Cards

di herr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter I - A Rush of Blood to the Head ***
Capitolo 2: *** Chapter II - An Unusual Prince ***
Capitolo 3: *** Chapter III - The Grasshopper Shall Be a Burden ***
Capitolo 4: *** Chapter IV - Drowned by the Gods ***
Capitolo 5: *** Chapter V - Misery Loves Company ***
Capitolo 6: *** Chapter VI - All the Time in the World ***
Capitolo 7: *** Chapter VII - The Guilty Girls' Handbook ***
Capitolo 8: *** Chapter VIII - Before the Flood ***
Capitolo 9: *** Chapter IX - Now You See Me, Now You Don't ***
Capitolo 10: *** Chapter X - The Blind Beholder ***
Capitolo 11: *** Chapter XI - What Becomes of the Broken Hearted ***
Capitolo 12: *** Chapter XII - Unable Are the Loved to Die ***
Capitolo 13: *** Chapter XIII - Six Feet Under ***
Capitolo 14: *** Chapter XIV - Nessun Dorma! ***
Capitolo 15: *** Chapter XV - Love Is a Losing Game ***
Capitolo 16: *** Chapter XVI - To Sleep, perchance to Dream ***
Capitolo 17: *** Chapter XVII - Man of Science, Man of Faith ***
Capitolo 18: *** Chapter XVIII - Somewhere Over the Rainbow ***



Capitolo 1
*** Chapter I - A Rush of Blood to the Head ***


CARDS
[ri-edition ; remake ; requelcazzochevipare]

 
PREFAZIONE
Ho da poco (l'altro ieri) completato la scrittura di Ditching Cards, il sequel a questa fanfiction, e solo ora mi accorgo, con non poca vergogna, che questa serie manca di una prefazione, ragion per cui in questo momento mi appresto a scriverne una. Questo breve trafiletto avrà la funzione di spiegare in poche righe le basi della storia, com'è strutturata e tutto ciò che c'è da sapere prima di immergersi nella lettura.
Prima di tutto, volevo far notare che in questa storia uso solo ed esclusivamente i nomi inglesi, poiché reputo che abbiano un suono migliore (principalmente le città) privo di quel cacofonico e decisamente poco gentile suffisso "-opoli". Touko/Anita diventa Hilda, Belle diventa Bianca, Austropoli diventa Castelia City, N diventa N (non ve lo aspettavate, eh?), Bellocchio diventa Looker, Violante diventa Zinzolin, Ghecis diventa Ghetsis, Antemia (la superquattro – Elite Four, in inglese – tipo spettro) diventa Shauntal, Mirton (il superquattro tipo buio) diventa Grimsley, e così via. Ho menzionato quelli che saranno bene o male i protagonisti della storia, se ne appaiono altri e pensate che abbiano un ruolo importante o che ricalchino dei personaggi che non conoscete, cercate pure su Bulbapedia, può darsi che non ne abbia menzionato qualcuno.
Secondariamente, in questa storia c'è presenza di OC (ovvero Original Characters). Piuttosto che prendere un personaggio esistente e renderlo OOC ho preferito crearli di sana pianta e delinearne una personalità; per quanto riguarda, al contrario, i personaggi già esistenti, ho fatto quanto potessi affinché fossero IC (ovvero In Character, che significa che mantiene la personalità del gioco). 
Questa storia, Cards, è divisa in tre archi narrativi, il terzo dei quali, al contrario dei primi due, è contenuto in Ditching Cards. Ad ogni modo, riprende ogni tema della storia e non è altro che la naturale prosecuzione degli eventi. Ogni arco narrativo consiste di nove capitoli. 
I temi affrontati in questa storia si mantengono sul thriller/introspettivo, mescolando così azione e mistero alla introspezione del personaggio principale, Hilda, sul quale è costruita la storia. Cards è, infatti, sia Hilda centric, ovvero incentrata sul personaggio di Hilda Claude Baskerville, sia una ferriswheel shipping, ovvero nella quale è presente come coppia protagonista quella che vede assieme Hilda Claude Baskerville a Natural Harmonia-Gropius. Una domanda nasce spontanea: è Cards una storia d'amore? Non ne ho idea.
Non mi resta che augurarvi buona lettura.

Chapter I
A Rush of Blood to the Head
 
presente — Castelia City — 15/10/11 
Negli anni ’60 si dice che, poco lontano da Castelia, si schiantò un meteorite, in quello che oggi è chiamato il Deserto della Quiete. La sua provenienza è tutt’ora sconosciuta agli studiosi, ma ciò che ne è uscito è diventato abbastanza comune nella regione: un simpatico esemplare di Pokémon alieno dalle forme rotonde e dai colori azzurri. 
La sensazione che quel Pokémon avesse provato nel cadere attraverso l’atmosfera per schiantarsi in una triste e deserta terra non dev’esser stata certo delle migliori; era stato, si ipotizza, colpito da un frammento di meteorite e trascinato violentemente a terra senza che vi potesse opporre.
Per quanto lontana e nel tempo e nello spazio, l’immagine di Elgyem, questo il nome del Pokémon, poteva essere accostata a quella di Hilda. La percezione di caduta, oppressa e schiacciata dall’onnipresente istinto di mediocrità, che la portava a fluttuare negli eventi senza realmente modificarli. Nessun margine di miglioramento della sua condizione le era lasciato.
 « Mi stai ascoltando, Hilda? »
 Francis Wiseman, il direttore del Castle, era un uomo alto e magro, dai capelli brizzolati ed il viso scavato, tipico della tarda età, sulla quale bocca appariva un perfettamente simmetrico paio di baffi color ghiaccio. Gli occhi, castani, tradivano qualsiasi parvenza bonaria nel suo aspetto.
La voce dell’uomo la richiamò all’attenzione, cercò un contatto visivo con il suo interlocutore. « Uh? »
« Non hai prestato attenzione ad una parola che ho detto »
« Non è ver—»
« Cosa ho detto? »
Il tempo che si prese per pensare non bastò ad elaborare un pensiero inerente. Stette lì, inebetita, aspettando una risposta.
« Come pensavo » la incalzò, esibendo un freddo sorriso « e ti risparmio la fatica di chiedermelo — che evidentemente ti sei già presa. Sei licenziata »
Una frazione di secondo perché le sue labbra pronunciassero la parola, un’interminabile minuto per collegare il significato all’immagine del licenziamento. Un’ipotesi da lei scioccamente mai presa in considerazione, ma che avrebbe rappresentato una significativa minaccia per la sua condizione.
Licenziata.
Licenziata.
Le dure parole dell’uomo colpirono come un treno in corsa la giovane ragazza, lasciandola senza parole. Tentò più volte di aprir bocca ma ogni pensiero volesse cominciare le moriva in gola.
« … » 
« Ti vedo scioccata. Ottimo »
« Non capisco… »
« Hai smesso di scrivere per il Castle »    
« Quello l’avevo capito, il motiv—»
« Hilda, i tuoi articoli fanno schifo. Fa schifo ogni cosa che scrivi, non mi capacito di come ti abbia tenuta in redazione per più di un anno »
« Posso migliorare! Ti prego, lasciami scrivere un ultimo articolo! »
« Potrei »  sarcastico « mettere in fila parole come all’asilo è sempre stata la tua specialità »
Una lacrima rigò il volto della giovane.
« Questo lavoro è tutto ciò che ho » continuò, in procinto di un pianto « non posso perderlo »
« Mi fa piacere che dopo la tua permanenza quatu abbia scoperto un vago interesse nel giornalismo » fece, permeando le sue parole di un pungente sarcasmo « ma hai appena attraversato la linea di demarcazione tra giornalista incompetente e disoccupata incompetente »
Aprì un cassetto, dal quale tirò fuori un plico di fogli, e lo pose sulla scrivania, dopodiché porse una penna alla giovane, mantenendo sul suo viso un’espressione di ruffiano dispiacere.
« Ora dobbiamo discutere del licenziamento »
Cercò lo sguardo della giovane, corrotto da scintillanti gocce d’acqua, trattenendosi dal continuare. Nonostante lei cercasse di nasconderlo, era chiaramente scossa dalla notizia, ma la sua condizione pareva a Francis, se guardando a lungo nel profondo del suo intimo avesse trovato compassione, oltremodo spinta. 
Palesò il suo stato emanando un pesante sospiro.
« Parlando seriamente, Hilda » attaccò, e come prese a parlare fece scomparire dentro ai cassetti ogni scartoffia presente sul tavolo, lasciando spazio alla visione della ragazza « non puoi continuare così. Non puoi. 
« Da quando ti ho assunta non hai fatto altro che fregartene di questo giornale, come se tutto ti fosse dovuto. E cosa dovrei dirti? Povera, povera, povera Hilda? Svegliati, ragazza »
« Mi impegnerò di più » fu ciò che riuscì a pronunciare, la mente annebbiata « io—»
La figura di una giovane donna fece capolino sulla porta, preceduta dal sordo rumore della porta in legno sbattente sulla parete, ed aprì uno squarcio di luce sul pavimento a parquet dell’ufficio. Un volto noto alla ragazza, una collega, a giudicare dal badge spillato sulla sua camicia. 
Stringeva un foglio in mano, sul quale era visibile una moltitudine di linee e pieghe, provocate dalla stretta del suo pugno. 
« Scusate, ho interrotto qualcosa? » si fece strada nella stanza, rivolgendo un breve sorriso a Hilda come avanzava « ho aspettato un po’ prima di entrare, ma è abbastanza urgente »
« Non preoccuparti, Natalie » la rassicurò « io e la signorina Baskerville non abbiamo più nulla da dirci »
Giunta in prossimità dell’uomo portò alla sua vista la pagina incriminata, che a dire dalla sua espressione non gli piacque. Corrugò la fronte, e quasi dimenticandosi del licenziamento della sottoposta, s’immerse nel problema. Per qualche motivo, che non poteva capire, i due stavano mantenendo i toni dello scambio a sussurri appena udibili. 
Ora che la guardava con più attenzione riconobbe nei lineamenti del viso l’inviata del Castle sulla politica e la Lega di Unova, nonostante vederla in borghese le risultasse strano. Portava i capelli castani in lunghe onde che ricadevano sulle spalle, una pelle diafana scintillava alla luce del sole ed i suoi occhi color miele erano chini sul suo capo.
« Cosa pensi di fare? »
Lo sguardo di Frank si era ora spostato su Hilda, seppur continuasse ad esser perso nel vuoto. Ad ostacolarlo, la castana chioma della ragazza in lacrime.
« Ci sto pensando… » 
Afferrò la penna che aveva lasciato alla ragazza e si mise a scarabocchiare su un foglio in parole dalla parvenza cuneiforme più che appartenenti ad un alfabeto latino.
« Cosa…? »
« Cara Natalie, ho appena trovato un sostituto! » esclamò dopo una lunga pausa a scribacchiare « Natalie, questa è Hilda Baskerville, Hilda, questa è Natalie Inkgard, sono sicuro farete ottima amicizia »
« Non capis— » commentò Natalie, collegando facilmente gli eventi « oh ». Una ragazza in lacrime nel suo ufficio ed un posto vacante, non le volle molto a fare una semplice addizione. Scelta azzardata, ragionò, ed Hilda pareva sbigottita quanto lei.
« Un po’ di entusiasmo! » continuò, euforico per la scelta che aveva appena fatto. Il suo ego eguagliato solo dall’immensità del cielo pareva esser stato tanto soddisfatto dall’idea da far baluginare uno scintillio negli occhi dell’uomo.
« Se è così » sospirò Natalie « è bene che tu ti faccia trovare nella mia postazione nel giro di un quarto d’ora, devo spiegarti mesi di arretrati » e detto ciò uscì dalla stanza, nascondendo malamente lo scetticismo nei confronti della scelta del suo capo.
« Mi sa che andrò anch’io… » mormorò, e come si alzò voltò repentina il viso per non incorrere nello sguardo di Frank « grazie… »
« Non voglio la tua gratitudine » concluse lui « ciò che voglio da te è un articolo scritto bene. Pensi di riuscire a farlo? »
Hilda chiuse la porta dietro di sé fingendo di non aver udito.

Erano le nove quando riuscì finalmente a tornare a casa, con la mente straripante di informazioni. Poteva dire di aver imparato più cose sulla Lega quel giorno che in 21 anni di vita a Unova, ma come apprendeva una nuova nozione la precedente scivolava nel dimenticatoio, perdendo considerevoli quantità di dettagli. Notizie confuse si accavallano nella sua mente, immagini di campioni che si distorcevano nei suoi occhi e la realtà circostante corrotta dalla lezione full-immersion. Così, la scritta “Leggere fa bene all’anima!” che luccicava sovrastando l’entrata di una liberia diventava “Lega fa bene all’anima!”, allo stesso modo la pubblicità della Campari Soda scritta dappertutto su un autocarro mobile diveniva Campioni Soda. 
In preda alla fame ed alla stanchezza optò per fermarsi in una tavola calda, dove ordinò qualcosa da mangiare comodamente seduta. 
Ora che poteva rilassarsi prese il telefono alla mano, e notò stranamente di aver ricevuto un nuovo messaggio di mittente sconosciuto.
8:31 PM
Sconosciuto
Ho uno scoop per te. Se sei interessata, incontrami domani all’incrocio fra la Ventiduesima e Mode Street per le 5

Si strabuzzò gli occhi, convinta di aver travisato nuovamente il significato di un testo. 
Non poteva essere più giusta di così.
Giunse alla conclusione che qualche invasato dovesse esser giunto in possesso del suo numero di telefono ed avesse pensato bene di farle uno scherzo di pessimo gusto. Come poteva pensare di essere credibile? 
Nonostante l’aver assunto per falso il testo, rimase a rimuginare sul significato per un po’, cercando qualche modo per riempire quella vuota serata. Durò poco, poiché la notte si apprestava già a calare e la coltre di gelo proveniente dal mare ad abbracciare le strade ed i palazzi della città nella sua fredda morsa.

 
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presente — Castelia City — 16/10/11
« Inosservate » 
Come ragazzine un parco giochi, come volatili nel cielo d’autunno. Invisibili all’occhio, trasparenti alla vista, era questa la categorica disposizione di Natalie riguardo il comportamento al Salone Nazionale delle Conferenze di Castelia. 
Ciò che rimaneva di un ricco edificio signorile, lungo la Mode Street, era stato ristrutturato e trasformato in un lussuoso salone per conferenze ed incontri di importanza nazionale, primo fra tutti l’annuale apertura della Lega Pokémon. Sino a quel giorno, le poche indiscrezioni trapelate dai giornali lasciavano un grande punto di domanda sul futuro e sul prosieguo di quella istituzione, ed il mistero non faceva che aumentare lo stato di nervosismo nel quale versava Hilda.
« Ti ricordi cosa ti ho detto? »
La giovane sorrise « Certamente »
« Come fa di cognome l’Elite Four tipo Spettro? »
« Ahem… Livingstone? »
« Un po’ più di sicurezza potrebbe far credere anche a te che lo sai, ragazza »
Superata la fila all’entrata, bastò esibire i badge magnetici e farli convalidare per avere accesso al salone, dove non le volle molto a trovare i posti assegnati. La sala era gremita di persone che come formiche ricoprivano ogni spazio disponibile nella platea, in attesa dell’arrivo dei protagonisti assoluti dell’incontro, l’Elite Four.
L’Elite Four era la base della Lega, scelti fra i più importanti e sapienti maestri Pokémon i quattro ne decidevano le sorti, presiedendo ad ogni incontro e riunendosi annualmente per discutere come portare avanti una delle istituzioni più antiche della regione. Decidevano inoltre quale Campione dovesse salire al potere, il quale aveva una mera funzione rappresentativa, facendo così il bello ed il cattivo tempo su Unova per quanto riguardasse quel versante.
Quando le luci si fecero più soffuse, un rumore metallico anticipò l’arrivo dei tanto attesi quattro Allenatori, contemporaneo alla chiusura delle porte. Degli agenti in nero raggiunsero ogni fila di poltrone, mentre Shauntal, Grimsley, Marshall e Caitlin prendevano posto nelle poltrone in velluto bordeaux poste al centro del palco. Quattro bottigliette accompagnavano ogni postazione, ognuna posta su un piccolo tavolino presso la sedia.
« Buongiorno a tutti, sono Grimsley Ripley e questi sono i miei colleghi Shauntal Livingstone, Marshall Fierce e Caitlin Huttle » 
L’uomo dai capelli scuri, il primo a parlare, era il Maestro del tipo Spettro. Hilda era molto familiare con il suo viso, ricordando la sua immagine presente in molti degli incontri precedenti. Qualcosa in lui le metteva soggezione, seppur non seppe dir cosa.
« Vorrei cominciare esprimendo i miei più sentiti complimenti al Campione dell’anno appena passato, William Fate, che purtroppo quest’oggi non è potuto presentarsi per motivi di salute, ed assieme a lui a ogni singolo allenatore che ha preso parte all’edizione 2010/2011! Nonostante ci sia stato un solo vincitore, ognuno ha vinto nel suo cuore »
« Natalie » sussurrò Hilda, tirandole una gomitata (« Ehi! ») « andranno avanti tutto il tempo così? »
« Sì » asserì soddisfatta, quasi come se il non annoiarsi a quel tipo di eventi la rendesse orgogliosa, « e ti conviene prendere appunti »
Il viso della giovane giornalista si corrugò, palesando il suo disappunto, dopodiché prese la decisione di non voler ascoltare un minuto in più di quella noiosa presentazione. Afferrò la borsa e con una banale scusa « Devo andare in bagno! Ci metterò poco, tranquilla! » se ne uscì, dirigendosi all’uscita.
Successivamente all’inizio della conferenza, la folla all’entrata del palazzo era dissoltasi, dando un tono completamente diverso alla hall. Un anomalo silenzio regnava incontrastato, permeando l’atmosfera di una persistente sensazione di ansietà.
Mentre era intenta a leggere la didascalia di un busto in marmo, cosa che riteneva molto più interessante di una sviolinata sulla Lega di Unova da parte di un oltremodo inquietante personaggio, il suo telefono prese a squillare. La dicitura “privato” lampeggiava sul display dell’apparecchio, ma ciò non le impedì di rispondere.
« Pronto? » esordì lei, ricevendo in risposta un brusio. La linea doveva esser disturbata, così riprovò: « Pronto, chi parla? »
Il ronzio della chiamata non sembrava finire, ed anzi a dire della giovane si fece ancora più intenso, se possibile, cosa la convinse ad uscire temporaneamente dalla Sala Conferenze per continuare la conversazione.
« Pronto, mi sente ora? »
« Sì, la ringrazio! » rispose l’interlocutore, a voce squillante « mi chiamo Louis Bloomfield e la chiamo per sapere se ha intenzione di rinnovare il suo contratto con la EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza »
Il motto dell’azienda pareva ancor più inquietante della situazione.
« La EKI? Non ho nessun contratto con la EKI a quanto ricordo »
« Non è lei la signorina Erika Joy? »
« Non l’ultima volta che ho controllato » lo incalzò lei, sentendosi presa in giro dalla chiamata « è lo stesso uomo dell’altra sera? »
« Anche l’altra sera ha ricevuto una chiamata dalla EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza? » 
« No— » emise un pesante sbuffo « senta, lasci stare, non mi richiami più, ok? »
Il ragazzo dall’altro capo della linea venne interrotto sul saluto, lo schermo si fece nero e l’orario ritornò a brillarvi. Non poteva capacitarsi di come gli eventi si stessero susseguendo quel giorno, ma a giudicare da cosa la aspettava dopo era una bazzecola. Portò meccanicamente il telefono al viso, e vi lesse l’orario.
Un brivido percorse la schiena di Hilda.
Erano le quattro e mezza, ciò voleva dire che la conferenza era da lungo cominciata e lei era in ritardo.
Ripose il cellulare nella borsa e corse sino ai tornelli posti all’entrata sperando di essere ancora in tempo, dopodiché estrasse il badge dalla tasca e lo fece scorrere lungo la zona magnetica, spingendosi in avanti. 
Ma il tornello rimaneva fermo, mentre una scritta “Errore” brillava di fronte a lei.
Lo fece scorrere nuovamente più e più volte, nessuna delle quali soddisfece la macchina.
Richiamato dalla confusione, nel giro di breve tempo arrivò un agente della sicurezza vestito di solo nero, i cui occhi erano coperti da un paio di occhiali a lenti specchiate. Tanto erano lucide che poteva specchiarvici sopra.
« Qualche problema, signorina? »
« Sì! » esclamò, facendo pressione sul cilindro sporgente in metallo « Questo coso non si muove! »
« Signorina, devo informarla che c’è una conf—»
« Lo so che c’è una conferenza in corso, è per quello che devo entrare! »
« Magari può tornare a conferenza conclusa » continuò lui, senza la minima inflessione nella voce.
« Io sono una giornalista! Devo assistere alla conferenza! »
« Serve un badge per quello »
Gli sventolò il badge in faccia « Ce l’ho il badge! Cosa non capisce?! »
« Signorina, sono sicur—»
« Mi faccia entrare! » usò esasperata « la mia collega, Natalie Inkgard, è lì dentro! Fila 10, posti 22 e 23, la chiami! La chiami! »
« Ho capito » acconsentì lui, per poi avvicinare un apparecchio simile ad un walkie-talkie alle labbra « sicurezza, ho un problema all’entrata nord »
Al solo udire della parola “sicurezza” il sangue gelò nelle vene di Hilda. Due uomini, anch’essi vestiti di nero e dalla massiccia presenza, stavano approcciandosi alla sua destra, e non vedendo ulteriore soluzione prese a correre verso la parte opposta. Corse, corse e corse a perdifiato, sino a che poteva dirsi sicura e lontano da quegli uomini.
Quando alzò gli occhi per cercare di capire dove si trovasse notò che la Mode Street si era sviluppata in un grande incrocio, perpendicolarmente ad essa si estendeva un’altro viale, eguale per larghezza. Non riuscì a dirne il nome sino a che, attraversata la strada non lesse il nome “22esima”. Se per fortuna o per caso non seppe, ma la metropoli l’aveva guidata esattamente nell’unico luogo dove non era intenzionata a capitare. 
L’ora ed il luogo coincidevano quasi magicamente: non poteva essere un caso, ragionò. Svegliati Hilda si disse, era uno scherzo, ed era abituata a darsi ragione, motivo per cui si incamminò verso Central Plaza senza fermarsi.
« Mi scusi, è lei Hilda Baskerville? » la fermò una ragazza, che dagli abiti che indossava dedusse essere una cameriera 
« Lei chi è? »
« Sono una cameriera del bar Grandangolo, le volevo comunicare che il suo tavolo è pronto »
« Il mio cosa? »
« Il suo tavolo! » ripeté, ed indicò un piccolo tavolino in bronzo all’interno della veranda di un bar dietro di loro « un suo amico è passato ieri a prenotare un tavolo a nome Hilda Baskerville, e mi mostrò una foto chiedendomi di indicare a questa ragazza dove sedersi »
Hilda rimase sbigottita.
« Un amico speciale, eh? » ammiccò lei « buona fortuna! »
La situazione aveva del surreale. 
Se inizialmente aveva ricevuto un messaggio, uno scherzo a giudicare dai toni, i risvolti della giornata parevano voler protendere per una soluzione diversa da ciò. Poteva esserci un fondo di verità a quelle parole? Il lavoro l’aveva perso comunque, giudicò innocua rispetto all’essere al verde una conversazione con uno psicopatico, specialmente se avesse potuto ricavarci soldi sopra.
Avvicinatasi al tavolo, sistemò la sua borsa e vi si sedette.
Passarono i minuti, le lancette dell’orologio ruotavano ma l’uomo misterioso non sembrava voler arrivare. Una calma placida e stagnante regnava nel locale.
Le sue speranze erano ormai perse, quando udì il rumore di una sedia trascinarsi lungo il pavimento, e di fronte a lei si presentò un bizzarro ragazzo, che giudicò avere la sua età.
« Posso favorire? » esordì, accomodandosi di fronte a lei « immagino tu sia Hilda Baskerville »
Il ragazzo misterioso era alto e magro, e portava dei lunghi capelli color the verde, racchiusi in una morbida coda di cavallo che ricadeva sulla sua schiena, seppur nascosta alla vista da un capellino. La pelle era chiara, bagnata dal pallore lunare, e due scintillanti occhi color smeraldo la scrutavano. Sorrideva, due labbra sottili che si dispiegavano in un gentile ghigno, e la voce che ne usciva risultava molto simile alla chiamata ricevuta poco prima.
Un uomo, un programma.
« A me sembra che tu abbia le idee molto chiare su chi io sia, a giudicare dalla foto che hai mostrato alla cameriera, caro… Louis Bloomfield? » lo incalzò « c’è qualche altra super conveniente offerta che la EKI desidererebbe propormi? Una denuncia per stalking magari? »
« Spero che la conversazione non l’abbia disturbata »
« Affatto. Le conviene sperare che Erika Joy non ne abbia a che dire » commentò sarcastica lei « sempre ammesso che esista »
« Rinnovo le mie scuse » continuò lui, mantenendo il tono della voce calmo e rilassato.
Hilda stette al gioco: « Scuse accettate » 
« Molto bene, quindi. Possiamo avviare la transazione? »
« Quale transazione? »
« Lo scoop che le avevo promesso, non è per questo che si è presentata? »
« Ho avuto altri… ahem… stimoli »
« Spero non sia successo nulla di grave »
« Sono stata licenziata »
« Oh, cose che capitano. Anche a me succede di avere giorni no, sa? È il tempo dicono »
La ragazza rimase altro tempo a fissare quel misterioso uomo armeggiare con dei molto discutibili fogli che parevano riguardare un certo Team Palma. Nonostante apprezzasse i giochi ed il sarcasmo, quella discussione aveva raggiunto dei limiti che neanche lei si sarebbe aspettata di rompere.
« Ok, basta con le cazzate, cosa vuole veramente da me? »
Il ragazzo dai capelli verdi la guardò sbalordito.
« Cosa intende? »
« Intendo che se entro cinque minuti non mi spiega cosa vuole e quale è il mio profitto sarà l’ultima volta che mi vedrà in un raggio di cento metri »
« Le ho detto, le ho promesso uno scoop, ed avrà uno scoop » e detto ciò inglobò la matassa di fogli in uno plico, porgendolo ad Hilda « tutto qua »
Le volle un po’ per capire di cosa parlasse, ma capì subito che il comune denominatore di tutti quegli articoli era uno solo, il “Team Plasma”, che appariva a caratteri cubitali in ogni striscia di giornale o foglio che le si presentava sotto gli occhi. Come poteva non aver mai sentito parlare di un’istituzione simile, se a quella vista era uno dei temi più chiacchierati ad Unova?
« Questo… Team Plasma… come mai non ne ho mai sentito parlare? »
« Diciamo che è stato molto discreto nel muoversi »
« Mi deve scusare, ma non capisco in tutto ciò quale vantaggio ne ricavi lei »
« Siamo qui per discutere i suoi vantaggi, non i miei »
Digrignò i denti. « Mi va bene » mentì, qualsiasi cosa pur di far finire quell’assurdità in tempi papabili.
« Ottimo. Tornando al discorso precedente, una volta che lei avrà opportunamente sistemato le informazioni il suo lavoro consisterà nel portare in stampa il pezzo »
« Come pensa che ci riuscirò? Sono stata licenziata »
Hilda sospirò, guardando con amarezza a ciò che stava nelle sue mani. Un articolo dalla dubbia veridicità ed un ragazzo che le si poneva come il salvatore della patria, era questo il triste spettacolo al quale si era abbassata. Un informatore anonimo senza nessun tipo di garanzia, al quale lei era pronta a credere. Ma a quale costo?
« Facciamo così: mi porto questo plico a casa, ci do un’occhiata e se in caso ne vale la pena mi ci butterò su, ok? »
« Sembra quasi che lo stia facendo per me » sogghignò, avvicinandosi a lei con un inquietante sorriso.
« Non è quello di cui si tratta? »
« Sappiamo entrambi che è la sua unica possibilità » rise lui « non prendiamoci in giro »
« A me l’intera situazione suona come una presa in giro »
Un bonario sorriso illuminò il viso dell’uomo. « Confido nel suo giudizio, Hilda. Ora, se mi vuole scusare, dovrei andare »
« Buona fortuna con la prossima giornalista! »
« Avrò occhi solo per lei » ammiccò lui « la mia sola ed unica »
« Com’è romantico » commentò sarcastica « ha anche un nome questo cavaliere? »
« Natural Harmonia Gropius, ma lei mi chiami N » finì, e la salutò « arrivederci Hilda Baskerville! »

 
 
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presente — Castelia City — 17/10/11
Le prime luci del mattino, scintillanti di rosso purpureo, si apprestavano a ricalcare la propria presenza sul palco cittadino, illuminando lo skyline della metropoli e svegliando, dolcemente, la città in riposo. I ricordi della notte antecedente venivano spazzati via dalla brezza autunnale, e come la notte cedeva il passo l’alba di un nuovo giorno era pronta a brillare nuovamente su Unova 
Contrariamente al suo solito, Hilda si era spinta sino alla mattinata del giorno successivo a scrivere l’articolo, accartocciando più volte le idee ritenute da lei scritte male o inadeguate al pezzo. Dovette ammettere che le informazioni che le erano state date abbondavano in quantità, cosa che in cuor suo sperava fosse un incentivo per il suo capo. Non le volle molto a mettere assieme il tutto ed a stamparlo, dopodiché si diresse non appena fosse stato mattino alla redazione del suo giornale. La soddisfazione che provava nell’avere successo a lavoro, cosa che non aveva mai sperimentato prima d’ora, le gonfiava i polmoni d’orgoglio.
Lo stesso non si poteva dire per il suo capo.
« Penso ci sia stato un disguido riguardo i termini del significato di licenziata »
Hilda lo guardò sorridente.
« Oh, no no, so cosa voglia dire. La ragione per cui sono venuta qua è questo » indicò l’articolo sul Team Plasma « lo legga »
« Mi prendi per il culo »
« Non lo farei mai »
Francis prese in mano il plico, si inumidì l’indice e sfogliò la prima pagina. Il nome del Team Plasma, scritto a caratteri cubitali, si ripeteva più e più volte, nonostante lui fosse all’oscuro del suo significato.
« Senti Hilda, ho cercato di darti una possibilità, e dopo di quella un’altra ancora, e dopo di quell’altra una ancora, ma se il risultato è questo… » 
Come proseguiva nella lettura, doveva riconoscerlo, il materiale contenuto nel prodotto si faceva sempre più interessante. Il solo fatto che Hilda lo potesse percepire, però, era fonte di fastidio in Francis.
« Le piace? »
Distolse gli occhi dalla lettura, e li portò alla giornalista.
« KARL! »
Un giovane uomo entrò di soppianto nell’ufficio, seguito dall’urlo del direttore.
« Voglio questo articolo in stampa »
« Mi dispiace » balbettò il ragazzo, muovendo freneticamente le mani « ho paura che abbiamo già mandato in stampa il giornale di oggi »
« I dettagli della tua incompetenza non mi interessano. Voglio quest’articolo all’interno del giornale di oggi, ed un titolo cubitale sulla prima pagina, o sei licenziato »
« Non— non penso di po— poterlo fare »
« Se questa ragazza è riuscita a portarmi un articolo decente dopo esser stata licenziata, tu riuscirai ad inserirlo nel giornale »
E cacciò i due fuori dalla porta.



Sigh.
E si torna ma sempre con grandi problemi.
Dovrebbe essere una versione migliore, dovrebbe perché poi boh è tutto un mistero.
Era tutto molto bello quando ero un fanciullo speranzoso e convinto di portare a termine il progetto precedente. Ha ha ha.
Ora no.
Ora guardo Alias e piango per Sydney e Vaughn. 
Ora Hilda ed N (lo pronuncio enne ok?) si odiano amano e tanti baci coccolosi. Il fanservice è la mia ultima sponda.
E non ho più tempo, è tardi e domani ho molte cose.
Se volete passate e spendete tue parole, quella cosa tipo l'8‰ all'attico del vescovo o alle recensioni. 
O ai televangelisti della tivù americana.
Bye 

il vostro,
father of dragons
breaker of chains
the unburnt
khal of the great idgaf
protector of the shitty nothing 

herr stormborn 

 

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Capitolo 2
*** Chapter II - An Unusual Prince ***


Chapter II
An Unusual Prince
 

presente — Opelucid City — 17/10/11
« Il secondo caso di cui si abbia notizia è datato 10 Ottobre 2010, e per la prima volta vengono raccolte dalla polizia testimonianze e nomi legati al Team Plasma. Accade quando, nella piccola area urbana di Accumula Town, un gruppo di uomini in divisa bianca capitanati da un misterioso figuro vestito di ocra e blu raduna una grande folla, apparentemente incantata dai suoi discorsi sulla pace e sui Pokémon. La sua dottrina sembra riscuotere un certo successo, aprendo la strada ad una fortunosa serie di ulteriori comizi sul territorio nazionale. 
Parallelamente a questo, si ritiene dalla medesima istituzione, sono commessi una serie di atti vandalici e crimini minori, in netto contrasto con la linea di pensiero assunta dai membri… »
Una risata interruppe la lettura dell’articolo.
« Qualcosa di divertente, Zinzolin? »
L’uomo chiamato in causa sorrise, ed emerse dalla penombra in cui si trovava. Una striatura di luce correva lungo la sua guancia destra, incontrando una sottile cicatrice in prossimità dell’occhio. Inumidì le labbra, per poi prender parola.
« Nient’affatto, continua parlare, Bronius »
« Parlare non risolverà la faccenda » ribatté sprezzante l’altro, schiaffando il giornale sul tavolo « siamo stati esposti, irrimediabilmente esposti »
Il ristretto ambiente nel quale si trovavano aveva forme rettangolari ed era spoglio da ogni mobilia, fatta eccezione per un tavolo ellittico posto al centro. Se vi fosse stata ulteriore mobilia o se la tavolata fosse stato l’unico arredamento rimase ad ogni modo discutibile, poiché l’oscurità nella quale era immersa la stanza non lasciava spazio che all’immaginazione. Erano sei le sedie a completare il quadro, in ognuna delle quali sedeva un uomo distinto ai compagni per vestiario ed atteggiamento, ma la quale età pareva raccoglierli sotto un unico denominatore.
L’unica luce di cui beneficiasse la stanza erano due file di finestre, poste a due lati opposti della stanza, dalle quali i raggi che ne filtravano erano radi e soffusi. Le vetrate erano colorate e rappresentavano scene di giostre medievali, culminanti in un maestoso rosone sul quale era incisa una scena di incoronazione. 
Sino ad allora, erano solo due ad aver preso parola nella discussione.
« Passiamo oltre. Abbiamo notizie di N? »
« È ancora fuori città »
« Non tu, Zinzolin. Gli altri » 
Zinzolin digrignò i denti.
« Ho pensato fosse una risposta che domandavi »
Parole di disprezzo esplicarono la risposta di Bronius. « Ebbene, questa è la ragione per cui sono io a capo della fratellanza e non tu »
« E quale sarebbe, se posso chiedere? »
« Non ti è richiesto pensare, Zinzolin »
Un fitto brusio si sollevò nell’aria, alleggerendo l’imbarazzo che la discussione tra Bronius e Zinzolin aveva creato. A coppie di due, i rimanenti Saggi avevano preso a parlare, anche più forte di quanto loro paresse.
« Non vedo come le vostre discussioni aiutino » sopraggiunse un terzo uomo, e indicò l’articolo incriminato, che parve risvegliare l’attenzione degli altri partecipanti « Non siamo stati chiamati a riunione per sentirvi discutere »
« Perché tu hai idee migliori, Ryoku? » 
« Non osare rivolgerti a me in questo modo, Zinzolin, o vuoi che ti ricor—»
« SILENZIO! Silenzio! Entrerò in contatto con Cress per discutere della situazione, sino ad allora il consiglio è da ritenersi sciolto »
Compiaciuto del potere a lui riservato, un sorriso illuminò il viso di Bronius.
« Non voglio che nessuno di voi metta più piede in città sino ad ulteriore avviso »
Con un gesto della mano scacciò i cinque figuri, che silenziosamente si diressero verso la porta d’uscita.

♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 17/10/11
Se per destino o per caso si fossero incrociati i loro destini, le due donne non lo seppero dire, e probabilmente non era loro interesse saperlo nell’immediato. Il salotto dove si trovavano era arredato in maniera spartana, i cui unici elementi di nota erano due poltrone, nelle quali sedevano comodamente, ed un tavolino sul quale culminava un’alta fila di scatole bianche. 
Recavano sui loro visi delle espressioni di estrema felicità, quasi ostentazione a giudicare dalle rughe apparse sulla pelle.
« È incredibile! »
« Puoi dirlo forte! Nemmeno io ci credevo, ma Giorno&Notte™ funziona! » esclamò la prima donna, sciogliendosi i lunghi capelli biondi dalla coda, e si alzò dalla poltrona per eseguire due rivoluzioni su se stessa. Era molto magra ed indossava degli abiti attillati atti ad evidenziare le sue forme sottili.
« Che fianchi! Ragazze da casa, questo prodotto è veramente fenomenale! E non dimentichiamoci del prezzo, solo 99,99 $ a confezione! Un affarone per ogni tasca! » 
La donna bionda si avvicinò al tavolino e prese una scatola, che seguente mostrò ad una telecamera in parte a lei. La apostrofò con innumerevoli lodi riguardo i miracolosi effetti che aveva sul corpo, prendendosi come esempio a rafforzo della tesi.
« Ripetiamo un attimo le prodigiose proprietà del prodotto, tutto naturale come mi preme ricordare alle ragazze che ci seguono da casa »
La seconda donna era di corporatura robusta, aveva la carnagione molto scura e portava i corvini capelli sino alle spalle. Indossava un elegante tailleur blu notte e delle stiletto dorate.
« Giorno&Notte™ è lo snellente naturale che fa per voi! Possiede una rara alga del mare di Hoenn che, combinata all’azione della Baccaguam, dona degli spettacolari poteri benefici » disse a piena voce « basteranno solo trenta applicazioni per notare i risultati! La pelle diventerà più tonica ed elastica, visibilmente giovane e luminosa, e la cellulite scomparirà! »
« Per sempre! » la incalzò la donna bionda « e non è tutto cara Judith, perché oggi avremo con noi un’ospite speciale!  »
Un jingle musicale interruppe le sue parole, e come terminò dalle quinte uscì una terza donna, vestita in camice bianco. Aveva due occhi color smeraldo e portava i capelli nocciola racchiusi in uno chignon.
« E ve lo dice Marina Freak! Che sono io! » la bionda rise alla sua medesima comicità. « Date il benvenuto alla professoressa Aurea Juniper, una luminare in questo campo! »
La professoressa Juniper raggiunse le due donne nel salotto, per poi accomodarsi nella sedia riservatale. Non sembrava entusiasta di trovarsi là, ma sforzò un sorriso a Judith.
« Buongiorno, come avete già detto sono la professoressa Aurea Juniper e vengo dalla piccola città di Nuvema Town, una cittadina nell’estremo sud-est della regione, dove ho un laboratorio Pokémon »
« Veramente interessante! » commentò Marina « ma dicci di più sulla crema! »
« Ahem, la crema Giorno&Notte™ è una nuova avanguardia—»
Fu interrotta da una voce in secondo piano che pareva recitare la correzione “avanguardistica novità”.
«—dicevo, avanguardistica novità nel campo delle creme snellenti. Le sue proprietà sono accertate e posso dirvi in tutta onestà che è la scelta giusta da fare »
Marina continuava a fissarla, e parve capirlo anch’ella tanto che riprese a parlare.
« Er, le proprietà sono molteplici. Assicura il dimagrimento nella zona addominale, nei fianchi e sopratutto nelle cosce. Riduce la cellulite—»
« La cancella dalla faccia della terra! » la interruppe entusiasta Marina.
« Esatto! » esclamò impacciata la professoressa, nel tentativo di imitare il tono della ragazza ma fallendo in una scadente emulazione. 
« Direte addio alla cellulite, ragazze! Ma parlando d’altro, che ne dite se aprissimo le chiamate da casa? Sono certa che molte ragazze avranno dei dubbi a riguardo, che la nostra professoressa saprà colmare »
La corvina esultò « Mi sembra un’idea eccezionale! Ragazze, chiamate tutte il numero, che potrete trovare in sovrimpressione: 481 516 2342, ed al costo di solo 1,08 centesimi potrete porre un quesito di vitale importanza alla nostra scienziata! »
Pochi minuti dopo, un uomo vestito di scuro passò dietro le due, gesticolando qualcosa alle mani. Le due risposero con un cenno del capo, rivolgendo un caldo sorriso all’obbiettivo della telecamera.
« Sembra che abbiamo già una chiamata, Marina! Chi sarà? »
Un ronzio disturbato si diffuse nel salotto, seguito da una voce femminile.
« Buongiorno, mi chiamo Kate e vengo da Austen, una piccola città nel nord di Unova, e ci tenevo  a dire che adoro il tuo programma, Judith! »
« Buongiorno Kate, e grazie per i complimenti! Dicci tutto »
« Ho recentemente passato qualche anno in un’isola molto lontana dalla costa di Hoenn, e il mio corpo ne ha risentito molto. Vorrei chiedere, questa crema può essere adatta per cancellare gli inestetismi della pelle dovuti a questa esperienza? »
« Ma certo che può! Professoressa, ci dica di più! »
« Ahem, la crema Giorno&Notte™ assicura una pelle luminosa ed elastica, eliminando gli inestetismi della cellulite »
« Puoi dirlo forte prof! » urlò Marina « lei sì che è esperta! »
« E mi sa dire bene quanto durerebbe il trattamento? » replicò la voce nello studio, corrotta da un leggero ronzio.
« Beh, ad occhio e croce direi un mese—»
« Anche di più! Tre, quattro mesi, e la cellulite se ne andrà! Per aiutarvi la vostra Marina Freak vi offre un sensazionale sconto! Se comprerete quattro confezioni di Giorno&Notte™, la quinta sarà in omaggio! »
Uno scroscio di applausi riempì l’imbarazzante silenzio, lasciando che la professoressa calasse in secondo piano rispetto al prodotto snellente. La disinvoltura con la quale Judith e Marina si muovevano sul palco fece sentire in disagio la professoressa Juniper, abituata com’era all’ambiente medico., tanto che fu capace di sollevarla solo l’annuncio della pubblicità.
« Ragazze da casa, mi sa proprio che è arrivato il momento della pausa pubblicitaria! Ci vediamo dopo, sempre sul Judith Shallow Show, sempre su Unova 3, fra qualche minuto, con nuove e succulente testimonianze! »
Il medesimo jingle annunciò la pausa, seguito dall’accensione di due potenti fari posti sul soffitto. Quando Juniper alzò lo sguardo notò un folto pubblico che sedeva pochi metri dietro le telecamere, davanti al quale era un uomo che ne guidava i movimenti. Senza che Judith o Marina le badassero, ritornò nel camerino, dove ad aspettarla era una raggiante Bianca, la sua stagista.
« Com’è andata? »
Serrò i denti e tirò dritta allo specchio. « Bene »
« Non sembra convinta »
Afferrò una boccetta di acqua tonica ed un disco di cotone.
« Quelle due » si trattenne dall’apostrofarle con aggettivi scortesi « è stato un vero incubo, ed il peggio era che ci credevano veramente! Quanto può essere assurdo? »
« Purtroppo ci tocca »
Juniper asserì col capo, mentre era intenta a struccarsi. 
« Non vedo l’ora di essere di ritorno in hotel, ho veramente bisogno di un bagno caldo »
« Al riguardo, prof, volevo chiederle… »
La donna volse lo sguardo a Bianca « Quell’appuntamento con la tua amica? Com’è che si chiamava, Alda? »
« Er, Hilda »
« Che nome assurdo » commentò, ritornata sul suo riflesso « comunque fa’ ciò che vuoi, basta che la mattina torni in tempo per gli altri appuntamenti »

La giornata era passata in fretta per Hilda, complice il fortuito contributo di N alla sua carriera da giornalista. Dopo esser riusciti ad inserire il pezzo nel giornale, con i dovuti tagli, erano già migliaia le copie vendute a Castelia e fuori città. Fu facile da parte sua non giustificare il fatto con il suo capo, ma con Natalie l’impresa si rivelò molto più ardua. 
La sua collega era molto restia dal pensare che la ragazza fosse stata in grado di raccogliere abbastanza informazioni da scrivere un così ricco articolo nel giro di un pomeriggio, ed anche se avesse pensato che fosse stato il frutto di mesi di lavoro, c’erano molti punti deboli nella storia.
Era per cui giustificabile, alla domanda posta dalla ragazza, vedersi rispondere 
« Fortuna! Sono stata molto fortunata »
« Un ladro che trova la porta di una casa aperta è fortunato, un Allenatore di Pokémon che cattura un Krookodile è fortunato » fece una pausa, cercando l’attenzione di Hilda « questa non è fortuna »
« Cosa posso dirti, abbiamo dei concetti molto diversi di fortuna »
Hilda tentò un movimento in avanti, prontamente fermato dal braccio di Natalie. 
« Lasciami andare » 
La collega digrignò i denti « È una fortuna che il tuo orario di lavoro finisca tra due ore »
« Lasciami andare, Natalie »
« Oh, non sarò io a trattenerti, ma Francis »
Hilda lanciò un’occhiata sbigottita alla collega. « Cosa? »
« Ho parlato con Francis del tuo misterioso articolo, e concordava con me sul fatto che qualcosa non quadrasse »
« Stronz—»
« Avrai tutto il tempo che vorrai una volta che il tuo culo sarà fuori da questo edificio per sempre »
Seguì un significativo incrocio di sguardi fra le due, interrotto dal sopraggiungere della segretaria del direttore nella stanza. A quanto pareva, Francis aveva deciso di convocarle in ufficio. 
« Non devi ascoltare nulla di quello che dice! » esclamò Hilda come sbatté la porta diedero di sé « è solo una stronza invidiosa! »
« Ehi! »
Puntò il dito indice contro il suo viso, mantenendo il contatto di sguardi con Francis.
« Sono solo bugie, posso prov—»
« Calma, calma, sedetevi pure. Non sono qui per licenziare nessuna delle due »
Le ragazze lo fissarono attonite, per poi sedersi al suo cenno della mano. 
« Dunque, qual è il motivo per il quale siete state chiamate nel mio ufficio, vi chiederete voi? »
« Io lo so—»
« Calma, Natalie, non è una gara. Dicevo, siete state chiamate qui per una questione sollevata dalla signorina Inkgard »
La collega lanciò uno sguardo soddisfatto ad Hilda.
« Licenziata—»
« Natalie, per piacer—»
« Li-ce-nzia-ta! » compitò Natalie con larghi e prolungati movimenti della bocca.
« BASTA! Tu Natalie, stai zitta » la apostrofò lui « e tu, Hilda, dobbiamo parlare seriamente. Sono rimasto molto—» si corresse « discretamente sorpreso dal tuo nuovo articolo. È stato sorprendente, devo essere sincero »
Abbozzò un sorriso. « Sono lusingata » 
« Aspetta, aspetta. La questione sollevata da Natalie mi ha portato a pensare, a pensare a lungo. »
Un brivido corse lungo la schiena di Hilda. Strinse il pugno attorno il bracciale della sedia, immaginandosi i possibili risvolti della vicenda. Erano ben poche le alternative, ed escludendo scenari da film catastrofici, vide nel licenziamento la fine più probabile. E successivamente, le sue mani attorno al collo della collega con eccessiva forza.
« Sono arrivato alla conclusione che quella di Hilda sia stata veramente fortuna »
Se mai le fosse capitato di vedere la Morte in faccia, avrebbe certamente assunto l’espressione che in quel preciso momento corrompeva il viso di Natalie. Le mani le tremavano, trattenendosi dal rilasciare violenti pugni a qualsiasi cosa le fosse capitata a tiro. Sul viso un’espressione di rabbia guidava i movimenti della bocca.
« Stai mentendo » urlò infine « è palese che ci abbia preso per il culo, porca puttana! Non la vedi? Una cretina incompetente che cerca di—»
Non servì che Francis la fermasse, si acquietò di spontanea volontà. L’espressione di dissenso dipinta nel volto del suo capo era più di quanto avesse mai visto nei propri confronti, era la linea di demarcazione che aveva appena superato, e la vittoria di Hilda il treno che l’aveva investita senza nessuna riserva. Realizzò di come il suo comportamento avesse pregiudicato il suo posto alla testata, e decise di limitare i danni.
« Hai detto abbastanza, Natalie »
« Oh, va tutto bene, non me la son presa » sghignazzò Hilda, sistemando le sue cose e lasciando i due a discutere in privato.

Hai due nuovi messaggi.
Hilda si svestì, e senza fretta si preparò una tazza di the bollente, sedendosi al piccolo tavolo del quale era fornito il suo appartamento.
Scorse lungo lo schermo del suo cellulare, alla ricerca dei due nuovi messaggi.
1:21 PM
Bianca
Ciao Hilda! Mi trovo a Castelia per lavoro e avevo pensato che potremmo incontrarci, uno di questi giorni. Dimmi cosa ne pensi asap!

Bianca, da quanto tempo non sentiva quel nome? 
Ricordava con felicità e malinconia i tempi da allenatrice passati con lei, nonostante fossero lontani a lei nel tempo. Tra la soddisfazione nell’esser stata contatta dall’amica e la curiosità, portò il dito al messaggio sotto, e lo premette.
12:53 AM
N
Buongiorno, signorina Baskerville.

Ancora lui.
Non seppe dire se trovarsi irritata o divertita delle attenzioni che quell’uomo le riservava, tutto ciò che in lui vedeva era un pupazzo gonfiabile al quale veniva assecondata una voce registrata incapace di continuare un discorso di senso compiuto. Si limitò a ripetere nella sua mente la pronuncia del suo cognome, Baskerville, con il caldo tono dell’uomo.
2:49 PM
client — N
Buon pomeriggio anche a lei, N. Le è piaciuto il mio articolo?

 
Bevve due sorsi del the, zuccherandolo lievemente alla seconda gettata.
Le sue mani gelide e candide abbracciavano la circonferenza della tazza senza però toccarla, sfiorandola al tatto con i polpastrelli delle dita, e ritraendosene seguentemente. Era bollente, come la bevanda, ma più difficilmente sopportabile.
Caso del destino o inconscio della castana, Hilda si era trovata a sorseggiare un ottimo the verde regalatole dalla madre l’ultima volta che si recò a farle visita. Come N constatò, godendosi un terzo sorso già più tiepido.
Dlin dlin.
2:51 PM
N
È stata meravigliosa.
 
Hilda scacciò un sorriso dalle sue labbra, sforzandosi a continuare la bevuta del liquido e rinviando la risposta al messaggio a dopo.
 
presente — Castelia City — 17/10/11
Il luogo designato per l’incontro fra le amiche era una piccola tavola calda nel cuore della città, collocata a metà della Mode Street, una delle principali vie commerciali della città, che correva dal cuore della Central Plaza sino al porto. Una luminosa insegna faceva capolino sulla vetrina, segnalandone l’esistenza anche ai più sbadati visitatori, cosa che aiutò molto Hilda nel trovarlo.
All’interno, qualsiasi opinione o pensiero riguardo il ristorante che nella mente di Hilda avesse raggiunto una certa concretezza, trovava blando riscontro nella perfetta mediocrità del locale. Due file di tavolini addossati agli angusti muri dello stretto salone aprivano l’entrata, finendo in uno spazio circolare una decina di metri più avanti. L’ambiente era impestato da un odore oltremodo soffocante di cottura, manifestato da una coltre di fumo che, dalla cucina, andava espandendosi nell’interno. Un’espressione di disgusto baluginò sul suo viso come si prese più tempo a guardare gli interni del locale;  ai suoi occhi sciatti ed obsoleti.
La voce della sua amica la richiamò dalla discesa all’inferno.
« Hilda! Hilda! » fece, squillante come un campanello, ed accompagnò il suo entusiasmo con un gesto rotatorio del braccio « sono qui! »
Hilda scherzò nella sua mente di come reputava avere un QI sufficientemente alto per capire un così banale concetto come l’essere lì della sua amica, ma glissò.
« Non ti avevo visto! » mentì, nascondendo ogni suo pensiero dietro un caloroso sorriso « sono così felice di vederti! »
« Anche io! Non immagini quanto! »
Bianca l’abbracciò con un eccesso di entusiasmo, per poi lasciarla sedere.
« Sono così contenta di vederti qui, Hilda »
La giovane sorrise, frugando il cellulare nella sua borsa. « Anche io, uhm » rispose con disattenzione « ma perché hai scelto questo posto? »
« È molto carino! Ci sono stata anche ieri con la Professoressa Juniper, anche se non l’ha trovato così bello »
« Oh, capisco, e hai in mente qualcosa di particolare per la cena? »
La giovane amica le sorrise. « Ci penseremo a dopo, tranquilla! C’è ancora molto da recuperare… come te la passi a Castelia? »
Fantastico, pensò Hilda. Il suo tentativo di evitare l’argomento era fallito in pieno ed ora si trovava in bilico fra l’allettante idea di mentirle o raccontarle la verità. A conti fatti, Bianca la conosceva troppo bene per non capire quando stesse dicendo una bugia.
« Me la cavo dai, e tu? Sei sempre con Aurea? »
« Sì, la professoressa si trova in città per discutere di una ricerca riguardo i tipi Pokémon, ed abbiamo arrangiato delle apparizioni in TV per arrotondare »
Un’espressione di genuina sorpresa comparve sul volto di Hilda. « In TV? Davvero? Dov’eravate? »
« Er, non ricordo bene il nome del programma, ma praticamente hanno richiesto che venisse come “esponente della comunità scientifica” per spiegare i benefici di una crema dimagrante »
Mentre la giovane la guardava divertita, Bianca era scesa nella sua borsa alla ricerca della scatoletta campione regalatale « Ecco qua! Tienila pure, non me ne faccio molto » scherzò, passandole una confezione cilindrica bianca, recante il nome “Giorno&Notte” ed il convincente slogan “Diventa bella come una stella senza sforzo!”.
« E lei ha anche accettato! » rise « siete un po’ disperati o sbaglio? »
« Abbiamo colto l’occasione più che altro, alla professoressa è sembrato un buon modo per ottenere dei fondi »
« Immagino… » commentò, figurandosi l’esilarante scena nella sua mente. « Ma dimmi, come va con Cheren? Siete ancora insieme? »
« Le cose sono complicate, è stato chiamato ad Aspertia per un lavoro e non penso ritornerà » 
« Cavolo, mi dispiace! »
Bianca sorrise, senza risponderle. Invece, le rivolse un caldo sorriso, inclinando il capo. Senza accorgersene, le loro mani si erano congiunte.
« Mi è mancato vederti, Hilda »
Un genuino sorriso comparve anche sul volto della giornalista. « Anche a me »
« Purtroppo così ci tocca » commentò malinconica, per poi cambiar tono « comunque è molto importante per la sua carriera, si sta parlando di una nuova Palestra »
« Davvero? Che bella notizia! »
« Lo so! È quello che gli—»
All’improvviso, una dolce sinfonia riempì l’aria. La mano dell’amica corse nella tasca destra, e come ebbe trovato l’oggetto del cercare il suono cessò. Sul suo viso, un’espressione imbarazzata seguiva l’interruzione. 
Fece una smorfia con le labbra, che Hilda afferrò al volo.
« È tutto ok, vai pure se devi »
« È urgente, non so come scusar—»
« Vai, tranquilla. Offro io »
La figura sottile e slanciata della ragazza fece slalom fra i tavolini e le sedie per poi scomparire dietro la coltre di fumo che impestava l’entrata, accompagna dal tintinnio della campanella sulla porta. 
Sola, Hilda diede uno sguardo alla situazione in cui si trovava, decidendo di non voler passare un minuto di più in quel luogo. Recuperò una banconota dalla tasca e la posò sul tavolo, dopodiché uscì finalmente da quel locale.
Le temperature autunnali cominciavano a farsi sentire, manifestandosi in fugaci e brevi folate di vento gelido. Ebbe cura di chiudere ogni bottone del cappotto, e s’incamminò verso la via di casa. La sera si apprestava a calare, lasciando del sole che il ricordo impresso nel bagliore purpureo delle nubi, e la luna, avida di luce, era pronta a salire incontrastata a cavallo della volta celeste ancora un volta. 
Aveva dimenticato, presa com’era stata dal lavoro, quanto le piacesse passeggiare per le strade di Castelia la sera, le infondeva una sensazione di pace che neanche il più gelido degli inverni sapeva scuotere, quando la città rallentava e si distendeva ad ammirare il cielo trapuntato di stelle. Era questo che l’aveva fatta innamorare della metropoli più di qualsiasi altra cosa.
Dlin dlin.
7:43 PM
N
Buonasera, principessa.
 
Come rovinare una serata non così malaccio in partenza. Le intenzioni di finire dignitosamente la giornata con una vaschetta di gelato davanti alla TV apparvero più che mai lontane ed irrimediabilmente compromesse.
Dlin dlin.
7:44 PM
N
Le darebbe fastidio se ci incontrassimo al Prime Prier?
 
Inizialmente si trovò persa, ma le bastò un attimo di ragionamento per capire che il Prime Prier si trovasse esattamente di fronte a lei, essendo una prosecuzione della Mode Street. In lontananza le sembrò di vedere la figura dell’uomo, ma scacciò quell’idea dalla testa. 
Il solo pensiero che quell’inquietante personaggio sapesse la sua posizione ad ogni momento della giornata era per lei fonte di inquietudine, e la teoria dello stalker prendeva in lei sempre più vita.
7:44 PM
client — N
Come potrei rinunciare?
 
La strada per il molo le impiegò altri dieci minuti, e dopo qualche attimo di smarrimento riuscì finalmente ad individuare il ragazzo, intento ad osservare il mare. Furono i capelli a colpirla, essendo rimasti parzialmente celati al loro primo incontro. 
Assieme a lui v’erano altre persone a vagare per il porto, ed altrettanto parevano incamminarsi in quella direzione. Una ragazza con una macchina fotografica alla mano, un gruppo turistico, un gruppo di ragazzi, un’immagine così bella per poter esser rovinata da N.
« Buonasera, N » esordì, con una nota di sarcasmo nella voce.
Il ragazzo era esattamente come lo ricordava il giorno prima, presentava i medesimi lineamenti e lo stesso scintillio negli occhi che l’aveva colpita. I suoi due occhi smeraldini non parevano voler distogliersi dall’orizzonte, quel giorno una linea appena impercettibile fra il mare ed il cielo.
« Lo sa cosa mi piace del mare, Hilda? » rispose, eludendo la domanda.
« La possibilità che ha di annegarvici dentro? »
« Oh no » continuò, calmo e pacato, « il suo essere ai nostri occhi infinito, ma finito allo stesso tempo »
« Interessante pensiero per un tema di prima elementare. Il mare perenne, in tutti i sensi »
« Mi chiedo ancora come mai Bianca sia sua amica, lei è nettamente più gentile »
« Lo sono tutti »
N le rivolse finalmente il viso, sorridendole. Un sorriso beffardo, concluse Hilda, ma era sempre qualcosa. « Non si butti giù così, anche lei ha delle qualità »
« Allude al fatto che le ho creduto? Alcune volte so essere tanto stupida, lo riconosco » lo rimbeccò lei, alludendo agli eventi della giornata precedente. Solo ora che ne parlava si rendeva conto di quanto stupida fosse effettivamente stata, comandata come un burattino da un individuo tanto inquietante quanto insignificante a lei.
« È stata una scelta ponderata. Le ricordo che comunque può rompere l’accordo quando vuole »
« Quale accordo? »
« Lo scambio di informazioni. Informazioni, in cambio di un favore »
Il tono e la presunzione dell’uomo stavano dando ai nervi di Hilda.
« Di quale favore parla? Da quello che ricordo era a senso unico lo scambio »
N sorrise nuovamente, alzando gli occhi al cielo. Eludere le domande e lo sguardo dell’interlocutore parevano essere le cose alle quali lui era più bravo.
« Può darsi che abbia ragione lei »
« E la smetti con questa storia? Con questo lei? È irritante »
« Come vuoi, Hilda »
La sensazione che quell’uomo le trasmetteva era di quanto più brutto avesse mai provato. Un freddo, cupo e grigio malessere, una sensazione di disagio crescente che stare assieme a quella persona la pervadeva, e come lame di acciaio la attraversava.
« Vuoto »
N si girò a guardarla, ma lei colse l’occasione per evitare il suo sguardo, portando i castani occhi alla strada.
« Le hanno mai detto che è vuoto? »
Il ragazzo fece una pausa, cercando inutilmente il contatto visivo con la castana.
« Non che io ricordi »
« Bene, allora si segni questa data sul taccuino »
Dette quelle parole, Hilda s’incamminò verso casa, sfoggiando un ampio sorriso da ebete sul suo viso. Aver trattato N come lui aveva fatto in precedenza con lei non aveva prezzo.
Come si allontanò, la ragazza intenta a scattare foto rivelò il suo volto. Si tolse il cappuccio, mostrando una lunga chioma castane due occhi color miele: era Natalie Inkgard. Soddisfatta per le foto raccolte, si allontanò dal porto.
 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 18/10/11
« Ciao, sono Hilda, al momento non sono disponibile, parla dopo il bip! Bip »
« Ciao Hilda, sono Francis. Volevo dirti che sono arrivato alla conclusione che, data la tua grande fortuna, non ti sarebbe stato un problema scrivere un articolo come quello di ieri. Molto bene, lo voglio entro venerdì sulla mia scrivania o sei licenziata »




But if I know you
I know what you'll do, you'll love me at once, a way you did once upon a dream.
Non so cosa dire, oggi la taglio senza nessuna spiegazione, è tardi and I can't function.

I'm burning up a sun just to say goodbye
herr
 

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Capitolo 3
*** Chapter III - The Grasshopper Shall Be a Burden ***


Chapter III
The Grasshopper Shall Be a Burden


(ricordati del tuo creatore)
quando si avrà paura delle alture
e degli spauracchi della strada;
quando fiorirà il mandorlo
e la locusta si trascinerà a stento
e il cappero non avrà più effetto,
poiché l'uomo se ne va nella dimora eterna
e i piagnoni si aggirano per la strada”

                                                                          Qoelet 12:5
 
 
presente — Castelia City — 18/10/11
9:03 AM
N
Ho cercato la parola “vuoto” sul vocabolario.
xx
Baci.
Baci.
Fottuti baci.
Un sorriso isterico balenò sul volto della giovane, come scorreva lungo lo schermo del suo cellulare. Per quanto le suonasse paradossale, l’unica persona con la quale non avrebbe mai più voluto parlare era anche l’unica che le correva dietro. Al solo pensiero le veniva il mal di testa.
Ma la faccenda non era di così facile risoluzione.
Le idee di Natalie erano in qualche modo riuscite a fare breccia dentro la testa di Francis, con la conseguenza che ora era stata richiesta di scrivere un nuovo articolo con i medesimi tempi dell’articolo precedente. Una follia, a detta di Hilda, ma apparentemente qualcuno l’aveva presa meglio di quanto lei pensasse. Spaccata sull’accettare le avance di N o, diversamente, dimettersi dal giornale, aveva preso appuntamento la mattina del giorno successivo, sperando di trovare una soluzione che non facesse a a pugni con la sua dignità.
Scelta sciocca.
Più il tempo scorreva, cadenzato dal ritmico oscillare di un pendolo a parete, più i pensieri nella mente della giornalista si facevano confusi, andavano cozzando gli uni contro gli altri e ciò a cui riusciva a pensare si riduceva ad una folta chioma verde. E purtroppo, la risposta a questa sua condizione pareva lontana dall’essere scoperta.
Passò altro tempo, che parve un’eternità ad Hilda, seduta in attesa che il suo capo la chiamasse dentro, dopodiché fu finalmente ricevuta. Il viso di una donna di mezza età baluginò dalla porta, lanciando occhiate furtive attorno. Dopo che ebbe visto la giovane le fece segno di entrare con la mano, per poi uscire a sua volta.
« Buongiorno, Hilda » esordì l’uomo, la cui attenzione era rubata da un libro che reggeva in mano, “La cavalletta non si alzerà”,  « accomodati pure, ho quasi finito »
« Buongiorno » riuscì a dire lei, fra l’imbarazzo ed il nervoso « volevo solo chieder—»
« Accomodati, ho detto »
Abbassò il libro, ingaggiando un contatto visivo con la giovane. Il suo sguardo freddo e autorevole la convinse a seguire gli ordini.
« Sono a conoscenza del motivo dell’incontro »
« Ah, sì? » l’aveva colta di sorpresa. Era palese che avesse capito riguardasse l’articolo, ma qualcosa in Hilda rallentava questi meccanismi così semplici e scontati « come fai a saperlo? »
« Mi prendi per il culo, Hilda? »
« Non lo farei mai, no, no » come una stanza messa a soqquadro, la sua mente era incapace di ragionare « no, no, non era quest—»
« Hilda, calma »
Fece un cenno con il capo. « Sì, sì, starò calma »
« Bene » 
Fece un giro di trecentosessanta gradi sulla sua sedia, dopodiché estrasse una copia di giornale da un cassetto. Era il Castle del giorno prima, e sul fronte recava a caratteri cubitali l’intestazione del suo pezzo sul Team Plasma. Avrebbe dovuto sentirsi orgogliosa, ma per qualche motivo l’unica emozione che poteva provare era un profondo disagio.
« Hai ricevuto il mio messaggio? »
Esitò. Raccolse le idee, si ricordò del messaggio telefonico, ed asserì col capo.
« Ottimo, allora saprai già cosa devi fare »
« Sì, ecco, era a questo—»
« Saprai già cosa devi fare » ripeté, fissandola intensamente negli occhi « sì, o no »
« Sì, ma—»
« Sì, o no »
Hilda lo fissò a sua volta. Non era decisa a dargliela vinta, non aveva intenzione di vedersi calpestata ancora una volta, no. Questa volta sarebbe andata diversamente, questa volta gliel’avrebbe fatta vedere cosa poteva la grande Hilda Baskerville. Lo riconosceva, grande era magari un termine esagerato, ma rendeva bene l’idea.
Fece un profondo respiro, mettendo in ordine i pensieri accumulati nella sua mente.
« Sì »
Le labbra dell’uomo s’incresparono. « Allora non abbiamo più nulla da dirci »
 
♦︎ ♦︎ ♦︎

 
presente — Castelia City— 18/10/11
Un silenzio tombale regnava nella stanza. Il buio ricopriva le pareti, abbracciando nella sua morsa ogni cosa che non incontrasse il beneficio della luce, una sottile lama sferzante il vetro attraverso delle fitte veneziane. Ciò di cui era composto l’ufficio non era poi così di nota da meritare la luce e la vista delle persona; la mobilia infatti si riduceva ad una scrivania ed una poltrona a braccioli, occupata da un uomo.
L’assenza di rumore fu interrotta dal sordo eco delle nocche battenti sul legno. « Signor Zinzolin, signore, è permesso entrare? »
Una voce dall’altra parte della porta rispose affermativamente.
« Signor Zinzolin, signore, è appena arrivata una chiamata »
Zinzolin si levò il copricapo, appoggiandolo alla scrivania, ed eseguì una rotazione di centottagradi sulla sedia. Ora dava la schiena al sottoposto. 
« Parla »
La voce dell’uomo era roca e grave, un insignificante e misero tono di voce che, nel buio più pesto, senza trovare un riscontro visivo si fermava al mero udito. Era la vista del saggio che incuteva timore, ragionò il sottoposto, la presenza massiccia ed altera di una figura così disprezzante e disgustosa che la sola prossimità era motivo di disagio in lui.
« Il signor Grimsley la vuole contattare »
L’anziano grugnì. « È ancora presto »
« Lo richiamo, signore? »
« No » sussurrò « di’ che verrò »
« Ai suoi ordini »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 18/10/11
Hilda sbatté la porta dietro di sé e si gettò sul piano cottura. 
Aprì un’anta, rivelando una scorta decennale di bustine da the, dalla quale prese un classico Earl Grey. Non appena recuperato anche il bollitore, mise l’acqua a scaldare e preparò sul tavolino dei biscotti.
« Posso entrare? »
A quelle parole seguì un sonoro battito di nocche sul legno. Strano ordine di azioni, pensò fra sé e sé.
« Fino a prova contraria la cucina è accessibile a tutti » 
La figura di Natalie spuntò fuori dalla porta. « Pensavo gradissi della privacy »
« Se avessi voluto della privacy sarei tornata a casa »
« Tecnicamente è ancora orario di lavoro » scherzò lei gentilmente, ed abbozzò un caldo sorriso « volevo solo dirti—»
« Non mi interessa cosa volevi solo dirmi. Dillo e basta, o lasciami in pace »
Afferrò una sedia e la trascinò di fronte e lei. Si sedette.
« Penso che siamo partite col piede sbagliato »
« Io no » tagliò corto Hilda « altro? »
« Sono seria, Hilda »
« Anche io »
Lo sguardo di Natalie vagò in alto, mentre la sua mente cercava di elaborare un modo miglior per cominciare la frase.  
« Potremmo uscire »
« Ottima idea, ti precedo »
La giovane si alzò, dirigendosi verso la porta, ma il braccio dell’altra fu più celere a fermarla.  Hilda arretrò, rivolgendole lo sguardo: poteva leggerlo nei suoi occhi, non era il miglior momento per intraprendere un discorso di quel tipo.
Mostrò uno sguardo interrogativo, che la castana recepì.
« Francis mi ha chiesto un altro articolo, devi essere soddisfatta ora »
« Io—»
« Non sprecarti » ringhiò, strappando il suo braccio dalla morsa che la costringeva « ho di meglio da fare »
Allo stesso modo in cui era entrata, sbatté la porta in uscita. 
Il bollitore fischiò.
Uscita in anticipo da lavoro, tutto ciò a cui riusciva a pensare era l’articolo. Lo spettro di esso infestava la sua mente, manifestandosi all’interno di ogni pensiero lei facesse e costringendola a non distogliere mai l’attenzione dall’obbiettivo. Una sensazione di rabbia la pervadeva, una rabbia che cresceva nelle sue vene e pulsava in testa, rimbombando con la voce di N nei suoi pensieri.
N, l’uomo dei misteri, l’unica persona in grado di risolvere i suoi problemi.
Frugò nella sua tasca alla ricerca del telefono, digitò il suo numero e presse il simbolo della chiamata.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Stefania, come posso aiutarla? »
Cosa. 
Cosa.
Sgranò gli occhi: la situazione aveva dell’assurdo.
« Stavo cercando un certo N »
« Emma? »
« No, N, è un ragazzo dai capelli verdi, alto, parla come un minorato mentale, questo è il suo numero »
« Mi dispiace signora, ma questa è EKI, la vostra luce—
« nel buio dell’incertezza » la interruppe lei « la so la solfa, mi sa dire come mai chiamando il suo numero risponde ‘sta EKI? »
« Mi dispiace signora, non penso di poterla aiutare »
« Grazie comunque, arrivederci »
Riattaccò.
Non volendo arrendersi, decise di fare un ultimo tentativo.
11:57 AM
client — N
Incontriamoci

Stette a fissare lo schermo del telefono per qualche minuto, e finalmente il fatidico squillo risuonò nell’aria.
12:01 AM
N
Dove sono finite le buone maniere?

Stronzo.
12:01 AM
client — N
Alla EKI

Questa volta fu più veloce. 
Dlin dlin.
12:02 AM
N
Touché.

