Academy Nottingham's Bow

di Sophie Robin Kendrick
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova accademia ***
Capitolo 2: *** Prologo- Breve storia dell'accademia. ***
Capitolo 3: *** La nuova stanza ***
Capitolo 4: *** Lavanderia ***
Capitolo 5: *** Fratello. ***
Capitolo 6: *** Il patto ***



Capitolo 1
*** Nuova accademia ***


       Capitolo 1

Primo giorno di scuola nella nuova accademia.
No, non aveva organizzato una lista delle cosa da fare, non questa volta almeno.
Era già stata in un'accademia, ma non si era trovata bene. Pessima compagna di stanza e a causa sua non aveva potuto farsi dei nuovi amici.
Lunga storia, meglio lasciar perdere.
Ma questa volta aveva un appoggio.
Suo fratello Philip era riuscito ad entrare all'accademia a 13 anni e già da quasi 4 anni vi risiedeva, le aveva raccontato di come vanno le cose lì, del paese, dei suoi compagni di corso. Di tutto.
Ma lei... a 13 anni era voluta andare a un'altra Accademia. Che scema. Avrebbe potuto evitare di far sprecare soldi ai suoi genitori in quel modo.
Tra divise, libri e quant'altro in quella stupida accademia Femminile a Londra.
Tutto questo per seguire la sua così detta migliore amica, che non aveva impiegato un secondo di più ad abbandonarla.
Ma nuova scuola, nuova vita? O almeno così dicevano. Lei si chiamava sempre Robin H. Hood. Non era un maschio o un travestito. Era una ragazza e il suo nome era anche per femmine.
E un'altra cosa... non discendeva da Robin Hood, il ladro che rubava ai ricchi per i poveri.
Benché amasse quel mito, e anche un pochino quello della Disney, non amava essere presa in giro.

Il suono dei freni dell'autobus la distolse dai suoi pensieri. Si guardò intorno, gli altri studenti stavano già scendendo.
Si levò le cuffie dalle orecchie e si alzò. Prese la borsa e scese dall'autobus. Si guadagnò la sua valigia, c'era un casino per prendere le sue cose infatti quando provò a prendere l'altra non ci riuscì.
Ma dov'era suo fratello quando le serviva?
E dire che le aveva detto che l'avrebbe aiutata. Contento lui.
Con un sospiro lasciò la valigia sul marciapiede e si fece spazio tra le persone accalcate davanti allo scomparto dell'autobus.
Ci riuscì, in parte, vide a sua valigia e quando cercò di prenderla qualcuno la spinse via.
Ok, adesso stava cominciando ad alterarsi.
Fece un respiro profondo, non ne valeva la pena agitarsi per così poco.
Si guardò attorno, molte persone erano sull'erba che circondava tutti gli edifici.
C'era anche una fontana, ma lei non si soffermò sui dettagli, riprese a cercare di guadagnarsi la sua valigia. Per fortuna adesso il caos si era calmato e Robin poté finalmente la sua roba.
Sollevò il manico e la trascinò con sé.
Prese anche l'altra e si avvicinò all'edificio centrale, doveva recarsi alla reception che appunto si trovava in segreteria.
Le stradine che portavano ai vari edifici erano fatte con delle mattonelle da giardino.
Il prato era molto curato, in modo tale che da non uscire fuori tra una mattonella e l'altra.
C'erano anche degli alberi. I giardinieri non dovevano mancare in quel posto.
Arrivò alle scale che portavano alla porta dell'edificio, afferrò le maniglie delle valigie e issandole cominciò a salire.
Era un bello sforzo e anche se lei aveva allenato il suo corpo precedentemente rischiò di farne cadere una.
– Ehi attenta. Non devi portare quel peso da sola. – Una mano morbida si appoggiò sopra sopra quella sua, dove lei teneva la valigia che le stava per cadere, ovvero quella destra.
La ragazza aveva capelli marroni che le arrivavano alle spalle. Bellissimo occhi castani la fissavano con un luccichio, la bocca curvata in un sorriso.
Le levò la valigia di mano e proseguì verso la cima delle scale fermandosi a un passo davanti alla porta.
Robin la seguì poco dopo, posò la valigia accanto a quella che aveva avuto in mano la ragazza castana.
– Sei nuova, vero? Oh, certo che sie nuova altrimenti non avresti le valigie in mano. Quindi... io sono Braelyn Scotts e sono qui da un anno. – disse la ragazza prendendole la mano e stringendogliela.
– Io mi chiamo Robin Hood e mi sono appena trasferita o per meglio dire arrivata. Devo ancora farmi dire dove alloggiare e tutto il resto. –
Braelyn lasciò la mano di Robin e se la mise con fare pensoso sotto il mento.
– Non chiedermi il perché ma ho già sentito il tuo cognome all'accademia. Hai un familiare qui? –
Robin annuì. – Mio fratello, ma non so se lo conosci, è due anni più grande di me. Doveva venirmi a prendere ma non l'ho ancora visto in giro. –
– Ti aiuto io a raggiungere la segreteria. – e senza aggiungere altro la bruna afferrò la valigia ed entrò nell'edificio attraverso le porte spalancate.
Braelyn aveva, come lei stessa chiamava, attacchi di chiacchierite.
Per certi momenti, Robin si perse durante la conversazione e non riuscendo a riprendere il filo annuiva e sorrideva. Un classico.
La segreteria era una stanza di belle dimensioni. Né enorme né piccola constatò Robin. Pareti bianche con strisce di tintura azzurra erano abbinate alle piastrelle del pavimento bianche.
Il mobilio invece richiamava le strisce di azzurro, del medesimo colore. C'erano librerie ed archivi per due delle quattro pareti.
Una volta entrati, sulla sinistra, c'era una porta bianca e accanto un vaso con dei fiori.
Poco distante, in una scrivania, una donna stava scrivendo freneticamente alla testiera del computer che aveva davanti.
Robin si avvicinò e cercò di richiamare la sua attenzione.
– Salve, mi scusi io... – venne interrotta da uno Sshh dalla segreteria ma anche da Braelyn. Lei si voltò stordita a verso la bruna e la fissò. Braelyn le mimò di fare silenzio.
Ma che succedeva? Prima parlava a raffica e poi intimava a lei di stare zitta?
La segretaria dopo pochi minuti smise di lavorare e stiracchiando le braccia si rivolse a loro.
– Hai dei bellissimi capelli, tesoro. Assomigliano al miele. Che posso fare per te capelli chiari? –
La donna con i suoi ricci rossi e gli occhi versi si alzò dalla sedia e non dando il tempo a Robin di rispondere, le porse un foglio estratto da uno dei cassetti della scrivania.
– Compilalo, eccoti una penna, mettiti pure nella mia scrivania per farlo. Io mi prendo da bere. Avete sete? –
Scuotendo la testa Robin prese le cose che la rossa le porgeva e sedendosi al suo posto cominciò a inserire i suoi dati personali mentre Braelyn e la segretaria conversavano.
Quando ebbe finito lasciò il foglio sul tavolo e si alzò.
La segretaria dopo aver finito di bere dell'acqua, presa dal distributore d'acqua, controllò il foglio e digitò qualcosa sul computer.
– Allora, sei stata inserita al dormitorio. Vediamo un po'. Questi nomi sono illeggibili. Oh, ecco qui. Robin H. Hood inserita nel dormitorio Vélos. –

