Dove finisce l'arcobaleno di keepcalm (/viewuser.php?uid=124998)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sei felice di essere qui? ***
Capitolo 2: *** Dove finisce l'arcobaleno ***
Capitolo 1 *** Sei felice di essere qui? ***
“Andiamo, André, vediamo chi arriva primo al
fiume” e spronò il suo puledro.
I capelli color dell’oro ondeggiarono leggeri ed io li
guardai ipnotizzato: non era una bambina come tutte le altre e,
nonostante che questo mi aveva spaventato all’inizio, adesso
non potevo far altro che essere incantato. Niente era troppo per lei,
né i duri allenamenti o i compiti assegnatici dal maestro,
né i rimproveri che riceveva dal generale o le
responsabilità di cui la caricava, a dispetto della sua
età. Insomma, aveva solo otto anni! Ma lei cadeva,
si rimproverava per averlo fatto e si rialzava con un sospiro, non
mollando mai, perché lei era un uomo o, almeno,
così le avevano sempre detto. Non avevo mai capito
perché il padrone non fosse stato contento della nascita di
Oscar: lei era la mia migliore amica ed ero così
felice che fosse nata, non mi importava come
Perciò le corsi dietro, perché io ero il suo
compagno di giochi, o meglio di spada, perché lei queste
sciocchezze non le tollerava; anche se noi due ridevamo tanto insieme e
quello per me era giocare. Riuscii a recuperare terreno e tenerle testa
per un po’ ma alla fine vinse lei, come al solito: ormai mi
ero abituato al fatto che fosse invincibile e, anche se
all’inizio mi pesava, avevo imparato ad amare la sua risata
ogni volta che accadeva e, alcune volte, la cercavo di proposito. E
così fu. Girò il puledro, mi guardò
felice e disse:
“Ti ho battuto ancora, André!”
“Sì, ma di poco!”
“Ed è proprio questo che rende la vittoria
più bella” rise ancora più forte ed io
le risposi fintamente arrabbiato:
“Sei veramente egocentrica!”
“Vedo che le lezioni del maestro fai solo finta di non
seguirle - mi disse facendo la saputella – ma questo non
cambia il fatto che io, me ne vanti o meno, abbia vinto”
sospirai, sconfitto anche nella discussione, e mi sedetti ai piedi
dell’albero più vicino. Mi si avvicinò
e mi guardò dall’alto, inclinando la testa di
lato, sovrappensiero, e poi esclamò:
“Andiamo a farci un bagno!” esitai un attimo
perché mi ricordai di quando, ignari delle conseguenze, ci
facemmo una bella nuotata nel laghetto, troppo sudati dopo
l’addestramento con la spada: porto ancora i segni
del mestolo che mia nonna mi ruppe sul didietro per quel comportamento
“sconsiderato”. Lei capì il
perché del mio silenzio e mi disse:
“Oh, non fare il coniglio, non se ne accorgerà
nessuno: dopo ci sdraieremo al sole e ci asciugheremo per bene. Non
vorrei assolutamente che Nanny finisca con lo spezzarti
addosso anche il mestolo di ferro” e mi porse la mano per
aiutarmi ad alzarmi. Io la accettai e ci togliemmo la camicia e gli
stivali, iniziando a mettere i piedi nell’acqua fredda. Fu la
prima a tuffarsi e mi ordinò di fare presto, così
la seguii: era davvero bella, una volta abituatisi al freddo. Oscar
nuotò per un pò e, quando ritornò,
pensai che volesse sfidarmi ancora in qualche gara ma non fu
così:
“André, sei felice di essere qui? Qui a casa mia,
intendo. Pensi che un giorno vorrai andare via?” io la
guardai un po’ scioccato: era una domanda molto seria e non
ci avevo mai pensato. Ci pensai un po’su e poi risposi sicuro:
“Sì, Oscar, sono felice di essere qui e non me ne
voglio andare. Nemmeno fra cent’anni!”
“Meno male, perché non voglio che tu te ne
vada” soddisfatti entrambi, iniziammo a pensare a
cosa avrebbe detto la nonna se ci avesse visto lì, tutti
fradici e infreddoliti, e a come ci avrebbe rimproverato.