Stronzo.
12:02 AM
N
Sarò contento di vederti al punto di ristoro dei Liberty Garden, questo pomeriggio. Se gradisci, possiamo pranzare assieme.

 
Nonostante fosse riluttante, avrebbe anche cenato con il diavolo in persona pur di tenere il suo lavoro. Ma, ragionò, sarebbe stato decisamente più gradevole.
Impiegò poco tempo a raggiungere il molo ove attraccava la navetta, e solo mezz’ora dopo era già arrivata all’Isola Vittoria. Un cielo terso da ogni nube si estendeva sopra di lei, illuminato da un pallido sole autunnale. Il vento soffiava forte, spazzando la terra ed increspando il mare, tanto che dovette chiudersi da capo a piedi per resistervi. Folate improvvise gonfiavano la bandiere e lanciavano in aria i rifiuti lasciati a terra.
Preso come punto di riferimento il faro, che maestoso troneggiava al centro del fazzoletto di terra, si diresse ai giardini nella speranza di identificare nella folla la verde chioma del ragazzo, ma con sua grande sorpresa non la vide. Si sentì delusa, un sentimento che non avrebbe mai pensato di provare per lui: era questo l’effetto che aveva su di lei? Sinceramente non le interessava, finché tenesse fede ai propri patti.
Si accomodò su un tavolino e prese il telefono alla mano, notando un messaggio nuovo. Il rumore del vento doveva averlo coperto, pensò.
12:42 AM
N
Mi dispiace, ma non sono riuscito a venire

Ancor prima che potesse rispondere, l’apparecchio sobbalzò fra le sue mani.
12:44 AM
N
È dispiaciuta?

 
Che la risposta fosse sì o che la risposta fosse no non le interessava. Non aveva intenzione di dargliela vinta, qualsiasi fosse il costo. Mentire ad N le dava un senso di appagamento, mentre mentire a se stessa le era indifferente. 
12:44 AM
client — N
Affatto, sono sollevata

 
Un sorriso illuminò il suo viso.
Dlin dlin.
Cosa voleva ancora?
12:44 AM
N
A vedere la sua faccia non sembra.

Non era possibile, non lo accettava. Ritenne inutile controllare dell’effettiva presenza del ragazzo attorno a lei, perché da come si era presentato avrebbe ritenuto credibile che potesse scendere dal cielo a bordo di un elicottero, ma ciò non cambiava i suoi sentimenti nei confronti del ragazzo. Una fuoco le ribolliva dentro, il fuoco della rabbia; rabbia di esser presa continuamente in giro da un individuo che non riteneva nemmeno degno di rivolgerle la parola.
« Buongiorno, Hilda »
Hilda si lasciò scappare una risata isterica.
« Ti diverte tutto ciò, vero? »
N abbozzò un sorriso come prendeva posto di fronte a lei. « Sono contento che lei abbia accettato il mio invito »
« Ti ho appena fatto una domanda » ringhiò « ti ho appena fatto una fottutissima domanda, ed esigo una risposta, santo dio! »
« La sorprenderebbe sapere quali siano i miei passatempi » ammiccò lui.
« Immagino » ribatté aspra, alzandosi dalla sedia « ma ora, scusami, ma ho di meglio da fare che stare a prendermi in giro da un come te »
« Aspetta Hilda, non ti interessa neanche cosa ho da dirti? »
Hilda non si girò, ma continuò a camminare. « Non se queste sono le condizioni »
Non vi fu altro da dire. 
Il ragazzo non la rincorse, e se da un lato ciò la sollevava questo la rendeva anche un po’ dispiaciuta, in fondo al suo cuore sperava di significar di più ad N. Consapevole di quanto fosse sbagliato il pensiero, scacciò l’idea dalla mente, e continuò a camminare imperterrita controvento.
Dlin dlin.
12:51 AM
N
Scusa.

La sua ultima preoccupazione era quella di leggere cosa avesse ricevuto, ma in qualche modo decise di aprire il contenuto del messaggio. Ciò che lesse, inaspettatamente, la fermò dal suo andare. Era in verità una parola molto comune, che perdeva anche parte del suo significato tanto veniva usata, ma in essa scorse qualcosa di diverso rispetto alle altre. N, o in qualunque altro modo quell’individuo si fosse chiamato, non si sarebbe mai scusato, su questo poteva giurarci, e allora perché fare ciò? Bugia? C’erano buone possibilità, constatò, ma non ci volle credere. Sperare che quel freddo essere avesse un cuore era rassicurante.
Si voltò, e trovò il ragazzo nel medesimo punto di prima, gli occhi persi nel vuoto, ma egli non ricambiò lo sguardo. Le diede l’impressione di sapere di esser osservato, e probabilmente era così, ma lo divertiva, ne era certa.
« Accetto » esordì, richiamandolo all’attenzione. Si sedette ed accavallò le gambe. « Ma ad una condizione »
N asserì.
« Basta coi giochetti »
Si aspettava di ricevere una richiesta del tipo. Fece un sorriso beffardo com’era suo solito. « Promesso »
Hilda sorrise. « Molto bene allora, cos’hai per me? »
Estrasse un plico di fogli con immagini dell’Elite Four a coprire ogni spazio. Non riuscì a leggerne il contenuto, ma ipotizzò che fosse importante.
« L’Elite Four ha intenzione di eleggere un nuovo Campione » cominciò, passandole i fogli.
« Non è possibile, non possono farlo! »
« Non potrebbero, non in condizioni normali »
La giovane non era molta convinta, ma continuò a leggere le informazioni che aveva davanti.
« E su chi ricadrà la scelta? »
« Iris »
« È sicuro? »
Un sorriso beffardo illuminò il viso di N. « Dopo che l’avrai scritto tu, sì »

Il ritorno dall’isola fu più breve di quanto avrebbe immaginato. Non capì il perché, ma pensò che ciò fosse dovuto all’entrata di N nella sua vita; tutto pareva rallentare, ora che era riuscita finalmente a prendere in mano gli eventi, a controllarli, a smettere di fluttuare. Riscopriva lati di sé che non ricordava esistessero, sepolti dal tempo e dalla grigia monotonia della città.
Come era intenta ad aprire la porta di casa, una limousine nera si accostò alla strada. Non la vide in realtà, a richiamare la sua attenzione fu lo squillare di un telefono, anche se a ben guardare nessuno si trovava prossimo alla ragazza in un raggio di dieci metri, così il suo sguardo scese sulla strada, individuando nella fonte del rumore un telefono pubblico. 
Non sapeva neanche potessero esser chiamati.
Approcciò la cabina, aperta, ed afferrò la cornetta.
« Buongiorno, signorina Hilda » gracchiò una voce.
« Buongiorno, Servizio Clienti della EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, come posso aiutarla? »
Udì una risata graffiata provenire dall’apparecchio.
« Signore, mi sente? » continuò Hilda, presumendo di esser stata contattata da un altro amico di N « signore, ho paura di dover attaccare, in caso di mancata risposta vada a farsi fottere »
Un sorriso a trentadue denti illuminò il suo volto, ma come buttò giù l’apparecchio, esso riprese a suonare.
« Buongiorno, Servizio Client—»
« Salga in macchina »
I suoi occhi scivolarono lungo il marciapiede e vide la scintillante limousine accostata sul ciglio della strada. Nulla di peggiore, pensò. Se N o chi per lui pensava che sarebbe stato così facile attrarla nella tana del lupo, si sbagliavano. 
Fece per rientrare nell’edificio, ma il telefono continuava a suonare. Sarebbe rimasto sino a che lei non si fosse decisa ad entrare. Fantastico, continuò a pensare. Si avviò alla vettura, cercando all’interno del finestrino un contatto visivo ma era impossibile guardarvi dentro. I vetri erano oscurati, e quando aprì la porta vide degli interni nero pece e udì una sinfonia ronzare dalle casse poste all’altezza delle sue caviglie. 
Dall’altra parte del sedile, in quella che sembrava pelle animale, un uomo anziano. Il suo viso era scavato e la carnagione diafana, coperto da una barba sulla punta del mento. Gli occhi freddi ed affaticati la fissavano, senza un particolare barlume di espressione che trasparisse dai caratteri del volto. Non puzzava, ma ugualmente una sensazione di disgusto s’insinuò nella giovane, correndo sulla sua pelle e rallentandone i movimenti. 
Era titubante ad entrare nella tana del lupo, nonostante questa fosse più lussuosa di quanto avrebbe immaginato. D’oro o di piombo, rimaneva tale.
« Buongiorno, Hilda »
Una voce fredda e roca rimbombò nelle orecchie della castana. Cercò di collegare la voce ad un’immagine, ma tutto ciò che vide fu un vecchio in tenuta da pesca. Una caduta di stile rispetto ad N.
« Se lo ritiene tale »
Vedendola impacciata, la invitò a sedersi assieme a lui con un secco gesto della mano. Dopo che ebbe chiuso la portiera, la limousine partì, aumentando velocità su Mode Street.
« Sono molto contento che tu abbia accettato il patto, Hilda »
Hilda sorrise. « Non è reciproca la cosa »
« Lieto che non ti manchi l’ironia, ma ti prego di metterla da parte per un momento e di ascoltarmi » continuò, il viso non sembrava aver assunto inflessioni di alcun tipo, « è una questione molto delicata »
Si limitò ad asserire con il capo.
«  Vedi, quando mi è giunta voce della notizia, sono rimasto sorpreso. N non è mai stato, per così dire, un eccellente affarista »
Zinzolin accennò ad una pausa, ma ben presto vide nessuna parola nascere sulle labbra di Hilda, il cui sguardo era perso negli edifici di Castelia. La vettura svoltò a destra, ed individuò una strada laterale cui unico sbocco era Mode Street: non si stavano veramente muovendo, si limitavano a girare attorno al palazzo, constatò. 
Riprese a parlare.
« Ecco, il motivo del nostro incontro è proprio questo »
Quale motivo?, pensò. Non si erano già detti tutto lei ed N? Cos’è che aveva mancato di dirle? Mostrò una faccia sorpresa, con l’intenzione di comunicare al suo interlocutore questa lacuna.
« Mi scuso in precedenza, ma forse i termini dell’accordo non sono stati esplicitati come dovuto.
« Per poter assicurare la tua completa fedeltà alla causa, ho paura che le parole non basteranno »
La sorpresa mutò celermente in un’espressione di indignazione. Prima che Zinzolin poté continuare, si mise di fronte al suo viso per palesare il disappunto.
« Non so cosa tu ti aspetti da me, ma non muoverò uno spillo »
« Sono al corrente che la tua amica Bianca Walters è a Castelia per questioni lavorative » continuò, eludendo l’intervento della giornalista « come sono al corrente che vi siete già incontrate. Tutto ciò che ti chiedo è impossibilitarle di recarsi all’incontro per l’ottenimento dei fondi per la ricerca del laboratorio »
Arrivata alla conclusione del discorso, ci mise un po’ ad elaborare nella sua mente il significato di quelle parole. La completa calma con la quale parlava dava una patina onirica alla situazione, facendo risultare una proiezione della mente di Hilda più che un evento reale. Scosse la testa, incontrando lo sguardo freddo e distante dell’uomo: era tutto vero.
« Mi sta chiedendo di farla licenziare »
« Questo lo dici tu, Hilda »
« Questo è quello che mi stai chiedendo di fare »
Zinzolin rise. Un riso freddo e distante, incapace di trasmettere alcuna sensazione positiva. 
« Speravo capissi, Hilda »
« Non c’è niente da capire » sbottò « non so con quale razza di coraggio tu mi stia chiedendo di—»
Alzò la mano, agitandola di fronte allo specchietto retrovisore. « Deduco che il nostro incontro finisca qui. Timothy, accosta la macchina e fai scendere la signorina »
« Capisco che la situazione sia, come dire, spinosa, ma è una questione molto importante per me. Se hai bisogno di schiarire la mente, guarda la UBC questa sera, sarà illuminante »
La macchina si fermò senza preavviso, e senza ulteriori giri di parole Zinzolin fece scendere Hilda. Come voltò le spalle alla vettura, essa scomparve dietro una via minore nel dedalo di strade che si sviluppava lungo la Mode Street. Possibilmente, era ancor più confusa di quanto fosse prima, ma, se poteva considerarlo un sollievo, gli estremi del patto si erano chiariti. Ad un prezzo che mai avrebbe accettato, concluse rincasando.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
 
presente — Opelucid City — 18/10/11
Era giunto prima del previsto, concluse Grimsley, trovatosi ad aspettare l’arrivo dell’interlocutore fissando l’orologio. Scoccò le otto, esattamente un quarto d’ora dalla sua venuta. Fu arduo per lui scendere in piazza e passare inosservato, ma con un buon camuffamento riuscì ad eludere anche i più attenti osservatori e raggiungere il luogo dell’incontro senza problemi. Il problema, ragionò, era il ritardo dell’altro.
Passò altro tempo, dopodiché ad arrivare fu Zinzolin, avvolto in un lungo trench da pesca slabbrato e ricucito più volte, il quale prese posto di fronte all’Elite, impaziente di aprir bocca. 
« Ho i due dalla nostra parte, e raggiunta la maggioranza sarà un gioco da ragazzi procedere » 
Un sorriso illuminò il volto del vecchio, che si complimentò con sé stesso per come gli eventi si erano svolti. 
« Molto bene… la ragazza saprà esserci molto utile di questo passo »
« Sì, sì » mormorò « ma come facciamo ad essere sicuri che lei non ci tradirà? »
Le labbra del vecchio si dispiegarono in un’espressione di cupa soddisfazione. Spiegò il suo piano a Grimsley, che rimase sorpreso di come fosse riuscito a tessere una trama così elaborata. Restò decisamente colpito, si ripeté il saggio in testa.
« Ci sarebbe un ultimo problema di cui dovremmo parlare, Zinzolin »
Agitò l’indice destro di fronte al ragazzo, segno di disappunto. « Niente nomi avevamo detto, non qui almeno »
« Posso sapere che terrai fede al tuo patto? »
Il saggio si limitò a sorridere, salutando l’altro.



As you know, Bobgot nothing to say.

herr
 

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Capitolo 4
*** Chapter IV - Drowned by the Gods ***


Chapter IV
Drowned by the Gods




 
presente — Castelia City — 18/10/11 
Hilda non poteva definirsi stanca, ma era stata molto provata dalla giornata avuta. Sentiva ancora rimbombare nella sua testa le parole di quell’uomo senza nome, le minacce e quant’altro vi avesse letto fra le righe in quel suo discorso. Anche allora, dall’interno di casa sua, non si sentiva sicura. Sapevano dove abitava, cosa li avrebbe fermati dall’entrarvi e farle una sorpresa? Un portone? Amareggiata, trasse le dovute conclusioni: no. 
Si buttò sul divano, alzando lo sguardo al televisore, ma in suo aiuto nessun fantomatico programma sembrava balenare in televisione. Incapace di mantenere il contatto visivo, lasciò scivolare gli occhi dietro l’apparecchio, e si perse nella etera bellezza del golfo di Castelia. La sera ed il freddo erano già calati sulla città, avvinghiando i palazzi e le strade nella loro morsa.
Quasi potesse udire i suoi lamenti, la pubblicità cessò, cedendo il passo ad una prospettiva dello skyline di Castelia, mentre in sottofondo correva un jingle musicale. Come esso finì, la telecamera inquadrò uno studio, al quale da sfondo faceva la precedente ripresa della città. Se inizialmente il primo piano sul giornalista le impediva di riconoscere il volto del misterioso uomo, quando la ripresa si fece più ampia collegò molto facilmente gli eventi precedenti a quel momento alla trasmissione. Hilda riconobbe nell’ospite i lineamenti aspri e rovinati dell’individuo con il quale ebbe la breve chiacchierata in macchina, il nome che scorreva al di sotto del suo viso, Zinzolin.
Sorrideva, un sorriso maligno che piegava le sue labbra ed accentuava le rughe nella zona più bassa del suo viso, gli occhi piccoli e stretti che osservavano l’ambiente circostante con circospezione.
« Buonasera, Zinzolin » esordì il giornalista, sprecandosi in brevi accenni alla figura dell’uomo e presentandolo agli spettatori — così anche ad Hilda — come un importante vertice del Team Plasma. Il discorso prese subito una piega su quell’argomento, andando a toccare un tasto dolente per la giornalista.
« Ovviamente non posso dilungarmi troppo su quelle che sono le direttive della nostra, se possiamo così chiamarla, associazione, ma se lei ha interesse posso rispondere ad eventuali domande che, penso, si sia preparato » 
Niente nel suo volto era capace di trasparire emozioni, di tradire un barlume di felicità, rabbia, o qualsiasi altro stato d’animo.
« Cominciamo dalle indiscrezioni sui presunti movimenti del Team Plasma in regione, dunque. Sono certo che lei abbia letto l’articolo, alla portata di tutti oramai, dove viene detto come voi vi siate distinti per azioni illecite ed illegali, come rapimento di Pokémon, vuole dare una spiegazione a riguardo? »
« Speravo mi facesse una domanda del genere » borbottò « e sono felice di portare luce sulla faccenda. Ho letto con molto interesse l’articolo in questione, e l’ho trovato senza dubbio stuzzicante, ma è difficile che riguardi anche solo in parte il Team Plasma »
« Sta dicendo che è falso? »
« È spazzatura »
Un gelo calò in studio, fuoriuscendo dallo schermo e pervadendo Hilda. Un brivido le corse lungo la schiena, mentre immobile osservava il pubblico sconvolgersi per l’affermazione. Non voleva credere a quanto era successo, non poteva farlo. Era tutto così sbagliato, come aveva potuto N darle notizie artificiose? O, in caso fossero state vere, come poteva quell’uomo smentirla così? Tacciarla di bugia? Una tempesta di domande la investì.
« È un’affermazione molto dura, le ricordo che in caso lei abbia ragione, la giornalista in questione è passibile di denuncia »
« Sono sicuro che non sia colpa sua, in molti casi sono le fonti a sbagliare, ma penso che prenderemo in analisi la situazione per capire cosa fare »
Troppo scossa per continuare l’ascolto dell’intervista, si lasciò cadere tra le braccia di Morfeo, mentre in sottofondo le parole di Zinzolin saturavano l’aria.

 
presente — Castelia City — 19/10/11 
I suoi passi si incrociavano fra loro con tanta velocità quanta goffaggine. Le sue dita tamburellavano sulla gonna, una delle poche che possedeva nel suo appartamento, ed il suo sguardo era intento ad osservare la situazione dell’ufficio del suo capo, Wiseman. Era vuoto. Emise un profondo sospiro, dirigendosi alla sua scrivania, e fece finta di mettersi al lavoro nella più totale calma. Hilda non si era mai trovata in una situazione del genere prima di quel momento, ma era ben consapevole delle storie che si raccontavano, e l’ultima cosa che lei volesse era quella di diventarne parte. 
Come un tuono, la porta del piano emise un boato, annunciando l’entrata dell’editori-in-chief Francis Wiseman il quale, valigetta alla mano e sigaretta inforcata nelle labbra, attraversò a passo spedito il piano per poi chiudersi nel suo ufficio. Pareva infastidito, pensò Hilda. Cercò di evitare le occhiate che lanciava alla redazione, indistintamente, e che la castana riconosceva ogni volta come esclusive sue, ritenendosi salva solo nel momento in cui vide scomparire la sagoma dell’uomo dietro la spessa porta del suo ufficio.
Era salva.
Il tempo che seguì, si occupò di sistemare a computer la bozza ricevuta da N il giorno prima, sperando che anch’essa non si rivelasse incorretta, o fosse smentita come tale. Non si capacitava di come quel ragazzo le avesse potuto passare un articolo falso, sicuro com’era, e arrivò a capire che doveva esserci un disegno maggiore dietro a tutto ciò. Non poteva accadere per caso, non in quella condizione, non nella sua.
Nonostante il conflitto interiore, all’esterno tutto pareva filare liscio, quando il telefono fisso collocato sotto lo schermo del suo computer fisso trillò. 
Si fece qualche scrupolo a rispondere, ma dopo una breve esitazione alzò la cornetta e accennò vagamente al suo nome.
« Signorina Baskerville, è richiesta nell’ufficio del signor Wiseman »
Cazzo.
Chiuse la cartella del software di scrittura, oscurò lo schermo e si diresse verso l’ufficio del suo caporedattore immaginandosi un possibile discorso con Francis, che, avrebbe potuto giurarci, sarebbe cominciato con:
« Sei uscita di testa?! » sbottò il bruno, gettandole in faccia una copia del Castelia Herald. Il motivo era chiaro: recava in prima pagina un articolo riguardante lei stessa e quanto aveva scritto giorni prima. A quanto pareva, non era stata l’unica ad aver visto l’intervento di Zinzolin.
« Io—»
« Taci ». Le sue mani tremavano, le dita formicolavano. « Non è ancora certo nulla, potresti essere una ciarlatana come la salvatrice della patria. Ora, questo deve fissare i paletti per quanto riguarda il tuo comportamento. Ti vieto categoricamente di rilasciare interviste o fare interventi »
« Cosa facciamo riguardo l’articolo? »
« Non è tutto » eluse la domanda « Linda ha chiesto di vederti, domani: non pensare sia positivo »
Fece una pausa, aspettandosi una risposta dall’interlocutrice, che non avvenne. 
« A che punto sei con il pezzo per venerdì? »
« Buono, buono, veramente, sono ad un ottimo punto »
« Posso vedere la bozza? »
« No! Cioè, intendo, sì, ma è ancora presto, voglio prima controllare meglio le mie — si interruppe, ragionando sul significato delle parole che stava per pronunciare. La sua fonte era quella che l’aveva condotta a quel punto, non sarebbe stato appropriato dunque usarlo in quel contesto — ahem, informazioni, ecco, sì, devo controllare le mie informazioni.
« La scadenza è tra due giorni, Hilda, due giorni e sei fuori »
« Cercherò di rispettarla, allora. Arrivederci, Francis »

Le sue dita scorrevano veloci sui tasti del cellulare, nascosta dallo schermo del suo computer che, nella sua grandezza, riusciva a coprire discretamente il suo operato.
10:04 AM
client — N
Dobbiamo parlare

Esitò per quei pochi secondi cui era abituata, per poi sentire il classico suono di avvertimento.
Dlin dlin.
10:04 AM
N
Non abbiamo nulla da dirci.

Cosa.
Cosa.
Cosa.
10:04 AM
client — N
Queste cazzate le dici a qualcun altro.
Dammi un orario

Altri secondi di vuoto, altro suono.
Dlin dlin.
10:05 AM
N
Incontrami al solito posto, per mezzogiorno.
 
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presente — Opelucid City — 19/10/11 
L’odore di libri antichi inebriava la polverosa sala dove la corvina era costretta a muoversi. Una grande libreria circolare ricopriva le pareti, lasciando degli spazi quadrangolari in vetro per far giungere la luce anche in quel luogo, la quale risultava lievemente ovattata dagli alteri drappeggi damascati che ricoprivano ogni la vetratura di quell’ambiente. Opache nuvole di polvere aleggiavano nell’etere, cosa che non poco recava fastidio alla giovane, ma tanto era grande il suo amore per i libri che era abituata a sopportare quegli inconvenienti. 
La ragazza era molto abile nel barcamenarsi fra le pile di libri, accatastate molto disordinatamente in ogni dove, e ciò rendeva il suo percorso in quella stanza un vero e proprio labirinto. Capitava che, di tanto in tanto, facesse cadere per un calo di attenzione dei libri, ma con la solita velocità cui era abituata si operava per sistemare il danno causato e tornare ai suoi lavori, che consistevano più che altro nel mantenere un’ordine ai libri ed alla sala in sé. Che poi ci riuscisse o meno, quello dipendeva dalla sua voglia, ma la sua passione per quello che faceva era piuttosto forte rispetto alla pigrizia che la coglieva in molti momenti della giornata. 
Era tutta intenta a sistemare una serie di tomi rilegati su uno scaffale quando un rumore, proveniente dalla porta, la fece sobbalzare. Una forza spropositata aveva quasi scardinato la porta della stanza, rimbombando con il suo boato lungo tutte le pareti della libreria.
« Shantaul, abbiamo bisogno di te, ancora »
« Scusa Marshal, ma non penso che mi interessi quello che Grimsley ha da dire » cinguettò lei, atteggiandosi con aria di superiorità nei confronti dell’uomo appena entrato. Fece per raccogliere una pila di libri che Marshal batté sul muro, richiamando l’attenzione della corvina.
« Non ti sto offrendo una scelta, sei obbligata a seguirmi. Il consiglio dell’Elite è in corso »
« Non ne sono interessata, e no, mi dispiace contraddirti ma no, non sono obbligata a parteciparvi essendo una riunione non programmata. Ma prego, continuate pure senza di me! »
« Sai bene che non possiamo fare nulla senza di te, Shantual »
« Mi dispiace così tanto! D’altronde non capita tutti i giorni di deporre il Campione in carica senza motivo e sistemarne una completamente incompetente perché a voi va bene così » lo rimbeccò lei, continuando a dare le spalle all’uomo « buona giornata, Marshal! »
L’uomo, in risposta, borbottò qualche parole confusa che alle orecchie della corvina suonava molto come un’imprecazione nei suoi confronti, ma non ci diede molto peso e continuò a sistemare i libri con l’entusiasmo di sempre.
Non passò molto tempo che irruppe nella sala un altro volto noto alla corvina, sfoggiando il leggendario sorriso che lo contraddistingueva. La giovane non sapeva mai se leggerlo come uno scherno o come un segno benevolo, tutto riusciva a capire che quelle labbra, dispiegate in una posizione tanto criptica quanto meschina. Grimsley non l’era mai stato simpatico, a dir la verità, ma in qualche modo aveva un certo fascino al quale non sapeva resistere, ed era forse solo il senso costante di maliziosità che pervadeva quell’individuo a fermarla da fare il primo passo. 
Si era presentato in abito gessato, un blu piuttosto scuro, abbinato ad una cravatta bordeaux che recava i simboli della Lega su di essa, gli occhi, azzurri come il ghiaccio, a fissare la castana.
« Qual buon vento, Grimsley! »
« Perché ti ostini ad essere così testarda? Sei solo una stupida, lo sei sempre stata »
La corvina si voltò ad osservare il suo interlocutore, per nulla toccata da quelle parole. Le dava fastidio, quello sì, il tono con il quale il ragazzo le si era rivolto, ma capì che i sentimenti più neri erano stati a muoverlo, come d’altronde la faccenda stessa.
« Non so cosa tu voglia da me, ma non la avrai »
« Allora non hai capito! » rise, una risata isterica, i suoi occhi ed il suo viso corrucciati in un’espressione che rasentava la follia. Pazzo, ecco ciò che era, ecco ciò che si palesava alla giovane donna in quel momento, il Mr Hyde che Grimsley aveva liberato.
Egli si avventò su Shauntal, costringendola alla parete di libri, le pose un braccio a cingere il collo e si avvicinò al suo orecchio. Poteva sentire i battiti della donna accelerare, il respiro corto e mozzo, le pupille pietrificate.
« Cosa—»
« Ricorda, Shauntal Livingstone, questo gioco è più grande di te e non conviene ad entrambi di passare dalla parte che perde. Ora tu mi seguirai fuori da quella porta e farai quello che ti dico, inteso? »
Shauntal accennò ad un’asserzione con il capo, che fece terminare quell’incubo.

 
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presente — Castelia City — 19/10/11 
La giornata era luminosa, più di altre, ed una leggera brezza muoveva le dolci ciocche castane della ragazza. Si passò una mano fra i capelli, diede una nuova occhiata all’orologio, ed accavallò le gambe scrutando l’orizzonte alla ricerca di quella malefica chioma verde, che pareva non voler palesarsi alla ragazza. La situazione aveva dell’assurdo, lo riconobbe, ed esigeva delle spiegazioni che avessero un senso da N. Non aveva intenzione di accettare un rifiuto, non a quel punto.
« Oh, alla buon’ora! »
La figura snella ed agile del ragazzo fece capolino da dietro l’incrocio, accompagnata dal classico sorriso stampato in faccia, seppur la giovane trovò qualcosa di diverso in esso. Le volte precedenti pareva più naturale lo sguardo, mentre in quel momento, al contrario, avrebbe detto che fosse forzato. Non notò da parte sua l’intenzione di esser pungente come le volte precedenti, senza capirne il motivo.
« Buongiorno Hilda »
« Ti spiegherei la situazione se non fossi sicura che tu sia al corrente della situazione, per cui comincio subito col chiederti come mai l’articolo che tu mi hai passato è stato smentito in diretta nazionale ieri sera »
Il ragazzo esitò sul rispondere, eludendo lo sguardo indagatorio di Hilda.
« Mi sono semplicemente limitato ad offrirti l’articolo, penso che questo rientrasse nel nostro accordo » fece, molto diplomatico e sbrigativo, mantenendo lo sguardo chino sul tavolino in ferro battuto.
« Non erano questi i patti »
N congiunse le mani, riflettendo sulla risposta. Trovò nel suo cuore il coraggio di incrociare gli occhi della ragazza, ma ne fu subito pentito. Si vergognava, in qualche modo, di quanto fatto, e darlo a vedere ad Hilda avrebbe solo peggiorato le cose.
« Quali erano, i patti? »
La sua risposta era ancora più assurda della faccenda.
« Mi hai ingannato »
« L’ho fatto? Ti ho dato quello che volevi, Hilda. Non hai mai voluto il tuo lavoro, quello che volevi era un senso alla vita spenta che conducevi, ed eccomi qua. Questi erano i patti » 
N alzò nuovamente lo sguardo, concentrando i suoi due occhi su quelli della castana, la quale esitò su cosa dire in risposta. Le su labbra presero a tremare, rompendo il contatto visivo con quello del ragazzo. Aveva ottenuto il suo scopo, sconfitta, era quello che veramente voleva?
« Non—»
Deglutì, singhiozzando. Si sentiva tradita dal ragazzo, certamente, ma non poteva dire di conoscerlo così bene da esserne dispiaciuta. Perché lo era, dunque? Perché il tradimento di N le pesava così tanto? 
« Pensavo fossi diverso » disse alla fine « pensavo… pensavo di potermi fidare di te »
« Hilda… »
« Non importa, sono stata stupida io » si alzò, facendo per andarsene, ma N le prese il braccio.
« Mi dispiace che sia andata così, Hilda, veramente »
« Di' a Zinzolin che non farò quanto mi ha chiesto » concluse, divincolandosi dalla morsa del ragazzo con uno strattone « addio, N »
Non lo guardò, come disse quelle parole.

 
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4:49 PM
Bianca
Ciao Hilda! Speravo tanto tu potessi passare da me oggi, per parlare :)
 
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presente — Castelia City — 19/10/11 
« Lei sarebbe? »
Lo sguardo del concierge non sapeva se dirsi confuso o irritato. Era passata una buona mezz’ora da quando aveva messo piede nell’hotel, ma a causa delle rigide direttive dell’albergo non aveva ancora potuto raggiungere l’amica. In quel momento era impegnata a cercare di entrare in contatto con l’amica, che finalmente aveva risposto alle sue chiamate. Dopotutto l’aveva chiamata lei, ragionò Hilda.
« … sì, sì, c’è qua questa signorina Hilda Baskerville che vorrebbe entrare, cosa le dico? »
Si mise ad ascoltare con attenzione l’interlocutrice, e con grande vergogna abbassò la cornetta. La sua espressione parlava da sola, non sarebbero bastate tutte le scuse del mondo per sistemare l’inconveniente, ma per sua fortuna la castana non aveva tempo per ascoltarne di eventuali. Si diresse verso la stanza dell’amica, al decimo piano, trovandola con un’espressione stranita.
« Hilda! Come mai sei qui? »
Ricordava di aver ricevuto un suo messaggio, non era impazzita.
« Mi hai mandato un messaggio » accennò lei, facendo per cercare il cellulare nella borsa « ricordo bene… »
« Devi esserti sbagliata, ho giusto perso il mio telefono! »
« Cosa? »
Bianca la fissò come se stesse parlando con un alieno. « L’ho perso, non lo trovo da questa mattina, quando dici che ti è arrivato il messaggio? »
Ma certo. Zinzolin.
« Devo essermi sbagliata » concluse, e sperò che la sua amica non desse troppo peso alla situazione « entriamo, meglio? »
Quel pomeriggio ebbe occasione più e più volte di ripensare a quanto accaduto, un episodio che non aveva impiegato molto per collegare con Zinzolin. Era nel suo stile, nello stile di N, chissà se quei due individui erano collegati? Certamente si dovevano conoscere, ma quale fosse il loro gioco era un argomento oscuro per lei. Ripensò alla giornata precedente, al discorso al limite dell’assurdo del saggio, e l’idea le sembrava ancora più assurda se messa a confronto con la realtà: Bianca era davanti a lei, intenta a versare del vino rosso in un calice di cristallo, come avrebbe potuto farle del male? 
Scacciò quei pensieri dalla mente, costringendosi a godersi la giornata, ma il destino aveva in serbo piani diversi.
Prima che la discussione potesse entrare nel vivo, il telefono fisso della camera trillò avvisando che era stato lasciato un pacco per Hilda all’accettazione. Entrambe le ragazze erano stupite, Bianca poiché non riusciva a capirne il motivo, l’amica poiché, purtroppo, pensava di saperlo. 
Chiesero che venisse portato su, così non appena arrivò la ragazza si diresse alla porta, trovandovi dall’altra parte una scatola in legno di modeste dimensioni riempita di quella che pareva erba secca. Sulla sua cima, un appariscente fiocco verde: divertente, pensò, mi prendono in giro. La prese con ambedue le mani, questa era la sua grandezza, e notò come ciuffi di paglia spuntassero dalle fessure. Doveva esser delicato, constatò.
Lo aprì sul momento, trovandovi un sacchetto di nylon ricolmo di una sostanza bianca, somigliante alla farina. Droga? No, Zinzolin non le avrebbe mai mandato un regalo del genere, o almeno non senza un motivo. Scavò nella paglia, sperando di trovare un’indicazione, e la sua mano ritornò stringendo un biglietto di carta ripiegato più volte su sé stesso.

 
Cara Hilda,
So che ti trovi in una situazione difficile, così
ho pensato di mandarti un piccolo regalo.
Spero che tu apprezzerei al gesto, ho pensato
potesse farti piacere, 

Zinzolin

post scriptum: il foglietto è impregnato di una
sostanza allucinogena che agisce al tatto, entro 
una decina di minuti si paleseranno i sintomi.

Al leggere quelle parole ricacciò subito il foglietto dalla presa con un’espressione di disgusto, strofinandosi i polpastrelli. Erano umidi, il pezzo di carta era veramente pregno di una qualche sostanza, ma avrebbe creduto alle parole di Zinzolin? 
Richiuse velocemente la scatola, e si diresse verso l’amica, che la accolse incuriosita.
« Cos’era? »
Hilda fece la vaga. « Ah, nulla di che »
« C’era almeno un nome? »
« No, penso sia stato scherzo »
« Mi lamenterò con la direzione, allora »
La castana la fermò subito « No, no, non serve, tranquilla ». Non voleva che la faccenda si allargasse ad altre persone. « Fai pure come se non fosse successo nulla »
« Ok… » ribatté perplessa « va tutto bene, Hilda? »
Si sforzò di sorrise, celando dietro una facciata felice e tranquilla il mare di problemi dentro il quale faticava a stare a galla. Zinzolin, N, l’articolo di giornale, ogni cosa successa da lì a poco pareva non esser mai accaduta dietro quel viso così sereno di Hilda. Come recitava bene.
« Sì, sì, tutto bene. Perché non mi passi quel bicchiere divino? Avrei veramente bisogno di bere un po’ »
« Certamente! »
Afferrò il bicchiere con la mano tremolante, ma non vi diede peso. Lo avvicinò alla bocca e bevette il primo sorso, mentre le parole di Bianca confluivano nella sua mente come un fiume in piena.
« Come ti dicevo ieri, ho questo progetto assieme alla professoressa Aralia, e domani, se tutto andrà bene, otterremo i finanziamenti! »
« Sono… » deglutì un altro sorso, asserendo con il capo in modo meccanico e freddo « sono molto contenta per te, Bianca »
Il vino era particolarmente forte, e come scivolava lungo il collo bruciava un po’.
« Grazie! E tu, come va col lavoro? Non abbiamo avuto occasione di parlare l’altro giorno, mi dispiace molto »
« Non preoccuparti, sto ben—»
Allentò la presa della mano, lasciando cadere il calice sul pavimento. A contatto con il parquet, il vetro si frantumò in migliaia di frammenti, suscitando lo scalpore di Bianca, ed il liquido rossastro si riversò con altrettanta velocità. Hilda si sentì svuotare, mancare, la vista venne meno per una frazione di secondo e si aggrappò al piano cucina per non cadere. La visione era sfocata, come un vetro appannato che le si era posto davanti agli occhi.
« Hilda! »
L’amica corse in suo aiuto, ma Hilda riuscì a mettersi in piedi da sola. La vista era tornata, e pareva aver ripreso possesso del suo corpo. 
« Cosa… cosa è successo? »
« Sto bene, sto bene, tranquilla »
« Non stai bene, vuoi che chiami un dottore? »
« Sto bene! » ringhiò Hilda, scacciando l’amica con un repentino gesto delle braccia « sto bene, sto bene, è tutto ok »
« Non mi sembra tutto ok, Hilda… »
La castana afferrò la sua borsa e la mise in spalla. 
« Devo andare, è tardi »
« Hild—»
« Buonanotte, Bianca, ci vediamo »
Corse trafilata fuori dalla porta, calciando via la scatola dalla sua strada. Non poteva sopportare che Zinzolin l’avesse messa in quelle condizioni, non riusciva a concepire nemmeno come fosse capace di rivelarsi così stronzo. Cosa voleva da lei? Qual era il suo scopo? Non riusciva a capirlo, ma era palese che non fosse nulla di buono.
La sua vista, mano a mano che il tempo passava, peggiorava visibilmente. Era sfocata e ogni oggetto del suo sguardo sdoppiava, rendendole difficile anche il solo camminare per la strada. Si scontrò più volte con dei passanti, senza riuscire a rispondere alle persone in faccia. Non le vedeva, non distingueva i volti, ormai le luci e la droga soffocavano la sua capacità di vedere.
A fermarla fu lo squillo del suo cellulare, la suoneria era inconfondibile. Dolci note di jazz pervasero l’aria, arrestò per un attimo il suo intercedere ed afferrò il telefono, frugando alla cieca nella sua borsa.
« Pronto » fece, sull’orlo di un pianto. La voce era spezzata e singhiozzante.
« Hilda, che piacere » 
Riconobbe la voce, roca e consumata: Zinzolin. 
« Cosa vuoi, Zinzolin »
« Nulla di quanto non ti abbia già chiesto »
« Perché non mi lasci stare, eh? » sbottò, urlando in direzione dell’apparecchio telefonico. Molti passanti si voltarono a guardarla, ma non li notò. « Perché non mi lasci in pace? »
« Oh, Hilda, speravo fossi più comprensiva »
« Ti prego… » singhiozzò « ti prego… lasciami… »
Si accovacciò, mentre rivoli di lacrime le bagnavano le guancie.
« Lasciami… in pace… »
« Hai più potere di quanto pensi, Hilda. Alzati, e torna indietro, hai un lavoro da compiere »
« Come pensi possa farlo?! Eh?! Sono fottutamente senza nessun cazzo di posto dove andare! Non vedo nulla! »
« Calmati, Hilda, trovere—
« Ascoltami, vecchio bastardo: non farò più nulla di quello che mi chiederai, nulla più »
« Mi aspettavo una risposta del genere » rise, mantenendo la più totale calma « è passato solo un quarto d’ora da quando sei entrata in contatto con la sostanza, hai all’incirca un altro quarto d’ora di autonomia. Torna indietro, sistema la faccenda, e tutto ciò non sarà che un incubo dal quale ti sveglierai domani »
Riattaccò.
Hilda non sapeva come sentirsi, una tempesta interiore di emozioni albergava il suo animo. Arrabbiata, stanca, incapace, non riusciva a formulare alcun pensiero positivo, le parole dell’uomo rimbombavano nella sua testa e le offuscavano la capacità di ragionare. Cosa doveva fare? Non ne era sicura, non credeva di esser in grado di sostenere una situazione del genere. Come avrebbe potuto, d’altronde.
Si rialzò e si incamminò lentamente verso l’hotel. Se si concentrava, poteva mettere a fuoco determinati oggetti che le si ponevano davanti, così decise di recarsi in un supermercato nei pressi dell’albergo e di comprare una bottiglia di vino. Non diede bada a spese, le interessava che sembrasse autorevole.
Uscì poco dopo, dirigendosi verso l meta principale. Il concierge era cambiato, questo le avrebbe facilitato le cose. Con nonchalance percorse la hall, dopodiché fu la volta delle scale e in poco tempo, seppur con fatica, era riuscita trovare la camera di Bianca. Il pacchetto era lì, dove l’aveva lasciato, nessuno pareva averlo toccato.
Si trascinò verso la porta, raccolse la polvere e aprì il sacchetto in nylon, ma dove metterlo? In suo aiuto venne un vassoio atto al servizio in camera che qualcuno pareva aver abbandonato in quel piano: stappò la bottiglia di vino, verso parte del liquido in un calice e mise parte della polvere nel bicchiere, versandone il resto nella bottiglia. 
Non ebbe neanche la concezione di ciò che stava facendo, i gesti scorrevano confusi come i pensieri nella sua mente, non era affatto lucida e faticava a controllare i movimenti del suo corpo. Le sue mani tremavano come si accingeva a spingere il carrello verso la porta di Bianca ed a battere le nocche sulla porta, nella speranza che la sua attenzione venne richiamata; prima ancora che l’amica potesse andare ad aprire, Hilda era già corsa giù, uscendo dall’albergo.
Aveva percorso pochi passi fuori dal palazzo che la sua gamba destra cedette, e si accasciò per terra, aggrappandosi ad un lampione. I sintomi si facevano sentire, proprio come Zinzolin aveva predetto. 
Portò la mano alla borsa, e cercò fra i contatti il numero dell’unica persona che si sentiva di chiamare in quel momento.
« Pronto… Natalie… » la voce spezzata, le lacrime che le rigavano il volto « ho tanto… tanto bisogno di aiuto… »
Calava così la notte su Castelia, il freddo si apprestava a pervadere le strade ed il buio a gettare nello sconforto e nella paura i palazzi della città. Finiva così, parallelamente, la sera per Hilda, nella completa assenza delle facoltà cognitive, travolta dagli eventi e da una situazione della quale pensava di poter far da padrona. Ma ne sarebbe stata capace?



But now she sleeps with one eye open
That's the price she paid

herr

 

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Capitolo 5
*** Chapter V - Misery Loves Company ***


Chapter V
Misery Loves Company
 
presente — Castelia City — 20/10/11 [2:32 AM]
Hilda aveva perso la concezione del tempo.
Era rintanata su un piccolo divano che brillava di un candido argento, mentre il blando pallore lunare illuminava la sua tenue carnagione lasciando il resto della mobilia immerso nella più nera oscurità. Il rumore dei passi in lontananza tagliava la coltre di silenzio serale, leggeri ma comunque udibili a distanza. Dopo pochi attimi apparve sull’uscio della porta la figura esile di una donna, i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle, un caldo sorriso che le illuminava il volto.
« Hilda, va tutto bene? » 
La donna si ritagliò un piccolo spazio sul divano, accomodandosi all’altezza della vita della ragazza, e poggiò una tazza fumante sul tavolino in vetro. 
« … »
« Non importa, puoi parlarmi quando vuoi, sai dove trovarmi » concluse, la voce molto sottile, scomparendo dietro la porta cui era entrata.
Non provava freddo, non aveva bisogno di una bevanda calda, non era malata, stava bene. Stava bene. Nella sua mente quella frase ripeteva sino alla nausea, ma doveva convincersi che fosse così. Lei, Hilda Baskerville, stava bene, e così sarebbe stata Bianca, e così gli altri, e la sua vita sarebbe scorsa liscia come sempre. Preferiva quelle bugie alla realtà, che non avrebbe sopportato in alcun modo, ma no, impossibile era tornare indietro. 
In preda a quei pensieri, riuscì a chiudere gli occhi e, lentamente, a scivolare nelle braccia di Morfeo.
Nel frattempo Natalie si era gia alzata e la osservava da lontano, mentre era intenta ad aprire un cassetto. Dopo averla seguita sino al porto ed averla vista con quel misterioso uomo, era intenzionata a scoprire di più. Non era sicura che ci fosse qualcosa, ma pensò che valesse la pena tentare.
Aprì una decina di cassetti in giro per la casa e controllò altrettanti mobili alla ricerca di qualche indizio, sfortunatamente per lei non sembrava esserci nulla. Ma era così? Pensò al telefono, il telefono! Era così ovvio, quell’apparecchio l’avrebbe aiutata nella sua ricerca, ma dov’era? Corse all’entrata dell’appartamento e trovò la sua borsa, nella quale conservava il cellulare. 
Premette un tasto della tastiera, e lo schermo si illuminò: era bloccato da una password. Non avrebbe corso il rischio di farsi scoprire, ma da esso riuscì comunque a ricavare informazioni utili: c’era una chiamata persa che lampeggiava in cima al display, un numero salvato come N. Un nome in codice? Non perse tempo a capire, si salvò il numero che compariva sotto il nickname ed uscì dalla casa, riponendo il telefono al proprio posto.

 
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presente — Opelucid City — 20/10/11
« … giorno 18… oggi è il 18 ottobre, giusto? »
Caitlyn scrutò le facce dei suoi colleghi attorno la tavola, cercando una risposta alla sua domanda.
« Oggi è il 20, Cat, il 20 ottobre » la corresse Shauntal, riferendosi alla bionda come si parla ad un bimbo « il 21 se questa riunione tira per le lunghe »
La ragazza fece un segno di assenso con il capo, la sua espressione contenta trasudava dabbenaggine ed inettitudine.
Nella sala della Lega era calato il silenzio. Grimsley, l’unico veramente intenzionato a portare avanti quella serie di incontri, pareva non aver fatto abbastanza, tanta era la partecipazione: Caitlyn passava il tempo giocando con una ciocca di capelli, Marshal era intento a leggere un giornale sportivo mentre Shantaul era immersa nella lettura di un libro. I miei sforzi non erano riusciti ad ottenere lo scopo prefissato, constatò, devo fare qualcosa al riguardo.
« Ahem » tossì, richiamando all’attenzione i tre suoi colleghi « possiamo avere la vostra attenzione? »
Shantaul fece finta che non avesse parlato, alzando gli occhi al lampadario di cristallo che pendeva sulle loro teste, e sbuffò.
« Qualcuno ha intenzione di portare avanti questa seduta? »
« Huh » grugnirono in coro.
Grimsley si alzò, e raccolte le sue cose tornò nel suo ufficio.

 
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presente — Castelia City — 20/10/11
L’alba di una nuova giornata dorava le vesti della castana, distesa sul divano in direzione della luce solare. Schiuse le palpebre, indagando con i polpastrelli delle dita l’area circostante. Si trovava a casa sua, a Castelia, e la cosa più importante era che fosse viva. Non sembrava fosse accaduto nulla di terrificante, ma cos’era effettivamente successo? Ricordava poco, memorie sfuocate e traballanti. 

Diversamente dagli altri giorni, tirò dritta al piano terra, oltrepassò l’ascensore che quotidianamente la trasportava al piano della redazione e continuò in direzione dell’ufficio della direttrice del giornale. 
Venne accolta da una spessa porta in legno chiaro, laccato, al centro del quale appariva una finestra in vetro smerigliato e coperta dalla scritta “Linda Beauvarie” e, poco sotto, “Direttrice Capo”. Raccolse tutto il suo coraggio e bussò due volte.
Tock tock.
Si udì un leggero « Avanti » dal retro della porta, che la convinse ad entrare.
L’ufficio era molto spazioso, illuminato da due ampie finestre poste dal lato opposto della porta. Il pavimento consisteva in una folta moquette verde scuro, al centro del quale troneggiava la scrivania della donna. Due librerie ricoprivano la parete a destra ed a sinistra della ragazza, arrivando a toccare il soffitto.
La donna che vide alzando lo sguardo la stupì. Linda, la direttrice del giornale, era molto anziana, il suo viso a riposo recava una moltitudine di rughe ed i suoi movimenti erano lenti e brevi. La guardava con  uno sguardo serrato, i movimenti degli occhi erano impercettibili. Nonostante l’età, alla giovane trasmetteva una qualche sensazione di bellezza, la bellezza più pura, che superava il tempo. Non riusciva a spiegarselo, ma qualcosa in lei la affascinava.
« Hilda Baskerville, suppongo »
« Buo… buongiorno, signora Beauvarie » accennò « il signor Wiseman… »
« Oh, siediti, e chiamami pure Linda »
La giovane si trovò spaesata inizialmente, ma riuscì in fretta a trovare posto nella comoda poltrona a lato della scrivania. Era nervosa, e ciò era palesato dal suo battere incessantemente le dita sul bracciolo della sedia, ma il cuscinetto bordeaux attutiva il ticchettio, in altro modo insopportabile.
Sfoderò un raggiante sorriso ed aprì la bocca, ma venne interrotta da Linda.
« Presumo tu sappia già la ragione per la quale ti ho convocato, Hilda »
« Sì, sì, e volevo scusarmi di molto se—
« Scuse? E perché? Francis non ti ha accennato a nulla? »
« Se ne sarà dimenticato » abbassò le labbra in una più placida espressione « era per caso importante? »
« E me lo chiedi? L’articolo che ci hai mandato era fantastico! Inizialmente, devo dire la verità, avevo intenzione di licenziarti » accennò ad una rivoluzione sulla sua sedia, portando lo sguardo alla finestra alle sue spalle « ma ho cambiato idea piuttosto in fretta. Mi hai stupito, Hilda, devo dire che il pezzo sulla campionessa Iris è stato come oro colato »
Qualcosa non andava, lo sapeva. Com’era possibile che quella donna fosse entusiasta di un articolo che lei non aveva mai concluso di scrivere né aveva consegnato? 
« Come… come scusi? »
« Non fare la modesta, Hilda. Quando la mia segretaria mi avvisò che eri passata appena possibile per portare lo scritto non immaginavo che mi avresti sorpresa così tanto! » continuando a guardare la castana aprì un cassetto ad altezza della vita, e le allungò una copia dello Scirocco fresca di stampa « ho ritenuto opportuno che apparisse in prima pagina, cosa ne pensi? »
« Sono… la ringrazio molto » cercò di cacciare fuori dalla bocca una frase di senso compiuto, si sforzò di sorridere e di mostrarsi entusiasta dell’accaduto, le sue mani che stringevano avidamente la carta stampata della copia di giornale.
« È… è tutto? »
« Certamente, torna pure al tuo lavoro, ora »

In una giornata così laboriosa, Natalie era appena riuscita a trovare un momento di pausa dal suo lavoro, e la sua mentre aveva un unico chiodo fisso in testa: N. Quel misterioso nome che aveva letto sul telefono di Hilda, quello strano numero che l’aveva chiamata il giorno precedente nel cuore della notte, doveva significare qualcosa. 
Pose ordinatamente il telefono ed il pezzo di carta sul quale aveva scritto il numero sulla sua scrivania, dopodiché cominciò a digitare i numeri, e chiamò.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Matteo, come posso aiutarla? »
Inizialmente non capì. Come poteva il numero di N riferirsi ad una compagnia di nome EKI? Aveva forse dei legami là? Qualcosa non quadrava.
Afferrò la tastiera e si mise a digitare il nome EKI sul motore di ricerca, mentre il telefono rimaneva in altoparlante. Fra le opzioni, la prima sembrava la migliore, a quanto pareva la fantomatica EKI aveva anche un sito. 
« Sì, buongiorno, sto chiamando per delle informazioni… » lesse brevemente l’indice della home, ed andò su “Cerchi un Lavoro?”.
« Ma certo, di cosa aveva bisogno? »
« Starei cercando un lavoro… sarebbe possibile mandare il proprio curriculum? »
« Certamente, vuole lasciare un nome? »
« No, non si preoccupi… » continuò la ricerca nel sito, ma non trovò nulla di utile « potrei passare e darlo personalmente? Non mi fido molto dei sistemi elettronici o delle poste »
« Mi sta dicendo che non riesce pro—
« Avete una sede centrale? »
Era convinta ad andare sino in fondo con quella faccenda.
« Non ce n’è veramente una, signora »
« Oh… »
Era evidente che qualcosa non quadrasse, pensò Natalie, ma come mai Hilda era immischiata in tutto ciò? N, questo era il suo punto di contatto, perché non chiedere di lui?
« E un’ultima domanda… potrei parlare con N? »
L’uomo, Matteo, dall’altra parte della linea, ammutolì.
« Mi scusi, c’è qualcuno? Ho chiesto se potrei parlare con N »
Non fece in tempo a finire quelle parole che il telefono riattaccò. Ora ne era certa, c’era qualcosa sotto, e l’avrebbe scoperto.

 
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presente — Opelucid City — 20/10/11
« … to the moon, let me play among the star… »
Le dolci note di un caldo jazz risuonavano nell’ambiente tetro e oscuro, illuminato dalle poche e rade fessure della parete. Lo scroscio delle pagine di un libro, l’unico suono sopraffatto dalla musica. 
La corvina sospirò.
« … spring is like on, Jupit
« Mi cercavi, Shauntal? »
Una raggiera di sottili rivoli di luce si proiettò sul pavimento e sulla giovane donna, rischiarando quell’ambiente così buio e spento a giorno. Una figura massiccia agghindata come un albero di natale — avrebbe detto fosse un costume carnevale dal pittoresco sapore orientale — si palesò dietro la porta, i capelli rosso fuoco ed il viso sorridente. Bussò.
« … ‘ld my hand. In other… »
« Oh, entra pure Alder » fece venendo incontro all’uomo « prendi posto dove vuoi, devo parlarti di una questione importante »
Fece cenno all’uomo di sedersi, e dopo aver controllato la situazione fuori dalla stanza mise un piccolo Cinccino di guardia, con l’avvertimento di avvisarla non appena qualcuno apparisse nel corridoio ed il Pokémon Cincillà annuì.
« La situazione è peggiore di quel che pensassimo, Alder » allungò la mano verso un tavolino, e passò grossolanamente un copia dello Scirocco all’uomo « guarda tu stesso »
Abbassò il volume del grammofono, riducendo la dolce Voce ad un misero sottofondo.
Il buio oltre la Lega — H. Baskerville
Il calendario conta quindici anni da quando, unanime, il Campione Alder fu scelto per questo ruolo, e d’allora la carica rimase immutata. Nel tempo ebbe diversi vincitori, è vero, ma la carica di Champion è rimasta a lui, sino ad ora. Indiscrezioni — piuttosto ufficiali — hanno lasciato a bocca aperta l’intera regione, si pensa infatti — se ne ha la certezza, cosa dico — che per quella chioma rossa sia  giunto il momento della pensione. Chi sarà il prossimo Campione?
Indiscrezioni parlano di Iris, e la cosa avrebbe senso: una Capopalestra fresca e giovane, da qualche anno a guida della palestra di Opelucid City assieme a Drayden della quale abbiamo già potuto vedere il valore e la bravura. La giovane non si è ancora pronunciata, il consiglio dell’Elite è ancora in fase di discussione e ha preferito non dire altro riguardo la questione, ma noi, cittadini di Unova, siamo ben a conoscenza di questa prassi. 
L’articolo proseguiva allungando la questione e parlando di presunte fonti che confermavano la ragazza come prossimo candidato, un pezzo non facilmente non notabile ché era stato stampato sulla prima pagina del giornale, il titolo a caratteri cubitali ed un’immagine della Lega a sfondo. 
« Questo… è ridicolo! »
« È da giorni che sto combattendo contro questa decisione, ma Grimsley è arrivato a convincere anche Caytlin e Marshal sembra seguirli abbastanza passivamente. Sono in maggioranza, possono richiedere la sospensione della Lega sino a che io non darò il voto a favore, Alder »
L’uomo finì di leggere il testo ed in cuor suo si trovava spaesato dalla situazione. Cercò lo sguardo della corvina nella speranza che esso lo potesse aiutare, ma non vide che il vuoto nei suoi occhi. 
« Io… non lo so, Shauntal. C’è qualcosa di grande sotto, non lo metto in dubbio, e penso che dovremmo semplicemente arrenderci »
« Arrenderci?! Sei uscito di testa? »
« È riuscito a convincere l’Elite, sta convincendo Unova, chi siamo noi due? Shauntal, è tardi ormai, non puoi farci nulla »
L’uomo fece per alzarsi, ma venne bloccato prontamente dalla corvina, la quale non aveva intenzione di lasciar perdere così facilmente.
« Se non sei intenzionato a fare qualcosa, vuol dire che dovrò farlo io » gli scambiò un’occhiata di sfida, la sua esile figura che si rispecchiava negli occhi grigi e spenti del Campione. Nessuna espressione degna di nota balenava sul suo viso, una pura e semplice rassegnazione. Ma lei sarebbe andata sino in fondo alla questione.
Appena Alder attraversò la soglia della porta si lanciò sul tavolino, accese il portatile che usava portarsi dietro durante ogni spostamento e riesumò un vecchio fascicolo che vi aveva salvato all’interno. Pagine e pagine riguardo una qualche regione, Sinnoh, poco lontana da Unova, e di un’importante operazione che contribuì a sconfiggere definitamente il Team Galassia dopo lo scioglimento dei capi. Si parlava di un certo Looker, agente della Polizia Internazionale, il quale con l’aiuto della Campionessa uscente era riuscito a sconfiggerlo. Era l’uomo giusto per lei. 
Mise il suo nome sul motore di ricerca, arrivò alla sua pagina tramite il portale della Polizia Internazionale e si salvò il numero nel telefono.
« Pronto, sì, Shauntal Livingstone, desidererei parlare con il signor Looker »
 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
 
presente — Castelia City — 20/10/11
Hilda stava sistemando le sue cose prima di lasciare l’edificio quando Natalie irruppe nella sua postazione, recando un’espressione irata in viso ed i pugni serrati. Bloccò la collega dall’uscire, intenzionata ad approfondire la faccenda riguardante la EKI.
« Dobbiamo parlare, Hilda, ed è urgente »
« Sì, ok, sono di fretta magar.—
« So tutto »
Il sangue le gelò. Fissò gli occhi di Natalie intensamente, tanto da poter dire di rispecchiarsi al proprio interno, impaurita dall’affermazione. Si ripeté in mente che non fosse a riguardo di N, ma a conti fatti non poteva che intendere quello. Come lo sapeva?
« Che cosa intendi? »
« Ecco… » Natalie aggiustò il tiro « cosa stavi facendo ieri sera? Problemi con la droga? »
Tirò un sospiro di sollievo.
« Ahem… »
Trovatasi spaccata sul passare per una dipendente da droga o immischiata in qualcosa che neanche lei ben capiva, decise di fare la vaga. Con un po’ fortuna, ragionò, Natalie si sarebbe dimenticata di quella notte, e tutto sarebbe tornato alla normalità. Si scostò dalla donna ed afferrò la sua borsa, pronta ad andarsene.
« Ho avuto un problema, ma ora fortunatamente è tutto passato, ciao! »
« Hilda!—»
Come la figura di Hilda scompariva dietro l’ascensore, nella donna si fece sempre più chiaro e lampante che sarebbe andata a capo di quella faccenda, con o senza l’aiuto della diretta interessata.

« …se fingers in my he…  »
Le note della suoneria del telefonino di Hilda presero a suonare durante il suo breve viaggio che la separava da casa, in metro, risuonando nel vagone con particolare vivacità e volume. Avrebbe potuto controllare il mittente della chiamata ma anzi cercò di allontanare sempre più quel momento dalla sua testa, trovandosi costretta, dall’altra parte, a dover rispondere.
« ..t’s witchcra—»
« HILDA! È successa una cosa terribile! » 
Dall’altro capo della linea, la voce di una giovane ragazza strillava e piangeva, era la voce di Bianca. Un flash della serata precedente balenò negli occhi della castana: il biglietto, le allucinazioni, il buio, la gola prese a bruciare come se l’effetto della droga lo stesse rivivendo in quel momento.
« Bianca, cos’è successo? » si sforzò di fingere « stai male? »
« Io… sono disperata, Hilda, è successa una cosa terribile e ho bisogno di un’amica… un’amica come te, Hilda »
Un’amica come te, Hilda.
Si morse il labbro.
« Posso aiutarti? Vuoi che ti raggiunga all’hotel? »
« … » udì un sussulto « no, no… oggi scadeva il soggiorno, ma sono riuscita a recuperare un posto in un ostello poco vicino… »
« Vuoi che ti raggiunga, allora? »
« Mi farebbe tanto piacere… questo pomeriggio devo sbrigare delle… sniff… faccende,  però domani dovrei essere libera »
« Ma certo, non preoccuparti, fai come ti senti meglio » continuò, inforcando i denti sul labbro inferiore « hai… hai bisogno di qualcosa? »
« No… no, grazie… » si fermò, per quella che sembrò a Hilda la fine della chiamata, ma riprese subito a parlare inframmezzando le parole da brevi pause « è bello… avere un’amica come… sniff… te, Hilda. Un’amica su cui contare… sempre » 
Giunta alla fermata, il labbro sanguinante.

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 20/10/11
La giornata volgeva verso sera ed il sole spruzzava di rosso la volta celeste sopra la città, illuminata dei caldi colori del tramonto, pronto a tuffarsi nel mare. L’orizzonte bruciava di porpora e così ogni imbarcazione che navigava all’interno della baia di Castelia, piccole scintille di un fuoco destinato a spegnersi per lasciare posto alla buia sera.  
Lo spettro della luna brillava di una luce opaca nel cielo di ottobre e cominciava a scendere il freddo sul cemento e sugli edifici della city, la città che non conosceva notte, non conosceva stagioni né intemperie, la città sempiterna.
Hilda era china sul terrazzo ad osservare da lontano balcone del suo appartamento, per quel poco che riusciva a scorgere, questo meraviglioso fenomeno che poche volte aveva tempo per gustarsi, quando improvvisamente il campanello della porta suonò. Dovette, in verità, suonare più volte per attirare l’intenzione della castana rapita dalla calda atmosfera crepuscolare — a discapito del freddo che sentiva realmente — ma giunta alla porta di casa nessuno rispose alla sua chiamata. Decise che era troppo rischioso aprire i cancelli del condominio, ed optò per scendere lei stessa ed eventualmente conversare con lo sconosciuto, temendo con tutta se stessa che fosse Bianca a chiamare per il suo aiuto.
Tale fu la sua rabbia nel vedere il giovane dai capelli verdi, N, ad aspettare di fuori, che non riuscì a non uscire di persona per dirgliene quattro e chiudere la questione — qualora non fosse abbastanza chiusa per lui.
« Ti avevo detto di non farti più vedere »
Lui le rivolse uno sguardo divertito, accennando ad una risata con la bocca.
« Suppongo tu abbia chiesto troppo »
« Non ti basta quello che hai ottenuto? Hai vinto tu, riconoscilo, accettalo, festeggia, esulta di gioia, non lo so, semplicemente non tornar più da me, non lo sopporterei »
« Mi arrendo » 
Detto ciò portò un passo indietro, girandosi in direzione della strada.
« Ecco, bravo, vai, e non tornare di grazia »
N si girò, cogliendola di sorpresa, e le si avvicinò ancor più di prima ad ampie falcate. Raccolse il suo viso nelle sue mani, avvicinò le sue labbra e la baciò, per quello che lei riuscì a pensare come un’eternità. Se inizialmente aveva intenzione di staccarsene, reagì al gesto del ragazzo stringendolo con il braccio destro a sé e continuando quel dolce e lento bacio per quanto possibile.





The Knick
Perché un titolo così? Non c'è un perché.
"Devo guardare The Knick?" sì devi. Ho ragione? Sì.

herr

 

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Capitolo 6
*** Chapter VI - All the Time in the World ***


Chapter VI
All the Time in the World


 
 
presente — Castelia City — 20/10/11
« Perché? »
Immersi nella calma serale, i due si erano ritrovati a salire nel suo appartamento ma, giunti sul luogo, non ebbero a che dire per un lungo lasso di tempo. Hilda aveva posizionato una sedia di fronte alla porta finestra e sedeva osservando il tramonto, i suoi occhi che cercavano di ritagliarsi un piccolo spazio nel labirinto di grattacieli dello skyline, mentre N si era ritrovato a sistemare delle carte da gioco su un tavolo nella medesima stanza, ma poco più lontano dalla ragazza.
Le ordinò una ad una sul legno, seguendo in un modo piuttosto schematico le venature delle assi, a formare un rettangolo stretto e lungo. « Se volessimo usare un sistema di frasi criptate tramite le carte da gioco » disse, eludendo la domanda della giovane « dovremmo prima di tutto porre dei limiti all’intervallo di carte che prenderemmo in considerazione, considerando ovviamente di seguire l’ordine numerico. Dall’uno al re, e dopo il re l’ordine successivo di semi, cercando anche in esso un ordine. Prendiamo fiori, quadri, cuori e picche per esempio »
Hilda non rispose.
« Le lettere dell’alfabeto sono, in totale, 26 » continuò, mantenendo lo sguardo chino sulle carte « e così deve essere anche il nostro intervallo. Su cinquantadue carte, ventisei ne andrebbero escluse così, ma non è da intendersi che perderebbero il loro scopo. Affatto. Le carte sarebbero comunque utili come spazio fra una parola e l’altra, certamente »
Sistemò delle carte in fila indiana lungo il verso orizzontale, senza l’uso di spazi.
« Volendo potremmo scegliere di usare, diversamente, altre chiavi di lettura, come ad esempio i numeri pari o dispari, con le proprie eccezioni, o i multipli di un dato numero »
« Perché c’è qualcosa che hai intenzione di dirmi? » 
Un sorriso abbozzato increspò le sue labbra. « C’è qualcosa che vuoi sapere? »
« In realtà sì » distolse lo sguardo dall’orizzonte, che ormai non presentava più il porpora crepuscolare ma un mero blu notte, e lo portò in direzione del ragazzo « molto »
N sorrise ancora. « Vai avanti »
Hilda appoggiò il mento sullo schienale della sedia, ingobbendosi, e prese fiato. Poco prima che si preparasse a parlare, qualcosa la fermò. « Qualsiasi cosa ti chieda mai, non riceverei mai una risposta »
« Cosa te lo fa pensare? »
La castana lo guardò di sottecchi « Mi prendi in giro? »
Il ragazzo dai capelli verdi non rispose, si limitò a continuare il suo gioco con le carte consapevole di avere gli occhi della giovane puntati su di lui.
« La nostra relazione, è ancora un gioco per te? »
N strinse gli occhi, fece scorrere il palmo della mano sulla superficie lisca del tavolo e raccolse a sé le carte. Con brevi e febbrili movimenti sistemò le carte nel mazzo originale, lo ruotò, ci girò attorno un piccolo spago e lo chiuse. Controllò che nulla fosse rimasto sul piano di gioco, e si alzò dalla sedia.
« A domani, Hilda » disse infine, cercando con lo sguardo la porta.
« Oh, ti accompagno fino al pianerottolo se vuoi »
« Non ve ne sarà bisogno, ma grazie lo stesso »
Hilda lo vide allontanarsi e, come i passi aumentavano, le pareva di sentirsi meno sola. La vicinanza con quel ragazzo, seppur avesse dell’assurdo, le dava un senso di solitudine che la solitudine stessa non era capace di eguagliare. Era questo ciò che provava, vuoto, non riusciva a spiegarsi il perché dei fatti precedenti e ciò l’avrebbe perseguitata sin a farle perdere il sonno.
Vide N afferrare la maniglia, ruotare la porta verso sé e portare un passo nell’oscurità al di là della stanza. 
Si fermò. « Non so »
Sulle prime non capì cosa intendesse e impiegò qualche buon minuto di silenzio a recepire quanto detto. 
« Come scusa? »
N voltò gli occhi verso di lei « Mi hai chiesto se considerassi la nostra relazione ancora un gioco, e la risposta è: non so, ma voglio lavorarci e penso che sia questa la questione »
« È una risposta? »
Sorrise. « È un non so »
« Dovrei intenderla come una risposta? »
Ma N era già uscito.

Quando la ragazza controllò sul tavolo, una carta giaceva in bella vista sulla superficie del legno.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Opelucid City — 21/10/11
Shauntal si trovava in un angusto corridoio assieme ad un altro uomo, al quale non avrebbe dato più di trentacinque anni, immersi in una discussione piuttosto particolare. La luce era soffusa, poco meno che buio, nessuna voce in lontananza.
« Ti sono molto grata di poter parlare in questo luogo piuttosto angusto — se posso darti del tu —  ma non posso permettermi il lusso di avere strani movimenti »
L’uomo le restituì uno sguardo comprensivo « Non preoccuparti— e sì, va più che bene il tu — ti capisco perfettamente. Cos’era che avevi intenzione di dirmi? »
La corvina si spostò una ciocca di capelli dall’orecchio.
« È una questione abbastanza delicata. Penso che ci sia qualcuno che vuole mandare a capo della Lega un candidato, se posso permettermi, troppo inesperto e abbastanza controllabile, ma non ne capisco ancora i motivi »
Il bruno, Looker il suo nome, le restituì uno sguardo pensieroso « Hai delle prove? Fino a che rimangono solo supposizioni, temo di avere le mani legate »
« Pensi di poter rimanere in città per qualche giorno? »
« Sì, penso di rimanere ancora qualche giorno »
La corvina non si preoccupò a filtrare il suo entusiasmo, che risultò invero piuttosto controllato dalla necessità « Fantastico, perfetto, mi basteranno giusto du—»
Un rumore sommesso la interruppe. Ruotò il capo dietro di sé, alla ricerca del rumore, ma vi trovò il buio pesto che aveva lasciato pochi minuti prima. 
« Devo andare » fece, muovendo dei passi all’indietro « ti farò avere mie notizie » per poi scomparire nel buio corridoio dietro a sé.
 