Ciao, spero che via sia piaciuta. Ci ho messo un po' a scrivere il continuo ma non aveva molte idee, anche se so cosa fare più avanti.
La nostra Robin Hood è arrivata all'accademia e ancora deve sapere quello che succede lì dentro.
Il prossimo capitolo parlerà del dormitorio e anche di altre cose.
Buona lettura e se volete lasciate un commento.
Baci baci
Sophie Robin Kendrick.

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Capitolo 2
*** Prologo- Breve storia dell'accademia. ***


Salve. Mi chiamo Sophie Robin Kendrick. Ho già scritto diverse storie tutte nel consesto Naruto e una della Ragazza Drago lasciata incompleta.
Questi personaggi sono presi dal libro di Elena Kedros - La Leggenda di Robin Hood. -
Non ci saranno spoiler per quanto riguarda i libri.
Spero che vi piaccia.
Buona lettura


 

Settembre è un mese strano.
Anche se fa caldo questo mese segna la fine delle vacanze e l'inizio di ogni cosa.

Il ritorno al lavoro, ritorno alla studio, alla scuola.
In pratica ritorno alla vita che in quei nove mesi dell'anno, si ripeteva giorno dopo giorno, settimana dopo settimana.

La vita quotidiana riprendeva anche all'Accademia situata nella periferia di Nottingham.
L'Accademia Nottingham's Bow ospitava più di 10 mila alunni e professori.
Creato da 300 anni, il college offriva agli studenti, oltre allo studio, diverse attività e la possibilità di andare in un paese vicino che distava a dieci minuti di macchina, e che era stato costruito molto tempo addietro.
Secondo i registri, ritrovati a Nottingham, quello doveva essere il piccolo villaggio di Hungefield distrutto dai cavalieri di un conte, proprietario di quelle terre.
A quel tempo, l'alta aristocrazia, metteva delle tasse nei vari villaggi in loro possesso. Non tutti riuscivano a pagarle.
Quelli che non pagavano potevano avere due futuri: o che l'aristocratico in questione fosse flessibile e lasciasse correre, oppure che il feudatario punisse il villaggio per non aver versato il denaro.
Sfortunatamente Hungefield rientrò in quest'ultimo caso.
Solo pochi riuscirono a salvarsi da quella pioggia di frecce incendiarie e a scappare.
La terra era rimasta a se stessa per quasi mille anni, fino a quando non era stata acquisita.
Erano state abbattute le case che ancora, miracolosamente, si tenevano in piedi. L'unico edificio rimasto era il granaio che fu ristrutturato e adibito a museo, oppure venne usato come stanza per le feste.
Non c'era un patrono in quel paese ma era stato dedicato un giorno festivo al signore che aveva dato al villaggio l'opportunità di rifiorire e di crescere e all'Accademia di nascere.
Lord Augustus Talbot non aveva fondato l'Accademia N.B. Ma ne aveva donato i terreni, o almeno così dicevano i registri.
C'era anche un'altra cosa che era stata scritta in quei ritrovamenti: Lord Ralph Talbot era stato il barone di Sherfold e nel lungo andare, la sua progenie, aveva acquisito anche il titolo di conte riuscendo a ereditare i dintorni di Nottingham.
Augustus Talbot, dopo aver donato le terre dell'Accademia e aver trasformato il villaggio, aveva continuato la stirpe dei Talbot fino ad arrivare ai giorni nostri.
Incredibile ma vero, la dinastia dei Talbot era sempre stata ben fornita di figli maschi e di qualche femminuccia. Di tanto in tanto.
Ma ognuno dei discendenti portava un segno distintivo: il sopracciglio spezzato.
Ritornando alla nostra storia, l'Accademia Nottingham's Bow era famosa principalmente per essere stata vincitrice, per cinque anni di fila, al torneo nazionale di Tiro con l'Arco.
Non era uno sport molto popolare come il calcio o la pallavolo, ma aveva i suoi campioni e i suoi tifosi.
Intorno al 2000 fu vinto il primo torneo e da allora la scuola acquisì notorietà e popolarità, riuscendo ad ottenere moltissime iscrizioni. Questo anche negli anni a venire fino a che, durante le gare del 2006, un evento non causò il crollo delle vincite alle gare, e da li fu tutta una discesa per l'Accademia.
Per risparmiare fondi, il club che aveva tanto giovato all'Accademia fu chiuso e i ragazzi si concentrarono su altro. Benché fosse anch'essa una scuola prestigiosa, non riuscì più a classificarsi in altri tornei.
Girava la voce, anzi gira tutt'ora, che le attività sportive erano state maledette.
Anche se il corso di pallavolo era riuscito a classificarsi alle eliminatorie, purtroppo non era riuscito ad andare avanti. Un motivo in più per dare alla scuola in generale una parte dei fondi destinati ai club sportivi.
Ed ecco che nelle palestre non c'erano più palle decenti, reti, attrezzi vari, etc...
Fortunatamente il paese era attrezzato per gli sport, ma era pur sempre una spesa perché erano a pagamento.
Il campo che rendeva di più era quello da tennis, perché nell'Accademia l'unica cosa rimasta era la postazione dell'arbitro.
Ma passando al quadro generale l'accademia riusciva a rimanere in piedi, o almeno così si pensava.

E' un pochino corto, ma mi rifarò nei prossimi capitoli.
Spero che vi sia piaciuto.
Un bacio a tutti.