“Sei veramente un incosciente, André! Lasciare che
madamigella Oscar si tuffasse in quell’acqua gelida, con il
pericolo di prendersi un malanno o, peggio ancora, di non riuscire a
nuotare ed essere travolta dall’acqua…oh, non
voglio nemmeno pensarci! Vieni qui, sciagurato, vediamo se con il
mestolo riuscirai ad imparare la lezione..,”e feci una
perfetta imitazione di Nanny, tanto che anche Oscar non la smetteva di
ridere. Poi, stremata, mi schizzò dell’acqua e mi
disse:
“Oh, André, basta, così mi
uccidi!” avendo tanta voglia di vederla ridere ancora, le
schizzai a mia volta e le risposi:
“Hai visto?! Almeno sono imbattibile a fare
battute!”
“Sì, ti dichiaro giullare di corte!” e
un’altra schizzata. Pian piano diventò una vera e
propria lotta, come avevo desiderato, specialmente quando io
salii a riva mentre lei era accecata dall’acqua e,
prendendo una bella manciata di fango, gliela lancia in testa, sotto la
sua espressione completamente sconvolta. Allora salì anche
lei e mi spinse a terra, facendo in modo che ci rotolassimo e ci
sporcassimo i calzoni. Ma non ce ne importava niente: non riuscivamo a
smettere di ridere e finimmo per sederci ai piedi
dell’albero dove c’erano i nostri vestiti fino ad
esaurire anche le lacrime. Era così bello stare con Oscar.
Anche se non gliel’avevo mai detto, lei era le persona a cui
volevo più bene al mondo e volevo stare sempre con lei
perché così le risate erano assicurate. A volte
sembrava…non antipatica ma dura, ma era solo
perché il padrone lo era con lei: in realtà era
molto divertente e affettuosa. Come ora che, mentre aspettavamo che
passasse la ridarella, mi abbracciava stretto stretto. Quando
finì, appoggiò la testa sulla mia spalla:
“André io ti sono simpatica?”
“Certo, Oscar. Sei la mia migliore amica” lei
sorrise. Poi continuò:
“Bene. E tu sei il mio, André. Anzi, tu sei mio
fratello!” Mi emozionarono molto quelle parole.
“Sei il mio fratello maggiore, perché mi proteggi
e ti prendi le punizioni al posto mio. Però con la spada ti
proteggo io, perché anche io sono tua sorella, vero,
André?” e mi guardò un po’
incerta. Non capivo perché avrebbe dovuto dubitarne:
“Sì, Oscar. Però se tu sei mia sorella,
e per di più anche più piccola, sono io che devo
proteggerti con la spada!” e si mise a ridere
“Ma se ti batto a duello tutte le volte!”
“Questo è perché tu hai cominciato
prima di me e perché sei molto più agile, ma con
un po’ di pratica ti farò vedere
che…”
E così ci rivestimmo, tornando a casa ancora tutti sporchi
di fango ma non ce ne preoccupammo: ci stavamo divertendo come pazzi e,
anche se avrei di sicuro fatto infuriare la nonna, non mi interessava
perché stare insieme ad Oscar rendeva sopportabili tutte le
punizioni.
E qui inizia la mia piccola "avventura". Ho intenzione di scrivere
tanti piccoli missing moments in ordine cronologico. Non ho nessuno
scopo creativo, solo la voglia di condividere con chi ama questa storia
e questi personaggi come me quella che è la mia
verità. Ringrazio e dedico tutta questa raccolta ad una mia
insostituibile ma soprattutto cara amica qui, su EFP: senza di te non
sarebbe così divertente!
Spero che a lei e a chiunque abbia la pazienza di leggermi questa
"scampagnata" piaccia. Un saluto!
P.s. se qualcuno reclama la paternità del titolo di questa
mia storia, mi scuso e rimedierò all'istante.
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Capitolo 2 *** Dove finisce l'arcobaleno ***
L’aria era profumata e tiepida, segno di una mattina presto
di inizio giugno, e tutto il giardino risuonava delle urla e delle risa
di due bambini che si allenavano con le spade. Oscar e André
avevano trovato quella giusta sintonia dopo un anno di convivenza
insieme che faceva sì che il loro maggiore desiderio fosse
quello di condividere qualsiasi esperienza l’uno con
l’altra: rubare i biscotti appena sfornati dalle teglie non
era così divertente senza Oscar, così come
festeggiare il Natale, il compleanno e giocare a lanciarsi palle di
neve non era tanto speciale senza André. Da subito si erano
piaciuti: in lui, lei aveva visto un bambino dall’aria un
po’ sperduta e triste; in lei, lui aveva visto lo stesso,
nonostante venissero da due realtà completamente diverse.
