Nightmare After Christmas

di Hana S
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Momenti che non si dimenticano ***
Capitolo 2: *** Ho paura anch'io ***
Capitolo 3: *** Vite separate ***
Capitolo 4: *** I gemelli Alabaster ***
Capitolo 5: *** Perché? ***
Capitolo 6: *** Sola ***
Capitolo 7: *** Cos'é? ***
Capitolo 8: *** Ti voglio bene ***
Capitolo 9: *** Non potete nulla contro di me! ***
Capitolo 10: *** Per sempre così ***
Capitolo 11: *** Il Vuoto ***
Capitolo 12: *** Una nuova vita ***
Capitolo 13: *** Per sempre in due così ***



Capitolo 1
*** Momenti che non si dimenticano ***


La piccola Skelbi dormiva tranquilla nella sua culla a forma di bara,su cui erano intagliate zucche e pipistrelli, alternati l’uno all’altro. La tendina realizzata con tele di ragno, ondeggiava mentre la mamma faceva dondolare dolcemente la culla. Il volto pallido della bambina quasi si confondeva con le candide lenzuola, finalmente aveva smesso di piangere. Sally non sopportava di vederla triste, ma conosceva bene il modo per farla tranquillizzare.

«In this town we call home, everyone hail to the pumpkin song …» sussurrò nella penombra della stanza. Solo questa canzone la faceva calmare, oltre, naturalmente,  alle coccole di un’altra persona.

Jack appoggiò delicatamente una mano sulla spalla della moglie,  quando i loro sguardi si incrociarono, l’amore che provavano l’uno per l’altra fu manifesto nei loro sorrisi.

«Piangeva ancora?» chiese volgendo lo sguardo alla piccina.

«Si, ma credo che sia normale per loro, non possono ancora parlarci, e i loro disagi li manifestano con il pianto …» Sally riprese il suo lavoro di cucito

Lo scheletro si avvicinò alla culla «Spero che impari presto a parlare, non vedo l’ora di insegnarle tutto ciò che so» Jack diede un dolce bacio alla piccola.

«Ecco fatto …» mostrò al marito la sua opera, un vestitino arancione con maniche a sbuffo, colletto nero che ricordava la tela di n ragno e sulla gonnellina compariva il raccapricciante sorriso di una zucca.

«Domani potrà indossarlo per la sua festa » Sally si alzò e si avvicinò al marito, si guardarono negli occhi e si baciarono. Sally era felice ed ora Jack non provava più quel senso di vuoto dentro di se, due persone ormai lo avevano riempito.

Sentirono dei lievi vagiti, la piccola si stava svegliando; sul suo volto era stampato un bel sorriso, guardava i genitori con i suoi grandi occhi neri. Jack la prese in braccio e Skelbi si mise a ridere.

«Domani sarà un gran giorno, perché ti presenteremo a tutti! La principessa Skelbi!»

Note:

L'idea mi è venuta guardando questa immagine trovata su internet

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Capitolo 2
*** Ho paura anch'io ***


Il re di Halloween Town e la sua famiglia furono accolti da una folla festante fuori casa. Tutti si congratulavano e porgevano i migliori auguri alla famiglia.

Il sindaco si preoccupò che Jack si ricordasse dei suoi impegni, Halloween era terminato da sole due settimane e non rimaneva molto tempo per organizzare la festa dell’anno prossimo. Appena finita la festa si sarebbero messi subito al lavoro, lo rassicurò lo scheletro.

Nella piazza principale era stato allestito un sontuoso ed orripilante banchetto. I festeggiamenti andarono avanti fino a dopo il tramonto del sole. Danze intorno al fuoco, giochi di magia e spaventosi spettacoli pirotecnici che riempirono il cielo di inquietanti figure.

Era buio, una luna piena, alta nel cielo illuminava il regno di Halloween, ma qualcosa preoccupava Sally, era rimasta in silenzio per tutta l’ultima mezz’ora.

«Cosa c’è?» Skeleton le si avvicinò preoccupato.

«Jack, non te lo so dire, mi sento strana …»

Un ombra si aggirava per le strade della città, ma poiché si trattava della dimora delle creature di Halloween, nessuno ci badava.

«Ci sarà da divertirsi!» tre monelli erano seduti su di un muretto e osservavano la folla festante.

«Lo abbiamo riparato molto bene!»

«Ma perché è uscito?»

«Voleva risolvere una questione»

Un impetuoso vento si alzò sulla piazza, tutto venne messo a soqquadro.

«I am the shadow on the moon at night;

Filling your dreams to the brim with fright»

Jack guardò in alto, sulla luna era comparsa un ombra che subito scomparve. Qualcosa gli passò accanto e corse via. Jack avvertì una strana sensazione, era perso, si guardava in giro timoroso. Un urlo lo fece sobbalzare e si voltò, Sally stava correndo fuori della città.

Corse anche lui a perdifiato fino al campo delle zucche, era stato completamente distrutto, al centro vide Sally che piangeva a dirotto. Lei alzò lo sguardo, lacrime le rigavano il volto.

«Jack … l’ha portata via …»

Il re di Halloween era basito «Chi ha portato via?» non riusciva a capire, ho non voleva farlo.

«Skelbi, l’ha presa dalla mie braccia senza che io potessi fare niente …» Sally urlò di dolore e svenne.

«No, Sally!» Jack corse e prese la moglie fra le braccia, arrivarono alcuni abitanti, fra cui il sindaco.

«Riportatela a casa, io ho da fare» detto questo corse via, sapeva dove era la sua tana.

Procedeva in mezzo alla nebbia, sentiva che qualcuno lo seguiva. Si arrestò di colpo, avvertì tre tonfi dietro di lui.

«Centrate anche voi in questa storia?» si voltò e con lo sguardo più crudele che potesse assumere, guardò il trio che si limitò a ridere.

«Noi lo abbiamo solo ricucito …»

«È lui che è uscito …»

«Ma non sappiamo dove sia finito!» questa ultima frase preoccupò  Jack che riprese la sua corsa.

La nebbia si dissipò e dove un tempo c’era la tana di Oogie Boogie ora, non c’era che un grosso cratere. Era sparito e si era preso una parte del cuore dello scheletro. Jack cadde sulle ginocchia, urlò nella notte. Straziante era la pena che provava, ma c’era qualcos’altro.

Pensò a Sally, sarebbe sopravvissuta al dolore?

Pensò alla piccola, la avrebbero mai rivista?

Lui aveva paura, per la prima volta nella sua vita.

«Allora … è questo che si prova? Sally …» disse fra le lacrime «Skelbi …». Un urlo squarciò il cielo e il re di Halloween stramazzò al suolo.

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Capitolo 3
*** Vite separate ***


CAP 3 – Vite separate

In una foresta lontana …

Chiusa nell’oscurità di quella stanza, la piccola osservava due topini correre a perdifiato dopo aver rubato un pezzo di pane. Ma lui li schiacciò senza pietà, fu un po’ triste, ma ormai era abituata, era così che si comportava Oogie Boogie.

«Hei Scaramuccia, cos’è quella faccia triste?»

La piccola sapeva cosa la rendeva così, ma sapeva che chiederglielo ancora avrebbe voluto dire farlo arrabbiare.

«Sai che questa notte è Halloween …»

«E allora?» il Bau Bau si avvicinò.

«Posso fare dolcetto scherzetto quest’anno?»

«Scaramuccia, quante volte ti devo ripetere che non puoi uscire i giorni e le notti di festa? Cosa succederebbe se qualcuno ti vedesse?»

«Ma questa notte tutti gli umani si travestiranno! Nessuno noterà qualcosa di strano in me! Ti prego zio …»

«Basta!» tuonò l’essere, la bambina si raggomitolò sul suo letto, l’aveva fatto arrabbiare ancora.

«Scusa, non volevo, ma sai quanto mi piace questa festa …» la piccola cominciò a piangere.

«Scaramuccia …» Oogie Boogie si sedette vicino al letto e accarezzo i  lunghi capelli rossi della bambina «… lo sai benissimo perché non posso farti uscire i giorni di festa, devo proteggerti, sei l’unica che rimane della mia famiglia» Scaramuccia sapeva che suo zio le voleva molto bene, l’aveva protetta da tutte e creature delle feste, soprattutto quelle di Halloween.

«Lo sai che tenterebbero di ucciderti, non posso permetterglielo!» la piccola abbraccio colui che rappresentava tutta la sua famiglia «Sai cosa facciamo? Ho ancora qualcuno da spaventare e poi andiamo al parco di sera a spaventare i passanti, ti va?» la piccola annuì e sorrise.

«Perfetto! Ora riposati, io vado nella mia stanza. Incubi d’oro!»

«Incubi d’oro a te, zio!»

Scaramuccia non resisté alla tentazione, sgattaiolò attraverso la canna fumaria del camino della sua camera e scivolò all’esterno. Era notte fonda, non si sarebbe accorto di niente, come tutte le altre volte.

Era una inquietante notte, il vento ululava, la foresta che circondava la loro casa era immersa nella foschia e un pauroso silenzio aleggiava tutto intorno a lei. La bambina si ritrovò a saltellare sul sentiero era al settimo cielo! Rovi ovunque, rami secchi per terra, alberi spogli che alzavano i rami al cielo, come anime imprigionate che cercano di raggiungere la libertà. Sorrideva allegra, amava questo periodo, il freddo pungente e le lunghe notti.

«In this town we call home, everyone hail to the pumpkin song» non sapeva di che canzone si trattasse, ma la cantava spesso quando era felice. Si arrestò, una strana figura le aleggiava nella mente, aveva lunghi capelli rossi e cuciva, era  lei che cantava questa canzone! Ne era sicura, ma chi era?

 

Ad Halloween Town …

«Ancora niente Jack, neanche quest’anno siamo riusciti a cavare un ragno dal buco!» il sindaco parlò sconfortato al re delle Zucche. Ogni anno la festa di Halloween andava di bene in meglio, ma Jack non riusciva a godersene più nemmeno una.

«Ora dobbiamo aspettare il Natale, abbiamo l’aiuto di tutte le feste, ci faranno sapere loro» il re si ritirò nell’oscurità della sua dimora, erano passati ormai sei lunghi anni. Sempre più tetre erano le sue giornate, non voleva più vedere nessuno, se non per casi urgenti o se c’erano stati avvistamenti. Ma come lui appariva da qualche parte, così svaniva, senza lasciare la ben che minima traccia da seguire. L’amato e disponibile re di Halloween era ormai da anni chiuso in un silenzio ed una solitudine totali, anche nei confronti della donna che amava.

«Sally … non l’ho vista» Jack si alzò e uscì dalla città, sapeva dove la sua compagna si era recata e fu proprio li che la trovò.

I suoi capelli coperti da un velo nero, come il suo vestito, ondeggiano al vento ed i suoi grandi occhi fissavano quell’enorme cratere, accese ancora una candela che lasciò cadere al suo interno “Il faro di Halloween Town” così era stato ribattezzato quel luogo. Lo scheletro appoggiò delicatamente le sue mani sulle spalle della consorte che fissava la luce davanti a se.

«Una candela per ogni giorno senza di lei, ormai anche la luce della luna è oscurata dal bagliore di tutte questa candele» cercò di sdrammatizzare Sally. Quelle candele erano la speranza di una madre, non si sarebbero mai spente. Ormai lo scheletro non aveva più parole per confortarla, non aveva più parole da dire a nessuno.

«Mi han detto che questo Halloween è stato particolarmente spaventoso» Jack non rispose «Ora dobbiamo solo aspettare che Babbo Natale ci faccia sapere qualcosa»

Una candela, una flebile luce, che cresceva con lo scorrere del tempo, fino ad illuminare l’oscurità.

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Capitolo 4
*** I gemelli Alabaster ***


CAP 4 – I gemelli Alabaster

Scaramuccia cuciva in un angolo della casa e cantava, era felice, perché fuori nevicava. Non sapeva a cosa era legata questa sua gioia, ma vedere quei leggeri e candidi batuffoli bianchi danzare dal cielo alla terra la faceva sentire bene; a volte pensava che ciò fosse legato a qualcuno che faceva parte del suo passato, sicuramente una bella persona.

Un’altra cosa amava dell’inverno il freddo pungete, per non parlare del vento che di notte sentiva ululare fra gli alberi e che poi sbatteva contro le imposte e fischiava giù per la canna fumaria.

Il suo lavoro fu interrotto da uno strano rumore, guardò il camino e vide della fuliggine venir giù. Pensò che qualche animaletto vi si era infilato. Oogie Boogie non c’era, forse poteva salvarlo! Si avvicinò e non appena si inginocchiò davanti al caminetto, qualcosa cadde con un piccolo tonfo.

«Oh, che botta!» aveva parlato? Quel piccolo essere tutto nero, cosa poteva essere? Si scrollo di dosso la fuliggine e si pulì alla bene meglio. Ora la bambina poteva ammirarla, non aveva mai visto qualcosa di simile. Era piccola e paffutella, due occhi a mandorla ed orecchie a punta; indossava un vestito rosso, degli stivaletti dello stesso colore e calze a righe rosa e rosse; sopra la chioma a caschetto viola indossava un berretto rosa che terminava von un cuore rosso. Scaramuccia credeva di non aver mai visto niente di più carino.

La piccola creatura alzò lo sguardo e sbiadì, si ritrovò davanti un piccolo scheletro dai lunghi capelli rossi raccolti in due codini laterali con fermagli che ricordavano dei pipistrelli e con indosso un vestito nero a maniche lunghe e gonna un po’ sgualcita, ai piedi non portava niente.

«M-m-ma questa n-non dovreb-be essere il mondo degli umani?»

«Si, infatti»

«Allora tu cosa ci fai qui!» l’esserino, chiaramente una femminuccia, con la vocina un po’ stridula forse per lo spavento, indicò Scaramuccia.

«Io vivo qui» rispose la bambina, come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo «Sarei io a doverti chiedere cosa fai in casa mia» la creatura trasalì.

«Ma certo, dimentico sempre le buone maniere. Mi chiamo Ribbon e sto cercando mio fratello gemello»

«Piacere, io sono Scaramuccia, tuo fratello è uguale a te?»

«No, lui è leggermente più paffuto, indossa una camicia azzurrina, una salopette verde come le scarpe ed il cappello, simile al mio tra l’altro … ah! Indossa dei guanti da lavoro rossi e risponde al nome di Snowflake»

‘Snowflake’ quel nome risuonò nella testa della bambina «Ha un bel nome» guardò fuori i fiocchi di neve cadere al suolo, quel nome le piaceva tanto.

