12
*** Lily Luna Potter ***


ANGOLO AUTRICE.
Strano ma vero, non devo dirvi molto stavolta. Solo che la dedico a loro, le mie PARABATAI, che ci sono state mentre parlavo velocissimo, mentre raccontavo i particolari, mentre cercavamo i soprannomi più strani. Loro che hanno condiviso, loro che sono le mie PARABATAI. Grazie. Buona lettura.#Gaia~
Forse sbaglio, eppure sono convinta di una cosa. Che se non sono riuscita a dimenticarlo, forse non era destino. Semplicemente, forse mi sembrava di esserci riuscita. È vero, non mi batteva il cuore, non ero gelosa. Eppure dentro di me ero ancora legata. L'ho capito adesso, non era destino che lo dimenticassi. In realtà, non l'ho mai fatto. Ho solo permesso che la vita attutisse ciò che provavo. Vedere il suo sorriso rivolto alle altre, non mi feriva più, ma incideva la mia corazza. Gli abbracci e gli scherzi erano gesti che mi provocavano smorfie, non più lacrime. Credevo di esserci riuscita. Di averlo dimenticato. Invece, sopportavo il dolore senza saperlo. I pomeriggi al lago poi, erano diventati un qualcosa che cercavo persino di evitare, una via di fuga dalla scuola che diventava una fuga da tutti, da lui e da quella persona che era e che credevo di detestare. Ad ogni offerta di Albus, rifiutavo come se fosse stata la cosa più stupida che avessi mai sentito.
La vita attutiva i miei sentimenti.
È vero, ne parlavo. Eppure era come un vecchio ricordo, mi dava pure fastidio. Avevo dimenticato. In modo superficiale. Come quando copri con un foglio di carta una pagina di un libro. Lo sai, che basta un soffio di vento per toglierla. E io ne ero convinta, che non mi piacesse più. Anzi. Da un lato ne ero felice. Non provavo gelosia e neppure il batticuore, ero semplicemente più libera. E poi, in un giorno, ho tolto il foglio. Ed il libro era ancora meglio, come se finalmente avessi avuto la possibilità di leggere davvero. Di scoprire ciò che diceva. Ed era bello. Quindi forse, era destino che non lo dimenticassi. Che pensassi di averlo fatto, che per me non significasse nulla. Non era destino semplicemente che per me diventasse uno sconosciuto, che il foglio restasse li. No. Era destino che il vento mi mostrasse il vero libro. Un giorno camminavo da sola nel parco, quello dopo baciavo Scorpius Malfoy. L'avevo capito, che mi stavo innamorando. Che iniziavo ad amare il vero lui, quello dolce, che si vergogna dell'opinione altrui eppure è un Serpeverde, colui che è più vero di tutto il resto. Perfetto. Anzi, come mi aveva detto Scorpius uno dei nostri pomeriggi insieme, imperfetto. Siamo umani. E siamo pieni di difetti, che ci rendono speciali e diversi, nella nostra imperfezione. Non l'avrei mai creduto possibile, che lui fosse così dolce. Che esistesse un ragazzo come lui. Io, Lily Luna Potter, con lui ero solo Lil. Era stupendo lasciare i pregiudizi lontani, stare insieme. Il vento aveva sollevato il foglio un pò alla volta, ed il libro era magnifico.
Non ero mai stata superstiziosa, ma ero quel tipo di persona che non cambia idea facilmente.
E si. Adesso che lo vedo inginocchiato davanti a me con una scatolina di velluto in mano, capisco che avevo ragione.
Non era proprio destino che lo dimenticassi.

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Capitolo 13
*** Amos Diggory ***


Era una bella giornata.
Una di quelle che hanno un che dì primaverile nonostante la primavera sia finita da tempo. Il cielo era indeciso, azzurro chiaro, limpido e bianco come le nuvole sporche, e grigio perlaceo con riflessi indaco, ma l'unico colore che vedeva era il nero.
Un ciliegio, con i suoi rami rossicci, si muoveva dolcemente grazie al venticello che accarezzava i suoi fiori, piccole esplosioni di rosa pallido e bianco panna, ondeggiando verso il prato.
C'era calma, quiete, e la tomba di suo figlio rifletteva il paesaggio.
Voltandosi verso sua moglie, Amos fu abbracciato dai ricordi. Rivide la sua amata con il loro piccolo in braccio, un ciuffo di capelli eretto solitariamente, le manine paffute chiuse a pugno, gli occhi scuri che scrutavano il mondo. Vide se stesso seduto in giardino, mentre Cedric giocava con la sua scopa giocattolo, poi la partenza per Hogwarts, il castello che era diventato il soggetto delle sue frasi.
Ricordava bene lo Smistamento, non perché fosse stato presente, bensì perché la sera del primo settembre aveva ricevuto una lettera di suo figlio, colma di gioia e aspettative. Cedric era un Tassorosso orgoglioso, vanto della sua Casa, bravo a scuola ed a Quidditch.
Erano passati anni, ma Amos non dimenticava.
Era quel tipo di persona che preferisce ricordare.
La notizia della sua vittoria a Quidditch contro Harry Potter lo aveva esaltato, onde poi scoprire che il suo Cedric non aveva fantasmi da scacciare come il Prescelto. Già, il Prescelto. Perché Amos ci credeva, in Silente, in Potter.
Sapeva che suo figlio non era vittima di un incidente, e vederlo lì a terra, con gli occhi spalancati, era stata la cosa peggiore che gli fosse mai capitata, ma era morto e lui voleva vendetta, non per l'uccisione, ma per il dolore. Eppure era troppo tardi. L'aveva capito quando sua moglie aveva trattenuto il respiro, mentre Potter urlava e tutti correvano verso i Campioni. Era tardi.
"Dormi in pace, piccolo mio"

