Il silenzio è dei colpevoli

di Pendincibacco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le tenebre nel cuore ***
Capitolo 2: *** A come Amicizia ***
Capitolo 3: *** Psicologia spicciola ***
Capitolo 4: *** A come Affetto ***
Capitolo 5: *** Cosa farei se tu ... ? ***
Capitolo 6: *** A come Amore, Ansia, Amarezza ***
Capitolo 7: *** Il silenzio dei colpevoli ***
Capitolo 8: *** [Extra 1.1: Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di ... azzurro?] ***
Capitolo 9: *** [Extra 1.2: Il mattino ha l'oro in bocca] ***



Capitolo 1
*** Le tenebre nel cuore ***


Note dell'Autrice: Ehilà! Eccomi di nuovo qui con una nuova storia inserita nella serie "Konoha, dopo la tempesta" (si, lo so, ultimamente per i miei standard sto scrivendo un sacco)! Finalmente, dopo quasi un anno, propongo questo racconto che avevo elaborato, nella sua trama esenziale, quasi di pari passo a "Respirare". La lettura di quella prima ff della serie è caldamente consigliata a chi volesse dedicare qualche momento alla lettura di questa.
Mi cimento per la prima volta con una storia non incentrata su Naruto e Sasuke, che saranno comunque presenti, e mi concentro invece su Sakura, che sarà la protagonista indiscussa di questa breve ff. Chi non mi conosce non si spaventi: la "mia" Sakura non è una bambina viziata nè una donna di malaffare, giuro.
Nei dati della storia non ho segnato il pairing principale perchè, guarda un po', non esiste tra quelli selezionabili! Quindi se qualcuno di voi sapesse dirmi come devo fare per richiedere che venga inserito, beh, mi farebbe un grande piacere!
Buona lettura!
 


Il silenzio è dei colpevoli


Capitolo 1
Le tenebre nel cuore

 

- Ehi! –

Buio.

- Ehi, mi sentite? –

Tutto, intorno a lei, era completamente buio. Non un solo spiraglio di luce fendeva quell’oscurità assoluta, totale.

- Ascoltatemi per favore! –

La tenebra era densa, fredda e viscida, avida. Se la sentiva spalmata addosso, ovunque, e per quanto tentasse di liberarsene strofinandosi freneticamente le braccia e il viso, quella rimaneva attaccata a lei e si insinuava ovunque: sotto ai vestiti, nella testa, in profondità dentro al petto. Sakura, nonostante potesse normalmente dirsi una ragazza coraggiosa, aveva paura: il terrore le strisciava sulla schiena in lunghi brividi, le attanagliava lo stomaco come un’orrida morsa.
- Hei, fermatevi un momento! –
Eppure, nonostante il buio, Sakura li vedeva perfettamente: i due ragazzi, in piedi una decina di metri avanti a lei, si allontanavano dandole le spalle.
Doveva fermarli, non voleva rimanere sola in quel posto, così si mise a correre. Ma la tenebra aveva ormai raggiunto anche le sue gambe ed era fredda, collosa e pesante, le rallentava i movimenti. Dopo pochi metri Sakura cadde, su un terreno che non poteva nemmeno vedere, stremata; non le rimase che gridare, gemere e supplicare.

- Vi prego, non lasciatemi sola! Ragazzi, ho paura! Sasuke, aiutami, non riesco ad alzarmi! Lo giuro, non ti assillerò mai più, lo sai che sono cambiata! Naruto, torna qui, ti prego! Dammi una mano, siamo come fratelli! Non sono più quella di un tempo, ti voglio bene, non ti trascurerò mai più! Naruto, per favore … - singhiozzò la ragazza, ripiegata su sé stessa, ormai incapace di muoversi.

I ragazzi, inaspettatamente, si fermarono e Sakura li fissò supplicante e speranzosa; tuttavia i due non si avvicinarono a lei. Si voltarono e, dopo averla fissata per qualche momento, proruppero in due risate glaciali gemelle.
- Aiutarti? Perché dovremmo? Non servi più a nulla ormai … - affermò Sasuke, ghignando e abbracciando il compagno da dietro, posando il mento su una delle sue spalle per poi fissare la ragazza con uno sguardo gelido. Naruto si rilassò contro il petto del compagno e, guardando la compagna di team, voltò il viso verso quello di Sasuke per leccargli lascivamente una guancia, sul volto un’espressione di scherno.
- Povera Sakura … come ci si sente ad essere sempre di troppo? Ora non sono più io l’elemento di disturbo della squadra, eh? Sei diventata inutile: io e Sasuke non abbiamo bisogno di te, ci bastiamo l’un l’altro. – le disse il suo amico d’infanzia, per poi girarsi a baciare appassionatamente il compagno, ridendo di lei.

Sakura inorridì: quelli non potevano essere loro, non erano davvero i suoi amici. Loro non l’avrebbero trattata così, non l’avrebbero davvero esclusa, nonostante il loro rapporto. Le cose sarebbero cambiate, cambiano sempre quando tra due persone si stabilisce un legame sentimentale; “ma non in quel modo” pensò, angosciata.
Osservò Sasuke ridere, come non aveva mai fatto in sua presenza, mentre Naruto gli leccava il mento: erano belli, come un’opera d’arte, e l’uno non aveva occhi che per l’altro. Quasi senza rendersene conto cominciò a piangere e l’oscurità sembrò stringere la sua morsa su di lei: la sentiva in gola, ormai; una presenza viscida e ingombrante che le spezzava il respiro e lo rendeva incerto, rantolante.
I due ragazzi la fissarono, ancora abbracciati. Sorridevano entrambi, ma non era un sorriso piacevole: era spento, senza luce. Nel sorriso di Naruto lei aveva sempre visto il sole, tuttavia in quel momento non ne era che un pallido e freddo riflesso; una smorfia grottesca e crudele.
- Qui non c’è più niente per te, Sakura. Addio. –
Non appena Naruto ebbe pronunciato queste parole, le sagome dei due ragazzi si fecero sfocate, indistinte, e cominciarono a svanire. Sakura tentò di avvicinarsi a loro, cercò di gridare, ma il buio vischioso la tratteneva a terra e le spezzava la voce.

Quando i compagni svanirono del tutto la ragazza, disperata, emise un ultimo gemito, quindi fu ridotta al silenzio: la massa scura nella sua gola la rendeva afona, provocandole sforzi di vomito a cui non poteva dare sfogo.
Cieca, muta e sorda, immersa in quell’alieno mondo di tenebra, non poté che fare un’unica cosa: pensare.
“Sto morendo.”
***

Sakura si svegliò singhiozzante, in un lago di sudore, ma comunque felice di ritrovarsi nel proprio letto. Il pigiama le si era attaccato addosso come una seconda pelle, così con gesti rabbiosi se lo strappò di dosso, tollerando appena la biancheria intima, asciugandosi quindi le lacrime con il dorso della mano.
“Solo un sogno. Solo un altro stupido sogno.” si ripeteva, cercando di ritrovare la tranquillità, respirando lentamente per calmare l’alzarsi e abbassarsi affannato del petto. Quando battito cardiaco e respirazione ebbero raggiunto un certo equilibrio la ragazza gettò il lenzuolo di lato, alzandosi per prendere qualcosa di fresco da bere.

In cucina la luce interna del frigorifero gettava bagliori giallastri sul suo profilo, mentre se ne stava rannicchiata a terra con un bicchiere di limonata in mano e lo sguardo spento, fisso sulle mattonelle chiare del pavimento. Il liquido fresco le stava dando sollievo, abbassando la temperatura vulcanica che sentiva dentro di sé. “Forse” pensò, con il bicchiere appoggiato alla tempia “tutto questo limone mi provocherà pure il vomito, così mi libererò di questa nausea orrenda.”
Ma Sakura era troppo stanca e spossata persino per poter vomitare; così, quando il sudore le si raffreddò addosso tanto da farle sentire un leggero brivido, si trascinò stancamente verso il letto. Sdraiandosi gettò un’occhiata all’orologio posato sul comodino: le cinque del mattino. Le rimanevano solo un paio d'ore di sonno prima del turno in ospedale. Si rannicchiò sul materasso e, nonostante il caldo estivo, si coprì con il lenzuolo leggero, semplicemente per sentirsi sicura, in un certo sciocco senso “protetta”.

Le ci volle un certo tempo per riuscire ad addormentarsi davvero; pensieri, paure ed ansie si mescolavano nella sua mente rendendola inquieta, anche nel dormiveglia. Prima di cedere davvero al sonno Sakura si diede della sciocca per la milionesima volta. Non le sembrava possibile che una cosa del genere l’avesse scombussolata a tal punto, quantomeno nell’inconscio. Perché la notte non riusciva semplicemente a gioire per i suoi amici, come faceva di giorno?
Fino ad un paio di mesi prima, non avrebbe mai creduto di poter essere così debole, essere quel tipo di persona che percepisce i traguardi delle vite altrui come deprivazioni alla propria. Non era quel genere di individuo, non voleva esserlo.
Eppure, nello scivolare nell’incoscienza, l’immagine dei suoi amici di una vita che si allontanavano da lei le fece sentire forte in bocca il sapore dell’abbandono.




Note finali: Il capitolo è piuttosto breve, dato che è una specie di introduzione; spero vivamente di riuscire a rendere i prossimi un po' più corposi. Come al mio solito gli aggiornamenti probabilmente non saranno regolari, tuttavia non sono tipa da lasciare una storia in stallo per oltre sei mesi, quindi diciamo che tendo a farmi sentire il prima possibile! Fatemi sapere cosa ne pensate e, come al solito, segnalatemi pure eventuali errori, provvederò a correggerli!
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** A come Amicizia ***


Note dell'Autrice: Rieccomi! Finalmente ce l'ho fatta a proporvi il secondo capitolo. E' un po' un capitolo di transizione, ma spero che possa comunque risultare piacevole! Questa volta non ho molto da dire, dunque vi lascio subito alla lettura! 



Capitolo 2
A come Amicizia
 
 
Sakura si appoggiò silenziosamente al tronco di un grosso albero, il respiro rapido ma leggero dopo la corsa. Individuò in poco tempo i suoi compagni, anch’essi perfettamente nascosti tra le piante al limitare del piccolo spiazzo, immobili tra le ombre del bosco: essere silenziosi, in quel frangente, era essenziale.
La missione che l’Hokage aveva assegnato loro pochi giorni prima era semplice: trovare e catturare un gruppo di banditi che aveva causato ormai troppi problemi a Konoha e che si stava dirigendo verso il Villaggio della Sabbia. Inutile dire che, per il Team 7, missioni del genere erano una passeggiata e, tuttavia, da quando la guerra si era conclusa erano anche le più eccitanti che potessero sperare di portare a termine: la pace sembrava durare, in fin dei conti. Era stato facile, per Sai, mandare alcune delle sue aquile di carta in avanscoperta per individuare il rifugio della banda. Altrettanto facile si era rivelato, il giorno precedente, sopraffarli e catturarli tutti, sfruttando l’effetto sorpresa: non avevano potuto fare altro che capitolare, implorando pietà. Tuttavia, uno di quei balordi mancava all’appello e la caccia all’uomo, dopo aver stabilito che Kakashi sarebbe rimasto ad occuparsi dei prigionieri, era subito cominciata.
Sakura sospirò, cercando di non fare rumore: gli incubi che la tormentavano durante la notte la spossavano, rendendola stanca e irritabile, tanto che persino una missione semplice come quella metteva a dura prova la sua pazienza e il suo fisico. Proprio quando stava cominciando a chiedersi se non avessero calcolato male il punto in cui preparare l’imboscata, un candido passerotto di carta si posò su uno dei rami più vicini a lei e tubò dolcemente: era il segnale di Sai, la preda si stava avvicinando. Scambiò un rapido cenno d’intesa con i due ragazzi celati tra le fronde; era il momento. Infatti, l’uomo non tardò a fare la sua comparsa nella piccola radura: era trafelato e respirava affannosamente, sintomo del fatto che sapeva di essere inseguito. Attesero qualche momento così che potesse illudersi di essere al sicuro; poi, attaccarono veloci e precisi. Sakura uscì allo scoperto, scagliandogli contro un paio di kunai. Dovette riconoscere al suo avversario che era veloce, perché riuscì a schivarli nonostante lo sgomento e, in un attimo, si preparò ad attaccarla fronteggiandola. Sakura sorrise.
- Dilettante … - mormorò ridacchiando.
L’uomo non fece in tempo a chiedersi quale fosse il senso del suo commento, perché una furia in tuta arancione si abbattè su di lui, colpendolo alle spalle con un calcio. L’uomo rotolò e si rimise in piedi, anche se visibilmente acciaccato, e riuscì persino a parare un kunai di Sakura e a colpire Naruto … che esplose in una nuvola di fumo, proprio mentre il “vero” Naruto colpiva il disgraziato ad un fianco con un rasengan piuttosto fiacco. La vittima volò dall’altra parte della radura, schiantandosi contro un albero dall’aspetto solido. Naruto si grattò la nuca con un’espressione pentita sul viso: forse quel rasengan non era abbastanza fiacco, dopotutto. Si avvicinarono entrambi, chiedendosi se la missione fosse conclusa e se potessero finalmente tornarsene a casa; tuttavia l’uomo si mosse, intontito: era un osso duro. Sakura pensò che probabilmente avrebbe tentato un contrattacco se non si fosse ritrovato all’improvviso una mano sfolgorante di elettricità azzurrina ad un paio di centimetri dalla gola. Sasuke si chinò affianco all’uomo e, sogghignando, gli chiese: “Allora, pensi ancora di tentare qualcosa o pensi che possiamo chiuderla qui? Comincio a stancarmi di questa scampagnata.”
Inutile dire che il balordo considerò la questione chiusa.
Sakura sorrise a Naruto, posandosi contro la sua spalla.
- Bel lavoro! –
- Ottima squadra più che altro! – rispose lui, sorridendo. Sasuke ghignò, mentre si accingeva ad immobilizzare il fuggitivo.
 - E’ stato facile, come al solito. – sbuffò, arrogante. Naruto, sempre sorridendo, gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla.
- Beh, spera che per noi non diventi mai difficile, perché vorrebbe davvero dire che è arrivata la fine del mondo! – esclamò, felice.
Sakura sospirò, più rilassata: il buonumore di Naruto al termine delle missioni era contagioso. Sasuke non commentò, ma diede un paio di pacche leggere sulla mano del compagno posata sulla propria spalla, come a dire “ben detto vecchio mio”, un gesto che esprimeva una calma e uno stato di relax che Sakura era certa di non aver mai percepito in lui. Quei due si facevano un gran bene a vicenda, era evidente.
In quel momento Sai sbucò nella radura, con il suo solito cauto sorriso sul viso.
- Vedo che è andato tutto bene. –
- Come avrebbe potuto andare male? Siamo i migliori! – esclamò la ragazza, in parte ironica e in parte seria: pensava davvero che lo fossero. Sai le sorrise di rimando.
- Bene, “campioni”! Ho preparato delle aquile, ci aspettano dietro a quegli alberi. Carichiamo quel tizio e torniamo da Kakashi, così poi possiamo andare a casa.
 
Il volo di ritorno, dopo che ebbero assicurato tutti i manigoldi ai dorsi di alcune aquile, fu molto tranquillo. Sakura sedeva dietro a Sai, alla testa della comitiva, tenendosi alle sue spalle: non era ancora del tutto abituata a volare, nonostante le piacesse. Kakashi volava solo, nelle retrovie, mentre Sasuke e Naruto montavano insieme, al loro fianco. Sakura si prese un momento per osservarli: Naruto, seduto dietro, stava rilassato contro la schiena dell’amico, con il mento appoggiato ad una delle sue spalle. Sasuke probabilmente faceva finta di nulla, ma Sakura poteva vedere chiaramente dalla sua espressione che la situazione non lo infastidiva, anzi. Li osservò attentamente: erano così felici, spensierati e rilassati che avrebbe voluto abbracciarli stretti per comunicargli quanto fosse contenta per loro, quanto in quell’ultimo mese li avesse visti splendere.
Sospirò, poi si lasciò andare un po’ contro la schiena di Sai, di colpo veramente esausta. Eppure, avrebbe voluto non dover dormire mai: in quel modo avrebbe potuto essere sempre felice per i suoi amici, come lo era in quel momento, e non si sarebbe più sentita sola come le succedeva nel suo spaventoso regno onirico. Più ci pensava e meno riusciva a capire il motivo di quegli incubi. Lei era felice per Naruto e Sasuke, credeva davvero che fossero sempre stati fatti l’uno per l’altro … e la gelosia, se mai c’era stata, era passata da un pezzo. Certo, per un momento si era sentita lasciata indietro, ma era risultato subito chiaro che non l’avrebbero davvero abbandonata. Eppure, quando li vedeva così vicini, così complici, non poteva fare a meno di provare un vago senso di …
- Sakura, non preoccuparti. –
La voce leggera di Sai interruppe le sue elucubrazioni e la ragazza tremò appena, sorpresa.
- Non sono preoccupata! La missione è andata bene! – esclamò, sperando di fregare l’amico. Ma Sai, specialmente negli ultimi mesi, aveva studiato il comportamento umano e la mimica facciale con tanta precisione che ormai era diventato piuttosto bravo ad interpretare gli stati d’animo delle persone o, più che altro, quelli dei compagni di team.
- Non parlo della missione. Parlo di Naruto e Sasuke. Si vede che la questione ti agita un po’. –
- Sai, se pensi che la cosa mi infastidisca o altro … -
- Non lo penso. So che non è così: tu li hai accettati da subito, prima ancora che lo facessero loro. – constatò con un leggero sorriso che Sakura poteva vedere solo per metà, oltre la spalla dell’amico.
- Quello che voglio dire è che quando li guardi a volte sei raggiante, mentre altre volte hai un’espressione triste. Non devi essere triste Sakura, non ti stanno abbandonando. I libri dicono che, quando si intraprende una relazione con qualcuno, all’inizio si tende ad essere molto presi l’uno dall’altro … ma dicono anche che questa fase viene superata in fretta e che normalmente non interferisce con le relazioni che si avevano prima. Non ti abbandoneranno mai, siete amici da una vita e vi unisce un legame forte, me ne sono accorto fin dal primo giorno in cui vi ho conosciuti. –
Il ragazzo si interruppe per un momento, apparentemente pensieroso e, in un certo senso, malinconico.
- E poi Sakura, tu non sarai mai sola. Il maestro Kakashi, l’Hokage, i ragazzi … tutti ci saranno sempre per te. E anche io ci sarò sempre. Quindi non sarai mai sola. – concluse, con un’espressione indecifrabile. Sakura sorrise contro la spalla dell’amico: Sai era spesso un mistero, e aveva la capacità di irritare a morte le persone, quando voleva … tuttavia, proprio perché privo dei tipici condizionamenti sociali, era anche in grado di dire cose davvero molto premurose senza la minima traccia di imbarazzo. Semplicemente, quello che gli passava per la testa lui lo diceva.
- Grazie Sai. Sei gentile. –
- Di nulla. Ma non l’ho detto per essere gentile, l’ho detto perché è vero. Voi tre mi avete fatto capire come dovrebbe essere l’amicizia, quanto dovrebbe essere profondo il legame che unisce due amici. Io non so se riuscirò mai ad essere un buon amico come te o come Naruto, ma ci voglio provare. Voglio esserti amico nel migliore dei modi, quindi non ti lascerò mai sola. Gli amici fanno questo, giusto? – chiese, a conferma del suo ragionamento.
Il sorriso della ragazza si allargò. Allungò una mano a scompigliare i capelli di Sai, come faceva con Naruto: la sensazione era leggermente differente, più morbida, perché li aveva più sottili e lisci. Per un attimo le sembrò strano immergere la mano tra quelle ordinate ciocche corvine invece della solita zazzera bionda, ma fu solo un attimo: erano compagni, e anche Sai aveva un posto nel suo cuore.
- Certo Sai. I veri amici fanno questo. –
 
***
 
Naruto e Sasuke si stavano di nuovo baciando, in modo lento, sensuale e umido. Passionale. Sakura non sapeva da quanto tempo stessero continuando, tuttavia le sembravano ore. Avrebbe voluto urlargli di smettere, di parlare con lei, ma la voce aveva cessato di uscire dalla sua gola già da tempo. I due ragazzi si stringevano, ansimanti, si avventavano l’uno sulla bocca dell’altro in modo famelico. Tutti i loro movimenti esprimevano bisogno, necessità estrema: in poche parole, amore. Se Sakura non si fosse sentita ignorata e inutile da ore, li avrebbe trovati carini.
Con uno schiocco umido i due finalmente interruppero il bacio, tuttavia rimasero abbracciati. Si voltarono, notandola per la prima volta dopo quelli che alla ragazza erano sembrati secoli.
- Oh, sei ancora qui? Non ce n’eravamo accorti! –
- Senti, perché non te ne vai? –
“Perché non posso!” avrebbe voluto gridare lei, ma ancora una volta dalla sua bocca non uscì alcun suono. I due ragazzi ridacchiarono, sprezzanti.
- Sei così inutile … nessuno ti vorrà mai! –
- Beh, chi vorrebbe stare con una ragazza così? Lacrimevole, rancorosa, violenta … -
- E disonesta! Finge di averci accettati ma non è così, no? –
“Non è vero! Io l’ho accettato subito!” pensò, disperata e immobile.
- Eccome se finge! Ci invidia tesoro … ci invidia da morire perché sa che non avrà mai quello che abbiamo noi! Non troverà mai l’amore … -
I ragazzi continuarono ad insultarla a lungo, mentre lei se ne stava lì muta e impotente, finché non si svegliò con un ansito, come se si fosse trovata in apnea e, forse, era proprio così. Si passò il braccio destro sugli occhi per asciugare le lacrime, ansimando leggermente.
“Dunque è questo il problema” pensò, sfinita, cercando di dare un senso a ciò che il suo subconscio le gridava da settimane.
“Ho paura che non avrò mai l’amore.”




Note finali: Come al solito se individuate errori fatemelo sapere, alla prossima!

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Capitolo 3
*** Psicologia spicciola ***


 Note dell'Autrice: Ebbene si, sono qui con un secondo capitolo in meno di 24 ore. Nemmeno io so come sia possibile. Capitolo moooolto introspettivo (come se la storia in generale non lo fosse abbastanza :D) in cui per la prima volta lascio spazio al mio personaggio preferito in assoluto, quello che mi ha fatto innamorare del manga e dell'anime di Naruto. Spero che non vi annoi, buona lettura!



Capitolo 3
Psicologia spicciola
 
 
Sakura sedeva sola su un muricciolo di mattoni, la luce aranciata della sera estiva che la illuminava lateralmente, rendendo il suo viso più spigoloso e la sua espressione ancora più seria. Il vociare allegro e le risate dei suoi amici e compagni giungevano soffocate alle sue spalle, dall’interno del locale dove si erano riuniti per una delle loro consuete serate in compagnia. Si divertiva sempre alle loro cene, specialmente guardando Naruto e Kiba fare i pagliacci, tuttavia questa volta aveva sentito il bisogno di uscire a prendere una boccata l’aria.
 
Era passato più di un mese da quando aveva avuto quel sogno “rivelatore”, eppure Sakura non sapeva ancora come gestire la situazione. Aveva davvero semplicemente paura di rimanere “sola”? Di non trovare il vero amore? Nel giungere a questa conclusione si era sentita quasi sollevata: non nutriva rancori, quindi, verso i suoi amici, ma solo pura e semplice invidia. In effetti ciò che avevano costruito insieme, secondo Sakura, non era cosa che si vedesse tutti i giorni; il vero amore non è così semplice da trovare.
Riflettendoci, era giunta alla conclusione che, in quasi 18 anni, non aveva in realtà maturato nessuna conoscenza utile sui rapporti di coppia. Il suo affetto per Sasuke le sembrava ormai solo la cieca ammirazione di una ragazzina sciocca: non amore, solo semplice ossessione. Se l’avesse amato davvero, pensava, avrebbe rispettato i suoi sentimenti invece di inseguirlo per anni pur sapendo di non avere speranze.
 
Le era venuto da ridere al pensiero che, ormai, Naruto fosse molto più esperto di lei in materia. Aveva persino pensato di parlare con lui delle proprie preoccupazioni, ma aveva concluso che non sarebbe stata una buona idea: si sarebbe preoccupato per lei e avrebbe pensato che fosse colpa sua e di Sasuke se le venivano certi pensieri. Sakura non voleva certo che quei due zucconi evitassero le loro già sporadiche manifestazioni d’affetto in pubblico solo per non metterla a disagio, perciò no, non poteva dirglielo. Sasuke … beh, Sasuke era fuori discussione. L’unico confronto a cuore aperto che avessero mai avuto si era rivelato difficile quanto un parto e lei non aveva nessuna fretta di ripetere l’esperienza; senza contare che, comunque, parlare di pene di cuore con la sua cotta storica sarebbe stato immensamente imbarazzante. Aveva pensato ad Ino, ma temeva che l’avrebbe presa in giro. Inoltre non sarebbe stato molto meglio che parlarne con Naruto, dato che l’amica si era recentemente fidanzata con Chouji entrando a far parte della categoria “coppiette” che ultimamente le creava tanti problemi.
 
Si chiese se, paradossalmente, non sarebbe stata una buona idea parlarne con Sai. Era un buon amico e, dopo quel discorso fatto durante il ritorno dalla missione, si era dimostrato particolarmente attento nei suoi confronti: aveva cercato di farla svagare, a volte anche irritandola da morire in effetti, per non farle pensare a quel senso di solitudine che la opprimeva. Sotto l’apparente indifferenza era davvero un ragazzo attento e sensibile, che stava finalmente imparando come esprimere le proprie emozioni attraverso mezzi diversi dalla pittura. Si sentiva in sintonia con lui … d’altro canto, però, era probabilmente l’unica persona nel villaggio della foglia ad avere meno esperienza di lei in materia di relazioni sentimentali. E poi, per qualche motivo, pensava che sarebbe stato imbarazzante parlarne con lui, per via del modo serio e concentrato che aveva il ragazzo di guardarla quando parlavano a tu per tu. No, non se la sarebbe sentita di parlarne nemmeno con lui …
 
Sakura sospirò, pensando che forse avrebbe semplicemente dovuto rivolgersi ad uno psicologo. Un rumore alle sue spalle la colse di sorpresa e, nel voltarsi di scatto, si accorse che Kakashi le si era avvicinato. Il ninja le sorrise, rilassato, e si sedette al suo fianco, rimanendo a fissare l’orizzonte per qualche momento, così come stava facendo lei.
- Sakura … va tutto bene? –
Dal tono con cui glielo aveva chiesto, la ragazza capì subito che si trattava di una domanda retorica: doveva sembrare davvero uno schifo se Kakashi l’aveva beccata in un attimo.
- Non proprio … ma non credo che tu sia la persona giusta con cui parlarne, Kakashi. –
Il maestro alzò un sopracciglio, guardingo.
- Problemi di cuore? –
- In un certo senso. –
Kakashi sospirò, poi sorrise brevemente.
- Sakura, è evidente che qualcosa ti turba nell’ultimo periodo, io e Sai ce ne siamo accorti. Gli altri due forse no ma, beh, difficile che possano accorgersi di qualcosa dato che passano tutto il tempo a scambiarsi smancerie! –
Sakura ridacchiò. Era vero: anche se cercavano di darsi un tono, quei due passavano il tempo a guardarsi negli occhi. Kakashi la guardò, calmo ma attento. Sembrava che temesse di dire le cose sbagliate.
- Senti, ho parlato con Sai … anche lui è preoccupato per te. Insomma, non voglio metterti in imbarazzo ma vorremmo capire come aiutarti. Il problema è che ti senti messa da parte da quei due fidanzatini? – chiese, titubante. A Sakura fece quasi tenerezza: il maestro normalmente faceva il duro, con quell’aria seria e compassata, ma era evidente che nel parlare di certe cose si sentiva un po’ a disagio.
- Sì e no. Voglio dire … sì, la cosa mi ha spiazzata all’inizio. Sai bene che la loro relazione non mi ha sconvolta e che, anzi, mi ha resa felice; però è stato stano. Hanno creato un rapporto esclusivo, di cui io non posso far parte. Insomma, in un certo senso l’hanno sempre avuto, lo sapevo, ma quando l’ho visto concretizzarsi sotto ai miei occhi mi sono sentita … sola, direi. – prese un respiro, prima di continuare.
- Ma me ne sto facendo una ragione. Ne ho parlato con Sai, tempo fa … so che non mi abbandoneranno davvero. Li conosco. E poi c’è Sai, e ci sei tu, e tutti gli altri … so di essere molto amata. – concluse con un sorriso. Il ninja le sorrise di rimando.
- Ma certo. Lo sai bene Sakura, è stato il mio primo insegnamento: non si abbandonano i compagni, mai. – affermò, dandole una leggera pacca sulle spalle: con le ragazze gli era sempre difficile capire come prestare conforto senza risultare molesto. Ma Sakura apprezzò il gesto e continuò a sorridere: erano una squadra, non si sarebbero mai lasciati indietro, e lo sapevano entrambi.
 