ϡ
 
Shauntal aveva trovato difficile riuscire a spiegare come mai si fosse assentata così lontano dai suoi luoghi di lavoro, e ancor di più quando dovette convincere Caitlin e Marsahl di dover urgentemente conversare con Grimsley, in quel momento alle prese con una sfida. Entrambi erano degli individui molto stupidi a suo parere — lo credeva anche Grimsley, in realtà — e facilmente manipolabili. É importante disse, senza nemmeno guardar loro negli occhi, Che tipo di importanza? ribatté Marshal ricevendo uno sguardo di ammirazione da parte di Caitlin, doveva aver pensato che quella frase fosse stata di particolare spicco o di particolare acume. É segreto arrangiò il discorso, e parve funzionare, tanto che sui visi dei due baluginò uno sguardo a metà fra l’ammirazione e la continua sensazione di non capir nulla. Era per quello più che altro che nessuno dei due ribatté vedendola scomparire dietro le scale che conducevano al complesso di stanze adibite all’Elite Buio con una certa fretta. Si scambiarono uno sguardo pregno di dabbenaggine e tornarono ai loro compiti.
Essendo i quattro complessi pressoché identici fra loro, non ci impiegò molto a raggiungere lo studio privato dell’uomo, alla ricerca delle informazioni a conferma della sua tesi, optò per il computer come punto d’inizio, ma la password le fu subito il primo ostacolo alla vittoria. Ripose il pc dove lo aveva trovato, e si mise alla ricerca di eventuali particolari che avrebbero potuto esserle utili, ma anche lì nulla le venne in soccorso. Lo studio, identico al suo in tutto e per tutto, presentava un ordine innaturale ed etereo, quasi intoccabile. Affascinante. Era così che avrebbe additato Grimsley, non propriamente affascinante, non l’avrebbe mai fatto, ma lo affascinava per molti versi. Era bello, non lo negava, tutto fuorché un personaggio positivo, asseriva anche quello, era la parte meno colta e interessante di sé stessa a volerlo, ma era anche l’unica alla quale interessava qualcosa al di fuori del suo lavoro.
Sovrappensiero continuò a cercare febbrilmente tra i cassetti della scrivania quando per poco non vide un foglietto accartocciato che destò la sua curiosità. Richiuse violentemente il cassetto, schiaffò il pezzo di carta sulla scrivania e lo stirò, cercando di decifrare il corsivo dell’uomo. Constatando, dentro di sé, che la cosa le avrebbe impiegato del tempo, decise di scattare una foto a telefono e sistemarlo dove l’aveva trovata, quando udì il trillo che segnava la fine della sfida. Da un momento all’altro sarebbe tornato nella scrivania, collegata direttamente all’arena tramite una porta che si apriva sul lato opposto della scrivania, e l’avrebbe scoperta. Azzardò qualche passo in direzione dell’altra porta, ma fu troppo lenta.
« Guarda guarda chi c’è qua! Shauntal Livingstone in tutto il suo splendore! »
La corvina ritrasse il suo sguardo verso Grimsley « Io—»
« Non c’è bisogno di dire nulla » continuò, fingendo nella voce un tono volutamente altezzoso e pomposo « posso comprendere molto bene i motivi che ti hanno spinta a curiosare nel mio ufficio »
Le si avventò, costringendola alla parete. La ragazza, in risposta, alzò le mani ruotando l’avambraccio sul gomito, un riflesso meccanico più che una difesa cosciente contro l’uomo. Portò la sua bocca all’orecchio destro della donna, giocando con una ciocca di capelli che cadeva dolcemente davanti ad esso. La rigirò sul suo dito qualche volta, per poi spostarla dietro il padiglione auricolare.
Assottigliò la voce, che assunse un tono più serpentino e malefico, i suoi occhi che la scrutavano dall’alto con ferocia « Cosa poteva farci uno stronzetta come te qua? Eh, Shan? » le afferrò il polso sinistro, stringendolo fra il pollice e l’indice a formare un arco. Poteva sentire il sangue scorrere sulla pelle, il battito della ragazza che andava accelerando, e come lo stringeva la giovane emetteva dei volubili sussulti.
« Ngh—»
« Eh, Shan? Lo senti? Il sangue che scorre nelle tue vene? » aumentò la presa « se hai interesse nel tenerlo, ti conviene restarmi lontano »
La donna non riuscì a reggere la forza dell’uomo, e crollò sulle sue ginocchia. La stretta al polso era ceduta, rannicchiata in posizione fetale, spalle al muro, e Grimsley che la fissava dall’alto soddisfatto.
Indicò la porta « Fuori »

 
ϡ

Era un’ordinaria mattina di ottobre ad Opelucid City. Come il freddo avanzava e l’inverno si faceva più vicino, il panorama cittadino si colorava di molteplici sfumature di rosso, coprendo le strade di caldi colori autunnali e lasciando i rami a rabbrividire, spogli del loro manto. Il gelo si infilava nelle case, penetrava nei cappotti e cristallizzava la rugiada che durante la notte aveva bagnato i palazzi, donando un suggestivo aspetto invernale alla metropoli. 
Le prime luci del mattino illuminavano la città, filtrando attraverso le fessure di una griglia ed irraggiando il mantello di Zinzolin. Si trovava in un parcheggio sotterraneo, nonostante la presenza di una rada luce gli facesse credere che fosse facilmente esposta all’ambiente esterno. Per i suoi scopi, comunque, era ininfluente, e non badò a quel fatto.
A rompere il silenzio fu il sordo rumore di passi, brevi e coincisi, seguiti dall’arrivo di una figura in abiti simili a quelli dell’uomo. Non parevano sorpresi di essersi incontrati, era anzi il contrario.
« Buongiorno, Bronius »
« Non posso dire lo stesso per me, Zinzolin »
Mostrò un’espressione di disprezzo squadrando l’interlocutore. Si sentiva superiore e provava il bisogno di esternarlo, come se l’uomo di fronte a lui non ne fosse cosciente.
« Perché mi hai chiamato, Zinzolin? Ti avevo avvisato di non tornare ad Opelucid »
« Ho dovuto rompere il patto »
« L’ho potuto notare » ribatté, con una nota di noia nella sua voce « e se posso, quale sarebbe la ragione? »
« Oh, è semplice ». Rise, per la prima volta nella sua vita si disse Bronius, e ciò lo vide come un cattivo segno. Fissò i suoi movimenti alla ricerca di qualche mossa che tradisse le sue intenzioni, ma longeva dall’aver scoperto le carte in tavola.
Estrasse la mano dalla tasca, e l’uomo notò con orrore come impugnasse fra le dita una pistola. Incrociatosi i loro sguardi, un sorriso balenò sulle labbra di Zinzolin. Alzò il braccio e puntò l’arma contro il suo nemico. 
« Cosa pensi di fare, Zinzolin? ». La sua voce tremava, per la prima volta nella sua vita Bronius era spaventato. Il capo dei Sette Saggi che temeva per la propria vita, com’era divertente. « Uccidermi non risolverà le cose »
« Cosa dovrebbe risolvere? »
« Il… Il giornale, quel Castle, ci hanno sco—» deglutì « scoperto »
« Non devi ringraziarmi, l’ho fatto con piacere »
« Cosa?! »
« Ti stai scaldando troppo per i miei gusti, Bronius, rilassati, cercherò di farti meno male possibile »
« Co—»
L’incubo del quale era preda Bronius terminò nel momento in cui un rumore di passi giunse alle loro orecchie. Si guardarono attorno, nessuno pareva esserci oltre a loro due, ma senza che essi se ne accorsero dal vuoto apparvero tre figuri incappucciati. Indossavano degli abiti grigi ed una benda copriva loro il viso, in modo tale che non fossero riconosciuti.
Bastò la vista dei tre a fargli tirare un sospiro di sollievo.
« Cress, Cilan, Chili! Siete giusto in tempo »
I tre uomini rimasero in silenzio. Non guardarono Bronius, bensì rivolsero i loro sguardi a Zinzolin e l’uomo capì che qualcosa non andava come avrebbe dovuto. Un brivido corse lungo la sua spina dorsale.
« Rispondetemi »
« Pensi che ti ascoltino ancora? Hai perso il diritto di essere ascoltato molto tempo fa, Bronius »
« Se ti vedesse Ghetsis… » digrignò i denti « se fosse ancora qua… »
« Oh, sarebbe molto divertente »
« Come ti perme—
« Hai finito di parlare, mi spiace »
Premette il grilletto e lo scoppio di un proiettile saturò l’aria. Un foro rosso vermiglio si era venuto a creare nel petto di Bronius, il suo sguardo stava lentamente venendo meno e le gambe cedettero. Il peso del corpo si concentrò sulle ginocchia, dopodiché un altro scoppio seguì, palesandosi sulla tempia del vecchio. Il cadavere dell’uomo, ormai privo di vita, si accasciò sul cemento, ed un lago di sangue inondò il pavimento dove giaceva. 
« Come mai siete qui? Non vi avevo chiesto di venire »
« C’è stato un problema » 
« Di che tipo? »
« Ieri abbiamo ricevuto una chiamata da parte di una ragazza, diversa da Hilda »
Un secondo ragazzo s’intromise. « Chiedeva di N »
« N, eh? »
Zinzolin scrutò soddisfatto la pozza di sangue sul quale pestava i piedi, ed incrociò lo sguardo ormai privo di vita di Bronius con particolare orgoglio.
« Eliminatela »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 21/10/11
16:04 AM
N
Ti ho organizzato un appuntamento ad un talk show per questa sera, dove potrai parlare di Zinzolin.
Non ringraziarmi
xx

Grandioso, pensò. 
L’ultima cosa di cui aveva bisogno era essere intervistata ad un talk show al quale non aveva né intenzione di andare né le era stato permesso. Ricordava bene le parole di Francis, le era vietata ogni intervista. 
Cacciò via questi pensieri e uscì dal palazzo del giornale, intenzionata a tornare a casa ed a non pensare ad altro. Ciò che non sapeva, Natalie anch’essa aveva deciso di prendere la medesima strada, stando a debita distanza da lei: la stava seguendo.
Non fu difficile per la ragazza farlo, si limitò a mescolarsi assieme alla gente ed a mantenere il contatto visivo con la schiena della giovane. Attraversarono la strada principale, scesero in metropolitana e risaliti Hilda si diresse verso un Centro Pokémon. Natalie ritenne opportuno non seguirla e decise di rimanere ad aspettarla seduta in un bar là fuori, fino a quando non notò qualcosa di strano. 
Sin dal momento in cui era uscita a pedinare la collega, la figura di uno strano uomo, vestito in abiti grigi e neri, prese ad essere una presenza costante attorno a lei. Inizialmente non vi diede importanza, ma ora che si era fermata riconobbe come, con altrettanta stranezza, anche il medesimo figuro si era fermato. 
Finché non ne arrivò un altro. 
Un secondo uomo, dalle medesime vesti e parvenze del primo, era apparso nei pressi del Centro Pokémon. Sembrava esser giunto per una via secondaria, diametralmente opposta ala primo, e la ragazza commise l’errore di cercare il suo sguardo. Come vide i suoi occhi osservarla, capirono di esser stati scoperti.
Senza guardarsi indietro corse all’interno del bar ed entrò nel bagno femminile, con la speranza di esser al sicuro. Nonostante ciò, la sensazione di pericolo correva ancora sulla sua pelle, così prese uno sgabello e salitavi sopra si gettò fuori dalla finestra dei servizi igienici, atterrando sul duro cemento. Narrow Street, era finita a Narrow Street. 
Fece per proseguire avanti, ma un terzo figuro apparve di fronte a lei, ad un centinaio di metri di distanza. In gabbia, si mise a correre nel verso opposto, in preda al panico. Il suo cuore aveva accelerato ed ora batteva come un forsennato, la scuoteva dall’interno ed ogni suo battito faceva così male da rendere anche il respirare doloroso. 
Prese in considerazione l’idea di rallentare, anche solo chiedere aiuto a qualcuno, ma chi l’avrebbe ascoltata? Non poteva fermarsi, non doveva farlo, non avrebbe lasciato che la sua vita fosse finita così. Davanti ai suoi occhi le immagini della sua vita, i momenti vissuti che avevano avuto più impatto su di lei scorrevano uno ad uno, come un fiume in piena, ed erano l’unica speranza che aveva di non morire. Aggrapparsi a quello, aggrapparsi ai ricordi, al passato, per non cadere nel baratro del vuoto.
Corse ancora, per quanto altro tempo non lo seppe dire, e senza mai fermarsi: come raggiungeva uno spazio vuoto, ecco che apparivano, silenziosi come fantasmi ed altrettanto spettrali. Ma nulla è destinato a durare in eterno, ed il fiato le morì in gola.
Fece un altro passo in avanti, senza guardarsi indietro, per poi accasciarsi a terra.
« Forza! »
Una voce nella sua testa le diceva di continuare, una sottile e calda voce che non aveva mai sentito. Sono morta? pensò, è la fine?
Sentì una stretta far pressione sul suo braccio, e dopo che venne sollevata qualcuno o qualcosa la trascinò dentro un vicolo buio e stretto, inosservato dagli sguardi della gente. 
Tentò di schiudere le palpebre, e vide una chioma verde coprirle la visuale.
« Forza! Non abbiamo molto tempo, dobbiamo fare in fretta! »
« … »
« Devi aiutarmi Natalie, svegliati! »
Come sai il mio nome? fu il primo pensiero che le balenò in testa. Ancor prima di assicurarsi circa la propria salute, voleva sapere come facesse uno straniero a conoscerla. 
« Avremo tempo per riposarci dopo, ora devi ascoltarmi! »
Con molta fatica riuscì ad alzarsi, e si sorresse al braccio di N per continuare.
« Dobbiamo salire queste scale antincendio, pensi di potercela fare? »
Natalie asserì.
Il ragazzo portò l’arto sinistro di Natalie attorno il suo collo, la issò sulla sua spalla e salì il primo gradino, al quale seguirlo molto alti. Il suo passo era lento, appesantito dalla ragazza, ancora scossa e indebolita, ma infine riuscì a raggiungere il tetto del palazzo, sul quale finalmente poterono tirare un sospiro di sollievo. Nonostante ciò, il pericolo era lungi dall’esser scampato.
« Cosa—» fece un grande respiro « cosa è successo? Chi erano quei tipi? Come hai fatt—»
« È una situazione molto complicat—»
Una luce balenò negli occhi della ragazza. Rivide quel ragazzo assieme ad Hilda, il ragazzo che aveva collegato al nome di N e improvvisamente il quadro le fu chiaro: N, il misterioso N che aveva tentato di chiamare, era la persona che l’aveva salvata. La sua mente fu investita da una serie di domande al quale, ne era certa, non avrebbe ottenuto risposta.
« TU SEI N! »
« Io—»
« Aspetta, ammetti di essere N? »
« Non c’è tempo da perdere, dobbiamo scappare! »
Il ragazzo la strattonò, indicandole la strada da percorrere, ma Natalie desistette. Strappò il suo braccio dalla mano di N e fece un passo indietro, passandosi una mano fra i capelli.
« Oh no, non farò nulla senza prima aver ottenuto una risposta »
« Non capisci! Dobbiamo scappare da qua! »
« A-ha, scappa pure se vuoi »
« Natalie, devi—» lasciò la frase senza conclusione. Il comportamento della donna non le lasciava scelta, o le avrebbe concesso una domanda o sarebbero morti entrambi. « Ok, ok, una domanda e basta »
Natalie sorrise « Qual è il tuo piano? »
« Pensi di avere tutto questo tempo? »
« Abbiamo tutto il tempo del mondo, N »
« Ti sbagli, Natalie »
Estrasse una pistola dalla giacca, e la puntò verso Natalie. « Dopo che avrò premuto il grilletto, penserai ancora di avere tutto il tempo del mondo? »
Come un acquazzone d’estate, allo stesso modo l’attitudine della ragazza cambiò precipitosamente. Nel suo viso un’espressione d’orrore sostituì la sensazione di appagamento che trovare N le aveva dato, il respiro si fece più veloce e le parole che aveva intenzione di dire le morirono ancor prima di concretizzarsi in suoni.
Alzò le mani. « Ok, ok, stai calmo, sono sicu—»
« Stai zitta. Non ho tempo da perdere con te, ora farai esattamente quello che ti dico o non esiterò a premere il grilletto »
Natalie asserì, e continuò a parlare. « Bene. Vedi quell’edificio là? A forma di scheggia? »
Indicò un palazzo di vetro, a destra della ragazza, e lei asserì nuovamente.
« Vai in quella direzione, voglio vederti sul ciglio del tetto »
« Morirò! »
« Cadrai, semmai » la corresse, muovendo la canna della pistola in direzione del palazzo « ma questo è un tuo problema. Fallo, ora »
Silenziosamente, Natalie si allontanò da N per seguire il percorso da lui stabilito. Giunta sul ciglio del tetto, il ragazzo riprese a parlare.
« Salta »
« Morirò, razza di cretino! »
« Ho detto che mi interessa? No » sbottò « salta, o non esiterò a premere il grilletto »
« Ma—»
« Non sono solito sbagliare mira, Natalie. Un colpo e ti mando al creatore »
Natalie osservò la trafficata strada che giaceva sotto di lei, qualche decine di metri più sotto. Una leggera brezza soffiava dal mare, le scompigliava i capelli e pareva sentirla dire “Salta, Natalie!”. Un brivido corse lungo la sua schiena, un tremolio che si espanse lungo tutto il suo corpo. Portò un braccio in avanti, le sue dita a sfiorare l’ebbrezza del vuoto, e lo ritrasse poco dopo. I rumori della strada saturavano l’aria e le urlavano nei timpani, la paura l’aveva assalita ed il nero cemento si faceva sempre più vicino ai suoi occhi. 
« Addio, Natalie »
N portò la mano sinistra al cane della pistola e lo spinse in avanti con un movimento meccanico, dopodiché premette il grilletto. Uno scoppio si liberò nell’aria, bruciando nelle orecchie di Natalie, ed il piombo corse nell’aria sino a raggiungere la ragazza.
Era ora o mai più.
Lanciò le sue gambe in avanti, lasciandosi cadere nel vuoto. Una scarica di adrenalina la pervase, gridando nelle sue vene e facendola sentire più viva che mai. Nonostante la caduta, stava provando una sensazione unica nel suo genere ed irripetibile, una scossa di vita che trovò paradossale alla sua situazione. 
La caduta continuava, il vento le accarezzava i capelli ed i rumori si facevano ovattati, come in una bolla destinata a scoppiare al contatto con il terreno. Si chiese se qualcuno la stesse guardando, se qualcuno si fosse accorto di come una ragazza, lanciatasi dal tetto di un edificio di quaranta piani, stesse irrimediabilmente cadendo per trovare la morte in strada. Non si rispose, e chiuse gli occhi.

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 21/10/11
Il talk show che Hilda si era ritrovata ad attendere era un siparietto domenicale nel quale le personalità più famose di un determinato periodo rilasciavano interviste e rivelazioni, che la ragazza considerava ridicole, ma alle quale dava un certo peso mediatico. Per la ragazza era un’esperienza piuttosto nuova, ma non sentiva di essere spaventata, bensì curiosa, la curiosità del nuovo che sopprime la paura, e sotto certi aspetti eccitata. Se la ritenevano così importante da farla apparire nel talk-show più famoso della regione, pensò Hilda, il suo scopo l’aveva raggiunto completamente, e da lì in poi sarebbe stata una strada in discesa per la giovane, ed era stato ciò a convincerla a venir meno ai patti con Francis. D’altronde, cosa sarebbe potuto andar male?
Dopo un buon quarto d’ora che aspettava dietro le quinte, una signorina alta e bionda le venne incontro, indicandole di entrare non appena fosse partita la sigla dello show. Fece con la mano il segno del cinque, poi del quattro, poi del tre, cosicché Hilda capisse che sarebbe cominciato a momenti, e dopo che ebbe terminato di fare segno col pollice partirono i violini. Una cascata di applausi seguì la castana dalle quinte alla postazione dove sarebbe dovuta sedersi, dritta di fronte alla leggendaria poltrona del conduttore della serata, William Hoescher. Era un uomo di circa sessant’anni, portati discretamente bene, e dal portamento pomposo, come si addiceva ad ogni presentatore. La pelle era abbronzata, i capelli brizzolati e gli occhi scuri come la notte.. Erano spenti e trasparivano uno sguardo privo di espressione, in netto contrasto con l’ampio sorriso che solcava il suo volto.
« Cara Unova, ho il piacere di presentarti… Hilda Baskerville! » 
Accolse la giovane giornalista con una calorosa stretta di mano, ammiccando di tanto in tanto verso la telecamera, e sedutosi cominciò a parlare.
« Direi di saltare i convenevoli, non ti sembra? »
Hilda non rispose, si limitò a sorridergli, coprendosi con il dorso della mano dai flash delle fotocamere.
« Da giornalista semi sconosciuta, questa ragazza ha in breve scalato le testate giornalistiche più importanti con i suoi burrascosi e chiacchierati articoli, ma conosciamola più a fondo! »
Ora si rivolse alla ragazza « Benvenuti ad un’altra puntata del William Hoescher Show, Dietro la maschera, assieme a Hilda Baskerville »
La giovane si rabbuiò « Dietro… la che? »
« Dietro la maschera, è il nome della puntata di oggi! » fece segno con le mani di continuare a rispondere alle domande, ma Hilda non volle glissare sulla faccenda.
« Cosa vuole significare questo titolo? » ma non riuscì a finire la frase che lo stacchetto musicale aveva ripreso ad aleggiare nell’aria. Un’equipe di truccatrici, capitanate dalla donna con la quale aveva parlato prima, accorsero in sala, mentre vide la sua immagine scomparire da tutti gli schermi televisivi che la circondavano.
« Abbiamo mandato la pubblicità, signor Hoescher »
« Cristo, chi ha avuto l’idea di chiamare una giornalista, per dio! Tra cinquantacinque secondi si riprende, ah e tu Allison parla alla ragazza » 
La squadra di trucco e parrucca circondò l’uomo, mentre la donna, che pareva chiamarsi Allison, venne incontro alla castana seguita da due assistenti, o almeno ne avevano tutta l’aria.
« Non so come tu pensi siano questo tipo di talk-show, ma non funziona così. Il signor Hoescher parla, tu rispondi, e fine » spiegò le labbra in un ampio sorriso che nascondeva malamente i suoi veri sentimenti « al prossimo stacco pubblicitario sei fuori » 
Uno dei due ragazzi al suo fianco le sussurrò una cosa all’orecchio, che la costrinse a far marcia indietro e ritirarsi nei camerini, mentre un uomo corpulento dava segno di riprendere a parlare.
« Bentornati, signori e signore, al William Hoescher Show! Io sono William Hoescher, ed oggi con noi abbiamo la carismatica signorina Hilda Baskerville! »
La giovane fece un cenno col capo, sorridendo nell’inquadratura della telecamera.
« Allora, Hilda, raccontaci più di te. Sappiamo che eri un’allenatrice, hai mai partecipato ad una Lega? »
« Alla Lega di Unova, sì, ma è durato poco »
William fece una giravolta sulla sua sedia « E com’è nato il tuo amore per il giornalismo? »
« Beh, è una relazione abbastanza complicata, non mi considero—
« Avete sentito, gente? La modestia è una qualità importante per una giornalista che si rispetti, e pare che Hilda Baskerville possa sfoggiarsene! »
Non capì il perché di troncare una frase sul nascere, ma si limitò a sorridere all’uomo e continuare il teatrino che pareva aver intenzione di mettere in piedi.
« Parlando di questioni più… piccanti » la sala si fece buia, e due grandi fasci luminosi si misero a volteggiare nell’etere, per poi cadere sui due, intenti a parlare « in diretta nazionale, un certo Zin… zo… li… lin » inarcò il sopracciglio « un certo Zinzolin smentì il tuo articolo, definendolo come falso. Cosa ti senti di dire? »
Si spostò una ciocca di capelli.
« Sono sicura che Zinzolin avesse le migliori intenzioni di salvaguardare la propria integrità morale, ma lo considero segreto professionale e non posso parlarne oltre »
Lioth ammiccò alla telecamera « Uuuh, la situazione si fa seria! E del suo più recente articolo, riguardante Iris, cosa ci può dire? »
« Vorrei potervi dire qualcosa in più, ma la verità è che so tanto quanto sa lei. Appena saprò qualcosa di più, ve lo farò sapere »
« Capisco, capisco, anch’io sono un giornalista e comprende—»
Hilda colse la palla al balzo.
« Ah, davvero? »
L’uomo fece un blando sorriso, scoprendo nuove rughe che non era ancora arrivata a notare « Come scusi? »
« Mi stavo solo chiedendo se il gossip di cui si occupa la potesse elevare a giornalista »
L’uomo si mostrò imbarazzato, ed abbozzò un sorriso per mascherare le sue emozioni. « La signorina Hilda è stanca, forse è megl—»
« Oh no, continuiamo a parlare, caro Bill »
Dopodiché il buio.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
 
presente — Opelucid City — 21/10/11
La corvina e l’uomo si trovavano ai piedi di un importante palazzo di Opelucid. Salirono attraverso il sontuoso ascensore, e giunti in camera si buttarono sul letto. Grimsley si sbottonò la giacca, mentre lei, meno disinibita, dovette aspettare che l’uomo la obbligasse.
E le luci si spensero.




You beat death, but you couldn't beat me.

Il titolo di oggi è una citazione (!!! gli altri lo erano anche !!!), stavolta ad Alias. Perché Alias è bello. 
E sì, sono veramente veloce a postare i capitoli ma praticamente metà episodio era scritta, l'altra era veloce da scrivere e ultimamente ho molto tempo. You'll thank me later

herr
 
 
 
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Capitolo 7
*** Chapter VII - The Guilty Girls' Handbook ***


PREVIOUSLY ON CARDS dopo aver tradito Bianca, Hilda si trova alla deriva e viene convinta da N a partecipare ad un talk show, nonostante le fosse stato vietato da Francis. Shauntal, a Opelucid, sta raccogliendo una serie di informazioni che potrebbero aiutare Looker a far luce sulla faccenda della Lega mentre Natalie, dopo che Zinzolin ha ordinato la sua morte, viene costretta da N a buttarsi da un palazzo alto svariati piani. Ora, Hilda si ritroverà ad affrontare le conseguenze delle sue azioni, addentrandosi in un sentiero sempre più oscuro
 
Chapter VII
The Guilty Girls' Handbook


 
presente — Opelucid City — 22/10/11
I primi raggi di luce fecero capolino sul lussuoso parquet brunastro, disegnando una raggiera di tonalità rossastre sulle assi del legno. Migliaia di venature gettate sulla parete, interrotte solo dall’ombra delle particolari persiane poste verticalmente sull’ampia finestrata del loft, una delle quali particolarmente fastidiosa, posatasi sul viso della corvina, ebbe l’effetto di svegliarla.
Shauntal diede un’occhiata fugace a Grimsley, notandolo ancora assopito sul lato sinistro del letto, dopodiché porto lo sguardo alla sveglia: non era ancora partita. Ottimo. Come prima cosa, staccò ogni congegno che potesse anche lontanamente ridestare l’uomo, per poi vestirsi in fretta e furia stando attenta a non far rumore. Era nella tana del lupo ed esso dormiva, l’occasione che aveva sperato potesse avversarsi era sua. Corse nel suo ufficio, che mise sottosopra alla ricerca di prove, rivoltando allo stesso modo ogni centimetro dell’appartamento. 
I suoi occhi correvano lungo la ricca e costosa mobilia con la quale era stato arredato l’appartamento, non potendo evitare gli ovvi confronti con la sua, molto più modesta. Più volte la tentazione di farsi scappare qualche soprammobile le passò per la testa, ma capì che la situazione non era più delle adatte per sgraffignare qualcosa.
Dopo una buona mezz’ora e dopo molti tentativi vani, riuscì a recuperare  dei fascicoli che con molta probabilità avrebbero fatto al caso suo, e sazia di prove se ne andò.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 22/10/11
Hilda si rigirò nelle coperte, strattonando il tessuto violaceo verso il suo viso. Aveva vagliato tutta un serie di idee sul come arrivare alla soglia della porta sana e salva, ma probabilmente sarebbe stramazzata al suolo come la sera precedente, in preda alla più vuota coscienza di sé stessa. Conosceva già la sorta che l’aspettava al lavoro, e forse per masochismo, forse per sprezzo del pericolo, trovò il modo di liberarsi dalla calda morsa del proprio letto e di buttarsi qualcosa addosso.
Il viaggio sino alla redazione dello Scirocco fu veramente breve, tanto che si stupì lei medesima di come fosse volato il tempo in quelle gallerie. In cuor suo sperava che anche la più qualsiasi delle reazioni di Francis raggiungesse quella durata, ma tristemente si fece che un sogno destinato a svanire.
« COSA TI È PASSATO PER IL CERVELLO! »
Non era decisamente nel suo miglior stato. Il suo viso era corrotto da innumerevoli rughe espressive che correvano lungo tutta la faccia, accentuando la rabbia dell’individuo. Gesti febbrili e fulminei lo guidarono, i suoi occhi ribollivano di rabbia. Con uno scatto rovesciò quanto giaceva sulla scrivania per terra, lanciandolo contro il muro. I fogli presero a svolazzare in aria, ed una lampada si frantumò.
« No, non parlare » sbraitò, voltandole la schiena « hai detto abbastanza »
« Senti Francis— »
« Non azzardarti a chiamarmi così » 
« Ok, ok, signor Wiseman, senta, quel tipo mi stava facendo dire quello che voleva lui! Era falso, e mi sentivo veramente scomoda in quella posizione, senza contare che era la mia prima volta ad un talk show ed io—
L’uomo schiaffò il gilet beige sulla sedia, avvicinandosi alla ragazza con l’indice puntatovi « Sai cosa? Sai cosa, eh? Io te l’avevo detto! Ma tu, oh no, tu no, tu sei Hilda Baskerville » portò le mani in alto, e si atteggiò con modi piuttosto forzati ad una ragazza « mi stavo solo chiedendo se il gossip di cui si occupa la potesse elevare a giornalista »
La castana indietreggiò « Io—
« Questo è il tuo problema! Devi sempre cercare una scusa per le tue azioni, come se non fosse possibile cambiare! Io, io, io! Come se il mondo ruotasse attorno a te, news flash: non lo fa! Non so se ti rendi conto di quello che hai fatto.
« Ma non ti permetterò di andare avanti oltre. Vai, distruggiti, affondati, ma io non scendo con te » inarcò le labbra al quale seguì un lungo respiro a pieni polmoni « sei licenziata »
Fatto.
Con il senno di poi avrebbe detto che era la scelta giusta, lei stessa si sarebbe licenziata, ma la ragione non era di certo per le motivazioni. Il futuro, quello come lei lo conosceva, non sarebbe stato il medesimo senza quella scelta, ma in quel momento l’unica cosa che poteva provare era dolore e rabbia.
Non riuscì a non farsi scappare una lacrima.
« Io… »
« Vai, Hilda. Quella è la porta »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Opelucid City — 22/10/11
Shauntal aveva passato le ultime ore a sistemarsi il colletto della camicia, lanciando occhiate furtive alla porta del caffè sperando in un’improvvisa entrata del castano, ma con suo grande disappunto non pareva volersi mostrare ai suoi occhi. Era stata molto sbrigativa, lo doveva ammettere, ma d’altronde non le era rimasto tanto tempo. Mano a mano che le lancette proseguivano nel loro cammino, i ticchettii che vibravano lungo le sue membra, le pareva che la situazione peggiorasse. Non poteva permetterselo.
Sfilò la forcina dalla sommità del plico e lo sparpagliò sul tavolo, per poi sistemarlo nella situazione iniziale con dei movimenti poco delicati. Rimise infine il foglio alla sua destra, e posizionò l’orologio sotto il suo naso.
Passò così un altro quarto d’ora, al fine del quale Looker decise che era giunto il momento di presentarsi all’incontro, facendo capolino sulla soglia del caffè con un giornale stracciato sotto braccio. Indossava un trench beige che nascondeva parte dei suoi jeans color denim, non sembrava portare alcun berretto o cappello. Alla luce del sole, poté notare meglio il viso, una carnagione alla quale non avrebbe dato più di trentacinque anni, e due occhi blu cobalto che andavano cercando la ragazza.
« Signor Looker, qui, eccomi! » accennò ad un saluto con il braccio, senza scomodarsi dal tavolo « sono felice che lei sia giunto all’incontro »
L’uomo le restituì un caldo sorriso « È un piacere, madame, e mi scuso ancora per l’inconveniente »
Shauntal inarcò le labbra « Nessun problema »
Dopo aver ordinato un the Shauntal gli porse quanto era stata capace di trovare nell’appartamento dell’Elite, facendo particolare menzione al foglietto rinvenuto nel suo ufficio il giorno prima. Aveva mancato di dire riguardo la violenza dell’uomo, al contrario, nascondendo la ferita al braccio causata dall’ultimo. Non sarebbe stato importante, aveva supposto.
« È certamente molto materiale sul quale lavorare, devo dire anche interessante, ma purtroppo per muovermi dovrei chiedere l’aiuto della polizia internazionale e non mi trovo nella situazione adatta »
« Non c’è proprio nulla che si possa fare? »
Looker fece finta di riguardare il foglio, cercando nei ricordi delle memorie di eventi  simili « Forse, ma non posso assicurarti nulla, e dovrei esser sicuro che ci sia effettivamente qualcosa »
« La data! La data, puoi usare quella! C’era una data, scritta, sul… » rivoltò il plico alla ricerca del brandello di carta « qua! Ecco, il giorno 19 ottobre si è recato in questo bar! Puoi farci qualcosa, vero? »
Il castano prese in mano il quadratino, e se lo rigirò sul dorso della destra « Vedrò quello che posso fare » 
« Se ti può essere d’aiuto, quel giorno Grimsley aveva preso una giornata libera per recarsi a Castelia, penso che tu debba cercare lì »
L’uomo le sorrise « Farò del mio meglio, signora », dopodiché si alzò stirando sulle proprie gambe i lembi della giacca « ma ora devo andare, ho prenotato una visita al palazzo di Opelucid e non ho intenzione di perdermela. La ringrazio comunque per la disponibilità e le assicuro che mi metterò in azione al più presto »
Uscì con la medesima velocità con la quale era entrato, scomparendo dietro il bancone del caffè; il tavolo spoglio da ciò che Shauntal aveva recuperato che Looker si era portato dietro.
Sospirò.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Castelia City — 22/10/11
Il parco di Castelia era un rigoglioso spazio verde dalla geometrica forma del pentagono che presentava un laghetto artificiale a forma di sfera Poké nel suo cuore. Era habitat per una vastissima varietà di specie di Pokémon, dai tipi più acquatici ai volatili ed era considerato un ottimo luogo di studio e di relax dagli abitanti della metropoli che, spesso e volentieri, si trovavano a sostare per tempi più o meno lunghi in quello splendido luogo.
A Hilda, per quanto esso possa sembrare strano, non aveva mai attratto tanto l’idea di passare del tempo libero in un parco, tanto era stata abituata a vivere con la natura durante gli anni della rincorsa alla Lega che ora la sola idea le pareva ripugnante. Il suo appartamento le andava più che bene, ancor meglio se il movente dell’incontro era N in persona.
Sedevano su di una panchina immersa nel lussureggiante verde, dove solo che pochi raggi di luce potevano giungere ad un incontro con le loro pelli, riparati da un fitto labirinto ed intreccio di rami sopra le loro teste. Non si degnavano di sguardi reciprochi, ognuno fissava un imprecisato punto nel vuoto senza proferire parola.
N tossì.
« E così… sei stata licenziata »
La castana soffocò una risata d’isteria « Non pensavo che le tue doti deduttive arrivassero a tanto, Sherlock Holmes »
N sospirò, seguendo con lo sguardo un bambino intento a giocare con il suo Minccino « È in qualche modo colpa mia? »
Non ritrasse lo sguardo « Tua è la colpa di tutto ciò che mi sta succedendo, ridurre a così poco la tua influenza non ti renderebbe onore »
Il bambino dai capelli biondi stava ora cercando un aiuto per arrampicarsi su di un piccolo arbusto, fallendo ad ogni tentativo. « Non intendevo questo »
« Ti stai per caso scusando? »
« Vorrei solo sapere se in me trovi parte parziale o totale della colpa »
Il bambino cadde.
« Vuoi sapere se sono arrabbiata con te, allora » 
Seguì un lungo silenzio.
« Cosa farai, ora? »
Hilda accennò ad un sorriso con le labbra, appoggiando il suo capo sulla spalla sinistra del ragazzo « Non so, N »
Aveva un senso così strano e particolare pronunciare quel nome, quasi etereo. Una semplice sillaba, un banale enne.
« Sono sicuro che troverai a breve qualcosa, poi si vedrà »
Si asciugò una lacrima dall’occhio « Poi ricomincerà tutto, intendi? » fece, la voce spezzata « perché non penso di averne la voglia »
« ... » interruppe più volte quanto intendeva dire, preferendo alle parole un calmo e piatto silenzio. Assieme alla giovane, così, si mise a fissare lo skyline mozzafiato della city che in tutta la sua magnificenza risplendeva del sole al suo stato più puro; le vetrate che scintillavano d’oro ed il plumbeo cemento che restituiva agli osservatori un fugace luccichio opaco.
« E tu? » soggiunse la castana, alzando la schiena dalla panchina « cos’hai intenzione di fare? »
Ora il loro sguardo si rifletteva l’uno negli occhi dell’altro, i brillanti occhi del giovane verde con quelli della castana.
Spiegò le labbra in un labile sorriso « Devo andare, Hilda » per poi alzarsi ed allontanarsi dalla giovane, che tentò invano di raggiungere il suo polso e costringerlo a lei. 
« Aspetta! » 
Alzatasi, gli corse incontro e tentò di afferrare la giacca; tirandola verso di sé ottenne che girasse di 180 gradi sul suo asse.
Hilda avvicinò le labbra alle sue « Mi è mancato baciarti »
Il giovane portò il suo braccio attorno alla vita della giovane « Sono sicuro che per questo problema c’è una soluzione »



 

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Capitolo 8
*** Chapter VIII - Before the Flood ***


PREVIOUSLY ON CARDS la rovinosa partecipazione di Hilda al talk-show, la quale non le era stata permessa, conduce al suo licenziamento. Ad Opelucid, Shauntal ha ottenuto abbastanza informazioni per proseguire con il suo piano assieme a Looker.
 
flashback — Castelia City — 24/10/11
La giovane si rigirò il biglietto fra le dita, non sicura di capire cosa fosse. O meglio, capiva cosa stesse succedendo ma non riusciva a spiegarsene il motivo di quello strano oggetto.
« Un volo? »
« Esatto, Sherlock, un volo per domani pomeriggio per Nimbasa City, assieme a due giorni in uno dei migliori hotel in circolazione. Non sei contenta? »
Hilda era restia dal mostrare le sue più crude emozioni, Bianca e tutto quanto ne seguitò sarebbe riaffiorato come sale sulle ferite, e si limitò a sorridere, gli incisivi affondati nel labbro inferiore.
N la squadrò « Non sembri entusiasta »
« Oh, lo sono, è un periodo un po’ così, ma credimi, sono veramente contenta » 
Cacciò il biglietto aereo in tasca, ed aspettò che il verde continuasse il discorso, trovandosi così ad assistere ad un piuttosto imbarazzante silenzio e incrocio di sguardi.
« E tu…? Cosa farai? »
« Rimarrò in città, sì. Non ho pensato bene a cosa fare di preciso, ma troverò qualcosa »
« … un’altra giornalista… » fece, cercando di soffocare una risata.
« Ehi! » le diede una pacca beffarda sulla spalla, ridendo assieme alla ragazza « ok, penso di essermela meritata »
« Puoi contarci »  

 
Chapter VIII
Before the Flood

 
 
presente — aeroporto di Castelia City — 25/10/11
Sembrava tutto così bello quando il ragazzo le aveva proposto quella pausa dalla caotica città per un più rilassante viaggio a Nimbasa, ma si sarebbe aspettata tutto fuorché un ritardo nella crew dell’aereo. Così si immaginava che avesse pensato anche l’uomo in giacca e cravatta che imprecava di fronte al check-in dei bagagli ad un display telefonico.
Poteva dirsi, comunque, sollevata ché l’aeroporto TheGuardian, poco fuori la città, aveva già avuto effetti rilassanti sulla giovane. Il caffè ed il cornetto al cioccolato inclusi nel prezzo del biglietto, gustati di fronte agli sferzanti raggi di luce porpora che attraversavano le ampie vetrate, si erano rivelati incredibilmente rilassanti alla giovane. 
Buttò l’occhio sul cellulare, e sospirò.
 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Opelucid City — 25/10/11
Tra Grimsley e Zinzolin non vi era mai stato un buon rapporto. La loro, se così vogliamo chiamarla, relazione, si era sempre limitata ad un mero incontro di interessi. Laddove le loro necessità trovavano uno sbocco comune, si adoperavano per far sì che la propria posizione potesse ottenere quanto più successo aiutando l’altro parallelamente, ma ora, in quel momento, l’anziano Saggio non vedeva alcun motivo per spingersi oltre la linea. Trovava privo di scopo il loro incontro quel giorno, ed allo stesso modo era restio a concedere un ausilio all’Elite Four senza ottenere un vantaggio infine.
Dopo un lungo scambio di sguardi, Grimsley si decise a parlare. « Abbiamo un problema »
« Ti prego di moderare la persona alla quale ti riferisci »
« Io » s’interruppe « noi abbiamo un problema. Sì, riguarda entrambi »
Zinzolin agitò la mano, a segno di continuare.
« Penso che Shauntal Livingstone, l’Elite Four di tipo Spettro, sia in possesso di documenti che provano il nostro — il mio ed il tuo — coinvolgimento, se così vogliamo dire, nell’elezione del Campione »
Il Saggio rise, lasciando interdetto il corvino che, al contrario, pareva tutt’altro che in vena di sarcasmo. Proseguì. « Credimi, non è colpa mia, non pensavo che—
« I dettagli della tua incompetenza non sono di mio interesse » lo interruppe il vecchio, sorridendo all’uomo « verranno certamente presi provvedimenti »
« Davvero? » esclamò « ti sono veramente grato per questo, cercherò—
« Non verrano mica presi provvedimenti su Shauntal, spero di essermi spiegato »
Il viso del giovane si rabbuiò « Cosa… cosa intendi? »
« La signorina Shauntal sono più che certo che abbia già trovato qualcuno a cui mandare quanto preso, e se non fosse così non vi sono dubbi che ci siano già quante? — migliaia di copie. Non avrebbe senso curare la ferita, verrà piuttosto fatta sparire l’arma »
La voce tremante ed un volto basito « Non ti seguo, Zinzolin »
« Il nostro patto è finito. Considera i nostri contatti come chiusi » e dicendo questo si alzò dalla sedia, mantenendo le labbra dispiegate in un malizioso sorriso.
« Tu— tu non puoi fare questo! »
« Hai intenzione di portare avanti una scenata in pubblico? Non hai fatto chilometri sin a Castelia per ritrovarti in un attimo sulle riviste scandalistiche di mezza Unova, Grimsley. Arrivederci »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Nimbasa City— 25/10/11 
Hilda non aveva mai trovato il coraggio di affrontare Bianca e di aiutarla, semplicemente aveva eluso ogni contatto che la ragazza avesse tentato di avere con la castana, e più volte aveva avuto la sensazione che questo suo comportamento non facesse che peggiorare il problema. Imparando a convivere con i suoi sensi di colpa andare avanti diveniva più facile, ma ci mise poco a capire che quanto successo alla bionda, quanto lei le aveva causato, era solo un riflesso di ciò che le sarebbe capitato in ritorno. 
Neanche lo skyline di Nimbasa, un arcobaleno di palazzi scintillanti e pittoreschi, riusciva a calmare in ella quel senso di malessere che la pervadeva ogni volta che le capitasse di ripensare alla sua amica. Ma non avrebbe reso vano il regalo di N, nossignore, si sarebbe impegnata quanto più possibile per divertirsi ed avrebbe voltato pagina. Era sicura.
Afferrò la brochure datale dalla ragazza alla reception e si diresse verso la prima meta segnata.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Lacunosa Town — 25/10/11
« È la fine! »
La ragazza piangeva, rivoli di lacrime solcavano il suo volto ed il vento scompigliava i suoi biondi capelli. Come il treno si avvicinava, lei lo sapeva, ogni sua speranza era destinata ad essere infranta. Lo sferragliare del bolide riecheggiava nella valle montana.
« No! No! Come puoi dire ciò?! »
Un ragazzo, poco lontano da lei, impugnava un grosso bagaglio ed aveva tutta l’aria di esser pronto per salire sul mezzo di trasporto. Il suo viso era rilassato, sebbene il tono di voce si stesse alzando e facendo via via più forte.
« Non possiamo andare avanti così, Genevieve! Devo dirti addio, rimanere qua non sistemerebbe nulla »
« Andartene lo farà, Charlemagne? Io ti amo! »
« Non ho altra scelta! »
I violini saturarono l’aria. Il loro suono dolce si fece un crescendo di tensione, mentre l’addolorata ragazza osservava il suo amante svanire dietro il corridoio del vagone numero tre. La ripresa s’alzò, offrendo una panoramica delle montagne circostanti.
Fu il trillo di un campanello a svegliare Julie dalla visione del film. Condusse gli occhi castani alla finestra, nella speranza di capire chi fosse stato a suonare il citofono, ma con suo disappunto non vide nessuno. L’unica opzione rimasta era quella più faticosa: qualcuno doveva aver suonato al cancello del giardino, ciò voleva dire che sarebbe dovuta scendere le scale sino alla città. Fermò la pellicola, per poi uscire dall’abitacolo.
La ragazza era alta, dei capelli rossicci cadevano in modo scompigliato sino alle spalle ed aveva una carnagione olivastra. Si mosse dinoccolata sino alla porta, ancora assonnata e stordita, e indossata una giacca si preparò a mettere piede fuori.
Ad accoglierla fu il panorama boschivo di Accumula Town, una piccola cittadina nel sud di Unova. Una distesa di alberi si estendeva a perdita d’occhio, nascosto l’orizzonte dal lussureggiare di quercia ed abeti. L’aria gelida e secca la risvegliò dal letargo autunnale, facendole trasalire. Una coltre bianca accompagnava ogni suo respiro, il freddo s’infiltrava nelle sue vesti e penetrava nella pelle.
Percorse il perimetro della sua magione e le scale che la separavano dalle altre abitazioni, osservando dall’alto della sua collina le case e le strade della città che s’incrociavano e confluivano nella piazza principale. Poco più sotto, il cancello che cingeva l’entrata alla sua proprietà, dove giaceva una busta. Non v’era un’anima nei paraggi, solo uno strano pacco ad aspettarla.
Raccolse la busta, immaginando contenesse una lettera, ed una volta tornata al calore del suo caminetto la aprì. Recava all’esterno un sigillo verde dorato, sul quale figurava uno scudo araldico ed al suo interno una lettera ripiegata con cura. Anche il materiale era pregiato, constatò tastando le fibre di cellulosa.
« Cara Julie Jackson, le scrivo da Castelia City… »
Lesse le prime righe ad alta voce, perdendosi con velocità nella lettura.
« gradirei tenere la mia persona segreta, e spero che ciò non pregiudichi la credibilità delle informazioni che le dirò. Sono un suo lontano conoscente, non penso si ricordi di me. Con molta tristezza ho accolto la morte del suo amico, so quanto lei ed il signor Hilbert foste vicini »
Abbassò la lettera, portando lo sguardo oltre di essa. Non capiva come mai qualcuno che non conoscesse né che avesse intenzione di conoscere le stesse dicendo tali cose. Perché rivangare una questione chiusa nel passato?
« Se le scrivo è per una questione a me molto vicina. Sono venuto a conoscenza che, il ragazzo che ha per molto tempo cercato, si trova in città. Non posso darle altre informazioni, ma le allego un recapito, grazie al quale potrà venire in contatto con il ragazzo. Spero che questo le sia di aiuto e rinnovo i saluti »
Fece scorrere lo sguardo al di sotto, e vide un recapito in parte al quale era scritto un nome. “Chiedi di Hilda” recitavano le parole.

 
§
 
presente — Nimbasa City — 25/10/11
 
6:49 PM
N
Divertente finora la vacanza?


Sorrise.
6:52 PM
client — N
Non mi lamento

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
flashback — Castelia City — 23/10/11
Un vento freddo spazzava il mare di Castelia, increspava le onde e scompigliava la fluente chioma verde smeraldo del ragazzo. Era sera quando Zinzolin aveva richiesto di incontrarlo al porto cittadino, e ciò fu motivo per N di dubbio dal momento che il saggio era, a giudicare dall’immagine che si era fatto, un uomo riservato e discreto. 
Nell’oscurità della sera, trovarono difficile mantenere il contatto visivo.
« Mi hai chiamato, Zinzolin? »
« Sì, N, avevo intenzione di dirti una cosa »
Il ragazzo si mostrò preoccupato. « Cos’è che non potevi dirmi a telefono? »
« Ho bisogno che tu interrompa la corrispondenza telefonica con Hilda »
Nascose un’espressione delusa, rimanendo in silenzio.
« D’ora in poi sarò io a recapitarle gli articoli ed a comunicarle quanto debba esser comunicato, ho altri piani per te »
« C’è un motivo? »
« Sì. Abbiamo rischiato troppo con la giornalista, non permetterò più che accada una cosa del genere »
N esitò. « È tutto? »
Zinzolin asserì, senza proferire parola, e poco dopo scomparì dentro una limousine nera.




herr

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Capitolo 9
*** Chapter IX - Now You See Me, Now You Don't ***


PREVIOUSLY ON CARDS Hilda parte per Nimbasa City grazie ad un biglietto regalatole da N, il quale si vede costretto ad interrompere la sua relazione con la ragazza da Zinzolin. Il saggio, inoltre, termina lo scambio di favori tra lui e Grimsley.

« Io, Shauntal Livingstone, dichiaro il mio voto a favore per Iris Youstress come Campionessa della Lega di Unova e Capo di ogni istituzione legata ad essa. Il mio voto è irrevocabile. Il voto verrà ritirato solo in caso l’intera Elite, dietro speciale riunione, decida di revocare la carica alla Campionessa »
 
Chapter IX
Now You See Me, Now You Don't


 
 
presente — Castelia City — 26/10/11
Zinzolin poteva sentirlo scorrere nel suo sangue, qualcosa di importante stava accadendo in quegli esatti momenti, qualcosa lentamente si muoveva. Nella grande sala da pranzo, la luce cadeva a fiotti dalle finestre, generando coni luminosi in prossimità delle zone più polverose ed un suggestivo effetto Tyndall. L’aria era tersa, fredda, silenziosa.
« Il signor Marshal ha confermato. Shauntal ha acconsentito ad eleggere Iris come Campionessa, davanti al resto dell’Elite Four ed ai segretari ministeriali. Ha bisogno di altro, signore? »
Zinzolin asserì con un cenno della mano, indicando al ragazzo di sedersi in parte a lui. « Sai perché ho deciso di scegliere proprio te, fra le tante reclute del Team Plasma, come mio referente? »
Il ragazzo tentò di replicare qualcosa, ma venne prontamente bloccato dall’altro. « Esatto, non c’è un motivo. Tutte le reclute, voi reclute, siete terribilmente noiosi e sciatti, non brillate per particolare intelligenza e riuscite come solo pochi riescono ad innervosirmi » si prese una pausa, eludendo lo sguardo interrogativo del suo sottoposto « e la domanda che ti starai chiedendo è: perché me lo sta dicendo? »
Si alzò dalla sedia, allontanandosi di qualche passo dal tavolo. Alzò lo sguardo alle finestrate colorate, e continuò a parlare nel diretto fascio di luce « Perché un uomo intelligente e carismatico come me, Zinzolin, dovrebbe anche solo sprecare tempo a parlare con te? 
« No, non dire nulla, non sapresti la risposta », scosse il capo, « è da tempo che mi pongo questa domanda. La verità è che non c’è una risposta, Ghetsis aveva piani ben diversi. Ah! Ghetsis, che uomo! Un discreto condottiero, non ha mai brillato per intelligenza, è per questo che ha scelto Bronius… ma fortunatamente non è più un problema.
« Che vita grama, la mia! » esclamò « ma cosa parlo con te, cosa capiresti. Sei un essere inutile, tu. Ed a proposito di esseri inutili, quel Grimm, Gromly, Grim… »
« Grimsley, signore » 
Un sorriso inarcò le labbra dell’anziano « Grimsley, esatto. Lo voglio morto, non importa quando, come, perché, morto. Uccidetelo, e se possibile fate in modo da farlo sembrare un suicidio, magari… » si prese una lunga pausa, guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa, rivolgendo occhiate interrogativi ai muri, come aspettandosi una risposta « nulla, nulla, vai pure tu, esegui gli ordini »
Il ragazzo si congedò e se ne andò.

 
ϡ
 
 
presente — Opelucid City — 26/10/11
« Pronto, Looker? » 
Shauntal fece scivolare una tessera magnetica all’interno della sottile fessura che separava la porta dallo stipite, il telefono incastrato tra la spalla e l’orecchio destro.
« Sì, sì, sono Shauntal, è urgente, posso parlarti? »
Udì un cenno di asserzione, seppur a suo dire seccato.
« Perfetto. Ecco, volevo dirti… » udì un suono metallico sbloccare la porta « volevo dirti che, purtroppo, ho votato a favore di Iris nella elezione. So che— sì, ma ascoltami, ti prego—
« Dopo giorni interi che stavo dietro a questo caso, ti permetti di dirmi questo?! »
« Ascolta Looker, non è così semplice, ho dovuto farlo. Grimsley, dopo esser tornato da Castelia, si è mostrato molto strano ed ostile nei confronti degli altri Elitari. Non so bene perché, ma anche Marshal mi è sembrato alquanto strano »
Fece ruotare la porta sui cardini, e dopo averla semiaperta cercò di attraversare quei pochi centimetri di spazio che si era creata, onde evitare di destare troppo l’attenzione di un possibile osservatore.
« Mi è difficile crederti, dato che ogni tuo passo si sta dimostrando sempre più incosciente e contraddittorio con quanto sostenevi prima »
« Looker, devi ascoltarmi, ti prego, non è una situazione facile la mia » abbassò improvvisamente il tono di voce, attraversando la stanza a passo felpato, e sussurrò « ho bisogno del tuo aiuto, veramente »
« La conversazione finisce qui »
« No, no, Looker, asp—
Un suono continuo e ripetuto decretò la fine della conversazione. Immaginò, dall’altra parte della cornetta, l’uomo, chiudere con forza e rabbia la chiamata, convinto di aver compiuto così la scelta giusta. Non poteva biasimarlo, dopotutto, ma in cuor suo sperava che una parte di lui tornasse da lei pronto ad aiutarla.
Ma non accadde.
Attraversata la stanza, in breve tempo riuscì a trovare l’ufficio di Marshal, anche se ci mise un po’ a capire che quelle quattro mura contenenti appena un divano molto spartano ed una televisione fossero la stanza che, sulla mappa, veniva descritta come Ufficio. Le riviste di bodybuilding impilate nell’angolo della stanza rappresentavano il perfetto spettro degli interessi dell’uomo, il quale QI — ne era certa — non superava le centinaia. 
Con sua grande fortuna, un blocchetto per gli appunti era esposto in bella vista su di un piccolo sgabello, e non le volle molto a recuperare da lì tutte le informazioni che le servivano. O, per meglio dire, l’unica informazione, assieme a qualche decina di pagine bianche che si susseguivano una dopo l’altra. Afferrò la cornetta appesa alla parete, e digitò il numero.
« Signor Marshal? »
Una voce maschile, non superava i trent’anni, rispose prontamente alla chiamata della giovane. Era calmo, rilassato, e nessun rumore di sottofondo giunse alle orecchie della corvina, nulla che potesse farle capire l’interlocutore.
Shauntal prese quanta più aria possibile nei polmoni e non emise un suono.
« Signor Marshal, aveva bisogno di qualcosa? » fece la voce, infastidita.
La ragazza era stata presa alla sprovvista, i secondi passavano ed il ragazzo dall’altra parte della linea non pareva voler sostenere un silenzio così a lungo. Con la cornetta fra la spalla e l’orecchio cercò nel suo telefono delle registrazioni dell’uomo, con la certezza di poter giocare il giovane misterioso.
« Che altro posso fare? » emise il cellulare, scaturendo in pochi istanti la risposta del ragazzo.
« Zinzolin non ha ulteriori compiti per te, ti chiedo di non richiamarci più » riattaccò.
Buttò giù il discorso appena avuto sul blocchetto, lo cacciò in tasca ed uscì dalla stanza, lasciando ogni cosa com’era prima del suo passaggio. 

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Nimbasa City — 26/10/11
2:27 PM
N
Stai sopravvivendo anche senza di me?

Erano dieci minuti che si era ritrovata a fissare quel messaggio dal cellulare, in dubbio se prenderlo a parole o lanciare una sfilza di emoji al giovane. Capì brevemente che qualsiasi suo gesto avrebbe innescato una reazione a catena, e cercò di arrangiarsi come meglio poteva.
2:38 PM
client — N
Sono ancora viva e vegeta per sopportare i tuoi messaggi

Si sentì realizzata nel scrivere quelle parole.
Dove sei arrivata, Hilda, si ripeteva. 
Dlin dlin.
2:38 PM
N
Mi sorprendi sempre di più

Spense il cellulare, ed alzò gli occhi all’edificio che le si trovava di fronte in tutta la sua magnificenza. Il Teatro Musical, uno degli edifici più importanti per quanto riguardava le arti musicali nella città, tanto che la sua fama aveva varcato gli oceani e sul suo palco si erano esibite persone dello spettacolo del calibro di Lisia e del suo Altaria, Alty, e non c’era da stupirsi se non fosse anche uno dei principali monumenti di rilevanza artistica. L’edifico, nel suo complesso, rappresentava perfettamente l’idea di città colorata e festosa che Nimbasa dava di sé: una complessa scenografia di luci al neon sormontava il tetto del teatro, una struttura circolare che dava le spalle ad uno dei maggiori parchi della città, il Jekyll Emerald Park.
L’interno stupì la castana almeno quanto era rimasta sorpresa dall’esterno: una hall ricoperta da marmo bianco panna e cremisi di un’eleganza quasi eterea, alle quali pareti figuravano, sotto vetro, locandine e foto dei più importanti e salienti momenti ai quali quell’edificio aveva assistito. V’era poca gente per l’ora, ma sicuramente come la sera sarebbe scesa quel luogo sarebbe stato gremito di persone affannate ed affannanti per guadagnarsi un posto nello spettacolo serale.
Si avvicinò titubante ad uno sportello sulla destra, giocherellando con una brochure della stagione sinfonia 2011-2012. « Buongiorno, sa se per caso è possibile fare un giro turistico del teatro? Anche solo darci un’occhiata »
« Certamente, signora » fece l’altro, frugando in un cassetto sottostante la sua scrivania « dovrebbe… ecco! Qua, vede? » fece scivolare il depliant sotto lo schermo di vetro « tra poco dovrebbe partire il primo pomeridiano, è ancora in tempo per comprare il biglietto »
« La ringrazio molto, quanto le devo? »
« 10 Yen, grazie »
Consegnò la somma dovuta al cassiere, che in ritorno le diede un grazioso biglietto recante la sigla del Teatro e come procedeva a sedersi si vide chiamata da un bizzarro e pittoresco uomo dall’accento francese.
« Bonjour, madame! Mi permetta di presentarmi » esclamò, esibendosi in un vistoso baciamano « Alfred Lefevbre al suo servizio. Ho visto che ha comprato un biglietto per il giro turistico del Teatro, non è così? »
Hilda accennò ad un gesto del capo, titubante.
« E allora sono lieto di comunicarle che questo è il suo giorno fortunato! Avrà il piacere di avere una visita completa in questo bellissimo edificio con il sottoscritto solo e soltanto per un’esperienza unica ed indimenticabile! »
L’uomo sfoggiò un sorriso a 32 denti, indietreggiò e fece segno alla giovane di seguirlo, la quale, seppur molto titubante, decise di accettare l’offerta, perdendosi dentro un lungo corridoio dorato.
« Prima di tutto, direi di cominciare con delle notizie storiche. Il Teatro Musical fu costruito tra il 1876 ed il 1881, da un disegno di un certo Fabrice Monroe, un ricco nobile locale che progettò e pagò parzialmente i costi di costruzione dell’edificio, e, come da testamento, fu lasciato al comune di Nimbasa in regalo »
L’uomo era alto, più o meno come lei, e pareva alquanto familiare alla giovane seppur senza alcun reale motivo. I capelli erano raccolti probabilmente dentro il capello a cilindro che portava anche in quel luogo chiuso, e gli abiti dovevano essere a più strati ché non riusciva a descrivere fisicamente il corpo. In qualche modo pensava che l’accento francese fosse una semplice imitazione.
Alfred s’insinuò in corridoio laterale, anch’esso elegante e raffinato come il precedente. Un tappeto rosso cremisi rivestiva il pavimento, ed ai lati appese le locandine di spettacoli e concerti dal vivo.
« Su questo palco sono salite le personalità più importanti dello spettacolo degli ultimi cento anni, sono sicuro che lo saprai meglio di me, ma per dirti qualche nome, Fantina Dumas e Lisia Graceful, e ovviamente molti altri »
Prese un altra svolta, incamminandosi per un angusto e buio passaggio che non pareva aver uscita « Ma ora, se vuole capire nella sua completezza il teatro, non può che vederlo di persona »
Seguirono uno sbocco luminoso, rivelandole una vista ancor più stupefacente di quella esterna, ed era tutto dire. Un teatro circolare, di stucchi dorati e scherzi neoclassici lungo tutte le facciate, e cosa ancor più strepitosa il soffitto, un’opera a parte di straordinaria magnificenza.
« Wow… »
« Il suo viso dice tutto, signorina, vuole vedere anche la platea? »
Hilda gli rivolse uno sguardo languido e speranzoso « È possibile? »
« Ma certo, madame! »
Risalirono l’angusto vicolo, e tornati nel corridoio principale raggiunsero il piano basso, dove la giovane poté osservare e toccare con mano cotanta bellezza artistica. Le sembrava un sogno, tanto sfarzo che anche il più labile ricordo le sarebbe bastato per l’intera vita ad una piccola ragazza di provincia come lei in un luogo così regale.
« È veramente fantastico, la ringrazio moltissimo signor… »
Si soffermò sui lineamenti del ragazzo, cercando nella memoria il ricordo del suo nome, ma fallì nel tentativo.
Cogliendola di sorpresa, si sollevò il cappello e si levò la giacca che portava, rivelando una folta chioma verde e degli abiti a lei molto più comuni « Non mi riconosci, Hilda? »

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 26/10/11
Anche attraverso un vetro, il profilo dei grattacieli di Castelia appariva maestoso ed imponente. Scintillanti guglie che slanciate toccavano il cielo, alternate a tozzi palazzi ed a ben più basse abitazioni, che in un decrescendo arrivava al mare, nella più totale calma e pace. Il mare, quel giorno, era placido e spoglio da navi.
« Signorina, è interessata ad una carta da turista? Castelia offre molti luoghi da visitare »
Julie sorrise alla cassiera dello Skyarrow Bridge. « No, grazie, ma starò in città per pochi giorni »
« Visita un amico? »
« Più o meno » arricciò le labbra « un amico di un amico, ecco »
Strinse la lettera in mano, osservando lo skyline della metropoli accoglierla come attraversava il ponte. 

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
 
presente — Opelucid City — 26/10/11
Shauntal finì di sistemare i fogli e guardò soddisfatta il risultato del suo lavoro: decine di pagine contenenti ricerche su Zinzolin e su ciò che aveva recuperato cercando il suo nome nella rete. A quanto pare, faceva parte di un’associazione molto ambigua chiamata Team Plasma, molto attiva nella regione per quanto riguardava la liberazione dei Pokémon, e recentemente molto chiacchierata sopratutto grazie a degli articoli di una alquanto misteriosa e sconosciuta giornalista, Hilda Baskerville. Non era molto a suo agio con gli strumenti tecnologici, ma in pressapoco due ore riuscì a compilare fogli e fogli di notizie a favore della sua teoria, e, ne era certa, sarebbe riuscita a guadagnare nuovamente la fiducia di Looker.
In quegli attimi di contemplazione, uno zampillo di luce accese il cellulare e le ricordò dell’imminente conferenza stampa per rendere pubblica l’elezione della neo campionessa, cosicché dovette affrettarsi per giungere in orario a quell’evento cui non aveva intenzione di mancare. Le acque si erano mosse, e poteva giurare che qualcuno — quel Zinzolin, se suoi piani erano esatti — sarebbe spuntato da un momento all’altro sotto i riflettori. 
Recuperò il vestito da gala che aveva fatto sistemare per l’occasione e fu giusto il tempo di scrivere un memo Mostrare a Looker che appiccicò al plico di fogli per poi uscire spedita.
Ad aspettarla, come ogni mattina, vi era la macchina disposta ad ogni Elite che, accostata sul ciglio della strada, attendeva l’arrivo della corvina.
 « Buongiorno, Fred, conosci la destinazione? »
L’anziano uomo alzò il pollice « Sala dei Congressi, signorina Livingstone »
« Molto bene. E cerca di fare in fretta, siamo in ritardo »
« Ai suoi ordini » 
La vettura partì sfrecciando fra le strade della soleggiata Opelucid, l’antica capitale di Unova, riuscita ad elevarsi come centro politico e culturale della nazione contro la dura e frenetica Castelia, che per il suo mare ed il suo sviluppo industriale nell’ultimo secolo era uscita dalle ombre dell’anonimato arrivando a competere come porto solo a Virbank City. Si era sempre ritenuta fortunata di esser nata lì, aveva portato la sua provenienza come motivo di orgoglio durante la sua vita ed avrebbe fatto di tutto per proteggere sia essa che la regione da chiunque avesse voluto rovinarla, Team Plasma incluso.
Soprappensiero, non si accorse che la macchina già da alcuni minuti si era fermata, e che il paesaggio esterno al finestrino era rimasto immutato, congelato in una visione aerea della città. Si adoperò ad abbassare lo strato di vetro, accorgendosi della lunga fila che stanziava sul ponte della sopraelevata, che come un arco attraversava un importante snodo autostradale della regione.
« Come mai ci siamo fermati? »
L’uomo sporse il capo all’esterno, esalando del fumo « Dev’esserci stato un incidente »
« Riesci a capire se è possibile procedere? Ho una certa fretta »
L’uomo aprì la portiera dell’auto, senza proferire risposta, e si allontanò in direzione dell’incidente, assieme ad una moltitudine di persone che, lasciate le proprie vetture, erano alla ricerca di spiegazioni.
« Vediamo cosa c’è alla radio… » sussurrò, sporgendo il busto in avanti e portando la mano alla manopola della radio « uh, non era accesa » e premette il pulsante. 
La macchina andò in fiamme, ed una coltre di fumo si alzò dall’automobile.

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
presente — Nimbasa City — 26/10/11
« Non pensavo di trovarti anche qua, sai? »
N cinse la vita della ragazza, portando il suo braccio attorno a lei. Sorrise, lasciando del tempo prima che la risposta giunse dalle sue labbra.
« E perché? » rise lui, volgendo lo sguardo alla compagna « di cosa dovresti aver paura? »
Hilda alzò lo sguardo al cielo, all’arcata celeste che di sera si tinge di blu e s’illumina del pallore lunare, ed incrociò lo sguardo con la maestosa ruota panoramica che svettava nello skyline di Nimbasa. Evitò di rispondere alla domanda del ragazzo: non aveva intenzione di rivangare episodi e vicende sepolte nel passato, tutto ciò che voleva fare era godersi la serata in compagnia di N, senza pensare alla sua vita di ritorno a Castelia.
« Nimbasa la sera è così bella… pensa quanto sarebbe romantico salire sulla ruota! »
Il ragazzo arricciò le labbra « Non metto in dubbio che sarebbe decisamente bello, ma pensi che sia ancora aperta? »
Fece uno scatto in avanti, lasciando la giovane indietro, e in breve tempo raggiunse l’obbiettivo sfavillante e colorato che si era prefisso. Hilda, al contrario del ragazzo, la prese con molta più calma, godendosi a fondo quell’atmosfera serale così magica che pervadeva l’aria.
« Allora? » urlò lei, a qualche metro di distanza dal ragazzo « è aperto? »
« L’ultimo giro, pensi di farcela? »
Inarcò le labbra in un sorriso eccitato « Non vedo l’ora! »
Vide una cabina a forma di cuore fermarsi all’altezza terrena, e allungando il passo riuscì a raggiungerla prima che si chiudesse, cominciando l’ultimo giro della giornata. N sorrideva, un sorriso che su quelle labbra non aveva mai visto prima. Sembrava quasi diverso ai suoi occhi, un N più gentile di quello che aveva conosciuto, meno freddo; non seppe dire se facesse finta di farlo o se fosse realmente così, tuttavia riuscì a scacciare quel pensiero dalla testa, concentrandosi solo su quello che veramente vedeva.
« Siamo riusciti a prendere la cabina a cuore! »
N sorrise « Non è stato molto difficile, è la prima che passa. Dopo sarebbero rimaste le picche, i quadri ed infine i fiori, decisamente meglio i cuori »
Seguitò una breve pausa, mentre deliziati dal panorama che quella ruota offriva i due, accoccolati, non avevano proferito parola. Ancora i piedi, la castana avvicinò il capo al vetro, ammirando estasiata il gioco di luci e colori che offriva Nimbasa la sera, ed afferrò la mano al giovane.
Si voltò verso di lui, ed avvicinò le sue labbra a quelle del ragazzo, portando il suo braccio destro attorno il collo del giovane. N, di suo, si spinse verso l’amata, chiudendo quella meravigliosa con un lungo e dolce bacio.

