Amour masqué

di Francy_Kid
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 ***
Capitolo 7: *** Cap. 7 ***
Capitolo 8: *** Cap. 8 ***
Capitolo 9: *** Cap. 9 ***
Capitolo 10: *** Cap. 10 ***
Capitolo 11: *** Cap. 11 ***
Capitolo 12: *** Cap. 12 ***
Capitolo 13: *** Cap. 13 ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***


Cap. 1

«Bene ragazzi, ora vi assegno i compiti.» esclamò Madame Bustier aprendo la sua agenda. «Dovrete fare una ricerca a coppie da consegnare tra due settimane, quindi avete tutto il tempo che vi serve. Le coppie sono: Rose e Juleka; Max e Nino; Chloé e Sabrina; Ivan e Nathanaël; Alya e Kim; Alix e Mylene; Adrien e Marinette.» concluse prendendo il gesso e iniziando a scrivere alla lavagna.

Appena sentì con chi era in coppia, la ragazza sgranò gli occhi azzurri e si raddrizzò sulla sedia, convinta di star sognando.

«Hai sentito Marinette?» domandò Alya, seduta al suo fianco. «Sei in coppia con Adrien!»
«Dammi un pizzicotto... credo di essermi addormen– ahia!» squittì sfregandosi il braccio, dove la mora l'aveva pizzicata. Almeno era sicura di essere sveglia.

«Il compito consiste in una ricerca su un autore famoso che sceglierete tra quelli elencati alla lavagna. Oltre che allo studio valuterò anche la presentazione, quindi siate più fantasiosi possibile. Buona fortuna e ricordatevi: il tempo è di due settimane.» aggiunse poco prima che la campanella suonasse, segnalando la fine delle lezioni.

Marinette guardò i nomi che la professoressa aveva scelto; erano tutti autori molto famosi, studiati durante l'anno, ma alcuni non se li ricordava o non le erano piaciuti, perciò preferì evitarli: Émile Zola; Montagne; Flaubert; Victor Hugo; Voltaire; Denis Diderot; Pierre Corneille.

«Quale autore possiamo fare?» chiese Adrien, sistemandosi accanto a Marinette, che fece un balzo sulla sedia.
«A-Adrien... N-Non saprei, c-chi scegli tu?» balbettò cercando di sembrare più "normale" possibile.
«L'anno scorso, quando prendevo lezioni private, ho studiato Victor Hugo. Potremmo fare lui.»
«Io ho letto  "Notre Dame". Un'opera davvero... singolare.» commentò rabbrividendo al ricordo degli avvenimenti accaduti nel libro. «Ma può andare.» aggiunse facendo annuire il biondo, che andò a cancellare il nome di Hugo dalla lavagna.


 

La giornata scolastica finì e maggior parte gli studenti si incamminò verso casa, mentre altri rimasero a parlare con i loro amici davanti al liceo.

«Tu e Adrien, eh?» esclamò Alya colpendo giocosamente il braccio della sua migliore amica, che tornò ad essere rossa come un peperone.
«Se non mi conoscessi abbastanza direi che andrà tutto bene, invece so già che farò figuracce su figuracce!» pianse poggiandosi alla spalla della mora, che le fece un buffetto per consolarla.
«Vedrai che andrà alla grande. Basta che impari a non balbettare e a non rimanere a bocca aperta ogni volta che sei in presenza di Adrien.»
«Ehi! Io non sto a bocca aperta!» esclamò offesa.

Le due si misero a ridere, ma vennero interrotte da Nino e Adrien, che uscirono dall'istituto.

«Ehilà ragazze.» le salutò il moro facendo un cenno con la visiera del cappello.
«Ciao a tutti e due. Avete deciso quale autore esporrete?» domandò Alya notando che la sua amica si era già imbambolata, con gli occhi puntati sul modello.
«Io e Max faremo Flubert. Avevamo preso entrambi un bel voto nella verifica scritta, quindi partiamo avvantaggiati.» rispose entusiasta, sicuro di andare bene anche nell'esposizione orale.
«Io e Mylene ci occuperemo di Diderot. E tu e Marinette, che farete?» chiese rivolgendosi al biondo.
«Victor Hugo. Io l'ho studiato l'anno scorso, mentre lei ha letto "Notre Dame", perciò siamo a cavallo.» rispose dando uno sguardo alla sua compagna, che annuì, guardandolo a bocca aperta.

I suoi occhi verdi erano fantastici. Marinette rimaneva sempre stregata dal suo sguardo magnetico, impedendole di pensare e agire normalmente.

«Ora devo andare. Ho un servizio fotografico appena fuori Parigi. Ci vediamo domani.» li salutò Adrien dirigendosi verso la limousine grigia, che aveva appena parcheggiato davanti al marciapiede.
«Che ti avevo detto?» ridacchiò Alya sollevandole la mandibola inferiore, risvegliandola dai suoi sogni ad occhi aperti e facendola sbuffare.


 

Marinette tornò a casa, entusiasta di essere in coppia con l'amore della sua vita.

Quel pomeriggio, carica di felicità e entusiasmo, aiutò i suoi genitori in pasticceria –facendo cadere il vassoio dei croissant solo tre volte–, fece i compiti per il giorno seguente e, dopo una bella doccia rinfrescante, si mise a lavorare ad alcuni schizzi di vestiti o accessori.

Senza nemmeno accorgersene, si fecero già le otto di sera passate –per fortuna aveva già cenato–

Tikki, il suo kwami, si era appisolata nella borsetta rosa della sua guardiana dopo aver mangiato un paio di biscotti che la ragazza aveva preso per lei; nella stanza si sentiva soltanto la matita che sfregava sulla carta del diario e il leggero russare dello spiritello.

Tranquillità. tutto ciò che serviva a Marinette per concentarsi per i suoi disegni.

Tranquillità, che venne interrotta dal rumore di battiti sulla finestra davanti alla sua scrivania; sporgendosi leggermente, vide due luccicanti e divertiti occhi verdi da gatto, circondati da una maschera nera.

L'adolescente roteò gli occhi, alzandosi per andare ad aprire e fare entrare, così, il suo ospite.

«Buona sera, Chat.» lo salutò aprendo l'anta della finestra.
«Buona sera a te, Purr-incipessa. Come stai?» chiese il supereroe sistemandosi i capelli biondi, con fare vanitoso.
«Ero tranquilla, poi un gatto è entrato nella mia stanza e ha iniziato a miagolare, distraendomi.» rispose indicando il diario aperto sulla scrivania.

Chat si avvicinò e sbirciò il suo lavoro; rimaneva meravigliato ogni volta che vedeva i suoi disegni.

«Non smetterai mai di lasciarmi senza parole.» commentò, riappoggiandolo dov'era prima. «Tieniti libera per me, ti chiamerò appena vorrò cambiare lo stile del mio costume.» aggiunse, facendo roteare la coda di cuoio, producendo un rumore simile alle pale di una piccola ventola che giravano veloci.
«Non ti basta già la tutina attillata che indossi?» chiese con un pizzico di divertimento, già sapendo quale sarà la sua risposta.
«Forse hai ragione: questa "tutina attillata" valorizza di più il mio corpo perfetto.» rispose gonfiando i bicipiti e assumendo varie pose che mettevano in mostra i suoi muscoli. «E poi, attira un sacco di fangirl.»
"Infatti..." pensò tra sé e sé la ragazza, sospirando esasperata.

Quando Chat iniziava a parlare di se stesso o flirtava con lei era irrecuperabile. Era ormai da poco più di due mesi che il felino le faceva visita quasi tutte le sere, persino dopo gli attacchi degli akuma –dopo essersi ritrasformato, ovviamente–; durante quelle sere era davvero straziante sentirlo parlare ancora, ma ultimamente le faceva piacere vederlo. Il che era parecchio strano.

Ad interrompere i flirt dell'eroe fu la suoneria del cellulare di Marinette; la ragazza guardò l'immagine della persona che la stava chiamando e, sospirando, guardò il felino.

«È Nathanaël...» esclamò affatto sorpresa. «Scusa Chat, ma devo rispondere. È già la quinta volta che mi chiama oggi, ed è capace di farlo finchè non rispondo...» si scusò, ricevendo un cenno positivo dal biondo.

E la scuola era finita solo da qualche ora, pensò lui.

Mentre la ragazza parlava al cellulare, Chat percepiva la tensione nella voce della sua amica.

Le piaceva Nathanaël? No, impossibile, in classe non si parlavano quasi mai.
Allora perché gli rispondeva?

Il felino fu invaso dalla rabbia e un groppo gli serrava la gola. Non era forse... geloso? Impossibile! Lui amava Ladybug! Allora perché non potè fare a meno di tirare in dietro le orecchie e tirar fuori gli artigli al solo pensiero di Nathanaël che chiamava Marinette?

Senza pensarci due volte, decise di ascoltare la telefonata, raddrizzando le orecchie per ascoltare meglio. Grazie all'udito sviluppato dai poteri del suo Miraculous, riuscì a sentire ogni singola parola proveniente dall'altra parte dell'apparecchio, senza che l'adolescente se ne accorgesse.

«Scusa, ma ora sono occupata.»
«Per favore Mari, voglio soltanto perlare con te.»

Come osava chiamarla "Mari"?! Solo lui poteva chiamarla così, oltre che Alya e Nino.

«Davvero Nathanaël, mi fa piacere stare al telefono, ma ora sono... sono fuori a cena con... dei parenti.»
«Oh... e come mai non sento le voci delle persone?»

Ma cosa gli interessava?! Perché doveva farle certe domande?!

«Perché... sono andata in bagno per risponderti, sennò non sentivo nulla.» rispose inventandosi un'altra scusa.
«Ok, allora ci vediamo domani. Ciao.»
«A domani.»

Marinette riattaccò, per poi gettare il cellulare sulla scrivania e sdraiarsi a pancia in giù sulla chaise-longue che dava sulla finestra rotonda, mugugnando, esasperata.

«Nathanaël non è quel tuo compagno di classe che è stato akumizzato in Dessinateur qualche mese fa? Credevo che la sua cotta per te fosse passata dopo quell'episodio.» commentò Chat con una nota di rabbia.
«Lo credevo anch'io, ma ultimamente mi chiama tutti i giorni ed è da quando sono finite le lezioni che oggi mi riempie di messaggi perché non sono in coppia con lui per una ricerca. Colpa mia se la professoressa mi ha assegnata ad un'altra persona?!» esclamò seccata, alzando la testa solo per poter parlare. «Io non ce la faccio più...» aggiunse tornando a nascondere il viso nel cuscino.

Il felino si sedette accanto a lei, accarezzandole la testa. «Principessa, non ti preoccupare. Stasera vado a casa sua, lo lego come un salame e lo spedisco in un luogo lontano, così non ti può più disturbare.»
«Non starai un tantino esagerando?» ridacchiò con gli occhi lucidi, sedendosi per fargli più posto.
«Questo è niente per renderti felice, Principessa.» rispose baciandole il dorso della mano; lei ricambiò il gesto con un sorriso.
«E poi, nel tuo cuore c'è spazio per una sola persona.» aggiunse il biondo con un sorriso malizioso stampato sulle labbra.
«Ah sì? E chi sarebbe?» domandò incrociando le braccia, restituendo il ghigno.
«Io, ovviamente.» rispose avvicinandosi al suo viso, sfiorandole il naso con il suo, ma venne subito allontanato.
«Credici, Gattino.» ridacchiò facendogli un buffetto di conforto.

Chat sorrise; era riuscito a risollevarle il morale.

Era felice quando la sua Principessa lo era, soprattutto se era lui a farla sorridere.


 

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Rieccomi con una storia nuova di zecca (anche se l'ho già pubblicata su Wattpad, ma sono dettagli U^U)

Volevo condivierla anche qua, su EFP perché mi andava XD


Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e vi abbia interessati ^^

Francy_KId

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***


Cap. 2
 

Chat Noir chiuse la finestra da cui, circa un'ora fa, era uscito e annullò la trasformazione, tornando ad essere Adrien Agreste.

Il ragazzo camminò verso la scrivania, guidato dalla luce del pc ancora acceso sulla belissima foto di sua madre di quando aveva la sua età, abbandonandosi sulla sedia.

Il biondo guardò l'immagine con malinconia, come a chiederle dei consigli; siccome suo padre era troppo impegnato con il lavoro, quindi non lo ascoltava, e Nathalie era come un robot al servizio di Gabriel, non aveva nessuno con cui confidarsi. C'era Nino, ma era pessimo nelle questioni di cuore, basti ricordarsi a quando voleva dichiararsi a Marinette; oppure c'era Alya, ma era la migliore amica di Marinette e sicuramente glielo avrebbe detto.

Marinette.

Tutto si collegava a lei; lei era il motivo per cui era così confuso.

«Che cosa strana l'amore umano.» sospirò Plagg sedendosi sulla scrivania, con una fetta di Camembert in mano.
«Io non sono innamorato di Marinette!» esclamò sulla difensiva.
«Le tue azioni e le tue guance non dicono lo stesso.» canticchiò il kwami, azzannando il formaggio puzzolente.

Adrien distolse lo sguardo, sentendo il suo viso riscaldarsi maggiormente.

«Oh insomma! Non fare il finto tonto! Perché vai a trovarla tutte le sere? Perché non smetti di guardare le sue foto? Perché prima ti sei ingelosito quando quell'altro ragazzo l'ha chiamata?» chiese Plagg fluttuando davanti al naso del suo custode, punzecchiandogli la punta con la zampa minuscola. «Sinceramente, certe volte mi sembri uno stalker.» aggiunse ridacchiando; adorava far innervosire Adrien riguardo queste cose.
«Non sono geloso! È che non mi sta a genio Nathanaël.»
«Perché anche a lui piace quella ragazza.»
«Si chiama Marinette.» lo corresse. «E poi, non mi interessa se Nathanaël la chiama. Non sono fatti miei.» rispose girando la sedia, dando le spalle allo spiritello nero. «Io amo Ladybug. Marinette è una mia... amica... E lo stalker non sono io!» aggiunse alzandosi, dirigendosi verso il bagno per una doccia rinfrescante che, sperava, lo aiutasse a mettere ordine nei suoi pensieri confusi.
«L'amour.» sospirò Plagg, facendo roteare gli occhi, per poi tornare a divorare il formaggio restante.


 

Il giorno successivo, Marinette, Alya e Nino stavano ridendo seduti ai loro posti, aspettando l'arrivo della professoressa, quando una voce tremante chiamò la ragazza dai capelli neri, che si voltò di malavoglia.

«Ciao Nathanaël.» lo salutò cercando di mantenere il sorriso.
«Ciao Mari, mi chiedevo se oggi pomeriggio volevi uscire con me...» chiese rosso in viso, raggiungendo quasi la tonalità dei suoi capelli.
«Nathanaël, ne abbiamo già parlato...» rispose ricordando la risposta che, dopo che Chat se n'era andato, gli aveva inviato al messaggio.
«Non riesci a trovare un buco per uscire con me?»
«Non posso, sono impegnata, te l'ho già detto.» esclamò trattenendo l'esasperazione.
«Cosa devi fare? Forse ti posso aiutare.» propose accarezzandole la guancia.

Marinette s'irrigidì al tocco, allontanandosi dalla mano del suo compagno di classe.

«I-Io...»
«Lei deve studiare con me.»

I quattro si voltarono verso la porta e videro Adrien con un sorriso innocente, che nascondeva la rabbia, stampato sul volto. «Oggi avevamo intenzione di iniziare la ricerca. Non dirmi che te lo eri dimenticato, Mari.» aggiunse scandendo il soprannome, sedendosi al suo posto e tenendo gli occhi su quelli del rosso.
«È-È vero. Dobbiamo preparare la ricerca.» esclamò come se si fosse realmente dimenticata, cercando di nascondere la sorpresa.

A salvarla da altre domande imbarazzanti fu l'arrivo della professoressa, che salutò gli alunni con un caloroso "Buon giorno". Finito l'appello, mentre Madame Bustier scriveva alla lavagna, Adrien posò un biglietto piegato in quattro parti sul banco di Marinette, che lo aprì incuriosita.

"Finita la scuola ci troviamo in biblioteca per la ricerca ;)"

Lo smile in fondo alla frase lo rendeva più speciale. Quel fogliettino lo avrebbe sicuramente attaccato al diario.

Gli rispose, su un altro bigliettino, disegnando un pollice alzato e scrivendo:

"Ok. Grazie per Nathanaël ^^"

La ragazza lo lanciò e finì in parte al quaderno del biondo che, appena lo lesse, si voltò verso l'adolescente, rispondendo con un sorriso a trentadue denti e lei non poté che fare lo stesso.

 

«Qualcuno qui ha fatto tombola.» canticchiò Alya, indicando Adrien, che stava parlando con la professoressa di chimica di un progetto che aveva preparato.
«Magari tu avessi ragione.» sospirò. «Invece con Nathanaël non so più che fare.» aggiunse esasperata, appoggiandosi alla spalla dell'amica.
«Non ha ancora accettato la friendzone. Secondo me dovresti dargli ancora un po' di tempo, poi smetterà.»
«Sì, ma è da tre mesi che questa storia va avanti. Tre mesi! E la situazione peggiora di giorno in giorno.» rispose abbracciando la mora, in cerca di conforto.
«Ehi, Mari.» la chiamò Nathanaël, avvicinandosi a loro.
"A parlare del diavolo..." pensò lei, sciogliendo l'abbraccio. «Ehi, Nathanaël.»
«Tutto bene?» chiese mentre le guance gli diventarono rosse.
«Contando il fatto che me l'hai già chiesto all'inizio dell'intervallo, cioè cinque minuti fa, e che non è successo nulla da allora, direi che sto bene... ancora...» disse con monotonia.
«Bene... Ti volevo chiedere se potevo fare qualcosa per te, se ti serviva qualcosa.» esclamò con gli occhi che si illuminavano, sperando che l'adolescente potesse passare anche gli ultimi dieci minuti con lui.
«Grazie, ma non ho bisogno di niente.» ridacchiò nervosamente, volendo restare da sola con Alya.
«Sicura?»
«Marinette, Alya, potete venire qua un attimo?»
"Salvata dalla professoressa." pensò con un sospiro. «Scusaci Nathanaël, ma ora dobbiamo proprio andare.» rispose afferrando la mora per un polso e trascinandola verso Madame Bustier, lasciando il rosso davanti alla panchina su cui erano sedute.


 

La campanella della fine delle lezione suonò, e tutti gli studenti uscirono dalle loro classi, diretti verso casa o altri posti in cui avrebbero incontrato i loro amici.

Nino e Alya, con i loro rispettivi compagni di classe –tranne che per Chloé e Sabrina–, dopo aver salutato Adrien e Marinette, uscirono dalla classe, lasciandoli soli.

I due camminarono verso la biblioteca, parlando, e balbettando nel caso di Marinette, della giornata scolastica trascorsa, delle foto fatte ieri pomeriggio durante il servizio fotografico del biondo e delle serate passate in compagnia di un felino nero dell'altra.