- Beh, se stai superando questa cosa, allora posso sapere cosa ti turba adesso? Non sono un granchè con i sentimenti, penso l’avrai notato, ma se senti il bisogno di parlarne io non mi tiro indietro, nemmeno se dovesse rivelarsi imbarazzante, lo giuro! –
La promessa era stata formulata in modo ironico, ma la kunoichi sapeva che il maestro diceva sul serio: per loro lui sarebbe stato sempre disponibile. In un momento, prese la sua decisione, e pose una domanda preparatoria.
- Kakashi, tu sei mai stato innamorato? –
Il jounin per poco non cadde dal muricciolo, spiazzato dall’interrogativo inaspettato.
- Cosa? – chiese, con gli occhi fuori dalle orbite.
- Ti ho chiesto se ti sei mai innamorato. –
La ragazza aveva un’espressione così seria, depressa addolorata allo stesso tempo che l’uomo, nonostante fosse famoso per essere alquanto reticente sulla propria vita privata, non potè fare a meno di rispondere sinceramente.
- Mmmmh … beh, direi di sì, qualche volta. – ammise.
- E … com’è? –
Spiazzato per la seconda volta, Kakashi cercò di organizzare le idee in un discorso coerente.
- Beh, può essere molto bello o molto brutto. Amare senza essere ricambiati è ovviamente molto doloroso. Quando si è ricambiati, invece, è una bella sensazione. Molto bella. Perché questa domanda? – Sakura parve riflettere per qualche momento, poi cominciò a torcersi le mani in grembo, imbarazzata.
- Io non sono mai stata innamorata. La cosa con Sasuke non era … seria, era una fissazione. Ho superato l’adolescenza e ancora non so cosa voglia dire essere innamorati. E mi chiedo come sia. Come ci si senta … - La sua voce era un mormorio malinconico. Kakashi si dispiacque ancora una volta per i suoi allievi, cresciuti troppo in fretta, in mezzo alla guerra … come lui, del resto. E aveva trascurato Sakura, ora se ne rendeva conto: non si lamentava, non creava problemi e lui si era illuso che fosse tutto a posto. Ma non era così. Sospirò, chiedendosi cosa fare: avrebbe potuto dirle di parlarne con qualcuno della sua età, o con i suoi genitori, o che lui non era adatto, ma non sarebbe stato giusto. Le doveva attenzione, le doveva un discorso serio e sincero; era stato il suo maestro, dopotutto.
 
- E’ una domanda difficile. Se si viene ricambiati ci si sente felici ovviamente, ma non è solo quello. Ci si sente complici, affiatati. Ci sembra che l’altra persona sia … quasi un completamento di noi stessi, una sorta di parte mancante ritrovata. Si prova una sensazione come … di necessità. Non so se ha senso quello che sto dicendo. – si grattò la nuca, in imbarazzo. La ragazza lo guardava, seria.
- Penso di sì. Ti sei innamorato spesso? –
A Kakashi venne da ridere, ma si trattenne. Si chiese se avrebbe dovuto fare un discorso a Sakura sulla differenza tra il sesso e l’amore, ma decise che quello sarebbe stato troppo anche per lui. C’erano cose che di certo non avrebbe voluto far sapere ad una ragazza, specialmente ad una sua allieva, che l’aveva sempre visto sotto una certa luce. Non era così coraggioso.
- Mmmh no, non direi. Una volta ero molto giovane, non so nemmeno se considerarlo amore vero e proprio. Di certo era un forte affetto. Un paio di anni fa credevo di essere innamorato, ma con il tempo ho concluso che probabilmente non era così. Con quella persona era più … istinto di protezione. Le ero affezionato, lo sono ancora; ma non era davvero amore. Se queste due volte non le contiamo … ma sì, credo di essermi davvero innamorato una volta sola. –
- E quanti anni avevi? – chiese la ragazza. Lui sorrise.
- Trentadue. – Sakura rimase zitta per un secondo, poi si voltò a guardarlo ad occhi sgranati.
- Ma … tu hai ora trentadue anni! – Kakashi ridacchiò, divertito dall’incredulità della ragazza.
- Già! –
- Sei innamorato? Adesso? – Lui si massaggiò il collo, pensoso. Credeva di dover fornire sostegno psicologico a Sakura, tuttavia cominciava a pensare che la psicologia gli si stesse ritorcendo contro.
- Se me l’avessero chiesto ieri probabilmente avrei detto di no … ma a questo punto sì, direi di sì. –
Sakura lo guardò fisso negli occhi.
- Hai trentadue anni e questa è la prima volta in cui ti sei innamorato? –
- Credo di sì. Perché tutte queste domande? –
 
La ragazza sospirò, posando i gomiti sulle ginocchia e portando le mani al mento, a sostenersi la testa. Il suo sguardo era lontano, perso nel cielo, malinconico oltre ogni dire.
- Io ho paura di rimanere “sola” Kakashi, di non trovare la persona “giusta” per me. Sono invidiosa dei ragazzi. Hanno qualcosa di così speciale … io non credo troverò mai la persona giusta per me! Sono piena di difetti, urlo sempre, non … - si interruppe di colpo, quando il ninja posò una mano sulla sua spalla sinistra e la strinse leggermente. Lei sollevò lo sguardo a guardarlo e notò che lui le sorrideva, intenerito.
- Sakura, troverai la persona giusta. Te lo assicuro. Tutti abbiamo dei difetti, ma abbiamo anche dei pregi. Sei intelligente, carina, un’ottima kunoichi e uno straordinario ninja medico. E sei giovane. Io alla tua età credevo che sarei rimasto solo per tutta la vita e, quel che è peggio, pensavo che mi sarebbe andata bene così, che non avrei mai più avuto bisogno di qualcuno. Ma non era così, ovviamente; tutti abbiamo bisogno di contatto … una persona me l’ha ricordato. Mi ha aiutato a non perdere la mia “umanità”. Poi siete arrivati voi, il team sette, e sono “guarito” del tutto. Ma quella persona, in effetti, mi ha salvato e io l’ho capito solo recentemente. Quindi non disperare Sakura: hai tutto il tempo del mondo per trovare la cosiddetta “anima gemella”. –
La ragazza sorrise mesta: Kakashi era stato molto dolce nel dirle quelle cose, tuttavia non era ancora del tutto convinta. Si sentiva sperduta, persa in un mare di dubbi adolescenziali a cui non aveva trovato risposta quando avrebbe dovuto.
- E se non me ne rendessi conto? Se non mi accorgessi che è la persona giusta? –
- Quando sarà il momento, te ne accorgerai. Non potrai non capirlo. – affermò il jounin, sicuro. La kunoici sbuffò, frustrata; le sembrava che il maestro semplificasse eccessivamente la questione.
- Non capisco Kakashi … non so nemmeno cosa si prova quando ci si innamora! Come si capisce che una persona ti piace? –
Fu il turno di Kakashi di sospirare. In tutta la sua vita non aveva mai fatto tanta auto introspezione come in quell’ultimo quarto d’ora; tuttavia si disse che se mettersi a nudo in quel modo fosse servito a placare i timori di Sakura allora ne sarebbe valsa la pena.
- Un’altra domanda complicata eh? Beh, è diverso da persona a persona, ma innanzitutto normalmente si comincia con il trovare … mmmh … attraente l’altra persona. Non deve avere necessariamente l’aspetto dei nostri sogni, ma generalmente deve piacerci. L’attrazione diventa un aspetto abbastanza importante in una relazione … ma forse è solo perché sono un uomo. – ponderò, ridacchiando imbarazzato. Anche Sakura si lasciò scappare una risata; la tensione che cominciava a sciogliersi. Kakashi continuò, rassicurato dalla sua reazione.
- Poi si comincia con l’affetto. Troviamo piacevole stare con quella persona, ci sembra di essere spiriti affini. Ci divertiamo, siamo spensierati. Ma la certezza, di solito, arriva quando ti rendi conto che vorresti passare molto tempo con quella persona, che non potresti sopportare di perderla mai, che vorresti avere un rapporto, diciamo, esclusivo con lei. Ecco, questo è come ci si innamora, almeno, secondo me. Ma, come avrai intuito, non sono un grande esperto. – concluse, osservando la ragazza che, inaspettatamente, lo stava osservando con un’espressione maliziosa.
- Ma come Kakashi! Dal “Paradiso della pomiciata” avrai pure imparato qualcosa! – esclamò lei infatti, ghignando. Il ninja scoppiò a ridere, rasserenato: la kunoichi sembrava finalmente più tranquilla.
- Beh, qualcosa si, ma non credo sia spendibile nella vita quotidiana! –
 
Sakura ridacchiò per un po’; quindi, dopo aver riguadagnato la serietà, rivolse all’ex maestro uno sguardo indagatore.
- Kakashi … sei felice? –
Ancora una volta in ninja si trovò in difficoltà. Era davvero felice?
- Credo proprio di sì. Soprattutto … mi sento tranquillo come non mi succedeva da anni. – ammise. La ragazza allungò le gambe, come a volersi stiracchiare.
- Sono contenta. – mormorò. Kakashi si sentì immediatamente molto protettivo: seduta lì, squassata dai dubbi e dalle incertezze tipiche della sua giovane età, Sakura gli sembrava una cosina minuscola e fragile, una foglia sballottata dal vento. Sapeva che non era davvero così, che sapeva essere una ragazza forte e indipendente, eppure …
Le passò quindi un braccio intorno alle spalle, con delicatezza, per farle sentire che lui era lì per lei.
- Vedrai Sakura, arriverà anche il tuo momento. Quando meno te lo aspetti la persona giusta ti piomberà tra capo e collo. –
Sakura rise, immaginandosi la scena. Poi osservò il tramonto, finalmente rilassata, pensando che se persino quel disastro emotivo di Kakashi aveva trovato la persona giusta allora probabilmente c’era davvero speranza anche per lei.
- Senti Kakashi, visto che siamo in vena di confidenze … che ne diresti di farmi vedere cosa nascondi sotto alla maschera? – chiese, con finta innocenza. L’uomo la osservò per un momento, quindi scoppiò a ridere e le arruffò i capelli.
- Ti piacerebbe, subdola allieva pestifera! -






Note finali: Per i prossimi capitoli sono un pò in dubbio, quindi non so quando pubblicherò. Potrebbe succedere nei prossimi giorni come tra un paio di mesi, a seconda dell'ispirazione! In ogni caso, se la storia non vi dispiace...stay tuned! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** A come Affetto ***


Note dell'Autrice: Ebbene, rieccomi qui! Ormai disperavate vero? Mi dispiace di aver lasciato passare così tanto tempo dall'ultima volta, ma l'inizio dell'estate ha comportato vari intoppi, tra cui il lavoro e qualche problemino di salute. Il capitolo doveva essere di passaggio, ma alla fine mi è riuscito molto più corposo di quel che avevo preventivato, spero che vi piaccia nonostante sia pateticamente melenso! Ultimamente sono di umore malincomico/melenso! Buona lettura!



Capitolo 4 
A come Affetto

 
 
Quando Kakashi aveva parlato di amore che cade tra capo e collo Sakura non l’aveva preso molto sul serio e, in effetti, per almeno un mese non le era caduto addosso niente e nessuno tranne uno scatolone di garze in ospedale e il gatto spelacchiato che aveva recuperato dalla cima di un albero.
D’altro canto in quel periodo aveva avuto talmente tante cose da fare che le sue elucubrazioni sul possibile fallimento della sua vita sentimentale si erano drasticamente ridotte. Persino i suoi incubi, prima così frequenti e vividi, si presentavano più raramente e decisamente smorzati: ormai, in quello spazio buio, non provava altro che un vago senso di angoscia e solitudine, che però riusciva quasi sempre a gestire. Era giunta alla conclusione che avere meno tempo per pensare fosse in effetti un bene, dunque si era impegnata allo stremo in tutto ciò che le giornate le ponevano di fronte: i suoi compiti sempre più importanti e frequenti all’ospedale, la lenta ma inesorabile ricostruzione completa del villaggio, le semplici missioni affidate al team sette, gli allenamenti e, infine, l’inizio del training necessario per diventare insegnante.
 
Fino a poco tempo prima non avrebbe mai pensato che la carriera da “maestra” facesse per lei, ma con il passare dei mesi si rendeva sempre più conto dell’importanza dell’istruzione dei nuovi ninja. Era vero, il mondo si trovava in stato di pace da quasi un anno, e tuttavia se si voleva sperare di mantenere lo stato delle cose era necessario che le nuove generazioni venissero educate a dovere, senza quel senso di competizione e di necessità di prevalere sugli altri che era stato così tipico dell’epoca di Kakashi e di tutte quelle precedenti. Così, l’idea di voler insegnare non solo le tecniche ninja ma anche i valori che aveva interiorizzato nel corso della sua seppur breve esperienza si era fatta strada in lei e, sostenuta dall’Hokage, poche settimane prima aveva consegnato la documentazione e cominciato, quindi, a seguire le lezioni necessarie per conseguire l’abilitazione all’insegnamento. Nel giro di pochi mesi avrebbe potuto cominciare a lavorare all’Accademia e un giorno, probabilmente, avrebbe potuto gestire un team tutto suo, così come Kakashi aveva gestito loro agli albori del team sette. Questa nuova esperienza, che la intimoriva e la sovreccitava allo stesso tempo, riempiva quel poco delle sue giornate che ancora era rimasto libero; facendo sì che arrivata a sera non potesse far altro che rincasare e crollare addormentata, spossandola ma donandole però dei sonni più tranquilli.
 
Dato questo periodo di “tranquillità emotiva”, quindi, fu alquanto stupita dal modo in cui il suo cuore prese a sfarfallare all’impazzata e il respiro le si bloccò in gola quando qualcuno le piombò davvero addosso.
 
La missione assegnata dall’Hokage, ancora una volta, era sembrata una passeggiata al Team sette: trovare e catturare una coppia di bracconieri che si aggirava nel bosco che circondava Konoha. Avevano individuato la loro zona d’azione, un territorio ampio ma non immenso, si erano dati appuntamento in un certo punto per il termine del pomeriggio e si erano quindi divisi per perlustrare la zona, convinti che due di loro sarebbero stati più che sufficienti a fermare quella coppia di poveracci. Sakura si era allontanata con Sai, Naruto naturalmente con Sasuke e Kakashi solo, conscio di poter far affidamento sui suoi cani ninja.
“Un lavoro semplice, pulito, e regolare” aveva pensato Sakura finché, ad un’ora circa dall’inizio delle ricerche, non si era sentita cedere il terreno sotto ai piedi. Aveva tentato di saltare, ma entrambi i piedi non avevano appoggio e, presa dal panico, si era aggrappata al braccio di Sai, trascinandolo con lei nella fossa che si era aperta nel terreno.
 
Intontita dal colpo ricevuto alla schiena nella caduta non si era resa subito conto dello stato in cui si trovavano. Le ci volle qualche momento, quindi, per rendersi conto di essere distesa supina sul fondo di una buca piuttosto profonda e di sentirsi fortemente schiacciata da Sai, disteso scompostamente sopra di lei. Il ragazzo sembrava intontito e si muoveva debolmente, premendole con il petto sul costato provocando uno schiacciamento mediamente doloroso che le strappò un gemito. Tuttavia, il dolore e la scomodità della situazione passavano decisamente in secondo piano rispetto all’imbarazzo che provava nel sentirsi il compagno spalmato addosso: battito cardiaco accelerato e respiro mozzo, causato non solo dal dolore al petto. Sakura non si era mai considerata bigotta: il contatto fisico, nella vita di un ninja, era all’ordine del giorno e, in particolare, in qualità di ninja medico era abituata ad avere contatti anche molto più intimi, senza che si fosse mai scandalizzata nemmeno di fronte ad una persona nuda. Se avesse dovuto contare tutte le volte in cui aveva visto Naruto in mutante, visti tutti i suoi ricoveri in ospedale, avrebbe probabilmente perso il conto. Era stato leggermente imbarazzante all’inizio, ma erano amici, quindi la cosa non le aveva mai fatto più di tanto effetto. Quella situazione, d’altro canto, le faceva effetto eccome, senza che riuscisse a spiegarsene il perché o a fare alcunché per togliersi d’impaccio. Fortunatamente, dopo qualche momento Sai parve rendersi finalmente conto di dove si trovasse; sgranò quindi gli occhi e rotolò velocemente al suo fianco, apparentemente costernato.
 
- Sakura, mi dispiace! Ti sono caduto addosso, scusami. Stai bene? -
La ragazza sorrise: Sai sembrava davvero spaventato e le fece tenerezza. Si rialzò quindi lentamente, appoggiando la schiena alla parete terrosa della fossa, muovendosi con cautela per via del dolore pungente che avvertiva al lato sinistro del costato: probabilmente una o due costole erano rotte.
- Non ti preoccupare Sai, è stata colpa mia, non avrei dovuto aggrapparmi al tuo braccio! Tu piuttosto, stai bene? Qualcosa di rotto? – Il ragazzo scosse il capo, alzandosi e spazzolandosi la polvere di dosso.
- No, credo di aver preso solo qualche botta. Ma non mi sembra che tu stia bene. Ti fa male il petto? – Sakura notò che la osservava preoccupato, come se tentasse di individuare eventuali lesioni.
- Un po’, potrei avere qualche frattura in effetti, ma nulla di grave, davvero. – tentò di rassicurarlo, ma il ragazzo impallidì e parve ancora più angosciato.
- Oddio, mi dispiace così tanto! Aspetta, ti aiuto ad alzarti. –
Sai passò un braccio sotto a quelle di Sakura, sostenendo il suo peso quasi completamente, e la rimise in piedi al proprio fianco. La ragazza, cercando di non pensare al dolore pungente che avvertiva al petto, si guardò intorno: si trovavamo in una buca scavata rozzamente ma mediamente profonda, almeno tre metri; dalla terra rossa spuntavano parecchie radici.
- Credo che siamo caduti in una delle trappole preparate dai bracconieri. Dannazione, sono stata una scema. – constatò, accigliata. Detestava fare la figura della sciocca e non poteva credere di essere caduta con tutte le scarpe in un trucco tanto banale. Notando il suo malumore Sai cercò di rincuorarla.
- No, nemmeno io l’avevo notata, era nascosta bene dal fogliame. Ora dobbiamo solo uscire di qui. Pensi di farcela a saltare? Non è altissimo, usando le radici come punto d’appoggio ce la faremmo. –
 
Sakura provò a muovere cautamente il busto e a saltellare qui e là, tuttavia dovette bloccarsi di colpo a causa delle fitte. Le ferite non erano gravi, ma i danni alle costole potevano rivelarsi davvero molto dolorosi.
- Temo di no, e rischierei di fare danni se avessi qualcosa di rotto e mi muovessi troppo. – ammise, scoraggiata.
- Allora ti porto io. – decise l’amico.
- Cosa? – esclamò lei, agitata.
- Mettimi le braccia al collo, ti porto in braccio. –
Sakura si torse le mani, in imbarazzo. Non aveva dimenticato le sensazioni provate poco prima quando Sai le era caduto addosso e temeva che un contatto così ravvicinato l’avrebbe mandata nuovamente in confusione; cercò quindi un modo per evitare la questione.
- Ma … insomma … non credo sia necessario, se gridiamo probabilmente gli altri ci sentiranno. –
Sai scosse la testa e la guardò, perplesso dalla sua ritrosia.
- Ma faremmo fuggire anche i bracconieri, non vale la pena di compromettere la missione per una cosa così. Non ho problemi a prenderti in braccio, sei leggera, e sono io che ti ho ferita cadendoti addosso, mi sembra il minimo. –
Le labbra della ragazza si curvarono in un sorrisino imbarazzato. “Sei leggera” … ne era passato di tempo da quando Sai le ripeteva senza vergogna quanto fosse grassa. Il pensiero la rese felice, cosa che la confuse ancora di più.
- Sai, io non so se … -
- Sarò delicato, farò di tutto per non farti provare dolore. Fidati di me. –
L’amico la guardava negli occhi, con quell’espressione calma ed incredibilmente sincera che l’aveva sempre caratterizzato. Si disse che era stupido sentirsi in imbarazzo, che erano amici e compagni, che non c’era problema …
- Ok. – sospirò, sconfitta. Sai si chinò e portò il braccio libero oltre le sue ginocchia, con delicatezza, cominciando a sollevarla.
- Aggrappati bene, ok? – le ricordò, prima di saltare. La buca non era eccessivamente profonda, dunque a Sai bastarono un paio di balzi per uscirne.
- Siamo fuori! Grazie Sai, ora puoi tranquillamente mettermi giù. – esclamò la ragazza mentre il compagno si allontanava di qualche passo, dirigendosi nel folto degli alberi.
- Meglio di no,  se inciampassi o cadessimo in un’altra trappola la situazione peggiorerebbe, ti porto fino al punto di ritrovo. – rinsaldando la presa sul corpo della ragazza, sostenendola comunque in modo delicato.
- Eh??? Ma non ce n’è bisogno! – protestò lei, dimenandosi debolmente.
- Io credo di si … -
Il battibecco continuò a riecheggiare tra gli alberi mentre i due si allontanavano.
 
***
 
- Non prendertela Sakura, l’ho fatto per il tuo bene. –
La ragazza era seduta a terra, con la schiena appoggiata contro il tronco di un albero, e manteneva un broncio di tutto rispetto sul viso da una buona mezz’ora. Aveva cercato di ignorare Sai, riflettendo sul da farsi. Poteva curarsi da sola le ferite alle costole, ma l’arte medica funziona sempre meglio quando non la si pratica su sé stessi; quindi, considerando che le lesioni non erano estese e che non si trovavano nel bel mezzo di una missione pericolosa, sarebbe stato meglio aspettare di tornare al villaggio per farsi rimettere in sesto. Lanciò infine un’occhiata obliqua a Sai, riportando la sua attenzione su di lui.
- Lo so, ma non sono una ragazzina indifesa, so camminare, e in quanto ninja medico so valutare precisamente la gravità delle mie ferite! Non sono così debole da farmi fermare da un paio di fratture alle costole. –
- Non l’ho mai pensato. Sei la persona più forte che io conosca. – asserì lui, sedendosi al suo fianco. Sakura sbuffò, per metà infastidita e per metà lusingata. Sai faceva spesso questo effetto, riflettè.
- Ora non esagerare, direi che Naruto mi batte alla grande! –
Il ragazzo incrociò le braccia sopra alle ginocchia e vi posò il capo, con un leggero sorriso.
- Non intendo in quel senso. Quello che voglio dire è che sei tenace, forse più di lui. Non ti arrendi mai, vai avanti fino a quando il respiro ti sostiene pur di ottenere ciò che vuoi. Hai fatto così con Sasuke, con la preparazione da ninja medico, con la ricostruzione del villaggio e sono certo che sarà così anche quando sarai insegnante. Hai una forza incredibile Sakura … perciò no, non penso assolutamente che tu sia debole. –
 
La ragazza si sentì avvampare. Non era molto abituata al fatto che qualcuno le facesse molti complimenti e Sai era, generalmente, piuttosto parco nel dispensarli.
- Beh … grazie. – mormorò, guardando la luce del sole filtrare tra le fronde con insistenza. Poi si riscosse e rivolse al compagno un’occhiata sottile.
- Ma se sono così forte perché non mi permetti di fare una stupidissima camminata? –
Sai sospirò, leggermente esasperato, poi distese le labbra in un sorriso pieno.
- Perché non voglio che tu ti faccia male, e mi sento in colpa per averti ferita. –
Piegò la testa di lato, in modo da guardarla in viso, e assunse un’espressione meditabonda.
- Io ci tengo a te Sakura. So di non essere bravo a far capire quello che penso, ma tu sei la mia migliore amica. Sei stata la prima ad accettarmi nel team 7, nonostante tutte le riserve che giustamente avevi e il dolore per la mancanza di Sasuke. Mentre Naruto si allenava mi facevi compagnia, mi spiegavi cose che tutti tranne me sembravano sapere, mi sopportavi nonostante fossi … inopportuno? A volte ho l’impressione di esserlo ancora. Però penso che, con il tempo, riuscirò davvero a ritornare “normale”, grazie a te. Per questo non voglio che ti succeda nulla, perché siamo amici e, beh, ti voglio bene. Si dice “ti voglio bene” agli amici? Penso abbia senso, perché esprime affetto, no? Temo sempre di dire qualcosa di inappropriato. –
Sakura rivolse lo sguardo in basso, per nascondere il fatto che aveva gli occhi lucidi. Sai la considerava la sua migliore amica. Era vero che non aveva avuto molti contatti, prima di entrare nella loro squadra, ma la cosa non aveva importanza, si sentiva comunque immensamente felice per le sue parole. Sentì come una vampata di calore raggiungerle il cuore nel pensare che anche lei gli voleva bene, molto.
 
- Si Sai, si può dire “ti voglio bene” agli amici. A volte sei un completo disastro! –
Cercava di stemperare il pathos del momento prendendolo in giro, ma la verità era che si sentiva felice, leggera e leggermente imbarazzata per via della serietà e della dolcezza con cui Sai le aveva detto quelle cose.
- Lo so che lo sono, ma sai com’è … -
Strinse gli occhi e allargò le braccia in un gesto sconfitto, come a voler chiedere scusa. La ragazza non potè fare a meno di sorridere e posò una mano sul suo avambraccio, come a voler dare prova tangibile della loro vicinanza.
- Lo so. Ma hai ragione: ti aiuterò sempre, un passo alla volta, a “recuperare” quello che ti sei perso negli anni. Perché siamo davvero amici e anche io ti voglio bene. – ammise, sperando di non arrossire e chiedendosi il perché di tutto quel maledetto imbarazzo provato durante il pomeriggio. Diamine, dire a Naruto che gli voleva bene non era mai stato così complicato! L’amico posò per un momento la mano sulla sua, stringendola leggermente, poi si alzò in piedi agilmente.
- Grazie. Allora, ti farai portare in braccio fino al villaggio senza fare storie? – chiese, con un sorrisino sadico sulle labbra.
- Ma che diavol … -
 
La probabile invettiva di Sakura fu interrotta da un forte fruscio, che preannunciò l’arrivo di Naruto, Sasuke e Kakashi, che i ragazzi avevano probabilmente incontrato strada facendo. Sasuke lanciò, letteralmente, un paio di uomini vestiti di verde scuro, legati come salami, al centro della piccola radura.
- Ragazzi, ce l’abbiamo fatta! Possiamo tornare a casa! – esclamò Naruto, energetico come al solito, fasciato nella sua onnipresente tuta arancione. Sakura per un momento si chiese perché Sasuke non lo avesse ancora costretto a cominciare a vestirsi da persona normale, poi si disse che forse non voleva saperlo. Magari a Sasuke quelle tute piacevano pure.
- Vediamo di sbrigarci. – commentò lui, brusco. Naruto gli si avvicinò, sorridendo.
- Hai fame Sas’ke? –
- Non ho detto questo. – borbottò il ragazzo, distogliendo lo sguardo. Il compagno ghignò, saputo.
- Secondo me hai fame. Dai, resisti, appena arriviamo ti preparo qualcosa. – promise, cingendogli le spalle con nonchalance.
- Io non … ok, come vuoi. – le proteste di Sasuke si spensero sul nascere, facendo ridere tutti i presenti: era terribilmente evidente che Naruto stesse smussando gli angoli del suo brutto carattere.
- Ottimo! Ragazzi, andiamo? – domandò Kakashi, rivolgendosi a Sakura e Sai.
- Subito! – rispose il ragazzo, chinandosi e sollevando Sakura di colpo, senza preavviso, lasciando tutti a bocca aperta.
- Ma che … ??? –
 
***
 
C’era voluto qualche minuto per aggiornare tutti sulle condizioni di Sakura e sulle loro cause ma, infine tutti avevano concordato che fosse davvero utile portarla in braccio fino al villaggio. Kakashi le aveva chiesto come si sentisse, preoccupato come un fratello potrebbe essere, Naruto aveva schiamazzato per qualche minuto, agitato al limite della paranoia, ricordandole una grossa mamma chioccia, e Sasuke … beh, lui aveva detto “Niente di grave comunque. Bene”, che nella sua lingua poteva equivalere ad un “Grazie al cielo stai bene, sono felice!”.
Naruto si era infine offerto di portarla, nel caso Sai si fosse sentito stanco, ma il ragazzo aveva assicurato che non era per nulla stanco e che per lui era un piacere trasportarla, cosa che l’aveva fatta sorridere leggermente. L’amico li aveva guardati per un momento, quindi aveva scosso le spalle, e si erano messi in marcia. Il villaggio era vicino, dunque avevano concordato che sarebbero tornati a piedi, i due bracconieri già spediti al villaggio su una delle aquile di Sai: temevano che l’ondeggiare di una qualsiasi cavalcatura sarebbe risultato doloroso per le costole di Sakura.
Naruto apriva la strada insieme a Sasuke mentre Kakashi chiudeva la fila, Sai e Sakura in mezzo in quanto “elementi vulnerabili”. La ragazza sorrise al pensiero che l’addestramento ninja condizionava persino l’ordine di una fila.
 