Sophie Robin Kendrick

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Capitolo 3
*** La nuova stanza ***


                                   Capitolo 2 – La nuova Stanza.

Di certo dall'esterno l'Accademia Bow's poteva essere paragonata alle altre. Infatti da un punto di vista era così.
La differenza era nell'amministrazione.
Nelle altre accademia miste i dormitori erano divisi.
Nell'accademia in questione, i dormitori, erano misti tranne per il fatto che i piani con le camere erano suddivisi in base al sesso.
I bagni erano collocati in ogni piano. Per chi era fortunato se lo ritrovava anche in stanza.

Quando finalmente Robin e Braelyn arrivarono davanti all'ingresso del dormitorio Vélos, per poco non furono investite da alcuni ragazzi che stavano uscendo di lì.
Alcuni di loro salutarono Braelyn, altri le rivolsero solo un cenno.
Una volta entrate Robin rimase a bocca aperta. Il salone era grande, non tanto da poter organizzare una partita di basket ma era ok.
Il mobilio era sistemato un pochino male, come se la ditta di trasporti gli avesse ordinato di gestirsi da soli quando li aveva posizionati. Un pochino trasandata e con qualcosina da sistemare ma almeno i distributori funzionavano o almeno così credeva.
Essi erano piazzati vicino alle scale, mentre dall'altro lato c'era un tavolino con la televisione e qualche divano messo davanti o laterale.
Vicino all'entrata, sul muro di sinistra, una bacheca in sughero appesa storta faceva la sua comparsa con qualche foglio penzolante.

Robin non ebbe modo di poter approfondire che Braelyn la tirò per la giacca costringendola a salire le scale.
Arrivate al primo piano, lei estrasse dalla borsa un foglio, una piccola busta di carta e controllò il suo numero di stanza. Si accorse che non c'era un numero scritto ma solo il suo nome e cognome.
Nella vecchia scuola la sua stanza era numerata ma scacciando quel pensiero si mise a controllare ogni targhetta presente nelle porte.
Dopo aver individuato la porta di Braelyn, a quanto pare divideva la stanza con un'altra ragazza, trovò la sua.
Dalla busta prese la chiave e aprì la porta. La stanza conteneva un paio di letti con gli armadi alla fine di essi e sopra, tipo nascosti o come se fossero incassati nel muro, un divano con un tappeto piazzato nel lato di destra dell'entrata, una porta di legno scorrevole e una scrivania nel lato opposto.
I letti erano posizionati in fondo alle stanza, alle due estremità e tra di loro c'era una finestra con un davanzale, che faceva filtrare un pochino di luce dalla serranda chiusa.
Robin accese la luce e appoggiò la valigia nel letto di destra. Subito una nuvola di polvere si levò da esso e la ragazza starnutì un paio di volte.
– C'è da fare un po' di pulizie ma si può fare. – Braelyn posò l'altra in mezzo alla strada e si avvicinò alla finestra. Dopo aver sollevato al serranda e aperto la finestra si rivolse di nuovo a lei.
– Così entra più aria. Quindi se devi cambiare le lenzuola. – la ragazza sbatté le mani tra di loro – ti consiglio di farlo ora. Ti aiuto io. Se non le hai portate puoi comprarle al negozio che c'è qui vicino. –
Robin le sorrise e aprì la valigia. Dal suo internò prese delle lenzuola e un cuscino.
– Ah, organizzata la ragazza! –
– Ricordi? Fratello più grande – disse muovendo gli indici in circolo. – Però prima vorrei pulire tutto e dopo cambiarle. Se vuoi puoi andare, non sei obbligata a rimanere qui. –
Robin posò le lenzuola dentro la valigia e prendendo anche l'altra, le trascinò in bagno. Dietro alla porta trovò gli attrezzi per pulire.
– Mi sta cacciando? – disse Braelyn affacciandosi nel bagno.
La bionda aveva appena messo il secchio sotto il rubinetto del grande lavandino che si bloccò. Era rossa in faccia. – Io non intendo quello – Braelyn rimase seria per un po' e Robin sospettò di averla fatta arrabbiare. Ma l'attimo dopo scoppiò a ridere.
– Stavo solo scherzando, rilassati. Sei molto tesa. – le diede una pacca nella schiena e prese la scopa.

Riuscirono a pulire tutto, Robin pulì anche il tappeto e levò le lenzuola al letto vuoto. Più tardi sarebbe scesa a fare la lavanderia. Braelyn le aveva detto che era disponibile nello scantinato, bisognava solo varcare una porta, vicino alle macchinette e scendere le scale.
Facile. Porta sinistra, scendere le scale.
Dopo aver rimesso a posto la bruna la salutò. Doveva tornare in camera sua e organizzarsi con gli altri ragazzi per la serata.
– il sabato sera vediamo un film oppure vagabondiamo per i confini. Vieni con noi, almeno ti integri un po'. – Si era registrata il suo numero di telefono ed era sparita oltre la soglia.
Robin si lasciò cadere nel letto, era molto stanca e ancora non aveva notizie del fratello.
Non che stare con Braelyn l'aveva seccata, anzi... ma non aveva notizie di Philip da molto e forse lui non sapeva neanche che era lì.
Prese il telefono che era nel comodino e cercò per l'ennesima volta di contattarlo. Dopo che fu scattata la segreteria gli lasciò un messaggio informandolo su dove si trovasse e cose avrebbe fatto quella sera.
Mise un braccio sopra gli occhi sbuffando. Dopo diresse il suo sguardo al letto vuoto. Sperava di trovare una compagna ma tanto meglio così.
Doveva alzarsi a andare in lavanderia. Si fece forza.