«Come ti sembra Chat?» domandò Adrien sedendosi accanto alla sua compagna. «Il fatto che viene a trovarti quasi tutte le sere lo trovo gentile da parte sua.»

Il modello trattenne le risate e il fatto di voler lusingare Chat; stava parlando di se stesso, infondo.

«Non dico il contrario, ma certe volte compare nel momento sbagliato: quando sto facendo i compiti, quando disegno, quando sto per dormire, quando ho appena fatto la doccia...» rispose contando sulla punta delle dita.

"Quello sì, che è stato un brutto momento..." pensò l'altro, ricordandosi di quando l'aveva vista in intimo e, certe volte, l'immagine si quel momento gli appariva diverse al giorno. Una cosa davvero imbarazzante ed eccitante, doveva ammetterlo.

«Ma tutto sommato mi fa compagnia e lo apprezzo.» aggiunse la ragazza, sorridendo, notando un velo rosa sulle guance del modello, che la guardava con lo stesso sorriso.
«D-Direi di i-iniziare la-la ricerca.» balbettò alzandosi di scatto, indirizzandosi verso la sezione "Letteratura".

"Quant'è carino! Mi ha sorriso!" pensò cercando di trattenere un urlo d'entusiasmo. "Diventerà il padre dei miei figli!"

«Tutto bene, Marinette?» chiese Adrien sbucando in parte a lei, facendola spaventare.
«Ehm... S-Sì, stavo cercando qualcosa su Hugo.» aggiunse prendendo il primo libro che trovò, per poi porgerlo al suo amico, che lo prese e lesse il titolo.
«E pensare che io ho sempre creduto che Victor Hugo fosse maschio.» scherzò guardando l'adolescente, divertito.

Marinette spiò il nome del libro che aveva preso: "Madeleine de Souvré"

«Ma che...?» esclamò sorpresa, facendo ridere Adrien, mentre lei arrossì, sorridendo al suono della sua risata e per l'ennesima figuraccia che aveva appena fatto davanti a lui.

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***


Cap. 3
 

La biblioteca della scuola era tranquilla e l'odore della carta –nuova e vecchia– riempiva le narici degli unici due ragazzi presenti nell'enorme stanza: Adrien e Marinette erano seduti vicini e stavano leggendo un libro su Victor Hugo, ma gli occhi della corvina erano concentrati soprattutto sul ragazzo accanto a lei.

"È bellissimo anche mentre legge." pensò sospirando, guardandolo sognante.

I suoi pensieri furono interrotti dall'arrivo "spettacolare" di una certa bionda e la sua amica rossa, che parlavano con la voce alta. Troppo alta.

«Chloé, per favore, potresti abbassare il volume della voce? Siamo in biblioteca.» sbuffò l'adolescente poggiando la matita sul tavolo, seccata.
«Guarda, guarda chi abbiamo qui: Marinette Dupain-Cheng.» canticchiò lei, ignorando la sua richiesta.
«Lo so come mi chiamo, non occorre che lo dici.» ribatté stando sulla difensiva.
«Chloé, per favore, potresti smettere di disturbarci? Stiamo facendo la ricerca.» s'intromise il biondo, ma le sue parole non ebbero effetto sulla ragazza.
«Oh Adrikins, mi dispiace che tu debba stare in coppia con Marinette anziché con me.» commentò l'arrogante, andando vicino al modello e giocando con una sua ciocca di capelli. «A proposito, ancora non capisco come tu non ti sia ancora messa insieme a quella nullità di Nathanaël.»
«Nathanaël non è una nullità!» abbaiò Marinette, alzandosi di scatto e battendo la mano sul tavolo, arrabbiata.
«Oh la là. La ragazzina che difende il suo fidanzatino, quant'è eroica.» la schernì iniziando a ridere, accompagnata da Sabrina.

Quella era la goccia che fece traboccare il vaso.

Marinette prese il suo zaino e camminò a grandi passi verso l'uscita, stringendo a sé la cartella, mentre le due continuavano a prenderla in giro, e ignorando la voce di Adrien che la chiamava.

Uscita dall'istituto, Tikki volò fuori dalla borsetta della sua custode, volteggiando davanti a lei.

«Marinette, devi calmarti.» esclamò preoccupata.
«Sono calma, Tikki.» sospirò rilassandosi. «Certe volte devo trattenermi dal dare un pugno in faccia a quell'oca.» sbuffò sedendosi sulle scale, mentre il suo kwami le accarezzava la guancia.
«Non ti conviene: dopo ti ritroverai la sua faccia stampata sulla mano, vista la quantità industriale di trucco che usa.» rispose con tono schifato, facendo ridere l'adolescente.

Per fortuna c'era Tikki con lei; il suo kwami e Alya erano le uniche due persone con cui si poteva confidare, senza segreti –limitatamente nel caso di Alya, ovviamente–

La ragazza si rialzò, indecisa se andare a casa a sfogarsi sul suo diario, oppure andando a fare un giro di ricognizione sotto forma di Ladybug.

Forse la seconda opzione era più allettante.

«Tikki, trasf–»
«Marinette!»

Lo spiritello rosso si nascose sotto la giacca dell'adolescente, che si voltò sperando che nessuno avesse visto Tikki.

«Marinette...» esclamò Adrien prendendo fiato; a quanto pare aveva corso ad uscire. «Scusa se ci ho messo un po', ma ero incollato alla sedia da Chloé. Letteralmente...» rabbrividì al ricordo della ragazza che tentava di baciarlo, mentre lui faceva di tutto per evitarla.
«Non importa. Anzi, sono io quella che deve scusarsi, non dovevo andarmene e piantarti con Chloé.» rispose grattandosi la nuca, dispiaciuta.

Adrien portò la mano al mento, assumendo un'espressione pensierosa. «Se vuoi che ti perdoni devi accettare il mio invito a casa mia per una sessione di studio forzata.» esclamò tendendo la mano.
«Io questa la chiamerei "tortura", ma ci sto.» ribatté stringendogliela e chiudendo, così, l'affare.


 

I due, arrivati a Villa Agreste, dopo aver salutato Nathalie, salirono in camera di Adrien; appena entrati, Marinette dovette trattenere un urlo di gioia.

"Io e Adrien... Da soli... In camera sua!" pensò, prendendo dei grandi respiri.

La ragazza si guardò attorno, ammirando la stanza enorme; era già stata nella sua camera quando lei, ovvero Ladybug, e Chat Noir si erano scontrati contro Jackady e quando aveva provato a salvarlo dalle grinfie di Volpina, anche se alla fine, fortunatamente, era un'illusione.

Il suo sguardo ricadde nuovamente sul monitor acceso, con la foto della madre del biondo come sfondo.

"È davvero bella." pensò fermandosi ad ammirarla.

«Lei è mia madre. In questa foto aveva diciassette anni.» spiegò Adrien mettendosi accanto alla sua compagna.
«È una donna bellissima. Ora capisco da chi hai preso per essere così bello.» esclamò; poco dopo si rese conto di ciò che aveva detto e iniziò a gesticolare. «Intendevo dire: tu sei bello, tua madre è bella... ma non intendo dire che tuo padre non lo è, lui ha fascino... però tua mamma è più carina e tu sei più simile a lei, che è fantastica... Ci rinuncio.» mugugnò, attendendosi ad aggiungere altro per provare a sistemare la frase; aveva fatto abbastanza figuracce.

Il ragazzo ridacchiò, mettendole una mano sulla spalla per tranquillizzarla. «Iniziamo a studiare, o come la chiami tu, la "tortura".»

L'adolescente lo guardò, imbarazzata, annuendo.

 

«Mi è venuta in mente un'idea!» esclamò Marinette raddrizzandosi sulla sedia, facendo voltare Adrien verso di lei, incuriosito.

Era da circa un quarto d'ora che stavano studiando e, fino ad ora, avevano raccolto informazioni riguardo all'opera di "Notre Dame" e qualcosa sulla vita dello scrittore.

«Spara.» la incoraggiò.
«Visto che la professoressa valuta anche la fantasia nella presentazione, potremmo fare così: tu potresti interpretare Hugo, che racconta la sua vita, mentre io posso preparare dei costumi dell'Ottocento, per poi interpretare, insieme a te, i personaggi delle opere che decidiamo di esporre.» spiegò entusiasta.
«Marinette, tu sei un genio!» rispose iniziando a digitare sulla tastiera l'epoca in cui era vissuto Hugo, cercando gli abiti del secolo.

L'adolescente copiò qualche modello di abiti maschili e abiti femminili su un quaderno di brutta, per poi annuire soddisfatta.

«Visto che tu hai già studiato Victor Higo l'anno scorso, ti ricordi per caso una poesia o una citazione che ti è piaciuta particolarmente?» domandò girando la pagina per prendere appunti.
Il biondo ci pensò su. «Allora... La poesia che mi è piaciuta di più s'intitola "L'uomo e la donna"; invece di citazione mi è rimasta impressa quella che Hugo fece ad Adèle Foucher, sua moglie, e recita così: —il ragazzo si sporse verso Marinette, che arrossì violentemente.— "Quando due anime infine si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari, hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli. É questo l'amore che tu ispiri in me."»

I due si guardarono senza parole; la ragazza lasciò andare la penna, che cadde con un tonfo sordo sul quaderno, e fissò gli occhi verdi del biondo, che fece la stessa cosa.

Entrambi di persero nelle tonalità dei colori che vedevano negli occhi della persona davanti a sé: quelli color azzurro cielo di Marinette e verde smeraldo di Adrien.

«Mari.» sussurrò lui, avvicinandosi ancora di più.
«Adrien.» respirò lei, persa nel suo sguardo.

I loro visi erano parecchio vicini; a dividerli c'era solo un respiro.

La mente di entrambi gli adolescenti si offuscò e in quel momento non c'era nient'altro che loro.

I loro occhi si chiusero, volendo assaporare ogni singolo istante anche nei loro pensieri, con una sola cosa in mente: le loro labbra che, tra poco, si sarebbero incontrate.

La distanza era sempre minore, sentendo le punte dei loro nasi sfiorarsi, quasi toccarsi.

All'improvviso, la suoneria del cellulare che proveniva dalla borsa di Marinette interruppe quel magico momento.

La ragazza, sbuffando, recuperò l'apparecchio, mentre il modello la guardò deluso.

«È Nathanaël...» disse fissando lo schermo.

"Ancora lui." pensò irato Adrien.

«Forse non dovrei rispondere...»
«Non ti conviene. Non vorrai che dopo continuasse a chiamarti.» rispose con amarezza, facendo sorprendere la ragazza, che, dopo aver chiesto scusa, rispose.

Adrien, grazie alla distanza ravvicinata, riuscì a sentire ciò che Nathanaël diceva, quindi origliò –per la seconda volta– la loro conversazione.

«Ciao Mari.»
«C-Ciao Nathanaël... Scusa, ma ora non è il momento, sto facendo la ricerca con Adrien.» spiegò lei cercando di nascondere quanto fosse arrabbiata per aver interrotto il loro momento di "studio".
«Sì, lo so, ma ti volevo chiedere se domani pomeriggio volevi uscire con me.»

"Ancora con questa storia! Ma non ha ancora capito che Marinette non è interessato a lui?" si domandò Adrien, facendo una smorfia di sufficienza davanti all'ignoranza del suo compagno di classe.

«Mi dispiace, ma domani pomeriggio devo aiutare i miei in pasticceria.»
«E domani sera? Magari potremmo andare a vedere un film.» propose speranzoso.
«Domani sera... Io... io...»

Vedendo che la ragazza si trovava in difficoltà, Adrien le afferrò il cellulare e rispose al suo posto con la prima cosa che gli venne in mente: «Mi dispiace Nathanaël, ma Marinette domani sera è impegnata.»
«A-Adrien? Come "è impegnata"? Con chi?»
«Con me.» rispose con tono divertito.
«Adrien... per favore, non–» lei cercò di riperdersi il telefono, ma il biondo si allontanò, facendo scivolare la sedia da ufficio a pochi centimetri di distanza.
«Io e Marinette stiamo uscendo ormai da diversi giorni, solo che lei è troppo gentile per dirtelo. Ora, caro Nathanaël, ti pregherei di non chiamare più la mia ragazza, capito?»

"La mia ragazza..." pensò l'adolescente a bocca aperta per ciò che era appena accaduto; il modello le restituì il cellulare dopo aver chiuso la chiamata, guardandola soddisfatto.

«Adrien... Perché?»

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***


Cap. 4
 

Marinette rimase senza parole. Adrien l'aveva appena difesa con Nathanaël. E aveva detto che era la sua ragazza!

È stata una cosa sorprendente; non se lo sarebbe mai aspettata da un ragazzo, soprattutto da Adrien!

«Non sei stanca?» rispose lui, guardandola seriamente.

Non capitava quasi mai che il suo amico assumesse quel comportamento, ma quando succedeva significava che la cosa era parecchio grave.

«Non sei stanca di sorbirti tutti i giorni i suoi messaggi, le sue chiamate, le sue richieste a cui tu non sai dire di no? –continuò e, notando che la ragazza abbassò lo sguardo, addolcì il tono; infondo non era arrabbiato con lei– Marinette, ti chiedo scusa per essermi messo in mezzo, ma vedendoti in difficoltà non ho potuto fare a meno di provare ad aiutarti.»

La ragazza rimase in silenzio, continuando a tenere gli occhi fissi sui suoi piedi, mordendosi il labbro.

«Da quanto? Da quanto sta andando avanti questa situazione?» chiese in tono più dolce, vedendo quanto fosse sotto pressione.
«Tre mesi...» rispose con un bisbiglio. «Credevo che continuando ad inventare scuse per non uscire con lui, prima o dopo, si sarebbe stancato, ma mi sbagliavo. La situazione mi è sfuggita di mano ed ora ci sei dentro anche tu... E questo non è giusto nei tuoi confronti...» aggiunse, sentendo le lacrime formarsi, pungenti come aghi, finché non iniziarono a cadere e a scorrere, calde, sulle guance.

Adrien si senti male per lei. Doveva essere difficile inventarsi scuse su scuse per non spezzare il cuore a qualcuno. Lui sapeva quanto fosse duro inventarsi le cose giuste per sviare dalle diverse situazioni; insomma, essere Chat Noir comportava il saper mentire, ed il fatto di essere un modello lo aiutava parecchio.

Il ragazzo le sollevò delicatamente il mento, in modo tale che potesse guardarlo negli occhi. «Non ti preoccupare per me. Direi un bugia peggiore di questa per te. Preferisco mentire e vederti felice, anziché non dire nulla e vederti triste.» disse asciugandole le lacrime con il pollice.

La ragazza rimase nuovamente senza parole, incapace di dire quanto sia fantastico il ragazzo di cui era perdutamente innamorata.

«Che ne dici? Vuoi essere la mia finta ragazza?» le chiese con un sorriso, accarezzandole delicatamente la guancia arrossata.

Non era come il tocco di Nathanaël; il suo era più dolce e caldo. Con

Marinette annuì, incapace di parlare.

«Perfetto. Allora, se domani Nathanaël si avvicina a te, ci penserò io a tenerlo lontano.» esclamò gonfiando il petto.
«Non iniziare a fare il fidanzato geloso.» ridacchiò, asciugandosi le lacrime rimaste.
«Sono geloso solo con chi se lo merita.» ribatté incrociando le braccia, fingendosi offeso. «A proposito, devo dire a Nino di non parlarti.» scherzò, afferrando il cellulare e cercando il contatto del suo amico.

Marinette gli diede una giocosa pacca sulla spalla, facendolo ridere.

 

La ragazza, tornata a casa, chiamò Alya, raccontandole ciò che era successo quel pomeriggio e dovette allontanare il cellulare dell'orecchio per non diventare sorda per l'urlo di gioia della mora.

Dopo circa mezz'ora passata al telefono, l'adolescente decise di farsi una doccia, per poi iniziare a lavorare agli schizzi che aveva fatto a casa dell'amore della sua vita, aiutata da Tikki –siccome aveva vissuto abbastanza a lungo per accompagnare le Ladybug di ogni epoca–.

La ragazza era concentrata, a far scorrere la matita sulle pagine del diario, facendo diverse modifiche ai disegni, ma venne interrotta dalla voce della madre, che la chiamava dal piano inferiore.
«C'è una visita per te.»

Marinette guardò l'ora –20:07–, pensando a chi potesse essere.

Sistemato il suo diario, scese da sua madre, che stava parlando con qualcuno alla porta.

«Eccoti qui, Marinette. C'è qui un tuo amico.» ridacchiò Sabine, spostandosi a lato e rivelando l'ultima persona che Marinette potesse immaginare in quel momento. 
«A-Adrien?»
«Buona sera, Marinette.» la salutò agitando la mano, sorridendo innocentemente, come un bambino che voleva nascondere un pasticcio appena combinato.
«Vi lascio soli.» aggiunse la donna, recandosi in salotto.

«Che ci fai qui?» chiese l'adolescente, cercando di non urlare per la sorpresa e la felicità.
«Se non mi ricordo male io e te dovevamo uscire stasera. Non ti ricordi ciò che avevo detto a Nathanaël?» ribatté lui con divertimento.
«Sì, ma il nostro non è un vero e proprio rapporto.» rispose non nascondendo il dispiacere.
«Non importa. Io mantengo le promesse: avevo detto che ti avrei portata fuori ed eccomi qua.»

La ragazza lo fissò stupita. Non si sarebbe mai immaginata che sarebbero usciti per davvero. Il loro "rapporto" era finto: lei e lui erano fidanzati solo per Nathanaël, ma nella realtà erano amici.

«U-Un attimo che vado a prendere la borsa...» disse, arresasi al volere del biondo.

"Come si fa a resistergli?" si chiese correndo al piano superiore; Marinette afferrò la borsetta, dove Tikki si nascose, si sistemò i capelli e tornò al piano inferiore.

«Eccomi. Allora, dove mi vorresti portare?» domandò curiosa.
«Io avevo pensato per un film, oppure una passeggiata al parco. Decidi tu.»
Marinette ci pensò su, poi le venne in mente del nuovo film che era uscito da poco e che voleva assolutamente andare a vedere. «Mi piacerebbe andare a vedere il film horror che è uscito un paio di giorni fa... se per te va bene.» rispose, rossa per l'imbarazzo.

"E se poi a lui non piacciono gli horror? Mi prenderà per una stupida!" rifletté lasciandosi prendere dal panico.

«Ti piacciono gli horror? Non l'avrei mai detto.» esclamò sorpreso. «A dire il vero anch'io ero curioso di andarlo a vedere. Quindi, film horror, aggiudicato.» aggiunse porgendole la mano, facendole segno di stringergliela.

Marinette la afferrò. Il calore le si propagò dal palmo, facendola sciogliere. L'unico punto freddo era l'anello argentato che portava al dito, ma era impercettibile.