Si erano riconosciuti, senza sapere il perché o il come; in
realtà senza neanche saperlo, almeno non ancora.
E adesso aspettavano solo che il loro rapporto si calcificasse e si
modificasse insieme a loro, rimanendo immutato nella devozione, ma
entrambi non mancavano di essere un valido sostegno per
l’altro, anche solo con la propria tacita presenza o una
silente stretta di mano. André voleva così bene a
Oscar che non riusciva neanche ad immaginare una vita prima o dopo di
lei; Oscar era molto spesso turbata o inquieta ma in André
rivedeva la sua pace, se stessa. Tuttavia, anche di questo, ancora non
era consapevole. Per ora si limitavano ad impugnare spade giocattolo e
a darsela di santa ragione, senza la conoscenza di una solida ed
impeccabile tecnica ma con tutta la foga e l’entusiasmo di
due bambini di nove e otto anni.
Oscar si impegnava oltremisura e cercava sempre il modo di uscirne
vincitrice; non l’avrebbe mai ammesso ma molte volte
André la lasciava fare: aveva sofferto così tanto
a vederla piangere a causa del padre, dei suoi continui rimproveri su
quanto fosse debole che, dopo averla consolata, aveva deciso che
avrebbe cercato di non vedere mai più quelle lacrime. Si era
sempre sentito in dovere di proteggerla, un po’
perché gli avevano detto fin dall’inizio che
quello sarebbe stato il suo compito in quella casa ma soprattutto
perché non avrebbe sopportato di vederla soffrire. Era la
sua sorellina, sebbene non potesse dirlo a lei altrimenti lo avrebbe
fatto a fettine.
Il che già in questo momento le stava riuscendo piuttosto
bene dato che continuava a sferrare colpi con la spada con il solo
scopo di procurargli un bel livido
“Ehi, Oscar, così mi fai male!”
“Oh, André, non fare la femminuccia, non ti sto
neanche sfiorando!” disse, prima di colpirlo esattamente sul
ginocchio
“Ahia, e questa come la chiami? Una tenera
carezza?” disse mentre si sfiorava la parte dolorante
“Uffa, André come sei piagnucoloso! Sei solo
arrabbiato perché, come al solito, ti ho battuto”
ribatté con un sorrisetto compiaciuto e provocatorio sulle
labbra. André sapeva bene che non lo stava prendendo in giro
sul serio, quando gli aveva detto che era un moccioso, ma sapeva invece
che a lei piaceva giocare così, provocandolo e iniziando a
battibeccare per vedere chi la spuntava. Anche lui si divertiva
parecchio
“Sì, ma a me non è mai interessato
vincere. Per il momento mi accontenterei di un ginocchio
sano!”
“Come se ci credessi! Lo dici solo perché non vuoi
dare a vedere che in realtà stai fumando di
rabbia” e il nasino sporto all’insù. Gli
veniva sempre da ridere quando faceva la finta smorfiosetta
Decise quindi di passare all’attacco e toglierle quel ghigno
dalla faccia. Mentre lei si affaccendava a raccogliere le spade e
poggiarle ai piedi di un albero, lui le si avvicinò e le si
acquattò dietro, senza fare il minimo rumore, e
iniziò a solleticarle i fianchi tanto che la poverina si
stese a terra e cominciò a divincolarsi come una matta.
André le sedeva sopra a cavalcioni e lei prese a lacrimare
dal troppo ridere.
D’improvviso sentirono delle gocce piombar loro addosso e,
quando si resero conto che sarebbe degenerato in un acquazzone estivo
di lì a poco, si rifugiarono nel casino adibito ad armeria.
Non erano mai stati lì dentro, perlomeno non da soli, in
quanto era loro proibito utilizzare quelle armi, e il massimo a cui
potevano aspirare erano le spade di legno. Oscar si aggirava con
silenzio reverenziale davanti a quelle pistole, quei fucili e quei
fioretti che avrebbe tanto desiderato essere in grado di usare ma
purtroppo avrebbe dovuto aspettare l’anno prossimo per poter
iniziare il suo addestramento vero e proprio: doveva diventare Capitano
delle Guardie Realie e, per riuscire in questo ambizioso intento,
avrebbe dovuto lavorare sodo sin da subito. Intanto, André
non mancava lui stesso di apprezzare quelle armi: in fondo, si allenava
anche lui e avrebbe continuato a farlo insieme ad Oscar quindi aveva
una certa conoscenza di quello che gli si parava davanti agli occhi;
avrebbe voluto impugnare quel fioretto dall’elsa intarsiata
magnificamente e poterlo provare, ma gli era stato detto di non toccare
niente lì dentro e lui, essendo solo il figlio della
governante, doveva obbedire.