Appoggiò la testa alla spalla di Sai, rilassata, quando lo sentì sospirare profondamente.
- Che c’è? –
Lui scosse la testa, apparentemente perplesso.
- Non saprei come spiegarlo … ma provo una strana sensazione guardando i ragazzi. –
Stupita, Sakura li osservò: stavano battibeccando su cosa preparare per cena, tuttavia procedevano fianco a fianco, sfiorandosi le braccia e le mani, e apparivano comunque piuttosto rilassati.
- Che tipo di sensazione? –
- Mmmmh … diciamo che mi viene voglia di sorridere quando li guardo. Ha senso? Temo che sia una di quelle mie strane reazioni che spaventano la gente. – affermò, la fronte leggermente corrugata per la preoccupazione. Sakura sorrise, divertita da quella reazione.
- No, non è strano. Sei intenerito. Se ci fai caso, anche Kakashi sorride quando li guarda bisticciare. Anche io sorrido, credo. Fanno tenerezza, è normale. –
L’amico parve riflettere, perplesso.
- Intenerito … questa sensazione nei libri non l’ho trovata. In cosa consiste? –
Sakura riflettè per qualche momento, spiazzata. Come si può spiegare una cosa del genere?
- Beh … che cosa pensi, quando guardi Naruto e Sasuke fare i cretini? –
- Cosa penso? Direi che … mi fanno ridere. Ma non proprio come se li volessi prendere in giro. Mi danno un’idea di … dolcezza, in un certo senso, nonostante singolarmente non siano molto dolci, specialmente uno dei due. –
Sakura rise, pentendosene subito per via del dolore alle costole: non aveva dubbi su chi fosse quel “uno dei due”.
- Ecco, diciamo che la tenerezza ha a che fare con il trovare dolci le cose o le persone. Pensare che siano carini. E’ difficile da spiegare in effetti. –
- Ok, credo di aver capito. Si, mi fanno tenerezza … e direi che li invidio. – aggiunse, sospirando nuovamente.
 
La ragazza lo osservò, stupita.
- Li invidi? -
- Credo di si. Si vede che sono felici, affiatati … penso che vorrei avere quello che hanno loro. –
Lo sguardo di Sai era incredibilmente malinconico, un’espressione che non aveva mai visto sul suo viso.
- Vorresti innamorarti? – chiese, provando nuovamente un vago senso di imbarazzo. Sai la guardò, quindi spostò di nuovo lo sguardo sui ragazzi che camminavano pochi passi avanti a loro.
- Penso di si. Vorrei quella sensazione di affiatamento, felicità e gioia che li circonda. Lo sai Sakura, sono stato da solo per tanto tempo, ma non mi importava perché non sapevo cosa stavo perdendo. Ma ora che lo vedo, che ce l’ho sotto agli occhi … penso di volerlo anche io. – commentò, mormorando. Sakura pensò che stesse ricordando gli anni bui passati al servizio di Danzo e, forse di riflesso, la strinse un po’ di più al proprio petto, cosa che le fece provare un forte calore al viso e al petto. Decisamente, dovevano darle un’occhiata all’ospedale.
- Non fraintendermi ma … sono belli, Naruto e Sasuke. Come potrei spiegarlo … sono così luminosi. Vorrei nella mia vita quella stessa luce e quella stessa bellezza. Ma non credo che per me sia possibile. Non credo di essere in grado di innamorarmi; probabilmente non ho imparato come si fa. – La ragazza lo guardò, affascinata da quella descrizione dell’amore: si, era decisamente una sensazione calda e “luminosa” quella che si provava guardando i ragazzi … tuttavia, le sembrava di cominciare a provarla anche in quel momento, guardando l’amico che la stringeva tra le braccia, e si agitò un po’, incredula. Non poteva essere che si stesse innamorando di Sai, giusto? Era solo affetto, no? Cercò di non pensarci, concentrandosi sui dubbi dell’amico.
- Eri scettico anche sull’amicizia, eppure ora sei qui, no? Non metterti barriere, le cose potrebbero cambiare con il tempo. –
- Hai ragione. Ma ho come la sensazione di non saper andare oltre. Insomma, c’è l’affetto per gli amici, c’è quello per i familiari, ma come sono diversi dall’amore? Ho letto così tanto sull’argomento, volevo capire. Ho studiato, posso dire che l’amore è “dedizione appassionata ed esclusiva, istintiva ed intuitiva fra persone, volta ad assicurare reciproca felicità, o la soddisfazione sul piano sessuale”, eppure ho la sensazione di non saper provare sentimenti più forti dell’amicizia, mi sembra che l’affetto che provo per voi, e per te soprattutto, sia già enorme, qualcosa che … riempie, se capisci cosa intendo. Il mondo è così … colorato, da quando la mia vita è cambiata, che ho come la sensazione di essere già così “carico” da non poter provare nulla in più. –
Alle sue parole, Sakura provò un misto di sensazioni: divertimento, per via della citazione letterale dal dizionario, imbarazzo per quel riferimento al piano sessuale, e una sensazione come di calda compressione all’altezza dello stomaco all’idea che il sentimento più forte mai provato da Sai fosse l’affetto nei suoi confronti. Ripensò alla conversazione con Kakashi avvenuta qualche tempo prima e avvampò nel realizzare che, probabilmente, era già fregata. Sai le piaceva, parecchio anche. L’amore era una storia ancora abbastanza lontana, probabilmente, eppure … si, era innegabile che le piacesse.
 
Si fece forza per proseguire la conversazione.
- Ti serve solo un po’ di tempo. Probabilmente non hai ancora metabolizzato del tutto i cambiamenti, tutto qui. Hai fatto dei passi avanti incredibili negli ultimi due anni … credo tu debba solo darti tempo. Io non sono il massimo per dare consigli in questo campo … ma ne ho parlato con Kakashi qualche tempo fa, e lui mi ha detto che quando la persona giusta arriva lo capiamo, senza dubbi. Forse io e te semplicemente non l’abbiamo ancora trovata o … non l’abbiamo ancora considerata sotto la giusta luce. – commentò, sentendosi sempre più in imbarazzo.
Le probabilità che Sai realizzasse, chissà quando, di essere attratto da lei quante erano, una su un milione? Era vero che lei si era resa conto solo in quel momento di provare un certo interesse per lui, tuttavia Sai era … beh, era Sai, con tutti i problemi di cui stavano appunto parlando. Non sapevano nemmeno se si sarebbe mai innamorato, figuriamoci se poteva sperare che si innamorasse proprio di lei. Tempo prima, tra l’altro, aveva detto che secondo lui Ino era brutta e, se le cose stavano così, come poteva sperare lei di piacergli?
 
I pensieri andavano a briglia sciolta, probabilmente l’agitazione li esagerava anche, quando furono interrotti da Sai, che riprese a parlare, sistemando meglio la ragazza tra le proprie braccia con una delicatezza infinita.
- Può essere … vorrà dire che la aspetteremo insieme, ok? Ci faremo compagnia nel frattempo, così non ci penseremo troppo. Ma se uno di noi la troverà prima non abbandonerà l’altro, non lasciano mai indietro gli amici. Te l’ho detto, io non ti abbandonerei mai, e so che tu non lo faresti, quindi siamo a posto, non ti pare? – riflettè il ragazzo, senza sapere che le sue parole così affettuose sarebbero riuscite a placare in parte l’angoscia di Sakura. D’altro canto, la speranza è l’ultima a morire, no? Lui le voleva molto bene, più che a chiunque altro nel mondo. Una possibilità esisteva e, se i suoi sentimenti si fossero approfonditi con il tempo, avrebbe cercato di sfruttarla.
- Si. Mi pare di si. – affermò, accoccolandosi comodamente nella sua stretta.




Note Finali: Anche questa volta non so quando riuscirò ad aggiornare, spesso la vita prende il sopravvento! Se la storia vi piace magari fatemelo sapere con una recensioncina, fanno davvero piacere! Avvertitemi anche se ci sono degli errori o se pensate che qualcosa andrebbe migliorato, sono sempre aperta alle critiche costruttive! Ringrazio tutti coloro che stanno seguendo questa storiellina sfigatissima, alla prossima!

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Capitolo 5
*** Cosa farei se tu ... ? ***


 
Note dell'Autrice: Eeeeeee ... rieccomi! Questo capitolo avrebbe dovuto essere un tutt'uno con quello che sarà il successivo, ma ho notato che la questione diventava troppo lunga e ho preferito spezzarlo a metà, per non appesantire troppo la narrazione. Di conseguenza questo capitolo sarà un po' sospeso, per conoscere l'esito degli eventi dovrete attendere il prossimo! Arrivati a questo punto mancano, secondo i miei calcoli, soltanto due capitoli per la conclusione effettiva della storia, poi aggiungerò sicuramente almeno due extra che sto già scrivendo (scrivo gli extra prima di finire di scrivere la storia? Si, lo so, ho un problema :D). Questo capitolo è stato un po' difficile, ho avuto un leggero blocco dello scrittore circa a metà, quindi spero non faccia troppo schifo! Detto questo ... buona lettura!


Capitolo 5

Cosa farei se tu … ?
 



- …uji … dere …bene …lice. –
Sakura fissava insistentemente il bicchiere di tè che si trovava davanti a lei sul tavolo da almeno quindici minuti, cioè più o meno da quando era appena entrata nel locale insieme ad Ino. L’amica, seduta di fronte a lei, stava parlando; eppure l’attenzione di Sakura si era dissolta suo malgrado quasi all’inizio del suo discorso.
- … algia … empi … utti … -
La kunoichi fissò i cubetti di ghiaccio che rilucevano all’interno del bicchiere. Erano così lisci, freschi, chiari … le sembrava che ci fosse una certa poesia nel modo in cui si scioglievano a poco a poco, l’uno accatastato sull’altro. In quell’ultimo periodo tutto le sembrava incredibilmente poetico … diamine.
- … ensando … ello … ita … nsieme. Tu che ne pensi Sakura? –
- Eh? – esclamò riscuotendosi improvvisamente dal torpore in cui era caduta. Ino le scoccò un’occhiata di fuoco, decisamente infastidita.
- Ma insomma Sakura! Parlavo da dieci minuti! Dicevo che mi manca lo stare tutti insieme come ai vecchi tempi e che sarebbe bello organizzare una gita tutti insieme. Non hai ascoltato una parola, eh? – esclamò la ragazza, e Sakura si sentì mordere dal senso di colpa.
- Mi dispiace Ino, ho la testa un po’ tra le nuvole ultimamente. –
“Un po’” era decisamente un eufemismo, in quel periodo non c’era con la testa, altroché.
- L’ho notato. Che ti sta succedendo? Non sembri nemmeno più tu! Sei sempre distratta, dovresti vedere che sguardo allucinato hai ora! – Ino aveva abbandonato repentinamente il tono scocciato per passare ad uno lievemente preoccupato, il tono-da-amica.
 
Sakura si strinse l’attaccatura del naso, socchiudendo gli occhi: era passato un mese e mezzo da quella giornata rivelatrice nel bosco, eppure l’unica certezza che aveva maturato era che sì, Sai le piaceva. Ma questo, invece di fare chiarezza nella sua mente, aveva portato a tutta una lunga serie di elucubrazioni che le avevano invaso il cervello, rendendola disattenta e scostante
- Scusami Ino, non lo so nemmeno io bene cosa mi sta succedendo … fatico a mantenere l’attenzione da qualche tempo a questa parte. – mormorò sconsolata, mescolando il proprio tè, anche se non aveva bisogno di essere mescolato. Era logico che non riuscisse a stare attenta dato che passava il tempo ad arrovellarsi su quella questione, che poteva essere riassunta in una semplice domanda da cui se ne dipanavano, però, molte altre: quanto le piaceva Sai? Era innamorata? Se si, quanto? Aveva perso la testa per lui o si trattava di un’infatuazione passeggera? Più ci pensava e meno sembrava giungere ad una conclusione. Aveva cercato di analizzare le situazioni in cui si trovava in sua compagnia, per carpire un qualche segnale, un segno che le desse le risposte che cercava; tuttavia dai continui martellamenti del suo cuore e dallo stomaco ribaltato non era riuscita a spremere nessuna certezza.
Ino la fissò per qualche minuto, concentrata, con il capo leggermente inclinato verso destra.
- Sakura … ma non sarà che sei innamorata? – domandò all’improvviso, cogliendola di sorpresa e facendole andare di traverso il sorso di tè che aveva finalmente tentato di bere. Ci pensò per qualche secondo mentre tossiva ma non sapeva, in tutta sincerità, che risposta dare, quindi optò per un vago mormorio e per l’evitamento del contatto visivo, facendo vagare lo sguardo verso la finestra del locale. Ino, a quanto pareva, considerò quel temporeggiare come un segnale d’assenso e parve esplodere come una supernova, illuminandosi di eccitazione.
- Lo sapevo, lo sapevo che era quello! Sei proprio innamorata! – esclamò, agitandosi sulla sua panca in un modo che a Sakura ricordò una gigantesca anguilla violacea.
- Mmph, innamorata … mi sembra una parola grossa. – sbuffò in risposta, dando voce almeno in parte ai propri dubbi, tuttavia Ino non parve scoraggiarsi davanti al suo disfattismo.
 
- Può sembrarti quello che ti pare, ma questo non cambia il fatto che sia la verità! Allora, chi è??? E’ uno del nostro gruppo? Oddio, erano anni che aspettavo questo momento, non vedevo l’ora che smettessi di essere fissata con Sasuke, senza offesa … -
- Ino! Con Sasuke ho smesso da un bel pezzo! – dichiarò Sakura di rimando, infastidita. La gente avrebbe mai smesso di rinfacciarle la sua molesta cotta adolescenziale? Probabilmente no …
- Si, lo so, ma temevo sempre delle ricadute! Anche se in effetti non credo che Naruto le avrebbe apprezzate … - sospirò l’amica, accompagnando quell’affermazione con una leggera risatina. Sakura ridacchiò a sua volta, sperando che il tema della conversazione si stesse finalmente spostando su argomenti meno spinosi della sua incasinata situazione emotiva.
- Se qualcuno, chiunque, ci provasse con Sasuke, al momento, credo che si ritroverebbe Kurama sguinzagliata contro! – commentò sorridendo.
- Vero! Ma non cambiare discorso signorina, io e te non abbiamo ancora finito! Allora, chi è? –
Sembrava troppo bello per essere vero che se ne fosse dimenticata … ponderò Sakura, prima di sospirare a lungo. Non è che non volesse parlarne ad Ino, ma la situazione era così precaria che non sapeva bene come gestirla.
- Scusami Ino, ma non me la sento ancora di dirlo … è una cosa nuova e non ne sono convinta nemmeno io, quindi vorrei aspettare un po’ prima di fare nomi. –
L’entusiasmo della ragazza parve smorzarsi appena alle sue parole, tuttavia si riprese decisamente in fretta.
- Ok, se ne sei convinta … ma almeno parlamene un po’! Com’è, è carino? – esclamò, lanciandole un’occhiata carica di malizia. Sakura sbuffò, divertita: era tipico di Ino concentrarsi su dettagli così frivoli; tuttavia era contenta che l’amica avesse compreso il suo bisogno di riservatezza.
- Molto … non ci avevo mai pensato più di tanto, ma credo che mi sia piaciuto fin dal principio. –
 
Era vero. Nel corso di quelle ultime settimane aveva ripensato parecchio ai suoi primi incontri con Sai e alle parole di Kakashi di qualche mese prima. Attrazione … lei era attratta da lui? La verità era che lo era stata fin da subito, fin da quando, cercando di sedare gli istinti omicidi di Naruto, gli aveva fatto notare che Sai le ricordava Sasuke. Stessi occhi e capelli scuri, fisico asciutto, sguardo enigmatico, carnagione chiara. Sì, l’aveva subito attratta … e tuttavia, non solo perché somigliava a Sasuke. Forse proprio a causa di questa somiglianza aveva cominciato fin da subito a concentrarsi per individuare tutti i particolari che li rendevano differenti: il taglio di capelli più disciplinato, i modi più posati, il tono di voce più leggero e quasi musicale, la pelle di quella tonalità così insolita simile al colore dei fogli di carta del suo album da disegno, il sorrisino di scherno che mostrava quando prendeva in giro Naruto, l’espressione concentrata che assumeva mentre dipingeva…
E quei dettagli, inutile negarlo, l’avevano affascinata immediatamente.
Ino sbuffò, richiamando la sua attenzione.
 
- Sakura, ma così mi incuriosisci! E per il resto? Come hai capito che ti piace? –
- Ahhh è imbarazzante parlarne! – esclamò, posandosi una mano sugli occhi, stremata da quella conversazione; tuttavia l’amica, ancora una volta, non desistette. 
- Ti imbarazza parlarne con me? Ma sei seria?? Io ti dico tutto di me e Chouji! – quasi gridò, con un tono lamentoso e leggermente supplicante, accompagnato da due occhioni sgranati che comunicavano chiaramente “Dai, ti preeeeeego” di fronte ai quali Sakura non potè che capitolare.
- E va bene! Beh, sapevo da un po’ di essere affezionata a lui … poi mi sono resa conto che mi sentivo strana quando mi faceva complimenti, o mi toccava e, beh, mi sono accorta che la cosa andava oltre l’amicizia. Però non so Ino, sai che sono una frana in queste cose … non sono nemmeno sicura di come mi sento! – concluse, nuovamente scoraggiata, chiedendosi se sarebbe mai venuta a capo di quella situazione. L’amica le indirizzò un sorrisetto saputo.
- Beh Sakura, da quello che mi dici mi sembra che questo misterioso tizio ti piaccia eccome! Senti lo stomaco sottosopra in quelle situazioni? – chiese, con lo sguardo di chi è convinto di conoscere già la risposta.
- Come se un gatto ci stesse giocando come con un gomitolo … - ammise Sakura sospirando pesantemente.
- E allora qual è il dubbio? Ammettilo amica mia, sei fregata. – commentò Ino, ghignando convinta delle proprie parole.
- Beh, non so se … -
 
La voce contrariata di Sakura fu interrotta dalla porta del locale che sbatteva decisamente forte ed entrambe le ragazze alzarono gli occhi in tempo per vedere Naruto che, fradicio a causa della pioggia battente che flagellava il villaggio da ore, si guardava intorno febbrilmente. Non appena le ebbe individuate si diresse subito da loro un po’ correndo e un po’ scivolando sul pavimento.
- Sakura! Ti cerco da un pezzo, c’è un problema! – quasi gridò, pallido in viso.
- Cosa? – chiese lei, cominciando ad agitarsi nel notare l’angoscia sul volto dell’amico.
- Sasuke e Sai dovevano tornare circa tre ore fa dalla missione, ma ancora non si vedono! – esclamò, gli occhi sgranati che trasudavano preoccupazione. Sakura comprese perfettamente il suo nervosismo, tuttavia cercò inizialmente di razionalizzare la situazione.
- Beh, non agitarti così per ora, magari la missione richiedeva semplicemente più tempo del previsto. – propose, ma Naruto scosse vigorosamente il capo, schizzando goccioline d’acqua tutto intorno.
- Non è possibile Sakura, ho chiesto a Kakashi, dovevano solo andare a Suna a ritirare alcuni documenti da Gaara, non possono averci messo tutto questo tempo, sono partiti stamattina e ora sono quasi le sei del pomeriggio! – spiegò, il panico che trasudava della voce spezzata.
 
Sakura sentì un brivido freddo correrle lungo la schiena. Era vero, non potevano averci messo tutto quel tempo senza che ci fosse stata qualche complicazione, Sasuke e Sai non erano tipi da attardarsi a fare qualche sciocchezza, doveva essere successo qualcosa. La ragazza si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia, e sospinse l’amico verso la porta.
- Andiamo. Li cercheremo insieme nel bosco. Corri al portone principale, ti raggiungo dopo che sarò passata a casa a prendere l’equipaggiamento. –
Naruto corse fuori come un fulmine senza nemmeno salutare, scomparendo tra la pioggia in un momento. Ino si alzò e rivolse all’amica uno sguardo preoccupato.
- Ehi, avete bisogno di aiuto? Posso chiamare gli altri. – Sakura la ringraziò interiormente, sollevata al fatto di poter sempre contare sui suoi amici.
- Digli solo di stare pronti e di prepararsi all’ingresso del villaggio, in caso non li trovassimo nelle prossime due ore servirebbe una squadra di ricerca, per il momento andremo noi con Kakashi. Grazie Ino. -
- Di nulla. Spero non sia nulla di grave. – Il suo sguardo, però, non nascondeva il timore che, in effetti, si trattasse davvero di qualcosa di grave.
- Anche io. – mormorò Sakura, prima di venire risucchiata a sua volta dal grigiore uggioso della sera.
 
***
 
Correvano nella foresta da almeno un’ora ma, dei ragazzi, ancora nulla. Avevano setacciato tutta la zona boschiva antistante l’ingresso del villaggio ma, non avendo trovato nulla, si eravano spinti nella zona successiva, a metà strada tra Konoha e Suna. Kakashi non diceva nulla, ma sembrava preoccupato almeno quanto i suoi ex allievi, che continuavano a chiamare a gran voce i nomi dei compagni incuranti del fatto che le loro voci si perdessero dopo pochi metri sotto lo scroscio della pioggia battente. Naruto, concentrato nel mantenere la modalità eremitica, ringhiò, frustrato, fermandosi a riprendere fiato subito imitato dagli altri.
- Non si vede nulla con tutta quest’acqua! E non riesco a percepirli, non sento nulla di nulla, deve esserci qualcosa che li scherma! Potremmo averli già superati senza averli visti! – gemette, disperato, le gocce che scendevano copiose dai capelli appiccicati alla fronte e scorrevano lungo le guance, simili alle lacrime di paura che non poteva permettersi di versare.
- Mantieni la calma Naruto, stiamo setacciando tutta la zona con metodo, se ci sono li troveremo. –
- Se ci sono? Gaara ha già risposto al messaggio, sono partiti da Suna prima di mezzogiorno! Devono essere qui da qualche parte! – ragionò Sakura, il respiro tremante. Ormai la sentiva forte e chiara, la paura; le stringeva la bocca dello stomaco e la faceva rabbrividire, un tremolio che non aveva nulla a che fare con i vestiti zuppi che le si incollavano addosso. Ne era certa, qualcosa era successo, e forse non avrebbe mai rivisto Sasuke, forse non avrebbe avuto modo di abbracciare ancora Sai …
 
D’un tratto, una luce rossa baluginò oltre le cime degli alberi, a nord-est rispetto alla loro posizione, poi si spense rapidamente così come era comparsa.
- Era uno dei nostri razzi di segnalazione! – gridò Naruto, e tutti e tre schizzarono subito in quella direzione.
La speranza che avevano nutrito nel vedere quel bagliore fece un balzo per poi smorzarsi di colpo quando trovarono Sasuke a circa cinquecento metri di distanza, appoggiato lateralmente ad un albero, il corpo esanime di Sai sulle spalle e i resti del razzo abbandonati poco lontano. Kakashi non perse tempo e afferrò delicatamente il ragazzo, stendendolo contro il tronco della pianta, al riparo dalla pioggia; liberando così Sasuke dal pesante carico. Naruto, pallido e stralunato, corse in contro all’amico, sorreggendolo e controllando le sue condizioni: aveva una collezione impressionante di lividi, tagli ed escoriazioni su tutto il corpo ed una ferita profonda all’avambraccio. Non era grave di per sé, ma era evidente dalla sua debolezza che Sasuke aveva perso molto sangue.
Sakura si gettò in ginocchio ai piedi dell’albero, controllando per prima cosa il battito cardiaco di Sai: c’era, ma era debole e troppo lento. Era coperto di ferite dalla testa ai piedi, il gilet e la maglia ridotti a brandelli, in molti punti la sua pelle era completamente sparita, lasciando al suo posto la carne viva, e sul fianco uno squarcio profondo appariva come un’inquietante bocca ghignante, coperta alla meglio da una fasciatura rudimentale che doveva essere opera di Sasuke.
 
In quel momento, guardando il suo amico ridotto in quelle condizioni, avrebbe voluto solo piangere e gridare, tuttavia sapeva di non poterlo fare. Raccolse lo zaino che aveva appoggiato lì accanto, recuperò la soluzione disinfettante e dei bendaggi puliti e si concentrò nel ripulire e fasciare la ferita principale, mentre Kakashi compiva le stesse mosse, anche se in modo meno professionale, sul braccio di Sasuke.
“Non serve” aveva tentato di dire il ragazzo, ma Naruto aveva quasi avuto una crisi isterica nell’urlargli che di quel passo sarebbe svenuto o persino morto se non avessero fermato l’emorragia, e le sue proteste si erano spente, forse anche a causa della spossatezza.
Concluse le operazioni di primo soccorso, Sakura diede il suo parere con voce flebile e le mani tremanti e sporche di sangue, scostandosi i capelli bagnati dalla fronte con gesti deboli.
- E’ debolissimo, l’emorragia è stata forte, se non ci sbrighiamo … -
Lasciò la frase in sospeso, incapace di concluderla. Kakashi si caricò il ragazzo sulle spalle, facendo attenzione a non muoverlo troppo.
- Corro, lo porto io, occupati di Sasuke. – decise lui, scomparendo tra le fronde prima che Sakura potesse protestare, prima che potesse urlare che non voleva lasciarlo.
 
Sentì confusamente che Naruto le stava chiedendo qualcosa, la voce preoccupata da morire, e si riscosse dallo stato di torpore shockato nel quale era caduta, rendendosi conto che il maestro aveva ragione: non c’era tempo e lui era il più veloce, inoltre lei avrebbe dovuto dedicarsi a tutti i compagni di squadra. Sentendosi in colpa per non averlo considerato abbastanza, controllò le condizioni di Sasuke, sospirando di sollievo nel constatare che pur essendo fortemente provato non sembrava in pericolo di vita. Nonostante questo, comunque, la sua situazione non sembrava molto stabile, quindi sarebbe stato comunque meglio sbrigarsi a portarlo all’ospedale.
- Naruto, lo devi portare sulle spalle, non deve muoversi o il sangue defluirà più velocemente. Chinati, lo aiuto io ad attaccarsi. –
Si erano aspettati qualche protesta contro questa soluzione, tuttavia Sasuke sembrava troppo stanco anche per le sue solite scemenze da macho e si fece aiutare dalla compagna senza emettere un fiato, posando il capo sulla spalla di Naruto con uno sguardo così sfinito che riaccese la preoccupazione di Sakura. Mentre raccoglieva le sue cose, la ragazza notò che Naruto stava baciando la fronte di Sasuke e le parve di udire la sua voce che sussurrava qualcosa come “Andrà tutto bene”. Soffocando un singhiozzo, si chiese se Kakashi si stesse davvero sbrigando e se anche per Sai sarebbe andato tutto bene. In quel momento dagli occhi le sfuggirono le prime lacrime.
Corsero verso Konoha facendo ricorso a tutto il fiato che avevano in corpo.
 
***
 
La luce bianca dell’ospedale cominciava a farle venire mal di testa, nonostante fosse abituata a quel fulgore asettico da anni ormai, e questo significava che doveva essere davvero a pezzi.
Quando erano finalmente arrivati all’edificio gli infermieri avevano subito adagiato Sasuke su una barella e l’avevano portato via, Sakura suppose in una delle sale operatorie secondarie, dato che il braccio aveva bisogno di essere suturato urgentemente. Naruto non avrebbe voluto lasciarlo, tuttavia gli infermieri erano stati irremovibili: chi non è un medico non può entrare in sala operatoria.
 
“Beh, io sono un medico” aveva pensato Sakura, mentre cercava di convincere le ragazze della portineria a dirle in quale sala stavano operando Sai. Quelle, però, non volevano saperne.
- Ci dispiace Sakura, davvero, ma la signorina Tsunade ha detto che non puoi entrare. – aveva rivelato infine una delle due, esasperata. Sakura si era bloccata per un momento, sbigottita: Tsunade non le aveva mai impedito di assisterla durante un intervento, era uno dei chirurghi migliori dell’ospedale.
- E perché mai??? Sono un medico, maledizione! – aveva ringhiato, convinta che stessero inventando una scusa.
- Ha detto … ha detto che è meglio evitare di entrare quando il paziente è grave ed è qualcuno a cui si è molto legati. Ha detto che è per il tuo bene. –
“Ah” aveva pensato Sakura, la rabbia che si spegneva di colpo in favore di una cupa disperazione. “Non vuole che sia presente nel caso in cui dovesse morire.”
Privata del suo spirito combattivo si era diretta in sala d’attesa con Naruto, dove ad attenderli avevano trovato tutti i loro amici, che avevano intercettato Kakashi all’ingresso e si erano riuniti tutti lì insieme a lui.
Sakura e Naruto si erano sentiti grati per la loro presenza, eppure una volta seduti lì, uno accanto all’altra, si erano entrambi resi conto di non avere nessuna voglia di parlare, una volontà che i loro amici rispettarono religiosamente. Dopo due ore, comunque, erano ormai tutti andati a casa, dopo essersi fatti promettere che li avrebbero avvertiti in caso di novità.
 