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City, ospedale — 27/10/11
Il tiepido pallore lunare gettava macchie di luce sugli abiti candidi della donna. Attraverso una persiana, la luce penetrata giungeva nella camera sotto forma di fasci luminosi sul suo letto d’ospedale, lasciando spazio ad un suggestivo gioco di ombre.
I capelli castani erano disposti a raggiera sulle bianca lenzuola, il viso era contratto in un’espressione di fastidio, nonostante fosse assopita. Sottili lamenti uscivano dalle labbra della donna, rimbalzando sulle pareti e riecheggiando nell’ambiente. Finalmente, dopo interminabili ore di assenza nei movimenti, la sua mano destra riprese vita e si contrasse. Sbatté le palpebre, e come aprì gli occhi vide dinanzi a lei un’infermiera pronta ad aiutarla.
« Signorina, sono così contenta che lei si sia svegliata! Un suo amico era giunto a portarla in ospedale, ma d’allora non si è più fatto vedere »
La donna si mostrò confusa, lanciando occhiate sommarie attorno a lei.
« Non si preoccupi, sta bene. Pensiamo abbia un’amnesia temporanea, nel frattempo veda se questo biglietto da visita può aiutarla, l’abbiamo trovato nella giacca che indossava »
L’infermiera allungò un riquadro di carta sgualcito alla donna, che rigirò in mano qualche secondo prima di leggere.
« Natalie… Natalie Inkgard? »



Bye bye

È ufficialmente finita la prima midseason di Cards, alla quale ne seguirà subito una seconda. O meglio, non ci sarà nessun tipo di pausa, ma per quanto riguarda gli aggiornamenti saranno meno frequenti poiché non è ancora stata scritta. Durerà anche essa nove episodi e con la sua conclusione finirà anche la storia, ma abbiamo ancora una lunga strada da fare.
Il decimo capitolo, che apre la seconda mid, verrà pubblicato in circa una settimana, e si chiamerà "The Blind Beholder". Vi interessava, sì.

herr

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Capitolo 10
*** Chapter X - The Blind Beholder ***


PREVIOUSLY ON CARDS N, dopo aver saputo da Zinzolin che deve interrompere la sua relazione con Hilda, fa visita alla giovane a Nimbasa e trascorrono la sera alla ruota panoramica della città. Ad Opelucid, Shauntal accetta che Iris venga nominata come Campionessa, ed in seguito a ciò la sua auto, con lei all'interno, viene fatta esplodere in aria. Nel frattempo Julie torna a Castelia, come suggerito dalla lettera anonima, ed in un ospedale una ragazza si risveglia da un coma: è Natalie, ed è viva.
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
Un grosso masso di cemento si staccò dal soffitto e crollò rovinosamente sul pavimento, a poche spanne dagli occhi dell’uomo. La terra tremava, scuoteva le fondamenta del palazzo e ruggiva, rimbombando minacciosa nelle sale del Castello: un rumore che più di qualsiasi altro gettava nel terrore Ghetsis. Il suo impero stava crollando sotto i suoi piedi. 
Si trascinò al trono, e vi si accasciò.
« Cosa sta succedendo, N! » urlò una voce, emergendo nel fracasso del crollo. Apparteneva ad un ragazzo che, perso fra i corridoi dell’edificio, correva guidato dalla poca e fioca luce che raggiungeva le tenebre nelle quali vagava.
« Hilbert! Sono qua! » rispose un’altra voce, anch’essa ricercando il suo interlocutore. Era stavolta N a parlare, pregando in cuor suo di raggiungere l’amico sano e salvo. Continuò a correre, aggrappato al ricordo della voce dell’amato che riecheggiava come un flebile ricordo nella sua mente. 
« Dove sei, Hilbert! » gridò « segui la mia voce! »
Si infilò in un corridoio più stretto, scavalcò una colonna che era crollata sul pavimento e raggiunse una sala esterna, per la metà affondata nel terreno: era lì, agonizzante, Hilbert, costretto a terra da un mobile cadutogli sopra. La stretta al cuore che provava poco prima si allentò.
« Hilbert, stai bene? » esclamò, adoperandosi per rimuovere l’ostacolo « pensavo di averti perso quando non ho più sentito la tua voce »
« Anche io, N… » una lacrima solcò il suo volto « non lasciarmi più, promettimelo »
Un sorriso illuminò il viso del ragazzo. « Te lo prometto, Hil. Ora alzati, abbiamo una lunga strada da fare »
Hilbert afferrò il braccio di N e rialzatosi lo seguì attraverso il complicato labirinto di stanze e corridoi che li separavano dall’uscita. Il boato del terremoto vibrava nelle pareti ed ogni cosa, dai quadri alla mobilia pregiata, finiva in macerie sul pavimento. 
Proseguirono nel loro percorso sino a quando non si ritrovarono in un’ampia sala, adiacente alla scalinata d’accesso al palazzo, dove si fermarono ad osservare lo spettacolo che si proponeva ai loro occhi: i Sei Saggi erano stati sconfitti e, stremati, riposavano a terra. Un mugolio di respiri saturava l’aria, brevi ed affannati.
« Cos’è successo? » ansimò N « dov’è Ghetsis? »
Un saggio, Ryoku, volse lo sguardo verso il ragazzo e tentò di parlare.
« I Capipalestra ci hanno sconfitto, N »
« E Ghetsis? Dov’è Ghetsis? »
« È rimasto intrappolato nella sala del trono » s’intromise Zinzolin « il crollo del soffitto ha chiuso l’entrata »
Un’espressione di terrore si dipinse sul volto di N. Ricercò lo sguardo degli altri saggi, sperava che fossero allarmati per la situazione nella quale versava il loro Re, ma ottenne che un freddo e disinteressato responso. 
« Morirà! » 
Zinzolin parlò ancora, fissando intensamente gli occhi del ragazzo. « Lasci andare me a salvarlo »
« Pensi di farcela? »
Asserì col capo, rimettendosi in piedi.
« Qualsiasi cosa per il mio Re » tuonò, il suo volto illuminato ed i suoi occhi che scintillavano « ma andate, voi, non è sicuro rimanere qua »
A seguito delle sue parole, il gruppo si sciolse. Zinzolin imboccò un corridoio del palazzo, mentre N guidava il resto dei saggi fuori dall’edificio. 
Come si addentrava nelle stanze più interne, lo scenario della distruzione aggrediva ogni suo senso. Il fragore dell’esplosione rimbombava nelle sue orecchie, poteva immaginarsi dalla potenza del suono le mura della struttura accartocciarsi e cedere, affondando nella ghiaia. L’odore della terra e della sabbia alzati del crollo raggiungeva le sue narici e lo infastidiva, ma non era certamente quello il suo problema maggiore. Di fronte ai suoi occhi una scia di macerie ostruiva il raggiungimento della sala del trono. 
A detta del suo orologio passò mezz’ora prima che potesse raggiungere il suo Re, scavalcando od ostacolando ogni ostacolo a cui veniva incontro, e quando alzò gli occhi dalle lancette l’immagine che lo aspettava era spettacolare a dir poco. Una voragine si apriva sotto i loro piedi, unica ancora di salvezza era la passerella che congiungeva il trono dall’entrata per quella ventina di metri che distavano. Le travi che reggevano il soffitto erano crollate e ricoprivano la scalinata al seggio, assieme a blocchi di pietra e mattoni. Ai lati, le mura erano squarciate e ampie fasce di luce illuminavano l’ambiente e la polvere alzatasi. 
Ghetsis sedeva al trono, senza palesare alcun movimento o dare segni di vita. Nonostante, ciò, un’aura di luce quasi etera lo illuminava.
« Mio Re, sono arrivato! » esclamò Zinzolin accorrendo all’anziano, ed alzò le braccia al cielo in segno di sollievo « quanto mi sono penato nel cercarla, mio Re »
Gli prese una mano e sorrise al suo volto, sussurrando nelle sue orecchie un saluto.
« Zinzolin… cosa fai qua? » farfugliò, mentre le sue palpebre faticavano ad aprirsi. Le scoprì, e ciò che si presentava ai suoi occhi era quanto di più possibile pauroso. 
« Che fine… » 
Fece un profondo respiro, deglutì e riprese a parlare. « Che fine hanno fatto gli altri? »
« N li sta portando in salvo, mio Re »
« E cosa ci fai qua? Dovresti essere con mio figlio a salvarti, non al mio cospetto »
« Dovevo salvarla, mio Re! Non avrei mai potuto lasciarla a morire »
« A muovere le tue azioni non è la compassione né la benevolenza, Zinzolin » continuò Ghetsis, ritraendo la mano dalle grinfie del saggio « non mi fiderò del veleno della tua lingua »
« È la verità, mio signore… Dobbiamo scappare »
« Il mio destino è stato già decretato, mettiti in salvo finché sei in tempo »
Il saggio fece un passo indietro, portando lo sguardo alla distruzione che lo aspettava alle spalle. Il suo corpo tremava all’idea di dover attraversare una seconda volta quell’inferno, ma nessun tipo di aiuto pareva venir in suo soccorso al momento. Per una frazione di secondo, il silenzio aveva seguito al clangore del terremoto e l’unico suono udibile erano i respiri affannosi dei due.
« Perché sei giunto fin qui, Zinzolin? »
La voce roca e stremata del Re saturò l’aria. Poteva udire nella sua voce strascichi di vita, un ricordo flebile che da lì a poco sarebbe cessato. Non sarebbe sopravvissuto alla giornata.
« Io… »
Chinò il capo sulle mani, sporche di sabbia e di sudore. « Io… »
Alzò lo sguardo, lo fece scivolare lungo il pavimento e l’immagine di Ghetsis, i cui occhi serrati non poterono ricambiare, e come per la prima volta le sue pupille esitarono sul maestoso arazzo che scendeva dal soffitto sino alle spalle del Re. A quanto pareva, il terremoto non aveva intaccato l’integrità dell’intreccio.
Rappresentata sulla stoffa era l’immagine di un’incoronazione.
« Dov’è… dov’è la corona? »
 « … la corona? » 
« La corona degli Harmonia, la corona che indossava al momento dell’ascesa di Reshiram e Zekrom… » continuò, perso nei pensieri, perlustrando con lo sguardo il terreno adiacente a lui « dev’essere qui, dev’essere qui da qualche parte! »
Un sorriso piegò le labbra di Ghetsis.
« Sei sempre stato un essere infimo ed inutile, Zinzolin » rise sommessamente, mentre osservava il saggio andare alla ricerca dell’oggetto.
« Dov’è, Ghetsis? Dov’è la corona?! »
« Nonostante quello che la tua piccola mente possa pensare, avere la corona non ti farà Re »
Le sue parole riecheggiarono buie e minacciose nella mente di Zinzolin. Avere la corona non ti farà ReAvere la corona non ti farà Re.
« ZITTO! » urlò, avventandosi sul corpo di Ghetsis « te lo chiedo per l’ultima volta. Dov’è la corona? »
Ghetsis rise, e si abbandonò allo schienale del trono, chiudendo placidamente gli occhi. Lo riconobbe, da lui non avrebbe avuto mai una risposta.
Si guardò attorno, tastò il terreno ricercando un oggetto acuminato che trovò in una scheggia di vetro colorato appartenente ad una finestra. Lo strinse nel pugno, affondando la pelle sulla lama, ed una scossa di dolore si riflesse nella sua mano.
« Avere la corona non mi farà Re… » sussurrò, lanciando un’occhiata avida a Ghetsis « ma uccidere il Re sì »
Si lanciò nuovamente su di lui, alzando il frammento vitreo in aria, per poi scagliarlo sul petto dell’uomo, che esalò. Un verso di dolore, un suono dolce melodioso alle orecchie del saggio.
« Finché non sei ancora morto posso ancora farti provare dolore, Ghetsis »
« Pensi… » cercò nella sua gola quanto più fiato poté, ma ogni sua parola rimbombava nella stanza come un respiro affannato « pensi che basti questo… »
Il suo respiro si fece più sottile, il corpo scivolò dal trono come privato di energia e gli occhi si spensero. Ghetsis cadde sulla scalinata, il petto rivolto al cielo, e Zinzolin lo calciò indietro. Diede un ulteriore calcio, ed un altro ancora, avvicinandosi considerevolmente al ciglio della voragine. Guardò sotto, nel buio, e spinse la carcassa del Re all’interno, lasciandolo in balia della gravità. 
 
Chapter X
The Blind Beholder


 
presente — Opelucid City — 26/10/11
Il rumore emesso dalle sirene saturava l’aria.
« In che relazione era con la vittima? »
Looker rivolse uno sguardo alla equipe di agenti che perlustrava il soggiorno. A giudicare dalla scena che si presentava ai suoi occhi, pareva che un uragano avesse attraversato la città di Opelucid. 
« Lavorativa… lavorativa, direi. È stata lei a contattarmi, aveva intenzione di parlarmi riguardo una situazione alla Lega »
« E cosa le ha detto? »
Continuò a guardarsi attorno, alla ricerca di qualche particolare che potesse rivelare la presenza di informazioni. Non dava reale attenzione all’uomo con cui stava parlando.
« Cosa le ha detto la vittima? »
Rivolse un’occhiata spaesata all’altro. « Uh? Oh, nulla di che » avanzò, prendendo in mano una lampada « potrei dare uno sguardo alla stanza? »
« No »
Un sorriso illuminò il suo volto. « Molto bene, allora… » la sua attenzione fu catturata da un ragazzo intento a sistemare i reperti in un poco professionale mucchio « allora… ma c’è Fritz! »
« Come scusi? »
« Mi lasci un attimo salutare un mio caro amico, e sarò fuori in men che non si dica! »
L’uomo rimase interdetto come osservava Looker attraversare la stanza ed allontanarsi.
« Fritz! Fritz! » esordì, rivolgendosi ad un ragazzo in camice bianco « che bello incontrarti! Non pensavo ti trovassi qua! »
« Mi scusi? »
« Sono Looker! Non ti ricordi di me? »
Fece scivolare l’occhio sulla cima di reperti che giaceva alla destra del ragazzo « Il tempo è stato certamente clemente con te! »
« Non capisco—
« Non preoccuparti, va tutto bene » continuò, cingendogli il busto « e oh, c’era un tizio che ti stava cercando »
« Come? Chi era? »
« Quello là » fece, indicando l’uomo con il quale aveva parlato poco prima « sembrava arrabbiato »
« Cos—» il ragazzo si liberò dalla stretta di Looker e corse in direzione del suo capo, lasciando l’investigatore a curiosare fra ciò che avevano raccolto nella serata.
« Grazie Fritz, ti offrirò un caffè se ci rivediamo » borbottò a sé stesso, come si era chinato ad osservare il bottino. Un ragazzino in un negozio di caramelle.
Alzò la pila, dissotterrando ciò che si trovava più in basso: erano perlopiù scartoffie e ritagli di giornale, contenti informazioni sulla Lega e sul Team Plasma. Scostò anch’essi e vagliò in profondità, sino a quando trovò un plico di fogli sul quale faceva capolino un post-it.
“Mostrare a Looker”.
« Ehi, cosa stai facendo? »
Un brivido corse lungo la schiena dell’uomo. L’avevano scoperto. A quanto pareva, il suo scherzo non era durato abbastanza.
Prese la busta in mano e la nascose dentro la giacca, riponendo come meglio riuscì il mucchio di prove.
« Io? Me ne sto andando! » esclamò, gettandosi verso una parete « è stato un piacere ritrovarti, Fritz! » 
Il buio calò nella stanza come egli premete l’interruttore collegato alla lampada. Un brusio si liberò nell’aria, voci confuse ed indistinte che andavano alla sua ricerca.
Seguì la sensazione di freddo che lo pervadeva, una corrente d’aria che lo avrebbe portato alla terrazza dell’appartamento, e come ne fu uscito all’esterno le luci della città lo guidarono. 
« Staraptor, esci! » gridò, e la sua Pokeball scintillò nel cielo notturno « si va a Castelia »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
Un’altra giornata si apprestava a cominciare a Castelia, come i raggi del sole lentamente s’insinuavano fra gli scintillanti grattacieli della metropoli e la tiepida brezza che spirava da sud spazzava via i ricordi della sera precedente. I primi rumori del traffico si fecero strada nella mente di Hilda, in procinto di tornare dall’aeroporto, e l’odore dello smog misto all’alcol a cui era stata abituata la accolse a casa. In confronto all’immagine di lusso e svago che ricordava di Nimbasa, la fatiscente strada di città nella cui viveva si tinse di tonalità ancor più grigie e smorte. Fece un grosso respiro, dopodiché entrò nella palazzina.
Le richiese un grande sforzo trascinarsi dietro per i cinque piani di scale il bagaglio a ruote, ma finalmente dopo quello che considerò un interminabile quarto d’ora giunse alla meta. A insospettirla della presenza di qualcuno fu una sottile lama di luce, proveniente dalla porta del suo appartamento, che tagliava il pavimento del pianerottolo. Diede un’occhiata più vicina alla porta, come estraeva le chiavi, e vide i suoi dubbi confermati. La porta era semichiusa, ed un rumore indistinto di passi proveniva dal suo interno.
Spinse lentamente la maniglia, sporgendo il capo, ma nulla di strano si mostrò ai suoi occhi.
« Entra pure, Hilda » esordì una voce, roca e fredda « mi vorrai scusare se ho provveduto a farmi comodo nel tuo piccolo “angolo di paradiso” »
A tradire la segretezza dell’individuo fu il tono, e le sfumature che vi lesse all’interno. Un timbro che come poche cose al mondo la ripugnava e la repelleva.
« Chi ti ha fatto entrare? » ringhiò « o forse hai scassinato la serratura? Non ti si addice l’immagine di ladro »
Il saggio sorrise. « Oh no, nulla di tutto ciò, Hilda »
« E allora come fai ad esser qua? » esclamò esasperata « non sei certamente un fantasma »
« Una cosa alla volta, non credi? Tutto ti sarà più chiaro a fine discorso »
Indicò alla ragazza di accomodarsi al tavolo, mentre il fischio di una teiera saturava l’aria. « Oh, il the è pronto! Gradisci dello zucchero? »
Scosse il capo.
« Molto bene, allora lo prenderò solo per me »
Si avvicinò ai fornelli ed afferrò la maniglia del bollitore, coperta la mano da un panno umido, per poi portarla a tavola. Nell’altra mano reggeva due tazze capienti, una delle quali diede a Hilda assieme ad un filtro. 
« Dicevo » continuò, versando acqua calda nei due recipienti « sono giunto sin qui per comunicarle delle notizie molto importanti. Prima di tutto, sono venuto a conoscenza del suo licenziamento e ne sono molto rattristito, ma non se ne deve preoccupare, ho già provveduto! »
La giornalista si mostrò confusa e cercò lo sguardo dell’uomo, intento a mescolare il filtro nell’acqua. Notò come fosse spaesata, e le sorrise in ritorno.
« Ho comprato una piccola tipografia in centro città, e l’ho chiamata in tuo nome. Grazie alle “Tipografie Baskerville” potrai così continuare a pubblicare gli articoli che ti chiederò ed a diffondere la mia parola »
Doveva ammetterlo, era impressionata. Non credeva di trovarsi di fronte ad un individuo così potente ed influente, ed in cuor suo tanta era l’impressione quanto la paura. Fino a quanto si sarebbe spinto per ottenere ciò che voleva?, si chiese. Ricordò i suoi incontri passati, ed un agghiacciante disegno si dipinse nella sua mente.
« Non dici nulla? »
« Sono… » stette a ragionare una risposta, tagliando fuori le sue impressioni a riguardo, e riprese a parlare « come farai a sapere che non divulgherò altre informazioni? Che potrebbero metterti in cattiva luce? »
« Lo farai, Hilda? » un sorriso curvò le sue labbra « correrai un rischio così grande? »
Abbassò lo sguardo, fissando il suo riflesso nello specchio d’acqua della sua tazza. Vide riflettersi una ragazza insicura, infima alle questioni le quali si trovava ad affrontare ed attraversata da una tempesta di dubbi e domande. Messa alle strette, non era altro che una ragazzina.
« Come mi obbligherai a farlo, ora? Ho perso il lavoro, non hai più nessun tipo di influenza su di me »
« Che uomo pensi che io sia, Hilda? Ho pensato a tutto » 
Prese fuori un documento di proprietà e lo porse alla ragazza, che si era mostrata incuriosita da esso. Come i suoi occhi scorrevano lungo le parole, cominciò a capire la ragione dietro quell’incontro e dietro tutte le azioni dell’uomo. Aveva influenza, aveva voce in capitolo, la possedeva.
« Esatto, Hilda. Ho comprato l’edificio dove abiti, e ciò include il tuo appartamento. D’ora in poi risponderai a me per l’affitto »
Le sue mani accennarono un cedimento. Presero a tremare, e delle rade lacrime bagnarono i suoi occhi. « Perché? » singhiozzò, « perché mi stai facendo questo? »
« Potrei dirtelo »
Sbatté la tazza sul tavolo, ed un rumore metallico vibrò nell’aria. Il riflesso di Hilda nel the si fece confuso e si perse in piccole onde concentriche.
Zinzolin si alzò, allontanandosi in direzione della porta.
« Potrei dirtelo, sai, ma che divertimento avrebbe? »
Hilda era concentrata a leggere il documento, ancora ed ancora, persa in un connubio di emozioni contrastanti fra loro, così che le sue parole si persero nel vuoto nell’aria.
« È il dubbio che muove l’uomo. Senza le lacune che abbiamo, non esisterebbe la scienza. Senza il motivo di tutto questo, il gioco è molto più divertente »
Afferrò la maniglia della porta, e la avvicinò a sé. 
« Avrai mie notizie, Hilda » sussurrò varcando la soglia « arrivederci »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
9:36 AM
client — N
Possiamo vederci?

Stette a guardare il riflesso che il suo viso produceva sulla superficie laccata del legno. 
Nessuna risposta sembrava voler arrivare.
9:38 AM
client — N
Possiamo vederci? È urgente

Il riflesso non mutava. La stessa Hilda.
9:45 AM
client — N
Dove cazzo sei, rispondimi

 
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presente — Castelia City, testata giornalistica del Castle — 27/10/11
A giudicare dall’indirizzo contenuto nella lettera, constatò che si trovasse al posto giusto.
Diede un’altra occhiata al pezzo di carta, solcato da sottili linee di piegatura, e lo stropicciò nelle sue mani, riponendolo in tasca. Come alzò lo sguardo, ciò che vedeva era la hall di un grattacielo ricolma di persone che andavano e venivano dagli affollati ascensori. 
Con il nome Hilda marchiato a fuoco nella sua mente, andò nella loro direzione.
« Mi scusi signorina, dove pensa di andare? »
« Io? » 
Rivolse un caldo sorriso all’uomo dall’altra parte del bancone. « Stavo prendendo un’ascensore »
« Com’è che non l’ho mai vista? »
« Io… ahem… » si guardò attorno, ricercando un aiuto dalle persone che di secondo in secondo passavano « in realtà stavo cercando una certa Hilda »
L’altro la fissò basito. « Lavorava qua? »
« … sì? »
« Mi dispiace signora, ma non penso di pot—
« Hilda Baskerville? »
Una terza voce si unì alla discussione. 
« Non è un così comune nome, Hilda » ridacchiò la voce, catturando l’attenzione di Julie e dell’uomo.
Julie si girò e cercò chi fosse ad aver parlato.
« Penso che sia lei… con chi sto parlando? »
« Francis Wiseman » sorrise lui, stringendole la mano « sono il suo ex capo »
« Oh, che bel— perché ex? »
Frank rise, facendole segno di allontanarsi da quella zona, e continuarono a parlare usciti dall’edificio. 
« L’ho licenziata qualche giorno fa »
« Mi… mi dispiace…. »
« Non si dispiaccia, se l’è meritato » continuò lui, figurandosi nella mente l’irritante espressione di gioia sul volto della castana « piuttosto, perché la stava cercando? »
« Avevo una questione in sospeso con lei… sa dove posso trovarla? »
« Certamente » esclamò « dovrei avere il suo indirizzo da qualche parte »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
12:03 AM
client — N
Possiamo incontrarci?

2:52 PM
client — N
Incontriamoci

4:23 PM
client — N
Ti prego, leggi uno dei messaggi

Una brezza autunnale spirava nelle strade di Castelia, proveniente dal mare. 
Correva fra i capelli della castana e li muoveva, scuoteva i rami degli alberi del viale ed alzava la polvere nei suoi occhi. Nuvole di smog si alzavano dalle macchine, svettanti attraverso lo snodo stradale.
Hilda lanciò un’occhiata allo schermo del telefonino, ma nessuna risposta baluginava sullo schermo.
Sapeva cosa avrebbe fatto.
Aprì il cellulare e cercò il numero di N, cliccandovi sopra. Vi cliccò un’altra volta, venendo indirizzata ad una chiamata.
« Pronto? »
« Pronto, EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza, sono Martina, come posso aiutarla? »
« Buongiorno Martina! » esclamò entusiasta, fissando  la strada ed il via vai di automobili di fronte a lei « volevo chiederle un favore »
« Ha intenzione di iniziare un’offerta con la EKI, la vostra luce nel buio dell’incertezza? »
« Ancora meglio » sorrise lei « ho intenzione di uccidermi »
« Come scusi? »
Hilda si avvicinò al ciglio della strada, osservando una vettura scintillante di rosso sfrecciarle davanti.
« Ho intenzione di farmi investire da una macchina »
« Non capisco, signora »
« Ha visto che bel sole che c’è? È un bel giorno per morire »
Fece un passo avanti. Ora si trovava sull’asfalto.
« Signora, devo chiudere la c—
« Non lo faccia, la prego! Mi illustri quali offerte avete per il gas, se devono cremarmi ne servirà molto non crede? »
« Signor—
« Uh! » esclamò lei, mentre osservava numerose altre macchine attraversarla di striscio « aspetti, ancora meglio! »
Alzò lo sguardo agli edifici adiacenti alla strada sino a che non incrociò una telecamera e vi sorrise, agitando la mano in segno di saluto.
« Ora mi vedete! Mi dia un consiglio, secondo lei questo rossetto sta bene con la mia pelle? »
« Signora mi trovo costretta a chiudere »
« Così presto? Allora mi tocca darci un taglio! Beh, mi saluti N »
Chiuse la chiamata e ripose il telefono in tasca, portando la vista a terra. Un bolide dai toni scuri stava correndo nella sua direzione, e non l’avrebbe mancata.
Fece un passo in avanti, cercando di porsi esattamente nella sua traiettoria, e chiuse gli occhi. Il vento spirava fra i suoi capelli ed il sole la baciava in volto. Aprì le braccia e le distese all’esterno, in attesa della morte.
Ma non arrivò.
Quando riaprì gli occhi, trovò con disappunto la vettura grigia fermatasi davanti a lei, ed una fila consistente di macchine si era formata dietro di essa. 
« Hilda, cosa stai facendo là? » esclamò una voce, mentre l’interlocutore portava il capo al di fuori del finestrino.
« N » rispose lei, atona.
« Hilda » ribatté « vuoi continuare il gioco dei nomi o preferisci parlare? »

« Perché non hai risposto ai miei messaggi? »
« Io—»
« Sei uno stronzo »
« Grazie, Hilda » sorrise lui, evitando il suo sguardo accusatorio « ma c’è una questione di cui dobbiamo parlare. A dire il vero, questa intera conversazione non dovrebbe esistere »
« Perché dici così? Cos’è successo? »
« Hilda… » 
Si allontanò dalla ragazza, mente lei ricercava la sua mano. « Cosa? »
Una lacrima solcò il suo volto. 
« È finito, Hilda. Noi è finito » sospirò « tutto questo è finito »
La voce di Hilda si spezzò. « Cosa stai dicendo? Zinzolin—
« Zinzolin ti assegnerà da ora in poi un intermediario » continuò, asciugandosi una lacrima dal viso « ma non potremmo più vederci »
« N—
« Non parlare » singhiozzò N, mentre voltava lo sguardo da lei « lasciami… lasciami andare »
« Come puoi dirmelo così? Perché deve finire? Perché? » gridò, la voce che usciva dalla gola corrotta ed incrinata « come puoi lasciarmi senza neanche un addio? Valeva così poco quello che abbiamo avuto? »
« Hilda… »
« Oh—» ripensò a Nimbasa, alla loro serata assieme, ed ogni cosa prese senso. « Quello a Nimbasa… era un addio, N? »
« Non rendere tutto più difficile, Hilda »
« Rispondimi! Rispondimi, o giur—
« BASTA! » esclamò, fissandola negli occhi. Occhi bagnati dalle lacrime, scintillanti di acredine. Il suo tono era differente dal solito, era quasi come se N fosse diventato umano, lontano dall’aure etera che emanava quando era con la ragazza. Hilda stentò a crederlo, ma lo vedeva provare emozioni, emozioni tangibili. « Basta. Non cercarmi più, il numero è stato disattivato. Niente più EKI, niente più me, i giochi sono finiti. Addio ragazza del giornale, addio Hilda Baskerville »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
Il tramonto calava tiepido sulla città, chiudendo un altro triste capitolo nella vita di Hilda. Aria di tempesta spirava dall’entroterra, rappresentando con efficacia il suo stato emotivo all’interno della sua mente. La ruota degli avvenimenti negativi continuava a girare sulla giovane e non accennava a smettere.
« Mi scusi, sa se qua abita una certa Hilda Baskerville? »
« Hilda… sono io Hilda Baskerville, perché mi sta cercando? »
« Oh, finalmente! Piacere, sono Julie Jackson, e penso che abbiamo un amico in comune: N »



Alla fine il capitolo è uscito, chi lo avrebbe mai immaginato. E magari la finisco pure!

herr

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Capitolo 11
*** Chapter XI - What Becomes of the Broken Hearted ***


PREVIOUSLY ON CARDS Shauntal è morta, e Looker seguendo le tracce trovate a casa sua si dirige a Castelia. Zinzolin si reca da Hilda e la informa di consistenti cambiamenti nel loro accordo ed in seguito N, come gli era stato detto dal Saggio stesso, si trova a rompere con la ragazza. Julie finalmente raggiunge Hilda, e le parla di N.
 
Chapter XI
What Becomes of the Broken Hearted

 
presente — Castelia City, casa di Hilda — 27/10/11
Hilda dispiegò le persiane, ed una cascata di luce si riversò nell’ambiente. 
« E così… conoscevi N? »
Julie era accomodata sul divano, nonostante non sembrasse a suo agio in un luogo così estraneo a lei. Si strinse nella giacca, e prese a parlare.
« Sì » esordì « o meglio, lo conoscevo attraverso un’altra persona »
« Oh, come mai? » 
Squadrò la ragazza. Aveva un’apparenza normale, non le trasmetteva sensazioni sgradevoli come N e Zinzolin fecero prima di lei, ed al contrario la rassicurava. Assieme a questa sensazione, il senso di curiosità nasceva nella castana, l’intenzione di scoprire quale fosse il suo legame con il ragazzo e perché fosse giunta sin lì a cercarla.
« Erano fidanzati. Lui… » completò Julie « lui ed N »
« … lui? »
« Sì » sorrise lei « Hilbert Redwell »
« Oh. Non ne ha mai fatto menzione »
Che sorpresa pensò, ma in realtà non le veniva difficile da credere che quel ragazzo le avesse nascosto più di quanto le avesse detto. Certamente, era incuriosita.
« E voi in che relazioni siete, se posso? »
« In che relazione siamo? » rise Hilda, ripensando a poche ore prima « Non saprei. Non abbiamo una relazione »
Nella sua voce, un tono di malinconia. La sensazione che provava nei confronti di N non era abbastanza definita da poter essere espressa con una banale reazione fisica né c’era da parte della giornalista l’intenzione di capirla, era ai suoi occhi come un brivido selvaggio, una percezione distorta di quello che era il loro trascorso proiettato nella sua mente. Era più semplice per lei sperare in un prosieguo che ammettere a sé stessa come la loro storia fosse finita, poiché il vuoto non sarebbe stato un fardello meno leggero della sua presenza.
Scosse la testa cacciando quei pensieri dalla mente e tornò a Julie, che notò spaesata.
« Mi devi scusare, mi sono persa nei ricordi. Avevamo una relazione lavorativa, se dovessi darle una definizione. Ma vai pure avanti, ti ho interrotta »
« Non importa, tranquilla » rispose gentilmente, mentre Hilda prendeva posto davanti a lei. « Come dicevo, N e Hilbert avevano una relazione. Non ho mai saputo di più.
« Quello che in realtà penso di sapere è riferito ad Hilbert, che conoscevo di più rispetto ad N, in realtà »
L’altra la interruppe. « Lui sa qualcosa di particolare su N? »
« È questo il punto. Lui è morto, Hilda » ribatté atona lei, e come lo fece lesse nell’interlocutrice un’espressione sbigottita « è l’unico motivo per cui sono venuta da Accumula Town sin qui da te. Beh, questo e… »
Affondò la mano nella tasca ed estrasse la lettera stropicciata, stirandola con le mani sul ginocchio « Questa lettera mi è arrivata qualche giorno fa. Un uomo diceva di sapere dove fosse N, e mi incitava ad avvisarti del rischio che stessi correndo »
Sentire quelle parole fu più duro di quanto pensasse. Una tempesta di domande investì la sua mente, un turbinio di dubbi che non lasciavano spazio a risposte.
L’immagine di N, come era giunta a conoscerla, era stata sconvolta. L’aurea di mistero che lo circondava si tinse di toni più scuri di quelli che avrebbe mai potuto immaginare, il pensiero di aver mai sfiorato quell’uomo le accapponava la pelle. Il suo corpo era pervaso da brividi.
« Quale… quale rischio? Com’è morto Hilbert? »
Il viso di Julie si rabbuiò. « È stato ucciso. È stato catalogato come incidente, ma so che non è così »
« E cosa c’entra questo con N? »
« Non capisci? È per colpa di N che Hilbert è morto! È stato N a trascinarlo in questo circolo vizioso, lui e tutto il suo discorso sulla verità e gli ideali—»
« Quale discorso sulla verità e sugli ideali? » Hilda la interruppe nuovamente. La sua mente faceva fatica a seguire la sua spiegazione, stava venendo bombardata di informazioni che non aveva mai sentito prima. « Di cosa stai parlando? »
« Non lo ha mai menzionato? L’eroe della verità e l’eroe degli ideali… non ti ha mai detto nulla di tutto ciò? »
« No… »
Julie si mostrò dubbiosa.
« Su cosa si basava la vostra relazione “lavorativa”, se mi è concesso? »
« In realt—»
« Non mentirmi »
Hilda la guardò indispettita. Si trovava a disagio a parlare di una faccenda di tal tipo ad uno sconosciuto, ma riconobbe che aveva ragione. 
Era il suo unico modo di scoprire la verità dietro N.
« Quando ci siamo incontrati per la prima volta ero in disperato bisogno di aiuto. Stavo perdendo il lavoro, necessitavo qualcosa che mi salvasse ed all’improvviso è arrivato N. Mi ha offerto un accordo che consisteva nello scambio di informazioni ed io ho accettato perché pensavo che potesse essere vantaggioso, ma mi sbagliavo. Non ne ho ottenuto nulla »
« Ok… » sospirò Julie, altalenando lo sguardo fra gli occhi di Hilda e la misteriosa lettera « ecco quello che farem—»
Il suo discorso fu interrotto dal tintinnio di un campanello. 
Entrambe si voltarono, Julie all’oscuro del motivo che aveva provocato il suono mentre Hilda, al contrario, perfettamente cosciente. Proveniva dalla porta, questo ciò che ad una prima occhiata la castana seppe dire.
« È il campanello » spiegò la giornalista mentre si apprestava a rispondere « c’è qualcuno alla porta »
« Stavi per caso aspettando un ospite? »
« No, non che ricordi »
Alzò la cornetta, ed una voce maschile giunse al suo orecchio. Dall’immagine proiettata sul display, pareva un uomo sulla trentina, seppur fosse nascosto da un lungo trench beige.
Quando Julie la vide tornare, Hilda le risultò se possibile più scossa di prima.
« Chi era? »
« Un certo Looker »

 
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presente — Castelia City, ospedale — 27/10/11
Una tenue luce era diffusa in tutto l’ambiente, una piccola stanza d’ospedale. 
I muri, la mobilia, ogni cosa era pervasa di una fredda ed asettica tonalità di bianco.
Natalie aprì gli occhi, sbattendo le palpebre confusa.
« Cosa… »
Una figura parlante fece capolino nel campo visivo della donna. Si trovava sul ciglio del suo materasso, e le pieghe delle lenzuola si inchinavano ove sedeva come sudditi al cospetto di un re.
« Va tutto bene, non agitarti Natalie »
« Chi sei…? Non sei il mio dottore… »
« Non preoccuparti di ciò, ho tutto sotto controllo » rispose la figura, sfoggiando un caldo e rassicurante sorriso. I suoi occhi erano del colore dello smeraldo, ed un ciuffo sbarazzino dalle tonalità verdi spuntava dal suo cappello. 
« Come ti senti, Natalie? Hai dei ricordi? »
« Perché… perché continui a chiamarmi Natalie? »
« Come perché? » rise il dottore « È il tuo nome! Un gran bel nome, se mi chiedi »
« Non ricordo il mio nome… il dottor—»
« Il dottore non ti conosce, Natalie »
Il viso della ragazza si illuminò a giorno, e le labbra si spiegarono in un’espressione speranzosa. La gioia che provava era palpabile. « Tu… tu mi conosci? »
Sorrise. « Sì, sì ti conosco »
« Allora aiut—»
Il ragazzo posò due dita sulle sue labbra e Natalie cessò di parlare. Seguì un imbarazzante silenzio, riempito dagli sguardi che l’uomo lanciava alla ragazza, sino a che la voce calda ed ammaliante del dottore riprese a risuonare nell’aria.
« Non c’è fretta, Natalie, una cosa alla volta » continuò, alzandosi e dirigendosi verso la porta « tornerò, Natalie. Domani, alla stessa ora, sarai qua ad aspettarmi? »
La ragazza fece cenno col capo.
« Allora tutto andrà bene. Arrivederci, Natalie »

 
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presente — Castelia City — 27/10/11
L’arrivo di Looker aveva sconvolto, ancor più di quanto le rivelazioni di Julie non avessero fatto, la mente di Hilda. A quanto sosteneva, Zinzolin sarebbe stato immischiato nelle faccende della Lega e, nella fattispecie, nell’elezione del nuovo Campione della Lega, Iris Youstress. Il potere a cui si trovava davanti la giornalista non faceva che aumentare di dimensioni, mentre le sue risorse venivano tagliate ed il suo spazio di manovra considerevolmente ristretto.
« Scusate, cosa sta succedendo? Chi è Zinzolin » intervenne Julie, interrompendo il discorso che i due stavano proseguendo senza includere la giovane « e cosa c’entra con N? » 
« N chi? » ribatté Looker « non so di nessun N, io »
« CALMA! » urlò Hilda « possiamo calmarci per un attimo? So che è un disastro la situazione, ma non andremo avanti così »
Gli altri cessarono di parlare alle sue grida, indirizzando la propria attenzione e dil proprio sguardo nei confronti della giornalista.
« Molto bene. Vi dirò quello che so.
« Non ho ancora capito che ruolo abbia Zinzolin in tutto ciò, ma da quello che ho potuto appurare ha nelle sue mani un potere molto grande, pressoché illimitato. Non so quale sia il suo scopo, ma c’è una buona notizia: ha a che fare con me, o comunque viaggia attraverso me, e ciò può tornare a nostro favore. 
« Per quanto riguarda N… » l’immagine della sua chioma verde balenò nella sua mente, ma la scacciò prontamente « per quanto riguarda lui, dev’essere un sottoposto di Zinzolin. Non so quale sia la funzione, e come per Zinzolin, non sono a conoscenza del suo scopo. Ma non dovremmo preoccuparci troppo di lui »
« Perché no? »
« Lascialo semplicemente stare » ribatté lei « ma oggi non è né il momento né il luogo adatto per parlare. Domani se ho un po’ di fortuna ne scoprirò di più, ma ora preferirei che voi due ve ne andaste. Buonanotte »

 
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presente — Castelia City — 28/10/11
L’edificio che ospitava le novelle “Tipografie Baskerville” era un modesto palazzo nel cuore della città, facilmente raggiungibile dalla giovane attraverso la metropolitana. Come si trovava a ragionarci sopra, capì che non fosse una coincidenza: Zinzolin intendeva porla nelle migliori condizioni di lavoro. 
Osservò con ribrezzo l’insegna al neon che scintillava di fronte a lei, ed entrò.
« Buongiorno » esordì un ragazzo, come lei mise piede all’interno della costruzione. « Lei è la signorina Hilda, presumo »
Si aspettava di ricevere un emissario di Zinzolin, ciò che non aveva previsto era che si sarebbe potuto trattare di una persona che rientrasse nei suoi canoni di normalità. Non tradiva nessun istinto malvagio né alcuna sinistra provenienza, trasmetteva al contrario alla ragazza una semplice sensazione di naturalezza completamente estranea al saggio. Era sorpresa.
« Sì, sono io. È stato mandato da Zinzolin? »
Asserì, scoprendo alla sua vista una serie di plichi che immaginava fossero collegati alla sua attività di giornalista. 
« Penso che vorrà discutere dei termini dell’accordo in una sede più privata »

Seguì il ragazzo attraverso i corridoi nei quali si snodava la tipografia, ricambiando il saluto non appena qualcuno, del quale non conosceva né il nome né le fattezze, la salutasse. Si sentiva intimorita all’idea di trovarsi nella tana del lupo, nonostante fosse una tana di suo gradimento.
Come a voler indorare la pillola, quale gentilezza da parte di Zinzolin pensò lei, il suo ufficio era quanto di più opulento potesse aspettarsi. Un lampadario in cristallo pendeva dal soffitto, troneggiando al centro di un grazioso salotto composto da due poltrone ed un divano. A prima vista azzardò che fosse pelle, e confermò i suoi sospetti quando prese a tastare la superficie: era morbida e squamata. Un caminetto spaziava alla sua destra, era in marmo bianco e sembrava non fosse stato acceso da tempo, tanto che nemmeno una sfumatura di cenere faceva capolino ai suoi occhi sul pregiato materiale. Ai lati si prolungava una libreria a più scaffali ed una credenza, della quale non riuscì a capire l’utilizzo. 
Era sbalordita.
Il ragazzo sorrise, compiaciuto. « È di suo gradimento? »
« È di suo? » ripeté afona.
« Non è la mia opinione a contare in questi argomenti, signorina »
« Allora siamo in due » lo incalzò, cercando lo sguardo dell’intermediario « cos’ha da offrirmi Zinzolin? »
« È presto detto »
Si adoperò per estrarre da una valigetta una vasta quantità di materiale e la posò su di un tavolino, a metà fra la sua posizione e dove sedeva la castana. Si sedette anch’esso.
Hilda prese in mano il primo plico, sfogliandolo con curiosità. Parlava di una certa Campionessa Cyntia, che presumibilmente si trovava in regione a trascorrere le sue vacanze in una località balneare. Rilesse una seconda volta, non sicura di aver capito il messaggio nascosto fra le righe.
« Mi scusi se chiedo, ma cos’avrebbe ciò da fare con il Team Plasma? »
« Non saprei, signorina. Non sono informato su questa materia »
« Siamo ancora in due, allora » 
Continuò a leggere, ma nulla che potesse considerare utile raggiungeva la sua vista e si tramutava in informazione per un possibile giornale.
Lo ripose in parte a lei, e pescò un altro foglio.
Voltò la prima pagina, la seconda e la successiva. Ancora una volta, era materiale di natura scandalistica al contrario di quello che era stata portata a pensare ed abituata. Alzò lo sguardo dai fogli e fisso il ragazzo.
« Mi stai prendendo per il culo? »
« Come scusi? »
« Come scusi » gli fece eco lei, alzando di un semitono la sua voce. Ne era risultato una canzonatura.
« Non capisco cosa intenda »
« Oh, io invece sì » sbottò « che cazzo è questo? Le vacanze della campionessa Cynthia? Le foto in topless di una Capopalestra? Cosa pensi di star facendo? »
« Le chiedo di—»
« Tu non mi chiedi un cazzo. Voglio parlare con Zinzolin »
« Sono sicuro che quando il signor Zinzolin avrà intenzione di parlarle, saprà trovarla » fece, in difficoltà, e si aggiustò il nodo della cravatta. Un semplice gesto meccanico, era in perfetto stato. « Ora, se mi vuole scusare, dovrei andare »
Con la medesima velocità con cui avevano raggiunto l’ufficio si dileguò, ed Hilda corse subito al suo telefono. 
« Pronto, sì, sono Hilda »
« Com’è andata? » rispose la voce « è già uscito? »
« Vi dico dopo, concentratevi su di lui. Sì, è uscito appena adesso, ha una valigia in mano, di’ a Looker di preparare la macchina »
« Ok, a dopo, ciao »
« Ciao »

« Cosa diceva Hilda? »
Julie spense il telefono e lo ripose in tasca, rivolgendo gli occhi a Looker. « Metti in moto, sta uscendo »
Spostò lo sguardo oltre l’uomo e sino all’entrata delle Tipografie Baskerville, dove infine fece capolino la figura del ragazzo, accompagnato da una ventiquattro beige in mano. Come suggerito dalla giornalista, si trattava di lui. 
Continuò verso la strada e, giunto sul ciglio del marciapiede, alzò il braccio destro, facendo uno strano movimento delle dita. Quasi avesse risposto al richiamo, una limousine si accostò al selciato e lui scomparì dietro la scura portiera.
« Parti »
Looker non esitò a seguire i comandi della giovane e partì spedito all’inseguimento. Particolarmente curioso trovò che l’auto non fermò ne sterzò bruscamente, rendendo seguirla un lavoro facile e lineare. 
Una decina di minuti seguenti la vettura rallentò in prossimità di una serie di villette a schiera in stile coloniale, parcheggiando di fronte ad una di esse. Non era difficile individuarla, spiccava fra le altre per gli esterni fatiscenti e dimessi, un triste e buio intervallo fra due file perfettamente tenute di abitazioni.
« Che facciamo? Scendiamo? »
Looker diede un ulteriore occhiata alla casa, senza fermare il moto della macchina. « No, torniamo a casa »
« Perché? »
« Perché lo dico io? Ho una certa esperienza co—»
Non riuscì a finire la frase che le mani di Julie si trovavano sulla maniglia della portiera. Spinse lo sportello verso l’esterno e si lanciò, mentre la vettura era in corsa.
« A dopo! »
« Cosa stai facendo? » urlò « avremo tempo per tornare domani! »
« Non io. Ho aspettato troppo tempo per sapere la verità, Looker »
« Oh » sbuffò, ed arrestò la macchina. « Come vuoi »
La giovane non nascose il suo entusiasmo e corse incontro ad abbracciarlo, cosa che lui apprese con freddezza. S’incamminarono verso la casa, sperando in cuor loro di trovare un aiuto per Hilda.
L’entrata era diroccata e presentava cumuli di macerie scostati ai lati. Legna bruciata perlopiù, che ricopriva il pavimento e le mura, assieme ad una consistente quantità di polvere e vetri. D’altra parte, le numerose crepe nel soffitto davano all’ambiente una discreta luminosità e ciò rese più facile ai due muoversi nell’abitazione.
Julie fu la prima a mettere piede nella veranda, scostando uno strato di cenere da terra. Agli occhi del compagno, dimostrava sicurezza in ciò che faceva.
« Cosa pensi di trovare? »
« So quanto te, Looker » 
« Incoraggiante » concluse, atono.
« Non sei un poliziotto, tu? Dovresti essere una specie di guru in queste cose »
« Sono più un… ahem… tipo da scrivania »
« Oh, davvero? E sposti la scrivania nei viaggi transatlantici da Sinnoh a Unova? »
« Touché »
« Ok, perché ti sei fermata? » riprese Looker, come osservava Julie fissare qualcosa di fronte a lei. « C’è qualcosa che non va, Julie? »
« Tutto ok, tutto ok… ». Fermatasi, non era capace di distogliere lo sguardo dallo spettacolo che si proponeva ai suoi occhi, qualche metro più avanti: ad interromperla Looker, che si fece strada davanti a lei con l’intenzione di scoprire l’arcano.
« Che ca—»
Oltrepassata la stanza d’entrata avevano raggiunto un salone più grande, anch’esso nelle medesime condizioni della parte precedente, e ciò che stupì loro era la presenza di una serie di macchinari di una tecnologia decisamente avanzata rispetto all’età della villetta. V’era un grande schermo piatto ed una spessa porta, in parte alla quale v’era un mobile in metallo, il cui uso rimase segreto ai due.
« Da quando in qua i fantasmi hanno bisogno di uno schermo ultrapiatto? »
Julie si adoperò per aprire la porta. « Aiutami, invece che fissare la TV »
« Ok, ok… arrivo »
« Prima di domani mattina? »
Looker corse dalla castana e fece pressione sulla superficie, ma non pareva volersi muovere. 
Poco dopo, lo schermo si accese, ed un ragazzo comparve su di esso.
« Buongiorno! Vedo che avete intenzione di entrare, lasciate che apra la porta! »

 
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presente — Castelia City — 28/10/11
Era pomeriggio inoltrato quando Hilda tornò a casa dal suo nuovo lavoro. Lavorare alle tipografie, per quanto riconosceva che fosse un’occupazione fittizia e di valore nullo, scoprì portarle via molto tempo tra pratiche legali e richieste di Zinzolin. Quell’uomo aveva certamente una passione per il potere e giocare con la giovane come fosse una bambola sembrava essersi rivelato molto divertente. Assieme a quei pensieri, l’immagine di N rimaneva marchiata a fuoco nella sua mente: non c’era un secondo che passasse senza che i suoi pensieri non si rivolgessero a lui. Le parole di Julie l’avevano colpita ma nonostante ciò una parte di lei sperava che N, il ragazzo dai capelli verdi che aveva imparato ad amare, non fosse semplicemente uno psicopatico ma ci fosse qualcosa di più. Qualcosa di vero, anche se nel profondo.
Ad interrompere i suoi pensieri il trillo del campanello. 
« Pronto, chi è? » rispose trafilata « Julie, sei tu? »
« Polizia in realtà. Possiamo salire? »
« Cos’è successo? »
« Signora, preferiremmo che ci lasciasse entrare »
« Oh, certamente, scusate »
Fece scorrere l’indice sullo schermo ed un suono metallico si udì dall’altra parte della trasmissione. 
Ci misero poco a salire, e poco dopo che aprì la porta li vide fare capolino dalla tromba delle scale. La sorprese scoprire che non si trattava di un unico agente ma di un manipolo di essi, in scure divise e armati.
« Cos’è successo? » 
« È lei la signora Baskerville? » rispose l’ufficiale ed eluse la domanda della giovane.
« Signorina, in realtà. Comunque sì, perché? »
« Dovremmo controllare la sua abitazione »
« Oh, fate— fate pure »
Nell’appartamento irruppe una dozzina di uomini, i quali si adoperarono celermente per mettere sottosopra ogni cosa incontrassero davanti a loro. Borbottavano fra loro frasi sconnesse, che Hilda non riuscì a capire.
Era confusa.
« Cosa state facendo? Perch—
Portò lo sguardo alla porta, alla ricerca di qualcuno incaricato della faccenda, e vide con orrore baluginare sull’uscio della porta una figura a lei molto cara. 
« Bianca… »
Come una pugnalata al cuore, sentì delle fitte nel petto diffondersi lungo tutta la cassa toracica. Il respiro le venne meno e parve per un attimo dimenticare l’uso della parola. Era impietrita.
« Hilda, mi fa piacere trovarti »
« Bianca, non capis—
« Non c’è nulla da capire. Hanno aperto un’indagine per quanto riguarda ciò che è successo la notte prima del mio licenziamento »
« Co—
« Non disturbarti, Hilda. Sono stata avvelenata, ed ho intenzione di arrivare in tribunale »
Bianca volse lo sguardo all’appartamento dell’amica ed il sorriso che prima illuminava il suo volto scomparve. Arricciò le labbra, una lacrima parve rigarle il viso.
« Pensavo… pensavo fossi mia amica, Hilda… »
« Oh, Bianca! Sono tua amica! »
« Non so se crederci » si asciugò la lacrima, stringendo le braccia conserte « non so se crederci, Hilda. Non so se crederti! »
Bianca scomparve dietro l’ufficiale e presero a parlare, mentre nella sua mente Hilda cercava di pensare ad una soluzione. 
L’illuminazione giunse quando si ricordò dei molti telefilm che era solita guardare, e di come la polizia necessitasse di un mandato per ispezionare una casa. 
« Avete un mandato? » ringhiò.
« Come scusi? »
« È illegale quello che state facendo, avete bisogno di un mandato »
« Signor—
« Vi voglio fuori. Tutti. Se vuole mettere piede dentro casa mia la prossima volta avrà bisogno di un mandato »

 
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presente — Castelia City, ospedale — 28/10/11
Il debole pallore lunare illuminava le vesti di Natalie e le faceva risplendere di un etero bianco. Lasciato il suo letto si era trascinata alla finestra, persa com’era nella sua situazione, nella speranza che la luna l’aiutasse a ricordare. Magra speranza, pensò sorridendo, ma non le importava. In ogni caso, confidava nel simpatico dottore giunto il giorno precedente.
Come immaginava, udì dei passi avvicinarsi a lei.
La porta si aprì.
« Buonasera, Natalie »
« Ancora Natalie… » rise lei senza scomporsi « mi piacerebbe tanto ricordarmi di essere questa bella Natalie di cui tu parli »
« Te lo ricorderai, Natalie. Abbi solo pazienza »
Si sedette sul materasso e rimase in silenzio. I loro sguardi si indagavano a vicenda, gli occhi smeraldini dell’uomo scorrevano lungo il suo viso sorridente, ricambiati da quelli della castana, ma nessuno parlò. 
« Perché sei qui, questa sera? »
« Te l’avevo promesso »
« C’è un altro motivo? »
« Solo se vuoi che ci sia, Natalie »
Lo squadrò. « Lo voglio »
N sorrise compiaciuto, dopodiché estrasse delle foto dalla sua tasca. Ritraevano due ragazzi nella notte, uno dei quali presentava le medesime fattezze del dottore. Incuriosita, Natalie si avvicinò e le prese in mano.
« Cosa… cosa sono? »
« Sono foto, Natalie. Le hai scattate tu, non ricordi? »
Scrutò le immagini da più vicino. 
« Non penso di farlo… ma ho per caso fotografato te? »
« Sì, l’hai fatto Natalie » sorrise lui « non te lo ricordi? »
« Mi dispiace, no. E chi era la ragazza? »
« Non ha importanza »
« Sembrate intimi… è la tua fidanzata? »
« Hai molta fantasia, Natalie. Ci vediamo domani »




Skins.
Indovinate? No, non serve. 
Ho cominciato Skins e finito il capitolo. Che bello.

herr

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Capitolo 12
*** Chapter XII - Unable Are the Loved to Die ***


PREVIOUSLY ON CARDS la vita di Hilda è sconvolta: ha interrotto la relazione con N, Zinzolin l’ha incastrata in un lavoro senza nessun fine utile ed è indagata dalla polizia. Looker e Julie seguono una traccia, mentre Natalie continua il ricovero all’ospedale, attraverso degli incontri con uno strano dottore.
 
Chapter XII
Unable Are the Loved to Die

“unable are the loved to die
for love is immortality,
nay, it is Deity—
unable they that love— to die
for love reforms vitality
into divinity”
                                             
    Emily Dickinson
 

presente — Castelia City — 29/10/11

« E dopo che si è aperta la porta? »
« Ecco… »
Julie e Looker si guardarono, l’uomo le fece segno di continuare.
« C’era un ascensore, ed attraverso quello siamo arrivati in una specie di base sotterranea, sembrava molto tecnologica »
« Del Team Plasma? »
« Si » s’intromise Looker.
« Ok… e cosa avete fatto dopo? Vi hanno semplicemente lasciato entrare ed uscire? »
« Più o meno » la incalzò lei « ci hanno detto che avrebbero solo ascoltato te, Hilda. Che Zinzolin avrebbe ascoltato solo te »
« Oh… sareste in grado di tornare là? »
« Sì—»
« No, Hilda! » la interruppe Looker, ed urlò « sono persone pericolose! Hanno ucciso Shauntal ed a quanto sembra Hilbert, non possiamo cadere così facilmente nella loro trappola! »
Silenzio. Hilda lo fissò, ripensò a Bianca. Aveva bisogno di aiuto da parte Zinzolin, riconosceva che fosse l’unico in grado di poterla aiutare in quella situazione. Solo, non era sicura che sarebbe stato disposto a farlo senza ottenere qualcosa in cambio.
« Devo correre il rischio »
« E noi? Pensi che solo perché tu sei Hilda Baskerville e sei al centro del mondo non riesci a ferire le persone che ti circondano? »
« Smettila, Looker—»
« Non la smetto, Hilda. Quell’uomo è pericoloso »
« Ha ragione Looker » intervenne Julie « non sappiamo cosa ci possa aspettare »
Hilda li fissò, sorridente. « Sapete cosa vi dico? Io ho fatto una scelta, e la perseguiterò. Se non volete, restate a casa » e detto ciò si diresse verso la porta, scomparendo dietro di essa. Julie e Looker si scambiarono uno sguardo confuso.
Riluttanti, la seguirono.

« Vedo che avete portato un’ospite! » trillò la voce dello schermo, osservando come Hilda si fosse aggiunta alla coppia iniziale « penso tu voglia vedere Zinzolin! »
« Pensi bene » ribatté « hai intenzione di farci entrare? »
« Oh, ma Zinzolin non si trova qua! » 
Udirono un rumore metallico propagarsi alla loro destra.
Una scalinata posta in parte alla porta si illuminò e mostrò un passaggio al piano superiore.
« Prego, salga pure » continuò la voce « ma con molto dispiacere devo comunicarle che i suoi amici dovranno aspettarla fuori »
« Cosa vi avevo detto? » commentò Hilda rivoltasi ai due « starete bene, sono io l’obbiettivo »
« Sarà… fai attenzione, Hilda »
Accennò ad un saluto come salì lungo le scale e s’inoltrò nel corridoio di quell’abitazione. Rispetto all’entrata era in buone condizioni ed abitabile, pensò Hilda. La trovava accogliente, nonostante la presenza di Zinzolin la facesse rabbrividire: come un gelido refolo di vento che s’insinuava nella sua pelle e la pervadeva.
“Andy Sachs” recitava la targhetta in ottone infissa sulla porta. Avvicinò la mano al pomello e lo strinse.
« Non farti problemi, entra pure »
Un brivido di paura la pervase.
« Non c’è bisogno di aver paura, Hilda » esordì lui, vedendola baluginare da dietro lo spesso legno « sono contento che tu sia giunta fin qui »
« Mr Sorriso mi ha detto che saresti stato tu a chiamarmi »
« Mr… Mr Sorriso? » ripeté confuso.
« Il nuovo N, il ragazzo che mi ha portato i giornali »
« Oh ». Un sorriso piegò il volto del saggio, un sorriso che nonostante la nomea bonaria tradiva una profonda e radicata malignità negli occhi dell’uomo. « Mi ha riferito della vostra… deliziosa chiacchierata »
« Ne sono lusingata »
« Non esserlo. Come mai sei qui? »
« Intendi cos’altro hai fatto nei miei confronti che mi ha costretto a venire qua? »
« Parla, Hilda » ribatté afono, osservando attraverso il bovindo la strada sottostante ed i due amici della ragazza « non ho tempo da perdere »
« I giornali »
« Cosa c’è che non va? »
Zinzolin portò la vista sulla giovane. L’aria era tesa, il gioco di sguardi caricava la tensione.
« Come? Come “cosa c’è che non va”? » sbottò « Mi hai relegato ad un giornale scandalistico! »
« Hai finalmente fatto il salto di qualità che tanto aspettavi, Hilda »
« Non vedo come sia possibile, sinceramente »
« È questo il punto. Non vedi, sei cieca, è per questo che è così divertente giocare con te »
Era chiaramente divertito dal trattare la giovane come fosse un suo giocattolo. La considerava tale, una bambola che usava come passatempo e che, annoiato, riponeva in una scatola. Hilda lo aveva capito e temeva il giorno in cui si sarebbe stancato di giocare con lei.
« Non osare »
« C’era altro, dunque? »
« Bianca »
« Oh, una simpatica ragazza. Ho avuto di che parlare con lei »
« Sei stato tu a dirle che la colpa era mia? » urlò.
« Abbiamo semplicemente avuto una chiacchierata, Hilda. È molto intelligente, la tua amica »
La voce le si spezzò in gola. « Perché… perché mi stai rovinando la vita? » 
« Non essere noiosa, Hilda! È la stessa domanda che mi hai fatto qualche giorno addietro! È importante reinventarsi… ma forse sono sciocco io, non dovrei lasciare a te questo compito »
« Cosa stai dicend—»
« Devo darti una lezione, Hilda. Non mi piace come ti stai comportando »
Riportò lo sguardo all’esterno. Looker e Julie si trovavano a parlare poco fuori dalla vettura, due strette e polverose corsie li separavano dall’altro lato della strada. Sul cemento, non una macchina: il silenzio regnava.
« Oh, e saluta la tua amica da parte mia » sibilò, percorrendo la stanza sino a raggiugnere la porta « prima che sia troppo tardi »
Scomparve nel corridoio, la giovane lasciata a sé stessa in quel lugubre ufficio. 
Hilda spostò lo sguardo avanti e notò come, attraverso la finestra, i due amici non si trovassero più nei pressi della macchina. Si avvicinò al bovindo, dunque, e scoprì con orrore che stavano tornando a prendere la stessa. Batté le nocche sul vetro, il rumore risuonò flebile nell’aria. Batté ancora, non un suono che raggiungesse le orecchie dei due. 
Vide Julie tornare indietro, dall’altra parte della strada, mentre Looker s’inoltrava nella casa. 
Improvvisamente, il rombo di un’auto saturò l’aria. 
I suoi occhi corsero alla ricerca dell’origine del rumore, che trovarono in una vettura rosso fiammante. Correva sull’asfalto, pareva volare, tanto era veloce. 
« Julie! » sbraitò Hilda, e batté contro il vetro con fragore nella speranza che l’amica la sentisse. E la sentì.
Julie si girò verso l’amica, e non appena incrociò il suo sguardo capì. Volse gli occhi alla sinistra e vide il bolide avvicinarsi a lei ad una velocità impressionante.
« Julie! Attenta! Attenta! »
La ragazza ritornò su Hilda, che si dimenava contro la parete di cristallo. Era tardi.
Fu un attimo.
Avvenne una colluttazione. Il corpo di Julie fu scaraventato sul parabrezza e rotolò lungo di esso. La macchina non parve rallentare mentre il suo cadavere inerme cadeva dal tettuccio e cedeva a terra, sanguinante.

♣︎ ♣︎ ♣︎

presente — Castelia City, ospedale — 29/10/11

« Come va? »
« Penso di star meglio, grazie… »
La dottoressa osservò sorridente Natalie. « Che ne dici di sgranchire le gambe? C’è una interessante mostra di arte a pochi passi da qua, nel piano inferiore »
« Sarebbe carino… » commentò, cercando di alzarsi dal letto « dopo avrei anche una questione di cui parlarle, dottoressa »
La donna allungò un braccio a Natalie e la fece aggrappare a lei mentre uscivano dalla stanza d’ospedale. Osservò il corridoio che si snodava davanti a lei, un bianco opprimente accecava i suoi occhi. 
« Non preoccuparti, potremo parlare di tutto »
La dottoressa considerò prematuro che Natalie — seppur non a conoscenza del nome — venisse sottoposta a sforzi oltremodo esagerati per quella che era la sua situazione, così decise di scendere sino alla mostra in ascensore. La giovane aveva rifiutato di usare la sedia a rotelle, messa a disagio dalla stesso uso di essa.
« La mostra si chiama “Orizzonti”, è di un artista straniero molto famoso all’estero » spiegò, come entravano nel padiglione dedicato alla esposizione « la cosa forse più affascinante è l’alone di mistero che lo circonda »
V’erano sale a perdita d’occhio, Natalie non riusciva a darne un numero preciso. La quantità di persone accorse ad essa, però, la incuriosiva: una discreta folla si accumulava in punti strategici, appresso ad i più interessanti e famosi quadri dell’artista.
« Uh, guarda questo qua! » la strattonò la dottoressa « è veramente bello! »
L’attenzione di Natalie fu catturata da una tela, bianca, raffigurante al centro una N colorata di verde. Attorno ad essa, delle macchie rosse ed una pistola stilizzata.
« Non lo trovi affascinante? Si chiama “Tutto il Tempo del Mondo” »
« Oh… »
Fissò per un lungo attimo il quadro, affascinata ed attratta da esso. V’era qualcosa che la catturava, seppur non riuscì a capire cosa. Era così semplice, povero, ai suoi occhi. 
Non c’è tempo da perdere, dobbiamo scappare! 
Improvvisamente, un’immagine balenò nella mente di Natalie. 
Pensi di avere tutto questo tempo? 
Un altro flash.
Abbiamo tutto il tempo del mondo, N.
Le immagini continuavano a sfrecciare attraverso i suoi occhi. Riconosceva un ragazzo, una folta chioma verde, frammenti di parole che non ricordava di aver detto. Scene che non ricordava di aver visto. Le girava la testa.
« Stai bene? »
« Sì… sì… »
Portò una mano alla testa, si massaggiò la tempia.
« A me non sembr—»
« Sto bene! » sbottò « sto bene… andiamo avanti »
« Come vuoi… ecco, questo quadro mi sembra altrettanto affascinante! »
La loro attenzione si era spostata su una larga tela che si estendeva lungo tutta una parete. Era nera, questa volta, e tre strisce blu figuravano sul tessuto.
« Ti piace? Si chiama “Fuga” ». Si chinò a leggere la didascalia: « C’è scritto che rappresenta una fuga psicologica, una fuga mentale da tre entità »
Devi aiutarmi Natalie, svegliati!
« Natalie… »
« Come scusa? Natalie? » la incalzò la dottoressa « è per caso il nome del biglietto da visita? Ti sei ricordata qualcosa? »
« No… possiamo andare avanti? »
« Ma certo! Ti sta piacendo la mostra? »
Natalie asserì.
Proseguirono attraverso le stanze, nulla che catturasse la loro attenzione, sino a quando non si trovarono di fronte ad un folto gruppo di persone richiamate da una uomo in nero. Era una guida, questo constatò la dottoressa, e si stava sprecando in lunghi soliloqui riguardo un’opera che, apparentemente, aveva ipnotizzato il pubblico. 
Per loro fortuna da lì a poco tempo l’uomo smise di parlare e condusse la folla in un’altra stanza, cosicché loro potessero ammirare anch’esse la magnificenza che, a detta degli spettatori, riservava la tela.
« Meraviglioso… » commentò la dottoressa, osservando il quadro che si proponeva ai loro occhi. Era della grandezza di una pala e raffigurava una donna nell’atto di cadere nel vuoto. Sullo sfondo era visibile la città di Castelia e, svettante fra i grattacieli, una scheggia azzurra troneggiava al centro.
« Si chiama… Natalie! Che coincidenza! Lo conoscevi già? »
Vai in quella direzione, voglio vederti sul ciglio del tetto.
Un altro frammento le attraversò gli occhi.
Non sono solito sbagliare mira, Natalie. Un colpo e ti mando al creatore.
Perché?, si chiese. Perché stava accadendo tutto ciò? Nella sua mente si susseguivano immagini e ricordi dei quali non aveva la minima coscienza. Attimi di vita che non sapeva di aver vissuto, scene al limite della fantasia. Allora perché sembravano così reali?
« Stai bene? »
« Io… ». Guardò la dottoressa, il suo sguardo era spento e assopito. « Non penso di star bene… »
Le sue gambe cedettero.
Addio, Natalie.
Natalie si accasciò al suolo e la dottoressa accorse prontamente a stringerla fra le braccia mentre cadeva. Si scambiarono uno sguardo, riconobbe che lo sforzo era stato esagerato.
« Su, vieni, ti riporto in stanza… »
Natalie, questa è Hilda Baskerville, Hilda, questa è Natalie Inkgard, sono sicuro farete ottima amicizia.
Ho parlato con Francis del tuo misterioso articolo, e concordava con me sul fatto che qualcosa non quadrasse.
Penso che siamo partite col piede sbagliato.
Pronto… Natalie… ho tanto… tanto bisogno di aiuto… 
Mi scusi, c’è qualcuno? Ho chiesto se potrei parlare con N.
TU SEI N!
Morirò!
« BASTA! » urlò Natalie, caduta in trance « BASTA! SILENZIO! »
Portò le mani alle orecchie e vi impresse una notevole pressione. I suoi occhi erano serrati, il suo viso piegato in un’espressione di fastidio. Come vivendo un incubo, desiderava più di ogni altra cosa il risveglio. 
Bastò poco tempo prima che si formasse un discreto pubblico attorno a lei, cosa che la dottoressa cercò di ostacolare come meglio poté. Senza successo constatò, osservando le persone che, circondanti Natalie, si erano persi in fantasticherie riguardo i motivi che avevano portato la ragazza in quella situazione.
Immagini di lei in vari e differenti stadi della sua vita, luoghi che non ricordava di aver visto, situazioni impossibili e sconosciute. Si vide scappare da tre figuri, parlare con una ragazza e cadere nel vuoto. Diapositive che si susseguivano repentine e celeri, impalpabili. Come preda di una dimensione onirica, non aveva le briglie della situazione. Vide un ragazzo dai capelli verdi impugnare una pistola, vide un una strada e poi, guidata dalle voci, si lanciò nel vuoto.
Addio, Natalie.
Seguì il buio sino a che, lentamente, l’oscurità si diradò.
Riaprì gli occhi, fu investita dal riverbero della luce solare nelle pareti bianche.
« Cos’è successo? Stai bene? »
« Natalie… »
« Cosa significa questo nome? Natalie? »
La raccolse da terra e la prese fra le braccia, un’espressione preoccupata dipinta sul suo volto.
« Io… io sono Natalie… »
« Cosa vuol dire ciò? »
« Sono Natalie… Inkgard… » continuò, i suoi occhi che brillavano di felicità « sono Natalie Inkgard! Natalie Inkgard! »
« Non capisc—»
Si dimenò dalla stretta della donna e corse all’esterno, una forza nei movimenti ritrovata. Si sentiva libera, nuovamente in possesso di sé stessa e del suo corpo. Ricordava chi fosse, cosa fosse successo e le persone che aveva incontrato. Nel frattempo correva, non smetteva di correre, catturando gli sguardi straniti dei pazienti e dei dottori che si trovavano nei corridoi dove era di passaggio.
La corsa si fece più veloce, chiuse gli occhi assaporando il vento che le accarezzava il viso e s’infilava nei suoi capelli.
Durò poco: si scontrò contro qualcosa.
« Oh! Mi scusi, non stavo guar—»
Alzò lo sguardo e lo riconobbe. N.
Si ammutolì.
« Signorina, si è fatta male? »
Era senza parole. Dovette fissarlo per più e più tempo prima di rendersi conto che fosse veramente lui, il personaggio che aveva visto giorni addietro e con il quale aveva parlato. 
« Signorina, sta bene? »
« Sì, sì, sto bene. Come sta la sua mira, piuttosto? » prese la palla al balzo « dicono che non sia solito sbagliare un colpo »
Un sorriso illuminò il volto di N.
« Presumo ti abbia bisogno di spiegazioni »
« Come sei intelligente »

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presente — stazione di polizia di Castelia City — 29/10/11

« Cosa significa che lo tenete dentro? »  sbraitò, attirando l’attenzione di tutta la centrale.
« Abbiamo ricevuto una segnalazione dalla centrale di Opelucid. A quanto sembra, ha rubato dei reperti »
« Cosa? » lo incalzò incredula.
« Non siamo sicuri, signora. Lo terremo dentro fino a nuovo avviso »
« Posso—» si interruppe da sola. Osservò il vetro davanti a lei ed oltre, sino all’uomo che sedeva al centro della stanza. Era Looker, in manette, il suo sguardo chino a terra. Non sembrava riconoscerla e ciò la portò a pensare che, come ricordava di aver visto nei film polizieschi, vi fosse un finto specchio.
« Posso parlare con lui? »
L’agente lanciò un’occhiata al suo orologio. « Sì, va bene, ma ho bisogno che ci metta poco perché dobbiamo interrogarlo »
« Grazie! » squittì « prometto che farò presto! »
La camera degli interrogatori vista dall’interno possedeva una completamente diversa prospettiva. Dava una sensazione di oppressione, come animali chiusi in gabbia. Le pareti erano nere, illuminate solo da una flebile luce che irradiava dal soffitto.
« Hilda, che piacere » esordì atono « non pensavo ti facessero entrare »
« Nemmeno io » ribatté, entusiasta quanto lui della situazione in cui versavano. Si accomodò nella sedia di fronte a Looker.
« A proposito di que—»
« Non parlare » lo interruppe lei « non ho le forze di parlarne. Non penso di poterlo fare »
« E perché sei entrata qui? »
« Non lo so, Looker… sei l’unica persona che mi è rimasta »
« Andrà tutto bene, Hilda, in poco tempo sarò fuori e potremmo continuare a—»
« Non voglio continuare! » gridò, la sua voce corrotta dal pianto « non voglio… non ne ho le forze… »
Le lacrime scorrevano lungo il viso copiose. Rigavano le guance e, raggiunto il mento, si tuffavano nel vuoto.
« Andrà—»
« No. Non dirlo » lo interruppe « non dire che andrà tutto bene. So che non è vero »
« Hil—»
« Ciao, Looker. Spero di rivederti »
Amareggiata ed abbandonata lasciò la stanza, trascinandosi sino all’uscita. Le prospettive per il futuro sembravano, ora più che mai, oscure e senza un barlume di luce. Cos’altro aveva in serbo Zinzolin per lei? Non voleva pensarci, forse era meglio arrendersi. La possibilità a cui non aveva mai dato adito nella sua mente sembrava, in quel momento, la più rosea. 