Scese le scale piano. Erano già un pochino strette e con un cesto della biancheria veniva difficilino. Chissà chi avrebbe trovato lì. Era in comune con gli altri ma anche se non trovava nessuno non c'erano problemi. D'altronde chi era la persona che il sabato pomeriggio lo passava in lavanderia?
Il suo piede mancò lo scalino e cadde. Perse la presa sul cesto della biancheria e non riuscì a riprendersi.
Sarebbe caduta a terra se delle braccia non l'avessero presa.
Si ritrovò delle mani a tenerle i fianchi e una persona vicino a lei.
– Dovresti stare attenta a dove vai e a dove metti i piedi. Ci sono posti dove potresti farti male anche solo passandoci accanto. –
Lei si sciolse da quella specie di abbraccio e prese le lenzuola da terra.
– Ti ringrazio, ma starò più attenta. –
Rimise le lenzuola nel cesto e lo mise sopra un lavatrice.
– Sicura di avere tutto? – La voce era maschile e sembrava che la stesse prendendo in giro. Lei controllò attentamente il cesto e si accorse di non aver il copri cuscino. Non dovette girarsi perché esso comparve davanti alla sua vista.
Lo afferrò e lo mise sul cesto, girando l'attimo dopo verso il suo interlocutore.
– Ti ringrazio. Sei molto gentile. –
Il ragazzo era biondo con gli occhi azzurri e un bel sorriso. Rimise a fissarlo per un po'.
– E' mio dovere servire una fanciulla in pericolo. –
– Ok Sir Lancillotto. Se adesso mi vuole scusare devo tornare alle mie lenzuola. – Robin fece un inchino esagerato e il ragazzo scoppiò a ridere.
Prese il cesto e buttò il suo interno tutto dentro la lavatrice. Aggiunse il sapone e l'ammorbidente presi in un armadietto vicino e mise in funzione l'elettrodomestico.
– Sai credo che le lenzuola siano della scuola, non tue e poi perché non le sostituivi e basta? –
Si girò verso il ragazzo che stava uscendo i suoi indumenti dalla lavatrice.
– Voglio conservarle pulite e poi non sono mie, sono del letto vuoto nella stanza e preferisco avere tutta la stanza pulita. – pensò a come continuare il discorso. Non voleva fare la parte dell'antipatica. – Sai, io pensavo di essere l'unica a fare il bucato il sabato pomeriggio. –
– Allora hai capito dove andare a cercare la tua anima gemella. Cara bionda non sei l'unica. Ora devi scegliere tra noi. –    

Grazie per aver letto questo capitolo. Se volete lasciate pure una recensione. Baci baci SOphie Robin Kendrick

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Capitolo 4
*** Lavanderia ***


Capitolo 3 – Lavanderia
– Ora devi scegliere tra i due. – Un altro ragazzo era spuntato nella lavanderia. Era alto, moro e gli occhi grigi, teneva il cesto sotto al braccio e con una mano stava sbadigliando.
– Bhè visto, che lo chiedi credo che sceglierò la lavatrice. È molto pulita, si lamenta per un po' e mi fa trovare le cose lavate. Più di così cosa posso chiedere? Una donna deve sapersi accontentare.
Diede una pacca all'elettrodomestico, per poi sedersi sulla sedia e guardare il cellulare.
Ancora niente da Philip.
– Suppongo che tu sia la nuova si cui parlava Braelyn.
– Non saprei. Possono esserci altre nuove nei dintorni. Ti pare?
– Può darsi. Ma tu sei l'unica, che corrisponde alla descrizione, che abbia visto oggi. Capelli biondi, occhi verde oliva. Che altro ha detto? Ah, che saresti scesa a lavare la biancheria. –
Robin rimase a bocca aperta mentre il ragazzo le sorrideva in modo malizioso.
Il biondo le si avvicinò e le stese la mano.
– Il mio nome è Robert e lui è Ewart. Tu sei Robin, giusto?
La ragazza si ricompose e gli strinse la mano.
– Robin Hood, piacere. Quale anno frequentate?
– Entrambi il secondo. Suppongo tu il primo.
Lei scosse la testa e si alzò.
La sua lavatrice aveva appena finito le lenzuola furono messe nell'asciugatrice.
– Devo frequentare il secondo anno. Il primo l'ho fatto altrove. Ad ogni modo siete amici di Braelyn, a quanto ho capito. Di solito che fare da queste parti per divertirvi?
Il ragazzo che era entrato silenziosamente e che veniva chiamato Ewart le rivolse un'alzata di spalle. – Cosa vuoi fare? Dal lunedì al giovedì abbiamo il coprifuoco allo scoccare della mezzanotte, proprio come Cenerentola, solo che noi siamo più intelligenti da usare le stringe. Dal venerdì al sabato fino alle due della sera. Domenica ognuno per i fatti propri.
– Niente coprifuoco?
– C'è ma la persona che ci dovrebbe controllare, in questa zona, è sempre ubriaca oppure si droga. Ci sono capitati certi incidenti spiacevoli e non ti consiglio di girare da sola con lui in giro.
– Droga? E ancora non l'hanno beccato?

Robert mise i suoi panni all'interno del cesto. Ormai avevano finito di asciugarsi.
– Non credere che non ci abbiamo provato ma ogni volte vince lui.
Detto questo i tre rimasero in silenzio, ascoltando il rumore degli elettrodomestici in funzione.

Con il piede Robin chiuse la porta della sua stanza. Non era lì da neanche un giorno e già era stanca e scioccata. Un guardiano ubriaco e drogato, la faccenda diventava paurosa ma aveva un aspetto eccitante.
Non voleva comportarsi come Sherlock Holmes, ma se questa cosa le avrebbe creato problemi a lei o a altri, avrebbe escogitato qualcosa.
Certe volte era proprio vendicativa.
Il telefono prese a squillare. Lei posò il cesto e aprì la chiamata con il padre.
– Ciao papà. Come stai?
– Tesoro mio, qui stiamo bene tu? Ti piace la tua stanza? Sei con qualcuno?
– No papà. Ho la stanza tutta per me, un pochino mi sento sola ma in confronto all'anno scorso... –
Lasciò la frase in sospeso, non aveva voglia di far agitare i propri genitori. Erano stati in pensiero anche loro.
– Sai tesoro. Non tutti sono come Diane. Anzi, scommetto che con il tuo carattere tu ti sia fatta degli amici.
– Ho conosciuto un paio di persone. Una ragazza mi ha aiutato a pulire la stanza senza chiedermi niente in cambio. – E cominciò a raccontargli tutto.