La bambina però non sembrava dello stesso avviso in quanto,
avendo anch’ella adocchiato la stessa spada ma facendosi meno
problemi del garbato bambino, mandò in barba le regole e la
impugnò: era davvero pesante e non sarebbe riuscita a
reggerla per molto, figuriamoci a combatterci, tuttavia,
iniziò ad agitarla un po’ maldestramente
nell’aria, imitando un duello. André nel frattempo
era rimasto con gli occhi sbarrati e la guardava come se fosse pazza o
come se avesse bestemmiato, per di più in una chiesa. Quello
sguardo non fece che rinvigorire l’ego di Oscar che si
sentì come un’eroina, invincibile,
perciò, si mise davanti alla finestra, puntò
solennemente la spada al di fuori ed esclamò:
“Sai, André, un giorno saprò usare
benissimo questa spada, ma talmente bene che sarò la
migliore spadaccina di tutta Francia, no, di tutto il mondo! Un giorno
mi butterò nella mischia e farò a brandelli i
malviventi, quelli che fanno del male alle persone che non lo meritano
e che si credono tanto forti. Mi verranno assegnate delle questioni di
massima importanza per la Corona ed io le porterò tutte a
termine perché sguainerò la mia spada e tutti
avranno paura di me e della mia bravura, e sai perché lo
so?” solo a quel punto si girò verso il bambino
che, ancora con gli occhi sgranati ed incapace di proferire verbo, ebbe
solo la forza di scuotere la testa in segno di diniego. Ma lei lo prese
come uno sguardo carico di ammirazione e continuò
più infervorata di prima
“Perché questo è il mio destino!
Così mi ha detto il mio papà!” disse,
abbassando leggermente la testa di lato mentre sembrava stesse cercando
di ricordare qualcosa, forse di verificare nella sua memoria
l’esattezza delle parole del genitore. Allora
André capì, gli si dipinse sul volto un dolce
sorriso indulgente e le rispose:
“Sì, Oscar, un giorno sarai imbattibile, tutti ti
guarderanno con rispetto e tuo padre sarà molto orgoglioso
di te. Scriveranno persino libri su di te, sulle tue avventure
e…” poi un pensiero lo intristì
però proseguì: “…e io
sarò il primo a leggerli e mi immaginerò tutto
come se lo avessi visto da vicino e...” ma a quel punto Oscar
lo interruppe, disturbata da un dettaglio di quella previsione
“E perché non dovresti? Tu sarai al mio fianco,
André, li dobbiamo combattere insieme i malviventi e portare
a termine le nostre avventure: da sola non sarebbe più
divertente! No, io dico che tu verrai con me ovunque io vada
perché tu sei il mio migliore amico, vero,
André?” il bambino non seppe bene come reagire, fu
solo spiazzato da tanta semplicità e tanta tenerezza: adesso
faceva meno male la mancanza dei suoi genitori perché sapeva
che avrebbe sempre avuto Oscar e la nonna. Sì, lui
l’avrebbe seguita dovunque. E perciò glielo disse:
“Sì, Oscar. E tu sei la mia, perciò
affronteremo insieme anche le avventure più spaventose del
mondo!” ma il diavoletto biondo in quel momento non sembrava
soddisfatta
“André, sei proprio sicuro? Perché io
ho deciso di iniziare già ora a combattere il male, non
posso starmene con le mani in mano! Perciò devo dirti un
segreto: ho scoperto un sacco di cose paurosissime, che neanche ti
immagini! Prima di tutto: lo sapevi che c’è un
mostro che ogni notte si infila sotto i letti e fa fare gli incubi o ti
tira i piedi mentre dormi? Non possiamo permettere che giri per casa
così e che faccia morire di paura Nanny o qualcun altro, noi
li dobbiamo proteggere! E non ti dico di quanti ce ne sono nella
soffitta! Lì ce ne sono a centinaia perché quello
è il loro covo. Allora avevo pensato che stanotte, quando
tutti vanno a letto, noi sgattaioliamo fuori e ci mettiamo
all’inizio del corridoio, dietro l’armatura, e
aspettiamo che…” e nel mentre, Oscar
posò la spada e si sedette con fare cospiratorio vicino ad
André, che l’ascoltava affascinato ed elettrizzato
al tempo stesso.
