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di kateausten
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Marzo 1990


“Non ci riesco. E’ inutile”, sussurrò Chuck Shurley mentre mescolava con mani maldestre la pozione davanti a lui. “Distillato della morte Vivente. Piton è matto, non c’è alcun dubbio”.
Dean Winchester guardò l’amico e ridacchiò, guadagnandosi un’occhiata di fuoco da parte del professore di Pozioni, mentre aggiungeva il succo di fagioli solforosi alla sua pozione.
“Ti devi solo calmare”, sussurrò mentre la pozione si avvicinava al lilla chiaro, colore che - secondo il libro Pozioni Avanzate-, il liquido avrebbe dovuto raggiungere a quel punto.
“La fai facile te”, borbottò Chuck risentito, mentre guardava sconsolato il blu oltremare della sua pozione. “Come diamine hai fatto? Solitamente sei peggio di un Troll a Pozioni!”.
Dean sorrise sornione e non rispose, guardando soddisfatto la propria pozione e scoccando poi uno sguardo alla propria destra, tra i leggeri fumi dei calderoni che riempivano il sotterraneo di Pozioni. Una testa che Dean avrebbe potuto riconoscere fra mille era piegata sul proprio calderone e i capelli neri erano arruffati come sempre; con un leggero fastidio notò anche una testa bionda che si chinava accanto a quella nera, ma cercò di reprimerlo.
Andiamo, mica era una ragazzina gelosa.
“Ehi fratello, queste lezioni insieme ai Corvonero non sono mica poi così male”, mormorò una voce suadente dietro di lui.
Dean si girò verso Benny LaFitte (non prima di essere sicuro che quel vecchio pipistrello di Piton stesse guardando da un’altra parte); il suo migliore amico aveva finito la sua pozione, che era di una quasi perfetto color trasparente e stava ammiccando a una ragazza dall’altra parte della stanza. “Non capisco se Andrea ha quell’espressione perché non le riesce la pozione o perché la stai fissando come un maniaco”, commentò una voce femminile alla sinistra di Benny.
“Andrea è molto brava in Pozioni”, ribattè piccato Benny.
“Allora questo vuol dire”, mormorò soavemente Charlie Bradbury. “Che è risentita dalle tue attenzioni”.
Chuck si lasciò scappare una risatina mentre si rigirava verso la sua pozione.
“E’ troppo carina per uscire con te”, continuò Charlie mentre guardava compiaciuta la sua pozione completamente trasparente.
“Non è vero”, ribattè Benny. “Non è colpa mia se non le piacciono le ragazze”.
“Charlie, Benny ha ragione”, disse Dean. “Puoi provarci con quella Amberson di Tassorosso.. E’ carina e sembra che giochi nella tua squadra”.
Charlie lo fissò, scuotendo i lunghi capelli rossi.
“Per caso Sammy ti ha dato ripetizioni?”, chiese.
“Come?”.
“La tua pozione è.. decente, Dean”, spiegò lei, incuriosita. “Com’è che stavolta non hai fatto saltare in aria il calderone?”.
Dean sentì del calore sulle guance.
“E’ successo solo una volta”, protestò. “E poi Sam è al secondo anno, mentre io al sesto! Grazie tante”.
“Si, ma è Corvonero e decisamente più studioso di te”, ribattè Charlie senza pietà.
“Ragazzi”, pigolò Chuck. “La mia pozione è quasi arancione”.
“Beh, sono contento che..”.
“Sarei felice di farvi continuare con le vostre chiacchiere, signori“, li riprese una voce bassa e tutti loro si zittirono immediatamente. “So che i discorsi dei Grifondoro sono.. come dire? Estremamente interessanti, ma ho bisogno delle vostre pozioni per comunicarvi lo zero che avrete sicuramente preso. E’ un disturbo per voi?”.
Benny borbottò qualcosa di indefinito.
“Punizione per il signor Lafitte”, commentò amabilmente Piton e Benny sgranò gli occhi. “Ora, prima che mi arrabbi sul serio, portatemi le vostre fialette”.
Il professor Piton sembrò allontanarsi, poi si girò. Scoccò un’occhiata di disgusto alla pozione di Chuck che tramutò poi in leggera sorpresa quando guardò quella di Dean.
“Abbiamo cominciato a studiare, signor Winchester?”, chiese con voce monocorde, prima di allontanarsi verso i Corvonero.