«Mamma, torno più tardi.» disse uscendo, stringendo la mano del ragazzo.
«Divertiti con il tuo ragazzo.» rispose Sabine, intenta a guardare un programma televisivo e sorseggiando da una tazza di tè.
«Mamma!» esclamò ancora più rossa, chiudendo la porta a chiave, non accorgendosi che Adrien stava ridendo.


 

«Lo ammetto: quel film è stato davvero epico!» commentò Adrien buttando la lattina da cui aveva appena finito di bere.
«Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto.»
«Di solito non guardo horror, ma questo è stato... Wow!» rispose ancora eccitato per le scene che aveva visto.

La serata era tranquilla: una dolce brezza primaverile muoveva i capelli dei due giovani mentre camminavano per le vie di Parigi, schivando le innumerevoli persone che passeggiavano malgrado fossero le dieci di sera passate.

I due arrivarono al parco in parte alla casa di Marinette e si sedettero su una panchina che dava sulla fontana di Place des Vosges, ancora accesa, con l'acqua che zampillava e risplendeva sotto la luce della luna; il parco era illuminato anche dalle luci fioche dei lampioni, che davano quel tocco di mistero e bellezza al luogo.

Diverse coppie erano sedute sulle altre panchine e sul bordo della fontana, abbracciare e intente a parlare di com'era andata la giornata o del loro primo incontro; rendendosi conto del romanticismo presente nell'aria, Marinette iniziò a sudare freddo e ad arrossire violentemente.

«Non trovi che Place des Vosges sia particolarmente bella di sera?» domandò Adrien rompendo il silenzio tra di loro.
«S-Sì... B-Bellissima.» balbettò in risposta, sfregando i palmo delle mani sui pantaloni, volendo asciugarsi il sudore.

L'agitazione crebbe quando il biondo le mise un braccio intorno alle spalle, facendo in modo che lei gli si avvicinasse.

«Adoro fare delle passeggiate di sera. Di solito vado in giro per Parigi, ma finisco sempre nello stesso posto, come un gatto attirato dall'odore del pesce.» spiegò, sorridendo al paragone.
«Mi stai dicendo che tu sgattaioli fuori di casa e che cammini per le vie di Parigi? Di notte?!» domandò sorpresa, ricevendo una risposta positiva dall'altro. «E cos'ha tanto di speciale quel posto che odora di pesce?» aggiunse facendolo ridacchiare.
«Non odora davvero di pesce. È che per me è diventato speciale, perché là mi sento a mio agio: anche se non è un luogo enorme lo considero come la mia seconda casa. Ci vado praticamente ogni sera e solo là posso essere me stesso.» rispose guardando verso la casa di Marinette, che si trovava in parte al parco.
«Dev'essere un luogo parecchio speciale per te.» commentò sorridendo l'adolescente, avvicinatosi di più al biondo.
«Lo è.»

Adrien si sistemò contro la ragazza, appoggiandosi contro la testa di Marinette, odorando il suo profumo —vaniglia e cioccolato— e godendo del calore che emanava il suo corpo.

Nessuno dei due, però, si accorse che due genitori li stavano guardando dalla finestra del loro appartamento, sorridendo per la loro bambina.

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***



Cap. 5

 

Adrien era sdraiato sul letto, intento a fissare il soffitto, incapace di prendere sonno.

Era da poco passata la mezzanotte e il ragazzo non riusciva a scacciare i pensieri ricorrenti sulla sua compagna di classe; la serata trascorsa in compagnia di Marinette era stata davvero piacevole: era incredibile quanto quella ragazza, timida e impacciata, possa adorare gli horror.

Mentre erano al parco dovette trattenersi dal prenderle la mano, guardarla negli occhi e baciarla.

«Un attimo! Baciarla
«Finalmente te ne sei reso conto.» commento Plagg, sbucando dal nulla e mettendosi davanti al viso del suo custode.
«E tu che ci fai ancora sveglio?» gli chiese il biondo sbuffando.
«Spuntino di mezzanotte.» rispose con nonchalance, leccandosi i baffi sporchi di Camembert. «Accetta la cosa, starai in pace con te stesso. E magari non mi costringerai a trasformarti in Chat Noir tutte le sere solo per farle una visitina senza non concludere nulla di piccante come il Roquefort.» aggiunse iniziando a giocare con la sua coda, sistemandosi i ciuffi ribelli.
«Ma che– PLAGG!» esclamò arrossendo come un matto, capendo ciò che intendeva e cercando di colpirlo con un cuscino, che gli passò attraverso, come fosse un fantasma.

Adrien si coprì il viso con il guanciale che aveva in mano, volendo togliersi dalla mente la frase dello spiritello. Ogni volta che Plagg si metteva a fare certi discorsi gli veniva voglia di togliersi l'anello e starsene solo qualche minuto.

«A me piace Ladybug. Marinette è un'amica.» aggiunse poco dopo, togliendosi il cuscino dal viso per prendere aria.
«Certo, perché con le amiche si flirta continuamente, le si vanno a trovare tutte le sere di nascosto, le si cerca di baciare... E potrei continuare con questa lista, caro il mio dongiovanni.» esclamò il kwami nero, contando sulle sue minuscole zampe.

Il ragazzo si girò di lato, più confuso di prima.

Più cercava di pensare a Ladybug, la ragazza di cui si era innamorato sin dalla sconfitta del loro primo akuma, più le immagini di Marinette si facevano insistenti.

«Plagg. Non ce la faccio più! Devo vederla!» sbottò l'adolescente, alzandosi di scatto.
«Ancora?! Ma l'hai vista circa due ora fa!»
«Lo so, ma stavolta devo vederla come Chat Noir.»
"Come tutte le sere..." pensò lo spiritello, sbuffando.
«Plagg, trasformami!»


 

Marinette era sdraiata sul suo letto, fissando la luna attraverso il vetro della botola sopra di lei, sospirando.

Si era divertita parecchio a guardare il film con Adrien, per non parlare degli ultimi minuti trascorsi al parco, ma si sentiva strana: come se un macigno le schiacciasse lo stomaco.

No, non aveva fatto indigestione di popcorn, anche perché non li aveva mangiati. Era qualcosa di diverso...

Ad interrompere i suoi pensieri fu il bussare alla finestra davanti alla sua scrivania.

"Chat." pensò lei scendendo dal letto, rivelando che la sua teoria era corretta.

Almeno poteva distrarsi e mettere momentaneamente da parte quel peso.

«Stavo per andare a dormire.» mentì chiudendo la finestra, dopo che il suo ospite entrò con un balzo silenzioso.
«Allora sono arrivato al momento giusto, Principessa.» rispose in tono beffardo. «Sono venuto un paio di ore fa, ma non ti ho trovata, poi ti ho vista girare con Adrien Agreste, quel famoso modello che sta su tutte le prime pagine delle riviste parigine. Non dirmi che mi stai tradendo.» aggiunse portandosi la mano al petto, con fare teatrale.
«Dacci un taglio Chat. Io e Adrien siamo solo andati a vedere un film.» rispose salendo sul letto, nascondendo le guance velate di rosa.
«Ma ho sentito dire da un uccellino che tu e Adrien siete più che amici.» la punzecchiò il felino, seguendola sopra le scale, guardandola da in fondo al materasso mentre trasaliva.
«Non è proprio così.» disse lei, sistemandosi sotto le coperte e invitando il biondo a venire accanto a lei.

Sapeva che di Chat si poteva fidare, quindi decise di raccontargli la situazione.

L'eroe si sdraiò, poggiando la testa sulle sue gambe coperte, facendole un sorriso infantile. «Allora spiegami, Purr-incipessa.»
«Allora...» iniziò la ragazza, giocando con una ciocca dei capelli dell'eroe, che fece le fusa. «Come ben saprai, c'era questo ragazzo che mi chiamava tutti i giorni...»
«Certo, Rompi-naël.» commentò lui, interrompendola. «O forse sta meglio Stalk-anaël.»
«Stalk-cosa?» domandò trattenendo una risata.
«Stalk-anaël.» ripeté lui, strusciando la guancia sulle coperte, premendo di poco sulle cosce dell'adolescente. «È l'insieme tra stalker e Rompi-naël. A mio parere ci sta a perfezione per lui.»

Marinette sogghignò, grattando il biondo dietro le orecchie del costume. «Comunque, Adrien, vedendomi in difficoltà durante una chiamata di... "Stalk-naël", mi ha aiutata dicendo che io e lui siamo... fidanzati.» continuò rossa in viso.
«Gentile da parte sua, no?»
«Sì, ma non lo so; stasera mi ha portata fuori al cinema malgrado la nostra relazione sia basata su una bugia.» rispose, non nascondendo l'amarezza.

Con Chat si sentiva libera di essere se stessa, di parlare come si stesse confidando con Alya o Tikki. Naturalmente non poteva parlare con lui della sua cotta per Adrien, magari era lui il ragazzo di cui era perdutamente innamorata sin dal secondo giorno di scuola, ma ovviamente non poteva esserlo.

«Adrien è un ragazzo fantastico ed io non capisco come mai abbia fatto questa cosa per me. Magari potevo provare ad uscire con Nathanaël...»
«Dimmi una cosa.» esclamò il felino, mettendosi a cavalcioni sopra di lei, stando attento a non farle male. «Tu preferiresti uscire con un ragazzo che stai cercando di evitare da tre mesi o con un tuo amico che si è offerto volontario per aiutarti?»
«N-Non saprei...» disse lei, non riuscendo a restare calma.

Gli occhi verdi del biondo la fissavano per studiarla; credeva che se avesse detto una bugia se ne sarebbe subito accorto.

Quegli occhi verdi che brillavano alla luce della luna, che filtrava dalla botola sopra di loro.

Occhi che nascondevano un ragazzo che non sapeva nemmeno chi era, ma quando li guardava le sembrava di conoscerlo da parecchio tempo.

Occhi misteriosi che nascondevano fascino, gentilezza e desiderio; desiderio che non vedeva da un po' mentre era Ladybug.

«Non sviare dalla mia domanda: preferisci la prima opzione o la seconda?» ripeté insistente.
Dopo qualche secondo di titubanza, lei rispose. «Preferisco la seconda, ma se ciò obbliga un mio amico mentire per me e finire nei casini preferisco la prima.» rispose abbassando lo sguardo, cercando di evitare i suoi occhi.

Chat la fissò senza parole; quella ragazza era pronta a star male per il bene dell'altro. C'erano poche persone al mondo come lei, ma qualche volta devono pensare anche a se stesse.

«Principessa.» la chiamò, avvicinandosi al suo viso. «Posso dirti una cosa?» domandò accarezzandole la frangetta, ricevendo un cenno positivo. «Secondo me Adrien ha fatto ciò che pensava fosse giusto per te; ha voluto proteggerti, farti sentire, per almeno una volta, bene. Fai così: nei giorni successivi guarda come questa situazione si evolve: se peggiora, allora mi chiami che lego Rompi-naël da qualche parte e lo riempio di erba gatta. Anzi, no, l'erba gatta è buona...» mormorò assumendo un'espressione pensierosa, ma facendo ridere la ragazza sotto di lui.
«Ancora con questa storia? Non sei un po' troppo fissato con il fatto di legare le persone?» chiese divertita.
«Sennò gli infilo il mio bastone nel–»
«Non aggiungere altro!» lo interruppe tappandogli la bocca.

Chat, dopo che lei abbassò le mani, le sorrise dolcemente, mentre lei lo guardò con un ghigno divertito.

Negli occhi azzurri di Marinette si accese una scintilla di sfida, che faceva brillare di più i suoi occhi già luminosi.

«Mi piace quando sorridi, anche se sono sfide che mi lanci con lo sguardo.» miagolò, avvicinandosi ancor di più al suo viso, poggiando dolcemente la fronte contro la sua.
«Ti lancio delle sfide perché tu fai sempre battute pessime per flirtare.» rispose spingendolo lontano, con fare scherzoso.
«Posso flirtare anche senza fare battute.» commentò lui sedendosi accanto a lei, mettendogli il braccio intorno alle spalle.
«Sentiamo allora.»

Il felino si schiarì la gola, per poi girarsi verso di lei. «Spero tu sappia qualcosa sulla respirazione artificiale, perché mi togli il fiato.»
«Appunto...» rise, facendo cadere il braccio dietro di lei, sul cuscino.
«Ah, vuoi le cose serie Principessa? Ok.» Chat le prese le mani, guardandola negli occhi. «I tuoi capelli sono neri corvini, gli occhi blu come il cielo. Vorrei stringerti a me, coccolarti, baciarti. Ti vedo ogni sera e mi piacerebbe che tu mi dia un segno di cosa sono io per te: un gatto randagio che viene a chiederti un pasto caldo e un po' di coccole o un felino che ha un posto speciale nel tuo cuore?»

La ragazza trattenne il fiato. Non era certamente una poesia degna di Victor Hugo, ma capì che le sue parole erano sincere.

E questo la rendeva ancora più bella.

Non era come i suoi soliti flirt: pieni di pessimi, ma efficaci, giochi di parole. In quelle parole riusciva a cogliere la malinconia e la dolcezza, la solitudine e la capacità di stare al mondo.

Sentimenti tra loro opposti, ma che Chat possedeva in un perfetto equilibrio.

A risvegliarla dai suoi pensieri fu la mano del ragazzo, che le accarezzò la guancia. «Mari.» sussurrò poggiandosi nell'incavo del suo collo, annusando il suo dolce profumo e venendo abbracciato dall'adolescente. «Devi sapere che... io...»

No, non era il momento giusto.

«Tu...?» lo esortò a finire la frase, ma Chat alzò la testa, sfiorandole le labbra.
«Io...»

Marinette non sapeva che fare; il ragazzo era a pochi centimetri di distanza da lei e ciò che riusciva a pensare era "bacialo".

Ma lei amava Adrien... che solo quel pomeriggio anche lui aveva tentato di baciarla.

«Io... ho una voglia irrefrenabile di leccarti perché odori di croissant appena fatti.»

La ragazza lo guardò scioccata, per poi spingerlo via, sentendolo ridere.

«Sei un gatto pervertito!» commentò lei, incrociando le braccia.
«Perché tu sei il mio ideale di perversione.» ammiccò, alzandosi e aprendo la finestrella che dava sull'attico. «Ora devo andare. Ci vediamo, Purr-incipessa.» la salutò chinandosi, dandole un bacio sulla fronte, per poi sparire con un agile balzo.


 

«Perché non gliel'hai detto?» fu la prima cosa che domandò Plagg appena il suo custode annullò la trasformazione, allargando le zampe in segno d'esasperazione. «Siamo andati là apposta perché volevi dirle che ti piaceva e alla fine non hai concluso niente!»
«Non sono ancora pronto, Plagg.» rispose il ragazzo, abbandonandosi sul letto con un sospiro malinconico.
«Se continui a pensarla così poi sarà troppo tardi.» esclamò il kwami, volando verso la scrivania per un altro spuntino a base di Camembert.


 

Marinette rimase immobile, pensando a ciò che era appena successo.

Non aveva mai sentito Chat parlare così; le sembrava una situazione surreale, ma sentiva che le sue parole non erano opera di uno scherzo, come i suoi solito flirt.

In quel momento si sentiva come se se avesse ricevuto un colpo in testa: confusa e stordita, ma il macigno che sentiva prima della visita dell'eroe parigino era sparito.

Ora sentiva come un battito d'ali, come se mille farfalle avessero preso il suo posto, uscite da quell'involucro che solo pochi sarebbero riusciti a rompere.

Il cuore iniziò a batterle forte nel petto ogni volta che ripensava a quelle parole.

«Non dirmi che...» realizzò dopo poco. «mi sto innamorando di Chat Noir...»

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Capitolo 6
*** Cap. 6 ***


Cap. 6


 

Marinette era in ritardo.

Mancavano due minuti all'inizio delle lezioni e la ragazza non si era ancora fatta vedere.

«E dai Marinette, sbrigati!» mormorò nervosa Alya, controllando per l'ennesima volta l'orologio; finalmente, la sua amica, con tutta velocità, attraversò la strada e salì le scale, fermandosi di fronte alla mora.
«Scusa... La... La sveglia...» esclamò, prendendo fiato per la corsa.
«Certo, certo. Marinette, ti sei persa la scena tra Adrien e Nathanaël!» disse esaltata, trascinando l'adolescente verso la classe. «Appena Nathanaël è arrivato e ha visto Adrien l'ha squadrato da capo a piedi, mentre Adrien ha fatto come se nulla fosse ed è andato avanti a parlare con Nino della vostra storia. Devo ammetterlo però: Nathanaël faceva paura.»

"Allora ho fatto bene ad arrivare in ritardo..." pensò l'altra, immaginando già cosa sarebbe potuto accadere appena avrebbe messo piede in classe.

Le due raggiunsero la loro aula, poco prima del suono della campanella; appena aperta la porta, Marinette si sentì gli occhi di Nathanaël puntati addosso, come un falco che aveva avvistato la sua preda, mentre Adrien fece finta di non vederla, scrivendo su un foglio mentre Nino gli parlava.

Alya camminò verso il suo banco, ma la ragazza dai capelli neri fu fermata dal biondo, che si alzò e le si mise davanti. «Buon giorno Marinette, come stai?» domandò alzando la voce quanto bastava perché il rosso lo sentisse.
«C-Ciao Adrien. –balbettò lei, sorpresa– Tu-Tutto bene...»

Il ragazzo, con la coda dell'occhio, vide Nathanaël in ultima fila rizzarsi sulla sedia, guardando storto il modello, che, ghignando, si era avvicinato all'orecchio di Marinette, sfiorandole la guancia. «Se vuoi che le persone credano davvero che stiamo insieme devi essere più convincente.» sussurrò per poi darle un bacio sulla fronte, lasciandola senza parole.

Che cos'era appena successo? Adrien l'aveva appena baciata sulla fronte o era stato un sogno?

Marinette riprese a muoversi verso il suo banco, sentendo le ginocchia cederle, ma per fortuna riuscì a sedersi, evitando di cadere a terra.

«Questa storia vi sta prendendo parecchio, soprattutto al nostro Adrien.» ridacchiò Alya, guardando la sua vicina di banco ancora semi-incosciente.
«Alya... mi credi se ti dico che non mi laverò più la fronte?» domandò girandosi verso l'amica, che si mise a ridere appena guardò quant'era rossa.



 

La giornata passò lentamente. Troppo lentamente.

Per tutta la durata delle lezioni, Marinette sentiva la pressione dello sguardo di Nathanaël dietro di lei; anche Adrien lo percepiva, ma lui rispondeva con dei sorrisi innocenti, che nascondevano il divertimento nel vederlo impotente, limitato ad avvicinarsi alla sua "fidanzata".

L'intervallo era stato ancora più stressante: il suo compagno aveva provato ad avvicinarsi più volte a lei, ma Adrien era sempre in agguato, raggiungendola prima che il rosso fosse a cinque metri di distanza.

Era come una lotta tra i due e l'oggetto da contendere era la povera Marinette.

