Ma amarlo era rosso

di Itsamess
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Terra di Siena - Da grandi poteri, grandi responsabilità ***
Capitolo 2: *** Argento - Il turno di notte ***
Capitolo 3: *** Acquamarina - Tragici fradici felici ***
Capitolo 4: *** Porpora – Aurore boreali a due per pianoforte ***
Capitolo 5: *** Verde Mela - Operations, Relations, Complications ***
Capitolo 6: *** Blu oltremare - Non ho mai voluto altro che annegare nel tuo amore e non sentirne la pioggia ***
Capitolo 7: *** Arcobaleno – Il primo appuntamento in technicolor della mia vita ***
Capitolo 8: *** Avorio - E a farti così male mi sono fatta male ***
Capitolo 9: *** Giallo limone - L'unica risposta possibile, fra noi ***



Capitolo 1
*** Terra di Siena - Da grandi poteri, grandi responsabilità ***


Losing him was blue like I’ve never known 
Missing him was dark grey all alone 
Forgetting him was like trying to know somebody you've never met 
But loving him was red
 



 
Terra di Siena - Da grandi poteri, grandi responsabilità


Nella classifica mondiale del superpoteri più utili, sono piuttosto certa che il mio non si piazzi in una delle prime posizioni.
A quanto mi hanno raccontato Peter e quel suo strambo amico giapponese, alcune persone sono in grado di viaggiare nel tempo, muovere gli oggetti con la forza del pensiero e leggere nella mente, mentre io riesco solo a vedere i suoni sotto forma di colori.
Un potere meraviglioso, certo, ma non esattamente in grado di cambiare il mondo.
 
Nonostante la mia abilità non salvi molte vite, stamattina salva la mia colazione perché mi avverte appena in tempo del guasto alla macchinetta della caffè, che quando si rompe emette un flebile ma minaccioso ronzio color Terra di Siena.
Io ho imparato a mie spese che in questa situazione è meglio starle alla larga – l’ultima volta si è mangiata tutte le mie monetine – ma Peter è ignaro del pericolo. Si avvicina baldanzoso al distributore automatico accennando un timido saluto ed io non penso a niente di meglio che pararmi davanti alla macchinetta fungendo da scudo umano.
«È guasta!» lo avverto subito, sottolineando le mie parole formando una X con le braccia.
Peter sembra divertito.
Non vedo cosa ci possa essere di divertente nell’eventualità di rimanere senza caffè.
«Non lo dici solo perché vuoi chiedermi di prendere qualcosa al bar insieme, vero?»
Se è difficile leggere il labiale di chi parla velocemente, nel  caso di Peter è proprio impossibile. Anche perché fissargli le labbra è incredibilmente distraente, mi perdo tutto il senso della frase.
«Perché se è così la mia risposta è sì» aggiunge lui più lentamente, forse notando la mia espressione confusa «E anche se non fosse così, la risposta resterebbe sì. Sì, vorrei prendere un caffè non-guasto con te»

 



Angolo dell'autrice
La ragione per la quale sto scrivendo questa mini raccolta, senza particolari pretese, è che Emma è un personaggio troppo adorabile per essere dimenticato da questo fandom. Se non sono la sola ad amarla fatemelo sapere, per favore.
Un abbraccio a chiunque stia leggendo
Itsamess

 

 

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Capitolo 2
*** Argento - Il turno di notte ***


Argento- Il turno di notte 

Continua a piovere a dirotto, saranno ore ormai. Il vento soffia tanto forte da strapparmi letteralmente l’ombrello dalle mani, quindi dopo un paio di tentativi rinuncio e lo ripongo rassegnata nella borsa, tirandomi su il cappuccio. Per fortuna la fermata dell’autobus non è troppo distante.
Non mi sorprende trovare la pensilina deserta - solo un pazzo sarebbe in giro a quest’ora e con questo brutto tempo.
Un pazzo o qualcuno che come me ha il turno di notte in un ospedale che si trova dall’altra parte della città… Spero solo che l’autobus arrivi prima che mi siano cresciute le branchie. La pioggia ha iniziato a cadere in diagonale e il tettuccio della pensilina non può più proteggermi dall’acquazzone.