«Ribbon, posso chiedervi perché sei venuta qui?»

«Sono della Squadra Speciale di Ricognizione di Babbo Natale, elfi mandati a controllare che nessuna lettera sia stata dimenticata!»

«Babbo Nachele?» la piccola piegò di lato la testa, non aveva capito bene.

«No! Babbo Natale! Paffuto, vestito di rosso, gira su una slitta con molti regali per i bambini …» Ribbon fissò la bambina che rimaneva perplessa «Vivi nel mondo degli umani e non lo conosci?»

«Non ho molti contatti con gli umani» Scaramuccia fisso le sue scheletriche mani «Sono molto diversa da loro, non mi accetterebbero mai, avrebbero solo paura. Poi lo zio non vuole che socializzi con nessuno!»

«Ma che razza di persona è tuo zio?» si udirono dei rumori nella stanza accanto.

«Rimani in silenzio, ti prego» la bambina afferrò la piccola elfa e la nascose tra la stoffa che stava cucendo.

«Scaramuccia!» il Bau Bau entrò di corsa nella stanza.

«Si zio?» chiese la piccola che intanto aveva ripreso a cucire, come se nulla fosse.

«Ho sentito una voce» l’essere si guardò intorno.

«Probabilmente ero io che canticchiavo»

«No, un’altra voce femminile»

«Tipo questa …» la bambina riprodusse perfettamente la vocina dell’elfa, questo provocò l’ilarità del Bau Bau.

«Allora eri tu … che sollievo …» il mostro si asciugò una lacrimuccia dall’occhio.

«Zio, sai benissimo che se ci fossero problemi ti chiamerei io!»

«Va bene, visto che non è successo niente, io vado a fare un giro. Ricordati di stasera!»

«Puoi contarci!» la piccola portò la mano alla fronte nel saluto militare, il Bau Bau salutò e uscì.

Poco dopo dal fagotto che la piccola aveva in grembo, sbucò la faccina dell’elfa, un po’ corrucciata.

«Io non parlo così! E poi perché non dovevo fiatare? Tuo zio sembra simpatico»

«Ti avrebbe schiacciata!» l’elfa si ammutolì e poi saltò sul pavimento.

Si udì un altro piccolo tonfo. «Che botta … cof, cof … quanta fuliggine» le due si voltano, ora un altro esserino si spazzola i vestiti ai piedi del camino.

«Snowflake! Finalmente!»

«Oh! Sorellina ecco dov’eri!» poi l’elfo alza lo sguardo e un brivido gli percorre la schiena «Cosa! Uno scheletro! Guarda che Halloween è finito, perché non sei tornata a casa?» i modi di fare dell’elfo sono tutto sommato gentili, ed ha una voce piacevole “Come la neve che cade” pensa la bambina.

«Fratello, lei è Scaramuccia, vive nel regno degli umani»

«Uno scheletro?» la guarda bene «Una bimba scheletro!»

«Dobbiamo aggiungere anche lei alla lista?»

«Non so …» poi si rivolge alla bimba «… hai mai scritto una lettera a Babbo Natale?»

«Perché avrei dovuto, non lo conosco nemmeno» Scaramuccia non era abituata ad avere contatti con nessuno, figuriamo scrivere una lettera a qualcuno! Poi come avrebbe reagito lo zio? Al sol pensiero le venivano i brividi e si strinse a se le braccia. I due elfi si guardarono sconcertati.

«Non hai mai ricevuto un regalo di Natale?» alla bambina si illuminarono gli occhi.

«Vuoi dire quei pacchettini tutti colorati? Rossi, verdi, blu, gialli …» si porto le piccole e scheletriche mani sul cuore «… con tanti fiocchi e nastri delicati …»

«Si! Si! Proprio quelli!» anche i due erano emozionati al pensiero dei regali.

«No, mai …» la risposta spiazzò gli elfi «… ne ho visti parecchi portati dagli umani, i bambini erano eccitati vedendoli e si domandavano cosa c’era dentro, anche io più volte avrei voluto sapere cosa contenevano …» la bambina si rabbuiò «… o riceverne uno … so che se fai un regalo è perché vuoi bene a quella persona! E se qualcuno ne facesse uno a me mi farebbe solo piacere …»

«Hai un desiderio particolare?» domando Ribbon, alche la bambina si alzò, avvicinandosi al comodino aprì un piccolo cassetto, intanto i due elfi erano saliti sul mobiletto, aprì un sottofondo e tirò fuori un ritaglio di giornale. Era una pubblicità che raffigurava un violino.

«Sai suonare?» domandò incuriosito Snowflake

«Purtroppo no, ma una volta sentii una bella musica e mi diressi nella direzione da cui proveniva il suono. Era un umano che suonava questo strumento ai margini della foresta. Era un suono molto triste e malinconico» Scaramuccia ricordava bene quel giorno, aveva infranto un tabù preciso dello zio:

Mai avvicinarsi a qualsiasi essere umano o creatura delle feste” la bambina ridacchiò pensano a quante volte aveva infranto questa regola.

«Mi piacerebbe tanto averne uno, così potrei imparare a suonarlo»

«Lo sai che non è facile vero?» domandò Snowflake.

«Non importa, ci riuscirò!»

«E come fai con tuo zio? Si chiederà sicuramente da dove viene» la piccola elfa si era portata le mani sui fianchi e si rivolgeva preoccupata alla bambina .

«Non ti preoccupare, me la saprò cavare!» il dolce sorriso della piccola tranquillizzò i due ospiti.

«Bene allora!» Ribbon mise il pezzo di carta in una busta e scrisse l’indirizzo «Ci penseremo noi a recapitartelo, anche perché Babbo Natale darebbe troppo nell’occhio»

Salutarono la bambina e se ne andarono «Ricordati! I gemelli Alabaster ora sono tuoi amici!» detto questo risalirono per il camino.

La bambina non ci credeva, aveva degli amici.

 

Note:

Alabaster Snowball è l’Amministratore della lista di Babbo Natale, secondo la tradizione. Ribbon e Snowflake, personaggi di mia invenzione, sono i sui figli. A presto.

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Capitolo 5
*** Perché? ***


CAP 5 – Perché?

Nella città del Natale tutti erano sfiniti per l’incessante lavoro compiuto durante tutto l’anno, ma finalmente il giorno per loro più lieto era arrivato! Snowflake era agitatissimo.

«Piaceranno ai bambini i regali che ho costruito?» si domandava il povero elfo. Da quando aveva iniziato a lavorare nella fabbrica di giocattoli, ogni anno era la stessa storia.

«Fratellino! Smettila, i tuoi giocattoli non hanno mai deluso nessuno, ora vieni o ci perdiamo la partenza della slitta … poi Babbo Natale non ha ancora detto chi lo accompagnerà quest’anno, corri!» per lei era facile parlare; Ribbon era molto più agile del fratello e tra gli elfi, nessuno la batteva quando si trattava di correre. Sfrecciò attraverso le vie della città, sempre più veloce, amava il vento tra i capelli e la neve fresca che scricchiolava sotto i suoi stivaletti. La piccola figura rossa avanzava verso la casa del Re del suo mondo e un lembo della sua sciarpa rossa svolazzava dietro di lei, mentre la neve danzava cadendo al suolo.

Arrivò giusto in tempo, gli elfi stavano caricando il sacco dei regali, poi arrivò Babbo Natale che pronunciò un breve discorso per ringraziare tutti dell’ottimo lavoro svolto. Ribbon provava grande ammirazione per quell’uomo, le era sempre piaciuto come persona, gentile e disponibile, pronto sempre ad aiutare e dare consigli.

« … e come sapete, ogni anno qualcuno di voi ha l’onore di accompagnarmi nel mio lungo viaggio, quest’anno si tratta di un lavoratore instancabile …»

«Ribbon …» la piccola si girò, il fratello doveva aver corso parecchio! Teneva le mani sulle ginocchia ed era leggermente incurvato

«Stanco eh?» un sorriso malizioso si dipinse sul volto dell’elfa, si divertiva, qualche volta, a giocare alcuni scherzetti al fratello.

«… lo sai che io … anf … non riesco a starti dietro … anf, anf» il piccolo elfo svenne per la fatica.

«… parlo di Alabaster Snowflake» la piccola elfa si irrigidì, suo fratello quest’anno aveva l’onore di accompagnare Babbo Natale!

«Su fratellino svegliati, devi partire!» gli strilli della sorella lo riportarono alla realtà.

 

Qualche ora più tardi …

«Etciu!» un rumore proveniva dal retro della slitta.

«Mio caro Snowflake! Credo ci sia un clandestino, un’elfa per l’esattezza» disse Babbo Natale, mentre un piccolo viso sorridente fece capolino dall’enorme sacco pieno di regali.

«Ribbon …» Snowflake era scoraggiato, sua sorella non sarebbe mai cambiata.

 

Dopo il viaggio di Babbo Natale …

«Sai perché siamo ad Halloween town?» chiese Ribbon al fratello

«Babbo Natale deve conferire con il re di questo mondo … brrr spero di andar via presto, mi mette i brividi quest’atmosfera lugubre»

Ribbon si guardava in giro, erano atterrati nella piazza principale, il sole stava facendo capolino dall’orizzonte ed illuminava il paesaggio. L’elfa poté vedere più nitidamente una figura che camminava sola verso lo stesso edificio dove era entrato Babbo Natale poco prima.

“Quei capelli rossi …” Ribbon si fece pensierosa “… sono identici a quelli di Scaramuccia …”

 

Qualche giorno dopo, sulla terra …

«Potete entrare, non c’è alcun pericolo!» rassicurati dalle parole dell’amica, i due entrarono nella stanza passando per il camino. Appoggiarono ai piedi della bambina un delizioso pacco rivestito con carta rossa luccicante, un nastro verde smeraldo che terminava con un bel ficco su cui era stato applicata una stella di natale e il biglietto che lo accompagnava recitava semplicemente:

Alla nostra cara amica,

Ribbon e Snowflake

 

La piccola era cosi felice da sentire il suo piccolo cuoricino battere all’impazzata ed era pervasa da un calore mai provato in vita sua.

«Cosa aspetti? Aprilo!» la incitava il giovane folletto, contento di averla resa felice, ma impaziente di sapere cosa ne pensava del suo regalo. La piccola tolse delicatamente nastro e carta e aprì la scatola, al suo interno trovò il regalo che desiderava.

Quando cominciò a suonarlo, i due piccoli elfi credevano che di li a poco sarebbero diventati sordi a furia di ascoltare quelle note alte e stonate. Dopo quella breve performance la piccola abbracciò i due amici.

«Grazie» quella piccola e semplice parola, tanto comune quanto profonda, riempì il cuore dei due. Una parola che sentivano spesso, che spesso pronunciavano, ma che mai come in quel momento fu tanto importante. Dopo di che la piccola si alzò e scostò il letto dal muro, i due ospiti poterono notare una cerniera sul lato che rimaneva nascosto ad occhi indiscreti, la piccola lo apri e nascose accuratamente il regalo dei suoi amici. Un foglio piegato in due scivolò dall’apertura e cadde sul pavimento, Ribbon curiosa per natura lo afferrò e lo aprì, era un ritaglio di giornale, la foto di una famiglia felice. Due genitori ed il oro piccino neonato.

«MI piace guardare quell’immagine di tanto in tanto e pensare che una volta anche io avevo una famiglia così …» i due guardarono l’amica, dai suoi occhi iniziarono a scorrere calde lacrime «… anche se ero troppo piccola e non posso ricordarmene, una volta anche io avevo chi mi voleva bene, avevo anche io una mamma e un papà» quelle poche lacrime si trasformarono in un pianto disperato. Ribbon e Snowflake non sapevano cosa fare, abbracciarono la piccola e cercarono di calmarla e dopo qualche minuto ci riuscirono.

«Lo zio mi ha detto che sono morti, furono uccisi dalle stesse persone che vogliono la mia morte. È riuscito a salvarmi e portarmi via, ma sono al sicuro solo se rimaniamo nascosti»

«Ti ha detto il perché qualcuno dovrebbe volere la tua morte?»

«Non ne ho idea, penso che siano solo delle persone orribili. Lo zio mi ha salvato e si è preso cura di me, questo mi basta, sarò al sicuro fino a che starò con lui!»

 

Erano passati alcuni mesi e Oogie Boogie notò qualcosa di diverso nella bambina, sembrava più felice. Non che gli piacesse vedere la gente felice, ma se lei lo era stando insieme a lui, voleva dire che sarebbe stato facile tenerla con se per sempre. Si era affezionato alla piccola, solo perché iniziava a pensare che gli appartenesse, che per ciò che suo padre gli aveva fatto, tenerla con se fosse un suo diritto.

Un giorno, visto che nella foresta non aveva notato movimenti sospetti, decise di rientrare prima. Si stupì di vedere che dalla finestra della piccola si intravedeva ancora la luce della candela, pensava fosse andata a dormire da un pezzo. Ancora di più rimase perplesso dal vedere più ombre del solito muoversi nella stanza, ma pensò che stesse semplicemente giocando. Si inquietò quando sentì il suono di un violino, stonato, provenire dal piano di sopra. Raggiunse cautamente la porta della cameretta della bambina, ed ascoltò.

«Un po’ sono migliorata» disse allegramente Scaramuccia.

«Le mie povere orecchie suggeriscono il contrario!» una seconda vocina sciocco l’uomo nero.

«Non ascoltarla. Diventerai bravissima!» la terza voce lo irritò “Chi c’è lì?”

«Sai, stavo pensando, il giorno dopo Natale, siamo stati in un posto e c’era una donna con i tuoi stessi capelli!» un brivido percorse la creatura oscura.

«Davvero? Dov’eravate?»

«Ad Hallowenn …» Ribbon non fece in tempo a pronunciare il nome di quel luogo che la porta si spalancò, i tre si voltarono e videro Oogie Boogie, più arrabbiato che mai. Si scagliò verso i due elfi e li afferrò tenendoli sempre più stretti. Scaramuccia lo implorò di lasciarli andare, ma lui la scrollò dal suo braccio facendola cadere. Allentò la presa sulla piccola Ribbon che cadde sul pavimento e nel tentativo di schiacciarla, perse l’equilibrio e Snowflake riuscì a liberarsi.

«Jack, li hai mandati tu!?» urlò il mostro

Scaramuccia afferrò i piccoli e li lanciò dalla finestra, richiudendola subito dopo; nella foresta avrebbero potuto nascondersi.

«Spostati di li!»