Alya, Nino e i loro due amici stavano parlando delle avventure di Ladybug e Chat Noir, intanto che aspettavano l'arrivo della macchina del biondo, commentando la loro ultima cattura di un akuma –avvenuta, ormai, cinque giorni fa–.

I due eroi in incognito ascoltavano divertiti, sorridendo ai gesti dei loro amici esaltati.

Poco dopo, la macchina di Adrien arrivò, fermandosi davanti al marciapiede e facendo segno con il clacson.

«Ora devo andare per un servizio fotografico a Versailles. Ci vediamo domani.» esclamò salutando Nino e Alya, che ricambiarono con un gesto della mano. «A te, invece,  scrivo più tardi.» aggiunse girandosi verso Marinette, per poi darle un bacio sulla guancia e camminare verso la macchina, che partì appena chiuse la portiera.

L'adolescente rimase di sasso, incapace di muoversi e pensare; non si accorse nemmeno che l'altro ragazzo l'aveva salutata per tornare a casa.

«Ti ha dato un bacio! Ancora!» esultò la mora, risvegliandola dalla sua trance.
«L'avrà fatto perché c'era Nathanaël.» rispose, sospirando.
«Io non ci giurerei.» sghignazzò l'altra, facendole un buffetto e camminando verso casa sua, lasciando la sua amica con qualche domanda in testa.



 

Marinette salì in camera sua, dopo aver dato una mano a suo padre in pasticceria, sedendosi alla scrivania per scrivere i materiali di cui aveva bisogno per fare i costumi. Controllato cosa mancava, chiamò la sua sarta di fiducia –un'amica di sua madre– chiedendole di tenere in parte alcune stoffe, che le sarebbero servite anche per dei lavori futuri, e che sarebbe venuta a prenderle tra mezz'ora.

Conclusa la chiamata, e non avendo nulla da fare, la sua mente tornò sulla frase che Alya le disse poco prima che se ne andasse.

«Sul serio, che intendeva dire Alya?» domandò ad alta voce, attirando l'attenzione del suo kwami, che lasciò il biscotto che stava mangiando.
«Forse ti voleva dire che non c'era Nathanaël quando Adrien ti ha dato quel bacio.» sghignazzò Tikki, volteggiando maliziosamente davanti alla ragazza.
«Cosa?! No, impossibile.» rispose lei, tornando in dietro con la mente a qualche ora fa, ma non si ricordava di aver visto Nathanaël.
«Marinette, fidati di me, lui non c'era. Se n'era andato già da un bel po'. Lo so perché ho sbirciato dalla borsetta.» ammiccò lo spiritello, facendo arrossire la sua custode, che iniziò a balbettare frasi incomprensibili e a gesticolare con ampi gesti delle braccia.

Ci vollero dieci minuti buoni prima che l'adolescente si calmasse del tutto, aiutandosi con dei respiri profondi. «Dimmi che non è una presa in giro.» la pregò.
«Ti mentirei mai riguardo queste cose?» domandò fingendosi offesa, incrociando le minuscole braccia al petto e sorridendole.

Marinette prese tra le mani il piccolo kwami, baciandole la testa per ringraziarla e facendola ridere al contatto con le sue labbra.

«Vai a prendere le stoffe prima che il negozio chiuda.» disse Tikki, seduta tra i palmi della ragazza, ancora sorridente.
«Va bene. Oh Tikki, sono felicissima!» esclamò alzando le braccia, facendo volare lo spiritello.

Marinette, dopo essersi preparata e aver preso i soldi, uscì di casa, dirigendosi, quasi saltellando, verso la metro.


 

Adrien stava tornando a casa in auto, dopo un lungo pomeriggio passato sul set fotografico, circondato da varie modelle e ammiratrici che volevano il suo autografo o un selfie con lui.

Sospirando, prese il cellulare dalla tasca dei pantaloni, guardando l'ora.
"Sono le dieci e mezza di sera... Ho promesso a Marinette che le avrei scritto, ma è tardi... E poi cosa posso dirle?" si chiese, aprendo inconsciamente la chat Whatsapp con la ragazza.

Dopo aver pensato di cosa parlare, iniziò a scrivere; doveva ammettere che era nervoso.

«Ehi Mari :)»

La risposta fu quasi immediata e sobbalzò quando sentì il cellulare vibrare.

«Ehi Adrien ^^
Com'è andato il servizio fotografico?»

Era molto gentile a chiederlo, e la cosa strappò un sorriso al biondo.

«Bene, ma è stato sfiancante, soprattutto perché è durato tutto il pomeriggio con solo un quarto d'ora di pausa, per poi riprendere la sera...»

Scrisse, ma non voleva che la loro conversazione finisse subito o che si parlasse solo di lui; era curioso di sapere come aveva passato la giornata.

«Tu che hai fatto oggi?»

«Ho comprato le stoffe che mi servono per i costumi per l'esposizione della ricerca. A proposito: domani, se puoi, sei invitato a casa mia per cercare le ultime cose su Hugo e ti faccio vedere gli schizzi definitivi»

Il cuore iniziò a battergli forte nel petto. L'aveva appena invitato a casa sua! Ma un attimo, non era la prima volta che ci andava, allora perché era così agitato?

«Ci sto. E poi non vedo l'ora di mangiare ancora i dolci di tuo padre *^*»

I due ragazzini parlarono ancora per un po', finché non si fecero le undici e un quarto.

Datagli la buona notte, Marinette programmi la sveglia sul cellulare e si sdraiò nel letto.

"Strano che Chat non sia venuto ad interrompere la quiete che c'è nella mia camera." pensò, rattristata di questa cosa. "Forse starà facendo qualcosa nella sua vita privata..."

Quando Chat non le faceva visita si sentiva sola; ovviamente Tikki era lì per farle compagnia, ma con il felino era tutt'altra storia e poi, dopo le belle parole che le aveva detto l'ultima volta, sentiva ancora di più la sua mancanza.

Non le piaceva ammetterlo, ma era la verità.


 

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Hello bella genteh!

Da questo mio aggiornamento capite che non ho nulla da fare —anche se dovrei ripassare per un'interrogazione di francese (quando si chiama "ironia"), ma non c'ho voglia...— e che, siccome ho già pubblicato tutta la storia su Wattpad, pubblico perché devo pubblicare.

In questo angolino vorrei specificare una cosa: l'età dei personaggi. Essendo degli adolescenti (quindi un'età compresa tra i 13 e i 17 anni), i nostri liceali, frequentando "le terminale" (3º anno di superiore), hanno un'età compresa tra i 17-18 anni.

Lo dico per un buon motivo che leggerete in seguito *pervy face*

Un'altra cosa da puntualizzare: le frasi in corsivo e tra le virgolette, se non l'aveste capito, sono degli sms che i nostri pulcini in amore si scambiano.

Ok, ora ho finito XD

Alla prossima e grazie mille per tutte le recensioni ;*

FrancyKid

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Capitolo 7
*** Cap. 7 ***


Cap. 7


«Per fortuna è domenica...» sbadigliò Adrien, tornando nella sua stanza dopo aver fatto colazione nel salone vuoto, come tutti i giorni. «Chissà se Marinette si sarà svegliata.» mormorò sorridendo, prendendo il cellulare con l'intenzione di scriverle un messaggio.
«E poi non dire di non essere innamorato.» ribadì Plagg, appisolato sul comodo cuscino del ragazzo, stirandosi per poi trovare una posizione più comoda.
«Stai zitto.» sbottò lui, voltandosi per non far vedere la tonalità di rosso di cui si colorarono le guance. «Sai che ti dico? Andiamo a trovarla.» aggiunse rimettendo in tasca il cellulare.

Il kwami nero sbuffò, nascondendosi sotto il cuscino e urlando che non voleva lavorare di domenica, ma il suo custode non sentì ragioni e gli ordinò di trasformarlo; lo spiritello venne risucchiato all'interno dell'anello e, in un attimo, Adrien divenne Chat Noir.

Il felino saltava agile tra i tetti di Parigi, godendo della leggera brezza che gli scompigliava i capelli già ribelli; miagolava minaccioso ogni qual volta che un piccione gli si avvicinava, trattenendo uno starnuto per la sua allergia alle piume, attirando sguardi incuriositi o crucciati dalle persone che lo vedevano –o meglio, lo sentivano–

Poco dopo, raggiunse la casa di Marinette, atterrando sull'attico. Per sua fortuna la botola che dava sul letto era aperta e, sbirciando a testa in giù, poteva vedere la ragazza sdraiata a pancia in giù sulla chaise-longue, mentre parlava in video chiamata con Alya.

Non volendola disturbare, e non volendo farsi vedere soprattutto dalla fondatrice del Ladyblog, scese sul materasso morbido, sdraiandosi come un felino in agguato, ascoltando la conversazione con estremo interesse.

«Spero che il tuo lavoro da babysitter stia andando bene: hai fatto parecchie compere da quanto vedo.» disse la mora, sbirciando dalla webcam verso la scrivania sulla quale si vedevano riposte stoffe di vari colori e dimensioni.
«Va tutto bene. Manon è un terremoto, ma è molto dolce e parecchio giocherellona.» rispose lei, ricordando quanto fosse faticoso restarle dietro.
«Ora devo andare, ci vediamo domani a scuola. E divertiti con Adrien.» canticchiò scherzosamente, facendo arrossire la sua amica, che urlò il suo nome per zittirla.

Terminata la chiamata, Marinette si alzò per sistemare le stoffe in un angolo dove non le davano fastidio, liberando la scrivania e preparando i suoi disegni da far vedere a Adrien appena sarebbe venuto a casa sua per la ricerca.

Chat la guardava sistemare, sorridendo. Il modo in cui tirava fuori la lingua quando sollevava un rotolo pesante e la sua sbadataggine nei movimenti la faceva sembrare una bambina quando si concentrava per fare qualcosa, riuscendo nel suo intento, ma con difficoltà.

Appena mise a posto l'ultimo rotolo, la corvina si diresse verso le scale che portavano al letto, asciugandosi il sudore dovuto anche all'umidità soffocante per la stagione primaverile, ormai giunta a metà.

«Aspetti visite oggi, Principessa?» domandò il felino, sul bordo del letto, appena il viso della ragazza fu davanti al suo, sfiorandogli il naso.

Marinette balzò dallo spavento, perdendo l'equilibrio e rischiando di cadere; per fortuna, il biondo riuscì ad afferrarle il polso prima che si facesse male.

«Chat! Ma sei impazzito?!» squittì lei, con il cuore che batteva a mille per lo spavento dato dal ragazzo e dalla quasi caduta. «Mi hai fatto prendere un colpo!» aggiunse lasciandogli la mano, ancora tremante.
«Ciò conferma il fatto che possiedo una bellezza che colpisce.» si vantò lui con un ghigno di puro divertimento.

La corvina lo guardò storto, dicendogli di spostarsi per far salire anche lei sul letto, mettendoglisi di fronte.

«Oggi viene Adrien per fare la ricerca e poi devo fargli vedere i miei schizzi dei costumi.» spiegò, rispondendo alla sua precedente domanda.
«Il tuo fidanzato?» ridacchiò lui, alzando e abbassando le sopracciglia con sguardo furbo.
«Finto fidanzato.» lo corresse, cercando di non arrossire.

Chat saltò dal materasso morbido, atterrando agilmente sul pavimento, flettendo le ginocchia per attutire la caduta e evitare di fare rumore, per poi dirigersi verso la scrivania sulla quale erano ordinatamente riposti dei fogli con degli abiti disegnati.

Ce n'erano in totale cinque: tre raffiguranti un ragazzo e due una ragazza, rispettivamente Adrien e Marinette. Il primo raffigurava il ragazzo con dei vestiti da anziano dell'Ottocento e con una barba bianca finta; il secondo lo rappresentava con un costume da giullare giallo e viola, con un cappello e una maschera viola; il terzo aveva solo dei semplici abiti bianchi.
Sul quarto foglio, c'era disegnata una ragazza con degli abiti da gitana di fine Quattrocento, inizio Cinquecento: una camicetta leggera bianca, una gonna viola e una fascia per capelli del medesimo colore, con vari ornamenti come braccialetti e altra bigiotteria che pendeva; l'ultimo foglio rappresentava la ragazza con un abito bianco.

Erano stupendi e alla sola idea di doverli indossare non vedeva l'ora che fosse il giorno della presentazione.

«Come ti sembrano?» domandò Marinette, raggiungendo il lato dell'eroe, che continuò a fissare i disegni.
«Non ho parole per descriverli. Sei un'artista, Marinette!» si complimentò, facendola arrossire. «Adrien li adorerà.»
«Grazie, Chat»
«Sai una cosa? Secondo me dovevi usare me come modello, così erano ancora più belli.» esclamò il biondo, ammiccando alla ragazza e avvicinandosi a lei con fare accattivante.

Marinette lo spinse via, allontanandolo e lasciandolo un po' deluso.

«Sì, come no.» ridacchiò lei, sedendosi sulla sedia girevole. «Ah già. Come mai ieri non sei venuto a farmi visita?» gli chiese incuriosita, ricordando quanto avesse sentito la sua mancanza.

La stanza era così tranquilla da far paura, una sensazione che non voleva provare mai più; tranne nei giorni no.

«Cosa c'è Principessa? Ti sono mancato?» domandò lui, mettendosi dietro di lei e poggiando le mani artigliate sulle spalle, giocando con le ciocche che avanzavano dai codini.
«No, –mentì– è che mi chiedevo quanto tempo potesse passare prima che un gatto rompiscatole non tornasse a miagolare alla mia finestra per stare in compagnia.»
«Meow-ch Purr-incipessa, le tue parole mi feriscono.» miagolò teatralmente, girando la sedia, in modo tale che l'adolescente lo potesse guardare, per poi portandosi una mano al petto. «Ero impegnato a salvare Parigi, sai com'è: oltre agli attacchi degli akuma devo stanare anche i topi più piccoli dai buchi. Ieri ho catturato almeno venti malviventi, quindi, per la stanchezza, mi sono buttato sul letto.» spiegò, con una nota di vanità nella voce.
«Bravissimo!» applaudì.

Era meglio assecondarlo.

Essendo Ladybug, sapeva che ieri sera non c'era stato nessun malvivente, perché avevano troppa paura di imbattersi anche solo una volta nei due supereroi parigini.

Quindi stava facendo qualcos'altro.

Magari era andato a trovare un'altra ragazza, forse più carina e gentile di lei: capelli rossi fuoco; occhi blu oceano, capaci di trasmettere tutte le emozioni più belle del mondo, non come i suoi; un fisico da paura, dotato delle curve più belle che potesse immaginare; una voce suadente in grado di far sciogliere qualsiasi ragazzo.

"No! Marinette, non pensare a queste cose! E poi, se anche fosse, non sono fatti tuoi!" si rimproverò, scuotendo la testa, cercando di cancellare quel pensiero raccapricciante.

Il fatto che non le dicesse la verità la faceva sentire un po' triste, ma infondo sapeva che non poteva dirgliela.

Per sua fortuna, il ragazzo era tornato ad osservare i disegni, così non se n'era accorto del suo cambiamento d'umore.

La mente di Marinette, mentre lo guardava, non poté fare a meno di vagare sul loro ultimo incontro di due sere fa: le parole che gli aveva detto erano dolcissime e, presa dal momento, non ebbe avuto modo di dirgli niente.

«Chat.» lo chiamò nervosa, giocherellando con l'orlo della maglietta e sentendo le mani sudare. «Ti-Ti volevo rin-ringraziare...»
«Per cosa?» chiese lui, curioso.
«Per le parole dell'altra sera. Mi hanno fatto sentire... felice.»

"E amata" voleva aggiungere, ma si trattenne, non volendo trovarsi in una situazione parecchio scomoda.

Il felino le sorrise, facendo brillare ancor di più i suoi occhi. «Marinette, sono io che ti devo ringraziare. Tutte le sere mi fai entrare e mi fai sentire a casa.» sussurrò, inginocchiandosi di fronte a lei e prendendole le mani. «Poche persone ospitano un gatto randagio, ma tu sei gentile e paziente con lui: lo cibi, lo coccoli, gli parli e rispondi a tono ai suoi miagolii che, molte volte, sono rivolti al vuoto. –scherzò, facendola ridacchiare– Anche se questo gatto è parecchio figo.»
«L'importante è crederci, Signor "sono un micio figo".» rise. «Sul serio: devo ringraziarti per tutte quelle volte che mi hai salvata da un akuma, per fare giochi di parole pessimi, per venirmi a trovare, per... essere te.» disse, ormai rossa come un peperone, distogliendo lo sguardo da quello di lui.
«Lo sai quale potrebbe essere un bel ringraziamento?» domandò, prima di sporgersi verso di lei, con le labbra increspate e con gli occhi chiusi.

L'adolescente rise e, malgrado fosse abbastanza tentata, prese la bocca tra il pollice e l'indice, fermando l'eroe a pochi centimetri dal suo viso, con gli occhi sbarrati e le orecchie rizzate dalla sorpresa.

«Quando imparerai che non ti darò mai un bacio? E poi, non puoi tradire Ladybug con me.» scherzò, lasciandolo.
«Prima o poi cederai, Principessa.» rispose convinto, alzandosi in piedi. «E poi, io e Ladybug non stiamo insieme, quindi posso "tradirla" con chi voglio, soprattutto con te.» sghignazzò, ammiccando.

Marinette arrossì, imbarazzata e lusingata da quel commento.

«Ora devo andare, devo occuparmi di una cosa che sarà alquanto divertente. Ci vediamo stasera.» la salutò con un bacio sulla guancia, lasciandola senza parole.

«Lo sai che hai praticamente detto a Chat che ti piace?» domandò Tikki, sbucando dalla giacca di Marinette, ancora scioccata.
«Non è vero!» sbottò la sua custode, rossa in viso. «E poi stiamo parlando di Chat, lui non è tanto sveglio riguardo queste cose.»

Lo spiritello la guardò con un ghigno, come a dirle "ne sei sicura?"

«Ti prego, Tikki, non fissarmi in quel modo.» mormorò, coprendosi il viso per non guardarla. «Io poi sono innamorata di Adrien e oggi lo vedrò!» aggiunse entusiasta, iniziando a saltellare per la sua stanza e a raccontare cosa potrà accadere nel futuro, come il loro matrimonio e giù di lì.
«Oh Marinette.» sospirò il kwami rosso, lasciando alla sua custode il suo momento di felicità.



 

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Capitolo cortino, ma va bene così XD

Questo è il costume di Adrien giullare, ma senza i guanti neri:

--------------------------------------------Questo è il costume di Adrien giullare, ma senza i guanti neri:

Chi si ricorda di questo personaggio?

Clopin è sempre stato uno dei miei personaggi preferiti, sia nel film che nel libro (anche se nel libro fa una brutta fine ed è completamente diverso da come lo rappresenta la Disney, ma sono dettagli).