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presente — Castelia City, ospedale — 29/10/11

Sia per il motivo della discussione che per la natura di essa, reputarono più utile trovare un luogo chiuso e lontano da occhi indiscreti per parlare. Era così che si erano ritrovati, dopo aver passeggiato per l’ospedale, in una luminosa stanza da giochi nel reparto pediatria. Non fu difficile forzare la serratura per mani esperte come quelle di N.
« Tutto tutto? »
« Tutto tutto » confermò Natalie, accendendosi una sigaretta « dall’inizio alla fine »
« Come vuoi, allora! » esclamò « dall’inizio.
« Come saprai, qualche tempo fa ho cominciato a frequentare una tua collega, Hilda Baskerville. Ti prego di non confonderla come una relazione, è tutto ciò che non è stata. Le offrii un accordo, accordo secondo il quale mi impegnavo a darle degli articoli che lei avrebbe poi pubblicato. In cambio, abbiamo chiesto che lei suggellasse il patto in modo più o meno legale »
« Che è quando è venuta da me in lacrime? » commentò la ragazza, conscia degli avvenimenti. 
« Esatto. Dopo quel momento, ho mantenuto i contatti in attesa di ulteriori sviluppi »
« Ed entro in gioco io » intervenne ancora Natalie, sempre più interessata dalle parole di N.
« Zinzolin aveva saputo della tua chiamata alla EKI, un’azienda fittizia usata per coprire le mie attività, e diede l’ordine di ucciderti. Fortunatamente lo intercettai e ti salvai »
Ora si faceva difficile. 
« Mi hai fatto lanciare da un palazzo alto decine e decine di piani! » esclamò, senza capire come avesse fatto « è assurdo! »
« Questo è ciò che hai visto. Ma dimmi, saresti sopravvissuta? »
« Non penso… no, non l’avrei fatto »
Un sorriso illuminò il volto del ragazzo. « Quella che hai avuto è stata un’allucinazione dovuta al sonnifero che ti ho sparato »
« Ma come… come è possibile? »
« Te l’avevo promesso, non sbaglio un colpo »
I pezzi del puzzle nella mente di Natalie si stavano ricomponendo, disegnando nella sua testa un’immagine ben più chiara e cristallina di quella che aveva avuto sino ad un attimo prima. « Quindi non sono caduta! »
« No, ti sei accasciata al suolo. Anche in caso, comunque, ti avrei salvata con il mio fedele Archeops »
Natalie si alzò, la sigaretta inforcata fra le dita, e volse lo sguardo alla vetrata che illuminava la sala. Doveva ancora riordinare nella sua mente i pensieri. Un intero mondo le si era aperto un quel momento, un mondo che aveva intenzione di scoprire. Nel frattempo, una sensazione di calma la pervadeva. Aspirò ed esalò una rada nube di fumo.
« C’è una cosa che non ti ho detto, però » continuò N, la sua voce fattasi più cupa e seria.
« Se lo dici così mi fai spaventare » rise lei, cercando il suo sguardo « cosa può esserci d’altro? »
« Se io ti lasciassi libera, Zinzolin continuerebbe a darti la caccia. E non potresti essere fortunata come lo sei stata ora »
« Non capisco dove vuoi arrivare, N »
« Il punto è semplice. Ti sto chiedendo di aiutarmi a sconfiggerlo, Natalie. Aiuta Hilda e me a farlo »
« Hilda sa di tutto ciò? »
« Non completamente, e preferirei continuasse ad essere così. Allora, che ne dici? Sei con me? »
Natalie diede uno sguardo all’esterno, al cielo terso ed illuminato dal sole. Per la prima volta nella vita sentiva di esser utile, di avere una funzione che andasse oltre l’esser comandata da qualcuno di superiore a lei: era libera. Ad un caro prezzo, ma, in fin dei conti, lo era.
Sorrise, sicura della sua risposta.

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presente — Castelia City, casa di Hilda — 29/10/11

La sera calava per Hilda come il buio prendeva possesso delle strade e del mare di Castelia. L’aria raggelava e sottili nuvolette di vapore seguivano con zelo i respiri della giovane.
Entrò in casa, il buio che non lasciava spazio ai suoi passi, e guidata dal debole riflesso della luna entrò nella cucina. Un pallido raggio di luna si faceva strada nell’oscurità, gettando un alone circolare di luce sul marmo del tavolino. Ripensò alla sua vita, un pensiero comune nella sua mente ultimamente. Non c’era una cosa che le sembrava andare per il verso giusto, non c’era una mossa che facesse che si rivelasse non completamente sbagliata. Uno sbaglio dietro l’altro, un passo falso dietro l’altro. 
Ad un caro prezzo.
Prima Bianca, poi Julie, chi sarebbe stato il prossimo? Forse aveva ragione Bianca a non crederle, non lo meritava. L’unica cosa che meritava era l’oblio.
Aprì un cassetto e vi estrasse un coltello da cucina piuttosto affilato. La sua lama tagliava qualsiasi cosa, o almeno così le era stato venduto. La fece scorrere lungo il palmo della mano, affondò l’acciaio inossidabile nella pelle ed un rivolo di sangue cadde a terra. Poche gocce di un liquido denso e rossastro.
Un pensiero le balenò in testa: e se fosse stata la morte la soluzione?




We are selling true love here. True love, people!

herr

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Capitolo 13
*** Chapter XIII - Six Feet Under ***


PREVIOUSLY ON CARDS Zinzolin tende un agguato ad Hilda e sotto i suoi occhi uccide Julie. Natalie recupera la memoria ed incontra N che le chiarisce la situazione.

Chapter XIII
Six Feet Under

 
presente — Castelia City — 29/10/11
Hilda guardò il pavimento sporco di sangue. Una chiazza rossa, della grandezza del palmo di una mano, era dipinta ai suoi piedi e qualche goccia aveva bagnato le sue calze. 
Affondò nuovamente la lama nella soffice pelle ed una scarica di dolore si riflesse nel suo corpo. Faceva male, bruciava nella sua mano di un dolore che, seppur per pochi secondi, riuscì a sopraffare le sue emozioni. Una tempesta di sensazioni contrastanti incapace di ascoltare od anche solo di isolare.
Prestando attenzione al suo riflesso, nella superficie argentata, riconobbe una Hilda stremata e debole. I suoi occhi esitarono, osservando l’espressione di apatica tristezza dipinta sul suo volto. Era questo ciò che voleva?, si chiese. Avrebbe potuto uccidersi, in quell’esatto istante, ed il coltello suonava sempre di più come la soluzione migliore: due pugnalate al cuore e con esse le sue sofferenze sarebbero cessate. Ma per quanto si sforzasse, ogni suo pensiero concludeva con l’immagine di N, sorridente, sulla ruota panoramica. Desiderava rivederlo più di quanto desiderasse morire, poiché il suo amore era capace come solo esso poteva fare di placare le sue paturnie.
« Mi senti, Zinzolin? » gridò, osservando il buio che la circondava « sono sicura che tu abbia installato delle telecamere, o almeno delle cimici. D’altronde, sei capace di molto altro »
Fece un passo avanti, ed un altro ancora. 
« Hai perso così tanto tempo a concentrarti su di me, a rendere la mia vita miserabile. Perché dunque non cessare ogni cosa? Perché non uccidermi? »
Alzò il capo e si rivolse al soffitto. « Perché, eh? » gridava.
« Non preoccuparti, ci ho pensato io »
Issò il coltello in alto, come se stesse sfoggiando un trofeo. « Lo vedi? Lo vedi, eh, bastardo? »
Tacque.
Nessuna risposta. 
« LO VEDI, BASTARDO? » urlò, mentre le lacrime scivolavano lungo il suo viso « di’ a N che mi dispiace. Veramente, mi dispiace »
Portò repentina il coltello all’altezza dell’addome e, senza alcuna esitazione, lo fece scivolare nella pelle. Un acuto dolore si pervase nel suo corpo e si flesse, piegata dalle scariche. Dalla sua bocca, non un suono.
Estrasse l’arma e subito dopo s’inflisse un altro colpo. Il sangue stillava dalla ferita, fiotti di caldo e denso sangue scivolavano lungo il suo corpo, lungo le gambe, sino a raggiungere il pavimento. La sofferenza era così grande che la sua mente, quasi estasiata, non era capace di provare altre sensazioni. Zinzolin, Bianca, Julie, ogni pensiero era stato scacciato.
Fece lentamente scivolare la lama all’esterno, il sangue che continuava a scivolare, ed accennò ad una terza pugnalata ma fu interrotta sul nascere. Non era in grado di controllare la mano, le dita lasciarono la presa ed il coltello cadde a terra, fatto eco da un rumore metallico.
La sua vista si annebbiò e le gambe cedettero al peso del suo corpo. Giaceva inerme, il sangue che espandeva sotto di lei.

 
presente — Castelia City — 30/10/11
Sono morta? fu il suo primo pensiero. 
Semmai avesse dovuto rappresentare il paradiso, il paesaggio che si proponeva ai suoi occhi era di più quanto vicino la rappresentazione avrebbe potuto essere. Il bianco era il colore protagonista di quel misterioso luogo: bianche erano le lenzuola che la ricoprivano, bianche erano le pareti che la circondavano e bianche erano le sue vesti. Una luce accecante filtrava attraverso le finestre, bruciava nei suoi occhi e costringeva le palpebre a non scoprire ulteriormente gli occhi. 
Tentò di alzare il braccio, scoprendo con suo stupore di essere costretta ad un letto da una serie di macchinari.
« Sh, non sforzarti »
Una voce calda giunse alle sue orecchie. Era il suono che aveva tanto bramato nei suoi sogni: la sua voce. Una melodia che non avrebbe mai dimenticato.
« N… sei tu? »
« Sono io, Hilda » rispose la voce, scoprendosi alla vista della giovane. Un’aurea etera lo circondava, risultava intangibile agli occhi della giovane, quasi etereo. L’apparizione divina di una magica entità.
« N… »
« Non serve che tu dica nulla. Va tutto bene »
« Sono… sono morta? »
Le labbra di N si piegarono in un sorriso. Una risata risuonò nell’aria.
« Cosa ti fa pensare questo? » rise lui. 
« Il coltello… il sangue… pensavo di morire… » sussurrò. Le parole bruciavano nella sua gola come si tramutavano in suoni. « Io volevo solo vederti di nuovo. Sapevo che saresti tornato da me, non avresti mai lasciato che morissi… »
« Le cose sono più complicate di quello che appaiono, Hilda. Dovresti saperlo »
« Non mi interessa, finché ci sei tu »
N si chinò verso di lei. Gli occhi di Hilda incontrarono le iridi verdi smeraldo dei suoi e le labbra s’avvicinarono lentamente a quelle della giovane. Un breve bacio, la sua bocca non fu capace di assecondare i movimenti del ragazzo e come avvenne il contatto una sensazione di calore la investì. Era afrodisiaco.
« Non ci sarò per sempre »
Si mosse attorno al lettino leggiadro, la sua pelle emanava una luce divina. I capelli erano sciolti e fluivano dolcemente lungo la sua schiena, il verde brillava al contatto con la luce.
Proseguì avanti, sino a scomparire dal campo visivo della giovane.
« Cosa stai facendo? » chiese, parole che si persero nel vuoto. « N, dove sei? Cosa stai facendo? »
La visione di Hilda si oscurò, la luce parve diminuire e la sensazione di benessere che provava lasciò il passo ad un gelido freddo. Come ad un eclissi, come svegliatasi da un sogno, le braccia di Morfeo la scossero al risveglio.
Come aprì gli occhi, Looker aveva preso il posto di N.
« Stai bene? » esordì, le sue parole che spazzarono via la patina onirica « la polizia mi ha detto che ti avrei trovata qui »
« Dov’è N? »
« Non c’è mai stato N. Parlavi nel sonno, Hilda »
I suoi occhi esitarono sul viso dell’uomo: era sorpreso.
« Cosa è successo? »
« Cos’hai fatto tu, piuttosto. I medici mi hanno detto che sei stata pugnalata per ben due volte all’addome, ti hanno ritrovato in un lago di sangue »
« Non preoccupartene »
« Me ne preoccupo, invece! Prima Julie, adesso tu, cos—»
« È colpa mia. Sono stata io— sono stata io a pugnalarmi »
La sorpresa nel suo viso si tramutò ben presto in rabbia. Una scintilla si accese nei suoi occhi, acuiti dalla scarica di furia che lo pervase.
« Cosa? Perché l’avresti fatto? »
« Io… volevo rivedere N »
« Volevi rivedere N? E per rivederlo ti sei assicurata di non vederlo mai più? »
« È più complicata la questione »
« Sai cosa? Non mi interessa. Dici che è complicato, ti nascondi dietro scuse, ce n’è sempre una, non è vero? ». Si era allontanato da Hilda, non sedeva più accanto a lei. Faceva fatica a vederlo, costretta al letto. « E io che come uno scemo ti ascolto »
« Looker, ti prego—»
« Ho smesso di ascoltarti »
« Looker… »
« Ah, e se tra un tentato suicidio ed un altro avessi voglia, domani pomeriggio ci sarà il funerale di Julie. Il funerale di una persona morta, abbi rispetto almeno per quello »

 
♣︎ ♣︎ ♣︎
 
presente — Castelia City, ospedale — 30/10/11
« Come si sente, questa mattina? »
« Meglio, decisamente meglio »
« Signorina… » gli occhi dell’uomo corsero lungo il foglio che stringeva in mano sino al fondo « … Lisa Fisher? »
Natalie sorrise. « È il mio nome »
« Sono contento che abbia recuperato la memoria, ma ci sarebbero alcuni punti sui quali preferirei soffermarmi prima di lasciarla fuori dall’ospedale »
« Penso di averle già detto tutto »
« Sì, sì, ma vede… non possiamo prendere sottogamba quanto successo ieri »
« Si riferisce a Natalie Inkgard? »
« È esatto »
« Oh… in quel caso… Sa, tra l’amnesia e l’ospedalizzazione, ho pensato che fosse il mio nome »
« Se l’è inventato? »
« Affatto. Era scritto su un biglietto da visita che avevo in tasca, per questo motivo ho pensato potesse essere mio… » affermò decisa. Il dottore, al contrario, lo era meno. « Ho pensato che potesse essere me… alcune volte la mente umana gioca degli strani scherzi »
« Sembrava piuttosto convinta »
« Lo ero, o meglio, volevo esserlo. Volevo essere convinta di aver ricordato chi fossi »
« Ora però non ha più dubbi, mi sbaglio? »
« Ha ragione, non ho più dubbi »
« Molto bene. Allora—»
Il dottore si interruppe, richiamato all’attenzione da un rumore cavo. Qualcuno aveva bussato. « Avanti? »
Il viso di N fece capolino dalla porta. « È tutto finito, dottore? »
« Certamente, signor Fisher Io e la sua splendida moglie abbiamo appena finito di parlare, potete tornare a casa »
« Nate, non serviva che entrassi! Io e il dottore stavamo parlando »
« Va tutto bene signora, mi creda. Può andare »
Natalie sfoggiò l’espressione più raggiante che conoscesse. Se l’avesse vista dall’esterno, neanche lei ci avrebbe creduto. « Grazie dottore, è stato gentilissimo »
« Di nulla, ho solo fatto il mio dovere »
« Il piacere è mio » esclamò N stringendo la mano all’uomo « è commovente incontrare persone così zelanti e dedite al proprio lavoro come lei »

 
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flashback — Castelia City, ospedale — 29/10/11
« Sì »
All’udire quelle parole, N riprese a parlare.
« Ottimo. Prima di tutto, però, abbiamo bisogno di trovarti una nuova identità »
« E come pensi di farlo? »
Il ragazzo estrasse un badge metallico dalla tasca, recante un’immagine ed un nome a Natalie sconosciuto.
« Cosa sarebbe? »
« La tua tessera d’identità, cara moglie »
« Come scusa? »
« Qualche giorno fa, Nate Fisher ha picchiato a morte sua moglie Lisa nel suo appartamento a Castelia. Prima che la polizia potesse scoprirlo, però, ho intercettato l’uomo e me ne sono occupato personalmente »
« L’hai ucciso? »
Un sorriso inarcò le sue labbra. « È importante? Quello che importa, abbiamo due identità su cui contare »
« Continuo a non capire »
« Diremo ai medici che tu sei mia moglie, Lisa Fisher! Le giornate corrispondono, non dovrai fare altro che fingerti lei davanti a loro » continuò, porgendole la carta « è geniale »
« La somiglianza è spaventosa… E cosa ne farai del corpo? »
« Me ne sono già occupato, Zinzolin ha già potuto appurare come Natalie Inkgard sia morta »
« E nessuno ha detto nulla? C’è stato almeno un funerale? »
« Ovviamente no, Zinzolin ha ordinato che facessi in modo che tu scomparissi. Una vacanza a lungo termine, se la vuoi mettere così »
« Quindi hai falsificato la scomparsa di una donna con la quale hai falsificato la mia morte… quanto è contorto? »
« Abbastanza da funzionare »

 
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presente — Castelia City — 30/10/11
Il sole infuocava all’esterno dell’edificio ospedaliero. Riparati da un abete, N e Natalie si erano trovati a parlare. 
« Sembra che il piano abbia funzionato »
« Dubitavi, cara moglie? » scherzò N « mi sottovaluti »
Natalie sforzò un sorriso. Non era convinta.
« Semplicemente, non penso di poter passare sopra così facilmente come fai tu a certe cose »
« Nessuno sentirà la mancanza di Nate Fisher »
« Ciò non cambia quello che hai fatto »
« Era uno stronzo, se l’è meritato »
« Forse hai ragione tu » lo incalzò. Considerava chiudere la discussione un discreto modo per dimenticarla e, se possibile, andare avanti. « Ad ogni modo, quand’è che posso parlare con Hilda? »
« Oh, Natalie! Non essere stupida, non ci parlerai mai! »
« Scusa? »
« Non so che idea ti sia fatta, ma è escluso che tu ti avvicini a lei. Zinzolin la controlla ventiquattr’ore su ventiquattro. Credimi, oggi è più di quanto ti potrai avvicinare a lei »
« Come oggi? È qua? »
« Non te l’ho detto? Ieri ha tentato il suicidio »
« E me lo dici così? »
« Come dovrei dirtelo? Sta bene, non avrei mai lasciato che si facesse male più del dovuto. Ora via Natalie, abbiamo problemi più grandi »

 
presente — Castelia City — 30/10/11
La giornata era trascorsa lenta ed inesorabile agli occhi di Hilda. Il contatto umano era stato  raro e breve, non che le desse fastidio essere la sola compagnia di sé stessa, ma sino al punto da perdere la concezione del tempo. L’orologio che culminava sulla parete di fronte a lei era fermo sulle 8:57 e ciò le dava l’impressione di esser congelata in un frammento di tempo, nonostante la luce solare dimostrasse il contrario.
Contrariamente alle sue aspettative, poco dopo il tramonto del sole ricevette una strana visita. L’uomo rassomigliava ad un poliziotto per gli abiti.
« Buongiorno, sono il detective Garrett Smith » esordì, facendosi strada nella camera « lei dev’essere la signorina Hilda Baskerville, presumo »
« A cosa devo la sua visita? » 
« Semplice routine. Sono venuto a raccogliere la sua testimonianza »
« Oh… »
Abbassò gli occhi, nel tentativo di nascondere l’espressione di stupore, ma giudicando dallo sguardo che le restituì l’uomo qualcosa in lei aveva tradito le sue sensazioni meno superficiali.
« Non si preoccupi, so già tutto » sorrise, accomodandosi in parte a lei. « Il furto, no? È stato un furto finito male »
« Sì, ha ragione lei. È stato un furto »
« Mi sa dare più informazioni? »
Prima chi potesse cominciare a parlar, vide uno strano oggetto beige essere estratto dalla tasca dell'uomo. Riconobbe in esso un taccuino, ed allacciatovi c’era una penna con la quale prese a scrivere.
« Non saprei… era buio, penso che abbia scassinato la porta »
« Non v’erano segni d’effrazione, signora »
« Mi scusi, sì, non c’erano… allora deve esser entrato senza che io la avessi chiusa, la porta »
La penna sfrecciava sulla cellulosa, si sentiva come violata dai suoi movimenti. 
« Dev’esser stato così… sentiva di esser stata seguita? »
« Sì… »
« Molto bene… ha altre informazioni che possano esser utili? »
« No… non penso »
« Abbiamo finito, allora. Le auguro una buona guarigione, e si ricordi cosa abbiamo detto stasera! »
« Come? » domandò confusa « Come scusi? »
« Cosa abbiamo detto, per quando arriverà la polizia ad interrogarla! Non vogliamo mica che scopra il nostro piccolo segreto? Oh, Zinzolin manda i suoi saluti! »

 
♣︎ ♣︎ ♣︎
 
presente — Castelia City, funerale di Julie — 31/10/11
Il giorno del funerale pioveva. Il cielo era plumbeo, dipinto di un grigio asettico e monocromatico, quasi come se fosse anch’esso in lutto e la pioggia il suo unico modo di salutare la defunta.
Hilda aveva deciso di tenersi in disparte, osservando da lontano la funzione svoltasi all’aria aperta. Non si reputava degna, sulla sua coscienza pesava ancora la morte di Julie ed assistere a quello spettacolo non faceva altro che appesantire quella sensazione. Allo stesso tempo, però, sentiva in sé la necessità di onorarla; un discreto conflitto al quale non aveva la forza di sopperire.
Vide la bara esser calata nella terra e scomparire dietro il manto erbaceo. Looker, l’unica persona presente, raschiò della terra con una pala e la gettò sopra il legno più e più volte, sino a che non fu sotterrata completamente. Gli impiegò una mezz’ora, tempo il quale trascorse soggetto alla pioggia che impazza sopra di lui. I suoi abiti erano fradici.
« Hilda… » mormorò sorpreso, osservandola avvicinarsi a lui « non pensavo che saresti veramente venuta »
« Dovevo »
Looker sorrise. « Sì, penso di sì »
« Sei l’unico qua? »
L’uomo si guardò attorno, indicando l’anziano uomo che aveva condotto la funzione.
« Solo io e lui. Pochi ma buoni » aggiunse. « I suoi genitori sono morti qualche anno fa, non le era rimasta una famiglia »
« Mi dispiace… »
« Non dispiacertene. È stato questo il motivo che l’ha portata ad aiutarci, sapeva il rischio che affrontava »
« Sarà… riguardo a questo, volevo scusarmi per ieri mattina »
« Ho esagerato io, credo »
« Diciamo che anche io mi sono impegnata » scherzò, porgendogli la mano « pace? »
« Pace » confermò lui.
« Molto bene. Ora cosa pensiamo di fare? »
« Vorrei riposarmi. Sono stati dei giorni devastanti, ho bisogno di una pausa »
« Ok, quindi…? »
« Quindi ci vediamo, Hilda. A domani, o forse dopodomani »
Le rivolse un caldo sorriso e la superò, muovendosi nella direzione opposta a lei. La pioggia cadeva sempre più fitta, motivo per cui non riuscì a distinguerlo come si allontanava dal cimitero.
Hilda si strinse nelle spalle, emettendo un brivido di freddo. 
Si indirizzò verso la strada ed attraversò quel lugubre luogo ad ampie falcate: aveva intenzione di uscirne il prima possibile. Le avevano sempre messo soggezione i cimiteri, sin da quando era bambina li aveva collegati ad immagini di tristezza e disperazione, sensazioni che era lungi dal voler provare di nuovo. Ed eppure, navigava in esse. Julie era morta, N era scomparso dalla sua vita e Zinzolin, per motivi a lei oscuri, si stava divertendo a rovinarle la vita. 
Il fragore della tempesta riempiva le sue orecchie e le gocce bagnavano i suoi vestiti. Ogni suo senso era sopraffatto dall’acquazzone, sino al punto da vedere macchie nere nella strada che si proponeva a lei. Un nuovo rumore fischiò nelle sue orecchie, un suono che assomiglia sempre di più al rombo di un auto. 
Improvvisamente, le macchie nere assunsero una forma.
L’esperienza sensoriale si concretizzò in una limousine nera che, lentamente, intercedeva al lato di Hilda. 
Il finestrino si abbassò ed una voce roca giunse alle orecchie di Hilda.
« Buonasera, signorina Baskerville »
Hilda aumentò il passo, sorpassando l’auto, ma essa perseverò nel suo moto.
« Signorina Baskerville, è gelido là fuori. Che ne dice di farmi compagnia al caldo? » continuò la voce.
« Sono sicura che troverai una compagnia migliore della mia. Una puttana, ad esempio »
« Non sia volgare, non è da lei »
« “È da lei” però far uscire la volgarità nelle persone, caro Zinzolin »
« Speravo avesse una considerazione maggiore di me, signorina Baskerville »
« La smetti? È irritante sentirmi chiamare “signorina Baskerville” »
« Come vuole, signorina Baskerville »
A quelle parole, Hilda si arrestò. Portò lo sguardo al finestrino, cercando gli occhi di Zinzolin attraverso il vetro, ma non li trovò.
« Vuole per caso entrare? L’offerta è ancora valida »
Hilda asserì.

« Volevo comunicarle che sono molto dispiaciuto per lei, è stato decisamente uno spiacevole incidente »
« Forse ricordo male, ma quelle due pugnalate furono abbastanza volontarie »
« Il suo senso dell’umorismo a quanto vedo è rimasto intatto »
« Mi hai chiamato per qualcosa oltre che per chiacchierare? »
Un sorriso illuminò il volto di Zinzolin. « Certamente. La ho chiamata per ricordarle delle telecamere nell’hotel di Bianca »
« Le cosa? » esclamò. Un brivido corse lungo la sua schiena.
« Non sia così scioccata, ogni hotel possiede delle telecamere per controllare la situazione, e si dà il caso che Bianca sia stata molto fortunata. C’è una telecamera che punta proprio verso la sua porta! »
« Che cazzo stai dicendo? Vuoi incastrarmi? »
« Le parole, signorina! Nessuno vuole incastrare nessuno, ho per caso detto questo? Lavora molto di fantasia »
« Mi hai appena detto che sono stata registrata! »
« È il suo cervello a malinterpretare le mie parole »
« Non voglio più continuare questa conversazione » sbottò, gettandosi fuori dal finestrino.
« Arrivederci, signorina Baskerville! » riuscì ad udire, prima che l’auto non sfrecciasse sul cemento umido sino a scomparire alla sua vista.
La pioggia infuriava sui cieli di Castelia ed i suoi abiti ripresero l’acqua che tanto difficilmente il calore della limousine aveva tentato di asciugare. Il vento ululava nelle sue orecchie, unito all’incessante ticchettio delle gocce di pioggia.
Si sentiva braccata, con il fiato di qualcuno sulla gola. Inseguita da qualche entità misteriosa che assumeva le più svariate forme: da N a Zinzolin, Looker ed ogni persona che le capitasse di incontrare. E se fosse un sogno? le capitava di pensare, di sperare in cuor suo che fosse un’esperienza fittizia cessata da un semplice sbattimento di palpebre. Avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe trovata a casa sua, nel suo letto, lontana dai pericoli. 
Si pizzicò.
Quando riaprì gli occhi, lo scenario era il medesimo. Stava camminando in balia della tempesta, ignara del luogo nel quale quell’errare l’avrebbe condotta. Forse era veramente morta, forse era tutto un sogno che precedeva l’inferno e che quando la pioggia sarebbe cessata, si sarebbe trovata di fronte a qualcuno — o qualcosa di malefico.
Non era nemmeno così.
La pioggia si diradò, pur continuando a cadere inesorabilmente sulla città, e si aprì a lei il suggestivo panorama del porto di Castelia. Di fronte a lei, il Molo della Vittoria. Quale ironia.
Fece dei passi in avanti, inoltrandosi nel breve braccio di mare bagnato per tre lati dal mare, e vide una figura incappucciata sul ciglio della pietra. Continuò a camminare, sino ad arrivare al suo fianco.
« Cosa ci fa una così bella ragazza qua? » esordì l’anziano, mantenendo lo sguardo chino sulla sua canna da pesca.
« Cosa ci fa un così vecchio uomo qua » gli fece eco lei, abbozzando un sorriso.
« Sono un umile pescatore » rispose, questa volta cercando il suo sguardo « e lei non ha risposto alla mia domanda »
Hilda alzò gli occhi, contemplando il mare increspato dalla tempesta. « Non lo sa nemmeno lei. È un periodo difficile »
« Nulla che un po’ di speranza non riesca a spazzare via! Lo sa, c’è una leggenda che dice che se espresso un desidero al Molo Vittoria, Vicini sarà in grado di realizzarlo »
Hilda rise.
« Come mai ride? È vero! » scherzò « cos’è che desidera, eh? Non costa nulla! »
« Cosa desidero? » ripeté, continuando a guardare il mare « la fine. La fine di questo periodo, la calma dopo la tempesta, sia che questo comporti la morte »
Il pescatore non rispose.
« Se è la morte che desidera portarmi Victini, ho paura che debba aspettare: non è il solo »




Il titolo è un omaggio a Six Feet Under

Meravigliosa serie della HBO.

herr

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Capitolo 14
*** Chapter XIV - Nessun Dorma! ***


PREVIOUSLY ON CARDS Hilda, annebbiata dal corso degli eventi, tenta il suicidio. Natalie, in seguito ad aver ricordato chi fosse, viene rilasciata dall'ospedale ed assieme ad N assume l'identità di Lisa Fisher, una ragazza uccisa dal suo compagno qualche giorno prima. Qualche giorno dopo, al funerale di Julie, Hilda viene avvicinata da Zinzolin che le confessa di esser in possesso di informazioni che possono pregiudicare la sua situazione con la legge e Bianca.

Chapter XIV 
Nessun Dorma!

“Nessun dorma! Tu pure, o Principessa,
Nella tua fredda stanza
Guardi le stelle
Che tremano d'amore e di speranza.
Ma il mio mistero è chiuso in me,
Il nome mio nessun saprà!
Solo quando la luce splenderà,
Sulla tua bocca lo dirò fremente!
Ed il mio bacio scioglierà il silenzio
Che ti fa mia”
                                                                 
  Turandot, Puccini

 
 
presente — Castelia City — 03/11/11
Il buio avvolgeva Hilda.
Sbatté le palpebre un paio di volte, tastò con i polpastrelli ciò che le si trovava attorno e fece un passo avanti, nell’oscurità. 
« Chi è? » urlò.
Si guardò attorno. « Qualcuno mi sente? »
Il silenzio le restituì un blando eco.
Proseguì nel buio. 
« Dove sono? Che posto è questo?! »
Mosse il corpo in avanti ma nulla si palesò alla vista. 
A ben vedere, i suoi piedi non poggiavano su alcun pavimento.
« È stata una scelta ponderata. Le ricordo che comunque può rompere l’accordo quando vuole » risuonò una voce.
Una luce investì i suoi occhi. In alto, poco più avanti a lei, uno scorcio mostrava la figura di N parlare. 
Le ricordava qualcosa.
« Quale accordo? »
La sua voce riecheggiò nell’oscurità. Era stata lei a parlare.
« Lo scambio di informazioni. Informazioni, in cambio di un favore »
Si avvicinò alla figura di N e, come la distanza si accorciava, attorno a lei uno sfondo prendeva vita. Lo riconosceva, si trovava nel Molo Principale.
Le figure di N e se stessa si stagliavano accanto a lei, poteva udire le loro voci giungere melodiosamente ai suoi timpani.
« Di quale favore parla? Da quello che ricordo era a senso unico lo scambio »
Era confusa.
« Può darsi che abbia ragione lei »
« N, mi senti? » chiamò Hilda « qualcuno mi sente? »
Se inizialmente avrebbe detto che non potessero sentirla, chiamati, i due voltarono i propri visi nella direzione della giovane. Erano sorpresi anch’essi.
« Certo che ti sentiamo, Hilda! » esclamò Hilda, l’altra Hilda. La sua vecchia persona. « Perché dev’esser tutto sempre su di te? Non sei al centro del mondo »
« Ha ragione, Hilda. Stavamo parlando »
« Io… »
« Lo vedi? Fa sempre così! È irritante, pensa di essere chissà chi » continuò lei, scuotendo la testa « vorrei tanto che se andasse. Se lo merita » aggiunse.
« Smettet—»
« Dovresti ascoltarla, Hilda »
Era stato N a parlare. La sua espressione tradiva la vera natura del suo essere, ne era certa: non si trattava di N. Chi era? Cos’era, quel posto?
« Non hai capito? Devi andartene, brutta puttana » la istigò Hilda « o non la passerai così liscia come sei abituata »
« Io… voglio solo andare via » la incalzò Hilda, muovendo un passo all’indietro « vi prego, lasciatemi andare »
Le loro figure incrementarono in larghezza ed altezza come lei provò ad allontanarvisi.
« Non è così semplice, Hilda. Devi soffrire »
« No, ti preg—»
Hilda le afferrò il braccio e la strattonò a sé. La presa della ragazza bruciava sulla sua pelle, una scarica di dolore la pervase. 
« Fa male, eh? »
« Ti prego, N—»
« N non ci sarà a salvarti, Hilda! Ti volterà le spalle e rimarrai sola, sola con te stessa! » rise Hilda. La sua risata rimbombò nel porto di un rumore sordo. 
« N… »
« Muori e non ritornare, bastarda! » urlò, come scaraventò il suo corpo a terra.
Hilda si chinò, lanciando un’occhiata ad N, e portò il suo viso vicino allo stesso della giovane. La sua pelle diafana brillava alla luce della luna ed i suoi occhi recavano uno sguardo assente.
« Che ne dici, Hil’? » ammiccò « sono stata brava? »
« … »
Sospirò. « Ti vedo stanca… sei sicura di non aver bisogno di aiuto? » 
Affondò la sua mano sul collo della giovane, stringendo le ossa attorno la sua pelle. Poteva sentire il sangue scorrere lungo le sue vene. « Vuoi una mano? »
Hilda tossì.
« Ti fa male? O devo stringere ancora un po’? »
« … »
Hilda sgranò gli occhi, fissando N. I movimenti del suo viso gridavano aiuto al ragazzo dai capelli verdi. Dalle sue labbra un respiro secco e mozzato si faceva strada e risuonava nell’aria. Non era capace di suoni. 
« Capisci come ci si sente, Hilda? »
Provò ad asserire, ma la sua mente stava cominciando ad annebbiarsi. I suoi pensieri si confondevano e la sua vista era duplicata e sfocata. Stava morendo?, si chiese.
Vide il viso della giovane avvicinarsi a sé. Le rosse labbra di Hilda si spostarono leggermente verso le sue orecchie. « Addio, Hilda » proferirono.
La forza con la quale la mano stringeva il collo aumentò.

Il boato di uno sparo bruciò nelle orecchie di Hilda.
Quasi ad opera di un miracolo, il dolore che infestava il suo corpo era svanito. Non provava più quel bruciore lungo le sue braccia. 
La sua mente divenne capace nuovamente di pensieri lucidi.
« Cosa…? » sussurrò, mentre tentava di alzarsi.
Scostò il corpo di Hilda da sopra di lei ed alzò la schiena. Diede uno sguardo allo spettacolo che le si presentava: la tempia di Hilda, l’altra Hilda, recava un foro circolare al centro. Notò i propri vestiti esser sporchi di sangue.
« Cosa è successo? » esalò, portando lo sguardo ad N « cosa hai fatto? »
Lo vide: stringeva una pistola in mano. 
« Le hai sparato, N? »
« L’hai detto tu stessa, no? Non sono N »
« Cosa? » ripeté confusa « stavo… stavo solo pensando, era un mio pensiero »
« Non scusarti, hai ragione »
« Chi sei, allora? »
Alzò la pistola verso di lei. « Ancora non l’hai capito? » sussurrò, premendo il grilletto.
Il rumore sordo dello sparo bruciò nelle sue orecchie.

Hilda si risvegliò al buio.
L’immagine di N era fissa nella sua mente. O meglio, la persona che aveva le fattezze di N. Non comprendeva ancora cosa fosse successo. L’aveva uccisa, due volte, prima che venisse uccisa da sé stessa. L’aveva in qualche modo salvata, ragionò lei, per poi colpire anch’ella. 
« Le lettere dell’alfabeto sono, in totale, 26 » rimbombò una voce. «E così deve essere anche il nostro intervallo. Su cinquantadue carte, ventisei ne andrebbero escluse così, ma non è da intendersi che perderebbero il loro scopo. Affatto. Le carte sarebbero comunque utili come spazio fra una parola e l’altra, certamente »
Lo riconosceva, era N. Si guardò attorno furtiva, alla ricerca della fonte sonora che comprese trovarsi all’interno di un ulteriore scorcio. Aveva tutta l’apparenza del suo appartamento. 
Si avvicinò alla luce ed entrò. 
« Volendo potremmo scegliere di usare, diversamente, altre chiavi di lettura, come ad esempio i numeri pari o dispari, con le proprie eccezioni, o i multipli di un dato numero »
N era di spalle, chino sul tavolo, e la sua figura era seduta accanto la finestra ad osservare il mare. Quanto tempo era passato? Ricordava un bacio.
« Perché, c’è qualcosa che hai intenzione di dirmi? » 
Mimò il labiale della discussione.
« C’è qualcosa che vuoi sapere? »
In realtà sì” mimò, aspettando il responso di sé stessa.
« In realtà sì » rispose Hilda « molto »
« Vai avanti »
Qualsiasi cosa ti chieda mai, non riceverei mai una risposta” mimò ancora. Un sorriso inarcò le sue labbra.
« Qualsiasi cosa ti chieda mai, non riceverei mai una risposta »
« Cosa te lo fa pensare? »
Mi prendi in giro?”.
« Mi prendi in giro? » udì. La Hilda onirica continuò: « La nostra relazione, è ancora un gioco per te? »
Era un gioco? Se lo chiedeva molto spesso. Sicuramente non era più una relazione, dal momento in cui la terminò. Avrebbe tanto gradito che le rispondesse, che le dicesse cosa pensasse di lei, che fosse sincero. Non l’avrebbe mai ottenuto, in cuor suo lo sapeva.
« Non mi hai mai risposto » mormorò Hilda. « Avrei tanto voluto una risposta »
Come se avesse rotto le invisibili barriere del mondo onirico, N si voltò nella sua direzione. « Le cose sono complicate, Hilda » le rispose. In qualche modo, era passata da uno spettatore passivo ad un protagonista del suo stesso sogno, e il sogno interagiva con lei.
« Lo dici sempre, e poi? Non serve che lo siano, potrebbe essere tutto più semplice »
« Hilda, Hilda… » parlò, intonando le note di una canzoncina « non sai quanto mi dispiace »
« Ti dispiace per co—»
La sua voce fu interrotta da un trillo.
« Cos’è? »
« La porta » la incalzò « stanno arrivando, Hilda. Stanno arrivando »
« Chi sta arrivando? »
« Stanno arrivando, Hilda » si limitò a pronunciare, eludendo la domanda della giovane. « Stanno arrivando »
Corse alla porta e guardò all’interno dello spioncino. Non vedeva che il buio.
« Stanno arrivando, Hilda » continuò sibillino « Stanno arrivando »
« Chi sta arrivando? » sbraitò, ma quando si voltò lo scenario era nuovamente cambiato. N era scomparso. Volatilizzato nell'aria. La sua stanza si era improvvisamente spogliata, ma la voce di N continuava a rimbombare attraverso le pareti e raggiunga cristallina i suoi timpani. Quando abbassò lo sguardo, sul tavolo dove prima N era impegnato a giocare a carte, notò una cassetta musicale, dentro alla quale era un nastro. Scandiva le parole “Stanno arrivando, Hilda. Stanno arrivando”.
« Cos’è successo? » gridò « N, dove sei? »
Anche la figura di sé stessa osservante il mare era scomparsa. 
« Stanno arrivando, Hilda. Stanno arrivando »
« N, dove sei?! » 
« Stanno arrivando, Hilda. Stanno arrivando »
Il trillo si faceva più forte nelle orecchie di Hilda, il rumore era sordo e soffocante. Assieme ad esso, le parole di N riecheggiavano nelle sue orecchie. Ogni muro, quadro, scritta o frase recava quelle parole. Stanno arrivando. Cosa stava cercando di dirle? 
« BASTA! BASTA! » sbraitò « BASTA! SMETTILA! »
Afferrò la cassetta e la scaraventò verso il tavolo una volta. Proseguì una seconda ed una terza volta, ed una quarta. I movimenti si susseguivano veloci, le sue mani correvano su e giù  nella speranza di veder cessato quel suono, quella voce. Ma non cessava.
« Basta, ti prego » implorò in lacrime « basta, basta, smettila… »
Le sue gambe cedettero e si accasciò al suolo. Il rumore si ovattava e la sua vista era nuovamente piombata nel buio. Lentamente, si stava allontanando da quel luogo.

Hilda sbatté le palpebre: una cascata di luce si riversò nei suoi occhi come si alzò.
Il trillo della porta giungeva forte e chiaro alle sue orecchie. 
« Chi è? » bisbigliò « chi è alla porta? »
Fece per alzarsi e s’indirizzò verso l’entrata. Il suono si faceva più forte man mano che si avvicinava.
Aprì la porta con movimenti lenti e sconnessi.
« Chi è? » 
« È lei Hilda Basketville? »
« Baskerville » lo corresse lei « cosa volete? »
« Hilda Baskerville, lei è in arresto per il tentato omicidio di Bianca Walters »

 
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presente — Castelia City — 03/11/11
La casa dei Fisher consisteva in un modesto appartamento nel cuore di Castelia. Rifletteva lo status sociale dei padroni, dei tranquilli impiegati della frenetica metropoli, i quali  non avrebbero mai immaginato di vedersi invischiati in tali faccende con N.
Il suo ordine era stato « Cerca di prendere quanta più roba possibile, avremo bisogno di soldi » e né il tono né i modi lasciavano spazi a dubbi nella mente della donna.
« Come sarebbe a dire “prendi tutto quello che puoi?” » esclamò Natalie, come frugava nei cassetti di un comodino « non vorrai mica che rubiamo? »
N impugnò un vaso dai motivi orientaleggianti e lo mostrò alla giornalista. « No, di certo, non è quello che ti ho chiesto. Chi vorresti rubare, te stessa? Prendi ciò che è tuo secondo la legge » rispose « uh, ti piace? Dovrebbe valere qualche centinaio di Poké »
« Ma che—» 
Si voltò verso N. « Lo stai facendo sul serio? Sappiamo entrambi che non è così, è praticamente furto! »
« Sono ancora in tempo per rinchiuderti in un ospedale psichiatrico, cara Lisa Fisher » scherzò, riponendo il vaso in una sacca « hai intenzione di aiutarmi o di fare la voce della coscienza? »
« Non sono sicura tu ne abbia una, N. È questo il punto »
« Allora ascolta il tuo istinto » concluse secco. « Uh, una collana! »
Al responso negativo di N, Natalie continuò la sua ricerca attraverso la mobilia. Non era raro che, nel frattempo, trovasse immagini e quadretti raffiguranti i coniugi Fisher e non poteva fare a meno di pensare cosa potesse essere successo per rovinare ad una così apparentemente bella coppia la vita. Al solo pensiero di trovarsi in quella situazione, la sua spina dorsale era attraversata da brividi.
Ripose una foto di Lisa, che constatò parere nettamente uguale a lei stessa, in parte a lei. 
« Ti capita… ti capita mai di pensare che avresti potuto salvarla? »
Attese qualche minuto.
« N, ci sei? »
« Certo che ci sono! » esclamò il ragazzo, la sua figura balenante dal corridoio « solo, evita questi discorsi, magari? Non ho tempo di affrontare le questioni etiche e morali che ogni mia azione comporta »
Il suo viso si rabbuiò. « Sono morte delle persone, N »
« Sì, e tu hai appena detto che non ho una coscienza. Continua a frugare »
Natalie si spostò verso la camera da letto. 
Anche quella stanza, come il resto delle camere, non brillava per costruzione. Uno spartano letto matrimoniale spaziava alla sinistra, opposto alla destra da un comò laccato in bianco. V’erano dei comodini ai lati del materasso ma diedro a Natalie l’impressione che fossero lì per bellezza.
Le fedi di matrimonio scintillavano in bella vista su di essi. 
« Come può non importartene? »
« Sono semplicemente fatto così, Natalie » la incalzò, con il tono di qualcuno pronto a dire una banale ovvietà.
« Ti importerà pur di qualcuno, no? » rincarò Natalie « Hilda, ad esempio. Ti piace? »
« Non mi piace Hilda » ribatté « non siamo due adolescenti in Dawson’s Creek »
« Però provi qualcosa per lei »
N le sorrise infastidito « La smetti di fare la psicologa? Ho ucciso, Natalie, voglio che te lo ricordi molto bene la prossima volta che mi fai una domanda che potresti rimpiangere »
« Ho finito comunque. Non c’è più nulla da prendere »
« Ecco, così mi piaci. Precedimi all’uscita »
Trascinarono due borse colme di oggetti sino allo stipite e da lì, attraverso l’ascensore, caricarono il materiale sulla macchina. Erano pronti per salutare i Fisher e tutto ciò che rappresentavano quando, in preda ad uno stato emozionale, Natalie si fermò. Il volante della macchina pareva più pesante di quanto non avesse mai fatto e premere l’acceleratore una fatica inesorabile.
« Cosa c’è ancora, Natalie? »
« Posso salire un attimo? Solo un attimo, il tempo di… dire addio »
N asserì, mostrando ciononostante un’espressione del viso irritata.
La seconda volta, entrare nella casa dei Fisher parve come rincasare dopo una lunga giornata di lavoro. Ogni singolo mobile e soprammobile era esattamente come l’aveva lasciato, una mezz’ora prima. La luce dorata entrava a caldi fiotti dalle finestre riversando sul parquet che la restituiva ai suoi occhi, brillante. Un brivido percorse la sua schiena.
Si mosse avanti ed entrò nella cucina. Provò ad immaginare come sarebbe stato con Lisa e Nate quell’ambiente, intenti a cucinare qualche dolce od a mangiare sul piccolo tavolo adiacente la finestra. In qualche modo, si sentiva responsabile per la loro morte e le parole di N erano l’unica cosa capace di rassicurarla. Che fosse stata in pericolo o meno, Nate avrebbe comunque ucciso Lisa.
« Ciao! Hai raggiunto la casa dei Fisher, sono Lisa — ed io Nate! —. Al momento non ci siamo, parla dopo il bip! Bip »
Una voce femminile risuonò nell’aria. 
« Cosa? » mormorò confusa Natalie, volgendo l’attenzione alla fonte del rumore. 
« Ciao Lisa! È da un po’ che non ti sento, è successo qualcosa? Se hai tempo, o voglia, richiamami. Ciao! »
Qualcuno doveva averla chiamata e ciò che aveva sentito era la segreteria telefonica in azione. 
Corse all’entrata e cercò l’apparecchio telefonico. Sullo schermo recuperò l’ultima chiamata e, trovato il numero, lo segnò su di un pezzo di carta che si mise in tasca. Recava il nome di Brenda.

 
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presente — stazione di polizia di Castelia City — 03/11/11
« Tentato omicidio? Vi siete bevuti il cervello? »
Un interrogatorio della polizia era quanto di più lontano si fosse mai immaginata avrebbe vissuto. La sensazione che provava rinchiusa in una stanza buia, illuminata dal solo ausilio di una lampada al neon sulla parete, era incredibilmente indisponente. Provava rabbia, una rabbia nata dalla situazione nella quale era stata catapultata da N e dall’odio che provava per la figura di Zinzolin. 
Guardò il riflesso che le restituiva uno specchio, posto alle spalle del poliziotto, e sorrise. Era consapevole che fosse una finzione, dall’altra parte v’era qualcuno che la controllava.
« Hai deliberatamente drogato Bianca Walters facendole perdere il lavoro » ribatté il poliziotto, disteso sulla sedia di fronte lei.
« Come si permette? Non ho fatto niente fino a prova contraria, ed anche se fosse, non è nemmeno considerabile tentato omicidio! »
Il poliziotto sorrise sardonico. « Questo dipende dai punti di vista »
« Voglio un avvocato »
« Non c’è fretta » tagliò corto lui, rivolgendosi allo specchio che stava alla sua schiena « puoi entrare »
« Chi deve entr—»
La domanda di Hilda fu interrotta sul nascere dall’entrata in scena di Looker. Mai si sarebbe aspettata che ci fosse lui dietro a quello che le era successo. Si sentì tradita, tradita da una persona che reputava amica, e in qualche modo rimpianse l’aver avuto N nella sua vita. Era più facile con N, le aspettative erano basse e raramente veniva delusa dai suoi comportamenti. Ma là era diverso.
« Che cazzo stai facendo, Looker? »
« Bonjour finesse! » commentò il poliziotto, osservando divertito il teatrino.
« Ascolta, Hild—»
« Non faccio un cazzo » lo interruppe Hilda « voglio andarmene a casa »
« Questo non è possibile, mi spiace! » continuò l’agente sorridente.
« Ah sì? E ditemi, bastano le parole di una persona che vi ricordo è stata messa sotto chiave per aver rubato dei reperti per incarcerarmi? »
« No » rispose fermamente Looker « ma un filmato del crimine, sì »
« Come? » fece sbigottita.
« Ieri sera ci è stato recapitato un filmato molto interessante nel quale una ragazza che ha tutta l’aria di essere Hilda Baskerville nell’esatto orario e nell’esatto luogo dove si trovava Hilda Baskerville recapitava alla signorina Bianca Walters una fatale dose di droga » spiegò il poliziotto, con il medesimo tono canzonatorio che aveva assunto poco prima « a me sembra piuttosto convincente come prova »
Ci mise poco a capire che c’era Zinzolin dietro ciò.
« Io… »
Looker guardò il collega. « È abbastanza, vai pure. Ci parlo io »
« Non più di mezz’ora, non dovrei nem—»
« Lo so, lo so » finì Looker « te ne devo una »
« Oh, se lo fai! »

Seguì il silenzio.
Hilda mantenne lo sguardo basso, fisso sul pavimento, osservando senza esser vista la figura che le mattonelle restituivano di Looker. Lui, al contrario, la fissava a sguardo alto.
« Come hai potuto farmi questo? » esordì lei, lo sguardo chino « pensavo volessi aiutarmi »
« È quello che voglio fare, Hilda. Sono un poliziotto, come potevi pensare che avrei mantenuto il segreto? È già morta una persona, non potrei mai lasciare che ne muoiano altre »
Hilda rise.
« Qualcosa di divertente? »
« Come hai potuto decidere per me? » gridò, le mani sbattute sul tavolo e gli occhi che incrociavano le pupille dell’uomo. « Come hai potuto? »
« Non ho deciso per nessuno. Ho raccontato tutto ai miei colleghi, lo stesso giorno in cui tu sei venuta a trovarmi in centrale. Se fossi stata pulita, non ti avrebbero mai chiamato »
« Sono pulita! »
« Ah sì? Qualcosa mi dice il contrario »
« Per la storia di Bianca… »
« Non è solo quello. Quanto altro mi hai tenuto nascosto? »
« Niente! Non ti ho tenuto nascosto niente, perché non c’è nulla da dire! La morte di Julie è stata un caso, una coincidenza, ogni cosa che è successa è una fottuta coincidenza e stai reagendo in modo eccessivo! »
Looker le restituì uno sguardo innervosito. « Lascia che ti racconti una storia »
Estrasse dalla giacca delle foto e le sparse sul tavolo. Hilda non badò a guardarle.
« Un giorno di qualche tempo fa Shauntal Livingstone, una dei quattro Elite Four, mi chiama. Dice che ha informazioni che mi interessano, pensa di aver scoperto qualcosa di grosso e chiede il mio aiuto » indicò una foto, un ritaglio di giornale per la precisione, che raffigurava l’immagine di una macchina carbonizzata « questa è lei poco tempo dopo. Morta. Nella faccenda di cui mi parlò Shauntal Livingstone era invischiata un’altra figura degli Elite Four, Grimsley Ripley. Poche ore dopo il ritrovamento di Shauntal, il suo corpo viene ritrovato privo di vita nel suo appartamento. Un suicidio, si pensa.
« Qualche giorno fa, dopo che giungo a Castelia indirizzato dagli appunti della stessa Livingstone, muore Julie Jackson. Un’altra simpatica coincidenza.
« Per concludere, anche una tua collega, Natalie Inkgard, scompare dalla circolazione. È morta?, è viva? Non si sa. La ciliegina sulla torta di simpatiche coincidenze »
All'udire quelle parole, il volto di Natalie s'illuminò di fronte ai suoi occhi. Natalie? Cosa le era potuto accadere? Da quando era stata licenziata, non l'aveva più sentita. « Natalie? Cosa è successo? »
« Una coincidenza, cosa credi? Nulla di grave, d’altronde sono solo dei casi »
« Io—»
« Io, io, io. Cominci così le frasi. Come se tu fossi al centro del mondo e tu avessi una scusa per tutto. Per ogni coincidenza »
« Looker, ascolta—»
« Non ti ascolterò, Hilda, non più ad ogni modo. Hai due opzioni: vai in tribunale, la faccenda viene spiattellata su ogni giornale e la tua reputazione finisce qui o decidi di confessare, confessi tutto, e andrai in prigione, mentre la polizia cerca di trovare i colpevoli del resto »
« Non mi resta altro? »
« Hanno avuto altre opziono Julie, Shauntal, Grimsley o Natalie? È ora che cominci a prenderti le tue responsabilità, Hilda »
Raccolse le immagini a sé e le ripose in tasca. « Cos’hai intenzione di fare? »
Hilda deglutì.
La scelta che era sul punto di fare avrebbe condizionato la sua vita da quel momento in poi.
Alzò lo sguardo e cercò gli occhi di Looker.
« Sono pronta a confessare » sentenziò.

 
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presente — Castelia City — 03/11/11
« Il tuo prossimo passo è prendere un caffè? Seriamente? »
Natalie stringeva in una mano la porzione di caffè shakerato che N aveva ordinato e nell’altra un muffin al cioccolato.
N ammiccò. « Qualsiasi eroe che si rispetti deve fare una pausa caffè ogni tanto » 
« Eroi non è la definizione che darei di noi » commentò Natalie, seguendo il ragazzo all’interno del locale « più antireoi, se mi chiedi »
« Eroi, antieroi, cosa cambia? Pensi che Walter White vivesse nel suo camper a cucinare metanfetamina? »
« Chi? » borbottò confusa.
« Lascia stare, trova un tavolo libero »
« Abbiamo l’intero locale. Lascerò decidere colui il quale ha ucciso e al quale non devo dire cose che potrei rimpiangere » scherzò lei, osservando come il suo viso si contraeva in un’espressione di fastidio.
« Ti ho chiesto di essere simpatica? »
Natalie sorrise. « Non capisco cosa intendi »
« Quel tavolo andrà bene » mugugnò, indicando un tavolino poco vicino alla porta d’ingresso.
« Allora, cos’hai in piano per dopo? » chiese Natalie, accomodatasi sulla poltrona del caffè « una sparatoria con la polizia? Hackeriamo una banca? Dirottiamo un aereo? »
« Nulla di tutto ciò » 
« E allora cosa stai facendo col cellulare? » obiettò « cosa confabuli? »
« Stavo entrand—»
« A-ha! Lo sapevo, vuoi derubare una banca con il solo uso di un telefono? »
N la guardò sbigottito. « Sto entrando nel wi-fi del locale, Natalie. Hanno il wi-fi gratis »
« Mi prendi in giro? »
« Natalie, cos’è questa fretta? Aspetta, santo cielo, e fidati di me »
« Ma cosa dovremmo aspettare? »
N sbuffò. « Nat—»
Lo sguardo di N svettò in direzione della porta. All’uscio aveva fatto capolino una figura femminile, era slanciata e portava una voluminosa chioma di capelli color biondo chiaro sul suo capo. 
« Stiamo aspettando lei? » commentò Natalie confusa.
N eluse la sua domanda e si lanciò nel darle il benvenuto. « Buongiorno, lei dev’essere Bianca Walters! »
« È lei l’uomo con cui mi devo incontrare? »
« Esatto! ». N le porse la mano « Piacere, sono Natural Gropius Harmonia, ma mi chiami N »
« N… che nome buffo! Ad ogni modo piacere, mi chiami pure Bianca » fece gentile, e ricambiò la stretta di mano.
Lo sguardo della giovane scivolò su Natalie.
« Oh, è con noi? »
« Buongiorno » sorrise imbarazzata Natalie « sono… ahem… Genevieve Lullaby »
« Che bel nome! Gene… »
« Genevieve » la interruppe lei.
« È quello che stavo dicendo » sorrise Bianca.
« Lo immagino »
« Che ne dice di sedersi? » s’intromise N « Abbiamo molto di cui parlare »
« Veramente non ho capito bene di cosa volesse parlarmi a telefono, è stato piuttosto criptico »
Il ragazzo la trascinò al tavolo. « Vuole un muffin al cioccolato? »
« No, no gra—»
« Io e lei abbiamo un amico in comune, sa? »
« Oh, davvero? Chi sarebbe? »
« Hilda Baskerville! » esclamò contento « non è fantastico? »
« Cosa? »
L’espressione di Bianca era a metà fra lo sbigottito e lo innervosito.
« Hilda Baskerville! Anche Genevieve la conosce, vero Genevieve? La cara vecchia Hil—»
« Cosa c’entra Hilda in tutto ciò? » lo fermò Bianca « Perché stiamo parlando di Hilda? »
« Non si preoccupi, Hilda non sa di questo incontro »
« Lo credo bene, è stata arrestata dalla polizia! »
« Oh, di già? La polizia di Castelia è splendidamente efficiente, ad ogni modo, la discussione riguarderà Hilda in modo lato, concentriamoci su di noi »
« Hilda Baskerville è un mostro, mi ha rovinato la vita. Cosa volete da me? »
« Anche a me, Bianc—»
N lanciò un’occhiata a Natalie.
« Genevieve, zitta »
« Me ne vad—» tagliò corto Bianca, facendo per afferrare la borsa, ma N si aggrappò all’altro manico.
« Non se ne vada prima di sentire cosa ho da dire! »
« E cosa ha da dire? »
« Le voglio fare un’offerta che non potrà rifiutare »
Bianca si mostrò interessata. « Cosa »
« Le voglio offrire una uscita di scena sicura per lei e per la nostra sopracitata amica »
« Perché dovrei voler assicurare una sicura uscita a Hilda dopo quello che mi ha fatto? »
« Perché io le darò quanto le è stato tolto almeno in doppia quantità, mia cara Bianca »
« Cosa intende? »
« Vedo che è interessata »

 
ϡ
 
presente — stazione di polizia di Castelia City — 03/11/11
Il ronzio di un registratore a nastro aleggiava nell’aria.
« Vi siete… baciati? »
« Sì » . Un sorriso inarcò lievemente le labbra di Hilda. « Alla ruota panoramica »
L’agente appuntò quando detto in un taccuino. 
« E poi? Il giorno dopo? »
« Tornata a casa, ho trovato Zinzolin »
« Era dentro casa o è arrivato in seguito? »
« Era già dentro quando arrivai »
« Aveva quindi scassinato la porta, no? »
« Non esattamente. Aveva comprato l’edificio »
L’agente di polizia sgranò gli occhi. « Comprato l’edificio? Cioè è il padrone del tuo appartamento? »
« Sì, esatto »
Continuava a scrivere. 
« Com’è possibile che lo abbia comprato? Ha contattato ogni singolo condomino per comprare il loro appartamento? » s’intromise Looker « Lo trovo veramente strano »
« Suppongo di sì. Zinzolin è un uomo molto potente »
« Direi » scherzò l’agente.
« Cosa voleva? » continuò Looker.
« Mi aveva contattato pe—»
Non fece in tempo a continuare che un uomo si fece forza all’interno della stanza scaraventando la porta dall’altro lato del cardine.
« Ma che? »
« Come vi permettete di interrogare un sospettato senza il suo avvocato? »
L’uomo stringeva nella mano destra una ventiquattrore ed indossava abiti formali. Qualcosa nel suo viso le ricordava un volto noto.
« Lei chi è? Chi l’ha fatta entrare? »
« Sono l’avvocato di Hilda, ed esigo che la lasciate in pace »
« Hilda ha già accettato a confessare »
« Confessare cosa? Confessare un crimine che non ha neanche commesso solo per un gruppo di idioti ha trovato un video dove recapitava una bottiglia ad una drogata? »
« Chiamo la sicur—»
« Avete trovato prove che sulla bottiglia ci fosse della droga? In caso contrario, il filmato non dimostra niente ed esigo che rilasciate Hilda »
Hilda guardò sbigottita Looker. « Cosa sta succedendo? Cosa sta dicendo? »
« Cosa ti hanno detto, Hilda? » s’intromise l’uomo « ti hanno detto che eri spacciata? Che ti aspettava la galera? »
La giovane asserì.
« Come pensavo » rise l’avvocato « sono tutte invenzioni. Non hanno nulla contro di te se non poche prove e circostanziali. Puoi uscire ora, se vuoi »
« Io… »
« Non farlo, Hilda. Aiutaci »
« Aiutare delle persone che volevano metterti in galera per prendersi il merito di qualcosa che non hanno fatto? Merito per cosa, poi? Siete rimasti con un pugno di mosche »
Hilda si alzò dalla sedia e ricercò lo sguardo dell’avvocato. « Io… non capisco cosa sta succedendo »
« Ti hanno ingannato, Hilda, e io sono qui per aiutarti »
Allungò la sua mano verso di lei. « Vieni, ti accompagno a casa »
Come Hilda si apprestava a seguire lo sconosciuto salvatore verso l'uscita, Looker si frappose fra i due. La sua mano sfiorò il suo braccio. « Non farlo, Hilda. Puoi ancora fare la cosa giusta, pensa a Julie, pensa a—»
« Sai cosa, Looker? » lo interruppe « Io penso a Julie. Io penso a Natalie, ci penso ogni minuto che passa. E avrei ricordato anche te se non mi avessi tentato di ingannare in modo così becero. Può darsi che abbi veramente una terza chance, ed è quella che scelgo. Mi sto prendendo le mie responsabilità, prenditi tu le tue »

Uscire dalla centrale fu quanto di più facile e gratificante le fosse mai capitato in vita sua. Non c’era un uomo in quella stazione che non fosse vergognato od eludesse il suo sguardo come usciva dall’edificio. In qualche modo, si sentiva importante.
Nonostante non conoscesse l’uomo venuto in suo aiuto considerò che fosse meritevole della sua fiducia, e perciò decise di farsi portare a casa dallo stesso. Si era fatta sera, né le temperature autunnali né il sole l’avrebbero risparmiata da una spiacevole esperienza.
« For you I was a flame… » cantava la radio, un melodioso suono che appagava Hilda.
« Come mi conoscevi? » 
Hilda interruppe il silenzio nel quale erano calati i due.
« …sing game… »
« Credi che sia stato guidato dalla bontà del mio cuore a salvarti? »
« … I wish I never played… »
« Non lo so, non è stato così? »
« Certo che no » rise l’uomo « credi che io ti conosca? »
« … and now the final… »
« No… »
« Ecco. Perché credi che abbia voluto salvare una sconosciuta? »
« … more than I could stand… »
« Perché era la cosa giusta da fare? » azzardò Hilda.
« Non farmi ridere »
« … know you’re a gambling man… »
« E spegni ‘sta radio, mi dà sui nervi ». Con un brusco gesto della mano, che per poco non colpì la ragazza, diede un colpo al cruscotto, e la musica cessò. Il rumore bianco delle ruote che sfrecciavano sull'asfalto riprese il sopravvento del sottofondo.
« Ma allora perché sei venuto? »
« Controlla nei sedili posteriori, ti aiuteranno »
Hilda lanciò uno sguardo al retro e notò un mazzo di fiori giacente sul sedile dietro di lei. Allungò il braccio per afferrarlo e lo portò a sé.
« Oh, che bel pensiero » commentò, osservando compiaciuta le camelie che spuntavano assieme alle rose ed i garofani « non dovev—»
Rimase congelata allo scorgere, in fondo alla composizione, un bigliettino color verde. Recava una Z in corsivo su di esso.
« Zinzolin… »
Un ghigno inarcò le labbra dell'autista. « Mi aveva avvisato che non ci saresti arrivata subito »
« Cosa vuole? »
« Apri e leggi »
Aprì.

 
Cara Hilda,
come stai? Sono molto dispiaciuto per la 
spiacevole situazione
 nella quale sei capitata.
Ma non crucciarti, 
ti voglio aiutare. 
Con l’augurio di rivederci,
 
Zinzolin

post scriptum: il foglietto non contiene 
sostanze allucinogene. Spero che questo ti
predisponga ad una migliore collaborazione

Un brivido corse lungo la schiena della giovane, e da lì si estese per tutto il suo corpo. Come alzò lo sguardo, dritto verso la carreggiata, smise di vedere i grattacieli di Castelia. Una lunga corsia diritta si snodava di fronte a lei, illuminata dai soli fanali delle auto che scintillavano nell'oscurità della sera.
Una realizzazione si fece sempre più chiara nella sua mente.
Non stava tornando a casa.
Era in autostrada.
« Ho chiuso, fammi uscire »
L’uomo sorrise. « Non è possibile. Ogni uscita è bloccata, questa macchina è inespugnabile dall’interno »
« E cosa succederebbe se provassi ad aprirla? »
L’uomo allungò il braccio ed aprì il bussolotto dell’auto, rivelando una scorta di dinamite al suo interno.
« La macchina è piena di dinamite. Se tenti di uscire, saltiamo in aria »
« Non… » osservò la dinamite. Che senso aveva tutto ciò? « non capisco. Non ha senso. Perché ti sei prestato a questo? Se muoio io, muori anche tu »
« Non ho avuto scelta. Ma non mi piace parlare di me, quindi staremo zitti entrambi, ok? »
« Zinzolin non lo farebbe mai… » mormorò fra sé e sé.
L’uomo rise. « Perché? Credi di essere così speciale? »
« No, non lo credo »
Non quadrava. Se Zinzolin avesse voluta ucciderla, avrebbe avuto molte occasioni per farlo. Perché correre un rischio così grande? Non se ne capacitava, non credeva che Zinzolin fosse stato così sciocco. No, lui era un pianificatore, quel dettaglio stonava: voleva indurla a pensare questo. 
Decise d'impeto.
Messe le mani sul volante, spinse l’uomo contro il lato sinistro della macchina, prendendo così il controllo della vettura.
« Cosa stai facendo? Moriremo entrambi! »
« Questo è tutto da vedere »
Ruotò il volante verso destra e l’automobile fece una brusca sterzata, uscendo dalla carreggiata. Al buio della sera non riusciva a distinguere i cartelli né le luci erano sufficienti ad indicarle la strada, ma sapeva che doveva rischiare. 
L’uomo la spinse a sua volta di lato, preoccupato per la sua vita, ma la forza di Hilda era in qualche modo maggiore. Non che dovette metterci molta forza, oramai la macchina sfrecciava già fuori controllo.
L’uomo tentò di frenare la corsa ma il pedale non rispondeva. Hilda sterzò a sinistra, riuscendo ad evitare un albero, ma rientrata in corsia venne abbagliata dai fari di un’auto.