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Capitolo 14
*** Fratelli Potter ***


ANGOLINO AUTRICE😍
Lo so che sono in ritardo. Lo so. Scusatemi tantissimo ma non ho avuto un attimo libero, ed i pochi momenti li ho passati con chi amo..Scusate scusate scusate.. HO PUBBLICATO ANCHE IL CAPITOLO PRIMA💕 Allora buona lettura.. Grazie a chi recensisce e legge. #Gaia~
La neve cadeva lentamente, disegnando spirali argentee nell'aria cristallina, e piccoli fiocchi, come regali dolcemente adagiati a terra, volteggiavano in un turbinio di riflessi.
La quiete regnava sovrana, avvolgendo in un'atmosfera ovattata anche i suoni più lievi, creando una melodia dolce che accompagnava il balletto di luci e colori, e un venticello giocoso si nascondeva tra le fronde degli alberi. Vicino al ruscello c'era un piccolo fiocco di neve che fluttuava indipendente, curioso di scoprire il mondo, sfidando la natura che lo circondava, ma ad un tratto si era fermato.
Seduta al centro di un laghetto immerso in un arcobaleno bianco ed argenteo, c'era una bambina.
I capelli rossi erano l'unica nota di colore nel paesaggio che la circondava, e una lacrima solitaria, baciata dal gelo, le accarezzava la guancia, scendendo fino al piccolo sorriso, nato sul suo volto alla vista del piccolo dono fermatosi sulla punta del naso.
Nei suoi occhi verdi era passata un'ombra malinconica alla vista di due ragazzi che pattinavano sul ghiaccio, ridendo e rincorrendosi allegramente.
"Posso giocare con voi?" Chiese ai due quando le passarono accanto.
"Non so pattinare.. Cado in continuazione e non riesco a stare in piedi.." Aggiunse, aspettando una risposta.
"Vi prego... Giuro che non vi darò fastidio!" La voce ormai ridotta ad un sussurro si perse nel manto innevato che la circondava. Non molto distanti da lei, i suoi fratelli continuavano a giocare.
Il piccolo fiocco di neve era stato trasportato dal vento di fronte alla bambina, che si era alzata in piedi per afferrarlo con le sue manine, cadendo sul ghiaccio dopo qualche secondo.
A quel punto lacrime copiose erano cadute a terra, ed il giocoso ricamo di quella coperta innevata aveva iniziato a fluttuare e volteggiare attorno ai due ragazzi.
Cercava di attirare la loro attenzione, ma era solo un piccolo fiocco di neve, nessuno lo vedeva. Perché c'è differenza tra ascoltare ed essere ascoltati, tra vedere ed essere visti, tra fare e ricevere un sorriso, è una sottile differenza, ma fa tutta al differenza del mondo.
Il vento che soffiava, sempre più forte, il fiocco di neve adagiato sul naso di uno dei due ragazzi, le mani gelate strette tra loro, il lago ghiacciato circondato da risate, erano il quadro di quel tramonto innevato.
E forse lo sapeva anche quella bambina, che i suoi fratelli non erano cattivi, non erano ombre scure ma luci opache, che senza vederli non sarebbe stata vista, che senza ascoltarli non sarebbe stata ascoltata, e forse credeva di non saperlo, ma in una piccola parte del nostro cuore, lo sappiamo tutti. Abbiamo tutti la chiave per aprire quel cassetto, per sorridere e vedere i sorrisi restituiti, per amare ed essere amati.
E quando il fiocco di neve vide i fratelli raggiungere la bambina, si adagiò dolcemente sul davanzale di una piccola casetta, mentre al prima stella brillava nella notte.
Perché così viviamo noi, camminando in equilibrio su una finestra affacciata al mondo.

LO SO CHE È UN PO DIVERSA DAL SOLITO, ma volevo provarci, e la prossima sarà un tipo di persona che...(Ma va' certo che è diversa dal solito, un ce n'eravamo accorti..) La mia ironia interiore sorry.😂 Grazie e recensite...

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Capitolo 15
*** Rose Weasley ***