All’una meno un quarto non vedo ancora nessun autobus all’orizzonte e sono ufficialmente in ritardo. In questo momento mi servirebbe davvero un potere utile, tipo il teletrasporto o la super velocità, così potrei arrivare al lavoro prima che inizi il mio turno.
Vedo accostare una macchina. Ci sono solo io sotto questa pensilina. Istintivamente infilo la mano nella borsa e la stringo forte lo spray al peperoncino, pronta a difendermi dal malintenzionato. Eppure l’estraneo in auto, invece di scendere per aggredirmi, si sporge verso il sedile del passeggero e con un po’ di fatica apre la portiera verso di me, facendomi segno di salire.
 
«Che tempaccio eh?» esclama dopo un po’ Peter tanto per dire qualcosa, indicando la pioggia battente che continua a sferzare il parabrezza. Fa freddo. Il riscaldamento interno dell’auto non sta facendo il suo dovere. Annuisco lentamente, stando attenta a mantenere lo sguardo fisso sulle sue labbra per non perdermi le sue parole.
«Da bambino avevo il terrore dei temporali, sai? Durante gli acquazzoni nascondevo la testa sotto il lenzuolo e aspettavo che tutto passasse. Nathan mi prendeva sempre in giro per questo!»
Devo essermi persa qualcosa o aver letto male il labiale, perché non riesco proprio a capire.
«Perché mai uno dovrebbe avere paura dei temporali?» gli chiedo confusa, prima di realizzare improvvisamente «Ah già. Il rumore»
«Sì, il tuono»
Sono cose che una come me non capirà mai - avere paura di un suono e desiderare sparisca -eppure immagino che questo tuono abbia un rumore terrificante per averlo tanto terrorizzato da piccolo… e qualcosa negli occhi di Peter mi dice che ancora quel rumore lo spaventa.
Ma non deve essere per forza così.
Voglio che Peter veda questo temporale come lo sto vedendo io: raccolgo tutto il coraggio di cui sono capace e gli sfioro piano il dorso della mano.
Peter trattiene il respiro e per un secondo lascia la presa sul volante.
«Emma-»
Senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, gli stringo più forte la mano per passargli la mia abilità. Funziona così, no? potrei quasi abituarmi a tutta questa faccenda dei poteri e delle strette di mano.
«Ora aspetta»
Flash bianco
Uno
due
tre
Flash argenteo
Brillano come tuoni gli occhi di Peter quando sorridendo dice «Hai ragione, non fa più tanta paura così»




Angolo dell'autrice
Un temporale in modalità silenzioso deve essere solo luce, solo lampi e niente  tuoni.
Un temporale in modalità sinestesia ha anche il rumore, ma la luce raddoppia.
Itsamess

 

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Capitolo 3
*** Acquamarina - Tragici fradici felici ***


Acquamarina – Tragici Fradici Felici 


«Lascia che ti aiuti»
Peter districa i miei capelli bagnati con estrema delicatezza, quasi temesse di farmi male.
Come se potesse.
Ho i brividi e  non so se sono dovuti alle gocce di acqua gelida che sento scivolare sulla schiena o a quel gesto tanto intimo. È un tocco lievissimo, ma ha su di me l’effetto di una scarica di defibrillazione da 300 volt. È lo stesso per lui? Non posso nemmeno capire se mi sta dicendo qualcosa, dato che è dietro di me e non posso leggergli il labiale. Chissà, forse approfitta della situazione per dirmi cose che non mi rivelerebbe mai in faccia, tipo che detesta il mio taglio di capelli o che si è innamorato di me.
Peter finisce di sciogliere la treccia che questo pomeriggio avevo maldestramente tentato di farmi da sola, appoggia l’elastico nero sul lavandino e accende l’asciugacapelli.