Verso le sette del pomeriggio la ragazza scese nella sala comune. In quell'arco di tempo aveva sistemato le sue cose, si era pulita e cambiata.
Dopo la telefonata del padre le era arrivato un messaggio da Braelyn.
Le mandava le informazione per passare la serata insieme. Sebbene lei era molto stanca non se l'era sentita di declinare l'invito, anche suoi genitori ne erano stati molto felice.
Aveva tralasciato alcuni particolari venuti a sapere mentre stava facendo il bucato, ma loro l'aveva invogliata a uscire e a divertirsi un po'.
Anche se non volevano ammetterlo erano preoccupati per lei, ma questa volta non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa.
Si sedette sul divano e si mise a giocare con il telefono.
– Ehi ciao. – Braelyn si sedette accanto a lei nel divano.
Robin staccò il gioco e si girò verso di lei.
– Ciao. Non ti aveva vista, così mi sono seduta qui.
– Non ti devi preoccupare. A volte i ragazzi sono più lenti di noi. Tu hai dovuto pulire la stanza, sistemare le tue cose e sei riuscita ad arrivare in tempo. Loro sono lumache.
– Parlando della stanza. Non so davvero come ringraziarti. Senza non sarei riuscita a finire in tempo. E non sarei uscita dalla mia stanza.
– Smettila di ringraziarmi, mi metti a disagio. Sono sicura che avresti fatto qualcosa. Forse ci saremmo incontrate mentre tu passeggiavi.
– Ne dubito fortemente, ma tralasciando... perché non mi parli degli altri?
– Li conoscerai. Le altre dovrebbero scendere a momenti. Esmeralda era quasi pronta. Lei è la mia compagna di stanza.

Quando finalmente gli altri scesero, a Robin girò la testa per tutte quelle presentazioni.
Conobbe la compagna di stanza di Braelyn: Esmeralda duke.
Elizabeth Selth, detta Lizz, Robert Kendrick, Ewart Beech e anche Alf Dodger.
Alcuni del gruppo non erano potuti venire.
Robin saluto' con un cenno Robert ed Ewart per poi concentrarsi sugli altri.
Erano tutti molto simpatici ed erano dello stesso dormitorio, quindi sarebbe stato utile per il gruppo qualora si sarebbero dovuto riunire oppure raggiungere qualcuno in stanza.
Le aveva detto che all'appello mancavano diverse persone che avevano avuto un contrattempo.
Due ragazzi del gruppo avevano il turno al bar dell'accademia, un'altra persona invece li avrebbe raggiunto dopo. Si chiamava Will ma non era del dormitorio Vélon, apparteneva a un altro vicino.
Insieme decisero di andare al bar a prendere qualcosa da mangiare e poi a fare un giro all'accademia.

Raggiunsero il bar in meno di dieci minuti. Era molto spazioso ma poco sfruttato. Infatti c'erano alcuni tavoli accatastati e dei teli appesi in alcune parti. Non era proprio il massimo. Robert spiegò a Robin che la scuola non era al massimo per quanto riguardava il budjet e che stava facendo un sacco di tagli, questo spiegava perché lei aveva trovato la stanza sporca. Alcune persone si erano guardati bene dal fare domanda lì e lei non poteva biasimarli ma neanche dargli troppa ragione.
Alla fine l'accademia apparteneva al comune di Nottingham. Non c'era da sorprendersi se facevano tagli.
Tutto a causa di quella “Maledizione”
anche lei la conosceva, ma non ci credeva più di tanto, suo padre era andato in quella scuola ed era stato uno dei campioni del tiro con l'arco. È stato grazie a una gara, che aveva conosciuto la sua mamma.
Le era caduta la borsa mentre lei si metteva in posizione, un clické da romanzo rosa. Ma a lei piaceva questa storia e da piccola la ascoltava ogni sera.
Si sedettero a un tavolo e parlarono un po' mentre decidevano cosa ordinare.
Anche se era un bar c'erano molte scelte e Robin era indecisa.
Decise solo di prendere un frullato di pere, non aveva molta fame al contrario di Ewart.
Sottovoce Braelyn le disse che Ewart era un ingordo ma rimaneva sempre magro. La sua caratteristica era il silenzio, era molto silenzioso sia nei modi che nel camminare, poteva sembrare un pigrone cronico ma era tutta apparenza.
Stando a quello che diceva Braelyn era anche molto agile.
Un ragazzo con gli occhi azzurri e i capelli neri si affiancò al tavolo con un taccuino in mano. Stava già scrivendo qualcosa e con aria annoiata si rivolte al gruppo.
– Sempre il solito suppongo. Ragazzi che monotonia che siete. Quasi quasi vi caccio via da qui. Lascio solo le nostre ragazze e le vizio.
Fece per andarsene quando Robert schioccò le dita per ottenere la sua attenzione, che non tardò ad arrivare.
– Amico, che abbiamo detto di quel gesto?
È molto offensivo e a meno che tu non sia una biondona tutte curve, desiderosa di affetto non posso accontentarti né fartelo passare liscia. –
I ragazzi risero e Robert indicò la giovano Hood.
– La bionda c'è e, anche se non commenterò sulle sue curve, posso assicurarti che vuole ordinare e ha bisogno di attenzioni.
Robin inarcò un sopracciglio. – Ti prego di specificare il tipo di attenzione di cui tu stai parlando.
– Tranquilla Robin. Ti presento Martin Brown, lavora qui con il fratello, sono riusciti a farsi assumere grazie al ragazzo a cui è stata affidata la gestione. A proposito dov'è Will? –
Martin alzò le spalle a Robert e si concentrò sulla bionda del gruppo.
– Ciao, io sono Martin, se ti serve qualcosa chiedi pure a me. Per te qualsiasi favore mia cara Robin.
Prese il suo ordine e con un inchino si dileguò.
Il mormorio del bar si era fatto più intenso adesso, segno che i ragazzi stavano uscendo dalle tane per passare il sabato sera in compagnia.
Mentre Robin parlava con Elizabeth guardava la finestra del bar. Era grande e si poteva vedere l'esterno molto bene, infatti riuscì a scorgere una persona che conosceva molto bene.
Si alzò scusandosi con i ragazzi e dicendogli che tornava subito prese la porta.

Quando uscì, andò al punto in cui aveva intravisto quella persona, era ancora là e stava parlando con un ragazzo biondo.
Si avvicinò a lui, ci aveva visto giusto.
Era Philip il fratello che stava cercando di chiamare da un pezzo.
– Philip. – Lo chiamò avvicinandosi a lui ma non ebbe occasione di fare un altro passo che il ragazzo biondo colpì il fratello con un pugno allo stomaco, per poi buttarlo a terra e cominciare a pestarlo sotto lo sguardo smarrito e allibito di Robin e le urla delle persone che assistevano.


Grazie per aver letto questo capitolo:
Vorrei ringraziare Cammy95 per aver messo la mia storia tra i preferiti.
E grazie anche alle persone che hanno letto.
Alla prossima.
Sophie Robin Kendrick.