«Lasciali stare, non hanno fatto niente» con e mani dietro la schiena, la piccola teneva saldamente la serratura della finestra. Il mostro si voltò dirigendosi alla porta, ma Scaramuccia fu più veloce e gli si piazzò davanti.

«Skelbi, non farmi infuriare di più!» Oogie Boogie rimase paralizzato, si era fatto sfuggire quel nome.

La piccola fu pervasa da un piacevole calore, vide prima tutto nero, poi una serie di immagini le passarono velocemente davanti agli occhi. Vide una stanza ruotare dolcemente intorno a se, i suoi occhi fissavano un viso sorridente, uno scheletro che la teneva in braccio.

«Jack, cosa stai facendo?» una dolce voce irruppe nella mente della piccola.

«Ballo insieme alla mia principessa!» disse rivolto ad una terza persona lo scheletro, poi guardò la piccola negli occhi «Vero che sei contenta di ballare insieme al papà Skelbi?»

Tornata alla realtà la bambina fisso Oogie Boogie «Il nome che hai pronunciato prima, chi era? O meglio, chi è?» il mostro rimase spiazzato e farfugliò qualcosa fra se e se.

«Cambiare nome … mai pronunciare qualcosa che rimandi al passato … potrebbe ricordare … erano istruzioni semplici, come ho potuto fare un errore così stupido …»

«Boys and girls of every age,

Would you like to hear something strange?

Home with us and you will see

This our town of Halloween»

Senza pensare, la bambina canto questa strofa, una canzone che sapeva da sempre, ma che assumeva un significato diverso solo ora.

«Come conosci quella canzone?»

La piccola fissava i pavimento, due figure nella sua mente cantavano questa canzone. Uno scheletro vestito di nero ed una donna dai capelli rossi, come i suoi.

«Mamma e papà la cantavano, quel Jack che hai nominato prima è mio padre, vero?» il mostro afferrò la bambina.

«Di qua andiamo via!» aprì la porta ed uscì dalla stanza e poi dalla casa.

«Perché fai cosi? Perché non mi dici la verità?» i due continuarono a camminare. Incurante delle domande e delle lacrime della piccola, guardava fisso davanti a se, con l’unico pensiero di andare il più lontano possibile.

 

Nella città del Natale …

«Alabaster! Alabaster!» Babbo Natale ed il suo fidato aiutante si voltarono verso l’elfo che era entrato di corsa nella stanza, così poterono notare il suo viso stravolto.

«Cos’è successo?» domandò il folletto.

«I gemelli, sono tornati in città pieni di lividi, continuano a dire che c’è una loro amica da aiutare. Siamo riusciti a calmarli, ma non vogliono farsi curare …»

Babbo Natale ed Alabaster seguirono l’elfo fino a dove si trovavano i due giovani elfi.

«Babbo Natale! Papà! Meno male che siete arrivati! Presto, dobbiamo partire per la terra, una nostra amica …»

«Ribbon, calma raccontami cosa è successo» ma la giovane elfa era esagitata e non riusciva a dire altro che frasi sconnesse ma unite dalle stesse parole ‘Salvare’ ed ‘Amica’.

«Vi dico io come è andata» fu Snowflake a raccontare come avevano incontrato una bambina-scheletro nel mondo degli umani, di qualcuno che la teneva prigioniera, di quei mesi in cui andavano spesso a trovarla e infine di come uno strano mostro, che la piccola chiama ‘zio’, li abbia scoperti costringendoli a fuggire. Babbo Natale ed Alabaster si guardarono.

«Non può essere! Che sia lei?»

«Io parto per Halloween Town. Alabaster, organizza una spedizione sulla terra!»

 

Note:

Ciao a tutti. Scusate il ritardo, è stato un periodaccio, ma eccomi qui. Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo. A presto :D

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Capitolo 6
*** Sola ***


CAP 6 – Sola

Il re sedeva nel suo studio immerso nel silenzio della notte, con i gomiti appoggiati alla scrivania e teneva la testa fra le mani. Erano sei anni che non provava più pace, erano sei anni che sfogava tutta la sua rabbia nella sua festa e nonostante tutti gli anni fosse un successo, lui non riusciva più ad essere felice. Aveva già provato questa sensazione, ma era più forte che mai; negli anni si era ingigantita fino a pervaderlo completamente.

Improvvisamente la porta del suo studio si spalancò e la piccola fiammella della candela, unica luce della stanza, tremolò.

«Jack! Jack!» il sindaco entrò di corsa, ma si arrestò non appena Skeleton alzò il suo sguardo e lo fissò. L’espressione seria di Jack si tramutò in sorpresa quando vide entrare Babbo Natale.  

«Jack, ho qualcosa di importante da riferirti …»

Sally aveva visto per caso Babbo Natale entrare nello studio di Jack e si era avvicinata alla porta, non voleva disturbare, ma era curiosa di sapere cosa ci facesse ad Halloween Town quell’uomo.

Ascoltò il racconto: due piccoli elfi nel regno degli umani avevano conosciuto una bambina, un piccolo scheletro dai capelli rossi; tenuta prigioniera da un essere la cui descrizione corrispondeva a quella di Oogie Boogie. La donna si portò una mano alla bocca, come per soffocare i singhiozzi che seguirono le sue lacrime e ritornò nella sua stanza.

 

Qualche tempo dopo …

Il vento agitava il mare, nuvoloni grigi tuonavano la loro potenza e nel vecchio faro faceva molto freddo. Scaramuccia, o per meglio dire Skelbi, era rannicchiata in un angolo avvolta in una coperta. Si udivano anche gli scricchiolii del legno e la piccola sperava che un topolino dal musetto simpatico facesse capolino da un momento all’altro; ma non accadeva niente. Erano ormai giorni, forse settimane che era chiusa in quella stanza, spaventata e sola. Il mondo che fino a qualche giorno fa girava intorno a lei era improvvisamente crollato, era tutta una menzogna. Si stese di fianco sul pavimento e singhiozzò ripetutamente e sentì le lacrime scorrergli lungo il viso.

La porta si aprì improvvisamente e Oogie Boogie entrò «Su mangia Scaramuccia» le posò un vassoio sul pavimento ed uscì di nuovo. La piccola si mise a sedere e si asciugò le lacrime «Io mi chiamo Skelbi …» sussurrò nel silenzio che era ripiombato nella stanza. Non parlava più con quell’essere, preferiva vivere in eterno nel silenzio piuttosto che rivolgergli ancora una sola parola.

‘Jack, li hai mandati tu!?’ quell’urlo liberatorio dell’uomo nero riecheggiava nella sua mente, ne era sicura, Jack era sicuramente suo padre e forse la donna dai capelli rossi che spesso sognava era la sua mamma. Un tuono fece vibrare la finestra e la piccola trasalì. Per un attimo, solo per qualche istante, Skelbi volle immaginare come sarebbe stato quel momento se i suoi genitori fossero stati lì.

Sarebbe corsa da mamma e papà, nel loro lettone. “Chissà come sono morbide le loro coperte …” pensò la piccola.

La mamma l’avrebbe stretta a sé dicendole che non doveva avere paura; Skelbi poté quasi sentire il calore di quell’abbraccio.

Papà si sarebbe avvicinato e, anche lui, l’avrebbe rassicurata. Dicendole che per quella notte poteva dormire con loro. Infine si sarebbero abbracciati.

Ormai la realtà e la fantasia si erano uniti e sentendo il calore delle persone che amava, Skelbi si addormentò.

 

Qualche giorno dopo …

Ribbon si guardava intorno , la stanza era completamente vuota e soqquadro, la finestra aperta lasciava entrare il vento primaverile ed il violino era completamente distrutto, la piccola elfa diede un’ultima occhiata alla stanza prima di uscire.

Gli elfi stavano perlustrando la zona intorno alla casa, altre squadre perlustrano luoghi disabitati e solitari nei dintorni. Ma per ora nessuno ha visto una bambina-scheletro dai capelli rossi.

Ribbon alza il suo visino verso il cielo azzurro e chiude gli occhi “Dove sei amica mia?”

Skelbi era in piedi al centro della stanza, così riusciva a vedere il cielo dalla piccola finestra posta troppo in alto perché potesse raggiungerla, sperava che tutto filasse liscio. Udì il suono dei passi di Oogie Boogie dietro la porta e si voltò “Ora o mai più”

C’era un particolare che da qualche tempo aveva notato, il mostro lasciava sempre a chiave nella serratura quando entrava nella sua stanza.

Skelbi si appoggiò al muro, in modo da rimanere nascosta dalla porta quando lui l’avrebbe aperta. Il cuore le batteva forte e osservò il fagotto che aveva posizionato contro il muro di fronte a lei.

Oogie Boogie entrò si diresse verso quello che in realtà era un ammesso di oggetti coperto con un lenzuolo, ma che pareva una bambina rannicchiata «Dai Scaramuccia, non mi saluti più adesso?». Non appena si abbassò per spostare il lenzuolo, Skelbi schizzò fuori dalla stanza e richiuse la porta dietro di se.

Prese la chiave dalla serratura ed iniziò a correre «Apri immediatamente!» non sarebbe tornata indietro!

Sentì un tonfo, la porta era stata sfondata. Si lanciò da una finestra aperta, non sapeva cosa ci fosse oltre, se un tappeto d’erba morbido o dei sassi appuntiti e freddi; ma di una cosa era sicura, in quella stanza non tornava!

Cadde nella fredda acqua del mare, non sapeva nuotare e presto perse i sensi. Si risvegliò su una spiaggia che non conosceva, era notte fonda ma la luce della luna le permetteva di distinguere il paesaggio. Era allo scoperto, ma probabilmente molto lontano dal faro. Corse a nascondersi fra dei cespugli, si sedette e udì uno strano suono Crack si alzò di scatto e vide delle piccole scaglie colorate blu, gialle e rosa per terra.

Pyon-pyon questo verso proveniva dal boschetto poco più avanti. Nascosta dietro un albero la bambina osservò un piccolo coniglietto bianco, con uno zainetto rosso intento a nascondere qualcosa.

«Questo era l’ultimo, si torna a casa! Pyon- Pyon» detto questo saltellò via. Skelbi si avvicinò al cespuglio davanti al quale, prima, si trovava il coniglietto. Trovò l’oggetto nascosto, aveva gli stesso colori delle scaglie di prima, e profumava di buono, la bambina non aveva mai sentito un odore così prima. Lo ripose al suo posto e corse nella direzione che aveva preso il coniglietto.

Una strana curiosità la pervase e silenziosamente raggiunse il piccolo animale, questi si guardò intorno e subito dopo si rintanò in un buco dentro un albero “Abbastanza grande per farmi passare!” pensò la bambina. Si avvicino e guardò all’interno della cavità, si sporse un po’ troppo e cadde. Pensava di sbattere la testa da un momento all’altro, ma non successe. Continuò a cadere per alcuni minuti, poi vide una luce sul fondo e in men che non si dica atterrò su un morbido cuscino.

Alzò lo sguardo e vide tanti coniglietti fissarla, erano uno diverso dall’altro; alcuni bianchi, altri neri, dal pelo grigio, rossiccio … ma tutti con un aria spaventata.

«Uno scheletro!» urlò qualcuno e in un attimo fu il panico, c’erano coniglietti che saltavano e correvano in direzioni diverse, chi si scontrava, inciampava o correva in cerchio.

Skelbi trovò divertente quella scena, ma capì che doveva andarsene e si dileguò senza che nessuno se ne accorgesse.

Camminò un bel po’ allontanandosi da Easter Town, come diceva il cartello in principio del paese. La sua attenzione fu catturata da una collina solitaria che scorgeva all’orizzonte e si avviò verso quel luogo.

 

Halloween Town …

Jack sentì suonare il telefono (regalo di Babbo Natale per tenere in contatto tutti i regni) e si precipitò a rispondere.

«Pronto …» non finì la frase che una vocina spaventata e piuttosto acuta, gli trapanò i timpani.

«Jaaaack Skeletooon! Vieni subito a riprenderti quel tuo piccolo scheletro! E ordina ai tuoi di non fare più scherzi del genere!» perplesso e confuso, Jack annuì . Cosa intendeva il coniglio di Pasqua?

Convocò tutti gli abitanti di Halloween Town, ma non mancava nessuno. “Un piccolo scheletro …” si fermò, un pensiero, una speranza si appropriò di lui.

 

 

Note:

Ciao,

volevo ringraziare tutti coloro che seguono la mia storia :) e mi farebbe piacere sentire cosa ne pensate di questo capitolo.

Qui il coniglio bianco è un riferimento ad Alice nel paese delle meraviglie; come del resto la curiosità che spinge Skebi a seguire i coniglio, è la stessa che spinse Alice e la portò in un mondo fantastico.

A presto :D

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Capitolo 7
*** Cos'é? ***


CAP 7- Cos’è?

Jack raggiunse il circolo di alberi nel bosco ed attraversò il portale su cui era disegnato l’uovo di pasqua, poco dopo atterrò su un soffice manto d’erba, uova colorate e conigli ovunque, che scappavano atterriti.

«Jack! Finalmente!» un grande coniglio rosa si avvicinò, un po’ impaurito, ma ormai ci aveva fatto l’abitudine a quell’inquietante scheletro.

«Cosa è successo esattamente?»

«Un piccolo scheletro è giunto dal mondo degli umani ed ha portato scompiglio fra i conigli …»

«Dal mondo degli umani?!» esclamò Skeletron.

«… si! E non sai per causa sua che pandemonio è scoppiato …» il coniglio venne sollevato da terra e si ritrovò a faccia a faccia con il re delle zucche.

«Dove è andata?!»

«I-io non-n lo so» balbettò il povero coniglio in preda al panico, non voleva testare su di se la rabbia del re di Halloween. Rabbia alimentata negli ultimi sei anni.

«M-m-mi s-scu-s-i» un timido coniglietto dal pelo argenteo si avvicinò « … V-vostra inquietudine, io ho vi-s-to dove è andata» Jack lasciò cadere il coniglio che teneva in mano, si avvicinò a quello che aveva appena finito di parlare e si chinò su di lui. Impaurito il coniglietto si coprì gli occhi con le zampette e si appiattì sull’erba, desiderando che il terreno si aprisse per inghiottirlo.

«Dove è andata?» tuonò il re delle zucche.

 

Poco lontano …

Skelbi tirò un sospiro di sollievo quando arrivò sulla collina e si lasciò cadere sull’erba, non le era sembrata così alta e ripida, e quelli che sembravano grosse rocce, in realtà erano quattro grandi uova di pasqua disposte in cerchio. Su di esse erano raffigurati dei simboli un tacchino, un cuore, un trifoglio ed una zucca, alla vista di quest’ultima la piccola scattò in piedi e si mise di fronte all’uovo. Notò poi una piccola maniglia e non seppe resistere, allungò la piccola ed ossuta mano.