Non vedevano l’ora che venisse la notte e avevano
già un piano preciso per stanare quel mostro e metterlo con
le spalle al muro: gli avrebbero ordinato di non farsi più
vedere, una volta imprigionato in un lenzuolo, e se avesse insistito lo
avrebbero minacciato con le loro spade, tanto lui era un mostro
puzzolente, che ne poteva sapere che erano finte? E così non
si accorsero subito nelle loro elucubrazioni che aveva smesso di
piovere e che un timido sole indugiava nelle fessure delle ormai
candide e sempre più rade nuvole. Oscar fu la prima a
rendersene conto e si alzò di scatto, precipitandosi fuori
dal casino: chiuse gli occhi e inspirò forte
perché le piaceva tanto l’odore che tutto aveva
quando la pioggia finiva. Poi li riaprì, e quello che vide
la lasciò senza fiato:
“André, corri, hai visto! André,
muoviti, che ha smesso di piovere, dai, vieni a vedere!” il
bambino accorse e restò a bocca aperta anche lui: un enorme,
gigantesco, infinito e bellissimo arcobaleno si stagliava proprio sopra
le loro teste ed era talmente grande e talmente vicino che potevano
tranquillamente intuirne la fine, che stava proprio aldilà
del palazzo, più o meno nei pressi del laghetto dove loro
andavano sempre
“Stupendo!” riuscì solo a dire, mentre
rimaneva impalato con gli occhi attaccati al cielo. Ma ci
pensò Oscar a risvegliarlo dal suo torpore:
“Sbrigati, André, che fai lì fermo,
dobbiamo subito andare laggiù, dove finisce
l’arcobaleno, prima che sia troppo tardi!”
“E perché?” la bambina sembrò
molto infastidita
“Come? Non lo sai? Alla fine di ogni arcobaleno
c’è una pentola d’oro con dentro tanti
tesori a cui fanno la guardia dei folletti!”
“Davvero? E chi te l’ha detto?” chiese
leggermente scettico. Oscar rimase delusa da questa reazione
“Me lo ha detto Nanny! E ho anche controllato sui libri che
abbiamo in biblioteca, proprio sul mondo dei folletti e degli gnomi! Ma
se non mi credi, rimani pure qua e aspettami, però non ti
darò neanche un pochino del tesoro!”
André sembrò rifletterci un attimo ma poi si
lasciò convincere, soprattutto dato che la bambina si era
lanciata verso di lui con la spada di legno stretta nella mano destra
e, con un improvviso balzo, gli si era posizionata sulla schiena,
cingendogli la vita con le gambe e il collo con la sinistra libera.
Squilibrato dal quel gesto fulmineo, André
barcollò per alcuni metri ma poi si rimise in asse, non
senza protestare
“Oscar! Ma sei completamente impazzita?! Che hai intenzione
di fare?”
“Vai, André, corri! Dobbiamo arrivare oltre la
collina prima che scompaia l’arcobaleno! Corri, mio prode
destriero!” e lo spronò con dei colpi di bacino
Il bambino era totalmente sconvolto dal comportamento della sua amica,
ma se c’era una cosa che aveva imparato da un anno a questa
parte era non sorprendersi più di tanto per tutto quello che
riguardava Oscar: non faceva mai niente come se lo aspettava; e, ad
essere proprio sinceri, era questo che più le piaceva di
lei. Quindi, passati i primi istanti di incertezza, anche fisica,
lasciò il suo sguardo sofferente e si catapultò
ai piedi di quella collina, non disegnando affatto la piega che aveva
preso quel loro gioco
Oscar rideva come una matta e fendeva l’aria con la sua spada
di legno contro mostri immaginari e André la incitava,
correndo a perdifiato verso quello che per loro era un mondo
inesplorato ma che agli occhi di un ormai disincantato e cinico adulto
non era altro che il retro della tenuta di palazzo Jarjayes
“Prendi questo, troll disgustoso! Mangia la mia polvere,
brutto furfante! Vai a destra, André, hai visto che quel
folletto ci ha fatto una linguaccia? Dobbiamo punirlo per questo
affronto! È inutile che fuggi, non potrai mai sconfiggerci,
ti trafiggerò con la mia spada!”