“Più o meno”, mormorò Dean e si girò nuovamente verso destra.
Fu quasi sicuro di aver scorto un sorriso fra tutte quelle divise nere e blu.


 
*

La cosa con Castiel (non sapeva esattamente come definirla. L’amicizia? La collaborazione? Erano termini troppo sbagliati quando pensava a Cas) era iniziata circa tre mesi prima, giusto un paio di giorni prima le vacanze di Natale. Aveva fatto esplodere il famoso calderone durante l’ultima lezione di Pozioni - in tempo per tornare con un Desolante da John e Mary-, mentre quello che doveva essere liquido di Felix Felicis schizzava sulle divise dei suoi compagni di Casa e su qualche sfortunato Corvonero.
Quello che era stato colpito con più aggressività era stato proprio Castiel Novak, che Dean conosceva solo di fama: Prefetto, tutti voti che variavano dall’Eccezionale al Perché non puoi diventare subito Ministro della Magia, ligio al dovere e alle regole, con una scopa perennemente piantata su per il culo. Dean aveva fatto una smorfia peggiore di quella di Piton quando il professore gli aveva intimato di accompagnare Novak in bagno o in Infermeria o in qualsiasi posto in cui non avrebbe dovuto avere entrambi davanti agli occhi.
Mentre camminavano per i corridoi deserti e l’aria fredda di quel dicembre sembrava entrare da ogni spiffero del castello, Dean provò disagio e senso di colpa in ugual misura.
“Mi dispiace”, provò a dire alla statua di sale che gli camminava accanto. In effetti, erano un po’ ridicoli con tutte quelle macchie argentate fra i capelli e sulla divisa. Si lasciò sfuggire una risata nervosa.
“Non volevo che passassi così l’ultimo giorno di scuola”.
Castiel si fermò e lo guardò dritto negli occhi.
Dean deglutì.
Aveva dimenticato che c’era un’altra cosa per cui Castiel Novak era famoso: il blu dei suoi occhi, frequentemente decantato dalle ragazzine dal Quarto anno in su.
“Tu sei un pericolo pubblico”, annunciò serio.
Dean, che si era aspettato una valanga di accuse o addirittura un pugno, spalancò la bocca incredulo. Poi scoppiò a ridere.
“Amico, questo che mi dici non è affatto una cosa nuova”, esclamò dandogli una pacca sulla spalla. Castiel guardò stranito la sua reazione.
“Non vedo il motivo di tanta ilarità. Avresti potuto farti male. O far male a qualcuno”.
Dean si sentì ancora un po’ in colpa (Sam diceva che il senso di colpa era la quinta essenza di Dean).
“Ascolta, mi dispiace, davvero”, disse smettendo di ridere e mettendo su un espressione affranta. “Se il calderone avesse dovuto centrare per forza un Corvonero allora avrei preferito Gabriel”.
Castiel assunse un’aria curiosa.
“Perché proprio Gabriel?”, chiese avvicinandosi.
Dean scrollò le spalle.
“Perché sta sempre li a sghignazzare come un’idiota e sembra ti prenda per il culo perennemente e.. uoh! Novak, spazio personale!”.
Mentre stava parlando Castiel gli si era avvicinato quel troppo da rendere la vicinanza ambigua e imbarazzante.
Dean era affettuoso il più delle volte; abbracciava senza vergogna il suo fratellino nerd mentre passavano per i corridoi (era Sam che si vergognava) e se c’era bisogno di un abbraccio o di una pacca sulla spalla per un suo amico non si tirava indietro.
Ma Castiel Novak e il suo sguardo che pareva pronto a divorarlo lo avevano reso smarrito, confuso e la reazione istintiva che ebbe fu quella di fare un balzo all’indietro picchiando contro una vecchia armatura, la quale si lamentò lanciando poi un epiteto poco carino. (E Dean ci avrebbe ripensato a quello sguardo, durante le vacanze, ci avrebbe pensato la sera, al buio, mentre cercava di dormire ma non ci riusciva perché nessuno, nessuno, lo aveva mai guardato così).
“Le mie scuse”, mormorò Castiel con uno sguardo da cane bastonato, allontanandosi da Dean. Dopo un secondo di silenzio Dean si passò una mano tra i capelli e fece una smorfia mentre sentiva che il liquido appiccicoso cominciava a indurirsi.