 

Fuori Easter Town …

C’era voluto qualche minuto per riuscire a capire ciò che dicesse quel piccolo e tremolante coniglio, ma alla fine Jack aveva una destinazione. Si voltò verso la collina appena in tempo per vedere un bagliore, iniziò a correre; non si fermò fino a che non raggiunse la cima. Si guardò intorno, voleva solo un piccolo segno, anche insignificante, ma che gli dicesse che la persona che si trovava li fino a pochi minuti fa era la sua  bambina. Guardò la porta che conduceva al suo mondo, ai suoi piedi vide un piccolo uovo colorato … cos’è? … lo prese senza pensarci due volte; era un messaggio.

Se mai qualcuno troverà quest’uovo dica a Ribbon e Snowflake che sto bene. MA NON AL BAU BAU, LUI È CATTIVO!

P.S.

Cari coniglietti, scusate per il trambusto, e per avervi derubato di un uovo e d’una penna.

Jack passò il dito sulla superficie dell’oggetto che teneva in mano, la sua bambina stava bene. Dopo tanto tempo, sentì del calore pervadergli il corpo.

 

Da un’altra parte …

Questa volta non atterrò sul morbido, no di certo visto che le dolevano tutte le ossa. E non era finita in un mondo allegro e colorato, ma freddo e buio. Camminò per un po’, stringendosi il corpo fra le sue piccole braccia; le piaceva la notte ed il freddo, ma questo posto era diverso, metteva paura.

Cos’è questo posto?

Un ombra corse vicino a lei e Skelbi sobbalzò, sentiva che qualcuno si muoveva tra le rocce. Corse via, più veloce che poteva, fino a che vide un’apertura ai piedi di un albero e si nascose lì dentro. Si rannicchiò sulla nuda terra, tremava ed aveva paura, la spaventava rimanere sola in quel luogo. Cominciò a piangere, ma silenziosamente, non voleva che qualcuno o qualcosa la sentisse e trovasse il suo nascondiglio.

Sally spalancò gli occhi, si era addormentata sulla sedia a dondolo mentre cuciva.

Cos’è?

Aveva una strana sensazione e si alzò in piedi, camminava percorrendo tutta la stanza tenendosi le mani sul cuore, c’era qualcosa che non andava.

Puoi trattenerli finché vuoi, ma i singhiozzi non riesci a strozzarli all’infinito. Skelbi sentì strani rumori fuori dal suo nascondiglio, tremava sempre di più. Cercava di non fare nessun suono, ma aveva solo sei anni ed era spaventatissima.

Sally corse fuori dalla stanza, qualcuno stava male ed aveva bisogno di lei. Percorse tutta la casa fino all’uscita, spalancò la porta principale e si avviò fuori della città. Camminando senza una meta.

Un rumore si fece sempre più vicino, come nel peggiore dei suoi incubi, però ora non aveva una coperta sotto cui rifugiarsi o una luce da accendere, non sapeva nemmeno se il sole, in quel luogo, sarebbe sorto.

“Mamma …” fu l’unico pensiero che la piccola ebbe.

Sally distolse lo sguardo dal punto dove era diretta, qualcuno l’aveva chiamata. Ma in quella direzione non c’era nessuno, chi era? Sentì ansia e il fiato si fece pesante.

«Arrivo, la mamma è qui, non piangere» si portò le mani alla bocca, aveva parlato senza pensare, ma come se fosse la cosa più naturale da dire. Capì tutto subito e continuò a camminare.

«Mamma vieni da me … Mamma!» la piccola si strofinava gli occhi, nel vano tentativo di asciugarli dalle lacrime, voleva solo una persona in quel momento. forse non l’avrebbe sentita, forse non sarebbe mai venuta, ma voleva che la donna dai capelli rossi venisse a prenderla.

«Mamma …» era stanca per via del viaggio e del pianto, e piano piano chiuse gli occhi, agitandosi in un sonno inquieto.

«Arrivo bambina mia! Non piangere Skelbi!»

 

Note:

Ciao a tutti,

finalmente il settimo capitolo, ringrazio l’insonnia per avermi permesso di scriverlo, ma ora sono stanca XD fatemi sapere cosa ne pensate. A presto :D

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Capitolo 8
*** Ti voglio bene ***


CAP 8 – Ti voglio bene

Il cuore di Sally batteva all’impazzata sia per la gioia sia a causa della corsa frenetica, sentiva crescere dentro di se la speranza, per anni una fievole luce di candela nell’oscurità, ma era ora un sole alto nel cielo limpido.

Si ferma davanti ad un albero, ai cui piedi si apriva un piccolo varco, il tempo si fermò, c’era qualcosa o forse qualcuno lì. Quando guardò dentro l’apertura, non vide nessuno, tutto rimase come immobile. Non sentì il ronzio delle vespe poco distante, non percepì la gelida goccia che, caduta dal ramo più alto, scivolò sulla sua guancia e non vide la luce del sole che iniziava a riempire il cielo. Il suo mondo stava tornando buio e freddo.

Vide, però, qualcosa brillare nell’oscurità, dentro quell’albero. La raccolse, sembrava una gemma; era piccolissima, grande quanto la punta del suo dito, era calda e triste. Sally la chiuse nella sua mano e la portò al cuore. Come in trance, vide delle immagini …

«Mamma …» disse una piccola creatura rannicchiata sulla nuda e fredda terra. Qualcosa le punzecchiò i piedi, spaventata si mise a sedere con la schiena contro il tronco dell’albero. Tre piccole creaturine erano in piedi davanti a lei e Sally le conosceva bene.

«Hihihihi trovata!» disse quella che sembrava una streghetta.

«Sei contento?» chiese a qualcuno un piccolo diavoletto.

«Siamo stati bravi?» fece il terzo, travestito da scheletro.

«Siete stati bravissimi» Sally vide la piccola seduta all’interno dell’albero irrigidirsi e assumere una faccia terrorizzata quando Oogie Boogie la afferrò per trascinarla fuori dal suo nascondiglio.

«Lasciami!»

«Io e te, signorina, dobbiamo fare un bel discorsetto!» rideva dicendo quella frase, Sally sentì rabbia salire dentro di lei.

«Lasciala …»

«Come?» Oogie Boogie si voltò verso di lei

«Ti ho detto: lascia mia figlia!»

«Vieni a prenderla … se la vuoi»

«Lasciala subito!»

«Sally calmati» aprendo gli occhi vide Jack, inginocchiato vicino a lei, si accorse solo allora di essere sdraiata per terra.

«Jack lei è qui …»

«Lo so amore mio …» si abbracciarono «… ma è qui anche lui, dobbiamo sbrigarci, se vogliamo che non la porti via di nuovo»

«Lo so, ma dove possiamo andare? Non ho idea di dove siano» senza accorgersene, lasciò cadere il piccolo oggetto che teneva ancora chiuso nel suo pugno, appena tocco il terreno, tornò alla sua forma originale, liquida. Da esso nacque un sentiero, un lungo sentiero azzurro.

«Quaggiù!» si voltarono verso quella voce, videro una piccolissima figura davanti a loro. Alta non più di dieci centimetri era completamente fatta d’acqua.

«Mi chiamo Love O’Drops, provengo dal regno di San Valentino, arrivo quando viene versata una lacrima da qualcuno in cerca d’amore e vi guiderò da vostra figlia»

«Uffa! Non c’è gusto a farle i dispetti, tanto non reagisce» disse Prendo sbuffando.

«Lasciala perdere quell’antipatica, andiamo a giocare altrove!»

«Vedo, finiscila e anche voi altri …» Oogie si voltò a guardare la bambina, ora chiusa in una gabbia «… non preoccuparti Scaramuccia, tra poco tornerà tutto come prima» poi prese un grosso libro ed iniziò a sfogliarlo.

«Io mi chiamo Skelbi …»

«Appena ti avrò fatto l’incantesimo, dimenticherai tutto. Questa volta mi assicurerò che tu non possa più ricordare niente, cancellerò quei due dalla tua mente e li farò soffrire per l’eternità»

«Capo, comunque se non si fosse fatto sfuggire il vero nome di questa qui, non avrebbe avuto problemi» i tre monelli risero di gusto.

«Questa volta non commetterò errori e tutto tornerà come prima»

«No!» Skelbi si alzò in piedi e fissò l’uomo nero dritto negli occhi, con tanta rabbia e senza traccia di paura.

«Come?» visibilmente irritato Oogie Boogie richiuse il grosso tomo che teneva in mano e si avvicinò alla gabbia.

«No, non riuscirai più a farla franca, il mio papà verrà a salvarmi!»

«Quel mucchio d’ossa?» esplose in una sonora risata che riecheggiò nella caverna semibuia «Piccola, davvero credi che mi perderò il divertimento di continuare a vederlo soffrire? Sai dove andavo quando rimanevi sola? Venivo a godermi lo spettacolo che quel patetico re offriva! Ahahah era allegro una volta, pur essendo il re di Halloween, ma negli ultimi sei anni il dolore lo stava corrodendo; quando nessuno lo vedeva scoppiava in lacrime e continuava a sussurrare il tuo nome Skelbi, bambina mia, dove sei … patetico. Tua madre invece scelse il silenzio, Jack non riusciva più a comprendere i suoi sentimenti, ma in realtà non ne è mai stato in grado … mi dava una gioia immensa vederli soffrire e soprattutto che il loro amore stava appassendo»

«Sei un mostro! E poi non è vero, la mia mamma e il mio papà si amano tantissimo, ed io sono la prova …» la piccola cominciò a singhiozzare e si strofinò gli occhi; voleva che tutto questo finisse.

«Non sai quanta gioia mi danno le tue lacrime …»

Il pianto si fece più intenso e i singhiozzi quasi levavano il respiro alla piccola che cadde sulle ginocchia.

«… non solo sto facendo soffrire coloro mi hanno rovinato la vita, ma anche la loro figlia! Peccato che poi dovrò essere buono e paziente, ma per fortuna sopporto la tua vista solo per pochi minuti al giorno»

«Mamma, papà …»

«Puoi chiamarli finché vuoi, loro non verranno, tu sei sola!» queste parole raggiunsero, come una gelida lama, il cuore della bambina, che si accasciò al suolo tremante.

«Non sei sola Skelbi!» la voce arrivò come un fulmine a ciel sereno nella grotta. Oogie Boogie era furioso, ma anche impaurito. Mentre il pianto disperato di Skelbi si tramutò il lacrime di gioia, si alzò e con le sue piccole manine afferrò le gelide sbarre della gabbia, avrebbe voluto aprirle e correre da lui sentirsi al sicuro tra le sue braccia, mentre le diceva che tutto andava bene.

«Ci siamo noi, ora e per sempre» la seconda voce era più calda, piena d’amore. Skelbi si sentì avvolta, allungo la sua mano verso i genitori premendo con il corpo sul ferro, voleva solo uscire di lì.

«Mamma, papà, voglio rimanere con voi, vi prego!» le lacrime che rigavano il suo volto fecero subito ricordare a Jack la sofferenza che lui e Sally avevano patito in tutti questi anni, ma pensò anche alla sofferenza della loro amata bimba, sola e senza amore per tutto questo tempo.

«Mi dispiace interrompere questa toccante conversazione …» Oogie Boogie aprì la gabbia, afferrò la piccola e la strinse a se «… ma noi dobbiamo and…» non fece in tempo a finire la frase che Jack gli fu addosso, la piccola cadde e velocemente si allontanò dai duellanti.

Li fissava mentre combattevano si allontanava sempre di più, aveva paura e sentiva che avrebbe ripreso a piangere. Ma due braccia la avvolsero e qualcuno la strinse a se.

«Skelbi …» fu sussurrato da quella persona, la piccola si voltò e quando incrociò il volto della madre si fissarono per quello che sembrò un momento interminabile.

Infine, tra le lacrime, Skelbi si butto al collo di Sally.

«Mamma!» erano passati sei lunghi anni, ma Sally ricordava benissimo come fosse abbracciare la sua piccola; ma le seguenti tre parole della bambina fecero cedere anche lei in un pianto liberatorio.

«Ti voglio bene …»

 

Note:

Ciao,

finalmente l’ottavo capitolo, ringraziamo la notte e l’ispirazione che sempre mi da. Spero vi possa piacere e soprattutto di aver reso bene i sentimenti dei protagonisti, per aiutarvi ad immaginarla vi lascio anche un disegno di Love O’Drop, personaggio di mia invenzione, spiegherò più avanti qualcosa in più sul suo conto.

Vi ringrazio per aver seguito fino a qui la mia storia, e spero che possiate continuare fino alla fine.

Un bacio, a presto :D

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Capitolo 9
*** Non potete nulla contro di me! ***


CAP 9 – Non potete nulla contro di me!

Skelbi e Sally si tenevano strette l’una all’altra, quando una creaturina si avvicinò.

«Scusatemi, ma sarebbe meglio andarsene»

«Si Love, muoviamoci prima che si accorga della nostra fuga» Sally si alzò e prese in braccio la sua bambina e si diressero verso l’entrata della grotta.

Ma improvvisamente delle rocce iniziarono a piovere dal soffitto, Sally riuscì ad evitarle riparandosi contro la parete, ma Love O’Drop fu colpita. Tante piccole goccioline si sparsero ovunque. Fortunatamente ritornarono insieme ridando forma alla lacrima.

«No, io non sono fatta per queste cose» piagnucolò «E poi, cosa è successo?» si sentirono delle risatine in lontananza e Sally sapeva bene a chi appartenevano.

All’interno della grotta si udì l’eco delle pietre che cadevano, Oogie Boogie si voltò e ridendo si rivolse a Jack.

«Starei ore e ore a discutere con te, Jack. Ma dobbiamo andare» detto ciò svanì e di lui rimase solo un’ombra che velocemente si diresse verso l’uscita.

“Dobbiamo andare” queste due parole riecheggiarono nella mente di Skeleton, non avrebbe permesso più a nessuno di far soffrire la sua famiglia.

Sally sentì un gelido vento sulla pelle, improvvisamente intorno a se comparve il campo delle zucche, rivide Skelbi com’era da neonata e le scivolò di nuovo via dalle braccia.

«No!» urlò e fu riportata al presente, tenne stretta la bambina che piangeva.