E tutto diventa acquamarina.
Il rumore dell’elettrodomestico di diffonde intorno a noi in una nuvola verdazzurra tanto intensa che mi sembra quasi di poterla sentire penetrare sottopelle. Mi chiedo se possa vederla anche Peter o se i suoi poteri abbiano una durata limitata come gli effetti di un medicinale da prendere senza ricetta.
È calda l’aria acquamarina del phon e calda è la mano di Peter che indugia per un attimo infinito sulla pelle nuda del mio collo, mentre mi scosta le ultime ciocche di capelli rimaste umide.
Potrei restare a farmi asciugare i capelli da lui per sempre. Del resto non si dice forse che l’amore è sentire il calore del sole da entrambi i lati?
Anche se stasera credo che il calore del phon mi basti.
Ma a Peter no.
Lo sento rabbrividire dal freddo ed improvvisamente ricordo che anche lui è tragicamente fradicio a causa del temporale improvviso. Mi volto verso di lui. Il maglione zuppo di pioggia, gli aderisce al corpo come una seconda pelle.
«Toglitelo» abbozzo indicandoglielo.
Peter mi rivolge uno sguardo sbalordito, come se preoccuparmi per la sua salute fosse particolarmente strano.
Sta- arrossendo?
«Il maglione… ti verrà un raffreddore»
Mimo uno starnuto per rendere meglio l’idea e lui sembra finalmente capire, perché scuotendo la testa mormora «Sì, certo, hai ragione»

 
 



Angolo dell'autrice
Questo è un ideale seguito de  Il turno di notte, mentre confesso che il prossimo flash Pemma è il mio preferito ma avendolo scritto io sono di parte credo
Itsamess

 

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Capitolo 4
*** Porpora – Aurore boreali a due per pianoforte ***


Porpora - Aurore boreali a due per pianoforte

Dall’esterno dobbiamo sembrare piuttosto strambi - non tanto perché ci ostiniamo a torturare un povero pianoforte che nessuno dei due sa evidentemente suonare, quanto più perché io in testa ho una coroncina di plastica coperta di strass e Peter ha la folle idea di un duetto in technicolor.
Quando si è seduto accanto a me gli ho domandato se vedesse ancora i suoni sotto forma di luci colorate e lui scrollandosi le spalle mi ha risposto che non aveva più quel potere, ma che potevamo comunque suonare insieme se volevo.
E lo volevo.
Ed eccoci qui, in un ospedale semideserto a premere tasti a caso solo per dipingere arcobaleni sul soffitto.
Blu bianco magenta arancione brillante.
«Sembrano aurore boreali» gli dico indicando le luci che fluttuano lievi sopra al pianoforte, come fuochi fatui.
Lui ha annuisce pensieroso e poi ad un tratto mi chiede «Non hai paura del buio, vero?»
Scuoto la testa vigorosamente, anche se ancora non ho compreso il suo piano.
«Ti porto in Norvegia» esclama entusiasta prima di alzarsi dalla panca.
Ma dove sta andando? Non in Scandinavia spero.
No, Peter si dirige solo furtivamente verso il banco dell’accettazione, con un’occhiata fugace controlla che non ci siano infermiere nei paraggi e preme l’interruttore.
L’intero reparto piomba nel buio.
Come faccio ad orientarmi ora? Senza fonti di luce disponibili se non-
Le note.
Schiaccio un tasto: una scintilla azzurra rischiara per un attimo il pianoforte.
È semplicemente bellissima.
Peter è tornato accanto a me. Suona una scala decrescente che sfuma dal verde al viola melanzana, mentre io mi dedico ad una coppia di tasti neri che se premuti in rapida successione emanano due flash tendenti al fuxia.
È in momenti come questi che sono grata al mio potere inutile e meraviglioso: sopra le nostre teste fluttuano aurore boreali di tutti i colori immaginabili. Sembra davvero di trovarsi in una notte norvegese.
Smetto per un attimo di suonare ed osservo le scie cromatiche sul soffitto dissolversi lentamente come nuvole di fumo. La stanza ripiomba nel buio, mi volto verso Peter,  anche se perfettamente consapevole che non riuscirò a vederlo, quando qualcosa mi blocca.
Una luce.
La vedo anche ora, eppure nessuno di noi sta suonando.
Flebili lampi color porpora emessi ad intervalli regolari da una fonte di suono ancora sconosciuta. Brillano debolmente sotto la sua camicia bianca, come candele dietro ad un velo.
Flash flash flash
È il suo cuore.
Batte così forte che riesco a vederlo.
Accendo il display del cellulare per illuminare il suo viso e riuscire a leggergli le labbra e mi accorgo che Peter è arrossito violentemente. Le sue guance non sono meno vermiglie della luce che gli brilla piano sul petto.
Per un po’ non dice nulla,  poi risponde «È  l’effetto che mi fai»
«Farti battere il cuore? Menomale»
«Farlo battere così forte» specifica lui
«E perché sta battendo così forte?»
«Perché sto per baciarti»
E quando bacio le sue labbra color porpora capisco che suonare con lui è arcobaleno, ma amarlo è rosso.
 