“Ehi, ehm.. Che ne dici se ci togliamo questa roba di dosso?”, chiese senza guardarlo, “Credo che stia passando allo stato solido e non voglio sentire gli strilli di Madama Chips mentre cerca di togliercelo”.
La scena strappò un sorriso sul volto reticente di Castiel e Dean si sentì stranamente orgoglioso di se stesso.
“Vuoi delle ripetizioni?”, chiese a un certo punto Castiel, mentre camminavano verso l’infermeria. “Pensi che ne abbia bisogno?”, rispose Dean con un sorriso divertito.
Uno sguardo di scuse sbocciò negli occhi di Castiel.
“Non voglio dire che ti servano ripetizioni per tutte le materie. So che a Difese contro le Arti Oscure sei il migliore del nostro anno e anche nelle altre te la cavi”, spiegò Castiel mentre svoltavano un angolo. Dean cercò di non apparire troppo compiaciuto. “Ma a Pozioni.. non, uhm.. non..”.
“Sono una schiappa”, terminò Dean per lui con una risata.
“E il prossimo anno ci sono i M.A.G.O”, concluse Castiel. “Ti servono buone basi. Basi solide”. Dean si girò verso di lui, a quella frase. Forse non aveva tutti i torti. Forse aveva bisogno di qualche base solida per cominciare ad impostare la sua vita.
Forse..
Dean non si permise di finire il pensiero (erano tanti i pensieri che Dean non si permetteva di finire) e annuì.
“Sai?”, disse soprappensiero. “Non è affatto una cattiva idea”.



 
*



Dean ripensò a quella scena mentre, dopo Trasfigurazione, tornava di corsa nei sotterranei per riprendersi Pozioni Avanzate. Lo aveva lasciato là come un idiota, troppo occupato a crogiolarsi nelle occhiate di pieno orgoglio che Castiel gli lanciava.
Tre mesi di duro lavoro in Biblioteca e un in insegnante severo come Castiel avevano portato a un netto miglioramento per le disastrose pozioni di Dean e a una cotta magistrale nei confronti del proprio insegnante sedicenne.
Con il passare del tempo, serata dopo serata, Dean si era reso conto di aspettare con impazienza tutti i lunedì, mercoledì e venerdì sera: ogni volta tratteneva il fiato, perché anche se era lui a tardare (cotta o non cotta lui era Dean Winchester e doveva farsi aspettare), temeva di non trovare Castiel al loro tavolo prediletto.
Ma invece era sempre lì che lo aspettava, perennemente curvo su un tomo grosso quanto Sammy e un lieve sorriso che gli increspava le labbra quando lo vedeva sedersi davanti a se.
“Ciao Dean”.
“Hey Cas”.
E così iniziavano.
Sebbene avesse amicizie e legami profondi, Dean sentiva che, nel cuore, l’unica persona a cui sarebbe rimasto sempre fedele era Sam. Non aveva mai dubitato della fedeltà dei suoi sentimenti verso Sammy, era una base solida- tanto per citare Cas-, ed era quindi sorprendente che accanto al nome di Sam ce ne cominciasse ad essere un altro.
Era spaventoso per un verso, eccitante per un altro e fottutamente pauroso per una serie di motivi che Dean non voleva neanche cominciare ad elencare.
Inoltre Castiel era strano, su quello non c’erano dubbi. Dean notava che non si avvicinava più del dovuto e che stava attento a non invadere il suo stramaledetto spazio personale.
Non lo capiva, sebbene ci mettesse più impegno che a Pozioni: Castiel Novak lo avrebbe presto mandato al reparto di malattie mentali del San Mungo.
Quando aprì la porta della classe ebbe il timore di trovarci Piton ma fortunatamente era del tutto vuota. Il libro era sulla cattedra, accanto a tre piccoli calderoni di ottone; il fumo argenteo che sprigionava il primo era inebriante e Dean lo aspirò con forza.
Sapeva di pioggia, libri di biblioteca e.. cosa era il terzo odore?
Dopo un attimo lo riconobbe e gli si mozzò il fiato.
Era l’odore che aveva quella schifezza bruciata schizzata a tutta velocità dal proprio calderone e finita tra i capelli di Castiel.
Non era possibile, non era assolutamente possibile..
“Dean”.
Il ragazzo sobbalzò, lasciando quasi cadere il libro.