Si torna col botto.
No, non è vero.
Il titolo del capitolo deriva da un ennesimo episodio di Six Feet Under ma giuro che la smetto. Il prossimo è una canzone di Amy Winehouse.
E ancora dopo vedrete Shakespeare, The Wizard of Oz e Lost! E poi è finita, non più capitoli, non più citazioni. Una lacrimuccia scende sulla guancia.
Sono tornati anche i simboli greci per dividere i segmenti, forse il personaggio che ho meglio caratterizzato in tutta la storia.
Qua potete ascoltare il brano sopracitato.
Penso di aver finito, la mia dose di becera mediocrità l'ho portata su EFP.

un herr vecchio che sa di nuovo

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Capitolo 15
*** Chapter XV - Love Is a Losing Game ***


PREVIOUSLY ON CARDS Hilda viene arrestata per ciò che fece a Bianca e arrivata in centrale scopre la verità: Looker vuole tentare di convincerla a confessare tutto. Inizialmente accetta ma successivamente viene salvata in extremis da Zinzolin. Parallelamente, N e Natalie racimolano dei soldi rubando in casa Fisher e successivamente tentano di contattare Bianca per proporle un patto che può giovare ad entrambi. 
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
Il boato del terremoto rimbombava attraverso le pareti.
Zinzolin spazzò via dalla sua tunica uno strato di polvere e detriti. Come guardò le sue scarpe, notò che anche esse erano sporche di terra e cemento.
Tirò un profondo sospiro. Poi lo sentì.
L’eco.
Il corpo di Ghetsis aveva cessato il suo moto ed il tonfo aveva raggiunto le orecchie dell’anziano. Un sorriso incurvò le sue labbra.
« Cos’hai fatto, Zinzolin? » chiamò una voce.
« N » commentò, incrociando lo sguardo del ragazzo « non avrei voluto che lo vedessi »
« Non avrei voluto che l’avessi fatto »
Zinzolin diede uno sguardo alla crepa sotto di esso. 
« Deve aver fatto un gran bel tuffo »
« Perché l’hai fatto? » continuò impassibile N. Il suo tono non tradiva alcuna emozione.
« Per lo stesso motivo per cui tu non lo stai piangendo »
« Abbiamo entrambi le mani sporche di sangue. Ho smesso di piangere i morti un lungo tempo fa ». Incrociò lo sguardo altero del saggio. « Ma si tratta di altro, non è così? »
« Si tratta sempre di altro, N » concordò Zinzolin.
« Non è così che diventerai Re, se è questo a cui aspiri »
« Re? » 
La risata di Zinzolin rimbombò lungo tutto il salone.
« Qual è lo scopo di un Re in un mondo come questo? Credi davvero che avere una corona sia qualcosa? »
« È qualcosa per gli Harmonia »
« Non sono un Harmonia »
N rimase in silenzio. 
« Gli Harmonia moriranno, N. Un ragazzo è stato capace di far crollare un intero palazzo, cosa credi che serva per uccidere una persona? »
N non rispose.
Rincarò: « Cosa è bastato per uccidere Ghetsis? Schiavo del suo orgoglio, ucciso dalla sua stessa corte. No, non è questo il mio scopo »
« Gli Harmonia hanno evocato le bestie leggendarie » ribatté.
« Gli Harmonia divisero la Bestia, centinaia di anni fa. Sei destinato a morire, N, dimenticato dal mondo! »
« Non verrò dimenticato » ribatté N. Una lacrima gli inumidì la guancia, mischiandosi ai detriti.
« Lo credi davvero? Credi che quel ragazzo che ti porti appresso sia capace di soddisfare la tua sete di potere? La tua sete di sangue?
« Non rispondermi, non mentire a te stesso. Finirai per essere la sua rovina, come lo sei stato degli Harmonia, perché sei debole »
« Non sono debole, Zinzolin. Né ho bisogno di Hilbert per placare la mia sete »
« Non gli torceresti un capello » sentenziò, le sue parole erano cariche di disprezzo « perché sei un inetto »
« BASTA! ». Il suo grido bruciò nelle orecchie di Zinzolin. « Sono capace di ucciderlo con le mie stesse mani »
« Sono contento di sentirti dire ciò » commentò sorridente « Hilbert un po’ meno, suppongo. Ma puoi chiederglielo »
Dall’ombra, un suono si fece strada nelle orecchie di N. Una voce a lui familiare.
« Cosa stai dicendo, N? »
N si girò, e lo vide.
 « Hilbert… »
Chapter XV
Love Is a Losing Game


 
presente — Castelia City — 03/11/11
Le macchine sfrecciavano davanti ad Hilda ad una velocità impressionante. Stridevano scivolando sull’asfalto. In lontananza la litania di una sirena s’insinuava nella sua mente, accompagnata dal rumore sordo del traffico.
Aprì gli occhi e come lo fece furono colpiti da un’improvvisa scia di luce. Le volle qualche attimo per ritrovarsi: la sua macchina aveva avuto un incidente. Guardò in basso, sulle sue vesta, e vide una macchia di sangue che attraversava la sua maglietta. Alzò subitanea lo sguardo al conducente e poté vedere l’orrore: il cranio dell’uomo era fracassato contro il cristallo della vettura, trafitto da schegge di vetro, dalle quali sgorgava sangue di un cremisi brillante e scivolava a rivoli lungo la sua pelle, macchiando sedili e volante. 
Il parabrezza era in frantumi.
Tentò di aprire la portiera ma colpì a vuoto: era stata scaraventata all’esterno dall’impatto. 
Posò i piedi a terra. Il freddo le accarezzava la pelle insinuandosi nei suoi abiti e pungendola come piccoli ed affilati aghi. In quel momento, l’immagine di una mistica divinità del vento che la pungeva con aghi di ghiaccio la divertiva.
“NIMBASA CITY 100 MILES” recitava il cartello che sovrastava la sua figura. Più in basso “CASTELIA CITY EXIT - NORTH”. 
Si guardò attorno spaesata e trovò la risposta ai suoi dubbi osservando le carreggiate che ordinatamente si sviluppavano dalla metropoli, una fonte luminosa puntiforme da quella distanza. 
L’avvocato doveva averla condotta in autostrada, per qualche motivo. O forse solo per scaricarla sul ciglio della corsia, non era a conoscenza delle istruzioni di Zinzolin.
Si strinse nelle spalle e incrociò le braccia conserte per riscaldarsi. Avanzò qualche passo, raggiunse il guardrail e prese a camminare lungo di esso, nella speranza che qualcuno la notasse e si fermasse. Una speranza vana, constatò, ma non le era rimasta scelta. In lontananza, poteva annusare l’odore di bruciato che la macchina, esplosa dietro di lei, aveva liberato nell’etere.
Non era un sogno, non ci sarebbe stato N a salvarla in quel momento. Era sola, lasciata alla mercé di se stessa. Quanto sarebbe durata? Poco, nulla.
Aveva camminato per un centinaio di metri al freddo quando una macchina si fermò, accostandosi in uno spazio libero. All’inizio non la notò, ma fu l’uomo alla guida a chiamarla.
« Ehi, vuoi salire? » gridò. « Ehi, sto parlando con te! »
« Uh? »
Hilda si girò, guardandosi attorno. « Me? »
« Vedi qualcun altro? »
L’uomo aveva aperto lo sportello della sua macchina, una lussuosa auto sportiva, ed il suo viso spuntava fuori da essa, assieme a quanto di lui era visibile da sopra il tettuccio. Al buio, i suoi lineamenti erano confusi agli occhi di Hilda. 
« Non vedo nulla al buio pesto, quindi no, direi di no. Nessun altro »
« Vuoi fare la spiritosa o entrare? »
« Ed essere stuprata o drogata dal primo che passa? No grazie, non sono una principessa da salvare » rifiutò Hilda, continuando a camminare.
« Sei una principessa, è già un inizio »
« Fottiti »
« Devi essere così scortese verso qualcuno che cercava di aiutarti? È quasi mezzanotte, è autunno e la temperatura arriverà a meno venti qua nel deserto. Quindi puoi correre il rischio di essere stuprata e uccisa da uno sconosciuto o essere sicura di morire assiderata »
Hilda si girò, cercando il suo interlocutore. Era nascosto dalle tenebre, per cui si riferì alla vettura per rispondere. « La seconda opzione continua a sembrarmi più allettante »
« Lasciami indovinare, sei una di quelle che va in giro con la maglietta “This is what a feminist looks like” »
« No ma mi sembra una maglietta davvero carina, la comprerò »
« Ultima offerta. Sali in macchina, ti porto fino a Nimbasa e la mattina, se ancora vorrai, ti riporterò indietro »
« U-hu! Ultima offerta, il freddo non è mai sembrato così allettante »
« Me ne sto andando! » gridò, ritornando all’interno dell’auto. 
« Bravo, vattene »
« Sto inserendo le chiavi nella toppa »
Hilda udì uno sportello chiudersi.
« Sì e farai solo quello stanotte! »
« Non l’hai detto sul serio! » 
« L’ho detto! » esclamò Hilda, avvicinatasi.
« Devo venire là fuori a prenderti? »
« Rimane stupro »
« Anche se ho dello champagne? »
« Sì, anche se sei il Re di Unova »
« Unova non ha un Re » rise lui.
« Hai studiato a scuola! La cultura aggiunge un certo fascino al carnet dello stupratore seriale » continuò Hilda. 
« Ok, cercherò di aggiustare il tiro »
Alzò la sua voce di un’ottava e condì il tono di un’eccessiva smielatezza. « Hai per caso bisogno di aiuto? Vuoi che chiamo qualcuno o che ti porti alla città più vicina? »
« Ok, ok » Hilda non seppe trattenere una risata « ti preferivo prima. Ad ogni modo, accetto » concluse, imitando una riverenza.
« Ottimo, salta su » esultò il ragazzo « dove vorresti esser portata? »
Hilda aprì lo sportello destro ed entrò, venendo colpita da una rassicurante gettata di aria calda. Si sentì rinascere, cullata dal calore di quella improbabile situazione.
« Dove? Mmh »
Ragionò sulle opzioni. Poteva tornare a casa, ma cosa la aspettava? N l’aveva lasciata, Looker l’aveva tradita e la persona migliore per lei in quel momento era uno sconosciuto incontrato in autostrada. Nemmeno Zinzolin pareva tanto male sotto quella luce.
« Dove avevi detto che dovevi andare prima? »
« Nimbasa City »
« Portami pure là. Non penso di aver un posto dove andare comunque »
« Nimbasa sia! » esclamò, e mise in moto la macchina. « Ma non ci siamo ancora presentati, sono Ethan Shepard »
« Hilda Baskerville, la tua prossima vittima » rispose ironica lei, prima di sprofondare in un lungo sonno.

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 03/11/11
La centrale di polizia quella notte era più frenetica che mai. 
Dopo la fuga di Hilda, accanto ad un misterioso avvocato, l’edificio era stato teatro di un altrettanto strano evento.
« Cosa significa che ritiri le accuse? » esclamò sbigottito l’agente di polizia « non puoi farlo dopo tutto quello che abbiamo fatto! »
« Ho mentito, va bene? Tutti sanno che faccio uso occasionale di droga, è un mio problema e avreste dovuto controllarlo prima di accanirvi così tanto su Hilda! »
Bianca sembrava convinta di quello che diceva. L’aveva ripetuto così tante volte con N che sembrava vero.
« Stai ammettendo di aver deliberatamente costruito delle prove e di aver dirottato una investigazione su di un falso colpevole? »
La giovane guardò l’uomo incredula. « È quello che ho detto, agente »
« È… è assurdo! Non sa quanti reati ha commesso facendo ciò? »
« Lo so, agente. Quand’è che posso rivedere Hilda di nuovo? »
« Non posso lasciarl—
« Possiamo per piacere concentrarci su questo? » lo interruppe Bianca « Hilda è innocente, vogliamo vederla »
« Se è solo questo che vuoi sapere, il suo avvocato l’ha portata via da qua qualche ora fa, stavamo giusto chiamandola »

« Cosa? »
La reazione di N e Natalie fu quella della ragazza se non corrotta da una vena di rabbia. 
« È quello che ho detto anch’io » continuò Bianca « sembra che qualcuno ci abbia preceduto. Non sappiamo chi sia » aggiunse. « E vi conviene saperlo, perché io voglio i soldi e la nuova identità che mi avete promesso, o spiattello tutto alla polizia »
Natalie la guardò storta. « Pensi che ti crederanno? »
« Crederanno a te? Genevieve Lullaby, seriamente? Se questo è il tuo vero nome io sono la befana »
« Come ti per—»
« BASTA! »
Il suo grido rimbombò nella macchina. 
« Smettetela. Di. Parlare » pronunciò, con particolare calma e compostezza « devo ragionare. Se Hilda è stata portata via in qualche modo, c’è solo una persona che può avere interesse nel far—»
« Possiamo per favore parlare di me? Dopo quello che ho fatto ho la polizia dietro, ho assolutamente bisogno della nuova identità »
« Bianca, lasciami—»
« E se mi permetto, perché? Cos’ha Hilda di speciale che noi non abbiamo? È una stronza di prima categoria, a dire la verità non so nemmeno perché vi stiate concentrando su di lei—»
« Zitta! Stai— stai zitta, per un attimo »
Bianca si dimostrò offesa. « Certo, certo, vi lascerò alla vostra combriccola criminale mentre confabulate qualche modo stran—»
« Muta. Natalie, liberateli di lei in qualche modo »
Natalie gli lanciò uno sguardo languido.
« A-ha! Sapevo che non ti chiamavi Genevieve, quante cose ancora mi tieni nascosto? »
« Andiamo, Bianca, lascia che ti porti in qualche posto più interessante: la strada ad esempio »
« Cosa? Cosa intendi? Lasciam—»
Natalie spinse con forza fuori la giovane dalla vettura, lasciandola inebetita sul ciglio del marciapiede, e prima che potesse fermarla rientrò dentro, sfrecciando sull’asfalto della città. Come si allontanavano, la figura di Bianca era un lontano ricordo sullo specchietto retrovisore
« Chi pensi ci sia dietro? » chiese seria Natalie.
« Zinzolin »
Natalie rimase in silenzio. 
« Hai in mente qualcosa? »
« Non ancora. Potrebbe essere dovunque al momento, un’ora basta ed avanza a Zinzolin per portarla dall’altra parte della regione »
« Quindi? Cosa facciamo? »
« Avevo comprato un appartamento in centro a Castelia, ci stabiliremo là. Ora come ora non abbiamo un posto dove andare e abbiamo bisogno di dormire. Domani, ci penseremo su »

 
ϡ
 
presente — Nimbasa City — 04/11/11
« If my man was fighting… »
Un brusio aleggiava nell’aria. 
Uno spiraglio di luce, facendosi strada attraverso le tende, colpì gli occhi di Hilda.
« … some unholy war, I would… »
Si contorse, stringendo a sé il lenzuolo. Mosse la testa, evitando la gettata del sole.
« Vedo che ti sei svegliata »
« …th strength he didn’t… »
Sbatté le palpebre. « Dove… dove sono? »
« Sei a Nimbasa City » sorrise Ethan, entrando nella camera. 
« E tu saresti? »
« Ethan Shepard »
« Oh. Mi hai rapito o qualcosa del genere? »
« No, no » rise lui « ti ho trovato in autostrada. Eri persa, ho pensato avessi bisogno di aiuto. Possiamo dire che sia il tuo principe azzurro » concluse, inchinandosi a lei.
« Ora ricordo » commentò atona.
« Lo dici con entusiasmo » scherzò « devo aver fatto colpo »
Hilda rimase in silenzio. Si guardò attorno.
« … who you writing for? Just us on… »
« E cos’è sta musica? »
« Ti piace? Si chiama Some Unholy War »
« Oh… sembra carina… »
« La spengo, se vuoi »
« No, no… lasciala pure accesa »
« Molto bene » finì, facendo per uscire. « Oh, un’ultima cosa »
« … I’ll battle ’til this bitter… »
« Sì? »
« Vuoi qualcosa di particolare per colazione? »
Hilda lanciò un’occhiata all’orologio. « Sono le nove… »
« Acuta osservazione. Vuoi qualcosa? »
« … yes my man is fighting some unholy war… »
« Una brioche, se non è troppo chiedere » fece con sarcasmo.
« Cavalcherò in sella al mio Rapidash sino all’orizzonte per assolvere a questo arduo compito »
« Allora va’, va’ e portami la mia colazione » concluse, alzandosi le coperte sino al mento. 

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 04/11/11
Il sole era alto sulla città di Castelia.
« Cos’hai in mente di fare? »
N era intento a versare del vino in un bicchiere. Sotto i suoi occhi pendeva il fardello di due pesanti lividi scuri ed il verde brillante che illuminava loro aveva ceduto il passo ad uno spento color militare.  La sua candida pelle aveva assunto toni malaticci.
« Non lo so, Natalie » tossì, deglutendo il bicchiere di vino.
« Qualcosa dovremo pur fare! Zinzolin ha in mano Hilda »
Versò un altro bicchiere. « Ci sto pensando »
« Pensando, eh? Dove son finiti i soldi con cui hai comprato un’intro padiglione per farci una finta mostra di quadri? »
« Basta Natalie… » ribatté, la sua voce era roca e dimessa. Non la guardò in faccia.
« No, niente “Basta, Natalie”. Come puoi stare con le mani in mano adesso? »
« Puoi fare silenzio? »
« No, non faccio silenzio, sai cos—»
« ZITTA! » 
Il suo urlò vibrò nelle orecchie di Natalie. 
« Voglio che tu esca da questo appartamento e non ritorni. Troverò un modo di chiamarti quando avrò pensato a cosa fare » sentenziò, inframezzando le sue parole con dei colpi di tosse « se avrò pensato a cosa fare »

« Ha bisogno di qualcosa, signorina? »
Natalie diede una sbrigativa occhiata a ciò che offriva il tabacchino. 
I suoi occhi si posarono su di un cartello, recitante “Burner Phones”.
« Vorrei una di quelle cose là »
« Un telefono ricaricabile? » assunse la signora, indicando la scatola di cellulari.
« Sì, esatto. Quanto vengono? »
« 50 Yen »
Un sorriso inarcò le labbra di Natalie.
Uscita, si mise subito alla ricerca del numero di Brenda. Non era sicura che contattarla fosse la scelta giusta, ma Lisa Fisher era l’unica identità a cui poteva aggrapparsi in quel momento ed il peso della morte di una sconosciuta gravava sulla sua testa già eccessivamente. Credeva che conoscerla potesse alleviare la sensazione di vuoto che provava dentro di sé, un vuoto pronto ad inghiottirla. Non era più Natalie Inkgard, poteva solo abbracciare questa nuova Lisa Fisher nella speranza che la aiutasse.
« Pronto? » esordì Brenda. La sua voce era tale e quale la voce della segreteria.
« Ehi, Brenda, sono io. Lisa Fisher »
Brenda attese.
« Lisa? Sei tu? » esclamò. 
« Sì… ». La voce di Natalie tradiva esitazione.
« Suoni un po’ diversa dal solito, è successo qualcosa? »
Sì, sono morta pensò Natalie, ma il pensiero non si tradusse in suono. Doveva almeno provare.
« Sì… speravo di poter parlare con te »
« Quando vuoi! Sono disponibile quando vuoi, basta che mi dai un appuntamento! »
« Ottimo… pensavo, davanti alla Palestra di Castelia, domani sera, per le sei? »
« Come vuoi! Ci sarò »
« Ottimo, grazie Brenda… »
« Di nulla! Mi fa sempre piacere parlare con te »
Brenda riattaccò.
Si chiese se fosse la scelta giusta. Poteva ancora tirarsi indietro, non presentarsi all’appuntamento. 
Non conosceva la risposta.

 
ϡ
 
presente — Castelia City — 04/11/11
Un ronzio metallico aleggiava nell’aria.
« Ci siamo incontrati sul Molo Principale. Dovevo incontrarmi con un’amica, Bianca, per l’appunto, ma dovette andarsene, così rimasi da sola. Ricevetti un suo messaggio e decisi di vederlo. Non ci dicemmo molto in realtà, non ci siamo mai detto molto… E basta? No… no, credo di no… ah, ecco! Fu la prima volta che menzionò un acco… »
« Dovremmo cancellare ‘sta cosa » osservò l’agente, come Looker mandava avanti ed indietro il nastro « è illegale »
« Senti cosa sta dicendo? Abbiamo un intero caso per le mani! »
« Non abbiamo niente di concreto! ’Sti qua sono degli esperti, non sono tipi da farsi catturare »
« E se riuscissimo a catturarli? Se trovassimo un modo per incastrarli? »
« Non accadrà, Looker »
« Non ci hai nemmeno provato! »
« Perché non voglio! Non ha senso provarci, è una battaglia persa. Dovresti lasciarla stare anche tu, prima che potresti fare qualcosa di illegale »
Looker rimase in silenzio.
« Possiamo… possiamo almeno provare un’ultima volta? »
« Cos’hai intenzione di fare? »
« Il giorno che Julie morì, eravamo andati in una specie di base segreta del Team Plasma a incontrare Zinzolin. Potremmo partire da lì »
L’agente asserì.

 
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presente — Nimbasa City — 04/11/11
Hilda osservò il riflesso che la tazza di the le restituiva. I suoi occhi erano spenti e contornati da due macchie blu.
Ethan la squadrava, seduto sul divano, senza proferire parola.
 « Cos’è che fai tu? » esordì, alzando lo sguardo verso di lui. 
Ora che lo vedeva alla luce del sole, riconobbe che fosse un bell’uomo. Dimostrava una ventina d’anni, aveva la carnagione ambrata e due occhi scuri la scrutavano. Il viso, la cui mascella era lievemente pronunciata, era incorniciato da una chioma castana. Era più alto e slanciato di N, nonché più massiccio. Possedeva una bellezza differente dal ragazzo dai capelli verdi, non seppe dire quale fosse migliore.
« Studio »
« Nulla, quindi » mormorò ridendo.
« Ehi! ». Un sorriso illuminò il suo viso.
La ragazza non rispose. Diede un’occhiata agli interni del salotto, ammobiliato riccamente. 
Il tavolo su cui poggiava la tazza era in crudo legno, senza accenni a laccature o coloriture ma, pensò, doveva esser stato pensato così dal disegnatore. Poco più avanti un divano bianco panna adiacente il quale un tavolino vetro, entrambi affacciati su di un ampio schermo piatto. Il resto della mobilia presentava libri e apparecchi tecnologici sopra gli scaffali in uno strano equilibrio tra minimalismo e tecnologia. 
Un’ampia finestra illuminava la stanza e apriva uno scorcio sullo skyline di Nimbasa.
« Non pensavo che lo studio pagasse così tanto »
« Non lo fa » rise lui « questo appartamento è di mio zio »
« Lui finanzia il tuo… studio? ». Pronunciò l’ultima parola con particolare enfasi.
« Ogni tanto mi lascia stare qua per un po’ »
Hilda non rispose nuovamente. Trovava il suo riflesso nelle acque speziate della bevanda più interessante, era raro che si soffermasse sul suo volto di fronte a specchi o superfici riflettenti.
« Tu che fai? » ruppe il silenzio Ethan.
« Lavoro » 
« Oh… sei una pro—»
« Prostituta? » lo incalzò lei, posando i suoi occhi su di lui. Gli sorrise.
« Non intendevo dire quello »
« Invece sì »
« No! No, una pro… fessionista… »
« Lusingata » scherzò, ritornando alla sua immagine del the.
« Sul serio » non riuscì a trattenere una risata « dove lavori? »
« Sono una giornalista »
« Wow! Sul serio? »
« Puoi scommetterci »
Un sorriso incurvò le sue labbra.
« E di cos’è che ti occupi? Cronaca nera? Inchieste? Cronaca sportiva? »
« Nulla di tutto ciò »
« Oh… cronaca rosa? »
Prese in mano la tazza. Scottava. Vi si ritrasse, per poi afferrarla nuovamente a due mani. Il calore non era stemperato ma fu più veloce nel dare un sorso della bevanda.
« Non penso di volerne parlare »
« Ok, ok » alzò le mani davanti a sé « parliamo di qualcos’altro » concluse. « Cosa ci facevi in autostrada a quell’ora? »
« Una passeggiata » fece, sarcastica.
« Le famose passeggiate al chiaro dei fanali di un auto. Romanticismo portami via »
« Il romanticismo mi ha portata via, in effetti » ribatté atona. Parlare di romanticismo le ricordava N. 
« Ecco di cosa si tratta. Un cuore spezzato? »
« Non proprio, non direi un cuore spezzato »
« Ma c’entra qualcosa »
« Questa persona… ». L’immagine di N apparve davanti ai suoi occhi. « Non sarebbe accaduto nulla comunque »
« Perché dici così? »
« Anche a dirtelo non ci crederesti mai »
Ethan la guardò sicuro di sé. « Provaci »
Hilda fece un grande respiro. « N… si chiamava N. Era alto, aveva dei fluenti capelli verdi e due occhi color smeraldo… »
« … da togliere il fiato »
« Ehi! » lo apostrofò lei, lievemente offesa.
« Ok, ok, vai avanti »
« Ci siamo visti un paio di volte » ricordò lei « ci siamo anche baciati… Non è mai successo nulla di più. Abbiamo sempre lasciato la nostra relazione su un piano… teorico, ecco »
« Avresti voluto che ci fosse stato qualcosa in più? » continuò Ethan.
« Una relazione seria? Non lo so. Ogni volta che credevo di conoscerlo, di sapere chi fosse, succedeva qualcosa che me lo facesse dubitare. È come aprire una scatola e trovarci un’altra scatola dentro, e così all’infinito finché non ti stanchi e butti via la scatola »
« Hai buttato via la scatola? »
« La scatola ha buttato via me »
« Oh… » non nascose un’espressione di stupore in viso « io non volevo… »
« Lascia stare, non importa. Me ne sono fatta una ragione »
« Non è necessario. Potresti parlarci, dirgli quello che hai detto a me »
« Potrei… » sillabò, le sue parole erano cariche di speranza « ma no, non con uno come N »
« Lo dici come se avesse ancora potere su di te. Non deve averlo! »
« Tu dici? »
« Certo! »
Guardò scoraggiata il suo riflesso nel the. « Vorrei che non fosse così »
« Può esserlo! Puoi essere libera nuovamente, dimenticarti di N e ricominciare di capo! Non lasciare che la scatola ti chiuda dentro, rompila »
Quando Hilda alzò il suo sguardo, Ethan aveva lasciato il divano e, senza che se ne accorgesse, raggiunto il tavolo, pochi metri più avanti. La fissava sorridente.
« Facciamo una cosa. Questa sera ti porto fuori, scegli tu dove »
« Devi rimediare per lo stupro? Potresti drogarmi anche a casa tua »
La guardò male. « Sono serio, Hilda »
« Anche io! » fece, evitando il suo sguardo. « Ok, va bene, accetto la proposta »
« Ottimo »

 
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presente — Castelia City — 04/11/11
N poggiò una bottiglia di vino sul tavolo con fragore: l’eco si propagò lungo tutta la stanza. Osservando il vetro, era possibile notare che fosse vuota. Assieme ad essa, altre quattro giacevano consumate.
Guardò con amarezza lo spettacolo che si proponeva ai suoi occhi, e come il vino che aveva appena bevuto scendeva nel suo stomaco gli effetti afrodisiaci appassivano. La perdita di Hilda bruciava dentro di lui e assieme ad essa riaffioravano i ricordi della giovane. Gli sembrò di rivederla di fronte a lui, la sua bellezza era rimasta immutata anche a distanza di settimane. I capelli fluivano dolci e morbidi sino al seno, i suoi occhi brillavano e la sua bocca era curvata in un sorriso. Una luce divina illuminava la sua candida veste.
« È tutta colpa tua, N » chiamò l’apparizione.
« Hilda… sei qui? »
La sua voce tradiva sorpresa.
Hilda rise. « Credi che sia Hilda? Credi che sarei mai tornata da una persona viscida, infima e incapace di amare come te? »
Le sue parole rimbombarono nella stanza, l’udito di N era alterato.
« Io—»
« Non farmi ridere » lo interruppe lei. Il sorriso sul suo volto aveva assunto un’accezione negativa, i suoi occhi trasmettevano rabbia « È già tanto se mi vedrai in foto »
« Torna qua, ti prego! » implorò lui. Una lacrima rigò il suo volto.
« E finire per morire? »
« Non morirai! » sfogò, fracassando una bottiglia di vetro contro il tavolo. Il fragore non parve destabilizzare Hilda. « Ti proteggerò… »
« Come hai protetto Hilbert, immagino » continuò lei, impassibile.
« Sarà diverso! »
« Come sarà diverso? Ti senti? Sei sempre il solito N »
N non rispose. Le sue forze stavano lentamente venendo meno e la sua vista era annebbiata.
La figura di Hilda si alzò, muovendosi lungo la stanza. Possedeva la grazia di una farfalla e la leggiadria di un fiore, i suoi passi erano una dolce danza agli occhi del ragazzo. La veste che indossava volteggiava in aria spinta da una brezza inesistente in quella stanza. Una così dolce immagine strideva con le parole ricolme di rabbia e risentimento.
« Mi fai schifo »
« Non dire così… Hilda… »
« Guardati! »
La voce di Hilda risuonò prepotente nella stanza. « Cosa sei diventato? »
« Dimmi cosa fare… farò di tutto per averti indietro »
Un sorriso balenò sulle labbra di Hilda. « Uccidi Bianca »

 
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presente — Nimbasa City — 04/11/11
Le luci di Nimbasa illuminavano a giorno la metropoli anche durante una delle più buie serate autunnali. Il vento spirava freddo dall’ovest, dipingendo un surreale ed invernale paesaggio per le strade. Ogni abitante e turista indossava pesanti giacconi e sciarpe, nella speranza di proteggersi dalla sferza di gelo che spazzava via la calura estiva.
« La Ruota Panoramica » era stata la richiesta di Hilda, mormorata a bassa voce come se avesse voluto non esser udita da N. Sciocco accorgimento, separati da centinaia di miglia. Sentiva di tradirlo a frequentare quel luogo così personale assieme ad un altro ma era decisa a scrollarsi di dosso l’ombra del ragazzo che a lungo aveva infestato i suoi pensieri e le sue giornate. Ne sarebbe stata capace? Non aveva intenzione di rispondere a quella domanda, avrebbe lasciati parlare i fatti.
« Come mai la Ruota? » esordì Ethan, scrutando da lontano il cerchio luminoso di luci che ruotava in senso antiorario « c’è un motivo particolare »
« No » ribatté secca. « O meglio, sì, ma non è stato per questo che l’ho scelta »
« C’entra con N? »
Hilda ammutolì, le labbra nascoste da una pesante e calda sciarpa.
« Ho ragione, non è così? » continuò « non preoccuparti, non mi offendo. È comunque un discreto luogo di divertimento »
« Nulla batte l’MDMA » ironizzò Hilda.
« Credi che mi droghi? »
« Se lo credo? » fece innocente « ne sono piuttosto certa »
Ethan le diede un’amichevole spinta, per poi esser spinto lui stesso.
« Ehi! »
« Hai cominciato tu! »
« Tu hai detto che mi drogo! »
« Mi sbaglio? »
Hilda lo fissò negli occhi. « Mi sbaglio, Ethan Shepard? »
« Oh, guarda, la ruota! » esclamò, elusa la domanda, come puntò il dito verso l’entrata della ruota.
« Siamo già arrivati? Credevo che fosse più lunga »
« È colpa dell’MDMA che ti ho messo nel caffè! » scherzò lui e si avviò dentro.
« Ehi! Aspettami! »

Ethan le fece quasi dimenticare della presenza di N.
La sua figura saltò dentro una carrozza e prima che si chiudessero le porte riuscì a far entrare anche Hilda, che ne risultò scombussolata. Il silenzio del vagone era traviato da un lieve brusio dei macchinari, mentre la musica che suonava la volta che salì con N era scomparsa.
Alzò gli occhi ed osservò estasiata lo skyline di Nimbasa scintillare nella notte come un gioiello.
« È… bellissimo » commentò Ethan. La sua espressione stupita non lasciava spazio ad altre emozioni, solo il puro e semplice stupore di chi è di fronte a qualcosa di eternamente bello. E lo skyline di Nimbasa, nella sua imponenza, lo era ai loro occhi.
La mano sinistra di Hilda ricercò la mano destra di Ethan, che inizialmente ritrasse. 
« È così che hai fatto con N? »
« Più o meno »
« Da quanto stavate assieme? »
« Non ci siamo mai messi assieme » 
« Ma vi siete lasciati. Come puoi lasciare qualcuno con cui non ti sei mai fidanzato? »
« È una bella domanda ». Un sorriso illuminò il viso di Hilda. « La prossima volta che lo incontrerò, glielo chiederò »
« Hai intenzione di vederlo ancora? »
Hilda rimase interdetta dalla domanda. « Cosa intendi? »
« Potresti rimanere con me » suggerì, il suo sguardo scivolò dal panorama ai suoi occhi « non hai bisogno di lui, per essere Hilda Baskerville »
« Ho una vita, a Castelia—»
« E quindi? Se ti fosse interessata, mi avresti detto di portarti a Castelia »
« Non volevo darti fasti—»
« Non mentire a te stessa, Hilda »
Hilda abbassò gli occhi. Si soffermò sul riflesso che le restituì la curva del vetro panoramico, osservando lei stessa e Ethan. Parevano una bella coppia dall’esterno, una coppia normale. Qualcosa che non avrebbe mai avuto con N. Scosse la testa a quell’idea.
« Ok, è vero, non volevo tornare, ma ho capito che non posso non farlo. Ho lasciato troppe cose in sospeso là »
« E la tua vita? Non ti importa di esser felice? »
« Io sono felice, Ethan »
« Lo sei? Detto da una ragazza che ho pescato in autostrada con gli abiti sporchi di sangue, non credo »
« Non capiresti »
« Perché? Perché non capirei? Perché non sono affascinante e misterioso come N? Perché ti dico quello che penso? »
« Ethan—»
« No, Hilda, nessun “Ethan”—»
« Ethan, il giro è finito »
Indicò al ragazzo la porta, che in breve tempo si aprì. Una discreta coda si era formata durante la loro salita, che riuscirono ad evitare scivolando fra la folla sino a che l’immagine della ruota non fu che un ricordo brillante tra le luci del paesaggio. 
L’aria esterna era più fredda di quel che ricordava, constatò Hilda come i suoi respiri si tramutavano in sottili nubi di condensa.
« Dove vuoi andare, adesso? »
« A casa? » azzardò lei.
Ethan si avvicinò a lei. « Potremmo… »
« …o? »
Da quella breve distanza, poteva fissarlo dritto negli occhi e scrutare il suo riflesso. 
« Baciami, Hilda Baskerville »
« Eh?—» esclamò sorpresa.
Ethan portò il suo braccio destro a cingere la vita di Hilda e la strinse a sé, posando le sue labbra sulle stesse della ragazza, che trovò spiazzata. 
« Ehi! » fece, spingendo dall’altra parte Ethan.
« Non ti è piaciuto? »
« Non… non si tratta di quello! »
« E allora di cosa? » gridò Ethan « Di N? Ti è entrato nel cervello, Hilda, ne sei succube! »
Si allontanò repentinamente da lui. « No! » urlò lei « no, non è vero! Io… io lo amo »
Prese del tempo per riflettere. La prima volta che riusciva ad ammetterlo a sé stessa. Cercò lo sguardo di Ethan nell’oscurità.
« Io amo N, non ho mai smesso di farlo e non ho intenzione di dimenticarlo. Mi dispiace, è stato uno sbaglio farti venire qua, non avrei voluto illuderti, ma ora ho capito. Mi sbagliavo, N non è mai stato una stupida scatola concentrica, anzi, è stato l’unica persona che ha mai prestato attenzione a me. Quello che avevamo, era magico »
Esitò, sbigottita da ciò che se stessa era stata capace di dirlo.
« Non mi aspetto che tu lo capisca, non mi aspetto che nessuno lo capisca… »
« Hilda… »
« Scusami Ethan, scusami per tutto » tagliò corto, allontanandosi « ora devo tornare a Castelia. Da N »

 
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presente — Castelia City — 04/11/11
N fissava la porta di casa con particolare ansia. 
Le sue dita colpivano ritmicamente la liscia superficie del tavolo, risuonante nell’etere un suono ad intermittenza. Tic, tic, tic, tic. 
Fece un occhiolino. La sua mandibola compiva movimenti febbrili.
Come l’immagine di Hilda riaffiorava nella sua mente, era pronto a sopprimerla dentro di sé, nei più remoti meandri del pensiero. L’avrebbe ritrovata, si ripeteva. L’avrebbe conquistata. Dopotutto, era ancora possibile un lieto fine.
Ad interrompere il suo flusso di coscienza il trillo della porta, che per dei brevi secondi sopraffece il ticchettio delle sue dita.
« Sono Bianca » si udì, flebile, dall’altra parte della porta. 
« Arrivo » mormorò avvicinandosi alla porta « arrivo… »
Allungò il braccio dentro la tasca e vi estrasse un panno candido. Era umido al tatto e sbavava sulla pelle di N una sostanza biancastra, del quale una goccia raggiunse il pavimento. 
Impugnò il pomello e lo girò in senso antiorario, provando sulle sue mani una forza contraria a sé che spingeva. Fece forza e la porta roteò sul suo cardine, alla destra di N, rivelando alla sinistra il viso di Bianca. 
« Sono venuta non appena ho ricevuto il messaggio. Novità su Hilda? »
« Certo… » accennò, evitando il suo sguardo. « Accomodati… »
« Stai male? »
N le lanciò uno sguardo. « No, sto bene »
« Se lo dici tu »
Si mosse verso il tavolo, lasciando N alle sue spalle. « Hai novità, allora? »
« Sì… »
Portò in avanti il braccio sinistro e le cinse il collo, strattonandola verso di sé.
« Ehi! Cosa fa—»
« Rilassati, Bianca »
Il collo della ragazza premeva contro il suo petto. Distese il fazzoletto lungo la mano destra e con essa soffocò la bocca di Bianca, che tentò una blanda resistenza. Nonostante si divincolasse, i colpi delle sue braccia cessavano nel vuoto. Cercava di urlare ma la stretta che poneva sulla trachea le impedì di respirare.
Lentamene, la vista spirò dai suoi occhi ed N sentì il corpo cedere di resistere ai suoi movimenti. Privo di vitalità, il corpo aveva raggiunto un peso notevole.
La trascinò su una sedia, la testa accasciata sul tavolo, e gettò il fazzoletto a terra.
« Buona dormita, Bianca. Fai come se fossi a casa tua »

Quando Bianca si svegliò, il suo sguardo vagò inizialmente attorno a sé. 
La sonnolenza era parzialmente svanita ma né la sua vista né i suoi movimenti parevano averne giovato. Vedeva sfocato, non riuscì ad inquadrare dove si trovasse e alzare il capo richiedeva uno sforzo immane.
« Dove sono…? » disse, tentando di ricomporsi « dove sono…? »
« Ben svegliata, Bianca »
« N…? »
« Sono io! » esclamò « come ti senti? Stai meglio? »
Una figura sfocata appariva in lontananza, come portò avanti gli occhi.
« Non sforzarti, non ora almeno. Prendila con calma »
Man mano che gli effetti dello stordimento si blandivano, la sua vista riprendeva colore e chiarezza. Ora riusciva a mettere a fuoco N, che la osservava dall’altra parte della stanza, notando con orrore che impugnava una pistola nella sua mano destra. La sua pelle era biancastra ed il suo viso era in costante contrazione. Uno strano movimento dell’occhio alzava ed abbassava la palpebra destra.
Guardò in basso, le sue mani stringevano una siringa vuota, che non appena vide gettò a terra. 
« Cosa è successo? Mi hai drogata? »
« Tecnicamente ti ho narcotizzata » la corresse N frizzante « oh, ti riferisci alla siringa? Sì, ti ho drogata »
Bianca gli restituì uno sguardo interdetto. 
« Tranquilla, andrà tutto bene. Rimani seduta tranquilla, ok? Devo fare una chiamata »
Dalla sua mano sinistra vide lentamente comparire un telefono. Le sue dita tremavano come cercava di comporre un numero.
Quando ebbe finito, portò lo schermo all’orecchio sinistro.
« Aiuto! » urlò, in uno spiccato atto tragico « qualcuno mi ha sparato, è una donna… aveva una pistola, sembrava una squilibrata, vi prego aiutatemi! Ho paura che mi voglia uccidere, credo che sia sotto effetto di droghe… mi trovo in Narrow Street, il palazzo sopra il negozio di giocattoli… sì, esatto, il num—» s’interruppe.
« Cosa? » esclamò lei « cosa stai facendo? »
N lanciò il telefono fuori dalla finestra, accompagnato da un urlo di terrore.
« Cosa sto facendo? » fece l’eco lui.
« Non ti ho sparato! »
N girò la canna della pistola verso il suo braccio sinistro. Le sue mani continuavano a tremare ma fu capace di premere il grilletto. Il boato dello sparo saturò l’aria, bruciando nelle orecchie del ragazzo.
« Stai tentando di incastrarmi? Nessuno ti crederà! »
« Ah sì? Una drogata che poche ore prima del fatto aveva ammesso alla polizia di aver mentito per mandare in prigione una sua amica poiché era sotto l’effetto di droghe ora spara ad un povero cittadino. Crederanno a lei od al povero cittadino? »
« Stai male, N. Non vedi le condizioni in cui sei? Hai bisogno di aiuto! »
« Non è vero! » gridò infastidito « ho bisogno… ho bisogno di vederti sparire »
« Tu hai bisogno o Hilda? Tutto si riduce a lei, non è vero? Hilda »
Bianca si alzò e si diresse verso N, che indietreggiò.
« COME OSI NOMINARLA! »
« Cos’ha Hilda di speciale, eh? Vale tanto la sua vita da rovinare quella di tutti gli altri, N? » ringhiò.
« BA—BASTA! » gridò, la sua capacità di parlare era pregiudicata anch’essa « BASTA! Non avvicinarti… o… o sparo »
« Sai cosa? » ringhiò, avvicinandosi a lui « finirai per ucciderla, Hilda. Credi davvero che voglia stare con uno come te? »
« ZITTA! LA POLI—POLIZIA STA ARRIVANDO! »
Bianca si trovò abbastanza vicina ad N da fissarlo negli occhi. Erano spiritati, iniettati di sangue. 
« Credi che mi interessi? La mia vita è finita quando quella stronza è arrivata a rovinarmi la sua vita » ringhiò « SOLO PER IL SUO STUPIDO TORNACONTO! »
N si limitò a fissarla. « E se pensi, se pensi che mandarmi in prigione le renda la vita più facile, sbagli. Né tu né quella specie di schifo meritate qualcuno, siete una perfetta coppia di psicopatici e meritate di morire, ma non vi darò la soddisfazione di chiudermi in galera »
Afferrò la mano di N con la destra ed imboccò la canna della pistola. Con la sinistra premette il grilletto. N si allontanò d’istinto, poco prima di udire lo sparo. Il muro si tinse di rosso, le cervella di Bianca erano spalmate sul bianco soffitto e quel poco che non aveva raggiunto l’alto si riversò a terra. Il suo corpo si accasciò a terra, privo di vita, la ferita d’uscita sulla nuca che grondava sangue. 
In lontananza, il rumore delle sirene della polizia ruggiva per le strade.
 

Non sono solito fare queste cose, ma ascoltatevi questo. È Lux Aeterna, il tema principale di Requiem for a Dream. Credetemi, ho ragione.
Il capitolo pubblicato a così poca distanza ha una ragione (perdonate il gioco di parole): quando ho pubblicato il quattordicesimo, avevo scritto 3/4 di questo. Non avevo interesse nel lasciare il capitolo ancora chiuso in Pages, non volevo diventasse qualcosa di bello. Devo mantenermi sulla mediocrità d'altronde. E per quanto riguarda la lunghezza, credo sia il mio più lungo: 14 fogli di Pages (se togliamo gli spazi e titolo sono per 13 e mezzo scarsi) in carattere Baskerville (non potevo usarne uno diverso, n'è?) grandezza 13. No, non sono cieco.
Finito questo, che che idealmente chiude il quattordicesimo, si apre la strada alla fine. Arriva l'inverno, per citare Requiem for a Dream (non Game of Thrones! Non citerò il vekkio bakukko che tira le cuoia prima di finire un libro, i meme sull'inverno di internet assolutamente non richiesti bastano ed avanzano).
Volevo un ultimo paragrafo #scioqqante e ma alla fine è quello che è, non ci prendiamo troppo sul serio, anche se a dire il vero anche io ci sono rimasto strano. Non era la conclusione che avevo progettato, la preferisco così. 
Per il titolo, inizialmente doveva essere Some Unholy War, citata anche nel capitolo, ma ritengo questa più significativa. Ci vediamo col prossimo e con Shakespeare!

herr

ps. il paragrafo di N & Hilbert era già progettato, non l'ho aggiunto all'ultimo momento per smuovere le acque, lo giuro. Nei prossimi capitoli verrà risolta la questione, punto cardine per capire N e la fine della storia.
 

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Capitolo 16
*** Chapter XVI - To Sleep, perchance to Dream ***


PREVIOUSLY ON CARDS Hilda, sulla strada per Nimbasa City, incontra uno strano ragazzo che tenta di convincerla a scappare con lui, in sfavore di N, ma il suo amore per lui è troppo grande e decide di tornare in città. Bianca ammette di aver inventato le accuse contro Hilda e di far uso di droghe alla polizia, dopodiché fa visita a N per capire come proseguire con il loro piano quando lui le tende un agguato. Decide allora di uccidersi. Looker continua ad indagare.
 
[avviso: il capitolo è estremamente lungo. No, non è vero, se avete letto il quindicesimo, questo
sarà di poco più lungo, sono 20 pagine di Pages contro le 15 del capitolo scorso. Fattibile, forse]
 
presente — Castelia City — 05/11/11
« Stazione Centrale di Castelia City, Central Plaza » gracchiò una voce metallica « Stazione Centrale di Castelia City, Central Plaza »
Hilda si alzò e camminò in direzione delle porte. Assieme a lei, un flusso continuo di persone saliva e scendeva dai vagoni del treno, in sosta temporanea nel cuore della città.
Giunta a terra, il suo sguardo vagò all’interno dell’immensa stazione come vi muoveva i suoi passi, alla ricerca dell’uscita: fu il rumore del traffico a guidarla sino alla strada dove fu con prepotenza gettata nuovamente nella frenesia di Castelia. Il suo obbiettivo era trovare N.
« Oh? »
La sua attenzione fu catturata da una limousine di un verde scintillante che si era accostata alla strada. 
Uno specchietto si abbassò. « Hilda Baskerville? » chiese una voce dall’interno.
« Chi è? » ribatté Hilda, avvicinandosi al finestrino.
« Hilda Baskerville? » continuò la voce.
« Sì, Hilda Baskerville » fece infastidita « sono le uniche parole che conosce? Hilda e Baskerville? »
Poteva scorgere un uomo di mezza età dallo squarcio apertosi lungo il finestrino. 
« Vuole entrare? »
« No, non voglio entrare »
« Ne è sicura? È un’affermazione di cui potrebbe pentirsi »
« Ah sì? E cosa mi aspetterebbe dopo? »
« N »
Hilda rimase in silenzio.
« Vuole entrare? »

« Natural Harmonia Gropius? »
Una voce roca risuonò nella cella di polizia. 
« Cos’è successo? »
N alzò lo sguardo, alla ricerca della voce che lo aveva chiamato.
« Sono io »
« È morta… »
« Deve venire con me »
Un rumore metallico si sollevò nell’aria come ruotò le chiavi nella toppa. Aprì la porta e lasciò uscire il ragazzo, sotto gli sguardi languidi degli altri prigionieri.
« Signore, sta bene?  Ho paura che dovremmo portarla in centrale »
« Ringrazia di avere amici così » commentò l’uomo. « Sei libero di andare »
« Come? »
« Non volevo… »
« Cosa non voleva, signore? »
« Lei… è morta… »
« È libero di andare, non ci sarà nessun’indagine »
« Signore, è meglio se andiamo in centrale, là potrà dirci tutto con calma »
« Si è sparata… mi ha preso la pistola di mano e si è sparata… è morta… »
« Signore, è sotto shock. La accompagno in centrale »
« Come? »
« Ha capito bene. Ora vada »
« Non volevo… »
« Lo so, signore. Ora venga, dobbiamo andare in centrale »
« Ma Bianc—»
« Vada, signore. È un ordine »
N diede uno sguardo all’uscita. Una fredda corrente spirava da essa e lo investiva: i suoi capelli fluivano al ritmo di essa. Abbassò gli occhi al riverbero della luce e lentamente si fece strada fuori, coprendo il viso dalla forte luminosità esterna. Il vento incanalato fra strade di Castelia ululava e vibrava nelle orecchie del ragazzo.
Si strinse il cappotto su di sé ed avanzò lungo il marciapiede. Manteneva la visuale proiettata sul basso, nella speranza di evitare il contatto visivo. Il freddo accarezzava le sue guance pizzicava la pelle.
Lo stridio delle ruote sull’asfalto lo richiamò.
Notò davanti a sé una limousine verde rallentare.
« Signorino Harmonia Gropius? »
N si guardò attorno.
« Non voglio nulla da Zinzolin »
« Non credo sia nella posizione di rifiutare questo invito »
« Ah sì? Perché è quello che sto facendo » gridò, superando la vettura « di’ a Zinzolin di andare a fanculo »
« Ne è sicuro, signore? Hilda resterà delusa »
N si arrestò.
« Cosa? Hilda? »
« Ha voglia di salire? »
« Dove l’avete portata? » esclamò « eh? Dov’è Hilda? Dove cazzo è Hilda? »
« Non sono sicuro di poterle rispondere. Vuole salire? »

 
Chapter XVI
To Sleep, perchanche to Dream


To die, to sleep.
To sleep, perchance to dream.
 Ay, there's the rub,

for in that sleep of death what dreams may come
when we have shuffled off this mortal coil
must give us pause.
There's the respect

that makes calamity of so long life

                                                                                                  
  Hamlet, William Shakespeare
 
 
presente — Castelia City — 05/11/11
L’auto si fermò davanti all’entrata di un lussuoso palazzo. L’entrata era illuminata da ciò che scrutò come essere un lampadario ed era delimitata da due paraste, di un bianco sporco come l’intero edificio. Mantenne lo sguardo basso ed osservò come non v’era una sola persona all’interno.
Si domandò se ad aspettarla, dall’altra parte della facciata, ci fosse veramente N.
« Vuole scendere? »
« Dov’è N? »
« Vuole scendere, signorina Baskerville? »
« Non faccio un cazzo se non mi dici dov’è N »
« Non lo troverà certamente qua. Vuole scendere, signorina? »
« No, non “vuole scendere?” nessuno » lo canzonò lei « dove—è—N » sillabò.
« Signorina, sarò costretto a usare le maniere forti »
« Uuh! E cosa farei, puntarmi una pistola contro e intimarmi di scendere? »
La canna di una pistola baluginò alla sua vista.
L’uomo tolse la sicura.
« Signorina, vuole scendere? »
Hilda alzò le mani. « Ok, ok, scendo »
Sbatté la portiera verso l’esterno e si fece strada all’uscita.
« Quella è la porta » continuò l’uomo, ora puntava la pistola fuori dal finestrino « voglio vederti entrare e non girarti più »

« Quanto tempo manca? »
« Siamo quasi arrivati, signorino Harmonia Gropius »
« Lo eravamo cinque minuti fa »
« Apprezzo essere ascoltato ». L’uomo strisce i denti ed esibì le labbra in un sottile sorriso « La pazienza è la virtù dei re »
« Le piace fare battute, eh? »
L’uomo trattenne una risata. « Siamo arrivati, signorino Harmonia Gropius »
L’auto rallentò in prossimità dell’entrata di un lussuoso palazzo. L’entrata era incorniciata da due colonne doriche e in larghezza misurava quanto la limousine. L’intera facciata era dipinta di bianco e presentava dei balconi alle finestre superiori, mentre quelle inferiori erano protette da inferriate di ferro battuto.
« Dov’è Hilda? »
« La signorina Baskerville la aspetta dentro, signorino Harmonia Gropius »
« Perché dovrei credere a quello che dice? »
Lo sportello si aprì, come azionato da un meccanismo automatico.
« Non deve credermi, può scendere da quest’auto e andarsene via vivendo con il rimpianto di non aver incontrato la signorina Baskerville »
« Chi mi dice che non è l’ennesimo bluff? »
« Chi le dice che Hilda la troverà dietro l’angolo, scendendo? »

A dare il benvenuto a Hilda fu una angusta anticamera, illuminata dalla fioca luce di un lampadario, al quale seguì uno scuro corridoio. Poteva vedere con molto sforzo dei quadri appesi alle strette pareti, dai quali proveniva una blanda luce biancastra: ritraevano personaggi in posizioni di potere dipinti tra le più differenti situazioni; battue di caccia, balli di corte e cerimonie.
Come proseguiva, l’ambiente tramutò d’aspetto. La luce si era fatta più vivida ed appesi ai lati del corridoio ora vedeva articoli di giornale e foto. Una in particolare la colpì: rappresentava un ragazzino di bassa statura accanto ad il suo Zorua; la caratteristica principale erano forse i suoi lunghi e fluenti capelli verdi. 
“Hilbert Redwell vince Nacrene in festa!” recitava un articolo.
« Si è da poco conclusa la manifestazione Nacrene in festa, fra i quali allenatori ha spiccato Hilbert Redwell, giovane promessa di Nuvema Town. Grazie al suo fedele Stoutlander… »
« Nuvema… » mormorò lei, avvicinandosi al ritaglio di giornale.
« … qua in foto, rappresentato assieme al secondo classificato… »
Lo vide: sorrideva di fronte a lei.
Scosse la testa e proseguì.
“Hilbert Redwell è fra i primi candidati alla Lega Pokémon!” recitava la Gazzetta di Nuvema.
“Facciamo la conoscenza di Diana Smith, Hilbert Redwell e Max Johnson, i tre finalisti del Torneo di Opelucid!” riportava come titolo The Opelucid Herald.
Continuò a camminare, soffermandosi su ogni articolo di giornale o fotografia trovasse, sino a che la sua curiosità non fu stimolata da una particolare immagine. Era sbiadita e, da quanto era rimasto di essa, raffigurava N sorridere lungo il bordo della lacerazione. Poté notare una seconda figura apparire sul ciglio ma era stata strappata via assieme alla parte rimanente della foto. Sullo sfondo, la ruota panoramica di Castelia.
« Wise men say… »
Una musica ruppe il silenzio che aleggiava nell’aria. 
« … only fools rush in… »
« Uh? »
Levò lo sguardo da un articolo di giornale e guardò dritta sino alla fine del corridoio, che appariva più lontano come le luci illuminavano avanti. Con fatica vide alla fine una porta ed aumentò il passo.
« … but I can't help falling in love with you… »
« C’è qualcuno? » 
Affidò le sue parole alla dolce melodia che solleticava il suo udito.
« N? Dove sei, N? »
« Shall I stay? »
« N? N, rispondimi! »
« Would it be a sin »
« Sto cominciando ad irritarmi! » gridò « o mi dici cosa sta succedendo, o giuro che me ne vado! »
« If I can't help falling in love with you? »
Arrestò il suo passo e si volse in direzione dell’entrata.
Mosse il piede in avanti quando udì un suono metallico interrompere la canzone: le luci di fronte a sé vennero spente una ad una, seguite dal rumore di un interruttore. 
« Cosa? » 
« Like a river flows… »
« Cosa sta succedendo? N, non è divertente! »
Tornò sui sui passi confusa e proseguì avanti, laddove la luce indicava di andare. Le notizie si facevano sempre più rade sino a che anche le foto non furono che un ricordo: ciò che rimaneva, delle pareti spoglie, fu l’unica cosa ad accompagnarla nel cammino.
« … surely to the sea, darling, so it goes… »
«  some things are meant to be, take my hand… »
« … take my whole life, too for I can't help falling in love with you… »
La musica arrivò più vivace alle orecchie di Hilda come entrò in una stanza circolare. Davanti a sé il corridoio proseguiva ancora per molto mentre ai suoi lati spaziavano dei divani ed un caminetto, sopra il quale poggiava un grammofono.
« Cos’è ‘sto posto? »
Allungò il braccio al grammofono e lo fermò, gettando la stanza nel silenzio totale.

Conseguentemente ad esser entrato nel palazzo, N imboccò l’unica strada che gli era stata lasciata. Un eterea calma aleggiava nell’aria.
Guardò alle pareti, color rosso bordeaux, e vide due interminabili file di quadri che proseguivano sino a quanto era concesso alla vista di vedere. Come proseguiva le luci aumentavano d’intensità dinanzi a lui e dietro calavano, sino a spegnersi.
« Hilda, dove sei? » gridò, accelerando i suoi movimenti « Hilda! Hilda! Hilda »
« Hit the road Jack, and don't cha come back no more, no more, no more, no more! »
Delle melodiose note di soul vibrarono nell’etere.
« Hit the road Jack, and don’t cha come back no more! »
« Hilda? » esclamò « sei tu? »
« what’d you say? »
« Hilda rispondimi! Cosa significa tutto ciò? »
« Hit the road Jack, and don't cha come back no more, no more, no more, no more! »
Volse lo sguardo alle sue spalle e come fece le luci che illuminavano l’entrata si spensero. Si girò nuovamente alla posizione iniziale e prese a correre, osservando l’illuminazione dell’ambiente seguire con zelo i suoi passi.
« Old woman old woman, oh you treat me so mean… »
« … you’re the meanest old woman that I ever have seen…»
« well I guess if you say so, I’ll have to pack my things and go… »
« that’s right! »
I suoi piedi si susseguivano veloci sul pavimento, celeri e spediti non appena toccavano terra saltavano e compivano un’altra falcata, così per molto tempo sino a che N non vide lo spazio tra lui e la fine del corridoio restringersi. Aveva finalmente raggiunto la fine, pensò.
« Hit the road Jack, and don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
La melodia aveva interrotto il suo corso e preso a suonare la medesima frase avanti ed avanti.
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Quando le luci furono abbastanza vivide ed accese riuscì a condurre il suo sguardo sino alla stanza che lo aspettava all fine ed il suo cuore si riempì di gioia alla vista del viso della ragazza. 
« Hilda! »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Entrò trafilato nel salotto e i loro sguardi si incrociarono.
Hilda portò le mani alla bocca dallo stupore. « N! »
« Hilda! »
La giovane lo fisso confusa. « Cosa? »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
« Hilda! Cos’hai detto? »
N si avvicinò a lei. « Non ti sento, Hilda! »
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Hilda mosse un passo in avanti e tentò di allungare il braccio verso N ma l’azione venne troncata sul nascere. Il suo palmo si adagiò sulla fredda superficie di un vetro, sulla quale lasciò un’impronta ben visibile. 
« N! » urlò « cos’è? »
N la fissava ma ciò che vedeva era una ragazza muovere la bocca senza produrre suoni. 
« don’t cha come back n— don’t cha come back n— »
Lanciò uno sguardo al grammofono che si trovava accanto a lui e gli diede un calcio, scaraventandolo sul muro. Il suono cessò.
Hilda sbatté i pugni contro il muro. « Perché non mi senti? »
N portò le sue mani ai lati delle orecchie ed oscillò gli indici ad indicare una negazione.
« Oh… » mormorò Hilda « allora… idea! »
Alzò la mano destra e, distesa l’arcata tra il pollice e l’indice, la posò sulla bocca. Ruotò poi di un quarto di giro la spanna e la adagiò tra il naso e le labbra, dopodiché pose le dita a formare una luna. Continuò, chiudendo la luna con l’indice ed, una volta aperti indice, anulare e medio, vi pose sopra a tagliare l’indice sinistro. 
N scosse la testa.
Hilda appoggiò l’indice sulla superficie del vetro e scrisse una a, una b ed una c, seguite da una d ed una e. Gli sorrise.
« Che? » commentò, squadrando ciò che dalla sua parte pareva un’insensata catena di simboli. Provò a vederla specularmente, ed un sorriso culminò sul suo voltro: asserì con il capo.
« Ottimo! » fece sorridente lei « bene, ora devo solo… »
Indirizzò l’indice e l’anulare verso il basso e con il sinistro indicò N, aspettando la sua risposta.
« N… »
Hilda asserì. Fece un cerchio con il pollice e l’indice.
« O… »
Ripeté il movimento iniziale.
« N… »
Pose entrambi gli indici uno perpendicolare all’altro.
« T… »
Alzò l’indice singolarmente, dopodiché si mise a fare un mulinello con le due dita indici.
« I… Eh? »
Hilda gli sorrise, tirando fuori la lingua.
« Ah, S…? »
La ragazza lesse il labiale e sorrise, proseguendo. Intersecò come prima le tre dita con l’indice sinistro e ripeté il movimento iniziale.
« E… N… »
Pose nuovamente le dita perpendicolari.
« T… N-o-n-t-i-s-e-n-t… Non ti sento! » 
N sorrise e batté le mani.
« Ottimo! Ora… »
« Vedo che vi state divertendo » 
Lo sguardo di N gelò: sullo sfondo era balenata la figura di Zinzolin.
« Zinzoli—»
« Non disturbarti, conosco il mio nome »
Hilda seguì con lo sguardo i suoi movimenti sino a che non si sedette su un tavolino. Stringeva un giornale tra le braccia.
« Accomodati pure, Hilda »
« Cosa… cosa significa tutto questo? Voglio parlare con N, Zinzolin »
« Sono sicuro che anche lui sia impaziente di poter scambiare due chiacchiere con te. Ora siediti, cara »
« Mi dai del tu. È nuova questa? »
Un sorriso inarcò le labbra di Zinzolin. « Molte cose stanno cambiando, Hilda »
Hilda si avvicinò, riluttante, e prese posto nell’angolo diametralmente opposto al suo, mentre N percuoteva con vigore le sue mani contro il vetro. Nonostante ciò, non un suono passava attraverso esso.
Il saggio la vide osservare N. « Ti piace? È un particolare vetro che riesce ad inibire i suoni »
« Non mi interessa » commentò fredda.
« Va bene, va bene, hai ragione » ribatté, il suo sorriso asettico non accennava a svanire dal  volto rugoso e scavato dal tempo « vedi, Hilda, ti ho portata sin qui per raccontarti una storia. È, forse, la storia, la storia più importante della regione di Unova.
« V’era un tempo dove la regione era guidata da due importanti famiglie: i Gropius e gli Harmonia. Queste famiglie erano in perenne conflitto tra di esse sino a che, un giorno, decedettero di unirsi in matrimonio. A quei tempi la regione era molto più arretrata di ora, dove ora sorge questa città v’era una sterminata campagna ed un discreto borgo di case era nato in prossimità del porto »
« Harmonia? Gropius? »
« È esatto »
« N si chiama cos— oh »
Un sorriso incurvò le labbra di Zinzolin. « Da queste due famiglie nacque una nuova, potente casata pronta ad unificare la regione sotto la sua ala: gli Harmonia-Gropius. Ora il nome si è perso e solo poche persone lo ricordano… lo conosci con il nome di Team Plasma, forse »
N si era ammutolito, rassegnatosi al mutismo al quale era stato relegato dietro il vetro. Osservava con interesse la discussione che Hilda ed il saggio stavano avendo, ricercando lo sguardo della ragazza nei suoi occhi; lei era però completamente assorta su Zinzolin.
« Il Team Plasma…? »
« È una lunga storia. Con il passare del tempo, la società si ribellò ad una casa regnante ed i capi, sotto una forte pressione, decisero di ritirarsi. Ciò che lasciarono è quello che ora conosci come Repubblica di Unova.
« Non sono però rimasti a guardare la regione che avevano edificato con il sangue cedere sotto il peso di un popolo inetto come il tuo. Sono rinati dalle ceneri sotto forma di una associazione segreta, il Team Plasma, e da lì hanno continuato a lavorare dietro le quinte nella speranza di poter risorgere.
« Fare ciò non era semplice però, trovare la persona giusta ha richiesto anni ed anni, sino a che, una ventina d’anni fa, nacque il fortunato erede della fortuna degli Hamonia-Gropius: N »
Hilda lanciò un’occhiata ad N. « N… »
« L’abbiamo cresciuto come un principe, come il Principe che è nel suo sangue, ma per qualche motivo a me oscuro è sempre stato… reticente, ecco, alla carica che gli spettava di diritto. Nonostante ciò, il consiglio dei saggi ha trovato un modo per raggirarlo: dargli uno scopo. Raccontare ad un bambino che la lotta che sta facendo è giusta può spingerlo a parteciparvi e, se vi sono anni di insegnamento, può arrivare a plagiare la sua mente »
« Plagiare? »
Il saggio rise.
« Era così convinto che di star difendendo i Pokémon… » continuò a ridere « quasi non mi sembra vero! Ad ogni modo, è durato poco. Come avrebbe potuto? Non abbiamo messo in conto la negativa influenza che gli umani avrebbero avuto su di lui »
« Hilbert » commentò Hilda, immersa nel racconto.
« Purtroppo N non è fatto per stare con le altre persone. È possessivo, geloso, freddo, scostante, meschino e, soprattutto, non è capace di provare emozioni umane »
« Non è l’N che conosco io »
« Ah sì? ». Zinzolin rise nuovamente. « Ci credevi veramente? Povera piccola… credevi di essere la speciale Hilda, l’unica, che ti avrebbe salvato? Lui, N, il tuo principe azzurro in sella al cavallo bianco? Mi dispiace che ti sia lasciata illudere così ma, vedi, non c’è mai stato posto per te nel suo cuore. Non credo che lo abbia, a dir la verità. 
« Ad ogni modo scusami, ho perso il filo del discorso. Una volta che fu cresciuto, decidemmo che era pronto per assolvere al suo compito: conquistare Unova. Per fare ciò abbiamo avuto bisogno di farci un nome in regione, farci conoscere nuovamente come Team Plasma, il baluardo della libertà dei Pokémon. Le doti dialettiche ed oratorie di Ghetsis hanno aiutato, N ha fatto il resto. È sempre stato lasciato molto di contorno, in realtà: a noi non serviva un ragazzino viziato a farsi domande ma un condottiero, lasciato debitamente da parte sino all’atto finale… è qua che il piano di Ghetsis si frantuma ». Una nota di amarezza pervadeva le sue parole. « Era passato così tanto tempo dalla evocazione dei due leggendari che credeva fossero i medesimi esseri obbedienti ed assoggettati al proprio padrone come erano secoli fa. Con nostro grande dispiacere, non fu così. Zekrom e Reshiram si ribellarono, riconobbero in Hilbert la purezza degli ideali e della verità e decisero che gli Harmonia-Gropius non erano che semplici criminali alla conquista del mondo »
« Lo eravate » lo incalzò Hilda. « Dei criminali, lo siete ancora »
« Cara Hilda, mi ricordi Hilbert per certi versi. Così stupida e così testarda nel perseguire i tuoi scopi… no, a dire il vero non sei come Hilbert, sei migliore. Non hai esitato a tradire la fiducia delle persone più care a te per ottenere ciò che volevi.
« Ma non è un problema! » esclamò contento « Anzi, mi sei piaciuta. Ogni sacrificio umano è un ottimo sacrificio. Restava comunque, dopo la disfatta del castello, da recuperare le macerie e decidere cosa farne. Il consiglio dei saggi ha deciso di eleggere Bronius a capo di esso e di proseguire, assieme ad N, nel loro tentativo di riportare la gloria della casata in auge »
« Come avete fatto a convincere N? Non era più dalla vostra parte »
« Non sono stati loro a convincere N ma N a convincere loro. Ben presto abbandonarono i progetti di conquista con la morte di Ghetsis e decisero che era possibile vivere all’ombra del mondo mentre esso mutava: non era abbastanza per me. Ho ucciso Ghetsis e stretto un accordo con N, dopodiché mi sono sbarazzato del capo del consiglio. Senza Ghetsis né Bronius né me rimanevano un ristretto e facilmente manipolabile gruppo: non era ancora abbastanza. Ho contattato Grimsley Ripley, un Elite Four della Lega, affinché assieme ai suoi colleghi lasciasse un capo debole e inetto al suo comando »
« Non… non capisco… »
« Non ci arrivi, Hilda? Neanche N, ai tempi, ci arrivava. Il potere degli Harmonia-Gropius è un potere fittizio! Non esistono più le casate né la nobiltà e credere che grazie a ciò si possa avere successo è semplicemente ridicolo. Il mio obbiettivo sono le radici del potere democratico, arrivare alla cima di Unova e comandarla da nuovo e unico re; la Lega è uno degli organi più influenti dello stato su cui si basa la nostra civiltà. Ed è in questo momento che entri in gioco tu, Hilda. O meglio, la tua amica: Bianca Walters »
« Cosa? »
« La professoressa Aurea Juniper è la più illustre personalità nel suo campo in regione, nonostante non possa sembrare. Ebbene, non era l’unica interessata all’appalto »
« Come scusa? Quale appalto? »
Una risata risuonò nell’aria.
« Conosci il tipo Folletto, Hilda? »
« Folletto? Più o meno… »
« Il tipo Folletto è il tipo più misterioso ed oscuro alla comunità scientifica che possa essere in natura. Sono pochi i Pokémon che possono vantare questo tipo ed ancora meno a Unova: è una rarità. Recentemente importanti scoperte sono state fatte circa questo tipo ed ha richiamato l'attenzione di molte persone. Era importante che Juniper non arrivasse all’appuntamento o avremmo perso un’occasione d’oro. Ovviamente abbiamo poi consegnato l’opera in mano di un nostro fidato collaboratore il quale si è impegnato a portare a termine il lavoro »
« Cosa…. non è vero, sono solo menzogne… »
Hilda s’alzò in piedi di scatto. Ciò che aveva udito da Zinzolin era più di quanto potesse immaginare, un sovraccarico di informazioni nelle quali non riusciva a distinguere la verità dalla menzogna. O, semplicemente, aveva paura che tutto ciò fosse vero. Per quanto suonava credibile, l’amore che provava per N era una prova inconfutabile.
« Non è vero » esclamò. Fece oscillare il suo sguardo tra Zinzolin e N « Io… N… so che non è vero, io vi servo… io… senza di me non sareste riusciti a… »
« Ti senti, Hilda? Stai farneticando! Credi veramente che non sarei stato in grado di trovare un giornalista che avesse fatto il lavoro per te? Uno più intelligente e magari in linea con la nostra politica? Ragiona, Hilda. È tutto vero, sai che è così »
« Io… N… N, diglielo tu! N! » urlò.
« Non ti può sentire, Hilda. Perché credi l’abbia fatto? È una rappresentazione di ciò che è il vostro rapporto, due idioti che non possono comunicare tra loro: come pensi sia possibile il lieto fine? Come pensi sia possibile l’amore? »
« Non è vero… non è vero! N, ti prego! N! »
« Hilda! Cosa sta dicendo? » il suo urlo si perse inascoltato.
« Vuoi veramente chiedere aiuto a lui? Dopo Natalie? Dopo Bianca? »
I pensieri di Hilda si arrestano all’udire quel nome.
« Cos’è successo a Bianca? »
Zinzolin le lanciò uno sguardo sorridente. « Non hai sentito? Si è sparata un colpo in bocca »
« Non… non è vero… mi stai mentendo… »
« Non serve! » rise lui « Guarda da te » 
Le lanciò il giornale del giorno stesso ai piedi. « Leggi. “Bianca Walters, ex assistente ricercatrice del laboratorio della professoressa Juniper, cade nel tunnel della droga e pone fine alla sua vita »
« No… non è vero… MENTI! MENTI! BASTA! » urlò, le sue mani tappavano le orecchie e gli occhi erano serrati nel buio. Nonostante ciò la viscida voce di Zinzolin giungeva forte e chiara alle sue orecchie. 
« Puoi vivere nel tuo mondo di favole o affrontare la tua vita, Hilda, ma ciò non cambierà la realtà dei fatti. E io mi sono stufato di questa realtà, è per questo che ho deciso che uno di voi due morirà. Non serve che sia tu a morire, posso aiutarti »
« Come puoi aiutarmi tu! » urlò « tu… tu hai distrutto la mia vita… »
« C’è una via di scampo. Scrivi un articolo, nel quale dici che mi candiderò a sindaco di Castelia City. L’ultima, grande impresa delle editore Baskerville e mandalo in stampa fra due giorni, quando farò la mia rivelazione ufficiale. Se accetterai, sarà la prima di una serie di scoop: diventerai la giornalista più famosa di Unova e non avrai più bisogno del falso amore di uno sprovveduto »
« Come puoi chiedermi ciò? Come—» una lacrima rigò il suo volto « io amo N… io lo amo… »
Crollò a terra in ginocchio. Le lacrime bagnavano le sue guance e si tuffavano nel vuoto, incontrando la superficie del freddo marmo. Il suo respiro accelerava e la sua vista era annebbiata dalla coltre di acqua che copriva gli occhi.  
Il suo pianto risuonava flebile ed intermittente nella sala. Nonostante l’isolamento, che attraverso il vetro N poteva capire la situazione e ribellarsi ad essa: i suoi pugni presero a sbattere ritmicamente contro le parete e le sue urla, nel disperato sentivo di raggiungere un contatto con Hilda, rimbombavano strazianti lungo le pareti.
« Hilda, Hilda… » mormorò Zinzolin come le porse la mano « rialzati. Non è il momento di piangere »
« Io… io voglio solo stare con N… »
« Credi che lui voglia lo stesso? Sarebbe lodevole da parte sua ma sappiamo entrambi che non è così. Non è capace di amare, credi che sarà diverso per te? Non ne hai bisogno Hilda, non hai bisogno dell’amore, tutto ciò di cui hai bisogno posso offritelo io. Non lasciare ulteriori lacrime bagnino la tua pelle »
« Io… N… »
Alzò improvvisamente la mano e fece ritrarre il braccio di Zinzolin.
Portò l’orlo della sua maglietta sino agli occhi e strofinò il tessuto lungo le sue palpebre nel tentativo di asciugare le lacrime. 
« Voglio parlare con N, per l’ultima volta »
I loro sguardi si incrociarono.
« Ne sei sicura, Hilda? »
Hilda alzò gli occhi ad N. Voleva poter dirgli che andava tutto bene ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Era muta.
« Sì… sì, ne sono sicura. Fammi parlare con lui »
« Se è ciò che vuoi. Ripercorri il corridoio e aspetta. Troverai N, con un po’ di pazienza »
« No. Non aspetterò che qualcuno lo intercetti prima di me. Voglio parlargli ora »
Zinzolin rise. « Siamo separati da un vetro infrangibile, come pensi che sia possibile? »
Hilda portò lo sguardo al vetro.
La sua mano scese meccanicamente nella tasca e frugò per qualche secondo dopodiché ne uscì, stringendo il cellulare nel palmo. 
« Qualche tempo fa, N mi ha detto che aveva disattivato il numero. Voglio che sia attivo per mandargli un messaggio »
Un sorriso illuminò il volto del saggio.
« Mandagli pure un messaggio »

Le dita di Hilda esisterono sullo schermo del telefono. Provava una strana sensazione nel contattare il ragazzo attraverso quel sistema, un sistema che aveva rappresentato per un breve periodo della sua vita un necessario interludio dalla vita quotidiana. Come lo stringeva tra le mani poteva ricordare vividamente i suoi primi incontri con N.
11:32 AM
client — N
In qualche modo mi senti?

N attese per qualche secondo.
Quando Hilda alzò lo sguardo su di lui, stringeva il suo apparecchio in mano.
11:32 AM
N
Sì.

Il cellulare vibrò tra le dita della giovane.
11:33 AM
client — N
N, come faccio a sapere che mi dici la verità? Confermalo. Appoggia la mano destra sul vetro

Hilda alzò gli occhi dallo schermo ed il suo sguardo incrociò quello di N.
Vide comparire la mano destra del ragazzo sul vetro, poteva vedere le venature che correvano sul suo palmo roseo. 
Appoggiò anche lei la mano sinistra sulla fredda superficie cristallina tale che combaciassero, seppur separate da centimetri e centimetri di materia trasparente. 
Una lacrima cadde dagli occhi di Hilda.
11:33 AM
client — N

N, Zinzolin mi ha raccontato. Tutto. Raccontato su Bianca, Natalie, il Team Plasma. Anche sull’appalto. Mi veniva a mancare il fiato, per poco. Io non so come tu abbia potuto tenermelo nascosto

La sua vista scivolò celermente sul viso di N e ritornò sul cellulare.
11:34 AM
client — N
Allora mi son chiesta. Lo perdonerò? Sinceramente non so se troverò la forza di farlo. O se deciderò che quello che c’è stato non è amore. La cosa che non riesco a capire è perché tu non me l’abbia detto. Io mi fidavo di te, N

N alzò lo sguardo a lei. 
Un’espressione triste era dipinta sul suo viso ed i suo occhi brillavano. Se non l’avesse conosciuto avrebbe detto che era una lacrima a bagnare il suo volto.
11:36 AM
client — N
Tutto questo è andato sprecato? O c’era qualcosa di vero? 
 