 

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Capitolo 5
*** Fratello. ***


Robin si riprese e cercò qualcosa per fermare la rissa.
Ewart e Robert le furono subito affianco e cercarono di fermare il biondo mentre Braelyn mise una mano sulla spalla di Robin intuendo la situazione e per evitare di farla mettere in mezzo inutilmente.
Will fu bloccato da Ewart mentre Robert controllava le condizioni di Philip, a quel punto Braelyn le levò la mano dalla spalla e Robin si avvicinò, inginocchiandosi accanto al fratello, fregandosene se si sporcava e gli spostò la frangetta dagli occhi.
– Robin. – Era cosciente, lo aiutò ad alzarsi per metterlo in ginocchio. Robert le diede una mano e lo fece alzare. Il volto cominciava a gonfiarsi, un labbro spaccato e un livido nello zigomo destro erano alcuni dei segni di una lite.
Qualcuno lo porse dell'acqua che lei fece mandar giù al fratello, si guardò intorno, dal biondo Will neanche l'ombra. Sicuramente Ewart l'aveva allontanato per calmarlo.
E con molta probabilità lui era il Will del gruppo.
(So a cosa state pensando. Che Robin non potrà mai fare la detective privato, neanche a volerlo, di quanto fa supposizioni ovvie, ma dategli tempo forse cambia)
Ritornando alla storia, alla fine Robin affidò suo fratello ai suoi amici di dormitorio, con la promessa di andarlo a trovare il giorno dopo e di restare con lui.
Philip però non volle rivelarle perché Will si era accanito contro di lui, neanche con gli altri, anzi a loro lanciava degli sguardi vengo che stavano covando qualcosa.
Non volendo indagare oltre Robin ritornò da Braelyn. La bruna aveva in mano un sacchetto con dentro qualcosa di caldo e nell'altra mano il suo succo di pera.
La prese grata e le promise di restituirle i soldi. La serata al bar era rovinata ma loro si erano accordati per riunirsi in camera di qualcuno e siccome la stanza di Robin era lavata di fresco ed era sola in stanza, era un'ottima pretendente.
In realtà erano curiosi di vedere la stanza anche se le loro erano uguali.

Una volta dentro la stanza, Robin si gustò il suo succo. Aveva restituito i soldi a Braelyn e ascoltava distrattamente il chiacchierio del gruppo.
Nella sua mente si ripetevano ancora le scene della lotta. Cercava un dettaglio significativo riguardante quello che aveva visto. Quando aveva guardato dalla finestra il fratello, era più che sicura che lui fosse solo. Era successo qualcosa nell'arco di tempo che andava da quando si era alzata dal tavolo a quando era uscito e l'aveva raggiunto.
Domani avrebbe cavato le parole di bocca dal fratello, ormai era diventata un'esperta in questa casa.
Si concentrò sui suoi nuovi amici e passò una bella serata tra risate e argomenti vari.

La sveglia la ridestò da un sogno tranquillo. Alla fine i ragazzi avevano forato di un paio d'ore il coprifuoco ma a nessuno importava.
Lei era riuscita ad addormentarsi sebbene tutti i pensieri che le affollavano la mente. Si vestì e si lavò con l'acqua fredda, per svegliarsi un po', ed essere presentabile.
Comprò al bar la colazione per lei e per suo fratello.
Non abitava nel suo stesso dormitorio ma quasi dall'altra parte dell'accademia.
Dovette passare davanti all'edificio centrale e a quello dove si tenevano le lezioni per poter accedere al dormitorio del fratello.
Inutile dirlo, ma non c'era quasi anima viva, soltanto alcuni ragazzi che facevano Jogging o Stretching, in compagnia o soli percorrevano le stradine, altri che sbadigliando entravano nei dormitori, reduci di nottate passate fuori o a guidare per tornare.
Tra meno di un giorno sarebbero ricominciate le lezioni e molti studenti ancora dovevano tornare. Finalmente arrivò davanti al dormitorio Ypǹyopa (Grigora) ed entrò. Era simile al suo dormitorio quindi senza indugi salì le scale.
Si beccò le occhiate di un paio di maschi, non poteva biasimarli. A quell'orario c'erano alcune ragazze che uscivano e solo lei era quella che entrava in una stanza. Trovò la porta della stanza del fratello dopo la seconda rampa di scale e alcune indicazioni fornite da alcune persone intraviste la sera prima.
Bussò alla porta. Il viso tumefatto del fratello fece la sua comparsa. La abbracciò e la tenne stretta.
– Mi dispiace. – lei si sciolse dal suo abbraccio e gli diede un pugnetto nel braccio.
– Come spettacolo di benvenuto non era male, ma ti consiglio di non farlo più. –
entrò nella stanza, sedendosi sul letto. Porse la busta al fratello che cominciò a controllare la sua brioche.
– Quindi, come prima impressione? –
– Ti dico subito che devi ritornare in palestra, ti sei fatto cogliere di sorpresa e non sei ri... – Philip la interruppe ficcandole in bocca un pezzo del suo cornetto.
– Sciocca mi riferivo al college, papà mi ha detto che sei sola in camera. –
mandò giù il boccone, e prese un sorso di caffè. – Non c'è male. Ho conosciuto alcuni ragazzi, quelli che ti hanno aiutato ieri, e sono stata con loro. Braelyn mi aiuta ad orientarmi. –
Prese un morso dalla brioche di Philip scatenando le sue proteste.
– Chi era quello di ieri? – Philip parve ignorare la domanda e continuò a mangiare.
Restarono in silenzio anche ogni tanto Robin rivolgeva occhiate in direzione del rosso.
La zazzera di suo fratello non era molto ordinata e a lui non dispiaceva, diceva che le ragazze lo trovavano carino.
Lei non aveva ancora sentito una sola anima di sesso femminile dire quelle parole. Accartocciò la carta che aveva in mano, dopo aver finito la colazione, e lo gettò nel cestino. Finì anche il caffè e il bicchiere seguì a ruota la carta.
– Ora vuoi parlare? Non uscirò da questa stanza senza avere risposta e ho molte cose da fare. –
Si stese sul letto, incrociando le braccia e fissò il rosso.
– Sto aspettando. – Annunciò spazientita.
– Sei molto invasiva lo sai? E indiscreta. – Sbuffando si stese accanto a lei.
– Ascolta non ti devi preoccupare. Ho tutto solo controllo. –
Robin lo guardò con il sopracciglio destro alzato ma non disse una parola.
– Quindi se adesso non ti dispiace vorrei farmi una doccia e fare lo studioso per una volta. – Si alzò e aprì la porta.
In quel momento passò una conoscenza del fratello.
– Ehi Philip. Ho sentito che hai passato una bella serata ieri – e gettando un'occhiata all'interno della stanza aggiunse. – E anche una bella nottata. –
– Oh, stai zitto Carl. Non sono affari tuoi e poi è mia sorella. –
– Amico, non ti biasimo mica io. Non sono qui per giudicare. In realtà devo raggiungere Stephania. Ciao e arrivederci signorina. – Il ragazzo si allontanò ma non prima che Robin, dalla sua posizione, gli potesse far ciao ciao con la manina.
Dopo che Carl fu scomparso oltre le scale Philip la richiamò.
– Penso che tu ti sia trattenuta fin troppo. – La ragazza si alzò e camminò verso l'uscio. Diede un bacio sulla guancia al fratello e si defilò.