“Charlie”, disse con un filo di voce. “Mi hai fatto prendere un infarto”.
Per nulla pentita, la ragazza si avvicinò all’amico.
“Che stavi facendo?”, chiese.
“Ho recuperato il mio libro”, rispose Dean, ancora intontito dall’odore della pozione. “Tu piuttosto che ci fai qui?”.
“Sto aspettando Benny. Piton mi ha messo in punizione con lui”, disse con uno sguardo divertito negli occhi.
A Dean non piaceva quello sguardo.
“Ah”.
“Non lo hai sentito quando Piton lo ha detto, vero?”, domandò con voce retorica, sempre con quello sguardo negli occhi.
“Uhm”.
“Tu e Novak eravate troppo occupati a farvi gli occhi languidi”, concluse osservandosi le doppie punte.
Non gli piaceva per niente.
Dean sentì tutta l’aria risucchiata via dai suoi polmoni mentre guardava i grandi occhi chiari dell’amica.
“Non fare quell’espressione, tesoro”, disse con tenerezza (tesoro? tenerezza? Charlie? Doveva avere una faccia veramente terribile). “Me ne sono accorta solo io, perché sono una donna e sono molto più intelligente di tutti voi”.
Dean abbozzò una risata e sentì i battiti del cuore rallentare.
“Ascolta Charlie, non è come…”.
“Penso? Andiamo, Dean”, disse lei. “Sei molto più intelligente rispetto alla bugia che stai per propinarmi”.
Dean sospirò e lasciò perdere.
“Si vede da come lo guardi”, continuò Charlie. Non c’era scherno nel suo tono, nessuna ironia. Forse solo una leggera malinconia che Dean non seppe identificare. “Non c’è nulla di sbagliato. Ti conosco ormai, Dean, e posso dire con certezza che se una persona è amata da te allora vuol dire che è maledettamente fortunata”.
Dean si sporse e la abbracciò, lasciando cadere il libro. Non disse nulla; forse, con Charlie, non ce ne era bisogno.
Quando si staccò da lei, grugnì una risata e guardò nuovamente la pozione che lo aveva così tanto rapito.
“Sai per caso dirmi cosa diamine è questa?”, chiese indicando il calderone.
Charlie si avvicinò e annusò; gli occhi si spalancarono e represse una risatina.
“E’ Amortentia, Dean”, disse. “Che c’è? Vuoi per caso usarla su qualcuno?”.

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***


“Davvero, non capisco perché tieni per una squadra così sfigata, Sammy”.
Sam Winchester amava il suo fratellone, davvero.
Si sarebbe fatto stritolare dalla Piovra Gigante se fosse servito a salvarlo.
Avrebbe combattuto contro cento Dissennatori.
Avrebbe assaggiato tutte quelle schifezze poco sane di Mielandia.
Avrebbe passato una notte nella Stamberga Strillante senza emettere un sospiro se questo poteva servire ad aiutare Dean.
Ma certe volte, avrebbe voluto- e con tutto il cuore-, che diventasse muto per un giorno o due.
(Per un secolo o due).
“Voglio dire, non che i Cannoni siano in testa alla classifica, ma i Tornado, Sam? Seriamente? A questo punto perché non tifare per le Holiday Harpies? Anzi, forse sarebbe meglio. Quelle divise sono deliziose”.
Sam sospirò e girò la pagina di “Trasfigurazione: volume due” in silenzio.
Erano sotto il loro olmo preferito (in realtà quello era l’olmo preferito di Dean fin dal suo primo anno, ma aveva voluto condividerlo con Sam - come tutte le cose importanti della sua vita-, non appena il più piccolo aveva messo piede ad Hogwarts).
In teoria dovevano fare i compiti; in pratica Dean molestava Sam fino a quando quest’ ultimo non minacciava di spedirlo dentro il Lago (Dean temeva un po’ suo fratello dopo queste parole; anche se aveva quattro anni meno di lui stava già cominciando a superarlo in altezza).
“Durante l’ultima partita..”.
“Dean”, disse Sam interrompendo quello che sicuramente sarebbe stato un glorioso monologo su boccini e scope. “Devo studiare”.
Suo fratello lo guardò sbuffando e si stese pigramente sull’erba, con i raggi del sole di inizio aprile che gli illuminavano i capelli e gli facevano spuntare le lentiggini sul naso.