 
 

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Capitolo 5
*** Verde Mela - Operations, Relations, Complications ***


Verde Mela - Operations, Relations, Complications


Forse è esagerato dire che un bacio può cambiarti la vita, ma di certo un bacio può influire sulla tua routine quotidiana: pur di evitare una determinata persona ti ritrovi a prendere le scale invece dell’ascensore e il caffè al bar invece che alla macchinetta. Per settimane vivi di cracker pur di non mettere piede in mensa. Accumuli ore e ore di straordinari evitando di lasciare l’ospedale insieme al resto del personale e rischiando seriamente di vincere il premio come Impiegata dell’Anno.
Tutte precauzioni perfettamente inutili dato che poi ti ritrovi faccia a faccia proprio con chi temevi di incontrare. Peter Petrelli si presenta baldanzoso e sorridente nell’unico posto in cui pensavi di essere al sicuro, ovvero nel tuo minuscolo accogliente ufficio.
Prima che possa dire una parola mi allunga un plico di documenti compilati a suo nome. Li riconosco subito: sono i moduli dell’Amministrazione Ospedaliera. Nello spazio bianco della colonna Richieste ha scarabocchiato in pessima calligrafia un appuntamento con te.
Gli lancio uno sguardo a metà fra lo smarrito e l’esasperato perché non riesco a credere che lo abbia fatto davvero e lui in tutta risposta tamburella con l’indice sull’avviso appiccicato col nastro adesivo sulla mia scrivania. Dal suo dito si diffondono minuscoli lampi verdi mela ed io leggo:
Tutte le richieste dovranno essere presentate in forma scritta
«Sto seguendo le tue regole» mi spiega con un sorriso da furbetto «Ultimamente non ti ho vista in giro e mi sono preoccupato, temevo mi stessi evitando…»
Scuoto vigorosamente la testa, sperando che Peter non si accorga che sono una pessima bugiarda. Il fatto è che non so come affrontare l’argomento-bacio. Me ne sono pentita. Quel momento di debolezza ha reso la nostra situazione un casino. In medicina in realtà esiste un termine più preciso e meno volgare: complicanza. Ovvero, il pericoloso aggravarsi di una situazione che diviene tutto ad un tratto critica. La mia amicizia con Peter procedeva perfettamente fra caffè insapori presi solo per riuscire a vedersi e duetti muti al pianoforte, non so perché abbiamo dovuto rovinare tutto con uno stupido bacio. Che poi non significava niente, o almeno credo.
«C’è stato un fraintendimento…»
«C’è stato un bacio» mi corregge lui, improvvisamente serio
«Un bacio non significa niente» mento
«Emma, io non conosco il linguaggio dei segni ma sono piuttosto certo che baciare qualcuno significhi ti amo. O almeno ci tengo…»
Non è esattamente così ma ha reso l’idea. «Ma io ci tengo a te, Peter! Solo che non voglio complicare le cose fra noi. Tu sei il mio primo vero amico…»
«Sarò sempre tuo amico, di questo non preoccuparti. Ho un super potere chiamato multitasking che mi permette di essere contemporaneamente tuo amico, ragazzo, medico di fiducia…  E poi le cose non dovrebbero essere per forza complicate: tu mi piaci, io ti piaccio. Cosa c’è di complicato in questo? È stato più complicato compilare questo modulo, te lo assicuro! Esci con me, Emma, o ti ritroverai con plichi e plichi di moduli in cui te lo chiederò»