Mentre Marinette sarà la classica gitana come Esmeralda, ma i dettagli li saprete in seguito

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Capitolo 8
*** Cap. 8 ***


Prima che iniziaste a leggere vorrei prendere un piccolo angolino per ringraziarvi per le recensioni e per aver messo la storia tra le seguite e le preferite; grazie infinite a tutti ^^
Un'ultima cosa: sono sicura che questo capitolo vi piacerà in maniera particolare *faccina pervy*
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Cap. 8


Erano le due del pomeriggio passate.

La sera precedente, Marinette e Adrien, si erano messi d'accordo per le due in punto a casa della corvina, ma il ragazzo non era ancora arrivato e l'amica iniziava a dare di matto per la preoccupazione.

Iniziò ad agitarsi, pensando che si fosse dimenticato del loro incontro o che, addirittura, le avesse dato il due di picche; camminava avanti e indietro attraverso la sua stanza, fissando il cellulare sulla chat del biondo quasi in maniera morbosa, tenendo d'occhio l'ultimo accesso: 10:47.

"È da tre ore e ventisei minuti che non accede a Whatsapp!" pensò, uscendo e rientrando sul suo profilo per vedere se qualcosa fosse cambiato, ma nulla. "E se gli è accaduto qualcosa? E se mentre veniva qui l'hanno rapito? E se è stato akumatizzato? E se un alieno lo ha colpito con un raggio laser che lo ha teletrasportato sul suo pianeta per fare strani esperimenti sul suo bellissimo corpo? Non posso sopportarlo!"

Tutto ciò che le veniva in mente era terribile e continuò a camminare per la sua camera, ignorando lo sguardo divertito di Tikki.

Ciò che la distolse dai suoi macabri pensieri fu il campanello e la voce di sua madre che la chiamava.

La ragazza corse al piano di sotto, inciampando sui suoi stessi piedi e iniziando a fare i gradini due a due per non cadere; per fortuna a fermarla furono le braccia di un ragazzo che, appena alzò lo sguardo, si accorse era Adrien.

Era arrivato!

«Appena in tempo.» esclamò il biondo, aiutandola ad alzarsi e tenendo la mano sulla spalla. «Scusa il ritardo, ma c'era traffico e ieri sera mi sono dimenticato di mettere in carica il cellulare, quindi è scarico e non ho potuto avvisarti. Tutto bene?» domandò notando quanto fosse rossa.
«S-Sì, tu-tutto bene.» rispose, per poi ringraziarlo per averla presa.
«Sono felice di rivederti, Adrien.» sorrise dolcemente Sabine. «Dove andrete stavolta tu e Marinette?» chiese con un pizzico di curiosità.
«Oggi dobbiamo finire la ricerca per la scuola.» rispose lui. «Ma se sua figlia vuole, possiamo andare anche a fare una passeggiata al parco.» ammiccò, facendo arrossire la diretta interessata e ridacchiare la madre.
«Marinette, vado a prendere dei dolci per fare merenda, intanto tu e il tuo ragazzo potete iniziare a studiare.» disse la donna, scendendo al piano terra verso la pasticceria, ignorando le urla della figlia che dicevano che conosceva già la situazione.

I due ragazzi salirono in camera della corvina, chiudendo la botola che dava sull'appartamento.

Adrien conosceva quella stanza come il palmo della sua mano; l'aveva vista ormai tante volte e sapeva dove si trovava ogni mobile, ma, naturalmente, questo la sua amica non lo sapeva. Gli venne quasi da ridere al solo pensiero.

«Io avevo in mente un modo per esporre la ricerca.» iniziò Marinette, facendo sedere l'amico su una sedia accanto a lei. «Ho ideato dei costumi a seconda di cosa esporremo: la vita di Hugo, "Notre Dame" e "L'uomo e la donna". Per la vita di Hugo, che esporrai tu, potresti indossare questo; –disse porgendogli il primo foglio, che aveva già visto la mattina in forma di Chat Noir.– per "Notre Dame", che esporrò io, indosseremo questi; –gli porse i due fogli con il costume da gitana e da giullare– infine, c'è "L'uomo e la donna", che esporremo insieme, e che dovremmo imparare a memoria, indosseremo questi abiti bianchi.» concluse facendogli vedere gli ultimi fogli.

Il biondo guardò i lavori, mentre associava i costumi alle parti a cui sarebbero serviti. «Devo proprio dirtelo Marinette: sei geniale. I costumi sono incredibili e combinati a ciò che esporremo prenderemo sicuramente il massimo!» esclamò entusiasta, facendo arrossire la ragazza. «Posso chiederti una cosa? Posso fare il buffone di turno mentre esponi "Notte Dame"?» domandò con un luccichio d'eccitazione negli occhi.
«Come mai?» ridacchiò divertita e intenerita all'espressione del biondo.
«Solo per sdrammatizzare la situazione.» rispose facendo spallucce. «Non c'è un valido motivo.»
«Beh... Anche se sarebbe una tragedia in cui muoiono tutti... –il modello la guardò, implorandola con lo sguardo.– Non so resistere agli occhi da cucciolo... Ok, puoi fare il buffone di turno.» sospirò in risposta, facendo esultare l'altro.

Marinette si alzò, dirigendosi verso il fondo della scrivania, prendendo una chiavetta USB grigia e bianca. «Qua ho messo le parti che dovremmo studiare. Non ho potuto stamparle perché mi si è rotta la stampante, quindi dovrai studiarla da qua o stamparla a casa tua.» spiegò con leggero imbarazzo, porgendogli la chiavetta.
«E tu come farai a studiarla?» domandò mettendola in tasca.
«Ho il file salvato sul computer, ma non posso accenderlo perché ho un problema con... con qualche circuito...» balbettò nervosa: si era dimenticata di cambiare lo sfondo del desktop e non voleva far vedere che aveva un fotomontaggio del suo amato, nonché compagno di classe che, attualmente, era seduto accanto a lei.

I due iniziarono a parlare del più e del meno: di quanto fosse dura la scuola, di quanto fossero noiosi i continui sforzi di Chloé per far sfigurare la corvina e dei vari schizzi che l'adolescente aveva fatto a scuola, finché non iniziarono a parlare dei due supereroi parigini.

«Ladybug è parecchio forte, devo ammetterlo.» commentò Adrien, iniziando ad immaginarsi la sua compagna di lotta mentre saltava tra i tetti della città e mentre combatteva contro un akuma, liberando la persona di cui Papillon aveva preso il controllo.
«Certo, ma senza Chat Noir lei non è nulla.» ribatté la ragazza, giocherellando con un elastico per capelli che aveva trovato sulla scrivania.
«Già, entrambi fanno una bella squadra, ma è già capitato che Ladybug ha dovuto combattere contro un akuma senza l'aiuto di Chat e a vincere, per non parlare delle volte in cui ha dovuto salvare lui.»

Era successo circa un mese fa. Adrien era stato intrappolato in una specie di gabbia fatta di gomma, ma Ladybug riuscì a sconfiggere l'akuma, liberare la ragazza resa malvagia e tranquillizzare le persone che erano state intrappolate, compreso lui.

«Sento molte persone acclamare Ladybug per quello che fa e, certe volte, concordo con loro sul fatto che è più forte di Chat e che potrebbe cavarsela anche da sola.»

C'erano delle volte in cui, dopo una battaglia, Il felino si autocommiserava perché non era abbastanza abile come la sua Lady, e le frasi che sentiva non lo aiutavano per niente.

Il ragazzo abbassò gli occhi, fissando il pavimento, demoralizzato e addolorato mentre ricordava le frasi degli altri, ma una presa leggera sulle sue spalle servì per fargli rialzare lo sguardo, guardando dritto negli occhi di Marinette.

«Non dire così.» lo rimproverò. «Da quando in qua una squadra è composta da una sola persona? Ladybug non è niente senza Chat Noir, ricordatelo: se Ladybug è la spada, Chat è lo scudo; entrambi si completano a vicenda. Lavorano meglio insieme. Chat è sempre lì con lei, infatti, sa di essere al sicuro perché c'è il suo partner, di cui si fida ciecamente, anche se il nemico da battere è Papillon in persona. Se lavorasse da sola non concluderebbe nulla.» continuò. «Né tu né Chat dovete dar retta alle cose false che dicono gli altri, perché se credono che solo Ladybug è la salvatrice di Parigi allora non hanno visto quanto straordinario Chat sia. Creare e mettere a posto le cose, certe volte non è la soluzione a tutto.»

Adrien era incapace di distogliere lo sguardo da quello di Marinette. I suoi occhi trasmettevano forza, determinazione e coraggio; qualità che, anche se non le mostrava mai, le calzavano a pennello, donandole una certa bellezza che, prima di allora, aveva visto solo quando andava a trovarla nei panni di Chat Noir.

Il ragazzo arrossì ai suoi pensieri, ma le sorrise in un ringraziamento silenzioso, vendendosi restituire il gesto.

Ad un certo punto, si sentì bussare alla botola e Sabine entrò in camera con un vassoio con due piatti di biscotti e due bicchieri di succo d'arancia appena fatto; i due ringraziarono la donna che, ammiccando alla figlia e facendola arrossire, tornò al piano inferiore.

Il biondo bevve un sorso del succo, quando gli venne in mente un'idea: «Facciamo un gioco.» esclamò poggiando sul vassoio il bicchiere vuoto.

La corvina lo guardò incuriosita, chiedendogli cos'avesse in mente.

«Ognuno di noi fa una domanda riferente a se stesso e l'altro deve rispondere. Se la risposta è corretta prende un biscotto, se è sbagliata lo cede all'avversario. Ogni biscotto vale un punto, chi ha più punti vince.»
«E cosa succede a chi vince?» chiese la corvina con aria di sfida.
«Può far fare una penitenza all'avversario.» rispose divertito.

Marinette esultò tra sé e sé; grazie alle sue documentazioni e all'aiuto di Alya conosceva praticamente tutto su Adrien, compresi i suoi segreti più intimi –ovviamente non tutti–

«Ci sto.» esclamò la ragazza, trattenendo un ghigno di divertimento.
«Inizio io.» disse il biondo, preparando la mano vicino al piatto. «Una facile: a che età sono comparso per la prima volta su una rivista?»
«All'età di tre anni, per una pubblicità di vestiti da bambino.» rispose senza alcuno sforzo e ricevendo un'affermazione positiva dall'amico, per poi prendere un biscotto dal piatto; quest'informazione la conoscevano tutti, siccome era resa pubblica a seguito di una sua intervista.
«Ora tocca a te.»
«Chi è il mio cantante preferito?»
«Jagged Stone. Lo so perché lo adoro anch'io.» disse prendendo un biscotto.

Era di nuovo il turno di Adrien.

«Qual è il mio dolce preferito?»
«Questa la so.» ridacchiò la ragazza. «Non scorderò mai il giorno in cui sei andato fuori di matto per i croissant che aveva preparato mio padre.» aggiunse lei, prendendo un altro biscotto e facendo ridere anche l'amico.

Il gioco andò avanti per un po', tra domande giuste e domande sbagliate; il punteggio era di tredici biscotti per Marinette e nove per Adrien e il piatto era ormai vuoto. I due decisero di sfidarsi in nelle ultime due domande, anche per dare una possibilità di vittoria al ragazzo.

«Cosa mi piace fare durante il mio tempo libero? Leggere, giocare ai videogiochi o guardare anime?» chiese il biondo, sicuro di averla messa in difficoltà.
«Non saprei... Giocare ai videogiochi?»
«Sbagliato. Guardare anime.»
«Ora capisco perché ti batto sempre.» lo schernì, cedendogli un suo biscotto e facendogli fare una linguaccia. «Per chi ho lavorato di importante oltre a tuo padre?» domandò, riferendosi al concorso sui cappelli che aveva indetto la scuola a carico del Signor Agreste.
Il ragazzo ci pensò su, ma la risposta fu veloce. «Jagged Stone. Gli hai fabbricato tu stessa gli occhiali a forma di Tour Eiffel e hai disegnato tu la copertina del suo ultimo album.» rispose prendendo un biscotto dal mucchio della sua avversaria. «Ho ancora il suo CD con il tuo autografo e lo conservo gelosamente.» aggiunse, facendola arrossire lievemente.

Il gioco era finito ed il punteggio era in perfetta parità; ciò significava che nessuno doveva fare la penitenza.

«Diciamo che non ci sono né vincitori né vinti.» commentò Adrien, mangiando un biscotto e assaporando la deliziosa combinazione tra cioccolato e vaniglia.
«Mi servirebbe un piccolissimo favore da parte tua.» esclamò Marinette, prendendo una matita e girando un foglio con i suoi lavori. «Mi servirebbe la taglia che porti, così posso cucire i costumi.»

Il ragazzo stava per rispondere, quando gli venne in mente un'altra idea: «Non è una buona scelta basarsi sulla taglia che si porta.» rispose, reprimendo un sorriso divertito, alzandosi e togliendosi la camicia bianca.

Capendo le sue intenzioni, la corvina iniziò a balbettare e ad arrossire violentemente. «D-Davvero... Mi serve soltanto la tagl-»

La corvina si zittì quando il ragazzo si levò anche la t-shirt, rimanendo a petto nudo davanti a lei.

«Vogliamo iniziare?»

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Capitolo 9
*** Cap. 9 ***


Cap. 9



Marinette era incapace di distogliere lo sguardo dal fisico di Adrien.

Lo aveva già visto sulle riviste mentre posava in costume da bagno, ma poterlo ammirare dal vivo era tutt'altra cosa!

Aveva le spalle larghe, proporzionate per un ragazzo della sua età, il torso iniziava con il petto definito e terminava con addominali ben visibili, ma non troppo marcati; la V, visibile ai lati, s'interrompeva al bordo dei jeans. La pelle leggermente abbronzata era lucida per il sudore, dovuto alla temperatura afosa nella stanza malgrado le finestre aperte.

Tutto era assolutamente proporzionato e perfetto.

Lui era perfetto.

«Sai come si prendono le misure, vero?» domandò divertito il ragazzo, risvegliandola dai suoi pensieri.
«C-Certo che le so prendere!» sbottò lei, offesa.

Adrien ridacchiò, guardandola con sfida.

La ragazza si spostò verso il lato destro del modello, dicendogli di stendere il braccio per misurare la sua lunghezza e la circonferenza, segnando le misure su un foglio.

La corvina sentiva quanto fossero sviluppati i muscoli anche se rilassati; a quanto pare le sue braccia erano così muscolose per via dello scherma o di altri allenamenti che faceva per mantenere una figura perfetta, chiedendosi il perché coprisse i bicipiti con una camicia.

Finito di segnare le misure delle braccia, si mise davanti all'adolescente e, dopo aver calcolato anche la lunghezza del busto, che andava dalle scapole alla vita, era il turno di misurare la sua circonferenza.

Iniziò dall'addome, dove si trattenn dal toccare e dal fissare troppo i suoi addominali duri e contratti; poi salì per il petto, frenando le mani dall'accarezzarli.

Il battito del cuore di Marinette era veloce da quando il ragazzo davanti a lei si era spogliato della maglietta, mettendo in mostra tutto quel ben di Dio, e non aveva dato cenno di calmarsi.

La pelle di Adrien era calda e morbida e ogni volta che lo toccava con le dita fredde gli faceva venire un po' di pelle d'oca, facendo contrarre leggermente i muscoli.

Il tremolio delle sue mani peggiorò, facendole scivolare più volte il metro da sarta e facendola sbuffare, un po' per l'esasperazione, ma soprattutto per cercare di calmarsi.

Il biondo ridacchiò alla goffaggine della ragazza, prendendole dolcemente le mani per tranquillizzarla; la corvina alzò lo sguardo, incontrando i meravigliosi occhi verdi dell'adolescente, che la guardavano con uno strano luccichio che nascondeva il divertimento ed il desiderio.

Desiderio che aveva già visto in un altro paio di occhi verdi qualche sera fa, anche se più evidente. Adrien cercava di nasconderlo anche in quel momento, ma Chat no; lui mostrava le sue emozioni alla sua principessa senza problemi, lasciando parlare gli occhi oltre che la bocca.

«Mari, rilassati.» disse con voce bassa e suadente, mettendole un dito sotto il mento per sollevarle il viso.

Il ragazzo era più alto di lei di una ventina di centimetri, tanto che, Marinette, dovette mettersi sulle punte dei piedi e appoggiarsi con il corpo a quello di Adrien, godendo del calore che si propagava dal petto muscoloso alle mani fredde.

«I-Io so-sono tra-tranquilla, solo c-che no-non sono a-abituata ad avere ra-ragazzi mezzi... nu-nudi in camera mia.» balbettò in un sussurro, vagando con lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra.

Quelle labbra che aveva sognato di assaporare da parecchio tempo e che, qualche giorno fa, c'era quasi riuscita.

Adrien si chinò verso di lei, inclinando leggermente la testa di lato per aver un'angolazione migliore, mentre teneva l'altra mano sul fianco della corvina, tenendola ferma.

Forse Palgg aveva ragione: lui si era davvero innamorato di questa ragazza; perché sennò la stava per baciare per la seconda volta e non si voleva fermare?

Gli dava fastidio quando il suo kwami aveva ragione riguardo queste cose, ed era pronto a negare l'evidenza per non dargliene, ma, cavolo, la sua compagna di classe era nei suoi pensieri già da troppo tempo. Non voleva ammetterlo, ma era realmente attratto da lei, sia come Chat Noir che come Adrien.

Il ragazzo avvicinò il suo corpo a quello della corvina, spinto dal desiderio di un contatto maggiore, mettendo una gamba tra le sue, notando che combaciavano come due pezzi di un puzzle, e la mano sotto la maglietta, accarezzando la pelle morbida del fianco; la spinse leggermente contro la scrivania dietro di lei, aumentando ulteriormente il loro contatto.

Marinette sentì le gambe molli e dovette appoggiarsi alla scrivania, volendo stringere a sé il biondo e sentire la morbidezza della sua pelle sotto il suo tocco.

I loro visi si avvicinarono sempre di più e stavolta nulla poteva interrompere il momento.

La mente della ragazza vagava su pensieri più puliti possibile, trattenendola dal fare azioni irresponsabili o avventate.

Le vennero in mente le giornate di scuola, dal primo giorno fino a quel momento, e molte altre cose: quando aveva fatto amicizia con Alya; quando aveva conosciuto Adrien e che per colpa di un ombrello si era innamorata di lui; il primo incontro con Chat Noir nelle vesti ufficiali di Ladybug; la sconfitta del loro primo akuma; l'amicizia e la rivalità tra i suoi compagni di classe; le visite gioiose e divertenti dell'eroe parigino; la ricerca assegnata ai due studenti; il favore che Adrien le aveva fatto per proteggerla da Nathanaël...

Solo ora, però, si rese conto che Adrien si era avvicinato a lei in quel momento, mentre Chat, a cui non aveva dato molta attenzione durante i loro primi incontri, la andava a trovare ogni sera, risollevandole il morale, facendola ridere e, solo ultimamente, battere il cuore ogni volta che guardava i suoi meravigliosi occhi verdi o flirtava stupidamente con lei.