“Studi sempre”, si lamentò.
“E tu non lo fai mai”, replicò Sam con una mezza risata, scuotendo la chioma castana. “Non capisco come fai a passare tutti gli anni gli esami finali”.
“Facile. In realtà la McGranitt è segretamente innamorata di me”.
“In realtà la McGranitt vorrebbe segretamente ucciderti in modi diversi e molto dolorosi, ma si trattiene perché sei un ottimo Cercatore”.
Dean rotolò di pancia, sporcando la divisa di erba e guardò Sam accigliato.
“Stai mettendo in dubbio le mie doti attrattive?”.
“Oddio”, mormorò esasperato Sam. “Dean, oggi sei peggio di una piattola. Sei peggio di Pix. Si può sapere che cosa ti succede?”.
Un’ombra calò sul viso del ragazzo.
“Dean?”, chiese incerto Sam, posando il libro sull’erba.
“Va tutto bene, Sammy”, rispose Dean. Poi guardando l’espressione preoccupata e ansiosa del fratellino annuì con vigore. “Sul serio Sasquatch. Non ho nessun problema”.
Sam alzò gli occhi al cielo a quel soprannome idiota e poi fissò suo fratello: conosceva Dean meglio di se stesso e si era accorto che aveva qualcosa che non andava. Così come sapeva che suo fratello era un idiota totale, che non avrebbe parlato dei suoi sentimenti neanche sotto una dose di Veritaserum (cioè, non fino a quando non sarebbe stato pronto ad esternare tutto).
Benché fosse in ansia, non poteva ne voleva tediarlo: Dean si sarebbe chiuso a riccio e non gli avrebbe detto più nulla.
“Come vuoi Dean-o”, disse allora ridacchiando.
Aveva sentito Gabriel, quel tipo strano del sesto anno di Corvonero, chiamarlo così facendolo imbizzarrire peggio di un Ippogrifo. Ma siccome era Sam, Dean si limitò a una smorfia e a mollargli un lieve cazzotto sul ginocchio.
“Tutto a posto con quella roba?”, chiese poi indicando la pagina del libro che Sam stava tentando di leggere da almeno trenta minuti.
“Si”, rispose lui aggrottando le sopracciglia. “Un passaggio non mi è molto chiaro, però”.
“Se vuoi posso aiutarti io”, propose Dean.
“No”, lo interruppe Sam e per qualche motivo arrossì furiosamente. “Ho già fissato con Jess. Studieremo insieme stasera”.
Dean sorrise intenerito (senza farsi vedere, ovviamente) e guardò il suo allampanato fratellino, sentendo una fitta al petto provocata dall’adorazione che provava nei suoi confronti.
“Ohhhh”, lo scimmiottò poi. “Sam e Jessica, seduti su un ramo..”.
“Si, molto maturo coso”.


 
*


Era ovvio che non avrebbe mai e poi mai usato il filtro di Amortentia.
In tutta la sua onorata carriera scolastica aveva infranto il coprifuoco almeno una decina di volte ogni anno, aveva fatto scherzi ai Sempreverde (come ogni buon Grifondoro che si rispetti. Inoltre Benny era solito al lanciargli le sfide più assurde e lui non poteva rifiutare) e aveva cercato di copiare un test di Erbologia da Charlie (cosa che gli sarebbe anche riuscita se la stronzetta dai capelli rossi non avesse cominciato a ridacchiare come una iena, facendo arrabbiare la professoressa Sprite e facendogli passare le successive due ore a separare vermicoli senza guanti).
Ma non avrebbe mai, mai ingannato un’altra persona facendogli bere una pozione per trarne vantaggio.
Era un Grifondoro lui.
Si potevano dire tante cose sulle qualità della Casa di Godric: che erano orgogliosi, testardi, pomposi, di buon cuore (e Dean sentiva di rispecchiarle tutte), ma non che fossero dei vigliacchi imbroglioni.
Mentre camminava per i corridoi, quel mercoledì sera (con i soliti dieci minuti di ritardo), Dean rimuginò sull’idea che Charlie gli aveva scherzosamente suggerito. L’Amortentia non poteva creare l’amore, ovvio, ma poteva rendere una persona decisamente più intraprendente nei confronti dell’oggetto desiderato.