«Non voglio andare con lui, mamma …» ma il vento si fece più forte e divise madre e figlia. A Sally sembrò che la sua mano scivolasse lentamente sul braccio della bambina, le stavano portando via, di nuovo, una parte del suo cuore. Venne poi scagliata contro la parete e cadde sul terreno.

Jack accorse in tempo per vedere tutta la scena era attonito e per un istante rimase immobile.

«Papà!» era ancora immobile, chi lo stava chiamando?

«Papà aiutami!» guardò verso l’alto e i suoi occhi incrociarono quelli di una piccola creatura che lo stava supplicando.

«Arrivo Skelbi!» corse fuori dalla grotta e si arrampicò sulla montagna fino a raggiungere la cima. Ma non c’era nessuno.

«Bu!» si voltò di scatto e Oogie Boogie lo afferrò per il collo facendolo penzolare sull’apertura che dava all’interno della montagna cava.

«Davvero credi di poter vincere? Illuso, tra poco vostra figlia dimenticherà tutto e questa volta mi assicurerò che non possa mai più ricordare» Jack afferrò il braccio del mostro cercando di liberarsi.

«Soffri per l’eternità» detto lasciò cadere lo scheletro.

«Papà!»

Qualcuno lo sorreggeva e piano piano aprì gli occhi, il suo braccio destro ciondolava, mentre l’altro era appoggiato a qualcuno, che lo teneva per la vita portandolo chissà dove. Non ci mise molto a riconoscere la delicatezza di quelle mani.

«Sally …»

«L’ho visto dirigersi al suo vecchio nascondiglio, forse siamo ancora in tempo» Jack si ricompose e fermò la moglie.

«Siamo sicuramente in tempo!» affermò deciso «Ma tu torna ad Halloween Town e cerca aiuto, io vado a riprendere nostra figlia!» si scambiarono un tenero bacio e poi si allontanarono in due direzioni diverse.

In città c’era grande confusione, tutti capivano che qualcosa non andava. Quando una figura curva si avvicinò si temeva il peggio, ma rendendosi conto che si trattava della sovrana inizialmente furono colti da gioia; ma le condizioni di Sally rivelarono che stava accadendo qualcosa di terribile.

La donna riferì che la piccola Skelbi era tornata e con lei Oogie Boogie, deciso ad aggiungere dolore alla sua vendetta. Occorreva trovare una soluzione e mentre tutti si domandavano cosa fare, un’altra donna si fece largo tra la folla.

«Penso di poter essere d’aiuto»

«Signora Finklestein»

Le due si avviarono a casa Finklestein, ma inizialmente il dottore non fu entusiasta di aiutare Sally.

«Caro è importante, c’è in pericolo una bambina» irremovibile «Allora fallo per me!» a questo il dottore non poté più replicare.

Cercarono a lungo nella grande biblioteca di casa Flinklstein, ogni singolo libro fu scorso da cima a fondo.

«Eureka!» fu il grido di trionfo del dottore «Ora so come fare, ma dobbiamo agire in fretta!»

Jack corse a perdifiato fino ad arrivare dove un tempo sorgeva l’antro di quel mostro. Già da lontano scorse la luce emanata dalle candele sul fondo della voragine e qualcosa che pendeva sopra di esso. Una gabbia con dentro una parte del suo cuore.

Skelbi, chiusa nella gabbia sospesa, stringeva a se le ginocchia, nascondendo il suo volto. Non voleva più vedere niente e sperava che i suoi genitori non venissero.

«Cosa vuoi fare! Quando arriveranno te ne pentirai!»

«Smettila mocciosa, voglio solamente divertirmi ancora un po’. E poi cosa speri che riescano a fare? Non gli è andata bene pochi minuti fa, credi che sarà diverso ora?» il tono sarcastico dell’uomo nero la fece irritare.

«È inutile che mi fissi in quel modo, ma sono felice sapendo che presto la tua rabbia si trasformerà in dolore … non potete  nulla contro di me!»

«Cosa vuoi fare?»

«Uccidere Jack Skeleton»

Skelbi pensava a quelle parole, pronunciate con odio e rancore.

«Papà, non venire …» sussurrò nella fredda notte.

«Skelbi!» un urlo ruppe il silenzio e la piccola sollevò il suo volto. Vide qualcuno correre verso il luogo dove era imprigionata “non venire!” fu il suo unico pensiero.

Scattò verso le sbarre della gabbia che oscillò «Papà non venire! Ti vuole fare del male!» gridò tra le lacrime la piccola.

Jack si fermò, sentì la voce della sua bambina, stava soffrendo e qualcosa percosse il suo cuore.

« No Skelbi … quello che mi ha fatto sei anni fa, quello è stato il male più grande, non può farmi di peggio!» detto questo corse verso l’albero al cui ramo era stata posizionata la gabbia.

La piccola si lasciò cadere sul freddo fondo della sua prigione «Non venire papà …» singhiozzò in preda alla disperazione.

Era quasi arrivato alla gabbia, quando si alzò un vento impetuoso che portò con se nuvole e polvere.  Jack rimase immobile, il ramo oscillava pericolosamente. Anche se rischiava di cadere andò avanti.

«Dove credi di andare Jack?» Skeleton fu sollevato dal ramo e sballottato dalla tempesta, infine scaraventato sul terreno. La tempesta scomparve repentinamente ed al suo posto: l’uomo nero.

«Di pure addio alla vita Jack …» lo scheletro riuscì a scattare di lato evitando la scure che si conficcò nel terreno.

Oogie Boogie continuò a colpire in direzione dell’avversario, che non sapeva come ribattere. Fu quasi preso e indietreggiando inciampò, ma qualcuno afferrandolo gli impedì di cadere.

«Tutto bene, sire?»

 

Note:

Ciao a tutti,

perdonate l’ENORME ritardo, ma alla fine eccoci qui. Oogie Boogie cerca in tutti i modi di portare dolore a questa famiglia e ora vuole far fuori il re delle zucche! Ma …

Fatemi sapere come vi sembra il capitolo ^^ a presto :D

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Capitolo 10
*** Per sempre così ***


 

CAP 10 – Per sempre così

Jack guardò a lungo la figura che l’aveva aiutato, ma non riusciva proprio a capire chi fosse e perché sembrava conoscerlo.

«Chi sei?» senza nemmeno dare una spiegazione, aiutò Jack a mettersi in piedi e si avvicinò ad Oogie Boogie. Solo ora Jack poté osservarlo meglio: indossava normalissimi stivali, pantaloni e maglietta neri; un lungo mantello blu dal collo alto che, in parte, nascondeva il volto; un lungo bastone ricurvo ad un’estremità legato sulla schiena ed un grande cappello a punta.

«Il tuo tempo è finito, sparisci nell’oscurità» afferrò l’enorme bastone che portava sulla schiena e si mise in posizione, pronto per combattere.

«Compari dal nulla e mi dai pure ordini? Chi credi di essere?»

«Sono l’Uomo Nero» queste parole spiazzarono il Bau Bau, ma solo per un momento prima di farlo scoppiare in una grassa risata.

«No, amico, mi dispiace. Ma di uomo nero ne esiste solamente uno e quello sono io» detto questo si scagliò contro l’Uomo Nero, pensava che un colpo sarebbe bastato, che avrebbe messo a tacere per sempre quell’insolente, ma così non sarebbe finito il combattimento.

L’Uomo Nero parò il pugno di Oogie senza alcuna difficoltà rimasero immobili per pochi secondi, poi il l’uomo dal mantello blu scattò in avanti ed affondò le mani nel corpo del mostro.

Il Bau bau indietreggiò colto da una dolorosa fitta sul fianco, quando osservò il punto dolorante, vide uno strappo da cui fuoriuscivano tanti insetti. Quando si rigirò verso il suo avversario, questi si stava scagliando contro di lui, nel tentativo di scansarsi, si accorse che non riusciva più a muoversi.

Improvvisamente una strana sensazione lo pervase, qualcosa che non aveva mai provato prima, qualcosa che solo le sue vittime avevano provato: paura«Cosa mi hai fatto?»

L’Uomo Nero si fermò davanti a lui «Sai, anche io ho i miei insetti, l’unica differenza è che loro mi obbediscono ciecamente. Si nascondono dentro il corpo e iniettano un veleno pericoloso: il terrore» poi estrasse un’ampolla da sotto il mantello.

«Non vincerai» trovato nuovo vigore, il Bau Bau sferrò un pugno che però colpì il suolo. Il suo avversario sembrava scomparso e non solo lui, intorno a se non vide più niente.

Vagava nel buio, perso. Sentì qualcosa strisciargli vicino e sobbalzò, vide una falena volare nella sua direzione e sorpassarlo, come se lui non esistesse. Un’altra, due, tre e così via; fino a che non udì tante piccole ali battere e cercò di individuarle nell’oscurità, le vide quando ormai erano troppo vicine e lo travolsero e venne trascinato via. Tentò di opporsi, ma invano; si  guardò alle spalle per capire dove erano diretti e le vide volare verso l’alto per poi ricadere in un oscuro cratere. Il terrore tornò a pervaderlo, tentò invano di lottare contro di loro, schiacciandone qualcuna; ma più ne uccideva, più sembravano aumentare.

«Lasciatemi! No! No!»

In un attimo fu sollevato da terra, guardando in basso vide il cratere trasformarsi diventando una bocca ghignante.

«Vieni, forza …»

«No! No! No!» fu trascinato tra quelle fauci, che si richiusero sopra di lui.

Jack aprì gli occhi.

«Papà!» Skelbi era inginocchiata accanto a lui e gli teneva una mano «Ti sei ripreso!» la piccola gli si gettò al collo e scoppiò a piangere, il Re delle Zucche non poté non ricambiare questo gesto con un forte abbraccio.

«Va tutto bene Skelbi, è tutto finito» si soffermò sulle sue parole, era davvero tutto finito? Si alzò ed esaminò tutto ciò che lo circondava, provava una strana pace.

«Il Bau Bau non c’è più, lui ci ha salvato» indicò una figura seduta su di una roccia non lontano, era la persona intervenuta nello scontro con Oogie Boogie.

«Vi siete ripreso maestà. Non vi preoccupate, non ci darà più alcun problema» detto questo rimise sotto il mantello l’ampolla estratta durante la lotta.

«Scusa, ma tu chi sei?»

«Legittimo che me lo domandiate, sono l’Uomo Nero, ha preso posto di Oogie Boogie»

«Ma come è possibile?»

«Papà, dovevi vederlo, è stato bravissimo, lo ha sconfitto senza alcuna esitazione» questa voce irruppe come il vento che spalanca improvvisamente una finestra e scompiglia l’ordine di una stanza. Jack osservò la figura che lo teneva per mano, sorrideva.

«Cosa c’è? Hai visto un fantasma? Papà dovresti esserci abituato!»

“Papà” Jack ricordò quando Sally gli disse che sarebbero diventati genitori, l’impazienza di veder nascere la persona che lo avrebbe chiamato così; la lunga agonia degli ultimi sei anni, quando solo nei suoi sogni udiva questa parola.

Sollevò la piccola e la strinse a se.

«Papà …»

«Cosa c’è?»

«Ti voglio bene, voglio stare per sempre con te e la mamma» gli occhi del re si inumidirono e strinse ancora di più la sua piccola.

«Nessuno più ci dividerà»

L’Uomo Nero si era allontanato per lasciare soli padre e figlia. Nella foresta trovò un albero cavo, prese l’ampolla e la ripose al suo interno.

«Ti sigillo …» delle catene apparvero dal nulla e si strinsero intorno all’albero «… non farai più del male»

...

Jack e Skelbi tornarono ad Halloween Town dove tutti erano entusiasti di conoscere la piccola, la quale, però sembrava non curarsi delle attenzioni degli abitanti e vagava con lo sguardo in cerca di qualcuno.

Jack si accorse di questo e si abbassò per sussurrarle all’orecchio «Su quella scalinata» ed indicò alla piccola dove guardare.

Quando i suoi occhi incrociarono quelli della madre, Skelbi dimenticò tutti e le corse incontro.

«Dorme?»

«Si  Jack, almeno da un’ora, ma non avevo il coraggio di andarmene dalla sua stanza» Jack si avvicinò ed abbracciò la moglie «Avevo paura che se me ne fossi andata, lei sarebbe sparita di nuovo»

«Ora non ci farà più del male. Sally, colui che ci ha salvati, tu sai da dove viene?»

«L’ho creato io»

«Come?»

Molte ore prima …

«Dottore, ha trovato qualcosa?»

«Leggi qui Sally!» e porse alla donna

“Ogni creatura del mondo di Halloween è libera di pensare ed agire secondo il suo volere, ma se il suo operare si rivela pericoloso per la comunità ed essa non cambia, è possibile creare un essere con caratteristiche simili a quella malvagia ma con la capacità di contrastarla. Solo la famiglia sovrana può creare una nuova creatura (vedi il volume Esperimenti sotto la voce creature di Halloween) … ”

«Il libro è questo» il dott. Flinklstein porse il tomo alla regina «Dirigiamoci al laboratorio»

«Lo avete creato voi?» Jack era incredulo, non sapeva come un dettaglio del genere potesse essergli sfuggito.

«Il dottore mi ha detto che era un libro ormai dimenticato, visto che tutti pensavano, da secoli, che non fosse necessario.  Le creature di Halloween hanno sempre vissuto in armonia, fino all’incidente di Babbo Natale …» la porta della stanza si aprì ed entrò l’Uomo Nero.

«Mi avete fatto chiamare Sire?»

«Prego, entra» la creatura si avvicinò.

«Voglio ringraziarti per ciò che hai fatto»

«La regina mi ha creato perché voleva proteggere coloro che ama, il mio compito è questo. Oltre a portare la paura tra gli umani, compito da tempo appartenente all’uomo nero, bau bau o come lo si voglia chiamare; mi impegno a proteggere il regno al vostro fianco»

Jack mise una mano sulla spalla dell’amico «E io te ne sarò grato per sempre»

Skelbi si svegliò di soprassalto, il temporale improvviso l’aveva spaventata. Si nascose sotto le coperte, ma un fragoroso tuono la fece tremare ancora di più.

«Mamma …» sussurrarono appena le sue labbra.

«Skelbi sono qui …» la piccola uscì dal suo nascondiglio e fissò la figura davanti a lei.

«Immaginavo che ti saresti spaventata, vieni» Sally prese in braccio la sua piccola ed uscì dalla stanza.

Insieme ai suoi genitori, quella notte per la prima volta Skelbi non provò paura e chiuse gli occhi sicura che al suo risveglio sarebbero stati lì.

Per sempre così.