 
 

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Capitolo 6
*** Blu oltremare - Non ho mai voluto altro che annegare nel tuo amore e non sentirne la pioggia ***


Blu Oltremare - Non ho mai voluto altro che annegare nel tuo amore e non sentirne la pioggia

Le mie mani si muovono lente ma sicure sulle corde del violoncello, come se conoscessero già la strada.
Non è così. Non ho mai preso lezioni di musica e non sono nemmeno sicura di sapere cosa sia, la musica, non avendola mai sentita. Sto semplicemente improvvisando. Una volta ho sentito dire che se si suona male si chiamano a raccolta tutti i gatti del quartiere. L’assenza di felini in casa mia è un buon segno.

L’archetto accarezza le corde con movimenti regolari, avanti e indietro sulla pancia del violoncello come un’onda che lambisce sempre lo stesso tratto di spiaggia. Forse io e Peter potremmo andare a Coney Island per il nostro appuntamento, credo che gli piacerebbe.

Le note blu mi avvolgono. Riesco a sentirle quasi bagnate sulla pelle. Mi ricordano la sera temporalesca in cui Peter è venuto a prendermi alla fermata dell’autobus. Non avevo freddo allora e non ho freddo ora. Non ho mai freddo, a pensare a lui.

Una spirale azzurra circonda per un istante l’archetto, prima di dissolversi nell’aria. Suonano al campanello. Emozionata, appoggio malamente il violoncello alla sedia e corro ad aprire...

Ma è solo una vicina. Ha finito lo zucchero ed è a metà di una torta. Cercando di mascherare la mia delusione, vado in cucina a vedere se ne ho un po’ da prestarle. Se ne va ringraziandomi calorosamente e promettendomi una fetta di crostata, ma io ho la testa altrove.
Non riesco a capire dove ho sbagliato.
Perché non c’era lui alla mia porta.

Le parole di Samuel mi risuonano nelle orecchie.
Devi semplicemente suonare e pensare intensamente alla persona che vuoi attirare a te, Emma. Il tuo è come il canto di una sirena.
Ritentare non costa nulla, no? e poi con quel senzatetto, al parco, aveva funzionato. Perché oggi dovrebbe essere diverso?
Riprendo il violoncello, impugno l’archetto e mi immergo nuovamente nell’oceano.

Dopo qualche istante, suonano di nuovo al campanello.
Mi precipito alla porta: stavolta è davvero Peter e non vuole lo zucchero.
A dirla tutta non sa nemmeno lui cosa vuole, perché ha lo sguardo di uno che si è decisamente perso.

«Emma?» domanda smarrito, guardandosi intorno «Tu abiti qui?»

Annuisco vigorosamente ed esclamo «Ha funzionato! Stavo pensando a te e sei qui! Ha funzionato!»

L’espressione sul viso di Peter si distende.
«Stavi pensando a me?» mi domanda con un sorriso che vorrebbe essere provocante, ma che sembra solo felice, e io riesco solo ad annuire di nuovo, mentre penso che è una fortuna che il mio strano potere funzioni solo se suono il violoncello. Perché se Peter dovesse presentarsi qui ogni volta che penso a lui credo che passerebbe le giornate a fare avanti e indietro da casa sua a casa mia.

Mi sto innamorando di lui. Del suo taglio di capelli un po’ fuorimoda, del suo sguardo sghembo da fuorilegge, del suo piccolo e spoglio loft fuorimano e soprattutto delle sue comparsate qui fuoriprogramma. Perché Peter è fuori in tutto, ma fuoricuore no. Non dal mio cuore, almeno. 