L'ho sempre saputo che sarebbe stato doloroso. Ma ho sempre pensato che il dolore sarebbe arrivato più in là, per decisioni o motivi dipendenti da me. Invece adesso ho dei tagli profondi che si stanno rimarginando, che si riaprono, e delle fitte che ogni tanto mi trapassano. Meglio. Direte voi. No. Da un lato si... dove è finita la me sicura? Poi l'odore. Lo ho nelle narici, addosso, nella testa. Non ce la faccio. A stargli accanto. Inizio a ricordare. A chiedermi come sarebbe stato. Il momento in cui tutto è finito, non me lo aspettavo. È stata una coltellata, se fossi stata sola sarei caduta. Ho mormorato qualcosa, un "va bene" un "okay..me lo immaginavo, che non sarebbe durata". E la mia amica mi ha guardata, incredula. Neppure io ci credo, non ci voglio credere, ho urlato dentro di me. Ho osservato il resto del mondo andare avanti, senza vederlo, vivendo ricordi senza accorgermene. Ho fissato il vuoto. Poi mi sono seduta, sarei caduta altrimenti. Silenzio. Era doloroso quello. Ma il rumore è peggio. Prima le fitte erano tante e ravvicinate, adesso sono pugni nel petto. Dove lui mi stringeva. Dove mi toccava. I baci. Non ce la faccio a pensarci. Non voglio. Ma è come una foto sul comodino. Come una rosa vicino al letto. Senti l'odore, non la guardi, non ci parli. Ma c'è. Ci sarà sempre. Me lo chiedo, come sarà tra un mese. E non lo so. Non vorrei neppure doverlo scoprire, come starò. Non sono il tipo di persona che porta rancore, che inizia ad offendere. No. Soffro dentro, rimugino, mi domando. Cosa mi resta adesso? Non nulla. No. Però di ciò che avevamo... Non esiste un noi. Dovrei averlo capito. Eppure lui mi manca già. Come farò? A resistere. A vederlo andare avanti. È strano, ma non so neppure se desiderare di conoscere il motivo della rottura. Da un lato vorrei saperlo, ma se poi mi mostro troppo al nemico e quello mi colpisce di nuovo? Un "non ti ho mai amata, erano bugie" non lo sopporterei. Non ci credo neppure io che non mi amava, né che ha smesso cosi, da un giorno all'altro. Finalmente le capisco, le frasi che dicono di quanto sia bello avere qualcuno li, che poi non c'è, il mancarti una persona. E capisco quelli che dicono "mi ha fatto rispondere -bene- alla domanda come stai" Per un po', sono stata bene. Adesso, tutto mi parla di lui. Lui stesso mi parla. Come se non mi avesse cambiato la vita e poi si fosse tirato indietro. Ma lo so che non è cosi. Perché lui è un disastro di ragazzo, se usate come idea colui forte e fantastico. Ma è vero.
Bello per me, non esattamente forte, ma speciale. Colui che se ti abbraccia ti stringe, che ha i cali di autostima come te, che ha un sogno. Non è forte, con me le maschere se le è tolte. Lo amo. Amavo dovrei dire. Vedete cosa mi ha fatto? Sembra quasi che non sono nulla. Non è vero, lo so. So che andrò avanti. In qualche modo. Eppure adesso mi manca. Abbracciami amore mio. Glielo direi. Ma non posso. Che strano, un mese fa ero diversa. Era l'ultimo dei miei pensieri mettermi con qualcuno. Con lui poi. Mah. Guardo fuori dalla finestra, il cielo è azzurro chiaro, brillante, e gli alberi gli fanno il solletico con il loro verde primaverile. Solletico. Mi ricorda lui. Il mondo è allegro, vivo. E io sto male. Strano vero? Io non mi pento di nulla. Solo che, tra quelle persone che amo e che mi staranno accanto quando avrò bisogno, ci contavo anche lui. Adesso? Non so cosa farò. Vivrò. Ho voglia di vivere. Non può finire così. Mi chiamo o non mi chiamo Rose Weasley? Non mi arrendo.

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Capitolo 16
*** Alice Paciock Jr ***


ANGOLO AUTRICE
Dedicata a te, che forse non la leggerai neppure, che magari ti arrabbierai con me e che mi abbraccerai quando non me lo aspetto. Dedicata semplicemente a quella persona che mi fa sorridere.
Il castello di Hogwarts non le era mai sembrato più bello. Le torri si stagliavano fino a solleticare il cielo indaco, lilla, e le luci sembravano lucciole riflesse sul prato. Il tramonto era sempre stato il suo momento preferito della giornata.
Alice sedeva con le gambe fuori dal parapetto, un libro accanto e le braccia appoggiate dietro di sè. Osservava il paesaggio, senza realmente vederlo. Si sentiva sbagliata, come se nessuno si fosse mai preoccupato di lei, come se nessuno l'avesse mai guardata. Certo, gli sguardi non mancavano. Ma lei non voleva i pregiudizi, i commenti maligni, una volta nella sua vita, Alice desiderava essere vista. Non come la secchiona, nè come l'amica geniale, solo se stessa. Detestava coloro che giudicavano senza sapere, coloro che senza conoscere si arrabbiavano, coloro che purtroppo costituivano parte del castello. Fin da piccola, i libri erano stati i suoi amici. Può un mucchio di fogli trasmetterti emozioni, consigli, senza mai rimproverarti? Portarti ovunque tranne che nel tuo mondo. Aveva scoperto la risposta da sola, estraniandosi dal resto. Quello era diventato il suo posto felice qualche anno prima, quando vagava per il castello alla ricerca di un luogo dove stare da sola a riflettere. Amava il tramonto, il silenzio di quella torre.
Nessuno aveva mai condiviso l'aria di quel piccolo pezzo di pace con lei. Fino a quel giorno. Non sapeva perché, ma aveva provato una strana voglia di mostrare ad Albus la torre, di esternare un po' di se stessa. E lui l'aveva capita, come solo Lily e Dominique erano state in grado di fare in tutti quegli anni. Albus nascondeva una dolcezza ed un che di adorabile che mai avrebbe sospettato di potergli attribuire, lui che non era come suo fratello James, ma che apprezzava le ragazze e le battute in modo leggero. Le dava un po' l'impressione di voler essere accettato da tutti, come se il suo vero io non l'avessero visto in molti poiché lui non voleva. Era strano, Al, ma lei lo amava. A sedici anni, poteva dire di amarlo. Di aver passato anni in attesa di lui, di conoscerlo, finendo per amare la persona vera che nascondeva. Era strana, Alice, ma a lei non importava. Almeno, non sembrava importarle. Era quel tipo di persona da cui ti aspetti cose, fatti, parole. E Alice era tutto ciò che gli altri pensavano, ma in modo diverso. Albus lo sapeva, l'aveva scoperto. Sapeva di quanto avesse sofferto, non tutto però, e in quei momenti passati insieme, Alice aveva conosciuto il vero Al. Non solo il giocatore di Grifondoro, neppure colui che scherza e che ha tanti amici, ma una persona vera. Era di più. Come lei non era solo la figlia di Neville, e neppure l'amica dei Potter o la ragazza sempre pronta ad aiutare. Lei era qualcuno grazie a lui. E l'amava per questo.
In fondo, la loro era una storia scritta a quattro mani ed a occhi chiusi, con il sorriso nel cuore. Erano un disastro, uno di quelli che vuoi durino per sempre.
Anche io sono un disastro, come Alice. Grazie a voi, i miei Lily, Domi e Al. Soprattutto Albus.❤️

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Capitolo 17
*** Fred e George Weasley ***


ANGOLO AUTRICE
Scusate per il ritardooo. Ultimamente ho vissuto di tutto...