Il mal di testa di Sakura stava per raggiungere picchi inimmaginabili quando Kakashi, inaspettatamente, le allungò un bicchiere d’acqua con un paio di pillole.
- Ho visto che ti massaggiavi le tempie, di solito lo fai quando ti fa male la testa, così ho chiesto queste all’infermiera. – commentò, pacato, con un sorriso leggero e comprensivo ad increspargli le labbra.
- Grazie. – commentò lei con tono incolore, incapace di trasmettere la gratitudine che provava nei suoi confronti. Come al solito, comunque, lui parve capire lo stesso e le posò una mano sulla spalla con fare confortante per un momento. Per un attimo Sakura pensò che fosse assurdo che riuscisse ad essere così calmo ma poi, in un moto d’angoscia, si disse che probabilmente si era già trovato decine di volte in quella situazione orrenda.
Qualche minuto dopo Naruto cominciò a piangere, Sakura lo sentì distintamente. Lo abbracciò piano, partecipe del suo dolore, e lui abbandonò la testa sulla sua spalla e artigliò le mani alla sua felpa, squassato dai singhiozzi.
- Ho paura Sakura, tanta paura. – mormorò, la voce spezzata e graffiante di chi sta cercando di non urlare. La ragazza lo strinse forte a sé e si sentì schiacciare ancora di più sotto il peso della sua disperazione.
- Anche io … ma vedrai che Sasuke starà bene, con qualche trasfusione tornerà in forma. – disse con un tono piatto, il tono di chi è troppo terrorizzato per sperare davvero, ma voleva davvero tentare, nonostante tutto, di rassicurare il compagno e di non crollare. Non doveva pensare all’eventualità peggiore, non doveva considerarla.
- Ma sono passate più di due ore, qualcosa deve essere andato storto … e Sai, era ridotto malissimo, come potrà cavarsela? –
In un certo senso, Sakura avrebbe voluto prenderlo a pugni: mentre lei tentava di non essere disfattista lui si lasciava invadere dal pessimismo, minando il suo auto controllo. Cercò ancora una volta di rimanere salda, di dare un tono sicuro che non le apparteneva alle proprie parole.
- Tsunade e Shizune sono le migliori Naruto, faranno di tutto. –
Erano davvero le migliori, lei lo sapeva, era certa che i loro amici erano in ottime mani. Doveva pensare solo a questo, erano in ottime mani …
- Lo so … ma ho paura lo stesso. Io non so cosa farei se morissero … cosa farei se morisse Sasuke? – esclamò lui, guardandola, gli occhi rossi e gonfi, le occhiaie che spiccavano nel viso pallido, le lacrime che gli bagnavano il viso fino al mento. E qualcosa dentro di lei, semplicemente, cedette.
- Non lo so Naruto … nemmeno io so cosa farei … non lo so … non lo so … - continuò a sussurrare, la voce incrinata sotto il peso della paura, mentre cominciava a piangere disperata tanto quanto l’amico.
Rimasero così, a bagnare uno le spalle dell’altro, per un tempo che parve loro infinito, finché Kakashi non richiamò la loro attenzione: Tsunade si stava avvicinando, la tuta sterile ancora addosso, portando notizie sulla cui qualità Sakura non se la sarebbe sentita di scommettere.

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Capitolo 6
*** A come Amore, Ansia, Amarezza ***


Note dell'Autrice: Ciriciao! Incredibilmente sono già qui con il nuovo capitolo fresco fresco.Un capitolo abbastanza cruciale di cui non sono convinta al 100%, ma rimaneggiarlo altre 20 volte non sarebbe servito a molto, dunque eccolo qui! Come al solito segnalatemi pure eventuali errori e ditemi cosa ne pensate, più pareri differenti ascolto e più miglioro! Buona lettura!
 


Capitolo 6 
A come Amore, Ansia, Amarezza.

 
 
Il respiro di Sakura e Naruto era roco e pesante mentre osservavano Tsunade avvicinarsi: avanzava svelta ma non di corsa, mentre si toglieva la mascherina rivelando un’espressione seria, le sopracciglia leggermente aggrottate. Sakura si accorse confusamente che Naruto, tentando di asciugarsi le lacrime, sussurrava qualcosa accanto a lei, una nenia che sembrava composta da un’infinità di “per favore”. Si passò le mani sul viso a sua volta, tentando di riacquistare un certo contegno, proprio mentre l’Hokage si fermava davanti a loro.
- A – allora? Come stanno? – chiese con voce flebile, terrorizzata dal fatto che la risposta a quella domanda avrebbe potuto sconvolgere le loro esistenze per sempre.
Tsunade sospirò, quindi diede finalmente risposta ai loro angoscianti interrogativi.
- Sono entrambi vivi, tanto per cominciare, anche se nel caso di Sai è quasi un miracolo. –
 
I tre rilasciarono di colpo tutto il fiato che non si erano nemmeno accorti di aver trattenuto fino a quel momento. “Sono vivi. Sai è vivo. Non lo perderò.” era il pensiero che rimbalzava all’impazzata nella mente della kunoichi, che prese la mano di Naruto in un gesto di affetto e gioia; Kakashi posò le mani sulle loro spalle e sorrise, sollevato dalla notizia.
Anche Tsunade sorrise, dolcemente, contenta di poter dare, una volta tanto, delle buone notizie.
- Sasuke sta bene, abbiamo dovuto suturargli la ferita al braccio perché la perdita di sangue era troppo copiosa e le arti mediche avrebbero agito più lentamente dei metodi tradizionali, ma si riprenderà del tutto, le altre ferite erano piuttosto superficiali. Rimarrà acciaccato per qualche giorno, ma senza conseguenze durature. –
Nell’udire quelle parole le labbra di Naruto si stesero in un sorriso lacrimoso, e Sakura strinse leggermente la sua mano, partecipe del suo sollievo; tuttavia entrambi rivolsero ancora una volta i loro sguardi verso l’Hokage, sapendo che il momento di cantare vittoria non era ancora arrivato.
- Per Sai la faccenda è più complicata. Aveva perso davvero moltissimo sangue, senza i bendaggi di Sasuke e di Sakura non sarebbe nemmeno arrivato vivo all’ospedale. Abbiamo curato le ferite e fatto una serie di trasfusioni … tuttavia è rimasto privo di sensi così a lungo che non sappiamo quali conseguenze potrebbero esserci una volta che si sarà svegliato. Potrebbe non esserci alcun effetto, o potrebbe avere vuoti di memoria o, peggio, una limitazione delle facoltà cognitive. Nella peggiore delle ipotesi potrebbe anche non svegliarsi affatto, ma date le sue condizioni attuali escluderei questa possibilità, il fisico sta reagendo bene. Non ci resta che attendere e sperare che tutto vada per il meglio. -
 
Sakura pensò che avrebbe dovuto sentirsi scoraggiata da quelle parole, ma si accorse che tutto sommato non le riusciva di disperarsi: Sai era vivo e Tsunade pensava che si sarebbe svegliato, tutto il resto in quel momento per lei non contava, se si fossero verificati dei problemi li avrebbero affrontati a tempo debito.
Naruto lasciò la mano dell’amica, si alzò e, dopo essersi avvicinato all’Hokage, la abbracciò con slancio. La donna rimase bloccata per qualche momento, spiazzata, poi si rilassò e abbracciò a sua volta l’Eroe della Foglia che in quel momento stava facendo uno sforzo eroico per non lasciar colare lacrime di sollievo. Sakura ridacchiò, godendosi quel teatrino commovente così poco tipico della sua mentore.
- Grazie Nonna Tsunade. Grazie. – mormorò. Tsunade sorrise, quindi sciolse l’abbraccio e si rivolse al suo probabile successore e i suoi compagni.
- Pivello, non mi devi certo ringraziare, ho fatto quello che dovevo! Ora forza, finché aspettiamo che Sai sia un po’ più in forze andate a trovare quel pazzoide del vostro amico, spero non abbia già distrutto la stanza perché è stufo di aspettare. Kakashi, vedi di tenerli tutti tranquilli, questo è un ospedale, non un parco giochi! –
I tre annuirono e si diressero veloci verso il corridoio che ospitava le stanze adibite alle lunghe degenze, e proprio quando stavano per scomparire dietro l’angolo udirono la voce dell’Hokage ancora una volta.
- E Naruto … come te lo devo dire di non chiamarmi nonna? –
 
***
 
C’erano voluti almeno dieci minuti prima che Sakura e Kakashi avessero potuto avvicinarsi al letto di Sasuke per salutarlo e augurargli una pronta guarigione; perché in quel lasso di tempo Naruto non aveva smesso un secondo di chiedergli come stava, di tenergli la mano assicurandogli che sarebbe guarito perfettamente (come se Tsunade non gliel’avesse già accennato), di controllare il suo braccio ferito (come se avesse capito qualcosa di medicina e suture) e, con grande imbarazzo dei due compagni di team e probabilmente anche di Sasuke, di sbaciucchiarlo pressoché dappertutto. Una volta superato, finalmente, quell’ingombrante ostacolo dai capelli biondi Sakura potè constatare che Sasuke, sopravvissuto a quel mare di morbose attenzioni, sembrava solo stanco, infastidito da tutto quel trambusto, e leggermente più pallido del solito; cosa che la fece sospirare di sollievo: sarebbe davvero andato tutto bene.
 
Superati i convenevoli, a riprova del fastidio che sicuramente provava nell’essere inattivo, Sasuke sollevò la questione su cui tutti si stavano arrovellando da ore.
- Tsunade mi ha detto che pare che Sai sia fuori pericolo, quindi immagino che avrete il tempo di ascoltarmi mentre vi spiego cosa diavolo è successo. – commentò, scuro in volto. Tutti lo fissarono, attenti, impazienti di scoprire cosa poteva essere andato storto. Sasuke prese un profondo respiro e cominciò a raccontare.
- Stavamo tornando da Suna, il Kazekage ci aveva consegnato i documenti, sembrava stesse andando tutto liscio come al solito. Per questo abbiamo abbassato la guardia, lo ammetto, ma non ci aspettavamo sorprese di alcun genere. Non stavo prestando abbastanza attenzione, non ho attivato lo sharingan … e d’un tratto l’intero tratto di bosco intorno a noi è semplicemente esploso. –
Strinse gli occhi e contrasse le labbra, come se solo il ricordo lo facesse arrabbiare.
- Delle stupide cartabombe … quei maledetti ne avevano nascoste ovunque, lo scoppio di una innescava automaticamente le altre, e Sai deve averne urtata una. E’ stato investito in pieno da una delle esplosioni, io mi sono lanciato di lato e sono stato colpito solo di striscio. Da allora lui ha perso conoscenza e non si è più svegliato. –
Sakura ripensò con un brivido alle ferite di Sai: un’esplosione ravvicinata spiegava perfettamente i ragli, le escoriazioni e la carne viva.
 
- Quegli schifosi ci hanno circondato in quel momento: erano almeno una ventina, ma potrebbero essercene stati altri poco lontano. Erano una banda di delinquenti di bassa lega legati al traffico di armi e di “pillole del soldato”, quelle porcherie che annullano le inibizioni e la paura; gente che con la fine della guerra aveva visto crollare il proprio piccolo impero del terrore e voleva riconquistarlo. Intendevano liquidarci per poi farci sparire, inscenando un incidente diplomatico tra Konoha e Suna, nella speranza che questo riaccendesse gli antichi rancori e fomentasse l’inizio di nuove faide e guerriglia. – raccontò, tremando di rabbia a stento trattenuta.
Naruto, decisamente perplesso, a quel punto avanzò un dubbio.
- Non capisco Sasuke, è indubbio che fossero in molti, ma insomma … tu sei forte. Hai detto tu stesso che erano ninja di poco conto, com’è possibile che ti abbiano fregato? – domandò, sperando di non urtare troppo la sensibilità del compagno. Sasuke sospirò pesantemente, lo sguardo contratto.
- Stavo per attaccarli, ma non ho sfoderato l’artiglieria pesante. Il Susanoo avrebbe distrutto mezza foresta e pensavo di potermela cavare con poco, sarebbe bastata la spada … ma quei maledetti dovevano sapere chi sono e, invece di attaccarmi, hanno cominciato ad infierire su Sai, già incosciente. Sapevano che non avrei potuto proteggere una persona svenuta e attaccare contemporaneamente venti persone. Ho dovuto scegliere: se avessi deciso di battermi con loro Sai avrebbe potuto morire nel frattempo, nelle sue condizioni sarebbero bastati un paio di colpi per farlo fuori; così me lo sono caricato sulle spalle e sono scappato. – narrò, con un tono di voce che esprimeva chiaramente quanto gli fosse costato fuggire di fronte ad un nemico più debole di lui. Sakura pensò che, per questo, non gli sarebbe mai stata abbastanza grata; perché da quella scelta, probabilmente, era dipesa la vita di Sai. Sasuke proseguì il racconto.
 
- Erano svegli, ma non così tanto, e decisamente troppo lenti. Sono riusciti a raggiungermi solo una volta e mi hanno ferito al braccio, poi li ho seminati e sono riuscito a nascondermi nella boscaglia, ma sono dovuto rimanere fermo a lungo perché quei cani non si davano per vinti e continuavano a perlustrare il bosco. Credevo che la mia ferita non fosse nulla di che così ho bendato alla meglio quella di Sai e appena la via è risultata sgombra ho proseguito, non ci ho dato peso, ma immagino che contassero proprio su questo; quando mi sono accorto che stavo sanguinando troppo ero ormai debole e non riuscivo più a correre. Così mi sono fatto strada lentamente, camminando e riposando quando non riuscivo più a portarlo, sperando che ormai aveste notato la nostra assenza e che ci avreste trovati. Quando mi sono reso conto che non ci avreste percepiti ho acceso il razzo di segnalazione, sperando di attirare voi e non quella manica di invasati guerrafondai. A quanto pare ho avuto fortuna. – commentò amaramente, e Naruto gli strinse delicatamente una spalla, per confortarlo. Kakashi annuì, come a dire che aveva compreso l’intera storia, poi pose una domanda.
 
- Questo ci pone di fronte ad una questione di vitale importanza: come mai Naruto non riusciva a percepire il vostro chakra? Vi avremmo trovati molto più in fretta. –
Sasuke sbuffò aspramente.
- Lo so io come mai, me ne sono accorto osservando la foresta mentre arrancavo come un granchio demente. Hanno usato il sigillo della disillusione. – rivelò, e Kakashi e Sakura sgranarono gli occhi, increduli.
- Cosa? Ma … non ve lo siete tolto di dosso? Sarebbe bastato strapparlo e rimuoverlo! – esclamò la ragazza e il compagno le rivolse uno sguardo bieco.
- L’avrei fatto volentieri se il sigillo fosse stato su di noi. Ma non era così. Almeno uno di quei mentecatti doveva essere più sveglio degli altri, perché i sigilli erano stati apposti sugli alberi, ovunque ad intervalli regolari, ed erano collegati tra loro come le cartabombe. Tutti coloro che stavano all’interno dell’area disegnata da quei sigilli erano irrintracciabili, e dato che li avevano sparsi dappertutto non avevo modo di prevedere quanto l’area fosse ampia e in che direzione dirigermi per uscirne. – spiegò, piccato. Evidentemente tutta questa questione gli bruciava dentro terribilmente.
- Tutto chiaro … ma cos’è il sigillo della disillusione. – domandò Naruto, nuovamente perplesso. Sasuke gli rivolse uno sguardo incredulo, quindi gli assestò uno schiaffo leggero sul retro del collo, Sakura si chiese se avesse regolato consapevolmente la potenza o se fosse semplicemente troppo stanco per assestare una sberla degna di questo nome.
- Naruto, sei la solita testa matta! – esclamò quindi il ragazzo, mentre il compagno si massaggiava il collo emettendo lamenti pigolanti.
 
La kunoichi scosse la testa lentamente, sorridendo: ancora una volta avrebbe dovuto spiegare tutto a quell’impiastro.
- E’ un sigillo che impedisce al chakra della persona che lo porta di essere percepito, anche con la modalità eremitica. Può rivelarsi molto utile in battaglia, per gli attacchi a sorpresa, ma non viene praticamente mai utilizzato. –
- E perché, se è così utile? – chiese l’amico, il collo ancora arrossato.
- Perché il sigillo è estremamente complesso da creare, ad un ninja di alto livello occorrono almeno un paio di giorni per metterlo a punto. Ma un ninja di alto livello, in effetti, non ha alcun bisogno del sigillo, perché è in grado di sopprimere l’eco del proprio chakra quando lo desidera. E chi è troppo debole per farlo, normalmente, non è abbastanza versato nelle arti magiche da poter creare il sigillo. Per questo è molto raro. – spiegò lei, precisa. Sasuke emise un verso di puro disprezzo con la lingua.
- Quei pezzenti evidentemente hanno, o avevano, un ninja di livello superiore che li creava per loro, per le loro malefatte o perché potessero rivenderli ad altri pesci piccoli. Ma devo riconoscergli un merito, non li avevo mai visti usare in quel modo, sono stati ingegnosi: in quel modo noi non potevamo essere percepiti e soccorsi e loro non potevano essere scovati ed inseguiti. – commentò, il tono di voce che trasudava veleno.
 
Kakashi si fece avanti, uno sguardo comprensivo a distendergli il volto.
- Ora non preoccuparti Sasuke, parlerò con Tsunade immediatamente e organizzeremo una squadra di caccia. Con i cani degli Inuzuka e gli insetti degli Aburame sono certo che li prenderemo. Sembrano scaltri più che intelligenti, non penso sarà complicato. –
- Lo credo anche io. Ci hanno fregati solo grazie all’effetto sorpresa, sembrano più adatti a congegnare trappole che a combattere. Vorrei farli sanguinare con le mie mani … - commentò il ragazzo, stringendo ritmicamente le dita delle mani come se stesse immaginando di fare a pezzi qualcosa. Kakashi sorrise, quindi si avvicinò alla porta.
- Ne sono certo, purtroppo però sei decisamente troppo debole per poter partecipare ad una caccia all’uomo, almeno per qualche giorno. Mi dispiace, ma questa volta dovrai affidarti agli altri. –
Sasuke sbuffò, pronto a ribattere, quando un’espressione seria e penetrante di Naruto lo fece evidentemente desistere, riuscendo nell’impresa di domare il suo spirito vendicativo. Si rilassò quindi contro i cuscini, sospirando.
- E va bene … - concesse, mugugnando palesemente contrariato.
Kakashi annuì, quindi uscì dalla porta, salutandoli brevemente prima di richiudersela alle spalle.
- Tornerò più tardi per andare a trovare Sai, a dopo ragazzi. –
 
Una volta che il maestro se ne fu andato, Sakura cominciò a sentirsi un tantino di troppo: quei due continuavano a guardarsi negli occhi ed era evidente che avessero bisogno di rimanere un po’ da soli.
- Sarà meglio che vada da Sai … Naruto, mi raggiungi tra un po’? – domandò, richiamando la loro attenzione. L’amico annuì, distratto, lei gli diede un veloce bacio sulla guancia come saluto. Si rivolse quindi a Sasuke e regalò un bacio leggero anche a lui, sulla fronte: era davvero grata del fatto che stesse bene.
- A più tardi Sasuke. – commentò aprendo la porta.
- Certo. – rispose lui, come a volerla rassicurare del fatto che non sarebbe sparito. Sakura sorrise e accostò la porta dietro di sé, appoggiandosi per un momento al muro con le spalle e respirando profondamente.
 
Doveva ammettere a se stessa che l’idea di vedere Sai, privo di sensi, senza sapere davvero se e quando si sarebbe svegliato la spaventava. Ora, dietro al sollievo per le sue condizioni stabili, cominciava a farsi strada la paura delle conseguenze, il timore che sarebbe potuto rimanere in coma per chissà quanto tempo, l’ansia all’idea che avrebbe potuto non ricordarsi di lei. Le preoccupazioni di quel pomeriggio, forse complice anche la stanchezza, le sembravano ormai lontane anni luce. Davvero aveva sprecato un mese e mezzo ad arrovellarsi su se e quanto Sai le piacesse? Era così evidente che la risposta fosse affermativa, ora se ne rendeva conto chiaramente, eppure lei aveva passato tutto quel tempo a ragionare, a rodersi nel dubbio e ad imbarazzarsi in sua presenza, tanto da essersi anche allontanata un po’ da lui. Si era allontanata, ed ora lui avrebbe potuto non sapere più chi lei fosse. Si sentiva così stupida per il proprio comportamento, per tutto quel tentennare, quando era evidente ormai da tempo che quell’amore di cui parlava Kakashi le era già piombato addosso da un bel po’.
Mentre indugiava, spaventata all’idea di cosa avrebbe potuto riservare a Sai il prossimo futuro, sentì la voce di Naruto provenire dalla porta che non aveva chiuso del tutto. Non avrebbe dovuto origliare, lo sapeva, avrebbe dovuto sbrigarsi a raggiungere Sai, ma le sembrava che le gambe non la reggessero, come per un improvviso calo di pressione.
 
- …avevo così tanta paura. – lo udì mormorare, la voce soffocata come se stesse parlando con il viso schiacciato contro qualcosa, probabilmente le coperte del letto o le cosce di Sasuke.
- Lo so. – rispose la voce dell’amico, bassa e ruvida. Sakura pensò che probabilmente stava cercando di controllarsi, ma dal tono si capiva perfettamente che anche lui era emozionato tanto quanto il compagno, che in quel momento singhiozzò un: - Pensavo che non ti avrei più rivisto Sas’ke! –
Il silenzio si protrasse per qualche momento, tanto che la ragazza pensò che Sasuke non avrebbe replicato, quando all’improvviso la sua voce, ancora più vetrosa di prima, la raggiunse.
- Pensavo che non sarei riuscito a tornare da te … -
 
A quel punto, udito quel discorso così dolce e triste al tempo stesso, Sakura si fece forza, si scostò dal muro e cominciò finalmente a camminare lungo il corridoio diretta alla stanza di Sai. I ragazzi le avevano ancora una volta, anche se inconsapevolmente, dato lo sprone che le serviva. Avevano avuto così tanta paura, lei aveva avuto paura: di non riuscire a trovarli, che Sai potesse non farcela. Invece ce l’aveva fatta. Ci avrebbe messo mesi a svegliarsi? Lei l’avrebbe aspettato. Si sarebbe scordato come si lancia un kunai, come si tiene in mano un bicchiere? Lei gliel’avrebbe insegnato. Si sarebbe dimenticato di lei? Si sarebbe fatta conoscere ancora una volta, con pazienza. Sai era vivo, e quello era l’importante. Avrebbe fatto qualunque cosa in suo potere per aiutarlo, perché erano amici, e gli sarebbe stata ancora più vicina di prima perché, ormai ne era certa, era innamorata di lui.
 
***
 
Sai aprì gli occhi dopo soli cinque giorni di coma e Sakura era al suo fianco, esattamente dove era rimasta per quasi tutto quel tempo. Kakashi e Naruto le avevano dato il cambio giusto per il tempo necessario a fare un paio di docce e a dormire qualche ora, per il resto era sempre rimasta seduta accanto al suo letto; aveva persino mangiato lì, su quella sedia. Ogni giorno Tsunade l’aveva rassicurata sulle condizioni del ragazzo: il corpo che lentamente ma inesorabilmente recuperava le forze, i parametri dell’encefalogramma che sembravano incoraggianti, il fatto che fosse solo una questione di tempo. Ed infatti, dopo relativamente poco, si svegliò. Sakura sentì la mano di Sai, adagiata fra le sue, stringersi leggermente in una serie di brevi spasmi, quindi lo vide aprire lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre qualche volta per mettere a fuoco correttamente.
– Sakura? – sussurrò lui, la voce roca per il prolungato silenzio, e la vista della compagna si appannò di lacrime.
- Ti ricordi di me? – domandò, quasi incredula. “E’ sveglio. Mi ricorda.” ripeteva nella propria mente, per cercare di convincersene. Sai assunse quell’espressione vagamente perplessa che lo caratterizzava e che le era mancata così tanto in quei giorni.
- Certo che mi ricordo di te, come potrei non farlo? –
A quel punto Sakura rise, pianse e singhiozzò insieme, invasa di colpo da un sollievo e da una gioia così intensi che, se non fosse stata già seduta, le avrebbero sicuramente fatto cedere le gambe. Quindi chiamò a gran voce gli altri, usciti in corridoio per bere qualcosa di caldo, per condividere con loro ciò che le sembrava un piccolo miracolo.
 
***
 
La degenza di Sasuke era durata solamente una settimana, anche se da come si era comportato probabilmente lui aveva percepito quei sette giorni come sette anni; Sai invece rimase in ospedale per quasi un mese. Sembrava che l’unica vera conseguenza dell’incidente, oltre alle ferite, fosse un dolore sordo all’orecchio sinistro, dovuto di certo al fragore dell’esplosione; un disturbo che, comunque, Tsunade riuscì a debellare nel giro di un paio di settimane. Per il resto, Sai appariva semplicemente molto stanco e tendeva a crollare addormentato anche nel bel mezzo di una conversazione, soprattutto nei primi tempi. Sakura gli rimase quasi sempre accanto, tenendogli compagnia ed assistendo l’Hokage nel controllare le sue condizioni, aiutandolo a svagarsi e portandogli della frutta, le cui vitamine sarebbero state preziose per rimettersi in forze. Sai aveva protestato debolmente, dicendole che avrebbe dovuto riposarsi di più e che non voleva che lei si stancasse a quel modo per passare il tempo con lui, ma lei era stata irremovibile e lui non aveva potuto far altro che sorridere e ringraziare. La ragazza, semplicemente, si sentiva bene nel prendersi cura di lui, e dopo la tremenda paura di perderlo provata in precedenza preferiva non lasciarlo solo troppo a lungo.
 
Passarono i giorni, poi le settimane ed infine, al ventiquattresimo giorno di degenza, Sakura annunciò a Sai che Tsunade aveva dato l’ok: sarebbe stato dimesso il giorno seguente. Per festeggiare aveva portato un cesto pieno di fragole, le preferite del compagno, e le stavano assaporando chiacchierando tranquillamente quando lei decise di affrontare la questione.
 
Ci aveva pensato moltissimo in quelle settimane; Sai le piaceva davvero molto, stavano bene insieme, si divertivano e lei lo vedeva sorridere sempre più frequentemente. Avevano riso così tanto in quei giorni, si erano avvicinati molto e Sakura aveva la sensazione sempre più forte che Sai fosse davvero la persona giusta per lei; quindi, si disse, perché non tentare? Perché non fare un primo passo verso di lui? Se c’era una cosa che aveva capito da quell’esperienza era che il tempo a disposizione per stare con le persone che si amano non è infinito e che, anzi, potrebbe esaurirsi da un momento all’altro, senza che si possa avere nemmeno la possibilità di dire addio. Dunque perché sprecarlo indugiando in inutili riflessioni? Si era detta che avrebbe potuto quantomeno cercare di capire se una possibilità esisteva, se Sai pensava a lei anche in un modo che non fosse semplicemente amichevole. Lui era tremendamente sincero ed era certa che se glielo avesse chiesto direttamente lui avrebbe detto la verità. Prese quindi il coraggio a due mani e decise di buttarsi.
 
- Senti Sai, ti vorrei fare una domanda, già da un po’ in effetti. –
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo ma disteso, il lieve sorriso che aveva sempre quando parlava con lei ad increspargli le labbra.
- Dimmi pure. –
La ragazza deglutì, quindi sganciò finalmente la bomba che si teneva dentro da un pezzo.
- Ecco … tu cosa pensi di me? – chiese, titubante, stropicciandosi l’orlo della felpa. Sai la fissò per un momento, evidentemente sorpreso dalla domanda.
- Di te? Lo sai, no? Ti voglio bene. – rispose, dicendo quelle parole come se fossero la cosa più naturale del mondo. Ma Sakura voleva sapere, voleva essere certa del valore che quelle parole avevano per lui.
- Certo, questo lo so … ma, voglio dire, come descriveresti questa cosa in modo più, diciamo, profondo? – Sperava, con questa seconda domanda, di essere stata più chiara. Sai mugugnò, pensieroso.
- Più profondo? Beh … direi che sei una delle persone più straordinarie che io conosca. Sei leale, sincera, ti fai in quattro per gli altri e sei un medico incredibile. Credo tu abbia una vera e propria vocazione per il prendersi cura degli altri; non so come ringraziarti per averlo fatto anche con me e non parlo solo del periodo qui in ospedale. Tu mi sei stata accanto fin dal principio e per questo, per me, sei insostituibile. Non dicevo tanto per dire, sei davvero la mia migliore amica, Sakura. – constatò, con la semplicità disarmante tipica più dei bambini che degli adulti. Il cuore della kunoichi si strinse di tenerezza alle sue parole; sentire quanto lui fosse affezionato a lei la riempiva di felicità. Tuttavia, Sai non aveva parlato d’altro che di una profonda amicizia, ed il suo cuore cominciò ad appesantirsi, presagendo le avvisaglie di una risposta che non avrebbe voluto sentire.
- Ne sono molto felice, davvero, ma … sei sicuro che non ci sia … altro? – domandò infine, come unica risorsa, bisognosa di ottenere una risposta chiara.
 