“Attenta, Oscar! Si è rifugiato sugli alberi, quel
vigliacco! Cosa facciamo adesso?” chiese il bambino, ormai
quasi allo stremo delle forze ma non intenzionato a mettere fine a
questo divertimento così coinvolgente
“Oh, non la passerà liscia, ti do la mia parola,
André! Però ci penseremo dopo: adesso dobbiamo
raggiungere l’arcobaleno prima che sia troppo
tardi!”
E ce l’avrebbero fatta a raggiungerlo, se solo non avessero
incontrato sul loro cammino anche un poltergeist, una fata delle
foreste, un gigante e André non si fosse fermato a
riprendere fiato ai piedi di quella grande quercia. Arrivati a quella
che avevano creduto fosse la fine dell’arcobaleno, scoprirono
di aver sprecato del tempo prezioso e ormai l’occasione era
sfumata: la scia di colori era definitivamente scomparsa, lasciando il
posto ad un cielo terso e pulito. A quel punto, Oscar scese dalle
spalle di André e si sedette corrucciata al limitare del
loro laghetto preferito
“Te l’avevo detto che ci dovevamo muovere! Ma no,
il damerino pigrone doveva riposare! è tutta colpa tua
André!” il bambino, con il fiato corto e una mano
sul petto quasi a reggerselo, ribatté con quel po’
di aria concessagli dai polmoni e con rabbia crescente
“Mia! Ma se sei stata tu a perdere un sacco di
tempo perché dovevi fermarti a combattere con ogni mostro
che vedevi!”
“E questa la chiami perdita di tempo?! Cosa avremmo fatto se
il troll e il gigante si fossero alleati e avessero organizzato un
piano per distruggere il palazzo?” chiese su tutte le furie
l’altra. Ma il ragazzino non si lasciò convincere,
sapendo di avere dalla sua una logica schiacciante
“Oh, andiamo Oscar, lo sai benissimo che il gigante e il
troll non si sarebbero mai potuti alleare perché al troll
puzzano troppo i piedi, si sa che agiscono sempre da soli per questo. E
poi ce li vedi tu a fare un piano? Si sarebbero eliminati a vicenda
perché il troll avrebbe travolto il gigante con i suoi
piedoni enormi e il gigante per questo gli avrebbe dato una bella botta
in testa con la sua clava!” soddisfatto del suo discorso, si
accorse che Oscar stava boccheggiando alla ricerca di una scusa
più plausibile.
Ma non era nell’indole della ragazzina dichiararsi sconfitta
“E il folletto, allora? Hai visto anche tu che quella
linguaccia era una chiara dichiarazione di guerra! E poi dopo si
addentrato in pieno territorio dei poltergeist: sai quanti furti ci
sarebbero stati a palazzo? Per non parlare del fatto che si sarebbero
alleati con i mostri negli armadi e in soffitta e avrebbero finito per
spaventarci a morte tutti quanti! No, André, io ho agito per
il bene di tutti, ho fatto il mio dovere, sei tu che sei stato troppo
lento!”
“No, non ci casco neanche questa volta: il folletto si era
rifugiato sugli alberi e sai benissimo che lì ci sono solo
le fate dei boschi che non farebbero mai niente di male! E poi i
poltergeist e i folletti non potrebbero entrare nel palazzo
perché sai anche tu che hanno una paura matta di tuo padre!
Per non parlare del mestolo di Nanny!” Oscar a questo punto
era davvero con le spalle al muro e sapeva che non aveva più
argomenti utili per replicare, così si alzò, si
lisciò delle inesistenti pieghe sui calzoni per darsi un
contegno e puntò il nasino all’aria di
nuovo: André sapeva che quei gesti decretavano la sua
vittoria e quindi, soddisfatto, incrociò le braccia al
petto, annuì con forza e sottolineò il gesto con
un sospiro saccente. Oscar non era abituata a perdere ma, se succedeva,
non poteva lasciare il campo di battaglia senza colpo ferire, doveva
essere lei ad avere l’ultima parola
“Spero che saprai fare di meglio, stasera, quando staneremo i
mostri dell’armadio nella tua stanza: non voglio che ci
sfuggano anche questi, perché loro non sono né
stupidi e né paurosi: non si lasceranno intimorire da un
mestolo così come fai tu!”