Dedicata a Ile, per il suo quattordicesimo compleanno. Auguriiiii, ora che sei più vecchia di me😘😂

Le lezioni di Storia della Magia erano da sempre conosciute dagli studenti di Hogwarts come le più noiose, e non c'era studente che non si fosse mai addormentato durante quell'ora. La voce del professore era bassa, lenta e monotona, come una ninnananna soporifera che ti portava a chiudere gli occhi senza volere, e dalle finestre entravano i raggi delicati del sole, rischiarando l'aula altrimenti buia.
Storia della Magia non era interessante quanto Pozioni, durante la quale potevi far esplodere il calderone o parlare con il compagno, e non era come Erbologia, movimentata grazie al fatto che, se ci tenevi alla tua vita, dovevi fare attenzione. No. Storia della Magia si svolgeva nell'ala vecchia del castello, popolata da fantasmi silenziosi e da quadri educati, che ti rimproveravano per ogni minimo sospiro. I corridoi vicino la vecchia aula erano bui e polverosi, scuri e illuminati da lanterne sinistre, mentre le scale cigolavano e dai finestroni entravano i raggi più coraggiosi, quelli che non raggiungevano né il lago né il prato.
Ogni studente di Hogwarts aveva maledetto Ruf e la sua materia, ma George e Fred non erano tra questi.
Per loro, Storia della Magia era il momento perfetto per architettare scherzi e per distrarsi, stranamente non erano il tipo di studente che dorme in classe. Per Fred, ogni occasione era buona per parlare con George, colpito da una straordinaria idea, e George coglieva l'attimo di silenzio per spaventare Fred.
Entrambi avevano utilizzato le piume che davano la risposta sempre giusta, inventato metodi per copiare e per scriversi messaggi che nessuno tranne il destinatario potesse intercettare.
I banchi segnati dal tempo, mostravano i segni degli anni passati, tatuati da alunni annoiati che lasciavano la loro firma incisa nel legno consumato, ed i gemelli non erano da meno. Quante risate avessero sentito quelle pareti, le scuse più stupide per non aver fatto i compiti, non lo sapeva neppure Ruf.
-Ehi George, a cosa pensi?
-A nulla Fred..
-Ti conosco fratellino, pensi ad Angelina...
-Fred!
-George!
-Signori Weasley! Di cosa stavamo parlando?
-Ehm..
George e Fred, Fred e George, in fondo, non erano poi così diversi dagli altri.

E neppure noi lo siamo vero? Noi stiamo attente in classe.. Certo. Auguri (in ritardo di nuovo)!

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Capitolo 18
*** Victoire Weasley ***


ANGOLO AUTRICE
Buongiorno, buonasera, buonanotte. Grazie a tutti voi che leggete, e che sopportate i miei ritardi, anche se oggi sono puntuale... Pubblico today because domani sono in gita quindi non so se avrò l'occasione di farlo prima di giovedì. #Gaia~
Oggi posso dire che lo voglio.
Troppo.
E che lo amo.
Troppo.
Perché si, davvero, mi manca.
Troppo.
E soprattutto quando mi evita, è li che soffro. Quando mi guarda. Quando sembra geloso. Quando si arrabbia ed io sono l'unica che capisce, eppure non può dire nulla. Quando mi dicono qualcosa e lui è li, e sa la verità, ma non può dirla. Quando rido, e poi lo vedo, mi guarda, e arrossisce.
Mi manca troppo.
Anche quando ho le lacrime agli occhi, e so che basterebbe una parola per calmarmi.
Anche quando non mi parla o se mi avvicino si sposta.
Anche quando sento l'odore e mi si inumidiscono gli occhi. Anche quando vivo, o cerco di sopravvivere, e lo so che lui fa lo stesso.
Lo amo e si, davvero, vorrei che le cose cambiassero. Lui non mi vuole spiegare. È geloso. Mi guarda. Arrossisce. E poi ride. E non ci vedo nulla di sbagliato visto che lo faccio anch'io.
Mi manca troppo.
Oggi sarebbero state tre settimane. Sabato scorso un mese. E vedere sui fogli, sui libri, le date, le frasi. Mi manca ma voglio che si trasformi in un "finalmente è di nuovo con me". Perché ora non ci credo, che non gli sia mai importato di me. Anche lui prova lo stesso, e per qualche stupida ragione mi ha lasciata. Ed io voglio che le cose cambino, ci proverò. Perché si lo amo, e lo amavo prima.
Non sono il tipo di persona che si ferma di fronte ai problemi, detesto piangere in pubblico. Sono quel tipo di persona che davanti a lui passa di proposito per vederlo, e che non si arrende.
Non mi importa se Teddy è diverso da me, dalla mia famiglia. Lui ne fa parte da sempre e voglio che diventi un membro a tutti gli effetti, e non accetto un no come risposta.
Sono Victoire Weasley, un ottavo Veela e non così fragile come tutti pensano.