11:37 AM
client — N
Ti ho amato, N. Io ti ho veramente amato e ho sperato con tutta me stessa che ci sarebbe potuto essere qualcosa di vero tra di noi. Avrebbe dovuto bastarmi una maiuscola, una N, a farmi capire che tutto ciò che ti pervadeva era negativo, spero solo che la prossima volta sarai più attento alla persona che ami. Ma ora è tardi. Ora è tempo di dirsi addio

« Ho finito » sentenziò Hilda, riponendo il cellulare nella tasca. « Fammi andare via »
 
ϡ
 
presente — Castelia City — 05/11/11
Durante la strada del ritorno la città aveva assunto tinte più grigie del solito. Il cielo era coperto da una minacciosa coltre di nubi e illuminato da sporadici lampi, il quale suono faticava a farsi strada trai rumori del traffico cittadino. Una leggera brezza gonfiava gli abiti della ragazza e faceva sventolare le insegne e le bandiere appese agli edifici.
Una goccia toccò il suo naso, scoperto alle intemperie. Una seconda raggiunse la sua guancia destra.
Uh? pensò. Alzò lo sguardo e vide che i passanti erano indaffarati nel aprire un ombrello.
Una terza goccia raggiunse la sua mano, seguita da altre lungo i suoi vestiti ed i suoi capelli. Un freddo vento aveva preso a spirare per le lunghe e strette strade della metropoli, incanalandosi in direzione del mare. L’aria aveva un sapore umido.
Accelerò il suo passo e cominciò a correre mentre lo scroscio dell’acqua s’avvicinava a lei ma non v’erano porticati o tende al di sotto delle quali poter riparare il proprio corpo. Lanciò un’occhiata all’entrata della metropolitana, in cima ad essa sventolava indomita la bandiera della Central Plaza: sono vicino a casa, pensò. 
Cambiò direzione in favore di Mode Street e, superata la massa di persone che confluiva nei sotterranei della città, prese a correre in direzione di casa sua. La pioggia continuava a scendere, i rivoli accanto il marciapiede s’erano ingrossati ed il loro scorrere si era fatto così forte da raggiungere le orecchie di Hilda. La strada era scivolosa e la corsa scomoda poiché i suoi indumenti erano saturi d’acqua. 
Quando si era ormai abituata al ritmico stridio che la suola di gomma delle scarpe produceva sull’asfalto bagnato vide sopraggiungere casa sua in lontananza. Bastò la sola vista a trasmetterle una inaudita sensazione di pace e calma. 
Immerse la mano nella tasca e recuperò le chiavi che infilò subito dopo nella toppa.
« Uh? » mormorò, il suo sguardo era scivolato alla cassetta della posta.
Avvicinò l’occhio destro al vetro trasparente e vide un folto contenuto. Strani ritagli di forma quadrangolare erano ammassati senza un ordine all’interno, intervallati da lettere di posta.
Ritrasse la chiave dalla toppa e la mise all’interno della cassetta, aprendo.
« Che cazzo? »
Carte. Erano carte.
Quattro carte, semi francesi, costituivano l’arcano oggetto.
Affondò la mano nella scatola di alluminio e con un pugnò estrasse l’intero contenuto di essa, dopodiché entrò e, raggiunto l’appartamento, vi si gettò dentro.
Un due di fiori, un asso di quadri, un otto di cuori ed nove di picche. 
Cosa significavano quelle carte? Non riusciva a capirlo
« Volendo potremmo scegliere di usare, diversamente, altre chiavi di lettura, come ad esempio i numeri pari o dispari, con le proprie eccezioni, o i multipli di un dato numero »
Ma certo! pensò. Il sistema di crittografia del quale le aveva parlato quel giorno erano quelle carte. Improvvisamente, l’immagine di N seduto a quel tavolo mentre ordinava le carte riaffiorò nella sua mente. Potevano quelle carte contenere un significato più profondo di quello che sembravano dare?
« Perché, c’è qualcosa che hai intenzione di dirmi? » 
Corse nella sua stanza a recuperare la carta che le aveva lasciato e ritornò nel salotto, dove le dispose una ad una in una ordinata fila. Assieme ad esse comparve una quinta carta, un sette di picche.
« C’è qualcosa che vuoi sapere? »
« Cosa aveva detto N? » ragionò lei a voce alta « mmh… » mormorò « sì, sì! Devo trovare il codice… »
Alzò lo sguardo al soffitto e la sua mente lasciò quella stanza, immergendosi nel mare di ricordi condivisi con il ragazzo. Dove aveva potuto nascondere il codice? Quali erano i numeri significativi? Ma certo! pensò contenta. Le picche con tutta probabilità dovevano essere il seme di partenza, la prima carta che le diede doveva aver cominciato quel codice. Ma da quale numero cominciare? Sei di picche? Re di picche? 
Spostò le carte e le mischiò tra loro, ordinandole ogni volta in una sequenza differente. Era sicura che quelle carte significassero qualcosa. 
« E se fosse la N? » 
Il suo sguardo scivolò alle sue dita.
« A… B… C… D… E… F… G… H… I… J… K… L… M… N…! N! 14!
La sua attenzione ritornò sul tavolo.
« Undici… dodici… tredici… tredici! Cazzo! » esclamò « manca il quattordici »
Sistemò le carte in un ordine nuovamente diverso.
« In realtà sì, molto »
« Cosa volevi dirmi, eh N? » mormorò.
Lo sguardo vagò perso lungo le striature del legno alla ricerca di una risposta.
« Sì! Sì! Certo! Come ho fatto a non pensarci? Che giorno era… 5? »
Se il cinque di picche era la prima lettera, la A, il sette di picche era una C. Il nove di picche una E, l’asso una J, il due di fiori una X e l’otto di cuori… il nulla?
C, E, J, X ed il vuoto: cosa volevano dire?
« Jexc? Xejc? Jx ce? ». I suoi pugni batterono con fragore sul tavolo. « Cosa vuol dire, N? »
« Vai avanti »
Una lacrima scese dal suo occhio destro e la sentì sulla sua pelle mentre scendeva la scoscesa guancia, per poi tuffarsi nel vuoto. 
Hilda congiunse il braccio destro con il sinistro, li pose alla sua sinistra e scivolando lungo la liscia superficie del tavolo spazzò le carte via. In un raptus di rabbia batté nuovamente i pugni sul legno.
« Qualsiasi cosa ti chieda mai, non riceverei mai una risposta »
« Cosa te lo fa pensare? »
La castana lo guardò di sottecchi « Mi prendi in giro? »
Il ragazzo dai capelli verdi non rispose, si limitò a continuare il suo gioco con le carte consapevole di avere gli occhi della giovane puntati su di lui.

« La nostra relazione, è ancora un gioco per te? »
N strinse gli occhi, fece scorrere il palmo della mano sulla superficie lisca del tavolo e raccolse a sé le carte. Con brevi e febbrili movimenti sistemò le carte nel mazzo originale, lo ruotò, ci girò attorno un piccolo spago e lo chiuse. Controllò che nulla fosse rimasto sul piano di gioco e si alzò dalla sedia.
« A domani, Hilda » disse infine, cercando con lo sguardo la porta.
« Oh, ti accompagno fino al pianerottolo se vuoi »
« Non ve ne sarà bisogno, ma grazie lo stesso »
Hilda lo vide allontanarsi e, come i passi aumentavano, le pareva di sentirsi meno sola. La vicinanza con quel ragazzo, seppur avesse dell’assurdo, le dava un senso di solitudine che la solitudine stessa non era capace di eguagliare. Era questo ciò che provava, vuoto, non riusciva a spiegarsi il perché dei fatti precedenti e ciò l’avrebbe perseguitata sin a farle perdere il sonno.
Vide N afferrare la maniglia, ruotare la porta verso sé e portare un passo nell’oscurità al di là della stanza. 
Si fermò. « Non so »
Sulle prime non capì cosa intendesse e impiegò qualche buon minuto di silenzio a recepire quanto detto. 
« Come scusa? »
N voltò gli occhi verso di lei « Mi hai chiesto se considerassi la nostra relazione ancora un gioco, e la risposta è: non so, ma voglio lavorarci e penso che sia questa la questione »
« È una risposta? »
Sorrise. « È un non so »
« Dovrei intenderla come una risposta? »
Ma N era già uscito.

 
ϡ
 
 
presente — Castelia City — 05/11/11
« Cosa pensi di trovare, Looker? »
Il detective poggiò un piede all’interno di un incavo nel pavimento e fece per cadere a terra, afferrando il braccio destro di Looker.
« Ehi—» l’uomo si voltò « attento! Non dobbiamo fare rumore! »
« Scusa se sono inciampato! » sussurrò « non sono cose che posso controllare »
Looker continuò avanti « Va bene, va bene, basta che mi segui »
« A proposito, non ho ancora capito cosa stiamo cercando »
« Indizi… »
« Oh »
Looker svoltò improvvisamente all’interno di una stanza.
« … informazioni… »
« Che tipo di informazioni? »
« Qualsiasi cosa che possa condurci a Zinzolin »
« E se non ci fosse nulla? E se ti stessi sbagliando? »
« Io non mi sto sbagliando »
« L’hai almeno visto? »
Looker arrestò la sua camminata e si girò verso il collega. « No. Non ho mai visto Zinzolin in azioni criminali ma ho visto ciò che è capace di fare. Ha ucciso e lo farà ancora se non lo fermiamo »
« Parli della Jackson? Non c’è nessuna prova che facci—»
Looker puntò l’indice in direzione di una finestra, oltre la quale era una strada al momento priva di traffico. 
« Là »
Il detective arricciò le sopracciglia.
« Là è dove è morta Julie Jackson. L’ho vista morire con i miei occhi, impotente, senza poter fare nulla per salvarla. Quindi no, non ho ancora visto Zinzolin coinvolto in attività criminali ma ogni volta che guarderò una strada vedrò quella macchina rossa investire Julie, il suo cadavere scaraventato a terra ed il sangue che cola sull’asfalto »

« È vuota! »
« Cosa? Non è possibile! »
Looker lanciò uno sguardo alla porta in acciaio che giaceva ai loro piedi. Il tonfo rimbombava ancora lungo le pareti.
« C’è una botola! Forse continua sotto… »
Il detective mise un piede all’interno della stanza e, torcia alla mano, illuminò l’ambiente. Quattro pareti polverose si svelarono ai suoi occhi ed una botola color sabbia scavata all’interno del pavimento.
« Non… non è possibile… »
« Forza Looker, proviamo a vedere se dietro la bot—»
Afferrò la maniglia al centro e la ruotò di centottanta gradi, rilasciando un suono metallico nell’aria. Sollevò la pesante struttura di bronzo e rivelò, al di sotto, un lungo pozzo che terminava qualche metro più sotto con uno stagno d’acqua.
« È… un pozzo! »
« Non è possibile! Fa’ vedere »
« Forse abbiamo sbagliato casa, Looker… forse non era questa, chi userebbe una tale stamberga come covo segreto? »
« Era qua! Ti dico che era qua, sono sicuro… sono… sono sicuro… »
Fissava esterrefatto il buco che si trovava al di sotto dei suoi occhi. Cosa n’era stato dell’attrezzatura tecnologica? Del Team Plasma? Erano scomparsi.
« Andiamo, Looker. Vediamo se—»
« No »
Looker guardò negli occhi l’agente. « Lasciami… lasciamo solo » sussurrò « torna pure in centrale od a casa. Me ne starò per un po’ qua »
« Come tornerai a casa? »
« Troverò un modo »
« Non me la sento di lasciarti qua »
« Vai, ok? Ho solo bisogno di star da solo »
Il detective si allontanò in punta di piedi dall’uomo, appoggiò la torcia a terra e se ne uscì dall’abitazione, lasciando Looker nel silenzio. Solo il rumore del vento che s’infiltrava tra le assi di legno della casa raggiungeva le orecchie dell’uomo, cullandolo.
Distese la schiena sul freddo pavimento e chiuse gli occhi.

« Cosa stai facendo? »
Looker sbatté le palpebre.
« EH? » esclamò, con la bocca impastata « cosa—»
« Calmo, va tutto bene »
Un viso a lui estraneo puntava i suoi occhi verde smeraldo contro di lui. Aveva la pelle pallida, bagnata dal pallore lunare, e dei fluenti capelli verdi raccolti in una coda.
« Chi sei? »
« Una domanda alla volta! »
« Co— ah. Stavo dormendo »
Il ragazzo gli restituì un caldo sorriso. « Mi chiamo Natural Harmonia Gropius, per gli amici N »
« COSA? » urlò Looker « sei— sei—»
« Stai tranquillo! Non sono venuto per mangiarti, a dire il vero non ho mai mangiato nessuno, sono solo dicerie: lo sanno tutti che io sono buono e dolce ed affabile e— cosa stavamo dicendo? »
Looker si era allontanato dalla spettrale figura e lo squadrava ammutolito, incapace di proferire alcuna parola. 
« Sembra tu abbia visto un fantasma! »
« Tu… tu… »
« sei bello? Intelligente? Socievole? Estroverso? »
« Tu hai ucciso Julie! »
« Che? »
« Julie… Julie Jackson… »
« Non credo di averle mai toccato un capello, può darsi che mi confondi con qualcun altro. Zinzolin? »
« Come— come fai a conoscerlo? » gridò Looker.
« Looker, devi calmarti, mi fai quasi paura »
« Come sai il mio nome? » esclamò « vattene— vattene o chiamo la po— polizia »
N alzò le mani in alto. « Vengo in pace. Piuttosto, costa stavi facendo qua? »
Looker lanciò uno sguardo alla botola.
« Là… » ritornò a posare lo sguardo su N « i tuoi amici… voi avete nascosto tutto! »
« Voi? Miei amici? A chi ti riferisci? Zinzolin? »
« Sì… »
« Potevi dirlo prima! Io e Zinzolin non siamo amici, siamo più… colleghi?, sì, dai, colleghi. Ultimamente le cose non vanno molto bene ma conto di sistemarle al più presto »
« E cosa… cosa vuoi da me? »
« Cosa voglio da te? Che domande! » esclamò N, sfoggiando il suo più ampio sorriso « offrirti un accordo! »

« Cosa? Vuoi incastrare Zinzolin? »
« È quello che ho appena detto, Looker » commentò N « oh, e guarda la strada. Non si sa mai che investiamo la prossima Julie »
« I keep on fallin’ in and out… »
La radio rilasciava una dolce melodia.
« Perché vorresti farlo? »
« Sono semplicemente arrivato ad un punto della mia vita dove voglio mettermi in proprio »
« … sometimes I love ya… »
« E come pensi di farlo? È da giorni che sto cercando di convincere Hild—»
« Oh, hai parlato con Hilda? Salutala la prossima volta che la incontri! »
« Non credo che accadrà »
« … lovin’ you darlin’ makes me so confused… »
« Come mai? È successo qualcosa? Mi dispiace. Hilda sa essere molto testarda a volte »
« È per questo che ti piace? 
N si rabbuiò.
« … I never loved someone the way that I love you… »
« Come scusa? » 
Un sorriso incurvò le labbra di Looker. « Mi hai sentito, N »
« Credo tu abbia capito male, invece, Looker »
« Può darsi » continuò lui « allora… qual è il tuo piano? »
« … just when I think I've taken more than would a fool… »
N guardò fuori dal finestrino. 
« Ho qualche idea in mente… ad ogni modo, ne parleremo domani. Recupera quante più cimici e telecamere nascoste puoi »
« Cos’hai intenzione di fare? »
« Fallo e basta » ribatté atono N « ah, se senti della morte di una certa Bianca Walters, non c’entro nulla »
« Cosa? » esclamò « cos’hai fatto a Bianca? »
« I keep on fallin’ in and out of love with you… »
« Non preoccupartene. Oh, sono arrivato! »
L’auto si arrestò improvvisamente nei pressi di un bar. 
« Grazie del passaggio Looker, puoi tenerti la macchina »
« … I never loved someone the way that I love you… »
« Aspetta! Aspetta, N! »
« Cosa c’è, ancora? »
« Mettiti nei miei panni, mi è difficile allearmi con te! »
N sbuffò.
« Mettila così. Se ascolti ogni cosa che ti dico e fai esattamente come ti dico quando questa storia sarà finita, domani possibilmente, sarai un detective super decorato e diventerai famoso a livello internazionale per avere sgominato una associazione criminale da solo. Che io sia un assassino — cosa che non sono — o un criminale qualunque, stiamo parlando di un pesce molto più grosso di me. E poi, se volessi incastrare me dovresti chiedere aiuto alla stessa persona che vuoi mandare in galera! Addio, Looker! »
« Ehi— ehi, aspett— non so ancora come faremo a vederci! »
« Tu resta a casa, ok? Troverò un modo »

 
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presente — Castelia City — 05/11/11
« Pronto, sono Brenda! Al momento potrei essere al lavoro, lascia un messaggio dopo il bip! Bip »
« Ehi, ciao Brenda… sono io, Na—Lisa. Lia Fisher. Ahem… ora non ho molto da fare, nulla in realtà, che ne dici se ci vedessimo prima? Non dico di cancellare la cena, o se vuoi potremmo, ahem, farlo, insomma… richiamami »
Natalie alzò lo sguardo alla volante della polizia parcheggiata di fronte al suo appartamento. Un intreccio di strisce fluorescenti precludeva l’accesso all’edificio agli estranei. Il fragore della sirena ronzava nelle orecchie della ragazza. 
Si nascose alla vista della polizia dietro un albero e si sedette a terra, sull’erba fresca.
Fissava il display nella speranza che Brenda rispondesse.
« Ciao Brenda, sono Lisa! » esclamò Natalie « no, non va bene. Ciao, sono Lisa! Ehi Brenda, come va? È Lisa al telefono… no! Assolutamente no, chi sono, il telegiornale? Ohi Brenda, da quanto tempo… »
Consegnò le sue parole al vuoto.
« Chi voglio prendere in giro? Non risponderà mai. Forse farei meglio a tornare da N, dovunque sia, e continuare qualunque cosa avesse intenzione di fare… »
Uno squillo risuonò nell’aria.
Lo schermo del telefono s’illuminò e prese a vibrare nelle mani di Natalie.
« Ehi Brenda, come va? Sono Lisa! » esordì entusiasta.
« È quello che diceva anche il mio telefono! » scherzò la donna « ad ogni modo, ero appena entrata che ho sentito il tuo messaggio. Per me va bene, oggi ho la giornata libera! »
« Ottimo! Allora… allora che ne dici se ci vedessimo sempre davanti alla Palestra di Castelia? »
« È perfetto, per quando? »
Natalie lanciò un’occhiata all’ora. Recitava “4:05 PM” il telefono.
« Per le cinque? »

« Lisa! Sei identica a come ti ricordavo! »
Brenda accorse in contro alla giovane a braccia aperte. 
« Brenda… »
Natalie rimase ferma, inerme. Una perfetta sconosciuta in procinto di abbracciarla era strano, il fatto che lei credesse di conoscerla da sempre disarmante. 
Venne investita da un profumo di rose.
« Lisa, da quanto tempo! Certo che ti sei mantenuta bene, eh? »
Natalie abbozzò un sorriso. « Grazie… anche tu »
Guardò l’amica. Aveva dei corti capelli neri che arrivavano alle spalle, erano secchi e crespi e notò dai bulbi provenire una bianca peluria. La sua pelle era olivastra ed i suoi occhi castano chiaro.
« C’è qualcosa che non va, Lisa? »
« No, no, va tutto bene… che ne dici di farci un giro? »

« Davvero? » Brenda sgranò gli occhi. «All’ospedale? »
« Purtroppo sì »
« E come mai? »
Natalie abbassò lo sguardo al cibo.
« Ahem… ho avuto un mancamento, nulla di grave »
« Ma sei stata via per molto tempo! »
Abbozzò un sorriso. « Sì, più o meno, ma neanche tanto suppongo… ad ogni modo, cosa fai di bello tu? »
Brenda si accigliò. Uno sguardo interrogativo apparve sul suo volto.
« Come? »
« Intendo, al momento, hai qualcosa in programma per… »
« Oh, sì! Domani sera lavorerò ad un importante festa di Castelia, le più importanti personalità politiche ci saranno! » pronunciò soddisfatta.
« Davvero! Wow… ho un vuoto di memoria, cos’è che facevi? »
« Faccio catering! Lisa, qualcosa non va? Sembri strana »
« Strana io? ». Una risata risuonò nell’aria con fragore. « Cosa dici! Sono solo un po’ stordita, sai, tra una cosa e l’altra… »
« Quale cosa? Quale altra? È successo altro? »
« Ahem… con Nate… »
« Nate? Dimmi tutto! »
Un sorriso imbarazzato apparve sul volto di Natalie. 
Dispiegò le labbra e le sue gote assunsero tonalità rosee.
« Ma certo, Nate… ci siamo lasciati »
« COSA? » 
Il suo urlo si propagò nella stanza, tanto che le altre persone nel ristorante si voltarono, richiamate dalla curiosità. Brenda si guardò attorno spaesata e ritornò su Natalie.
« Cosa? » sussurrò « com’è possibile? »
Nate è morto avrebbe voluto dire. 
« Nate è dovuto andarsene via… a… Ronnoh »
« Ronnoh? »
« Sì… è una regione molto lontana dalla nostra, molto bella »
« Sinnoh intendi? »
« Esatto! Sinnoh, Sinnoh, che bella regione »
« Mi dispiace così tanto! Eravate proprio una bella coppia »
« Non dirlo a me » mormorò fra i denti « ma parliamo d’altro! Ad esem—»
« Oh, povera Lisa! » Brenda le prese le mani « Prima quella strana donna, poi la rottura con Nate… vorrei poterti aiutarti di più »
L’atmosfera imbarazzata svanì. 
« Cosa? » la incalzò Natalie, ritraendosi da lei, « quale strana donna? ». Il suo viso si rabbuiò.
« Non te ne ricordi? » chiese Brenda, poco convinta.
« Sì, o meglio, i dottori hanno detto che potrei aver perso delle memorie… brutte… »
« Sarà sicuramente così. Qualche tempo fa, poco prima della sparizione, mi dicesti di sentirti osservata, come se qualcuno ti seguisse. Non ti ricordi dell’episodio a lavoro? »
« No… » commentò Natalie, assorbita dal racconto.
« Questa strana ragazza, aveva un abbigliamento molto particolare, venne al lavoro a chiedere di te. Quando ti vide, se ne andò subito, e poi, da cosa mi dicevi, continuò a girare nei dintorni per fissarti… avevamo tutti paura che fosse una maniaca, oggigiorno ce ne sono tanti in giro »
« Quella ragazza… com’era di preciso? »
« Non lo so! Non me lo dicesti, anche se dalle foto non sembrava una a posto. Cioè, aveva i capelli verdi! »
« Cosa? »
« I capelli verdi! Anche a me sembra ridi—»
Natalie s’alzò d’impeto dalla sedia.
« Cosa fai? »
« Devo andare, Brenda, scusa, mi sono appena ricordata di avere un importante impegno »
« Ehi! Lisa, aspetta! »
« Ci sentiamo domani, ok? Devo correre! »

 
presente — Castelia City — 05/11/11
La luce lunare filtrava attraverso la finestra ed illuminava uno spicchio di tavola. La lacca del legno risplendeva al pallore e rimandava ad Hilda un tenue riverbero. 
Il rumore del traffico copriva i respiri pesanti della ragazza, in lontananza poteva distinguere il ronzio di una sirena e le urla di qualcuno. Era la prima volta in molto tempo che le sue orecchie potevano abituarsi al silenzio sporco della città e cullarsi alla melodia delle auto che sfrecciavano sull’asfalto. Poteva abbandonarsi a se stessa, senza che Zinzolin o N la raggiungessero nell’oscurità della notte, senza che l’immagine di Julie o Bianca infestasse le sue serate, senza che il rimorso per quanto accaduto la consumasse fino a farla scomparire. Era pronta a voltare pagina.
Un trillo cristallino fece breccia nella quiete.
Il suo sguardo andò in direzione della porta. Chi mai poteva essere a quell’ora?
Si alzò e, ancora assopita, raggiunse la soglia. Afferrò la maniglia e si spinse verso il legno massiccio.
« Chi è? »
« Sono io, Natalie »
Cosa.
« Vuoi veramente chiedere aiuto a lui? Dopo Natalie? Dopo Bianca? »
« Per concludere, anche una tua collega, Natalie Inkgard, scompare dalla circolazione. È morta?, è viva? Non si sa. La ciliegina sulla torta di simpatiche coincidenze »
Voci indistinte ronzavano nella sua mente. Credeva Natalie dispersa ed invece era là, dall’altra parte della sua porta, a chiedere di lei. Cosa era successo?
« Natalie? Sei tu? »
« Sì, Hilda, sono io. Apri, ti prego »
Hilda ruotò il pomello due volte e strattonò la maniglia verso di sé.
« Natalie… »
Lo sguardo di Hilda si illuminò.
« Hilda » commentò lei.
« Cosa è succ—»
« Ti dispiace se entro? » la interruppe lei, facendosi strada nell’appartamento « ho veramente tante cose da dirti »
« Sì… suppongo tu le abbia »
Hilda chiuse la porta alle sue spalle e raggiunse l’amica.
« Hai bisogno di un bicchiere d’acqua? Di un—»
« No, sto bene. Ora però tu hai bisogno di ascoltarmi »
Hilda fece un cenno con il capo.
« Allora, cercherò di spiegare tutto il prima possibile ». Deglutì. « Il giorno che mi hai chiamato, dopo averti portata a casa, ho cercato nel tuo cellulare. Ero preoccupata per te, credevo fossi entrata in qualche, ahem, brutto giro e leggo un nome: N. Me lo segno e, il giorno, dopo lo chiamo »
La ragazza la guardò scioccata. « Cosa? »
Natalie sorrise « Appunto. Mi rispose questa EKI e io, senza la minima idea, chiesi di N. Poche ore dopo, degli strani tizi cominciano a seguirmi e tentano di uccidermi finché non arriva N. Sì, N, quello coi capelli verdi. All’inizio credo che mi stia salvando ma in realtà non è così, anche lui tenta di uccidermi! O meglio, me lo fa credere. Mi fa posizionare sul ciglio di un tetto e mi spara un proiettile che proiettile non è, è una droga allucinogena »
« Volevano ucciderti? » la incalzò Hilda, interessatasi all’argomento.
« Sì, Zinzolin voleva uccidermi. Non poteva lasciare che qualcun altro fosse immischiato nella faccenda. Comunque, nella mia allucinazione credo di star cadendo dal tetto perché è quello che credevo sarebbe successo e… sorpresa! Mi sveglio senza memorie in un ospedale. Dopo che ho recuperato la memoria mi dà una nuova identità e mi parcheggia in un angolo »
« Una nuova identità? » continuò Hilda.
« Sì, ora capirai. Lo aiuto in qualche minima cosa ma più di tanto non faccio, non so sincerante che fine abbia fatto perché è da più di un giorno che non lo sento. Lui mi fa credere che questa ragazza, che per puro caso assomiglia a me, sia stata uccisa dal marito e che lui abbia intercettato l’omicidio prima della polizia e io così accetto di aiutarlo, provando pur sempre del rimorso per la vittima. Decido così, anche per riempire le giornate, di contattare i suoi amici e di conoscerla meglio e oggi scopro una cosa incredibile: N stava seguendo! Da prima che mi facesse perdere la memoria! »
« Oh… » commentò confusa « e quindi? »
« Come “e quindi”? Non capisci? N ha progettato per tutto questo tempo una via di fuga per me! Ha scelto appositamente una persona che somigliasse a me e ha ucciso sia lei che il marito per darmi una nuova identità »
« E perché avrebbe dovuto farlo? »
« Gli serviva qualcuno assoggettato a lui, qualcuno la cui vita dipendesse da lui. È riuscito a fare ben poco comunque, è andato in prigione a quanto ne so—»
« No »
Natalie la guardò sbalordita. « Come? »
« L’ho visto questa mattina, non era in prigione. Zinzolin deve averlo fatto uscire »
« Non può essere… dobbiamo fermarlo! Hilda, è un ragazzo pericoloso! Ha progettato per giorni l’omicidio di due persone, ti ha costretto a tradire la tua amica Bianca e ieri sera si è uccisa per colpa sua. Non sappiamo quante altre persone abbia ucciso, Hilda, non possiamo neanche fidarci di lui! »
Hilda alzò lo sguardo alla finestra, in direzione dello skyline di Castelia. 
« Non so, Natalie… »
« Come non sai? Dobbiamo eliminarlo, a qualsiasi costo »
La ragazza si alzò, in direzione di un comò.
« Cosa fai? »
Hilda posò lo sguardo sulla pila di posta che aveva recuperato questa mattina. Scostò delle lettere sino a che non trovò una busta color beige con delle scanalature sulla superficie. Il suo nome era scritto in corsivo a mano sul retro.
« Cos’è? » la apostrofò Natalie.
« Questa mattina ho ricevuto una lettera… ». Aprì con delicatezza la linguetta e vi estrasse un foglio, dello stesso materiale dell’involucro. « Cara Hilda, sarei lieto se lei partecipasse alla mia cena di gala al Heathrow Palace. Non si preoccupi riguardo l’indumento, provvederò io a tutto »
« Chi è? »
« Zinzolin. Domani farà una serata per annunciare la sua candidatura a sindaco, credo che mi voglia mandare là perché dovrò scriverci un articolo »
« E cosa pensi di farne? »
Hilda recuperò il suo telefonino dalla tasca e digitò il numero riportato sulla lettera, sotto lo sguardo confuso di Natalie.
« Zinzolin, che piacere. Sì, sono io, Hilda. Volevo dirti che accetto il tuo contratto, ad una condizione: sarò io ad uccidere N »
Poteva giurare di aver sentito una risata provenire dall’apparecchio telefonico.

 
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presente — Castelia City — 05/11/11
La notte era calata su Castelia. 
Una figura si muoveva nell’oscurità, danzava alla luce dei fanali delle auto e dei lampioni erranti sulle strade della metropoli, scivolava tra i rumori del traffico senza che nessuno sentisse la sua presenza. La sua via era illuminata dalla luce lunare e risplendeva di un pallore etereo.
Raggiunse un incrocio e si fermò di fronte ad un bar.
Si guardò attorno, alla ricerca di qualcuno, che giunse qualche minuto dopo.
« Non pensavo saresti arrivato, N »
« Neanche io, Hilda »



Torno con 14 giorni di ritardo. Non è vero, non sono quattordici, sono solo sette. 
Ma questo capitolo è stato difficilissimo da scrivere. La prima parte, perlomeno, la parte di Hilda&N. Eh già, sembrava la fine del mondo ma io sono ancora qua. Ad ogni modo, mancano solo due capitoli alla fine del mondo alla fine della storia! Il diciassettesimo, il prossimo, con tutta probabilità sarà molto più corto. Penso anche più corto del quindicesimo, ma non saprei sinceramente. Il diciottesimo dovrebbe anche stare nelle 15 pagine di Pages, o almeno lo spero. Voglio finire questa storia prima di ottobre, devo farlo, mi sono imposto quella scadenza e la voglio portare a termine. 
Tante cose sono successe, dopotutto è arrivato l'inverno (di Requiem for a Dream, non di Game of Thrones). 
Tanti plot-twist (eeeh?), tante alleanze (fuck the what?) e tanto angst. Tantissimo angst.
Preparatevi perché i prossimi capitoli sono peggio. (ma sono più corti, I suppose it makes it up for everything- almost everything)

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Capitolo 17
*** Chapter XVII - Man of Science, Man of Faith ***


PREVIOUSLY ON CARDS Zinzolin mostra ad Hilda come la sua prospettiva di vita con N non sia che uno scherzo. Assieme a Natalie, decide di tramare contro N per ucciderlo. Looker ed il ragazzo, nel frattempo, si incontrano e pensano a come sconfiggere Zinzolin.
 
[avviso: ad un certo punto nella storia ci sarà una canzone. Lo capirete quando sarà il momento, ad ogni modo, nonostante non venga
nominata, la canzone in questione è questa. Non vi dico di aprirla ora per non rovinarvi la sorpresa, anyway fate come volete]

 
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
Il fragore delle mura che cedevano al suolo rimbombava nel salone. 
Colonne di polvere si erano alzate da terra e impestavano l’aria, brillando se illuminate dai pochi raggi che si facevano strada attraverso gli squarci nel soffitto. La terra non aveva smesso di tremare e del boato era presente un sempiterno eco. 
N osservò gli arazzi raffiguranti la dinastia Harmonia-Gropius che giacevano a terra, distrutti dal terremoto. I viso del padre era lacerato, lungo il suo occhio destro correva una profonda ferita che strappava in due parti il tessuto. 
Hilbert si avvicinò, scostando un masso dal suo cammino.
« Cosa significa tutto ciò, N? »
« Hilbert… Posso spiegarti tutto—»
« No, N ». Un caldo sorriso apparve sulle labbra del ragazzo. « Non voglio più le tue solite bugie. Dimmi la verità, per una volta »
« Hilbert… »
« Digli la verità, N! » urlò Zinzolin, lontano dai due, « digli qual è la verità che tanto agogna il tuo amato »
Il suo grido sopraffece l’eco dei crolli per qualche secondo.
« Hilbert—»
« La verità è che non è capace di amare! » 
La voce di Zinzolin giungeva alle loro orecchi limpida e cristallina.
« N non sarà mai capace di amare, né te né nessun altra persona su questo mondo! »
« Non è vero, non ascoltarlo Hil—»
« Perché non dovrebbe ascoltarmi, N? Sappiamo entrambi che è così »
Hilbert guardò N confuso. « Cosa sta dicendo, N? »
« Non devi ascoltarlo, sono menzogne »
« Come quelle che mi hai detto? Non hai fatto altro che dirmi bugie! »
« È… è complicato »
« Non deve esserlo » scosse la testa « potremmo semplicemente essere felici assieme, N. Ti amo »
« Anche… anche io »
« Ricordati, N » lo ammonì Zinzolin « ricorda chi sei. Sei un Principe, il Principe degli Harmonia-Gropius, non puoi permettere che il tuo cammino venga ostacolato da un banale mortale. È tua la scelta »
Hilbert prese la mano di N. « N, guardami. Sono io, Hilbert! »
Una lacrima rigò il suo viso, seguita da un’altra serie di gocce. « Hilbert… »
« Fai la scelta giusta! So… so che ne sei capace, so che in fondo al tuo cuore c’è un buona persona, c’è l’N che conosco »
N lanciò un’occhiata a Zinzolin, fissante i due con aria di disprezzo.
Posò poi i suoi occhi sul viso del suo amato.
« Vieni qua, Hilbert » commentò atono a braccia aperte « vieni da me »
« Oh, N! » i suoi occhi si riempirono di gioia « Sapevo che avresti fatto la scelta giusta! »
Il ragazzo corse in direzione di N e lo strinse in un forte abbraccio.

 
Chapter XVII
Man of Science, Man of Faith

“Smile for me. Go on, Clara Oswald. One last time”
                                                                                       
    Doctor Who, Hell Bent

 
flashback — Castelia City — 05/11/11
« Già di ritorno, Hilda? »
Natalie sedeva al tavolo della sua cucina, sorseggiando una tazza di the. 
« Natalie! Credevo dormissi »
« Anche io »
« Volevo schiarirmi le idee, farmi una passeggiata » sorrise lei « Tutto qui, è una cosa che faccio molto spesso »
« Allora buonanotte, Hilda. Domani sarà una lunga giornata »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
Natalie strinse nella mano destra il bollente manico del boiler e versò in due tazze del liquido nerastro.
Un caldo sole filtrava attraverso le finestre ed illuminava i volti delle due giovani.
« Come ci prepariamo per stasera? »
Hilda lanciò uno sguardo fugace alla donna. « Uhm, dovrei vedere. Quand’è che pensavi di passare da Brenda? »
« Poco prima di pranzo, non so bene quando debba recarsi al lavoro »
« Ottimo. Non credo… non credo ci si altro da fare, no? »
« Be’, come pensi di sbarazzarti di  N? »
Hilda abbassò lo sguardo alla sua tazzina. 
« Uhm, non saprei. Ci inventeremo qualcosa »
« È quello che hai promesso a Zinzolin, non ricordi? »
« Sì, sì, lo ricordo. Potremmo rinchiuderlo in una cella frigorifera… »
« Pensavo ad un colpo di pistola »
« Sì, sì, giusto… »
« Aspetta, com’è che faremo a incontrarlo? »
Hilda alzò lo sguardo a Natalie, sorridendo imbarazzata. « Come scusa? »
« Come faremo a tendere una trappola ad N? »
« Oh… sono piuttosto certa che verrà alla festa »
« Non potremmo, che so, chiamarlo? Dirgli semplicemente di incontrarci? »
« No, non serve, tranquilla. Atteniamoci semplicemente al programma, lui farà la sua, uhm, parte »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
« Brioche? »
« Brioche! »
Looker fissò confuso N. « Come scusa? »
« Oggi sarà una lunga giornata, meglio partire preparati! » esclamò N, facendosi strada nell’appartamento di Looker « Che monolocale delizioso »
« Oh, be’, è stata la prima cos—»
« Hai quello che ti ho chiesto? »
« Le cimici? »
« Non solo, l’intero set »
Looker indicò una scatola sul suo tavolo. « È tutto là »
« Ottimo. Allora ci vediamo per le otto al Heathrow Palace. Arrivederci, Looker! »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
Il rumore delle nocche di Natalie che cozzavano contro una porta rimbombava nell’aria.
« Chi è? » si udì dall’altra parte della porta.
« Brenda, sono io! »
La porta si spalancò. 
Il magro viso di Brenda baluginò dallo stipite « Lisa! Entra pure! »
« Brenda! ». Natalie contrasse la sua faccia nell’espressione più smagliante che potesse. « Grazie per avermi ricordato dove abitavi » commentò la giornalista « con questi vuoti di memoria, sai… »
« Non devi scusarti! Capita a tutti »
Natalie proseguì all’interno dell’appartamento, osservando attorno con curiosità. Al centro della sala v’era un tavolo in legno e due bicchieri colmi d’acqua poggiavano sopra di esso. Una grande finestra illuminava l’ambiente e la mobilia che spaziava ai lati.
« Se non ti dà fastidio ho già preparato due bicchieri d’acqua »
« Oh, perfetto. Avevo giusto sete »
« Allora possiamo accomod—»
Natalie afferrò il braccio di Brenda. « Anzi, avrei un po’ di mal di testa. Hai un’aspirina? »
« Ma certo! Ora vado a prenderla »
« Grazie »
Brenda sparì dietro il corridoio e la ragazza si fiondò sul tavolo. Estrasse dalla tasca una boccetta contenete un liquido e lo versò completamente all’interno del bicchiere. Immerse il dito all’interno dell’acqua e mescolò affinché ne fosse satura in modo omogeneo.
La mano saltò da un bicchiere all’altro, impugnò saldamente il vetro e, sedutasi, cominciò a bere.
« Sono tornata! » esclamò Brenda poco dopo balenando dal corridoio « hai ancora male? »
« Un po’ meno, grazie. Credo che non la prenderò »
Brenda sorrise. « Come vuoi, Lisa! Uh, e cos’avevi ieri? »
« Avevo un appuntamento con… ahem… il falegname »
« Falegname? »
« Sì! ». Che idea idiota, Natalie pensò fra sé e sé. Scosse la testa. « Ho un problema alla serratura della mia porta e avevo paura che potesse entrare qualcuno »
« Non preoccuparti, avremo tante altre occasioni per sentirci »
« Certo, certo… » commentò « ah, ma oggi tu hai la festa al Heathrow Palace! »
« Come sapevi che è là? » 
« Come lo so? » le fece eco lei « uhm… avevo… » si guardò attorno. Eccolo! « là, c’è scritto su quel post-it sul frigorifero »
« Oh, che sbadata! Ultimamente sono un po’… » Brenda socchiuse gli occhi « un po’… »
« Ti senti male, Brenda? »
La donna sorrise. « No, no, sto bene… »
« Ed, ahem, a che ora è? »
« Ci vediamo alle 14:00 per preparare tutto, come al so… »
La sua testa si accasciò lentamente sul tavolo e la vitalità spirò via dai suoi occhi. Dalla sua bocca uscivano dei pesanti respiri.
« Dormi bene, Brenda »
Natalie si alzò con i bicchieri in mano e li pose nel lavello. Sciacquò ciascuno due volte con del forte sapone per poi avventurarsi nel corridoio.
In cima al letto della sua camera culminava un abito nero e bianco, riposto in un porta abiti trasparente. È della mia taglia ragionò, squadrandolo. Accanto ad esso v’era un badge recante il nome di Brenda e la sua foto. 
Allungò la mano destra all’uncino della sacca porta abiti e la issò in spalla dopodiché si mise in tasca la tessera nominativa. 
In punta di piedi ritornò all’entrata e con la maggior delicatezza possibile chiuse la porta dietro di sé. Un metallico clangore risuonò nell’aria.

« Sei sicura che non si sveglierà? »
« Certo, Natalie, non si sveglierà prima di sta notte »
« Come faremo a spiegarle tutto ciò? Andrà sicuramente alla polizia »
« Possiamo occuparcene dopo? Non riusciremmo comunque a—
« Those fingers in my head… »
L’attenzione delle due ragazze fu catturata dall’apparecchio telefonico di Hilda, giacente a qualche metro di distanza da loro nella giacca della ragazza. Dolci note jazz si erano diffuse nell’aria, un suono inconfondibile alle loro orecchie.
« Cos’è? »
« La mia suoneria… »
« Chi è a chiamarti? »
Fa che non sia N si ripeté Hilda nella sua mente, fa che non sia N, fa che non sia N.
Si alzò disinvolta e e andò a recuperare il telefono, accettando la chiamata prima di aver controllato il mittente.
« Buongiorno, Hilda » gracchiò il cellulare.
Il viso di Hilda rabbuiò. 
« Zinzolin » commentò atona.
« Chi ti aspettavi? »
N.
« Nessuno »
Il ronzio continuò. « Ottimo. Ti dispiacerebbe andare alla finestra? »
« Come? »
« Andare alla finestra, Hilda »
Hilda allontanò il telefono dalle sue labbra. « Natalie » sussurrò « Natalie! »
La ragazza le restituì uno sguardo confuso.
« Vai alla finestra! »
« Hilda? Ci sei? » continuò la voce, dall’altra parte dell’apparecchio.
« Certamente, Zinzolin! ». Hilda riavvicinò il telefono all’orecchio « Cosa dovevi dirmi? »
« Sei andata alla finestra? »
« No, non cred—»
Alzò lo sguardo e vide Natalie esultare di felicità. Improvvisamente le sue capacità dialettiche erano venute meno e aveva cominciato ad esprimersi a gesti. Muoveva le braccia in aria e sorrideva ad Hilda, che le sorrise di ritorno.
« Adesso vado… »
Hilda raggiunse la finestra e guardò sotto.
Un camion era stato parcheggiato sul ciglio del marciapiede ed una colorata fila di abiti stava uscendo dal retro. Contò tre appendini in metallo, i quali portavano con sé una ventina di vestiti da sera ordinatamente appesi sul supporto metallico.
Avvicinò il telefono alle orecchi in attesa di una risposta, ma ciò che udì fu un suono sordo provenire dalle casse. « Pronto, Zinzolin? » 
« Ha chiuso? »
Hilda asserì.
« Be’… » sbuffò Natalie, osservando con cupidigia gli abiti « sono dei gran begli abiti »
« E cosa dovrei farmene? »
« Credo che voglia che ne indossi uno »
« Che? Escluso »
« È un vestito, Hilda! Cosa vuoi che sia? »
« Ok, ok, lo indosserò »
« Ottimo »
Hilda e Natalie tornarono dentro a sedersi. Poteva sentire nell’aria un’atmosfera frizzante, una sensazione che non riuscivano a scrollarsi di dosso. Non avevano idea di cosa sarebbe successo quella sera, l’unica loro era certezza verteva sulla sua natura: sarebbe stata indimenticabile. 

 
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presente — Castelia City [festa di Zinzolin] — 06/11/11
Il Heathrow Palace era un’imponente villa immersa in un lussureggiante parco di proprietà dello stesso: il Heathrow Park, che si estendeva attorno tutto il palazzo includendo un lago ed un labirinto di rose. L’entrata principale si fregiava di un imponente cancello in ferro battuto dai toni neoclassici, nel quale erano state forgiate scene mitologiche raffiguranti i leggendari di Unova. Il recinto di metallo proseguiva sino a cingere l’intera magione, intervallato da porte più piccole per la servitù, delle quali fece uso Natalie per entrare. L’edifico presentava una pianta rettangolare, diviso in più stanze su tre livelli dal terreno: la sala da ballo, dove si sarebbe svolta la cena di gala, era collocata sul terzo. Un elegante balcone semicircolare conduceva il salone all’esterno, per ammirare lo skyline di Castelia City illuminato a giorno dai grattacieli.
La ragazza, vestitasi con gli abiti che aveva precedentemente rubato da Brenda, seguì altre due ragazze che, come lei, lavoravano per la società di catering. Si presentò con il badge dell’amica e, con sua grande sorpresa, non fu grande lo stupore.
« Sostituisci Brenda, eh? ». Un uomo ammiccò in direzione di Natalie.
« Più o meno »
« A me va bene, basta che non lo sappia il capo »
« Sarò muta come un pesce » 
Il ragazzo rise. « Vorrei ben vedere se fossi tu a denunciarti! »

Natalie percorse con grande ammirazione le sale ed i corridoi del palazzo, senza tradire espressioni di stupore di fronte a quadri o statue che la colpissero particolarmente. Il pavimento era lastricato di marmo rosso, lungo il quale si diramavano centinaia di striature biancastre e marroni. Quando, entrata nel salone, alzò lo sguardo, non poté che rimanere estasiata: un affresco raffigurante la dinastia Harmonia-Gropius sormontava il suo capo, al centro del quale pendeva un imponente lampadario di cristallo su più livelli concentrici. Alla sua destra ed alla sua sinistra, adiacenti muri, v’erano sedie dal gusto neoclassico e tavoli non ancora imbanditi. Delle finestrate poste all’altezza del bacino di Natalie interrompevano i motivi araldici della carta da parati.
« Brenda Chenowith? Brenda Chenowith? » urlò una voce, spezzando il silenzio che regnava nel salone. Una donna di mezza età, vestita delle stesse vesti della giornalista, sostava esattamente sotto al lampadario reggendo in mano un plico di fogli.
Natalie si avvicinò. « Sarei io »
La donna la squadrò, poco convinta.
« Ti sta bene il nuovo taglio, Brenda »
« Ahem—»
« No no, non dire nulla. Basta che tu vada a fare il tuo lavoro »
Natalie girò sui tacchi e tornò al piano terra, dove si mise ad aiutare con i preparativi.

 
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La serata scese dolcemente sulla città. 
Il sole era in procinto di tuffarsi nel mare come sfiorava con nostalgia il suo riflesso sul pelo dell’acqua. Emanava una luce rossastra, dipingendo attorno a sé una raggiera di colori porpora che si riflettevano a loro volta nel cielo e nelle nuvole e le colorava di tenui arancioni e rosa. Non v’era una imbarcazione all’orizzonte capace di oscurare la maestosità del fenomeno del tramonto o di relegare la stella ad un secondo posto. Fugaci stormi di gabbiani compivano evoluzioni circolari alla luce crepuscolare, assumendo visti dal porto l’aspetto di leggiadri danzatori nel cielo.
Quando il sole svanì dentro il mare, il cielo cedette il passo alla fredda notte, trapuntata da una miriade di puntini luminosi e illuminata dalla luna, quel giorno nella sua totale espressione. 
Hilda scese dall’auto che Zinzolin aveva mandato a casa sua per portarla alla villa con esitazione. L’abito che indossava era verde smeraldo, si fregiava di una scollatura a cuore che si concludeva con due spalline del medesimo colore sino a cingerla sul retro. L’abito proseguiva attillato sull’addome per poi diramarsi in una serie di balze e falde sino ai piedi. Le gambe erano coperte nella loro interezza dal vortice di stoffa che si avviluppava attorno la magra figura della ragazza. Indossava delle scarpette col tacco verde scuro ed i suoi capelli erano raccolti in un’elaborata acconciatura sul suo capo, nonostante qualche ciocca fuoriuscisse dalla pettinatura. In particolare, un ciuffo di capelli castani era lasciato a pendere sul lato destro della sua tempia e scendeva sino al collo, sinuoso.
« Signorina Baskerville » esordì un uomo, vestito di uno smoking nero, inchinandosi di fronte alla ragazza. « Zinzolin ha caldamente suggerito che fossi io ad accompagnarla sino alla sala da ballo »
« Vuole giustiziarmi lontano da occhi indiscreti? Ottima strategia »
Il maggiordomo si rialzò e le sorrise. « Prego, da questa parte »
« Uh, le cose si fanno interessanti… »
Imboccarono una via minore che s’inseriva nel parco del palazzo nascosta da un fitto cespugliame dopodiché furono immessi in un meraviglioso labirinto di rose. Riuscì in lontananza a scorgere una costruzione circolare, all’interno del roseto, ma il maggiordomo fece in modo che non si perdesse lungo la strada. 
Quando entrò, attraverso una scala laterale, la dolce melodia di un valzer giunse alle sue orecchie. Poteva udire il chiacchierio degli invitati saturare l’aria e l’afrodisiaco suono dei violini accompagnare il rumore, dandogli un completamente diverso tenore. Anche il più irritante traffico cittadino sarebbe diventato un classico concerto se accompagnato da quella melodia, considerò Hilda.
S’inoltrarono in una piccola anticamera, dalla quale partiva una rampa di scale in salita.
« Salga quelle scale e si ritroverà nella sala »
« Non viene anche lei? »
« No, signorina Baskerville » commentò atono.
« Ma—»
« Prego, non abbia esitazione »
Abbozzò un inchino come Hilda passò davanti a lui e risalì le scale. 
Il muro che cingeva la rampa diveniva mano a mano più corto sino a che non scomparì, rivelando alla ragazza una scioccante sorpresa: si trovava, sola, in procinto di discendere la scala che conduceva direttamente al salone. La maestosa scala principale, al di sopra di lei stava solo un balconcino che conduceva ad una stanza privata: di fronte l’intera folla. Lanciò un’occhiata al cameriere che l’aveva scortata sino a lì ma lo vide scomparire dietro un muro.
La musica rallentò, sino a cessare.
Le luci si affievolirono ed un brillante fascio luminoso venne puntato su di lei.
« Quella è Hilda… sì, la giornalista… » udì tra il brusio generale.
« Cosa ci fa qua? »
« Hai visto? Quella è la giornalista di cui Zinzolin parlava… »
Scese il primo gradino, il secondo e poi il terzo. Più si avvicinava al pavimento più sentiva la tensione aumentare in sala, gli occhi erano incollati su di lei e non accennavano a guardare da un’altra parte: era la stella della serata. 
Pregò che il tragitto durò il meno possibile e quando non riusciva più a sostenere l’ansia constatò di aver toccato terra. La musica aveva ripreso a suonare, le luci si erano accese nuovamente e le persone avevano quasi dimenticato della sua esistenza. 
Tirò un sospiro di sollievo.
« Hilda! ». Natalie apparve tra la folla, reggeva un vassoio di tartine in mano. « Cosa credevi di fare? » sussurrò.
« Non— non l’ho deciso io! Zinzolin voleva, in qualche modo, che facessi questa entrata »
« Be’ se volevamo contare sulla discrezione il nostro piano è saltato. Dobbiamo muo—»
« Shh, Natalie, shh. Lasciami godere la serata, tra un po’ ci penseremo »
Allungò la mano verso un vol-au-vent ripieno e lo cacciò in bocca. Come lo gustava nel palato, ammiccò in direzione della compagna.
« Ricordati qual è l’obiettivo di tutto questo! »
« Sì, uccidere N, ce l’ho ben qua » si diede un colpetto sulla tempia « in mente! »

« Looker! Qual buon vento! »
Looker apparve svoltando da un angolo, intercettato poco dopo da uno smagliante N. A differenza del primo, che indossava un discreto smoking nero, il ragazzo portava un candido abito lungo la parte superiore ed inferiore, spezzato da solo un paio di scarpe verde smeraldo ed una cravatta del medesimo colore. Un garofano verde pallido culminava sull’occhiello.
« N! Come hai fatto a trovarmi? »
« Ho fatto il giro dell’edificio, prima o poi saresti dovuto arrivare! » scherzò « Piuttosto, hai tutto? »
Dalle mani del detective apparse una valigetta nera, chiusa sull’apice da un lucchetto a quattro cifre.
« Il codice è 0000 »
« Viva la fantasia! » rise N « ad ogni modo, grazie molte. Entriamo? »
« Oh, credevo… come faremo ad entrare? »
N prese sottobraccio Looker e lo spinse a seguirlo, avviandosi entrambi all’entrata del parco. Il flusso di persone che entravano era calato notevolmente dal momento di punta ed ora era deserto il cammino antistante il cancello. 
« Invito, prego? »
N consegnò una busta giallo ocra all’uomo.
« Molto bene, ed il suo? » continuò, riferendosi al detective.
« I—»
« È mio marito, è con me »
« Molto bene signori, entrate pure »
« Cosa? » sussurrò Looker, poco più avanti rispetto all’entrata « tuo marito? »
« Cosa c’è? Era l’unico modo per entrare entrambi con un solo invito »
Looker accigliò « Non c’era un modo più ortodosso? »
« Quale modo più ortodosso di marito e marito? » sorrise N, avvicinando le labbra a Looker « Vive l’amour » concluse, consegnando un delicato e repentino bacio a Looker.
« Ehi! »
« Forza, entriamo! Una serata di gala ci aspetta! »

« Brenda! Brenda! »
« Sì? »
Natalie fece una giravolta su sé stessa, reggendo tre vassoi con un braccio e due con l’altro. Il suo viso palesava uno stato d’animo irritato ed indisposto, se fosse possibile anche peggiorato dalla confusione e dalla a suo dire smielata musica che le bombardava le orecchie.
« Più veloce! Devi essere più veloce, muovi quel culo che ti ritrovi! »
« Ehi! Come ti—»
« Tu ascolterai quello che dico e non ribatterai, ok? O ti devo mandare fuori a calci nel culo perché non sei la vera Brenda Chenowith? »
« Sono sicura che sia illegale in qualche modo parlare così a un dip—»
« Bene, hai trovato il lavoro che fa per te, l’avvocatessa, ora vai e vedi di finire quei cinque vassoi entro cinque minuti »
Il ragazzo spinse Natalie dentro la folla, in balia di sé stessa e della confusione generale.
Era un’impresa circense muoversi con cinque vassoi retti su solo due braccia senza far sì che venissero rovesciati su qualcuno o che cadessero rovinosamente a terra. Aveva rinunciato a camminare a testa alta, manteneva il suo sguardo basso individuando i piedi delle persone ed evitandoli affinché il cibo rimanesse integro.
Fu un’ottima strategia per un po’, ma a lungo andare finì per sbattere con molte più persone di quante non avrebbe fatto mantenendo gli occhi ad altezza del viso.
Alzò lo sguardo, nel tentativo di scusarsi per la sesta volta, e rimase interdetta dalla figura che le si era presentata davanti.
« Brenda… » commentò atono l’uomo di fronte a lei « Brenda… Chenowith! »
Indossava uno smoking completamente bianco, sia la parte superiore che pantaloni. Le sue scarpe erano color verde smeraldo ed anche la sua cravatta, tali da riprendere il colore della sua scintillante chioma di capelli.
« Ci conosciamo, per caso? »
« … »
« Non dire nulla, non serve. Abbi solo una buona serata » sorrise lui, dandole una bacca sulla spalla. « Oh, prima però serviamoci! »
Afferrò un bicchiere di spumante e lo portò alla bocca, deliziato.
« Delizioso! »
Natalie abbassò lo sguardo, ricolma di vergogna.
« Dovrei and—»
Le luci si spensero.
La musica cessò.
Un fascio luminoso illuminò il balconcino che dava sulla scalinata, sopra il quale uno schermo televisivo mandava in onda una sola immagine, recante verde su nero “EDWARD WILHELM ZINZOLIN”.
L’attenzione di Natalie ed N era stata catturata, così come per il resto degli invitati.
« Buonasera a tutti! » esordì il saggio, rompendo il silenzio creatosi da lì a poco prima. « Spero che la serata sia di vostro gradimento. Ad ogni modo, avevo invitato qua voi tutti per un motivo ben diverso. Nel corso dei mesi mi avete conosciuto come Zinzolin, un esponente della particolare associazione Team Plasma: sono di più. Sono un filantropo, mecenate e, da oggi in poi, politico della Repubblica di Unova! 
« Voglio infatti sancire con questo discorso la mia candidatura a sindaco di Castelia, che verrà poi ufficializzata nei giorni venturi. Viva Castelia City e viva la Repubblica di Unova! »
Uno scroscio di applausi rimbombò nell’aria, appagando la sete di fama di Zinzolin che contrasse il suo viso in un espressione di malizioso sorriso.

Zinzolin scomparve 
Hilda si guardò attorno, spaesata dal discorso di Zinzolin, alla ricerca di Natalie, quando vide i suoi capelli da lontano perdersi nella folla.
« Natalie! Natalie! » esclamò come la raggiunse « Hai senti—»
Il suo viso cozzò contro la stoffa morbida e bianca di uno smoking. 
« Oh, mi scusi signore, non vol—»
L’uomo si girò.
Trasalì.
Gli occhi castani di Hilda incrociarono gli occhi verde smeraldo di N. 
Entrambi erano senza parole.
« N… »
« Hillda… »
« Devo— devo andare… »
Hilda abbassò lo sguardo e continuò per la sua strada, ma N la fermò. Pose le sue mani alle nude spalle della castana e la mise davanti a lei. Poteva ammirarla in tutta la sua bellezza, una bellezza che aveva tanto bramato di vedere con i suoi occhi.
« Sei… bellissima » commentò. « Sei la più bella creatura che abbia mai visto in vita mia »
« N… »
« No, ti prego. Non dire nulla » sussurrò « vuoi, invece, concedermi questo ballo? »
N si inchinò, porgendole la mano destra.
« Oh… »
« Di’ di sì, Hilda Baskerville »
Un sorriso incurvò le labbra di Hilda.
« Allora dirò di sì, Natural Harmonia-Gropius »
Le note di un dolce valzer si diffusero nell’aria. La folla si spostò verso i muri mentre qualche sporadica coppia di danzatori decideva di prendere posto al centro della sala. 
Le braccia di Hilda tremavano al solo pensiero di doversi esibire sotto gli occhi di tutti, nonostante una parte di sé fosse eccitata per l’idea di danzare con N. Sarebbe stato un ultimo ricordo piacevole, prima di voltare pagina della sua vita e nascondere quelle memorie all’oblio della mente.
N si pose davanti a lei, alzò il braccio sinistro e lo stese verso l’esterno, mentre pose quello destro a semicerchio sulla scapola di Hilda. Lei si limitò a seguire i movimenti del ragazzo, completando la circonferenza di braccia che aveva cominciato.
« Hai mai ballato il valzer? » pronunciò, dolce e mellifluo.
« No, non credo di averlo mai fatto » ribatté imbarazzata « nei miei sogni, magari » scherzò.
« Credi di esser capace di assecondare i miei movimenti? »
« Se tu sarai capace di farmeli assecondare »
« Oh, Hilda Baskerville, io sono capace di portarti sulla luna »
Mosse il piede destro in avanti e ruotò l’angolazione del bacino di novanta gradi. Hilda seguì armoniosamente i suoi passi e, lentamente, ingranarono la marcia. 
Un sorriso dispiegò la bocca di N. « Non te la cavi male »
« Ho un ottimo maestro » sorrise anch’essa.
Il ragazzo avvicinò le sue labbra alle labbra di Hilda. « Allora promettimi di dargli un bacio non appena lo vedrai » sussurrò dolcemente.
« Sarà fatto »
Prima di quanto potesse immaginare, il ballo aveva preso piede e si era creato un nutrito gruppo di coppie che danzavano leggiadre sul parquet della sala. Le dolci note del violino erano capace di sciogliere anche i cuori più duri e di ammorbidire anche i più sprezzanti animi. Hilda respirava un’atmosfera magica, fatata. Stava vivendo un sogno ad occhi aperti.
« Non è niente male come ultimo ballo » scherzò Hilda « è un peccato che debba finire »
« Di’ una parola e continuerò a ballare sino a che il mio corpo me lo permetterà »
« Mi piace pensare che possa essere così. Danzare su questo parquet in eterno, solo noi due, al suono del violino »
« È questo il tuo più grande desiderio, Hilda Baskerville? »
« Sai qual è il mio più grande desiderio, N »
Il viso di N si rabbuiò.
« Non posso offrirti più che tutto me stesso »
« Ma c’è una cosa che tutto te stesso non sembra poter dare »
Hilda scosse la testa. « Ma non ne parleremo oggi. Non ne parleremo ora, voglio conservare un bel ricordo di questa serata »
N si arrestò.
« Ho paura che questo ballo sia finito » mormorò. 
Improvvisamente, i suoi occhi si erano spenti ed il viso aveva assunto un’espressione malinconica. Il suo sguardo assente eludeva le occhiate della ragazza.
« Oh ». Hilda si guardò attorno. « Vuoi concedermene un altro? »
« Non credo sarà possibile »
« Come? »
N mosse un passo indietro. « Devo andare, Hilda »
« No, resta ». Afferrò il suo braccio « Ti prego, ancora un po’ »
Il ragazzo si divincolò dalla stretta sotto gli occhi languidi di Hilda e si allontanò dalla sala da ballo, « Ricordati perché sei qua, Hilda. Non dimenticartelo mai »
« Ed il ballo che mi hai promesso? »
« Attenderò con ansia il giorno in cui potremmo ballare insieme, Hilda. Non ora, non domani, forse mai. Sino ad allora, non passerà un giorno in cui non vorrò danzare ancora con te »
N si voltò e la sua chioma verde sparì nella folla. 

 
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flashback — Castelia City — 05/11/11
« Non pensavo saresti arrivato, N »
« Neanche io, Hilda »
Hilda abbozzò un sorriso. « No, veramente. Pensavo… »
« Pensavi che non avrei capito il codice? »
« Non sono mai stata brava in queste cose »
« Incantrami al solito ti amo » scherzo lui « una ragazza di poche parole, eh? Potevi almeno dirmi l’orario »
« Credevo che l’avessi capito. L’orario dei messaggi, credevo l’avessi capito… »
« Avevo intuito che fosse così, ma ho preferito prendermi con anticipo »
« Quanto anticipo? »
« Due, tre orette… tutto e di più per la mia amata Hilda! » scherzò lui, sorridente.
« Non ho voglia di scherzare, N » continuò lei, il suo tono era serio e differente da qualsiasi altra intonazione che avesse mai conosciuto prima « ti ho chiamato qua per uno scopo preciso »
« Cosa pensi di fare? »
« Voglio eliminare Zinzolin. Eliminarlo completamente »
« Non potrai mai ucciderlo, Hilda. Lo sai »
« Sì, lo so… ma se ci fosse un’altra soluzione? »
N la fissò. « Potrebbe darsi che ce ne sia una »
Gli occhi di Hilda si illuminarono. « Davvero? » 
« Sì, ma dovrai ascoltarmi attentamente »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
Hilda raggiunse le scale in tempo per notare la figura slanciata di N perdersi tra i corridoi del palazzo. Aveva l’attitudine di un fantasma al quale, più si avvicinava, più pareva allontanarsi. I suoi passi rimbombavano nell’aria ma la sua immagine era sempre più lontano ai suoi occhi. 
Scese al primo piano, la vana speranza di rivederlo era ciò che bastava per muovere le sue gambe e spingerla dove non avrebbe mai osato andare. Allora il suono dei violini era svanito e non rimaneva che un indistinto eco ad infestare le sale del Heathrow Palace.
« Hilda! Cosa ci fai qui? »
Avvertì un stretta al braccio, che la costrinse a girarsi.
« Natalie… »
« Ti devo ricordare il nostro piano? »
« Lasciam—»
Natalie la fissò intensamente negli occhi.
« Non ti lascerò andare, Hilda. Ora tu verrai con me ed assieme faremo fuori N, ok? »
« Io—»
« Ok? »
Hilda deglutì.
« Ok »
« Ottimo ». Un sorriso illuminò il volto di Natalie « Ora seguimi, prenderemo l’occorrente necessario »
« Occorrente? Cosa— cosa ci serve? »
Natalie la strattonò verso la sala cucine dove, controvoglia, passarono in rassegna ogni tipo di coltello e strumento per tendere una trappola al ragazzo dai capelli verdi. 
Come i suoi occhi si posavano sugli acciai da cucina, Hilda provava le sue membra tremare. Sentiva profondamente sbagliato quello che stavano cercando di fare ed al contempo non trovava dentro di sé il coraggio di mettere in azione il suo piano. Quand’era il momento giusto?, si chiese. Natalie pareva così convinta che anche i più blandi sentimenti che potevano portarla ad andare contro N trovavano legna per il proprio fuoco.
Allungò la mano verso un coltello a lama piatta e larga, posando la sua mano sul manico di legno. Quando lo estrasse dalla fodera, una luce accecò i suoi occhi. Osservò attentamente il riflesso che le restituiva lo strumento e, per la prima volta, si vide bella. Un fugace sorriso balenò sul suo volto.
« Natalie… »
Natalie era assorta nella sua intensa ricerca. Non si voltò verso la giovane ma si limitò a rispondere.
« Sì? Hai pensato a come distrarre N? »
« Ecco, a proposito… »
« A proposito cosa, Hilda? »
« Non credo di voler più ucciderlo… er, uccidere N »
« Cosa? ».
Girò il collo sino ad incrociare lo sguardo di Hilda. « Cosa? »
« Nessuno ci obbliga a farlo. Potremmo lasciarlo in pace, magari sarebbe capace di darci una nuova identità e di—»
« Ne ho abbastanza di nuove identità! Ho dovuto rinunciare al mio lavoro ed ai miei affetti solo per colpa di N, senza contare tutte le persone che ha ucciso o ferito durante il percorso! Quando capirai che è un mostro? »
« Non è un mostro… »
« Sì che lo è! Come fai a non vederlo? »
« Perché lo amo ». Provò un brivido lungo la schiena come pronunciava quelle parole. « Io amo N »
« Anche dopo tutto ciò che ha fatto? Come fai ad amarlo! »
« Perché so che oltre a quell’N c’è l’N di cui mi sono innamorata »
Natalie rimase a fissare i coltelli.
« Se la pensi così… » mormorò, avvicinando la mano ad un coltello dalla lama lunga ed affusolata, « non mi lasci altra scelta »
« Mi stai minacciando? »
« Devo, Hilda. Fosse l’ultima cosa che faccio, lo ucciderò »
Hilda portò il coltello che stringeva fra le mani avanti a sé. « Vuoi davvero rischiare di ferirmi per portare avanti i tuoi ideali? »
« Non esiterò a farlo » ribatté atona « come ha fatto Bianca prima di me. Non lascerò che il suo suicidio rimanga impunito »
« La colpa è so—»
« … solo tua, lo so. Diresti qualsiasi cosa pur di proteggere N, ne sei succube »
« N ti è entrato nel cervello, Hilda, ne sei succube! »
Nella sua mente udì le parole di Ethan rimbombare.
« Mi dispiace che tu la pensi così, Natalie »
« Anche a me dispiace che tu non lo capis—»
Delle voci roche e gravi si fecero strada nelle orecchie di Hilda e Natalie. L’eco dei passi pesanti si era diffuso anche nella stanza.
« Cos’è? »
« Mi dispiace che sia dovuto finire così, Natalie » sorrise lei « avrei veramente voluto che tu capissi questa situazione »
« Di cosa— di cosa stai parlando? Cosa stai dicendo? »
Un tonfo sordo interruppe la loro conversazione.
La porta che le separava dal resto del palazzo venne scardinata dai perni che la tenevano in piedi e cedette al suolo, alzando una coltre di polvere nell’aria. Delle tute blu apparvero sulla soglia dell’uscita, un striscia nera attraversava i loro bacini.
Come la polvere si diradò si rivelarono alla vista di Natalie ed Hilda due poliziotti, entrambi reggenti in mano un arma da fuoco di forma longitudinale.
« Natalie Inkgard, lei è in arresto per furto, omicidio plurimo e furto d’identità »
« Cosa? »
Il viso della donna parlava più di quanto le sue labbra avessero mai potuto dire.
« Mi dispiace, Natalie, il tuo gioco è finito »
« Hilda, che cazzo hai fatto? » gridò « CHE CAZZO HAI FATTO! »
Un agente poggiò la sua mano sinistra sul braccio di Natalie ma lei ritrasse il corpo, esibendo come difesa il coltello con il quale aveva minacciato Hilda.
« Ti daremo l’aiuto di cui hai bisogn—» Hilda si accasciò sul piano della cucina, reggendosi con le braccia. Tossì ripetutamente. « bisogno, Natalie! »
« Signorina, sta bene? La signora le ha fatto qualcosa? »
« No—» tossì « no, no. Sto bene, occupatevi di lei »
« LASCIATEMI STARE! LASCIATEMI STARE! »
« Hai bisogno di un aiuto medico, Natalie! Sei malata! »
Un agente si pose davanti a Natalie e le afferrò il coltello dalla mano, scaraventando a terra successivamente. Il secondo uomo  le chiuse le mani all’interno di un paio di manette e le strinse le braccia tra i pugni affinché non si dimenasse. I suoi occhi erano iniettati di sangue, era in preda a forti convulsioni.
« NON È COLPA MIA! NON HO FATTO NULLA! NON HO FATTO NULLA! È TUTTA COLPA DI N! DI N! »
« Addio Natalie! »

 
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flashback — Castelia City — 05/11/11
« Come prima cosa, dovremmo trovarci un modo di sbarazzarci di Natalie »
« Cosa? Perché? »
« È una mina vagante, è un rischio troppo grande averla con noi »
« No! Non voglio— non voglio tradirla! »
« Ho paura che dovrai farlo Hilda, ma tranquilla, non servirà ucciderla »
« Se non vuoi ucciderla cosa farai? »
« Qualche ora prima chiameremo la polizia, dicendo di sapere che la vera Lisa Fisher è morta e che Natalie Inkgard, una giornalista del Castle, l’ha uccisa assieme al marito per rubarle la identità »
« COSA? Non posso farle questo! »
« Devi, Hilda. È l’unico modo per cui possiamo farla passare per psicologicamente instabile e fare in modo che ogni cosa che dica sia falsa! »
« Non lo so… non c’è una soluzione migliore? »
« Siamo in una guerra: dobbiamo fare dei sacrifici »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
Il labirinto di rose consisteva in un roseto di forma quadrata, all’interno del quale si estendevano alti e geometrici i cespugli di rosa. Vi era un’entrata per ogni lato e si congiungevano in un quadrato concentrico poco prima del centro, rappresentato da una fontana di grandi dimensioni raffigurante Reshiram e Zekrom. Sullo specchio dell’acqua era riflessa la luna, in continuo mutamento grazie al flusso sempiterno del liquido.
Il rumore della fontana saturava l’aria.
N era chino ad osservare la sua immagine sulla superficie acquea, anch’esso tremolante.
« Sapevo che ti avrei trovato qua »
Rimase a guardare il suo riflesso. 
« Hilda » commentò atono.
« È appena arrivata la polizia. Natalie… » esitò, osservando la schiena candida del ragazzo « hanno portato via Natalie »
« Ottimo. Perché sei venuta a cercarmi? »
« Volevo dirti addio »
« Ci siamo già detti addio, non ricordi? Va’ da Looker, ti aspetta all’interno del Palazzo »
« Io… »
« Vai »
Hilda sbuffò.
Il suo sguardo vagò attorno a sé, scorse sul terreno di terra battuta e sull’imponente statua, illuminata da una decina di fari ai lati del basamento.
« Io… »
Hilda tossì.
« Ti— ti amo »
N alzò il capo.
« Ti amo, N. Come puoi essere indifferente a questo? »
« Va’ da Looker, Hilda »
Lo sterile gorgoglio dell’acqua accompagnava le sue parole.
Hilda mosse un passo indietro e si voltò. Davanti a sé una parete di rose si estendeva per una decina di metri, conducendo poi alla via d’uscita.
« E Hilda… » 
« Sì, N? »
« Non ho mai considerato la nostra relazione un gioco »
Inizialmente Hilda non capì cosa intendeva il ragazzo. Esitò qualche secondo, tempo nel quale rimase in silenzio.
« Come scusa? » 
« Mi avevi chiesto… tempo fa, mi avevi chiesto se considerassi la nostra relazione un gioco. No, non lo faccio »
Un sorriso compiaciuto illuminò suo viso.
« Addio, N » concluse, scomparendo dietro i cespugli di rose.