Angolo dell'autrice:
Il titolo è tratto da una delle mie canzoni preferite, Gravity di Sara Bareilles, mentre il taglio di capelli di Peter è un po' un topos nelle mie storie su di lui, forse perchè è una delle cose che mi piacciono di più
Itsamess

 

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Capitolo 7
*** Arcobaleno – Il primo appuntamento in technicolor della mia vita ***


 Arcobaleno - Il primo appuntamento in technicolor della mia vita

Quando gli ho chiesto dove mi avrebbe portato per il nostro primo appuntamento, Peter ha minimizzato dicendo di aver scelto un po’ a caso fra i mille locali di New York, lasciandosi guidare solo dall’istinto e da quello che gli era sembrato il nome più suggestivo – in questo caso Stardust, ovvero Polvere di Stelle – ma quando varchiamo la soglia del ristorante resto a bocca aperta, perché sembra di essere finiti in una fabbrica di arcobaleni.

Colori, colori ovunque. Alcuni aleggiano come fuochi fatui sopra alle teste dei commensali, altri vagano per qualche istante come palloncini lasciati liberi di volare e poi vanno a sbattere sul soffitto.

Sono i camerieri.

Cantano fra un’ordinazione e l’altra. Proprio in questo momento una ragazza mora e sorridente sta porgendo i caffè agli avventori intonando un motivetto azzurro… Peter sembra confuso quanto me dalla situazione che a lui deve sembrare solo assordante. Lo vedo domandare alla responsabile quale tavolo ci hanno riservato. È proprio al centro del locale, sotto ad archi e archi di arcobaleni che si intersecano.

Mi porge la mano e mima con le labbra Sorpresa.

Ordiniamo due delle voci del menù senza avere la minima idea di quello che ci verrà servito, dal momento che i piatti hanno nomi di musical e star di Broadway e né io né Peter siamo particolarmente preparati sull’argomento: non sappiamo ancora che il mio cappuccino Cats si rivelerà coperto di panna montata e codette fondenti, così come ignoriamo che la sua torta Wicked  - gusto menta e cioccolato – sarà tanto forte da assomigliare più ad una torta al dentifricio, ma non ha importanza. Tanto le ordinazioni sono solo un pretesto per poterci fermare più a lungo in questo locale multicolor e non dover mai concludere il nostro primo appuntamento, anche se a dire la verità più che ad un’uscita romantica assomiglia ad una lezione privata di linguaggio dei segni, dato che Peter si ostina a voler imparare a dire parole come fratello e  volare nonostante le sue dita siano le più rigide del mondo.

«D’accordo, fratello si dice così»

Formo una L con le dita di entrambe le mani ed alzo la destra all’altezza del mio viso, facendo attenzione che il pollice mi sfiori la fronte. Poi l’abbasso sulla sinistra.  Forse l’ho fatto troppo velocemente, perché Peter mi rivolge uno sguardo smarrito. Ripeto tutto al rallentatore, osservano l’espressione sul suo viso rilassarsi. È piuttosto imbranato, ma non ha intenzione di arrendersi.

«E si possono fare anche frasi più complesse?»

Annuisco, sebbene una parte di me sia tentata di dirgli che prima di passare alle frasi più complesse ha ancora molta strada da fare, dato che in questi ultimi venti minuti non ha fatto molti progressi.

«Frasi del tipo “Sei bellissima stasera” » dice sporgendosi sul tavolino per avvicinare il viso al mio. Seguire il labiale diventa piuttosto complicato quando le labbra da leggere sono a pochi centimetri da te «oppure “Vorrei baciarti ancora-»
Questo glielo mostro, anche senza ricorrere al linguaggio dei segni.