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Capitolo 19
*** Sirius Black ***


I Black appartenevano ad una nobile casata, da secoli convinta che il sangue puro fosse simbolo di superiorità, e quando Walburga aveva sposato suo cugino Orion ne era stata orgogliosa.
Lo stemma di famiglia, che si stagliava come un marchio sulle pareti del loro palazzo, ed il verde, che illuminava ogni stanza, per loro erano un vanto, qualcosa di cui essere fieri. Alla nascita del loro primo figlio, Sirius, la possibilità di continuare al dinastia di Serpeverde Purosangue era nitida nelle menti di Orion e Walburga, ma pochi anni dopo era stato Regulus a renderli felici, non il loro primogenito.
Lui non preferiva le motociclette alle scope da Quidditch, non leggeva riviste disseminate per casa, non detestava le buone maniere e non ripudiava i loro insegnamenti.
Sirius non era un Black, lui era Sirius Black.
Il Malandrino, colui che rovinava i pranzi di famiglia con i commenti inopportuni, che si prendeva gioco del fratello minore, che a dieci anni aveva comprato una bandiera di una squadra di calcio per coprire lo stemma sopra il letto. Il vecchio elfo domestico si nascondeva udendo la sua voce, per paura di essere rinchiuso nel sottoscala, ed i quadri nei corridoi fuggivano nelle altre cornici spaventati dal rumore che la radio babbana emetteva, ma a Sirius non importava.
A lui piaceva vedere sua madre arrabbiarsi e gonfiarsi, il volto paonazzo per lo sforzo e le mani strette a pugno, senza perdere la sua espressione orgogliosa, lo trovava divertente. Negli anni aveva perso la voce ed imparato a memoria le canzoni che il figlio ascoltava a tutto volume, Sirius ne era certo.
Sul treno per Hogwarts poi, aveva conosciuto James Potter. Quel ragazzo dai capelli scompigliati, il sorriso sfrontato e l'aria di chi è stato viziato senza volerlo lo aveva da subito affascinato.
Erano così simili, così diversi.
Alla cerimonia dello Smistamento, Sirius non aveva avuto rimorsi, e quel "Grifondoro!" era stato la prima di tante sfide. La Strillettera dei suoi genitori, gli sguardi dei parenti, i borbottii ed il rifiuto del rosso e oro in casa avevano solo accentuato la frattura, ma la cicatrice c'era da anni e Sirius lottava con i suoi amici.
Non che al Malandrino dispiacesse far impazzire i Black, ma spesso preferiva abitare dai Potter, che lo avevano accolto come un figlio.
Era strano, il suo rapporto con Orion e Walburga.
Inizialmente le loro parole erano pugni, lasciavano lividi, poi erano diventate lacrime, poi urla nella testa come un'eco, fino a trasformarsi in tagli. In superficie, sempre più incisi, precisi e profondi con il tempo.
Era ferito, ma continuava a ferirsi, non riusciva a fare a meno di rispondere a tono, di reagire.
Non era un Black, ma Sirius Black, ed era autolesionista psicologicamente, bello e dannato.

ANGOLO AUTRICE Blabla scusatemi per il ritardo, ma come vi avevo già detto ero in gita scolastica. Alla prossima... (Che amore Sirius aww)

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Capitolo 20
*** Molly Weasley ***


Angolino-
Mi scuso con coloro che seguono perché si, sono in ritardo di una settimana quasi.. Non è esattamente un bel periodo, perciò se scrivo, scrivo cose per me stessa, o che pubblicherò fuori dalla raccolta.. Cercherò comunque di aggiornare.. Ah e.. VI CHIEDO UNA RECENSIONE anche minuscola..
Quell'orologio l'aveva sempre affascinata.
Le lancette dorate, con le punte lucenti, battevano dolcemente i secondi sul quadrante costellato di piccole esplosioni argentee nel blu scuro, dove erano incise due minuscole lettere, ed ogni numero era stato descritto dai colori con delicatezza e sapienza, ma a lei piaceva quel piccolo particolare segreto.
Nessuno lo sapeva, ma tutti ne erano indirettamente a conoscenza.
L'aveva comprato in un negozietto di Diagon Alley, attratta da quella caratteristica speciale, dal fatto che rappresentava la sua famiglia. Aveva trasformato il segreto in normalità, e la realtà era diventata un segreto che custodiva gelosamente da anni.
Le piaceva il fatto che ciascuna lancetta dorata divenisse argentea e rappresentasse un Weasley, che sul quadrante i numeri e le stelle si trasformassero in immagini e piccole parole, che potesse sempre sapere dove si trovavano Arthur ed i loro figli.
Molly era una donna forte temprata dalla vita, ma la perdita di Fred l'aveva segnata, ed a cosa servivano le preghiere ed i desideri, se nulla poteva riportarla indietro? Anche quell'orologio la feriva, suo marito ed i suoi figli lo sapevano bene, ma non conoscevano il vero volto di quello strano e doloroso oggetto, così semplice, che per loro era semplicemente il presente.
Guardando Fred Junior -George le aveva fatto quel regalo tre anni prima, un giorno assolato di Aprile- seduto sulle sue ginocchia, che allungava le manine paffute verso di lei, Molly sorrise ed agitò la bacchetta.
Il quadrante e le lancette si trasformarono, mentre l'orologio si mostrava come era sempre stato in realtà, era il momento di non guardare sempre quella lancetta.
E, osservando il blu, le stelle in cui era immerso e le lancette che continuavano il loro viaggio, Molly capì che era il momento di fare come loro, andare avanti.