Sai abbassò lo sguardo e rimase in silenzio per un tempo che a Sakura parve insostenibilmente lungo. Sembrava a disagio, quasi spaventato; la ragazza si sentì improvvisamente in colpa per averlo costretto in una situazione così sgradevole, per averlo messo nelle condizioni di dover affrontare l’imbarazzante compito di rifiutare la propria migliore amica. Dopo alcuni interminabili minuti di silenzio tombale Sakura sospirò pesantemente, tentando di mantenere una calma che non sentiva affatto come propria. Era andata male, era evidente; si era giocata il tutto per tutto ma aveva puntato sulla scommessa sbagliata. Represse un piccolo singhiozzo, pensando che avrebbe dovuto farsi forza: erano amici, non voleva rovinare tutto: avrebbe ingoiato l’amaro boccone, rimanendo al suo fianco come aveva sempre fatto, e con il tempo avrebbe dimenticato la cosa. Sarebbe tornata alla sua esistenza precedente, senza imbarazzi, arrossamenti di guance o palpitazioni; un’esistenza senza ansie e turbamenti, ma senza quel tipo di amore. Sai parve riscuotersi all’improvviso dallo stato di catarsi in cui sembrava essere sprofondato e, sempre evitando lo sguardo della compagna, mormorò: - Non so … che altro dovrebbe esserci? –
 
Sakura sbuffò, un sorriso amaro a stiracchiarle gli angoli della bocca. “Esatto, che altro potrebbe mai esserci?” si chiese, sconfitta.
- Nulla. Lascia stare, stavo facendo dei pensieri strani. –
Liquidò la questione velocemente, cercando di non indugiare sul fatto appena compiuto, eppure non poteva fare a meno di sentire l’eco del rifiuto echeggiare forte nel proprio cuore. Sai dovette avvertire qualcosa dal suo tono, poiché riportò lo sguardo su di lei e le si rivolse direttamente.
 - Strani in che modo? Vorresti parlarne? – chiese, con sguardo interrogativo. La ragazza pensò tra sé e sé che Sai era davvero un ragazzo dolce; si preoccupava per lei anche dopo quella figuraccia. Sai era un ragazzo dolce che non nutriva per lei nessun sentimento che andasse oltre il semplice affetto, un ragazzo dolce che non sarebbe mai stato il suo.
- No, non ti preoccupare. Non era nulla di essenziale. – commentò, alzandosi e avviandosi verso la porta. Tentava di convincersi di non esserci rimasta troppo male, cercando di pensare positivo nei limiti del possibile. In fondo, sei mesi prima non avrebbe nemmeno mai pensato di nutrire un certo tipo di sentimenti nei confronti di nessuno, non aveva idea di essere attratta da lui e, di certo, quel suo innamoramento doveva essere qualcosa di passeggero, una “svista” che avrebbe potuto correggere in poco tempo, facendo tornare tutto alla normalità senza che fra loro ci fossero conseguenze di alcun tipo.
Eppure, mentre salutava l’oggetto dei suoi pensieri e prometteva di tornare l’indomani per aiutarlo nel rientro a casa, non potè fare a meno di chiedersi per quante volte avrebbe dovuto ripetersi quelle sciocchezze prima di riuscire a crederci davvero.

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Capitolo 7
*** Il silenzio dei colpevoli ***


Note dell'Autrice: Eeeeeeeeeeeeeccomi qua! Dopo circa un mese! *si fustiga* Chiedo scusa come al solito per il ritardo, ma qualche casino con il lavoro, i preparativi per il Lucca Comics ed un fidanzato appena tornato dall'Erasmus mi hanno distratta leggermente! :D Detto questo, ecco finalmente l'ultimo capitolo de "Il silenzio è dei colpevoli". Questa storia è stata davvero travagliata, ci ho messo mesi a scriverla, mi sono bloccata varie volte ma sono giunta, infine, alla conclusione. Sono particolarmente affezionata a questo capitolo, mi sono divertita moltissimo e, per i miei standard, è davvero lungo, ma credo che la cosa abbia le sue dovute ragioni. In questo ultimo capitolo ho anche sperimentato un nuovo PointOfView, su cui ero molto scettica ma che in realtà, alla fine ho adorato e che a breve scoprirete. Insomma, scrivendo alcune parti ho riso un sacco! :D Per le info di carattere tecnico e le scemenze da "fine storia" vi rimando alle note finali, per il momento ... buona lettura!
P.S.: In questo capitolo c'è un riferimento in particolare alla mia prima storia, "Respirare". Non è essenziale, tutt'altro, ma se qualcuno di voi ancora non l'avesse letta gli consiglio di andarsela a recuperare, se non altro per capire cosa diamine è la Giornata del Memoriale e cosa è successo in quel frangente! :D

 
 




Capitolo 7
Il silenzio dei colpevoli
 



POV Sakura
 
Era di nuovo buio, e Sakura cominciava a non poterne davvero più. Ormai, dopo tutto quel tempo, era arrivata ad avere una certa consapevolezza residua anche durante il sonno: sapeva che ciò che vedeva non era reale, che si trattava di un incubo, tuttavia non riusciva a fare a meno di agitarsi, di avere paura, di sentirsi male. Semplicemente, a tutto quello, si aggiungevano la stanchezza e la frustrazione dovute alla sua incapacità di dormire sonni tranquilli.
Anche quella volta c’erano stati Naruto e Sasuke che ridevano di lei e la schernivano, ma in lontananza, come coperti da una nebbia, le voci ovattate; nel giro di poco tempo, comunque, erano totalmente scomparsi per lasciare spazio ad una figura solitaria, molto più vicina e nitida: Sai.
Se ne stava a pochi metri da lei, in silenzio, e la fissava con uno sguardo freddo e distaccato, come si osserverebbe la goccia di sangue da esaminare al microscopio per un progetto scientifico. Sakura aveva provato ad avvicinarsi a lui ogni notte, in quelle settimane, ma i suoi piedi erano bloccati a terra da quella sostanza nera e orribile, e Sai rimaneva in silenzio, un orribile silenzio, che le intasava le orecchie e le rimbombava nella testa in modo disumano. Un silenzio che non poteva scalfire nemmeno urlando, la voce muta, la gola inutile, le parole che rimanevano incastrate in bocca a soffocarla.
Riusciva a svegliarsi, finalmente, solo quando pensava che tutto quel silenzio l’avrebbe uccisa.
 
 
***
 
 
POV Naruto
 
- Sasuke, stavo pensando … non hai notato che Sakura ha qualcosa di strano in questi giorni? –
Naruto sganciò la domanda che gli rimbalzava nella scatola cranica da almeno tre giorni all’improvviso, mentre giocavano ai video games in casa sua; un modo come un altro per trascorrere quel libero ma uggioso pomeriggio. Neanche a dirlo, Sasuke stava vincendo, e non alzò nemmeno lo sguardo dallo schermo nell’udire la sua domanda.
- Strano in che senso? - chiese, concentrato sul gioco, le nocche quasi bianche tanto era spasmodica la sua stretta sul controller della consolle. Naruto sbuffò, infastidito dalla poca attenzione riservatagli dell’amico: Sasuke era davvero troppo competitivo e, anche se non se lo sarebbe mai aspettato da uno serio come lui, perdeva letteralmente la testa per i video games, diventando addirittura intrattabile nei rari casi in cui perdeva le partite.
 
- Non so, mi sembra che sia giù di morale, non pare anche a te? Insomma, è da un mese ormai che pare che si sia … spenta, per così dire. Anche l’altra sera, alla festa del Memoriale, ha partecipato ed è venuta ad abbracciarti, ma non mi sembrava che fosse serena. Tu non hai notato nulla? – continuò, sperando di ricevere stavolta un commento appropriato che, naturalmente, non arrivò.
- Mmmmh … - bofonchiò infatti l’altro, ancora apparentemente assorto. Naruto cominciava ad infastidirsi, tuttavia decise di tentare ancora una volta.
- Voglio dire, ci ho riflettuto, e mi sembra che da quando tu e Sai siete usciti dall’ospedale lei non si sia mai del tutto ripresa. Ma ormai è passato più di un mese, mi sembra strano che sia ancora in apprensione, non ci sono state conseguenze e quella banda di animali è stata sgominata da settimane, quindi dubito che sia quello il problema. -
- Mmh mmh. – assentì distrattamente Sasuke, ancora concentrato, mandando a quel paese la pazienza residua di Naruto che, essendo in possesso del controller numero uno, mise repentinamente in pausa la partita.
- Ehi, stavo vincendo! – esclamò Sasuke, zittito però velocemente da un’occhiata omicida. Si risolse quindi apparentemente ad ascoltare il compagno, disteso a terra, la mano a sostenersi la testa, con uno sguardo annoiato e infastidito che Naruto ignorò del tutto, continuando il suo discorso.
- E’ solo che non riesco proprio a capire quale sia! Insomma, che problema potrebbe mai avere? Va tutto bene in questo periodo, cosa la preoccupa? Forse c’entra con i corsi per insegnare all’Accademia? – ponderò, meditabondo.
 
L’altro gli scoccò il suo migliore sguardo di superiorità, sbuffando.
- Per l’amor del cielo Naruto, non hai ancora imparato nulla sulle donne? – domandò, il tono strafottente che portò Naruto ad incrociare le braccia, lo sguardo scuro. Ormai aveva imparato che arrabbiarsi con Sasuke per ogni frecciatina era controproducente, e che un altezzoso comportamento lievemente offeso poteva dare risultati migliori.
- In caso non l’avessi notato, io non sono un asso con le ragazze, non è nelle mie corde. E non ho esperienza, dato che non mi hanno mai circondato come un’orda di pulcini starnazzanti come facevano con te. – asserì, piccato. Sasuke emise un grugnito, quello che utilizzava sempre per dissimulare le risate, ma un angolo della bocca si piegò, tradendolo.
- Si l’ho notato. Non che con gli uomini tu ti sappia comportare … -
- Ehi! – ululò l’altro, che cominciava ad offendersi un po’ per davvero.
- … ma sempre meglio che con le donne, con loro sei una frana completa! – concluse con aria di estrema superiorità. L’amico gli rivolse uno sguardo di traverso.
- E allora sentiamo, grande capo Uchiha, illuminami dall’alto della tua immensa saggezza! Quale sarebbe il problema di Sakura? – domandò, senza aspettarsi davvero una risposta, la quale invece giunse repentina.
- E’ innamorata, ovviamente. E la persona che le piace, ovviamente di nuovo, non la ricambia. – constatò Sasuke, come se si fosse trattato di una cosa assolutamente logica, come “la terra è tonda”. Naruto, manco a dirlo, rimase spiazzato.
- Oh. – Era perplesso, lo sguardo perso nel vuoto, come se stesse riflettendo febbrilmente per sbrogliare quell’informazione dalla matassa dei suoi pensieri.
- Già. – Sasuke sembrava calmo, e stiracchiava pigramente le dita, rimaste in tensione troppo a lungo.
- E da cosa mai l’hai capito? – domandò infine, allibito forse più da quello che dalla notizia in sé.
- Oh per favore, era chiaro! Per carità, Sakura è davvero migliorata con gli anni, ma quell’espressione da cucciolo bastonato con cui si aggira per il villaggio è la stessa che aveva quando eravamo ragazzini e io la mandavo al diavolo. –
Naruto gli rivolse un’occhiata divertita.
- Aspetta un po’ Sas’ke, ricordami chi di noi due si sa comportare con le ragazze. –
- Piantala, non è questo il punto. – sbraitò lui, punto sul vivo.
 
Il compagno scosse la testa, smettendo a poco a poco di ridacchiare, tornando alla questione principale.
- Vero, il punto è Sakura. Sei davvero sicuro che sia questo il motivo? –
Sasuke lo guardò, finalmente davvero concentrato, almeno apparentemente, sull’argomento.
- Non al cento percento, ma ne sono ragionevolmente convinto. Non ne ho parlato prima semplicemente perché non credevo che tu ti saresti mai accorto della cosa. –
Il ragazzo ignorò completamente il velato insulto: essere il compagno di Sasuke l’aveva reso maestro in quest’arte. Assunse un’aria meditabonda, come se stesse ponderando attentamente la questione, quando in realtà aveva già da un po’ deciso come avrebbero dovuto procedere.
- Mmmmh … beh, se le cose stanno così credo che dovresti andare a parlare con lei. – buttò là, candido. Sasuke, prevedibilmente, sgranò gli occhi e lo fissò, basito, quindi si riscosse e assunse in fretta il suo miglior sguardo infastidito.
- Io? Perché dovrei? E’ amica tua, non mia. –
A quel commento rispose con uno sguardo talmente freddo e tagliente che se avesse potuto l’avrebbe trapassato da parte a parte. Dopotutto, forse si sarebbe arrabbiato davvero …
Fortunatamente l’amico sembrò fiutare il pericolo e si affrettò a correggere il tiro, sbuffando sonoramente.
- Ok, è anche amica mia, ma non allo stesso modo! – brontolò. Naruto decise di giocare d’astuzia, anche se con Sasuke non aveva in effetti molte speranze.
- Ma l’hai detto tu Sas’ke, te la cavi molto meglio di me con le ragazze. – lo adulò, cercando di risultare innocente. Il ragazzo annuì distrattamente.
- Su questo non ci piove. -
- E poi, quando avevamo un problema Sakura è venuta a parlarne con te per aiutarci a risolverlo, ti ricordi? – continuò l’amico, tentando di fare leva anche sul senso di colpa.
- Non farmici ripensare, sento ancora l’umiliazione … -
 
“Bingo” pensò l’Eroe della Foglia, ormai vicino a raggiungere il suo scopo.
- Allora è giusto che tu ora le ricambi il favore, non ti pare? – concluse, fissandolo dritto negli occhi, in modo da non lasciargli scampo. Sasuke tentò per qualche momento di evitare il suo sguardo, quindi scosse mestamente la testa e capitolò.
- Ok, d’accordo. Domani andrò a parlare con lei, basta che tu la smetta di parlarmi come se fossi mia madre! Mi inquieti. –
Naruto rise, felice di aver convinto il compagno: a Sakura avrebbe di certo fatto piacere un po’ di interesse da parte sua. E, in effetti, era vero, lui con le donne non ci sapeva proprio fare, specialmente in merito alle questioni sentimentali.
- Ma io sono un po’ tua madre Sas’ke! E tuo padre, e tuo fratello, e tuo amico e il tuo ragazzo! – affermò, giocherellando con i cavi dei controller, fiero di poter affermare di essere, in un certo senso, anche la famiglia di Sasuke. Quello assunse un’espressione di palese disgusto, producendosi in una smorfia che risultava, in realtà, abbastanza comica.
- Ti prego, smettila, non posso pensare di farmi uno che è mio parente! –
Naruto gli diede uno spintone con la spalla, più per gioco che per colpirlo seriamente, e si finse offeso.
- Idiota, sai che non lo intendo in quel senso! –
Sasuke sogghignò sotto ai baffi, probabilmente felice di essere ancora in grado di infastidire il compagno.
- Sì sì, certo, ora fai play così posso suonartele come se fossi davvero il mio fratello scemo. – concluse fissando lo schermo, il sorriso che gli si allargava sulle labbra senza che potesse in alcun modo frenarlo.
- Ma brutto borioso … ! – cominciò l’altro, lanciandogli contro uno dei cuscini del divano, afferrato repentinamente.
Sapevano entrambi che la partita sarebbe rimasta in pausa per parecchio tempo, ormai.
 
 
***
 
 
POV Sasuke
 
Domenica. La domenica, secondo Sasuke, avrebbe dovuto essere un giorno sacro, un giorno in cui si fa quello ciò si vuole, in completo relax: ci si allena, ci si riposa, si fa una passeggiata nel bosco, si fa sesso, si beve del tè … di certo non ci si affanna, di domenica. La domenica per lui, quindi, non era certo adatta alle fastidiose incombenze della vita sociale, e la cosa più sociale a cui potesse pensare di dedicarsi in quel particolare giorno era, appunto, il sesso. Non a caso, quindi, Sasuke avrebbe di gran lunga preferito trovarsi a casa tra le lenzuola, piuttosto che sotto quella pioggerella leggera davanti alla porta dell’appartamento di Sakura. D’altro canto, se non si fosse deciso ad andare, Naruto gli avrebbe dato il tormento per il resto della sua vita … e, comunque, a sé stesso poteva anche ammettere che gli dispiacesse che la compagna di team stesse in quelle condizioni da più di un mese. Dunque si fece coraggio, un groppo in gola all’idea di gettarsi volontariamente in uno dei momenti più imbarazzanti della sua esistenza, e suonò il campanello. Non dovette attendere molto: Sakura aprì leggermente la porta e fece capolino da dietro di essa.
 
- Ciao Sakura. Posso entrare? – domandò, educato. Da quando era tornato al villaggio si impegnava ad essere sempre educato con tutti … tranne che con Naruto, ovviamente, ma con lui era diverso. Non che dovesse sforzarsi, per essere gentile: non c’era più alcuno motivo di prendersela con tutti, specialmente dopo quello che era successo alla giornata del Memoriale. Tuttavia, tutti quei sentimenti positivi a volte gli risultavano ancora strani, anche se, in effetti, non con Sakura: lei era sempre stata dolce con lui. Infatti, non si smentì nemmeno in quel frangente; sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa e sorrise, illuminandosi.
- Oh! Ciao Sasuke! Certo, entra pure … - salutò, scostandosi e spalancando l’uscio per farlo passare.
L’appartamento di Sakura era piccolo ma luminoso, gli spazi organizzati in modo funzionale, pulito ed ordinato. Forse, per i gusti di Sasuke, un po’ troppo colorato, ma di certo era preferibile a quel buco caotico e colmo di ciarpame che Naruto definiva casa.
- Qual buon vento ti porta qui? Hai bisogno di qualcosa? – domandò la ragazza, dopo che gli ebbe indicato il divano, facendogli cenno di accomodarsi. In effetti, non andava a trovarla di frequente, anzi, probabilmente da solo non c’era mai andato; quindi era comprensibile che la cosa le suonasse strana.
- Vorrei solo parlarti di una questione, hai un momento? – domandò, chiedendosi quanto sarebbe stato lungo e pesante quel momento. Probabilmente molto. Sakura sembrava un po’ confusa, ma sorrise comunque, conciliante.
- Sicuro, metto a scaldare l’acqua per il tè. – affermò, dirigendosi in cucina e lasciandolo solo per qualche minuto, ad arrovellarsi su come introdurre la questione.
 
- Hai un aspetto orribile, sai? – commentò lui, deciso, non appena Sakura ricomparve dalla cucina portando una teiera e due tazze vuote. Era vero: la ragazza aveva due occhiaie infinite sotto agli occhi, tendenti al bluastro, il colorito smunto e i capelli spettinati e spenti tipici delle persone malaticce. Lei sorrise, un leggero stiracchiarsi delle labbra.
- Sempre gentile, eh? – commentò versando il tè. Sembrava troppo stanca persino per offendersi.
- Sai che intendo … - rispose, afferrando la tazza che lei gli porgeva e bevendo un sorso. Il tè era discretamente buono e pensò di dirlo a Sakura, ma lei stava già rispondendo.
- Mmmh si, ma non è nulla, è solo che dormo poco ultimamente. – spiegò, come se ce ne fosse stato bisogno; le occhiaie parlavano da sole. Sasuke decise, ancora una volta, di optare per un approccio diretto: via il dente, via il dolore.
- E’ per via della recente delusione amorosa? –
La ragazza sgranò gli occhi, evidentemente presa alla sprovvista. Era chiaro che aveva avuto ragione, dalla sua reazione era palese. Non che avesse avuto grossi dubbi: lui aveva praticamente sempre ragione.
- Prego? – domandò lei, simulando confusione. Sasuke sospirò, decidendo di essere più diretto.
- Cercavo di avere tatto ma, ok, sarò schietto: è perché qualcuno ti ha scaricata? –
Lei non cedette, anzi, assunse un’espressione ancora più perplessa, in un modo assolutamente esagerato ed irrimediabilmente fasullo.
- Ma di che parli?? – pigolò con voce acuta. “Bene” pensò lui “immagino di dover essere brutale”.
- Sakura non fare il teatrino con me, ti conosco bene, anche troppo bene sotto certi aspetti. Riconosco la tua faccia da cuore infranto, e ce l’hai addosso da settimane. Ora, capirò se non vorrai parlarne, ma ti prego di non girare intorno alla questione. –
La kunoici abbassò lo sguardo, stringendo la tazza da tè, e rimase in silenzio per almeno un minuto, prima di decidersi a parlare.
- Senti, non è importante. Non sono più una ragazzina, so badare a me stessa, sono certa che sopravvivrò anche a questo. -
- Lo credo anche io, ma Naruto è preoccupato per te. Quando ha avuto quel “problema” tu l’hai aiutato, e gli hai detto che avrebbe dovuto parlarne. Allora segui il tuo stesso consiglio e parlamene. – affermò, convinto.
- Sasuke … vuoi davvero che io ti parli dei miei problemi di cuore? – Sakura sembrava stanca, sfibrata e sorpresa, due sensazioni delle quali coincidevano con ciò che Sasuke provava in quel momento. Sbuffò, posando la tazza e fissandola dritta negli occhi.
- No che non voglio … ma se è quello che serve per farti stare meglio allora ti ascolterò. Ascolto le scemenze di Naruto per quasi ventiquattro ore al giorno, credo che stare a sentire te non sarà poi così traumatico. –
Sakura tentennò per qualche momento, quindi prese un respiro e capitolò.
- Se lo dici tu … beh, si tratta di Sai. –
Questa, in effetti, Sasuke non se la aspettava, nemmeno dall’alto della sua saggezza.
- Sai? –
- Sì. –
- Cioè ti piace Sai? – domandò, per essere certo di aver capito correttamente il fulcro della questione.
- Sì. –
- Ah. –
Per un po’ tentò di rimanere impassibile, tuttavia non dovette riuscirgli molto bene, perché Sakura gli lanciò un’occhiata bruciante e lui si rese conto che stava ridacchiando come un cretino. Cercava di smettere ma non poteva farci nulla; la questione per lui aveva un retrogusto comico incredibile.
-  Cosa diavolo c’è di tanto buffo? Guarda, se sei venuto per prendermi in giro … – cominciò la ragazza, ma Sasuke la interruppe subito: se l’avesse fatta incavolare Naruto si sarebbe lamentato da lì alla fine dei tempi.
- No, non ti prendo in giro, è solo che … si può sapere qual è il tuo problema Sakura? I ragazzi normali non ti piacciono proprio? Ti attirano solo quelli con grossi disturbi comportamentali? –
Sakura rimase interdetta per un attimo, quindi scoppiò a ridere di gusto, tanto da doversi asciugare le lacrime dagli angoli degli occhi.
- Temo di si! Deve essere l’istinto da crocerossina … -
 
 
***
 
 
- Ricapitoliamo. Tu ti sei resa conto che lui ti piace. Dopo mesi di tentennamenti gli hai chiesto cosa pensa di te. Lui ti ha dato una risposta … carina, diciamo. Tu gli hai chiesto se c’era altro e lui ha chiesto che altro avrebbe dovuto esserci. Di conseguenza, tu ti cibi di incubi notturni e vivi da zombie da un mese. Ho dimenticato qualche dettaglio? – ricapitolò Sasuke, incerto se avere pietà della ragazza o se prenderla a schiaffi per darle una svegliata. Le voleva bene, doveva ammetterlo, ma a volte proprio non capiva cosa avesse nella testa.
- Io non vivo da zombie …! – protestò la ragazza, ma lui non parve farci caso.
- Sakura, non prenderla male ma … a volte sei proprio tarda. In effetti, in certi momenti mi ricordi Naruto. –
- Ma cosa …! – tentò lei, offesa, ma Sasuke la interruppe immediatamente.
- Lasciami parlare per cortesia. Sai qual è il problema? Tu a volte pretendi troppo dalle persone. –
La fissò dritta negli occhi mentre parlava; lo sguardo della compagna tradiva un leggero fastidio, ma soprattutto una malcelata sorpresa dovuta alle sue parole.
- Pretendere ogni tanto può andar bene, soprattutto considerando quanto sei disponibile con gli altri, ma tu scegli le persone sbagliate. Pretendevi che io mi interessassi a te, quando non ero in grado di interessarmi nemmeno a me stesso … e ora pretendi da Sai qualcosa che probabilmente lui non sapeva nemmeno di poter provare. Non voglio essere crudele, sul serio, voglio solo che tu capisca che hai preteso troppo. Fino ad un paio di anni fa Sai era più simile ad una macchina che ad una persona, non sentiva quasi nulla, non sapeva nemmeno cosa volesse dire provare trasporto nei confronti di qualcuno. Non puoi porgli delle domande così generiche e sperare davvero in una risposta chiara, non funziona così con le persone come … noi. Abbiamo bisogno di domande chiare e precise, non siamo ancora abituati al fatto di sentirci in un certo modo, di provare un certo tipo di interesse per gli altri. Io ci ho messo mesi per capire … - si interruppe distogliendo lo sguardo, imbarazzato, quindi fece mente locale e si preparò a concludere la propria arringa.
- Odio parlare di me, quindi non approfondirò la questione. Il punto, comunque, è che hai posto le domande sbagliate, devi essere molto più diretta se vuoi ottenere qualcosa. Bada bene, non sto dicendo che avrai quello che vuoi … ma di certo, se qualcosa c’è, non lo otterrai girando intorno alla questione. – concluse, sfinito. Parlare così a lungo e così sinceramente lo metteva ancora in difficoltà; sperava dunque che ne fosse valsa la pena.
 
Sakura rimuginò a lungo sulle sue parole; Sasuke fece in tempo a finire il tè e a versarsene anche una seconda tazza. Finalmente, quando ormai si stava chiedendo se non fosse sopravvenuta la morte cerebrale, la kunoichi parlò di nuovo, la voce bassa e tremolante, imbarazzata.
- Non lo so … insomma, io e lui avevamo già parlato di sentimenti … è migliorato davvero moltissimo, mi ha detto delle cose davvero … “dolci”, perciò io credevo che fosse, diciamo, chiaro … -
Sasuke si chiese se il discorso avrebbe mai potuto prendere una piega più imbarazzante di quella e si rispose dicendosi che avrebbe potuto essere peggiore solo se Sakura gli avesse parlato di sesso; tuttavia, in quel caso, non pensava che sarebbe sopravvissuto per potersene lamentare. Bevve gli ultimi residui di tè, quindi prese un profondo respiro prima di trarre le sue conclusioni.
- Proprio perché ti ha detto quelle cose io, se fossi in te, gli parlerei. Forse anche per lui è lo stesso, ma non sa mettere in parole la sensazione. Fai questo tentativo: forse non otterrai nulla, ma almeno avrai una certezza assoluta. E se invece dovesse andare bene saresti felice … senza contare che Naruto smetterebbe di darmi il tormento, il che non guasterebbe. – concluse, alzandosi in piedi, pronto ad uscire di scena.
 
Sakura lo fissò negli occhi, sembrava uno scoiattolo abbagliato da una torcia, confusa e sperduta.
- Ci penserò, lo prometto. – e Sasuke seppe che quello era tutto ciò che avrebbe potuto ottenere da lei. E, del resto, si parlava della sua vita: lui poteva darle dei consigli, ma stava a lei decidere come viverla.
- Bene. – disse quindi, avviandosi verso la porta - Vado a riferire a quel concentrato di molestia che ho fatto quel che mi aveva chiesto … Buona fortuna. –
Sakura lo seguì, accompagnandolo, quindi si alzò sulla punta dei piedi e lo abbracciò brevemente, un abbraccio che lo mise un po’ in soggezione ma che ricambiò comunque, anche se goffamente. In effetti, erano comunque amici.
- Ringrazia Naruto … e grazia anche a te Sasuke. –
Lui sbuffò, allontanandosi agitando una mano in segno di saluto.
- Aspetta di vedere come va a finire prima di ringraziare. E poi non serve, ora siamo pari. -
 
 
***
 
 
POV Sakura
 
Sakura saltellò, evitando una pozzanghera fangosa. In quei giorni aveva piovuto molto e le strade di Konoha erano un mosaico di piccoli specchi d’acqua, un vero e proprio campo minato per chi, come lei, detestava sporcarsi le scarpe. Si diresse verso casa di Sai, pensierosa. Erano passati un paio di giorni dalla visita di Sasuke, giorni che lei aveva trascorso arrovellandosi su mille questioni. Aveva davvero commesso un errore, ponendo una domanda poco chiara? Sai davvero poteva non aver capito le sue intenzioni? Si era fasciata la testa prima di essersela rotta? Davvero si era comportata come uno zombie?
In merito all’ultima questione si era detta che Sasuke, come sempre, doveva aver esagerato: aveva condotto la sua vita normalmente, interagendo con tutti, anche se con meno brio del solito, questo era indubbio. Era stata giù di morale, era stata un po’ sulle sue … ma non si era comportata male, questo no. Non aveva rifiutato i contatti umani, non si era nascosta, non aveva lasciato che quella questione influenzasse il suo lavoro. Certo, era conscia del fatto di non essere stata al top: Sai le aveva chiesto molte volte se si sentiva bene, dicendole che gli sembrava stanca. Naturalmente era vero, era stanca: faceva incubi, rimuginava di continuo, non riusciva a passare le sue giornate serenamente … era triste, per farla breve. Ma, si era detta, era normale essere tristi, non c’era nulla di sbagliato. Del resto, non si era gettata a terra a piangere disperata nascosta nel bosco, né si era lasciata andare al tormento rifiutandosi di uscire dalla protezione delle coperte. Era solo stata triste ed era giunta alla conclusione di non potersi rimproverare nulla di quel periodo, nonostante le insinuazioni del grande esperto Uchiha.
Quanto alle altre domande, a quelle avrebbe potuto trovare una risposta solo parlando con Sai. E, nonostante non fosse molto convinta delle parole di Sasuke, il tarlo del dubbio si era insinuato in lei e questo era, in fin dei conti, il motivo per cui aveva deciso di chiarire la questione una volta per tutte: niente più dubbi, niente più tentennamenti.
 