 

Note:

Ciao a tutti,

chiedo scusa per il ritardo, gli errori grammaticali e se non è uno dei migliori capitoli.

Scusate, ma in questo periodo trovo difficile scrivere, pur ricavando del tempo. A volte mi riduco ad aprire il file e scrivere una o due frasi al massimo -.-“ vi chiedo di essere pazienti per i prossimi capitoli e grazie del sostegno che mi date leggendoli, mi piace un sacco veder crescere il numero delle visualizzazioni :) intanto fatemi sapere cosa ne pensate di questo, anche solo con poche parole. A presto :D

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Capitolo 11
*** Il Vuoto ***


CAP 11 – Il Vuoto

I giorni seguenti trascorsero sereni.

«Skelbi!» Ribbon si gettò fra le braccia dell’amica «Sono felice che tu stia bene …» singhiozzò la piccola elfa.

«Anche io sono contenta di rivedervi» sorrise dolcemente la piccola scheletro.

«Skelbi, abbiamo temuto il peggio» esordì Snowflake.

«Ma ora è tutto passato, allora è questo il paese del Natale!»  con meraviglia dipinta sul volto, la bambina ammirò le luci ed i colori di quella nuova città.

Ma la cosa che più di tutte la colpì, fu la neve. Anche gli anni passati aveva camminato sul manto bianco che ricopriva la terra, ma ora che teneva per mano mamma e papà, tutto era diverso, tutto era più bello.

«Volevi vedermi, Uomo Nero?»

«Si, maestà. Devo parlarvi di una cosa importante» disse la creatura facendosi grave in volto.

«Ti ascolto» Jack aveva una strana sensazione, ma cercò di scacciarla via; non voleva far sparire la gioia provata negli ultimi giorni.

«Riguarda me e la mia creazione. Io purtroppo non sono eterno, non sono l’originale nato dalla fantasia e dalla paura degli umani»

«Ciò vuol dire che lui tornerà?» il terrore si impadronì del volto di Jack.

«No, ad una condizione. Che io riempia il Vuoto»

«Di cosa si tratta?»

«Una volta creati, noi veniamo a conoscenza di non essere eterni. Essendo l’unico, nella storia, ad essere stato creato per sostituire una creatura malvagia, non so cosa sia il Vuoto. Oogie Boogie per ora è rinchiuso, e tra cinquant’anni la sua essenza sparirà per sempre; ma se io in questo tempo non colmerò il Vuoto … sarò io a sparire e non potrete più creare qualcun altro che lo contrasti»

«Come fai a sapere tutto ciò?»

«Lo so e basta, mi rammarico di non potervi dare più spiegazioni; ma queste sono le uniche informazioni presenti nella mia mente» l’essere strinse i pugni ed abbassò lo sguardo.

«Non ti preoccupare» Jack gli mise una mano sulla spalla «Hai il mio pieno appoggio, troveremo una soluzione»

«La ringrazio»

L’Uomo Nero sedeva su una lapide del cimitero, il silenzio impregnava l’aria intorno a se. Sentiva la morte corrergli dentro ogni fibra del suo corpo. Sapeva di non essere ancora vivo, ma che cos’era il Vuoto? Questa domanda lo tormentava e ogni giorno gli sembrava di morire poco alla volta. Sorrise amaramente, era venuto al mondo da pochi mesi e già aveva simili pensieri e sensazioni;  era una creatura del paese di Halloween e pensieri di morte e malinconia forse erano normali  … per gli altri, ma non per lui.

Appoggiò il bastone a terra e lo usò come trespolo per il mento, socchiuse gli occhi.

«Zero?» una vocina lo riportò nel ‘mondo reale’. Vide la principessina giocare ad acchiapparella con  il cane fantasma, mentre Jack e Sally la seguivano passeggiando mano nella mano. L’essere pensò che, forse, avere una famiglia avrebbe potuto colmare il Vuoto, ma non era sicuro che questa fosse la risposta.

Lasciò il cimitero silenziosamente e si avviò verso la foresta «Vado, Vedo, Prendo … voi fermatevi qui. Voglio restare solo»

«Come desidera il nostro signore»

Negli ultimi mesi tutti erano rimasti stupiti del cambiamento dei tre monelli: da esseri sempre in cerca di guai a mansueti servitori dell’uomo nero. Probabilmente erano influenzati dal Bau Bau e quando questi scomparve, entrarono automaticamente al servizio del nuovo Boogie Man adottandone anche tratti della personalità. Così si sedettero su delle rocce al limitare della foresta, e lì rimasero fino al ritorno del loro signore.

«Pronta tesoro?»

«Dove andiamo adesso?» la famiglia reale si incamminò verso il luogo dove le speranze di Sally illuminavano la notte buia. Già da lontano la piccola scorse una luce, poi vide chiaramente che questa proveniva da un cratere, affacciandosi guardò tante piccole candele accese che illuminavano l’oscurità.

«Candele?»

«Si piccola mia …» Sally si inginocchiò accanto ala figlia «… ogni candela rappresenta un giorno passato senza di te, venivo qui tutte le sere e ne accendevo una. Nella speranza che questa luce ti indicasse la via di casa»

«Il Faro di Halloween Town, così l’hanno ribattezzato» dopo queste parole del padre, Skelbi aprì il lo zainetto che si era portata  e tirò fuori il suo amato violino, non sapeva perché, ma sentiva che quello era il luogo dove suonarlo. Le note erano dolci, come se tutto l’amore che lei provava in quel momento si fosse trasformato in musica. Un fascio di luce dal cratere si proiettò nel cielo, per poi esplodere in un gioco di luci che illuminò la notte, ricadendo queste luci si convogliarono e crearono delle figure.

Tre statue di vetro erano illuminate dalla luce delle candele sottostanti: Jack, Sally e Skelby si tenevano per mano e sorridevano. La famiglia ammirò questo prodigio in silenzio, ma pieni di commozione.

Da allora in poi chiunque fosse passato di notte vicino al Faro di Halloween Town, ammirando quelle figure, avrebbe provato un senso di pace e felicità che si pensava sconosciuto in un mondo del genere.

 

 

Note:

(T^T) perdono, ma finalmente sono tornata! Spero di riuscire ad essere costante … e non fare più pause di un anno … ci sentiamo al prossimo capitolo, e vi lascio il disegno dell’Uomo Nero (anche questo vecchio di più di un anno) Ciao

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Capitolo 12
*** Una nuova vita ***


CAP 12 – Una nuova vita

I giorni trascorrevano pieni di emozioni e nuove scoperte, Skelbi era tutta un “Perché?”; “Come mai?”; “Cos’è questo?”; “E quello?”; a volte i suoi genitori si meravigliavano di quanto quella bambina fosse loquace, ma forse per troppi anni era stata esclusa dal mondo ed ora voleva solo conoscere ogni cosa di tutto ciò che le stava intorno.

Jack non perse tempo e le insegnò a leggere, anche se la piccola riusciva già a distinguere alcune lettere; fare conti e soprattutto come spaventare al meglio la gente; perché a detta sua: “Una buona principessa deve sempre sapere come spaventare!”.

Sally invece si occupò di insegnarle attività manuali; come rammendare e confezionare abiti, come cucinare squisiti piatti e come prendersi cure delle piantine che crescevano nel giardino di casa. Su quest’ultimo punto madre e figlia avevano idee diverse; Skelbi abituata ai verdeggianti paesaggi del regno degli umani e alle illustrazioni dei suoi libri e Sally che aveva sempre vissuto in un regno dal terreno arido e dagli alberi spogli. Così il giardino diventò un alternarsi di fiori secchi e colorati, questi ultimi resistevano grazie alle cure della bambina.

L’Uomo Nero spesso passava li vicino e si fermava a contemplare quella meraviglia

«Principessa» Skelbi si voltò di scatto.

«Buona sera» accennò una riverenza, molto goffa, ma presto avrebbe imparato come farne una giusta.

«È opera sua questo giardino?»

«Mio e della mamma!» disse la piccola regalando all’essere un gran sorriso.

«È molto bello …»

«Skelbi! Vieni è ora di cena» la voce proveniva dall’interno della casa.

«Arrivo mamma!» Skelbi si affrettò sul vialetto del giardino, ma a metà si fermò e voltatasi salutò il nuovo amico «Grazie di tutto! Arrivederci!» fece un cenno con la mano e poi riprese la sua strada.

«Arrivederci principessa Skelbi»

20 anni dopo

«Dai Zero, vuoi farti battere da uno scheletro?» lunghi capelli rossi fluttuavano nell’aria, mentre una figura correva tra le lapidi del cimitero e  la gonna nera svolazzava di qua e di la. Il cagnolino accettò la sfida e accelerò l’andatura; in un batter d’occhio raggiunsero la città, la giovane saltò sopra un muretto e scrutò la folla festante. Un carro attraversò la piazza e si fermò davanti al pozzo, sopra di esso era stata posizionata della paglia, ed una figura immobile vestita di stracci e con una zucca al posto della testa, attendeva. Gli abitanti lanciarono delle lanterne al suo interno ed il fantoccio prese fuoco, improvvisamente si destò e si tuffò nel pozzo, subito dopo Jack emerse dall’acqua tra le grida di acclamazione di tutti.

La giovane corse verso suo padre e saltò fra le sue braccia «Papà! Halloween è stato fantastico, anche quest’anno!»

«Grazie tesoro, andiamo a casa»

«Dottore, ancora niente?» chiese Jack entrando nel laboratorio.

«Nulla, sono desolato» il Dr. Finklestein abbassò lo sguardo, sperando che la soluzione si palesasse per magia davanti a lui; ma su quei vecchi tomi impolverati non aveva trovato niente.

Seduto a quel tavolo c’era anche l’Uomo Nero, continuava a scorrere le pagine di quei libri che avevano riempito la stanza, con un’assiduità quasi maniacale.

«Amico mio» Jack posò la mano sulla spalla del BauBau e questi si ridestò, era talmente preso dalla lettura che non si era nemmeno accorto che il suo re era entrato.

«Mi perdoni, io …»

«Non serve che ti giustifichi, continuiamo la ricerca. Ci sarà pur qualcosa in questi libri! E noi la troveremo!» i tre ripresero la ricerca, con più vigore di prima.

L’Uomo Nero passeggiava nella foresta, assorto nei suoi pensieri; vagabondò per qualche ora fra quell’alternarsi quasi infinito di alberi

“Trent’anni” passo dopo passo tornò davanti all’albero dove anni prima aveva sigillato il nemico del suo mondo. Appoggiò la mano al tronco, una fitta improvvisa alla testa.

“Lo sai bene che non ci riuscirai, liberami!” si accasciò a terra. Tentava invano di rialzarsi ma le fitte si facevano sempre più forti. “Liberami! Vuoi continuare a sentirti così …”

«… male?» una mano si posò delicatamente sulla sua spalla e quella voce sparì, così come i forti dolori.

L’Uomo Nero alzò la sguardo e i suoi occhi incrociarono quelli della principessa.

«Come?» disse con un filo di voce.

«Stai male?»

«Non più, ti ringrazio» con l’aiuto di Skelbi si rialzò e alla ragazza sfuggì una risatina.

«Sono io la causa di tanta ilarità?»

«Beh, è la prima volta che mi dai del “tu” di solito sei sempre un “principessa è un piacere incontrarvi” “come state”» dicendo questo mimava i movimenti dell’uomo, che per la prima volta nella suo vita, rise di gusto.

«Chiedo perdono» disse asciugandosi gli occhi.

«Non devi preoccuparti, anni fa mi hai salvato la vita» Skelbi appoggiò i pugni sui fianchi «Non c’è ragione per essere così distaccati».

«Grazie principessa»

«Skelbi, preferisco essere chiamata così» il sorriso della ragazza riscaldò il cuore dell’Uomo Nero.

Seduta sulla lapide, Skebi fissava il vuoto ripensando a ciò che l’amico le aveva raccontato «Quindi lui potrebbe tornare, se non trovi risposta ai tuoi dubbi?»

«Si, non voglio mentirti. Se nei prossimi trent’anni non trovo una soluzione, non voglio pensare a cosa potrebbe accadere» seduto appoggiando la schiena alla lapide accanto alla ragazza, l’uomo alzò gli occhi al grigio cielo.

«Forza allora!» proclamò la ragazza alzandosi e porgendo una mano all’amico «Colmiamo il vuoto!»

Da quel giorno anche Skelbi si buttò a capofitto nella ricerca, anche durante le lunghe passeggiate con l’Uomo Nero, il tema principale delle loro conversazioni erano le ricerche. Ma poi la curiosità dell’uomo lo spingeva a chiederle di raccontare delle meraviglie degli altri mondi che lui non aveva mai visitato.

Allora Skelbi gli parlava di Easter Town e dei coniglietti fifoni, di Thanksgiving Village e dei suoi abitanti: grossi tacchini con il cappello da pellegrino e le loro signore con le cuffiette adorne di pizzi. E del suo luogo preferito: Christmas Town, degli elfi suoi amici, di Babbo Natale e della grande festa che si teneva al suo ritorno dopo aver consegnato tutti i doni ai piccoli umani.  Parlando di quest’ultima, gli occhi della giovane, anche se vuoti, sembrava brillassero.

«Deve essere proprio bella questa festa»

«Già, papà mi accompagna lì tutti gli anni» un pensiero si insidiò nella mente della ragazza «Mi ci puoi accompagnare tu quest’anno!»

«Io … Ecco …» la giovane si era piazzata davanti a lui e si sarebbe anche messa in ginocchio pur di convincerlo «Va bene Skelbi»

«Come!?» Jack era incredulo «Perché? Siamo sempre andati insieme!»

«Non conosce nulla degli altri mondi, papà. E per una sera può anche non stare rintanato con il dottore in quel tugurio con il naso sempre su quei libri polverosi!»

«Skelbi tesoro, non muoverti o non riuscirò a sistemarti i capelli»

«Certo mamma, scusa»

In alto i capelli della ragazza furono raccolti in uno chignon decorato con una spilla a forma di zucca ghignante, quelli sotto lasciati sciolti furono pettinati in modo da formare dei morbidi boccoli.

«Ecco fatto» Skelbi si alzò e si ammirò allo specchio, era il primo vestito che realizzava per la festa, solitamente ci pensava Sally. Era dorato e molto ampio, come quello che era raffigurato nel suo libro di fiabe.

Bussarono alla porta, fu Jack a far entrare l’ospite. L’Uomo Nero indossava pantaloni scuri e i suoi soliti stivali, camicia bianca ed una bella giacca blu a doppio petto con la “coda di rondine” tutto realizzato da Skelbi, che inutilmente lo aveva pregato di lasciare il suo cappello per una sera.