« Ti ricordi cosa devi fare, Hilda? 
Hilda asserì. « Sì, ho tutto in mente »
« Ottimo » sorrise Looker « ricorda, parla ad alta voce e fai in modo da essere molto vicino a lui »
« Non è la persona più gradevole del mondo ma farò uno sforzo »
« Non sto scherzando, Hilda. È la nostra unica possibilità »
« Lo so, lo so. È la terza? o quarta volta che me lo ripeti? »
« Voglio solo che tutto vada alla perfezione, ok? »
« E sarà così, ok? »
« Ok, ok! Ripetimi quello che devi dire »
Hilda fece un sorriso canzonatorio. « Buonasera, Zinzolin. Ho fatto… »

« … ho fatto ciò che mi avevi chiesto »
La pesante porta di legno si chiuse alle sue spalle con un tonfo sordo.
Guardò di fronte a sé, alla sua sinistra stava un caminetto crepitante mentre alla sua destra un tavolino di vetro, sulla quale sommità figurava una scacchiera di quello che le sembrò vetro. Le pareti erano ricoperte di libri ed un ritratto raffigurante un distinto signore troneggiava troneggiava sopra il fuoco. 
Zinzolin sedeva dall’altra parte del tavolino, sottostante ad un raffinato lampadario.
« Ottimo » sorrise il saggio « accomodati pure, Hilda. Dobbiamo parlare »
« Lo credo anch’io »
Avanzò di qualche passo e si sedette su di uno sgabello dal gusto neoclassico.
« Ho avuto molto tempo per pensare a ciò che faremmo nel futuro, Hilda, ai piani che tu hai per il futuro. Ebbene, non sono sicuro di voler portare avanti i progetti che avevo con te »
Hilda avvertì un bruciore al collo. Ogni respiro che faceva grattava la sua trachea e diffondeva uno sgradevole odore nel palato.
« Non voglio più che tu uccida N, Hilda »
« Come scusa? »
« Non voglio più ucciderlo, Hilda ». Pronunciò quelle parole con la calma e la tranquillità che permeavano i suoi discorsi. In qualche modo non era riuscita a convincerlo della verità delle sue azioni. « Ti senti male? »
« Come—»
« Hilda, Hilda! » sorrise lui « Pensavi davvero di giocarmi un tiro del genere? Non potresti mai uccidere N, non sei capace di uccidere! » sorrise il saggio « L’ho sempre saputo »
« Non è vero! Io—» sbatté i pugni contro il tavolo « l’ho ucciso! Io l’ho ucciso! »
« Non agitarti, Hilda. Stai calma. Come stavo dicendo, uccidere N non rientra più nei miei piani. Sarà pure inutile ai miei scopi ma è pur sempre il Principe, come credi che potrei guidare i Sette Saggi senza di lui? Mi hai fatto un favore in realtà »
« Posso spieg—»
« Non serve. Piuttosto, mi premeva dirti un’altra cosa. Ti ricordi quando ti ho detto che uno di voi doveva morire? »
Quelle parole ridestarono Hilda dallo sconforto in cui era caduta poco prima. Improvvisamente la discussione aveva ripreso un interesse alieno.
« Ho paura che sarai tu a morire, Hilda. Spero che non ti arrechi troppo disturbo »
Cosa.
Si alzò in piedi, sentitasi aggredita dal solo pensiero. Si ritrasse dalla figura di Zinzoline, avvicinandosi al tepore del camino. « Cosa? Che stai dicendo? »
« L’hai sempre saputo, Hilda! Non potete stare assieme, non potrete mai farlo. Nel frattempo, finché voi non lo capirete, devo separarvi a forza »
« Non riuscirai mai ad uccidermi, Zinzolin! »
« Dovresti sapere che quando voglio una cosa la ottengo, Hilda. Infatti, stai già morendo »
« Co— cosa? »
« Hai per caso accusato un malore alla festa? Colpi di tosse? Male alla gola? È il veleno che ho fatto inserire all’interno del vestito. Durante tutto questo tempo la tua pelle è stata a contatto con una superficie fortemente impregnata di veleno, un veleno inodore ed incolore »
« No… non è vero… » 
Le sue braccia presero ad agitarsi. Non era capace di mantenere la sua mascella chiusa, qualcosa nel suo corpo voleva rigettare quell’idea. Nella sua mente, i pensieri più conturbanti presero piede. 
Provò un bruciore alla gola.
« NON È VERO! » gridò, perso il controllo di sé stessa. 
« Hilda, non prenderla così male! D’altro canto, N vivrà! Non ne sei felice? »
Quando alzò lo sguardo, Zinzolin era ad un passo da lei.
« Allontanati! ALLONTANATI MOSTRO! »
« Non essere così cattiva nei miei confronti! Voglio solo aiutarti! »
Era in trappola. 
Il suo piano, lo stesso piano che credeva potesse salvarla era stato ciò che l’aveva costretta alla morte. Il suo cuore aveva accelerato i battiti, la sua mente era annebbiata da molteplici emozioni. Provava rabbia, una forte rabbia ed un forte rancore nei confronti dell’uomo che le aveva distrutto pezzo dopo pezzo la vita e paura. N non l’avrebbe salvata, non ne sarebbe stato capace.
Corse alla porta e vi si gettò con tutta la forza che aveva in corpo.
Più batteva, più le speranze di essere salvata svanivano e con esse la volontà di vivere.
« AIUTO! AIUTO! » urlò, ogni parola era un marchio a fuoco sulla sua gola.
Le lacrime cominciarono a scendere copiose, mescolandosi al sangue ed alla polvere. La sua bocca era impastata e vide un rivolo rosso cremisi stillare dalle sue labbra. Sangue.
Me lo merito? si chiese. Aveva deliberatamente scelto di salvare N, anche dopo le ammonizioni di Natalie: sì, aveva scelto lei quella strada. In qualche modo sapeva che non sarebbe durata, era forse la giusta condanna?
« Non voglio morire! » singhiozzò « non… non voglio… »
« Cosa ti rende diversa da Bianca o Julie? Quando ho fatto uccidere Julie non mi sembrava che tenessi così tanto alla sua vita. O di Bianca. Anche io ho dovuto fare dei sacrifici, ho addirittura ucciso il mio capo! Si chiamava Bronius, se ti interessa » mormorò « ma certo che ti interessa! Stai per morire, non potresti sicuramente lamentartene, no? »
Le sue parole erano permeate da un crudo risentimento.
Tossì nuovamente, questa volta il sangue si gettò sul pavimento, tingendolo di un rosso acceso. Avvicinò la bocca al liscio e freddo marmo e vomitò. Se non avesse saputo il contrario, avrebbe detto che il cibo che rigettava le stesse bruciando la gola. Non era capace di sopportare tale dolore.
Si trascinò sino al tavolino, gattonando come un Liepard zoppo, e nel tentativo di alzarsi spinse la sua mano sino alla sommità. 
Facendo pressione su di esso era stata capace di alzarsi.
La struttura, in equilibro precario, traballò e come effetto la scacchiera venne scaraventata a terra. Ogni pedina si frantumò al suolo risuonando nell’aria con un forte suono stridulo. 
« Io… non ho—» fu interrotta da un altro rivolo di sangue « ho pianto per Ju— Julie… »
« Non è vero, Hilda, hai pianto per te stessa! Sapevi che prima o poi sarebbe successo anche a te, non sei la prima né l’ultima. Grazi a te, quando sarò sindaco di Castelia, la più importante città Unova, potrò puntare agli organi amministrativi ed alle cariche più alte. La regione di Unova sarà nuovamente unificata e non saranno più gli Harmonia-Gropius a regnare, ma i Zinzolin! È una nuova era quella a cui tu hai dato inizio è il tuo sangue che getterà le basi per la rinascita della civiltà »
La visione di Zinzolin si faceva sfocata. I colori si confondevano tra loro, il crepitio del fuoco pareva l’unico suono contemplato al silenzio delle parole del saggio e la luce fu risucchiata. Lentamente, Hilda lasciò la presa del tavolino e si accasciò a terra.

 
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flashback — Castelia City — 05/11/11
« Delle cimici? »
« Sì. Devi fare in modo che confessi ciò che ha fatto. Noi lo riprenderemo e con l’aiuto di Looker manderemo la sua confessione in onda su ogni apparecchio televisivo e radiofonico del Heathrow Palace e dintorni »
« E come… come pensi che questo possa fermarlo? »
« Non lo farà. Non troveranno le basi per incriminarlo, ma nessuno vorrà più avere a che fare con lui. Dopodiché, il resto del Team Plasma penserà a cosa farne »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
Un tonfo sordo risvegliò Hilda dallo svenimento.
Come aprì gli occhi, vide che la porta che un attimo prima la bloccava dallo scappare dalle grinfie di Zinzolin giaceva a terra. Degli uomini vestiti di nero erano entrati e pullulavano nella stanza, il saggio era al centro e delle urla indistinte provenivano dalla sua bocca.
Si sforzò di ascoltarlo.
« Non ho fatto niente! Non potete imprigionarmi! Non potete prendermi! Non ho fatto nulla »
« Zin… Zinzolin… »
« Hilda! Di’ a questi uomini, io non ho fatto nulla! Diglielo che non ho fatto nulla! »
Vide una macchia rosa avvicinarsi a lei. 
« Signorina, sta bene? »
« NON L’AVRAI VINTA! NON L’AVRETE VINTA! UNOVA NON SARÀ NELLE VOSTRE MANI! » gridava Zinzolin, le sue urla bruciavano nelle orecchie di Hilda come veleno.
« Sto… morendo… »
« Signorina, la porteremo—»
« CHIEDIGLI CHE FINE HA FATTO HILBERT! CHIEDIGLI COSA È SUCCESSO, HILDA! CHIEDIGLI DI HILBERT! CHIEDIGLI DI HILBERT! »

 
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flashback — Castelia City — 05/11/11
« Oh, e Hilda… »
« Sì? »
« Perché mi hai detto quelle cose nel messaggio? Cosa significava quel ti amo? »
« Mi era rimasto dello spazio » rispose lei, la sua voce era corrotta da un nota di ironia.
« Sono serio, Hilda »
Un sorriso illuminò il suo volto « Anche io, N. Ora dobbiamo dirci addio, domani sarà una lunga giornata »
« Allora addio, Hilda »

 
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presente — Castelia City — 06/11/11
« HILDA! HILDA! » 
Un’altra voce saturava le orecchie di Hilda.
« Cos’è successo, Hilda? »
« Sto—» tossì, del sangue arrivò sino al viso di N « sto morendo… »
Nonostante non le rimanessero più forze, un sorriso parve incurvare le sue labbra.
« No, non morirai… non lo permetterò, Hilda… »
« Non preoccuparti, N. Andrà tutto bene »
« No, non andrà tutto bene… non posso lasciare che tu muoia, Hilda! »
« Ormai—» tossì ancora « quel che è fatto è fatto… »
Il viso di N si bagnò di lacrime.
« Hilda… »
I loro sguardi si incrociarono. Hilda non era più capace di distinguere le forme, vedeva solo macchie di colore senza una forma che si tratteggiavano davanti a lei, ma N riuscì comunque a incontrare i suoi. Fino a che vi era un barlume di luce, una scintilla di vita in essi, non si sarebbe dato per vinto.
« Shh, N, non dire nulla. Lascia che il nostro ultimo momento sia magico »
« No… non posso! Non posso vederti morire! »
Hilda rise. « Dovrai farlo »
« Non… » le sue lacrime scesero sul viso dell’amata, unendosi al sangue ed al sudore « non ti lascerò andare »
« Sorridi per me. Forza, Natural Harmonia-Gropius. Un… »
Sentì le sue ossa divenire più pesanti.
« Un… ultima… volta… »

 
♦︎ ♦︎ ♦︎
 
 
flashback — Castello di N e del Team Plasma — 21/05/11
« Sapevo che avresti fatto la scelta giusta, N »
N sorrise. « Mi dispiace molto, Hilbert ». Una lacrima rigò il suo volto.
« Non essere triste! Saremo felici assieme, N! Te lo prometto »
« Lo saremo? » 
Le lacrime scendevano copiose.
« Sì, lo saremo » continuò Hilbert « guardami, N, guardami in faccia. Te lo prometto, saremo assieme »
N eluse il suo sguardo. « Mi… mi dispiace »
« Non dispiacertene! »
« Invece sì » proruppe. Portò la manica della sua maglietta sino all’occhio e la imbevve di lacrime, asciugando il bulbo. « Avrei tanto voluto farlo »
« Co— cosa intendi? »
 « Addio, Hilbert » sorrise N, un sorriso amaro che dipingeva un quadro triste e dissentito delle emozioni del ragazzo « ti amo »
Liberò le sue braccia dalla stretta del ragazzo e le porto avanti a sé, contro Hilbert. Il castano non riuscì a fermarlo ed N proseguì, facendo forza sul suo torace.
Hilbert incespicò nelle macerie, perse l’equilibrio e la spinta decisiva del principe lo gettò negli abissi del castello.

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Capitolo 18
*** Chapter XVIII - Somewhere Over the Rainbow ***


PREVIOUSLY ON CARDS È il giorno della festa, Natalie ed Hilda tramano per eliminare N ed il ragazzo, assieme a Looker, progetta di togliere di mezzo Zinzolin. N e Hilda scoprono le loro carte all'ultimo e riescono ad incastrare Natalie per i loro omicidi ed a screditare Zinzolin in diretta con tutte le personalità più influenti di Castelia City. Ma non è finita qua, perché infatti anche Zinzolin ha tramato di colpire Hilda e lei si ritrova a dover combattere tra la vita e la morte mentre, tra le braccia di N, sviene.
 
[avvertenze (aridaje!): 1, a meno che non abbiate una memoria di ferro, vi conviene rileggere il primo capitolo. Non vi dico perché, lo capirete a fine capitolo. Ve lo prometto; 2, questo capitolo contiene un flashforward, anziché un flashback. Ciò vuol dire che una parte del capitolo è nel presente (che riprende direttaemente dal capitolo precedente) e una parte qualche mese dopo]
 
 
flashforward — stazione di Castelia City — 04/03/12
Le luci di un novo giorno erano pronte ad illuminare nuovamente la città di Castelia ed i suoi scintillanti grattacieli. Il porto, un conglomerato di costruzioni in cemento grigio  che si estendeva lungo tutta la costa orientale e meridionale della città, appariva bruciare dei colori dell’alba riflessi sull’acqua. La metropoli lentamente si stava accendendo, i rumori del traffico dal basso della strada solleticavano le sue membra sino al suo risveglio. 
La luce calda del sole filtrava attraverso la volta a botte in vetro e ferro della stazione dei treni di Castelia, dando vita ad un interessante effetto simile a quello descritto dallo scienziato John Tyndall: coni di luce si gettavano a capofitto all’interno dell’ambiente, facendo brillare la polvere in sospensione nel raggio d’incidenza degli stessi.
File disordinate di bagagli si estendevano lungo tutto il pavimento, urla confuse risuonavano nell’etere e quando, sovente, lo stridio del treno sulle rotaie si faceva sentire ad alta voce la struttura piombava in un subitaneo silenzio. 
« TROVATO MORTO EDWARD ZINZOLIN, L’ESPONENTE POLITICO DEL TEAM PLASMA! TROVATO MORTO EDWARD ZINZOLIN, L’ESPONENTE POLITICO DEL TEAM PLASMA! » gridava un giovane, sventolando una pagina di giornale davanti a sé. « IN COSTRUZIONE LA NUOVA PALESTRA A VIRBANK CITY! IN COSTRUZIONE LA NUOV—»
La sua voce faceva da sottofondo all’arrivo ed alla dipartita di un costante numero di persone.
« Supertreno Castelia City - Anville Town in partenza sul Binario 4, ripeto Supertreno Castelia City - Anville Town in partenza sul Binario 4! » gracchiò una voce dall’alto.
Una giovane sedeva calma e pacifica sino ad un momento prima sul ciglio di una panchina in ferro battuto. Le sue dita correvano sulla stoffa della sua gonna a fiori con movimenti febbrili, le sue ginocchia ondeggiavano sino ad incontrarsi ed allontanarsi palesando il suo nervosismo interiore. 
« Uh? »
Il suo sguardo corse lungo il suo braccio, dove aveva scritto qualche ora prima la sua destinazione: sulla sua pelle recava a caratteri cubatili le parole “ANVILLE”. 
« È il mio! È il mio! » esclamò, alzatasi repentina « aspettate! Aspettate! »
Allungò il braccio sino ad afferrare l’estremità superiore del suo trolley color verde smeraldo e si gettò nella corsa che la separava dal binario numero quattro. I suoi occhi si spinsero più avanti ed osservò con orrore che le porte del suo treno erano chiuse. 
Le sue gambe subirono un’impennata e prima che potesse rendersene conto aveva messo piede fuori dalla stazione, sulla striscia di cemento che delimitava l’arrivo dei treni: il vagone numero 7 la guardava con occhi tristi e languidi.
« Aspettate! Devo entrare! Fermate questo coso! »
Spinse la sua mano sull’oblò di vetro che costituiva la porta ma con suo disappunto non era capace di muoverla.
« Il Supertreno Castelia City - Anville Town sta partendo, ripetiamo—»
« FATEMI ENTRARE! FATEMI ENTRARE! FAT—
La porta si aprì, rivelando un uomo dall’altra parte del treno. 
« Deve salire? »
« Oh, sì, grazie! »
« Allora le conviene fare in fretta » scherzò l’uomo, aiutandola a sistemare la sua valigia a bordo.
« Non saprei come ringraziarla… »
Un caldo sorriso illuminò il suo volto. « Non ce n’è bisogno. Che ne dice di prendere un posto e calmarsi? Sembra agitata »
« Lo son— grazie, sì, sarà meglio sedersi… »
« Forza, mi segua »
Si girò ed entrò in un vagone, seguendolo lei a ruota.
Indossava una giacca blu scuro e dei pantaloni del medesimo colore, sul quale spiccava una camicia color lilla ed una cravatta azzurra. 
Quando alzò lo sguardo notò che i suoi capelli erano di un atipico color the verde.
Che uomo strano.
« Ecco qua, si accomodi! »
Il braccio del ragazzo disegnò una traiettoria che conduceva sino ad una coppia di poltrone che guardavano sé stesse, al centro delle quali occupava lo spazio rimanente un tavolino in legno di dimensioni esigue.
« Oh, grazie »
« Non mi ringrazi, lo faccio con piacere » concluse. Issò sulla sua spalla destra la valigia e la pose nel portabagagli.
« È una valigia pesante, si sta trasferendo? »
« Più o meno » sorrise la giovane. « Lei? »
« Mi sto recando all’aeroporto di Anville »
« Oh, una vacanza? »
« Una specie » scherzò. « Oh, ma non mi sono ancora presentato! » 
Allungò la sua mano destra nei confronti della giovane. « Louis Bloomfield, è un piacere conoscerla »
Lei sorrise. « Erika Joy, piacere! »

 
Chapter XVIII
Somewhere Over the Rainbow

“Every story ever told really happened.
Stories are where memories go when they’re forgotten.”

                                                              
 Doctor Who, Hell Bent

 
presente — Castelia City — 13/11/11
I passi di Looker si susseguivano esitanti sul pavimento dell’edificio. Si guardava attorno ma subito dopo era pronto a ritrarre lo sguardo: non che vi fosse qualcosa da vedere, stava percorrendo un corridoio ricoperto da mattonelle blu divise da un reticolato di strisce bianche. Davanti a lui un uomo lo precedeva, indossava un candido camice color panna.
« Cosa succederà del corpo? »
« Non sta a noi deciderlo. Dopo aver contattato la famiglia decideremo cosa fare »
« Posso fare qualcosa? »
« È della famiglia? »
« No… »
« Allora non può fare nulla » 
L’uomo estrasse una chiave ed aprì la porta di una grande stanza, costellata da barelle sulle quali, celate da un manto biancastro, si nascondevano dei volumi rettangolari.
Looker osservò il macabro scenario, arricciando il naso dal disgusto.
« È un effetto che fa a molti » scherzò l’uomo « prima o poi se ne abituerà. Eccola, ad ogni modo »
Afferrò il lembo di un lenzuolo e scoprì una parte di volume nascosto, rivelando alla luce delle lampade un viso femminile dalla pelle coriacea. 
« È lei? »
Looker annuì.
« Ottimo »
« Ho… ho finito? »
« È un poliziotto, me lo dica lei! »
« Non sono molto… pratico »
« Ha finito, sì. Può andare »
Looker osservò nuovamente il corpo della sua amica.
« Deve dirmi qualcosa? »
« No… volevo—»
« Mi dispiace, ma deve andarsene. Quella è la porta »

« Svegliati, Hilda »
L’uomo schiaffò il suo palmo contro la guancia della donna. « Svegliati, Hilda »
« … »
Le palpebre di Hilda lentamente si schiusero, venendo colpite dalla luce che filtrava attraverso una finestra posta davanti a lei.
« Dove… dove sono? Sono morta? »
Guardò attorno a sé, si sentiva stranamente riposata e provava una sensazione di calore lungo tutto il suo corpo. Un uomo le dava la schiena, maneggiando qualche strumento nascosto alla vista dallo stesso.
« Troverai i tuoi vestiti in parte a te, Hilda »
« Chi sei? »
Una risata si sollevò nell’aria. « Troverai i tuoi vestiti in parte a te, Hilda »
L’uomo continuò avanti a sé, svanendo dietro una porta che udì chiudere a chiave poco dopo.
« Aspetta! Aspetta— »
Lanciò uno sguardo alla sua destra ed alla sua sinistra: un paio di jeans ed una maglietta bianca erano stati ordinatamente piegati e poggiati su uno sgabello poco lontano dal materasso dove giaceva.
Alzò la sua schiena e si scoprì, lasciando cadere il lenzuolo che la copriva. Era nuda.
Afferrò la maglietta e la indossò con disinvoltura, dopodiché proseguì con le mutande ed i pantaloni sino a vestire un paio di ballerine color verde smeraldo a piedi nudi. Vagò per la stanza e, tentando di aprire la porta dalla quale era uscito l’uomo, la trovò chiusa. 
Tentò più volte di abbassare la maniglia ma il meccanismo non rispondeva.
Si voltò e vide una seconda uscita, più piccola, sulla quale scintillava un’insegna recante le lettere PARADISO.
Rise.
« Seriamente? »
Attraversò la camera e tentò di aprirla, scoprendo davanti a sé un lungo corridoio vivacizzato da una ridondante melodia da ascensore. Le pareti erano bianche e spoglie, una fila di lampade minimali ad illuminare l’ambiente.
Come proseguiva, un odore di rose diffondeva nelle sue narici ed una fredda brezza spirava verso di lei. Conturbanti pensieri circa la natura di quel luogo e la sua meta confusero la sua mente: dove si trovava? Cos’era successo a Zinzolin? Era morta? Ricordava di… esser morta? L’ultima cosa che riusciva a vedere era l’immagine di N in lacrime, dopodiché il buio.
Prima che potesse rendersi conto giunse alla fine, sulla soglia di una porta che conduceva ad una scalinata dante sull’esterno. 
Ad accoglierla all’esterno fu un paesaggio angelico. 
Sulla terra si estendeva uno strato di candida materia, ricoprente anche i cespugli e le chiome degli alberi che occupavano quel giardino. Delle rose si facevano strada timide tra le foglie, sbocciando rade come gemme incastonate nella boscaglia. L’aria era fredda, pungente, solleticava la sua pelle e s’insinuava nei suoi vestiti provocandole brividi di gelo.
« Neve? » mormorò, chinandosi sino ad immergere le sue mani nello strano materiale.
Stese le sue braccia ed affondò dentro la soffice ed algida nuvola.
Portò lo sguardo in avanti e vide una foto che poggiava sul manto bianco.
« Uh? »
Avanzò e la raccolse; raffigurava lei stessa ed N durante uno dei loro primi incontri. Era stata scattata al porto, oltre le loro figure poteva vedere il mare e le 
Si guardò attorno diffidente ma non vide nessun altro oltre a lei sul posto, assenza che la spinse a proseguire. 
L’ambiente era immutabile alla sua vista: più s’addentrava nel giardino innevato e più la sensazione di trovarsi in un luogo etereo e separato dal resto del mondo prendeva vita in lei.
Il sentiero si snodava attraverso un ampio campo fiorito, di cui fiori anch’essi bianchi, sino a scendere lungo la riva di un fiume in un bosco che, dopo una breve attraversata, giungeva in una landa assolata e spoglia dalla neve. 
D’improvviso lo scenario cambiò completamente.
Una distesa di lavanda si estendeva davanti a lei, danzando sospinta dal vento, mentre ai lati spaziava ciò che sembravano delle montagne basse e dalla punta arrotondata. Una sensazione di caldo la pervadeva, baciata dalla luce del sole che le arrivava dritto in fronte. 
Percorse in discesa la collina e giunse al campo fiorito, dove notò una struttura circolare al centro del fazzoletto di terra. Un colonnato circondava il perimetro ed era chiuso da una cupola semisferica. 
In lontananza, credette di vedere qualcuno.
« C’è qualcuno? » gridò, come i suoi passi si facevano più vicini al tempio monoptero. 
« Ehi! »
S’immerse nelle alte coltivazioni di lavanda e continuò, affannando immersa dal lussureggiare della coltivazione. La pianta accarezzava la sua pelle e trasmetteva un gradevole odore che raggiungeva le sue narici.
« Ehi! Cos’è questo posto? »
A pochi passi da lei, di schiena rispetto alla giovane, stava un uomo in abito bianco. 
« N? »

 
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flashforward — treno Castelia City—Anville Town — 04/03/12
« Lavoro, ha detto? »
Louis asserì.
« Anche a me piacerebbe viaggiare, sa » commentò Erika. Il suo sguardo corse fuori dal finestrino, ad osservare le distese di deserto che si presentavano davanti a lei. « Vedere nuovi posti, conoscere nuove culture… mi ha sempre affascinato molto »
« Allora amerebbe Sinnoh! Dicono sia la culla della civiltà moderna »
« Oh, davvero? Non ci sono mai stata… » mormorò « non credo di esser mai stata fuori da Unova »
« Non… crede? »
Erika rise. « Vada avanti, non badi a me! Piuttosto, in che campo lavora? »
« Mi occupo di management in una compagnia di telecomunicazioni, non so se ne ha mai sentito parlare »
« Mi dica pure! Può darsi che la conosca »
« Si chiama EKI »
« EKI! Non… non penso di averla mai sentita »
Louis non trattenne una risata. « Ci stiamo espandendo, contiamo di arrivare sino a Sinnoh e, chissà, Hoenn? Ad ogni modo, si segni questo nome »
« Lo farò! » sorrise lei. « EKI… »
Louis osservò con curiosità l’abbigliamento di Erika, mentre lei era intenta ad osservare il paesaggio attorno a sé. Dentro di lei sapeva di esser osservata, era una cosa cui era abituata: le piaceva sapere che qualcuno la stesse guardando senza che essi lo sapessero. La faceva sentire protetta, un passo avanti agli altri, sicura a suo modo. E la divertiva.
« Lei cosa fa? »
« Io? ». Erika abbozzò un sorriso « Al momento sono disoccupata… contavo di trasferirmi ad Anville e trovare lavoro »
« Quindi non fa nulla al momento? »
« Nulla » commentò amareggiata « niente… di niente »
« Be’, ci sarà qualcosa che fa! Anche solo per passare il tempo, no? »
« Ci sarebbe… »
Gli occhi di Louis si illuminarono. « Davvero? »
« Non è nulla di che, glielo giuro »
« Mi dica! » alzò le braccia in segno di arresa « non mordo! »
Erika rise. « Ok, ok! ». 
Si alzò ed andò ad estrarre dal suo bagaglio un fascicolo rilegato, sul quale erano stampate cinque lettere. CARDS.
« È un manoscritto? »
« Esatto! » rise lei « mi diletto a scrivere, nel tempo libero »
« Mi sembra più che un hobby! È quasi un libro! »
Si rigirò il manoscritto fra le mani, il suo sguardo palesava una forte curiosità nei confronti del contenuto del romanzo. Sfogliò la prima pagina e lesse il titolo.
« Cards… è un giallo? »
« Quasi »
« Di cosa parla? »
« Vuole veramente saperlo? » scherzò Erika « la avviso, non è qualcosa nella quale si vuole impelagare! »
« Sì! Sì! Ora mi ha messo curiosità! »
« In breve, c’è questa Anita che lavora come giornalista a Castelia City quando un giorno entra in contatto con questa associazione criminale che la ricatta per—»
« Ehi! Non me la vorrai raccontare tutta? »
« Co— come? Hai intenzione di leggerlo? »
« Certo! Quando diventerai famosa potrò dire di esser stato il primo ad aver letto il tuo best-seller! »
Entrambi risero.
« Come farai a leggerlo tutto? »
« Scherzi? Staremo ore su questo treno! »
« Accomodati, allora » sorrise Erika « ma non farti troppe aspettative »
Louis ammiccò. « Troppo tardi, puoi solo sperare di reggere al confronto »
« Spero di esserne in grado » scherzò. « Ora, mentre leggi, credo che andrò… » coprì uno sbadiglio dalle sue labbra « a dormire… »
 
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presente — Castelia City — 13/11/11
« Hilda » commentò atono N.
Si voltò, rivelandosi alla vista della giovane. Accanto a lui fluttuava un bizzarro Pokémon composto da una testa massiccia e due arti longilinei che scendevano assieme ad una prosecuzione verticale del suo corpo. Un nastro rosso era legato al suo busto ed emetteva una biancastra nebbia.
« Potremmo saltare il gioco dei nomi? Mi ha stufato »
N rise. 
« Cosa c’è? »
« Oh, no, nulla » mormorò innocente « non badare a me. Hai bisogno di qualcosa? »
« Sì. Prima di tutto— cos'è questo posto? E voglio sapere cos'è successo. Tutto. Zinzolin, la festa… »
« Cosa ti ricordi? »
Hilda si lasciò scappar una risata isterica.
« Rispondimi, N. Ho finito coi giochetti »
Il giovane percorse la scalinata che separava il monoptero dal terreno e le si avvicinò.
« Molto bene. Cosa vuoi sapere, dunque? »
« Cosa mi è successo alla festa » ribatté « dopo che sono… »
N le sorrise. « … morta? »
Hilda accennò ad un sì col capo.
« Credi di essere morta, Hilda? »
« Non so più cosa io sia »
« Hilda, sei viva! » esclamò, afferrandole il braccio ed imprimendo una forte pressione sulla sua carne « lo senti? »
« E allora cosa significa tutto ciò? Dove mi trovo? Cosa c’entrano i campi di lavanda e—»
« Nel cuore di Castelia City. I miraggi del mio Froslass fanno miracoli »
« È un… miraggio? »
La sua espressione tradiva un forte stupore. Guardò attorno a sé nella speranza di riconoscere in lontananza lo skyline di Castelia ma nulla che le facesse presagire di trovarsi nella sua metropoli saltava all’occhio. Distese infinite di lavanda si estendevano lungo l’orizzonte, dove trovavano uno scoglio nelle alte montagne che delimitavano la vista. 
« Bello, vero? »
Fece una piroetta su sé stesso. « Non è fantastico? Potremmo vivere per sempre dentro un miraggio, vivere una vita splendida e perfetta »
« Saresti capace di rovinare tutto anche là » mormorò Hilda.
Il viso di N rabbuiò. « Già. Ma stiamo parlando di persone che possiamo ancora salvare »
Hilda evitò lo sguardo del ragazzo e puntò i suoi occhi sul terreno ai suoi piedi. Aveva bisogno di riordinare le idee e l’attenzione che lui le riservava la metteva in soggezione, l’idea che fosse capace di leggere ciò che pensava attraverso un banale incrocio di occhi bastava per convincerla a tenere quanto più di suo segreto.
« Allora » la giovane esitò « cos’è successo dopo la festa? »
« Niente di particolare. Dato che non c’erano prove a suo carico Zinzolin è stato rilasciato, Looker se nva e Natalie… be’, non ne sentiremo più parlare »
« Quanto… quanto sono stata… ahem… a dormire? »
« Una settima, all’incirca. Il tempo di rimuovere completamente il veleno in circolo dal tuo copro e di curare ciò che era stato danneggiato. La medicina fa miracoli »
« Stavo veramente morendo? »
N esitò. « Sì »
« Suppongo di esser stata molto fortunata, allora »
« Hai avuto ottimi medici »
Sbuffò.
Non le sembrava reale.
« È finita, non è vero? Siamo liberi »
« Sì, Hilda, è finita »
Un sorriso attraversò il suo viso. Si trattene dal ridere. « Non riesco a crederci… è tornato tutto com’era prima, alla normalità. Non avrei mai pensato di poterlo dire »
« Anche le cose migliori devono giungere ad una fine »
« Ah sì? » rise Hilda. « Dunque…. cosa vuoi fare? Ora, intendo, che facciamo? »
« Questa sera, al Porto Principale, salperò. Ho bisogno di prendermi una lunga vacanza, molto lunga. Ma non preoccuparti, ho disposto anche qualcosa per te nella mia assenza »
La giovane lo guardò confusa.
« Alle nove recati alla pista di atterraggio Montgomery, poco fuori città. Un aereo ti porterà sino a Lentimas Town e, da lì, potrai andare dove vuoi, sotto falso nome. Hoenn, Sinnoh, Alola, Kanto, dovunque, potrai ricominciare da capo »
Rise amareggiata. « Dovunque tranne dove vorrei veramente essere »
« Dov’è che vorresti essere? »
« Con te »
Due semplici parole che lo sforacchiarono come un proiettile.
N abbassò lo sguardo. « Non credo sarà possibile. Oltretutto, è molto più sicuro così »
« Perché fai finta di non vederlo, N? »
« Come scusa? »
« Ti amo, N. Perché fai finta di non vedere che ti amo? Ogni tanto credo che tu tenga a me e dopo ti mostri letteralmente indifferente! Com’è possibile? »
« È meglio che ora tu vada, Hilda. Devi preparare i bagagli »
« No, non partirò né per Hoenn né per Sinnoh né per qualsiasi altra stupida regione tu mi offra. Voglio stare con te »
« Te l’ho detto, non è possibile »
Sorrise. Quanto di meno si sarebbe aspettata di fare ma rise, per evitare di piangere o di prenderlo a pugni. 
« Dimmi che non mi ami »
« Cosa? »
« Guardami negli occhi, Natural Harmonia-Gropius, e dimmi che non mi ami. Allora me ne andrò »
Il silenziò calò nella vallata.
N fissò gli occhi castani di Hilda.
« Io… » mormorò. « Io… »
« Cosa, N? Quale fra le tue infinite bugie mi dir—»
« Non ti amo. Io non ti amo, Hilda, non ti ho mai amato »
Qualche mese prima, quando era alle prese con il suo lavoro, una frase del genere non l’avrebbe minimamente toccata. La sua vita ruotava attorno una ripetitiva routine che, a modo suo, non le dispiaceva. Non aveva certezze e non le interessavano, si limitava a fluttuare tra gli eventi e sperare di non esser risucchiata in situazioni irreversibili ma in quel momento, in quell’esatto secondo, la sua vita era cambiata. Aveva bisogno di certezze, di gettare un ancora in fondo al mare e di potersi aggrappare ad essa per resistere alle tempeste più atroci. 
Ed in quel momento, una tempesta aveva reciso la catena che credeva indistruttibile e l’aveva costretta in balia delle sferzate di vento.
« No, non è vero » gridò « NON È VERO! »
« Hilda… »
« Tu mi ami… » singhiozzò, le lacrime che scorrevano lungo il suo volto « tu… io so che mi ami, la ruota panoramica, il ballo… »
« Hilda, calmati. Non c’è bisogn—»
« BUGIARDO! Io… io… »
N allungò le sue braccia verso Hilda e tentò di stringerla a sé.
« Vieni qua, Hilda… »
« STAMMI LONTANO! »
Un urlo isterico provenne dalla sue labbra. « Non toccarmi… non toccarmi, N, o ti giuro che—»
« Che cosa, eh? Cosa mi farai? Mi farai perdere il lavoro come a Bianca o forse mi manderai in prigione per dei reati che non ho commesso come a Natalie? O Julie? O Looker? O Zinzolin? Non sei nella posizione di lamentarti! Tu sei l’unica che ne è uscita indenne da tutto ciò e stai ancora ad elemosinare un ti amo? A me? Non so se è più patetica la Hilda che pensa di diventare una grande giornalista o la Hilda che crede che l’amore sia la soluzione ai problemi del mondo »
Hilda si raggelò. 
La calma che aveva fatto da padrone ad N per così tanto tempo, la compostezza che aveva plasmato i movimenti e le azioni del giovane era svanita, come nebbia soffiata via dal vento. Ciò che rimaneva era cristallino ai suoi occhi, per quanto alieno.
« Quello che voglio dire » continuò, rilassando la voce « è che è finita, Hilda. Non c’è motivo di rimanere ancorati al passato, ad un passato che non ci appartiene, non ha nemmeno senso farlo. Siamo liberi di ricominciare, perché non cogliere al volo quest’opportunità? Tu, sei libera, prima di tutto »
Hilda strofinò il lembo della sua maglietta sulla sua guancia.
« Come… come farò a tornare a casa? Anche solo a prendere le mie robe? »
« Non preoccupartene. Avendo la proprietà dell’edificio l’ho fatto chiudere ed ho detto agli inquirenti che non abitavi più là. Nessuno ci ha messo piede »
Hilda singhiozzò. « Se le cose… se le cose stanno così…  Addio, N »
« Molto bene. Froslass, sciogli il miraggio »
Froslass scomparve in una nuvola di luce e poco dopo il paesaggio che li circondava svanì, lasciando spazio ad un triste giardino nel cuore della trafficata ed inquinata Castelia.
Era svanita la magia dei campi di lavanda.
Hilda si voltò e vide un cancello separarla dalla strada e dalla civiltà. Dalla libertà.
Avanzò verso l’uscita, mentre N la seguiva con lo sguardo.
« Oh, e Hilda » esordì « hai risolto le carte? »
Rise. « Non ne hai mai abbastanza, eh? Se volevi prendermi in giro, ti è riuscito bene »
« Come? »
« C, E, J, X. Ed una casella vuota, ovviamente. Gran bel segreto che mi volevi confidare »
N la guardò confuso.
« È meglio così. Addio, Hilda »

 
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flashforward — treno Castelia City—Anville Town — 04/03/12
Un gran numero di ore dopo, nel tardo pomeriggio, Erika e Louis continuarono la loro traversata della regione in direzione di Anville Town. La ragazza era sprofondata in un lungo sonno mentre il giovane aveva continuato imperterrito la lettura del romanzo che, quando il treno superò Mistralton, raggiunse una fine. 
« Signorina Joy? Signorina Joy? »
Erika sbatté le palpebre, sollecitata dalle scosse che Louis le imprimeva.
« Uhm? » mormorò, rannicchiata sul suo sedile.
« L’ho finito! Ho finito il suo libro! »
« Cos— davvero? »
« Sì! Gliel’avevo promesso, no? »
« Oh, be’, sì… » si mise a sedere composta « mi dica, le è piaciuto? È la prima persona che lo legge fino alla fine! »
« La vedo dura in realtà » 
« Come? »
« Non c’è una fine! » aprì il libro sull’ultima pagina e lo rovesciò sul tavolo « Manca l’ultimo capitolo, si è dimenticata di metterlo? »
« Oh, quello? » Erika rise « questo è perché non esiste l’ultimo capitolo! »
« Cosa? »
« È una storia troppo lunga, non mi crederebbe »
« Ci provi »
La giovane non trattenne una risata. « Come dire… da un po’ di tempo a questa parte ho come la sensazione di star vivendo a metà o, comunque, come se mi mancasse una parte del mio essere. Così ho provato a buttare giù tutto ciò che mi passava per la mente sperando di capirci qualcosa »
« Be', sa cosa dicono riguardo alle storie. È ciò che divengono i ricordi quando sono dimenticati... ma perché non scrive un finale? »
« Per varie ragioni. In corso dell’opera mi sono affezionata molto alla storia e scrivere una fine significherebbe chiudere un capitolo — scusi il gioco di parole — della mia vita che non ho voglia di chiudere ora. Inoltre, nemmeno lo scrittore più bravo del mondo riuscirebbe a concludere decentemente quella storia! »
« Anche le cose migliori devono giungere ad una fine, suppongo » 
Un flash attraversò la mente di Erika.
« Come scusi? Cos’ha detto? »
« Anche le cose migliori devono giungere ad una fine… c’è qualcosa che non va? »
Erika esitò. « No, no, nulla. Mi è sembrato per un attimo di averla già sentita dire quella frase, ma non ci faccia caso »

 
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presente — Castelia City — 13/11/11
La sera era calata su Castelia, silenziosa e gelida. 
Hilda aveva passato la giornata a sistemare casa, raccogliendo tutto ciò che considerasse utile in un piccolo trolley che avrebbe dovuto portarsi appresso durante il viaggio. Nel corso della sua attività di ricerca si era trovata più e più volte di fronte a scelte di fondamentale importanza, quali maglietta rossa o maglietta blu? e ciò aveva contribuito all’aumento dei suoi bagagli che, da uno, divennero 3. Due trolley ed uno zaino, colmo sino all’orlo: d’altronde, si trattava di lasciare per sempre casa sua e la sua vita a Castelia. Non solo, anche Hilda Baskerville sarebbe stato un lontano ricordo, inciso solo e solamente nella sua memoria.
Erano le otto quando si alzò e decise che era l’ora di partire. 
Raggruppò le valigie all’uscita del suo pianerottolo e, vestitasi, s’incamminò fuori. 
Come mosse i primi passi all’esterno della sua casa, un brivido attraversò la sua spina dorsale. Faceva freddo. Per qualche scherzo del destino la sua mente, già proiettata in qualche paradisiaca località di mare, aveva pensato che il clima di Castelia si fosse allineato a quello di Pacifidlog Town.
Tornò dentro e cercò di ricordarsi se avesse avuto ancora qualche indumento che la riparasse dal freddo quando le venne in mente la sua giacchetta di pelle che indossava a Nimbasa City. Si lanciò spedita nella sua camera da letto e cercò per il capo di vestiario che aveva visualizzato in mente. 
Metterlo su le diede una completamente nuova sensazione di calore. 
« Uh? »
La sua mano destra era affondata nella tasca ed aveva incontrato qualcosa al tatto.
Estrasse l’oggetto misterioso, che scoprì essere una carta: un tre di picche, per la precisione.
Spinta dalla curiosità la voltò e notò una scritta impressa sul retro.
Il simbolo dell’infinito era disegnatovi a penna ed attorno ad esso erano stati tratteggiati dei piccolo cuori.
Un sorriso amaro comparve sul su viso. Kitsch come solo N sapeva essere.
« E se… »
Tornò sui suoi passi, nel salotto, e si mise alla disperata ricerca delle cinque carte lasciatele da N. Apriva cassetti e spalancava porte ma, non appena le sembrava di essersi ricordata della loro locazione, essa si tramutava in un buco nell’acqua. Gli errori cominciarono ad accumularsi e la speranza nel decifrare il codice del ragazzo si fece vana.
Schiaffò la carta sul tavolo. 
Forse non era destino, forse non era destinata a capire cosa N le volesse veramente dire.
I suoi occhi vagarono per la stanza e, ad un certo punto, incrociarono un cestino che faceva angolo, nascosto da una massiccia credenza al lato. 
Si vide prendere e gettare le carte al suo interno.
Saltò dalla sedia ed afferrò l’oggetto dalla forma conica e lo rovesciò sulla tavola, scuotendolo con forza. 
Cartine e fazzoletti cadevano, scivolando ai suoi piedi, sino a che non svolazzarono leggiadre quattro carte sulla superficie lignea. I suoi occhi brillarono.
Spazzò via ogni rifiuto che non era giunto sino al pavimento e mise in fila le cinque carte: un asso di quadri, tre di picche, un due di fiori, un otto di cuori, un sette di picche ed un nove del medesimo segno.
« Qual è la chiave? » mormorò osservandole « quale potrebbe mai essere, eh? »
La sua mente si perse fra i pensieri, analizzando ogni più piccolo dettaglio di conversazione con N che poteva condurla alla soluzione del mistero. Il loro primo incontro? No, constatò, non poteva certo essere sicuro che lei decidesse di accettare. Il loro secondo incontro, al porto? Nemmeno quello, pensò. 
Evidentemente la chiave di lettura si nascondeva in una delle loro successive conversazioni, posteriori alla giornata in cui le spiegò l’enigma. Ma erano così pochi i momenti avuti con lui, non faceva in tempo a stilarne una lista che arrivava a quel giorno stesso, ed era sicura di non essersi persa nessun particolare. 
Diede un’ulteriore occhiata alle carte.
Se le quattro erano state recapitate via posta e della prima non riuscì a ricavare nulla, forse la quarta avrebbe potuto dirle qualcosa di più. 
La prese nuovamente in mano e la guardò attentamente.
« Non mi riconosci, Hilda? »
No, non era la sorpresa della guida turistica la risposta.
Affondò la sua mente fra i ricordi.
« Non pensavo di trovarti anche qua, sai? »
« E perché? Di cosa dovresti aver paura? »
« Nimbasa la sera è così bella… pensa quanto sarebbe romantico salire sulla ruota! »
La ruota! pensò. Forse ci avrebbe ricavato qualcosa di interessante.
« Non metto in dubbio che sarebbe decisamente bello, ma pensi che sia ancora aperta? »
« Allora? È aperto? »
« L’ultimo giro, pensi di farcela? »
Oh, N, spero di farcela si rispose nella sua testa.
« Non vedo l’ora! »
« Siamo riusciti a prendere la cabina a cuore! »
Le cabine. Qualcosa nelle cabine.
« Non è stato molto difficile, è la prima che passa. Dopo sarebbero rimaste le picche, i quadri ed infine i fiori, decisamente meglio i cuori »
« Ma certo! Ma certo! »
La risposta colpì la sua mente come un treno in corsa.
Aveva avuto scolpita nella memoria la soluzione al suo indovinello e, nascosta in fondo ad una giacca, il mezzo attraverso cui arrivarci, per tutto questo tempo.
« Devo solo trovare un numero da cui partire… oh—»
I suoi occhi scivolarono sul tre di picche, in quel momento orizzontale rispetto a lei.
Non era stato il simbolo dell’infinito che N aveva voluto disegnare.
Recuperò con velocità un pezzo di carta ed una penna e prese a pensare.
« Ci siamo… un otto di cuori, un otto di cuori quindi è… un A? »
Tratteggiò un A corsiva sul foglio.
« Poi poi… dopo i cuori le picche, perciò il tre è una… I? »
Disegnò una linea accanto alla lettera precedente.
« Bene… ora il sette di picche che dovrebbe essere una O… » mantenendo lo sguardo fisso sulle carte tratteggiò il simbolo corrispondente « ed il nove di picche una… P? »
Rimanevano due carte e la scritta AIPO rappresentata sul foglio.
« L’asso di quadri è una T… »
Fece due linee perpendicolari sulla carta
« E il due di fiori… nulla? » lanciò uno sguardo confuso alla carta « non è… nulla? Com’è possibile? Uno spazio? »
AIPOT .
« A, i, p, o, t ed uno spazio… cosa può significare? »
Era al punto di partenza.
« Aspetta, aspetta… » mormorò, ricontrollando a mente l’ordine delle carte. Poteva darsi che la sua traduzione fosse stata fallace. « L’otto è una A, il tre una I, il sette una M, il nove una… »
Il suo sguardo gelò.
Gli occhi correvano spediti sulla cellulosa da una lettera all’altra mente nella sua testa si faceva strada un’ipotetica traduzione che era quanto di più pauroso avesse mai potuto leggere.
Andò attraverso il sistema di decifrazione un’altra volta ed una quarta ancora, dopodiché ad una quinta e più la sua mente vedeva quelle carte più si convinceva che fosse così.
Scarabocchiò una scritta sul foglio e corse fuori.

Sulla carta erano incise le lettere A, I, M, O, T ed una x, collegate ad una parola qualche centimetro sotto.
“TI AMO”.

 
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flashforward — stazione di Anville Town — 04/03/12
« STAZIONE DI ANVILLE TOWN, STAZIONE DI ANVILLE TOWN » gracchiò una voce dagli altoparlanti.
« E così… devi andare »
Erika sorrise. « Sì, tra poco scendo »
« È stato uno dei più piacevoli viaggi in treno che abbia mai fatto, cara Erika »
« Davvero? ». La giovane nascose un’espressione imbarazzata.
« Di solito dormo o, specialmente le ultime volte, bevo, ma questa volta è stato molto interessante viaggiare con lei »
« È un peccato che debba andare via, allora »
« Già »
Erika trascinò il suo voluminoso bagaglio al di sotto di lei e lo impugnò saldamente col braccio.
« Suppongo… suppongo che, tra il mio andare ad Anville ed il suo trasferirsi in un’altra regione, queso sia un addio » scherzò lei. 
La sua voce era incrinata, corrotta da una nota di amarezza.
« Suppongo sia così » sorrise Louis « devo dire che fra tutte le persone che abbia mai incontrato sei stata la ragazza con la quale ho avuto la più lunga relazione in assoluto! »
Si lasciò scappare una risata. « Non essere così tragico! Sono sicuro che troverai la tua anima gemella anche tu a Sinnoh, magari »
« Quel magari non è rassicurante! »
Erika rise. « Ha ragione, non lo è » commentò, voltandosi.
« Addio, Erika Joy »
« Addio, Louis Bloomfield. È stato un piacere conoscerla »

 
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presente — Castelia City — 13/11/11
Il porto quella sera faceva da teatro alla dipartita della S.S. Diane che, in tutta la sua magnificenza, prendeva il largo mentre illuminava come un secondo sole la baia di Castelia. 
La cerimonia di apertura era finita da qualche ora e ormai l’unico ricordo erano i rifiuti che i festeggiati si erano lasciati dietro senza curarsi di pulire al loro passaggio. 
Osservò con malinconia quello spettacolo immaginandosi N in una di quelle meravigliose stanze a divertirsi con qualcuno più simpatico di lei, più divertente e più bello di lei. A quell’ora doveva star cenando nella grande sala da pranzo neoclassica con quei lampadari grandi il doppio di lei che pendevano dal soffitto come una spada di Damocle. 
O magari stava osservando il panorama dello skyline che offriva Castelia, pensando a quando il suo aereo avrebbe preso il volo. 
No, sapeva che non l’avrebbe fatto. 
Si erano dati addio ed era giunta troppo tardi per fermarlo. 
Forse era giusto così.
« Cosa ci fa una così bella ragazza nel porto a quest’ora? I festeggiamenti per la S.S. Diane sono finiti da un pezzo »
Hilda si voltò, sconvolta.
« N… »
« Ancora col gioco dei nomi? Non ti aveva stufato? »
« Non capisco, N… »
N sorrise. « È questo il bello »
« Io… » fece un passo indietro, come a volersi proteggere dal giovane « dovevi partire! Perché non sei partito? »
« Non è mai stato il mio piano quello di partire. Credi che avessi lasciato che tu partissi senza neanche controllare se tu fosse andato per il meglio? »
Hilda scosse la testa. « Continuo a non capire »
« Ti farò capire io. Perché sei venuta qua, Hilda? »
« Ho… » abbassò lo sguardo, imbarazzata « ho decifrato le carde »
« Le famose XJ, com’è che funzionava? »
Esitò. 
« Ti amo »
« Me l’hai già detto sta mattina, non è una no—»
« No, ti amo. La frase scritta nelle carte, la frase che non hai mai avuto il coraggio di dirmi. È ti amo »
N aprì la bocca ma non riuscì a pronunciare alcuna parola.
« Perché, N? Perché andare incontro a tutti questi problemi solo per dirmi una cosa come questa? Di cos’avevi paura, eh? Avevi paura che ti rifiutassi? Avev—»
« Avevo paura che decidessi di restare con me, Hilda » sentenziò.
Hilda non trovò le parole per continuare.
« Non sarei mai dovuto recarmi in un’altra regione, non avrei mai voluto andarmene. Perché, poi? Per vivere con la consapevolezza di tutte le persone che ho ucciso e di tutte le persone che sono state male per colpa mia? Non posso vivere con questo fardello.
« Ho bisogno di uccidere Natural Harmonia-Gropius. La persona che sono— che è diventato, è una persona incapace di amare. Lo sapeva Zinzolin, lo so io e, nel profondo, lo sai anche tu »
« Non è vero! Non— non è affatto vero! Io so che mi ami, so—»
« Non è questo il punto. Amarti non mi impedirebbe di diventare un uomo peggiore, la mia è una strada in discesa e col tempo potrei peggiorare soltanto, arrivando a fare cose che non riuscirei a sopportare. Non è un amore sano quello che c’è fra me e te, è un rapporto che ti ha distrutto e ora vivi in funzione di esso »
Se prima le carte erano riuscite a riaccendere un barlume di speranza in Hilda ora quella scintilla era stata schiacciata al terreno e consumata dalla forza delle rivelazioni di N. L’amore che provava per lui era l’unica cosa che le rimaneva a quel mondo e, in quel momento, era riuscito a portarlo all’apice ed a trascinarlo a terra, frantumandolo in mille frammenti.
Come gli occhi connessero con la mente copiose lacrime presero a scendere sulle sue guance e giù, sul freddo cemento. I suoi arti si irrigidirono e la sue labbra erano incapace di muoversi per dare vita a suoni. Il respiro faticava  giungere alla sua bocca o almeno questa era la sua sensazione, come se qualcuno la avesse gettata in una condizione di assenza di ossigeno.
I singhiozzi erano brevi e febbrili.
« È questo che volevo risparmiarti, Hilda. Volevo che tu fossi capace di ricominciare un’altra vita lontano da quest’ultima, una vita nuova e felice. So che è chiederti tanto, ma non potrei mai darti l’amore che cerci ne ricevere il tuo »
« Io… » singhiozzò « io voglio solo… solo stare con te! Come tu non riusciresti a vivere con i tuoi errori, pensi che io possa farlo? Vivere sapendo di aver fatto quello che ho fatto e di aver lasciato te qua? »
« Speravo tu potessi farlo, Hilda »
« Non posso, non potrò mai farlo »
Né N né Hilda parlarono oltre.
Evitavano gli sguardi, non erano capaci di sopportare una fatica che ritenevano essere così grande né ne volevano farlo. Avrebbero voluto congelare il tempo in quel secondo, cessare di esistere e finire così la loro triste e miserabile vita, ma sapevano di dover proseguire.
Sapevano di dover confrontarsi, un’ultima volta almeno.
« Voglio cancellare la mia memoria » pronunciò Hilda, rompendo l’imbarazzo creatosi.
N era sbigottito.
« Cosa? »
« Hai detto che volevi uccidere Natural Harmonia-Gropius, no? Bene, anche io voglio uccidere Hilda Baskerville. Se devo dirti addio per un’ultima volta, voglio che sia anche il tuo ultimo addio a me. Voglio farlo, per l’ultima volta, assieme »
« Non lascerò che—»
« Non mi importa cosa tu pensi, è una mia decisione. Che scelte ho, d’altronde? Questa o vivere una miserabile vita oltreoceano, davvero pensi che voglia arrendermi a quello? »
« Ne sei sicura, Hilda? »
Hilda deglutì. « Sì, ne sono sicura »
« Va bene »
N affondò la mano nella sua tasca destra ed estrasse una manciata di bacche dal colore bluastro che, in cima, presentavano una piccola infiorescenza bianca. 
« Avevo predisposto assieme a Ryoku che, questa sera, dei suoi sottoposti venissero a prendermi al porto dopo aver… preso queste » indicò con un’espressione del viso i frutti.
« Ryoku? Il saggio? »
« Sì. Reputano che sia il modo migliore per nascondere la memoria del Team Plasma a Unova e sono disposti ad aiutarmi. Prenderò una nuova identità ed i loro scienziati si occuperanno dei miei ricordi »
« Ottimo » sorrise Hilda « voglio farlo anch’io. Quando prendiamo queste bacche? »
« Anche… anche subito, se vuoi »
Porse la mano alla giovane e ne afferrò due piccoli frutti dai quattro che rimanevano.
Assieme avvicinarono le mani alla bocca e si guardarono reciprocamente, entrambi in attesa di cosa avrebbe fatto l’altro.
« Sei sicura di volerlo fare? Dopo di questo… dopo tutto ciò non sarai più Hilda Baskerville, sarà come se non fosse mai esistita »
« Neanche Natural Harmonia-Gropius »
N sorrise. « Allora facciamolo »
Spiaccicarono il palmo della mano sulle labbra e le bacche vennero lanciate all’interno della bocca e, da lì, entrarono nell’esofago. 
Hilda portò il braccio a cingere la vita di N e lo spinse verso di sé. N accompagnò i suoi movimenti e l’abbracciò a sua volta, avvicinando le labbra a quelle della giovane. Erano tanto vicini i loro occhi da poter vedere il proprio riflesso nel bulbo dell’altro e i loro respiri forti e chiari giungevano alle orecchie dei due.
Le loro labbra si toccarono per l’ultima volta, unendosi in un lungo ed appassionato bacio sino a che le loro membra non cedettero al pavimento. 
Caddero, svenuti, mentre una nuova giornata si apprestava a finire e così come un nuovo giorno sarebbe rinato, anche loro avrebbero visto un nuovo sole.

 
ϡ
 
flashforward — Anville Town — 04/03/12
Dal cavalcavia il rumore del treno sottostante che percorreva i binari era potendo ancora più stridente ed amplificato. Il vento che alzava lo spostamento del mezzo raggiungeva Erika e gonfiava le balze della sua gonna tali da far danzare il tessuto dei suoi abiti come leggiadre ballerine all’opera.
« Erika! Erika! »
Una voce familiare la richiamò. Guardò al di sotto del cavalcavia e vide, sulle scale che conducevano a lei, la figura di Louis correre nella sua direzione.
« Louis? Credevo fosse partito! »
« Si—» fece un respiro pesante, affannato dalla corsa « sì, sì, ma poco prima che il treno si chiudesse mi sono accorto che aveva dimenticato il suo libro sul sedile »
« Oh! » esclamò sorpresa « che sbadata! Mi dispiace averle fatto perdere l’aereo! »
« L’ho fatto con piacere, non preoccuparti »
« Ora mi dai del tu! » scherzò Erika.
« Davvero? Scusami, non volevo chiamati— chiamarla—»
« Tranquillo! » fece sorridente Erika « tranquillo, va tutto bene. Mi piace il tu »
Un sorriso comparve sul voto di Louis. « Davvero? Cioè, anche a me, anche a me piace! »
Erika si rigirò il manoscritto tra le mani mentre dava il tempo a Louis di recuperare fiato.
« Ma come farai per l’aereo? Riesci a prenderlo in giornata? »
« Non so se ho poi così tanta voglia di partire per Sinnoh, in realtà. Anville è una bella città e mi hai fatto tornare voglia di visitarla »
« E i bagagli? Sono ancora nel treno! »
« Beh, non ho chiesto anche a loro se volessero rimanere in regione con me! »
A Erika scappò una risata.
« Parlando di te, invece, che ne dici se ti porto in un locale che conosco qua in città? Ti prometto che merita »
« Mi dovrei fidare? »
Louis alzò le mani davanti a sé. « Fai tu, sappi però che non dormirò la notte sapendo che una giovane ragazza così bella come te si è persa ad Anville Town »
« Avrà sì e no 50.000 abitanti! » rise Erika « comunque, dal canto mio, non potrò neanche io dormire la notte sapendo che un giovane ragazzo come te non dorme la notte per avermi fatto perdere ad Anville »
« È un sì? »
Erika asserì. « Andiamo, forza! »

 
FINE
 
Quanto è liberatorio scrivere quelle parole.
Ebbene sì, è finita. Chi l'avrebbe mai detto? Io, a gennaio 2016, no. Forse sarebbe stato meglio, è sempre meglio tenermi i miei scarabocchi per me ma tant'è. 
Ho aspettato moltissimo questo momento e voglio fare le cose per bene. Mi sono letto tantissimi ultimi capitoli e ora sono un guru, potrei scrivere capitoli finali a non finire.
Prima di tutto, ringrazio chi ha letto la versione precedente, also known as la schifezza che ha dato origine a questa versione, con un po' più di dignità.
Grazie a chi ha recensito Castelia of Cards:
a Giandra,
ad Impossible Prince,
a Morning Musume, 
a Persej Combe,
a lagunablu,
e Shirokuro,
e, per finire, ad Ash Ketchup. 
Grazie a chi ha messo tra le seguite Castelia of Cards (l'unico motivo per cui rimanda al profilo è perché ho copiato dalla pagina dei seguiti. Non sono stato a metterli, lo giuro):
Aky San
aribecca_04
Giandra
Impossible Prince
Lunaix
Persej Combe
Shirokuro
Zacareu Greyn
Grazie a chi ha messo tra le ricordate Castelia of Cards:
Odisseo di Itaca
Grazie a chi ha messo tra le preferite Castelia of Cards:
Aky San
Grazie a chi ha letto e non ha mosso un dito. Se aveste mosso un dito avreste completamente sconvolto l'ordine degli eventi e non mi ritroverei qua, ora. È un discorso scemo (e nerd) fatto a posteriori ma non posso insultarvi e quindi vi gratifico.

Ora passiamo a Cards. Questa Cards, il capolavoro della letteratura postmoderna che faranno leggere nelle scuole assieme ai Promessi Sposi e la Divina Commedia.
Grazie a chi ha recensito Cards:
a Morning Musume,
a ChiaraP03,
a Blue Eich,
a Morgothip,
ed a Kasai.
Grazie a chi ha messo tra le seguite Cards:
alixantos
aribecca_04
Blue Eich
ChiaraP03
Impossible Prince
LoveHufflepuff
Morgothip
RossaPrimavera
Grazie a chi ha messo tra le ricordate Cards:
Alia Sonrisa
Kasai
Grazie a chi ha messo tra le preferite Cards:
LoveHufflepuff
Luffy_Mugiwara
Morgothip
Morning Musume
E grazie a voi lettori silenziosi. Se aveste mosso un dito avreste completamente sconvolto l'ordine degli eventi e non mi ritroverei qua, ora. È un discorso scemo (e nerd) fatto a posteriori ma non posso insultarvi e quindi vi gratifico.
Per concludere questi ringraziamenti ringrazio Morning Musume che è stata la mia fan #1 nel corso di tutta la storia. Un giro di applausi.

Cosa dire? Spero di non aver copiato abbastanza ma in fin dei conti è uscito qualcosa di semi potenzialmente buono. Mi ritengo contento.
Ora che ho finito di scrivere Cards i punti di domanda sono molti: continuerò a scrivere? Cards avrà un sequel? Mi sono fatto male cadendo dal cielo? Ebbene, signori e signore, il vostro Dr Oz ha una risposta anche per quello! (alle 6:50 di mattina è l'unico programma decente che danno alla tv. Non invidio gli americani)
No. Non ora, almeno. Quando usciranno Sole e Luna mi sembra di averci intravisto qualcosa e forse, dico forse, potrei farlo, ma si parla di dicembre, prima di allora dubito.
Allora: no. Potrei decidere di fare un'opera teatrale però, nel frattempo vi tengo aggiornati sui social su come e perché avrei voluto scrivere tutto diversamente.
No, non mi sono fatto male. Ho delle ali per questo.
Il succo è: no.
Continuerò a recensire, è l'unica cosa divertente che mi è rimasta. La Dea sarà orgogliosa di me, spero. (la Dea è Chiara. Se la consocete avete capito, sennò no. È questo il bello, più o meno. Ok forse no)
Ad ogni modo ho davvero troppe cose da fare in arretrato che scrivere, ho sul comodino 3 Metri Sopra il Cielo e non vedo l'ora di cominciarlo. E di finirlo. Insomma, there's a whole new world waiting for me.

BONUS
Aggiunta del 24/09, alle 14:15
Nella mia mente malata ogni titolo ha un significato più o meno rivelante rispetto al contenuto del capitolo e voglio darne la mia spiegazione.
A Rush of Blood to the Head prima di tutto, è una canzone dei Coldplay. La mia preferita. Indica principalmente proprio le rush of blood to the head (ha, ha, ha) dei personaggi: lei decide improvvisamente di accettare, il direttore decide improvvisamente di pubblicarla, il capitolo è una sorta di grande rush della storia.
An Unusual Prince anche questa, è una canzone del film Sleeping Beauty (la Bella Addormentata). Si riferisce ad N, un principe "insolito". È un titolo quantomeno calzante. La conoscerete con il titolo Once Upon a Dream, forse.
The Grasshopper Shall Be a Burden proviene da un passo della bibbia citato nel libro La Svastica sul Sole. In quel periodo stavo leggendo il libro. Ve lo consiglio.
Drowned by the Gods il meraviglioso titolo più volte mal scritto. Ah, damned if I do, damned if I don't. Non c'entra una minchia (in realtà sì, sort of. Lei viene "annegata" da Zinzolin. Liberi di essere perplessi, lo sono anch'io).
Misery Loves Company più chiaro di così? La miseria (tristezza, in realtà) ama la compagnia. Cioè le persone tristi si circondano di persone tristi per autocelebrare la loro miseria e rimanere a sguazzare nella tristezza. Quello che fanno gli autori di EFP con la mediocrità nello scrivere, ma è un altro discorso.
All the Time in the World è una citazione ad Alias. Ho apprezzato molto lo show (di J J Abrams, colpevole di Lost) e ho pensato di citarlo. Non ha reale significato.
The Guilty Girls' Handbook ​titolo di Pretty Little Liars. Shauntal e Hilda sono due "guilty girls", fanno cose che teoricamente non dovrebbero fare. Abbastanza lineare.
Before the Flood titolo di Doctor Who. Rappresenta il capitolo "prima" (before) del finale di midseason, il "flood", che travolge metaforicamente i personaggi e li lascia alla deriva pronti per ricominciare da capo la nuova midseason. Sì, me le studio 'ste cose.
Now You See Me, Now You Don't titolo di Pretty Little Liars, ancora una volta. Non ha un significato, è semplicemente bello.
The Blind Beholder è una citazione ad un proverbio inglese, "Beauty lies in the eye of the beholder", ovvero "La bellezza sta nell'occhio di chi guarda" che ho rimaneggiato più volte sino a che del periodo originale è rimasto ben poco. Behold come verbo lo si ritrova anche in improbabili espressioni tipo Lo and behold!. Ciao Shakespeare.
What Becomes of the Broken Hearted titolo di Pretty Little Liars, che hanno preso da una canzone se non ricordo male. Questo ha una logica: il capitolo parla di quello che succede ai cuori spezzati: Hilda, ha il cuore spezzato, N ha il cuore spezzato, Julie lo ha (Hilbert era un suo amico). Sono comunque i "postumi" di ciò che succede ai cuori spezzati. È contorto ma giuro che ha senso.
Unable Are the Loved to Die è una citazione ad una poesia di Emily Dickinson, che ho anche trascritto nel capitolo. Si riferisce al fatto che Julie, che non è amata da nessuno, muore (letteralmente) mentre altri personaggi quali Hilda o N rimangono ancora in vita nonostante tutto. Sono consapevole che la morte a cui si riferisse Emily è metaforica, intendeva che chi è amato nonostante la morte è ancora capace di rimanere vivo nella memoria di chi ama (l'ho sempre letta così) ma qua ho voluto portarla su un piano più pratico.
Six Feet Under ​titolo di Six Feet Under, una serie della HBO. Non dico di averla amata perché non l'ho fatto, ho odiato un sacco di personaggi e non per il loro carattere ma per la stupidità con la quale viene condotta la loro storyline, nonostante ciò ne ho amato altri e una serie come questa è più unica che rara. Guardatela. Anyway, si riferisce alla morte di Julie ed a come ciò influenzi gran parte del capitolo. (Six feet è la profondità sotto la quale negli USA sepolgono i corpi)
Nessun Dorma! è una citazione ad un opera di Puccini, il Turandot. Si riferisce all'inizio del capitolo, quando lei, per l'appunto, dorme. Neanche qua c'è un grande disegno dietro.
Love Is a Losing Game canzone di Amy Winehouse. Il titolo è chiaro, l'amore è un gioco al quale non puoi far altro che perdere, ed è ciò che fanno i personaggi: perdono.
To Sleep, perchance to Dream è una citazione all'Amleto di Shakespeare, contenuta nel monologo To Be or Not to Be. È un gran bel monologo.
Man of Science, Man of Faith titolo di Lost. Indica la dicomotia Benjamin Linus (il mio personaggio preferito di Lost) e John Locke. Nella storia indica la dicotomia tra N e Zinzolin che è una delle basi della storia (nonostante il loro conflitto non sia tra scienza e fede ma rimanga comunque ancorato sui medesimi principi).
Somewhere Over the Rainbow è una citazione alla canzone Over the Rainbow tratta dal film The Wizard of Oz. Mi riferisco ad una splendida versione di Harry Nilsson quando ne parlo. Come nel film indica la terra di Oz qua indica la loro nuova vita, intesa come una nuova landa meravigliosa collocata da qualche parte "oltre l'arcobaleno" e descritta come meravigliosa. Solo là potranno coronare il loro sogno. È anche la canzone che accompagna il finale di You've Got Mail con Tom Hanks e Maggie Ryan.
Nella storia sono disseminate moltissime altre citazioni, anche il titolo della storia (il vecchio) era uno, ovviamente era bruttissimo.
Vi ho tediato abbastanza.

Godspeed [Spiderman! Boom muore]
 
 
 
Goodbye, raggedy man.
[dovevo dirlo]
 

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