Era talmente immersa nei suoi pensieri che quasi non si rese conto di essere arrivata alla meta, e si riscosse da quello stato di torpore mentale solo una volta che si fu ritrovata nel salotto di Sai.
- Accomodati pure, gradisci del tè? – domandò il ragazzo, gentile, senza manifestare alcun particolare fastidio per la sua visita improvvisa. Aveva gli avambracci e la felpa consunta sporchi di pittura nera, le maniche arrotolate; probabilmente l’aveva interrotto mentre dipingeva. Sakura si riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, spaesata.
- Eh? Ah no, grazie, l’ho bevuto a casa. –
Lui si sedette di fronte a lei, su un pouf nero, i movimenti sempre aggraziati.
- Certo. Dimmi pure, di cosa mi volevi parlare? C’è qualche problema? – domandò, sembrando leggermente in apprensione. Sakura provò una fitta di tristezza: in quel periodo, il fatto che si preoccupasse sempre per lei le provocava delle terribili strette al cuore. Prese un respiro, preparandosi ad un discorso che avrebbe potuto cambiare tutto tra di loro, forse per sempre.
- Sono settimane che rimugino su questa storia e non ne posso più, sono sfibrata, davvero, quindi andrò dritta al sodo senza tanti preamboli. Ti ricordi il tuo ultimo giorno in ospedale, quando ti ho fatto quella domanda strana? –
Sai la fissò con uno sguardo inconsueto, come se fosse sorpreso ma non del tutto, come se in un certo senso si aspettasse quella domanda.
- Sì, me lo ricordo … ho detto qualcosa di brutto vero? E’ per questo che sei giù? E’ un po’ che ci penso. – ammise. La ragazza non potè fare a meno di indirizzargli un sorriso sottile, tanta era la premura che lui riservava nei suoi confronti.
- Non è questo, il fatto è … insomma, come hai potuto chiedermi cos’altro avrebbe dovuto esserci? E’ stato indelicato da parte tua. – commentò, scurendosi in volto. Per quanto fosse passato ormai del tempo l’amarezza ancora bruciava. Si era sentita così … ininfluente, così banale. Come se fosse assolutamente chiaro che non poteva esserci altro per lei.
- Indelicato? – Sai sembrava perplesso, e Sakura si disse che non doveva essere troppo dura con lui perché, ne era certa, non era stata sua intenzione essere scortese.
- Senti, capisco che ti ho messo in imbarazzo, ma avresti potuto essere un po’ meno brusco, ecco tutto. –
Lui continuava ad apparire sconcertato, una leggera ruga di incomprensione scavata tra le sopracciglia.
- Beh, non capivo esattamente cosa intendevi dire, quindi mi dispiace se in qualche modo ho ferito i tuoi sentimenti. – affermò, incerto. Lei sgranò gli occhi, fissandolo per la prima volta. “Non può essere che Sasuke abbia ragione … non può!”
- Tu … non avevi capito? Ma se era chiaro! – quasi sbraitò, agitata. Sai sembrò farsi più piccolo, probabilmente basito dalla sua reazione.
- Era … chiaro? –
Sakura provò l’istinto impellente di sbattere ritmicamente la testa contro il tavolo.
- Vuoi dirmi che davvero non avevi capito che cosa ti stavo chiedendo? – domandò ancora una volta, per amor di chiarezza. Sai assunse uno sguardo dispiaciuto, come un cagnolino che fosse stato appena sgridato.
- Mi dispiace se c’è stato un malinteso! Lo sai Sakura, ancora non me la cavo bene con queste questioni. Avresti dovuto parlarmene subito però, mi dispiace sapere che sei stata male a causa di una mia risposta stupida. –
 
La kunoichi quasi non riusciva a crederci, Sasuke aveva capito davvero: era stata lei a sbagliare, non ponendo le domande giuste o, comunque, in modo chiaro! Si sentì di colpo così stupida per aver lasciato passare tutto quel tempo, deprimendosi senza rendersi conto dell’incomprensione. Riscossasi dall’incredulità si rese conto che quello era il momento di agire, di chiarire la questione. Non si fece illusioni: il risultato, probabilmente, non sarebbe cambiato. Tuttavia, avrebbe avuto una certezza assoluta e avrebbe saputo di aver provato tutto il possibile.
- Lascia stare, non importa adesso! Ho una domanda: con il tempo hai capito cosa ti stavo domandando? – chiese, lo sguardo fisso in quello dell’altro.
- Non ne sono sicuro sai? Insomma, ho ripensato a lungo a quella conversazione, quando ho visto com’eri abbattuta nei giorni successivi, ma non sono riuscito davvero a capire come mai. Ho compreso parecchie cose, nelle scorse settimane, pensando a quel momento, però non ho afferrato precisamente il significato della domanda. – affermò lui, titubante, distogliendo lo sguardo. Sembrava in imbarazzo, ma la ragazza decise di non fermarsi: quello era il momento della verità, bando ai tentennamenti.
- Che tipo di cose hai capito? Anzi no, lascia perdere, c’è una cosa più urgente: vuoi che ti spieghi il senso della domanda? –
- Cosa? Beh sì, certo che voglio che me lo spieghi. – Sai parve riscuotersi, davvero interessato alla questione. “Deve averci riflettuto davvero un sacco.”
- Sei sicuro? E’ una cosa importante, poi non si torna indietro. – specificò, volendo essere sicura oltre ogni ragionevole dubbio di poter procedere. Sai si protese verso di lei, lo sguardo limpido ed estremamente sincero.
- Proprio perché per te è così importante lo voglio sapere! – esclamò, e Sakura provò un moto di tenerezza sconfinata nei suoi confronti. Si fece coraggio e sganciò la bomba.
- Ok. Ti stavo domandando se, per caso, provavi per me qualcosa di più, oltre all’amicizia. Insomma, ti stavo chiedendo se ti piaccio, romanticamente parlando. Perché tu mi piaci Sai, mi piaci moltissimo, e volevo sapere se avevo speranze di essere ricambiata. –
Sospirò, sollevata di essere riuscita a dire tutto senza ingarbugliare il discorso. Osservò quindi Sai, per studiarne la reazione: sembrava pietrificato. Era immobile, ad occhi sgranati, e pareva in difficoltà nel tentare di articolare una frase.
- Tu … io ti piaccio? – domandò infine, dopo qualche minuto.
- Sì, un sacco. Se devo essere sincera, credo di essere oltre la cotta, credo di essermi innamorata di te. –
Lo l’espressione di Sai era completamente inebetita, come se non potesse credere alle sue orecchie; la notizia doveva averlo davvero scioccato. Sakura lasciò andare il respiro, “sgonfiandosi”. Non era andata, era evidente, ma si sentiva meglio. Più leggera, in un certo senso, nonostante la stanchezza e la logica delusione.
 
Decisa a chiudere la questione definitivamente, prese nuovamente la parola.
- Mi dispiace se la cosa ti turba, lo capisco benissimo. Non voglio metterti in difficoltà con questa cosa, né pretendere nulla da te. Però volevo che le cose fossero chiare, tra noi, non avrei sopportato di vivere nell’incertezza … - tentò di spiegare, ma venne interrotta da Sai, che le prese una mano alzandosi di scatto, facendola sobbalzare.
- Vieni con me. Ti devo mostrare una cosa. – dichiarò, deciso. Sembrava essersi ripreso dallo sgomento e il suo sguardo era deciso, determinato.
- Cosa? Ma … - balbettò, confusa, ma lui la fece alzare tirandola verso di sé e cominciò a condurla verso il retro della casa, dove lei lo seguì, traballante e perplessa.
- E’ importante, davvero, devi vedere assolutamente! – affermò, con un’aria agitata ma sicura che mise la ragazza ancora più in confusione.
- Sei sicuro? Cioè, posso andarmene se sei a disagio … -
- NO! – quasi urlò lui, fermandosi di fronte alla porta chiara di una stanza. - Cioè, non voglio che tu te ne vada, devo davvero mostrarti una cosa. – chiarì, riprendendo il controllo di sé. Sakura era quantomeno allibita, ma Sai sembrava davvero impaziente di mostrarle quel “qualcosa” e, dopotutto, si fidava di lui.
- Ok, va bene … - acconsentì, e lo seguì nella stanza non appena lui ebbe aperto la porta.
 
***
 
- Allora, cosa vedi? –
Sakura si trovava al centro della stanza, dove Sai l’aveva sospinta: era un locale ampio, rettangolare, con grandi finestre su tre lati che illuminavano l’ambiente, lasciando anche spazio ad uno splendido panorama, data la vicinanza della casa con il bosco. L’ambiente era pregno dell’odore del diluente e della trementina, i pavimenti ricoperti di teli sporchi erano ingombri di cavalletti da pittura e da tele, dipinte e non, accatastate dappertutto lungo le pareti. Gli strumenti da pittura erano sparsi ovunque, un po’ qui e un po’ là, e i barattoli di colore luccicavano alla luce del tramonto. L’effetto complessivo della stanza era davvero sorprendente nella sua disordinata bellezza.
- Sono i tuoi quadri, no? Caspita, sono un sacco … - commentò a voce bassa, quasi non volesse disturbare la quiete perfetta di quell’ambiente. Sai le si avvicinò e si fermò al suo fianco.
- Certo, ma che altro vedi? Rispetto ai quadri intendo. –
- Beh, sono davvero bellissimi. Lo sai che mi piace molto come dipingi. – dichiarò dopo aver osservato le tele, sincera, e le parve di vedere un sorriso imbarazzato fare capolino sul volto dell’amico.
- Uh, grazie. Ma quello che devi fare è provare ad andare oltre. Riesci a capire che altro c’è? –
Lo sguardo confuso che Sakura gli indirizzò dovette fargli capire che le sue indicazioni non le sembravano affatto chiare, quindi si spostò dietro di lei, le pose entrambe le mani sulle spalle e la indirizzò ancora una volta verso le proprie opere.
- Fai finta che questi quadri non siano miei, ok? Fingi che siamo … ad una mostra d’arte. –
- Ad una mostra? –
Era decisamente perplessa. “Dove diamine vuole arrivare con tutta questa storia?” si chiese per la milionesima volta.
- Sì. Siamo ad una mostra e stiamo guardando questi quadri, disposti in questo ordine, tutti dello stesso autore. E io ti ho chiesto cosa pensi che significhino, non uno ad uno, ma nel loro impatto generale. Ti ho chiesto di capire l’autore che sta dietro alle opere. Tu cosa rispondi? –
Sakura si risolse ad osservare nuovamente i quadri, concentrata, conscia che doveva esserci qualcosa di importante da capire, se Sai insisteva in quel modo. Rimase in silenzio per qualche minuto, assorta.
- Mmmmh. Direi che si vede una … progressione, in un certo senso. Da sinistra a destra. Se sono disposti in ordine cronologico … - un cenno del capo di Sai le confermò che la sua intuizione era corretta - … allora immagino significhi che è cambiato qualcosa nel tempo. Andando verso destra le forme sono generalmente più definite, a tratti quasi geometriche. E il colore … all’inizio non c’era, erano in bianco e nero. Poi si aggiungono i colori. Ce ne sono di ricorrenti, compaiono più spesso: grigio, blu, nero, giallo, rosa, marrone … e a destra un sacco di rosso, rosso e nero . Il cambiamento è evidente. Direi … direi che con il tempo l’artista è diventato più felice. E stabile, in un certo senso. – concluse, voltando il viso verso il compagno di team.
- Ma questo lo sapevo già Sai, ti conosco. Sapevo già che hai fatto passi da gigante. –
 
Lui le sorrise, uno di quei sorrisi aperti, reali e sinceri che in quei mesi le avevano dato del filo da torcere, facendole contrarre lo stomaco.
- Ti ringrazio, ma c’è altro. I colori, cosa ti dicono? – domandò Sai ancora, e lei si concentrò nuovamente, il silenzio che si addensava in quella luce crepuscolare.
- I colori … siamo noi? Il team sette, nelle sue varie forme? – chiese infine, titubante, anche se le sembrava la spiegazione più logica. Ad ogni colore era associato un diverso tipo di pennellata: imprecisa, lineare, dolce e leggera, sfumata o decisa … Sai annuì ancora una volta, confermando la sua ipotesi.
- Il giallo è Naruto, il blu è Sasuke, il rosa sono io … il nero sei tu, il grigio è kakashi … il marrone … Yamato? –
- Esatto. Sai brava. –
Sakura corrugò le sopracciglia, aggrottando la fronte, le braccia incrociate davanti a sé.
- E’ il rosso che non mi spiego. E’ una persona anche quella? –
- Non è proprio rosso, se ci fai caso. – precisò lui, e la ragazza si avvicinò ad un grande quadro sulla destra. Le linee delle pennellate si rincorrevano sulla tela dando vita ad un motivo a spirali, dove i due colori si amalgamavano perfettamente, creando un contrasto e, allo stesso tempo, un’armonia davvero sorprendenti.
- Vero, è magenta, ma la questione rimane aperta … sta in tutti gli ultimi quadri, è importante. –
Si concentrò ancora, analizzando tutti i quadri della parte destra: il tipo di linee, lo scorrimento fluidissimo delle pennellate, il modo in cui i due colori sembravano fondersi …
- Oh. E’ qualcuno che ti piace. – realizzò all’improvviso, avvertendo come un pugno alla bocca dello stomaco. Sai abbassò il viso, lo sguardo imbarazzato ma intenerito al tempo stesso.
- Io … io credo di sì. Non l’avevo capito al principio, non me ne rendevo conto, io … non vedevo la differenza. Ma ultimamente ci ho pensato moltissimo e ad un certo punto la risposta è … schizzata
fuori dal pennello, per così dire. E allora ho capito. Penso … sì, mi sono innamorato. – ammise.
 
Sakura si chiese per quale motivo le avesse fatto fare tutto quel gioco da critici d’arte. Avrebbe potuto semplicemente dirle: “Mi dispiace Sakura ma mi piace qualcun altro”. Rapido e non troppo doloroso, come strappare un cerotto.
- Sono … contenta Sai. E’ … un bel passo, per te. E io sono davvero felice. – commentò senza guardarlo in viso, la voce sottile, quasi pigolante. Era davvero contenta per lui, senza dubbio. Tuttavia in quel momento non riusciva davvero a gioire come avrebbe dovuto.
Sai la fissò, e Sakura fu stupita di leggere la confusione sul viso dell’amico. Lui aggrottò le sopracciglia in quel modo plateale che l’aveva sempre divertita, quindi parve realizzare qualcosa e ridacchiò, nervoso.
- Io non credo che tu abbia capito. – dichiarò, e lei sbuffò, leggermente infastidita ma, soprattutto, stanca di tutta quella situazione. Aveva fatto il suo tentativo, non era andata … se ne sarebbe fatta una ragione, naturalmente, ma in quel momento sentiva solo il bisogno di una doccia calda e di un letto dove sciogliersi.
- Certo che ho capito. Senti, mi dispiace davvero per come sono saltata fuori prima con la mia dichiarazione, è solo che non volevo lasciare conti in sospeso … -
- Sakura … -
- … ma non mi devi spiegare niente, davvero! Spero vada bene … -
- Sakura! – quasi gridò Sai, interrompendo il suo monologo.
- Cosa? –esclamò, sobbalzando.
- Come si fa il magenta? –
La domanda era talmente assurda che Sakura temette per un attimo che le si fosse fritto il cervello per via della cocente delusione.
- Eh? –
Lui sembrava impaziente, come se stesse cercando di spiegare qualcosa ad una bambina poco attenta che continuasse a non afferrare il punto della spiegazione.
- Con i colori Sakura, sai come si fa il magenta? –
- Con il rosso e il viola, o il rosa! –
- Rosso e rosa, appunto. E cosa significano? –
“Altra domanda assurda.” pensò. Se non fosse stata certa della buona fede di Sai si sarebbe seriamente domandata se la stesse prendendo in giro.
- Il rosso non ne ho idea, non sono un’esperta. –
- Il rosso significa passione, amore, felicità. E il rosa? –
Sakura si decise a stare al suo gioco ancora per qualche momento, quindi cercò di ricordare: sapeva fin da bambina il significato del rosa.
- Il rosa lo so, per via dei capelli. Significa tenerezza, dolcezza, amore incondizionato. Senti, è stato carino quello che hai fatto per lei, chiunque essa sia, ma … - tentò nuovamente di concludere tutta quella assurda faccenda, ma lui la interruppe di nuovo.
- Questo nel linguaggio generale dei colori, ma nel mio linguaggio il rosa non indica questo. – chiarì, gli occhi fissi nei suoi.
- Nel tuo? Nel tuo … ah. –
Per un momento le sembrò che il suo cervello si fosse svuotato del tutto. Mente vuota, bianca, non riusciva a pensare a nulla di sensato.
- Mi stai prendendo in giro? – domandò, per fugare ogni dubbio.
- Cosa? No! – esclamò lui, agitato.
La ragazza prese un profondo respiro, cercando di calmarsi e di mettere ordine tra i pensieri confusi che ora le rimbalzavano nella testa.
- Tutta questa manfrina con i colori vuole dire davvero quello che penso? –
- Davvero. –
- Davvero davvero? – chiese conferma.
- Davvero davvero. – ripetè lui, sorridendo.
- Oh. – sospirò, incredula.
 
Sembrava incapace di metabolizzare davvero la notizia. A Sai lei piaceva. Aveva dipinto non si sa quanti quadri su di loro, insieme, perché era innamorato di lei. “Assurdo…”
- Sei … arrabbiata con me? – domandò l’amico, prendendole le mani con delicatezza, come a volerla riscuotere da quello stato catatonico.
- Eh? No, certo che no. –
- Ma non sembri felice. – commentò lui, mogio. Lei gli strinse le mani; non voleva che lui si sentisse in colpa. Era il momento di smettere di sentirsi male.
- Sono felice, molto. Ma sono un po’ … scioccata, sai. Non me lo aspettavo, ecco. Dopo il tuo silenzio in ospedale io non credevo che … –
- Mi dispiace molto per quella volta, te lo assicuro. Mi hai preso alla sprovvista, non mi ero mai davvero soffermato a riflettere sul nostro rapporto, non così seriamente. Non capisco bene l’amore, non è il genere di cosa che si può imparare attraverso i libri credo; pensavo di non essere in grado di innamorarmi, lo sai, pensavo che forse non mi sarebbe mai accaduto, e la cosa mi rattristava quindi cercavo di non pensarci. E quando mi hai posto quella domanda sono andato in crisi, non ero certo di quello che mi stavi chiedendo, temevo di dire qualche sciocchezza. Non credevo che la tua domanda avesse delle implicazioni romantiche … ma mi ha portato a riflettere sulla questione. Ho pensato a quale fosse il significato dell’affetto che provavo nei tuoi confronti, mi sono chiesto cosa ci fosse di speciale in te, cosa ti rendesse più cara ai miei occhi rispetto a tutte le altre persone … ed ero così confuso, non sapevo cosa pensare, non trovavo una risposta e non riuscivo a sbrogliare i miei pensieri. Perciò sono rimasto in silenzio. –
Sai fece una pausa, come se non riuscisse a trovare le parole giuste.
- Ho sbagliato, avrei dovuto chiederti del tempo per riflettere, piuttosto di non rispondere … ma davvero, non pensavo che la tua domanda avesse a che fare con l’amore. Forse semplicemente non riuscivo a crederci. Ma nelle settimane successive la cosa ha continuato a tormentarmi, volevo trovare una risposta alla tua domanda, anche se non sapevo come tu l’avessi intesa. Volevo comprendere il significato dei pensieri che mi avevano affollato la mente qual giorno in ospedale, ma mi sembrava di essere bloccato, in un certo senso. Forse, con il senno di poi, era solo paura. In ogni caso, ero frustrato, non riuscivo a dormire bene. E vedevo che tu eri giù di morale, e temevo di esserne io la causa, il che ha peggiorato la situazione. Così mi sono gettato sui pennelli; dipingere mi aiuta spesso ad organizzare i pensieri. E a quel punto, quando ho riversato i miei sentimenti sulle tele, è diventato tutto così luminosamente chiaro: come se l’avessi sempre saputo e, semplicemente, non riuscissi a ricordarlo, come accade a volte con i vecchi sogni. Eri speciale, lo sei sempre stata, fin dal principio. Per te provavo più effetto che per gli altri, eri più importante … eri indispensabile. Vederti soffrire … mi faceva soffrire, come se il tuo dolore fosse anche il mio, come se con te desiderassi condividere tutto, persino la sofferenza. Era chiaro, limpido, cristallino: ero innamorato. Sono innamorato di te. Fin da quando ho ricominciato a “sentire”, nel mio cuore ci sei stata tu, la tua pazienza, il tuo coraggio, la tua lealtà, la tua dedizione, il tuo sorriso. Tutta te, tutta Sakura. E mi dispiace da morire per quel silenzio, di essere stato colpevole del tuo dolore: è l’ultima cosa che avrei mai voluto a questo mondo. – concluse, guardando le loro mani ancora congiunte.
 
Sakura lo osservò, intenerita: sembrava imbarazzato e agitato, le sue mani tremavano leggermente. Sorrise, avvicinando il viso al suo per farsi guardare.
- Sei molto dolce. –
- Dici? – sussurrò, rivolgendole un’occhiata veloce, prima di distogliere nuovamente lo sguardo.
- Dico. Ho un’ultima domanda, però. Perché, quando hai capito tutte queste cose, non mi hai detto nulla? Avresti potuto dirmi che avevi trovato la risposta alla mia domanda. – chiese, posandogli una mano a lato del viso, costringendolo a sollevarlo. Sai fissò finalmente gli occhi su di lei e prese un respiro, come se dovesse racimolare la forza per andare avanti.
- Sinceramente non credevo che tu avresti mai potuto provare nulla del genere per me. Pensavo che fosse una cosa oltre l’impossibile, temevo che parlandotene ti avrei imbarazzata e basta, rovinando il nostro rapporto, e non avrei mai voluto che accadesse. Io sono disfunzionale Sakura, è evidente. Non comprendo del tutto nemmeno i miei sentimenti, non capisco le battute, metto a disagio le persone perché sono troppo … sincero? E tu hai così tante qualità, piaci a tutte le persone, sei uno straordinario ninja medico e diventerai un’insegnante incredibile. Sei forte, bella e coraggiosa, potresti stare con chiunque desideri. Perché mai avresti dovuto desiderare di passare la tua vita con me? –
In quel momento la ragazza divenne improvvisamente consapevole di quanto umidi fossero i suoi occhi, di quanto i suoi dotti lacrimali si stessero stringendo per tentare di impedirle di lacrimare come una stupida. Nessuno le aveva mai detto nulla di simile, né le aveva mai parlato con così tanta dolcezza e attenzione e, allo stesso tempo, con così tanta disarmante sincerità. O meglio, solo Sai l’aveva fatto, Sai lo faceva da tempo.
- Perché io non voglio chiunque. Io voglio te. – rispose alla sua domanda retorica, accarezzando lievemente la guancia dell’amico con tocco leggero, temendo di rovinare il momento.
- Ne sei certa? –
Sai sembrava nelle sue stesse condizioni; aveva lo sguardo di chi non crede di trovarsi in una situazione reale. E, in effetti, se non fosse stata così abituata agli incubi forse anche lei avrebbe pensato che si trattasse di un sogno.
- Più che certa. – concluse abbracciandolo, una stretta che lui ricambiò immediatamente.
 
- Sakura? – domandò il ragazzo dopo qualche minuto, strofinando lievemente il mento contro i suoi capelli in un gesto dolce e lieve.
- Mmh? –
Era restia a parlare: stava così bene in quell’abbraccio. Sai era caldo, la stretta gentile ma decisa confortante, la felpa morbida contro la pelle della sua guancia e il battito sordo e regolare del suo cuore come un calmante per la sua mente agitata.
- Ti posso baciare? I libri non spiegano esattamente quando ci si può baciare e quando è fuori luogo. Va bene baciarsi ora, vero? Ho tanta voglia di farlo ma ho paura di sbagliare il momento. – domandò, insicuro. Lei sollevò lo sguardo sorridendo, lasciando il conforto della sua spalla per una buona causa.
- Direi che è il momento perfetto. –
Il bacio fu morbido, leggero, tiepido e dolce, diverso da qualunque cosa si fosse aspettata. In quel momento, nella pallida luce crepuscolare, mentre scambiava il suo primo bacio in una stanza che odorava di trementina, umidità e colore ad olio, pensò che fosse valsa la pena di attendere per tutti quegli anni pur di provare quella pace interiore e, contemporaneamente, quella strana infiammazione dei sensi. Sai le aveva posato una mano sulla nuca e passava le dita tra i suoi capelli, l’altra mano le sfiorava il viso; lei gli abbracciava la vita, sfiorando con le dita la pelle liscia del suo fianco, sotto la felpa leggermente sollevata. Era un momento perfetto, non c’era altro modo per definirlo.
Pensò brevemente che quello che aveva detto Kakashi era tremendamente vero: quando l’amore arriva lo sai, senza possibilità di errore, e lei in quel momento sapeva, oltre ogni ragionevole dubbio, che lei e Sai avevano entrambi trovato la persona giusta.
 
- Ma tu sei sicuro che ti vado bene? – domandò, una volta interrotto il bacio.
- Certo, te l’ho detto. Io ti adoro. –
- Sicuro? Un tempo non la pensavi così … mi prendevi in giro per il seno piatto! – commentò, ridacchiando. Non poteva farci nulla, metterlo in imbarazzo le piaceva, di tanto in tanto. La reazione di Sai, come previsto, non si fece attendere: distolse lo sguardo e arrossì lievissimamente, sulle spine.
- Ehm, non dicevo sul serio, volevo solo … essere irritante. Mi riusciva bene irritare le persone. A volte ho l’impressione di irritarle ancora. –
Sakura questa vola rise davvero, come solo chi sta provando una felicità assoluta riesce a fare. Si accostò a lui, dandogli delle leggere pacche sulla schiena, come a volerlo consolare.
- Più che altro le spiazzi! In ogni caso, se sei certo che anche il mio seno inesistente ti va bene … - insinuò, ammiccante. Il ragazzo questa volta ridacchiò, conscio della sua presa in giro, quindi le diede un leggero bacio sulla fronte, circondandole la vita con le braccia.
- Va bene. Tu vai benissimo, Sakura. Sei perfetta. –
- Nessuno è perfetto. – si schermì lei, ricambiando l’abbraccio.
- No, ma tu sei perfetta per me. -


 
Fine




 
Note finali: Eccoci qui, alla fine della storia. Vi ringrazio innanzitutto per aver seguito/letto/schifato questa cosa, che doveva essere un breve esperimento ma è finita con il diventare la mia storia più lunga (e per fortuna che non vado matta per Sakura :D). E' stato un tentativo, nulla di più, di creare una Sakura migliore, più forte, che sa prendere dalla vita ciò che vuole nonostante le paure e le insicurezze ... una Sakura più umana, in fin dei conti. Spero che abbiate apprezzato la storia e, nel caso abbiate tempo e voglia, fatemi sapere cose ne pensate, anche se vi ha fatto mortalmente schifo, sapere è il mezzo per poter cambiare. Segnalatemi senza problemi, come sempre, eventuali errori: a volte mi si incrociano gli occhi e me li perdo.
Inserirò la storia tra le concluse, perchè la trama principale si è cnclusa, ma inserirò sicuramente almeno un paio di extra che sto già sviluppando, uno serio e uno essenzialmente idiota. Indovinate chi saranno i protagonisti di quello idiota? Si, proprio quei due cretini :D
Inoltre, non so quando ma so sicuramente che accadrà, inserirò almeno altri due extra per "Respirare" (non riesco a lasciarlo in pace quel povero obrobrio) e ... inizierò probabilemte un'altra storia, sempre legata a questo "mondo". Protagonista indiscusso sarà (rullo di tamburi) Kakashi, che amo e venero, e il mio personalissimo dio della scrittura mi picchierebbe se ancora non creassi nulla su di lui. Perciò, se almeno uno di questi progetti vi interessa ... stay tuned!
Alla prossima!


Pendincibacco



 

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Capitolo 8
*** [Extra 1.1: Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di ... azzurro?] ***


Note dell'Autrice: Salve salve! Ricompaio dopo mesi di assenza con il primo dei due Extra che ho elaborato per "Il silenzio è dei colpevoli". Purtroppo il lavoro risucchia tempo ma soprattutto energie, quindi spesso quando ho tempo libero...dormo, semplicemente! :D Spero che questo piccolo spaccato di vita vi piaccia, non è nulla di importante/pretenzioso ma semplicemente un breve evento con qualche risvolto divertente che vedremo concretizzarsi in particolare nel capitolo successivo. Avvertimento: Questi due capitoli si svolgono, cronologicamente, DOPO "Il regalo migliore è quello che non ti aspetti", la storia successiva a questa all'interno della serie. Potete lasciarli da parte, leggere quella (se non l'avevate già letta) e poi tornare a riprenderli o fregarvene e tenere semplicemente in considerazione la cosa, a voi la scelta! Buona lettura!
 



Extra 1
Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di … azzurro?
 