«Buona sera a tutti»

«Amico mio, ti affido mia figlia per questa sera. Divertitevi alla festa e per favore …» disse Jack appoggiando entrambe le mani sulle spalle dell’uomo «… controlla che non si strafoghi di dolci» il tono ironico del re fece sorridere Sally e l’Uomo nero, mentre Skelbi non apprezzò l’intervento del padre.

«Non sono così ingorda! … Sono quei dolci ad essere troppo buoni …» mugugnò indossando i guanti.

Partirono poco dopo, il re e la regina li salutarono mentre si allontanavano.

Raggiunti gli alberi con i portali aprirono quello per il regno del Natale.

«Pronto?» ma l’uomo non fece in tempo ad annuire che la giovane gli afferrò la mano e saltò nel portale.

L’atterraggio fu morbido, e per la prima volta l’Uomo Nero toccò la neve, vide in lontananza un paese illuminato e poteva sentire le campane suonare a festa.

«Dai, muoviamoci. Babbo Natale sta per arrivare».

Giunti all’ingresso della città, salutarono i fratelli Alabaster tutti e due indossavano vestiti per grandi occasioni (a detta degli elfi): un frac verde per lui, ed un grazioso vestitino rosso per lei adorno di un bel nastro verde in vita che formava un fiocco sul retro del vestito.

Furono ben sorpresi, ed un po’ spaventati, nel vedere l’accompagnatore dell’amica. Ma vennero subito distratti dal suono che si udiva in lontananza dei campanelli di una slitta. Si diressero tutti ai margini della pista di atterraggio, quando la slitta toccò terra colorati fuochi d’artificio illuminarono il cielo. Babbo Natale scese dalla slitta e diede disposizioni affinché sistemassero le sue renne.

Salutò Skelbi ed il nuovo ospite e tutti gli abitanti del regno, dopo un breve discorso con cui si complimentò con tutti per il meraviglioso lavoro svolto nell’ultimo anno diede inizio ai festeggiamenti, e tutti si diressero nella grande sala dei ricevimenti.

L’uomo Nero fissò ancora una volta il succo nel suo bicchiere e chiuse gli occhi. Ascoltò la musica e i passi degli ospiti che sulla pista da ballo, le risate e il tintinnare dei bicchieri.

«D-d-desidera una t-tart-tina s-signore?» aprì gli occhi e fisso il piccolo elfo davanti a lui, che sbiancò in un attimo.

«No, ti ringrazio» sollevato dallo scoprire che l’Uomo Nero non era ostile, l’elfo si allontanò velocemente, portando il bicchiere che gentilmente l’uomo gli aveva restituito.

L’uomo osservo la folla festante, e i suoi occhi si posarono su una figura che volteggiava sulle note di una allegra canzone, Skelbi teneva sollevato un lembo del vestito per poter ballare meglio. Rideva e anche in quella confusione lui poteva senza problemi distinguere il suono della sua voce. Distolse lo sguardo ed usci, raggiunse un gazebo adorno di nastri verdi e rossi e una corona fatta con rami di pino sovrastava i gradini che portavano all’interno della struttura. Sulle colonne di legno erano appese piccole lanterne che creavano un’ atmosfera piacevole.

«Hei! Non ti diverti?»

«Ti chiedo scusa e che non sono abituato a tutto questo» disse l’uomo appoggiando i gomiti alla balaustra.

Skelbi si sedette accanto imbronciata «Uffa, volevo ballare anche con te, ma se aspetto che sia tu a chiedermelo la festa  fa in tempo a finire!»

«Perdonami, ma non so come si fa a ballare».

«Te lo insegno io!» Skelbi afferrò la mano dell’amico e lo portò al centro del gazebo.

Gli mise la mano destra  sulla palla e portò quella dell’uomo a cingerle il fianco. Si sentirono in lontananza le note dell’orchestra e i due seguirono la melodia. Cominciò a nevicare mentre le due figure danzavano e come un velo, la neve che lentamente cadeva li celava al mondo.

Non avevano più bisogno di musica, si persero l’uno nello sguardo dell’altra e piano piano si fermarono. Immobili, sentivano solo i loro respiri, i volti si avvicinarono e un bacio. Qualcosa batté dentro di loro e pose fine a quel momento poiché Skelbi si scansò subito.

«Perdonami» disse allontanandosi.

L’Uomo Nero la guardò camminare verso la sala dove c’erano tutti gli altri «Skelbi aspetta!» urlò e corse verso di lei. La strinse a se «Non andartene ti prego».

La giovane che si teneva il viso fra le mani sussurrò appena «Ti prego, torniamo a casa».

Non aveva fatto molte parole con i genitori, disse solo che era stanca e si ritirò in camera sua.

Seduta sul letto scorreva il dito fra le balze del vestito, e in un attimo la scena di quel bacio si ripresentò davanti a lei. Scosse la testa, si cambiò velocemente e gettò il vestito nell’armadio. Si mise sotto le coperte, sperando che addormentandosi potesse per un attimo scordare tutto.

Il sonno arrivò solo in tarda nottata e fu agitato, si alzò nel cuore della notte e uscì dalla stanza. Camminava avanti e indietro assorta nei suoi pensieri.

«Skelbi?» Sally fece capolino dalla sua stanza «Tesoro cosa c’è, è dal tuo ritorno che sei strana»

«Mamma …» Skelbi le si gettò al collo. Tornarono nella sua camera e sedute sul letto la ragazza raccontò alla madre cosa era successo da sconvolgerla così tanto.

«Sei spaventata?»

«Si, e tanto! L’uomo Nero è sempre stato un buon amico, ma quando ho sentito quella strana sensazione dentro di me, io …» abbassò lo sguardo e fissò il pavimento.

«Sai, a me e a papà successe la stessa cosa quando ci baciammo la prima volta» la giovane guardò la madre «Non capimmo cos’era, ma era successa a tutti e due nello stesso momento. Non è nulla di male …» disse accarezzando i capelli della figlia «… ne di sbagliato. Forse ti è successo troppo presto e sei spaventata, ma io sono qui per te, se vorrai aiuto per affrontare tutto questo» si abbracciarono.

«Mamma, non dire nulla a papà per adesso»

«Certo tesoro»

Anche il sonno dell’Uomo Nero fu molto tormentato, si mise a sedere sul letto e portò la mano al petto, dove poche ore prima aveva avvertito qualcosa di strano, ma tutto taceva.

“Cosa sarà stato?”

Skelbi stava innaffiando i suoi fiori, era tranquilla e per adesso i pensieri che l’avevano tormentata per tutta la notte si erano quietati.

«Skelbi?» l’innaffiatoio e cadde dalle mani e si voltò «Perdonami se ti ho spaventata».

Rimasero in silenzio per alcuni interminabili secondi «Vorrei solo scoprire cosa è successo ieri sera»

«Io no invece» si voltò incamminandosi verso casa. L’uomo rimase immobile, l’aveva vista tremare pronunciando quelle parole e non volendo turbarla oltre si allontanò.

Skelbi si diresse verso la biblioteca del padre, entrata chiuse a chiave la porta. Prese un grosso libro e cercò tra le mille definizioni che si trovavano al suo interno e si fermò sulla parola ‘Amore’; richiuse i libro e lo ripose sullo scaffale.

Sedutasi, con la schiena contro il muro, portò a se le ginocchia e rimase in quella posizione per alcuni minuti, infine un sorriso le si dipinse sul volto.

 

Note:

Ciao! Perdonate la lunga assenza, spero che il capitolo possa ripagarvi dell’attesa. Con il prossimo si concluderà questa storia che devo ammettere, mi ha emozionato scrivere.

Grazie a quanti commenteranno e anche a quelli che dedicheranno qualche minuto a leggere la mia storia.

A presto.

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Capitolo 13
*** Per sempre in due così ***


CAP 13 – Per sempre in due, così.

‘Io no invece’ queste parole continuavano a rimbombare nella testa dell’Uomo Nero, e non se ne dava pace. Skelbi aveva ogni ragione di pensarla come voleva, ma ora era confuso, perché un rifiuto lo turbava così tanto?

Seduto nella sua modesta casetta al limitare del cimitero, l’uomo si portò una mano al volto e sentì per la prima volta copiose lacrime scendere dai suoi occhi. Uscì di casa camminando senza una meta e passo dopo passo arrivò alla foresta.

Skelbi irruppe come un uragano nella stanza dove si trovava la madre e le saltò al collo. Felice di vedere che le ombre sul volto della figlia si erano dissipate, Sally ricambiò il gesto affettuoso.

«Mamma, sono innamorata!»

«Cosa!?» le due si voltarono, Jack più bianco che mai, si era appoggiato alla maniglia della porta quasi colto da un malore.

“Perché no! Tanto avrei dovuto dirglielo prima o poi” pensò la giovane guardando il padre.

«Hai capito bene papà! E ora scusa, ma vado da lui» Skelbi gli passò accanto velocemente, senza dargli tempo di reagire ed uscì di casa.

«Skelbi. Aspetta!» troppo tardi «Mi spieghi cosa succede?» chiese voltandosi verso la moglie, la quale ricambiò con un dolce sorriso.

«Siedi che ti racconto»

Al limitare della foresta, l’Uomo Nero rimase immobile fissando il vuoto.

“Allora, dimmi com’è essere scaricati?” una fitta gli attraversò la testa e si accasciò al suolo

«Basta!»

“E no! Fino a quando non mi libererai sarà un vero piacere tormentarti, soprattutto adesso che sei così debole. Non ti preoccupare, quando sarò libero ci penserò io a punire la donna che ci ha causato così tante sofferenze”

«Non ti permetterò nemmeno di sfiorarla!» disse l’uomo sollevandosi, con un fuoco mai conosciuto che gli bruciava dentro.

“Voglio proprio vedere come farai!”

«Vado! Vedo! Prendo!»

«Signore!» proruppero i tre monelli.

«Che nessuno si avvicini alla foresta!» alzò in aria il bastone e lo fece ricadere al suolo, una barriera si creò fra lui e i suoi servitori. Poco alla volta una fitta cortina di fumo nero avvolse la foresta.

L’uomo si voltò e con lo sguardo deciso e qualcosa che ardeva in petto, si inoltrò fra gli alberi immersi in un buio totale.

«A noi due ora!»

“Ti aspetto”

Arrivato all’albero dove era sigillato il mostro lo colpì, ora non c’era più nulla che potesse tenerlo rinchiuso.

Skelbi correva a perdifiato e Zero la seguiva da vicino, arrivata alla piccola casetta si precipitò al suo interno.

«Ti devo parl…» non c’era nessuno, ma la ragazza sapeva bene dove andare.

Quando si incamminò verso la foresta sentì una stretta al petto e la vide ricoprirsi di un fumo nero, una lacrima le rigò il volto.

«No!»

«O si invece» la ragazza si voltò, Vado, Vedo e Prendo erano al suolo, come in preda a convulsioni «I nostri signori si scontreranno presto!»

«Quegli idioti …» Prendo non riuscì a concludere la frase, gli occhi si fecero bianchi e fu colto da convulsioni.

Spaventata cercò di camminare ma qualcosa le bloccava le gambe, Vado e Vedo non accennavano a mollare.

«Ci ha detto di non fare avvicinare nessuno»

«Vedo, se si facesse male Oogie Boogie sarebbe contento!»

«Hai ragione» la lasciarono.

«Zero presto!» corse via.

«Non puoi ferma!» urlarono i tre, incapaci di muoversi e di capire a chi andava la loro fedeltà.

La ragazza correva, ma un improvviso terremoto la costrinse a fermarsi ancora. Durò qualche minuto, non c’era mai stato nulla di simile nel regno di Halloween.

Di certo ciò che sarebbe accaduto quel giorno avrebbe cambiato la sua vita. 

«Così stanno le cose Jack, prima le accetti prima ti calmerai» intanto lo scheletro a grandi passi, percorreva il salotto da un lato all’altro, velocemente.

«Come faccio a calmarmi! Mia figlia è innamorata, la mia bambina ha nel suo cuore un altro uomo!»

«Cosa pretendevi, che rimanesse con noi per sempre?» chiese pacatamente la donna. Jack si voltò e la sua espressione non lasciò dubbi a chi lo conosceva bene «L’hai vista com’è diventata grande, è capitato a noi e lei è nostra figlia, non potevo desiderare nulla di più bello per lei»

Sally si avvicinò al marito e gli prese le mani «Per sempre in due così. Da quel momento abbiamo sentito qualcosa dentro di noi che batteva all’unisono e siamo stati felici, i sei anni vissuti lontano da nostra figlia li abbiamo superati grazie al legame che ci ha sempre tenuti insieme»

Nella mente di Jack corsero veloci i ricordi di quei momenti, nell’oscurità che lo avvolgeva in quel periodo Sally era sempre riuscita a riportare la luce.

Per quanto fossero i suoi genitori e il legame che li univa fosse forte e li rendeva felici, se anche Skelbi avesse trovato qualcuno da amare lui l’avrebbe accettato.

«Va bene Sally…» la donna alzò lo sguardo rasserenato «… ma se la vedo piangere anche solo una volta per colpa sua Halloween Town potrà dire addio a qualsivoglia uomo nero»

«Jack …» li colse un improvviso terremoto e si precipitarono fuori, nella piazza si radunarono presto gli altri abitanti, la calma si ripresentò solo alla fine della scossa.

«Cosa è stato?» si domandarono in molti.

«Laggiù! La foresta!» urlò una strega in sella alla sua scopa.

«Jack io vado a cercare Skelbi»

«Fa attenzione ti prego. Cittadini!» richiamò all’attenzione lo scheletro «Non sappiamo cosa stia succedendo, ma ho un brutto presentimento, preparatevi a difendere la città!»

L’Uomo Nero indietreggiò con un balzo, evitando così che il mostro lo afferrasse.

«Allora, vogliamo cominciare?» il mostro fece scroccare il collo muovendo la testa a destra e sinistra.

«È giunto il momento di farti sparire per sempre!».

«Pensi di poter colmare il Vuoto così?» disse ridendo Oogie Boogie.

L’Uomo Nero cercò di mascherare la sua ansietà, ma non era certo della sua vittoria.

«Sai in certi momenti …» Oogie cominciò a camminare portandosi di lato all’uomo «… molti traggono forza dal ricordo delle persone amate».

Nella mente dell’uomo a quelle parole riaffiorarono le immagini di Skelbi. Si voltò ma il mostro non era più lì.