Scosse la testa, sbuffando. Lui non aveva certo bisogno di quei trucchetti per conquistare qualcuno.
Sospirò.
Il problema, si disse, è che non stava parlando di qualcuno. Stava parlando di Cas. E lui lo voleva.
Castiel gli piaceva più di quanto fosse inizialmente disposto ad ammettere a se stesso. Era qualcosa che andava al di la del semplice piacere; stare con Castiel era come stare con Sam.. era come stare a casa.
Dean se ne era reso conto una sera come tante, proprio mentre erano in biblioteca. Era con Cas, l’atmosfera così distesa e rilassata che Dean aveva fissato cinque minuti buoni l’altro ragazzo prima di rendersi conto che anche Castiel stava ricambiando il suo sguardo con una punta di curiosità.
“Dean?”, aveva chiesto. “Tutto bene?”.
Dean aveva aperto la bocca per rispondere, ma dalla gola non uscì nessun suono, le labbra erano così secche e Merlino, stava arrossendo, lo sentiva…
“Dean?”. Castiel lo aveva guardato ancora più preoccupato, avvicinandosi quel tanto che bastava per mandargli il cuore in gola.
Dean si era leccato lentamente le labbra, notando (con un brivido che lo aveva sconquassato all’interno) che Castiel aveva seguito la mossa con gli occhi.
“Tutto bene, Cas”, aveva rantolato e Castiel aveva annuito, allontanandosi da lui.
Gli mandava il cervello in pappa, ecco quanto. Non ragionava da quanto lo voleva. Era una sensazione così ancestrale che certe volte, Dean ne aveva paura.
Con il libro di Pozioni in mano e un discreto mal di testa, Dean varcò la soglia della biblioteca.
Dedicò a Madama Pince il suo sorriso migliore, ricevendo un’occhiata di puro odio dalla suddetta; il ragazzo sospirò, puntando al loro tavolo e trovandosi davanti una scena che gli fece salire su la torta di mele che aveva mangiato quella sera a cena. C’erano troppe persone a quel tavolo; in realtà ce ne era semplicemente una di troppo.
Aveva una divisa dai colori sbagliati, lunghi capelli castani e un sorrisino sul volto che Dean si sarebbe incaricato di cancellare prima di pronunciare la parola Quiddicht.
“Meg Master”, disse con disinvoltura mentre lanciava il libro sul tavolo. “A cosa devo l’onore?”.
Stava troppo vicina a Castiel; praticamente era seduta sulle sue ginocchia, quella piccola serpe viscida..
“Buono Winchester”, ribattè lei con una strana espressione. “Anche se farai fatica a crederci, non sono qui per te”.
Peggio che mai.
“Vi conoscete?”, chiese Dean mentre guardava Castiel.
“Clarence ed io abbiamo un certo tipo di rapporto”, cinguettò Meg, passando una mano nei capelli già arruffati di Castiel.
Dean ignorò la bile che gli aveva provocato quel gesto e cercò di riordinare i pensieri.
“Non lo sapevo”, disse ironicamente.
“Meg ed io siamo vicini di casa e buoni amici. Praticamente siamo cresciuti insieme”, spiegò Castiel togliendo con gentilezza la mano della ragazza dai suoi capelli.
“Sei cresciuto con una Serpeverde accanto?”, chiese inorridito Dean.
“Dean”.
“Sempre meglio che con un tronfio Grifondoro”, replicò Meg.
Castiel sbuffò.
“Insomma, che ci fa qui?”. Meg lo guardò storto.
“Guarda che la biblioteca non è mica tua”, disse. “E neanche Castiel”, aggiunse dopo un momento.
I loro sguardi si incrociarono e Dean, in qualche strano modo, capì che Meg sapeva.
Che quella Serpeverde lo capiva.
Per. Godric.
“Aveva bisogno di parlare”, spiegò Castiel.
“E deve farlo proprio adesso?”.
“Dean, non essere maleducato”, lo riprese il ragazzo, corrugando la fronte. “Tranquillo Castiel”, replicò Meg incrociando le braccia e guardando storto Dean. “Non voglio certo rubarti il fidanzato, Winchester. Ripiega le piume e fammi finire di parlare con il mio amico”.
Dean alzò gli occhi al cielo (un po’ si vergognava del suo comportamento, ma la voglia di strozzare la Master era decisamente più forte) e aprì il libro.