“Tu sei perfetta per me.”
La prima volta in cui Sai gliel’aveva detto Sakura non l’aveva preso molto sul serio. Pensava fosse un’esagerazione, chiaramente dovuta all’emozione intensa del momento. “Nessuna coppia è davvero perfetta, nessuno coincide perfettamente con l’altro” pensava al principio; convinta, anche grazie alle sue osservazioni su Naruto e Sasuke, che fosse assolutamente normale che due fidanzati bisticciassero di continuo e discutessero a non finire su ogni minima cosa proprio perché, appunto, nessuno è assolutamente “perfetto” per l’altro e la coesistenza di due entità differenti porta inevitabilmente a degli attriti.
Naturalmente, Sakura pensava questo perché non aveva la benché minima esperienza in campo sentimentale. Non sapeva, infatti, che esistono milioni di modi di essere “perfetti” per l’altra persona, tutti diversi, proprio per via delle differenze intrinseche tra un essere umano e l’altro.
Questo la kunoichi l’aveva compreso solo poco a poco nel corso di quell’ultimo anno e mezzo. Naruto e Sasuke erano, a tutti gli effetti, perfetti l’uno per l’altro, seppur a loro modo: avevano bisogno di confronto, di sfida, di essere costantemente messi alla prova e ognuno forniva all’altro esattamente questo genere di cose. Per questo discutevano in continuazione; era il loro modo di dimostrare all’altro considerazione e, allo stesso tempo, di mettersi alla prova … per questo, e per il fatto che erano due idioti immaturi, per la verità.
Esistono, d’altro canto, moltissime coppie completamente differenti; ed era risultato evidente fin dalle prime settimane della loro relazione che lei e Sai erano una di quelle. Loro non cercavano sfide, quanto piuttosto rassicurazione, supporto e conforto; elementi che erano stati fin da subito ansiosi di donare quasi quanto lo erano di riceverli. Infatti, per quanto inizialmente le fosse parso incredibile, non litigavano quasi mai: in parte perché ansiosi di venire incontro alle esigenze dell’altro ma, soprattutto, per la volontà di mostrare al partner sempre la versione migliore di sé stessi. Sakura era divenuta meno collerica, Sai più solare, lei cercava di dare un freno alla propria esuberanza, lui di essere più propositivo, e così via su molti altri aspetti. Non andavano sempre d’amore e d’accordo, questo era ovvio, anche loro avevano avuto i loro screzi, specialmente da quando Sai aveva cominciato a “sciogliersi”; tuttavia si era trattato quasi sempre di discussioni civili, ponderate, in cui ognuno conosceva i limiti propri e dell’altro, che si erano infine sempre risolte senza troppi affanni rendendo semmai il loro rapporto ancora più solido di prima.
Tra di loro era così da molto tempo, da ben prima che la loro relazione iniziasse; si sostenevano, spronavano e aiutavano a vicenda, donandosi attenzione e affetto praticamente incondizionati.

E all’improvviso, date tutte le consapevolezze che aveva maturato sul loro rapporto, non sapeva nemmeno lei bene quando fosse successo, quando Sai le ripeteva quel “sei perfetta per me” che era divenuta una delle sue tenerezze ricorrenti, aveva cominciato a crederci e a rispondere “e tu lo sei per me”.
Quasi nessuno si era stupito, quindi, quando qualche mese prima Sai le aveva domandato di sposarlo nel bel mezzo di una cena tra amici e lei aveva semplicemente sorriso come mai in vita sua e aveva risposto di sì.
“Sono stata un po’ pazza.” si disse sorridendo in quella mattina di Aprile, la mattina del giorno in cui, dopo poche ore, sarebbe diventata sua moglie. Mentre nel suo piccolo soggiorno stracolmo di persone intente a mangiare tartine e a bere tè, Ino, Hinata, Temari e Ten Ten la aiutavano a vestirsi e a pettinarsi, Sakura ripensava a quel fatidico momento in cui aveva risposto che sì, avrebbe sposato Sai. Sua madre le aveva ripetuto molte volte, in quegli ultimi mesi, che era troppo giovane, che aveva ancora molto tempo e che non c’era motivo di affrettare le cose. Lei, tuttavia, non era una sciocca e aveva riflettuto a fondo sulla questione: vero, erano molto giovani, ma nei villaggi ninja era piuttosto comune sposarsi in giovane età, senza contare che avevano quasi vent’anni, quindi non erano proprio dei ragazzini. Shikamaru, che aveva la sua stessa età, era sposato con Temari già da qualche mese e Ino parlava già di imitarlo nella primavera successiva. Le missioni erano ben pagate così come anche il lavoro all’Accademia che procedeva a gonfie vele; avevano anche già comprato casa grazie alla vendita dei loro appartamenti singoli. Che motivo c’era, a conti fatti, di attendere, quando entrambi erano assolutamente certi di non volere nessun’altra persona al mondo? Nessuno, e persino sua madre, alla luce dei fatti, aveva dovuto capitolare e ammettere di essere semplicemente triste all’idea che la sua bambina se ne andasse definitivamente, nonostante vivesse praticamente insieme a Sai già da mesi. Sakura ridacchiò, ripensando all’espressione afflitta di sua madre in quel frangente, incredibilmente in contrasto con quella commossa con tanto di occhi lucidi che aveva stampata in viso in quel momento, mentre chiacchierava nella piccola cucina di quell’appartamento che, di lì a un paio di giorni, avrebbe cambiato definitivamente proprietario.
 
Terminati gli ultimi preparativi, indossate le scarpe e raccolto il bouquet, la ragazza e il suo seguito si avviarono verso il tempio dove la cerimonia si sarebbe svolta, una piccola ma accogliente costruzione bianca affiancata al palazzo dell’Hokage.
Attraversarono il paese a piedi, com’era usanza a Konoha, e la gente per strada le si avvicinò a più riprese per congratularsi con lei, sorridendo. I ciliegi nei giardini e lungo le strade erano in fiore, l’aria tiepida cullava leggermente milioni di piccoli petali bianchi e Sakura si sentiva serena e raggiante come mai in vita sua.
Le avevano chiesto in molti, negli ultimi giorni, se si sentisse agitata; tuttavia lei aveva sempre dovuto ammettere che no, non provava ansia; era solo felice ed impaziente. Certo, organizzare tutto aveva richiesto una certa dose di impegno e di conseguente stress, ma nulla che non fosse ormai svanito da tempo. In quel momento, mentre si avvicinava all’ingresso del tempio, non aveva una preoccupazione al mondo … o meglio, ne aveva una soltanto. Il suo testimone.
 
Quando avevano cominciato ad occuparsi dell’organizzazione del loro matrimonio, una delle prime decisioni importanti aveva riguardato la scelta dei testimoni e la ragazza non aveva avuto dubbi: i suoi sarebbero stati Ino e Naruto. Entrambi avevano accettato estasiati e anche quelli di Sai, Kakashi e Yamato, si erano dimostrati entusiasti. Tuttavia in quel momento cominciava ad avere qualche dubbio per via di un fatto che, immersa nei preparativi, non aveva considerato: Naruto era tardi sempre, era un fatto assodato.
Il problema era che normalmente era davvero molto in ritardo e lei, all’idea di far aspettare tutti gli invitati per mezz’ora o anche un’ora, cominciava già a sentirsi male. Certo, con lui c’era Sasuke, il che avrebbe potuto rivelarsi un salvavita, ma nonostante ciò non poteva fare a meno di torcersi le mani mentre scrutava la folla alla ricerca del suo amico, una figura chiave per più di un motivo. Infatti, nonostante non fosse una persona particolarmente ligia alle tradizioni, Sakura aveva deciso di rispettarne almeno una: alle sue nozze intendeva indossare qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di blu.
Aveva voluto che si trattasse di quattro oggetti ben distinti, ognuno legato ad una persona veramente importante per lei: sua madre le aveva donato il vecchio pettinino ornamentale che le fermava i capelli, suo padre lo splendido kimono da cerimonia che indossava, Ino le aveva prestato il bracciale di giada portafortuna che le cingeva il polso … e Naruto, alla richiesta di qualcosa di blu, si era illuminato nell’annunciare che le avrebbe prestato la collana donatagli da “Nonna Tsunade”, quella da cui non si separava mai. Non era proprio blu, semmai era azzurra, ma Sakura aveva pensato che fosse un oggetto troppo importante e pregno di significati per badare a simili sottigliezze e aveva ringraziato l’amico con un affettuoso abbraccio.
Perciò, in quel momento, non solo rischiava di ritrovarsi senza testimone, ma anche senza quell’agognato “qualcosa” blu.

Varcò la soglia del tempio cercando di non agitarsi: non importava che non si fosse fatto vedere all’esterno come promesso, forse la attendeva già all’interno. Percorse al braccio di suo padre il corridoio tra le file di sedie già occupate da amici e parenti sorridenti che si alzarono al suo passaggio e per qualche momento la preoccupazione sparì di colpo: tutti erano lì per lei, perché le volevano bene e intendevano celebrare uno dei momenti più significativi della sua vita. In ogni caso, una volta giunta all’altro capo della stanza, avrebbe comunque dimenticato il “problema Naruto” almeno per un po’ in favore di qualcosa di più importante.
 
Sai la attendeva già lì con Kakashi e Yamato, in piedi al suo fianco, Tsunade alla sua destra pronta a celebrare la cerimonia. Non appena la vide il volto del suo fidanzato si illuminò, come se qualcuno gli avesse acceso una luce nello sguardo. Si chiese per un attimo che effetto gli stesse facendo, se il vestito le stesse bene, se i capelli fossero in ordine … poi smise semplicemente di pensare e sorrise a sua volta, in contemplazione. Sai era splendido nel suo yukata nero, la carnagione pallida che spiccava in un contrasto piacevole, dei leggeri ricami geometrici bianchi sui bordi a stemperare la serietà del suo abito. Sai le era sempre sembrato bello, nulla di nuovo, ma vederlo in quella veste così elegante e ufficiale le fece venire un groppo in gola: stava davvero per sposarlo, stava per legarsi ad una persona così incredibile, così bella … così “perfetta”. Sorridendo come non mai prese posto accanto a lui che, dolcemente, le prese la mano e fissò lo sguardo nel suo, quasi rapito.
- Sei splendida. – commentò, mentre gli ultimi invitati prendevano posto alle loro spalle e Ino raggiungeva la sposa.
- Grazie, anche tu. Il vestito ti piace? Ero indecisa … -
Era vero. Si era chiesta in continuazione se quel kimono, di un rosso cupo intenso ricamato con un motivo floreale bianco, non fosse troppo acceso, troppo vistoso, semplicemente “troppo”.
Sai, se possibile, sorrise ancora più dolcemente, carezzandole il dorso della mano con il pollice in un movimento lento e rassicurante.
- Lo adoro, è magnifico. Nulla potrebbe valorizzarti di più. –
- Ma dai, è solo un vestito. – si schermì lei, imbarazzata. Il ragazzo si chinò vicino al suo orecchio e sussurrò piano: - No, è tutto l’insieme. Sei talmente bella che vorrei averti dipinta io; sarei l’artista migliore del mondo. -
 
- Allora, vogliamo cominciare? – domandò quindi a Tsunade, forse per spezzare l’imbarazzo che aveva colorato le guance della compagna, forse semplicemente perché era impaziente quanto lei.
L’Hokage, tuttavia, corrucciò la fronte e incrociò le braccia al petto sulla sua veste cerimoniale, evidentemente contrariata.
- Lo farei con grande piacere, ma sembra che uno dei testimoni manchi ancora all’appello. – rispose, scrutando l’ingresso del tempio con un cipiglio scuro.
Sai sgranò gli occhi guardandosi intorno, probabilmente inconsapevole di quel fatto, Ino sospirò sonoramente e Kakashi si diede una manata sulla fronte, sconsolato.
- Oh no … - fu il commento mormorato da Sakura, indecisa tra la sorpresa, la rabbia e il dispiacere.
Si era quasi dimenticata dell’assenza di Naruto e Sasuke.
 
 
***
 
 
Quindici minuti dopo la situazione non era affatto migliorata, anzi. Tsunade era evidentemente scocciata, Ino furiosa e Sakura disperata, gli uomini sembravano reggere meglio ma apparivano comunque piuttosto sulle spine; senza contare che gli invitati avevano cominciato a rumoreggiare, probabilmente perplessi da quel ritardo apparentemente immotivato. Ino sbuffò sonoramente e per l’ennesima volta posò una mano sulla spalla dell’amica, dando voce ai suoi pensieri.
- Sakura, detesto metterti fretta in un momento come questo, ma la gente comincia ad innervosirsi … non credi che sia il momento di cominciare? Naruto forse arriverà dopo, o forse hanno avuto un contrattempo … che dici? – domandò, cercando di mantenere la calma.
La sposa sospirò, affranta. Certo, un quarto d’ora non era un dramma, ma erano lì in piedi come degli stoccafissi ormai da un po’ e tutti cominciavano ad averne abbastanza. Le dispiaceva iniziare senza i suoi migliori amici, anzi, la intristiva parecchio: erano una squadra da anni, condividevano tutto e avrebbe voluto essere insieme a loro in un momento così speciale … ma Ino aveva ragione; senza contare che, se davvero avevano avuto un imprevisto, sarebbero anche potuti non arrivare mai.
- Ahhh … hai ragione. – rispose quindi, rivolgendosi a Tsunade.
- Cominciamo pure. –
Sai le strinse la mano, comprendendo la sua delusione.
- Sicura? Possiamo aspettare. –
La ragazza inspirò ed espirò profondamente, dunque annuì decisa.
- Sì … sì, sono sicura. Cominciamo. –
Tsunade fece cenno agli invitati, richiamandoli al silenzio e dando ufficialmente inizio alla cerimonia di nozze.
- Buongiorno a tutti. Siamo qui riuniti, in questa splendida giornata, per celebrare l’intrecciarsi di due vite, l’unione di Sakura e Sai. –
La kunoichi sorrise e guardò il fidanzato, sempre tenendogli la mano: il momento era finalmente giunto e, nonostante la calma che aveva mantenuto fino ad allora, si ritrovò trepidante e con il cuore in gola.
Tsunade, pronunciando le formule di rito, si rivolse direttamente alla platea.
- Se qualcuno, in questo luogo sacro, conosce un motivo per cui questo legame non dovrebbe essere sancito, parli ora o taccia per sempre … -
Nessuno naturalmente si aspettava che chicchessia avesse qualcosa da ridire, dunque tutti sobbalzarono agitati quando il portone del tempio si spalancò di colpo con un fracasso infernale e una voce gridò: - Aspettate! –

La ragazza fu subito sicura di aver rischiato l’infarto: era tesa come una corda di violino e quel nuovo improvviso imprevisto le aveva quasi fatto cedere i nervi. Cosa poteva esserci ancora a rallentare il suo matrimonio? Perché mai qualcuno avrebbe dovuto interromperlo? Era così agitata che le spiegazioni più plausibili non le sfiorarono nemmeno la mente e, mentre il contrasto tra la luce proveniente dall’esterno e la sagoma del nuovo arrivato ancora impedivano di capire di chi si trattasse, le passarono per la mente almeno quindici assurdi scenari. Sai era forse già sposato? Aveva un figlio segreto? Era forse una spia?
Il cuore le rimbombava in gola mentre la persona sconosciuta avanzava e … si sdoppiava, rivelando due persone una in coda all’altra. Non appena le due sagome mossero qualche passo affrettato lungo il corridoio fu subito chiaro a tutti di chi si trattasse.
- Naruto! Sasuke! Ma cosa diavolo … ? – esclamò, stremata dalla tensione e dall’improvviso sollievo.
- Scusateci, Sakura scusami da morire, abbiamo avuto un’emergenza! – esclamò Naruto, correndo verso il fondo della sala, con il compagno alle calcagna diretto verso il suo posto in prima fila.
- Ah, quindi non cercavi di fermare il matrimonio? – domandò Ino, ancora stordita, non appena il ragazzo li ebbe raggiunti.
- Cosa? Ma no, sono solo entrato in quel momento! Non farei mai nulla del genere! – chiarì il ragazzo, sgranando gli occhi e sventolando le mani davanti a sé in un gesto di diniego, ansimando ancora per la corsa.
- Razza di disastro ambulante, smettila di gridare e mettiti qui a fianco, così che si possa continuare! – tuonò l’Hokage, scocciata ma sotto sotto felice che i ragazzi ce l’avessero fatta. Naruto assunse un’espressione profondamente contrita, tuttavia le fece cenno di aspettare.
- Solo un momento! Sakura, ecco la tua collana! – esclamò, estraendo velocemente un monile dalla tasca ed agganciandolo fulmineamente al collo della sposa, stampandole contemporaneamente un bacio sulla guancia a mo’ di scusa. La ragazza per un momento tentò di mantenere un cipiglio arrabbiato ma, nel giro di un momento, scoppiò a ridere, trascinando con sé prima Sai e Kakashi, poi tutti i presenti.
- Grazie Naruto. Sei un disastro ma … grazie lo stesso. –
 
 
***
 
 
Din din din din!
Il suono argentino di una posata contro un bicchiere riscosse tutti gli invitati al ricevimento dalle loro chiacchiere, portandoli a girarsi verso l’origine di quel tintinnare.
Naruto era in piedi al proprio posto al tavolo degli sposi e, con un bicchiere di vino in mano, sembrava intenzionato a dare il via al proprio discorso, approfittando del momento di calma che precedeva l’arrivo del dolce. Si trovavano tutti sotto ad un grande gazebo nel bel mezzo di uno dei parchi al limitare del bosco più belli di tutto il paese; gli sposi non avevano voluto nulla di troppo “ingessato”, dunque avevano optato per un pranzo a buffet in mezzo al verde, godendo del clima mite e delle giornate splendide che Aprile stava regalando.
Sakura si sedette accanto a lui, mano nella mano del proprio neo-marito, osservando la gente dispersa sotto al tendone convergere verso i tavoli per disporsi ad ascoltare le parole del testimone. Non sapeva bene cosa aspettarsi, ovviamente: con Naruto tutto avrebbe sempre potuto finire molto bene o molto male. Tuttavia, nonostante il disastro sfiorato meno di due ore prima durante la cerimonia, la kunoichi sorrise e si disse che questo, in effetti, faceva parte del fascino dell’amico, il ninja più imprevedibile di Konoha.
Notò che Sasuke, seduto al fianco del compagno, ostentava un’espressione a metà tra lo scocciato e l’ansioso e non potè trattenere una risatina: probabilmente anche lui si stava interrogando sui possibili risvolti tragici di quella situazione.

Inconsapevole dei loro dubbi, comunque, Naruto si schiarì la voce e, quando il brusio si fu quietato, cominciò il suo discorso.
- Bene, non credo servano le presentazioni, giusto? Mi conoscete tutti e quindi saprete che non sono molto bravo con le parole. Ma per Sakura, che è la mia migliore amica da anni, non avrei mai potuto tirarmi indietro, quindi … eccomi qui! – cominciò, leggermente nervoso. Sorrise verso gli invitati e deglutì un paio di volte prima di continuare.
- Sapete, al principio io e Sakura non andavamo molto d’accordo. Parlo dei primi tempi all’Accademia ovviamente, i ragazzi della compagnia di certo se lo ricordano. O meglio, io sarei volentieri andato molto più che d’accordo con lei, però la signorina qui sembrava proprio non volerne sapere! Ma, in effetti, non me ne sono mai più di tanto stupito: era così occupata a fissare la faccia di Sasuke che non credo avrebbe potuto prestare attenzione a molto altro! –
La gente fu scossa dalle risate, sposi compresi: immaginavano che avrebbero dovuto subire qualche onesta presa in giro. Sasuke aveva un’espressione leggermente oltraggiata ma la sposa sapeva che serviva solo a mascherare l’imbarazzo; gli fece l’occhiolino, come a voler dire “è acqua passata, ridi e lascia perdere!”. Naruto si rivolse a Sakura, fingendo di temere una reazione violenta e tendendo la mano in avanti come a volersi proteggere.
- Non che io non ti capisca, eh, perciò sei perdonata, davvero! –
Tutti risero ancora di più e persino il compagno si fece scappare uno sbuffo divertito, assestando quindi le labbra in un leggero sorriso. L’Eroe della Foglia si rivolse a lui e fece un gesto con le braccia che poteva essere interpretato come un  “non ci si può far nulla, sei irresistibile!”. Dunque torno a rivolgersi agli astanti, continuando la sua arringa.
- Scemenze a parte, il nostro è stato un inizio burrascoso: io ero un impiastro totale…No, non lo sono più, Shikamaru! – esclamò, rispondendo ad un commento giunto da qualche parte del pubblico. A Sakura parve di sentire Sasuke mormorare qualcosa come: “Certo che lo sei, altrimenti come te la spieghi la scena di questa mattina?” ma non fu del tutto certa di aver colto le parole esatte tra le risate generali.
- Dicevo, io ero peggio di adesso e lei era… beh, Ino in particolare sa com’era! Insomma, al principio è stata dura. Però, lavorando insieme, conoscendoci meglio e stando gomito a gomito abbiamo cominciato a fare affidamento l’uno sull’altro, noi due e il bel tenebroso qui di fianco! – esclamò, dando una pacca sulla spalla all’amico, che gli scoccò un’occhiata tra lo sfinito e il divertito.
- Siamo diventati una squadra e quasi senza accorgercene anche amici. Poi, lo sapete, la nostra adolescenza non è proseguita nel migliore dei modi; sono stati anni davvero difficili. E io e lei … ci siamo fatti forza a vicenda, ci siamo sostenuti in battaglia e nella vita, abbiamo condiviso i momenti felici e abbiamo stretto i denti insieme in quelli davvero bui. Sakura è stata la mia roccia, l’unica cose che mi ha impedito di crollare nei frangenti peggiori. Sapete, mi ha sempre sorretto e non ha mai ceduto … o meglio, probabilmente l’ha fatto, tutti abbiamo ceduto durante la guerra, ma lei non me l’ha mai fatto vedere, si è sempre dimostrata forte per me e per le persone che amiamo. E questo mi ha spronato a fare lo stesso, ad essere più forte e più determinato per lei e per tutto. Insomma, mi hai trascinato fuori dal fango, Sakura, e per questo io non ti ringrazierò mai abbastanza. –

Naruto sciorinò l’ultima parte del discorso tutta d’un fiato, come se temesse di dimenticare qualcosa di importante, dunque si chinò verso Sakura, per scoccarle un leggero bacio sulla guancia, subito ricambiato dalla sposa intenerita dal discorso così dolce. Poteva forse dimenticarsi del ritardo alla cerimonia, in fin dei conti … o magari non del tutto.
- In tutto questo si è inserito il silenzioso figuro con la fede al dito. Si, parlo di te Sai! Ecco, neanche con lui ho cominciato troppo bene ... inizio a credere di avere dei problemi sociali! Comunque, nonostante la partenza in salita, ho subito notato una cosa: affascinavi Sakura. Mi ricordo bene del giorno in cui ti abbiamo conosciuto … - ricominciò il testimone, ma fu interrotto di colpo dalla voce squillante della sposa.
- Sì, io ti ho detto che mi ricordava Sasuke e tu ti sei inalberato sbraitando che non era assolutamente vero e che “Sas’ke” era semplicemente molto meglio! – esclamò lei, desiderosa di cominciare a mettere in atto la propria “vendetta”. Naruto, come previsto, arrossì di fronte all’ilarità della folla e, soprattutto, al “Ah, ma davvero?” commentato allusivamente dall’amico al suo fianco. Si grattò nervosamente il retro del collo, ridacchiando.
- Ehm, devo ammetterlo, è vero! – ammise, tentando di riprendere le redini del discorso - Ma non è questo il punto, cara la mia Sakura! Il punto è che fin dall’inizio l’hai trovato interessante. Certo, ti ha fatta anche arrabbiare; e sappiamo che non ti risparmi quando succede, ma ti sei subito preoccupata di capirlo, di includerlo nel team nonostante la situazione difficile. Mi ricordo che hai subito apprezzato il fatto che fosse un artista … ah, magari fossero bastati un paio di disegni per far capitolare ”qualcuno”, nel mio caso! – aggiunse, con un falso tono malinconico, ricevendo una gomitata nelle costole che face ridere gli amici ancor più della battuta. Concluse il discorso poco dopo, massaggiandosi le costole forse più del dovuto ma sorridendo in direzione degli sposi.
- In ogni caso, il fatto è uno solo: ti devo ringraziare, Sai. Ti ringrazio molto, perché la felicità di Sakura mi sta a cuore non so nemmeno io da quanto tempo e da quando sei arrivato non hai fatto altro che ridarle pian piano quella luce negli occhi che aveva da bambina. E per questo non ci sono abbastanza parole per dire grazie. –

Gli invitati applaudirono, divertiti ma comunque commossi da quel discorso in parte sconclusionato ma evidentemente pieno di sentimento e di felicità per la sorte degli amici.
- Ti posso abbracciare? – chiese Sai alzandosi ed accostandosi al ragazzo nello stringergli la mano. Il ninja più imprevedibile di Konoha scosse la testa ridendo: quel tipo non sarebbe cambiato mai, era strano senza possibilità di redenzione.
- E perché no? – rispose nonostante tutto, stringendo l’amico in un abbraccio stritola ossa. Sakura lo attirò a sé subito dopo sussurrandogli un ringraziamento all’orecchio.
- E di cosa? – si schermì lui, abbracciandola a sua volta.
- Di tutto. – rispose lei, pensando poi di prendersi un’altra piccola rivincita - Beh, non per essere arrivato in ritardo, in effetti … - cominciò, con un tono vagamente minaccioso, ma non fece in tempo a finire la frase che Naruto era già schizzato via come una molla per guidare il brindisi. Sakura scosse la testa, ridendo: era fatto così, non ci si poteva fare nulla.
- Bene, basta momenti strappalacrime, è il  momento degli aneddoti divertenti! –
Il testimone diede il via al momento dei ricordi imbarazzanti e la sposa si sedette, spostandosi però accanto a Sasuke.
- Bel discorso, no? – chiese, rompendo il ghiaccio.
- Pensavo combinasse più danni, in effetti. – commentò lui, sorridendo lievemente come al suo solito. La ragazza sapeva bene che, nel linguaggio tipico dell’amico, quello equivaleva forse non alla felicità suprema, ma quasi.
– Invece non so come se l’è cavata, e la gente ha pure riso! Assurdo. – concluse lui con finta incredulità.
- Beh, anche tu hai riso. – precisò, squadrandolo divertita. Il compagno di team emise uno sbuffo di sufficienza palesemente forzato.
- Io non rido, io al massimo ghigno, non te l’hanno mai detto? –
Sakura  ridacchiò, recuperando il suo bicchiere e bevendo un sorso di vino dolce.
- Sì, l’ho sentito dire. –  
Inaspettatamente, lui sollevò il proprio bicchiere e lo fece tintinnare contro il suo, alzandolo poi in una sorta di piccolo brindisi.
- Congratulazioni. Sono contento che ce l’abbiate fatta. – commentò con tono basso, l’espressione serena che comunicava che stava dicendo sul serio, senza traccia di ironia.
L’amica si sciolse in un sorriso ampio; quindi gli cinse le spalle brevemente, per non metterlo a disagio.
- Grazie, Sasuke. Anche io sono felice. –

Ascoltarono per qualche momento le scempiaggini che Naruto stava ancora cianciando, qualcosa a proposito di una delle sue prime litigate con Sai, quindi Sasuke sospirò pesantemente, voltandosi verso di lei.
- Non ho alcuna possibilità di uscire da qui senza averne parlato, vero? –
La ragazza sorrise, melliflua. Era certa che Sasuke avrebbe capito di non potersela cavare così facilmente; lui non era ingenuo come Naruto, il quale probabilmente pensava di averla appena scampata bella.
- Assolutamente nessuna, sì. – confermò, gongolando già interiormente.
- Lo immaginavo … - ammise lui, lo sguardo rassegnato - Che vuoi che ti dica esattamente? –
Lei incrociò le braccia sul petto, simulando molta più indignazione di quanta non ne provasse realmente; a conti fatti li aveva perdonati ancora prima del fatidico “Sì”, tuttavia pensava che fosse giusto farli penare almeno un po’. Dopotutto, avevano pur sempre tardato di venti interminabili minuti.
- Beh, ad esempio potresti dirmi per quale motivo siete arrivati in ritardo al matrimonio della vostra migliore amica. Avevate dimenticato la strada? Avrei potuto farvi avere una mappa. Nami, la ragazza di Konohamaru, è un asso a disegnarle … - insinuò, interrotta però quasi immediatamente dal ragazzo.
- Ovviamente sapevamo la strada, grazie tante. – commentò, il tono acido ma lo sguardo basso di chi è contrito. Sakura sbuffò, portando avanti la recita.
- E allora qual è stato il problema? Vuoi farmi credere che avete tardato perché non è suonata la sveglia? Tu metti sempre la sveglia, Sasuke, penso che potrebbe gelare all’inferno prima che tu possa dimenticartene. –
- Infatti l’avevo messa, ma poi … c’è stato un imprevisto. –
Bingo. Sakura capì subito, dalla reticenza del compagno di team, di essere arrivata esattamente dove voleva. Lei, ovviamente, sapeva per quale motivo avevano tardato. O meglio, lo immaginava, ma dato il comportamento di quei due impiastri da quando vivevano insieme era abbastanza certa delle sue supposizioni; dunque decise di sganciare finalmente la bomba.
- Oh, un imprevisto dici? E questo imprevisto ha un nome? – domandò, palesemente allusiva.
A quelle parole lui le rivolse prima un’occhiata stupita, poi distolse lo sguardo e arrossì lievemente.
- Naruto … – ammise infine, sussurrando, consapevole del fatto che l’amica aveva sicuramente mangiato la foglia. Il ghigno sul viso di Sakura si allargò di un paio di centimetri, come minimo.
- Come? Non ho capito. – rincarò, avvicinando una mano all’orecchio.
- Naruto. – ripetè lui a denti stretti, evidentemente infastidito da quel teatrino. La sposa poteva quasi immaginare ciò che gli passava per la testa in quel momento, qualcosa come “Ma perché diavolo non mi dà del cretino infoiato e non la fa finita???”
Ma lei non aveva alcuna intenzione di fermarsi lì e, colto il momento di propizio silenzio tra una battuta del testimone e l’altra continuò, sadica.
- Più forte Sasuke, c’è confusione! Che dicevi dell’imprevisto? -
- HO DETTO CHE IL MIO IMPREVISTO E’ STATO NARUTO, E’ CHIARO ADESSO? – sbraitò il ragazzo a quel punto, sfinito e desideroso di mettere fine a quel terzo grado imbarazzante, inserendosi però perfettamente nella pausa del compagno e comunicando, quindi, quella scomoda verità a chiunque nel raggio di un chilometro, a voler essere ottimisti.