Angolo dell'autrice
Le uniche note che volevo dare erano un ringraziamento immenso al lupo Farksas, un saluto a chiunque stia leggendo e la precisazione che il locale che ho descritto nel capitolo esiste davvero ed è il posto più meraviglioso della terra. Quando ci andai io un uomo cantò Under The Sea servendo una zuppa, forse ai frutti di mare.
Un abbraccio a tutti
Itsamess
 

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Capitolo 8
*** Avorio - E a farti così male mi sono fatta male ***


 
Amarlo sarà anche rosso, ma è Avorio il nostro primo litigio e i piatti che ci lanciamo addosso senza volerci colpire davvero. Peter se ne andato due ore fa ed io ancora non mi sono alzata dal pavimento della cucina, circondata da un mucchio di cocci rotti e taglienti, nella testa il solo desiderio di non vederlo mai più, altro che Canto della Sirena per chiamarlo a me.

Non volevo alzare la voce, ma doveva sapere come mi sento ogni volta che torna a casa senza neanche passare dal Pronto Soccorso, coperto di tagli e lividi e ustioni perché ancora una volta ha voluto fare l’eroe. Un tempo lo ammiravo, per questo, oserei dire che mi sono innamorata di lui, per questo: Peter era il mio principe dal cavallo bianco, dolce fidanzato di giorno e vendicatore mascherato di notte. Assorbiva un sacco di poteri utili, come forza o velocità, che gli permettevano di arrivare sempre sul posto prima che per la vittima fosse troppo tardi. Il suo costante desiderio di fare la cosa giusta lo faceva apparire altruista e generoso ai miei occhi. Senza protestare gli medicavo le ferite con il piccolo kit che teniamo nell’armadietto del bagno, lavavo le sue t-shirt sporche di sangue cercando di non chiedermi se fosse suo o di altri, perché entrambe le alternative mi lasciavano atterrita. Non gli dicevo nulla. Non credo sapesse che mi uccideva vederlo sparire improvvisamente. Ogni secondo che passavo con lui cercavo di imprimere nella memoria i dettagli del suo viso e la forma delle sue mani e il modo in cui si scostava i capelli dalla fronte quando era concentrato.

Non gliel’ho mai detto, ma nel fissarlo così intensamente io stavo solo raccogliendo il materiale per i ricordi, per quando se ne sarebbe andato. Perché lo sapevo- un giorno sarebbe uscito per andare a salvare il mondo e non sarebbe più tornato a casa. Si esponeva troppo. Sempre in prima linea per aiutare il prossimo, quando la prima persona da aiutare era lui stesso e il suo bisogno compulsivo di fare la cosa giusta.

Stasera le sue condizioni non erano peggiori di mille altre volte, eppure quando ha varcato la soglia di casa il sangue sulla sua camicia bianca mi è sembrato molto più intenso e vivido.  Ebbi l’impressione che la sofferenza gli aderisse addosso come un abito bagnato e che lui non volesse fare nulla per asciugarsi. 

Gli ho chiesto di promettermi che questa sarebbe stata l'ultima volta, ma lui mi ha urlato che non poteva. Non c’era bisogno del sonoro, perché gli leggevo la rabbia negli occhi.
Eppure sono stata io a tirare il primo piatto, gridandogli che se davvero gli importava di noi doveva smettere, perché ogni giorno rischiava la vita come se non avesse niente da perdere e non ci fosse nessuno ad aspettarlo, a casa, per cena.
E invece c’era, quel qualcuno. C’ero io.

Non deve essergli bastata, come risposta, perché se ne è uscito di casa sbattendo la porta.
 

Angolo dell'autrice
Unica storia lievemente angst della raccolta, nonchè penultimo capitolo.
Il prossimo sarà fluff e al gusto cheesecake, prometto
Un abbraccio,
Itsamess




 

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Capitolo 9
*** Giallo limone - L'unica risposta possibile, fra noi ***


 Giallo limone - L'unica risposta possibile, fra noi


È mezzanotte passata e io ancora spilucco dal piatto i resti della cheesecake che mi hanno preparato le infermiere del terzo piano. Era davvero buonissima. È un peccato che Peter se la sia persa, anche se capisco che fra salvare il mondo e mangiare una torta abbia scelto di dare la priorità al pianeta Terra e non alla sua fidanzata, appena ammessa alla facoltà di Medicina.