«Ma anche una piccola distrazione può rivelarsi fatale» sentenziò comparendogli alle spalle.

Skelbi camminava lungo la parete nera, non intravedendo alcuna entrata si sedette sul terreno portandosi le ginocchia al petto. Aveva lo sguardo perso, quando sentì qualcosa ai suoi piedi; Zero la fissava e guaiva sia perché la padroncina era triste, sia non sapendo cosa stesse accadendo.

Skelbi gli accarezzo il musetto preoccupato «Zero non temere, troveremo una soluzione!»

Un susseguirsi di suoni, anche se lontani catturò la sua attenzione, qualcuno stava combattendo. Si ricordava bene la battaglia contro Oogie Boogie tanti anni fa, e la sensazione era la stessa.

«Zero rimani qui, io devo andare» la ragazza si scagliò contro la parete.

«Skelbi! Dove sei?» Sally correva ovunque, ma non era in grado di trovare la figlia, il cuore le batteva all’impazzata. Aveva paura e temeva di perderla ancora, strinse le mani al petto e chiuse gli occhi «Non di nuovo!» riaprendoli guardò l’orizzonte e con più vigore corse diretta verso la foresta, aveva ormai capito che stava accadendo qualcosa in quel luogo.

Sapeva che l’Uomo Nero centrava in questa storia ed era certa che sua figlia era lì.

Arrivata sul limitare della foresta si guardò intorno.

«Skelbi! Skelbi dove sei?» il piccolo Zero abbaiò e si avvicinò a Sally.

Accovacciandosi la donna lo prese fra le mani «Zero ti prego, tu lo sai dov’è andata, vero?»

I cagnolino corse verso la cortina nera, si fermò e iniziò ad abbaiare.

Nascosto dietro un albero, l’Uomo nero si controllava le ferite, erano troppe e del fumo nero fuoriusciva da esse. Ansimava ed era stanco, ma doveva continuare a combattere sapeva che per quanto potesse essere forte, anche Oogie Boogie doveva risentire la stanchezza e il dolore.

«Avanti vieni fuori! Non mi sono nemmeno riscaldato!» aveva anche lui segni sul corpo da cui fuoriuscivano vermi ed altri insetti, ma moti meno dei suoi; la distrazione iniziale gli era costata cara.

«Eccoti …» rise cupamente «… tana per l’Uomo Nero!» di sicuro sarebbe riuscito ad afferrarlo e scaraventarlo via senza che l’uomo opponesse resistenza; ma da lontano qualcuno aveva osservato la scena.

La bella chioma rossa era ciò che l’Uomo Nero vedeva, il volto di una giovane scheletro fissava quello del suo vecchio carceriere. Tutti e due rimasero stupiti.

«Non ti permetterò di fargli del male» sentenziò stringendo ancor di più la presa sul braccio del mostro.

«Ma bene! Chi si rivede la mia piccolina …» sospirò «… sarebbe andato tutto bene: quei due non sarebbero più stati felici, lui non sarebbe mai esistito ed io avrei ancora la mia nipotina … se solo non fossi stato così distratto».

«Ma non è così, e non sarà mai più come allora!»

«Già … non posso tornare indietro, ma posso rifarmi su i diretti responsabili …» un ghigno gli si dipinse sul volto «… prima sistemo lui e riacquisto i miei pieni poteri …» con l’altro braccio avvolse il collo della ragazza «… poi vado diretto ad eliminare alla radice il problema e finalmente saremo ancora insieme!» la sua risata non aveva nulla di sano.

«Tutti questi anni di solitudine ti hanno dato alla testa!» anche se con un filo di voce la giovane riuscì a replicare.

Oogie la sollevò da terra «Ora facciamo le insolenti? Vedremo di sistemare anche questo tuo caratteraccio!» Skelbi soffocava.

«Lasciala subito!» l’Uomo Nero gli si scagliò addosso, Skelbi cadde e la barriera si dissolse. Ripresasi si appoggiò sui gomiti e guardò fissa davanti a se.

Una fitta dolorosa le lacerò il petto «No!» urlò in lacrime e il suono della sua voce riecheggiò nella foresta.

Oogie reggeva il corpo dell’Uomo Nero trafitto dal suo stesso bastone.

«Bravi ragazzi, ottimo lavoro!» tre piccoli mostriciattoli saltellarono fino al mostro.

«Era talmente in pensiero per lei che non si è nemmeno accorto che gli abbiamo rubato il bastone!» sghignazzò Vado.

«Vero! Vero! Poi girare intorno all’albero silenziosamente non ci ha fatti scoprire!» sentenziò Vedo.

«Morirà in poco tempo!» Prendo si portò le mani alla bocca aperta in una macabra risata.

«Ora signorina …» gettò il corpo a terra «… guarda questo mondo cadere!» voltò la spalle a Skelbi e si incamminò verso la città.

«Fermo!» ma lui non l’ascoltava e scomparve dalla sua vista insieme ai tre monelli.

«Skelbi …» la giovane si voltò verso l’amato e corse da lui. In ginocchio accanto a lui gli accarezzò il volto.

«Sei qui …».

«E come potevo lasciarti».

«Almeno ti ho potuta vedere, un’ultima volta» il respiro rallentava sempre più.

«Non dire così, adesso siamo insieme, vedrai tutto si sistemerà».

L’uomo le sfiorò il viso con la mano, ma quello fu il solo ed unico gesto d’affetto che poté donarle.

Il braccio ricadde al suolo.

Skelbi lo sentì spegnersi fra le sua braccia «No, no ti prego non lasciarmi» stesa sul suo petto, pianse versando ogni lacrima che aveva in corpo.

«Io ti amo»

Pur essendo in pieno giorno, la città si ritrovò invasa da fitte tenebre ed anche se erano creature spaventose e temibili, gli abitanti provarono terrore.

«Cittadini state calmi!» cercò di tranquillizzare il sindaco.

«Restiamo uniti!» proclamò il re delle zucche «Lui è qui!»

«Esatto Jack!» lo scheletro sentì un fruscio alle spalle e si voltò «Quanto tempo vecchio amico!»

«Non mi pare di essere mei stato tuo amico!»

«Oh è vero che sbadato! Volevo dire … vecchio nemico!»

A Jack, Oogie non era mai andato giù, ne lui ne il suo modo di comportarsi.

«Invece di trattenere tutto quell’odio scheletro, fatti sotto! Tua figlia per lo meno ci ha provato, anche se invano»

«Che le hai fatto!» Jack gli si scagliò contro ed iniziò la lotta.

Gli abitanti corsero a nascondersi, se qualcuno si fosse trovato lungo il loro cammino, non ne sarebbe uscito vivo.

Sally correva nella foresta, aveva visto Oogie dirigersi ad Halloween Town, ma sua figlia era ancora lì dentro.

Zero la seguiva da vicino, ed improvvisamente le afferrò la gonna.

Sally si voltò «Zero cosa succ…» una luce comparve alle sue spalle.

Sally vide tanti piccoli fasci dorati volare in cielo per poi ricadere su tutto il regno.

Oogie sembrava più forte del solito e dalla sua aveva quelle piccole pesti che scagliavano di tutto addosso a Jack.

«IhIhih! Fallo secco!»

Una grossa pietra colpì la testa dello scheletro che cadde a terra, rialzandosi velocemente fu afferrato dal mostro. Gli avvolse il collo e cominciò a stringere sollevandolo da terra.

«Vuoi finire come la tua figliola? Va bene! » Jack si dimenava.

«Credo che Sally sarà felice di raggiungerti presto!»

“Skelbi, Sally” fu l’unico pensiero che attraversò la mente di Jack.

«Ora fammi il favore di morire!»

Un fascio di luce dorata cadde nella piazza abbagliando Oogie Boogie che mollò la presa per ripararsi gli occhi. Segui una pioggia lucente che inondò ogni cosa.

«Io ti amo» detta questa piccola semplice frase, Skelbi senti di nuovo quella fitta al petto e la sentì anche nell’uomo che le era vicino.

Indietreggiò quando il corpo, che poco prima era steso senza vita fu sollevato in aria. Da esso proruppe una luce accecante, Skelbi si coprì il volto e per alcuni minuti non vide nulla.

Una mano le si poggiò sulla spalla, spaventata guardò a chi appartenesse e lacrime di gioia le rigarono il volto.

«Ciao Skelbi»

Senza dire nulla saltò al collo dell’amato e insieme caddero a terra, si baciarono carichi di felicità.

L’Uomo Nero si mise a sedere e teneva Skelbi stretta a se «Non ti lascerò più andare via».

«E io non andrò da nessuna parte» strinse fra le dita un lembo della casacca dell’uomo.

«Vuoi sapere come mi chiamo?» Skelbi alzò lo sguardo per incrociare il volto amato e si mise in ginocchio davanti a lui.

«William» Skelbi non poté trattenere una risata che contagiò anche l’uomo.

Prese le mani della giovane togliendogliele dal viso «Spiegami cosa c’è di così divertente?»

«Non lo so, Will, non lo so» si abbracciarono.

«Skelbi, il vuoto non c’è più, sei stata tu a riempirlo» le accarezzo i capelli.

Una figura che da lontano gli osservava tornò su i suoi passi e seguita da un cane fantasma tornò anche lei dal suo amato.

 …

Quella pioggia di luce durò pochi secondi, ma quando terminò tutti si sentirono rinvigoriti, a partire da Jack. Oogie invece era accasciato a terra, cercava di reggersi sulle braccia, ma sembrava l’impresa più ardua della sua vita.

«Vado, Vedo, Prendo! Datemi una mano presto!» ma i tre rimasero immobili.

«Jack!» Sally arrivò di corsa gettandosi al collo del marito «Stai bene per fortuna!» disse prima di baciarlo.

«Si Sally, Skelbi dov’è?»

«Non ti preoccupare, è tutto finito!»

Urla di gioia si levarono da tutta la piazza.

Ma Oogie non capiva: se lui era lì, come facevano a non vederlo?

«Perché tu non esisti più!»

«Chi sei?» colto dal terrore in ogni sua fibra del corpo il mostro si guardava intorno senza riuscire a scorgere nessuno.

«Sono il Nulla, ora tu non esisti più, sono venuto per portarti via»

«Dove?»

«Non ha importanza» Oogie si sentì afferrare i piedi e venne trascinato da una forza invisibile, non poteva contrastarla, perse ogni forza ed infine vene inghiottito dall’oscurità sparendo per sempre.

Anche Skelbi e Will tornarono ad Halloween Town mano nella mano, cosa che non fece molto piacere a Jack.

Skelbi corse incontro ai genitori e li abbracciò e quando venne il momento di complimentarsi con Will, Jack gli strinse talmente forte la mano che all’uomo parve che gliela volesse staccare.

«Skelbi!» sollevando lo sguardo tutti videro la slitta di Babbo Natale dirigersi verso di loro con la giovane Ribbon accoccolata sul capo della renna Rudolf.

Senza aspettare che la slitta atterrasse, l’elfa si gettò verso l’amica e abbracciandola mugugnò qualcosa di incomprensibile fra le lacrime che come cascate le scendevano dagli occhi.

«Dice che il sindaco ci ha contattati per telefono» annunciò Babbo natale scendendo dalla slitta.

«Dandoci le ultime notizie» concluse Snowflake.

«Siamo venuti a dare una mano, ma vedo che è tutto a posto!».

«Grazie veramente amico» Jack strinse la mano a Babbo Natale.

L’ora seguente la passarono a raccontare come tutto si era svolto da diversi punti di vista, prima Sally, poi Jack ed infine Will e Skelbi, tutti narrarono cosa gli era accaduto.

Jack non fu molto attento alle parole, quanto al fatto che sua figlia e quella sottospecie di uomo nero erano appiccicati.

Babbo natale ripartì con i due elfi e mentre la slitta si allontanava, candidi fiocchi scesero a ricoprire il paese.

Al pari di tanti anni fa, ci fu una grande festa.

Skelbi, volendo stare tranquilla uscì silenziosamente dal paese, ma a tre persone non era passata inosservata.

Will si incamminò dietro di lei.

«Eh no, tu non vai proprio …» Jack parlava a denti stretti e avrebbe certamente afferrato l’uomo se Sally non l’avesse fermato con la scusa di pattinare insieme.

La rabbia dello scheletro svani non appena i suoi occhi incrociarono quelli della moglie, finalmente la serenità era tornata sul volto della donna.

Si fermarono al centro di quella pista improvvisata e i loro volti si fecero sempre più vicini.

Skebi camminò fino al campo di zucche e si fermò sulla collina, aveva smesso di nevicare. Si sedette e con un po’ di neve costruì due piccoli pupazzetti.

Poi una calda voce la raggiuse e si voltò:

«Mia cara amica dimmi se,

Posso restare accanto a te» senza distogliere lo sguardo dall'amato si rimise in piedi.

«Fra quelle stelle leggo che …» ed unì anche la sua voce.

«Il tuo destino, a me vicino

A scelto noi, ed ora siamo qui» lui le prese le mani fra le sue.

«Per sempre in due così» abbracciandosi, si scambiarono il loro primo vero bacio.

Poi rimasero ancora un po’ su quella collina, guardandosi negli occhi e sentendo i loro cuori battere all'unisono.

 

=== FINE ===

 

Note:

Ciao a tutti,

sono le 02:54 del 11/05/16 ed ho appena finito di ricontrollare l’ultimo capitolo. Sapevo fin dall’inizio che sarebbe finito così il mio racconto, ma che riuscisse a tenermi sveglia così tanto solo per scrivere non lo avevo previsto.

Si vede che sono disoccupata ed ho tanto tempo da perdere? (T-T)

Tornando a noi, grazie a tutti coloro che hanno seguito la mia storia; ero combattuta se trascrivere la canzone finale in inglese o in italiano (visto che amo tutte e due le versioni), ma per attenermi al titolo del capitolo ho preferito mantenere la lingua madre.

Mi sono emozionata ragazzi! Sono così felice e in parte anche triste, è stato un luuuuuungo percorso che ora giunge al termine. Ancora grazie a tutti voi e se vi va fate un salto sulla mia pagina dove presto metterò una mail in modo da poter essere contattata, chissà forse ci starà anche qualche collaborazione.

Adoro Skelbi e Will, il nome non è stato facile da scegliere poiché lo trascrissi da ragazzina insieme a tanti altri che mi piacevano per bambini e bambine :3

Un grazie finale e a presto!

♥My dearest friend, if you don't mind
I'd like to join you by your side,
where we can gaze into the stars.
And sit together,
now and forever.
For it is plain as anyone can see,
we're simply meant to be.♥

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