Tornata nel suo dormitorio qualcosa nella bacheca attirò la sua attenzione.
C'erano due volantini nuovi. Uno rappresentava una protesta per la mensa mentre l'altro era una raccolta di firme per ripristinare l'accesso alla palestra dedicato al tiro con l'arco.
Ancora non c'erano firme e lei si avvicinò.
– Non c'è posto per te. –
Una voce la distolse dalla lettura. Si girò e si bloccò. Il ragazzo di ieri sera, lo stesso che aveva aggredito il fratello, era davanti a lei con le labbra serrate e le braccia incrociate. Ingoiò il groppo che aveva in gola e si morse la lingua.
– Non vedo nessuna nome nella lista al momento. E mi sembra che il club sia ancora inattivo, quindi non vedo come la squadra sia al completo e non ci sia posto per me. –
Non aveva morso la lingua abbastanza bene. Il ragazzo le riservò una smorfia e se ne andò. Lei rimase lì a decidere che fare. Firmare oppure no. Se firmava non voleva dire che era dentro la squadra e non avrebbe avuto a che fare con Will.
Mentre saliva verso la sua stanza incontrò i fratelli Brown che la salutarono con un cenno affrettato.
Ritornò nella sua stanza e prendendo uno zainetto, decise di godersi l'aria fresca. Uscì dal dormitorio e camminò un altro po', ma in confronto alla mattina presto, le vie erano più popolate. Arrivò ad un vecchio edificio e si mise li vicino. Non c'erano coltelli per spiegare di che edificio si trattasse, poteva vedere solo che c'era una specie di giardino incolto.
Curiosa come non mai, si ci avvicinò, ma le porte erano chiuse con una catena e un lucchetto che le univa. Non c'era una singola finestra con le assi inchiodate o con la rete.
Delusa se ne tornò dove aveva deciso di mettersi e uscendo un quaderno dallo zaino, si mise a disegnare.



Spero che vi sia piaciuta. Ho dovuto lavorarci molto e non ho avuto delle belle esperienze il mese scorso.
Ho perso un pezzo importante del mio passato e del mio presente, ma mi sto riprendendo a poco a poco.
Grazie a te che stai leggendo questa fanfiction. Anche se non recensisci mi fa piacere che tu ci abbia dato un'occhiata, significa molto per me.
Baci Baci Sophie

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Capitolo 6
*** Il patto ***


Arrivata l'ora si pranzo si alzò dalla sua postazione e partì verso il suo dormitori. Aveva buttato giù dei scarabocchi, ma non riusciva a levarsi dalla mente quella stanza, quell'edificio che tanto l'aveva incuriosita. Poteva essere qualsiasi edificio di quelli chiusi per questioni economiche.
Una volta nella sua stanza, si cambiò e scese per andare a pranzo. Sperava di incontrare Braelyn. Le aveva inviato un messaggio ma lei non aveva risposto.
Non era riuscita a tirare molto dalla bocca di Philip, così decise di cambiare fonte. Non la stava usando, si stava solo informando.
Si mise una canottiera con una camicia di jeans, pantaloni scuri e le Vans.
Prese il suo zaino e uscì dalla stanza. Scese le scale e si ritrovò nella sala principale.
Si sentiva come Harry Potter, solo che non aveva una bacchetta, la magia e soprattutto non aveva una splendida civetta delle nevi dolcissima e coccolona, che alla fine non avrebbe ucciso neanche sotto tortura.
Vide Robert che le si stava avvicinando.
– Buongiorno Robin, come sta tuo fratello?
– Giorno. Sta talmente bene che mi ha sbattuto fuori dalla sua stanza.
– Allora sta ultra bene, ti va di andare a pranzo insieme? – le allungo la mano.
Robin era indecisa, voleva parlare con Braelyn, ma non sapendo dove si trovava allora tanto meglio andare con lui.
– Va bene. Dove mi porti di bello?
– Sulla luna. Però non abituarti alla gravità, tornata sul pianeta terra sarà difficile non saltellare come Bambi.
– Va benissimo, ma Bambi non saltellava. Comunque evita.
– Per fare cosa?
– Di dire scempiaggini sulla Disney e io suoi personaggi.

La portò alla fermata degli autobus e aspettarono. Seduti sulla panchina si raccontavano gli aneddoti dell'infanzia. Lei gli raccontava le corse e i giochi nel parco di fronte casa. Lui la vita di campagna e della fattoria.
– Sul serio abiti in una fattoria?
– Certo, con mia madre e le mucche, galline e altri animali.
– Io sono sempre cresciuta in città, ma ho amato sempre l'aria aperta e voleva sempre andare fuori.
– Allora quando ritorno a casa vieni con me.
Sperava che non scherzasse, ci teneva tanto ad andarci. Prima che potesse rispondergli, lui continuò.
– Il prossimo mese tornerò a casa per un week-end, inviterò anche gli altri e sei obbligata a venire.
– Obbligata? Davvero? Cos'è un avviso? Mi riempirai la stanza di tamponi usati se non lo faccio?
– Non so dove prenderli i tamponi e non vedo perché qualcuno dovrebbe farlo.
– Alcune persone lo trovano divertente. Facciamo così, un giorno ti dirò “sì.” Solo un sì. Anche se non stiamo parlando. Ma un giorno a caso. Non domani, o dopodomani, né oggi.
Robert rimase sorpresa per la storia dei tamponi, ma non andò oltre.
– Ok, un “sì” basterà.