No, non era giusto.

«Adrien...» sussurrò lei, fermando i loro volti ad un soffio di distanza.
«Cosa c'è Mari?» chiese lui, riaprendo gli occhi annebbiati dal desiderio, ormai più evidente di prima.

La ragazza sentiva il caldo e irregolare respiro del biondo, a cui era ancora abbracciata, sulle sue labbra, sfiorandogliele.

In quell'istante pensò come se quel loro momento ed il loro finto rapporto fossero sbagliati, come se lo stesse prendendo in giro.

«Scusami...» esclamò, allontanandolo.
Il biondo la guardò crucciato. «Per cosa?»
«Per tutto. Mi sento come se ti stessi prendendo in giro. Voglio dire: siamo in questa situazione a causa mia.» spiegò, staccandosi del tutto da lui, sedendosi sulla sedia.
«Io continuo a non capire...»
«Il nostro rapporto.» specificò, guardandolo negli occhi. «Noi siamo amici e, mandando avanti la farsa che abbiamo inventato per Nathanaël, mi sembra di prendere in giro te e me, oltre che i nostri amici. Penso che dovremmo smetterla di mentire.»

Adrien sentì il sangue gelare nelle vene. Lo stava "mollando"?

«E se Nathanaël torna ad assillarti?» domandò, non volendo interrompere quel legame che, anche se finto, lo faceva sentire bene.
«Gli dirò la verità. Questa volta non farò lo stesso errore e mettere in difficoltà anche altre persone.» rispose con un sorriso triste. «Non finirò mai di ringraziarti per quello che hai fatto, ma ora credo che andrà tutto per il meglio con Nathanaël. Amici?» chiese porgendogli la mano, pur, attualmente, non volendo atro contatto fisico con lui.

"Io non voglio che il nostro rapporto finisca, anche se era finto." voleva risponderle, ma, invece, le strinse la mano, accettando di tornare come prima.

«Quindi ci stiamo lasciando.» scherzò il modello, cercando di non far trasparire la tristezza.
«Se così si può dire.» ridacchiò lei nervosamente.


 

Adrien era sdraiato sul suo letto, fissando il soffitto.

Ripensando alle parole di Marinette dette quel pomeriggio non poté fare a meno di stare male.

«Come mai ha deciso di mollarmi?» domandò il biondo ad alta voce, sperando che qualcuno gli sapesse rispondere.
«Te l'ha detto il perché.» commentò Plagg, giocando con una piuma che volteggiava assieme a lui. «E sinceramente sono d'accordo con lei.» aggiunse.

Il biondo sbuffò. Non era certamente la risposta in cui aveva sperato.

«Ascoltami ragazzo. Marinette l'ha fatto perché non voleva essere un peso; questi sono suoi problemi e, da quanto ho visto, il ragazzo-pomodoro non l'assilla più, quindi potete benissimo tornare ad essere normalissimi amici che vivono la loro "normalissima" vita da adolescenti in piena crisi ormonale.» commentò, ma non ottenne alcuna reazione esagerata dall'adolescente, come di solito faceva.
«Ma per me non era un peso, era un favore che le ho fatto io e che ho deciso io. Se proprio era un peso allora me ne sarei stato zitto.» mugugnò nascondendo la faccia con un cuscino, come a soffocare quei pensieri che non volevano andarsene.

Il kwami nero aveva smesso di giocare con la piuma, unica sua fonte di distrazione. «Se hai delle domande non devi farle a me, ma a lei. So già che fare...» sbuffò già pronto all'ordine del suo custode di trasformarlo.

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Capitolo 10
*** Cap. 10 ***


Cap. 10

«Tikki, che cos'ho fatto?» domandò Marinette, camminando avanti e indietro nella sua stanza. «Adrien mi stava per baciare!»
«Ho visto, e allora?» rispose, godendo di quando la sua custode iniziava a farsi le sue solite paranoie; trovava gli umani parecchio fantasiosi e interessanti riguardo questo argomento.
«Come "e allora"?! Ho passato un intero anno scolastico sperando che questa cosa potesse succedere ed io lo fermo e gli dico che sarebbe meglio se tornassimo amici! Oh Tikki, sono una stupida!» mugugnò, cadendo a panmcia in giù sulla chaise longue con un leggero tonfo.
«Marinette, se l'hai fermato ci sarà un motivo, pensaci bene e vedrai che la risposta la troverai da sola.»

La ragazza sapeva perché l'aveva fatto: mentre Adrien la stava per baciare, non aveva visto lui, aveva visto il suo partner; ma alla sola idea che tra le sue braccia c'era Adrien e non Chat la faceva sentire una doppio giochista.

Aveva accettato i suoi sentimenti per l'eroe parigino, con un po' di riluttanza all'inizio, poiché non sapeva che effetti potesse avere durante la lotta contro gli akuma, ma alla fine si era arresa, proprio come era successo con Adrien ad inizio anno.

Certo, il suo compagno di classe le faceva ancora battere il cuore –una cotta durata diversi mesi è difficile da scordare–, ma Chat le faceva lo stesso effetto, se non due volte maggiore da circa tre settimane.

La ragazza non riusciva a capire come fosse finita in quella disastrosa situazione; il suo cuore era diviso in due: da una parte Adrien, il suo compagno di classe che, negli ultimi giorni, aveva tentato di baciarla due volte, e dall'altra Chat Noir, il felino con cui lotta contro il male quando era Ladybug e che godeva delle sue visite serali quand'era Marinette, flirtando con entrambe le sue due personalità e con cui piaceva passare maggior parte del suo tempo.

"Sono incasinata!" pensò con un sospiro. "Perché? Perché devono succedere tutte a me?"

La frustrazione era soffocante e i pensieri erano confusi, così, la ragazza, ordinò al suo kwami di trasformarla, per poi lanciare il suo yo-yo e saltare tra i tetti di Parigi.


 

Ladybug era seduta sul bordo del campanile destro di Notre Dame, con le gambe a penzoloni, sospirando mentre una leggera brezza le scompigliava i capelli, rinfrescandole il corpo e la mente.

«Non pensavo di trovare anche te qua, Buginette.»
La ragazza si voltò, sorpresa. «Il sentimento è reciproco, Chat.» sorrise, picchiettando in parte a lei, non ribattendo al soprannome e facendogli cenno di sedersi.

Il felino accettò, sedendosi accanto alla ragazza, per poi guardare il sole che tramontava, abbracciando Parigi con il colore arancio dei suoi ultimi raggi e con le ombre delle case e dei monumenti che si allungavano, rendendo la città ancora più bella e misteriosa.

«Come mai sei qui?» domandò Ladybug, rompendo il silenzio che era venuto a crearsi.
«Volevo fare un giro per schiarirmi le idee.» sospirò, malinconico. «Sai, i soliti problemi da adolescente.»
L'eroina si voltò verso di lui, incrociando le gambe. «Narrami i tuoi dilemmi e le tue preoccupazioni, giovanotto.»
Il biondo ridacchiò, tornando a fissare verso l'orizzonte e iniziando a raccontare: «Sono innamorato di una ragazza.» sospirò.
Alla ragazza mancò un battito. «Ma?» lo incalzò, sapendo che la frase non era terminata.
«Ma non credo che i miei sentimenti siano ricambiati.»
«E tu come fai a dirlo?»
«Beh... Quando parlo assieme a lei, quando non sono Chat, fa fatica a rispondermi o, addirittura, a rivolgermi la parola; ma quando indosso la maschera è tutt'altra persona. Ovviamente non sa chi sono.» spiegò con amarezza. «Sembra che non accetti una parte di me.»
«Cosa avresti fatto di così grave nei panni del "ragazzo normale" per farti pensare questo?»
«Diciamo solo che le ho fatto un favore, ma alla fine non si è rivelato molto utile...»
«E invece quando sei Chat?»
«È tutt'altra persona, come se mostrasse la sua vera "lei": risponde alle mie battute e alle mie provocazioni, è più a suo agio, parla più volentieri. Inoltre, mi piace quando ride, mi fa sentire apprezzato e mi scalda il cuore.» spiegò con un sorriso malinconico. «È da poco che ho capito ciò che provo per lei e la sola idea di dirglielo mi terrorizza...»

Ladybug provava sentimenti contrastanti: felicità perché Chat era riuscito a trovare qualcuno di cui innamorarsene, ma anche tristezza per lo stesso motivo.

«La conosco questa ragazza?» domandò, cercando di mantenere la voce più ferma possibile.
«Sì, la conosci.» rispose. «Se ti dico chi è mi prometti che non le dirai nulla? Sono io che devo farlo.»
La corvina sentì un groppo in gola. «Promesso.»
«Grazie.» esclamò; il felino si schiarì la gola, titubante. «Frequenta la terza del Liceo Françoise Dupont. È una ragazza solare, timida e impacciata, ma sa farsi valere; ha i capelli corvini e gli occhi azzurri come il cielo sereno ed è da qualche tempo che vado a farle visita tutte le sere.»

Il tempo serbava essersi fermato per l'eroina. Stava realmente parlando di quella ragazza?

«È Marinette.» aggiunse il felino, guardando la sua partner meravigliata.
«Scusa Chat... O-Ora devo andare...»

Chat tentò di fermarla, ma Ladybug non gli diede ascolto, lanciando il suo yo-yo e dirigendosi verso casa.


 

Chat Noir atterrò sull'attico della pasticceria della famiglia Dupain-Cheng e, aiutandosi con il bastone e la sua agilità, si sporse verso la finestra da cui era solito entrare, ma non vide Marinette da nessuna parte; neanche bussando come faceva di solito non otteneva risposta.

Incuriosito, si spostò verso l'altra finestra per una visuale migliore, ma nessuna traccia della sua principessa.

Il felino salì di nuovo sull'attico, chiedendosi dove sia finita la corvina.

Una leggera luce azzurrina, che proveniva dalla botola-finestra che dava direttamente sul letto dell'adolescente, attirò la sua attenzione, e si avvicinò incuriosito.

Il biondo vide Marinette sdraiata a pancia in giù sul letto, con le cuffie te nelle orecchie mentre ascoltava la musica di Jagged Stone.

Notando che la botola era soltanto socchiusa, decise di entrare da sé, atterrando silenziosamente sul materasso della corvina.

Marinette, sentendo il letto muovere, mise in pausa la musica e, facendo luce con lo schermo del cellulare, si voltò, venendo sorpresa da un paio di lucenti occhi verdi, facendola sobbalzare.

«Chat! Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò tenendo la voce bassa, togliendosi le cuffie dalle orecchie. «E non iniziare a fare battute!» si affrettò ad aggiungere appena il felino aprì bocca, zittendolo.
«Principessa, che cos'hai?» domandò, notando una lacrima all'angolo dell'occhio.
«N-Niente.» rispose asciugandosela e tirando su con il naso.

Chat, grazie alla vista notturna, riuscì a vedere gli occhi gonfi e arrossati della ragazza, mentre sul cuscino c'erano tracce di lacrime versate poco fa.

«Non è vero che è "niente": hai pianto. Cosa c'è? È successo qualcosa ancora con Rompi-naël?» chiese, reprimendo la rabbia nei confronti del suo compagno di classe.
«No no, lui non c'entra nulla... È tutt'altra cosa.»

Il biondo la guardò tristemente mentre si asciugava le ultime lacrime, per poi avvicinarsi di più a lei, mettendosi al suo fianco. «Vuoi parlarne?»
La ragazza annuì. «Come ben sai c'era questo mio amico, Adrien Agreste, che si era offerto di aiutarmi con Nathanaël fingendosi il mio ragazzo.» spiegò, poggiandosi alla spalla di Chat, in cerca di conforto, mentre lui le mise il braccio attorno alle spalle. «Beh... Vedendo che Nathanaël ha smesso di chiamarmi e cose varie, ho deciso di "rompere" con Adrien.»
«E perché l'hai fatto?» chiese sussurrando, volendo conoscere il motivo, ma non volendo metterla a disagio.
«Perché io mi sentivo male per lui e per me! Ho voluto mentire per tre mesi a Nathanaël e questo ha portato ad obbligare un mio amico a farmi un favore.»
Chat sentì stringersi lo stomaco. «Ma Adrien ha voluto aiutarti, è stata una sua decisione.»
«Lo so, ma è ora che anch'io mi prenda le mie responsabilità, perché non posso contare sempre sugli altri per uscire dai miei guai.» rispose tirando su con il naso.

Tra i due ci fu un minuto di silenzio, interrotto da un sospiro insicuro di Chat, che fece voltare la ragazza verso di sé, incuriosita.

«Sai una cosa Principessa? Io penso che Adrien sia stato gentile ad averti aiutato e se l'ha fatto significa che ci tiene a te, sennò sarebbe rimasto in silenzio.» disse un po' titubante, ma non staccando gli occhi da quelli azzurri della corvina, asciugandole dalle lacrime che poco fa aveva versato. «Personalmente, anch'io avrei fatto la stessa cosa. Farei di tutto per te, perché sei una ragazza a dir poco fantastica, e io odio vederti triste.»

Marinette rimase senza parole per la seconda volta. Era incredibile come quel ragazzo, che di solito flirtava con lei o faceva delle pessime battute potesse anche farle battere il cuore all'impazzata e impedirle di pensare razionalmente.

«Se posso permettermi una cosa, fossi stato io e nessuno credeva che stavamo assieme, allora ti avrei baciata davanti a tutti, facendo vedere quanto tengo a te.» aggiunse con un dolce sorriso, facendo arrossire l'adolescente.
«D-Davvero l'avresti fatto?» chiese sorpresa e lusingata.
«Certo. Sono o non sono il tuo cavaliere?» rispose baciandole il dorso della mano.

Marinette lo ringraziò con un abbraccio, che venne restituito immediatamente.

La ragazza si adattava perfettamente tra le sue braccia; il suo corpo minuto aderiva perfettamente al suo, combaciando come se provenissero dallo stesso oggetto. Non voleva lasciarla ed era stato uno stupido se aveva creduto che tra lei e Adrien potesse esserci qualcosa.

«Principessa, se c'è qualcosa che ti preoccupa, anche la più minima cosa, puoi dirmelo.» disse ancora abbracciato a lei, inspirando il buonissimo profumo di cioccolato e vaniglia che emanava i suoi capelli.

La corvina, sciolse l'abbraccio, guardandolo negli occhi, riflettendo se dirglielo; Chat era stato sincero con lei –con Ladybug– e allora perché lei dovrebbe mentirgli?

Anche se i suoi pensieri erano confusi, i suoi sentimenti non lo erano; lo sapeva da un po' di tempo, ma ne ha avuto la conferma quando aveva parlato con lui sulla torre di Notre Dame.

Conosceva la risposata giusta.

«Niente mi preoccupa quando ci sei tu.»

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Capitolo 11
*** Cap. 11 ***


N.d.A. c'è un piccolo lime nella seconda parte della storia (quella dopo lo spazio più grande), se vi da fastidio o che altro non leggete e fermatevi prima. Oltre questo appunto, vorrei ringraziarvi per tutte le recensioni e per aver messo la storia tra i preferiti e le seguite, grazie infinite ^///^



Cap. 11

 

Marinette era sicura della sua risposta. Era quella giusta, si ripeteva in testa.

Gliel'aveva detto a Notre Dame che era innamorato di lei, e lei lo era di lui.

Chat s'irrigidì; non si aspettava una risposta del genere da parte sua, ma ne fu felice. Le accarezzò la guancia, perdendosi nell'azzurro dei suoi occhi, sentendo che la corvina si appoggiò contro la sua mano, inspirando al suo tocco.

Il biondo si sporse in avanti, attirando la ragazza a sé, poggiando la fronte contro la sua, e la mano sul suo fianco, volendo un contatto maggiore.

Il suo respiro si fece più veloce e irregolare: voleva baciarla, toccarla, possederla.

Deglutì rumorosamente, spostando lo sguardo dagli occhi alla sua bocca socchiusa.

«Marinette... Posso baciarti?» chiese titubante, leccandosi le labbra secche.

La corvina non rispose, ma si sporse in avanti, fino a catturare le sue labbra in un bacio.

Chat lasciò il respiro che aveva trattenuto fino a quel momento, sorridendo e avvicinando ulteriormente i loro corpi.

I due si staccarono, prendendo aria da quel bacio tanto desiderato, guardandosi negli occhi. Fu la volta del felino ad avviare il bacio, sporgendosi verso di lei e spingendola finché non fu sdraiata sotto di lui; lei portò le braccia al collo, intrecciando le dita nei capelli dorati, scompigliandoli ulteriormente, mentre il suo corpo premeva contro il suo come una sorta di magnete.

«Tu non sai quanto ho aspettato per questo.» sussurrò il biondo, accarezzandole la guancia.
«Anch'io, ma non credevo di piacerti in quel senso.»
«Se tu non mi piacessi allora non sarei qui, sopra di te, a baciarti e a dirti quanto tu sia meow-ravigliosamente purr-fetta.» miagolò, tornando a baciarla.

L'eroe parigino strinse leggermente la presa attorno al fianco della corvina, facendola ridacchiare.

«Chat, mi fai il solletico.»
«Ah davvero?» ghignò iniziando a solleticarle i fianchi.
«C-Chat! I-I miei ge-genitori so-sono al piano in-inferiore.» rispose tra le risate, facendolo fermare; per quanto volesse sentirla ridere non voleva essere scoperto.

Il felino sorrise. Il suono della sua risata era musica per lui, e il sapore delle sue labbra era diventato come una droga: appena provata non ne poteva più fare a meno.

Chat lambì di nuovo le sue labbra, rotolando di fianco e invertendo le posizioni: ora lei era sopra di lui; spostò le mani sotto la maglietta, accarezzandole la pelle dei fianchi.

I due si staccarono per riprendere fiato, mentre Marinette poggiò la testa nell'incavo del collo di Chat, coccolandosi e inspirando il delicato odore di colonia, con un una leggera e impercettibile sfumatura di formaggio —da lei riconoscibile grazie agli anni passati in pasticceria—

«Che ne dici di essere la mia ragazza?» domandò il biondo, baciandole la fronte.
La corvina alzò la testa, divertita. «Con quale spudoratezza.»
«Allora lo rifaccio: –si schiarì la gola– mia dolce Marinette, vorresti diventare la fidanzata del gatto più meow-raviglioso, purr-fetto, incantevole, bello, figo e strasexy di tutta Parigi?» domandò vanitoso, 
«È finita la lista?» ridacchiò la ragazza, facendogli fare una smorfia scherzosa, per poi dargli un bacio sulla punta del naso. «Però sì, voglio essere la tua ragazza.» aggiunse arrossendo.

Il ragazzo la strinse a sé, abbracciandola in un ringraziamento silenzioso, facendo le fusa quando lei gli grattò dietro le orecchie del costume.