“Almeno io non ho voluto cercare un tesoro e poi mi sono
lasciato distrarre da altre cose inutili! Oscar, perché non
capisci?! Quello che ci serve è un piano coi fiocchi e
dobbiamo essere entrambi veloci e furtivi”
“Bravo, vedi di ricordarti specialmente il 'veloci '
” profondamente seccato dalle risposte pungenti
dell’amica, André si preparò a
risponderle per le rime, sperando con questo di chiudere
definitivamente la disputa, ma si risolse a ricorre ad un altro
approccio, conscio che in quanto a cocciutaggine, Oscar non si sarebbe
mai potuta eguagliare
“Dobbiamo entrambi migliorare se vogliamo combattere il male
e far scrivere un libro su di noi! Cosa credi, che saranno tutti
cretini come i giganti o paurosi come i folletti?! Dobbiamo essere una
vera squadra!” la ragazzina parve pensarci un attimo,
voltando il viso dalla parte opposta, ma quando poi si riebbe,
André seppe di aver vinto di nuovo
“Mi sa che hai ragione, almeno su questo!…Che ne
dici se finiamo di pensare al piano per stasera? Io avevo pensato che
potremmo anche mettere una trappola sotto al letto di Nanny, uno di
quegli aggeggi che quando ci passi sopra fanno un sacco di rumore,
così, mentre noi aspettiamo in camera tua, se per caso il
mostro ha capito che ci siamo noi con il lenzuolo dietro
l’armadio e cambia vittima, possiamo sapere subito dove si
trova. Che ne pensi?” chiese con una nuova luce nello
sguardo, dimentica del piccolo litigio avuto con l’amico un
attimo prima. André fu ben contento di questa cosa, e
così rispose:
“Ottima idea! Perché non ci ho pensato prima!
–colpendosi la fronte come a voler sottolineare la sua
mancanza- Mi sembra di avere un mucchio di quelle trappole che tu dici
nel baule in camera mia…”
“E allora cosa aspettiamo?! Deve essere tutto pronto per
stasera, prima che tutti vadano a letto” e
così dicendo lo tirò per una mano. Corsero in
casa e organizzarono questa caccia al mostro, impegnandosi a fondo
anche nei minimi dettagli
Quando calò la sera su palazzo Jarjayes, i due bambini di
ritrovarono, come pattuito, nella camera di André,
aspettando che il mostro si palesasse loro. Stettero per
più di un’ora con un lenzuolo e la spada tra le
mani, dietro l’armadio, poi si dissero che non cambiava poi
tanto se avessero atteso sul letto che, tanto, era vicino
all’armadio. Dopo altri dieci minuti, forse a causa di tutta
quella aspettativa e ormai troppo stanca per essere forte, Oscar
rivelò i suoi veri sentimenti al bambino
“André?”
“Dimmi, Oscar”
“E…e se non riuscissimo ad intrappolarlo
ma…ma ci afferra per i piedi e ci ingoia in un sol boccone?
Ho visto come sono fatti, questi mostri, sul libro dei folletti e degli
gnomi, e sono…mostruosi! Hanno dei denti aguzzi che possono
tagliare una gamba e anche la testa. Che facciamo se ci
prende?” e detto questo si appoggiò alla testiera
del letto e si portò le gambe al petto. André le
si avvicinò e ne rincorse lo sguardo nascosto dal capo
chinato
“Non ti preoccupare, Oscar, ci sono io con te. Non
permetterò che il mostro ti faccia del male. Se proprio
dovesse andare tutto storto urlerò con tutta la voce che ho
e gli darò un calcione che scapperà dal
dolore!” a quelle parole, Oscar, con gli occhi un
po’ lucidi, si girò di scatto e lo strinse forte
“Grazie, André “ disse, ancora
allacciata a lui. Poi proseguì: “Mi leggi una
storia, come quella sera quando mio padre mi ha picchiato?”
tutto sussurrato nell’orecchio del bambino, che non
poté far altro che sorridere non visto e stringerla un
po’ più forte
“Sì, tanto fino a che arriva il mostro dobbiamo
fare qualcosa, altrimenti ci addormentiamo!” e si
alzò per prendere il libro di fiabe che aveva sul suo
piccolo scrittoio.