Tutti si gelarono per un momento e fissarono gli sguardi su di lui, Kakashi quasi si strozzò con l’ultimo boccone di carne e dovette essere soccorso da Yamato, Naruto sgranò gli occhi; poi tutti gli invitati cominciarono a ridere come se non ci fosse un domani e il testimone arrossì fino alla punta delle orecchie, imbarazzato. Sasuke, dal canto suo, aveva lo sguardo di uno che avrebbe voluto scavare una buca e seppellircisi seduta stante senza passare dal via e si guardava le ginocchia come se da quelle dipendesse il destino dell’universo.
Il compagno rimase immobile ed incerto per qualche momento, dunque si passò la mano sul lato del collo e si unì alla risata generale, conscio che fosse meglio buttarla sul ridere subito piuttosto di rimanere impalati come stoccafissi alla mercé di qualche altro tiro mancino.
- Sas’ke, non che io non adori essere il tuo … ehm, imprevisto, ma c’era proprio bisogno di farlo sapere a tutti? Ah, che devo fare con lui … - domandò quindi retoricamente, provocando un altro eccesso di risa per poi portare nuovamente il discorso verso tutt’altra direzione. Sakura non poté fare a meno di provare una certa ammirazione: come svicolava Naruto non lo faceva nessuno.
Nel frattempo il ragazzo al suo fianco sembrava aver reimparato come si respira e le stava indirizzando un’occhiata bieca carica di sottintesi negativi, alla quale lei rispose con un sorriso a trentadue denti e un’espressione che comunicava chiaramente che se l’era cercata. Sasuke sbuffò, scuotendo la testa, probabilmente consapevole delle proprie colpe e decisamente non interessato a proseguire quella specie di bisticcio.
- Ti ritieni soddisfatta ora? – chiese quindi, un vaghissimo cenno di speranza avvertibile nel suo timbro vocale.
Sakura rise, posandogli una mano sulla spalla e dandogli dei leggeri colpetti consolatori.
- Sì, direi che ora sei perdonato! –
 
Si alzò e raggiunse il marito, sedendosi sulle sue ginocchia per ascoltare insieme il termine dello strano discorso di quel terremoto del proprio testimone. Sul viso aveva un’espressione serena e felice, il sorriso luminoso tipico di chi pensa di non poter volere nulla di più dall’esistenza.
Del resto, che altro avrebbe potuto volere? Era sposata con la persona “giusta”, la sua famiglia e gli amici festeggiavamo con lei, i suoi “fratelli” adottivi la sostenevano ed erano appena stati rimessi in riga, come era giusto che fosse. E, nonostante tutto, aveva avuto un matrimonio perfetto, coronato dalla presenza di qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di, beh … azzurro.







Note finali: Come sempre segnalatemi senza timore eventuali errori e/o ripetizioni inutili, il poco tempo per rileggere e la stanchezza si fanno sentire! Stay tuned :D

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Capitolo 9
*** [Extra 1.2: Il mattino ha l'oro in bocca] ***


Note dell'Autrice: Rieccomi qui dopo ... boh, due mesi? Beh, parecchio tempo, insomma! Finalmente sono qui, comunque, con quello che dovrebbe essere, salvo idee brillanti future, l'ultimo capitolo de "Il silenzio è dei colpevoli" (un sentito grazie a Caparezza per avermi regalato un titolo :D). Fondamentalmente non è altro che la spiegazione del motivo per cui Naruto e Sasuke sono arrivati in ritardo al famoso matrimonio, quindi è essenzialmente una scemenza monumentale, ma nella mia mente questa scena si era creata ancor prima che decidessi veramente di far sposare Sakura, quindi ... beh, non potevo evitare di scriverla! Sepero vi piaccia, o quantomeno vi diverta, buona lettura!





Extra 2
Il mattino ha l’oro in bocca



 
- A che ora hai messo la sveglia, Sas’ke? – domandò Naruto, asciugandosi alla meglio i capelli con un asciugamano già in parte fradicio, tentando nel frattempo di infilare dei boxer puliti.
- Alle 7.30, ovviamente. – dichiarò l’interpellato, osservando con sguardo critico il dubbio spettacolo offerto dal compagno che saltellava su un piede e si tirava su la biancheria con una sola mano. A quelle parole l’ Eroe della Foglia si immobilizzò, le mutande ancora storte; e lo fissò apparentemente allibito.
- Ah. Ho un paio di domande per te. Prima domanda: tu lo sai che la cerimonia è alle 11.00? – chiese con tono mortalmente serio. Il compagno gli rivolse un’occhiata storta.
- Lo so benissimo. –
Naruto sospirò, gli occhi socchiusi, mentre finiva di sistemarsi la biancheria e si lasciava cadere scompostamente a sedere sul letto.
- Ok, veniamo alla seconda domanda. Ti sei completamente bevuto il cervello??? – esclamò, gli occhi sgranati. Quelli di Sasuke, per contro, si assottigliarono, l’espressione infastidita.
- Me lo chiedo spesso di te. – commentò voltandosi a sistemare i vestiti posati sulla sua sedia, anche se non avevano alcun bisogno di essere sistemati. Il ragazzo lo fissò, allibito.
- Non rivoltare la frittata. Tu mi stai dicendo che il matrimonio è alle undici e che tu vuoi farmi alzare alle sette e mezza?? Che c’è, ho fatto qualcosa di sbagliato? Ho dimenticato qualcosa di importante? Si può sapere perché mi vuoi punire in questo modo? – domandò, incredulo, gesticolando agitato come al suo solito. L’amico sbuffò, sempre voltato di spalle.
- Non ti sto punendo, razza di scemo. Semplicemente, so che per te ogni scusa è buona per attardarti, e non voglio arrivare in ritardo. –
Naruto rimase in silenzio per qualche momento, l’espressione ancora comicamente spiazzata, dunque ricominciò a parlare, respirando lentamente come a volersi calmare.
- Anima mia, io adoro che tu sia così preciso. A volte la cosa mi manda ai matti, ma ammetto che è una tua caratteristica davvero utile. Ammetto anche di essere spesso in ritardo e che è una benedizione che tu riesca a riportarmi, anche se in modo violento, sulla retta via; ti ringrazio, davvero. Ma tra le sette e mezza e le undici ci stanno tre ore e mezza! Mi spieghi a cosa ci servono tre ore e mezza? Abbiamo appena fatto la doccia! So di non essere un genio, ma credo che per vestirmi, pettinarmi e fare colazione con tutta la calma del mondo una misera oretta potrebbe bastarmi, non ti pare? – concluse, convinto di essere stato ragionevole e chiaro. Evidentemente, però, non doveva esserlo stato abbastanza.
- Dobbiamo essere lì almeno un quarto d’ora prima, quindi non sono tre ore e mezza! – puntualizzò infatti l’amico, lisciando delle pieghe immaginarie sul suo kimono da cerimonia. L’Eroe di Konoha, a quel punto, cominciò a non vederci davvero più.
- Certo, scusa, non avevo considerato questo dettaglio fondamentale. Suppongo che quel quarto d’ora potrebbe fregarci, in effetti. Immagino che, rivista la questione sotto questa luce, tre ore e un quarto siano più che necessarie … ma stai scherzando??? Seriamente, hai preso un colpo di calore? E’ Aprile, ma tutti quegli allenamenti potrebbero averti cotto la scatola cranica, non si sa mai! – quasi gridò, al limite della pazienza. Non si era reso conto, però, che anche per l’altro la pazienza era agli sgoccioli, quindi si inquietò non poco quando finalmente Sasuke si voltò e posò gli occhi su di lui, un tagliente sguardo omicida a rovinargli il bel viso.
- Non siamo stati invitati ad un picnic nella foresta, dobbiamo presenziare ad una cerimonia importante. Tu sei il testimone della sposa, diamine, quindi non possiamo arrivare in ritardo, è escluso categoricamente. Io non sono mai arrivato in ritardo in vita mia, e non intendo cominciare con un matrimonio! Noi ci alzeremo alle 7.30, faremo colazione, ci prepareremo al meglio delle nostre possibilità e ci presenteremo al tempio con l’anticipo necessario, sono stato abbastanza chiaro? Altrimenti domani puoi pure non disturbarti a tornare a casa, troveresti la porta chiusa! –
Sasuke aveva cominciato la sua arringa con tono controllato e basso, tuttavia l’aveva conclusa quasi sbraitando, trasformandola in una vera a propria sfuriata. Naruto, per un momento, meditò di arrabbiarsi sul serio; tuttavia dopo qualche attimo concluse che non ne sarebbe valsa la pena: era la vigilia del matrimonio di Sakura e, dopotutto, era davvero un’occasione importante. Si mise a sedere compostamente, un po’ rigido, dunque lasciò andare il fiato rumorosamente e si stropicciò gli occhi in un gesto rassegnato.
- Non potremmo fare almeno alle 8? Ragiona, è davvero prestissimo, e ora è già tardi. Non voglio addormentarmi sull’altare, sarebbe altrettanto maleducato. – domandò, indirizzando all’amico un’occhiata stanca e vagamente pietosa. Sasuke riuscì a tener duro solo per qualche altro attimo, quindi si lasciò cadere a sua volta sul materasso, sospirando.
- Ok, alle 8, ma non un minuto oltre! Nemmeno se tenterai di farmi pena! – precisò, stizzito. Il compagno si sistemò sul letto, dandogli le spalle, dunque rispose con un tono piuttosto gelido per nulla tipico di lui.
- Va bene Sas’ke, come vuoi tu. Grazie per la tua gentile concessione. –
Non voleva arrabbiarsi davvero, ma il comportamento autoritario di Sasuke a volte lo faceva impazzire, senza che potesse fare nulla per controllarsi. L’altro rimase in silenzio, steso a pancia in su come era solito addormentarsi, tuttavia dopo qualche minuto si voltò lentamente verso l’amico, avvicinandosi alla sua schiena e appoggiandogli delicatamente la fronte tra le scapole, respirando profondamente.
- Senti … è solo che è una cosa a cui tengo. Lo so che non ti piace alzarti presto, ma è importante, voglio che sia tutto impeccabile. – mormorò poco dopo, sperando con tutto il cuore che il compagno non si fosse già addormentato, il tono basso e leggero che la sua voce assumeva sempre nelle rare occasioni in cui si scusava di qualcosa. Ovviamente lui non l’avrebbe ammesso nemmeno in un milione di anni, ma Naruto sapeva che quello era il suo personale modo di spiegarsi e scusarsi per il proprio comportamento brusco.
- Lo so. Aaaah, ok, vorrà dire che per questa volta farò questo sacrificio! – commentò infine, quando fu certo di averlo lasciato sulle spine abbastanza a lungo.
- Grazie. – sussurrò lui di rimando, il viso incassato ancora più in profondità nella sua schiena. Naruto sorrise nel cuscino, conscio che non sarebbe stato saggio farsi vedere, quindi allungò una mano dietro di sé e, afferrato il braccio sinistro di Sasuke, se lo strinse addosso in modo da chiudersi nel suo abbraccio, una posizione che amava assumere nei momenti di tenerezza. In effetti, si disse, quella di non litigare era stata una scelta azzeccata.
- Di nulla. Dai, sbrighiamoci a metterci a dormire, altrimenti domattina saremo davvero due cadaveri, e la sposa ci ammazzerebbe se sbadigliando sputacchiassimo sul suo vestito! – concluse ridendo piano, accoccolandosi al meglio tra le braccia dell’altro che, di rimando, lo strinse un po’ di più, aderendo completamente alla sua schiena; una cosa che, non l’avrebbe ammesso mai, gli piaceva e gli conciliava il sonno.
- Buonanotte Naruto. – sussurrò vicino al suo orecchio, una rara tenerezza che Naruto accolse con un nuovo sorriso, ormai velato dal sonno.
- Notte Sas’ke, a domani. – mormorò, la voce impastata, prima di sprofondare definitivamente tra le braccia di Morfeo.
 
***
 
Il suono della sveglia interruppe fin troppo bruscamente il sonno di Sasuke che, repentinamente, premette una mano sul dorso dell’apparecchio per interrompere il suo assordante stridio. Si sarebbe perfino potuto lamentare di quel rumore, non fosse che era stato proprio lui ad insistere per comprarne una che facesse un rumore davvero forte, per essere sempre certi di svegliarsi in perfetto orario. Controllò l’ora, giusto per essere sicuro: le otto del mattino, puntualissime. Si rotolò sulla schiena, sbadigliando, per poi allungare una mano verso il lato sinistro del letto come faceva ogni mattina per svegliare il compagno. Ma il letto era vuoto. Il ragazzo sbattè le palpebre nella penombra offerta dalla sottile lama di luce che filtrava da sotto la porta della terrazza e si voltò a controllare. Non c’era dubbio, Naruto non c’era. Se si fosse trattato di chiunque altro Sasuke avrebbe pensato subito che fosse semplicemente andato al bagno, tuttavia si trattava di Naruto e lui non andava mai in bagno di notte; il sonno sembrava inibire in lui qualunque altro tipo di funzione corporea. Stava quasi per alzarsi ed andare a cercarlo, una punta di ansia in fondo alla mente, quando la porta della camera si aprì piano e il compagno fece capolino sulla soglia, la sua vestaglia rossa e arancione addosso e un vassoio carico tra le mani.
- Buongiorno Sas’ke! Hai dormito bene? – domandò, non particolarmente sorpreso di trovarlo sveglio. Erano ormai le otto e cinque minuti e sapeva bene che al suono della sveglia spalancava gli occhi immediatamente come un soldatino ben addestrato. L’amico lo osservò, le sopracciglia aggrottate in un’espressione quasi comicamente perplessa.
- Come mai sei già in piedi? – domandò subito, confuso, ignorando la domanda. Lui non si svegliava mai prima che la sveglia suonasse, era un fatto assodato, dunque non riusciva a credere che quel disastro umano fosse non solo cosciente, ma che addirittura deambulasse.
Lui sorrise, avvicinandosi e posando il vassoio sul comodino, per poi salire sul letto ed accostarsi all’altro.
- Ero così agitato all’idea di dover fare il discorso e guidare il brindisi al ricevimento che non riuscivo a dormire bene … e alla fine mi sono svegliato definitivamente poco meno di un’ora fa. Non riuscivo a riprendere sonno, così ho pensato di alzarmi per preparare la colazione e portartela a letto. –
 
Il ragazzo lo osservò per qualche secondo, lo sguardo stralunato, dunque Naruto continuò, indicando il fondo della stanza.
- Ho anche preparato il mio yukata e i miei sandali accanto ai tuoi, in modo da risparmiare tempo più tardi, dato che dobbiamo essere puntuali alla cerimonia. –
Era vero, anche con la poca luce a disposizione poteva vedere i vestiti del compagno disposti ordinatamente accanto ai propri; questo non fece che aumentare il suo sbigottimento e il suo sguardo si colorò di dubbio.
- E’ un jutsu? – domandò, una ruga profonda tra le sopracciglia. Naruto parve cadere dalle nuvole, accese velocemente l’abatjour sul comodino e lo guardò fisso a sua volta.
- Eh? In che senso scusa? La colazione è vera, l’ho preparata con le mie mani! – esclamò, indicando il vassoio posato vicino alla lampada. Nonostante l’espressione di totale sbalordimento fosse davvero molto realistica Sasuke non demorse, un po’ perché era realmente dubbioso, un po’ anche per prenderlo in giro, dando sfogo alla sua vena sadica.
- Non è possibile che tu sia il vero Naruto, devi essere un’illusione. Lui non perde il sonno per nessuna ragione e meno che mai prepara qualcosa in anticipo! – esclamò, fingendosi assolutamente convinto delle proprie conclusioni. Il ragazzo, come c’era da aspettarsi, incrociò le braccia al petto e si scostò un po’ da lui assumendo un cipiglio decisamente infastidito.
- Sas’ke, potrei offendermi, davvero non sai riconoscere il tuo ragazzo? E’ vero che non sono bravo ad alzarmi presto; ma capita anche a me di essere nervoso, qualche volta. E avevo pensato di fare qualcosa di gentile per te, visto il bisticcio di ieri sera, ma se non ti va posso sempre riportare tutto in cucina. – affermò, voltandosi per recuperare la colazione. Il compagno, resosi conto di aver tirato un po’ troppo la corda, si lanciò fulmineamente a fermarlo.
- No! Senti, è solo che è strano, ok? Non ci sono abituato. –
L’espressione di Naruto si rilassò velocemente e il ragazzo si risistemò accanto al compagno, anche se con una postura un po’ rigida.
- E non credo ti ci potrai abituare, a dirla tutta. Ma per una volta che è andata così godiamocela, che ne dici? Ho fatto sia le uova con il pesce che i pancakes con la marmellata e la panna, a seconda di quello che preferisci. Dato che non ami molto i dolci ho usato la marmellata di arance amare, so che quella ti piace. – spiegò, recuperando il vassoio e posandolo con attenzione sulle loro cosce allineate.
Sasuke di fronte a quella vista non potè fare a meno di esserne almeno in parte colpito; il compagno stava davvero migliorando in cucina e i dolci in particolare gli riuscivano piuttosto bene, nonostante lui non li amasse molto. Quei pancakes avevano davvero un ottimo aspetto e, cosparsi di marmellata amara, li avrebbe probabilmente apprezzati, a conti fatti.
Non era, inoltre, ancora del tutto abituato a quel genere di tenerezze che il partner sembrava così spontaneo nel riservargli, perciò in momenti come quelli si sentiva come se qualcosa dentro di lui si sciogliesse lentamente, a poco a poco: Naruto era la fiamma alla luce della quale il suo dolore e le sue riserve scomparivano come la neve al sole
- Grazie. – mormorò, appoggiandosi alla sua spalla con un movimento casuale che di casuale non aveva assolutamente nulla. Il compagno gli sorrise, il buon umore del tutto ripristinato, e afferrati coltello e forchetta cominciò a sezionare il pesce e le uova.
- Naaah, l’ho fatto volentieri. Ho sfruttato questa situazione di stress a nostro vantaggio. –
- Chiamiamolo pure miraco … urgh! –
Il commento acido di Sasuke fu bloccato di colpo dal boccone di uova che l’amico gli aveva infilato tra le labbra a tradimento, facendogli rischiare il soffocamento ma ottenendo l’effetto silenziante desiderato.
- Sasuke, basta chiacchiere, ora la bocca va usata per mangiare! – commentò l’Eroe di Konoha, ghignando, per poi recuperare un nuovo boccone e avvicinarlo alle labbra del compagno.
- So mangiare da solo, in caso non l’avessi notato! – chiarì quello, confuso da tutte quelle attenzioni così concentrate e di primo mattino, per giunta. Naruto si chinò verso di lui e strofinò lievemente la guancia contro la sua, in un gesto infinitamente tenero che fece accelerare i battiti del ragazzo, suo malgrado.
- Lo so bene, ma stamattina vorrei prendermi cura di te, se la cosa non ti dà troppo fastidio. –
- Mmmh … se vuoi. – commentò, con un tono molto meno disinteressato di quanto avrebbe voluto.
 
 
***
 
 
- Era tutto buono? – domandò Naruto una decina di minuti dopo, massaggiandosi la pancia sorridendo, ricordando a Sasuke un gatto troppo cresciuto.
- Lo ammetto, hai cucinato bene. Deve essere davvero la mattinata dell’impossibile che diventa possibile. La mattina del possimpibile! –
- Ha. Ha. Ha. Forse dovrei prepararti la colazione dolce più spesso, magari ti aiuterebbe con il carattere. Comunque, vuoi ancora qualcos’altro? – domandò il compagno, scoccandogli un’occhiataccia mentre impilava i piatti sul vassoio.
- No, sono a posto così e al ricevimento mangeremo un sacco immagino, quindi meglio non esagerare. – rispose Sasuke, sospirando. Era stata, in effetti, una colazione ben più abbondante di quelle a cui era abituato.
- Vero. Ma sei proprio sicuro di non volere nient’altro? -
- Sì, davvero, non voglio a… –
La risposta di Sasuke gli si mozzò bruscamente in gola quando un generosa quantità di panna gli venne spalmata abbastanza brutalmente sul naso. Con il fiato sospeso e lo sguardo scioccato si volse a guardare Naruto che, neanche a dirlo, rideva come un cretino.
- Scusa Sas’ke, mi era parso che avessi un disperato bisogno di panna, sai, per entrare nello spirito di zuccherosa dolcezza della giornata. – spiegò sempre scompisciandosi, come se la cosa avesse una logica inattaccabile. Il compagno rimase immobile per qualche secondo, indeciso se incazzarsi o lasciarsi scappare una risata; dunque decise per una soluzione intermedia, recuperando una spruzzata di panna mentre Naruto si asciugava le lacrime dagli occhi.
- Te la faccio vedere io la dolcezza… –
 
Dieci minuti dopo, ovviamente, le facce e le mani di entrambi erano appiccicose e dolci come non lo erano mai state; i due contendenti ansimavano accasciati uno sull’altro stremati dalla dura battaglia a suon di panna, ridacchiando stancamente.
Sasuke, la testa abbandonata sulla spalla del compagno, lasciò che la propria risata si quietasse a poco a poco. Dalla sua prospettiva osservò con tranquillità il profilo del compagno, mentre il battito cardiaco tornava al suo ritmo usuale, e le parole gli uscirono di bocca prima che potesse rifletterci sopra troppo.
- Ti amo. Lo sai, vero? Anche se litighiamo di continuo … ti amo comunque. – concluse, lo sguardo fisso sulla spalla dell’amico, troppo in imbarazzo per guardarlo negli occhi. A volte dolcezze come quelle gli sfuggivano senza che potesse trattenerle, come se spingessero sulla sua gola per essere pronunciate; tuttavia, ancora non si sentiva del tutto a suo agio nel lasciarsi andare e spesso si ritrovava a chiedersi se non fosse patetico, se non lo facessero apparire un rammollito.
- Lo so. E’ lo stesso per me, Sas’ke. –
La voce soffice e vibrante del compagno lo indusse a sollevare leggermente lo sguardo. Naruto sorrideva, guardandolo, esprimendo con una sola espressione tutto ciò che cercava sempre, con ogni suo spontaneo gesto, di comunicargli: affetto, adorazione, tenerezza, dolcezza, conforto, vicinanza, amore. Il ragazzo si lasciò andare ad un lungo sospiro, sistemandosi meglio contro il corpo dell’altro, abbracciandolo e chiudendo gli occhi. Forse, dopotutto, le sue preoccupazioni sui suoi eccessi di affetto erano ingiustificate; forse lui semplicemente li meritava, qui maledetti eccessi. Forse, comunque stessero le cose, era troppo coinvolto per poterli trattenere.
- Bene. –
- Bene. –
 
L’altro sospirò a sua volta, stiracchiandosi vistosamente e allargandosi ad occupare tutto il letto con gli arti spalancati, quindi si alzò a sedere con un leggero colpo di reni.
- Credo sia ora di andare, dobbiamo anche darci una ripulita alle facc … - cominciò, ma la mano di Sasuke si chiuse attorno al suo polso sinistro di colpo, interrompendolo.
- Possiamo prenderci un’altra mezz’ora, direi. – mormorò quello, lo sguardo serio fisso sul suo viso. Naruto rimase immobile per qualche momento, sbigottito.
- Ehm, non che la cosa non mi piacerebbe, ma non eri tu ad essere terrorizzato dall’idea del ritardo? – indagò, un sorrisetto leggero che si faceva strada all’angolo delle labbra. Sasuke distolse lo sguardo, evidentemente imbarazzato e anche un po’ ferito nell’orgoglio.
- Certo, ma sono solo le nove e tutto è pronto, perciò … avevi ragione, abbiamo tempo. – ammise, riportando gli occhi nei suoi con un’espressione insistente che, su di lui, era più unica che rara. L’Eroe di Konoha deglutì, incredulo e quasi stordito di fronte alla situazione. Non che a Sasuke l’intimità non piacesse, al contrario, ma raramente si dimostrava così propositivo; generalmente fingeva di lasciarsi semplicemente trascinare da lui, probabilmente per non ammettere nemmeno a sé stesso di essere un essere umano come tutti gli altri.
- Beh, se per te va bene allora … direi che sì, possiamo prenderci un altro po’ di tempo. –
Si lasciò ricadere mollemente sulle lenzuola, strinse il compagno tra le braccia e cominciò a coprirgli il volto di baci leggeri, affondando una mano tra i suoi capelli.
- Per te ho sempre tutto il tempo che vuoi, Sasuke. –
L’altro posò le mani sulle sue spalle, carezzandole lievemente, l’espressione leggermente stordita come spesso accadeva quando Naruto lo trattava in modo particolarmente tenero, come se la cosa lo confondesse: fosse stato per lui le cose sarebbero state immediatamente molto più passionali, più decise; tuttavia il compagno, nel corso del tempo, lo aveva introdotto a quella dolcezza a cui faticava a reagire ma che, nonostante tutto, amava.
- Beh … non abbiamo poi tanto tempo … una mezz’ora, come ho detto … al massimo … - quasi balbettò, confusamente, tra un bacio e l’altro, sentendo la mente che cominciava a vacillare sotto il peso dei sentimenti che sembravano traboccare dall’amico in quel genere di occasioni.
Naruto nascose un ghigno contro il suo collo: non aveva davvero intenzione di mettersi fretta, non in una situazione di quel tipo, in ogni caso. Morse lievemente la pelle chiara e delicata vicino all’orecchio, un gesto che sapeva essere particolarmente apprezzato; probabilmente, si disse, alzarsi presto avrebbe dato i suoi frutti, dopotutto.
 

 
***
 
 
“In effetti, me lo sarei dovuto aspettare” fu uno dei primi pensieri di Sasuke quando, riaprendo gli occhi impastatati di sonno e languore, la testa inclinata in modo strano in quanto adagiata sull’addome del compagno, notò le incriminanti cifre che lampeggiavano intimidatorie sul display della sveglia. “Una mezz’ora al massimo” aveva detto, ma doveva essere stato già troppo preso dalla situazione per rendersi conto che, con Naruto, non durava mai una mezz’ora al massimo. Lui era quel tipo di persona che, una volta “accesa”, non si spegneva fino a che non ti aveva ridotto ad un ammasso gemente di nervi tesi e muscoli sciolti, ad un cartoccio ansimante di membra sudate e imploranti. Un lavoro così impegnato e preciso, naturalmente, richiedeva sempre almeno un’ora, spesso anche un pochino di più, dunque Sasuke si chiese esattamente quanto doveva essersi rimbecillito per aver pensato che il compagno gli avrebbe dato ascolto rispettando la sua tabella di marcia. Probabilmente, si disse, la risposta era “parecchio”.
A giudicare dell’orario, tra l’altro dovevano pure essersi addormentati per una ventina di minuti perché, diamine, per quanto fossero giovani e in salute, dubitava sinceramente che avessero potuto reggere per quasi due ore … quantomeno lui, di certo, non poteva aver retto tanto a lungo.
Così perso in queste elucubrazioni ci mise qualche secondo a realizzare la vera portata dell’orario che la sveglia si ostinava a sbattergli in faccia: 10.46.
Mancavano 14 minuti al matrimonio di Sakura.
Mancavano 14 minuti al matrimonio di Sakura e loro erano ancora a letto, appiccicosi in un modo che ormai cominciava a risultare disgustoso e sfiniti come non gli sembrava che fossero mai stati in vita loro.
 
Naruto ebbe appena il tempo di rendersi conto di non essere più nel mondo dei sogni prima di finire scaraventato giù dal letto a suon di calci, i timpani martellati da grida furiose e insulti di vario genere; neanche due secondi dopo il suo yukata gli venne lanciato addosso e la porta del bagno sbatté con un fracasso assordante. Dolorante e frastornato, Naruto si trascinò fino al bagno di servizio, per darsi almeno una sciacquata veloce e, nel farlo, sembrò finalmente rendersi conto di che ora fosse e di cosa significasse: Sakura li avrebbe ammazzati, era un fatto assodato e, nel realizzarlo, sbiancò leggermente.
Eppure, nell’udire lo sciaguattio e le imprecazioni provenienti dalla stanza vicina non poté fare a meno di sorridere furbescamente: nonostante tutto, a suo parere, sarebbe valsa la pena di tardare un po’.







Note finali: Che dire, grazie di avermi seguita fino in fondo a questa idea balenga, non mi sembra vero di aver compiuto l'opera! Segnalatemi pure come sempre eventuali errori e imprecisioni, appena avrò tempo sistemerò tutto. Spero di rivedervi in futuro, quando finalmente comincerò la tanto agognata storia su Kakashi ... Stay tuned!

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