«Davvero fai le fusa?» rise, alzandosi e mettendosi a sedere accanto a lui.
«I gatti fanno le fusa quando vengono coccolati.»rispose miagolando. «È meglio se torno a casa. Domani hai scuola e non voglio che crolli sul banco, anche se sono sicuro che sognerai il magnifico me.» aggiunse gonfiando il bicipite.
«Sì, certo. Contaci.» esclamò facendogli un buffetto di consolazione, lasciandolo con un'espressione di finta tristezza.
«Buona notte Principessa, ci vediamo domani.» la salutò con un casto bacio, prima di uscire dalla botola sull'attico.



 

La settimana passò veloce.

Marinette aveva smesso di balbettare in presenza di Adrien, parlando più volentieri con lui e sentendosi più a suo agio; entrambi avevano dimenticato cos'era accaduto a casa della corvina –il "quasi bacio"–, anzi, solo lei se l'era dimenticato; Adrien l'aveva messo in un angolino della sua memoria.

Non c'era giornata durante la quale l'adolescente non vedesse l'ora, nei panni di Chat, di poter riabbracciare e baciare la ragazza di cui si era innamorato. Le sue labbra, i suoi sussurri, il suo profumo; erano tutto ciò di cui aveva bisogno dopo una giornata trascorsa tra libri di scuola e tra i flash delle fotocamere.

Quella domenica pomeriggio, Marinette l'aveva passata in compagnia di Adrien a provare la poesia per la ricerca, ripetendo con indosso i costumi come se fossero realmente a scuola e qualche ora dopo che Adrien fu tornato a casa, Chat atterrò sull'attico per la sua visita serale.

Sbirciando dalla botola sul letto, vide la sua ragazza sistemare i costumi che aveva provato con lui il pomeriggio, con gli auricolari nelle orecchie, mentre canticchiava allegramente.

Il biondo scivolò silenzioso sul materasso, non staccando gli occhi dalla corvina: aveva i capelli sciolti, che gli cadevano leggeri sulle spalle e indossava una maglietta XXL nera, che le bastava per coprire ben poco delle sue gambe, e che, quando alzava le braccia o si chinava per raccogliere le parti dei vestiti che le cadevano, gli dava la possibilità di vedere le mutande azzurre. Anche se la luce della lampada era fioca, riusciva a vedere ogni minimo dettaglio grazie alla sua vista notturna.

Chat fece fatica a distogliere lo sguardo dalle gambe scoperte di lei: le caviglie strette, i polpacci e le cosce toniche e magre, fino ad arrivare al sedere, che s'intravedeva grazie ai movimenti bruschi che facevano alzare quella dannata maglietta.

Dio, il suo sedere!

"Adrien... Devi calmarti... Non pensare a cose sporche!" pensò tra sé e sé, cercando di tenere a freno i pensieri, non volendo trattare con una situazione scomoda.

Era impossibile per lui rimanere lucido con la ragazza della quale gli piaceva tutto –dal carattere al corpo– e di cui, in quel momento, riusciva a vedere la biancheria intima che aveva un unicorno bianco stampato sul davanti!

Chat iniziava a sentire caldo e il costume lo soffocava, ma doveva resistere.

Finalmente, Marinette si tolse le cuffie dalle orecchie, spense la luce della lampada e salì sulle scale per andare a letto.

«Ed io che stavo godendo della bella vista.» commentò il ragazzo, facendola sobbalzare.
«Chat!» esclamò sedendosi sul materasso, ripresasi dallo spavento –ormai era abituata a quel tipo di "saluto"– «Da quant'è che mi stai spiando?»
«Abbastanza per vedere la tua bellissima performance di ballo. E l'unicorno stampato sulle tue mutandine azzurre.» aggiunse ghignando e agitando le sopracciglia, facendola arrossire violentemente.
«Sei un pervertito!» esclamò lei, coprendosi il volto con le mani.
Chat ridacchiò. «Come siamo timide.»

Il biondo si sporse verso di lei, spostandole le mani dal viso per baciarla; vedendosi restituito il bacio, la attirò a sé, facendola salire a cavalcioni sul suo bacino e mettendole le mani sui fianchi, sotto la maglietta.

«Sai, lo spettacolino a cui ho assistito poco fa l'ho trovato dannatamente eccitante.» ghignò il felino, scendendo con le mani ad accarezzarle le gambe nude.

Voleva sentire la sua pelle sotto le mani, ma i guanti artigliati gli impedivano certe azioni che avrebbe voluto farle; non voleva farle male.

«Pervertito...» esclamò, mentre le braccia attorno al collo lo avvicinavano di più a lei per baciarlo di nuovo.

Marinette sentì la lingua di Chat leccarle le labbra per chiedere l'accesso, che, con titubanza, venne accettato.

Si erano già baciati con la lingua qualche volta, perdendosi nelle emozioni che il bacio nativo del loro Paese dava loro, ma ogni volta era fantastico.

La ragazza non poté fare a meno di gemere quando il felino le posò le mani sul sedere, spingendola contro il suo cavallo, facendolo sospirare pesantemente.

«Mari...» si lamentò di piacere, quando la corvina mosse i fianchi, sollecitando la sua eccitazione.
«Vedo che qualcuno qui è bello sveglio.» ridacchiò lei, continuando con i movimenti giocosi, ma dolorosi per l'altro.
«Se tu mi vuoi uccidere, questo è il modo giusto.» commentò riprendendo a baciarla, salendo con le mani fin sotto i seni.

Marinette inarcò la schiena, in cerca di un contatto maggiore, mentre le sue mani vagavano dai capelli al petto muscoloso, volendo sentire di più del corpo di Chat.

Gemette di nuovo: il suo tocco delicato, malgrado gli artigli, sulla sua pelle; le labbra che si muovevano affamate sulle sue, mentre le loro lingue lottavano per il predominio; il suo nome detto con un gemito. Tutte quelle sensazioni le facevano sentite il corpo febbricitante; tutto il calore si espanse dal basso ventre fino agli arti, risvegliandole i sensi.

«Chat... ho caldo...» respirò, cercando di togliersi la maglietta, ma venne fermata dal ragazzo.
«Aspetta, così poi ti vedo in...»
«Non importa –lo interruppe– e poi è come se fossi in costume.»

L'eroe la guardò, come a chiederle se ne fosse sicura e, dopo aver ricevuto un cenno positivo con la testa, lasciò la presa attorno ai polsi, guardandola spogliarsi.

Un groppo si gli formò in gola alla vista del reggiseno: era azzurro come le mutande e sosteneva perfettamente i seni, che erano una taglia poco più piccola della terza. Il suo sguardo vagò dal petto al ventre, meravigliandosi quando notò la linea appena visibile degli addominali, per poi tornare subito sui seni.

Il ragazzo deglutì, appena prima di baciarle il collo, scendendo fin dove la stoffa del reggiseno glielo permetteva, succhiando e mordicchiando la pelle scoperta, facendo aumentare i gemiti della ragazza, che strinse la presa attorno ai capelli del felino.

Entrambe le loro menti erano offuscate dalle sensazioni che stavano provando in quel momento: i baci, i morsi, le carezze, i sospiri, i gemiti. Tutto circondato da un senso di eccitazione e desiderio.

Ma bisognava fermarsi.

Senza nemmeno accorgersene, Marinette si trovava inchiodata al materasso da Chat, mentre continuava a succhiarle la pelle del bassoventre, lasciando segni rossi al suo passaggio.

Per il biondo era troppo; il costume era eccessivamente caldo e stretto per continuare a giocare in quel modo. Non poteva più resistere: o si fermava o andava fino in fondo, ma per farlo doveva annullare la trasformazione.

«Chat, è meglio se ci fermiamo.» disse l'adolescente con il fiato corto.

Il ragazzo la guardò con gli occhi velati di desiderio: aveva il volto rosso e gli occhi lucidi e dei succhiotti rossi sparsi appena sotto le clavicole, sui seni e sul ventre, che terminavano all'altezza dei fianchi. Una vista che lo spingeva a voler assaggiare più della sua pelle, a spingersi oltre il bordo chiamato "ragione".

«Tu dovresti annullare la trasformazione... e non devi mostrarmi chi sei...» aggiunse.

Il biondo si arrese, coccolandosi nell'incavo del collo e inspirando il dolce profumo che emanava.

La mano che era appoggiata al fianco opposto le accarezzava la pelle, disegnando leggere figure con gli artigli.

«Dovrei venire più spesso quest'estate se hai caldo così.» scherzò lui, strofinando il naso sulla guancia della ragazza, che ridacchiò.
«Ah sì? Vorrà dire che installerò un climatizzatore, così dovrò chiudere le finestre e tu resterai fuori.»
«E quando avremo ancora il nostro piccolo divertimento?» ammiccò, salendo con il dito sopra i seni, tracciandone la forma.
«Ci sarà tempo per quello. Ora ho sonno.» rispose spostando lo per mettersi a sedere, recuperando la t-shirt ed infilarsela. «Domani devo esporre la ricerca e tu devi ancora risolvere il tuo "piccolo" problemino.» aggiunse, indicandogli il cavallo ancora gonfio.
«Allora ti auguro buona notte, Principessa. E di Chat Jr. me ne occupo appena arrivo a casa.» disse baciandole il dorso della mano, con fare da gentiluomo.
«"Chat Jr."? Davvero?» rise, cercando di fare meno rumore possibile.
«Io sono Grande Chat, lui si chiama così.» esclamò facendola ridere ancora di più, finché non si calmò. «Buona notte, Mari.» la salutò con un bacio, uscendo dalla botola dalla quale era entrato.

Marinette doveva ammetterlo: era stata una delle serate più belle di sempre!

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Capitolo 12
*** Cap. 12 ***


Cap. 12
 

Marinette non sapeva se strozzare quel dannato gatto o se stessa: aveva dei segni rossi che le ricoprivano l'addome, e si vedevano palesemente la forma delle labbra e dei denti, così non poteva inventarsi una possibile scusa!

Sì, la prossima volta che Chat l'andrà a trovare lo lascerà fuori!

Ma era anche colpa sua, poiché l'aveva stuzzicato. Ormoni.

Per fortuna non aveva avuto il bisogno di nasconderlo con la sciarpa o cose del genere, perché partivano da appena sotto le scapole, quindi ci pensava la maglietta a coprirli.

La ragazza era seduta al suo posto ad ascoltare Nino che raccontava, a lei e ad Adrien, il nuovo videogioco che aveva comprato, mentre aspettava l'arrivo di Alya.

Presa dalla conversazione, non s'era accorta degli occhi verdi del biondo puntati su di lei, che ricordava ogni singolo istante della sera precedente.

«Bro, mi senti?» 
Fu la voce di Nino a risvegliarlo dai suoi pensieri; agitò la testa. «Eh? Cosa dicevi?»
«Ho chiesto cosa ne pensi di questo gioco.» ripeté il moro.

Marinette guardò Adrien incuriosita, aspettando anche lei la sua risposta.

Non aveva sentito una minima parola di quello che aveva detto il suo vicino di banco; era troppo impegnato a guardare la ragazza seduta dietro di lui.

«Credo che Marinette mi batterà anche in quello.» rispose sorridendole, facendola arrossire violentemente.
«Scusate il ritardo ragazzi.» esclamò Alya, correndo al suo posto. «Di che parlate?»
«Del nuovo videogioco che Nino ha comprato.» rispose la corvina dopo aver riacquisito il suo colore naturale.

Le due ragazze iniziarono a parlare tra loro e i due amici fecero lo stesso, tenendo la voce bassa in modo tale che nessuno potesse sentire.

«Ehi amico, ma che ti prende?» domandò il moro, incuriosito.
«Di che stai parlando?»
«Di te e Marinette: non le hai staccato gli occhi di dosso da quando è entrata in classe. Credevo che avevate messo in chiaro la vostra "storia amorosa".» rispose facendo il segno delle virgolette con le dita.
Adrien alzò un sopracciglio. «Infatti siamo amici, nulla di più.»

Certo, Adrien e Marinette erano amici, ma Nino non sapeva di lei e Chat.

«Da come la guardi sembra che tu voglia saltarle addosso da un momento all'altro. Proprio come fa Chloé con te.»

I due guardarono la bionda, intenta a fissare il diretto interessato, che rabbrividì e tornò a parlare con l'amico.

«Ma smettila. Io e Mari siamo amici.» ripeté, guardandola con la coda dell'occhio, sorridendo.

Le conversazioni di tutti gli scolari vennero interrotte dall'entrata di Madame Bustier, che si scusò per il ritardo per poi fare cenno ai ragazzi di iniziare a presentare le ricerche.

Marinette e Adrien si alzarono, chiedendo di poter andare a cambiarsi per il compito e, dopo aver ricevuto una risposta positiva, corsero verso gli spogliatoi per mettersi i costumi di scena —ovviamente erano separati dagli armadietti, così non potevano vedersi—

La ragazza indossava il suo costume da gitana, preparando anche qualche stella filante che sarebbero servite per la "recita", mentre il suo compagno indossava il costume da Hugo; la corvina, vedendolo con la barba finta, non poté fare a meno di ridere, mentre lui si lamentava di quanto gli prudesse il mento.

«Sembri un sessantenne.» lo schernì tra le risate.
«Porta rispetto agli anziani, bricconcella!» la rimproverò con la voce da anziano, agitando la mano a pugno.

L'aveva già vista con il costume da gitana, ma non poteva non stupirsi e rimanere abbagliato dalla sua bellezza: i capelli neri erano sciolti le cadevano sulle spalle, facendo contrasto con la camicetta bianca; la gonna viola, che le arrivava alle caviglie, richiamava il nastro che aveva tra i capelli; pezzi di bigiotteria, come anelli, bracciali e collane, tintinnavano come piccole campanelle appena si muoveva. Una visione a dir poco celestiale.

Sembrava la perfetta Esmeralda.

«Dobbiamo andare. Anche se siamo gli ultimi a presentare la ricerca non significa che dobbiamo saltare tutte le altre!» esclamò la ragazza, prendendo i costumi che avrebbero dovuto indossare più tardi. «Siccome non c'è tempo per tornare di sotto a cambiarci, proporrei di mettere i vestiti per la poesia fuori dalla porta della classe, così sono subito pronti.»
«Nessun problema, tanto il costume da giullare ce l'ho sotto quello da Hugo, così ci porterà via meno tempo.» rispose, aiutandola con il suo costume.

I due corsero in classe, attirando l'attenzione, e scatenando qualche risata per il travestimento di Adrien, da parte dei loro amici, ma seguirono comunque l'esposizione.


 

Tutti i loro compagni furono stati bravi, chi più chi meno: Nino e Max avevano esposto attraverso un video girato da entrambi; Alya e Kim con una ricerca in Power Point; Sabrina, invece, aveva esposto tutta lei la ricerca, mentre Chloé aveva preso la scusa di non potersi rovinare le corde vocali.

Finalmente arrivò il turno di Marinette e Adrien, che, dopo aver riferito alla classe del personaggio che avrebbero esposto, iniziarono i loro ruoli: il biondo recitò la vita di Victor Hugo in prima persona, con la voce da anziano, scatenando l'ilarità dei ragazzi presenti, mentre la corvina, per il momento, se ne stava in disparte ad osservare e a ridacchiare.

Arrivato al termine di Hugo, il modello di tolse il costume da vecchietto e rimase con quello da giullare, infilandosi cappello e maschera. Fu la volta di Marinette ad esporre "Notre Dame", interpretando Esmeralda, e lanciando le stelle filanti mentre raccontava di come il suo personaggio danzava e ammaliava l'intera folla, mentre Adrien la accompagnava in alcuni passi tipici dei balli zingari —che avevano accuratamente imparato—; anche nei momenti delle morti o ti forti emozioni, il biondo era pronto ad interpretare il giullare, facendo spaventare qualche volta Chloé, che saltò sulla sedia con un urlo acuto. Fino a quel momento fu una recita perfetta, e venne il turno della poesia.

Entrambi uscirono di corsa dalla classe, cambiandosi nei vestiti bianchi, che la corvina aveva preparato —ovviamente girati di spalle l'uno dall'altra—

Appena rientrati, i loro compagni e la professoressa rimasero in silenzio, ascoltando attentamente ciò che doveva accadere.

Fu Marinette ad iniziare. «L'uomo è la più elevata delle creature
Seguita da Adrien. «La donna è il più sublime degli ideali
Fu la volta di entrambi. «Dio fece per l'uomo un trono, per la donna un altareIl trono esalta, l'altare santifica

La corvina riprese il suo turno. «L'uomo è il cervello
E poi ancora il ragazzo. «La donna il cuore
«Il cervello fabbrica luce, il cuore produce amore. La luce feconda, l'amore resuscita

«L'uomo è forte per la ragione
«La donna è invincibile per le lacrime
«La ragione convince, le lacrime commuovono

Fu ancora il turno di Marinette. «L'uomo è capace di tutti gli eroismi
«La donna di tutti i martìri
«L'eroismo nobilita, il martirio sublima

«L'uomo ha la supremazia
«La donna la preferenza
«La supremazia significa forza;
la preferenza rappresenta il diritto

Marinette si voltò verso Adrien. «L'uomo è un genio
Anche lui lo fece, guardandola negli occhi. «La donna un angelo
«Il genio è incommensurabile;
l'angelo indefinibile

«L'aspirazione dell'uomo è la gloria suprema
«L'aspirazione della donna è la virtù estrema
«La gloria rende tutto grande; la virtù rende tutto divino

«L'uomo è un codice
«La donna un vangelo
«Il codice corregge, il vangelo perfeziona

«L'uomo pensa
«La donna sogna
«Pensare è avere il cranio di una larva;
sognare è avere sulla fronte un'aureola

«L'uomo è un oceano
«La donna un lago
«L'oceano ha la perla che adorna;
il lago la poesia che abbaglia

«L'uomo è l'aquila che vola
«La donna è l'usignolo che canta
«Volare è dominare lo spazio;
cantare è conquistare l'Anima

«L'uomo è un tempio
«La donna il sacrario
«Dinanzi al tempio ci scopriamo;
davanti al sacrario ci inginocchiamo

«Infine: l'uomo si trova dove termina la terra
Il ragazzo le afferrò le mani, portandole alle labbra e baciandole le nocche. «La donna dove comincia il cielo

I due terminarono, guardandosi ancora negli occhi.

Adrien era incapace di distogliere lo sguardo da lei; il suo impulso era quello di chinarsi e baciarla, ma furono gli applausi di tutta la classe —tranne Chloé— a riportarlo alla realtà.


 

Marinette e Adrien corsero felici verso gli spogliatoi: avevano preso il massimo, ed erano stati gli unici in tutta la classe!

I due si abbracciarono e risero, felici che i loro sforzi furono stati ripagati con un voto più che meritato.