Ritornò sul letto accanto alla sua amica e, poggiatisi il
lenzuolo addosso( e dove potevano metterlo per averlo a portata di mano
nel caso il mostro facesse irruzione nella stanza?!), si stesero e
André cominciò a leggere, condividendo il libro
con Oscar, che compitamente portava il segno o lo rimproverava se
sbagliava a pronunciare qualche parola o era troppo lento nel farlo,
ma, quando il ragazzino si indisponeva e le proponeva di farlo al suo
posto, lei gli rispondeva di no, che voleva lo facesse lui. Questo non
glielo avrebbe mai detto ma in realtà Oscar adorava la voce
di André e, da quando era venuta a conoscenza di questo
passatempo che le aveva proposto lui quando, dopo una delle furenti
liti con il genitore, l’aveva vista veramente sconvolta,
aveva anche scoperto che era l’unica cosa che riuscisse
veramente a calmarla e farle passare la rabbia e la paura.
Così il bambino proseguì: lessero tre storie in
tutto, prima che entrambi crollassero dal sonno, ancora abbracciati e
con il libro di favole appoggiato sui loro petti.
Seppero che almeno parte del loro piano aveva funzionato quando,
all’alba, sentirono un urlo sovrumano insieme a dei rumori
strani provenire dall’altro lato del corridoio, in quella che
si presupponeva fosse la camera di Nanny. Si svegliarono di
soprassalto, facendo cadere il libro per terra, e si guardarononegli
occhi, come a voler trovarci una spiegazione dell’accaduto.
Poi il sonno si dileguò un po’ dalle loro menti e
riuscirono a rammentare la loro azione di cattura: presero il lenzuolo,
le spade, si guardarono di nuovo negli occhi e annuirono in
contemporanea per farsi forza vicendevolmente. Spalancarono la porta e
corsero per il corridoio tenendosi per mano; la porta della stanza
della nonna subì lo stesso trattamento e si trovarono
immersi nel buio più totale, dato che affacciava verso
ovest.
Videro un’ombra che si chinava per terra e poi in
prossimità del letto e, quando stava per girarsi, presi
dalla paura ma memori del compito da dover portare a termine, gli si
fiondarono addosso e lo ricoprirono con il lenzuolo, cominciando a
punzecchiarlo con le spade di legno, mentre questo si divincolava e
sbraitava, e Oscar urlò:
“André, ce l’abbiamo fatta! Abbiamo
catturato il mostro! Te l’avevo detto che la trappola
rumorosa avrebbe funzionato!” a quel punto la governante,
avendo fatto il punto della situazione, se li scacciò di
dosso e, intimando loro di smetterla di urlare come matti, accese
subito una candela e se la portò vicino al viso, al di sotto
del mento. Il volto di Nanny assunse un aspetto a dir poco spettrale
che fu il colpo di grazia per quei bambini, il cui animo era
già provato, tanto che scapparono gridando più
forte di prima
“André! Il mostro si è mangiato
Nanny!”
Inutile dire che, chiarita la faccenda, André fu messo in
punizione per una settimana e ad Oscar fu impedito di entrare in
biblioteca senza nessun adulto ad accompagnarla, entrambe cose che
elusero non appena furono formulate, continuando a fare progetti per le
loro strampalate ma emozionanti avventure contro il male.
Dopo un'ulteriore assenza incalcolabile, ritorno con questa storia che
no, non ho abbandonato: sono solo questi maledetti esami che mi tengono
impegnata, fisicamente e mentalmente, più di quanto sarebbe
giusto o sano (ma non lo sono mai stata!). Mi dispiace di non aver
risposto alle bellissime recensioni che mi avete lasciato nel primo
capitolo ma Oscar e André sono un po' come una droga: se mi
immergo di nuovo nel loro mondo, non ho la forza di uscirne
più e quindi non ho più rimesso piede qui, su
EFP. Ma oggi mi volevo fare un regalo di compleanno e loro sono
l'emozione più bella che potessi scegliere. Spero che vi
piaccia e che avrete la pazienza di seguire questa ragazza un po'
sconclusionata nei suoi prossimi aggiornamenti. Non dimentico di
ringraziare la mia cara amica Silvia, fondamentale per la pubblicazione
di questa e di ogni altra mia storia: spero di averti divertita.
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