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Capitolo 21
*** Katie Bell ***


*Angolino*
Non sono scomparsa... ho cercato di immaginare Katie dopo il dolore inerente a Fred, una persona speciale. Dedicata ad ognuno di voi, quelli che hanno vissuto qualcosa come me, perché io l'ho scritta per me stessa.

-Da piccola, mi tagliavo con le pagine dei libri. Ricordo che correvo a mettere le dita sotto l'acqua, mentre continuavo a leggere.
Sono sempre stata testarda. Orgogliosa.
Vedevo il sangue e l'acqua unirsi, e scomparire. Dopo pochi minuti, tornavo sul letto a leggere.
Da piccola, cadevo sempre. Ricordo che la notte toccavo il pavimento e continuavo a dormire. Se mi svegliavo poi, aprivo gli occhi e mi trascinavo sulle coperte.
La mattina seguente mi alzavo con il livido in fronte. Ero testarda.
Non volevo mai mettere il ghiaccio.
Mi ammalavo spesso, ma detestavo curarmi. Rifiutavo le medicine, gli sciroppi dolciastri, urlando fino a quando non mi lasciavano sola.
Ricordo che una volta caddi dalle scale mentre giocavo con il mio bambolotto preferito.
Mi rialzai subito con le lacrime agli occhi, e tutti si preoccuparono per me, ma io volevo solo vedere se il mio amico stava bene.
Da piccola, ero molto curiosa.
Facevo tantissime domande, impossibili ed improbabili, e volevo scoprire il mondo da sola.
Riuscii ad incastrare una mano nella porta, ad essere morsa da un gatto randagio, a fare il bagno in una pozzanghera, a cadere dall'altalena mentre mi arrampicavo sullo scivolo.
Non stavo mai ferma. E non piangevo se cadevo.
Il dolore fisico non mi ha mai colpita troppo a lungo.
Da piccola, mi tagliavo con la carta dei libri. Indirettamente, mi tagliavo con le parole.
Poi sono cresciuta, ed a ferirmi era il mondo.
Il male vero, l'ho provato più tardi. Quello che non dura un attimo, non lascia lividi, non è visibile.
Non piangevo mai. Poi sono crollata.
Le lacrime pungevano, al pensiero dei ricordi, ed un dolore incurante della devastazione che portava mi batteva nel petto. Avevo un peso dentro, insieme al vuoto.
Da piccola, cadevo dal letto. Mi rialzavo e tornavo a dormire.
Poi sono cresciuta, e sono caduta lungo il cammino fino a perdere il conto delle volte in cui mi aggrappavo all'aria per non crollare di nuovo.
I lividi mi urlavano in faccia parole confuse, la realtà era offuscata.
Non sapevo di avere un limite. Ce lo creiamo da soli.
Scoprire che a volte piangere era l'unica soluzione, quando ti senti distrutto dentro e fuori, è terribile. Inizi a pensare di poter andare avanti, ma un altro colpo ti fa cadere.
Ho perso il conto dei giorni in cui sono crollata.
Tutti mi hanno sempre detto che ero forte, ma io non ne ero così sicura. Non sono mai stata forte.
Sono solamente sopravvissuta a lungo.
Ti rendi conto quando devi affrontare il dolore, che nessuno è forte. Semplicemente, ci sono persone che affrontano meno dolore.
I protagonisti dei libri che leggevo, erano eroi. Ma noi eroi non siamo. Siamo umani.
Vincere non era possibile. Non se mi attaccavano su più fronti, non se il tempo non passava mai o era troppo veloce nei momenti belli, non se crollare significava capire di essere devastata.
Te l'hanno urlato spesso, vero?
Smettila. Vai avanti. Lo so che ce la fai. Non ti sopporto quando piangi, sei patetica.
No, io non ero forte.
Cercavo semplicemente di esserlo.
Però adesso ho vinto la mia battaglia, non la mia guerra.
La vita è così imprevedibile. Non sai neppure cosa farai stanotte. Se piangerai, ballerai, sorriderai.
Da piccola, ero curiosa.
Poi sono cresciuta, ma lo sono ancora. Non curiosa, ma desiderosa di andare avanti.
Per quanto doloroso possa essere, d'ora in poi vivrò.
Ho smesso di sopravvivere.-

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Capitolo 22
*** Lily Evans ***


*Angolino*
Nata nell'ora d'inglese...Molto produttiva eh? Buona lettura.
A volte, Lily piangeva.
Petunia non le rivolgeva parola da anni, se non per insultarla, ed i loro genitori intervenivano nelle loro discussioni con un'espressione ferita che la ragazza non dimenticava.
Era come un livido che nonostante tutto non puoi coprire, che rappresenta le ferite in superficie, tagli netti sempre più precisi ed incisi, profondi.
Era forte. Ma in realtà non era vero.
Esternamente sembrava sopportare la situazione.
Erano bugie quelle che le dicevano, per evitare che crollasse.
Era già crollata anni prima, ma nessuno lo sapeva.
Quanto d'aiuto potevano essere Mary ed Alice, senza ripetere le stesse parole, prima di stufarsi ed arrendersi?
Nessuno se ne era mai accorto, ma lei non voleva parole di conforto, a lei sarebbe bastato qualcuno accanto.
Era stupido, quel Potter.
Stupido, ma aveva capito quel bisogno più di quanto avessero fatto tutti gli altri, più delle sue migliori amiche, prima di quel momento.
Anche i loro continui litigi la spossavano.
E quel giorno era arrivata al limite. Prima di crollare davanti a lui.
Era l'ultima cosa che desiderava.
Piangeva Lily, le lacrime negli occhi e quel peso nel cuore che un semplice gesto aveva sollevato per un po.
Potter l'aveva aiutata più di quanto avesse mai creduto possibile, lasciandola poi sola in riva al lago sulla sabbia bianca, con i suoi pensieri.
Forse non era così superficiale come credeva. Forse anche lui aveva sofferto. Forse sarebbero potuti diventare amici.
Forse, si disse. Ma lui rimaneva sempre James Potter, e lei era Lily Evans.