Con la coda dell’occhio vide la ragazza chinarsi verso Castiel e dirgli qualcosa nell’orecchio; girò più velocemente le pagine fino a trovarsi di fronte la pozione che cercava.
“Vuoi farci notte Master?”.
Meg non lo guardò neanche, mentre Castiel lo fulminò con un’occhiata tremenda. Lo vide alzarsi e abbracciarla, affondando il naso nei suoi capelli.
“Ci vediamo domenica in campo, Winchester”.
Dean alzò lo sguardo. Si erano staccati, ma la Master era decisamente dentro lo spazio vitale di Castiel.
“Non vedo l’ora di assistere nuovamente alle tue doti di Cacciatrice”.
“Io almeno la Pluffa la so tenere in mano”.
Dean fece per ribattere ma Castiel gli posò la mano sul braccio.
“Smettetela. Entrambi”, mormorò accigliato e guardandoli come se non capisse il loro atteggiamento. T
utti e due chiusero la bocca e Castiel sospirò.
“Stai tranquilla, ok?”, disse alla ragazza. Meg fece un piccolo sorriso.
“Cercherò. Grazie Clarence”.
Dedicò un’occhiata di disprezzo a Dean, che ricambiò con il cuore, e si eclissò. “Finalmente”, sospirò Dean.
Poi guardò Castiel, che si stava mettendo lentamente a sedere.
“Cas? Tutto bene?”, chiese.
“Perché ti sei comportato così male con Meg?”.
“Come?”.
“Sei stato scorbutico e maleducato con lei. Perché?”.
Perché ti stava decisamente troppo vicino e ti guardava come se sapesse tante cose di te. Cose che neanche immagino. Perché tu la guardavi. Perché ti abbracciava e perché hai affondato il naso nei suoi capelli. Perché ti toccava. Perché tu la toccavi.
“Perché è una Serpeverde e io un Grifondoro ed è praticamente obbligatorio insultarsi a vicenda”, disse con un sorriso luminoso.
Castiel scosse la testa.
“Queste sono scemenze”, disse aprendo il libro. “Come tutte quelle dicerie su Purosangue e Mezzosangue”.
Dean si sentì offeso.
“Ehi! Io non ho nessun pregiudizio”, disse con veemenza. “Charlie e Benny sono dei Nati Babbani e sono i miei migliori amici”.
Castiel abbozzò un sorriso.
“Non intendevo darti del razzista, Dean”, spiegò. “Dico solo che a tutte le Case converrebbe andare d’accordo, no?”.
“Sembra quasi un discorso di Silente”.
Castiel sembrò compiaciuto.
“Grazie”.
Dean ridacchiò e si avvicinò di più.
“Ascolta, scusa se sono stato sgarbato con la tua amica”, sussurrò. “Non lo farò più”.
Castiel sembrò spiazzato dalla vicinanza di Dean (solo per un momento a Dean sembrò di leggere qualcosa negli occhi grandi e blu di Cas) e non rispose subito. “Sarebbe molto gentile da parte tua”, replicò dopo qualche attimo con voce roca. Dean chinò lo sguardo. Si stavano guardando troppo? Era strano? Perché continuava a fissargli le labbra?
Dio, che mal di testa.
“E’ una fortuna che ci sia un Corvonero come te a fare da terreno neutro, Cas”, commentò Dean scostandosi leggermente e scuotendo la testa. “Ma in fondo, che ne so io? Non sono esattamente un buon modello da seguire”.
“Questo non è vero”.
Dean guardò l’espressione di Castiel mentre ribatteva alla sua affermazione e sentì quasi un nodo in gola, mentre cercava di tirare fuori un sorriso.
“Tu non mi conosci”.
Castiel lo guardò e non ribattè.
“Quale pozione volevi studiare stasera?”, chiese cambiando argomento.
Non doveva. Non poteva. Non..
“Amortentia”, rispose Dean.
Castiel alzò sorpreso gli occhi.
“Davvero?”, chiese. “Non è nel programma. E credo ci siano abbastanza probabilità che sia classificata come una pozione illegale”.
Dean ridacchiò.
“Appunto”.
Castiel sospirò divertito.
“Solo in via teorica Dean, giusto?”.
Il ragazzo si sentì trapassato da quegli stramaledetti occhi e cominciò a sentire caldo sotto il colletto della divisa.