Quando l'autobus arrivò fecero i biglietti e si sedettero insieme. Non parlarono, ognuno era persone nei propri pensieri e condividerli non era proprio il caso.
Robert pensava a come chiedere gentilmente a Robin della sua vecchia scuola. Braelyn aveva detto loro di non fare domande, dicendo che Robin non voleva parlarne. Sperava solo che non fosse accaduto niente di grave a quella ragazzina.

Una volta arrivati a destinazione si avvicinarono in una trattoria a gestione famigliare.
Si sedettero a un tavolo subito, vista la poca confusione e ordinarono.
– E' la prima volta che vieni qui?
– Sì, anche se mio fratello me ne ha parlato spesso e anche con molto entusiasmo. E' molto goloso. Qui non vi annoiate mai, a quanto vedo.
– Insomma. Ci vorrebbe qualcosa da fare all'interno dell'accademia. Ci sono molti club ma non mi attirano.
– Cosa c'è di male nel club di cucito?
– Che spiritosa! – si unì alla risata della ragazza.
– Sul serio. Come ben saprai da tuo padre, questa scuola vantava di un eccellente corso di tiro con l'arco, sarebbe bello ricreare il club.
– Come fai a sapere di mio padre?
– Oh, andiamo. Matthew Hood è un eroe, non che una leggenda qui, ha portato il trofeo alla scuola per ben 5 anni di fila. Mi stupisce il fatto che tu non ti sia informata. – Troppo sopraffatto dall'eccitazione quasi urlò.
– Quando torniamo ti farò vedere una cosa.
Arrivarono i piatti ordinati e Robert prese le posate pronto a mangiare.
– Cosa?
– E' una sorpresa.
– Odio le sorprese! E sto odiando te! – gli fece la linguaccia e cominciò a mangiare.

– Adesso dove andiamo?
Una volta che avevano finito di mangiare, avevano pagato ed erano usciti.

– Ovunque vuoi andare tu. Possiamo andare al Bowling, oppure in un posto che spero ti piacerà.
La prese per mano e lo trascinò via.

– Domanda, perché proprio qui? – prese la faretra dalle mani di Robert e se la mise in spalla.
– Mi andava. E a quanto vedo anche a te, visto che non ti sei lamentata.
– Ovvio che mi andava, stavo solo chiedendo cosa c'era di male nel Bowling.
– Se è questo il tuo modo di chiedere allora non oso immaginare quando ti lamenti.
– Ah, ah. Comunque vedi che non sono brava quindi niente gare.
– Posso insegnarti. E poi sarebbe stata una bella gara, in palio una cena, ovviamente sono inclusi anche gli altri.
– Ahi, il mio portafoglio avrebbe pianto per un po'.

Davanti al tiro presero la mira. Scoccò Robert per prima e prese i cerchi rossi, quanto toccò a lei prese la mira, tese la corda vicino alla guancia, guardò fisso il bersaglio e lasciò andare la freccia.
Il tiro non andò come previsto, infatti la freccia si conficcò nel cerchio interno bianco.
La delusione fu la sua compagna per tutto il tempo che impiegò per incoccare un'altra freccia, sotto l'aiuto di Robert.
Mentre tendeva la corda lui si mise dietro di lei e guidò le mani e le braccia.
– Tira la corda vicino alla guancia. Non chiudere l'occhio, tienili sempre vigili e le braccia sempre tese. Il petto leggermente all'infuori. Spalle dritte e... scocca.
Anche con il suo aiuto non arrivò mai al centro, ma sul nero.

Uscirono verso le quattro e andarono in un parco lì vicino.
Era molto grande ma non quanto i giardini dell'accademia. Si sedettero ai piedi di un albero di quercia. – Ti sei divertita oggi?
– Molto, fortuna che mi ci hai portato tu. Con mio fratello potevo aspettare per molto tempo.
– Addirittura? Allora direi molto fortunata e visto che mi devi un favore, credo che qualche aiuto con la ricerca dell'attività scolastica non guasti.
– Cosa vorresti dire?
– Firma il foglio
Quelle parole la spiazzarono, non riusciva a capire di cosa stesse parlando.
– Quale foglio?
– Quello che guardavi stamattina.
Si alzò di scatto. – Mi hai spiato? –
– Non al metterei in questi termini visto che era un luogo pubblico, ti ho osservato. Perché non hai messo la tua firma stamattina? Per colpa di quello che Will ha detto di te o quello che ha fatto a Philip? Potresti provare ad entrare, sei brava e con un po' di allenamento ci riuscirai – Ormai anche Robert si era alzato e la guardava negli occhi color del cielo.
– Io non sono mio padre e se pensi che scriverò il mio nome solo per attirare persone ti sbagli di grosso. Vado a prendere l'autobus, non voglio più stare qui.
Si allontanò svelta per evitare di ascoltarlo, anche se sentiva i suoi occhi su di sé.

Il viaggio di ritorno fu diverso dal primo. Benché, come all'andata, i due non si parlavano adesso albergava un'atmosfera pressoché pesante tra di loro.
La rabbia che si era impadronita di Robin era evaporata, lasciandola vuota dentro.
Robert al suo contrario era molto tranquillo e non faceva caso allo stato emotivo di Robin.
– Mi dispiace, ho reagito in modo eccessivo.
Il ragazzo le passò la mano tra i capelli scompigliandoglieli.
– E' stata colpa mia, potevi fraintendere tranquillamente. Non volevo la tua firma per il tuo nome, ma per le tue qualità.
– Quello di colpire tutto tranne che il centro?
– Non hai colpito tutto e al centro ti ci sei avvicinata. Ok, non mettere la firma. Facciamo un patto. Io ti aiuto con la matematica, ma tu in cambio ti alleni con me a tirare.
– E cosa ci guadagni tu o io?
– Se tu vai bene in matematica e prendi ottimi voti, entro e non oltre la creazione e le sezioni del club, allora ti iscrivi. Se invece non riesci, allora ti lascerò in pace ma mi aiuterai lo stesso ad allenarmi.
Le allungò la mano.
– Spero che almeno tu sia bravo come dici.
Gli afferrò la mano contenta del patto.

Ciaooo, spero che vi sia piaciuto.
Mi scuso per eventuali errori.
Ancora siamo lontani dal nocciolo della fanfiction e spero di riuscire a scrivere quello che vorrei succedesse.

 

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