*Angolino*
Ma quanto sarà dolce James se ci si mette d'impegno.. non solo lui. Ma impegnatevi voi ragazzi ogni tanto.. soprattutto perché a volte un abbraccio cambia tutto. Aspettando qualche recensione... Ciaoooo

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Capitolo 23
*** Hermione Granger ***


*Angolino*
Ultimamente le cose non vanno per il verso giusto anzi, i problemi familiari e quelli a livello di amicizie e amore sono aumentati.. Mi scuso per i disagi, e credo che questa Hermione mi somigli abbastanza.. okay, tanto. BUONA LETTURA..
Fuori, pioveva.
Il temporale era iniziato da poco, colpendo violentemente i rami degli alberi già in fiore, facendo ondeggiare le foglie e tremare i vetri delle finestre.
Le gocce si abbattevano con forza, disegnando il loro cammino sul verde, lasciando tracce invisibili ed argentee, ed il ticchettio della pioggia era ritmico e ipnotico, una melodia singolare suonata dalla natura.
Piccole pozzanghere si creavano nel vuoto, riflettendo il cielo ormai violaceo, dove le nuvole si rincorrevano infuriate, scatenando la loro ira sul paesaggio sottostante.
Al centro si estendeva una coperta grigio scuro, attraverso la quale spiragli più chiari, argentei, si illuminavano di cobalto, in un susseguirsi casuale di blu ed azzurri, come il mare in inverno.
Vedeva il mondo riflesso in specchi trasparenti, ma la sua attenzione era catturata dalla notte, che scendeva prepotente, dipingendo con colori cupi ogni particolare e dettaglio di quel quadro.
Non aveva paura del temporale, ma le metteva tristezza.
I tuoni scuotevano la terra, lasciando dietro di sé un ritmico ticchettio, ed i lampi illuminavano porzioni di notte per pochi secondi, esplosioni di luce nel buio.
La natura le sembrava spaventosa e crudele, ma così bella da togliere il fiato.
Solitamente si sarebbe seduta di fronte all'entrata della tenda per osservare quello spettacolo, ma non fu cosi.
Si chiedeva chi fosse davvero. Era Hermione Granger.
Ma cosa significava? Fin da piccola il suo nome veniva associato a caratteristiche che gli altri credevano di capire, ma non era cosi.
Babbana, secchiona, Sanguemarcio, castoro.
Nonostante si fosse sempre mostrata indifferente e forte, lei non lo era. Semplicemente, andava avanti.
Ogni litigio con Ron era un duro colpo.
Quella notte, le erano rimaste solo le macerie. Era distrutta sotto il crollo di ogni certezza che negli anni aveva costruito.
Soffriva al pensiero di doversi alzare e vivere, al pensiero di tutti quei ricordi che l'avevano fatta sorridere, e piangere contemporaneamente.
Ogni piccolo particolare era sfigurato dalle lacrime che pungevano i suoi occhi, velati da tristezza e dolore represso.
Fisicamente, erano lividi, tagli inferti con precisione, e non poteva fermare la distruzione che causava il vuoto nel petto, allargandosi sempre un po di più.
Non aveva pace, ogni piccola cosa le ricordava Ron, il litigio, i suoi genitori. Si sentiva in colpa. Sbagliata.
Sbagliata perché non era riuscita ad impedire al suo mondo di crollare.
Forse però, era crollata anni prima. E da li si stava ricostruendo.
La devastazione, come se provasse troppi sentimenti e ne fosse al contempo svuotata, si faceva strada sotto la pioggia.
Hermione stava male.
Dopo anni di "sto bene", capi di stare male.
Era quel tipo di persona con cui il mondo è crudele troppo presto, che deve affrontare il dolore diversamente. Aveva cancellato la memoria ai suoi genitori, ma anche lei avrebbe voluto poter resettare tutto.
Sogni, speranze, paure. L'attesa, i ricordi.
Si sentiva stupida e patetica, come se non le fosse permesso di soffrire.
Era sempre stato cosi.
Soffocava nei singhiozzi ripetendosi che poteva accadere di peggio. Che c'era chi soffriva più di lei.
Se non poteva aiutare se stessa, doveva provare a far stare meglio gli altri.
Determinata, si alzò e raggiunse il letto.
Avrebbe provato a dormire, dimenticando che lui se n'era andato. Ancora una volta. Quando lei aveva bisogno di lui.
Non c'era.
Gli aveva detto cose che non aveva mai detto a nessuno, e lui se n'era andato.
Forse era come il temporale, inevitabile.
Forse era semplicemente lei a sbagliare, perché Hermione Granger era sbagliata.
Si sentiva inutile, vuota, dilaniata dalla sofferenza, devastata.
Era in guerra con se stessa, con il mondo, ed il teatro era proprio il suo corpo.
Non li capiva, gli autolesionisti.
Era una di loro.
Si colpiva in continuazione, torturando la sua mente, i suoi sentimenti.
Non aveva tagli sulle braccia, sulla pancia, sulle gambe. Lei aveva tagli sul cuore.
E quelli non puoi coprirli, non puoi nasconderli, non puoi guarirli.
Devi semplicemente aspettare che il tempo cambi le cose. Come il temporale.
Sarebbe andata avanti.
Chiuse gli occhi e si addormentò.
Fuori, la pioggia smise di cadere. E le lacrime si fermarono.