E se Castiel lo avesse guardato così anche mentre facevano.. E le sue mani, i suoi capelli, il suo odore.
“Certo”, rispose chinando la testa sul libro. “Per chi mi hai preso?”.

 

*


Erano passate due settimane.
Aveva preso un meritatissimo Accettabile a Pozioni (salvando così la sua media), un Eccezionale a Difesa Contro le Arti Oscure (anche se la professoressa Abbadon lo inquietava non poco. Fortuna che aveva già annunciato le sue dimissioni per l’anno successivo, raccontando del suo progetto di girare per l’Europa a cavallo di un Drago) e una ramanzina dalla McGranitt che, per una volta, non era sfociata in una punizione.
Grifondoro aveva vinto per un pelo contro Serpeverde (la Master aveva giocato bene e l’odio di Dean era altamente cresciuto) e aveva visto Sam e Jessica Moore passeggiare con aria da allocchi per i corridoi.
Erano state due belle settimane.
Per questo non capiva perché adesso fosse li, nella deserta Sala Grande alle sette del mattino. Soprattutto non capiva perché fosse al tavolo dei Corvonero e stesse tenendo in mano una fialetta trasparente.
Non poteva ingannare così Castiel; se in futuro lo avesse scoperto lo avrebbe disprezzato e odiato e lui non avrebbe certo potuto dargli torto.
Era meglio avere Castiel come amico per tutta la vita o come amante solo per qualche tempo?
Dean sapeva quale era la risposta giusta.
Guardò pensieroso la fialetta. Poi ripensò a come Castiel aveva affondato il naso nei capelli di Meg e a come l’aveva abbracciata quella sera. Li aveva rivisti passeggiare vicini vicini anche nei giorni seguenti.
Per non parlare di Anna Milton, una Tassorosso dai capelli rossi che sembrava fissa al tavolo di Corvonero per chiedere a Castiel questo e quello.
Il liquido si confuse facilmente con il succo di zucca già presente nel bicchiere e Dean si sentì malissimo.
Ma che diamine stava facendo?
“Buongiorno Dean”.
Il ragazzo si girò, con il bicchiere in mano e l’espressione terrorizzata.
“Cas”, rantolò.
Castiel, i capelli pettinati e la divisa che pareva uscita appena dalla lavanderia, lo guardò in silenzio.
“Tutto bene?”, chiese poi. “Sembra che tu abbia visto un Thestral”.
“Merlino, spero proprio di no”, rise nervosamente Dean.
“Cosa ci fai qui alle sette?”.
“Io..”.
Mentre la Sala Grande si faceva sempre più luminosa e i raggi di sole entravano nel castello, Castiel adocchiò il bicchiere di succo che aveva in mano Dean.
“E’ per me, spero”, scherzò con un sorriso mite, facendo per prenderlo.
Dean fece un balzo indietro, andando a cozzare con il tavolo.
“No!“, esclamò a voce alta. “No. Questo, uhm.. In realtà è per me. Scusa Cas. E poi a te il succo di zucca non piace neanche”.
“In realtà mi piace moltissimo”.
“Beh. Fatti tuoi”.
Dean sentì la camicia incollarsi al corpo dalla tensione e mise sul tavolo il bicchiere.
Non poteva farlo.
Si sentì deluso e felice, completamente spossato.
“Buongiorno Castiel”.
Dean alzò lo sguardo e vide Anna Milton.
Ti pareva.
“Ciao Anna”.
Castiel si avvicinò a Dean, ma il ragazzo non ci fece caso, troppo impegnato a osservare come Anna guardava Castiel.
Ma Anna fissava lui, mentre un leggero rossore le copriva le guance.
“Dean Winchester”, disse timida.
Dean sfoggiò quello che Sam definiva “sorriso da rimorchio”.
“Anna Milton”, disse. “Che bella visione di prima mattina”.
Anna rise e anche Dean sorrise, molto sollevato dal fatto che Anna stesse filando lui invece che Castiel.
Poi si girò verso l’amico e sbiancò.
“Cas”, mormorò.
Castiel posò il bicchiere sul tavolo.
“Lo so che avevi detto che era tuo, Dean. Ma avevo veramente molta sete”, disse con un piccolo sorriso. “Non te la sarai mica presa?”.
“Oh per Merlino”, sussurrò mentre la Sala Grande cominciava a riempirsi di studenti.

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