Torna a casa trafelato e fra un sospiro e l’altro riesco solo a distinguere le parole scusa, congratulazioni e regalo.

In realtà a me basta vederlo sano e salvo, tuttavia quando mi porge il pacchettino non posso che scartarlo
«Sono- cuffie?»

Lui mi fulmina con lo sguardo. «No! Sono le cuffie. Quelle che indossavi il giorno che ti ho incontrata»

Me le ero quasi dimenticate. Le avrà trovate in qualche cassetto, sepolte da mille altre cose di cui credevo di avere bisogno e che invece mi ero scordata. E sì che fino a qualche mese fa le indossavo ogni mattina con la stessa cauta attenzione con cui un motociclista si allaccia il casco. Erano il mio meccanismo di difesa. Con le cuffie nelle orecchie nessuno mi fermava per chiedermi informazioni o domandarmi se scendevo alla fermata successiva. Nessun osava rivolgermi la parola. Ero invisibile- finalmente un superpotere utile.

L'arrivo di Peter aveva cambiato tutto. Era comparso una mattina nell’ufficio dell’amministrazione chiedendo con impazienza chissà quali moduli, contravvenendo alla mia regola preferita, che imponeva di presentare le richieste in forma scritta.

«Ti ricordi?» 

Annuisco vagamente, scrollando le spalle, quando in realtà ricordo ogni dettaglio alla perfezione: il suo sguardo divertito nell’accorgersi che le mie cuffie erano scollegate, il sorriso con cui mi disse di essere anche lui fan di quel gruppo, le ciocche di capelli che ondeggiavano davanti al suo viso quando gesticolava, il calore delle sue mani quando mi aiutò a raccogliere i cocci della tazza caduta. Come potrei dimenticare l’istante in cui ho iniziato a vedere il mondo a colori, in ogni senso possibile?

«Non è questo il mio regalo. Aspetta»
Estrae dalla tasca un Ipod e, seleziona l’unica canzone presente in memoria.
Si intitola Yellow.
Ho il sospetto di sapere già di che colore la vedrò.
Tasto play.

Una girandola dorata si espande dall’Ipod.
Peter attacca le cuffie e mi mette uno degli auricolari, sfiorandomi dolcemente la guancia nel farlo. 
Sento il giallo nelle orecchie. mi riempie come limonata versata in un bicchiere. Fresca, pungente. Riesco quasi a sentirla sulla punta della lingua. 

Peter si infila l’altro auricolare. Il filo non è molto lungo, quindi i nostri visi devono stare molto vicini. Non so fino a quando potrò restargli così appiccicata senza baciarlo. Sto per cedere quando mi accorgo che le sue labbra si stanno muovendo. Mi sta parlando.

E chissà da quanto. Questo è quello che accade a distrarsi. Non ho la minima idea di cosa stia dicendo.
«Ti amo» rispondo.

E non so nemmeno se la sua era una domanda, però mi sembra l’unica risposta possibile fra noi. 





Angolo dell'autrice
Ciao a te, lettore silenzioso!
questa è l'ultima flashfic della raccolta. spero che vi siate divertiti a leggerla almeno la metà di quanto mi sono divertita io a scriverla. Ancora un ringraziamento a Farksas per recensioni e consigli e un paio di note non-richieste:
1)Non possiedo alcun superpotere, ma sono piuttosto sicura che la canzone Yellow dei Coldplay sia color giallo limone, così come Happy di Farrel Williams e probabilmente  tutti i tormentoni estivi in spagnolo/portoghese
2)Ho voluto regalare ad Emma l'ammissione a Medicina e una meritata cheesecake per darle il lieto fine che le spetta - e un lieto fine senza torta non si è visto mai, proprio mai.
Un abbraccio a tutti,
Itsamess

 

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