«Sei stata grande, Marinette!» si complimentò il biondo, tenendole le mani sulle spalle.
«Non è assolutamente vero. Tu sei stato bravissimo ad interpretare Hugo, soprattutto la parte del giullare: ho dovuto trattenere le risate quando stavo raccontando il finale di "Notre Dame".» ribatté, leggermente rossa per il complimento che aveva ricevuto.
«E come hai recitato la poesia? Cavolo! Volevo...»

"Baciarti."

No, non poteva dirlo.

«Siamo stati entrambi bravissimi.» disse la corvina, allontanandosi dall'amico per mettersi dietro agli armadietti e cambiarsi. «Abbiamo preso il massimo grazie ad un perfetto lavoro di squadra, e devo ammettere che lavorare con te è stato meno impegnativo che quando faccio i compiti con Alya.» aggiunse iniziando a togliersi il costume, rimanendo in biancheria intima.
«È vero. È come se fossimo consessi sulla stessa lunghezza d'onda.» spiegò mettendosi la sua solita maglietta.

I due rimasero in silenzio. Adrien aveva appena finito di vestirsi, quando sbirciò dall'altra parte degli armadietti: vide la ragazza in jeans e reggiseno che stava cercando la sua t-shirt bianca. Solo ora riusciva a vedere perfettamente i segni che le aveva lasciato la sera prima.

Il biondo deglutì rumorosamente. Doveva trattenersi dal fare qualunque cosa di imperdonabile, ma non riuscì.

Come se avesse il pilota automatico, Adrien si avvicinò alla corvina, che tentò di coprirsi con la maglietta che aveva appena trovato.

«A-Adrien! C-Che fai?» domandò; seguì il suo sguardo e vide che era puntato sul suo corpo, a fissarle i segni rossi. «P-Posso spiegare... Q-Questi segni... Cioè... Mi... Mi sono scontata con l'olio da cucina... E mia mamma ha detto che ci vorrà qualche giorno...»

Il biondo non prestò attenzione alla sua balbuzie o alla scusa che stava raccontando. In quel momento, sin da quando era entrato in classe, voleva soltanto fare una cosa: baciarla.

Adrien le afferrò le mani, facendole cadere la t-shirt e facendola arrossire.

«A-Adrien...»

Prima che Marinette potesse sfuggire dalla sua presa, il ragazzo si chinò verso di lei, catturando le sue labbra in un bacio.

Il momento durò pochissimo. Lui non ebbe neanche il tempo di assaporare le sue dolci labbra, che lei lo spinse via.

«Cosa fai? Io... Io sono fi-fidanzata... Oh no... Chat Noir... Lui... No, no, no!» pianse, raccogliendo la maglietta.

Dopo essersi vestita e aver raccolto tutti i costumi, la corvina corse fuori dalla scuola, versando lacrime di tristezza.

Il biondo rimase fermo immobile, incapace di piegarsi che cos'era appena accaduto negli ultimi due minuti.

«Ottimo lavoro, Romeo. Ora hai incasinato tutto.» mormorò Plagg, volando fuori dalla tasca del suo custode.

L'aveva realmente baciata come Adrien? No, non poteva essere...

«E adesso che faccio?»

 

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Bon jour à tous!

Per chi non l'avesse capito, perché ho provato a spiegarlo al meglio che potevo (alla faccia!), l'esposizione della poesia segue quest'ordine:

Marinette,
Adrien,
Entrambi;

Marinette,
Adrien,
Entrambi...

E così via. Spero ora sia un po' più chiaro ^^'

Coooomunque, per chi sta seguendo su questa storia su EFP, quindi non si è fatto spoiler (xD), questo è il penultimo capitolo ^^

Ma non temete: ci sarà una sorpresina alla fine ;)

Restate connessi ;*
Francy_Kid

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Capitolo 13
*** Cap. 13 ***


Cap. 13


Marinette tornò a casa a dir poco sconvolta.

Saltò le lezioni successive, dicendo ad Alya di scusarsi con la professoressa perché si era sentita poco bene; presto avrebbe dovuto rispondere anche ai suoi genitori.

La ragazza era sdraiata a pancia in giù sul letto, stringendo il cuscino e elaborando ciò che era accaduto poco fa negli spogliatoi.

«Marinette, come ti senti?» domandò preoccupata Tikki, accarezzandole delicatamente i capelli.
«Uno schifo.» biascicò. «Mi sento come se avessi tradito Chat...» aggiunse tirando su con il naso.
«Tecnicamente, tu non hai tradito nessuno: lui ha baciato te e tu l'hai spinto via.» spiegò cercando di risollevarle il morale, ma era piuttosto difficile.
«Lo so... Ma non è quello il punto. È l'intenzione quella che mi ha fatto sentire peggio.»
«In che senso?»

Marinette aspettò qualche secondo prima di rispondere: dirlo ad alta voce la faceva sentire peggio. «Malgrado l'avessi spinto via, quando le nostre labbra si sono toccate, volevo che lui continuasse. Anche se solo per un secondo. La mia mente ed il mio cuore dicevano che stavo facendo un torto a Chat, ma in quel momento era come se il mio corpo volesse che Adrien fosse stato il mio ragazzo... Tikki, io ho tradito Chat in quel momento!»

Ora, le lacrime scendevano copiose, calde agli angoli degli occhi, finché non incontravano il tessuto del cuscino, ormai bagnato.

"So come già andrà a finire questa storia... Spero solo che Marinette la prenda bene..." pensò il piccolo kwami, continuando ad accarezzarle la testa, cercando di consolarla.



Chat saltò sul tetto della scuola, per poi, con un agile balzo, aiutato dal suo bastone, atterrare sull'attico della stanza della sua ragazza.

«Ho combinato un vero e proprio casino. Ora Marinette odierà Adrien, odierà me.» rifletté ad alta voce, rimproverandosi.

Appena sbirciò dalla botola la vide sdraiata sul lato destro, mentre piangeva sul suo cuscino. Il suo senso di colpa aumentò.

Forzando la serratura, entrò, sdraiandosi dolcemente accanto a lei.

«Ehi Mari, va tutto bene?» domandò sfiorandole la spalla scossa dal pianto, titubante sul toccarla.
«No... Non va tutto bene...» rispose tra i singhiozzi.
«Me lo vuoi raccontare?»

La corvina si girò verso di lui, con gli occhi lucidi e gonfi, le guance arrossate e bagnate dalle lacrime.

Detestava farla piangere, e lui ne era la causa; non aveva mai odiato così tanto se stesso prima di quel momento.

«O-Oggi... abbiamo presentato le ricerche. Io e Adrien eravamo in coppia insieme, come già sapevi... –riprese a spiegare, tirando su con il naso e con la voce spezzata dal groppo che aveva in gola– so-solo che... quando ci stavamo cambiando... lu-lui si è avvicinato a me e mi... mi ha baciata...»

Ora, il ragazzo capiva la gravità della situazione.

«Io ti ho tradito Chat!» pianse cercando di asciugarsi le lacrime, incapace di guardarlo negli occhi.
«Una domanda: tu te ne sei andata o sei rimasta lì?» domandò, cercando di confortarla meglio che poteva.
«L'ho spinto e me ne sono andata...»
«Allora non mi hai tradito. L'hai detto anche tu che l'hai spi—»
«Ma non è questo il punto!» sbottò, irata con se stessa. «La verità è un'altra...» aggiunse calmatasi. «Vedi... Adrien era il ragazzo di cui ero innamorata prima di te... e quando mi ha baciata... in un primo momento non volevo tirarmi indietro, ma è stato proprio quando le nostre labbra si sono toccate che ho capito che non era affatto giusto.» spiegò, sentendosi peggio di prima.

Lei sapeva che di Chat si poteva fidare, sia come Marinette che come Ladybug, e non poteva non dirgli la verità, anche se ciò significava prendere una decisione drastica.

«Quindi, tu eri innamorata di Adrien...» commentò il felino; aveva un'espressione indecifrabile, e la corvina si sentì un peso premerle sullo stomaco.
«Sì, ma questo prima che arrivassi tu, –si affrettò a rispondere– prima che tu dichiarassi i tuoi sentimenti, perché io sono realmente innamorata di te.»

L'eroe sgranò gli occhi. Davvero lei era innamorata di lui come Adrien prima di Chat Noir? Ora la confusione regnava nella sua testa. Era stato davvero così cieco per tutto quel tempo?

La cosa si era fatta pesante, orami non poteva non dirglielo.

«Mari... Io ti devo chiedere scusa...» esclamò il biondo, mettendosi a sedere; sentiva l'aria pesante, come se la stanza si restringesse attorno a lui.
«Mi vuoi lasciare?» domandò con la voce incrinata, sedendosi anche lei.
«Cosa? No!» sbottò. «Principessa, io ti amo e non posso lasciarti per una cosa di cui tu non hai colpa.»
«Ma io non ho fatto nulla per fermarlo! Dovevo allontanarlo appena avevo capito ciò che stava per succedere!» pianse cercando di asciugarsi le lacrime, che scendevano copiose.

Il ragazzo si morse il labbro inferiore per la frustrazione e il senso di colpa. «Mari... Io devo chiederti scusa, è solo colpa mia se ti senti così.»

La corvina lo guardò crucciata, tirando su con il naso.

«Non sei tu a doverti scusare, ma io.»
«Chat... Che stai dicendo?»

Il felino inspirò. «Chiudi gli occhi.»

Marinette fece come le disse, facendo scendere altre lacrime. Sentì Chat muoversi sul materasso, finché le sue labbra non sfiorarono le sue, titubanti, ma la baciò comunque.

In quel bacio mise tutta la dolcezza che poteva esprimere in quel momento.

Non c'era malizia, non c'era desiderio, solo voglia di chiedere perdono.

«Ora, concentrati solo sulla mia voce...» disse appoggiando la fronte contro la sua. «"Quando due anime si sono trovate, si sono scoperte compatibili e complementari... hanno compreso di essere fatte l'una per l'altra, di essere... simili. Si stabilisce tra loro, per sempre, un legame, ardente e puro, proprio come loro. Un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli..."» recitò in un sussurrò.
«"É questo l'amore che tu ispiri in me..."» concluse lei, aprendo gli occhi, allontanandosi di poco per guardarlo meglio. «A-Adrien... sei tu?»
«I tuoi costumi erano perfetti, ma la barba finta mi pizzicava il mento.» commentò lui, leggermente in imbarazzo.

Marinette era a bocca aperta, incapace di parlare; indicò il ragazzo seduto di fronte a lei, scioccata.

«Principessa, va tutto bene?» domandò, punzecchiandole la guancia.

Lo sguardo della ragazza si trasformò da stupore e incredulità a pura rabbia.

Spinse il felino lontano da lei, facendolo sdraiare, per poi mettersi a cavalcioni sui suoi fianchi, tenendolo bloccato. «No, non va bene!» abbaiò  stringendo i pugni.
«M-Mari...»
«Tu mi stai dicendo che Adrien Agreste, il ragazzo gentile di cui ero innamorata sin da quel piovoso secondo giorno di scuola, è in realtà Chat Noir, l'eroe parigino spavaldo, egocentrico, che salva Parigi insieme a Ladybug, che è riuscito a rubare il mio cuore e che mi ha fatto questi?!» sbraitò, alzando la maglietta e mostrandogli i segni rossi sull'addome.
«Più guardo quei succhiotti più mi viene voglia di fartene altri.» ammiccò malignamente, solleticandole la pelle appena sotto l'ombelico, tracciando il contorno di un segno.

La ragazza abbassò la maglietta, rossa in viso, ma mantenendo la sua espressione arrabbiata.

«È vero, Mari: io sono Adrien Agreste, figlio del più grande stilista di Parigi, Gabriel Agreste, e tuo compagno di classe; ma sono anche Chat Noir, il gattino super sexy che lotta contro gli akuma assieme a Ladybug. Entrambi sono innamorati della bellissima ragazza che, attualmente, sta sopra il felino, che non può fare a meno di pensare a cose sporche. Nemmeno Adrien ne può fare a meno.» ammiccò, accarezzandole le cosce.

La corvina lo fissò stordita. Non poteva essere vero!

Come era mai possibile che Chat Noir e Adrien Agreste fossero la stessa persona? Certo, Chat le aveva appena recitato la poesia di Hugo, ma poteva benissimo averla imparata a memoria, visto che sapeva gli argomenti che doveva esporre assieme al suo compagno.

«Ancora non ci credi Principessa?» chiese alzando la mano, afferrando il suo Miraculous e togliendoselo.

Una luce verde si propagò nella stanza, costringendo Marinette a chiudere gli occhi. Appena li riaprì, sotto di lei non c'era più Chat, ma Adrien, che la guardava con un misto di divertimento e preoccupazione.

«Sorpresa.» esclamò nervoso.

La corvina si staccò da lui, rifugiandosi nell'angolino dove c'era il cuscino, indicandolo, incapace di parlare.

«Cosa c'è Mari? Il gatto ti ha mangiato la lingua?» domandò cercando di sdrammatizzare, ma naturalmente non ci riuscì: la ragazza iniziò a balbettare frasi incomprensibili.

Il biondo le prese le mani, provando a calmarla, cosa che funzionò immediatamente; l'adolescente lo guardò negli occhi, senza parole, mentre cercava di elaborare ogni singolo avvenimento degli ultimi cinque minuti.

Non era la voce, non erano i capelli, ma i suoi occhi. Gli stessi di Chat. Gli occhi di entrambi i ragazzi avevano quella gioia e quel divertimento che mostravano ogni giorno. Quegli stessi occhi che lei aveva imparato a leggere in varie situazioni.

Ora lo sapeva. Adrien era Chat e Chat era Adrien.

Marinette sorrise. «Malgrado ho appena assistito all'annullamento della tua trasformazione, fatico ancora a crederci.»
«Ti posso capire. Senza maschera la mia bellezza non ha limiti.»
«Ok, ora ne sono sicura.» rise, stringendogli le mani.

C'era solo un unico problema: anche lei doveva riverargli chi era? O forse era meglio mantenere il segreto?

Lei si fidava di lui; credeva che se la loro vita privata si fosse mischiata con quella eroica potevano trarre molti vantaggi. Ma altrettanti svantaggi.

Il fatto che l'identità di Ladybug restasse ancora segreta era la scelta migliore.

«Tu mi avevo parlato di una specie di spiritello che ti dà i poteri, dov'è?» chiese incuriosita.
«Certo, ora te lo presento. Plagg, vieni fuori.» lo chiamò guardandosi attorno.
«Ed io che stavo cercando del Camembert.» sbuffò il kwami nero, arrivando dalla scrivania.
«Com'è carino!» esclamò grattandogli la testa, facendogli fare le fusa.
«Marinette, lui è il mio kwami Plagg. Plagg, lei è Marinette.»
«Come se già non la conoscessi.» sorrise beffardo. «Enchanté, mademoiselle.» disse con un piccolo inchino.
«Il piacere è tutto mio, Plagg.»
«Ora voglio del Camembert! Devo far tacere quella piccola vocina che mi dice che i biscotti sono meglio.» sbuffò, per poi fare un occhiolino a Marinette.

Aveva sicuramente trovato Tikki.

Dopo che il suo custode gli diede una fetta di formaggio, il kwami volò di nuovo verso la scrivania, lasciandoli soli.

«Marinette, io non ti ho mai detto chi sono in realtà perché temevo per la tua incolumità, ed ora che conosci la mia identità segreta sarai sicuramente un bersaglio per Papillon.» disse, allungando la mano per accarezzarle il braccio; era ancora un po' titubante a toccarla, poiché temeva un suo rifiuto.
«Lo so che l'hai fatto per proteggermi, anche se solo il fatto di essere la tua ragazza, secondo me, era già pericoloso.» mormorò, liquidando la frase con un gesto della mano. «E scusa se ho dato di matto prima.»
«Reazione comprensibile.» la tranquillizzò.
«E poi, –si avvicinò, sfiorandogli la punta del naso con la propria– se Papillon mi si avvicina posso sempre contare su te e Ladybug.»
«Sarò sempre pronto a venirti a salvare, Principessa.»

Il sole iniziò a tramontare all'orizzonte, colorando la stanza di arancione e allungando le ombre dei mobili; i due ragazzi erano abbracciati l'uno all'altra, sussurrandosi dolci parole: raccontavano di avventure, battaglie vinte, sogni e desideri.

Frasi di cui solo loro, e i due piccoli kwami, conoscevano il significato.




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Dai, ditemi che avete notato che non ho scritto la parola "Fine" *faccina furbetta*

C'è una sorpresina, ma non ve lo dico oggi e non faccio spoiler, quindi ve lo lascio immaginare XD

Comunque, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno messo la storia tra i preferiti e le seguite, tutti coloro che hanno recensito e anche chi ha letto la fanfiction. Un grazie enorme a tutti voi <3

Devo dire che festeggio bene il compleanno XD

Grazie mille ancora ;*

Francy_Kid

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo


L'aereo atterrò sulla pista, facendo stridere le gomme al contatto con l'asfalto.

La ragazza, dopo essersi messa gli occhiali da sole ed aver preso la sua borsa bianca firmata, scese dall'aereo, sistemandosi i capelli castani quando una folata d'aria di fine primavera la sorprese; camminò, seguendo gli altri passeggeri, fin dentro l'aeroporto Charles de Gaulle, per recuperare i suoi bagagli.

Prese le valige, uscì da quel luogo pieno di persone che facevano avanti e indietro, tirando un sospiro di sollievo quando evitò un uomo che correva mentre era al cellulare, non vedendola e non chiedendole scusa quando, per poco, non la colpì in pieno.

La mora si allontanò dalle porte, avvicinandosi alla strada e facendo cenno ad un taxi che, poco dopo, si fermò di fronte a lei; aiutata dal tassista, sistemò la valigia nel portabagagli, per poi sedersi sul sedile posteriore. L'odore di fumo le punse le narici, facendole fare una smorfia di disgusto, ma oltre questo il taxi era pulito.

«Dove la porto, signorina?» domandò l'uomo, con un forte accento inglese, girando la chiave nel cruscotto e facendo accendere il motore.
«Hotel Le Grand Paris, per favore.» rispose lei, sistemandosi sul sedile, leggermente stanca per il volo.

Il viaggio durò poco più di mezz'ora tra le vie parigine, pensando che c'era già stata pochi mesi prima; arrivata a destinazione, la ragazza, scese dal taxi, prendendo i bagagli e pagando il tassista che, poco dopo, se ne andò, lasciandola di fronte all'hotel.

«Rieccomi, Parigi.» esclamò in italiano, entrando nell'immensa e lussuosa costruzione, dove venne accolta dal personale di turno.


 

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Ok, ora siamo alla fine ^^

Questo era l'epilogo, l'ultimo capitolo di questo libro.

Di sicuro avrete capito chi è appena arrivato, giusto? E sapete cosa significa?

Esatto: sequel!

Ecco la sorpresina che avevo citato nel 13º capitolo xD

Non potevo fare una fanfiction troppo tranquilla! Eh!

Spero questa mia prima storia su Miraculous vi sia piaciuta ^^

Ci vediamo alla prossima :3

FrancescaAbeni

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