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Capitolo 24
*** Nuovo personaggio. ***


La Lily Luna babbana che la figlia di Harry Potter vedeva riflessa nello specchio fin da piccola, aveva gli occhi castani che si trasformavano in verde avvicinandosi alla pupilla, ed I capelli lunghi sempre in disordine, in preda di una vita propria.
Aveva quasi quattordici anni e viveva in una città di provincia immersa nelle colline, partecipando alla propria vita assieme ad una grande voglia di scrivere.
La Lily dello specchio non era capace di volare, ma amava comunque viaggiare con la musica nelle orecchie, sospesa nel cielo azzurro sopra le nuvole, non era capace di far nascere un fiore anzi, li faceva appassire con il pollice verde difettoso che la natura le aveva donato, non aveva mai messo piede nel castello di Hogwarts, ma studiava in una scuola babbana con professori addirittura peggiori della McGrannitt.
I suoi genitori le volevano bene, nonostante non fossero famosi, e suo fratello minore insisteva sempre per giocare con lei, a differenza di Luna che non poteva uscire di casa senza attirare I fotografi e che era spesso isolata dai fratelli. Fin dalla più tenera età, si era legata alla nonna materna così simile a Molly, e passava i pomeriggi con lei, ridendo e scherzando, fino a quando non era cresciuta, ma le loro chiacchierate duravano comunque ore.
Ad un carattere da principessa viziata che vuole fuggire dal castello, aveva associato ed opposto quello di una sognatrice, semplice e forse troppo buona, testarda e si, anche insicura. Se si trattava di difendere le sue amiche però, la nuova Lily era come la streghetta.
Erano state compagne di giochi a lungo, amiche fidate per anni, e si erano innamorate confidandosi i segreti attraverso uno specchio dove incontrarsi era semplice come riflettersi.
Aveva gli occhi color cioccolato, i capelli scuri ed era complicato e vero, poiché non si mostrava un'altra persona se era con lei, il ragazzo babbano. Il nome non glielo aveva mai rivelato, preferendo un soprannome che era cambiato spesso.
Un po' alla volta, la Lily dello specchio aveva iniziato a provare cose nuove e ad affezionarsi fino a quando non si era riflessa nello specchio con le lacrime agli occhi.
Per quanto la streghetta sapesse che il mondo era crudele con molte persone, non si immaginava che potesse esserlo così tanto e così a lungo con la sua amica.
Erano bastati due sguardi per capire che era finita. Nel momento in cui Lily aveva avuto bisogno, il babbano se n'era andato.
Senza sapere certo. Che lei aveva appena scoperto della malattia del suo amato nonno. Che lei aveva preso l'aggeggio babbano (lucellare?) per chiedergli supporto, trovando quel maledetto messaggio.
Il mese successivo era stata la prova del detto babbano che ormai al figlia di Harry Potter aveva imparato a memoria: "le disgrazie non arrivano mai da sole".
Quello che aveva vissuto la Lily dello specchio l'aveva portata ad avere sempre più spesso gli occhi lucidi nel riflesso, a crollare sempre di più, a chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi tutto quello che le stava succedendo.
Prima aveva scoperto della malattia, poi si era ritrovata sola, fino a vedere le sue certezze sgretolarsi, una dopo l'altra, scoprendo che un incidente di cui lei si incolpava da anni (quattro per l'esattezza) stava portando alla morte l'altro nonno, essendo costretta a vedere la nonna materna, così simile a Molly, distrutta e vicina alla fine.
Lily c'era sempre stata, li nello specchio, come una medicina silenziosa e diversa, uno dei pochi pilastri ancora in piedi.
Alla scoperta che si, forse il babbano non era così stupido da poter stare senza di lei a lungo, si era ricreduta e per qualche giorno non si erano più incontrate con gli occhi lucidi nel riflesso.
Poi le "amichette" babbane della sua omonima si erano rivelate pronte a parlare male delle sue lacrime, del suo crollare per i nonni, ritenendolo una ricerca di attenzione.
Ma la Lily dello specchio non piangeva da quattro anni, e se le macerie la sotterravano, era anche perché trattenere le lacrime diveniva troppo difficile, per quanto provasse a lasciarsi andare solo a casa di fronte allo specchio. Quello specchio che era una Passaporta per il mondo dei maghi, per la sua amica speciale.
Era finita di nuovo per scelta di Lily, che aveva ormai rinunciato a cercare di sopportare gli attacchi delle compagne, e che aveva deciso di allontanarsi poiché non voleva che anche il suo babbano fosse bersagliato. Si era sbagliata.
Fortunatamente non era sola, la figlia di Harry Potter aveva conosciuto le migliori amiche della Lily dello specchio, ed avevano apprezzato quella ragazza diversa da loro.
Una sera, dopo aver passato il pomeriggio con il babbano ed un loro amico per un progetto scolastico, una premiazione, Lily aveva deciso che voleva tornare ad essere sua amica, e che avrebbe fatto qualcosa per se stessa.
E lo specchio? Non lo avrebbe rotto, sarebbe stato solamente portato in un'altra stanza.
Quindi si, concludo così la raccolta, sperando che capiate quanto la Lily Luna Potter al di là del mio riflesso, cioè la scrittura, mi sia d'aiuto e sia importante per me, ma quello specchio io non l'ho buttato, e potrò sempre osservarmi sulla superficie lucida.
Non sono il tipo di persona che ama le cose troppo dolci, ma mi fanno piacere, perciò spero che vi sia piaciuta e..be, al prossimo riflesso.
Gaia.

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